Kromat.

di xCharlized
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'assassina ***
Capitolo 2: *** L'amara libertà. ***



Capitolo 1
*** L'assassina ***


  
"Il consiglio non si trovava in una situazione del genere da decenni ormai. Ma questo non ci metterà in difficoltà." Disse mettendosi in piedi l'anziano capo supremo. Si passò una mano sulla fronte, portando via il sudore.
Era passata una notte intera, e ancora, la sentenza non era stata decisa.
"Le difficoltà si sono già presentate e sono ardue Higar!" disse innervosito Frola. Come mago della capitale, era considerato sicuramente il più forte. Era l'unico che aveva guadagnato abbastanza rispetto da aver la possibilità di controbattere il capo supremo Higar in questo modo. Higar era ritenuto  l'uomo più saggio del consiglio nazionale delle terre, infatti era sempre lui assieme al resto dei consiglieri ad avere la decisioni per i casi più importanti.
Higar non rispose, continuò a fare avanti e indietro per il salone dove si stava svolgendo la riunione. Tutti i consiglieri erano seduti attorno al grande tavolo circolare al centro della stanza.
Frola si passò una mano tra i capelli riccioli cominciando a giocherellarci innervosito. Era come se Higar non lo ascoltasse, e Frola odiava quando veniva ignorato un suo parere.
"Del resto, è solo una giovane donna.." Continuò il capo supremo accarezzandosi la lunga barba bianca.
Frola battè un pugno su tavolo "Questo non vuol dire che non abbiamo il diritto di condannarla! Lei stessa si è consegnata alle guardie! Lei stessa ha dichiarato di essere colpevole!"
"E' solo una giovane donna!" Higar diventò rosso in faccia. Fu la prima volta che lo si sentì urlare così. Sopratutto in quel modo che racchiudeva parecchia rabbia. Ormai la riunione si svolgeva solo tra il mago e il supremo. Nessun altro aveva il coraggio di intervenire. Nessun altro aveva qualcosa in mente che avrebbe potuto suggerire quale sarebbe dovuta essere la sentenza.
Passarono secondi in un silenzioso imbarazzo. Fu Frola a riprendere:
"Perdonatemi, ma è un 'intera notte che ne discutiamo ormai. Altro tempo non ci porterà a diverse strade." aggiunse il mago con un tono quasi sconsolato.
"Frola ha ragione" continuò Eludem, prima consigliera donna di quella terra.
"ne abbiamo già parlato abbastanza, domani verrà data la sentenza che merita."
Higar riprese ad accarezzarsi lentamente la barba. Poi tornò a sedersi nella sua maestosa sedia.
"Essia, la riunione è sciolta, potete andare." con un sospiro di sollievo tutti i consiglieri si congedarono, tranne Frola, che si avvicinò a Higar, ancora seduto sulla sua maestosa sedia, ancora che si accarezzava la sua barba, ancora pensierono.
"Spero che prenderete la giusta decisione domattina, Higar." Disse serio prima di andarsene. Poi, anche lui, andò via lasciando il capo supremo solo con i suoi pensieri.

Il mattino seguente la grande piazza della città era piena di gente. Ormai il giovane caso della ragazza assassina era diventato un fatto tanto noto da attirare l'intera popolazione. Erano tutti rivolti verso le grandi porte del palazzo dove era tenuto il caso.
Tutti aspettavano di sapere quale fosse la decisione del consiglio.
All'interno nella sala principale erano presenti oltre al consiglio di quel paese, anche quello delle terre vicine.
Al centro della sala, c'era lei. In piedi, dritta e composta. Il suo sguardo serio, e la sua espressione decisa e matura. Vestiva con pantaloni di pelle scura trattenuti da un cinturone di cuoio. Il corpetto grigio legato con i vari lacci accurati lungo la schiena che si incrociavano creando un disegno elegante.
I capelli scuri che quella volta portava legati in una coda di cavallo.
Hel sospirò. Odiava queste cose formali.
D'un tratto entrò Higar con un passo deciso. I prensenti si alzarono in piedi. Portava una lunga veste blu oceano con vari decori ai bordi color oro.
Molto elegante.
"forse avrei dovuto mettere qualcosa di più carino" pensò Hel.
Si sedette ad un tavolo qualche metro distante da lei. Accanto a lui arrivò Giornei, il suo fidato segretario.
Passò qualche sencondo di silezio mentre Higar aprì una pergamena appiattendola sul tavolo.
"Heluesi Kromat Fardàn" cominciò.
Hel socchiuse gli occhi facendo un 'espressione di disprezzo. Odiava sentirsi chiamare per intero.
"Due giorni fa ti sei presentata al consiglio dichiarando la tua colpevolezza nell'omicidio di una gran quantità di gente che fino adesso ,prima della tua confessione, era dichiarata dispersa, infatti i corpi non sono stati ritrovati."
La ragazza abbassò lo sguardo percependo i commenti di disprezzo da parte dei presenti.
"Il numero esatto delle vittime è quello di 12 persone, tra cui una ragazza minorenne poco più giovane di te."
Una breve pausa.
"Per questo, la giusta pena da scontare, sarebbe quella della condanna a morte. Impiccaggione precisamente."
Hel deglutì.
"Ma, non ci sono prove a carico degli omicidi, o confessioni precise sull'accaduto. Per questo.."
Higar lanciò un lungo sguardo a Frola che si trovava tra le prime file dei presenti notando il suo volto di disprezzo.
"..il consiglio ha così deciso di lasciarti in libertà vigilata."
Vi fu un'unica espressione di disaccordo da parte dei presenti. Higar riprese a parlare riportando il silenzio.
"Non è stata una semplice decisione! La seduta è sciolta!" quasi si giustificò.
Pian piano tutti si diressero all'uscita, qualcuno riferì alla gente che aspettava fuori quale fosse stata la decisione.
Hel rimase lì dov'era, immobile. Lo sguardo fisso nel vuoto. Higar stava richiudendo la pergamena quando la ragazza parlò.
"Non siete poi così saggi come dicono allora, supremo Higar." disse seria rivolgendogli uno sguardo vuoto, spento.
Higar la scrutò.
"Sapete bene che quando tornerò lì fuori riprenderò ad uccidere." continuò.
Higar non disse niente, la guardò un 'ultima volta, poi prese la pergamena e uscì da dove era entrato.
Due guardie si avvicinarono a lei portandola fuori da un'uscita seco
ndaria, perchè lì fuori, c'era troppa gente che la voleva morta.

