La prescelta

di deba
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** capitolo 18 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


cap 1

Eccomi qua con un’altra pazza idea. È da un po’ che ci pensavo su, poi ieri sera finalmente l’illuminazione che aspettavo.

Fatemi sapere se sono riuscita a cogliere un po’ della vostra curiosità!!

Lo so che questo capitolo è corto, ma fa un po’ da apri pista!!

Buona lettura!

 

 

 

 

La prescelta

 

 

CAPITOLO 1

 

‹‹Ahi che male! ››.

Gridò una ragazza, dopo che un libro le cadde in testa. La ragazza dai capelli castani si massaggiò la testa e il bernoccolo che presto le sarebbe cresciuto senza indugio.

‹‹Isabella, tutto bene? ››.

La voce proveniva da una donna di circa sessant’anni, che fece poco dopo il suo ingresso nella stanza, in cui la povera mal capitata ancora si massaggiava il capo.

‹‹Si, zia. Tranquilla. Mi è solo caduto un libro in testa.››

‹‹Lo dico sempre ai padroni di casa di spostarli, ma non mi danno mai ascolto! ››. Disse la donna con tono accusatorio. ‹‹Dai piccola, resisti. Almeno questi soldi sono guadagnati, no? ››. Chiese la zia cercando di convincere, come ogni volta la nipote, che il loro lavoro portava sempre i suoi frutti. E così era.

Isabella era una ragazza di 18 anni, altezza normale, capelli castani e lunghi, occhi marroni ma con delle strane sfumature d’oro che andavano verso l’esterno, bella, anche se lei non credeva di esserlo. Frequentava il quarto anno del liceo di Forks, un piccola cittadina nello stato di Washington. Qualche volta nel pomeriggio, come quello in cui ha inizio questa storia, lei aiutava la zia a pulire le due ville di cui si occupava, mentre i proprietari erano all’estero. La zia non riusciva più ormai a compiere il lavoro da sola, così aveva strappato un aiuto alla nipote, dietro ovviamente giusta ricompensa per il lavoro svolto.

Isabella, a scuola, non era tra le ragazze più popolari, ma per fortuna dal canto suo, neanche tra quelle che venivano prese in giro saltuariamente , se ne stava semplicemente per i fatti suoi, seguendo la scuola normalmente.

Quel giorno, come gli altri, le era capitato di pensare agli strani ragazzi che erano arrivati alcuni mesi prima nella sua scuola. Erano tutti belli, tutti diversi, ma anche stranamente simili, eppure non era per questo che attiravano la sua attenzione qualche volta. No, più che altro era per il fatto che stessero sempre per i fatti loro. Non li aveva mai visti stringere amicizia con nessuno. Ma lei poi cosa si stupiva. Era uguale a loro, sotto quel punto di vista. L’unica persona con cui spesso parlava era anche la sua più grande amica, Lizzy. Amica d’infanzia che la conosceva profondamente senza giudicarla mai. Però loro in qualche modo sembravano ancora più distanti e diversi dal suo mondo.

Stava pensando per l’ennesima volta allo sguardo che il più bello, secondo lei, dei Cullen, così si chiamava la famiglia, le aveva lanciato la prima volta che l’aveva incontrato nei corridoi. Era stato un semplice sguardo, ma lei si era sentita montare dentro mille emozioni contrastanti tra di loro che l’avevano lasciata spaesata. Ripensava spesso a quell’episodio perché non ne aveva più avuto seguiti. Lui non l’aveva più guardata nemmeno una volta o di sfuggita, nonostante frequentassero assieme l’ora di ginnastica e biologia, figuriamoci parlarsi poi. Ma almeno si consolava sapendo che lo stesso trattamento che riservava a lei, lo riservava anche al resto dell’istituto.

Proprio mentre faceva quei pensieri, le era caduto un libro in testa.

‹‹si zia, hai perfettamente ragione. ››

Dicendo così la risposta esatta, la donna tornò nella stanza di cui si stava occupando, mentre Isabella, o Bella per l’amica e i suoi genitori, tornò ad azzuffarsi con i suoi amati libri.

Si trovava nella stanza adibita a biblioteca. Se non fosse stato per il caos che vi regnava, Isabella credette che quella sarebbe stata per lei la sua sala preferita, semmai un giorno avesse potuto abitarci.

Vi era un camino sul quale vi erano posate diverse mini sculture di cui non si capiva bene il significato, ma che rimandavano senza dubbio alla cultura celtica e anche cinese, del resto come la maggior parte degli oggetti e del mobilio dell’intera casa. I proprietari infatti erano di origine celtico-irlandese, ma vivevano e lavoravano ad Hong Kong e venivano lì a Forks solo per vacanze natalizie. Su tutti i muri della stanza, se non vi erano finestre, c’erano solo ripiani, ripiani e ancora ripiani pieni zeppi di libri. Al centro , posizionate verso il camino, due poltrone separate da un tavolino. Isabella, se avesse potuto, lo avrebbe scelto come suo bunker segreto dove rifugiarsi dal mondo esterno, di cui non si sentiva pienamente parte integrante.

 

La ragazza era appena salita su una scala per spolverare la facciata della libreria quando tre volumi pressoché identici attirarono la sua attenzione. Erano decisamente antichi e agli occhi suoi, preziosi, e di questo non si sbagliava minimante. Prese il primo e con molta delicatezza lo sfogliò. Non capiva cosa c’era scritto però era affascinata dalle figure che spiccavano tra le pagine. Figure mitologiche a parer suo, ma decisamente bellissime, nonostante alcune, secondo lei, non erano buone.

Stava per rimettere il volume al suo posto quando un luccichio nel posto dove prima si trovava il libro attirò la sua attenzione. Sembrava una spilla d’oro raffigurante uno strano simbolo celtico. Allungò la mano per poterlo afferrare e vedere meglio da vicino, ma nel momento in cui Isabella sfiorò l’oggetto, una scarica elettrica le percorse il braccio, diffondendosi per tutto il corpo. Le parve quasi che il tempo si fosse fermato, e chissà, forse, era veramente successo, anche se non per tutti allo stesso modo.

 

Ripresasi da quello strano episodio, Isabella stava cercando ancora  una volta di mettere al suo posto quel libro solo che non ci riusciva, continuava a fissare quell’oggetto. Si sentiva strana, perché credeva che quell’oggetto le appartenesse, non sapendo ovviamente come mai lo sapesse. Ci pensò su ancora qualche secondo, poi decisasi si infilò in tasca la spilla e rimise a posto il libro, continuando nel suo lavoro, mentre nel suo animo sentiva che quella era stata la cosa giusta da fare e un’altra strana sensazione familiare di forza la invadeva. Non sapeva però quanto quel gesto, presto, le avrebbe cambiato la sua intera esistenza.

 

 

Contemporaneamente, in più luoghi differenti nel pianeta, creature fantastiche, che popolano soprattutto gli incubi dei bambini, presero coscienza che presto il mondo stava per cambiare.

Per alcuni si trattava di una minaccia, di un nemico da combattere il più presto possibile. Tra questi vi era specialmente una perfida famiglia dagli occhi rossi, che con la forza, nel passato, si era presa il posto di cui oggi famelica si vantava su tutti i suoi simili, comandava su di loro per il proprio interesse, non importandogli se potevano creare scompiglio e odio, perché sicuri della propria supremazia.

Per altri invece si trattava di una liberazione, di un sogno che si avverava e che bisognava aiutare a difendersi dall’oscurità che presto l’avrebbe attaccata. Tra questi vi era specialmente una splendida famiglia dagli occhi oro, che aveva vissuto finora nella più ricercata tranquillità, cercando di stare alla larga, per quanto possibile, dalle grinfie della casata reale della sua specie che si era autoincoronata sovrana centinaia di anni fa. Il suo compito ora, come quello di tanti altri, era quello di aiutare la prescelta a compiere il suo destino e prendersi quello che gli spettava di diritto da secoli.

Una pensiero però che accomunava entrambe le fazioni nel mondo era solo uno. Dove e specialmente chi era la prescelta che, finalmente, si era risvegliata?

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


cap 2

CAPITOLO 2

 

 

 

Un ragazzo, seduto sopra un tetto osservava assorto nei suoi pensieri l’alba, che stava pian piano rischiarando il cielo notturno, che fino ad un attimo prima aveva oscurato parte del mondo.

Certo se qualcun altro lo avesse visto in quel momento, sicuramente avrebbe pensato che volesse, come minimo, suicidarsi, perché nessuno sano di mente sarebbe salito nel punto in cui si trovava lui, sopra quella immensa villa, solo per guardare meglio l’alba. Ma fortunatamente ciò non sarebbe mai potuto avvenire, perché la casa in questione si trovava dispersa in mezzo ai boschi, lontana dal centro della città e di conseguenza da occhi indiscreti.

Edward, questo era il suo nome,  era un ragazzo alto più o meno 1 metro e 80 centimetri, aveva dei capelli perennemente scompigliati di una strana tonalità castano ramata; il suo viso era perfettamente ben delineato in ogni sua forma e i suoi occhi erano dei profondi pozzi d’oro. Inoltre, era portatore di segreto millenario.

 

Edward si era ritrovato, come spesso accadeva negli ultimi mesi da quando lui e la sua famiglia si erano trasferiti lì, a pensare, involontariamente, a quella strana ragazza che aveva incontrato nei corridoi i primi giorni di scuola.

Era rimasto semplicemente colpito e affascinato dalla bellezza di lei e soprattutto dal suo sguardo. I suoi occhi erano marroni, ma con delle striature verso l’esterno che si sfumavano all’oro. Li avrebbe giudicati istintivamente belli, se non avesse saputo che per una persona normale quel colore era a dir poco strano. Lui lo sapeva benissimo.

Si auto imponeva di credere che fosse questo il solo motivo che lo spingeva a pensare spesso a lei, ma forse era solo una banale scusa. Ciò nonostante dopo quel primo incontro di sguardi, aveva fatto in modo che non ce ne fossero stati altri in futuro. Non poteva permettersi un simile sbaglio. Lui e la sua famiglia si erano imposti di evitare di farsi conoscere dalla gente, così da non poter mettere ancora più in evidenza la loro diversità.

Perciò lui non aveva mai rivolto a lei neanche un insignificante “ciao”. A volte si concedeva solo di guardarla attraverso gli occhi degli altri. Poteva sembrare strano già, ma non impossibile, almeno non per lui. Lui così diverso da lei. Lui che era il suo predatore e lei una sua possibile preda. Se ancora forse non era chiaro, lui era il predatore per eccellenza più affascinante di tutti i tempi e di tutte le leggende, lui era un vampiro.

 

Edward scrollò teatralmente la testa, non doveva pensare a lei. Gli faceva male e questo a volte era davvero successo.

Lui sapeva leggere nel pensiero delle persone, ma con lei faticava e non poco. Ogni volta che tentava di intrufolarsi nella sua mente, era come se ogni suo pensiero fosse avvolto da un manto di nebbia e cercare di rischiare i suoi pensieri significava concentrare tutta la sua forza e tutta la sua concentrazione su di essa facendolo diventare un bersagliodebole. I vampiri in questione erano in possesso di un’affascinante ed immensa mente, che permetteva loro di pensare a più cose contemporaneamente. Edward però se si concentrava su di lei, si era accorto di non riuscire a pensare ad altro e per questo, come era solito istintivamente fare ogni vampiro, non poteva stare allerta ad un qualsiasi pericolo imminente, e ciò era per lui terribilmente frustrante. Perciò aveva semplicemente evitato di farlo, pensandola anche come una benedizione, così meno avrebbe saputo di lei, meglio sarebbe stato per tutti.

 

Il mormorio dei suoi familiari all’interno della casa lo distrasse, permettendogli di accantonare il pensiero di quella ragazza in un luogo buio e lontano della sua mente. Erano tutti in ansia per quello che era accaduto lo scorso pomeriggio. Si, anche lui lo aveva percepito, come lui sicuramente tutti i suoi simili nel pianeta.

Il tempo si era come improvvisamente rallentato facendo accendere una specie di lampadina a tutti nel proprio inconscio, che avvertiva loro che la prescelta si stava risvegliando. Edward aveva sentito molte leggende su di lei, ma ora aveva avuto la conferma sulla loro veridicità. La vampira più potente di tutti i tempi sarebbe dovuta ritornare al trono per portare la pace tra i suoi simili. Sapeva però quanto questo sarebbe stato difficile, perché di sicuro i Volturi non sarebbero rimasti con le mani in mano, lasciando che il loro potere venisse tolto loro dalle mani. Questo avrebbe portato senz’altro ad una guerra. Ma loro non potevano farci nulla. Loro erano contro i Volturi, quindi di conseguenza avrebbero dovuto proteggere colei che era riuscita a spezzare il sortilegio di quei tre. Il problema ora era solo capire dove fosse…

‹‹Edward?››.

Lo chiamò piano una ragazza minuta dai capelli nero corvini sbarazzini, conscia che lo avrebbe sentito.

‹‹Cosa c’è Alice?››.

Rispose il ragazzo con lo stesso tono di voce.

‹‹Dobbiamo andare a scuola!››.

‹‹Arrivo!››.

Dopo di che con un balzo felino, Edward, scese aggraziato dal tetto, atterrando senza rumore davanti alla porta d’entrata.

 

 

 

Venti minuti prima, a qualche chilometro da quel luogo, una ragazza si stava svegliando da un sonno tormentato.

Isabella per tutta la notte non aveva fatto altro che sognare le figure che aveva visto nel libro trovato, mentre spolverava la libreria degli irlandesi. Le figure erano animate e si comportavano in una maniera terribilmente animalesca, li vedeva uccidere e cibarsi di altre figure, anche se non tutti lo facevano. Vedeva occhi rossi e occhi oro ovunque.

Ogni tanto le si parava davanti delle frasi in una lingua sconosciuta, ma che lei nel profondo del suo cuore sapeva di conoscere. Si sforzava, ma non riusciva a dare un senso a quelle parole.

Aprì gli occhi per sua fortuna, prima che la sveglia iniziasse a suonare. Aveva cercato di farlo più volte durante la notte, non riuscendo a strapparsi via da quei brutti incubi. Ora però c’era riuscita perché la schiena, anzi più precisamente la parte bassa della schiena, all’altezza dei famosi baci d’angelo, continuava a darle fastidio, come se qualcosa pizzicasse la sua pelle, ma più cercava di grattarsi, più il fastidio aumentava. Così ancora scossa e sonnolente si avviò nel suo bagno per farsi una doccia, con speranza rigeneratrice.

 

Una volta uscita dal caldo tepore dell’acqua, si asciugò e prima di vestirsi, come sua abitudine, si massaggiò tutto il corpo con la sua crema dopo bagno alla vaniglia. Quando arrivò sulla parte bassa della schiena, si accorse di non provare più il fastidio che aveva provato prima, ciò nonostante istintivamente diede le spalle allo specchio per osservarsi e ne rimase scioccata. Lì in basso, comparso dal nulla, c’era un disegno. Era impossibile. La ragazza stentava a credere ai suoi occhi. Corse al lavandino e con sapone ed acqua cercò di pulire via quella macchia senza alcun risultato. Era proprio un tatuaggio, impresso sulla sua pelle.

La cosa che però la spaventò di più fu il fatto di accorgersi che il disegno in questione raffigurava lo strano simbolo celtico che c’era sulla spilla che il giorno prima aveva trovato nella villa in cui lavorava. Non sapeva più cosa fare e cosa pensare.

Poi una voce la richiamò dal suo stato catatonico.

‹‹Bella, vado in centrale, tu faresti meglio a sbrigarti se non vuoi fare tardi a scuola!››.

Era il padre della ragazza. Charlie, capo della polizia di Forks.

‹‹Si. Mi sbrigo!››.

Rispose titubante Isabella.

Dopo essersi guardata ancora una volta allo specchio decise di lasciar correre per il momento quello strano episodio e di sbrigarsi, perché era veramente in ritardo.

 

 

 

 

 

Allora!!!

Eccomi qui con il secondo capitolo!!

Cosa ne pensate mie care?? La storia vi intriga??

Lo spero davvero!!!

A presto

Deba

 

 

Ps. Ecco altre mie storie in corso:

 

La mia vera origine

 

 La mia casa sei tu

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


cap 3

Capitolo 3

 

 

 

Isabella come ogni mattina prese il suo pick up rosso slavato, che il padre le aveva regalato una volta compiuti i sedici anni, e di conseguenza una volta avuta la patente, e si avviò a scuola.

Aveva svolto più o meno le stesse cose abitudinali che faceva da due anni a questa parte, ma ciò nonostante sentiva che tutto era diverso, tutto non era più come prima, tutto le sembrava che prendesse un valore differente.

Parcheggiò nel suo solito posto, né troppo vicino a quello dei più ricchi e popolari, né troppo vicino a quello degli sfigati. Scese e si avviò verso la sua amica Lizzy, che stava scherzando assieme alla sua “comitiva”. Quest’ultima aveva cercato più volte di portarsi Bella nella compagnia, ma lei non si sentiva a sua agio assieme a loro, perciò aveva accantonato l’idea. Ciò nonostante le era sempre rimasta amica, perché conosceva abbastanza bene Isabella, e la considerava una ragazza d’oro.

‹‹Buongiorno Lizzy!››

Le disse Isabella sporgendosi subito per regalarle un abbraccio, che la sua amica contraccambiò sinceramente.

‹‹Giorno Bella! Ehi, ma hai fatto le ore piccole stanotte?››

La ragazza restò un po’ colpita dalla domanda dell’amica, in quanto questa sapeva che a lei non piaceva molto uscire.

‹‹Lizzy, ma che domande mi fai?››

La ragazza dai capelli ricci ribelli fece una risata.

‹‹Tesoro hai due occhiaie da far invidia ad uno zombie!››

Isabella rise a quella battuta, mentre era scioccata in quanto le erano tornate alla mente le immagini che le avevano provocato quei segni violacei.

‹‹Bella stai bene? Sei sbiancata all’improvviso!››.

Lizzy ora era seria e anche preoccupata.

‹‹si, si! È solo che stanotte non ho dormito molto bene…››.

‹‹sicura?››

Chiese ancora un po’ preoccupata l’amica di lei.

‹‹Si!››.

Disse più decisa Isabella, tanto che riuscì ad ingannare anche l’amica.

 

Isabella stava per cambiare discorso, quando questo si fece strada da se. Tutti gli occhi dei ragazzi, come succedeva ogni mattina da un paio di mesi ormai, si voltarono come una calamita sulla volvo grigio metallizzata che aveva appena fatto il suo ingresso nel parcheggio della Forks High School.

La macchina parcheggiò nel suo solito posto, e dopo un ringhio felino del motore, si spense, facendo scendere da essa 5 individui magnifici.

Isabella cercava di non dar loro troppa importanza per non ritrovarsi a pensare ai suoi soliti bizzarri filmini su Edward Cullen.

‹‹Lizzy io entro che ho delle cose da fare. Ci vediamo a pranzo.››.

Non lasciò neanche il tempo all’amica di controbattere, che si era già allontana a distanza di sicurezza.

Lizzy, dal canto suo, l’aveva guardata allontanarsi dicendosi che a volte era veramente strana la sua amica.

Quello stesso pensiero un po’ differente era saltato in mente anche a qualcun altro.

‹‹Riconfermo quella ragazza è proprio strana!››

A parlare era stato un ragazzo dalla chioma leonina e dagli occhi color dell’oro. Agli occhi degli umani era bellissimo, ma dagli occhi di chi sapeva, era un vampiro.

‹‹Bè Jazz, qualcosa che non va deve pur avercelo dato che il nostro fratellino non riesce a leggerle in modo chiaro la mente!››

Stavolta a parlare era stato Emmett, un ragazzo alto quasi due metri, dai capelli corti e un po’ riccioluti e neri, anch’esso come l’altro, in possesso dei medesimi occhi e dello stesso segreto.

‹‹A dire il vero mi riferivo al fatto che non ci fissa come fanno tutti!››.

Aveva risposto Jasper, o Jazz come lo aveva chiamato il fratello.

Fratello, si fa per dire è ovvio.

I ragazzi Cullen erano, nella versione ufficiale, i figli adottivi del dottor Cullen, che assieme alla sua bellissima moglie, si era trasferito nella cittadina di Forks per svolgere l’incarico di primario nell’ospedale.

‹‹Forse è l’unica che si è resa conto che se vuole sopravvivere ci deve stare alla larga!››

A parlare gelida e razionale era stata Rosalie, la compagna di Emmett, una vampira bionda da una bellezza mozzafiato.

‹‹Abbiamo altro a cui pensare! Dateci un taglio!››

A parlare questa volta fu Edward, in parte oggetto, anche lui, della breve discussione.

A sua volta si girò e se ne andò nell’aula di spagnolo, mentre malediceva mentalmente i suoi fratelli che gli avevano rimesso in testa la ragazza.

 

 

Una volta in mensa sia Edward sia Isabella si sforzavano di non guardarsi. A dire il vero quello che faceva più fatica era proprio la ragazza, perché Edward poteva benissimo osservarla con “altri occhi”.

 

‹‹Bella, perché mangi così poco?››

La voce squillante di Lizzy aveva interrotto quella battaglia psicologica che stava combattendo Isabella mentalmente per non guardare lui.

‹‹Dopo ho ginnastica e se non voglio mettermi a fare a pugni con lo stomaco...››

Isabella aveva lasciato la frase in sospeso, e Lizzy si era messa a ridere come una pazza.

‹‹Dimmi che stai pensando anche tu a quel giorno al Luna Park di Seattle?!››.

‹‹Veramente ero da poco riuscita a cancellare quel spiacevole ricordo… grazie di avermelo fatto tornare in mente!››.

E insieme questa volta risero animatamente di allegri giorni passati, facendo istintivamente voltare Edward. Lei però non fu abbastanza svelta per incontrare i suoi occhi.

 

‹‹Edward che ti prende?››

Jasper, vampiro speciale come il fratello, era in grado di percepire l’umore della gente e a sua volta cambiarlo a suo piacimento.

‹‹sembri agitato, scioccato?!››

Il ragazzo dai capelli ribelli si voltò con uno sguardo di difesa verso i suoi familiari, che ora lo guardavano interrogativi.

‹‹Non riesco più a sentire i pensieri della ragazza! Prima erano come avvolti da una nebbia, ma c’erano. Adesso sento il nulla. Sembra che la sua mente sia vuota!››

I suoi fratelli non seppero cosa dire, non riuscendo dare una spiegazione  a questo strano, nuovo episodio.

La campanella li riscosse tutti  e silenziosi si avviarono verso le proprio lezioni. Edward era quello più teso, perché ora avrebbe avuto ginnastica. Quindi avrebbe visto lei.

 

 

Una volta arrivati in palestra il professore comunicò agli studenti che avrebbero iniziato ad allenarsi nell’atletica leggera, in vista delle gare scolastiche che venivano fatte per classi ogni anno.

‹‹Isabella spero che ti farai valere anche quest’anno!››

‹‹Certo!››.

Edward sarebbe impazzito, se non avesse avuto la possibilità di leggere nel pensiero dell’insegnante quella parte di vita di Isabella, alla quale lui non aveva potuto assistere. La vide, nei ricordi dell’anziano professore, bella e aggraziate vincere la gare inerenti alla corsa e al salto in alto.

‹‹Direi proprio di iniziare dal salto in alto. Che ne dite?››.

Il professore ricevette commenti di approvazione e qualche pernacchia, che ovviamente non mancava mai nel gergo giovanile.

L’insegnante iniziò a chiamare,  e uno alla volta tutti effettuarono il salto.

‹‹Edward Cullen?››.

‹‹Eccomi››.

Tutti istintivamente lo osservarono, anche Isabella, curiosa di lui.

