30 novembre 2002
Prima notte
Eduardo di solito non è malinconico. Questo potrebbe essere dovuto al fatto di
non sapere mai se appartenga di più al Brasile o agli Stati Uniti – o, più probabilmente,
potrebbe essere perché la sua famiglia non è mai stata una di quegli argomenti
che, a pensarci, fanno vibrare le corde del suo cuore.
Stasera, però, si sente profondamente solo. Pensa che sia ridicolo,
visto che ci sono parecchie feste di Hanukkah in giro per il campus. Gli Alpha
Epsilon Pi gli hanno mandato un invito ma andare alla loro festa gli sembra più
un dovere che altro (in fondo ha appena fatto richiesta di far parte della
confraternita, non dovrebbe essere una specie di obbligo andarci?). Decide
invece di stare nella sua stanza del dormitorio con alcuni saggi di John
Maynard Keynes e un cartone di pollo al sesamo avanzato.
Il suono di qualcuno che bussa alla porta sembra in qualche
modo disinteressato, come se il nuovo arrivato sia convinto solo a metà di fare
visita ad Eduardo. Apre la porta e offre un sorriso interrogativo a Mark, che è
in piedi sulla soglia. Si conoscono solo da tre settimane e Eduardo non è
ancora sicuro di quello che pensa di lui.
“Odio quando Hanukkah inizia a Novembre”, dice Mark senza
preamboli.
“È come se tutto andasse sprecato e quando finisce mi
ritrovo a desiderare che fosse iniziato più vicino al Natale. Questo mi
qualifica come “Ebreo che odia gli ebrei” e significa forse che ho ormai
interiorizzato la cultura egemone basata sul Cristianesimo della società
americana?”
Tira su una mano e gli mostra una busta di carta: “I tuoi
coinquilini sono qui? Ho portato i latke, ma sono abbastanza solo per due
persone”.
“No, non ci sono”.
Il tono di Eduardo è a metà tra affettuoso, confuso ed
esasperato – il solito, quando si tratta di Mark. Dice di essere bravo a
leggere le persone, a misurarle e a sapere cosa aspettarsi (le persone e le
previsioni del tempo sono più simili di quanto ci si aspetterebbe), ma Mark
rompe ogni schema, distrugge ogni aspettativa. È uno dei motivi per cui piace a
Eduardo. Mark è una sfida intellettuale più grande di tutte le sue lezioni di
economia e dei suoi seminari sull’etica biomedica messi insieme.
“Mia madre mi ha mandato un po’ di cose per le festività –
latke, i soldi di cioccolato, persino un dreidel. A quanto pare pensa che abbia
ancora sette anni”.
“È carino che pensi a te”, dice Eduardo mestamente.
“Giusto, dimenticavo che tu e i tuoi non parlate molto”. Le sue parole sono
semplici dati di fatto; non sono dette per ferire, ma colpiscono duro lo
stesso.
“Apprezzo molto che tu me lo ricordi”.
Mark si stringe nelle spalle: “Scusa”.
“Quello è un menorah?”
“Menorah elettrico” specifica Mark. Inserisce la spina del vistoso candelabro
di plastica nella presa e si siede sul pavimento lì vicino, incrociando le
gambe.
“Credo che mia madre non si fidi di me quando c’è in ballo
del fuoco”.
“Tua madre sembra una donna saggia”.
Mark sorride ed Eduardo sente una stretta al cuore. “Perché,
non ti andrebbe di passare un sabato sera usando un estintore?”
“Passo”. Eduardo mette i latke su dei piatti di plastica, versa un paio di
bicchieri di un vino rosso brasiliano molto forte e si sdraia sulla pancia
accanto a Mark. “Allora, perché me?”
“Eh?”
“Perché hai portato tutta questa roba a me? Non hai una ragazza?”
“Aveva da fare, stasera”, dice Mark pigramente ed Eduardo è
quasi sicuro che sia una bugia. “E poi sapevo che tu eri solo. Avere un
appuntamento romantico con Adam Smith di sabato sera è terribile”.
“Sto leggendo Keynes questo semestre, non Smith”.
“È lo stesso”.
Eduardo fa girare il dreidel su se stesso, focalizzando la
sua attenzione su quello piuttosto che sulle labbra macchiate di vino di Mark.
Ha già avuto modo di assistere al divertente spettacolo di un Mark Zuckerberg
sotto l’effetto dell’alcol e il colorito che sta apparendo sulle guance del suo
amico sembra promettere una serata esilarante. “Quando ero bambino pensavo che
far girare il dreidel fosse in qualche modo collegato al gioco della
bottiglia”.
“Questo deve aver reso le lezioni alla scuola ebrea molto
divertenti”, dice Mark sorridendo malizioso.
“Non sono andato alla scuola ebrea”. Si scola il resto del
vino e si gira di schiena, guardando il soffitto. “Allora, dove sono i miei
regali, eh? Cos’è Hanukkah senza un regalo?”
“Ho portato i latke e un menorah di WalMart, bastardo
ingrato. Cosa potresti volere di più? Dovrei essere io a chiederti un regalo”.
“Sei proprio egoista”, decreta Eduardo. È un dato di fatto,
proprio come il commento di Mark sulla famiglia di Eduardo. Quelle parole non
feriscono ed Eduardo non considera per niente il fatto che proprio quella sua
frase possa essere un avvertimento che meriti una qualche attenzione.
Non si sorprende quando le dita di Mark si chiudono attorno
al suo polso. La sua presa è sicura, possessiva, ferma – tutto ciò di cui
Eduardo ha bisogno per scacciare la malinconia dalla mente. “Non osare chiedere
se sia una buona idea”, mormora Mark mentre si sporge per un bacio.
“Non ne avevo intenzione”. Sanno entrambi che è una bugia.
Prima che il bacio sia finito hanno già ribaltato il vino e
la menorah.
Quando Eduardo si sveglia la mattina dopo Mark se n’è
andato, i suoi coinquilini sono tornati ed il dreidel è stato appoggiato sopra
il suo cuscino, come souvenir.
Questa
storia è una traduzione di SummerRain e QUI trovate l’originale. L’autrice è straniera
e questo account è gestito da me. Se volete contattarmi per qualsiasi cosa,
mandate pure un messaggio privato qui o al mio account :D
Come
dice il titolo, è composta da 5 capitoli, uno per ogni Hanukkah che ha
significato qualcosa per Mark ed Eduardo. Se vi è piaciuto questo capitolo
fatemelo sapere (così magari sarò più invogliata a proseguire la traduzione :P).
Ho in mente altre mille ff da tradurre su questo fandom, quindi uso questa come
prova per vedere se c’è interesse ;)