Running with the Wind

di Lucii
(/viewuser.php?uid=118749)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Prefazione ***


Correvo. Correvo a perdifiato, senza sapere con esattezza dove stessi andando.
Non avevo una meta precisa; Mi bastava correre.
Evadere da quella vita, divenuta ormai monotona e priva di senso. Ricominciare tutto da capo.
Abbandonare le vecchie abitudini, la vecchia casa dei nonni, i vecchi amici, la vecchia scuola.
La vecchia vita.
Ero pronta, decisa a lasciarmi tutto alle spalle, senza alcun rimpianto. Senza rimorsi.
Stavo attraversando una sconfinata radura, illuminata dai raggi del sole che facevano capolino fra le vaporose nubi bianche. Non c'erano ostacoli sul mio cammino; solo un paio di giovani e fragili arbusti. Vi era anche qualche chiazza di margherite azzurre qua e là.
Azzurre?  Da quando in qua le margherite erano del colore del cielo?
Non m'importava; continuavo a correre spensierata.
Sentivo l'aria fresca travolgermi il volto e disordinarmi i riccioli ramati. Sentivo solo il rumore del mio respiro affannato. Ed il canto degli uccellini, in sottofondo.
Oh, adoravo quella soave melodia fatta di cinguettii acuti e vivaci. Era assai piacevole udirla.
I miei passi erano silenziosi ed aggraziati, scattanti. Non inciampavo nemmeno, nel lungo abito color panna, che svolazzava nel vento e si intrecciava alle mie gambe.
                                                     
All'improvviso, sentii qualcosa bloccarmi, cingendomi le spalle: due mani.
Quella poggiata sulla destra, aveva una presa ferma, ma delicata; era molto curata e femminile, con un tenue smalto color perla.
Quella sulla sinistra, invece, aveva una presa più forte e decisa, virile.
-Mamma, Papà!- Esclamai sorpresa -Ma che..
-Tesoro, fermati. Dove stai andando?
-Lontano da qui.
Guardai giù: l'enorme prato si era trasformato in un ripido dirupo roccioso, che terminava direttamente nelle acque gelide dell'oceano; l'idea di buttarmi dentro era spaventosa , ma mi affascinava incredibilmente.
-Resta qui, non tuffarti. Pensa ai tuoi amici..- Supplicò mia madre; mio padre aggiunse:
-E pensa ai nonni!
-I miei ‘amici’ staranno benone. I nonni li chiamerò tutti i giorni.
Con uno strattone, riuscii a liberarmi dalla presa dei miei genitori.
-Non c'è più niente che mi tenga legata a questo posto, Niente!   Voi mi avete abbandonata!
Gli urlai, prima di buttarmi nel profondo abisso; ero ansiosa di sentire i miei capelli, la mia pelle, il mio abito completamente bagnati dalle acque dell'oceano. Non ascoltai la loro risposta. Sempre che me ne avessero data una.
 
L'impatto con l'acqua mi fece sobbalzare.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Spalanco le palpebre, battendole violentemente; sono accecata dalla luce che entra dalla finestra.
Ho ancora il cuore che batte all'impazzata per la lunga corsa nella radura, per la scarica di adrenalina, portata nelle vene da quello spaventoso tuffo nell'oceano. Ok, devo calmarmi.
Era solo un sogno.
Il cervello ricomincia a funzionare, i pensieri a fluire sempre più veloci nella testa e gli occhi si adattano alla luce.
Voglio tornare a dormire beata, voglio tornare asognare.
Oddio, da quanto tempo non mi si presentavano in sogno, mamma e papà?
Fin troppo.
Ormai avevo perso le speranza di rivederli, di risentire la loro voce ed il loro tocco caldo su di me.
E invece, eccoli qua. Che cercano di fermarmi, mentre tento di tuffarmi in una vita del tutto nuova e sconosciuta.
Ma perché? Non vogliono forse il mio bene?
Non capiscono che stare lì, mi fa solo soffrire?
Ormai niente mi tiene attaccata a questo postaccio, se non un doloroso ed indelebile ricordo, che non riesco più a sopportare.
