I'm in...Twilight?! di Ulissae (/viewuser.php?uid=32329)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tutto inizia per colpa della cara zia stephy... ***
Capitolo 2: *** 2. Billy mi odierà ***
Capitolo 3: *** 3. Latte&Biscotti ***
Capitolo 4: *** 4.La follia raggiunge pure Forks. Logico, arrivo io! ***
Capitolo 5: *** 5. Sono una brava attrice? O certo ho imbrogliato Billy! ***
Capitolo 6: *** 6. Isabella Tordella non è così stupida come sembra… Per mia sfortuna! ***
Capitolo 7: *** 7. Perché non scrivete… “Attenzione vampiro a cui rode”? ***
Capitolo 8: *** 9. AUUUU! Un altro lupo fra noi! ***
Capitolo 9: *** 9. Sospetti sospettosi ***
Capitolo 10: *** 10. Baciare? Chi io? Ma non lo sapete che di secondo nome faccio “Casta”? ***
Capitolo 11: *** 11. Discorsi troppo complessi da fare nel pieno della notte! ***
Capitolo 12: *** 12.Mai sentito parlare di Felicità? Mi hanno detto che si è persa per strada. ***
Capitolo 13: *** 13. Trasformazione fuori luogo ***
Capitolo 14: *** 14. È un addio? Ti prego, fai che sia solo un arrivederci. Non resisterei ***
Capitolo 15: *** 15. Il ritorno del vampiro stressato e logorroico, che mi fa venire fin troppi sensi di colpa ***
Capitolo 16: *** 16. È arrivata! È arrivata la strega! ***
Capitolo 17: *** 17. Forse sì, forse no. Un anziano mi consiglia, una giovane mi sveglia ***
Capitolo 18: *** 18. Nausea, fastidio e litigate in agguato. ***
Capitolo 19: *** 19. Perdonami ***
Capitolo 20: *** 20. Incontri inconsueti ***
Capitolo 1 *** Tutto inizia per colpa della cara zia stephy... ***
ase
1.Tutto inizia per colpa della cara zia stephy...
Noia, noia, noia; ancora mi chiedo come sia possibile il fatto di
essermi ritrovata qui... a certo... colpa sua, la Mayer...Se non fosse
stato per quella donna ora non mi ritroverei qui, in questa
stupidissima città, di quasto stupidissimo stato, di questa
stupidissima contea! E certo, mi pare logico, che un'idiota della mia
stazza alla domanda "che preferisci, Seattle o new York?" abbia
risposto con un sorriso eccitato la prima. Inconsapevole del fatto che
non avrebbe alloggiato nella metropoli bensì in uno sputo di
paese a pochi chilometri dalla famosissima Forks.
A parte il fatto che veramente qui piove sempre, e che la corriera per
la città passa poco o niente e che se non hai diciottoanni
concludi un emerito cavolo, i ragazzi non sono ne belli ne stupendi:
semplicemente orrendi.
Apparecchi a gogo, brufoli come se fossero in svendita e un accento così campagnolo da sembrare finto.
Ma è proprio qui che inizia la nostra storia... in un paese a
dieci minuti dall'epicentro dei desideri femminili, un pomeriggio come
tanti altri, dove la suddetta narratrice non avendo niente di meglio da
fare decide di andare a visitare il luogo dei suoi desideri... come non
avete capito? LA PUSH, mi pare matematicamente corretto!
Bene dicevo, riuscendo a prendere la navetta diretta a Forks con una
borsa a tracolla ed il mio fido ombrello iniziai la mia avventura.
Arrivai al confine della riserva indiana poco dopo le quattro del
pomeriggio e già la pioggia torrenziale mi aveva bagnato i
piedi, potevo sentire le paperelle fare qua qua nelle scarpe, ma
superati questi imprevisti tecnici mi avviai di buona lena intenzionata
a raggiungere la scogliera, la SUA scogliera, dove quei ragazzi
fantastici e magnifici si buttavano ogni santo giorno... non avete
capito? IO ADORO i lupacchiotti della riserva! Da quando ho letto
twilight il mio cuoricino si è donato a loro! Quindi potrete
capire come mi sentivo in quel momento...
Secondo le descrizione, pressoché minime del libro potevo
dedurre di trovarmi nella zona residenziale, dove il mio caro Billyno
abitava felice e contento, solo che nel mio immaginario da bambinetta
c’erano aiuole e casette da fare invidia ad Heidi, invece davanti
a me si parava una distesa di prefabbricati grigi e squallidi. Delusa
come non mai pensai che forse le cose sarebbero migliorate una volta
che avessi raggiunto l’oceano: quella è natura, non si
discute!
Camminai per oltre venti minuti, alla faccia della ragazzina demente
che era Bella, da come diceva quella due passi e ci si faceva il bagno.
Lo spettacolo non tradì le mie aspettative: la scogliera
imponente si erigeva sul mare mosso che violento si infrangeva su di
essa. Un bosco di alti abeti e pini faceva da guardiano. Con un
sorriso compiaciuto mi avvicinai lentamente assaporando quel magnifico
paesaggio, il buio iniziava a scendere e in lontananza potei
distinguere delle figure scure e slanciate; il cuore iniziò a
battere all’impazzata, sapevo benissimo che non potevano essere
loro, ma comunque una flebile speranza era iniziata a nascere. Correndo
a perdifiato mi fermai a pochi metri da loro.
Il più alto circa un metro e novanta aveva gli occhi a mandorla
socchiusi, e degli zigomi così sporgenti da diventare brutti e
quasi fastidiosi all’immagine. Un altro alla sua destra era
grasso e basso, con dei capelli corti; gli altri due non si
allontanavano di molto da questa descrizione; in definitiva il mio
immaginario aveva fatto letteralmente cilecca. Sconfortata mi sedetti
sull’erba e uno di essi si avvicino a me.
-Hello I’m Jhoseph- disse con tono seducente.
Lo squadrai con fare sospetto, io ..te... mai e poi mai gli avrei
risposto, i denti erano storti e poi scusate uno che abborda una
ragazza così già per me parte svantaggiato.
-Hello- risposi gelida per poi rigirarmi verso l’orizzonte.
Dietro di noi i suoi amici iniziarono a sghignazzare divertiti.
Lui insultandoli se ne andò e loro lo seguirono, rimasi di nuovo
da sola. E di nuovo la noia iniziò ad invadermi, mi ero sempre
chiesta cosa diamine facessero Quil ed Embry; ecco ora lo sapevo: un
cazzo.
Ringhiando rimproverandomi per aver permesso al mio istinto di venire
qua e non di andare nella favolosa Manhattan mi rialzai, sentivo i
tuoni in lontananza e tra mezz’ora sarebbe ripassata la corriera
del ritorno.
Risbucai sulla strada lasciandomi alle spalle il sogno infranto di
incontrare il mio bell’indiano, quando udii una voce. Più
nello specifico la voce. Una voce che nella mia testa aveva preso il
monopolio e non mi lasciava più stare: la voce di Jake.
Nel mio immaginario si proiettava nitida: roca, scura e cupa senza tradire l’allegria che lo distingueva.
Credei di sognare quando una figura possente si lanciò dalla scogliera, e forse lo feci.
Le risate si inseguivano tra di loro e uno dopo l’altro anche i
proprietari delle rispettive si lanciarono. Io senza pensarci due volte
li seguii.
Non so perché lo feci, neanche se l’ultimo sguardo che il
ragazzo più alto mi lanciò fosse stato diretto a me, ne
se tutta la storia che ne seguì è vera: fatto sta che
persi conoscenza una volta a contatto con l’acuq gelida
dell’oceano.
-Sam credi si stia riprendendo?- una voce curiosa.
-Credo di sì, sta aprendo gli occhi- il tono di questa era molto più autoritario e composto.
Sbattei le palpebre un paio di volte prima di rendermi conto di dove
fossi. Di sicuro su un divano, e con addosso una coperta, anche se i
vestiti zuppi mi pesavano sul corpo.
Di fronte a me il ragazzo più bello che avessi mai visto: Jacob Black.
Taradaaaa eccomi qua
con una nuova storia(vi starete disperando) e so benissimo che dovrei
aggiornare le altre e che ho ben 5 storie aperte, più una che
devo presentare ad un contest... lo so, ma non potevo resistere!
Cioè già mi sto trattenendo con un sacco di idee in testa
e non poermettermi di scrivere questa storia mi sembrava vermante una
cattiveria!
Comunque se non vi piace ditemelo, secondo me gfa proprio schifo, cioè io nel mondo di Twilight....SEEEEEEEEEEEEEEXD
Vorrei che commentaste perchè se no la tolgo.
bacioni!
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Capitolo 2 *** 2. Billy mi odierà ***
2.
Billy mi odierà.
Piano, piano iniziai a riprendere conoscenza, avevo sbattuto la testa
ne ero sicura, e le persone che erano davanti a me erano dei miraggi,
frutto della commozione celebrale che mi ero guadagnata seguendo
giù per una scogliera altissima quattro figure di fumo,
perché quello era: fumo.
Aprii gli occhi: un soffitto bianco. Chiusi e riaprii: una faccia
simpatica, il naso largo e il sorriso stampato in faccia e
un’espressione divertita e curiosa; gli occhi di un marrone
così scuro da sembrare neri, aveva la faccia leggermente
allungata ma con fattezze ancora da ragazzino. Chiusi di nuovo e
riprovai: una faccia dura, con le mandibole contratte che si
allentarono piano fino a tranquillizzarsi del tutto, gli occhi
allungati e scuri i capelli tagliati corti, a spazzola.
Mi provai ad alzare e provai un dolore allucinante al fianco. Ok una
cosa era appurate: non ero in un sogno, neanche in un incubo
poiché stavo veramente soffrendo. A fatica sollevai il busto
poggiandomi sulle braccia e mi osservai intorno.
La camera era piccola ma calda, alle pareti delle foto di bambini che
negli anno crescevano e diventavano grandi. Il mio sguardo
però si posò sul più bel ragazzo che
avessi mai visto: Jacob Black. Come ne potevo essere sicura? Semplice,
era la materializzazione del mio immaginario.
La faccia ben squadrata con zigomi alti e il naso schiacciato, gli
occhi neri, e dei capelli lunghi legati dietro la testa in modo
disordinato e selvaggio. Il suo mento era leggermente arrotondato.
Era il Jacob Black che all’inizio di New Moon si proiettava
nella mia immaginazione.
Iniziai a ridere isterica fissandolo, ma dovetti smettere quando le
costole iniziarono a farmi veramente male.
-Ok, ditemi che sto sognando e cha adesso dalla porta esce fuori una
marmotta e che mi offrirà del cioccolato- mi osservarono
stralunati – hey mi accontento anche di un orso che balla il
tip tap, non sono una tipa che pretende troppo- di nuovo quel
espressione, ma accompagnata dalle risate fragorose di Embry. Come
sapevo che era Embry? Ma siete duri a capire! Era lui, punto.
-No, non stai sognando, anche se sei la prima che riesce a sopravvivere
alla scogliera- spiegò Billy. Fiero anche su una sedia a
rotella, con il suo naso aquilino e la pelle che iniziava a cedere alle
rughe.
Lanciai uno sguardo a Sam, era molto più alto degli altri
due, e lui si sentì come sospettato di qualcosa, infatti
sviò il discorso.
-Come ti chiami?- chiese sospettoso incrociando le braccia.
Mi alzai in piedi completamente e poggiando le mia braccia sui fianchi
feci dei rapidi conti in testa.
Allora in primo luogo, non stavo sognando, questo era sicuro.
Come secondo punto il fatto che mi ero ritrovata catapultata nella
serie della Mayer.
Ed infine, ma cosa non meno importante mi ritrovavo
all’inizio di NEW MOON. E questa era una cosa buona, molto
buona.
-Scusa hai un’espressione diabolica stai bene?- Jacob prese
finalmente parola.
-Sì, comunque mi chiamo Isabella- gli lanciai uno sguardo
divertito, lui divenne rosso, forse una cosa dovuta anche al fatto che
tutti i presenti si voltarono a guardarlo sogghignando.
-Veramente?!- esclamò stupito.
-No- scoppiai di nuovo a ridere piegandomi in due, una fitta
–mi chiamo Laura- porsi la mano a Quil che si trovava
più vicino a me, piccolino e leggermente più
paffuto, lui l’accettò imbarazzato.
-Bene…Laura… come mai sei a La Push? E
perché ti sei lanciata dalla scogliera, se Sam non ti avesse
ripreso e portato qua avresti fatto una brutta fine- domandò
il più anziano.
-Bhè ecco, sono inciampata- borbottai sedendomi forse con
troppa foga, feci una smorfia infastidita.
-Stai bene?- mi chiese Jake avvicinandomi e sfiorandomi il fianco
destro, io divenni completamente rossa.
-Uhm credo di no, forse mi sono rotta qualcosa…- mormorai
sfiorandomi le costole.
-Portiamo all’ospedale. Propose Embry.
-Sì- esclamai euforica – A Forks!-
Che bello! Non vedevo l’ora di vedere i vampirelli e quindi
l’equazione Male+ ospedale+ forks= CULLEN!
Forse stavano ancora nel paese ed ancora non avevano lasciato Bella
tordella al suo destino, magari…
-No, è fuori discussione!- quasi urlò il signor
Black.-Ma come?- lo guardai implorante –la prego, ho sentito
che ci sono ottimi dottori- in particolare uno, eheh.
-ancora no-
-Ho il mio medico curante lì…e… devo
andare lì- dissi con aria trionfante.
-Come si chiama?-
-Carlise Cullen- sorrisi maliziosa e lui mi lanciò
un’occhiata di fiamme.
-Non puoi uscire così, devi cambiarti, sei tutta bagnata-
notò Quil.
Immediatamente il figlio salì sul per le scale e riscese con
un magliettone larghissimo, nonostante fosse ancora piccolo di
corporatura rispetto al futuro, e un paio di pantaloni che per tenere
su dovetti usare uno spago, poiché non c’erano
cinte abbastanza strette.
-Muoviti, Jake prendi la macchina l’accompagniamo noi-
borbottò muovendosi verso l’uscita,
l’interpellato mi prese tra le braccia e mi portò
sullo fino in auto.
Le stradine ero ordinate e tutte le case avevano dei tetti rossi a
spiovente, era proprio incredibile, il mio sogno, cioè
questo non era un sogno, era realtà!
-G-grazie- balbettai completamente arrossata e lui sorrise. Oddio che
sorriso! Il più bello di questo mondo! I miei occhi a
cuoricino iniziarono a pulsare.
Il viaggio fu veloce e divertente, Jacob scherzava sul mio arrivo-sei
come un angelo caduto dal cielo- ipotizzò ridacchiando.
-io direi più un diavolo risputato dall’inferno-
risposi in preda alle risa.
-Siamo arrivati- annunciò glaciale Billy.
Scesi quasi zampettando nel mio cervello una sola parola
…Cullencullencullencullen… spieghiamo io non li
amo solo che ho sentito dire che sono belli, e anche molto, e scusate
il particolare.
Di nuovo le braccia del ragazzo mi presero e portarono fino alla
reception dove grazie alla mia parlantina riuscii a confondere la
segretaria e farmi mettere in cura con Carl, oddio se ci penso credo
che sia ancora un sogno! IO…CARLISE!
Nel corridoio Jake si fermò di colpo, mi voltai verso il
punto che fissava incuriosita. Iniziai ad emettere dei suoni gutturali
molto simili a quelli di una scimmia –e-e-e-m-m-m-e-e-t-t-t-
poi avete presente Homer Simpson con le ciambelle? Su per
giù.
Ci passò affianco regalandoci un’occhiata fugace e
preoccupata verso di me e poi sparire fuori.
Finalmente, dopo mezz’ora fui visitata.
Mentre mi tastava le costole mi fece alcune domande, la sua voce era
estremamente melodiosa.
-Hum, tu non sei una mia paziente- sorrise facendomi segno di cambiare
posizione.
-Conosce quel signore? Ecco non mi voleva portare, quindi…-
dissi socchiudendo gli occhi a quel punto rise, guadagna dosi un
occhiata truce di Billy
-Comunque non hai nulla… devi stare ferma per qualche giorno
e tutto sarà come prima- si ritirò salutandomi e
facendo un cenno al signor Black che ci scrutava dalla porta.
-Andiamocene- scandì militarmente.
Una volta ritornati a casa ero in imbarazzo, dove andavo adesso?
Cioè io non potevo rimanere qua, non sapevano chi ero!
Prima che riuscissi a parlare Billy mi disse di seguire Jake al piano
di sopra, nella mia stanza.
Ecco la mia soluzione.
Tarannannnaaa
ecco il secondo capitolo,che non mi piace per niente, anzi... no, non
sono morta, ma semplicemente oppressa dalla scuola-_-.
grazie a tutte per i commenti! :D mi avete reso felicissima! Spero che
il secondo cap sia stato di vostro gradimento e mi farebbe molto molto
piacere sapere cosa ne pensate! nache perchè per me in
questi giorni è veramente difficile scrivere, e i vostri
commenti mi imoediscono di sospendere le ff(ne ho già
sospese 2 -.-' ç_ç)
Scusate se non ringrazio tutte e 6 ma sono di corsa!
baci!
P.s.x sefiri, sei ritornata!! mi fa un piacere infinito leggere un tuo commento alle mie storie^^ a new day è finita, non so se l'hai continuata a leggere, ma ho fatto un continuo che rimane su per giù sullo stesso genere^^*basta pubblicità occultaXD*
P.S. Sammy questa ff
è tutta per te, perchè i sogni sono
tutto ciò che ci srende unici, e bisogna crederci! E poi la
tua spruzzetto di sole non poteva non dedicarti qualcosa che ti fa
ridereXD
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Capitolo 3 *** 3. Latte&Biscotti ***
3.
Latte e biscotti
Rimasi allibita ad osservare i due uomini. La mia stanza?! Quindi sarei
rimasta qui? Proprio a La Push? Vicino al letto di Jake?!
-Quindi posso rimanere?- chiesi a Billy con una faccia sorpresa.
-Certo, non sia mai che qualcuno dica che i Black sono persone
inospitali! Starai con noi, finché vorrai- spiegò
semplicemente.
Mi gettai su di lui e lo riempii di ringraziamenti e lo bacia su una
guancia per poi trotterellarmene via verso il piano superiore dove
Jacob mi aspettava in fondo alle scale con un espressione divertita e
felice.
-Dispiace se rimango?- domandai mentre mi faceva vedere dove potevo
posare le mie cose.
-No, assolutamente, mi piaci, sei una ragazza molto simpatica- sorrise
ed io mi sciolsi, che bel sorriso. Sospirai alle sue spalle, poi lui si
girò e mi diede la buonanotte imbarazzato.
-Hey aspetta!- lo richiamai uscendo dalla stanza –mi
servirebbe un pigiama- mormorai.
Lui si fece pensieroso e poi entrò nella sua per uscirne con
una maglietta in mano. –Tieni penso vada bene, a me sta un
po’ larga quindi a te starà lunghissima- si
passò una mano tra i capelli –‘Notte-
balbettò chiudendo dietro di se la porta.
Una volta sola mi buttai sul letto cadendo pesantemente, era la cosa
giusta da fare. Rimanendo qui avrei corso il pericolo di spifferare
qualcosa. Ma chissene fregava, mi misi sotto le coperte con
la sua magliettona che annusai per un ’oretta buona. Come
profumava, mi sembrava di stare in paradiso, e forse lo ero. Mi alzi di
colpo. E se fossi morta?! E se tutto questo era il mio personale
paradiso, ciò che avrei voluto di più al mondo?!
Rimasi con gli occhi sbarrati ad osservare il soffitto con attaccati
poster di cantanti vecchissimi. Ero morta. Ma tanto che mi importava,
stavo qua, e non avevo niente da perdere.
Non riuscivo a dormire, l’adrenalina mischiata
all’inquietudine mi rendevano insonne, mi rigiravo nel mio
letto alla ricerca di una posizione migliore ma non ci riuscii.
Mi alzi con le costole doloranti e mi diressi in cucina.
Senza neanche accendere la luce mi diressi verso il frigo,
dopo tutto non mangiavo da più di ventiquattro ore, ero
affamata. Notai che era piuttosto languido, certo con due uomini in
casa non si poteva pretendere più di tanto. Mi versai una
tazza di latte di cui la scadenza mi era ignota e mi avventurai alla
ricerca di dei biscotti. Toccando tutti i vasetti e contenitori
possibili finii per farne cadere uno. Il rumore fu assordante ed a
catena, infatti la scatolina di latta urtò la zuccheriera
che cadde rovinosamente a terra.
-Dannazione- borbottai imprecando.
-Non fa niente-
La voce alle mie spalle mi fece gelare. Profonda ma con una nota di
infanzia ancora tra le sue corde vocali. Mi girai completamente rossa
in viso considerando anche che la mia posizione era a dir poco
sconveniente, gli davo letteralmente il sedere in faccia, con tanto di
mutandine con orsetti rosa.
Aveva i capelli lunghi fino a sotto il mento lisci e neri scompigliati.
Si passò una mano davanti agli occhi nascondendo uno
sbadiglio, per poi tornare a sorridere. Portava dei pantaloncini corti
e neri, probabilmente dei boxer, e una maglietta bianca e consumata,
con su scritto il nome di un gruppo rock.
-Comunque carine le mutandine, forse un po’ risicate, ma
carine- scherzò avvicinandosi.
Avvampai tirando giù il più possibile la mia di
maglietta, ma i tentativi furono vani, così con una mossa
fulminea mi sedetti a gambe accavallate. E lo osservai.
-Grazie- balbettai giocherellando con le mie mani.
-Vuoi un po’ di biscotti?- con uno di essi in bocca mi porse
la scatola dalla quale afferrai un bel faccino sorridente ricoperto di
cioccolato. Cavolo quanto era buono!
-Grazie- ripetei
-Sai dire solo questo?- rise sedendosi di fronte a me.
-No- risposi con una punta di acidità. Era meglio per lui se
non iniziavo a parlare altrimenti non mi sarei più fermata:
ho la parlantina io.
-Allora racconta, dopo tutto sei caduta dalla scogliera e niente di
più, sei un ignota...- mi incitò
-Ecco...- feci girare il bicchiere e ne bevvi un sorso – Non
so perché sono qui di preciso, l’ultima cosa che
ricordo è che ero venuta per scordare... credo di essere
inciampata e poi precipitata giù-
In verità lo sapevo, e molto bene.
La morte dei miei genitori mi aveva portato ad accettare la borsa di
studio, ed ora me ne stavo qui. In bilico tra sogno e
realtà, tra vita e morte, data la mia ultima ipotesi.
-Mi dispiace- disse lui abbassando lo sguardo. Un velo di tristezza si
impossessò dei suoi occhi.
-No, adesso sono qui, viva, almeno credo- mi tastai le giunture
facendolo sorridere –e se volete rimarrei qui, se non reco
disturbo, mi troverei un lavoro per aiutare nelle spese...- iniziai a
farneticare, lui mi fermò mettendomi un dito davanti alla
bocca.
-Sei felice qui?- mi chiese serio.
-Sì, credo di sì, per quanto poco ci sia stata-
spiegai impacciata.
-Bene, allora non c’è problema- con una semplice
alzatina di spalle chiuse la questione.
-Grazie-
-A patto che vari il tuo vocabolario!- sghignazzò alzandosi.
-uff Black non rompere!- gli tirai un pugnetto sulla spalla mentre
salivamo le scale.
-Notte spruzzetto di sole-
Lo fissai strabiliata. Spruzzetto di sole... mi piaceva, si avvicinava
a lui e allo stesso tempo mi rispecchiava.
-Perché questo soprannome?- domandai poggiando una mano alla
maniglia della porta.
-Perché sei allegra, nonostante tu sia quasi morta, hai
fatto ridere perfino Sam!- concluse con un aria saccente.
-Mi piace comunque- entrai nella stanza e finalmente riuscii a dormire.
La mattina seguente mi svegliai con Billy che già era pronto
ed arzillo, stava in salotto leggendo il giornale e lanciava ogni tanto
un occhiata fuggevole al piano di sopra dal quale scesi con la faccia
stravolta dal sonno e con in dosso dei vecchi vestiti delle gemelle:
decisamente fuori moda, o meglio erano stati di moda negli anni novanta.
I pantaloni erano alti fin sopra l’ombelico ma erano lunghi
così li avevo dovuti arrotolare. La maglietta era corta e
striminzita e di un rosa accecante. La felpa invece era di Jake,
perciò era nera ed enorme; estremamente enorme. Questo
spiegava il perché l’avevano lasciata qui.
Sbuffai tirandomi su i pantaloni e quasi inciampai per le scale a causa
di un paio di scarpe enormi che si erano trovate tra i miei piedi ed il
gradino.
Le sollevai fissandole con odio. Nere, basse e con i lacci diversi, uno
verde e l’altro rosso acceso, uno a scacchi,
l’altro a righe. Scarpe da skater in definitiva.
-Oh, ecco dove erano- da sopra di me Jake le afferrò e le
infilò traballando prima su una gamba e poi
sull’altra.
-Siete pronti?- domandò Bill spostandosi con una spinta
dalla sua posizione e avvicinandosi all’uscita.
-Per che cosa?- domandai seguendolo e dandogli una mano mentre il
figlio si infilava una felpa e prendeva le chiavi della macchina.
-Bhè se vuoi rimanere qua dovrei pur iscriverti a scuola no?-
A scuola?! Una scuola in cui erano presente tutti i lupetti? Oddio che
bello!
-Certo certo! Non vedo l’ora!- esclamai infilandomi
nell’auto.
-Papà credi che la prenderanno facilmente?- chiese Jacob con
lo sguardo fisso sulla strada, tenendo il volante ben stretto.
-Perché non dovrebbero?- chiesi sporgendomi e poggiando i
gomiti sui sedili anteriori.
-Devi affrontare un esame sulla lingua originale per far parte della
scuola, difficilmente prendono qualcuno al di fuori della riserva-
spiegò il padre.
-Quindi voi studiate il quiletue?-
-Esattamente una cosa noiosissima- sbuffò Jake finendo di
parcheggiare.
-Smettila, rispetta i tuoi avi! E le leggende soprattutto...-
-Hai ragione papà, come ho fatto a dimenticarmene, quelle
impegnano ben due ore della settimana, con tanto di relazione su
ognuna- rispose duro.
-Studiate le leggende? Studierò le leggende?- chiesi
eccitata.
-Certo-
- Purtroppo- risposero in coro per poi squadrarsi.
-Che bello!- esultai saltando nello spiazzo vuoto e pieno di
pozzanghere che si estendeva davanti ad un enorme edificio di legno con
di fronte un totem.
-Vedi, impara da lei- lo ammonì il signor Black soddisfatto.
-Basta che non si studi latino od epica io sto a posto- spiegai poi a
Jacob –su per giù sono la stessa cosa, ma molto,
molto più noiose-
Entrammo nella scuola, era completamente vuota tranne la segreteria
dove una signora piccola con i lunghi capelli neri legati in una
crocchia si affaccendava tra scartoffie varie.
-Buongiorno- salutò Billy.
-Salve- rispose lei.
-Siamo qui per iscrivere questa ragazza ai corsi, terzo anno-
-Non è della riserva- osservò lei sistemandosi
gli occhiali a mezzaluna sul naso.
-Me ne sono accorto- borbottò a mezza bocca Jake nel mio
orecchio, mi lascia sfuggire una risatina.
-avete un fascicolo con i suoi voti?- domandò la segretaria.
-No- risposi io.
-Allora...- si girò intenzionata a finire lì la
conversazione.
-Però le assicuro che darei il mio meglio se potessi almeno
sostenere un test d’ammissione-
La fissai implorante. Modalità cagnolino bastonato in azione.
Rimase tentennante per un po’ poi con una faccia sconfitta,
probabilmente anche grazie allo sguardo di Bill, accettò la
mia proposta.
-Però l’esame sarà difficile, e tra un
mese preciso,una sola occasione. Intanto potrai frequentare la scuola
di Forks- e detto questo si infilò nella presidenza
lasciandoci soli.
Nella mia faccia si accesero le lucine di natale. FORKS! CULLEN!
EMMETT!
Sorrisi a trentadue denti e annuii violentemente, più che
soddisfatta. Vampiri e licantropi in una sola botta, questa era fortuna!
-benissimo- risposi urlando nella sua direzione.
E con il sottofondo del borbottio dei Black mi diressi a casa.
Eccovi
il terzo capitolo, come al solito non mi convince, ma forse
sarà il periodo -_-(ndQuil: si chiamano pippe mentali
queste\ ndme: zut<.<)
Spero sia piaciuto^^ Anche io sto "studiando" il quiletue, ho trovato
una serie di frasi già pornte *.* sul loro sito*_*XD
Comunque passerei a ringraziare^^
Prima
le 10 persone che l'hanno aggiunta tra i preferiti^^ Merci^^
1 - bella5
2 - breath
3 - egypta
4 - hitomi
5 - Honey Evans
6 - Les
7 - MemiDark_Cullen
8 - miiRU
9 - mylifeabeautifullie
10 - New_Born
Se
poi lasciaste un commentino sarei veramente al settimo cielo *.*
Adesso tutte le sante donne che hanno commentato*____* vi adoro!^^
xmiiRu:Chi non ha sognato di poter ritrovarsi quei gran fig(ehmehm)
gran bei ragazzi almeno una volta^^' Grazie per i complimenti al mio
stile strampalato che molti definiscono "comico o che fa sorridere
-_-". Ed infine sì, io ODIO isabella Swan=.= il mio pc l'ho
chiamato apunto così xke nn funziona =.= isabella grrrrr.
xNew_Born:
Eheeh ho trovato una scusa per andare a forks *fischietta
facendo la vaga* e neanche mi devo ricoverare, magari do giusto una
mazzetta al prof per farmi mettere in classe o conJazzy o con emmett
*-*(ndEdward: ç.ç mi odi ndme: certo
<.<)
xSammy: Nuvoletta di nebbia augh! Dal prossimo capitolo inizieranno i
veri e propri casini*uhuhuhu* e sì, alla fine arriva pure il
tuo tizio -_-
x_sefiri_: Teste di laura e _sefiri_ in
sintonia"jakejakejakejakejake"XD Non so come mi è venuta in
mente di scrivere una cosa del genere ma bhè il desiderio di
catapultarmi a La Push era troppo forte!
xcassandra287: ebbene sì lo ammetto laura sono io e io son
cosìXD Diabolica +_+ muahahahXD grazie mi fa piacere spere
di averti fatto ridere^^
Ed adesso Bacioni oni oni! SPero che il capitolo sia piaciuto e che
vogliate commentare^^
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Capitolo 4 *** 4.La follia raggiunge pure Forks. Logico, arrivo io! ***
4.La
follia raggiunge pure Forks, logico, ci sono io!
Entrai nella mia stanza con al seguito Jake che aveva in mano un
vecchio scatolone colmo di vecchi vestiti delle gemelle, lo guardai
alzando un sopraciglio piuttosto contraria. Non mi piacevano,
c’era poco da fare, erano così…vecchi!
Alzi una
mogliettina che doveva raggiungere, se fosse stata indossata da una
ragazza della taglia giusta, appena sopra l’ombelico, come
moda anni ’90 diceva. Peccato che indossata da me sembrava un
semplice pezzo di stoffa sformata. Anche i pantaloni erano un bel
problema, troppo lunghi per le mie gambe da mingherlina, e,
logicamente, opposti alla moda. Quello non era un vero e proprio
problema per me, non avevo mai seguito quell’assurda
religione chiamata “moda”. Troppo difficile da
organizzare e rispettare.
-Bhè…ecco…-
balbettai, non potevo essere irriconoscente, mi avevano accolto
nonostante fossi una pazza che blaterava cose a caso.
-fanno schifo, lo
so meglio ti te- rise il ragazzo gettandolo per terra ed evitandomi
così un’imbarazzante frase maleducata.
-Già...-
mi sedetti a gambe incrociate sul letto e giocherellai con la trapunta
rosa.
-Bhè
è solo per questi giorni, poi se ti va sabato andiamo al
centro commerciale e ti rifacciamo il guardaroba- sorrise sedendosi
vicino a me.
-Veramente!?-
esclamai stupita.
-Certo! Mica puoi
girare con quella roba- indicò con la testa i vestiti dentro
il cartone.
-Grazie!- lo
abbraccia con tutta me stessa, però di colpo mi ricordai una
cosa: dove era il mio zaino?
-Oddio Jake dove
è il mio zaino?- domandai piuttosto preoccupata.
-Zaino? Quale
zaino?- rispose lui interrogativo.
-Il mio zaino!
Quello che avevo prima di cade…- mi schiffai una mano in
faccia: avevo perso per sempre lo zaino.
-cadere?-
-Sì!
Cavolo! Non è possibile avevo tutto là dentro! I
soldi, i miei appunti, i documenti…- stavo per scoppiare a
piangere, non avevo niente!
-Dai non siamo
ricchissimi ma un’ospite ce lo possiamo permettere- mi
consolò Jacob rassicurandomi.
-Ok, ancora
grazie, non smetterò mai di dirtelo!-
-Certo non ne
avevo dubbi- ridacchiò.
-Mi dai una mano
a scegliere i vestiti?- mi alzai in piedi e presi lo scatolone per
posarlo poi su una cassapanca di fronte al letto.
-Sicuro, anche se
dovremo fare una bella selezione- scartò una maglietta di
Hello Kitty.
-Che ne dici di
questa?- risi alzando una maglia dei Beackstreet boys.
-Voi ragazzine
siete delle pazze, questi gruppetti di mocciosetti con la voce da
castrati- disse indignato.
-Io ascolto rock,
ciccio, rispetto- incrociai le braccia fingendomi offesa.
-Bene, andremo
d’accordo- rispose porgendomi un paio di jeans accettabili
che presi come fossero oro colato.
-MIEI!- gridai
estasiata. Erano perfetti: mi cadevano perfettamente, cosa
straordinaria, avevano la fine stretta a sigaretta.
-Vedi, qualcosa
si trova- rise osservandomi mentre i giravo avanti e dietro davanti
allo specchio.
-Questi me li
metto domani, per il primo giorno di scuola- dissi togliendomeli, metre
lui era girato, e piegandoli con cura.
-Già,
il primo giorno di scuola… hey! Alla Forks
c’è una mia amica, Isabella…-
iniziò allegro.
-…Swan-
conclusi io sottovoce d’impulso.
-La conosci?-
esclamò stupito.
-Ehm…no…cioè
l’ho sentita nominare- mi arrampicai sugli specchi.
-Ok, va
bhè, a lavoro!-
Passammo
così tutto il resto del pomeriggio, la spensieratezza con
cui passai quelle ore fu tale da non farmi accorgere che il tempo
scorreva, così ci ritrovammo a parlare del più e
del meno mentre fuori era diventata notte.
La mattina
seguente mi alzai di scatto, come se le ore di sonno tormentato che
avevo passato, mi fossero bastate. Mi vestii ancora più
meccanicamente, e visto che volevo essere impeccabile per il primo
giorno mi intrufolai nella stanza del mio amico e svegliandolo gli
chiesi se potevo rubargli una maglietta.
-Jake…Jake…-
sussurrai al suo orecchio. Dormiva scomposto nel letto, con un semplice
paio di pantaloni e il petto scoperto, le lenzuola non lo coprivano
visto che durante la notte le aveva spinte per terra.
-Uhm..sì?-
biascicò con voce impastata aprendo n solo occhio.
-Jake
è tardi devi andare a scuola- dissi dolce spostandogli una
ciocca di capelli. Cosa stavo facendo?! Mi ritrassi e mi allontanai da
lui mentre si alzava goffo.
-O
merda…- borbottò stropicciandosi gli occhi.
-Dai ce la fai-
lo rassicura –ehm… puoi prestarmi una maglietta? E
una felpa visto che ci sei.- arrossii.
-Certo!- sorrise,
e mi aprì un cassetto –vado a lavarmi, fai come se
fossero tue- ed uscì.
Trafficai un
po’ con gli indumenti e emisi un leggero gridolino quando
trovai una maglietta giallo canarino con sopra un furgoncino anni
sessanta e una felpa nera con raffigurato sopra, sul bordo, una catena
di bicicletta.
Le infilai
velocemente e scesi a fare colazione, la preparai anche per Jacob e lo
aspettai per salutarlo.
-Buongiorno
Billy!- lo salutai allegra con la felpa enorme che però mi
piaceva troppo.
-Buongiorno
Laura- rispose lui con lo stesso tono.
-Veloce che tra
qualche minuto passa Sam a prenderti, ti porterà lui a
scuola- disse sorseggiando il suo caffè.
-Sam?!- esclamai
quasi infastidita. Ma certo, come potevo pensare che billy i suo figlio
potessero accompagnarmi con la macchina fino a Forks.
-Già-
Un clacson
suonò da fuori così fui costretta ad uscire
trascinandomi dietro una vecchia borsa a tracolla di cuoio.
-‘Giorno-
dissi salendo in macchina.
-‘Giorno-
rispose lapidario rimettendo in moto.
Il viaggio fu
imbarazzante oltre ogni limite: nessuno dei sue proferì
parola per tutto il tempo, e tranne qualche suo grugnito, qualche mio
sbuffo, o la ricetrasmittente della polizia regnò il
silenzio.
Quando scesi
giurai perfino di sentirlo sospirare sollevato. Sbattei il portellone
infastidita e mi avviai verso l’entrata.
Aguzzai lo
sguardo e iniziai a cercare il pick-up, o la volvo argentata di cui
tanto avevo letto. Le ritrovai entrambe parcheggiate davanti alla
stessa palazzina, a soli due posti di distanza.
Con un sorriso
stampato in faccia mi diressi in segreteria, dove dopo aver compilato i
vari moduli ricevetti le informazioni necessarie per raggiungere la mia
prima lezione: biologia.
Giravo per i
corridoi con aria beata, non potevo ancora crederci era tutto
così dann…ecco ti pareva.
Una ragazza mi
era venuta addosso e poi era caduta per terra. L’aiutai a
rialzarsi, i capelli castani e lisci erano scompigliati e le coprivano
il viso, la mano che avevo afferrato era pallida, quasi bianca, la voce
sottile e anche leggermente nasale, mi gelai di colpo quando un
sospetto mi pervase la mente: era lei la così detta Balla
cosa Buffa Swan? O certo che lo era.
Si
alzò in piedi e raccolti i libri che le erano caduti a terra
si presentò con un sorriso imbarazzato e le guance
completamente rosse di vergogna.
-Scusa, sai
l’equilibrio non è il mio forte- sorrise timida
–piacere Bella-
-Fa nulla, Laura-
risposi a mia volta.
-Oh, sei nuova
vero? Vieni dalla riserva? Stai da BIlly non è vero?- le
domande mi inondarono e lentamente risposi ad ognuna positivamente.
-Tu sei la figlia
di Charlie, non è vero?- chiesi io per parlare. Ero curiosa,
io non l’avevo mai sopportata, dal primo libro
l’avevo odiata con tutta me stessa, ma adesso mi faceva quasi
tenerezza. Era leggermente più alta di me, di fisico minuto
ed i lineamenti delicati.
-Sì,
starai bene in questa scuola, io pure sono abbastanza nuova, e mi sono
trovata benissimo-
Vorrei vedere,
pensai sarcastica, si era accalappiata il granfigo, nonché
scassaballe, Edward Cullen.
La osservai di
sottecchi mentre chiacchierava con una biondina fastidiosa. Jessica. Si
presentò con la sua vocina stridula e penetrante ed io la
osservai con faccia disgustata, per farle capire da subito i confini:
io ragazza solitaria, tu pettegola appiccicosa, nessun rapporto tra noi
due. Per mia sfortuna non recepì il messaggio,
così fui costretta a sorbirmi i mille ed uno pettegolezzi
della scuola, logicamente esclusi i più importanti: quelli
sui Cullen. Isabella era un ostacolo insormontabile per la lingua
velenosa della Stanley.
Entrai
nell’aula di biologia non prima di aver censurato i miei
pensieri: nessuno doveva sapere che io sapevo, neanche il bel
vampirello dagli occhi ambrati, continuai a pensare fin dentro la
stanza, dove, se non fosse stato per il professore che con aria
scocciata mi richiamò alla realtà chiedendo il
mio nome, sarei entrata continuando ad elucubrare sui libri che avevo
letto.
Mi bloccai di
colpo quando capii che era troppo tardi: gli occhi ambrati di Edward mi
inchiodavano e lo sguardo carico di odio che mi rivolgeva sarebbe stato
un buon motivo per correre a casa e sbarrarmi dentro, magari chiedendo
pure l’aiuto di Sam.
“Cullen
calmati” provai a pensare, ma quel espressione
così arrabbiata non mi permise di dire altro.
Mi accomodai al
mio posto silenziosa e seguii la lezione ancor più muta.
Ero nei guai,
guai grossi. Non avevo calcolato il pericolo che i poteri extra
comportavano per me. Come avrebbero reagito nel sapere che io sapevo, e
sopratutto che io sapevo cose che neanche Alice avrebbe mai potuto
sapere.
Sarei dovuta
rimanere a La Push, lo sapevo; e magari neanche farmi curare da
Carlise, dovevo seguire i consigli di Billy. Abbassai lo sguardo
affranta. Al suono della campanella vidi Edward parlare con la sua
ragazza, quasi a scusarsi, sembrava si stesse congedando; e
così fece. Iniziò a dirigersi verso di me con
passo svelto, ma fui più “veloce” nello
scappargli e infilarmi in mezzo alla folla.
Sorrisi
soddisfatta. Peccato non aver letto la lezione seguente: ginnastica.
In una sola cosa
potevo comprendere e compatire Isabella Swan, la sua totale negazione
per gli sport. Unica caratteristica che ci accomunava. La palestra era
il mio inferno personale, l’allenatore di turno il mio
diavolo. Perché mi chiedevo, perché!?
-hey tu! In
posizione 3- mi urlarono appena entrata nel campo di pallavolo.
Oh,
certo… perché io sapevo quale era la posizione
tre… mi avvicinai ad un biondino e chiesi spiegazioni, lui
ridendo mi indicò il mio posto dove mi misi, del tutto
intenzionata a non fare il benché minimo movimento. Una
statua. Se ne accorsero tutti, in particolare il professore.
-Bringot cosa
stai facendo?- mi urlò praticamente in faccia.
-Uhm…
allora vi potrebbe sembrare che io stia immobile qui, ma in
verità mi sto esercitando per diventare un mimo, ha presente
quelli che stanno fermi?- provai a spiegare impacciata. Dal fondo della
palestra un ragazzo scoppio a ridere, non poteva certamente aver
sentito la mia battuta, era troppo lontano e le palle da basket
facevano un rumore tremendo.
-FUORI DI QUI!-
con l’indice l’allenatore indicò
l’uscita verso la quale mi avviai mogia, mogia.
Avevo fatto la
solita figura di cacca, come mio solito.
Negli spogliatoi,
che erano misti per mia sfortuna o fortuna, borbottai infastidita e
togliendomi la divisa con rabbia la scaraventai dentro
l’armadietto ancora tutta stropicciata. Mi sedetti a braccia
incrociate e rimasi un attimo ferma a riflettere. Edward Cullen era un
problema, enorme, insormontabile. Non avevo la più
pallida idea di come si sarebbe potuto comportare, se avrebbe detto a
tutti il mio segreto e questi a loro volta cosa avrebbero
pensato?
-hey
“mimo” come va?-
Una voce tonante,
un vero e proprio baritono, e cavernosa che allo stesso tempo suonava
così angelica e perfetta da farmi incantare per qualche
secondo prima della vera e propria paralisi: occhi ambrati, ricci
scomposti che ricadevano scuri sulla fronte, le spalle larghe nude e
candide, il fisico scolpito e quasi inumano. Emmett Cullen. Il mio
cuore sobbalzò e si fermò sicuramente per qualche
istante, tanto ero rimasta folgorata dalla sua visione.
Non spiccicai
parola ma aprii più volte la bocca per poi richiuderla. Ero
caduta in catalessi.
-Ok, vedo che le
presentazioni non sono il tuo forte, piacere Emmett Cullen- sorrise.
Aw, il suo
sorriso, così dolce, simpatico, sbruffone…
fantastico.
-Eh…eh…Laura
Bringot- porsi una mano tremante verso di lui che la prese e scosse
vigoroso. Era gelato.
-Sbaglio o ci
siamo già visti?- domandò curioso avvicinandosi.
-S-sì,
all’ospedale, io ero più o meno nelle stesse
condizioni- risi per rompere l’imbarazzo.
-Oh!
Sì! Vero! Stavi con il nativo?-
Annuii.
-Bella battuta
oggi con il prof- mi sorrise di nuovo, ma questa volta ricambiai con un
espressione più umana, e meno simile a quella di un gerbillo.
-Il sarcasmo
è il mio forte- spiegai mentre afferravo il mio zaino.
Dovevo andarmene, prima di formare le nuove cascate del Niagara,
direttamente dalla bava della mia bocca.
-Hei ragazza
della riserva?- mi chiamò urlandomi dietro, mi voltai
cercando di contenere il rossore –a mensa ti andrebbe di
venire a sederti con noi?-
Rimasi di
sasso.Io.Al.Tavolo.Dei.Cullen? UAO! Stavo seriamente apprezzando questa
scuola.
-Certo- sorrisi e
gongolando soddisfatta mi diressi ad affrontare le lezioni seguenti.
La mensa era
affollata, i tavoli del nerd, quelli degli skater, i fighetti, i medio
famosi(con Jessica e compagnia bella) e loro: gli dei. Sembrava che una
parte dell’Olimpo fosse scesa tra noi mortali e che ora
stessero parlando tra di loro allegramente come una combriccola di
comuni capi Scout.
-Non ce la puoi
fare, non ce la poi fare- borbottai tra me e me facendo dietro front e
costringendomi a sedermi al tavolo di Mike. Ma una presa dolce e
gentile mi fece girare.
-Laura dove vai?-
Bella mi stava trascinando con se al tavolo dei vampiri, ed io non
avevo ancora cancellato dalla mia mente tutte le informazioni che
sarebbero dovute scomparire.
-Uhm pensavo di
andare a…prendere qualcosa da mangiare- sorrisi poco
convinta, cercando di trovare una scusa.
-Non ti basta?-
ridacchiò indicando il mio vassoio con un pranzo completo.
Aprii e chiusi la
bocca, e la seguii
-Ciao ragazza
della riserva!- Il più grande mi salutò con un
ampio gesto delle mani e dietro di me sentii piombare il silenzio:
tutta la sala ci stava, mi stava fissando!
-Mi stanno
fissando?- sussurrai chinandomi verso Isabella.
-Sì,
facci l’abitudine- sorrise e mi fece posto.
-Ciao Laura!- il
piccolo folletto si avvicinò e mi regalò un
sorriso stupendo.
-Ciao…-
io tecnicamente non sapevo il suo nome.
-Alice!-
-Allora ciao
Alice, una curiosità ma come facevi a sapere il mio nome?-
domandai piegando leggermente la testa.
Tutto il tavolo
si gelò e Rosalie incenerì con lo sguardo la
sorella.
-Bhè
me lo ha detto Emmett- rimediò questa forzando la risata
cristallina.
-Oh vero-
ridacchiai sotto i baffi. Edward stava gelato sul suo posto
osservandomi ogni tanto con qualche occhiata turbata.
Mi zittii e
iniziai ad ascoltare i loro discorsi, mentre ispezionavo il trancio di
pizza che avevo nel piatto con aria sospetta.
-Che stai
facendo?- rise Alice mentre posavo la forchetta con la quale avevo
lavorato.
-Credo che in
questo momento questa pizza potrebbe prendere vita ed azzannarmi al
collo- la punzecchiai con il coltello.
Tutti e sei
scoppiarono a ridere piegati in due. Alzi gli occhi al cielo e la morsi
a malavoglia. Logico che non mangiavano cibo umano.
Non finii di
mangiare la mia mela che Edward mi spostò di peso verso
l’uscita e sotto lo sguardo curioso di tutti i suoi familiari
e soprattutto della sua ragazza mi bloccò ad un muro.
-Cosa.Sai?-
sibilò tra i denti.
-Ecco questa
è una buona domanda- mi abbassai e sfuggii alla sua stretta
trovandomi alle sue spalle.
-Non hai
risposto- ringhiò lui.
-Questa
è una bella affermazione- dissi.
-Ragazzina!- mi
riprese con gli occhi che si stavano piano, piano scurendo.
-Non mi sembra un
bel posto dove parlare- sviai, mi serviva tempo per riflettere.
-Hai ragione-
acconsentì –a casa mia. Domani.- il suo sguardo
non ammetteva repliche.
Promemoria
dotarsi di un fischietto ad ultrasuoni con il quale chiamare Sam in
questi casi di pericolo.
Vidi le labbra
contratte in un’espressione contrariata sciogliersi in un
sorriso.
-Posso andare?-
chiesi afferrando la mia borsa.
-Sì-
Si diresse verso la mensa mentre io uscii nel parcheggio.
Piccolo
particolare: non avevo una macchina con la quale tornare. Diamine.
Mi sedetti sul
marciapiede umido ed aspettai un qualcuno che si sarebbe gentilmente
offerto. Aspettai invano.
Stupidi Forksiani!
A passo deciso
cominciai ad andare verso la strada provinciale, al massimo sarei
tornata a piedi.
-Laura!- una voce
vellutata e dolce mi fece voltare: Rose. Spalancai gli occhi. Lei!?
Gentile!?
-Io?- mi indicai
facendola scoppiare in risate.
-Sì
tu! Serve un passaggio?- domandò. Domanda retorica.
Salii sulla
macchina dietro a lei ed al marito. La piccola e bella cabriolet rossa!
-Grazie ragazzi!
Andare fino a casa a piedi sarebbe stata un’impresa
impossibile!-
-Ti possiamo
portare fino al confine però, abbiamo degli impegni-
spiegò Em accendendo la radio.
-Sì lo
so, grazie comunque-
Una volta scesa e
salutati i miei salvatori trotterellai allegra fino a casa. Non avevo
calcolato il dover dire a Billy che il giorno seguente sarei dovuta
andare nella tana del lupo. Ok brutta battuta, nella tana del Conte.
Un ringraziamento very fast!
Allora 6 commenti O_O tantissimi! UAO! Grazie!
E anche alle 13 che le hanno messe tra i preferiti!
COrro via!
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Capitolo 5 *** 5. Sono una brava attrice? O certo ho imbrogliato Billy! ***
5.
Sono una brava attrice? O certo ho imbrogliato Billy!
Ecco dove
era il problema… il
vampiro-psicopatico-ho-paura-per-la-mia-identità non aveva
considerato il particolare più importante: uscire da La Push
con una buona scusa, e convincere Billy. Il signor Black poteva dare
tante impressioni, tranne una: quella del fesso.
Non sarei mai
riuscita ad ingannarlo, e se pure lo avessi fatto sarebbe persistito un
altro problema, trovare qualcuno che mi potesse accompagnare per lo
meno fino al confine. Un candidato c’era, forse
l’unico ma rabbrividii al pensiero di quando fosse stato al
corrente della mia destinazione: sicuramente Sam non avrebbe reagito
diversamente da Billy, forse era lui il vero e proprio ostacolo.
Entrai a casa ancora
scervellandomi su questo problema che una serie di risate allegre e
spensierate mi portarono in salotto. Seduti davanti alla tv vedendo un
cartone se ne stavano Quil, Embry e Jake.
Alzai un sopracciglio
osservandoli sghignazzare davanti a Drangonball alla reverenda
età di sedici anni, ma quando entrò in scena
Vegeta fu più forte di me mi scaraventai anche io sul divano
e fissai lo schermo come rapita. Il mio piccolo debole.
-Eccola qua! Come
stai?- mi salutò Jake facendomi posto fra lui e Emb.
-Benissimo! Oddio che
bella ‘sta puntata!- esclamai quando capii che sei trattava
di un bell’episodio, di quelli in cui faceva il bastardo.
Embry mi
osservò divertito per un po’ poi scherzando mi
pose una domanda : -Vegeta fun?-
-Certo mio caro,
Sayan cinici nei secoli dei secoli!- risposi sorridendo.
-Ve lo dicevo io!-
ridacchiò Quil -Non ha per niente la faccia da
brava ragazza alla quale piacciono i protagonisti buoni!-
-Ci puoi contare
caro- dissi sistemandomi meglio –Io vivo nella parte oscura-
Il cartone
finì dopo pochi minuti così mi alzai a fatica da
quel groviglio di corpi e mi diressi in cucina
Seguita dai tre
ancora divertiti. Mi versai un bicchiere d’acqua e lo
sorseggiai lentamente, pensando a come parlare con i Cullen oggi
stesso, per organizzare la mia evasione.
Mentre riflettevo mi
soffermai ad osservare i tre.
Jake era
effettivamente il più carino: il sorriso onnipresente sul
suo volto gli dava un’espressione gioiosa, anche il modo di
vestirsi, di atteggiarsi lo rendevano un esempio di
felicità. Aveva le mani rovinate, un particolare che avevo
notato solo ora, le aveva piene di calli, dure e ruvide, immaginai che
fosse a causa del corso di falegnameria. Il naso era schiacciato, gli
zigomi alti, e le labbra di un colore misto tra il roseo ed il rosso,
estremamente belle.
Embry che sedeva
accanto a me chiacchierando con gli altri aveva un modo tutto suo di
sorridere, socchiudeva gli occhi fino al punto di far scomparire gli
occhi in due liniette fine, era un bellissimo sorriso, anche questo. Il
suo naso era meno schiacciato, più fino rispetto a quello
degli altri due, le spalle erano enormi, ed anche ad altezza non
scherzava, sembrava si fosse alzato dalla notte in cui mi avevano
trovato, ma magari era solo una mia impressione. Portava una maglietta
di un gruppo rock, ed anche i leggeri calli che aveva sui polpastrelli
mi consigliavano che probabilmente suonasse la chitarra, di sicuro era
uno skater, i pantaloni logori sulle ginocchia e le scarpe enormi e
sfondate ne erano la conferma.
Quil era differente
dai due. Più piccolino, tarchiato, leggermente cicciotello,
era timido, quasi vergognoso a parlare, quando si trovava a disagio
infilava le mani nelle tasche dei suoi pantaloni enormi e scaricava
tutta la pressione lì.
-Come è
andata?- mi domandò Em, era seduto vicino a me e giocava con
un cavatappi.
-Abbastanza bene-
risposi tranquilla – se togliamo il fatto che ormai il mio
professore di Educazione fisica mi odia, e mi reputa un clown in piena
regola, con dei seri problemi a muoversi coordinatamente- conclusi la
frase con una risata.
-Non sembri una tipa
impedita- osservò divertito Jacob seduto su il ripiano di
lavoro della cucina.
-Ho un ottimo senso,
uhm… istinto, se necessito di capacità atletiche
le ho, altrimenti…-
-Il minimo
indispensabile- concluse per me Embry
-Esatto-
Trascorremmo un altro
po’ a chiacchierare sulla giornata, e quando venne citata
Isabella mi si accese una lampadina. Chiamata. Telefono. Isabella.
Edward. Perfetto. Dovevo solo trovare il modo di farmi dare il suo
numero di casa, chiamare lei non avrebbe destato sospetti, tutto liscio
come l’olio.
-Come ti è
sembrata?- domandò Jake incuriosito.
-Simpatica, molto
riservata- non avevo voglia di parlare di lei, mi urtava.
-Noiosa, imbrogliona,
e…cos’altro Jaky…- disse scettico Quil
in uno sprazzo di loquacità che l’interessato non
apprezzo grugnendo infastidito zittendolo.
-Sì, ok, -
li divisi a disagio io –però mi servirebbe il suo
numero di telefono-
-Certo…
sta qua- scese dalla sua posizione con una spintarella delle braccia e
diretto all’entrata, accanto al telefono fisso presa
un’agenda logora che scorse fino al cognome Swan, me la porse
e rispose al mio grazie con un prego.
Mi osservai intorno
sospettosa, seppur Billy era fuori, da quanto avevo capito ad una
riunione dei membri della riserva, poi composi il numero sui tasti
velocemente ed attesi.
Quando sentii la voce
di lei rispondermi presi fiato e parlai.