Edward, come era ovvio aspettarsi, effettuò una corsa aggraziata ed un salto al dir poco perfetto.

‹‹Magnifico!››

Esultò l’insegnante, speranzoso che quell’anno la sua classe sarebbe riuscita a vincere anche nel girone maschile, grazie al nuovo arrivato.

‹‹Isabella Swan?››.

‹‹Pronta!››.

A dire il vero Isabella si stava rodendo dentro sapendo che Edward la stava guardando di sicuro. Voleva girarsi e guardarlo, ma si impose di non farlo e di pensare a quello che doveva fare.

Dopo un profondo respiro, eseguì il suo salto.

 

Come aveva pensato la ragazza, Edward la stava osservando. La vide correre aggraziata, come un umano non era in grado fare secondo lui, e poi saltare decisa sicura e perfetta. Un’altra cosa però attirò l’attenzione di Edward una volta che Isabella effettuò il suo salto.

Infatti nel cadere nel materasso, la maglietta di lei si era lievemente alzata, lasciando scoperto, agli occhi perfetti di lui, il tatuaggio che aveva nella parte bassa della schiena.

Istintivamente, senza capire subito il perché, Edward si irrigidì. Era sicuro di aver già visto quel simbolo.

Cominciò a sfogliare nella sua mente tutti i presunti libri che aveva letto in passato. Dopo circa un centinaio di libri finalmente trovò quello che stava cercando e lui non poteva credere alla sua perfetta memoria. Non riusciva a crederci davvero. Il simbolo che la ragazza portava era lo stesso che nel libro, che stava ora ricordando, diceva essere il mezzo per riconoscere la prescelta che sarebbe dovuta divenire la sovrana dei vampiri. Quella che lui e la sua famiglia non sapevano dove cercare, ma che dovevano proteggere.

‹‹L’ho trovata!››.

Edward non si accorse di aver detto quelle parole con paura e non con sollievo.

 

 

 

 

Allora!!! sono qui con il terzo capitolo!!!

Bene bene. Edward ha trovato la prescelta, ma non ne è felice. Perché?

Ditemi se vi è piaciuto…

A presto!!

Un bacio

 

 

Alte mie ff in corso:

 

La mia vera origine

 

 La mia casa sei tu

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


cap 4

Capitolo 4

 

 

‹‹Signor Cullen, tutto bene?››.

Finalmente Edward si riscosse al suono della voce del professore che da un pezzo lo stava chiamando.

‹‹Come prego?››.

Era troppo sconvolto da quello che aveva appena scoperto, per concentrarsi sui pensieri dell’uomo.

‹‹La lezione è finita ed è ancora lì in piedi!››.

Il ragazzo era incredulo, non si era veramente reso conto.

‹‹Ammetto di avere un po’ di mal di testa. Credo andrò in infermeria. Con permesso!››.

E con il modo di fare di un gentiluomo del novecento, si congedò dall’insegnante.

Appena fu nello spogliatoio si sedette cercando di dare un senso ai pensieri che gli vorticavano dentro.

Si. Non aveva dubbi. La ragazza portava veramente quel tatuaggio: un nodo celtico.

 

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Una coincidenza? Forse. Ma allora come poteva spiegarsi che dopo essersi reso conto del risveglio della prescelta, quella mattina non era stato in grado di sentire la sua mente? Non che prima fosse facile, ma almeno un appiglio ce l’aveva.

Ma perché lei?

Ecco, questa era la domanda fondamentale.

Perché lei?

Edward non riusciva a vedere quella ragazza, come la vampira più potente al mondo. Lei così fragile, così piccola e indifesa.

Eppure lui si sentiva in parte anche felice, perché avrebbe potuto entrare in contatto con lei. Si sarebbe fatto suo schiavo per l’eternità, se lei glielo avesse chiesto.

Prima però lei doveva riprendersi il suo trono e questo non sarebbe stato facile.

Fu quest’ultimo pensiero che portò Edward alla realtà. Aveva trovato la prescelta e non c’era tempo da perdere. Doveva avvisare i suoi familiari. Non sapeva quanto tempo sarebbe servito ai Volturi e ai suoi sudditi per scovarla.

Prese il suo cellulare e inviò un messaggio alla sorella per dirle di avvisare il resto dei fratelli e di recarsi subito a casa. Di sicuro lo stava già facendo prima di inviare quel messaggio, dato che Alice, la vampira dai capelli sbarazzini, aveva il dono di prevedere il futuro.

Non c’era più nessuno nello spogliatoio, così Edward poté avvalersi della sua velocità da vampiro per cambiarsi e una volta fatto, chiamò il padre.

‹‹Edward, qualcosa non va?››.

Rispose il padre, e creatore, del ragazzo non appena vide sul display il nome del figlio.

‹‹Carlisle devi venire subito a casa!››.

‹‹E’ forse successo qualcosa?››.

Carlisle, un vampiro biondo che dimostrava circa venticinque anni, era stato sempre una persona riflessiva e razionale, che non si faceva prendere subito dal panico.

‹‹L’ho trovata! Ho trovato la prescelta!››.

Ed infatti cercava di far calmare il figlio che sembrava a dir poco sotto shock.

‹‹Figliolo calmati! Ne sei sicuro?››.

‹‹Si! Ho visto il tatuaggio!››.

Carlisle fu sorpreso, ma non irrazionale. Sapeva di dover verificare, perché ormai i tempi erano cambiati. E poteva accadere che qualche maniaco della cultura celtica si tatuasse alcuni simboli, tra cui anche quello.

‹‹D’accordo. Ci vediamo a casa fra dieci minuti!››.

Detto questo entrambi chiusero la comunicazione.

 

Quando Edward uscì dallo stabile trovò tutti i suoi fratelli che lo attendevano curiosi e un po’ preoccupati per quell’improvviso richiamo.

‹‹Non fatemi domande. Ora ne parleremo con Carlisle!››.

Edward leggeva nei loro pensieri le domande che volevano porgli, così aveva tagliato corto in quel modo.

 

*

 

‹‹Allora Edward, spiegaci nei dettagli cosa hai scoperto!››.

Carlisle calmo e conciso aveva attirato l’attenzione di tutta la famiglia, ora in silenzio e in attesa.

Edward dopo un profondo respiro raccontò gli avvenimenti di quella mattinata durante la mensa e durante l’ora di ginnastica.

‹‹Dal tuo racconto potrebbe sembrare essere davvero lei.››.

Il capofamiglia era pensieroso e serio. Sparì dal soggiorno in cui si trovava, ricomparendo due secondi dopo con un libro dall’aria piuttosto vissuta in mano.

‹‹E’ questo il libro?››.

Chiese rivolto al figlio, che annuì a sua volta.

‹‹cosa facciamo? Io non riesco a vedere niente!››.

A parlare era stata Alice, la quale era piuttosto agitata in quanto cercava di vedere il futuro della ragazza, ma era tutto confuso, non essendo stata presa ancora nessuna decisione da parte della diretta interessata.

‹‹Credo dovrete cercare di avvicinarvi a lei, scoprite se sa qualcosa o se al contrario non sa spiegarsi alcuni fatti strani, che sicuramente proverà se davvero in lei si è risvegliata la prescelta. Dovete fare in modo che si fidi di voi. È essenziale questo. Se lei è quella che stiamo cercando, dovremmo aiutarla nel suo percorso e tenerla lontana dalle grinfie dei seguaci dei Volturi, che la porteranno di sicuro all’inganno per eliminarla o al peggio manipolarla e portarla dalla parte sbagliata. Se i suoi poteri andassero al servizio del male, i Volturi potrebbero mettere in atto il loro terrificante piano che da secoli annebbia loro la vista. E il mondo sarebbe perduto!››.

Tutti i presenti rabbrividirono nel sentire l’ultima parte. Uno solo di essi però era estraneo da quelle emozioni, in quanto era preso da tutt’altro pensieri. Il suo unico pensiero fisso era solo uno: come avrebbe fatto Isabella a fidarsi di lui?

 

*

 

Nel frattempo in uno Stato di un altro continente, in Italia precisamente, un vampiro dagli occhi rosso sangue stava dando in escandescenza.

‹‹Come osi dirmi che non sai come fare?››.

Il vampiro dai lunghi capelli nero corvini aveva socchiuso gli occhi fissando il suo consigliere, che istintivamente, aveva iniziato a tremare.

‹‹Aro, mio signore, chiedo scusa, ma le mie ricerche non hanno avuto esito positivo!››.

Il vampiro di nome Aro era, assieme ai suoi fratelli Caius e Marcus, il famigerato sovrano che con la forza e la scorrettezza si era preso il trono per comandare sulla sua stirpe, nel modo più egoistico possibile che la sua mente malata gli suggeriva di fare.

Non tutta la razza dei vampiri sottostava volentieri a loro, ma essi avevano dalla loro parte alcuni vampiri dannatamente dotati che li proteggevano da possibili attentati alla corona.

‹‹Devi trovarla dannazione!››.

Aro si era appena seduto sul suo trono, ma agitato com’era non era riuscito a stare fermo alzandosi e iniziando nuovamente a camminare avanti e indietro, suscitando l’ira del fratello Caius.

‹‹Aro, te lo chiedo per favore, vedi di non iniziare, sai quanto mi dai sui nervi quando fai così!››.

Di rimando l’altro gli aveva ringhiato contro.

‹‹Non ho tempo di pensare alle tue fobie, Caius. Non minacciarmi!››.

Caius sapendo bene che se avesse continuato, presto qualcuno avrebbe perso la testa e pensò bene di andarsene a fare uno spuntino, sfogando la sua ira su il primo umano che avrebbe incontrato. In fin dei conti non poteva permettersi di attaccare briga con Aro. Se si fosse saputo in giro, tutti avrebbero pensato che il trono dei Volturi vacillava, specie ora che era subentrato quel problema, e la loro reputazione perdeva valore.

 

Aro seguì con lo sguardo il fratello uscire, poi tornò sul suo consigliere.

‹‹Demetri, FUORI! E non tornare senza qualche straccio di informazione su come trovare quella dannata. Vedi di fare in fretta! Qualsiasi cosa andrà storta, ti riterrò personalmente responsabile!››.

‹‹Si, mio signore!››.

Una volta chinato il capo, il vampiro di nome Demetri uscì veloce da quel palazzo, che per gli umani era un monumento storico, e non sapendo cosa fare si avviò da un vecchio vampiro per chiedergli consiglio.

 

 

 

 

Oddio!

Troverà Demetri le risposte che cerca il suo Signore?

E la nostra famiglia Cullen ora invece come interagirà con Isabella?

Lo scopriremo nel prossimo capitolo!!! XD

Spero vi sia piaciuto questo!

Un bacio

Deba

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


cap 5

Capitolo 5

 

 

 

血液就是這樣...

 

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‹‹Aaaaaaahhhh!››.

La porta della stanza da dove l’urlo proveniva venne spalancata da un uomo di circa 45 anni.

‹‹Bella cosa succede?››

Charlie Swan, il padre di Isabella, si trovava in cucina a bere il suo caffè, abitudine che aveva da circa venti anni prima di andare a lavoro, quando sentì sua figlia urlare. Di scatto aveva lanciato la tazzina nel vuoto, salendo di corsa le scale fino alla sua stanza.

Trovò la figlia seduta sul letto, bianca come il lenzuolo che tutto stropicciato stringeva nelle sue mani, la fronte imperlata di sudore, con occhi terrorizzati che si guardavano in giro, per poi posarsi su di lui nell’istante in cui era piombato in camera.

‹‹era.. era solo un incubo…››.

Il padre sospirò sollevato.

‹‹Bells, io devo andare ora. Sicura di star bene?››.

Lei lo guardò ancora scioccata, mentre pian piano si autoimponeva di riprendersi.

‹‹Si. Non ti preoccupare.››

‹‹D’accordo. Stasera credo farò tardi, ho mille scartoffie da controllare quindi penso mangerò in centrale.››

Il padre di Isabella era il capo della polizia di Forks, quindi lasciava spesso la figlia a casa da sola, lui si sentiva colpevole di ciò, ma lei l’aveva sempre rassicurato che di questo non doveva preoccuparsi, perché a lei la solitudine non dispiaceva. La madre di Isabella aveva divorziato dal capo Swan poco dopo la sua nascita, e con lei aveva vissuto fino a l’età di quattordici anni, quando si era risposata con un uomo di nome Phil. All’epoca la ragazza aveva pensato bene di lasciare ai due novelli sposi l’intimità che spettava loro, trasferendosi a vivere da Charlie, suo padre; solo dopo si accorse che sarebbe stato come vivere da sola.

‹‹… va bene… non c’è problema!››

 

Non appena Charlie uscì di casa, Isabella cercò di fare mente locale su quello che le era appena successo, o meglio su quello che aveva sognato. Più o meno era stato lo stesso sogno della notte precedente, solo che questa volta due immagini era state un po’ più nitide rispetto alle altre.

La prima raffigurava tre persone, uomini le sembrava, tutti e tre coperti da una mantella nera, che le provocarono un brivido di paura allo stato puro, mentre la seconda raffigurava una specie di due demoni che bevevano il sangue di una persona, erano una specie di vampiri perché avevano lunghi canini affilati. La cosa che un po’ più la sconvolgeva era il fatto che aveva avuto più paura dei tre uomini, che dei due vampiri. Stava forse davvero impazzendo? Non faceva che chiederselo.

Ciò nonostante si impose di alzarsi e dopo una doccia che non la calmò per niente, si preparò per andare a scuola.

 

*

 

Isabella stava camminando con la testa tra le nuvole lungo il corridoio con l’intento di posare i libri nel suo armadietto, quando qualcosa la urtò improvvisamente facendole cascare praticamente tutto dalle mani.

Era impassibile, non si era resa conto subito cosa le era successo.

Quando tornò nelle sue piene facoltà mentali trovò una figura che raccoglieva le sue cose da terra, quando la riconobbe quasi le prese un colpo.

‹‹Ti prego di perdonarmi, ero di corsa e non ti ho vista, spero di non averti fatto male!››

Isabella pensò che sembrava una dea splendida… che parlava a raffica.

‹‹sto.. sto bene!››.

‹‹Dici davvero? Comunque non credo ci siamo mai presentate, il mio nome è Alice Cullen!››

Isabella pensava ironica, che era ovvio che fosse così, loro (i Cullen) non si erano mai presentati con nessuno e questo per un certo senso l’aveva al quanto spiazzata, non credeva infatti alla scena che aveva davanti.

Si accorse che Alice la guardava un po’ in attesa, non si era ancora resa conto che non le aveva ancora risposto.

‹‹Oh, scusa! Io sono Isabella Swan, piacere!››.

‹‹Il piacere è tutto mio››.

Alice si dimostrò così gentile nei confronti di Isabella, che quest’ultima ne restò al quanto affascinante poiché non credeva che una dei Cullen potesse dimostrarsi così simpatica.

La bellissima ragazza dai capelli neri sorrise ad Isabella in un modo così contagioso, che Bella non poté fare a meno di contraccambiare.

Fu in quel momento che si accorse che gli studenti che si trovavano nei corridoi le stavano osservando al quanto scioccati, come biasimarli? Anche lei lo era, per il medesimo motivo.

Una campanella suonò facendo riscuotere tutti i ragazzi.

‹‹Bella scappo che la mia aula si trova dall’altra parte della scuola, dopo le lezioni ti aspetto nel parcheggio, ti voglio offrire un caffè per farmi perdonare. Ciao a dopo!››

Isabella non riuscì a bloccare quel fiume in piena, poiché era rimasta senza parole nel sentire Alice chiamarla con il suo soprannome che a scuola nessuno, a parte la sua amica Lizzie, usava. Quando poi si rese conto delle effettive parole della ragazza, ormai era troppo tardi, perché si era già dileguata tra la folla.

Poco male, aveva pensato Isabella, a mensa l’avrebbe trovata e gli avrebbe detto che non ce n’era assolutamente bisogno.

 

Le prime ore passarono lente e Bella si sentiva strana. Poco dopo ne capì il motivo. Molti studenti la guardavano, no anzi, la fissavano. Forse cercavano di capire cosa avesse di così diverso da loro, per aver avuto la possibilità di parlare con un Cullen.

Se lo chiedeva anche lei.

Una volta arrivata a mensa cercò con gli occhi il solito tavolo dei Cullen, ma restò delusa nel vedere che era occupato solo da tre persone, tra cui la bizzarra Alice non c’era. Per tutto il tempo fissò il tavolo sperando di veder comparire la ragazza da un momento all’altro, ma ciò non si verificò. Per un momento le era quasi passato per la testa di andare dagli altri componenti della famiglia a chieder loro di riferire all’interessata che avrebbe declinato l’invito, ma non trovò il coraggio. Non sapeva se gli altri erano gentili come Alice, o se lei fosse l’eccezione.

Al suono della campanella si alzò delusa andando a scontrarsi contro Lizzie.

‹‹Bella, ho dovuto trattenermi nell’aula di matematica, perciò ho potuto raggiungerti solo ora. E’ vero quello che si dice in giro? Che hai parlato con Alice Cullen?››.

Isabella rimase imbarazzata da tutta quell’esuberanza.

‹‹Si!››.

‹‹Wow! Che invidia.››.

‹‹Lizzie ma che dici. Abbiamo solo parlato come due persone normali per quanto? Due secondi? Non vedo cosa ci sia da esultare così!››

‹‹ah, niente scuse. Devi raccontarmi tutto!››

‹‹uff. Scusa ma ora sono in ritardo, ci sentiamo!››.

Detto questo, Isabella imitò Alice quella mattina e si dileguò tra la folla.

 

*

 

Ancora un’ora e poi sarebbe tornata a casa.

Per Isabella quella giornata sembrava non finire più.

Come mise piede nell’aula di biologia, si ricordò chi altro seguiva quella lezione e come ogni volta succedeva lo guardò, già sapendo che lui guardava fuori dalla finestra.

Ma a discapito dei suoi pensieri, purtroppo o forse no, quel giorno non lo stava facendo.

Isabella si fece prendere dall’agitazione e iniziò a sudare freddo, mentre il suo stomaco si contorceva su se stesso.

Non era preparata a quegli occhi.

Lui aveva capito il turbamento che le aveva inflitto, così distolse immediatamente lo sguardo.

Bella, come un automa, si sedette sul suo banco in seconda fila centrale, che si trovava nella stessa linea d’aria di Edward, solo che lui era vicino alla finestra.

Una volta entrato il professore, lei non riuscì a concentrarsi sulle parole che questo diceva, perché era troppo  presa a chiedersi il motivo della sua insensata reazione derivante dal fatto che lui l’avesse guardata dopo mesi che non lo faceva più.

Prese un lungo respiro e inconsciamente si voltò a sinistra verso di lui, questa volta fu peggio.

Lui la stava guardando, ma nel momento in cui i loro occhi si erano incontrati, l’immagine dei due demoni che bevano il sangue le si era parata davanti.

Non era preparata ad un incursione del genere da parte del suo subconscio.

Avrebbe voluto urlare, ma si era ricordata all’ultimo secondo che si trovava in classe, perciò mordendosi un dito iniziò a sfogare la sua rabbia con una penna su un foglio scarabocchiando a caso.

La campanella che segnava la fine delle lezioni le arrivò come un suono di salvezza alle orecchie. Stava per afferrare il suo zaino quando notò una presenza accanto a sé. Ma non era una presenza qualsiasi.

Edward Cullen sembrava volerle rivolgere la parola, ma nel momento in cui stava per aprire bocca si era irrigidito e il suo sguardo si era puntato sul suo banco. Lei come una calamita seguì il suo sguardo e rimase scioccata nel medesimo modo. Senza rendersi conto nel foglio aveva scritto frasi di una lingua forse inesistente e disegnato centinaia di simboli che raffiguravano più o meno tutti la stessa cosa. Il tatuaggio che le era comparso sulla schiena.

 Quando si riprese si voltò di nuovo alla sua sinistra, ma Edward non c’era più. Mille domande allora le bussarono alla porta della mente: perché lui si era comportato così? Perché quella reazione ai suoi disegni? Perché l’aveva guardata? Perché proprio oggi? Proprio come la sorella. Quest’ultimo però la portò brutalmente alla realtà.

‹‹O no. Alice…››.

 

 

 

Salve donze!!

Eccoci qui con il quinto capitolo.

Ho messo due foto che ho trovato in google immagini (ovvio ^^) per farvi comprendere un po’ il sogno (da ricordare che è basato sulle immagini che lei hai visto nel libro antico) e poi in cinese tradizionale (grazie sempre a google translate) ho scritto delle possibili frasi chiave per lei, se sapesse tradurle! “Il sangue è la via” è la prima, mentre l’altra “La prescelta”.

He he he. Chissà forse qualcuno l’aiuterà a capirne il significato….. :D

Bè che ne dite dell’approccio iniziale dei Cullen? Alice ovviamente sempre geniale, Edward, invece, è decisamente troppo insicuro!

Ditemi la vostra!!!

Un bacio

Deborah

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Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


cap 6

Capitolo 6

 

 

 

Arrivata nel parcheggio della scuola Isabella cercava di non guardarsi troppo intorno. Non voleva incontrare Alice, così si avviò direttamente verso la sua macchina, anche se a quanto pareva, qualcuno era stato più furbo di lei.

«Isabella finalmente sei arrivata!»

Alice Cullen stava aspettando la ragazza appoggiata al suo Pick Up.

«Alice, ciao!».

Isabella era imbarazzata. Non capiva l’interessamento di Alice nei suoi confronti.

«Non serve che tu mi offra nulla. Sto bene, davvero!».

Alice mise un broncio che avrebbe fatto sciogliere anche il più freddo dei ghiacciai.

«Ti prego! Ci terrei tantissimo conoscerti!».

Isabella ovviamente non credeva alle sue orecchie, ma non sarebbe mai potuta resistere a quello sguardo da cucciolo di foca che la furbetta le faceva.

«D’accordo!».

Alice iniziò a saltellare felice battendo le mani, mentre gli studenti ancora presenti nel parcheggio fissavano le due ragazze straniti.

«Bella possiamo prendere la tua macchina? Mio fratello mi ha lasciato volutamente a piedi!».

Nel sentire la parola “fratello”, Isabella non aveva potuto fare a meno di pensare allo strano comportamento di Edward. Poi però il suo pensiero fu occupato da un’altra cosa strana.

«Scusami Alice, perché mi chiami Bella?».

Alice sorrise allegramente, anche se dentro si stava dando della stupida.

«una volta ho sentito la tua amica chiamarti così, e ammetto che suona meglio. Ti dispiace forse che anch’io ti chiami così?».

Alice ora era di nuovo triste, e Isabella di nuovo si lasciò trasportare dalle emozioni che quella nanetta le trasmetteva.

«No, figurati!».

«Siiii! Ora andiamo?».

«Certo!».

 

*

 

Dopo aver preso un caffè, che sola Bella bevve, poiché Alice si era giustificata dicendo di avere lo stomaco sottosopra, le ragazze parlarono tranquille per un bel po’ di tempo.

Isabella era scioccata da come quell’uscita si era rivelata fantastica. Non avrebbe mai immaginato che quella ragazza si sarebbe dimostrata una persona tanto buona e simpatica. Si stava divertendo a parlare con lei, e non si era sentita a disagio con lei nemmeno un secondo , a differenza delle altre volte, quando conosceva qualcuno per la prima volta.

Quella situazione di pace però fu spezzata dallo squillare di un telefono.

«Pronto?».

«Isabella non sei ancora arrivata, è forse successo qualcosa?».

Bella si era dimenticata che era giovedì e di conseguenza si era dimenticata che avrebbe dovuto andare ad aiutare sua zia.

«o mio Dio. Ti prego perdonami me ne sono dimenticata. Porto a casa la mia amica e arrivo subito, ok?».