Il mio modo di vedere le cose è stato alterato. E' mutato il mio criterio di valutazione del mondo e della gente; completamente trasformato.
Quante lacrime si nascondono fra le strade di questa piccola città, fra le basse colline lì vicino, fra i parchetti dove andavo da piccolina.
No, è un'idea inaccettabile restare ancora qui. Non se ne parla.
Loro dovrebbero capirmi, mamma e papà. E invece..
 
- Christine! Svegliati, o farai tardi in stazione!
La fragile voce di mia nonna ed il profumino di brioche appena sfornate interruppe bruscamente i miei tristi pensieri.
Basta torturarsi con tutte 'ste paranoie, ormai ho deciso.
Da oggi cambierà tutto, ne sono consapevole. Ogni dettaglio della mia vita sarà ribaltato, tutto cambierà completamente. 
Ed è ciò che desidero.
 
Mi libero dal lenzuolo con un paio di calci e salto giù dal letto, barcollando un po’ a causa del torpore che pare non volermi proprio abbandonare.
- Arrivo nonna! - Urlo affacciandomi alle scale.
Mi precipito in bagno dopo aver visto l'ora segnata sulla mia sveglia digitale - avrei dovuto essere in piedi già da mezz'ora - mi rinfresco il viso con l'acqua gelida e mi vesto velocemente, con quello che avevo preparato appositamente la sera prima:
i miei jeans chiari, la mia t-shirt nera di Betty Boop, le mie amate converse nere ed una felpa in cotone.
Corro giù per le scale saltando gli ultimi due gradini e volo in cucina, dove mi attende un piatto di fumanti brioche appena sfornate dalla cuoca migliore che abbia mai conosciuto.
Eccola lì, con il suo grazioso grembiulino rosa allacciato alla vita, intenta a preparami la colazione di tutta fretta;
le stampo un bacio affettuoso sulla guancia fresca e ruvida.
- Buon giorno, nonna!
- Christine, santo cielo! Non imparerai mai!
Mi rimprovera, poggiandomi un piattino sul tavolo.
Mmm, brioche al miele e cereali e spremuta fresca d'arancia. Una vera delizia!
- Scusa, non ho sentito la sveglia.
Mi gusto la prelibata colazione, anche se con una certa fretta; non vorrei perdere il treno.
Mi guardo intorno con gli occhi spalancati, come se fosse la prima volta che vedo quelle quattro mura verde chiaro.
Sento una strana sensazione, forse malinconia, che si impossessa improvvisamente del mio cuore.
I quadri dipinti dal nonno, le vecchie foto, le mensole in legno antico dove si trovano le varie spezie per fare succulenti piatti o deliziosi dolcetti..e quell'orribile orologio a cucù che stranamente funziona ancora, dopo tutte le volte che l'ho fatto volare per terra quando ero bambina.
Quante ramanzine mi sono beccata per quel cavolo di orologio.
Ma forse mi sarebbe mancato pure quello, una volta che me ne fossi andata.
Mi sarebbe mancato tutto questo, lo ammetto. Mi sarebbero mancati Loro.
- Su, muoviti, che fra un po’ dobbiamo andare!- Mi dice il nonno, arrivando alle mie spalle e facendomi sobbalzare.
- Ok!
Finisco in tutta fretta gli ultimi sorsi di spremuta e volo di nuovo in camera, per chiudere definitivamente le valige. Esse sono lì, vicino al mio letto; sembra quasi che mi stiano guardando, impazienti anche loro di partire, di andarsene.
Ziip.Ultimo bagaglio sigillato.
Il nonno le porta in macchina ed io rimango imbambolata a fissare la mia camera, il mio armadio vuoto del quale accarezzo con la punta delle dita le ante in legno di ciliegio, per poi richiuderle. Guardo la finestra dalla quale mi sporgevo sempre da bambina per ammirare le rondini che sfrecciavano leggiadre nel cielo; sognavo di poterlo fare anche io, un giorno.
