My lifeguard di RobTwili (/viewuser.php?uid=84438)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Like Pamela Anderson ***
Capitolo 2: *** Boobs, boobs, boobs ***
Capitolo 3: *** The fabulous trio (Jude, Mandy & Sandy) ***
Capitolo 4: *** Thanks for Wikipedia's biography ***
Capitolo 5: *** First kiss, hangover & chestnut ***
Capitolo 6: *** Your personal doctor, ma'am! ***
Capitolo 7: *** Good job, Terminator! ***
Capitolo 8: *** Epilogue ***
Capitolo 1 *** Like Pamela Anderson ***
1
ATTENZIONE: Questa storia
sarà aggiornata 2 volte alla settimana, il Lunedì e il Venerdì.
“Bla bla bla bla… e la bacio con passione”. Sbuffai
lanciando il copione sopra al tavolo e stappandomi una birra.
Possibile che anche in quel copione io dovessi fare la parte
del nerd decisamente sfigato?
Dannazione, ero Tom Sturridge, un ragazzo sopra la media per
bellezza e migliore amico di Robert Pattinson, sexy (a parere altrui,
fortunatamente) star e rubacuori del decennio.
Accesi una sigaretta e mi preparai a leggere la prima pagina
del copione.
Mi piaceva leggere prima di tutto l’ultima scena così da poter
capire l’evolversi del personaggio.
Mi accorsi subito che la storia però, anche dalla prima
pagina, sembrava decisamente divertente.
Avrei dovuto interpretare un nerd sfigato ma alla fine ci
sarebbe stata una trasformazione e…si, mi sarei anche fatto la più figa della
scuola!
Sicuramente non male!
Chissà chi avevano contattato per la parte di lei.
Mora, occhi azzurri, due gran tette.
Certamente pomiciare con Megan Fox sarebbe stato un gran
colpo per il mio orgoglio!
Sarei stato invidiato anche da Rob.
Ridacchiai tra me girando pagina e continuando a leggere il
mio copione.
“TOM! TOM”. Sbuffai sentendo la voce di Art dall’ingresso.
“Sto lavorando”. Urlai di rimando prima che cominciasse a
disturbarmi con i suoi problemi adolescenziali legati alla biondina di turno
che non lo prendeva in considerazione perché lui non voleva dire il cognome per
avanzare di qualche base.
“Grandi novità!”. Si parò davanti a me con un sorriso enorme
e fui costretto ad abbassare il copione per guardarlo in viso.
“Che succede pel? Dai che sto lavorando.”. Segnai il copione
per fargli capire che avrebbe dovuto sbrigarsi.
“C’è una nuova bagnina!”. Fece l’occhiolino e sbuffando mi
accesi una sigaretta riprendendo il copione tra le mani per continuare a
leggerlo.
“Sono felice per te. Dille che sei Arthur Sturridge e tutto
sarà più facile”. Lo dissi con la sigaretta in bocca e un secondo dopo non mi
trovai più il copione tra le mani. “Ehi! C’è gente che lavora qui!”. Mi alzai
leggermente dal divano per cercare di prendere di nuovo il copione. “Pel, dammi
subito quel copione! Devo leggerlo entro due giorni!”. Assottigliai lo sguardo
per minacciarlo ma si mise a ridere.
“Non ti interessa sapere della nuova bagnina?”. Un sorrisino
mi fece capire che forse non era una bagnina adatta alla sua età.
“Fascia d’età?”. Lo fissai curioso spegnendo la sigaretta nel
posacenere pieno.
“20-24”. Troppo grande per lui, giusta per me.
“Mora o bionda?”. Requisito fondamentale.
“Bionda”. Un punto in più.
“Occhi?”. Decisamente fissato anche in questo punto.
“Il più bell’azzurro mai visto”. Sospirò come se fosse stato
in estasi.
“Terza di tette?”. Se ci fosse stato il terzo requisito mi
sarei catapultato in piscina, anche nudo.
“No”. Scosse la testa rammaricato per quella mancanza.
“Non mi interessa allora. Ridammi il copione”. Tesi la mano
con il palmo verso l’alto aspettando che mi desse il copione senza ulteriori
perdite di tempo.
“Quarta”. Lo ghignò divertito e alzai lo sguardo di scatto
per fissarlo.
“Come hai detto?”. Spalancai la bocca come ogni ragazzo di
25 anni in preda agli ormoni avrebbe dovuto fare.
“Bagnina, di massimo 24 anni, bionda, occhi azzurri, quarta
di tette, decisamente single, etero!”. Sorrise compiaciuto del resoconto e mi
alzai di scatto in piedi.
“Andiamo in piscina! Ho voglia di nuotare!”. Sorrisi come un
idiota incamminandomi verso la camera per prendere il costume.
“Ma ci sono appena stato! Non ho voglia di fare un’altra
ora!”. Lo piagnucolò triste e mi girai per incenerirlo con lo sguardo.
“Tu vieni con me perché se non è vero ti affogo. Chiama
anche Bobby, sarà felice di fare una nuotata, è da un pezzo che me lo chiede”.
Mi chiusi la porta del bagno alle spalle per mettermi il costume e lo sentii
borbottare al telefono per dire a Bobby che saremmo andati a nuotare.
Dieci minuti dopo ci trovammo tutti e tre a bordo vasca a
sbavare come san bernanrdi.
Decisamente migliore di tutto quello che la mia immaginazione
aveva creato, mi fece sentire come un idiota lì, con la mia cuffietta gialla e
blu e il mio costume nero.
“Diamine pel, questa volta avevi ragione sul serio!”. Annuii
guardandola con gli occhi fuori dalle orbite e lo vidi annuire con la coda
dell’occhio.
“Ragazzi, è una dea!”. Bobby la guardò stringendosi nel suo
speedo nero e si passò una mano davanti agli occhi.
“Io devo conoscerla!”. Lo sussurrai con fare cospiratorio
quando entrammo in piscina e ci preparammo per fare un paio di vasche sotto
l’occhio della dea dei bagnini, paragonabile solo al rallentatore di Pamela
Anderson nella sigla di Baywatch.
“Chissà se sono vere!”. Art lo sussurrò posando i suoi occhi
sulle tette della bagnina coperte da quei triangolini di stoffa rossa che
sembravano decisamente superficiali.
“Te lo saprò dire presto!”. Ammiccai verso mio fratello e lo
sentii sbuffare. “100 sterline che riesco a parlarle e a chiederle il nome e un
appuntamento entro dieci minuti”. Una cosa così impegnativa richiedeva un certo
prezzo.
“200 se le infili la lingua in bocca in mezz’ora, qui sotto
gli occhi di tutti”. Sorrise compiaciuto e cominciai a pensare ad un piano che
potesse fruttare 200 sterline in meno di un’ora.
“300 se vi levate e mi lasciate fare le mie vasche senza
rimanere qui in mezzo a parlare”. Un uomo palestrato e grosso talmente tanto da
farmi paura, si voltò a guardarci e ci spostammo subito per farlo passare.
“Ci sto. Ma devi mantenere la tua promessa”. Allungai la
mano verso quella di mio fratello che mi guardò con un ghigno nel viso.
La strinse annuendo e Bobby rimase a guardare noi e la
bagnina alternando gli sguardi.
“Puoi partire da ora”. Fece partire il cronometro dal suo
orologio e sorrisi prima di cominciare a nuotare.
Una vasca e mezza dopo sorrisi prima di mettere in atto il
mio piano.
“Aiuto! Aiuto un crampo!”. Mi fermai in mezzo alla vasca,
dopo aver controllato che non ci fosse nessuno vicino a me pronto ad aiutarmi.
“Aiuto! Un cra…”. Mi abbassai immergendomi sott’acqua e agitando le braccia
come se stessi veramente affondando.
Riemersi per prendere aria e mi accorsi che la postazione
della bagnina era vuota.
Perfetto.
“Aiuto! Un cr…”. Mi lasciai cadere ancora prima di sentire
due mani sorreggermi.
“Resisti”. Una voce di donna.
Perfetto.
Chiusi gli occhi e mi abbandonai come se fossi svenuto
quando mi sentii trasportare sul bordo della vasca.
“Ehi, mi senti?”. La voce della ragazza era vicina a me e
sentivo gente attorno a noi. Non mi mossi e cercai di non ridere. “Qualcuno lo
conosce? Sa come si chiama?”. La ragazza si stava decisamente agitando, forse
anche perché quando mi tirò due schiaffi sulle guance non mi mossi.
“Si, è mio fratello. Si chiama Tom”. Sentii la voce di Art e
lo ringraziai mentalmente.
Gli avrei lasciato dieci sterline, potevo permettermelo.
“Tom? Tom mi senti? Se mi senti stringi la mia mano”. Sentii qualcosa di caldo
posarsi sulla mia mano e rimasi immobile.
Eddai bagnina, fai
quello che ti hanno insegnato a fare!
Andiamo!
Parti con la
respirazione bocca a bocca!
La Anderson la faceva
subito, che aspetti?
Sentii qualcosa spostarsi di fianco a me e poi due piccole
mani toccarono la mia mandibola per aprirla.
Eccolo, il momento!
Sentii le sue dita posarsi sul mio petto e subito dopo una
mano mi chiuse il naso.
Quando le sue labbra cominciarono a soffiarmi l’aria dentro
ai polmoni senza tanti problemi le infilai la lingua in bocca cercando di
circondarle il collo con la mano.
Cercò subito di staccarsi e al posto della sua lingua mi
ritrovai con le nocche della mano piantate per bene sul mio naso che cominciò a
sanguinare dopo il suo gancio destro.
“Auch!”. Lo urlai portandomi una mano sul naso prima di
accorgermi che era piena di sangue.
“Oddio! Oddio scusa!”. La bagnina cominciò a gesticolare
prendendo qualcosa da dietro di lei e posandomelo sul naso. “Scusami, mi hai
colto di sorpresa e ho reagito…”. La gente attorno a noi cominciò a ridacchiare
più forte e qualcuno fischiò.
Mi asciugai il mento sporco di sangue con l’asciugamano che
mi aveva dato e cercai di rialzarmi.
“Mi hai rotto il naso”. La fissai sconvolto e la bagnina
cominciò a scuotere la testa.
“No, è stato un errore! Io non l’ho fatto apposta!”. Scosse
la testa e poi diventò seria. “Ehi, tu mi hai infilato la lingua in bocca! Si,
l’ho fatto apposta!”. Annuì una volta seria portandosi le braccia sotto alle
due enormi bocce e rimasi per un attimo a contemplare la trama di quel bikini
così fortunato.
“Ma tu mi hai rotto il naso! Hai la vaga idea di come io
potrò fare un provino tra due giorni se ho il naso rotto?”. La fissai guardando
l’asciugamano che sembrava aver cambiato colore.
“Andiamo, non è rotto. Fammi vedere”. Tolse l’asciugamano e
si avvicinò per controllare.
Strinse lievemente gli occhi e mi accorsi che erano azzurri.
Non grigi.
Non verdi.
Azzurri.
Art aveva ragione. Erano gli occhi più azzurri che avessi
mai visto.
“Allora?”. La guardai passandomi l’asciugamano sotto al naso
per togliere le ultime gocce di sangue che erano uscite.
“Io non credo che sia rotto. Dovrebbe sanguinare ancora. Dovresti
farti visitare da un medico”. Lo sussurrò alzandosi in piedi e tendendomi la
mano per aiutarmi.
Mi alzai lentamente, evitando ulteriori figuracce con un
giramento di testa.
Diamine se era alta!
Come minimo un metro e settanta, e sicuramente quelle bocce
ci stavano da dio in quel corpo da modella.
“Come un medico? Tu dovresti sapere se è rotto o no! Non
fanno fare i corsi ai bagnini?”. La fissai sorpreso e si avvicinò con fare
cospiratorio.
“Shhh! Ho saltato quella lezione. Non dirlo a nessuno, per
favore.”. Scosse la testa spaventata e ghignai malefico.
“Beh, allora devi pagare un prezzo per il mio silenzio,
potrei denunciarti”. Le sorrisi e la vidi spalancare la bocca sorpresa.
“Mi stai ricattando?”. Rimase con gli occhi sbarrati anche
quando annuii. “Tu non mi puoi ricattare, forse non ti sei accorto che potrei
denunciarti per molestie sessuali!”. Incrociò di nuovo le braccia sotto alle
bocce e per qualche secondo dimenticai di fissarla negli occhi.