«Va bene! Fa attenzione, non correre troppo!».

«ok!».

Chiusa la chiamata la ragazza guardò la sua compagna di scuola che la fissava con faccia curiosa. Voleva dirle dove doveva andare, ma era combattuta sul fatto se fidarsi o meno di lei. Non sapeva se l’avrebbe presa in giro o meno, lei, che da quanto sapeva, era terribilmente ricca. Non sapendo da dove però, una strana sensazione la spinse credere sulla buona fede della ragazza.

«Alice devo portarti a casa. Ti prego di scusarmi, ma al martedì e al giovedì aiuto mia zia a pulire alcune case e sono molto in ritardo.».

Isabella terminata quella frase, guardò il tavolo che la separava dall’altra ragazza, aspettando una risata di dispregio che non sarebbe mai arrivata.

«Oh, non ti preoccupare, anzi mi dispiace. Sono io che ti ho trascinata qui, senza chiederti se per caso avevi già degli impegni. Non ti preoccupare di portarmi a casa, se non sbaglio i miei fratelli dovrebbero essere nei dintorni, li chiamo e mi faccio portare a casa da loro.».

«ne sei veramente sicura? Per me non è  un problema accompagnarti a casa.».

Isabella non voleva abbandonare per strada la sua nuova amica. Voleva veramente essere sicura di non lasciarla sola.

«Si, Bella, dico davvero. Però promettimi che domani verrai a casa mia a fare i compiti! Magari mi puoi aiutare in inglese dato che sei così brava!».

Era ovvio che Alice non aveva problemi di alcun tipo a scuola, ma doveva far si che Bella si fidasse pienamente di lei, come sembrava avesse già cominciato a fare.

«Va bene!».

Isabella le sorrise e stava per andarsene quando Alice la prese alla sprovvista e l’abbracciò. Lei rimase a dir poco sconvolta ma anche piacevolmente colpita da quel gesto.

 

*

 

 

«Sono qui!».

Disse Isabella entrando come una furia nella villa in cui la zia la aspettava.

«oh, bene!».

La voce le arrivò debole alle orecchie, ma Bella non se ne preoccupò. Se invece avesse saputo dove si trovava la zia, forse un dubbio le sarebbe venuto dato che sicuramente si sarebbe chiesta, come diavolo era riuscita a sentirla.

Dopo neanche un minuto sbucò dal corridoio in cui Bella l’aspettava.

«zia ti chiedo ancora scusa!».

«non ti devi preoccupare! Sei davvero troppo brava, le ragazze della tua età non sono così responsabili.»

Ed era vero.

«su piccola, avevi finito la sala della biblioteca?».

Un piccolo brivido percorse la schiena della ragazza.

«N… no! Manca qualcosa…».

Era stata presa alla sprovvista dalle sensazioni del suo corpo, che lei non riusciva a gestire né a capire.

«Ok! Allora finisci, poi passa alla sala da pranzo!».

Detto questo la signora con un sorriso e una carezza, sparì giù dalle scale che portavano alla lavanderia e di conseguenza in garage.

 

Isabella, dopo essere entrata nella sala, iniziò a sudare freddo. Continuava a pensare a quello che era successo martedì, al libro, alla spilla e di conseguenza al tatuaggio che le era comparso. Inconsapevolmente si passò una mano sotto la maglia sfiorando il tatuaggio. La ragazza, ancora di più di quello che già era, impallidì. Il tatuaggio era freddo. La pelle aveva la sua solita temperatura, mentre il tatuaggio era freddo come il ghiaccio.

Sconvolta da ciò senza pensarci prese la scala e si portò al livello dei libri che aveva toccato la scorsa volta. Prese il primo libro alla sua sinistra di scatto, spaventata da tutto quello che le stava succedendo, non accorgendosi così di aver sbilanciato troppo la scale, che di conseguenza le fecero perdere l’equilibrio e cadere a terra.

 

 

La zia stava salendo le scale quando aveva sentito un frastuono; aveva chiamato la nipote, ma non le aveva dato risposta. Una volta arrivata nella stanza in cui si trovava la ragazza, la trovò svenuta a terra.

«Isabella… Isabella… svegliati tesoro!».

Dopo qualche secondo la ragazza aprì gli occhi osservando la zia.

«oddio ti ringrazio… piccola tutto bene? Cosa è successo?».

«si. Credo!».

Sua zia era agitata come un mare in tempesta.

«vado a prendere del ghiaccio..».

Detto questo sparì in cucina dove appena ebbe svaligiato l’intero congelatore, tornò dalla nipote che trovò seduta nella poltrona massaggiandosi la testa.

«ecco qui!».

La ragazza guardò la zia ponendole poi una domanda alla quale la donna non avrebbe mai saputo risponderle.

«che significa “La Prescelta”?».

 

 

 

Intanto a migliaia, se non di più, chilometri da lì un vampiro disperato continuava a suonare il campanello di una villetta dall’aria nobile e poco vissuta, che si ergeva su uno dei tanti paesaggi mozzafiato della bella Toscana.

«chi è così insistente?»

Chiese una voce angelica di donna che uscì dal citofono.

«Sono Demetri, consigliere dei Volturi, chiedo umilmente di vedere Ea».

Se un vampiro estraneo della situazione avesse visto questa scena si sarebbe sicuramente messo a ridere vedendo una guardia dei Volturi parlare in questo modo a dir poco indecoroso per la sua persona. Ma dall’altro canto c’era da tenere presente chi fosse mai questo Ea, al quale un orgoglioso proprio come lo era Demetri, si fosse presentato così.

«forse faresti meglio a tornare un altro giorno!».

Demetri stava a poco a poco impazzendo all’idea di non riuscire a svolgere l’incarico dato dal suo Signore.

«No, per favore. Dite ad Ea che ho bisogno di consiglio per trovare la Prescelta.».

Dal citofono non arrivò più alcun rumore.

Passarono cinque minuti e il vampiro era sempre più agitato. Avrebbe voluto buttar giù il cancello ed entrare con la forza, ma sapeva bene che non avrebbe avuto scampo, non in quella casa, e non da solo.

Stava ancora decidendo cosa fare, quando un rumore metallico lo avvertì che l’enorme cancello davanti ai suoi occhi si stava aprendo.

 

 

 

 

 

 

Scusate il ritardo mie belle, ma ho avuto dei problemi che non mi hanno permesso di scrivere!

Ma ora eccomi qui!!!

Allora vediamo un po’…

Alice e Bella hanno feeling e questo ci fa piacereeee. Bella si sente a suo agio con Alice, a dispetto delle altre persone, come mai????? =)

Poi, la domanda che Bella rivolge alla zia, cosa le sarà passato per la testa??? =)

Ed infine Demetri… cos’ha in mente? Chi è questo Ea?

Spero di aver scritto come sempre un capitolo di vostro gradimento!

Alla prossima!!

Un bacione

Deborah

 

 

 

Ps. Un grazie dal cuore per tutte quelle che mi seguono e soprattutto per chi mi recensisce, grazie a voi ho la forza per continuare a scrivere!

 

 

 

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Capitolo 7
*** capitolo 7 ***


cap 7

Capitolo 7

 

 

 

La zia della ragazza era rimasta per un momento interdetta dalla domanda posta dalla nipote.

«Tesoro, hai battuto proprio forte la testa, ah?».

La ragazza, dal canto suo, non si era nemmeno accorta di aver fatto quella domanda a voce alta.

«ehm… credo proprio di si!».

La zia rise nervosa.

«Isabella non sai che spavento ho preso quando ti ho trovata svenuta a terra…»

«scusa zia… mi sono sbilanciata troppo sulla scala e ho perso l’equilibrio…».

La ragazza aveva abbassato lo sguardo mortificata per il suo gesto irresponsabile, ma la zia l’aveva subito abbracciata confortandola.

«oh, non fare così. L’importante è che tu non ti sia fatta niente!».

Isabella apprezzò quell’abbraccio così affettuoso, così come aveva apprezzato quello di Alice, lei che si era sempre sentita sola in questo mondo, più di una volta aveva pensato di non centrare nulla con la realtà che stava vivendo giorno dopo giorno, ma ancora non sapeva quanto avesse ragione.

 

«Isabella forse è meglio se per oggi tu vada a casa. Siamo a buon punto quindi anche se oggi saltiamo non ci saranno problemi!».

La ragazza in risposta la ringraziò calorosamente perché doveva ammettere di avere un gran bel mal di testa. La stava salutando mentre si avviava verso l’uscita, quando la zia la richiamò.

«sai ora che ci penso, credo che “La prescelta” fosse un racconto che ti raccontava tua nonna da piccola. Penso sia così perché la mia di nonna faceva lo stesso con me. Era una specie di tradizione di famiglia!».

Isabella si fermò di botto. Era vero. Ricordava vagamente quella storiella, la nonna, qualche volta quand’era piccola e veniva lì a Forks, gliel’aveva spesso raccontata prima di andare a letto.

«Hai ragione zia. Sai forse dirmi dove si trova il libriccino con la storia scritta?».

«A dire il vero non lo so. Quando tua nonna morì io e tuo padre ci dividemmo le sue cose, quindi se non si trova da me sicuramente sarà da tuo padre!».

Isabella la ringraziò per l’informazione dicendo che avrebbe controllato lei stessa nella mansarda non appena avesse avuto tempo.

 

Una volta arrivata a casa, Isabella mangiò qualcosa e prese un’aspirina per calmare il suo mal di testa. Si sforzava di ricordare la storiella, ma non rimembrava nulla.

Visto che il padre non sarebbe tornato per almeno altre due ore, decise di andare in mansarda per cercare tra le varie cianfrusaglie il famoso libricino.

 

*

 

Isabella era ancora intenta tra i varo scatoloni nella sua impresa quando un rumore la scosse all’improvviso.

«Bella ma allora sei qui? Ti ho chiamato più volte, ma non rispondevi. Stavo iniziando a preoccuparmi!».

«Oh, papà, ciao! Si scusa non ti ho sentito! Ora scendo subito e ti preparo la cena!».

«Non ti preoccupare. Ordiniamo due pizze, ti va? Comunque si può sapere che stai combinando quassù?».

«Si va bene! Oh, ehm… stavo cercando il libricino della nonna… quello dove c’era la storiella che mi raccontava da piccola!».

Charlie parve illuminarsi a quelle parole, subito dopo però la sua emozione scemò in tensione, iniziando a torturarsi i baffi.

«Papà sai dove si trova?».

Isabella aveva notato il cambiamento di espressione di suo padre.

«Tesoro ti prego di non arrabbiarti, ma non vorrei che fosse finito tra i libri che ho donato alla biblioteca un paio di anni fa!».

Isabella non voleva crederci.

«dimmi che non è vero!».

«Si, mi dispiace. Era da un po’ che pensavo di mettere a posto la soffitta e magari tirarci fuori una stanza per gli ospiti o qualcosa di simile, così avevo iniziato a mettere a posto tutte le cianfrusaglie. Avevo trovato una marea di libri, alcuni anche piuttosto antichi e non sapendo dove metterli li avevo donati alla biblioteca. Mi dispiace Bells!».

Isabella disse al padre di non preoccuparsi, voleva dire che sarebbe andata alla biblioteca a chiedere informazioni.

 

*

 

Il mattino seguente Isabella si svegliò confusa, come i due giorni precedenti. Quella notte aveva sognato stralci del racconto che la nonna le raccontava da piccola, ne era sicura, ma nel momento stesso che aveva aperto gli occhi si era come dimenticata tutto. La cosa la irritava e non poco.

Era appena scesa dalla sua auto dopo aver parcheggiato al suo solito posto a scuola, ancora assorta nei suoi pensieri, quando una figura le spuntò alle spalle.

«Buongiorno Bella!».

La ragazza spaventata da quell’improvvisata per poco non fece un infarto scatenando le risa della sua attentatrice.

«Alice! Ho perso come minimo dieci anni di vita!»

«ma figurati, tanto… ».

La nanetta si era bloccata a metà frase dopo aver incrociato due furiosi occhi neri. Della scena Isabella si era solo accorta che l’amica si era bloccata, non il motivo scatenante, sennò avrebbe sicuramente iniziato a farsi le solite cento domande che si poneva quando vedeva Edward Cullen.

«Tanto?».

«boh, non mi ricordo più quello che stavo per dirti. Allora ci vediamo oggi da me ok? Bene! Ci vediamo qui alla fine della scuola! Buona giornata Bella!».

E così come era arrivata se n’era pure andata. Isabella era rimasta al quanto sbigottita e sorridente allo stesso tempo dall’energia che quella ragazza sapeva sprizzare. Pensando così alla nuova amica che si era trovata, entrò a scuola.

 

*

 

«Ma tu abiti davvero qui?».

Isabella era rimasta scioccata dall’ampia visuale della casa che aveva di fronte a sé. Era una villetta a dir poco fantastica che si ergeva in mezzo al bosco. Arrivarci non era stato facile, e se non ci fosse stata Alice al suo fianco che le indicava dove svoltare, da sola non ci sarebbe mai arrivata.

«Certo Bella, vorrai mica che ti porti nella casa di qualcun altro!?».

«si lo so… e-era solo un modo di dire…».

Isabella era a dir poco imbarazzata, Alice invece era stata presa da un attacco di riso acuto.

«Bella ma guarda che ti sto prendendo in giro… ahah..sei proprio buffa! Dai entriamo…».

La casa all’interno se possibile era ancora più grande di quanto si poteva immaginare da fuori. La ragazza pensava, che se volesse, sarebbe riuscita anche a perdersi lì dentro. Poi però un altro pensiero le era balenato per la mente.

«Sei sola in casa?».

«I miei fratelli sono usciti, ma nel giardino nel retro c’è mia madre. Dai vieni che te la presento!».

E così senza darle neanche il modo di risponderle, Alice l’aveva trascinata per il soggiorno, poi per la sala da pranzo e infine per la cucina, fino ad una porta che dava sul retro della casa.

«Mamma questa è la mia nuova amica Isabella!».

Una signora che non mostrava neanche più di trenta anni, dai lunghi e mossi capelli color caramello, la pelle diafana e gli occhi color oro si voltò, lasciando la povera Isabella senza parole di fronte a cotanta bellezza.

«P-piacere di conoscerla signora Cullen!».

La signora le sorrise calorosamente.

«Il piacere è mio Isabella, ma ti prego, chiamami Esme!».

«D’accordo… Esme!».

 

Dopo che le tre donne parlarono un po’ del più e del meno, le due ragazze iniziarono a studiare. Isabella non era molto concentrata sui libri, poiché non poteva fare a meno di pensare quanto dolce non fosse la mamma della sua amica e soprattutto quanto quella strana famiglia, benché non fossero realmente imparentati tra loro, fossero quasi identici.

Alice, invece, si stava chiedendo come potesse mettere  la pulce nell’orecchio di Isabella. Non fece a tempo di chiedersi questo, che una visione la bloccò all’istante.

«Bella a te piace leggere non è vero?»

«si, Alice, come lo sai?».

«Beh, a scuola ti vedo spesso con i libri in mano!».

«si nota così tanto?»

«ahaha.. non fare quella faccina. Ehi, vuoi vedere la biblioteca di mio padre? Si beh, di mio padre e di Edward. Sono i due che leggono di più in questa casa. Comunque, ad ogni modo. Sono sicura che ti piacerà!».

Isabella sentendo la parola libri si era illuminata, aveva sempre adorato leggere. Poi si era illuminata ancora di più sentendo anche il nome di Edward, anche se poi si era subito rimproverata dicendo che non aveva senso. Infine il suo umore era andato sotto terra ricordandosi che si era dimenticata di andare a vedere del libretto di sua nonna nella biblioteca.

«ehi tutto bene?».

«come? Ehm… si si! Ma sei sicura che non darà loro fastidio?».

«certo che no! Dai vieni!».

Salirono al primo piano e non appena furono entrate, Isabella restò affascinata da tutto ciò che vide. La stanza era immensa e ovunque ella posasse gli occhi, vedeva solo scaffali di libri e dipinti. Quello che le piacque di più era il fatto che fosse tutto ordinato.

«Allora?».

«beh… è il paradiso…».

«si…. Lo penserei anch’io… se al posto di tutti quei libri ci fossero dei vestiti…! Che c’è? A me piace lo shopping!

Su dai Bella guarda se c’è qualche libro di tuo interesse!».

Isabella scuoteva ancora la testa divertita mentre si avviava verso uno scaffale. Iniziò a leggere i titoli dei libri e subito fu felice di trovare “cime tempestose”. Era affascinata e colpita da quanto vecchia sembrava quella edizione. Continuò così intenta a leggere tutti i titoli finché urtò qualcosa con il sedere. Si voltò e vide che era ormai giunta alla fine dello scaffale e aveva urtato la sedia che stava vicino ad un tavolo dove sicuramente ci si sedeva per leggere. La mise  al suo posto, e mentre alzò lo sguardo osservò i libri che si trovavano sparsi sul tavolo. Alcuni aperti altri chiusi. Sicuramente qualcuno li stava studiando. Stava per voltarsi quando qualcosa attirò la sua attenzione facendola rabbrividire.

Si avvicinò ad uno dei libri aperti osservando la figura che in mezzo alla pagine faceva bella mostra di se.

Isabella istintivamente, si portò una mano sulla base della schiena.

«Bella sembra che tu abbia visto un fantasma, tutto bene?».

«A-Alice… cosa significa quel simbolo?».

 

 

 

 

Buondììììì!!!

Todo bien?

La nostra Isabella ha trovato qualcosa di interessante a casa Cullen… hihihi…beneeee!!!

Direi che Alice è riuscita per bene a metterle la pulce nell’orecchio no? Direi più che pulce le ha messo un cavallo… si nota di più!!

Ahahaha

Commentate mie care.. fatemi sapere se il capitolo è stato di vostro gradimento!! =)

Un bacio

Deborah

 

 

Ps.  Uno special thanks per chi mi ha messo tra le seguite, le ricordate e le preferite!! <3

 

Ed un GRAZIE super super super special alle mie belle donzelle che mi recensiscono dandomi un ENORME sostegno morale!!!

PPs. Le mie altre FF in corso:

La mia vera origine

 La mia casa sei tu

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Capitolo 8
*** capitolo 8 ***


cap 8

Capitolo 8

 

 

«A-Alice… cosa significa quel simbolo?».

 

Isabella non capiva come mai il tatuaggio che le era comparso sulla schiena si trovasse su una pagina di un libro piuttosto antico, in casa dei Cullen per giunta e che dalle parole di Alice, pareva che il padre o il fratello lo stessero studiando.

Alice aveva pienamente capito i pensieri e le domande che nella testa della sua amica umana aleggiavano, e colse così l’occasione per spezzare una lancia in favore del fratello.

«Quale scusa?».

E si avvicinò dove Isabella le indicava.

«oh, guarda non saprei mica dirti sai. È Edward appassionato di queste cose, dovrai chiedere a lui!».

Isabella da una parte era dispiaciuta di non aver ricevuto subito risposta al suo quesito, dall’altra però era felice di dover per forza chiedere ciò ad Edward, ma un’altra parte ancora era terrorizzata per il fatto che lei, il fratello di Alice, non lo conosceva e non sapeva con quale faccia avrebbe potuto presentarsi a lui.

Ma come sempre Alice aveva giocato d’astuzia.

«Hai sentito?».

«Cosa Alice?».

La nanetta fece finta di tendere l’orecchio.

«Mi sembra di aver sentito sbattere la porta d’ingresso. Credo siano tornati i miei fratelli. Dai andiamo giù. Così se c’è Edward potrai chiedergli il significato di quel simbolo!».

Isabella aveva annuito e angosciante si era lasciata trascinare al piano di sotto. Dire che era tesa come una corda di violino, era un bellissimo eufemismo.

 

In salotto intanto si erano già seduti Jasper ed Edward. Rosalie ed Emmett erano ufficialmente fuori a fare delle compere, per la famiglia, erano a caccia.

Mentre le due ragazze scendevano le scale, Edward rivedeva nella mente di Alice tutto quello che era successo prima del loro arrivo e contemporaneamente aggiornava Jasper.

«Ma allora avevo ragione. Ciao fratellone.. ciao amore mio!».

E aggraziata come una ballerina si lanciò su Jasper.

«Ragazzi lei è Isabella. Isabella loro sono Jasper, il mio amoruccio, ed Edward!».

Alice nel dire questo aveva indicato prima il ragazzo dalla chioma leonina e poi quello dagli indomabili capelli castano ramati.

«ciao!».

Isabella, timida, aveva alzato una mano a mo’ di saluto stile bambina di cinque anni. Non riusciva a crederci neanche lei di averlo fatto.

«Ehi, Ed! Eravamo in biblioteca e Bella era interessata ad uno dei tuoi libri, solo che io non ne capisco nulla. Allora le ho detto che avrebbe potuto chiedere a te quello che voleva sapere. È un problema?».

Alice si stava ripetendo che era una meschina messa in scena, e si sentiva in colpa per tutte quelle bugie, ma non sapeva come altro fare.

«Certo che non è un problema. Cos’è che volevi sapere Isabella?».

L’interpellata stava per rispondere ma la nanetta l’aveva anticipata.

«Oh, riguarda quel librone con quei strani simboli. Andate in biblioteca così lei te lo può indicare.».

«Si, capo!».

Edward aveva risposto sorridendo e mettendo la mano sopra l’occhio destro in pieno saluto da militare.

Isabella dal canto suo era rimasta affascinata dal ragazzo. La sua voce gli era arrivata dolce e soave alle orecchie, mentre il sorriso che aveva rivolto alla sorella le aveva stretto lo stomaco. Era in balia di quelle emozioni e perciò non si era neanche resa conto che il ragazzo le si era avvicinato.

«Allora andiamo?».

«Come? Oh, ehm certo!».

 

Una volta in biblioteca lei gli indicò il simbolo a cui era interessata, anche se lui ovviamente lo sapeva già.

«Si tratta di un nodo celtico.».

«un nodo celtico…».

Aveva ripetuto lei come un automa sopra pensiero. Lei si stava chiedendo cosa centrasse tutto questo con lei.

«Vuoi sapere nella lingua celtica il suo significato, Bella? Oh, posso chiamarti così anch’io, vero?».

-          Edward Cullen che vuole prendere confidenza con te- era il pensiero che Isabella aveva iniziato a ripetersi velocemente.

«… sennò non importa».

Bella non si era accorta che non gli aveva ancora risposto.

«No scusa ero sopra pensiero. Certo che puoi chiamarmi così!».

Lui le sorrise e lei sarebbe svenuta volentieri.

«Bene! Allora questo libro è scritto in lingua celtica, quindi lo sto traducendo un po’ alla volta…».

Che la ragazza fosse rimasta con la bocca aperta e scioccata, non era da biasimare. In fin dei conti, quale ragazzo sano di mente nel XXI secolo e soprattutto a diciotto anni si sarebbe messo nel tempo libero a tradurre un libro da una lingua che non si usava più? Forse Edward non era un ragazzo normale, e di questo Isabella, iniziava ad esserne sempre più sicura.

«… beh, comunque ti posso dire che ci sono moltissimi tipi di nodi celtici, questo che tu mi hai indicato è un tipo piuttosto  raro, non se ne vedono tanti in giro, tipo in insegne, libri recenti o gioielli. E’ piuttosto antico, oggi vengono ricordati solo i nodi più famosi, quelli cioè commercializzati dalla tv.

Questo nodo tuttavia è molto particolare. Da quello che ho potuto capire nel passato chi sfoggiava questo simbolo era temuto da tutti. Si trattava di una persona potente e di conseguenza rispettata. Spesso erano i regnanti a portarlo.».