Ora le persiane sono chiuse e non entra nemmeno un po’ di luce. Il letto è perfettamente rifatto; la nonna è sempre stata una maniaca dell'ordine e della pulizia. Mi ricordo ancora quando da piccola mi arrabbiavo, perché ogni domenica mi svegliava alle nove per rifare il letto. Sulle labbra mi si disegna un sorriso malinconico.
Arrivederci, vecchia camera, non  ci vedremo per un bel po’, temo.
Tiro un bel sospiro e conto fino a tre. Ok, ora sono davvero pronta.
Esco, spengo la luce della stanza e mi avvio verso il piccolo giardinetto dove vedo la nonna quasi in lacrime, il nonno pronto ad avviare il motore della sua vecchia Panda blu per portarmi in stazione ed il gatto che osserva curioso la scena.
-Nonna, tornerò a trovarvi!- La abbraccio delicatamente, per paura di poter sgretolare quella sua pelle così chiara e delicata.
-Oh, tesoro, ci mancherai!
-Anche voi mi mancherete. Tanto. - Riesce pure a sfuggirmi una lacrima.
Poi, mi rivolgo al gatto : - Mi raccomando, Peach, prenditi cura dei nonni!
Sembra quasi mi abbia capito; Avvicina il suo musino al mio naso e vi si strofina contro.
Sorrido. - Sì, anche tu mi mancherai. Pronto, nonno?-
- Pronto - Mi risponde sorridente, sotto quei suoi baffi grigi.
Salto sul piccolo mezzo e osservo la nonna, la casa, la città, allontanarsi pian piano; chilometro dopo chilometro.
 
La stazione è piuttosto affollata, per essere appena a Marzo: tutta questa gente che parte in questo periodo non credo di averla mai vista.
Frugo nella mia borsa nera, quella che mi ha regalato la nonna per il mio compleanno, ed afferro il biglietto bianco e azzurro, pieno di lettere e numeri. Lo guardo per un attimo.
Solo andata,il ritorno non è momentaneamente previsto.
Un altro bel respiro profondo. Uno, due, tre.
Sento una voce poco chiara e gracchiante proveniente dall'altoparlante, che annuncia l'arrivo del mio treno, al binario 2.
Le porte del vagone si spalancano ed io tentenno un po’ prima di decidermi ad entrare, seguita dal nonno che mi porta i pesanti bagagli di ricordi; ci metto poco a trovare il mio posto, vicino al grande finestrino pulitissimo.
- Ciao nonno. Vi chiamo non appena arrivo - Gli sorrido dolcemente e lo abbraccio, respirando il suo profumo, che sa di ricordi e di infanzia.
- Salutaci la zia. E mi raccomando: non farla impazzire troppo!
Ridacchio. - Va bene, ci proverò!
Poggio la borsa sulle ginocchia e tiro fuori il mio mp3 verde, come gli occhi di papà.
Mi metto seduta comoda, accendendolo e premendo Play su 'Sally' ; guardo fuori, mentre il treno comincia a muoversi: il nonno mi saluta un'ultima volta con la mano rozza e pallida, con aria triste, ma sempre sorridendomi sotto i suoi amati baffi grigi.
Oh, un'altra lacrima.
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


 
Il viaggio è stato tranquillo, ma sono comunque stanca e necessito di qualche minuto di relax sotto il getto caldo dell’acqua, mentre la zia mi cucina qualcosa da mangiare. Abbandono momentaneamente le valige in camera, estraendone solo lo shampoo alla camomilla ed il doccia-schiuma, quello che profuma di cocco.  Sto in bagno una mezz’oretta circa, prima di uscirne pulita e profumata, con i capelli arruffati e ancora umidi; oggi sono davvero intrattabili, mi conviene lisciarli con la piastra. Alle due meno un quarto del pomeriggio, sono finalmente pronta: capelli lisci e che profumano di camomilla e miele, felpa verde, jeans e converse. Non ho voglia di disfare le valige ora, lo farò più tardi. Lo stomaco brontola.
- Chris, vieni a mangiare, ti ho preparato dei toast! – Urla la zia dal corridoio.
