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La scena è ambientata il giorno del ritorno di
Hermione da Hogwarts, al termine del suo settimo anno.
- Sono distrutto - sentenziò Ron in tono plateale,
lasciandosi scivolare sulla poltrona a fiorellini di Hermione.
Dall’altra parte della stanza, lei si limitò a borbottare
qualcosa da dietro il massiccio baule che stava svuotando; dietro di lei, una
piccola montagna di roba si ergeva disordinata, in attesa che la mente
razionale e precisa di Hermione decidesse quale fosse la sistemazione più
consona di ogni cosa.
- Fino a prova contraria, Ronald, sono io che
mi sono fatta un viaggio di otto ore oggi - protestò lei, con la testa
praticamente infilata nel baule- Per di
più, ora sto anche sistemando tutto questo - disse, riemergendo e
alzandosi a fatica, con i capelli stravolti e stringendo tra le braccia un
mucchio di pergamene - Mentre tu te ne stai spaparanzato sulla poltrona! -
aggiunse, scaraventando le pergamene sul copriletto violaceo del suo letto - Ergo,
non sei nella condizione di poter essere stanco!
Dal canto suo, Ron si limitò ad aprire un occhio, cosa
che sembrò costargli uno sforzo abnorme.
- Io ho portato il baule, signorina. Non ce lo
dimentichiamo - disse, mentre si stiracchiava.
Hermione corrugò la fronte, incrociando le braccia e
guardando sconsolata la sua stanza, praticamente sommersa da oggetti di ogni
genere - Tu non hai portato il baule, Ronald! Hai semplicemente fatto un
incantesimo! Al massimo hai sforzato il polso, guarda.
- Dettagli - disse lui, ancora buttato sulla
poltrona, con le lunghe gambe che quasi raggiungevano la sponda del letto - Che
poi… Miseriaccia! - Ron emise un lungo fischio quando, aperti gli occhi, si
rese conto del caos in cui, a distanza di pochi minuti, si era ritrovato - Come
diavolo faceva tutta questa mercanzia a stare nel baule, Hermione? -
chiese, tirandosi su e facendosi largo tra le montagne di vestiti, libri,
penne, pergamene, boccette di pozioni e tanti altri oggetti non identificati
che occupavano la stanza - fino a pochi minuti prima immacolata - di Hermione.
- Incantesimo Estensivo - rispose lei semplicemente,
passandosi una mano tra i capelli scomposti - Non credevo che fosse così tanta
roba, però.
Ron schioccò la lingua, osservando le decine di libri
che, impilati a piccoli gruppi, ricoprivano gran parte del pavimento della
vasta stanza da letto - Va bene, dai. Io penso a sistemare questi - disse Ron,
chinandosi a raccogliere un pesante tomo di Incantesimi - Tu… occupati di
quelli - disse, gettando un’occhiata agli indumenti di Hermione, mentre
arrossiva leggermente.
Hermione sorrise e, di slancio, si alzò sulle punte
dei piedi per baciare Ron sulle labbra - Grazie - gli soffiò contro, percependo
le labbra di lui distendersi in un sorriso.
Si allontanò prontamente, prima che Ron venisse
distratto da qualcos’altro e fosse distolto dal suo proposito di aiutarla con
quel macello.
- Ci dovrebbero essere degli altri libri nel baule! -
disse lei a voce alta, scomparendo nella cabina armadio con un malloppo di
vestiti tra le braccia.
Ron alzò gli occhi al cielo, mentre, svogliatamente si
trascinava verso la libreria e cominciava a sistemare con attenzione i libri,
sapendo comunque che Hermione ci avrebbe in ogni caso rimesso le mani.
Dopodichè, dribblando i cumuli di roba ancora
sparpagliati ovunque, raggiunse nuovamente il baule, proprio mentre Hermione
riemergeva dall’armadio.
- Te lo dicevo io che leggere, alla lunga, può
provocare danni alla salute - borbottò, la voce attutita dal baule.
Hermione si limitò a scuotere la testa e a sorridere,
mentre ripiegava delle magliette, accatastandole sul letto. Ron riuscì dal
baule, stringendo tra le mani un groviglio di lana.
- Ho trovato anche queste - disse, togliendosi
malamente i capelli dalla fronte, indicando quelle che dovevano essere sciarpe
arrotolate - Forse dovresti…
Ma mentre le porgeva ad Hermione, qualcosa scivolò dal
groviglio e caddea terra, tintinnando
sul pavimento di marmo e scivolando fino ai piedi di Hermione.
Quando entrambi riuscirono ad identificare l’oggetto,
l’uno cercò subito lo sguardo dell’altra, che, dopo un momento di iniziale
stupore, sorrise…
Quella mattina era particolarmente fredda.
Troppo per essere solo la metà di settembre. L’alba
era passata da poco, ma Hermione era già sveglia e attiva, pronta per il suo
giro di controllo.
La radura che avevano scelto era particolarmente
pacifica. Una distesa di verde, misto al marrone- giallognolo di alcune piante,
contribuiva ad acquietare ulteriormente quel posto già di per sé
tranquillissimo.
Si strinse nel cappuccio della sua felpa, inspirando
profondamente quell’aria profumata, mentre le ultime cicale della stagione la
salutavano con il loro canto sommesso.
Uno scricchiolio di passi alle sue spalle turbò la
pace di quel momento, facendola sobbalzare.
D’istinto si voltò, puntando la bacchetta, mentre il
cuore iniziava a batterle forte.
- Calma, calma! Sono io - Ron si azzardò a fare
qualche passo avanti, timoroso, continuando a tenere le mani alzate di fronte a
sé. Anche lui indossava una felpa abbottonata fin sopra; quando comprese di
aver scampato il pericolo, si decise ad infilarle nelle tasche dei jeans.
- Mi hai spaventata - disse semplicemente lei. In
condizioni normali gli avrebbe fatto una ramanzina sul quanto potesse essere
pericoloso comparire così d’improvviso e alle spalle di qualcuno, ma stavolta,
con sorpresa di Ron, non fu così - Che ci fai sveglio così presto?
Ron fece spallucce, grattandosi la testa mentre si
avvicinava di qualche passo ancora - Volevo essere il primo.
Hermione, dopo un attimo di esitazione sorrise,
distogliendo lo sguardo, con il piccolo viso incorniciato dalla stoffa della
sua felpa.
- E’… carino da parte tua, Ron - fece, imbarazzata,
appoggiandosi al tronco nodoso di un albero quasi spoglio. Una lieve folata di
vento smosse la radura intorno a loro, parecchie foglie volteggiarono,
staccandosi da quella che fino a quel momento era stata la loro casa, il loro
posto… per finire dove il vento le avrebbe portate.
Un po’ come stava accadendo a loro.
- Sì, bè… - Ron deglutì, guardandosi attorno - Avrei
voluto prepararti delle uova con il bacon ma… non ho trovato le uova. E neanche
il bacon, in realtà.
Hermione stavolta ridacchiò e quel suonò provocò in
Ron un calore in grado di sconfiggere qualsiasi brezza mattutina.
- E’ come se lo avessi fatto… - disse dolcemente
Hermione, guardandolo.
Sapeva perché Ron le stava dicendo quello.
Sapeva che a quell’ora si sarebbero abbuffati di uova,
bacon e succo di zucca se fossero stati a casa.
Sapeva che si sarebbe svegliata con un biglietto dei
suoi, se tutto fosse stato normale.
Ron sospirò, guardandosi i piedi. Sembrava sul punto
di dire qualcosa; dondolava nervoso, da un piede ad un altro, senza guardarla.
Ad un certo punto, si chinò, raccogliendo da terra una pietrolina bitorzoluta e
sporca di fango.
Se la rigirò tra le mani, poi fece un profondo respiro
e tirò fuori la bacchetta dalla tasca dei suoi pantaloni.
Hermione lo guardò curiosa, mentre lui, con un
incantesimo borbottato, trasfigurava la pietra in un bellissimo fiore arancione.
Rimase a fissarlo per alcuni secondi, apparentemente stupito, come se non
credesse davvero di essere riuscito a fare una cosa del genere.
- Oh… - disse spiazzato e imbarazzato al tempo stesso.
Con le orecchie arrossate, finalmente si decise a guardarla e quando i suoi
occhi incontrarono lo sguardo dolce di lei, ogni timore scomparve - Non… non
ero sicuro di riuscirci - si giustificò, avvicinando all’albero a cui lei era
appoggiata - E’ da un po’ di giorni che mi esercito con questo incantesimo, ma
non sempre mi riusciva - disse con naturalezza, raggiungendola.
Hermione gli sorrise, evitando di dirgli che lei
praticava quell’incantesimo dall’estate del loro secondo anno.
- E’ bellissimo, Ron. Grazie - disse, afferrando il
bel fiore che lui le stava porgendo. Subito però, distolse lo sguardo - La
McGrannit sarebbe orgogliosa - scherzò.
Lui ridacchiò, ma subito il suo sorriso scomparve,
lasciando il posto ad un‘espressione seria- Avrei voluto poter fare di più… -
disse Ron, improvvisamente - Vorrei poter fare di più, Hermione.
Hermione rabbrividì quando lui le sfiorò leggermente
il braccio. Fu solo in quel momento che si decise a guardarlo.
- Senti, io…
- Lo so- disse Hermione, scuotendo la testa per
bloccarlo - Anche io avrei voluto poter fare di più - assicurò lei,
comprendendo che dietro le parole di Ron non ci fosse solamente il rammarico
per un regalo così povero - Abbiamo avuto tempi diversi e non ci siamo mai
incontrati… è stata solo sfortuna, Ron.
Ron si passò una mano sulle tempie e sopirò - Tempismo
di merda.
Hermione ridacchiò di nuovo, sommessamente, mentre si
rigirava il fiore tra le mani.
- E’ troppo tardi ora, vero? - chiese lui, tornando a
guardarsi i piedi.
Quella domanda provocò in Hermione un’incontrastabile
voglia di piangere.
Piangere per tutto ciò che aveva perso.
Per tutto ciò che stava perdendo ora e che non sapeva
se avrebbe mai più potuto recuperare.
- Non è tardi - disse con una vocina sottile, ma
sufficientemente convinta. A quelle parole, Ron alzò lo sguardo, speranzoso e
stupito - Ma non è questo il momento giusto, Ron - concluse lei, tirando su con
il naso.
Ron abbassò le spalle, mentre la speranza di poco
prima lo abbandonava.
- Temevo che rispondessi questo - fece lui, mentre il
cuore di Hermione subiva una stretta insopportabile - Ma non saresti stata tu
se avessi detto qualsiasi altra cosa - aggiunse, sorridendole.
Questo sembrò alleviare leggermente il peso e la
tensione che si era creata.
Rimasero qualche minuto in ascolto del silenzio,
lasciando che immagini e pensieri positivi prendessero il sopravvento sulla
realtà.
- Pensi che durerà? - disse poi Ron, ancora fermo
accanto a lei e con le mani in tasta, indicando, con un movimento del viso, il
fiore che Hermione stringeva tra le dita - Ce la farà a resistere fino a quando
tutto sarà finito? A non appassire?
Hermione mantenne il contatto con gli occhi azzurri di
lui, prima di rispondere. Dopodichè, tornò a guardare il fiore e
inaspettatamente, sotto lo sguardo curioso di Ron, afferrò la bacchetta e la
puntò contro il fiore.
- Finite Incantatem - all’istante, il fiore scomparve,
lasciando il posto alla pietrolina infangata.
Hermione la osservò, tenendola sul palmo della mano,
poi chiuse le dita, portandosi il pugno al petto in un gesto di protezione.
- Così dovrà durare per forza.
Lo disse con tenerezza e imbarazzo, mordendosi le
labbra.
Ron annuì, mentre di nuovo, si insinuava in lui la
speranza che magari non fosse tutto perduto.
Le si avvicinò di un paio di passi e titubante, le
sfiorò la nuca coperta dalla stoffa della felpa, facendo una leggera pressione
mentre si chinava a baciarle la fronte.
- Buon compleanno, Hermione.
Lei chiuse gli occhi, in quei pochi secondi in cui le
loro pelli furono a contatto.
- Grazie, Ron.
Hermione si chinò a raccogliere la pietrolina,
sollevandola con due dita.
- L’hai conservata - disse Ron, sorpreso,
sorridendole.
- Certo che l’ho conservata - fece lei, guardandola
quasi con affetto. Poi portò il suo sguardo su Ron e gli sorrise di rimando.
Lui gettò malamente sul letto il groviglio di sciarpe
e cappelli e con pochi passi, schivando le piccole montagne di abiti e
pergamene, la raggiunse.
- Posso? - disse, indicandole la pietruzza. Hermione
fece spallucce e gliela porse, curiosa - Vediamo se mi ricordo… ah, sì!
Come aveva fatto quasi due anni prima, Ron borbottò l’incantesimo,
lasciando che un meraviglioso fiore arancione prendesse il posto della pietra.
Lo porse a Hermione, guardandola fisso con i suoi occhi azzurri, quegli occhi
che nascondevano la stessa promessa che lei vi aveva ritrovato la prima volta.
- Ce l’abbiamo fatta alla fine - le disse,
afferrandola per i fianchi - E’ durato.
- Ce l’abbiamo fatta - confermò Hermione,
alzandosi sulle punte dei piedi per riuscire a raggiungere la sua bocca,
concludendo la discussione iniziata nell’autunno di due anni prima e che
allora, erano stati costretti a lasciare in sospeso… ma consapevoli del fatto
che su quella piccola pietra avrebbero costruito la strada che, nonostante
tutto e tutti, li avrebbe condotti verso il loro lieto fine.
Salve gente!
Questa è la prima di una raccolta di missing moments.
Come era accaduto per “Hogwarts Express”( per capirci, questa può essere
collocata benissimo dopo l‘ultimo capitolo di quella raccolta), anche in questo
caso ho scelto un tema fisso: l’ho intitolata “Raccontami di noi” proprio perché
saranno i personaggi stessi a raccontare o a ripensare ai momenti passati.
Un’ultima cosa…
contrariamente alla precedente, questa raccolta non seguirà un ordine
cronologico preciso: saranno dei salti nel tempo, ma non preoccupatevi, sarà
sempre chiaro il momento di cui sto parlando ( se così non fosse, lo chiarirò
in una nota).
Spero che l’idea vi
piaccia e che questo inizio sia stato di vostro gradimento!!
Prima di tutto… grazie mille a tutti voi che leggete, recensite,
inserite tra le seguite- preferite…
Prima di tutto… grazie mille a
tutti voi che leggete, recensite, inserite tra le seguite- preferite…
E un grazie particolare a
Vales,
perché la sua recensione
dello scorso capitolo mi ha reso particolarmente orgogliosa.
The Promise
Il caos della Tana non era mai stato così ben
mascherato.
Non che i suoi abitanti ci si dovessero impegnare
molto… il silenzio era diventato la normalità in quegli ultimi due mesi e
nessuno osava tentare di ripristinare l’allegro e continuo chiacchiericcio che
da sempre aveva animato casa Weasley.
Se non avesse guardato il vistoso orologio appeso in
cucina, Ron non si sarebbe neanche reso conto di che ora fosse.
Nelle ultime settimane, i giorni erano volati via.
Lo stesso avevano fatto i minuti, le ore. Senza che se
ne fosse accortola mezzanotte di quel
primo settembre era arrivato.
Ron sospirò, appoggiando i gomiti al massiccio tavolo
della cucina, lasciandosi tranquillizzare dal buio e ignorando palesemente il
bicchierone di latte posato di fronte a lui, la scusa a cui si era aggrappato
per poter scendere in cucina… per sfuggire all’ansia che, nel suo letto, gli
aveva mozzato il respiro.
- Per qualche strano motivo non mi stupisce trovarti
qui.
Ron sorrise nell’udire quelle parole; il viso ancora
stretto tra le mani.
Quando Ginny gli passò accanto, gli sfiorò le spalle,
riempendosi una tazza, come aveva fatto lui poco prima. La vide muoversì nell’oscurità
della cucina, a sprazzi illuminata dai raggi della luna che filtravano tra le
tendine bianche.
- Sono io ad essere stupito - le disse, guardandola
mentre si sedeva sulla sedia di fronte a lui, sorseggiando dalla sua tazza - Ti
facevo a dormire da parecchio. Domani sarà una giornata impegnativa… - gli si
smorzò la voce - …per voi.
Ginny sospirò, mentre gli rivolgeva uno sguardo carico
di tenerezza e apprensione - Lo sarà per tutti.
In risposta, Ron si limitò a fare una strana smorfia
con la bocca - Già.
Afferrò il suo bicchiere, osservando la superficie
bianca e pura del latte incresparsi di molte piccole onde.
Non sapeva se gli andava di parlare.
Forse preferiva stare zitto. Non pensare per quelle
poche ore che rimanevano e crogiolarsi ancora per poco nel pensiero di essere
sotto lo stesso tetto.
O magari, aspettava solo lo spunto per sfogarsi. Per
tirar fuori tutto ciò che gli consumava lo stomaco.
- Non cambierà nulla, Ron… - disse ad un certo punto
Ginny, allungando la mano per sfiorare il braccio del fratello - Lo sai che lei
non lo permetterebbe, vero?
Ron fece un mezzo sorriso malriuscito - E’ già cambiato
tutto, Ginny.
- Non significa che sia un cambiamento negativo, però.
Ron si decise a guardare sua sorella. Nella penombra
vide la ragazza forte e sicura di sé con cui era cresciuto e si rese conto di
quanto fosse assolutamente necessaria nella sua vita.
La osservò mordersi le labbra, timorosa, turbata, ma
decisa a non darsi per vinta.
Anche lei stava lasciando qualcosa, ma Ron sapeva che
sarebbe tornata a riprendersela a qualsiasi costo.
Invidiò quella tempra, quella sicurezza che si celava
in quella corporatura esile, in quella ragazza che sebbene indossasse una
camicia da notte con un orsetto stampato sopra aveva la grinta di una giovane
donna matura.
- E’ da giorni che mi chiedo… che… - cominciò Ron, ma
d’improvviso gli mancarono le parole. Tirar fuori ciò che lo tormentava era più
difficile di quanto avesse immaginato. Lo avrebbe reso più reale di quanto
sarebbe riuscito a sopportare. Ma Ginny lo guardò negli occhi, incoraggiandolo
con un movimento del viso - Mi domando se… se la mia scelta sia stata quella
giusta. O se… se sarei dovuto… andare. Cioè… venire con voi ad Hogwarts…
Respirò profondamente, senza riuscire a guardarla in
faccia. Si soffermò su una venatura del tavolo, ripercorrendone l’indefinito
confine con un dito.
- Hermione non te lo avrebbe lasciato fare, sapendo
che non è ciò che vuoi - disse semplicemente Ginny.
Ron annuì - Lo so. Ma forse avrei potuto…
- No!
La sicurezza con cui Ginny lo disse costrinse Ron a
sollevare lo sguardo, stupito.
- Pensi davvero che Hermione sarebbe stata felice di
vederti fare una cosa che in realtà non vuoi?- non poteva vederla in faccia distintamente, ma la conosceva
sufficientemente bene da poter dire con sicurezza che aveva inarcato le
sopracciglia fino a formare una piccola V al centro della fronte.
- Non è questo, Ginny - Ron ingoiò il vuoto. Si passò
una mano tra i capelli, nervoso.
- E allora cosa?
Ron si sfregò il viso con le mani, prendendo tempo. In
realtà non ne aveva bisogno: sapeva perfettamente quale fosse il nocciolo della
questione.
- Mi ero… mi sono ripromesso di non lasciarla più,
dopo quello che… che le hanno fatto - dirlo a voce alta era a metà fra una
liberazione e una pugnalata al cuore - Glielo avevo giurato.
- Oh - fu l’unica risposta di Ginny. Dall’espressione
contrita del suo viso, Ron comprese che lei aveva colto al volo l’episodio che
ancora lo tormentava.
Ron si portò le mani tra i capelli, esasperato.
Non avrebbe dovuto parlare.
Non avrebbe dovuto tirar fuori l’argomento.
Non avrebbe dovuto dare concretezza a quei pensieri
con le parole.
Doveva distrarsi. Pensare a qualcos’altro, prima che…
- Crucio!
Ron chiuse gli occhi, mentre un senso di nausea gli si
formava nello stomaco.
“Lei sta bene. Ora sta bene. Sta bene. Non la toccheranno
più. Sta bene”, si costrinse a pensare, gli occhi strizzati in una morsa di
dolore.
- Forse… - Ginny si trovò nuovamente a parlare - Forse
potrebbe farti bene parlarne, Ron - delicatamente, strisciò con la mani sul
tavolo, fino a sfiorare quella del fratello. Lui continuava a guardare un punto
fisso sul tavolo, l’espressione bassa - Io non so esattamente cosa sia
successo. Hermione non ne ha mai parlato…
- E puoi biasimarla? - scattò Ron, rabbioso.
Ma Ginny non sembrò lasciarsi intimidire; strinse
ancora di più la mano di Ron - Harry mi ha soltanto detto che… hanno cercato di
farla parlare. E che sono stati brutali…
- La’hanno torturata, Ginny - puntualizzò lui.
Stavolta fu Ginny a trasalire sulla sedia - Torturata. Ed io non ho
potuto fare niente per impedirlo. Non ho fatto niente.
- Crucio!
Un urlo straziante, proveniente dal piano superiore,
fu sufficientemente tagliente da squarciargli il cuore.
- HERMIONE!
Delle corde lo trattenevano; Ron cercava di
divincolarsi, sentiva il dolore bruciante intorno ai polsi ma non gli
interessava.
Un altro urlo.
Un’altra fitta al petto.
Ron sentiva le lacrime annebbiargli la vista, mentre
si muoveva come un forsennato… tentando di sciogliere la presa ai polsi che lo
bloccava.
Di sciogliere la presa intorno al cuore…
- Non… non c’era nulla che tu potessi fare, Ron -
disse lentamente lei, guardandolo negli occhi - So che deve essere stato
terribile. Terribile, lo so…
Ron scosse la testa, agitandosi.
Ecco, lo sentiva.
Era arrivato ad un punto di non ritorno. Non c’era più
modo di tornare indietro, ora.
- Tu non sai cosa è stato, Ginny! - disse, modulando
la voce, mentre il respiro affannato tradiva la sua agitazione - Non hai idea,
di quello che è stato…
- Crucio!
Grida. E poi altre. Ed altre ancora…
Allo sforzo di liberarsi si erano aggiunti i
singhiozzi.
Ai singhiozzi, le preghiere.
“Ti prego. Ti prego. Fai che prendano me. Ti prego… fa
che la lascino andare. Fa’ che prendano me”.
Di nuovo altre grida.
- HERMIONE!
Ogni urlo era una coltellata al centro del cuore.
Per un momento… immaginò cosa avrebbe significato se
quelle urla fossero cessate.
E in quell’attimo il mondo gli crollò addosso,
schiacciandolo contro il suo stesso, devastante strazio.
“ La stanno ammazzando… fai che prendano me. Fa’ che
prendano me. Se la uccidono… fa’ che prendano me, ti prego…”.
- Lei gridava… e quella stronza continuava a
torturarla - disse piano Ron, tirando su con il naso - Più Hermione gridava… più
Bellatrix la torturava. Ed io ero la sotto, Ginny - gli si spezzò la voce, ma
non riuscì a fermarsi. Ormai era un fiume in piena - Ero lì e la sentivo morire.
Una lacrima solitaria scivolò sulla guancia pallida di
Ginny.
- Credo… di aver ricominciato a respirare solo quando
Dobby ci ha aiutato ad uscire da quella cantina - proseguì Ron, con voce calma,
chiudendo gli occhi. Fece un gran sospiro, mentre Ginny annuiva, spazzando via
le lacrime con un gesto della mano - E da quel momento i ricordi sonotutti confusi. So solo che Harry mi disse di
prenderla e Smaterializzarmi. Lei era a terra… - lo sguardo di lui si perse per
un momento - Priva di sensi. Feci come mi aveva detto Harry e la portai a Villa
Conchiglia… - Ron fece una pausa - Fu soltanto quando sentìi la sabbia sotto di
noi che mi decisi a guardarla… Aveva il collo sporco di sangue. Capii che era
un taglio… e il sangue continuavaad
uscire…
- Hermione! - fu un richiamo inutile. Ron le scansò i
capelli dal viso, che, inerme, scivolò contro il suo petto - Hermione, ti
prego, rispondimi… rispondimi, ti prego…
Non era una richiesta.
Era una supplica.
Facendo forza sulle gambe, Ron si tirò su, annaspando
sulla sabbia, correndo il più velocemente possibile verso Villa Conchiglia.
Sentiva la fronte di Hermione sbattere sul suo torace.
Non aveva il coraggio di poggiarle una mano sul collo per sentire se c’era
ancora battito.
L’unica cosa che in quel momento era in grado di fare
era…correre.
In tutti i sensi.
- Ma poi è andato tutto bene - disse lentamente Ginny,
sforzandosi di fare un sorriso. Gli occhi ancora arrossati -C’erano Bill e Fleur lì, no?
Lui strinse le labbra e annuì - Sì… poco prima erano
arrivati anche Luna e Dean. Era stato Dobby a portarli là. Poi Flou e Luna mi
hanno fatto uscire… Hermione era ancora priva di sensi e io non… non volevo
lasciarla.
Ginny sfregò il braccio del fratello, affettuosamente
- L’hanno dovuta medicare - disse lei, incoraggiandolo a continuare.
- Sì. Dovevano assicurarsi che ci fosse ancora
qualcosa da fare, più che altro.
- Non dire così! - scattò su Ginny,
impressionata.
- Ma è la verità, Ginny! - disse lui, infervorandosi.
Si sporse sul tavolo - Quando quella porta si è chiusa… io non sapevo se lei
sarebbe… in quei minuti io sono morto con lei. E ho pensato che se - si
passò una mano tra i capelli, lasciando che un risolino isterico fuoriuscisse
dalle sue labbra - se non ce l’avesse fatta… io non sarei più riuscito a farmi
perdonare per tutto ciò che… che le ho fatto passare in questi anni. A risolvere
i casini che ho combinato… non sarei riuscito a dimostrarle… niente.
Ron comprese quanto potesse un niente celare un
intero universo di emozioni, sentimenti, speranze.
- E’ stato in quel momento che ho promesso che non l’avrei
più lasciata - concluse lui - In quei minuti, continuavo a pensare che se ce l’avesse
fatta, non avrei più permesso che nessuno le torcesseun capello. E adesso… sto facendo esattamente
l’opposto, dannazione!
Guardò la sorella, che lentamente, stava scuotendo la
testa rossa.
