La prescelta di deba (/viewuser.php?uid=122551)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** capitolo 18 ***
Capitolo 1 *** capitolo 1 ***
cap 1
Eccomi qua con un’altra pazza idea. È da un po’ che ci
pensavo su, poi ieri sera finalmente l’illuminazione che aspettavo.
Fatemi sapere se sono riuscita a cogliere un po’ della
vostra curiosità!!
Lo so che questo capitolo è corto, ma fa un po’ da
apri pista!!
Buona lettura!
La prescelta
CAPITOLO 1
‹‹Ahi che male! ››.
Gridò una
ragazza, dopo che un libro le cadde in testa. La ragazza dai capelli castani si
massaggiò la testa e il bernoccolo che presto le sarebbe cresciuto senza indugio.
‹‹Isabella,
tutto bene?
››.
La voce proveniva
da una donna di circa sessant’anni, che fece poco dopo il suo ingresso nella
stanza, in cui la povera mal capitata ancora si massaggiava il capo.
‹‹Si, zia.
Tranquilla. Mi è solo caduto un libro in testa.››
‹‹Lo dico sempre
ai padroni di casa di spostarli, ma non mi danno mai ascolto! ››. Disse la donna con tono accusatorio. ‹‹Dai piccola, resisti. Almeno
questi soldi sono guadagnati, no? ››. Chiese la
zia cercando di convincere, come ogni volta la nipote, che il loro lavoro
portava sempre i suoi frutti. E così era.
Isabella era una
ragazza di 18 anni, altezza normale, capelli castani e lunghi, occhi marroni ma
con delle strane sfumature d’oro che
andavano verso l’esterno, bella, anche se lei non credeva di esserlo.
Frequentava il quarto anno del liceo di Forks, un piccola cittadina nello stato
di Washington. Qualche volta nel pomeriggio, come quello in cui ha inizio
questa storia, lei aiutava la zia a pulire le due ville di cui si occupava,
mentre i proprietari erano all’estero. La zia non riusciva più ormai a compiere
il lavoro da sola, così aveva strappato un aiuto alla nipote, dietro ovviamente
giusta ricompensa per il lavoro svolto.
Isabella, a
scuola, non era tra le ragazze più popolari, ma per fortuna dal canto suo,
neanche tra quelle che venivano prese in giro saltuariamente , se ne stava
semplicemente per i fatti suoi, seguendo la scuola normalmente.
Quel giorno,
come gli altri, le era capitato di pensare agli strani ragazzi che erano
arrivati alcuni mesi prima nella sua scuola. Erano tutti belli, tutti diversi,
ma anche stranamente simili, eppure non era per questo che attiravano la sua
attenzione qualche volta. No, più che altro era per il fatto che stessero
sempre per i fatti loro. Non li aveva mai visti stringere amicizia con nessuno.
Ma lei poi cosa si stupiva. Era uguale a loro, sotto quel punto di vista.
L’unica persona con cui spesso parlava era anche la sua più grande amica,
Lizzy. Amica d’infanzia che la conosceva profondamente senza giudicarla mai. Però
loro in qualche modo sembravano ancora più distanti e diversi dal suo mondo.
Stava pensando
per l’ennesima volta allo sguardo che il più bello, secondo lei, dei Cullen,
così si chiamava la famiglia, le aveva lanciato la prima volta che l’aveva
incontrato nei corridoi. Era stato un semplice sguardo, ma lei si era sentita
montare dentro mille emozioni contrastanti tra di loro che l’avevano lasciata
spaesata. Ripensava spesso a quell’episodio perché non ne aveva più avuto
seguiti. Lui non l’aveva più guardata nemmeno una volta o di sfuggita,
nonostante frequentassero assieme l’ora di ginnastica e biologia, figuriamoci
parlarsi poi. Ma almeno si consolava sapendo che lo stesso trattamento che riservava
a lei, lo riservava anche al resto dell’istituto.
Proprio mentre
faceva quei pensieri, le era caduto un libro in testa.
‹‹si zia, hai
perfettamente ragione.
››
Dicendo così la
risposta esatta, la donna tornò nella stanza di cui si stava occupando, mentre Isabella,
o Bella per l’amica e i suoi genitori, tornò ad azzuffarsi con i suoi amati
libri.
Si trovava nella
stanza adibita a biblioteca. Se non fosse stato per il caos che vi regnava,
Isabella credette che quella sarebbe stata per lei la sua sala preferita,
semmai un giorno avesse potuto abitarci.
Vi era un camino
sul quale vi erano posate diverse mini sculture di cui non si capiva bene il
significato, ma che rimandavano senza dubbio alla cultura celtica e anche
cinese, del resto come la maggior parte degli oggetti e del mobilio dell’intera
casa. I proprietari infatti erano di origine celtico-irlandese, ma vivevano e
lavoravano ad Hong Kong e venivano lì a Forks solo per vacanze natalizie. Su
tutti i muri della stanza, se non vi erano finestre, c’erano solo ripiani,
ripiani e ancora ripiani pieni zeppi di libri. Al centro , posizionate verso il
camino, due poltrone separate da un tavolino. Isabella, se avesse potuto, lo
avrebbe scelto come suo bunker segreto dove rifugiarsi dal mondo esterno, di
cui non si sentiva pienamente parte integrante.
La ragazza era
appena salita su una scala per spolverare la facciata della libreria quando tre
volumi pressoché identici attirarono la sua attenzione. Erano decisamente
antichi e agli occhi suoi, preziosi, e di questo non si sbagliava minimante.
Prese il primo e con molta delicatezza lo sfogliò. Non capiva cosa c’era
scritto però era affascinata dalle figure che spiccavano tra le pagine. Figure
mitologiche a parer suo, ma decisamente bellissime, nonostante alcune, secondo
lei, non erano buone.
Stava per
rimettere il volume al suo posto quando un luccichio nel posto dove prima si
trovava il libro attirò la sua attenzione. Sembrava una spilla d’oro
raffigurante uno strano simbolo celtico. Allungò la mano per poterlo afferrare
e vedere meglio da vicino, ma nel momento in cui Isabella sfiorò l’oggetto, una
scarica elettrica le percorse il braccio, diffondendosi per tutto il corpo. Le
parve quasi che il tempo si fosse fermato, e chissà, forse, era veramente
successo, anche se non per tutti allo stesso modo.
Ripresasi da
quello strano episodio, Isabella stava cercando ancora una volta di mettere al suo posto quel libro
solo che non ci riusciva, continuava a fissare quell’oggetto. Si sentiva
strana, perché credeva che quell’oggetto le appartenesse, non sapendo
ovviamente come mai lo sapesse. Ci pensò su ancora qualche secondo, poi
decisasi si infilò in tasca la spilla e rimise a posto il libro, continuando
nel suo lavoro, mentre nel suo animo sentiva che quella era stata la cosa
giusta da fare e un’altra strana sensazione familiare di forza la invadeva. Non
sapeva però quanto quel gesto, presto, le avrebbe cambiato la sua intera
esistenza.
Contemporaneamente,
in più luoghi differenti nel pianeta, creature fantastiche, che popolano soprattutto
gli incubi dei bambini, presero coscienza che presto il mondo stava per
cambiare.
Per alcuni si
trattava di una minaccia, di un nemico da combattere il più presto possibile.
Tra questi vi era specialmente una perfida famiglia dagli occhi rossi, che con
la forza, nel passato, si era presa il posto di cui oggi famelica si vantava su
tutti i suoi simili, comandava su di loro per il proprio interesse, non importandogli
se potevano creare scompiglio e odio, perché sicuri della propria supremazia.
Per altri invece
si trattava di una liberazione, di un sogno che si avverava e che bisognava
aiutare a difendersi dall’oscurità che presto l’avrebbe attaccata. Tra questi
vi era specialmente una splendida famiglia dagli occhi oro, che aveva vissuto
finora nella più ricercata tranquillità, cercando di stare alla larga, per
quanto possibile, dalle grinfie della casata reale della sua specie che si era
autoincoronata sovrana centinaia di anni fa. Il suo compito ora, come quello di
tanti altri, era quello di aiutare la prescelta a compiere il suo destino e
prendersi quello che gli spettava di diritto da secoli.
Una pensiero
però che accomunava entrambe le fazioni nel mondo era solo uno. Dove e specialmente
chi era la prescelta che, finalmente, si era risvegliata?
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Capitolo 2 *** capitolo 2 ***
cap 2
CAPITOLO 2
Un ragazzo, seduto sopra un tetto osservava assorto
nei suoi pensieri l’alba, che stava pian piano rischiarando il cielo notturno,
che fino ad un attimo prima aveva oscurato parte del mondo.
Certo se qualcun altro lo avesse visto in quel
momento, sicuramente avrebbe pensato che volesse, come minimo, suicidarsi,
perché nessuno sano di mente sarebbe salito nel punto in cui si trovava lui,
sopra quella immensa villa, solo per guardare meglio l’alba. Ma fortunatamente
ciò non sarebbe mai potuto avvenire, perché la casa in questione si trovava
dispersa in mezzo ai boschi, lontana dal centro della città e di conseguenza da
occhi indiscreti.
Edward, questo era il suo nome, era un ragazzo alto più o meno 1 metro e 80
centimetri, aveva dei capelli perennemente scompigliati di una strana tonalità
castano ramata; il suo viso era perfettamente ben delineato in ogni sua forma e
i suoi occhi erano dei profondi pozzi d’oro. Inoltre, era portatore di segreto
millenario.
Edward si era ritrovato, come spesso accadeva negli
ultimi mesi da quando lui e la sua famiglia si erano trasferiti lì, a pensare,
involontariamente, a quella strana ragazza che aveva incontrato nei corridoi i
primi giorni di scuola.
Era rimasto semplicemente colpito e affascinato dalla
bellezza di lei e soprattutto dal suo sguardo. I suoi occhi erano marroni, ma
con delle striature verso l’esterno che si sfumavano all’oro. Li avrebbe
giudicati istintivamente belli, se non avesse saputo che per una persona
normale quel colore era a dir poco strano. Lui lo sapeva benissimo.
Si auto imponeva di credere che fosse questo il
solo motivo che lo spingeva a pensare spesso a lei, ma forse era solo una
banale scusa. Ciò nonostante dopo quel primo incontro di sguardi, aveva fatto
in modo che non ce ne fossero stati altri in futuro. Non poteva permettersi un
simile sbaglio. Lui e la sua famiglia si erano imposti di evitare di farsi
conoscere dalla gente, così da non poter mettere ancora più in evidenza la loro
diversità.
Perciò lui non aveva mai rivolto a lei neanche un
insignificante “ciao”. A volte si concedeva solo di guardarla attraverso gli
occhi degli altri. Poteva sembrare strano già, ma non impossibile, almeno non
per lui. Lui così diverso da lei. Lui che era il suo predatore e lei una sua
possibile preda. Se ancora forse non era chiaro, lui era il predatore per
eccellenza più affascinante di tutti i tempi e di tutte le leggende, lui era un
vampiro.
Edward scrollò teatralmente la testa, non doveva
pensare a lei. Gli faceva male e questo a volte era davvero successo.
Lui sapeva leggere nel pensiero delle persone, ma
con lei faticava e non poco. Ogni volta che tentava di intrufolarsi nella sua
mente, era come se ogni suo pensiero fosse avvolto da un manto di nebbia e
cercare di rischiare i suoi pensieri significava concentrare tutta la sua forza
e tutta la sua concentrazione su di essa facendolo diventare un bersagliodebole.
I vampiri in questione erano in possesso di un’affascinante ed immensa mente,
che permetteva loro di pensare a più cose contemporaneamente. Edward però se si
concentrava su di lei, si era accorto di non riuscire a pensare ad altro e per
questo, come era solito istintivamente fare ogni vampiro, non poteva stare
allerta ad un qualsiasi pericolo imminente, e ciò era per lui terribilmente
frustrante. Perciò aveva semplicemente evitato di farlo, pensandola anche come
una benedizione, così meno avrebbe saputo di lei, meglio sarebbe stato per
tutti.
Il mormorio dei suoi familiari all’interno della
casa lo distrasse, permettendogli di accantonare il pensiero di quella ragazza
in un luogo buio e lontano della sua mente. Erano tutti in ansia per quello che
era accaduto lo scorso pomeriggio. Si, anche lui lo aveva percepito, come lui
sicuramente tutti i suoi simili nel pianeta.
Il tempo si era come improvvisamente rallentato
facendo accendere una specie di lampadina a tutti nel proprio inconscio, che
avvertiva loro che la prescelta si stava risvegliando. Edward aveva sentito
molte leggende su di lei, ma ora aveva avuto la conferma sulla loro veridicità.
La vampira più potente di tutti i tempi sarebbe dovuta ritornare al trono per
portare la pace tra i suoi simili. Sapeva però quanto questo sarebbe stato
difficile, perché di sicuro i Volturi non sarebbero rimasti con le mani in
mano, lasciando che il loro potere venisse tolto loro dalle mani. Questo
avrebbe portato senz’altro ad una guerra. Ma loro non potevano farci nulla.
Loro erano contro i Volturi, quindi di conseguenza avrebbero dovuto proteggere
colei che era riuscita a spezzare il sortilegio di quei tre. Il problema ora
era solo capire dove fosse…
‹‹Edward?››.
Lo chiamò piano una ragazza minuta dai capelli nero
corvini sbarazzini, conscia che lo avrebbe sentito.
‹‹Cosa c’è Alice?››.
Rispose il ragazzo con lo stesso tono di voce.
‹‹Dobbiamo andare a scuola!››.
‹‹Arrivo!››.
Dopo di che con un balzo felino, Edward, scese
aggraziato dal tetto, atterrando senza rumore davanti alla porta d’entrata.
Venti minuti prima, a qualche chilometro da quel
luogo, una ragazza si stava svegliando da un sonno tormentato.
Isabella per tutta la notte non aveva fatto altro
che sognare le figure che aveva visto nel libro trovato, mentre spolverava la
libreria degli irlandesi. Le figure erano animate e si comportavano in una
maniera terribilmente animalesca, li vedeva uccidere e cibarsi di altre figure,
anche se non tutti lo facevano. Vedeva occhi rossi e occhi oro ovunque.
Ogni tanto le si parava davanti delle frasi in una
lingua sconosciuta, ma che lei nel profondo del suo cuore sapeva di conoscere.
Si sforzava, ma non riusciva a dare un senso a quelle parole.
Aprì gli occhi per sua fortuna, prima che la
sveglia iniziasse a suonare. Aveva cercato di farlo più volte durante la notte,
non riuscendo a strapparsi via da quei brutti incubi. Ora però c’era riuscita
perché la schiena, anzi più precisamente la parte bassa della schiena,
all’altezza dei famosi baci d’angelo, continuava a darle fastidio, come se
qualcosa pizzicasse la sua pelle, ma più cercava di grattarsi, più il fastidio
aumentava. Così ancora scossa e sonnolente si avviò nel suo bagno per farsi una
doccia, con speranza rigeneratrice.
Una volta uscita dal caldo tepore dell’acqua, si
asciugò e prima di vestirsi, come sua abitudine, si massaggiò tutto il corpo
con la sua crema dopo bagno alla vaniglia. Quando arrivò sulla parte bassa
della schiena, si accorse di non provare più il fastidio che aveva provato
prima, ciò nonostante istintivamente diede le spalle allo specchio per
osservarsi e ne rimase scioccata. Lì in basso, comparso dal nulla, c’era un
disegno. Era impossibile. La ragazza stentava a credere ai suoi occhi. Corse al
lavandino e con sapone ed acqua cercò di pulire via quella macchia senza alcun
risultato. Era proprio un tatuaggio, impresso sulla sua pelle.
La cosa che però la spaventò di più fu il fatto di
accorgersi che il disegno in questione raffigurava lo strano simbolo celtico
che c’era sulla spilla che il giorno prima aveva trovato nella villa in cui
lavorava. Non sapeva più cosa fare e cosa pensare.
Poi una voce la richiamò dal suo stato catatonico.
‹‹Bella, vado in centrale, tu faresti meglio a
sbrigarti se non vuoi fare tardi a scuola!››.
Era il padre della ragazza. Charlie, capo della
polizia di Forks.
‹‹Si. Mi sbrigo!››.
Rispose titubante Isabella.
Dopo essersi guardata ancora una volta allo
specchio decise di lasciar correre per il momento quello strano episodio e di
sbrigarsi, perché era veramente in ritardo.
Allora!!!
Eccomi qui con il secondo capitolo!!
Cosa ne pensate mie care?? La storia vi intriga??
Lo spero davvero!!!
A presto
Deba
Ps. Ecco altre mie storie in corso:
La mia vera origine
La mia casa sei tu
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Capitolo 3 *** capitolo 3 ***
cap 3
Capitolo 3
Isabella come ogni mattina
prese il suo pick up rosso slavato, che il padre le aveva regalato una volta
compiuti i sedici anni, e di conseguenza una volta avuta la patente, e si avviò
a scuola.
Aveva svolto più o meno le
stesse cose abitudinali che faceva da due anni a questa parte, ma ciò
nonostante sentiva che tutto era diverso, tutto non era più come prima, tutto
le sembrava che prendesse un valore differente.
Parcheggiò nel suo solito
posto, né troppo vicino a quello dei più ricchi e popolari, né troppo vicino a
quello degli sfigati. Scese e si avviò verso la sua amica Lizzy, che stava
scherzando assieme alla sua “comitiva”. Quest’ultima aveva cercato più volte di
portarsi Bella nella compagnia, ma lei non si sentiva a sua agio assieme a
loro, perciò aveva accantonato l’idea. Ciò nonostante le era sempre rimasta
amica, perché conosceva abbastanza bene Isabella, e la considerava una ragazza
d’oro.
‹‹Buongiorno
Lizzy!››
Le disse Isabella sporgendosi subito per
regalarle un abbraccio, che la sua amica contraccambiò sinceramente.
‹‹Giorno Bella! Ehi, ma hai fatto le ore
piccole stanotte?››
La ragazza restò un po’ colpita dalla domanda
dell’amica, in quanto questa sapeva che a lei non piaceva molto uscire.
‹‹Lizzy, ma che domande mi fai?››
La ragazza dai capelli ricci ribelli fece una
risata.
‹‹Tesoro hai due occhiaie da far invidia ad
uno zombie!››
Isabella rise a quella battuta, mentre era
scioccata in quanto le erano tornate alla mente le immagini che le avevano
provocato quei segni violacei.
‹‹Bella stai bene? Sei sbiancata all’improvviso!››.
Lizzy ora era seria e anche preoccupata.
‹‹si, si! È solo che stanotte non ho dormito
molto bene…››.
‹‹sicura?››
Chiese ancora un po’ preoccupata l’amica di
lei.
‹‹Si!››.
Disse più decisa Isabella, tanto che riuscì ad
ingannare anche l’amica.
Isabella stava per cambiare discorso, quando
questo si fece strada da se. Tutti gli occhi dei ragazzi, come succedeva ogni
mattina da un paio di mesi ormai, si voltarono come una calamita sulla volvo
grigio metallizzata che aveva appena fatto il suo ingresso nel parcheggio della
Forks High School.
La macchina parcheggiò nel suo solito posto, e
dopo un ringhio felino del motore, si spense, facendo scendere da essa 5
individui magnifici.
Isabella cercava di non dar loro troppa
importanza per non ritrovarsi a pensare ai suoi soliti bizzarri filmini su
Edward Cullen.
‹‹Lizzy io entro che ho delle cose da fare. Ci
vediamo a pranzo.››.
Non lasciò neanche il tempo all’amica di
controbattere, che si era già allontana a distanza di sicurezza.
Lizzy, dal canto suo, l’aveva guardata
allontanarsi dicendosi che a volte era veramente strana la sua amica.
Quello stesso pensiero un po’ differente era
saltato in mente anche a qualcun altro.
‹‹Riconfermo quella ragazza è proprio strana!››
A parlare era stato un ragazzo dalla chioma
leonina e dagli occhi color dell’oro. Agli occhi degli umani era bellissimo, ma
dagli occhi di chi sapeva, era un vampiro.
‹‹Bè Jazz, qualcosa che non va deve pur
avercelo dato che il nostro fratellino non riesce a leggerle in modo chiaro la
mente!››
Stavolta a parlare era stato Emmett, un
ragazzo alto quasi due metri, dai capelli corti e un po’ riccioluti e neri,
anch’esso come l’altro, in possesso dei medesimi occhi e dello stesso segreto.
‹‹A dire il vero mi riferivo al fatto che non
ci fissa come fanno tutti!››.
Aveva risposto Jasper, o Jazz come lo aveva
chiamato il fratello.
Fratello, si fa per dire è ovvio.
I ragazzi Cullen erano, nella versione
ufficiale, i figli adottivi del dottor Cullen, che assieme alla sua bellissima
moglie, si era trasferito nella cittadina di Forks per svolgere l’incarico di
primario nell’ospedale.
‹‹Forse è l’unica che si è resa conto che se
vuole sopravvivere ci deve stare alla larga!››
A parlare gelida e razionale era stata
Rosalie, la compagna di Emmett, una vampira bionda da una bellezza mozzafiato.
‹‹Abbiamo altro a cui pensare! Dateci un
taglio!››
A parlare questa volta fu Edward, in parte
oggetto, anche lui, della breve discussione.
A sua volta si girò e se ne andò nell’aula di
spagnolo, mentre malediceva mentalmente i suoi fratelli che gli avevano rimesso
in testa la ragazza.
Una volta in mensa sia Edward sia Isabella si
sforzavano di non guardarsi. A dire il vero quello che faceva più fatica era
proprio la ragazza, perché Edward poteva benissimo osservarla con “altri occhi”.
‹‹Bella, perché mangi così poco?››
La voce squillante di Lizzy aveva interrotto
quella battaglia psicologica che stava combattendo Isabella mentalmente per non
guardare lui.
‹‹Dopo ho ginnastica e se non voglio mettermi
a fare a pugni con lo stomaco...››
Isabella aveva lasciato la frase in sospeso, e
Lizzy si era messa a ridere come una pazza.
‹‹Dimmi che stai pensando anche tu a quel
giorno al Luna Park di Seattle?!››.
‹‹Veramente ero da poco riuscita a cancellare
quel spiacevole ricordo… grazie di avermelo fatto tornare in mente!››.
E insieme questa volta risero animatamente di
allegri giorni passati, facendo istintivamente voltare Edward. Lei però non fu
abbastanza svelta per incontrare i suoi occhi.
‹‹Edward che ti prende?››
Jasper, vampiro speciale come il fratello, era
in grado di percepire l’umore della gente e a sua volta cambiarlo a suo
piacimento.
‹‹sembri agitato, scioccato?!››
Il ragazzo dai capelli ribelli si voltò con
uno sguardo di difesa verso i suoi familiari, che ora lo guardavano
interrogativi.
‹‹Non riesco più a sentire i pensieri della
ragazza! Prima erano come avvolti da una nebbia, ma c’erano. Adesso sento il
nulla. Sembra che la sua mente sia vuota!››
I suoi fratelli non seppero cosa dire, non
riuscendo dare una spiegazione a questo
strano, nuovo episodio.
La campanella li riscosse tutti e silenziosi si avviarono verso le proprio
lezioni. Edward era quello più teso, perché ora avrebbe avuto ginnastica. Quindi
avrebbe visto lei.
Una volta arrivati in palestra il professore
comunicò agli studenti che avrebbero iniziato ad allenarsi nell’atletica
leggera, in vista delle gare scolastiche che venivano fatte per classi ogni
anno.
‹‹Isabella spero che ti farai valere anche
quest’anno!››
‹‹Certo!››.
Edward sarebbe impazzito, se non avesse avuto
la possibilità di leggere nel pensiero dell’insegnante quella parte di vita di
Isabella, alla quale lui non aveva potuto assistere. La vide, nei ricordi dell’anziano
professore, bella e aggraziate vincere la gare inerenti alla corsa e al salto
in alto.
‹‹Direi proprio di iniziare dal salto in alto.
Che ne dite?››.
Il professore ricevette commenti di
approvazione e qualche pernacchia, che ovviamente non mancava mai nel gergo
giovanile.
L’insegnante iniziò a chiamare, e uno alla volta tutti effettuarono il salto.
‹‹Edward Cullen?››.
‹‹Eccomi››.
Tutti istintivamente lo osservarono, anche
Isabella, curiosa di lui.