Bella era affascinata dalla spiegazione che Edward le stava dando, ma dall’altro canto si chiedeva cosa tutto questo centrasse con lei. O meglio sentiva che era nella giusta strada e proprio per questo non si capacitava del fatto che lei centrasse in queste strane cose e per di più antiche.

«Tutto qui fin chiaro?».

Lei annuì lasciandosi anche scappare un elogio alla sua fantastica esposizione, ricevendo in regalo un magnifico sorriso.

«Bene. Nonostante sia difficile capire l’esatto significato di questo nodo, posso comunque dirti a grandi linee che presso alcune popolazioni celtiche soprattutto irlandesi rappresentava l’infinità del tempo e anche l’unione con gli “Dei”.

Il concetto di infinito è molto importante da capire. Né vita né morte, ma vita e morte insieme. Dopo il principio a volte c’è la fine, ma altre volte dopo la fine c’è il principio.».

Un brivido percorse Isabella una volta che questo discorso fu finito, non seppe perché, ma la consapevolezza che la verità fosse nascosta dietro quelle parole era davvero forte.

«non saprei cos’altro aggiungere.».

Disse lui vedendo che la ragazza non rispondeva.

«non credo ci sia altro da aggiungere. Non so davvero come ringraziarti!».

«Se non sono troppo indiscreto a chiedere, credi sarebbe possibile venire a conoscenza del perché del tuo interessamento!?».

Isabella era rimasta strabiliata dalla frase del ragazzo. Non tanto per quello che aveva detto, insomma, era comprensibile che si chiedesse il motivo della sua curiosità; no più che altro era per come lo aveva detto. Chi mai parlava in quella maniera da gentiluomo?

Poi però Isabella iniziò a prestare davvero poca attenzione a questo fatto, poiché non sapeva cosa rispondergli. Poteva forse mostrargli il tatuaggio? Certo che no. Come spiegare che se lo era trovato una mattina alzandosi dal letto? Poi si ricordò di cosa portava sempre con se in tasca.

«Beh, a dire il vero ho trovato questa cosa… ehm, per terra. E volevo sapere se aveva un significato!».

Bella mostrò a lui la spilla che aveva trovato nella villa doveva aveva fatto pulizie.

Lui restò interdetto subito, sperava che le parlasse del tatuaggio, ma si riprese perché non sapeva che esisteva una spilla simile.

«Bella sei davvero sicura di averla trovata per terra, no perché è davvero un pezzo unico e decisamente molto prezioso.».

Lei non sapeva cosa rispondere. Non sapeva più cosa pensare. Le sembrava di essere al centro esatto di un tornado di informazioni, che le mandavano in tilt il cervello. Più risposte riceveva, più nuove domande le tartassavano la mente.

Si ricordò improvvisamente del libretto della nonna. Un mal sano senso di proprietà la invase, doveva avere al più presto quel racconto.

«Allora sono proprio fortunata. Scusa Edward, ma mi sono ricordata di una commissione urgente da sbrigare. Non so davvero come ringraziarti. Ci vediamo a scuola!».

Detto questo scappò via.

 

*

 

Intanto molto lontano da quel luogo Demetri si stava disperando per la soluzione che il saggio Ea gli aveva fornito.

 

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Ea era un vampiro dal portamento nobile, terribilmente affascinante, la cui data di nascita era un vero mistero. Leggende dicevano che forse era più vecchio dei tre signori, a capo della casata reale, stessi. Era questo uno dei tanti motivi per cui lui vantava di un trattamento speciale. Lui era diciamo neutro, non era ne a favore ne contro ai Volturi, a lui bastava essere lasciato in pace di vivere la sua vita. Dato che non aveva mai recato disturbo e non aveva mai tentato di fregare il potere ai tre signori, i Volturi avevano acconsentito a riconoscergli questo speciale status. Ricevendo così il rispetto di tutti gli altri vampiri.

D’altronde, ai volturi, aveva fatto decisamente comodo questo, poiché a volte in rare occasioni, il vampiro aveva concesso loro i benefici del suo dono. Lui infatti aveva un dono decisamente singolare, non era un caso che gli fosse stato affibbiato il titolo di “saggio Ea”. Lui aveva una certa capacità nel capire quale fosse la soluzione da seguire per un determinato problema. Per qualsiasi domanda lui avrebbe avuto sempre una risposta.

C’era però da sottolineare che queste risposte avevano una lama a doppio taglio, poiché il consiglio che lui dava non sempre era un bene per il diretto interessato, era come se nella sua testa ci fosse un omino chiamato “futuro” che gli diceva quale via doveva far seguire al soggetto che aveva posto la domanda perché questi svolgesse la sua vita come l’omino “futuro” aveva deciso. È vero c’era sempre il fatto che il soggetto in questione poteva decidere di non seguire il consiglio e cambiare il futuro e a volte forse sarebbe stato meglio per alcuni, ma quelli che andavano da Ea erano spesso disperati e alla fine dei conti non potevano fare altro che seguire il suo consiglio perché al limite della disperazione.

 

Alla domanda di Demetri, Ea aveva risposto che se avesse voluto trovare la prescelta avrebbe dovuto andare nella leggendaria Transilvania in cerca di un nomade di nome James, un segugio davvero particolare. Aveva la possibilità di trovare le persone mostrandogli un oggetto a loro appartenuto o anche solo una fotografia che ritraeva l’interessato.

Questa era la soluzione che Ea aveva dato, e il volturo non sapeva cosa farsene. Lui non era in possesso di nulla che apparteneva alla prescelta.

 

Poi però un lampo in lontananza ridestò Demetri. Forse non aveva nulla della prescelta odierna, ma forse esisteva qualcosa della sua antenata e magari la differenza non si sarebbe sentita.

L’unico problema ora, era solo che doveva tornare a palazzo e chiedere udienza ad Aro.

 

 

 

Eccoci qua!

Ciao mie care… =) =)

He he he la nostra povera Bella è sempre più in confusione, ma pian piano tutte le risposte che cerca le arrivano. Che ne pensate della spiegazione di Edward sul nodo celtico?

He he davvero interessante il personaggio di Ea, non trovate? Spero abbiate capito il suo dono, sennò chiedetemi pure di chiarirvi meglio cosa può fare lui.

E di Demetri che dire, seguire il consiglio di Ea porterà in fine dei conti un vantaggio ai suoi signori o il contrario… mah!

A presto mie care

Spero vi sia piaciuto questo capitolo!

Un grande bacione

Deborah

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Capitolo 9
*** capitolo 9 ***


cap 9

Capitolo 9

 

 

 

Demetri avanzò nella grande sala dei troni, mentre i suoi tre signori lo guardavano privi di emozione.

 

«Demetri spero per te che si ti trovi qui, sia perché ci porti liete notizie!».

Il vampiro chiamato in causa, se avesse potuto avrebbe sudato le cosiddette sette camicie.

«miei Signori, ho fatto un enorme passo avanti dalla mia ultima visita.».

«Spero per te che sia così!». Disse Markus. Il vampiro si era come svegliato dal suo solito stato catatonico dopo aver riscontrato negli occhi del consigliere una determinazione che forse significava veramente ‘buone notizie’.

«Sarò sincero. Ho chiesto consiglio al saggio Ea!».

I tre sovrani si guardarono sorpresi e compiaciuti.

«Bene! E qual è stata la risposta alla tua domanda?».

«Di cercare un segugio in Transilvania. A questo vampiro se gli viene mostrato un oggetto o una foto appartenente alla persona da trovare, questi riesce ad individuarla anche se si trova dall’altra parte del mondo!».

I tre Signori furono molto sorpresi dalle parole che Demetri aveva rivolto loro. Aro era invece il più affascinato.

«Ben fatto, Demetri. È ovvio che questo vampiro non lavorerà mai gratis, se è furbo. Se così fosse offrigli pure di entrare a far parte della schiera dei Volturi, sai che apprezzo chi ha buone qualità!».

«Certo mio Signore.».

Caius si alzò in piedi e si avvicinò al trono centrale di Aro.

«Non per fare il guastafeste ma si può sapere con quale oggetto pensereste voi di rintracciare la nostra vampirella?

Tu! Consigliere! A questo ci avevi pensato?».

Demetri alzò il mento per non dimostrarsi debole agli occhi di quel Volturo così egocentrico.

«Si, ma volevo prima chiedere il vostro parere!».

Aro si alzò ponendo una mano sulla spalle del fratello.

«Credo di aver capito a cosa tu ti riferisca. Ma voglio sentirlo prima dalle tue parole!»

Il vampiro prese un respiro sperando di aver pensato alla cosa giusta.

«Da quello che so la prescelta è la reincarnazione della vampira originaria. Quindi ho immaginato fosse anche uguale a lei.».

Aro annuiva soddisfatto, Markus era immobile perso tra i suoi pensieri, difatti questo era sempre stato affascinato dalla bella vampira in questione, come tutti del resto; infine Caius, che non mostrava alcuna espressione, poiché non voleva far vedere di non esserci arrivato subito.

«Eccellente. Veramente eccellente. Bene Demetri, parti pure per la missione. Prenditi i vampiri che ritieni indispensabili e porta con te il suo prezioso ritratto, ma bada a non rovinarlo, pena la morte!»

 

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*

 

Isabella guidava verso la Biblioteca di Forks prestando non molta attenzione alla strada, che per sua fortuna era al quanto deserta. La sua attenzione era tutta spostata sulla spiegazione che Edward le aveva fornito. Non riusciva a capire cosa lei potesse centrare con quel simbolo e poi con i Re, gli Dei, la vita e la morte. Sembrava tutto così pazzesco e irreale. Soprattutto quest’ultimo.

 

Una volta arrivata davanti ad un grande edificio di mattoni dall’aria piuttosto vissuta, Isabella parcheggiò.

L’interno del locale era piuttosto accogliente, e l’aria sapeva di cultura. A lei erano sempre piaciute le biblioteche, trovava in esse un luogo tranquillo in cui pensare. Non in quel giorno però. Quel giorno si sentiva agitata e le sembrava di essere entrata in una puntata di ‘Relic Hunter’.

Arrivata al banco dove si trovava la bibliotecaria, non seppe il perché, ma iniziò a sentirsi troppo euforica, sentiva di essere ad un passo dalla verità.

«Ciao Isabella! Era da tanto che non passavi di qua. Come sta tuo padre?».

La signora Clarcks era la classica donnina anziana, dal faccino simpatico che avrebbe potuto essere la nonna di tutti, visto la gentilezza con cui si relazionava soprattutto con i giovani.

«Salve. Ha ragione, era da un po’ che non passavo, sa la scuola mi occupa molto tempo e poi anche il lavoro con mia zia. Charlie sta bene, come sempre!».

L’anziana signora le sorrise gentile.

«E’ un brav’uomo, davvero. Ma dimmi tesoro, in cosa ti posso essere utile?».

«Beh, vede. Ho saputo che mio padre anni fa ha donato alcuni libri alla biblioteca. E me ne servirebbe uno. Non si preoccupi non voglio ritrattare la gentilezza di mio padre, ma vorrei solo prenderlo in prestito.».

«Oh, certo tesoro. Io non ti giudico, lo sai. Puoi prendere tutto quello che vuoi. Dimmi qual è il titolo? L’ autore?».

Isabella si sentì morire. Il libro portava il titolo de “La Prescelta” o era un altro? E soprattutto chi era l’autrice?

«A dire il vero, non lo ricordo. Credo però che il titolo fosse “La Prescelta”?».

La donna si spostò di fronte ad un computer.

«Tranquilla. Controllo nel file delle donazioni. Dovrebbe ancora esserci il nome di tuo  padre e vediamo se tra i libri che ha portato c’è quello che stai cercando!».

 

Isabella non era mai stata una persona impaziente, ma quel giorno, come i due precedenti era cambiata, lo sentiva e perciò si lasciò invadere anche da questa nuova emozione.

«Oh, bene. Eccolo qui. Si, il titolo è proprio quello che mi hai detto tu. Però non ha autore. È di un anonimo.».

«Va bene. Lo posso ritirare?».

«certo. Vediamo… oh oh!».

Quel “oh oh” a Isabella non piacque affatto.

«Tesoro, mi dispace ma a quanto pare il libro è già stato prestato. Due giorni fa per la cronaca. Quindi dovrai aspettare un mese, che sai è il tempo prestabilito per la riconsegna.».

La ragazza era incredula dalle parole dell’anziana. Chi mai avrebbe potuto interessarsi a prendere quel libro? Non era un best seller o un classico. Era un libro anonimo, scritto a quanto pare da una persona anonima e di cui la sua famiglia forse solo ne era a conoscenza.

 O forse quel libro conteneva di più?

Una vocina nella sua testa aveva dato un’altra possibilità per spiegare il fatto.

E forse era davvero possibile. Isabella doveva iniziare a credere a tutto, doveva smetterla di credere che ciò che vedeva fosse impossibile, non sapeva doveva stava andando ad immischiarsi, ma purtroppo sapeva che doveva farlo.

«Signora Clarcks può gentilmente dirmi chi ha preso il libro? Magari lo conosco e posso chiedergli se  gli servirà molto».

«Mi dispiace, tesoro. Potrei farlo ma la legge della privacy me lo impedisce. Cerca di capirmi.».

Isabella cercò di non forzare troppo la donna. Infin dei conti lei non ne poteva nulla, perciò decise di giocare d’astuzia.

«Va bene. Aspetterò. Nel frattempo leggerò qualcos’altro. Lei cosa mi consiglia?».

«Oh, sono felice della tua domanda. È proprio arrivato da poco un libro davvero romantico e tragico. Se adori “Cime tempestose” non vedo come questo non possa piacerti.».

«Mi fido di lei, allora. Lo prendo.».

La signora allontanò per prendere il suddetto libro e non appena fu abbastanza lontana, Isabella si sbilanciò sul banco che aveva di fronte a se, fino ad arrivare con il viso davanti allo schermo del computer che per sua fortuna si trovava ancora aperto sulla pagina del libro che lei cercava. Cercò con lo sguardo il nome di chi lo avesse preso in prestito e quando lo lesse, le forze le mancarono ritornando a dove si trovava prima a differenza che cadde rovinosamente a terra.

«Isabella cosa fai lì per terra?».

«Ehm, esercizio fisico. Sa non è mai abbastanza quello che ci fanno fare  a scuola!».

«Se è come ai miei tempi di certo no! Ecco tieni qui il libro. Ti serve altro?».

Isabella si tirò in piedi complimentandosi per la pessima arrampicata sugli specchi che aveva fatto, ma che aveva sortito l’effetto desiderato.

«la ringrazio. No, non mi serve altro. Arrivederci.»

Si dileguò senza aspettare la risposta dell’anziana signora. Corse in macchina e una volta lì, non l’accese. Restò immobile con lo sguardo fisso davanti a se. Cercava di dare un senso logico a quello che aveva visto, ma niente le arrivava in aiuto.

 

Guardò l’orario. Le 18:15. Doveva andare a casa a preparare la cena per suo padre, ma decise il contrario. Afferrò il suo cellulare e chiamò Charlie, dicendogli che avrebbe fatto tardi a casa della sua amica, dalla quale si era fermata per svolgere i compiti.

Una volta chiusa la chiamata accese il motore e si avviò dalla persona a cui apparteneva il nome letto nel computer. Dalla persona che forse le aveva mentito. Da quella persona che non capiva cosa volesse da quel libro.

Andò da Edward Cullen.

 

 

 

Buonaseeeeeera!!!

Eccoci qua!!!

Demetri è in piena missione “cercasi la prescelta” e la nostra Bella idem!! Riusciranno entrambi nei loro intenti!!

Lo sapremo moooolto presto!!

Grazie per seguirmiii!!

Vi voglio bene!

Un bacione

Deborah

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Capitolo 10
*** capitolo 10 ***


cap 10

Capitolo 10

 

 

 

Isabella riuscì a trovare a fatica la casa, perché non ricordava bene dove doveva svoltare, ma per fortuna non ebbe troppi problemi. Ci sarebbe mancato altro, pensava. Non poteva certo permettersi di aggiungere alla sua lunga lista di pensieri il fatto di smarrire la strada.

Arrivata davanti all’enorme casa Cullen, la paura di aver fatto una grande cavolata iniziò a pervaderla. Forse sbagliava o forse no. Ma ormai l’idea di tornare a casa non la sfiorava neanche per scherzo. Era testarda quando si metteva in testa una cosa e non se ne sarebbe andata da lì fino a quando non avesse avuto delle risposte.

Si sentiva osservata perciò si smosse da lì e andò a suonare il campanello.

La porta si aprì svelando un bellissimo uomo dai capelli biondi, dall’aria abbastanza giovane e cordiale. Ispirava fiducia il solo guardarlo. Isabella lo fissò negli occhi e quando incontrò due pozzi d’oro si disse come ciò non poteva non essere così.

Di sicuro lui era il padre di Alice ed Edward, il famoso dottore.

«Ehm.. Salve! Sono Isabella Swan. C’è Edward?».

Isabella credette di veder passare nel viso dell’uomo un lampo di sorpresa, ma forse era solo una sua impressione. Una giusta, anche se a sua insaputa, impressione. Alice, infatti, aveva avuto una visione confusa, come ogni volta succedeva quando cercava di vedere il futuro di Isabella, in cui la vedeva venire a casa sua, ma non era riuscita a capirne bene il motivo. Il Dottore infatti, pensava che la ragazza forse avrebbe voluto parlare con Alice, non di certo con Edward, dato che con sua figlia aveva un rapporto più stretto.

«Oh, è così sei tu la famosa Bella? Alice non fa che parlare di te. Io sono Carlisle, il padre di Alice. Prego entra, ti chiamo subito Edward.».

E si spostò dall’ingresso mimando il gesto di accomodarsi.

«La ringrazio signor Cullen.».

«Oh, ti prego. Chiamami Carlisle.».

Isabella annuì mentre avanzava a fianco di quell’uomo affascinante.

«Edward?».

Carlisle aveva chiamato il figlio volutamente con un tono di voce non molto alto. Sapeva benissimo che se il figlio fosse stato un umano non l’avrebbe mai sentito, ed era questo il suo intento. Volevo che Isabella capisse che loro, non erano umani.

Infatti, lei lo guardò al quanto incredula quando due secondi dopo Edward scese le scale.

Edward leggeva i pensieri del padre e capiva perfettamente il suo pensiero. Ma più che altro era intento a capire cosa Bella volesse da lui. Voleva forse qualche altro chiarimento sul discorso di prima?

«Ciao Bella. Hai dimenticato qualcosa?».

Isabella si riscosse dal suo stato di turbamento che aveva ogni volta che incontrava la bellezza disumana del ragazzo.

«ehm.. no a dire il vero volevo parlarti di una cosa!».

Non sapeva bene come affrontare il discorso con lui.

Carlisle intuendo l’imbarazzo nell’aria, salutò Isabella congedandosi da lei per lasciar soli i due ragazzi.

«Bè dimmi allora!».

Edward non vedeva l’ora che la ragazza parlasse. Non sopportava più ormai il fatto di non riuscire ad intrufolarsi nella sua mente.

«Perché due giorni fa sei andato in Biblioteca a ritirare un libro intitolato “La Prescelta”?».

Isabella si dava mentalmente della stupida per aver posto la domanda così sfacciatamente. Se Edward comunque fosse stato una persona normale avrebbe potuto facilmente depistarla dicendole che non erano di certo affari suoi, ma non era quello il suo compito. Il suo compito era rendere Isabella consapevole di chi era e di cosa l’aspettava dal suo futuro. Ora doveva solo trovare il modo di rendere dolce la pillola.

«Bè diciamo che sono affascinato dalle leggende mitologiche ed ora sono molto interessato ad una in particolare, quella della prescelta appunto.».

Isabella restò interdetta dalla risposta di Edward, di certo si aspettava di tutto tranne che questo. La prescelta era un racconto, che leggenda poteva mai esserci dietro?

«Quale leggenda? Io so solo che si tratta di un racconto che mia nonna mi raccontava da piccola.».

Edward era sorpreso. Avrebbe voluto incontrare quella donna per sapere cosa sapesse.

«ce ne sono molte a riguardo. Soprattutto nelle culture celtico irlandesi e anche giapponesi. Io ne sto cercando quante più possibili per mettere assieme i punti accumunanti e capirne davvero magari quale sia quella più autentica. ».

«Perché?».

Edward non poteva che essere sempre sorpreso quando parlava con lei.

«cosa perché?».

«Perché fai tutte queste ricerche?».

«Perché ritengo che la leggenda della prescelta sia vera!».

Isabella restò scioccata da quella sua affermazione, soprattutto per il fatto che il modo in cui l’avesse detto facesse trapelare quanto veramente ci credeva.

«E dal libro cos’hai ricavato?».

«Bè dal libro ho ricavato la parte diciamo, soft, della leggenda. Esprime la storia della prescelta nella sua vera autenticità, ma tralasciando alcuni particolari, che ancora sto cercando di rintracciare.».

«scusami Edward, ma posso vedere il libro?».

A Isabella sarebbe bastato dargli una sfogliata veloce, non sarebbe riuscita a resistere un mese.

«Certo, seguimi. È in biblioteca.».

E così i due ritornarono nella stessa stanza di poche ore prima.

Quando Edward diede il libro ad Isabella, questa sussultò. Lui non poté capire, ma lei una volta toccato il libro era stata pervasa dalla stessa scossa, che aveva avuto quando toccò la spilla.

Isabella osservò stranita e impaurita la copertina nera sgualcita dal tempo del libro. Al centro spiccava la scritta oro “La Prescelta”.

Il libro era molto corto, difatti raccoglieva solo quella storia e basta.

«Ti dispiace se gli do una letta veloce? Sai non la ricordo bene e vorrei togliermi questo dubbio.».

«Sediamo qui. Bella ti andrebbe di leggerla ad alta voce?».

La ragazza un po’ titubante annuì.

 

Sfogliò le prime pagine tutte bianche, o meglio ingiallite dal tempo.

Poi trovò una pagina dove al centro vi era scritto qualcosa, e lo lesse ad alta voce.

«"Si dice che l'ovest sia costruito sulle leggende. E che le leggende siano solo un modo per comprendere realtà molto più grandi di noi, forze che plasmano le nostre vite, eventi che non si possono spiegare. Individui le cui vite arrivano a sfiorare il cielo o a sprofondare nella terra... e così che nascono le leggende*"»

Isabella rabbrividì a quelle parole.

«Wow. Non mi ricordavo questa prefazione. Sembra quasi voglia dire che la storia che segue sia una cosa vera, ma camuffata da leggenda!».

Edward scrutava ogni sua piccola reazione.

«Forse è così. Forse la prescelta esiste davvero.».

Lui la guardava con uno sguardo che pareva dire tutto e niente. Lei era sconvolta. Sconvolta perché quelle parole erano cariche di verità.

Distolse lo sguardo e i pensieri e sfogliò altre pagine.

«C’era una volta un mondo popolato da diversi individui. La supremazia era in mano agli individui chiamati umani, che nel tempo erano riusciti a creare un modo per dialogare tra di essi potendo così divenire sempre più intelligenti e costruendo nel mondo civiltà e culture che dessero loro sostegno nella loro vita. Nel corso dei tempi e degli anni questi individui vissero sempre tranquillamente le loro vite ignari del fatto che nel loro stesso mondo, esistevano altri individui superiori a loro per forza e intelligenza, individui che vivevano però nell’oscurità e in un’eterna dannazione.»

Isabella si bloccò perché il suo subconscio le parò davanti agli occhi la stessa immagine dei due demoni che si cibavano del sangue di un altro, la stessa che aveva avuto quando il giorno prima aveva guardato Edward negli occhi. Non capiva. Che collegamento poteva mai esserci?

«Qualcosa non va?».

Edward si chiedeva cosa l’avesse fatta sbiancare così all’improvviso.

