Pretend the World has Ended.

di Lexy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Blackened. ***
Capitolo 2: *** Someone must get hurt. ***
Capitolo 3: *** Dim my eyes. ***
Capitolo 4: *** Respira Ancora. ***
Capitolo 5: *** Not the nicest Guy. ***
Capitolo 6: *** Parte 2: Without you. ***
Capitolo 7: *** Amour, Amour. ***
Capitolo 8: *** Passive. ***
Capitolo 9: *** Misery loves Company. ***
Capitolo 10: *** Every you, every me. ***
Capitolo 11: *** Pretend the world has ended. ***



Capitolo 1
*** Blackened. ***


Dunque, per prima cosa, salve a tutti, sono contenta che abbiate scelto di leggere questa storia, che è il seguito di “Who will take my dreams away”, di cui consiglio la lettura o non ci si capirà questo granché.
Prima di iniziare, spiegherò alcune cosette…

1)    Questa fiction si ambienta, come presto capirete, più o meno quattro anni dopo la fine di “Who will take my dreams away”, molte cose sono cambiate in questo lasso di tempo e si scopriranno a mano a mano che la storia va avanti.
2)    In questo seguito ho deciso di aggiungere un buon numero di personaggi ‘nuovi’, mai apparsi nelle saghe di Nolan e che, chi ha confidenza coi fumetti, conoscerà sicuramente.
3)    Leggendo noterete che l’ambientazione è molto caotica, le apparizioni dei personaggi possono sembrare addirittura random ed i capitoli saranno pochi in confronto alla prima storia ma molto più intensi; quest’impressione è pienamente voluta, perché i personaggi sono tanti ed in lotta tra loro, volevo si notasse che ora sono “troppi” e c’è bisogno di “fare pulizia” a Gotham.
4)   Consiglio caldamente l'ascolto delle canzoni che inserisco nei vari capitoli, che porteranno i loro titoli; questo perché le ho scelte accuratemente e con una ragione, ovvero aiutare a capire meglio il contesto e l'intensità di ogni parte della storia.

Per quanto riguarda il capitolo dell’intervista, sto incontrando alcune difficoltà quindi è probabile che tarderò molto ad elaborarlo.

Infine, voglio ringraziare la mia mentore, beta e grande amica rinnie per tutto il sostegno, l’aiuto, ed i consigli che mi ha dato e che sono certa continuerà a darmi ^^! Grazie per l’aiuto e per tutto il tempo che perdi appresso a me xD!

Con questo vi lascio e vi auguro una buona lettura, sperando di leggere le vostre numerose recensioni! Un abbraccio, alla prossima!

XxX.SilverLexxy.XxX


PRETEND THE WORLD HAS ENDED.

La canzone usata per questo primo capitolo è "Blackened" dei Metallica.

Capitolo 1 : Blackened.


Intro.

Quello era forse il party più noioso al quale Bruce Wayne avesse mai partecipato in vita sua anche se erano, per lo più, sempre tutti uguali; il milionario si era troppo abituato, negli anni passati, alla costante presenza di Dick Grayson ma ora non aveva più nessuna via di fuga dalla noia che quella gente gli trasmetteva coi loro sguardi, coi loro discorsi, con tutto il loro essere (falsi).

I sorrisi di circostanza erano qualcosa a cui Bruce si sentiva fin troppo abituato e che restituiva puntualmente al mittente, come se fossero stati pugni, come quando lottava nei panni di Batman; era una lotta estenuante cui riusciva sempre a sopravvivere, comunque.

Quella sera era circondato di donne e non ne trascurava nessuna, fedele alla sua maschera (Bruce Wayne era la sua vera maschera) e tenendo testa più che onorevolmente alla sua fama di playboy e scapolo d’oro; non pensava più a Joker tanto spesso come una volta ed anche se questo era un bene, visto che gli evitava di soffrire, ne stava risentendo sotto altri aspetti.

Stava lasciando che i suoi ‘insegnamenti’ – le realizzazioni ed i presupposti che il clown gli aveva ispirato – svanissero lentamente, lasciando posto solo alla noia, così che Bruce Wayne o Batman stesso andassero avanti per pura forza d’inerzia, facendo tutto ‘perché lo aveva sempre fatto’, non perché ‘era giusto’ o ‘lo volevano’.

Guardandosi attorno mentre camminava tra gli ospiti, champagne alla mano, ascoltava solo distrattamente la voce del banditore che stava mostrando la collezione di diamanti che quella sera sarebbero stati venduti in beneficienza; quando l’uomo scoprì le pietre preziose Bruce sentì tutti trattenere il respiro, estasiati da quella vista ma lui non si voltò neppure.

D’altronde conosceva bene quei gioielli, era stato proprio lui a donarli per la ‘giusta causa’, una delle tante che, ora come ora, neppure ricordava… improvvisamente però le luci andarono via e la sala fu inondata dal buio, i presenti si lasciarono andare a commenti o esclamazioni di stupore, mentre il banditore, con voce calma, rassicurava che avrebbero risolto tutto molto presto.

Blackened is the End
(Oscura è stata resa la fine)
Winter it will send
(L’inverno la manderà)
Throwing all you see
(Gettando tutto ciò che vedi)
Into obscurity
(Nelle tenebre)

Al fianco dell’uomo però, sul palco, cadde un raggio di luce e Bruce non attese oltre per sparire ed indossare il costume di Batman, perché qualunque cosa stesse accadendo, non era certamente nulla di buono. Quella era Gotham City d’altronde, la più grossa calamita per pazzi al mondo, probabilmente.

**

Immersa nel raggio di luce – come se si stesse facendo un bagno di sole - Poison Ivy calava lentamente, seduta come una principessa sulla sua corda di edera e liane fiorite, mentre con un ghigno di superiorità guardava tutte quelle persone che a loro volta la fissavano a bocca aperta, strabiliati dalla sua bellezza, dalla potenza della sua figura guantata di verde, dai suoi capelli rossi come il fuoco, come il sole al tramonto. Infine scese con un balzo leggiadro, posando le mani sui propri fianchi, in una posa letale nella sua sensualità.

“L’unica giusta causa per questo denaro… è la natura!”

Death of Mother Earth
(La morte di Madre Terra)
Never a rebirth
(Mai una rinascita)
Evolution's end
(La fine dell’evoluzione)
Never will it mend
(Non la migliorerà mai)

Nessuno obiettò nulla alla sua affermazione, troppo stupiti o spaventati per dire una parola, e lei si chinò in avanti col busto, soffiando un bacio in direzione del banditore che, immediatamente, fu colto dall’irrefrenabile desiderio di compiacerla, di averla per sé e si precipitò a prendere tutti i gioielli per fargliene dono, accolto poi dal suo benevolente sorriso.

Lei scelse ed indossò una parure preziosissima per poi fare incetta di tutti gli altri espositori, vuotandoli in una borsa che teneva a tracolla mentre tutti gli ospiti restavano immobili, incantati dal suo sorriso e contagiati dai suoi feromoni ed una volta preso possesso di tutto – quei gioielli erano suoi di diritto, perché solo lei sapeva cosa era giusto – scese lentamente dal palco, letteralmente sfilando lungo la piccola scala con leggiadria incantevole; sugli ultimi gradini onorò il fortunato che l’aveva raggiunta facendosi aiutare nella sua regale discesa, poggiando appena la sua bellissima mano su quella dell’uomo.

Lei era felice. Lei era bella. Lei aveva – o comunque poteva avere – tutto ciò che voleva. Il suo desiderio di riportare l’umanità – partendo da Gotham City, la capitale degli sprechi e dell’arrivismo – a quello stato di primordiale natura selvaggia ed incontaminata era solo ad un bacio di distanza; nulla era impossibile per lei e lo sapeva, ne era compiaciuta.

Never...!
(Mai…!)

Quando la punta del suo stivaletto toccò infine il pavimento, sentì il volo della sua immaginazione screziarsi bruscamente a causa di un boato e la furia cieca le montò dentro alla vista di tutti quegli uomini mascherati con quelle che sembravano tute di contenimento; si sparpagliavano velocemente imbracciando armi bianche e lucenti, quasi argentate, proprio come il ghiaccio.

Alzò lo sguardo iroso verso la porta, spalancata ad incorniciare lui, la figura brillante del “re dei ghiacci” come lo chiamavano in molti, mentre i suoi scagnozzi si aggiravano velocemente tra gli ospiti, derubandoli di tutto e causando l’inizio del loro risveglio dall’azione dei suoi feromoni; li odiava. Odiava lui, il loro capo che con spavalderia stava facendo il suo trionfale ingresso – troppo trionfale, solo lei aveva il diritto di apparire in quel modo: potente, affascinante, imponente.

Lo odiava… e tutto ciò che Poison Ivy odia, deve essere distrutto in nome della sua utopia perfetta, di quel sogno che era più importante della vita di tutti gli esseri umani.

“Combattete!”

Fu il suo ordine alla folla, sottolineato da un aumento esponenziale dei feromoni nell’aria.

**

Mister Freeze non fu stupito di trovare la sua – al momento più temibile – rivale già sul posto: la piccola era impaziente, viziata e mossa da idee folli dettate dalla sua mente malata; tutto l’opposto di lui, l’uomo di ghiaccio, eterno, freddo, privo di qualsiasi sentimento eppure mosso dall’amore e dalla disperazione: la forza ed il silenzio di un uomo tanto spietato quanto legato ad un meraviglioso passato fatto di semplici ricordi, di una vita bruscamente interrotta da coloro dai quali aveva preso ad esempio per la sua cattiveria.

Lui. L’uomo di ghiaccio si sentiva incredibilmente superiore a quella povera folle.

FIRE
(Fuoco)
To begin whipping Dance of the Dead,
(Per cominciare la danza a colpi di frusta dei morti)
Blackened is the End!
(Oscura è stata resa la fine)
To begin whipping Dance of the Dead,
(Per cominciare la danza a colpi di frusta dei morti)
Color our world Blackened!
(Colora in nostro mondo oscurato)

“Combattete!”

Era il grido della donna e la vide agitarsi come un’amazzone, i suoi capelli le svolazzavano intorno mostrandola come l’isterica che in realtà era, ed un attimo dopo tutti le obbedirono. Le porte si chiusero ermeticamente all’improvviso, di certo per opera di Nigma, ma neppure il re degli indovinelli poteva fare nulla per aiutarla, perché anche lui possedeva un alleato di tutto rispetto.
Jonathan Crane era forse meno abile dell’Enigmista ma avevano un vantaggio: i loro stili si addicevano e formavano, insieme, una macchina perfetta.

“Ancora lei?”

Lo sentì chiedere mentre lo raggiungeva sorridendo, poi quel familiare, curioso suono riempì l’aria mentre l’ex psichiatra faceva uso della sua arma – l’avevano progettata insieme, era qualcosa di unico – sparando in aria, verso il centro della stanza, la sua particolare pallottola che immediatamente esplose come un razzo segnalatore, diede inizio ad una pioggia di gas che ricadde su tutti i presenti; la follia si impadronì di loro ed alzando lo sguardo su Ivy, la vide iniziare a scappare, ma non c’era modo di sfuggire al freddo.

Blistering of Earth
(L’infestazione della terra)
Terminate its worth
(Termina la sua utilità)
Deadly Nicotine
(La nicotina mortale)
Kills what might have been
(Uccide ciò che avrebbe potuto essere)


Ivy avrebbe fatto meglio a non vestirsi così leggera, quella notte.

**

Ivy tentava di fuggire, Crane poteva vederla sgambettare e sgomitare in quella folla terrorizzata ma lui non glielo avrebbe permesso, non era il suo stile; per non parlare del fatto che l’Edera ancora aveva addosso ciò per cui erano venuti anche loro – i diamanti – e non glieli avrebbe mai lasciati, quelle pietre erano ciò che tenevano in vita Freeze.

L’uomo di ghiaccio gli aveva dato molto: potenza, occasioni per mettersi in gioco e mai, neppure quando stava con Harvey aveva mai raggiunto un simile livello di potere. Ora lui aveva tutto e la promessa di poter ottenere molto di più; aveva incontrato una persona – proprio dopo il fiasco con Duefacce, quando ne aveva più bisogno – dal carisma infinito e di cui finalmente poteva davvero fidarsi, sapeva che Freeze avrebbe sempre saputo come tenerlo al suo fianco e non sentiva mai neppure il bisogno di psicanalizzarlo.

Spaventapasseri sorrideva, anche se l’Enigmista aveva aperto una porta per permettere alla sua padrona di fuggire, ma a Freeze fu sufficiente un colpo del suo cannone per congelare quell’uscita e bloccarle la via di fuga.
Crane sentiva emergere, dal profondo, una voglia incredibile di mettersi a ridere, lasciò che il suo sguardo vagasse all’interno della sala e si sentì quasi eccitato di fronte allo spettacolo che tutta quella gente gli stava offrendo, contorcendosi in terra agonizzanti e terrorizzati.

Callous frigid chill
(Gelo insensibile e glaciale)
Nothing left to kill
(Non è rimasto nulla da uccidere)
Never seen before
(Mai visto prima)
Breathing nevermore
(E non respirerà mai più)


Un rumore improvviso attirò la sua attenzione e voltandosi, senza nessuna espressione, prese nota dell’arrivo al party – fin troppo presto, accidenti! – di qualcun altro che, come suo solito, aveva preferito calarsi dal cielo, rompendo l’enorme lucernario. Le entrate teatrali erano il suo forte, ma ormai Crane non aveva più paura, da tempo il pipistrello aveva smesso di infestare i suoi incubi o anche solo di preoccuparlo.

Perché aveva Freeze al suo fianco, ora. Il sovrano del gelo gli dava anche questo: sicurezza.
Spaventapasseri non si muoveva, restava al suo posto e senza la minima preoccupazione a deformargli il volto, osservava la lotta – come sempre qualcosa di memorabile – tra il cavaliere oscuro e quello d’argento. Non aveva bisogno di osservare il viso del suo alleato per sapere che non vi avrebbe mai letto traccia di paura di fronte a nessuno, neppure Batman in persona.

Non aveva bisogno neppure di coprirgli le spalle o aiutarlo, sarebbe stato un insulto alla potenza del suo gelo, quindi tornò ad esplorare la stanza alla ricerca di Ivy e la incontrò quasi subito, ma ugualmente troppo tardi perché era vicinissima; gli strappò la maschera con prepotenza, per poi soffiare – sensuale come solo la pazzia riusciva a far apparire certe persone – il suo bacio ai feromoni dritto verso i suoi occhi spalancati per lo stupore.

Never...!
(Mai…!)

L’ex psichiatra, per quanto cosciente della falsità di quelle nuove ed improvvise sensazioni, già non riusciva ad impedire alla sua mente di lasciarsi cullare da quel nuovo desiderio ed anche lui fu colto dal bisogno irrefrenabile di compiacere quella donna stupenda, bellissima, e avrebbe fatto di tutto per avere un suo bacio ed a nulla servivano le grida di Spaventapasseri nella sua testa, che tentavano di risvegliarlo da quel mortale inganno.

“Spostati dalla porta e lasciami passare!”

Era il suo ordine e lei era bellissima, lei voleva qualcosa da lui che immediatamente, strabiliato ed onorato, si scansò per lasciarla passare, felice per il sorriso che lei gli aveva rivolto. Non una parola però uscì dalla sua bocca – riusciva ancora a mantenere quel minimo di controllo ad impedirgli di umiliarsi ulteriormente – mentre, con tristezza, la guardava fuggire via; non poteva, non doveva tentare di trattenerla, doveva farcela per sé stesso, per Freeze e per la sua dignità.

Improvvisamente però, fu lei a fermarsi e voltarsi, cogliendo del tutto di sorpresa Spaventapasseri con la sua bellezza, gli sorrise crudelmente e, sensuale, tornò ad avvicinarsi a lui quasi sfilando.

“Tu sei il parassita più fastidioso della mia rosa, Jonathan Crane. Credo che per tutti i guai che mi hai causato meriti un bacio.”

Opposition (opposizione)...Contradiction (contraddizione)...
Premonition (premonizione)...Compromise (Compromesso).
Agitation (agitazione)...Violation (violazione)...
Mutilation (mutilazione)...Planet Dies (Il pianeta muore)


Il bacio di Poison Ivy era male, le sue labbra erano assassine e lei si stava avvicinando, aveva già una mano – Dio, leggera come una carezza del vento – sul suo viso e no, non ce la faceva a tirarsi indietro e sì, morire per un suo bacio al momento, sembrava proprio l’idea più giusta che avesse mai avuto quella sera; già i loro occhi si chiudevano in attesa del contatto, di quella morte, bellissima come la donna che gliela stava infliggendo.

**

Non sarebbero mai bastate un paio di porte chiuse per fermare Harvey Dent, lui aveva l’energia violenta di chi non permette a nessuno di lasciarlo fuori in nessun caso, aveva con sé la sua potente doppietta e bastarono due colpi di quest’arma per mettere fuori uso il sistema di chiusura ermetica della porta, che immediatamente si spalancò per permettere il suo ingresso trionfale.

Ad accoglierlo, c’era quello che poteva con facilità essere definito come il chaos: gente che si rotolava a terra o che se ne stava appoggiata contro i muri in uno stato catatonico, Batman ingaggiato in una lotta senza esclusione di colpi con l’uomo del momento, Mr Freeze... ma non era per loro che era venuto e, per una volta, neppure per Crane; non ci voleva un genio per capire che si trovava anche lui a quel party, vedeva benissimo la sua presenza rispecchiata nell’effetto del suo gas.

No, lui voleva Ivy. O meglio la sua testa, su un piatto d’argento.
L’avrebbe fatta pentire di essere uscita da quella serra schifosa solo per farlo incazzare: gli uomini dell’edera avevano tentato un attacco quella sera, al suo quartier generale, e lui aveva dovuto scomodarsi per eliminare quei maldestri bruti, sparando loro attraverso la porta, prima ancora che avessero avuto il tempo di entrare per dare uno sguardo al suo volto mezzo ustionato.
Avevano fatto fuori ben sette dei suoi stavolta e per quanto si fosse sforzato di tenersi fuori dall’assurda lotta tra quei due scherzi della natura, ora si era davvero incazzato.

“Dov’è quella puttana!?”

Darkest Color,
(Il colore più oscuro)
Blistered Earth,
(Terra infestata)
True Death of Life.
(Vera morte della vita).



Era il suo grido attraverso la maschera anti gas – perché lui conosceva bene i vergognosi poteri dell’Edera – e tutti lo sentirono risuonare, alto e potente attraverso la sala.
Harvey Duefacce non aveva nessun tipo di potere speciale, né un’intelligenza sopra la media, né gas mortali, né miriadi di gadget per ogni occasione; ciò non di meno la sua sola presenza riusciva a fare paura, la rabbia scritta nei suoi occhi era solo il preludio del putiferio che poteva scatenare, se stuzzicato come il proverbiale “cane che dorme”.
A lui bastavano una doppietta, la sua determinazione e la furia cieca a circondarlo di quel potere che perfino Ivy o Batman potevano solo sognare di avere.

Non gli interessava essere il migliore, non si curava di rendere le sue entrate in scena spettacolari – la sua irruenza provvedeva sempre a renderle tali – e dipendeva solo dalla sua moneta, l’unico criterio di giustizia che gli restava, e che quella sera aveva mostrato – come verdetto – il suo volto bruciato: era la condanna a morte di quella schifosa puttana di Poison Ivy.

Dopo una veloce ricerca con lo sguardo attraverso la sala, riuscì ad intercettarla, proprio mentre si avvicinava alla sua prossima vittima, incantata dai suoi feromoni. Fece scattare il caricatore della doppietta, abbassandolo e rialzandolo con furia mentre si avvicinava ma la rabbia iniziò davvero a bruciare solo quando capì che il cretino che si stava lasciando ammazzare da lei era Jonathan.
Col fuoco negli occhi – nel suo unico occhio sano – iniziò a correre verso la donna che a quanto pareva, non solo aveva commesso la sciocchezza di attentare – e miseramente fallire – alla sua vita ma ora voleva perfino rubargli il piacere di ammazzare Spaventapasseri con le sue mani!


Termination (estinzione)....Expiration (espirazione)...
Cancellation (soppressione) Human Race (Razza umana).
Expectation (Prospettiva)...Liberation (liberazione)...
Population lay to Waste (popolo insediato per distruggere).

Sollevò la poderosa arma a doppia canna su di lei e fece fuoco, il colpo la sfiorò, appena prima che riuscisse a posare le sue schifose labbra su quelle del suo ex, la sentì emettere un gridolino spaventato e la vide voltarsi nella sua direzione, il suo sguardo basito evidentemente non si aspettava di vederlo ancora vivo ma nessuno. Farà fuori. Duefacce.
O per lo meno, nessuno che possedesse un paio di tette ed un cervello fradicio come il suo.

Duefacce le fu addosso quasi subito e lei non si aspettava davvero di essere colpita, così forte, in pieno viso, con un pugno – ma avrebbe dovuto sapere che Duefacce non era certo il tipo da risparmiarsi solo perché aveva di fronte una donna – ed andò a terra in un attimo, lasciando cadere la borsa con la refurtiva che Harvey, nell’impeto della rabbia, allontanò con un calcio, notando poi che la donna aveva seguito il movimento della borsa lungo il pavimento.
L’ex magistrato si abbassò su di lei, costringendola a voltarsi sulla schiena, poi si tirò nuovamente su, ricaricò velocemente la sua arma e la puntò dritta sulla faccia spaventata dell’Edera.

See our Mother
(Guarda nostra madre)
Put to death
(Messa a morte)
See our Mother die
(Guarda nostra madre morire).


“Sei morta, schifosa!”

Disse, ma un dolore acuto dietro la nuca lo fermò proprio un attimo prima che premesse il grilletto e spargesse le sue cervella tra mura e pavimento; la distrazione permise all’Edera di tirarsi in piedi e fuggire a gambe levate, lasciando Duefacce ondeggiante a reggersi la testa con un mano... non poteva svenire ora, non doveva assolutamente cadere a terra!

Nonostante stesse barcollando, la sua forza d’animo non si affievolì neppure per un attimo, provvedendo a sostenerlo.
Duefacce si voltò indietro, vide quell’imbecille di Crane e per un attimo pensò lo avesse colpito in preda ai feromoni di Ivy, ma gli bastò lanciare uno sguardo sui suoi occhi per capire che non era così, Jonathan era letteralmente invaso dalla furia, era stato proprio il ritrovarsi Duefacce davanti a strapparlo alle grinfie dell’Edera, perché nell’ex psichiatra non esisteva sentimento più grande che quello che provava per Harvey.

Duefacce lo sapeva e non poté fare a meno di sorridere malignamente al pensiero che, nonostante non stessero più insieme da tempo, Crane non fosse riuscito a liberarsi del suo ricordo, proprio come non ci era mai riuscito nemmeno lui. Forse l’ex psichiatra non lo amava davvero più, ma quel sentimento – era tutto così bello, una volta, con lui – era stato sostituito da qualcosa di altrettanto potente e questo bastava a riempire Harvey di un orgoglio malato, senza confini.

Il suo occhio si posò su Spaventapasseri, su quel viso che una volta lo aveva incantato, sul corpo che era solito stringere a sé ogni notte, su tutto ciò che era Crane e per il quale lui aveva tanto lottato, sulle ceneri di una storia che per lui aveva significato – e purtroppo, continuava ancora a significare – così tanto ed una furia cieca lo colse di sorpresa.

Si riprese completamente dalla botta di poco prima, era contento di aver salvato la vita di Spaventapasseri.
Fanculo Ivy, fanculo i gioielli, lui voleva solo Crane.
Morto.

Smouldering decay
(Rovine bruciate)
Take your breath away
(Ti mozzano il fiato)
Millions of our years
(Milioni dei nostril anni)
In minutes disappears
(In pochi minuti svaniscono)

Lo vide sollevare un uzi e, con uno sguardo polverizzante, minacciarlo; Duefacce contraccambiò immediatamente con la sua doppietta e coi suoi occhi, uno più furioso dell’altro.

Non si scambiarono una parola, non ne avevano bisogno, gli bastava sapere che si volevano morti e ne ricordavano ancora perfettamente i motivi, in quel momento erano mossi solo da una passione bruciante, da un odio senza limiti, ed il primo a fare fuoco fu Spaventapasseri, la sua arma era più veloce e leggera e, con un movimento scattante, Duefacce si gettò di lato, afferrò l’uzi di Crane e gli mollò un calcio all’altezza dello stomaco, sollevandogli poi il braccio dietro la schiena; i suoi lamenti di dolore erano musica per le orecchie, esattamente come lo erano quelli di piacere appena due anni prima – prima dei tradimenti, degli inganni – vide però l’ex psichiatra gettare la testa indietro per colpirlo sul naso.

Al momento dell’urto Duefacce chiuse gli occhi, strettissimi, per bloccare le miriadi di scintille che gli erano esplose dietro le palpebre, così simili a quelle che riusciva a vedere durante i suoi orgasmi, mentre riversava il suo piacere nel corpo – gli sembrava così fragile e caldo, allora – di Jonathan.
L’ex psichiatra approfittò di quell’attimo di distrazione per strappare dalle sue facce la maschera anti gas, il suo movimento veloce e preciso – piccolo ma goffo, così Crane era sempre stato, era l’odio a renderlo forte – ma prima che potesse spruzzargli contro il suo gas, Harvey lo caricò, gettandolo a terra e schiacciandolo sul pavimento col peso del suo corpo – sembrava quasi stessero nuovamente facendo l’amore in quel momento – poi si sollevò e gli mollò, forte – ma, suo malgrado, non tanto quanto avrebbe voluto – un pugno sul viso, vide il naso di Crane iniziare a sanguinare e, come in ogni loro scontro - come accadeva anche prima, quando stavano ancora insieme - non riuscì a reprimere quel secondo di senso di colpa, perché ancora gli faceva uno strano effetto colpire Crane, nonostante tutto.

Spaventapasseri però contraccambiò immediatamente, sollevando un ginocchio per colpirlo con forza tra le gambe, - sì, lui aveva sempre giocato sporco quanto più poteva in ogni situazione – e poi ricambiare il pugno ricevuto poco prima, di certo senza la stessa premura di Duefacce, riuscendo a ribaltare le loro posizioni.

La prima cosa da fare agli occhi di Harvey era tenergli i polsi ben lontani, pena un terrore devastante che lo avrebbe accompagnato fino alla morte ultima; così glieli afferrò con forza e li sollevò, per poi portarli dietro la schiena di Spaventapasseri, sollevandosi a sedere ed arrivando a stargli così faccia a faccia; non aveva mai fatto fatica a trattenere i polsi di Crane con una sola mano prima, ma ora era diverso. Ora si odiavano.


Darkening in vain
(Oscurandosi invano)
Decadence remains
(Resta la decadenza)
All is said and done
(Tutto è stato detto e fatto)
Never is the sun
(Il Sole non lo è mai)

La mano libera di Harvey volò a stringersi attorno alla gola sottile dell’ex psichiatra per poi serrarsi a chiudere la trachea, bloccando il suo respiro. All’improvviso però un dolore acuto lo costrinse a lasciare la presa su quegli esili polsi e si ritrovò a dover bloccare un coltello prima che scendesse a trafiggergli il petto. Si era fatto furbo, era diventato molto più pericoloso, aveva imparato ad usare armi da fuoco e da taglio... Duefacce sapeva che avrebbe dovuto scoraggiare fin dall’inizio la grande amicizia che era sbocciata tra lui e Joker durante i primi tempi che erano stati insieme. Quel clown gli aveva insegnato forse troppo, ricordò che in quel periodo si sentiva spaventosamente geloso del rapporto che aveva instaurato col pagliaccio e che a tratti mostravano su un piano fin troppo fisico per i suoi gusti... aveva la netta impressione che Joker glielo facesse apposta, il più delle volte.

Ma la cosa che più lo irritava era che in quel momento Jonathan aveva l’aria di una persona sicura di se stessa e che era diventato ancora più bello di quanto ricordasse – gli sembrava quasi perfetto e per merito di tutti tranne che suo, pareva – gli restituì la testata di poco prima e lo gettò a terra, tornando a sovrastarlo col suo fisico più massiccio, ma non riuscì a fare nient’altro perché si sentì afferrare per il collo della giacca e, voltando lo sguardo, incontrò gli occhi gelidi di Mr Freeze; Harvey percorse la sua figura argentea per un secondo. Era. Davvero. Di ghiaccio.


Darkening in vain
(Oscurandosi invano)
Decadence remains
(Resta la decadenza)
All is said and done
(Tutto è stato detto e fatto)
Never is the sun
(Il Sole non lo è mai)

Era la prima volta che aveva occasione di vederlo così da vicino e non trovò nessun’altra parola per descrivere quegli occhi, quella presa, quell’espressione, se non ‘gelido’. Infine sperimentò la sua forza, si sentì scaraventare lontano da Crane, fino a sbattere violentemente la schiena contro il muro, si stupì di non trovarsi immediatamente ridotto ad un cubetto di ghiaccio e pensò – a ragione – che Freeze doveva aver quasi esaurito la sua energia.

Ricordava che tutto aveva a che fare coi diamanti anche se non sapeva precisamente in che modo, ma ora non doveva pensare a quello, doveva solo concentrarsi per non perdere i sensi dopo quell’urto spaventoso, vide Freeze avvicinarsi a Crane ed aiutarlo a rialzarsi per poi fuggire e si stupì di scoprirsi furioso alla vista di quell’uomo toccare il suo Spaventapasseri. Voltò stancamente la testa e vide l’uomo pipistrello tentare di liberarsi il più in fretta possibile del blocco di ghiaccio ai suoi piedi. L’ ultimo pensiero che ebbe prima di perdere i sensi fu che finalmente aveva capito cosa avesse spinto Crane a preferire l’uomo del ghiaccio a lui.

Never...!
(Mai…!)

**

Batman si sentiva sconfitto, seppure ancora in piedi ma il fatto che Freeze gli fosse sfuggito bruciava come ghiaccio sul suo orgoglio (se maneggiato a mani nude, il ghiaccio provoca ustioni simili a quelle del fuoco). Per lo meno, i diamanti per l’asta di beneficienza erano stati abbandonati; non si poteva dire lo stesso per i gioielli dei suoi ospiti ma, da qualche parte in lui, Bruce si sentiva contento per questo. Ora non restava che sparire prima dell’arrivo della polizia e delle ambulanze che avrebbero portato i sieri contro il gas di Crane.
Si voltò a controllare la situazione – ancora caotica e macabra – alle sue spalle, abbracciando con lo sguardo l’intera sala e qualcosa nella coda dell’occhio colpì la sua attenzione, qualcosa di scuro, lucido e strabiliante, affascinante come un gatto nero.

Dopo un’agile e fluida corsa, la figura arrivò con un balzo sul davanzale di una finestra, troppo lontana da lui per sperare di arrivare in tempo a fermarla e comunque qualcosa sembrò tenerlo inchiodato sul posto. Quando quella silhouette di pelle scura si fermò, riuscì a distinguere chiaramente una donna sotto quei panni. I loro sguardi si incrociarono ma troppo tardi Batman notò la borsa di Poison Ivy, piena di diamanti, sulla sua spalla.

“Miaou.”

Gli strizzò l’occhio prima di saltare, scomparendo nella notte. Quella gatta era riuscita a lasciare il pipistrello troppo allibito anche solo per pensare di muoversi… ma da dov’era uscita? E chi era? L’avrebbe rivista? Cosa diavolo c’era a Gotham che sembrava attirare tutti i matti del mondo?!

FIRE
(Fuoco)
Is the outcome of hypocrisy,
(è la conseguenza dell’ipocrisia)
Darkest potency!
(La Potenza più oscura)
In the exit of humanity,
(Nella fine dell’umanità)
Color our world Blackened!
(Colora il nostro mondo oscurato!)

Diamanti.

Quelle pietre le sarebbero potute bastare probabilmente per vivere bene tutto il resto delle sue nove vite.
Questo, certo… se non si trattasse per l’appunto di una donna.
E svanì anche lui nella notte, convinto che avrebbe rivisto quella ladruncola molto presto, solo il suono delle varie sirene restò a riempire l’aria della sala.

BLACKENED.
(Oscurato.)



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Capitolo 2
*** Someone must get hurt. ***


Per Ilaria1993: Ciao bella, che piacere mi ha fatto leggere la tua recensione e sapere che hai gradito molto la prima storia, aspettando con ansia il seguito! I tuoi dubbi mi pare di averli già chiariti via msn, eccetto mi pare sul fatto che l’Enigmista starebbe con Ivy xD! A questa domanda provvederà questo capitolo a rispondere per bene! Comunque, Crane sicuro di sé non può esistere… sul campo di battagli a forse, ma resta comunque il ragazzetto indeciso, confuso e goffo che tutti amiamo *_*! Se questa storia è secondo te “praticamente perfetta”, è tutto merito di ‘rinnie’, la mia beta e consigliera! Spero che questa continuerà a piacerti, davvero, nonostante i bruschi colpi di scena che ho inserito più in là… e a proposito non so se te l’ho detto, ma Joker comparirà nel terzo capitolo, come sempre in maniera esplosiva xD! Ora ti lascio alla lettura, ci sentiamo presto, un abbraccio!

Per LadyBlack: Ciao, ben trovata xD! Ahah! Sì so di aver creato un casino senza spiegare bene ciò che è accaduto per arrivare a questo ma durante i capitoli della storia tornerà tutto a galla, le ragioni che hanno spinto Crane e Harvey a lasciarsi, perché si odiano tanto, come abbia fatto Nigma a seguire Ivy (si scoprirà proprio in questo capitolo) e tutto si risolverà come si può dedurre dal mio stile xD! Non ti anticiperò assolutamente la conclusione però alla fine nulla resterà sospeso ;)! Nella trama intendevo proprio Harley Quinn e so che anche a proposito di Freeze sono stata enigmatica ma posso giurarti che tra loro non c'è ne ci sarà mai nulla, Crane per lui prova solo una stima che sconfina nell'adorazione ^^. Ora ti lascio al capitolo sperando che ti piaccia e di leggere altre tue recensioni ^^! Un abbraccio, alla prossima.

Per Sychophantwhore: Ciao, bentornata xD! Beh sì lo stile, come ho spiegato nelle note è il chaos più totale ^^"... spero risulterà sempre comprensibile comunque! Ammetto, seppure a malincuore che anche io scrivendo continuavo ad immaginare Schwarzenegger -_-. Ma va bene in fondo si prestava almeno fisicamente no ;)? Già però la faccia mica tanto, ma! Andiamo avanti che è meglio xD... per quanto riguarda i pensieri che Joker ha a proposito di Nigma ed Ivy li riservo per i prossimi capitoli e sì, il clown tornerà presto, nel prossimo! Ebbene no, tra Crane e Joker non c'è stato niente di troppo fisico anche se per come l'avevo progettata io, al pagliaccio avrebbe fatto piacere 'convertire' Crane alla sua follia (un po' ciò che ha fatto con Harley), strapparlo alle braccia di Dent e creare un bel threesome con lui ed Eddie xD! Ma diciamo che si è trattenuto :P! Duefacce normale mica tanto, come puoi vedere ormai non ha altro che rabbia e amarezza dentro di sè...! Per quanto riguarda Dick no, lui per come l'ho giostrata durante la prima storia era a San Francisco, a fare 'il terrorista' con la sua ex ragazza xD! Beh Dick da grande è diventato un tipetto poco raccomandabile davvero ed infatti sono sicura che ti piacerà alla fine di tutto xD! Anche io odio tutti i Robin quindi no, nessun altro mocciosetto in calzamaglia O_ò!  Sia Joker che Harley spunteranno insieme, in modo esplosivo, tranquilla! Ho grandi progetti per loro, alcuni molto... sanguinari *_*! Ora ti lascio al capitolo, scusami se la recensione è corta e poco chiara però vado troppo di fretta, ci sentiamo meglio molto presto però ^^! Un abbraccio, spero davvero ti piacerà questa storia :P! Bacioni!
 
Per Boopsie: Ciao sono contenta ti piaccia l'inizio di questa nuova storia ;)! Spero continuerai a seguirla, ho inserito più di qualche colpo di scena ma alla fine tutto si risolverà! Yay! Il clown arriverà con la sua pazza compagna nel prossimo capitolo, facendo, come suo solito, il botto! Ti ringrazio per tutti i complimenti e gli incoraggiamenti e scusa se sono poco in vena di dialogo, vado di fretta ma parleremo meglio molto presto ^^! Un abbraccio, ti lascio al capitolo, a presto!

XxX.SilverLexxy.XxX




PRETEND THE WORLD HAS ENDED:

La canzone usata per questo capitolo è “Someone must get hurt” di “She wants revenge”.


Capitolo 2: Someone must get hurt.

Intro.


Che cos’è la vita di un uomo se non andare avanti, giorno dopo giorno sforzandosi sempre di seguire se stesso senza mai piegarsi a compiere azioni contro la sua volontà o natura? Un farsi rispettare, camminando a testa alta e gridando alle sorde orecchie del mondo ‘Io sono così, ci sono e provate solo a buttarmi giù!’?

Questo Nigma lo sapeva benissimo, lo aveva sempre saputo sebbene ormai riusciva a ricordarsene solo nei brevi e preziosi momenti di lucidità  prima che Poison Ivy stringesse nuovamente le sue catene attorno a lui grazie al vergognoso potere dei suoi feromoni, gettandolo continuamente in quel mondo surreale ed ovattato dove le uniche cose che contavano erano proprio la bellezza ed i desideri di lei; l’Enigmista, in quello squarcio irreale nella sua mente, era poco più di una pianta che l’Edera coltivava costantemente.

Era diventato il suo schiavo, la aiutava, la proteggeva, la scopava, ma ogni volta che l’effetto dei suoi feromoni scompariva, prima che lei potesse rinnovare il suo ‘sortilegio’, Nigma tentava con tutte le sue forze di ribellarsi e riprovare ad essere se stesso, si aggrappava ad un unico ricordo: Joker.
Un paio di volte era addirittura riuscito ad attaccarla ma poi, improvvisamente, tornava il vuoto ed il corpo di lei ridiventava la cosa più bella che avesse mai visto e per la quale sarebbe morto senza battere ciglio.

**

Still Intro.

Ivy era su tutte le furie e non le bastava avere Nigma ai suoi piedi stavolta, per tirarsi su. Lei era potente, possedeva una bellezza infinita che nessuno le avrebbe mai potuto portare via, qualsiasi ferita per quanto grave si sarebbe rimarginata, non avrebbe mai conosciuto l’umiliazione di una cicatrice, ne le offese di una ruga, ne l’imbarazzo di un qualsiasi problema di pelle, non una malattia.

Allungò le braccia sopra la testa, stirandosi ed avvolgendo le gambe attorno alla schiena dell’Enigmista, che si impegnava per darle piacere; allungò una mano, affondandola tra i lunghi capelli scuri del suo schiavo e serrò la presa, costringendolo ad alzare lo sguardo, si era stufata di quell’azione, non sarebbe comunque riuscita a provare piacere in quel modo quella sera, era troppo nervosa! Lo attirò a sé, in modo che salisse sopra di lei e stringendo poi le mani sull’ultima parte della sua schiena, gli fece capire cos’altro voleva.

Nonostante tutti i problemi che Nigma gli procurava, a mano a mano che il suo corpo si abituava al veleno, Ivy non poteva lasciarlo andare per nessun motivo, sia per la sua abilità come hacker, che per quella come amante – davvero da non buttare via, era forse il più bravo che avesse mai avuto – ed infine per evitare che diventasse un suo nemico mortale; Edward, per quello che sapeva, se libero ed assetato di vendetta poteva diventare un avversario addirittura mortale.

Please don’t touch me,
I’ve come too far to let you bring me down.
(Per favore non toccarmi,)
(Sono arrivato troppo lontano per lasciare che mi trascini giù)

Per questo aveva dovuto allontanare Joker da lui all’inizio, alla sola vista del clown, il suo bel fiore diventava improvvisamente difficile da comandare, continuava a ribellarsi e rivoltarsi contro di lei, mentre il pagliaccio insisteva continuamente nel non voler rinunciare al suo ex; non importava quanto si impegnasse per sconfiggerlo, imbrogliarlo o ipnotizzarlo, quel saltimbanco aveva sempre un asso nella manica, riusciva sempre a vincere contro di lei e ciò non le piaceva.

A lei non piaceva essere sconfitta, odiava venire umiliata e non c’era nulla che le avesse mai bruciato più delle risate di quel clown mentre la derideva e sembrava riuscire a gettarla nel fango con uno schiocco di dita, con una sola parola. Joker aveva toccato tutte le sue corde sensibili come nulla fosse, non avrebbe mai potuto perdonarlo, figurarsi restituirgli Nigma.

Lei si lasciò andare ad un gemito, adorando la sensazione che le dava essere penetrata, no lei non sarebbe mai stata inferiore a nessuno, quel clown non l’aveva neppure toccata con le sue parole, erano solo bugie, vili insinuazioni campate in aria, lei era bella, lei aveva tutto, Nigma era suo e lo sarebbe stato finché non si fosse stufata di lui o fosse morto, il che era la stessa cosa.

Tu pensi davvero che ti lascerò tenere Eddie? A te che per conquistare un po’ di fiducia in te stessa hai dovuto aspettare di diventare una pianta? Tu bella, eh? Oh oh oh ah ah oh! Per te non sprecherei neppure il coltello.

Al ricordo delle parole denigratorie di Joker, sentì l’irritazione montare in lei e, con una mano sulla schiena del suo amante, affondò le sue unghie affilate nella carne del suo schiavo, lasciando una serie di graffi, e riuscendo senza fatica a passare la barriera della pelle aprendo delle piccole ferite, che iniziarono a sanguinare.

He thinks that I’m easy,
But try as you might, you can’t have me now.
(Lui pensa che io sia facile)
(Ma provaci come vuoi, non mi avrai adesso.)

Non era vero, quelle parole erano solo menzogne, lei era bella, lei era perfetta e quello sciocco clown era solo invidioso perché ora Edward era nelle sue mani e non l’avrebbe mai tradita, non sarebbe mai più tornato da lui, era suo, suo, suo! Tornò con la mente invece al confortante ricordo della sua faccia deturpata e dipinta, mentre veniva catturato e spedito diretto ad Arkham proprio per opera del suo adorato Enigmista… era impagabile ed in quell’occasione fu lei a ridere per ultima.

Il clown non poteva ancora sapere che i suoi feromoni avevano e come erano stati facilmente capaci di soggiogare il suo – ormai ex – fidanzato, perciò Joker sembrò essersi rassegnato, seppure con dolore e si era trovato una compagna per lui ideale, un’altra pazza come lui, la sua ‘Arlecchina’, la dottoressa Harleen Quinzell, che poteva ricordare dai tempi dell’università, mentre lei studiava psichiatria, Pamela si impegnava in botanica.

Ora quella streghetta bionda si faceva chiamare Harley Quinn.
Ma Pamela sapeva benissimo cosa si provava ad essere innamorati, arrivare a sacrificare se stessa, il proprio orgoglio e la propria dignità per qualcuno che probabilmente non faceva che usarti; ma ora non voleva pensare al dottor Woodrue, lui non c’era più adesso, aveva avuto la fine che meritava per il suo tradimento, aveva abbracciato la morte ed era sparito con un bacio.

Il primo bacio della neonata Poison Ivy, subito dopo la morte spirituale di Pamela Lillian Isley, che non esisteva forse già più, lei non era umana, si era lasciata alle spalle tutte quelle imperfezioni e debolezze, ora era potente, imbattibile ed impenetrabile, non avrebbe mai più sofferto, non si sarebbe mai più lasciata usare, perché l’Edera velenosa era perfetta.

Sentiva il suo schiavo muoversi dentro di lei ed il piacere iniziò a salire, sempre più, cancellando ogni suo dubbio o pensiero per qualche secondo, si lasciò andare ad un grido di giubilo una volta raggiunto l’orgasmo, immediatamente seguita dall’Enigmista che però non sembrò trarne altrettanto piacere ma di questo a lei non importava, era sufficiente che fosse lì con lei e che fosse suo, nonostante tutti i problemi che le causava e tutto sempre in nome di quel desiderio, il più importante, di spazzare via l’umanità e riportare il mondo allo stato originale, dominato solo dalla natura, finché non sarebbe stata inghiottita lei stessa dalle sue amate piante.

Those tedious dances we run through,
But I’ve memorized them now.
(Queste noiose danze che continuiamo a ballare)
(Ma ricordo i passi a memoria adesso.)

A tutto questo pensava, e soffiò un bacio sul viso dell’Enigmista, incatenandolo ulteriormente a sé e cancellando quella scintilla nei suoi occhi; per quanto ancora sarebbe stato in grado di combatterla? Erano molti mesi ormai che insisteva nell’uscire dalla sua ipnosi, presto o tardi avrebbe annullato completamente questa sua volontà ed il clown che sembrava dargli tanta forza sarebbe per sempre scomparso dal suo cuore e dalla sua mente. Ci sarebbe stata solo lei e gli sarebbe bastata! Perché lei era bellissima.

**

Jonathan Crane era furibondo ma non ce l’aveva col dottore: lui aveva avuto, in fondo, tutte le ragioni per arrabbiarsi; no, ce l’aveva con se stesso.
Tutte le volte si riprometteva di non uscire di testa, eppure bastava anche solo il pensiero di Duefacce ad attraversargli la mente per mandarlo su tutte le furie; avrebbe dovuto prendere i diamanti e lasciare che Harvey ammazzasse Poison Ivy, l’eliminazione dell’inopportuna presenza dell’Edera sarebbe stata un vantaggio enorme per loro.

I quietly melt down,
And consent to you, if only just to bawl.
(Silenziosamente mi sciolgo)
(E ti consento, anche se solo di gridare.)

Invece per colpa sua avevano perso sia le – per Freeze preziosissime – pietre, che l’occasione di eliminare l’unica loro rivale attualmente ‘pericolosa’. L’uomo di ghiaccio aveva avuto ragione ad urlargli contro, quella sera lo aveva visto per la prima volta arrabbiato; si era sentito una nullità vedendolo letteralmente fiondarsi fuori dalla porta, diretto probabilmente nella stanza dove teneva custodita sua moglie, aveva preferito quello piuttosto che mettere le mani addosso al suo alleato.

La refurtiva presa agli ospiti comprendeva ben pochi diamanti e per lo più di piccola taglia, quindi a causa sua ora dovevano sbrigarsi ad agire nuovamente o il dottore sarebbe morto, la sua armatura avrebbe presto cessato di funzionare e lui non avrebbe mai potuto sopravvivere al di fuori di essa.
Non era molto la prospettiva della morte a torturare Freeze, Crane lo sapeva, piuttosto era il non poter più trovare la cura per le sindrome di McGregor e salvare la vita di Nora Fries, sua moglie.
Le loro ricerche però, ormai da molti mesi, erano ferme e non riuscivano a fare nessun passo avanti nonostante disponessero di un’intera troupe e delle più avanzate attrezzature, anche le risorse economiche non erano mai state un problema.

Spaventapasseri posò sul tavolo il tabulato che aveva in mano, non riusciva a concentrarsi quella sera, quindi si diresse fuori dal laboratorio e lasciò che le gambe lo guidassero fino alla stanza dove Nora Fries riposava nel ghiaccio, ignara di tutte le nefandezze di cui si stava macchiando suo marito pur di curarla.

Lui non era come il dottore, lui aveva scelto quella strada per il suo egoistico bene, non gli era mai interessato nulla degli altri o dei loro sentimenti, eccetto per quello della paura. Lentamente camminò fino a fermarsi davanti alla teca, trovandosi faccia a faccia col corpo congelato della donna; ogni volta che passava davanti quella camera criogenica si sentiva freddo anche lui, a sua insaputa la signora Fries era diventata l’insostenibile simbolo di un amore impossibile, di un ricordo irraggiungibile che può smuovere le montagne, del sacrificio e di molte altre cose troppo pesanti perché Crane avesse anche solo voglia di pensarci.

I call for the witness,
Present the facts right down to little things.
(Chiamo i testimoni)
(Espongo i fatti fino all’ultimo dettaglio.)

Quelle erano cose che Jonathan non aveva mai conosciuto e che avrebbe fatto di tutto per non arrivare mai ad entrarvi in confidenza… a volte odiava quella figura a malapena distinguibile nel ghiaccio perché lo faceva sempre pensare a Duefacce, a tutte le volte che lo aveva tradito macchinando alle sue spalle, che gli aveva raccontato bugie o taciuto importanti verità, lui ad Harvey non aveva mai dato neppure una briciola di se stesso ed odiava quanto questo bruciasse questa realizzazione – sopraggiunta tardi – ed il ricordo di Harvey che glielo rinfacciava.
Ma d’altronde lui e Duefacce si erano resi conto fin troppo presto che il loro rapporto non avrebbe funzionato affatto, che erano troppo diversi da Joker e Nigma, loro non riuscivano ad essere anche alleati oltre che amanti e, nell’ultimo periodo della loro storia, l’unico momento in cui si ritrovavano davvero era a letto quando, dopo una notte di sesso arrabbiato e violento, riuscivano a restare calmi l’uno tra le braccia dell’altro ma sapevano che non sarebbe mai bastato, che stavano raggiungendo una fine.

Rendendosi conto di questo, Harvey aveva tentato il tutto per tutto, lo aveva pregato, si era messo ad urlare, prendere a pugni i muri, aveva fatto promesse, pensando che loro potevano entrambi cambiare se lo avessero voluto, così lo aveva trascinato in un viaggio, loro due da soli.
Quei quindici giorni a Cayo Largo per Crane erano stati davvero stupendi e Harvey aveva dato fondo al suo conto in Svizzera per comprare lì una casa con spiaggia privata ma in fondo, non potevano pretendere di risolvere i loro problemi in quel modo, come una qualsiasi coppia normale avrebbe fatto, loro erano tutto fuorché persone normali.
Al loro ritorno si erano accorti fin troppo presto che tutti i problemi li stavano aspettando con impazienza a Gotham, non erano riusciti a risolvere proprio nulla, non sarebbero passati sopra alla loro natura così facilmente, neppure per difendere quel ‘noi’ di cui amavano ingenuamente riempirsi la bocca i primi tempi.

They say the heart is resilient, in black and white,
You swore there’d be no strings.
(Loro dicono che il cuore è elastico, in bianco e nero)
(Tu giuri che non ci sarebbe nessun legame.)

Spaventapasseri aveva ragione, se lo ripeteva di continuo e la signora Fries poteva stare nella sua teca gelida anche per sempre, esposta agli occhi degli altri come un animale raro allo zoo; perché un amore come quello che rappresentava a suo parere era come una chimera, un’utopia, fantascienza, pura invenzione dei sensi.
Eppure Jonathan restava lì, la schiena appoggiata contro il muro a fissarla negli occhi chiusi come se potesse parlargli, rivelando chissà quale segreto per raggiungere la felicità di cui lei non poteva più godere. Illusione? Freeze era davvero così affezionato e dedito a lei come stava mostrando ora, che non poteva più averla?

Tutto arrivava ad una fine, tutto. Lui e Duefacce erano finiti, il suo mondo era crollato, Batman stesso sembrava essersi chiuso in un guscio di insoddisfacente pigrizia – se fosse stato in sé, li avrebbe già sgominati tutti, ghiaccio o no – e perfino Joker e Nigma – ai suoi occhi, loro erano la coppia perfetta, non avrebbe mai creduto di veder cadere anche loro, forse il vero colpo all’amore era stato quello – ora erano finiti.

Perché? Eppure all’inizio sembrava tutto così facile, si era abituato subito al clima famigliare della loro casa, era arrivato a guardare a loro come se fossero stati in un certo senso i suoi genitori o fratelli più grandi, col loro esempio sembrava tutto così facile, veniva così naturale a Crane svegliarsi ogni mattina tra le braccia di Duefacce, scambiarsi sorrisi e passione, convincerlo nonostante i suoi continui rifiuti ad andare a trovarli, guardare Edward smanettare sul computer mentre Joker provocava Harvey, che in risposta lo minacciava di morte ogni volta e tutto questo lo divertiva!

I sneak out the back door,
But the gavel strikes
(Sguscio fuori dalla porta dul retro)
(Ma come un martello, colpisce)


Sì, lui rideva allora, non importava quanto la situazione fosse seria o dissacrante, non importava delle insicurezze né dei dubbi, riusciva ad amare Harvey con una facilità estrema quando stava vicino a Joker e Nigma perché loro, ai suoi occhi, erano la prova vivente del fatto che nulla era impossibile, che l’amore esisteva e che non c’era nulla di cui aver paura, in quel sentimento chiamato ‘amore’ non c’era nulla di spaventoso. Col loro esempio davanti agli occhi, riusciva a calmarsi quel tanto che bastava per lasciarsi andare e fidarsi di Harvey. Com’era possibile? Come poteva il rapporto tra lui e Duefacce dipendere dal loro in questo modo?

Sembravano passati secoli dall’ultima volta che si era concesso una risata…

“Tutto bene?”

La voce improvvisa dall’ombra lo spaventò e portando istintivamente la mano al petto, si voltò, trovandosi davanti la figura argentea del suo collega che lentamente avanzava nella stanza, mettendosi anche lui di fronte la camera criogenica ma senza bloccare la visuale di Jonathan, restarono in silenzio per un po’, il dottore non si aspettava davvero una risposta alla sua domanda, era ovvio che Crane non stesse bene, visto che aveva scelto di chiudersi in quella stanza da solo e lo conosceva fin troppo per pensare che si sarebbe aperto con lui, in fondo, Spaventapasseri lo sapeva, non gli interessava neppure ciò che lo stava tormentando.
Freeze sembrava una statua di ghiaccio in quel momento, immobile a guardare sua moglie, davanti a sé, ad appena pochi metri da lui eppure così irraggiungibile, doveva sembrargli una presa in giro.

“Certe cose sono inevitabili. I perché raramente servono e ci tengono inchiodati, l’ho capito io che ormai ho ben pochi sentimenti da provare, credo che farebbe bene anche a te lasciare un po’ di analisi nel cassetto.”

Lo irritava.
A non finire.
Perché Freeze improvvisamente gli stava dicendo quelle cose? Non ci riusciva, nonostante i mille tentativi di seguire ‘il cuore’ e tutte quelle scempiaggini simili, lui restava comunque ‘il dottore della mente’ e doveva controllarsi, non doveva lasciarsi andare, non dopo Harvey, l’assenza del suo ex lo aveva fatto ripiombare in quel labirinto che era la sua mente, una volta, ricordava che era proprio Duefacce a tirarlo fuori dai vicoli ciechi in cui si infilava, come se Crane fosse una trottola e lui il bambino che la fermava.
Lo aveva amato davvero e tanto, di questo ne era sicuro, nonostante tentasse spesso di convincersi del contrario.
Che bisogno aveva il suo alleato di dirgli una cosa simile, perché? Non voleva sentire quelle cose, non voleva essere costretto a rifletterci sopra, non bastava a Freeze che si fosse mostrato con lui molto più leale di quanto avesse mai fatto con Harvey? Ancora non gli era sufficiente? Sì, aveva sbagliato, ma che diavolo pretendeva da lui?!

And I can hear you cry under the sound of my footsteps.
(Ed io posso sentirti piangere sotto il suono dei miei passi.)

“Devo andare a finire un esperimento.”

Rispose semplicemente e lo lasciò solo con sua moglie, seguito dai suoi occhi gelidi, ma il dottore non tentò neppure di trattenerlo, non si sarebbe voltato; no, non stava scappando, lui non aveva paura di niente, anzi lui la dominava, la paura! Cristo, non voleva più pensare, aveva bisogno delle sue formule e dei suoi macchinari, ora voleva solo tornare nel laboratorio e sperimentare nuove applicazioni per il suo gas. Solo quello contava, lui era il signore della paura. Questo non glielo avrebbe potuto togliere nessuno e solo Spaventapasseri non lo avrebbe mai abbandonato.

**

Un cuore ormai fermo, sepolto sotto una calotta gelida, eppure quel muscolo ormai inutile si ostinava a causare ancora dolore a Mr Freeze.
In piedi davanti alla camera criogenica in cui riposava sua moglie, ripensava a lei, alla sua voce quando, con dolcezza, lo chiamava per nome.
“Victor…!”
Gli diceva con tono di avvertimento, guardandolo di sbieco ma senza mai perdere quel sorriso dolcissimo e furbo che lui adorava tanto.

