10 Passioni

di Soul On Fire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Distances Between Us ***
Capitolo 2: *** Not Your Fault ***
Capitolo 3: *** Grido d'Amore ***
Capitolo 4: *** Prendi anche il buio di me ***
Capitolo 5: *** Leave me hypnotized, love. ***
Capitolo 6: *** Stay, and the night would be enough ***
Capitolo 7: *** I Still Believe In Your Eyes ***



Capitolo 1
*** Distances Between Us ***


Fandom: Criminal Minds.
Personaggi: Aaron Hotchner, Emily Prentiss.
Prompt: 8. Lo spazio fra noi @ Promptaddicted
Rating:
Disclaimer: I Personaggi non mi appartengono, ma sono di Jeff Davis. Criminal Minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro.
Lista: 10 Passioni. 
Nota: Spoiler 4x17 - Demonology.
Progresso: 01/10

Distances Between Us


Era distrutta. Non avrebbe voluto fare un tuffo nel suo passato, non così. 
L’intera storia di Matthew, il Vaticano, i suoi quindici anni. 
Tutto in un giorno, era veramente troppo. 

E lui, l’uomo che amava, che doveva amare in segreto, perché non si può, ci sono delle regole, l’aveva rimproverata e semplicemente mandata a casa.
Come poteva pensare di farlo? Era bravo a leggere nei suoi occhi e doveva aver visto ciò che stava provando in quel momento: un mare in tempesta. E invece no, le aveva semplicemente detto che il caso era chiuso. 

Ci sono cose che non possiamo controllare. Non voglio vederti in ufficio per i prossimi giorni.

Pensava davvero che avrebbe smesso di indagare? Dave le era stato vicino, l’aveva accompagnata dai genitori di Matthew, aveva ascoltato tutto quanto senza giudicare.

Per quanto avesse apprezzato Rossi e tutto ciò che aveva fatto, c’era sempre una vocina insistente che le sussurrava: Dov’è Aaron?

Stava andando nel suo ufficio, era sera tardi e ormai non c’era più nessuno. Nessuno tranne lui. 

- Dov’eri quando tutto andava a rotoli? Dov’eri quando tutto si sgretolava intorno a me? – era una furia. 

Hotch alzò la testa in segno di sorpresa e lanciò un’occhiata fuori, per controllare che fossero soli.

-Emily..-

-No, niente Emily. Ho aspettato una telefonata, bastava una chiamata, ma non è mai arrivata. Dove sei stato quando avevo bisogno di te?-

- Ho rischiato la mia carriera, per te. - Aaron si era alzato di scatto, sbattendo i pugni sulla scrivania. 

-Non dovevi farlo, dovevi semplicemente starmi vicino. Non volevo che sbattessi in incidenti diplomatici, avevo bisogno di te, dell’uomo di cui mi sono innamorata, non del mio superiore. – urlò fuori dai denti Emily.

- Ti ho lasciato libertà per indagare, stavi quasi accusando il governo italiano di autorizzare quel prete a uccidere. - le rispose visibilmente irritato. Non capiva quale fosse il problema.

-Non si tratta dell’indagine! Non è di quello che sto parlando! Sono stata un’idiota? sissignore. Avevi tutto il diritto di chiedermi le dimissioni per come ho agito. Ma non si tratta di questo.- 

Hotch vide che i suoi occhi si erano inumiditi. Avrebbe voluto stringerla, dirle che andava tutto bene, che ci sarebbe stato, ma sapeva che Emily non glielo avrebbe permesso. 
In quel momento, erano a miliardi di anni luce di distanza: lui su Marte, lei sul pianeta Terra.
Aggirò la scrivania che li separava e la guardò illuminata soltanto dalla debole luce del neon. Era la prima vera litigata tra di loro.

-Non ti sei chiesto nemmeno per un momento perché? Perché io, che sono sempre stata fiduciosa, che mi sono dimessa piuttosto che gettare fango su di te, sono diventata testarda a tal punto da accusare un intero governo?-

-Emily…- 

Era senza parole, era un profiler, sapeva benissimo che c’era qualcosa che non andava in lei, che Matthew non poteva essere un semplice amico. Qualcosa la turbava, gli esorcismi, la religione… si era chiusa a riccio. E lui, beh, lui l’aveva semplicemente trattata come una collega, quando significava molto di più per lui. 

-Scusami.- le disse con sincerità.

-In questo momento, non ho bisogno delle tue scuse. Vorrei soltanto capire cosa c’è tra di noi. Cosa sono Hotch? La tua amante, un’amica con cui passi il tempo?- Era ferita, non voleva credere di essersi illusa, non di nuovo. Le lacrime inondarono il suo viso. 

-Sai benissimo che non è così. – sussurrò con una punta di amarezza. –La situazione è complicata, ma non devi dubitare nemmeno un attimo di ciò che provo per te. Mi conosci, e forse meglio di chiunque altro. – continuò, avvicinandosi lentamente a lei.

-No, non lo so più. – era troppo arrabbiata per essere razionale. –Sono stufa di nascondermi, sono stufa di fingere. – gli disse, appoggiando il suo distintivo e la sua pistola sul tavolo, per poi girarsi in direzione della porta.

Hotch la fermò afferrandola per un braccio.

-Non deve finire così. E tu lo sai. Prenditi un po’ di tempo, l’affronteremo insieme. Sono qui per te, Emily.- 

-Ma io non ti sento, Aaron. – lo guardò implorante e si divincolò dalla sua stretta. 

*

Pioveva a dirotto su Washington DC, e lei stava semplicemente ascoltando la pioggia che picchiettava a ritmo regolare sull’enorme vetrata alle sue spalle.
La discussione di qualche ora prima le rimbombava nella testa.

Dov’eri quando tutto andava a rotoli? Dov’eri quando tutto si sgretolava intorno a me?

Non c’era, o meglio: non c’era come avrebbe voluto lei.

Non devi dubitare nemmeno un attimo di ciò che provo per te.

E non dubitava, non fino a quel momento. Si era fidata, si era sempre fidata di lui. Ma ora era sola su quel divano, non c’era nessuno al suo fianco. Si alzò e guardo fuori, accendendo la luce. 

Vide qualche ritardatario che rientrava a casa, e una macchina parcheggiata all’angolo della strada.

*

Pioveva a dirotto su Washington DC, e lui stava semplicemente ascoltando la pioggia che picchiettava a ritmo regolare sul finestrino al suo fianco.

L’affronteremo insieme. Sono qui per te, Emily.

L’aveva detto con sincerità, ci sarebbe stato sempre per lei, solo e soltanto per la donna che aveva cambiato la sua vita. 

Ma io non ti sento, Aaron.

Avrebbe cambiato tutto. Era andato lì per ritrovarla, per riprendersi la sua Emily. Era andato a cercare quella ragazza dal sorriso spezzato, per farla sorridere di nuovo. 

Si voltò e la vide lì in mezzo alla strada, vestita soltanto con una camicia da uomo. Una sua camicia, che faceva intravedere le sue curve, era appiccicata alla sua pelle. Emily era fradicia.

Aprì la portiera e corse fuori da lei. 

Bastò uno sguardo, un semplice sguardo, le prese il viso tra le mani e lo avvicinò al suo, fino a sfiorare le sue labbra. 

Mi dispiace. 

Erano di nuovo sullo stesso pianeta.

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Capitolo 2
*** Not Your Fault ***


Fandom: Criminal Minds. 
Personaggi: Aaron Hotchner, Emily Prentiss. 
Prompt: 9.Cielo Stellato @ Promptaddicted
Rating:
Disclaimer: I Personaggi non mi appartengono, ma sono di Jeff Davis. Criminal Minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro. 
Lista: 10 Passioni 
Nota: Spoiler 4x18 - Omnivore. Questa storia è soltanto per malati mentali come la sottoscritta. Grazie a Fra come sempre per i suoi consigli e la sua pazienza, che è paragonabile a quella di Emily! 
Progresso: 02/10

Not Your Fault

-Stai bene?- disse una voce conosciuta alle sue spalle.

-Sì.- rispose laconicamente, non aveva certo voglia di parlare in quel momento. 

-Hotch, lo prenderemo.- continuò la voce che si faceva sempre più vicina.