-Casa Swan?-
-Sì, chi
parla?- rispose.
-Ciao Bella, sono
Laura, ricordi? La nuova compagna di scuola.- tentai di sembrare
spigliata nonostante l’ansia.
E se il ragazzo le
avesse detto tutto?
E se quindi non si
fidasse di me?
-Certo!-
esclamò allegra –scusa non ho riconosciuto la
voce, come va?- la voce si rilassò, capii che non sapeva
nulla.
-Io bene, senti oggi
Edward mi ha dato un quaderno con gli appunti e non capisco una
cosa...- stavo recitando, improvvisando per la precisione, -mi chiedevo
se avevi il suo numero di casa, sai per chiarirmi un po’ di
idee-
Rimase interdetta,
sul da farsi. Magari poteva dubitare di me, essere gelosa. Si riprese e
balbettando mi disse il numero a memoria. Lo segnai velocemente e la
ringraziai gentilmente salutandola al giorno successivo.
La prima parte della
messa in scena era stata fatta. Ora iniziava il difficile. Per prima
cosa non potevo rimanere qua ma dovevo salire, magari in camera mia,
erano, ormai, quasi le cinque e il signor Black sarebbe tornato a
momenti.
Afferrai il cordless
posato tra i cuscini in salotto e mi precipitai nella mia stanza.
Primo passo: comporre
il numero.
Presi fiato. Digitai.
Cancellai. Mi alzai in piedi girai intorno alla stanza. Ripresi il
telefono e ricomposi il numero anche in quel momento non ce la feci.
Alla decima volta ebbi il coraggio di premere quel maledetto tastino
verde.
Secondo passo:
aspettare che qualcuno rispondesse all’altro capo della
cornetta.
Anche qui
l’attesa fu straziante.
Terzo: intrattenere
una civile conversazione.
Al terzo squillo
risposero. Dico risposero perché lo fecero in due. Una voce
femminile e dolce, ed un'altra bassa e tonante.
-Pronto?-
-Heilà!- dissero in contemporanea.
-Ehm…
salve- dissi a disagio.
-Chi è?-
-Hey ragazza della riserva!-
Di sicuro uno era
Emmett sorrisi tra me e me, l’altra…o certo Esme!
-Salve, sì
Emmett sono Laura- ridacchiai
-Oh, chi è
caro?- -Mamma, non mi pare il caso- disse leggermente scocciato lui.
-ok, ciao Laura- la
voce era cristallina, sembrava il canto di un usignolo.
–Sì, mamma, ok, ciao-
Risi sentendo quel
tono, immaginandomi la sua faccia.
-Ciao Emmett. Come
va?-
-O benissimo piccola
mima. Tu?-
-Un po’
meno- borbottai.
-Oh, vero Mr.
Incacchiato con il mondo ti sta facendo problemi-lo sentii ridere
mentre il telefono passava nelle mani di qualcun altro che io, avevo
l’orrenda sicurezza, che fosse lui.
-E-edward?- balbettai
impacciata. Mi bloccai un attimo. Da quanto IO ero impacciata?!Stavamo
scherzando?! Io Miss Parlantina, colei che sarebbe riuscita ad
incartare Cicerone non mi sarei certo fatta spaventare da un vampiro
troppo roscio! Presi fiato e sicurezza e aspettai la sua risposta.
-Sì, come
mai hai chiamato?- rispose freddo.
Assottigliai lo
sguardo infastidita, ma guarda un po’ te! Oltre a crearmi
problemi pretendeva pure di fare il signorino scocciato!
-Scusa ti ho
svegliato?- battutina sadica non ci stava male.
Ringhiò,
mentre dietro di lui due voci maschili risero di gusto nel vederlo
irritato.
-Smettila di fare
l’idiota- mi ammonì.
-Certo nonnino-
risposi sogghignando e iniziando a giocare con una ciocca di capelli,
il sarcasmo era il mio forte, era entrato in un campo minato.
-Cosa vuoi?- ne stava
uscendo a testa bassa.
-Vedi, a differenza
tua io non posso guidare, e sai che è difficile uscire da
qua. Quindi uno: trovare un modo di uscire dalla riserva, due:
inventarci una scusa per lasciarmi andare- spiegai velocemente.
-Non ti credevo
così ingenua, dici che vai da Isabella, e là ti
verremo a prendere noi- dal suo tono riuscii ad immaginarmi perfino il
suo ghigno esultante.
-O... Cento anni
sprecati, geniaccio. Domani c’è la partita di
baseball più attesa dell’anno- dietro di me Emmett
confermò con il suo vocione tonante. –Concorderai
con me sul fatto che Billy non si lascerà mai perdere
un’occasione tanto golosa, quindi andrà da
Charlie, come sua abitudine, e di conseguenza non mi lascerà
mai uscire se verrà a sapere che TU ci accompagnerai a casa
TUA- questa volta il sorriso di vittoria fu il mio.
-Oh..-
-Io pensavo che
potevo dire che sarei andata dalla Stanley per una ricerca,
non ci sarebbero problemi per farmi accompagnare, solo che poi qualcuno
di voi dovrebbe venirmi a prendere- proposi.
-Perfetto,
verrà Alice- detto questo mi disse l’indirizzo di
Jessica e chiuse la conversazione.
Scesi velocemente le
scale e trovai Embry e Jake a chiacchierare. Billy era tornato, mentre
Quil era uscito.
-Buonasera Billy- gli
sorrisi e mi avvicinai al frigo, dovevo iniziare a preparare qualcosa
per la cena.
-Ciao Laura, andato
bene il primo giorno di scuola?- il suo tono era sospetto, e i sospetti
su cui sospettare erano i soliti. Uao, quanti sospetti.
-Benissimo, ho
fatto…amicizia con alcuni ragazzi- spiegai riemergendo con
in mano delle uova, l’unico alimento che non portava una data
di scadenza risalente al secolo scorso.
-Chi?- voce
tagliente, sguardo inchiodante, postura da capo branco, come scordarsi
di lui, il mitico autista, Sam.
Incredibile, casa
Black aveva le sembianze di un centro giovanile, ogni ora del giorno
era presente un ospite, e questa era una cosa buona, se non fosse stato
che uno di questi avesse sbattuto la testa di piccolo ed ora si credeva
un piccolo Sherlock.
-Isabella Swan- ok
questo era un punto a mio favore –ed altri…ma non
ricordo bene i nomi-
Lui emise un
borbottio sommesso dopo aver annusato l’aria
impercettibilmente, doveva aver sentito l’odore dei Cullen,
non mi ero cambiata e quell’idiota di Edward mi aveva stretto
ben bene.
-Isabella?!- la voce
di Jake era eccitata, fin troppo per i miei gusti, piegai la mia bocca
in un’espressione infastidita.
-Si, quella ragazza
che mi avevi detto tu- mormorai quasi sconfitta.
Perché
stavo così? Cosa potevo pretendere? Che di punto in bianco
lui cambiasse idea, e si innamorasse perdutamente di me, no.
Impossibile, mi ero illusa per un attimo, il mio sogno alla fine si
stava trasformando in realtà; e quel tono eccitato,
esultante, tutto questo per il suo semplice nome, faceva male. Troppo
in quel momento. Trattenni le lacrime, non ora, dovevo resistere almeno
fino alla mia camera. Sorrisi, un sorriso finto, ma ben celato.
-O bene! Allora
domani verrai con noi, da Charlie, è il padre di Bella, ci
sarà una partita…- iniziò il signor
Billy.
-di baseball, lo so-
continuai io per lui –ma non posso- mi scusai. –Ho
un compito di gruppo, con una compagna, e anzi mi servirebbe un
passaggio- fissai Sam che ghignò.
Brutto segno, quando
un tipo come lui ghigna, è un brutto, bruttissimo segno.
-Mi dispiace ma
domani non sono disponibile. Posso accompagnare solo loro due-
indicò padre e figlio –perché mi sono
di passaggio, quindi a meno che tu non vada verso est…-
Cacchio, ed ora come
facevo?! Non avevo una macchina! E avevo visto sulla piantina che casa
di Jessica si trovava a ovest, ma quanto potevo essere sfortunata!?
-Grazie comunque-
sospirai.
Ripresi a cucinare
anche per i due ospiti che non sembravano decisi ad andarsene per cena.
Mangiammo
tranquillamente, dopo il primo impatto Sam era un ottima persona,
magari un po’ “fredda” , ma forse questo
suo carattere sospettoso doveva essere stato causato dalla
trasformazione, e dagli innumerevoli cambiamenti che ne erano
conseguiti.
Mi misi a
sparecchiare mentre loro si erano spostati in salotto a vedere un
po’ di tv, non mi accorsi di Embry che era sgattaiolato
vicino a me per farmi compagnia.
-Vuoi una mano?-
prese la padella e iniziò ad insaponarla.
-Grazie- dissi con un
sorriso sincero.
Era un ragazzo
estremamente gentile, non lo avevo notato fin’ora.
-Se ti serve un
passaggio, bhè ci sarei io… andata e ritorno
signorina- scherzò imitando un damerino inglese.
Rimasi stupita. Lui!
Il mio caro e piccolo Embry era la mia soluzione!
Oddio
ç_ç odio aggiornare in così schifoso
ritardo!>.< Ma sono stata a casa si e no 3 giorni nelle
feste, o almeno con un pc a portata di mano -.-'
*osserva lo schermo
sconvolta* 8 recensioni?!! O_O O MY GOD! E' un record! La storia
piace?! Cavolo! Questo cap non mi piace molto <.< non lo
so non mi ispira <.<
Ringrazio chi ha
recensito:
_sefiri_ ; SAmmy
Cullen; New_born; cassandra 287; sorellina malfoy; e tessy!
E anche le 27, o mio
dio di nuovo! che la hanno messa tra i preferiti...
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26 - Yuki
no Hime
27 - _tessy_
(scusate il contatta ma vado
di fretta -.-'')
Volevo solo chiedere
un favino...COMMENTATE ^^" sopratutto voi che l'avete tra le
preferite... sapere il perchè sarebbe molo belloXD
Baci a tutti ^^
Bye bye^^
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Capitolo 6 *** 6. Isabella Tordella non è così stupida come sembra… Per mia sfortuna! ***
6. Isabella Tordella non
è così stupida come sembra… Per mia sfortuna!
La
mattina seguente, ero un fascio di nervi: non avevo dormito tutta la
notte pensando e ripensando all’indomani. A differenza di
Bella non ero terrorizzata di “non piacere”, ma
dalle domande che mi potevano fare. Come avrei giustificato il fatto
che nel MIO mondo, parallelo a questo, qualcuno era riuscito a scrivere
di loro, rivelandoli in ogni minimo e più intimo particolare
a centinaia, ma che dico! MIGLIAIA di ragazzine con gli ormoni a mille?
Rivelandogli del
libro, a questo punto della storia, avrei alterato completamente lo
svolgimento degli eventi: di sicuro Edward non sarebbe partito,
Isabella non avrebbe trascorso il suo periodo di depressione, non
avrebbe conosciuto Jacob a fondo, e non sarebbe successo niente di
niente! Perciò eliminerei la spiegazione: io so tutto di
voi! Tremate mie piccole pedine. Decisamente da gettare nel cestino.
Avrei potuto dirgli
che quel poco che sapevo lo avevo dedotto. Sì. dopo tutto lo
ha fatto quella decelebrata della Swan, ci sarei potuta benissimo
riuscire pure io.
Primo problema
risolto.
Ora era da trovare il
modo di criptare la mia mente al maestro di magia, avrei potuto pensare
semplicemente in italiano… no. Lui lo sapeva.
L’unica soluzione era rimuovere totalmente, almeno in sua
presenza, tutta la trama dei libri, farne una tabula rasa; vivere la
giornata così come veniva, diventare a mia volta una
protagonista della storia.
Che ora mi veniva un
dubbio, era questa la storia, il mondo impossibile, o noi?
Cioè
questo mondo sarebbe esistito senza la scrittrice oppure no?
E se fosse
così… ognuno di noi, per ogni piccola fantasia,
per ogni minimo sogno in cui anche solo un particolare della normale
vita comune, crea un mondo nuovo?
Quindi noi siamo
un’insieme di mondi unici tra di loro?
Ed io…
qua, di preciso, esisteva un'altra me? Completamente ignara della
storia, del fatto che a pochi kilometri da casa sua, nella regione
confinante a lei, vivono dei killer plurisecolari, maestri e padroni
indiscussi di questo mondo irreale.
Poteva
essere… ma se così fosse nell’altro
mondo, quello che avevo lasciato, nel quale per mia madre mi trovo a
Seattle, a studiare, io cosa facevo?
Continuavo a vivere?
Ero scomparsa, oppure più semplicemente morta?
Non lo sapevo, i miei
genitori, i miei amici mi mancavano però non riuscivo a
trovare una soluzione, un metodo per ritornare indietro.
Anche se oggi,
ripensandoci, credo di non aver mai pensato intensamente ad una
soluzione, il mio subconscio non voleva tornare indietro, voleva
continuare ad essere un protagonista della commedia.
Come potevo dormire
con questi pensieri che si accavallavano dentro il mio cervello
prepotentemente?!
Quando mi svegliai
avevo delle occhiaie spaventose e data la mia negazione per
l’arte del trucco non provai nemmeno a nasconderle,
ridacchiai tra me e me pensando che sarebbero state un buon modo per
mimetizzarmi con i Cullen… e vabbè! Potremmo
anche sorvolare su il resto degli attributi che mi mancano come:
l’essere bellissima, posatissima, pallidissima…
Come il giorno prima
Sam mi accompagnò a scuola ma questa volta le macchine dei
vampiri non erano ancora state parcheggiate, era presente solo il
vecchio pick-up sopra il quale era appoggiata la sua proprietaria,
intenta a leggere un libro di storia. Mi avvicinai tenendo la mia
borsaccia di cuoio a tracolla e silenziosamente mi accostai a lei.
-Ciao!- esclamai
divertita.
Bene se potevo fare
una cosa per accattivarmi Edward era accattivarmi la sua ragazza. Avrei
dovuto fingere, anche molto, ma ormai ci ero abituata. Lei ripose il
libro ed alzò lo sguardo guardandomi annoiata;
l’allegria del giorno precedente era sparita sostituita da
una fredda indifferenza. O molto più probabilmente dalla
gelosia. Il fatto che io fossi stata così
“avventata” nel richiedere, solo dopo un giorno di
conoscenza, il numero del suo ragazzo, una cosa strana in questa
cittadina, l’aveva fatta stranire. Inoltre Edward
l’aveva sicuramente trattata in modo più
distaccato, per nasconderle l’attacco di schizofrenia
convulsa con il quale mi aveva portato via ieri a pranzo.
-Oh, ciao, ieri poi
sei riuscita a chiamarlo?- domandò atonica chiudendo lo
zaino.
-Sì-
risposi sicura di me girandomi quando lei, con forza, si
tirò lo zainetto sulle spalle dirigendosi verso le lezioni.
–La scrittura di Edward è illeggibile- provai a
sciogliere l’atmosfera.
-Tu dici? A me sembra
chiara ed elegante- rispose tagliente lei.
Mi gelai sul colpo.
Avevo fatto un errore: aveva ragione, LUI scriveva benissimo ed era
impossibile che io non riuscissi a decifrarla. Mannaggia a me!
Perché non avevo trovato una scusa migliore! Commisi il mio
secondo errore non rispondendo a questa sua affermazione confermando
qualunque fosse stato il suo sospetto da innamorata.
Quella mattina
fortunatamente non aveva piovuto, ero uscita felicissima di casa senza
ombrello, ora però il sole si era fatto spazio prepotente
tra le nuvole e tentava di asciugare le pozzanghere del parcheggio.
Altro problema. Oggi loro non sarebbero venuti.
-Oggi non vengono
vero?- domandai sedendomi nell’aula di letteratura.
Continuavo a scrutare il cielo disperata. Loro sarebbero dovuti venire,
assolutamente! Anche se Edward era fastidioso mi serviva come supporto
psicologico, il poterci parlare prima di avventurarmi nel suo mondo mi
avrebbe reso sicuramente più tranquilla, per lo meno per
decidere gli ultimi particolari per l’appuntamento, dato che
aveva chiuso velocemente la conversazione ieri sera.
-Come lo fai a
sapere?- Rispose sorpresa alzando finalmente gli occhi dagli
scarabocchi che aveva tracciato con forza su una vecchia fotocopia.
-Non ho visto le
macchine, e poi mi hanno detto che di solito con il sole vanno in
campeggio- sorrisi per tranquillizzarla. Questo era possibilissimo, era
o non era la Stanley un pozzo di informazioni?
-Sai molte cose su di
loro…- cominciò con un tono di sospetto celato
dietro ad un sorriso ironico –per aver frequentato
così poco Jessica-
Mi bloccai
interdetta, aveva proprio ragione, io avevo semplicemente sentito il
nome di Jessica, avevo scambiato con lei non più di cinque
parole, delle quali la maggior parte ostili.
-Voci di
corridoio…- spiegai aprendo il mio quaderno a disagio.
-Che voci rumorose
per un solo giorno di scuola…- disse tagliente e dopo avermi
sorriso con finta affabilità si voltò verso la
professoressa interrompendo la conversazione
Merda.
Ritornai a casa in
fretta e furia con la corriera che univa il piccolo paesino alla
riserva e sempre di corsa percorsi la strada che mi separava da casa.
Avevo in testa una
confusione pazzesca, Isabella per quando indisponente potesse essere
non era stupida, almeno non per scoprire imbrogli e sotterfugi,
sicuramente non sarebbe mai arrivata alla vera conclusione, troppo
assurda perfino in questo mondo sovrannaturale, ma probabilmente
avrebbe sospettato qualcosa.
Sorrisi divertita tra
me e me nel considerare che io, che mi consideravo normale, ero troppo
fantastica ed irreale.
Arrivai a casa
trafelata, Billy stava leggendo tranquillamente in salotto su una
poltrona un vecchio libro consumato, ma alzò lo sguardo su
di me e mi regalò un sorriso raggiante. Mi si strinse il
cuore nel pensare che lo avrei imbrogliato.
-Come va? Hai una
faccia strana…- mi guardò attentamente con un
cipiglio preoccupato.
Sussultai, possibile
che notasse tutto? Che riuscisse a percepire ogni piccolo movimento
della mia coscienza?
-Nulla capo- sorrisi
cordiale e non dovetti fingere, quel uomo, oltre la pelle dura e aspra,
era buonissimo e cordiale –solo un po’ di
stanchezza-
-Meglio
così- ritornò silenzioso alla sua lettura ed io
risalii in camera, ma prima sbirciai in ogni stanza alla ricerca di
Jake.
-Mio figlio non
è in casa- la voce divertita e roca del signor Black
risuonò dal salotto.
-Grazie- borbottai.
Wow, era un indovino!
Ancora stupita arrivai nella mia cameretta e trovai sul letto un
foglietto stropicciato di un quaderno scolastico, lo presi e lo girai,
di algebra probabilmente.
“Ti passo a
prendere alle 16.00.
Embry”
Sospirai allegra
leggendolo e mi gettai sul letto sfinita.
Embry era proprio un
caro ragazzo…
Di colpo
però mi sentii triste: Jacob non era in casa,
chissà dove era ora, magari a scuola, forse in giro con gli
amici, chissà se mi pensava?
Sicuramente non con
la stessa costanza con cui lo facevo io, quasi un’ossessione
ormai, però almeno un poco mi pensava?
Mi tormentai con
questi pensieri per tutto il resto dell’ora che passai a
casa. Mi addormentai quasi finché non sentii il campanello
di casa suonare, mi precipitai di sotto.
Billy stava ancora
provando ad alzarsi con molta fatica, gli urlai di non preoccuparsi e
andai ad aprire.
-Heilà!-
il sorriso dell’oggetto dei miei sogni era apparso davanti
alla porta.
-Ciao!- risposi
entusiasta facendomi un po’ indietro per farlo entrare, ma
lui si chinò un poco su di me per baciarmi le guance. Rimasi
bloccata e interdetta. Poi quando lui si staccò sorrisi in
modo ebete. Come era bello il mondo…
Di colpo ogni cosa
prendeva colore, il cielo non era grigiastro ma azzurro, il sole non
coperto da qualche nuvoletta ma di un giallo così sgargiante
da accecarmi.
Dietro di lui
c’era Embry ancora in macchina che mi sorrideva.
-Arrivo subito!-
esclamai e salutati di nuovo i due signori Black corsi dentro la
vecchia auto.
-Salve!- mi accolse
con un’espressione gioiosa.
-Salvino- risposi
ridacchiando, lui scoppiò a ridere e mise in moto.
Lo osservai meglio da
vicino, oggi indossava una maglietta troppo leggera per la giornata,
che seppur non piovosa era pur sempre fredda. I capelli erano tirati
all’indietro con una coda molto libera che gli lasciava
cadere qualche ciuffo ribelle davanti al volto, ma che lui si portava
dietro le orecchie prontamente.
-Silenziosa?- mi
guardò di sottecchi divertito.
Arrossii, senza
rendermene conto lo avevo fissato intensamente.
-Oh, no…
solo che non mi piace molto l’idea di studiare con quella
ragazza… tutto qui- spiegai velocemente, e non era tutto
falso.
-Dai, il tempo
volerà…- cercò di confortarmi lui.
-Mi
auguro…- mormorai guardando la strada.
Gli porsi la cartina
appena usciti dalla riserva e lui la seguì diligentemente,
portandomi in poco tempo a casa di Jessica.
Continuammo a
chiacchierare per tutto il viaggio, riusciva così facile con
lui!
Ascoltava musica
rock, bhè questo lo potevo dedurre
dall’abbigliamento, ma non avrei mai potuto pensare che
conoscesse a memoria tutti le date di uscita degli album delle band
più famose, i loro componenti, tutto!
Mi complimentai con
lui moltissime volte, e in cambio, ricevetti la promessa di poter
ascoltare alcuni gruppi sconosciuti, ma che, anche grazie alle sue
molteplici lodi, mi sembravano già allora fantastici.
E cosa
straordinaria…mi ritrovai più volte ad osservarlo
con occhi nuovi, più imparziali e curiosi.
Arrivammo in poco
tempo,scesi e lo ringraziai calorosamente e gli diedi appuntamento
circa quattro ore dopo.
La macchina del mio
amico non fece in tempo a scomparire dietro l’angolo che una
volvo argentata comparì dal fondo della viuzza.
La porta del
passeggero si aprì di scatto davanti a me e una voce
cristallina mi incitò ad entrare, e io lo feci.
Alice stava seduta
tranquilla al suo posto da guidatore e salutandomi allegra spinse
l’acceleratore, dirigendosi fuori dal paese.
Indossava degli abiti
sgargianti, una maglietta lunga di un giallo così acceso da
abbagliare, mentre le piccole gambe erano fasciate da dei pant-collant
neri. Le scarpe, a loro volta gialle, avevano un tacco vertiginoso.
Lanciai uno sguardo dietro a me, la borsa di una famosissima marca
italiana era adagiata sul sedile posteriore.
-Sono felice che tu
abbia accettato l’invito- disse allegra girando il volante.
-Invito?!- esclamai
stizzita.
Lei rise angelica e
ammise –Magari Edward ha un tono molto strano per invitare la
gente-
-Unico direi- risposi
borbottando.
-Devi capirlo- mi
guardò profondamente allontanando lo sguardo dalla strada
–Sai cosa siamo-
Non risposi ma la
guardai alzando gli occhi al cielo.
-E poi dice che non
ti è molto simpatico- sul volto piccolino e perfetto
comparve un sorriso.
MI guardò
un attimo allarmata, probabilmente credeva di aver detto troppo.
-Non
preoccuparti…- la rassicurai –so tutto- mi toccai
la tempia con l’indice facendole capire che sapevo del super
potere. Aprì la bocca sbigottita e la richiuse dopo pochi
attimi, quando se ne rese conto.
-Ed ci aveva detto
che sapevi, ma non così tanto…-
osservò pensierosa.
-So di te…
di Jasper… e chi altro…- contai sulle dita delle
mani i membri della famiglia citati.
-Strabiliante- fu
l’unica cosa che riuscì a dire. –Queste
cose lo dovresti dire a tutti però…-
Detto questo
parcheggiò e tolte le chiavi aprì la portiera.
Scesi sovrapensiero
dall’auto e voltai lo sguardo verso la casa, purtroppo non
ebbi l’occasione di assaporarne la bellezza.
Una palla da
baseball, molto più simile a un proiettile che ad altro, si
stava dirigendo verso di me. E dietro di lei la voce tuonante di Emmett
mi urlava di stare attenta.
Cazzo.
Angoluccio
dell'autrice:
*guarda in stato catatonico lo schermo e pronuncia con voce incerta: 7
recensioni...*
O MIO GODDUCCIO! O_O
GRAZIEEEEEEEEEEEEEEEEEE
Chi avrebbe mai pensato che una cosa del genere avrebbe riscosso
successo O_O , anche perchè ho visto che in giro ci sono
molte storie simili... dopo che ho pubblicato... ,a spero siano tutte
diverseXD
Oggi, visto che ho + tempo (allelujaaaa *-*) voglio ringraziarvi una
per una! perciò...
Sammy Cullen: vuoi
l'anteprima e poi nn la vuoi ò.ò, ma proprio
un'amica storta dovevo andare a trovareXD?!
Razorbladekisses: la sottoscritta spera la
medesima cosaXD, ma chissà la storia va avanti.... nuova
lettrice! Grazie per i compliemnti ^-^
Madeleine: il
sarcasmo di Laura è genuinoXD Chiedilo a chi mi conosceXD
Grazie mille per il commento e per Isabella... ehm... non si dice
nullaXD
Kagome994: Sono
onorata del fatto che la mia ff sia stata tra le prime su TW che hai
letto ^-^Tutti questi compliementi!? °\\\\\° aspetto un
tuo commento anche per questo capitolo ^^
New_born: hebè
Dragonball forreverXD Lo ador *-* e grazie! Una recensione è
sempre ben accetta! Anche se in ritardo XD ChissenefregaXD
_tessy_: Essendo
la sottoscritta un'amante della risata, e quindi una seria e devota
sostenitrice del far ridere non posso che essere felice che questa ff
metta di buon umore la gente ^-^ grazie per il commento! E anche per
aver messo altre mie ff tra le preferite... ma un commentno pure a
quelle XD? Sempre se hai tempo e voglia sia chiaro
ù_ù
sexy_eclipse:
Embry.... uhm... vedremo vedremo, la storia ha una conclusione ben
precisa e non mancheranno colpi di scena XD E per sam che ghigna...
quell'uomo per me ghigna sempre =_=
Finiti questi ringraziamenti vorrei passare a spiegare una piccola cosa:
"Questa storia vuole introdurre un nuovo personaggio nel mondo della
Mayer, cioè la sottoscritta, e quindi agirà come
un personaggio. Gli eventi della storia saranno in parte cambiati, e
visti dei punti di vista che l'autrice ha voluto tralasciare(es. Leah e
Sam, l'arrivo di Emily, la trasformazione a casa Black...)"
Infine ringrazio tutte le persona che l'hanno aggiunta tra le preferite!
1 - Aubrey_ToxicMuffin
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Alla prossima!
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Capitolo 7 *** 7. Perché non scrivete… “Attenzione vampiro a cui rode”? ***
7. Perché non
scrivete… “Attenzione vampiro a cui
rode”?
Quando vi parlavo del
mio “istinto” non scherzavo. Avevo
l’assurda capacità di trasformarmi da piccolo
invertebrato semimovibile, simile ad un paramecio, ad un
lince scattante. Tutto per istinto di sopravvivenza.
Grazie al cielo anche
quel giorno riuscii a cavarmela.
Quando vidi la palla
avvicinarsi a tutta velocità verso di me senza pensarci su,
come se avessi staccato una spina del mio cervello e avessi seguito
semplicemente gli istinti, mi gettai a terra finendo perfettamente
dentro a una pozzanghera che si era formata nei giorni precedenti.
La cosa
però non era finita, non se si parlava di me. Quando io
finivo in mezzo ad una situazione questa non aveva MAI una fine
semplice e facilmente risolvibile. No. Ogni cosa deve prendere le
dimensioni di un colosso in scavalcabile e imbarazzante.
Gli schizzi finirono
sulle scarpe nuove di Alice, e sul suo giacchetto che portava al
braccio.
E la palla, quella
dannatissima palla, finì precisamente al centro del
finestrino della volvo, trapassandola da porta a porta, rompendo il
vetro in due cerchi paralleli e straordinariamente precisi.
Rimasi ancora un
po’ con la faccia nel fango maledicendo mentalmente il giorno
in cui avevo deciso di venire a Forks, ma sentii avvicinarsi Emmett.
Rideva a voce alta e
parlava di qualcosa che aveva in mezzo la parola
…mia….palla…schivata.
Non fece in tempo a
finire la frase che Aly si scagliò con forza inaspettata
contro di lui, si udì come un fragore di tuoni quando i due
corpi si scontrarono.
-Cosa.Hai.Fatto.Alla.Mia.Giacca?!-
soffiò inviperita dal basso, tenendolo sotto mira con i suoi
occhi divenuti completamente neri.
-Dai sorellina,
è una semplice giacca- rise lui.
-Semplice?!-
ripeté la piccolina infuriata.
Lui in cambio sorrise
e la scansò un po’ per avvicinarsi a me.
-Aiuto- borbottai
ancora distesa a terra con la faccia stravolta e completamente marrone
di fango.
Lui mi prese per un
braccio e mi alzò di colpo ancora sghignazzando.
Indossava una candida
maglietta di un’università famosa, portava un
berretto blu e sorrideva.
L’idiota
sorrideva.
Faceva solo questo, e
mi stava dando ai nervi.
Mi aveva appena fatto
fare il bagno nel regno dei mostri fangosi e … RIDEVA?!
-Tutto ok?- disse
trattenendo le risate, dovevo essere proprio in condizioni indecenti.
-Certo come se avessi
fatto un viaggio sulla luna andata e ritorno- mormorai sarcastica
togliendomi il primo strato di fanghiglia dai pantaloni e dalla faccia.
-Hai schivato una mia
palla- esclamò entusiasta.
Mi voltai guardando i
risultati della mia schivata miracolosa –
Già… io sì, la macchina no-
-A vabbè
è di Edward- fece un’alzata di spalle e mi
scrollò provando a togliermi altro fango.
Guardai i due buchi
sconvolta.
-MA SEI TUTTO
SCEMO?!- gli urlai in faccia – E se mi avessi preso?! Qua!-
mi misi un dito sulla fronte e lo premetti –COSA DANNAZIONE
SUCCEDEVA?!-
Lui mi
guardò divertito un po’ e poi rispose tranquillo
–credo una commozione celebrale, abbiamo due medici-
Spalancai gli occhi
esterrefatta. Iniziava male. Molto male.
Avevo la bocca che
sapeva di fanghiglia, precisamente muschio e terriccio, disgustoso.
Dietro al gigante che
sorrideva divertito Alice si stava massaggiando le tempie mentre il
fidanzato le aveva posato una mano sulla spalla e la guardava
apprensivo.
Calma, oddio,
sembrava come se mi fossi ritrovata improvvisamente in uno di quei
video anni ’60 con luci psichedeliche, fumi soffusi, colori
accesi.
Stare vicino a Jasper
era come farsi una canna. Aveva l’esatto effetto di una canna.
-Jasper finiscila!-
ridacchiò Emmett girandosi verso il citato –Sembra
che si sia appena drogata! Non puoi usare i tuoi poteri vicino a lei!
Almeno non così-
All’improvviso,
il tempo di battere le ciglia, i due sparirono dentro la casa e io mi
scossi un attimo per riprendere il possesso delle mie sensazioni.
-Entriamo?-
annuii con lo sguardo vuoto, improvvisamente tutti i pensieri sul libro
erano spariti. Fantastico! Almeno una cosa quel giorno andava per il
verso giusto. New Moon era diventato un’incognita, Eclipse
una serie di avvenimenti confusi.
Probabilmente il
potere di Jasper era stato troppo forte per una mente umana…
ODDIO MI AVEVA
DANNEGGIATO IL CERVELLO!
Guarda con sgomento
il vampiro che mi camminava affianco, il vialetto era diventato
incredibilmente enorme.
Cioè io
non mi sono mai fatta uno spinello per paura di danneggiare i miei
neuroni e questo vampiro, in quattro e quattr’otto, puof, mi
ha mandato il cervello in pappa?!
Iniziai ad elencarmi
mentalmente i nomi dei miei familiari, poi dei miei amici, i ragazzi
della riserva, perfino i teoremi di Pitagora!
Ricordavo tutto,
estremamente bene, quindi mi tranquillizzai un po’.
Magari il fatto che
avesse confuso nella mia testa solo quelle due cose, era un bene, e
qualcosa di provvidenziale.
Sospirai leggermente,
ma a metà mi sentii il sangue gelarsi nelle vene.
Edward stava si stava
dirigendo come una furia verso di noi, i passi erano vere e proprie
falcate e la faccia non faceva pensare niente di buono: gli occhi
fiammeggianti e neri, le labbra serrate in una linea sottile ed adirata.
Emmett si
incupì un po’ e mi fece cenno di indietreggiare,
seguii il suo consiglio.
-NO EMMETT NON
E’ SUCCESSO NIENTE!- gli urlò contro il fratello
rispondendo ad una sua domanda mentale.
L’altro
alzò un sopracciglio scocciato e scettico poi
incrociò le braccia e spostò tutto il peso del
corpo verso sinistra guardandolo di sbieco.
-ISABELLA NON MI HA
LASCIATO- rispose di nuovo con un ringhio.
-Ok, ok, fratellino,
ma datti una calmata…-
Potrebbero scoppiarti
le coronarie, oppure un infarto… ridacchiai tra me e me.
-E tu!- si
voltò e mi inchiodò con gli occhi neri
–guai a te se dici o solamente pensi battute del genere!-
Lo guardai piuttosto
infastidita e mi spostai da davanti al portellone decisa ad entrare in
casa.
Brutto passo.
Orrendo.
Fissò
sconvolto i finestrini, poi a turno, anche me. Strinse i pugni e
serrò le mandibole.
-Cosa-Hai-Fatto?!-
gridò spostandomi di peso e avvicinandosi ai vetri rotti.
-Tecnicamente
niente…- borbottai.
Possibile che
succedessero tutte a me?! Anche il vampiro con crisi di
identità che aveva bisogno di uno psicologo?!
-Praticamente?!- mi
guardò con odio – E NON HO BISOGNO DI UNO
PSICOLOGO!- aggiunse avvicinandosi pericolosamente.
-Ho schivato una
palla, non pretenderai mica che io prenda in faccia palle da baseball
per salvarti questo catorcio?!- esclamai sorpresa dal suo tono.
-I-il mio cosa?!-
boccheggiò alla mia affermazione.
-CA-TOR-CIO- sillabai
portandomi le mani sui fianchi.
Voleva la guerra?!
Ebbene l’avrebbe avuta, anche perché
quell’idiota della ragazza mi aveva fatto urtare non poco a
scuola.
-Senti chi parla! Non
hai neanche una macchina! Magari perché puzzi ancora di
latte- ghignò alla sua battuta, Em lo guardò
alzando gli occhi al cielo.
-Banale- risposi con
non sufficienza
-Emmett non ti ci
mettere pure tu!- soffiò il vampiro ramato di rimando a
qualche pensiero del fratello.
-E tu ragazzina- si
voltò verso di me –Cosa diamine hai fatto a
scuola?- domandò con gli occhi socchiusi.
-Io nulla, se magari
qualcuno invece di offendersi avesse continuato a creare una copertura
le cose sarebbero andate meglio!- lo rimproverai.
Idiota.
-Pure questo?! Oltre
a crearmi problemi mi dici pure che dovrei seguirti?! Farti da baby
sitter?!- sibilò
-Dico solo che se hai
una ragazza che soffre di crisi di abbandono dovresti stare
più attento!-
Mi guardò
sconvolto con la bocca spalancata.
-Allora è
colpa tua!-
-Cosa!?- chiesi
sorpresa.
Cosa voleva da me
questo psicopatico!? Tutte a me! Non era possibile! Perché
non potevo semplicemente lasciarlo stare? Non sarei dovuta venire a
casa Cullen, rimanere nella mia stanzetta a fare i compiti,
sì sì, i compiti. Studiare la Woolf, finire
algebra… e tutto sarebbe andato liscio. Invece no! Avevo
dato retta a quest’idiota e adesso mi ritrovavo e combattere
contro un grava caso di schizofrenia!
-Io non soffro di
schizofrenia!- disse stizzito.
-Tu e la tua ragazza
dovete ricoverarvi!- sbottai esasperata.
Aprii la portiera
della volvo intenzionata ad andarmene. Alla riserva. Sissignore. Sarei
andata da Sam e Leah se fosse stato necessario!
C’erano i
vetri sul sedile, ringhiai sommessamente e chiusi di colpo la macchina
infastidita.
-Cosa avresti voluto
fare?- mi sberffergiò Edward con sguardo maligno.
-Niente, idiota,
andavo in un campo di aglio, magari trovavo un antidoto alla tua
acidità!- risposi.
-Stupida ragazzina!-
-Sei peggio di una
zitella!-
-Ehm…
ragazzi, magari dovremmo entrare, il tempo passa- provò a
separarci il gigante gentile con un sorriso convincente.
Lo incenerimmo in
contemporanea: -ZITTO EMMETT!-
-Senti chi parla! Sei
una vipera! Piccola e fastidiosa!- si sporse un altro po’
verso di me.
-Verginello!-
Bene, in questo
momento bisognava colpire basso. E io avevo tutti i mezzi per farlo.
107 anni vergine, non male come titolo di un film. Edward Cullen nuova
star di Hollywood, già mi immagino le interviste.
“Signor
Cullen si immedesima nel personaggio?”
“In
modo perfetto, lui è me”
Sorrisi soddisfatta e
mi voltai teatralmente con Emmett che sghignazzava piegato in due e
urlava un “BOOO” molto accusatorio, cingendo le
spalle del fratello che lo scansava furioso.
Il mio arrivo a casa
Cullen era stato proprio come me lo sarei aspettato: una lotta di
insulti con il piccolo roscio.
Entrammo in casa che
Rosalie ridacchiava tra se e sé, e mi lanciò un
sorriso smagliante che per un attimo mi prese alla sprovvista: Rosalie
Hale gentile… con me?!
Ironia della vita!
-Edward la ragazza
non ha tutti i torti concedigli il “fatto”-
cinguettò sedendosi leggiadra sul divano facendo segno al
ragazzo e a me di accomodarci accanto a lei.
-Rosalie il tuo
intervento non è stato richiesto!- gli sbottò Ed
gettandosi su una poltrona adiacente e continuandomi a fissare macabro.
Quello sguardo non mi ispirava niente di buono.
La casa era enorme,
bianca e assolutamente perfetta. Ogni dettaglio era impeccabile. Bianca
in ogni particolare, dai vasi, ai fiori, perfino la libreria era
bianca, e tutto della stessa tonalità, come se fosse stata
fatta su misura. Ed era un dubbio del tutto fondato.
Ricchi, ricchissimi,
tutti i particolari erano definiti ed eleganti, raffinati in ogni
minima parte.
Da sopra scesero
Carlisle e Esme, mano nella mano, il ritratto della dolcezza e della
fedeltà.
Lei si sedette
leggera su una sedia di vimini mentre lui rimase in piedi, con il suo
corpo slanciato e un sorriso paterno stampato in volto.
Li guardai per un
attimo incredula.
-Ci si vede di nuovo
Miss Black, come stanno le sue costole?- domandò pacato.
-M-Miss Black?-
chiesi di rimando in difficoltà. Non aveva creduto mica che
io fossi la sorella di Jake?
-Non è la
figlia del capo indiano papà. E’ stata
semplicemente accolta- sintetizzò per me Edward, lo fulminai.
-Oh, mi scusi,
errore- fece un leggero inchino con il capo.
Rimasi interdetta,
come era gentile quel uomo in confronto al figlio adottivo!
Portava una camicia
bianca e un paio di pantaloni neri di alta sartoria, non indossava la
cravatta, ma probabilmente se l’era tolta una volta a casa,
magari per abitudine, il colletto era slacciato.
La stanza cadde un
attimo nel silenzio più totale che spezzai imbarazzatissima.
-Credo che a questo
punto vi debba delle spiegazioni- mormorai a testa bassa.
Ognuno ebbe una
reazione diversa, la più fastidiosa e urtante fù
lo sbuffo di Ed e il suo sguardo accusatore.
-Esattamente cara, ci
sembra alquanto strano che tu sappia di noi- un velo di ansia era
trapassato nella voce.
-E’ una
storia lunga…- mormorai.
-Raccontala abbiamo
tutto il tempo che vuoi- rise Alice ormai calmata del tutto che
stringeva la mano di Jasper nella sua.
-Ecco, so che
esistono i vampiri, i licantropi, i Volturi… vivo in Italia
e ho fatto un brutto incontro- spiegai semplicemente.
Ottimo, avevo detto
tutto quello che sapevo.
-E come mai sei qui?-
sospettoso come al solito Edward mo guardava gelido.
-Viaggio di studio-
Poi
sono precipitata dalla scogliera…
Scoppiò a
ridere di gusto.
-Oddio che imbranata,
sei caduta dalla scogliera?! Sei inciampata?!-
Lo fulminai con lo
sguardo e credo che perfino lui in quell’attimo ebbe paura:
odiavo essere chiamata imbranata, significava mettermi al livello di
Swan, ed era una cosa estremamente offensiva per i miei canoni.
-Non proprio, sono
precipitata giù dalla scogliera. E un ragazzo mi ha salvato-
risposi indispettita.
-un ragazzo dei
Queletue?- domandò più accorto il signor Cullen.
Mi voltai verso di
lui con aria raggiante –Esatto, è
l’unico che si è trasformato per ora- aggiunsi con
rammarico.
Sam era
un’incognita nella mia mente. Lo vedevo come un ragazzo
estremamente fragile, che cercava di nascondere dietro
l’apparente freddezza e aggressività un sacco di
dolore.
Pensandoci
meglio… il padre di Sam è
un’incognita… da quanto avevo capito era uno
scavezzacolo che se ne andava in giro per il mondo, senza mai pensare
seriamente a qualcuno, tanto meno al figlio.
Povero Sam, avevo dei
sensi di colpa adesso…
Mi sarei comportata
meglio con lui! Un buon proposito. Almeno la mattina lo avrei salutato,
certo certo!
E..
cos’altro? Di sicuro la prossima volta che sarebbe rimasto a
cena mi sarei impegnata, e magari durante il passaggio gli avrei
portato dei biscotti!
Sorrisi soddisfatta
di me stessa, ma un commento sarcastico e poco opportuno mi
ridestò dal mio pensare.
-Hai finito di
organizzare la tua opera di carità?-
Edward…
-Ti dispiacerebbe
smettere di rompere!?- sbottai infastidita.
-Ragazzi calmi- il
tono pacato e materno di Esme ci riprese e io mi sedetti un
po’ meglio nel mio piccolo posto vicino a Rosalie.
-Mi fa piacere che tu
ti sia trovata bene con i nostri… vicini- l’ultima
parola sembrava un po’ forzata, ma Carl cercò di
farlo notare il meno possibile.
-Ma…-
riprese –vorremmo sapere le tue intenzioni- mi
inchiodò con lo sguardo.
Mi sentii in
soggezione e abbassai leggermente la testa, per sfuggire a quegli occhi
dorati e ammalianti.
-Non ho intenzioni
vere e proprie- mormorai a mezza bocca.
-Cioè?-
Alice mi guardò curiosa –scusa ma non riesco a
vedere il tuo futuro precisamente, circa dalla prossima settimana per
me se un’incognita- sorrise mesta.
La guardai
sbalordita, oddio! Cosa cavolo avrei fatto…
Rielencai velocemente
i miei impegni futuri, non avevo nessun’appuntamento con Sam
, non conoscevo ancora ne Paul né Jared, e magari
neanche erano licantropi.
Spostai la mia
attenzione nuovamente sulla famiglia di vampiri che mi guardava ansiosa
ed attendeva da me una risposta.
-Cioè non
credo proprio che riferirò a qualcuno il vostro
“segreto”- mimai con le mani le virgolette, per
tutta la stanza si espanse un sospiro di sollievo.
-Grazie, grazie
mille. Salvi la nostra famiglia mia cara- il dottore congiunse le mani
ringraziandomi.
-N-nulla- balbettai
impacciata.
Volevo andarmene al
più presto, avevo la paura insensata di fare un passo falso
e di cadere in trappola, eppure non riuscii ad uscire subito: la
famiglia più strana d’America era anche la
più curiosa.
Dopo qualche minuto
dalla fine della nostra conversazione Rosalie si alzò
leggiadra e si accomodò al pianoforte, iniziando a far
fluire dallo strumento una melodia favolosa.
Mi sembrava di
ritrovarmi in un vecchio libro della Austen, ottima scrittrice, una
delle mia preferite.
Oh, certo, sempre
dopo la Bronte.
Osservavo rapita ogni
movimento degli abitanti di quella casa da sogno, facevano gesti
così aggraziati, che perfino la rude impacciataggine di
Emmett si trasformava nel più fluido ed elegante dei
movimenti.
-Piace la Bronte?-
domandò divertito Ed.
Per la prima volta
gli sorrisi sincera e annuii con il capo.
Avevo letto quel
libro decine di volte, e ogni lettura era come partire per un viaggio
al centro dell’amore perverso e diabolico.
-Anche a Bella piace-
disse tranquillo.
-Forse,
però, non ne afferra il vero contenuto- ribattei serena.
-Cosa hai nella tua
mente storta?- chiese.
-Nulla,
nulla…- mormorai assorta, pensare al tenebroso Heatcliff
aveva sempre lo stesso effetto…
Senza troppa
attenzione il mio sguardo si posò su un orologio appeso al
muro e sbiancai di colpo: erano già le sette e mezza.
Come era stato
possibile che fosse passato così tanto tempo!?
Mi alzai di scatto
preoccupata, Embry sarebbe stato a casa di Jessica alle otto, era un
tipo preciso, probabilmente sarebbe arrivato pure prima. Non doveva
assolutamente sapere nulla di questa mia
“scappatella” qui, a casa Cullen; ne avrebbe potuto
parlare, senza volerlo, certo, ma comunque farlo, con Jake, che a sua
volta, infastidito dal cognome del ragazzo di Isabella, con il padre
Billy, ed allora, alla fine di questa catena contorta ci sarebbe stata
l’esplosione. In definitiva: Billy non doveva sapere.
-Io dovrei andare-
dissi agitata, ma Edward era già pronto e scattante di
fronte a me con le chiavi di un’altra macchina. Il
portachiavi era rosso fiammante, di cuoio, tappezzato con piccoli
diamanti, che giudicai come veri e proprio gioielli africani.
Uscimmo a passo
svelto e ci dirigemmo in garage, premette un pulsante e una macchina
decappottabile suonò: era la cabriolet di Rose.
Aprii la bocca
stupita: Rose ci prestava la macchina?
Non l’avevo
mai considerata una persona gentile ed ospitale, più che
altro era una tipica ragazza che avrei evitato senza troppi problemi.
-Non preoccuparti non
è gentile senza ragione- si sedette e mise in moto la
macchina, chiudendo il tettuccio.
-Cosa?- domandai
senza pensare a cosa potesse rispondermi. Uscimmo dal vialetto e
iniziammo a sfrecciare per la strada provinciale, attese molto prima di
parlare, e quando lo fece afferrai un tono di ilarità mesta
che non avevo mai sentito prima. Era quasi risentimento, tormento.
-Lei è
gentile con te solo perché mi odi- sorrise amaro nella mia
direzione –e perché odi Bella-
Arrossii
violentemente e abbassai lo sguardo come colpita da un’accusa.
Quella voce
così triste e preoccupata mi fece smuovere qualcosa
nell’anima, che, infastidita, ricacciai dentro con forza.
-Bene- dissi a
disagio –almeno abbiamo un punto in comune- borbottai
volgendo lo sguardo altrove, per evitare altre situazioni imbarazzanti.
Andava veloce,
estremamente veloce. Non riuscivo a distinguere bene tutto
ciò che ci circondava, e in meno di venticinque minuti
arrivammo alla casa della Stanley, con i suoi fenicotteri rosa da
giardino estremamente brutti.
Scesi e ringraziai a
mezza bocca, osservando poi sparire dietro le tenebre la macchina
sgargiante.
Mi sedetti ed attesi,
come previsto il mio amico arrivò dopo poco, allegro con il
suo vecchio macinino rumoroso.
Arrivai a casa nello
stesso tempo che avevo impiegato per ritornare con Edward, peccato che
la strada fosse la metà della precedente; fu comunque un
viaggio di gran lunga più piacevole.
Come ogni momento con
Embry d’altronde.
Andai a letto da
sola, non cenai, non ne avevo voglia: troppi pensieri per la testa.
Jacob e il padre
erano ancora fuori, da Isabella.
Già…Isabella.
Il tredici settembre
si avvicinava sempre di più come un’ombra nera
sulla mia tranquillità.
Il suo compleanno
avrebbe segnato un punto decisivo nella storia, era normale quindi che
già in questi giorni Ed stesse avendo delle crisi interiori
riguardo al loro futuro insieme.
Per la seconda notte
di seguito non riuscii a riposare tranquillamente, almeno non fino a
quando alle ventiquattro i due rientrarono e un po’ grazie al
russare ritmico del ragazzo e del tempo che fuori si era
calmato riuscii a chiudere gli occhi ed addormentarmi.
Spazio
autrice:
Mi scuso se ho
pubblicato dopo molto, il capitolo era finito da sabato, ma ho
partecipato ad un contest e ho parechci compiti quindi ho potuto
postare solo ora.
Solo una parole: WOW 9 recensioni?!
O_____________O
Nelle quali anche la + lunga di tutta la mia "carriera"!
Vorrei ringraziarvi una ad una, ma purtroppo non ho tempo,
così spiegherò solo poche domande generali.
Bella OOC...
Per me non lo è stato tanto. Cioè si era gelosa,
ma è anche vero che è la prima volta che incontra
qualcuna che ci prova con Edward, e che lui a sua volta sembra essere
interessato. E' logico quindi che inizi a pensare, come ogni
innamorata, alle cose peggiori. Inoltre lui è stato molto
"criptico" riguardo a Laura, capirete quindi il suo stato d'animo.
Spero sia stata chiara.
Bella furba...
Lo so sembrerà strano, ma anche se la odio, devo concederle
il fatto che ha scoperto tutto in TW, e quindi proprio tonta non
è...(ok ma a chi la dò a bereXD)
Scervellamenti vari
xkagome994: don't worry, se non hai letto NM, andrò
pianissssiiiiiiiiiiiiiiimo cioè ripercorrerò il
libro passo passo, logicamente, con me dentro(mauhauhauXD)
Risate
AHAHA fare ridere? O_O WOW non credevo, sono felice per voi allora!
Grazie per i complimenti favolosi!
La recensione
più lunga mai avuta
Scusa, ma qui ci vuole un pezzo solo per te, carissimaHilly89.
Grazie mille! E' ENOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOORME *-*
Sono contenta che ti piacciono i lupacchiotti *-* Questa storia fa per
te!
Anche io amo i libri della Mayer, e noto che molto spesso sono
"deturpati", e mi riempe di orgoglio sapere che tu non reputi la mia
storia una di quelle "storpiature del libro".
Grazie per i complimenti, e mi piacerebbe far vedere ai lupacchiotti
Naruto, ma aimhè non ne sn una grande esperta.
Per Isabella, ehm... spero che trattarla bene comprendi il pacchetto
"insulta a più non posso" altrimenti stiamo nei guaiXD
Vorrei ringraziare oltre alle 9 persone che hanno commentato, le 48 che
l'hanno aggiunta tra le preferite *_*
Vi AMO, sappiateloXD
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2 - Aubrey_ToxicMuffin
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Alla prossima, spero vogliate
commentare ^-^
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Capitolo 8 *** 9. AUUUU! Un altro lupo fra noi! ***
8.AUUU!
Un altro lupo tra di noi!
Avevo sonno, troppo sonno. Fuori diluviava, la pioggia scendeva senza
ritegno, senza rispetto per me, povera ragazza che doveva andare a
scuola, anzi, trascinarsi fino ad essa.
L’unica cosa che mi consolava era che il giorno dopo sarei
stata libera, sarebbe stato sabato, il giorno d’aria, e
chissà cosa avrei fatto. Magari una passeggiata, o
forse… aprii gli occhi e osservai la stanza spoglia e amena.
Forse dovevo attrezzarmi per rendere la mia permanenza più
allegra e familiare.
Mi alzai sbuffando e cercai annoiata qualcosa da indossare, una vecchia
maglietta bianca con le maniche troppo lunghe e una camicia rossa da
montanaro, che ipotizzai fosse di Billy, e… mi accorsi di
colpo che non avevo niente da mettermi di sotto. Nulla! Mi fiondai
frenetica sull’armadio semi vuoto dentro al quale pendevano
solitari un paio di pantaloni della tuta logori sulle ginocchia, a
quanto pareva le gemelle erano delle giocatrici di pallavolo, e una
gonna jeans, una MINI gonna. La osservai inorridita, come potevo uscire
con quella….quella cosa!? Senza calze, per di più.
Sbuffai affranta e dopo aver atteso qualche minuto, nei quali cercai in
tutti i modi una soluzione, afferrai la gonna e la indossai titubante.
Ora, per lo meno, dovevo mettermi un paio di calzettoni alti e pesanti.
Ardua impresa quella di trovarli.
Il giorno prima il signor Black mi aveva portato in camera una sacca di
biancheria intima, in attesa di delle compere serie. Smistai i capi
tra: carini, accettabili, solo nel caso di estrema urgenza, neanche
morta.
Nella seconda classe rientravano dei pant collant giallo acceso che,
anche se strano, stavano bene con la maglietta nera.
Scesi conciata in quel modo, con le scarpe ancora umide dal giorno
prima.
In cucina Jake stava seduto scompostamente mentre beveva del latte con
sguardo assonnato; alzò la testa solo per salutarmi con un
grugnito e con un biscotto infilato di traverso nella bocca.
Scoppiai a ridere e lo salutai a mia volta, prendendo qualcosa da
mangiare pure io.
-Senti domani io, Embry e Quil vorremmo andare al centro commerciale, e
…tu… sì….insomma- era
arrossito e aveva abbassato gli occhi imbarazzato.
-Se mi andrebbe?- suggerii con un sorriso.
-Esatto, non mi venivano le parole- Borbottò.
-Sì, non ho molto da fare in questo periodo- risi
–anche se dovrei iniziare a studiare per l’esame di
ammissione- aggiunsi pensierosa.
-Oh- sospirò –quindi non vieni?- sembrava
sinceramente dispiaciuto.
-No!no!- esclamai preoccupata –Posso! Giorno in
più giorno in meno non cambia molto- spiegai tranquilla.
Anche perché dovevo ancora trovare qualcuno che mi desse
delle lezioni private di Quiluete.
Il più papabile era il signor Billy, dovevo assolutamente
chiederglielo il pomeriggio stesso.
-Perfetto!- esultò saltando in piedi e riprendendo lo zaino
da sotto il tavolo. –Saranno felici di conoscerti meglio!-
detto questo si dileguò fuori di casa urlandomi un augurio
di buona giornata che ricambiai all’istante.
Riposi le tazze nel lavandino tranne quella del padre di Jacob che
stava ancora dormendo, ed uscii in attesa del mio autista. Non si fece
aspettare per molto.
Mi accomodai sul sedile affianco al guidatore con un sorriso smagliante
e sincero. Stavo iniziando a mantenere i miei buoni propositi.
-Buongiorno Sam!- salutai con allegria mentre mi allacciai le cinture.
Lui mi fissò stralunato e poi scuotendo la testa
cambiò la marcia e fece un inversione ad U dirigendosi verso
Forks.
Era da poco che faceva il poliziotto, faceva una sorta di
“stage”, che gli avrebbe permesso di lavorare dopo
un anno. Alla riserva era difficilissimo trovare un impiego, se non
impossibile, era quindi logico immaginare che lui considerava questa
possibilità come qualcosa di unico. Di vitale importanza.