Edward, come era ovvio aspettarsi, effettuò
una corsa aggraziata ed un salto al dir poco perfetto.
‹‹Magnifico!››
Esultò l’insegnante, speranzoso che quell’anno
la sua classe sarebbe riuscita a vincere anche nel girone maschile, grazie al
nuovo arrivato.
‹‹Isabella Swan?››.
‹‹Pronta!››.
A dire il vero Isabella si stava rodendo
dentro sapendo che Edward la stava guardando di sicuro. Voleva girarsi e
guardarlo, ma si impose di non farlo e di pensare a quello che doveva fare.
Dopo un profondo respiro, eseguì il suo salto.
Come aveva pensato la ragazza, Edward la stava
osservando. La vide correre aggraziata, come un umano non era in grado fare secondo
lui, e poi saltare decisa sicura e perfetta. Un’altra cosa però attirò l’attenzione
di Edward una volta che Isabella effettuò il suo salto.
Infatti nel cadere nel materasso, la maglietta
di lei si era lievemente alzata, lasciando scoperto, agli occhi perfetti di
lui, il tatuaggio che aveva nella parte bassa della schiena.
Istintivamente, senza capire subito il perché,
Edward si irrigidì. Era sicuro di aver già visto quel simbolo.
Cominciò a sfogliare nella sua mente tutti i
presunti libri che aveva letto in passato. Dopo circa un centinaio di libri
finalmente trovò quello che stava cercando e lui non poteva credere alla sua
perfetta memoria. Non riusciva a crederci davvero. Il simbolo che la ragazza
portava era lo stesso che nel libro, che stava ora ricordando, diceva essere il
mezzo per riconoscere la prescelta che sarebbe dovuta divenire la sovrana dei
vampiri. Quella che lui e la sua famiglia non sapevano dove cercare, ma che
dovevano proteggere.
‹‹L’ho trovata!››.
Edward non si accorse di aver detto quelle
parole con paura e non con sollievo.
Allora!!! sono qui con il terzo capitolo!!!
Bene bene. Edward ha trovato la prescelta, ma non ne è felice. Perché?
Ditemi se vi è piaciuto…
A presto!!
Un bacio
Alte mie ff in corso:
La mia vera origine
La mia casa sei tu
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Capitolo 4 *** capitolo 4 ***
cap 4
Capitolo 4
‹‹Signor
Cullen, tutto bene?››.
Finalmente
Edward si riscosse al suono della voce del professore che da un pezzo lo stava
chiamando.
‹‹Come
prego?››.
Era
troppo sconvolto da quello che aveva appena scoperto, per concentrarsi sui
pensieri dell’uomo.
‹‹La
lezione è finita ed è ancora lì in piedi!››.
Il
ragazzo era incredulo, non si era veramente reso conto.
‹‹Ammetto
di avere un po’ di mal di testa. Credo andrò in infermeria. Con permesso!››.
E
con il modo di fare di un gentiluomo del novecento, si congedò dall’insegnante.
Appena
fu nello spogliatoio si sedette cercando di dare un senso ai pensieri che gli
vorticavano dentro.
Si.
Non aveva dubbi. La ragazza portava veramente quel tatuaggio: un nodo celtico.
Una
coincidenza? Forse. Ma allora come poteva spiegarsi che dopo essersi reso conto
del risveglio della prescelta, quella mattina non era stato in grado di sentire
la sua mente? Non che prima fosse facile, ma almeno un appiglio ce l’aveva.
Ma
perché lei?
Ecco,
questa era la domanda fondamentale.
Perché
lei?
Edward
non riusciva a vedere quella ragazza, come la vampira più potente al mondo. Lei
così fragile, così piccola e indifesa.
Eppure
lui si sentiva in parte anche felice, perché avrebbe potuto entrare in contatto
con lei. Si sarebbe fatto suo schiavo per l’eternità, se lei glielo avesse
chiesto.
Prima
però lei doveva riprendersi il suo trono e questo non sarebbe stato facile.
Fu
quest’ultimo pensiero che portò Edward alla realtà. Aveva trovato la prescelta
e non c’era tempo da perdere. Doveva avvisare i suoi familiari. Non sapeva
quanto tempo sarebbe servito ai Volturi e ai suoi sudditi per scovarla.
Prese
il suo cellulare e inviò un messaggio alla sorella per dirle di avvisare il
resto dei fratelli e di recarsi subito a casa. Di sicuro lo stava già facendo
prima di inviare quel messaggio, dato che Alice, la vampira dai capelli sbarazzini,
aveva il dono di prevedere il futuro.
Non
c’era più nessuno nello spogliatoio, così Edward poté avvalersi della sua
velocità da vampiro per cambiarsi e una volta fatto, chiamò il padre.
‹‹Edward,
qualcosa non va?››.
Rispose
il padre, e creatore, del ragazzo non appena vide sul display il nome del
figlio.
‹‹Carlisle
devi venire subito a casa!››.
‹‹E’
forse successo qualcosa?››.
Carlisle,
un vampiro biondo che dimostrava circa venticinque anni, era stato sempre una
persona riflessiva e razionale, che non si faceva prendere subito dal panico.
‹‹L’ho
trovata! Ho trovato la prescelta!››.
Ed
infatti cercava di far calmare il figlio che sembrava a dir poco sotto shock.
‹‹Figliolo
calmati! Ne sei sicuro?››.
‹‹Si!
Ho visto il tatuaggio!››.
Carlisle
fu sorpreso, ma non irrazionale. Sapeva di dover verificare, perché ormai i
tempi erano cambiati. E poteva accadere che qualche maniaco della cultura
celtica si tatuasse alcuni simboli, tra cui anche quello.
‹‹D’accordo.
Ci vediamo a casa fra dieci minuti!››.
Detto
questo entrambi chiusero la comunicazione.
Quando
Edward uscì dallo stabile trovò tutti i suoi fratelli che lo attendevano
curiosi e un po’ preoccupati per quell’improvviso richiamo.
‹‹Non
fatemi domande. Ora ne parleremo con Carlisle!››.
Edward
leggeva nei loro pensieri le domande che volevano porgli, così aveva tagliato
corto in quel modo.
*
‹‹Allora
Edward, spiegaci nei dettagli cosa hai scoperto!››.
Carlisle
calmo e conciso aveva attirato l’attenzione di tutta la famiglia, ora in
silenzio e in attesa.
Edward
dopo un profondo respiro raccontò gli avvenimenti di quella mattinata durante
la mensa e durante l’ora di ginnastica.
‹‹Dal
tuo racconto potrebbe sembrare essere davvero lei.››.
Il
capofamiglia era pensieroso e serio. Sparì dal soggiorno in cui si trovava,
ricomparendo due secondi dopo con un libro dall’aria piuttosto vissuta in mano.
‹‹E’
questo il libro?››.
Chiese
rivolto al figlio, che annuì a sua volta.
‹‹cosa
facciamo? Io non riesco a vedere niente!››.
A
parlare era stata Alice, la quale era piuttosto agitata in quanto cercava di
vedere il futuro della ragazza, ma era tutto confuso, non essendo stata presa
ancora nessuna decisione da parte della diretta interessata.
‹‹Credo
dovrete cercare di avvicinarvi a lei, scoprite se sa qualcosa o se al contrario
non sa spiegarsi alcuni fatti strani, che sicuramente proverà se davvero in lei
si è risvegliata la prescelta. Dovete fare in modo che si fidi di voi. È
essenziale questo. Se lei è quella che stiamo cercando, dovremmo aiutarla nel
suo percorso e tenerla lontana dalle grinfie dei seguaci dei Volturi, che la
porteranno di sicuro all’inganno per eliminarla o al peggio manipolarla e
portarla dalla parte sbagliata. Se i suoi poteri andassero al servizio del
male, i Volturi potrebbero mettere in atto il loro terrificante piano che da
secoli annebbia loro la vista. E il mondo sarebbe perduto!››.
Tutti
i presenti rabbrividirono nel sentire l’ultima parte. Uno solo di essi però era estraneo da quelle emozioni, in quanto
era preso da tutt’altro pensieri. Il suo unico pensiero fisso era solo uno:
come avrebbe fatto Isabella a fidarsi di lui?
*
Nel
frattempo in uno Stato di un altro continente, in Italia precisamente, un
vampiro dagli occhi rosso sangue stava dando in escandescenza.
‹‹Come
osi dirmi che non sai come fare?››.
Il
vampiro dai lunghi capelli nero corvini aveva socchiuso gli occhi fissando il
suo consigliere, che istintivamente, aveva iniziato a tremare.
‹‹Aro,
mio signore, chiedo scusa, ma le mie ricerche non hanno avuto esito
positivo!››.
Il
vampiro di nome Aro era, assieme ai suoi fratelli Caius e Marcus, il famigerato
sovrano che con la forza e la scorrettezza si era preso il trono per comandare
sulla sua stirpe, nel modo più egoistico possibile che la sua mente malata gli
suggeriva di fare.
Non
tutta la razza dei vampiri sottostava volentieri a loro, ma essi avevano dalla
loro parte alcuni vampiri dannatamente dotati che li proteggevano da possibili
attentati alla corona.
‹‹Devi
trovarla dannazione!››.
Aro
si era appena seduto sul suo trono, ma agitato com’era non era riuscito a stare
fermo alzandosi e iniziando nuovamente a camminare avanti e indietro,
suscitando l’ira del fratello Caius.
‹‹Aro,
te lo chiedo per favore, vedi di non iniziare, sai quanto mi dai sui nervi
quando fai così!››.
Di
rimando l’altro gli aveva ringhiato contro.
‹‹Non
ho tempo di pensare alle tue fobie, Caius. Non minacciarmi!››.
Caius
sapendo bene che se avesse continuato, presto qualcuno avrebbe perso la testa e
pensò bene di andarsene a fare uno spuntino, sfogando la sua ira su il primo
umano che avrebbe incontrato. In fin dei conti non poteva permettersi di
attaccare briga con Aro. Se si fosse saputo in giro, tutti avrebbero pensato
che il trono dei Volturi vacillava, specie ora che era subentrato quel
problema, e la loro reputazione perdeva valore.
Aro
seguì con lo sguardo il fratello uscire, poi tornò sul suo consigliere.
‹‹Demetri,
FUORI! E non tornare senza qualche straccio di informazione su come trovare
quella dannata. Vedi di fare in fretta! Qualsiasi cosa andrà storta, ti riterrò
personalmente responsabile!››.
‹‹Si,
mio signore!››.
Una
volta chinato il capo, il vampiro di nome Demetri uscì veloce da quel palazzo,
che per gli umani era un monumento storico, e non sapendo cosa fare si avviò da
un vecchio vampiro per chiedergli consiglio.
Oddio!
Troverà Demetri le
risposte che cerca il suo Signore?
E la nostra
famiglia Cullen ora invece come interagirà con Isabella?
Lo scopriremo nel
prossimo capitolo!!! XD
Spero vi sia
piaciuto questo!
Un bacio
Deba
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Capitolo 5 *** capitolo 5 ***
cap 5
Capitolo 5
…血液就是這樣...
…所選擇的…
‹‹Aaaaaaahhhh!››.
La
porta della stanza da dove l’urlo proveniva venne spalancata da un uomo di
circa 45 anni.
‹‹Bella
cosa succede?››
Charlie
Swan, il padre di Isabella, si trovava in cucina a bere il suo caffè, abitudine
che aveva da circa venti anni prima di andare a lavoro, quando sentì sua figlia
urlare. Di scatto aveva lanciato la tazzina nel vuoto, salendo di corsa le
scale fino alla sua stanza.
Trovò
la figlia seduta sul letto, bianca come il lenzuolo che tutto stropicciato
stringeva nelle sue mani, la fronte imperlata di sudore, con occhi terrorizzati
che si guardavano in giro, per poi posarsi su di lui nell’istante in cui era
piombato in camera.
‹‹era..
era solo un incubo…››.
Il
padre sospirò sollevato.
‹‹Bells,
io devo andare ora. Sicura di star bene?››.
Lei
lo guardò ancora scioccata, mentre pian piano si autoimponeva di riprendersi.
‹‹Si.
Non ti preoccupare.››
‹‹D’accordo.
Stasera credo farò tardi, ho mille scartoffie da controllare quindi penso
mangerò in centrale.››
Il
padre di Isabella era il capo della polizia di Forks, quindi lasciava spesso la
figlia a casa da sola, lui si sentiva colpevole di ciò, ma lei l’aveva sempre
rassicurato che di questo non doveva preoccuparsi, perché a lei la solitudine
non dispiaceva. La madre di Isabella aveva divorziato dal capo Swan poco dopo
la sua nascita, e con lei aveva vissuto fino a l’età di quattordici anni,
quando si era risposata con un uomo di nome Phil. All’epoca la ragazza aveva
pensato bene di lasciare ai due novelli sposi l’intimità che spettava loro,
trasferendosi a vivere da Charlie, suo padre; solo dopo si accorse che sarebbe
stato come vivere da sola.
‹‹…
va bene… non c’è problema!››
Non
appena Charlie uscì di casa, Isabella cercò di fare mente locale su quello che
le era appena successo, o meglio su quello che aveva sognato. Più o meno era
stato lo stesso sogno della notte precedente, solo che questa volta due
immagini era state un po’ più nitide rispetto alle altre.
La
prima raffigurava tre persone, uomini le sembrava, tutti e tre coperti da una
mantella nera, che le provocarono un brivido di paura allo stato puro, mentre
la seconda raffigurava una specie di due demoni che bevevano il sangue di una
persona, erano una specie di vampiri perché avevano lunghi canini affilati. La
cosa che un po’ più la sconvolgeva era il fatto che aveva avuto più paura dei
tre uomini, che dei due vampiri. Stava forse davvero impazzendo? Non faceva che
chiederselo.
Ciò
nonostante si impose di alzarsi e dopo una doccia che non la calmò per niente,
si preparò per andare a scuola.
*
Isabella
stava camminando con la testa tra le nuvole lungo il corridoio con l’intento di
posare i libri nel suo armadietto, quando qualcosa la urtò improvvisamente
facendole cascare praticamente tutto dalle mani.
Era
impassibile, non si era resa conto subito cosa le era successo.
Quando
tornò nelle sue piene facoltà mentali trovò una figura che raccoglieva le sue
cose da terra, quando la riconobbe quasi le prese un colpo.
‹‹Ti
prego di perdonarmi, ero di corsa e non ti ho vista, spero di non averti fatto
male!››
Isabella
pensò che sembrava una dea splendida… che parlava a raffica.
‹‹sto..
sto bene!››.
‹‹Dici
davvero? Comunque non credo ci siamo mai presentate, il mio nome è Alice Cullen!››
Isabella
pensava ironica, che era ovvio che fosse così, loro (i Cullen) non si erano mai
presentati con nessuno e questo per un certo senso l’aveva al quanto spiazzata,
non credeva infatti alla scena che aveva davanti.
Si
accorse che Alice la guardava un po’ in attesa, non si era ancora resa conto
che non le aveva ancora risposto.
‹‹Oh,
scusa! Io sono Isabella Swan, piacere!››.
‹‹Il
piacere è tutto mio››.
Alice
si dimostrò così gentile nei confronti di Isabella, che quest’ultima ne restò
al quanto affascinante poiché non credeva che una dei Cullen potesse
dimostrarsi così simpatica.
La
bellissima ragazza dai capelli neri sorrise ad Isabella in un modo così
contagioso, che Bella non poté fare a meno di contraccambiare.
Fu
in quel momento che si accorse che gli studenti che si trovavano nei corridoi
le stavano osservando al quanto scioccati, come biasimarli? Anche lei lo era,
per il medesimo motivo.
Una
campanella suonò facendo riscuotere tutti i ragazzi.
‹‹Bella
scappo che la mia aula si trova dall’altra parte della scuola, dopo le lezioni
ti aspetto nel parcheggio, ti voglio offrire un caffè per farmi perdonare. Ciao
a dopo!››
Isabella
non riuscì a bloccare quel fiume in piena, poiché era rimasta senza parole nel
sentire Alice chiamarla con il suo soprannome che a scuola nessuno, a parte la
sua amica Lizzie, usava. Quando poi si rese conto delle effettive parole della
ragazza, ormai era troppo tardi, perché si era già dileguata tra la folla.
Poco
male, aveva pensato Isabella, a mensa l’avrebbe trovata e gli avrebbe detto che
non ce n’era assolutamente bisogno.
Le
prime ore passarono lente e Bella si sentiva strana. Poco dopo ne capì il
motivo. Molti studenti la guardavano, no anzi, la fissavano. Forse cercavano di
capire cosa avesse di così diverso da loro, per aver avuto la possibilità di
parlare con un Cullen.
Se
lo chiedeva anche lei.
Una
volta arrivata a mensa cercò con gli occhi il solito tavolo dei Cullen, ma
restò delusa nel vedere che era occupato solo da tre persone, tra cui la
bizzarra Alice non c’era. Per tutto il tempo fissò il tavolo sperando di veder
comparire la ragazza da un momento all’altro, ma ciò non si verificò. Per un
momento le era quasi passato per la testa di andare dagli altri componenti
della famiglia a chieder loro di riferire all’interessata che avrebbe declinato
l’invito, ma non trovò il coraggio. Non sapeva se gli altri erano gentili come
Alice, o se lei fosse l’eccezione.
Al
suono della campanella si alzò delusa andando a scontrarsi contro Lizzie.
‹‹Bella,
ho dovuto trattenermi nell’aula di matematica, perciò ho potuto raggiungerti
solo ora. E’ vero quello che si dice in giro? Che hai parlato con Alice
Cullen?››.
Isabella
rimase imbarazzata da tutta quell’esuberanza.
‹‹Si!››.
‹‹Wow!
Che invidia.››.
‹‹Lizzie
ma che dici. Abbiamo solo parlato come due persone normali per quanto? Due
secondi? Non vedo cosa ci sia da esultare così!››
‹‹ah,
niente scuse. Devi raccontarmi tutto!››
‹‹uff.
Scusa ma ora sono in ritardo, ci sentiamo!››.
Detto
questo, Isabella imitò Alice quella mattina e si dileguò tra la folla.
*
Ancora
un’ora e poi sarebbe tornata a casa.
Per
Isabella quella giornata sembrava non finire più.
Come
mise piede nell’aula di biologia, si ricordò chi altro seguiva quella lezione e
come ogni volta succedeva lo guardò, già sapendo che lui guardava fuori dalla
finestra.
Ma
a discapito dei suoi pensieri, purtroppo o forse no, quel giorno non lo stava
facendo.
Isabella
si fece prendere dall’agitazione e iniziò a sudare freddo, mentre il suo
stomaco si contorceva su se stesso.
Non
era preparata a quegli occhi.
Lui
aveva capito il turbamento che le aveva inflitto, così distolse immediatamente
lo sguardo.
Bella,
come un automa, si sedette sul suo banco in seconda fila centrale, che si
trovava nella stessa linea d’aria di Edward, solo che lui era vicino alla
finestra.
Una
volta entrato il professore, lei non riuscì a concentrarsi sulle parole che
questo diceva, perché era troppo presa a
chiedersi il motivo della sua insensata reazione derivante dal fatto che lui
l’avesse guardata dopo mesi che non lo faceva più.
Prese
un lungo respiro e inconsciamente si voltò a sinistra verso di lui, questa
volta fu peggio.
Lui
la stava guardando, ma nel momento in cui i loro occhi si erano incontrati,
l’immagine dei due demoni che bevano il sangue le si era parata davanti.
Non
era preparata ad un incursione del genere da parte del suo subconscio.
Avrebbe
voluto urlare, ma si era ricordata all’ultimo secondo che si trovava in classe,
perciò mordendosi un dito iniziò a sfogare la sua rabbia con una penna su un
foglio scarabocchiando a caso.
La
campanella che segnava la fine delle lezioni le arrivò come un suono di
salvezza alle orecchie. Stava per afferrare il suo zaino quando notò una
presenza accanto a sé. Ma non era una presenza qualsiasi.
Edward
Cullen sembrava volerle rivolgere la parola, ma nel momento in cui stava per
aprire bocca si era irrigidito e il suo sguardo si era puntato sul suo banco.
Lei come una calamita seguì il suo sguardo e rimase scioccata nel medesimo
modo. Senza rendersi conto nel foglio aveva scritto frasi di una lingua forse
inesistente e disegnato centinaia di simboli che raffiguravano più o meno tutti
la stessa cosa. Il tatuaggio che le era comparso sulla schiena.
Quando si riprese si voltò di nuovo alla sua
sinistra, ma Edward non c’era più. Mille domande allora le bussarono alla porta
della mente: perché lui si era comportato così? Perché quella reazione ai suoi
disegni? Perché l’aveva guardata? Perché proprio oggi? Proprio come la sorella.
Quest’ultimo però la portò brutalmente alla realtà.
‹‹O
no. Alice…››.
Salve donze!!
Eccoci qui con il
quinto capitolo.
Ho messo due foto
che ho trovato in google immagini (ovvio ^^) per farvi comprendere un po’ il
sogno (da ricordare che è basato sulle immagini che lei hai visto nel libro
antico) e poi in cinese tradizionale (grazie sempre a google translate) ho
scritto delle possibili frasi chiave per lei, se sapesse tradurle! “Il sangue è
la via” è la prima, mentre l’altra “La prescelta”.
He he he. Chissà
forse qualcuno l’aiuterà a capirne il significato….. :D
Bè che ne dite
dell’approccio iniziale dei Cullen? Alice ovviamente sempre geniale, Edward,
invece, è decisamente troppo insicuro!
Ditemi la vostra!!!
Un bacio
Deborah
|
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Capitolo 6 *** capitolo 6 ***
cap 6
Capitolo 6
Arrivata
nel parcheggio della scuola Isabella cercava di non guardarsi troppo intorno. Non
voleva incontrare Alice, così si avviò direttamente verso la sua macchina,
anche se a quanto pareva, qualcuno era stato più furbo di lei.
«Isabella
finalmente sei arrivata!»
Alice
Cullen stava aspettando la ragazza appoggiata al suo Pick Up.
«Alice,
ciao!».
Isabella
era imbarazzata. Non capiva l’interessamento di Alice nei suoi confronti.
«Non
serve che tu mi offra nulla. Sto bene, davvero!».
Alice
mise un broncio che avrebbe fatto sciogliere anche il più freddo dei ghiacciai.
«Ti
prego! Ci terrei tantissimo conoscerti!».
Isabella
ovviamente non credeva alle sue orecchie, ma non sarebbe mai potuta resistere a
quello sguardo da cucciolo di foca che la furbetta le faceva.
«D’accordo!».
Alice
iniziò a saltellare felice battendo le mani, mentre gli studenti ancora
presenti nel parcheggio fissavano le due ragazze straniti.
«Bella
possiamo prendere la tua macchina? Mio fratello mi ha lasciato volutamente a
piedi!».
Nel
sentire la parola “fratello”, Isabella non aveva potuto fare a meno di pensare allo
strano comportamento di Edward. Poi però il suo pensiero fu occupato da un’altra
cosa strana.
«Scusami
Alice, perché mi chiami Bella?».
Alice
sorrise allegramente, anche se dentro si stava dando della stupida.
«una
volta ho sentito la tua amica chiamarti così, e ammetto che suona meglio. Ti dispiace
forse che anch’io ti chiami così?».
Alice
ora era di nuovo triste, e Isabella di nuovo si lasciò trasportare dalle
emozioni che quella nanetta le trasmetteva.
«No,
figurati!».
«Siiii!
Ora andiamo?».
«Certo!».
*
Dopo
aver preso un caffè, che sola Bella bevve, poiché Alice si era giustificata
dicendo di avere lo stomaco sottosopra, le ragazze parlarono tranquille per un
bel po’ di tempo.
Isabella
era scioccata da come quell’uscita si era rivelata fantastica. Non avrebbe mai
immaginato che quella ragazza si sarebbe dimostrata una persona tanto buona e
simpatica. Si stava divertendo a parlare con lei, e non si era sentita a
disagio con lei nemmeno un secondo , a differenza delle altre volte, quando
conosceva qualcuno per la prima volta.
Quella
situazione di pace però fu spezzata dallo squillare di un telefono.
«Pronto?».
«Isabella
non sei ancora arrivata, è forse successo qualcosa?».
Bella
si era dimenticata che era giovedì e di conseguenza si era dimenticata che
avrebbe dovuto andare ad aiutare sua zia.