Questa volta non replicò e non fece nemmeno un cenno con il capo, continuò a fissare un punto imprecisato verso l’orizzonte, su quel balcone che dava su Washington DC.
Emily si mise davanti a lui e lo guardò negli occhi, non voleva che si torturasse mentalmente:

-Non puoi fartene una colpa, noi l’abbiamo arrestato. Ha avuto 10 anni per pianificare una fuga e non ha esitato a metterla in pratica. Era preparato.-

-Avrei dovuto saperlo. –

-Hotch - sorrise debolmente, sfiorandogli un braccio –non devi prenderti anche questo peso sulle spalle.- 

-Avrei dovuto sapere che non poteva arrendersi così facilmente, avrei dovuto prenderlo in custodia, farlo mettere in isolamento. Se ci avessi pensato…– lanciò un’occhiata al cielo di quella fredda sera d’inverno, che era ricoperto di stelle. Chissà se anche il Mietitore si stava godendo il panorama.

-Non puoi assumerti la colpa, non anche questa volta. Non è dipeso da te, non sei responsabile delle sue azioni.- continuò Emily scuotendo la testa e avvicinandosi sempre di più a lui. 

Hotch la guardò e poi guardò di nuovo il cielo. Era sicuro che il Mietitore non fosse lontano, stava guardando le stelle insieme a loro assaporando la libertà che non avrebbe dovuto avere.

-Emily, mi ha chiamato. Mi ha detto che se avessi smesso di dargli la caccia, avrebbe smesso di cacciare uomini aggiungendo che sarebbe stato un ottimo accordo. Gli ho detto che l’avevo giudicato male, che lo credevo più intelligente.-

Emily discostò un attimo lo sguardo dai suoi occhi e si fermò a contemplare il cielo più luminoso del solito.

- Aaron, non potevi accettare quell’accordo. Tu non stringi patti con gli assassini, tu li catturi.-

Erano le esatte parole che lui aveva usato con Foyet, lo conosceva troppo bene, meglio di quanto credesse.

-Lo so.-

-E allora smettila di farti del male inutilmente, se avessi accettato avresti fatto il gioco di uno psicopatico. Avresti alimentato il suo senso di onnipotenza e la sua sicurezza. Ora dovrà stare attento a ciò che fa, sa di essere braccato, sa che non gli darai tregua.- continuò Emily, stringendo la mano che Hotch aveva appoggiato sul parapetto della terrazza. 

Aaron ricambiò il gesto, ma non rispose. Non c’era nient’altro da dire. Sapeva benissimo che quel peso che lo opprimeva non se ne sarebbe andato del tutto fino a quando non avrebbero arrestato il Mietitore.

- Anche se avessi stretto il patto con Foyet, questa sensazione che non ti da pace sarebbe arrivata lo stesso. Ti saresti sentito in colpa comunque. Sei fatto così, detesti i compromessi e odi le ingiustizie. Non sopporti la sofferenza gratuita causata da un essere umano a un suo simile. Sei tenace e sei determinato e… io mi fido di te.-

Hotch si voltò di scatto verso di lei e la guardò negli occhi. 

-Non esiterei un istante ad affidarti la mia vita.- continuò lei. -L’hai detto tu a Morgan: non lasciare che si insinui dentro di te, non lasciare che la sua idea ti possieda. Lo affronteremo insieme, non sei solo.-

Emily lasciò a poco a poco la sua mano, stringendosi nel maglione che portava quella sera. Faceva freddo e tremava.

Hotch si tolse la giacca e gliela mise sulle spalle, attirando Emily a sé. Era il suo modo di ringraziarla. 

Ringraziarla per esserci, ringraziarla per non averlo lasciato solo dopo tutta quella giornata. Ringraziarla perché, nonostante lui si ostinasse a nascondere il loro rapporto e a vederla in segreto, lei non se ne era andata. Era ancora lì al suo fianco, su quella terrazza che sovrastava Washington, a sfidare il freddo e la sua anima triste, che poteva rivelarsi più pericolosa di una ferita mortale.

-Andiamo Hotch, non puoi tormentarti così. Domani sarà un altro giorno, domani avrai la possibilità di salvare delle vite in pericolo e nello stesso tempo avrai modo di riflettere su Foyet e su come potrà comportarsi. Ma lo farai con noi, con la tua squadra.- gli sussurrò Emily.

La tua squadra. 

A volte non si rendeva conto di essere responsabile anche delle loro vite. E’ vero, dava piena libertà di movimento a tutti, ma era pur sempre lui che avrebbe dovuto rispondere in caso di imprevisti. Sentì ancora di più quel peso opprimente. 

-Non sono sicuro di poterlo fare.- 

-L’hai sempre fatto. Hai sempre difeso il tuo lavoro, l’hai sempre scelto. Non devi pensare di mollare solo perché un poliziotto e un individuo malato hanno ostacolato la tua squadra. –

-Se io avessi accettato…-

-Aaron! Qui non si tratta di te, si tratta di lui! E’ lui quello che sbaglia, è lui che decide di uccidere, non tu. Ora smettila di autocommiserarti e torna ad essere il capo. – 

Aveva ragione, stava commettendo lo stesso errore di qualche ora prima. 

E’ il tuo ego che parla, non la tua coscienza.

Le parole di David risuonavano nella sua testa.

-Forza, rientriamo. Qui si gela.- disse Emily sfilandosi dalle sue braccia e scomparendo nell’ombra.

Hotch rimase ancora un istante a contemplare la città rischiarata dalle stelle e pensò che la vita, a volte, era davvero strana e imprevedibile. 

Lanciò un’ultima occhiata al cielo e poi seguì la scia inconfondibile del profumo di Emily. 

La trovò seduta sul letto a gambe incrociate che sfogliava una cartella con l’inconfondibile timbro dell’FBI. Era il fascicolo sul Mietitore. 

-Mi dispiace.- 

Emily alzò lo sguardo nella sua direzione e accennò una risposta:

-Non devi scusarti.-

-Sì che devo. Mi dispiace Emily.- insistette sedendosi al suo fianco.

Emily lanciò distrattamente il foglio che teneva tra le mani sulla coperta.

-A volte pensi di essere solo, pensi che nessuno possa capirti e tendi ad escludere chi ti sta intorno. Ma non è così, anche io sono arrabbiata con me stessa per quello che è successo. E’ vero, avremmo potuto capirlo, ma non è di certo stando qui a colpevolizzarmi per le persone che rischiano la vita con Foyet in circolazione che posso risolvere il caso. Quindi, anche se è difficile, cerca di andare oltre.- 

Lo disse con quel sorriso dolce che la contraddistingueva, con quella pazienza che aveva dimostrato in più situazioni di avere, ma nello stesso tempo con fermezza. 

Aaron annuì, le diede un bacio e prese il fascicolo del caso. 

Rimasero seduti uno al fianco dell’altro, mentre cercavano di immergersi nel mondo del Mietitore insieme.

***

Mentre lanciava un’occhiata al cielo stellato di Washington DC, si ritrovò a pensare che la vita era davvero strana e imprevedibile, ma non più di tanto. Tutto era andato secondo i suoi piani progettati nei minimi particolari. Nemmeno il destino avrebbe potuto farci nulla. 

Nemmeno il destino avrebbe potuto proteggere Aaron Hotchner e il suo team, pensava Foyet mentre assaporava la sua libertà rubata, guardando per un’ultima volta la terrazza dove poco prima i due agenti stavano discutendo, per poi sparire nell’ombra.
Soltanto il cielo era testimone della sua presenza. 

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Capitolo 3
*** Grido d'Amore ***


Fandom: Criminal Minds. 
Personaggi: Aaron Hotchner, Emily Prentiss. 
Prompt: 6. Il tuo tocco @ Promptaddicted
Rating:NC-17
Beta-Reader: sakura_kinomoto, fra235
Disclaimer: I Personaggi non mi appartengono, ma sono di Jeff Davis. Criminal Minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro. 
Lista: 10 Passioni 
Nota: Specifico che entrambi i personaggi risulteranno sicuramente OOC alla maggior parte dei fans, ma io li voglio vedere così lo stesso! xD Grazie alle mie due beta per essere arrivate a fine lettura senza sucidarsi! =D Il titolo è preso da Grido d'Amore, canzone dei Matia Bazar, lo so che non è da me ma era azzeccatissima per la situazione (e avere una madre che la canta stonando in continuazione non aiuta a dimenticarla). Nella storia ci sono due frasi tratte dalla stessa canzone. I diritti vanno a loro e io non ci guadagno niente. 
Progresso: 03/10

Grido d'Amore

Non si desidera mai ardentemente ciò che si desidera solo con la ragione.
François de la Rochefoucauld


Pioveva da molte ore e non voleva dar segno di smettere. 