- Ti sbagli, Ron - disse lei - In questo momento, la
stai lasciando andare fisicamente, non con il cuore. Con il cuore, lei è vicina
a te… e continuerà ad esserlo, conoscendovi - ridacchiò, tirando su con il naso
- Finchè la terrai nel cuore, la tua promessa sarà rispettata. Cosa vuoi che
sia un anno ad Hogwarts dopo tutto quello che avete passato? Dopo i sette anni
che ci avete fatto passare?
Stavolta fu il turno di Ron di sorridere.
Non aveva mai analizzato la situazione da quel punto
di vista.
Si trattava solo di aver fiducia in loro.
In lei.
E quello, dopo la Guerra, era sicuramente un punto
fisso della sua vita.
Doveva liberarsi da quei pensieri che lo tenevano
legato al passato. Doveva farlo per forza se voleva godersi il presente.
Il tenersi tutto dentro, il voler ostinarsi a tenere
quel ricordo lontano dalla realtà… lontano da lei… gli stava impedendo
di godersi la cosa più bella che gli fosse mai capitata.
- Grazie, Ginny.
- Quando vuoi, fratello - scherzò lei, alzandosi - Ora
vado, altrimenti domani mattina, chi si sveglia?
Ron la salutò con un gesto della mano, rimanendo
seduto a guardare il suo bicchiere, ancora mezzo pieno di latte, ma decisamente
più tranquillo.
- Ah, Ron - lo richiamò lei, un attimo prima di
uscire. Lui si voltò a guardarla, scorgendo i suoi lineamenti nella penombra -
Non lasciarti tormentare dai ricordi. Lei ora è qui. Viva. Insieme a te. E’
meglio pensare a lei in questo modo, no?
Ron annuì nel buio, percependo i passi di Ginny che si
allontanavano.
- Torno tra poco - le
disse, grattandosi la fronte - Per vedere come stai.
Lei gli sorrise, mentre
si sollevava quel poco che bastava per poterlo guardare in faccia - Starò
sempre meglio, non preoccuparti.
- Bè… io verrò lo
stesso - confermò lui, arrossendo - Verrò comunque, Hermione.
Lei strinse le labbra,
sorreggendosi sui gomiti - Ti aspetto, allora.
Ron uscì dalla stanza, socchiudendo piano la porta,
con la certezza che stavolta non l’avrebbe fatta aspettare inutilmente.
Ron sorrise, ripensando a quella promessa.
Era quella la promessa che doveva mantenere.
E adesso come allora, si sarebbe impegnato per farla
diventare una realtà.
Anche se…
Quella era già la realtà.
La loro realtà.
E finchè fosse stato così, nessuna promessa sarebbe
stata infranta.
Che faticaccia questo capitolo.
Mamma mia.
Contavo di postarlo prima, perchè è da un pò che l'ho scritto. Ma mi manca
sempre il tempo per tornare a controllare la bozza, che è la cosa più
impegnativa e che porta via più tempo (che già di norma non ho!).
Se
continuo così, dovrò ingaggiare una Beta...
Riguardo il capitolo...
Inizialmente, mentre lo immaginavo, volevo
inserire Hermione. Non mi convinceva un capitolo senza di lei.
Invece, scrivendo, mi sono resa conto che
Hermione è in ogni singola parola pronunciata da Ron.
Poco tempo fa mi ero ripromessa di non usare più Ginny (Emma, tu ne sai
qualcosa!), ma ci tenevo a scrivere dei sentimenti di Ron in quel momento e ho
pensato che la persona con cui lui avrebbe preferito parlare sarebbe stata
Ginny.
So che questo non è stato un capitolo particolarmente divertente, ma come
avrete capito, non era mia intenzione! Per il prossimo vi faccio due promesse:
la prima è che ci sarà anche Hermione, la seconda è che sarà decisamente più
allegrotto.
Riguardo ciò, vi comunico che la raccolta dovrebbe contare altri tre-
quattro capitoli.
Se c’è qualche momento in particolare di cui vi piacerebbe leggere, non
esitate a farmi sapere!
Sono in cerca di idee!
Un abbraccio a voi!!
Titti
PS: In
questo capitolo ho utilizzato un pezzo ( molto piccolo, eh!) ripreso da un'altra
mia storia.
Grazie mille a voi che avete recensito il capitolo precedente,
Grazie mille a voi
che avete recensito il capitolo precedente,
siete semplicemente
meravigliosi <3
Confundo
Ginny guardò l’orologio, spazientita.
Hermione, seduta di fronte a lei ma all’altro capo del
tavolo, sospirò. Gettò un’occhiata verso la grande porta finestra della cucina
che dava sul cortile anteriore di casa sua, ticchettando distrattamente sulla
brocca ricolma di thè freddo.
- Mai una volta che siano puntuali. Mai - si
lamentò Ginny, alzandosi di scatto e attraversando l’ampia cucina di casa
Granger per raggiungere la finestra.
Osservò con attenzione la stradina residenziale di un
quartiere di Londra, la fronte corrugata dall’irritazione.
E dal nervoso.
E dalla stizza.
-
Avevano l’allenamento fino alle quattro - sussurrò Hermione, appoggiando
stancamente il viso sulla sua mano. D’istinto, allungò il braccio per afferrare
il telecomando. Accese la tivù, ma non le diede troppa attenzione.
-
Appunto. Sono le cinque meno dieci - sbottò Ginny, lasciando andare la
tendina decorata con fragole e limoni con uno svolazzo - Che diavolo di fine
hanno fatto?
Hermione
si morse le labbra.
Ovviamente,
Ginny aveva ragione. Si erano accordate con Ron ed Harry per vedersi quel
pomeriggio a casa di Hermione; non era la prima volta che lo facevano. Certo,
capitava che i ragazzi facessero ritardo… che i loro allenamenti al corso di
Auror portassero via più tempo del previsto, ma… quando accadeva, avvisavano.
Inviavano
un patronus.
Mandavano
una civetta.
Stavolta…
nulla.
Il
pensiero che fosse accaduto qualcosa si insinuò lentamente nella mente di
Hermione, nonostante i suoi tentativi di respingerlo, lasciando dietro di sé un’appiccicosa
e devastante scia di panico.
-
Ginny, tu non credi che… - disse Hermione, allarmandosi.
Non
fece in tempo a terminare la frase che due sonori schiocchi coprirono la sua
voce.
Nel
giro di pochi secondi, la cucina di casa Granger si arricchì di due nuovi e
attesi arrivati.
- Oh,
thè! - sospirò Ron molto enfaticamente, mirando alla brocca ricolma della
bevanda ghiacciata - Proprio quello che ci voleva, Herm…
Ma un
secondo prima che le sue mani potessero raggiungere il manico lucido del
contenitore, Ginny scattò più velocemente e lo allontanò dalla sua portata.
- Ehi!
- protestò Ron, mentre Harry arretrava di un passo, avendo captato, prima del
suo migliore amico, la sensazione di incazzatura che aleggiava nella stanza.
-
Razza di… decerebrati insensibili! - disse Ginny, facendo
pericolosamente oscillare la sua coda di cavallo scarlatta - Quante volte ve lo
dobbiamo dire di avvertire quando ritardate? - disse gesticolando
freneticamente, ancora stringendo con una mano la brocca ricolma di thè, che
ondeggiava pericolosamente.
Ron
seguiva la scena orripilato:in realtà,
sembrava più preoccupato che il thè potesse cadere a terra che della rabbia
omicida di sua sorella.
- Ci
stavamo preoccupando! - disse Hermione, recuperando il suo tono autoritario,
indebolito in parte dall’ansia, in parte dal caldo torrido di fine luglio, non
troppo usuale per Londra.
-
Eppure non è difficile inviare un messaggio, miseriaccia! - stava ancora
protestando Ginny, guardando Hermione in cerca di supporto. L’altra annuì
rigorosamente.
Quello
che entrambe si aspettavano era un fiume in piena di scuse da parte di
entrambi, una lunga prosopopea sulla loro negligenza, su quanto le ragazze
avessero assolutamente ragione e su quanto loro fossero assolutamente
dispiaciuti per quella dimenticanza. E che sì, avevano sbagliato e non
lo avrebbero più fatto.
Invece,
l’unica cosa a cui assistettero fu uno scambio di sguardi tra i due ragazzi.
Ron
fece un gesto ad Harry, incitandolo a parlare. Quest’ultimo sospirò, affranto.
- C’è
stato un piccolo incidente di percorso - disse Harry, soppesando le parole e
guardando Ron in cerca di approvazione. Ron annuì vigorosamente, appoggiandolo
- Ma non è nulla di grave! - si affrettò ad aggiungere notando le espressioni
delle ragazze.
- Che è
successo? - chiese Hermione, puntandosi le braccia sui fianchi. Ginny, dall’altra
parte della stanza, fece lo stesso.
Ron ed
Harry si scambiarono un altro sguardo incerto, poi il secondo continuò - Ecco…
quando abbiamo finito l’allenamento, siamo usciti dall’accademia… - disse,
lentamente, gli occhi verdi che passavano a disagio da una ragazza all’altra -
Abbiamo cercato un posto dove poterci Smaterializzare. Di solito, andiamo
dietro al supermercato a Oxford Street perché non c’è mai nessuno. Avete
presente quel supermercato…?
- Puoi
venire al punto, per cortesia? - intervenne Ginny.
- Oh,
sì. Vedete… - Harry sospirò - Quando ci siamo Materializzati nel vicolo che
usiamo sempre quando veniamo qui… c’era qualcuno.
Hermione
scattò sull’attenti nell’udire quelle parole, ma Ginny fu più veloce - Chi?
- Un
babbano - rispose Ron, sedendosi sullo sgabello del bancone, senza sembrare troppo
preoccupato.
- Vi
ha visti mentre vi Materializzavate? - disse Hermione, severamente, un attimo
prima che la stizza prendesse definitivamente il sopravvento - Come avete fatto
ad essere così incoscienti!? Dovevate stare più attenti, santo cielo! Sapete
quanto è facile farsi scoprire!
Harry
abbassò lo sguardo, visibilmente mortificato.
-
Spero almeno che gli abbiate fatto un incantesimo di memoria - disse Ginny,
vagamente divertita. Contrariamente ad Hermione, trovava la situazione
leggermente divertente. Ovviamente, in nome della solidarietà femminile e per
il puro gusto di lasciare Harry e Ron un altro po’ sulle spine, non lo diede a
vedere, continuando a mantenere un atteggiamento di disinvolta critica.
- Ecco…
il problema è proprio quello - concluse Harry, ricercando con gli occhi il
supporto di Ron, che in cambio, si lasciò sfuggire una risatina sommessa.
Hermione
gli scoccò un’occhiataccia, notando come la differenza tra i due fosse
lampante: se magari Harry sembrava anche solo dispiaciuto, o per lo meno si
impegnava a sembrarlo, Ron ostentava il menefreghismo più totale.
- In
realtà, quasi non c’è stato bisogno di un incantesimo - disse alla fine Ron,
senza riuscire a trattenersi, il volto paonazzo contratto nello sforzo di non
poter ridere - Gli è quasi venuto un colpo quando ci ha visti comparire!
E a
quel punto fu impossibile per lui trattenersi. E lo stesso fece Harry, che,
nonostante la fatica di mostrarsi serio e pentito, si lasciò sfuggire un ghigno
sotto i baffi.
Ghigno
che subito scomparve quando intercettò la traiettoria fulminea degli occhi di
Hermione.
- Non
vedo cosa ci sia divertente, Ronald - disse lei, incrociando le braccia.
Ron
pensò bene di trattenersi, per una buona volta nella sua vita.
- Dai,
Herm… - disse - Abbiamo risolto il problema, alla fine.
- Non
credo di capire come, dato che da quanto dite non gli avete modificato la
memoria! - sbottò lei, guardando fuori dalla finestra, come se temesse, da un
momento all’altro, di veder arrivare gruppi di persone urlanti e armate di forche
- E ancora riesco a spiegarmi perché non lo avete fatto! - concluse,
mentre il suo sguardo ripercorreva la fila ordinata di ville a schiera che
ornava la via. Sembrava tutto tranquillo.
-
Perché non riuscivamo a ricordare come fosse il movimento del braccio dell’Oblivion
- disse Ron, dietro di lei - Ma - si affrettò ad aggiungere - Lo abbiamo
confuso.
-
Abbiamo cercato di confonderlo, per lo meno - chiarì Harry.
Per la
prima volta da quando erano arrivati, anche Ron parve preoccupato.
-
Cercato? - ripetè Ginny, incerta.
Ron
annuì, sospirò - Bè, ecco… dopo che lo abbiamo confuso, lui… ecco… sembrava
molto… - guardò Harry, in cerca di supporto.
- Confuso
- concluse Harry, evitando accuratamente lo sguardo di Hermione.
-
Molto confuso - confermò Ron.
Hermione
era praticamente impassibile, li guardava senza battere ciglio, con la fronte
leggermente corrugata e la bocca stretta. Persino Ginny si guardò bene dall’intercettare
la traiettoria del suo sguardo.
-
Come. Avete. Potuto. Fare. Una. Cosa. Del. Genere. - sillabò alla fine. Ma la
sua non era una domanda.
Harry
fece un cenno con il capo a Ron, come a dire “e’ la tua ragazza, amico.
Tocca a te!”.
-
Hermione, noi…
- Voi
siete due incoscienti! - sbottò lei - Vi sembra normale che adesso quel pover’uomo
se ne vada in giro a fare… strane cose? Non avete pensato che a qualcuno
potrebbero venire dei sospetti?
- Ha
ragione - rincalzò Ginny. Ron le fece un’occhiataccia.
-
Senti, l’incantesimo è stato solo un po’ più forte del previsto…
- A
breve gli effetti svaniranno…
- E
poi, non mi sembra che sia successo nulla di grave quando tu hai confuso
McLaggen!
Silenzio.
Harry
si morse la lingua un attimo dopo aver pronunciato quelle parole.
Le
reazioni di tutti rimasero bloccate per qualche secondo, come un film quando
viene messo in pausa.
Hermione
aprì la bocca per dire qualcosa, per rimediare a quello che non era ancora
accaduto, ma che presto si sarebbe sicuramente verificato. Non trovando nulla
nell’archivio mentale della sua testa che potesse sottrarla da quella
situazione, decise di chiuderla e di stare zitta, appellandosi alla fortuna.
Il
successivo a muoversi fu Harry, che come ipnotizzato, volse lo sguardo dall’uno
altro, all’altro ancora.
Poi…
- Tu
hai confuso McLaggen? - i geni Weasley si fecero prontamente sentire, nello
stesso momento, mentre le voci di Ron e Ginny si univano in un solo e cruciale
quesito.
Hermione
schioccò la lingua, distogliendo lo sguardo. Attese qualche secondo prima di
rialzarlo verso di loro e non si stupì nel vedere che i due fratelli erano
ancora là, con la stessa espressione, la stessa posizione, in attesa di una
risposta.
- Più
o meno… sì.
Ron
aprì e chiuse la bocca un paio di volte; Ginny invece, sembrava piacevolmente
confusa.
- Che
significa “più o meno sì”? - incalzò Ron, una volta che ebbe recuperato l’uso
della parola. Il suo tono era indecifrabile: non si capiva se fosse contento
della cosa o, più che altro, preoccupato.
Hermione
fece un respiro e alzò gli occhi al cielo.
In
realtà, aveva più volte preso in considerazione l’idea di raccontare quella
storia a Ron. Spesso ci aveva pensato, aveva cercato le parole, il modo giusto
per cominciare il discorso… per poi giungere alla conclusione che no, non era assolutamente
una buona idea accennare della cosa a Ron.
- Grazie
tante, Harry - sibilò in direzione dell’amico, che scosse le spalle, con
stampata in faccia un’espressione di profondo pentimento - Significa sì, Ron.
Contrariamente
a quanto tutti i presenti avevano immaginato, Ron, in un momento di mancato
controllo dei muscoli facciali, si lasciò sfuggire un ghigno.
Ovviamente,
Hermione non ebbe neanche il tempo di pensare cosa gli passasse per la testa,
che l’espressione del ragazzo subì una profonda metamorfosi: il ghigno
divertito si tramutò in una smorfia rabbiosa sul suo viso delicato, che con il
passare dei secondi, stava assumendo un’adorabile sfumatura paonazza.
- E
perché, l’hai confuso? - pronunciò, gonfiandosi come un tacchino imbestialito.
Non era difficile immaginare cosa stesse macchinando il motore del suo cervello
- Ti ha… ci ha provato, vero? Ha allungato le manie tu l’hai confuso per…
Hermione
scosse la testa, portando le mani avanti - Ron ti prego, calmati…
-
Quello schifoso babbuino pulcioso! - stava dicendo Ron, ancora rosso in
viso - Io lo sapevo, lo sapevo… lo sapevo che ci avrebbe provato! Era evidente
che gli piacessi! Quel maniaco assatanato…
- Ron,
Ron! - disse, piano Hermione, avvicinandosi alla “zona rossa” - Non è per quello!
Non ci ha… provato! - disse imbarazzata. Quando incontrò lo sguardo
scettico di Ron, si affrettò ad aggiungere - E va bene. Ci ha anche provato… ma
- disse subito, dato che Ron stava già blaterando qualcosa di molto simile a “io
gli stacco il…” - Ma non è per quello che l’ho confuso.
Questo
sembrò sufficiente a bloccare momentaneamente la filippica di Ron contro
McLaggen. Si voltò verso Hermione, concentrando tutta la sua attenzione su di
lei, lasciando che la rabbia si sostituisse a naturale, motivata e genuina
perplessità.
- E
allora perché? - chiese, poi sembrò che un’idea improvvisa lo avesse illuminato
- E perché lui lo sapeva? - disse, indicando Harry, che molto
saggiamente stava cercando di mimetizzarsi contro la poltrona del soggiorno.
Hermione
si morse le labbra, lanciando all’amico un silenzioso sos.
Harry,
affranto, scrollò nuovamente le spalle - Ginny, che ne dici se… andiamo a
cercare… il signore… quel signore per assicurarci che… abbia smesso di… cantare?
- pronunciò l’ultima parole, mascherandola con un colpo di tosse.
- Oh -
fece Ginny; pareva sospesa tra il desiderio di assistere a quella bizzarra
discussione e la consapevolezza di dover sloggiare. Prevalse il buonsenso -
Certo. - dopo un momento di iniziale spaesamento, Ginny afferrò la borsetta e
attraversò la cucina, uscendo dalla porta che Harry stava tenendo aperta per
lei.
Quando
la porta si chiuse, per un attimo ci fu silenzio.
Per un
attimo.
-
Quindi? - chiese Ron, le sopracciglia inarcate per il sospetto.
Hermione
si dondolò sui piedi, sperando che in quei pochi secondi la sua mente geniale
concepisse una - scusa- mezza verità che fosse sufficientemente credibile.
- Thè?
- chiese, sollevando la brocca, le labbra piegate in un sorriso forzato.
Ovviamente,
la sua mente geniale l’aveva momentaneamente abbandonata.
Ron la
fissò, poi guardò la brocca.
In
quei decimi di secondo Hermione sperò davvero che lui si lasciasse distrarre,
che sarebbe riuscita a…
-
Hermione - fece lui - Perché- hai- confuso- MacLaggen?
Il
sorriso scomparve dalla faccia di Hermione, che con poca delicatezza, appoggiò
la brocca sul tavolo, lasciando che parte del liquido ambrato schizzasse sulla
superficie marmorea dell’isola da cucina.
- E va
bene - affermò Hermione, il volto alto e l’espressione seria - L’ho confuso al
sesto anno. Durante i provini per i nuovi giocatori di Quidditch di Grifondoro
- disse a voce alta, senza battere ciglio, quasi con tono di sfida.
Ron
parve ancora più confuso - Durante i provini?
-
Esatto - confermò lei, con tono deciso e le braccia saldamente puntate sui
fianchi.
- Ma
anche lui ha fatto il provino…
- Già.
- Come
portiere.
- Sì.
- E ha
fatto ridere! - disse Ron, sghignazzando - E’ stato fantastico! Su cinque colpi
non ha azzeccato un… - poi d’un tratto, il cambio d’espressione fece
comprendere ad Hermione che, finalmente, lui aveva capito - Sei stata tu.
Lei
annuì - Sì - disse, nuovamente.
Ron
parve pensarci su qualche secondo, mentre l’indignazione cresceva con evidenza
sul suo volto - Merlino, Hermione! - sbottò, ancora confuso - Hai falsificato i
provini? Ma cribbio, come hai…?
Prima
che potesse terminare la frase, Hermione battè violentemente due pugni sul
tavolo, che furono sufficientemente forti da prendere Ron alla sprovvista.
- Non
chiedermi come ho potuto, Ronald Weasley! Non chiedermelo! - sbraitò,
arrabbiata, puntando il dito contro di Ron che, abbandonata ogni espressione
offesa e indignata, arretrò di qualche passo - Non farlo, perché io stessa me
lo sono chiesta per due interi anni! - disse, istericamente, distogliendo la
sua attenzione da Ron e prendendo a marciare su e giù per l’ampia cucina.
- Ho
sbagliato! Sì, ho sbagliato - disse, continuando a camminare. Sembrava stesse
parlando più con sé stessa che con Ron; aveva persino placato il suo tono di voce
- Lo so che ho sbagliato! Pensi che non lo sappia? - rivolse la
minacciosa domanda a Ron, che si limitò a scuotere la testa freneticamente,
senza proferir parola, dato che sapeva bene che qualsiasi cosa avesse detto
sarebbe stata sbagliata.
Questo
fu sufficiente a placare Hermione che, ripresasi dallo sfogo, si coprì il volto
con le mani.
Rimase
qualche secondo così, nascosta, e quando Ron si decise a fare qualche passo
verso di lei, Hermione parò di nuovo.
-Se potessi tornare indietro non lo rifarei,
Ron - disse, dolcemente, scoprendosi il volto - Sai - continuò, giocherellando
con una pesca posata nel portafrutta là vicino - Tante volte… migliaia di
volte, forse… mi sono chiesta cosa sarebbe accaduto se io non… non avessi fatto
questa cosa - continuava a non guardarlo, soffermandosi sulla buccia vellutata
della pesca, quasi fosse la cosa più interessante del mondo. Ron ascoltò senza
dire nulla; conosceva Hermione abbastanza a fondo da capire che c’era dell’altro
- Magari non saresti entrato in squadra… - disse lei, la voce smorzata - Magari
non avreste vinto quella partita… magari, non ci sarebbe stato alcun
motivo di festeggiare… - disse, imbarazzata. Ron aveva capito esattamente cosa
tormentasse Hermione: era la stessa cosa che nello stesso tempo aveva
tormentato lui - Oppure - continuò lei - saresti entrato in squadra lo stesso.
Ce l’avresti fatta comunque… e io - ridacchiò, ma fu una risatina carica di
amarezza - non avrei dovuto - deglutì - pensare che fosse colpa mia, ogni
volta che… ti vedevo abbracciato a lei… Non avrei dovuto pensare, ogni volta,
che in fondo me l’ero cercata.
Finalmente,
alzò lo sguardo verso di lui che al contempo ricambiava con espressione
indecifrabile.
Ron
fece per dire qualcosa, ma lei fu più veloce - Non l’ho fatto perché non avevo
fiducia nelle tue capacità, Ron… - disse. Il suo tono era deciso, ma Ron poté
scorgervi una sfumatura di… timore e questo gli provocò una stretta allo
stomaco- L’ho fatto semplicemente perché…
volevo essere sicura che avessi ciò che, sapevo, meritavi. Ma se potessi
tornare indietro… se potessi, non lo rifarei.
Si
morse le labbra, incrociando lo sguardo azzurro di Ron.
Notando
che lui non diceva nulla, lei abbassò di nuovo lo sguardo.
Sapeva
che se glielo avesse detto, lui si sarebbe arrabbiato.
Lo
sapeva.
Ma era
anche consapevole del fatto che lei stessa aveva pagato per quell’errore, forse
anche più di Ron.
Ed era
stato per quel motivo che non ne aveva mai parlato, in quegli anni: sapeva che
era scorretto non confessare, ma d’altra parte lei aveva già scontato la sua
punizione.
Ora
che la cosa era venuta fuori, sarebbe stata punita di nuovo, perché Ron si
sarebbe arrabbiato…
E lei
non avrebbe potuto farci nulla, ancora, perché se l’era cercata, ancora…
Era
così assorta da quei pensieri che a malapena si accorse che Ron l’aveva presa
per i fianchi e appoggiato le sue labbra alla fronte di Hermione.
- Ecco
perché ci sei sempre stata tu, solo tu… - disse Ron a fior di pelle,
incrociando le braccia dietro la schiena di lei.
Confusa,
Hermione puntò le braccia sul petto di lei, allontanandosi un tantinoper poterlo guardare - Non… non sei
arrabbiato? - chiese, inarcando le sopracciglia scure.
- No -
disse lui, semplicemente.
- Ah -
Hermione parve confusa - E perché no?
-
Dovrei esserlo?
- Bè…
credo di sì! - disse lei, spontaneamente. Lui continuava a guardarla con un
sorriso divertito.
- Non
pensi che il sapere che hai confuso quell’idiota pompato di un McLaggen
per favorire me, mi faccia sentire più orgoglioso del fatto stesso di essere
entrato nella squadra?
- Oh -
fece, Hermione, confusa. Allentò la pressione delle braccia contro il petto di
Ron, tornando a farsi abbracciare in modo più rilassato.
Lui le
posò un bacio sulle fronte ed Hermione percepì le labbra carnose di Ron
distendersi in un sorriso - Avrei barattato il semplice sapere che tu avresti
fatto una cosa del genere per me… che avresti infranto la “legge”… con il mio
posto in squadra, in qualsiasi momento, Hermione - lei non poteva guardarlo in
faccia, ma sapeva con sicurezza che lui era arrossito.
Ron
strusciò le sue labbra contro la fronte di Hermione, lasciando che i suoi
capelli gli solleticassero il viso, poi scese a posargli un bacio sul naso.
Hermione
alzò il viso verso di lui, decidendosi a circondargli il collo con le braccia -
Quindi non sei arrabbiato - disse, ancora un tantinello dubbiosa.
Lui
ridacchiò, chinandosi a lasciarle un altro bacio sul naso prima di risponderle
- No, non lo sono. Parola di Grifondoro. Hai intenzione di chiedermelo ancora
dodici milioni di volte o passiamo subito al Veritaserum? - scherzò lui.
Lei
rise, sentendo che il peso che le si era creato al centro del petto si stava a
poco a poco sciogliendo.
Si alzò
sulle punte per avvicinare le loro bocche - Un Imperio sarebbe più rapido ed
efficace.