-Arrivo! –
La casa di zia Caterina è proprio come me la ricordavo: davvero graziosa, ben arredata.
Ha uno stile che tende al rustico, ma è anche moderno. Ci sono un sacco di piantine sparse per le stanze, su ogni mobile: piantine grasse, in particolare. Il salotto è caldo ed accogliente, vi è un comodissimo divano a “L” con tre o quattro cuscini; la vecchia poltrona in vimini dove si sedeva sempre papà è ancora lì nell’angolo, vicino al piccolo caminetto.
La mansarda è inutilizzata e piena di polvere: ci tiene solo qualche scatolone con roba vecchia ed inutile, ma dice che quest’estate vorrebbe sistemarla e farci una stanza in più, per gli ospiti.
Il grande giardino è stato risistemato: tutte le buche che scavava il vecchio Billy per seppellirci gli ossi non ci sono più; e non c’è più lui: era anziano e ammalato, povero. ‘Perlomeno ora il giardino è in ordine’ dice la zia.
Mi sono sorpresa di ritrovare la mia camera identica all'ultima volta che vi sono stata: non è stato spostato niente, neanche i miei vecchi giocattoli. Sul piccolo comodino in legno, vicino al letto, c'è ancora il mio vecchio carillon: una giostra con i cavallini che girano in senso orario, ondeggiando su e giù; è azzurro e d’orato. Ogni sera, prima di andare a dormire, la zia mi raccontava sempre storielle sui cavalli, usando la canzoncina dolce del carillon come sottofondo.
Da piccola ho preso qualche lezione di equitazione nel suo ranch, in estate: un enorme spazio verde, non tanto lontano da casa, dove teneva una decina di purosangue e li addestrava per concorsi di ogni genere. Mi sembra passata un'eternità, eppure me lo ricordo perfettamente come se fosse ieri: rammento bene ogni indicazione e consiglio datomi per far sì che diventassi una brava cavallerizza. Purtroppo, però, le lezioni non erano mai abbastanza e duravano troppo poco perché mi esercitassi sufficientemente; ed in oltre, mia madre non approvava del tutto il fatto che montassi un'enorme animale che correva veloce come il vento. Che correva con il vento. Quindi sono stata costretta a smettere, dopo una decina di lezioni.
Mi siedo sul comodo letto, prendendo in mano il piccolo carillon e facendo funzionare, dopo chissà quanto tempo, il vecchio ingranaggio arrugginito. La melodia è la stessa dei miei nitidi ricordi: delicata, dolce, soave; perfetta.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Più tardi vado con la zia a visitare il ranch, dove cavalcavo quel bellissimo ronzino del colore del miele, Honey; chissà se c’è ancora. La strada la facciamo a piedi chiacchierando e scalciando i piccoli sassolini che incontriamo lungo il cammino, sotto l’ombra degli alberi che stanno ai bordi del sentiero asciutto e polveroso.
-E Honey? – Domando curiosa.
-Era piuttosto anziana, e..
-Ah, capisco..peccato, volevo rivederla. - Non me ne ero mai resa conto prima, o forse non volevo ammetterlo, ma mi ero affezionata a quel simpatico animale a quattro zoccoli. Mi sarebbe piaciuto accarezzare nuovamente la sua morbida criniera.
-Ci sono ottimi da corsa..ho ingrandito la stalla, circa un anno fa, per poterne ospitare di più - Aggiunge.
-E come va con gli addestramenti?
-Ora io non li alleno più i cavalli, non ho tempo. Ho aperto un negozio di cosmetici.
-E allora chi li cura?
-Ho assunto delle persone specializzate. Due fratelli di circa vent’anni e loro cugino, che avrà più a meno la tua età; lui non ha molta esperienza, però ci sa fare con i cavalli, è in gamba. Abbiamo un veterinario che viene regolarmente a visitare gli animali per valutare le loro condizioni di salute, è un brav’uomo, svolge il suo lavoro con professionalità e diligenza.
-Bene, meglio così, almeno puoi dedicarti completamente al tuo lavoro, sono felice per te! - Commento.