Pensava a lei di continuo, qualsiasi cosa facesse era per lei, anche quelle che non avrebbe mai approvato, che neppure lui avrebbe mai accettato in passato ed a volte pensava che se – no non ‘se’ ma quando – fosse guarita, lei non lo avrebbe certamente più voluto, non avrebbe mai amato il mostro che era diventato.
Abbassò lo sguardo sul pavimento, si allontanò a passi lenti, seguendo il tragitto che aveva fatto Crane appena qualche minuto prima, non riusciva a pensare molto bene quella sera, neppure nella pace che gli dava la presenza silenziosa di Nora.

Crane riusciva a diventare un’idiota quando si arrivava a Duefacce ma nonostante questa sua pericolosa debolezza, Freeze non riusciva a liberarsi di lui e non perché gli fosse poi così indispensabile.

Certo era utile ma non sempre quel gioco valeva la candela come gli aveva ampiamente dimostrato la sera precedente.
This time there will be no long goodbye.
(Stavolta non ci sarà nessun lungo addio.)

L’assurda verità era che lui riusciva a rispecchiarsi nello Spaventapasseri, per certi versi, gli ricordava molto - forse troppo - se stesso, quindi poteva capire molto bene i sentimenti dell’ex psichiatra, probabilmente meglio di quanto egli stesso sarebbe mai in grado di fare, perché l’amore rende inevitabilmente ciechi e sordi e Jonathan non riusciva a capire che, la passione con cui lui e Duefacce si odiavano, non poteva essere altro che amore.

Tutto questo però non andava assolutamente bene per i loro piani, non poteva perdonare Crane per ciò che aveva fatto, era praticamente colpa sua se quella rapina era risultata un totale fiasco; aveva ingaggiato una lotta con Batman, esaurendo quasi completamente la sua energia solo perché fiducioso che del resto si sarebbe occupato Spaventapasseri e la sua delusione era stata totale quando invece lo aveva trovato impegnato nel tentativo di far fuori l’idiota del suo ex.

Freeze portava per Duefacce quel tanto di rispetto che poteva meritare un avversario della sua imponenza, lo ammirava per la battaglia che riusciva a sostenere nonostante non disponesse di particolari mezzi o poteri come i suoi, ma ciò non toglieva che il suo scarso autocontrollo lo collocava, nella sua ottica, più al livello di un animale, che di una persona e non capiva come avesse fatto Spaventapasseri a sceglierlo come suo compagno e restargli vicino per oltre un anno.

As I stare through you and I stand quite still
(Mentre ti guardo e resto in piedi, fermo)

Quando Crane lo guardava, aveva sempre gli occhi pieni di una vera e propria adorazione nei suoi confronti, cosa che era sempre rimasta invariata dai tempi dell’università senza cambiare neanche dopo il loro ultimo incontro appena pochi mesi fa, quando Freeze era tornato ad approcciarlo appena dopo il suo fiasco con Duefacce; lo psichiatra lo aveva riconosciuto immediatamente nonostante il ghiaccio che lo invadeva dentro e fuori, sul suo viso c’erano diversi lividi ed il suo braccio destro era rotto, non ci voleva un genio per capire che era tutta opera di Dent.

And a alarm sounds just up the road
(Ed un allarme suona, giusto in fondo alla strada.)

Non aveva accettato subito di allearsi con lui, evidentemente in preda ad una più che totale sfiducia nei confronti del prossimo ma alla fine lo ricontattò con una – seppure all’inizio poco convinta – risposta affermativa ed era arrivato a stimarlo in modo quasi reverenziale quando aveva appreso che Freeze non provava più nessun sentimento, una cosa che, per quanto ci provasse, Crane non avrebbe mai potuto emulare.

I can tell you’d like come sympathy
(Capisco che ti piacerebbe un po’ di comprensione)

Lui non provava nulla, non poteva affezionarsi a nessuno, tantomeno a Crane; no, non si trattava di quello perché anche volendo, non sarebbe riuscito sentire, non lui, non l’uomo di ghiaccio, non il criminale insensibile che era diventato, ma era curioso, avrebbe voluto sapere come sarebbe andata a finire tutta quella storia e forse era inevitabile che un giorno lui e Duefacce sarebbero arrivati a risolvere questa stupida lotta con loro stessi, che li spingeva irrimediabilmente verso la morte che però, non necessariamente era l’unica soluzione possibile.

But I can’t fix you and you don’t want me
(Ma io non posso aggiustarti e tu non mi vuoi)

Aspettava e intanto decideva cosa fare di Jonathan, non poteva più rischiare di portarselo appresso ora che Duefacce era entrato nelle danze, non poteva permettere un altro colossale fiasco come quello della sera precedente, gli avrebbe chiesto di restare indietro, continuando i suoi studi nel laboratorio, l’unico posto ormai in cui si sentisse al sicuro in mezzo a tutte quelle macchine fredde ed inanimate.

**

Batman si era sempre sentito a suo agio nella batcaverna, luogo oscuro vuoto, umido e dal sapore antico, pareva racchiudere splendori ormai passati ed irraggiungibili, proprio come il suo cuore; poteva lavorare bene lì, riuscendo il più delle volte a non pensare a nulla e grazie a Dio, questa era una di quelle.

Aveva appena finito di catalogare le misteriosa figura incontrata la sera precedente, la donna gatto che si era impossessata della refurtiva abbandonata da Ivy e Freeze, facendogli letteralmente fare la figura del cretino.
Improvvisamente si ritrovò a pensare.

All’inizio, a quando tutto era molto più facile ed i folli a Gotham non erano poi così tanti, né altrettanto pericolosi; ripensò a Crane, a Duefacce – l’ormai deambulante tomba di Harvey Dent – che era stato l’unica vera speranza di Gotham, il suo più grande fallimento… gli tornò in mente Joker, quanto lo aveva odiato e quanto alla fine fosse invece arrivato ad amarlo, completamente e stupidamente.
Il suo sorriso di Glasgow era ancora una volta tornato a tormentarlo, il clown era sparito, perso nella grandi strade illuminate di Metropolis, dove lui non poteva arrivare, dov’era il territorio di Superman e del suo avversario, Lex Luthor.

How can I trust you? How could you need me now?
(Come posso crederti? Come puoi aver bisogno di me adesso?)

Cristo, cosa gli era rimasto? Come poteva non sentirsi piccolo di fronte a tutto questo? Ai suoi sentimenti, allo sfacelo che stava invadendo Gotham, avanzando come una nuvola di pestilenza, come ghiaccio, come una giungla incolta e pericolosa, tutto stava diventando sempre più buio e lui da tempo non riusciva più a sentirsi il signore della notte. Allora Bruce Wayne si voltò, come sempre verso il costume vuoto dell’uomo pipistrello; sapeva che non poteva lasciarsi andare, che comunque era destinato a restare per sempre un’ombra e nulla più, solitaria, misteriosa e violenta.

Neppure il ricordo di Joker riusciva ad aiutarlo in momenti come quelli, aveva dimenticato tutto ciò che il clown gli aveva lasciato, gli pareva quasi di stare mancando di rispetto ai loro sentimenti – seppure impossibili, erano sinceri – ed a tutto ciò che avevano rappresentato l’uno per l’altro.

Come se non bastasse aveva avuto la sua ennesima lite con Nightwing; il piccolo Dick era cresciuto e, come spesso accade, in un modo che Bruce non avrebbe mai immaginato, a partire dalla sua collaborazione coi Titans – di cui poi era diventato il leader –, un gruppo di sedicenti eroi, che si vantano di poter far meglio della JLA, ma che - solamente - impegnavano il proprio tempo nel risolvere vicende personali.

Bruce faticava a credere che quegli ‘eroi’ avessero degli ideali o regole etiche ben definite e si domandava se ora le cose sarebbero state diverse, fosse lui stato in grado di capire, di essere per Dick la figura paterna di cui sembrava aver avuto – e sentire ancora – un disperato bisogno. Era davvero tutta colpa sua, allora.

La caduta libera – che ancora andava avanti – di Dick, la comparsa a Gotham di tutti questi nuovi bagagli di follie, quegli ‘scherzi della natura’, come ormai venivano definiti da tutti… per lui era impossibile offrire alla città un simbolo che potesse essere davvero di esempio, la città aveva bisogno di qualcosa che il vigilante oscuro non poteva diventare, era un posto che Batman non meritava neppure, che non sarebbe mai riuscito ad occupare.

It’s getting to be so cold, old.
(Sta per diventare così freddo, vecchio.)

L’uomo pipistrello era solo un palliativo, un vuoto placebo, lui non avrebbe mai potuto essere ciò che, seppur per breve tempo, era stato Harvey Dent nella sua fulgida lotta, solo contro tutti, contro il male. Dent era una supernova, mentre lui non era altro che un buco nero che risucchiava nella sua spirale oscura ogni cosa gli si avvicinasse quanto bastava e l’esempio vivente di ciò era proprio Nightwing.

Ed ora, Batman non riusciva più a sentire, dentro di sé, la speranza che…
Che esista davvero l’amore, che davvero la giustizia possa trionfare, che non sarebbe mai arrivato il giorno in cui davvero sarebbe finito tutto.
Gotham era sull’orlo dell’abisso.

**

Harvey Dent era addirittura troppo stanco per essere furioso come dovrebbe, come non riusciva a non essere da due anni, ormai.
Quella era stata la prima volta in cui si fosse mai trovato davanti a Mr Freeze, gli era arrivato così vicino e non poteva credere di aver davvero. Avuto. Paura.
Aveva capito solo in quel momento perché Crane avesse scelto lui come alleato, cosa avesse visto, cosa lo avesse incantato di quell’uomo di ghiaccio ovvero la sua potenza e carisma sconfinati.

Quando il bicchiere si spaccò improvvisamente nella sua mano, senza che si fosse neppure accorto di stare stringendolo, Harvey sembrò risvegliarsi da quel torpore che lo aveva invaso da quando si era risvegliato, dopo che i suoi uomini lo avevano portato in salvo, svenuto, da quel maledetto party.
Ora la rabbia era tornata, di nuovo, sua compagna fedele e sentì i denti stridere mentre fissava la sua stessa mano ora coperta di sangue.

The decision is here that I won’t break
(La decisione è presa ed io non mi tirerò indietro)

“Che stronzo!”

Parole senza una vittima, come una pallottola sparata nel buio o verso il cielo, avrebbe potuto centrare se stesso o Crane o Mr Freeze indifferentemente.

Crane, perché nonostante tutto il loro impegno adesso sembrava riuscire a fare con l’uomo di ghiaccio tutto ciò di cui con lui non era stato capace: essere fedele.
Freeze, perché era riuscito a conquistarlo e tenerselo senza fare praticamente nulla, senza il minimo sforzo, senza meritarlo, senza forse neppure accorgersene.
Ed infine lui stesso, Harvey Duefacce, lo stronzo per eccellenza che ancora adesso, nonostante tutta la furia omicida che lo invadeva, non riusciva a distruggere definitivamente l’amore che provava per Jonathan e si sarebbe preso a pugni da solo per questo.

And you cut, ancd you run
With our lives at stake.
(E tu ci dai un taglio e tu scappi)
(Con le nostre vite in gioco.)

Era ancora incatenato da questo sentimento, da quelle sensazioni che gli amplificavano tutto, che gli facevano vedere rosso, perché continuava ad infuriarsi, a scalciare ed isterizzare, eppure non serviva a nulla perché quella mente – fragile nonostante le apparenze – e quel corpo piatto e goffo lo tormentavano ancora, giorno e notte ed ogni scusa era buona per prendere a pugni i muri, per ammazzare qualcuno a calci, per urlare, per rompere gli specchi, e sbam!

Well, someone might get hurt and it won’t be me.
(Bene, qualcuno potrebbe farsi male e non sarò io.)

L’ennesima crepa si aprì, sottile, camminando lungo il muro per qualche centimetro, fece tremare il fuoco nel camino per un secondo, fece rovesciare il vino e Duefacce sentiva che non. Poteva. Farci. Niente.

“Quanta forza, se solo sapessi dove indirizzarla.”

Una voce di donna attirò la sua attenzione su un corpo vestito di pelle, su una maschera a coprire un viso delicato ma sicuro, quella vista non fece che farlo incazzare ancora di più ma si ricompose, raddrizzò la schiena e mascherò l’ira per quel tanto che bastava da permettergli di scoprire cosa volesse quest’altra folle.

“Chi ti ha fatta entrare?”

Chiese, purtroppo conscio che solo nel suo occhio sano la furia fosse impossibile da celare – come solo le sue spalle mostravano quanto si stava divertendo mentre rideva – e che se la donna fosse stata una brava osservatrice, avrebbe indovinato in un attimo.

“Io entro dove voglio, signor Dent.”
“Attenta ragazza, potresti lasciarci lo zampino, stavolta.”
“Miaou…”

**

Catwoman  sembrava offesa dalle risposte scorbutiche e minacciose di Duefacce, quello che probabilmente sarebbe stato il criminale più potente e pericoloso di tutta Gotham City se non fossero improvvisamente esplose le potenze sovrannaturali dell’Edera e del signore dei ghiacci.

Catwoman non era tipa da tirarsi indietro di fronte ad una battaglia di forze di volontà.
Non più almeno, non da quando finalmente Selina aveva tirato le cuoia cedendo il suo posto alla meraviglia felina che ora stava di fronte ad Harvey Dent.
La donna gatto non cedeva terreno, non arretrava mai di un passo, lei credeva in se stessa perché si era trasformata in una persona nuova.

“Peccato. Io volevo solo aiutare.”
“Aiutare?”

The decision is in there will be no fight
(La decisione è presa e non ci sarà nessuna lotta)

Il sorriso di Catwoman era qualcosa di straorinario, carico di fascino e malizia, ovviamente entrambi sprecati da usare su un tipo come Duefacce e lei lo sapeva, lo aveva capito dal primo momento che aveva posato gli occhi su quella furia resa in forma umana ed era esattamente per questo che aveva scelto di parlare proprio con lui.

Lei era bella di una bellezza del tutto differente da quella di Ivy, era un fascino più maturo, felino ed imbevuto di quel qualcosa di indefinito ma inarrestabile, indipendente e vivo.
Non era assolutamente paragonabile alla bellezza di un fiore. Lei era lei. Selina, risorta dalle sue ceneri ora era solo se stessa e solo per se stessa.

It might sound cold but I know it’s right.
(Potrebbe suonare freddo ma so che è giusto.)

“Io ho un piano, Harvey Duefacce. Ho denaro ed ho bisogno del tuo aiuto! Non possiamo lasciare che quei due, con un potere impossibile da definire umano abbiano la meglio. Non vorrai mica essere soppiantato da quella Ivy o peggio… da Freeze?”

‘cause someone must get hurt and it won’t be me.
(Perché qualcuno dovrà restare ferito e non sarò io.)


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Capitolo 3
*** Dim my eyes. ***



-Eccomi qui col nuovo capitolo, spero di non avervi fatto aspettare troppo! Dunque per prima cosa, le recensioni: vorrei ringraziare tutti coloro che hanno commentato la mia storia;
Ilaria1993: Eheheh, ormai sembra che tu sia sempre la prima a lasciare un segno del tuo passaggio, ti ringrazio molto! Per le tue domande, allora xD: Praticamente andò in questo modo, l'Edera si era impossessata di Eddie (è__é), Joker ovviamente ha tentato di lottare per riprendersi il suo uomo, non sapendo che era sotto il suo incantesimo, quindi quando ha visto che proprio Ed lo aveva spedito ad Arkham, si è rassegnato con dolore, poi ha incontrato Harley e insieme sono fuggiti a Metropolis xD. Per quanto riguarda Harvey e Crane invece sì, si mancano moltissimo a vicenda ma non lo ammetterebbero mai neppure con loro stessi! Per Freeze, ci sarà da aspettare ç_ç. Attendo con ansia il nostro matrimonio xD! Ora ti lascio al capitolo! A presto, un abbraccio!
Boopsie: Carissima eccomi qua col nuovo capitolo! Ti ringrazio per le tue recensioni e conversazioni simpaticissime su msn e cellulare xD!  Poveri loro, i miei personaggi, non hanno mai un attimo di tregua xD! Aww, comunque tieniti forte, che il bello deve ancora venire! Ma... povero Harvey, ridi di lui xDD! Un abbraccio, alla prossima, molto, molto presto *_*!
Sychophantwhore: Ed eccomi infine qui, carissima xD! Per quanto riguarda la situazione tra Eddie e Joker, devo dire che hai colto alla perfezione tutti i dubbi ed i frammi che inserirò in questa storia xD! Ma non posso anticiparti nulla, ogni dettaglio è rivelatore in una storia tanto breve. Eh sì, molto più della prima ç_ç! Ti dirò solamente che sì, ci sarà un corpo a corpo tra Ivy ed il Joker, a cui parteciperà anche la Quinn xD, che tra l'altro in questo capitolo appare, e... oddio, spero di averla descritta almeno decentemente ç_ç! Per quanto riguarda lo "Streghetta bionda" è normale, anche se sto usando una terza persona, comunque noterai che per ogni personaggio ho usato una differente terminologia, quindi era Ivy a pensare quel termine xD e viceversa tutti l'hanno chiamata - o hanno pensato di farlo - puttana almeno una volta xD. La parte sul threesome mi ha schiantata in terra, davvero! Grande, un abbraccio, a presto! ^^

XxX.SilverLexxy.XxX




PRETEND THE WORLD HAS ENDED:

La canzone usata per questo capitolo è “Jambi” dei Tool.


Capitolo 3: Dim my eyes.

Intro.

Che tipo di coppia potevano formare Catwoman e Harvey Dent, due persone così diverse? Dove una incarnava la furbizia sensuale, indipendente e fluida, l’agilità che poteva aggirare o saltare ogni ostacolo, che agiva nell’ombra e ti attirava nelle sue trappole; l’altro era invece la quint’essenza della risolutezza, guardava il mondo con una smorfia arrabbiata e distruggeva tutto ciò che gli si parava davanti, l’intelligenza violenta ed un animo pratico come pochi.
L’unica cosa che li accomunava, era la capacità di rendere possibile qualsiasi cosa ed era proprio quello che si apprestavano a fare.

In ogni buon piano che si rispetti servivano tre cose: un’esca, qualcosa che si sapeva avrebbe attirato con sicurezza matematica la loro preda; la seconda era una distrazione che avrebbe indebolito il loro obiettivo ed allo stesso tempo garantito una via di fuga, se le cose si fossero messe male; la terza era il colpo di grazia per cui serviva preparazione, studio e calcoli per riuscire a porre fine a tutto con un unico colpo diretto.
Infine, la fuga, perché un vero piano non poteva dirsi concluso quando la missione era compiuta, bensì quando ci si trovava a casa, al sicuro davanti al camino e con un bicchiere di vino in mano.

Still Intro.

Naturalmente loro avevano solo la metà di tutte quelle certezze ma se le sarebbero fatte bastare, non avevano tempo né pazienza da sprecare e di certo non avrebbero incontrato un periodo migliore di questo, visto che Freeze sarebbe stato fuori dai giochi per qualche tempo vista la sua mancanza di diamanti, la risorsa primaria che lo teneva in vita.
Avevano elaborato questo piano, che a sua volta faceva parte di un progetto molto più grande, ovvero riuscire a tirare giù quei colossi ad uno ad uno, a partire dall’anello più debole di quella catena infernale: l’Enigmista.

Basta difendersi, era giunto il momento di caricarli e buttarli giù! Ed in questo non esisteva al mondo persona più efficace di Duefacce.

**

Here from the King’s mountain view
Here from the wild dream come true
(Qui dal panorama montano del re)
(Qui dal sogno selvaggio divenuto realtà)

Era una stupenda serata estiva, di Mercoledì, il meteo non prevedeva ghiaccio o neve ma, si sa, molte tra le piante più rare e pericolose amavano quel clima torrido, specialmente quando nei giorni addietro il terreno era stato ben inumidito da una pioggia di notizie succulente, quali il trasferimento di alcuni valori come denaro, gioielli – tranne diamanti, quelli no, perdio! – e vari preziosi in un magazzino a Bludhaven.
Si fece notte ed il furgone portavalori percorreva le strade della metropoli col suo carico molto speciale, due autisti d’eccezione ed una scorta particolare.

Quella era l’operazione che Harvey aveva simpaticamente definito come ‘potatura selvaggia’, e se ne stava pazientemente – per modo di dire – seduto ad attendere che quell’erbaccia fastidiosa abboccasse all’esca; odiava non avere il controllo dei mezzi su cui saliva ma la sua collega si era energicamente opposta, argomentando in modo eccelso le sue ragioni.

“Saremo autisti di valori, non di rally. Ho sentito meraviglie sulla tua guida sportiva, ma per stavolta dovremo farne a meno.”

Feast like a sultan, I do
On treasures and flesh, never few.
(Esulto come un sultano, lo faccio)
(Su tesori e carne, mai pochi.)

La sua melliflua compagna guidava fin troppo lentamente, con un mezzo sorriso perennemente stampato sul viso felino e seducente, in un’espressione ottimista che non mancava di nauseare Harvey.
Era nella galleria che, come avevano previsto, iniziarono le danze: quando questa venne sigillata da un’immensa pianta emersa con frastuono dall’asfalto.
 Duefacce sospettava che la stessa cosa fosse avvenuta anche all’uscita del lungo tunnel e la cosa avrebbe potuto diventare pericolosa per molte ragioni ma anche una cosa del genere era stata prevista, quindi erano se non ben organizzati, almeno psicologicamente pronti.

Harvey notò subito che altri furgoncini simili al loro avevano iniziato ad accelerare, affiancare, tamponare e gettare fuori strada le altre auto nella parodia di un Destruction Derby, ovviamente per arrivare fino a loro e, Harvey era sicuro, non ci sarebbe stata traccia di Ivy su nessuno di quelli: l’Edera non si sarebbe mai abbassata a partecipare in prima persona ad un’operazione di questo tipo, tra automobili, smog e colpi di claxon a coprire la sua entrata in scena e di questo lo aveva assicurato anche Catwoman, che conosceva bene le donne come lei e più Duefacce entrava in contatto con queste tipe, più il suo maschilismo cresceva, arricchendosi di realtà.

But I…
(Ma io…)

Quando uno di quegli ostili mezzi riuscì a raggiungerli, con una sterzata la gatta li mandò leggermente fuori strada, Duefacce alzò gli occhi al cielo, se fosse stato lui a guidare, ora quel catorcio sarebbe in fiamme contro la parete della galleria, invece li affiancò di nuovo, recuperando prontamente terreno, ed un uomo con una tuta verde ed una mascherina scura a celargli gli occhi – erano i tirapiedi di Nigma – si sporse da finestrino puntando un uzi contro di loro ed a ciò la gatta fece show del suo istinto di sopravvivenza felino, abbassando istintivamente la testa, ma nessun colpo arrivò mai neppure ad essere sparato.

I would wish it all away
If I thought I’d
Lose you, just one day.
(Ma io desidererei che tutto sparisca)
(Se pensassi che potrei)
(Perderti, solo per un giorno)

Con un solo sbuffo irritato ed un’alzata di occhi, Harvey si sporse a sua volta fuori dal finestrino, con una mano afferrò la canna di quell’arma meritandosi uno sguardo basito dal sicario che l’aveva puntata, mentre con l’altra gli sferrò un pugno che gli fece perdere la presa sulla sua arma e lo mandò addosso all’autista, effettivamente buttandolo fuori strada per qualche attimo e costringendolo a decelerare solo per finire dalla padella nella brace.

**

“Guarda l’uccellino!”

The devil and his had me down
In love with the dark side I’d found
(Il diavolo e ed il suo catturarmi)
(Innamorato del lato oscuro che avrei trovato)

Cantilenò la voce  trillante di Harley Quinn e i due ‘enigmi’, prima di morire, fecero appena in tempo a vedere il piccolo uccellino di gomma giallo e piumato, che dondolava appollaiato sulla cima del mirino di un bazooka.

“Ciao ciao!” Fu l’ultimo saluto cadenzato dalla sua vocetta allegra ed acuta; le piaceva immaginare come doveva essersi presentata ai loro occhi tutta quella scena surreale, in cui una ragazza con indosso un abito eccentrico, dei campanelli sulla testa ed il viso bianco, li teneva simpaticamente sotto tiro con un’arma di grosso calibro come quella che le aveva generosamente regalato Mister J!
Quando il razzo esplose, lottò contro il rinculo e si lanciò in una risata riecheggiante, immediatamente si voltò a guardare il suo compagno, che stava guidando la loro decappottabile viola – il suo puddin’ aveva sempre adorato il viola! – e si era girato per osservare l’esplosione, facendo mostra del suo viso truccato da clown, un sorriso fin troppo ampio che nel bagliore arancio delle fiamme pareva addirittura insanguinato.

Dabbling all the way down
Up to my neck, soon to drown.
(Sguazzando fino in fondo)
(Fino al collo, presto annegherò.)

Ad Harley piaceva da morire sentire la risata del suo mister J, vedere come i suoi occhi si accendevano di quella luce abbagliante ad ogni esplosione o ogni volta che aveva il coltello contro la gola di qualcuno; la facevano sentire orgogliosa quando qualcosa del genere accadeva per merito suo e ugualmente libera quando no.
Non sapeva perché il suo puddin’ avesse accettato la proposta di quel brutto ceffo, Duefacce, di tornare a Gotham City, ma nel suo piccolo cuore di Arlecchina innamorata sospettava avesse tutto a che fare con quell’altro degenerato chiamato Enigmista e ciò la faceva sentire gelosa, ribollire di rabbia. Non si permise di dire nulla, sapeva quanto il suo mister J fosse suscettibile, quando i suoi piani e progetti venivano messi in discussione.

**

Un rumore improvviso distrasse Joker dai suoi pensieri sconnessi, proveniva dalle sue spalle, qualcosa era letteralmente caduta sull’auto all’altezza del portabagagli e ciò non era buono, poteva disturbare il tranquillo riposo dell’ennesimo Bat-fan al suo interno o forse no, visto che si era divertito ad ucciderlo quello stesso pomeriggio.
Beh, la cosa lo irritava comunque, alzò lo sguardo sullo specchietto retrovisore ed il suo sguardo incontrò una figura umana con un costume scuro e, per un attimo, lo scambiò per il suo vigilante preferito, l’uomo pipistrello; ma non era lui, chi diavolo era quell’impostore che usava rubare la scena a Batsy? A guardarlo sembrava solo uno sciocco ragazzino.

But you changed that all for me
(Ma tu hai cambiato tutto questo per me)

“Spiacente ragazzo, niente passaggi!”

Gridò a denti stretti prima di sterzare bruscamente e far perdere l’equilibrio a quella brutta copia del Cavaliere Oscuro, ma l’unica a cadere fu Harley che, con un mezzo grido, si ritrovò stesa sui sedili posteriori, mentre invece il ragazzino era riuscito a mantenere la sua presa sull’auto; vide Harley abbandonare il bazooka in favore del mitra, tirandolo fuori da sotto la sua schiena e puntandolo addosso al piccolo vigilante, domandando:

“Dove devi andare, autostoppista? Mica ti spiace se ti scarichiamo a metà strada?!”

Lifted me up, turned me ‘round.
(Mi hai sollevato, fatto voltare.)

Immediatamente aprì il fuoco, ma vide il ragazzo fare una capriola contro la forza dell’auto in movimento fino ad arrivare a lei ed abbassarle l’arma schiacciandola sotto il suo piede; la colpì all’altezza della spalla evidentemente per costringerla a mollare la presa su quell’arma. Senza pensarci su troppo, Joker si alzò in piedi sul sedile e colpì quel moccioso con un tubo di metallo, lo stesso che aveva usato per ‘giocare’ con la sua ultima vittima e questo intruso avrebbe fatto la sua stessa fine, si sarebbero dati buona compagnia, nel suo ampio bagagliaio, odiava sapere che le sue vittime potevano sentirsi sole, in fondo aveva il cuore buono, lui.

**

So I…
(Così io…)
I… I… I…
(Io… io… io…)
I would
(Io farei)
I would
(Io farei)


Il colpo fu molto forte, non si aspettava che quel clown avrebbe abbandonato la guida per colpirlo, portò istintivamente una mano alla testa e voltandosi vide il suo avversario puntargli contro una pistola quindi, senza pensarci su, lo caricò, gettandosi addosso al pagliaccio, del quale aveva sentito parlare solo dai telegiornali e, raramente, da Bruce.
Lui non si trovava a Gotham nel periodo in cui questo ‘mostro’ aveva fatto la sua comparsa e, se doveva essere sincero, si sentiva entusiasta di essere arrivato ad affrontarlo: era una cosa che gli dava un’immensa scarica di adrenalina, avrebbe dimostrato a tutti quelli che insistevano col chiamarlo ‘ragazzino’ che poteva benissimo competere con Batman, che tutto ciò che il cavaliere oscuro faceva, lui poteva farlo dieci volte meglio; si era stufato di vivere alla sua ombra, di essere chiamato ‘impostore’.

I would wish this all away.
(Desidererei che sparisse tutto.)

Sentì il piede dell’avversario piantarsi contro il suo stomaco e fu catapultato indietro, urtando con la schiena contro lo sportello e vide l’altro tirar fuori un coltello dalla manica della giacca ma, con un calcio, riuscì a farglielo volare di mano, solo per sentire di nuovo la voce acuta della sua collega che, rialzatasi in piedi, gli gridò, prima di colpirlo forte con un calcio all’altezza del collo:

“Togli le mani dal mio puddin’!”

Vide per un attimo solo un flash bianco dietro le palpebre chiuse e si rese conto che quello non era il luogo più adatto per una lotta, l’auto era troppo piccola e non lasciava nessuna libertà di movimento, in questo modo le cose si sarebbero messe male. Per non parlare del fatto che l’auto sbandava pericolosamente da sola con nessuno a guidarla e, proprio mentre pensava questo, si sentì un altro rumore, potente e metallico, ed il mezzo inchiodò bruscamente, catapultando dolorosamente tutti e tre i passeggeri in avanti.
Dick alzò la testa, sporgendosi oltre il sedile e riconobbe Batman che - dopo aver arpionato la decappottabile, costringendola a fermarsi - scendeva con maestosità dal suo carro armato, quella vista lo buttò giù, irritandolo come null’altro avrebbe potuto.

**

Prayed like a martyr dusk ‘til down.
(Ho pregato come un martire  dal  tramonto fino all’alba.)

Quando Batman scese dal suo carro armato, la scena che lo accolse non era delle migliori: la strada era un caos, molte macchine erano finite fuori strada e alcune bruciavano esaurendo l’ossigeno nella galleria chiusa dalle malefiche piante di Ivy; alzò lo sguardo e vide Dick tirare fuori dalla macchina la figura svenuta di Joker che però, prima che Bruce potesse avvertire l’altro, improvvisamente cessò quella finta e lo colpì con una testata a tradimento.
Batman sapeva che Joker giocava sporco, lo conosceva e poteva affrontarlo sapendo di non dover mai abbassare la guardia, era l’unico a conoscere il clown, a sapere come comportarsi durante una lotta con lui e temeva che Dick sarebbe potuto restare ferito da questo scontro; si è sempre fidato delle sue capacità, ma Joker era semplicemente imprevedibile e, come se non bastasse, qualcosa dentro Bruce aveva iniziato a gridare che era sbagliato, che Joker era suo e che solo lui aveva il diritto di ingaggiare combattimenti con lui.

Begged like a hooker all night long.
(Mendicato come una puttana tutta la notte.)

Mentre si avvicinava alla lotta, osservando i passeggeri dell’auto scendere per proseguire lo scontro sulla strada, si udì uno schiocco secco nell’aria e qualcosa di simile ad un  serpente nero catturò la gola del vigilante: era la frusta di Catwoman, che ora sorrideva ampiamente, come un gatto che aveva catturato l’uccellino, ed era convinta di avere ormai la situazione in mano.
La frusta aveva tagliato l’aria schioccando e Bruce si voltò a fatica verso di lei, le mani erano volate subito alla gola nel tentativo di liberarsi ed in quel momento si trovò davanti Joker, che lo colpì sul viso, proprio sul punto dove la maschera non lo proteggeva.

**

Per un momento Catwoman si sentì fiera di quel gioco di squadra non programmato, loro erano come tante biglie impazzite che erano arrivate a cozzare le une contro le altre del tutto casualmente e questo le piaceva. Era sicura che piacesse anche a Joker, per quel poco che lo conosceva.

Tempted the devil with my song
And got what I wanted all along.
(Ho tentato il diavolo con la mia canzone)
(Ed ottenuto ciò che ho voluto tutto questo tempo.)

“Miao.”

Continuò a sorridere tra sé e vide l’Arlecchina tentare di tenere a bada Nightwing come poteva, dando battaglia con le unghie e con i denti, ma questi due vigilante erano forti, semplicemente si rifiutavano di andare giù ed in fondo anche questo le piaceva, erano due tipi in gamba.
Improvvisamente si sentì strattonare e si sbilanciò pericolosamente in avanti, il pipistrello aveva afferrato la sua arma e ora la stava tirando verso di sé; inutile tentare di prevalere fisicamente su Batman, quindi lasciò la frusta all’ultimo momento e prima di cadere poggiò le mani a terra, fece una ruota colpendo così l’avversario con la forza d’inerzia delle sue gambe e, alla fine, tornando in piedi come un’atleta, pensò che sì, erano quelle le cose che rendevano una donna fiera di se stessa!

**

But I… and I would
If I could, the I would
Wish it away, wish it away,
Wish it all away,
Wanna wish it all away.
(Ma io… ed io lo farei)
(Se potessi, lo farei)
(Spererei che svanisse spererei che svanisse)
(Spererei che svanisse tutto.)

Harvey era oltremodo irritato e rabbiosamente si faceva strada in quel pandemonio fumoso e fiammeggiante a colpi di fucile, davanti a sé vide un altro camioncino simile a quello che li aveva attaccati poco prima e al quale Harley Quinn – Cristo, non sopportava quella bamboccia! – col suo bazooka aveva prontamente fatto fare boom.
Si fermò di fronte ai portelloni di quel mezzo, sicuro che lì avrebbe trovato ciò che cercava; sentì i suoi due sicari raggiungerlo a passo veloce, allora puntò la doppietta verso la serratura del camioncino, sparò due colpi e ricaricò l’arma velocemente mentre i suoi uomini correvano ad aprire le portiere.

Non appena i suoi misero le mani sul mezzo però, lanciarono un grido e vennero percorsi da quella che pareva una potente scarica elettrica, i due sportelli si aprirono da soli subito dopo, incorniciando la figura come sempre maestosa e raggelante dell’Enigmista; i due opponenti si guardarono a lungo negli occhi, senza battere ciglio finché Harvey non ghignò, a metà tra la rabbia e la strafottenza.

No pressure could hold, sway
(Nessuna pressione potrebbe reggere, oscillare)

“Allora sovrano, vieni con me con le buone o devo farti mangiare un po’ di asfalto?!”

La voce di Duefacce riusciva a riverberare perfino nella galleria ormai quasi distrutta, vide Nigma sorridere solo con un angolo della bocca, permeando così l’aria di tensione e mostrando in quel gesto tutta la sua sicurezza di vincere degna del megalomane che era.
Chiunque altro sarebbe fuggito, il re degli enigmi riusciva davvero a fare paura, ma ad Harvey veniva solo da vomitare, non si sarebbe mai piegato davanti a lui, quel maledetto schiaccia pulsanti non lo avrebbe battuto neppure tra mille anni, ci avrebbe pensato lui a raddrizzarlo un po’, cancellandogli quell’aria di cazzo dalla faccia a suon di pugni!

Dio quanto gli ricordava Crane, quell’espressione spocchiosa! Alzò la doppietta nello stesso momento in cui Nigma aveva fatto altrettanto col suo scettro.

**

“Miao!”

Or justify my kneeling away
My center.
(O giustificare il mio cedere)
(Il mio centro.)

Esclamò Selina osservando la situazione con aria quasi annoiata, con rammarico era costretta ad ammettere che le cose non si stavano mettendo affatto bene per loro: quello che si faceva chiamare Nightwing non sembrava avere nessun problema a tenere testa ad Harley ora che non si trovava più in uno spazio ristretto come quello dell’auto e, anzi, stava spocchiosamente sfoggiando le sue capacità, la stava prendendo vistosamente in giro; nel frattempo, Batman aveva stupidamente afferrato Joker per la vita, riuscendo così a trattenere quella furia cieca ma non si poteva certo dire che il loro fosse un combattimento!
In compenso però Joker sembrava ricambiare l’evidente desiderio di Batman, entrambi erano molto propensi a lottare solo tra loro, non tolleravano che qualcuno li sostituisse ed infatti Batman aveva quasi subito abbandonato la lotta con lei, letteralmente ignorandola dopo un po’ e la cosa sebbene la irritasse, le diede modo di riflettere e prendere una decisione sul da farsi.



Girò i tacchi per andarsene ma dopo appena pochi passi, Nightwing le tagliò la strada, aveva infine atterrato Harley e ora aveva deciso di battere anche lei.

“Mmmiao! Che c’è, papà pipistrello non ti fa giocare coi bimbi grandi?”

Vide Nightwing sorridere malignamente, fissandola con aria di superiorità, ma lei sapeva riconoscere qualcuno punto nel vivo quando lo vedeva, aveva evidentemente toccato un nervo scoperto con quelle parole.

“Allora che faccio, ti butto un gomitolo o preferisci che agiti le chiavi?”

Erano più o meno ad un metro di distanza l’uno dall’altra e fu lei la prima ad agire, scattando in avanti con un salto acrobatico, la pelle lucida che copriva il suo corpo pareva brillare sotto i neon della galleria.

**

So if I could I’d wish it all away
(Così se potessi, spererei che svanisse tutto)

Harvey Dent riusciva a malapena a respirare, colpito al petto da qualcosa di grosso e metallico di cui non gli interessava neppure sapere l‘identità, era stato anche preso in pieno da un paio di scariche elettriche ma alla fine aveva vinto lui; Nigma giaceva a terra, una pallottola gli aveva dolorosamente attraversato una spalla e l’asfalto sotto di lui aveva iniziato a scintillare, mentre un tappeto di sangue scuro e denso si allargava lentamente.

L’ex magistrato si avvicinò zoppicando alla figura del suo avversario e gli tirò un calcio al polso, prima che riuscisse a raggiungere il suo scettro per impugnarlo di nuovo; ormai aveva perso, non c’era motivo di continuare, non se ne rendeva conto?! Colpì anche l’arma dorata, lasciando che rotolasse lontano ma non servì a sfogare la sua rabbia, così iniziò a colpire anche il corpo malandato di Edward, una, due, tre, quattro volte tra lo stomaco ed il petto finché non lo vide perdere i sensi, con una leggera spinta del piede rigirò il suo corpo sulla schiena.

If I thought tomorrow would take you away
(Se pensassi che il domani mi porterebbe via te)

Abbaiò ai suoi uomini l’ordine di caricarlo nel furgone con il quale erano venuti e si accorse che il mezzo era vuoto, Catwoman non era più all’interno, quella rognosa non gli aveva dato retta ed era uscita a girovagare come una randagia tra i cassonetti; non riusciva più a trattenere la furia, nonostante avesse ottenuto ciò che voleva, come da piano, i vari dolori e le imperfezioni di ogni genere gli stavano appannando la mente, a malapena riuscì a trattenersi dal prendere a calci e pugni il furgone, non avrebbe avuto nessun senso.

Si voltò in tutte le direzioni, decidendo poi di dirigersi dove rumori e fiamme erano più alti, perché se c’era un posto in cui potevano essere quei matti dei suoi alleati era proprio quello, il più incasinato; camminando, ricaricò ancora una volta la sua arma e quando trovò quel gruppo di sbandati, ancora una volta gli ci volle uno sforzo sovrumano per non iniziare a sparare all’impazzata e compiere una strage: vide Harley che si stava rialzando proprio in quel momento, precipitandosi subito verso il suo compagno, Joker che invece si stava agitando come un pazzo nelle braccia del Cavaliere Oscuro, che lo teneva sollevato per la vita come se in realtà stesse trattenendo un suo amico dal fiondarsi in una pericolosa rissa… ma quanto poteva essere idiota quel Batman per continuare ad evitare di fare seriamente del male al clown dopo tutto questo tempo? Dopo essere stato letteralmente scaricato come un’immondizia? Era questo che faceva l’amore alle persone?

You’re my peace of mind, my home, my center
(Sei la mia pace mentale, la mia casa, il mio centro)

Jonathan, quel sorriso dolcissimo che riservava solo a lui, che gli faceva sempre venire voglia di baciarglielo.

Al diavolo gli sforzi, non c’era motivo di trattenersi, riprese ad avvicinarsi al gruppo di beoti a passo di carica, mentre con una mano fece scattare il caricatore del fucile, in alto ed in basso con un sonoro scatto.

I’m just triyng to hold on one more day
(Sto solo tentando di tenere duro un giorno in più)

Sempre Jonathan, le sue gambe scoperte e sottili quando d’Estate in casa si concedeva un paio di pantaloni corti, quando gliele stringeva attorno alla vita mentre facevano l’amore; amava i suoi piedi perfetti, si prendeva sempre tempo per massaggiarli o baciarli, adorando quanto questo imbarazzasse il suo compagno.

Non voleva pensare a quelle cose, era come un fiume in piena che lo aveva invaso, un ricordo dopo l’altro, avrebbe fatto di tutto per cancellare per sempre quelle immagini dalla sua mente, sollevò il fucile, pronto a sparare.

Dim my eyes…
Dim my eyes…
(Offuscami gli occhi…)
(Offuscami gli occhi…)

Di nuovo Jonathan, quando lo vedeva di spalle si avvicinava sempre, silenzioso per abbracciare quella vita sottile, impazziva per la sensazione che gli dava sentire quel corpo piatto e resistente sotto le sue mani, lui si voltava, gli occhiali calati sul naso per lo scatto improvviso, sembrava così tenero, si arrabbiava sempre quando lo coglieva di sorpresa.

Se solo la rabbia potesse avere un’energia, con quella Duefacce avrebbe potuto far saltare in aria tutta la fottuta Gotham City in quel momento, premette il grilletto, non si prese neppure la briga di prendere accuratamente la mira, voleva solo distruggere qualcosa, qualsiasi cosa, e la sua vista si era realmente appannata per via della furia.

Damn my eyes if the should
Compromise our fulcrum
(Siano maledetti i miei occhi se dovessero)
(Compromettere il nostro fulcro)

Jonathan, ancora una volta, la sua risata cristallina e particolare, infantile come se avesse davvero poca dimestichezza col divertimento, non aveva mai avuto molti motivi per sentire vera gioia dentro di sé, non gli parlava mai del suo passato, bastava un niente per renderlo malinconico, era sufficiente che cambiasse il tempo o che dessero vecchie canzoni alla radio o una parola, lui non gli spiegava mai i suoi malumori.

Il rimbombo dello sparo fu potentissimo, assordante, per un solo benedetto momento, riuscì quasi a calmarlo per poi sentire esplodere di nuovo tutta quella furia, i suoi denti stridevano, gli facevano male per quanto li stringeva, non poteva farci niente, niente! Aprì il fuoco ancora una volta, col secondo frastuono la sua vista si schiarì quel tanto che bastava per mostrargli i risultati di quel colpo casuale.

If wants and needs divide me then
I might as well be gone.
(Se desideri e necessità mi dividono, allora)
(potrei benissimo morire.)

La sua risata, non più allegra ma grondante sarcasmo, crudele, denigratoria, il suo viso nascosto dalla maschera; non erano davvero i suoi occhi, quei due pozzi azzurri che scintillavano dietro i fori. Lo odiava quando diventava ‘lo Spaventapasseri‘, come era arrivato a dover schivare i colpi della sua falce, a pensare che l’unica soluzione possibile fosse la morte di uno o dell’altro quando fino a poco tempo prima… il suo modo di spogliarlo, i loro lenti preliminari, poteva sentirlo tremare, la prima volta di Jonathan… era stata con lui.

Aveva colpito il giovane vigilante che si faceva chiamare Nightwing, che lui sapeva bene fosse niente meno che il vecchio Robin, i suoi occhi non si lasciavano fregare in questo modo, non dopo averlo visto in azione al fianco dell’uomo pipistrello. Riconosceva benissimo quel ragazzino che aveva semplicemente cambiato costume e dedicato la sua vita a dimostrare al mondo che lui valeva esattamente quanto Batman.
Joker si liberò immediatamente dalla presa del Cavaliere oscuro, approfittando della sua distrazione, il clown si era voltato, veloce come un serpente, piantando un piede contro l’addome del suo avversario e spingendo, probabilmente con tutta la sua forza, riuscendo a farlo cadere all’indietro.

Assolo.

Un rumore, come di un mezzo in avvicinamento, Harvey si voltò, riconoscendo il loro furgoncino che accostava proprio al suo fianco: la prima a fiondarsi nel vano fu Catwoman, quella maledetta pulciosa, subito dopo Harley, che dovette letteralmente trascinare il suo altrettanto vistoso compagno per un braccio, Duefacce coprì  quella maldestra ritirata a colpi di fucile e fu l’ultimo ad entrare, vide che Joker si era immediatamente fiondato sull’Enigmista, lentamente e con una cautela difficile da attribuirgli, gli sollevò la testa dalla superficie dura del furgoncino, se la poggiò delicatamente in grembo, iniziando a scansargli i capelli dal viso sudato e insanguinato. Odioso. Cos’era quello, il loro lieto fine? Perché era tutto così facile per quei due mentre lui si sentiva perennemente all’Inferno?

“Che si fa? – chiese la voce di Harley, troppo acuta, troppo irritante, troppo femminile per i suoi gusti – Non ce la faremo mai a fuggire, la Batmobile è troppo veloce per noi!” Esclamò e Duefacce sentì l’irritazione riprendere a montargli dentro dall’inizio, che ne poteva sapere questa novellina della Batmobile? Come poteva pensare che davvero il vigilante li avrebbe inseguiti?

Still, assolo.

“Ma sei scema?! – rimbombò la sua voce, scioccando tutti eccetto Joker, troppo occupato con Nigma e già abituato agli scatti dell’ex magistrato – con Nightwing ferito, pensi che perderà tempo a correre dietro a noi?!”

Era stato come un tuono, talmente potente ed improvviso che per un attimo l’Arlecchina si ritrovò ad arretrare con la schiena fino alla parete del furgoncino, si riprese quasi subito però, fin troppo avversa al farsi mettere i piedi in testa da quello che per lei era come il primo venuto.

Shine on forever, shine on, benevolent sun
Shine down upon the broken
Shine until the two become one
(Continua a brillare, continua a brillare, benevolo sole)
(Brilla su tutto ciò che è distrutto)
(Brilla finché due diventeranno uno.)

“Ah bè, scusa se il mio cervello non funziona bene come quello di un certo maleducato qui presente!”

Scusi sa, ma non ho bisogno delle opinioni di uno come lei.
Uno come me?
Sì. Un maleducato.

Shine on forever, shine on, benevolent sun
Shine on upon the severed
Shine until the two become one.
(Continua a brillare, continua a brillare, benevolo sole)
(Brilla su chi è stato separato)
(Brilla finché due diventeranno uno.)


Jonathan, i suoi occhi determinati, il suo cipiglio arrabbiato la prima volta che aveva tentato di gasarlo, il primo pugno che Harvey gli aveva mai dato, il senso di colpa senza precedenti tanto da spingerlo a preferire la morte al colpire di nuovo Crane, ma non aveva imparato nulla, mai, ogni volta, quella volta, le urla del suo compagno nelle orecchie mentre tentava di allontanarlo, l’unica volta che lo aveva visto piangere, i suoi occhi, così grandi, la ferita, la delusione, che fine aveva fatto l’innocenza che sembrava non avessero mai nemmeno avuto?

In quel momento qualcosa di strano accadde e lo notarono tutti, un sorriso si dipinse sul volto di Duefacce, era sporco, cattivo, pazzo, il suo occhio si era dilatato oltre ogni limite, all’improvviso poi, l’ex magistrato sollevò la doppietta, puntandola dritta verso il petto di Harley, l’aveva raggelata, aveva fatto trattenere il fiato a Catwoman, solo Joker non perse l’attimo, da terra, con un calcio, gli fece volare il fucile, Harvey non era in sé, non se n’era neppure reso conto.

Woah! Woah! Woah! Datti una calmata, Harv! E anche tu, Harv!” Gli disse in tono di ammonimento, puntando il dito contro entrambe le sue facce a turno, Catwoman, in ritardo, gli si era gettata addosso, come per fermarlo, se la scrollò con violenza, la odiava, era stupida, erano tutti stupidi e perdio, lo sapeva che Joker avrebbe trovato il modo di storpiare anche il suo nome, prima o poi, ma quel rivolgersi a lui due volte, quello lo aveva imparato da Crane, ne ridevano spesso insieme, voleva solo prendersi la testa tra le mani e gridare, con tutte le sue forze, ma non lo fece.

Divided I’m withering away
Divide, and I’m withering away.
(Diviso, sto appassendo)
(Dividi, ed io appassisco)

Jonathan che lo insulta, che spaccava i piatti sul pavimento, che gli lanciava accuse, le sue lacrime… non avrebbe mai voluto vederle, mai causarle, mai a Crane, non a lui, era tutto ciò che aveva, l’unica persona che riusciva ad amare, lo aveva ferito, picchiato, violentato, quello era stato il suo più grande fiasco, quello da cui non si sarebbe mai più ripreso ed era colpa sua, e non poteva farci niente.

Guardò altrove, fissò il vuoto, tutto pur di non guardare nessuno dei suoi colleghi.

**

Shine on upon the many, light our way, benevolent sun.
(Brilla sui molti, illuminaci la via, benevolo sole.)

Joker sapeva come era fatto Harv, lo conosceva da anni ormai e la sua presenza non gli era mai dispiaciuta tanto come invece era per l’altro. Aveva dei vaghi ricordi del periodo in cui si frequentavano assiduamente, quando Johnny lo trascinava di continuo a casa loro per poter stare insieme, tutti e quattro, c’era sempre anche Eddie, ma ora il suo - ex? - fidanzato giaceva immobile e ferito tra le sue braccia, Duefacce non guardava in faccia nessuno dei presenti, Harley sembrava sull’orlo di una crisi isterica, in più il clown non aveva la benché minima idea di dove fosse finito Johnny, era più di un anno che non lo vedeva, che non lo sentiva, gli dispiaceva aver tagliato tutti i ponti perfino con lui.

Breathe in union.
(Respiriamo insieme.)

Una volta era facile, quando c’era Eddie, anche se lui non aveva mai smesso di adorare il piccolo Johnny, sentiva di non farcela a vederlo, non con tutti i pensieri che lo collegavano a quella vita passata, che non riusciva a dimenticare; gli era mancato tutto, perfino il modo in cui Harv si arrabbiava ogni volta che lui gli saltava scherzosamente addosso o quando baciava Johnny, cosa che gli piaceva molto e ancora adesso, non riusciva mai a capire perché in quei casi i loro rispettivi partner si arrabbiassero tanto.
Ricordava di trovare tutto molto divertente ed anche Johnny, nonostante non si sarebbe mai detto, era quasi subito arrivato ad apprezzare il senso dell’umorismo di Joker… poi Eddie andò via, così da un giorno all’altro, quello lo ricordava bene, non si era preoccupato molto anche se non accadeva spesso che lui si allontanasse per lunghi periodi da casa senza spiegarsi.

Breathe in union.
(Respiriamo insieme.)

Lo rivide al fianco di quella Ivy, ricordò di sentirsi come defraudato da qualcosa, Eddie non gli rivolgeva neppure la parola ed il clown era arrivato a chiedersi se non avesse fatto qualcosa per irritarlo, si era poi però convinto che fosse colpa dell’Edera se lui si era allontanato, che stava esercitando un qualche strana influenza su di lui, ma non era tipo da abbandonare la scena senza lottare… e lo fece, per settimane ma fu tutto inutile, si sentì spezzare il cuore quando Eddie stesso lo incastrò per spedirlo dritto filato ad Arkham.
Non riusciva a dimenticare, era sempre così con Eddie, non riusciva a farsi una ragione per quel tradimento, bruciava tutto, il petto, lo stomaco, gli occhi, tutto.

Breathe in union.
(Respiriamo insieme.)

Poi aveva incontrato lei, la dottoressa Harleen Quinzell, da subito si era sentito colpito da lei, a partire dal suo nome, che gli suggeriva meraviglie, fino al suo carattere, si vedeva bene che nascondeva molto più di quanto volesse far credere al mondo, di quanto lei stessa pensasse, non ci volle che la solita piccola spinta per lasciarla uscire da quel guscio falso e banale, lei non era così, non ci riusciva bene neppure provandoci, gli sembrò così strano che lui fosse stato l‘unico a notare che tesoro quella donna nascondesse dentro di sé!
L‘amava, certo, ma quel bruciore non se ne andò mai del tutto.

Breathe in union.
(Respiriamo insieme.)

Ogni tanto le parole, gli sguardi, gli abbracci di Eddie tornavano a mancargli come non mai; ed ora lui era lì, era ferito ma c’era e non avrebbe mai perdonato quella maledetta Ivy per averli separati, per avergli fatto credere che il suo Eddie non lo volesse, per averlo trasformato in nulla più che un fantoccio, non lui che era così vivo e brillante in quel suo fuoco di megalomania, una follia severa, che era tutta sua e che il clown adorava, amava come null‘altro al mondo.
Gliel’avrebbe fatta pagare, stavolta non poteva assolutamente ridere e fregarsene, nella sua mente già si formavano immagini sanguinolente, esplosioni, voleva colpire Ivy proprio dove lei pensava di essere più forte: la sua adorata natura vegetale; le avrebbe insegnato la differenza tra un uomo di carne e sangue e della banale linfa, per quanti poteri quella donna potesse avere, non sarebbe mai riuscita ad eguagliare loro, che erano puri, e semplici, e veri.

Breathe in union.
(Respiriamo insieme.)

“Jo… k…”

Sentì a malapena il bisbiglio rauco di Nigma, che aveva appena aperto gli occhi quel tanto che bastava per intravederlo, non riusciva a parlare e Joker insinuò delicatamente una mano tra i suoi capelli insanguinati, massaggiandogli la cute come se fosse un bambino, ad Eddie era sempre piaciuto essere accarezzato così, lo rilassava e calmava quasi da tutto.

So, as one survive, another day, in season.
(Così, come una persona sola sopravviviamo, un altro giorno, una stagione)

“Shh… shh… shh… sono qui, va tutto bene. Resisti per me.”

Gli rispose e lo sentì annuire in maniera impercettibile, per poi lasciare di nuovo che i suoi occhi si chiudessero contro la stanchezza, contro l’improvvisa, riacquistata lucidità. Joker sentì i suoi denti stridere, non riusciva ad impedire alla mascella di serrarsi per la rabbia.

No. Non avrebbe mai perdonato quella schifosa.

Silence, legion, save your poison.
Silence, legion, stay out of my way!
(
Silenzio, sanguisuga, risparmiati il tuo veleno)
(Silenzio, senguisuga, levati di mezzo!)