“Si…beh…”. Tornai a guardarla completamente disorientato e
con la gola secca. “Direi che allora io non sporgo denuncia a te per avermi
rotto il naso e tu non la sporgi a me per molestie sessuali. Che ne dici?”. Era
difficile concentrarsi sui suoi occhi quando qualcosa di decisamente più grande
attirava la tua attenzione.
Dovevano essere naturali, sicuramente!
Sembravano così soffici, così perfettamente naturali che non
potevano di certo essere state fatte da un chirurgo estetico.
Quelle tette erano state fabbricate da madre natura in
persona!
E si era impegnata anche tanto!
“I miei occhi sarebbero sopra il mio collo, così per dire”.
Si portò le mani davanti al seno come se avesse voluto nasconderlo e alzai lo
sguardo di scatto trovandola a metà tra il divertito e l’offeso.
Bene, avevo di certo guadagnato un sacco di punti.
Talmente tanti che avrei di certo ricevuto un ‘Si’ urlato
alla richiesta di appuntamento.
Era nel manuale dei gentiluomini.
Regola numero uno: guardare insistentemente le tette di una donna, se poi sono grandi e
belle fissarsi per minuti interi.
“Ma lo sai che hai un costume fantastico? Volevo comprarlo a
mia sorella uguale uguale!”. Le sorrisi tentando di salvare la situazione.
“Perché lo voleva proprio con questo intreccio di fili! Non ti stavo guardando
le tette, volevo che fosse chiaro! Non che non siano da guardare, voglio dire,
ma un minutino fa mi sono fermato ad ammirare l’intreccio di fili rossi che ha
questo costume e ho pensato che facesse proprio al caso di mia sorella, ed è
una fortuna! Tu non sai nemmeno quanto mi ha stressato per trovarlo! ‘Tom il
costume di qui, Tom il costume di là’, per fortuna che ti ho incontrato, voglio
dire, mi schivi otto giornate di shopping con lei per trovarlo! Posso chiederti
dove l’hai comprato?”. Un sorriso bellissimo che non la smosse di nemmeno un
millimetro.
“Tu sei totalmente pazzo! È la scusa più idiota che uno si
sia inventato”. Scosse la testa ridendo di gusto.
Si.
Erano decisamente vere.
Lì ballava tutto.
“Non era una bugia! Chiedi a mio fratello pe…volevo dire
Art! Di sicuro ti dirà che è vero”. Segnai Art che si stava infilando un
accappatoio e la vidi sorridere.
“Va bene, allora chiederò a tuo fratello”. Fece un passo per
avvicinarsi ad Arthur e mi crollò il mondo addosso.
Arthur non mi avrebbe mai appoggiato perché c’era la
scommessa in palio.
“MA! Ma ora mi è venuto in mente che Art non lo sapeva”.
Scossi la testa come se fossi stato dispiaciuto. “Sai, non è del tutto normale,
soffre di una strana malattia e si dimentica le cose, poi piange all’improvviso
se gli facciamo una domanda e non si ricorda la risposta. Non vorrai metterlo
in imbarazzo, vero?”. La fissai serio e ferito dal suo possibile rifiuto. “Una
così bella donna non vorrà mettere in imbarazzo un piccolo adolescente
indifeso”. Mi fissò seria e scosse la testa.
“Non mi sembrava tanto strano prima quando gli ho chiesto
come ti chiamavi. Sai, prima, quando mi hai assalita”. Corrugò la fronte e
spalancai gli occhi.
Non si era dimentica, allora.
“Si, beh, credo ci sia stato un errore di comprensione tra
di noi, bagnina…come hai detto che ti chiami?”. Stava per scadere il tempo e
non sapevo ancora il nome.
“Non l’ho detto, infatti”. Sorrise sarcastica e la guardai
sorpreso.
Diamine, sapeva tenere testa la tetto…ehm, la ragazza!
“Beh, potrebbe essere il momento giusto per dirlo, no?”. Un
mio nuovo sorriso e lei scoppiò a ridere.
“Ho sempre saputo che voi attori siete strani, ma di gran
lunga tu sei il peggiore che io abbia mai incontrato”. Scosse la testa continuando
a ridere.
“Si, me lo dicono in molti. Quando mi hai riconosciuto?”. La
fissai serio, non credendo ai miei occhi e alle mie orecchie.
Mi aveva riconosciuto e non aveva ancora chiesto di lui.
“Quando hai aperto gli occhi dopo avermi piantato la lingua
in bocca”. Lo sibilò tra i denti e sorrisi timidamente.
“Devo assolutamente farmi perdonare per questa mancanza di
tatto. Si. Vediamo, un appuntamento potrebbe andare? Decisamente nessun
bacio!”. Le sorrisi e scosse la testa.
“No.”. scosse la testa seria, irremovibile.
“Perché? Hai il fidanzato?”. Fissai il suo anulare spoglio
da brillanti accecanti.
“No”. Scosse la testa come se fosse stata una cosa ovvia.
“Sei lesbica?”. I miei occhi si sgranarono sorpresi e anche
felici, in attesa di una risposta.
“No”. Lo disse schifata e scossi le mani.
“Era per sapere! E allora perché non vuoi uscire con me?”.
Sporsi il labbro inferiore per fare una faccina triste e sorrise.
“Perché non ti conosco e non esco con le persone che non
conosco. Non esco con le persone che ho visto una volta sola, mi dispiace”.
Alzò le spalle, come se fosse stata davvero dispiaciuta.
“Ma guarda un film che ho fatto un paio di volte così mi hai
visto tre volte e possiamo uscire assieme, no?”. Un sorriso che la fece ridere.
“No. Ed è un no insindacabile”. Scosse la testa prendendo il
suo asciugamano e il fischietto.
Se ne stava andando.
“Come? No dai! Per favore! Tu non mi hai nemmeno ascoltato!
Stavi guardando quelli che nuotavano!”. Segnai la vasca quando salutò un
biondone che le diede il cambio sulla sedia del bagnino.
“Si che ti ho ascoltato, in ogni caso stavo lavorando”. Si
avvicinò pericolosamente alla porta con la scritta ‘STAFF ONLY’ e mi accorsi
che il mio tempo stava finendo.
“Va bene, non facciamo un appuntamento, dimmi almeno come ti
chiami, così cominciamo dall’inizio!”. Cercai di sorridere conscio del fatto
che avrei vinto solo 200 sterline dalla sfida con Art.
Ma non era più una sfida, si trattava di orgoglio maschile,
e non solo di quello.
“Perché dovrei dirtelo?”. Mi fissò posando la mano sulla
maniglia pronta per abbassarla.
“Perché così la prossima volta posso salutarti per nome”. Le
sorrisi.
“Facciamo così, ti aiuto restringendo il campo. È il nome di
una canzone dei Beatles”. Sorrise chiudendosi la porta alle spalle.
Oh bene!
Ora si che sapevo come si chiamava!
Una canzone dei Beatles!
Un sacco di loro canzoni avevano il nome di una donna!
Lucy, Michelle, Jude, Anna, Eleanor, Lizzy!
E questi erano solo i primi nomi!
Che diamine!
“Allora?”. Art si avvicinò con un sorriso e scossi la testa.
“Le 200 sterline della tua scommessa le ho vinte, solo che non
so come si chiama!”. Sospirai e Bobby cominciò a ridere.
“Beh, io credo che Art debba pagare, hai avuto coraggio a
fare quello che hai fatto”. Annuì e mi batté una mano sulla spalla.
“Si, ma non so ancora come si chiama, è rimasta sul vago”.
Strinsi le labbra togliendomi la cuffia dalla testa.
“Che cosa ti ha
detto?”. Art lo chiese curioso e mi schiarii la voce.
“Che si chiama come una canzone dei Beatles”.
Possibile?
Si chiamava come una canzone dei Beatles e aveva le tette di
Pamela Anderson.
Era la donna perfetta!
Salve ragazze! :)
Non so nemmeno con che
coraggio pubblico una cosa del genere ma questa storia è nella mia mente da un
pezzo!
Glielo dovevo! Dovevo allo
smilzo una storia, e non potevo che farla comica!
Ah si, naturalmente Arthur
Sturridge esiste sul serio, è il fratello di Tom e ha un’insolita chioma
rossiccia che non so da dove sia sbucata, per questo motivo Tom ogni tanto qui
lo chiama Pel (da Pel di carota).
QUI
trovate la foto di Tom e del fratellonzo.
Saranno pochi capitoli, sette
compreso l’epilogo e la vena sarà più o meno comica come questo.
Userò questo tono ‘leggero’ solo
ed esclusivamente perché con le due storie che ho scritto ‘Do you think
you can tell?’ e ‘Redemption’,
credo mi sia sparita tutta la vena ironica che avevo (se mai ne ho avuta una) e
quindi, prima di cominciare un progetto a cui tengo un pochino, volevo
allenarmi a scrivere stupidate qui! :P
Aggiornerò, come avrete letto
sopra, due volte a settimana, il venerdì e il lunedì, così finisce anche
presto.
Se mi fate sapere che ne
pensate (gli insulti pesanti sono bene accetti) io sarò più che felice di
rispondervi! :)
A lunedì! :)
Un bacio!
|
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Capitolo 2 *** Boobs, boobs, boobs ***
1
ATTENZIONE: Questa storia
sarà aggiornata 2 volte alla settimana, il Lunedì e il Venerdì.
Oddio.
Il paradiso delle bocce!
Milioni di bocce!
Miliardi di bocce!
Grandi, perfette, morbide.
Troppe cose da fare con tutte quelle bocce.
Un sorriso si posò sulle mie labbra quando mi accorsi che
era bellissimo essere circondato da bocce.
Tante.
Troppe.
Ed erano tutte sue.
Tutte della bagnina.
Cavolo, si.
Decisamente sue.
Bocce così non si vedevano tutti i giorni, meglio
approfittare.
Un passo verso le sue bocce e mandai giù una saliva
inesistente.
Solo un piccolo assaggio di paradiso.
Non chiedevo tanto.
Solo toccare con mano.
Meno di cinque centimetri e avrei sentito la morbidezza,
l’avrei toccata con mano.
Il mio sogno si stava per avverare.
“TOM!”. Una voce mi chiamò di colpo e aprii gli occhi
infastidito.
Era una voce da uomo e gli uomini non avevano quelle tette.
“TOM! Dannazione svegliati! Devo andare a scuola, hai
capito? Mi hai chiesto di svegliarti ieri sera!”. Perché quella voce somigliava
tremendamente a quella di mio fratello?
“Pel?”. Lo grugnii schiacciandomi il cuscino sopra alla
testa e sistemandomi meglio nel letto.
“Si, chi vuoi che sia, la bagnina? E vedi di leggere quel
copione, scemo di un fratello che mi ritrovo!”. Lo urlò prima di sbattere la
porta di casa per uscire.
Copione.
Bagnina.
Sogno con tette.
Mi alzai a sedere di scatto e mi guardai attorno.
Mia camera.
Mio letto.
Io.
Nessuna bagnina.
“Pff”. Scossi la testa distendendomi a letto di nuovo.
Era stato solo un bellissimo sogno che si era infranto
ancora prima di essere finito.
Fossi riuscito a toccare qualcosina!
Prima cosa da fare: doccia fredda per sistemare le
condizioni pietose in cui il mio corpo si era ridotto con il sogno.
Diamine, avevo 26 anni e mi svegliavo come un sedicenne in
preda alla cottarella.
Ma questa volta era giustificato, con tutte le bocce del
sogno!
Mi gelai anche l’ultimo globulo rosso del sangue con l’acqua
ghiacciata, e quando uscii cominciai a battere anche i denti.
Forse avevo esagerato ma era meglio così, i bollenti spiriti
li avevo lasciati tra le coperte!
Preparai un caffè mentre aspettai che il pc finisse di
caricare.
Mi aspettava una lunga giornata di lavoro per scoprire tutte
le possibili canzoni dei Beatles che potessero contenere un nome.
Diavolo, quante avrebbero potuto essere?
Due ore, quindici album e otto iniezioni di collirio dopo,
mi arresi.
“E’ satana in persona quella! L’ha fatto apposta”. Lo
piagnucolai facendo zapping per la tv.
Spalancai gli occhi riportando il televisore a sintonizzarsi
nel canale precedente.
Uno speciale sui Beatles.
Oh si! Sarebbe stato utilissimo! Ormai avevo imparato a
memoria ogni titolo di canzone!