«o
mio Dio. Ti prego perdonami me ne sono dimenticata. Porto a casa la mia amica e
arrivo subito, ok?».
«Va
bene! Fa attenzione, non correre troppo!».
«ok!».
Chiusa
la chiamata la ragazza guardò la sua compagna di scuola che la fissava con
faccia curiosa. Voleva dirle dove doveva andare, ma era combattuta sul fatto se
fidarsi o meno di lei. Non sapeva se l’avrebbe presa in giro o meno, lei, che
da quanto sapeva, era terribilmente ricca. Non sapendo da dove però, una strana
sensazione la spinse credere sulla buona fede della ragazza.
«Alice
devo portarti a casa. Ti prego di scusarmi, ma al martedì e al giovedì aiuto
mia zia a pulire alcune case e sono molto in ritardo.».
Isabella
terminata quella frase, guardò il tavolo che la separava dall’altra ragazza,
aspettando una risata di dispregio che non sarebbe mai arrivata.
«Oh,
non ti preoccupare, anzi mi dispiace. Sono io che ti ho trascinata qui, senza
chiederti se per caso avevi già degli impegni. Non ti preoccupare di portarmi a
casa, se non sbaglio i miei fratelli dovrebbero essere nei dintorni, li chiamo
e mi faccio portare a casa da loro.».
«ne
sei veramente sicura? Per me non è un
problema accompagnarti a casa.».
Isabella
non voleva abbandonare per strada la sua nuova amica. Voleva veramente essere
sicura di non lasciarla sola.
«Si,
Bella, dico davvero. Però promettimi che domani verrai a casa mia a fare i
compiti! Magari mi puoi aiutare in inglese dato che sei così brava!».
Era
ovvio che Alice non aveva problemi di alcun tipo a scuola, ma doveva far si che
Bella si fidasse pienamente di lei, come sembrava avesse già cominciato a fare.
«Va
bene!».
Isabella
le sorrise e stava per andarsene quando Alice la prese alla sprovvista e l’abbracciò.
Lei rimase a dir poco sconvolta ma anche piacevolmente colpita da quel gesto.
*
«Sono
qui!».
Disse
Isabella entrando come una furia nella villa in cui la zia la aspettava.
«oh,
bene!».
La
voce le arrivò debole alle orecchie, ma Bella non se ne preoccupò. Se invece
avesse saputo dove si trovava la zia, forse un dubbio le sarebbe venuto dato
che sicuramente si sarebbe chiesta, come diavolo era riuscita a sentirla.
Dopo
neanche un minuto sbucò dal corridoio in cui Bella l’aspettava.
«zia
ti chiedo ancora scusa!».
«non
ti devi preoccupare! Sei davvero troppo brava, le ragazze della tua età non
sono così responsabili.»
Ed
era vero.
«su
piccola, avevi finito la sala della biblioteca?».
Un
piccolo brivido percorse la schiena della ragazza.
«N…
no! Manca qualcosa…».
Era
stata presa alla sprovvista dalle sensazioni del suo corpo, che lei non
riusciva a gestire né a capire.
«Ok!
Allora finisci, poi passa alla sala da pranzo!».
Detto
questo la signora con un sorriso e una carezza, sparì giù dalle scale che
portavano alla lavanderia e di conseguenza in garage.
Isabella,
dopo essere entrata nella sala, iniziò a sudare freddo. Continuava a pensare a
quello che era successo martedì, al libro, alla spilla e di conseguenza al
tatuaggio che le era comparso. Inconsapevolmente si passò una mano sotto la
maglia sfiorando il tatuaggio. La ragazza, ancora di più di quello che già era,
impallidì. Il tatuaggio era freddo. La pelle aveva la sua solita temperatura,
mentre il tatuaggio era freddo come il ghiaccio.
Sconvolta
da ciò senza pensarci prese la scala e si portò al livello dei libri che aveva
toccato la scorsa volta. Prese il primo libro alla sua sinistra di scatto,
spaventata da tutto quello che le stava succedendo, non accorgendosi così di
aver sbilanciato troppo la scale, che di conseguenza le fecero perdere l’equilibrio
e cadere a terra.
La
zia stava salendo le scale quando aveva sentito un frastuono; aveva chiamato la
nipote, ma non le aveva dato risposta. Una volta arrivata nella stanza in cui
si trovava la ragazza, la trovò svenuta a terra.
«Isabella…
Isabella… svegliati tesoro!».
Dopo
qualche secondo la ragazza aprì gli occhi osservando la zia.
«oddio
ti ringrazio… piccola tutto bene? Cosa è successo?».
«si.
Credo!».
Sua
zia era agitata come un mare in tempesta.
«vado
a prendere del ghiaccio..».
Detto
questo sparì in cucina dove appena ebbe svaligiato l’intero congelatore, tornò
dalla nipote che trovò seduta nella poltrona massaggiandosi la testa.
«ecco
qui!».
La
ragazza guardò la zia ponendole poi una domanda alla quale la donna non avrebbe
mai saputo risponderle.
«che
significa “La Prescelta”?».
Intanto
a migliaia, se non di più, chilometri da lì un vampiro disperato continuava a
suonare il campanello di una villetta dall’aria nobile e poco vissuta, che si
ergeva su uno dei tanti paesaggi mozzafiato della bella Toscana.
«chi
è così insistente?»
Chiese
una voce angelica di donna che uscì dal citofono.
«Sono
Demetri, consigliere dei Volturi, chiedo umilmente di vedere Ea».
Se
un vampiro estraneo della situazione avesse visto questa scena si sarebbe
sicuramente messo a ridere vedendo una guardia dei Volturi parlare in questo
modo a dir poco indecoroso per la sua persona. Ma dall’altro canto c’era da
tenere presente chi fosse mai questo Ea, al quale un orgoglioso proprio come lo
era Demetri, si fosse presentato così.
«forse
faresti meglio a tornare un altro giorno!».
Demetri
stava a poco a poco impazzendo all’idea di non riuscire a svolgere l’incarico
dato dal suo Signore.
«No,
per favore. Dite ad Ea che ho bisogno di consiglio per trovare la Prescelta.».
Dal
citofono non arrivò più alcun rumore.
Passarono
cinque minuti e il vampiro era sempre più agitato. Avrebbe voluto buttar giù il
cancello ed entrare con la forza, ma sapeva bene che non avrebbe avuto scampo,
non in quella casa, e non da solo.
Stava
ancora decidendo cosa fare, quando un rumore metallico lo avvertì che l’enorme
cancello davanti ai suoi occhi si stava aprendo.
Scusate il ritardo
mie belle, ma ho avuto dei problemi che non mi hanno permesso di scrivere!
Ma ora eccomi
qui!!!
Allora vediamo un
po’…
Alice e Bella hanno
feeling e questo ci fa piacereeee. Bella si sente a suo agio con Alice, a
dispetto delle altre persone, come mai????? =)
Poi, la domanda che
Bella rivolge alla zia, cosa le sarà passato per la testa??? =)
Ed infine Demetri…
cos’ha in mente? Chi è questo Ea?
Spero di aver
scritto come sempre un capitolo di vostro gradimento!
Alla prossima!!
Un bacione
Deborah
Ps. Un grazie dal
cuore per tutte quelle che mi seguono e soprattutto per chi mi recensisce,
grazie a voi ho la forza per continuare a scrivere!
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Capitolo 7 *** capitolo 7 ***
cap 7
Capitolo 7
La
zia della ragazza era rimasta per un momento interdetta dalla domanda posta dalla
nipote.
«Tesoro, hai battuto
proprio forte la testa, ah?».
La
ragazza, dal canto suo, non si era nemmeno accorta di aver fatto quella domanda
a voce alta.
«ehm… credo proprio
di si!».
La
zia rise nervosa.
«Isabella non sai
che spavento ho preso quando ti ho trovata svenuta a terra…»
«scusa zia… mi sono
sbilanciata troppo sulla scala e ho perso l’equilibrio…».
La
ragazza aveva abbassato lo sguardo mortificata per il suo gesto irresponsabile,
ma la zia l’aveva subito abbracciata confortandola.
«oh, non fare così.
L’importante è che tu non ti sia fatta niente!».
Isabella
apprezzò quell’abbraccio così affettuoso, così come aveva apprezzato quello di
Alice, lei che si era sempre sentita sola in questo mondo, più di una volta
aveva pensato di non centrare nulla con la realtà che stava vivendo giorno dopo
giorno, ma ancora non sapeva quanto avesse ragione.
«Isabella forse è
meglio se per oggi tu vada a casa. Siamo a buon punto quindi anche se oggi
saltiamo non ci saranno problemi!».
La
ragazza in risposta la ringraziò calorosamente perché doveva ammettere di avere
un gran bel mal di testa. La stava salutando mentre si avviava verso l’uscita,
quando la zia la richiamò.
«sai ora che ci
penso, credo che “La prescelta” fosse un racconto che ti raccontava tua nonna
da piccola. Penso sia così perché la mia di nonna faceva lo stesso con me. Era
una specie di tradizione di famiglia!».
Isabella si fermò
di botto. Era vero. Ricordava vagamente quella storiella, la nonna, qualche
volta quand’era piccola e veniva lì a Forks, gliel’aveva spesso raccontata
prima di andare a letto.
«Hai ragione zia.
Sai forse dirmi dove si trova il libriccino con la storia scritta?».
«A dire il vero
non lo so. Quando tua nonna morì io e tuo padre ci dividemmo le sue cose,
quindi se non si trova da me sicuramente sarà da tuo padre!».
Isabella la
ringraziò per l’informazione dicendo che avrebbe controllato lei stessa nella
mansarda non appena avesse avuto tempo.
Una volta
arrivata a casa, Isabella mangiò qualcosa e prese un’aspirina per calmare il
suo mal di testa. Si sforzava di ricordare la storiella, ma non rimembrava
nulla.
Visto che il
padre non sarebbe tornato per almeno altre due ore, decise di andare in
mansarda per cercare tra le varie cianfrusaglie il famoso libricino.
*
Isabella era
ancora intenta tra i varo scatoloni nella sua impresa quando un rumore la
scosse all’improvviso.
«Bella ma allora
sei qui? Ti ho chiamato più volte, ma non rispondevi. Stavo iniziando a
preoccuparmi!».
«Oh, papà, ciao!
Si scusa non ti ho sentito! Ora scendo subito e ti preparo la cena!».
«Non ti
preoccupare. Ordiniamo due pizze, ti va? Comunque si può sapere che stai
combinando quassù?».
«Si va bene! Oh,
ehm… stavo cercando il libricino della nonna… quello dove c’era la storiella
che mi raccontava da piccola!».
Charlie parve
illuminarsi a quelle parole, subito dopo però la sua emozione scemò in
tensione, iniziando a torturarsi i baffi.
«Papà sai dove si
trova?».
Isabella aveva
notato il cambiamento di espressione di suo padre.
«Tesoro ti prego
di non arrabbiarti, ma non vorrei che fosse finito tra i libri che ho donato
alla biblioteca un paio di anni fa!».
Isabella non
voleva crederci.
«dimmi che non è
vero!».
«Si, mi dispiace.
Era da un po’ che pensavo di mettere a posto la soffitta e magari tirarci fuori
una stanza per gli ospiti o qualcosa di simile, così avevo iniziato a mettere a
posto tutte le cianfrusaglie. Avevo trovato una marea di libri, alcuni anche
piuttosto antichi e non sapendo dove metterli li avevo donati alla biblioteca.
Mi dispiace Bells!».
Isabella
disse al padre di non preoccuparsi, voleva dire che sarebbe andata alla
biblioteca a chiedere informazioni.
*
Il
mattino seguente Isabella si svegliò confusa, come i due giorni precedenti. Quella
notte aveva sognato stralci del racconto che la nonna le raccontava da piccola,
ne era sicura, ma nel momento stesso che aveva aperto gli occhi si era come
dimenticata tutto. La cosa la irritava e non poco.
Era
appena scesa dalla sua auto dopo aver parcheggiato al suo solito posto a
scuola, ancora assorta nei suoi pensieri, quando una figura le spuntò alle
spalle.
«Buongiorno Bella!».
La ragazza
spaventata da quell’improvvisata per poco non fece un infarto scatenando le
risa della sua attentatrice.
«Alice! Ho perso
come minimo dieci anni di vita!»
«ma figurati,
tanto… ».
La nanetta si era
bloccata a metà frase dopo aver incrociato due furiosi occhi neri. Della scena
Isabella si era solo accorta che l’amica si era bloccata, non il motivo
scatenante, sennò avrebbe sicuramente iniziato a farsi le solite cento domande
che si poneva quando vedeva Edward Cullen.
«Tanto?».
«boh, non mi
ricordo più quello che stavo per dirti. Allora ci vediamo oggi da me ok? Bene! Ci
vediamo qui alla fine della scuola! Buona giornata Bella!».
E così come era
arrivata se n’era pure andata. Isabella era rimasta al quanto sbigottita e
sorridente allo stesso tempo dall’energia che quella ragazza sapeva sprizzare. Pensando
così alla nuova amica che si era trovata, entrò a scuola.
*
«Ma tu abiti davvero
qui?».
Isabella
era rimasta scioccata dall’ampia visuale della casa che aveva di fronte a sé. Era
una villetta a dir poco fantastica che si ergeva in mezzo al bosco. Arrivarci non
era stato facile, e se non ci fosse stata Alice al suo fianco che le indicava dove
svoltare, da sola non ci sarebbe mai arrivata.
«Certo Bella, vorrai
mica che ti porti nella casa di qualcun altro!?».
«si lo so… e-era
solo un modo di dire…».
Isabella
era a dir poco imbarazzata, Alice invece era stata presa da un attacco di riso
acuto.
«Bella ma guarda che
ti sto prendendo in giro… ahah..sei proprio buffa! Dai entriamo…».
La
casa all’interno se possibile era ancora più grande di quanto si poteva
immaginare da fuori. La ragazza pensava, che se volesse, sarebbe riuscita anche
a perdersi lì dentro. Poi però un altro pensiero le era balenato per la mente.
«Sei sola in casa?».
«I miei fratelli
sono usciti, ma nel giardino nel retro c’è mia madre. Dai vieni che te la
presento!».
E
così senza darle neanche il modo di risponderle, Alice l’aveva trascinata per
il soggiorno, poi per la sala da pranzo e infine per la cucina, fino ad una
porta che dava sul retro della casa.
«Mamma questa è la
mia nuova amica Isabella!».
Una
signora che non mostrava neanche più di trenta anni, dai lunghi e mossi capelli
color caramello, la pelle diafana e gli occhi color oro si voltò, lasciando la
povera Isabella senza parole di fronte a cotanta bellezza.
«P-piacere di
conoscerla signora Cullen!».
La
signora le sorrise calorosamente.
«Il piacere è mio
Isabella, ma ti prego, chiamami Esme!».
«D’accordo… Esme!».
Dopo che le tre
donne parlarono un po’ del più e del meno, le due ragazze iniziarono a
studiare. Isabella non era molto concentrata sui libri, poiché non poteva fare
a meno di pensare quanto dolce non fosse la mamma della sua amica e soprattutto
quanto quella strana famiglia, benché non fossero realmente imparentati tra
loro, fossero quasi identici.
Alice, invece, si
stava chiedendo come potesse mettere la
pulce nell’orecchio di Isabella. Non fece a tempo di chiedersi questo, che una
visione la bloccò all’istante.
«Bella a te piace
leggere non è vero?»
«si, Alice, come
lo sai?».
«Beh, a scuola ti
vedo spesso con i libri in mano!».
«si nota così
tanto?»
«ahaha.. non fare
quella faccina. Ehi, vuoi vedere la biblioteca di mio padre? Si beh, di mio
padre e di Edward. Sono i due che leggono di più in questa casa. Comunque, ad
ogni modo. Sono sicura che ti piacerà!».
Isabella sentendo
la parola libri si era illuminata, aveva sempre adorato leggere. Poi si era
illuminata ancora di più sentendo anche il nome di Edward, anche se poi si era
subito rimproverata dicendo che non aveva senso. Infine il suo umore era andato
sotto terra ricordandosi che si era dimenticata di andare a vedere del libretto
di sua nonna nella biblioteca.
«ehi tutto
bene?».
«come? Ehm… si
si! Ma sei sicura che non darà loro fastidio?».
«certo che no! Dai
vieni!».
Salirono al primo
piano e non appena furono entrate, Isabella restò affascinata da tutto ciò che
vide. La stanza era immensa e ovunque ella posasse gli occhi, vedeva solo
scaffali di libri e dipinti. Quello che le piacque di più era il fatto che
fosse tutto ordinato.
«Allora?».
«beh… è il
paradiso…».
«si…. Lo penserei
anch’io… se al posto di tutti quei libri ci fossero dei vestiti…! Che c’è? A me
piace lo shopping!
Su dai Bella
guarda se c’è qualche libro di tuo interesse!».
Isabella scuoteva
ancora la testa divertita mentre si avviava verso uno scaffale. Iniziò a
leggere i titoli dei libri e subito fu felice di trovare “cime tempestose”. Era
affascinata e colpita da quanto vecchia sembrava quella edizione. Continuò così
intenta a leggere tutti i titoli finché urtò qualcosa con il sedere. Si voltò e
vide che era ormai giunta alla fine dello scaffale e aveva urtato la sedia che stava
vicino ad un tavolo dove sicuramente ci si sedeva per leggere. La mise al suo posto, e mentre alzò lo sguardo
osservò i libri che si trovavano sparsi sul tavolo. Alcuni aperti altri chiusi.
Sicuramente qualcuno li stava studiando. Stava per voltarsi quando qualcosa
attirò la sua attenzione facendola rabbrividire.
Si avvicinò ad
uno dei libri aperti osservando la figura che in mezzo alla pagine faceva bella
mostra di se.
Isabella istintivamente,
si portò una mano sulla base della schiena.
«Bella sembra che
tu abbia visto un fantasma, tutto bene?».
«A-Alice… cosa
significa quel simbolo?».
Buondììììì!!!
Todo bien?
La nostra Isabella ha trovato qualcosa
di interessante a casa Cullen… hihihi…beneeee!!!
Direi che Alice è riuscita per bene a
metterle la pulce nell’orecchio no? Direi più che pulce le ha messo un cavallo…
si nota di più!!
Ahahaha
Commentate mie care.. fatemi sapere se
il capitolo è stato di vostro gradimento!! =)
Un bacio
Deborah
Ps. Uno special
thanks per chi mi ha messo tra le seguite, le ricordate e le preferite!!
<3
Ed un GRAZIE super
super super special alle mie belle
donzelle che mi recensiscono dandomi un ENORME
sostegno morale!!!
PPs. Le mie altre FF in
corso:
La mia vera origine
La mia casa sei tu
|
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Capitolo 8 *** capitolo 8 ***
cap 8
Capitolo 8
«A-Alice… cosa
significa quel simbolo?».
Isabella
non capiva come mai il tatuaggio che le era comparso sulla schiena si trovasse
su una pagina di un libro piuttosto antico, in casa dei Cullen per giunta e che
dalle parole di Alice, pareva che il padre o il fratello lo stessero studiando.
Alice
aveva pienamente capito i pensieri e le domande che nella testa della sua amica
umana aleggiavano, e colse così l’occasione per spezzare una lancia in favore
del fratello.
«Quale scusa?».
E
si avvicinò dove Isabella le indicava.
«oh, guarda non
saprei mica dirti sai. È Edward appassionato di queste cose, dovrai chiedere a
lui!».
Isabella
da una parte era dispiaciuta di non aver ricevuto subito risposta al suo
quesito, dall’altra però era felice di dover per forza chiedere ciò ad Edward,
ma un’altra parte ancora era terrorizzata per il fatto che lei, il fratello di
Alice, non lo conosceva e non sapeva con quale faccia avrebbe potuto
presentarsi a lui.
Ma
come sempre Alice aveva giocato d’astuzia.
«Hai sentito?».
«Cosa Alice?».
La nanetta fece
finta di tendere l’orecchio.
«Mi sembra di
aver sentito sbattere la porta d’ingresso. Credo siano tornati i miei fratelli.
Dai andiamo giù. Così se c’è Edward potrai chiedergli il significato di quel
simbolo!».
Isabella aveva
annuito e angosciante si era lasciata trascinare al piano di sotto. Dire che era
tesa come una corda di violino, era un bellissimo eufemismo.
In salotto
intanto si erano già seduti Jasper ed Edward. Rosalie ed Emmett erano
ufficialmente fuori a fare delle compere, per la famiglia, erano a caccia.
Mentre le due
ragazze scendevano le scale, Edward rivedeva nella mente di Alice tutto quello
che era successo prima del loro arrivo e contemporaneamente aggiornava Jasper.
«Ma allora avevo
ragione. Ciao fratellone.. ciao amore mio!».
E aggraziata come
una ballerina si lanciò su Jasper.
«Ragazzi lei è
Isabella. Isabella loro sono Jasper, il mio amoruccio, ed Edward!».
Alice nel dire
questo aveva indicato prima il ragazzo dalla chioma leonina e poi quello dagli
indomabili capelli castano ramati.
«ciao!».
Isabella, timida,
aveva alzato una mano a mo’ di saluto stile bambina di cinque anni. Non
riusciva a crederci neanche lei di averlo fatto.
«Ehi, Ed! Eravamo
in biblioteca e Bella era interessata ad uno dei tuoi libri, solo che io non ne
capisco nulla. Allora le ho detto che avrebbe potuto chiedere a te quello che
voleva sapere. È un problema?».
Alice si stava
ripetendo che era una meschina messa in scena, e si sentiva in colpa per tutte
quelle bugie, ma non sapeva come altro fare.
«Certo che non è
un problema. Cos’è che volevi sapere Isabella?».
L’interpellata
stava per rispondere ma la nanetta l’aveva anticipata.
«Oh, riguarda
quel librone con quei strani simboli. Andate in biblioteca così lei te lo può
indicare.».
«Si, capo!».
Edward aveva
risposto sorridendo e mettendo la mano sopra l’occhio destro in pieno saluto da
militare.
Isabella dal
canto suo era rimasta affascinata dal ragazzo. La sua voce gli era arrivata
dolce e soave alle orecchie, mentre il sorriso che aveva rivolto alla sorella
le aveva stretto lo stomaco. Era in balia di quelle emozioni e perciò non si era
neanche resa conto che il ragazzo le si era avvicinato.
«Allora
andiamo?».
«Come? Oh, ehm
certo!».
Una volta in
biblioteca lei gli indicò il simbolo a cui era interessata, anche se lui
ovviamente lo sapeva già.
«Si tratta di un
nodo celtico.».
«un nodo
celtico…».
Aveva ripetuto
lei come un automa sopra pensiero. Lei si stava chiedendo cosa centrasse tutto
questo con lei.
«Vuoi sapere
nella lingua celtica il suo significato, Bella? Oh, posso chiamarti così
anch’io, vero?».
-
Edward
Cullen che vuole prendere confidenza con te- era il pensiero che Isabella aveva
iniziato a ripetersi velocemente.
«… sennò non importa».
Bella
non si era accorta che non gli aveva ancora risposto.
«No scusa ero sopra
pensiero. Certo che puoi chiamarmi così!».
Lui
le sorrise e lei sarebbe svenuta volentieri.
«Bene! Allora questo
libro è scritto in lingua celtica, quindi lo sto traducendo un po’ alla volta…».
Che
la ragazza fosse rimasta con la bocca aperta e scioccata, non era da biasimare.
In fin dei conti, quale ragazzo sano di mente nel XXI secolo e soprattutto a
diciotto anni si sarebbe messo nel tempo libero a tradurre un libro da una
lingua che non si usava più? Forse Edward non era un ragazzo normale, e di
questo Isabella, iniziava ad esserne sempre più sicura.
«… beh, comunque
ti posso dire che ci sono moltissimi tipi di nodi celtici, questo che tu mi hai
indicato è un tipo piuttosto raro, non
se ne vedono tanti in giro, tipo in insegne, libri recenti o gioielli. E’
piuttosto antico, oggi vengono ricordati solo i nodi più famosi, quelli cioè
commercializzati dalla tv.
Questo nodo
tuttavia è molto particolare. Da quello che ho potuto capire nel passato chi
sfoggiava questo simbolo era temuto da tutti. Si trattava di una persona
potente e di conseguenza rispettata. Spesso erano i regnanti a portarlo.».