«Nu.. nulla!»

Respirò a fondo e continuò.

 

«Essi erano un pericolo per la razza umana, ma grazie alla presenza della loro sovrana, la vita riusciva ad essere pacifica per entrambi gli individui. La loro sovrana era buona e amava e invidiava la fortuna che gli umani avevano, perciò la sua principale preoccupazione era proteggerli. Riusciva in ciò perché lei era potente, non solo per la carica che ricopriva sui suoi simili, era potente perché era una dei primi della sua specie e aveva poteri che gli altri suoi simili non avevano. Ciò nonostante la sete di potere e la cattiveria di alcuni fece si che si creasse una segreta coalizione che attentò alla vita e alla posizione della bella sovrana. Questa non riuscì a difendersi dall’improvviso attacco e venne sconfitta, non prima però di aver, grazie ai suoi poteri, fatto in modo che il suo spirito avesse la possibilità di reincarnarsi in una persona che avrebbe saputo e avuto la possibilità di riportare la pace tra il suo popolo nel mondo. Le dispiaceva tuttavia che la prescelta a ciò avrebbe dovuto affrontare un dura prova per divenire quello che il destino voleva da lei, ma la sovrana non poté non schivargli questo fardello, poiché la maledizione della sua specie era troppo potente anche per lei.

 

Da quel giorno il mondo continuò la sua vita e il popolo della notte si divise in due fazioni. Una a servizio dei tre potenti signori che erano a capo della spedizione contro la sovrana, l’altra in attesa del risveglio della prescelta che avrebbe riportato il giusto equilibrio. Nessuno sapeva dove e quando questo sarebbe successo, ma la speranza non abbandonò mai i loro sentimenti. Speranza nel vedere in qualcuno il simbolo regale della sovrana e il simbolo ora della prescelta.».

A Isabella cadde il libro dalle mani tremanti ed Edward sapeva perché. Dopo quelle parole la pagina raffigurava al centro di essa, un nodo celtico. Lo stesso che aveva visto sulla schiena di lei.

Alla ragazza cedettero le gambe ritrovandosi seduta a terra con lo sguardo perso nel vuoto.

 

 

 

 

*citazione dal film “The Ghost Riders”.

 

 

 

Ehiii!!!

Avete visto che capitolo bomba vi ho cacciato???

Vi ho scritto il racconto della nonna di Isabella.. e ora? cosa succederà???

Lo scopriremo presto!!!

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Capitolo 11
*** capitolo 11 ***


cap 11

Capitolo 11

 

 

 

Isabella era rimasta a dir poco scioccata. La testa le faceva male per i mille pensieri che le vorticavano dentro. Non poteva credere che quella storiella potesse essere vera.

Continuava, si sforzava a far in modo che quelle parole prendessero una piega sensata, ma ciò non avveniva. La storia di sua nonna ora, dopo tutto quello che le era accaduto, non riusciva a vederla come una cosa inventata. Ed Edward, bè lui aveva esposto i suoi pensieri in modo così determinato, da averla spiazzata al punto tale da non avere neanche il coraggio di controbatterlo.

Quel simbolo. Quel simbolo che faceva mostra di sé sulla pagina le faceva paura.

Le faceva paura perché se lei avesse ammesso che tutto ciò fosse vero, significava che lei era quella prescelta di cui quel libro parlava. E questo non poteva essere vero. O almeno, per lei, non doveva.

«Isabella per favore… parlami.. ti senti male?».

Edward stava impazzendo. La ragazza sembrava non dargli segni di vita, troppo presa com’era nel dare un senso logico ai propri pensieri.

«Carlisle, ti prego vieni!».

Non aveva fatto a tempo terminare la frase che il biondo vampiro aveva fatto il suo ingresso nella stanza.

Sebbene Isabella fosse persa nel suo mondo, non aveva di certo non potuto notare la velocità con cui quell’uomo fosse entrato nella stanza, soprattutto dopo essere stato chiamato a voce così bassa dal ragazzo al suo fianco.

 

Il dottore le mise un mano sul polso e al gelido contatto la ragazza sussultò tornando nel mondo reale.

«Carlisle..».

Sussurrò quel nome, mentre fissava l’uomo affascinante che la scrutava in apprensione.

«Isabella, cosa ti senti?».

«Io.. io…».

Niente da fare. Isabella non riusciva a connettere il suo cervello, troppo sovraccarica dai pensieri e dalle informazioni e forse anche dalla consapevolezza di trovarsi nella giusta via. La sua via.

Già. Perché in tutto questo, lei non aveva potuto non rendersi conto come le strane spiegazione di Edward e quel racconto le avessero dato un senso di appartenenza alle cose dette.

 

Edward, dal canto suo, si sentiva colpevole e impotente di fronte a quella ragazza apparentemente sotto shock.

«Carlisle, è tutta colpa mia. Non avrei dovuto farle leggere il libro!».

«figliolo non dire sciocchezze. Prima o poi sarebbe successo ugualmente!».

 

Isabella a quelle parole prese un po’ di coraggio. Doveva farlo se voleva che gli si fosse spiegata quella frase.

«co.. come fai a dire questo? Come sai che sarebbe successo?».

I due vampiri che si erano alzati in piedi mentre parlavano, si riaccucciarono ai piedi della ragazza, fissandola con compassione e timore. Non sapevano come affrontare l’argomento.

Esitavano e perciò lei lasciò libero sfogo ai suoi pensieri e domande.

«perché non rispondete? Cosa mi nascondete? Tu Edward, è perché pensi che tutto ciò sia vero? Cosa non mi stai dicendo… io…».

Bella gesticolava nervosa mentre parlava e nel farlo le era sceso l’occhio nuovamente sulla pagina con il simbolo.

«perché proprio in questi giorni stai studiando questi simboli? Anzi proprio quel nodo celtico? E come facevi a sapere che esisteva questo libro? Essendo di un anonimo non affatto conosciuto… era impossibile fosse citato da qualche parte… essendo sempre appartenuto a mia nonna poi…».

Edward e Carlisle si scambiarono sguardi fugaci che non mancarono allo sguardo attento di Bella. Carlisle pregava mentalmente il figlio di rendere ormai partecipe la ragazza di almeno le parti essenziali di tutta quella faccenda. Il resto sarebbe venuto dopo.

«Allora?... Dio tutto questo è iniziato quando…».

L’ultima parte l’aveva solo sussurrata a se stessa mentre istintivamente si appoggiava  una mano sulla schiena, all’altezza del tatuaggio.

«…da quando ti è apparso quel tatuaggio…».

Finalmente Edward aveva parlato, ma quello che aveva detto aveva lasciato nuovamente Isabella di stucco.

«Co.. come fai a saperlo?».

Lui si sedette a terra, di fronte a lei, ma con lo sguardo disperso lontano.

«L’ho visto durante l’ora di ginnastica, mentre eseguivi il salto in alto.».

Bella ripensò al suo saltò e si rese conto che era impossibile. Il resto della classe era in fila a circa 4 metri dal materasso. Nessuno avrebbe mai potuto vedere la sua schiena, nessuno.

 

“…esistevano altri individui superiori a loro per forza e intelligenza…”

“…Essi erano un pericolo per la razza umana…”

“…il popolo della notte si divise in due fazioni… in attesa del risveglio della prescelta….”.

 

«Cosa siete?».

Quella domanda le sorse spontanea.

Edward invece era sorpreso del fatto che lei ci fosse arrivata così presto.

«tu cosa credi?».

 

“…individui superiori… popolo della notte…”

 

Quell’immagine del libro e dei suoi sogni le balenò nuovamente davanti.

 

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«Vampiri!».

Edward notò che non gli era stato posto una domanda, bensì un affermazione.

«Si!».

Lui percepì indistintamente il cuore di Isabella  battere più forte, anche perché era l’unico cuore che batteva in tutta la casa.

«Non avere paura!».

«A no?».

Disse lei in tono beffardo, mentre si rimetteva in piedi, spinta dall’adrenalina che ora le scorreva nelle vene.

«no! Di quella storia noi siamo i buoni. ».

«E chi mi dice che tu non mi stia prendendo in giro?».

Edward non sapeva come muoversi per non spaventarla.

«basta che mi guarda negli occhi. Li c’è la verità.».

A dire la verità Isabella non aveva paura di loro, se ne era resa conto anche lei, quel che ancora forse non aveva capito era il fatto che avesse paura di se stessa, di quello che forse era.

«non vedi che i miei occhi sono oro? Lo stesso oro delle tue sfumature… qualcosa vorrà pur dire no?».

 

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Edward era teso e nervoso, perché voleva farsi accettare da Bella a tutti i costi, ma forse era stato troppo irruento.

Isabella si era portata veloce una mano al viso, all’altezza degli occhi.

«Io… non paragonarmi a te!».

Aveva risposto, ferendo involontariamente Edward.

«Perché dici questo? Tu sei destinata a diventare come me!».

Parole taglienti come una lama, che ferirono l’anima e il cuore di Isabella.

«Edward!».

L’aveva rimproverato Carlisle, ma ormai il danno era fatto.

Isabella corse via. Stava per aprire la porta di ingresso, ma una mano spuntata dal nulla spinse la porta richiudendola.

Edward non era riuscito a resistere e a velocità vampiresca le si era materializzato a fianco.

«Ti prego scusami… io non volev…».

Le parole gli morirono in gola, quando Isabella giratasi gli mostrò le lacrime silenziose che rigavano il suo viso sconvolto.

Si guardarono a lungo, poi lei riaprì la porta e corse via. Lontano da lui. Lontano da quella casa. Lontano da quella cruda verità. Lontano dal suo destino a cui non avrebbe potuto scampare. Lontano da se stessa.

 

 

 

Sono quiiiii!!!

Un po’ irruento il nostro ragazzotto!!!

He he he no no! Non va bene!!

E Bella è decisamente spaventata… cosa farà adesso???

Lo scopriremo prestooo!!

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Capitolo 12
*** capitolo 12 ***


cap 12

Capitolo 12

 

 

 

Demetri era arrivato in Transilvania da meno di un giorno, accompagnato da un vampiro di nome Felix e due gemelli di nome Alec e Jane. Si era avvalso della loro compagnia essendo questi molto forti.

Grazie alla carica che rivestivano fu facile per loro trovare notizie su questo nomade di nome James e si apprestavano così a raggiungere il luogo che era stato loro indicato.

 

Era una fredda e nuvolosa giornata quella, così per loro sarebbe stato più semplice spostarsi nel mondo degli umani.

Arrivarono nel mezzo di un bosco dall’aria da film dell’orrore.

Ben presto incrociarono la scia di un vampiro, che probabilmente era per loro la prova di aver trovato finalmente questo James.

Poco dopo arrivarono nei pressi di alcune vecchie rovine di un antico castello medioevale e alcune grida che erano giunte al loro orecchio un chilometro prima ora si intensificarono, per poi smettere all’improvviso. Nell’aria pervadeva un odore eccitante di sangue che mise subito in agitazione i sensi dei quattro vampiri. Questi però erano già sazi, perciò non fu molto difficile reprimere quel senso di furia che li stava per invadere, anche perché non potevano certo permettersi distrazioni se effettivamente avevano trovato quello che cercavano.

Aspettarono fermi immobili qualche altro secondo per essere sicuri che il vampiro avesse finito il suo pasto, poi lo raggiunsero.

Trovarono il vampiro seduto sulle rovine di un trono a cavalcioni che fingeva di dormire.

«uno.. due.. tre.. quattro.. Salve stranieri! Avete smarrito la strada?».

Aveva parlato senza aprire gli occhi, in un tono molto determinato e svogliato contemporaneamente.

Demetri si sentiva in dovere di far prevalere la sua autorità.

«Nomade! E’ con la guardia dei Volturi che stai parlando!»

Il vampiro al suono di quelle parole aprì gli occhi e si voltò verso i quattro per squadrarli profondamente tutti quanti.

 

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«Quale onore!»  ghignò.

Jane ringhiò in risposta alla maleducazione di quel vampiro nei loro confronti. Lei più di tutti non permetteva a nessuno di comportarsi così.

«Pardon!».

Si inchinò lui sfacciatamente di fronte a Jane.

James non poteva farci nulla, era il suo carattere così selvaggio a renderlo il perfetto stronzo che era. Ma lui era un nomade, viveva solo e non doveva dare conto di quello che faceva a nessun altro se non a se stesso, per questo nei confronti dei Volturi lui non provava quel timore o rispetto che i quattro avrebbero voluto provasse.

«Siete forse venuti a punirmi per qualche malanno di cui io non sono a conoscenza?».

Essendo un nomade, James aveva potuto sentire molto storie sul modo di governare dei Volturi.

«Non scherzare con il fuoco! James!».

Lo minacciò gelido Alec. il nome di James era uscito quasi come fosse un insulto.

Il vampiro gli lanciò un’occhiata divertita.

«Sapete il mio nome. Allora è proprio me che cercavate!»

Demetri iniziava a stancarsi di questa sceneggiata.

«Smettila! Vogliamo che tu rintracci una persona!».

James capendo ora il suo ruolo in tutto questo, si mise a ridere conscio che se i Volturi si erano rivolti a lui forse erano davvero disperati, quindi, perché non prendersi gioco di loro?

«Guarda, guarda! E così i famigerati Volturi hanno bisogno del mio aiuto!».

«non  credere di poterci parlare così! Non potremmo ucciderti perché ci servi assolutamente, ma possiamo sempre farti vedere le porte dell’inferno!».

Jane e James si guardano in cagnesco, ma con il suo solito modo di fare, aprì il suo viso in un sorriso da menefreghista.

Jane non se lo fece ripetere due volte. La vampira aveva il dono di infliggere al suo avversario un dolore mentale inimmaginabile. E fu questo quello che avvenne. James si ritrovò a terra piegato in due, mentre urlava dal dolore atroce che lo pervadeva in ogni sua cellula.

«Fermati Jane!».

Al richiamo di Demetri la vampira mollò la presa mentale sul suo soggetto e tornò fiera al suo posto. James dopo essersi ripreso si rialzò, questa volta serio in volto.

«chi dovrei cercare?».

«Chi sia non ha importanza, ti basti solo vedere il suo viso.».

James cominciava ad essere interessato, chissà in cosa si stava immischiando. Di sicuro, per lui, era qualcosa di grande.

«Ed in cambio io cosa ne guadagnerei?».

Demetri sbuffò per la pazienza che stava portando.

«I nostri signori sono magnanimi. In cambio vorrebbero ti unissi alla guardia dei Volturi. Trovano il tuo dono… utile.».

Era schifato all’idea di doverselo trovare in giro per Volterra, per l’eternità.

James dal canto suo ascoltava attentamente l’offerta datagli. Lui non avrebbe mai accettato a farsi comandare a bacchetta per l’eternità, ma era da un po’ che si annoiava perciò decise di accettare, perché in fin dei conti sentiva che presto le cose si sarebbero fatte davvero interessanti.

«Ok! Vi aiuterò!».

 

*

 

 

Isabella si era rinchiusa la porta della sua camera alle spalle e ora si ritrovava a terra in preda ad un attacco di shock che si intervallava con una crisi di panico e poi di pianto. Non sapeva formulare un pensiero coerente. Continuava a risentire le parole di Edward che la schiaffeggiavano crudeli

“…Tu sei destinata a diventare come me…”

“… come me…”

“… come me…”

E poi la velocità in cui l’aveva raggiunta in soggiorno…

Un vampiro. Lui era un vampiro. E forse non solo lui, tutta la sua famiglia. Alice…

Iniziò a singhiozzare rumorosamente, per fortuna Charlie era a lavoro, se l’avesse trovata in quelle condizioni lei non sarebbe stata in grado di dargli nessuna spiegazione.

 

Edward nel frattempo la guardava da lontano attraverso la finestra odiandosi con quanta più forza avesse. Si faceva schifo, dopo tanto tempo si era risentito un vero mostro, quello che dopo la trasformazione non accettava di essere.

Voleva abbracciarla, sussurrarle alle orecchie che tutto sarebbe andato bene, ma era sicuro che lei non lo avrebbe più voluto.

 

Bella intanto dopo la grave crisi isterica di cui era stata vittima si addormentò sfinita sul pavimento. Edward che non l’aveva persa di vista un secondo, era entrato furtivo nella casa di lei, per accomodarla nel suo letto e sussurrandole alle orecchie mille volte perdono.

 

Poco dopo il telefono di lui iniziò a vibrare e a bassa voce rispose.

«Sono Alice! Vieni subito qui!».

Dire che era arrabbiata come una iena sarebbe stato un eufemismo.

«… non posso lasciarla sola….».

La sorella sbuffò.

«Starà bene, non si sveglierà per altre due ore. Muoviti!».

Riattaccò bruscamente e lui non poté che guardare quella fragile umana l’ennesima volta per poi sparire alla velocità della luce.

 

 

Mentre Edward tornava a casa ad affrontare la sua famiglia per la sua irruenza…

mentre James accettava furbo di aiutare i Volturi…

mentre Aro macchinava mille modi per sfruttare la prescelta…

mentre Demetri, fiero di se stesso, si apprestava a mostrare il dipinto dell’antica sovrana per sapere se avrebbe funzionato ugualmente…

mentre Lizzy studiava inconsapevole di questo mondo oscuro ripensando alla sua solitaria amica Bella…

… Isabella nel suo letto sognava se stessa con degli occhi come quelli di Edward, vestita di abiti regali di un tempo passato, e tra le varie frasi che diceva, ripeteva costantemente:

«Non temere il tuo destino!».

 

 

 

 

Ragazze eccomi qua!! Vi lascio un chappy prima di Pasqua!!

E così Demetri ha trovato James. E che James!!! ( Chad tanta roba!)

Ed ha anche un bel caratterino!!! Hihihi… =)

Edward è in piena fase “sono un mostro” e Bella fa sogni interessanti…  =) come sarà il suo risveglio?

Bene…

Spero vi sia piaciuto!!!

Vi auguro un Buon Weekend e una Buona Pasqua!!!

Un bacione

Deborah

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Capitolo 13
*** capitolo 13 ***


cap 13

Capitolo 13

 

 

 

Isabella si chiedeva perché fosse vestita con un costume da carnevale. Già. Si trovava in un luogo buio, l’unico punto illuminato era dove si trovava lei, in piedi di fronte ad uno specchio che ritraeva se stessa vestita come una nobildonna medioevale.

 Più si fissava più le sembrava che qualcosa non andasse.

Ma certo! I suoi occhi.

 

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 I suoi occhi erano color dell’oro e freddi, come quelli di.. di… non riusciva a ricordare chi gli ricordasse.

Si guardò a destra e poi a sinistra.

«c’è nessuno?».

«No!».

Si voltò in tutte le direzioni, ma la voce melodiosa che aveva udito, non aveva trovato un volto di appartenenza.

«Chi ha parlato?»

Questa volta in risposta ebbe solo una risata angelica.

Credeva di iniziare ad impazzire. Guardò di nuovo di fronte a se, e restò sorpresa nel vedere che il suo riflesso stava sorridendo. Si portò subito le mani al viso per constatare che il suo volto non si muovesse per conto suo. Ma restò doppiamente sorpresa ancora nel sentire che il suo viso era serissimo e che le braccia del riflesso non si erano mosse come invece avrebbe dovuto succedere.

Fece istintivamente un passo indietro.

«Non avere paura!».

Quella voce, la stessa di prima.

Apparteneva allo specchio.

«Chi sei?».

Isabella era spaventata, voleva scappare, ma il suo corpo non voleva muoversi.

«Davvero non l’hai capito?».

La guardò, concentrandosi con tutte le sue forze, no, non capiva.

«sei uguale a me!».

Lei sorrise gentile.

«A dire il vero quella uguale a me, saresti tu!».

Un flash di un stralcio di un racconto le passò per la mente. Ma non si trattava di un racconto qualsiasi, era quel racconto. Quello della nonna. Quello letto di fronte ad… Edward. Ecco di chi erano quegli occhi, di Edward. Il solo pensare al suo volto la sconvolse, mille emozioni si scontrarono dentro di lei: stima, benevolenza, timore, rispetto, paura… paura perché lui era… un vampiro.

“…Tu sei destinata a diventare come me…”

Sussultò a quel ricordo. “Io… cos’ero io?”

La Isabella riflessa nello specchio alzò un braccio verso la Bella in carne ed ossa e appoggiò una mano sulla superficie che le divideva. La Bella reale fece lo stesso, così che le loro mani combaciassero.

«Tu sei… la regina?».

Lei sorrise.

«La regina Isobel.. anche i nostri nome si somigliano.. vedi?».

«Perché?».

Era quello che continuavo a chiedersi Bella: perché. Perché tutto questo a lei!?

Il suo viso si rattristì.

«Mi dispiace di aver dovuto darti questo terribile fardello, ma non ho avuto altra scelta. Se non avessi fatto in modo di poter rincarnare il mio spirito, il mondo avrebbe veramente visto la sua fine. I vampiri che non rispettano gli esseri umani si sarebbero coalizzati e avrebbero distrutto l’intero genere umano e di conseguenza anche il loro, togliendo così ogni fonte di sopravvivenza.».

«Ma non è avvenuto lo stesso? Dico.. i volturi sono cattivi giusto?».

«si, è vero. Ma hanno tenuto a freno i loro infimi piani, perché temevano di un mio ritorno! ».

«Io non capisco, cosa puoi fare tu? Contro tutti loro?».

Sorrise sadica, ma Bella non provò lo stesso, timore di lei.

«A volte per farsi rispettare, bisogna essere temuti. Io ero un’originaria. Avevo tutti i poteri nelle mie mani, con un solo gesto avrei potuto distruggere ogni vampiro sulla mia strada. Per questo tutti mi temevano e fare in modo che non si servissero troppo degli esseri umani era semplice. Al mio tempo, la maggior parte dei vampiri si nutriva del sangue degli animali, così che la loro parte umana non andasse distrutta. Ma non tutti lo fecero. I Volturi era alcuni di questi… e bè, penso tu sappia come vada avanti la storia.».

Incredibile. Una parola che nella mente di Bella ultimamente si faceva spesso posto. Ma ora sorgeva la domanda fondamentale.

«E io? Cosa centro in tutto questo?».

Questa volta sorrise dolce, come una mamma fa con il suo figlio.

«Mia piccola Isabella, tu sei la prescelta, la mia prescelta. In te vive sepolto il mio spirito, che lotta per risvegliarsi; una volta che ciò sarà avvenuto tutti i poteri che una volta mi permisero di dare al mondo un equilibrio giusto, saranno tuoi, così come lo scopo per cui io li usavo. Tu sei l’erede al mio trono!».

Ecco! Finalmente aveva avuto la sua risposta.

Ma lei? Fragile umana qual era, come sarebbe mai riuscita a compiere tutto ciò? No, doveva per forza esserci uno sbaglio…

«Ma io non sono un vampiro…!».

Gli occhi di Isobel divennero lucidi, ma da essi non sgorgò una sola lacrima, non sapeva come Bella avrebbe reagito a quello che lei da lì a poco le avrebbe detto.

«in verità, lo sei, o meglio… come ti ho accennato prima lo spirito che dorme sepolto infondo al tuo cuore è lo spirito di un vampiro… e per essere risvegliato completamente dovrai fare una cosa sola…»

Isabella si stava rendendo sempre più conto che quello era un incubo, perché tutto quello che la regina le stava dicendo era impossibile… lei? Lei era un vampiro? O meglio, un quasi vampiro?

Improvvisamente si accorse di una scia di lacrime dispettose che imperterrite continuavano a solcare il suo viso.

«Non avere paura, ti prego… non devi temere il tuo destino Isabella!».

Bella dal canto suo, non riusciva a frenare la crisi isterica che la stava invadendo sempre più impetuosa.