Aveva freddo, Emily. Aveva freddo dentro. 

A volte il suo lavoro poteva rivelarsi complicato e doveva fare i conti con se stessa e la sua sensibilità. 

Quella sera, si sentiva irrimediabilmente sola, senza nessuno con cui confidarsi. 
La tristezza aveva invaso il suo animo nel profondo, e non soltanto perché aveva dovuto sopportare un caso più delicato del solito. 

Si sentiva soltanto una figura tratteggiata, abbozzata, ma sapeva per certo chi l’avrebbe resa completa.

Prese in mano il telefono e compose un numero che conosceva troppo bene. 
Non voleva assumere un tono supplichevole ma pensò che non le sarebbe uscito altro quella sera.
Dopo poche parole chiuse la comunicazione. 

Si accoccolò sul divano guardando distrattamente il cielo grigio di Washington, cercando di non pensare, di liberare la mente, perché forse quella telefonata non avrebbe dovuto mai farla, ma non voleva pentirsi. 

Dopo un tempo che le parve infinito, riconobbe dei passi avanzare decisi verso la porta e subito dopo vide il suo cellulare vibrare per qualche secondo.
Si alzò dalla sua tana silenziosamente dirigendosi verso l’ingresso. 
Aprì la porta e lo fece entrare.

Si fermarono nel salone, uno di fronte all’altro uno di fronte all’altra, alle loro spalle capeggiava la grande vetrata dalla quale traspariva la pallida luce della luna, che insieme al tenue chiarore delle candele, li faceva apparire sospesi. 

Emily lo guardò e pensò che fosse solo e incompiuto quanto lei, ecco la sua metà simmetrica. 

Hotch osservò i suoi occhi profondi, non poteva fare nulla per fermare la loro magia incantatrice.

Emily gli si avvicinò a passi misurati, sfiorandogli la mano. Aaron la strinse a sé e si perse in quell’abbraccio, sentì le labbra morbide di lei accarezzare la sua guancia ruvida. Passò una mano tra i suoi capelli, riusciva a sentirne il profumo, le cinse la vita e il suo tocco assecondò le sue curve. 
Affondò tra le sue labbra disperatamente, perché aveva un disperato bisogno di lei. Era sbagliato, non doveva succedere, ma smise di pensare perché capì che il loro desiderio era tutto fuorché razionale. 

Emily gli sbottonò la camicia quasi con rabbia, con la stessa ira che Hotch possedeva per non essere in grado di fermarsi. 

La desiderava! La desiderava adesso.

Si ritrovarono sul divano e Aaron le strappò via i vestiti, per poter misurare ogni singolo centimetro della sua pelle color avorio, quella pelle che aveva soltanto immaginato. 
Era perso nel suo mare, più la guardava e più si sentiva attratto da lei e della sua perfezione. 

La baciò con dolcezza per sentire quel calore nel cuore che se ne era andato da troppo tempo. Il suo tocco lo fece tremare. Non pensava di essere così impotente nei suoi confronti, si sentiva disarmato.

Emily si sentiva protetta, Aaron era sopra di lei e la copriva con il suo corpo, si sentiva viva, come non lo era mai stata da molto tempo a questa parte. 
Lo sentì dentro di lei e improvvisamente capì… capì che la loro unione era qualcosa di più che una semplice notte d’amore tra due anime sole. 
Il modo in cui la stringeva, il modo in cui la baciava, il suo tocco.

Era come se avessero aspettato millenni per quel momento, per quell’incantesimo in cui il resto del mondo avrebbe potuto naufragare intorno a loro, ma non sarebbe stato importante. 
Perché il mondo erano loro.

Emily si inarcò e si trovarono sempre più vicini, il suo seno sfiorò il petto di Aaron che le baciò il collo con dolcezza. 

Stavano ballando seguendo una musica muta ma presente, fino a farsi travolgere completamente dalla loro passione che toglieva il fiato. 

Hotch si sdraiò al suo fianco e la strinse al suo petto.

-Dopo te, non c’è più niente.- gli sussurrò Emily in un orecchio. 
Aaron la guardò confuso.

-Dopo noi, ancora noi.- sussurrò nuovamente la donna, per poi addormentarsi abbracciata a lui.

E allora Hotch capì, capì che tutto il mondo era esistito in quell’istante e non l’avrebbe trovato mai più se non sfiorando di nuovo Emily.

*

JJ aveva appena presentato loro il caso e il resto del team era già pronto per partire. 
Stava raccogliendo il fascicolo per poi uscire dalla sala riunioni quando lo sentì. Percepì ancora quel brivido e comprese di averla sfiorata involontariamente. 

Scrutò nei suoi grandi occhi nocciola. La notte passata con lei riaffiorò ancora nei suoi ricordi.

Ma non dirmi che non senti la magia di quei momenti, quando il mondo siamo noi.

Strinse forte la sua mano, prima urtata per sbaglio.

La sento, Emily. 

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Capitolo 4
*** Prendi anche il buio di me ***


Fandom: Criminal Minds.
Personaggi: Aaron Hotchner, Emily Prentiss.
Prompt: 2. Luce Lunare.
Rating: G
Beta Reader:
Fra235
Disclaimer: I Personaggi non mi appartengono, ma sono di Jeff Davis. Criminal Minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro.
Lista: 10 Passioni
Nota: un grazie enorme alla mia Fra, lei sa perchè. Spoiler 4x17 - Demonology.
Progresso: 4/10

Prendi anche il buio di me

Ogni uomo è una luna, con un lato oscuro che non mostra mai a nessuno.
Mark Twain


Erano almeno un paio d’ore che sostava davanti al suo appartamento in auto, con le luci spente e la radio che si udiva appena.
Non sapeva che fare!

Non sapeva se suonare e come nulla fosse… come se nulla fosse accaduto, parlare con lei.
Chiederle come stava. Chiederle se il braccio stava guarendo. Chiederle cosa era successo tra loro. Perché all’improvviso nulla era più come prima?

Perché dopo i fatti accaduti a Matthew, lei aveva reagito in quel modo, chiudendosi, allontanandolo dalla sua vita? Aveva fallito? Aveva fallito come nel suo matrimonio? Come con suo figlio?

La vera differenza tra Emily e Haley, era che Haley non gli mancava.
Quando pensava ad Haley, pensava a Jake! Lui sì che gli mancava, ma i discorsi, le carezze, i momenti di intimità con la sua ex moglie, non gli tornavano alla mente. Mai, nemmeno subito dopo il divorzio.

Stava male quando la rabbia e l’impotenza di decisioni prese da altri e da lui solo subite lo facevano essere distratto e assorto. Ma era sempre e soltanto Jack il motivo di questo malessere, era il peso della lontananza che si ripercuoteva sul suo stato d’animo. Non era vicino a suo figlio quanto avrebbe voluto.

Invece adesso era diverso.

Sentiva un dolore al petto, quando pensava a lei. Una sensazione di smarrimento, di indecisione, di.. Non trovava le parole per esprimere ciò che realmente provava.

Non voleva questo, ma non aveva fatto nulla per impedirlo.

Quella mattina, dopo il briefing, l’aveva chiamata, l’aveva trattenuta in sala riunioni dopo che tutti erano usciti.

Il suo viso bianco, con la pelle diafana, l’immensità dei suoi occhi. Non erano impauriti, carichi di lacrime come quel giorno in cui, bagnata dalla pioggia, capitò nel suo ufficio chiedendo il permesso di indagare sulla morte di un amico.

I suoi occhi erano spenti, erano smarriti, come se fossero da tutt’altra parte.

Aaron aveva avuto la netta sensazione che stessero vagando in mondi e in ricordi di cui lui non si sentiva partecipe.

Avrebbe voluto abbracciarla, dirle di preparare la borsa, che sarebbero andati via per un paio di giorni solo loro due, ma tutto ciò che Aaron riuscì a dire fu un semplice Stai Bene? e dal suo secco e sbrigativo sì! capì che lei aveva eretto un muro impenetrabile.

Quel sì lo aveva schiaffeggiato, lo aveva lasciato a scrutare la sala riunioni ormai vuota, chiedendosi perché.