Lucy in the sky with diamond, Eleanor
Rigby, Hey, Jude!, Anna, Dizzy Miss Lizzy, Lovely Rita, Penny Lane, Martha my
dear, Julia, Lady Madonna, e non ero nemmeno sicuro di averle dette tutte!
Lessi velocemente il copione sicuro che avrei accettato la
parte se avessi dovuto superare il provino e poi mi dedicai ad una minuziosa ricerca
di un costume che potesse attirare la sua attenzione.
Sarebbe andato benissimo quello con le figure del David di
Michelangelo scolpite davanti, purtroppo però non avevo una grande varietà,
così optai per un semplice costume nero con due strisce colorate, rosse e
gialle, ai fianchi.
Mi accorsi che era un po’ largo ma avrei potuto
tranquillamente stringere il laccio in vita.
Meglio fargli fare un giro in lavatrice prima.
A quanto ne sapevo poteva averlo utilizzato anche Sam quel
costume!
Lo gettai in lavatrice e ordinai il pranzo dal ristorante
cinese sotto casa; sapevo che Art andava matto per il cinese quando tornava da
scuola stanco morto dopo aver fatto un’ora di basket in palestra.
Sotto l’aspetto fisico, tranne per i capelli rossi, ci
assomigliavamo parecchio, entrambi magri, decisamente smilzi, avevamo gambe e
braccia che potevano essere scambiate per lunghi stuzzicadenti.
“Tom sei a casa?”. Sentii la porta aprirsi e sorrisi quando
arrivò in cucina felice di vedere le scatolette del cinese sulla tavola. “Oh,
bene! Cinese”. Si strofinò le mani affamato e si sedette aprendo la prima
scatoletta che si trovò davanti.
“Giù le mani pel! Prima ti lavi quelle zampe unte e poi
cominci a mangiare! Per quanto ne so quelle possono essere finite da ogni parte”. Sottolineai le ultime
tre parole per fargli capire bene quello che avevo voluto insinuare.
“Un fratello idiota, ecco che cosa mi ritrovo!”. Scosse la
testa non rispondendo alla mia provocazione quando si alzò per andarsi a lavare le
mani sul lavandino pieno di piatti da lavare.
Cominciammo a mangiare e mi raccontò qualche aneddoto
riguardante la biondina che sembrava finalmente averlo notato perché, a quanto
avevo capito, le era stato detto da Shirley, amica di Claudia che era amica di
Nicky, che conosceva Brad che era il vicino di casa di Paul che conosceva Jack,
grande amico di Art, che lui era mio fratello.
“Beh, facciamo passi in avanti vedo! Ne sono felice, magari
entro la fine dell’anno scolastico riesci anche a parlarle di persona!”.
Picchiai la mia mano sulla sua spalla e sentii distintamente il pezzo di pollo
andargli per traverso.
“La vuoi smettere? Parla quello che pianta la lingua in
bocca alla bagnina! Tu ti salvi il culo solo perché Rob è famoso e di riflesso
sei diventato famoso anche tu!”. Fiero del suo discorso sorrise.
“E se non ci fosse Rob, come avresti parlato con la
biondina? No, aspetta, come le sarebbe giunta voce da Kimberly che tu sei mio
fratello?”. Sorrisi sarcastico e strinse gli occhi arrabbiato.
“Kimberly è lei! E smettila di girarmi le battute che io ti
dico solo perché sei più vecchio di me! Nel caso in cui non te ne fossi accorto
ieri sera, vorrei dirti che tutta la piscina ti ha preso in giro per quello che
hai fatto!”. Si alzò di colpo gettando nel lavandino le posate e nel cestino i
cartoni vuoti.
“No, si chiama invidia, perché io le ho piantato la lingua
in bocca”. Masticai un pezzo di dolce e si girò con un sorriso di scherno.
“Beh, le avrai anche piantato la lingua in bocca ma lei non
ha di certo gradito, visto che ti sei ritrovato le sue nocche nel naso”.
Touchè.
Colpito e affondato.
L’avevo addestrato bene.
“Si chiama amore passionale Art, è il migliore, il più
selvaggio!”. Ammiccai verso mio fratello che sbarrò gli occhi stupito.
“Se le donne sapessero quanto sei idiota non ti
guarderebbero nemmeno. Hai un chiodo fisso che ti si è piantato nel cervello e
pensi solo ad inventare posizioni nuove per scrivere il nuovo Kamasutra!”.
Scosse la testa e si sistemò le maniche della maglia.
“Ne riparliamo tra 8 anni, sai? Quando i tuoi ormoni saranno
più grandi e vedrai un paio di tette che non hai mai visto in vita tua. In ogni
caso per favore potresti stendere il mio costume? L’ho lavato prima”. Gli
sorrisi sadico, sapendo che toccava a lui distendere le lavatrici e lavare i
piatti. “Io vado un po’ a stendermi in divano, sai, mi sono proprio impegnato
tanto questa mattina per lavorare”. Ridacchiai sedendomi sul divano e lo sentii
borbottare qualcosa.
Passai il pomeriggio a finire di leggere il copione e a
prepararmi mentalmente per il discorso che avrei fatto alla bagnina per sapere
il suo nome.
Art aveva steso il mio costume che si era asciugato e dopo
aver preparato la borsa, mi ero vestito per uscire.
“Buona fortuna! Sono sicuro che questa sera farai un
figurone e tutti ti noteranno”. Art sorrise quasi sadicamente, o forse me lo
immaginai, lo salutai con la mano accendendomi una sigaretta.
Beh, come minimo avrei rinforzato i muscoli, se fossi andato
ogni sera in piscina!
Entrai in spogliatoio per cambiarmi e dopo aver indossato il
costume mi accorsi che qualcosa non andava.
Sembrava largo…come se non ci fosse stato lo spago in vita.
Fissai con occhi sgranati i due passanti vuoti e mi accorsi
con orrore che mancava una parte fondamentale: lo spago in vita.
“ART”. Lo sibilai verde di rabbia per il tiro sinistro di
mio fratello e scossi la testa.
Infondo cosa sarebbe potuto succedere? Il costume non era
poi tanto largo, avrei dovuto prestare attenzione tra una vasca e l’altra
perché non scendesse.
Odiavo portare i boxer sotto il costume in piscina, non mi
permettevano di essere libero nei movimenti, quel giorno poi non avrei di certo
potuto indossare quei maledetti boxer, presi da Rob e Kris, il natale prima,
per prendermi in giro.
Quelli rossi, con Mario Bros davanti e quelle frasi idiote
che facevano ridere.
Non sarebbe successo nulla di brutto, avrei nuotato con una
mano sull’elastico del costume per sicurezza, poi non erano nemmeno così
larghi.
Stretto nell’accappatoio entrai in piscina e sorrisi vedendo
il posto di bagnino occupato da una bionda decisamente formosa.
La mia bagnina.
Mi tolsi l’accappatoio e con un sorriso mi avvicinai a lei.
“Buonasera! Come va la mano?”. Segnai con il viso la sua
mano destra e alzò leggermente lo sguardo dalla piscina per salutarmi.
“Bene. Il tuo naso, Tom?”. Sorrise guardando un ragazzo che
la salutò con la manina mentre virava a fine vasca.
Sbiancai quando mi accorsi che era il bagnino biondo che le
aveva dato il cambio il giorno prima.
Non avrei potuto fare nulla contro di lui, mi batteva per
muscoli, altezza, braccia e qualsiasi altra cosa.
Beh, forse, non proprio su tutto, un paio di riserve di
sicuro le avrei avute, prima tra tutte la bellezza dei miei occhi e seconda,
beh… si, decisamente avrei potuto vincere io anche in quel campo, forse.
“Il mio naso stava meglio ieri, a proposito, mi potresti
dire come ti chiami? Perché sul serio, ci ho pensato tutta oggi!”. Mi abbassai
appoggiando le mani sul bracciolo della sedia e la fissai negli occhi dopo
essermi soffermato a guardare altro.
“Allora ci hai pensato troppo poco”. Sorrise voltandosi per
un secondo verso di me prima di tornare a guardare tutte le persone che
nuotavano in piscina.
“No, no! Ci ho pensato anche ieri sera e anche questa notte!
Pensa che ti ho sognato!”. Mezza bugia, avevo sognato una precisa parte di lei,
o meglio, due.
“Ah si? Mi hai sognato? E di che cosa parlavamo?”. Mi fissò
per qualche secondo sorpresa e divertita.
Beh, non c’era proprio
un discorso preciso, era più un insieme di figure.
“Continuavo a chiederti il tuo nome ma non volevi dirmelo”.
Portai il labbro inferiore in fuori come se fossi stato un bambino piccolo
deluso.
“Forse è il destino che lo vuole, non ci hai pensato?”. Mi
sorrise sistemandosi sulla sedia.
“Ehi bellezza? Che cosa mi racconti di bello?”. L’armadio
alto e biondo, altresì detto il bagnino, si alzò dal bordo della piscina come
se fosse stato il protagonista di una pubblicità di costumi da bagno.
Mini.
Mini costumi da bagno.
Costumini.
Orrendi.
Si intravedeva tutto quello che c’era sotto e mi voltai
dall’altra parte chiudendo gli occhi per non vomitare, visto che ero
all’altezza giusta.
Mi voltai di colpo capendo che anche LEI era all’altezza
giusta.
“Tutto bene Justin, tutto bene. Che mi racconti?”. Sorrise
al bagnino che si tolse la cuffia sventolando la chioma bionda come se fosse
stato un leone.
Mi sembrò addirittura che si muovesse in slow-motion!
“Mah, bellezza che vuoi che ti racconti? Solite cose.
Usciresti con me stasera, eh? Cinema e poi dopo-cinema a casa mia, ci
divertiremmo un sacco, lo sai?”. Le fece l’occhiolino e lo fissai completamente
sconvolto.
Ci stava provando con lei offrendole una notte di sesso
sfrenato incurante del fatto che ci fossi anche io di fianco.
Ok, non ero di certo della sua stessa stazza fisica ma non
passavo inosservato!
“Justin, quando la smetterai di provarci? Ti ho detto che
non sei il mio tipo”. La bagnina scosse la testa con un sorriso ma sembrava decisamente
arrabbiata.
“Jude, ti prego! Una volta sola! Quando avrai provato il
meglio non potrai più rinunciarci”. Un nuovo occhiolino e questa volta mi
infilai un dito in bocca come se avessi dovuto vomitare.
In compenso però avevo capito come si chiamava.
Jude.
Si, era un nome decisamente appropriato per lei.
Sentii Jude ridere e mi accorsi che probabilmente aveva
visto la mia scenetta.
“E lui chi è?”. L’armadio biondo mi fissò come se non si
fosse accorto che c’ero anche prima.
“Tom Sturridge”. Mi alzai in piedi per fronteggiarlo anche
se era una manciata di centimetri più alto di me.
“Questo nome non mi è nuovo, ma di certo non sei uno
sportivo.”. Assottigliò lo sguardo schifato quando osservò le mie braccia
smilze.
“Sono un attore. Famoso”. Sorrisi e sentii Jude ridere.
“Si, beh, non ti ho mai visto. Ora, mia adorata Jude, vado a
farmi una doccia bollente nel bagno riservato. Se vuoi venire anche tu sai che
ti aspetterò”. Un nuovo occhiolino.
Le cose erano due, o aveva qualche tipo di tic all’occhio
oppure gli davano fastidio le luci della piscina.
“Sto lavorando”. Rimase seria a fissare le persone in
piscina e ridacchiai tra me e me.
“Potrebbe guardare lui le persone fino a quando siamo
occupati, eh?”. Le sorrise posandole la mano sulla coscia e in due secondi Jude
si alzò prima di portargli il braccio dietro la schiena.
“Justin, tesoro, c’è qualcosa che non ti è chiaro? Fino a
quando ci provi a parole non posso fare altro che risponderti di no, ma se mi
tocchi sai che reagisco male. Ora, prima che la doccia tu debba fartela in
ospedale senza un arto, ti consiglio di sparire, ok tesoro?”. Parlò con la voce
più soave che avevo mai sentito e sentii il bagnino lasciare un gemito di
dolore quando annuì. “Ci vediamo dopo per il cambio di turno, buona doccia!”. Gli
sorrise agitando la mano per salutarlo e sbiancai.
Le cose erano due, anche in questo caso; o era pazza, oppure
era la persona più grandiosa che io avessi mai conosciuto.