Era ligio negli orari, nel portare sempre a termine i suoi compiti, ed
anche orgoglioso, di essere il primo abitante di La Push a militare
nella forza dell’ordine.
-Stai bene?- mi chiese inarcando un sopracciglio sospettoso da tanta
gentilezza.
-Certo, mai stata meglio- sorrisi tentando di rassicurarlo.
Sembrò che la cosa funzionasse.
Si rilassò un poco e sciolse l’espressione
accigliata che aveva in faccia e che lo rendeva inquietante
all’occhio di un comune umano. Come se intorno a lui si
espandesse un’aura, un alone che urlasse da ogni cellula di
fuggire via da lui.
Guardava preoccupato fuori dal finestrino, ogni tanto assottigliava lo
sguardo verso il bosco e sospirava per stendere la tensione.
-Cosa succede?- domandai confusa seguendo i suoi sguardi ma senza
notare nulla se non la pioggia che si infrangeva violenta sui
finestrini.
Mi guardò sospettoso, strinse un poco il volante che
risuonò con un rumore strano, e mordendosi un labbro riprese
la conversazione.
-E’ inutile continuare a fingere- sbottò
esasperato –C’è un problema, io
tecnicamente non posso dirti nulla, sono delle
“leggi”- borbottò infastidito.
Probabilmente neanche Leah era a conoscenza del fatto, e la cosa doveva
renderlo parecchio frustrato. –Perciò dimmi, cosa
credi che mi sia successo?- recitò la domanda come se fosse
un attore, intento a recitare il suo copione, pronto da tempo a farlo e
quindi impeccabile nell’esecuzione.
-Sei un licantropo, per via dei Cullen, no?- risposi con aria seria,
senza tradire la minima emozione.
-Sì, non so come mai lo sai, neanche sono
interessato a saperlo- disse senza cattiveria, ma con
semplicità.
Ecco, questo era quello che mi piaceva dei lupi, non domandavano. Ti
lasciavano vivere la vita in modo pacifico e tranquillo, senza
assillarti con inutili domande e interrogatori, come i vampiri. Non
c’era il minimo paragone, ero più semplici e
cordiali tutto qui.
-Perfetto, siamo d’accordo in due, come mai questa
confidenza?- risposi di rimando girandomi verso di lui incuriosita.
-Bhè, non sono più solo. Ieri si è
trasformato un altro ragazzo- mormorò a testa china.
Feci dei calcoli mentali, o Jared o Paul. No, era di sicuro il secondo,
anche perché mi sembrava di aver sentito parlare di un certo
Jared dai miei amici, quindi, probabilmente frequentava ancora il liceo.
-Come si chiama?- domandai mentre ci avvicinavamo alla scuola e le
macchine si facevano più numerose rispetto alla desolazione
che era presente nella strada che collegava la riserva al paese.
-Paul. Ieri Billy è dovuto venire d’urgenza a casa
mia- spiegò- spero Jake non se ne sia accorto- aggiunse
preoccupato.
Negai con la testa assorta. Quindi potevo iniziare a considerare quei
due ragazzi come branco, e non solo come un singolo.
-Come ti senti?-
-Io?- mi guardò stupito –bhè, un
po’ scombussolato, è… che…
riesco a sentire quello che pensa, ed è molto fastidioso,
anche perché quando uno si trasforma, almeno le prime volte
passa un’oretta buona a pensare cose senza senso,
è come trovarsi in una stanza piena di gente con accanto
qualcuno che ti urla contro frasi insensate- si lamentò.
Notai solo in quel momento le occhiaie.
-Mi dispiace- fu l’unica cosa che riuscii a dire in un
sussurro.
Mi dispiaceva veramente, era strano vedere una persona mutare
completamente, come se dentro di lei fossero presenti due
personalità ben distinte, che si combattevano animatamente,
senza curarsi del proprietario del corpo. Sapevo però che
ben presto il lupo dentro di loro avrebbe vinto la battaglia.
Scesi dalla macchina salutandolo amichevolmente e mi diressi, con
quanta più discrezione ero in possesso, verso
l’entrata di scuola, non dovevo assolutamente farmi notare in
queste condizioni stilistiche pietose.
Tentativo non riuscito.
La voce squillante di Alice mi richiamò a raccolta a pochi
passi dall’entrata, facendo voltare contemporaneamente tutto
il cortile che mi fissò per qualche attimo, rigirandosi poi
a commentare.
Dannazione.
Salutai con la mano libera lei, Edward e la ragazza, che mi guardavano
entrambi in cagnesco.
Dove erano gli altri?
Una domanda sorse spontanea nella mia mente, dove erano finiti gli
altri Cullen guys?
I tre si avvicinarono, i primi due con grazia innata, la
terza…bhè, lo sappiamo tutti che è
un’imbranata cosmica!
-Ciao! Come stai?- mi domandò il piccolo folletto
squadrandomi da capo a piedi con occhio critico, da ottima stilista
quale era. Non mi diede il tempo di rispondere che se ne
uscì con il commento.
-Uhm, che abbinamento eccentrico! Sembra una vecchia collezione di
Westwood, molto particolare…- rimuginò un poco
risvegliandosi solo al mio commento sul tempo.
-Capita, sai? Uno si deve abituare- Bella sembrava più calma
e rilassata rispetto al giorno prima.
Come se avesse smesso di sospettare di me. Almeno questa era una buona
cosa.
In meno di un’ora ero riuscita a farmi amici sia lei che Sam.
Ottima cosa.
Le sorrisi di rimando, sfruttando l’occasione le chiesi anche
come fosse andata la serata il giorno prima, lei rispose con una
garbata risposta e là la conversazione finì.
Ci dirigemmo nuovamente all’interno dell’istituto,
io avevo una lezione di letteratura, mi eccitava l’idea di
seguire una lezione di letteratura inglese, non sapevo il
perché, ma quella stanza, che avevo visto di sfuggita il
giorno prima, mi ispirava parecchio: piena di poster di famosi
scrittori, citazioni di opere.
-E’ una bellissima stanza, anche se Harvard ha di meglio-
commentò Edward con tono divertito e saccente. Isa gli
lanciò un’occhiata confusa che lui sciolse in un
sorriso.
-Meno male che tu, piccolo genio, me lo hai detto, chissà
come avrei fatto!- esclamai con finta preoccupazione e rimorso.
Ghignò e si bloccò davanti ad un’aula
con un’enorme lavagna bianca: matematica.
-Noi abbiamo lezione qui, ci si vede più tardi…-
si congedò allungando un po’ il collo a
mò di saluto.
Ricambiai nello stesso modo e continuai per la mia strada con Alice che
mi trotterellava affianco. Era fantastico poter stare vicino a qualcuno
più basso di me, una volta ogni tanto. Non guardiamo le
sottigliezze! E stupidi commenti! Lo so bene che era mille, e mille
volte più bella di me. Però era più
bassa. Una vocina stizzita aggiungeva sempre questo particolare accanto
al suo nome.
-Tu cosa hai Alice?- chiesi per rompere il silenzio.
-Il corso avanzato di spagnolo, sta accanto alla tua aula ci andiamo
insieme- era più un ordine che una proposta.
-O-ok- fu l’unica cosa che riuscii a dire, piuttosto confusa.
Guardai come era vestita, se io sembravo una folle, lei una ricchissima
eccentrica.
Ogni capo, anche se strambo, sprizzava l’impressione di
elegante e costoso, anche se gli stivali sembravano logori ed usati e
la maglietta, di un blu profondo, recava sul bordo degli strappi.
Logicamente voluti dallo stilista, sia chiaro.
Facilmente spiegabile come impressione: i poveri sono pazzi, i
ricchi…semplicemente eccentrici.
-Piace?- domandò all’improvviso facendomi perfino
sobbalzare.
-Bhè sì, scommetto che provengono da Parigi, o
chissà quale altro atelier!- risi sincera, ma anche, sotto,
sotto, leggermente invidiosa.
-Londra- precisò lei. Come se ce ne fosse stato bisogno, a
me non importava il dove, ma il come e il quanto. Vampiri…
particolarmente vanitosi.
-E il completo di ieri? che fine hanno fatto le povere scarpe?-
scherzai sul tono drammatico e teatrale che usai.
Lei invece la prese molto sul serio, la faccia le si scurì e
strinse i pungetti, come per trattenersi, poi, con voce leggermente
incrinata dall’isteria rispose.
-Gettati- sillabò le parole, quasi soffiando di rabbia. Si
bloccò un attimo per poi guardarmi divertita, come se non
fosse successo nulla. –Oh! Che bello! Prenderai un ottimo
voto!- cinguettò.
Un po’ sconvolta entrai in classe, era proprio strano
sentirsi predire il futuro, per di più da una persona che ha
più di cento anni e ne dimostra a mala pena diciassette, e
di cui sai di poterti fidare ciecamente.
Come previsioni avevano detto presi la mia A
nell’interrogazione; pensai che magari chiedere ad Alice i
giorni in cui i professori mi avrebbero interrogato non era poi
un’idea tanto malvagia, giusto un aiutino, ok, un enorme
aiuto per l’organizzazione dello studio. MA quando uno ha i
mezzi, perché non sfruttarli?
Le lezioni si susseguirono ora dopo ora, lentamente, come se non
passassero mai. Non avevo notato i fratelli maggiori dei Cullen, ne nel
parcheggio, ne in mezzo ai corridoi. Gli unici che avevo intravisto
erano Bella ed i capelli ramati di Edward, inconfondibili, sembravano
perfino più fastidiosi del padrone stesso.
All’ora di pranzo mi diressi verso la mensa e mentre con una
mano provavo a tenere aperta la tracolla con l’altra cercavo
disperatamente dei soldi per il cibo. Il portafogli che avevo rimediato
a casa Black era, sfortunatamente, bucato, distrutto,
logoro… capito il concetto? In fondo alla borsa luccicavano
i miei pochi spiccetti, che sembravano quasi farsi beffe della mia
situazione critica, anche loro.
Posai a terra i miei oggetti, e mi inginocchiai per raccoglierli
più comodamente.
La gente, quando mi passava accanto, mi osservava, poi ridendo
commentava la mia assurda posizione, e i miei vestiti: potevano
scordarsi di quelli?
Avevo le lacrime agli occhi, non potevano succedere tutte a me. Non era
giusto!
Ci misi molto per riprenderli tutti, erano tutti pezzetti piccoli, al
massimo cinquanta cent, che Jake aveva rimediato la mattina nello
svuota tasche. Con i capelli in disordine mi avvicinai al bancone dove
ordinai la cosa che poteva per lo meno considerarsi
dall’aspetto commestibile. Tutta apparenza.
I nachos non erano al formaggio, più che altro…
al cane bagnato in stato di decomposizione. Avrei dovuto ingegnarmi per
organizzarmi meglio per il pranzo, non potevo certo continuare
così.
Sfinita mi diressi verso il tavolo in fondo, quello più
nascosto, quello dei vampiri per intenderci, in cui ogni sacrosanta
ragazza aveva sognato di sedere. Vuoto. Mi girai intorno confusa, dove
erano tutti quanti? Alla mia destra Jessica e Mike stavano discutendo
animatamente, uhm… aria di rottura. Mi spinsi oltre e
finalmente li trovai. Alice, Edward e Bella seduti staccati dagli
altri, come se tra loro e la comitiva esistesse una sorta di muro
invisibile ed invalicabile. Logicamente io lo avrei abbattuto,
c’è pure da chiederlo?
Mi accomodai con fluidità accanto ad Aly che mi accolse con
un abbraccio gelato che mi fece rabbrividire da capo a piedi, un cenno
di testa del fratello e della ragazza bastarono per salutarci.
Lui sorrise un attimo impercettibilmente in direzione di Jess, come se
avesse captato un pensiero divertente, almeno per lui.
-Cosa ha detto?- domandai circospetta.
-Ti invidia, hai tirato giù la barriera- spiegò
con uno sguardo ironico diretto soprattutto a Bells.
Alzai le spalle e abbassai la testa esaminando il pranzo, oh! Una forma
di vita aliena!
La risata cristallina di Edward irruppe per tutta la mensa, facendo
girare ogni singolo studente. Io alzai un sopracciglio irritata e
spostai quella roba con un’espressione schifata.
-Ma dove sono gli altri?- chiesi curiosa. La mancanza di Emmett era una
brutta cosa, mi mancavano i suoi sorrisi, anche se il giorno prima
aveva tentato di uccidermi con una palla da baseball.
-L’idiota e Rose sono in Africa. L’altro giorno
erano venuti per aiutare nell’accoglienza dei nuovi studenti-
spiegò secco e tombale.
-Oh, quindi sono in…Africa?- ripetei scettica. Balla, Balla
colossale.
-Sì- confermò con un’occhiataccia che
non permetteva repliche.
-Perché hanno finito, pure Jasper, solo che lui è
andato all’università- aggiunse Alice,
più per scena che per vero bisogno. Sapevo benissimo che
stavano a Forks, magari erano costretti a mentire per il resto della
gente che ci circondava.
-Capito…- sbuffai annoiata.
Dovevo tornare a casa, ma non avevo un autista. Niente di niente.
Mi vibrò la tasca della gonna così tirai fuori il
vecchio marchingegno abnorme, rifilatomi da Embry, che potevo definire
cellulare. In confronto a quello dei Cullen, che luccicava sul tavolo,
sembrava una cozza. Sì, era proprio una cozza. Risposi al
numero sconosciuto.
-Pronto?-
-Laura?- la voce era un sussurro roco, come se si stesse nascondendo.
-Sì, ma chi sei?- chi diamine mi stava chiamando?!
-Embry, scusa non è salvato il numero, è di
Jake…JAKE STATTI ZITTO!- urlò alla cornetta
rivolto all’amico che stava protestando contro qualcosa che
non riuscii ad afferrare.
-Si, ok, cosa succede?- trattenei le risate scaturite dal loro
bisticcio.
-Senti, sai come ritornare?- domandò veloce.
-No- risposi confusa guardando i ragazzi che mi circondavano.
-Perfetto!- esclamò allegro, con un tono più
forte di prima.
-Io non direi, piove- risposi più acida di quanto volessi.
-Sì, intendevo che posso…possiamo venirti a
prendere, per te va bene?- ansioso pose la domanda in un soffio.
-Sì! Grazie mille! Siete i migliori!- trillai entusiasta
saltellando sulla panca.
-Ok, ciao! …Prof non è come crede!-
La chiamata si concluse violentemente, con una voce femminile che
urlava cosa stessero facendo.
Mi alzai allegra portandomi dietro pure la borsa e con un sorriso
salutai tutti.
Ero felicissima.
Non potevo credere di aver trovato gente così gentile e
disponibile. Embry, il caro Embry. Sempre così disponibile e
allegro.
Sorrisi ripensando a lui. E’ difficile affezionarsi
così tanto ad una persona, dopo così poco tempo.
Eppure era successo… Call era il migliore.
Dopo Jake certo, lui era il mio amore, il mio sogno ad occhi aperti.
Mi bloccai in mezzo al corridoio vuoto sconvolta. Cosa mi stava
succedendo?
Mi stavo innamorando?! Io!? No, non ci potevo credere!
Titubante avanzai verso l’aula della mia prossima lezione
dove mi sedetti da sola, iniziando a pensare su quello che mi stava
succedendo.
Rimasi fin troppo tempo in quella posizione.
All’uscita fu solo grazie ad Embry se Jake non scese dalla
macchina per andare a salutare Bella, e la cosa mi fece molto male;
seduta dietro rimasi silenziosa e confusa. Entrambi lo notarono e
cercarono in tutti i modi di farmi parlare, attraverso battute e
racconti sulla giornata a scuola.
Non riuscirono nell’impresa, rispondevo con pochi
monosillabi, o frasi estremamente brevi e concise.
Mi girava la testa, ecco un altro particolare che avevo scordato di
dirvi: quando piove troppo mi fa male la testa, un laccio inizia a
stringermi le tempie come per legarle fermamente, senza lasciarle
tregua.
Parlottarono un attimo tra di loro lanciandomi veloci occhiate
sospette, poi annuirono in contemporanea e si voltarono con
un’espressione divertita ed imbarazzata.
-Sei pallida- iniziò Jacob con tono preoccupato.
-Molto pallida- confermò l’altro con aria saccente.
-Non è che sarai…- si alternavano ma questa volta
il più piccolo non riuscì a concludere la frase
arrossendo violentemente.
-bhè sarai cosa?- li incitai io alzando un sopracciglio
allarmata.
-Oh! Vabbè lo dico io! Non è che hai il ciclo?!-
domandò tutto di un fiato Emb girandosi di scatto verso la
strada e stringendo il volante.
Rimasi un attimo interdetta con la bocca aperta per lo stupore, poi
scoppiai a ridere fragorosamente a causa delle loro guance rosse e le
mani di Jacob che si attorcigliavano in difficoltà.
-No!- esclamai piegata in due.
_o bhè… allora solo mal di testa?-
borbottò Emb.
-Sì, solo mal di testa- confermai ridacchiando.
-Meglio… o peggio- non sapevano cosa dire, si erano andati
ad infilare in una situazione piuttosto spiacevole.
-ragazzi… io direi di cambiare argomento, non vi pare?-
sorrisi gentile verso i due.
-Appunto- risposero all’unisono i due, poi accesero la radio
e la musica iniziò a fluire potente.
-Oh! La conosco!- esclamai ed inizia a canticchiarla, sempre
più forte, seguita anche da loro due.
Eravamo un bel trio, perfetto. La pazza, il pazzo, l’altro
pazzo. Magnifico.
Non sapevo come comportarmi con loro, però ero di sicura di
voler bene ad entrambi, forse più del dovuto.
Il tarletto maledetto che mi avrebbe sconvolto la vita da quel punto in
poi stava iniziando a sistemare i sopramobili nel mio cuore.
Angolo autrice:
Salve! Eccomi di ritorno... questo capitolo mi fa proprio schifo
<.< non mi convince per niente -.-''.
Comunque...Spero i conati di vomito siano solo i miei...
Vorrei ringraziare le 52
anime pie che l'hanno aggiunta tra le preferite *-* Grazie Grazie
Grazie!
Ed ora, una per uno le santissime che hanno commentato *_*.
Kagome994:
mi lovvi? ma grazieXD Invidiosa? ò.ò e di che? di
questo obbrorio? Sei riuscita a decifrarlo? Queste sono cose che nel
libro non sono presenti ^^, nel prossimo cap però
inizierò a correre parallela a NM, ma cm sempre, non
preoccuparti, farò in modo che tutti possano capire^^
Fairyire:
Grazie mille per il commento^^ Edward sarebbe morto d'infarto se delle
stupide superstizioni non mi avessero impedito di farlo (guarda male
Stoker che la minaccia con una mazza ferrata), Emmett è
sempre un orsacchiotto carino carotto *-* e Sam... io lo amo e odio, e
credo di averlo fatto capireXD
Hilly89:
O____________________O ma...ma... è un commento
MEGAIPERULTRASUPER enooooooooooorme *__________* grazie!
Cioè... mi sembrava di leggere una storiaXD Bellissimo.
Spero di poterti rispondere in modo adeguato ù_ù.
Commuovere tu? Ed io che devo dire con questi papiri amorosi di
commenti che mi scrivi? *_* Sono felixissima che questa storia faccia
ridere la gente... anche perchè l'intento è di
renderla comica, non demenzialre ù_ù Ebbene
sì i lupacchiotti carini carotti saranno onnipresenti *_*
(ma io?!ndEdward)(te ne vai ù_ù che cacchio vuoi
ù_ù ndme)(ti odio ndEdward)(anche io ^^ndme) il
prossimo in particolare sarà molto carino a mio parere ^^
pEr quanto rigaurda Naruto... mi sto armando per capirci qualcosa
>.< magari in futuro i cari pimpi lo vedrannoXD e per il
bianco... +_+ don't worry sarà presente, in modo mooooooolto
divertenteXD. Don't worry neanche per Bella, io la odio
ù_ù normale che la dipinga cosìXD(tu
odi tutti?ndEdward)(no odio voi ù_ù ndme).
Grazie mille per il commento al capitoloXD Ecco cosa succede se studi
troppa matematica: pensi a Pitagora nei momenti meno opportuni, ma vi
giuro che un mio amico una volta ha contato Euclide per vedere se stava
beneXD.
Ti ho dato degli spunti per litigare con le tue nemiche *_*(ride
sadicamente, sì, sono peggio di Aro
ù_ù) non puoi capire come sono feliceXD
Allora sei ingaggiata come manager, sei d'accordo? Infischiamocene di
Edwarduccio ù_ù. e che altro... a sì,
se no lo avessi capito: GRAZIE!
pucciat_:
esilarante? io riporto solo le miriadi di discussioni che intavolo in
giroXD Cioè... io litigo veramente cosìXD E
grazie per il commento!
Sammy Cullen:
io a te nn rispondo =_= perchè stai studiando mate e mi
snobbi u.ù E la volvo E' un CATORCIO =_=
Sexy_eclipse:
Ebbene sì la palla non mi ha colpito... anche
perchè altrimenti la storia sarebbe finitaXD *laura in
ospedale con un trauma cranicoXD*
Stella_stellem:
io e la mia storia ringraziamoXD. Ci fa sempre piacere ricevere
complimenti ù\\\\ù
Fede_wanderer:GRAZIE
PER TUUUUUUUUUUUUUUUUUUTTI i commenti *_*. Ebbene sì Rose
non ama mai qualcuno per niente ù_ù... Cime
tempestose? il fatto che lo abbia letto in meno di un giorno
professando la fede di Heatcliff per tutta la classe può
darti un indizio?XD IO AMO CIME TEMPESTOSE *________________*
Ora vi lascio ù_ù buona serata e... un
commentino? ^^ *smile*
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Capitolo 9 *** 9. Sospetti sospettosi ***
9.
Sospetti sospettosi…
Mi accasciai sfinita sul tavolo della cucina di Sam, ero distrutta:
passare un pomeriggio intero con lui tentando di imparare il Queluete
era una missione suicida.
Avevo dovuto scartare i miei due amici, ed anche Quil. I primi due a
causa dei voti poco “ortodossi” che si ritrovavano,
che li costringevano a passare tutti gli anni l’ultima
settimana di agosto a fare esami di riparazione, il terzo aveva troppi
impegni che non gli permettevano di seguire una vera e propria tabella
di marcia.
Inoltre ancora dovevo capire per quale oscuro motivo Billy non poteva
farmi lui da insegnante privato, ma mettermi nelle grinfie di questo
professorino rompiscatole.
Avevo detto che avrei voluto bene a Sam, ok, appurato. Ma non avevo
considerato il fatto che dovessi passare con lui pomeriggi interi!
Stavo ancora imparando i suoni dei dittonghi, ed ero indietro, molto
indietro. L’esame sarebbe stato tra sole due settimane, il
primo di ottobre, ed io non sapevo nulla.
Studiavo su dei libri pieni di figure e colori, risalivano a circa
dieci anni prima, quando Jake andava alle elementari…
sì, avete capito bene, stavo imparando da un libro per
bambini di sei anni, e per di più non sapevo un bel nulla.
Almeno per quanto riguardava la mitologia ero a buon punto, era curioso
però notare che il protagonista principale delle storie era
un corvo non un lupo.
Respirai profondamente e ripresi a leggere mentre il ragazzo che mi
seguiva stava in piedi con le braccia conserte, scrutando fuori dalla
finestra dove pioveva a dirotto,ogni tanto qualche tuono mi faceva
sobbalzare.
-Yaplo’li- pronuncia balbettando in difficoltà,
come se fossi stata dislessica.
Lui si girò di scatto con un’espressione
divertita, poi mi guardò un attimo e scoppiò a
ridere di gusto.
Cosa diamine avevo detto?
-Non credo che tu sia ubriaca- spiegò tra le risate mentre
si metteva a sedere di fronte a me.
-Perché cosa ho detto?!- domandai allarmata mentre sfogliavo
il libro per cercare la traduzione della parola che avevo appena
pronunciato.
-Hai detto che sei ubriaca invece che “yappotalli”,
sono stanca- ridacchiò, poi con aria solenne rilesse la
frase con i giusti accenti, e con la giusta intonazione. Lo guardai di
sott’occhi sbuffando.
-Non ce la farò mai- mi lamentai prendendomi la testa fra le
mani.
-Secondo me sei a buon punto, abbiamo già finito il libro di
terza- provò a consolarmi, poi lo chiuse e guardò
il titolo –pardon, seconda- sorrise imbarazzato.
Lo fulminai stizzita.
In quel momento qualcuno suonò alla porta e lui si
alzò di scatto per andare ad aprire eccitato.
Mi sporsi un po’ per osservare meglio l’ospite e
quando la vidi trasalii.
Leah stava baciando appassionatamente Sam, completamente zuppa e
l’ombrello ancora aperto. Spalancai la bocca stupefatta
quando la vidi sorridere mentre si staccavano e ribaciarlo leggermente.
Leah. Sam. Pace. Amore.
Il ragazzo le parlò sottovoce mentre l’aiutava a
sistemarsi, di colpo anche lei si voltò verso di me e mi
fissò intensamente, io dall’imbarazzo persi
l’equilibrio e caddi rovinosamente a terra.
Figuraccia.
Lei scoppiò a ridere e non potei far altro che
fissarla stupita: aveva la risata più bella che avessi mai
sentito, come se nascesse dal cuore per poi espandersi nel corpo, fino
ad uscire fragorosa.
Si avvicinò a me veloce per darmi un aiuto che non rifiutai,
troppo rapita dal suo sorriso smagliante.
Chi?! Chi l’aveva dipinta come una vecchia zitella!?
Leah era la ragazza più gentile che avessi mai conosciuto!
Rialzò la sedia e la sistemò sotto il tavolo
mentre anche il fidanzato si avvicinava a noi.
-Leah lei è Laura, abita a casa dei Black, Laura lei
è Leah la mia ragazza- ci presentò indicandoci a
turno.
Le sorrisi sincera, ricambiò.
Vedevo in quegli occhi la stessa passione, la stessa dolcezza di quelli
di Bella quando guardava Edward.
-Allora sei tu la ragazzina che è caduta dalla scogliera?-
esclamò stupita.
Possibile che io fossi per tutti l’imbranata della
scogliera?! Avevo schivato una palla di Emmett! Mi dovevano togliere
quel soprannome! Sospirai affranta e annuii malinconica, dovevo solo
sperare che il tempo avrebbe cancellato questa idea di me.
-Come mai qua?- mi domanda incuriosita mentre tirava fuori dalla sua
borsa un volume enorme con un titolo illeggibile per un comune mortale.
-Ripetizioni- mormorai lanciando un’occhiataccia al sole che
sorrideva contento alla luna sul libricino dove stavo studiando.
-Oddio! Il libro di lingua! Lo usavo pure io!- si avvicinò
al tavolo e prese a sfogliarlo rapita, ogni tanto sorridendo, come se
quelle pagine colorate le stessero ricordando un passato non troppo
lontano.
-Questo è il mio brano preferito- aggiunse poggiando un
dito, con delle unghie ben curate, su l’immagine di un lupo
che ululava alla luna. –Il lupo curioso- sorrise.
Il volto di Sam si oscurò un attimo, lanciandomi uno sguardo
furtivo.
-Non so leggerla- ammisi sconfitta abbassando il capo in imbarazzo.
Odiavo dover ammettere di non essere capace in qualcosa, era
così…dannatamente umiliante!
-Allora fai bene a venire da Sam! Lui è un piccolo genio!-
rise guardandolo amorevolmente –a differenza mia-
sospirò ironica.
-Se non fossi negata per la matematica non ci saremmo conosciuti!-
sorrise lui abbracciandola.
Li guardai con un’espressione ebete in faccia, era come
vedere un vecchio film anni venti in cui i protagonisti si giuravano
amore eterno solo con i gesti.
E pensare che io odiavo queste cose in genere…
Nella mia testa iniziò a partire una marcia nuziale ed io di
colpo mi ritrovai vestita di bianco.
Tatatta tatatta…
Eccolo là, il mio sposo , il bellissimo e magnifico Jake!Che
dolce che era con quel suo abito elegante.
MI avvicinavo sempre di più, il mio matrimonio! Con lui! Che
bella cosa!
Però di colpo… una chitarra elettrica. Cosa ci
faceva ad una cerimonia?! Mi guardai intorno confusa e solo in
quell’istante notai che lo sposo non era Jacob,
bensì Embry!
-Laura?- la mano del licantropo stava sventolando davanti alla mia
faccia, avevo gli occhi sgranati e le braccia lungo il corpo.
-Laura stai bene?- ripeté preoccupato scuotendomi un
po’.
-S-sì- balbettai ancora confusa.
Dannazione! Non poteva essere! Mi ero letteralmente innamorata! Cotta!
Stracotta! Bollita! Di Embry…
Mi sedetti sul divano osservando il fuoco che scoppiettava allegro,
l’avevamo acceso più per scena che per altro.
Sam abitava da solo, dopo che sua madre era morta. La casa era molto
carina e ben curata, scommisi che molto spesso Leah veniva qua per
dargli una mano.
Il salone era molto grande, con un tavolo enorme, ora sommerso di
scartoffie varie.
-Facciamo una pausa ok?-propose guardandomi attento.
Leah mi guardò un po’ confusa poi si
girò e parlò velocemente al ragazzo.
-Amore mi servirebbe un attimo una mano, ho gli esami di ammissione il
venti, tra cinque giorni e mi chiedevo se sapevi spiegarmi questo
concetto: Shopenauer non riesco a infilarmelo in testa!- ammise
scocciata.
Ascoltai la frase annoiata, senza prestarci troppa attenzione. Il venti
di settembre una data come tante altre, meno cinque, quindici
settembre. Sorrisi un attimo inconsapevole, appena due giorni dopo il
compleanno di Isabella. Due giorni…
Spalancai gli occhi e la bocca sconvolta: merda.
Prima che riuscissi a formulare un pensiero preciso in testa, unendo
tutti gli indizi che avevo mi squillò il telefonino, risposi
titubante.
-Laura sono Billy- la voce bassa del signor Black mi arrivò
all’orecchio. Perfetto, dannatamente perfetto, era proprio
quello che avevo immaginato.
-Si Bill, è successo qualcosa?- domandai titubante.
-Tu stai facendo ripetizioni da Sam vero?- domanda inutile, flebile
speranza di un no –Non è che per caso tu stia con
Isabella Swan , la tua compagna di scuola? E’ da ore che la
cercano-
Sussurrai un no, poi presi fiato e mi feci coraggio. Dovevo dargli un
indizio, fuori pioveva troppo forte e lei era da sola, abbandonata da
quel idiota di Edward, probabilmente morendo di freddo.
-Billy magari è andata a fare una passeggiata nel bosco e
… si è persa- dissi prendendo mano mano sicurezza.
-Puoi passarmi Sam?- asciutto, aveva capito che quella era
l’unica soluzione –gli devo parlare-
-Certo- passai il telefono al mio amico che mi fissava incuriosito
mentre Leah guardava la scena stranita.
Pochi monosillabi e la chiamata si concluse.
Si avvicinò alla ragazza e dopo averla baciata leggermente
si congedò contro le sue proteste.
-Lee-Lee abbiamo un’urgenza in centrale- spiegò
stanco, come se un peso opprimente gli si fosse posato sopra la
schiena, dentro il cuore.
Lei annuì poco convinta e sospirando si sedette accanto a me
che proprio in quel momento mi alzai.
-Sam vengo pure io! E’ una mia… amica dopo tutto-
giustificai il mio attaccamento.
Rimase un po’ fermo per studiare la soluzione e architettare
una risposta, lo fissai più intensamente e alla fine
cedette, accondiscendo con un borbottio.
Messo il cappotto uscii seguendolo.
-Dobbiamo chiamare Paul, fai tu, io devo guidare, digli di raggiungerci
direttamente da trasformato, appuntamento a
“Dantigo”- parlò velocemente lanciandomi
il suo telefonino mentre si infilava nella macchina, lo afferrai per un
soffio.
-Dantigo?- domandai allacciandomi le cinture, piuttosto incuriosita.
-Sì, ora che siamo in due abbiamo deciso di dare dei nomi a
dei punti precisi del bosco, altrimenti sarebbe troppo noioso
segnalarli con le coordinate, Dantingo è quella
più vicino al confine- spiegò serio mentre
sfrecciavamo per la super strada, diretti alla centrale.
Composi il numero ed avvertii velocemente il ragazzo che
accettò senza problemi, ligio al suo dovere.
Davanti alla stazione di polizia le volanti erano tutte accese, e dei
capannelli di gente si riunivano per decidere sul da farsi.
Una figura più agitata di tutte, che camminava senza tregua
avanti ed indietro mi balzò agli occhi: Charlie. Sembrava un
leone in gabbia, furioso con se stesso, con la figlia e con lui: Edward.
Stava mormorando qualcosa contro di lui, il fatto che non rispondesse
al telefono quando io e Sam arrivammo.
Ci squadrò molto scettico poi con un sospiro
salutò Sam.
-Charlie io vado a vedere nel bosco, è un piccolo sospetto
che vorrei controllare- disse senza tradire emozioni.
L’adulto annuì sfinito e si voltò per
rispondere ad un altro poliziotto che lo stava chiamando.
Trotterellai vicino a Uley che aveva affrettato il passo entrando nelle
prime fronde della foresta.
-HEY! Tu cosa pensi di fare!?- mi guardò allarmato quando si
fermò dietro un albero.
-Venire con te, mi pare logico- risposi con un’alzata di
spalle.
-Stai scherzando?!- urlò socchiudendo gli occhi.
-No, anche perchè una volta che l’avrai trovata
non vorrei mica lasciarla sola? Io aspetterò vicino a lei-
sorriso sorniona davanti alla sua espressione stupita dal mio
ragionamento.
-Voltati- mi ordinò facendolo a sua volta mentre si toglieva
i pantaloni e se li legava alla caviglia.
-Ok-
Devo ammetterlo, la voglia di sbirciare è stata tanta,
molta, troppa. Mi imposi di non girarmi, e feci uno sforzo immenso.
Sentii un leggero mugolio e mi voltai: un enorme lupo nero si erigeva
davanti a me, dalle dimensioni di un orso, il muso allungato, la coda
folta e quegli occhi, così inadatti su quel corpo fierino.
Mi lasciai scappare un’esclamazione di stupore e lui
alzò gli occhi al cielo, mi avvicinai un po’ ed
accarezza il pelo fulvo e scuro, il tempo di chiudere le palpebre che
mi ritrovai in groppa, era estremamente veloce.
-Hey! Sempre molto gentile- scherzai, spiccò un salto in
avanti e fui costretta ad aggrapparmi lanciando un urletto di spavento;
giurai di averlo sentito sghignazzare per quanto la sua forma potesse
concederglielo.
Correva, l’acqua quasi non la sentivo tanta era la
velocità, le figure intorno a me erano indistinte, e se non
fosse stato per lui probabilmente sarei morta congelata, mi appiattii
sulla sua schiena ed osservai dove stava andando. Ogni tanto alzava il
muso e annusava l’aria arricciando il naso.
-Vampiri?- domandai curiosa dopo alcune volte che questo gesto veniva
ripetuto.
Mi fece segno di sì con il testone.
-Seguile dove sono meno forti, più vecchie!- esclamai
contenta. Seguendo la scia di Ed sicuramente saremmo arrivati a lei.
Lui mi fissò stranito poi alzò le spalle,
facendomi perdere l’equilibrio per un secondo e
cambiò bruscamente direzione.
-Paul ha trovato qualcosa?!- gridai durante la corsa.
Negò scuotendo il muso, poi si irrigidì di colpo,
lanciò un ululato sommesso e si precipitò con
molta più foga verso un punto indistinto del bosco, feci una
fatica immane per tenermi in groppa.
Un attimo e la trovammo: racchiusa in se stessa come un feto, bagnata,
sporca di terra, accoccolata sotto un albero tra le sue radici, aveva
gli occhi serrati quasi violentemente, i capelli che le cadevano sopra
il viso, notai avvicinandomi che aveva la terra anche sotto le unghie,
come se fosse caduta più volte.
Mi chinai e le sfiorai in volto.
-Bella va tutto bene, ora va tutto bene- sussurrai dolce, non credevo
che in quella situazione avrei potuto provare una sensazione di
pietà così forte.
-Se ne è andato- ripeteva ossessivamente a fior di labbra,
come una preghiera.
Guardai in difficoltà Sam che si voltò per
trovare un posto dove trasformarsi.
-Bells, lo so, mi dispiace, ma non preoccuparti ora- mormorai
provandola a tirare su, era tutto inutile, sembrava morta, un corpo
freddo.
-Non mi vuole più…- un soffio che sembrava le
stesse uccidendo il cuore.
Fortunatamente in quell’istante il mio amico
arrivò e la prese in braccio, avvolgendola nel suo calore.
-Succhiasangue- fu l’unica cosa che disse con disprezzo
evidente.
Lo seguii a testa bassa.
Mi sentivo così… male. Come se qualcuno avesse
fatto a me quello che le era stato fatto, un dolore incontenibile mi
riempì l’animo.
Respiravo rumorosamente, come se mi mancasse l’aria. In un
attimo mi guardai intorno spaesata, e se tutto questo ora sarebbe
finito? Io… cosa sarei stata?
Magari ero in coma in questo momento, in un letto d’ospedale.
Magari tra poco sarei morta e il sogno sarebbe continuato, forse invece
mi sarei svegliata infrangendo questo incantesimo.
Io di preciso cosa ero qui? Un’ombra? Un parassita? Qualcosa
di sbagliato? Fuori luogo?
Camminavo meccanicamente. Non sentii il sollievo di Charlie quando
riabbracciò la figlia, la felicità di tutti
nell’aver ritrovato un’adolescente dispersa. Attesi
Sam sulla soglia di casa Swan, con la stessa espressione funebre. Credo
lo notò, mi lanciò uno sguardo preoccupato ma
comunque non disse nulla.
Salii nella macchina chiusa nel mio silenzio, osservando il paesaggio
ormai notturno scorrermi di lato.
Non volevo che tutto finisse. No. Non potevo pensare di ritornare alla
cruda realtà.
-Cosa hai piccola?- mi chiese dolce. Una dolcezza strana, che io,
sfortunata sorella maggiore di una piccola peste al femminile, non
potevo assaporare tutti i giorni: quella di un fratello maggiore.
-Nulla, è che mi sento fuori luogo qui, ci sono piombata!-
sospirai trattenendo le lacrime.
-Ognuno di noi è piombato al mondo- osservò lui
tranquillo –non credo che nessuno di noi abbia programmato il
suo arrivo non pensi?- sorrise affettuoso.
Spalancai la bocca esterrefatta da tanta filosofia.
-Tu hai semplicemente iniziato a vivere qui, nello sputo di terra che
è La Push, all’età di sedici anni, hai
avuto un periodo di aspettativa!- rise.
-Una rinascita…- mormorai tra me e me, ma lui mi
sentì.
-Esatto, sei rinata in mezzo a questo casino, ma sei rinata-
alzò le spalle.
Rimasi in silenzio, in quel momento allungò il braccio e mi
strinse a se, continuando a guidare. Mi baciò leggermente la
testa.
-Piccolo diavolo- ridacchiò.
-Io vi avevo avvertito!- risposi divertita scacciando una lacrimuccia
commossa.
-Ah… credo che supererai l’esame-
ghignò ironico.
Un sorriso smagliante comparve sul mio volto, battei le mani felice.
Fermò l’auto ad una piazzola e prima che riuscissi
a chiedergli il perché lanciai un grido terrorizzato.
Paul, zuppo fino al midollo, si era poggiato al finestrino, sembrando
un mostro sorto dagli alberi.
Mi portai una mano al cuore e tentai di riportare il respiro alla
normalità mentre i due ridevano di gusto.
-Idioti- sibilai stizzita.
-Festicciola?! Dai Sammuccio, se ne sono andati!- se quello era il tono
seducente di Paul, bhè… un bradipo con le
emorroidi poteva risultare più convincente, il guidatore
però non se lo fece dire due volte e con
un’espressione soddisfatta compose il numero di Billy per
annunciare la nostra idea.
Inutile dire che quella fu la miglior festa a cui avessi mai
partecipato.
Angolo autrice:
Eccomi, dopo tanto, troppo tempo. Mi scuso per il ritardo, attuale e
futuro, maho un sacco di lavori in corso.
Vorrei ringraziare le 61
persone che l'hanno agguinta alle preferite. Mamma mia quante!
E anche le 7
che hanno commentato, per ragioni di tempo non posso rispondervi una
per una ç_ç ma sappiate che vi ringrazio con
tutto il cuore.
SOlo una cosa: un commento, anche piccolo o striminsito ma ne ho
bisogno ^^.
Au revoir
|
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Capitolo 10 *** 10. Baciare? Chi io? Ma non lo sapete che di secondo nome faccio “Casta”? ***
10.
Baciare? Chi io? Ma non lo sapete che di secondo nome faccio
“Casta”?
Era
da ormai tre ore che la commissione mi fissava, prima mentre svolgevo
la verifica di matematica ed inglese, poi sottoponendomi ad un vero e
proprio interrogatorio. La parte della lingua Quiluete era andata bene,
le lezioni di Sam si erano rivelate utilissime, anche
l’interrogazione in letteratura inglese era filata liscia,
senza intoppi, ora mi stavano fucilando con domande sulla storia.
Non
so se l’ho già detto ma la deficienza fisica che
avevo la compensavo ottimamente con lo studio e
l’intelligenza, non per vantarmi, però era una
verità di fatto!
L’ultimo
quesito mi venne posto da una donnina bassa e grassottella, con una
lunga treccia nera che le scendeva giù per la schiena, si
sistemò meglio gli occhiali e sporgendosi un po’
disse: -Bene, ora un po’ di mitologia-
Gioii
intimamente, ero preparatissima al riguardo! Perciò con un
sorriso tranquillo attesi la tanto agognata domanda.
-Saprebbe
raccontarci, precisamente, la più famosa leggenda della
nostra gente?-
Evvai!
Gioia e tripudio! Dove erano i fiori in quel momento? Ed i palloncini?
Bisognava festeggiare! Con piglio sicuro iniziai a narrare il racconto
che tante volte Billy mi aveva raccontato, e che io, avevo
letteralmente studiato mesi prima, mentre leggevo il libro di Twilight.
Una volta ogni tanto la fortuna girava dalla mia parte.
Mi
alzai lentamente e, dopo aver salutato e ringraziato tutti i
professori, uscii dall’aula. Nel corridoio erano seduti per
terra Jacob ed Embry, mentre Sam e Quil stavano poggiati alla parete,
Leah, che sembrava appena arrivata dalla biblioteca, mi sorrise
allegra. Mi guardai intorno, alla ricerca di Paul, era venuto con noi,
ora dove stava?
Un
abbraccio caldo da dietro le spalle, piuttosto rude e doloroso, diede
soddisfazione ad i miei dubbi.
-Allora,
piccina- ridacchiò alla sua battuta, che fulminai
all’istante –come è andata?-
-Paul,
lasciala respirare- Jake lo squadrò per bene alzandosi in
piedi e togliendomi alla sua stretta, poi riprese lui: -Come
è andata?- era curioso ed ansioso, leggevo negli occhi
un’eccitazione divertita.
-Penso
bene- borbottai riepilogando tutte le domande –Matematica era
facile, c’erano delle discussioni su equazioni di grado
superiore- dissi pensosa.
-Cosa?-
l’esclamazione di Quil interruppe il mio elenco di esercizi
che avevo affrontato –Noi non li abbiamo fatti! Vero?-
interrogò con lo sguardo i due compagni di classe che gli
diedero ragione annuendo.
-Avranno
voluto metterla alla prova, meglio così- fece spallucce Sam
stringendo la ragazza per le spalle.
-Questo
significa che io sto molto più avanti di voi- cinguettai
facendo una piccola giravolta –e che dovrò
studiare di meno, almeno per i prossimi mesi-
-Se
ti prenderanno- disse saccente, ma con una nota di ironia, Embry. Lo
guardai male e gli feci la linguaccia, lui si alzò e mi
strinse. –Dai che sarai andata benissimo! Hai studiato e
basta questo mese!- rise scompigliandomi i capelli. Tentai di
protestare dandogli degli schiaffetti sul petto, totalmente inutile.
-Confermo-
annuì Sam ridendo –Ottima discepola-
scherzò.
Iniziammo
a ridere prendendoci in giro, se fossi passata sarei stata in classe
con i tre moschettieri, così come li chiamavo io, e la cosa
di preannunciava già molto divertente.
Di
colpo Paul e Sam si zittirono e fecero segno di seguire il loro
esempio, infatti dopo pochi attimi la commissione entrò in
pompa magna per annunciare il risultato.
Leah
rideva e scherzava senza segni di malinconia o altro, e poi,
perché avrebbe dovuto?
Avevo
sempre immaginato Lee come una ragazza acida ed indisponente, invece,
in quel momento, sembrava l’incarnazione della
felicità e della gentilezza, con il suo sorriso caldo e
affabile, gli occhi scuri che brillavano di tranquillità e
certezza: certezza che niente e nessuno le avrebbe portato via il suo
amore, la sua vita. Lei era di Sam, e Sam era suo. Una piccola certezza
che la rendeva stabile, sicura che niente avrebbe incrinato il suo
fragile mondo.
Non
avrei mai pensato di assistere alla distruzione di quel piccolo
universo perfettamente equilibrato.
-All’
unanimità riteniamo che lei, signorina, ha tutti i requisiti
per essere iscritta a questa scuola- annunciò con un sorriso
compiaciuto il preside, un uomo alto e distinto, che teneva in mano una
cartelletta gialla.
L’unica
cosa che si sentì quel pomeriggio fu il mio urlo di gioia
che echeggiò per tutta la riserva.
Ci
ero riuscita, ci ero veramente riuscita.
Jacob
mi prese in braccio, facendomi girare su me stessa scoppiando a ridere.
Si era alzato nell’ultimo mese, e irrobustito, tanto da
sostenere il mio peso non proprio piuma. Non ero una di quelle ragazze
magnificamente secche, ma neanche grassa… diciamo cicciotta.
Nell’ultimo
mese il rapporto che avevo con Jake si era rafforzato, passare ogni
giorno insieme, dormire e vivere nella stessa casa era un ottimo modo
per unirci al meglio. Parlavamo di tutto senza problemi, avevamo
moltissime idee in comune, spesso mi ero messa in garage per vederlo
lavorare silenziosa, scherzando con lui. Sembrava quasi interessato, ma
la ragione, quella maledetta vocina nella mia testa, mi diceva che non
era vero, non era possibile, tutta un’invenzione della mia
fervida immaginazione, sostenuta anche dall’amore
incondizionato che provavo per quel magnifico ragazzo.
Nessuno
in quel momento notò lo sguardo che Embry lanciò
all’amico, scocciato ed invidioso
-Direi
che è il caso di festeggiare- insinuò facendomi
l’occhiolino Paul, non perdeva mai un occasione per fare
festa.
Nessuno
ebbe nulla da obbiettare, la sera stessa a casa di Sam organizzammo una
festicciola in mio onore.
Arrivai
nella piccola stradina accanto alla foresta verso le sette di sera, io
e Jake avevamo camminato con gli ombrelli aperti per tutto il tragitto,
pioveva a dirotto, come sempre, d’altra parte; eravamo
ritornati a casa solo per cambiarci, così ora lui sfoggiava
un paio di jeans che sembravano passati per le mani di un sarto pazzo,
dati i numerosi tagli, e una maglietta nera con alcune scritte che
neanche lessi, mentre io ero riuscita a dare un’aggiustata al
mio guardaroba, quindi vestivo con un giacchetto ben stretto al collo
per il freddo, una maglia a maniche lunghe con una scritta ironica e
dei pantaloni neri lunghi.
Entrammo
nella casa sgrullandoci mentre i soliti sospetti già erano
seduti sul divano o stravaccati sul tappeto intenti a seguire una
partita di Basket.
-Buona
sera!- salutai tutti allegra entrando e lasciandomi accompagnare da Sam
nella stanza degli ospiti dove posai la giacca.
Il
mio amico viveva da solo da ormai un anno, così mi aveva
detto, dopo la morte della madre aveva ereditato
l’abitazione, piccola ma graziosa, che ora teneva per se e
per Leah, quando il padre permetteva, certo.
Scesi
in salotto e mi guardai intorno, Lee-Lee non c’era, guardai
interrogativa il padrone di casa chiedendogli come mai.
-E’
venuta sua cugina da fuori, voleva portarla, non è un
problema vero?- chiese dopo avermi dato spiegazioni, considerava la
festa come mia, negai con la testa e mi misi a sedere tra Quil e Embry.
L’ultimo
mi stampò un bacio rumoroso sulla guancia porgendomi un
bicchiere di coca-cola.
Aveva
i capelli sciolti e con il solito vizio spesso li tirava indietro
quando era agitato, in questo momento la sua preoccupazione era la
partita, lo salutai allo stesso modo e mi misi a sorseggiare la bibita
pensierosa.
La
cugina di Leah non poteva che essere Emily, la dolce e cara Emily, che
con la sua presenza avrebbe sconvolto totalmente la vita di quella
coppia. Ero preoccupata per la reazione che avrebbe avuto in quel
momento Sam, conoscendolo sicuramente si sarebbe frenato, almeno per
questa sera, di sicuro non sarebbe andato dalla nuova ospite
salutandola e dicendole di amarla, no, non era proprio da lui.
Di
sicuro si sarebbe eclissato in qualche camera, magari in bagno, e di
lì non sarebbe più uscito fino a fine serata,
quando tutti se ne sarebbero andati, perfino Leah, che ospitava
l’amata parente.
La
seconda opzione mi sembrava più plausibile, ma non bisognava
sottovalutare l’imprinting, dovevo rimanere
sull’attenti, per evitare inutili spargimenti di sangue.
Paul
accese la musica, rock, grazie al cielo, un sano e vecchio rock che
invase prepotentemente l’ambiente rendendolo più
vivo. Iniziò a dimenarsi come un matto imitando un assolo di
chitarra, Emb scosse la testa afflitto e con tono teatrale disse: -Fino
a quando, scellerato, insulterai il divino strumento?-
Ci
fu una risata generale, che costrinse l’esibizionista a
ritirarsi con il muso in cucina, dove iniziò a spazzolarsi
tutti i salatini.
Leah
non arrivava, aveva chiamato per dire che avrebbe ritardato visto che
doveva posare le valige della cugina, appena atterrata
all’aeroporto. Studentessa modello, aveva vinto una borsa di
studio che aveva concluso, ed era quindi pronta a ritornare alla sua
terra natale.
Presa
come ero non notai gli sguardi eloquenti di Jake, e i suoi gesti per
avvicinarsi a me, oggi era più intraprendente del solito,
quando me lo ritrovai a fianco sobbalzai sorpresa.
-Senti,
ti va di salire?- domandò sorridendo, quel sorriso magnifico
che ti scaldava l’anima e scioglieva i sensi. Anuii
vigorosamente e mi alzai stringendo la mano che mi aveva porto, sentivo
una strana elettricità percorrermi tutto il corpo e
l’adrenalina invadermi il cervello.
Quante
notti avevo sognato questo momento? Il preciso istante in cui lui si
offriva, mi faceva capire le sue intenzioni, voleva stare da solo con
me. Forse gli piacevo, magari… bhè
perché non sognare?
Salii
al piano di sopra guardandogli la schiena e concentrando tutte le mie
forze per non svenire per l’emozione: Jacob Black, il ragazzo
immaginario dei miei sogni, irrealizzabile, utopistico, mi stava
portando in una camera, da soli.
Potevo
chiedere di più?
Entrammo
nella stanza di Sam e lui si chiuse la porta dietro, tremavo
completamente, abbassai la testa per nascondere il rossore, seguii il
suo gesto sciolto con il quale si sedette sul letto portandomi con se.
-Volevo
parlarti da solo, sotto c’è troppo caos-
spiegò portandomi dietro l’orecchio una ciocca
ribelle che mi era caduta sulla fronte, mi gelai di colpo.
Ecco,
ora è il momento di confessarmi: non ho mai baciato, ne
tanto meno avuto un ragazzo. Ero una ragazza che poteva essere
benissimo considerata pura e casta, certo non per scelta mia, sia
chiaro, ma per una serie di sfortunati eventi che mi avevano portato a
rimanere una single senza troppe speranze. Ed in quel momento,
trovandomi davanti il ragazzo dei miei sogni con intenzioni molto
esplicite riguardo ad un bacio non sapevo proprio come comportarmi.
Magari
gli avrei morso la lingua, forse senza accorgermene gli sarei saltata
addosso in modo imbarazzante, forse avrei smesso di respirare entrando
in apnea, o più probabilmente, non voleva neanche baciarmi,
ero io che mi facevo tutti quei problemi.
-Oh-
borbottai imbarazzata –E cosa volevi dirmi?- tentai di non
balbettare dicendo quelle parole.
-E’
una storia… lunga, diciamo. Avrai notato che ultimamente,
bhè, ecco, ci siamo avvicinati- sorrise impacciato anche lui
e abbassò n po’ lo sguardo.
-Sì,
l’ho notato- confermai mordendomi un labbro e stritolandomi
le mani tra di loro.
-E
ti ha dato fastidio?- chiese alzando gli occhi inchiodandomi,
c’era una nota di speranza nelle iridi scure.
Ci
fu un attimo di silenzio in cui entrambi non riuscimmo a guardaci negli
occhi, troppo interessati dal tappeto sotto i nostri piedi,
tremendamente affascinante in questo momento di imbarazzo, i ghirigori
rossi su fondo senape erano così belli da isolare il mio
cervello da tutto e tutti. Scherzavo, l’avete capito, no?
Presi
fiato e alzai la testa, poi con voce sicura parlai:-No, affatto, anzi
direi che mi piaci un sacco- senza esitazioni o troppi giri di parole,
se proprio doveva saperlo tanto valeva dirglielo in prima persona,
anziché aspettare di arrivare al liceo e rendere il
pettegolezzo pubblico. Era la prima volta che dicevo a qualcuno i miei
sentimenti in modo così esplicito, così naturale
e spigliato. Ero una persona assai strana: dannatamente sicura di se
stessa per quanto riguardava tutto ciò che non comprendeva
me e i miei sentimenti, territorio minato per la mia autostima.
Guardai
i suoi occhi stupiti, l’espressione sbigottita, ma allo
stesso tempo soddisfatta, chinò un po’ la testa
avvicinandosi a me, che rimanevo rigida come un legno sulle sue gambe.
La
testa mi stava girando vorticosamente, pochi attimi, ancora pochi
attimi, mi ripetevo in testa, come per tranquillizzarmi, sentii il
campanello suonare, poi mi eclissai, fissando lo sguardo su di lui.
-Per
fortuna, pensavo di fare una figuraccia colossale- rise con un tono
basso, molto più adulto di quanto la sua faccia, con il
mento così rotondo e bellino, suggerisse.
-Mi
dispiace deluderti- mi unii alla risata –ma hai fatto centro-
anche io mi spinsi un po’ più avanti, ormai
eravamo a pochi centimetri l’uno dall’altra,
entrambi avevamo le labbra e le palpebre socchiuse.
Ma
tutti i sogni hanno una fine, o per lo meno, un’interruzione,
la nostra fu il suono di una serie bicchieri che cadevano infrangendosi
a terra.
Cosa
era successo? In un attimo il mio cervello si ricollegò con
il mondo e unii l’ultimo accaduto con il suono del campanello
di poco prima: era arrivata Emily, e molto probabilmente, Sam
l’aveva vista, rimanendone sconvolto.
Mi
alzai di scatto e uscii dalla stanza, mentre Jacob mi guardava in
difficoltà, balbettando una serie di frasi senza senso.
-Jake,
un attimo, ti giuro che ritorno- dissi con rimorso: possibile che non
mi fosse concesso un attimo di pace e tranquillità?
Mi
precipitai giù e osservai preoccupata Sam con lo sguardo
fisso nel vuoto, le mani ancora occupate a stringere un vassoio ormai
riverso a terra mentre Leah era ai suoi piedi e raccoglieva i cocci di
vetro guardando il fidanzato allibita.
-Amore,
cosa hai?- si alzò e dopo aver dato i rimasugli ad un Paul
scocciato che passò noncurante affianco al compagno in
tranche.