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Capitolo 4
*** Respira Ancora. ***


Per Ilaria1993: Tesoro, ciao! Beh, ognuno ha i suoi difetti e si impegnano davvero anche se, a volte, le cose vanno male, vedi Harvey che, non solo non ha potuto guidare lui ma addirittura alla fine ha per miracolo evitato una strage in quel furgoncino xD! Ma anche Catwoman… esclusa da tutti i giochi, lei non sa niente di quello che sta accadendo in realtà nelle teste di tutti *_*! Nightwing poi, è il più *poverino* di tutti, vabè! Enigma pure… beh ci ha provato contro Harvey e poi, lo conosci è un narcisista che pensa sempre di essere il migliore xD! Ma povero Duefacce in effetti, non starò esagerando con lui ç_ç naah, mi sto rammollendo, va bene così xD! L’Harvey di Tommy Lee Jones per caso è quello del vecchio film, dove ha recitato anche Jim Carey? Argh, io non lo apprezzo molto, era davvero troppo esuberante, non c’entra nulla con il Dent arrabbiato, vendicativo e scontroso del fumetto ç_ç! Eh sì, l’ha stuprato alla fine ç_ç i dettagli te li fornirei volentieri ma non li ho elaborati neppure io xD! Può darsi che più avanti inserirò un flashback in proposito ma non ne sono sicura! Joker non si arrabbia con Harvey, in fondo non avevano scelta che stenderlo, per portarselo via, altrimenti non ci sarebbero mai riusciti! Ho notato che non aggiorni da un po’, tesoro, so che sei tornata a scuola e forse dipende da quello, ma spero davvero di risentirti prima o poi! Ora ti lascio al capitolo, sperando che ti piaccia e di leggere ancora qualche tuo commento ç_ç!
Per Sychophantwhore: Ciao *_*! Innanzitutto grazie per il tuo incoraggiamento via mail, mi ha spinta infine a postare nonostante sicuramente sarà pieno di errori, questo capitolo… poi, per quanto riguarda la recensione, ti sei dilungata molto nelle osservazioni su Harley, ma hai tralasciato la cosa più importante… ti piace come l’ho elaborata, alla fine? Ma il pollo di gomma dovevo assolutamente inserirlo… è, diciamo, un modo di offrire l’ultima risata a chi sta per morire, colpito dai razzi xD! Mi fa piacere che ti sia piaciuta la lotta nella galleria, davvero, pensavo piuttosto sarebbe apparso strano che tutto quel macello fosse avvenuto in uno spazio talmente ristretto ed in effetti, io immaginavo un tunnel molto spazioso ù_ù! Noto che alla fine Nightwing proprio non riesci a digerirlo ma fa niente, in fondo la simpatia è come un fulmine e Dickie non è quella persona che risulta sempre simpatica a tutti, no davvero! Mah, in questa storia, come nella precedente ed in tutte le altre, Joker non ce l’ha mai realmente davvero con nessuno, tanto meno Harvey, specie ora che sono, diciamo, nella *stessa barca*, entrambi hanno il cuore spezzato eccetera, anche se il clown è stato molto più aperto e fortunato di lui, avendo trovato una compagna fedele come la Quinn ;). Harvey non aveva controllo prima, quindi figurati adesso xD! Per Harley è realmente troppo presto per concedersi, di già, a Poison Ivy, anche se sono sempre andate d’accordo in ogni fumetto e cartone, lei non mi piace è_é! Comunque, l’Arlecchina ha fatto da tappo solo all’inizio, mi pareva di aver chiarito che Joker tiene a lei realmente, ed infatti stai sicura che non vorrà mai farla allontanare, ma non ti anticipo nulla, però lo sai, il clown può benissimo amare due, tre, quattro persone contemporaneamente, ha un cuore così grande, lui *_*! Purtroppo per scoprire il suo piano ci sarà da aspettare un ulteriore capitolo xD! Aww, sì, povero Harvey, anche sotto quel punto di vista - il sesso - ha dovuto sudare le proverbiali sette camicie, prima di vincere le infinite barriere di Crane! E il cucciolo di Spaventapasseri… era davvero innamorato, infatti ç_ç. Ora però ti lascio alla lettura, grazie mille per i bellissimi ed utili commenti ù_ù, a presto, spero ;)!
Per  LadyBlack: Ciao ^^! Innanzitutto grazie per l’accorata recensione, mi stupisco sempre un po’, quando noto che chi mi commenta pare realmente interessato ai fatti della storia, anche se è vero, immagino che rispetto al presule di questa, nell’altra Crane e Dent erano davvero innamorati e, nonostante si scornassero di continuo, molto dolci l’uno con l’altro, quindi è normale chiedersi cosa fosse accaduto ma alla fine, noterai, non è accaduto davvero nulla di *spettacolare*, semplicemente Crane è tornato a chiudersi, dopo la fine della storia tra Joker ed Eddie, ed ha iniziato a mostrare quel se stesso malfidato e traditore, Harvey ovviamente, non era preparato per un simile cambiamento ed hanno affrontato la cosa nel modo più sbagliato possibile fino all’eventuale *collassso* della coppia, quando Duefacce ha iniziato a dare libero sfogo alla violenza, anche su Crane e l’ex psichiatra per contraccambio s’è negato sempre più. La sera che si sono lasciati poi, ho accennato alla cosa nel capitolo precedente mi pare, hanno tentato di uccidersi seriamente, ne sono usciti entrambi feriti - e non solo nel corpo - ed hanno preso ad *odiarsi*, ma è un odio, come si sarà capito, derivato dal fatto che si amano ancora e non riescono a dimenticarsi vicendevolmente ç_ç. Aww, per quanto riguarda la gatta e l’Arlecchina non ti anticipo nulla, però… ho per caso intravisto un suggerimento per una Crane/Freeze? XD Ma il ghiacciolo non può, anche volendo, offrire nulla a Crane se non amore platonico - ma anche in quel caso lui è ancora profondamente innamorato di sua moglie - e sebbene allo psichiatra starebbe più che bene (della serie *ma chi te manna!*), a noi non piacerebbe proprio per niente, no no è_é! Però, come avrai notato, hanno un rapporto molto bello ugualmente, si capirà meglio andando avanti con la storia ^^!  Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto, davvero *_*! Ora ti lascio alla lettura, sperando di ricevere ancora le tue accorate recensioni, davvero, mi hai colpito molto col tuo commento!
Per Boopsie: Tesoro mio, ecco anche te! Sono contenta che ti sia piaciuto il capitolo e che, in generale, apprezzi le lotte perché ce ne saranno ancora parecchie, fidati, una più sconvolgente dell’altra xD! Mi fa molto piacere anche che apprezzi come ho inserito e gestito i personaggi, la Harley lo ammetto, non è per nulla facile da controllare, ho sempre paura di renderla troppo *indipendente* o troppo *zerbino*, nel suo caso non si sa mai è_è! Ma non sai quanto mi rende felice soprattutto, che ti piacciano così tanto i pensieri di Harvey, davvero! In questo momento nella storia è il personaggio su cui mi sono concentrata maggiormente! Joker si vendicherà, oh, se lo farà *_*! Il nostro clown è buono e caro - si fa per dire - ma se gli vai a toccare quello a cui tiene - beh, è nota la sua possessività - in un modo tanto abbietto, allora non esistono luoghi in cui nascondersi! Ora però ti lascio alla lettura, sperando che questo capitolo ti piaccia come gli altri ;)!

Un abbraccio,
XxX.SilverLexxy.XxX


PRETEND THE WORLD HAS ENDED:
La canzone inserita nel capitolo è "Respira ancora" di Giorgio Canali.


Capitolo 4: Respira ancora.

Intro.

Edward Nigma aprì gli occhi su un panorama confuso, sfocato al punto da non riuscire a riconoscere nulla di ciò che lo circondava, la prima cosa che sentì in quel momento fu una nausea quasi insostenibile, era come se tutto attorno a lui girasse, si comprimesse per poi espandersi ancora, i colori si mischiavano, deformandosi; emise un rantolo soffocato, con fatica riuscì a stringersi le braccia intorno alla vita, era come se le sue interiora si fossero strette insieme ed avessero iniziato a contorcersi.
Si sentì toccare, un braccio gli era scivolato attorno alle spalle e sul petto, si sentì manovrare ed odiò chiunque lo stesse costringendo a muoversi, bruciava tutto, ogni parte del suo corpo era diventata dolorosa, chiuse gli occhi e vomitò quel poco che aveva in corpo, continuando poi a soffrire gli spasmi una volta che evidentemente il suo stomaco non ebbe più nulla da rimettere.

Dopo essersi liberato, divenne tutto più chiaro: chiunque fosse dietro di lui, lo aveva aiutato a sporgersi fuori dal letto, la sua mano fredda era andata a posarsi sulla sua fronte, tirandogli indietro i capelli e dandogli sollievo dalla febbre altissima che doveva averlo invaso, sentì un misto di umiliazione - per lo stato in cui era - e gratitudine, nei confronti della misteriosa persona che lo stava aiutando, ma riconosceva quel tocco in qualche modo, lo rassicurava nonostante gli spasmi e le lacrime che ora non riusciva a controllare, iniziò a tremare da capo a piedi.
Sempre grazie all’aiuto del suo benefattore, tornò a stendersi, cosa che gli diede gran sollievo, si sentì avvolgere da una voce rassicurante, a ripetergli che ora sarebbe andato tutto bene, che ora c’era lui, che lo spronava a farsi forza, a resistere per lui e, chiunque fosse questo ‘lui’, voleva dargli retta.

Neppure il tempo di calmarmi,
nemmeno un attimo per pentirmi,

Sentì qualcosa di freddo ed umido - un asciugamano? - carezzargli il viso e la fronte, asciugandolo dal sudore, poi qualcosa - un bicchiere? - si poggiò contro le sue labbra, bevve tutto il liquido contenuto in esso, aveva un sapore dolce e vagamente frizzante. Appena finita quella bevanda fresca, tutto iniziò a definirsi meglio, riusciva quasi a distinguere i contorni di ciò che lo circondava, adesso. Emise un sospiro di sollievo e chiuse ancora gli occhi, stremato.

“Gra… zie.”

Disse in un mormorio balbettante che non era affatto da lui ma non aveva energia per fare nulla di meglio, si lasciò cullare ancora una volta da quella voce familiare e rilassante mentre sprofondava di nuovo in un sonno profondo, stretto contro quel corpo caldo, provava la sensazione più bella che ricordasse di aver mai sentito da molto tempo, era come essere tornati a casa.

“Ti amo, Eddie…”

**

Credevo di averla spacciata da un’ora…
Oh, merda. Respira ancora!

“Insomma, Harvey! Possibile che neppure una vittoria clamorosa come questa riesca a tirarti su? Non ti fa gioire, il pensiero di quell’erbaccia umiliata, piena di rabbia e sconfitta?”
“Tu fai davvero discorsi da femmina.”

Rispose, laconico, guadagnandosi un soffio iroso dalla sua alleata; da quando Duefacce era rientrato dall’operazione non faceva che starsene seduto in silenzio, nella poltrona davanti al camino del loro quartier generale, una bottiglia di vino poggiata sul tavolino al suo fianco, non si era mosso, non aveva dormito, non aveva partecipato ai festeggiamenti… anche se, la donna gatto doveva ammetterlo, nessuno lo aveva fatto tra loro: l’Arlecchina si era isolata da tutti, a rimuginare su chissà cosa, mentre il suo altrettanto circense compagno si era preso l’incarico di occuparsi della salute dell’Enigmista.
Qualcosa non andava in questo gruppo, poteva dirlo, evidentemente loro dovevano essersi già conosciuti parecchio tempo prima ed avevano i loro segreti, le loro storie sepolte ma lei non si sarebbe arresa, non voleva passare in secondo piano, aveva scelto di allearsi con Duefacce e non tollerava assolutamente che questi tenesse solo lei lontana, all’oscuro di ciò che realmente stava accadendo.

Respira ancora, respira e trema, respira ancora.
Ancora un problema…

Tornò a sorridere, con l’espressione più seducente che aveva, poggiò, leggera, la mano sul braccio del suo alleato, girando attorno alla poltrona e producendosi in una lunga carezza, fino alla spalla del criminale, si chinò fino a sfiorare, col suo, la parte sana del viso dell’altro.
Harvey Dent, ex speranza di Gotham, era arrivato a diventare il concentrato di furia e rabbia che ora stava tra le sue braccia, con un maschilismo che rasenta la misoginia, cosa che finiva con l’irritare Catwoman fino ad arruffarle il pelo ma stavolta aveva deciso di evitare di soffiare con fastidio il suo dissenso.
Strofinò la sua pelle liscia e morbida contro quella dell’altro, producendo un basso mormorio che poteva quasi essere scambiato per delle fusa, se non poteva convincerlo con le parole, allora sarebbe passata ai fatti, nonostante la rabbia perenne, Duefacce era pur sempre un uomo e, come tale, doveva avere dei desideri, dei bisogni, che lei avrebbe sfruttato a suo vantaggio.

“Allora dimmi Harvey, cos’è che ti tormenta di continuo?”

Chiese, l’altro però restò immobile ancora un po’, finché poi decise di voltarsi verso di lei, il suo sguardo aveva qualcosa di strano, certo c’era sempre la rabbia ad aleggiare in superficie, ma qualcos’altro ora predominava nel suo occhio sano, qualcosa di profondo, una tristezza tenuta a lungo nascosta ma che ora per qualche oscura ragione, era riemersa in tutta la sua potenza, rendendo Duefacce pensieroso ed apatico.
Lo sentì sollevare una mano ed afferrarle il polso, per poi costringerla, con la classica ‘delicatezza’ che lo contraddistingueva, a spostarsi da dietro la poltrona, fino a stargli a fianco, posò nuovamente il suo sguardo su di lei, freddo e scoraggiato ma l’irritazione era aumentata, chiaramente rispecchiata in tutto il suo essere, mostrò i denti per un attimo, poi disse

Non credo ai miracoli di vostra signora,
Ma come vedi respiro ancora.

“Non so cosa tu abbia in mente. Ma vedi di levarti di torno.”

Concluse e la lasciò, con rabbia, quasi spingendola via e senza degnarla di altra attenzione, tornò a guardare il fuoco, sorseggiando vino come non aveva smesso un attimo di fare dalla sera precedente. Selina era stata respinta, il che inutile lasciarsi ingannare, l’aveva urtata e ferita, era pur sempre una donna, ma appunto per questo non avrebbe rinunciato così facilmente a soddisfare la sua curiosità. Si raddrizzò, torreggiando in un brillio lucido di pelle e senza un’altra parola, lasciò il boss solo coi suoi tristi pensieri, come ogni santa sera, apatico a fissare le fiamme finché non avesse lanciato anche quel bicchiere, come gli altri, contro i mattoni del camino ed avesse ripreso quegli evidenti tentativi di buttare giù i muri a mani nude.

In fondo, Catwoman aveva un cuore di donna e nonostante i continui screzi e sfregi che l’uomo continuava a farle, lei si sentiva dispiaciuta quando lo vedeva così e rendendosi perfettamente conto che l’uomo si stava facendo davvero del male; aveva visto molte persone alle prese col dolore ed era sempre la stessa storia, scivolavano lentamente, sempre più in basso, senza accorgersi se non quando era troppo tardi, di aver davvero toccato il fondo entrando nell’alcolismo, e Duefacce era sulla buona strada sotto quel punto di vista.
Una volta fuori dall’elegante salone, Selina posò i suoi occhi perfettamente tagliati e scuri come la notte sulla - stranamente - solitaria e malinconica figura di Harley Quinn; c’era abituata, non faceva che vedere persone tristi, sguardi preoccupati, ma nessuno le spiegava nulla, anche se ovviamente si vedeva che erano tutti partecipi di una storia che li coinvolgeva dal primo all’ultimo e dalla quale lei era stata volutamente esclusa ma non voleva arrendersi, non finché non avesse scoperto cosa stava accadendo alle sue spalle, cosa poteva mai rodere l‘anima persone come quelle?

Respira ancora, scatto a molla,
Respira ancora, il cervello decolla,

”Che ti succede?”

Domandò all’Arlecchina, con fare amorevole e preoccupato, la vide alzare lo sguardo ma non rispose subito; sapeva poco della Quinn, solo che prima di intraprendere la carriera criminale al fianco del suo compagno, era stata una psichiatra ad Arkham; a quanto pareva, quella era realmente una categoria a rischio, basti pensare anche a Jonathan Crane… era l’avere a che fare coi pazzi a renderli così o appunto perché squilibrati decisero di studiare psichiatria e lavorare nei manicomi?

**

Harley sentì la voce di una donna chiederle cosa le stesse accadendo così alzò lo sguardo ed incontrò la figura scura di Catwoman, la vide prendere posto al suo fianco sul divanetto e non disse nulla; non le piaceva quella donna gatto, era come se la conoscesse avendo spesso avuto a che fare con donne come lei, delle passive - aggressive che non avevano avuto nulla, così un giorno hanno deciso di prendere tutto eppure si attaccano con tutte le loro forze ad ogni situazione difficile, ogni storia che puzzi, volevano sapere ed essere accettate, desiderate per prendersi così la loro rivincita personale sul mondo. Ma in fondo, non poteva essere certo lei a poter parlare, avendo scelto un compagno come il Joker. Da lui aveva sopportato e sopporterà ancora di tutto, aveva paura del momento in cui l’Enigmista, ex di mister J, si sarebbe risvegliato, quasi sperava di vederlo morire.
Ma non disse nulla di tutto questo a Catwoman, limitandosi a rispondere, con aria indifferente

“Sono stanca e basta.”
“Dici davvero? Uhm… Joker è ancora con Enigma?”

Prende quota, terrore che vola,
Non ci credo, respira ancora!

Insistette la donna, come leggendole la mente ed Harley trovava odioso il fatto che la si potesse scoprire così facilmente ma non perse la calma, si limitò a ridacchiare ben sapendo che, arrabbiandosi, le avrebbe solo fatto piacere. Assunse allora un tono freddo.

“Cosa vuoi, davvero?”

Sentì un basso miagolio dispiaciuto e vide che iniziò a guardarla con aria triste, come un gatto che attendeva un pesce che invece continuavano a sventolargli davanti, la stessa espressione che le aveva visto fare sempre quando voleva ottenere qualcosa ma che raramente nel loro gruppo sortiva alcun effetto e che a lei personalmente faceva venire voglia di spaccarle la faccia.
Ancora una volta non perse la calma, si alzò con grazia dal divanetto e dopo essersi data una scrollata ai campanelli del cappello, tornò a guardarla attraverso la maschera scura e si innervosì vedendo che perfino con lei non abbandonava quelle pose sensuali, come se nessuno potesse resisterle, come se davvero pensasse che per incantare lei, ex dottoressa Harleen Quinzell, ora compagna del Joker ribattezzata Harley Quinn, bastassero uno sguardo ed un paio di fusa per cedere.

“So cosa vuoi. Tenti di entrare nelle nostre grazie, ma non attacca. Per Harvey non sei nulla, se mai provassi ad andare da mister J, lui riderebbe di te e tendi ad irritarmi. Perché ti comporti così?”

Si fissavano, due donne a confronto quasi totalmente diverse, iridi scure contro chiare, pelle contro raso, una gatta contro una tigre. Selina piegò lentamente le labbra a formare un sorriso quasi dolce.

“Ma che dici? - rispose, lasciando cadere l’argomento con nonchalance e, prima che l’Arlecchina potesse ribattere qualcosa, aggiunse - sono solo un po’ preoccupata per voi, siete diventati tutti così strani da quando la missione si è conclusa, nonostante la vittoria. Che vi succede, perché Harvey è sempre di umore così pessimo e sembra volersi affogare nell‘alcol?”

Harley la fissò con occhi spalancati, non aveva idea che la gatta fosse ignorante della situazione fino a questo punto, quasi scoppiò a ridere ma si trattenne, portando una mano sulla bocca, afferrò da terra la sua borsa con dentro varie armi e prima di andare, disse.

Respira ancora e mi guarda storto,
Respira ancora e mi vuole morto.

“Tesoro… da donna a donna, Harvey non è pane per i tuoi denti. E se solo provi ad avvicinarti a mister J, ti vengo a cercare per piantarti una pallottola in fronte.” Concluse, sorridendo, sollevò una mano imitando una pistola con le dita e puntandogliela contro. “Bang.” Sussurrò giusto per precauzione, prima di andarsene canticchiando, lasciandola sola.

**

Mister Freeze era furioso, il tempo stringeva ed ancora non erano riusciti a muoversi per rubare altri diamanti e Crane non era certo di grande aiuto ultimamente. Quella mattina era entrato nel laboratorio solo per assistere ad una scena che, gliel’avessero descritta, non ci avrebbe mai creduto: per dieci minuti buoni, Spaventapasseri si era trasformato in un isterico, per un banalissimo motivo si era scagliato contro uno degli assistenti urlandogli di tutto e minacciando chiunque si fosse azzardato a toccarlo nel vano tentativo di farlo calmare, per poi zittirsi di botto, accorgendosi della presenza dell’uomo di ghiaccio nella sala.
Freeze non lo riprese, non disse nulla della sfuriata, limitandosi a suggerirgli, in tono leggero, di andare a riposarsi e Crane uscì, oltrepassandolo senza una parola. Qualche ora dopo era tornato nel laboratorio ordinando ai suoi tre assistenti di ‘levarsi di torno’ e si era chiuso lì, non uscendone più neppure per i pasti. Il dottore conosceva la ragione di questo comportamento e non gli piaceva affatto, per molti motivi.
Aveva iniziato a girare voce ovunque della presunta nuova relazione tra Duefacce e la donna gatto, nuovo acquisto della follia di Gotham, ma loro non potevano permettersi distrazioni, necessitavano della più totale concentrazione per arrivare a coronare finalmente il sogno di Freeze: la scoperta della cura per sua moglie.

Se si rialza, mi divora!
No non è vero, respira ancora!

A preoccuparlo era anche la lealtà che poteva arrivare a dimostrargli Crane in un momento simile, lo psichiatra infatti non era certo rinomato per la sua fedeltà ma Freeze sapeva bene che nel suo caso, la situazione era differente, il ragazzo aveva sempre provato nei suoi confronti un’ammirazione sconfinata. Aveva insegnato nella sua università, anche se probabilmente Spaventapasseri non lo ricordava, visto che non faceva parte del suo canale di studenti, ma di quello del professor Bramowitz, un tipo strano che aveva il vizio di fumare, durante le lezioni, sigarette arrotolate dalla scimmia in laboratorio.
Era stato proprio il suo collega a parlargli di Crane, raccontandogli dello studente più brillante che avesse mai avuto, un ragazzo che aveva conquistato tutti col suo esteriore timido e studioso, con la sua inestinguibile voglia di imparare, cosa che convinse ogni professore a guardarlo con un occhio di riguardo, fruttando al giovane Crane una sudata laurea con ben due anni di anticipo, decisamente fuori dalla norma, riuscì infine a stupire tutti l‘ennesima volta con la sua tesi, che trattava un argomento come la paura.

La prima volta che gli aveva parlato però, fu qualche anno dopo, lui ancora veniva chiamato dottor Fries, aveva rincontrato quel piccolo prodigio ad un congresso di medici e genetisti alle Hawaii, Spaventapasseri non parlava con nessuno, discriminato per via della sua giovane età, l’invidia per la sua facile ascesa, già era un membro di spicco nello staff di un luogo come Arkham.
Ma Fries lo ricordava per lo studente trasandato e timido di cui aveva sentito parlare e, all’epoca socievole e bonario, gli si era avvicinato lui stesso per fare la sua conoscenza; lo ricordava come un tipo sveglio, un po’ strano e vagamente goffo ma mai impacciato, si stupì della sua condanna, anni dopo.
Eppure questi ricordi non lo aiutavano, quella che fino a poco tempo prima era una certezza incrollabile ora si era trasformata in una pecca pericolosa, perché l’amore può fare strani scherzi, strapparci con infinita crudeltà ogni briciola di ragione, fino all’ultimo brandello del nostro intelletto e Crane stesso aveva ampiamente di mostrato questa teoria ogni volta si fosse trovato a tu per tu con Duefacce. Non riuscivano a trattenersi, si desideravano l’un l’altro ad un tale livello inconscio che puntualmente finivano col lottare, tentando di uccidersi, spesso e volentieri, a mani nude e le cose sarebbero di certo peggiorate ora che dappertutto si sentivano allusioni sulla relazione di Duefacce e Catwoman.
No, Freeze non poteva permettersi di perdere proprio ora un alleato come Crane ma neppure di rischiare che gli facesse saltare altri piani in un modo becero come quello dell‘asta, inoltre, l’idea di perderlo in una sciocca lite col suo ex, lo irritava a non finire.

Respira ancora e respira profondo,
Non vuole andarsene dal mio mondo,

Improvvisamente stava andando tutto a catafascio: la fazione di Duefacce, che fino pochissimo tempo fa non rappresentava nessun problema si era ingrandita acquisendo membri pericolosi del calibro di Joker, imprevedibile e violento e dell’Enigmista, paziente e geniale; no, non andava bene e la colpa di tutto questo era dell’Edera e di nessun altro. L’ex magistrato infatti, si era sempre limitato a difendere il suo territorio - proprio al confine tra Bludhaven e Gotham - ed era  stata quella sciocca di Ivy a dargli fastidio, scatenando la furia di Harvey Dent, un osso molto più duro di quanto si possa pensare.
A lui Gotham non interessava minimamente, il potere non era il suo obiettivo e la conquista non aveva mai fatto parte dei suoi piani, non la auspicava eppure, questi nuovi fatti avrebbero facilmente potuto portare alla sua caduta se non si fosse mosso con cautela e ponderando bene le sue mosse, non poteva permettersi altri fiaschi, non per sua moglie.

“Salve, Signore del Ghiaccio. Così ti chiamano, no?”

Sentì quella che riconobbe immediatamente come la voce di Ivy, si voltò lentamente, non si stupì affatto di quella visita.

“Buona sera, Madre Sconfitta. Così ti chiamano, no?”

Non mancò di registrare uno scatto leggero in quella figura, non riusciva proprio a nascondere i suoi pensieri per quanto ci provasse, davvero tipico degli isterici, poi Freeze non disse nulla, restò in attesa delle parole, fin troppo prevedibili, che la donna gli avrebbe rivolto e quella proposta disperata che stava per fargli.

**

Ancora non era detto niente, no! Perché lei era ancora un bellissimo fiore, letale ed impossibile da sradicare, anche se le avevano strappato la sua spina migliore - Edward - lei era ancora in gioco, era esattamente come un’edera, destinata ad arrivare in alto, non importava su quale pietra o pianta si arrampicasse, sarebbe riuscita a vivere perfino attaccata all’iceberg per eccellenza, aspettando il momento buono per stritolarlo tra i suoi forti rami e lucide foglie.

“Sei tu quello che sta perdendo e non puoi permetterti di aspettare oltre.”
“Prima che ti trasformi in ghiaccio e faccia contento Spaventapasseri offrendoti a lui in un cocktail alla frutta… dimmi cosa vuoi.”
“Minacce vuote come la tua cassaforte. Non hai più diamanti da sprecare lanciando ghiaccio a destra e a mancina. Non se non vuoi passare la vita nella cella frigorifera del reparto macelleria, almeno. Ma non temere, sono qui per aiutarti: ti propongo un’alleanza.”

Rantoli, sento il mio nome raschiato, sputato
E pronunciato come non vorrei sentire mai.

Lei sorrideva, la sua voce era calma e carica della sensualità che la contraddistingueva, sfilava lentamente attorno al re dei ghiacci circondandolo con la sua lusinga, nessuno poteva resisterle, era così, per quanto forte o gelido Freeze potesse essere.

“Pensi che abbia bisogno dell’aiuto di una che ha perso in modo così miserrimo?”
“Io non c’ero! - si scaldò, ma tornò subito calma - sto semplicemente cercando un nuovo alleato, visto che mi è stato portato via il mio. Lavoreremmo bene insieme.”
“Ho già un alleato. Molto più letale di te e con idee di gran lunga meno folli.”

Quelle parole la irritarono a non finire, come poteva Freeze paragonarla ad un banale fiore di campo come Crane? Lei che era la rosa più rara e preziosa mai vista? Tuttavia non diede voce alla sua irritazione, quella era una partita che andava giocata d’astuzia, così si limitò a sorridere, incrociando le braccia, un gesto furbo ed un’espressione di vaga presa in giro.

“Crane… con tutto il rispetto, non ti sembra un po’… distratto, ultimamente? L’ultima volta, mi è parso più un intralcio che altro.”

Concluse e Freeze doveva ascoltarla, perché lei non era come Spaventapasseri, lei era irresistibile ed aveva ragione, voleva proprio sentire quale altra sciocca obiezione il sovrano del gelo avrebbe mosso alla sua proposta. A suo parere, Crane stava di certo molto meglio chiuso in un laboratorio, piuttosto che sul campo di battaglia, non ci voleva un genio per poter usare il suo stupido gas, mentre i suoi feromoni erano unici, più efficaci ed inesauribili! A suo confronto, Crane era praticamente un bocciolo in un giardino di piante carnivore. Le sue geneticità trasformavano le sue vittime in alleati, non si limitavano a spaventarle a morte.

“Ti ho convinto, signore dei ghiacci?”

**

Respira ancora, mi incendia con gli occhi.
Respira ancora, frantuma specchi,

Bruce Wayne era annoiato e lo era ormai da moltissimo tempo; perfino questa lotta fra le nuove tre colonne del crimine a Gotham City non riusciva a smuoverlo quanto dovrebbe, non provava più la rabbia necessaria alla lotta. Era stanco, questa era la verità, perché alla fine quella città non cambiava mai, perché lui stesso non cambiava mai, perché perfino il dolore restava sempre lo stesso, eppure gli era andato a noia perfino quello.
Il momento in cui si era sentito risvegliare per un po’… la lotta sotto la galleria, dove aveva rivisto Joker e Dickie, i due avevano lottato per la prima volta e rivederli entrambi lo aveva portato quasi sull’orlo del collasso quella sera, non aveva saputo come comportarsi, come se il suo cervello si fosse bloccato, lo sapeva che Nightwing non ce l’avrebbe fatta contro Joker, che lo avrebbe sottovalutato, perché non lo conosceva bene quanto lui, non aveva lo stesso diritto di affrontarlo, così aveva senza tanti complimenti preso il suo posto in battaglia, nonostante sapesse che questo gesto avrebbe dato non poco sui nervi del ragazzo.

Ma a che pro andarsene? Ancora non riusciva a capire come aveva potuto Dickie lasciare il suo fianco per dedicarsi a qual mucchio di sciocchezze sovversive che erano state dereteree per il suo nome, pericolose per la sua persona e certamente non da lui, non per come Bruce lo conosceva; era ancora un ragazzino, o per lo meno si comportava come tale, non era ancora pronto per smettere i panni di Robin.
E poi, Joker… perché restava ancora l’unica persona al mondo capace di scatenargli dentro sentimenti così profondi, riuscendo a smuoverlo perfino da quella noia, l’apatia mortale che lo aveva invaso… non riusciva neppure a fargli del male, certo gli si contrapponeva ogni volta, lo accompagnava ad Arkham personalmente, ma non riusciva a fargli del male, si limitava a fermarlo.

Rosso sangue, sfiga nera.
Oh! respira ancora!

Per quanto tempo ancora sarebbe riuscito a sostenere questa vita, a sopportare quel se stesso che non poteva rassegnarsi di essere diventato? Si sentiva irrimediabilmente vecchio dentro; dopo Joker, non aveva avuto nessuno per anni, continuava a circondarsi di donne ma difficilmente con loro arrivava oltre l’uscita pubblica per la gioia dei paparazzi: le faceva contente con qualche regalo o favore - ovviamente, era tutto ciò che volevano da lui - e poi se ne tornava nella sua caverna e prendeva l’identità di Batman, ancora una volta.
Da un paio di settimane però, aveva preso a frequentare una donna, lei era bella, aveva due occhi impressionanti che gli sembrava di aver già visto, bionda e sensuale, di una bellezza aggressiva ma rassicurante al tempo stesso, indipendente e forte: il suo nome era Selina Kyle, elegante ma gentile; era iniziato tutto per caso, si erano incontrati e qualcosa in lei lo aveva attirato come un’ape al miele, non era stato capace di staccarsi da lei, la trovava interessante ed aveva quell’aria familiare, così emozionante in un certo senso…
E di questo era contento, sebbene ancora non riuscisse a sostituire la figura di Joker nel suo cuore e nella sua mente e l’unico che sembrava rendersi conto del suo stato pareva essere Alfred, col quale infatti si trovava spesso in lite, in quel periodo.

Respira ancora, mi ruba il fiato,
Respira ancora, sono paralizzato!

Il suo vecchio maggiordomo non riusciva a tollerare la sua autocommiserazione, cercava di spronarlo, irritarlo, consigliarlo, consolarlo ma nessuno degli sforzi dell’uomo - per quanto Bruce non volesse - serviva a smuoverlo dal suo stato di immobilità e noia. Continuamente si ripeteva che si sarebbe dato da fare, prefissato un obiettivo e portato a termine, aveva paura di gettare via il breve tempo della sua vita mortale eppure, nulla riusciva ad attaccare.
Perdeva tempo e lo faceva perdere anche ad Alfred, così stupido da sprecarsi appresso ad uno sciocco come lui era diventato; la nuova presenza di Selina nella sua vita pareva averlo calmato, pensava fosse la giusta occasione di Bruce per tornare quello di un tempo, per riscoprire molte cose, perciò cercava di non commentare la ragazza qualsiasi cosa accadesse, nonostante Bruce avesse capito che la donna non gli andava a genio, restava educato e cortese, ospitale ma sapeva ormai leggere dietro le sue apparenze da gentleman inglese, lei non lo convinceva affatto, eppure sopportava per il suo bene, e Bruce si sentiva uno zero a non riuscire a cambiare nonostante le preoccupazioni e gli sforzi di Alfred, che davvero, aveva fatto di tutto per lui, aveva accettato ogni cosa e gli era sempre rimasto accanto.
Non meritava questo, non meritava una disgrazia come Bruce.

**

Annusa l’odore della mia paura,
Ride, tossisce, respira ancora.

A Jonathan Crane non piaceva assolutamente Poison Ivy: la tollerava appena quando ancora usava il nome di Pamela Isley ed appestava tutti coi suoi discorsi sulla natura, ora invece non poteva proprio soffrirla. La ricordava dall’università, quando organizzava ogni settimana sciocche proteste e raccolte di firme e dopo la laurea, quando partecipava ai convegni ed iniziava a parlare, tutti prendevano a fare altro, qualsiasi cosa era meno noiosa del suo catastrofismo da due soldi.
Ora era cambiata anche nell’aspetto e Spaventapasseri si scoprì ad odiare quella sua bellezza costruita, quel suo atteggiamento di caricata sensualità era estenuante per chi le stava a contatto troppo a lungo, per non parlare del fatto che ancora continuava con quella folle propaganda sulla natura che non perdeva occasione di illustrare a comizio ogni qual volta si presentasse l’occasione, ma questo diede a Crane un’ulteriore scusa per non uscire dal suo laboratorio, avrebbe potuto dedicare tutto il tempo che voleva alle sue ricerche e rimpinguare le scorte di gas terrorizzante.

Aveva tentato di mantenere la calma nei confronti di lei, per rispetto a Freeze, ma ogni volta si trovassero a discutere un piano, l’Edera prendeva tutta la scena per sé, denigrava ogni idea o consiglio uscisse dalla sua bocca - cosa che non si sognava di certo di fare col dottore, invece - e Crane aveva la netta sensazione che ci avrebbe solo perso in dignità lanciandosi in una simile competizione: la ragazza tendeva a fargli perdere le staffe ed abbassare la loro lite al livello di bambini di cinque anni (nel suo caso almeno dieci), quindi decise di isolarsi ed affidarsi al giudizio di Freeze, l’unico di cui si fidasse ciecamente.

Respira ancora e riprende vigore,
Rintocchi a morto nel mio cuore,

Quando Crane aveva annunciato il suo ritiro dalla breve riunione, l’uomo del ghiaccio lo aveva guardato in maniera penetrante ed indecifrabile ma non disse nulla, non gli chiese di restare altrimenti lo avrebbe fatto ma non perché dovesse obbedirgli - il dottore non aveva mai neppure tentato di comandarlo - ma sentiva di essere in buone mani con lui, come se dietro quella fronte gelida, Freeze possedesse un cervello infallibile e si era convinto - a ragione - che lui potesse capire tutto, conoscere le persone e sapere sempre cosa dire o fare nonostante il più delle volte sembrava non fare proprio nulla.

“Sei di malumore di tuo, o devo dedurre di non piacerti?”

Parli del diavolo… ma Crane non si voltò a guardarla, si sarebbe solo irritato di più trovandosela davanti, così si limitò a prendere la sua maschera da Spaventapasseri ed indossarla, così da proteggersi grazie al congegno antigas al suo interno e non rischiare nuovamente di trovarsi sotto l’effetto dei feromoni dell’Edera, un’esperienza davvero umiliante e dagli effetti collaterali spiacevoli. Non disse una parola, continuando il suo lavoro come se l’altra non esistesse neppure, ben sapendo anche che quello era il modo migliore per ferirla e spaventarla.
Aveva capito solo recentemente che la paura che Ivy sembrava per qualche ragione nutrire verso di lui derivava dalla freddezza che le dimostrava di continuo e preferiva che le cose restassero in quel modo.

“D’altronde è comprensibile - continuò, iniziando a sfilargli lentamente intorno, disegnando un ampio cerchio e riempiendo l’aria di un fastidiosissimo picchiettare di tacchi. - le ho sentite le voci, sai? Su te ed il signor Dent e del fatto che ora si sia accoppiato con quella donna gatto. I suoi uomini sembrano contenti di questo, sai? Dicevano che ha fatto bene a riprendersi e che lo sapevano in fondo, che il loro boss non era un altro… come ti hanno definito… ah sì, un altro frocio.”

Non le piaceva il suo modo di stuzzicarlo, sperava che le punzecchiature avrebbero attirato la sua attenzione, che lo avrebbero spinto ad avere una qualunque reazione in sua presenza ma si sbagliava di grosso, nonostante effettivamente quelle parole avessero acceso in lui una rabbia talmente potente da accecarlo, non disse nulla, non si mosse neppure, sapeva benissimo cosa andava cercando l’Edera. L’avrebbe lasciata parlare, doveva bruciarle davvero molto l’umiliazione di essere stata sconfitta da un’altra donna, specialmente una dotata di un simile fascino.

Rantoli, sento il mio nome raschiato, sputato
e pronunciato come non vorrei sentire mai!

“Ti ammiro sai? Nei tuoi panni, io sarei corsa a reclamare vendetta, a stritolarli entrambi coi miei rami per insegnare loro chi è la migliore.”

Sì, Crane non dubitava affatto che quella sarebbe stata propri la reazione degna di una squilibrata come Ivy, un comportamento talmente umiliante doveva essere una parte intrinseca di lei. Non riusciva davvero a capire la differenza tra un comportamento maturo ed un del tutto privo di dignità? Magari, nella sua testa poteva apparire davvero forte, uno che correva dappertutto strepitando vaneggiamenti megalomani ed esponendosi così ma no, Spaventapasseri non avrebbe mai fatto capire a Duefacce o alla sua nuova puttana quanto potere avessero davvero su di lui, quanto saperli insieme lo facesse stare male nonostante tutto ciò che si erano fatti lui e Harvey.
No, lui voleva Catwoman ai suoi piedi, terrorizzata, mentre lo pregava di porre fine alle sue sofferenze, gli chiedeva perché, ma lui non avrebbe dato spiegazioni, l’avrebbe lasciata morire sotto gli occhi del suo compagno, Harvey doveva sentirla agonizzare fino alla morte. Poi sarebbe passato a lui, voleva torturarlo fisicamente: lo avrebbe bruciato, tagliato, picchiato, ed infine gli avrebbe strappato il cuore e calpestandolo sotto il suo piede e festeggiando, infine, coperto del suo sangue. Il tutto, senza mai dire una parola.

“Potremmo farcela insieme, sai? Potremmo schiacciarli in un baleno se lo volessimo!”

Stavolta la sua voce aveva una nota irritata per via dell’assenza di risposta, credeva di riuscire a toccarlo nel profondo con quelle parole - di certo - a lungo riflettute ma scelte davvero male. Improvvisamente lei gli si avvicinò e sbatté con violenza la mano sui suoi appunti, coprendoli ed ora si guardavano negli occhi, finalmente Spaventapasseri gli aveva dato attenzione ma non si rendeva neppure vagamente conto di quanto lei trovasse minaccioso e terrificante il suo sguardo freddo. L’Edera comunque, trovò un motivo per sorridere, ed alla fine assunse un’espressione apparentemente dolce ma i suoi occhi tradivano ben altro.

“Hai paura di me? Perché non togli la maschera? Sei così… affascinante, senza.” Concluse e tentò di allungare una mano verso il viso di Spaventapasseri, che però la bloccò immediatamente, afferrandole il polso e Ivy scoppiò a ridere. “Rilassati. Freeze mi ha detto che se solo avessi provato ad ipnotizzarti mi avrebbe congelata e rotta in mille pezzi.  Un tantino esagerato, non credi anche tu?” Chiese, stavolta in tono teneramente dispiaciuto ma altrettanto finto, e quella situazione stava iniziando davvero ad irritare Crane.

Respira ancora, quanta ostinazione!
Respira ancora, leggo la mia fine nei suoi occhi,

“Non otterrai nulla, non ti aiuterò.”

**

Quella discussione era irritante come d’altronde era tutto l’essere di Jonathan Crane: come poteva resistere al suo fascino fino a quel punto? Aveva davvero fatto una questione di principio il non darle nessuna confidenza, neppure quando gli sarebbe convenuto? L’unica spiegazione che riuscì a darsi era che si sentisse ancora tormentato dal pensiero di Duefacce, ma non la rabbonì anzi, sentì il veleno salirle fino alle labbra per la rabbia di essere in secondo piano rispetto a Dent, che era poco più di una bestia rabbiosa. Cos’era Harvey a suo confronto? Assolutamente nulla eppure Crane non la degnava neppure di uno sguardo, mai.
Sapeva come ferire l’ex psichiatra e lo avrebbe fatto, in quel momento voleva solo fargliela pagare.

“Io ero venuta solo per aiutarti! Ma non ti stanchi mai di questo atteggiamento da non ho bisogno di nulla?! Mentre Duefacce sta probabilmente testando ogni superficie della casa con quella gatta morta, tu te ne stai qui come un cretino!”

“Non sono io il cretino, signorina Isley. Si chiama dignità, immagino non la conosca.”

“Ah sì? E si chiama dignità anche farsi sbattere faccia in giù sul pavimento, riempire di botte e stuprare da un animale come Dent?! Oh sì, anche questa voce è giunta alle mie orecchie. Come puoi non pretendere vendetta dopo una cosa simile? O devo pensare che forse non ti è dispiaciuto poi tanto?”

Riassunta in una sola parola: uccidi!
E respira ancora

Aveva toccato un nervo scoperto e lo sapeva ma non si aspettava di certo una reazione come quella di Spaventapasseri; lo vide impallidire e dopo appena un secondo si ritrovò la canna di una pistola puntata dritta in faccia; pensò davvero di stare per morire, ma la voce tonante di Freeze riempì l’aria di un ammonimento categorico e Crane si bloccò ma da dietro la maschera, i suoi occhi sembrarono aver già sparato quel colpo. Ivy si rese conto troppo tardi di essere irrimediabilmente finita sulla lista delle persone che lo psichiatra avrebbe voluto vedere morte, ormai.

“Ivy, lasciaci soli.” Chiese Freeze e lei non se lo fece ripetere due volte.

**

Respira ancora, il suo odio mi incanta,
Respira ancora, rabbia e violenza,

Harvey Dent stava sognando, senza rendersene conto si era addormentato sulla sua poltrona, il bicchiere vuoto di vino ancora vagamente stretto in mano, ma in realtà non era più seduto, non si sentiva ubriaco, si trovava in una casa che gli era familiare, era la casa dei suoi genitori e non gli sembrava strano avere la faccia completamente sana.

“Ma che ho fatto, adesso! Non ti vado mai bene, dimmelo, che devo fare per farti felice?”

Era il suo disperato richiamo, ma Jonathan era imponente, nella freddezza che gli riservava, non lo guardava neppure, continuava a riporre le cose nel frigo come se lui non esistesse affatto e sbuffando, Harvey fece scattare la testa di lato, notando con la coda dell’occhio che nell’angolo c’era qualcosa, si voltò e notò che il cestino della spazzatura era a terra, circondato di vermi ed insetti altrettanto ripugnanti, ma non seppe che fare con quella nozione, improvvisamente sentì di avere paura, non voleva che Jonathan restasse nella stessa stanza dove c’erano quegli animali ma non disse nulla, il compagno ce l’aveva con lui, non gli avrebbe dato retta e lui era troppo debole, non sapeva cosa fare e un po’, dentro di sé, non voleva neppure che l’altro si accorgesse di cosa stava accadendo in casa.

“Lo sai benissimo cosa dovresti fare.”

Mi si strozza il fiato in gola,
Sono fatto, respira ancora.

Arrivò improvvisamente la risposta, così tornò a guardarlo ed incontrò i suoi occhi, le labbra piegate ad un angolo, non gli piaceva, il suo sguardo era cattivo, il suo sorriso sporco, perché lo trattava in quel modo nonostante lui lo amasse così tanto? Avrebbe fatto di tutto se solo gli avesse spiegato cosa.
Però in quel momento la cosa più importante erano diventati gli animali terribili all’altro lato della stanza, Harvey lo sapeva che prima o poi si sarebbero avvicinati a loro, non voleva, aveva paura.

“Ti prego, andiamo via da qui.”
“No.”

Rispose Jonathan secco, gettandolo nello sconforto più nero, non poteva dirgli realmente cosa stava accadendo, l’altro non avrebbe tollerato una cosa simile, gliene avrebbe dato sicuramente la colpa e non voleva, aveva già fatto troppe cose sbagliate, quella sarebbe stata l’ultima goccia, lo avrebbe cacciato e se lui fosse andato via, il compagno sarebbe rimasto solo in quella stanza, con quegli insetti, ai quali lanciò un altro sguardo preoccupato.

“Jonathan… ti amo, lo sai.”
“Non è vero, comunque non basterebbe. Perché mi hai fatto questo, Harvey?”

Respira ancora e riprende vigore,
rintocchi a morto nel mio cuore,
Rantoli, sento il mio nome raschiato, sputato,
E Pronunciato come non vorrei sentire mai.

Chiese poi ed improvvisamente l’ex procuratore ricordò tutto, quante volte gli aveva fatto del male, quante gli aveva chiesto scusa, tutte le vuote promesse che gli aveva fatto, ogni cosa, ed il suo viso era di nuovo bruciato, si sentì invaso da ogni sentimento negativo esistente, avrebbe voluto mettersi a piangere e riavere il vecchio Jonathan, tornare indietro e rivivere daccapo la loro storia, quando tutto era bello e loro erano diversi, quando riuscivano ad amarsi, voleva stringerlo e vedere il suo sorriso, come allora.
Avrebbe, per una volta, voluto prendere la strada facile, non voleva sopportare quella discussione, rivoleva semplicemente una seconda chance, cancellare tutto. Voleva essere di nuovo importante per Jonathan.
Non distolse più lo sguardo, ma lo sapeva che le minacciose presenze si stavano avvicinando, strisciando e zampettando sul pavimento, allora afferrò l’altro per trascinarlo via ma lo sentì ribellarsi.

“Portalo via ugualmente, lui non capisce!”

Respira ancora, sempre respiro,
Respira ancora, vedo il nero più nero!

Sentì una voce ed alzando gli occhi nella direzione da cui proveniva, vide la figura di un uomo, vestito come lui, era completamente bruciato in viso, sulle mani, sul collo e lui invece era tornato di nuovo completamente sano.

“Costringilo, non sai fare altro.”

Un’altra voce, stavolta alle sue spalle e vide Spaventapasseri, la seconda personalità di Jonathan, era solo colpa sua se le cose stavano andando così male tra loro, era quella maledetta maschera di tela a distruggerli, a suggerire al suo compagno quelle azioni che li rovinavano, a mormorargli parole scettiche ed odiose sul suo conto.
Si sentì invaso dalla rabbia e lasciò andare Jonathan, afferrò Spaventapasseri e gli mollò un pugno, lui cadde a terra, Harvey si piegò su di lui, continuando a picchiarlo e solo alla fine, quando gli strappò via la maschera dal viso, restò interdetto.
Si voltò indietro, Jonathan non era più lì, era sotto di lui, non era il suo malvagio alter ego che aveva picchiato fino adesso? Sorrideva, come a prenderlo in giro, come a dire ’avevo ragione io’ ed Harvey cadde sulle ginocchia, piangendo.
Aveva sbagliato tutto, non poteva fare nulla.

Si svegliò, di soprassalto. Gli ci volle qualche minuto per capire cosa fosse successo, per rendersi conto di aver semplicemente sognato tutto e la sua prima cosa reale di cui si rese conto, era il bicchiere ancora nella sua mano, lo strinse forte per un attimo prima di lanciarlo contro il camino. L'ennesimo che aveva mandato in frantumi, la consapevolezza sempre più bruciante, che non sarebbe stato l'ultimo. Che non sarebbe arrivato mai, l'ultimo per lui.

Rantoli, sento il muo cuore inciampare e fermarsi
Andare a pezzi come non vorrei sentire mai.

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Capitolo 5
*** Not the nicest Guy. ***



Per Boopsie: Tesoro, buon qualsiasi-ora-sia-lì-da-te ;)! Aww, Harley e Nigma, specialmente quest'ultimo, che per il momento è più morto che vivo ç_ç. Chissà se sopravvivrà ù_ù! Puah, minacce vuote le mie, sai che mi piange il cuore ad uccidere i miei personaggi (dopo Pinguino, poveretto, penso che non ucciderò più nessuno). Per quanto riguarda Selina, povera, lei è la più 'sana' di tutti in questa storia, ha preso il posto di Harvey insomma, una volta era lui quello responsabile xD. Ivy pagherà anche per la brutta uscita con Crane (sguardo malizioso) e *proprio* in questo capitolo! Eee... tutto per te, il nuovo capitolo ^^! Spero ti piaccia, si sentiamo presto!
Per Sychophantwhore: Tesoro, che piacere finalmente, dopo tanto tempo, aggiornare questa storia xD! Ancora una volta sono senza beta e si noterà ma non fa niente è_é! Dunque, povero Harvey... sta scivolando anche nell'alcolismo adesso ç_ç oltre tutto, visti i suoi problemi di controllo della rabbia non è buono, ed i bicchieri che rompe ogni sera dovrebbero saperlo ù_ù. Purtroppo per lui - e per te, che dici di iniziare a tenere a lui - ne avrà ancora da soffrire, sono stata piuttosto sadica un po' con tutti in questa storia. Per quanto riguarda la linguaccia lunga di Ivy, come promesso, lei *pagherà per tutto*, e proprio in questo capitolo (espressione maliziosa e soddisfatta). Ma povero Crane... vabè non ti anticipo nulla xD! Ahh, il vomito dal naso mi ha stesa, ma non sentirti sola, ho condiviso con te questa triste esperienza più di una volta -_-, per via delle sbronze colossali che prendo di tanto in tanto. Ma nuuu, tutta sola ç_ç! Se fossi stata lì, ti avrei sorretta io, certo, non sarò un clown ma posso rimediare un po' di cerone, volendo ç_ç! Sono contenta che ti piaccia Harley, ogni volta che scrivo di lei sono nervosa, pensando terrorizzata *chissà se Sycho apprezzerà*! La famosa chiacchierata a tre tra i clown e Nigma, dovrà attendere ancora purtroppo, ma ci sarà e come hai indovinato già, per Joker in problema non sussiste davvero, ma tranquilla non sarà un *che si scannino pure, loro*, anzi in questo caso ho dato al Joker un taglio piuttosto... serio? Beh, insomma... vedrai comunque xD. Sono contenta che il sogno ti sia piaciuto O_ò! Il significato che gli hai attribuito è proprio quello che intendevo, quel siparietto era vagamente personale, visto che a mio tempo ho fatto un incubo simile ù_ù. Solo che il fatto di Spaventapasseri, non è che ora siano tutt'uno... solo che, nella sua testa, Harvey non riesce ad avere un quadro preciso di Crane, nonostante tutto non l'ha mai avuto e se ne renderà presto conto. Ora ti lascio al capitolo, tesoro ^^! Sperando che ti piaccia, a presto!
Per Ilaria1993: Tesoro, buondì ^^! Aww, sono felice di vedere che anche tu apprezzi Canali, nonostante tutti dicano che l'ultimo album sia al di sotto degli altri, io non sono d'accordo e *respira ancora* ne è la prova più lampante, ecco è_é! Joker si sta mostrando molto sentimentale, eh? Lui ama davvero Eddie, ma anche Harley questo è sicuro e se lei è stata accantonata per un po', è solo perché al momento, è Nigma ad aver più bisogno d'aiuto... povero, è più morto che vivo! Eh sì, Harvey è ancora pieno di rabbia e dolore per il suo Johnny ç_ç... povero, mi fa una pena! Massì dai, sono stata molto sadica un po' con tutti in questa storia xD! Per quanto riguarda lo stupro... beh, non si avvicinava molto anche al nostro piano originale, per quanto riguarda il piccolo Cillian (espressione soddisfatta e maliziosa)? I vermi del sogno, rappresentano i sentimenti ed i fatti negativi, che Harvey non vuole far notare a Johnny, come illudendosi che così facendo, tutto vada bene. Se Crane non vede che le cose vanno male, allora si può andare avanti ù_ù, ma nel sogno, Dent non ha il coraggio di affrontare i problemi proprio per non ammettere che esistono! Comunque, spero che andando avanti con la storia, le cose si chiariscano ;). Per quanto riguarda Ivy, pagherà e mooolto presto ;)! Ora ti lascio, ci sentiamo presto spero! Mi auguro che il capitolo ti piaccia xD.
Per LadyBlack:
Ciao ^^! Finalmente mi son decisa ad aggiornare, eh? Per te esiste solo Harvey/Crane... come ti capisco, per me è uguale xD! Harley, Joker e Nigma parleranno, ma non molto presto, purtroppo ç_ç. Ci sono ancora un paio di capitoli da postare prima di questo, comunque il clown ama entrambi e non vorrebbe veder soffrire nessuno di loro, quindi... beh, vedrai ;)! Per quanto riguarda Catwoman, in questo capitolo sono stata un po' più gentile con lei... diciamo che in questa storia è *lei* la parte più sana di mente dei gruppi vari xD. Puah, Ivy sta per pagare, e caro tutto ciò che ha fatto è_é! Leggerai in questo stesso capitolo, come ci si è vendicati di lei *_*! Ehh, povero Harvey, sta scivolando nell'alcolismo... ce la farà a riprendersi in tempi utili? ù_ù Non ti anticipo nulla, ma anche Crane ha i suoi problemucci, azz, avevo appena detto di non voler anticipare niente -_-. Ma visto che sono una che ama rispondere ai commenti *di getto*, non correggo xD! Riusciranno a ritrovarsi ç_ç? Mwuahahahh! Ora ti lascio al capitolo sperando che ti piaccia e di ricevere altre tue recensioni, sono sempre adorabili ;)!

Un abbraccio,
XxX.SilverLexxy.XxX

PRETEND THE WORLD HAS ENDED:

La canzone inserita nel capitolo è “Not the nicest guy” dei Lordi.



Capitolo 5, parte 1: Not the nicest guy.


Intro.

Freeze era addirittura meno contento di Ivy ora che l’aveva dalla sua parte piuttosto che prima, quando erano nemici; l’Edera aveva più istinto che cervello, un pessimo tempismo, scarsi freni e sospettava addirittura che riuscisse ad agire ancor prima di pensare. Altrimenti, non si sarebbe spiegato un atto sciocco come quello della sera precedente, con Spaventapasseri.
Dopo la burrascosa lite, l’ex psichiatra sembrava non aver nulla da dire, era diventato ancor più taciturno del solito, ma Dio solo sapeva quanto odio si portava dentro e nessuna della rassicurazioni o promesse di Freeze aveva contribuito ad allentare la tensione; purtroppo, questa sua improvvisa chiusura a riccio lo rendeva scarsamente utile al momento, anche se dovevano ritenersi fortunati di non aver dovuto avere a che fare con Spaventapasseri, quel lato letale ed irragionevole della personalità di Jonathan che grazie a Dio, non aveva ancora preso il sopravvento.
Con Ivy - non il cervello più brillante, questo era appurato - era riuscito infine a mettere a punto un piano d’azione quasi decente per procurarsi dei diamanti, mentre Crane aveva spontaneamente deciso di restare indietro per lavorare in laboratorio; meglio così, pensava Freeze, almeno per un po’ era consigliabile tenere i suoi due alleati il più lontano possibile l’uno dall’altro, nonché Spaventapasseri fuori dall’azione violenta, per evitargli un incontro con Duefacce, cosa che avrebbe realmente rischiato di farlo crollare o esplodere, a questo punto.
Ormai Dent sembrava davvero essersi messo di punta per metterli tutti in ginocchio e se non avessero prestato attenzione, Freeze lo sapeva, avrebbe potuto perfino riuscirci.