Isobel spinta dall’affetto per la sua reincarnazione attraversò il confine che la separava da Isabella e l’abbracciò infondendole il suo coraggio.

Bella, a sua volta, lo assorbì calmandosi e donandole una nuova forza che non aveva mai avuto.

Ora i suoi pensieri divennero più coerenti, meno infantili e più razionali.

«Regina Isobel… perdonate la mia patetica reazione… ho capito che ognuno viene al mondo già con un destino da compiere… e questo è il mio. Solo… ho paura… di non essere all’altezza!».

Isobel si staccò da lei guardandola dritta negli occhi.

«Non devi temere… perché non sei sola…».

Una forte scossa fece fermare le parole della regina. Entrambe si guardarono attorno.

«cosa succede?».

«è colpa mia… non dovevo superare il confine che mi hanno imposto…».

«Isobel..».

«No ascoltami… non c’è più tempo… circondati di persone fidate, ti aiuteranno nel compimento del tuo destino. Ascolta il tuo cuore, in esso troverai le risposte che cerchi!».

Isabella cercava di prestare più attenzione possibile alle parole di Isobel, poiché il buio che c’era intorno a loro la stava risucchiando indietro, lontano da lei, e la voce era sempre più lontana. Le loro mani cercavano di stare aggrappate tra di loro, ma la forza che le separava era più forte.

«cosa devo fare per diventare un vampiro a tutti gli effetti?».

La mano di Isobel si staccò dalla sua e la sua voce le risuonò come un eco.

«Isobel… Isobel… non ho capito..».

«… consenziente…»

«.. Isobel?...».

Bella continuava a gridare, ma il buio era l’unica cosa vedeva.

Poi udì un’altra voce lontana… la chiamava. Chiamava il suo nome, ed era sempre più forte.

«Bella svegliati!».

Isabella d’improvviso aprì gli occhi e si trovò un Charlie con la fronte imperlata di sudore che la guardava preoccupato.

«Papà?».

Isabella si accorse di essere senza voce… come se avesse urlato per un giorno intero…

«Piccola, stai bene? Sono entrato da lavoro e ho sentito che continuavi a gridare. Sono corso subito in camera tua temendo il peggio! Ma cosa stavi sognando?».

Isabella si guardò le mani, era un sogno o era realtà? Cosa le era successo?

«Non lo so.. scusami se ti ho fatto preoccupare!».

Suo padre sospirò stanco dalla dura giornata che avevo passato.

«Ok, piccola… ora vado a letto perché sono esausto. Hai bisogna di qualcosa?».

«No! Buonanotte!».

«Notte Bells!».

Isabella mantenne un sorriso forzato, fino a quando la porta non si chiuse.

Si alzò e si avvicinò alla finestra della sua stanza che dava sul tetro bosco nel retro della casa. Era l’una di notte. Alzò lo sguardo verso la luna, che debole faceva chiarore sul paesaggio circostante.

“…circondati di persone fidate..”

La voce di Isobel le risuonò lontana nelle sue orecchie.

«Allora Bella cosa dice il tuo cuore?».

Isabella si pose la domanda ad alta voce, ma la risposta arrivò muta nel suo subconscio.

La risposta erano due profondi occhi oro.

 

*

 

«Allora? il tuo potere funziona o no?».

Un ghigno si disegnò sul volto a cui era indirizzata tale domanda.

«Non dubitare mai delle mie capacità, soprattutto del mio dono!».

Un ringhio gli rispose.

«Ottimo! Allora facci strada!»

 

 

 

Ragazzeee!!! Sono quiiii!!!

Che ne pensate del capitolo? Ho pensato di rendere la situazione un po’ più chiara attraverso il sogno di Bella, nel quale abbiamo visto a confronto la Bella del passato e quella del presente, in attesa di quella futura… =)

Vi è piaciuto la mia idea?

Spero di si!

E l’ultima parte del capitolo? Aiutoooo!

Ahaha

Stelline mie grazie per seguirmi!!!

Un bacione!!

Deborah

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Capitolo 14
*** capitolo 14 ***


cap 14

Capitolo 14

 

 

 

Isabella dopo il sogno che aveva fatto sentiva il bisogno di andare a parlare con i Cullen. Era un richiamo lontano che veniva direttamente dal suo cuore e Isobel, le aveva espressamente detto di fidarsi del suo cuore, e così avrebbe fatto. Si sentiva sicura e determinata, così come non lo era mai stata.

Non era più riuscita a rimettersi a letto, il sonno se ne era andato e visto che suo padre ronfava tranquillo nella sua stanza, decise di svignarsela da lì.

Voleva prendere il Pick up, ma una volta acceso avrebbe svegliato metà Stati Uniti, perciò decise di incamminarsi a piedi, avrebbe chiamato Alice con il cellulare per chiederle se avrebbe potuto andare a prenderla. Infondo anche se un vampiro, Alice era pur sempre quella dolce ragazza che aveva  voluto diventare sua amica e con la quale Isabella, doveva ammetterlo, si trovava proprio a suo agio.

Fece alcuni passi nella notte e qualcosa, un sesto senso forse, la fece voltare verso il bosco. Sentiva la presenza di qualcuno, non sapeva spiegarsi il motivo per cui ne era così certa, ma fatto sta che era proprio così. Ad un ragionamento più acuto, avrebbe capito che era solo l’influsso dello spirito che albergava in lei a renderla più forte, più veloce e più attenta di quanto non lo fosse mai stata in tutta la sua vita.

«Fatti avanti! So che sei lì!».

A dire la verità non sapeva bene a chi si stesse rivolgendo, difatti la voce che le rispose incerta poco dopo la sorprese e non poco.

«Come sapevi che ero lì?».

Un Edward sorpreso e affascinato comparì dall’oscurità tetra del bosco, avanzando lento e cauto. Il chiarore della luna, che quella sera era davvero limpida, lo rendeva più surreale e, Bella non poteva non ammetterlo, più bello.

La ragazza si sentiva morire ad ogni passo che accorciava la distanza fra di loro, ma non era paura quella provava, era qualcos’altro, a cui lei non sapeva ancora dare un nome.

«veramente non lo so. Lo sapevo e basta!».

Quando furono uno di fronte all’altra Bella notò quanto Edward fosse teso e rigido.

«Cosa ci fai qui?».

«sinceramente?».

Lei annuì mentre una strana morsa le attanagliava lo stomaco mentre lo osservava passarsi una mano nella sua folta, disordinata e sexy chioma.

-Sexy?-

-che assurdità..- si rimproverò da sola.

«sono un paio di ore che ti osservo dal bosco. Ero preoccupato perché vedevo che ti lamentavi nel sonno. Poi ti ho osservato mentre, pensierosa, guardavi dalla finestra della tua stanza. Poi Alice mi ha detto di starti dietro perché avevi deciso di venire a piedi da noi, per cui ti ho seguito fino a quando non mi hai scoperto.».

La ragazza aveva un black out in corso. Si era persa ancora alle prime parole: “sono un paio di ore che ti osservo…”

«Perché?».

Non riuscì a dire altro, se non quello. Ormai era l’unica parola che usava.

«Mi sentivo in colpa per come avevo reagito… a casa mia. Temevo che potessi prendertela anche con la mia famiglia.. Alice soprattutto. Era molto arrabbiata con me! Sono io che ho sbagliato, perciò devi avercela solo con me!».

Isabella non riuscì a capirne bene il motivo, fatto sta che si sentì delusa dalla sua risposta. Si chiedeva mentalmente cosa avrebbe voluto sentirsi dire, ma neanche lei lo sapeva in realtà. Lui lesse nei suoi occhi la delusione che lei sentiva dentro, e si sentì morire per non capirne il motivo.

Questa strana emozione venne però momentaneamente accantonata quando Isabella fece mente locale sulle parole effettive che lui aveva pronunciato.

«Aspetta, aspetta. Come faceva Alice a sapere che sarei venuta da voi… a piedi per giunta!?».

Lui sembrò esitare un attimo, non sapendo bene come impostare la risposta.

«Bè vedi.. alcuni vampiri.. dopo la trasformazione acquisiscono poteri o doni o maledizioni… insomma, a seconda del punto di vista li si possono chiamare in modi differenti. Alice… bè vedi lei può vedere il futuro, non in modo in esatto, dato che esso può sempre cambiare, ma può vedere diciamo cosa determinate decisioni comporteranno nel futuro imminente di quella persona!».

«Wow!».

Tuttavia, Isabella, non era poi più di tanto sorpresa. Isobel le aveva da poco detto che una volta che lei stessa sarebbe divenuta vampira, avrebbe avuto molti poteri, chissà forse più potenti dei semplici vampiri.

«già… proprio così!».

Edward l’avevo detto in modo decisamente ironico.

Lei lo guardò alzando un sopracciglio.

«intuisco che anche tu debba avere un potere… o dono.. o… maledizione!».

Lui sorrise amaro. Iniziò a camminare, non riusciva a stare fermo. Lei lo seguì senza accorgersene.

«Posso sentire i pensieri delle persone…».

«il sogno di chiunque!».

«si, già! Bè vedi. A volte è forte, ma dopo un po’ vorresti staccarti la testa con la forza. Odio i posti affollati perché oltre a sentire la voce delle persone sento anche i loro pensieri… tutti assieme… e ancora oggi a volte diventa insopportabile. Ma con il tempo ho dovuto farci l’abitudine… se volevo vivere nel mondo degli esseri umani… dovevo riuscire a gestirlo…».

«quindi puoi sentire anche i miei pensieri!».

Isabella era turbata per questo, si chiedeva quante volte avrà riso alle sue spalle sentendo quello che la sua mente fabbricava.

«a dire il vero… non sono mai riuscito a distinguere nitidamente i tuoi pensieri, da quando poi ti è uscito quel tatuaggio, bè, percepisco il vuoto più totale. A volte è fantastico, la mia mente è in pace… altre però mi fa impazzire.. si insomma… non sapere cosa tu stia pensando, mi mette in.. crisi..».

Isabella nell’appurare che i suoi pensieri erano al sicuro si era lasciata sfuggire un sospiro di sollievo che ovviamente ad Edward non era mancato.

«sbaglio o ne sei sollevata?».

«ehi sicuro di non riuscire a leggermi davvero?».

Risero spensierati per poi fermarsi e guardarsi seri, entrambi si chiedevano come fosse possibile che dopo tutto quello che fosse successo loro due potessero comportarsi in modo così… normale!

«sei cambiata!».

Le parole di Edward avevano spezzato quella strana magia e connessione che li aveva per un momento avvolti.

«cambiata?».

«si! Ieri sei scappata via da me come se fossi… ahahah cioè ok, non avevi tutti torti… Sei scappata dopo che hai saputo che ero un mostro, e ora eccoti qua che ridi e parli con me, mentre a piedi, alle due del mattino, vai a casa mia.».

Lei lo osservò nelle sue congetture mentali mentre cercava da solo una risposta.

«bè è proprio di questo che volevo parlare.. venendo da voi!».

«bè allora cosa stiamo aspettando?».

«se non hai una macchina qui vicino direi che il caso di chiamare qualcuno della tua famiglia per un passaggio, no?».

Lui fece un sorriso sghembo da mancare il fiato, guardandola di sottecchi.

«conosco un modo più veloce!».

 

*

 

«O mio Dio!».

L’adrenalina scorreva a fiumi in Isabella. Si sentiva invincibile e piena di energia.

«allora? non abbiamo fatto più in fretta con il mio modo?».

Lei sorrideva come un ebete, e lo sapeva bene, ma non ne poteva fare a meno, era troppo entusiasta.

«sembro strana se ti dico che mi è piaciuto davvero tanto?»

«ti devo forse ricordare con cosa stai parlando?».

Risero assieme.

I due in meno di un minuto si erano fatti 10 miglia di corsa, o meglio, quello a correre era stato Edward, con la sua velocità da vampiro, mentre Bella era aggrappata alla schiena del ragazzo.

È stupefacente quanto a volte una cosa insignificante possa unire due persone.

Stavano ancora ridendo quando si accorsero che tutta la famiglia Cullen li osservava dalla finestra del soggiorno, i quali non appena si videro scoperti fuggirono a fare delle mansioni a caso, per non passare da “guardoni”.

I due ragazzi ancora con sguardo complice si avviarono in casa.

Non appena entrati Isabella fu travolta da un piccolo tornado dai capelli sbarazzini.

«Oh, Bella. Per un momento ho temuto davvero che non mi volessi più come amica!».

Concluse la frase con un’occhiataccia al fratello che aveva causato tale possibilità.

Isabella spiazzata da tale dimostrazione d’affetto non poté fare altro che contraccambiare l’abbraccio, beandosi di aver scelto la via del cuore.

«Isabella!».

Carlisle attirò la sua attenzione. Voleva sapere il motivo per il quale Bella si fosse precipitata nel cuore della notte a casa sua. E naturalmente anche la ragazza aveva intuito cosa volesse il vampiro.

«scusatemi se vi ho disturbato a quest’ora… ma avevo bisogno di parlare con voi.».

Tutti la guardavano in attesa, erano così impazienti di sapere cosa li aspettasse che nessuno si era preso la briga di far accomodare l’ospite.

«Edward mi ha già chiesto scusa per ieri. Alice non avercela con lui, in qualunque caso penso che la mia reazione sarebbe stata la medesima.».

Aspettò  che la ragazza annuisse per poi continuare.

«Bene! Ora che questa faccenda è sistemata…. Voi pensate che io sia la prescelta giusto?».

Fece quella domanda come uno strappo veloce durante la ceretta. Lasciò tutti sbigottiti.

Carlisle, capo famiglia qual era, si sentì in dovere di rispondere.

«Si, crediamo che tu lo sia!».

La ragazza annuì.

«e in merito a questo, cosa avreste intenzione di fare?».

Il dottore fu preso alla sprovvista.

«Bè, come per te, anche noi ci troviamo in una situazione nuova. Ciò nonostante la cosa di cui siamo certi è che dobbiamo proteggerti. Noi siamo contro i Volturi e i suoi seguaci. Noi ci nutriamo del sangue degli animali e vogliamo che la prescelta torni al trono che le spetta.».

Isabella sorrise dolce, abbagliando tutti.

«è quello che volevo sentire!».

Tutti la guardarono colpiti.

«cosa ti è successo?».

A parlare era stato Jasper. Il ragazzo era infatti stranito dalle emozioni tranquille che Isabella emanava, per non parlare di quell’ultimo sorriso che aveva regalato loro, infondendo in tutti un calore all’altezza del loro cuore morto.

«non so a cosa tu ti riferisca!».

Ed era vero. Bella non sapeva di cosa Jasper stesse parlando. Ed era così intenta a riformulare più volte quella domanda, per darle diversi significati, che non notò gli sguardi fugaci che lui ed Edward si lanciarono in muta conversazione.

«Vedi Bella. Io ho un dono. Posso sentire cosa le persone provano e se voglio, posso anche modificare le loro emozioni. Ti dico questo, perché ho percepito perfettamente la paura e il disgusto che provavi per te stessa ieri e ora…bè, ora invece sei serena, sei padrona ti te stessa e non capisco come questo sia possibile. Per questo ti chiedo ancora una volta, cosa ti è successo?».

Tutti erano allerta, mentre Isabella era stupefatta dall’abilità del ragazzo e dalla sua acuta osservazione.

«… si! Hai ragione. Per essere sinceri, una persona mi ha fatto visita e mi ha aiutato ad accettare quello che mi sta succedendo.».

Lo disse in modo ingenuo.

«No è impossibile! Io mi sono assentato per 22 minuti e…».

«.. e io non ho visto nulla..».

Edward ed Alice avevano parlato completandosi a vicenda.

Isabella sorrise, però si accorse che era l’unica a farlo.

«ok senza troppi giri di parole. La persona in questione mi ha fatto visita nei miei sogni e…»

«in sogno? Ma…».

«Edward… perché sei così scettico. Non pensi che la grande Regina Isobel nonostante non ci sia più, non abbia il potere necessario per poter venire a contatto con il mondo dei vivi anche solo per un istante... ? bè, io sono un esempio vivente del suo immenso potere!».

«COSA?».

Sette voci melodiose, urlarono più o meno all’unisono, la stessa cosa.

 

**

 

«senti prima che perda la pazienza e ti faccia a pezzi per poi bruciare ogni piccolo pezzettino in cui ti ridurrò… si può sapere dove ci stai portando?».

James aveva dato poche spiegazioni ai Volturi dopo aver visto l’immagine della donna che doveva trovare. Si era limitato a qualche convenevole per poi concludere con un “seguitimi”. E così avevano fatto ma si erano stancati e spazientiti non sapendo dove dovessero andare.

«Allora?».

Demetri stava ribadendo il suo concetto stringendo la mano attorno alla gola di James, che si trovava ora a qualche centimetro da terra, addossato ad un albero.

«stiamo andando a prendere un Aereo… o negli Stati Uniti ci vuoi andare a nuoto?».

Demetri lo fissò serio per un altro secondo per poi gettarlo a terra con la forza ed avviarsi per il sentiero che stavano seguendo fino ad un attimo prima.

«ci voleva tanto?».

 

 

 

 

͠    ͠     ͠

Eccomi quaaaaa!!!

Un altro capitolo per voi….

Cosa ne pensate del BellaxEdward all’inizio del capitolo?

E del faccia a faccia con la Cullen family??

Hihihihi..sarà meglio che si sbrighino i nostri beniamini a fidarsi l’uno dell’ altra…

Alla prossima amori miei!!

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Capitolo 15
*** capitolo 15 ***


cap 15

Capitolo 15

 

 

 

«Edward… perché sei così scettico. Non pensi che la grande Regina Isobel nonostante non ci sia più, non abbia il potere necessario per poter venire a contatto con il mondo dei vivi anche solo per un istante... ? bè, io sono un esempio vivente del suo immenso potere!».

 

«COSA?».

 

Sette voci melodiose, urlarono più o meno all’unisono, la stessa cosa

 

Isabella non disse più nulla, aspettò che lo shock lasciasse i loro visi. In fondo poteva capirli. Ok sapere di essere dei mostri leggendari, che esistono poteri e cose così, ma sfociare ora anche in situazioni in cui i morti tornano nella vita dei vivi, era forse troppo da digerire. Per lei invece era una cosa normale e non sapeva veramente spiegarsi il perché.

Carlisle fu di nuovo il primo a parlare.

«Ok. Ammetto  che questa cosa ci lascia davvero sconvolti!».

Poi fece un sorrise gentile, come solo quel vampiro sembrava potesse fare.

«Isabella, puoi raccontarci il sogno o non ti è possibile?».

Tutti i vampiri presenti ringraziarono mentalmente Carlisle, poiché la curiosità li aveva assaliti tutti più o meno in egual misura. Volevano sapere.

«Nessun problema. Mi sembra giusto informarvi.».

«magnifico! Che ne dici di accomodarci?».

Carlisle si era reso conto solo in quel momento che la sua ospite era ancora in piedi vicino all’entrata, così come quasi tutti loro.

Bella annuì seguendo il capo famiglia nell’ampio salone ed accomodandosi su un divano candidamente bianco, che divise con Edward alla sua destra e Alice alla sua sinistra.

Una volta che tutti si furono accomodati, lei iniziò a raccontare partendo dalla fuga che aveva fatto da casa Cullen una volta avuto l’affronto con Edward, il quale sentendo menzionare quel preciso momento strinse i pugni delle sue mani così forte, che sembrava volessero spezzarsi. Bella se ne accorse e senza interrompere il suo discorso e sapendo bene che il suo gesto non sarebbe passato inosservato, appoggiò la sua mano destra sopra quella sinistra chiusa a pugno di Edward, il quale sorpreso e scosso allo stesso tempo, lasciò che la sua mano si beasse di quel tocco.

Raccontò del fatto che una volta piante tutte le sue lacrime si addormentò a terra, anche se poi si era risvegliata a letto.

«ti ho messa io a letto. Non volevo.. stessi.. scomoda..».

Isabella aveva avuto la sensazione che fosse stato lui, ora ne aveva avuto la conferma. Gli strinse la mano più forte, conscia che non gli avrebbe fatto male, anzi si chiese più che altro se lui avesse sentito la sua piccola stretta o meno.

«grazie!».

Proseguì poi raccontando tutti i particolari del sogno, dei consigli che la regina le aveva dato, della sua potenza, la stessa che lei, una volta diventata vampiro, avrebbe acquisito.

«Ti ha detto come attuare la trasformazione? Insomma, suppongo che dato che tu sia già diciamo quasi un vampiro, non valga la nostra trasformazione  o sbaglio? Con Edward avevamo trovato qualche scritto antico, ma lo stiamo ancora traducendo.».

Isabella si morse un labbro per la tensione. Era questo il punto. Lei non sapeva.

«non è riuscita a dirmelo.  O meglio ha cercato, ma è stata risucchiata nel suo mondo ed io non ho capito niente. Al mio udito è arrivata solo la parola ‘consenziente’, ma non so a cosa si riferisca.».

Carlisle stava pensando a cosa fare ora. Apparentemente sembrava che la Prescelta avesse accettato il suo destino, quindi il punto principale della sua lista era fatto. Ora subentrava un’altra cosa importante: come completare la sua trasformazione.

«credo quindi che dovremmo darci da fare per capire come fare.».

Alcuni annuirono, altri no. Più che altro era perché comunque non c’era altra scelta.

«Edward! Direi che è il caso di darsi da fare con quelle traduzioni, non trovi?».

Edward era assorto anche lui sui pensieri del padre e si trovò decisamente d’accordo con lui.

«Isabella noi ci daremo da fare quindi per trovare qualcosa riguardo alla tua trasformazione, tu sei d’accordo?».

Carlisle aveva ritenuto doveroso chiederle il permesso, poiché infin dei conti, lei era la diretta interessata.

«Certo! Ti do il mio permesso, anzi volevo ringraziarvi per l’aiuto che volete darmi!».

Più o meno tutti sorrisero, ma nessuno mancò nel confortarla dicendole che non era solo loro dovere, ma un piacere.

«Cara vuoi qualcosa da bere?».

Esme, aveva a cuore la salute di Isabella, e fin dal momento in cui era entrata nella sua casa, era rimasta in apprensione vedendo il colorito poco sano della ragazza.

Isabella si stupì di tanta dolcezza da parte di quella vampira e il suo cuore batte più forte, era una mamma davvero fantastica.

«un thè caldo, se non le è di troppo disturbo!».

«figurati! Arriva subito!».

Esme aveva lasciato velocemente la stanza, e mentre Isabella osservava la scia immaginaria della vampira, Edward la osservava.

«Hai freddo?».

Si. Lei aveva freddo, ma non quel tipo di freddo che viene provocato dal tempo e dalle basse temperature. Era una sensazione, una brutta sensazione di gelo.

«si e no...».

Edward mortificandosi da solo, tolse la sua mano da quella di lei, la quale a sua volta lo guardò stupita.

«.. cioè non è quel tipo di freddo!».

Lui la guardò di sbieco non capendo, poi però i suoi occhi si spostarono altrove, su Jasper, il quale sentiva le emozioni di lei e si trovava sulla sua stessa lunghezza d’onda di pensieri.

«ha ragione. Cioè, è davvero una strana sensazione… fa sentire quasi male pure me…».

Jasper si era avvicinato e scrutava Isabella da vicino, come se magari nel suo volto fossero scritte le risposte che cercava. Intanto, Esme, era tornata con una tazzina di the fumante porgendolo alla ragazza, che lo prese saldamente. Quel che successe poi fu davvero strano e confusionale.