E adesso, in quelle ore che precedono la sera, quelle ore dove la gente, il cielo e la città si preparano alla serata e poi alla notte, quelle erano diventate le loro ore. Ma non senza di lei. Senza di lei i minuti scorrevano lenti. E a lui mancava Emily.

Quelle sarebbero state le ore giuste per andare a suonare al suo campanello, e come di solito da qualche mese a questa parte, proporre qualcosa per cena.

Decidere insieme se vestirsi e uscire a mangiare qualcosa, se farsi consegnare del cibo cinese da un garzone oppure, se avevano voglia di preparare qualcosa loro, nella sua cucina.

Aaron ricordava ancora, quando qualche settimana prima, dopo una doccia ristoratrice avevano iniziato a tagliare il pomodoro fresco, la cipolla per il battuto e avevano iniziato insieme a cucinare un piatto di pasta seguendo una ricetta di David.

Ma Aaron, non poteva ricordare il sapore di quella cena perché il loro desiderio aveva preso il sopravvento.

Ricordava ancora il mattino successivo mentre preparava il caffè, toglieva quei piatti immacolati dal tavolo, ritirava nella dispensa della pasta che non era neanche stata aperta.

Ricordò quel sorriso che fece capolino tra le sue labbra quando trovò il cartone della pizza che avevano ordinato un paio di ore più tardi, quando abbracciati sul divano, la fame si fece spazio tra le mille emozioni appena vissute.

Quel sorriso che si trasformò in una piccola risatina trattenuta, quando Emily ordinò pizza.

Avevamo detto cibo italiano stasera.

La malinconia si stava impossessando della sua testa, e lentamente il dolore al petto aumentava.

Aveva voglia di andare di sopra, abbracciarla e starle vicino. Non c’era bisogno di parole. Voleva solo stringerla. Solo una cosa lo fermava: quel suo sguardo spento, privo di emozioni che aveva visto in sala riunioni quel giorno.

Se la morte di Matthew avesse cambiato Emily? Se adesso lei non avesse accettato più il suo amore?
Aaron non credeva di poter fronteggiare una cosa così, ma vivere nel dubbio era addirittura peggio.

Scese dall’auto deciso ad andare da lei, guardò verso la finestra e riuscì a scorgervi la sua presenza.
Lo stava guardando.

Non fece in tempo a suonare il campanello, lei aveva già aperto. Salì le scale, fece i gradini due a due. Non poteva aspettare l’ascensore.

Lei lo attendeva sulla porta. I grandi occhi scuri di Emily, lo stavano scrutando. Non disse una parola, e si scostò dall’ingresso per farlo entrare.

La guardò in viso, e vide ancora quegli occhi vuoti, privi di emozione.

Apatici.

Anche se poco scientifica, Aaron aveva una teoria: quando si affrontano le cose, ci si arrabbia se non funzionano. Si grida, si piange, si impreca. Se questo accade significa che si ha ancora voglia di combattere.
Ma se nulla ti tocca, non ti arrabbi, perché non ne vale la pena. Non gridi, non piangi.
Hai perso. Non stai combattendo.

La morte gli entrò nel cuore vedendo lo sguardo vacuo e assente di Emily. Era sicuro che nessuna parola l’avrebbe destata dal suo catatonico stato di apatia.
Aaron dolcemente le prese il viso tra le mani e una lacrima si abbandonò all’angolo di quegli occhi profondi che l’avevano fatto innamorare.

La speranza era davvero l’ultima a morire.

La baciò sulle labbra, un bacio a cui lei rispose in modo freddo.
- Andiamo.- Le disse.

Emily non prese neanche la giacca, si fece guidare da Aaron. Non avrebbe voluto andare con lui.
In realtà, in parte era arrabbiata. Ma non aveva voglia di discutere, e benché fosse furiosa, aveva desiderato con tutta se stessa che fosse lì.

Si fece guidare in auto e senza domandare dove fossero diretti, si mise la cintura di sicurezza e si lasciò portare ovunque lui volesse.

Aveva passato dei momenti quella settimana, dopo la morte di Matthew, in cui non aveva nemmeno lontanamente voglia di vederlo, incontrarlo, parlarci.

Ma più di ogni altra cosa era infuriata perché Aaron aveva rispettato questi suoi desideri. Lui aveva girato al largo! Non l’aveva incontrata, non le aveva parlato se non al di fuori delle questioni di lavoro, non l’aveva incontrata se non in ufficio.

Non le aveva telefonato.

Alla fine, Hotch aveva rispettato i suoi desideri di privacy e di isolamento. Ma Emily in realtà avrebbe voluto che lui insistesse un po’.

Aaron invece, avrebbe voluto insistere, ma… per qualche strano motivo, le stesse persone che durante un’azione di assalto, durante un interrogatorio con un sospettato, si capiscono al volo, che con uno sguardo raggiungono un’ intesa perfetta, non riescono a comprendersi quando le questioni sono personali, quando è coinvolto il cuore.

Tutto diventa più difficile, da fare, da affrontare, da capire.

Il silenzio in auto si era fatto pesante. Aaron aveva spento la radio, non voleva che fosse di intralcio a un eventuale dialogo. C’erano imbarazzo, sospiri, lunghi silenzi interrotti ogni tanto da qualche colpo di tosse.
La strada sarebbe stata lunga.

Emily appariva persa nei meandri dei suoi pensieri, e con la fronte appoggiata al finestrino dell’auto osservava verso est, dove il cielo si stava imbrunendo, dove il chiarore del sole che scendeva alle loro spalle, lasciava spazio a un blu più scuro, dove la notte sarebbe arrivata a breve.

Era smarrita nell’osservare l’enorme luna piena che diventava sempre più visibile man mano che l’oscurità avanzava.

Fermo ad un semaforo, Aaron notò come la luce della luna si rifletteva negli occhi nocciola di Emily, quegli occhi così scuri da sembrare una porta per la sua anima, quegli occhi nei quali si era smarrito la prima volta che avevano cenato insieme solo loro due, quegli occhi, i quali senza esprimere neanche una parola, dicevano già tutto sul suo stato d’animo.

Erano invasi da una scintilla, quando lei ragionava e trovava la giusta soluzione, erano brillanti e lucenti, quando anche la sua bocca si apriva in un sorriso.

Erano scuri ed impenetrabili quando era arrabbiata.

La luce della luna si rispecchiava nel suo sguardo, che per un momento parve riacquistare tutta la sua energia.
Aaron raccolse un po’ di coraggio e invece di riportare la mano sul volante dopo aver cambiato la marcia, la posò sul ginocchio di Emily, vicino alla sua mano.

Lei non fece nulla di più che guardarlo.

Al cambio marcia successivo, invece della gamba di Emily, trovò la sua mano.

Arrivarono sulla costa dell’oceano che era già buio e dopo aver preso una camera in un piccolo albergo sulla costa, Aaron le propose una passeggiata.

Fu la prima volta da quando Matthew era morto che Emily gli regalò un mezzo sorriso.

Camminarono a lungo in silenzio sulla battigia, coccolati solo dal rumore della risacca e dalle sirene dei pescherecci al largo.

La luna piena e fiera di sé li guidava con il suo chiarore.

-Dove sei stato?- gli chiese Emily.

-Ti stavo aspettando.- le rispose Aaron.

Le passò un braccio intorno alle spalle, la strinse a sé mentre insieme camminavano sulla spiaggia.

Le impronte che lasciavano sulla sabbia, prima distanti tra loro, erano sempre più vicine e mano a mano che proseguivano nel loro cammino venivano cancellate dalle onde che arrivavano fino alla spiaggia.

-Dove sei stata?- chiese Aaron

-Sono stata all’inferno!- ribatté lei.

Si fermarono e Hotch baciò la fronte di Emily.

-All’inferno?- le fece eco Aaron.

-Ho combattuto contro i mostri del passato, contro le paure di quando avevo quindici anni, di quando ero sola contro un mondo di adulti che mai avrebbero capito o compreso un’adolescente. Ho lottato contro la paura di perdere le persone che amo, come è accaduto con Matthew. Ho combattuto contro la voglia di mollare tutto e tutti, di andare lontano dai problemi e addormentarmi nella speranza che al mio risveglio tutto fosse tornato come prima.- i grandi occhi di Emily erano invasi di lacrime quando lo guardò. - Ti ho aspettato Aaron! Ti ho aspettato tanto mentre ero all’inferno, ma tu non sei arrivato a prendermi.-

Anche gli occhi di Hotch si velarono di lacrime e la strinse ancor più forte a sé. Sentiva il battito del suo cuore sul suo petto, sentiva il profumo dei suoi capelli. Sentiva le sue braccia che si aggrappavano alle sue spalle.