Ron
fischiò, appoggiando le sue labbra a quelle di lei - Qualcuno ci sta prendendo
gusto ad infrangere le regole, vedo. Molto, molto male.
Hermione
nascose un sorriso - Scemo… - e molto gentilmente, Ron l’aiutò a guadagnare
qualche centimetro, sostenendola con le braccia, per mettere fine alla corsa
delle loro bocche che si rincorrevano ormai da diversi minuti.
O
farsi anni…
*
-
Pensi che prima o poi si decideranno a tornare? - chiese Hermione, guardando l’orologio.
Ron
fece spallucce, trangugiando il terzo bicchiere di thè - Staranno ancora
cercando il signore canterino - disse, ridacchiando.
Hermione
gli diede un pugnetto sul braccio - Non c’è nulla da ridere, Ronald! - poi, però,
gli sorrise.
- E va
bene - fece Ron, alzandosi a malincuore dal divano, dopo aver schioccato ad
Hermione un bacio sul collo - Vado a cercarli, così gli dico di mettere via i
giubbotti antischiantesimi per stasera.
Con
passo deciso, si avviò verso l’uscita secondaria di casa Granger, ma un attimo
prima di uscire, si voltò, pensieroso.
- E
quindi quel fricchettone di McLaggen ci ha provato con te, eh? - disse,
la fronte corrugata. Spalancò la porta e scosse la testa - Io a quello gli
spezzo le gambe.
Si
chiuse la porta dietro, mentre Hermione si lasciava sfuggire un sorriso.
Avrebbe
dovuto solo tenere Ron lontano da Cormac per la successiva decina d’anni… e non
ci sarebbero stati altri problemi.
Vi avevo promesso il capitolo più allegro e il capitolo più allegro è
arrivato (con ritardo, ma è arrivato! L’idea di cercarmi una beta si sta
facendo sempre più concreta).
Ovvio che l’ “allegro” è in confronto al capitolo precedente, non in
relazione al concetto tradizionale di allegria.
Va bene, la smetto.
So che è un capitolo leggero e scherzoso… per il prossimo ho in mente
qualcosa di più “sostanzioso” e credo che sfrutterò un’idea che mi è stata
suggerita! ;)
Come avrete capito, Hermione si sente responsabile del fatto che, a causa
dell’incantesimo che ha fatto a Cormac, Ron è entrato nella squadra, ha vinto
la partita e si è messo con Lavanda (detto in parole povere).
Non so se si capiva molto il ragionamento dalle parole di Hermione o.O
Chi di voi pensava che, una volta scoperto che Hermione aveva “boicottato”
i provini, Ron si sarebbe arrabbiato come una bestiolina selvatica, alzi la
mano!!
Comunque, continuate a suggerirmi momenti che vi piacerebbe leggere, li
accolgo a braccia aperte!
Se ne avete piacere, potete trovarmi fu face book (il link è nella mia
pagina autore).
Un abbraccio fortissimissimo!!
PS: Ragazzi, mi avete stupito! Quasi tutti siete riusciti ad individuare il
pezzo ripreso dall’altra mia storia che, confermo, è “Ma il cielo non cade”.
Perché spesso mi chiedo
se sono davvero meritevole delle loro parole.
Il minimo che io possa fare, è dedicare loro questo capitolo.
Grazie di cuore <3
Un grazie
speciale a Emmahp_7, perché questo capitolo si basa su un’idea che mi ha
gentilmente regalato lei.
Quindi se
vi piace, potete ringraziarla.
Se non vi
piace… bè, prendetevela con lei! ;-)
Scherzi a
parte, mi auguro davvero di aver “trattato bene” un momento così delicato come
questo, bene almeno la metà di quanto sono sicura avrebbe fatto lei.
Il missing moment trattato si
potrebbe benissimo collocare prima del primo capitolo di Horgwarts Express (per
chi l’avesse letta), oppure prima del secondo capitolo di questa raccolta.
Per intenderci, parliamo della
vigilia della partenza di Hermione per Hogwarts.
Lipstick
Lo scricchiolio delle travi
sul pavimento del primo piano della Tana non era mai stato così dannatamente
percepibile. C’erano sempre voci, risate, talvolta grida a coprirlo. Ma ben
presto, le voci si erano affievolite, lasciando man mano il posto al
gracchiante rumore di due pezzi di legno che battono.
Era stato un po’ più udibile
quando Charlie si era trasferito in Romania.
Ancora di più quando Percy era
andato via di casa.
Quando Bill si era sposato ed
era andato a vivere a Villa Conchiglia.
Si era udito ancora e ancora
di più quando Fred li aveva lasciati.
Ma era solo da quella mattina,
che lo scricchiolo aveva avuto un incontestabile dominio nell’aurea silenziosa
che circondava la Tana.
Altre due voci le erano state
sottratte…
Quando Ron mise il piede sulla
trave traballante e quel rumore strisciato raggiunse le sue orecchie, sospirò. Si
passò una mano sulla fronte, stupendosi di quell’innaturale silenzio.
Non c’era nessuno in casa.
George era al negozio.
Harry era andato a prendere
delle scatole a Grimmauld Place.
I suoi si erano fermati a
Diagon Alley a fare la spesa.
C’era solo lui.
Si guardò intorno. Si
potevanocontare sulle dita di una mano
le volte in cui lui era stato davvero solo.
Tante volte lo aveva
desiderato; tante volte avrebbe voluto ricavarsi uno spazio per lui e lui
soltanto, un momento di distacco dalla caoticità della sua famiglia, dal peso
che tutti loro, nel bene e nel male, esercitavano sulla sua vita.
Adesso, la cosa che
maggiormente avrebbe desiderato, che avrebbe fatto di tutto pur di avere, era
qualcosa che colmasse il vuoto che quel silenzio creava in lui.
Perché Ron aveva superato,
aveva accettato e sopportato che i suoi fratelli, a poco a poco, andassero via,
che prendessero strade diverse.
Ma ora, si rese conto di non
riuscire a gestire la sua lontananza, di non poterla né accettare, né
sopportare.
Era spaesato.
Confuso.
Quasi non riusciva a
razionalizzare il fatto che ora lei - lei che era diventata un
punto fermo nella sua vita, lei che aveva condiviso con lui gli ultimi
anni, lei che era sempre stata una parte fondamentale della sua vita -
non fosse più lì, insieme a lui.
A riprova di questo, quasi
come se il destino, il fatto o chiunque sia volesse infierire ulteriormente,
Ron portò lo sguardo sulla porta alla sua destra.
Una porta chiusa, una stanza
vuota.
Senza pensarci davvero, lasciò
che le sue gambe lo guidassero. Si soffermò qualche secondo con la mano sul
pomello freddo, prima di decidersi finalmente a girare…
- Miseriaccia! - fu la
prima cosa che disse Ron, una volta che il bagliore di luce che lo aveva
travolto quando aveva aperto la porta si era dissolto, dandogli la possibilità
di avere una visuale completa di quella che, fino a poche ore prima, era la
stanza di sua sorella e in cui ora dominava indisturbato il caos più assoluto.
- Non ti ci mettere
anche tu, ora! - sbottò Hermione, in piedi vicino al letto, con il baule aperto
accanto, prima che lui avesse il tempo di stuzzicarla con un commento
sarcastico - Ho tutto sotto controllo - disse, passandosi una mano trai capelli
che le rimasero scompigliati in ciuffi indisciplinati, con il tono di una
persona che vuole convincere il suo interlocutore riguardo un punto su cui non
crede neanche lei stessa.
- Lo vedo - rispose
Ron, chiudendosi dietro la porta facendosi spazio tra le montagne di libri
accatastati a terra.
Ringraziando
mentalmente il suo equilibrio, schivando le torrette di libri che minacciose
ostacolavano il suo cammino, raggiunse la scrivania - o meglio ciò che rimaneva
di essa, da sotto una montagna di pergamene nuove e intoccate - e si sedette a
cavalcioni sulla sedia, appoggiando il mento sullo schienale.
- Ti serve una mano? -
chiese Ron, guardandola.
- Ho tutto sotto
controllo - ribadì lei, gettando un’occhiata al caos che la circondava,
strofinandosi la bacchetta sulla fronte con l’aria stressata di una persona che
non sa dove mettere le mani.
Entrando, fu avvolto dalla
penombra. Le persiane erano state accostate ed era poca la luce che traspariva
attraverso le tendine gialle.
Senza intoppi, raggiunse la
scrivania e tirò fuori la sedia, senza preoccuparsi di farla strisciare sul
pavimento.
Si sedette, osservando
confuso, il devastante ordine di quella stanza.
Non c’erano più le pergamene.
Né vestiti sparsi ovunque.
Non c’erano libri.
Non c’era la gabbia di
Grattastinchi.
Non c’era lei.
- Credi che sia
essenziale tutto… ehm… questo? - chiese Ron.
Lei parve riscuotersi
dalsuo piano-organizzativo- mentale e
lo guardò, come se si fosse appena accorta della sua presenza nella stanza -
Certo - disse, appellando una piccola pila di libri che, ordinatamente, svolazzò
fino al baule.
Ron attese qualche
secondo prima di rendersi effettivamente conto di non riuscire a trattenersi -
Ma tutti questi libri, Hermione? Sei sicura che ti servano tutti?
- Assolutamente -
confermò lei, mentre girava attorno al letto per andare a scegliere un’altra
pila di libri da mettere nel baule - E’ l’anno dei Mago, Ron… ci sono più
materie.
- Sì, ma… Il manuale
degli incantesimi, volume uno? - disse Ron, sarcastico, allungando il collo per
leggere il titolo di un libro che gli era fin troppo familiare.
Lei mascherò un
sorrisetto, colta in fallo - Quello mi serve per ripassare - disse, sulla
difensiva.
- Tralasciando il fatto
che tu, tutti gli Incantesimi di quel libro li sai a memoria da quando avevi
undici anni… - disse, guardandola -Se
dovesse servirti, puoi prenderlo in biblioteca.
Lei schioccò la lingua
e incrociò le labbra - Non sarebbe la stessa cosa, Ronald. Su quello della
biblioteca non ci sono le mie annotazioni.
Ron scosse la testa -
Tu a volte mi preoccupi.
Ron lisciò con un dito la
coperta arancione, lasciandosi avvolgere dalla statica tranquillità di quella
stanza.
Chiuse un momento gli occhi,
inspirò.
Sorrise, quando riuscì
finalmente a captare qualche delicata nota del suo profumo.
Era ancora lì, in quella
stanza.
D’istinto, guardò nuovamente
le finestre, per assicurarsi che fossero chiuse.In quel momento decise che quelle persiane
sarebbero dovute rimanere chiuse finchè lei non fosse tornata.
La stanza doveva rimanere
intrisa del profumo di lei, lo avrebbe dovuto consolare quando la distanza tra
loro sarebbe stata insopportabile, fargli compagnia quando si sarebbe sentito
solo, dargli una prova che adesso c’era davvero lei nella sua vita…
- Secondo me la maggior
parte di questa roba è superflua - sentenziò Ron, dalla sua posizione.
- Se devo stare via un
anno, mi sembra il minimo indispensabile - fu la risposta pragmatica di
Hermione, impegnata a ripiegare delle maglie sul letto.
Ron si alzò dalla sedia
e la raggiunse. Si sdraiò sul letto, a pancia sotto, facendo ben attenzione a
non schiacciare maglie e camicie che Hermione aveva già meticolosamente
ripiegato.
- Sono nove mesi e
quindici giorni circa - puntualizzò Ron, sorreggendosi il viso con una mano -
Non è un anno.
Hermione alzò
leggermente il volto semicoperto dai capelli per guardarlo. Gli fece un sorriso
- Hai ragione.
Ron sospirò,
accarezzando il copriletto giallo. Distrattamente, buttò uno sguardo sui
vestiti che Hermione stava preparando.
- Cosa devi farci con
tutti questi vestiti? - chiese con finta indifferenza, afferrando con due dita
una camicetta blu che non gli sembrava di aver visto mai.
Lei ridacchiò - Sono
vestiti, Ron. Cosa pensi che debba farci?
Ron continuò ad
esaminare quei gruppetti di stoffa - Bè ma ad Hogwarts si porta la divisa -
disse, serio.
Hermione si voltò per
guardarlo; interruppe per qualche secondo ciò che stava facendo ed incrociò le
braccia, mentre un vago sospetto si insinuava lentamente nei suoi pensieri.
- Forse non ti ricordi,
Ron, ma nel tempo libero possiamo indossare anche vestiti normali - disse
pazientemente. Lui continuava a non sembrare convinto.
Schioccò la lingua e
investendo parte di indumenti già attentamente ripiegati, sotto lo sguardo
orripilato di Hermione, si sporse per afferrare con una mano una gonna poggiata
sul bordo del letto - E con questa dove ci devi andare? - le disse, rigirandola
fra le mani, mentre il suo viso assumeva una calda sfumatura porpora - Non ti
pare troppo corta?
Hermione sospirò. Prese
la gonna e la sfilò delicatamente dalle mani di Ron, per lasciarla cadere a fianco
a sé, in un punto non identificato del letto - Questa gonne l’ho messa altre
volte, Ron. E’ lunga quanto quella della divisa - disse, ponendo fine alla
discussione.
O almeno così credeva.
- A me sembra molto più
corta - insistette lui, appoggiando il viso sulle sue mani intrecciate,
completamente sdraiato sul letto a pancia in giù.
Hermione sospirò,
aggiungendo la gonna alla pila delle cose da portare.
- E questo?
Hermione si morse le
labbra e lasciò passare qualche secondo prima di voltarsi verso di lui,
trattenendo il desiderio di cacciarlo via dalla stanza. Quella situazione la
rendeva già abbastanza isterica, senza che ci si mettesse anche lui.
Ma d’altra parte, lei
non lo avrebbe mai cacciato.
La testardaggine, l’insistenza,
la caparbietà erano parte di lui.
E lui era parte di lei.
- Cosa? - disse lei,
vagamente spazientita, alzando lo sguardo dal baule.
Ron teneva in mano un
tubetto rosa, con delle scritte rosse e viola. Glielo stava mostrando,
tenendolo fra le dita, con un’espressione corrucciata e leggermente sospetta.
Hermione guardò il
tubetto, che le era ben familiare, poi tornò con lo sguardo su di lui.
- E allora? - incalzò
Hermione.
Ron strabuzzò gli
occhi, in un’espressione che voleva testimoniare l’ovvietà della situazione.
- A cosa ti serve un
rossetto ad Hogwarts? - disse lui, continuando a guardare il tubetto come se
fosse la prova principale di un grave crimine.
- E’ un balsamo per le
labbra, Ronald - fece Hemione, sorridendo - Non un rossetto.
Ron lo stappò,
avvicinandoselo al naso - Ah, sì? E perché è rosa?
Hermione alzò gli occhi
al cielo - E’ un colore come un altro! Dai, Ron, smettila. E’ un banale burro
cacao! Dammelo.
Ron arrossì, chiudendo
il rossetto nel pugno, guardandola con tono di sfida. Lei, incurante, gli tese
una mano aperta.
- Se è un banale coso-
per- le- labbra come dici tu, allora non ne hai bisogno, no?
- Certo che ne ho
bisogno! - rispose lei, al limite tra il divertito e l’esasperato.
- E per chi dovresti
ammorbidirti le labbra? Sentiamo - fece lui, ingoiando, mentre il rossore delle
guance si spostava fino al collo.
Hermione battè un paio
di volte le palpebre, stizzita da quella velata e ingiusta accusa.
- Ci devo convivere io
conla mia bocca, Ron - disse,
corrugando la fronte e tendendo di nuovo la mano, pretendendo la restituzione
dell’oggetto incriminato.
Ma Ron non fu meno
determinato - E chi me lo dice che non lo userai anche per altro?
- Lo dico io - fece
Hermione, seria.
Non era arrabbiata, Ron
l’aveva capito subito. Era proprio questo ad alimentare la sua insistenza.
Ma era tipico di Ron
tirare la corda fino a farla spezzare.
Non si sarebbe fermato
fino a che l’ultima fibra di quello spago avesse retto.
- E, allora,
dimostramelo - disse lui semplicemente. Aprì la mano, tenderla verso di lei. Il
piccolo tubetto ondeggiava su e giù sul suo palmo - Se è come dici tu, lascialo
qui.
Lei si morse le labbra.
Era una prova quella
che le stava proponendo.
Ron la stava davvero
mettendo alla prova: sapeva che dietro quell’aria noncurante c’era davvero un
timore.
Timore che la distanza
avrebbe indebolito il loro rapporto.
Timore che le cose, che
tanto avevano cercando di aggiustare, sarebbero andate all’aria.
Timore che qualcuno si
mettesse fra loro due.
Era proprio questo che
lui le stava chiedendo. Una conferma che il suo timore fosse soltanto la
controindicazione di un amore più forte di ogni altra cosa.
- No - disse lei, d’improvviso
- Non ho intenzione di cedere a questi giochini, Ronald.
Con sicurezza, afferrò
il tubetto dalle mani di lui e lo gettò nel suo beauty case, chiudendo la
chiusura, mentre sul volto di Ron si abbassava un’ombra di delusione.
Non disse nulla, si
limitò ad incrociare di nuovo le mani, appoggiando il viso sulla coperta
chiara.
Hermione si passò una
mano tra i capelli.
Sapeva che quel momento
sarebbe arrivato.
Sapeva che sarebbe
stato il più difficile.
Salì sul letto in
ginocchio, muovendosi verso di lui. Quando ebbe raggiunto la sua stessa
altezza, si sdraiò al suo fianco, in modo che le loro facce fossero l’una di
fronte l’altra.
A separarli c’erano
pochi centimetri, ma loro due non si toccavano minimamente; né uno sfioramento,
né uno strusciare distratto di vestiti, nulla.
Hermione aspettò che
lui voltasse il viso per guardarla; soltando quando incontrò i suoi occhi
azzurri, parlò:
- Non hai bisogno che
io lo lasci, Ron - disse, semplicemente - Non hai bisogno di prove.
Lui continuò a
guardarla serio, intristito. Nessuno dei due mosse un muscolo per avvicinarli
all’altro - Scusami - disse.
Hermione abbozzò un
mezzo sorriso poco convinto, ma non disse altro.
- Non so se voglio
andare - bisbigliò, ad un certo punto.
Ron rimase impassibile,
in un primo momento. Quelle parole avevano acceso un fuoco dentro di lui.
Da quando avevano preso
quella decisione, da quando lei aveva deciso di andare e lui di restare… da
quel m omento aveva avuto paura di quelle parole.
Ci aveva pensato
migliaia di volte, e ogni volta sperava, pregava che lei non le pronunciasse.
Era terrorizzato da
quelle parole; da quello che significavano… lo spaventavano a morte, perché non
sapeva se lui avrebbe avuto la forza di assecondarla ancora, se mai quelle
parole fossero uscite dalla bocca di Hermione.
“Allora non andare.
Resta con me, Hermione. Non andare via, resta con me. Resta con me”.
Ogni volta che si era
immaginato la scena, questa era l’unica risposta che gli veniva in mente.
Una preghiera, un’implorazione…
così sarebbe suonata. Come una supplica.
Un’imperdonabile e
vergognosa forma di egoismo.
Perché a quel punto lei
avrebbe rimesso in discussione tutto.
La sua decisione di
tornare ad Hogwarts, la sua carriera, i suoi progetti.
E Ron, questo non
glielo avrebbe lasciato fare, per nulla al mondo.
Anche se ciò
significava combattere contro sé stesso.
- Sì, che vuoi andare -
le disse lui, cercando di sorriderle in modo convincente.
Ma lei rimase seria,
persa in quei pochi centimetri che li separavano.
- Non so se voglio
andarci senza di te.
Sospirò, mentre
lentamente muoveva una gamba, per incrociarla con quella di Ron, che senza
indugi, l’accolse fra le sue, più lunghe e muscolose.
- Ne abbiamo parlato -
disse Ron, continuando a guardarla - Sono solo nove mesi.
- E quindici giorni -
puntualizzò lei, senza sorridere.
Ron sospirò - E’ questa
la cosa giusta, Hermione, lo sai. Credi che non preferirei che tu rimessi qui?
- disse, volgendo altrove lo sguardo - Non pensi che odierò Hogwarts,
probabilmente per la prima volta nella mia vita, per… - sentì il nervoso e l’ansia
aumentare. Non riusciva a tollerare quelle pensiero, non poteva concepirlo
neanche con la mente.
- Non mi hai chiesto di
restare - disse lei, tranquilla, il volto schiacciato contro il copriletto e
gli occhi attentamente puntati su di lui.
- Tu non mi hai chiesto
di venire - ribattè lui, incontrando di nuovo il suo sguardo.
Hermione prese un lungo
respiro, quando sentì che Ron aumentava la stretta attorno alla sua gamba.
Strusciando un braccio
sulla coperta, arrivò fino al viso di lui e lentamente avvicinò una mano per
toccarlo in viso, tracciandogli il contorno della mandibola con l’indice.
- Saresti venuto, se te
lo avessi chiesto - disse, a voce bassa, quasi sussurrando, ma erano talmente
vicini che non vi fu alcun problema di comprensione - Ecco perché non l’ho
fatto. So che non vuoi venire.
Ron si lasciò
accarezzare, beandosi di quel tocco che sapeva, gli sarebbe mancato da morire -
E tu saresti rimasta, se lo avessi fatto io. Per questo non te l’ho chiesto.
Si sporse verso di lei…
dapprima lasciò che i loro nasi si sfiorassero, poi si fece ancora più vicino.
- Vedi? - le bisbigliò
sulle labbra - Andiamo d’accordissimo quando non parliamo.
Hermione ridacchiò,
lasciando che le loro bocche si sfiorassero e allontanassero ripetutamente.
- Dobbiamo adottare la
tecnica del “non parlare”, più spesso allora.
- Perspicace, Granger.
Lei sorrise di nuovo. Ma
ben presto, Ron sentì quel sorriso spegnersi, contro le sue labbra.
- E se ti stancassi del
silenzio, Ron?
Fu in quella frase che
Ron ritrovò parte del timore che angosciava anche lui.
Fu in quella frase che
ebbe la conferma che quel timore era assolutamente infondato.
- Sono anni che non c’è
più “silenzio” nella mia testa, Hermione - allungò un braccio per cingerle un
fianco e avvicinarla di più a sé - C’è solo la tua voce. Ci sono i tuoi occhi e
i tuoi gesti. C’è il tuo profumo. E tutto questo fa più rumore di quanto tu
possa… immaginare.
Le posò le labbra sulla
fronte, quasi sollevato del fatto che, in quella posizione, lei non potesse
guardarlo arrossire.
Hermione nondisse nulla. Si rannicchiò contro il suo
petto, non riuscendo a spiegare come la malinconia di poco prima potesse essere
stata spazzata via con tale facilità, lasciando il posto ad una felicità che le
toglieva il respiro, che le faceva venire voglia di gridare, di abbracciarlo,
di accarezzarlo, di…
- Ron?
- Mhm?
- Voglio baciarti.
Quando lui le sorrise,
ad Hermione venne quasi voglia di piangere, tanta era la serenità che provava
in quel momento - Niente di più facile.
Un guizzò nello sguardo
sollevato di Ron fu l’ultima cosa che vide prima che i suoi sensi perdessero
per un attimo la connessione con la realtà. La baciò delicatamente, lentamente,
almeno fin quando lei non gli strattonò con forza il collo della camicia, per
avvicinarlo maggiormente a sé.
Ron interpretò quel
gesto come un invito ad abbandonare quei modi delicati con qualcosa che gli era
più consona, più adatta… più loro.
Soltanto quando la sentì
annaspare, decise di darle una tregua.
Fu tentato di chiederle
come mai “solo” dopo quattro o cinque minuti di apnea lei avesse “già” bisogno
di respirare, ma un qualcosa, un pensiero improvviso, gli disse che era meglio
rimandare con le chiacchiere.
Non si preoccupò di
riprendere aria - il profumo di lei che gli pervadeva le narici era il miglior
ossigeno che avesse mai respirato - , troppo impegnato nell’intento di
assecondare la richiesta che poco prima, lei gli aveva fatto.
Le baciò la mandibola,
fino al collo, immergendosi nei suoi capelli, sentendo il lobo di lei premergli
contro la fronte. Le baciò anche quello.
Hermione ridacchiò- Pizzichi.
Ron si discostò quel
tanto che bastava per poterla guardare - Vedrò di farmi trovare ben rasato, la
prossima volta - le disse, sorridendole, mentre le scansava un ciuffo dalla
fronte.
Lei allungò un dito per
sfiorargli la guancia ispida e scosse la testa - No. Non voglio che cambi.
Ron chiuse gli occhi,
baciandole il polpastrello.
Il sole fuori stava per
tramontare: la stanza era circondata da una calda luce giallastra, che
combaciava alla perfezione con le decorazioni della stanza.
- Ci avresti mai
immaginati così, Ron ? - chiese all’improvviso Hermione, sorridendo.
Anche Ron le sorrise a
sua volta, stringendola ancora di più mentre la guardava - Diciamo che ci ho
sperato per… molto, molto tempo… - disse, arrossendo - E tu?
Lei scosse le spalle -
Non lo so.
- Non lo sai? - la
prese in giro lui - Miss- so- tutto- io mi cade su una domanda del genere?
Hermione ridacchiò,
stringendosi contro il suo petto - A volte era troppo difficile sperare.
Lui sospirò,
appoggiando il mento sulla sua testa - Io non ho mai smesso, invece.
- E’ stata solo
questione di tempismo! - sentenziò lei, sicura, alzandosi sui gomiti,
illuminata in viso, come se avesse trovato la soluzione ad un grave problema -
E’ così! D’altra parte, le possibilità che…
- Secondo me è stata
solo colpa di Krum - la interruppe lui, pensoso.
- Lascia perdere Victor
- fece lei, indignata e divertita - Sai che non c’entra niente!
Lui strinse gli occhi
con una smorfia - Ti prego, non chiamarlo “Victor”…
- E’ il suo nome!
- Se lui non ti avesse
invitato al Ballo del Ceppo, lo avrei fatto io. Ti avrei baciato io e ci
saremmo risparmiati un sacco di anni, che invece abbiamo perso!
Lei aprì la bocca due o
tre volte - Avresti potuto invitarmi subito! Invece, hai preferito invitare
Flebo!
- Ah, adesso è tornata
ad essere Flebo? - le chiese lui, con un ghigno.
- Non… - Hermione si
morse le labbra - Non è questo il punto!
- E qual è, allora? -
la stuzzicò lui, trattenendo una risata.
- Se non lo capisci da
solo, non ho alcuna intenzione di spiegartelo io! - brontolò, tornando ad
accucciarsi tra le sue braccia, stizzita.