Isabella stava mescolando il suo the quando quella sensazione di gelo aumentò improvvisamente, bloccandole i muscoli e iniziando ad affannarle il respiro, anche Jasper provò in parte minore quella spiacevole sensazione essendo stato attentamente concentrato su di lei. La ragazza non riuscì a reggere la tazzina che cadde frantumandosi a terra, mentre contemporaneamente gli occhi di Alice si persero nel vuoto in preda ad una visione. Tutti si erano agitati di fronte a quella strana situazione, soprattutto Edward che poteva leggere nella mente di Jasper. Si era così inginocchiato di fronte a Bella chiamando più volte il suo nome, poi però aveva dovuto distrarsi poiché le immagini della visione di Alice lo avevano catturato.

Quando la visione finì Alice si portò le mani al volto preoccupata. Ad Isabella la sensazione di gelo sparì lasciandole un retro gusto amaro dentro, così come a Jasper. Edward, invece, si era lasciato cadere a terra tenendosi la testa fra le mani, con gli occhi puntati su quelli di Bella. Gli altri li accerchiarono chiedendo spiegazioni preoccupati.

«Alice, cosa dobbiamo fare?».

Edward era stato il primo dei quattro a parlare. La sorella lo guardò senza fiatare e senza pensare.

«Ma che diavolo è successo? Uno dei vostri attacchi da fenomeni da baraccone?».

Emmett si era guadagnato un bel paio di occhi furenti, facendolo zittire all’istante.

«Forse Emmett voleva dire: ragazzi cos’è appena successo? Alice cosa hai visto?».

Carlisle aveva allentato la tensione, che elettrica impregnava la casa.

«io non capisco.. cioè a parte la visione, che ti è successo Bella?».

La ragazza aveva ancora gli occhi sbarrati per la brutta sensazione provata, poi però il suo animo parve rasserenarsi sempre più. I suoi occhi si spostarono prima su Jasper, ringraziandolo, poi su Edward per tentare di rispondere.

«io non lo so. Però immagino che la spiacevole sensazione abbia qualcosa a che fare con la visione di Alice, che da quanto posso intuire non è affatto portatrice di buone notizie, non per me almeno.».

«già lo credo anch’io…».

Disse Edward più a se stesso che a lei. Stava pensando ai poteri sopiti della regina, che a quanto pare tentavano di farsi largo in lei. Si chiedeva quanto potente sarebbe diventata lei, una volta avvenuta la trasformazione completa.

«devono essere i tuoi poteri da vampira che ti avvertono…».

Soppesò Carlisle sovra pensiero.

«…però a questo, penseremo dopo. Alice, cos’hai visto?».

La vampira si alzò in piedi, dopo aver rivissuto una volta e una volta ancora la sua visione nella mente per carpirne il vero significato.

«non so come, ma a quanto pare i Volturi hanno capito dove si trova Bella. Stanno venendo a prenderla!».

Tutti si mobilizzarono. Queste erano davvero pessime notizie.

«al momento sono quattro più uno.».

«più uno?».

Chiese attento Carlisle.

«già. Ma non credo  faccia parte della guardia, sembra più una guida!».

«male! E i quattro chi sono?».

Alice non rispose, ma al suo posto lo fece Edward.

«dai tuoi ricordi, credo si tratti del consigliere Demetri, i gemelli e Felix!».

Carlisle se avesse potuto, sarebbe sbiancato.

«molto male!».

Isabella si schiarì la voce dopo aver seguito la scena in silenzio. Si voltarono tutti verso di lei, con l’espressione di chi solo ora si ricordava  della sua presenza.

«Isabella tutto bene?».

Bella pensò che quella domanda fosse davvero sciocca. Il suo destino era diventare un vampiro, ma non uno qualsiasi, bensì il più potente di sempre, per non parlare del fatto che non sapeva come diventarlo. E non era tutto. I cani da guardia dei sovrani che avevano spodestato la sua antenata, l’avevano trovata e stavano venendo a prenderla.

«magnificamente!».

Ironicamente le era uscito quella parola.

«posso comprendere. Perdona la mia sciocca domanda. Ora, però, dobbiamo trovare una via di fuga. Jasper cosa ne pensi?».

Il vampiro iniziò a camminare avanti e indietro, fermandosi poi all’improvviso.

«Carlisle, hai detto che tu ed Edward stavate traducendo dei manoscritti riguardo la trasformazione della prescelta, giusto?».

I due annuirono.

«allora direi che la prima cosa da fare è trovare informazioni a riguardo, Bella è più utile da vampira che da umana, senza offesa!».

Lanciò alla ragazza uno sguardo sincero e lei rispose conscia che avesse ragione.

«Figurati!».

«Bene! Finora, cosa sapete dell’argomento?».

Edward che era sempre più agitato, rispose, mentre la rigidità non abbandonava i suoi muscoli.

«non molto. Sappiamo che è diversa da quella nostra, ma non quanto. L’ultima volta avevamo trovato una lettera di un consigliere fidato della regina in cui parlava di una sorta di diario, di libro in cui la regina scriveva i suoi pensieri, e nel quale probabilmente aveva trascritto cosa la Prescelta avrebbe dovuto fare per divenire vampiro.»

Isabella nel sentire la parola diario, aveva sentito come stretta al cuore, ma non dolorosa, bensì piacevole. Doveva trattarsi di un segno, un segno positivo.

«Jasper percepisci  anche tu le mie emozioni?».

Il vampiro la stava già osservando, ancora prima che lei parlasse.

«si, me lo aspettavo diciamo. Direi che siamo sulla strada giusta!».

Dopo di che spiegò al resto della famiglia il significato di quelle frasi scambiate fra loro.

«Dobbiamo trovare quel diario, allora!».

Era stata Rosalie a parlare, attirando su di se l’attenzione soprattutto di Bella, dato che la vampira non aveva mai aperto bocca da quando era arrivata.

Carlisle ed Edward si lanciarono uno sguardo d’intesa per poi sparire all’improvviso dalla stanza, lasciando un vuoto dentro di Bella.

«Tranquilla, sono andati in biblioteca a riprendere a tradurre le carte che ci interessano!»

«e io cosa dovrei fare nel frattempo?».

Si sentiva decisamente impotente. La morte la stava venendo a prendere e lei non sapeva cosa fare.

« Alice, tra quanto dovrebbero arrivare?».

La vampira dai capelli sbarazzini si massaggiò le tempie per concentrarsi meglio.

«Due giorni, tre al massimo!».

Tutti si irrigidirono mentre lo stesso pensiero li invadeva. Poco tempo, avevano poco tempo.

«ecco cosa farai! Dovrai fare le valigie e trovare una scusa per poterti assentare da casa. Che troviamo informazioni o meno sul diario, non possiamo rimanere qui. Sebbene siamo in maggioranza numerica, i gemelli hanno un potere troppo forte perché noi possiamo contrastarli!».

«certo! Non vi chiederei mai di combattere apertamente per me.».

Emmett rise, facendo sì che Isabella si ponesse qualche domanda sulla sanità mentale dei vampiri.

«tanto lo faremmo anche senza il tuo permesso, se fosse per proteggerti. E poi vorresti forse togliermi il divertimento di un combattimento?».

Bella non sapeva se dovesse ridere o piangere.

«Oh, Bella lascialo perdere. È tutto matto!».

Alice ritornata di buon umore stemperò un po’ la situazione.

«Si, l’avevo immaginato!».

«Ehi!».

Emmett aveva messo il broncio suscitando l’ilarità dei presenti.

Bella decisamente più sollevata e forse anche grazie all’influenza di Jasper, si rese conto di quanto il tempo fosse passato.

«oh, no! Sono le cinque. È meglio che torni nella mia camera prima che Charlie si svegli!».

«tranquilla Bella. Oggi la sveglia di tuo padre suonerà alle cinque e mezza, quindi sei ancora in tempo!».

La ragazza era già più sollevata. Non sempre il padre faceva capolino nella sua stanza, ma dato che qualche ora prima l’aveva trovata urlante e disperata a letto, di sicuro le avrebbe fatto visita per accertarsi che fosse tranquilla.

«Per fortuna. Qualcuno di voi può gentilmente accompagnarmi!».

Non aveva ancora finito la frase che Edward le si era materializzato vicino.

«andiamo?».

Lei piacevolmente sorpresa non poté che annuire.

 

**

 

«ehi, Nomade!».

Un grugnito gli arrivò come risposta. Alec lo avrebbe volentieri squartato, ma non poteva, non ancora almeno.

«come funziona il tuo potere?».

«cosa vuoi sapere?».

Alec si innervosì, odiava ripetersi.

«voglio sapere come sai che le persone che cerchi si trovino in un determinato luogo!».

James rise sotto i baffi, godeva nel sentire i suoi compagni di viaggio irritarsi e non poter reagire.

«è strano spiegarlo. Vedo la foto, tocco l’oggetto, lascio vagare la mente e il mio corpo automaticamente sa dove deve andare. Quando monteremo sull’aereo percepirò che la mia meta è sempre più vicina.».

Demetri che correva a fianco del nomade si bloccò, bloccando a sua volta il vampiro.

«e per quale città dovremmo prendere quindi l’aereo?».

James sbuffò svogliatamente.

«percepisco che quella donna si trova più o meno nel nord America, una intuizione mi dice Stati Uniti. Non so dire nulla di più preciso. Quando atterreremo saprò dire con certezza dove andare. Quindi una meta vale l’altra.».

Demetri sbuffò insoddisfatto. Stava poi per riprendere la corsa quando il suo cellulare suonò.

«si?».

«Demetri

«Mio Signore!».

«buone nuove?».

«Si, mio Signore. La Pres… l’ umana si trova negli Stati Uniti. Stiamo andando a prenderla!».

Demetri non voleva far sapere a James chi era veramente la persona che stavano cercando. Tuttavia, quest’ultimo non era uno stupido. Sapeva che doveva trattarsi di una persona interessante quella che cercavano i Volturi, dato che si era scomodati a chiedere il suo aiuto e anche se Demetri non aveva terminato la parola, aveva fatto due più due. Era vecchio abbastanza per sapere che li stava portando dalla prescelta. Questo per lui cambiava un po’ le cose. Da che parte avrebbe dovuto stare?

Si impose di pensarci in seguito, per ora avrebbe continuato a fingere di non sapere.

«Ben fatto! la voglio alla mia presenza il più presto possibile!».

«sarà fatto!».

 

 

 

 

Eccomi qua!! Con un super lunghissimo capitolo tutto per voi!

Accipicchia. I Cullen devono darsi da fare, i volturi sono alle porte.

Cosa si inventerà Bella? E James sceglierà la giusta parte infine?

Il futuro ce lo dirà!!

GRAZIE per seguirmi!!!

Un bacione enorme!

Deborah

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Capitolo 16
*** capitolo 16 ***


cap 16

Capitolo 16

 

 

Dopo 44 battiti di cuore, Edward era arrivato davanti casa Swan. La finestra della camera della ragazza era ancora aperta perciò decise di entrare da lì. Prese velocemente la sua scimmietta che aveva sulle spalle e dopo averla stretta moderatamente tra le sue braccia saltò, facendola sedere due secondi dopo sul letto di lei.

«ehi! Potevi avvertire! Mi hai fatto prendere un colpo!».

Si lo sapeva benissimo e lo aveva fatto apposta. Sogghignò sotto i baffi.

Lei lo osservò di sottecchi con finti occhi furenti, che lo divertirono di più. Bella resistette poco, difatti pochi secondi dopo si ritrovò anche lei a ridere con lui, evitando di non farsi sentire troppo, ovviamente.

Rise si, fino a quando però si ricordò qual era la sua mansione nei prossimi giorni, andarsene da Charlie. Il suo sorriso si spense e quello di Edward fu l’ombra del suo.

La guardò negli occhi capendola all’istante anche se non gli era permesso accedere ai suoi pensieri, in quel momento non serviva.

«mi dispiace, ma credi, è meglio per lui. O sarà in pericolo.».

Lei alzò gli occhi su di lui, annuì e basta. Non riusciva a dire nulla, non si sentiva di dire nulla.

Lui preso da chissà quale istinto nascosto, senza pensarci troppo, si avvicinò a lei abbracciandola, confortandola con il solo starle accanto.

Lei da prima tesa, si lasciò andare tra le sue braccia fino a quando un dolce sonno la trasportò in un altro mondo.

Lui quando notò che la sua diletta si era addormentata, e che, al contrario, il capo Swan si era svegliato, decise di tornarsene a casa propria. A malincuore la lasciò, ma doveva continuare le ricerche assieme al padre.

 

**

 

Isabella si svegliò alcune ore dopo. Il padre era a lavoro da un pezzo, non l’aveva svegliata, poiché l’aveva vista dormire abbastanza tranquilla. Aveva trovato un biglietto sul tavolo della cucina, in cui lui l’avvertiva che sarebbe tornato per cena. Isabella sospirò profondamente. Cosa si sarebbe mai potuta inventare per allontanarsi da lui? Un qualche scambio culturale? No. Presto o tardi avrebbe saputo che non esistevano queste cose nel liceo di Forks. Scappare senza dire nulla? No. Sarebbe impazzito e avrebbe movimentato anche l’FBI. Avrebbe dovuto inventarsi qualcos’altro, ma ora le veniva solo il mal di testa, perciò ci avrebbe pensato più tardi. Un'altra cosa  le passò per  la testa, un volto, il suo volto. Edward . chissà cosa stava facendo ora? isabella stava salendo le scale, quando quel pensiero la bloccò improvvisamente. Ehi, da quando pensava così spesso a lui? Da un pezzo. Da quando per la prima volta gli occhi di lui avevano incrociato i suoi, anche se poi non era più successo nulla di sostanzioso o anche lontanamente sensato e importante. E lui… cosa penserà di lei?

«aaaahhhh!».

A Bella uscì questo suono di disperazione mentre, frustrata, si torturava i capelli, scompigliandoli più di quanto già non fossero.

Scacciò quei pensieri e si avviò a farsi una doccia.

 

**

 

«Carlisle! Edward! Avete trovato nulla?».

Jasper era entrato adagio nella biblioteca trovando i due vampiri seduti, attorno a centinaia di libri aperti.

Il vampiro dalla chioma leonina, durante la sua vita umana era stato un soldato, perciò non poteva farne a meno di sentirsi pienamente parte di quella situazione. Il suo cervello continuava ad elaborare e rielaborare mille e mille piani su come affrontare l’imminente arrivo dei Volturi.

«ciao Jazz. Abbiamo ripreso in mano la lettere di quel consigliere, fa riferimento a questo diario, ma non sappiamo bene dove si trovi. Abbiamo sottomano altre lettere, stiamo cercando indizi in queste.».

Jasper soppesò ogni parola detta dal fratello. Ancora nessun passo avanti. Sarebbero dovuti scappare, non c’era altra soluzione. I Volturi erano ora troppo forti per loro, rimanere sarebbe stata una missione suicida. Eppure il solo pensare alla parola fuggire, non poteva non paragonarla alla parola vigliaccheria. Lui odiava fuggire dalle persone e dai problemi.

«Jasper la penso come te, ma se rimanessimo, che tattica potremmo mai usare contro i Volturi?».

Lo sguardo di Jasper si posò sul fratello che aveva seguito il suo pensiero. Iniziò a pensare possibili tecniche da usare contro i poteri che possedevano i quattro volturi, ma la conclusione era sempre la stessa. Eppure lui rimarrebbe.

«Carlisle pensa che dovremmo partire già domani mattina..».

Carlisle pensava che con quei vampiri alle calcagna, ogni secondo che restavano lì, era un pericolo in più per la Prescelta.

Edward stava per dire che era d’accordo con lui, quando diverse immagini attirarono la sua mente. Non proferì altro che una parola: «Alice!».

Il padre ed il fratello nell’udire quel nome si materializzarono subito fuori dalla stanza, dalla casa, per arrivare in giardino, dove si trovava la vampira inginocchiata a terra in preda ad un susseguirsi di visioni. Edward, invece, era rimasto immobile nella biblioteca concentrato quant’era sul capirne il senso. Quando queste finirono, raggiunse la sua famiglia.

«cos’hai visto Alice?».

La vampira bruscamente si alzò, sembrava arrabbiata ai loro occhi, e così era.

«accidenti a voi e alle vostre indecisioni.».

«come?».

Jasper era rimasto un po’ turbato dalla reazione della sua compagna, la ragazza tuttavia non voleva essere scontrosa con lui, era solo ancora scossa dall’impetuosità in cui gli erano arrivate le visioni.

«tranquillo Jasper, non voleva essere così dura.».

Era stato Edward a parlare.

I due interessati si guardarono negli occhi così profondamente che sia Carlisle che Edward si sentirono di troppo.

«Allora Alice, cosa hai visto?».

La ragazza sospirò.

«ho visto diverse vostre decisioni e le relative conseguenze. Se rimanessimo tutti ad affrontare i Volturi, moriremmo. Con i loro doni ci neutralizzerebbero in men che non si dica e Bella, proprio non la capisco, non so come, ma si farebbe uccidere.».

Anche Edward aveva notato quel particolare durante la visione, e ne era rimasto davvero sconvolto.

«se partissimo domani mattina, non sapremmo bene dove andare non avendo fatto a tempo di tradurre le lettere e due sarebbero le conclusioni. O fuggiremo per sempre, ma non sapendo come trasformare Bella lei morirebbe ugualmente, o dopo un po’ i volturi ci raggiungerebbero comunque.».

Sembrava non potesse esserci futuro per loro, tutti avevano questo pensiero.

«Alice cosa pensi dovremmo fare?».

La vampira dai capelli sbarazzini ci pensò su un po’.

«Aspettare.».

«aspettare?».

«forse era meglio se dicessi sperare. Sperare di trovare qualche indizio in quelle lettere, sento che è la cosa più sensata da fare!».

«forse è meglio se torniamo di sopra figliolo!».

 

**

 

«ciao Bells, com’è andata la giornata?».

Isabella si stava mordendo il labbro inferiore, tanto da farsi male. Per tutto il giorno aveva svolto mansioni che l’avevano tenuta lontana dal pensiero di abbandonare il padre.

«oh.. ehm.. bene…».

Il padre aveva notato che la figlia era piuttosto tesa e taciturna.

«Bella qualcosa non va?».

La ragazza iniziò a torturarsi anche le mani dopo essersi seduta a tavola col padre, non sapeva cosa dire, poi un’idea le balenò per la testa.

«..colpita. oggi non sono andata a scuola.».

Sorpreso Charlie smise di mangiare osservando la figlia.

«..non mi sentivo molto bene, perciò sono rimasta a casa!».

«Oh! Potevi chiamarmi se stavi poco bene, sarei tornato prima.».

Isabella sospirò mentalmente vedendo che il padre le aveva creduto, però infin dei conti non gli aveva mentito. Lei era veramente stata male tutto il giorno, mentalmente si, ma male ugualmente.

«forse ero solo spossata dato che non ho dormito molto bene e poi ammetto che la scuola ultimamente mi mette sotto pressione.».

Il padre la guardò comprensivo.

«tranquilla piccola, non è successo nulla.».

Mangiarono in silenzio.

«Se vuoi andare a letto, vai pure, qui sistemo io!».

«pulisco io, poi vado a letto.».

«Tesoro so come si lava un piatto, davvero faccio io!».

Isabella non se lo fece ripetere due volte. Il cuore le pesava nel stare lì con Charlie.

«ok! Notte papà!».

«Notte Bells!».

 

Una volta in camera la ragazza guardò la sua stanza in penombra e sorrise nel pensare ancora una volta alla figura di Edward in quella stanza. Senza rendersene conto andò alla finestra e la spalancò, ma con sua grande delusione quella notte nessuno gli fece visita.

 

**

 

Una luce accecante svegliò Isabella rendendosi conto che fosse già mattina e che fuori, strano ma vero, c’era il sole.

Si alzò ed andò al bagno, per poi scendere in cucina. Charlie era a pesca, o almeno così diceva il biglietto. Bella si ricordò all’istante di essere sabato e quindi non c’era scuola. Si rese conto di essere sempre più sbadata e questo non era da lei. Sorrise. Effettivamente, lei non era lei. Il suo cellulare, la riscosse da quei pensieri.

«Buongiorno bella!».

«Alice! Come fai ad essere così sprint alla mattina presto?».

«Bella?».

La chiamò retorica l’amica. Bella si portò una mano alla testa dandosi una pacca.

«giusto… voi non dormite..».

La risata cristallina di Alice la svegliò d’animo.

«su Bella, muoviti, ti aspettiamo per pranzo!».

«dovrei preoccuparmi?».

Chiese finta seria.

«molto divertente, Bella, davvero!».

Bella rise, ed entrambe chiusero la chiamata.

 

Una volta arrivata a casa Cullen, Isabella restò basita nel trovare tutti indaffarati e la casa sottosopra, essendo questa sempre bella e ordinata.

«sei arrivata finalmente!».

Un tornado la avvolse in un abbraccio sincero.

«ma cosa succede qui?».

«ci stiamo preparando per la partenza Bella, forse abbiamo un indizio. Edward e Carlisle stanno finendo ora di tradurre l’ultima lettera!».

La ragazza restò in silenzio. Stava succedendo tutto troppo in fretta, sembrava che tutto il mondo le stesse sfuggendo di mano.

«non devi avere timore, Bella! Non sei sola!».

Jasper le si era materializzato di fianco appoggiando una mano sulla spalla di lei, donandole all’istante una tranquillità inattesa. Lei annuì.

«Bella, hai fatto quello che ti ho detto ieri?».

No, decisamente. Aveva cercato di tenere così occupata la mente da essersi dimenticata di tutto.

«ehm.. io veramente…».

«per lo zaino non ti preoccupare, te ne ho preparato uno io. Avevo visto che non avevi preparato nulla, così stanotte mi sono intrufolata nella tua stanza e ho preso un po’ di cose!».

Alice sorrise angelica.

«oh.. bè.. grazie!».

«figurati. Il problema principale ora è Charlie!».

Già, Charlie.

«fantastico!».

Alice l’avevo detto in modo entusiasta.

«Cosa?».

Isabella non capiva cosa c’era di così fantastico.

«abbiamo una meta!».

Due secondi dopo Edward si trovava vicino a Isabella, che questa volta fu preparata alla sua incursione dal nulla.

«si va in Irlanda!».

«Irlanda?»

«già. A quanto pare lì dovrebbero trovarsi i resti di una delle tante residenze di Isobel, solo che in quella, anzi sotto di essa, si cela una sorta di biblioteca segreta della regina, di cui pochi eletti ne erano a conoscenza. Se siamo fortunati lì troveremo quel che cerchiamo.».

Una dolce stretta allo stomaco la fece sussultare. Quella stretta era di buon auspicio.

«Bella. Alle quattro Charlie dovrebbe tornare, credo che l’ultima carta che ti resti sia proprio quella di litigarci e andartene. Non hai altra scelta, dobbiamo partire questo stesso pomeriggio, da quanto ho capito, quella sorta di guida che hanno i Volturi è una specie di segugio, ci fiuta e ci troverà presto, per questo è meglio fare in fretta. Di sicuro ci seguiranno anche in Irlanda.».

Bella sospirò. Già, non aveva altra scelta.

 

 

 

 

Eccomi qua!!

Un po’ noiosetto il capitolo, lo so, lo so. Ma da qui parte l’avventura!! Hi hi.

I nostri beniamini devono fare in fretta.

E anch’io con il prossimo capitolo.. lo so!!

Grazie mille per seguirmi!!

Un bacione

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Capitolo 17
*** capitolo 17 ***


cap 17

CAPITOLO 17

 

 

 

Bella si trovava a pochi isolati di distanza dalla sua casa, ma poteva vedere benissimo che l’auto di Charlie mancava ancora.

«sei pronta? Sento i suoi pensieri avvicinarsi!».

Edward al suo fianco la vedeva agitarsi ogni secondo in più che passava, era sempre più tesa.

«no!».