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Capitolo 2
*** L'amara libertà. ***


Aveva passato una sola notte in cella, ma le sembrava fosse passata un 'etarnità. Per questo appena si ritrovò con il naso fuori dalla porta fece un lungo e profondo respiro.
"non mi merito questa libertà"
Le due guardie quasi la spinsero fuori per poi voltarsi velocemente e chiudersi la porta alle spalle.
Hel si passò la mano sul corpetto sistemandoselo, poi sistemò un attimo i capelli e a testa alta prese a camminare verso casa sua.
La sua dimore, o come la chiamava lei "il suo paradiso infernale", si trovava poco fuori da Rederna, la città in cui si trovava, e dove aveva sempre vissuto.
Per arrivare palazzo del consiglio infatti, la mattina del giorno precedente aveva rubato un cavallo, e adesso per tornare a casa a piedi ci sarebbe stata minimo l'intera mattinata, se non di più.
Quando entrò in piena città le strade erano semipiene.
Probabilmente nessuno l'avrebbe riconosciuta, ma comunque cercò di non farsi notare.
Adesso quello di cui aveva bisogno era un passaggio.
Da lontano, vide in fondo alla via un lurido carretto parcheggiato trainato da un asino che trasportava fieno.
Quando lo raggiunse trovò un bambino che non poteva avere più di 12 anni con le redini in mano.
"Ciao" lo salutò la ragazza mostrando un sorriso a 32 denti.
il ragazzo rispose timidamente "Salve signora"
"Dove arrivi con tutto il carro?"
"Fino al lato ovest della città, prima del bosco"
"oh è perfetto, ti dispiace darmi un passaggio? E' proprio oltre il bosco che devo andare, e non ci arriverò mai a piedi" continuò lei con un tono quasi maliconico.
"c..certo, non c'è problema"
I due partirono, Hel si coricò sul morbido fieno e si godette il viaggio fissando il cielo che quella mattina era di un azzurro intenso.
"no, non  me la merito questa libertà"
poi però, cedette alla stanchezza e si lasciò avvolgere dal sonno.


"Signora..? Signora?"
Hel si sentì scuotere un braccio. Il sole gli ferì gli occhi.
"Io sono arrivato" disse con timore il giovanetto.
Hel scese sbadigliando dal carretto usando come appoggio la testa del bimbo.
"Grazie ragazzo" disse senza rivolgergli uno sguardo.
Poi scomparì tra gli alberi di quel bosco fittissimo.
Amava tanto quella casa perchè oltre a lei e la natura non c'era nessuno. Appena la vide da lontano al centro di quel piccola radura spontaneamente le scappò un sorriso.
Era molto piccola, alcune parti del tetto stavano per crollare; pensava spesso di ripararlo, ma non lo faceva mai.
Entrando si tolse subito gli stivali e si diresse nel suo letto che quella volta le sembrava comodissimo.
Preferiva non guardarsi intorno e si portò il lenzuolo fino a sopra la testa.
Adesso voleva solo addormentarsi, sperando di non risvegliarsi mai più.
In quella casa del resto c'erano alcune cose che le facevano rimpiangere di essere ancora viva.

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