Just for spite, every day, every night
(Giusto per dispetto, ogni giorno, ogni notte)
You still wonder, you wonder
(Ancora ti domandi, ti chiedi)

Il furgone correva spedito lungo la strada che li avrebbe portati alla gioielleria più esclusiva di Gotham, a quell’ora chiusa, che avrebbe dovuto ospitare uno dei diamanti più grossi e puri dello stato e, quando il mezzo arrivò a fermarsi, Freeze scese, posando gli stivali gelidi sull’asfalto umido di pioggia, che si congelò a chiazze sotto i suoi passi, lasciando una scia perlacea al suo passaggio.
Freddo. Letale. Appena giunto sulla soglia della gioielleria, cancellò ogni precedente pensiero; Ivy raggiunse in fretta il suo fianco in una posizione sensuale che Freeze, per suo sommo rammarico, non degnò di uno sguardo, intento a calcolare la grandezza del portone di fronte a loro: non poteva permettersi di sprecare troppe energie, visto che per quel piano aveva dovuto armarsi dell’ultimo diamante delle scorte di emergenza, quindi dosò quanto più poté la forza del suo cannone, tese il braccio contro l’entrata dell’edificio e sparò il micidiale colpo congelante, così che la porta divenne abbastanza fragile da permettere ai rami di Ivy di sbriciolarla con facilità.
Quella prima parte del piano pareva essere andata liscia come l’olio, l’allarme aveva iniziato a suonare, ma i suoi uomini erano professionisti abili e veloci; aveva dato loro un solo, categorico imperativo: i diamanti venivano prima di tutto il resto, così, quando Freeze fece il suo ingresso a passi lenti, seguendo i suoi sottoposti, uno di loro gli si fece immediatamente incontro per mostrargli, orgoglioso, un diamante della grandezza di una piccola lampadina.

L’uomo di ghiaccio ghignò ampiamente e con cautela lo prese dalla sua mano, inserendolo nella tuta di contenimento e vide il quadrante che segnava l‘energia - fino a poco prima brillava ad intermittenza di rosso - ricaricarsi velocissimo, fino ad uno stabile, brillante verde. Finalmente era tornato al massimo, nessuno sarebbe sopravvissuto ad uno scontro con lui, ora. Era più che soddisfatto.
Dopo appena un minuto, carichi di denaro e preziosi, tutti uscirono dalla gioielleria, ma restarono immobilizzati per qualche attimo, davanti a loro la bocca enorme di una stramba pistola.

“Cu-cù!”

From the ashes I rise, by the roll of the dice,
(Dalle ceneri mi alzo, dal tiro del dado)
You’ll go under, go under!
(Tu cadrai, cadrai!)

Esclamò la figura colorata di una donna, per poi sparare quello che sembrava essere un fuoco d‘artificio, che si precipitò contro di loro per poi prendere quota all’ultimo momento, velocissimo, andando ad esplodere in cielo in una brillante fontana verde e rossa; tutti si sparpagliarono tranne Ivy e Freeze, che a sua volta sollevò il suo cannone contro quell’Arlecchina, tentando di prendere la mira sulla figura in perenne movimento. Non riuscì a sparare il suo colpo, si sentì urtare da qualcosa, o meglio qualcuno, che si era improvvisamente appeso, urlante, alla sua gamba; quando il re del gelo abbassò lo sguardo, riconobbe il suo autista, che - oddio! - non aveva più gli occhi: due orbite vuote e sanguinanti lo fissavano, le urla, soffocate da una striscia di grosso nastro isolante, che Freeze strappò via in un impeto di furia.

“Dinamite! Dappertutto, ti prego, aiutami!”

Freeze era al colmo dell’ira, afferrò l’uomo per il colletto e lo lanciò lontano per almeno tre metri, poi si diede alla fuga, le urla isteriche di Ivy gli riempivano le orecchie, dandogli sui nervi, ma restò in silenzio nonostante la situazione imprevedibile; avrebbe voluto prendere a calci la sua alleata fino al giorno seguente… perché diavolo non correva via, visto che avevano ottenuto ciò per cui erano venuti in primo luogo? Specie contando che la sua avversaria la stava prendendo visibilmente in giro, coperta dalla testa ai piedi e munita di maschera antigas? Tornò indietro per trascinare l’Edera lontano da quell’inutile battaglia ed appena riuscì ad afferrarla, quella che sembrava una freccia si conficcò nell’altra spalla della donna, che lanciò un urlo asciutto e breve; Freeze si voltò e vide l’Arlecchina ridere, agitando una balestra da caccia che probabilmente aveva tenuto appesa dietro la schiena.
Una risata, lenta e stavolta maschile rese nota un’altra presenza e Freeze seguì quel suono con lo sguardo, per trovarsi davanti due occhi brucianti di odio; quello era il famoso Joker, poteva riconoscerlo nonostante la maschera antigas che nascondeva la parte inferiore del suo viso. Era la prima volta che si trovavano faccia a faccia, ma l’uomo di ghiaccio restò impassibile.
Come diavolo avevano fatto a rintracciarli, a prevedere il loro piano? Per essere intervenuti così in fretta, dovevano essere lì davanti già prima del loro arrivo, nascosti chissà dove, ma se quello era i caso, chi aveva fatto la spia? Chi li aveva avvertiti?

You never realized I’m back here to stay,
(Non hai mai capito che sono tornato per restare)
Like a fungus that grows on your side,
(Come un fungo che cresce sul tuo fianco)
You never realized I won’t go away.
(Non hai mai capito che non me ne andrò)
Non tonight.
(Non stanotte)

“Allora ghiacciolo, che ne dici di, ahh… lasciare la zavorra? Scommetto che ne hai già mille, di piante grasse a casa tua!” Esclamò il clown, indicando Ivy con la punta di un coltello che stringeva in mano.
“Joker! - gridò lei isterica, ribellandosi alla stretta del suo alleato, come volendo fiondarsi sull’uomo - Non ti basta avermi rubato Nigma?! Ti estirperò come nulla fosse!”

Di questo Freeze aveva i suoi dubbi, quell’uomo era… abbagliante nella sua follia, troppo abbagliante perché Ivy potesse competervi, l’avrebbe bruciata fino agli ultimi sterpi secchi se solo si fosse avvicinata, e per questo la trattenne con ancor più forza.
Sentirono di nuovo il clown scoppiare a ridere con sguaiato trasporto, un suono spaventoso davvero, che il dottore sopportò, conscio del fatto che per lui, il signore dei ghiacci, uno scontro faccia a faccia col clown non rappresentava un pericolo così mortale.

“Ma che bella coppietta! - esclamò di nuovo il clown, indicandoli con la punta della lama, in un gesto vago. - Non è vero Harley, tesoro?”
“Oh, mister J! Mi verrebbe voglia di cospargerli di sciroppo e mangiarli, come una granita alla menta!” Rispose la sua compagna, sfarfallando le ciglia e sorridendo con aria giuliva.
“Ma che bell’idea! Ahh… me lo farei volentieri un ghiaccioletto adesso, ma allora che ne dici, ahh… uomo-granita, mi consegni Ivy? Ma decidi in fretta. Sai non vorrei che la signora Ghiacciolo facesse le spese, ahh… dei tuoi indugi. Non so se ti ho già detto che Harv e la piccola Kitty stanno rapendo la tua congelata metà proprio in questo momento.”
“Oh, non parlare male di loro mister J! Anche loro sono una bella coppia… un po’ freddi, ma carini!” Finse di rimproverarlo lei, per poi ridacchiare malignamente di fronte all’espressione furiosa del loro avversario.
Il cuore gelido di Freeze sembrò palpitare per un secondo nonostante, in teoria, dovesse essere già morto da tempo.
“Mia moglie?!” Disse solo, nel panico ed in quel momento, con un altro grido isterico, Ivy scatenò una gittata di quelle che sembravano essere spore contro il clown, che si limitò ad estrarre l’altra mano da dietro la schiena ed aprire un grande ombrello viola, che lo riparò dagli acidi della rossa.
“Inutile, non puoi scappare, a meno che non ci batti o che lasci Ivy a giocare con noi. Ma pensa, quale sarebbe la via più breve?” Cantilenò Harley, di nuovo puntando la balestra e lasciando che una freccia si piantasse ai loro piedi, come avvertimento. Freeze si sentì accecato dalla rabbia, alzò il suo cannone contro di loro ma dalla mano di Joker, il coltello volò rapido e preciso, arrivando a recidere il tubo che collegava il refrigeratore con la sua arma, non poteva più sparare. No. Doveva riuscire ad andarsene, e subito. L’attenzione di tutti si spostò, attirata dall’oscura figura dell’uomo pipistrello che planava fino ad atterrare sull’asfalto. Ci mancava solo lui.

**

I’ll never leave you lonely
(Non ti lascerò mai sola)
I’ll be there, tryin’ to grab a hold, yeah.
(Sarò lì, cercando di tenere duro, sì)

“Ohh Batsy…! Sapevo che saresti venuto appena visto quel fuoco d‘artificio!” Esclamò Joker, divertito dalla sua entrata in scena ma a Batman bastò uno sguardo per capire che qualcosa non andava nel clown, aveva di nuovo quello sguardo, ma stavolta ancor più pericoloso e non ne capiva il motivo. Sembrava pieno di rabbia anche nei suoi confronti, non gli aveva mai rivolto contro un odio simile, prima.
Quello, comunque, non era il momento giusto per le osservazioni; si fiondò su Freeze, il più vicino ed il più pericoloso nell’immediato futuro e l’uomo di ghiaccio finalmente lasciò andare l’Edera per contrattaccare il vigilante, mentre la donna non perse un momento per precipitarsi contro i due pagliacci: scatenò l’agente velenoso più potente di cui disponesse, ma con sua disdetta, i suoi avversari non avevano neppure il più piccolo lembo di pelle scoperto, Joker utilizzò nuovamente l’ombrello viola, con una risata e poi la caricò, spedendola a terra e sovrastandola immediatamente, con le ginocchia le schiacciava le braccia contro la terra, ed estrasse un pugnale da sotto la giacca.

I’m not the nicest guy, you know.
(Non sono esattamente un bravo ragazzo, sai)

“Qui c’è dell’erba cattiva che deve imparare a morire. Allora vediamo, che dovrei farti per aver ridotto Eddie in fin di vita, mmh?” La sua voce era quasi carezzevole mentre le sfiorava il viso col piatto della lama.
“Che c’è pagliaccio, hai qualcosa da recriminare nonostante la dottoressa Quinzell? Ti mancava proprio il cazzo di Edward, eh? Ma come biasimarti, dopo averlo provato io stessa?!” Joker non capì cosa stesse tentando di ottenere Ivy, pronunciando quelle parole molto più volgari che offensive, ma se ne fregò visto che, quella notte, non era una conversazione che voleva, da lei, bensì sangue. Rise ancora, più forte di prima.
“Peccato tu debba arrangiarti da sola adesso, piantina.” Rispose, divertito mentre le spingeva la lama del coltello tra le labbra. “Ahh, ma perché così seria, tesoro? Mettiamo un sorriso su questo faccino!”

Esclamò, la voce più profonda e velata di rabbia mentre la lama si faceva strada nella carne di lei, aprendole per metà un sorriso di Glasgow simile al suo. Il sangue iniziò a sgorgare a fiotti, ed il grido lacerante di Ivy avrebbe graffiato le orecchie di chiunque, ma non quelle del clown, lui avrebbe voluto farci il bagno, in quelle urla. Era un dolore devastante e per un folle attimo, la donna fissò le cicatrici del suo torturatore, chiedendosi come avesse fatto lui, a sopravvivere ad una cosa simile.
Che significava, aprirle un sorriso simile? Non era certo una psicologa, l’unica cosa cui riusciva a pensare era l’indicibile sofferenza cui la stava sottoponendo, sentì la lama spostarsi all’altra guancia per finire il lavoro e, se non avesse urlato tanto, sarebbe riuscita a sentire le risa di Joker, le avrebbero bruciato ogni traccia di sanità mentale.
La stava facendo implorare e gridare senza ascoltarla, la stava deturpando, facendo agonizzare e per questo, Ivy non lo avrebbe mai perdonato, mai in vita sua! Quando sentì la lama ritirarsi dal suo viso, si sentì sollevata, pensò fosse finita ma ben presto capì che non era così: sentì quella punta affilata spostarsi sul suo petto e temette che Joker volesse ammazzarla e compiere così la sua vendetta.
Il clown però non la uccise, si limitò a piantare il coltello nel suo petto, ad una profondità che non risultasse mortale e mentre Ivy ancora gridava e soffriva, un pensiero la colse: quel sadico stava scrivendo qualcosa su di lei, la stava letteralmente incidendo, come il tronco di un albero.
L’ennesimo grido uscì, disperato, dalla sua bocca insanguinata ma stavolta non per il dolore, bensì l’umiliazione di un simile gesto e soffriva tanto da non riuscire più a controllare i suoi poteri; dovette lottare contro il suo corpo per trattenere all’interno tutte le geneticità di cui disponeva e conservare così le energie per sopravvivere, il clown l’aveva resa impotente, indifesa proprio come un albero.
Questo mostro era Joker? Nessuna delle voci che aveva sentito su di lui gli rendeva giustizia, nessuna storia avrebbe mai potuto trasmettere ciò che provava in quel momento, davanti a quello sguardo, quelle cicatrici, quel sorriso di sincero divertimento mentre la torturava, ed i suoi occhi, Dio, così spaventosi. Ivy aveva paura. Ivy era terrorizzata, arrabbiata, e… invidiosa. Lei, che era perfetta, si era ridotta davvero ad invidiare la potenza di un essere umano? Anche questo faceva parte della vendetta di quel bastardo? E lui continuava a ridere in maniera sconvolgente, ora riusciva a sentirlo, quel suono le faceva accapponare la pelle.

You’ll never leave me, darling,
(Non mi lascerai mai, tesoro)
Now hear my tender warning:
(Ora ascolta il mio tenero avvertimento)

“Può anche darsi che il tuo corpo, ahh… non possa mantenere cicatrici, signorina Isley. Ma secondo me, non basterà la morte per farti scordare questa. Spero che bruci talmente da mandarti a fuoco!” Le disse, serio per poi tornare a sorridere, portare la mano, coperta del suo sangue violetto alle labbra soffiarle un bacio. “Da parte di Eddie.” Concluse, e si alzò finalmente, lasciando ad Ivy, per la seconda volta, la speranza che finalmente fosse finita, ma il clown tese una mano verso sua compagna Harley Quinn, che si avvicinò, guidata dal delicato tocco di lui.
Dopo qualche attimo di indecisione, la donna iniziò a scaricare una raffica di calci su di lei, picchiandola senza pietà. L’ultima cosa che vide, fu il suo stesso sangue. Su Harley, sul Joker e poi tutto si fece scuro. Fu contenta di aver infine perso i sensi.

**
I’m not the nicest guy, you know.
(Non sono esattamente un bravo ragazzo, sai)

Non era abbastanza ancora, non lo sarebbe stato mai. Per gli stolti ed i cretini non c’era soluzione se non questa e Joker si sentiva pieno d’orgoglio, guardando la sua Harley massacrare quella insignificante illusa. Chaos. Solo questa parola gli girava in mente ora, ed era stato lui a portarlo a Gotham, a diffondere quell’ideale come un morbo, generosamente regalandolo a chiunque ne avesse bisogno: l’aveva donato Batman, a Eddie, ad Harley ed ora anche ad Ivy, e si stava divertendo come un matto, coperto di sangue, non riusciva più a smettere di ridere.

**

Catwoman non aveva paura, figurarsi, in fondo quello era proprio il mestiere che si era scelta, no? Penetrare in una casa altrui per sottrarre qualcosa ai suoi proprietari non era nulla di nuovo per lei, solo non si sarebbe mai immaginata di trovarsi, un giorno, nella condizione di dover rapire una donna sconosciuta, chiusa all’interno di un blocco di ghiaccio - e già quello, di per sé, faceva impressione - ma ormai non aveva altra scelta, così continuò ad esplorare l’enorme villa deserta in cerca della signora Fries.
Erano là dentro - lei ed Harvey - da quasi mezz’ora e c’era voluta la mano di Cristo per fermare Duefacce dallo sfondare rumorosamente ogni porta coi poderosi colpi del suo fucile a pompa. Dent aveva già ammazzato - lo faceva con una velocità impressionante, non era riuscita a fermarlo - due uomini di Freeze, rimasti indietro a sorvegliare la struttura e Selina non voleva nemmeno sapere quanti ne avesse già fatti fuori Joker.
Questo, all’uomo del ghiaccio non sarebbe piaciuto affatto. Li avrebbe voluti morti e sepolti e, perdio, perché solo lei riusciva a notare il pericolo in tutto questo, che tra l’altro era tutta opera di Joker?!

You’ll see me again, in the thunder and rain,
(Mi vedrai ancora, nel fulmine e nella pioggia)
I come crawlin’ I come crawlin’.
(Io arrivo strisciando, arrivo strisciando)

“Ci sono!” Sentì la voce di Duefacce chiamarla da poco lontano e si sbrigò a raggiungerlo. Sì, faceva impressione vedere quell’enorme contenitore con dentro la signora Fries… Selina pensò che lei era - no, è. Nonostante tutto era viva - bella. Un’ancora affascinante donna sulla quarantina e dall’aspetto gentile. Certe cose si rispecchiavano chiaramente nella fisionomia delle persone, dal taglio degli occhi, dalle lievi rughe sulle sue guance, si vedeva che era una donna abituata a sorridere.
Non sentiva di avere il coraggio prima, ma ora ne era più che certa, se l’avesse rapita non se lo sarebbe mai perdonato per tutta la vita, sarebbe stato come dissacrare un cimitero o cose così, quindi lanciò uno sguardo di sbieco al suo alleato e fu sollevata nel vedere che anche in lui, almeno un briciolo di cuore era rimasto: Harvey sembrava perso tanto quanto lei.
All’improvviso lo vide tirar fuori una moneta dalla tasca, lanciarla ed osservare in silenzio il suo responso.
“Sbrighiamoci a staccare.” Ordinò lapidario, mentre riponeva il mezzo dollaro in tasca. Selina non poteva crederci.
“No!” gridò, orripilata. In fondo, lei aveva un cuore di donna.
“Non ricominciare a frignare le tue assurdità, adesso!” Le gridò di rimando Harvey, come sempre la rabbia scritta su tutto il suo essere, ma stavolta la gatta non si sarebbe lasciata intimorire, no, non poteva permetterlo, non in questa occasione.
“Questo è immorale, Harvey! Ed a me non basta tirare una moneta per compiere simili atrocità!”

“Oh, mi creda signorina, riesce a compierne benissimo anche senza.”

I’ve got eyes everywhere,
(Ho occhi ovunque)
From the shadows I stare at you, darling.
(Dalle tenebre ti fisso, tesoro)
My darling!
(Tesoro mio!)

Sobbalzarono e si voltarono all’istante, contemporaneamente, per trovarsi davanti la figura ben poco rassicurante di Spaventapasseri, il viso coperto dalla maschera di tela, dietro la quale si vedevano benissimo due occhi azzurri, tanto chiari da sembrare innocenti e spaventosi allo stesso tempo; li teneva sotto tiro con una Desert Eagle IMI e Selina dubitava che, perfino da inesperto, l’altro avrebbe potuto mancarli con un’arma così precisa e maneggevole.
Lo sapeva accidenti, se lo sentiva che le cose sarebbero andate male, perché diavolo non aveva seguito il suo istinto ed era rimasta a casa? Aveva perfino inventato una scusa con Bruce Wayne, che l’aveva invitata a cena quella sera, a quest’ora magari sarebbe stata in dolce compagnia, davanti ad un piatto di frutti di mare, in uno dei ristoranti migliori di tutta Gotham ma no, da brava donna quale era, doveva seguire sempre il più stronzo di tutti, Harvey Dent, quello che le avrebbe portato più guai!


You never realized I’m back here to stay,
(Non hai mai capito che sono tornato per restare)
Like a fungus that grows on your side.
(Come un fungo che cresce sul tuo fianco)


“Vattene.” Si voltò a guardare Duefacce con espressione basita, quasi convinta di aver solo immaginato quella parola. Come diavolo faceva ad andarsene, secondo lui? Spostò lo sguardo su Spaventapasseri, fissando con apprensione la pistola che gli teneva puntata contro. “Lui vuole me, levati di mezzo.” Nonostante non se la sentisse di abbandonare Harvey in una situazione simile, una parte di lei sperava di riuscire a sopravvivere quella notte, quindi lanciò un ultimo sguardo a Crane, che effettivamente, fissava solo Duefacce, sembrando totalmente disinteressato a lei.
Beh, magari se fosse riuscita ad allontanarsi, avrebbe potuto chiamare aiuto, avvertire Joker, qualcosa! Fece qualche passo indeciso verso la porta alle spalle dell’ex psichiatra e poi spiccò una corsa, ma non appena gli fu a fianco, l’altro sollevò un braccio e la spruzzò col suo micidiale gas.
“Perché?! - gridò Duefacce, furioso - è me che vuoi, no?!” Fu l’ultima frase coerente che Selina riuscì a sentire, prima di venire invasa da una paura folle, ogni cosa attorno a lei si stava deformando, sentì le gambe cedere mentre cadeva a terra, improvvisamente una pozza di sangue si stava allargando sul pavimento, c’erano creature in agguato nel buio, mani che uscivano dalla terra per afferrarla, le mura le si chiudevano attorno e Jonathan Crane era diventato un mostro, il suo viso bruciava e dalla sua bocca vedeva uscire piccoli diavoli armati di forconi che si calavano poi lungo il suo corpo, o svolazzavano con le loro alette fino a raggiungerla, le sue orecchie si riempirono delle sue stesse grida mentre strisciava sul pavimento, in cerca di una via di fuga da quell’incubo.

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You never realized I won’t go away.
(Non hai mai capito che non me ne andrò)
Non tonight.
(Non stanotte)

“Perché?! - fu il grido immediato di Duefacce, i suoi occhi spalancati su Crane. - è me che vuoi, no?!” Chiese poi, una furia cieca chiaramente impressa nella sua voce, un po’ per la povera Selina - che in effetti non c’entrava nulla con loro - ma soprattutto, si vergognò ad ammetterlo, non tollerava che Jonathan avesse indirizzato la sua violenza su qualcuno che non fosse lui: era la loro lotta, lo era sempre stata, proprio come un tempo era stato il loro amore. Ma Jonathan non rispose nulla a quella domanda, continuando a tenere l’altro sotto tiro, lo minacciò.
“Butta a terra il fucile, Harvey.”
La sua voce era così differente da come la ricordava, più stanca, più arrabbiata, più decisa, eppure Cristo… come riusciva a pronunciare il suo nome sempre in quello stesso modo? Ogni volta che lo chiamava gli dava i brividi, era come tornare, per un attimo, indietro nel tempo e la voce che Jonathan gli riservava allora, l’aveva ancora in mente, li sognava così spesso quei toni limpidi ed avvolgenti, leggeri, nervosi e sempre con quella piccola vena di fretta a delinearne gli angoli.
“Tu togliti quella maschera!” Contrattaccò, arrabbiato e con nessuna intenzione di lasciargli un vantaggio. Aveva sempre odiato la maschera di Spaventapasseri, come anche il costume e la falce, che usava solo nelle grandi occasioni.
“Oh, sì! Il giorno che getterai la tua moneta in un tombino.”

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I’ll never leave you lonely,
(Non ti lascerò mai da solo)
I’ll be there, tryin’ to grab a hold, yeah.
(Sarò lì, tentando di tenere duro, sì)
I’m not the nicest guy you know.
(Non sono esattamente un bravo ragazzo, sai)

Sentì Harvey ringhiare, lo vide gettare a terra il fucile e credette di averlo fatto arrendere, ma un secondo dopo l’altro estrasse una pistola da sotto la giacca, gesto talmente privo di senso che per un attimo Jonathan restò confuso. Sentì il boato riempire l’aria ma non avvertì nessun dolore perciò sparò anche lui, mirando dritto al petto eppure aveva colpito di striscio all’altezza del torace, facendogli a malapena un graffio. Com’era possibile? Si era allenato, aveva un’arma molto leggera e precisa, come aveva potuto mancarlo?
Una strana sensazione iniziò a partirgli dall’addome, ad ondate leggere e fastidiose, velocemente spostò una mano al ventre e ritirandola, la scoprì coperta di sangue; abbassò lo sguardo ai suoi piedi, sul pavimento una piccola pozza rossa si allargava lentamente.
Le gambe non lo reggevano più, cadde su un ginocchio con lo sguardo attonito. Com’era possibile? Era stato colpito, eppure non sentiva nulla. Era la prima volta che prendeva una pallottola, era così che funzionava? Risollevò l’arma davanti a sé, con l’intenzione di esplodere un altro colpo contro Duefacce, ma l’altro lo aveva raggiunto, ce l’aveva davanti, venne colpito con un calcio, che gli fece volare l’arma dalla mano.
Crane lasciò andare a malapena un gemito. Avrebbe voluto urlare, l’umiliazione di aver perso contro Harvey bruciava, ma non poteva, non voleva dargli nessuna soddisfazione.
Si sentì afferrare per i capelli, dietro la nuca e costringere ad alzare lo sguardo, per un attimo incontrò il viso deformato dalla rabbia del suo ex compagno e poi il dolore esplose, sul viso - dove l’ex magistrato l’aveva colpito con un pugno - e all’addome - dove il dolore per la pallottola iniziava a farsi sentire.
Duefacce lo colpì ancora, una, due, tre volte e poi lo lasciò ricadere a terra per stagliarsi su di lui, si sentì strappare la maschera dal volto e tornò a guardare il suo assalitore, non aspettandosi di certo quell’espressione di stupore, di realizzazione, come se solo in quel momento si fosse reso conto che c’era qualcuno, dietro la sua maschera.

You’ll never leave me, darling,
(Tu non mi lascerai mai, tesoro)
Now hear my tender warning:
(Ora ascolta il mio tenero avvertimento)

“Jonathan…” lo sentì mormorare, incredulo e Spaventapasseri stupì se stesso, rispondendo con un sorriso cattivo. Strano a dirsi, ma quella paradossale situazione lo divertiva sinceramente; finalmente e solo in quel momento, aveva capito qual era stato il vero motivo che lo aveva spinto così irrimediabilmente a non fidarsi più di Harvey: lui non si era mai preso nessuna responsabilità, capace solo di chiedere scusa e scansare i problemi, ogni volta lo pregava di perdonarlo come se in realtà gli stesse dicendo fai qualcosa tu, io non so dove mettere le mani. Il tutto, con quello stesso sguardo che aveva sul viso in quel momento.
Non poteva farci niente, gli veniva da ridere e ad ogni sobbalzo sentiva il sangue sgorgare a fiotti dalla ferita. L’ennesima che Harvey gli aveva lasciato ma di certo non la più dolorosa.

I’m not the nicest guy, you know.
(Non sono esattamente un bravo ragazzo, sai)

**

Got ya!
(Preso!)

Joker stava facendo sul serio, mai tanto quanto in quel momento e stavolta neanche Batman avrebbe avuto possibilità di fermarlo, se solo avesse provato a mettersi tra lui e la sua vendetta, l’avrebbe ammazzato senza pensarci due volte, perché tutto quello che era successo era anche colpa sua! Nessuno poteva spaventarlo, né il Cavaliere Oscuro né tautomero Freeze, anzi, l’avrebbe tritato fino a ridurlo in granita.
Ma all’uomo del ghiaccio stava pensando Harley ora, ed anche se non era abbastanza forte da poterlo effettivamente battere, con le sue invidiabili doti ginniche riusciva benissimo a tenerlo a bada, saltellando e danzandogli intorno mentre lo prendeva in giro; poteva sentire lo scampanellio del cappello indossato dalla sua donna ad ogni suo movimento brusco.

“È parecchio che non ci facciamo una chiacchierata, vero Batsy? Perché non ti, ahh… levi di mezzo?”
“Non ti permetterò di ucciderla, Joker. Anche se è una criminale.”
“Ahh… anche se è una criminale Bats, non mi sembra di averti mai visto correre a catturarla, è… corretto quello che dico?”

I’ll never leave you lonely,
(Non ti lascerò mai solo)
I’ll be there, tryin’ to grab a hold, yeah.
(Sarò lì, cercando di tenere duro, sì)

Disse il clown in tono conversativo, leggero mentre invece i suoi occhi dicevano un mondo: quelle parole avevano colpito il vigilante proprio sul suo punto debole; no, non aveva fermato Ivy, si era sempre limitato ad arginare i danni che quella guerra stava causando, ma non aveva avuto abbastanza spirito per lottare come si deve e lo sapeva, ma sentirselo sbattere in faccia proprio da Joker faceva tutto un altro effetto, era doloroso, come lo era anche notare che il clown non aveva mai perso l’abitudine di riuscire ad indovinare tutte le sue paure, trovava i suoi punti deboli con una facilità estrema, ma mai prima d’ora gli aveva fatto pesare un suo peccato, o almeno mai sputando letteralmente il suo nome con un tono così velenoso.
Non riusciva a capire, cos’era accaduto a Joker per renderlo così diverso? Di nuovo, si sentiva punito, sempre da quello sguardo.
Il vigilante strinse gli occhi, scrutando il suo avversario con quanta dignità riuscisse ad ottenere.
“Torturarla fino alla morte non è una soluzione!” Gli gridò, di rimando, se c’era un momento in cui doveva avere ragione, era proprio quello ma non fece quasi in tempo a finire di parlare, che ancora Joker urlò il suo dissenso, con una rabbia ed una disperazione che mai prima Bruce aveva percepito nella sua voce, solitamente così svagata e divertita in ogni situazione.
“Tu non c’eri! Tu hai lasciato che tutto ciò accadesse e per questo non perdonerò mai neppure te! Dov’è finito il Cavaliere Oscuro, eh?! Tu non sei Batman!”

I’m not the nicest guy, you know.
(Non sono esattamente un bravo ragazzo, sai)


Ed immediatamente gli si lanciò contro, coltello alla mano, sperando di fare cosa, nemmeno Batman lo sapeva. Afferrò al volo il polso del clown prima che potesse affondare la lama nella sua armatura, poi intercettò un altro colpo, immobilizzò anche l’altra mano, in cui Joker stava stringendo qualcos’altro nel pugno chiuso. Il vigilante fece appena in tempo a sentire un sinistro click, poi notò qualcosa cadere a terra; una spoletta.
Strinse con più forza la presa sul polso di Joker, doveva fargli cadere l’ordigno, lanciarlo il più lontano possibile, e non trovò così strano che, perfino in quel momento, dopo ciò che il clown gli aveva detto, la sua priorità restasse sempre la stessa: salvaguardare quanto più poteva l’incolumità di quello che era stato il suo amante.
Non ci riusciva; Joker stringeva quella bomba come la cosa più importante che avesse mai avuto e gli si era praticamente incollato addosso! Si distrasse, lasciò che la lama penetrasse la sua difesa e cadde su un ginocchio, si sentì colpire sul viso e finì con la schiena a terra, immediatamente il clown si accomodò su di lui, circondandogli la vita con le gambe.

“Spero proprio che tu ne esca vivo, Batsy.”

Lo sentì dire, e si raggelò. Sperava che sopravvivesse per portare per sempre il rimorso di ciò che era accaduto a causa sua? Il dolore di non essere stato in grado di fare nulla per impedire la morte della persona che - ancora adesso, sì - amava, alla fine? Ma improvvisamente, il peso di Joker si sollevò, la bomba gli cadde di mano e Batman vide Nightwing lottare contro la furia del clown, mentre tentava di trascinarlo lontano da lui.
Non perse tempo, afferrò la bomba e la lanciò con tutta la sua forza, sentì l’eco dell’esplosione e la leggera onda d’urto travolgerlo; si rialzò, dolorante, molti frammenti della granata si erano schiantati contro la sua armatura, facevano molto più male delle pallottole.
Quando tornò con lo sguardo a Joker, vide che con una gomitata si liberava di Dick, costringendolo a mollare la presa su di lui per poi iniziare a scontrarsi; il clown aveva già in mano un altro coltello, mentre Nightwing aveva sfoderato i suoi bastoni metallici, possibile che quei due avessero tanta rabbia in corpo?

**

Joker era un osso più duro di quanto Dick pensasse. Non che avesse una forza o un’agilità particolari, però sembrava instancabile e lottava con una furia sconfinata, ma dopo un po’ il vigilante riuscì a colpirlo, prima tra le scapole, poi sull’ultima parte della schiena e vide il clown finire a terra, per poi voltarsi velocissimo, e fargli uno sgambetto.
Joker, tornò in piedi quasi subito, colpì il suolo con tallone, lasciando così che una lama fuoriuscisse dalla suola della sua scarpa e tentò quindi di ferire Nightwing, ma questo riuscì ad afferrargli una caviglia, facendogli quasi perdere l’equilibrio.
Poi Dick si alzò, senza lasciar andare la presa sul clown e lo colpì sul naso con la fronte, finalmente gli lasciò andare la caviglia, e prima che cadesse lo riafferrò per un braccio, lo manovrò fino a farlo voltare ed iniziò a sollevargli l’arto dietro la schiena, più che poteva senza rischiare di romperglielo: aveva idea che Bruce non gradisse vederlo ferito, ma poi un dolore acuto lo distrasse, il clown gli aveva pestato un piede e tirando la testa indietro, lo colpì in faccia, restituendogli così la testata di poco prima, non se lo aspettava davvero.
Dovette mollare la presa, sentì Joker afferrargli le spalle ed attirarlo a sé, per colpirlo allo stomaco col ginocchio.

You’ll never leave me, darling,
(Non mi lascerai mai, tesoro)
Now hear my tender warning:
(Ora ascolta il mio tenero avvertimento)
I’m not the nicest guy you know.
(Non sono esattamente un bravo ragazzo)

“Ma cosa credi?! - più che un grido era un ruggito, raramente Dick aveva sentito nulla di simile, prima - Che basti un ragazzino come te per stendermi?! Torna dalla mamma, è troppo presto per te, per giocare coi bimbi grandi!”
Quelle parole erano taglienti per Nightwing, che non aveva fatto altro che lottare per anni, tentando di liberarsi dell’ombra di Bruce, di spiccare come una persona e non un’appendice; sentì la furia montare in un secondo, doveva dimostrare di essere capace, a sé stesso, a Bruce e a tutti quelli che ancora si ostinavano a chiamarlo ragazzino! Di nuovo lo afferrò, stavolta lo lasciò cadere e lo immobilizzò sotto il suo peso, con un ringhio stampato sul viso, lo colpì sul viso con un pugno, che caricò di tutta la sua forza.
L’unica risposta che ebbe da Joker fu una lunga, soffocata risata.
“Ohh! Il piccolo principe, ahh… si è arrabbiato. Vuoi andare a piangere sotto il mantello di papà sorcio per caso? - Dick lo colpì di nuovo, se possibile con ancor più forza di prima, ma neppure stavolta servì - Se vuoi possiamo fare un break, i bambini sai, ahh… hanno bisogno d’affetto costante!” Lo picchiò di nuovo, e poi ancora e ancora finché, finalmente, non vide il clown smettere di ridere, privo di sensi. Come faceva? Come riusciva ad indovinare cos’avevano, le persone dentro? Si erano incontrati solo due volte in vita loro, eppure Joker aveva dato voce a tutti i suoi tasti più dolenti, lo aveva preso in giro, urtandolo come nessuno prima, e senza mai neppure parlargli! Lo trovava odioso e non gli piaceva averci a che fare, però a quanto pareva, aveva vinto lui.
Finalmente Dick si alzò con un sorriso, un po’ gli era passata, si voltò e con lo sguardo incontrò la figura spaventata di Harley Quinn.

“No, alzati Mister J! La bomba sta per…” non finì la frase, portò di corsa le mani alla bocca ma ormai aveva parlato.
“Che bomba?!” Chiesero tutti, praticamente all’unisono, fissando l’Arlecchina con occhi spalancati e sarebbe stato addirittura comico, non fosse stato terribilmente vero, ed infatti il primo pensiero di Harley, fu che il suo Puddin’ avrebbe trovato esilarante quella scena, ma si riscosse subito. Poteva parlare, ma a Joker non sarebbe affatto piaciuto, l’avrebbe rimproverata, forse mandata via per un tradimento simile, però non le interessava, l’unica cosa che contava ora, era salvare la vita dell’uomo che amava.
“Tra meno di un minuto esploderà!” Gridò, e dopo appena un attimo di smarrimento in cui nessuno si mosse, si sentirono le sirene della polizia.
Ognuno prese una direzione, conscio del fatto che c‘era pochissimo tempo: Nightwing si precipitò su Harley, afferrandola e gettandosela in spalla, per allontanarsi da lì il più velocemente possibile mentre Freeze faceva la stessa cosa col corpo martoriato di Poison Ivy. Infine Batman, naturalmente, prese tra le braccia il corpo privo di sensi di Joker e si separarono, l’uomo di ghiaccio fuggì a piedi mentre i due vigilante scelsero i tetti, la voce di Harley, mentre si allontanava, non smetteva di chiamare disperatamente il suo compagno svenuto, pregandolo di svegliarsi.
Batman arpionò il tetto di un palazzo ed una volta raggiunta quell‘altezza, con la trasmittente avvisò le auto del GPD dell‘imminente detonazione; li vide frenare e bruscamente fare retromarcia, poi la gioielleria esplose, fragorosamente e molto più brillante di quanto avrebbe potuto immaginare. Si gettò sul corpo del Joker per proteggerlo dall’onda d’urto e dai vari detriti che li avrebbero raggiunti, il cielo si tinse di rosso e quando il vigilante si risollevò, vide Joker sbattere velocemente le palpebre, si stava risvegliando.

Lo sentì stirarsi leggermente sotto di sé e restò incantato alla vista del suo volto, bianco, invaso dai bagliori arancio delle fiamme e l’unica cosa che riusciva a pensare era che non si sarebbe mai aspettato di poter un giorno, stargli di nuovo così vicino eccetto durante le loro lotte.

I’ll never leave you lonely.
(Non ti lascerò mai solo)
I’ll be there, tryin’ to grab a hold, yeah.
(Sarò lì, cercando di tenere duro, sì)


E adesso?


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Capitolo 6
*** Parte 2: Without you. ***





CON I PIU' AFFETTUOSI E CALOROSI AUGURI DI BUON NATALE, ECCO IL MIO REGALO PER VOI ;)!



Per mhcm: Ma ciao *_*! Bentornata a te, ho davvero sentito la tua mancanza! Ti ringrazio molto dei complimenti e del commento, l’ho apprezzato molto! Eh sì il clown è davvero violento quando ci si mette… per quanto riguarda Harley, beh, sto facendo del mio meglio per gestirla e spero proprio di riuscirci è_è! Non merita di esser rovinata da me ù_ù. Fino alla fine comunque, mostrerà una combattività davvero invidiabile, in questo almeno, è rimasta fedele al carattere originale (almeno spero!). Ora ti lascio al capitolo, spero di risentirti presto, un abbraccio!
Per Sychophantwhore: Tesoro ciao *_*! Eh, forse avrò esagerato in quanto a malvagità, sull’Edera, ma pensa che Eddie non se la sta certo passando meglio, è in punto di morte, se così non fosse il clown non avrebbe neppure perso tempo appresso agli altri, non fin quando non si fosse ripreso, almeno! Se è arrivato a tentare un attacco kamikaze contro il pipistrello… immagina un po’ come può star davvero il suo amato Enigmista ç_ç! Nu, lo meritava ç_ç cattiva di un’Edera! Il paragone dell’incisione sul petto di Ivy lo ammetto, è il mio fiore all’occhiello o_ò ne ero così fiera che ricordo ancora perfettamente il momento in cui ho avuto l’idea: stavo seduta in biblioteca a giocare a tresette xDD! Di vendette ce ne saranno ancora parecchie, pensa solo a quanto potrebbe essere incavolato Freeze, dopo il tentato rapimento della moglie ed un Crane mezzo morto xD! Per quanto riguarda Joker… il tuo commento su di lui mi ha resa estremamente felice (per quanto riguarda il modo di parlare, ho riletto tutto e capito che hai ragione, infatti inzierò a farlo tornare normale o_ò)! Poi, Harvey e Crane… come avrebbero potuto non incontrarsi, quando chi li guida sono io?! La regina dell’angst e della tortura psicologica! Mwuahahah! Per quanto riguarda il loro futuro, non posso anticiparti nulla ç_ç… ma una cosa te la dico, così sarai preparata, visto che come colpo sarà fortissimo, ed ancora stento a prevedere le reazioni dei lettori é_è. Johnny metterà le corna - se si può dire visto che non stanno più insieme - a Duefacce, a brevissimo! A te lo dico subito perché secondo me, ne soffrirai ç_ç. Il legame tra Batman e Joker, in questo capitolo sarà vitale… in fondo proprio perché sono opposti, si attraggono e in fondo, si conoscono, hanno similitudini opposte, per così dire. Ma non ti sciupo nulla, dai xD. Ti ringrazio infinitamente anche per il bel commento su Harley, il pensiero che ha avuto prima dell’esplosione *_*! E sì, penso a te quando la caratterizzo quindi stai sicura che, nonostante le apparenze, non avrai brutte sorprese ;). Per quanto riguarda la beta, si noterà soprattutto in questo capitolo che me ne manca una… rileggendo era tutto abbastanza confuso, ed ho aggiustato come potevo ma… puah! In ultimo, il tizio senza occhi… messaggio visivamente chiaro, tranne per lui poverino, che non potrà vedere proprio più niente xDDD! Ok, basta sadismo ù_ù! Ora ti lascio al capitolo, sperando che ti piaccia *_*! Un abbraccio, a presto spero!
Per Boopsie: Tesoro, eccoci qua! L’ennesimo capitolo, sono d’accordo, Ivy ha avuto ciò che merita per aver fatto tanto male ad Eddie ed al cucciolo è_é! Che le sia di lezione, umpf! Harley sì è perfettamente consapevole di tutto, e credimi è molto confusa anche lei xD. Divisa tra l’amore che prova per Joker - che la spinge a fare sempre e comunque ciò che lui vuole e si aspetta da lei - e la sofferenza che il pensiero del suo ex le procura (nonché la paura di ciò che avverrà, dovesse questo risvegliarsi). Ma lei è forte, quindi affronterà tutto a tempo debito ù_ù. E perché si sappia da subito, non ho assolutamente intenzione di farla sparire dal quadro è_é! L’argomento verrà fuori di sicuro ;)! Aspetta e vedrai! Ora ti lascio al capitolo, sperando che ti piaccia! Un abbraccio, a presto!
Per LadyBlack: Ciao xD! Beh anche a me di parole ne mancano molte ultimamente, vuoi per l’atmosfera natalizia che mi esaspera, vuoi per la mancanza di una beta, povera me! Sono contenta che ti sia piaciuta l’atmosfera violenta del capitolo, non vedevo l’ora di fare un po’ di festa all’Edera, ecco. S’è comportata male con Eddie e con Johnny il che non è bene ù_ù. Le illuminazioni, tra Harvey e Crane si sprecano xD. Loro sono fatti così, che vuoi farci? Beh, il tuo suggerimento è molto gradito, ma temo che se Duefacce facesse una cosa come ‘portarselo a casa’, tanto varrebbe suicidarsi visto che col bene che gli vuole Johnny ora come ora, finirebbero con l’ammazzarsi ç_ç… ma avranno altre occasioni per incontrarsi e fare ancora più chiarezza, stanne certa, non li abbandonerò è_é! Piano piano risolveranno tutto ^^! Ora ti lascio al capitolo, sperando che ti piaccia, alla prossima!

Un abbraccio, buon Natale a tutti, godetevi questo mio regalo per voi *_*!
XxX.SilverLexxy.XxX


ATTENZIONE! Questo capitolo contiene scene di sesso slash esplicite, insomma molto dettagliate e chiunque non se la senta di andare avanti è invitato a saltarlo, prometto che spiegherò nei prossimi cosa è accaduto (a parte gli atti osceni, ovviamente).




PRETEND THE WORLD HAS ENDED:
La canzone inserita nel capitolo è “Without you” dei Machbeth.


Capitolo 5, parte 2: Without you.


Intro.

Batman era atterrato sul tetto del palazzo, depose a terra Joker il più delicatamente possibile, e quasi nello stesso momento si sentì il boato; il vigilante coprì il corpo del clown col suo per difenderlo dalle imprevedibili ripercussioni che potrebbe avere un’esplosione simile, poco dopo lo sentì stirarsi e si sollevò leggermente, colto alla sprovvista, si ritrovò a bocca aperta di fronte al viso del clown, il bianco del cerone invaso dall’arancio delle fiamme e Bruce non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi, un giorno, di nuovo così vicino a lui, a meno che non si trattasse di una lotta.
Quando il clown iniziò a stirarsi leggermente sotto di lui, spostò lo sguardo ai suoi occhi, che si aprirono lentamente, rivelando di nuovo per lui quei due pozzi castani, striati di azzurro, lucidi, fissi in uno stato vacuo e gli sembrava che Joker non fosse mai stato più bello di così; non rifletté affatto, scese a catturare, quasi con violenza, le sue labbra immediatamente rendendosi conto che probabilmente aveva fatto un passo falso, uno di troppo, ma fregandosene altamente.
Si stupì, quando invece sentì un tocco leggero e nervoso dietro la nuca, e quelle labbra che lentamente, iniziarono a muoversi contro le sue, schiudendosi per accoglierlo al loro caldo interno e sembrò quasi che tutto, attorno a Bruce, fosse esploso; continuò a baciarlo, con tutta l’urgente passione accumulata in quegli anni, in cui aveva sentito la mancanza del clown sotto la pelle, e dietro gli occhi, sotto le dita, in ogni vuoto di un bacio desiderato e non ricevuto, di ogni tocco immaginato, di ogni risveglio solitario nel suo letto.

What we’ve learnt from our bad dreams,
(quello che abbiamo imparato dai nostri brutti sogni)
Is that no one will ever know.
(è che nessuno saprà mai)

Joker era stremato, poteva sentirlo, nonostante la poca energia, sforzarsi di contraccambiare le sue attenzioni con quanta forza potesse, per non essere da meno, mai, in nessuna occasione ed il risultato fu simile ad un duello, caldo, umido ed urgente.
Vide le mani del clown scendere sulle spalle, percorrergli il petto, l’addome e maledisse la sua armatura, che gli impediva di sentire quel tocco così tanto agognato, che gli era stato tolto anni prima, immediatamente si tirò su, quasi con rabbia si sfilò la maschera, tolse il mantello, gettando tutto via, il più lontano possibile mentre le mani di Joker si fermarono lì, sulla sua corazza, che presto raggiunse il resto degli oscuri indumenti, il tutto sotto lo sguardo attento ma confuso del suo compagno; sembrava letteralmente perso, come se non capisse nulla di ciò che stava accadendo, ma si lasciasse trasportare dalla corrente e Bruce sapeva, di avere sul viso la sua stessa identica espressione.
Il vigilante scese a poggiare la fronte contro quella del compagno, gli prese una mano, ora più calmo e lentamente la sollevò per condurla alle labbra, lasciando che queste sfiorassero la pelle dei guanti per un attimo, prima di prendere la stoffa tra i denti e sfilarlo; quando lasciò andare la presa su quella mano, continuando a tenerla, ma senza più condurla da nessuna parte, Joker non l’abbassò, non tentò di riprenderla, con le dita ora nude, sfiorò il mento, la bocca di Bruce, gli occhi fissi su quelle labbra, ed il suo sguardo era così sperduto che il vigilante si lasciò andare, baciando lievemente ogni polpastrello di quelle dita sottili e pallide, poi lo aiutò a tirarsi su, quel tanto che basta per potergli sfilare la giacca viola dalle spalle.

Why a smile is so fragile.
(perché un sorriso è così fragile)
How a word can make you cry?
(come può una parola farti piangere?)

Appena fu seduto, Joker schiacciò di nuovo la bocca su quella di Bruce, che accolse quel gesto e aprendo gli occhi per un attimo, vide le sopracciglia dell’altro unite in un’espressione talmente disperata da farlo quasi star male; riusciva a capire i pensieri che probabilmente affollavano la mente del clown: lui ora aveva una fidanzata, la storia che li aveva divisi in passato, quella con Nigma, era finita e lui si stava lasciando andare ad un rapporto proprio con la persona che poco prima aveva detto di odiare e con la quale era stato insieme, prima di piantarlo per tornare dall’amore della sua vita.
Dopo avergli sfilato la giacca, aprì a tentoni ogni bottone del gilet, fece lo stesso con quelli della camicia, di cui però la maggior parte saltò, per il tremore che s’era impossessato delle mani del vigilante, poi passò alla cinta; ora riusciva a sentire le mani di Joker su di lui, asciutte, tiepide, delicate ma segnate dal continuo maneggiare di coltelli ed esplosivi. Quello era Joker, ed ora, anche lui si sentiva di nuovo Batman, così, inginocchiato tra le sue gambe, sotto il suo tocco sorprendentemente insicuro, i suoi baci disperati.

I’ve been searching in my soul,
(Ho cercato nella mia anima)
For those sad words to say goodbye.
(Quelle parole per dirti addio)

Si abbassò a coprire il corpo del clown col suo, ed aiutandosi coi piedi iniziò a sfilarsi gli stivali mentre nella sua testa, stava maledicendo quell’armatura, e quanto fosse complicato toglierla di mezzo, in quel momento la odiava.
Tentava di svestirsi senza doversi alzare in piedi, mentre le sue labbra percorrevano il collo di Joker, mordendo e succhiando quella pelle così chiara, sentendo, per qualche secondo, sulla lingua, quel sapore leggermente salino, che poi lasciò il posto alla vera essenza del suo compagno, quella che per tutti quegli anni gli era mancata più dell’aria; serrò gli occhi con ancor più energia, tentando di resistere a tutto, al tempo, ai ricordi, al dolore, ai rimorsi ed ai rimpianti, perché ora non servivano, semplicemente c’era di nuovo, e Joker era con lui e non esisteva altro, fanculo il mondo, e Batman, e tutti gli psicopatici di Gotham!
Ma anche quei pensieri sparirono così in fretta, che Bruce non poté neppure meravigliarsene, ma d’altronde era proprio questo l’effetto che il suo ex amante gli aveva sempre fatto.
Ora era di nuovo a casa, o per lo meno, si sentiva in questo modo. Sentì le braccia del clown farsi strada fino alle sue ampie spalle per stringerlo, le gambe ancorarsi alla sua vita, mentre Joker lo premeva contro di sé, come a non volerlo lasciar più andare, come se, si fosse Batman allontanato, lui avrebbe potuto morirne e questo spezzò ed esaltò il cuore di Bruce allo stesso tempo.
Con tutta la forza che aveva, continuò a stringerlo, i pugni chiusi, gli occhi serrati, i denti stretti, finché non riuscì a dire ciò che voleva, che lo tormentava fino a farlo star meglio, che sapeva essere la verità, quelle parole formulate male, che però lasciavano intravedere, dietro di esse, un intero universo in cui uno dei due, facilmente, sarebbe potuto annegare.
In un sussurro, spezzato, quasi feroce, lentamente aprì gli occhi.

“Ma dov’eri sparito?”

My world begins and ends with you,
(Il mio mondo inizia e finisce con te)
Stand by me ‘till candles die.
(Stammi vicino finché non muoiono le candele)

Ed iniziò a tremare.
Quando Bruce si sollevò a scrutare il suo viso, lo trovò arrossato, pulito nonostante il make-up, in un senso difficile da comprendere, aperto e fragile, solcato di lacrime mentre il labbro inferiore spariva in un morso dolcissimo; solo in quel momento il vigilante si rese davvero conto di quanto avesse ignorato il suo compagno in quegli anni, preoccupato solo del suo dolore, non sapeva nulla di preciso su cosa gli fosse accaduto per renderlo così, quante ne avesse passate, ma intuì fin troppo bene, che dovevano essere state troppe.
Si sentì in colpa, scese a baciargli il viso, gli zigomi, le tempie umide, gli occhi, le sue palpebre nuovamente chiuse e lo sentì singhiozzare mentre si abbandonava ancora una volta a lui, dopo tanto tempo; non era facile, di sicuro, non doveva esserlo, ma il clown lasciò che la testa scivolasse indietro, rilassandosi su quel terrazzo di cemento, aveva messo il suo corpo totalmente nelle mani di Bruce, perché l’altro lo guarisse finalmente, da ciò che sentiva.
Il suo volto, stava iniziando a diventare leggermente livido per via dei colpi subiti da Dickie poco prima, ma il vigilante ci fece a malapena caso, Joker restava, sempre e comunque, bellissimo e raggiante di qualcosa che per quanto avesse potuto affievolirsi in quegli anni, era sempre lì, e stava a lui riportarlo indietro; bastava che restasse dov‘era, tra le sue braccia, e Bruce si prese un po’ di tempo, appena il necessario per leccare via quelle lacrime, troppo a lungo trattenute, facendole sparire.

We are face to face with starry eyes,
(siamo faccia a faccia con gli occhi sbarrati)
We are heart to heart, please don’t lie,
(Stiamo parlando col cuore, ti prego non mentire)
Love me tonight, I can’t live…
(Amami stanotte, non posso vivere)

Insinuò un braccio sotto la schiena del compagno, percorrendogli tutta la colonna vertebrale con una carezza decisa, sentendo sotto le dita appena un velo di sudore, e fermandosi sulla parte più piccola di questa, mentre con l’altra mano, gli carezzò il ventre, scendendo poi fino ad oltrepassare la barriera dei pantaloni, dell’intimo, lo carezzò col palmo mentre inseriva un dito nella sua apertura, lo sentì gemere, a metà tra il piacere ed il dolore, proprio come sapeva, fosse sempre piaciuto a Joker.
Doveva essere parecchio tempo che il clown non aveva quel tipo di rapporto con nessuno, non c’era più abituato, ed il suo corpo era stretto, tanto che anche Bruce non riuscì a trattenere un gemito al pensiero di immergersi in quel calore.
Il vigilante spostò il viso, fino a riuscire a succhiare leggermente proprio sotto l’orecchio del compagno, lo sentì reclinare il viso per facilitargli il compito mentre perdeva sempre più ritmo nel respiro; poi si mosse ancora, baciò la gola, l’incavo del collo, la spalla, il petto, mentre inseriva un secondo dito, accolto con un altro gemito.

Without you, things will never be the same again.
(Senza te, nulla sarà più come prima)
Without you, dig deeper in your burning soul.
(Senza te, scava di più nella tua anima in fiamme)
Without you, no more tears left to wash away.
(Senza te, non restano lacrime da lavare via)
Without you, I can’t live a day without you.
(Senza te, non posso vivere un giorno senza di te)

Batman si sollevò ad ammirare lo spettacolo che era il suo amante, soffermandosi poi sulle cicatrici che gli costellavano il petto, non ne ricordava così tante: molte erano recenti, doveva aver preso a tagliarsi più spesso, per scacciare il dolore insopportabile che aveva dentro, ed all’altezza del cuore vide, rosea ed evidentemente ripassata più volte, la forma confusa di una E, che gli strinse lo stomaco, non ci voleva un genio per capire che quella, stava per Eddie.
Non aveva la minima idea di cosa fosse accaduto tra i due, ripensò a Joker che lo accusava di entrarci in qualche modo, per via dell’apatia che gli aveva impedito di affrontare Ivy, e qualcosa non quadrava; ma di questo avrebbero parlato più tardi.
Passò in maniera sensuale, la lingua anche su quella cicatrice, simbolo dell’uomo che glielo aveva portato via, dopo che lui aveva fatto altrettanto, mentre un terzo dito si fece strada nel corpo del clown, a testare la sua resistenza, per essere sicuro di non ferirlo - non più di quanto aveva già fatto - ma vi restò poco, in fondo, se voleva guarire il suo compagno lo sapeva, c’era bisogno che lo sentisse, e che continuasse almeno per quel momento - sarebbe stato fin troppo breve, lo sapeva, lo faceva star male, era troppo poco dopo tanti anni a desiderarlo - a sentire solo lui.