Questi
non rispose alla domanda, ma continuò a fissare imperterrito
Emy che a sua volta non riusciva a distogliere lo sguardo da lui,
tenendo la borsa tra le mani, stritolandone il manico. Mi morsi la
lingua facendo lavorare la mente per trovare una soluzione, dovevo
portarlo via immediatamente, prima che proponesse alla nuova arrivata
di sposarlo seduta stante.
Gli
presi le mani e lo trascinai nel bagno al piano terra, tra lo stupore
di tutti e l’angoscia di Leah che ci fissava sconvolta. Una
volta portato dentro chiusi la porta a chiave e l’obbligai a
sedersi sulla tazza con un gesto meccanico, quel gigante, per quanto
non era in se, si fece spingere verso il basso da me senza opporre
resistenza.
Presi
il bicchiere posato sul lavandino e una volta riempito glielo buttai in
faccia: per lo meno il suo sguardo da pesce lesso si era trasmutato in
quello di un bradipo annoiato, passi in avanti.
Scosse
la testa come risvegliato da un sogno e lentamente posò i
suoi occhi su di me, che, una volta ogni tanto, lo guardavo
dall’alto in basso.
-Chi
è?-domandò in estasi passandosi una mano tra i
capelli bagnati.
-Emily,
la cugina di Leah- calcai l’ultimo nome sperando in
una reazione di lui, che non arrivò.
-Hai
visto quanto è… bella?- chiese alzandosi in piedi
estasiato.
-No,
mi dispiace, sai al massimo io mi interesso ai pettorali di Paul, e mi
pare già molto- risposi sarcastica obbligandolo a sedersi
nuovamente con un gesto secco.
Mi
guardò come un bambino in punizione:-Hai visto che bel
sorriso? Ed i capelli? E gli occhi! Magnifici, sembra una dea!-
esclamò in un moto di eccitazione, muovendo le mani in modo
ampio.
Lo
fissai scettica poi mi piegai per mettermi alla sua altezza.
-Tu,
mio caro, sei fidanzato, o meglio, solo per ora, ti prego di aspettare.
Devi attendere, trova un modo per lasciare la tua ragazza e poi mi
reciterai l’osanna ad Emily- ordinai senza giri di parole,
inchiodandolo con lo sguardo.
Non
avevo mai visto Sam così infantile, così pronto a
giocarsi tutto senza pensare, ne riflettere.
Diavolo
di un imprinting!
-O…ok-
balbettò annuendo anche con la testa
–però rimango qui. Dì agli altri che
sto male- propose alzandosi ed iniziando a camminare avanti ed indietro
per i cinque metri quadri scarsi che era il bagno.
Sospirai
ed uscii, pronta ad affrontare le mille domande dei presenti, che non
tardarono ad arrivare.
La
prima fu Lee che si precipitò verso di me come una furia,
gli occhi umidi dalla paura che fosse successo qualcosa.
-Cosa
ha? Perché si è bloccato in quel modo!?-
gridò disperata. Mi sentii una stretta al cuore: vederla
così ansiosa per lui era come la preghiera di un condannato
a morte innocente.
-Non
si sente bene- mormorai –ha detto che si scusa ma per stasera
preferisce andare a letto e prendersi un’aspirina- spiegai
avvicinandomi alla stanza dove erano i cappotti e prendendo il mio.
-io
posso rimanere!- protestò con veemenza Leah.Notai
un’occhiata confusa di Paul, sapeva bene che il suo compagno
non poteva avere un raffreddore o similia, ricambiai lo sguardo
facendogli segno che avrebbe capito in futuro.
-Sam
dice che dovresti andare a casa con tua cugina- risposi con un sorriso
affabile –ha detto che domani ti chiamerà per
sentirti, non ti preoccupare, andrà tutto bene-
Mi
sentivo come una ladra, stavo mentendo ad una ragazza d’oro,
senza ritegno.
Velocemente,
dato che avevano capito la situazione senza troppi problemi, sparirono
tutti, perfino Leah che se ne andò con lo sguardo di un cane
bastonato, mentre la cugina tentava, inutilmente di consolarla.
Salutai
Embry con due baci sulle guance, Quil con un cenno del capo e Paul con
un sorriso a trentadue denti, estremamente forzato.
In
silenzio mi avviai sotto la pioggia tenendo in mano il mio ombrello e
rimuginando sui fatti della serata.. Jake, che mi aveva quasi baciato
qualche minuto prima, ora mi camminava a fianco in silenzio, ascoltai
il suono delle sue scarpe infrangersi nelle pozzanghere profonde,
sembrava scocciato per qualcosa.
Pensai
che dopo tutto il nostro era un rapporto che si svolgeva sul filo di un
rasoio, certo, forse con una fortuna sconsiderata, sarei riuscita a
fargli dimenticare Bella, ma se fosse arrivato il suo di
imprinting? Come potrei reagire? Anche io sarei diventata come Leah?
Desinata ad un’eternità di rabbia e rancore?
Avevo
la testa china e cercai in tutti i modi di reprimere le lacrime,
fortunatamente ci riuscii, ma non potei nascondere il mio stato
d’animo a Jacob che trovai a fissarmi intensamente.
-Cosa
hai?- domandò con un tono di voce basso e ponderato.
-Nulla,
solo un po’ di tristezza- buttai lì sul momento.
-Perché?-
-Niente
è per sempre, lo sai Jake?- dissi con voce spettrale
fermandomi davanti alla porta di casa aspettandolo.
-Sì,
lo so bene, però ci sono cose che possono durare poco ma
rimanere per sempre nel cuore- sorrise caldo e chiuse
l’ombrello prendendo in mano il mazzo di chiavi pronto ad
inserirlo nella serratura.
-Ma
possono far male- ribattei scontenta attendendo che aprisse la porta ed
entrasse.
-Non
quanto bene fanno quando accadono- rispose con un sorrisetto
avvicinandosi un po’ di più.
Ricordai
solo in quel momento che avevamo un bacio in sospeso, avevamo un sogno,
il mio sogno in sospeso.
-Non
ho mai baciato, Jake- confessai imbarazzata, alzandomi un po’
sulle punte. Sentii la sua risata fragorosa invadermi il cuore.
-Allora
siamo in due-
Accadde
tutto in un attimo, non feci neanche in tempo a chiudere gli occhi che
le sue labbra si posarono sulle mie invadendole con il dolce sapore che
le contraddistingueva, mi ritrovai aggrappata alle sue spalle, cercando
di stare il più vicino a lui, mentre le sue braccia mi
stringevano a se.
Di
colpo sentii la sua lingua insinuarsi nella mia bocca, e non feci
troppi problemi, anzi: ricambiai abbassando finalmente le palpebre.
Quanto
dura un sogno? Il mio qualche minuto che porterò per sempre
nel mio cuore come un tesoro prezioso che custodisco con gelosia.
Angolo
autrice:
NO,
non è sceso Dio in Terra, ho semplicemente aggiornatoXD
Mi
scuso se ho fatto così tardi ma ho partecipato ad un sacco
di contest, solo ora sono riuscita a buttare giù il
capitolo. Piaciuto? Finalmente un pò di action XD.
Sarò
veloce passo subito hai ringraziamenti.
Grazie
ai 68 che
l'hanno aggiunta alle preferite, ed a Sammy Cullen che la segue.
Ora
uno per uno chi l'ha commentato.
zije600:
Grazie ^^ come già detto anche un commento, per sapere che
leggete la ff, mi fa piacere!
Honey
Evans: Parli in ostrogotoXD? Quei strani tizi io non li conoscoXD.
Comunque grazie mille per il commento ^^, hai visto
ç_ç povera Leah, qua inizia tutto
ç_ç
giugiu182:
Grazie per il commento sentitoXD Non preoccuparti, io decifro di tutto
ù_ù Il caro Emmett ( *ç*) anche a me
piace XD ma i lupacchiotti hanno un posto d'onore. Sì,
l'inetta arriverà ç_ç purtroppo... ma
saprò destreggiarmi, don't worryXD
Pupattolina:SIII
fondiamo il partito Emrioso *_* sarai la mia vice
ù_ù. Eccola, la dolce, e tanto rompialle di Emily
>.<
giogio16:
ecco fatto, anche se in ritardo. Come ti è parso il capitol?
_tessy_:Mi
fa piacere che i miei scritti emozionino i lettori, che questi si
ritrovino nella storia! Grazie!
Sammy
Cullen:SAMMUCCIO SAMMUCCIO SAMMUCCIOXD E' anche mio =.= e poi basta, nn
ti voglio dare attenzioenXD
Hilly89:
*_* CHE COMMENTO!Salti e balli la conga ma che mita *O* Troppi
complimenti °||||||° Se ti piace Leah, spulcia un
pò il mio account, ho un bel pò di storia con
quella magnifica girl (<3). Laura*la sottoscritta* ... ehehe
Embriuccio e Jacobbuccio, qua il secondo ci ha dato sottoXD Mentre il
povero Sam soffriva ç_ç (mi sento una carogna
>.<) Non solo tu vuoi l'imprinting, anche io, ti
assicuro, non lo disdegnereiXDAh, devo dire un avviso a tutte, me lo
hai fatto venire in mente.^^ E la suspance ci saà, o
se ci sarà +_+ Se ti piace Sam , come ho capito,
il prossimo è il TUO capitolo ù_ù
razorbladekiss:
Grazie!
Credo
sia tutto, devo fare due piccoli appunti.
1-La
ff non prevede Bd. Niente Nessie, Niente di NIente, si chiude al
prologo di Eclipse.
Non
mi piace Bd, seriamente. perciò non lo considero. Tutto qui.
2-L'imprinting
sarà diverso.
La mia
prima concezione dell'imprinting,concepita circa un anno fa,
è diversa, non al primo vero sguardo, ma la prima volta che
due persone si vedono veramente, quensto non toglie, però,
che alcuni possono ricevere il così detto "colpo di fulmine"
come Emily e SAm.
Con
questo è tutto, au revoir ^^
|
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Capitolo 11 *** 11. Discorsi troppo complessi da fare nel pieno della notte! ***
10.
Discorsi troppo complessi da fare nel pieno della notte!
Non
presi immediatamente sonno, passai le prime ore della notte a
ribaltarmi nel letto, come se bruciasse; pensai spesso al bacio di poco
prima, di quanto ero impreparata, di quanto mi era piaciuto, di quanto,
in fin dei conti, era assurdo.
Avevo
baciato Jacob Black; io avevo baciato Jacob Black.
Tirai
su le coperte fin sopra al naso, arrossi visibilmente
ricordando il momento, ero rimasta con gli occhi aperti, come un pesce
lesso, e lui… lui sapeva di fresco, di vita. Sapeva di menta
e coca cola, in quel momento; ed era perfetto, tutto perfetto. La
pioggia, l’ombrello, le frasi prima… perfetto, da
libro.
Altra
ipotesi che avanzai quella notte e che poi accantonai avvilita: che io
stessa mi ritrovavo a far parte di un libro, che probabilmente veniva
letto da milioni di lettrici e lettori, proprio mentre io mi ritrovavo
qua, rigirandomi in preda a crisi esistenziali; un altro Twilight, di
cui io ero la protagonista, probabilmente odiata, forse amata,
sicuramente ritenuta idiota. Insomma, magari io ero semplicemente un
po’ di inchiostro su della carta, un flusso di numeri su un
pc, qualcosa di creato da qualcuno, non concepito da una coppia. Un
personaggio come tanti altri.
Con
gli occhi spalancati, in preda a un vero attacco di follia fissai il
soffitto, di un celestino timido, con i segni dello scotch impolverato
e secco, che in passato dovevano aver trattenuto facce e facce di divi
dal faccino sbarbato e i capelli biondi: ero un personaggio.
Un
lampo illuminò di colpo la stanza ed io trasalii spaventata;
no, avevo superato ogni limite, dovevo smetterla di creare supposizioni
oltre ogni linea logica e attentanti alla mia salute mentale. Scossi la
testa affranta e mi girai di fianco, aggrappandomi al cuscino e
chiudendo gli occhi. Dovevo dormire, dovevo assolutamente dormire.
Molto
spesso, però, il mio volere non si accorda con quello di
altri, in particolar modo di quella testa vuota di Sam, che mi
chiamò alle quattro di notte al cellulare, facendo partire
la suoneria arcaica e trillante.
Risposi
con voce impastata e lo maledissi mentalmente, cosa diamine voleva a
quell’ora!?
-Laura,
scendi. Sono giù. Ti devo parlare- disse imperativo,
attaccando e non dandomi neanche il tempo di ribattere. Sbuffando
scocciata mi misi al volo le scarpe a buon mercato che avevo fatto mie
qualche settimana prima e uscii in pantaloncini da baskett, enormi per
me, appartenuti a Jake un anno prima, e la maglietta dello stesso, che
mi calzava fino alla ginocchia; scesi il più silenziosamente
possibile, passando davanti alla camera di Jacob, dove lui russava
beatamente, dormendo scomposto e sorridente. Chissà cosa
sognava. Sorrisi pensando che fino a pochi attimi prima lo stavo
sognando e sicuramente avrei avuto un’espressione molto
più beota ed ebete.
Anche
Billy dormiva, più silenzioso del figlio, in quella stanza
che sembrava immensa per un uomo solo, con la parte del letto a
sinistra, rigorosamente verso la finestra, vuota- non vuota;
perché era strano, ma sentivo come se in verità
in quella casa ci fosse ancora la moglie.
Uscii
socchiudendo la porta piano, piano, afferrando le chiavi da
davanti alla porta e guardandomi intorno con immenso sforzo, i lampioni
si erano spenti, probabilmente dopo quel fulmine che mi aveva fatto
trasalire; da quanto avevo capito a La Push succedeva spessissimo.
Sentii
un lieve suono di clacson, come se il guidatore avesse appena accennato
la spinta sulla trombetta; mi voltai di scatto e vidi la macchina
bianca della polizia, presi fiato e corsi sotto la pioggia,
catapultandomi nell’auto, chiusi lo sportello che aveva
aperto Sam e lo guardai torva, mi aveva buttato giù in piena
notte, fatto bagnare e aveva la faccia di uno zombie.
Presi
fiato e dopo parecchi minuti, nei quali lui fissò
intensamente la pioggia con sguardo omicida, seduto al suo posto troppo
piccolo per il suo corpo enorme, mi decisi a parlare.
-Cosa
succede Sam?- domandai, una domanda idiota, della quale sapevo
benissimo la risposta.
-Io
amo Leah, vero?- il tono incerto, con il quale formulò la
frase mi fece gelare.
-Certo,
Sam, non te lo ricordi? Tu, Leah, felicità. Lei è
tutto per te- spiegai, mi sembrava strano, era come spiegare ad un
bambino come si parlava, lettera per lettera, allargando la bocca per
scandire ogni sillaba, per renderla più chiara,
più precisa, più vera.
-No,
se devo essere sincero non ricordo nulla. Nulla. Capito Laura? NULLA!-
gridò frustrato, batté una mano sul volante, che
si piegò sotto il suo colpo. Tremava scosso ed io
istintivamente indietreggiai, avvicinandomi al portellone, con una mano
pronta ad aprirmi la strada per uscire, nel caso di una trasformazione
improvvisa.
-No-
gemette girandosi con occhi vacui e tristi –non andartene ti
prego, devo… devo parlarne con qualcuno- mormorò.
-Va
bene, ma calmati, mi metti paura- balbettai rimettendomi al mio posto e
riaspettando in silenzio che riprendesse.
-Sì,
scusa è che… sono sconvolto, io non ricordo nulla
di prima, nulla prima di lei- la sua confessione era come un coltello
gelato nelle pieghe della mia coscienza, non sapevo come comportarmi:
io volevo bene a Leah, sapevo quanto ne avrebbe sofferto, eppure non
potevo far nulla per lei.
-La
cugina di Leah?-
-Emily…-
sospirò con occhi da ebete e viso sognante. Dovevamo
assolutamente smetterla.
-Sì,
lei. Che pensi di fare? Non puoi mica andare da Leah e dirle che ti
piace sua cugina, così! Di punto in bianco! Non ci hai mai
parlato!-
Si
zittì, aprì la bocca più volte per
parlare ma non disse nulla, era in difficoltà; si
passò le mani nei capelli corti, scompigliandoli ancora
più di come erano prima, notai solo in quel momento che era
completamente zuppo e non portava la maglietta, né scarpe,
unicamente quei pantaloni logori sporchi di terra e verdi
d’erba.
-Lo
so, lo so! Non me lo riesco a spiegare è come se…
come se…- si bloccò e guardò fuori,
verso il bosco, che si erigeva timido dietro le prime case.
-Ti
sei trasformato?- domandai sospirando, lo vedevo in
difficoltà così preferii sviare il discorso,
guadagnando tempo per trovare un modo delicato da suggerirgli, per
quando avrebbe lasciato Lee-lee.
-Sì,
avevo bisogno di sfogarmi- alzò le spalle e le
riabbassò, in un gesto di indifferenza che mi fece
sorridere. Reputava normale il trasformarsi in un lupo e girovagare per
la foresta ululando il suo dolore e la sua rabbai; normalissimo. Quasi
quanto quella ferita che vidi solo quando si girò,
mostrandomi il braccio sinistro.
-Cosa
hai fatto?!- ululai di colpo terrorizzata, mi fiondai sulla ferita,
ormai quasi rimarginata, studiandola con attenzione medica.
-Dovevo
sfogarmi, avrò sradicato una decina di alberi, e uno mi
è caduto addosso- disse tranquillo, quella
tranquillità che in verità nasconde un
significato più profondo: voleva distruggere qualcosa,
voleva far del male, l’animale, non Sam, voleva vivere.
-Ah-
fu l’unica cosa che riuscii a dire, spostando nuovamente lo
sguardo, mentre il taglio si chiudeva.
Rimanemmo
di colpo di nuovo in silenzio, la pioggia che scendeva fastidiosa e
dispettosa produceva il rumore ritmico di una ninna nanna, io mi
sentivo crollare, non ce la facevo proprio a resistere; lo sforzo
immane che compii per tenere gli occhi svegli glielo rinfacciai per
molto tempo.
Ritmico
e rilassante, per un attimo notai lo sguardo di Sam divenire
più calmo, più umano.
Di
colpo cessò tutto, la pioggia ed i tuoni, i fulmini ed i
lampi.
Lo
vidi sorridere e azionare la macchina, facendo una curva ad U che mi
fece drizzare i capelli dalla paura, le pozzanghere che la macchina
investiva facevano schizzare l’acqua ovunque, per i
marciapiedi nessuno, solo noi, ed il faro della macchina.
-Dove
mi stai portando?!- la mia voce si era alzata di un’ottava,
mi fidavo di lui, ma un licantropo in piena crisi ormonale ed
esistenziale non era proprio una delle garanzie migliori.
-Alla
scogliera, si vedranno le stelle, succede sempre così!-
esclamò allegro.
Sempre
così, bhà, tutti io i pazzi.
I
lampioni continuavano a rimanere scuri, non ci degnavano della loro
luce. Anche questo faceva parte del: sempre così.
Non
risposi, mi godetti il viaggio, tentando di trovare un modo per salvare
Leah dall’agonia della separazione.
Arrivammo
sullo spiazzo d’erba che non era presente più
nessuna nuvola in cielo, niente di niente. Unicamente stelle, belle,
infinite.
-C…come
è possibile!?- esclamai uscendo dalla macchina stupita
–Non c’è nessuna nuvola!- risi allegra
guardando in alto. Mi ritrovai a girare su me stessa, in un vortice di
luci, dove ogni piccolo punto bianco si univa, in un unico filo
indistinto.
Sentii
la sua risata cavernosa uscire dalla macchina, sempre troppo piccola,
fino ad affiancarmi del tutto.
-Bhè,
gioie e dolori, no? Pioggia e sole. Bianco e nero. Nella vita non
può essere sempre tutto brutto- ridacchiò e
ritornò verso l’auto, aprendo il portellone di
dietro e, tirando fuori una coperta, la posò sul tettuccio,
in un gesto fluido e secco.
-Madame,
se vuole…- mi fece segno di salire, ed io con il suo aiuto,
visto che era salito con un balzo agile, riuscii ad arrampicarmi e
sedermi.
Era
strano stare con Sam, stavamo spesso zitti, non parlavamo; osservavamo,
quello lo facevamo sempre. Ci divertivamo a cogliere i particolari che
nessuno notava, due mesi di piccolezze.
Di
nuovo quell’assenza di parole che non noceva a nessuno dei
due, silenziosa complicità che rendeva tutto più
facile.
-L’orsa
maggiore mi è sempre piaciuta- annunciai con voce certa,
rompendo il muro.
-Perché?
Perché una stella dovrebbe piacere?- domandò
fissando il punto che ora indicavo con il dito.
-Una
stella piace per quello che rappresenta. Per esempio l’Orsa
Maggiore per me è come una mamma, un’orsa mamma,
ecco. Che indica la strada; da piccola l’immaginavo con una
cartina stradale- risi divertita e lui mi seguì,
scombussolandomi i capelli.
Era
troppo lungo, le sue gambe erano piegate e le teneva poggiate
sull’estremità del tetto, io, a differenza, ero
troppo corta; una bassetta che lasciava ciondolare i piedi
giù, sul vetro.
Minuti,
che passammo ad ascoltare le civette ed i gufi, con le onde
dell’oceano che sbattevano violente sugli scogli,
infrangendosi e provocando nuovi tuoni marini; ognuno perso nei propri
pensieri.
-E’
strano- mormorò.
-Cosa?-
-Io
amavo Leah, veramente, non sto mentendo. Ora invece… Emily,
c’è solo lei-
-Lei
è tutto, vero?- risposi pronta.
-Sì,
lei è il sole, la pioggia, il mare…-
-La
terra che ti sostiene, il tuo universo, la tua stella, il male, il
bene…-continuai per lui.
-Sì,
esatto lei… è….-
-Tutto-
concludemmo insieme, io con un sospiro scocciato, lui con uno di
adorazione.
-Gli
anziani hanno detto che succede, a volte, raramente, ma succede. Che
uno dimentichi tutto, per lei, per la tua Lei. Ci ho parlato appena ve
ne siete andati, ho chiamato prima Billy, che ha chiamato Quil Senior,
per fare un giro di telefonate e hanno detto che si chiama imperiti, o
una cosa del genere- mugugnò pensieroso, cercando di
ritrovare la parola.
-Imprinting-
lo corressi, senza rendermi conto che stavo svelando parte del mio
sapere, magico e impossibile in questo di mondo.
Mi
fissò sospetto, poi, proprio come sempre, non disse nulla,
riprendendo a fissare il cielo.
-Sam,
perché non mi chiedi mai nulla?- chiesi senza staccare gli
occhi dall’alto.
-So
che ti metterei in difficoltà- confessò.
-Grazie-
mormorai avvicinandomi un po’ a lui e abbracciandolo.
–Palla di pelo calorosa- ridacchiai; adoravo trovare
sopranomi che l’urtassero.
-Laura-
mi rimproverò con un noto ben poco amichevole, fulminandomi
con lo sguardo, ma sorridendo con le labbra.
-Ok,
la smetto- sbuffai e mi rigirai a guardare le stelle, nuovamente
staccata.
Lo
sentivo respirare velocemente, come in ansia, poi bloccarsi e
riprendere; in una continua irregolarità.
-Laura,
secondo te come devo dirglielo?- mormorò sottovoce, per non
essere sentito, per paura di essere sentito.
Me
l’aspettavo, ero sicura che me l’avrebbe chiesto,
tanto da prepararmi una risposta decente; dico decente, non buona.
Presi
fiato e tentai di rispondere, ma lui riprese, aggiungendo un tono
accorato: -… non voglio ferirla, voglio che sia…
felice- sussurrò, in una confessione che si
piantò nel mio cuore, scaldandolo. Era proprio vero, quella
palla di pelo che faceva il duro in verità aveva un cuore
d’oro.
-Bhè…
secondo me… dovresti dirle di…aspettare. Dille
che capirà tutto, che… che ora hai solo bisogno
di fermarti e riniziare- mormorai a disagio, mi sentivo
un’assassina, stavo scrivendo la condanna a morte di Leah.
-Aspettare?-
domandò confuso.
-Sì,
dille che… capirà tutto a tempo debito, ecco-
volevo finirla, prima di dire troppo; tecnicamente io non avrei dovuto
sapere, nulla!
-Lo
sai che non glielo posso dire!- esclamò scocciato,
più con se stesso che con altri, batté
un pugno sull’auto, piegando il metallo; sobbalzai allarmata.
–Le conosci le regole, no?! Non so come, ma le conosci. E lei
non lo può sapere- sbottò, vidi due lacrime
rigargli il volto, per poi scendere lentamente giù per il
collo massiccio, così poco adatto a quelle lacrime di
tristezza.
Mi
sentii all’improvviso piccola, debole; più debole
di lui, di quel ragazzo, ormai uomo, che mi stava affianco, piangendo
per il troppo amore che il suo cuore conteneva.
Sam
era triste perché provava troppo amore, era una cosa
assurda, così sbagliata.
Perché
una persona dovrebbe soffrire per non far soffrire altri?
Perché tenta di caricarsi sulle spalle tutti i massi,
anziché lasciarli trasportare a chi deve.
-Io
la amo, te lo giuro, ma… ma… non so
perché, ma amo più lei, che non
conosco… che non so chi sia; ma la amo e non lo
so…- singhiozzava, scosso da singulti, che scuotevano tutta
la macchina sotto di noi. Il gigante piangeva, e la bambina al suo
fianco non sapeva che fare.
-Fidati,
Sam. Fidati- risposi decisa, tornando a guardare il cielo.
–La vita è come i temporali a La Push,
c’è la pioggia, c’è il
dolore… poi si sta fermi, non si sa cosa fare, non si sa se
uscire, se rimanere a casa; si aspetta. Poi, di colpo, si vedono le
stelle, si esce, si corre fuori… si è felici-
sorrisi voltandomi e guardandolo di fianco, ancora troppo impegnato a
studiare gli astri.
-Dici?-
sembra stesse studiando qualcosa, magari se stesso.
-Sì,
e… tutti sorrideranno, proprio come fai tu con Emily, o
meglio, non saremo tutti così idioti- risi, ricordandomi la
sua espressione ebete.
-Stupida-
mugugnò scompigliandomi i capelli, e chiudendomi nel suo
abbraccio letale.
Si
bloccò, annusandomi più intensamente, prima in
modo profondo, poi con piccoli soffietti.
-Hai
baciato qualcuno?- domandò sospettoso.
Arrossii
violentemente, e maledii il fatto che i licantropi sentissero
così tanto gli odori.
-Bhè…
s…sì- balbettai in imbarazzo e scostando lo
sguardo.
-Chi?-
sibilò, era geloso; ridacchiai.
-Jacob,
oggi, quando siamo tornati a casa- rivelai, cercando di essere il
più tranquilla possibile.
Lui
si zittì, chiuse gli occhi, assorbendo le parole e
allentando la presa intorno alle mie spalle, rimase in silenzio; degli
attimi in cui aspettai il suo verdetto.
Non
avevo mai avuto un fratello maggiore, ma era sempre stato un mio
desiderio martellante, ma lui, il mio gigantesco amico, dal carattere
rude e grezzo, era ciò che più si avvicinava a
questo sogno; ed adoravo quando si preoccupava per me, proprio come nel
giorno dell’esame o durante le ripetizioni.
Amavo
quell’espressione concentrata che aveva quando si sforzava di
starmi vicino, tentando di nascondere i suoi sentimenti davanti agli
altri.
-Mmmh-
mugugnò –non è male, è
affidabile- approvò con un grugnito, che mi fece scoppiare a
ridere, tanto che caddi a terra, sull’erba umida.
-Lo
so, e mi piace- conclusi, aggiungendo mentalmente mille e mille
aggettivi che definivano in tutto e per tutto il magnifico ragazzo che
era. Mi misi a pancia all’insù e continua a
guardare le stelle.
-Non
ne dubitavo- sogghignò divertito, girandosi e fissandomi
dall’alto. –E lui ti guarda come un pesce lesso-
rise e scese in un balzo, atterrando a pochi centimetri dal mio viso,
facendomi gelare.
Una
montagna come lui addosso era l’ultima cosa che volevo.
Mi
aiutò a rialzarmi, porgendomi la mano enorme e sporca di
terra, ma estremamente salda, vidi nel suo sguardo una tristezza
nascosta, velata. Probabilmente stava pensando a come dirlo a Leah.
Lo
abbracciai dolcemente, arrivandogli malapena al mento:-Ce la farai,
Sammo-
-Non
chiamarmi Sammo!- sbottò, io scoppiai a ridere e rientrai
nella macchina, guardandolo divertita.
Mi
riaccompagnò a casa, salutandomi come sempre, proprio come
sempre.
Perché
la vita continua, nonostante il dolore, nonostante l’amore,
nonostante tutto.
La
vita va avanti, come sempre.
Quella
mattina, al ritorno dalla scuola, passando davanti alla casa di Leah,
non fui più tanto sicura di questa teoria.
Angolo autrice: Ho rimesso il capitolo perché avevo fatto un caos con i codici. Facevo prima a eliminare e rimettere.
Aggiorno in un orario non mio (che odio particolarmente, per di
più) per il fatto che avevo il capitolo pronto, ma parto tra
pochi minuti, e non avevo voglia di farvi aspettare ancora.
Il capitolo non mi piace, proprio per niente <_<. Troppo filosofico, non so bene cosa ho scritto... ma avevo proprio voglia di Sam <3.
Ma inizio subito a ringraziare, che sono di fretta!
Grazie ai 71 che la preferiscono, ai 9 che la seguono e i 31 che mi
hanno concesso la fiducia, mettendomi tra gli autori preferiti.
E grazie ai 7 che hanno commentato!
New_born:Non
scusartiXD Sono felice che tu abbia recensito (sento la tua mancanza in
The death's heir ç_ç), e poi si sa, tutte lo
diciamo almeno una volta una cosa del genereXD
zije600:
Grazie come sempre per il commento, cara. Logico che l'imprinting
piaceXD Io lo cerco da millenni ._.
Sammy Cullen: Vado di fretta <.< non ti rispondo che mi
freghi pure Aro <_<
hiily89: Carissima
** che commenti magnifici <3, ti adoro. Grazie *\\\\* il tuo
sorriso misto mi fa piacereXD (è il mio sorriso solito , mi
devo preoccupare?) No, Paul non ci provaXD Solo che l'ho sempre visto
come uno di quei ragazzi super affettuosi\simpatici\invadendi, Jake si
DEVE adorare (altro che Cullen <.<) Jaaaaake*come Homer Simpson* pensa che quando l'ho scritta stavo per morire soffocata dalla mia bavaXD *ç* bellissimo jakuccio nostroXD Grazie *\\\\* Spero che questo capitolo ti sia piaciuto.
Razorbaledekisses:
Grazie ^^
_Tessy_:Ecco
l'aggiornamento (anche se in ritardo ._.)
I love twilight:
Grazie mille per il commento
Ora scappo! Ciao!
|
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Capitolo 12 *** 12.Mai sentito parlare di Felicità? Mi hanno detto che si è persa per strada. ***
Il capitolo è già stato precedentemente spostato,
ma cancellato subito dopo a causa dei troppi errori dovuti alla non
rilettura.
Ora è corretto
e revisionato, con l'aggiunta di parti. ^^ Buona lettura.
12.
Mai sentito parlare di Felicità? Mi hanno detto che si
è persa per strada.
Ritornai a casa ormai completamente addormentata, mi aiutò
Sam a trovare la toppa della porta e infilarci le chiavi, io tenni gli
occhi chiusi per tutto il breve viaggio dall'entrata alla mia camera,
dove, una volta entrata, mi buttai a peso morto sul letto, cadendo in
uno sonno profondo e cosparso di incredibili sogni.
La mattina dopo mi svegliai con il sorriso entusiasta di Jake davanti
agli occhi, trentadue denti di perfezione, incorniciati da due labbra
che avrei voluto mordere e baciare fino a consumarle.
-Buongiorno!- esclamò divertito, tirando di colpo le tende,
facendo così entrare un'ondata di luce e calore: stranamente
c'era il sole. Niente, però, brillava più del suo
sorriso e dei suoi occhi, neri ed eccitati, uguali a quelli di un
bambino.
-'Giorno, Jay- biascicai, con la bocca ancora impastata dal sonno,
durato fin troppo poco per i miei gusti.
-Hai dormito?- chiese, la voce troppo roca diventava dopo pochi attimi
un po' più sottile, classico da adolescente.
-Sì- confermai alzandomi e stiracchiandomi un po', avevo
tutte le ossa doloranti, passare una notte all'aperto con
l'umidità dello stato di Washington non è il
massimo.
Proprio mentre mi tiravo sulla punta di piedi sfiorai le sue labbra, si
era avvicinato repentino e si era chinato un poco su di me, giusto il
necessario per donarmi uno splendido bacio, lo sentii prendermi il viso
tra le mani, accarezzarmi dolcemente quell'ammasso informe che erano i
miei ricci. Quando mi lasciò persi per un attimo
l'equilibrio, andando in avanti ancora con gli occhi chiusi. Sentii la
sua risata fragorosa, così mi costrinsi a svegliarmi da quel
sogno fantastico.
-Vedo che non hai scordato nulla- scherzò, avvicinandosi
alla porta per uscire.
Arrossii violentemente e abbassai la testa, tirando le labbra in un
sorriso. Mi vestii veloce quella mattina, la sua improvvisa
vitalità in quegli orari mi aveva incuriosito, infilai il
mio paio di jeans preferito, dato che ormai ero riuscita a ricostruirmi
un guardaroba più o meno decente, e una maglietta senz'arte
né parte, in fin dei conti, nessuno alla riserva vestiva con
grande cura o ossessione.
Scesi in cucina e osservai divertita Jacob strafogarsi nella sua tazza
di cereali, ogni giorno che passava sembrava aumentare il suo appetito,
finii la mia colazione e aspettai che lui facesse lo stesso; dopo aver
bevuto fino all'ultimo goccio di latte alzò la testa,
sorridendomi entusiasta, con due enormi baffi bianchi ad incorniciargli
il labbro superiore, si pulì con il dorso della mano e mi
trascinò fino in garage, dopo aver salutato velocemente il
padre.
-Mi spieghi cos'hai?- domandai curiosa, sporgendomi oltre la sua
spalle, cercando di sbirciare.
-Chiudi gli occhi- mi ordinò con un tono imperativo e
giocoso. Eseguii l'ordine senza controbattere, aspettando pazientemente
qualunque cosa dovesse farmi vedere.
-E... sorpresa!- sentii il fruscio di un telone, aprii gli occhi e
guardai le due biciclette che ora si mostravano. Una nera, che era il
doppio della rossa, che le si trovava affianco, più
piccolina, ma sgargiante e brillante. Mi avvicinai, sfiorandone il
manubrio; Jacob mi venne vicino, sorridendo.
-E’… la vecchia bici di Rachel; era messa male,
tutta arrugginita, cascava a pezzi! L’ho trovata qualche
settimana fa e … insomma, l’ho riverniciata,
cambiato le ruote e le catene.- mi guardò, gli occhi
speranzosi, poi riprese –sai, la potremmo usare per andare a
scuola, dato che adesso, insomma, bhè … vieni a
scuola qui.- sorrise impacciato; come se con questo regalo mi avesse
chiesto di sposarlo.
-Mi sembra perfetta, grazie Jake- mi misi in punta di piedi e gli diedi
un bacio leggero, a fior di labbra. Questa volta fu lui ad arrossire,
torcendosi le mani, stringendole fra di loro, poi passò a
giocare nervosamente il campanello della sua bici.
-Senti, io pensavo … ora, possiamo baciarci così,
senza … bhè, senza dircelo- mi guardò,
titubante. Io scoppiai a ridere, glielo stavo per chiedere io,
incredibile.
-Direi di sì, no? Dopo tutto… ci siamo baciati
già tre volte- sorrisi e lui mi rispose allo stesso modo.
Uscimmo dal garage, poi salimmo in sella, pedalando fino alla scuola.
Durante tutto il percorso chiacchierammo, senza tregua. Era fantastico
stare con lui, era come se il mondo, tutto quel grigiume che ci
circondava, con la sua monotonia e la sua pesantezza, scomparisse,
inghiottito dalla felicità di potergli stare accanto.
Proprio come se tutto si sollevasse, sparisse, evaporasse via,
lasciandoci soli: io e lui.
Il cortile della scuola di La Push era pieno di studenti, tutti
chiacchieravano e giocavano, nonostante questi fossero di gran lunga
inferiori a quelli del liceo di Forks, lo spiazzo sembrava
più vivo, più allegro. Non c’era
nessuna macchina che spiccasse, anzi; tranne quella di Embry,
parcheggiata vicino al bosco, che sembrava, per lo meno, unicamente di
seconda mano, le altre parevano risalire all’inizio del
secolo. La migliore era quella colorata come negli anni settanta, una
serie di luci psichedeliche, con colori che si andavano man mano
stringendo, per formare una serie di cerchi concentrici.
Incatenammo le bici ad una quercia enorme, che si trovava proprio
affianco ad un totem gigantesco, costituito dal susseguirsi di animali
stilizzati intagliati del legno, pronti a dare il benvenuto.
Scorsi in lontananza i nostri due amici, che si trovavano proprio
davanti all’auto di Emb. Mi sbracciai nella loro direzione,
pur continuando a tenere ben intrecciate le mie dita a quella di Jake.
-Ciao- Quil era gentile e cordiale come sempre, quasi fuori luogo in
quell’ambiente di scimmioni; agitò la mano
allegro, mentre con l’altra teneva il suo zaino. Oggi aveva
gli occhiali, una montatura orrenda e verdastra, che gli scivolava
sempre giù per il naso schiacciato, così era
costretto a ritirarla su con un gesto frettoloso dell’indice
e del medio.
Embry, al contrario, sembrava stesse facendo di tutto per evitarmi:
testa bassa, sguardo cupo, bocca serrata; alzò solo un
attimo gli occhi, poi, sospirando, scosse la testa, come per scacciare
un cattivo pensiero.
-Pronta a immergerti nei pellerossa?- si chinò un
po’ in avanti, schioccandomi due baci sulle guance; ascoltai
il tintinnare della catenella di metallo che teneva attaccata ai
pantaloni, mentre mi fermava per una spalla. Gli sorrisi e
ricambiò, dopo tutto Embry era sempre Embry.
-Prontissima! Non vedo l’ora di iniziare!- esclamai
entusiasta, stringendo forte la cinghia della mia borsa. Se non ci
fosse stato Jacob a fermarmi probabilmente già avrei
iniziato a saltellare per il parcheggio.
I tre scoppiarono a ridere, mentre Quil, seguendo la massa di studenti,
che al suono della campanella si erano iniziati a radunare, varcava la
soglia di quella che sarebbe stata d’ora in avanti la mia
scuola.
La scuola dei licantropi di La Push.
La giornata passò velocissima, neanche mi parve di trovarmi
in un edificio scolastico, tanto mi divertii. Non dicemmo a nessuno,
né io né Jake, di stare, in qualche modo strano,
ed estremamente infantile, insieme; ci comportammo in modo naturale,
forse con qualche occhiata più eloquente e qualche gesto
più esplicito, se avessero voluto capire avrebbero capito
perfettamente.
Mi ritrovai spaesata quando mi resi conto di non essere iscritta a
nessun corso pomeridiano, a differenza di tutti gli altri, che
avrebbero passato il pomeriggio tra corsi di lingua e di falegnameria.
Sospirai e mi decisi a tornare a casa, con in mano un opuscolo di
attività e sulle spalle un bel po’ di compiti.
Percorsi con la bici tutto il tragitto che mi divideva da casa, ma,
proprio a pochi metri da essa, fui costretta a fermarmi a causa degli
urli che sentii. Scesi veloce e lascia cadere la bicicletta sul
giardinetto di casa Clearweater, sull’erba ancora umida e
verde. Sgattaiolai veloce fino alla veranda e acquattata mi sistemai
proprio sotto il davanzale della finestra, poggiandoci sopra il mento e
stranutendo per via della polvere; aguzzai orecchie ed occhi,
completamente rapita dalla scena che mi ritrovai davanti.
Leah era furiosa, camminava avanti ed indietro, aggirando il divanetto,
quel divano dove si erano abbracciati, baciati, amati. Mi morsi un
labbro intristendomi, mentre mi sistemai meglio per non cadere.
-Mi hai… mi… stai mollando?!- urlò
infuriata, bloccandosi un attimo e posando i suoi occhi su Sam.
-Non ti sto … mollando, Lee-Lee- mormorò lui, la
testa bassa, una mano poggiata su una sedia, che stringeva
spasmodicamente, con il rischio di romperla.
-Non chiamarmi così!- ululò, chiudendo i pugni e
gli occhi almeno per un attimo, tremava, visibilmente scossa.
–Non. Chiamarmi. Così. – la voce si era
ridotta ad un sibilo, ripeteva la frase a denti stretti, come una
litania.
-Non ti sto … Leah, ti prego, capiscimi …
è difficile, è dannatamente difficile!- la voce
assomigliava ad un ringhio animale, gutturale e primitivo. Mi
spaventai, mi chiesi se forse, con i miei consigli, avessi sconvolto
l’andare della storia, e che Sam, troppo preso
dall’attimo, si sarebbe trasformato, con conseguenze
imprevedibili. Chiusi gli occhi pregando silenziosamente che non fosse
così, non doveva essere così. Mi sarei sentita in
colpa per tutta la mia vita.
Lei quasi non lo fece finire, aggredendolo con rabbia: -Hai…
hai un’altra vero?! Vero?!- gli puntò un dito
contro.
Ci fu silenzio, nessuno dei due parlò e forse anche lei se
l’aspettava. Si voltò, poi, senza dire nulla
uscì. Lui, invece, rimase lì, fermo, proprio come
l’avevo trovato, e d’un tratto notai una cosa, che
mi fece scuotere profondamente.
Vidi un bambino, che a mala pena arrivava alla fine di quella sedia, un
bambino che piangeva silenziosamente, testa china e le labbra serrate,
probabilmente intento a mordersi la lingua. Vidi un bambino che si
nascondeva dietro la maschera di un gigante, che lo stava soffocando,
opprimendo senza che lui potesse fare nulla. Vidi un bambino ed una
lacrima che scendeva giù per la sua guancia.
Continuai a osservare intensamente Sam, senza rendermi conto che Leah
era uscita ed ora mi stava fissando, mi girai e la vidi, trasalendo,
evitai di perdere l’equilibrio aggrappandomi alla finestra,
poi mi alzai, massacrandomi il labbro inferiore con i canini.
Lei sembrava stesse aspettando questo momento, dato che, dopo avermi
guardato negli occhi, quelle iridi di cenere infuocata,
continuò per la sua strada veloce.
-Leah! Leah!- la richiamai seguendola, lei cercò di
ignorarmi, ma alla fine si fermò, aspettando che la
raggiungessi.
-Cosa c’è?- chiese secca, lapidaria. Io ero il
nemico, io ero un’amica di Sam.
-Non … senti, ti va di parlare?- cercai di essere il
più convincente possibile, sorridendole affabile.
Lei rise amaramente, poi non disse nulla continuando a fissarmi, quasi
studiandomi, con sguardo inquisitore.
Cosa potevo averle fatto di così male? Eravamo sempre state
amiche, in fin dei conti; non riuscivo a trovare un motivo di astio. A
meno che…
Sbiancai di colpo, non potevo credere che lei pensasse veramente che io
e Sam …
-Non vorrei occupare il vostro tempo. Ora sono fuori, no? Potete stare
insieme senza problemi.- il tono era acido, quasi cattivo.
Boccheggia spaesata, spalancando gli occhi per lo stupore. O.Mio.Oddio.
Veramente aveva pensato che io e Sam avessimo una storia clandestina?
Scossi la testa, confusa, cercando di riprendermi, poi sospirai e la
guardai intensamente.
-Leah, ti pare che io e Sam potremmo stare insieme?- ero sincera, di
una sincerità spiazzante. Sam era un amico, il migliore. Era
un po’ come il gelato, ne hai un disperato bisogno nei
momenti tristi, per riprenderti, allo stesso tempo anche quando sei
felice lo vuoi, per esserlo ancora di più, eppure non si
vive di solo gelato. Amicizia, niente di più, niente di
meno. Un semplice sentimento, probabilmente il più sincero e
difficile da descrivere.
Alzai un sopracciglio scettica, aspettando una sua risposta, che non
tardò ad arrivare.
-Non lo so … - abbassò la testa affranta,
lasciando cadere le braccia esili lungo i fianchi. I capelli le
scendevano davanti al viso donandole un’aria sconfitta e
morta.
-Lee, ti andrebbe di andare al cafè, prendere qualcosa da
bere, caldo- sorrisi indicando le nuove che si addensavano –
.. e parliamo, dovremmo chiarire un bel po’ di cose- la
guardai eloquente, avvicinandomi alla bicicletta, tirandola su e
sorridendole.
Lei ci pensò, poi sospirò affiancandomi, notai
solo in quel momento le righe nere che le partivano dagli occhi,
scendendole fino al collo; aveva pianto.
Percorremmo in silenzio la strada, fino ad arrivare al piccolo bar. La
zona “commerciale” di La Push era compresa in poco
spazio, c’era il supermarket, una minuscola libreria
affiancata da un ferramenta e il meccanico. Qualcosina in
più, ma niente di che. Entrammo e ci sedemmo in fondo, su
due sedie rosse, accostate ad un tavolino multicolore.
Il cameriere arrivò immediatamente, un ragazzo,
dell’età di Leah, sorridente ed allegro, mostrando
i denti bianchissimi ci chiese cosa volessimo.
-Un succo di frutta-
Leah non alzò lo sguardo dal menù e
ordinò una fetta di torta al cioccolato.
Rimanemmo di nuovo in silenzio, quasi imbarazzante, poi fu lei a
parlare, una volta che le giunse il suo dolce.
-Quindi … niente, niente?- mugugnò, portandosi la
forchetta alla bocca.
Aveva due labbra straordinarie, le vidi solo in quel momento. Era una
ragazza fantastica, di una bellezza selvaggia, ora più che
mai.
Le confermai scuotendo la testa. – assolutamente nulla, Leah,
te lo assicuro. Io, poi … credo di stare con Jake-
borbottai, sorridendo internamente per non ferirla.
Si zittì, poi scoppiò a piangere.
-Io sono andata da lui, sai, per pranzare … -
singhiozzò –no, non era così,
è venuto lui. Diceva che doveva parlarmi- alzò
gli occhi lucidi, e mi fissò –io gli avevo detto
di no, perché ieri stava male, mi sembrava …
pericoloso. Lui- si bloccò, riprendendo fiato, dato che a
malapena riusciva a respirare, tanto era agitata – lui
è venuto, era confuso, sembrava febbricitante, poi,
cioè, tutto di colpo, mi ha detto che ci lasciavamo, che
neanche lui lo sapeva … - lasciò cadere la
posata, che tintinnò sul piatto, finendo a terra. Nessuna
delle due si alzò per riprenderla. Chiuse gli occhi e si
portò i palmi sopra le palpebre, spingendole, quasi
facendole male.
Voleva sparire? Voleva morire? Voleva, almeno per un attimo, un secondo
veloce, fare in modo che tutto fosse falso?
-Non funziona- mormorai sottovoce, staccandomi dalla cannuccia verde.
–Non funziona mai, anzi, dopo ti fanno pure male gli occhi-
giocherellai con il ghiaccio dentro al bicchiere.
Ci avete mai provato? A stringere gli occhi così forte fino
a farvi male, osservare le immagini che continuano a proiettarsi,
nonostante il buio. Guardare le comete trasformarsi in mare, diventare
foglie arancioni, una lunga distesa di foglie.
-Lo so, forse, però, riesco a scordare quanto faccia male il
resto- sussurrò, lasciando cadere delicatamente gli arti sul
tavolo, alzando lo sguardo verso di me. -Quindi tu non centri nulla-
finalmente non una domanda, non un’accusa,
un’affermazione.
-Nulla. E poi ti immagini io e Sam? Al massimo ci scambiano per padre e
figlia!- sorrisi, cercando di sdrammatizzare. Ci riuscii, almeno per un
attimo.
-Già, ha quell’effetto da papà burbero,
vero?- nascose una lacrima con un gesto veloce delle dita,
perfettamente curate., lasciò che le labbra si sciogliessero
per un attimo.
-Esatto, ma … Leah, credimi, dovresti scordarlo. Tentare.-
-Siamo veramente a questo punto? Veramente finita?- la voce era
titubante, la guardai in difficoltà; forse Sam non era
l’unico indifeso qui.
-E’ confuso, tantissimo-
-Confuso perché?! Non mi ha risposto, continuava a ripetere
che avrei capito, ma non ne era sicuro nemmeno lui. Sai, quando non
è sicuro si morde sempre il labbro, è come un
tic- le ciglia si erano abbassate, come se la mente dovesse
concentrarsi, per rinvangare in un passato che, per essere negato, si
sarebbe sbiadito, poco alla volta.
-Forse, se veramente lo ami, dovresti fidarti- provai ad essere
rassicurante.
-Ultimamente è sempre stato fuggevole, probabilmente me lo
sarei dovuto aspettare- sorrise mesta, scuotendo la testa. Si
portò dietro le orecchie i capelli con un gesto tremante ma
deciso, quasi un riassunto del suo essere. –Comunque, la
torta è buona e voglio finirla- sorrise, nascondendo la
disperazione e si alzò per prendere un’altra
forchetta, dopo di che si rimise a mangiare, recitando una finta
allegria che le stava tremendamente bene; sembrava quasi vera.
-Pure il succo non è male- capii al volo che di sicuro
voleva lasciare cadere il discorso di Sam, per riprenderlo da sola.
Orgogliosa come era.
-Allora, adesso, stai con Black- chiese sovrappensiero, giocherellando
con il pan di spagna intinto di cacao.
-Diciamo di sì- arrossii visibilmente.
-Diciamo? Credo? Come mai tutte queste ipotetiche?- sorrise, cercando
per un attimo di distrarsi. Magari ero un ottimo capro espiatorio, non
si sa mai.
-Bhè, né io né lui ci siamo detti
niente di ufficiale, ci siamo baciati e baciati di nuovo, quindi credo
che sia naturale- feci spallucce, finendo la bevanda.
Lei mi guardò stranita, quasi stupita. –Niente
dichiarazioni?-
-Mi piaci, ti piaccio, finita la questione- mugugnai, ora che ci
ripensavo forse qual cosina in più Jake poteva dirmela.
-Relazione libera?- sembrava confusa quasi quanto me, quelle domande mi
stavano distruggendo.
-Sinceramente non lo so, è successo tutto ieri, non so se mi
considera la sua ragazza o altro, so solo che ci siamo baciati e lui
è sempre gentile, tutto qui.- stranamente mi
veniva da piangere, avevo una dannata voglia di urlare al mondo che non
andato tutto bene come avevo creduto, affatto.
Lei notò il mio sguardo, poi le squillò il
cellulare, vide chi era e si alzò velocemente, lasciando
cadere cinque dollari sul tavolo.
-E’ mia cugina, sono in ritardo, paghi tu? – una
raffica di parole che mi svegliò dal mio rimuginare, annuii
e vidi la sua schiena dirigersi verso l’uscita, mentre
propinava a Emily una serie di scuse più o meno vere. Si
voltò per un attimo, dicendo alla ragazza
dall’altro capo del telefono di aspettare, poi mi sorrise,
quasi dolcemente, sussurrando veloce: -Grazie per il supporto-
Sparì in un attimo, lasciandomi sola.
Pagai, quando uscii aveva iniziato a piovere, mi tirai su il cappuccio
della felpa e, una volta in sella, presi a pedalare il più
veloce possibile, mandando giù i pedali quasi con rabbia.
Erano tornati tutti, notai la macchina di Embry parcheggiata, Quil che
armeggiava in camera sua; piccoli scorci di vita. Una vita che io avevo
unicamente immaginato, ricreato con la mia fantasia troppo galoppante
in momenti di grigia e orrenda realtà. Là dove
ero unicamente un’ombra oltre il muro creato dalle pagine,
dall’inchiostro.
Era questione di mesi, giorni e lei sarebbe arrivata; lei me
l’avrebbe portato via.
Scendevano le gocce, una dopo l’altra, inzuppandomi. Ormai
era buio, potevo notare le lampade accendersi una dopo
l’altra, in un gioco di luci che a causa della
velocità e della pioggia risultava distorto.
E in quel momento desiderai con tutta me stessa che lui avesse detto
qualcosa, qualcosa che, in qualche modo, poteva essermi di appiglio,
una certezza, una pur che minima sicurezza. Invece niente. Poteva
essere un rapporto serio, così come quello di due ragazzini
alle elementari.
Lei sarebbe arrivata comunque, era scritto, era deciso, e io avrei
dovuto assistere allo spettacolo, impotente, proprio come una lettrice,
come una spettatrice; invece, dannazione! Io ero protagonista! Volevo
esserlo!
Qualcuno mi aveva trascinato lì, non so come, non so
perché, forse qualcosa, fatto restava che non avrei mai e
poi mai fatto in modo che quella, Isabella, si prendesse Jake. No.
Questa volta, almeno questa, potevo cambiare il corso degli eventi, e
lo avrei fatto.
Angolo Autrice:
Schifosissimo ritardo, lapidatemi.
Niente scuse, se non un pessimo periodo di blocco.
Questo capitolo è molto transitivo e mi fa schifo, come
tutti i precedenti, questa storia non riesce mai a soddisfarmi
pienamente -.-. Il prossimo chapter sarà colmo di colpi di
scena, sangue e violenza oWo, vi piace?
Ringrazio i 73
che l'hanno posizionata nei loro preferiti, i 12 che la seguono e
i 37 che,
non si sa come, mi hanno dato la fiducia, mettendomi nei loro preferiti.
Nello specifico ringrazio, unendoci anche un grande bacio:
Sbrarina: Grazie
mille per il commento, anche io all'inizio condividevo questa visione
dell'imprinting pessimistica, vedendolo come un'ossessione, ma, andando
avanti, mi sono resa conto che invece potrebbe essere il vero amore.
Insomma, è come la garanzia che ti dice che stai facendo la
cosa giusta. Secondo me, anzi, il vero problema è quando non
ne sei colpito, dato che vivrai tutta la tua vita con la paura, il
terrore di amare; dato che potresti benissimo ritrovare in una
situazione come quella di Leah e Sam. E' strano e contorto come
ragionamentoXD Nessie non piace neanche a me, ma più che
altro perché la vedo come una forzatura. Jake non
può avere Bella? Appioppiamogli la figlia. Perciò
io shippo Leah Jake, la suddetta coppia è da me denominata due cuori e una sfiga eterna.
Sono felice che il mio Sam ti sia sembrato più umano di
quello di Bella *saltella di gioia*, era il mio obbiettivo
°w°. Spero ti sia piacuito anche questo capitolo!
Sammy Cullen: per
lavorare al tuo, di capitolo, mi stavo scordando di aggiornare
<_< Sam è la nuova Star *_* ma ti immagini che
vbelllo un libro con tutto lui <3, io lo comprerei
anche in ostrogoto! >.< Ma lui ... ._. devi ancora
entrare nella testa dei lupi, tu. Sam non è sempre "=_="
è anche --> ^^ °°
ò.ò ç_ç ** XD chi ne ha ne
mettaXD
Hilly89: Io
e te ci siamo sentite, noXD? *guarda el ombre oscure dei dissennatori
che la circondano* ah, allora 'sti qua li hai mandati tu, insieme ai
mangiamorte, nè? [spupacchia Lucius ndLucius
ç_ç] ma lo Zio Voldy dov'è?
*_____________* Grazie mille, per "l'adoro" (L) Non pensavo di fare
ques'effetto alla genteXD Secondo te la pelliccia di pelo di licantropo
è morbida? [guarda Sam interessata ndSam: caicai] La cosa
che adoro delle tue recensioni è che sono coinvolgenti.