-Io…- disse l’uomo.

- Tu, hai mandato David. Hai mandato la persona che più di tutti ti sta dando fiducia e che più di tutti sarebbe stato obiettivo. Aaron, io questo lo capisco, ma ciò non mi impedisce di stare male per il fatto che non sei stato tu a prendermi per mano e portarmi fuori dall’inferno!-

- Se fossi venuto io, non sarei stato abbastanza lucido da gestire sia il caso sia te.- le disse, quasi a giustificarsi, anche se dal suo punto di vista, non aveva giustificazioni.

Una lacrima si staccò dai suoi occhi e corse lungo il viso da radere, si andò in fine a posare sulla testa di Emily.

Lei si sciolse dall’abbraccio di Hotch, lo guardò in volto e gli asciugò le lacrime.

- Ti prego- disse con voce rotta -portami fuori da quest’inferno, Aaron.-

Con un gesto delicato, Hotch spostò i capelli dal viso di Emily, passò la sua mano sulla guancia illuminata dal chiarore della luna e con dolcezza le sfiorò le labbra.

-Adesso ci sono qui io, non temere, andrà tutto bene.-

La baciò di nuovo, ma questa volta lo fece con fermezza, in modo che lei non dubitasse del suo amore.

Tenendosi per mano si incamminarono in direzione dell’hotel che si scorgeva in lontananza.

Il mare intorno a loro li accompagnava con il ritmo delle onde che si infrangevano sulla riva e una striscia di luce argentata li avvolgeva facendo apparire soltanto le loro figure al mondo, chiudendo fuori quell’inferno.

*

Si sentì sfiorare il viso da una dolce carezza, mentre apriva di malavoglia gli occhi scorgendo una stanza invasa dal sole del mattino.

Un bacio le sfiorò le labbra e un abbraccio le ricordò che era al sicuro.

-Sei pronta? - le chiese Aaron.

-Per cosa?- domandò Emily.

-Per affrontare i nostri fantasmi e spingerli fuori dalle nostre vite. –

-Se ogni mattina, ci svegliamo così, con un bacio ed una carezza… Amore mio! I fantasmi hanno perso in partenza.-

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Capitolo 5
*** Leave me hypnotized, love. ***


Autore: Soul On Fire
Personaggi: Aaron Hotchner, Emily Prentiss.
Prompt: 4. Nascosti
Rating: PG
Beta Reader: [info]fra235, Liana
Disclaimer: I Personaggi non mi appartengono, ma sono di Jeff Davis. Criminal Minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro.
Lista: 10 Passioni
Nota: A causa della puntata 4x18 Omnivore, mi sto inventando di tutto e di più. Spoiler sull'episodio, of course. Il titolo è tratto dalla canzone Consequence - Notwist, i diritti vanno a loro e alla loro adorabile casa discografica.
Progresso: 5/10

Leave me hypnotized, love.

Era buio, tutti i suoi sensi erano all’erta, riusciva a percepire il suo respiro calmo e regolare, era lì al suo fianco.

L’uomo a cui avevano dato la caccia senza sosta in quei mesi stava per arrivare, inconsapevole del fatto che loro fossero in sua attesa. L’effetto sorpresa avrebbe stabilito il vincitore di quella partita.

E mentre aspettava quel momento, Emily non poteva fare a meno di pensare che non poteva trattarsi di una coincidenza. Era stata una decisione ponderata, dovuta a quelle indagini in cui avevano collaborato ogni giorno sempre più vicini.

Quando avevano organizzato il piano, Hotch aveva deciso che lei sarebbe stata insieme a lui, di guardia all’ingresso secondario di quell’enorme cascina sperduta in un paese di cinquecento anime del Texas.

E adesso, nell’ombra, al buio di quella piccola stanza da cui trasparivano soltanto alcuni raggi lunari, Emily si sentiva protetta e in un certo senso fortunata, nonostante la situazione fosse pericolosa. Riusciva ancora a sentire nelle sue orecchie la voce di Aaron mentre diceva Emily con me.

Hotch dal canto suo, l’aveva scelta per il suo sangue freddo e la sua capacità di reagire prontamente a qualsiasi situazione. Non aveva ancora ammesso a se stesso che c’era molto di più dietro quella scelta. Per quanto amasse il suo lavoro, detestava la psicanalisi in quel momento.

Erano nascosti da un grande armadio, protetti dall’oscurità del locale in cui si trovavano.

-Hai sentito?- gli disse Emily in un sussurro.

-Sono passi regolari, qualcuno sta arrivando.- rispose Aaron a bassa voce. Non voleva compromettere la riuscita dell’agguato.

Hotch fu costretto ad avvicinarsi ulteriormente a Emily per non farsi notare.

Le sfiorò una mano con la sua. Quel contatto fece venire i brividi ad entrambi. Aaron si trovava a due centimetri dalle labbra di Emily e si obbligò a fissare altrove per evitare di baciarla.

Piantò lo sguardo sulla porta da cui si aspettava entrasse il proprietario di quei passi misurati e pesati con attenzione, ma non riuscì a udire più nulla.
Emily percepiva la tensione nei muscoli del suo capo, ma non sapeva se fosse causata dall’intera situazione o dal trovarsi lì, pelle contro pelle con lei. Vide una goccia di sudore imperlargli la fronte e sentì il desiderio di scacciarla da quel volto perfetto, ma si trattenne.

Lanciò uno sguardo in direzione dell’ingresso proprio come aveva fatto Hotch, ma capì che nessuno sarebbe entrato di lì, almeno non in quel momento.
-Ci ha scoperti.- le sussurrò Hotch.

Emily scrutò nel profondo di quegli occhi scuri a pochi centimetri dai suoi e perse per un istante il senso dell’orientamento.

-Dobbiamo..- le parole le morirono in gola quando vide un’ombra stagliarsi sulla porta poco distante da loro.

Hotch le fece un cenno e si trovò ancora più vicino a lei, come per nascondersi ulteriormente. Emily trattenne il respiro e caricò la pistola che stringeva nella mano sudata.

La porta si aprì lentamente rivelando una figura di bassa statura.

-FBI, mani in alto.- urlò con tono autoritario Hotch puntando l’arma in direzione del sospettato.

Emily fece lo stesso ma c’era qualcosa che non la convinceva. Non era sicuramente l’uomo che aspettava di trovarsi davanti.

-Hotch, è un bambino. – disse avvicinandosi al piccolo a cui dava massimo 8 anni di età.

Aaron abbassò immediatamente la guardia e si accucciò di fianco a Emily che disse con dolcezza al bimbo:

-Tesoro, chi ti ha mandato qui?-

-L’uomo nero mi ha detto di dire al signore che non si gioca con il fuoco, altrimenti ci si fa male. – rispose sicuro il ragazzino biondo di fronte a loro.

-Ti ha detto soltanto questo?- incalzò Aaron.

-Ha detto anche di dirti che la signora qui con te è molto bella, proprio come lo era la sua ragazza. Poi mi ha dato dieci dollari e se ne è andato.- terminò il bambino, lasciandosi accogliere tra le braccia di Emily.

-Vai.- disse lei ad Hotch, comprendendo il suo stato d’animo. Erano stati ingannati un’altra volta.

-E’ troppo tardi. – rispose tagliando corto Aaron.

*

Era seduto su quella sedia davanti a quel rapporto e a quelle foto almeno da un paio d’ore, mentre si costringeva a pensare al fatto che il Mietitore gli fosse sfuggito nuovamente, ma tutto ciò su cui riusciva a concentrarsi davvero era il profumo di Emily.
Ripensò a loro due nascosti nel buio, viso a viso, le mani che si sfioravano e per un momento provò il desiderio di tornare indietro nel tempo per baciarla in quel momento perfetto.

Non tentava nemmeno più di negare il fatto che fosse attratto da lei, era qualcosa di lampante e indiscutibile.