Time won’t heal our broken wings,
(Il tempo non guarirà le nostre ali spezzate)
One more sleepless night will come.
(Un’altra notte insonne arriverà)

Estrasse le dita infine, mentre con l’altra mano gli percorse tutto il fianco, in modo rassicurante, fino alle ginocchia, portando con sé i pantaloni viola che indossava, ed il clown si sollevò leggermente da terra, lasciandolo fare, facilitandogli il compito, permettendogli poi anche di sollevargli le ginocchia, poggiandole sulle sue braccia per poi entrargli dentro lentamente, guidandosi con una mano e senza mai smettere di guardarlo in viso.
Il mezzo grido che lanciò, fu come un fulmine, una corrente elettrica che in un secondo gli attraversò la mente, fino all’inguine, ma si trattenne, nonostante gli sembrasse impossibile, ma mantenne un ritmo lento, facendosi strada in lui piano piano.
Per un po’ poi, Bruce non si mosse, attendendo che il corpo dell’altro si abituasse di nuovo a quelle sensazioni, e godendosi quel contatto ormai dimenticato e che per lui era tutto, aveva vissuto del suo ricordo per anni e ora gli sembrava di stare implodendo, talmente quelle sensazioni erano forti; chiuse gli occhi, poggiando la fronte su quella del compagno, perso nella meraviglia che il suo corpo nascondeva, ed iniziò a muoversi, lentamente uscendo e tornando ad affondare in lui con urgenza.

I just wanna disappear,
(Voglio solo scomparire)
But my love still remains.
(Ma il mio amore ancora, resta)

Con una mano gli scansò i capelli dal viso, carezzandoli all’indietro per scoprire il volto di Joker completamente, ammirandolo in ogni suo dettaglio e sfaccettatura, ogni scatto delle labbra, degli occhi, ogni piccolo movimento, tutto.
Proprio ciò che il clown era per lui in quel momento: tutto.
Lo sentiva come ovunque, dentro, fuori, tutto intorno, ed era tutto ciò che non ricordava più da moltissimo o che non aveva mai neppure conosciuto: il piacere dell’amante, la consolazione della madre, la guida di un padre, perfino le prese in giro di un fratello, il sostegno di un amico. Tutto.
Joker. Era. Tutto.
Con le labbra gli percorse il viso, dalla tempia alla mascella, il collo, non ne aveva mai abbastanza, era come se volesse berlo, sentì l’amante morderlo sul viso all’altezza dello zigomo, per poi circondarlo con le mani e riportarlo su, per un bacio di una passione mai provata prima.

I’ve been searching in my soul,
(Ho cercato nella mia anima)
For those sad words to say goodbye.
(Quelle parole per dirti addio)

Joker, non aveva idea di cosa fossero tutte quelle turbinanti emozioni, di dove lo stessero portando ma aveva scelto ugualmente di abbandonarvisi.
Stringeva, baciava e carezzava Bruce come se non ci fosse un domani, e forse era proprio così, chi lo sa?
Non esisteva più nessun mondo fuori dalle braccia del vigilante, e probabilmente era proprio così, o no?
Bruce riempiva il suo vuoto, sedava le sue ansie, gli carezzava la mente, l’anima, il cuore, come se fosse un animale, una specie di gatto randagio e spaventato e non aveva più paura, non si sentiva più morire, e in quel turbinio all’improvviso, si rese conto che, nonostante avesse rinfacciato a Batman di essere sparito, in verità anche lui si era perso… da dove era venuto, lui? Come aveva potuto non rendersi neppure conto di quanto diverso fosse diventato in quegli anni senza Eddie? Perché? E che ne sarebbe stato, ancora, di lui, dopo l’orgasmo che sperava non arrivasse mai?
Non era da lui, no, preoccuparsi del futuro o temere un confronto con sé stesso, sentirsi così piccolo in confronto al mondo, perciò si stringeva a Bruce con tutte le sue forze, proprio quando ne aveva bisogno lui c’era, risollevandolo del baratro che non aveva neppure visto; era precipitato… e Batman lo aveva riacchiappato al volo, come aveva già fatto altre volte, come avrebbe, lo sapeva, continuato a fare per sempre.

La follia vedi, è come la gravità…

My world begins and ends with you,
(Il mio mondo inizia e finisce con te)
Stand by me ‘till candles die.
(Stammi vicino finché non muoiono le candele)

Lo sentiva muoversi in lui, non tratteneva i gemiti, strozzati dal pianto, gettava la testa indietro, c’era quasi, Bruce lo ricordava ancora a memoria, dopo tutto questo tempo, sapeva bene come dargli piacere, di cosa aveva bisogno e come lo voleva, ed alla fine, con un grido, si spense, stringendo Batman fino a fargli male, si sentì riempire da lui ed insieme si lasciarono cullare sulle onde del piacere, come bambini che fanno in morto a galla, innocenti in un atto scabroso, come battezzati, si erano ricongiunti con loro stessi, a vicenda si erano liberati dal male.
Erano di nuovo tranquilli, tutta la confusione e l’apatia, la disperazione, erano evaporati e si sentivano entrambi liberi e soddisfatti; si guardarono negli occhi.


We are face to face with starry eyes,
(siamo faccia a faccia con gli occhi sbarrati)
We are heart to heart, please don’t lie,
(Stiamo parlando col cuore, ti prego non mentire)
Love me tonight, I can’t live…
(Amami stanotte, non posso vivere)

“Credo proprio di doverti riportare ad Arkham.” mormorò Bruce, come se si trattasse di una dichiarazione d’amore.
“Ahh… posso rivestirmi prima?” il vigilante scoppiò a ridere sotto lo sguardo perplesso del clown, che ovviamente non capiva cos’avesse detto di sbagliato. “Bruce, devo chiederti un favore… uno grande.” Chiese poi, sollevandosi per sfiorare col suo, il naso dell’altro.
“Sarebbe?” Domandò l’altro, senza particolare espressione.
“Non posso tornare ad Arkham ora, non finché Eddie non starà meglio.” Ed ora non c‘era più pessimismo, lo sapeva con certezza che il re degli enigmi si sarebbe ripreso, doveva solo aver fiducia nella sua forza. Ce l’avrebbe fatta.
“Che ha Nigma?”
“I feromoni di Ivy. Gli hanno dato un qualche tipo di assuefazione, e sta male. Non posso lasciarlo.”
Bruce restò basito, certo avrebbe dovuto immaginare una cosa simile, Edward non avrebbe mai lasciato Joker per l’Edera, non volontariamente; suo malgrado sentì una fitta di senso di colpa, tutto si ricollegava e capiva il clown per essersela presa anche con lui, che avrebbe potuto, no, dovuto fermare la rossa, ma non lo aveva fatto.

Without you, things will never be the same again.
(Senza te, nulla sarà più come prima)
Without you, dig deeper in your burning soul.
(Senza te, scava di più nella tua anima in fiamme)
Without you, no more tears left to wash away.
(Senza te, non restano lacrime da lavare via)

“Niente attacchi terroristici?” Domandò allora, con ton leggero.
“Niente, lo giuro, non finché Eddie non si riprenderà.”
La cosa più importante per il signore del chaos in quel momento, evidentemente era Nigma, e non si vergognava minimamente ad ammetterlo, né per difendere la sua reputazione di mostro, né tanto meno per il buon gusto di non mostrarsi davanti a colui che - fino a pochi secondi prima - era stato suo amante, così innamorato di un’altra persona.
Bruce continuò a guardarlo negli occhi per un po’, quei due innocenti e grandi laghi, e se n’era accorto ovviamente, che Joker non lo aveva pregato, non si stava neppure approfittando dell’essere il suo punto debole, o almeno si sforzava di non farlo; però aveva la massima fiducia nell’amore del vecchio compagno.
Restarono in silenzio, anche se il vigilante già l’aveva presa, la sua decisione.

Without you, I can’t live a day without you.
(Senza te, non posso vivere un giorno senza di te)



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Capitolo 7
*** Amour, Amour. ***


Per Boopsie: Tesoro *_*! Ma povera…! Chissà che stress, quando stai leggendo un capitolo piuttosto spinoso e arriva qualcuno che ti si piazza dietro. Anche io ho avuto queste sfighe, ma grazie a Dio, mamma non ci vede senza occhiali e quindi spesso e volentieri non rappresenta un problema xD. Ti ringrazio moltissimo per il commento! Sì, la svolta c’è! Yay! Batman è tornato full-force e Joker finalmente può trovare un tantino di pace! Beh… per il dopo… eccoti accontentata! Ti lascio al capitolo, sperando che ti piaccia *_*! Baci!
Per rinnie: Ecco la mia Pucia!! Tesoro, non mi aspettavo proprio il tuo commento, specie visto che - come anche tu hai fatto presente - si tratta del capitolo a rating rosso xD! Se può consolarti, io ho gridato, invocando quella maledetta bestia demoniaca, subito dopo averlo postato, ed infatti non l’ho neppure corretto decentemente, temo (sono una snaturataaaah!). Ma sai che per come hai scritto, ho avuto un flash di te che saltelli tutta allegra verso il pc, sogni di gloria e tutto il resto, ti rimbocchi le maniche, lanci uno sguardo truce e determinato a Vodka Banana, e… tempo pochi minuti, fuggi disperata xDDD? Giuro, ho riso tantissimo! A dire il vero (te lo confesso) non è che abbia sbloccato poi chissà cosa… questa Nc-17 l’avevo già, è abbastanza vecchia e quindi non ho dovuto far altro che ricopiarla con sforzo. Ma continuerò a tentare! ;) Essì, solo noi possiamo capire (làlàlà, come dici spesso tu)! Ora ti saluto e ti lascio al nuovo capitolo anche se lo hai giò letto *_*! Grazie per gli incoraggiamenti e tutto ciò che fai per me! Sei la mia Puciaaaaah!!
Per Sychophantwhore: Tesoro, ciao! Beh, finalmente sì xD anche se credo che questo sarà il loro ultimo incontro in questo senso (ma non posso dirlo, ci sono ancora due sequel in cantiere, da elaborare bene). Ma è bello sapere che nei momenti di crisi, nonostante le divergenze e tutto il resto, ci sono l’uno per l’altro.Beh, Bruce davvero era molto insicuro in quel momento, ed anche il clown… con la differenza che Joker sa sempre cosa vuole e quando e non si fa molte remore nel lasciarsi andare. Batman… o_ò si è comportato malissimo, cioè, va bene che si era depresso e non è proprio colpa sua, però insomma! Qualcosina in più poteva fare altrimenti tanto valeva gettar via il mantello, senza andare avanti con la farsa! A dire il vero non so se sia stato solo per via del clown, che era diventato apatico, penso sia un po’ di tutto, anche il fattore Dickie non ci scherzava. Cosa gli dice, lo vedrai xD! Beh… no, non è Ivy e non è Freeze ç_ç. Non è Joker, né Nigma, né Ivy, né Bruce. Ehm… questo lascia solo una persona, giusto ^^”? La mia beta non è fuggita *_*! Eeed ecco il seguito! Ti lascio alla lettura, sperando davvero che ti piaccia!

Un abbraccio,
XxX.SilverLexxy.XxX

Voglio inoltre ringraziare rinnie, la mia beta, che come sempre ha fatto un lavorone *_*! Un abbraccio speciale per lei, che ha sempre tanta pazienza, con me xD!


PRETEND THE WORLD HAS ENDED:
La canzone inserita nel capitolo è "Amour Amour" dei Rammstein.


Capitolo 6: Amour, Amour.

Intro.

Freeze era talmente furioso, che avrebbe potuto competere perfino con Duefacce in quel momento e, se solo avesse avuto l’ex magistrato tra le mani, Dio solo sapeva cos’avrebbe potuto fargli; ma doveva calmarsi, pensare e rimediare a tutti i danni che quel gruppetto di beoti era riuscito ad arrecargli nel giro di poche ore.
Il Signore del ghiaccio era rientrato di corsa al suo quartier generale, col panico negli occhi aveva lasciato Ivy alle cure dei suoi sottoposti - quei pochi rimasti - per correre da sua moglie; con suo sommo sollievo, la sua congelata sposa era ancora lì dove l’aveva lasciata, dove da anni ormai giaceva.
In terra però, in un angolo della stanza luccicante e scura, spiccava una pozza di sangue dalla quale si allungava una scia, che Freeze seguì fino alle porte del laboratorio e, fermandosi sull’uscio, continuando a percorre con lo sguardo, sperando appartenesse alla fazione avversaria.
La vide sparire dietro uno dei tavoli, ingombri di appunti e provette, e corse per aggirarlo; con un colpo del braccio gettò in terra tutta l’attrezzatura adagiata sulla scrivania, poi si chinò sulla figura immobile ed insanguinata di Spaventapasseri, sollevandolo per stenderlo sull’appena sgombrata superficie: il suo alleato era pallido, un velo di sudore lo avvolgeva ed alcuni ciuffi di capelli umidi si erano attaccati alla faccia.

Lo esaminò rapidamente, non c’era bisogno di estrarre la pallottola, Crane doveva aver già provveduto a ciò, dopo aver assunto qualche tipo di droga per alleviare il dolore; non era un antidolorifico qualsiasi, i suoi occhi erano tutti pupilla, e poco reattivi.
Non sapeva come prendere la notizia, in fondo qualsiasi cosa Spaventapasseri decidesse di buttarsi in corpo, non lo riguardava.
Percorrendo il pavimento con lo sguardo, trovò la siringa che l’altro doveva aver utilizzato, e lasciò che si frantumasse sotto la stretta del suo pugno, per poi affidare anche l’altro suo alleato alle cure dei suoi uomini, mentre lui si dirigeva nella stanza di Nora.
Ad Ivy bastava un po’ di sole per guarire, ed una volta in salute, avrebbe costretto l’ex psichiatra ad accettare che lei lo aiutasse, guarendolo coi suoi poteri, usando l’azione di qualche spora misteriosa.
Nulla sembrava stare andando per il verso giusto, la sua unica consolazione era che sua moglie si trovava ancora lì, al sicuro con lui, e non avrebbe mai più permesso a nessuno di avvicinarsi abbastanza da mettere a rischio la sua incolumità; era giunto infine - anche se del tutto imprevisto, dato che Freeze non aveva mai avuto nessun tipo di mire su Gotham o Bludhaven - il momento di contrattaccare.
Non poteva assolutamente perdonare le azioni del gruppo di Dent; non avrebbe permesso a quei cani di provare a morderlo di nuovo; si erano messi contro la persona sbagliata… ci sarebbero rimasti di ghiaccio.

**

Still intro.

Qualcosa era cambiato dentro di lui, Edward lo sentiva, finalmente riusciva a pensare. Dopo molto tempo, la sua mente era libera e leggera e, anche se il suo corpo pareva essere il contrario, finalmente gli sembrava di poter respirare bene dopo tanto, tanto tempo.
Nigma aprì gli occhi ad incontrare la luce del sole, ma quel bagliore doloroso lo costrinse a richiuderli immediatamente; riprovò, sollevando appena le palpebre e le sentì tremare, lottando per tornare a serrarsi. Si voltò su un fianco, in modo da non essere colpito direttamente da quella fonte di luce: era tutto sfocato, ma quel panorama indefinito gli sembrava familiare… aveva la sensazione di non esserci stato spesso, in quel posto, e si concentrò, tentando di riportare i ricordi alla mente.

Sono contento che restiate a dormire, questa è la stanza degli ospiti!

Quella voce, la ricordava a malapena, non sapeva dove piazzarla, era sicuro di non averla mai amata particolarmente, per qualche motivo. Si sforzò ancora di più, fissò i mobili nella stanza, il letto su cui giaceva, i tappeti scuri sul pavimento.

U-hu! Johnny perché non, ahh… accanni Duefacce e dormi nel lettone con mamma e papà, stanotte?

Stavolta si ritrovò a sorridere, sia per le immagini che quest’altra voce gli portava - l’aveva sentita spesso, era confortevole, lo avvolgeva - sia per il semplice fatto che riusciva a pensare, a richiamare alla mente delle cose, tutto stava tornando piano piano, riusciva a distinguere poco a poco anche ciò che aveva intorno.

Tu saresti mia madre?
Ma che vai blaterando! La mamma è Eddie! Su, abbraccia paparino!*

La ricordava la scena adesso, in quella stessa stanza: c’era Crane che, ridendo, tentava di scrollarsi Joker di dosso mentre, dal canto suo, Nigma si sentiva a metà tra l’infastidito ed il curioso; rimproverava il clown a volte, per la troppa espansività che mostrava verso Spaventapasseri, perché sapeva bene che in fondo, il suo ragazzo sarebbe stato fin troppo lieto di trasformare il loro rapporto in un triangolo, e ciò gli dava i brividi. Jonathan era inquietante.
Si riscosse da quei pensieri, tutto si stava espandendo, da quella briciola di ricordo il suo mondo si stava rimettendo in piedi, il vuoto che aveva in testa si riempiva ad ondate, era veloce e gli faceva l’effetto di una lunga, potente brezza fresca in piena estate; avrebbe voluto allargare le braccia ad accoglierla, si sentiva libero.
Duefacce, Spaventapasseri, Poison Ivy - quella maledetta - Joker… il suo clown, l’uomo che amava ancora, con tutto se stesso. Stavano tornando tutti.
Lottò contro il suo corpo per sollevarsi a sedere sul letto, ogni attimo che passava si sentiva riempire di immagini, suoni, odori, gusti, nonostante l’insistenza dell’Edera nulla era andato perduto! Edward scoppiò a ridere. Alla faccia sua.
Sentì il frastuono della porta che veniva spalancata di malagrazia.

Die Liebe ist ein wildes Tier,
Sie atmet dich, sie sucht nach dir.
(L'amore è un animale silvaggio)
(Ti annusa, ti cerca)

“Eddie?!”

Non era un ricordo, né un’allucinazione. Davanti a lui stava Joker, in carne ed ossa, trafelato dopo essere corso nella stanza, attirato dalle sue risa, ma non osava avvicinarsi. Se ne stava lì, guardando Nigma con una faccia incredula.
Si prese qualche momento per guardarlo bene, dalla testa ai piedi. Non era cambiato affatto, bello come un sogno ritrovato al risveglio; e lui? Era rimasto lo stesso? Sperava davvero di sì, l’ultima cosa che voleva era dare una delusione al suo clown.
Lentamente, Edward si alzò e nel silenzio più totale si avvicinò a Joker, si guardavano negli occhi come se si stessero vedendo per la prima volta, e Nigma lo catturò in un abbraccio, prima che alcune lacrime riuscissero a scivolare giù per le guance, la voce del suo compagno gli risuonò nelle orecchie.

“Dovevo saperlo che tu non muori nemmeno se ti ammazzano…” Queste parole fecero ridere Nigma.
“C’ero quasi, però. - disse, iniziando a raccontare - Ho sognato le porte di quello che credo fosse l’Inferno, ma non sono riuscito ad entrare. Cioè, la porta si era aperta, me la sono ritrovata schiacciata in faccia, non ti dico che male. Poi è venuto fuori Pinguino, si è arrabbiato e mi ha cacciato via. Quando mi sono svegliato, stavo bene. Ho sognato spesso anche te.”
Joker scoppiò a ridere, era davvero tipico di lui non dubitare di quel racconto strampalato neppure per un attimo, e di questo Edward si sentiva grato, d’altronde era tutto vero.
“Pinguino…! Lui sì che è un dritto!* A quest’ora sarà già diventato un pezzo grosso. Magari gestisce il racket negli inferi.”

Nigma sorrideva, non riusciva quasi a credere di essere davvero lì; sollevò le mani fino al viso del compagno, e delicatamente coprì quelle labbra - Cristo, quanto gli erano mancate - con le sue. Del tutto inaspettatamente però, Joker si tirò indietro, allontanandosi di un passo.

“Ahh… Eddie, c’è una cosa che devo dirti.”
“Che succede?” Domandò, confuso.
“Mentre eri, ahh… diciamo via... sono cambiate un po’ di cose.”
“Sareb…be…? - iniziò, per poi lasciar scemare la voce alla vista di una sconosciuta vestita da Arlecchina che si era appena affacciata dalla porta con l’aria triste, ma contrariata allo stesso tempo - Chi è questa?” Chiese allora Nigma, indicandola col pollice.

Al sentirsi chiamare questa, Harley si accigliò ancor più, incrociò le braccia al petto, raddrizzandosi completamente per guadagnare qualche centimetro in più di altezza, ma non le bastarono per evitare l’effetto torreggiante di Edward.
Joker alzò un sopracciglio, spostando lo sguardo dall’uno all’altra, poi con un mezzo sorriso indeciso tentò di spiegare la situazione nel modo meno traumatico possibile al suo - ex? - ragazzo, che stava ovviamente tentando di convincersi di star fraintendendo tutto.

Nistet auf gebrochenen Herzen,
Geht auf Jagd, bei Kuss und Kerzen.
(Fà il nodo sui cuori infranti)
(E va a caccia quando ci sono baci e candele)

“Eddie, lei è Harley Quinn, e… beh, Harl, finalmente conosci Eddie. Da sveglio, intendo. - il silenzio imbarazzante durò parecchi secondi - sono sicuro che vi piacerete!”  Aggiunse speranzoso, e Nigma, con sguardo stupefatto e critico, percorse per intero la figura della donna, notando che questa stava facendo lo stesso con lui.
No, Edward lo sapeva già, questa coloratissima matta non gli sarebbe mai andata a genio, e poi chi diavolo era? Una sua amica? Un’alleata? Maledizione, una parente? Qualsiasi cosa sarebbe andata bene all’uomo, tranne la verità.

**

L’idea era già stata elaborata; di quel piano, a Freeze non andava giù un solo - ma inevitabile - dettaglio: la partecipazione di Crane, che sembrava essere l’unico punto debole di Duefacce. Ovunque fosse l‘ex psichiatra, prima o poi anche Dent finiva col comparire.
Alla realizzazione che in tutta quella faccenda lui avrebbe fatto da esca, Spaventapasseri non batté ciglio, e neppure la promessa che avrebbe avuto il suo ex tutto per lui - per torturarlo, ucciderlo, qualsiasi cosa - lo smosse: dopo essersi accorto che il dottore sapeva delle droghe di cui faceva uso, si era chiuso ancor più in se stesso, non usciva dal suo laboratorio neppure per mangiare o dormire.
Freeze che, per un tipo come Crane, che agli occhi degli altri poneva sempre se stesso sul piedistallo più alto, il sapere che una debolezza simile era stata scoperta aveva letteralmente ucciso il suo orgoglio.
Jonathan non parlava mai di sé, costringendo tutti a basarsi solo su ciò che lui voleva far vedere; e questo per poter sempre essere in grado di rimproverare gli altri e non lasciare loro possibilità di replica. Per non aver mai paura di nulla e nessuno.
Non avrebbe fatto una bella fine se avesse continuato a preferire restar solo, disperato e silenzioso.

Per quanto riguarda Ivy invece, poco dopo essersi ripresa aveva lanciato un urlo lacerante che si poté udire in tutta la villa; evidentemente si era guardata allo specchio ed aveva letto l’affronto nelle lettere che il Joker le aveva inciso sul petto, baciandola col suo coltello, trattandola come la pianta che si vantava di essere, svalutandola proprio dove si credeva superiore e Freeze doveva ammetterlo, non si aspettava un attacco così mirato al cuore dell’Edera.
Il clown era intelligente, ciò non si poteva negare, e questo lo rendeva il loro nemico più pericoloso al momento, Freeze sperava di non doverlo più affrontare.
Avevano visto Batman portarlo via, ma il telegiornale non aveva detto nulla in proposito del suo ritorno ad Arkham, quindi l’uomo di ghiaccio non ci perse altro tempo: se il vigilante non era stato capace di portare a termine il lavoro, lui avrebbe trovato un modo.

**

Saugt sich fest an deinen Lippen,
Graebt sich Gaenge durch die Rippen.
(si attacca succhiando forte sulle tue labbra)
(E scava tunnel attraverso le tue costole)

Per la prima volta, Harley Quinn aveva conosciuto il famoso “Re degli Enigmi” eppure, checché se ne dicesse in giro, non lo trovava né affascinante, né terrificante, né imponente, e tautomero gli dava l’impressione di essere poi questo gran genio; sentiva di odiarlo a morte.
Inoltre, lei non era una stupida ed aveva capito benissimo di essere ampiamente ricambiata in questi tetri sentimenti: non facevano che guardarsi in cagnesco ed evitare in tutti i modi di parlarsi direttamente, nonostante gli sforzi del suo Puddin’.
Certo, Harley era molto meno ovvia dell’Enigmista: approfittava dei momenti di distrazione di Mister J, per fare a quel vagabondo ogni tipo di boccacce, rallegrandosi poi nel notare quanto la cosa lo infastidisse.

Le piaceva pensare che ormai si trattasse solo del passato di Mister J.
Ma ogni volta che lo sentiva tentare di rompere il ghiaccio e farli parlare tra loro, quasi le veniva da piangere; neppure per amore del suo Puddin’ sarebbe riuscita a farsi piacere quell’agglomerato di presunzione e freddezza, anzi! Se avesse avuto un po’ di voce in capitolo, a quell’ora il sovrano sarebbe già stato legato ad un’asta e messo a rosolare su un’enorme fiamma; lei gli avrebbe ficcato una mela in bocca e si sarebbe messa a tormentarlo con un forchettone gigantesco, immaginando se stessa, in questa fantasia, con tanto di corna, coda ed alucce scure!
Non capiva, non capiva, non capiva! Che diavolo poteva averci trovato, il suo Mister J in un simile pupazzo?! Certo, lei non si riteneva perfetta, ma Cristo! Lì si stava davvero paragonando l’acqua alla benzina. Cosa potevano avere in comune? Che diavolo poteva offrire questo tizio al suo dolce tortino di miele?!
Non rideva mai, non capiva le loro battute né tautomero provava a farne di sue, per non parlare poi del fatto che il pensiero di una bella esplosione non lo entusiasmava neppure un po’, iniziava a sospettare non amasse poi tanto neppure gli scherzi.
Lo trovava semplicemente odioso.

**

La notte era arrivata, scura e profonda, avvolgendo l’intera Gotham City e, nonostante il suo stato d’animo quella sera sfociasse nel macabro, Jonathan Crane prese parte, senza un lamento, al piano invasivo e violento ideato da Freeze e Ivy;  in fondo era lui il protagonista, no? Se anche avesse voluto rifiutarsi, ciò avrebbe obbligato i suoi amati alleati ad elaborare da capo un‘altra strategia.
Non voleva deludere Freeze, non più almeno. In fondo il Re dei ghiacci gli aveva solo chiesto di arrivare fino al MYB, l’ampio locale adibito a discoteca, che da tempo era diventato il covo di Duefacce; Jonathan ricordava, che lì il suo ex, tra le altre cose, portava anche chi gli mancava di rispetto. Lui e i suoi uomini, trascinavano nel retro i traditori, per dargli la giusta punizione, la musica copriva facilmente ogni grido d‘aiuto e di dolore.
Si meravigliò di quanto queste cose non lo avessero mai smosso: se gli capitava di trovarsi in giro in quelle occasioni, si limitava a sedersi da una parte, aspettando che il suo compagno avesse finito per poi tornare alla serata, eccitato dalla paura letta negli occhi dei malcapitati; nell’ultimo periodo della loro storia, Duefacce lo portava spesso con sé, e lui adorava questa cosa, si sentiva sempre soddisfatto ed eccitato dopo, aveva sempre voglia di fare l’amore col suo uomo. La loro versione di regalare fiori.
Avevano davvero qualcosa che non andava.

Laesst sich fallen weich wie Schnee,
Erst wird es heiss, dann kalt.
(Cade leggero, come neve)
(Prima diventa caldo, poi freddo)

Quei pensieri erano tutta colpa delle spore che Ivy aveva usato per guarirlo, gli avevano lasciato molte sensazioni strane addosso; non doveva pensarci, né lasciarsi coinvolgere da quelle fantasie.
Una volta giunto all’ingresso, fissò il buttafuori dritto negli occhi; era stato riconosciuto, ma l’uomo non aveva avuto il coraggio di fermarlo o tanto meno perquisirlo, sapeva che sarebbe corso ad avvertire il boss appena gli avesse voltato le spalle. Era ciò che volevano.
I pochi rimasti degli uomini di Freeze lo scortarono all’interno, ma Jonathan non vi fece caso... da quando quella missione era iniziata, pensava a tutt’altro: quando era ragazzo, la sua bisnonna non faceva che parlare di questi posti - le discoteche - come di una specie di Sodoma e Gomorra e lui, da adulto sorrideva tra sé: tempo qualche minuto e, di certo, qualche somiglianza in più con l’Inferno l’avrebbe avuta.
Si avvicinò al bancone ed attese, in piedi, totalmente fuori luogo vestito in giacca e cravatta ma non se ne curò, passò in rassegna i volti delle sue scorte e notò che senza le tute di contenimento a celare quei visi nervosi e spaventati, non facevano poi tanta paura.
D’un tratto, tirò fuori la sua arma da sotto la giacca e la puntò contro il soffitto del locale. Il colpo non esplose, venne disarmato, si sentì afferrare un braccio, e colpire all’altezza del petto, ma non forte quando si sarebbe aspettato; tutto era avvenuto in un secondo e quando si voltò, fece appena in tempo a vedere una figura familiare un costume nero con un simbolo blu sul petto: Nightwing.

Il ragazzo però lo lasciò stare subito dopo, preferendo gettarsi nella mischia e neutralizzare i suoi accompagnatori; non era la prima volta che si trovava a competere col giovane vigilante, e non erano mai arrivati seriamente a farsi del male, ma di certo quella sera non si sentiva in vena di fingere sguardi dolci ed imbastire innocenti flirt, che sottintendevano cose - entrambi lo sapevano, faceva parte del gioco - che non sarebbero mai avvenute.
Jonathan non perse tempo, lasciò gli uomini di Freeze alla violentissima mercè di Nightwing, precipitandosi a raccogliere l’arma; quando si tirò su, assistette all’ingresso in grande stile di Mister Freeze e si affrettò a a sparare verso il soffitto, proprio come aveva fatto al party di Bruce Wayne.
La capsula esplose a mezz’aria, iniziando a liberare una doccia di gas terrorizzante su tutti i presenti, cosa che avrebbe dovuto fare già dieci minuti prima; mentalmente, maledisse il vigilante che lo aveva interrotto; come diavolo aveva fatto l’autonominatisi difensore di Bludhaven - e certo, perché non glielo aveva chiesto nessuno, di assumere quel ruolo - ad entrare in azione così in fretta? Era già all’interno del locale?
Iniziò a farsi largo tra la folla, cercando l’uscita, ma si sentì afferrare. Ancora una volta, nulla stava andando nel verso giusto, ed un uomo nerboruto, in preda a chissà quale allucinazione, lo aveva gettato a terra, ed alla vista della bottiglia rotta che stringeva in mano, trattenne il fiato, riuscendo a pensare solo ad una cosa.

Sono morto.

Am Ende tut es Weh.
(Alla fine, fa male)

Ma il tanto temuto colpo non arrivò mai; a sovrastare le grida dei presenti, un boato assordante, e Spaventapasseri sentì qualcosa spruzzargli viso, non riusciva più a pensare, guardò a bocca aperta il corpo del suo assalitore accasciarsi, irriconoscibile, grondante sangue. Lo stesso che gli aveva schizzato la faccia.
Sollevò una mano alla guancia, la ritirò rossa e viscida e si sentì sporco; tra un flash e l‘altro delle luci del locale, riuscì a distinguere il cervello del suo assalitore sul pavimento, e poi la figura di Duefacce davanti a sé, in piedi, a qualche metro di distanza col fucile ancora fumante tra le braccia, ed il mondo si zittì. La musica continuava a pompare, le urla a salire, ma alle orecchie di Jonathan tutto arrivava ovattato.
Si scrollò di dosso il cadavere che gli giaceva in grembo, ed iniziò a tremare senza una ragione: non aveva paura, non di quello spettacolo di sangue ed interiora per lo meno. Non riuscì a staccare gli occhi da quelli di Harvey, entrambi portavano il loro stupore chiaramente inciso nei lineamenti, e Crane poté sentire la voce di Spaventapasseri intonare una canzone in rima nella sua testa, di quelle che si usano per far addormentare i bambini, e si rimise in piedi.
Poi fu come ritrovarsi nel passato, sentirsi afferrare, abbracciare, il gelo nelle acque di quel fiume tentando di fuggire da Batman, e quella presa che non lo aveva mai mollato. Il momento in cui i loro destini si erano uniti indissolubilmente.

Amour, Amour...

Jonathan. Fidati di me.

Alle wollen nur dich zaemen.
(Tutti vogliono solo addomesticarti)

Fu un lampo. Improvvisamente un mucchio di desideri lo pervasero, avrebbe voluto sentire di nuovo quelle braccia forti e rassicuranti attorno a lui, la risata di Harvey, e gli sguardi, i giochi, le sue mani, il modo in cui facevano l’amore, e… perché?
Dopo tutto questo tempo, il dolore, le parole taglienti, perché non riuscivano ad odiarsi? Lui stesso - vuoi per effetto delle spore di Ivy o meno - improvvisamente si rese conto di sentire terribilmente la mancanza di Duefacce. Non aveva mai smesso di pensare a lui come al suo uomo, ed improvvisamente si sentì cosciente del desiderio - era sempre stato lì - di riprenderselo dalle grinfie della donna gatto, ed urlò.
Più in fretta che poté poi, si voltò ed iniziò a farsi strada tra quella folla per guadagnare l’uscita; voleva solo correre il più lontano possibile dal suo ex, non pensare mai più a lui, ma il suo piano fu interrotto dalla figura irritata di Nightwing che, irritato, gli sbarrò la strada.
Le urla rauche di Ivy riempivano l’aria, nonostante l’Edera fosse ben lontana, di fronte al locale, mentre loro erano usciti in un vicolo sul retro.

“Spero sarai contento, guarda che casino!”
“Che vuoi, levati di torno!”

Tentò di superarlo ma si sentì afferrare; un secondo dopo una nuvola di gas già circondava il vigilante, che con un’esclamazione di stupore portò le mani al viso. Non si aspettava una vera lotta da Crane, non ne avevano mai avute in precedenza e si era lasciato cogliere alla sprovvista… barcollò fino a cadere sulle ginocchia.
Quella vista contribuì un pochino a migliorare l’umore di Spaventapasseri: si raddrizzò, osservando il suo operato con non-chalance per qualche minuto prima di avvicinarsi lentamente alla figura inginocchiata a terra. Continuò a fissarlo, poi non resistette: si abbassò al suo fianco, per sentire cosa stesse mormorando nel pieno delle sue allucinazioni.
Non gridava. Erano davvero in pochi a non farlo.

“Che cosa vedi? - Chiese, ma non ottenne risposta - Su baby, dimmi, cosa terrorizza il grosso e cattivo Nightwing…? Che cosa vedi?”
“Io…”
“Sì?” Lo incoraggiò, con voce carezzevole.
“Te. Cos’altro?”

E Jonathan non ebbe neppure il tempo di capire che il ragazzo aveva sconfitto il suo gas, prima di trovarsi con la schiena contro l’asfalto freddo ed umido, si sentì colpire sul viso, stavolta con forza, la maschera gli venne strappata via e si ritrovò a contraccambiare lo sguardo del vigilante.
Dick lo sapeva, certo, che sotto la maschera di iuta dello Spaventapasseri si celava Jonathan Crane. Eppure ciò non gli impedì di restare destabilizzato alla vista degli intensi occhi blu, dei capelli scuri e spettinati, ed immaginava facesse lo stesso effetto un po’ a tutti; non si meravigliò quando si sentì svuotato di ogni istinto violento nei suoi confronti.
Si trattenne dall’alzare le spalle, sapeva che un gesto simile avrebbe irritato non poco il supercriminale intrappolato sotto di lui, si abbassò leggermente, continuando a guardarlo con un ghigno.

Amour, Amour, am Ende...
Gefangen zwischen deinen Zaehnen.
(Amour, Amour, alla fine)
(Ti resta intrappolato fra i denti)

“Adesso come la mettiamo?”
“Se non ti levi subito di torno, giuro che te la faccio pagare.”
“Mi minacci a morte? Paura!”

Dick doveva saperlo - per forza, Jonathan stesso glielo aveva detto in più di un’occasione - quanto fosse irritante il suo ghigno in certe occasioni. L’ex psichiatra iniziò a dibattersi, tentando di colpirlo o anche solo fargli allentare la presa per riuscire a scappare. Il fatto che per Nightwing, uno sbarbatello, doverlo trattenere non rappresentasse nessuna fatica lo rendeva oltremodo furibondo. Perché nessuno voleva mai fargli male? Perché senza la sua maschera non riusciva a far paura a nessuno? Si sentiva umiliato, e di certo quel corpo, reale, compatto e caldo contro il suo non aiutava; improvvisamente ricordò fin troppo bene quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che aveva permesso a qualcuno d avvicinarsi tanto a lui.
Si odiò per quei pensieri, lasciò andare un sospiro esasperato ed alzò gli occhi mentre quel calore si faceva più intenso, più vicino, e Jonathan sentì le labbra dello strano vigilante poggiarsi, leggere ma sensuali, su un lato del collo, soffiando aria calda che gli diede brividi familiari ed allo stesso tempo sconosciuti.
Raddoppiò gli  sforzi per liberarsi, ma a causa di Ivy ed i suoi maledetti feromoni, il suo corpo non voleva saperne di collaborare; sentiva le labbra del ragazzo salire un percorso ben definito, lungo il collo, la mascella, la guancia ed a quel punto, Jonathan aveva praticamente smesso di tentare di opporsi.
Benché consapevole del fatto che si sarebbe odiato, l’indomani, voltò il viso quel tanto che bastava e si lasciò baciare, poi ancora, e ancora ed ancora finché entrambi, nello stesso momento, schiusero le labbra, pretendendo di più.

Jonathan si ritrovò ad adorare quella posizione: era completamente alla mercè del vigilante, ma continuava ad agitarsi sotto la sua presa solo per provocarlo; quando l’altro rispose, schiacciandogli i polsi contro l’asfalto, si sentì soddisfatto.
Catturò la lingua di Nightwing in un morso e lo sentì trattenere il fiato, poi scendere di nuovo sul collo a contraccambiare, quel piccolo dolore lo fece gemere e la situazione iniziò a riscaldarsi, mentre le mani del ragazzo corsero a catturargli i fianchi, come se ne stesse prendendo possesso, come se ormai Crane fosse suo e non potesse fuggire più da nessuna parte.
Gli piaceva. Stava lentamente diventando come Joker con quei giochetti, ma gli piaceva.
Improvvisamente le sirene della polizia sembrarono ridestare Spaventapasseri come da un sogno; cosa diavolo gli stava passando per la testa? Sentì Nightwing dire qualcosa mentre si sollevava ad incontrare il suo sguardo.

“Vieni via con me.”

Die Liebe ist ein wildes Tier
Sie beisst und kratzt und tritt nach mir.
(L'amore è un animale selvaggio)
(Morde, e graffia e scalcia contro di me)

Si trattenne dallo scoppiare a ridergli in faccia; se avesse accettato, sarebbero spariti da qualche parte, dove avrebbero terminato ciò cui avevano dato inizio in quel vicolo e Jonathan ricordò tutto fin troppo bene. La sensazione di qualcuno dentro di lui, che lo stringeva, il sudore, i baci, gli ansiti, ed avrebbero tremato, davanti alle porte dell’orgasmo; restò in silenzio per qualche secondo.
Come ci era arrivato in quella situazione? Proprio lui poi, che da ragazzo veniva continuamente deriso dai colleghi - di facoltà prima e di Arkham poi - perché alla sua età ancora non riusciva a pronunciare i nomi - neppure quelli tecnici - di tutto ciò che aveva a che fare con la riproduzione. Jonathan aveva superato i trent’anni, e continuava ad evitare più che poteva quel tipo di discorsi, o sostituire le parole con strane metafore o ancora, se colto alla sprovvista, con balbettamenti vari.
La sua prima volta l’aveva avuta a ventotto anni, con Harvey, l’unico che avesse mai amato tanto da desiderare di farci l’amore.
Eppure eccolo lì, tra le braccia di un praticamente sconosciuto, ed una voglia folle di seguirlo ovunque, mentre il suo cervello gli gridava di gasarlo e fuggire prima che fosse troppo tardi; Jonathan era senza parole.
Ed il ragazzo aspettava una risposta.

**

Joker non conosceva quella sensazione alla bocca dello stomaco, era certo di non averla mai provata prima: non poteva fare nulla e non poteva farsene una ragione; ci aveva provato ad invogliare quei due - nemmeno a piacersi! - a tentare di conoscersi, ed il risultato? Era letteralmente fuggito in cucina, lasciando Eddie ed Harl da soli, nella stanza accanto.
Per tenersi occupato, aveva iniziato a sfregare a morte dei piatti sporchi che non erano neppure suoi, visto che si trovavano ancora ospiti a casa di Harvey, ma in fondo, Joker ne era convinto, l’ex magistrato non se la sarebbe presa per due piatti graffiati anzi, facevano pendant con la sua faccia!
Il fatto era che Joker aveva voglia di prendere un coltello ed uccidere quei due imbecilli che si guardavano in faccia nel salotto; poi avrebbe dato fuoco a tutta la maledetta Gotham, fatto esplodere la fottuta Bludhaven, per poi correre a Metropolis ad eviscerare Luthor - così! Non gli piacevano i pelati! - e radere al suolo anche quel posto. Così avrebbero imparato. Il tutto cantando, quindi mentre imparavano, avrebbero anche dovuto tapparsi le orecchie! Oh, quanto avrebbe riso della faccia di Superman una volta finito!
Improvvisamente, Joker soffiò per trattenere una risata a quel pensiero, poi portò la mano alla bocca, mentre le sue spalle venivano scosse dall’ilarità di quelle fantasie. Ma perché poi, avrebbe dovuto dar fuoco a quel simpaticone di Lex? Ah, già. 

Non potevano semplicemente andare d’accordo, quei maledetti? Eppure non gli
sembrava di chiedere la luna, sarebbe bastato iniziare a comunicare, poi si sarebbero piaciuti, di questo Joker era certo. Avrebbe dovuto essere semplice: Harley era come lui, quindi avrebbero finito con l'andare d'accordo anche loro, visto che lui e Eddie si adoravano così tanto.
Se avesse avuto degli interruttori per fali piacere, proprio come a lui piacevano entrambi, li avrebbe premuti… ma forse era anche meglio che non ne avessero altrimenti, lo sapeva, si sarebbe divertito a premerli tutti a caso con risultati imprevedibili e sbarazzini!  Rise di nuovo, gli sarebbe piaciuto premere a casaccio tutti i loro bottoncini!
Ma… perché avrebbero dovuto avere dei bottoni, quei due?
Non fece in tempo a ricordare, si sentì cingere la vita all’improvviso e sobbalzò; riconobbe quel tocco, la forza delicata di Eddie, ed il buon odore dei suoi capelli mentre, da dietro, gli poggiava il mento sulla spalla. Joker si voltò ad incontrare gli occhi spalancati del compagno - era stupito per la sua reazione spaventata - e s’incupì. Che era venuto a fare?

Haelt mich mit tausend Armen fest,
Zerrt mich in ihr Liebesnest.
(Mi stringe frote con mille braccia)
(E mi trascina nel suo nido d'amore)

“Beh, che vuoi?” Chiese senza preamboli il clown. Era arrabbiato.
“Voglio che tu me lo dica chiaro cosa significa tutto questo. Io non l’ho ancora capito.”

Il suo tono era tranquillo, non freddo, ma a Joker non piaceva comunque. Che stava succedendo? Che aveva fatto di sbagliato? Lo amava, Cristo se lo faceva, ma allora perché la voce di Eddie era così intrisa di rassegnazione?
In quel momento, per la prima volta in vita sua, per colpa di quei due cretini, pregò perché qualcuno venisse lì a dirgli dove cavolo aveva sbagliato; lui li amava, che male c’era? Erano loro gli ottusi che si lasciavano accecare da un sentimento sciocco come la gelosia, o era lui che pensava solo a se stesso, che magari si era semplicemente sempre sbagliato, sull’amore?
Continuava comunque a sentirsi tradito e mortificato, perché non provavano a darsi almeno una chance? Sarebbe bastato che si sturassero gli occhi, si sarebbero piaciuti, ne era sicuro! Nella sua testa, le cose sarebbero andate davvero diversamente.

Frisst mich auf mit Haut und Haar,
und wuergt mich wieder aus nach Tag un Jahr.
(Mi divora con pelle e capelli *per dire completamente*)
(E mi rivomita fuori dopo molti anni)


“Cosa pensi di Harl?” Domandò, secco, tornando a guardare i piatti davanti a sé.
“Che è una stupida. Che altro potrei pensare?” Rispose a bruciapelo. Sempre col vizio di far domande retoriche.
“Sì? E magari trovi stupido anche me, Ed?” Era furioso, si voltò bruscamente, liberandosi dall’abbraccio dell’altro.
“Cosa diavolo c’entra?! Lei non è te, è solo la brutta copia di te, ed io non la voglio con noi! - dichiarò, con tono perentorio. - Prima Batman, ora questa scema! Joker, hai la più vaga idea di come mi senta io adesso?!”
“Ecco il solito egocentrico, sempre io, io, io, e ancora io, tanto per cambiare!”
“Ti sembro l’egoista, in questa situazione? Davvero. Che dovrei fare, rimediare un‘altra vasca, adesso? Ma bada che quella tipetta colorata non è mica intelligente come Batman.”
“Lei era una dottoressa!” Tentò di difenderla Joker.
“Ehhh sì, ma guarda un po’!” Rispose Eddie, muovendo il braccio, e col tono di chi non se ne stupiva.
“E questo che significa?” Chiese, spaesato, e vide Nigma gettare a terra tutte le posate ed i piatti sulla mensola - no, forse Harvey non sarebbe stato poi così contento - ma nonostante non si aspettasse un gesto come quello proprio da lui, Joker non si mosse. Certe prove di forza non lo spaventavano. Edward iniziò a gridare.


“Sto cercando di dire che forse il cretino sono io! Prima fuggi con Batman, te ne stai un paio di mesi chissà dove, a fare immagino bene cosa, torni come se nulla fosse, ed io ci passo sopra, pensando che il peggio fosse passato. Invece, tempo pochi mesi, ti viene quell’insana fissa per Crane, che proprio non ho idea di dove cavolo possa esser venuta fuori! Sono passato sopra anche a questo, solo perché convinto che Jonathan fosse troppo innamorato di Harvey per lasciarsi incantare da te. E adesso c’è quel fenomeno circense di là, pazza come solo Gotham poteva partorire! Ti rendi conto che anche io ho un limite e che stiamo litigando sempre per lo stesso motivo da anni?! Ti ci vuole un disegnino per capire che mi fai male, in questo modo? Probabilmente avrei dovuto lasciarti anni fa!”

“Tu mi avevi scaricato, Ed! - gridò, riferendosi alle sue azioni sotto il controllo di Ivy. - Se Johnny ti dava così fastidio, potevi dirlo subito, e poi come diavolo facevo a sapere che eri sotto ipnosi o che altro?! Per quanto riguarda me e Batsy, non sono stato io a lasciarti nemmeno in quel caso, continuavo a ripetere che quella non sarebbe stata l‘ultima volta che ci saremmo visti, ma tu? Come sempre fai tutto da solo, e dici che Harl è spuntata fuori dal nulla, ma come osi?! Una cosa però l’hai detta giusta, probabilmente sarebbe già dovuta finire da un be-e-el pezzo! Anzi, sai che ti dico? Perché non te ne vai adesso, Ed?” Concluse, improvvisamente calmo.

Mezzo.

Per qualche secondo, Nigma restò confuso da quel discorso, nel quale il clown era passato da un argomento ad un altro senza criterio, ma la sua ultima frase lo risvegliò, colpendolo come uno schiaffo in pieno viso.

“Allora è così? Mi vuoi fuori dalla tua vita?”
“No Eddie, non hai capito. Se non sei all’altezza della mia vita, te ne voglio fuori.”

Die Liebe ist ein wildes Tier!
(L'amore è un animale selvaggio)

Il Re degli enigmi era senza parole, restò impalato a cercare di capire come fossero arrivati a quel punto e vide Joker raccogliere tranquillamente un pacchetto di sigarette dal tavolo, infilarne una in bocca e poi dargli le spalle, affacciandosi alla finestra.

“Sei ancora qui? - chiese, d’un tratto. - Raccatta i tuoi stracci e sparisci!”

In die Falle gehst du ihr.
(Cadi nella sua trappola)

Edward sapeva che era la sua ultima parola, così si voltò ed uscì dalla stanza, fuggendo da qualsiasi ulteriore umiliazione, e si chiuse nella camera in cui si era risvegliato; perché c’era andato poi, non è come se avesse uno straccio da portarsi, non aveva niente, non aveva più Joker.
Ma il destino lo odiava evidentemente troppo anche per lasciargli il tempo di deprimersi in pace; infatti il potente rimbombo della porta che veniva spalancata e poi richiusa, lo spaventò a morte. Si voltò per trovarsi davanti la minuta figura di Harley Quinn, la sua espressione era addirittura più furente di quella del suo compagno.

“Ora tu mi stai a sentire, Re degli idioti! - iniziò a sussurrargli con rabbia. - Non so neppure perché sono qui, visto che mi fai schifo, ma sappi che se non fosse palese quanto Mister J tenga a te, ora saresti già appeso per i piedi su una vasca di piranha! Forse, idiota come sei non lo ricordi, ma quando io e lui fuggimmo insieme, eravamo convinti che tu lo avessi scaricato.
Quando il vostro amico sfregiato lo ha chiamato, lui si è precipitato a salvare il tuo culo sedentario da quella baldracca ambientalista e non ho visto la sua faccia per giorni, mentre era qui a vegliarti! E naturalmente tra un pisolino ed un vomito non te ne sei accorto, ma ad un certo punto ti hanno dato per spacciato, così vien fuori che pur di vendicarti, il mio Puddin’ progettava di farsi saltare in aria con Ivy, Batman, Freeze e me! Ora dimmi, sono io la cretina che non se la prende, o sei tu che non vedi ad un palmo dal naso?! Ho accettato questo genere di rischi quando mi sono messa con lui, perciò sentirti piagnucolare per simili cavolate, mi fa rabbia! Detto ciò cerca di portargli, se non rispetto, almeno quel tanto di gratitudine che merita! Hai capito, o devo farti un disegnino?!”

In die Augen starrt sie dir.
(Ti fissa negli occhi)

Edward la fissò in silenzio, le braccia incrociate sul petto; unico indizio del suo stupore, un sopracciglio sollevato; abbassò lo sguardo, non c’era bisogno di rispondere nulla. Un attimo dopo, Harley era già fuori dalla stanza: lei non era una cretina, non lo era mai stata e di certo ora lo sapeva anche Nigma.
Un sorriso aperto le si era disegnò sul viso mentre saltellava fino alla cucina dove vide, di spalle affacciato alla finestra, il suo Puddin’, che soffiava fuori il fumo di una sigaretta quasi terminata.
Gli si avvicinò di sorpresa, abbracciandolo forte, “Buh!“ esclamò, poggiando il mento contro la sua schiena; Joker non sobbalzò neanche un po’, ma per un secondo si voltò a guardarla, un mezzo sorriso sul volto, sfregiato ma così bello.
Poi lo vide sollevare una mano al petto e fingere palesemente di essere rimasto senza fiato per lo spavento. Mister J era un illuso se sperava che i suoi occhi lucidi passassero inosservati proprio a lei, che lo amava così tanto.

Verzaubert wenn ihr Blick dich trifft.
(incatenato da un incantesimo, quando ti colpisce)

“Eddie ha detto che non se ne andrà. - a quelle parole, il clown si voltò di nuovo per metà, ma non disse nulla. Harley allora spiegò, quasi si stesse giustificando. - Abbiamo avuto una chiacchierata amichevole!”

Die Liebe ist ein wildes Tier,
In die Falle gehst du ihr,
In die Augen starrt sie die.
Verzaubert wenn ihr Blick dich trifft.

E Joker scoppiò a ridere. Perché la conosceva troppo bene.
Appena un attimo dopo, anche l’Arlecchina si unì al suo divertimento, e la cucina si riempì delle loro risa cristalline e coinvolgenti. Joker era egocentrico, va bene, ma che c'è da meravigliarsi? Era fatto così: voleva Eddie, voleva Gotham, voleva Johnny, e voleva giocare a domino con tutto il mondo.
Lei lo aveva accettato, e l’unica cosa che ancora la stupiva certe volte, era quanto amore fosse arrivata a provare per lui.

Bitte bitte, gib mir Gift.
Bitte bitte, gib mir Gift.
Bitte bitte, gib mir Gift.
Bitte. Bitte. Gib mir Gift.
(Vi prego, vi prego, datemi del veleno)


Ed ora le note:
*paparino: chiaro il doppio senso sessuale.
*è un dritto: non so se si capisce, mi è stato fatto notare che potrebbe non aver senso per alcuni. Si tratta di un modo di dire, per significare "uno giusto", "un figo".


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Capitolo 8
*** Passive. ***


Per Sychophantwhore: Aww, ciao! Dunque partiamo dall'inizio: il risveglio di Eddie xD. Ovviamente lui è stato davvero felice di rivedere e soprattutto poter abbracciare il clown, ma la sorpresa che lui gli ha presentato lo ha, diciamo, destabilizzato ed irritato, una volta capito davvero di cosa si trattasse. Ha tentato di restare freddo e lucido quanto più possibile, infatti il suo primo approccio con Joker è stato normale, ma poi beh... non ce l'ha fatta, dal suo punto di vista tutti i torti non li ha é_è, visto che quella di certo non è la prima volta che l'altro gli combina una cosa simile. Lui arriva ad accettare tutto del clown, che fa lo stesso, e questo è importante, solo che il povero Nigma non lo *capisce* sempre, cosa che invece Harley fa. Per questo doveva essere lei a fargli aprire gli occhi *_*. Lei ed il suo Puddin' secondo me sono *uguali*, e come Joker ha fatto aprire gli occhia lei sulla sua vera natura, Harley ha fatto lo stesso con Eddie. Poi... *adoro* descrivere i pensieri di Joker o_ò ma davvero, posso infilarci in mezzo *di tutto* lui è la *vera* tempesta di coscienza, non ha bisogno di un filo logico xD. Per quanto riguarda Ivy no, lei non avrà cicatrici, piano piano spariranno, ma resterà tutto dentro di lei, a bruciarla da dentro. Awww sono felice che tu abbia apprezzato il mio accento su Crane, tengo molto al suo percorso, specie quando c'è Harvey di mezzo xD. Nightwing ha il suo ruolo ;) e credo mi divertirò parecchio con lui e Jonathan. Harvey per il momento non sa di loro e conviene a tutti che non lo sappua mai xD. La metafora del'acqua e della benzina *_* felice che l'abbia notata ed apprezzata! Pinguino ha salvato Eddie! Lo ha fatto, è tutto vero xD lo ha rispedito a calci nel mondo dei vivi! Per quanto riguarda la canzone del precedente capitolo, non sapevo fosse stata già usata da GeanJenie per... pubblicizzare? La sua storia - ho visto sul tuo blog tra i video preferiti - altrimenti non l'avrei usata, un po' ci son rimasta male :(. Ma vabé, ciò che è fatto, è fatto ed io continuo ad adorare i Rammstein con tutta me stessa. Tesoro adesso ti lascio al nuovo capitolo, sperando che ti piaccia *_*! A presto, spero!
Per Boopsie: Tesssoro! Aww, ti ringrazio dei bellissimi complimenti ma davvero non è tutto merito mio xD. rinnie ne sa qualcosa, la mia beta fa un lavorone immenso appresso a me e per questo la storia sembra perfetta ^^. Ma non so se ci hai fatto caso... me lo ha fatto notare proprio rinnie, ma... i piatti di Harvey o_o. Fanno sempre una brutta fine! Cioè, Crane li rompe come acqua, lanciandoglieli appresso, poi Nigma spacca tutto nella sua cucina, quei pochi rimasti son graffiati da Joker... tutti portano sempre con sé qualche sua porcellana, giusto in caso xD. Adoro i pensieri di Joker, proprio, potrei scriverne all'infinito! La parte tra quei tre, Eddie, Joker e Harley, mi è piaciuta moltissimo scriverla e soprattutto dare un senso a questa situazione particolare XD. A proposito di Johnny, poverino lui ç_ç... ma la parentesi love con Nightwing ci voleva e non è nemmeno finita qui *_*! In ultimo... tua madre deve avere qualche potere o_ò! Deve averlo, per forza! Ora ti lascio al capitolo, sperando che ti piaccia! yeah! a prestissimo tesoro!