Descrivi tutto quello che provi, trascini me con te, ed è
fantastico, credimi. Ogni volta che ti leggo mi sento un po'
meglio!Perché tu non è che leggi il capitolo, lo
vivi! E la cosa mi riempie di gioia! Povera Leah
ç_ç eccola qui, gelosa ed orgogliosa come non
mai. Per gli attori ... per me ci hanno azzeccato, insomma, sono
ragazzi normali. Io li avevo imamgianti così, anzie, per
esempio Quil è perfino troppo magroXD [spupacchia il suo
Quil pancioto e coccoloso], Sam non molto, non mi garba per niente ...
mi sa di scimmia, il mio Sam è fiQuo, quello sì.
Però ... hai visto Paul? °w° ehehehe? O
Embry? (anche se preferivo moltissimo il vecchio attore, quello che
l'ha fatto in TW, ti chiedi chi sia? Normale, l'ho notato solo iOXD) Ti
saluto! E ringrazio per la recensione [ndSam: ancora mi sto pulendo il
viso per lo smack!]
cloddy_94: Ate
va un grazie enorme, perché con il tuo capitolo ho capito un
bel po' di me. Non molto spesso si viene ringraziati per
così poco, io scrivo e basta, tento, per la precisione. E
sapere che tu, questo, lo consideri un regalo...bhè,
è fantastico! Sono felice che tu senta tutte le emozioni,
è quello che voglio, voglio che voi siate con me, nella mia
testa, nei miei problemi mentaliXD Adoro il fatto di averti fatto
vedere di buon grado Jake, ho mesos un'altra stellina nella mia
cartellina da "spanditrice della fede jacobianaXD" Bhè,
spero vorrai commentare anche questo cpaitolo! Grazie!
Come sempre lasciate un commentino, vi piace? Non vi piace? Perché sta tra i vostri preferiti? Perché la seguite? Scrivere in questo periodaccio è quasi impossibile >.< un vostro parere è quasi necessarioXD
Alla prossima!
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Capitolo 13 *** 13. Trasformazione fuori luogo ***
13.Trasformazione
fuori luogo
Passarono
circa due mesi da quel pomeriggio; Sam prese il coraggio per
dichiararsi ad Emily, diciamo che il coraggio fu necessario
più per la reazione di Leah, che si chiuse in casa per
almeno un mese senza parlare con nessuno, che per dire la
verità ad Emily.
Ci
fu il compleanno di Jake, con la festa a sorpresa che io e Quil avevamo
preparato, sorprendendolo, e ci fu anche l’incidente.
Già, quella notte.
La
notte in cui Sam ferì la sua nuova compagna. Mi ricordo lo
squillo del telefono, la voce assonnata di Jacob che chiedeva cosa
fosse successo, quella attenta di Billy e, soprattutto, quella
distrutta di Sam, quando me lo passarono. Al figlio, il signor Black,
disse che un suo amico si era sentito male e che doveva andare
all’ospedale, io aspettai che lui si riaddormentasse per
chiamare il mio amico.
Non
scorderò mai l’ansia e la paura delle sue parole,
il tremore delle frasi, il terrore di averle fatto male.
Non
parlai con Leah di quell’avvenimento, mi chiesi,
però, se ne avesse sofferto o se, al contrario, lo avesse
considerato una giusta ricompensa, un qualcosa di dovuto.
Come
ho detto, il tempo, in un modo o nell’altro,
passò. La scuola divenne parte integrante della mia vita,
così come tutta la riserva. Ogni tanto Charlie Swan veniva a
casa per le partite e discuteva con Bill della figlia; io e Jake in
quei casi ci chiudevamo in camera o, nelle migliori delle giornate,
uscivano per andare a passeggiare verso la spiaggia. Era tutto troppo
perfetto.
Quella
mattina aveva iniziato a nevicare, era la prima nevicata
dell’anno e tutti quanti, nonostante fossero stati costretti
ad alzarsi prima per mettere le catene alle ruote, ne erano felici. Il
cortile del giardino si era riempito di piccole squadriglie, che si
lanciavano l’una contro l’altra le palle di neve.
Notai Jared, l’ultimo arrivato nel branco, trattenere a
sé Kim, la sua ragazza, il suo imprinting, e sospirai. Mi
chiesi perché a me non potesse andare così bene;
mi sarebbe bastato il sapere di averlo tutto per me.
Bastato…
come se fosse poco.
Con
la fine dell’autunno avevamo smesso di usare le biciclette,
anche perché il tempo ce lo impediva, e la macchina un
po’ vecchiotta di Jake le aveva sostituite divinamente.
Un
bacio prima di salire, uno prima di scendere. Ormai era un rito, che
nessuno dei due scordava; così, come ogni volta, assaporai
il sapore delle sue labbra calde prima di aprire lo sportello e far
affondare i miei stivali impermeabili nel manto bianco che copriva
l’asfalto.
Entrammo
velocemente nell’edificio e scoppiai a ridere quando Quil,
proprio ad un passo dalla porta, riuscì a colpire Jacob in
piena testa. Questo mugugnò scocciato e gli
lanciò dietro il cappello a zuccotto che aveva,
un’arma ben più misera, per poi bofonchiare un
idiota a mezza bocca, mentre il preso in causa ancora era piegato in
due dalle risate.
Mi
alzai in punta di piedi, il mio ragazzo era cresciuto tantissimo, ormai
aveva quasi raggiunto l’altezza di Sam, per spazzolare via i
fiocchi candidi dai suoi capelli neri come la pece; lui mi prese e
sorridendo mi baciò.
-Grazie-
ridacchiò lasciandomi e aprendo il suo armadietto.
Aspettai
che avesse finito e, dopo che mi ebbe preso per mano, raggiungemmo Quil
e Embry, che li avevano vicini, proprio affianco alla mensa. Il primo
stava raccontando all’altro, che lo ascoltava distratto,
l’episodio, diventato un’impresa degna di Ercole,
arricchendolo con così tanti particolari da farlo risultare
quasi un romanzo.
Emb
ormai stava per trasformarsi, me lo sentivo. Aveva raggiunto il metro e
novanta abbondante, la mascella si era squadrata e, in generale, il suo
viso assomigliava tremendamente a quello di un adulto. Quando li
salutammo alzò lo sguardo dall’interno del suo
spazio e li fissò su di noi, scese poi sulle dita
intrecciate e, alzando semplicemente un sopracciglio contrariato, se ne
andò, non senza aver sbattuto rumorosamente l’anta
di metallo, piegandola.
Quil
sbuffò, mentre io e Jake ci guardammo preoccupati, provammo
a chiedere se fosse successo qualcosa, ma la risposta fu sempre la
stessa: niente.
Era
da qualche settimana che si comportava in quel modo, facendo lo
scontroso e lo scocciato, evitando me e il suo amico
d’infanzia, al massimo parlava con l’altro,
rimanendo sempre molto apatico e silenzioso.
Pensierosa
entrai nell’aula di letteratura e mi lascia cadere sfinita
sulla sedia, accanto a me Jacob; in fondo, proprio sotto la finestra,
con gli occhi rivolti verso il cielo grigio e plumbeo, Emb. Fui tentata
di alzarmi e parlargli, ma sentii la mano di Jake fermarmi e tenermi
ben attaccata al banco.
Arrivò
il professore e la lezione iniziò, carica della solita noia
e apatia.
Stavo
giusto giocando con la matita, facendola picchiettare leggermente sul
tavolo: punta, gomma, punta, gomma. Di colpo la piccola mina appuntita
si ruppe, ma il rumore che sentii, secco e preciso, di sicuro non
poteva provenire da me. Tutta la classe si girò verso gli
ultimi banchi, incuriosita, Embry stava tremando, sudato, mentre teneva
in mano un pezzo del banco, sbriciolato.
Sbiancai
di colpo, lasciando cadere a terra la matita, che si deposito sotto lo
zaino del mio vicino di banco.
-Professore-
la voce di Emb era tremolante, rauca e profonda; aveva alzato la mano e
l’aveva distesa, facendo cadere le piccole schegge grigie, i
rimanenti del povero mobile martoriato.
L’uomo,
che non si era reso conto di nulla, alzò la testa dal tomo
dal quale stava leggendo, trasalendo quando vide la faccia, sconvolta e
da malato, di lui.
-Sì,
Call?- balbettò, quasi spaventato. L’aspetto del
mio amico era il più animale che avessi mai visto.
-Po…
posso andare al bagno?- chiese, cercando di rimanere il più
calmo possibile.
L’altro
annuì, sempre senza parole, accordandogli il permesso e
osservandolo sparire come tutti dalla porta, un razzo.
Intanto
io, con la testa carica di pensieri, mi chiedevo come potessi fare. Non
potevo assolutamente lasciarlo così! Farlo trasformare qui,
a scuola, davanti a tutti. Mi chiesi come nella vera storia le cose
fossero andate, se veramente Embry si fosse trovato in questa
situazione impossibile.
No.
Sentivo una voce prepotente dirmi che no, non era affatto andata
così. Non c’ero io a combinare disastri, non
c’ero io a farlo arrabbiare. Io non c’ero. Semplice.
Iniziai
a girarmi e muovermi agitata sul banco; cosa sarebbe successo se
qualcuno fosse entrato al bagno e avesse trovato un lupo gigantesco a
dargli il benvenuto? Oltre all’infarto, logico. Di sicuro
gravi, enormi, anzi, abnormi! Problemi per il branco.
Di
scatto alzai la mano, quasi dando un pugno in faccia a Jacob; il
professore si interrompé per la seconda volta e mi
guardò stranito. Spostò gli occhiali piccolini,
da filosofo, come diceva lui, e mi squadrò, poi con la voce
gracchiante mi chiese cosa volessi.
-Professore,
dovrei andare al bagno-
Alzò
un sopracciglio e dopo aver fatto un’amara risata, carica di
cinismo, mi negò l’uscita. Sbuffai frustrata e
continuai ad agitarmi sulla sedia; sentii una mano di Jake poggiarsi
sulla mia coscia, aveva lo sguardo preoccupato.
-Cosa
sta succedendo? Che hai?- sussurrò, abbassando la voce per
non essere sentito.
-Devo
andare al bagno- ripetei, testarda. Dovevo assolutamente vedere cosa
stesse succedendo ad Emb, avvertire Sam e, perlomeno, cercare di
stargli vicino; sapevo bene che Embry, nel branco, non centrava nulla,
lui era il figlio illegittimo. Già.
Rialzai
la mano, con lo sguardo deciso e ripetei la domanda, rendendo il tono
più deciso e bisognoso.
L’espressione
scocciata dell’uomo mi fece capire che non avrei avuto molte
speranze.
-No,
credo che una sillaba sia semplice da assimilare in un qualsivoglia
cervello; quindi, comunque, per essere sicuro le ripeterò la
frase completamente: no, lei, signorina, non può andare al
bagno. Chiaro?- scandiva tutte le parole per prendermi in giro, come se
fossi stupida o, peggio, incapace di capire cosa stesse dicendo quel
gufo impagliato che era.
Sorrisi
angelicamente, stringendo le mani davanti a me e posandole sul banco.
-Professore,
se non mi manda al bagno credo che si ritroverà una
disdicevole pozza rossa qui sotto- ribattei, sbattendo le ciglia
ingenuamente.
Sia
l’adulto che il ragazzo accanto a me emisero
un’esclamazione di stupore; poi, il primo mi
guardò male e con un gesto secco della testa mi concesse di
uscire. Lo feci rapidamente, lasciando andare la porta dietro di me,
che si chiuse con uno scatto sonoro ed iniziai a correre verso i bagni
maschili.
Stranamente
erano chiusi, intorno non c’era nessuno, si sentiva solo il
chiacchiericcio delle classi scoperte e i rimproveri di quelle
più sfortunate, costrette ad avere un supervisone. Poggiai
il palmo e lasciai che l’anta si aprisse.
Tutte
le cabine verdi sfilavano una dietro l’altra precise, non
c’era nessuno, erano tutte aperte, ma dall’ultima
potevo vedere sbucare le gambe di Embry, con le sue scarpe.
Le
avrei riconosciute ovunque, perché lui, il suo proprietario,
il mio amico, in qualche modo aveva iniziato a far parte di me. Con i
suoi sorrisi, le sue battute, le sue passioni. Lui, insomma. Era una
tra le persone a cui ero maggiormente attaccata, a cui volevo
più bene, come un amico, come …
Scossi
la testa, sospirando, non era il momento di perdersi in quei problemi.
Avanzai lentamente e arrivai fino all’ultimo posto. Sentivo
il suo respiro affannato, i gemiti di dolore che lanciava.
Mi
acquattai a terra e lo fissai intensamente.
Teneva
la schiena poggiata al water, magari spostandosi in uno spasmo di
frustrazione, ricadendo poi all'indietro.
I
capelli lunghi erano sfuggiti al laccio nero, che ora stava a terra,
accanto ai bracciali, praticamente strappati via dai polsi. Gli
coprivano il volto, completamente sfigurato dal dolore. Le gocce di
sudore scendevano giù per le tempie, dove le vene pulsavano
visibili.
-Mi
brucia… mi… tira, fa male… cosa
succede?- teneva gli occhi chiusi, la voce era affannata, ogni tanto
stringeva i denti e i pugni. Il collo era tirato, si teneva il colletto
della camicia a quadri pronto a strapparlo.
-Niente
di preoccupante- sussurrai, spostandogli le ciocche dagli occhi ed
accarezzandogli il viso; era estremamente fragile in quel momento.
-Mi
fa male- fu l’unica cosa che riuscì a dire, poi
lanciò un vero e proprio urlo, battendo una mano sulla
maiolica sporca e spaccandola. Vidi le schegge di ceramica infilarsi
sotto la sua pelle, che iniziava a sanguinare.
Trasalii,
la situazione stava peggiorando; così potevano sentirlo e si
stava per trasformare.
Mi
guardai intorno agitata, dovevo avvertire qualcuno e, soprattutto,
farlo uscire di lì.
Lasciai
che passasse un braccio tremante intorno al mio collo e con uno sforzo
immenso mi alzai. Cosa inutile: pesava troppo, dopo soli pochi passi mi
ritrovai a terra con lui, scosso da tremiti. Non ce l’avrei
potuta fare da sola, avevo bisogno di aiuto, a tutti i costi. Mi tirai
nuovamente su, voltandomi per uscire. Sarei andata da Jared,
l’avrei avvisato di quello che stava succedendo,
sì; almeno qualcuno capace di stargli accanto
l’avrebbe potuto aiutare.
Non
riuscii neanche ad allungare un piede che la stretta della mano destra
di Embry mi artigliò il braccio, trattenendomi a
sé. Girandomi vidi delle lacrime scendere dagli occhi scuri,
pieni di terrore, lucidi e rossi, piccoli, iniettati di paura.
-Ti
prego, non lasciarmi- mormorò, un singhiozzo irruppe
nell’aria, sferzando il silenzio che si era venuto a creare.
Sorrisi
dolcemente, abbassandomi nuovamente, poi gli baciai la fronte, per
rassicurarlo.
-Emb,
non preoccuparti, non ti lascerò mai, è una
promessa-
Prima
che potesse ribattere ero fuori, correndo per i corridoi della piccola
scuola.
Passavo
accanto agli armadietti a tutta velocità, dovevo cercare
l’aula dell’ultimo anno, dove stava
l’altro lupo. La trovai velocemente, l’adrenalina
che mi correva in quel momento nelle vene di dava una sensazione di
assuefazione tale che non riuscivo a sentire nulla; non c’era
suono che mi giungesse nitido, era tutto offuscato, nebbioso. Non
credevo che si potesse essere così preoccupati, non
l’avrei mai pensato.
Entrai
nella stanza senza bussare, la professoressa, una donna alta e magra,
con i capelli tagliati corti, mi guardò come se un interno
plotone alieno avesse fatto incursione lì dentro. Avevo il
fiato corto, così ci misi un po’ prima di
formulare una frase di senso logico.
-Scusi,
dovrei parlare con Padalechi-
Spostai
lo sguardo verso i ragazzi, che mi guardavano curiosi, incontrai subito
il suo sguardo vigile e vidi le sue dita sciogliersi da quelle di Kim,
si alzò velocemente, probabilmente capendo la situazione
critica.
-Di
cosa?- domandò l’insegnante. Aveva la s sibilante,
quasi non si avvertiva il resto, tanto era sottile e penetrante come
suono.
-Situazioni
private- spiegai, tirando le labbra in un sorriso palesemente finto.
Non
fece altre domande, ma minacciò il ragazzo nel caso ci
avesse messo più di cinque minuti. Compiansi mentalmente il
povero Jared, che a testa bassa mi seguì: entrambi sapevamo
che la questione non si sarebbe risolta tanto velocemente.
Mi
seguì senza fiatare, lo sguardo attento, come se stesse
studiando qualcosa; vidi il naso muoversi impercettibilmente,
probabilmente stava annusando.
Quando
riaprii la porta del bagno lo vidi strabuzzare gli occhi e guardarmi
sconvolto.
-Chi
si sta trasformando?- mormorò, facendo qualche passo.
-Embry
Call- spiegai. Si bloccò, poi si diresse verso la finestra
spalancata, dove lo avevo lasciato; borbottando un
“impossibile” tra i denti.
Sul
pavimento c'erano delle traccie di sangue, come le impronte di delle
mani, che andavano ad aggrapparsi sul davanzale per poi sparire.
Mi
sentii gelare di paura: era uscito da solo, la cosa era tremenda.
-Diamine,
è uscito- sbottò Jared, sporgendosi con forza,
calpestando i bracciali rimasti a terra e distruggendoli, troppo preso
dall'agitazione. Si voltò verso di me mentre iniziava a
togliersi la maglietta.
-Senti,
lo sai il numero di Sam, no?- domandò sfilandosi le scarpe e
gettandole via veloce, mentre scavalcava la finestra e si buttava
giù. Mi sporsi e lo guardai dall'alto. -Avvisalo.
Immediatamente, digli di raggiungermi. Io vado a trovare Call-
Lo
vidi sparire tra i primi alberi, poi ripresi a respirare, cercando di
farlo regolarmente.
Embry
era da solo nel bosco, in una piena crisi da trasformazione. Maginifico.
Eseguii
l'ordine di Padalechi, usando il mio vecchio cellulare preistorico che,
fortunatamente, aveva deciso, almeno lui, di collaborare: avevo sia la
carica che il campo; per lo meno qualcosa andava nel verso giusto.
Composi
velocemente il numero di Sam, ma non rispose nessuno se non una
fastidiosa voce metallica e femminile, che mi avvisava che
“il numero da me digitato non era raggiungibile”.
Imprecai a voce alta. Non sapevo che numero specifico avesse a lavoro e
non sapevo neanche come rintracciarlo qui, a scuola.
Non
potevo rientrare in classe, ormai mi avrebbero già iniziato
a cercare come dispersa e il professore mi avrebbe rinchiuso dentro
l'aula per i prossimi decenni.
Sospirai
fissando il muro davanti a me; un enorme sigaretta, barrata in rosso,
mi fissava, coperta da mille scritte a insozzarla e decine di insulti.
Però, quel misero cartello di divieto di fumo qualcosa di
vitale lo aveva: il numero della polizia.
Selezionai
il 911 sulla tastiera, agitata, e aspettai fremente che qualcuno
rispondesse. Mi augurai che Sam fosse lì, pronto a tirare su
la cornetta , sarebbe stato tutto relativamente più facile e
le possibilità che mi attaccassero in faccia si sarebbero
ridotte a zero.
Scuotei
la testa affranta, ci mancava solo che iniziassi a calcolare le
percentuali di riuscita. Annotai mentalmente che dovevo smettere di
fare i compiti di matematica di notte.
-Pronto?
Centrale di polizia. Cosa ha da segnalare?-
Grugnii
ascoltando il tono strascicato di Charlie, annoiato; quanto avrei
voluto essere io l'annoiata!
-Oh...
bhè, da segnalare nello specifico nulla- risi nervosa,
mentre potei quasi immaginare le sopracciglia di lui aggrottarsi, in
un'unica e folta linea. -Ma, se fosse possibile, vorrei parlare con
Uley-
Ci
fu un attimo di silenzio, poi un soffio irato.
-Lo
sa che è illegale occupare la linea della polizia per
questioni private?- sbraitò, ci fu un rumore secco, seguito
da delle risate e prese in giro.
-Lo
so. Ma è veramente urgente- spiegai, supplichevole. Non ci
fu nessuna risposta, ma un chiacchiericcio leggero, unito a delle urla
di richiamo.
I
rumori continuarono, il grattare sulla cornetta, mi chiesi cosa stesse
succedendo. Riuscii a capire solamente quando il vocione di Sam si
scusò e un evidente cambio di interlocutore mi
rassicurò sul fatto che in qualche modo ero riuscita a
parlargli.
-Cosa.
Vuoi?- sibilò, scontroso. -Sto a lavoro!-
Sbattei
le palpebre confusa, poi ringhiai arrabbiata. Oltre a preoccuparmi
dovevo pure sembrare una scocciatrice! Lui e la sua dannata fede cieca
per il mestiere del poliziotto!
-Embry
Call si sta trasformando- ribattei gelida, mettendomi ritta con la
schiena, in un atteggiamento stizzito ed inutile, in quanto nessuno
poteva vedermi. -Jared lo ha seguito, ma mi ha chiesto di avvisarti di
raggiungerlo. Ecco cosa voglio-
Non
ascoltai cosa avesse da ribattere, ero troppo infuriata; chiusi
lì la telefonata. Ero furiosa.
Non
potevo fare più di questo e mi sentivo comunque inutile, per
di più quell'antipatico di Sam mi aveva trattato malissimo.
Mi lasciai cadere contro un muro, chiusi gli occhi e strinsi i denti,
mandando in dietro le lacrime. Non sapevo bene cosa mi stesse
succedendo, ma un misto di rabbia e malinconia mi stava assalendo,
mentre la preoccupazione di come si stavano sviluppando le cose mi
rodeva dall'interno.
La
finestra era ancora spalancata, mi asciugai una lacrima solitaria e
tirando su con il naso mi accinsi a chiuderla. Dovevo ritornare in
classe, Jake si stava sicuramente preoccupando, e affrontare la furia
omicida del professore.
Socchiusi
le ante e mi girai, pronta per andarmene, ma, proprio in quel momento,
una folata gelida le aprì di nuovo, facendole sbattere
contro le pareti. I vetri di entrambe si frantumarono, cadendo a terra
con un rumore delicato e dirompente allo stesso tempo. La neve
iniziò ad entrare dentro il bagno, adagiandosi poi delicata
per terra, coprendo le vecchie traccie di sangue.
E
proprio in quel momento sentii come una spinta trascinarmi fuori, farmi
saltare dal piano terra e atterrare sul terreno. Respirai profondamente
e guardai le traccie di Jared disperdersi nella foresta.
C'era
un'unica cosa da fare: seguirle.
Camminai
velocemente, con l'ansia che mi assaliva e il freddo iniziava a passare
sotto il maglione di lana con il quale ero uscita. Avevo perso
l'orientamento, dato che appena inoltrata un po' all'interno degli
alberi anche il più piccolo segno di Jay si era perso. Forse
la cosa migliore era ritornare indietro, non riuscivo neanche a capire
dove fossi, in che punto; il cellulare mi aveva abbandonato, segnalando
un enorme mancanza di campo con dei lampeggi sporadici.
Poi
d'un tratto sentii un ruggito vero e proprio. Iniziai a correre nella
direzione del rumore, mentre i fiocchi di neve riprendevano a scendere,
più vorticosi e numerosi. Sperai con tutto il cuore che
fossero dei lupi giganti e non dei semplici lupi, quella, pensai, era
un ottimo modo per lasciarci le penne. Già. Magnificamente
macabro.
Mi
bloccai e mi nascosi dietro il tronco di una quercia enorme, osservando
attenta la scena che mi si parava davanti.
Due
giganteschi lupi-sì, almeno quel giorno non sarei morta
sbranata- si fronteggiavano, fissandosi negli occhi.
Il
primo ringhiava mostrando i denti, era abbassato in posizione di
difesa, tenendo le orecchie appiattite; aveva la pelliccia marrone
scura, di un caldo color della terra, irta, e le zampe distese, pronte
a saltare. L'altro -di sicuro Jared- era dritto ed impietrito,
mostrando una maturità estremamente fuori luogo per un
animale, lo guardava con gli occhi calmi ma allo stesso tempo
imperativi. Non parlava o, per lo meno, emetteva suoni; ma sembrava
concentrato. Mi ricordai che i licantropi tra di loro parlavano
mentalmente, probabilmente stava cercando di calmarlo.
Mi
sistemai meglio, spostandomi di qualche passo per vedere, ma commisi un
errore, un tragico e orribile errore: provocai un rumore.
Come
una bestia Embry si girò di scatto ruggendo, poi
spiccò un balzò nella mia direzione, le fauci
aperte.
Non
era Embry, era solo un animale.
Mi
paralizzai, non riuscivo a muovere un singolo muscolo, mentre vedevo
l'enorme figura venirmi incontro. Chiusi gli occhi e aspettai l'impatto,
che non arrivò subito.
Avvertii
l'aria davanti a me essere sferzata da degli artigli, che, se mi
avessero preso completamente, mi avrebbero staccato la testa in un
secondo.
Un
suono sordo, come quello di un tuono, irruppe per la radura, l'albero
accanto a me cadde e io mi ritrovai sdraiata a terra dolorante, mentre
un taglio mi bruciava sopra l'occhio sinistro.
Alzai
leggermente le palpebre, quel tanto che bastava per vedere Sam,
trasformato, difendermi, ruggendo in direzione di Emb, che veniva
atterrato dal terzo, preso di sorpresa dall'improvviso attacco.
Poi
svenni.
Angolo Autrice:
SONO VIVA *O* Mi scuso se sono sempre così lenta
nell'aggiornare ma dovete sapere che questa storia è un
"amore-odio" in quanto non c'è un singolo capitolo che mi
soddisfi! ><
Io, però, questo, nell'immaginarlo, l'ho adorato. Il caro
Embry per terra, dolorante (L) Si è capito che aMMMMo Emb?XD
Bando alle ciancie! >.<
Auguri a Hilly89, in primis u_u buon compleanno °O°
Poi... grazie ai 76 che la preferiscono, ai 14 che la seguono e ai 48
che, anime sante, mi hanno aggiunta tra i preferiti.
Un grazie a chi ha commentato:
giordana: grazie
mille, mi fa piacere leggere i commenti di gente nuova, significa che
la ff è seguita!
Mitika81: Esagerata!
La migliore! Io la reputo Miss Sgorbietto *guarda amorevole le storia*
Mi dispiace per Paul e Rachel, ma la vedo la coppia perfetta ed anzi,
sarà l'unica cosa che prenderò dal libro di
Breaking dawn, anticipando un po' gli eventi; comunque, una semplice
ragazza ci starà di sicuro. u_u Per vedere altre mie
storie... basta che tu dia un'occhiata al mio "umile" account, spero
che anche questo capitolo sia piaciuto ^^
Sammy Cullen: io
ucciderei per Sam <3 è adorabile e amoroso e
coccoloso e pussolo e Sam. Cioè, invece del roscio mille
volte meglio Sam! == te lo immagini papo Sam? (L)
cloddy_94: *w*
ma pompi la mia autostima-dirigibile? Il problema è che
questa storia è più film che storia
>.< non so come spiegare, me la immagino così
bene che non sono mai soddisfatta del risultato. Comunque, grazie per
il commento, mi fa piacere che magari con la mia storia potrai vedere
di buon occhio Jake *sì! un'altra convertita *O** Una...
anche tu adori quei due insieme?! ODDIO! Io li adoro! Sto per scrivere
qualcosa su di loro e sono adorabili! Capoccioni e amorosi <3
Scusa il ritardo, spero comunque ti sia piaciuto.
Hilly89: Scusa
il ritardo nell'aggiornamentoXD Però, perlomeno, coincide
con il tuo compleanno! Rendi benissimo l'idea ** sono l'unica che
segue!"*urlò alla folla* Biondo?
ò_ò ma no! Tutti così i lupi *O*
azzeccatissimi, anzi, sto scrivendo sul cast del brancoXD una cosa
comica. Sono di corsa perchè devo uscire, ma vi assicuro che
la storia è sempre più nitida nella mia testa.
Sbrarina: che
piacere un tuo commento! Secondo me dovrebbero affittare una sveglia
Jake, tu ti svegli, lui ti bacia... io la comprereiXD Qualcosa? *ghigna
onnipotente* dillo ai personaggi... qualcosaXD Ci saranno casini
assurdi *gongola* litigate, riappacificazioni, litigate... +-+ Grazie
ancora! Spero ti sia piaciuto pure questo capitolo.
Au revoir, come sempre!
Scappo veloce come la luce dai miei amici rimandati, speriamo di
tirargli su il morale!
un commentino? Ce la facciamo a superare i 100? *smile*
Notizia inutile: adoro l'era glaciale 3 <3
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Capitolo 14 *** 14. È un addio? Ti prego, fai che sia solo un arrivederci. Non resisterei ***
Note di inizio:
la storia ha un anno (L) questa piccola amorevole matassa di pensieri
ha un anno e io... ho un anno in più. È strano
crescere e rendersene conto così. Mi scuso se non l'ho
pubblicata il 30 (per l'anniversario) ma solo oggi, ho avuto
così tanto problemi e impegni! E mi sono accorta
solo tardi che era passato un anno! Dio... che mente! Vi lascio, questo
è molto... molto... non ve lo dicoXD
14.
È un addio? Ti prego, fai che sia solo un arrivederci. Non
resisterei.
Quando
mi svegliai la prima cosa che sentii fu un mal di testa lancinante, che
sembrava mi stesse perforando le tempie. Chiusi immediatamente gli
occhi, la luce bianca, che era puntata direttamente contro la mia
faccia, aumentava l'intensità del dolore; facendomi serrare
le palpebre.
Unicamente
quando avvertii dal buio della mia cecità che la lampada
veniva spostata, mi azzardai a riaprire gli occhi. Lo feci lentamente,
perché il sopracciglio sinistro mi tirava, così
decisi di tenerlo semi socchiuso.
Voltai
la testa, quello che vidi fu un corridoio sterile, pulito, pieno di
barelle vuote, una affianco all'altra e in fondo, proprio sotto
l'insegna con scritto sopra “ufficio informazioni”,
un capannello di gente, tra cui notai la figura slanciata di Sam, con
solo una maglietta a mezze maniche, e quella in sedia a rotelle Billy,
con in testa il suo fedele cappello marrone.
All'istante,
non dandomi neanche il tempo di chiamarlo, vidi Sam affiancarmi e
fissarmi leggermente preoccupato.
-Finalmente
ti sei svegliata- sospirò, mentre si passava esausto una
mano tra i capelli, bagnati.
-Credevo
che avremmo dovuto chiamare un principe azzurro per farti svegliare-
sghignazzò Paul, battendo una pacca sulla spalla del
compagno, lo vidi solo in quel momento, e ne rimasi particolarmente
stupita: non era proprio il tipo di persona che amava stare al
capezzale di qualcuno.
Sospirai,
ricordando lentamente tutti gli avvenimenti della giornata: la litigata
con Embry, la sua rabbia, la trasformazione...
Li
guardai, stanca, sorridendo flebilmente: -Allora? Cosa è
successo? Il mio alzheimer precoce inizia a farsi sentire- scherzai,
mentre provavo a vedere se tutti i miei arti funzionavano; erano un po'
doloranti, ma funzionavano. La gola era leggermente secca e sentivo la
bocca impastata.
-Embry
ti ha quasi ammazzato- cominciò, guadagnandosi un ringhio da
parte del capo branco: era molto sensibile a quel tipo di argomenti;
dopo l'attacco contro Emily lui stesso era terrorizzato dal suo potere
e dalla potenza animale che veniva esercitata su di loro, una volta
trasformati. -non voleva, logico- continuò- Pensa, quando io
mi sono trasformato l'ho quasi ammazzato a lui- sogghignò,
sbattendo amorevolmente le ciglia verso Sam, che roteò gli
occhi sbuffando.
-Cretino-
mugugnò quello, tirandogli un calcio sullo stinco.
-Fatto
sta che Emn, oh, è fantastico quel ragazzo!, pensa, sono tre
ore che ha una sorta di crisi mistica, è preoccupatissimo ..
ora sta a casa di Sam, povera Emy...- sbuffai. Delle volte il fatto che
Paul fosse così prolisso mi dava ai nervi. Ancora non sapevo
cosa mi fosse successo esattamente!
Per
fortuna Sam prese parola.
-Insomma,
non ti ha riconosciuto e ti ha attaccato, io ti ho difeso,
fortunatamente sono arrivato in tempo. Sfortunatamente hai sbattuto
contro una radice esterna, molto dura e ti ha tagliato qui- mi
sfiorò la ferita che mi bruciò all'istante. -ti
hanno messo un punto- concluse, sorridendo, più tranquillo,
vedendomi reattiva e sana.
Non
mi accorsi subito del dottore che ci fissava, chissà da
quanto tempo, lo guardai terrorizzata. Aveva sentito tutto! Tutti i
segreti della riserva! Trasalii, agitata, e, soprattutto, stupita: Bill
era affianco a lui, sorridente.
Non
capii all'istante, non riuscivo ad afferrare come potessero essere
tutti così calmi e controllati: un esterno sapeva tutto!
Probabilmente
il signor Black notò il mio stupore, tanto che
scoppiò in una fragorosa risata. Strabuzzai gli occhi e
spostai la mia attenzione sul cartellino del taschino, il cognome del
dottore mi fece sospirare, più tranquilla. Alteara.
Lo
continuavo a fissare, sempre confusa, ma meno allarmata.
-Piacere,
Laura, io sono Ben, il padre di Quil- si presentò,
porgendomi una mano, mi misi a sedere e gliela strinsi, ricambiando il
suo sorriso.
-E
so già tutto, non devi preoccuparti-
Guardai
tutti a turno, poi mi ributtai all'indietro, sdraiata, chiudendo gli
occhi esausta.
-Sono
felice che tu stia bene! Dannazione, quando mi hanno chiamato dicendomi
che stavi all'ospedale mi sembrava di rivedere Rebecca! Sempre qui, con
qualcosa di rotto!- Billy guardò l'amico, eloquente.
-Sicuramente
non se le procurava attraverso un lupo gigante- scherzò
l'altro, esaminando la ferita, con occhio esperto.
-Mi
dispiace- mormorai.
-Di
cosa?- esclamò Sam.
-Di
mettermi sempre nei guai-
Ci
fu silenzio, poi sorrisero tutti e tre, in contemporanea, lui, Paul e
Billy, complici.
-Hai
ragione, sei la più grande fonte di guai, per fortuna li
esorcizzi anche; se non fosse stato per te Embry si sarebbe trasformato
a scuola o, ancora peggio!, avrebbe vagato per non so quanto nella
foresta!- ribatté, scompigliandomi i capelli.
-Ora,
per fortuna, sta bene. Aveva qualche ferita sparsa per il corpo, ma la
sua natura ha già rimediato- sorrise Altaera.
Mi
sedetti di scatto, improvvisamente preoccupata per lui.
Era
una sensazione strana, di oppressione, di impossibilità di
respirare; come se all'improvviso l'aria mi fosse venuta a mancare ed
il mio cervello, improvvisamente privo di ossigeno, non riuscisse a
resistere, pensavo solo a quel lupo color della terra, dei suoi occhi
disperati venirmi incontro.
Mi
morsi un labbro e li fissai, silenziosa.
-Credo
che sia un tuo diritto vederlo- rispose sorridendo alla mia richiesta
senza parole.
Prima
che potessi scendere dalla barella Sam mi aveva preso in braccio e
stava percorrendo il corridoio, verso l'uscita.
Era
sempre così, quel povero pazzo del mio amico, troppo,
veramente troppo agitato; mi sembrava una mamma alle prime armi.
In
lontananza, mentre superavamo la porta scorrevole, sentii Billy
chiedere un passaggio a Ben ed ottenerlo; mi sentivo già
più calma.
Era
stato strano sentirlo parlare di me come di una figlia, come sua
figlia; qualcosa di magnificamente sconvolgente nel suo tono mi aveva
fatto sussultare: era affetto, affetto paterno. Di quelli che
è impossibile ignorare e che non si vuole ignorare; quel
tipo di amore che rende l'uomo più anziano il più
bello, che ci fa desiderare di stare sempre con lui: nostro padre.
Ed,
effettivamente, io lo consideravo un po' così: un
papà comico e pieno di sarcasmo, capace di capirti al volo.
Era Billy Black, dopo tutto, uno tra i personaggi che avevo amato di
più, leggendo il libro. Anche se, in quel momento, pensare a
lui solo come un personaggio e a tutto ciò che mi circondava
come un libro, qualcosa di irreale, mi sembrava impossibile.
Salii
nella macchina di Sam e lo vidi mettere in moto, fare retromarcia e
uscire dal piccolo parcheggio dell'ospedale di La Push.
Ormai
era buio, saranno state le sette di sera, ma il tempo della penisola
Olimpica, unito all'avanzare dell'inverno, rendeva tutto più
cupo; girai la testa per vedere il paesaggio, illuminato ogni tanto da
dei fulmini.
-Jacob
ha chiesto di te; anche i professori- sorrise sotto i baffi -ma credo
che a te importi di lui, no?-
Arrossii
e sorrisi: -Cosa gli avete detto?- mugugnai, giocando agitata con un
riccio ribelle -ah! Ne avessi avuto solo uno! La mia testa era in piena
anarchia!-.
-Che
Embry ti ha convinto ad andare via, avete preso lo skate, provando a
fare qualche salto, tu, testa calda, sei caduta sulle scalinate del
campo da basket e ti sei sfregiata- spiegò, mentre fermava
la macchina davanti casa.
-Ora
lui sa che Embry è a casa sua, mentre la madre di Embry
è stata chiamata da Billy, che l'ha avvertita dicendogli che
il figlio avrebbe dormito da lui- mi guardò in
difficoltà, poi abbassò improvvisamente la voce
-Emb non dovrebbe potersi trasformare; nessuno della sua famiglia
è... insomma, non dovrebbe esserne capace, non dovrebbe
stare nei suoi geni. Quindi, capirai che la cosa è
… delicata-
Lo
fissai di sottecchi, non potevo dirgli che sapevo già;
questa cosa era impossibile da mascherare e difficilmente lui sarebbe
rimasto impassibile anche a questo. Mi finsi stupita e lo guardai
sbattendo le ciglia.
-Cioè?-
-Che
qualcuno dei vecchi... padri, diciamo, ha tradito la moglie-
mormorò, aprendo la porta, vedendo Emily si zittì
subito, facendo scomparire all'istante l'espressione pensierosa e
preoccupata e allargando il viso in un sorriso rilassato.
Lei,
quando lo vide, si illuminò. Letteralmente. Non avevo mai
visto qualcuno fare una cosa del genere, rinascere nell'arco di pochi
attimi, divenire un'altra per qualcuno; riprendere a vivere realmente
solo quando era vicino a lui.
Gli
andò incontro e lo baciò, con dolcezza e
lentezza; ignorai le ferite, che le sfiguravano il volto e inquadrai la
mia attenzione sulla scala, piuttosto imbarazzata. Quando si staccarono
lei si voltò verso di me, per salutarmi, mi diede due baci
sulle guance, stringendomi come una vecchia amica. In quel momento mi
sentii come se stessi pugnalando Leah e soprattutto sentivo come se la
mia coscienza mi stesse pugnalando a sua volta. Sorrisi, un sorriso di
circostanza e ricambiai.
Sam
notò il mio disagio, perciò mi prese per il
gomito e mi trascinò fino al piano di sopra, nella stanza
degli ospiti, dove, sul letto, stava Embry.
Era
sdraiato, sopra le coperte, lo sguardo perso verso la finestra; i
capelli lunghi erano sparpagliati sulla fodera bianca del cuscino, le
coperte, così candide, rendevano la sua pelle ancora
più bella e liscia alla vista. Le luci erano spente, potevo
vedere solo la sua figura in penombra e osservarla, attentamente; non
mi accorsi che il mio amico fosse sparito, lasciandomi da solo con lui.
Mi
avvicinai lentamente, ma lui non spostò gli occhi dalla
finestra. Mi sedetti per terra, affianco al suo letto, aspettando che
parlasse.
-Sai,
tutto questo è assurdo- iniziò, la voce
più roca e bassa di quanto mi ricordassi -mi sembra ieri che
io e gli altri prendevamo in giro Billy e Quil Senior; è...
assurdo- soffiò, ricadendo in quello stato di coma apparente.
-È
strano, hai ragione- affermai, alzando la testa e cercando gli occhi di
lui.
-È
fottutamente strano!- sbottò, furioso, ringhiando -Io non
dovrei essere qui! Io non ero destinato a... questo! Io...- si
paralizzò, guardando attento la ferita che avevo sopra
l'occhio sinistro. -Chi... chi te l'ha fatta?- balbettò.
-nessuno-
tagliai corto.
-IO?!-
respirava veloce, tremante.
Trasalii,
spaventata, mi misi in ginocchio e gli accarezzai il viso -Ti prego,
calmati- la mia voce era ridotta ad un soffio.
Chiuse
gli occhi, facendo respiri profondi e ritornò silenzioso,
cupo; lo sguardo tagliente, furioso verso qualcosa, verso tutti.
-Mia
madre ha tradito mio padre, sai come l'ho saputo?- gelido, lapidario,
strinse il pugno destro, le nocche sbiancarono e avvertii uno
scricchiolio anomalo; ma lui non ci fece caso. -Trasformandomi. E sai
anche un'altra cosa?-
Scossi
la testa, era difficile resistere, stare vicino a tanta furia, tanto
rancore; quasi non riconoscevo il mio amico, sembrava sepolto sotto
strati e strati di ira, di delusione. E in quel momento avevo una sola
paura: che ne rimanesse soffocato.
Non
volevo che il ragazzo sorridente e allegro, pieno di vita, morisse
sotto tutta questa anormalità.
-Non
potrò vedere più i miei amici, non
finché anche loro saranno così fortunati da
divenire come me! UN MOSTRO! E mi fa male tutto, mi brucia, il cuore
non è normale, lo senti!?- stava piangendo, la voce gli
tremava, le lacrime secche erano di nuovo ritornate vive,
ripercorrevano i loro passi sulle sue guance.
Poggiai
la testa sul suo petto, ascoltai il battito veloce e regolare, mi
scostai, per guardarlo meglio.
-Embry,
andrà tutto bene, te l'ho promesso. I primi giorni... poi
tutto si sistemerà- sussurrai.
-Sì...sì,
avete detto tutti la stessa cosa- mormorò, stanco, chiudendo
le palpebre.
-Perché
è vera!- esclamai, agitata, non lo avevo mai visto
così deluso, così sfinito da tutto.
-Mi
dovrò tagliare i capelli come Paul, Jared e Sam; mi fanno
schifo i capelli corti- sembrava volesse pensare cose stupide e forse
aveva ragione.
Era
facile lasciarsi morire lì, tra le idiozie, si poteva
pensare per un attimo che il resto, le cose serie, non esistessero.
-Ricresceranno-
lo rassicurai, era una risposta idiota, ma pur sempre un modo per
esorcizzare quel silenzio opprimente.
-Ti
ricordi cosa mi hai promesso?- sussurrò, toccandomi
leggermente la ferita, le mani bollenti e grandi.
-Sì,
che non ti lascerò mai, e intendo mantenere la parola data-
ribattei, decisa, sfiorandogli la mano.
-No,
ti chiedo un'altra cosa e ti prego, non contraddirmi- riprese,
sospirando profondamente -lasciami, lasciami. Non voglio che tu mi stia
vicino, sei una mia … -lo vidi fermarsi e stringere un pugno
-amica; non posso permettere che ti possa succedere qualcosa-
-Non
mi è successo niente!- respiravo velocemente, agitata. Non
potevo credere che tutto questo stesse succedendo.
-E
poi... non credo riuscirei a rimanere calmo con Jacob e te vicini-
sorrise amaro, cinico, rotolando sul fianco e dandomi la schiena.
-Emb...-
sussurrai, la voce mi tremava, non riuscivo neanche ad alzarmi, provai
a tenerlo per una spalla, ma lui si scansò, scontroso.
All'improvviso
le avvertii, una dietro l'altra, come un fiume in piena: lacrime.
Copiose,
lente, silenziose. Pensavo che non fossero mie, per quanto scesero
improvvise, eppure, quando ne sentii il peso sul cuore, quando le
avvertii spaccarmelo in due, trasalii per il troppo dolore.
Deglutii
e mi alzai, senza fretta, nonostante volessi veramente scappare da
lì.
Uscii,
chiudendo piano la porta, mentre mormoravo a bassa voce un
“arrivederci” sicura che l'avrebbe colto anche lui.
Scesi
le scale lentamente, sentendo gli occhi neri di Sam puntati su di me,
Emily era sparita, probabilmente si era eclissata per non sembrare di
troppo.
Mi
sentivo distrutta, completamente a pezzi; non avevo neanche la forza di
parlare, di affrontare una discussione, di... non ce la facevo, era
tutto qui. Per la prima volta non avevo la volontà di
rialzarmi, quella dichiarazione così cattiva, delusa mi
aveva spezzato, come un pugno su uno specchio, ed ora non ce la facevo
a riprendermi. Non in quel momento.
-Te
l'ha detto, non è vero?- sospirò Sam, alzandosi
dalla poltrona e venendomi incontro, rimasi ferma, non feci un passo,
mi sentivo i piedi pesanti, le braccia lungo i fianchi erano diventate
improvvisamente piombo.
Annuii,
impercettibilmente.
-Mi...
dispiace, Laura. Ma devi capire che è anche una questione di
… sicurezza- balbettò, in difficoltà.
Lo guardai stanca e lo salutai, con un abbraccio leggero.
-Capisco,
Sam... diciamo che capisco-
Aprii
la porta e uscii, continuava a diluviare. Non avevo l'ombrello e
ignorai il mio amico che me lo porgeva, feci in un attimo i due scalini
della veranda e mi abbandonai alla pioggia.
Forse,
in quel momento, qualcuno avrebbe potuto ignorare le mie lacrime, e i
miei singhiozzi si sarebbero potuti nascondere.
Non
sapevo cosa, quale sentimento di preciso, mi stesse facendo
quell'effetto; eppure mi stava divorando. Come un tarlo minuscolo mi
stava erodendo dal profondo: mi sentivo in colpa, come se tutto quello
che gli fosse successo fosse a causa mia.
Arrivai
a casa e cercai le chiavi, mi resi conto che non le avevo,
probabilmente stavano nella mia borsa, quella che avevo lasciato a
scuola; suonai il campanello, svogliata: non volevo che Jacob mi
vedesse in queste condizioni, sperai fino all'ultimo che fosse Billy a
venirmi ad aprire, ma così non fu; mi ritrovai la faccia
preoccupata di Jake davanti, i suoi occhi agitati squadrarmi per bene,
soffermandosi sull'occhio sinistro, fortunatamente non si accorse delle
lacrime.
Mi
strinse, in un abbraccio avvolgente, tiepido, bagnandosi completamente
la maglia del pigiama sbiadita.
Forse
fu il suo affetto, la sua dolcezza che mi portarono all'improvviso a
stringerlo di colpo, a mia volta. Affondai il viso nel suo petto,
inspirando il suo odore fresco e fragrante, mentre mi calmavo poco alla
volta.
Alzai
leggermente la testa, e lo fissai; notai il suo sguardo scuro scrutarmi
intensamente, poggiai le mie labbra sulle sue, leggermente, cercando,
necessitando, il suo
contatto. Ricambiò, spostando poi la bocca sui miei capelli
bagnati, accarezzandoli con una mano.
Si
staccò lento, sorridendo più tranquillo, poi
sogghignò, divertito.
-La
solita pasticciona! Possibile che non trovavi un modo più
semplice per andartene da scuola? Il professore è impazzito-
rise e mi scompigliò i ricci, producendo schizzi che
bagnarono tutto il pavimento di legno -ha corso per i corridoi, hanno
trovato il bagno sfondato, quello dei maschi; un casino, credo si siano
picchiati quelli di quinto. E poi! Tu e lo skate?- la sua risata si
fece ancora più forte, ancora più potente, ancora
più viva, tanto che mi sentii improvvisamente al sicuro. -mi
stupivo se ne uscivi illesa! Dico io, cosa gli è venuto in
mente a Em?- scosse la testa pensieroso, facendomi entrare e
richiudendo la porta.
Il
suono della sua chiusura mi fece trasalire, guardai il legno e
immaginai tutto quello che aveo lasciato fuori, lontano da me, da quel
piccolo paradiso che avevo lì, in casa Black.
Volevo
veramente separarmene?
Abbandonare
quello spicchio di felicità che avevo sempre voluto e che
ora avevo conquistato?
Sarei
riuscita, nel mio egoismo, ad abbandonare tutto?
pensai
che dopo tutto Embry era un amico ed era forte.
Sì,
si sarebbe ripreso. Ce l'avrebbe fatta, era scritto, no?
Era
già deciso...
Ed
era un amico, un semplice amico.
Allora
perché mi preoccupavo così tanto?
Angolo autrice:
tanti auguri a lei, tanti auguri a lei, tanti auguri alla
storiiiiiaaaa, tanti auguri a te!
Oh, la mia piccola sgricciola compie un anno! Che cosa.. bella (L) un
annoinsieme a voi, miei cari lettori, e commentatori. Mi scuso se il capitolo potrà sembrare un po' vuoto, ma è di transizione, deve far capire le scelte prese da Embry, un bel po' di confusione nella protagonista -no ç_ç sono finita peggio di Bella ._. - e visto che in ogni capitolo succedeva qualcosa e si rideva sempre... XD ogni tanto ci vuole un po' di malinconia u_u" e calma.
Sono di corsa, così vi saluto con tanto affetto,
ringraziandovi. Sono sconvolta dalle vostre recensioni-sempre bellissime e graditissime- di questa storia, non me lo sarei mai aspettato,
è nata per scherzo, tanto per passare il tempo... invece,
wow, qualcuno la segue, qualcuno ride, qualcuno la legge.
Grazie ai 79
che l'hanno messa tra le preferite, i
16 che la seguono e le 57
che mi hanno inserita tr i preferiti, Grazie.
In particolare a:
Hilly89: mi
dispiace infinitamente! Cosa è successo?
çç Mi dispiace non aver potuto far concidere
questo capitolo con il compleanno della piccola -ormai la chiama come
se fosse vivaXD-
Sì, credo anche io che quella possa essere considerata la
vendetta perfetta per Leah, dopo tutto: occhio per occhio, dente per
dente, no? Magari esistesse un bel jake in carne ed ossa
*sospirone* sarebbe mio da un bel po', però, visto che ci
siamo mi sfogo sulla storiaXD e qui, emb, che ti è
parso? Lo volevo straziato, dolorante e afflitto +w+ rende? Vorrei
vedere se non avessimo almeno quella concessione?! Perdiamo sangeue
come povere bestie dissanguate e neanche possiamo usare la scusa? Eh,
no! io la uso pure per ginanstica XD Casualmente sempre quando abbiamo
la cavallina ... *fischietta* Un film ...*scoppia a ridere*
quanto vorrei poter fare un film, il fatto è questo: io
immagino questa storia come un film, le scene sono più di
effetto che di concetto, e la cosa mi rende estremamente impotente ._.
non potrò mai filmeggiare....
folletta90:
perdona la mia solerzia nell'aggiornare, ma ho veramente
così tante cose da fare! Argh! sono contenta che ti piaccia!
Come ti è sembrato questo capitolo?
grazianaarena:
oddio! Tutta insieme? XD come hai fatto? che stomaco hai? Eh,
sì, questo è un bel sogno. Per bella =_= oh,
misero essere =_= vedrò di realizzare un bel sogno
*sghignazza* no... non era la morte, ci ho pensato ma... confesso, era
quello ._. uh, embry... jake... si accettano scommesse, ma... sappiate,
niente è come sembra*sguardo gongolante* non si
preannunciano tempi facili ... Mi dispiace, ma Edward lo odio proprioXD
È più forte di me, non posso non farlo
così... anche perché, secondo me è
cosìXD, solo che Bella non lo dice nei libri u_u
Sammy cullen: ma
logico che entro e anche tu, scemaXD, ci sei cascata, tu dici che mi
metterò con lui? Lo dici? Oppure vi metto il dubbio di
quando, perché, come... *hhuhu* se... jared (L)
cloddy_94: Sì,
diffondo la fede dell'embrynesimo (L) XD Mi piace un sacco quel
ragazzo. Grazie mille per il commento, continua a leggere per scoprire
chi sarà il prescelto =D
Finito, fiuuuuuuuuuu, vi voglio lasciare un regalo, però ;)
Vedete, quando immagino embry, lo immagino come la comparsa del primo
film, precisamente così,
e così.
Saluti a tutti!
Un commento, per festeggiare l'anno mi farebbe veramente un immenso
piacere, soprattutto a chi la ha tra le preferite :) Sappiate che questa storia ha letteralmente una parte di me, se non me stessa, dentro; e un commento, soprattutto con tutte le letture che vedo mi farebbe piacere, veramente. *occhietti love love* Anche se fa schifo ò.ò eh, non è detto che debba essere belloXD *fa la faccia da magheggiona* anche perché se superiamo i cento ho già pronto un regalino *sogghigna*
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Capitolo 15 *** 15. Il ritorno del vampiro stressato e logorroico, che mi fa venire fin troppi sensi di colpa ***
MI SCUSO PER UNA FRASE A FINE CAPITOLO. IL MIO PC HA FATTO UN COPIA E INCOLLA SBAGLIATO ._..Ora è tutto sistemato =)
15.
Il ritorno del vampiro stressato e logorroico, che mi fa
venire fin troppi sensi di colpa
Dopo il primo periodo in cui non potevo non preoccuparmi per Embry
iniziai piano piano a farmene una ragione, lascia che gli sguardi
rancorosi che mandava a me e Jake dalla parte opposta dell'aula non
esistessero e che i grugniti che lo accompagnavano ogni mattina quando
incontrava il mio ragazzo in verità non fossero indirizzati
a lui.
Io, alla fine, con un grande sforzo e con enorme fatica, ero riuscita a
esprimere il suo desiderio: stargli lontano.
Jacob, che non sapeva nulla, né della trasformazione
né della cotta di Emb per me, interpretò
l'allontanamento dell'amico come una presa di posizione dopo una
stupida litigata che avevano avuto quando era ritornato a scuola.
Causa: il mio ufficiale incidente con lo skate.
A mensa, quel giorno, c'era metà della scuola: ormai la neve
era diventata un ospite quotidiano nelle strade, tanto quanto
l'influenza che seguì dopo la seconda bufera, avvenuta dopo
ben due giorni di bel tempo e che aveva colto tutti alla sprovvista.
Giocavo annoiata con una mela, rigirandomela tra le mani, mentre Quil
beveva una strana tisana bollente; ormai il nostro tavolo aveva perso
un membro, che rimaneva in disparte e molto spesso neanche mangiava,
preferendo uscire e staccarsi da tutti.
-Si può sapere cosa stai bevendo?- domandò Jake,
storcendo il naso all'odore di camomilla che veniva dal bicchiere di
plastica.
-Camomilla- rispose l'altro, bevendone un sorso e emettendo un mugolio
soddisfatto. -Ho un mal di pancia devastante. Io domani me ne rimango a
casa- borbottò, prendendo il cappotto e indossandolo, mentre
un brivido gli percorreva la schiena.
-Te lo avevo detto che dovevi coprirti- lo ripresi sogghignando,
avvolgendomi al collo la sciarpa enorme che Billy mi aveva regalato
dicendo che la mia di cotone non era adatta al tempo che imperniava la
penisola Olimpica.
Entrambi i ragazzi mi guardarono sconvolti, Jacob, che stava in piede,
pronto a finire di rivestirti e uscire, aveva perfino la bocca aperta.
-La sai qual'è la quarta regola?- chiese scettico,
sospirando e avvicinandosi a me, prendendomi per una spalla, iniziando
ad avviarsi verso l'uscita: la professoressa di letteratura era stata
colpita dalla febbre e se ne stava al calduccio della propria casa,
probabilmente stillando allegramente F a tutti.
-No... dovrei?- ribattei, stringendomi a lui. Era ogni giorno
più alto, ora gli arrivavo alle spalle.