Si era fatto decisamente troppo tardi: ordinò la cartellina riguardante Foyet e la chiuse nel cassetto. Allentò il nodo della cravatta e si alzò lentamente dalla sedia, spegnendo la piccola lampada che teneva sulla scrivania.

L’ufficio cadde in un buio incredibilmente silenzioso, soltanto qua e là la luce della notte disperdeva i suoi raggi.

Hotch sentì dei passi avvicinarsi e come di riflesso portò la mano alla fondina dove teneva la pistola. Ricacciò indietro quel gesto appena indovinò la figura snella di Emily fare il suo ingresso nell’ufficio.

-Tornerà. Ormai ha lanciato una sfida e non smetterà fino a quando non lo prenderemo. – gli disse avvicinandosi a lui.

-E’ tardi. Credevo di avervi detto di andare a casa.- rispose Hotch con sicurezza, anche se in fondo, era felice che lei fosse rimasta fino a quell’ora.

-Non sarei riuscita a fare nulla in ogni caso. E poi tu sei ancora qui. – ribatté Emily guardandolo negli occhi.

-Ho ricontrollato tutto ma non sono riuscito a capire come abbia fatto a sapere che l’avevamo scoperto.- affermò Aaron, ricordandosi delle parole del bimbo mandato dal Mietitore.

Ha detto anche di dirti che la signora qui con te è molto bella, proprio come lo era la sua ragazza.

Se avesse torto un solo capello a Emily, se solo ci avesse provato, Hotch non si sarebbe più controllato. Doveva impedire che questo accadesse, e perché non iniziare quella notte stessa?

-Ti accompagno a casa.- le disse come se fosse un ordine. Lei lo guardò un po’ stranita, ma si limitò ad annuire e rabbrividì quando il braccio di lui sfiorò la sua schiena come per sospingerla fuori dall’ufficio.

*

Erano in auto da una mezzora buona, non mancava molto al loro arrivo. Avevano parlato nuovamente di Foyet, del fatto che fosse scappato una seconda volta.

Erano soltanto discorsi di circostanza per mascherare quell’imbarazzo invisibile che si era improvvisamente creato tra i due e che Emily riusciva distintamente a percepire semplicemente ripensando a quel momento in cui, nascosti da quell’enorme armadio si erano trovati a pochi millimetri di distanza.

Un sussulto la percosse da capo a piedi, ma si rese conto che Hotch stava accostando. Era giunta a destinazione. Cercò di cancellare quell’immagine dalla mente e gli sorrise:

-Grazie del passaggio.-

Aaron fece un cenno con il capo, per dirle che non era necessario che lo ringraziasse.

-A domani. – continuò lei, mentre apriva la portiera.

-Emily?- domandò Hotch.

Lei si voltò nuovamente verso di lui in attesa che proseguisse.

-Sì?- rispose quasi impercettibilmente Emily.

-Stai attenta.- le disse Aaron, mentre fissava il suo sguardo in quello di lei, splendente e al tempo stesso profondo quanto un oceano.

-Sempre.- gli sussurrò, appoggiando con delicatezza la sua mano su quella di lui, per poi voltarsi per scendere dall’auto.

Sentì che il suo braccio veniva stretto con dolcezza e si girò nuovamente verso Hotch, che la attirò a sé e la baciò.

Il mondo iniziò a girare e si ritrovò ancora immersa in quell’atmosfera ovattata, nascosta dal buio della notte, protetta da tutto, ma questa volta labbra contro labbra con lui.

Emily scrutò in quegli occhi scuri, che avevano finalmente lasciato andare un po’ della tensione che vi leggeva ogni giorno.

-Buonanotte, Aaron.- gli sussurrò, intrecciando le sue dita con quelle di lui.

-Buonanotte Emily.- rispose lui, sfiorandole un’ultima volta la mano.

Emily scese dall’auto, osservandola scomparire nel buio, che avrebbe per sempre protetto il loro attimo di eterno.

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Capitolo 6
*** Stay, and the night would be enough ***


Fandom: Criminal Minds.
Autore: [info]faithina
Personaggi: Aaron Hotchner, Emily Prentiss.
Prompt: 5. Casa Sua
Rating: PG-13
Beta Reader: [info]fra235
Disclaimer: I Personaggi non mi appartengono, ma sono di Jeff Davis. Criminal Minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro.
Lista: 10 Passioni
Nota: Come già detto, a causa della puntata 4x18 Omnivore, mi sto inventando di tutto e di più e continuo con questo delirio. Spoiler sull'episodio. Il titolo è tratto dalla canzone Stay degli U2, i diritti vanno a loro e alla loro adorabile casa discografica. La storia è una sorta di seguito di Leave Me Hypnotized, Love, oneshot precedente a questa. Premetto che è stato tutto scritto prima della messa in onda della quinta stagione, come potrete vedere dalla data del post sul mio LJ;)
Progresso: 6/10

Stay, and the night would be enough

Stava ripensando incessantemente agli eventi della sera prima fissando un rapporto ancora vuoto, quando la vide raggiungere la scrivania e lanciare distrattamente la borsa sulla sedia.
Riusciva ancora a sentire il suo sapore sulle labbra, ma avrebbe voluto poterlo assaggiare di nuovo. Non pensava che sarebbe riuscito a baciarla, eppure l’aveva fatto.
Emily si era diretta nell’area relax e visto che erano ancora soli, Hotch aveva pensato di raggiungerla.
-Caffè?- gli chiese, anticipando il suo saluto. Quella donna lo stupiva ogni giorno di più.
Si ritrovò con una tazza fumante in mano ancora prima che avesse trovato la voce per rispondere.
-Grazie.- rispose avvicinandosi a lei. Avrebbe voluto baciarla di nuovo, ma si trattenne.
Dopo qualche sguardo eloquente e qualche parola di circostanza, pronunciata per smorzare il loro imbarazzo, Hotch tornò in ufficio. Doveva togliersela dalla testa. Era il suo capo e le leggi dell’FBI vietavano espressamente relazioni con i colleghi. Non poteva compromettere due carriere in un colpo solo.
Si costrinse a scrivere quel maledetto rapporto e a non pensare alla sua bocca morbida, a quegli occhi scuri e profondi, ai suoi capelli setosi e al suo profumo inebriante.