Bella era
affascinata dalla spiegazione che Edward le stava dando, ma dall’altro canto si
chiedeva cosa tutto questo centrasse con lei. O meglio sentiva che era nella
giusta strada e proprio per questo non si capacitava del fatto che lei
centrasse in queste strane cose e per di più antiche.
«Tutto qui fin
chiaro?».
Lei annuì
lasciandosi anche scappare un elogio alla sua fantastica esposizione, ricevendo
in regalo un magnifico sorriso.
«Bene. Nonostante
sia difficile capire l’esatto significato di questo nodo, posso comunque dirti
a grandi linee che presso alcune popolazioni celtiche soprattutto irlandesi
rappresentava l’infinità del tempo e anche l’unione con gli “Dei”.
Il
concetto di infinito è molto importante da capire. Né vita né morte, ma vita e
morte insieme. Dopo il principio a volte c’è la fine, ma altre volte dopo la fine
c’è il principio.».
Un
brivido percorse Isabella una volta che questo discorso fu finito, non seppe perché,
ma la consapevolezza che la verità fosse nascosta dietro quelle parole era
davvero forte.
«non saprei cos’altro
aggiungere.».
Disse
lui vedendo che la ragazza non rispondeva.
«non credo ci sia
altro da aggiungere. Non so davvero come ringraziarti!».
«Se non sono troppo
indiscreto a chiedere, credi sarebbe possibile venire a conoscenza del perché del
tuo interessamento!?».
Isabella
era rimasta strabiliata dalla frase del ragazzo. Non tanto per quello che aveva
detto, insomma, era comprensibile che si chiedesse il motivo della sua
curiosità; no più che altro era per come lo aveva detto. Chi mai parlava in
quella maniera da gentiluomo?
Poi
però Isabella iniziò a prestare davvero poca attenzione a questo fatto, poiché non
sapeva cosa rispondergli. Poteva forse mostrargli il tatuaggio? Certo che no. Come
spiegare che se lo era trovato una mattina alzandosi dal letto? Poi si ricordò
di cosa portava sempre con se in tasca.
«Beh, a dire il vero
ho trovato questa cosa… ehm, per terra. E volevo sapere se aveva un
significato!».
Bella
mostrò a lui la spilla che aveva trovato nella villa doveva aveva fatto
pulizie.
Lui
restò interdetto subito, sperava che le parlasse del tatuaggio, ma si riprese perché
non sapeva che esisteva una spilla simile.
«Bella sei davvero
sicura di averla trovata per terra, no perché è davvero un pezzo unico e decisamente
molto prezioso.».
Lei
non sapeva cosa rispondere. Non sapeva più cosa pensare. Le sembrava di essere
al centro esatto di un tornado di informazioni, che le mandavano in tilt il
cervello. Più risposte riceveva, più nuove domande le tartassavano la mente.
Si
ricordò improvvisamente del libretto della nonna. Un mal sano senso di
proprietà la invase, doveva avere al più presto quel racconto.
«Allora sono proprio
fortunata. Scusa Edward, ma mi sono ricordata di una commissione urgente da
sbrigare. Non so davvero come ringraziarti. Ci vediamo a scuola!».
Detto
questo scappò via.
*
Intanto
molto lontano da quel luogo Demetri si stava disperando per la soluzione che il
saggio Ea gli aveva fornito.
Ea
era un vampiro dal portamento nobile, terribilmente affascinante, la cui data
di nascita era un vero mistero. Leggende dicevano che forse era più vecchio dei tre
signori, a capo della casata reale, stessi. Era questo uno dei tanti motivi per
cui lui vantava di un trattamento speciale. Lui era diciamo neutro, non era ne
a favore ne contro ai Volturi, a lui bastava essere lasciato in pace di vivere
la sua vita. Dato che non aveva mai recato disturbo e non aveva mai tentato di
fregare il potere ai tre signori, i Volturi avevano acconsentito a
riconoscergli questo speciale status. Ricevendo così il rispetto di tutti gli
altri vampiri.
D’altronde,
ai volturi, aveva fatto decisamente comodo questo, poiché a volte in rare
occasioni, il vampiro aveva concesso loro i benefici del suo dono. Lui infatti
aveva un dono decisamente singolare, non era un caso che gli fosse stato
affibbiato il titolo di “saggio Ea”. Lui aveva una certa capacità nel capire quale
fosse la soluzione da seguire per un determinato problema. Per qualsiasi
domanda lui avrebbe avuto sempre una risposta.
C’era
però da sottolineare che queste risposte avevano una lama a doppio taglio, poiché
il consiglio che lui dava non sempre era un bene per il diretto interessato, era
come se nella sua testa ci fosse un omino chiamato “futuro” che gli diceva
quale via doveva far seguire al soggetto che aveva posto la domanda perché questi
svolgesse la sua vita come l’omino “futuro” aveva deciso. È vero c’era sempre
il fatto che il soggetto in questione poteva decidere di non seguire il
consiglio e cambiare il futuro e a volte forse sarebbe stato meglio per alcuni,
ma quelli che andavano da Ea erano spesso disperati e alla fine dei conti non
potevano fare altro che seguire il suo consiglio perché al limite della
disperazione.
Alla
domanda di Demetri, Ea aveva risposto che se avesse voluto trovare la prescelta
avrebbe dovuto andare nella leggendaria Transilvania in cerca di un nomade di
nome James, un segugio davvero particolare. Aveva la possibilità di trovare le
persone mostrandogli un oggetto a loro appartenuto o anche solo una fotografia
che ritraeva l’interessato.
Questa
era la soluzione che Ea aveva dato, e il volturo non sapeva cosa farsene. Lui non
era in possesso di nulla che apparteneva alla prescelta.
Poi
però un lampo in lontananza ridestò Demetri. Forse non aveva nulla della
prescelta odierna, ma forse esisteva qualcosa della sua antenata e magari la
differenza non si sarebbe sentita.
L’unico
problema ora, era solo che doveva tornare a palazzo e chiedere udienza ad Aro.
Eccoci
qua!
Ciao mie
care… =) =)
He he
he la nostra povera Bella è sempre più in confusione, ma pian piano tutte le
risposte che cerca le arrivano. Che ne pensate della spiegazione di Edward sul
nodo celtico?
He he
davvero interessante il personaggio di Ea, non trovate? Spero abbiate capito il
suo dono, sennò chiedetemi pure di chiarirvi meglio cosa può fare lui.
E di
Demetri che dire, seguire il consiglio di Ea porterà in fine dei conti un
vantaggio ai suoi signori o il contrario… mah!
A presto
mie care
Spero
vi sia piaciuto questo capitolo!
Un grande
bacione
Deborah
|
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Capitolo 9 *** capitolo 9 ***
cap 9
Capitolo 9
Demetri
avanzò nella grande sala dei troni, mentre i suoi tre signori lo guardavano
privi di emozione.
«Demetri spero per
te che si ti trovi qui, sia perché ci porti liete notizie!».
Il
vampiro chiamato in causa, se avesse potuto avrebbe sudato le cosiddette sette
camicie.
«miei Signori, ho
fatto un enorme passo avanti dalla mia ultima visita.».
«Spero per te che
sia così!». Disse Markus. Il
vampiro si era come svegliato dal suo solito stato catatonico dopo aver
riscontrato negli occhi del consigliere una determinazione che forse
significava veramente ‘buone notizie’.
«Sarò sincero. Ho
chiesto consiglio al saggio Ea!».
I
tre sovrani si guardarono sorpresi e compiaciuti.
«Bene! E qual è
stata la risposta alla tua domanda?».
«Di cercare un
segugio in Transilvania. A questo vampiro se gli viene mostrato un oggetto o
una foto appartenente alla persona da trovare, questi riesce ad individuarla
anche se si trova dall’altra parte del mondo!».
I tre Signori
furono molto sorpresi dalle parole che Demetri aveva rivolto loro. Aro era
invece il più affascinato.
«Ben fatto,
Demetri. È ovvio che questo vampiro non lavorerà mai gratis, se è furbo. Se
così fosse offrigli pure di entrare a far parte della schiera dei Volturi, sai
che apprezzo chi ha buone qualità!».
«Certo mio
Signore.».
Caius si alzò in
piedi e si avvicinò al trono centrale di Aro.
«Non per fare il
guastafeste ma si può sapere con quale oggetto pensereste voi di rintracciare
la nostra vampirella?
Tu! Consigliere!
A questo ci avevi pensato?».
Demetri
alzò il mento per non dimostrarsi debole agli occhi di quel Volturo così
egocentrico.
«Si, ma volevo prima
chiedere il vostro parere!».
Aro si alzò
ponendo una mano sulla spalle del fratello.
«Credo di aver
capito a cosa tu ti riferisca. Ma voglio sentirlo prima dalle tue parole!»
Il vampiro prese
un respiro sperando di aver pensato alla cosa giusta.
«Da quello che so
la prescelta è la reincarnazione della vampira originaria. Quindi ho immaginato
fosse anche uguale a lei.».
Aro annuiva
soddisfatto, Markus era immobile perso tra i suoi pensieri, difatti questo era
sempre stato affascinato dalla bella vampira in questione, come tutti del resto;
infine Caius, che non mostrava alcuna espressione, poiché non voleva far vedere
di non esserci arrivato subito.
«Eccellente. Veramente
eccellente. Bene Demetri, parti pure per la missione. Prenditi i vampiri che
ritieni indispensabili e porta con te il suo
prezioso ritratto, ma bada a non rovinarlo, pena la morte!»
*
Isabella
guidava verso la Biblioteca di Forks prestando non molta attenzione alla
strada, che per sua fortuna era al quanto deserta. La sua attenzione era tutta
spostata sulla spiegazione che Edward le aveva fornito. Non riusciva a capire
cosa lei potesse centrare con quel simbolo e poi con i Re, gli Dei, la vita e
la morte. Sembrava tutto così pazzesco e irreale. Soprattutto quest’ultimo.
Una
volta arrivata davanti ad un grande edificio di mattoni dall’aria piuttosto
vissuta, Isabella parcheggiò.
L’interno
del locale era piuttosto accogliente, e l’aria sapeva di cultura. A lei erano
sempre piaciute le biblioteche, trovava in esse un luogo tranquillo in cui
pensare. Non in quel giorno però. Quel giorno si sentiva agitata e le sembrava
di essere entrata in una puntata di ‘Relic Hunter’.
Arrivata
al banco dove si trovava la bibliotecaria, non seppe il perché, ma iniziò a
sentirsi troppo euforica, sentiva di essere ad un passo dalla verità.
«Ciao Isabella! Era
da tanto che non passavi di qua. Come sta tuo padre?».
La
signora Clarcks era la classica donnina anziana, dal faccino simpatico che
avrebbe potuto essere la nonna di tutti, visto la gentilezza con cui si
relazionava soprattutto con i giovani.
«Salve. Ha ragione,
era da un po’ che non passavo, sa la scuola mi occupa molto tempo e poi anche
il lavoro con mia zia. Charlie sta bene, come sempre!».
L’anziana
signora le sorrise gentile.
«E’ un brav’uomo,
davvero. Ma dimmi tesoro, in cosa ti posso essere utile?».
«Beh, vede. Ho
saputo che mio padre anni fa ha donato alcuni libri alla biblioteca. E me ne
servirebbe uno. Non si preoccupi non voglio ritrattare la gentilezza di mio
padre, ma vorrei solo prenderlo in prestito.».
«Oh, certo
tesoro. Io non ti giudico, lo sai. Puoi prendere tutto quello che vuoi. Dimmi
qual è il titolo? L’ autore?».
Isabella si sentì
morire. Il libro portava il titolo de “La Prescelta” o era un altro? E
soprattutto chi era l’autrice?
«A dire il vero,
non lo ricordo. Credo però che il titolo fosse “La Prescelta”?».
La donna si spostò
di fronte ad un computer.
«Tranquilla.
Controllo nel file delle donazioni. Dovrebbe ancora esserci il nome di tuo padre e vediamo se tra i libri che ha portato
c’è quello che stai cercando!».
Isabella non era
mai stata una persona impaziente, ma quel giorno, come i due precedenti era
cambiata, lo sentiva e perciò si lasciò invadere anche da questa nuova
emozione.
«Oh, bene. Eccolo
qui. Si, il titolo è proprio quello che mi hai detto tu. Però non ha autore. È
di un anonimo.».
«Va bene. Lo
posso ritirare?».
«certo. Vediamo…
oh oh!».
Quel “oh oh” a
Isabella non piacque affatto.
«Tesoro, mi
dispace ma a quanto pare il libro è già stato prestato. Due giorni fa per la
cronaca. Quindi dovrai aspettare un mese, che sai è il tempo prestabilito per
la riconsegna.».
La ragazza era
incredula dalle parole dell’anziana. Chi mai avrebbe potuto interessarsi a
prendere quel libro? Non era un best seller o un classico. Era un libro
anonimo, scritto a quanto pare da una persona anonima e di cui la sua famiglia
forse solo ne era a conoscenza.
O forse quel libro conteneva di più?
Una vocina nella
sua testa aveva dato un’altra possibilità per spiegare il fatto.
E forse era
davvero possibile. Isabella doveva iniziare a credere a tutto, doveva smetterla
di credere che ciò che vedeva fosse impossibile, non sapeva doveva stava
andando ad immischiarsi, ma purtroppo sapeva che doveva farlo.
«Signora Clarcks
può gentilmente dirmi chi ha preso il libro? Magari lo conosco e posso
chiedergli se gli servirà molto».
«Mi dispiace,
tesoro. Potrei farlo ma la legge della privacy me lo impedisce. Cerca di
capirmi.».
Isabella cercò di
non forzare troppo la donna. Infin dei conti lei non ne poteva nulla, perciò
decise di giocare d’astuzia.
«Va bene.
Aspetterò. Nel frattempo leggerò qualcos’altro. Lei cosa mi consiglia?».
«Oh, sono felice
della tua domanda. È proprio arrivato da poco un libro davvero romantico e
tragico. Se adori “Cime tempestose” non vedo come questo non possa piacerti.».
«Mi fido di lei,
allora. Lo prendo.».
La signora allontanò
per prendere il suddetto libro e non appena fu abbastanza lontana, Isabella si
sbilanciò sul banco che aveva di fronte a se, fino ad arrivare con il viso
davanti allo schermo del computer che per sua fortuna si trovava ancora aperto
sulla pagina del libro che lei cercava. Cercò con lo sguardo il nome di chi lo
avesse preso in prestito e quando lo lesse, le forze le mancarono ritornando a
dove si trovava prima a differenza che cadde rovinosamente a terra.
«Isabella cosa
fai lì per terra?».
«Ehm, esercizio
fisico. Sa non è mai abbastanza quello che ci fanno fare a scuola!».
«Se è come ai
miei tempi di certo no! Ecco tieni qui il libro. Ti serve altro?».
Isabella si tirò
in piedi complimentandosi per la pessima arrampicata sugli specchi che aveva fatto,
ma che aveva sortito l’effetto desiderato.
«la ringrazio.
No, non mi serve altro. Arrivederci.»
Si dileguò senza
aspettare la risposta dell’anziana signora. Corse in macchina e una volta lì,
non l’accese. Restò immobile con lo sguardo fisso davanti a se. Cercava di dare
un senso logico a quello che aveva visto, ma niente le arrivava in aiuto.
Guardò l’orario.
Le 18:15. Doveva andare a casa a preparare la cena per suo padre, ma decise il
contrario. Afferrò il suo cellulare e chiamò Charlie, dicendogli che avrebbe
fatto tardi a casa della sua amica, dalla quale si era fermata per svolgere i
compiti.
Una volta chiusa
la chiamata accese il motore e si avviò dalla persona a cui apparteneva il nome
letto nel computer. Dalla persona che forse le aveva mentito. Da quella persona
che non capiva cosa volesse da quel libro.
Andò da Edward
Cullen.
Buonaseeeeeera!!!
Eccoci qua!!!
Demetri è in
piena missione “cercasi la prescelta” e la nostra Bella idem!! Riusciranno entrambi
nei loro intenti!!
Lo sapremo
moooolto presto!!
Grazie per
seguirmiii!!
Vi voglio bene!
Un bacione
Deborah
|
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Capitolo 10 *** capitolo 10 ***
cap 10
Capitolo 10
Isabella
riuscì a trovare a fatica la casa, perché non ricordava bene dove doveva svoltare,
ma per fortuna non ebbe troppi problemi. Ci sarebbe mancato altro, pensava. Non
poteva certo permettersi di aggiungere alla sua lunga lista di pensieri il
fatto di smarrire la strada.
Arrivata
davanti all’enorme casa Cullen, la paura di aver fatto una grande cavolata
iniziò a pervaderla. Forse sbagliava o forse no. Ma ormai l’idea di tornare a
casa non la sfiorava neanche per scherzo. Era testarda quando si metteva in
testa una cosa e non se ne sarebbe andata da lì fino a quando non avesse avuto
delle risposte.
Si
sentiva osservata perciò si smosse da lì e andò a suonare il campanello.
La
porta si aprì svelando un bellissimo uomo dai capelli biondi, dall’aria
abbastanza giovane e cordiale. Ispirava fiducia il solo guardarlo. Isabella lo
fissò negli occhi e quando incontrò due pozzi d’oro si disse come ciò non
poteva non essere così.
Di
sicuro lui era il padre di Alice ed Edward, il famoso dottore.
«Ehm.. Salve! Sono
Isabella Swan. C’è Edward?».
Isabella
credette di veder passare nel viso dell’uomo un lampo di sorpresa, ma forse era
solo una sua impressione. Una giusta, anche se a sua insaputa, impressione.
Alice, infatti, aveva avuto una visione confusa, come ogni volta succedeva
quando cercava di vedere il futuro di Isabella, in cui la vedeva venire a casa
sua, ma non era riuscita a capirne bene il motivo. Il Dottore infatti, pensava
che la ragazza forse avrebbe voluto parlare con Alice, non di certo con Edward,
dato che con sua figlia aveva un rapporto più stretto.
«Oh, è così sei tu
la famosa Bella? Alice non fa che parlare di te. Io sono Carlisle, il padre di
Alice. Prego entra, ti chiamo subito Edward.».
E si spostò dall’ingresso
mimando il gesto di accomodarsi.
«La ringrazio signor
Cullen.».
«Oh, ti prego. Chiamami
Carlisle.».
Isabella
annuì mentre avanzava a fianco di quell’uomo affascinante.
«Edward?».
Carlisle
aveva chiamato il figlio volutamente con un tono di voce non molto alto. Sapeva
benissimo che se il figlio fosse stato un umano non l’avrebbe mai sentito, ed
era questo il suo intento. Volevo che Isabella capisse che loro, non erano
umani.
Infatti,
lei lo guardò al quanto incredula quando due secondi dopo Edward scese le
scale.
Edward
leggeva i pensieri del padre e capiva perfettamente il suo pensiero. Ma più che
altro era intento a capire cosa Bella volesse da lui. Voleva forse qualche
altro chiarimento sul discorso di prima?
«Ciao Bella. Hai dimenticato
qualcosa?».
Isabella
si riscosse dal suo stato di turbamento che aveva ogni volta che incontrava la
bellezza disumana del ragazzo.
«ehm.. no a dire il
vero volevo parlarti di una cosa!».
Non
sapeva bene come affrontare il discorso con lui.
Carlisle
intuendo l’imbarazzo nell’aria, salutò Isabella congedandosi da lei per lasciar
soli i due ragazzi.
«Bè dimmi allora!».
Edward
non vedeva l’ora che la ragazza parlasse. Non sopportava più ormai il fatto di
non riuscire ad intrufolarsi nella sua mente.
«Perché due giorni
fa sei andato in Biblioteca a ritirare un libro intitolato “La Prescelta”?».
Isabella
si dava mentalmente della stupida per aver posto la domanda così
sfacciatamente. Se Edward comunque fosse stato una persona normale avrebbe
potuto facilmente depistarla dicendole che non erano di certo affari suoi, ma
non era quello il suo compito. Il suo compito era rendere Isabella consapevole
di chi era e di cosa l’aspettava dal suo futuro. Ora doveva solo trovare il
modo di rendere dolce la pillola.
«Bè diciamo che
sono affascinato dalle leggende mitologiche ed ora sono molto interessato ad
una in particolare, quella della prescelta appunto.».
Isabella restò
interdetta dalla risposta di Edward, di certo si aspettava di tutto tranne che
questo. La prescelta era un racconto, che leggenda poteva mai esserci dietro?
«Quale leggenda? Io
so solo che si tratta di un racconto che mia nonna mi raccontava da piccola.».
Edward era
sorpreso. Avrebbe voluto incontrare quella donna per sapere cosa sapesse.
«ce ne sono molte
a riguardo. Soprattutto nelle culture celtico irlandesi e anche giapponesi. Io ne
sto cercando quante più possibili per mettere assieme i punti accumunanti e
capirne davvero magari quale sia quella più autentica. ».
«Perché?».
Edward non poteva
che essere sempre sorpreso quando parlava con lei.
«cosa perché?».
«Perché fai tutte
queste ricerche?».
«Perché ritengo
che la leggenda della prescelta sia vera!».
Isabella restò
scioccata da quella sua affermazione, soprattutto per il fatto che il modo in
cui l’avesse detto facesse trapelare quanto veramente ci credeva.
«E dal libro cos’hai
ricavato?».
«Bè dal libro ho
ricavato la parte diciamo, soft, della leggenda. Esprime la storia della
prescelta nella sua vera autenticità, ma tralasciando alcuni particolari, che
ancora sto cercando di rintracciare.».
«scusami Edward,
ma posso vedere il libro?».
A Isabella
sarebbe bastato dargli una sfogliata veloce, non sarebbe riuscita a resistere
un mese.
«Certo, seguimi. È
in biblioteca.».
E così i due
ritornarono nella stessa stanza di poche ore prima.
Quando Edward
diede il libro ad Isabella, questa sussultò. Lui non poté capire, ma lei una
volta toccato il libro era stata pervasa dalla stessa scossa, che aveva avuto
quando toccò la spilla.
Isabella osservò
stranita e impaurita la copertina nera sgualcita dal tempo del libro. Al centro
spiccava la scritta oro “La Prescelta”.
Il libro era
molto corto, difatti raccoglieva solo quella storia e basta.
«Ti dispiace se
gli do una letta veloce? Sai non la ricordo bene e vorrei togliermi questo
dubbio.».
«Sediamo qui.
Bella ti andrebbe di leggerla ad alta voce?».
La ragazza un po’
titubante annuì.
Sfogliò le prime
pagine tutte bianche, o meglio ingiallite dal tempo.
Poi trovò una
pagina dove al centro vi era scritto qualcosa, e lo lesse ad alta voce.
«"Si dice che
l'ovest sia costruito sulle leggende. E che le leggende siano solo un modo per
comprendere realtà molto più grandi di noi, forze che plasmano le nostre vite,
eventi che non si possono spiegare. Individui le cui vite arrivano a sfiorare
il cielo o a sprofondare nella terra... e così che nascono le leggende*"»
Isabella rabbrividì
a quelle parole.
«Wow. Non mi
ricordavo questa prefazione. Sembra quasi voglia dire che la storia che segue
sia una cosa vera, ma camuffata da leggenda!».
Edward scrutava
ogni sua piccola reazione.
«Forse è così. Forse
la prescelta esiste davvero.».
Lui la guardava
con uno sguardo che pareva dire tutto e niente. Lei era sconvolta. Sconvolta perché
quelle parole erano cariche di verità.
Distolse lo
sguardo e i pensieri e sfogliò altre pagine.
«C’era una volta un
mondo popolato da diversi individui. La supremazia era in mano agli individui
chiamati umani, che nel tempo erano riusciti a creare un modo per dialogare tra
di essi potendo così divenire sempre più intelligenti e costruendo nel mondo
civiltà e culture che dessero loro sostegno nella loro vita. Nel corso dei
tempi e degli anni questi individui vissero sempre tranquillamente le loro vite
ignari del fatto che nel loro stesso mondo, esistevano altri individui
superiori a loro per forza e intelligenza, individui che vivevano però nell’oscurità
e in un’eterna dannazione.»
Isabella si
bloccò perché il suo subconscio le parò davanti agli occhi la stessa immagine
dei due demoni che si cibavano del sangue di un altro, la stessa che aveva
avuto quando il giorno prima aveva guardato Edward negli occhi. Non capiva. Che
collegamento poteva mai esserci?