“Wow, devo dire che sai difenderti bene, capisco che sono
stato fortunato ad aver presto solo un gancio destro ieri!”. Le sorrisi e la
vidi risedersi tranquilla come se non fosse successo nulla.
“Non sono manesca di solito, solo che non lo sopporto. Ci
prova da quattro mesi e non ha ancora capito che non mi interessa. Tutto qui.
Per il resto è la persona più simpatica, gentile e generosa che conosca”.
Alla faccia!
Era la persona più generosa, più simpatica e più gentile che
conosceva ma l’aveva minacciato di staccargli un arto!
Che cosa faceva alla persone che non sopportava?
“Oh, immagino! Io andrei a fare qualche vasca, Jude”.
Sottolineai il suo nome e la vidi scuotere la testa con un sorriso.
Entrai in vasca lentamente, con molta calma, lanciando
sguardi ammiccanti a Jude che guardava a destra e a sinistra, attenta che non
ci fosse nessuno che stesse affogando.
Sarebbe stato stupido e idiota far finta di affogare ancora,
anche perché, se avessi veramente avuto un crampo una volta, sarebbe benissimo
potuta accadere la storia del lupo.
Cominciai a nuotare canticchiandomi mentalmente una canzone.
‘Hey Jude don’t
make it bad,’. Una bracciata.
‘Take a sad
song and make it better,’. La mano che tirava su il costume.
‘Remember,
to let her into your heart,’. Una nuova bracciata.
‘Then you
can start’. L’altra mano che
tirava su il costume.
‘To make it
better.’. una nuova bracciata.
Arrivai a fine vasca con un
sorriso da idiota e la bocca piena di acqua e cloro.
Non era una buona idea quella
di ridere nuotando a stile!
Mi fermai di fianco al
trampolino, sorreggendomi con le braccia al bordo vasca e sorrisi di fronte a
Jude.
“Hey Jude, non essere pessimista”. Tentai di non canticchiare
l’inizio della canzone con uno scarso risultato. Per lo meno riuscii a farla
ridere.
“Sai in quanti ci hanno provato
così?”. Sorrise fissando il centro della piscina.
“E funziona? Voglio dire, posso
fare colpo?”. Le feci l’occhiolino convinto che non mi avrebbe guardato, invece
si voltò proprio in quel secondo.
“Dipende”. Sorrise in modo
enigmatico, quasi quanto la sfinge, e continuò a fissare il centro della
piscina.
“Ma mi lascerai uscire con te,
un giorno? Non ti porto a casa mia dopo il cinema al primo appuntamento, lo
prometto”. Sorrisi spostandomi leggermente quando sentii qualcuno che ridacchiò
di fianco a me.
Forse aveva sentito la mia
battuta e faceva ridere.
Ero famoso per essere un
burlone.
“Sai, Tom”. Si fermò di colpo
puntando i suoi occhi diritti nei miei. “Devo dire che mi piace un sacco il tuo
costume”. Sorrise tornando a guardare in centro vasca.
“Davvero?”. Mi appiattii ancora
di più alla parete ruvida della piscina e la vidi annuire.
Avevo fatto centro con il
costume.
“Si, voglio dire, amo quelle
righe colorate che ci sono di fianco, di che colore sono? Rosso e giallo?”.
Puntò di nuovo i suoi occhi nei miei con un sorriso divertito sul viso e il mio
sorriso si allargò.
Aveva una memoria visiva
spaventosa.
Però mi piaceva giocare, quindi
decisi di continuare.
“Beh, non lo so, controllo”.
Sorrisi divertito abbassando lo sguardo per controllare le righe del mio
costume ma quello che vidi mi gelò il sangue nelle vene.
Non c’era il costume.
Non c’era il mio maledetto
costume.
Solo la mia pelle.
Nudo.
Completamente nudo.
“Bene”. Alzai gli occhi per
guardarla ridere e non potei non soffermarmi su quelle bocce che si muovevano
saltellando qua e là.
Vere, sicuramente vere.
“Il tuo costume è lì”. Puntò il
dito decisamente molto distante e quando mi voltai mi accorsi che il mio
costume era in mezzo alla vasca, sembrava che nessuno se ne fosse accorto
perché quasi tutti erano usciti.
“Oh, grazie per l’informazione.
Potresti, che ne so, potresti prendermelo per favore?”. Mi appiatti di più al
bordo per non far vedere le mie grazie a chiunque.
Lei avrebbe di certo potuto
vederle ma magari non sotto ai riflettori.
“Oh, mi dispiace”. Finto tono
dispiaciuto che mi fece spalancare la bocca sorpreso. “Non posso abbandonare il
posto per nessuna ragione al mondo, a meno che qualcuno non stia affogando”.
Alzò le spalle e tornò a sorridermi.
“E io cosa dovrei fare?
Rimanere qui nudo con tutto l’armamentario di fuori?”. La fissai segnandomi con
la mano l’amico che era rimasto scoperto.
“Beh, le cose sono due: o
aspetti che Justin venga a darmi il cambio e chiedi a lui se per favore può prenderti
il costume, oppure vai nuotando fino a lui”. Sorrise di nuovo segnando il
costume.
“Ma sono nudo!”. Alzai le
sopracciglia spaventato.
Non le facevo proprio pena?
Nemmeno un po’?
“Andiamo, sei un attore, famoso”. Imitò il tono di voce che avevo usato in
presenza di Justin. “Ti avranno già visto nudo, no? Sei così timido?”. Sorrise
maliziosa e si sistemò sulla sedia.
“Ma mi vedranno tutti, compresa
tu!”. La fissai sbarrando ancora di più gli occhi.
Ero decisamente più propenso
per un tetè-a-tetè con lei, se poi c’erano anche altre due, che erano sempre
con lei, ossia le sue bocce, per me non c’era problema, ma non tutta quella
gente!
“Oh, così tante storie per un
sedere! Credi che non ne abbia mai visto uno? Visto uno visti tutti, diceva mia
nonna!”. Sorrise fischiando ad una ragazza che aveva preso il mio costume in
mano e le segnò di lasciarlo lì.
Era una vendetta.
Bella e buona!
“Per favore, girati dall’altra
parte”. La supplicai e la vidi ridere.
“Non posso, mi dispiace! Se
qualcuno affoga poi la responsabilità è mia”. Fece una finta faccia triste e
assottigliai lo sguardo incenerendola.
“Molto bene. Molto, molto
bene!”. Annuii e con una mano mi coprii l’amico prima di girarmi verso il mio
costume, praticamente dall’altra parte della piscina.
Sentii Jude ridere forte quando
cominciai a nuotare, con un braccio solo, verso il mio costume, ma feci finta
di nulla e continuai per la mia strada.
Quando arrivai al mio costume
mi appiattii contro l’altra parete della piscina e lo infilai.
Dopo un sospiro di sollievo,
che non mi risparmiò di certo l’imbarazzo di essere stato visto nudo da decine
di persone, cominciai a nuotare, tenendomi fisso il costume con una mano, verso
di Jude che stava parlando con un’altra ragazza.
Le sentii ridere e mi accorsi
che il motivo ero io.
Perfetto, ora ero diventato la
barzelletta di Jude e della sua amica che non aveva quasi nulla da invidiare al
corpo di Jude.
Jude la batteva decisamente per
tette, ma quella aveva un signor culo!
Eppure…
Eppure ero quasi sicuro di aver
già visto quel sedere, perfetto, tondo…
Socchiusi gli occhi cercando di
mettere a fuoco il sedere e per cercare di capire dove l’avessi visto.
“No Peach, te l’ho detto! Non
riesco più a fargli capire che non mi interessa! Gli ho quasi staccato un
braccio ma non ci arriva!”. Jude sorrise alla bionda che si raccolse i capelli in una coda di cavallo.
Peach, il nome non mi diceva
nulla.
“Beh, potresti che ne so,
decapitargli l’affare di giù e, boh! Questi uomini! Come ti ho detto io non
voglio avere a che fare con uomini per molto tempo!”. Si girò leggermente e
spalancai gli occhi quando, dopo avergli ben fissato le tette, arrivai al suo
viso.
Io l’avevo già vista!
L’avevo vista assieme a Rob in
un cartellone pubblicitario!
Era culetto di platino!
La modella di ‘Midnight secret’, quella sventola che Rob aveva venerato per
mesi!
Culetto di platino si gettò in acqua con una grazia degna di una
farfalla e fissai Jude stupito.
“Vedo che hai recuperato il
costume!”. Mi sorrise sarcastica e annuii.
“Si, grazie per l’aiuto!”. Sorrisi a mia volta e la vidi chinare la testa come
se avesse voluto rispondere al mio ringraziamento. “Ma la ragazza che parlava
con te, Peach mi sembra, che lavoro fa?”. Meglio partire da lontano, magari non
era lei, ma non ne potevo essere sicuro.
“Si è trasferita da poco a
Londra, non ho ancora capito che lavoro fa, perché?”. Assottigliò lo sguardo
divertita.
“Mi sembrava di averla già
vista in giro e non sapevo se era un’attrice”. Alzai le spalle tenendomi il
costume ben stretto con una mano.
“Può essere, faceva la
modella”. Bingo!
Era culetto di platino!
Bisognava avvertire Rob!
Sarebbe corso a Londra!
No, meglio non avvertirlo.
Se fosse venuto a Londra magari
Jude si sarebbe lanciata tra le sue braccia e mi avrebbe snobbato.
Non che si fosse dimostrata
attratta da me, ma per lo meno non mi aveva rotto un braccio.
“Ehi, potresti spostarti per
favore? C’è gente che qui vuole calare una taglia!”. Sentii qualcuno venirmi
addosso e quando mi girai Peach mi fissò con gli occhi spalancati. “Oddio.
Jude, non era una bugia!”. Mi fissò puntandomi addosso l’indice e sentii Jude
ridere.
“Ciao, modella di Midnight
secret”. Le feci un occhiolino e, potrei giurarlo sulla mia camicia a scacchi
bianca e nera, sbuffò fumo dal naso.
“Non sono più la modella di
Midnight secret!”. Assottigliò lo sguardo come se avesse voluto lanciarmi una
maledizione, probabilmente un crampo così forte da farmi affogare.
“Ok, scusa”. Le sorrisi per
rimediare ma non mi sembrò convinta.
“Peach, ci vediamo domani sera,
sta arrivando Justin e non voglio assolutamente parlargli”. Jude si alzò dalla
sua sedia e si incamminò verso la stessa porta della sera prima senza nemmeno
salutarmi.
“Jude!”. Cercai di chiamarla ma
un bambino cominciò a piangere e la sua voce sovrastò la mia.
“Allora? Ti sposti?”. Peach mi
fissò seria e segnò il muro dietro di me.
“Si”. Lo sussurrai sconfitto
prima di avvicinarmi al bordo per uscire.
“Attento al costume, non vorrei
mai rivedere il tuo sedere per una seconda volta”. La voce di Peach arrivò da
dietro le mie spalle e sentii che stava ridendo.
“Divertente, davvero”. Glielo
sibilai uscendo dalla vasca e tenendomi una mano sull’elastico per non farli
cadere.
Prima cosa da fare: uccidere
mio fratello per lo scherzo idiota che mi aveva fatto.
Seconda cosa da fare: mandare
un messaggio a Rob con scritto che culetto di platino era in città.
Terza cosa da fare: conquistare
la tetto….ehm, la bagnina!
Salve
ragazze!
Capitolo
lunghissimo!
Era
da un bel pezzetto che non mi usciva un capitolo così lungo!
Allora,
come avete potuto vedere la storia continua con il comico-demenziale, spero di
essere riuscite a strapparvi un sorriso!
Devo
alcune spiegazioni: PEACH è un personaggio di Cris87_loves_Rob e
della sua bellissima storia ‘The pain you
give me. It’s love’.
Con
il suo permesso mi sono presa un suo personaggio e l’ho inserito qui per un
paio di capitoli, mi piace un sacco come l’ha costruita solo che non sono
sicura di aver rispettato completamente il suo carattere! :)
Nella
storia ha fatto la modella per ‘Midnight secret’ e nell’ultimo capitolo
pubblicato si lamentava di aver acquistato una taglia, l’ho quindi iscritta in
piscina per cercare di buttar giù la taglia e l’ho fatta diventare amica di
Jude.
Per
quanto riguarda Justin…metterò la foto in fb.