* Sei ore dopo *

La giornata era trascorsa tranquilla, nessun caso all’orizzonte. Soltanto pile e pile di complicazioni burocratiche da districare e quel pensiero fisso che ormai si era trasferito in modo definitivo nella sua testa.
Sentì bussare alla porta, rispose senza sollevare la testa china sui fogli:
-Avanti.-
-Ho concluso il rapporto sull’ultimo caso. Tieni. – rispose quella voce dolce che si era abituato ad ascoltare e di cui non poteva fare a meno.
Sfiorò la sua mano mentre appoggiava il fascicolo sulla scrivania. Hotch era sicuro che fosse stato un gesto intenzionale e il suo cuore saltò un battito.
-Grazie.- sussurrò dopo qualche secondo. Troppo tardi, Emily se ne era già andata.
Sfogliò distrattamente il suo resoconto dell’indagine, senza davvero leggere ciò che vi era scritto. Lo chiuse e lo impilò sopra gli altri, ma un piccolo foglietto rosa fece capolino tra le sue mani.
La strada la conosci… Ti aspetto. Emily.
Non riuscì a sopprimere quel sorriso che insisteva per nascere sulle sue labbra. Guardò fuori dall’ufficio e notò che era rimasto solo, come accadeva da troppo tempo a questa parte.
Non ci pensò due volte, prese il cappotto e la valigetta, spense la luce e lasciò di corsa l’ufficio.
Fece il viaggio in auto in preda a mille dubbi . Se non fosse rivolto a lui quel messaggio? Se fosse finito per caso in quel rapporto? Avrebbe fatto la figura del perfetto idiota.
Magari per lei quel bacio non aveva avuto significato, forse era stato lui a dargli troppa importanza. Ma gli sguardi che si erano scambiati quel giorno in ufficio parlavano al loro posto. Persino Reid avrebbe potuto notare qualcosa di diverso nel modo in cui si erano rivolti l’uno all’altro.
Arrivò davanti alla sua porta con il cuore in gola, tentò più e più volte di bussare ma non ci riuscì.
Stava per rinunciare, quando se la trovò davanti e provò di nuovo quella sensazione di vuoto allo stomaco, come se fosse appena salito sulle montagne russe.
-Ho visto la tua auto e ho pensato che fossi arrivato, così sono venuta a controllare.-
Hotch era paralizzato e non riuscì a dire nulla, semplicemente annuì e si fece scortare dentro da lei.
Si tolse il soprabito, appoggiandolo su una sedia lì vicino, le diede le spalle soltanto per un attimo e quando si voltò Emily era a due centimetri dalle sue labbra.
Non riuscì a trattenersi, prese il suo viso tra le mani e la baciò intensamente.
Un bacio e poi un altro ancora.
Non si era mai sentito così sollevato da terra e leggero. Nessuna donna l’aveva fatto sentire così in pace e così bombardato da mille emozioni allo stesso tempo.
-Avevo paura di aver azzardato, che tu non venissi qui.- gli disse Emily onestamente.
-Sono stato qui fuori per mezz’ora, alla ricerca del coraggio per bussare. Se non fossi arrivata tu probabilmente me ne sarei andato. – le rispose con altrettanta sincerità.
Lei lo guardò profondamente e Hotch si perse nei suoi occhi scuri, appassionanti come non lo erano mai stati.
-Ti va di mangiare qualcosa?- gli domandò sorridendo.
In realtà non aveva nessuna voglia di cenare, ma rispose ugualmente in modo affermativo. Gli sembrava di essere sceso da quelle montagne russe, stava ancora ritrovando il senso dell’orientamento.
Avevano optato per una cena thailandese, il garzone sarebbe arrivato a minuti.
La casa di Emily era accogliente e rispecchiava la sua stessa personalità. Era ordinata ma sprizzava calore da ogni angolo.
Mentre la aiutava ad apparecchiare, si chiese come fosse possibile. Come era potuto accadere? Come poteva aver preso una cotta per lei? La conosceva da molto tempo ormai. Nonostante ciò, non aveva mai notato di quanto potesse essere attraente. Era stata una scoperta graduale e piacevole.
Suonarono il campanello e Emily andò a ritirare la cena. Si accomodarono uno di fronte all’altro, rimanendo però sempre molto vicini, viso a viso. La sua mano stringeva quella di lei, parlavano di come fosse saporita ma nello stesso tempo buonissima ogni singola cosa che assaggiavano.
Sembravano una coppia normale. Tranne per il fatto che erano due agenti dell’FBI che si vedevano clandestinamente infrangendo qualsiasi codice possibile e immaginabile.
Hotch cercò di cacciare quel pensiero. Non voleva perdersi nemmeno un attimo di lei e proprio per questo motivo la baciò di nuovo.
Un bacio e un altro ancora.

*

Si svegliò di soprassalto e gettò un’occhiata fuori dalla finestra, era ancora buio.
Si sentì stringere da due braccia forti e tirò un sospiro di sollievo, non era stato tutto un sogno. Aveva davvero fatto l’amore con lui.
Si accoccolò nel suo abbraccio e percepì il respiro lento e regolare di chi dormiva sonni tranquilli. Sorrise nel buio, anche se nessuno poteva vederla. Era felice, felice come non mai.
Chiuse gli occhi e cercò di addormentarsi. Ci era quasi riuscita, ma un rumore la svegliò del tutto e mise i suoi sensi in allerta.
Vide che Aaron non aveva sentito nulla, anzi dormiva ancora più profondamente di prima.
Forse se l’era soltanto immaginato, ma doveva controllare, altrimenti non si sarebbe sentita tranquilla. Si mise la camicia di Hotch e fu catapultata per un attimo nel suo profumo elettrizzante.
No, doveva restare concentrata. Prese la pistola dal cassetto e avanzò a piccoli passi nella sala, illuminata soltanto dai raggi della luna che trasparivano dalla grossa vetrata.
Un soffio di aria gelida la fece rabbrividire. Lanciò un’occhiata verso la piccola finestra dell’anticamera e vide che era spalancata. Si rassicurò: la solita finestra che non aveva mai fatto riparare e che era un po’ difettosa.
Lasciò cadere il braccio con la pistola su un fianco e fece per chiuderla, ma si bloccò immediatamente. Il suo cuore iniziò a battere con forza e gocce di sudore freddo scesero sul suo volto.
C’era qualcosa sul davanzale, ma non era ancora abbastanza vicina per capire cosa fosse. Si accostò alla finestra e riconobbe l’odore inconfondibile del sangue umano.
Lanciò un urlo spaventato. Era sempre riuscita a controllare il suo stato emotivo, ma non questa volta.
Sentì i passi di Hotch dietro di lei, che accese la luce illuminando del tutto ciò che l’aveva spaventata a morte.
-Emily! Cosa succede? Stai bene?- chiese la sua voce improvvisamente ansiosa.
Notò qualcosa che prima le era sfuggito: un biglietto rosa, identico a quello che aveva lasciato lei a Aaron.
Mi prenderò anche il tuo, Emily Prentiss.
Lacrime silenziose scesero sul suo volto e si rifugiò nell’abbraccio di Hotch, dopo avergli dato il foglietto.
Aaron lo lesse e la rabbia si impadronì di lui: Foyet.
Si avvicinò al davanzale e la sua ira aumentò notevolmente. Un cuore, probabilmente umano, era stato lasciato sul davanzale di Emily con quel biglietto.
Accarezzò i capelli di lei e le baciò la fronte.
-Non permetterò che ti faccia del male. – le sussurrò all’orecchio.
Lei sembrò ricomporsi e riacquistare la calma e l’imperturbabilità che la contraddistinguevano. Gli sfiorò dolcemente le labbra con le sue.
Hotch rabbrividì. Non avrebbe mai permesso che Foyet le torcesse un capello, sarebbe sempre stato al suo fianco, non l’avrebbe lasciata sola per un secondo.
Le strinse la mano e le fece questa promessa silenziosa.

È la fede degli amanti
come l'Araba Fenice
che vi sia ciascun lo dice
ove sia nessun lo sa.
Pietro Metastasio

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Capitolo 7
*** I Still Believe In Your Eyes ***


Autore: Soul On Fire
Personaggi: Aaron Hotchner, Emily Prentiss.
Prompt: 1. Incontri Segreti
Rating: PG
Beta Reader: fra235
Disclaimer: I Personaggi non mi appartengono, ma sono di Jeff Davis. Criminal Minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro.
Lista: 10 Passioni
Nota: Come già detto, a causa della puntata 4x18 Omnivore, mi sto inventando di tutto e di più e continuo con questo delirio. Spoiler sull'episodio. Il titolo è tratto dalla canzone I'll fly with you di Sagi-Rei (nonchè canzone dell'attuale pubblicità di Intimissimi), i diritti vanno a lui e alla sua adorabile casa discografica. La storia è ambientata dopo  Stay, and the night would be enough, che a sua volta è il seguito di Leave me hypnotized, love.
Progresso: 6/10

I still believe in your eyes

L’ufficio era deserto, le luci erano spente. Tutte tranne quelle che provenivano dal suo personale rifugio nella Behavioral Analysis Unit.

Era quello l’accordo e nessuno all’infuori di loro doveva esserne a conoscenza. Il loro piccolo segreto, segreto quanto i loro incontri che ormai erano diventati l’unica cosa che la spingeva a continuare quella follia senza nessuna possibilità di lieto fine.

Non poteva averlo, non poteva essere soltanto suo, era contro le regole, contro le convenzioni sociali, contro tutto ciò in cui si era immersa fino a quel momento.

Bussò debolmente, per assicurarsi che fosse ancora lì e soprattutto che fosse solo.
Era strano incontrarsi proprio nel luogo che impediva loro di essere una coppia come le altre.

-Avanti.- sentì dire da quell’inconfondibile voce di cui ormai si era innamorata.

Entrò quasi di soppiatto, come se stesse invadendo un territorio nemico durante un attacco a sorpresa. Gli sorrise proprio quando lui sollevò lo sguardo. Gli occhi scuri di Hotch si persero ad osservare Emily. Era bella, bellissima. Anche se era preoccupata per Foyet, per tutto ciò che era successo e per la loro relazione.

Non riusciva a smettere di guardarla.

Lei si avvicinò, sedendosi sulla poltrona di fronte a lui.

- Aaron, non possiamo continuare così. – affermò con sincerità. Hotch parve scuotersi da un sogno ad occhi aperti.