-Grazie tesoro. Guarda, siamo arrivate.
Eccoci.
Il sentiero striminzito si allarga divenendo un'ampia stradina più pulita, dove possono tranquillamente passare macchine e
camioncini. Rimango imbambolata per qualche secondo, davanti a quella scena: anche qui non è cambiato assolutamente niente, tutto è rimasto com'era l'ultima volta che ci sono stata; solo qualche modifica per modernizzare un po’ il posto.
Non mi sembra vero, sto vivendo un dejà vu! Manca solo Honey che bruca indisturbata nel prato a completare la scena.
-Vieni Chris, ti faccio vedere i cavalli - Esclama mia zia improvvisamente entusiasta, trascinandomi dentro l’enorme scuderia dove alloggiano i ronzini.
Spettacolare: spaziosa, ordinata, pulita.. ben tenuta. Si vede che i cavalli sono amati e curati, qui.
Appesa al muro, a sinistra non appena si entra, c’è una lavagna magnetica piena di avvisi per concorsi locali e regionali, una tabella che indica gli orari lavorativi dei ragazzi ed una con l’elenco di tutti i cavalli con i rispettivi dati e giorni in cui sono montati dai fantini per l’addestramento. Sul soppalco in legno è stato sistemato il fieno di scorta per gli animali e vi è una grande stanza piena di trofei e medaglie, con tanto di  foto del cavallo vincitore, accanto.
- Cavolo, zia! Che bella, l'hai ristrutturata proprio bene!- Esclamo contenta.
-Visto? Te l'avevo detto che ti sarebbe piaciuta! - Mi risponde, altrettanto contenta e soddisfatta.
Mi fa fare il giro dei box e mi presenta qualche cavallo dicendomi nome, razza, carattere e concorsi vinti fino ad ora.
- ..E questa è Jewel, davvero una giumenta deliziosa: è molto docile e socievole. E quello in fondo a dest..
-Ah, dannazione! - La interrompe una voce giovane, maschile. Un urlo spazientito e parecchio furioso.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Sobbalzo e mi giro a guardare chi possa essere, confusa.
- Quel cavallo è indomabile! – Urla ancora lui, camminando veloce verso di noi. Ha la maglietta piena di terra.
-Ancora problemi con lo stallone? – Domanda la zia preoccupata.
-Problemi è dire poco! Ho rischiato di farmi calpestare la faccia da quella bestiaccia! - Urla lui, ancora furioso.
Poi fa un respiro profondo: sembra essersi calmato, finalmente.
- Davvero? Oddio! Inizio a pensare che quel cavallo sia irrecuperabile, oramai..- dice mia zia meditabonda, mentre lo aiuta a ripulirsi dalla polvere.
-Ma quale cavallo? - Mi azzardo a domandare, risvegliandola dalle sue riflessioni. Sbatte le palpebre e posa gli occhi scuri su di me, ricordandosi della mia presenza. Mi sorride.
-Oh, dimenticavo! Chris, lui è Loris, il ragazzo di cui ti ho parlato prima..ci aiuta molto con i purosangue -
- Piacere -  Mi sorride radioso, mostrando una fila di denti perfetti e bianchissimi.
- Christine, piacere mio - ricambio timida il sorriso, facendo un cenno con la testa.
- Dunque, Loris, perché non fai fare a Christine un giro completo del ranch, così fate conoscenza?
- Oh, ehm.. va bene - Arrossisce appena, con gli occhi verde smeraldo che brillano.
- Non ti preoccupare per lo stallone, lo porta dentro Mark - Lo incoraggia zia Caterina.
- Ok, almeno non sarò di nuovo io a rischiare la vita! – Ridacchia e scuote la testa, togliendo quel po’ di terra che gli era rimasta impigliata fra le onde appena accennate dei suoi capelli, castani.
-  Vieni, Christine, ti faccio vedere i cavalli fuori - Mi porge la mano, amichevole e sorridente. La afferro e mi trascina
all'esterno, fino al vecchio recinto in legno che circoscrive un infinito prato verde; lascia la mia mano.