Spero
che nessuno si sia offeso e se volete lasciarmi commenti minatori, accetto
anche quelli! :)
A
venerdì!
|
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Capitolo 3 *** The fabulous trio (Jude, Mandy & Sandy) ***
1
ATTENZIONE: Questa storia
sarà aggiornata 2 volte alla settimana, il Lunedì e il Venerdì.
Il provino era andato più che bene, probabilmente avrei
ottenuto la parte.
Avevo recitato la mia parte benissimo, interpretando un nerd
che si era sentito veramente a disagio davanti alla ragazza.
Sembrava che per la parte di lei ci fosse un’attrice sconosciuta,
pronta a stupire il mondo con le sue tette, cioè, con i suoi occhi.
Personalmente, qualsiasi attrice scelta, non avrebbe mai
superato la mia bagnina.
Né per tette, né per bellezza, né per altro.
Lei era perfetta!
Tette perfette, occhi perfetti, corpo perfetto, tette
perfette, tette perfette, sapeva anche difendersi.
Però mi serviva un appuntamento.
Fisicamente era perfetta, certo, ma volevo scoprire se oltre
alle tette c’era qualcosa di più.
NON fisicamente
(almeno per il momento), perché ero certo che Jude avesse tutte le carte in
regola, solo per sapere se anche intellettualmente era la mia compagna.
Quindi, per tentare di capire se avevo trovato l’altra metà
mela, anche quella sera mi ero diretto in piscina per una sana nuotata.
Salutai Art e con la mia borsa arrivai velocemente alla
piscina.
Avevo comprato un costume nuovo, della mia taglia, e anche
una cuffia in tinta.
Mancavano gli occhialini ma sinceramente non mi servivano, i
miei occhi mi permettevano di vederci anche sotto l’acqua ripiena di cloro
della piscina.
Quando aprii la porta della piscina il mio sguardo corse
subito al posto del bagnino, occupato, naturalmente e fortunatamente, da Jude.
Con un sorriso idiota ed estatico, per controllare che fosse
proprio lei (anche se decisamente non c’erano dubbi, vista la chioma bionda),
diedi un’occhiatina veloce veloce, questione di qualche secondo, alle sue
bocce.
Si, era lei.
Mi tolsi l’accappatoio e velocemente camminai verso di lei
con un sorriso stupido.
“Jude”. Chinai leggermente la testa e alzò, per un secondo,
gli occhi dalla piscina prima di tornare a fissare l’acqua.
Diamine, era l’unica bagnina che prendeva seriamente il suo
lavoro, non avevo mai visto nessuno rimanere per così tanto tempo fisso su
qualcosa!
“Tom”. Sorrise appena e non si mosse di un millimetro.
Ok, serviva qualcosa per attirare la sua attenzione;
prospettive che si potevano utilizzare?
- Denudarmi
davanti a lei;
- Proclamarle
il mio amore in modo incondizionato, stile Romeo e Giulietta, alcune donne
amavano quelle cose;
- Lanciarmi
in acqua con un tuffo doppio carpiato arrotolato con tre giri su me stesso
più il giro della morte prima di toccare l’acqua anche solo con il primo
capello;
- Cominciare
a cantare a squarciagola qualche canzone.
- Evitare
di fare figure davanti alle altre persone ma attirare la sua attenzione.
Serviva qualcosa e subito; il mio cervello, che funzionava
come un treno a vapore arrugginito, trovò la soluzione.
“Sai che ho la parte? Mi hanno preso anche se avevo il
labbro ancora un po’ gonfio per il tuo pugno”. Le sorrisi e la vidi muovere un
solo muscolo per sorridere.
“Sono felice”. Annuì leggermente e continuò a fissare la
vasca.
Ah beh, allora si che avevo fatto un buon affare con quella
scelta!
Forse sarebbe stato meglio scegliere l’opzione a!
“Si, anche io! Tu come stai?”. Le sorrisi abbassandomi di
fianco a lei e posando le mani sul bracciolo della sua sedia.
“Bene, grazie”. Annuì di nuovo e non mosse nemmeno di un
centimetro gli occhi per guardarmi.
Eravamo di poche parole quella sera, eh?
Oppure prima di cominciare il turno aveva mangiato uno
yogurt scaduto e acido!
“Wow, beh, grandi discorsi questa sera, eh?”. Tentai di
farla ridere ma non ci riuscii.
“Sto lavorando”. Alzò le spalle e la fissai con la bocca
spalancata per la sorpresa.
Possibilità che accettasse un mio appuntamento quella sera?
Meno infinito.
“Ciao bellezza!”. Il sireno emerse dall’acqua con quel
maledetto sorriso accecante e la salutò con la mano come se non l’avesse vista
per giorni.
“Justin”. Non lo guardò nemmeno, cominciò a fischiare contro
una bambina che voleva staccare un pezzo di divisorio tra una vasca e l’altra
della piscina.
“Bellezza, siamo di poche parole questa sera, eh?”. Le fece
l’occhiolino ma nemmeno se ne accorse perché non lo stava guardando.
Beh, almeno anche a lui andava male!
“Sto lavorando”. Stesso tono distaccato che aveva usato con
me qualche minuto prima.
“Vuoi che passiamo direttamente ai fatti senza perderci in
quegli stupidi convenevoli chiaccherecci? Che ne dici? Io, te, doccia? Torni
tra una decina di minuti e vedrai che avrai il sorriso”. Continuò a sorridere
come un idiota ammiccando.
Si, decisamente ci avevo visto giusto la sera prima.
Aveva un tic che sembrava manifestarsi solo in presenza di
Jude.
“No”. Secca e decisa fece sparire il sorriso dal viso di Justin.
“Dieci minuti poi, vergognati”. Lo sogghignò e non potei fare a meno di ridere
anche io.
Il bagnino si girò di colpo a fulminarmi con lo sguardo e mi
zittii improvvisamente.
“Che cosa vuoi tu?”. Mi segnò con il mento e alzai le mani
per dirgli che non volevo veramente nulla. “Jude, bellezza, in ogni caso
possiamo stare chiusi quanto vuoi in quello spogliatoio, era solo perché stavi
lavorando! Fosse per me ti terrei chiusa anche per cinque o sei ore”. Un nuovo
ammiccamento che mi fece tossire per non ridere.
“Justin, sono quattro mesi che ti dico di no, e posso
assicurarti che questa risposta la sentirai ogni sera della tua vita, se
continuerai a lavorare qui, o meglio, a vivere ancora a lungo”. Si girò
sorridendogli angelica e ridacchiai.
“Mai dire mai, bellezza! Ci vediamo dopo per il cambio di
turno”. Ammiccò di nuovo e sbuffai guardando Jude.
“Ma ha un tic che continua a fare l’occhiolino?”. La fissai
stupito e cominciò a ridacchiare.
“No, pensa di conquistarmi così”. Scosse la testa e non riuscii a non ridere a
mia volta.
“Per fortuna non ci riesce”. Lo sussurrai ma qualcosa mi
fece capire che forse Jude l’aveva sentito perché cominciò a ridere facendo
ballare tutte le sue amiche davanti.
Chissà se anche loro erano munite di scheda elettorale.
Io per par condicio la scheda elettorale l’avrei sicuramente
data ad entrambe.
Anche un nome a dire la verità.
Mandy e Sandy, ad esempio!
Mandy era la…destra, si, la destra, e Sandy la sinistra!
Mandy, Sandy e Jude, che trio vincente!
“Bene, allora io andrei a fare qualche vasca e ti lascio al
tuo bellissimo lavoro, casomai ci sentiamo dopo, no?”. Visto che dovrei chiederti di uscire.
Annuì non spostando lo sguardo per guardarmi.
A spalle curve sotto il peso della sconfitta mi avviai verso
la scaletta per scendere in acqua.
Possibilità di avere un appuntamento in quel momento?
Meno di meno infinito!
Quando, dopo essermi immerso nell’acqua piena di cloro mi
girai per guardare Jude, rimasi a bocca spalancata per la sorpresa.
Dove era finito il broncio da ragazza incazzosa?
Dove era finito il suo rimanere seria e sorridere appena
dopo una mia battuta che avrebbe fatto ridere anche una guardia di Buckingham
Palace?
Jude, seduta sulla sua sedia verde smeraldo stava ridendo a
crepapelle, asciugandosi addirittura una lacrima che le solcava la guancia, o
perlomeno, sembrava così da quella distanza.
E tutto questo per opera di?
Peach!
Cominciavo a provare una certa antipatia per culetto di
platino!
Sembrava l’unica in grado di far ridere Jude, l’unica con
l’esclusiva di parlarle normalmente.
Che cosa serviva, un vip pass?
Ero Tom Sturridge, dannazione!
I vip pass li consegnavano alla gente per vedere me!
Il più velocemente possibile (più o meno alla velocità di
Michael Phelps), seminai tutta la vasca a stile e arrivai nel lato vicino a
Jude e a culetto di platino, poi, dopo essermi posizionato sotto al trampolino
perché non mi vedessero, cominciai ad origliare i loro discorsi.
“Davvero? Anche questa sera?”. Culetto di platino lo chiese
quasi schifata.
Stavano parlando di me?
Del fatto che anche quella sera ero andato a trovarla?
“Si, e non sapevo se ridergli in faccia o tirargli un
pugno”. Jude lo ridacchiò e sorrisi prima di assorbire le sue parole.
Tirare un pugno?
A me?
Spalancai gli occhi sorpreso e inconsciamente mi massaggiai
lo stomaco.
“Beh, ritieniti fortunata, voglio dire, sei apprezzata”.
Culetto di platino lo disse ridendo e aggrottai la fronte confuso.
“Perché dovrei sentirmi fortunata? È una cosa stressante
ogni sera, dovrebbe averlo capito ormai”. Un sorriso idiota si dipinse sul mio
volto.
Stava parlando del sireno!
“Jude, cavolo! Anche tu! È da un pezzo che non hai un
ragazzo, più o meno da quando non ce l’ho io. Sappiamo entrambe che si sente”.
La cosa si faceva interessante, ma riuscii a trattenermi e a non urlare ‘Continua culetto di platino!’.
“Si, ma Peach, Justin? Cioè, può anche essere un bel ragazzo
ma di cervello non ci siamo!”. La mia tetto…ehm, la mia Jude!
Allora se non guardava solo l’aspetto fisico qualche
possibilità potevo averla anche io assieme agli stuzzicadenti che mi trovavo
per braccia.
“Beh, ora come ora direi che il cervello non serve!”.
Culetto di platino era proprio messa male!
Il mio lato cavalleresco improvvisamente si fece sentire
prepotentemente.
Mi sarei alzato e avrei urlato ‘Culetto di platino, vieni qui che una botta te la do io che così poi va
tutto bene!’.
Il problema era che agli occhi di Jude non mi sarei fatto
vedere di certo in buona luce.
Così, dopo aver riposto il lato cavalleresco infondo al
cuore, tornai ad ascoltare zitto.
“Sei messa così male Peach? Perché altrimenti posso chiedere
a Justin di alleviare le tue sofferenze”. Ridacchiai assieme a Jude quando la
sentii pronunciare questa frase.
Le donne, se lasciate da sole potevano veramente diventare
più pervertite dei maschi.
“Ma non è quello”. Sentii culetto di platino sbuffare. “Mi
servirebbe qualcuno che mi intriga intellettualmente, capisci? Qualcuno che sa
stenderti con uno sguardo, che ti fissa e tu non capisci più nulla. Qualcuno
che sappia tenermi testa e sulle spine, che non mi cada ai piedi subito ma che
sappia sedurre, ecco!”. Sospirò e sorrisi.
Avevo l’uomo giusto per lei.
Quello che sapeva stenderti con un’occhiata (non mi aveva
mai steso ma era successo a tante ragazze), qualcuno che sapeva intrigare
intellettualmente (con la biblioteca di libri che aveva letto ne sapeva più lui
di un bibliotecario) e che sapeva tenere testa. Sapeva essere uno stronzo di
prima categoria se si impegnava perché voleva ottenere qualcosa!
Dovevo chiamarlo e organizzargli una bella nuotata in
piscina con culetto di platino!
“Si, mi è chiaro il concetto”. Jude lo disse in tono grave e
cominciai a pensare che forse non le interessavo come mi ero immaginato.
“Ma quello moro lì, l’attore famoso amico di quello ancora
più famoso, che fa sempre qui?”. Mi drizzai come un galletto sentendomi
chiamato in causa.