Un abbraccio,
XxX.SilverLexxy.XxX


Voglio ringraziare, ancora una volta - perché no, non lo farò mai abbastanza - la mia beta, nonché dolce metà, rinnie. Tesoro,questo capitolo è dedicato tutto a te! Grazie dell'infinita pazienza che mostri con me, degli incoraggiamenti, di tutto! Sono felice che questa storia ti piaccia, mi riempie di orgoglio!
Un abbraccio speciale per te! E... buon compleanno *__*!


PRETEND THE WORLD HAS ENDED:

Capitolo 7: Passive.

Intro.

Nightwing aprì gli occhi su un panorama sconosciuto, si sentiva scosso da tremiti, aveva i muscoli addormentati, e faceva freddo. Mano a mano che si riprendeva, tirandosi lentamente a sedere, i ricordi iniziarono a tornare, irritandolo non poco.
Crane, quel maledetto, aveva finto di accettare la sua proposta solo per poi gasarlo, una volta lontani ed al sicuro dalla polizia che aveva circondato il MYB, e poi… le sopracciglia si aggrottarono, ed infine un ghigno gli si aprì sul volto: Spaventapasseri gli aveva dato l’antidoto.
Se non lo avesse fatto, probabilmente un’overdose di gas terrorizzante avrebbe avuto effetti permanenti e davvero sgraditi su di lui; di certo Crane non aveva un animo gentile (non sembrava da fuori e di certo non lo aveva nascosto all’interno), quindi l’unica plausibile spiegazione al suo comportamento, era che lui - Dick Grayson - era così affascinante da essere irresistibile.
Si alzò, ammaccato e dolorante un po’ ovunque, ma non era di certo finita lì, almeno non per lui. Al momento però, la cosa davvero certa, era che nessuno dei suoi amici avrebbe mai dovuto sapere di quella notte, di come in fondo, si fosse lasciato giocare in una maniera simile… perché davvero, aveva già abbastanza problemi nel dover dimostrare di non essere solo il mini-me di Batman.
Le loro prese in giro, erano assolutamente da evitare.

**

Still intro.

Jonathan Crane era confuso ed oltremodo irritato: gli eventi di quella sera erano stati disastrosi sotto tutti i punti di vista: non solo aveva realizzato che, nonostante le apparenze e le fatiche superate in quei due anni, non era riuscito a dimenticare Duefacce. Ora c’era anche il peso di scoprire che in fondo, anche le meccaniche del loro rapporto erano rimaste uguali sotto le svariate coltri di odio: c’era sempre Spaventapasseri che incasinava le vite di entrambi, ed Harvey che non faceva che lottare ed arrabbiarsi, nel tentativo di mettere le cose a posto.
Ora, l’ex psichiatra si domandava se l’altro avesse mai davvero voluto farlo fuori. Lui sì, si era cimentato nell’ammazzare Harvey con tutte le sue forze, gli mancava talmente che l'unico modo per non venirne travolto era distruggere quella debolezza. Se non ce l’aveva mai fatta, probabilmente era perché dentro di sé non voleva.
Lo sguardo che Duefacce gli aveva lanciato quella sera, dopo avergli salvato la vita, parlava fin troppo chiaro: lui lo amava ancora, e ricambiato, purtroppo.
Non voleva neppure pensare al modo vergognoso in cui si era lasciato andare con nientemeno che il vigilante mascherato rispondente al nome di Nightwing, quello che prima d'allora aveva sempre giudicato come la patetica ed esibizionista brutta copia di Batman.
Si sarebbe ucciso in quel momento, gli era perfino mancato il coraggio di far davvero fuori il ragazzino: alla fine, cedendo ai suoi istinti ed iniettandogli l'antidoto, aveva evitato che risentisse dei permanenti effetti di un’overdose del suo gas terrorizzante.
Perdio, perché le sue pene non finivano mai?

“Ti cercavamo, sai? Non hai avvertito nessuno del tuo ritorno, e non sapevamo se era il caso di dare il via ad un‘operazione di salvataggio.”

L’Edera. Ecco, un’altra disgrazia di cui, al momento, avrebbe benissimo potuto fare a meno; senza dire una parola infilò nuovamente sul viso la maschera di Spaventapasseri e attese: sapeva che, se si fosse permesso di risponderle anche solo una volta, avrebbe iniziato a gridare tutti i suoi risentimenti repressi e non voleva assolutamente scoprirsi così, non con lei.
Con la coda dell’occhio notò che, di nuovo, quel gesto e la sua noncuranza l’avevano urtata, ma durò poco, poi Ivy iniziò a sorridere in una maniera davvero poco rassicurante. Era sicura di se stessa, per qualche motivo che, ne era certo, non avrebbe tardato ad esporre.

“Immagino tu non abbia nemmeno idea dell’esito dell’operazione. - disse e, dopo una pausa più o meno breve, continuò - Abbiamo preso Dent.”

Dead as dead can be,
My doctor tells me.
(Morto, che più morto non si può)
(Mi dice il mio dottore)

Quelle parole dissolsero letteralmente i suoi propositi di ignorarla, di più, lo svuotarono completamente; si voltò a posare lo sguardo su di lei, in cerca del minimo segnale che lo stesse prendendo in giro: non era possibile, lo stava fregando in qualche modo. Il sorriso di Ivy si allargò, era come se avesse finalmente ottenuto un’importante vittoria personale.
Avanzò qualche passo nel laboratorio.

“Vedo che ora ho la tua attenzione!”

Pronunciò, orgogliosa di se stessa, ed era vero, aveva guadagnato l’attenzione di Crane, ma lui pensava solo ad Harvey. Ricordò improvvisamente che era proprio quello lo scopo della missione, che Freeze gli aveva addirittura promesso che, dal momento della sua cattura in poi, Duefacce sarebbe stato tutto a sua discrezione. Non sarebbe dovuta essere una tale sorpresa, la notizia portata da Ivy.
Fino a quello stesso pomeriggio, ciò lo avrebbe entusiasmato, ma in quel momento, dopo le brusche e del tutto non volute realizzazioni della serata, sentiva che il solo guardare l’altro in faccia lo avrebbe imbarazzato e steso definitivamente.
E quella era un’altra debolezza che non avrebbe di certo voluto mostrare, né a Freeze, né - soprattutto - all‘Edera. Sentiva il bisogno di vomitare nonostante avesse mangiato davvero poco tutta la settimana.

“Il punto?” Rispose, gelido, irritandosi nel notare che quel tono ormai non attecchiva più.
“Potresti passare a trovarlo, gli farebbe piacere visto che non è davvero messo bene. Buona serata, dottor Crane.”

L’Edera andò via, lasciando Spaventapasseri impassibile, svuotato di ogni pensiero e, quando alla fine si riscosse, afferrò delle provette vuote dal tavolo e le lanciò in direzione della porta dalla quale Ivy era uscita; l’eco del vetro che s’infrangeva contro il legno per poi ricadere in pezzi sul pavimento riempì il laboratorio per un attimo.
Poi tornò a rimanere immobile, pensando a tutto e niente, non riusciva a concentrarsi e, quando andò a raccogliere quei taglienti frammenti, riuscì a ferirsi le mani, sibilando per un momento contro il dolore, gli occhi fissi sul suo stesso sangue, mentre scivolava fino al pavimento, ma presto si riscosse.
Lui era uno psichiatra e da tempo si era reso conto - non c’era bisogno che glielo spiegassero - di starsi autodistruggendo lentamente ed in mille modi e, perdio, non sarebbe diventato come il Joker, non avrebbe cercato nulla nel dolore fisico.
Ma il clown gli mancava. Sentiva la mancanza anche di Harvey. A volte perfino quella di Nigma.
Provava nostalgia per quei momenti che, tutti insieme, avevano avuto, seppure per un così breve periodo.
O forse no, probabilmente questa era una sua impressione ed in realtà tutto quel tempo felice era durato anche troppo, per gente come loro; i ricordi gli facevano male, lo costringevano a sorridere perfino in quel momento, mentre stringeva la fasciatura attorno alla mano.

But I just can't believe him,
Ever the optimistic one.
(Ma semplicemente non posso credergli)
(Sempre il solito ottimista)

Ora, Edward e Joker stavano di nuovo insieme, ne era contento, in fondo non era la prima volta che riuscivano a superare ostacoli che da principio sembravano insormontabili, quei due erano davvero la prova che tutto era possibile e gli passò nella mente che forse poteva chiamarli, per sentirli di nuovo.
Ma no, che gli saltava in testa? Troppe cose erano accadute o stavano ancora accadendo attorno a loro, non c’erano più speranze di recuperare nulla ed a lui non andava di fare altre figure, sentiva di averne già fatto il pieno a sufficienza, ancora un po’ e non avrebbe più avuto il coraggio di guardarsi allo specchio.
Si era sentito abbandonato da loro come un bambino dai suoi genitori, aveva tagliato i ponti che li univano, si era comportato malissimo con Harvey e non ne aveva diritto, anche se il suo ex non aveva saputo affrontare il problema, era lui, Jonathan, che forse non avrebbe davvero avuto motivi per crearlo.
Doveva rassegnarsi e fare croce sopra alla loro amicizia, ed anche a Duefacce.
Si sentì strano, per la prima volta da quando aveva lasciato Harvey gli era balenata in mente l’idea che il loro fiasco poteva essere stato, magari, anche colpa sua e non sapeva se ciò fosse un bene o un male. L’unica cosa di cui si rendeva conto era che doveva assolutamente superare tutto questo ed andare davvero avanti.

**

Selina Kyle amava gli abiti di alta classe, lo aveva sempre fatto, solo che ora poteva permetterseli, così come poteva permettersi di frequentare il multimilionario playboy più famoso di tutta Gotham City: Bruce Wayne, lo scapolo d’oro.
Quella sera si era già fatto abbastanza tardi, quando lui l’aveva invitata a cena fuori, e lei si entusiasmava sempre moltissimo nel vedere il suo accompagnatore pretendere un tavolo nel ristorante più lussuoso della città per averlo un attimo dopo, nonostante la fila di persone prima di loro.
Rideva e brindava col calice pieno di champagne; Catwoman le aveva davvero cambiato la vita, ed in meglio! Appena tornata a casa, molte ore dopo, mentre si lasciava scivolare la giacca dalle spalle sospirando la sua gioia, notò un messaggio in attesa nella segreteria telefonica.
Quando premette il pulsante, una voce maschile che non conosceva, dal tono piuttosto freddo e serio - ma deciso - riempì l’aria.

“Signorina Kyle, mi spiace informarla che ci sono stati… dei pasticci, giù al MYB, ma stiamo organizzando un party, ed avremo bisogno del suo aiuto. Si faccia viva al più presto.”

Il messaggio si concluse così, un po’ bruscamente, come era iniziato; Selina capì al volo di cosa si trattava: non aveva idea di cosa fosse accaduto ma, se c'era da festeggiare, lei ci sarebbe stata. Può darsi di sì, che si fosse davvero presa una brutta cotta per Harvey Dent, altrimenti non sarebbe stata così disposta a gettarsi in chissà quale pericolosa avventura per lui, pur di stargli a fianco. Lei era una gatta ed i felini raramente si gettavano volontariamente contro ai rischi.
Si diresse nella sua ampia camera da letto ed in fretta si cambiò, indossando i panni di Catwoman. L’abbraccio stretto e solido della pelle attorno al suo corpo non avrebbe mai potuto essere eguagliato da nient’altro, neppure dalla seta più pregiata: l’oro e le grandi firme servivano per far star bene una donna, ma lei non lo era più adesso: era una gatta, era se stessa.
Finalmente uscì nella notte, dalla finestra, come se fosse stata una ladra nel suo stesso appartamento, ed una volta arrivata sulla terrazza riuscì a godersi la stupenda vista che era Gotham City, illuminata nella notte, tutta ai suoi piedi. Ma solo per pochi istanti, poi il suo sorriso soddisfatto si perse nel vento, alla vista di Batman, proprio lì, dietro di lei.
Digrignò i denti, questa davvero non ci voleva.

I'm sure of your ability to become
My perfect enemy.
(Sono sicuro della tua capacità di diventare)
(Il mio nemico perfetto)

“L’uomo pipistrello! Mi scuserai, vero, ma ora non ho tempo.” Disse e fece per scappare, ma fu fermata dalla voce roca e cruda del vigilante.
“È inutile scappare, Selina.”

Si bloccò all’istante, come aveva fatto a scoprirla? Lentamente, si voltò, aveva sul viso il sorriso dignitoso e sensuale della sconfitta. Iniziò a camminare, andandogli incontro, mentre Batman non accennava a muoversi da dove si ergeva, imponente ed oscuro, l’espressione seria dietro la maschera.

“Allora. Cosa mi ha tradita?”
“Non dovresti uscire coi diamanti di una rapina addosso.”

Ed un attimo dopo, la gatta aveva afferrato la sua frusta, la fece roteare in aria una volta per scioglierla completamente, e sferzò il suo colpo, tagliando l’aria con quello stupendo suono, cercando di mirare alla maschera del vigilante che, però, evitò il suo attacco con fin troppa facilità. Non lo ricordava così abile, che gli era successo? Era come se avesse acquistato forza. Non aveva mai creduto a tutte le storie su di lui - che fosse in grado di volare, di diventare invisibile, di comandare stormi di pipistrelli, che fosse una specie di divinità mostruosa, giunta per portare la sua violenta giustizia su Gotham - tuttavia qualcosa era successo, lo vedeva cambiato.
Tentò di nuovo con un altro colpo che, come il primo, non ebbe successo e si mise a riflettere, il più velocemente possibile: perché proprio quella sera? Era uscita spesso con addosso le refurtive dei suoi colpi, eppure il pipistrello si era fatto vivo solo in quel momento, proprio lì a casa sua.
All’improvviso, come se il suo avversario si fosse mosso nell’ombra, non vide più l’altro davanti a sé, si sentì afferrare alle spalle e proprio in quel momento, forse a causa dell’adrenalina, capì tutto.

“Non posso crederci! - quasi gridò, voltandosi per poter vedere la parte in mostra del viso del suo avversario. - Tu sei Bruce!

Wake up and face me.
Don't play dead, 'cause maybe
(Svegliati e affrontami)
(Non fingerti morto, perché forse)

Un momento di silenzio passò tra loro, lungo, quasi interminabile, finché un improvviso dolore all’altezza del collo, non la fece precipitare nell’oscurità, costringendola a perdere i sensi. Per Selina, il mondo riacquistò colore solo molto tempo dopo, mentre veniva portata all’interno della centrale di polizia.

**

Edward Nigma era sulle soglie della furia: c’era stata un’accesa discussione, iniziata con lui che, fin troppo gentilmente, informava i suoi due circensi colleghi che sarebbe stato il caso di abbandonare la casa di Duefacce poiché, vista la sua improvvisa caduta, presto quel posto sarebbe stato il bersaglio che i suoi nemici avrebbero voluto devastare; quello era un ambiente particolare, fatto di dimostrazioni di forza, sfregi e tornaconti.
A questa sua intelligente proposta, si contrappose Harley, lamentandosi del fatto che Dent possedesse - contrariamente a lui, nella vecchia casa che divideva con Joker - il via cavo, una Jacuzzi ed un vero arsenale di armi, nel seminterrato.
E giocando su quell’ultimo punto, il clown era saltato in piedi, esclamando con ardore che sì, avrebbero proprio dovuto restare dove si trovavano; come volevasi dimostrare, alla fine la spuntarono loro.

“La gatta non arriva.” Buttò lì Nigma, un ulteriore colpo ai suoi ormai fragili nervi.
“Oh fidati, è meglio così.” Si scaldò Harley e, senza neppure guardarla, Edward si limitò a rispondere gelido:
“Non lo so, non la conosco.”

Someday I will walk away and say
"You disappont me"
(Prima o poi me ne andrò, e dirò)
("tu mi deludi")

La differenza abissale che divideva l’Arlecchina dall’Enigmista stava anche lì: accecata dall’amore che provava per il suo Puddin’, lei si stava sforzando, seppure con frustrazione, di conoscere ed arrivare a capire quel sacco di megalomania che, per tutta risposta, si limitava a tollerarla con qualche cortesia di circostanza, ma effettivamente trattandola come niente più di un pezzo di arredamento. Al quale capitava, ogni tanto, di fare sesso con Joker, ma quelli erano dettagli.
Harley, dal canto suo, non voleva neppure sapere se Mister J avesse ripreso o no ad avere rapporti fisici con il suo ex, faceva buon viso a cattivo gioco e tentava quanto più potesse di non lanciare fulmini e saette ogni qual volta capitasse che quei due si sfiorassero anche solo per caso.
Vista la risposta secca e leggermente indifferente del Re degli Enigmi quindi, lasciò che un sorriso le si dipingesse sul viso, prima di rivolgersi con tono mellifluo al suo Puddin’ in cerca di aiuto o di qualche battuta intelligente.

“Non è vero, Mistah J?”
“Mh? La gatta con gli stivali dici? Beh! Secondo me è inutile aspettarla, sarà già nelle grinfie di Batsy, adesso. Noooo problem, per creare un po’ di caos, bastiamo noi.”
“Frena, panda.” S’intromise Nigma, alludendo al nero con cui il clown si circondava gli occhi.
“Che c’è che non va, Ed?” Domandò l’altro, confuso.
“Dovremmo prima vedere che nessuno tenti qualcosa contro Duefacce, finché non c’è, non pensi?”
“Ma che discorsi fai?! - Stavolta fu Harley a scaldarsi. - Potrebbe morire da un momento all’altro, lì da Freeze!”
“Mannò, mannò, sono sicuro che sta benone. Al massimo, potrebbe prender freddo. - Rise Joker e poi, davanti all’espressione basita della sua Arlecchina, precisò - Harv è con Johnny adesso, e checché dica lui, non farebbe mai del male al suo adorato lovey-Harvey. Ma se anche lo facesse, non scordarti che lui è Terminator, sì, insomma, ahh… può resistere, lui.”
“Johnny, sarebbe lo Spaventapasseri? Quindi voi lo conoscete?”
“Molto! - Le strizzò l’occhio il clown, prima di tornare a rivolgersi a Nigma -  Comunque io, come dire... me ne frego degli affari di Harv, sai? Non è per questo che sono qui, ma se tu ci tieni, fai pure!”

Maybe you're better off this way.
(Forse è meglio che te ne vada da qui)

Concluse, e se ne andò, uscendo dalla stanza e lasciando i suoi due compagni da soli, nel più totale silenzio, che Edward sembrava accogliere con noncuranza, mentre Harley iniziò a sentirsi nervosa, vagamente annoiata; si era stravaccata sulla poltrona, le gambe penzolavano da un bracciolo mentre giocherellava con le maniche merlettate del suo costume.
Parecchi minuti passarono, l’unico suono a riempire l’aria nella stanza era il picchiettare dei tasti sul computer di Nigma, e d’un tratto l’Arlecchina finse un sorriso allegro e chiese, rivolta alla schiena dell’altro:

“Come vi siete conosciuti, comunque?”
Edward si bloccò, si voltò lentamente a guardarla, per poi tornare al suo lavoro.
“Chi?” Chiese di rimando, con tono tetro che non spaventò affatto Harley.
“Tu e Mistah J, chi sennò?”
“Joker non ti ha detto nulla?” Il suo tono sembrava ironico, la donna si irritò nel sentirlo.
“Poco. - rispose, una venetta pulsante sulla sua fronte, ma fingendo che fosse tutto a posto - Non parlava molto di te, mi ha solo detto una volta stavo con uno - iniziò, imitando il suo compagno - ahh… a lui piacciono gli indovinelli, magari lo conosci, bazzica spesso da queste parti! - poi, s’impensierì e dopo una pausa, riprese - però ogni volta che si toccava l’argomento, cambiava discorso, o diventava vago… beh, più del solito.”

Ed infine tacque, aveva parlato già abbastanza, e con sua somma irritazione, notò che l’Enigmista non sembrava avere nessuna intenzione di stimolare quel dialogo. Aggrottò le sopracciglia, ma insistette, per l’ultima volta.

“Penso soffrisse molto, per te.” E non sapeva neppure perché lo aveva detto, non voleva farlo davvero.
“Oh! - Harley si meraviglio, sentendo la sua voce ed il sarcasmo poteva tagliarsi col coltello - questo lo vedo, eh! Posso solo immaginare quanto Mistah J possa esser stato male. Avrà sofferto come un cane! Per ben venti minuti!”

Il risentimento che ancora riempiva l’uomo era evidente, e questo irritò Harley oltre ogni limite, non lo sopportava davvero, non poteva proprio tollerare tutti quei cattivi sentimenti che l’altezzoso pigiabottoni nutriva per il suo Puddin’ nonostante la - più che convincente - predica che lei gli aveva fatto solo qualche sera prima.
Piena di stizza si alzò dalla poltrona, marciò fino alla postazione di Nigma, e si fermò vicino alla sua sedia da ufficio, incrociando le braccia sul petto ed iniziando a tippettare un piede sul pavimento, ma l’uomo non le diede soddisfazione, non si distrasse dal suo lavoro, non la degnò neppure di uno sguardo nonostante - per una volta - fosse l’Arlecchina a torreggiare su di lui, che era ancora seduto.
Ma Harley non era tipa da lasciarsi spaventare da qualche atteggiamento da ragazzino viziato, restò proprio dov’era finché alla fine non esasperò l’altro che alzò gli occhi su di lei.

Leaning over you here,
Cold and catatonic.
(Appoggiandomi a te, qui)
(Freddo e catatonico)

Cosa?” Chiese in tono macabro, ed innervosito, marcando la parola.
“Ti ribadisco ancora una volta, che tutto questo non è successo ieri.”
“Tante cose non sono successe ieri, eppure me le sono ritrovate davanti. Scusa se sono un po’ irritato.”
“Mi dispiace per questa tua condizione, ma cerca di non ragionare sempre e solo in un senso. Lui ti vuol bene, si vede, e non sei l‘unico che si è ritrovato in questa situazione all‘improvviso!”

Harley non era come lui, certo, ma ciò che provava Nigma lo stava vivendo anche lei, solo, lo affrontavano in maniera diversa e, per questo, lei pronunciò la sua risposta con un tono più comprensivo, quasi malinconico, una specie di ultima offerta di pace.
Capiva - ebbene, purtroppo, lo faceva - che i pensieri di quello straccione non erano neppure troppo sbagliati, però doveva saperlo che non era solo, che tutti loro si erano ritrovati quella situazione tra capo e collo, così attese, sempre senza riuscire a guadagnare la sua attenzione; dopo qualche minuto lasciò andare un sospiro e fece per tornare al suo posto, sulla poltrona.

“Ad Arkham.” Si sorprese di sentirlo parlare, la sua voce tranquilla, ma atona.
“Cosa?” Domandò, confusa, fermandosi dov‘era per voltarsi ancora verso di lui.
“Lo avevi chiesto, no? Ci siamo conosciuti ad Arkham.”
Harley tacque, lentamente andò a sedersi vicino a lui.
“Anche noi. Mi chiamavano dottoressa Harleen Quinzell.” Sorrise, in modo prudente.

Nigma alzò un sopracciglio, ancora senza guardarla. Allora era vero che aveva studiato medicina, era una psichiatra nel vecchio manicomio: ma che aveva potuto aver fatto di male per essere spedita a lavorare lì, giovane come era? Ma ciò che lo stupì maggiormente, era l’espressione che aveva usato: mi chiamavano, come se quello appena pronunciato non fosse mai stato il suo vero nome.
Come se lei fosse sempre stata Harley Quinn, ed il clown glielo avesse solo dimostrato. Rifletté per un po’, prima di parlare ancora.

“Tipico di Joker, entrare nella testa di chi dovrebbe insinuarsi nella sua.”

Harley sorrise a quelle parole, pur non sapendo se volessero essere o meno offensive, perché la rallegrarono, riportandole a galla nella mente tutti i ricordi della loro prima seduta, le provocazioni di Mister J e lei che fingeva sempre di non essere divertita, ma poi una volta a casa, si ritrovava a ridere da sola, come una scema, non vedendo l’ora di incontrare di nuovo il suo paziente.

“Sei davvero intelligente come si dice?” Domandò poi, dubbiosa ma gentile.
“Oddio. - Esclamò Edward, reclinando la testa di lato per un momento - Questo dipende da chi lo dice.”

Questo la fece ridere un po’; allora non era del tutto privo di senso dell’umorismo, questo cumulo verde di superbia, anche se il suo divertimento sfociava, notò, più nel sarcasmo  crudele, che altro.

“Mi piacerebbe… - iniziò, esitando per un attimo, ma un altro sguardo di Nigma la incoraggiò a continuare - sì, sapere della vostra storia.” Concluse, aspettandosi il silenzio per risposta, ma restò di nuovo piacevolmente colpita, quando invece lo sentì iniziare a raccontare.

I catch a brief reflection
Of what you could and might have been.
(Vedo un breve riflesso)
(Di ciò che avresti potuto e dovuto essere)

“Ci misero nella stessa cella. - annuì - La seccatura più grossa della mia vita, non faceva che parlare, raccontava bugie e storielle macabre, criticava i miei metodi e convinzioni. Raramente mi prendevo la briga di rispondergli, sinceramente. Poi iniziarono le sedute di elettroshock. Quando lo vedevo stare troppo male lo aiutavo, beccandomi per questo ogni tipo di insulto, poi se ne fece una ragione, credo. Tra noi c’è sempre stato un acceso scambio di vedute ma nonostante le differenze abissali, ci siamo sempre accettati e questo è… tanto. Era tutto ciò che ci serviva in verità, ma me ne resi conto solo molto tempo dopo. Ci sono cose che non riesco a capire facilmente, non so guardare dentro le persone come fa lui. O come te, anche.”

Harley ci mise un po’, prima di capire che il racconto era finito, anche perché quel complimento - e stavolta lo era, non c’era dubbio - l’aveva colta totalmente impreparata. Che quello spilungone sedentario si fosse infine reso conto di tutto, grazie alle sue parole? Nonostante avesse tentato di impedirselo, alla fine sorrise, soddisfatta, ma soppresse quasi subito quell’espressione, tornando seria
Nel racconto che aveva appena sentito non c’erano dettagli di alcun tipo, né aneddoti; Nigma era stato asettico, lineare, rispecchiando davvero la sua persona con quel discorso. L’Arlecchina apprezzò comunque il gesto: ma c’era un dettaglio importante che da tempo la tormentava, ma che era stato omesso.

“Hai scordato un dettaglio importante, Mistah E.”

Edward si voltò verso di lei, basito, probabilmente più per il soprannome che la bionda gli aveva appena affibbiato, che per la domanda posta. Tuttavia, tornò subito serio, e rispose.

“Io non credo sia il momento adatto.”
“Perché no?” Chiese lei, curiosa, domandandosi se davvero l’altro avesse intuito la sua curiosità.
“Non è ovvio? - domandò, e ricominciò a parlare, lentamente - L’unica speranza che abbiamo di riuscire a sopportarci, è aspettare. E poi credi sia davvero importante saperlo? Adesso? Tsk, ma tanto, tu non la pensi così. Non puoi pensarla così, sei identica a quello là.”

Immaginò che con quello là, intendesse il suo Puddin e, suo malgrado, Harley iniziava a capire cose potesse averci trovato il suo compagno in quello schizoide allampanato: era carismatico, paziente, anche se parlava poco, il più delle volte diceva cose giuste, sembrava il tipo d'uomo che sapeva come prendere quei pochi ai quali teneva davvero.
E forse non era neppure vero, che non riusciva a capire le persone, aveva intuito subito che lei avrebbe voluto domandargli come erano arrivati a mettersi insieme - soprattutto la loro prima volta, la interessava - e le aveva dato una risposta… ora le sembrava giusta, nonostante dapprima non la pensasse affatto così.
Sarebbe stato facile per loro distruggersi a vicenda, con qualche semplice dettaglio sulle loro vite felici vicino a Mister J, con quello che avevano dentro, avrebbero potuto farsi molto male, rovinarsi, ed Harley era felice che, in quel momento, Edward avesse scelto di non farlo.
Era maturo. Ma sarebbe davvero mai venuto il giorno in cui avrebbero potuto parlarne senza rancori o gelosie? Ora come ora, Harley ne dubitava, ma una cosa poteva farla.

It's your right and your ability
To become my perfect enemy.
(è un tuo diritto e la tua capacità)
(di diventare il mio perfetto nemico)

“Ti ringrazio.” Annuì, calma.
“Cosa?” Chiese l’altro, guardandola, forse pensava di aver capito male.
“Dicevo, grazie! Sai… per la delicatezza.” Sorrise.
“Ehm… di niente?”

Rispose lui, confuso, cosa che fece sorridere la donna ancora di più, e nonostante ciò avesse irritato Nigma - più per partito preso che altro - lei si sporse in avanti, il viso tra le mani, ed iniziarono a parlare di altro, a conoscersi un po’ meglio.

**

Harvey Dent si sentiva a pezzi. Era come se ogni parte del suo corpo dolesse, ed in tutta probabilità era proprio così, visto che senza nessun preavviso, la sera prima, aveva dovuto ingaggiare una lotta totalmente impari contro Freeze: l’uomo di ghiaccio era troppo forte perfino per lui.
Aveva avuto un momento, quella sera, con Crane: si erano guardati e, ne era sicuro, anche l’ex psichiatra doveva aver capito tutto: lui lo amava ancora, lo sentiva dentro ogni giorno da quattro anni, quel dolore sordo che lo svuotava di tutto, la mancanza dell’altro lo dilaniava, gli faceva venir voglia di distruggere, spaccare, spezzare tutto. Se solo fosse servito a qualcosa.
Qualsiasi cosa facesse, anche l’azione più quotidiana, non era che una goccia in più a riempire il suo vaso di rabbia, perché non c’era praticamente niente che non avesse già fatto anche con Jonathan e che, quindi, non gli ricordasse lui.
Poteva ammetterlo, e lo faceva: era un idiota totale - niente condizionali per lui, lo era e basta - ancora innamorato del suo ex al punto da esserne ossessionato, e Cristo, certe idiozie non si sentivano più neppure nei romanzetti rosa ormai, non aveva scusanti, né attenuanti.
Al MYB lo aveva visto fuggire, si era lanciato per corrergli dietro con tutta l’intenzione di parlargli, di mostrargli che era cambiato, che aveva capito i suoi errori e che si sentiva pronto, poteva risolvere tutti i loro problemi, si sarebbe impegnato con tutto se stesso. Se solo Jonathan avesse dato un’ultima chance a quel famoso noi.
Non lo avrebbe più pregato, non sarebbe più caduto in ginocchio davanti a lui, sarebbe stato scorretto ed inutile, lo aveva giurato a sé stesso: se mai si fosse ripresentata l’occasione si sarebbe comportato da uomo, non avrebbe più lasciato Crane a farsi carico, da solo, dei suoi problemi, dei loro problemi.

Wake up!
- Why can't you? -
And face me!
- Come on, now! -
(Svegliati!)
(- perché non ci riesci? -)
(Ed affrontami)
(- Forza, adesso! -)

Dopo la separazione improvvisa di Joker e Nigma - all’epoca inspiegabile anche per loro - qualcosa era arrivata a mancare in Jonathan, non si capivano più e lui, Harvey, non aveva saputo colmare quel vuoto, né calmare le sue paure, o tanto meno spingerlo ad aprirsi. E se non lo aveva fatto, lo sapeva, era soprattutto perché a lui stava benissimo che finalmente quel clown fosse sparito dalla loro vita, era stato egoista anche su quello, ma in quel momento non si sentiva più tanto in diritto di biasimare il suo ex per aver iniziato a detestarlo a tal punto.
Duefacce aveva sempre rimproverato a Jonathan di non avergli dato nulla, di se stesso, ma aveva fatto bene, come avrebbe potuto fidarsi di una persona che sì, c’era sempre, tranne quando ne avrebbe avuto più bisogno.
Serrò gli occhi strettissimi e si mosse, testando le corde che lo tenevano legato ad una sedia scomodissima e dall’aspetto piuttosto antico, ma non cedevano da nessuna parte; sospirò per l’esasperazione, ma nonostante le sue pietose condizioni, non sarebbero certo state un paio di corde a fermare Duefacce.
Un rumore attirò la sua attenzione ed alzò lo sguardo, solo per trovarsi davanti Poison Ivy, che si chiuse la porta alle spalle, appoggiandosi poi sensualmente contro di essa.

Don't play dead.
- Don't play dead -
'Cause maybe
- Because maybe -
(Non fingerti morto.)
( - non fingerti morto -)
(Perché forse)
(- perché forse -)

“Noto con piacere che ti sei svegliato.”
Harvey non rispose, restò in silenzio, aspettando di capire le sue intenzioni e poi, cos’avrebbe dovuto dire a quell’isterica dai facili costumi?
“Uhh… - continuò lei, staccandosi dalla porta per avvicinarsi - cosa sono quelle facce lunghe? Scommetto che ti senti solo, eh?”
L’Edera aveva preso a girargli attorno, come uno squalo fa con la sua preda, ma l’uomo non le diede la soddisfazione di seguirla con lo sguardo, non aveva assolutamente paura di lei. La sentì fermarsi, ed appoggiarsi con le braccia sulle sue spalle.
“Il dottor Crane non vuole vederti, mi dispiace. Ma ci sono io a farti compagnia, e resterò, anche se non mi vuoi.”

“Massì, - Esclamò Harvey, con tono sarcastico - giochiamo a fare l’insalata cattiva, oggi! Lo fanno in tanti, sarà bello!” Esclamò, divertito dal tentativo della rossa di risultare minacciosa: la trovava solo ridicola.
Un dolore tagliente lo sorprese, mentre lei gli graffiava a sangue la schiena, ma Harvey sibilò a malapena, solo perché colto alla sprovvista.

“Guarda che l’atteggiamento da macho non funziona con me, so bene che sotto questi muscoli e vari strati di cattiveria, nascondi un tenero cuore spezzato. - disse, con finto rammarico nella voce - Ma non si può negare che te la sia cercata, forse non lo sai, ma la gente normale, non stupra le persone che ama.”

Some day - someday -
I will walk away and say
"you fucking disappoint me."
(Un giorno - un giorno -)
(Io me ne andrò, dicendo)
("Tu sei una cazzo di delusione")

Lei gli era tornata davanti, ed a quelle parole, Harvey scattò istintivamente verso di lei, stressando le corde che lo bloccavano, come un cane da guardia legato ad un palo, mentre il ladro gli passava proprio sotto il naso. Scoprì i denti per la rabbia quando la sentì ridere.
L’Edera poi gli strinse il viso con una mano, costringendolo a guardarla in faccia, le sue unghie, laccate di rosso, gli entravano nella carne sul lato sano del suo viso.

“Voi grand’uomini, siete tutti uguali. Sfruttate chi vi ama, e prendete tutto con qualche parolina di circostanza. - sorrise, parlando in tono carezzevole, ma il suo sguardo era folle, quello che stava facendo ad Harvey, era una sua vendetta personale nei confronti di qualcun altro. Qualcuno che lei conosceva - Che parole hai usato per giustificare ciò che gli hai fatto? Hai almeno detto qualcosa? Quanto potete essere patetici voi uomini, con le vostre odiose scuse!”
Harvey continuò a reggere il suo sguardo, fingendo di poter sopportare tutto ciò, ma la verità era ben diversa, ad ogni parola l’Edera gli strappava l’anima, rammendata con tanta fatica; lo distruggeva solo col suo sorriso perfido, coi suoi occhi folli e dispettosi, lui non avrebbe mai voluto rivivere quei momenti, ma forse lo meritava, era la sua condanna. Per quello, non l’avrebbe mai pagata a sufficienza.

Maybe you're better off this way
(Forse è meglio che tu te ne vada da qui)

Ricordò che non voleva vedere i suoi occhi.
Lo aveva colpito sul viso, per farlo tacere, ma era tardi perché ormai quello sguardo già era diventato la sua condanna, gli sarebbe rimasto impresso nella mente per sempre, solo che in quel momento, ancora non voleva pensarci.
Lo costrinse a voltarsi, premendogli il viso contro il pavimento gelido, solo che quegli occhi insopportabili, ora erano nella sua testa, non li stava più guardando. Solo, ancora non se ne rendeva conto.

“Dimmi, lui ha urlato? Probabilmente sì… e tu che hai fatto, hai cercato di farlo star zitto? Oppure no, magari ti facevano sentire più uomo, le sue grida, chissà, magari per te è stato il coronamento di una fantasia, vero? No davvero, sono curiosa! Quante volte ti era capitato di fantasticare, immaginando di violentarlo, mh?”

Wake up!
- Why can't you? -
And face me!
- Come on, now! -
(Svegliati!)
(- perché non ci riesci? -)
(Ed affrontami)
(- Forza, adesso! -)

Sentirlo urlare non gli piaceva affatto, lo infuriava.
Ma quando smise fu peggio, quei gemiti strozzati dal pianto, erano ben peggiori, così si ritrovò a sollevargli il viso dal pavimento, premendogli una mano sulla bocca, mentre gli sussurrava parole, cose orrende e lascive che nessuno direbbe mai a chi ama, giusto?
Si sarebbe considerato un mostro per il resto della vita, perché qualcosa doveva esserci che non andava, dentro di lui, per spingerlo ad umiliare Jonathan in quel modo, solo che ancora non ci pensava.

Don't play dead.
- Don't play dead -
'Cause maybe
- Because maybe -
(Non fingerti morto.)
( - non fingerti morto -)
(Perché forse)
(- perché forse -)

“Come ti sei sentito, capendo di aver distrutto tutto al prezzo di un vile orgasmo? Hai tentato di aiutarlo, di renderti utile, o sei scappato via, lasciandolo a leccarsi le ferite da solo? Dovresti parlare Harvey, congetturando da sola non arriverò troppo lontano, sai?”
Lei rideva, il suo tono restava mellifluo, fintamente comprensivo, intervallato da torture fisiche che però Harvey sentiva a malapena, in confronto a ciò che stava avvenendo dentro di lui, quello non era niente, e non riusciva neppure a dire Basta. A chiederle Smettila!, perché era troppo, ma non era comunque mai abbastanza, perché tutto quello, sentiva di meritarselo.

Some day - someday -
I will walk away and say
"you fucking disappoint me."
(Un giorno - un giorno -)
(Io me ne andrò, dicendo)
("Tu sei una cazzo di delusione")

Era stata la cosa più crudele forse, costringerlo a provare piacere insieme a lui.
Fin troppo presto, ed alla fine non c’era rimasto più niente, neppure i singhiozzi, erano finite le lacrime, il vuoto malriempito dai movimenti lenti ed imprecisi di Jonathan mentre, più che i vestiti, sembrava stesse raccogliendo i pezzi della sua dignità, come fossero frammenti di vetro, dolorosi perfino da toccare, impossibili da rimettere insieme.
Lui lo aveva abbracciato, stava male dentro mentre lo stringeva, e Jonathan non si opponeva in nessun modo.

Go ahead and play dead! - Go! -
(Vai avanti, fingiti morto! - Forza! -)

“Perché stai dormendo sul divano?”
Molte ore dopo, non aveva espressione, la voce pesante di sonno mentre lo guardava, attendeva forse una risposta. Lui non sapeva cos’avrebbe dovuto dire, gli sembrava logico essere lì, piuttosto che al suo fianco, dopo ciò che aveva fatto.

I know that you can hear this! - Go! -
(Lo so che puoi sentirmi! - Forza! -)

“Ti ho aspettato un sacco. Dai, vieni a letto.”
In quegli occhi, nella sua voce, non sentì l’accusa che però gli riverberava dentro, che gli si era stampata a fuoco nella mente, ed era davvero troppo - ed anche vile, lo sapeva - sperare che quella farsa potesse andare avanti a lungo.

Why can't you turn and face me?
Why can't you turn agaisnt me?
(Perché non ti volti e mi affronti?)
(Perché non ti rivolti contro di me?)

“Siete scoppiati. Devi fartene una ragione signor Dent, soprattutto del fatto che la colpa è tua.”

"You fucking disappoint me!"
("Tu sei una cazzo di delusione!")

“Harvey, io non ce la faccio più.”

Passive-aggressive bullshit...
Passive-aggressive bullshit...
Passive-aggressive bullshit...
(Stronzate da passivo-aggressivi...)

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Capitolo 9
*** Misery loves Company. ***


Per Mhcm: Hello xD! Innanzitutto grazie come sempre per la recensione. Per quanto riguarda il triangolo tra i due clown e Nigma, è ancora tutto da vedere, anche se davvero, non è tutto oro quel che luccica e gli scontri saranno molti, quindi non so se ci sarà spazio per qualche intercourse a tre XD. Ma ripeto, non lo so ancora… nell’idea di base, era questo che succedeva, ma ecco, non ti anticipo nulla .__.! Batman xD meno rilevanza ha nella storia, e meglio è secondo me! Cioè, questa fic è tutta dedicata a loro, i villains, quindi mi limito il più possibile a questi meravigliosi personaggi è_é! Infine… ti lascio al capitolo, sperando ti piaccia e di ricevere ancora i tuoi pareri ^^! A presto, spero!

Per Boopsie: Tesoro! Eheheh, è un po’ che non ci sentiamo purtroppo… ho avuto un periodo davvero apatico, per non parlare dei problemi col piccì (non posso disporne come vorrei ç_ç), ed ancora una volta ho infranto la promessa di aggiornare presto, anche se alla fine, eccomi qua xD. Sono contenta che ti piacciano i flashback, ma soprattutto il nuovo stile che ho deciso di adottare per quanto riguarda le scene più hard xD. Mi rende felice anche il fatto che gradisci il modo in cui i clown e Nigma stanno gestendo il loro strambo rapporto “forzato”, per certi versi! Per quanto riguarda Harvey e Johnny… succederà ù_ù si troveranno faccia a faccia, alla fine! Per ora però ti lascio al capitolo, sperando che ti piaccia *_*! Grazie mille per la recensione, e… a prestoooh!

Per Ladyblack: Ciao xD! Eheh, sì, Harvey si merita davvero una punizione per ciò che ha fatto! Per non parlare del fatto che, in questa storia, è davvero un personaggio lamentoso (ma ai miei occhi, continua ad essere un gran figo ;_;)! Anche se in un mostruoso ritardo (come sempre, eh, ma i miei tempi si espandono in maniera esponenziale, quanto più tengo ad una storia. Ed a questa saga qui, tengo tantissimo). Ti ringrazio molto per il tuo commento, e ti lascio al nuovo capitolo finalmente xD! Sperando che ti piaccia, e di ricevere ancora i tuoi pareri e commenti ^^. A presto!

Per Sychophantwhore: Mia cara, eccomi qui, finalmente .__.! Sono in ritardo mostruoso, lo so! Ho avuto vari problemi col piccì, e non posso ancora disporne purtroppo, infatti è stata un'impresa postare finalmente é_è, non vedo l'ora di riaverlo in tutte le sue funzioni, in modo da poter rispondere alle tue mail e commentare i tuoi disegni (ci ho dato un'occhiata: bellissimi *o*!). Parlando di musica, sì, hai contribuito moltissimo in questa mia storia, quindi allo svolgimento di essa, visto che i miei capitoli si muovono “a tempo” con le canzoni che scelgo. Ti devo molto amica mia *_*! Ecco, i tuoi commenti mi riempiono sempre di gioia, perché davvero non è da tutti apprezzare i cambiamenti così radicali nelle storie (Da Wwtmda a questa, ne passa di acqua sotto ai ponti, e non si può certo definire romantica o sdolcinata), adoro far crescere i miei personaggi, costringendoli ad affrontare situazioni estreme e poco piacevoli, ma solo in questo modo riesco a ‘trovarli’ e soprattutto a fare in modo che trovino loro stessi, imparando a conoscersi/li. Per quanto riguarda Ivy, sì, lei non ha davvero interessi in Crane, ma è sadica come solo una donna sa essere quando si sente ferita e si sta prendendo la sua vendetta contro Woodrue, deviando i suoi sentimenti negativi su Harvey, incarnazione dell’uomo ‘che non è all’altezza’, un egoista. Comunque anche se non l’ho scritto, ovviamente Ivy avrà cercato di ipnotizzare Dent, ma lui è immune ai suoi feromoni, quindi non ho descritto il tentativo… la storia deve andare avanti ed ormai è quasi giunta alla fine! Manca pochissimo .__.! Per quanto riguarda invece Eddie ed Harl, beh, io penso che possano capirsi molto bene ma ci sono alcune differenze sostanziali che li terranno sempre separati, specie quando si arriva a parlare del clown che ora devono - loro malgrado - dividersi. Uff .__. tu auguri la morte a Dickie! La cosa mi dispiace molto, ma come già detto, è un personaggio che sa farsi piacere o odiare e basta xD! Ma amo il ruolo che ha nella storia, cioè quello di “risvegliare” Crane, che si è lasciato prendere dall’apatia e dall’autodistruzione. Sono felice che i nomignoli che si affibbiano ti piacciano *_*! Fa impazzire anche me, questo continuo stuzzicarsi, in fondo non si può pretendere che interagiscano tra loro in maniera amichevole, sono pur sempre i ‘cattivi’ e non arriveranno mai davvero ad essere amici, ci sarà sempre quella componente di convenienza, al massimo possono trovarsi bene, tutti insieme xD. Loro sì, che sanno come divertirsi! Ora ti lascio al nuovo capitolo xD! Ti ringrazio moltissimo per le tue recensioni sempre così belle, e spero che questo nuovo aggiornamento ti piaccia, davvero!

Un abbraccio,
XxX.SilverLexxy.XxX


Prima di iniziare! Voglio fare i più sentiti ringraziamenti a due persone: una è come sempre la mia Pucia, rinnie, dolce presenza che si è tanto prodigata nell’aiutarmi, betando i miei capitoli. La seconda, è Sychophantwhore, anche lei elemento profondo in questa stesura, visto che ha provveduto a farmi conoscere alcune delle canzoni che delineano i miei capitoli.
La storia non sarebbe stata la stessa, altrimenti *__*! Ragazze mie, grazie infinite!


PRETEND THE WORLD HAS ENDED:

Capitolo 8: Misery loves company.

Intro.

Dick Grayson era un ragazzo fatto così. Quelle parole erano diventate l’unica spiegazione plausibile a molti dei suoi comportamenti, di sicuro la più abusata perché ogni qualvolta ne combinava una delle sue - lui era nervoso, carismatico ed affascinante, certo, ma anche stronzo, spaccone e logorroico - tutti quelli che lo conoscevano, i suoi compagni specialmente (erano praticamente uguali a lui in fin dei conti, potevano lasciarsi tranquillamente rappresentare da un tipo simile), lo giustificavano, liquidando ogni faccenda con un Ma lui è Dick! È fatto così. e si facevano qualche risata, o tentavano di farlo fuori, ma sempre come piaceva a loro, in maniera amichevole.
Tra le decine di aggettivi che si potevano usare per descriverlo, poi, figurava anche avventato: faceva tutto senza pensarci troppo su e ciò lo rendeva aperto ma lo costringeva anche a pentirsi di molte cose (d’altronde lui si pentiva sempre di tutto, anche delle buone azioni).
A Dick piaceva far parlare di sé e si ostinava, sempre, a voler per forza piacere a tutti, forse perché non gli andava di essere uno dei tanti volti che si dimenticano facilmente o, forse, era il modo inconscio con cui compensava tutti quegli anni trascorsi nell’ombra di Bruce, mai degno di quel minimo di attenzione da parte sua che, probabilmente, avrebbe fatto la differenza, quella sostanziale, che lo avrebbe reso meno… fatto così.

It's not the time.
It's not the place.
(Non è il momento giusto)
(Non è il luogo giusto)

A Nightwing - che comunque non era affatto come Batman, non considerava se stesso ed il suo eroico alter ego divisi in due - non piacevano neppure le ronde: lui non era un vigilante nel senso più stretto del termine. Raramente gli saltava in testa di perlustrare Bludhaven in cerca di malfattori da far sbattere in prigione o crimini da fermare.
Ciò non significava, comunque, che amasse starsene con le mani in mano, se c’era qualcosa che, nella sua ottica, non andava o che non riusciva a capire, questa riusciva a trascinarlo fuori di casa, fin sui tetti della sua isola satellite, per seguire nell’aria una scia di ghiaccio e sostanze venefiche fino al quartier generale di Freeze, scrutandolo poi attraverso le fronde di un grosso albero secolare totalmente fuori posto in una metropoli come quella.
Non c’era granché da studiare di quell’edificio, specie considerando che le forze del Signore del Ghiaccio erano ridotte all’osso dopo la loro ultima disavventura con Joker, quindi non gli restava altro da fare che beh, scegliersi una finestra ed entrare, per raggiungere il suo obiettivo (uno non troppo definito, decisamente strampalato, probabilmente dannoso, ma obiettivo, ciò non di meno).

**

I'm just another,
pretty face.
(Sono solo un altro)
(bel faccino)

Il maledetto roditore si ostinava a non morire; l’animale infatti continuava a sbattere contro le pareti trasparenti della sua vaschetta ed annusare l’aria ma, oltre quello, nulla di nulla. Secondo i suoi calcoli - lo aveva capito, evidentemente errati - a quel punto il topo avrebbe dovuto starsi strappando le zampe a morsi, perdio, tirare le cuoia!
Ma una delle equazioni chimiche - nonostante non facesse che ricontrollarle, sempre - doveva essere sbagliata, perché il suo gas sembrava aver perso almeno il settanta percento della sua efficacia; Jonathan si sentiva talmente apatico quel giorno che non avrebbe saputo neppure dire esattamente quanto tempo aveva passato a guardare il suo topo da laboratorio, il mento poggiato sulle braccia incrociate, il viso quasi appiccicato alla gabbia, ad osservare i leggeri sobbalzi impauriti della sua piccola cavia.
Crane stranamente non riusciva proprio a sentirsi Dio quel giorno, forse per la presenza del suo ex ai piani inferiori, che lui ancora non aveva avuto il coraggio di visitare; non poteva permettersi di perdere troppo tempo, aveva bisogno di migliorare il suo gas, ed in fretta anche.
Si costrinse a tirarsi in piedi e tornare alla lavagna magnetica, per ricontrollare le sue formule ma, quanto tese la mano per prendere il pennarello, qualcosa andò storto perché non riuscì ad impugnarlo; solo alla fine si accorse di essere stato afferrato e trascinato di peso più indietro.

So don't come any closer.
(Quindi non avvicinarti nemmeno)

Qualche attimo più tardi si ricordò di poter - forse dovere, per il suo bene - gridare, ma si accorse anche della presenza di una mano a coprirgli la bocca, così non ci provò neppure, forse perché stava succedendo tutto così in fretta, forse solo a causa dell’apatia di cui sopra.
La prima spiegazione che gli venne in mente fu che doveva trattarsi di Harvey, solo dopo notò che la persona alle sue spalle indossava i guanti, allora pensò a Joker ma non era plausibile e poi lo sentiva che quella presa, tutto quanto, non apparteneva a loro; alla fine la voce che gli giunse, bassa, all’orecchio, gliene diede la prova.

“Sono io, non ti agitare!”

Crane alzò gli occhi al cielo. Non si stava agitando affatto a dire il vero, ed ora che ci pensava un simile comportamento - entrare spudoratamente nella base di Freeze, assalirlo di sorpresa e pretendere anche che lui non si agitasse - non poteva appartenere che a Nightwing. Solo lui poteva pensare fosse normale un atteggiamento del genere.
Fece per liberarsi dalla sua presa, senza particolare convinzione e si meravigliò quando il ragazzo invece, non lo lasciò andare e anzi, lo strinse ancor più. Tutto ciò lo irritava a non finire.

“Prima, assicurami che non griderai.”

L’ex psichiatra annuì ma la presa ancora non si sciolse, sentì una mano del ragazzo scivolargli fino al petto, e poi scendere, percorrendolo fino alla vita e questo sì, lo lasciò davvero senza parole. Scattò istintivamente nella sua presa, come per sottrarsi, ma fu inutile.

“Questo però, lo prendo io.”

You're not the first - you're not the last!
(Non sei il primo - non sei l'ultimo!)

Lo sentì dire ancora, e finalmente, all’improvviso, si sentì lasciar andare e quando si voltò a guardarlo, lo vide gettare da qualche parte nella stanza, il contenitore di gas terrorizzante che teneva attaccato alla cintura. S’inferocì istantaneamente: non solo quel ragazzino piombava nel suo laboratorio, spaventandolo a morte, ma si permetteva addirittura di sottrargli la sua unica arma, prendendolo in giro con un trucco così vile.
Sentiva di odiare tutto in questo vigilante, quel ghigno spocchioso, il modo casuale con cui invadeva lo spazio personale altrui, tutto. Ma decise, comunque, di non perdere la calma, ne attirare pericolose - per Nightwing sicuramente - attenzioni, almeno per il momento. Era curioso di sapere cosa avesse spinto il vigilante ad arrivare fin lì.

“Ci hai trovati. Come hai fatto?”
“Ho seguito l’odore di acidi. Qui sembra una classe di chimica.”
“Se ti da così fastidio, puoi andartene.” Suggerì Crane con un sorriso, la voce falsamente carezzevole.
“Mai detto che mi da fastidio.”

Restarono per un po' uno di fronte l'altro e, nonostante il suo viso fosse rimasto inespressivo, negli occhi dell'ex psichiatra si poteva leggere chiaramente la furia che provava; intanto, il ragazzo non diceva nulla, voleva qualcosa? Doveva parlare? Cosa si aspettava che dicesse?

“Insomma, che vuoi?!” Scattò alla fine, non reggendo più quella situazione fastidiosa.
“Che dovrei volere?!”

How many more? - Don't even ask!
(Quanti ancora? - Non chiederlo neppure!)

La risposta del ragazzo gli fece, come si dice, cadere le braccia, ed era sempre più difficile non scaldarsi, visto che tentare di ragionare col vigilante - così istintivo, diverso da lui - sarebbe stato inutile e dannoso per la sua logica, ma tentò ugualmente.

“Non puoi aver fatto un’entrata simile senza avere uno scopo! Perché diavolo sei venuto qui?!”
“Ah, beh, è solo che te ne vai piuttosto in fretta, no? Nel senso, di solito si consuma, prima di scappare.”
“Avrei dovuto ucciderti quando potevo.” Disse solo l’ex psichiatra, visibilmente imbarazzato e furibondo.
“Ma non lo hai fatto! - ghignò il vigilante, avvicinandosi di qualche passo con aria baldanzosa - e questo mi fa pensare… checché tu ne dica, abbiamo qualcosa in sospeso, noi due.” Crane non indietreggiò, nonostante l’altro fosse ormai vicinissimo a violare - per l’ennesima volta - il suo spazio personale, e non rispose neppure.
“Dovresti ammetterlo che ti piaccio, non faresti prima?” Domandò ancora Nightwing, e Spaventapasseri iniziò a pensare che, non appena avesse rimesso le mani sul suo gas, il ragazzino in maschera di Carnevale avrebbe incontrato una fine violenta e spaventosa.
Per il momento decise di fare buon viso a cattivo gioco e costrinse la sua espressione a restare neutrale, addirittura mostrando una parvenza di sorriso.

You're one more dead composer.
(Sei un altro compositore morto)

“Non ti piace passare inosservato, eh? Se sei in cerca di complimenti, per me, puoi anche andartene.”

**

Dopo quella frase Dick perse, suo malgrado, parecchia della sua spocchia, lasciando posto alla confusione: a lui l’attenzione piaceva, certo, e tanto, se così non fosse probabilmente non avrebbe combinato la metà dei macelli della sua vita, ma non credeva fosse quello il succo della questione, no? Cosa c’entrava? Crane si era comportato davvero male con lui, insomma, a tutti avrebbe dato fastidio venire usati - ma visto come era andata a finire, non era certo neppure si potesse dire così - e poi scaricati con una spruzzata di gas nocivi.
E poi, andando ad esplorare bene quel suo in cerca di complimenti, scoprì che alle sue orecchie suonava come una grossa, palese bugia: i suoi amici glielo ripetevano spesso, che attirare l’attenzione di chiunque sembrava essere il suo passatempo migliore, Dick trovava di fondamentale importanza che nessuno potesse parlargli senza poi pensare di amarlo o di odiarlo.
Ma no, non era assolutamente in cerca di complimenti.