Quil stava dietro di noi e rispose prontamente.
-Mai combattere con la neve se si indossa il cappotto. Sono permessi
unicamente maglione, sciarpa e guanti-
Li fissai roteando gli occhi, poi fulminai quello che mi stava
più vicino.
-Se ti ammali io non ti accudisco. È una legge stupida, lo
sai?-
Scoppiò a ridere e mi baciò chinandosi. Non c'era
volta che non mi facesse sciogliere, quasi non sentii la ventata fredda
che provenne dalla porta, mentre la varcavamo.
-Invece lo farai- ridacchiò, stringendomi un altro po' e
infilandosi lo zuccotto verde militare -perché non riesci a
starmi lontana- mi regalò un altro bacio -e non mi
ammalerò perché non riuscirei a stare una
mattinata senza vederti- sorrise angelico.
Sarei potuta morire, assunsi la mia espressione ebete di circostanza,
mentre affondavo la faccia sul suo petto. Nonostante su fisse alzato,
manteneva un fisico asciutto, così, più che
imponente sembrava allampanato. Accanto a noi arrivò Quil,
bevve l'ultima sorsata di tisana, che al freddo dell'esterno stava
fumando, creando piccole nuvolette di vapore.
-Allora, oggi pomeriggio alle quattro e mezza vi passo a chiamare-
disse, gettando il bicchiere nel cestino e avvicinandosi alla sua
macchina, noi raggiungemmo quella di Jake e salimmo.
-Uh, sì. Andiamo al centro commerciale, quindi?-
domandò, mettendo in moto. Dalle bocchette d'aria
uscì un po' di calore, sprofondai nel sedile e lasciai
uscire dalla sciarpa solo il naso.
-Esatto. Devo comprarmi uno zaino che questo- indicò
ciò che rimaneva del suo, ormai logoro e con una cinghia in
meno -mi ha abbandonato. Ieri a momenti perdevo tutto per strada-
mugugnò, gettandolo affianco a lui e accendendo a sua volta
la macchina; starnutì, andando quasi a finire con la fronte
sul volante, e borbottò qualcosa di incomprensibile.
Ridemmo e lo salutammo, mentre lasciavamo il parcheggio.
Jacob sembrava pensieroso, gli tolsi il cappello e gli cercai di
sistemare i capelli lunghi e neri, ci passai una mano in mezzo, mentre
gli accarezzavo la nuca. Ebbe un brivido e sorrise soddisfatto,
girandosi un attimo e baciandomi rapido sulle labbra, mentre
aspettavamo che il semaforo diventasse di nuovo verde.
-Cosa pensi?- gli domandai, portandogli una ciocca dietro i capelli,
mentre lui mi avvicinava e mi stringeva con un braccio, poggiai la
testa sulla sua spalla, sospirando.
-Nulla... che Embry si comporta in modo strano. Frequenta Uley, lo
sai?- la voce si era fatta seria, così come lo sguardo, che,
nonostante fosse ben fisso sulla strada asfaltata, sembrava perso in
mille altri pensieri.
-Sì, cosa c'è di male? Sam è un
ragazzo fantastico, non credo centri assolutamente nulla con questo
allontanamento e te l'ho già detto mille volte- ribattei.
Era la stessa discussione che facevamo da settimane.
-Il fatto che a te piaccia non significa che non sia un pallone
gonfiato- continuò, facendo una smorfia con il naso,
probabilmente solo ricordandone la faccia.
-Jake, è un mio amico, okay? Per favore non parlarne male,
anche perché non lo conosci- sospirai, guardandolo negli
occhi neri. Lui roteò i suoi, entrò nel vialetto
e spense il motore, si voltò slacciandosi la cintura e
guardandomi negli occhi.
-Okay, la smetto. Ma solo per te. Sam Uley non mi piace, è
un tipo... sospetto. Sembra un teppistello e ...- aveva ripreso,
sbuffai e ripetei.
-Jake, è un poliziotto, non è un tipo sospetto-
lo bacia, accarezzandogli la guancia destra, mentre mi sfiorava i
ricci. Mugugnò contro le mie labbra qualcosa.
-Okay, okay. Hai ragione tu; ma questo fatto che Emb si sia allontanato
non mi piace- aprì la portiera dopo essersi staccato da me e
scese, mentre io lo seguivo, andando a stringergli la mano.
Studiammo fino a quando Quil non ci venne a chiamare, Billy era in casa
e aveva passato metà del suo tempo chiedendoci come era
andata a scuola. Adoravo stare con il signor Black, qualunque cosa
facesse mi dava l'impressione che mi accettasse per quello che ero, non
mi chiedeva mai niente, nonostante fossi piombata a casa sua tra capo e
collo, senza un documento o altro, semplicemente si fidava.
Arrivammo al centro commerciale che fuori era già buio, le
nuvole scure promettevano un temporale con i fiocchi, probabilmente una
tormenta, data la temperatura. Cercando di ripararci il più
possibile dal freddo entrammo velocemente all'interno dell'enorme
struttura, illuminata a giorno.
Quil si era portata una decina di pacchetti di fazzoletti e
poiché, secondo sue parole, gli uomini devono portare solo
il portafoglio nelle tasche, io avevo compresso tutto e li
avevo infilati nella borsa enorme che, fortunatamente, mi ero portata;
il fatto era che ogni due secondi me ne chiedesse uno, tirando su con
il naso e maledicendo la neve dentro la maglietta che lo aveva fregato.
Mentre passeggiavamo per i negozi mi feci più attenta alle
richieste di lavoro: non potevo continuare a stare sul conto familiare
di Billy senza contribuire neanche un po'.
Purtroppo per me, però, non trovai nessun impiego che non
richiedesse almeno un po' di esperienza precedente, perciò,
sbuffando mi gettai su una panchina, proprio accanto alla fontana
centrale, mentre i due ragazzi mi seguivano, sedendosi di peso a loro
volta. Quil teneva in mano una busta colorata, soddisfatto per
l'acquisto, finalmente aveva comprato il suo zaino e lo aveva trovato
perfino con lo sconto.
-Laura, mi potresti...- iniziò, aprendo il portafoglio per
infilare lo scontrino.
-Sì, un fazzoletto- rovistai nella mia borsa e glielo porsi,
mentre mi dava un bacio ridacchiando sulla guancia.
-Hey! Vacci piano- lo riprese tetro Jacob, allungando la mano con un
gesto istintivo. Io e l'altro scoppiammo a ridere, mentre lui si
rendeva conto della sua azione e borbottava qualcosa come
giustificazione.
-Più che altro sei un covo di bacilli batterici, evita di
… contagiarmi- scherzai, facendo finta di pulirmi la guancia.
La cosa fece divertire entrambi, che mi presero in giro. Quil
tirò fuori lo zaino, di un rosso sgargiante, e lo
guardò soddisfatto, rigirandolo tra le mani, esaminandone
anche la più piccola chiusura lampo.
-Avete visto...- riprese per la millesima volta da quando lo aveva
comprato.
-Sì, Quil, lo abbiamo visto! Ha due tasche esterne, due
interne, una sotto per le scarpe...- sbuffò Jake.
-Un aggancio per il portafoglio, uno per le chiavi...- continuai per
lui, ghignando, mentre mi sdraiavo più tranquillamente,
poggiando le mie gambe su quelle del mio ragazzo.
-E lo hai pagato solo trenta dollari!- fece con tono fintamente
sconvolto, portandosi le mani sulla bocca, recitando stupore.
Il nostro amico sbuffò, offeso, infilò tutto
nuovamente nella busta e ci guardò male.
-Sono un incompreso- si lagnò, tirando su con il naso,
rimase un attimo spaesato, poi sbuffò e mi chiese, con voce
scocciata -un....-
-fazzoletto?- risi, glielo porsi nuovamente e mi alzai, stiracchiandomi.
Jacob aveva spostato lo sguardo verso il piano superiore e si
fermò, sbigottito, sbatté le palpebre, ma prima
che io e l'altro facessimo in tempo a sollevare a nostra volta la
testa, ritornò tranquillo, scuotendo la testa come per
riprendersi.
-Cos'hai?- chiesi, incuriosita, lui si alzò a sua volta e mi
strinse la mano.
-No, nulla; mi sembrava di aver visto una persona, ma... mi
sarò sicuramente sbagliato- sorrise, tranquillizzandomi e
iniziando a camminare verso il negozio di sport: era la quinta volta
che tentavano di trascinarmi là dentro.
-Come mai Embry non è venuto?- schioccò la lingua
e guardò Quil, che sospirò e si
affiancò a lui, storcendo la bocca per la
scomodità della domanda.
-Cosa vuoi che ti dica, Jake?- sbuffò, infilando le mani
nelle tasche e alzando leggermente la testa per fissarlo; lui, al
contrario di Jacob, era ancora piccolino, più alto di me,
certo, ma non sopra il metro e settanta.
-La verità, Quil, cazzo! Sei peggio di lui! Sono settimane
che fai il vago!- l'altro aveva alzato la voce, infastidito, alcune
persone si voltarono, così mugugnò delle scuse
intorno e ritornò a fissare l'amico.
Io deglutii, a disagio: Quil, tecnicamente, non sapeva nulla,
se non... bhé, forse, in quel momento, poteva sapere solo la
parte più imbarazzante
e scomoda.
-Bhè- mormorò l'altro, prendendo fiato per farsi
coraggio -Emb ha una specie di … cotta per lei- mi
indicò, mentre io avvampai, chinando la testa e riscontrando
il fatto che no, un pavimento di linoleum non può
inghiottirti, neanche se preghi tutto l'Olimpo greco in contemporanea
più tutti i figli illegittimi di Zeus.
-Quindi capisci che si sente un po' a … disagio- concluse,
aspettando una sfuriata di Jacob, che, stranamente, non
arrivò.
Sia io che l'altro lo guardammo, preoccupati, attendendo una qualche
reazione. L'unica cosa che avvertii fu la presa della mia mano
aumentare, facendosi più decisa, e uno scatto del braccio
deciso che mi costrinse ad avvicinarmi a lui.
-Tutto qui?- chiese, mantenendo la calma, io ero agitatissima. Lo
sguardo si era fatto più duro, riprese a
camminare, fissando davanti a sé, schivando sbuffando la
gente che si apprestava ad entrare nel negozio di profumi, con sconti
incredibili, come recitavano le pubblicità.
-Tutto? Te ne rendi conto, Jak?- disse l'altro sconvolto, andandogli
davanti e cercando di studiarne i movimenti dei muscoli facciali, che,
nonostante tutto, si mantenevano distesi, magari leggermente
infastiditi, ma tranquilli.
-Sì, e forse
potrei pure capirlo; ma sparire così! Ti sembra un
comportamento maturo!?- alzò nuovamente il tono, lasciando
per un attimo da parte la calma.
-Jacob, ci ho parlato io... mi aveva chiesto espressamente di non
dirtelo- dissi, a voce bassa, mordicchiandomi a disagio il labbro -e
credo lo abbia fatto pure con Quil, vero?- guardai l'interessato che
annuì, sospirando. -Ci aveva chiesto semplicemente di dargli
un attimo di tregua, ha detto che sarebbe tornato quando …
se lo sarebbe sentito- spiegai, mentre trattenevo qualche lacrima che
mi pungeva gli occhi e la gola, solamente ricordando quel assurda
serata a casa di Sam.
-Tu lo sapevi?- mi guardò sconvolto, mentre riprendeva a
respirare a fondo.
-Sì, ma te l'ho detto: mi ha chiesto di non dirti nulla- mi
giustificai, mentre osservai Quil fermarsi e guardare attento la
vetrina di fronte a lui.
-Comunque, Embry ha bisogno di una pausa, no? Cerchiamo di rispettare
la sua scelta, Jacob e vediamo di riuscire a prendere quelle scarpe-
guardò il paio di sneakers super scontate, illuminate dai
mille fari del negozio.
L'altro rise, cercando di scrollarsi l'agitazione di dosso, tuffandosi
con lui oltre l'entrata; si voltò un attimo, imbrazzato.
-Ehm … ci... insomma... ne ho proprio bisogno...-
Scoppiai a ridere e lo rassicurai: -oh, sì, io vado a vedere
se in qualche negozio cercano una commessa- indicai dietro di me,
pronta a gettarmi alla ventura alla ricerca di un posto di lavoro.
-Una commessa priva di esperienza, piuttosto chiassosa e disordinata,
sottolineerei - ghignò Quil, sparendo prima che la cartaccia
del mio gelato, preso poco prima, lo raggiungesse.
Mi voltai e sorridendo flebilmente iniziai a camminare, aguzzando la
vista e cercando qualche annuncio. Niente di niente. Periodo nero per i
disoccupati, soprattutto per quelli come me: completamente estranei al
mondo del lavoro.
Era pieno di ragazzi, nel centro commerciale; con un tempo
come quello di Forks era normale che passassero la maggior parte del
loro tempo lì, al chiuso. C'era pure un cinema, multisala,
dove ero andata un paio di volte con Jacob e gli altri tre, l'ultima
volta mi avevano trascinato a vedere un film orrendo sugli alieni
mutanti. Qualche altra volta lo avevo frequentato con Leah, con la
quale evitavamo fortemente i film romantico diabetici, o, se proprio
non c'era niente di meglio, passavamo tutta la durata dello spettacolo
ironizzando su quelle eroine prive di midollo, tutte tette niente cervello,
come diceva lei.
Superai i cartelloni che pubblicizzavano l'ennesima pellicola
sugli zombie e mi fermai incantata davanti ad un cartellino giallo,
scritto male, pieno di cancellature, dove la grafia stentava ad essere
leggibile, ma, nonostante questo, mi permetteva di afferrare i due
concetti principali e di maggiore importanza: cercasi e anche senza esperienza.
Magnifico. Sorridendo a trentadue denti, allegra, diedi un'occhiata
veloce al negozio: vendeva attrezzatura e vestiario per skater,
perfetto per me. Entrai, facendo trillare il campanello posizionato
sopra la porta e mi guardai intorno. Era piccolo, stretto; alla parete
destra erano appesi gli skates, con i vari prezzi e le descrizioni
veloci di ognuno; alla sinistra erano impilate scatole di scarpe, con
in cima il paio che era contenuto da ciascuna. Quel negozio,
conservava, nel suo affascinante caos, una punta di ordine e eleganza
che mi piacque. Avanzai, cercando tra i giubbotti la cassa o, per lo
meno, qualcuno a cui chiedere informazioni. Feci qualche passo e
arrivata davanti al bancone, un tavolo enorme coperto da cataloghi di
snowboards e da dove uno stereo gigante emetteva musica assordante, mi
fermai. Un ragazzo alto, enorme, che era costretto a piegarsi per
parlare faccia a faccia con il cassiere, stava scherzando con questi,
mentre analizzava attentamente la tavola rovinata che aveva posato
davanti a sé. Aveva i capelli neri, corti, disordinati, una
maglietta a maniche lunghe, leggera per la stagione, e, soprattutto,
una voce rauca e inconfondibile: Embry.
Mi voltai, agitatissima, non ce l'avrei proprio fatta a guardarlo e
salutarlo, magari, rimanendo come un'idiota senza sapere cosa dire;
pensai, inoltre, che, per conoscere così bene il
proprietario, da come suggeriva la conversazione amichevole che avevano
intavolato, doveva essere un cliente abituale, altro punto che mi
suggeriva una fuga veloce e rapida.
Terzo suggerimento alla ritirata era il fatto che lui si stesse
girando, probabilmente incuriosito dallo sguardo confuso del suo
interlocutore.
Mi girai rapida, camminando, non badando ai richiami di quest'ultimo,
che mi domandava se avessi bisogno di qualcosa. Appena fuori, con la
musica rock che mi arrivava nelle orecchie più soffusa,
decisi che l'unico modo per non farmi trovare era correre, chiudermi in
un bagno e aspettare; allo squillo del cellulare di Jacob sarei uscita
e tutto si sarebbe risolto, non avrei affrontato Embry, da brava
vigliacca quale ero e tutto sarebbe andato per il meglio.
Certo, tutto questo sarebbe andato liscio se, mentre correvo in
direzione delle toilette, non avessi visto Bella salutare Jake e Quil,
giust'appunto usciti dal negozio di sport.
Sì, Isabella Swan. Il mio cervello faceva fatica a
ricollegare la sua presenza a questo periodo: lei doveva essere uno
zombie, come quelli dei film! Non... non camminare e salutare
allegramente il mio
ragazzo, che, a sua volta ricambiava, sotto gli sguardi imbarazzati di
Quil.
Effettivamente aveva delle profonde occhiaie e anche da lontano non
sembrava stare troppo bene, era leggermente ricurva e teneva in mano un
sacchetto della libreria, mentre sorrideva flebilmente.
Diciamo che non era il ritratto della salute, però era. E
stava là, dove non doveva stare secondo i miei piani.
Idiota io; idiota lei; idiota Jake.
Avevo tralasciato il fattore “Tordella”,
rilegandolo alle cose da fare in un futuro prossimo, anche
perché, forse, nel libro, senza di me, tutto questo non
sarebbe successo: né l'incontro, né, nel caso,
una possibile anticipazione degli eventi che avrebbe causato, sia per
me, sia per la trama, drammi incommensurabili.
Potevo partire e staccarli subito, salutandola gelida, facendo la parte
della fidanzata gelosa.
Eppure non ce la facevo, non ne avevo la forza; il peso di Embry, di
tutta la litigata, del segreto, mi gravava addosso come un macigno, e
quello sguardo di Jacob, quella piccola scintilla di luce che vedevo
quando mi guardava e che ora regalava anche a lei era troppo potente
per essere spezzata.
Per la prima volta mi sentii debole, sfinita.
Non ce l'avrei fatta così non mi rimaneva che battere in
ritirata, continuando il mio lento indietreggiamento fino ai bagni,
dove, probabilmente, avrei seriamente pensato ad un suicidio rapido ed
indolore. Mentre camminavo, riflettendo se affondare la testa in water
pubblico fosse abbastanza rivoltante da morire sul colpo, sentii una
presa ferrea che mi strinse il polso.
Mi gelai e, dopo un primo momento, in cui credei che fosse Embry, mi
domandai ci chi potesse essere quella mano gelida e ferma che mi
tratteneva.
Lentamente mi girai e quando lo vidi, lui, dannazione! Proprio lui!,
sentii mancarmi il fiato e il respiro, insieme all'udito e alla vista.
Più o meno morii.
Edward Cullen, tanto per festeggiare il pomeriggio paradisiaco.
Edward Cullen che non mi guardava benevolo, né, tanto meno,
mi degnava del suo sorriso sghembo.
-No, non credo che basti per morire. Prova con i lacci delle scarpe,
magari ce la fai a soffocarti- ribatté; la faccia era
esausta, i segni violacee intorno agli occhi molto più
profondi di quanto ricordassi.
Qualcosa non andava, affatto: lui non doveva stare lì.
-Che ci fai?- le parole mi uscirono senza che io potessi riflettere.
-Osservo- rispose pronto, lasciandomi gentilmente il braccio, che
ritirai rapida, mentre lo fissavo.
-Chi?-
Domanda idiota
, mugugnai tra me e me.
-Esatto-
Sospirai e lo guardai, perché diamine mi aveva fermato?
-Odio i suicidi e ti devo chiedere un favore, ero intenzionato di
chiamarti ma... tenere d'occhio Bella si è rivelato utile-
spiegò, afferrando la mia domanda mentale.
-Si dice spiare, pedinare, perseguitare. Chiamasi stalking, nei casi
peggiori- commentai sarcastica, girando i tacchi e dandogli le spalle.
Non volevo averne a che fare. Sarebbero stati guai e sarebbero state
grane.
-Senti, siamo seri una volta ogni tanto- aveva preso a camminare dietro
a me, cercando di mantenere un tono pacifico.
-Sono calmissima- sbottai stizzita, infilandomi nel bagno delle donne
vuoto, lui mi seguì, sospirando. Alzai un sopracciglio
scettica e dissi: -non sapevo avessi questi orientamenti sessuali,
Cullen- ghignai, mentre chiudevo la porta. A quanto pareva non se ne
sarebbe andato tanto facilmente.
-Sta zitta- sibilò, notando, però, soddisfatto,
che avevo accettato la sua richiesta di parlare. Più gentile
aggiunse: -grazie, però, è che...-
-Cosa ci fai qui? Tuo padre non è partito per
lavoro e tu non lo hai seguito?-
-Avverto del sarcasmo nelle tue parole- commentò,
incrociando le braccia e poggiandosi allo stipite del primo bagno.
-Avverti bene-
-Comunque, volevo... vedere come stava- ci fu silenzio, durante il
quale io guardai il pavimento, contando quante mattonelle fossero
sbeccate e quante no. Un netto vantaggio per le prime.
-e... non sta bene, vero?- mormorò, fissando gli occhi
dorati su di me.
Feci spallucce, mentre mi tiravo su e mi mettevo dritta in piedi.
-Charlie chiama spesso a casa, parla con Billy- lo guardai, capii al
volo che aveva inteso di chi stessi parlando, gli mandai delle immagini
attraverso i pensieri – è preoccupato e
… oggi io l'ho vista per la prima volta da mesi, devo dire
che non è messa proprio bene- aggrottai la fronte, mentre
lui aveva preso a camminare agitato davanti e indietro.
-Lo so, lo so! Ma è per il suo bene!- teneva la testa bassa,
pensieroso. Ogni minuto che passava aumentava l'andatura del passo.
“Se per bene
intendi questo ”...
Prima che potessi autocensurarmi, lui mi fulminò, anche se,
per la prima volta, vidi nei suoi occhi estrema debolezza, come se
qualcosa fosse sparito, sostituito dal vuoto, dall'apatia.
Mi sentii improvvisamente in colpa, come se mi avessero portato davanti
ad un mattatoio, dopo essere stata in bisteccheria. Insomma, mi sentivo
estremamente colpevole.
-Non puoi capire... il... meglio per lei è lasciarla stare;
farle vivere la sua vita in pace, normalmente- sussurrò.
-Forse ha bisogno di te- risposi; in fin dei conti, soffrivo a vederli
separati, e, soprattutto, soffrivo al solo pensiero di vederla salutare
Jake.
-La cosa conviene ad entrambi- disse eloquente, capendo i miei
sentimenti.
-Io non voglio averne a che fare, Edward- ribattei, pronta ad uscire.
-Ti... prego- in un soffio, stranamente, lasciandomi a
fissarlo sconvolta, mi aveva chiesto, gentilmente, pacatamente,
umilmente, un favore.
-Edward, lasciamo che le cose vadano come devono andare, non credi?- sorrisi flebilmente, mentre
riaprivo la porta. -Hai deciso questo? Di lasciarla vivere da sola?
Bene. Fallo. Non darle badanti e non seguirla. Non farai che peggiorare
la cosa. Pensa se ti vedesse, se capisse che io la
“controllo” sotto tuo mandato- feci una smorfia,
immaginandomi ipotetiche litigate e accuse varie.
No, ne dovevo stare fuori.
Era questione di salvare il destino, ciò che era scritto.
Se fossi intervenuta, avrei sconvolto qualcosa già
incrinato; non volevo che Bella si avvicinasse a me e a casa Black,
soprattutto.
-Non è... - provò ad iniziare, senza concludere,
abbassando il volto sconfitto, sfinito. -Okay, capisco la tua scelta
ma... ti prego. Non voglio che le accada nulla. Ti. Prego.- concluse,
probabilmente chiudendosi in se stesso, lasciando da parte i miei
pensieri. Senza fare domande su cosa ci avesse letto dentro,
congetture, piani. Previsioni di un futuro prossimo.
Mentre uscivo da quel bagno, lasciando che Alice, stupita, vi entrasse,
per capire cosa fosse successo, e riprendesse il fratello, mi chiesi
quanto avrei potuto resistere.
Ce l'avrei fatta a sostenere tutto?
Gennaio si avvicinava, ormai eravamo già a Natale.
Ero veramente pronta ad un confronto?
Angolo autrice:
voilat! Sorpresa sorpresona *O* Eccolo di nuovo, il vostro Eddy *O*
Volevo farmi scusare per il ritardo, così ho deciso di
metterlo in mezzo.
Non ho molto d commentare tranne che... sono indecisa se fare o no il
capitolo a luci rosse *accende le lucine di natale* insomma
ò_ò io non sono né capace a
descriverle né a scriverle... bhò. Comunque,
credo ci siano altri 2 capitoli e poi entreremo nel pieno cuore di new
moon; con Isabella, riallacciandoci alla trama, con i dovuti
scombussolamenti, logico. u_u
Waht else... oh, adoro Quil, si capisce? (L)
Visto che vi lovvo tanto, e ho tanto bisogno di screditare Taylor, vi
farò vedere come immagino il vero Jake u_u: Steven
Strait (L)
Passiamo a ringraziare i 76
che la preferiscono, i 20
che la seguono e i 66
che mi hanno tra i loro autori preferiti *-*
Un grazie specialissimo a chi ha commentato (L):
Sammy Cullen: come
canti bene <3; la storia e l'autrice ringrazianoXD
Cioè, ora dimmi, cara, se davanti a due ficoni del genere io
possa decidere subito. E la storia? Dove la metti*ridacchia*? E non te
lo dirò *O* fino all'ultimo *O*
graziaarena: piano
piano, le cose, si delineranno, aspettate un poco, che tutti inizia a
diventare migliore u.u"
Razordbladekisses: lo
so, non aggiorno spesso, circa una volta al mese; ma è
perché: a) un capitolo prima me lo penso tutto,
poi lo scrivo e la cosa è luuuunga; b)ho un bel po' di roba
in cantiere e ho un sacco di idee che se non fermo vanno buttate
all'aria. Mi scuso veramente, ma più di così, una
volta al mese, per me non è possibile aggiornare ^^", spero
tu voglia comunque seguirla, do capitoloni, in compenso u.u su, su! Che
appena arriva Bella Tordella le cose si sistemano -ghigna- pardon, si
ingarbuglieranno *O*
Hilly89: (L)non
muoio mai *O* ho la pellaccia dura, io. Sono lenta, e pigra, e
scansafatica, il che è diversoXD Giuggy *-* ohu dory LLL Ma
povero Embry ç___________ç lui non l'ha fatto
apposta, poveraccio ç_ç *O* che bello, nel giro
di poche righe sono riuscita a salvarlo dalla tua furia devastatrice da
scaricatrice di portoXD Ma certo *sìsì*
tuuuuuuuutto il branco sarà svelato attraverso Laura
Fletcher, la nipote di jessicaXD e non mi maltrattare Voldy
uòu Billy, bill ** sì è notato che
l'adoroXD? Sono felicissima e... grazie, grazie, grazie per i super
commenti (_ _)
lupacchiotta89: dillo
a me XD sto pensando di andare a Salem, nell'oregon e cercarlo a Krys
XD epoi voglio proprio dare spazio ai lupacchiotti (L)
Grazie mille, spero in qualche commento *porge un cappello* e vi saluto.
Alla prossima, spero, presto.
Ah, visto che la prossima sarà verso Dicembre
sarà su natale, logicoXD
Notizia inutile: sono raffreddatissima ._.
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Capitolo 16 *** 16. È arrivata! È arrivata la strega! ***
16.
È arrivata! È arrivata la strega!
Quel sabato mattina si preannunciava perfetto: stesa nel letto di Jacob
l'osservavo dormire beato, la bocca socchiusa, il corpo completamente
nudo, coperto solo dal piumone attorcigliato su di noi. Il suo letto
era piccolo, entrarci in due, soprattutto vista la stazza che aveva
acquistato negli ultimi mesi, sembrava un'impresa impossibile, ma, con
tanta voglia, ci eravamo riusciti.
Dalla finestra filtrava la luce grigiastra di una tipica mattinata a La
Push; sospirai, sfiorandogli leggermente il profilo con un dito,
accarezzandogli i lineamenti, rapita.
Ancora non potevo credere di trovarmi lì, dentro un libro;
mi sembrava assurdo, eppure era così. Ero proprio io quella
persona stretta a lui, al suo torace che si stava via via definendo,
ascoltando il russare leggero.
Sorrisi, mentre lo baciai lenta, appena sfiorandogli le labbra, le vidi
incresparsi in un sorriso, che tentava di essere represso, per poi
tornare a distendersi; risi sommessamente iniziando a fargli il
solletico. Spalancò gli occhi di colpo, mi guardò
furbescamente ed in un attimo mi ritrovai sotto di lui, in preda ad una
crisi di riso.
Con le lacrime agli occhi lo pregai di fermarsi e lui, unicamente dopo
un bel minuto, lo fece, pur stuzzicandomi di tanto in tanto i fianchi
con le dita.
-Buongiorno- lo salutai ridacchiando, cercando di dare una forma a quei
capelli lunghi e scompigliati.
-Buongiorno- ripeté, sbadigliando e stiracchiandosi,
allungandosi su tutto il letto, che sembrava diventato veramente troppo
piccolo per lui.
-Dormito bene?- chiesi, ridendo, mentre mi sedevo sul bordo, ascoltando
attenta i movimenti del piano di sotto. Billy, a causa delle scale,
erano mesi che non saliva al secondo piano, perciò avevamo
sfruttato l'occasione per degli incontri notturni, non propriamente
dichiarati al signor Black. Io, per pulirmi la coscienza, avevo
maturato la certezza che lui avrebbe accettato tranquillamente lo stato
delle cose. Come ho detto, però, era solo una mia ipotesi.
Iniziai a cercare i vestiti per la stanzetta, raccattandoli da sotto e
sopra la sedia, lui si era messo di fianco, osservandomi. Mi coprii
imbarazzata, poi mi voltai e lo guardai male.
-Cosa c'è?- borbottai agitata, ero estremamente a disagio
quando mi fissavano così, soprattutto se ero seminuda e se a
fissarmi era Jacob Black.
-Nulla- rispose, rimettendosi supino -sei veramente carina- concluse,
tranquillo.
Avvampai, torturando con le mani la camicia da notte che avevo
indossato, sorrisi felice, poi, rapida come un lampo, lo baciai,
correndo via ridendo dalla sua stanza.
Quando uscii il calendario con le moto che Quil gli aveva regalato per
Natale segnava il 16 Gennaio. Un ottimo 16 Gennaio, pensai. Ancora non
avevo visto niente.
Passammo la mattinata studiando e ridendo; Billy ci guardava
sogghignando malizioso dal salotto e ci raggiunse solo verso
mezzogiorno, iniziando ad armeggiare con le pentole.
-Sei schifosamente... insomma, io non la capisco questa dannata
geometria analitica- mugugnò, mentre sparecchiavamo il
tavolo dai libri e salivamo a posarli.
-Basta solo farci l'abitudine, e poi... di che ti lamenti? Ci sono io
ad aiutarti. Oggi, per esempio, hai fatto ben due problemi- lo
incoraggiai, lasciando cadere tutto sulla scrivania e girandomi per
andare ad apparecchiare.
-In un'ora e mezza- borbottò lui scontento, seguendomi con
passo mogio -direi che non è proprio una grande conquista-
-Non vedi mai le cose positivamente- scherzai -prima non li facevi
proprio- gli ricordai, tenendogli una mano.
-Uhn... okay, hai ragione- rise, stringendomela e entrando in cucina,
dove prese per me i bicchieri, riposti nella mensola più
alta.
-Oggi pomeriggio scogliera e marshmellows?- proposi, mettendo i
tovaglioli e le posate, mentre Billy serviva la carne in tavola. Devo
ammetterlo, lui e la sua sedia a rotelle erano quanto di più
agile avessi mai visto.
Mi accomodai e vidi Jacob fiondarsi immediatamente sul pranzo, roteai
gli occhi divertita; mentre, tra un boccone e l'altro, mi sorrise e
rispose.
-Ci sto, ne avevo proprio voglia-
Deglutì e si versò l'acqua nel bicchiere, la
bevve velocemente e si voltò verso il padre, allegro.
-Ben due problemi, pà- annunciò, entusiasta.
-Oh, magnifico- rispose l'altro, pacato -abbiamo un nuovo record.
Chissà se una B è contemplata nel futuro
prossimo- ridacchiò, portando via da sotto il naso di Jake
il piatto, ormai lindo e pinto.
-Sei sempre molto gentile- borbottò questo, mettendo il
muso, che non durò più di due secondi, il tempo
di dargli un bacio veloce su una guancia che già sorrideva a
trentadue denti.
Dopo pranzo uscimmo di casa. Diluviava, come sempre; però,
chiusa dentro il pick up, ben calda nel mio cappotto, mentre aspettavo
che ritornasse dal supermarket sorrisi, contenta.
Il Natale era passato nel migliore dei modi: il pomeriggio lo avevo
speso con Sam, mentre la sera, io e la famiglia Black, l' avevamo
trascorsa a casa dei Clearwaters.
Era stato bello, divertente e completamente fuori dai miei standard di abitante del mondo reale.
E poi, bhé, poi quella notte era stata speciale.
Lo vidi rientrare nell'abitacolo e posare la busta di carta tra di noi,
iniziai a frugare e sorrisi entusiasta, lo guardai e lo bacia
lentamente, con amore.
Mise in moto e partimmo verso la scogliera; aveva abbassato il
finestrino dalla sua parte, facendo così entrare qualche
goccia e il vento fresco e pungente. Le nuvole si ammassavano sopra
l'Oceano, man mano che ci avvicinavamo si sentiva sempre di
più il rumore delle onde, nonostante fosse coperto dalla
musica della radio, squillante e allegra.
Una volta arrivati nello spiazzo d'erba davanti al precipizio, spense
la macchina e calò il silenzio.
Mi voltai e gli sorrisi, stringendomi rapida a lui, che
ridacchiò, cingendomi le spalle con un braccio.
Si sentiva solo lo sbattere del mare sulle rocce il battito regolare di
Jacob; avevo posato la testa sul suo torace, che si abbassava ed alzava
lentamente, mentre avvertivo il suo mento, che poco alla volta si stava
smussando, poggiato sulla mia testa.
Il rumore della busta che si apriva e quello delle sue mascelle
muoversi mi fece risvegliare. Alzai lo sguardo e gli sorrisi, mentre mi
rimettevo seduta con la schiena dritta.
Infilai anche io una mano nel sacchetto e presi un mashmellow,
addentandolo pensierosa.
-Odio questo tempo- borbottò Jake, quasi azzannando un altro
dolce innocente.
-Non è male- cercai di sdrammatizzare; sinceramente, dopo un
po' di tempo la penisola Olimpica e il suo tempo diventavano quasi
divertenti e affascinanti, logicamente con Jacob Black come compagno
tutto si vedeva con una prospettiva rosea e ottimistica -se ci fosse il
sole non potrei stare qui con te- scherzai, stringendogli una mano.
Effettivamente, però, lui era il mio sole. Era un sole a
sé stante, capace di esistere anche se tutto il resto fosse
scomparso.
C'era lui, e basta.
Rispose, stringendo a sua volta, spostò lo sguardo e
sorrise.
Le labbra si distesero e gli zigomi alti andarono ad assottigliare gli
occhi, ridotti a due piccole linee sottili e gioiose; i denti,
perfettamente bianchi, contrastavano lo scuro della sua pelle.
-Hai ragione- ridacchiò, chinandosi su di me e poggiando le
labbra ben delineate sulle mie. Ne avvertii il calore, il sapore
zuccherato e mi lasciai andare.
Poggiai sulle sue guance le mani, mentre le sue finivano tra i miei
ricci, scompigliandoli ancora di più. Lo sentii giocare con
un boccolo, tirandolo divertito. Quando ci staccammo, quasi per
riprendere fiato, sorrisi beata, lasciandomi avvolgere da lui.
-Perfettamente ragione- ribadì, ridendo, sfiorandomi il naso
con il suo.
Lo vidi guardare fuori, rapido, poi fischiettò un motivetto
allegro, spensierato.
-Cosa c'è?- sospirai; sapevo, infatti, che quello sguardo
non prometteva niente di buono.
Iniziò a giocherellare con il pirulino del fermo porta, poi
scese a smanettare con la manovella per abbassare il finestrino. Il
fischiettio era sempre più flebile e e irregolare.
-Jake, che devi dirmi?- ripetei, fissandolo dal basso. Si
portò rapido una caramella in bocca.
-Nh, niente- biascicò, deglutendo; la faccia,
però, rimaneva quasi cupa e tetra.
-Jake, ti conosco: quando corrughi le sopracciglia in quel modo- lo
indicai in mezzo alla fronte, dove si erano venute a creare tante
piccole rughe -e sfoghi la pressione così- spostai
l'attenzione sulle sue dita, con le unghie mangiucchiate -devi dirmi
qualcosa- conclusi, dandogli un piccolo buffetto su una guancia.
Sorrise flebile, stringendomi un po'.
-Scoperto- ammise, il tono scherzosamente rassegnato.
Erano strani, quei momenti; quasi sospesi nel nulla, a picco su una
scogliera.
-Allora?- lo incitai, sfiorando il palmo ruvido della sua mano.
Era chiaro, calloso, di sicuro reso così dalle ore di
laboratorio di falegnameria e dalla sua strana mania di non mettere i
guanti.
-Bhé, stavo pensando a quelli-
borbottò, sbuffando e stringendomi le dita, catturandole
all'interno della sua mano, che era quasi il doppio della mia.
Sospirai, chiudendo un attimo gli occhi.
-Jacob, sai cosa penso...-
-Sam mi guarda in modo strano!- ribatté, allarmato,
agitandosi sul posto.
-Non ti guarda in modo... strano- storsi il naso, pur non interrompendo
il contatto con lui.
-Invece sì; per esempio quando passa a prenderti, per uscire
con lui- iniziò, spostando lo sguardo su di me, alzando un
sopracciglio critico.
-Jake, non esco con lui da Natale... e avevamo già
affrontato il discorso. Ergo, come minimo non lo vedi da quasi un mese-
argomentai, tirandomi su e sprofondando sullo schienale del sedile.
Mugugnò qualcosa, colpito nel vivo; ridacchiai e gli scuotei
un po' la mano.
-Non fare l'offeso- scherzai, avvicinandola alla mia bocca, la baciai
piano e sorrisi -io amo solo te, capito?-
Dopo aver detto questo mi bloccai. Mi sentii strana, come una persona
ferma davanti ad una gigantesca onda, che attende solo di sentire lo
schianto, la forza dell'acqua buttarla a fondo, entrarle nei polmoni.
Era la prima volta che glielo dicevo: ti amo.
Non è neanche così difficile a pensarci. Sono
solo due parole, per di più brevi.
Probabilmente abbiamo deciso di farle così perché
prima di dirle con sincerità passa talmente tanto tempo che
diventiamo impazienti. Quando siamo sicuri di ciò, pieni di
forza, non possiamo attendere oltre.
Lo ripetei in testa milioni di volte nell'arco di pochi
secondi: ti amo, ti amo,
ti amo, ti amo.
Sorrise dolce e mi baciò leggermente. Starnutii non appena
si staccò; era tramontato il sole ed iniziava a fare
veramente freddo, nell'abitacolo della macchina i nostri respiri
incominciavano a diventare leggere nuvolette di vapore.
-Andiamo?- propose, mantenendo la voce bassa, come se non volesse
spezzare quell'attimo.
Annuii e in poco tempo fui nuovamente investita dal calore che usciva
dalle bocchette della macchina.
Ritornammo a casa, in silenzio, godendo della vecchia musica di una
radio che trasmetteva successi degli anni '50. Ogni tanto ci guardavamo
e sorridevamo.
Silenzio. Felicità.
Scendemmo dall'auto veloci, correndo a ripararci sotto la veranda.
Piovigginava. Entrammo e salutammo Billy, assorto nella lettura di un
libro dalla copertina bianca.
Mi tolsi le scarpe sporche di fango all'entrata, infilandomi le mie
adorate pantofole pelose e verde mela, un magnifico regalo di Quil;
Jacob fece lo stesso, rimanendo, però, solo con i calzini.
Si buttò sul divano sospirando soddisfatto,
sprofondò e sul suo viso si venne a creare, poco a poco,
un'espressione beata.
Mi sedetti accanto a lui, gettando la testa all'indietro.
-Film?- suggerì, aprendo solo un occhio, pigro.
Ridacchia, andando a cercare una cassetta da mettere. Il lettore DVD
non era contemplato a casa Black. Ne infilai una nel videoregistratore,
una commedia romantica, e mi rimisi al mio posto.
Lui, veloce, si sdraiò, poggiando la testa sulle mie gambe.
Iniziai a sfiorare i capelli, disordinati; il viso, avvertendo un
leggero pizzicorio dove la barba stava crescendo; il collo, che
sembrava diventare giorno dopo giorno sempre più possente.
Sospirai felice, e gli accarezzai la nuca, iniziando a guardare il film.
Billy ogni tanto ci lanciava qualche occhiata, ritornando a leggere
sogghignante.
Dopo mezz'ora suonò la porta; mi alzai velocemente,
sgusciando via dal testone di Jake, che mi aveva quasi bloccato la
circolazione delle vene. Superai Bill, che era già partito
per andare ad aprire e lo precedei.
Quando spalancai la porta non avrei mai e poi mai immaginato cosa,
chi!, ci potesse essere dietro.
Ho una memoria molto spesso fallace, e, sorvolando sul fatto che avevo
dimenticato l'ordine cronologico della trama degli ultimi due libri,
non mi sarei mai e poi mai aspettata di trovarmi Bella Swan davanti a
me.
Era pallida, smorta: le occhiaie profonde le cerchiavano gli occhi
sfuocati, come se avessero perso ogni segno di vitalità; i
capelli le cadevano quasi davanti al viso e quando alzò la
testa per vedermi se li spostò, rapida, ma questi
ritornarono come prima; le mani erano infilate nelle tasche dei
pantaloni, quasi cercando di sfondarle.
Smisi di respirare per un arco di tempo che mi parve infinito. Lei,
allo stesso modo, mi guardò, a disagio.
-Hey, chi è?- la voce rauca di Jacob risuonò
nelle mie orecchie, come se giungesse da un canyon lontano, remoto.
E, in qualche modo, era così. Il mio mondo, il mio vecchio e
perfetto mondo era caduto in fondo ad un burrone, probabilmente in un
fiumiciattolo che ora lo trascinava via.
Ora non rimaneva che il deserto, la sete, la fatica.
Tutto per colpa di lei: Isabella.
Il terrore mi invase e strinsi convulsamente le dita all'anta della
porta.
-Ehm... ciao- mi feci coraggio e parlai, prendendo fiato.
-Ciao... - iniziò, poi spalancò gli occhi, come
se non si ricordasse di me.
Pensai che, dopo il periodo di depressione che aveva percorso e che
ancora stava percorrendo, la cosa doveva essere normale.
-Laura- dissi, spostandomi un po', macchinalmente, facendola entrare.
Ora, se fossi stata una persona normale le opzioni per recidere sul
nascere problemi futuri potevano essere molteplici e fantasiosi.
Primo: prenderle la testa e iniziarla a sbattere violentemente contro
lo stipite, finché non notavo che il sangue colava.
Lasciarla cadere a terra, rientrare e dire che era solo un venditore
porta a porta.
Seconda opzione: chiuderle la porta in faccia, sperando di trinciarle
un paio di dita nell'azione. Magari metterle nel ragù della
cena e sentire i complimenti di Billy per il sapore. No, ripensandoci,
quello è cannibalismo; però, lo devo ammettere,
al tempo mi sembrava una plausibile e affascinante soluzione.
Terza: farla entrare, sì, ma appena mi avesse dato le spalle
prendere un ombrello e iniziarla a picchiare con rabbia, magari
rigirandola poi, una volta tramortita, e piantarle la punta in mezzo
alla fronte. Ottima soluzione, peccato per il sangue sparso per casa
con conseguente pulizia e perdita di tempo. E, per di più,
non c'erano ombrelli a casa Black: Jake ne distruggeva uno alla
settimana e quindi il mio, l'unico superstite, se ne stava acquattato
in camera mia, sotto il letto.
Purtroppo, però, non ebbi la prontezza d'animo e di azione
per compiere tali cose.
Altrimenti la storia sarebbe finita qui, non vi pare?
Lei rimase ferma sulla porta, guardandosi i piedi, in imbarazzo. Per un
attimo ricordai il viso di Edward ed ebbi una stretta al cuore.
Era così dannatamente fragile, studiandola provai una strana
sensazione: mi immaginai in un'altra situazione, io al suo posto, io
privata del mio amore.
Quasi boccheggiai all'idea. Accumulando tutta la gentilezza che mi
scorreva nel corpo le sorrisi, cordiale, invitandola ad entrare.
Lei tentennò per un istante, poi entrò.
Lanciò un'occhiata a Billy, che la fissava, tra lo stupito e
il contento; probabilmente sapeva già della sua condizione
dalle telefonate che intratteneva con Charlie. Mi capitava, a volte, di
cucinare, mentre lui rimaneva attaccato alla cornetta a tranquillizzare
l'amico e quindi di ascoltare tutte le discussioni.
“Bella si
riprenderà”
“Le
passerà tutto, Charlie”
“Tranquillo,
amico, sono fasi. Anche a Rebecca era successa una cosa del
genere...”
Ma niente, in passato, aveva calmato le ansie paterne del capitano
Swan, che passava molto del suo tempo con l'espressione corrucciata
anche a lavoro, da quanto mi riferiva Sam.
-Hey, Laura chi...- vidi la figura imponente di Jacob avvicinarsi con
passi pesanti, che quasi fecero tremare la casa.
Si bloccò, guardando me e lei; sbatté le
palpebre, quasi per rendersi conto della cosa, poi, in un attimo, si
aprì in un sorriso.
Sorriso numero due: fuori
di sé dalla gioia.
Vivendo con lui avevo iniziato a distinguere tutti i tipi di sorrisi
che possedeva, ogni occasione ne aveva uno.
Questo, per esempio, era di secondo tipo; infatti si vedevano le
gengive rosee e le braccia erano leggermente aperte.
Bella sorrise, a disagio e lo salutò con la voce fievole.
-Ciao Jake- sussurrò, facendo uscire una mano dalla tasca e
passandosela tra i capelli.
-Bells!- esclamò lui, andandole incontro, allegro.
Gli occhi scuri erano vivaci, gioiosi.
-Come mai qui?- le domandò, sorridendo.
Io rimasi dietro di lui, osservandola. Non avevo la più
pallida idea di cosa fare.
-Bhè... volevo...- si zittì, guardandosi intorno,
leggermente sospettosa, poi disse veloce: -senti, puoi uscire?
È una cosa... lunga- tagliò corto, cercando di
risultare il più naturale possibile.
-Oh, capisco- rispose lui, grattandosi la testa in
difficoltà. Poi allungò l'occhio e
inchiodò gli scarponi anfibi che si era tolto si
avvicinò ad essi, mentre lei lo seguiva, la schiena
leggermente curva.
-Usciamo, allora?- la incitò ad aprire la porta, con
noncuranza, risultando calmo.
Feci lo stesso e indossai i miei stivali, fissando si sottecchi Billy,
che faceva lo stesso con noi, usando il libro come alibi.
Uscimmo rapidi, tutti e tre. Jacob stava tra noi due.
Sogghignò, guardando il pick up di Bella accanto al
capannone che usava come garage.
-Allora funziona ancora- ghignò, gonfiando il petto
orgoglioso.
-Ottimo lavoro, meccanico- ridacchiai, allungandogli un palmo, che
batté, sogghignando.
Bella ci guardò un attimo, afflitta, poi guardò
verso la sua automobile e ritornò alla sua apparente
pacatezza.
Jake ritrasse velocemente la mano, come capendo di essere fuori luogo,
io sentii la mia bruciare, a disagio.
Guardai sul retro del pick up, c'era qualcosa, coperto da un
lenzuolaccio sporco e logoro.
-Cosa c'è là sotto?- domandò curioso
Jacob, avvicinandosi rapido.
-Il motivo della mia visita- sorrise Bella, andandogli accanto e
alzando lo sguardo per studiarlo.
Non credo che gli umani possano produrre veleno, per lo meno non vero e
proprio veleno; eppure, in quel momento, avvertii una strana sensazione
di acido e amarezza sulla punta della lingua e l'istinto di saltarle al
collo, uccidendola.
-Cioè?- dissi, cercando di farle staccare gli occhi dal mio
ragazzo.
Jacob fu più lesto e con un gesto secco tolse il telone che
copriva le due moto. Le due ferraglie, sarebbe meglio dire.
-Mi hanno detto che sarebbe stato meglio buttarle- disse Bella
-però mi sono ricordata che tu sei un ottimo meccanico e
quindi ho preferito consultarti-
Jake girò intorno al pick up, scrutando con interesse gli
scheletri poi si grattò un po' il mento, pensieroso.
-Diagnosi?- domandai, fingendomi interessata.
-Si possono riparare- rispose allegro lui.
-Oh, veramente?- la voce di lei si era fatta più accesa,
viva; guardava con interesse i mezzi.
-Sì, ci metteremo un po' di tempo e anche un po' di soldi...
ma è qualcosa di fattibile- sorrise -le puoi lasciare qui...
se per te non ci sono problemi oppure... non so...- impacciato, la
guardava.
-No, va benissimo qui- mugugnò lei, rapida. -Ti do una mano
a scaricarle- si allungò verso una delle moto.
La fissai bene e trattenni l'istinto di scoppiare a ridere, amara. Era
più probabile che io mi alzassi di colpo di cinquanta
centimetri che lei riuscisse anche solo a sollevare il manubrio di una
di quelle motociclette.
Jacob ridacchiò e ne prese una da solo, senza sforzo. Io non
ne rimasi stupita più di tanto, ero abituata a questi scatti
di questa indicibile forza, inumana, quasi. Lei, al contrario, lo
fissò sconvolta, non nascondendo lo stupore.
-Senti... a proposito del … portarle a casa mia, non credo
sia una buona idea- sospirò, entrando ne garage, dopo che
Jake aveva portato anche l'altro motociclo.
Si girò a guardarla stranito, io borbottai qualcosa di
incomprensibile tra di me -un insulto, per la precisione.
-Come mai?- domandò curioso lui, lanciando un'occhiata ai
mezzi.
-Bhè, mi piacerebbe imparare a guidarle e volevo chiederti
se mi potevi dare qualche lezione-
Oh, cara, te ne potrei
dare una io, di lezione. Come sparire all'istante.
Sbattei gli occhi: bene, tutte le buone intenzioni erano sparite. La
pietà provata appena era arrivata era volatilizzata,
lasciando spazio ad un astio ben più naturale.
-Oh, non ci sono problemi- sorrise Jacob, già pregustando le
future lezioni.
Fui sinceramente tentata dall'uccidere anche lui. Magari triturandolo e
usandolo come combustibile biologico per la macchina.
-Un problema c'è: Charlie... ecco, preferirei che non lo
sapesse... sai com'è fatto, si innervosirebbe, farebbe
storie e altre cose così- spiegò lei, adagio.
Lo stava testando, stava vedendo come reagiva a quella frase.
Lo stava usando, la bastarda.
Chiusi un pugno, irritata e finsi di non provare nulla.
-Bhè, non è un problema- ridacchiò
lui, avviandosi verso l'uscita.
-Veramente?-
-Sì, tanto papà non si può muovere e
quindi non vedrebbe niente e per me non è assolutamente un
problema- rise, allegro.
Per me invece
sì. Gigantesco.
- Allora è fatta- esultò pacatamente lei,
dirigendosi verso il suo dannatissimo e sgangherato pick up.
Magari fosse saltato in
aria, magari!
-Fatta- ribadì lui, fermandosi e guardandola salire. Di
colpo però aggiunse: -Hey, Bells, ti va di rimanere a cena?-
Alzai lo sguardo sconvolta: cioè la invitava ad
una cena dove avrei cucinato io e neanche mi chiedeva se andava bene.
Era completamente impazzito.
Bella notò il mio sguardo e improvvisamente
abbassò il suo sul volante, mentre girava la chiave.
-No, Jake, non preoccuparti. Charlie mi aspetta- alzò la
testa e sorrise, flebile.
La macchina si iniziò a muovere, ci salutò dal
finestrino. Sparì in pochi secondi, ma che per me furono fin
troppi.
Mi voltai e rientrai veloce, aveva iniziato a piovigginare di nuovo.
Lui mi seguì, più adagio.
Probabilmente non aveva capito niente, non aveva capito la mia rabbia,
la mia frustrazione, la mia paura.
Era un maschio e non capiva niente.
Iniziai a preparare la cena, ma non ne mangiai quasi niente;
punzecchiai la mia fettina con noia, cercando di sfogarmi un po' sulle
patate, quasi trafiggendole con il coltello.
Jacob si spazzolò tutto, si alzò, ripose i piatti
nel lavandino e urlando “li faccio dopo” si
buttò sul divano a vedere uno stupido programma, tanto per
criticarlo.
Era divertente, di solito: mettersi lì, ridere, scherzare,
prendere in giro stupidi personaggi senza cervello.
Peccato che il mio, di cervello, era partito per un'altra meta.
Salii le scale tetra, sentendomi le occhiate di Billy perforarmi la
schiena e mi chiusi la porta della mia stanza dietro.
Quindi la guerra era iniziata.
Bella era arrivata e il gioco era stato aperto.
Ora dovevo solo pensare ad un contrattacco.
Angolo autrice:
faccio pena. Schifo. Ripugno molti di voi, probabilmente. Ma alla fine
il capitolo sono riuscita a scriverlo. Metà a scuola,
metà in giro. Non so cosa ne è uscito, ma un
pochino mi piace :) si riprendere l'ironia, gente.
Ho ripreso a leggere New Moon per voi, cercherò di
riprendere tutti i capitoli... logicamente con me dentro
ùù"
Passo a ringraziare gli 84 che la preferiscono (urca quanti siete!); i
28 che la seguono (sempre tanti ♥) e gli 85 che mi hanno tra
i loro autori preferiti.
Ringrazio, inoltre, le due sante donne che commentano, e che amo,
tanto, tanto ♥
Sammy Cullen: Quiò
è l'Uomo. Quello perfetto XD. L'adoro, lo sai, no? -.-
Povero Sam -.-" Ma secondo me Edward l'ha sempre pedinata, il primo
periodo XD E non rompere. Esigenze di trama ùù
Hilly89: oddio
3 visioni XDOddio pochaontas. Non apsettarti logica nel risponderti
ùù Quil è tipo da camomilla, dai XD
AAAAAAAH VENGO A LAVORARE DA TE *O* -no, mi spiace, la trama ha
già deciso per il mio futuro ùù- Come
hai visto non ho ucciso Bella ùù L'ho pensato, ma
non fatto ♥
Ho finito, sono di fretta, una mole di inglese mi attende *O*
Là
Notizia inutile: buonanotte ♥
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Capitolo 17 *** 17. Forse sì, forse no. Un anziano mi consiglia, una giovane mi sveglia ***
17.
Forse sì, forse no. Un anziano mi consiglia, una giovane mi
sveglia
Qualche giorno dopo, un martedì pomeriggio come tanti, mi
ritrovai in salotto, con i libri sparsi sul tavolo; i miei occhi, che
guizzavano verso la finestra con fare quasi ossessivo, non riuscivano a
concentrarsi per più di due minuti sui paragrafi di
filosofia.
Mi sentivo come un cervo nel bosco, con la stazione di caccia
aperta: sapevo che lei doveva arrivare; prendere il mio compagno e
lasciare il mio piccolo mondo devastato. Sarà stupido dirlo,
ma in quel momento mi sentivo affine, come non mai, a Bambi.
Sbuffai e chiusi i libri; li impilai ordinatamente, cercando di usare
quella piramide letteraria come sfogo per le idee, che si accavallavano
e urtavano la mia calotta cranica. Avrebbero finito per sfondarmela, ne
ero sicura.
Coronai la mia torre personale con l'astuccio e raggiunsi Jacob, seduto
sul divano, davanti al televisore, intento ad uccidere qualche zombies,
le cui cervella sprizzavano come una bottiglia di coca-cola agitata e
appena aperta.
Spingeva in modo compulsivo i tasti colorati, borbottando improperi
contro i suoi avversari: maledizioni e imprecazioni. Lo guardai e
sorrisi.
-Hai un po' di bava qui- ridacchiai, indicandomi i bordi delle labbra
-da quanto non deglutisci?- scherzai, mentre lui, con un gesto rapido e
fulmineo dell'avambraccio, si ripuliva la bocca.