“Ci prova credo, come tutti”. Il mio sorriso sparì
sentendomi improvvisamente uno dei tanti.
“Ma voglio dire… in che categoria lo inseriamo?”. Culetto di
platino ridacchiò e spalancai gli occhi sorpreso.
C’erano delle categorie?
Questa mi era nuova.
“Non ha una categoria per ora, sto ancora sondando il
terreno. Bello è bello, certo, però sto cercando di capire qualcosa in più. Un
punto a suo favore è che almeno non ragiona come Justin”. Tornò a ridacchiare e
gonfiai il petto fiero.
Non ragionavo come Justin!
“Nel senso che non ha ancora cominciato a pensare con il
cervello del sud?”. Culetto di platino lo ridacchiò e sentii Jude ridere.
Oddio, quanto mi sarebbe piaciuto alzare la testa e guardar
ridere Jude, Sandy e Mandy!
“Non ancora!”. Jude lo disse tra le risate e sorrisi.
Non ancora davanti a lei, ma di sicuro nei miei sogni, con
tutte quelle Mandy e Sandy, ragionavo con il cervello del sud, come aveva detto
culetto di platino!
“Beh, voglio dire è una buona cosa allora! A proposito, sai
che oggi a lavoro ho cominciato a togliere il materiale dagli scatoloni?”.
Peach cominciò a parlare elettrizzata e mi resi conto che il discorso sugli
uomini era finito.
Meglio ripartire a fare qualche vasca, giusto per farmi
notare ancora da Jude.
Dovevo assolutamente chiederle un appuntamento, era
indispensabile. Con quello sarei stato in grado di farle vedere che oltre agli
occhi e al bel visino c’era di più (in tutti i sensi).
Nuotai per quasi venti minuti senza mai guardare Jude per
non distrarmi; quando sentii i muscoli delle mie gambe chiedere pietà, tornai
ad appollaiarmi sotto al trampolino per non farmi vedere, ma sentii ancora
culetto di platino parlare.
Quanto parlava?
Possibile?
Guardai l’orologio e mi accorsi che c’era meno di mezz’ora
di tempo prima che Justin cominciasse il turno e io dovevo assolutamente
chiedere a Jude un appuntamento entro quel frangente di tempo.
Aspettai cinque minuti convinto che sarei riuscito a
parlarle senza nessuno di fianco.
Prima o poi avrebbero anche esaurito gli argomenti, no?
E invece improvvisamente mi resi conto di una cosa
spaventosa.
Jude era una donna.
In quanto tale non sarebbe mai stata sola.
Era una cosa da donne, quella cosa che aveva fatto
scervellare noi uomini per anni interi.
Si insomma, fin da piccolo mi
ero sempre chiesto perché.
Tutti ce l'eravamo sempre
chiesto.
Le femmine si muovevano in branco, trovarne una da
sola era cosa più unica che rara.
E così anche la formosa Jude non era da meno, quella
Peach le stava attaccata come se fosse stata...uhm...come se fosse stata... ah
dannazione! Non mi veniva in mente nulla!
Insomma, le stava sempre
attaccata!
Ma culetto di platino non aveva
detto che doveva smaltire una taglia?
Che cosa ci faceva lì a parlare
e parlare e parlare?
La ciccia (per quanta ne potesse
avere in quel suo sedere di platino) non si smaltiva di certo parlando!
Improvvisamente sentii un dolore
al polpaccio e mi scappò un gemito.
Mi spostai leggermente da sotto
il trampolino per stirarmi la gamba ma rischiai di bere un litro d’acqua perché
il crampo al polpaccio non mi permetteva di muovermi per rimanere sospeso.
“Jude?”. Cercai di chiamarla
sbattendo le mani per rimanere a galla. “Jude?”. Chiamai più forte e vidi il
volto di Jude e di culetto di platino fissarmi divertito.
“Che fai?”. Culetto di platino
ridacchiò divertita dalla scena.
“Affogo se non mi date una mano!”. Cercai di avvicinarmi alla corda che
divideva le corsie ma era troppo distante, così come il bordo della vasca che da
idiota avevo lasciato pochi secondi prima.
“Eri più convincente l’altra
volta”. Jude lo ridacchiò sedendosi sopra al trampolino con un sorriso.
“Non sto fingendo! Ho un crampo
davvero!”. Riuscii a prendermi il piede per tirare la gamba ma finii con la testa
sott’acqua.
Quando riemersi trovai Jude e
Peach spaparanzate sul bordo della piscina a ridere.
“Davvero, l’altra volta ti
dimenavi di più, stai alzando troppa poca acqua!”. Jude rise più forte e,
nonostante stessi affogando davvero, mi persi a fissare Mandy e Sandy per
l’ultima volta.
Almeno sarei morto felice, con
l’ultima immagine del paradiso delle bocce stampata per sempre sulla retina.
“Jude”. Lo mugolai lasciando
improvvisamente la gamba per tornare a respirare un po’ di ossigeno che
cominciava a scarseggiare.
“Jude, sei sicura che stia
fingendo? È diventato rosso in viso”. Peach parlò seria e alzai gli occhi al
cielo sollevato, almeno una delle due se ne era resa conto.
“Cazzo! Non sto mentendo! Lo
giuro!”. Mi dimenai ancora saltellando per tenermi a galla.
Ero diventato anche sboccato!
Jude spalancò gli occhi di colpo
e si calò in acqua prima di prendermi e portarmi al bordo della vasca dove mi
aggrappai respirando pesantemente.
“Non stavi fingendo?”. Mi guardò
stupita sollevandosi dall’acqua prima di tendermi una mano per farmi uscire.
“No, non sono così idiota da
usare due volte la stessa tecnica!”. Mi massaggiai il polpaccio cercando di far
tornare il muscolo alla normalità.
Peach cominciò a ridere e si
sedette sul bordo del trampolino tenendosi lo stomaco.
“Pazzesco! L’unica persona che
affoga in piscina!”. Mi segnò con l’indice e la fissai con uno sguardo
minaccioso pensando che si, avrei dovuto chiamare quel mio amico per darle una
lezione.
Una volta cominciato il piano di
Robert di certo non sarebbe riuscita a rimanere così lucida, per lo meno in sua
presenza!
“Mi dispiace”. Jude scosse la
testa triste e si inginocchiò davanti a me posando le sue mani sopra alle mie,
sul mio polpaccio. “Aspetta, faccio io. Questa lezione l’ho seguita”. Mi sorrise
cominciando a massaggiare il polpaccio per far passare il crampo.
Gemetti quando cominciò a
massaggiarlo e socchiusi anche gli occhi.
Aveva delle mani d’oro!
Sapeva anche fare i massaggi, di
certo sapeva come usare quelle mani!
Scossi la testa togliendomi
l’immagine idiota che mi era balzata in mente e riaprii gli occhi tornando a
fissarla concentrata sulla mia gamba.
Anche Sandy e Mandy erano
concentrate sul mio polpaccio.
Qualche minuto dopo, in cui
nessuno di noi tre, cioè, cinque, parò, Jude alzò lo sguardo dal mio ginocchio
e mi fissò negli occhi.
“Va meglio?”. Sorrise quasi
timidamente e annuii. “Mi dispiace io non so veramente come scusarmi per…”. Non
la lasciai nemmeno finire la frase.
“Un appuntamento! Me lo devi!
Stavo per affogare! Niente cinema e dopo-cinema movimentato a casa mia,
promesso. Che ne dici?”. Le sorrisi e sentii Peach schiarirsi la voce.
Jude mi guardò per qualche
secondo seria senza formulare una risposta.
“Se te lo devo”. Alzò le spalle
come se fosse stato un obbligo uscire con me.
Improvvisamente il mio sorriso
svanì.
“Ma non voglio obbligarti, se
non vuoi”. Scossi la testa gesticolando, improvvisamente in imbarazzo.
Da quando Tom Sturrige si
imbarazzava davanti ad una ragazza?
Poi mi resi conto che con Mandy
e Sandy erano tre, quindi un po’ di imbarazzo ci stava!
Jude si schiarì la voce
abbassando lo sguardo, come se non avesse avuto, per la prima volta, la
risposta pronta.
“Bellezza no! Non puoi andare
all’appuntamento con questo!”. Spalancai gli occhi sentendo la voce del sireno
provenire da dietro Jude.
“Come scusa?”. A parlare fu
Peach e questa cosa mi stupì, forse stupì anche Jude che la fissò con gli occhi
aperti.
“Lei non andrà all’appuntamento
con il rachitico lì, andiamo bellezza due”. Fece un occhiolino a Peach e sentii
Jude ridacchiare. “Lei ha bisogno di qualità, di quantità”. Si girò verso Jude
e questa volta ammiccò a lei.
Aprii la bocca per dirgli che di
sicuro, da quello che si era visto dal suo mini speedo azzurro, di quantità ero
messo meglio di lui, ma qualcosa, o meglio una voce mi fece strozzare la
risposta in gola.
“Si”. Jude parlò guardando Peach
e tutti e tre puntammo gli occhi su di lei.
“Visto? Lei non sarebbe mai
uscita con il rachitico pallido!”. Justin mi segnò e feci per alzarmi in piedi.
Prenderlo a pugni non sarebbe
stata un’esperienza bella.
Indimenticabile di certo, visto
che avrei perso i connotati, ma non sarebbe stata una bella esperienza.
“Si che esco con Tom”. Jude si
girò verso di me con un sorriso e ricaddi seduto come una pera cotta.
“Cosa?”. Io e il sireno lo
pronunciammo assieme e poi un sorriso si posò sulle mie labbra.
Mi aveva detto di si!
Mi avevano detto di si!
Tutte e tre!
Sorrisi guardando Justin che la
fissò sorpreso e schifato.
“Visto?”. Lo canzonai ridendo e
sentii Jude ridere.
“Bellezza, ti facevo una dai
gusti più raffinati”. Scosse la testa quasi deluso. “E che cosa mi dici tu? Da
quello che so sei ancora single, no?”. Guardò verso Peach che lo fissò
divertita.
“Sogna Justin, non succederà mai
nulla tra me e te, non voglio di certo beccarmi qualche virus letale”. Lo
ghignò divertita e risi assieme a Jude.
Justin, indignato per aver
ricevuto due due di picche in meno di un minuto corse a sedersi sulla sedia
borbottando tra sé e sé.
“Jude io vado, ci sentiamo
dopo”. Culetto di platino si girò senza salutare e dopo aver indossato
l’accappatoio uscì ridendo.
“Non è uno scherzo, vero? Cioè,
non mi stai prendendo in giro, o si?”. La fissai spaventato e preoccupato che
avesse detto di si solo per far allontanare Justin.
“Di che cosa stai parlando?”. Mi
fissò seria e sgranai gli occhi sorpreso.
“Oh, andiamo Jude!
Dell’appuntamento!”. Sorrisi divertito dal suo humor.
“Che appuntamento?”. Continuò a
rimanere seria e il sorriso sparì dal mio volto.
“Quello che hai appena
accettato, giusto due minuti fa, eri proprio qui”. Segnai il posto in cui era
pochi minuti prima e scosse la testa.
“Non ho accettato nulla, non mi
ricordo”. Cosa?
Soffriva di amnesia istantanea o
mi stava semplicemente prendendo in giro?
No, ok.
Non ne ricevevo uno da anni (più
o meno da quando Rob era diventato famoso), ma quello era un rifiuto.
Stava dicendo che non sarebbe
venuta all’appuntamento con me in grande stile.
“Ok, ho recepito il messaggio.
Ci si vede”. Le sorrisi quasi ferito e mi incamminai verso le ciabatte e
l’accappatoio salutandola con la mano.
“Domani, ore 20 qui. Non un
minuto prima né uno dopo”. Me lo disse superandomi prima di sparire dietro la
porta dello spogliatoio dei bagnini.
Come non un minuto prima né uno
dopo?
Come sarebbe stato possibile
arrivare puntuale?
Con che orologio?
Bisognava sincronizzarci!
Cercai di velocizzare il passo
per arrivare prima che la porta si chiudesse, ma quando mi accorsi che le
piastrelle per terra erano scivolose e potevo rischiare di fare una spaccata
degna di Carla Fracci, mi fermai di colpo.
Ore otto.
Non un minuto prima né uno dopo.
Prima però bisognava avvertire
Robert.
Sapevo già che messaggio
mandargli.
‘Culetto di platino è in città, amica di tettona che ha un appuntamento
con me domani sera. Serve ragazzo figo, stronzo e pronto a conquistarla
(culetto di platino, non tettona, quella è già mia!)’.