-Non posso fare un passo senza trovarmi un poliziotto in borghese appostato davanti a casa, non posso nemmeno andare in auto tranquilla! Sono costantemente seguita da un’auto di protezione. Capisco che ti preoccupi, ma non è così che lo fermerai. – continuò lei. Il suo tono di voce era cambiato, era tesa e si notava.

-Non sono mie disposizioni.- tentò di scusarsi lui. Era patetico e lo sapeva.

-Oh, andiamo! Non dirmi che non sei stato tu a dare l’ordine di seguirmi a quegli uomini! –
Ecco, ora era davvero infuriata.

-Non ci vediamo da tre mesi fuori da questo benedetto ufficio proprio perché non vuoi essere notato da quei poliziotti, e ora mi vieni a dire che non è stata una tua decisione? Credi che sia sufficiente vederti due ore la settimana qui, quando il resto della giornata lo dobbiamo passare a ignorarci? – sbottò lei. Aveva ragione e lo sapeva. Avrebbe voluto sentirsi dire che le cose sarebbero cambiate, ma per il momento Hotch non poteva prometterglielo.

-Io ti capisco, hai ragione. Ma ora non possiamo fare altrimenti. Non puoi rinunciare alla tua protezione per vedermi. Foyet ci metterebbe un secondo ad attaccarti.- le disse.

-Foyet, certo! Quell’uomo ci metterebbe un secondo ad uccidere a sangue freddo tutti gli agenti che mi hai affibbiato, se solo lo volesse. Non è così che eviti il peggio. Ammetti semplicemente che non sei più sicuro di quello che sta accadendo tra noi. – lei piantò il suo sguardo arrabbiato negli occhi di Hotch, che non poté fare a meno di notare quanto fosse bella anche così, furiosa nei suoi confronti.

-Non si tratta di questo e lo sai bene. Ti chiedo solo di avere pazienza, ormai gli siamo alle costole e lo prenderemo appena saremo di certi di non fallire.- spiegò con diplomazia, sperando che questo bastasse a fermare la sua ira.

-Credi davvero che io sia così ingenua? Quando tutto finirà, mi dirai che non possiamo stare insieme perché è contro le regole. E io non posso arrivare al punto di non ritorno, meglio che smettiamo subito. Altrimenti continuerei tutta la vita.- gli rispose trattenendo le lacrime.

Non voglio farti soffrire Em, ma adesso devo proteggerti e anche se sembrerò crudele e senza cuore, lo sto facendo perché ti amo.

-Emily, qui non si tratta di me e di te. Si tratta di salvare persone innocenti, che rischiano la vita ogni secondo che il Mietitore passa libero. Abbiamo il dovere di proteggerle, è nostro compito e lo sai bene. Non possiamo semplicemente abbassare la testa e ritirarci dal gioco. – le disse, sperando che almeno questa motivazione la dissuadesse dalle sue intenzioni.

-Sapevi bene che saremmo arrivati a questo punto, Aaron. O almeno, che io ci sarei arrivata. Non voglio avere paura di uscire di casa, di vivere e di amare soltanto perché sono stata minacciata da un assassino. Io li catturo, proprio come te, insieme a te. – calcò particolarmente su quelle ultime parole.

Insieme a te.

-Insieme. Lo siamo, sono sempre al tuo fianco e tu lo sai. Non avrei rischiato la mia carriera per aiutarti quando ne avevi bisogno e non starei con te se tenessi di più al mio posto di lavoro. Stiamo rischiando entrambi di essere sospesi, ma non mi interessa. Lo capisci? Voglio stare con te, Emily Prentiss.- questa volta fu completamente sincero nei suoi confronti. Era questo che pensava. Era l’unica donna per la quale avrebbe rischiato di perdere il suo lavoro di profiler, ciò che amava fare più di ogni altra cosa, ma non quanto amava lei.

Erano bastati pochi mesi per diventare completamente assuefatto dalla sua presenza, dal suo sorriso e dalla sua dolcezza. Quando stava con lei, anche se era soltanto per due ore in ufficio, si sentiva libero. Libero da ogni costrizione che il suo ruolo gli imponeva, poteva finalmente ridere apertamente e con leggerezza.

Una lacrima si abbandonò sulla guancia di Emily e Aaron la raccolse delicatamente con la sua mano, accarezzandole il volto. Lei strinse la sua mano e lo guardò profondamente:
-Non così. Non vedendoci di nascosto e nel tuo ufficio. Voglio viverti alla luce del sole, voglio poter fare cose normali insieme a te. – la sua rabbia si era un po’ placata, ma l’amarezza no, non se ne sarebbe andata fino a quando lui non avesse trovato il coraggio di prendere una decisione definitiva.

Emily si alzò debolmente dalla sedia, come se avesse perso una parte della sua energia. Quei loro incontri le sarebbero mancati da morire, avrebbe sofferto e avrebbe pianto. Ma era l’unica soluzione, era l’unico modo per far capire ad Aaron che, proprio perché era profondamente innamorata di lui e lo rispettava, non poteva andare avanti in quel modo.

Appoggiò badge e pistola sulla scrivania, leggendo stupore nei suoi occhi.

-Non deve finire così, Emily. –

-Se è l’unico modo per stare con te, non esiterei un solo attimo.-

-Foyet ti cercherebbe in ogni caso. Quindi riprenditi ciò che ti spetta di diritto.- gli disse lui mettendole tra le mani ciò che lei aveva appena lasciato su quel tavolo.

Emily scosse la testa negativamente. Ci aveva provato, ma anche questa volta lui non aveva ricevuto il messaggio. Non riusciva proprio a capire che non centrava Foyet, non era il fatto di rischiare la vita che la spaventava. Aveva paura di quel vuoto incolmabile che si stava creando dentro di lei, di quella voragine che Aaron aveva aperto.

Scrutò per un’ultima volta nei suoi occhi scuri:
-A domani, Hotch. -

Lui la seguì con lo sguardo dirigersi fuori dal suo ufficio, e si sentì per la prima volta totalmente inerme e sconfitto.

*

Guardò fuori dalla finestra, forse Hotch aveva ascoltato parte del suo discorso, nessun agente in vista.

Era disorientata da tutto ciò che era successo, da quello che si erano detti quella sera.
La sua parte razionale concordava con Aaron: non dovevano vedersi per non compromettere la buona riuscita dell’indagine, che in quel momento era la loro priorità.
Ma la sua parte emotiva, il suo cuore si sentiva in gabbia. Non vederlo l’angosciava, la faceva sentire disorientata e indifesa.

E quella sera le ragioni del cuore avevano messo K.O. la sua brillante razionalità.
Doveva smettere di fingere che andasse tutto bene, perché non era così. Con lui era stata sincera, e in un certo senso sperava che quella loro discussione lo facesse riflettere sulla realtà del loro rapporto.

Spense la tv che stava guardando distrattamente e si alzò dal divano, per lanciare un ultimo sguardo fuori dalla finestra.

Washington DC risplendeva come non mai illuminata da quel fantastico cielo stellato e dalla luna. Fu soltanto un attimo, ma le parve di scorgere due occhi che la fissavano dal palazzo di fronte.

Non lasciarti impressionare, Emily.

Portò immediatamente la mano alla fondina, per assicurarsi che la sua pistola fosse ancora lì. Si sentì rassicurata dalla sua presenza.
Gettò un ultimo sguardo alla strada sottostante e fu allora che lo vide.

Hotch era fermo, seduto sul marciapiede. Occupava la posizione che fino a pochi giorni prima spettava a quei gorilla che avevano il compito di proteggerla.

Aaron gettò un’occhiata alla vetrata dell’appartamento di Emily, fino ad incrociare il suo sguardo. Lei sentì il cuore esploderle nel petto e gli sorrise: forse aveva capito tutto ed era lì per stare con lei.

Hotch distolse immediatamente lo sguardo e controllò che in giro fosse tutto tranquillo. Non cercò più quel contatto visivo e Emily capì che era lì per proteggerla, non l’avrebbe mai lasciata sola.

Stavano cercando tutti e due il lieto fine. Stavano percorrendo strade diverse ma era certa che prima o poi si sarebbero trovati ad un incrocio.

Gli eroi sanno che le cose devono accadere quando è tempo che succedano.
La ricerca non può semplicemente essere abbandonata.
Gli unicorni potrebbero non essere salvati per molto tempo, ma non per sempre.
Un lieto fine non può arrivare a metà della storia.
Peter S. Beagle

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