Sospirai e poggia la testa sulla sua spalla. Sembrava di stare su un
trapano pneumatico: tremava e pigiava così forte che ero a
mia volta tutta scossa. Lo guardai male e borbottai: -Jake, non ti pare
esagerato passare un pomeriggio così?- gli baciai veloce il
collo e tornai a fissare lo schermo, che lampava di spari e spargimenti
di sangue.
-Ho quasi finito il livello- rispose veloce, non staccando gli occhi
dalla TV.
Roteai i miei e gli cinsi il collo on le braccia,
stringendomi un po' a lui. Iniziai a baciarlo lentamente sotto il
mento, sogghignando. Si irrigidì un attimo e
abbassò lo sguardo, quel tanto che bastava per permettere ad
un mostriciattolo di abbatterlo. Si sentì il rumore
dell'esplosione e la musica funerea del game over.
Spalancò la bocca, sconvolto, poi si alzò,
farfugliando frasi confuse e arrabbiate, e spense il televisore. Si
voltò cupo e mi squadrò con fare omicida. Con una
falcata si mise in piedi davanti a me, che gli sorridevo con fare
amabile.
-Lo sai cosa hai fatto?- mi chiese, alterato.
-Sì. Ti ho baciato- gli risposi, trattenendo le risate.
Lo adoravo; lui e le sue espressioni imbronciate, che non duravano
più di qualche ora. In quell'occasione, però,
superò se stesso.
Il tempo di stringergli la mano e ributtarlo accanto a me che
già si era aperto in un sorriso e mi stritolava nel suo
abbraccio.
-Pagherai questo affronto- mi minacciò, mentre iniziava i
pungolarmi i fianchi con le dita.
-No... no... no- provai a divincolarmi, ma ormai eravamo scoppiati
entrambi e ridere. Io attorcigliandomi e tentando di sgusciare via da
lui, che mi teneva ben ferma sotto il suo corpo.
La tortura finì dopo poco; entrambi avevamo il respiro
affannato. Ci guardammo un momento, con le labbra distese. Sentii il
calore della sua bocca sulla mia e sospirai, accarezzandogli i capelli
lunghi e lisci, che mi scivolavano tra le mani. Quando ci staccammo
posò la fronte sulla mia spalla e ridacchiò.
-Laura 1, videogiochi 0-
Ancora stavamo ridendo, che suonò il campanello.
Ascoltai attenta, ah! Se non ero diventata un cervo, la sedia a rotelle
di Billy scricchiolare fino all'entrata ed aprire. Jacob si ricompose
ed si alzò; mi sedetti ed attesi quasi con gli occhi chiusi
quella dannatissima voce.
-Buongiorno Billy...- balbettò impacciata Isabella.
Jacob era già scattato a mettersi gli anfibi: da bravo
“amico”quale era aveva capito -sotto esplicito
comando- che Billy non doveva sapere nulla e che Bella provava
imbarazzo ad entrare a casa.
Mi alzai stancamente e lo seguii; mi piegai ad allacciarmi le scarpe,
mentre il mio ragazzo aveva già raggiunto la porta e
scavalcato il padre con una mossa fluida.
-Hey Bells! Eccomi- sorrise, salutandola allegro.
Li fissai attentamente: un condor avrebbe scrutato una carcassa con
meno cura.
Il viso della ragazza si distese, aprendosi in un sorriso.
Dannazione, dannazione, dannazione.
Stava bene non appena lo vedeva e questo non andava bene, non andava
affatto bene. Mi schierai dietro di lui, affianco a Billy, che li stava
studiando a sua volta.
-Ciao Bells, qual buon vento?- mormorai sarcastica, fuori imperversava
un vero e proprio acquazzone. Mi guardò un momento e
lanciò uno sguardo rapido a Jake, che le sorrise a disagio e
la fece girare, prendendo l'ombrello e avviandosi verso il garage.
-Sarcasmo?- abbassai la testa verso Bill, che mi guardava attento e
leggermente divertito.
I due erano già spariti sotto la pioggia.
-Guerra, suppongo- borbottai, sbattendo la porta e inoltrandomi a mia
volta nel giardino annacquato. Tirai su il cappuccio e corsi il
più velocemente possibile verso il capannone; aprii il
portellone pesante con un po' di fatica.
Vidi un'immagine ferma: Bella che si gelava, tenendo in mano una chiave
inglese, Jake che analizzava con calma le due motociclette.
-Oh, pensavo fosse Billy- disse Bella, sciogliendosi un po'.
-Eh già, faceva sci nautico sul fango- commentai amaramente,
entrando e chiudendomi la porta dietro.
-Ho fatto una lista degli oggetti che ci servono- annunciò,
cercando di risolvere quel momento di imbarazzo, Jake; si rimise in
piedi e si pulì le mani sui pantaloni. Lo fulminai,
minacciosa: quella settimana ero io a dover fare il bucato.
Lui scostò lo sguardo e sorrise.
-Oh, bene. Dove pensiamo di prenderli?- chiese lei, rimanendo poggiata
ad una delle colonne portanti di legno.
-Ieri, all'uscita di scuola, sono passato alla discarica...-
iniziò Jacob. Arricciai il naso al ricordo di quel
devastante ritorno a casa. -Ho trovato un bel po' di roba-
continuò, allegro, voltandosi e prendendo in mano uno
straccio, nel quale erano avvolti dei pezzi di ferro indefinibili ed
unti di olio.
Bella li guardò, aprendo la bocca per rispondere, ma la
richiuse subito, interdetta. Sorrisi tra me: più o meno era
stata la stessa reazione che avevo avuto io quando Jake me li aveva
mostrati.
-Oh, bene. Forte- ripeté, annuendo, come per convincersene.
-Lo so! Non puoi capire quante cose nuove buttano!- esclamò
eccitato. Avevo la paura che potesse ritornare in quella landa desolata
che era la discarica.
Sorrisi, guardandolo. Era bello, solare, spensierato.
Come il sole dei primi giorni di primavera: limpido, rassicurante Senza
nubi, preoccupazioni.
Per quello c'era lei, aggiunsi in testa, spiandola con la coda
dell'occhio.
Mi avvicinai al mio ragazzo e mi sedetti sul divanetto; Bella, come
autorizzata dal mio gesto, si mise affianco a me, sorridendo a sua
volta a Jake. Voltai velocemente la testa e la guardai di sfuggita,
tornando a fissare gli scheletri delle due moto.
-Per il resto come pensiamo di fare?- spinsi la conversazione. Odiavo
il silenzio in quelle situazioni, lo detestavo. Mi imbarazzava: non era
come quando eravamo solo io e lui, era più soffocante,
innaturale.
-Possiamo comprarli. Non dovrebbero venire più di cento
dollari... se poi li dividiamo per due sarebbe una sciocchezza-
propose, guardando allegro l'amica. Questa scosse immediatamente la
testa e protestò.
-Non se ne parla. Tu metti la manodopera e io la materia prima. E
poi...- ridacchiò ironicamente -tu sei più
piccolo. Quella che lavora, ha un salari ed è maggiorenne
sono io- sorrise furba.
Jacob la guardò male, sbuffò e la
inchiodò con gli occhi scuri.
-Hai sedici anni, no?- poi si voltò verso di me, arrossendo.
Alleluja, si era finalmente accorta che stava esagerando!
-Abbiamo- precisai.
-Sì, ma non vuol dire niente; considerando le mie
abilità meccaniche direi che raggiungo tranquillamente i
venticinque anni- ghignò Jake, chinandosi e iniziando a
smanettare con il motore, pulendo i pezzi e studiandoli attentamente.
Poi ci guardò e ghignò: -Che fate? Non ribattete?-
Aveva trovato un gioco. Mi alzai e mi misi accanto a lui, in piedi,
cercando di seguire i suoi movimenti sicuri, guidati da anni di
esperienza. Da brava donna quale sono non ci capii nulla,
così come Isabella, ed i suoi movimenti si riducevano
semplicemente ad una serie di smanettamenti vari.
-Allora?- rimbrottò.
-Suppongo che le ripetizioni di matematica mi portino ad un livello
universitario- mi burlai, chinandomi dietro di lui e legandogli meglio
i capelli, che erano scesi a dargli fastidio. Maledii la presenza
dell'intrusa e quindi l'impossibilità di approfondire il
gesto. Mi rimisi in piedi e le sorrisi.
-Cucino, e vi raggiungo- scherzò, zittendosi un attimo e
chiedendo svelta: -come mai ripetizioni?-
-Incompatibilità- mugugnò sbuffando
l'interpellato.
Da quel momento in poi la discussione abbandonò
l'età e si spostò sulla scuola. Bella chiese come
stessimo svolgendo il nostro secondo anno, aggirando, accuratamente,
ogni episodio che potesse ricondurre al come io e lui ci fossimo
conosciuti e messi insieme.
Dopo due ore alzai lo sguardo e sussultai: erano ormai le sei e sarei
dovuta andare ad un appuntamento con Quil mezz'ora prima.
-Hey, cos'hai?- domandò Jacob, vedendomi scattare in piedi.
-Che diamine! Quil doveva ridarmi degli appunti-
-Quil... che nome strano- commentò bella. Il mio ragazzo
sorrise.
-Lo ha preso dal nonno, nomi nativi- spiegò.
Aprii la porta e lo trovai fuori, completamente zuppo, che mi fissava
tetro.
-Oh... Quil- lo feci entrare sorridendo in imbarazzo.
-Non so... avevi intenzione di farmi morire affogato!?-
sbottò, togliendosi il cappotto e buttandolo su una sedia
sfondata. -mezz'ora sotto l'acqua, non rispondevi al telefonino!-
-Ma perché non hai provato a casa- ribattei sulla difensiva.
-Perché l'appuntamento era all'incrocio e a casa non
rispondeva nessuno!-
-Su, non esagerare... hai preso solo un po' d'acqua- cercai di
sdrammatizzare, guardandomi intorno cercando di trovare qualcosa capace
di asciugarlo. Mi trucidò con le sole iridi.
-Abbiamo due concetti differenti di poco-
commentò, posando lo zaino, che ormai aveva cambiato colore;
lo aprì secco e la zip si ruppe. Strinse un pugno, chiuse
gli occhi e respirò a fondo.
-Oggi non è giornata, eh?- Tentai di scherzare. Lui tolse
brusco il mio quaderno dallo zaino e me lo porse: era completamente
bagnato.
-Evitiamo di parlarne- non finì la frase che si
bloccò. Finalmente si era accorto di Bella ed ora la fissava
sorridendo, in modo quasi ebete.
Jacob ridacchiò, quasi forzatamente, avvicinandosi e
presentando i due.
-Bella, lui è Quil, Tonto, lui è Bella-
Credo che gli uomini abbiano un vocabolario tutto loro, in cui ogni
lemma comunque ha un'infinità di traduzioni. Prendiamo come
esempio questa frase. Se io avessi presentato Jake ad Isa, sicuramente
avrei assunto un tono distaccato; loro, al contrario, si minacciavano
solo con uno sguardo. Parafrasando, quindi, avremmo dovuto intendere:
Bella, lui è il mio amico gay, Essere pericoloso, lei
è affare mio.
Alzai un sopracciglio e mi domandai se Jacob avesse intenzione di
marcare il territorio.
-Piacere- Bella allungò la mano, amichevole; quil la
strinse, non staccando gli occhi a lei. Rotei ai miei, sentendomi in
dovere di prendere la testa di entrambi i due idioti e sbatterle
convulsamente tra di loro.
Il nostro amico allungò lo sguardo e captò la
moto, per un istante scordò la ragazza, attratto dal ferro e
dall'unto di quei rottami. In men che non si dica lui e Jake iniziarono
a discutere su quel pezzo e quel modello, senza che né io
né Bella ne capissimo qualcosa.
-Strani, eh?- si rivolse a me, cercando di abbattere quel muro gelido
che avevo tirato su da ore.
-Assurdi- risi, avvicinandomi a l'unica finestra, guardando la foresta.
-Probabilmente è genetico- suggerì, divertita.
-Lo daranno in dotazione con il cromosoma Y. Tolgono un po'
d'intelligenza e ci ficcano qualche bullone- scherzai. Io e lei ci
ritrovammo faccia a faccia, entrambe più serene. Il suo
viso era più rilassato, potrei giurare che anche
il colore fosse più roseo e meno cereo. Mi accorsi in quel
momento che era alta praticamente quanto me e la cosa, stupidamente, mi
fece sorridere.
-Tu stai sempre con loro?- indicò con il pollice i due,
ancora assorti in elucubrazioni meccaniche.
-Direi di sì-
-Potrei sbagliare ma... non c'era anche un altro ragazzo?-
domandò, cauta.
Come mai faceva tutte queste domande? Si era sciolta anche con me.
Ero confusa; Isabella, con me, era sempre stata chiusa e schiva, le
poche volte che mi aveva parlato lo aveva fatto o con sospetto
o con stizza. Ora cosa era cambiato?
-Sì, Embry- rispose veloce, abbassando la voce. -Ma
ultimamente si è un po' allontanato-tagliai corto. Il
discorso non mi piaceva. Il ricordare Embry mi faceva aggrovigliare le
budella e mi saliva la nausea al solo pensiero di quanto potesse
soffrire.
Quelle poche volte che vedevo Sam, tra Jake, lavoro ed Embry entrambi
avevamo meno tempo, mi raccontava la sua condizione e io mi sentivo
male, tutto qui. Male da non mangiare, andare a letto ansiosa e non
dormire per ore.
Prima che calasse un silenzio imbarazzante Quil si avvicinò
per salutarci ed annunciare che stava per andarsene; la cosa fece
risvegliare anche Bella, che velocemente si mise il cappotto ed
uscì con lui.
-Hey, Bells! Come rimaniamo d'accordo?- le urlò dalla soglia
Jake.
Sentii la risposta dietro il fragore di un tuono.
-Domani? Andiamo a comprare i pezzi, va bene?-
-Certo! Allora a domani- confermò Jacob, urlando.
-Grazie, amico, anche io ti voglio bene- commentò sarcastico
e divertito Quil, salendo in macchina.
In pochi minuti i fari di entrambe le auto sparirono nel buio. Alzai lo
sguardo su Jake e rimasi in silenzio; avvertii la sua mano calda e
sporca stringere la mia. Il bianco del suo sorriso spiccava sul viso
bronzeo. Mi poggiai a lui e sospirai.
Avvertii la sua testona sulla mia e mi rilassai.
Ero felice. La cosa lo rendeva felice e io ero decisa a distruggerla.
Potevo veramente considerarmi così egoista?
-Dammi un bacio- rise, sfiorandomi le labbra e approfondendo il tocco.
Quando ci staccammo mi accarezzò una guancia e
mormorò al mio orecchio: -Quil è proprio scemo a
volte-
-Perché?- stavo bene. Così, in un garage
sgangherato, semplicemente stando stretta a lui.
-Dice che Bella... come dire... dice che tu sei a disagio con lei- il
tono della sua voce si fece ironico. Mi irrigidii un poco, ma non lo
sentì. Mi accarezzò la schiena, chinandosi e
poggiando la testa sulla mia spalla.
-Gli ho risposto che sei una ragazza, non una bambina. Che certo la
nostra amicizia non ti avrebbe dato fastidio- mi sfiorò il
collo con il naso, sentivo quasi sulla pelle il suo sorriso rilassato.
Oddio. L'odiavo. Mi aveva incastrato. In una situazione del genere non
potevo ribattere, né mettere in ballo la discussione.
L'avrei deluso, sarei passata per una ragazzina gelosa e possessiva.
Ridicola!
Tesi le labbra a disagio.
-Ti pare Jake! È solo un'amica, no?- calcai la
parola solo.
- Che ha bisogno di aiuto- sottolineò, rimettendosi eretto e
dandomi un altro bacio.
-Grazie- sussurrò, girandosi a coprire le moto e spengere la
luce.
Aprì l'ombrello e mi tenne a sé per un fianco,
uscendo sotto la pioggia. Ero imbambolata. Mi aveva letteralmente
raggirata e la cosa inquietante era che io ci ero cascata in pieno!
Mentre aprivamo la porta sorrise furbescamente, annunciando allegro:
-papà è fuori, torna dopo cena- mi
lanciò uno sguardo malizioso, facendo scivolare una mano sui
miei glutei.
-Scemo!- l'ammonii, ridendo.
Chiudendo la porta si sentivano solo le nostre risate.
Ero felice, mi ripetei in testa. Solo perché lui lo era.
Dovevo veramente scontrarmi con tutto ciò?
Il giorno seguente, nonostante la serata fantastica, mi ritrovai nella
stessa situazione. Dopo scuola rientrammo a casa in una situazione
analoga al pomeriggio precedente: io con i nervi a fior di pelle e
Jacob frizzante ed allegro.
Sgusciai in cucina, dove Billy stava finendo di fare i piatti.
Non mi diede neanche il tempo di aprire la bocca che iniziò
a parlare.
-Sei coraggiosa- disse lento. Stupida mi sedetti a peso morto su una
delle sedie spaiate.
-O sono estremamente ingenua- borbottai, torturandomi le mani, con fare
cupo.
-O generosa?- sorrise furbo, chiudendo il rubinetto e ruotando la sedia
a rotelle, inchiodandomi con lo sguardo.
-Billy, credimi, la mia è una scelta stupida- sospirai
affranta, affondando il viso nelle mie braccia incrociate.
-Bella ha sofferto molto, in te e Jake trova un appiglio. Sai meglio di
me cosa ha passato. Ha solo bisogno di una mano per tirarsi su- si
avvicinò e mi sfiorò la spalla, affettuoso.
Bene. Fantastico.
Considerando gli avvenimenti Bella non avrebbe solamente preso la mia
mano, il mio braccio e tutto il mio corpo, ma lo avrebbe
tranquillamente seppellito.
Come potevo spiegare a Billy che avevo le prove che quella vipera sotto
le spoglie di larva non si sarebbe fermata all'amicizia, con Jake?
“Hey, Billy! Vengo da un universo parallelo in cui ci sono
ben tre libri che certificano che tuo figlio ha una cotta per Miss.
Swan. No, Billy, non sono pazza”.
Capirete bene che, in quel momento, Bella non era pericolosa ed io
passavo per la visionaria.
-Veramente ti fidi così poco di Jacob?- sorrise,
stringendomi con più forza una spalla.
Alzai la testa e lo guardai.
-Ti assicuro una cosa, Laura, conosco mio figlio e so bene che quando
trova qualcosa di prezioso, come te, non se lo lascia scappare- mi
sfiorò il viso delicato. Lo abbracciai, di scatto,
stringendomi a lui e sorridendo contro il suo petto.
Sentivo l'odore del tabacco, le sigarette di Harry, il profumo del
caffè dove si incontravano sempre tutti gli anziani, il
deodorante della sala delle riunioni. Era così adulto,
così saggio.
Ed aveva ragione... i tre libri non parlavano di me, io non c'ero!
Questa era un'altra storia! E io dovevo riscriverla tutta.
Suonò il campanello e questa volta scattai veloce anche io,
ringraziai con uno sguardo Billy, che mi salutò con un gesto
militare e divertito.
In men che non si dica fummo fuori, dentro il pick up di Bella.
Prima di salire guardai attentamente i sedili anteriori e rimasi
spiazzata: due posti. Solo due, dannatissimi, maledetti posti. Lei si
sedette veloce alla guida e Jake, naturalmente, la seguì,
mettendosi al suo fianco. Rimasi inebetita fuori, con una mano sulla
maniglia del portellone, non sapendo cosa fare.
Deglutii e respirai profondamente, entrai e mi sedetti.
Ci fu silenzio e si sentiva solo il rombo tossicchiante del motore,
mischiato a quello del vento che entrava dal finestrino. Sporsi la
testa, facendomi colpire il viso dall'aria che sferzava. L'odore della
salsedine, mentre ci addentravamo per la strada tutte curve, si
disperdeva, fino a scomparire.
I miei capelli erano scompigliati ed agitati. Non pioveva, ma qualche
goccia proveniva dagli alberi e mi inumidiva le guance.
Spostai l'attenzione nell'abitacolo, ancora silente.
-Mettiamo un po' di musica?- suggerii, sporgendomi un po' in avanti.
Jacob si sporse istintivamente verso lo stereo, ma si bloccò
e guardò in difficoltà Bella. C'era uno spazio
vuoto, i cui bordi erano come graffiati. Ricordai all'improvviso il
fatto che lei lo aveva tolto irosamente da sola, con le sue mani.
-Non mi piace molto la musica...- mormorò, veloce.
Nonostante questo primo impaccio il viaggio continuò
tranquillamente, riprendemmo il gioco dell'età, che
riuscì a distrarre tutti.
Quando arrivammo nel parcheggio davanti al meccanico eravamo rimasti al
fatto che io avevo trentasette anni -dovuti alla mie conoscenze
linguistiche, dialettiche-; Jake quaranta -alimentati dalla presenza
fisica; e Bella trentanove -il frequentare un anno più
avanti l'aveva aiutata-.
Brevemente, grazie anche alla dettagliata lista di Jacob, finimmo di
comprare i pezzi.
Io e Bella giravamo piuttosto sperdute tra gli scaffali pieni di
minuscoli oggettini, con nomi astrusi e marche sconosciute. Ogni tanto,
vedendo qualche marchio più famoso, mi sembrava di ritornare
sulla terra. Seguivamo veloci quel lampione che era Jacob, che ci dava
uno scarto non notevole.
Alla fine delle compere ci ritrovammo affannate alla cassa, mentre lui
era più riposato di una rosa. Gli ultimi metri avevamo
dovuto correre.
Ritornando in auto ci lasciammo andare in un profondo sospiro.
Jake, solo vedendoci, scoppiò a ridere e si mise alla guida,
senza che le proteste di Bella lo scalfissero; lei si sedette dietro,
accanto a me, mettendogli un muso scherzoso.
Senza volerlo iniziai a chiacchierare con lei, ci sciogliemmo. Solo io
e lei. Senza Jake.
Era piacevole. E leggeva, dannazione se leggeva. Poteva gareggiare con
me.
Ci inoltrammo in discussioni sulla Austen, sulla Bronte e su altri
mille autori. Avevo trovato un piccolo tesoro nell'isola deserta che
minacciava di lasciarmi morire.
-E sogno di una notte di mezza estate?- esclamai, estasiata
dai suoi gusti.
-Divertente e romantico- sorrise, pacata.
-Ho sentito che...- mi bloccai. Senza rendermene conto ero
letteralmente diventata sua amica.
Il mio ragazzo ci lanciò un'occhiata soddisfatta e
commentò, ironico: -cos'è? Mi sembra di stare in
un circolo di vecchiette-
Lo fulminammo entrambe e così si chiuse la nostra lunga e
interminabile discussione, nella quale ero letteralmente precipitata.
Arrivammo a casa che era già buio, ma potemmo notare due
macchine in più nel giardino. Le luci della casa erano
accese e si sentiva un chiacchiericcio allegro e sommesso.
-Ci sono ospiti- osservò allegro Jake, uscendo dalla
macchina e tirandosi su il cappuccio della felpa. Lo sistemò
e si inoltrò sotto la pioggia.
-C'è mio padre- mormorò stupita Bella, facendo lo
stesso e incuriosendosi.
Io infilai la mia massa riccia nello zuccotto nero di Jake, che gli
avevo rubato, e li seguii. Quando aprimmo la porta di casa fummo
investiti dal calore delle persone. L'abitazione era così
piccola che sembrava stare per esplodere; sull'attaccapanni c'erano
così tanti cappotti che alcuni erano caduti. Raccolsi la
giacca da poliziotto di Charlie e la posai su una sedia lì
vicino, mettendoci sopra la mia, ancora umida.
-Ragazzi?- ci richiamò allegro Billy e sbucando dal salotto,
un sorriso a trentadue denti.
Dietro di lui si videro le masse di capelli neri di Leah e Seth, il
primo più che entusiasta di Jacob, tanto che un attimo fu
davanti a noi, salutandoci e guardandolo con adorazione.
La sorella squadrò Jake e Bella, poi mi inchiodò
con lo sguardo.
-Tu...- mi indicò, trascinandomi verso la mia camera rapida.
-Io?- ero preoccupata.
Leah, non avendo più Sam, sfogava tutto il suo tempo con me.
La cosa non mi dispiaceva, ma molte volte starle dietro era una vera e
propria impresa.
La presa sul mio braccio era stretta e mi fece sedere di peso,
sorridendo raggiante.
-Lee-Lee, mi devo preoccupare?- borbottai, sospettosa.
Lei scoppiò a ridere e si sedette accanto a me; delle volte
mi spaventava quasi il fatto che fosse così allegra solo con
me. Delle volte bastava solo che passassimo davanti ad un negozio o che
ascoltassi una precisa canzone che si rabbuiava e smetteva di parlare,
diventando più un mastino che altro.
Se per caso, poi, incontravamo Sam, che gli dèi me ne
scampino!, mollava tutto e faceva dietro front, sparendo e lasciandomi
in mezzo alla strada.
Alcune volte andava pesante con il sarcasmo perfino con me,
perciò evitavo di farmi vedere con Jake in sua presenza.
Erano piccoli cambiamenti, delle privazioni che mi facevo volentieri;
soprattutto perché lei faceva la migliore cosa del mondo:
sorrideva. Si sforzava e sorridendo per me stava, poco alla volta,
ritrovando un po' di se stessa.
-Oh, di cosa?- poi mi scrutò e mormorò,
sarcastica -hai le labbra screpolate... quel tipo ti sta risucchiando-
La guardai scettica e mugugnai: -sei venuta qui per dirmi questo?-
-No, veramente sono venuta qui perché mi ha trascinato mia
madre...- agitò una mano veloce e mi guardò. -Ma
dovremmo parlare di un altra cosa- ridacchiò e si sedette
accanto a me, sul letto cigolante.
-Ti ho trovato un lavoro- annunciò, entusiasta.
Aprii la bocca sbalordita e sbattei le palpebre più volte
prima di realizzare.
-Un lavoro?!- esclamai, saltando sul posto. Prima di realizzarlo la
strinsi con forza, saltellando sul posto.
-Grazie, grazie, grazie!- urlai, sovreccitata. Lei rideva divertita
come non mai, si staccò da me e cercò di calmarmi.
-Placati- ridacchiò. Quando mi fermai mi guardò
furba e prese fiato. -Ora ti dico come l'ho trovato- rise e si sedette
meglio.
-Allora racconta, genio- risi e mi sistemai meglio, pronta ad ascoltare.
Lei passò una mano tra i capelli, veloce, spostando una
ciocca dietro l'orecchio. Li aveva ancora lunghi fin dietro alle
spalle, anche se molto spesso li teneva stretti in una coda bassa.
-Oggi sono andata al caffè, sai c'è quel
cameriere acido, insopportabile- borbottò, al solo ricordo
di quel povero ragazzo con il quale aveva ingaggiato una vera e propria
crociata -a quanto pare, come sempre, si è scordato che io
il caffè lo voglio senza latte, gliel'ho fatto notare e lui
mi ha risposto acidamente dicendomi che se proprio non mi andava bene
potevo farmelo da sola, visto che lui la settimana prossima se ne
sarebbe andato-
Mi guardò entusiasta e fece un sorrisetto furbo.
-Così mi sono precipitata da Jhon, il proprietario, per
saperne un po' di più e mi ha detto che quel tipo si
trasferisce a San Francisco, così il posto è
libero. Cioè era- ridacchiò -gli ho subito detto
che per te andava bene. Gli orari di quell'antipatico erano di
pomeriggi, visto che frequentava l'ultimo anno, perfettamente
combacianti con i tuoi-
Prese un bel respiro e si tolse dalla tasca dei pantaloni un
fogliettino spiegazzato, porgendomelo.
-Ecco il numero, mi ha detto di chiamare il prima possibile,
così prendete una decisione per il periodo di prova, ha
detto che più o meno si ricorda di te, sai... quando vieni
con me- prima che finisse di parlare la abbraccia, di nuovo. Con tutta
la forza che possedevo.
-Grazie, Lee; grazie mille- sussurrai. Quel gesto mi aveva sconvolto,
mi aveva fatto rendere conto di quanto magnifica fosse. Magari era una
cosa stupida, però il fatto che si fosse interessata a me,
avesse pensato a me in un momento di irritazione mi rendeva felice.
Quando uscii dalla camera sentii l'odore squisito degli spaghetti al
ragù di Sue, una volta insegnatole il tempo di cottura avevo
reso perfetto il piatto bolognese, cucinato da quella signora che
adoravo.
Mangiammo, grazie a Leah riuscii a scordare per un'intera serata la
presenza di Bella, nonostante lei le lanciasse occhiate fulminee,
spostando poi su di me l'attenzione, con fare interrogativo. Io mi
stringevo nelle spalle, senza dire nulla, cercando di distrarmi grazie
alle chiacchiere di Seth.
La Swan non parlò con me per l'intera cena, probabilmente
Leah la metteva a disagio e perciò evitava di avvicinarsi a
me.
Quando finimmo Bella e Charlie furono i primi ad andarsene, Lee, sulla
porta di casa, mi guardò meditabonda e prima che il padre
suonasse il clackson per richiamarla mi disse veloce, quasi
ammonitrice: -tienila d'occhio- borbottò.
Alzai un sopracciglio e sospirai, Jake e Billy erano già
rientrati e io ero rimasta sola in veranda.
-Bella, sono solo amici; me lo ha assicurato- mi sforzai di sembrare
convincente per lo meno a me stessa.
-E Emily era mia cugina- ribatté secca. Mi puntò
l'indice contro il naso e ripeté : -Tienila d'occhio,
è un consiglio-
Mentre spariva con la macchina nella foschia notturna mi morsi un
labbro e mi maledii.
Dannazione, aveva
ragione.
Angolo Autrice:
sono millenni che non aggiorno e lo so, spero che questo capitolo
-più lungo del solito- sia piaciuto. È un periodo
di popò, i professori si sono improvvisamente ricordati di
interrogare e fare verifiche, tutti insieme. Per non parlare poi che
non vivo in una classe, ma una giungla, ed essere rappresentante
è come investire una carica di stato -o di maestra di asilo-.
Ho scritto questo capitolo per metà su carta a scuola,
mentre interrogavano, e per un'altra metà a casa, negli
sprazzi di tempo che mi dà il ripasso.
Spero si sia capito che Laura si trovi in balia degli eventi e che sia
confusa: non sa se vedere in Bella un nemico o meno.
Ora dovrò riprendere a leggere New Moon, ho una memoria che
fa cilecca e questo capitolo è stato riesumato grazie a
delle letture in inglese.
Passo a ringraziare le 76 che la preferiscono, le 36 che la seguono e
le 93 che mi hanno tra i loro autori preferiti. Sono onorata da
ciò e vi chiedo, umilmente: un parere?
Ringrazio chi, il suo parere, me lo ha dato, quindi:
Lea___91: sono
onorata da tanti commenti *-* E ti ringrazio per aver lasciato un
commento (: fanno sempre piacere le opinioni altrui sui propri lavori.
La cosa inquietante che io, solitamente, faccio pensieri del genre
ùù" Tutto ciò è altamente
biografico -logicamente non abito né a La Push né
conosco Jacob BlackXD- il personaggio è letteralmente me...
perciò... quando descrito Laura descrivo me.
melodypotter: purtroppo
sono una lumaca XD Spero che tu non sia stata ricoperta di muschio,
mentre aspettavi l'aggiornamento e spero che il capitolo ti sia
piaciuto :)
Sammy Cullen: mia
immancabile *O* Io detesto gli happy ending, e ben lo sai ♥
sono così banali
(vediamo chi ti ricordoXD) Commento poco ma sappi che
Billy ti ringrazie e guarda male me e jake XD
Finish!
Là
Notizia inutile: ♥ amore♥ domani
morirò al compito di biologia!
|
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Capitolo 18 *** 18. Nausea, fastidio e litigate in agguato. ***
akaka
18. Nausea, fastidio e litigate in agguato.
Il fatto che Quil non fosse più tornato mi aveva reso le cose
più difficili; passarono i giorni, così lentamente che
credetti, per un attimo, che qualcuno avesse deciso di fermare il
tempo, tanto per torturarmi.
Ero diventata paranoica: a scuola, a casa, in giro non facevo che
pensare a mille e mille modi con i quali mettermi in mezzo ed evitare
che Bella stesse troppo con Jacob.
Era assurdo, e lo sapevo; eppure non potevo farne a meno.
Durante l'ora di storia, quel giovedì, non feci altro che
osservare le immagini di quadri, senza focalizzare l'attenzione su
niente, perfino la punta della matita mi sembrava più
interessante della spiegazione. Affianco a me sedeva Jake, mentre la
figura enorme di Embry era come un'ombra agli ultimi posti.
Con una piccola scintilla di speranza avevo tentato di salutarlo, mi
ricordavo il piacere che mi procurava la sua voce, le sue battute e in
quei giorni ne avevo veramente bisogno. Ma non avevo concluso nulla:
lui mi aveva fissato per un poco, ed io ero rimasta con la mano alzata,
gelata da quello sguardo improvvisamente adulto e freddo.
Per Jacob tutto era uguale, anzi, probabilmente era il meglio del
meglio. Vidi un bigliettino precipitare sul mio banco, facendomi
sussultare e distogliere gli occhi dalla schiena di Withe, il ragazzo
seduto davanti a me.
Girai leggermente il collo e notai la faccia furba e sorridente di
Jake, lo guardai interrogativa, e lui mi fece un cenno leggero con la
testa, indicandomi il piccolo cartoccio.
Lo aprii, nascondendomi il più possibile, e lessi, o per lo meno cerca di tradurre la grafia disordinata e sporca.
“Domani al cinema? ” Accanto c'era una faccina sorridente, con molta, molta immaginazione.
Mi voltai e sorrisi, alzando il pollice in segno di assenso.
Mossi le labbra per formulare la domanda muta “Cosa andiamo a vedere?”
Lui aspettò un attimo prima di rispondere, entrambi avevamo
notato lo sguardo truce del professore studiarci. Si girò,
quando questi spostò la sua attenzione, ed imitò l'azione
di sparare a qualcosa. In modo convulso.
Emettei un gemito irritato e frustrato: detestavo gli spara-tutto; ma
era pur sempre un modo per passare un intero pomeriggio con lui,
così tirai le labbra e sorrisi, flebilmente.
Quando la giornata scolastica finì ritornammo a casa. La scuola
era quasi vuota, c'era nell'aria un plotone di germi influenzali, che
giorno dopo giorno mietevano vittime, costringendole al letto.
Una volta a casa salii in camera, studiando bene le espressioni di
Jake. Non era rilassato, era rimasto nella camera da pranzo a vedere i
programmi di sport con il padre; eppure la fronte era corrucciata e
sembrava non volersi spianare, come assorta da mille e mille dubbi.
La cosa non mi convinceva, ma non avevo neanche il coraggio di
chiedergli nulla. Perciò rimasi a leggere, coperta con un plaid,
pur non riuscendo a capire a fondo il messaggio del libro, né i
dialoghi, né altro.
Finii per fissare il soffitto e mi portai la coperta sopra la testa, emettendo strani muggiti di frustrazione.
La porta si aprì lentamente, con un cigolio sinistro: dovevo oliarla.
-Laura?- la voce un po' rauca di Jacob mi fece aprire gli occhi. Lo
guardai, alzando un sopracciglio; aveva lo sguardo troppo basso e la
testa troppo china. I capelli lunghi gli cadevano in parte davanti agli
occhi e la cosa mi puzzava.
-Sì?- mi misi seduta e lo seguii attenta finché non si
mise accanto a me. Con la mano si sbrigò a prendere la mia,
stringendola.
-Ecco, per il cinema, di domani... non ti ho detto proprio tutto-
sorrise, a disagio, iniziando a giocherellare con le mie dita. Io mi
tendevo, poco alla volta, avvertendo nel suo tono quel titubare da reo
confesso.
Assottigliai lo sguardo e lo inchiodai.
-Cosa tutto?- mugugnai, veloce.
Cercò di svicolare lo sguardo e io fui veramente tentata
dal prenderlo per le mascelle e trattenerlo, iniziando a puntargli la
luce sul comodino contro. Mi trattenni e capii che il metodo del poliziotto buono poteva essere il meno traumatico per lui.
Probabilmente si fece carico del mio silenzio e prese parola.
-Domani ci sarà anche Bella...- iniziò. Prima che potessi
dire anche una sola, singola sillaba riprese: -ed i suoi amici. Mi ha
chiesto se mi andava di venire... se ci andava- si premurò di
correggere.
Ci sono quei momenti in cui la parola, per qualche ragione idiota,
arriva subito. Non ti lascia il tempo di pensare, guizza via dalla tua
bocca senza che tu riesca a bloccarla. Una biscia inafferrabile, che,
nella maggior parte dei casi ti infila in delle situazioni dalle quali
uscire diventa impossibile.
Ecco. Quei momenti, da quando stavo con Jacob, erano esponenzialmente aumentati.
-Oh, sì, va bene... non c'è nessun problema- dissi rapida.
Avvertii la presa sulla mano farsi più forte e il suo sorriso
unico e speciale farsi strada oltre quelle meravigliose labbra. Mi
sciolsi, senza volerlo.
Si allungò velocemente e mi baciò la bocca, approfondendo
un poco. Lo lasciai fare, senza avere né la forza né la
voglia di contrastarlo.
Si alzò come un grillo, continuando con quel sorriso entusiasta,
mi scompigliò i capelli ridendo e disse: -vado a sistemare le
moto, siamo a buon punto- eccitato si scapicollò fuori dalla
stanza, urtando quasi con la testa lo stipite della porta.
Sospirai, buttandomi giù.
Idiota.
Ero un'idiota di prima categoria. Soffocando le urla di frustrazione
nel cuscino, tra morsi e imprecazioni, passai un'ora abbondante.
Idiota, idiota, idiota.
Ero un'idiota.
Sentii la porta riaprirsi, lentamente, lo sguardo vivace di Jake mi
guardava dal piccolo spiraglio che aveva aperto. I capelli lunghi erano
scompigliati e se li portò dietro con una mano, velocemente.
-Cosa c'è, Jake?- domandai, curiosa, mi ritirai su. Ero
piuttosto imbarazzata; probabilmente aveva sentito tutte le mie
maledizioni.
Entrò scivolando rapidamente, tenendo le mani dietro la schiena,
ghignò e si avvicinò con due grandi falcate. Lo fissai
interdetta. Cosa doveva dirmi ancora?
-Chiudi gli occhi- mi ordinò, il tono della voce affettuoso,
avvertii le mani enormi e ruvide sul mio viso, mentre si posavano sulle
mie palpebre. Sorrisi, involontariamente.
-Mi vuoi rapire, uccidere e sgozzare?- scherzai.
Mi baciò il collo, lento e sussurrò: -forse-
Mi fermai, il suo tocco mi gelò, come sempre. Mi immobilizzava,
per un attimo, spronandomi poi a saltargli addosso: era più
forte di me; avevo bisogno di quel contatto.
Ero già pronta a scattare che lui scoppiò a ridere e mi
mise una cosa in mano, la chiusi velocemente, portandomela al petto.
Sentii la sua mano staccarsi, riaprii gli occhi e li abbassai subito.
Mi sorpresi guardando stupita il regalo: una penna. Intagliata nel
legno, completamente fatta da lui.
Lo guardai sorpresa, mentre le sue labbra andavano di nuovo a scontrarsi con le mie.
-Ho visto che scrivi di nascosto- rise, guardandomi negli occhi, -e così ho deciso di farti un regalo-
Ero ancora sconvolta, non riuscivo a capire bene cosa stesse succedendo, perché.
Sorrise sospirando, poi mi abbracciò: -sai che giorno è?- domandò, con un sorrisetto furbo.
Scuotei la testa, borbottando un “no”.
-Un bambino in pannolino ti ricorda qualcosa?-
Sbiancai di colpo e poi diventai rossa. San Valentino e io l'avevo scordato. Deglutii e mormorai: -mi spiace... io... non...-
Inspirai a fondo e mugugnai, scontenta: -l'avevo scordato, Jake-; lui scoppiò a ridere e ghignò.
-Allora una punizione è più che d'obbligo- mi
guardò furbescamente, poi mi si avventò contro. Finii a
gambe all'aria, ridendo, la penna ben stretta in mano. Iniziò a
farmi il solletico, divertito.
Io protestai, ma continuando a stringerlo a me, baciandolo e cercando di farlo smettere.
Ero un'idiota.
Idiota.
Idiota.
Innamorata.
Innamorata.
Innamorata.
Il domani arrivò troppo
velocemente, mi misi perfino a studiare biologia, pur di farlo passare
lentamente. Ma niente. La tecnica del rallentamento del tempo
attraverso azioni noiose non era funzionata.
Faceva sempre più freddo, fuori diluviava, e in casa non si
stava poi tanto bene. Andavamo in giro coperti di maglioni e io avevo
iniziato ad avere il naso gocciolante, portandomi dietro,
costantemente, un pacchetto enorme di fazzoletti di carta.
Fortunatamente era il fine settimana, e nella mia mente già si
presentavano due giorni dediti al completo e più totale riposo:
fisico e psicologico.
Il primo attraverso lunghe sessioni di sonno e borse d'acqua calda, il
secondo scordandomi di Bella e immergendomi in qualcosa di
completamente estraneo a lei.
Era pur vero, però, che in quei giorni, nella mia testa, stava
avvenendo un nuovo disastro. Mi ritrovavo a fissare punti imprecisati.
In tutto quel periodo avevo sempre tenuto a mente la trama della saga.
Tutta, per quanto la mia memoria fosse di per sé labile.
Eppure ricordavo ogni avvenimento importante, cercando di arrampicarmi
su queste memorie per sopravvivere. Ora, al contrario, non ricordavo
quasi nulla.
Più il tempo andava avanti più io dimenticavo; sia il
passato remoto che quello prossimo, e, cosa peggiore, il futuro
prossimo.
Avevo unicamente vaghe sensazioni di cosa stesse per accadere,
più una questione di sesto senso che una vera e propria
certezza, come i primi tempi.
I ricordi delle mie azioni erano nitidi e precisi, mentre quelli dei
libri erano così confusi che molto spesso si mischiavano ai miei
ed ero costretta a rischiarmi le idee.
Mentre giravo per casa come una leonessa affamata sapevo che sarebbe
successo qualcosa di tremendo quella sera, ma allo stesso tempo non
sapevo cosa.
Ero perfino ritornata, con una vana speranza, in libreria e in
biblioteca, cercando disperatamente quei volumi, ma niente. Non
esisteva nulla di ciò che cercavo.
Così, tutte le volte, a costo di risultare folle, ritornavo a casa con la faccia cupa e tetra.
Ero in una storia che non riconoscevo più, dove il futuro prossimo era solo un'enorme nebulosa indecifrabile.
Avvertii la presa forte sulle mie spalle di Jacob, voltai la testa e
sorrisi, allegra. Glielo dovevo, mi aveva stupito il giorno prima, e
ora mi sentivo in debito con quella sua gentilezza.
-Andiamo?-
Annuii e mi alzai, seguendolo; Billy era uscito, perciò
una volta chiusa la porta di casa ci avviammo alla Golf, direi la
seconda fidanzata di Jacob. Tranne me, che ormai aveva accettato
all'interno di quella macchina, tutti gli altri erano possibili
distruttori e come tali andavano sorvegliati.
Arrivammo a casa di Bella che lei ancora non c'era, scendemmo dalla
macchina, io ero assorta nella lettura di un libro. Completamente.
-Pensi di smettere al cinema?-
A Jake piaceva che leggessi, eppure non si risparmiava mai una battuta.
Gli feci una linguaccia poco seria e mi avvicinai, sempre con il naso
infilato tra le pagine.
-No, mi sono portata una lampadina- commentai sarcastica -dopo tutto stiamo andando a vedere quel capolavoro-
La scelta della pellicola mi aveva spiazzato; negativamente, logico.
L'idea di passare due ore a vedere gente che si faceva saltare il
cervello e le budella tra di loro non era proprio la mia più
grande aspirazione.
Mi misi accanto a lui, poggiata sul cofano, posai la testa sulla sua
spalla, sospirando. Avrei di gran lunga preferito passare il pomeriggio
solo con lui. Affondai il naso sulla sua pelle e borbottai qualcosa,
mordicchiandola da sopra il maglione. Rise e mi sfiorò i capelli.
Sentimmo la porta di casa Swan aprirsi e poi chiudersi, Bella
uscì da casa, e ci raggiunse velocemente, ci salutò,
sorridendo.
Ricambiai il saluto, senza tanta voglia. Lui, al contrario, l'abbracciò, allegro.
-Pronta per il sangue?- ridacchiò.
Lei annuì. Sembrava felice. Troppo, per i miei gusti.
Mentre l'auto di Mike sbucava da dietro l'angolo pensai che, da un
certo punto di vista, la cosa non era poi tanto male: lei stava bene,
Jake non aveva più scusanti per farla rimanere tutto quel tempo
con noi.
Eppure mi sentivo comunque a disagio.
Il ragazzo, appena scese dalla macchina, squadrò con un'occhiata
tetra Jacob, ignorandomi completamente. Posò poi la sua
attenzione su Bella e sorrise a trentadue denti; mi chiesi se si
ricordava di me come io mi ricordavo di lui. Dopo tutto ero stata un
mese a scuola con lui, no?
-Mike, questi sono Jake e Laura- ci indicò Bella, facendo le presentazioni.
Lui, quando mi notò, alzò un sopracciglio e sembrò
anche mitigare l'espressione truce che aveva preparato per Jacob.
-Ah... stavi con noi a scuola, no?- disse.
La voce di Mike non mi piaceva: era strascicata, lenta e anche un po' troppo nasale. Annuii, cordiale.
Spostò poi la sua attenzione su Jake, facendosi improvvisamente
più attento, non disse nulla però, si fermò
all'occhiata.
Bella ci fece caso, come me e sorrise, più a disagio.
In casa suonò il telefono, velocemente si precipitò
dentro, lasciando noi tre in evidente imbarazzo. Strinsi istintivamente
la mano di Jacob, avvertendola leggermente più calda del
normale; ma non ci feci troppo caso: l'aveva poggiata sul cofano,
ancora tiepido.
Quando Isabella ritornò da noi ci guardò con la faccia di
una morta: a quanto pareva Angela e Ben si erano sentiti male a loro
volta.
Si preannunciava una magnifica uscita a quattro.
La cosa a me non toccava più di tanto, anzi: mentre
salivamo in macchina, io e Jake davanti e loro due dietro, pensai che
gli eventi stavano prendendo una piega magnifica, in questo modo potevo
tranquillamente rimanere con il mio ragazzo, senza che lui usasse la
scusa “ma Bells rimarrebbe da sola”.
La logistica non piacque molto a Bella; mi guardò con sgomento
mal celato, mentre si sedeva accanto a Mike. Questo, a sua volta, stava
nella macchina come se fosse rivestita di spilli, scrutandosi cupo
ovunque.
Jake mise in moto la macchina... e anche la sua parlantina.
Era incredibile quando fosse loquace, io pure non scherzavo, tanto che
più volte ci ritrovammo a chiacchierare solo io e lui, come se
fossimo soli, ma lui mi superava. Guardai più volte con voglia
la radio, eppure sapevo che accenderla avrebbe provocato un pandemonio:
a Bella la musica non piaceva.
Di conseguenza, secondo la logica di Jacob che nessuno deve nuocere a Bells, l'autoradio doveva rimanere muta.
Così fu, nonostante la lamentala di Newton e la conseguente
figuraccia, che lo fece diventare di un rosso sgargiante e zittire fino
all'arrivo al cinema.
Lì mi ritrovai Jake dietro le spalle, chino sul mio orecchio a borbottare: -dobbiamo dare i soldi a Bells-
Lo guardai alzando un sopracciglio, senza capire bene. Spostai
poi l'attenzione alla locandina: sopra l'immagine di una tettona e
dell'eroe spiccava la scritta vietato ai minori di 18 anni. Emettei un
grugnito scocciato e borbottai: -non potevamo andare alla commedia?-
Jacob sospirò e mi indicò con gli occhi Bella, eloquente.
Sospirai e dissi: -odio questi film- nel frattempo avevo iniziato a
smanettare con il portafoglio, estraendo i soldi per i nostri
biglietti, lo guardai male. -Pretendo una seduta di affetto spaventosa-
scherzai, mettendomi sulle punte e baciandolo a stampo. Lui rise,
più tranquillo, annuì e mi diede spago.
-Giuro- rise e li prese, avvicinandosi a Bella.
Glieli diede e, fortunatamente, il controllore non fece storie,
di sicuro era troppo intento a lamentarsi con un gruppo di bambini che
stavano spargendo pop-corn per tutto il cinema, che notare la mia
altezza poco maggiorenne.
Mi lasciai cadere su un sedile abbastanza centrale, e il mio unico
vicino era Jake. Logicamente Bella si trovava tra lui e l'altro
broccolo biondo. Poco male. A me interessava solo Jacob.
Avrei voluto iniziare a baciarlo -cosa che facevamo spesso quando
eravamo da soli al cinema-, ma il rumore di urla e strepiti di cadavere
ambulanti erano un detraente piuttosto massiccio, inoltre l'influenza
che iniziava a mettere le tende non era proprio il massimo.
Sospirai, accontentandomi di posare la testa sulla sua spalla e di stringergli la mano.
Il film, come mi aspettavo, era vomitevole. A volte fissavo un punto
imprecisato dello schermo, disgustata anche solo dalle grida e dai
versi degli sbudellamenti.
Spostai lo sguardo su Jake, anche lui non sembrava molto interessato.
-Come ti sembra?- sussurrò, velocemente al mio orecchio.
-Pessimo- risposi borbottando.
Non mi sentivo bene, mi girava la testa e continuavo a starnutire.
Forse aveva ragione Billy quando mi aveva consigliato di rimanere a
casa, era pur vero che non potevo lasciare uscire Jake solo con Bella.
Oh, so bene che la fiducia è alla base di ogni coppia eccetera,
eccetera. Tutte belle parole, ve lo concedo. Ma quando ci state dentro,
bhé, valgono meno di zero.
Ogni tanto rideva, si chinava prima su di me per dire una battuta e se vedeva che funzionava la proponeva anche a Bella.
Che magnifico pomeriggio.
Quando ci fu la pausa del primo tempo mi alzai velocemente: avevo la
nausea. Mugugnai qualcosa uscendo, che Jake capì solo per
metà, fissandomi stupito.
Corsi in bagno e dopo un attimo notai che anche Mike si era chiuso dentro a uno.
Iniziai a vomitare anche l'anima.
Detestavo dare di stomaco, se volessimo parlare in termini estremi ne
avevo una vera e propria paura. Mi legai i capelli e tirai lo scarico
più volte. L'odore pungente mi stimolava ogni qual volta
tentassi di uscire.
Il bagno si trovava nel sotto scala, non era ben tenuto e la lampadina
sopra gli specchi era mezza fulminata, tanto da emettere una continua
illuminazione intermittente.
-Ehi, ci sei?- la voce bassa di Bella mi raggiunse. Emettei un gemito sommesso.
Non lei, non lei. Volevo godermi in pace la mia sacrosanta acidità di stomaco, era troppo?
-Nì- risposi, sarcastica, aprendo la porta. Dovevo avere le
sembianze di un cadavere tumefatto, dato che fece un piccolo sobbalzo.
Mi avvicinai al lavandino e mi sciacquai la bocca, il sapore metallico
dell'acqua mi fece gelare e, nuovamente, in un balzo, fui attaccata al
water.
-Ero venuta a dirti... che lo spettacolo è riniziato- balbettò, a disagio.
-Entrate... tanto ne avrò per un po'- commentai ironicamente,
guardai con schifo il pranzo continuare a galleggiare nell'acqua, tirai
lo sciacquone, con la speranza che si fosse già ricaricato.
-Tanto pure Mike sta male... e il film non è granché. Ti aspetto fuori?-
Annuii violentemente e mi portai una mano alla bocca.
Non sentii il rumore della porta chiudersi. Quando vomito, ve l'ho detto, vomito l'anima.
Respiravo profondamente, la bocca acida. Posai la schiena contro la porta, chiudendo gli occhi.
Ero preoccupata, quello sì. Ma per cosa?
Non ricordavo più niente. Avevo quelle vaghe sensazioni che mi
rendevano più indolente del normale, senza darmi dei veri indizi
né la possibilità di cambiare in meglio la trama di
quella stranissima storia.
Finalmente c'era silenzio, mi ero ripresa un poco, ma non avevo voglia
di tornare subito di là; avevo la fronte imperlata di sudore, il
viso stravolto. Dovevo riprendermi, almeno un poco.
-Ti piaccio, vero?-
La voce di Jake mi giunse, leggermente soffusa, era divertito; quel
tono che sempre aveva quando credeva di aver capito matematica.
Mi gelai e spalancai gli occhi, mi guardai intorno non capendo da dove
veniva la voce. Dopo alcuni istanti realizzai che sopra la tazza era
presente una piccola finestrella, di quelle che non si aprono mai
completamente.
Di sicuro si erano seduti sulle scale e io potevo sentire tutto. Mi zittii, agitata.
-Sì, e lo sai- rispose un po' divertita lei.
Oca giuliva!
E lui, gemetti dentro di me, lui perché le stava facendo quelle domande, perché?
Respirai nuovamente più veloce, questa volta la nausea non era
di certo dovuta a un virus. Mi calmai, cercando di rettificare il ritmo
respiratorio.
-Mi piaci più di tutti gli altri, Jake. Con te mi... sento bene- sospirò la ragazza.
-Oh, mi basta- rispose lui, il tono allegro.
-Però sai bene che non si può fare, vero?- la voce di
Bella era più incerta, questa volta. Strinsi un pugno e
trattenei un mugolato di insoddisfazione.
Ci fu un attimo di silenzio, sentii solo il mio respiro e il rumore della lampada che faceva le bizze.
-Certo- rispose immediatamente lui.
-Hai lei... mi sembra giusto- mugugnò Bella, la voce si fece un poco più sicura.
Jacob non rispose a questa considerazione, mi augurai per vergogna.
Mi bruciava nel petto una fiamma di rabbia e insoddisfazione:
perché aveva fatto una domanda del genere? Non gli bastavo io?
Non era solo amicizia?
Mi morsi un labbro e continuai ad ascoltare.
-E tu hai ancora in testa l'altro, eh?- Jacob la prese in contro piede,
togliendo l'attenzione dall'argomento “ragazza”.
-Preferirei non parlarne- tagliò corto Bella.
Infingardi traditori. Entrambi. Assottigliai le labbra, come una vipera.
Nuovamente ci fu silenzio, io lo sfruttai per ricontrollare mentalmente
il mio corpo. Quella scarica di adrenalina e irritazione mi aveva
assuefatto per un poco, permettendomi di scordare la nausea. Sospirai e
aprii la porta, mi pulii la bocca e uscii.
Velocemente li raggiunsi, si stavano guardando negli, chiacchierando
amabilmente e stringendosi la mano. Socchiusi gli occhi e questi,
immediatamente, le ritrassero.
Jake si alzò, rapido e mi venne incontro.
-Ti ho preso la borsa, l'avevi lasciata dentro- sorrise, ma non me la porse, continuò a tenerla lui. Quanto era galante, pensai acidamente in testa.
-Grazie- borbottai a mezza bocca.
-Stai meglio?- mi stava tremendamente vicino, ma non avevo la voglia di alzare la testa per guardarlo. Feci segno di no, cupa.
-No, affatto... vorrei tornare a casa- mormorai.
Bella si era alzata a sua volta e si era avvicinata, preoccupata mi guardò, io feci finta di niente.
-Sì, volevamo andare, anche Mike non sta al meglio...-
Jake schioccò la lingua, in segno di disprezzo e in quel momento uscì anche Mike. Era livido e pallidissimo.
Ci mettemmo poco a risalire in macchina, ma Jake diede, sia a me che al
ragazzo, un enorme recipiente di popcorn. Lo guarda tetra e lui si
giustificò con un sorriso tirato.
Quando Mike protestò a sua volta, invece, lo incenerì e ululò, irritato: -la tappezzeria!-
Sospirai, e aprii il finestrino.