Ron sorrise.
Non sarebbe finito mai.
I loro battibecchi, il
loro continuo punzecchiarsi, le loro frecciatine.
Il loro perdersi nella
devozione che provavano l’uno verso l’altra, per poi, d’improvviso, naufragare
nelle controversie dei loro battibecchi.
Non sarebbe finito mai.
E Ron in quel momento,
mentre la abbracciava, sentiva di non poter desiderare di meglio.
- Hermione?
- Che c’è?
- Voglio baciarti.
Quando lei gli sorrise,
ne ebbe la conferma.
Non sarebbe finito mai…
Ron sospirò, alzandosi.
Lisciò la coperta con la mano
e rimise la sedia a posto.
Fu solo in quel momento che i
suoi occhi catturarono quell’immagine.
Ancora non del tutto sicuro
che si trattasse di ciò che pensava lui, si avvicinò al comodino.
Sorrise.
Un tubetto rosa era posato in
bilico sulla superficie scura di legno.
Lo afferrò, stringendolo fra
le mani.
Si sentiva sciocco, sì. Si
sentiva sciocco e felice. Si sentiva vivo.
Con poche falcate, raggiunse
la finestra e, dopo un attimo di esitazione, spalancò le ante.
Un’ondata di aria fresca e
pulita invase la stanza, che sembrò riprendere colore.
Chiuse gli occhi, mentre
inspirava. Si concentrò e… lo sentì.
Il suo odore, il suo profumo.
Era ancora lì, nella sua
testa, nel suo naso…
Poteva sentirlo ancora… la
sentiva.
E lo avrebbe fatto, finchè lei
non fosse tornata.
Si avviò verso la porta e gettò
un’ultima occhiata alla stanza, ora pienamente illuminata, prima di
richiudersela alle spalle, stringendo ancora fra le mani il rossetto di
Hermione.
D’altra parte mancavano solo
nove mesi.
E quindici giorni.
- Hermione, dove hai
messo il tuo balsamo per le labbra? - chiese Ginny, cercando nel borsello dell’amica-
Io ho finito il mio.
- Mi dispiace, Ginny.
Non ce l’ho.
- Oh, l’hai perso?
Hermione distolse lo
sguardo dal libro che stava sfogliando e guardò fuori dalla
finestra, verso il parco di Hogwarts, sorridendo - No. E’ esattamente al suo posto…
Dunque…
scrivere questo capitolo non è stata esattamente una passeggiata.
L’idea di
base c’era, scriverla è stata, però, un tantino più complesso.
Tuttavia,
non posso dire di non essere soddisfatta, insomma! Spero di essere riuscita a
comunicarvi quelli che per me erano i sentimenti controversi che travagliavano
Ron in quel momento.
Come sempre,
sarebbe per me un onore sapere cosa ne pensate!
J
Detto ciò…
vi aspetto al prossimo missing moment!
PS: Ho
notato che siete delle piccole menti diaboliche! Nello scorso capitolo, molti
di voi si aspettavano una reazione negativa da parte di Ron; parecchi sono
rimasti stupiti dalla reazione pacifica che invece gli ho fatto avere io.
Ron passò un
dito sulle copertine dei libri perfettamente allineati nella grande libreria a
parete di casa Granger, ammettendo che fosse, effettivamente, d’effetto.
Adorava
quella casa. Così ordinata, così ampia, così luminosa, così Babbana.
Amava quella
casa, ma forse questo era solo un riflesso incondizionato del fatto che amava
profondamente chi ci stava dentro.
Sospirò,
seguendo ancora con il dito, il profilo di quei volumi, che in gran parte erano
sicuramente di Hermione.
In quelle
ultime settimane, aveva frequentato spesso quella casa e, nonostante l’imbarazzo
iniziale, stava abituandosi a quegli oggetti bizzarri, a orientarsi in quelle
numerose stanze, a trovarsi spesso a contatto con i genitori di Hermione.
Per quanto
aveva potuto constatare, anche la signora Granger amava leggere. Quando andava
a trovare Hermione, Ron non si Smaterializzava mai direttamente dentro casa,
quindi spesso gli capitava di incontrare la padrona di casa sul grande portico
sul davanti, intenta a leggere libri Babbani sul dondolo, oppure in salotto,
con le gambe incrociate sul morbido sofà - in una posizione che gli ricordava
Hermione in modo impressionante -, oppure nel soggiorno, vicino alla vetrata, o
in cucina…
Insomma, era
degna madre di Hermione.
“Trasfigurazione
avanzata… Creature magiche, cure e rimedi… La legge magica, volume uno…”.
Ron continuò
a tracciare la linea immaginaria, sfiorando le copertine lisce di quei tomi. Per
quanto anche la signora Granger fosse un’appassionata lettrice, qualcosa gli
diceva che quei libri non erano suoi…
“Le streghe
del Medioevo… Babbani e Mondo Magico… Elfi in-”.
Sussultò nel
leggere l’ultimo titolo.
Inclinò la
testa, in modo da poter leggere orizzontalmente la scritta in oro, parecchio
rovinata, incisa sul bordo.
Elfi in
rivolta, volume otto.
Lo afferrò,
estraendolo dalla fitta fila di libri. Chiuse un momento gli occhi,
accarezzando la copertina graffiata, poi lo aprì…
Aprì gli
occhi, svegliandosi di soprassalto.
La testa gli
doleva, gli occhi bruciavano, la luce gli dava fastidio. D’istinto si portò una
mano davanti al viso.
- Scusa, Ron…
non volevo svegliarti. Mi dispiace.
Ron percepì
la mano piccola e forte di Ginny accarezzargli un braccio. Cercando di
abituarsi alla fioca luce della Sala Grande, tolse la mano dal viso, cercandola
con lo sguardo.
Tirò su con
il naso - Non fa niente, figurati - la guardò.
Aveva lo
sguardo stanco, afflitto.
Si grattò la
testa, svogliatamente - Stai arrivando adesso? Non hai dormito per niente?
Ginny annuì,
accucciandosi meglio sul divano - Ho dormito qualche ora giù, con Bill e… George.
Quel nome li
fece trasalire entrambi.
Ron percepì
la pesantezza alla testa aumentare, il cuore stringersi, lo stomaco sparire…
Fred.
Fred, morto.
Chiuse gli
occhi, attendendo che il respiro tornasse, che l’aria lo liberasse da quel
senso di soffocamento.
Ancora,
Ginny gli strinse un braccio.
Ron le prese
la mano. Poco distante da loro, Harry dormiva profondamente su una poltrona,
lui, più degli altri, stravolto dalla sofferenza, dalla stanchezza, dalla
responsabilità di tutto ciò che era accaduto.
- Ginny, dov’è
Hermione?
La ragazza
sollevò leggermente il capo, cercandola con lo sguardo, come se fosse possibile
che lui non l’avesse vista - L’ho… l’ho incontrata prima. Qualche ora fa. Mi ha
detto che faceva un salto in infermeria a vedere com’era la situazione… e che
poi sarebbe subito venuta qui… non è arrivata?
Ron scosse
la testa, alzandosi - Vado a cercarla- con un’ultima stretta, lasciò la mano di
Ginny.
- Vuoi che
venga con te? - le chiese lei, facendo per alzarsi.
- No, no…
vado io. Forse è… meglio così - disse, ingoiando il vuoto.
Ginny annuì
- D’accordo. Vi… vi aspetto qui.
Doveva
essere l’alba.
Dalle
finestre, dagli squarci sui muri, dalle pareti semidemolite trapassava la fioca
luce mattutina.
Ron
attraversò quei corridoi che tanto aveva amato durante gli anni di scuola,
quasi senza riconoscerli.
Erano
spenti, erano quasi distrutti, erano morti.
C’erano
ammassi di detriti ovunque.
L’ala ovest
era completamente demolita.
Trattenne il
respiro quando si trovò a passare davanti alla Sala Grande.
Ringraziò
mentalmente quando si accorse che lo spesso portone di quercia erastato chiuso.
Proseguì
verso la sua meta. Verso di lei.
L’infermeria
non era mai stata così gremita di gente.
Il caos di
quella stanza, contrastava il silenzio assoluto del resto del castello.
Sembrava che
i vincitori di quella Guerra durata anni fossero riuniti tutti lì dentro, tra
quelle quattro mura.
Alcuni
giacevano nei letti, con testa o arti fasciati. Altri avevano squarci addosso,
altri ancora bevevano pozioni…
Feriti, sì.
Ma vivi.
C’era la
vita in quella stanza, c’era la gioia di avercela fatta.
Vagò con lo
sguardo in mezzo alla gente, mentre la morsa che gli attanagliava lo stomaco
sembrava alleviarsi un minimo.
E poi la
vide.
In fondo, ad
un lato della sala. Stava medicando il viso di una signora che aveva un
profondo taglio sulla fronte.
Ron non
riuscì a fare a meno di guardarla e la stretta si allargò sempre di più, sempre
di più…
La signora
continuava a parlare, giustamente felice. Hermione di tanto in tanto annuiva,
rivolgendole sorrisi forzati… ma il suo sguardo era spento, la sua espressione
vuota.
Quella non
era Hermione.
La vide
congedare la signora, ormai medicata, e rivolgerle un altro sorriso finto di
fronte ai suoi ringraziamenti.
- Hai
intenzione di continuare fino allo sfinimento? - le disse, arrivandole da
dietro.
Hermione
sobbalzò, voltandosi. Ron notò che il graffio che aveva sul mento era stato
ripulito. Il viso era pallido e in capelli eranoannodati in malo modo sulla testa. Indossava
ancora la maglietta strappata della sera prima.
- Sì… cioè
no… - fece lei, passandosi una mano sulla fronte e guardandosi intorno - Sto
bene.
- Non stai
bene - disse lui, scansandosi per far passare Madama Chips con un carico di
pozioni e solventi - Ti porto via di qui.
Questo sembrò
riscuotere Hermione - No! No, no… devo preparare una pozione aggiustaossa… un
signore ne ha bisogno… io devo…
- Vorrà dire
che la farà qualcun altro - insistette Ron, afferrandola per un braccio - Non
dormi da due giorni, Hermione. Devi staccare la spina - disse deciso,
trascinandola di qualche passo.
- Ma, Ron… -
protestò lei.
- Hermone -
disse lui, fermandosi e guardandola in faccia - non pensi che riposandoti un
paio d’ore, poi sarai più utile a tutti?
Lei lo fissò
qualche secondo; provò anche a ribattere, ma alla fine lasciò perdere - Lascia
almeno che ti pulisca quelle ferite - disse alla fine lei, sfiorandogli una
guancia.
- Andata -
acconsentì lui - Ma usciamo di qui.
Hermione
annuì e dopo aver recuperato un disinfettante e alcune garze, seguì Ron fuori
dall’infermeria, dove li accolse un malinconico e desolante silenzio.
- Di qua -
disse lei, d’improvviso, guidandolo verso un corridoio.
Camminarono
per un po’ tra le macerie, fino a raggiungere la fine di quel tunnel: lì le
pareti erano completamente crollate, qualsiasi fosse stata quell’aula era stata
completamente buttata giù.
Ma Hermione
non si fermò; proseguì ancora, salendo su quelle macerie, fino a quando non
furono completamente fuori.
Senza
neanche averla cercata, si ritrovarono ad avere una visuale del parco di
Hogwarts, circondato però, da cumuli e cumuli di macerie.
Hermione
fece qualche passo avanti, dando le spalle a Ron e per alcuni secondi rimase ad
osservare l’inquietante spettacolo che si estendeva sotto i loro occhi.
- Questo è
tutto - disse lei, ad un certo punto, con voce atona, distaccata.
Fu un
bisbiglio, un sussurro quasi.
Ron rimase
in silenzio dietro di lei, in attesa che aggiungesse altro. Ma Hermione non lo
fece.
Allora Ron
si avvicinò. Lei era immobile, guardava fisso davanti a sé; sembrava quasi
assorta… lui avrebbe voluto stringerla, poi scuoterla, poi stringerla ancora…
- Tutto
cosa? - si limitò a dire, invece.
Hermione all’inizio
non rispose.
- Tutto
cosa, Hermione? - ripetè allora Ron, toccandole una spalla.
Lei si
riscosse. Guardò la mano si lui sulla sua spalla, poi guardò Ron, poi di nuovo le
macerie che li circondavano - Tutto. Tutto quello… tutto quello per cui abbiamo
combattuto, Ron - disse con voce spezzata - Ecco cosa è rimasto. Distruzione e…
morte. Questo è tutto.
Ron scosse
la testa, con convinzione.
La prese per
le spalle e la scosse leggermente - NO, Hermione, no! - le disse, guardandola
negli occhi - Non… non abbiamo combattuto per questo! E’ normale che adesso
tutto ciò possa sconvolgerci ma… - prese fiato, cercando le parole - Ma bisogna
essere forti ancora per un po’, hai capito? Bisogna trovare ancora un po’ di
forza per aggiustare le cose e per… per far sì che ciò che è accaduto non sia
stato vano… d’accordo?
Hermione
continuava a guardarlo; un’espressione impassibile stampata sul volto. Non c’era
traccia di lacrime nei suoi occhi.
Ron non era
mai stato bravo con i discorsi d’incoraggiamento. Non quanto lei, almeno.
Forse era
perché, per la prima volta, era lei ad aver bisogno di un discorso del genere. Ron
non aveva mai dovuto spronarla o… consolarla per qualcosa.
Ma Hermione…
lei lo aveva sempre fatto, c’era sempre stata quando lui ne aveva avuto
bisogno.
- Dobbiamo
medicare quelle ferite, Ron - disse Hermione, riprendendo il suo classico tono
efficiente.
- Eh? - fece
stupito Ron, mentre lei svitava la boccetta di disinfettante.
- Se fossi
venuto prima…
- NO, no,
Hermione… ferma! - tentò di bloccarla lui - Dobbiamo parlare.
- …a quest’ora
si sarebbero quasi rimarginate…
- Tu non
stai bene, Hermione! Ti prego… parliamone un attimo! Non puoi tenerti dentro
tutto questo… insomma…
-
Sciocchezze, Ron - fece lei, tirando su con il naso - Io.sto.benissimo.
- No, non
stai bene, per la miseria! - sbraitò Ron, passandosi una mano tra i capelli.
- Va bene,
adesso forse brucerà un pochino…
Fu un
attimo.
Con un colpo
secco, Ron fece volare in aria la bottiglietta di disinfettante che Hermione
teneva in mano, la quale disegnò un arco verdastro in aria, per poi ricadere
con un tondo sordo sul prato, mentre liquido verde continuava a fuoruscire.
- ADESSO
BASTA, HERMIONE! - gridò Ron, sotto lo sguardo basito di lei - BASTA! NON PUOI
CONTINUARE COSì… NON DEVI REAGIRE COSì, MISERIACCIA! - riprese un attimo di
fiato, mentre il viso gli diventava rosso di rabbia. Sospirò, nel tentativo di
darsi una calmata - Lascia perdere gli altri per un attimo, lascia che sia io a
pensare a te! - le si avvicinò, senza toccarla - Non lasciarmi fuori, Hermione…
parlami, ti prego… - le si avvicinò di qualche passo e lentamente le sfiorò il
mento con un dito - Ti pregò - ripeté.
Hermione
aveva ancora un’espressione sconvolta, allucinata quasi. Tornò a guardare la
boccetta a terra, poi le garze, poiRon.
Soltanto in quel momento, un guizzo, una luce le attraversò lo sguardo.
E Ron la
riconobbe.
Hermione era
tornata.
Si coprì il
viso con le mani, respirando forte - Ron… oddio, sono un mostro…
- No, certo
che no… - intervenne subito lui, avvicinandosi.
- Sono un’egoista,
invece!- ribattè lei, contorcendosi le
mani - Sai… vuoi sapere qual è stata la prima cosa che ho pensato… quando ho
visto questo?
Lui scosse
lentamente la testa.
Hermione si
passò una mano tra i capelli e strinse. Sembrava fuori di sé… continuava ad
avere il respiro affannoso ma sul viso, neanche l’ombra di una lacrima.
- Ho pensato
che non doveva succedere… che… che non doveva accadere questo, che Hogwarts
doveva rimanerne fuori… e… ed è per questo che sono un’egoista! Perché ormai
Hogwarts era una casa… un punto fisso! L’unico dopo che i miei genitori… loro
non sanno neanche che esisto, Ron! E sono un mostro… - il respiro le diventava
sempre più affannoso, mentre lei continuava a ripeterlo, a ripetere quei
pensieri scoordinati, sofferenti - Sono un mostro perché poi penso a Remus… e
Tonks e Fred e…. mi sento un mostro! UNA STUPIDA EGOISTA!
Ron
continuava a scuotere la testa. Era esattamente da Hermione pensare quelle
cose.
Era da
Hermione sentirsi in colpa per qualcosa che non aveva potuto evitare.
Capiva bene
il suo smarrimento, il suo sentirsi persa.
Il suo
sentirsi crollare il mondo addosso.
Il suo
trattenersi sempre.
Il suo
esplodere.
Ron si
avvicinò, provando a cingerla con le proprie braccia.
- Hermione,
va tutto bene…
Ma lei
continuavaa dimenarsi, a scansarlo, a
coprirsi il volto con le mani.
Ron
insistette, afferrandole le spalle, mentre Hermione si divincolava.
- Fermati,
Hermione - la pregò lui - Va tutto bene, tutto bene…
E alla fine
lei cedette.
Con un
ultimo, stanco sospiro, si lasciò avvolgere dalla braccia di Ron; si aggrappò
alla sua maglia e senza che nessuno dei due potesse rendersene conto, si lasciò
andare ad un pianto liberatorio.
Ron le baciò
la testa, mentre lei continuava a singhiozzare contro il suo petto.
Le accarezzò
la schiena, stupendosi di come quel gesto non fosse minimamente imbarazzante.
C’era solo
lei, esile e leggera,tra le sue
braccia.
Lei e la sua
sofferenza.
- Piangi,
piccola… tira fuori tutto… - le bisbigliò, mentre fiumi di lacrime gli
bagnavano la maglia.
- Oh, Ron… -
singhiozzò lei. Ron strinse gli occhi, quando percepì la sofferenza celata in
quel sussurro - Non sono riuscita ad entrare… - disse lei, calmandosi - Non
sono riuscita ad entrare! Dopo quello che… loro… hanno fatto… dopo che… sono…
morti… per salvarci… io non sono riuscita… ad… andarli… a salutare… per l’ultima…
volta…
Ron la
strinse ancora più forte, mentre la testa continuava a pulsargli; il dolore
sembrava quasi oscurarlo.
“Non sono
riuscita ad entrare”.
Sapeva a
cosa si stava riferendo.
La Sala
Grande.
Lui era
entrato, invece, insieme alla sua famiglia. Erano entrati insieme, stretti e
sofferenti intorno a Fred.
Uniti,
sempre.
Sebbene
fossero passate solo poche ore, Ron aveva dei ricordi sfocati…
Le urla di
sua madre…
Lo sguardo
perso di Percy…
Gli occhi
lucidi di Bill…
La
sensazione che il mondo continuasse a ruotare velocemente, senza dargli la
possibilità di vedere davvero cosa stesse accadendo attorno a lui.
Aveva
trovato una tregua soltanto uscendo da quella stanza, allontanandosi da quelle
persone, da quei ricordi che non sarebbero più tornati.
Il mondo si
era fermato, aveva smesso di vorticare soltanto quando lei lo aveva stretto tra
le braccia, lasciando che Ron desse sfogò a tutta la sua sofferenza, a tutto il
suo dolore.
Hermione lo
aveva abbracciato e accarezzato, finchè lui non si era addormentato, troppo
stanco e stremato per continuare a soffrire.
Non disse
nulla Ron.
Continuò ad
accarezzare la schiena, sentendo il respiro di lei rallentare, fino a tornare
ad un ritmo normale.
Rimasero
abbracciati, stretti l’uno all’altra.
- Ti senti
meglio? - disse ad un certo punto Ron, dolcemente.
Hermione si
staccò dal suo petto e lo guardò in viso, gli occhi lucidi e arrossati.
Ma di nuovo
vivi.
Lei annuì,
accarezzandogli il petto - Ti ho bagnato la maglia - fece, strofinandosi gli
occhi con il dorso di una mano.
- Questo sì
che è un problema.
Lei gli
sorrise, ma durò ben poco - Non dovresti essere tu a consolare me…
Ron scosse
la testa, sospirando - E’ da una vita che tu lo fai con me. E’ il mio turno
ora, non credi?
Hermione si
lasciò andare ad un lungo respiro; gli sfiorò la guancia ispida con una mano
tremante, come se avesse paura di toccarlo.
Una folata
di vento accompagnò quel gesto, ed Hermione si ritrasse, imbarazzata.
- Un giorno
dimenticheremo tutto questo, Hermione… - disse Ron, piano.
Lei alzò il
viso in uno scatto repentino per guardarlo negli occhi - Ma è giusto
dimenticare, Ron? - non era una semplice domanda. Era una richiesta d’aiuto.
Era il senso
di colpa dell’essere ancora in vita, quando altri non lo erano più.
Era il senso
di colpa del festeggiare la vittoria, quando altri non potevano più farlo.
Era il senso
di colpa generato dalla speranza di essere, un giorno, di nuovo felici.
Ron la guardò:
passò il suo sguardo sul suo viso pallido, sugli occhi scuri, sul naso piccolo,
sul taglio sul mento, sulla cicatrice sul collo…
Un’altra
fitta gli punse il cuore.
-
Dimenticheremo solo le cose più dolorose… - sussurrò e con un gesto lento, portò
una mano sul suo collo, all’altezza della cicatrice.
Ma non
appena il suo dito stava per sfiorarla, Hermione si ritrasse con un sussulto,
scottata.
Fu un gesto
istintivo. Non appena si rese conto di aver avuto quella reazione, Hermione lo
guardò afflitta, mentre gli occhi le si riempivano di nuovo di lacrime.
- Ron… Oh,
Ron, mi dispiace… mi dispiace… - balbettò, agitata.
Lui l’afferrò
per le braccia, di nuovo - Non è successo niente, va tutto bene. Tutto bene -
la rassicurò.
Hermione
annuì, sollevata del fatto che non se la fosse presa.
Il suo era
stato un gesto istintivo, una reazione spontanea. Malgrado non lo desse a
vedere, il ricordo del Malfoy Manor continuava inesorabilmente a terrorizzarla.
- Va tutto
bene, Hermione… - ripeté di nuovo Ron. Cautamente, le si avvicinò di un passo.
Imperterrito,
fece lo stesso gesto di poco prima, ma stavolta Hermione non si ritrasse.
Ron la guardò
negli occhi, mentre delicatamente le accarezzava la piccola cicatrice lasciata
dal coltello di Bellatrix. Non smisero di guardarsi, finchè Ron decise di
sostituire la mano con la sua bocca.
Hermione
trattenne il respiro quando percepì le labbra di lui sfiorarle la ferita.
Chiuse gli
occhi, stringendogli il braccio, quando le sentì risalire lungo il collo,
percorrere la mandibola, accarezzarle la guancia e fermarsi a pochi centimetri
dalle sue labbra.
Sentì il
respiro di Ron sulla sua bocca.
- Mi sembra…
che sia passato un secondo da ieri - disse lui, riferendosi ad un momento
preciso della sera prima; un momento che non riguardava la guerra, la
sofferenza, la morte.
Hermione
ingoiò il vuoto, sentendo il battito del suo cuore già accelerato, aumentare
sempre di più.
- Hai… hai
paura di esserti dimenticato come si fa? - chiese lei, quasi confusa da tale
vicinanza.
Malgrado
tutto, Ron sorrise - Dimenticato? Ho immaginato di farlo così tante volte che…
ti ho baciato almeno cento volte - ammise, arrossendo.
Lei si morse
le labbra, trattenendo un sorriso - Che… aspetti a farlo la centunesima,
allora?
Non se lo
fece ripetere di nuovo.
Ma in questo
gesto, Ron mise tutta la timidezza che fino a quel momento non aveva
dimostrato.
La baciò,
lentamente, dolcemente.
Lasciò che
le labbra di Hermione si adattassero alle sue.
Con
lentezza, studiò le bocca di lei, saggiandone finalmente il sapore, la
morbidezza.
- Questo è
il mio tutto, Hermione - disse Ron, ancora sulla sua bocca - Questo è il “tutto”
a cui voglio aggrapparmi…
Hermione
strinse la mano che teneva in mezzo ai capelli di lui, per avvicinarlo ancora
di più a sé, per sentirlo vicino come avrebbe voluto nell’ultimo periodo… per
sentire che c’era, davvero.
Il sole era
ormai sorto, e si accingeva ad illuminare quello che rimaneva di Hogwarts. Ron
poteva constatare che, anche nella distruzione, il castello riusciva ad emanare
un’imponenza e una regalità impareggiabile.
Prese
Hermione per mano e la aiutò a superare un mucchio di pietre, ciò che rimaneva
di una parete crollata.
Ron buttò un
ultimo sguardo a quella distesa di materie e solo in quel momento, gli
balzarono agli occhi dei particolari che prima non aveva notato. Infilati tra i
massi e pietre c’erano incastrate pergamene, pezzi di legno, travi e ancora
pergamene. Pezzi di cuoio.
- Aspetta,
Hermione… - Ron si accucciò a terra e spostando dei detriti, tirò fuori quella
che sembrava la copertina di un libro. Guardandola sorpreso e afflitto, scavò
in un punto vicino, da cui emersero delle pergamene stampate, in parte
strappate ma leggibili… ancora una copertina…
- Hermione,
questa è…
- La
biblioteca, sì - completò lei, stringendosi le braccia al petto - Era la
biblioteca.
Ron la guardò.
Non era un
caso che l’avesse portato proprio lì. Nel luogo più caro che aveva ad Hogwarts.
E ora non c’era
più nemmeno quello.
Hermione lo
guardò, sorridendogli incoraggiante, quasi a voler fargli capire che sì, stava
bene.
Ron annuì,
facendo per rialzarsi, ma di nuovo, qualcosa attirò il suo sguardo.
- Aspetta…
guarda!
Da un
piccolo cumulo di macerie, fuoriusciva quello che sembrava il bordo di un
libro. Ron lo sfilò lentamente e sebbene la copertina fosse un po’ graffiata e
le pagine spiegazzate. Era integro.
Hermione
arrancò sui sassi e macerie e gli fu accanto.
- “ Rivolta
degli elfi, volume otto” - lesse - E’ rimasto intero! - disse entusiasta,
guardandosi attorno - Forse ce ne sono altri… forse si può rimediare.