«Qualcosa non
va?».
Edward si
chiedeva cosa l’avesse fatta sbiancare così all’improvviso.
«Nu.. nulla!»
Respirò a fondo e
continuò.
«Essi erano un
pericolo per la razza umana, ma grazie alla presenza della loro sovrana, la
vita riusciva ad essere pacifica per entrambi gli individui. La loro sovrana
era buona e amava e invidiava la fortuna che gli umani avevano, perciò la sua
principale preoccupazione era proteggerli. Riusciva in ciò perché lei era
potente, non solo per la carica che ricopriva sui suoi simili, era potente perché
era una dei primi della sua specie e aveva poteri che gli altri suoi simili non
avevano. Ciò nonostante la sete di potere e la cattiveria di alcuni fece si che
si creasse una segreta coalizione che attentò alla vita e alla posizione della
bella sovrana. Questa non riuscì a difendersi dall’improvviso attacco e venne
sconfitta, non prima però di aver, grazie ai suoi poteri, fatto in modo che il
suo spirito avesse la possibilità di reincarnarsi in una persona che avrebbe
saputo e avuto la possibilità di riportare la pace tra il suo popolo nel mondo.
Le dispiaceva tuttavia che la prescelta a ciò avrebbe dovuto affrontare un dura
prova per divenire quello che il destino voleva da lei, ma la sovrana non poté
non schivargli questo fardello, poiché la maledizione della sua specie era
troppo potente anche per lei.
Da quel giorno il
mondo continuò la sua vita e il popolo della notte si divise in due fazioni. Una
a servizio dei tre potenti signori che erano a capo della spedizione contro la
sovrana, l’altra in attesa del risveglio della prescelta che avrebbe riportato
il giusto equilibrio. Nessuno sapeva dove e quando questo sarebbe successo, ma
la speranza non abbandonò mai i loro sentimenti. Speranza nel vedere in qualcuno
il simbolo regale della sovrana e il simbolo ora della prescelta.».
A Isabella cadde
il libro dalle mani tremanti ed Edward sapeva perché. Dopo quelle parole la
pagina raffigurava al centro di essa, un nodo celtico. Lo stesso che aveva
visto sulla schiena di lei.
Alla ragazza
cedettero le gambe ritrovandosi seduta a terra con lo sguardo perso nel vuoto.
*citazione dal film “The
Ghost Riders”.
Ehiii!!!
Avete visto che capitolo bomba vi ho cacciato???
Vi ho scritto il racconto della nonna di Isabella.. e ora? cosa
succederà???
Lo scopriremo presto!!!
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Capitolo 11 *** capitolo 11 ***
cap 11
Capitolo 11
Isabella
era rimasta a dir poco scioccata. La testa le faceva male per i mille pensieri
che le vorticavano dentro. Non poteva credere che quella storiella potesse
essere vera.
Continuava,
si sforzava a far in modo che quelle parole prendessero una piega sensata, ma
ciò non avveniva. La storia di sua nonna ora, dopo tutto quello che le era
accaduto, non riusciva a vederla come una cosa inventata. Ed Edward, bè lui
aveva esposto i suoi pensieri in modo così determinato, da averla spiazzata al
punto tale da non avere neanche il coraggio di controbatterlo.
Quel
simbolo. Quel simbolo che faceva mostra di sé sulla pagina le faceva paura.
Le
faceva paura perché se lei avesse ammesso che tutto ciò fosse vero, significava
che lei era quella prescelta di cui quel libro parlava. E questo non poteva
essere vero. O almeno, per lei, non doveva.
«Isabella per favore…
parlami.. ti senti male?».
Edward
stava impazzendo. La ragazza sembrava non dargli segni di vita, troppo presa
com’era nel dare un senso logico ai propri pensieri.
«Carlisle, ti prego
vieni!».
Non
aveva fatto a tempo terminare la frase che il biondo vampiro aveva fatto il suo
ingresso nella stanza.
Sebbene
Isabella fosse persa nel suo mondo, non aveva di certo non potuto notare la
velocità con cui quell’uomo fosse entrato nella stanza, soprattutto dopo essere
stato chiamato a voce così bassa dal ragazzo al suo fianco.
Il
dottore le mise un mano sul polso e al gelido contatto la ragazza sussultò
tornando nel mondo reale.
«Carlisle..».
Sussurrò
quel nome, mentre fissava l’uomo affascinante che la scrutava in apprensione.
«Isabella, cosa ti
senti?».
«Io.. io…».
Niente
da fare. Isabella non riusciva a connettere il suo cervello, troppo
sovraccarica dai pensieri e dalle informazioni e forse anche dalla
consapevolezza di trovarsi nella giusta via. La sua via.
Già.
Perché in tutto questo, lei non aveva potuto non rendersi conto come le strane
spiegazione di Edward e quel racconto le avessero dato un senso di appartenenza
alle cose dette.
Edward,
dal canto suo, si sentiva colpevole e impotente di fronte a quella ragazza
apparentemente sotto shock.
«Carlisle, è tutta
colpa mia. Non avrei dovuto farle leggere il libro!».
«figliolo non dire
sciocchezze. Prima o poi sarebbe successo ugualmente!».
Isabella
a quelle parole prese un po’ di coraggio. Doveva farlo se voleva che gli si
fosse spiegata quella frase.
«co.. come fai a
dire questo? Come sai che sarebbe successo?».
I
due vampiri che si erano alzati in piedi mentre parlavano, si riaccucciarono ai
piedi della ragazza, fissandola con compassione e timore. Non sapevano come
affrontare l’argomento.
Esitavano
e perciò lei lasciò libero sfogo ai suoi pensieri e domande.
«perché non
rispondete? Cosa mi nascondete? Tu Edward, è perché pensi che tutto ciò sia
vero? Cosa non mi stai dicendo… io…».
Bella
gesticolava nervosa mentre parlava e nel farlo le era sceso l’occhio nuovamente
sulla pagina con il simbolo.
«perché proprio in
questi giorni stai studiando questi simboli? Anzi proprio quel nodo celtico? E come
facevi a sapere che esisteva questo libro? Essendo di un anonimo non affatto
conosciuto… era impossibile fosse citato da qualche parte… essendo sempre
appartenuto a mia nonna poi…».
Edward
e Carlisle si scambiarono sguardi fugaci che non mancarono allo sguardo attento
di Bella. Carlisle pregava mentalmente il figlio di rendere ormai partecipe la
ragazza di almeno le parti essenziali di tutta quella faccenda. Il resto
sarebbe venuto dopo.
«Allora?... Dio
tutto questo è iniziato quando…».
L’ultima
parte l’aveva solo sussurrata a se stessa mentre istintivamente si
appoggiava una mano sulla schiena, all’altezza
del tatuaggio.
«…da quando ti è
apparso quel tatuaggio…».
Finalmente
Edward aveva parlato, ma quello che aveva detto aveva lasciato nuovamente
Isabella di stucco.
«Co.. come fai a
saperlo?».
Lui
si sedette a terra, di fronte a lei, ma con lo sguardo disperso lontano.
«L’ho visto durante
l’ora di ginnastica, mentre eseguivi il salto in alto.».
Bella
ripensò al suo saltò e si rese conto che era impossibile. Il resto della classe
era in fila a circa 4 metri dal materasso. Nessuno avrebbe mai potuto vedere la
sua schiena, nessuno.
“…esistevano altri
individui superiori a loro per forza e intelligenza…”
“…Essi erano un
pericolo per la razza umana…”
“…il popolo della
notte si divise in due fazioni… in attesa del risveglio della prescelta….”.
«Cosa siete?».
Quella
domanda le sorse spontanea.
Edward
invece era sorpreso del fatto che lei ci fosse arrivata così presto.
«tu cosa credi?».
“…individui
superiori… popolo della notte…”
Quell’immagine
del libro e dei suoi sogni le balenò nuovamente davanti.
«Vampiri!».
Edward
notò che non gli era stato posto una domanda, bensì un affermazione.
«Si!».
Lui
percepì indistintamente il cuore di Isabella
battere più forte, anche perché era l’unico cuore che batteva in tutta
la casa.
«Non avere paura!».
«A no?».
Disse
lei in tono beffardo, mentre si rimetteva in piedi, spinta dall’adrenalina che
ora le scorreva nelle vene.
«no! Di quella
storia noi siamo i buoni. ».
«E chi mi dice che
tu non mi stia prendendo in giro?».
Edward
non sapeva come muoversi per non spaventarla.
«basta che mi guarda
negli occhi. Li c’è la verità.».
A
dire la verità Isabella non aveva paura di loro, se ne era resa conto anche
lei, quel che ancora forse non aveva capito era il fatto che avesse paura di se
stessa, di quello che forse era.
«non vedi che i miei
occhi sono oro? Lo stesso oro delle tue sfumature… qualcosa vorrà pur dire no?».
Edward
era teso e nervoso, perché voleva farsi accettare da Bella a tutti i costi, ma
forse era stato troppo irruento.
Isabella
si era portata veloce una mano al viso, all’altezza degli occhi.
«Io… non paragonarmi
a te!».
Aveva
risposto, ferendo involontariamente Edward.
«Perché dici questo?
Tu sei destinata a diventare come me!».
Parole
taglienti come una lama, che ferirono l’anima e il cuore di Isabella.
«Edward!».
L’aveva
rimproverato Carlisle, ma ormai il danno era fatto.
Isabella
corse via. Stava per aprire la porta di ingresso, ma una mano spuntata dal
nulla spinse la porta richiudendola.
Edward
non era riuscito a resistere e a velocità vampiresca le si era materializzato a
fianco.
«Ti prego scusami…
io non volev…».
Le
parole gli morirono in gola, quando Isabella giratasi gli mostrò le lacrime
silenziose che rigavano il suo viso sconvolto.
Si
guardarono a lungo, poi lei riaprì la porta e corse via. Lontano da lui. Lontano
da quella casa. Lontano da quella cruda verità. Lontano dal suo destino a cui
non avrebbe potuto scampare. Lontano da se stessa.
Sono quiiiii!!!
Un po’
irruento il nostro ragazzotto!!!
He he
he no no! Non va bene!!
E Bella
è decisamente spaventata… cosa farà adesso???
Lo scopriremo
prestooo!!
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Capitolo 12 *** capitolo 12 ***
cap 12
Capitolo 12
Demetri
era arrivato in Transilvania da meno di un giorno, accompagnato da un vampiro
di nome Felix e due gemelli di nome Alec e Jane. Si era avvalso della loro
compagnia essendo questi molto forti.
Grazie
alla carica che rivestivano fu facile per loro trovare notizie su questo nomade
di nome James e si apprestavano così a raggiungere il luogo che era stato loro indicato.
Era
una fredda e nuvolosa giornata quella, così per loro sarebbe stato più semplice
spostarsi nel mondo degli umani.
Arrivarono
nel mezzo di un bosco dall’aria da film dell’orrore.
Ben
presto incrociarono la scia di un vampiro, che probabilmente era per loro la prova
di aver trovato finalmente questo James.
Poco
dopo arrivarono nei pressi di alcune vecchie rovine di un antico castello
medioevale e alcune grida che erano giunte al loro orecchio un chilometro prima
ora si intensificarono, per poi smettere all’improvviso. Nell’aria pervadeva un
odore eccitante di sangue che mise subito in agitazione i sensi dei quattro
vampiri. Questi però erano già sazi, perciò non fu molto difficile reprimere
quel senso di furia che li stava per invadere, anche perché non potevano certo
permettersi distrazioni se effettivamente avevano trovato quello che cercavano.
Aspettarono
fermi immobili qualche altro secondo per essere sicuri che il vampiro avesse
finito il suo pasto, poi lo raggiunsero.
Trovarono
il vampiro seduto sulle rovine di un trono a cavalcioni che fingeva di dormire.
«uno.. due.. tre..
quattro.. Salve stranieri! Avete smarrito la strada?».
Aveva
parlato senza aprire gli occhi, in un tono molto determinato e svogliato
contemporaneamente.
Demetri
si sentiva in dovere di far prevalere la sua autorità.
«Nomade! E’ con la
guardia dei Volturi che stai parlando!»
Il
vampiro al suono di quelle parole aprì gli occhi e si voltò verso i quattro per
squadrarli profondamente tutti quanti.
«Quale onore!» ghignò.
Jane
ringhiò in risposta alla maleducazione di quel vampiro nei loro confronti. Lei più
di tutti non permetteva a nessuno di comportarsi così.
«Pardon!».
Si
inchinò lui sfacciatamente di fronte a Jane.
James
non poteva farci nulla, era il suo carattere così selvaggio a renderlo il
perfetto stronzo che era. Ma lui era un nomade, viveva solo e non doveva dare
conto di quello che faceva a nessun altro se non a se stesso, per questo nei
confronti dei Volturi lui non provava quel timore o rispetto che i quattro
avrebbero voluto provasse.
«Siete forse venuti
a punirmi per qualche malanno di cui io non sono a conoscenza?».
Essendo
un nomade, James aveva potuto sentire molto storie sul modo di governare dei
Volturi.
«Non scherzare con
il fuoco! James!».
Lo
minacciò gelido Alec. il nome di James era uscito quasi come fosse un insulto.
Il
vampiro gli lanciò un’occhiata divertita.
«Sapete il mio nome.
Allora è proprio me che cercavate!»
Demetri
iniziava a stancarsi di questa sceneggiata.
«Smettila! Vogliamo
che tu rintracci una persona!».
James
capendo ora il suo ruolo in tutto questo, si mise a ridere conscio che se i
Volturi si erano rivolti a lui forse erano davvero disperati, quindi, perché non
prendersi gioco di loro?
«Guarda, guarda! E così
i famigerati Volturi hanno bisogno del mio aiuto!».
«non credere di poterci parlare così! Non potremmo
ucciderti perché ci servi assolutamente, ma possiamo sempre farti vedere le
porte dell’inferno!».
Jane e James si
guardano in cagnesco, ma con il suo solito modo di fare, aprì il suo viso in un
sorriso da menefreghista.
Jane non se lo
fece ripetere due volte. La vampira aveva il dono di infliggere al suo
avversario un dolore mentale inimmaginabile. E fu questo quello che avvenne. James
si ritrovò a terra piegato in due, mentre urlava dal dolore atroce che lo
pervadeva in ogni sua cellula.
«Fermati Jane!».
Al richiamo di
Demetri la vampira mollò la presa mentale sul suo soggetto e tornò fiera al suo
posto. James dopo essersi ripreso si rialzò, questa volta serio in volto.
«chi dovrei
cercare?».
«Chi sia non ha
importanza, ti basti solo vedere il suo viso.».
James cominciava
ad essere interessato, chissà in cosa si stava immischiando. Di sicuro, per
lui, era qualcosa di grande.
«Ed in cambio io
cosa ne guadagnerei?».
Demetri sbuffò
per la pazienza che stava portando.
«I nostri signori
sono magnanimi. In cambio vorrebbero ti unissi alla guardia dei Volturi. Trovano
il tuo dono… utile.».
Era schifato all’idea
di doverselo trovare in giro per Volterra, per l’eternità.
James dal canto
suo ascoltava attentamente l’offerta datagli. Lui non avrebbe mai accettato a
farsi comandare a bacchetta per l’eternità, ma era da un po’ che si annoiava
perciò decise di accettare, perché in fin dei conti sentiva che presto le cose
si sarebbero fatte davvero interessanti.
«Ok! Vi aiuterò!».
*
Isabella
si era rinchiusa la porta della sua camera alle spalle e ora si ritrovava a
terra in preda ad un attacco di shock che si intervallava con una crisi di
panico e poi di pianto. Non sapeva formulare un pensiero coerente. Continuava a
risentire le parole di Edward che la schiaffeggiavano crudeli
“…Tu sei destinata
a diventare come me…”
“… come me…”
“… come me…”
E
poi la velocità in cui l’aveva raggiunta in soggiorno…
Un
vampiro. Lui era un vampiro. E forse non solo lui, tutta la sua famiglia. Alice…
Iniziò
a singhiozzare rumorosamente, per fortuna Charlie era a lavoro, se l’avesse
trovata in quelle condizioni lei non sarebbe stata in grado di dargli nessuna
spiegazione.
Edward
nel frattempo la guardava da lontano attraverso la finestra odiandosi con
quanta più forza avesse. Si faceva schifo, dopo tanto tempo si era risentito un
vero mostro, quello che dopo la trasformazione non accettava di essere.
Voleva
abbracciarla, sussurrarle alle orecchie che tutto sarebbe andato bene, ma era
sicuro che lei non lo avrebbe più voluto.
Bella
intanto dopo la grave crisi isterica di cui era stata vittima si addormentò
sfinita sul pavimento. Edward che non l’aveva persa di vista un secondo, era
entrato furtivo nella casa di lei, per accomodarla nel suo letto e
sussurrandole alle orecchie mille volte perdono.
Poco
dopo il telefono di lui iniziò a vibrare e a bassa voce rispose.
«Sono Alice! Vieni
subito qui!».
Dire
che era arrabbiata come una iena sarebbe stato un eufemismo.
«… non posso
lasciarla sola….».
La
sorella sbuffò.
«Starà bene, non si
sveglierà per altre due ore. Muoviti!».
Riattaccò
bruscamente e lui non poté che guardare quella fragile umana l’ennesima volta
per poi sparire alla velocità della luce.
Mentre
Edward tornava a casa ad affrontare la sua famiglia per la sua irruenza…
mentre
James accettava furbo di aiutare i Volturi…
mentre
Aro macchinava mille modi per sfruttare la prescelta…
mentre
Demetri, fiero di se stesso, si apprestava a mostrare il dipinto dell’antica
sovrana per sapere se avrebbe funzionato ugualmente…
mentre
Lizzy studiava inconsapevole di questo mondo oscuro ripensando alla sua
solitaria amica Bella…
…
Isabella nel suo letto sognava se stessa con degli occhi come quelli di Edward,
vestita di abiti regali di un tempo passato, e tra le varie frasi che diceva,
ripeteva costantemente:
«Non temere il tuo
destino!».
Ragazze
eccomi qua!! Vi lascio un chappy prima di Pasqua!!
E così
Demetri ha trovato James. E che James!!! ( Chad tanta roba!)
Ed ha
anche un bel caratterino!!! Hihihi… =)
Edward
è in piena fase “sono un mostro” e Bella fa sogni interessanti… =) come sarà il suo risveglio?
Bene…
Spero
vi sia piaciuto!!!
Vi auguro
un Buon Weekend e una Buona Pasqua!!!
Un bacione
Deborah
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Capitolo 13 *** capitolo 13 ***
cap 13
Capitolo 13
Isabella
si chiedeva perché fosse vestita con un costume da carnevale. Già. Si trovava
in un luogo buio, l’unico punto illuminato era dove si trovava lei, in piedi di
fronte ad uno specchio che ritraeva se stessa vestita come una nobildonna
medioevale.
Più si fissava più le sembrava che qualcosa
non andasse.
Ma
certo! I suoi occhi.
I suoi occhi erano
color dell’oro e freddi, come quelli di.. di… non riusciva a ricordare chi gli
ricordasse.
Si
guardò a destra e poi a sinistra.
«c’è nessuno?».
«No!».
Si
voltò in tutte le direzioni, ma la voce melodiosa che aveva udito, non aveva
trovato un volto di appartenenza.
«Chi ha parlato?»
Questa
volta in risposta ebbe solo una risata angelica.
Credeva
di iniziare ad impazzire. Guardò di nuovo di fronte a se, e restò sorpresa nel
vedere che il suo riflesso stava sorridendo. Si portò subito le mani al viso
per constatare che il suo volto non si muovesse per conto suo. Ma restò
doppiamente sorpresa ancora nel sentire che il suo viso era serissimo e che le
braccia del riflesso non si erano mosse come invece avrebbe dovuto succedere.
Fece
istintivamente un passo indietro.
«Non avere paura!».
Quella
voce, la stessa di prima.
Apparteneva
allo specchio.
«Chi sei?».
Isabella
era spaventata, voleva scappare, ma il suo corpo non voleva muoversi.
«Davvero non l’hai
capito?».
La
guardò, concentrandosi con tutte le sue forze, no, non capiva.
«sei uguale a me!».
Lei
sorrise gentile.
«A dire il vero
quella uguale a me, saresti tu!».
Un
flash di un stralcio di un racconto le passò per la mente. Ma non si trattava
di un racconto qualsiasi, era quel racconto. Quello della nonna. Quello letto
di fronte ad… Edward. Ecco di chi erano quegli occhi, di Edward. Il solo
pensare al suo volto la sconvolse, mille emozioni si scontrarono dentro di lei:
stima, benevolenza, timore, rispetto, paura… paura perché lui era… un vampiro.
“…Tu sei destinata
a diventare come me…”
Sussultò
a quel ricordo. “Io… cos’ero io?”
La
Isabella riflessa nello specchio alzò un braccio verso la Bella in carne ed
ossa e appoggiò una mano sulla superficie che le divideva. La Bella reale fece
lo stesso, così che le loro mani combaciassero.
«Tu sei… la regina?».
Lei
sorrise.
«La regina Isobel..
anche i nostri nome si somigliano.. vedi?».
«Perché?».
Era
quello che continuavo a chiedersi Bella: perché. Perché tutto questo a lei!?
Il
suo viso si rattristì.
«Mi dispiace di aver
dovuto darti questo terribile fardello, ma non ho avuto altra scelta. Se non
avessi fatto in modo di poter rincarnare il mio spirito, il mondo avrebbe
veramente visto la sua fine. I vampiri che non rispettano gli esseri umani si
sarebbero coalizzati e avrebbero distrutto l’intero genere umano e di
conseguenza anche il loro, togliendo così ogni fonte di sopravvivenza.».
«Ma non è avvenuto
lo stesso? Dico.. i volturi sono cattivi giusto?».
«si, è vero. Ma
hanno tenuto a freno i loro infimi piani, perché temevano di un mio ritorno! ».
«Io non capisco,
cosa puoi fare tu? Contro tutti loro?».
Sorrise sadica,
ma Bella non provò lo stesso, timore di lei.
«A volte per
farsi rispettare, bisogna essere temuti. Io ero un’originaria. Avevo tutti i
poteri nelle mie mani, con un solo gesto avrei potuto distruggere ogni vampiro
sulla mia strada. Per questo tutti mi temevano e fare in modo che non si
servissero troppo degli esseri umani era semplice. Al mio tempo, la maggior
parte dei vampiri si nutriva del sangue degli animali, così che la loro parte
umana non andasse distrutta. Ma non tutti lo fecero. I Volturi era alcuni di
questi… e bè, penso tu sappia come vada avanti la storia.».
Incredibile. Una parola
che nella mente di Bella ultimamente si faceva spesso posto. Ma ora sorgeva la
domanda fondamentale.
«E io? Cosa centro
in tutto questo?».
Questa volta sorrise
dolce, come una mamma fa con il suo figlio.
«Mia piccola
Isabella, tu sei la prescelta, la mia prescelta. In te vive sepolto il mio
spirito, che lotta per risvegliarsi; una volta che ciò sarà avvenuto tutti i
poteri che una volta mi permisero di dare al mondo un equilibrio giusto,
saranno tuoi, così come lo scopo per cui io li usavo. Tu sei l’erede al mio
trono!».
Ecco! Finalmente aveva
avuto la sua risposta.
Ma lei? Fragile umana qual era, come
sarebbe mai riuscita a compiere tutto ciò? No, doveva per forza esserci uno
sbaglio…
«Ma io non sono
un vampiro…!».
Gli occhi di
Isobel divennero lucidi, ma da essi non sgorgò una sola lacrima, non sapeva
come Bella avrebbe reagito a quello che lei da lì a poco le avrebbe detto.
«in verità, lo
sei, o meglio… come ti ho accennato prima lo spirito che dorme sepolto infondo
al tuo cuore è lo spirito di un vampiro… e per essere risvegliato completamente
dovrai fare una cosa sola…»
Isabella si stava
rendendo sempre più conto che quello era un incubo, perché tutto quello che la
regina le stava dicendo era impossibile… lei? Lei era un vampiro? O meglio, un
quasi vampiro?
Improvvisamente si
accorse di una scia di lacrime dispettose che imperterrite continuavano a
solcare il suo viso.
«Non avere paura,
ti prego… non devi temere il tuo destino Isabella!».
Bella dal canto
suo, non riusciva a frenare la crisi isterica che la stava invadendo sempre più
impetuosa.