Aria. Avevo bisogno di aria.
Il fresco entrò nell'abitacolo e mi provocò un sollievo
immediato, facendomi rilassare un poco; eppure, bastarono pochi minuti
che rabbrividii. Jacob lo notò e mi posò una mano sul
collo, per misurarmi la febbre, ma quella a sorprendersi fui io: era
bollente.
Deglutii e sussurrai, con la voce strozzata: -sei bollente-
Come Embry. Caldissimo e con la pelle tesa.
Lui sorrise non capendo, poi disse solo: -tira su, ti ammalerai-
Dietro si sentivano i rumori inconsulti di Mike, che stava dando di stomaco.
Nuovamente mi assalì quel senso di vertigine di poco prima, in bagno.
Sensazione, premonizione, agitazione.
Ancora quella rabbia nel sangue, il cipiglio irritato.
Nel cuore avvertivo che quella sera non sarebbe finita così.
Cosa mi stava succedendo?
Angolo autrice:
potete uccidermi. Ma mi è mancata per un po' sia l'ispirazione
che la voglia di continuare questa storia. Ho fatto uno sforzo tremendo
nel riprenderla e... non so, probabilmente non sarà neanche
granché questo capitolo. Ho immagianto che con il passare
del tempo, più si rimanere nel mondo, più la memoria
scompare. Si diventa parte della storia e quindi la si scorda ^^
Il prossimo ci sto pensando, perché sarà più
movimentato e di azione e vorrei poterlo farlo bene. Considerando che
il 20 luglio partirò e non potrò aggiornare per un bel
po'... vorrei tentare di postarlo prima di quella data >.<"
Vorrei ringraziare le 73 che la preferiscono, le 5 che la ricordano e le 42 che la seguono. Siete tantissimi, veramente, e mi paicerebbe sapere cosa ne pensate (:
Un grazie a chi ha commentato:
Sammy cullen: non so cosa dirti se non grazie XD
kekka cullen: sono lentissima per i capitoli... se non sei morta... eccolo xD
Nico__Claudia: grazie mille per il commento (:
Samarina: tutta d'un fiato? e non sei morta? Un bel commento, per il quale ti ringrazio!
Vado, che sono più che di fretta! <3
Là
Per qualunque domanda, attinente alla storia, a me o agli uccellini che cantano fuori dalla mia finestra, potete usare questo sito e porgermela anonimamente
Mi diverto terribilmente a rispondere *-*.
|
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Capitolo 19 *** 19. Perdonami ***
19. Perdonami
Lasciammo Mike a casa sua e ci dirigemmo velocemente a casa
di Bella. Mi girava la testa, ma non sapevo più cosa fosse
la causa di tanto fastidio. Nessuno fiatava e l'unico rumore presente
nell'abitacolo era il ronzio del motore e l'aria che entrava dal
finestrino di Jacob.
Ci fermammo a casa di Isabella e lei scese. Non ricordo bene cosa
disse, che commiato usò per salutarci. Jake rise, questo lo
ricordo, e io, dentro di me, provai una nuova scarica di rabbia, che
fece pulsare ancora più violentemente le tempie. Sentivo il
rumore del mio cuore rimbombarmi nei timpani e il resto sembrava
divenire più ovattato e distante.
La macchina riprese a muoversi e io guardai davanti a me. Non c'era
nessuno per strada e i nostri fanali illuminavano l'asfalto davanti a
noi, rendendoci un minuscolo punto all'interno della foresta.
Avevo freddo, ma notai che lui, al contrario, aveva la fronte imperlata
dal sudore. Allungai la mano e spensi la piccola luce accanto allo
specchietto. Appena divenne buio sembrò come se nel piccolo
spazio avesse iniziato a serpeggiare un freddo strano, che non avevo
mai provato in sua presenza.
Dovevo parlare.
Le parole mi stavano ferendo internamente, urlavano e scalciavano per
uscire dalla mia bocca.
-Pensavo che tenessi a me- mormorai, senza guardarlo negli occhi. Mi
sembrava tutto così distaccato, un tremendo pezzo di
tragedia che avevo iniziato a recitare.
Sì, quelle soap opere da teenagers, dove i protagonisti
iniziano ad incolparsi a vicenda, a giustificarsi balbettando, ad
urlare, poi piangere.
Avvertii quasi il suo irrigidirsi e la risata tirata e fredda nella
quale proruppe.
-Cosa stai dicendo, Laura?- ribatté, tenendo lo sguardo
sulla strada. Potevamo apparire due pazzi che parlavano da soli,
rivolti alla notte.
-Ti ho sentito, mentre parlavi con Bella... oggi...- dissi lentamente.
La testa, mi girava la testa.
Si zittì e non disse nulla. Tenendo con una mano il volante
si slacciò la zip della felpa e se la tolse con una mossa
rapida, fin troppo. Mi ritrovai a fissarlo sconvolta.
Cosa stava succedendo?
-Ho caldo- si giustificò, probabilmente notando la mia
espressione sorpresa. Mi chiesi come potesse fare data la penombra
totale nella quale eravamo. Io potevo a malapena notare il bianco degli
occhi e dei denti quando parlava.
-Non mi hai risposto- ripresi. Gli alberi si diradavano un poco;
stavamo superando casa Clearwater, il che voleva dire che, a meno che
lui non decidessi di rimanere in garage a discutere, il battibecco si
sarebbe protratto a casa.
-Non credo ci sia nulla da rispondere- deglutì a disagio; mi
spostai sul sedile e lo continuai a fissare.
-Nulla? Ti rendi conto di cosa le hai chiesto, Jake?- sentivo la voce
diventare più acuta.
Rimase in silenzio un attimo, poi rispose: -sì e... mi
spiace, ma non mi sembra il caso di farne un problema di stato-
Faceva ironia. Lui. Faceva. Ironia.
Fui tentata di saltargli alla giugulare e iniziare a morderlo
violentemente fino a staccargli la testa, ma non risposi subito,
continuavo a sentire una strana sensazione di pericolo nel piccolo
abitacolo.
-Non scherzare- sibilai scocciata, stringendo le labbra in
un'espressione furiosa.
-Non sto scherzando- ribatté, in un grugnito. -Senti, tutta
questa storia con Bella è assurda. Sei paranoica al
riguardo, lo sai?-
Perché quelle parole facevano così male,
dannazione?
Perché c'era così tanta rabbia, cattiveria?
-Ogni cazzata la stai ad annotare, è assurdo!-
continuò -Non credo che fossero affari tuoi quello che
stavamo dicendo io e Bells- concluse secco.
Rimasi in silenzio. Avevo voglia di piangere, ma temevo anche che quel
tipo di reazione potesse peggiorare ulteriormente la situazione.
Non capivo più cosa stesse succedendo.
Non era Jake che stava con me dentro la macchina, non era quel ragazzo
che avevo conosciuto durante i mesi precedenti che mi rispondeva in
modo tanto aspro.
Mi voltai per fissarlo e lo vidi guardare davanti a sé con
gli occhi persi nel vuoto.
Aprì un attimo la bocca come per parlare; era confuso e
niente sembrava normale in quel momento.
Lui sudava, gli scivolavano le mani dal volante. Mi sporsi per
sfiorargli la fronte e lui si ritrasse. Fu come se mi avesse colpita
con un pugno in pieno petto, mi mancò il fiato.
-Sto bene- disse secco. Le luci di casa si vedevano e non feci neanche
in tempo a rispondergli che spense il motore e uscì veloce.
Il passo era svelto e nonostante il terribile freddo portava una
semplice maglietta di cotone; lo seguii senza indossare il cappotto o
altro, nella sua stessa condizione, ma provando un freddo pungente e
doloroso.
-Jacob! Non mi rispondi, eh!?- la delusione si stava trasformando in
rabbia. -Perché glielo hai chiesto!?-
Stavo gridando e si creò un piccolo eco per tutto il
piazzale, il suono andò a infrangersi contro la foresta per
poi sparire.
Era come se quel fiume melmoso si stesse riempendo di spilli e tronchi
spigolosi; io stavo sulla riva e non riuscivo a passare oltre e l'unica
cosa che potevo fare era lanciargli tutti i sassi che mi trovavo
intorno. Metaforicamente parlando, logico.
Si voltò, tremava completamente e stringeva le mani in due
pugni, che mi parvero enormi. Anzi, lui era enorme. La sua figura si
stagliava nell'oscurità del piazzale, in contrasto con la
luce della casa ed era gigantesco, tremendamente grosso e imponente.
Ebbi paura. Mi rendevo conto che tra poco si sarebbe trasformato, ed
ebbi paura. Non fu come Embry, la sua rabbia era differente.
Jake ERA
rabbia. Embry la possedeva, Jake la viveva totalmente.
Indietreggiai e questo parve stranirlo. Fece un passo verso di me
dicendo: -cosa hai?-
Scossi la testa e mormorai: -ho freddo, voglio entrare a casa e
parleremo domani. Sono stanca e malata-
Si fermò, la porta si aprì e Billy ci
chiamò. Era preoccupato, lo sentivo dal tono della voce.
Jacob non si voltò, ma continuò a fissarmi in
cagnesco.
-Cosa vuoi che ti risponda?- la voce sembrò estremamente
più profonda e rauca. Gracchiante, come se si stesse
strozzando.
Tossì, ma dopo un attimo ritornò a fissarmi.
-Te l'ho detto, Jake. A casa, ti prego- il mio tono era più
lamentoso. Stavo per scoppiare a piangere e lo sentivo, avvertivo il
bruciore degli occhi e il dolore pungente alla gola.
Era strano: come se tutto d'un tratto la sua fisionomia si fosse
irrigidita e le linee si fossero fatte più dure e adulte.
Temevo che il mio pianto potesse innervosirlo ulteriormente e sapevo
anche che quel momento era cruciale.
Dovevo resistere, sperando che Billy capisse e chiamasse al volo Sam.
Che lui arrivasse. Che riuscisse a fermarlo e farlo tranquillizzare per
permettergli di trasformarsi in tranquillità.
Troppe cose, troppe cose. Sentivo già che qualcosa sarebbe
andato male. Ripensai al dolore della ferita procuratami da Embry e
rabbrividii.
Feci per voltarmi e notai che Billy stava già al telefono,
mandandoci occhiate veloci e allarmate.
Mi sentii come più sollevata e iniziai a camminare svelta
verso casa, sperando che magari l'ambiente domestico potesse
tranquillizzare anche Jacob.
Ma non fu così: non appena mi voltai avvertii la sua presa
ferrea sul mio polso, la temperatura insostenibile e assurda del suo
corpo, un ringhio gutturale dietro le mie spalle.
Senza volerlo veramente scoppiai a piangere. Mi pulsavano le tempie,
avvertivo il freddo pungente, e non riuscivo a vedere altro se non
quell'espressione bestiale sul volto di Jake. Del mio Jake.
Insopportabile, non resistetti oltre.
Non sentivo i miei singhiozzi, li avvertivo perché tremavo
per i singulti; la vista divenne più opaca per via delle
lacrime, che, pur scendendo sulle mie guance, risultavano calde solo
per un minuscolo istante.
Ci fu un attimo di pace; in cui non udii altro se non il rumore del
vento e un mormorio sommesso in direzione dell'abitazione: Billy
continuava a parlare in modo concitato.
Cosa sarebbe successo?
Quell'istante di silenzio mi spiazzò e rimasi immobile a
osservarlo.
Vidi la sua espressione cambiare, poco alla volta: dapprima sorpresa,
poi, per un secondo perfino confusione, infine un'assurda e incredibile
rabbia.
-Ne parliamo. Ora- ripeté, tremando.
Scossi la testa, senza parlare. La sua presa si allentò per
un secondo e io lo sfruttai per farmi lasciare e iniziare a correre
via.
I miei passi affondavano nel terreno umido e fangoso; le scarpe
sembravano sfilarsi e la corsa farsi sempre più lenta. Non
so neanche io perché decisi di andare verso casa, cosa mi
spinse a fare ciò.
Credo che in quel momento non esisteva più il concetto di
ragione e di istinto; era tutto tremendamente mischiato e il secondo
aveva sopraffatto di gran lunga il primo. Jake rimase imbambolato
dietro di me per un attimo.
Dalla foresta vidi sbucare un'ombra imponente, che mano mano che mi
avvicinavo agli alberi si faceva sempre più grossa,
assumendo la forma indiscutibile di un animale a quattro zampe, dagli
enormi occhi neri, distinguibili dal resto unicamente per il bianco
intorno.
Sam.
Ringraziai Dio con tutta me stessa, sentendomi più
tranquilla. Mi fermai, e di colpo tutta l'adrenalina sembrò
scomparire. Dietro di Sam si avvicinavano altri lupi, e potei notare
perfino Embry.
Si avvicinavano velocemente, ma non corsero. Non sapevo come mai
facessero così, ma mi fidai.
Ebbi le vertigini e mi girai barcollando.
Cosa stavo facendo?
Perché diamine stavo andando da lui? Lui, che stava in
ginocchio, con la fronte per terra, gridando di dolore.
Si sarebbe trasformato da un momento all'altro e io non avrei potuto
fare nulla, probabilmente se mi fossi avvicinata mi avrebbe potuto fare
del male, perfino uccidermi, e magari passare il restante tempo della
sua vita maledicendosi e odiandosi.
Ma io non potevo lasciarlo lì; non potevo guardando soffrire
in quel modo senza stargli vicino.
Nuovamente, come un'idiota, non pensai e mi gettai accanto a lui,
cercando di stringerlo per le spalle tremanti.
Dimenticai la litigata, la rabbia che avevo provato nei suoi confronti,
Bella. Dimenticai tutto e mi focalizzai su di lui.
Quando si ama si fanno cose stupide, non si pensa, né si
giudica.
Credo che l'amore puro, quello che provavo in quel momento per lui
mentre gli baciavo il collo e gli sussurravo di stare calmo, sia la
mancanza assoluta di giudizio.
Si ama, non si pensa ad altro. E in quel momento fu così.
I passi calmi e pesanti del branco mi arrivarono vicino e avvertii
quasi il calore della loro pelliccia sulla pelle; ma rimaneva fuori. Il
vero calore io lo avevo dentro, mentre stringevo il corpo tremante e
febbricitante di Jacob.
Il muso umido di Sam mi sfiorò la guancia e mi fece voltare.
Gli enormi occhi mi fissarono a lungo, quasi obbligandomi ad alzare e
consolandomi allo stesso tempo. Lo feci, anche se rimasi ancora un po'
ferma.
-Cosa succede... cosa
succede?- Jake lo ripeteva di continuo, premendosi i pugni
sulle tempie.
Non gli risposi, non riuscii a dire nulla. Allontanata dalle piccole
spinte delicate di Paul mi ritrovai sulla porta di casa; Billy che mi
stringeva dal basso.
-Ora starà bene, cara- mormorò, facendomi
rientrare.
Lanciai un'ultima occhiata dietro di me e in un lampo, quasi uno
scoppio di ombre e oscurità, una nuova figura gigantesca
stava in mezzo alle altre.
Anche lui si era trasformato.
Ero infreddolita e tremavo senza controllo quando Billy mi mise sulle
spalle una pesante coperta di lana; fissavo fuori dalla finestra,
ansiosa, cercando di trovare nella foresta qualche segno che mi potesse
assicurare che Jake stava bene.
Non appena si era trasformato i lupi erano spariti negli alberi ed
ormai erano passate due ore e non era tornato nessuno.
-Laura, staranno bene. Te lo assicuro- mi disse Billy, affiancandomi e
sfiorandomi un braccio con delicatezza.
Abbassai lo sguardo e sospirai. Le palpebre mi pesavano, tutta la
stanchezza si era accumulata e la febbre si era alzata
esponenzialmente. Lo sentivo.
Sbadigliai e starnutii, tirando su con il naso.
-Voglio aspettarlo- mormorai, in un soffio. Lui sospirò e mi
strinse con più forza la mano.
Scuoté la testa con fare affranto e ruotò la
sedia a rotelle; lo seguii per un attimo con lo sguardo.
-Almeno siediti, sei sfinita, te lo si legge in faccia- mi
consigliò, sistemando come poteva i cuscinetti del divano e
facendomi intendere che dovevo mettermi lì.
Feci come disse, trascinandomi e facendomi cadere là; chiusi
gli occhi e tirai la testa indietro.
Mi girava, mi pulsava, e allo stesso tempo non mi faceva nulla,
perché l'agitazione nei confronti di Jake era di gran lunga
superiore.
-Sapevo che prima o poi sarebbe successo pure a lui- mormorò
tra sé e sé Billy, mettendosi accanto a me e
poggiando le mani sulle ginocchia, iniziando a torturarsele un poco.
-Speravo solo che tu non ci saresti stata- aggiunse, guardandomi.
Mi strinsi la coperta addosso e ricambiai l'occhiata, mi morsi un
labbro e risposi: -Billy, non è successo niente... io sto
bene, no?-
Perché stavo bene, vero?
Lui non rispose subito poi sospirò e annuì, anche
se notavo la sua preoccupazione e gli occhi che andavano sempre a
rivolgersi alla porta, nella speranza che Jake rientrasse e stesse bene.
Non ricordo bene quando scivolai sdraiata sul divano e caddi in un
sonno profondo, ricordo solo che dopo un tempo vago, che per me
sembrò infinitamente piccolo, la figura di Jacob si
avvicinò e mi prese tra le sue braccia.
Avvertii il calore del suo corpo, il petto nudo contro il quale posai
il volto e un silenzio tremendo che non avevo voglia né
forza di interrompere.
Mi posò nel letto e chiusi gli occhi. Tutto tacque per un
istante e dopo pochissimo un fruscio e il rumore della scrivania che
veniva urtata da un suo movimento più goffo.
Dormii ma feci incubi e la mattina seguente la febbre era tanto alta
che non riuscivo neanche ad alzarmi dal letto.
E le cose, dannazione, sembravano complicarsi giorno dopo giorno.
Mi svegliai e rimasi a lungo a fissare il soffitto. Avevo
così tanti pensieri che mi affollavano il cervello che non
riuscii a focalizzarmi su di uno per più di qualche secondo:
avrei dovuto riprendere il discorso con Jake? E lui, come stava? La
trasformazione? Mi odiava?
Avevo voglia di piangere, di nuovo, così mi
premetti le mani sugli occhi con forza, imprecando contro tutto e
tutti.
Mi dolevano tutte le giunture, mi bruciava la gola e gli occhi, non
riuscivo neanche a tenerli aperti più di tanto che
iniziavano a lacrimare. Alzandomi pesantemente sospirai e cercai di
ricordare chi mi avesse portato fin lì: Jake.
Sì, Jake. Dovevo trovare Jake e parlargli.
Presi un maglione e me lo infilai: avevo veramente troppo freddo. Scesi
giù e trovai Billy in cucina, intento a leggere il giornale.
Tossii e riuscii ad attirare la sua attenzione; alzò lo
sguardo e sorrise gentilmente, chiuse il giornale e velocemente
andò a prendermi una tazza di latte.
-Grazie mille- sussurrai, sedendomi e stringendomela tra le mani. Era
caldo, per fortuna.
-Vuoi un po' di miele?- chiese, premuroso. Immediatamente mi ritrovai
difronte un enorme barattolo stracolmo di miele. Gli sorrisi e annuii.
-Ti sei presa una bella influenza, eh?- cercò di scherzare e
mentre facevo per rispondergli un attacco di starnuti multipli mi
colpì.
Sospirai stremata e, nuovamente, annuii. Lui rise divertito e rimase ad
osservarmi.
Non riuscii a bere: mi faceva così male la gola che ogni
volta che deglutivo provavo una fitta così forte da farmi
lacrimare. Lasciai stare e guardai Billy. Volevo sapere dove stava Jake.
Neanche dissi una parola che lui mi rispose prontamente.
-In camera sua. Jacob è andato a dormire non appena ti ha
portato in camera sua. Saranno ormai state le tre di notte- prese un
profondo respiro -era sfinito, il ragazzo- scuoté la testa
-fortunatamente Sam era già nel bosco e Paul ci ha messo
poco a raggiungerlo. Il branco è stato fantastico, lo hanno
aiutato subito e non si è ritrovato solo- mi
spiegò.
Rimasi in silenzio e assimilai la storia.
-Sta dormendo?- chiesi infine.
-Sì, credo proprio di sì- confermò,
prendendo la tazza e mettendola nel lavandino; feci per aiutarlo, ma
ero così debole e malata che per poco non persi l'equilibrio.
Mi squadrò e mi rimproverò: -Ora vai a letto e
misurati la febbre, ieri è stata pessima idea uscire. Te lo
avevo detto-
Sorrisi e pensai a quanto paterno potesse essere.
-Bill, dovrò chiamare a lavoro, non credo che domani
riuscirò ad andare- sospirai.
-Faccio io, non preoccuparti, non credo che Jhon avrà nulla
in contrario- mi rispose dolcemente.
Annuii convinta e borbottai: -dopo tutto non sono mai mancata-
Feci come mi disse e mi infilai sotto le coperte, a bozzolo. La testa
che si avvicinava al petto, il lenzuolo tirato fin sopra e una guancia
affondata nel cuscino.
Sarebbe andato tutto bene, sì, sarebbe andato tutto bene.
Aprii gli occhi e controllai che ore fossero, portai la mia sveglia
elettronica sotto le coperte e premetti il pulsante per illuminarla.
15,13.
Avevo dormito altre cinque ore senza rendermene conto, e continuavo a
provare una tremenda sonnolenza. Non volevo rimanere sveglia, non
appena il mio cervello riprendeva la possibilità di
ragionare iniziava a pensare alla sera precedente e non riuscivo a
sopportarlo. La febbre non mi faceva sognare, né fare incubi
e tutto ciò mi andava più che bene.
15,14.
Sarei dovuta rimanere a letto, la scorsa sera. Sarebbe andato tutto per
il verso giusto, già.
15,15.
Jake, Jake come stava?
Si era svegliato? Magari era giù uscito, era andato da Sam.
Sam, dovevo parlare con lui, era da un sacco che non lo facevo. Stava
sempre con Emily e ogni volta che provavo a chiamarlo finivo per
ritrovarmi il telefono attaccato in faccia.
15,16.
Dovevo chiudere gli occhi e dormire. Trovare un modo per affrontare la
situazione.
Ma più tardi, vero? Più tardi.
15,17.
Avevo la coperta fin sopra la testa, ma avvertii lo scricchiolio della
porta, i passi pesanti di una figura che di sicuro non poteva essere
Billy
Era Jake.
15,18.
Non mi mossi, rimasi perfettamente in silenzio, chiusa a riccio in me
stessa, con le coperte fin sopra il mento, ascoltando solo il rumore
del mio respiro. Il materasso si piegò, sprofondando verso
l'estero, dove lui si era seduto. Nuovamente silenzio. Ci fu lo
scrocchiare delle sue dita, poi queste si posarono sui miei capelli, un
attimo per poi ritrarsi.
-Laura?-
Sussultai. La sua voce era rauca, completamente differente da come la
ricordavo. Era un adulto, mentre io mi sentivo così piccola
sotto le lenzuola.
Sbucai lentamente da lì sotto e lo guardai con gli occhi
socchiusi. C'era una luce fioca che proveniva dalla finestra:
grigiastra, un raggio leggero che faceva vedere tutto il turbinare
della polvere. Lo fissai e risposi.
-Jake-
Non disse nulla per un po', poi abbassò lo sguardo,
studiando la mia trapunta.
Era diverso, l'espressione di un colpo più dura e severa, il
mento che era diventato asciutto, non più tondeggiante come
quello di un bambino, potei notare un leggero accenno di barba, che
sicuramente si era scordato di fare. Senza volerlo, vidi la mia mano
sfiorare il suo viso.
Era bollente.
Alzò gli occhi e li portò sui miei. Erano lucidi,
stanchi, gonfi. Di sicuro aveva pianto tutta la notte ed era crollato
mentre ancora lo stava facendo. Lo vidi schiudere le labbra secche.
Rapida posai un dito sulla sua bocca, facendogli segno di tacere.
Non lo volevo sentire parlare. Non volevo sentire nulla. Quel
silenzio... quel silenzio per un attimo mi parve così
confortante e giusto da non volerlo interrompere.
Mi sentivo rincuorata vedendolo, pure se aveva l'espressione di un
carcerato, e avevo paura che una sola, semplice parola avrebbe potuto
demolire quella sicurezza.
Scossi la testa lentamente e gli accarezzai una guancia ruvida. Aveva
delle occhiaie e le percorsi con un polpastrello, lentamente, salendo
fin sopra la sua fronte.
Mi chinai in avanti e gliela baciai, solo un secondo, per poi scostarmi.
Rimase fermo, immobile, osservandomi.
-Perdonami-
Disse solo quello, mi ricordo che disse solo quello e mi
spiazzò. Non era da lui, non era da lui dire solo una
parola. Fermarsi ad un punto, non proseguire oltre.
Mi resi conto che l'oltre l'avrei deciso io, e lui lo sapeva.
Sorrisi flebilmente e per un attimo una fitta mi premette sulle tempie;
i ricordi della sera precedente mi colpirono violentemente, e la sua
voce, quella di Bella mi fecero male.
Chiusi un attimo gli occhi e sentii il frusciare delle
coperte, il suo corpo che mi stringeva di colpo e di nuovo quella
parola: perdonami.
Eppure, sembrava che quel perdono non si rifacesse solo a quella sera:
forse si riferiva anche alle litigate riguardati Sam, l'antipatia verso
Embry che si era allontanato senza motivo, l'avermi sempre dato torto
riguardo a delle questioni che io volevo solo proteggere, come lui
avrebbe fatto d'ora in poi.
Perdonami .
Sembrava chiedermelo mentre mi stringeva, e io rimanevo inerme, mentre
affondava il viso nei miei capelli disordinati e cercava un appiglio
nel mio pigiama troppo grande. Mi chiedeva scusa mentre sentivo le sue
lacrime calde bagnarmi il collo, le sue mani enormi sfiorarmi la
schiena.
E di colpo lo strinsi a mia volta.
Con forza, necessità. Come se non esistesse niente al mondo
se non lui e il nostro abbraccio.
Gli strinsi la testa con una mano, con l'altra la spalla,
attirandolo a me. Ero piccola, fragile e me ne rendevo contro mentre i
nostri corpi cozzavano tra di loro, mentre avvertivo le sue ossa, i
suoi muscoli. Mentre lo
avvertivo.
Mi ritrovai a piangere pure io, a perdonarlo.
Ci staccammo dopo molto e io fui colpita da una raffica di starnuti
micidiale, che mi porto ad affondare il viso in un fazzoletto per due
minuti abbondanti. Lui non si spostò. Indossava solo una
maglietta e l'intimo, rimané seduto ad osservarmi.
Quando smisi sospirai.
-Che bello spettacolo, eh?- commentai sarcastica, rintanandomi sotto le
coperte.
Rise sommessamente e si spostò, facendo cigolare le molle
del letto. Lo ritrovai al mio fianco.
-Sei malata- rise -dopo ieri sera è il minimo- sorrise a
disagio, mi voltai e lo guardai negli occhi.
-Facciamo che ieri sera non c'è mai stata, okay?- proposi, a
disagio.
Rimase un poco in silenzio e poi mi fece notare: -e io come mi sarei
dovuto trasformare in un enorme e peloso lupo ammazza vampiri?-
Sospirai e mi rimisi bene, dandogli le spalle. Mi strinse a
sé e fui come avvolta dal suo calore. Chiusi gli occhi.
-Una fata ti ha trasformato- sussurrai. Sentivo di nuovo sonno, ma
questa volta era un sonno piacevole, benevolo.
Sorrise.
-Una fata?-
-Sì, una fata con la coda, che ha divorziato con un vampiro
e ha deciso di vendicarsi- scherzai.
Sbadigliai e affondai il viso nel cuscino.
-Va bene, una fata- mormorò sottovoce al mio orecchio.
La sua voce era di nuovo dolce, era di nuovo sua. Mi addormentai
rendendomi conto che il ragazzo accanto a me era di nuovo lui. Jake. Il
mio Jake.
Angolo autrice:
come al solito, sono lenta ._____. e aggiorno ogni due mesi, credo che
ormai mi abbiate seguito abbastanza da capire che non
riuscirò mai ad aggiornare prima XD È
più forte di me ç_ç
Comunque, spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento (:
Inizio a ringraziare tutte le persone che mi seguino -nonostante i
millemila ritardi XD
Grazie agli 80
che la preferiscono, ai 54
che la seguono e agli 8
che la ricordano. Grazie ai
113 che mi hanno tra i loro autori preferiti.
Grazie a chi ha commentato, riempendomi il cuore di Giuoia!
Dackota: che
bel commentone ♥ Condivido con te l'odio, se non si era
capito in questa storia o in generale in qualsiasi altra storia io
abbia scritto XD Oh *-* anche io ho continuato a seguire la saga solo
per Jake e i minori! (da notare le mie storie XD se non sono sfigati,
non li uso *o*) Oddio °-° che scena schifosa XD Vi
giuro che per me è stata già un'impresa scrivere
del vomito: io ne ho pa phobia ç_ç"; è
stata una specie di gara contro me stessa XD
kekka cullen:
grazie mille per il commento ;)
Giu25: presto,
purtroppo, non è mai possibile con questa storia
ç_ç"
_VioletDay:
carissima ♥ Eh, Embry sarebbe una buona scelta, ma...
ù_ù *si tappa la bocca* Vero? XD È
stranissimo, pensa te quando io scrivo!
Samarina: <3
Grazie!
Sammy Cullen:
vado veloce è.é quindi ti scrivo veloce! grazie
♥
GiuliaMary:
A quanto pare Embry interessa molte, eheheh ♥ Dovrete
leggere -e aspettare .-." - i prossimi capitoli!
Credo che sia tutto...
anzi no!
Volevo consigliare a tutti quelli che hanno letto e sono arrivati fino
a qua un contest (:
Logicamente, è sul fandom della Twilight, saga. È
indetto dal Collection
of starlight, e si intitola Teams'
competition, che voi tifiate Cullen, i Lupi o i Volturi,
avrete pane per i vostri denti ;D
Per iscriversi dovrete solo presentarvi al forum -che io consiglio in
generale, visto che sono migliorata tantissimo frequentandolo e ho
trovato persone fantastiche ♥
Okay, basta pubblicità progresso, se avete qualunque dubbio
e volete partecipare, contattatemi ;)
Arrivederci!
Là
Se avete un livejournal,
questo è il mio: ulissae
Idem per anobii (ha trovato il giochino, la bimba): Ulissae
anobii
Se invece volete farmi una qualsivoglia domanda, ecco il mio formspring: Ulissae
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Capitolo 20 *** 20. Incontri inconsueti ***
20.
Incontri inconsueti
La settimana seguente la passai in convalescenza; sia Billy che Jacob
si presero cura di me e notai come entrambi, vivendo senza una donna a
casa, avessero sviluppato delle abilità casalinghe da non
sottovalutare. Jake aveva iniziato ad abituarsi all'idea di essere un
licantropo -per quanto fosse possibile- e si divertiva nello
sperimentare i suoi nuovi poteri. Alcune volte, se mi bardavo per bene
riuscivo ad avvicinarmi alla finestra e osservarlo trasformarsi oppure
spiccare assurdi salti verso l'alto.
Credo che per lui fosse un modo per esorcizzare la paura, per evitare
che questa lo assalisse e riuscisse a impossessarsi di lui, nonostante
mi rendessi conto quanto quel fardello potesse pesare sul suo cuore.
Sam era ormai un ospite fisso a casa e Billy ne sembrava contento, ma
sicuramente non quanto lo ero io. Ripresi a passare molto
più tempo con lui e il fatto che ora Jacob riuscisse a
leggere nei suoi pensieri gli impedì di fare qualsiasi
scenata di gelosia: né io né Sam provavamo dei
sentimenti “romantici”. Eravamo solo ottimi amici e
l'averlo ritrovato mi aveva procurato un piacere immenso.
Ma c'era qualcosa che sembrava rompere questo quadro idilliaco: il
telefono.
Più volte Bella aveva chiamato e più volte Billy
le aveva attaccato in faccia, in modo sbrigativo. Appena dopo le sue
chiamate nella stanza calava un silenzio imbarazzato, Jake abbassava lo
sguardo e si sentiva quanto fosse difficile per lui tagliare in un modo
tanto brusco i rapporti con lei.
Cercavo di non dare a vedere che avevo notato in lui questo dolore,
così tutte le volte gli stringevo una mano e parlavo di
qualcosa di frivolo e stupido, qualcosa che gli facesse scordare il
peso che ora era anche sulle sue spalle. Aveva capito sin da subito che
aveva un branco di amici disposti e pronti ad aiutarlo e aveva me, ma
sembrava come se tutto ciò non gli bastasse.
Siamo soli, effettivamente. Me ne rendevo conto quando lui si
allontanava e si andava a trasformare nel bosco. Magari accanto a lui
c'era Sam, ma si vedeva perfettamente che entrambi sapevano di essere
soli.
Nel momento della trasformazione, mi diceva, non pensi. Ti annulli
completamente per rinascere come animale.
Parlava come un uomo, anche se aveva un vocabolario da ragazzo.
Sembrava come se all'improvviso qualcosa o qualcuno avesse messo nella
sua testa pensieri e azioni più grandi di lui, che facevano
fatica a essere contenute nel suo spirito.
Comunque, ogni volta che chiamava Bella la situazione si tendeva per un
poco.
La mia malattia confermava quella di Jake, in qualche modo: io malata,
lui malato. Baci, effusioni tra fidanzati, vivere nella stessa casa...
non era poi così assurdo pensare che anche lui fosse stato
infettato.
Ma Bella era odiosa proprio perché petulante:
così non smise di chiamare per lunghi giorni,
finché una volta non mi trovò a casa da sola.
Billy era uscito per andare da Harry -che a quanto pare stava piuttosto
male, mentre Sam era venuto a prendere Jacob per farlo esercitare un
po' con la trasformazione e il ritorno in uomo. Ero sola a casa quando
il telefono squillò; istintivamente risposi, ma quando la
sentii gelai.
«Pronto? Sono Bella»
Dannazione. Deglutii e cercai di sembrare ancora più
raffreddata di quanto già non fossi.
«Ciao Bella, come stai?» una voce nasale perfetta,
mi complimentai con me stessa.
«Io bene, voi? Non vi siete più fatti sentire,
Jake... insomma, come state?»
Ah, e provava pure a usare il voi!
«Non benissimo...»
Prima che potessi finire di rispondere subito lei partì con
una domanda.
«Puoi passarmi Jacob?» secca, diretta e irritante.
Strinsi le labbra, inacidita e feci finta di niente; con tutta la calma
possibile cercai di non attaccarle la cornetta in faccia.
«È andato in ospedale con Billy, giusto per un
controllo» risposi annoiata. Era la scusa standard che
avevamo prefissato.
Sentii un suo gemito insoddisfatto e abbattuto, poi, senza troppa vita,
farfugliò dei convenevoli e chiuse la conversazione.
Da quel giorno, però, le telefonate non cessarono,
continuarono ininterrotte finché non ci fu un culmine.
Ero guarita, anche se ancora piuttosto deboluccia, ma io e Jake avevamo
deciso di andare comunque al cinema: a lui sarebbe servito come
distrazione.
Quando tornammo a casa andò direttamente a letto -passare
intere notti a correre per la foresta lo sfiniva- mentre io mi ritrovai
a chiacchierare con il signor Black.
Non so cosa trovasse in me, capace di renderlo il padre perfetto, in
ogni caso mi disse che Bella aveva nuovamente chiamato, che lui gli
aveva detto che io e Jacob eravamo usciti e lei si era ritrovata senza
parole, piuttosto delusa.
«Ragazza, voglio essere sincero» sospirò
pesantemente, sfiorandomi una mano «sono felice che tu e Jake
stiate insieme. Molto felice. Gli fai bene» sorrise
dolcemente e non aggiunse altro, guardandomi con occhi furbi, mentre
andava in camera sua, lasciandomi sola in cucina.
Mi aveva dato la benedizione o qualcosa del genere, pensai.
Oppure un avvertimento? Magari conosceva il figlio meglio di me e
sapeva come funzionava il suo cervello?
Ma non era stato lui che in passato mi aveva detto di fidarmi di Jake?
Oppure stava ritrattando? Aveva capito che la situazione stava
prendendo una brutta piega?
Dalla sera del cinema avevo cercato di eliminare la discussione tra lui
e Bella, riuscendoci più o meno bene; ma ora, nuovamente, i
pensieri iniziarono a inondarmi come un torrente, lasciandomi numerosi
lividi in mente, che ora dopo ora pulsavano sempre di più.
Una volta che mi rimisi in sesto iniziai a uscire con il branco nel mio
tempo libero -il lavoro al caffé di La Push era sempre lo
stesso e piuttosto monotono- e quella fu di sicuro una delle esperienze
più emozionanti della mia vita.
Quando Jake stava con il branco sembrava un altro, totalmente
spensierato: Paul era capace di attirare l'azione di tutti con poche
parole, magari mandando frecciatine o proponendo scommesse; Sam, ora
più che mai, sfoggiava un modo di fare da fratello maggiore
che gli rendeva onore.
La cosa peggiore di tutte, però, era Embry.
Avevo passato un lungo periodo di tempo senza avere a che fare con lui.
Speravo che si fosse ripreso dalla cotta, che il suo rapporto con Jacob
fosse migliorato fino a ritornare al vecchio splendore. Ma niente.
Sembrava gelarsi quando noi arrivavamo e sciogliersi solo dopo alcuni
minuti dopo che lasciavamo il gruppo. Mi guardava cupo e tetro, sempre
taciturno, oppure masticando parole a mezzabocca con Jared.
Lo avevo scordato, in quel periodo assurdo, in cui Bella mi aveva
procurato una massiccia dose di stress, ma allo stesso tempo mi
ritrovavo a fantasticare su come la mia vita sarebbe potuta essere
migliore con lui, senza preoccupazioni.
Mi maledivo ogni volta che lo vedevo. Una volta tentai perfino di
parlargli, con scarsi risultati: immediatamente si era voltato e dopo
un saluto sbiascicato se ne era andato inventando una scusa stupida e
senza senso.
Non sapevo cosa fare ed egoisticamente pensai che tutto ciò
di cui avevo bisogno era di pensare a me. A me e basta. Alla mia vita,
una volta tanto.
Nonostante questo, però, cercai di mantenere i rapporti con
Quil, che rimaneva tagliato fuori dal branco e tale doveva rimanere.
Era sempre più cupo e tetro, nonostante il suo corpo
sembrava stesse fiorendo, giorno dopo giorno, alzandosi e diventando
più robusto e imponente.
«Quil?» nelle pause tra le varie lezioni cercavo di
chiacchierare con lui, lasciando Jake da parte -a quanto pare gli era
stato vietato frequentarlo, per paura che dicesse qualcosa; Sam aveva
tentato di farlo anche con me, ma con scarsi risultati.
«Laura?» si voltò, con un gesto
flemmatico e privo di passione. Totalmente privo di vita.
«Cosa hai? Sei stranissimo questi giorni» lo fermai
per un polso, guardandolo con fare indagatore.
Lui sorrise amaro e mugugnò: «Io? Voi! Non vi fate
più sentire! Jake neanche mi risponde al cellulare. E vorrei
farti leggere i tuoi, di messaggi»
Effettivamente cercavo di rispondere nel modo più criptico e
secco possibile, per paura che qualcosa di troppo potesse scapparmi.
«Ora uscite con quelli, vero?» quasi
sputò le parole. Quelli... lo disse con rabbia e agitazione.
«Come Embry, avete preso e ve ne siete andati! Bravi!
Cos'è? Una prova di iniziazione?»
gonfiò il petto e capii che cercava di imitare Sam,
tant'è che fece un vocione severo: «molla i tuoi
amici, unisciti a noi!»
Fece una faccia schifata e si fece lasciare da me. Lo guardai con occhi
vuoi, tristissimi.
«E dai, Quil...»
«E dai cosa, Laura?!» sbottò, furioso,
inchiodandomi.
Sospirai, capendo che andare avanti era inutile, alzai una mano e lo
salutai. Mi sentivo triste, distrutta e con una voglia di piangere che
mi faceva male alla gola e agli occhi.
Quando arrivai a casa la mia faccia non era cambiata di molto e Jacob
mi fissò stranito; non riusciva a capire perché
stessi così e io non volevo assolutamente fargli pesare
sulle spalle anche il disagio di Quil.
Si avvicinò a me, che stavo buttata sul divano a leggere
pigramente un libro, e mi iniziò a fissare intensamente, con
le sopracciglia aggrottate: «Che cosa hai?»
«Niente» mugugnai, posando il libro sul ventre e
ricambiando lo sguardo. «E tu, cosa hai?»
Lui sorrise, stringendomi una mano delicatamente: spariva tra le sue,
che erano enormi e bollenti.
«Niente» sorrise un poco, facendomi il verso e
tentando di stendersi accanto a me, ma essendo troppo grande dopo
alcuni tentativi si rimise seduto, sbuffando.
«Che farai oggi pomeriggio?» domandai, tirandomi su
e posando il libro sul tavolino davanti al caminetto acceso.
«Sam mi ha chiesto se volevo andare con loro in
ricognizione» sospirò, posando i piedi
lì accanto.
Ci fu un attimo di silenzio e poi mi voltai verso di lui, sorridendo
allegra.
«Una passeggiata per il bosco, quindi?» dissi
lentamente.
«Bhè, non proprio una passeggiata... ma alla fine
non credo che ci saranno grandi problemi; è pur sempre
giorno, no?» scrollò le spalle, alzandosi e
stiracchiandosi. Vederlo sempre a mezze maniche e in pantaloncini jeans
era piuttosto strano, visto che io ero avvolta in strati e strati di
maglioni e magliette.
Tossicchiai; un'idea insana mi era nata in mente e mi stuzzicava:
andare con loro.
«Allora posso venire?» mi alzai accanto a lui e gli
sorrisi, allegra.
Mi guardò strabuzzando gli occhi e bloccandosi con le
braccia per aria, stupito.
«Stai scherzando?» balbettò, sconvolto.
«No, affatto. Perché non posso venire con voi?
Tanto hai detto anche tu che non ci sono problemi, no?» lo
supplicai, abbracciandolo e cercando di convincerlo.
«Sam non me lo permetterà mai!»si
staccò, tutto rosso in viso e si avvicinò alla
porta.
Lo seguii, infilandomi le scarpe che lasciavo sempre all'entrata per
non infangare casa, e continuai a chiedergli veementemente di portarmi
con lui: «Ti prego, dai! Qui mi annoio tantissimo ora che non
posso parlare con nessuno! Leah lavora pure! E oggi è il mio
giorno libero, non so che fare!»
Fece finta di ignorarmi e aprì la porta, uscendo.
Uscii con lui e quasi correndo, per reggere le sue lunghe falcate, che
mostravano quanto fosse agitato.
«Ma non devi studiare» mi fulminò, prima
di addentrarsi nel bosco, e iniziare a togliersi la maglietta.
«Sai bene che ho fatto anche i tuoi, di compiti»
dissi allegra, ormai correvo per stargli dietro «vedi, me lo
devi. Dai, ti prego...» lo fermai, tenendolo per una mano.
Era così caldo, non mi sarei abituata mai.
«Jake, mi fido di te, so che non mi faresti mai del male,
amore»
Ci zittimmo entrambi e poi lui sospirò, scuotendo la testa
cupo, mi guardò severo e poi annuì.
«Va bene, va bene... ma... ma aspetta qui, mi trasformo
più in là»
«Direi che...» iniziai, maliziosamente.
«Non si tratta del vedermi nudo»
mugugnò tetro «la trasformazione è...
una cosa difficile»
Mi morsi un labbro, quasi vergognandomi della leggerezza con la quale
avevo trattato l'argomento e mi sedetti a terra, sospirando:
«sì, scusami... ti aspetto qui, okay? Non mi
muovo» gli sorrisi e gli mostrai la mano destra sul cuore, in
segno di giuramento.
Lo vidi sparire tra le fronde degli alberi più bassi e
rimasi in silenzio; lo scricchiolio dei ramoscelli che cedevano sotto i
suoi piedi piano piano fu sempre più fievole e lontano.
Aspettai giocherellando con l'erba verde e bagnata, e quando lo vidi
riemergere dalla foresta si alzai lentamente; dentro di me avevo ancora
l'istinto di temere quell'enorme animale dall'aria poco rassicurante,
ma non appena il suo alito caldo e il suo muso umidiccio mi sfiorarono
sorrisi rassicurata.
Affondai una mano nella folta pelliccia e lo lasciai fare, lo vidi
abbassarsi e subito mi misi sulla sua schiena. Era caldo e piacevole al
tatto, premetti il viso contro il pelo rossiccio e rimasi sorpresa nel
notare che profumava. Immaginavo che sapesse di cane bagnato o qualche
altro olezzo fastidioso, invece manteneva l'odore che aveva da umano.
Quando si mosse rischiai di cadere, mi tenni più stretta e
poco alla volta mi abituai all'andatura e al movimento del suo corpo.
Si mosse adagio, senza correre troppo e in breve giungemmo in una sorta
di piccola radura, dove altri quattro lupi ci aspettavano. Nonostante
la sembianze canine vidi gli occhi si Sam spalancarsi e fissarmi
sconvolti; Jake indietreggiò a testa china, come se
quell'ondata di stupore l'avesse spinto.
Feci per parlare ma la cosa mi risultò strana, mi sforzai
molto per farmi uscire la voce: «Sam, calmo, gliel'ho chiesto
io»
Lui grugnì e Jacob sembrò scollare le spalle.
Embry -non avrei mai potuto scordare la sua figura animalesca- si
voltò e iniziò a camminare lentamente,
profondamente scocciato.
Paul, al contrario, sembrava divertito dalla situazione, e mostrava
quello che a me pareva un ghigno, con numerosi denti affilati.
Dopo un primo momento in cui io potei udire solo brontolii e grugniti,
e qualche ringhio sommess,o tutti quanti si mossero e io riuscii a
rimanere attaccata al mio lupo, contenta del fatto che non mi avessero
cacciato.
Poco alla volta l'andatura di Jake si fece sempre più veloce
e alla fine mi ritrovai a aggrappata a lui, sentendo il rumore
martellante del suo cuore.
Il paesaggio intorno a me si faceva sempre più indistinto e
strinsi le labbra, l'aria gelata mi sferzava il viso ma il piacere che
provai in quei momenti non mi fece preoccupare per il freddo. Ogni
tanto piccoli lampi di colore più scuro, che erano gli altri
ragazzi, ci sfrecciavano accanto e degli ululati sguaiati rompevano il
silenzio naturale del bosco.
Non so quanto tempo passai stando stretta a lui, ma all'improvviso
Jacob si bloccò; scivolai a terra, presa alla sprovvista.
Lo guardai agitata, completamente coperta di terriccio e foglie morte e
umide.
«Cosa è successo, Jake?» chiesi
allarmata, alzandosi un po' a fatica: avevo urtato un ginocchio contro
una radice e mi faceva male.
Lui mi guardò seriamente e mi fece cenno di zittirmi, seguii
il suo ordine e mi tenni al tronco di un albero.
Davanti a noi si apriva una radura piuttosto ampia, che però
sembrava essere priva di bellezza, visto che la terra sostituiva in
più punti l'erba. In lontananza si potevano sentire due
voci: una era maschile e parlava in modo molto suadente, con frasi
secche e tranquille; l'altra, inconfondibile al mio orecchio, era
quella tremante e agitata di Bella.
Ebbi un fremito, la situazione era tesa, e non riuscivo a capire cosa
stesse succedendo.
Jake fece un passo avanti e parallelo a lui potei notare Paul, poco
più avanti Embry e Jared. Sam era già sparito
oltre gli alberi, emettendo un ringhio sommesso.
Stavo stretta all'albero, grattando la corteccia muschiosa.
Respiravo velocemente, con gli occhi spalancati; quasi senza rendermene
conto mi spinsi in avanti, verso il limite della foresta, e finalmente
potei vedere tutto.
Bella stava immobile, dietro di lei, in una formazione a V il branco
avanzava, mentre un uomo, dalla pelle leggermente olivastra aveva gli
occhi spalancati, fissando quegli animali tanto giganti.
Il tempo di battere le palpebre ed era sparito, mi voltai e anche il
gruppo di lupi era sparito, sollevando la terra dietro di loro.
Deglutii e chiusi gli occhi: era un vampiro. Temetti per la salute di
tutti i miei amici, per la loro vita.
La ragazza era caduta in ginocchio, tremava per la paura e
probabilmente sarebbe scoppiata da un momento all'altro a piangere, con
tutta l'adrenalina che aveva accumulato.
Non sapevo cosa fare: una parte di me voleva correre da lei e farla
alzare, stringerla e rassicurarla; un'altra mi faceva notare come tutto
ciò fosse sbagliato e che avrei potuto creare dei problemi a
Sam e agli altri.
Come avrei potuto giustificare il mio essere nella foresta? E se mi
avesse chiesto qualcosa riguardo ai lupi?
La guardai, respirando velocemente, sembrava non volersi rialzare e
pensai a mesi prima, a cosa le era successo. Pareva chiamare qualcuno,
in modo sommesso e costante.
Chiusi gli occhi: avrei inventato qualcosa e avrei trovato una scusa
con Sam.
Uscii dagli alberi e mi avvicinai a lei, ci mise un po' prima di
rendersi conto di me; mi inginocchiai accanto a lei e le sfiorai una
spalla.
Spaventata si ritrasse subito, e solo dopo un po' riuscì a
realizzare.
Le sorrisi nel modo più amichevole possibile.
«Bella?» mormorai.
«Laura?»
«Stai bene? Tutto bene?»
Il ginocchio aveva iniziato a pulsarmi fastidiosamente, feci una
smorfia e cercai di sopprimere il dolore.
«C'era...» si bloccò, all'istante.
Sicuramente stava per dirmi qualcosa riguardo al vampiro, rimanemmo
entrambe in silenzio.
Non sapeva niente di me né del fatto che sapessi il segreto
di Edward né dei licantropi. Però, in un istante,
capimmo entrambe che era meglio non fare domande.
«Meglio andare, no?» suggerii.
Lei annuì, sospirando e un po' traballante mi
seguì. Mi gelai rendendomi conto che non avevo la
più pallida idea di come tornare.
«H... Hai una bussola o una mappa?»
mormorai veloce, agitata.
Ci mise un po' prima di afferrare la mia domanda, poi annuì,
rapida, e se le tolse dalle tasche del giaccone. Con il suo aiuto
capimmo dove ci trovavamo e riuscimmo a tracciare una strada di ritorno.
Camminavamo lentamente, e il tempo sembrava non volerci aiutare,
poiché faceva sempre più buio. Uscimmo dalla
foresta che ormai era notte. La sua macchina era parcheggiata dalla
parte opposta della strada, iniziò a piovere e velocemente
entrammo.
Respirava in modo irregolare, con gli occhi ancora spalancati. Accese
immediatamente il riscaldamento: i vestiti umidi e l'aria glaciale ci
stava facendo gelare.
Fu lei a rompere per prima il silenzio.
«D... dove sta la tua macchina?»
Deglutii e dissi, sorridendo un po' a disagio: «sono arrivata
a piedi, una passeggiata...» provai a scherzare e sviare il
discorso.
«Ho sentito dei rumori e mi sono spaventata... correndo ho
perso la mappa e la bussola» spiegai, lenta.
Bella annuì, sembrava troppo pensierosa per preoccuparsi se
stessi dicendo una bugia o meno.
Mise in moto dopo poco e subito partì diretta verso casa
sua; non avevo neanche coraggio di dirle che magari avrebbe dovuto
riaccompagnarmi.
Solo a metà strada inchiodò e mi
fissò, a lungo. Per fortuna da quelle parti le macchine
erano rade e la sua azione non portò a nessuna conseguenza
grave.
«Bella?»
La vidi paralizzarsi e poi dire, velocemente: «ti porto a
casa».
Nei suoi occhi vidi un barlume di un'idea, probabilmente era riuscita a
capire che accompagnandomi avrebbe potuto vedere Jake. Mi gelai e la
guarda.
«No, fa niente...» risposi, rapida. Eravamo sulla
provinciale, in mezzora sarei riuscita ad arrivare a La Push. Aprii la
portiera e slacciai la cintura di sicurezza.
«No, Laura... sta piovendo» insistette.
Scossi la testa; avevo fatto fin troppi danni per oggi e ci mancava
solo che la portassi a casa per cena.
«Fa niente... mi serve una doccia fredda» tentai di
scherzare, chiudendo la porta e salutandola con la mano da oltre il
finestrino appannato.
La vidi provare a ribattere, ma io mi ero già voltata e
avevo iniziato a camminare velocemente verso la parte opposta.
Diluviava e in breve mi ritrovai completamente zuppa. A metà
strada vidi tra la boscaglia due enormi occhi gialli che mi fissavano,
spaventata mi ritirai, finendo proprio al centro della carreggiata,
deglutii e sperai che si trattasse di uno dei ragazzi e non di un vero
lupo.
La figura nera avanzò e riconobbi l'enorme stazza di Sam;
tranquillizzata mi avvicinai e mormorai: «Mi sono
preoccupata... l'ho riaccompagnata»
Emise un grugnito scocciato e mi fulminò, ma si stese subito
a terra, per farmi cenno di salire su di lui. Senza lamentarmi o
protestare feci come voleva ed esausta usai le mie ultime forze per
tenermi aggrappata fino a casa.
Rimasi sorpresa nel vedere quanta gente ci fosse dentro, lasciai che
Sam si ritrasformasse ed entrai.
Immediatamente tutto il branco si voltò verso di me, nei
loro volti c'era un misto di eccitazione e preoccupazione.
Per un attimo calò il silenzio e gli occhi scuri di Jake mi
raggiunsero; sapevo che l'avevo sicuramente fatto preoccupare.
«È viva e sta bene, ve l'avevo detto»
esultò Paul, guardando con aria soddisfatta Sam, che stava
dietro di me.
Nonostante sapessi che Sam e Jake mi avrebbero fatto la testa quadrata
a forza di rimproveri, capii che tutto era andato per il meglio e
perfino Embry, sempre taciturno negli ultimi mesi, sembrava sprizzare
soddisfazione da tutti i pori.
Billy mi vene incontro e sospirò: «grazie a Dio
stai bene» mi lanciò un'occhiata severa e
aggiunse: «è l'ultima volta che li
segui».
Stordita come non mai annuii: desideravo solo andare a dormire, la
testa mi faceva tremendamente male e i vestiti bagnati mi davano
fastidio.
«Co... cosa è successo?» chiesi.
Jake si avvicinò, stringendomi un braccio, sorrise e mi
baciò leggermente sulle labbra.
«Abbiamo ucciso...» iniziò.
«un succhiasangue» concluse emozionato Paul,
emettendo una sorta di ululato soddisfatto.
Sorrisi a tutti, anche se iniziavo a sentire sempre di più
la stanchezza.
Il signor Black si avvicinò, notandolo.
«Su, vai a letto... sei distrutta»
Lo guardai riconoscente e salutando tutti salii in camera. Eppure,
dentro di me, capii che quell'occhiata di Jake era significativa.
Aveva rivisto Bella e ciò non poteva che portare a qualcosa
di tremendamente pericoloso.
Angolo Autrice:
stavolta ho superato ogni limite, ma non capisco proprio come mai non
mi venga di andare avanti con questa storia. Non voglio abbandonarla,
quindi mi spingo a continuare ad aggiornare, anche se con una
tempistica che fa raggelare il sangue di un bradipo.
Non posso far altro che scusarmi e sperare che ci sia ancora qualcuno
che mi segua.
Non ho molto da dire, quindi vi saluto (: alle recensioni vi sto
rispondendo o vi ho già risposto nel nuovo modo :)
Là
Ho deciso di
farmi un account facebook per chiunque mi volesse aggiungere e fare una
chiacchierata Ulissae
EFPaggiungetemi (:
Se avete un livejournal,
questo è il mio: ulissae
Idem per anobii (ha trovato il giochino, la bimba): Ulissae
anobii
Se invece volete farmi una qualsivoglia domanda, ecco il mio formspring: Ulissae
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