Ron annuì,
sorridendo nel vederla sorridere - Sì. Si può ricostruire. E questo - disse
sollevando il pesante volume - sarà il primo della nuova biblioteca. Ora però…
devi andare a riposarti. Non ho nessuna intenzione di portarti in braccio, se
crollassi lungo la strada, per cui vedi di sbrigarti - le disse, tendendole la
mano.
Hermione
sorrise, incrociando le dita con quelle di lui, senza stupirsi della mancanza
di cavalleria nascosta in quelle parole.
Lo guardò,
mentre arruffato e stanco, la guidava verso il castello, stringendo il libro
che aveva recuperato per lei.
Finché quell’immagine
fosse stata viva nella sua mente, avrebbe potuto affrontare il futuro con una
forza in più.
Ron chiuse
il libro, sfiorandone ancora una volta la copertina, e lo rimise al suo posto.
Fece qualche
passo indietro, per osservarla meglio.
La grande
libreria si estendeva lungo tutta la parete della stanza, in uno sfavillio di
colori, di parole, di storie.
Storie di
elfi, di folletti, di maghi… storie di persone che, come loro avevano dovuto
ricominciare.
Storie di
uomini e donne che pietra dopo pietra, avevano ricostruito la strada che li
avrebbe condotti al futuro.
Ma anche
storie che dovevano ancora essere raccontate, provate, vissute.
Ron sospirò,
al pensiero delle cose che erano cambiate negli ultimi mesi.
Hogwarts era
stata ricostruita.
La sua
famiglia si stava riprendendo, tornando ad essere più forte e unita di prima.
Fred,
nonostante tutto, continuava ad essere presente nei loro pensieri, nelle loro
parole, nel loro cuore.
Con un’ultima
occhiata alla libreria, Ron decise di raggiungere Hermione in cucina.
D’altra
parte, c’era ancora una storia da scrivere.
E lo
avrebbero fatto insieme.
Sono
pronta.
Sono
pronta a ricevere critiche.
So
che la reazione che ho fatto avere ad Hermione possa essere un tantino
destabilizzante.
Non voglio giustificarmi, ma secondo me tutto ha
un limite.
Anche la forza, la tenacia e la grinta di
Hermione.
Sono i più forti, a mio avviso, che quando
giungono al livello massimo di sopportazione… BOOM! Esplodono.
E’ più o meno questo lo stato d’animo a cui
pensavo.
Hermione non è di plastica, ho sempre pensato
che prima o poi sarebbe arrivata ad un punto di non ritorno. E dopo tutto
quello che ha passato durante l’anno di ricerca degli Horcrux, non credo ci sia
momento migliore della fine di tutto per liberare le emozioni represse.
Come ho detto all’inizio, so che questa “visione”
non sarà condivisa da tutti.
Ma ormai è fatta!
Ho scritto questa storia su suggerimento di Emma
(che io ormai mi arrogo il diritto di chiamare semplicemente “Emma”, ma alcuni
di voi forse conoscono meglio come Emmahp7), che ringrazio perché ultimamente le sue
idee sono per me una grande fonte di ispirazione.
Ultima cosa (poi la smetto con il discorsetto
logorroico, promesso)… non posso fare a meno di comunicarvi la mia totale
sorpresa per il “successo” dello scorso capitolo.
Le vostre recensioni mi fanno sempre sentire
orgogliosa, ma quelle dello scorso capitolo mi hanno fatto davvero emozionare.
Questa storia ha partecipato al contest “Perché Wesley è il nostro re
Questa storia ha partecipato
al contest “Perché Weasley è il nostro re!” indetto da Pallina sul
forum di EFP.
Ringrazio la giudice per la
simpaticissima idea che ha avuto (personalmente ADORO Ron) e per il giudizio
che ha dato alla storia, che troverete alla fine.
Il minimo che io possa fare
per ringraziarla è dedicarle questo capitolo!
Il contest consisteva nel
creare una storia in cui Ron fosse il protagonista, insieme ad un altro
personaggio collegato alla scelta di un numero.
La sorte ha voluto che il
personaggio nascosto nel numero che ho scelto io fosse Victor Krum.
Autore: TittiGranger
Titolo: The King
Personaggi principali: Ron Weasley, Victor Krum.
Genere: Commedia, Romantico.
Rating: Verde.
Avvertimenti: _
Introduzione: Si tratta di una sorta di excursus dei pensieri di Ron durante
gli anni in relazione alla figura di Krum.
Numero e prompt scelti: Mani, piedi, collera, gelosia, insensibilità.
Note dell'autore (non obbligatoria): Che dire? Mi sono divertita a scrivere
questa storia. Mi auguro che proverai la stessa cosa nel leggerla! Baci!
The King
Ron emise un sospiro scocciato, mentre con espressione scocciata,
ticchettava la piuma sul tavolo, con fare scocciato.
Guardò, sconsolato, il tavolo pieno di pergamene: alcune piegate, altre
ordinatamente impilate, certe accartocciate.
Per l’ennesima volta negli ultimi sessanta minuti, pensò di lasciar
perdere.
Lui era un Auror, miseriaccia! Un Auror!
Non erano adatti a lui quei lavori di bassa manovalanza!
Si passò una mano trai capelli, al limite della disperazione. Vagò con lo
sguardo nella cucina, cercando qualsiasi cosa potesse distrarlo, una qualsiasi
scusa che gli permettesse di porre fine a quella tortura fisica e psicologica.
Niente, niente di niente.
La Tana, che di solito era sempre allo stato massimo di caos, quel giorno
emanava un’aurea di pace e di… perfezione.
Non c’era nulla da mettere a posto.
Nulla da cucinare.
Nulla da riparare…
Ron afferrò una mela dal portafrutta, semisommerso anch’esso dalle
pergamene, dandogli un morso.
Il fatto che in casa non ci fosse niente da fare e che non ci fosse
nessuno, non significava certo che non ci fosse altro da fare.
Magari, poteva andare a Diagon Alley a salutare George.
O magari, a Grimmauld Place a fare quattro chiacchiere con Harry!
Ce n’erano tante di cose da fare, fuori.
Rinvigorito da un nuovo entusiasmo, si alzò dalla sedia e con grande agilità,
lanciò il torsolo della mela nella pattumiera. Guardò per l’ultima volta il
cumulo di pergamene sul tavolo e si convinse definitivamente che tagliare la
corda fosse la cosa migliore.
Si sporse leggermente per prendere la bacchetta e un pensiero gli balenò
nella mente, bloccandolo.
Il pensiero di lei.
Il pensiero di lei quando lui le avrebbe detto che non era riuscito a farle
uno dei pochi favori che lei gli avesse mai chiesto.
Cosa le avrebbe detto, vedendola tornare stravolta dal Ministero?
Come si sarebbe potuto giustificare?
Magari non ci sarebbe neanche stato bisogno di giustificarsi. Conosceva
Hermione da più di dieci anni ormai e sapeva che con lei, certe spiegazioni non
servono.
Lo avrebbe guardando, avrebbe sospirato, si sarebbe seduta e avrebbe detto “Lo
faccio io”, senza degnarlo neanche di uno sguardo.
Ron sospirò, crollando nuovamente sulla sedia di legno.
Come se stesse firmando la sua condanna a morte, Ron riprese la piuma in
mano e la intinse nell’inchiostro, pulendo la punta su un panno che Hermione
gli aveva raccomandato di usare “onde evitare antiestetiche sbafature“.
A Ron, in realtà, non importava nulla che le sbafature fossero
antiestetiche. D’altra parte l’inchiostro era liquido proprio per sbafare. Ma
fece comunque come gli aveva ordinato Hermione.
In quel groviglio di carte, ripescò il foglio su cui l’ordinata calligrafia
di Hermione aveva scritto una serie di nomi.
Scorse l’elenco, cercando il punto a cui era arrivato.
Victor
Krum
Rilesse il nome una seconda volta.
E poi una terza.
Mentre una vena iniziava pericolosamente a pulsargli, si impose di
calmarsi.
Che ci faceva Victor Krum su quella lista?
Cosa?
Magari ci era finito per sbaglio.
Magari non era quel Victor Krum.
Magari Hermione ne conosceva due, e quello in questione non era altri che
un suo vecchio compagno delle scuole Babbane.
Magari brutto.
Magari sfigato.
Magari anche microdotato.
Ron ticchettò con la piuma sul tavolo, tentando di farsi convince dalla sua
stessa, assurda, improbabile teoria.
Sospirò, quando ammise a sé stesso che di Victor Krum ce n’era solo uno.
E lui lo conosceva bene…
- Non posso credere che si sia fatta fregare così,
Harry - brontolò Ron, seduto a braccia conserte nella Sala Grande addobbata a
festa, guardando con astio tutti gli studenti che, allegri e spensierati, si
godevano la serata - Eppure ha un’intelligenza superiore alla media. Che
spreco.
Harry sospirò, allargandosi con un dito il colletto
del suo abito da cerimonia. Scosse le spalle, badando poco alle lamentele dell’amico,
troppo impegnato, anche lui, a tener d’occhio un’altra coppia - A me sembra che
si stia divertendo.
Ron si voltò verso l’amico, in uno svolazzo di pizzi,
e lo guardò come se avesse appena rivelato di aver commesso un quadruplo
omicidio - Sveglia, Harry! E’ tutto parte del suo piano! La sta facendo
divertire, per poi estorcerle informazioni su di te! - spiegò - E mi stupisce
che Hermione non se ne renda conto.
Harry stavolta seguì lo sguardo di Ron.
A pochi metri da loro, Krum aveva portato Hermione a
ballare.
Lei sembrava a suo agio, rilassata.
Ron non ricordava di averla mai vista così.
Così luminosa, così elegante, così… donna.
Krum la faceva volteggiare con delicatezza,
sfiorandole la schiena con le mani…
Ron in quel momento si disse che, se quelle mani avessero
superato la linea di confine, lui sarebbe stato legittimato a rompergli quel
faccione squadrato.
- Guarda che piedoni. Sembrano due barche in confronto
a quelli di Hermione - sentenziò Ron - Non trovi?
- Ehm… sì.
- Lo dico solo perché se le pestasse i piedi con
quei transatlantici, potrebbe farle male - continuò concitato Ron, sbracandosi
un po’ di più sulla sedia.
- Certo, sì.
Ma non successe.
Non le pestò i piedi, non superò il confine.
Krum sembrava un perfetto gentleman: nonostante le
occhiate, le risatine, i cenni delle altre ragazze presenti alla festa, lui
sembrava avere occhi solo per Hermione.
La osservava estasiato, la sfiorava con dolcezza, la
seguiva con…devozione, quasi.
Tra sé e sé, Ron si ritrovò ad ammettere che se lui
fosse stato al posto di Krum, avrebbe fatto la stessa identica cosa.
Ron scoccò la lingua a quel ricordo. Lo considerava come uno degli episodi
più imbarazzanti della sua vita.
La prima volta che aveva avuto una seria e determinante batosta.
Perché se il vedere Hermione tra le braccia di Krum gli aveva fatto aprire
gli occhi, il sapere di essere in svantaggio rispetto al bulgaro lo faceva
inspiegabilmente, insopportabilmente, inesorabilmente soffrire.
Uno a zero per Krum.
- Chi ti scrive quel papiro? - chiese Ron con fare
innocente, infilandosi in bocca un paio di Caramelle Tuttigusti+ uno.
- Un amico - fu la risposta di Hermione, presa dalla
lettura nella poltrona accanto alla sua.
Ron annuì, fingendosi indifferente. Scosse la scatola
di caramelle, pescandoci dentro.
Cercando di non farsi accorgere, gettò un’occhiata ad
Hermione che, a gambe incrociate sulla poltrona poco distante dalla sua,
sembrava assorta nella lettura di una pergamena che una civetta rossiccia le
aveva portato poco prima.
- Un amico senza nome? - buttò lì Ron, sentendosi
arrossire.
Hermione stavolta alzò la testa per guardarlo - No,
Ron. Ce l’ha un nome - disse.
- Ed è un nome segreto? O si può dire? - insistette
lui.
In realtà sapeva benissimo di chi fosse quella
lettera.
Purtroppo, lo sapeva.
Ma se c’era occasione per prendersi gioco di lui,
perché non sfruttarla?
- Non ti è mai passato per la testa che io non voglia
dirtelo, Ron? - disse lei, con sorriso di sfida - Non ti ha mai sfiorato questa
eventualità?
Ron batté le palpebre un paio di volte, guardandosi
attorno in cerca di ispirazione.
Ma in quel momento, la desolazione della Sala Comune
di Grifondoro non fu di grande aiuto.
- Pensavo che non ci fossero segreti tra di noi -
disse lui, compiacendosi di sé stesso. Sapeva che fare la vittima era l’unico
modo per far capitolare Hermione. O almeno farle abbassare la guardia. Per
rincarare la dose, cercò anche di assumere un’espressione sufficientemente
ferita.
Hermione lo guardò. Ron la conosceva abbastanza bene
da sapere che stava valutando i rischi della cosa - Infatti, non ci sono
segreti.
- Beh, ma allora puoi dirmi chi ti scrive… - fece lui,
scuotendo le spalle - Voglio dire… che problema c’è?
Hermione si morse le labbra e corrugò la fronte - E’
Victor. Victor Krum.
Ron ingoiò il vuoto. Con non si sa quale forza di
volontà, riuscì ad annuire, sembrando anche vagamente tranquillo.
L’unico particolare che forse poteva fregarlo era il
rossore del collo, ma probabilmente Hermione non ci avrebbe neanche fatto caso.
Hermione lo fissò per un altro paio di secondi,
sospettosa. Dopodiché, senza aggiungere altro, tornò alla lettura.
Per un paio di minuti, l’unico rumore fu quello delle
caramelle nel cartone, nonché quello dei pensieri di Ron nella sua testa. Ma
grazie al cielo, quelli poteva sentirli solo lui.
- E quindi… Krum ha imparato a scrivere, eh?
Ci aveva provato.
Aveva tentato di trattenersi, ma era stato più forte
di lui.
Per lo meno, riuscì a tirare indietro una risatina
sadica.
Dal canto suo, Hermione alzò gli occhi al cielo,
lasciandosi sfuggire un rassegnato “Lo sapevo”.
Senza degnarlo di uno sguardo, arrotolò malamente la
pergamena e fece per alzarsi.
- Che c’è? - disse Ron, sfoggiando la sua miglior
faccia tosta - Non ho detto niente di male! - aggiunse, fingendosi sorpreso -
Voglio dire, da una persona che non sa pronunciare il tuo nome correttamente,
non ti aspetti certo che sappia… scrivere!
Se avesse potuto, avrebbe esultato.
Si congratulò con se stesso perché quella frase era
davvero, davvero d’effetto… e poi non era certo facile battere Hermione a
parole, lei che aveva sempre la risposta pronta.
Doveva cercare di memorizzarla, così poi l’avrebbe
raccontato ad Harry.
Sì, sì… Ron lo sapeva. Sapeva che in quei momenti
dimostrava di essere “l’insensibilità fatta persona” che da sempre lo
accusavano, Hermione in primis, di essere. Ma Ron non poteva farne a meno.
Hermione raccolse le sue cose, ancora stizzita.
Per un attimo, Ron pensò di aver vinto.
Di aver avuto l’ultima parola in un a discussione con
Hermione.
- Eppure, Ronald, a me sembrava che sapesse scrivere,
quando tu, alla fine dello scorso anno, gli hai chiesto di firmarti l’autografo.
Anzi, perché non vai a controllare? Lo tieni nel comodino, no? - disse,
risalendo le scale del dormitorio.
Non era facile battere Hermione a parole.
Ecco, appunto.
E va bene.
Anche in quel caso Krum l’aveva spuntata, ma solo perché si era trattato di
una sorta di autogoal.
Solo per quello.
Dopotutto gliela aveva messa su un piatto d’argento.
Ad ogni modo…
Due a zero per Krum.
- E’ infantile questo
comportamento, Ron.
Ron si tirò su a sedere, sfoggiando un’espressione
tradita. Erano nel Parco di Hogwarts a godersi un pomeriggio di raro sole
autunnale.
- Lei ha baciato Krum, Harry - disse il rosso, quasi a
voler sottolineare il concetto, la gravità della situazione.
- E con questo? - fece Harry, alzandosi a sua volta
per guardare in faccia l’amico.
Ron aprì e chiuse la bocca, senza dire nulla. Per la
prima volta, Harry sembrava non capirlo.
Sapeva che anche Hermione era la sua migliore amica,
ma… caspita! Possibile che Harry
non capisse? Possibile che non si rendesse conto del problema di Ron?
- Se lei può farlo, ne ho diritto anche io! - borbottò
lui, convinto.
Nel momento in cui quelle parole uscirono dalla sua
bocca, persino lui si rese conto di quanto suonassero infantili e stupide.
- Certo - disse Harry, mentre sul suo volto si
abbassava una maschera di delusione. Tornò a sdraiarsi sul prato - Ma tu lo
stai facendo per farle male, come il pensiero che Krum abbia baciato lei fa
male a te, Ron.
Ron arrossì, fino alla punta dei piedi - No! A me non
interessa affatto che lei… che loro… a me non importa proprio un bel niente! -
disse, gesticolando come un forsennato.
- Certo, amico. Come no…
Quel pensiero lo aveva perseguitato per anni.
Per anni si era sentito un mostro, perché lui stesso sapeva che, dopotutto,
quello che Harry aveva detto era vero, in parte.
Mettersi con Lavanda, era stata una ripicca. E per questo si sentiva un
verme.
Aveva ingenuamente pensato che facendola ingelosire, facendole provare la
stessa gelosia che provava lui ogni volta che la guardava, lo avrebbe
fatto sentire meglio.
Invece non era stato così; aveva fatto male i calcoli.
Perché non aveva messo in conto il suo sguardo deluso, ogni volta che
riusciva ad incontrare i suoi occhi, la sua espressione imbarazzata, tutte le
volte che era costretta a rivolgergli la parola.
Niente di tutto questo era stato calcolato.
Perché nonostante tutto, ogni volta che la guardava, Ron non poteva fare a
meno di ammettere che anche in quel caso Krum aveva vinto.
Aveva vinto e se lo era anche meritato.
Victor Krum era stato tutto ciò che Ron, in cinque anni che conosceva Hermione,
non aveva saputo essere. Era stato tutto ciò che Hermione meritava di avere da
un ragazzo e per questo, Krum era stato premiato.
Lui l’aveva baciata.
Ron no.
Tre a zero per Krum.
Ron si passò una mano tra i capelli, la penna ancora sospesa a mezz’aria,
cercando di trovare la forza di scrivere quel nome su quella dannatissima
busta, mentre un’altra ondata di ricordi lo travolgeva…
- Ron… devo… andare… la… Passaporta… Ron… - mugugnò
Hermione sulle labbra di Ron, mentre lui la costringeva giù, facendole
pressione sulla nuca. Lei ridacchiò, cedendo finalmente al bacio.
- Ma sei appena arrivata! - si lamentò lui,
lasciandola libera.
Hermione gli lanciò un’occhiata confusa, cercando la
borsa che conteneva la Passaporta - Ron siamo chiusi qui dentro da due ore! I
tuoi potrebbero anche pensare male.
Ron si stiracchiò, mentre i giocatori di Quiddicht dei
poster attaccati sulla parete di fronte si sbracciavano in gesti di vittoria.
Ron sorrise.
In realtà avevano passato tutto il tempo a parlare.
Lei gli aveva raccontato i vari aneddoti dell’ultimo anno ad Hogwarts, dei
Professori, deinuovi studenti… e lui di
come era stato lavorare con George, delle persone che ormai erano diventati
clienti fissi del negozio e del corso per Auror appena iniziato.
E poi si erano baciati. Baciati e baciati ancora.
Ron si era accorto che, da quando una settimana prima
lei era tornata da Hogwarts, lui non riusciva a non baciarla, di tanto in
tanto.
Non riusciva a guardarla senza baciarla. Non poteva
vedere le labbra di lei muoversi senza farlo.
“Ma non sei stato il primo ad accarezzare quella bocca, Ron”.
Poi c’era lei, la vocetta malefica che ogni tanto si
insinuava nei suoi pensieri, facendogli stringere lo stomaco.
E la cosa più dolorosa era quella: la voce aveva
ragione.
La rabbia, la collera, il nervoso che quel
ricordo causava in lui non erano sufficienti a farla sparire.
Per quanto la baciasse, non era stato lui a regalarle
l’emozione del primo bacio.
Era stato Krum.
Di nuovo lui, sempre lui.
Quattro a zero, cinque a zero… sei, sette… a zero per
Krum.
Ron prese un ultimo respiro.
Inutile stare a rimuginarci sopra.
Di errori ne aveva fatti, certo. Ma il futuro serve a riparare agli errori
del passato, no?
E Ron non vedeva l’ora di toccarlo questo futuro.
Di viverlo.
Con lei, per lei, in lei.
Non vedeva l’ora di viverlo, perché sapeva che, nonostante tutto, non lo
avrebbe fatto da solo.
Con decisione, intinse la piuma nel calamaio e si decise, finalmente, a
scrivere quel nome sulla pergamena, gettando un’occhiata al contenuto del
messaggio.
Ronald Bilius Weasley ed Hermione Jane Granger
sono lieti di invitarLa al loro matrimonio…
Che si terrà il giorno… alle ore…
Finì di scrivere e… sorrise.
Vittoria per Weasley.
Weasley, the King.
Dunque, dunque… mi rendo conto che questa storia
abbia toni decisamente più rilassati rispetto ai capitoli precedenti.
Ma ogni tanto ci vuole… così non potete di certo
accusarmi di essere una totale melodrammatica! Mi auguro comunque, che vi sia
piaciuto ugualmente J
Colgo l’occasione per scusarmi di una svista nel
capitolo precedente.
Ricorderete che il missing moment scorso parte
dal ritrovamento di un libro, “La rivolta degli elfi, volume otto”.
Ecco, mi è stato fatto giustamente notare che
dopotutto è alquanto improbabile che gli elfi, data la devozione che
continuamente dimostrano verso i loro padroni, possano essersi ribellati agli
umani. Avete perfettamente ragione! Mea culpa!
E’ stato un particolare su cui proprio non avevo
riflettuto!
Questo però dimostra che ho dei lettori molto
attenti… e la cosa mi piace da pazzi! ;-)
Per il prossimo capitolo… non so quando arriverà.
Per il momento non ho un’idea precisa, ma di
solito mi vengono d’improvviso, per cui questa momentanea mancanza di idee non
mi preoccupa poi molto!
Certo se volete accelerare il processo e se
avete qualche idea da suggerire… sono qui!
Un abbraccio!
Titti
PRIMA CLASSIFICATA:“The King” di
TittiGranger
Grammatica e sintassi: 9,2/10
Stile: 10/10
Originalità: 10/10
Caratterizzazione Ron: 10/10
Caratterizzazione Altro Personaggio: 10/10
Gradimento personale: 10/10
Utilizzo Prompt: 10/10
TOT: 69,2/70
Parto con il dirti che ho letteralmente adorato questa tua OneShot.
I punti che ti sono stati tolti nella grammatica derivano da dei piccoli
errori, infatti ad Hermione si scrive a Hermione, risulta essere
meno pensante nella lettura e più piacevole e se stesso si scrive senza
accento. In verità questi non sono dei veri e propri errori perché la
grammatica italiana non li condanna del tutto.
Ad un certo punto della storia scrivi “Aveva tentato di mantenersi,
ma era stato più forte di lui.”, penso che la parola trattenersi ci
sarebbe stata meglio.
Per quanto riguarda lo stile, questa storia è perfetta, il tuo stile è fluido,
armonioso e studiato, l’ho apprezzato molto.
È incredibile come tu riesci a rendere Ron così Ron poichè in ogni frase, in
ogni parola è lui, proprio lui e trovo stupefacente che tu riesca così
semplicemente in questa impresa.
Detto questo torno a dirti che la tua storia è bellissima, fantastica e va
assolutamente letta. Complimenti!
Ron tirò su con il naso,
lasciando che l’aria salmastra si insinuasse tra i suoi capelli spettinati, che
gli pizzicasse le guance ispide, che lo colpisse. Che gli facesse male.
Intorno a lui, si estendeva un
mondo grigio e angosciante.
Il cielo era grigio,
abbandonato ormai dai gabbiani che avevano preferito terre più calde.
Il mare era grigio,
abbandonato dalle barche che fino a mesi prima galleggiavano attive sulla sua
superficie.
La sabbia era grigia,
abbandonata dai raggi del sole.
Lui stesso era grigio,
abbandonato… da lei.
“Ma non è lei ad averti
lasciato”.
Rabbrividì a quel pensiero.
Strinse le mani screpolate sul bordo dei gradini di Villa Conchiglia, mentre un
senso di frustrazione mista a panico percorreva il suo corpo, scuotendolo dall’interno.
Quella forza sconosciuta
riusciva a bloccargli i muscoli, a bloccargli il respiro…
Come aveva fatto a trovarsi in
quella situazione?
Come aveva potuto lasciare che
accadesse?
Come aveva potuto?
Strinse gli occhi, sperando che il lieve fruscio del
vento riuscisse a compensare il rumore infernale dei suoi pensieri. Il rumore
del senso di colpa.
- Posso?
Riaprì gli occhi, lasciando che il respiro si
regolarizzasse, mentre il senso di panico arretrava, nascondendosi in un angolo
buio della sua mente, pronto a colpire di nuovo, non appena ce ne fosse stata l’occasione.
Non appena fosse stato di nuovo vulnerabile.
- Certo - disse, spostandosi un po’.
Bill annuì, scendendo un paio di gradini e sedendosi
al suo fianco. Indossava un giaccone verde e teneva in mano due tazze da cui
fuoriusciva del fumo. Ne passò una a Ron, che non parlò. Si limitò solo a
scuotere la testa in un gesto di ringraziamento.
- Che spettacolo, eh? - fece Bill, indicando il mare -
Fa quasi paura.
Ron sospirò, ammirando la distesa d’acqua grigia che
si estendeva di fronte a loro.
Immensa, indomabile, potente.
- Già.
Inspirò, lasciando che l’aria fredda e salata gli
riempisse il naso, facendogli mozzare il fiato per un attimo.
Si portò la tazza di thè vicino alla bocca, prendendone
un sorso.
Per poco la tazza non gli scivolò dalle mani quando l’armo
del liquido caldo non gli pervase le narici.
Vaniglia. Era thè alla vaniglia. *
Un bruciore lancinante agli occhi lo costrinse a
chiuderli.