“Non è vero! - si ribellò, forse con tono un po’ infantile - Dimmelo tu, allora, perché non mi hai ammazzato.”
“Io non devo spiegare nulla a nessuno.”

Do I need you? - Yes and no!
(Ho bisogno di te? - Sì e no)

Ribatté Crane e, forse, Dick si era avvicinato troppo senza accorgersene perché si sentì colpire forte da una sberla e Dio solo sapeva dove se l’era meritata! Non stava facendo proprio nulla di male, lui! Quello schiaffo era totalmente immotivato ed, ecco, a chi piacerebbe oltretutto farsi menare per sport?
Gli passò perfino in testa - solo per un secondo - l’idea di contraccambiare il favore, ma alla fine gli catturò il viso con le mani e premette le labbra contro quelle di Spaventapasseri mentre avanzava, costringendo così l’ex psichiatra ad indietreggiare fino ad appoggiarsi alla scrivania alle sue spalle, per non cadere.
Nightwing gli intrappolò i polsi lì dov’erano, sulla superficie di quel mobile, effettivamente impedendogli di schiaffeggiarlo di nuovo, anche volendo, e si separò dal suo viso fissando per un po’ l’espressione basita di Crane.

Do I want you? - Maybe so!
(Ti voglio? - Forse di sì)

“Te la sei cercata tu.” Disse, come se si trattasse di un dato di fatto, come se fosse ovvio.
“Sei un ragazzino, - iniziò Jonathan, lentamente, fissandolo negli occhi come per valutare la reazione dell’altro ad ogni sua parola - chi ti credi di essere per comportarti così con me?”
“E tu, che mi gasi, mi prendi in giro, mi picchi e mi dai del ragazzino, per giunta? Direi che siamo pari, almeno.”
“Che cosa vuoi?” Domandò per l’ennesima volta, negli occhi un’espressione diversa da tutte quelle che Dick gli aveva mai visto in faccia prima.
“Te, credo. Un incontro normale, una volta tanto. Uno che finisca senza te che cerchi di fregarmi in qualche modo.”
“Cosa ti fa pensare che vorrei perdere tempo con uno che se ne va in giro come un idiota, con una mascherina da scambista in faccia?”
“Eh? - Chiese, stralunato, ed alzò la voce di qualche tono, irritatissimo da quella risposta - Non dirmi che è questo il problema! Ma insomma, tanto se dobbiamo fare sesso me la leverei comunque, no, tu che dici?!” Quasi gli urlò in faccia, meravigliato oltre ogni limite.
“Ma tu sei pazzo!” Esplose Crane, infuriato per qualche motivo che Dick non comprese.
“Perché dici questo! Proprio tu, poi!”
“Proprio io cosa?! Ma ti rendi conto di essere venuto qui dando per scontato che avresti fatto sesso con me?!”
“E cosa c’è di male?!”

You're getting warm! You're getting warm!
(Ti stai scaldando, ti stai scaldando)

Vide Jonathan sospirare ed alzare gli occhi al cielo, esasperato, e sospettava che l’irritazione lo avrebbe presto portato sull’orlo delle lacrime; all’improvviso, però, il viso dell’ex psichiatra si avvicinò al suo, per incontrare le sue labbra in un bacio inaspettato, diverso da tutti gli altri che si erano scambiati in precedenza, privo di quell’urgenza, della fretta, della voglia intrinseca di fargli del male - a Dick.
Allora Nightwing gli lasciò andare i polsi, spostando una mano sulla parte più bassa della schiena di Crane, attirandolo a sé e partecipando al bacio, prendendone il controllo e mettendoci la passione dello stupore, ma quello piacevole, anche se non ci stava davvero capendo più nulla.
Sentì una mano dell’ex psichiatra salire a carezzargli una guancia, proprio quella che gli aveva colpito appena un minuto prima e si staccò da lui.

You're getting warmer- oh!
(Ti stai scaldando sempre più - oh!)

“Continuo a non capirti.” Disse, ma l’altro sorrise in modo quasi furbo.
“E cosa c’è di male?” Rispose, ripetendo le parole dette da lui poco prima; il viso di Dick si aprì in un ghigno, e tornò a baciare quelle labbra, così piene e morbide, sotto le sue.

**

Harley conosceva bene il suo Puddin’. Anche se non era molto tempo che lui l’aveva elevata a nuova vita e scelta come sua compagna, rivelandole la sua vera natura, come se avesse alzato un velo dalla sua vecchia, rigida, costruita personalità; lei poteva dire davvero di conoscerlo come nessun altro.
Quel giorno Mister J era strano, lo vedeva da lontano un miglio: se ne stava seduto al tavolo della cucina di Harvey, perso in chissà quali pensieri e non era da lui o, almeno, così lei pensava; aveva provato a parlargli, per riscuoterlo da quello stato, ma ottenne solo molte occhiatacce e commenti scettici che la ferirono molto - così, alla fine, si decise a lasciarlo solo.
Senza neppure rendersene davvero conto, era andata a cercare rifugio nell’antro di Edward, ovvero quello che una volta era il soggiorno di Duefacce e che, ora, l’autoproclamato Re degli enigmi aveva affollato di potenti macchinari e computer, stabilendo quindi lì la sua postazione.
Gli uomini di Harvey erano evidentemente poco contenti della permanenza dei due supercriminali nella casa del loro boss, visto che l’Enigmista e Joker sapevano farsi obbedire e li sfruttavano come schiavi, facendosi portare le loro cose, o mandandoli a svolgere commissioni - nel caso del clown - a volte molto strane.
Nigma, comunque, pareva visibilmente più calmo e rilassato ora che nuovamente si era circondato dalle sue cose, e con facilità era anche riuscito a penetrare il sistema di telecamere di sicurezza nel quartier generale di Freeze, obiettivo che fino al giorno precedente, quando poteva disporre solo del banalissimo computer di Harvey, lo stava mandando in bestia, facendolo oscillare tra momenti di furore puro, apatia e megalomania galoppante.

Did you plan this all along?
(Avevi questo in mente per tutto il tempo?)

“Si riprenderà presto?” Chiese l’Arlecchina alla schiena di Edward, che però non rispose nulla.
“Sì, insomma, è da ieri che è chiuso in cucina! Non riesco nemmeno a parlargli, ed è strano!”
“Non lo è. - chiarificò, laconico - Sta solo elaborando qualche piano.”
“Per distruggere Freeze?” Chiese, portando i piedi sul divano ed abbracciandosi le ginocchia al petto.

Di nuovo l’Enigmista non disse nulla, lei attese qualche attimo nella speranza che stesse solo pensando a cosa risponderle ma, dopo un po’, fu chiaro che l’uomo non aveva nessuna intenzione di parlare con lei. Non capiva perché.
Aveva forse fatto qualcosa di male senza accorgersene, visto che nessuno dei due compagni sembrava molto propenso a parlare con lei? Non le sembrava; le era anche venuto in mente che, forse, era il loro modo di tagliarla fuori, visto che ora loro si erano riuniti, ma anche questo, a conti fatti e mente lucida, era impossibile: Nigma ed il suo Puddin’ raramente parlavano anche tra loro.
Harley aggrottò le sopracciglia, si sentiva insultata e si stava seriamente arrabbiando. Quando parlò ancora, il suo tono vibrava di una profonda irritazione.

“Insomma! Mi volete spiegare perché vi state comportando così?!” Si alzò dal divano per andare a sistemarsi prepotentemente su una sedia al fianco a quella di Nigma, che alzò gli occhi al cielo sbuffando, prima di guardarla seriamente.

Did you care if this was wrong?
Who's getting warmer now that I'm gone?
(Ti importava se fosse sbagliato?)
(Chi si scalderà, ora che non ci sono più?)

“Nessuno ce l’ha con te! Perché tutto dovrebbe girarti intorno?! Dici di essere intelligente, se ci pensi bene, capirai in che tipo di situazione siamo.”
“Cosa dovrei capire, scusa?! Dovevamo liberare Harvey, giusto?”
“Davvero. La domanda è, tu vuoi liberarlo?”
“Che domande! Certo, no? Per far fuori Freeze!”
“E perché vorresti ammazzare Freeze?” Chiese ancora, esasperato ma calmo.
“Perché… è quello che volevamo dall’inizio, no?”
“Chi lo voleva?”
“Insomma! Vuoi smetterla di parlare per enigmi?!”

Esplose l’Arlecchina, sbattendo la mano aperta sulla scrivania e facendo così tremare lo schermo sottile del computer, che prese ad ondeggiare avanti ed indietro; Nigma allungò un braccio stancamente, fermandolo con una mano, poi tornò a guardarla con aria scettica.
Harley sentiva di essersi persa qualche passaggio, e sentiva anche di odiare quel sacco di boria per come la stava trattando, parlandole come si potrebbe fare con una bambina, che faticava a star dietro ai concetti troppo complicati per lei… restò in silenzio, in attesa, fissando Edward con un’espressione truce, finché non parlò.

Misery loves company, and company loves more,
more loves everybody else.
(Misery ama la compagnia, e la compagnia ama di più)
(Di più ama tutti gli altri)

“Joker non è assolutamente il tipo che si mischierebbe nella battaglia di qualcun altro, se non avesse qualche interesse personale in mezzo. Il suo interesse era vendicarsi di Ivy, cosa che a quel che mi hai raccontato, ha già fatto.”

“Il punto?” chiese ancora la donna, stavolta con aria vagamente sconsolata.
“Potrei essere più diretto. È quello che vuoi?”
“Magari!” Rispose immediatamente con aria sarcastica e vide Nigma sbuffare ancora una volta, portando due dita alla radice del naso, come se avesse un principio di emicrania.

“Perché devi per forza essere così… Joker? - mormorò, facendola sorridere. Non era la prima volta che gli diceva una cosa simile e, per lei, quello era davvero un gran bel complimento anche se, in questa occasione, per Edward non lo era - Far fuori Freeze, ora come ora, sarebbe facile come bere un bicchier d’acqua per noi. Non ha più uomini, mentre noi disponiamo di tutti gli scagnozzi di Duefacce, che non vedono l’ora di riprendersi il loro capo! Potremmo tirarlo giù anche adesso, se lo volessimo. Ma la domanda è… tu lo vuoi?”

But Hell is others.
(Ma gli altri sono l'Inferno)

“Perché non dovrei volerlo?”
“Perché penso che il tuo Puddin’ non lo voglia proprio.”

Era stato chiaro stavolta. Fin troppo. Addirittura, la sua frase non era stata formulata in modo interrogativo e questo le faceva supporre il peggio: perché Mister J si trovava ancora lì, se non aveva nessuna intenzione di liberare Duefacce e, soprattutto, a cosa pensava chiuso in cucina, da ore? L’unica volta che Edward aveva parlato senza peli sulla lingua era stata quella buona per riempirla di interrogativi e dubbi, e un po’ sentiva di detestarlo per questo.

“Ma allora, cosa…?”
“Io credo - la interruppe, bruscamente - che il modo migliore di avere a che fare con Joker senza crisi di coscienza, sempre a patto di possederne una, sia non sapere.”
“Tu lo sai, cosa ha intenzione di fare?”

Domandò, confusa, perché in fondo tutto quel discorso le risultava ancora enigmatico, c’era qualcosa che suo malgrado non riusciva a capire o peggio, qualcosa che non sapeva, ed anche se non sarebbe stata di certo la prima volta che il suo Puddin’ le nascondeva qualcosa, ciò l’avrebbe fatta star male; perché lui doveva saperlo per forza, che poteva dirle tutto, che lei gli sarebbe rimasta vicino sempre e comunque.
O forse non parlava con lei per qualche altro motivo? Non la reputava abbastanza intelligente, o utile, o non la vedeva come una parte integrante della sua vita? O magari Mister J era solo un individualista? Ma lei non voleva fosse così, non poteva sopportare che il suo compagno non sentisse il bisogno di metterla a parte di cose per lui importanti!
Ed intanto, l’Enigmista non aveva risposto alla sua domanda ma quel silenzio, per lei, spiegava più di quanto potessero fare mille parole.

I'm not for you - you're not for me.
(Io non sono fatta per te - tu non sei fatto per me)

“Ma allora è questo che stai facendo! - esclamò, colta da illuminazione - Tu sai tutto e vuoi fermarlo, non è così?!”

“Sta zitta! - esplose l’uomo, all’improvviso, voltandosi verso di lei con un’espressione dura e terrificante nella sua rabbia gelida, e sebbene lo avesse già visto innervosito, quella era una faccia che lei non gli aveva mai visto fare prima d’ora. - Quello che non capisco è perché ti ostini a ficcare il naso, quando evidentemente si tratta di cose che non ti porterebbero che male! Il modo in cui hai scelto di amare Joker è diverso dal mio, forse perché ancora non lo conosci abbastanza, o perché semplicemente sei scema… ma stando in questo modo le cose, non sperare di ricavare niente da me!”

“Cosa dovrei volere da te, sentiamo!” Si scaldò lei, non potendo credere alle sue orecchie.
“Oh, andiamo! È da quando hai iniziato a parlarmi che lo fai solo per colmare le tue lacune su Mistah J, ma davvero non credo che ti farebbe piacere conoscerlo attraverso i miei occhi! Quindi, per favore, smettila di provarci!”
“Perché tu non hai più fiducia in lui, giusto? - domandò Harley a brucia pelo, e lo vide ammutolire - Io non so come eri prima, ma lo vedo bene che, anche se lo ami, lui non ti piace.”

I'll kill you first! - You wait and see.
(Ti ammazzerò per prima! - Aspetta e vedrai)

Per quanto quella frase potesse suonare in qualche modo insensata, Edward sapeva che la donna aveva ragione. Amava ancora Joker, a questo non era ancora capace di ribellarsi, ma in modo certamente differente da prima: lo amava come avrebbe potuto fare con un dolce ricordo sfumato nella speranza che, un giorno, le cose sarebbero potute andate diversamente, magari tornare come erano all’inizio, e lui avrebbe potuto riscoprire quel sentimento che tanto lo aveva riempito di gioia.
Tra lui ed il clown era passata moltissima acqua sotto i ponti, perché Nigma potesse sentirsi sicuro del compagno come una volta - troppo tempo prima - perché potesse affermare con sicurezza che quello era la persona con cui avrebbe voluto condividere il resto della sua vita, e non solo per via di Batman, o di Spaventapasseri, o di Harley - che già sarebbero state questioni sufficienti - ma proprio per il suo modo di essere.
Joker sapeva amare come nessun altro, anche se in quel suo modo marcio e malato, e questa era una di quelle cose che avrebbe voluto essere il solo a conoscere; Batman lo aveva imparato a sue spese, mentre quell’Arlecchina, ovviamente, ancora doveva capirlo e per il momento non ne sapeva la metà per potersi permettere di giudicare lui, Nigma, come aveva sempre fatto, dall’inizio.
Ma Edward sentiva di non volerla deludere, né ferire, e parlarle male del suo uomo non avrebbe arrecato nessun bene a nessuno di loro. Doveva tacere, era l’unica cosa da fare e gli sarebbe piaciuto se anche Harley avesse potuto capirlo… non le mancavano certo le capacità per farlo, e quella era la parte peggiore.

You, devil undercover!
(Tu, diavolo sotto copertura)

“Io spero solo che questa tua passione cieca duri per sempre. Pur di difenderlo passeresti su tutto, anche la logica, che è una cosa ridicola. Sarebbe durissimo cadere dalle nuvole, per te.”

**

A Jonathan Crane non piaceva affatto dire la sua età ad alta voce, si limitava a specificare che non aveva ancora raggiunto i quaranta e che, anzi, se ne sentiva ancora molto lontano, ma - dopo una serata come quella appena trascorsa - un po’ si sentiva vecchio; si era infine lasciato andare, alquanto fisicamente, con Nightwing - certe cose, lui non le aveva mai fatte neppure da ragazzo - abbandonandosi alle voglie ed ai capricci di un ragazzino mascherato che, secondo lui, somigliava più ad un moccioso a Carnevale, che ad un eroe.
Ad un certo punto della nottata, si erano mossi dal laboratorio fino all’adiacente camera da letto di Crane, seminando una scia di vestiti sul pavimento della stanza, disordine di cui Crane si pentì quando, subito dopo l’amplesso, aveva desiderato recuperarli il più velocemente possibile.
Ma la sua volontà non contava poi molto, visto che Richard - ora lo sapeva, come si chiamava - aveva stoicamente resistito ai suoi tentativi di liberarsi, ridendone addirittura e guadagnandosi il posto che ora occupava felicemente, tenendolo immobilizzato sotto di sé mentre continuava a tormentarlo con baci e piccoli morsi ovunque volesse, prendendo obiettivamente possesso di Jonathan Crane, come se si trattasse di un isolotto su cui avesse apposto la sua bandierina.

You're not a price. You're not a friend.
(Non sei un principe. Non sei un amico)

Ma, in fin dei conti, Spaventapasseri non sembrò farci troppo caso - dopo i primi minuti passati a scalciare furiosamente - pensando che, in fondo, il ragazzo si era guadagnato quel posto, perché Richard a letto era come non lo avrebbe mai immaginato: talmente passionale da travolgerlo, eppure allo stesso tempo dolce, ma soprattutto determinato.
Ben presto, infatti, il vigilante si era reso conto di quanto fosse difficile fargli provare piacere, dando però prova, oltre che di possedere una gran quantità di stamina, di quanto ardore sentisse, senza mai perdersi d’animo si era dato da fare, dando fondo ad un’esperienza che Crane, quasi si vergognò di notare, era di gran lunga superiore alla sua.
Con Harvey era diverso, con lui a volte, per frustrazione, decidevano di gettare la spugna mentre Richard no, forse perché l’aveva presa molto come una specie di sfida personale.
Suo malgrado Crane si ritrovava a pensare che gli piaceva trascorrere del tempo col giovane vigilante, per come lo faceva sentire: non si trattava né di amore, come quello di Harvey, né di qualcosa di lascivo e squallido, che avrebbe detestato, no, con lui si sentiva a suo agio e… carino. Una sensazione che non conosceva affatto, prima d‘allora.
Poi però, iniziava a pensare alla sua età, a tutte le prove d’immaturità che aveva dato, al suo carattere avventato e contraddittorio, ed il discorso cambiava, lo rendeva nervoso e gli dava sensazioni strane e non di certo in bene.

You're just a child! And in the end...
(Sei solo un bambino! Ed alla fine)

“Dì un po’, ma non dovresti studiare, tu?”

Chiese, con una specie di rimprovero sospettoso nella voce e sentì il ragazzo immobilizzarsi per un attimo, smettendo di mordicchiargli il collo per sollevare la testa lentamente, fino a guardarlo in faccia con aria truce e scettica.

“Quanti anni pensi che abbia, scusa?”
“Ma non lo voglio sapere!”
“Ma come no!” Scattò l’altro, ora basito.
“Alla tua età, qualunque sia, io stavo già dormendo a quest’ora per alzarmi presto e studiare!”
“Oh. - esclamò, per nulla colpito - Eri un bel secchioncello disadattato, eh?”
“Mi sono laureato in medicina con due anni di anticipo e sono stato il direttore di Arkham più giovane della storia. Tu che puoi dire, di te?”
“Che mi sono fatto il direttore di Arkham più giovane della storia?” Ghignò Dick, stringendogli le mani attorno ai fianchi e trascinandolo più giù lungo il materasso, per guardarlo negli occhi.
“Oh! Meglio che rida adesso, o potresti restarci male.”
“Intanto, sei finito a letto con un ragazzino. Paura?” Lo schernì alla fine, guadagnandosi una mano sulla faccia, che lo allontanò con gesto seccato.
“Posso sapere che ci fai ancora qui?”
“Aspetto.” Annuì il ragazzo, convintissimo solo lui sapeva di cosa.
“Aspetti che?”
“Il secondo round.”

Il ghigno che si aprì poi sul viso del giovane vigilante, quasi fece ridere Spaventapasseri, che però si trattenne e con espressione addolorata, sollevò una mano fino a carezzargli i capelli, ed una guancia in gesto consolatorio.

You're one more selfish lover.
(Sei un altro amante egoista)

“Oh! Ma il secondo round, vedi, è un po’ come la prima camicia che ti regalò tua madre.”
“Me lo scordo?” Azzardò Nightwing, con espressione confusa.
“O se preferisci, come l’uomo nero che avevi sotto il letto. Solo un’invenzione della tua mente.”
“Come la cicogna che ti ha fottuto il cervello, ho capito. No, davvero, da quando ti conosco mi dai del ragazzino, ma ora sono io che temo di averti rubato l’innocenza!”
“Per l’ennesima volta Richard, puoi rigirarla come vuoi, ma non ti dirò quante esperienze ho avuto.”
“Quanto ti odio, quando mi chiami Richard.”
“Quello è il tuo nome, Richard.”

**

Do I need you? - Yes and no!
Do I want you? - Maybe so!
(Ho bisogno di te? - Sì e no)
(Ti voglio? - Forse sì)

Sentirsi chiamare col suo nome intero lo aveva sempre irritato oltremodo, a prescindere da chi lo pronunciasse, perché - semplicemente - lui era Dick, era quello fatto così. E gli piaceva troppo come suonava tutto questo, per potervi rinunciare.
Ma, a parte quello, gli piaceva stare lì, con niente meno che lo Spaventapasseri, e checché ne pensassero gli altri - intesi come chiunque - non lo trovava affatto terrorizzante, ma il bello era proprio quello, che Jonathan sembrava essere un po’ come un cofanetto chiuso: non immagineresti mai nulla di ciò che racchiude al suo interno, finché non riesci ad aprirlo - cosa non da tutti - e lui c’era riuscito! Per il momento almeno, come sorpresa, lo trovava piacevole.
Pensava che Crane fosse dolce a modo suo, con quel pessimo carattere mal sostenuto dalle sue scarse doti fisiche, e lo trovava divertente col suo sarcasmo che, su Dick, andava del tutto sprecato, visto che lui non era uno che si poteva offendere facilmente a parole; il fatto poi, che l’ex psichiatra fosse anche attraente non guastava, ma come detto anche prima, la cosa che davvero gli piaceva, era l’esclusività che poteva dare.
Spaventapasseri non era certo qualcuno che si poteva conquistare facilmente, o con cui di solito, ci si permettava di scherzare come stava facendo lui, e queste cose lo facevano sentire davvero bene.
Non sapeva quanto sarebbe durata, forse solo fino a quando non sarebbe andato via quella notte, oppure di più, ma in quel momento, nessuna delle opzioni gli dispiaceva, era contento di esserci, e basta.

You're getting warm! You're getting warm!
You're getting warmer - oh!
(Ti stai scaldando, ti stai scaldando)
(Stai dicentando più caldo - oh)

“Senti, io non è che ti aspetterò, ma perché non vieni a trovarmi, domani?”
“Ma che razza di invito sarebbe, il tuo?”
“Oh. - Rispose Dick, sinceramente colpito per qualcosa - Pensavo mi avresti risposto che una tua visita è un po’ come le arance in Luglio, per quanto puoi volerne, non ci sono.”

Spaventapasseri non poté farci niente, scoppiò a ridere senza che riuscisse a trattenersi, o tanto meno fermarsi, ed il vigilante lasciò che un nuovo ghigno soddisfatto si aprisse sul suo viso, contento di essere riuscito a distruggere quella maschera di freddezza post orgasmo che Crane aveva messo su senza apparente motivo, almeno ai suoi occhi.
Non se ne accorgevano, ma entrambi, avevano già dato via all’abbozzo di una meccanica di rapporto che non riuscivano a non trovare adorabile.

Did you plan this all along? Did you care if it was wrong?
Who's getting warmer now, that I'm gone?
(Era questo che avevi in mente tutto il tempo? T'importava che fosse sbagliato?)
(Chi si scalderà, ora che non ci sono più?)

“Non verrò mai a casa tua.”
“Possiamo anche solo guardare la tivù.”

Rispose impudentemente, guadagnandosi un pugno, forte, all’altezza della spalla che servì solo a farlo sorridere di nuovo, in un ghigno soddisfatto.

**

Misery loves company, and company loves more,
(Misery ama la compagnia, e la comagnia a ma di più)


Harvey Dent era molto affezionato ai ricordi della sua storia con Crane, ma in quel momento, intrappolato ad una sedia, realizzò non per la prima volta, quanto il loro rapporto fosse sempre stato deviato, specialmente quando le prime rabbie, le gelosie, i litigi ed i silenzi erano cominciati; e c’era stata quella strana prima volta, quando il suo vecchio braccio destro era misteriosamente scomparso dalla circolazione dopo aver osato - evidentemente credendosi discreto - durante una festa cui tutti avevano bevuto un po‘ troppo, invitare Spaventapasseri a seguirlo in una stanza vuota.
Nessuno ne parlava, nessuno aveva mai provato a cercarlo, ma tra lui e Jonathan per qualche tempo, ogni cosa restò in sospeso: i litigi cessarono di botto, il suo compagno sembrava misteriosamente estasiato, il suo sguardo era innamorato come mai lo aveva visto mentre, in mille modi - specialmente a letto - regalava ad Harvey momenti indimenticabili, dimostrandogli quanto fosse felice, ed orgoglioso, di avere a fianco un uomo come lui.

Un uomo che non ci pesava due volte neppure ad uccidere, per lui.
L’ennesimo, personale, malato modo con cui si dicevano ti amo.

More loves everybody else.
(Di più ama tutti gli altri)

Fu quella, la molla che diede il via ad una nuova, perversa meccanica tra loro: quando l’atmosfera si faceva troppo pesante, Duefacce trovava sempre qualcuno - una spia, un traditore, o anche un povero Cristo qualunque - da torturare sotto gli occhi dell’ex psichiatra.
Questo non mancava mai di risvegliare in lui la passione spingendolo, seppure con l’inganno, a passare sopra qualsiasi litigio avessero avuto, ed ovviamente, la consapevolezza che questa cosa fosse marcia come poche, non era abbastanza, paragonata alla felicità che gli dava Jonathan nei giorni immediatamente successivi, ed ovviamente, la sua moneta aveva preso in un modo o nell‘altro, a prendere la decisione giusta, quella che più piaceva ad Harvey Dent.
Ad ogni problema anche minimo, Duefacce non aveva fatto altro che cercare scorciatoie, trucchi, nascondendo sempre tutto sotto il tappeto pur di non rendersi conto che c’erano dei problemi.
Lui quelli, non li voleva vedere: il solo pensiero che qualcosa potesse non funzionare tra lui e Jonathan, che forse, non erano così fatti l’uno per l’altro come pensava, avrebbe significato che prima o poi, sarebbe arrivato il momento in cui non avrebbe più potuto tenerlo con sé.

But Hell is others.
(Ma l'inferno è "gli altri")

Benché avesse superato da tempo la morte di Rachel, il terrore di perdere anche Crane, di vederlo andare via, o che gli venisse strappato come già era successo, lo terrorizzava; non avrebbe mai voluto provare di nuovo una sofferenza simile, quindi rifiutava tutto, diventando geloso, ossessivo e violento.
Ma questo non significava certo che le colpe fossero tutte sue: Jonathan era ingannevole, amava raggirare la gente e dentro di sé, covava più complessi di quanti Harvey avesse mai immaginato di trovare in una sola persona,il che rendeva Crane una persona davvero difficile con cui avere a che fare, nonostante tutto l’amore che si potesse nutrire nei suoi riguardi.
Certo, il colpo di grazia al loro rapporto lo aveva dato lui - come Ivy gli aveva deliziosamente fatto notare - ed era il motivo per cui in quel momento, Duefacce non aveva intenzione di liberarsi: sentiva di meritare di trovarsi alla totale mercè di Crane, legato ed inoffensivo, ed offrirgli l’occasione di pareggiare i conti… sempre se non tirava le cuoia prima, sotto le costanti torture di quella puttana dell’Edera, che oh! Si divertiva così tanto a tormentarlo in ogni modo, da quando era stato fatto prigioniero.
Dopo il loro momento al MYB, in cui si erano guardati negli occhi, come vedendosi per la prima volta, se n’era convinto: c’era ancora qualcosa da recuperare e lui non era di certo il tipo che avrebbe potuto mollare senza combattere.

**

You're so easy to read.
But the book is boring me.
(Sei così facile da leggere)
(Ma il libro mi sta annoiando)

Freeze si sentiva oltremodo annoiato, seduto al tavolo davanti al quale solitamente si riuniva coi suoi due alleati per organizzare piani d’azione; solo che ormai c’era rimasto ben poco da pianificare, tra le poche forze che gli erano rimaste ed i conflitti interni insormontabili: l’Edera stava letteralmente superando sé stessa ammorbandolo ormai da giorni, con le sue chiacchiere accusatorie verso Crane.

“Insomma! Organizziamo una rapina alla gioielleria, che si rivela essere una trappola e lui, guarda caso, se ne rimane ben al sicuro qui alla base! Non ti sembra quanto meno strano?!”

You're so easy to read,
But the book is boring, boring,
Boring boring me.

Strepitava lei, camminando avanti e indietro, occasionalmente muovendo le braccia nell’aria per sottolineare dei concetti importanti (almeno per lei).
L’uomo di ghiaccio non credeva davvero ad un tradimento da parte di Spaventapasseri, nei suoi occhi poteva ancora leggere, oltre all’apatia, quell’adorazione sconfinata nei suoi riguardi, che escludeva a priori una qualsiasi mossa contro di lui, ma il punto non era quello e nessuno lo aveva capito: Freeze se ne fregava letteralmente delle chiacchiere di Ivy, dei problemi di Crane, delle vendette di Joker… la sola cosa che gli premeva, l’unica che gli fosse mai interessata, era sua moglie.
Lui doveva trovare una cura per Nora, riportarla alla vita, anche se ciò avrebbe significato l’eterno odio di lei, una volta messa a parte di tutte le nefandezze di cui suo marito si era macchiato in quegli anni… ed era davvero strano, gli mozzava il fiato capire fino in fondo, quanto lontano dal vecchio dottor Fries, si fosse spinto.
Nora non lo avrebbe più voluto vedere, non avrebbe ascoltato una sola parola, lo avrebbe considerato per sempre il mostro che era diventato, e lui stesso sentiva di non poter ormai più tornare indietro.

“Per non parlare del fatto che Duefacce è chiuso là sotto da giorni, e nonostante tutte le teatrali proclamazioni del suo odio, Crane non è neppure ancora neppure vederlo, per reclamare la sua vendetta!”

Pray for me - if you want to.
(Prega per me - se vuoi farlo)

Ivy doveva essere davvero una cretina, se pensava che a lui importasse un fico secco, di lei, di Crane, di Gotham, di Bludhaven, o del resto del mondo: non era a caccia di fama e potere, e dopo l’attacco al MYB, il Signore del ghiaccio aveva provato la sua pericolosità, preso la sua vendetta, ed ora meditava seriamente di scendere lui stesso da Duefacce, e proporre una riappacificazione.
E se l’altro glielo avesse chiesto, pur di essere lasciato in pace ai suoi studi ed al suo laboratorio, gli avrebbe volentieri consegnato l’Edera e Crane su un vassoio d’argento, tutti belli congelati ed inoffensivi perché potesse farne ciò che volesse. Ma ovviamente, accecata come era dalle promesse di conquista, Poison Ivy non realizzava tutto questo, non riusciva neppure a prevedere un simile piano da parte sua, anche se in realtà era l’unica cosa ovvia da fare.

“Non so se ne sei a conoscenza, Freeze, ma quei due stavano insieme, una volta. Senza parlare poi, dell’amicizia che aveva con Edward Nigma e ! Sono sicura che si è alleato di nascosto con uno di loro, se non sono addirittura tutti d‘accordo!”

Pray for me - if you care.
(Prega per me - se t'importa)

Freeze lo sapeva, di non potersi più ritenere neppure un essere umano, di essere passato sopra a tutto e tutti pur di ottenere ciò che voleva… la sua unica speranza di salvezza, ciò che per il momento ancora lo teneva in contatto con i resti della sua umanità, quelle briciole di sentimento che gli rimanevano, era sua moglie e sperava che, al di là della barriera di gelo che li divideva, lei stesse pregando per lui.
Un perfetto angelo del ghiaccio, muta ed irraggiungibile, bellissima, con un cuore troppo caldo perché possa restargli vicina, senza scioglierlo (ucciderlo) o senza lasciarsi congelare a sua volta. Ma Nora era una donna tutta d’un pezzo e ricca di valori bellissimi ed indistruttibili, che una volta, insieme, condividevano.

Pray for me - if you dare.
(Prega per me - se hai il coraggio)

“Ma insomma mi stai ascoltando?!”
“Lo sto facendo.“


E l’Edera lo guardò, con uno sguardo scettico e sospettoso, gli occhi che sembravano dire non ti credo, e ricominciò ad insistere sulle sue tesi, valide probabilmente solo nella sua testa, e Freeze non faceva neppure lo sforzo di annuire di tanto in tanto, per farla contenta, perché era tutto inutile, non aveva intenzione di dare contentini a nessuno.
E si sentiva così marcio.

Pray for me - you fucker!
If you fucking dare.
(Prega per me, bastardo)
(Se hai il cazzo di coraggio)

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Capitolo 10
*** Every you, every me. ***



PRETEND THE WORLD HAS ENDED:

Attenzione! Il testo della canzone all’interno del capitolo (dei Placebo), non è ordinato, l’ho scomposto perché aderisse meglio al testo! Buona lettura, le risposte ai commenti sono in fondo.

Capitolo 10: Every your, every me.

Per quanto mi manchi.
Per le parole che mi hai impedito di dirti.
Per il male che sento e che faccio.
Per te.

Intro.

L’uomo di ghiaccio lo aveva stupito, entrando nel suo laboratorio per suggerirgli di scendere a parlare col suo ex e magari, già che c’era, rimetterlo un po’ in sesto; Spaventapasseri si limitò ad annuire ed esaudire quella richiesta. Ne era convinto, stavolta ce l’avrebbe fatta ad incontrarlo e non perché era stato Freeze a chiederglielo.
Davanti alla stanza dove Harvey era rinchiuso, una semplice borsa stretta in mano, si sforzò di tenere la mente sgombra, abbassò la maniglia ed entrò velocemente, richiudendosi poi la porta alle spalle.
Duefacce non aveva una bella cera: appariva stremato, legato ad una sedia, il busto piegato in avanti forse nel tentativo di dormire mentre, ferito ed ustionato in più punti, sanguinava, goccia dopo goccia, impregnando la moquette di macchie rosse, scure e dense.
“Ancora…? Oggi sei proprio incazzata, eh.”
Lo sentì mormorare, scambiandolo per Ivy ma non disse nulla, recuperò nella stanza uno sgabello ed un tavolino - sul quale poggiò il piccolo bagaglio -, li avvicinò ad Harvey e prese posto di fronte a lui. Rovistò l’interno della borsa, ne estrasse l’occorrente per la medicazione e sollevò dell’ovatta umida verso la sua fronte, a pulire un taglio che doveva star sanguinando da ore.
“Troppa grazia. - mormorò, sarcastico - Chi ti ha costretto?”
Chiese, ma non ricevette risposta; improvvisamente scattò in avanti, trattenuto dalle corde, ma riuscì ugualmente a catturare l’attenzione di Jonathan, che istintivamente si tirò indietro, incrociando il suo sguardo.
“Non sono qui per sentire le tue idiozie.”
Disse, e Duefacce non si sarebbe aspettato nulla di diverso; una collinetta insanguinata di ovatta si era formata ai loro piedi, vide l’altro infilare un paio di guanti in lattice, recuperare ago e filo e premergli della garza sotto la ferita, per fermare la discesa del sangue; col polso spinse gli occhiali più su lungo il naso, ed iniziò a suturare.
Harvey sibilò contro il fastidio e per un attimo Jonathan si fermò, i loro occhi si incontrarono.
“Non lo faccio da una vita.”
Ed era un semplice dato di fatto, niente scuse né sarcasmo. A lungo non parlarono più, finché finito di soccorrergli il viso ed il petto, Crane si fermò ancora, guardandolo con indecisione.
“Credevo saresti stato il primo a venire.” Disse, una patetica scusa perché l’altro non decidesse di andarsene via.
“Dovrei controllarti schiena e braccia.” Lo ignorò, intenzionato a non affrontare l’argomento.

Sucker love is heaven sent.
You pucker up, our passion’s spent.
(L’amore sempliciotto è mandato dal cielo)
(Tu ti chiudi a riccio, la nostra passione s’è consumata.)

Harvey annuì. “Non ti tocco nemmeno, giuro.”
Il ghigno che l’ex psichiatra gli rivolse fece male ma come biasimarlo, sarà stata la milionesima volta che gli faceva una promessa del genere. Lo liberò, gli prese le mani, le esaminò e decise che anche i polsi necessitavano di assistenza. Anche senza bisogno di uno specchio, Duefacce sapeva di essere ridotto male, ma a tormentarlo davvero erano le accuse che lei gli aveva lanciato, e le minacce mentre blaterava di come si sarebbe divertita a soffocare Jonathan con le sue piante, dissacrando poi il pallido cadavere, solo per il gusto di portarglielo via per sempre.
“Non dovresti fidarti di Ivy.” Buttò lì, accolto da un verso scettico.
“Mi fido di lei quanto di te.”
“Eppure, mi hai liberato.”
Crane si alzò, aggirò la sua sedia e restò in piedi alle sue spalle, controllandogli la schiena.
“Questa guerra non durerà per sempre, Harvey.”
Duefacce voltò leggermente la testa, non capiva cosa intendesse, cosa nascondesse quel tono rassegnato, ma non riuscì a soffocare quel guizzo di speranza.
“Cioè?” Si limitò a chiedere, per paura dell’ennesima delusione.
“Cioè. Catwoman è sfuggita alla polizia, ma sembra scomparsa dalla circolazione. - disse, lentamente - Presto Joker si precipiterà qui a liberarti e Freeze non ha più uomini, Ivy è già stata sconfitta da un pezzo anche se sembra non volersene fare una ragione. Quello che intendo… potremmo non essere più costretti a scannarci appena ci vediamo. Io almeno, ho perso la voglia e quando tutto questo sarà finito, intendo starti il più lontano possibile.”
Duefacce la notò, la mancanza di reazioni alla prospettiva di un tanto miserabile crollo della sua fazione, ma non entrò nell’argomento, erano ben altre le cose che gli premevano.
“Perché dovresti fare una cosa simile?” Chiese, in tono di scherno.
“Perché mi sono stufato! Di te soprattutto, quindi, visto che per una volta stiamo parlando tranquillamente, speravo di raggiungere un accordo: io lascio in pace te, tu lasci in pace me.”
“In pace, dici. Eppure credevo te ne fossi accorto.”
“Accorto di cosa?”
Ma Harvey non era un cretino e di certo non si era scordato come funzionava il cervello di Jonathan: quella era una sfida e lui decise di accettarla.
“Che senza di te, non ho avuto pace neppure un attimo.”
Rispose, brusco con quella che era l’ultima cosa che Crane si sarebbe aspettato di sentirgli dire e non perché non se ne fosse accorto - il suo ex non era mai stato così discreto in proposito, specie da un po’ di tempo a quella parte -; Duefacce sapeva essere diretto su tutto, tranne i suoi stessi sentimenti e mai prima lo aveva sentito gettare le carte in tavola in quel modo. Sentire una simile dichiarazione proprio in quel momento, lo fece arrabbiare come non mai.
“Perché, quando stavamo insieme ne abbiamo mai avuta?”
“Ora sei ingiusto! Magari non negli ultimi tempi, ma tu eri cambiato tanto che-”
“Se stai cercando di affibbiarmi qualche colpa, guarda c-”
“E stai zitto un attimo perdio, non ti sto incolpando proprio di nulla!” gridò, poi tornò calmo “Non eravamo così, prima. Eravamo perfetti insieme.”
“Evidentemente poi ci siamo conosciuti meglio, capita.”
“Capita il cazzo. Tu non sei così, ed ancora non ho capito cosa ti abbia cambiato fino a questo punto.”
Disse, poi sibilò leggermente: l’ago era tornato, a sorpresa, entrandogli nella pelle e la mano di crane era visibilmente meno ferma di prima. Attese, ma non ricevette risposta, non poteva sopportarlo.
“Io tengo ancora moltissimo a te.”
“Vedi di piantarla.” abbaiò Jonathan, poi sorrise “E poi alla gatta non farebbe piacere sentirti parlare così, anche se è scappata con la coda tra le gambe.”
Tagliò il filo di sutura, un sorriso furbo sul viso, pensava di aver vinto ma Harvey scattò in piedi, rovesciando la sedia nell’impeto e cogliendolo così alla sprovvista che non riuscì a raggiungere la pistola; l’altro lo bloccò, stringendogli gli avambracci.
“Allora è per questo che l’hai gasata!”
La metà sana del suo viso era stravolta dallo stupore e probabilmente Jonathan aveva dimenticato quanto il suo ex ragionava in fretta, se gli faceva comodo: per tutto quel tempo, Crane era stato convinto che tra lui e Selina ci fosse qualcosa? Gli avvenimenti dei giorni addietro, acquistarono un peso differente e nonostante quel frainteso gli fosse costato molto, si sentì felice.
“Lasciami andare Harvey.” Ordinò, ma la presa si fece più forte, dolorosa.
Devi dirmelo, se è così!” lo scosse, costringendolo a guardarlo negli occhi. “Tu mi ami ancora.”
Disse, serissimo mentre lo fissava, e fosse stata la situazione un pelino meno catastrofica, Jonathan gli avrebbe riso in faccia; neppure quella era la novità del secolo, ma questo non gli dava il diritto di dirlo ad alta voce, rendendolo tanto reale. Non doveva gettare in tavola anche le sue, di carte, non era giusto ed ora si sentiva in trappola.

My heart’s a tart, your body’s rent
My body’s broken, yours is bent
(Il mio cuore è in vendita, il tuo è in affitto)
(Il mio corpo è spezzato, il tuo danneggiato)

“Che cretino sono stato, a pensare che per una volta sapessi mantenere una promessa.”
Si riferiva al giuramento di non toccarlo se lo avesse liberato, ma se c’era un momento meno adatto ai sensi di colpa, era proprio quello.
“Non ho mai avuto nessuno dopo di te, non mi ha mai neppure sfiorato la mente.”
Ed il mondo attorno allo Spaventapasseri si fermò; gli sembrò di liquefarsi e fu orribile. Era stato un cretino, Harvey lo aveva scoperto e lui avrebbe solo voluto strisciare in qualche buco per farsi seppellire. Perfino Duefacce avrebbe annuito e tirato qualche badilata di terra, perché era nella natura di Duefacce sfottere Crane in situazioni del genere.
Il punto di non ritorno però, lo avevano superato da tempo e non gli venne neppure in mente di schernirlo: con uno scatto di coraggio, si chinò a baciarlo, le mani abbandonarono la presa per salire a circondargli il volto, per toccare quella pelle, ed appurato che Jonathan non si sarebbe scansato, avanzò fino a bloccarlo tra il suo corpo ed una pesante scrivania.
Lo sollevò, lo mise a sedere sulla superficie alle sue spalle e si fece spazio tra le sue ginocchia, le mani scesero a cingergli i fianchi, per attirarlo a sé, e mille emozioni si mischiarono.
Ovviamente c’era l’eccitazione, perché quando è una vita che eviti perfino di masturbarti per non cadere nella depressione post fantasia, succede. Poi c’era la felicità, lo stupore di ritrovare quel corpo che s’era rassegnato a considerare proibito ed era come una nuova prima volta, sotto le sue dita scorreva una pelle elettrica e la voglia di toccarlo ovunque era tanta, che non sapeva più dove mettere le mani.
Si tese in avanti finché l’altro non stese la schiena sulla scrivania, poi chino su di lui, gli carezzò i capelli, il viso, si sollevò per guardarlo negli occhi ed incontrò uno sguardo disperato quanto il suo.
“Ti amo, Jonathan.”
Disse, serio e scese a bere un suo gemito con un bacio, si spinse contro di lui, incontrando il suo stesso desiderio e costringendolo a donargli un altro di quei bellissimi versi - contemporaneamente estranei e familiari; le braccia di Crane salirono a circondargli le spalle, ma per pochi momenti.
Un attimo dopo i palmi aperti sul suo petto lo spinsero indietro di qualche passo e quando rialzò lo sguardo, incontrò la bocca scura di una pistola, l’eco dello sparo non tardò ad arrivare ed il dolore, dapprima secco, all’altezza del petto, ben presto si espanse, bruciando, come un incendio e gli sembrò davvero inappropriato; abbassò lo sguardo, una mano salì verso il torace e quasi si mise a ridere: Jonathan gli aveva sparato un narcotico.

Like the naked leads the blind
I know I’m selfish, I’m unkind
(Come il nudo guida il cieco)
(So che sono egoista, sono scortese)


Tentò di lottare, ma le gambe cedettero e cadde sulle ginocchia; alzò lo sguardo su Crane che si faceva via via più sfocato, distante, poi un rumore - poteva essere un gemito? -, infine il buio.

**

Dalla finestra nella stanza di Nora, il cortile grigio, il prato fuori dei cancelli, le alberate… erano rassicuranti. A Freeze piaceva pensare che lei potesse vederli e sentirsi in pace, come accadeva a lui: era il tramonto, l’orizzonte s’era tinto di arancio e lei era al suo fianco. Avrebbe dato chissà cosa perché fosse sveglia ed in salute.
Lasciò andare un sospiro, ed una nuvola gelida gli uscì dalle labbra; nella coda dell’occhio un movimento catturò il suo sguardo, qualcuno attraversava velocemente il giardino e per un po’, faticò a riconoscere Spaventapasseri. Era la prima volta che l’ex psichiatra usciva dalla villa - tranne quando sotto sua richiesta - ed aveva vestiti che Freeze non gli aveva mai visto addosso, prima.
Aveva già saputo del fiasco con Duefacce nel pomeriggio, i suoi uomini gli avevano riferito di come Crane fosse fuggito dallo studio, ordinando loro di rimpacchettare l’ospite; al dottore non interessava cosa fosse andato storto, aver sventolato in faccia all’ex magistrato l’oggetto della sua ossessione bastava, e non appena si fosse ripreso dalla pennichella obbligatoria, sarebbe sceso a parlargli.
“Il corvo è uscito.” La voce di Ivy alle sue spalle.
“Ho visto.” Disse, e si voltò per andarle incontro.
“Non lo fai seguire?” Il tono di lei era risentito.
“A che pro?” Con una mano sulla schiena la scortò fuori dalla stanza dove, per inciso, le aveva spesso vietato di entrare.
“E se stesse correndo da Joker per-”
“Cosa? Rivelare i nostri segreti? Non ne abbiamo mai avuti.”
“Non abbiamo neanche più uomini se è per quello, e dovrebbe preoccuparti un po’ di più!”
“Potresti prendere in considerazione in fatto che, dotato di un’intelligenza superiore come sono, avrò i miei buoni motivi per non preoccuparmi.” Disse, ed il suo tono restò tranquillo, nonostante il rimprovero.
“Hai un asso nella manica!” scattò lei, e non attese una conferma “Oh, lo sapevo di potermi fidare ti te! Quanto manca? Attaccheremo ancora?”
“Pazienta.”

Sucker love I always find
Someone to bruise and leave behind
(Un amore sempliciotto lo, trovo sempre)
(Qualcuno da ferire e lasciare indietro)

Lasciò che Ivy pensasse ciò che voleva, perché alla fine sarebbe dovuta sparire, insieme a Crane, e possibilmente per sempre. Lui avrebbe ripreso le ricerche per la cura della malattia di Nora, in pace, il ghiaccio avrebbe ricoperto tutto, riportando il silenzio finalmente.

**

Vivere da soli significava occuparsi personalmente di azioni quotidiane quali lavare i piatti, e Dick Greyson lo sapeva già, da prima di trasferirsi in quell’appartamento ancora fin troppo spoglio; gettò le stoviglie di plastica usate nel cestino e sbuffò. Forse era il caso di uscire a divertirsi, o per una veloce ronda ma una cosa era certa: non sarebbe andato da Crane e non perché temesse la reazione di Bruce - quella, gli sarebbe piaciuto vederla -, anzi se si fosse azzardato a dire qualsiasi cosa, lui gli avrebbe sbattuto in faccia la breve relazione avuta col Joker, ed essere rimproverati proprio da Dick non era mai una bella sensazione.
Di sicuro non era neppure il sesso il problema anzi, quello gli piaceva eccome. Il vero guaio, era la noncuranza con la quale s’era aperto con una persona simile, quel suo fregarsene di tutto; non avrebbe continuato una relazione tanto pericolosa, per quanto intensa: sì, sapere che, volendo, Jonathan avrebbe potuto gasarlo o ucciderlo in qualsiasi momento - e Dick non lo avrebbe neppure trovato troppo strano - riusciva ad essere davvero intenso.
E poi, tutte quelle voci che lo definivano inavvicinabile e scontroso, che speculavano su una qualche storia finita - questo non poteva saperlo, al tempo era lontano da Gotham - lo facevano sentire speciale.
Ma ora è finita. pensò, con un sospiro mentre metteva su il caffé. Non avrebbe più cercato Crane.

All alone in space and time
There’s nothing here but what here’s mine
(Tutto solo in tempo e spazio)
(Non c’è niente qui, ma quello che è qui, è mio)

Il campanello lo fece sobbalzare, non aspettava visite e per un folle attimo, pensò si trattasse di Slade; andò ad aprire ed una volta di fronte al suo ospite, sentì qualcosa - la risoluzione, o forse la dignità - scivolargli fin sotto le scarpe: sulla soglia del suo appartamento c’era uno Spaventapasseri carino. Cioè per carità, lo era sempre stato ma… si era preparato apposta per incontrarlo? Sì insomma, si era fatto bello per lui? Per l’ennesimo folle attimo, pensò che l’uomo doveva aver captato i suoi pensieri tipo radar, ed essere corso a sventare il suo piano di allontanamento.
Ma quanto riuscirà ad odiarsi, una volta tornato in sé? pensò, perché uno come Crane sicuramente non perdeva tempo davanti allo specchio per nessuno senza un tornaconto personale e Dick non aveva proprio niente da offrirgli - a parte i migliori orgasmi della sua vita.
“Mi fai entrare?” Chiese Jonathan, e Dick si riscosse.
“Prego.” si scansò dalla porta con un ghigno, richiudendola appena fu entrato “Beh, come st-”
In un attimo, si ritrovò il viso circondato dalle mani di Spaventapasseri e fu troppo occupato a baciarlo per poter terminare la frase; gli cinse la vita con un braccio, fiero di aver mantenuto la sua promessa: lui, non ci aveva provato neanche un po’. Attribuì quello slancio al suo fascino micidiale, e chi era lui per umiliare Crane con un rifiuto? Lo guidò contro il muro, percorrendolo con le mani e con le labbra, ovunque riuscisse ad arrivare, ma considerando il collo alto che indossava, non era molto.
Quella maglia, decretò, doveva sparire.
Sollevò Crane da terra, lasciando che lo circondasse con le gambe in una presa più stretta del necessario; eppure doveva saperlo, che Dick non ci pensava nemmeno a buttarlo a terra - a meno che non glielo avesse chiesto ed in quel caso sarebbe stato interessante.
Con un calcio, il vigilante spalancò la porta della sua stanza, si piegò fino ad adagiare l’altro sul letto ed un attimo dopo portò le dita sotto l’orlo dell’odiata maglia, iniziando a sfilargliela. Qualcosa però non andava in Jonathan, nei suoi occhi, nei movimenti, non aveva smesso un attimo di tremare e Dick non era certo che facesse tanto freddo. Allontanò le loro labbra, ma ad ogni sillaba pronunciata le sentiva sfiorarsi.
“Alla fine sei venuto. Non me lo aspettavo.” Disse con un sorriso seducente “Ti sono mancato, eh.”
“Oh, tantissimo.” Rispose Jonathan, sarcasticamente teatrale ma Dick lo ignorò.
“Non ti pare di scherzare un po’ troppo, per uno che è venuto a cercarmi di sua spontanea volontà?”
“Ed a te non pare di parlare un po’ troppo, per uno che promette orgasmi come caramelle?”
Dick rise brevemente; non aveva idea di cosa stesse cercando esattamente, Crane da lui; mosse leggermente il capo, lasciando che il naso sfiorasse quello di Jonathan, poi tornò a guardarlo negli occhi.
“Che carino sei, quando ti credi spiritoso.” Il tono profondo, come se gli avesse appena fatto un complimento.
“E tu sei adorabile, quando riesci a stare zitto due minuti.”
“Non puoi farmene una colpa” continuò il ragazzo, sollevando una mano a sfiorargli leggermente il viso “arrivi qui tutto carino, mi salti addosso, eppure non sembri affatto propenso ad andare fino in fondo.”
Continuò ad accarezzarlo col dorso della mano, i loro occhi non si staccarono mai, nel silenzio che si estese per attimi interminabili.

Something borrowed, something blue
Every me and every you
(Qualcosa preso in prestito, qualcosa di blu)
(Ogni me, ed ogni te)

“Ma come siamo maturi, oggi.” Soffiò il criminale, lanciandogli uno sguardo che, avesse avuto con sé il suo gas, lo avrebbe fatto preoccupare; ma non lo aveva, altrimenti se ne sarebbe accorto, gli stava così addosso che lo avrebbe sentito. Poi Jonathan lo colse del tutto alla sprovvista, sollevando una mano fino a quella che gli stava carezzando il viso, per intrecciare le loro dita.
“Non mi dire, forse sei un vero adulto nonostante le apparenze.”
Dick non rispose, non aveva capito cosa l’altro volesse intendere, anche se gli suonava come una presa in giro; in tutta onestà, non gli andava proprio di litigare con Crane e decise di tacere, in attesa di un qualche svolgimento. Quando l’ex psichiatra parlò di nuovo, il suo bisbiglìo era carezzevole, il suo sguardo pareva nascondere qualcosa di brutto.
“Sai.” iniziò, socchiudendo gli occhi “Gli adulti si assumono delle responsabilità. Prendono decisioni che un ragazzino non potrebbe mai.”
Dick sollevò un sopracciglio; quel discorso lo faceva sentire tremendamente escluso ed allo stesso tempo tirato in mezzo - a cosa non lo sapeva, ma sospettava non gli sarebbe piaciuto per niente. Odiava come l’altro riusciva a manipolarlo con le parole, gettandolo da una sensazione ad un’altra nel giro di tre secondi.
“Stai proponendo qualche gioco strano?” chiese, e fece spallucce “Vai tranquillo, sono aperto a un po’ di tutto.”
“Niente giochi strani.” Fu la semplice risposta, affatto irritata come Dick avrebbe immaginato.
“Quindi?”
Le dita di Spaventapasseri si sfilarono dalle sue, lo sentì trafficare con una tasca dei jeans, per estrarne qualcosa che di primo acchito somigliava ad una custodia per occhiali, ma più corta e sottile. Si sentì spingere leggermente, e si sollevò sulle ginocchia. Crane aprì quel contenitore, ne estrasse una piccola siringa e nonostante fosse pericolosissimo con una cosa del genere in mano, Dick non disse né fece nulla finché l‘altro non gliela porse.
“Che stai macchinando?” Chiese, la voce cupa di sospetto.
“Voglio che me la fai.” Buttò lì, come se gli stesse chiedendo di cuocergli un uovo o una cosa così.
E Dick si sentì perduto: allungò una mano verso l’oggetto, pieno per un paio di millimetri di un liquido trasparente e davvero poco allettante. Non era sicuro di capire bene cosa doveva farci, ma tempo un paio di secondi, e la realizzazione gli piombò addosso.
“Ma tu sei pazzo.”
“Ma và.”
“Che dovrebbe esserci, qua dentro?”
“Nulla che ti riguardi, visto che non sarai tu a provarla.”
“E… sì, ma perché?”
“Perché te lo sto chiedendo.”
“Intendevo-”
“Lo so perfettamente, cosa intendevi. E per favore, non farmi quello sguardo adesso! Guarda: non sto giocando con te, non è un test e non ho intenzione di fregarti in nessun modo. Si tratta di una semplice richiesta, puoi farlo come no, ma Cristo, deciditi.”
Non gli piaceva il suo atteggiamento, né quella richiesta: lanciò un ultimo sguardo alla siringa, era piccola, non avrebbe potuto contenere chissà che dose e poi immaginò - sperò - si trattasse di uno degli intrugli di Crane, non una droga vera. E poi, decise di essere ottimista: partendo dal presupposto che Crane era pur sempre un medico - quindi, non si sarebbe mai fatto nulla di realmente pericoloso -, Dick era con lui, se qualcosa fosse andata storta, avrebbe potuto… fare qualcosa. Salvarlo.
Rialzò gli occhi ad incontrare quelli di Jonathan ed annuì, prima di ripensarci; i cinque minuti che seguirono furono un misto di schifo ed eccitazione: la voce di Crane che lo guidava, carezzevole, nella ricerca della vena, poi quegli occhi da blu si fecero neri, la pupilla si allargò quasi completamente e non riuscì a trovare tutto ciò orribile quanto pensava.

