Stratagemmi

di cassiana
(/viewuser.php?uid=29360)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Fai sortite quando il nemico non se l’aspetta ***
Capitolo 2: *** II. Offri al nemico un’esca per attirarlo ***
Capitolo 3: *** III. Con ordine, affronta il disordine; con calma, l’irruenza. Questo significa avere il controllo del cuore ***



Capitolo 1
*** I. Fai sortite quando il nemico non se l’aspetta ***


Stratagemmi Note: Scritta per la  THE COW-T: The Clash of the Writing Titans - QUINTA SETTIMANA @ maridichallenge
prompt: tre personaggi
I titoli sono tratti da L’arte della guerra di Sun Tzu


Disclaimer: Trama, personaggi, luoghi e tutti gli elementi che questa storia contiene, sono una mia creazione e appartengono solo a me.



I. Fai sortite quando il nemico non se l’aspetta

    
         
        Sebbene più di qualcuno lo accusasse di essere viziato ed egoista, Wellington si considerava un eccellente rappresentante di nobiltà e raffinatezza. C’erano poche cose che amava, parecchie che sopportava con stoica rassegnazione e molte di più che detestava con tutta l’anima. Una di queste era la visita annuale dal veterinario.
    Quella mattina in particolare Wellington percepì che c’era qualcosa di diverso nell’aria, se lo sentiva nei baffi. Il Professore era tornato dalla passeggiata con Napoleone con un atteggiamento fintamente indifferente. Senza parere Wellington era andato a rannicchiarsi sotto al divano e Napoleone aveva infilato la testa nel piccolo spazio tra il pavimento e il fondo del mobile con espressione di scusa nei grandi occhi bruni. Poi abbaiò svelando al Professore il nascondiglio di Wellington. Il gatto soffiò contro il traditore e gli tirò una zampata sul naso. Uggiolando Napoleone si ritirò sostituito dal viso del Professore. Sebbene l’uomo avesse un espressione sorridente e lo stesse vezzeggiando con paroline dolci Wellington ancora non si fidava ad uscire da lì sotto.  Fu solo grazie ad un bocconcino goloso che si persuase ad uscire, eppure continuava ad essere nervoso: agitava la coda qua e là, muoveva le orecchie avanti e indietro e gli tremavano le vibrisse. Fu quando vide il contenitore di plastica colorata che comprese. Subito balzò sul ripiano più alto della libreria deciso a restare lassù a tempo indeterminato. Il Professore tentò di farlo scendere con le buone, poi usò il manico di una scopa per spingerlo delicatamente giù. Con un movimento aggraziato il gatto atterrò a terra per poi saltare di nuovo come una pallina da flipper impazzita, sulla poltrona, sul divano, la scrivania e infine correre via dallo studio. Napoleone lo rincorse abbaiando, eccitato da tutta quell’agitazione, a sua volta inseguito dal Professore che tentava di calmare i due animali. Dopo parecchi minuti di trambusto l’uomo riuscì a tranquillizzare Napoleone e gli intimò di starsene a cuccia mentre cerava il gatto. Fu solo dopo parecchio tempo che scorse i suoi occhi gialli brillare dentro la lavatrice vuota. Questa volta né moine né bocconcini persuasero Wellington ad uscire dal nascondiglio. A quanto sembrava il Professore era stato sconfitto. Ad ogni buon conto ci volle ancora parecchio tempo prima che il gatto si facesse vedere in giro. Il Professore volle farsi perdonare e lo sollevò da terra stringendoselo al petto e accarezzandolo tra le orecchie. Rassicurato, Wellington cominciò a fare le fusa. Come avrebbe mai potuto immaginare che proprio il Professore si sarebbe rivelato così subdolo da ingannarlo e infilarlo a tradimento nel trasportino? A nulla valsero i miagolii disperati e i pianti di Wellington, la battaglia era perduta.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** II. Offri al nemico un’esca per attirarlo ***