Isobel spinta
dall’affetto per la sua reincarnazione attraversò il confine che la separava da
Isabella e l’abbracciò infondendole il suo coraggio.
Bella, a sua
volta, lo assorbì calmandosi e donandole una nuova forza che non aveva mai
avuto.
Ora i suoi
pensieri divennero più coerenti, meno infantili e più razionali.
«Regina Isobel…
perdonate la mia patetica reazione… ho capito che ognuno viene al mondo già con
un destino da compiere… e questo è il mio. Solo… ho paura… di non essere all’altezza!».
Isobel si staccò
da lei guardandola dritta negli occhi.
«Non devi temere…
perché non sei sola…».
Una forte scossa
fece fermare le parole della regina. Entrambe si guardarono attorno.
«cosa succede?».
«è colpa mia… non
dovevo superare il confine che mi hanno imposto…».
«Isobel..».
«No ascoltami…
non c’è più tempo… circondati di persone fidate, ti aiuteranno nel compimento
del tuo destino. Ascolta il tuo cuore, in esso troverai le risposte che
cerchi!».
Isabella cercava
di prestare più attenzione possibile alle parole di Isobel, poiché il buio che
c’era intorno a loro la stava risucchiando indietro, lontano da lei, e la voce
era sempre più lontana. Le loro mani cercavano di stare aggrappate tra di loro,
ma la forza che le separava era più forte.
«cosa devo fare
per diventare un vampiro a tutti gli effetti?».
La mano di Isobel
si staccò dalla sua e la sua voce le risuonò come un eco.
«Isobel… Isobel…
non ho capito..».
«… consenziente…»
«.. Isobel?...».
Bella continuava
a gridare, ma il buio era l’unica cosa vedeva.
Poi udì un’altra
voce lontana… la chiamava. Chiamava il suo nome, ed era sempre più forte.
«Bella
svegliati!».
Isabella d’improvviso
aprì gli occhi e si trovò un Charlie con la fronte imperlata di sudore che la
guardava preoccupato.
«Papà?».
Isabella si
accorse di essere senza voce… come se avesse urlato per un giorno intero…
«Piccola, stai
bene? Sono entrato da lavoro e ho sentito che continuavi a gridare. Sono corso
subito in camera tua temendo il peggio! Ma cosa stavi sognando?».
Isabella si
guardò le mani, era un sogno o era realtà? Cosa le era successo?
«Non lo so.. scusami
se ti ho fatto preoccupare!».
Suo padre sospirò
stanco dalla dura giornata che avevo passato.
«Ok, piccola… ora
vado a letto perché sono esausto. Hai bisogna di qualcosa?».
«No! Buonanotte!».
«Notte Bells!».
Isabella mantenne
un sorriso forzato, fino a quando la porta non si chiuse.
Si alzò e si
avvicinò alla finestra della sua stanza che dava sul tetro bosco nel retro
della casa. Era l’una di notte. Alzò lo sguardo verso la luna, che debole
faceva chiarore sul paesaggio circostante.
“…circondati di persone fidate..”
La voce di Isobel
le risuonò lontana nelle sue orecchie.
«Allora Bella
cosa dice il tuo cuore?».
Isabella si pose
la domanda ad alta voce, ma la risposta arrivò muta nel suo subconscio.
La risposta erano
due profondi occhi oro.
*
«Allora? il tuo
potere funziona o no?».
Un ghigno si
disegnò sul volto a cui era indirizzata tale domanda.
«Non dubitare mai
delle mie capacità, soprattutto del mio dono!».
Un ringhio gli
rispose.
«Ottimo! Allora
facci strada!»
Ragazzeee!!! Sono
quiiii!!!
Che ne pensate
del capitolo? Ho pensato di rendere la situazione un po’ più chiara attraverso
il sogno di Bella, nel quale abbiamo visto a confronto la Bella del passato e
quella del presente, in attesa di quella futura… =)
Vi è piaciuto la
mia idea?
Spero di si!
E l’ultima parte
del capitolo? Aiutoooo!
Ahaha
Stelline mie
grazie per seguirmi!!!
Un bacione!!
Deborah
|
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Capitolo 14 *** capitolo 14 ***
cap 14
Capitolo
14
Isabella
dopo il sogno che aveva fatto sentiva il bisogno di andare a parlare con i
Cullen. Era un richiamo lontano che veniva direttamente dal suo cuore e Isobel,
le aveva espressamente detto di fidarsi del suo cuore, e così avrebbe fatto. Si
sentiva sicura e determinata, così come non lo era mai stata.
Non
era più riuscita a rimettersi a letto, il sonno se ne era andato e visto che suo
padre ronfava tranquillo nella sua stanza, decise di svignarsela da lì.
Voleva
prendere il Pick up, ma una volta acceso avrebbe svegliato metà Stati Uniti,
perciò decise di incamminarsi a piedi, avrebbe chiamato Alice con il cellulare
per chiederle se avrebbe potuto andare a prenderla. Infondo anche se un
vampiro, Alice era pur sempre quella dolce ragazza che aveva voluto diventare sua amica e con la quale
Isabella, doveva ammetterlo, si trovava proprio a suo agio.
Fece
alcuni passi nella notte e qualcosa, un sesto senso forse, la fece voltare
verso il bosco. Sentiva la presenza di qualcuno, non sapeva spiegarsi il motivo
per cui ne era così certa, ma fatto sta che era proprio così. Ad un
ragionamento più acuto, avrebbe capito che era solo l’influsso dello spirito
che albergava in lei a renderla più forte, più veloce e più attenta di quanto
non lo fosse mai stata in tutta la sua vita.
«Fatti avanti! So
che sei lì!».
A
dire la verità non sapeva bene a chi si stesse rivolgendo, difatti la voce che
le rispose incerta poco dopo la sorprese e non poco.
«Come sapevi che ero
lì?».
Un
Edward sorpreso e affascinato comparì dall’oscurità tetra del bosco, avanzando
lento e cauto. Il chiarore della luna, che quella sera era davvero limpida, lo
rendeva più surreale e, Bella non poteva non ammetterlo, più bello.
La
ragazza si sentiva morire ad ogni passo che accorciava la distanza fra di loro,
ma non era paura quella provava, era qualcos’altro, a cui lei non sapeva ancora
dare un nome.
«veramente non lo
so. Lo sapevo e basta!».
Quando
furono uno di fronte all’altra Bella notò quanto Edward fosse teso e rigido.
«Cosa ci fai qui?».
«sinceramente?».
Lei
annuì mentre una strana morsa le attanagliava lo stomaco mentre lo osservava
passarsi una mano nella sua folta, disordinata e sexy chioma.
-Sexy?-
-che assurdità..- si rimproverò
da sola.
«sono un paio di ore
che ti osservo dal bosco. Ero preoccupato perché vedevo che ti lamentavi nel
sonno. Poi ti ho osservato mentre, pensierosa, guardavi dalla finestra della
tua stanza. Poi Alice mi ha detto di starti dietro perché avevi deciso di
venire a piedi da noi, per cui ti ho seguito fino a quando non mi hai scoperto.».
La
ragazza aveva un black out in corso. Si era persa ancora alle prime parole: “sono un paio di ore che ti osservo…”
«Perché?».
Non
riuscì a dire altro, se non quello. Ormai era l’unica parola che usava.
«Mi sentivo in colpa
per come avevo reagito… a casa mia. Temevo che potessi prendertela anche con la
mia famiglia.. Alice soprattutto. Era molto arrabbiata con me! Sono io che ho
sbagliato, perciò devi avercela solo con me!».
Isabella
non riuscì a capirne bene il motivo, fatto sta che si sentì delusa dalla sua
risposta. Si chiedeva mentalmente cosa avrebbe voluto sentirsi dire, ma neanche
lei lo sapeva in realtà. Lui lesse nei suoi occhi la delusione che lei sentiva
dentro, e si sentì morire per non capirne il motivo.
Questa
strana emozione venne però momentaneamente accantonata quando Isabella fece
mente locale sulle parole effettive che lui aveva pronunciato.
«Aspetta, aspetta.
Come faceva Alice a sapere che sarei venuta da voi… a piedi per giunta!?».
Lui
sembrò esitare un attimo, non sapendo bene come impostare la risposta.
«Bè vedi.. alcuni vampiri..
dopo la trasformazione acquisiscono poteri o doni o maledizioni… insomma, a
seconda del punto di vista li si possono chiamare in modi differenti. Alice… bè
vedi lei può vedere il futuro, non in modo in esatto, dato che esso può sempre
cambiare, ma può vedere diciamo cosa determinate decisioni comporteranno nel
futuro imminente di quella persona!».
«Wow!».
Tuttavia,
Isabella, non era poi più di tanto sorpresa. Isobel le aveva da poco detto che
una volta che lei stessa sarebbe divenuta vampira, avrebbe avuto molti poteri,
chissà forse più potenti dei semplici vampiri.
«già… proprio così!».
Edward
l’avevo detto in modo decisamente ironico.
Lei
lo guardò alzando un sopracciglio.
«intuisco che anche
tu debba avere un potere… o dono.. o… maledizione!».
Lui
sorrise amaro. Iniziò a camminare, non riusciva a stare fermo. Lei lo seguì
senza accorgersene.
«Posso sentire i
pensieri delle persone…».
«il sogno di
chiunque!».
«si, già! Bè vedi. A
volte è forte, ma dopo un po’ vorresti staccarti la testa con la forza. Odio i
posti affollati perché oltre a sentire la voce delle persone sento anche i loro
pensieri… tutti assieme… e ancora oggi a volte diventa insopportabile. Ma con
il tempo ho dovuto farci l’abitudine… se volevo vivere nel mondo degli esseri
umani… dovevo riuscire a gestirlo…».
«quindi puoi sentire
anche i miei pensieri!».
Isabella
era turbata per questo, si chiedeva quante volte avrà riso alle sue spalle
sentendo quello che la sua mente fabbricava.
«a dire il vero… non
sono mai riuscito a distinguere nitidamente i tuoi pensieri, da quando poi ti è
uscito quel tatuaggio, bè, percepisco il vuoto più totale. A volte è
fantastico, la mia mente è in pace… altre però mi fa impazzire.. si insomma… non
sapere cosa tu stia pensando, mi mette in.. crisi..».
Isabella
nell’appurare che i suoi pensieri erano al sicuro si era lasciata sfuggire un
sospiro di sollievo che ovviamente ad Edward non era mancato.
«sbaglio o ne sei sollevata?».
«ehi sicuro di non
riuscire a leggermi davvero?».
Risero
spensierati per poi fermarsi e guardarsi seri, entrambi si chiedevano come
fosse possibile che dopo tutto quello che fosse successo loro due potessero
comportarsi in modo così… normale!
«sei cambiata!».
Le
parole di Edward avevano spezzato quella strana magia e connessione che li
aveva per un momento avvolti.
«cambiata?».
«si! Ieri sei
scappata via da me come se fossi… ahahah cioè ok, non avevi tutti torti… Sei
scappata dopo che hai saputo che ero un mostro, e ora eccoti qua che ridi e
parli con me, mentre a piedi, alle due del mattino, vai a casa mia.».
Lei lo osservò
nelle sue congetture mentali mentre cercava da solo una risposta.
«bè è proprio di
questo che volevo parlare.. venendo da voi!».
«bè allora cosa
stiamo aspettando?».
«se non hai una
macchina qui vicino direi che il caso di chiamare qualcuno della tua famiglia
per un passaggio, no?».
Lui fece un
sorriso sghembo da mancare il fiato, guardandola di sottecchi.
«conosco un modo
più veloce!».
*
«O mio Dio!».
L’adrenalina
scorreva a fiumi in Isabella. Si sentiva invincibile e piena di energia.
«allora? non
abbiamo fatto più in fretta con il mio modo?».
Lei sorrideva
come un ebete, e lo sapeva bene, ma non ne poteva fare a meno, era troppo
entusiasta.
«sembro strana se
ti dico che mi è piaciuto davvero tanto?»
«ti devo forse
ricordare con cosa stai parlando?».
Risero assieme.
I due in meno di
un minuto si erano fatti 10 miglia di corsa, o meglio, quello a correre era
stato Edward, con la sua velocità da vampiro, mentre Bella era aggrappata alla
schiena del ragazzo.
È stupefacente
quanto a volte una cosa insignificante possa unire due persone.
Stavano ancora
ridendo quando si accorsero che tutta la famiglia Cullen li osservava dalla
finestra del soggiorno, i quali non appena si videro scoperti fuggirono a fare
delle mansioni a caso, per non passare da “guardoni”.
I due ragazzi
ancora con sguardo complice si avviarono in casa.
Non appena
entrati Isabella fu travolta da un piccolo tornado dai capelli sbarazzini.
«Oh, Bella. Per un
momento ho temuto davvero che non mi volessi più come amica!».
Concluse la frase
con un’occhiataccia al fratello che aveva causato tale possibilità.
Isabella spiazzata
da tale dimostrazione d’affetto non poté fare altro che contraccambiare l’abbraccio,
beandosi di aver scelto la via del cuore.
«Isabella!».
Carlisle attirò
la sua attenzione. Voleva sapere il motivo per il quale Bella si fosse
precipitata nel cuore della notte a casa sua. E naturalmente anche la ragazza
aveva intuito cosa volesse il vampiro.
«scusatemi se vi
ho disturbato a quest’ora… ma avevo bisogno di parlare con voi.».
Tutti la
guardavano in attesa, erano così impazienti di sapere cosa li aspettasse che
nessuno si era preso la briga di far accomodare l’ospite.
«Edward mi ha già
chiesto scusa per ieri. Alice non avercela con lui, in qualunque caso penso che
la mia reazione sarebbe stata la medesima.».
Aspettò che la ragazza annuisse per poi continuare.
«Bene! Ora che
questa faccenda è sistemata…. Voi pensate che io sia la prescelta giusto?».
Fece quella
domanda come uno strappo veloce durante la ceretta. Lasciò tutti sbigottiti.
Carlisle, capo
famiglia qual era, si sentì in dovere di rispondere.
«Si, crediamo che
tu lo sia!».
La ragazza annuì.
«e in merito a
questo, cosa avreste intenzione di fare?».
Il dottore fu
preso alla sprovvista.
«Bè, come per te,
anche noi ci troviamo in una situazione nuova. Ciò nonostante la cosa di cui
siamo certi è che dobbiamo proteggerti. Noi siamo contro i Volturi e i suoi
seguaci. Noi ci nutriamo del sangue degli animali e vogliamo che la prescelta
torni al trono che le spetta.».
Isabella sorrise
dolce, abbagliando tutti.
«è quello che
volevo sentire!».
Tutti la
guardarono colpiti.
«cosa ti è
successo?».
A parlare era
stato Jasper. Il ragazzo era infatti stranito dalle emozioni tranquille che
Isabella emanava, per non parlare di quell’ultimo sorriso che aveva regalato
loro, infondendo in tutti un calore all’altezza del loro cuore morto.
«non so a cosa tu
ti riferisca!».
Ed era vero.
Bella non sapeva di cosa Jasper stesse parlando. Ed era così intenta a
riformulare più volte quella domanda, per darle diversi significati, che non
notò gli sguardi fugaci che lui ed Edward si lanciarono in muta conversazione.
«Vedi Bella. Io ho
un dono. Posso sentire cosa le persone provano e se voglio, posso anche
modificare le loro emozioni. Ti dico questo, perché ho percepito perfettamente
la paura e il disgusto che provavi per te stessa ieri e ora…bè, ora invece sei
serena, sei padrona ti te stessa e non capisco come questo sia possibile. Per questo
ti chiedo ancora una volta, cosa ti è successo?».
Tutti erano
allerta, mentre Isabella era stupefatta dall’abilità del ragazzo e dalla sua
acuta osservazione.
«… si! Hai ragione.
Per essere sinceri, una persona mi ha fatto visita e mi ha aiutato ad accettare
quello che mi sta succedendo.».
Lo disse in modo
ingenuo.
«No è
impossibile! Io mi sono assentato per 22 minuti e…».
«.. e io non ho
visto nulla..».
Edward ed Alice
avevano parlato completandosi a vicenda.
Isabella sorrise,
però si accorse che era l’unica a farlo.
«ok senza troppi
giri di parole. La persona in questione mi ha fatto visita nei miei sogni e…»
«in sogno? Ma…».
«Edward… perché sei
così scettico. Non pensi che la grande Regina Isobel nonostante non ci sia più,
non abbia il potere necessario per poter venire a contatto con il mondo dei
vivi anche solo per un istante... ? bè, io sono un esempio vivente del suo
immenso potere!».
«COSA?».
Sette voci
melodiose, urlarono più o meno all’unisono, la stessa cosa.
**
«senti prima che
perda la pazienza e ti faccia a pezzi per poi bruciare ogni piccolo pezzettino
in cui ti ridurrò… si può sapere dove ci stai portando?».
James aveva dato
poche spiegazioni ai Volturi dopo aver visto l’immagine della donna che doveva
trovare. Si era limitato a qualche convenevole per poi concludere con un “seguitimi”.
E così avevano fatto ma si erano stancati e spazientiti non sapendo dove
dovessero andare.
«Allora?».
Demetri stava
ribadendo il suo concetto stringendo la mano attorno alla gola di James, che si
trovava ora a qualche centimetro da terra, addossato ad un albero.
«stiamo andando a
prendere un Aereo… o negli Stati Uniti ci vuoi andare a nuoto?».
Demetri lo fissò
serio per un altro secondo per poi gettarlo a terra con la forza ed avviarsi
per il sentiero che stavano seguendo fino ad un attimo prima.
«ci voleva tanto?».
͠ ͠ ͠
Eccomi
quaaaaa!!!
Un
altro capitolo per voi….
Cosa
ne pensate del BellaxEdward all’inizio del capitolo?
E
del faccia a faccia con la Cullen family??
Hihihihi..sarà
meglio che si sbrighino i nostri beniamini a fidarsi l’uno dell’ altra…
Alla
prossima amori miei!!
|
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Capitolo 15 *** capitolo 15 ***
cap 15
Capitolo
15
«Edward…
perché sei così scettico. Non pensi che la grande Regina Isobel nonostante non
ci sia più, non abbia il potere necessario per poter venire a contatto con il
mondo dei vivi anche solo per un istante... ? bè, io sono un esempio vivente
del suo immenso potere!».
«COSA?».
Sette voci
melodiose, urlarono più o meno all’unisono, la stessa cosa
Isabella
non disse più nulla, aspettò che lo shock lasciasse i loro visi. In fondo
poteva capirli. Ok sapere di essere dei mostri leggendari, che esistono poteri
e cose così, ma sfociare ora anche in situazioni in cui i morti tornano nella
vita dei vivi, era forse troppo da digerire. Per lei invece era una cosa
normale e non sapeva veramente spiegarsi il perché.
Carlisle
fu di nuovo il primo a parlare.
«Ok. Ammetto che questa cosa ci lascia davvero sconvolti!».
Poi
fece un sorrise gentile, come solo quel vampiro sembrava potesse fare.
«Isabella, puoi
raccontarci il sogno o non ti è possibile?».
Tutti
i vampiri presenti ringraziarono mentalmente Carlisle, poiché la curiosità li
aveva assaliti tutti più o meno in egual misura. Volevano sapere.
«Nessun problema. Mi
sembra giusto informarvi.».
«magnifico! Che ne
dici di accomodarci?».
Carlisle
si era reso conto solo in quel momento che la sua ospite era ancora in piedi
vicino all’entrata, così come quasi tutti loro.
Bella
annuì seguendo il capo famiglia nell’ampio salone ed accomodandosi su un divano
candidamente bianco, che divise con Edward alla sua destra e Alice alla sua
sinistra.
Una
volta che tutti si furono accomodati, lei iniziò a raccontare partendo dalla
fuga che aveva fatto da casa Cullen una volta avuto l’affronto con Edward, il
quale sentendo menzionare quel preciso momento strinse i pugni delle sue mani
così forte, che sembrava volessero spezzarsi. Bella se ne accorse e senza
interrompere il suo discorso e sapendo bene che il suo gesto non sarebbe
passato inosservato, appoggiò la sua mano destra sopra quella sinistra chiusa a
pugno di Edward, il quale sorpreso e scosso allo stesso tempo, lasciò che la
sua mano si beasse di quel tocco.
Raccontò
del fatto che una volta piante tutte le sue lacrime si addormentò a terra,
anche se poi si era risvegliata a letto.
«ti ho messa io a
letto. Non volevo.. stessi.. scomoda..».
Isabella
aveva avuto la sensazione che fosse stato lui, ora ne aveva avuto la conferma.
Gli strinse la mano più forte, conscia che non gli avrebbe fatto male, anzi si
chiese più che altro se lui avesse sentito la sua piccola stretta o meno.
«grazie!».
Proseguì
poi raccontando tutti i particolari del sogno, dei consigli che la regina le
aveva dato, della sua potenza, la stessa che lei, una volta diventata vampiro,
avrebbe acquisito.
«Ti ha detto come
attuare la trasformazione? Insomma, suppongo che dato che tu sia già diciamo
quasi un vampiro, non valga la nostra trasformazione o sbaglio? Con Edward avevamo trovato qualche
scritto antico, ma lo stiamo ancora traducendo.».
Isabella
si morse un labbro per la tensione. Era questo il punto. Lei non sapeva.
«non è riuscita a
dirmelo. O meglio ha cercato, ma è stata
risucchiata nel suo mondo ed io non ho capito niente. Al mio udito è arrivata
solo la parola ‘consenziente’, ma non
so a cosa si riferisca.».
Carlisle
stava pensando a cosa fare ora. Apparentemente sembrava che la Prescelta avesse
accettato il suo destino, quindi il punto principale della sua lista era fatto.
Ora subentrava un’altra cosa importante: come completare la sua trasformazione.
«credo quindi che
dovremmo darci da fare per capire come fare.».
Alcuni
annuirono, altri no. Più che altro era perché comunque non c’era altra scelta.
«Edward! Direi che è
il caso di darsi da fare con quelle traduzioni, non trovi?».
Edward
era assorto anche lui sui pensieri del padre e si trovò decisamente d’accordo
con lui.
«Isabella noi ci
daremo da fare quindi per trovare qualcosa riguardo alla tua trasformazione, tu
sei d’accordo?».
Carlisle
aveva ritenuto doveroso chiederle il permesso, poiché infin dei conti, lei era
la diretta interessata.
«Certo! Ti do il mio
permesso, anzi volevo ringraziarvi per l’aiuto che volete darmi!».
Più
o meno tutti sorrisero, ma nessuno mancò nel confortarla dicendole che non era
solo loro dovere, ma un piacere.
«Cara vuoi qualcosa
da bere?».
Esme,
aveva a cuore la salute di Isabella, e fin dal momento in cui era entrata nella
sua casa, era rimasta in apprensione vedendo il colorito poco sano della
ragazza.
Isabella
si stupì di tanta dolcezza da parte di quella vampira e il suo cuore batte più
forte, era una mamma davvero fantastica.
«un thè caldo, se
non le è di troppo disturbo!».
«figurati! Arriva
subito!».
Esme
aveva lasciato velocemente la stanza, e mentre Isabella osservava la scia immaginaria
della vampira, Edward la osservava.
«Hai freddo?».
Si. Lei aveva
freddo, ma non quel tipo di freddo che viene provocato dal tempo e dalle basse
temperature. Era una sensazione, una brutta sensazione di gelo.
«si e no...».
Edward
mortificandosi da solo, tolse la sua mano da quella di lei, la quale a sua
volta lo guardò stupita.
«.. cioè non è
quel tipo di freddo!».
Lui la guardò di
sbieco non capendo, poi però i suoi occhi si spostarono altrove, su Jasper, il
quale sentiva le emozioni di lei e si trovava sulla sua stessa lunghezza d’onda
di pensieri.
«ha ragione. Cioè,
è davvero una strana sensazione… fa sentire quasi male pure me…».
Jasper si era
avvicinato e scrutava Isabella da vicino, come se magari nel suo volto fossero
scritte le risposte che cercava. Intanto, Esme, era tornata con una tazzina di
the fumante porgendolo alla ragazza, che lo prese saldamente. Quel che successe
poi fu davvero strano e confusionale.