- Ron… - iniziò Bill, con lo sguardo rivolto verso la
distesa d’acqua - Siamo preoccupati per te - si voltò a guardarlo - Lo sai che
questa è casa tua e puoi restare quanto vuoi senza dare spiegazioni ma… - prese
fiato, scuotendo la testa e lasciando muovere la piccola coda scarlatta che sua
madre, per anni, aveva tentato di eliminare - Fleur è preoccupata. Mi ha detto
più volte di parlarti… ma io volevo darti più tempo, volevo lasciarti in pace.
Solo che sono giorni che vai avanti così Ron… non mangi, non parli… Per un momento
ho pensato di avvertire mamma e papà.
Con uno scatto repentino Ron si voltò a guardarlo,
facendo oscillare pericolosamente il liquido all’interno della tazza - Non
avrai…
- No, certo che no - lo tranquillizzò Bill - Ma,
davvero, Ron… se tu potessi… parlarne, farmi capire cosa è successo… io… dammi
la possibilità di aiutarti - disse, battendogli una mano sulla spalla, il volto
sfregiato segnato dalla preoccupazione.
- Bill, mi dispiace…
- Cosa è successo quella notte, Ron? - chiese Bill
,deciso.
Per un momento Ron rimase interdetto, spiazzato. Prima
che il suo cervello avesse la possibilità di macchinare una qualsiasi risposta,
Bill parlò di nuovo.
- Hai avuto una discussione con Harry e va bene - fece
Bill, fissandolo - Cos’altro, Ron? So che c’è dell’altro.
Ron scosse la testa, passandosi una mano sulla fronte,
mentre i ricordi di quella sera si facevano di nuovo vividi nella sua testa. Doveva
scacciarli.
- Capisco che questo ora ti faccia male - continuò
Bill - Ma tutti possono farsi prendere dall’istinto, Ron! Tu ed Harry siete
amici da una vita… tu sei come un fratello per lui. Avrete la possibilità di
sistemare tutto… E devi lottare per questo! Non puoi lasciare che il senso di
colpa ti riduca in questo stato! Capisco…
- No, tu non capisci, Bill! - lo interruppe Ron, la
voce strozzata e gli occhi chiusi - Io me ne sono andato e li ho abbandonati.
Io l’ho abbandonata.
Nel pronunciare l’ultima frase si era voltato a
guardare il fratello, scontrandosi con gli occhi azzurri di Bill, così simili
ai suoi, che si spalancarono per un momento quando comprese il significato
delle sue parole.
- Oh… lei.
- Sì. Lei.
Rimasero qualche secondo in silenzio, ognuno
concentrato sul contenuto della propria tazza.
- Tu… voi… avete discusso prima che…? - Bill non
completò la frase, ma il contenuto della sua domanda era ben chiaro.
Ron scosse le spalle, tirando su con il naso - Sì, più
o meno.
- Ti va di parlarne?
Ron fece un lungo respiro. Annuì, mentre una goccia d’acqua
si staccò dalla grondaia e precipitò sul corrimano di legno. Ron la vide
scendere, schizzare lungo la discesa, finchè…
…cadde.
Ma non se ne curò. Ne sentì un’altra, poi ancora… poi
altre dieci, cento, mille…
Le gocce di pioggia lo colpivano in volto, ma a lui
non interessava.
Lui doveva solo raggiungere il confine per
Smaterializzarsi.
La sua rabbia era troppo forte per potersi lasciare
intimorire dalla pioggia.
Il suo orgoglio era troppo infervorato per poter
essere placato dall’acqua.
- Ron, ti prego! Ron!
Ma lui non si voltò, continuò la sua marcia attraverso
pozze di fango e cespugli bagnati, senza degnarla di una parola.
- Ron! - all’improvviso, però, si sentì afferrare per
un braccio. Lei doveva aver fatto una corsa per potergli stare dietro.
Doveva essere stato così, perché quando si voltò a
guardarla aveva l’affanno; a malapena riusciva a parlare, tanto era lo sforzo e…
la paura.
Aveva i capelli zuppi, appiccicati al viso. La felpa
era fradicia e lo stesso i pantaloni.
Respirava forte, ostacolata ulteriormente dalla
pioggia battente che li circondava.
- Ti prego… Ron… - disse, affannata - Torna dentro.
Vedrai… che… sistemeremo tutto… - disse, scuotendo la testa mentre si scansava
i capelli dalla faccia - Ti prego…
“Sistemeremo tutto”.
Già… perché per l’ennesima volta, lui aveva combinato
l’ennesimo danno, vero?
Era lui l’idiota, era sempre sua la colpa.
Senza degnarla di una risposta le diede le spalle,
continuando a farsi strada tra pioggia e foglie.
- Ron!
La sentì arrancare dietro di lui.
- Torna dentro, Hermione.
Un fulmine squarciò il cielo, illuminando la radura.
Entrambi si arrestarono per un momento, ma durò ben
poco.
- Ron!
- Ti ho detto di tornare alla tenda, Hermione! E’
pericoloso, miseriaccia! - si voltò di scatto, lasciando che i capelli bagnati
gli schizzassero sulla fronte.
- Per favore, torniamo indietro… - disse lei,
singhiozzando - Ti supplico, Ron… per favore… Non puoi andartene… noi… dobbiamo
ancora cercare gli Horcrux che rimangono…
Ron irruppe in una risatina isterica - E io per questa…
“impresa”… sono indispensabile, vero? Mi sembra che fin’ora tu ed Harry ve la
siate cavata benissimo anche senza di me, o sbaglio?
- Non dire sciocchezze, Ron! - fece lei, mentre sul
viso bagnato da acqua e lacrime si dipingeva un’espressione decisa - Certo che
sei indispensabile! Devi smetterla con queste… stronzate!
- Perché per te io dico solo stronzate, no? - urlò
Ron, rabbioso - Tanto c’è Harry con cui fare le conversazioni serie! Perché voi
due siete sulla stessa lunghezza d’onda, no?
Lei scosse la testa - Come… come ti viene in
mente?- gridò di rimando lei, nello
sforzo di sovrastare il rumore dell’acqua - Che diavolo stai dicendo? Siamo i
suoi amici… abbiamo promesso…
- E ALLORA VAI! - le gridò - VAI! Torna da lui! Torna
da Harry! Ci sei tu ed Harry non poteva avere di meglio, no? - disse, mentre l’amaro
delle sue stesse parole gli faceva storcere la bocca. Di nuovo, la rabbia
dentro di lui continuò a vorticare… i pensieri giravano… l’orgoglio cresceva -
Non ha bisogno di me! - si voltò, riprendendo a camminare.
A malapena riusciva a vedere ad un palmo dal suo naso.
Tastò il giaccone alla ricerca della bacchetta - Lumos!
- Sono io che ne ho bisogno! Sono io ad aver bisogno
di te! - disse lei, gridando, afferrandolo di nuovo per un braccio - Ti prego -
fece, stavolta con tono più dolce, per quanto permettesse la pioggia - Non
chiedermi di scegliere tra te e lui.
“Perché sceglierei lui”.
Queste parole si formarono spontaneamente nella mente
di Ron.
Era l’unico pensiero che in quel momento la sua testa
riusciva a concepire.
Nient’altro contava in quel momento.
Né il fatto che lei lo avesse seguito sotto la
pioggia.
Né che lo stesse supplicando di restare.
Né che gli avesse detto di avere bisogno di lui.
Niente.
Non chiedermi di scegliere tra te e lui.
Certo.
Non poteva farlo, perché così avrebbe perso.
Si sarebbe dovuto limitare ad abbozzare, a fare finta
di niente, ad accettare che lei lo considerasse una seconda scelta.
“Scegli me”, avrebbe voluto dirle. “Scegli me”.
Scosse la testa, sconfitto, mentre la rabbia gli
faceva provare quasi un senso di vertigine.
No, non poteva chiederle di scegliere.
Non serviva.
Con uno strattone, si liberò in malo modo dalla presa
di lei e con pochi passi fu fuori dalla copertura che lei stessa aveva creato.
- Tu hai già scelto, Hermione - disse, abbastanza
forte perché lei le sentisse.
Non riuscì a capire cosa disse lei dopo, ma mentre
vorticava, percepì l’eco del suo stesso nome accompagnarlo… finché fu di nuovo
buio.
Tirò su con il naso, di nuovo.
Continuò a fissare il liquido ambrato del the, ormai
freddo, anche dopo aver finito di parlare.
Raccontare quell’episodio… renderlo concreto
attraverso le parole era stato terribile.
Riviverlo, di nuovo.
Rivederla, mentre lo implorava.
Risentirla mentre gridava il suo nome.
- Capisci, Bill? L’ho lasciata là… io non… - non riuscì
a terminare - Potrebbe succederle qualsiasi cosa.
- Non le succederà niente! - rispose pronto Bill,
volgendosi a guardarlo - Niente, Ron.
Lui scosse la testa. Posò la tazza su un gradino in
basso e si prese la testa tra le mani, mentre un senso di stordimento lo
annebbiava.
- Ho rovinato tutto - disse.
Sentì una mano di Bill stringergli una spalla -
Sistemerai ogni cosa.
Ron sbuffò, sollevandosi a guardarlo con gli occhi
brucianti e arrossati; un sorriso amareggiato stampato in viso - Credi davvero
che lei me lo permetterà?- scosse di
nuovo la testa, mentre lo stordimento lasciava spazio ad una rabbia inaudita -
Cazzo, Bill, quante volte dovrà perdonarmi? Quante?
- Ron…
- Anni fa non le ho parlato per mesi! Mesi, Bill
- disse Ron, passandosi una mano fra i capelli scomposti ed enumerando con le
dita - Solo perché credevo che il suo gatto avesse mangiato Crosta. Gliene ho
dette di tutti i colori su Krum, le ho detto che lui si mostrava interessato a
lei solo perché era amica di Harry… - man mano che andava avanti, il suo tono
di voce aumentava - Ho combinato un casino con Lavanda… per ripicca, per farle
provare la stessa cosa che avevo provato io… ed ora… - respirò forte, lo
sguardo ancora posato a terra - Le ho rinfacciato… che come al solito aveva
scelto Harry.
Per qualche secondo rimasero in silenzio. Ron ogni
tanto tirava su con il naso, perso nel desolante paesaggio che si estendeva di
fronte a lui; Bill era seduto al suo fianco, senza parlare, senza guardarlo.
Ron sentiva le lacrime bruciargli negli occhi,
incapaci di scendere.
Incapace di muoversi.
Un po’ come si sentiva lui in quel momento.
- Sai quale è stato il mio primo pensiero quando mi
sono risvegliato, dopo l’attacco di Greyback? - disse d’improvviso Bill,
ticchettando con le dita sulla tazza.
Ron scosse la testa, voltandosi per guardarlo.
- Ti sembrerà assurdo e probabilmente non ci crederai,
ma… - fece una pausa, mentre sul suo volto calava un’espressione addolorata -
Non mi interessava nulla di questo- disse, indicandosi con una mano il lato del
viso marchiato da strisce lucide - Non ho minimamente pensato al fatto che
sarei rimasto… sfregiato per tutta la vita! - continuò, lentamente - C’era solo
un pensiero che mi terrorizzava. “Ora lei non mi vorrà più. Lei non vorrà un
mostro come me al suo fianco”.
Ron corrugò la fronte, facendo per bloccarlo - Bill…
Ma Bill gli fece segno con la testa - Era questa la
mia paura più grande: il fatto che lei potesse non volermi più - lo disse con
una dolcezza tale che Ron si sentì quasi di troppo, quasi stesse violando un
pensiero troppo privato per poter essere ascoltato da chiunque - E io non
volevo costringerla a vivere una vita… con me. Con quello che ero diventato.
Quindi glielo dissi - sospirò - Le dissi che forse era meglio rinunciare al
matrimonio, che le cose erano cambiate, che forse sarebbe stata meglio se fosse
tornata in Francia - con grande stupore di Ron, all’improvviso Bill sorrise - E
lei si arrabbiò. Non credo di aver mai visto Fleur così… incazzata, proprio.
Ha cominciato a parlare in francese, come fa sempre quando qualcosa non le va
bene… mi chiese come avevo fatto a pensare una cosa del genere e che se credevo
di potermi dietro la scusa di Greyback per lasciarla, mi sbagliavo di grosso -
scosse la testa ancora sorridendo - Pensa che alla fine dovetti persino
scusarmi, praticamente.
Suo malgrado, anche Ron sorrise. La felicità, il
sollievo che emergeva dalle parole di Bill, riusciva a rendere in parte felice
anche lui.
- Quello che voglio dire, Ron… - riprese Bill - E’ che
Fleur mi ha scelto per come sono… ha accettato la mia parte bella, ma anche…
quella brutta. Nel momento in cui mi ha scelto, lei sapeva, era consapevole che
in me c’erano entrambi: pregi e difetti.
Ron comprese dove suo fratello volesse andare a parare
- Bill, non credo sia la stessa cosa…
Di nuovo, Bill gli mise un braccio sulla spalla per
guardarlo - E’ la stessa identica cosa, Ron - sorrise - Hai detto tu stesso che
Hermione ti perdona da sempre… per la questione del gatto, Krum, Lavanda… lo
farà anche stavolta - si alzò, prendendo la tazza - Forse sei l’unico a non
essertene accorto, Ron, ma Hermione è una vita che ti ha scelto. E
questi fatti ne sono la dimostrazione. Stavolta è compito tuo dimostrarle che
anche tu… hai scelto lei.
Bill gli strizzò l’occhio, prima di ritirarsi in casa.
“E’ una vita che ti ha scelto”.
Queste parole continuarono a vorticare nella mente di
Ron, producendo un vortice quasi luminoso.
Una luce che parve risollevarlo, condurlo fuori dall’abisso
che lo soffocava da giorni.
Perché forse Bill aveva ragione.
Se lui e Fleuravevano avuto un’altra possibilità, magari…
Forse c’era ancora modo di rimediare.
Forse c’era ancora la possibilità di dimostrarle che
anche lei era la sua unica e sola scelta.
Forse…
Forse, forse, forse.
Niente era sicuro in quel momento. Niente di certo,
niente di concreto.
Ma finchè ci fosse stata la minima possibilità di
sistemare la situazione, lui l’avrebbe sfruttata.
Perché lo doveva a Hermione.
Lo doveva a loro due.
Recuperò la tazza, posata su un gradino accanto a lui
e se la portò alla bocca.Sebbene il thè
fosse ormai freddo, lo bevve tutto… non potendo fare a meno di pensare, mentre
un delicato aroma di vaniglia gli addolciva la bocca, che era la cosa più buona
che mandava giù da giorni.
Ho sempre pensato che Ron e Hermione si fossero
scelti fin dall’inizio… hanno soltanto avuto la sfortuna di dimostrarlo in
momenti diversi. Come spesso succede nella vita.
So che questo capitolo è arrivato con maggior
ritardo rispetto agli altri… ma ho avuto non poche difficoltà a scriverlo. Di
solito sono soddisfatta delle mie storie quando le posto (miss modestia, eh?),
in questo caso c’è un qualcosa di-non-identificato che non mi convince.
Nel complesso, però, l’impostazione che volevo
dargli era questa…
Comunque, mi
riservo il diritto di modificarlo, qualora riuscissi a capire cosa c’è che non
mi soddisfa, insomma!
Che altro dire?
Per il momento ho
un altro paio di momenti da raccontare, per cui, salvo richieste da parte
vostra, la raccolta dovrebbe contare altri due capitoli (si tratta di un’informazione
alquanto generica, perché fra cinque minuti potrebbe venirmi in mente un altro
missing moment e quindi i capitoli diventerebbero tre!)
Quindi… a voi la
parola!
Passate un buon
sabato, gente! A presto!
Titti
* I miei lettori più
attenti sicuramente avranno capito al volo questo riferimento, VERO? ;-)
Se non fosse stata così stanca e accaldata, avrebbe fatto le scale a due
a due
Summerfever
Se non fosse stata così stanca e accaldata,
avrebbe fatto le scale a due a due.
Ma una
giornata di agosto- trascorsa nei tentativi vari di stare dietro a tutti i
progetti, a scorrazzare su e giù per tutto il Ministero, con l’aggravante di un
inaspettato caldo che aveva invaso tutti loro-era stata in grado di intaccare persino l’efficienza e l’impeccabilità
dell’instancabile Hermione Granger.
Raggiunse la
porta con un sospiro, sventolandosi in viso con la mano libera.
Tentando di
fare il più piano possibile, abbassò la maniglia.
Nella
stanza, le tende erano tirate, con l’intento di limitare l’entrata di quel sole
che da giorni sembrava non voler dare tregua.
Entrò in
punta di piedi, chiudendo la porta, che cigolò in modo ormai familiare; al solito,
fu accolta dai gesti di esultanza dei Cannoni di Chuddley. Posò la borsa sulla
sedia della scrivania, ricoperta da un groviglio di magliette colorate.Fece qualche passo in avanti, scavalcando
alcuni giornaletti sul Quidditch abbandonati a terra, non prima di avergli
lanciato un‘occhiata di disapprovazione mista a rassegnazione. Il suo piede
ricadde su una trave del pavimento particolarmente instabile, che gracchiò
pesantemente.
- Ma’, ti ho
detto che non ho fame - mormorò una voce da un punto imprecisato del letto,
sotto un groviglio di lenzuola azzurre - Lasciami stare.
Hermione
scosse la testa, ma si lasciò sfuggire un sorriso. Senza dire nulla, si
inginocchiò ai piedi del letto - Caspita, devi stare davvero proprio male per
rinunciare ad un pranzo di Molly, allora.
All’istante,
in uno svolazzo di stoffa turchese, Ron Weasley riemerse dalle lenzuola. La
disordinata zazzera di capelli rossi ornava un viso stanco e arrossato, ma i
suoi occhi, sebbene lucidi, si illuminarono quando incontrarono quelli scuri di
Hermione, inginocchiata accanto a lui.
- Ciao,
straniera - le disse, cercando di mettersi a sedere - Che ci fai qui a
quest’ora?
Hermione
piegò la testa di lato, posandogli una mano sulla fronte e percependo subito il
calore, evidentemente non dovuto all’elevata temperatura esterna.
- Come stai?
Scotti - disse lei, ignorando la sua domanda. Prese una pezza umida e dopo
averla resa più fredda con un incantesimo, gliela poggiò in fronte.
- Sto bene -
mentì lui, beandosi della frescura momentanea del panno - Davvero - confermò
nuovamente, prendendole la mano con cui lei gli stava si sistemando il panno e
posandole un bacio sul palmo - E’ solo un po’ di febbre. Un po’ di…alterazione,
ecco.
Hermione
sollevò un sopracciglio - Hai la temperatura di unThoroughbred,
Ron. Non la definirei “alterazione“.
Ron
tossicchiò, non riuscendo a trattenersi dal sorridere - Come è possibile che
non ti sfugga mai niente? - la prese in giro, giocherellando con una ciocca
arricciata sfuggita alla coda con cui Hermione teneva legati i capelli in
quelle giornate afose - Capisco che la quasi- responsabile- del-
dipartimento per la Protezione delle Creature Magiche debba essere
informata su tutto, ma davvero non ci sono limiti?
Lei si morse
le labbra, scuotendo la testa - Primo: smettila di usare quell’espressione,
perché la promozione non è ancora sicura…
- Ma se l’ha
detto anche Harry! - protestò Ron, debolmente - Il Ministro non fa altro che
dire che sei senza dubbio la candidata più perfetta per…
- “Più
perfetta” non si dice - lo corresse lei. Ron alzò gli occhi al cielo - E
comunque, non è questo il punto, adesso - con poca delicatezza, tirò le
coperte, rimboccandolo come un bimbo - Potevi avvertirmi! - gli disse - Avresti
potuto mandarmi un gufo, ieri sera! - continuò a rimproverarlo, mentre Ron
sprofondava sempre più nelle coperte - Invece l’ho dovuto sapere da Harry… per
puro caso!
Ron colse al
volo l’occasione per “redimersi” - Hai ragione - le disse subito, tirandosi un
po’ su, lasciando che la pezza umida gli scivolasse dalla fronte, cadendo sul
letto accanto a lui - Solo che non volevo farti preoccupare - tentò, cercando
di assumere la sua migliore espressione da cucciolo malato.
Hermione lo
guardò senza smuoversi, incrociando le braccia.
- E p-poi
ero sicuro che mi sarei rimesso entro dopodomani - aggiunse, scansandosi i
capelli resi umidi dalla pezza bagnata, senza guardarla - D-dato che in questi
giorni avevi detto che eri impegnata, probabilmente non ci saremmo visti e… non
ti s-saresti accorta di nulla, perché sabato starò benissimo. Pronto a fare
tutto ciò che vorrai - concluse, soddisfatto di come fosse riuscito a
svincolarsi da quella situazione.
Hermione
inarcò un sopracciglio, continuando a fissarlo. Le braccia ancora strette in
una morsa.
Cercando di
sfoggiare la più convincente “nonchalance” di cui era capace, Ron le gettò uno
sguardo e… gettò la spugna.
- E va bene
- sospirò, incrociando a sua volta le braccia sopra le coperte ed alzando gli
occhi al cielo- Non te l’ho detto perché volevo evitare che mi dicessi…
- Te lo
avevo detto, Ronald! - sbottò Hermione, non riuscendosi più a trattenere. Con
uno scatto nervoso afferrò la bacchetta, sotto lo sguardo orripilato di Ron -
Giocare a Quidditch sotto l’acqua, ma come vi è venuto in mente? - continuò,
infervorata, agitando la bacchetta. Ron, vagamente preoccupato, scivolò di
nuovo verso il basso, curandosi di non staccare gli occhi dal sottile pezzo di
legno che Hermione continuava a brandire come un’arma letale - E’ stato
totalmente da incoscienti, Ron! E ve lo avevo anche detto - proseguiva
imperterrita lei - Ma voi, niente! “Dobbiamo finire la partita!” - fece,
imitando la voce maschile di Ron - “Cosa vuoi che siano due gocce!”.
Solo in quel
momento Hermione sembrò rendersi conto di aver sventolato la bacchetta sotto il
naso di Ron per tutto il tempo. La guardò un momento, come se si stesse
chiedendo perché la tenesse in mano, ma il suo cervello impiegò meno di
una frazione di secondo per riportare alla memoria ciò che la fomentazione
della ramanzina aveva messo in secondo piano.
Riscuotendosi,
puntò la bacchetta contro Ron e in attimo il rossore dovuto alla febbre venne
sostituito dal bianco, probabilmente causato da un vago terrore.
- Oh - fece
lei, scuotendo la testa, in gesto di errore e deviò la traiettoria della
bacchetta, puntandola contro la pezzetta di stoffa ancora abbandonata sul letto
accanto a Ron - Aguamenti.
Dopodiché,
la strizzò e con un’inaspettata dolcezza la depositò sulla fronte di Ron,
sfiorandogli la guancia ispida con un sospiro.
- Scusami -
gli disse, senza guardarlo in faccia. Sospirò di nuovo e si alzò in piedi, per
poi sedersi sul bordo del letto accanto a lui - E’ che… quando Harry mi ha
detto che non eri venuto al lavoro perché stavi male… - disse, lisciando
spasmodicamente il lenzuolo - E io non ne sapevo niente! Ho ripensato a quando…
- si passò una mano sulla fronte e sorrise stancamente - Sono una sciocca.
-
Hermione!
Alzò
lo sguardo dal brano di antiche rune che aveva dovuto tradurre per quella
mattina, nel tentativo di dare un’ultima controllata ad alcune parole che non
la convincevano del tutto.
Scorse
subito Ginny, affannata, farsi spazio tra gruppi di studenti vogliosi di
mettere qualcosa sotto i denti per colazione.
-
Buongiorno, Ginny - la salutò Hermione, prendendo il suo succo di zucca, ancora
concentrata sul brano di rune.
-
Hermione, ascoltami. Ron…
Ma
Hermione la bloccò con una mano - No, senti, non mi interessa cosa tuo fratello
ti abbia mandato a dirmi - iniziò subito, correggendo una parola della
traduzione - Anzi, trovo infantile il fatto che lui abbia mandato te…
-
Hermione - Ginny le afferrò un braccio e quando Hermione alzò lo sguardo,
incontrò la paura nei suoi occhi - Ron è in infermeria. Lo hanno avvelenato.
E una
pozza di liquido arancione si allargò sul tavolo, inondando le rune tracciate
dall’ordinata calligrafia di Hermione, sparendo in un miscuglio indefinito di
inchiostro e succo di zucca…
Scosse la
testa - Sì, proprio una sciocca - ripetè, mordendosi le labbra.
Ron tossì,
coprendosi la bocca con una mano, mentre con l’altra afferrava quella di
Hermione - No che non lo sei - le disse, portandosela alle labbra e baciandole
più volte il palmo.
Si scoprì
leggermente, ora che il pericolo sembrava essere stato scampato, dato che
un’ondata di calore lo aveva appena fatto avvampare.
Ad Hermione
non sfuggì, perché subito si raddrizzò, efficiente. Dopo aver spostato la
pezza, gli piazzò una mano sulla fronte - La febbre sta ancora salendo - disse,
preoccupata.
-
Tranquilla, non…
Ma la
ragazza non lo stava già più ascoltando. Si era alzata in piedi e stava
trafficando con delle boccette posate sul comodino - Tua madre ha detto di aver
lasciato la Pozione Sfebbrante e che in caso di bisogno potevi prenderne due
cucchiai - disse, armeggiando con le bottigliette - Accio Pozione
Sfebbrante.
All’istante,
un’ampolla tozza e rossiccia svolazzò fino a raggiungere le sue mani. Hermione
la stappò e ne odorò il contenuto, mentre Ron la osservava attentamente,
tentando di captare una qualche reazione - Non è poi così male - fece lei,
riempendone un cucchiaio.
Un gemito
sfuggì dalle labbra del ragazzo che, prontamente, si rintanò sotto le coperte.
- Ron, esci
immediatamente - gli disse lei, in piedi accanto al letto, con il cucchiaio
ricolmo della sostanza giallastra.
In risposta
ricevette solo un borbottio indistinto.
- Ron! - lo
richiamò, tenendo sott’occhio il cucchiaio pieno, attenta a non far cadere
nulla - Avanti, Ron. Esci di lì!
Ma la massa
bitorzoluta di lenzuola azzurre sembrava non avere alcuna intenzione di darle
retta. Alzando gli occhi al cielo e soprattutto cercando di trattenere la
pazienze, Hermione si sporse verso di lui nel tentativo di afferrare un lembo
di quel lenzuolo e tirarlo via, ma il liquido appiccicoso traballò
pericolosamente nel cucchiaio, rischiando di finire a terra, di sporcare il suo
vestito a fiori e di imbrattare le lenzuola.