Stratagemmi
II. Offri al nemico un’esca per attirarlo


    
    In quella casa sparivano le cose. Piccoli oggetti, di solito, tanto che il Professore inizialmente non si era nemmeno reso conto di quello strano avvenimento. In un primo momento aveva imputato il fenomeno alla propria distrazione: era consapevole che spesso aveva la testa persa dietro le proprie elucubrazioni. Aveva anche pensato che molti di questi oggetti sparissero durante i giochi di Wellington, ma il gatto aveva una predilezione per le palline di carta e gli spaghi e il Professore aveva sempre una buona scorta di entrambi ed essa non sembrava intaccata dallo strano fenomeno di sparizione.
    Anche Napoleone era stato sospettato di sottrarre i piccoli oggetti e ciò aveva preoccupato non poco il Professore. Di solito Napoleone aveva il vizio di rubare il cibo e masticare scarpe e cuscini. Questo nuovo disturbo non solo sarebbe andato ad aggiungersi alle sue altre manie, ma sarebbe stato pericoloso per il suo apparato digerente. Così l’uomo trascorse molti giorni a monitorare i due compagni. Garibaldi non si era reso conto di niente, come c’era da aspettarsi a giudizio di Wellington, ma il gatto aveva percepito l’atmosfera di sospetto che li circondava. Ciò lo rendeva nervoso e ancora più guardingo del solito e aveva per questo iniziato una sua piccola indagine personale. Ma gli oggetti continuavano a scomparire.
    Il Professore era fuori con Napoleone, Wellington dormicchiava in uno spicchio di sole, il fermaglio brillava abbandonato sul piano della scrivania. Luccicava irresistibile agli occhi del ladro: l’oggetto scomparve in un frullio di ali nere. Un bottone di madreperla giaceva dimenticato a terra, accanto al comodino, ma dopo un battito di ali al suo posto c’era solo un bioccolo di polvere. Wellington cacciava uno spago dorato, lo lanciava tra le zampe anteriori e poi lo riprendeva al volo, mordicchiando feroce una delle estremità. Napoleone non partecipava alla caccia, era troppo impegnato a masticare il suo osso di pelle di bufalo, ma osservava l’amico giocare fino a che Garibaldi non calò in picchiata su di lui. Accadde tutto in un lampo: un momento prima Wellington lanciava lo spago e un istante dopo Garibaldi teneva nel becco quel medesimo cordino che brillava debolmente al sole. Napoleone lasciò cadere l’osso ed abbaiò per richiamare l’attenzione del Professore. Quando questi alzò lo sguardo dal proprio lavoro si trovò davanti uno spettacolo impareggiabile: Garibaldi volava qua e là inseguito da Wellington che miagolava con uno sguardo di puro odio negli occhi gialli. Fu quando scorse l’oggetto che spuntava dal becco di Garibaldi che il Professore cominciò a comprendere il mistero degli oggetti smarriti. Ridacchiò tra i baffi e lanciò un altro cordino al povero Wellington che aveva abbandonato la caccia e si stava leccando con grande dignità uno zampino posteriore. Intanto l’uomo aveva elaborato un piano per cogliere il ladro sul fatto.
    La monetina di rame lucidato splendeva sul davanzale della finestra, la pendola ticchettava solitaria, un gracchiare sovrastò per un momento quel suono e Garibaldi calò sull’esca. Quando si rialzò in volo la monetina non c’era più. Dal suo nascondiglio il Professore sorrise, proprio come aveva sospettato: il mistero era stato svelato.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** III. Con ordine, affronta il disordine; con calma, l’irruenza. Questo significa avere il controllo del cuore ***


Stratagemmi



III. Con ordine, affronta il disordine; con calma, l’irruenza. Questo significa avere il controllo del cuore


       
    Napoleone non aveva grandi vizi. Piccole manie, certo, come quella che lo costringeva a masticare vecchi calzini. Paure più o meno stupide come quella per i tuoni, era quasi inevitabile. Ma brutti vizi, quello no. Tranne la sua resistenza quando si trattava di fare il bagno. Mentre a Garibaldi bastava passare il becco sulle piume più volte al giorno per far risplendere il piumaggio e mentre Wellington trascorreva ore ed ore a leccarsi il pelo per essere sempre impeccabile, Napoleone soffriva per un mantello ruvido e che si sporcava con facilità. Così il Professore aveva particolare cura nel cercare di tenerlo sempre pulito spazzolandolo a lungo. Quel rituale, adorato da Wellington, era sopportato da Napoleone con un ostile rassegnazione. Detestava quando il pettine tirava i nodi che si formavano nel sottopelo, o quando il Professore doveva strappargli via tutte le schifezze che raccoglieva nelle sue passeggiate al parco. Peggio ancora quando l’uomo passava con una pinzetta e schiacciava le zecche che si annidavano nel pelo scuro. Ma la vera tragedia era fare il bagno. Napoleone cominciava ad uggiolare sin da quando scorgeva il Professore con un vecchio paio di pantaloni e una brutta maglietta, segno inequivocabile che non aveva importanza rovinarsi i vestiti. Wellington ad ogni buon conto si arrampicava sulla libreria ed osservava le operazioni dall’alto. Garibaldi gracchiava volando in circolo e sembrava voler deridere Napoleone. Il cane da parte sua puntava ostinato le lunghe zampe mentre il Professore lo tirava per il collare. Era quello il momento in cui doveva far sfoggio di tutto il suo potere di maschio alfa. Appoggiava le mani ai fianchi e con tono fermo richiamava il cane. Napoleone non poteva far altro che prostrarsi a terra e sottomettersi. A quel punto il Professore gli ordinava di andare verso il bagno e Napoleone mogio, con la testa bassa e la coda fra le gambe non poteva far altro che ubbidire. Wellington nel frattempo si voltava per non dover vedere l’umiliazione del compare e si metteva a sonnecchiare. Garibaldi invece seguiva la coppia in bagno dove si consumava l’ultimo e ancor più umiliante atto della sottomissione di Napoleone.


Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=678566