Lo osservo un attimo: i suoi capelli sono più chiari alla luce del sole. Sembrano quasi ramati, come i miei boccoli.
Sul naso all’insù noto qualche lieve lentiggine, un neo sulla guancia destra, vicino all’occhio. Si accorge del mio sguardo, forse un po’ troppo insistente, si volta verso di me: -Qualcosa non va?
–No,no. – Arrossisco. Lui sorride e torna a guardare nella direzione dei ronzini; io faccio lo stesso, ancora imbarazzata.
-Guarda, quelli sono Prince e Spirit..e quella laggiù, con il manto bianco maculato di marrone, è Penelope. Sono tutti cavalli da
corsa molto veloci, sono forse i migliori che abbiamo- Mi spiega, indicandoli uno ad uno.
Oh, cavalli magnifici, non lo nego. Ma la mia attenzione viene richiamata da un nitrito, seguito da molti altri, che vanno a fondersi in un lamento unico. Alla mia destra, in una piccola recinzione circolare, vi è un maestoso stallone dal manto corvino e lucido, con le crini ondulate e nere come la pece, che svolazzano nel vento mentre si agita nel piccolo spazio a forma di cerchio.
Quale magnificenza. I miei occhi si spalancano, per la prima volta davanti a tanta bellezza ed eleganza.
-E quello? - Domando sovrappensiero, con lo sguardo fisso sul purosangue.
- Ah, quello…è lui che voleva ridurmi a pezzi, prima.. - Dice irritato.
- Oh. E come mai è così...irrequieto? -Sempre gli occhi fissi sull'animale.
- Dicono abbia avuto un passato difficile. Ed ora non si lascia montare da nessuno; mangia, beve, si lascia pulire.
Niente di più, niente di meno. - Risponde secco. Poi afferra di nuovo la mia mano:
- Dai, vieni, ti faccio vedere i puledri: sono nati da qualche giorno appena - Esclama, portandomi dall'altra parte del ranch.
Passiamo qualche ora a parlare di noi, delle nostre passioni, dei nostri hobby, della scuola. Iniziamo a conoscerci un po’, mentre lui accudisce i puledri ed io lo osservo interessata; è davvero in gamba con i cavalli, ci mette amore in quello che fa. Aveva ragione la zia. E’ piacevole chiacchierare con lui, è un ragazzo molto solare e simpatico.
-Quindi ora abiti a tutti gli effetti in questo paesino sperduto, in mezzo alle campagne?
- Pare proprio di sì..
- E come mai questa scelta? Non ti piaceva la città?
- Non mi piaceva quella città. Ho sempre preferito l’aria pulita delle campagne.
- Sì, l’aria pulita e che puzza di stalla! Lo sai che qui usiamo ancora il canto del gallo come sveglia?
Rido.
-Niente sveglia digitale? Beh, vorrà dire che mi adeguerò..del resto io odiavo il rumore di quell’aggeggio. Ho sentito che molti di voi  hanno ancora il bagno comune per più famiglie, in giardino. E’ vero?
- Ehi, non siamo così indietro, noi campagnoli!
Loris ridacchia con me, poi torna serio.
-In effetti, la città è tutta smog e cemento, non piacerebbe nemmeno a me. Ti mancano i tuoi amici?
Aspetto qualche istante prima di rispondere e lui capisce di aver toccato un tasto dolente.
-Se non ne vuoi parlare non c’è problema..
-No, stavo solo riflettendo…in effetti, di amici non ne avevo in città. Non mi piaceva quella compagnia, ho perso i contatti prima ancora di partire. Non sono mai stati dei veri amici..
-Di gente falsa ce n’è tanta in giro, devi solo stare attenta a chi ti circonda, tutto qua. Evita gli amici falsi.
-Infatti, è quello che ho fatto.
- Come dico sempre io: pochi ma buoni! Avrai l’occasione di trovarti dei nuovi amici qua, non pensare più al passato..tieni gli occhi ben aperti: non farti usare da nessuno.
Gli sorrido: -Già. Posso ricominciare tutto da capo, ora che sono qui.  

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=678320