- Va bene -
fece lei, facendo un forte respiro - Te lo dirò una sola volta, Ronald: se mi
cade anche solo una goccia di questa roba…
In un
immediato svolazzo, Ron riemerse, rosso in viso e alquanto contrariato.
- Ma io sono
malato! - esordì, posandosi le braccia sulla testa - Non puoi minacciarmi,
per Merlino!
Stavolta
Hermione si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo, ma ci volle tutta la
pazienza che fu in grado di racimolare.
- Infatti,
non l’ho fatto - disse semplicemente lei, tagliando corto - Ora apri la bocca -
fece, avvicinando il cucchiaio.
Ron guardò
con orrore il cucchiaio, poi di nuovo lei.
Dal suo sguardo,
era evidente che stesse prendendo seriemente in considerazione l’idea di
tornare a rintanarsi sotto le coperte.
- Lo avresti
fatto, se ti avessi fatto finire la frase! - protestò lui.
Hermione
sospirò - Apri, Ron - e stavolta la minaccia era a dir poco evidente.
Ron assunse
la sua migliore espressione di disgusto e finalmente, in uno slancio di
coraggio, si decise ad aprire un pochino la bocca, lasciando intravedere uno
spiraglio.
Poi un altro
po’.
Poi ancora
un pochino…
E il
cucchiaio si avvicinava, nel frattempo.
Ancora un
altro po’.
Un
pizzichino…
- Ma sei
sicura che sia la pozione giusta? - fece, arretrando - Sai che spesso la mamma
confonde le boccette.
- Santo
cielo, Ron! - fece Hermione, esasperata - Ho usato l’incantesimo, certo che è
questa! Ora basta. Non può essere così male!
Con uno
sbuffo beffardo, Ron si sistemò meglio sul cuscino, ignorando completamente il
cucchiaio che Hermione teneva ancora sospeso a mezz’aria - Anche l’ultima volta
hai detto così - le disse, in tono accusatorio - Ricordi?
Dopo un
attimo di esitazione, Hermione annuì.
E, malgrado
tutto, sorrise…
Si
morse le labbra, fissando ostinatamente la porta di vetro satinato che le
sbarrava la strada.
Si
dondolò sui piedi, lasciando che l’indecisione prendesse il sopravvento sulla
sicura e decisa Hermione Granger.
Ma
non era indecisione la sua. Sapeva benissimo cosa doveva fare.
Lo
sapeva da quando Ginny le aveva detto che…
Scosse
la testa.
Il
giorno precedente, si erano precipitate in infermeria, dove li attendeva Harry.
Hermione
aveva ancora vivida l’immagine del suo volto: triste, colpevole.
Colpevole
di cosa, poi? Era stato lui a salvargli la vita.
Era
stato lui a salvarglielo.
Lei
lo aveva abbracciato subito, sentendo gli occhi gonfiarsi di lacrime; si era
dovuta fare coraggio per voltarsi a guardare quel letto dove Ron giaceva
apparentemente sereno, privo di sensi.
Per
qualche secondo era rimasta impalata a fissarlo, mentre Harry e Ginny
borbottavano insieme a Madama Chips, nell’attesa dei signori Weasley.
Si era
avvicinata, senza staccare gli occhi dal suo viso, si era avvicinata…
“Basta!”
Hermione scosse la testa, tentando di scacciare il ricordo del giorno prima
“Ora sta bene. E’ sveglio. Ed è dietro quella porta”.
E’ sveglio.
Forse
era proprio quello il problema.
Era
stato facile stargli vicino, il giorno prima.
Era
stato facile accarezzare la sua mano.
Era
stato facile mettere da parte il suo orgoglio.
Era
stato facile fare tutto quello senza dover incontrare il suo sguardo.
Ma
adesso era diverso.
Ron
si era svegliato.
Ed
ora, cosa avrebbe visto in quello sguardo? Astio?
Risentimento
per le ripicche che si erano fatti l’un l’altra nei mesi precedenti?
O
forse, indifferenza?
Ma
d’altra parte… Ron era il suo migliore amico. Doveva farlo per quello, per la loro
amicizia.
Bugiarda.
Sapeva
perfettamente perché lo stava facendo, e non c’entrava nulla la volontà di
onorare un valore importante come l’amicizia.
Lo
faceva per se stessa.
Lo
faceva perché era consapevole che non avrebbe trovato pace finché non avesse
incontrato gli occhi di Ron.
Finché
non si fosse assicurata che ci fosse di nuovo la vita in quell’azzurro,
indipendentemente dal sentimento che si nascondeva dietro di essi.
Si
aggiustò la borsa che teneva sulla spalla e con decisione abbassò la maniglia,
accompagnata dal rumore vibrante del vetro, mentre la porta si apriva.
Subito,
l’odore di disinfettante e di pulito le arrivò al naso.
La
fresca penombra dell’infermeria la avvolse, mentre la porta si richiudeva
silenziosamente alle sue spalle.
- Non
più di dieci minuti - la voce di Madama Chips giunse chiara e autoritaria dal
suo ufficio.
Hermione
annuì, come se l’infermiera potesse vederla. Strinse la tracolla della borsa
con la mano sudata.
Gettò
uno sguardo alla stanza: c’era una fila di letti completamente vuota. In fondo,
un paio di tende erano tirate.
Una
qualche forza a lei estranea la costrinse a muovere un passo.
Oltrepassò
i lettini dalle lenzuola candide.
Le
sembrò di camminare per chilometri prima di raggiungere il suo letto.
Tentennò
davanti a quelle tende chiuse, ma fu un attimo.
Aveva
deciso cosa fare e non si sarebbe di certo ritirata all’ultimo momento.
Ma
quando i suoi piedi si mossero con decisione, oltrepassando le tende, per un
attimo si pentì di tale decisione.
Quando
i suoi occhi incontrarono lo sguardo stupito di Ron si disse che non sarebbe
riuscita a sopportare di leggergli dentro astio, risentimento, indifferenza.
Non lo avrebbe sopportato.
-
Hermione - le disse lui, imbarazzato.
Lei
rimase ferma, in fondo al letto. Si voltò verso l’uscita, come se stesse
prendendo in considerazione l’idea di fuggire… come se si aspettasse che da un
momento all’altro qualcuno le dicesse che quello non era il suo posto e che
doveva andarsene.
Ron
nel frattempo, spostandosi a fatica, si era tirato su, reggendosi sui gomiti:
paradossalmente, anche la sua espressione tradiva la paura che lei scappasse
via.
-
Ciao - disse, invece, Hermione e per Ron non fu difficile percepire un tono di
sfida nella sua voce.
Nascose
un sorriso colmo di sollievo mentre la guardava, ferma davanti a sé, che si
dondolava sui piedi in maniera nervosa. Si accorse che lei evitava
accuratamente di guardarlo, troppo presa a fissarsi la punta delle scarpe.
Si
mise meglio sul letto e si passò una mano tra i capelli scompigliati,
pentendosi di non essersi dato una pettinata quando Ginny, quella stessa
mattina, gli aveva intimato di farlo.
Ma la
cosa non lo preoccupava più di tanto.
La
sensazione che aveva provato nel trovarsela davanti era stata talmente
piacevole e inaspettata che si sentiva quasi affannato, come se avesse appena
fatto una corsa forsennata per poterla raggiungere.
Aprì
la bocca per parlarle, ma non uscì alcun suono… forse perché erano davvero
troppe le cose che voleva dirle, era impossibile sceglierne una sola.
Le
avrebbe voluto dirle che era felice di rivederla.
Che
era stato uno stupido egoista.
Che
quello in cui erano stati lontani, era stato il periodo più brutto della sua
vita.
Che
quando aveva aperto gli occhi e non l’aveva trovata, aveva sentito una morsa
allo stomaco.
Che
quando era ancora privo di sensi aveva percepito la sua presenza, si era beato
del suono dei suoi sussurri.
Le
avrebbe voluto chiedere di avvicinarsi, per poterla anche solo sfiorare…
Ma
lei fu più veloce, come sempre.
-
Come stai? - gli chiese, ingoiando il vuoto e decidendosi, finalmente, a
guardarlo.
Tuttavia,
non si mosse. Rimase là, in fondo, impacciata in modo innaturalmente formale.
-
Pensavo che non saresti venuta - le disse Ron e subito si rese conto di come
questa osservazione potesse essere scambiata per una frecciatina.
Lo
pensò subito e quando vide Hermione corrugare la fronte, ne ebbe la conferma.
-
Senti, Ron, non sei nelle condizioni per poter discutere - gli disse, mettendo
una mano avanti - Per cui me ne vado prima che…
- No!
- la interruppe lui, deciso. Si drizzò a sedere con impeto - Resta! - si portò
una mano alla testa che, a causa del movimento improvviso di poco prima, aveva
iniziato fastidiosamente a girare - Per favore, Hermione. Resta - le disse,
sporgendosi in avanti per avvicinare la sedia al letto, indicandole di sedersi.
Hermione,
che si era avvicinata quando lo aveva visto chiudere gli occhi, lo guardò
preoccupata e si sedette dove lui le aveva indicato, ma rimase rigida, seduta
sul bordo della sedia.
- Non
ti mangia mica, eh! - scherzò lui, sorridendole speranzoso. Lei sembrò
rilassarsi un tantino; poggiò la borsa a terra e gli lanciò un altro sguardo
apprensivo.
- Sei
sicuro di stare bene? - disse voltandosi, indietro, come se cercasse qualcuno -
Perché se vuoi chiamo…
- Non
ho bisogno di nessun altro - la frenò lui e subito arrossì. Ma quell’uscita
riuscì a farla sciogliere un po’ di più -Sto bene. Benissimo.
Stavolta
fu il turno di Hermione di arrossire. Annuì, mordendosi le labbra per non dargli
la soddisfazione di vederla sorridere.
Per
non dare a sé stessa la speranza di ciò che si nascondeva dietro quel sorriso.
-
Harry mi ha detto che… - si grattò la testa, a disagio. Ma stavolta non si
sarebbe fatto fregare; non avrebbe sprecato un’altra possibilità - Che ieri…
sei venuta.
Hermione
alzò lo sguardo verso di lui, sorpresa - Oh… già - si limitò a dire, vaga.
-
Beh… grazie - disse lui, sentendo improvvisamente troppo stretto il colletto
del suo pigiama blu.
Lei
alzò le spalle - Tu avresti fatto la stessa cosa, se fossi stato al mio posto -
disse, distaccata, iniziando a sentire un fastidioso pizzicorio agli occhi.
Non
doveva piangere.
Si
era imposta di non farlo e così sarebbe stato. Punto.
Non
doveva piangere.
Sobbalzò,
quando lui le sfiorò il palmo della mano con la propria - Allora grazie per
averlo fatto, senza che io me lo meritassi - le sussurrò lui, guardandola e
sforzandosi di non smuovere lo sguardo da Hermione, mentre sentiva il calore
espandersi nella zona orecchie.
- Oh, Ron… - il desiderio di piangere fu più forte dell’intenzione
di non farlo, a quel punto. Le lacrime che fino a quel giorno erano rimaste
prigioniere del suo orgoglio, di fronte a quelle parole, infransero la barriera
che fino ad allora le aveva frenate.
Si
coprì il volto con le mani, quasi come senon volesse darsi per vinta.
Non
devo piangere.
Le
sfuggì un singhiozzo.
Le
lacrime continuavano ad uscire silenziose… Hermione percepiva il bagnato sulle
sue stesse mani, ma non riusciva a fermare quello scorrere muto.
- Hermione
- la chiamò Ron e lei si sentì tirare con forza per un braccio - Vieni qui - fu
tirata ancora e per un attimo capì di essere in piedi, poco prima che Ron la
tirasse verso di lui, con decisione - Vieni qui
- le ripeté, ma stavolta le parole arrivarono direttamente nelle orecchie di
Hermione, proprio nell’istante in cui sentiva le sue braccia avvolgerla in un
abbraccio.
- Mi
dispiace. Scusa, Hermione, mi dispiace - le bisbigliò tra i capelli, affranto -
Sono stato uno stupido.
- Sì, lo sei stato! - gracchiò lei, riemergendo dal suo abbraccio con il
viso arrossato in parte dal pianto, in parte dalla rabbia - Sei stato uno
stupido! - ripeté Hermione, tirando su con il naso e discostandosi da lui, nel
tentativo di darsi un contegno.
-
Vedo che non è stato difficile convincerti su questo punto - borbottò lui, ma
in realtà era sollevato dal fatto che la ragazza non gli scagliasse di nuovo
contro uno stormo di uccelli.
Hermione
lo fulminò con uno sguardo - Semplicemente perché questo l’ho già assodato da
anni - fece, mettendosi meglio seduta sul letto. Tentò di rimanere seria e
distaccata, ma non riuscì a non sciogliersi in un sorriso.
Ron
la guardò affettuosamente: davvero, da mesi sperava di poterla avere vicino, di
poter vivere qualche minuto così, insieme a lei, a parlare con lei, o anche
solo a guardarla.
La
osservò, mentre aggiustava il lenzuolo stropicciato, stirandolo con le sue
piccole mani.
Precisa,
attenta, ordinata come sempre.
- Mi
sei mancata - le disse, dandole un buffetto sul braccio. Gli era uscito senza
riflettere.
Da
anni Hermione lo rimproverava per il fatto che lui fosse solito parlare e poi
pensare.
Anche
in quel caso era stato così.
Ma
forse, stavolta il “non pensare” non era stato del tutto negativo…
Perché
non c’era assolutamente niente di negativo nello sguardo luminoso che lei gli
rivolse, non appena quelle parole furono metabolizzate dal cervello sveglio e
iperattivo di Hermione.
Ma
tanto velocemente quanto era arrivata, la luce negli occhi della ragazza si
spense.
Hermione
si morse il labbro, sospirando - Non farti sentire da Lavanda! - disse,
cercando di scherzarci su.
Ron
si lasciò cadere all’indietro, sprofondando nei cuscini. Sospirò, posandosi le
braccia sulla testa, con l’espressione assorta di chi sta cercando la soluzione
ad un grave problema. Sbuffò - Capirai. Tanto già ti odia.
Hermione
gli diede uno schiaffetto sulla gamba - Non mi odia! Semplicemente, non sono il
tipo di persona con cui va d’accordo - disse, sulla difensiva.
- In
poche parole, ti odia. E’ evidente - ribadì Ron, stiracchiandosi sul letto.
- Non
mi risulta.
- A
me risulta eccome - fece Ron, ridacchiando - Se potesse ti Schianterebbe ogni
volta che ti incontra.
Hermione
incrociò le braccia, chiedendosi come diavolo fossero finiti a parlare di
Lavanda - E perché mai dovrebbe odiarmi?- gli chiese.
Ron
arrossì fino alla punta delle orecchie - Lo sai perché - disse, evitando il suo
sguardo.
- No,
non lo so!
- Sì,
che lo sai - la rimbeccò lui, tirandosi a sedere raggiungendo definitivamente
la gradazione- amaranto - Hermione, lo sai!
Lei
scosse le spalle - No.
- E’
gelosa! - sibilò Ron, guardandosi intorno come se temesse di veder sbucare
lavanda dal vaso da notte posto accanto al comodino - E’ gelosa di te! Lo sai
benissimo.
Hermione
corrugò la fronte - Non ne ha motivo - disse, aggiustandosi le pieghe della
gonna - Lei è la tua ragazza.
- E
tu sei Hermione - disse allora lui, soffermandosi sul suo nome, come se questo
bastasse a spiegare ogni cosa.
Lei
scrollò di nuovo le spalle, scuotendo la testa - Hai forse paura che ti chieda
di scegliere tra lei e me? - chiese con tono leggero, sperando che non
emergesse la paura alla base di quella domanda.
Ron
la guardò incredulo, con i capelli scompigliati e il colletto del pigiama
storto. Aprì la bocca per parlare ma la richiuse. Di nuovo, si gettò
all’indietro, precipitando sui cuscini.
Schioccò
la lingua.
- Ho
sperato per mesi che mi chiedesse di scegliere tra te e lei - disse, guardando
il soffitto a volta dell’infermeria - Sarebbe già tutto risolto se mi avesse
chiesto di scegliere, miseriaccia! - fece, gesticolando - Ho aspettato e
sperato… e aspettato! Ma evidentemente non è tanto stupida da chiedermi di fare
una scelta tra te e lei.
Hermione
si morse le labbra, non riuscendo a trattenere una certa amarezza nell’udire
quelle parole, - Bè, Ron. Non ci rivolgiamo la parola da mesi - disse, sperando
di mantenere un tono di voce stabile - Non ti avrà chiesto di scegliere, ma… -
sfortunatamente, la saldezza di Hermione in quel momento parve vacillare - E’
evidente che una scelta tu l’hai fatta, in ogni caso - disse, voltando la testa
per non guardarlo.
Il
cigolio gracchiante delle molle le fece capire che Ron si era di nuovo tirato
su a sedere. Infatti, poco dopo, si sentì stringere il braccio.
Alzò
lo sguardo e Ron era lì, poco distante da lei. La sicurezza era dipinta sul suo
volto pallido - Ti sbagli. Hermione, io la mia scelta l’ho fatta da…
- Mi
permetta di disturbarla, signor Weasley! - li interruppe Madama Chips,
comparendo con un vassoio con sopra un paio di ampolle e dell’acqua.
Hermione,
arrossendo, scese dal letto e tornò a sedersi sulla sedia, fissando il
pavimento, mentre lo sguardo ammiccante di Madama Chips passava dall’uno
all’altra. Ron imprecò a bassa voce, passandosi una mano sulla fronte.
-
Deve prendere le sue pozioni, Weasley - fece la Chips, depositando il vassoio
sul comodino ingombro di zuccotti di zucca e Api Frizzole.
-
D’accordo, sì, va bene! - rispose Ron, impaziente, afferrando il vassoio in
modo da velocizzare l’allontanamento dell’infermiera - Faccio da solo, grazie!
Ma
quest’ultima lo guardò severamente - Weasley, deve prendere queste pozioni! Non
faccia il bambino!
- Non
si preoccupi, Madama Chips - intervenne Hermione, sorridendo all’infermiera - Mi
assicurerò io che le prenda.
Di
nuovo, la donna li guardò sospettosa, prima l’ui poi lei, facendo oscillare il
suo impeccabile caschetto brizzolato da sotto la cuffietta - Mi fido di lei,
signorina Granger - si arrese alla fine, girando i tacchi, non prima di aver
scoccato un’altra occhiataccia minatoria a Ron.
Il
ragazzo si adagiò sui cuscini, sospirando - Che stress. Sarà la terza volta
oggi che mi costringe a prendere questo schifo - si lamentò - Che poi, voglio
dire: ora sto bene! Sto benissimo! Non mi serve più - disse, incrociando le
braccia sulle coperte - Grazie per avermi aiutato, comunque - le disse,
lanciandole uno sguardo di soppiatto.
-
Figurati .- rispose lei, distrattamente. Si era alzata in piedi e stava
esaminando il contenuto della boccetta più grande - Quanto ne prendi di solito
di questo? - chiese, mostrandogli l’ampolla.
Ron
scrollò le spalle, disgustato - Un cucchiaio. E quella strega lo riempie fino
all’orlo. Che stai facendo?
- Sto
- fece Hermione, concentratissima, versando il liquido grigio nel cucchiaio -
versando - riempì ancora - la tua - lo riempì fino al limite - pozione.
Ron
la guardava a bocca aperta, come se non credesse ai suoi occhi - Pensavo mi
stessi coprendo con la Chips!
Hermione
lo guardò, scettica - Hai pensato male. Adesso, ingoia!
Ron
emise un lamento - Ma questa sbobba è… disgustosa!
Lei
lo guardò severa, avvicinandosi con il cucchiaio - Ron, santo cielo, sei stato
avvelenato! Dobbiamo assicurarci che il veleno venga totalmente rimosso dal tuo
corpo - disse minacciosa.
-
Miseriaccia - borbottò Ron, preoccupato. In realtà, era difficile capire se la
preoccupazione derivasse dall’idea del veleno ancora in circolo nel suo corpo,
oppure dal dover ingoiare quella pozione.
- Dai
- fece lei, incoraggiante, avvicinandogli il cucchiaio - Non sembra tanto male.
- Lo
è - la contraddisse lui, ma, obbediente, aprì la bocca e storcendo il muso,
ingoiò il contenuto del cucchiaio.
Hermione
annuì - Vedi? Tanta tragedia per nulla - posò il cucchiaio vuoto sul vassoio e
afferrò la sua borsa, lasciata a terra.
Lei
alzò gli occhi al cielo, ma non rispose. Rimise la sedia al suo posto e
impacciata, si portò i capelli dietro la testa con un gesto nervoso.
-
Allora, Ron, io… sarà meglio che vada - disse, accennandogli un sorriso.
- Oh
- fece lui, grattandosi il capo, dispiaciuto - Certo - disse, annuendo.
- Bè,
allora… ciao! - gli disse lei, facendo qualche passo indietro e accennandogli
un saluto con la mano, imbarazzata.
Non
c’era mai stato tutto quel formalismo tra loro.
Non ci
sarebbe dovuto essere.
Ma
per Hermione era impossibile comprendere come doversi comportare, perché
incompresi erano i limiti al loro rapporto.
-
Hermione?
Si
voltò subito a quel richiamo e la sua espressione si addolcì, quando si trovò
faccia a faccia con le orecchie scarlatte di Ron.
- Sì?
Lui
aprì la bocca ma all’iniziò non ne uscì alcun suono. Nel frattempo, il rossore
si espandeva anche sulle gote - Mi… mi chiedevo… se… insomma… tornerai domani?
- buttò giù, tentando di rimanere “sciolto”. Ma le mani, intente a stritolare
un lembo del lenzuolo lo tradirono.
Un
brivido le attraversò la schiena, mentre, in modo fastidiosamente inevitabile,
si scatenava in lei la voglia di sorridere. Scosse le spalle, nel tentativo
perfettamente riuscito di sembrare indifferente - Sicuro… se ti fa piacere.
Lui
annuì freneticamente - Mi fa piacere! - confermò, subito.
-
D’accordo, allora… a domani!
Ma
non fece in tempo a muovere un passo…
-
Hermione?
- Sì? - disse, all’istante, voltandosi verso di lui, speranzosa.
Lui
sembrò tentennare di nuovo. Aprì e chiuse la bocca come un pesciolino fuor
d’acqua.
-
Ecco, io… - disse, passandosi una mano tra i capelli rossi - Grazie, per… -
prese un respiro - Grazie, ecco - concluse, fissando il nodo con cui era
riuscito ad intrecciare il lenzuolo come se fosse la cosa più interessante al
momento.
- Oh
- fece lei, confusa, corrugando la fronte - Bè… prego!
Folle.
Era
quella l’unica parola che le veniva in mente per descrivere quella situazione.
Folle.
Se le
avessero chiesto quale fosse stato il nocciolo di quell’ultima loro
conversazione, non avrebbe saputo cosa rispondere. E dall’espressione vaga e
confusa di Ron, probabilmente non lo sapeva neanche lui.
Rigidamente,
ruotò su se stessa, riprendendo a camminare verso l’uscita.
-
Hermione?
Stavolta
la ragazza non si prese neanche la briga di rispondere. Si limitò a volgere il
capo, con le sopracciglia talmente sollevate che per poco non rischiavano di
perdersi tra i capelli.
-
Cosa dovrei fare con Lavanda? - disse, candidamente.
Per
poco non le cadde la borsa con i libri: tuttavia, le sue dita erano talmente
strette attorno alla tracolla che la borsa rimase al suo posto.
Corrugò
la fronte, stupita e spiazzata.
Ma
Ron la guardava serio, in attesa di una risposta… come se davvero sperasse che
lei gli risolvesse quel “problema”, problema che non era stato tale quando nei
giorni in cui si lasciava pastrugnare la faccia in pubblico, davanti a tutti
(lei compresa!).
E
adesso pretendeva che lei, Hermione, trovasse la soluzione al casino che aveva
combinato?
Come
se non fosse stato già abbastanza difficile?
Come
se non fosse stato già abbastanza doloroso?
Guardò
Ron, poi l’ampolla della pozione.
Poi
riguardò Ron e di nuovo la bottiglietta.
E
dovette reprimere l’impulso di suonargliela in testa.
Scrollò
le spalle - Io non… non credo che siano fatti miei - rispose, a denti stretti -
Sono cose vostre, io non c’entro… niente - fece, imbarazzata, mordendosi le
labbra.
- E
se… se c’entrassi? - fece lui, arrossendo fino agli alluci. Ingoiò a fatica,
grattandosi la nuca - Cosa… mi consiglieresti di fare, se c’entrassi?
Ad
Hermione mancò un battito. Quell’assurda situazione la stava confondendo.
Aveva
senso tutto ciò?
Davvero
stavano parlando di ciò che pensava lei?
- Ti
consiglierei di… fare quello che senti più opportuno - disse, sulla difensiva -
Nessuno può sapere questo meglio di te, no? - ridacchiò, ma fu un suono
nervosamente stridulo.
- Già
- rispose lui, poco convinto.
Per
la quarta volta, Hermione fece dietrofront, dopo aver salutato Ron con un gesto
impacciato della mano, in uno stato di piena alterazione mentale.
Mosse
qualche passò incerto verso l’uscita, ma subito si voltò.
-
Ron?
- Sì?
- rispose lui, alzando lo sguardo.
- Da
quando io e te siamo così, talmente, idioti? - chiese Hermione, seria,
visibilmente preoccupata.
Sul
viso di Ron si aprì un sorriso. Scosse la testa - Da quanto mi dici di solito,
io lo sono sempre stato.
Lei
annuì, ancora pensierosa, le sopracciglia contratte e lo sguardo serio - Già -
fece - Ma io no!
E,
rigidamente, si voltò, arrancando verso l’uscita, con in testa molti più
pensieri rispetto a quando era entrata…
- Niente
giochetti, Ron - lo informò lei - Apri la bocca.
- Non ti
senti neanche un po’ in colpa per avermi imbrogliato quella volta? - fece lui,
offeso.
Hermione lo
guardò scettica - Certo che no! - disse, semplicemente - Non ti ho imbrogliato!
Hai fatto tutto da solo - sbuffò - Sai che ti dico? Non vuoi prenderla? Non
prenderla!
- Davvero? -
chiese lui, riemergendo dalla nuvola azzurra.
- Certo -
disse Hermione, semplicemente - Vorrà dire che ci penserà tua madre più tardi -
aggiunse, sogghignando.
Ron
strabuzzò gli occhi, mettendosi la mano davanti per tossire - Piccola infame!
- A
mali estremi…
- Va bene,
va bene - fece Ron, gesticolando a fatica - Da’ qua - le disse, guardandola
offeso.