Si, non c’era altro da fare!
Ahahah!
Salve
ragazze!
E
niente, qui proprio la serietà non c’è!
Come sempre mi scuso se
qualcuno si sente offeso dal flusso di pensieri di Tom, ma mi sono resa conto
che causa anni e anni in classi prevalentemente maschili, i pov di Tom mi
riescono con una certa facilità (devo ancora capire se sia un bene o un male!).
In ogni caso, spero di essere
riuscite a strapparvi un sorriso e se avete insulti da lanciare sono sempre ben
accetti!
Ringrazio ancora una volta Cris87_loves_Rob per avermi prestato
il personaggio di Peach! :)
Un bacio e a lunedì!
|
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Capitolo 4 *** Thanks for Wikipedia's biography ***
1
ATTENZIONE: Questa storia
sarà aggiornata 2 volte alla settimana, il Lunedì e il Venerdì.
“Tom?”. Voce di donna.
Grugnii girandomi con il sorriso nel letto.
Bella la voce della mia Jude e non era nemmeno un sogno, di
questo potevo esserne certo.
“Tom? Su alzati”. Una carezza sulla mia guancia.
Che dolce.
“Tom? Perché sei ancora a letto? Tra poco arriverà Art e ti
troverà ancora in pigiama, andiamo”. Una risatina e sorrisi anche io di
rimando.
“Due minutini, Jude”. Mi sistemai sul letto coprendomi
meglio.
“Beh, di solito mi chiami Matilda. Chi è Jude?”. Sentii la
risata farsi più forte e mi resi conto che non era Jude.
Aprii gli occhi di scatto e fissai quelli azzurri di mia
sorella.
“Ciao Matilda, che ci fai qui?”. Le sorrisi alzandomi di
scatto dal letto per chiudermi in bagno per una doccia e soprattutto per
evitare le sue domande riguardanti Jude.
“Sono venuta a trovare i miei fratelli, non posso?”. Mi
sorrise quando mi girai per chiudere la porta del bagno dietro di me. “Ehi! Chi
è Jude?”. Lo urlò quando aprii l’acqua della doccia e alzai il volume dello
stereo al massimo per non sentire nulla.
Chissà perché quella mattina avevo voglia di farmi una bella
doccia, di quelle che duravano ore.
Però, oltre a Matilda, Art sarebbe tornato da scuola meno di
mezz’ora dopo, così rinunciai all’idea della doccia lunga e rimasi chiuso in
bagno fino a quando non sentii la porta di casa aprirsi.
“Ciao Arthur!”. Matilda salutò Art saltandogli addosso per
abbracciarlo.
“Sorella, che ci fai qui?”. Art mi fissò sgranando gli occhi
perché entrambi sapevamo che Matilda non sapeva cucinare ma nonostante tutto si
offriva di farlo lei ogni volta che veniva a trovarci.
“Sono venuta a salvarvi dalla fame! Ho visto una tua foto
dell’altro giorno Tom, sei diventato più pelle e ossa del solito, lo sai?”. Mi
fissò con lo sguardo accigliato e scossi la testa.
“Non è vero! Sono anche ingrassato di qualche chilo”. Mi
sentii in diritto di difendere i miei chili di muscoli.
Non ero poi così magro!
“Si, è ingrassato Matilda, e sai perché? Ha cominciato a
fare nuoto”. Art sorrise malefico e lo fulminai con lo sguardo.
“Nuoto? E da quando mio fratello va in piscina?”. Mi fissò
sospettosa forse già intuendone il motivo.
“Da quando gli ho detto che c’è una bagnina tettona! Va ogni
sera a fare un’ora di nuoto, o almeno, non so se quando è lì nuota, però sta
via un’ora”. Art sorrise e mentalmente mi segnai che per tre settimane si
sarebbe scordato di mangiare cinese.
“Sarebbe questa Jude?”. Mi fissò puntandomi il cucchiaio di
legno, con il quale stava mescolando la pasta, addosso.
“Esatto! E dovresti vederla! In confronto le tue sembrano quelle
di un uomo”. Art sghignazzò e non riuscii a trattenere un sorriso quando
Matilda, infastidita perché punta sul vivo, gli tirò una cucchiaiata in testa.
“Bene insomma, vedo che stai educando bene nostro fratello!
Diciotto anni appena fatti e parla come se fosse vissuto in mezzo alla
gentaglia! Tu e Rob non siete una buona compagnia per lui. Art vorresti venire
a vivere con noi?”. Gli sorrise e Art sbiancò di paura.
Vivere con i neosposini e figli al seguito sarebbe stato
insopportabile per lui, ma io dovevo rivendicarmi.
“Vai Art, ti converrebbe! Staresti molto più tranquillo e
saresti anche più vicino alla scuola, in più Matilda ti laverebbe e stirerebbe
tutte le uniformi benissimo”. Sorrisi malefico e lo vidi scuotere la testa.
“No, no sto benissimo qui! Mi piace farmi quei sei
chilometri a piedi al mattino per andare a scuola, mi tengo in forma!”. Mi
fissò assottigliando lo sguardo e sorrisi angelico.
“Beh, le porte di casa mia per te Art sono sempre aperte. Ma
ora raccontami di questa Jude”. Matilda scolò la pasta (naturalmente cotta
troppo) e si sedette a tavola con una smorfia quando si accorse che gli
spaghetti erano diventati un unico blocco indivisibile.
“Non è la mia ragazza. Ci stiamo solo conoscendo”. Alzai le
spalle per sminuire la cosa ma Art pensò bene di farmi arrabbiare.
“A dire la verità per 200 sterline le ha piantato la lingua
in bocca la prima volta che l’ha vista! E questa sera hanno un appuntamento e
mi ha detto che devo andare a dormire a casa di un mio amico perché vuole
portarla a casa e pensava di utilizzare tutte le superfici per vedere dove si
va meglio”. Sorrise e Matilda lo fissò spalancando gli occhi.
“Tu e Robert gli insegnate queste cose? Ragazzi ha appena
fatto diciotto anni e senti come parla, Tom!”. Mi fissò arrabbiata e alzai le
spalle per farle capire che non era colpa mia. “E che cosa vuol dire che le hai piantato la lingua in bocca?”. Si
chinò verso di me sussurrandolo e ridacchiai.
“Matilda, ha diciotto anni, non otto. Alla sua età tu sapevi
molte più cose di lui”. Alzai un sopracciglio ovvio e scosse la testa.
“E’ piccolo”. Era risoluta quindi lasciai stare.
“Niente di tutto quello che puoi pensare, stavo affogando e
mi ha salvato, quando mi ha fatto la respirazione bocca a bocca ho cercato di
baciarla ma si è scansata”. Alzai le spalle omettendo il fatto che avevo fatto
finta di affogare e che mi aveva tirato un pugno sul naso.
“Si, ma racconta bene Tom.” Art sorrise e gli tirai una
pedata da sotto il tavolo. “Lei gli ha tirato un pugno sul naso!”. Art
sogghignò e Matilda cominciò a ridere.
“Direi che ha fatto bene! Ma questa sera hai un appuntamento
con lei?”. Mi fissò interessata e capii che era la fine.
Annuii capendo che non mi sarei scrollato Matilda di dosso
fino a sera a causa della sua curiosità.
“Aww, che carini! E dove la porti di bello? Al cinema?”. Mi
sorrise e scossi la testa.
No, non potevo portarla al cinema perché altrimenti mi sarei
dimostrato peggio del bagnino tutto muscoli e niente cervello.
“No, ci devo ancora pensare”. Mi versai un po’ d’acqua nel
bicchiere e Matilda sospirò.
“Beh, in effetti non è semplice, in questi giorni fa freddo
e non puoi di certo fermarti sul London Bridge con il vento che tira lì”. Alzò
le spalle e il mondo mi cadde addosso.
Oh no!
Diamine, abitavamo a Londra e non a Bora Bora;
questo voleva dire temperature basse, che volevano dire vestiti pesante, che
volevano dire... addio Sandy e Mandy, non avrei potuto dare una sbirciatina
nemmeno per qualche secondo?
Bisognava rimediare in qualche modo.
Si, scervellarmi per vedere Sandy e Mandy (non in
versione integrale, naturalmente) era l'unica cosa da fare!
“Dovete assolutamente
consigliarmi un posto caldo”. Annuii agitato al pensiero di Jude vestita.
“Una spa con la sauna? Le
Hawaii?”. Art sorrise e gli tirai un ceffone sulla nuca che lo fece imprecare.
“Potresti portarla in un locale
dove si mangia, al Groucho per esempio”. Matilda alzò le spalle e scossi la
testa.
Groucho significava vip,
fotografi e addio privacy.
“Qualche pub intimo, dove non ci
siano milioni di flash, voglio stare tranquillo”. Annuii e Matilda si portò una
mano alla fronte con fare teatrale.
“Vuoi portartela a casa questa
sera? Al primo appuntamento e con tuo fratello nella stanza di fianco?”.
Spalancò gli occhi e scossi la testa.
“Matilda, calmati! Non la porterò
a casa! Non voglio che ci siano fotografi per rovinare la serata!”. La fissai
arrabbiato per quello che aveva pensato e mi alzai di colpo da tavola.
Si, era da un pezzo che non
avevo una ragazza ma non ero così preso male, come Peach, che mi sarei fatto in
quattro per portarmela a casa quella sera.
Non era facile rimanere di
fianco a Jude e concentrarsi sui suoi occhi se aveva Mandy e Sandy scoperte, ma
mi ero impegnato perché qualcosa di lei mi aveva attratto (e non parlavo solo
di Mandy e Sandy).
Quando Matilda capì il suo
errore tornò da me tutta triste e non riuscii a non perdonarla, anche perché
trovò un localino fuori Londra in cui sicuramente non ci sarebbero stati
paparazzi.
“Mi raccomando ricordati di non provare nemmeno a baciarla,
sarà meglio così e lei capirà che ci tieni veramente e non l’hai portata fuori
solo per passarci una notte assieme”. Matilda mi sistemò i capelli come se
fosse stata mamma.
Tra i due ero io il maggiore ma Matilda aveva sempre avuto
più buon senso di me e Art assieme.
“Si, non ho dieci anni Matilda. Torna a casa da tuo marito e
da tuo figlio, andiamo!”. Le segnai la porta e la vidi scuotere la testa.
“Rimango a fare compagnia ad Art fino a quando non andrà a
letto, cioè alle dieci”. Si girò arrabbiata verso Art che sbiancò di colpo.
Il mio appuntamento per lui significava casa libera, festa o
magari semplice relax fino a notte fonda.
Con Matilda in casa sarebbe dovuto salire in camera alle
dieci, e sicuramente gli avrebbe requisito cellulare e computer per isolarlo
dal mondo.
Matilda sarebbe anche stata capace di siliconare la finestra
pur di non far scappare il suo piccolo Art per evadere.
“Oh, va bene”. Alzai le spalle indifferente, come se non mi
fosse importato nulla, perché Art aveva esagerato quel pomeriggio, raccontando
a Matilda di me e Jude.
“NO!”. Lo urlò e non riuscii a non ridere. “Voglio dire, me
la cavo anche da solo, Matilda, torna pure da tuo marito, andiamo!”. Le sorrise
ma Matilda scosse la testa, risoluta.
“Rimango qui, non ti preoccupare l’ho già chiamato”. Sorrise
pensando di fargli un favore e uscii di casa con il sorriso della vittoria
stampato in faccia.
Camminai velocemente fino alla piscina e, una volta arrivato
controllai il mio orologio da polso.
19.47.
Mancavano tredici minuti esatti per il nostro appuntamento.
Sorrisi prendendo il cellulare e involontariamente, prima di
cominciare a scrivere il messaggio, lanciai uno sguardo all’ora.
19.45.
Il panico cominciò ad impossessarsi di me.
Che ora era?
Perché tra il mio orologio e il mio telefono c’erano due
minuti di differenza?
Mi accorsi che c’era una macchina poco distante da me e mi
sporsi per guardare l’ora dall’orologio del cruscotto.
19.49.
Possibile che non ci fosse un orologio che segnava la stessa
ora di un altro?
Vidi un signore passare e improvvisamente pensai che fosse
giusto chiedere l’ora a lui.