Istintivamente lui allungò la sua mano verso quella di lei, e gliela strinse. Stupita lei si voltò, annegando in un mare d’oro. Ed eccolo arrivare. Quel momento in cui pensi che vorresti il tempo si fermasse, in cui tutto è perfetto, dove il tuo unico pensiero non altri che la persona che hai di fronte e poi come sempre accade… tutto finisce.  Charlie aveva parcheggiato sul vialetto di casa e la magia era svanita.

Sospirando, Isabella si staccò da lui e si voltò verso la sua fine e verso quello che sarebbe stato l’inizio di tutto.

«ti aspetto qui!».

Lei annuì senza voltarsi a guardarlo. Non voleva altre distrazioni in più.

Camminava lenta, chissà come però sembrava che tutto si velocizzasse ugualmente. Appena fu di fronte alla porta d’entrata il coraggio le mancò. Si sentiva piccola e debole.

Una brezza d’aria che sapeva di Edward le scompigliò i capelli, lasciandole un sussurro alle orecchie: “coraggio”. Accompagnando poi questo supporto, arrivò una stretta allo stomaco, segno che Isobel era con lei.

Isabella prese due grandi boccate d’aria, poi entrò. La cucina era deserta a parte le valanghe di pesci  sparsi sul tavolo, le canne e gli attrezzi da pesca che sporcavano il pavimento. Odiava questo disordine. Chissà come riuscì a pensare a questo, nonostante la situazione.

Seguì le scie d’acqua e fango fino in lavanderia, dove trovò il padre mezzo sporco  mentre si toglieva i vestiti e le scarpe.

«oh Bells che spavento. Pensavo non fossi in casa…scusa guarda pulisco subito!».

Già, in situazioni normali Bella lo avrebbe sgridato, ora però non le importava ma decise di usarlo ugualmente come scusa per litigare.

«no papà mi sono stancata! Ogni volta la solita storia! Quante volte ti ho detto di non sporcare tutto in questo modo. E la cucina? Sembra di essere in pescheria!».

«lo so, lo so.. ma..».

«ma?».

Bella si sentiva stupida attaccarsi ad una cosa così banale, ma non aveva saputo farsi venire in mente altro.

«ma  un bel niente! Hai quarantacinque anni e sembra di abitare con un bambino dell’asilo al quale si deve insegnare cosa fare e cosa non fare!».

«su dai Bells.. non lo faccio più!».

Ora o mai più.

«frase già sentita. Sai una cosa? Era da un po’ che ci pensavo e devo ammettere che forse è proprio arrivata l’ora che me ne vada un po’ per conto mio!».

La faccia di Charlie divenne pallida all’improvviso, dopo aver realizzato il vero significato delle parole della figlia.

«Bella ma cosa dici?».

E ora che si inventava? Isabella non sapeva cos’altro aggiungere, poi un’idea le balenò. Perché no. Sentiva che era la via giusta.

«con la scuola sono apposto, con i voti che ho, sono già promossa, per cui se anche saltassi le ultime settimane non avrei problemi. Alice se ne va a girare il mondo e mi ha chiesto di andare assieme, e sai una cosa? Penso proprio che accetterò. Anzi la chiamo subito e le dico di aspettarmi dato che partirà stasera! E tempo che pensi anche a me stessa!».

«Bells.. ma.. il mondo.. parti stasera? Cosa dici?».

Isabella però non rispose, si avviò di corsa su per le scale e si chiuse a chiave nella sua stanza. Appena si sentì al sicuro dalle sue ansie, si lasciò cadere a terra, perché le sue gambe si rifiutavano di sostenerla ancora, però il suo sedere non toccò mai il pavimento. Edward, com’era successo negli ultimi tempi in cui lei si sentiva affranta, era lì, pronto a sostenerla e a confortarla.

«sei stata bravissima! Ha chiamato Alice quando ha visto la tua decisione. Dice che andrà tutto per il meglio, ora lui dovrebbe chiamarla per sapere se è vero!».

Isabella salda alle braccia del suo angelo protettore personale si sentì per un secondo più serena, sapendo che tutto quel dispiacere avrebbe comunque fatto bene a tutti.

«dici davvero?».

«si! Carlisle lo rassicurerà che qualche volta vi farà visita.».

Isabella finalmente rilassò i muscoli, quel fardello almeno era passato e chissà, magari non avrebbe nemmeno dovuto separarsi dal padre in modo spiacevole.

«credo di dover fare lo zaino!».

«l’ha fatto Alice, non ricordi?».

«ah, si! Ma non posso uscire di qua senza niente!».

Edward si staccò da lei intimidito.

«che stupido sono, l’ho dimenticato in macchina. Aspetta torno subito.».

Una volta volatilizzatosi fuori dalla finestra, Charlie bussò alla porta della figlia.

«Tesoro, ti prego scusami ancora. Ho parlato con la tua amica Alice e suo padre. Se proprio ci tieni vai pure. Hai ragione te lo meriti, hai diciotto anni, devi vivere la tua vita e non fare da badante ad un povero vecchio come me.».

A quelle parole il cuore di Bella si era stretto in una morsa sanguinante, e non poté fare a meno di catapultarsi fuori dalla stanza ed abbracciare il padre. La persona più umile e buona che lei avesse mai conosciuto. Umana almeno.

«grazie, papà. E poi lo sai che ti voglio bene!».

«oh Bells, anch’io!»

La ragazza si staccò poco dopo, prima che le lacrime potessero sfuggire al suo controllo e si rinchiuse in camera dove, poco dopo, fece il suo splendido ingresso Edward. Appena lo vide, le lacrime trattenute le rigarono il volto.

«ho paura, Edward!».

Eccola lì. Finalmente quella sensazione che Isabella aveva tanto ignorato, aveva ormai preso forma. Aveva paura di tutto quello che la aspettava, ma aveva sempre cercato di fingere che così non fosse, che avesse accettato tutto. Ein parte era così. In parte lei aveva accettato, ma in parte no e rimpiangeva quella sua vita normale che tanto sentiva non sua.

«ora si che penso tu sia normale!».

Isabella scostò la testa da quel petto confortevole e guardò Edward in viso!

«continuavo a chiedermi come fosse possibile che tu non temessi nulla!».

«sono una debole!».

Lui le accarezzò una guancia e poi prese saldamente il volto di lei tra le sue grandi e fredde mani bianche.

«no! Sei la donna più forte che conosca! Sei pronta a lasciare la tua vita, la tua famiglia e tuoi amici per… bè per diventare un mostro e salvare il mondo, Bella. Lo so fa tanto film da Michael Bay, però è così. E tu non immagini neanche lontanamente quanta stima io e la mia famiglia proviamo verso di te!».

Quelle parole scaldarono il cuore di Bella, tanto che un debole sorriso schiarì le nuvole dal suo viso.

«Bene. Ora vado a prendere la macchina. Fingerò che Alice mi abbia mandato a prenderti, ok?».

Lei annuì.

Lui prima di lasciare la sua stanza, neanche dovessero rimanere lontani per ore, decise di baciarla sulla fronte. Un gesto semplice e povero agli occhi di estrani, forse, ma per i due interessati le emozioni che fece scoppiare furono tante. Edward si dava dello stupido per il suo gesto, si dava dell’idiota e pensava che lei ora gli stesse ridendo dietro. Isabella invece aveva sentito le fredde labbra di lui lasciarle un bacio infuocato che l’aveva scossa tutta e mandando in tilt il battito del suo cuore, che ora pareva impazzito.

Ma così è. Sono i piccoli gesti che lasciano nel cuore delle persone le emozioni più grandi.

 

Alcuni minuti dopo il campanello di casa Swan suonò.

«Salve Capo Swan. Sono Edward Cullen. Mia sorella, Alice, mi ha cortesemente chiesto di venire a prendere Isabella!».

Charlie mentre osservava quel ragazzo stranamente bello, si chiedeva se avesse mangiato per pranzo un ricettario di buone maniere.

Edward rideva silenziosamente, ascoltano i suoi pensieri.

« ciao figliolo. Entra pure. Ora… ora chiamo Bella.».

Charlie si era reso conto che la sua bambina lo avrebbe veramente abbandonato. Le parole che la figlia gli aveva rivolto prima, lo avevano ferito vero, ma non era con Bells che ce l’aveva, bensì con se stesso. Odiava la vita che aveva dato alla sua bambina. Odiava il fatto di non averle mai potuto dare una famiglia normale, con un padre ed una madre amorevoli, che si amavano a vicenda, una famiglia che cenava assieme alla sera e magari alla domenica pomeriggio andava a passeggiare alla spiaggia, che la notte di natale si sedeva davanti al fuoco, vicino all’albero di natale a raccontarsi storie fantastiche o che alle feste di compleanno facevano festicciole imbarazzanti. Invece tutto quello che aveva saputo dargli era una casa da pulire, un vecchio da accudire e tanta solitudine. Era giusto se Bella voleva andarsene. Era giusto che anche lei pensasse al suo futuro e ai suoi sogni. Era giusto semmai  lei lo odiasse. Era semplicemente giusto.

Edward nel suo silenzio, seguiva i ragionamenti di quell’uomo che nel giro di un minuto pareva invecchiato di dieci anni. Ora capiva da chi Bella avesse ereditato il suo buon cuore.

Una volta che Charlie si riprese dai suoi pensieri chiamò la figlia, che li raggiunse subito dopo.

«Bella ti servono soldi? Dimmi di cosa hai bisogno!».

«no, papà ho i risparmi del mio lavoro.».

«lo sai che non devi preoccuparti nel chiedere!».

«lo so, ma davvero non ne ho bisogno. Ora è meglio che vada. Ti chiamo appena arrivo alla prima meta.».

«Bella.. io… stai attenta, ok? Per qualsiasi problema non esitare a chiamarmi.. va bene?».

Bella annuì. Temeva che se avesse aperto bocca, la sua voce avrebbe potuta tradirla.

«mi mancherai piccola.».

Ancora una volta Isabella restò zitta, ma le parole furono gridate silenziosamente nell’abbraccio che seguì poi.

 

**

 

«Lo sapevo che ci saresti riuscita!».

«si Alice, ma se avessi avuto un suggerimento avrei perso meno anni di vita!».

«suvvia… non fare la melodrammatica. Sei riuscita nell’intento.. ora non preoccupiamocene più.».

Isabella sospirò. Alice era la perenne ottimista, non c’era verso di ragionare con lei.

«ehi, chiacchierone, vogliamo andare?».

Emmett aveva raggiunto le due ragazze sul giardino del retro, dove queste si erano recate, mentre il resto dei Cullen finivano i preparativi alla partenza.

«certo che si!».

Alice prese energicamente l’amica sulle spalle, e due secondi dopo erano in garage.

«ma è un vizio di famiglia?».

«penso di si».

Sorridente Edward le era apparso vicino, regalando un tuffo al cuore della ragazza.

«tu vieni in macchina con me, il mostriciattolo e Jazz.».

«mostriciattolo a chi?».

Edward finse di non sentire, come se ciò fosse possibile e fece accomodare Bella sul sedile davanti della volvo.

Una volta che anche i suoi fratelli furono a bordo, partì sgommando.

«che aereo prenderemo?».

«Il Cullen airplane.. ovvio!».

Alice era spuntata sorridente dai sedili posteriori.

«avete un aereo privato?».

Bella si stupiva sempre più di quanto soldi avessero i Cullen.

«certo che si. Così possiamo andare dove vogliamo quando vogliamo!».

Lo disse in fare ovvio e Bella non poté fare a meno di risponderle ironicamente.

«ovvio.. chi non ne ha uno!».

«visto, lo dici anche tu!».

Isabella alzò gli occhi al cielo per poi incontrare quelli di Edward che le celavano una comprensione antica sul come dover comportarsi con Alice.

 

 Un’ora dopo. Tutti e sette i Cullen e la Prescelta si trovavano in volo verso l’Irlanda quando la veggente ebbe una visione.

«Alice cos’hai visto?».

Jazz aveva percepito subito il cambio di emozioni che avvenivano in Alice ogni qual volta aveva una visione.

«siamo partiti appena in tempo. I volturi sono appena atterrati in suolo americano e la loro mossa sarà quella di avviarsi verso Forks.».

Bella sentiva il suo stomaco stretto in una morsa per il timore di aver rischiato  tanto, per il fatto che a Forks c’era però suo padre e che forse non era poi davvero al sicuro. Ma Alice aveva detto che sarebbe andato tutto bene,  perciò voleva fidarsi.

«e cosa succederà poi?».

«non lo so Carlisle. Sembra non sappiano ancora che noi… o almeno che la prescelta non è più lì. Quando se ne accorgeranno, lo vedrò.».

«dovremmo quindi ancora aspettare?».

«questa parola credo la dovremmo usare ancora  per molto!».

Chi teso e chi fiducioso, comunque tutti in silenzio, si misero ad osservare il mondo esterno fuori dal finestrino in attesa di notizie, che non avrebbero, purtroppo, tardato ad arrivare.

 

 

 

 

Buonaseraaaa…

Anche se potrei augurare la buonanotte.

Ho appena finito di scrivere e ho deciso di postare subito!

Spero di non aver deluso nessuno dalle possibile scene mentali del litigio tra padre e figlia, ma non volevo che comunque si separassero in malo modo.

Fatemi sapere cose ne pensate!

Un bacione

Deborah

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Capitolo 18
*** capitolo 18 ***


cap 18 la prescelta

CHIEDO UMILMENTE SCUSA PER IL TERRIBILE RITARDO… MA IL COMPUTER HA FATTO I CAPRICCI E HO DOVUTO PORTARLO DAL DOTTORE.

ORA SONO RITORNATA IN CAREGGIATA… PER CUI ECCO A VOI IL 18^ CAPITOLO.

 

 

CAPITOLO  18

 

«Ambiente davvero ottimo per i vampiri, non trovate?»

Il primo consigliere dei Volturi osservava l’intera Forks dall’alto di una montagna. I due gemelli gli erano rispettivamente ai lati. Felix poco dietro a loro e James invece si era separato dal resto della compagnia. Si sentiva strano e sapeva cos’era. Era il suo potere che gli faceva perdere la concentrazione su se stesso. Sembrava che il suo obiettivo non fosse più lì. Sentiva nell’aria la sua recente presenza, ma l’ipotetica Prescelta non si trovava più lì, e forse neanche più in quello Stato. Pensieroso decise tuttavia di aspettare a dare la reale notizia ai Volturi.

«Allora dove si trova il nostro obiettivo?».

James rideva divertito nella sua testa, mentre la sua faccia assumeva un espressione contraria a quello a cui stava pensando. Stava cercando di interpretare uno sgomento che non esisteva.

«C’è qualcosa che non va.»

Demetri a quelle parole si irrigidì, per poi materializzarsi di fronte al vampiro-guida.

«Cosa. Diavolo. Stai. Dicendo?».

Scandì la domanda parola per parola. Non lo sopportava più.

«Non capisco, ma qualcosa non va. Seguitemi.»

James decise di lasciare i vampiri in attesa così, mentre si avviava verso l’ultima zona in cui sentiva ancora ma debole, la presenza della prescelta. Non sapeva bene perché, ma voleva dare alla fuggitiva, perché di questo si trattava, un po’ di tempo. Non poteva di certo tenere i volturi lontano dalla loro meta per molto, ma di sicuro la ragazza in questione aveva trovato qualcuno che l’aiutasse, dato che era al quanto strano che una volta che loro erano atterrati, lei fosse volata altrove,  ad ovest per l’esattezza.

James non era un fan accanito della dieta che la regina ai suoi tempi praticava, ma non poteva di certo lamentarsi dei suoi ideali. Lui era stato trasformato nell’ultimo periodo della sua reggenza e aveva visto la netta differenza che la sua razza aveva vissuto con l’ascesa al potere dei Volturi. Non gli interessava molto chi fosse al potere, ma anche lui come tutti aveva percepito il cambiamento dell’aria dopo che Isabella aveva toccato la preziosa spilla, e se i Volturi ora erano veramente intenzionati ad entrare in possesso dei poteri della Prescelta, il danno che ne sarebbe uscito sarebbe stato catastrofico.

 

«allora? È la sua residenza? ».

Demetri aveva i nervi a fior di pelle, iniziava a non fidarsi più delle doti del vampiro.

James nel frattempo cominciò a camminare avanti e indietro per prendere tempo, mentre osservava la grande casa bianca, che sfoggiava in mezzo al bosco.

«un momento…».

Demetri si fermò poco lontano da James mentre annusava l’aria.

«…interessante!».

James lo guardò, mentre gli altri vampiri gli si avvicinavano chiedendo spiegazioni dei suoi commenti.

«nomade, cosa ti dice il tuo potere?».

James rimase interdetto, ma optò per la verità.

«era qui fino a… più o meno dieci ore fa. Se ne andata e penso sia ancora in viaggio, ma si è spostata verso ovest.».

Tutti i presenti ringhiarono, tranne James.

«e…?».

«e credo non sia sola!».

Gli occhi di Demetri si inscurirono per la rabbia che tratteneva, la missione iniziava a complicarsi. James aveva solo confermato quello che già i suoi poteri gli urlavano.

«sono sette.».

«come?».

James non capiva di cosa stesse parlando.

«i vampiri con la ragazza, sono sette!».

James lo guardava con faccia interrogativa.

«sono un segugio ed il mio fiuto è… decisamente migliore di quello di un  normale vampiro. E poi… una volta che ho percepito il tuo odore, bè saprò scovarti anche in capo al mondo!».

James apprese ciò come una minaccia nei suoi confronti di cui ne prese mentalmente nota, tuttavia non diede a vedere l’effetto sortito.

«quindi non avete più bisogno di me!».

«ci riesco solo con i vampiri… e la ragazza a quanto pare è ancora umana!».

«non puoi esserne sicuro!».

«oh, si invece! Ho appena scavato nella mia memoria e credo di aver capito a chi appartengono queste scie!».

Si voltò incamminandosi all’interno della casa, mentre prendeva dalla tasca il suo cellulare.

 

**

 

«Bella! Bella, su svegliati. Siamo arrivati!»

La ragazza aprì a fatica gli occhi cercando di mettere a fuoco il luogo in cui si trovava.

«Dove siamo?».

«in una villetta che ho affittato via internet prima di partire. Si trova vicino alle rovine della biblioteca.»

Bella scese dall’auto in cui non ricordava di esserci entrata. Guardò i presenti accorgendosi di una cosa.

«Dove sono Edward, Alice e Jasper?».

Il viso del dottore corruggò impercittibilmente le sopracciglia.

«a fare un sopralluogo. Non preoccuparti, saranno presto di ritorno!».

Isabella non gli credette del tutto e in effetti, non aveva tutti i torti. I tre erano andati si a fare un sopralluogo, ma di un ipotetico luogo che Alice aveva avuto in una visione. Non essendo del posto, Alice non poteva capire il significato di quelle immagini, che erano già di per se confusionali. Perciò si era avviata con i due vampiri nelle zone circostanti.

La compagnia rimasta entrò intanto nella villetta di mattoni, tipica della tradizione irlandese. Quando Bella entrò nella stanza che Esme gli aveva indicato, non potè non rimanere affascinata dalla vista che ebbe non appena si affacciò alla porta finestra che portava in una piccola terrazza comunicante alla stanza adiacente. La terrazza era esposta a sud e poteva così vedere sia l’est che l’ovest e in quel preciso istante fu catturrata dalla splendida alba che fiera si alzava in lontananza oltre i monti.

«fantastico!».

«sono d’accordo con te!».

Isabella era così presa dal paesaggio da non essersi accorta della figura che le si era materializzata a fianco.

«Edward… che spavento!».

Lui sorrise sghembo.

«si, lo so! Faccio questo effetto!».

Lei lo guardò con un sopracciglio alzato.

«simpatico!».

Lui rise ad alta voce. Una risata sincera e liberatoria. Isabella non rise con lui. Non lo fece, perché rimase affascinata a guardarlo.

Lui smise  e s i perse nel silenzio, ricambiando il suo sguardo. I loro volti si fecero vicini, sempre più vicini, poi una scintilla mentale, riportò lucidità in Isabella e in Edward. Lei si ripeteva che non poteva lasciarsi andare. Non ora. Ora che il suo obiettivo era un altro, non poteva mettere in primo piano altro. Se il destino avesse voluto ciò, sarebbe ugualmente accaduto e così a malincuore si voltò, interrompendo la magia che si era creata. Lui, dall’altra parte seguiva più o meno la stessa scia di pensieri. In quel momento lui doveva pensare solo a come aiutare la prescelta e non come fare per farla innamorare di lui, la sua incolumità prima di tutto.

Il silenzio che arrivò subito dopo era asfissiante e veramente imbarazzante.

«allora… che visione ha avuto Alice?».

Isabella cercò di salvare il salvabile mettendo in atto la peggiore delle tattiche: fingere che non fosse successo nulla.

«oh.. ehm… scusa?».

Edward sapeva che nessuno della sua famiglia le aveva detto nulla.

«cosa?».

«come fai a sapere che Alice ha avuto una visione?».

Isabella era incredula, non si era resa conto della domanda che aveva posto a Edward. Lei aveva solo pensato a parlare e basta per rompere il silenzio.

Lo guardò con i suoi grandi occhioni castano oro.

«a dire il vero non lo so!».

«forse non tu, ma Isobel di sicuro!».

«già…».

Isabella spostò il suo sguardo per terra, mentre la sua mente viaggiava alla ricerche di risposte che ancora per un po’ non sarebbero arrivate.

«ma.. allora Alice ha davvero avuto una visione?».

Edward strinse le mani a pugno.

«come ultimamente è successo.. non sono visioni nitide, bensì davvero confusionali. E poi… sono un assemblaggio di varie possibilità…».

«e quali sono le varie possibilità..?»

«le possibilità principali sono, ovviamente, che troveremo o meno informazioni nella biblioteca…».

«c’è altro?».

«…. Forse. Ma non è ancora chiaro! Riposati Bella, fra qualche ora andremo alle rovine.».

Così dicendo tornò nella sua stanza, quella adiacente a Bella. Era stato brusca la sua uscita e Bella aveva inteso in parte il motivo. Lui le aveva mentito. Si, c’era dell’altro nella visione di Alice, ne era sicura. Il problema era solo uno: cosa?

 

**

 

 

«Demetri, quali notizie mi porti?».

«Due Signore. Una buona e una cattiva.»

Aro ringhiò percettibilmente.

«parla!»

«Quella brutta è che pare l’umana sappia che la stiamo cercando e sia in piena fuga, e non da sola…».

Tre ringhi arrivarono alle orecchie di Demetri che ringraziò il cielo di aver dato quella notizia per telefono e non a voce.

«… quella buona è che a quanto pare i vampiri che la stanno aiutando, siano i Cullen!».

Silenzio. Questo è quello che percepiva Demetri, ma se solo avesse visto il viso di Aro, che sorrideva malefico, avrebbe potuto leggervi in esso mille parole.

«ottimo! Trovali!».

Detto questo, chiuse la chiamata.

 

I quattro iniziarono a correre.

«quale aereo prendiamo nomade?».

«non so ancora. Andiamo all’aeroporto intanto.».

Stavano correndo nei boschi che circondavano la cittadina di Forks, mentre gli umani ignari svolgevano la loro vita abitudinale.

«Fermatevi!».

Era stato Demetri ad impartire l’ordine.

«cosa succede?».

Alec era appena dietro a lui e gli si era subito avviccinato.

«credo che questa scia sia davvero interessante. Aspettatemi qui. Sarò presto di ritorno!».

Così dicendo svanì nel nulla.

 

 

 

 

 

 

Olè!

Chiedo ancora scusa per la lunga attesa!

Spero vi sia piaciuto il capitolo!!

Un bacione

deba

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