Hermione gli
passò il cucchiaio, che traballò pericolosamente e con una sola boccata ne
ingurgitò tutto il contenuto senza batter ciglio.
Lei strabuzzò
gli occhi - Tutto qui? - disse - Tutta questa tiritera e neanche una smorfia?
Potevi prenderla prima, a questo punto!
Ron sollevò
le spalle - E perdermi le cure della mia infermiera preferita? - disse,
gettandosi sui cuscini - Non penso proprio.
Lei sedette
sul letto accanto a lui e gli diede un buffetto - E poi sarei io, l’infame!
Ron
ridacchiò, guardandola dal basso - Dammi un bacio.
-
Scordatelo! - disse categoricamente lei - Tua madre non voleva neanche farmi
salire. Le ho dovuto promettere che non mi sarei avvicinata troppo.
Ron sbuffò,
guardando il soffitto - Che cara la mia mammina, eh?
- E poi, non
ho nessuna intenzione di farmi venire la febbre - concluse, Hermione,
scostandogli i capelli dalla fronte bollente.
- E dai, Hermione!
- si lamentò - Non ti fa stare male sapere di poter fare qualcosa per farmi
stare meglio e non farlo?
-
Francamente, no.
Ron si finse
oltraggiato - Ma brava. Sappi che me ne ricorderò!
Hermione
ridacchiò, chinandosi su di lui - Se mi attacchi la febbre, troverò il modo di fartela
pagare - gli sussurrò sulle sue labbra.
Percepì
quelle di Ron schiudersi in un sorriso, mentre la mano di lui scivolava sul suo
fianco - Correrò questo rischio…
Il suono dei suoi tacchi sul pregiato pavimento di legno rimbombava
accompagnando i suoi passi.
Ma d’improvviso, un altro rumore giunse a rompere il silenzio.
Con uno sguardo accigliato, si accostò alla porta, infilando la testa -
Hermione, tesoro, stai bene?
Hermione alzò i libri dalle scartoffie sparse sul suo letto, intenta a
soffiarsi il naso - Sì, mamma - le disse sorridendo, gettando il cleenex nel
cestino.
- Ti sei raffreddata, cara - fece sua madre, apprensiva.
Hermione aprì la bocca per parlare, ma fu colta da un nuovo attacco di
starnuti. Afferrò un nuovo fazzolettino, non sapendo se sorridere o
innervosirsi, mentre si soffiava nuovamente il naso.
- Ehm, sì, mamma. Deve essere stato un colpo
di freddo - disse, sperando che sua madre non le chiedesse come fosse
possibile prendere freddo nel bel mezzo di una delle estati più calde che
Londra avesse conosciuto negli ultimi anni.
Sarà stato il caldo.
Sarà stata l’estate.
Sarà stato che questo capitolo è molto più lungo dei precedenti.
Sarebbero troppe le persone a cui dovrei dedicare quest’ultimo capitolo…
Sarebbero
troppe le persone a cui dovrei dedicare quest’ultimo capitolo…
È con grande
piacere che lo dedico a tutti i veri sostenitori della good ship, che ho avuto
il piacere di conoscere sul sito e tramite facebook.
Sapete che
mi sto riferendo a Voi.
Immense
Quando i suoi piedi toccarono terra, si sentì accolto
dalla familiare atmosfera di casa.
La Tana si stagliava sul fondo, poco lontano,
apparentemente instabile e pericolosamente traballante.
Ma Ron non conosceva nulla di più sicuro di quella
casa: era sempre stato un punto di forza nella sua vita.
Nella vita di tutti.
Si incamminò lungo il sentiero non asfaltato,
impaziente di raggiungere gli altri.
Impaziente di raggiungere…
Sorrise quando, sotto la quercia più alta del
giardino, il suo sguardo intercettò una figura familiare.
Non si stupì affatto di trovarla lì, all’ombra dell’albero,
intentanella lettura di un tomo enorme
che, da lontano, sembrava contare almeno un migliaio di pagine.
All’istante, deviò il suo cammino, abbandonando il
sentiero.
La Tana era anche uno dei suoi punti di forza, ma
stavolta avrebbe aspettato.
Avrebbe aspettato ogni volta, se si trattava di
competere con lei.
Le arrivò alle spalle e, senza preavviso, si chinò a
lasciarle un bacio sulla testa, appoggiando il suo borsone sul tavolo da
giardino che suo padre aveva insistito a comprare un paio di mesi prima durante
una gita nella Londra babbana, insieme ad un aspirabriciole e ad una sveglia
elettronica che Hermione gli aveva pazientemente insegnato a programmare.
Lei sobbalzò, colta alla sprovvista. Alzò lo sguardo
dal libro, lasciando che i capelli mossi e fin troppo voluminosi le
schizzassero davanti al viso. Ma poi sorrise, alzandosi sulle punte per
salutarlo con un bacio sulla guancia.
- Mi hai spaventata! - protestò - Non ti avevo sentito
arrivare - disse lei, spostandosi sulla panca per fargli posto.
Ron si sedette, scoccando la lingua compiaciuto -
Ovvio che non mi hai sentito. Non sarei un ottimo Auror, quale invece sono, se
non riuscissi a fare cose del genere.
- Hai ragione, mea culpa - disse lei,
continuando a tenere il segno nel punto in cui era arrivata a leggere, non
riuscendo a nascondere un sorriso.
- E tu, piuttosto? Non posso lasciarti qualche ora che
subito ti ritrovo immersa in qualche libro - finse di rimproverarla, scuotendo
la testa - Hai venti anni. A venti anni non si studia!- continuò a scuotere il capo, fintamente
scocciato - Quante volte te lo devo dire?
- Devo, se voglio che mi prendano a
Magisprudenza - fece tranquillamente lei, chiudendo il libro per mostrare la
copertina. “Principi generali sulla Legge Magica”.
Ron emise un fischio - Allora… sembra che tu abbia
deciso.
La ragazza annuì, lasciando che la chioma vaporosa
ballonzolasse da una parte all’altra - Sì, credo sia la cosa migliore. E poi è
molto affascinante - disse convinta, animandosi, come faceva sempre quando
qualcosa la interessava in modo particolare - Il Wizengamot ultimamente si è
attivato in molti settori importanti e si stanno raggiungendo ottimi risultati…
voglio poter fare qualcosa anche io- concluse, entusiasta.
Davanti a quell’entusiasmo e a quella convinzione, lui
non poté fare a meno di sorridere orgoglioso - Credo che non potessero sperare
in una candidata migliore - disse, dandole un buffetto sulla guancia - E… pensi
di abbandonare il CREPA?
Questo gli costò uno sbuffo, di fronte al quale Ron
non poté fare a meno di sogghignare - Non è CREPA! -spiegò lei, pazientemente -
E’…
…C.R.E.P.A! C-R-E-P-A! - sillabò lei, spazientendosi
un momento - Perché è così difficile da memorizzare?
Ron ridacchiò, continuando a sfogliare un giornale
babbano che aveva trovato nella cucina di casa Granger. Era così buffo… tutto
grigio e statico - C.R.E.P.A…CREPA!
- disse lui - Che differenza vuoi che faccia, Hermione? Il concetto è quello.
La ragazza riemerse dallo scatolone, con i lunghi
capelli che le ricadevano sul viso e l’espressione contrariata. Li scansò con
poca delicatezza, guadagnando una visuale migliore per poterlo ammonire in modo
migliore - Certo che fa differenza, Ron! - si lamentò, infilando una pila di
libri nella scatola, per far posto sulla libreria che presto si sarebbe
riempita di nuovi tomi sulle creature magiche - Se questo progetto non lo
prendi sul serio neanche tu, figurati gli altri!
Il ragazzo lasciò perdere il giornale, ormai stanco di
quel momento culturale e la raggiunse al centro della stanza. Prese un blocco
di libri da un ripiano a cui Hermione non riusciva ad arrivare e glielo passò,
ricevendo in cambio un borbottato “grazie”.
Lei fece per prenderlo, ma all’ultimo momento Ron
glielo impedì, costringendola a guardarlo - Non è vero che non lo prendo sul
serio - le disse, imbarazzato - Anzi, dovresti essere la prima a sapere che da
un po’ di tempo gli elfi mi stanno particolarmente a cuore, no? - disse,
arrossendo.
Hermione si morse le labbra, celando un sorriso. Si
alzò sulle punte, stampandogli un veloce bacio sulle labbra - Forse potrei
saperne qualcosa, sì… - disse, maliziosa, sfilandogli dalle mani il blocco di
libri che sarebbe passato nella scatola, per poi finire nella soffitta di casa
Granger - Anche se hai uno strano modo di dimostrarlo, chiariamolo!
Lui fece una smorfia beffarda - Dubiti di me?
La ragazza gli gettò uno sguardo, ma non disse nulla.
Le sue sopracciglia erano talmente alzate che presto si sarebbero perse nella
chioma scura.
- Te lo faccio vedere io, allora! -disse, imbronciato
- C.R.E.P.A. - fece, elencando con le dita - Comitato per la riabilitazione per
gli elfi poveri e abbruttiti - continuò a segnare il conto - Tu accetterai lo
stage che ti hanno offerto nel reparto per la Cura delle Creature Magiche e
poi, fra un paio di anni, se riterrai che “il progetto abbia ottenuto risultati
soddisfacenti” - disse, riportando le parole che lei stessa aveva utilizzato in
precedenza - prenderai in considerazione l’idea di studiare Legge - concluse,
soddisfatto.
Hermione, che per tutto il discorso era stata in piedi
davanti a lui, con un sorriso divertito stampato in faccia, annuì, assumendo un’espressione
sorpresa - Allora ogni tanto mi ascolti quando parlo.
Lui si limitò a farle una linguaccia.
- Lo so, lo so… C.R.E.P.A.! - acconsentì lui,
scandendo bene ogni lettera - Va bene così?
- Ammirevole.
Ron sospirò, scuotendo la testa. Per caso, gettò un’occhiata
verso la Tana e si ritrovò ad aguzzare la vista quando scorse un certo
movimento sul tetto - E’… è Harry, quello?
La ragazza rise, voltandosi anche lei - Proprio lui.
Ron schioccò la lingua - Evidentemente, si sta
nascondendo da me. Sa che mi deve ancora una partita a Scacchi Magici e sta
cercando di evitarmi.
- O semplicemente sta sistemando l’antenna del
televisore - fece lei - Ma ammetto che anche la tua teoria sia parecchio
interessante - disse, fingendosi seria, mentre un’improvvisa folata di vento le
scompigliava i capelli ricci - Credibile, soprattutto, devo dire!
Lui si finse oltraggiato - Non mi starai mica
prendendo in giro, signorina?
Era abituato a quel tipo di discussione: lui ed
Hermione si rimbeccavano su quel punto da una vita.
Lei scosse le spalle, mordendosi le labbra - No. E’
solo che ho sempre pensato che quel gioco sia un tantino…
…da barbari, ecco - concluse, sedendosi sul divano
della Tana e incrociando le spalle.
Lui borbottò qualcosa di indistinto, mentre con un’attenzione
che non aveva mai dedicato a nessun compito scolastico, sistemava i pezzi sula
scacchiera.
- Come scusa? - fece lei, sporgendosi in avanti.
- Non ti piace perché hai paura di perdere! - si
decise a ripetere Ron, in uno slancio di coraggio, tentando di non distogliere
lo sguardo da lei. Fu tradito soltanto da un rossore che, malefico, si espanse
nella zona orecchie.
Hermione aprì la bocca un paio di volte. Aprì e
chiuse, aprì e chiuse, finché il suo cervello non sembrò aver selezionato la
risposta più adeguata- Io non ho paura
di perdere, Ronald! - disse, incrociando le braccia.
- Sì, invece! Hai paura di perdere perché non sai
giocare - disse lui, più sicuro, consolato dalla stabilità della sua linea
difensiva. Sistemò la scacchiera sul basso tavolino di fronte al divano e si
mise dall’altra parte, davanti ad Hermione - Ma non è colpa tua, Herm - disse,
sporgendosi per darle un colpetto sulla coscia - Quella degli scacchi è un’arte.
Non si può imparare: o ci nasci o non ci nasci.
Lei strabuzzò gli occhi, seriamente indecisa se
muovere leggermente il piede e far saltare per aria la scacchiera con tutti i
pezzi o scoppiare a ridere. Mantenne una via di mezzo.
- Ma io so giocare - disse, lentamente.
Lui sbuffò - No, non sei capace. Magari conosci la
teoria, va bene, ma non sai
giocare davvero.
- Io so giocare!
- E allora perché non giochi mai? - chiese lui - Perché
stai facendo tutta questa storia per non giocare, in questo momento?
Hermione tentennò un attimo prima rispondere - Perché
non mi piace, semplice.
Ron annuì, sogghignando - Non ti piace, perché non sai
giocare. Vedi? Tutto torna.
- Ma… ma questa teoria è assurda, Ron! - protestò lei.
- Invece è solidissima, a mio avviso.
Lei emise uno sbuffo - A questo punto io potrei dire
che non sai leggere.
- Che cosa? - chiese lui, confuso.
- Se il fatto che io non gioco a scacchi significa che
è perché non so giocare a scacchi, allora il fatto che tu non leggi mai, vuol
significare che non sai leggere - concluse soddisfatta, appoggiandosi al divano
- Tutto torna.
Ron si morse le labbra. Guardò la scacchiera
ordinatamente organizzata, poi passò ad Hermione, poi di nuovo alla scacchiera
- Sei sicura di non voler fare subito richiesta per studiare Magisprudenza?
- Va bene, va bene! - fece lui, portando le
mani avanti - Dato che sono un gentiluomo farò finta di credere a questa tua
stramba teoria sulla barbarità degli Scacchi, anche se entrambi sappiamo
che, sotto sotto, anche tu riconosci la mostruosa bravura del
sottoscritto - concluse, schioccando la lingua e gettando uno sguardo fugace
alla ragazza, tentando di mantenersi serio.
Come previsto, lei spalancò la bocca, emettendo un
suono indistinto, a metà tra l’indignato e il divertito. Ma i suoi occhi
ridevano, e Ron in quel momento penso che non avesse mai visto uno spettacolo
tanto bello.
- Devo ricordarle, signor Weasley, che l’ultima volta
l’ho battuta alla stragrande? - rimbeccò lei, sollevando le sopracciglia,
sorridendo soddisfatta.
- Questo solo perché hai avuto il migliore tra i
maestri.
- No, questo è perché ho una “mente brillante“!
- rispose lei, soffermandosi sulle ultime parole con maliziosa ironia.
Ron rise, scuotendo la testa - Sapevo io che quella
carica da Caposcuola ti avrebbe fatto montare la testa, prima o poi.
La ragazza rise, per niente offesa da quella battuta…
era da una vita che la gente elogiava la sua mente particolarmente dotata e lei
trovava parecchio divertente il fatto di poterci scherzare su.
- Cosa non può fare una spilla, eh? - disse, infatti,
annuendo in modo scherzosamente serio.
- Eh, già… - fece lui - E chi se lo scorda…
- Tutto bene, Hermione cara? - chiese Molly,
apprensiva, chinandosi sulla ragazza.
Quella frase generò un immediato silenzio tra i
presenti che subito si voltarono verso la ragazza.
Qualche minuto prima, durante una mattina di fine
agosto, l’arrivo di una civetta rossiccia aveva interrotto la colazione in casa
Weasley: erano arrivate le lettere ufficiali per l’inizio del nuovo anno
scolastico. Erano indirizzate a Ginny ed Hermione, le uniche che avrebbero
frequentato l’ultimo anno.
In via non formale, gli accordi con la McGranit erano
stati conclusi già da un paio di settimane e la professoressa si era dimostrata
ben più che felice di riavere Hermione per quell’anno.
Quando l’arruffata civetta aveva ticchettato contro il
vetro della finestra nell’ampia cucina della Tana. Ad aprirle era andata
Hermione che, tra le chiacchiere generali, aveva consegnato la sua lettera a
Ginny.
Dopodiché il silenzio.
In tre passi, Ron superò Harry che, nel frattempo
aveva abbandonato il suo waffle alla cannella e anche lui, insieme a Ginny e
Molly, fissavaHermione preoccupato,
andandosi a inginocchiare accanto alla ragazza
Dal canto suo, Hermione fissava pensosa la lettera che
teneva in mano, senza neanche averla aperta.
Scosse la testa, come riprendendosi da un momento di
isolamento mentale - Sì, sì… sì, va tutto bene! - disse, apparentemente calma,
distendendo le labbra in un sorriso incerto.
Ron le posò una mano sul ginocchio - Sei sicura?
Hermione annuì e senza aggiungere altro, gli passò la
busta, che affondò pesantemente nelle mani di Ron.
- Che diavolo…? - ma nel momento in cui realizzò, non
ci fu bisogno di terminare la frase. Sgranò gli occhi e, tastando la busta,
chiese - Pensi che sia…?
Hermione scosse le spalle, mordendosi le labbra - Cosa
altro potrebbe essere?
Si scambiarono uno sguardo complice, mentre gli altri
presenti li osservavano confusi.
- Ehm, scusate! - intervenne Ginny, ingoiando una
forchettata di uova al bacon - Vi dispiace illuminarci? O volete continuare a
farci marcire nell’ignoranza?
Molly la guardò severamente, ma dalla sua espressione,
condivideva in pieno l’osservazione di sua figlia.
- Oh, niente di che… - fece Hermione, nel tentativo di
mascherare la cosa - Non è nulla…
Ma Ron fu più rapido.
- E’ una spilla! - disse orgoglioso, alzandosi in
piedi e brandendo la lettera ancora sigillata come un trofeo.
Ginny lasciò cadere la forchetta, mentre Molly si
portava le mani alla bocca - Quella
spilla?
- Quella spilla!
Harry fece un gesto di esultanza, mentre Ginny batteva
le mani, felice.
- Un momento, un momento! - intervenne Hermione,
bloccando l’euforia - Non l’abbiamo ancora aperta! Non sappiamo cos’è! - fece
notare.
- Sì, che lo sappiamo - disse Ron, guardando la busta
- Ma per averne la certezza c’è un solo modo - fece per porgerle la busta -
Apri.
Hermione lo guardò incerta, poi, quasi spazientita,
affettò la busta e ne strappò il sigillo. In quell’immediato istante, una
spilla lucida e scintillante le scivolò tra le mani.
“Caposcuola Hermione Jean Granger”.
Harry riprese a congratularsi, mentre Ginny riprendeva
a battere le mani.
Ma il più felice era lui.
Con un urlo di vittoria, Ron la prese per le mani e la
fece alzare, piazzandole un dolcissimo bacio sulle labbra, con un tale
entusiasmo che ad Hermione mancò la terra sotto i piedi, nel vero senso della
parola.
- E’ fantastico, Herm! - le disse, ammirando la spilla
- Caposcuola.
Lei si morse le labbra, non sapendo cosa dire… Ron
sapeva che Hermione avrebbe preferito evitare quella scena in pubblico, avrebbe
preferito che la cosa passasse inosservata.
Perché lei odiava sentirsi al centro dell’attenzione,
soprattutto in casa Weasley…
Soprattutto dopo ciò che era accaduto in quella
famiglia…
La carica di Caposcuola era una frivolezza in
confronto a ciò che i Weasley avevano dovuto passare dopo la battaglia finale.
Hermione gli sorrise, incrociando le dita con quelle
di Ron, che ricambiò all’istante.
-Oh, Hermione cara - pigolò la signora Weasley,
alzandosi in piedi e congiungendo le mani - Congratulazioni! - estrasse il
fazzoletto da una tasca del grembiule - Ci voleva proprio questa bella notizia!
- si soffiò il naso - Un’altra Caposcuola in famiglia! - disse, mentre gli
occhi le diventavano pericolosamente lucidi e la voce pericolosamente incerta.
Ron aumentò la stretta attorno alla mano di Hermione,
per poi lasciarla andare.
Hermione fece qualche passo in avanti, accarezzando
dolcemente il braccio di Molly che tentava ancora di mascherare la commozione -
Grazie, signora Weasley… grazie.
Molly non la lasciò parlare ulteriormente perché, in
uno slancio, la prese fra le braccia, stringendola in una morsa affettuosa -
Oh, aspetta che lo sappiano gli altri! Una Caposcuola! - continuò a borbottare
contenta, tornandosene ai fornelli, probabilmente già intenzionata a preparare
una maxitorta per festeggiare… lasciando gli altri quattro con il presentimento
che quella spilla non avesse portato soltanto una svolta nella vita accademica
di Hermione.
Ma qualcosa di molto più importante.
- Fino a prova contraria,
dovrei essere io a dire “chi se lo scorda”! - si lamentò lei,
incrociando le braccia - Sbaglio o sono io quella che ha dovuto posare per sei
o sette dozzine di foto con quella spilla addosso?
Ron sbuffò - Volevi forse
negarmi la soddisfazione di immortalare quel momento?
- Ma è stato imbarazzante!
- fece lei, sbarrando gli occhi, tirandosi all’indietro i voluminosi capelli. Sembrò
pensarci su, poi aggiunse - Mai quanto alla cerimonia dei diplomi, comunque. Quando
hai fatto andare in tilt quella videocamera babbana - lo guardò scuotendo la
testa, mentre la sua bocca prendeva quella strana piega, quella che piega che
conosceva da anni.
La guardò negli occhi e si
rese conto che lo sguardo che lo ricambiava, era lo stesso, identico,
meraviglioso sguardo che si sentiva puntato addosso da una vita.
- Sono così orgoglioso di te -
disse, sospirando.
Ma prima che lei potesse
rispondere, qualcuno li interruppe.
- Non starai mica tentando di
arruffianarti la mia figlia preferita, Ronald Weasley?
Ron sorrise, non avendo
neanche bisogno di girarsi per capire chi fosse.
Hermione si avvicinò a passo
svelto, elegantemente fasciata nel tailleur da combattimento, come diceva
sempre lui, alludendo ai completi che Hermione indossava per andare a lavoro.
- Non oserei mai! - fece Ron,
alzando le mani - Diglielo, Rose.
La ragazza annuì - Puoi stare
tranquilla, mami! Nessun tentativo di plagio - fece, ridendo,
sporgendosi in avanti per dare un bacio alla madre.
- Mhm - commentò Hermione,
sorridendo.
- Piuttosto… - disse Ron,
allentandosi un bottone della camicia - La signorina vuole studiare
Magisprudenza. Chi ha plagiato chi, ora? - fece rivolto ad Hermione, nell’usuale
tentativo di punzecchiarla.
Il sorriso di Hermione assunse
la stessa identica piega che Ron aveva già visto pochi minuti prima - Cosa ti
aspettavi da mia figlia? - fece, stringendo tra le mani il viso lentigginoso di
Rose.
- Poi mi accusa di
arruffianarti, capito? - disse Ron, scuotendo la testa.
Rose sorrise, alzandosi in
piedi - Ok, ok! Siete assurdi - sentenziò, chiudendo il libro e
mettendoselo sotto braccio - Siccome questa discussione potrebbe durare ore, io
mi dissocio adesso, altrimenti rischio di fare tardi. Ma voi continuate pure! -
guardò l’orologio - Avete ancora un paio d’ore prima che faccia buio - li prese
in giro.
- “Fare tardi”? Dove
devi andare? - chiese subito Ron.
- A Diagon Alley - rispose
Rose, chiedendo aiuto a sua madre con lo sguardo.
- Con chi?
Hermione e Rose alzarono
contemporaneamente gli occhi al cielo.
- Santo cielo, Ron! -
intervenne Hermione - Lasciala andare senza farle il terzo grado!
- Con degli amici, papà -
rispose Rose, rimanendo sul vago più assoluto, poi, notando l‘espressione
imbronciata di Ron aggiunse- E poi, poco fa non sei stato tu a dirmi che a “vent’anni
non si dovrebbe stare a studiare” o qualcosa del genere? Ti sto
accontentando - disse Rose, utilizzando la sua migliore espressione innocente,
di marchio tipicamente Ronnesco.
Lui provò a ribattere
qualcosa, ma poco dopo, alzò le mani in segno di resa, sotto lo sguardo
divertito di Hermione che lo guardava a braccia incrociate, scuotendo la testa.
Rose si chinò a dargli un
bacio sulla guancia, stringendo ancora il libro tra le braccia - Vado a
salutare i nonni ed esco! Ci vediamo per cena!
Hermione le fece un segno di
assenso e poi, mentre Rose si allontanava, si chinò verso Ron, portando lo
sguardo all’altezza dei suoi occhi.
- “Qualunque cosa tu dica, potrà essere
usato contro di te”. Principi generali di Magisprudenza, capitolo uno. Deve
averlo appena imparato - e così dicendo gli posò un bacio sulle labbra.
Ron le afferrò una mano,
stringendola e baciandole il dorso - Vado a vedere se tua mamma ha bisogno di
aiuto per la cena. Vieni dentro? - gli disse lei, tirandolo.
- Resto qualche altro minuto e
ti raggiungo - fece, baciandole ancora la mano prima di lasciargliela.
Hermione si incamminò,
seguendo la scia di Rose che era quasi arrivata alla porta.
Ron le osservò da lontano e
come accedeva spesso quando si ritrovava a guardarli- lei, Rose e Hugo-,
provava un senso di completezza assoluta, di benessere, di grandezza…
Quando posava lo sguardo sui
suoi figli si sentiva completo, si sentiva soddisfatto, si sentiva orgoglioso.
Si sentiva tremendamente
felice.
E ogni volta che ci pensava,
si rendeva conto che tutto derivava da lei, nasceva da lei e grazie a lei.
Era lei ad avergli permesso di
essere completo, soddisfatto e orgoglioso.
Era lei ad avergli permesso di
provare quella gioia incommensurabile.
Era lei ad avergli permesso di
conoscere l’immenso.
Solo lei.
Fine
Ora la domanda è: a che punto avete capito che
la ragazza era Rose e non Hermione?
Ho adorato scrivere questo capitolo e sono
contenta anche del risultato.
Magari non raggiunge l’apice del romanticismo
per quanto riguarda la coppia Ron-Hermione, ma quando mi è venuta in mente
quest’idea, ho pensato che non ci fosse conclusione migliore.
Ritenevo che coinvolgere Rose, mostrandone l’estrema
somiglianza con Hermione, fosse il modo perfetto per…completarli!
Mi sembrava carino mostrare il risultato del
loro amore.
Spero che vi sia piaciuta, questo capitolo in
particolare.
Concludo questa raccolta, che è probabilmente
il lavoro di cui sono più orgogliosa in assoluto, ringraziando Voi, che
siete rimasti con Ron e Hermione “proprio fino alla fine” (vi è
familiare, eh?)
Grazie di cuore, avete reso questa raccolta
davvero speciale.