Isabella stava
mescolando il suo the quando quella sensazione di gelo aumentò improvvisamente,
bloccandole i muscoli e iniziando ad affannarle il respiro, anche Jasper provò
in parte minore quella spiacevole sensazione essendo stato attentamente
concentrato su di lei. La ragazza non riuscì a reggere la tazzina che cadde
frantumandosi a terra, mentre contemporaneamente gli occhi di Alice si persero
nel vuoto in preda ad una visione. Tutti si erano agitati di fronte a quella
strana situazione, soprattutto Edward che poteva leggere nella mente di Jasper.
Si era così inginocchiato di fronte a Bella chiamando più volte il suo nome,
poi però aveva dovuto distrarsi poiché le immagini della visione di Alice lo
avevano catturato.
Quando la visione
finì Alice si portò le mani al volto preoccupata. Ad Isabella la sensazione di
gelo sparì lasciandole un retro gusto amaro dentro, così come a Jasper. Edward,
invece, si era lasciato cadere a terra tenendosi la testa fra le mani, con gli
occhi puntati su quelli di Bella. Gli altri li accerchiarono chiedendo
spiegazioni preoccupati.
«Alice, cosa
dobbiamo fare?».
Edward era stato
il primo dei quattro a parlare. La sorella lo guardò senza fiatare e senza
pensare.
«Ma che diavolo è
successo? Uno dei vostri attacchi da fenomeni da baraccone?».
Emmett si era
guadagnato un bel paio di occhi furenti, facendolo zittire all’istante.
«Forse Emmett
voleva dire: ragazzi cos’è appena successo? Alice cosa hai visto?».
Carlisle aveva
allentato la tensione, che elettrica impregnava la casa.
«io non capisco..
cioè a parte la visione, che ti è successo Bella?».
La ragazza aveva
ancora gli occhi sbarrati per la brutta sensazione provata, poi però il suo
animo parve rasserenarsi sempre più. I suoi occhi si spostarono prima su
Jasper, ringraziandolo, poi su Edward per tentare di rispondere.
«io non lo so. Però
immagino che la spiacevole sensazione abbia qualcosa a che fare con la visione
di Alice, che da quanto posso intuire non è affatto portatrice di buone
notizie, non per me almeno.».
«già lo credo
anch’io…».
Disse Edward più
a se stesso che a lei. Stava pensando ai poteri sopiti della regina, che a
quanto pare tentavano di farsi largo in lei. Si chiedeva quanto potente sarebbe
diventata lei, una volta avvenuta la trasformazione completa.
«devono essere i
tuoi poteri da vampira che ti avvertono…».
Soppesò Carlisle
sovra pensiero.
«…però a questo,
penseremo dopo. Alice, cos’hai visto?».
La vampira si alzò
in piedi, dopo aver rivissuto una volta e una volta ancora la sua visione nella
mente per carpirne il vero significato.
«non so come, ma
a quanto pare i Volturi hanno capito dove si trova Bella. Stanno venendo a
prenderla!».
Tutti si mobilizzarono.
Queste erano davvero pessime notizie.
«al momento sono
quattro più uno.».
«più uno?».
Chiese attento
Carlisle.
«già. Ma non
credo faccia parte della guardia, sembra
più una guida!».
«male! E i
quattro chi sono?».
Alice non
rispose, ma al suo posto lo fece Edward.
«dai tuoi
ricordi, credo si tratti del consigliere Demetri, i gemelli e Felix!».
Carlisle se
avesse potuto, sarebbe sbiancato.
«molto male!».
Isabella si
schiarì la voce dopo aver seguito la scena in silenzio. Si voltarono tutti
verso di lei, con l’espressione di chi solo ora si ricordava della sua presenza.
«Isabella tutto
bene?».
Bella pensò che
quella domanda fosse davvero sciocca. Il suo destino era diventare un vampiro,
ma non uno qualsiasi, bensì il più potente di sempre, per non parlare del fatto
che non sapeva come diventarlo. E non era tutto. I cani da guardia dei sovrani
che avevano spodestato la sua antenata, l’avevano trovata e stavano venendo a
prenderla.
«magnificamente!».
Ironicamente le
era uscito quella parola.
«posso
comprendere. Perdona la mia sciocca domanda. Ora, però, dobbiamo trovare una
via di fuga. Jasper cosa ne pensi?».
Il vampiro iniziò
a camminare avanti e indietro, fermandosi poi all’improvviso.
«Carlisle, hai
detto che tu ed Edward stavate traducendo dei manoscritti riguardo la trasformazione
della prescelta, giusto?».
I due annuirono.
«allora direi che
la prima cosa da fare è trovare informazioni a riguardo, Bella è più utile da
vampira che da umana, senza offesa!».
Lanciò alla
ragazza uno sguardo sincero e lei rispose conscia che avesse ragione.
«Figurati!».
«Bene! Finora,
cosa sapete dell’argomento?».
Edward che era
sempre più agitato, rispose, mentre la rigidità non abbandonava i suoi muscoli.
«non molto. Sappiamo
che è diversa da quella nostra, ma non quanto. L’ultima volta avevamo trovato
una lettera di un consigliere fidato della regina in cui parlava di una sorta
di diario, di libro in cui la regina scriveva i suoi pensieri, e nel quale
probabilmente aveva trascritto cosa la Prescelta avrebbe dovuto fare per
divenire vampiro.»
Isabella nel
sentire la parola diario, aveva sentito come stretta al cuore, ma non dolorosa,
bensì piacevole. Doveva trattarsi di un segno, un segno positivo.
«Jasper
percepisci anche tu le mie emozioni?».
Il vampiro la
stava già osservando, ancora prima che lei parlasse.
«si, me lo
aspettavo diciamo. Direi che siamo sulla strada giusta!».
Dopo di che
spiegò al resto della famiglia il significato di quelle frasi scambiate fra
loro.
«Dobbiamo trovare
quel diario, allora!».
Era stata Rosalie
a parlare, attirando su di se l’attenzione soprattutto di Bella, dato che la
vampira non aveva mai aperto bocca da quando era arrivata.
Carlisle ed
Edward si lanciarono uno sguardo d’intesa per poi sparire all’improvviso dalla
stanza, lasciando un vuoto dentro di Bella.
«Tranquilla, sono
andati in biblioteca a riprendere a tradurre le carte che ci interessano!»
«e io cosa dovrei
fare nel frattempo?».
Si sentiva
decisamente impotente. La morte la stava venendo a prendere e lei non sapeva
cosa fare.
« Alice, tra
quanto dovrebbero arrivare?».
La vampira dai
capelli sbarazzini si massaggiò le tempie per concentrarsi meglio.
«Due giorni, tre
al massimo!».
Tutti si
irrigidirono mentre lo stesso pensiero li invadeva. Poco tempo, avevano poco
tempo.
«ecco cosa farai!
Dovrai fare le valigie e trovare una scusa per poterti assentare da casa. Che troviamo
informazioni o meno sul diario, non possiamo rimanere qui. Sebbene siamo in
maggioranza numerica, i gemelli hanno un potere troppo forte perché noi possiamo
contrastarli!».
«certo! Non vi
chiederei mai di combattere apertamente per me.».
Emmett rise,
facendo sì che Isabella si ponesse qualche domanda sulla sanità mentale dei
vampiri.
«tanto lo faremmo
anche senza il tuo permesso, se fosse per proteggerti. E poi vorresti forse
togliermi il divertimento di un combattimento?».
Bella non sapeva
se dovesse ridere o piangere.
«Oh, Bella lascialo
perdere. È tutto matto!».
Alice ritornata
di buon umore stemperò un po’ la situazione.
«Si, l’avevo
immaginato!».
«Ehi!».
Emmett aveva
messo il broncio suscitando l’ilarità dei presenti.
Bella decisamente
più sollevata e forse anche grazie all’influenza di Jasper, si rese conto di
quanto il tempo fosse passato.
«oh, no! Sono le
cinque. È meglio che torni nella mia camera prima che Charlie si svegli!».
«tranquilla
Bella. Oggi la sveglia di tuo padre suonerà alle cinque e mezza, quindi sei ancora
in tempo!».
La ragazza era
già più sollevata. Non sempre il padre faceva capolino nella sua stanza, ma
dato che qualche ora prima l’aveva trovata urlante e disperata a letto, di
sicuro le avrebbe fatto visita per accertarsi che fosse tranquilla.
«Per fortuna. Qualcuno
di voi può gentilmente accompagnarmi!».
Non aveva ancora
finito la frase che Edward le si era materializzato vicino.
«andiamo?».
Lei piacevolmente
sorpresa non poté che annuire.
**
«ehi, Nomade!».
Un grugnito gli
arrivò come risposta. Alec lo avrebbe volentieri squartato, ma non poteva, non
ancora almeno.
«come funziona il
tuo potere?».
«cosa vuoi
sapere?».
Alec si
innervosì, odiava ripetersi.
«voglio sapere
come sai che le persone che cerchi si trovino in un determinato luogo!».
James rise sotto
i baffi, godeva nel sentire i suoi compagni di viaggio irritarsi e non poter
reagire.
«è strano
spiegarlo. Vedo la foto, tocco l’oggetto, lascio vagare la mente e il mio corpo
automaticamente sa dove deve andare. Quando monteremo sull’aereo percepirò che
la mia meta è sempre più vicina.».
Demetri che
correva a fianco del nomade si bloccò, bloccando a sua volta il vampiro.
«e per quale
città dovremmo prendere quindi l’aereo?».
James sbuffò
svogliatamente.
«percepisco che
quella donna si trova più o meno nel nord America, una intuizione mi dice Stati
Uniti. Non so dire nulla di più preciso. Quando atterreremo saprò dire con
certezza dove andare. Quindi una meta vale l’altra.».
Demetri sbuffò insoddisfatto.
Stava poi per riprendere la corsa quando il suo cellulare suonò.
«si?».
«Demetri!»
«Mio Signore!».
«buone nuove?».
«Si, mio Signore.
La Pres… l’ umana si trova negli Stati Uniti. Stiamo andando a prenderla!».
Demetri non
voleva far sapere a James chi era veramente la persona che stavano cercando. Tuttavia,
quest’ultimo non era uno stupido. Sapeva che doveva trattarsi di una persona
interessante quella che cercavano i Volturi, dato che si era scomodati a
chiedere il suo aiuto e anche se Demetri non aveva terminato la parola, aveva
fatto due più due. Era vecchio abbastanza per sapere che li stava portando
dalla prescelta. Questo per lui cambiava un po’ le cose. Da che parte avrebbe
dovuto stare?
Si impose di
pensarci in seguito, per ora avrebbe continuato a fingere di non sapere.
«Ben fatto! la voglio alla mia presenza
il più presto possibile!».
«sarà fatto!».
Eccomi qua!! Con un super lunghissimo
capitolo tutto per voi!
Accipicchia. I Cullen devono darsi da
fare, i volturi sono alle porte.
Cosa si inventerà Bella? E James
sceglierà la giusta parte infine?
Il futuro ce lo dirà!!
GRAZIE per seguirmi!!!
Un bacione enorme!
Deborah
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Capitolo 16 *** capitolo 16 ***
cap 16
Capitolo 16
Dopo
44 battiti di cuore, Edward era arrivato davanti casa Swan. La finestra della
camera della ragazza era ancora aperta perciò decise di entrare da lì. Prese
velocemente la sua scimmietta che aveva sulle spalle e dopo averla stretta moderatamente
tra le sue braccia saltò, facendola sedere due secondi dopo sul letto di lei.
«ehi!
Potevi avvertire! Mi hai fatto prendere un colpo!».
Si
lo sapeva benissimo e lo aveva fatto apposta. Sogghignò sotto i baffi.
Lei
lo osservò di sottecchi con finti occhi furenti, che lo divertirono di più.
Bella resistette poco, difatti pochi secondi dopo si ritrovò anche lei a ridere
con lui, evitando di non farsi sentire troppo, ovviamente.
Rise
si, fino a quando però si ricordò qual era la sua mansione nei prossimi giorni,
andarsene da Charlie. Il suo sorriso si spense e quello di Edward fu l’ombra
del suo.
La
guardò negli occhi capendola all’istante anche se non gli era permesso accedere
ai suoi pensieri, in quel momento non serviva.
«mi
dispiace, ma credi, è meglio per lui. O sarà in pericolo.».
Lei
alzò gli occhi su di lui, annuì e basta. Non riusciva a dire nulla, non si
sentiva di dire nulla.
Lui
preso da chissà quale istinto nascosto, senza pensarci troppo, si avvicinò a
lei abbracciandola, confortandola con il solo starle accanto.
Lei
da prima tesa, si lasciò andare tra le sue braccia fino a quando un dolce sonno
la trasportò in un altro mondo.
Lui
quando notò che la sua diletta si era addormentata, e che, al contrario, il
capo Swan si era svegliato, decise di tornarsene a casa propria. A malincuore
la lasciò, ma doveva continuare le ricerche assieme al padre.
**
Isabella
si svegliò alcune ore dopo. Il padre era a lavoro da un pezzo, non l’aveva
svegliata, poiché l’aveva vista dormire abbastanza tranquilla. Aveva trovato un
biglietto sul tavolo della cucina, in cui lui l’avvertiva che sarebbe tornato
per cena. Isabella sospirò profondamente. Cosa si sarebbe mai potuta inventare
per allontanarsi da lui? Un qualche scambio culturale? No. Presto o tardi avrebbe
saputo che non esistevano queste cose nel liceo di Forks. Scappare senza dire
nulla? No. Sarebbe impazzito e avrebbe movimentato anche l’FBI. Avrebbe dovuto
inventarsi qualcos’altro, ma ora le veniva solo il mal di testa, perciò ci
avrebbe pensato più tardi. Un'altra cosa
le passò per la testa, un volto,
il suo volto. Edward . chissà cosa stava facendo ora? isabella stava salendo le
scale, quando quel pensiero la bloccò improvvisamente. Ehi, da quando pensava
così spesso a lui? Da un pezzo. Da quando per la prima volta gli occhi di lui
avevano incrociato i suoi, anche se poi non era più successo nulla di
sostanzioso o anche lontanamente sensato e importante. E lui… cosa penserà di
lei?
«aaaahhhh!».
A
Bella uscì questo suono di disperazione mentre, frustrata, si torturava i
capelli, scompigliandoli più di quanto già non fossero.
Scacciò
quei pensieri e si avviò a farsi una doccia.
**
«Carlisle!
Edward! Avete trovato nulla?».
Jasper
era entrato adagio nella biblioteca trovando i due vampiri seduti, attorno a
centinaia di libri aperti.
Il
vampiro dalla chioma leonina, durante la sua vita umana era stato un soldato,
perciò non poteva farne a meno di sentirsi pienamente parte di quella
situazione. Il suo cervello continuava ad elaborare e rielaborare mille e mille
piani su come affrontare l’imminente arrivo dei Volturi.
«ciao
Jazz. Abbiamo ripreso in mano la lettere di quel consigliere, fa riferimento a
questo diario, ma non sappiamo bene dove si trovi. Abbiamo sottomano altre
lettere, stiamo cercando indizi in queste.».
Jasper
soppesò ogni parola detta dal fratello. Ancora nessun passo avanti. Sarebbero dovuti
scappare, non c’era altra soluzione. I Volturi erano ora troppo forti per loro,
rimanere sarebbe stata una missione suicida. Eppure il solo pensare alla parola
fuggire, non poteva non paragonarla alla parola vigliaccheria. Lui odiava
fuggire dalle persone e dai problemi.
«Jasper
la penso come te, ma se rimanessimo, che tattica potremmo mai usare contro i
Volturi?».
Lo
sguardo di Jasper si posò sul fratello che aveva seguito il suo pensiero. Iniziò
a pensare possibili tecniche da usare contro i poteri che possedevano i quattro
volturi, ma la conclusione era sempre la stessa. Eppure lui rimarrebbe.
«Carlisle
pensa che dovremmo partire già domani mattina..».
Carlisle
pensava che con quei vampiri alle calcagna, ogni secondo che restavano lì, era
un pericolo in più per la Prescelta.
Edward
stava per dire che era d’accordo con lui, quando diverse immagini attirarono la
sua mente. Non proferì altro che una parola: «Alice!».
Il
padre ed il fratello nell’udire quel nome si materializzarono subito fuori
dalla stanza, dalla casa, per arrivare in giardino, dove si trovava la vampira
inginocchiata a terra in preda ad un susseguirsi di visioni. Edward, invece,
era rimasto immobile nella biblioteca concentrato quant’era sul capirne il
senso. Quando queste finirono, raggiunse la sua famiglia.
«cos’hai
visto Alice?».
La
vampira bruscamente si alzò, sembrava arrabbiata ai loro occhi, e così era.
«accidenti
a voi e alle vostre indecisioni.».
«come?».
Jasper
era rimasto un po’ turbato dalla reazione della sua compagna, la ragazza
tuttavia non voleva essere scontrosa con lui, era solo ancora scossa dall’impetuosità
in cui gli erano arrivate le visioni.
«tranquillo
Jasper, non voleva essere così dura.».
Era
stato Edward a parlare.
I
due interessati si guardarono negli occhi così profondamente che sia Carlisle
che Edward si sentirono di troppo.
«Allora
Alice, cosa hai visto?».
La
ragazza sospirò.
«ho
visto diverse vostre decisioni e le relative conseguenze. Se rimanessimo tutti
ad affrontare i Volturi, moriremmo. Con i loro doni ci neutralizzerebbero in
men che non si dica e Bella, proprio non la capisco, non so come, ma si farebbe
uccidere.».
Anche
Edward aveva notato quel particolare durante la visione, e ne era rimasto
davvero sconvolto.
«se
partissimo domani mattina, non sapremmo bene dove andare non avendo fatto a
tempo di tradurre le lettere e due sarebbero le conclusioni. O fuggiremo per
sempre, ma non sapendo come trasformare Bella lei morirebbe ugualmente, o dopo
un po’ i volturi ci raggiungerebbero comunque.».
Sembrava
non potesse esserci futuro per loro, tutti avevano questo pensiero.
«Alice
cosa pensi dovremmo fare?».
La
vampira dai capelli sbarazzini ci pensò su un po’.
«Aspettare.».
«aspettare?».
«forse
era meglio se dicessi sperare. Sperare di trovare qualche indizio in quelle
lettere, sento che è la cosa più sensata da fare!».
«forse
è meglio se torniamo di sopra figliolo!».
**
«ciao
Bells, com’è andata la giornata?».
Isabella
si stava mordendo il labbro inferiore, tanto da farsi male. Per tutto il giorno
aveva svolto mansioni che l’avevano tenuta lontana dal pensiero di abbandonare
il padre.
«oh..
ehm.. bene…».
Il
padre aveva notato che la figlia era piuttosto tesa e taciturna.
«Bella
qualcosa non va?».
La
ragazza iniziò a torturarsi anche le mani dopo essersi seduta a tavola col
padre, non sapeva cosa dire, poi un’idea le balenò per la testa.
«..colpita.
oggi non sono andata a scuola.».
Sorpreso
Charlie smise di mangiare osservando la figlia.
«..non
mi sentivo molto bene, perciò sono rimasta a casa!».
«Oh!
Potevi chiamarmi se stavi poco bene, sarei tornato prima.».
Isabella
sospirò mentalmente vedendo che il padre le aveva creduto, però infin dei conti
non gli aveva mentito. Lei era veramente stata male tutto il giorno,
mentalmente si, ma male ugualmente.
«forse
ero solo spossata dato che non ho dormito molto bene e poi ammetto che la
scuola ultimamente mi mette sotto pressione.».
Il
padre la guardò comprensivo.
«tranquilla
piccola, non è successo nulla.».
Mangiarono
in silenzio.
«Se
vuoi andare a letto, vai pure, qui sistemo io!».
«pulisco
io, poi vado a letto.».
«Tesoro
so come si lava un piatto, davvero faccio io!».
Isabella
non se lo fece ripetere due volte. Il cuore le pesava nel stare lì con Charlie.
«ok!
Notte papà!».
«Notte
Bells!».
Una
volta in camera la ragazza guardò la sua stanza in penombra e sorrise nel
pensare ancora una volta alla figura di Edward in quella stanza. Senza rendersene
conto andò alla finestra e la spalancò, ma con sua grande delusione quella
notte nessuno gli fece visita.
**
Una
luce accecante svegliò Isabella rendendosi conto che fosse già mattina e che
fuori, strano ma vero, c’era il sole.
Si
alzò ed andò al bagno, per poi scendere in cucina. Charlie era a pesca, o
almeno così diceva il biglietto. Bella si ricordò all’istante di essere sabato
e quindi non c’era scuola. Si rese conto di essere sempre più sbadata e questo
non era da lei. Sorrise. Effettivamente, lei non era lei. Il suo cellulare, la
riscosse da quei pensieri.
«Buongiorno
bella!».
«Alice!
Come fai ad essere così sprint alla mattina presto?».
«Bella?».
La
chiamò retorica l’amica. Bella si portò una mano alla testa dandosi una pacca.
«giusto…
voi non dormite..».
La
risata cristallina di Alice la svegliò d’animo.
«su
Bella, muoviti, ti aspettiamo per pranzo!».
«dovrei
preoccuparmi?».
Chiese
finta seria.
«molto
divertente, Bella, davvero!».
Bella
rise, ed entrambe chiusero la chiamata.
Una
volta arrivata a casa Cullen, Isabella restò basita nel trovare tutti
indaffarati e la casa sottosopra, essendo questa sempre bella e ordinata.
«sei
arrivata finalmente!».
Un
tornado la avvolse in un abbraccio sincero.
«ma
cosa succede qui?».
«ci
stiamo preparando per la partenza Bella, forse abbiamo un indizio. Edward e
Carlisle stanno finendo ora di tradurre l’ultima lettera!».
La
ragazza restò in silenzio. Stava succedendo tutto troppo in fretta, sembrava
che tutto il mondo le stesse sfuggendo di mano.
«non
devi avere timore, Bella! Non sei sola!».
Jasper
le si era materializzato di fianco appoggiando una mano sulla spalla di lei,
donandole all’istante una tranquillità inattesa. Lei annuì.
«Bella,
hai fatto quello che ti ho detto ieri?».
No,
decisamente. Aveva cercato di tenere così occupata la mente da essersi
dimenticata di tutto.
«ehm..
io veramente…».
«per
lo zaino non ti preoccupare, te ne ho preparato uno io. Avevo visto che non
avevi preparato nulla, così stanotte mi sono intrufolata nella tua stanza e ho
preso un po’ di cose!».
Alice
sorrise angelica.
«oh..
bè.. grazie!».
«figurati.
Il problema principale ora è Charlie!».
Già,
Charlie.
«fantastico!».
Alice
l’avevo detto in modo entusiasta.
«Cosa?».
Isabella
non capiva cosa c’era di così fantastico.
«abbiamo
una meta!».
Due
secondi dopo Edward si trovava vicino a Isabella, che questa volta fu preparata
alla sua incursione dal nulla.
«si
va in Irlanda!».
«Irlanda?»
«già.
A quanto pare lì dovrebbero trovarsi i resti di una delle tante residenze di
Isobel, solo che in quella, anzi sotto di essa, si cela una sorta di biblioteca
segreta della regina, di cui pochi eletti ne erano a conoscenza. Se siamo
fortunati lì troveremo quel che cerchiamo.».
Una
dolce stretta allo stomaco la fece sussultare. Quella stretta era di buon
auspicio.
«Bella.
Alle quattro Charlie dovrebbe tornare, credo che l’ultima carta che ti resti
sia proprio quella di litigarci e andartene. Non hai altra scelta, dobbiamo
partire questo stesso pomeriggio, da quanto ho capito, quella sorta di guida
che hanno i Volturi è una specie di segugio, ci fiuta e ci troverà presto, per
questo è meglio fare in fretta. Di sicuro ci seguiranno anche in Irlanda.».
Bella
sospirò. Già, non aveva altra scelta.
Eccomi
qua!!
Un po’
noiosetto il capitolo, lo so, lo so. Ma da qui parte l’avventura!! Hi hi.
I nostri
beniamini devono fare in fretta.
E anch’io
con il prossimo capitolo.. lo so!!
Grazie
mille per seguirmi!!
Un bacione
|
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Capitolo 17 *** capitolo 17 ***
cap 17
CAPITOLO 17
Bella
si trovava a pochi isolati di distanza dalla sua casa, ma poteva vedere
benissimo che l’auto di Charlie mancava ancora.
«sei pronta? Sento i
suoi pensieri avvicinarsi!».