Carve your name into my arm
Instead of stressed, I lie here, charmed.
(Incidi il tuo nome sul mio braccio)
(Invece di agitarmi, sto steso qui, incantato)

Quando le mani di Spaventapasseri tornarono sul suo viso si abbandonò al bacio, era come se si fossero visti per la prima volta solo in quel momento e Dick riprese a percorrerlo con le mani, con le labbra, le orecchie piene di sospiri deliziosi e le unghie dell’altro gli graffiavano la schiena, le gambe lo stringevano come cercando di catturarlo; quasi come se gli appartenesse.
I vestiti sparirono in fretta, come in un sogno e per un po’ il mondo fuori svanì, non esisteva che quel vortice caldo, umido ed intenso, quelle sensazioni respirabili. Un velo sottilissimo di sudore si fece strada attraverso la pelle mentre si percorrevano a vicenda, si carezzavano con gli ansiti, con le dita e coi mormorii spinti e pretenziosi; sempre più umido, sempre più caldo, sempre più bello perché non fu come la volta precedente: niente attese, né concentrazione, né fatica, ogni tocco, ogni spinta, ogni morso, Jonathan sembrava sentirli davvero, li accoglieva senza trattenere tutti quei versi meravigliosi ed eccitanti, lo stringeva come se non ci fosse un domani.
E questo gli piaceva, lo faceva sentire uomo - adulto forse, finalmente - e desiderato e fu una liberazione quel corpo che fremeva, facendogli credere, per qualche attimo, di appartenergli; sempre più rapidi, sempre più vicini, era come essere nel bel mezzo di una montagna russa, cadevano velocissimi, in un vuoto terrificante ma in senso buono, quello che ti faceva venire voglia di urlare, ed allargare le braccia, e la fine della discesa diventa l’apice del piacere, prima che tutto si spenga.
Prima che la coscienza ritorni.

**

“Procuratemi delle bombe.”
Esclamò Joker, notando che i suoi compagni e gli uomini di Duefacce stavano giocando a poker; la sua sola vista, ovviamente aveva interrotto la partita ed una dozzina d’occhi si spalancarono su di lui, che quasi rise. In un’occasione differente, anche loro avrebbero riso ad un’uscita simile da parte sua. La stanza non accennava a scongelarsi, quindi scosse la testa, come potrebbe fare un cane bagnato.
“Non scherzo, eh!” Concluse, tornando poi da dove era venuto.
Harley e Nigma si voltarono a guardarsi nello stesso momento, senza dire una parola, poi Edward si alzò in piedi.
“Siamo pronti, mi pare.” Annuì, ed anche lui uscì dalla stanza.
L’arlecchina non cercò di trattenerlo, con la mente tornò alla loro ultima conversazione, ritrovandosi suo malgrado, intrappolata nelle stesse riflessioni; una cosa era certa, lei era pronta a tutto per il suo uomo, a prescindere dalle intenzioni di lui. Quante donne avrebbero potuto dire lo stesso al posto suo? Strinse i pugni e si alzò in piedi.

Cuz’ there’s nothing else to do.
Every me, and every you.
(Perché non c’è altro da fare)
(Ogni me, ed ogni te)

“Avete sentito? Bombe!” Esclamò, minacciosa, ed i tirapiedi di Dent scattarono per obbedirle.
Harley pensò che stare con Mistah J significava non sapere mai cosa sarebbe successo nel giro di pochi minuti e cazzo, le fosse piaciuta la vita tranquilla, sarebbe rimasta dietro una scrivania ad Arkham. Ma aveva scelto di passarci di fronte e, contrariamente a ciò che tutti potevano pensare, non per il suo Puddin’. Per sé stessa.
Non era il non conoscere i piani il problema, piuttosto l’essere tagliata fuori da un passato cui il sindaco di Imbecillità - per gli amici Edward - aveva invece un ruolo da protagonista e di cui Mistah J per qualche motivo, non voleva metterla a parte. Era arrabbiata con quel pomposo sempreverde, perché non meritava tutto questo, non quanto lei almeno.
Ma forse, stava saltando alle conclusioni troppo in fretta? Forse sarebbe bastato chiedere, per ottenere una risposta dal suo Puddin’? Si fece coraggio. Gli avrebbe parlato, chiedendo spiegazioni e pretendendo che le raccontasse per cosa di preciso, stavano rischiando la morte. In fondo, era un suo diritto saperlo.  No?

**

Sucker love, a box I choose
No other box I choose to use.
(L’amore facilotto, una scatola che scelsi)
(Nessun’altra scatola scelsi di usare)

Iniettare una misteriosa sostanza nelle vene di qualcuno non era buono, neppure se era lui a chiedertelo, neppure se questo qualcuno era lo Spaventapasseri. Se poi ti trovavi costretto ad ammettere che lui ti piaceva molto di più sotto l’effetto di quella roba che senza, il senso di colpa diventava schiacciante e cercare di non pensarci diventava inutile; non aveva fatto sesso con una persona, si era accoppiato con una droga.
Era quella sostanza a muoversi sotto di lui, a stringerlo, a regalargli baci, carezze, giochi e gemiti, ma in tutto quello dove cavolo era Crane, con le sue battute sarcastiche e le occhiatacce, e i dispetti e gli insulti? Si chiedeva tutto questo Dick, e non aveva la minima voglia di alzare un dito. E poi perché muoversi, cos’avrebbe potuto fare? Doveva rompere il silenzio? Sfogarsi, arrabbiarsi, urlare, cacciare l’ex psichiatra dal suo letto? Oppure piangere, abbracciarlo, tentare di riaprirgli gli occhi?
Beh, comunque non aveva voglia di fare proprio niente.
“Richard, non riesco a respirare.” Disse Crane, ma non accennò a spingerlo via.
“Chiamami ancora così, e ti strangolo.” Disse, e pensò che quella droga sembrava innamorata di lui.
“Non era il tuo nome, Richard?”
“Sì ma è Dick, te l’ho detto.” Quella droga. Doveva essere una gran bella puttana.
Dick è orrendo.”
Non ce la fece più. Si sollevò sui gomiti, sentì l’altro - finalmente libero - trarre un respiro profondo e lo guardò negli occhi, per un po’ nessuno dei due disse nulla.
“Bene, vedo che sei tornato! Perché pigli quello schifo?”
Crane roteò gli occhi e sospirò in un chiaro atteggiamento da e lo sapevo, io. ma Dick c’era abituato, quindi andò avanti.
“Ho sbagliato a iniettarti quella roba, e non devi farlo nemmeno tu!”
“Ah ok, visto che me lo stai ordinando… ora alzati, devo andare via.”
“No.” Decretò, testardo “Questo non è il momento per fare dello spirito, voglio davvero che la smetti, non ne hai bisogno!”
“E chi meglio di te sa di cosa ho bisogno, no? Senti. Non ho intenzione di farmi fare la predica da uno che è uscito ieri dal liceo per andarsene in giro in calzamaglia.”
“Ma quale calzamaglia!” Urlò, sconvolto. “E parli proprio tu, l’uomo del monte col sacco di patate in faccia! Quella roba ti brucerà gli ultimi due neuroni che ti sono rimasti!”
“Eh, e se anche fosse?!”
“Se anche fosse cosa?!”
Che tene frega, ecco cosa! Non capisco con che titolo credi di parlarmi così!”
“Infatti!“ scattò, avvicinando il viso al suo “Che mene frega? Stiamo forse insieme, io e te? No!”
“Tu sei un idiota.”
Constatò Spaventapasseri, gli occhi spalancati: quale imbecille dopo un discorso simile, ammetterebbe - e col tono di chi ha ragione, per giunta - di non avere nessun motivo per parlare?
“Devo esserlo per forza, visto che me ne frega lo stesso, si vede che sono fatto così. Sarò anche fatto male, ma se non la smetti, io-”
“Tu cosa, Richard?!” Lo interruppe, zittendolo per un attimo, solo per poi sentirlo di nuovo gridare.
“Giuro che ti lego di là in soggiorno finché non ti passa la voglia di fare stronzate! E di chiamarmi Richard.”
Jonathan restò a bocca aperta. Che doveva rispondere ad una cosa del genere? Ma sentirsi rimproverare, tutto nudo, con le mani di Dick a stringergli le braccia, a schiacciarlo contro il materasso, era terribile. Ed il vigilante faceva bene a trattenerlo, fosse stato libero gli avrebbe almeno tirato un sberlone. Si sentiva urtato, inferocito e sicuro che alla prima occasione, avrebbe gasato quel ragazzino, stavolta senza lasciargli l’antidoto.

Another love I would abuse
No circumstances could excuse
(Un altro amore di cui abuserei)
(Nessuna circostanza potrebbe scusarlo)

Tutto d’un tratto, scoppiò a ridergli in faccia. Il giovane vigilante aggrottò le sopracciglia: perché Crane un attimo prima sembrava volerlo morto e quello dopo si metteva a ridere? Allentò la presa su di lui.
“C’è qualcosa di divertente?”
“Sì. Tu.”
Dick continuò a guardarlo, senza capire il motivo di tanta ilarità. Poi un sorriso gli si aprì sul volto, ed iniziò a ridere anche lui.

**

Ahh… tu entra e fai quel che ti pare Eddie, però sarebbe carino se mi tenessi un po’ occupata l’isterica! Basta solo che state lontani da Freeze, di lui mi occuperò io.
Edward se l‘aspettava che l’obiettivo di Joker non fosse più Ivy. Ora tutto stava nel capire in che modo si sarebbe occupato dell’Uomo di ghiaccio: aveva formulato la sua personale teoria e non gli piaceva per tanti motivi anche se, da un lato, non pensava fossero affari suoi e se sperava di recuperare uno straccio di rapporto col clown, avrebbe fatto meglio a non mettergli i bastoni tra le ruote.
Si passò una mano sul viso; era stanco, si sentiva molto più vecchio del dovuto. Tornò a studiare, la cartina dell’edificio prima dell‘assalto: qualcuno doveva pur prodigarsi per evitare morti inutili ed assurde. Allungò una mano verso il mouse ed il suono forte ed improvviso della porta che veniva spalancata, lo spaventò a morte; si voltò e sull’uscio vide la figura infuriata di Harley Quinn, le braccia incrociate sul petto mentre lo fissava come a volerlo polverizzare. Giusto lei o Joker avrebbero potuto fare un’entrata simile.
Non parlo, alzò un sopracciglio ed attese spiegazioni.
“Allora, genio. Qual è il vero piano?”
Istintivamente, Nigma strabuzzò gli occhi. “Io non lo so!”
Ammise, e l’Arlecchina parve sgonfiarsi sotto i suoi occhi. Boccheggiò un paio di volte prima di riuscire a parlare.
“Ma! Tu avevi detto…”
“Che ho una mezza idea, nulla più! Sono un genio, mica Gesù Cristo!”
Rispose, ma non riusciva a provare rabbia; probabilmente Harley aveva chiesto spiegazioni a Joker, che le avrà sciorinato risposte evasive ed inconcludenti mentre la spingeva fuori dalla stanza. Edward capiva perfettamente cosa si provava in quei momenti, completamente tagliati fuori eppure trascinati dentro fino al collo.
“Voglio sapere cosa sta succedendo.” Disse lei, col tono che prometteva distruzione se le fosse stato negato ciò che chiedeva.

In the shape of things to come
Too much poison come undone
(Sotto forma di cose che devono accadere)
(Troppo veleno si libera)

“Ok.” Annuì Nigma, cogliendola del tutto alla sprovvista. Probabilmente si aspettava una battaglia, ma lui non era Joker e le scorrettezze, non gli erano mai piaciute. “Prettendo che si tratta di mere teorie. Tutta la faccenda di Ivy, il lavaggio del cervello che mi ha fatto eccetera, Joker deve averla presa come un grosso raggiro, un’umiliazione non da poco. Lei era la colpevole e gliel’ha fatta pagare, o almeno così mi hai raccontato tu. Ma non credo sia tutto qui. Vedi, ci sono state anche persone… amici diciamo, che hanno saputo la verità ma non hanno parlato; una di queste è Duefacce ed ovviamente, non deve aver trovato molto carino, il venire contattato dopo tanto tempo, solo quando c’era bisogno del suo appoggio.”
Concluse, e lasciò alla donna il tempo di assimilare quella spiegazione; non ci mise molto.
“Quindi, non stiamo andando a salvare Harvey, ma a farlo fuori?”
“Vedo che inizi a capire.”
“E le altre persone, chi sono?”
“Batman, ad esempio. Ma credo che la persona con cui ce l’abbia di più in assoluto, sia Crane. Avevano legato moltissimo, non deve aver preso bene una simile dimenticanza, da parte sua.”
“Ma… perché non hanno detto niente, innanzitutto?!” Scattò Harley, tendendosi leggermente avanti con busto e riacquistando una posa minacciosa.
“Se lo avessero fatto, probabilmente tu non saresti qui, ora. Sulle loro motivazioni ho delle teorie che non voglio condividere con te.”
Stranamente, la donna annuì senza insistere e fu un sollievo.
“Insomma, ci stiamo lanciando in una missione punitiva per farli fuori?”
Alle parole fare fuori Nigma aggrottò le sopracciglia, arrabbiato e scosse la testa per un attimo.
“Non so tu, ma io…” iniziò, quasi urlando ma si bloccò. I suoi occhi si allargarono e doveva proprio avere un’espressione pietosa sul volto, perché lei sembrò dispiaciuta. “Io… no, non lo so neanch’io.”

**

Rigirando due uova in una padella ammaccata, Crane non riusciva a pensare a niente. Era venuto lì, in casa di Richard, per dimostrare qualcosa a sé stesso: di non aver bisogno di Harvey probabilmente, ma non era più tanto sicuro né che fosse vero e tanto meno di essere lì per quello. Non aveva risolto proprio niente, tutta quella visita si era rivelata un’arma a doppio taglio e le cose dette dal vigilante, lo avevano colpito in tutte le maniere più sbagliate.

Sucker love is known to swing
Prone to cling and waste these things
(L’amore sempliciotto, si sa che oscilla)
(E’ incline ad aggrapparsi e sprecare queste cose)

“Bene, vedo che ormai fai come a casa tua.”
Si voltò ad incontrare il ghigno divertito del ragazzo, si era appena svegliato e sembrava di ottimo umore. Tornò ad occuparsi della cucina e sentì le braccia di Richard avvolgergli la vita.
“Indossi la mia maglietta, e mi prepari pure la colazione. Non ti starai innamorando di me?”
“Ma vedi di levarti di torno.” Rispose, senza neppure l’energia per levarselo di dosso - cosa che non neppure era tanto sicuro di voler fare.
Il giovane vigilante lo lasciò, andò a sedersi al tavolo poco distante e continuò a fissarlo.
“Non avrai preparato poca roba per tutti e due? Comunque non fa niente, io di solito prendo solo un caff-”
Si bloccò e Jonathan passò lo sguardo tra lui ed il punto che stava fissando, dove soggiornava una macchinetta per il caffè. Bruciata e da buttare. Tornò a scrutare l’espressione di Richard, e sbuffò una risata.
“Non ridere, guarda che è colpa tua!”
“Non l’ho neppure toccata, quella macchinetta.”
“Avevo messo su il caffé un attimo prima che suonassi alla mia porta, ieri sera.”
“Ah, maturo dare la colpa a me, certo. Comunque queste sono per te, io devo andare.”
“A fare che?”
“Conquistare il mondo, che altro? Come tutti i supercriminali.”
“Immagino che ora dovrei ridere. Per non ferire i tuoi sentimenti. Comunque è fuori discussione, non puoi venire in casa mia, approfittare del mio corpo, bruciarmi la macchinetta del caffé e poi andartene! Non nel mio giorno libero!”
“Oh? Non vai all’asilo oggi?”
“Spegni quella roba, ti offro la colazione fuori, poi andiamo al centro commerciale e mi compri una macchinetta nuova.”
“Basta trucchi Richard, non posso restare.”
“Non è un trucco. Davvero me ne devi comprare una.”
“Sto per tirarti la padella in faccia.”
Avvertì, riacquistando un tono irritato che era molto più da lui, nonostante non si sentisse troppo sicuro di voler davvero rifiutare. Ma d'altronde era un po', che non si sentiva più troppo sicuro di niente.

Pucker up, for heaven’s sake
There’s never been so much at stake
(Chiuditi a riccio, per l’amor del cielo)
(Non è mai stata tanto alta la posta in gioco)

“Adesso ti dico cosa farò.” Disse il ragazzo e Jonathan, incuriosito da quel tono solenne - ed aspettandosi comunque la solita, esilarante cavolata - si voltò per dargli tutta la sua attenzione. “Ora mi alzo da questa sedia. Poi scatto nella tua direzione, se riesci a scappare sei libero… ma se riesco ad afferrare il tuo sedere piatto, oggi non ti muovi da qui.”
E se Crane avesse pensato si trattasse solo di uno scherzo, evidentemente non conosceva troppo bene Nightwing. Per qualche secondo restò interdetto, fissandolo ma non appena il ragazzo accennò ad alzarsi dalla sedia, afferrò il pepe dalla cucina.
“Se ti avvicini, giuro che te lo getto sugli occhi.”
Richard non disse nulla, lentamente si avviò verso la sua stanza e se Jonathan avesse pensato di aver vinto, ancora una volta non sapeva troppo bene con chi stava avendo a che fare. Lo vide riapparire sulla soglia, un ghigno stampato in faccia ed una mascherina da natante sugli occhi.
“No.” Fece Crane, serio, scuotendo la testa. “Ragioniamo. A trent’anni, ti pare che posso mettermi a correre per casa come un imbecille?”
“Se posso farlo io a venti…”
“Ma tu non s- cioè, no! Siamo due persone mature! Quindi, non ti sembra stupido quello che stai proponendo?”
“Non sei bravo quanto pensi, a convincere la gente!” Disse, sconvolto. “Comunque hai ragione, non è un comportamento maturo.”
Crane lasciò andare un sospiro di sollievo, fece per voltarsi e spegnere la fiamma sotto la colazione - prima che il ragazzo lo accusi di avergli bruciato anche la padella - ma evidentemente, avrebbe dovuto lasciarlo finire di parlare.
“Però ho capito che fare i maturi, con te non conviene!”
Istintivamente, Crane tentò di fuggire e ci riuscì anche, per parecchio, dando fondo ad un’esperienza di fuga dai bulletti della Georgia alquanto invidiabile, ma la velocità non era tutto ed alcuni movimenti maldestri gli procurarono qualche livido e lo condannarono a soccombere.
Steso sul pavimento, con Richard sdraiato sopra a propinargli un sorriso a trentadue denti, si fece una ragione per tutto quello: decise che gli avrebbe comprato la macchinetta del caffé. Ma, immaginò, non c’era poi tutta questa fretta. Quando alzò la testa dal pavimento, per unire le loro labbra, il ragazzo non ne sembrò affatto stupito e questo, per qualche strana ragione, lo fece sorridere.

Every me and every you. Every me… he.
(Ogni me ed ogni te. Ogni me… lui.)


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Per Sychophantwhore: Eeee, dopo una vita di stenti e di privazioni (pochi mesi), eccomi qui ad aggiornare. Come sempre, è stato un parto. Dunque, passiamo alla recensione ù_ù.  Per quanto riguarda Nightwing, ti prego, non ricordarmi che poi un giorno passerà dalla parte del pipistrello é_è io capisco il volergli bene come il padre che non se l'è mai cagato, ma in "battle for the cowl", mi è sembrato troppo (mi pare fosse quella la serie di cui parlavi, no?). Il suo ruolo all'interno della storia - a parte regalare orgasmi al caro Spaventapasseri, che ne ha tanto bisogno - è quello infatti, di trovare la sua indipendenza, e comunicare un po' del suo modo di vivere che, a prescindere dalla simpatia che si può nutrire per il personaggio (a me piace xD), è qualcosa che i protagonisti proprio non conoscsono.
Il fatto che Crane non riesca a resistergli è legato - come ho tentato di spiegare in questo capitolo - più al fatto che, forse, non vuole. Non ne ha le forze e una bella scappatella è sempre il rimedio più adatto per una storia finita male e che ha lasciato indelebili cicatrici. Per quanto riguarda Harvey beh .__. se io fossi Crane (che cosa strana da dire xD), non glielo direi manco per sbaglio o per scherzo.
Il Joker sono un paio di capitoli che parla poco e niente ed a ragione, non pensare che io lo stia trascurando ù_ù. In fondo se l'è giostrata bene fino adesso ed alla fine, riserverà qualche sorpresina (anche se in questo capitolo lo ammetto, ho rivelato moltissimo, sulle sue intenzioni e sul suo stato d'animo).
Harley non sta scivolando proprio da nessuna parte xD. Lei è risentita ovvio, perché il suo Puddin' non si sta comportando in modo completamente sincero... ma davvero, non basta così poco per farla scappare via, almeno a parer mio. Ho studiato - per quanto possibile, certo - il loro rapporto, e devo dire che in confronto alle pene che le fa passare il Joker del fumetto, quelle della mia fanfiction, non sono che bruscolini xD ma siamo ancora all'inizio, eh! Anche se non credo che il clown per come lo vedo io si metterebbe deliberatamente a ferire o urtare la sua donna a meno che non voglia insegnarle una lezione. Nigma poi, checché ne dica, della Quinn non ci ha capito propio niente. In questo momento, direi che provo molta più empatia per lei, che per il verdino.
Ti ringrazio tantissimo per l'elogio che mi hai fatto ç_ç con quelle poche parole, tu hai coronato le mie aspirazioni di fanwriter!
Ora ti lascio alla lettura, cara =)! Mi auguro che anche questo capitolo ti piaccia anche se lo ammetto, oggi è il mio compleanno, quindi mi sono regalata dei bei momenti con protagonista Crane. Spero non li troverai noiosi ç_ç. Ci sentiamo presto, spero, buona lettura!

Per mhcm: Hello! Eccomi qui, con grande ritardo su questi schermi. Sono felice che la mia storia riesca a sollevarti il morale =) e ti ringrazio moltissimo per i complimenti! Il pairing Nightwing/Spaventapasseri è stato ispirato dalla scena di un fumetto, che ho riprodotto all'interno della storia. Quando Crane gasa il vigilante, e lui riesce a ribellarsi agli effetti del gas. Poi tutto il resto è opera mia. Ancora grazie per il commento, ti lascio alla lettura sperando che anche questo capitolo ti piaccia! A presto spero!

Per Cruciatus est: Hello, nuova lettrice! Sono felice che le mie storie ti abbiano appassionato, nonostante la prima lasciasse chiaramente a desiderare dal punto di vista della forma ^^". Le creazioni di Sycho sono spettacolari, la stimo molto e non smetterò mai di sentirmi onorata del suo voler immortalare momenti delle mie storie. Mi fa piacere che tu gradisca il modo in cui scrivo e soprattutto, come ho scelto di caratterizzare e sviluppare i personaggi. Per quando riguarda l'ingenuità di Harley, non scordare che lei ha avuto anche momenti mortalmente seri nel corso della storia, come quelli in cui si ritrova a parlare con Enigma. Semplicemente lei capisce sempre molto più di quanto lasci trasparire e questo, il Joker lo sa. E' uno dei motivi per cui l'ha scelta come compagna. Ehh, è difficile ritrarre personaggi simili in momenti tanto intimi, soprattutto se di coppia. Non si sa mai cosa è troppo duro, e cosa troppo sdolcinato per loro, ed è il motivo per cui ho tentato di ridurre quanto più possibile il sesso nelle mie storie o almeno, descriverlo in maniera più velata, meno crudo e più sensuale. Per quando riguarda Harvey e Jonathan, beh ovvio che mi siano usciti meglio, sono la mia coppia preferita in assoluto .__. ci spendo tantissimo tempo ad immaginarli e mi riesce di certo più semplice.
Se tu non ami troppo lo slash allora, tanto più è un complimento per me! Ti ringrazio.
Mah per lo sperarci, io non posso dirti nulla senza rovinare il finale ed il seguito purtroppo é_è (e sì, ne ho in cantiere un altro). Ora ti lascio alla lettura, sperando che questo capitolo ti piaccia quanto gli altri! A presto, spero!

Un abbraccio,
XxX.SilverLexxy.XxX

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Capitolo 11
*** Pretend the world has ended. ***




PRETEND THE WORLD HAS ENDED:




Capitolo 11: Pretend the world has ended.

Jonathan Crane pensò che in fondo avrebbe dovuto aspettarselo: era scontato che prima o poi il filo rosso del destino li avrebbe riuniti ancora, tutti, in un’epica scena finale che gli sembrava di aver vissuto già troppe volte, che ricordava pericolosamente il loro inizio.
Avrebbe anche potuto evitarlo.
Magari accettando di restare con Richard in cerca di caffettiere, magari impedendo alla vita che aveva scelto di allontanarlo da una scrivania, da uno stipendio più che adeguato, da una targhetta col suo nome scritto sopra… invece eccolo lì.
Inchiodato insieme agli altri nel quartier generale di Freeze mentre la villa gli bruciava intorno e tutto sommato, gli sembrò accettabile; non gli importava più di sopravvivere e perfino il pensiero che Ivy avrebbe potuto cavarsela non lo irritava. Si sentiva solo grato che non fosse lì.
Quella era la loro fine-inizio, il loro party esclusivo ed Harvey stava in piedi, il petto nudo, la metà bruciata del viso e del collo brillava - ancora una volta - sotto i riflettori delle fiamme. Tra le braccia il fucile che Crane stesso gli aveva ficcato in mano dopo averlo liberato.
Colpito da una pallottola di quell’arma, disteso sul pavimento mentre sanguinava a morte c’era Joker; dal foro della fantastica giacca viola che indossava, che era confezionata a mano, che faceva parte di un completo del cui prezzo Jonathan non era mai riuscito a capacitarsi, si riversava piano piano a terra.
Poi Duefacce cadde, e fu l’ultimo a farlo; il fucile scivolò, e roteando lungo il pavimento li puntò tutti, prima di fermarsi su nessuno.
Quando Spaventapasseri vide Harley Quinn portare una mano al viso, pensò che avesse iniziato a piangere. Lui invece - per la stanchezza, per le ferite, o forse per lo scioc di vedere il suo ex che sparava al suo ex migliore amico - non reagì: con un fazzoletto sporco si coprì il naso e la bocca per filtrare l’aria ormai piena di fumo e sembrava quasi che stesse piangendo anche lui.
Era stato Joker ad appiccare il fuoco, per salvargli la vita dal ghiaccio artificiale che Freeze gli aveva sparato contro o forse chi lo sa, solo per rendere la scena ancor più plateale, come se non fosse stato già tutto un dramma.
Con una mano, il clown coprì il foro dal quale stava sgorgando il sangue ed il tappeto sotto di lui, incapace di berlo, per l’imbarazzo arrossiva sempre più, di una tonalità densa e lucida, scura e viscida come solo la fine riusciva ad essere.
Gattonando, Crane lo raggiunse, lo vide alzare lo sguardo e nei suoi occhi scuri ed elettrici le fiamme apparivano nitide, come allo specchio.
Joker disse: “Merda.” Il suo viso un pastrocchio di lacrime asciutte, cenere e make-up e disse: “Stantio, il copione dove muoiono tutti… no?” Si voltò verso Edward, che non lo guardava, che non si muoveva, ed alzò la voce. “Speriamo che Oswald ci abbia tenuto un posto panoramico.” Crane tossì un paio di volte nel fazzoletto, ma quello fu l’unico suono a levarsi nel crepitio della fiamme. “Eddie, devi rispondermi!” Urlò ancora, come se non fosse diventato già tutto un dramma-dramma. “Harl?”
La donna rispose con voce quanto mai flebile e tentò di voltarsi sulla pancia.
“Tutti i supercriminali di Gotham…” Disse il clown. “Adesso, moriranno?” E ridacchiò brevemente, senza fiato. Tornò a guardare Jonathan inginocchiato accanto a lui, il suo viso tradiva una lunga riflessione. “Ahh… avrei voluto morire per mano di Bats-s, alla fine.
Crane sorrise. Immaginò che per Joker - l’essere superiore che in previsione di una morte violenta aveva spedito un suo bel primo piano a tutti i giornali - fosse normale, anche in quel frangente, rubare tutta la scena per sé col suo atteggiamento, con le sue frasi a effetto.
Quando un incendio raggiungeva una certa temperatura, non restava che evitarne la propagazione, perché spegnerlo diventava impossibile. Sapevano che non sarebbe arrivato nessuno a salvarli, per questo ai primi suoni ovattati di una decina di sirene, nessuno batté ciglio.
“Non volevo che andasse così.” Rivelò il clown, come se Crane non lo sapesse già, come se non fosse già tutto un dramma, dramma, dramma.
“Ohh, sta zitto!” Disse Harvey, desiderando ardentemente di morire in silenzio o forse, semplicemente aveva intuito le sue prossime parole.
“Sta zitto tu!” Urlò Joker di rimando, poi afferrò Jonathan per i vestiti, per ciò che restava del suo maglione ed il fuoco aveva già iniziato a mangiarsi il tappeto sotto di loro; se il mondo avesse potuto vederli in quel momento, avrebbe capito tutto. Molto più di quanto ognuno di loro avrebbe voluto rivelare.
“Questa è la tua ultima possibilità, Johnny.” disse, mentre lo ricopriva col suo sangue. “Mi ami?” Chiese. “Mi ami davvero?”
Eccolo di nuovo - ma forse per l’ultima volta -, il modo in cui quel folle aveva estremizzato tutto nella sua vita: l’infinito spettacolo dal vivo del principe clown, ogni momento che passava sempre meno dal vivo e sempre meno infinito.
Crane gli prese la mano, perché visto il tentativo di Joker di ucciderlo, di far fuori anche Duefacce prima di arrabbiarsi con Freeze e cambiare idea, sarebbe stato un gesto estremamente bello, da parte sua. Aprì la bocca per rispondere ma il soffitto crollò nella stanza accanto, scaraventando scintille e tizzoni ardenti nella loro direzione.
“Chi me lo avrebbe detto, che da morto sarei assomigliato a Duefacce…” Ridacchiò il clown e Spaventapasseri rifletté sull’occasione ormai perduta di mandare anche lui qualche bella foto di sé ai giornali, nell’eventualità - mai parsa meno remota - di morire bruciato vivo.
“Mi hai sentito, Harv? La morte ci ha accomunati!” E le sue risa soffocate coprirono un’ultima risposta scettica.

**

Joker riprese coscienza sdraiato su una barella - nessuna idea di come ci fosse arrivato -, mentre lo calavano dall’autoambulanza per trasportarlo nell’ospedale che riconobbe come il nuovo Gotham General. Lo conosceva bene, visto che era stato proprio lui a demolire quello vecchio.
Un infermiere prese a tagliargli i vestiti e sembrava metterci un’eternità, con quelle forbici da sartina che usavano nelle sale operatorie. Da qualche parte alla sua destra, una voce femminile continuava a gridare cose oscene.
“Scattate ora!” Urlava. “Sta perdendo troppo sangue!”
Chiuse gli occhi immediatamente, ma comunque troppo tardi ed il flash lo accecò.
Qualcuno alla sua sinistra gli stava raccontando quanto fosse stato fortunato: se la pallottola lo avesse colpito appena due centimetri più in alto, sarebbe morto. Certo, due centimetri più a destra invece ed avrebbe potuto strapparsi la maschera dell’ossigeno per ballare su quella testa di cazzo. Non riusciva a capire: forse il fatto di avere un sorriso perenne scolpito sulla faccia non lo rendeva per forza un ottimista, ma non sentiva il bisogno di ringraziare il cielo per essersi beccato una fucilata.
In sala operatoria gli tolsero la mascherina giusto il tempo di schiacciargliene un’altra sulla faccia, e le sue palpebre si fecero pesanti; non voleva dormire, non mentre tutta quella gente in verde si stagliava sopra di lui con aria minacciosa.
Poi chiuse gli occhi, e fu giorno di nuovo.
Era il tramonto, la luce arancione colorava le mura, la ghiaia bianca, le aiuole nel cortile della villa di Freeze mentre lui, saltellando, raggiungeva Harley vicino al loro furgone.
Harley…
L’Arlecchina sorrideva; gli si strinse attorno ad un braccio, l’aria esultante mentre si godevano lo spettacolo del portone che cadeva a terra, pesante, deformato dall’esplosione.
Edward…
Eddie non si era neppure avvicinato, non aveva detto una parola, in una mano continuava a dondolare il suo scettro. Una volta era il suo compagno, ma in quel momento non sapeva più come chiamarlo.
Calcinacci, polvere…
Attraversarono la densa nuvola di pulviscolo e si ritrovarono all’interno. Gli uomini di Freeze erano pochi, ed i più furbi di loro avevano preferito gettare le armi, gettarsi a terra a loro volta e lui decise di lasciarli andare.

**

Edward Nigma si sentiva bruciare: dovevano essere tutte quelle schifezze, quei tubi che gli avevano messo addosso e dentro, ma per quanto si agitasse non riusciva a liberarsi dalle morse che lo trattenevano.
Era sdraiato all’interno di un qualche tipo di apparecchio, e quando apriva gli occhi riusciva a vedere il soffitto attraverso una finestrella trasparente, mentre se li chiudeva le immagini si affollavano: le fiamme, Joker, il fumo, poi ancora Joker, ancora fumo e fiamme…
Si domandò se le bende che gli avvolgevano la faccia nascondessero davvero le terribili ustioni che temeva e forse lo stava solo immaginando, ma sentiva odore di capelli bruciati. Pensò che gli sarebbe mancato molto, il suo bellissimo viso.
Era rimasto indietro, come da piano, a trafficare col sistema di sicurezza di Freeze: fece scattare l’allarme di contenimento che sigillò porte e finestre, che avrebbe impedito a chiunque la fuga.
Era grato di essersi potuto separare dagli altri.
Ad un certo punto si sentì chiamare, era Crane. Gli chiese cosa stesse succedendo, cosa diavolo volesse Joker da lui. Al suo fianco, uno sconosciuto col volto coperto da una maschera antigas continuava a fissarlo senza dire una parola.
“Qualsiasi cosa sia, non è buona.” Ammise Edward. Perché non gli andava, di ingannarlo.
“E tu?”
Lui aveva seguito il suo compagno fin dentro la tana del leone… non avrebbe avuto senso, tradirlo a quel punto. Eppure, non voleva fare del male a Crane.
“Vieni con me.” Propose, il tono urgente. “Di qualsiasi cosa si tratti, lo convinceremo a ripensarci.” 
Spaventapasseri spalancò gli occhi: “Non scherzare.” disse. “Quando mai Joker ha rinunciato a qualcosa solo perché glielo chiedevi tu.”
No, no, non da Jonathan Crane… da lui, simili schifezze non poteva proprio accettarle.
“Potrei dirne tante anch’io sul tuo conto, ma sono più educato.” disse, e digrignò i denti. “Non ci credo, vorresti affrontare me?” e sollevò lo scettro, ma la sua scarica elettrica mancò il bersaglio: il ragazzo col volto coperto aveva spinto Spaventapasseri per terra, lontano dalla traiettoria del suo attacco.
“Vattene.” Disse poi, e Crane non se lo fece ripetere due volte.
Crane…
“Coraggioso, il tuo amico.” Commentò Nigma. “Ma c’è gente peggiore di me, qui in giro.”
C’era Joker, c’era Freeze, c’erano Harley e Poison Ivy.
Il ragazzo ghignò, e fu realmente fastidioso. “Una cosa alla volta.” disse, tracotante, ma mostrò presto di poterselo permettere: saltava, roteava e menava colpi con la violenza di una bestia. Edward non riuscì mai a colpirlo e parare i suoi colpi si dimostrò altrettanto doloroso che prenderli in pieno.
Se non fosse stato tanto più basso, avrebbe giurato che si trattasse di Batman.
Doveva solo scappare.
Gli facevano male i polsi, gli avambracci, la milza… corse così tanto che pensò di non riuscire mai più a riprendere fiato in vita sua.

**

Per Harley Quinn, le unghie strappate non erano il problema e neppure le ossa rotte; quando si guardava però - le vene che pulsavano in rilievo, scure come lividi, i polpastrelli verdi… - le passava la voglia di scoprire il resto del suo corpo; ad intervalli regolari un’infermiera - sempre la stessa, coperta di plastica da capo a piedi - arrivava per farle un’iniezione dopo l’altra. Poi controllava che fosse ancora saldamente bloccata sul letto di contenzione, prelevava un nuovo campione di sangue e sostituiva la busta per la trasfusione.
Doveva ammetterlo, un po’ aveva paura.
Se solo avesse saputo qualcosa del suo Puddin’… lo aveva visto mentre lo caricavano su un’ambulanza diversa dalla sua, gli occhi chiusi, sangue dappertutto, pallido come un morto sotto il cerone sporcato e sciolto.
Sentì gli occhi bruciare di nuovo ma si rifiutò di piangere, non era sconsolata. Se avesse ceduto alle lacrime, sarebbe finito tutto. Harley Quinn stessa sarebbe finita, perché il suo uomo meritava di meglio. Il suo Puddin’ era immortale, quindi l’Edera, o Freeze, o l’intero mondo, non avrebbero mai vinto in quel modo.
Loro non avrebbero dato a nessuno la soddisfazione di vederli tirare le cuoia.
Ivy era perfino arrivata a proporle un’alleanza, a dire che erano simili loro due, che insieme avrebbero potuto formare una squadra invincibile. Ovviamente, lei rifiutò.
In breve tempo, Harley si ritrovò a fuggire dalla battaglia, l’Edera le aveva sputato addosso ogni tipo di veleno.
Non riusciva a seminarla, i suoi rami erano dappertutto nell’edificio e tramite loro sapeva sempre dove trovarla; quei perfidi figli poi, le sbuffavano addosso strane spore, l’attaccavano continuamente.
Poi, Edward…
Lo vide attraversare il corridoio dirimpetto al suo e lo chiamò, gridò il suo nome con tutta la voce che aveva; lui si fermò di botto, il suo sguardo corse da lei ad Ivy, poi di nuovo a lei, i loro occhi si incrociarono e bastò un attimo.
Come leggendogli nella mente, si gettò per terra.
La luce.
Vide l’attacco di Edward riflesso sul pavimento, come un lampo di luce che sembrò accarezzarla, prima di passare oltre. Poi la punta di un paio di stivali da uomo vicino la sua faccia le fece alzare lo sguardo.
“Che. Bella. Soddisfazione.” Disse Nigma, e lei sorrise.
Avrebbe anche potuto ignorarla, o magari prendere due piccioni con una fava ed ammazzarla insieme ad Ivy, ma non lo aveva fatto.
“È…?”
“Che ne so.” Disse lui.
“Polso? Battito cardiaco?”
“Figurati se ha queste cose.”
Si vergognava di aver pensato tanto male di Edward.
“Giuro che al tre mi alzo.”
“Senza fretta.” Disse Nigma, sorridendo. “Intanto, raccontami pure i dettagli del vostro catfight…”

**

Harvey Dent pensò di essere invulnerabile agli elementi della natura: nella sua vita era sopravvissuto ad una donna pianta, due incendi, due annegamenti ed un’esplosione. Aveva perfino vinto a testate con la Terra, se si conta la caduta dall’altalena quando aveva cinque anni.
Gli venne da ridere.
Il ritrovamento dei cinque criminali più pericolosi di Gotham in una villa in fiamme, divenne quasi un affare di stato e purtroppo, Duefacce si ritrovò l’unico abbastanza in forze da sopportare l’assedio di domande della polizia; dopo appena qualche minuto di interrogatorio, guardò Jim Gordon dritto negli occhi.
“Non sono cazzi vostri.” Disse, e non profferì più parola.
“Jonathan?”
L’ex psichiatra imbracciava due armi, una mitraglietta ed un fucile. Le poggiò a terra giusto il tempo di liberarlo dalle corde.
“Joker è qui per me.” Disse. “Ma sono abbastanza sicuro che ce l’abbia pure con te.”
“E quando mai.” Commentò, alzandosi in piedi. “Giuro che stavolta lo secco.”
Era così strano, pensare che l’origine di tutto risalisse a tanti anni indietro. Fatti che ormai credevano dimenticati, sepolti.
“Tu non secchi proprio nessuno!” Lo rimproverò, mentre gli ficcava in mano il fucile. “Dobbiamo solo andarcene.”
“Paura, Johnny?” La voce di Joker li colse di sorpresa, lo videro appoggiato contro la porta. ”Non dovresti, sai quanto ti voglio bene, no?”
Duefacce sollevò il fucile, ma Crane ne afferrò la canna e l’abbassò, fulminandolo con lo sguardo.
“Cosa pensi che ti abbia fatto?”
“Credo sia più esatto dire cosa non hai fatto. Ma davvero, penso tu sappia già di che sto parlando… sapevi chi era Poison Ivy, una telefonata avresti anche potuto farla.” Disse, poi rise. “Anche a carico del destinatario.” La sua lingua schioccò velocemente, un suono ammonitore. “Vergogna, Johnny. Pensavo ci volessi bene.”
Probabilmente Spaventapasseri era stato il solo a capirlo fin da subito, che c’era la seria possibilità di non uscire vivi da lì.
“Tu sei malato, clown” Commentò Duefacce.
“Non stavo parlando con te!” Urlò, e fece qualche passo nella stanza.
“Vattene, Jonathan.” Ordinò poi Harvey, ed il clown sembrò trovarlo divertente.
“Massì Johnny, vattene pure.” disse, ed il suo tono non era mai stato tanto lugubre.
Dopo aver vissuto una cosa simile tutti insieme - sperimentare odio, rabbia, delusione e smarrimento, dopo aver tentato di ammazzarsi a vicenda -, probabilmente non sarebbero mai più riusciti a restare separati.
Joker s’inchinò con strafottenza al passaggio di Crane, poi iniziò a fissare Harvey in modo intenso, lo vide far scattare il caricatore del fucile.
“Guarda che l’automutilazione non mi spaventa.”
Il clown non capì subito, ma infine annuì. “Ah! Parli delle cicatrici!” Ridacchiò brevemente e si avvicinò di qualche passo. “Vuoi sapere come me le sono procurate?”

**

Jonathan Crane si rese conto di non sapere dove andare e probabilmente, quella luce circolare che lo illuminava come un riflettore non avrebbe dovuto essere lì: era strana, fastidiosa.
Strizzò le palpebre, alzò lo sguardo e lo vide: un grosso elicottero roteava nel cielo sopra di lui, illuminandolo col suo gigantesco faro; nonappena si mosse per uscire da quel fascio di luce, il velivolo andò via.
“Sai.” Disse il dottor Fries al suo fianco. “È per quei supercriminali, quegli evasi. Dicono che le ricerche non si fermeranno finché non li avranno ripresi tutti.” Abbassò la mano con cui s’era riparato gli occhi e sorrise. “Dobbiamo proprio andare. Il congresso è già iniziato.” Disse, e gli mise una mano sulla spalla.
Jonathan chiuse gli occhi.
Non avrebbe mai voluto lasciare la villa. Freeze non poteva lasciargli fare ciò che volevano, non dove riposava sua moglie. Il cuore gli si fermò per un attimo.
Solo che in quel momento, non ricordava perché. Il dottor Fries lo guidò fin nella sala d’ingresso dell’hotel, poi lo lasciò, precedendolo nella sala congressi. Jonathan si avvicinò alla reception e poggiò la sua ventiquattrore sul lucidissimo bancone.
“Devo registrarmi.”
“Nome, prego?”
Chiese un uomo; era alto, molto alto e magro coi capelli scuri, probabilmente troppo lunghi per il lavoro di front office che faceva. Sul petto, una targhetta recitava Edward e nient’altro e per un momento, Crane esitò.
“Signore?” Lo incitò Edward, guardandolo un po’ preoccupato.
“Jonathan Crane.”
Freeze lo aveva tradito? Possibile?
“Ma certo.” Sorrise l‘uomo. “Mi dia un documento adesso, per favore.”
Quando aprì la ventiquattrore si accorse che qualcosa non andava, non era la sua: i suoi documenti, il cellulare, il portafogli, perfino i biglietti per il ritorno a casa non c’erano più. Sul fondo giacevano solo un cilindro di plastica ed una maschera da spaventapasseri, brutta come poche cose.
“Oh, diavolo…” imprecò, portando due dita a massaggiarsi gli occhi.
“Ti stavo cercando.” Sobbalzò a quella voce improvvisa e si voltò. Restò in silenzio e Freeze fece lo stesso.
“Non è la mia valigetta.” Spiegò. “Devo averla scambiata ad un certo punto, non potrebbe lasciarmi passare comunque? Sono davvero in ritardo.” Disse, calcando l’ultima frase.
“Mi dispiace…”
“Immagino.” Disse Jonathan, riuscendo perfino ad apparire calmo.
“Cosa immagini?” Chiese Freeze, ed a passi lenti iniziò a disegnargli un ampio cerchio intorno.
“Sei sceso a patti con Joker, vero?”
“Naah, non pensarci troppo su! Si sistemerà tutto, vedrai.” Disse il barista, poi smise di botto di shakerare il suo drink, lo versò nel bicchiere e glielo passò, tutto nel giro di due secondi.
“C’era la mia vita, in quella valigetta.” Replicò Crane, sconsolato e troppo stanco per mettersi effettivamente alla ricerca del bagaglio perduto. Sentì il barista mormorare qualcosa, che somigliava pericolosamente ad un ma che minchiata.
“Prego?”
“Niente, và.” Disse l’uomo, sul suo petto una targhetta diceva solo -J. “Ahh… avevi i documenti nella borsa, no? Sono sicuro che il tizio che l’ha presa ti chiamerà lui.”
Jonathan sorrise, allontanò il bicchiere dalle labbra per portarlo sulla fronte.
“Io non ho niente contro di te. Sei stato un valido alleato, ma tutto questo deve finire.”
“…con la mia morte.”
Mentre tornava alla sua stanza, lungo il corridoio vide una cameriera dall’aria allegra avanzare in direzione opposta alla sua mentre spingeva un grosso carrello; stava canticchiando una filastrocca e sembrava non averlo neppure notato. Si scansò per lasciarla passare ma una ruota gli pestò un piede, il dolore lo fece imprecare.
“Uh? Ah! Mi scusi tanto!” Disse subito lei. Era bionda, sul suo petto la targhetta riportava solo: Harley.
“Non è niente.” Rispose Jonathan, ma era evidentemente irritato.
“Ecco!” Esclamò Harley, sollevando un indice in aria. “Se mi perdonerà, farò finta di non vedere, se consumerà qualcosa dal mini frigo.” Gli strizzò l’occhio e riprese a spingere il suo carrello, ricominciò a cantare, più forte di prima.
“Mi dispiace.” Disse Freeze, ma Crane sapeva che non era vero.
Solo che nonostante l’apatia, l’infelicità, le azioni sconsiderate degli ultimi anni, sentì chiaramente la voglia… di non morire e non se l’aspettava. Non così forte, per lo meno.
Lo squillo del telefono della camera lo fece sobbalzare: sollevò la cornetta ed una voce sconosciuta parve non vedere l’ora di restituirgli la sua ventiquattrore: gli diede appuntamento a casa sua, un posto leggermente fuori città e subito dopo aver riattaccato, Jonathan portò entrambe le mani a coprirsi il viso.
Non ricordava di aver mai avuto un’emicrania tanto forte in vita sua, ma sentiva che una volta recuperata la sua valigetta tutto sarebbe tornato a posto, sarebbe tornato a stare bene. Per sempre.
Vide Freeze sollevare la sua arma contro di lui.
La casa era tutta addobbata a festa, dalle finestre intensamente illuminate la luce usciva a rischiarare anche il cortile e la porta era aperta. Man mano che Jonathan si avvicinava, il rumore di voci, di musica, delle risate, si faceva sempre più forte.
“Jonathan Crane?” Si sentì chiamare e si voltò, aggrottò le sopracciglia. “Jonathan?” ripeté l’uomo; era basso, tarchiato, ed indossava un frack alquanto fuori moda. Era sicuro di non conoscerlo.
“Sono io.” Annuì, e per un attimo dovette chiudere gli occhi. “Sono venuto per la ventiquattrore.” Disse, e l’uomo sorrise come a sbeffeggiarlo, come se sapesse qualcosa che a lui sfuggiva. Decise di ignorarlo.
Si voltò a guardare la casa illuminata ed avanzo di qualche passo per raggiungerla; osservò l’interno attraverso la porta aperta e vide una scala, in cima alla quale una figura scura, irriconoscibile, sembrava guardarlo come se lo stesse aspettando.
“Non la riconosci?” Disse l’uomo alle sue spalle, e sembrava divertito. “Non ti sembra di averla già vista, quella vecchiaccia?”
Gli bastò un attimo per decidere che avrebbe tentato il tutto per tutto.
Crane continuò ad ignorarlo, avanzò ancora verso la casa, verso la figura scura di quella donna.
“In caso te lo stessi chiedendo sì, lei ti stava aspettando già da un po’.” Continuò la voce dietro di lui. “Sei proprio sicuro di voler entrare?”
Crane annuì e per un momento, la testa gli girò talmente forte che dovette fermarsi e chiudere gli occhi.
“Ehi, Jonathan!”
Non sapeva cosa quell’uomo avesse ancora da dirgli ma si voltò lo stesso; si ritrovò la bocca di una pistola puntata dritta in mezzo agli occhi e per un momento gli parve di ricordare.
“Naah.” Lo sfotté Pinguino. “In fondo… tu non sei come loro.” Disse.
Sollevò la mitraglietta contro Freeze, l’unica persona che avesse mai ammirato in vita sua.
E sparò.
E sparò.

**

La luce era accecante, il rumore insopportabile e molte mani cercavano di trattenerlo.
Non riusciva a deglutire, perfino respirare gli era doloroso; sentiva la schiena fradicia di quello che immaginò fosse sudore e con un ultimo, immenso sforzo, si districò abbastanza per afferrare il camice di uno degli infermieri che lo circondavano. Con uno strattone lo attirò a sé finché non furono faccia a faccia.
“Chi sono, io?”
“C-Crane! Lei è Jonathan Crane.”

**

Appeso a testa in giù fuori dalla finestra dell’ospedale, Dick Greyson attese fino allo spegnimento delle luci, finché tutto il personale non si fosse dileguato dalla stanza riservata allo Spavetapasseri, poi entrò.
Restò fermo nell’oscurità per qualche minuto, in piedi ad osservare il respiro regolare che le macchine pompavano nei polmoni di Crane e pensò che non fosse giusto.
“Mi hai fregato un’altra volta.”
Disse, poi finalmente avvicinò una sedia al letto e si sistemò a suo fianco; quella che sembrava un’eternità passò in silenzio, perché a dire il vero Richard non sapeva proprio cosa dire né tantomeno se sarebbe potuto servire a qualcosa. Per molto tempo, semplicemente restò a vegliare lo Spaventapasseri e di nuovo, ma per molti più motivi, non gli sembrò giusto.
“Magari non serve, eh.” Mormorò all’improvviso, e si tese in avanti sulla sedia. “Ma sappi che so bene quanto è difficile trovare qualcosa o qualcuno in cui credere. Probabilmente ho sbagliato a chiederti di credere in me, allora. Non ho mai avuto niente che valesse la pena nascondere, ma immagino tu te ne sia già accorto.”
Disse, e si sfilò la maschera dalla faccia; l’osservò per un attimo prima di nasconderla sotto il cuscino dove Crane riposava.
Pensò che se l’ex psichiatra fosse stato sveglio, avrebbe capito… anche senza bisogno di parlare.
Ancora una volta, non era giusto.
Guardò Jonathan ancora per un po’, poi sospirò e si stese contro lo schienale della sedia, chiuse gli occhi. “Non è giusto.” disse, ad alta voce per la prima volta, ed allungò una mano a prendere quella di Crane, facendo attenzione alla flebo se la portò sotto il mento; era calda.
Chiuse gli occhi, ed iniziò ad ummeggiare una canzone.


Cast shadows through the days and swing the night. And come with me.
There’s nothing to believe in here, so just believe in me.
Your sense of apprehension suits you, you wear your troubles well.
I’ve nothing left to hide from you, I’ve got no God to sell.
(Lancia ombre attraverso i giorni e dondola(?) la notte. E vieni con me.
Non c’è niente in cui credere qui, quindi credi in me.
La tua inquietudine ti dona, indossi bene i tuoi guai.
Non mi resta niente da nasconderti. Non ho nessun Dio da vendere.)


Vi è sfuggito qualcosa? Avete dei dubbi?
Tenterò di far luce sui punti bui rimasti: 1) Vi domandate che fine abbia fatto Ivy? Dopo averla stesa, Edward ed Harley l’hanno trascinata in una delle stanze del primo piano quindi sì, infine lei si è salvata per davvero… solo per essere acciuffata da Batman poche ore dopo.

We can hide away for days, pretend the world has ended.
No more drama, no more pain -- pretend the world has ended.
We can run away tonight -- pretend the world has ended.
No matter what they say, we’ll work out fine: ‘cause you and I, we know this is heaven.
(Potremmo nasconderci per giorni, fingere che il mondo è finito.
Non più drammi, non più dolore -- fingere che il mondo sia finito.
Potremmo scappare via stanotte -- fingere che il mondo sia finito.
Non importa quello che dicono, ce la caveremo: perché io e te sappiamo che questo è il paradiso.”

Altro dubbio?
2) Vi state domandando se il tizio mascherato e “tanto più basso di Batman” fosse Dick? Sì, era lui. Vi chiedete come sia scappato? Dopo aver lasciato soli Duefacce e Joker, Spaventapasseri lo ha incontrato ed opportunamente imbrogliato per riuscire a metterlo ko e salvargli la vita. È a questo che si riferiva, con il suo “Mi hai fregato di nuovo.”

Your hair is damp from the rain, hungry eyes that look like lust.
The ghosts of lost loves follow you, you feel but you can’t trust.
Time disappears inside you, ‘till there’s nothing left but us.
You wave goodbye to everyone, and hope our love’s enough.
(I tuoi capelli sono umidi di pioggia, occhi affamati che sembrano lussuria.
I fantasmi di amori perduti ti inseguono, puoi sentire ma non riesci a fidarti.
Il tempo scompare dentro di te, finché non resta altro che noi.
Dì addio a tutti con la mano, e spera che il nostro amore sia abbastanza.)

Ultima esitazione?
3) vi chiedete come abbiano fatto a sopravvivere quei criminali ;)? Vi dirò, non ne ho idea. Forse è stato Dick a salvarli, con l’aiuto del suo gruppo di Titans, o forse Ivy ha demolito la casa coi suoi rami in cerca di una via di fuga, chi lo sa… cioè, in fondo vi importa davvero?

Just put your hand in mine, then cast your doubts aside.
(Metti semplicemente la tua mano nella mia, poi getta via i tuoi dubbi.)


FINE.


Ma prima che ve ne andiate. Posterò presto un epilogo a questa storia, che farà un po’ da introduzione al prossimo sequel. Continuate a seguirmi ;)!


Ringrazio tutti del sostegno, è magnifico che mi abbiate seguita fin qui, alla fine.
Un abbraccio,
XxX.SilverLexxy.XxX

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