Edward
al suo fianco la vedeva agitarsi ogni secondo in più che passava, era sempre
più tesa.
«no!».
Istintivamente
lui allungò la sua mano verso quella di lei, e gliela strinse. Stupita lei si
voltò, annegando in un mare d’oro. Ed eccolo arrivare. Quel momento in cui
pensi che vorresti il tempo si fermasse, in cui tutto è perfetto, dove il tuo
unico pensiero non altri che la persona che hai di fronte e poi come sempre
accade… tutto finisce. Charlie aveva
parcheggiato sul vialetto di casa e la magia era svanita.
Sospirando,
Isabella si staccò da lui e si voltò verso la sua fine e verso quello che
sarebbe stato l’inizio di tutto.
«ti aspetto qui!».
Lei
annuì senza voltarsi a guardarlo. Non voleva altre distrazioni in più.
Camminava
lenta, chissà come però sembrava che tutto si velocizzasse ugualmente. Appena fu
di fronte alla porta d’entrata il coraggio le mancò. Si sentiva piccola e
debole.
Una
brezza d’aria che sapeva di Edward le scompigliò i capelli, lasciandole un
sussurro alle orecchie: “coraggio”. Accompagnando poi questo supporto, arrivò
una stretta allo stomaco, segno che Isobel era con lei.
Isabella
prese due grandi boccate d’aria, poi entrò. La cucina era deserta a parte le
valanghe di pesci sparsi sul tavolo, le
canne e gli attrezzi da pesca che sporcavano il pavimento. Odiava questo
disordine. Chissà come riuscì a pensare a questo, nonostante la situazione.
Seguì
le scie d’acqua e fango fino in lavanderia, dove trovò il padre mezzo sporco mentre si toglieva i vestiti e le scarpe.
«oh Bells che
spavento. Pensavo non fossi in casa…scusa guarda pulisco subito!».
Già,
in situazioni normali Bella lo avrebbe sgridato, ora però non le importava ma decise
di usarlo ugualmente come scusa per litigare.
«no papà mi sono
stancata! Ogni volta la solita storia! Quante volte ti ho detto di non sporcare
tutto in questo modo. E la cucina? Sembra di essere in pescheria!».
«lo so, lo so.. ma..».
«ma?».
Bella
si sentiva stupida attaccarsi ad una cosa così banale, ma non aveva saputo
farsi venire in mente altro.
«ma un bel niente! Hai quarantacinque anni e
sembra di abitare con un bambino dell’asilo al quale si deve insegnare cosa
fare e cosa non fare!».
«su dai Bells.. non
lo faccio più!».
Ora o mai più.
«frase già
sentita. Sai una cosa? Era da un po’ che ci pensavo e devo ammettere che forse
è proprio arrivata l’ora che me ne vada un po’ per conto mio!».
La faccia di
Charlie divenne pallida all’improvviso, dopo aver realizzato il vero
significato delle parole della figlia.
«Bella ma cosa
dici?».
E ora che si
inventava? Isabella non sapeva cos’altro aggiungere, poi un’idea le balenò. Perché
no. Sentiva che era la via giusta.
«con la scuola
sono apposto, con i voti che ho, sono già promossa, per cui se anche saltassi le
ultime settimane non avrei problemi. Alice se ne va a girare il mondo e mi ha
chiesto di andare assieme, e sai una cosa? Penso proprio che accetterò. Anzi la
chiamo subito e le dico di aspettarmi dato che partirà stasera! E tempo che
pensi anche a me stessa!».
«Bells.. ma.. il
mondo.. parti stasera? Cosa dici?».
Isabella però non
rispose, si avviò di corsa su per le scale e si chiuse a chiave nella sua
stanza. Appena si sentì al sicuro dalle sue ansie, si lasciò cadere a terra, perché
le sue gambe si rifiutavano di sostenerla ancora, però il suo sedere non toccò
mai il pavimento. Edward, com’era successo negli ultimi tempi in cui lei si
sentiva affranta, era lì, pronto a sostenerla e a confortarla.
«sei stata
bravissima! Ha chiamato Alice quando ha visto la tua decisione. Dice che andrà
tutto per il meglio, ora lui dovrebbe chiamarla per sapere se è vero!».
Isabella salda
alle braccia del suo angelo protettore personale si sentì per un secondo più
serena, sapendo che tutto quel dispiacere avrebbe comunque fatto bene a tutti.
«dici davvero?».
«si! Carlisle lo
rassicurerà che qualche volta vi farà visita.».
Isabella
finalmente rilassò i muscoli, quel fardello almeno era passato e chissà, magari
non avrebbe nemmeno dovuto separarsi dal padre in modo spiacevole.
«credo di dover fare
lo zaino!».
«l’ha fatto Alice,
non ricordi?».
«ah, si! Ma non
posso uscire di qua senza niente!».
Edward
si staccò da lei intimidito.
«che stupido sono, l’ho
dimenticato in macchina. Aspetta torno subito.».
Una
volta volatilizzatosi fuori dalla finestra, Charlie bussò alla porta della
figlia.
«Tesoro, ti prego
scusami ancora. Ho parlato con la tua amica Alice e suo padre. Se proprio ci
tieni vai pure. Hai ragione te lo meriti, hai diciotto anni, devi vivere la tua
vita e non fare da badante ad un povero vecchio come me.».
A
quelle parole il cuore di Bella si era stretto in una morsa sanguinante, e non
poté fare a meno di catapultarsi fuori dalla stanza ed abbracciare il padre. La
persona più umile e buona che lei avesse mai conosciuto. Umana almeno.
«grazie, papà. E poi
lo sai che ti voglio bene!».
«oh Bells, anch’io!»
La ragazza si
staccò poco dopo, prima che le lacrime potessero sfuggire al suo controllo e si
rinchiuse in camera dove, poco dopo, fece il suo splendido ingresso Edward. Appena
lo vide, le lacrime trattenute le rigarono il volto.
«ho paura,
Edward!».
Eccola lì. Finalmente
quella sensazione che Isabella aveva tanto ignorato, aveva ormai preso forma. Aveva
paura di tutto quello che la aspettava, ma aveva sempre cercato di fingere che
così non fosse, che avesse accettato tutto. Ein parte era così. In parte lei
aveva accettato, ma in parte no e rimpiangeva quella sua vita normale che tanto
sentiva non sua.
«ora si che penso
tu sia normale!».
Isabella scostò
la testa da quel petto confortevole e guardò Edward in viso!
«continuavo a
chiedermi come fosse possibile che tu non temessi nulla!».
«sono una
debole!».
Lui le accarezzò
una guancia e poi prese saldamente il volto di lei tra le sue grandi e fredde
mani bianche.
«no! Sei la donna
più forte che conosca! Sei pronta a lasciare la tua vita, la tua famiglia e
tuoi amici per… bè per diventare un mostro e salvare il mondo, Bella. Lo so fa
tanto film da Michael Bay, però è così. E tu non immagini neanche lontanamente
quanta stima io e la mia famiglia proviamo verso di te!».
Quelle parole
scaldarono il cuore di Bella, tanto che un debole sorriso schiarì le nuvole dal
suo viso.
«Bene. Ora vado a
prendere la macchina. Fingerò che Alice mi abbia mandato a prenderti, ok?».
Lei annuì.
Lui prima di
lasciare la sua stanza, neanche dovessero rimanere lontani per ore, decise di
baciarla sulla fronte. Un gesto semplice e povero agli occhi di estrani, forse,
ma per i due interessati le emozioni che fece scoppiare furono tante. Edward si
dava dello stupido per il suo gesto, si dava dell’idiota e pensava che lei ora
gli stesse ridendo dietro. Isabella invece aveva sentito le fredde labbra di
lui lasciarle un bacio infuocato che l’aveva scossa tutta e mandando in tilt il
battito del suo cuore, che ora pareva impazzito.
Ma così è. Sono i
piccoli gesti che lasciano nel cuore delle persone le emozioni più grandi.
Alcuni minuti
dopo il campanello di casa Swan suonò.
«Salve Capo Swan.
Sono Edward Cullen. Mia sorella, Alice, mi ha cortesemente chiesto di venire a
prendere Isabella!».
Charlie mentre
osservava quel ragazzo stranamente bello, si chiedeva se avesse mangiato per
pranzo un ricettario di buone maniere.
Edward rideva
silenziosamente, ascoltano i suoi pensieri.
« ciao figliolo. Entra
pure. Ora… ora chiamo Bella.».
Charlie si era
reso conto che la sua bambina lo avrebbe veramente abbandonato. Le parole che
la figlia gli aveva rivolto prima, lo avevano ferito vero, ma non era con Bells
che ce l’aveva, bensì con se stesso. Odiava la vita che aveva dato alla sua
bambina. Odiava il fatto di non averle mai potuto dare una famiglia normale,
con un padre ed una madre amorevoli, che si amavano a vicenda, una famiglia che
cenava assieme alla sera e magari alla domenica pomeriggio andava a passeggiare
alla spiaggia, che la notte di natale si sedeva davanti al fuoco, vicino all’albero
di natale a raccontarsi storie fantastiche o che alle feste di compleanno
facevano festicciole imbarazzanti. Invece tutto quello che aveva saputo dargli
era una casa da pulire, un vecchio da accudire e tanta solitudine. Era giusto
se Bella voleva andarsene. Era giusto che anche lei pensasse al suo futuro e ai
suoi sogni. Era giusto semmai lei lo
odiasse. Era semplicemente giusto.
Edward nel suo
silenzio, seguiva i ragionamenti di quell’uomo che nel giro di un minuto pareva
invecchiato di dieci anni. Ora capiva da chi Bella avesse ereditato il suo buon
cuore.
Una volta che
Charlie si riprese dai suoi pensieri chiamò la figlia, che li raggiunse subito
dopo.
«Bella ti servono
soldi? Dimmi di cosa hai bisogno!».
«no, papà ho i
risparmi del mio lavoro.».
«lo sai che non
devi preoccuparti nel chiedere!».
«lo so, ma
davvero non ne ho bisogno. Ora è meglio che vada. Ti chiamo appena arrivo alla
prima meta.».
«Bella.. io… stai
attenta, ok? Per qualsiasi problema non esitare a chiamarmi.. va bene?».
Bella annuì. Temeva
che se avesse aperto bocca, la sua voce avrebbe potuta tradirla.
«mi mancherai
piccola.».
Ancora una volta
Isabella restò zitta, ma le parole furono gridate silenziosamente nell’abbraccio
che seguì poi.
**
«Lo sapevo che ci
saresti riuscita!».
«si Alice, ma se
avessi avuto un suggerimento avrei perso meno anni di vita!».
«suvvia… non fare
la melodrammatica. Sei riuscita nell’intento.. ora non preoccupiamocene più.».
Isabella sospirò.
Alice era la perenne ottimista, non c’era verso di ragionare con lei.
«ehi,
chiacchierone, vogliamo andare?».
Emmett aveva
raggiunto le due ragazze sul giardino del retro, dove queste si erano recate,
mentre il resto dei Cullen finivano i preparativi alla partenza.
«certo che si!».
Alice prese
energicamente l’amica sulle spalle, e due secondi dopo erano in garage.
«ma è un vizio di
famiglia?».
«penso di si».
Sorridente Edward
le era apparso vicino, regalando un tuffo al cuore della ragazza.
«tu vieni in
macchina con me, il mostriciattolo e Jazz.».
«mostriciattolo a
chi?».
Edward finse di
non sentire, come se ciò fosse possibile e fece accomodare Bella sul sedile
davanti della volvo.
Una volta che
anche i suoi fratelli furono a bordo, partì sgommando.
«che aereo
prenderemo?».
«Il Cullen airplane..
ovvio!».
Alice era
spuntata sorridente dai sedili posteriori.
«avete un aereo
privato?».
Bella si stupiva
sempre più di quanto soldi avessero i Cullen.
«certo che si. Così
possiamo andare dove vogliamo quando vogliamo!».
Lo disse in fare
ovvio e Bella non poté fare a meno di risponderle ironicamente.
«ovvio.. chi non
ne ha uno!».
«visto, lo dici
anche tu!».
Isabella alzò gli
occhi al cielo per poi incontrare quelli di Edward che le celavano una
comprensione antica sul come dover comportarsi con Alice.
Un’ora dopo. Tutti e sette i Cullen e la
Prescelta si trovavano in volo verso l’Irlanda quando la veggente ebbe una
visione.
«Alice cos’hai
visto?».
Jazz aveva
percepito subito il cambio di emozioni che avvenivano in Alice ogni qual volta
aveva una visione.
«siamo partiti
appena in tempo. I volturi sono appena atterrati in suolo americano e la loro
mossa sarà quella di avviarsi verso Forks.».
Bella sentiva il
suo stomaco stretto in una morsa per il timore di aver rischiato tanto, per il fatto che a Forks c’era però
suo padre e che forse non era poi davvero al sicuro. Ma Alice aveva detto che
sarebbe andato tutto bene, perciò voleva
fidarsi.
«e cosa succederà
poi?».
«non lo so
Carlisle. Sembra non sappiano ancora che noi… o almeno che la prescelta non è
più lì. Quando se ne accorgeranno, lo vedrò.».
«dovremmo quindi
ancora aspettare?».
«questa parola
credo la dovremmo usare ancora per molto!».
Chi teso e chi
fiducioso, comunque tutti in silenzio, si misero ad osservare il mondo esterno
fuori dal finestrino in attesa di notizie, che non avrebbero, purtroppo,
tardato ad arrivare.
Buonaseraaaa…
Anche se potrei
augurare la buonanotte.
Ho appena finito
di scrivere e ho deciso di postare subito!
Spero di non aver
deluso nessuno dalle possibile scene mentali del litigio tra padre e figlia, ma
non volevo che comunque si separassero in malo modo.
Fatemi sapere
cose ne pensate!
Un bacione
Deborah
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Capitolo 18 *** capitolo 18 ***
cap 18 la prescelta
CHIEDO UMILMENTE SCUSA PER IL
TERRIBILE RITARDO… MA IL COMPUTER HA FATTO I CAPRICCI E HO DOVUTO PORTARLO DAL
DOTTORE.
ORA SONO RITORNATA IN CAREGGIATA… PER
CUI ECCO A VOI IL 18^ CAPITOLO.
CAPITOLO 18
«Ambiente davvero ottimo per i vampiri, non trovate?»
Il primo
consigliere dei Volturi osservava l’intera Forks dall’alto di una montagna. I
due gemelli gli erano rispettivamente ai lati. Felix poco dietro a loro e James
invece si era separato dal resto della compagnia. Si sentiva strano e sapeva
cos’era. Era il suo potere che gli faceva perdere la concentrazione su se
stesso. Sembrava che il suo obiettivo non fosse più lì. Sentiva nell’aria la
sua recente presenza, ma l’ipotetica Prescelta non si trovava più lì, e forse
neanche più in quello Stato. Pensieroso decise tuttavia di aspettare a dare la
reale notizia ai Volturi.
«Allora dove si trova il nostro obiettivo?».
James rideva
divertito nella sua testa, mentre la sua faccia assumeva un espressione
contraria a quello a cui stava pensando. Stava cercando di interpretare uno
sgomento che non esisteva.
«C’è qualcosa che non va.»
Demetri a
quelle parole si irrigidì, per poi materializzarsi di fronte al vampiro-guida.
«Cosa. Diavolo. Stai. Dicendo?».
Scandì la
domanda parola per parola. Non lo sopportava più.
«Non capisco, ma qualcosa non va. Seguitemi.»
James decise
di lasciare i vampiri in attesa così, mentre si avviava verso l’ultima zona in
cui sentiva ancora ma debole, la presenza della prescelta. Non sapeva bene
perché, ma voleva dare alla fuggitiva, perché di questo si trattava, un po’ di
tempo. Non poteva di certo tenere i volturi lontano dalla loro meta per molto,
ma di sicuro la ragazza in questione aveva trovato qualcuno che l’aiutasse,
dato che era al quanto strano che una volta che loro erano atterrati, lei fosse
volata altrove, ad ovest per l’esattezza.
James non
era un fan accanito della dieta che la regina ai suoi tempi praticava, ma non
poteva di certo lamentarsi dei suoi ideali. Lui era stato trasformato
nell’ultimo periodo della sua reggenza e aveva visto la netta differenza che la
sua razza aveva vissuto con l’ascesa al potere dei Volturi. Non gli interessava
molto chi fosse al potere, ma anche lui come tutti aveva percepito il
cambiamento dell’aria dopo che Isabella aveva toccato la preziosa spilla, e se
i Volturi ora erano veramente intenzionati ad entrare in possesso dei poteri
della Prescelta, il danno che ne sarebbe uscito sarebbe stato catastrofico.
«allora? È la sua residenza? ».
Demetri aveva i nervi a fior di pelle,
iniziava a non fidarsi più delle doti del vampiro.
James nel frattempo cominciò a
camminare avanti e indietro per prendere tempo, mentre osservava la grande casa
bianca, che sfoggiava in mezzo al bosco.
«un momento…».
Demetri si fermò poco lontano da James
mentre annusava l’aria.
«…interessante!».
James lo guardò, mentre gli altri
vampiri gli si avvicinavano chiedendo spiegazioni dei suoi commenti.
«nomade, cosa ti dice il tuo potere?».
James rimase interdetto, ma optò per
la verità.
«era qui fino a… più o meno dieci ore
fa. Se ne andata e penso sia ancora in viaggio, ma si è spostata verso ovest.».
Tutti i presenti ringhiarono, tranne
James.
«e…?».
«e credo non sia sola!».
Gli occhi di Demetri si inscurirono
per la rabbia che tratteneva, la missione iniziava a complicarsi. James aveva
solo confermato quello che già i suoi poteri gli urlavano.
«sono sette.».
«come?».
James non capiva di cosa stesse
parlando.
«i vampiri con la ragazza, sono sette!».
James lo guardava con faccia
interrogativa.
«sono un segugio ed il mio fiuto è…
decisamente migliore di quello di un
normale vampiro. E poi… una volta che ho percepito il tuo odore, bè
saprò scovarti anche in capo al mondo!».
James apprese ciò come una minaccia
nei suoi confronti di cui ne prese mentalmente nota, tuttavia non diede a
vedere l’effetto sortito.
«quindi non avete più bisogno di me!».
«ci riesco solo con i vampiri… e la
ragazza a quanto pare è ancora umana!».
«non puoi esserne sicuro!».
«oh, si invece! Ho appena scavato
nella mia memoria e credo di aver capito a chi appartengono queste scie!».
Si voltò incamminandosi all’interno
della casa, mentre prendeva dalla tasca il suo cellulare.
**
«Bella! Bella, su svegliati. Siamo arrivati!»
La ragazza aprì a fatica gli occhi
cercando di mettere a fuoco il luogo in cui si trovava.
«Dove siamo?».
«in una villetta che ho affittato via
internet prima di partire. Si trova vicino alle rovine della biblioteca.»
Bella scese dall’auto in cui non
ricordava di esserci entrata. Guardò i presenti accorgendosi di una cosa.
«Dove sono Edward, Alice e Jasper?».
Il viso del
dottore corruggò impercittibilmente le sopracciglia.
«a fare un sopralluogo. Non preoccuparti, saranno presto di
ritorno!».
Isabella non
gli credette del tutto e in effetti, non aveva tutti i torti. I tre erano
andati si a fare un sopralluogo, ma di un ipotetico luogo che Alice aveva avuto
in una visione. Non essendo del posto, Alice non poteva capire il significato
di quelle immagini, che erano già di per se confusionali. Perciò si era avviata
con i due vampiri nelle zone circostanti.
La compagnia
rimasta entrò intanto nella villetta di mattoni, tipica della tradizione
irlandese. Quando Bella entrò nella stanza che Esme gli aveva indicato, non
potè non rimanere affascinata dalla vista che ebbe non appena si affacciò alla
porta finestra che portava in una piccola terrazza comunicante alla stanza
adiacente. La terrazza era esposta a sud e poteva così vedere sia l’est che l’ovest
e in quel preciso istante fu catturrata dalla splendida alba che fiera si
alzava in lontananza oltre i monti.
«fantastico!».
«sono d’accordo con te!».
Isabella era
così presa dal paesaggio da non essersi accorta della figura che le si era
materializzata a fianco.
«Edward… che spavento!».
Lui sorrise
sghembo.
«si, lo so! Faccio questo effetto!».
Lei lo
guardò con un sopracciglio alzato.
«simpatico!».
Lui rise ad
alta voce. Una risata sincera e liberatoria. Isabella non rise con lui. Non lo
fece, perché rimase affascinata a guardarlo.
Lui smise e s i perse nel silenzio, ricambiando il suo
sguardo. I loro volti si fecero vicini, sempre più vicini, poi una scintilla
mentale, riportò lucidità in Isabella e in Edward. Lei si ripeteva che non
poteva lasciarsi andare. Non ora. Ora che il suo obiettivo era un altro, non
poteva mettere in primo piano altro. Se il destino avesse voluto ciò, sarebbe
ugualmente accaduto e così a malincuore si voltò, interrompendo la magia che si
era creata. Lui, dall’altra parte seguiva più o meno la stessa scia di
pensieri. In quel momento lui doveva pensare solo a come aiutare la prescelta e
non come fare per farla innamorare di lui, la sua incolumità prima di tutto.
Il silenzio
che arrivò subito dopo era asfissiante e veramente imbarazzante.
«allora… che visione ha avuto Alice?».
Isabella cercò
di salvare il salvabile mettendo in atto la peggiore delle tattiche: fingere
che non fosse successo nulla.
«oh.. ehm… scusa?».
Edward sapeva
che nessuno della sua famiglia le aveva detto nulla.
«cosa?».
«come fai a sapere che Alice ha avuto una visione?».
Isabella era
incredula, non si era resa conto della domanda che aveva posto a Edward. Lei
aveva solo pensato a parlare e basta per rompere il silenzio.
Lo guardò
con i suoi grandi occhioni castano oro.
«a dire il vero non lo so!».
«forse non tu, ma Isobel di sicuro!».
«già…».
Isabella spostò
il suo sguardo per terra, mentre la sua mente viaggiava alla ricerche di
risposte che ancora per un po’ non sarebbero arrivate.
«ma.. allora Alice ha davvero avuto una visione?».
Edward strinse
le mani a pugno.
«come ultimamente è successo.. non
sono visioni nitide, bensì davvero confusionali. E poi… sono un assemblaggio di
varie possibilità…».
«e quali sono le varie possibilità..?»
«le possibilità principali sono,
ovviamente, che troveremo o meno informazioni nella biblioteca…».
«c’è altro?».
«…. Forse. Ma non è ancora chiaro! Riposati
Bella, fra qualche ora andremo alle rovine.».
Così dicendo tornò nella sua stanza,
quella adiacente a Bella. Era stato brusca la sua uscita e Bella aveva inteso
in parte il motivo. Lui le aveva mentito. Si, c’era dell’altro nella visione di
Alice, ne era sicura. Il problema era solo uno: cosa?
**
«Demetri, quali notizie mi porti?».
«Due Signore. Una buona e una cattiva.»
Aro ringhiò percettibilmente.
«parla!»
«Quella brutta è che pare l’umana
sappia che la stiamo cercando e sia in piena fuga, e non da sola…».
Tre ringhi arrivarono alle orecchie di
Demetri che ringraziò il cielo di aver dato quella notizia per telefono e non a
voce.
«… quella buona è che a quanto pare i
vampiri che la stanno aiutando, siano i Cullen!».
Silenzio. Questo è quello che
percepiva Demetri, ma se solo avesse visto il viso di Aro, che sorrideva
malefico, avrebbe potuto leggervi in esso mille parole.
«ottimo! Trovali!».
Detto questo, chiuse la chiamata.
I quattro iniziarono a correre.
«quale aereo prendiamo nomade?».
«non so ancora. Andiamo all’aeroporto intanto.».
Stavano correndo nei boschi che
circondavano la cittadina di Forks, mentre gli umani ignari svolgevano la loro
vita abitudinale.
«Fermatevi!».
Era stato Demetri ad impartire l’ordine.
«cosa succede?».
Alec era appena dietro a lui e gli si
era subito avviccinato.
«credo che questa scia sia davvero
interessante. Aspettatemi qui. Sarò presto di ritorno!».
Così dicendo svanì nel nulla.
Olè!
Chiedo
ancora scusa per la lunga attesa!
Spero
vi sia piaciuto il capitolo!!
Un
bacione
deba
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