“Mi scusi?”. Mi avvicinai di colpo e lo sorpresi tanto che
lo vidi sobbalzare. “Mi potrebbe dire che ore sono?”. Cercai di sorridergli per
tranquillizzarlo.
“Sono…”. Annuì guardando l’orologio. “…quasi le otto”. Non
riuscii nemmeno ad imprecare per la sua scarsa accuratezza nel leggere l’ora
che l’uomo sparì così come era arrivato.
Camminai su e giù per le scale deserte davanti alla piscina,
possibile che avesse scelto l’unico giorno di chiusura per il nostro
appuntamento?
Calciai, per rabbia, un sasso, che finì poco distante dal
buco della siepe e incuriosito mi avvicinai notando con stupore che dietro alla
siepe c’era un giardinetto per bambini, con altalene e scivoli.
Con un sorriso mi avvicinai all’altalena e mi sedetti, era
strano rimanere lì, da soli, in quel luogo deserto che di solito brulicava di
bambini.
L’unico rumore che si sentiva era il cigolio della mia
altalena e il ronzio dei lampioni che illuminavano il giardinetto.
Improvvisamente, un rumore che conoscevo bene, ruppe
l’incanto che si era creato attorno a me.
Spalancai gli occhi rendendomi conto che quel rumore era il
Big Ben che segnava l’ora.
Non era il rintocco normale che si sentiva ogni quindici
minuti, era il rintocco che scandiva le ore.
Mi alzai di scatto dall’altalena e in pochi grandi passi
arrivai davanti all’entrata della piscina dove, pochi istanti dopo, comparve
Jude.
“Vedo che sei arrivato in orario”. Sorrise e annuii.
Mi era chiaro il perché aveva detto non un minuto prima né
uno dopo.
“Si. Ciao”. Mi avvicinai e posai un bacio sulla sua guancia
un po’ imbarazzato.
Portava i capelli sciolti e dritti che cadevano
delicatamente sulle spalle.
Un giacchino grigio e ben stretto non riusciva a farmi
vedere quello che c’era sotto (sopra Mandy e Sandy), però potevo notare che
sotto c’era una gonna tutta svolazzante che si spostava al minimo soffio di
vento.
Scarpe con un tacco non altissimo e nemmeno basso la
slanciavano e la facevano sembrare ancora più bella.
Poi c’era quel trucco che faceva risaltare l’azzurro dei
suoi occhi anche con quella scarsa luce.
“Va tutto bene Tom?”. Mi fissò leggermente preoccupata.
Bene, la prima figura di cacca l’avevo fatta!
“Benissimo, tu?”. Le sorrisi tentando di concentrarmi sui
suoi occhi e scoprii che con Sandy e Mandy in ritirata era più facile.
“Tutto bene, grazie.”. Sorrise felice e non potei non
rispondere. “Allora, dove andiamo di bello?”. Si strinse leggermente il
giacchino e mi voltai verso di lei sorridendole.
“Potremmo andare in un piccolo pub qui vicino se l’idea ti va, che ne dici?”.
Le sorrisi e annuì.
Cominciammo a camminare e improvvisamente calò un silenzio
tra di noi.
Mi schiarii la voce prendendo tempo perché non mi veniva in
mente nulla da chiederle.
“Oggi hai lavorato?”. Glielo chiesi maledicendomi perché mi
ricordai che la piscina era chiusa.
“No, oggi la piscina era chiusa, mi sono allenata un po’”.
Alzò le spalle sistemandosi la frangia bionda che si era spostata dopo un colpo
di vento.
“Allenata in piscina?”. La guardai confuso.
Non aveva appena detto che la piscina era rimasta chiusa?
Annuì riservandomi un sorriso quando le aprii la porta del
locale per farla passare.
“Si, chi lavora in piscina ha dei privilegi, chiamiamoli
così”. Ci sedemmo su un tavolo leggermente distaccato dagli altri per non
essere disturbati. “Per esempio posso allenarmi anche quando la piscina è
chiusa, posso utilizzare la palestra e anche la vasca, dobbiamo solo timbrare
così se succede qualcosa sanno chi c’era. Di solito vado quando so che non c’è
Justin”. Sorrise passandosi una mano sul collo e rimasi per un attimo con gli
occhi sbarrati notando il suo abito.
Mandy e Sandy c’erano eccome!
Non se ne erano andate, anzi!
L’abito, stretto con uno spaghetto viola appena sotto Sandy
e Mandy le faceva risaltare ancora di più, e sembrava quasi trasparente.
Sembrava.
Si, doveva sembrare.
Altrimenti Mandy e Sandy erano…
No!
Sembrava e basta.
Tornai a guardarla negli occhi sorridendole e cercai di
tornare con la mente, e soprattutto con tutto il corpo a pochi attimi prima.
“Quindi tu hai le chiavi della piscina?”. La fissai sorpreso
e la vidi annuire.
“Si, ma non è che appena ti assumono ti danno le chiavi,
aspettano qualche mese, così per sapere se rimarrai e se possono fidarsi”.
Sorrise di nuovo quando il cameriere arrivò per le ordinazioni.
Ordinai una birra ma Jude decise che per lei andava bene
un’acqua tonica.
La fissai all’improvviso spaventato.
E se non avesse nemmeno avuto l’età per bere?
“Toglimi una curiosità, Jude. Quanti anni hai?”. La fissai
leggermente preoccupato e la vidi sorridere.
“Diciotto appena compiuti”. Sorrise giocherellando con il
portatovaglioli sopra al tavolo e mi strozzai con la mia saliva.
Diciotto?
Mi avrebbero messo in prigione!
Non potevo sfiorarla nemmeno con un dito!
“Cosa?”. La mia voce salì di due ottave e Jude scoppiò a
ridere facendo danzare Sandy e Mandy davanti a me.
‘Si, Tom, il vestito SEMBRA
trasparente! Si, Tom, il vestito SEMBRA trasparente! Si, Tom, il vestito
SEMBRA trasparente!’.
“Ma sul serio credi che abbia diciotto anni?”. Continuò a
ridere e tornai a respirare tranquillamente.
Mi aveva preso in giro?
“Divertentissimo.”. Feci un sorriso finto anche se in verità
era riuscita a fregarmi. “Quindi? Rimane un mistero?”. Alzai le sopracciglia
aspettando una sua risposta.
“Ne ho ancora 24, se non ho sbagliato i conti dovrei avere
un anno in meno di te”. Sorrise e tirai un sospiro di sollievo.
Pel aveva capito giusto allora!
“Si, allora hai un anno in meno di me”. Aveva l’età di Rob.
Chissà se anche Peach…
Scossi la testa tornando a concentrarmi su di lei, su di loro…
“Mi racconti qualcosa di te?”. Le sorrisi e la vidi portarsi
il bicchiere di acqua tonica alle labbra.
Tom 0- Bicchiere di acqua tonica 1000.
Dannazione sarebbe stato bello diventare un bicchiere in
quel momento!
“Mi chiamo Jude e ho 24 anni. Non bevo da quattro mesi e ogni giorno la lotta
contro l’alcolismo è più difficile?”. Mi fissò stupita, come se avesse voluto
chiedermi se volevo che mi raccontasse qualcosa in quel modo.
“Non una presentazione degli alcolisti anonimi! Ma aspetta,
non bevi da quattro mesi?”. La fissai assorbendo le sue parole quando posai il
mio bicchiere di birra sul tavolo.
“No, mi sono ubriacata questa mattina! Ma non lo so da
quanto non bevo”. Alzò le spalle divertita dalla mia domanda.
“Allora? Qualcosa di te?”. Le sorrisi e scosse la testa.
“Perché non mi racconti prima qualcosa di te?”. Sorrise e mi
segnò con una mano.
“Mi chiamo Thomas Sidney Jerome Sturridge, faccio l’attore e
sono inglese, sono nato il 21 dicembre 1985 e vivo qui a Londra anche se per
lavoro ultimamente ho girato parecchio l’America”. Sorrisi guardandola seria e
concentrata su di me. “Ho un fratello e una sorella più piccoli, Arthur e
Matilda, e voglio loro un sacco di bene anche se ci punzecchiamo spesso. Tocca
a te!”. La segnai con il sorriso e scosse la testa.
“No, queste cose le potevo trovare anche su Wikipedia! Non
mi interessava la tua biografia!”. Si imbronciò leggermente e la sua smorfia mi
fece ridere.
“Beh, allora raccontami la tua biografia in stile Wikipedia
e poi magari ti dico qualcos’altro, no?”. Ammiccai verso di lei e la feci
ridere.
“Mi chiamo Jude Eleanor McAdams, sono figlia unica e ho
questi nomi perché i miei erano fan sfegatati dei Beatles, lavoro come bagnina
in piscina e mi piace nuotare”. Sorrise fermandosi di colpo.
“Quindi saresti una sorta di figlia dei Beatles?”. Le
sorrisi e la vidi scuotere la testa.
“No, non è che mio padre è uno dei Beatles, i miei li
ascoltavano. Per fortuna non mi hanno chiamato Lucy”. Scosse la testa e risi
divertito.
“Mi piace Jude, che tu ci creda o no è una canzone che amo”.
Le sorrisi e ridacchiò bevendo un sorso d’acqua.
“Lo dite tutti per cercare di conquistarmi. Potete anche
dirmi che vi fa schifo, eh!”. Ridacchiò ancora e scossi la testa.
“No, ma mi piace davvero! Raccontami qualcos’altro, qualcosa
che ti piace!”. Sorrisi e i suoi occhi per un momento si illuminarono.
“Beh, mi piace la musica, mi piace anche il cinema. Adoro
andare al cinema a vedere film, decisamente. È un ambiente caldo e accogliente,
amo le poltroncine in velluto blu e impazzisco per i faretti che ci sono ai
lati delle scale. Amo l’odore di pop-corn che c’è nel corridoio e anche il
ronzio che si sente prima che parta la pellicola. Amo vedere film a tarda sera,
quando la sala è quasi deserta se non per sporadiche coppiette, ma è
bellissimo. Ah si, e amo James Franco, più che altro amo la sua voce. Calda,
profonda, sensuale, è una cosa spaventosa! No, forse non amo solo la sua
voce!”. Ridacchiò e si fermò guardandomi. “Che c’è, che ho detto?”. Mi fissò
curiosa e mi accorsi che avevo la bocca aperta per lo stupore.
Le piaceva andare al cinema, le piacevano le poltroncine di
velluto e le lucette che segnavano i gradini?
Jude era di certo la persona più strana e più intrigante che
avessi mai conosciuto!
E poi… beh, poi le piaceva James Franco.
JAMES FRANCO?
“Ti piace James Franco?”. La fissai spalancando gli occhi e
annuì.
“Certo! Come fa a non essere bello? È così enigmatico, dolce
che…”. Sospirò estasiata.
“Ma è vecchio!”. La fissai schifato.
Ero quasi sicuro che fosse sopra i trent’anni.
“Ha trentadue anni, che cosa vorresti dire? È ancora un bel
ragazzo, più che bello! Credo sia l’unica persona che mi fa amare l’accento
americano”. Sorrise di nuovo.
“Odi l’accento americano?”. La guardai stupito e con un
sorriso sulle labbra.
“Si, mi da fastidio anche nei film, non lo sopporto! Però
quelli con James posso guardarli anche cento volte. A lui tutto è permesso”.
Sorrise di nuovo e capii che di James era proprio cotta.
“Beh, non è una bella cosa per il mio ego sentire che ti
piace James Franco!”. Feci finta di diventare triste e scoppiò a ridere.
“Oh, povero piccolo Thomas Sidney Jerome!”. Allungò una mano
ridendo e mi accarezzò una guancia. “Sei bello anche tu, non ti preoccupare”.
Continuò a ridere e alzai di scatto il viso per guardarla negli occhi.
“Davvero?”. Aveva appena detto che ero bello, no?
“No, l’ho detto solo per tirarti su il morale”. Sorrise
prendendo anche lei il giacchetto quando ci alzammo per uscire.
“Oh, andiamo! Non sono nemmeno un po’ bello?”. Le sorrisi
quasi abbagliandola e scosse la testa ridendo.
“Sai, Peach dice che ti faceva più serio, a dire la verità
ti faceva più antipatico”. Ridacchiò e pensai a culetto di platino.
“A questo proposito… Peach ha il ragazzo?”. La fissai e la
vidi diventare seria.
“Che cosa vorresti fare? Una cosa a tre? Non se ne parla nemmeno!”. Cominciò ad
accelerare il passo e mi fermai di colpo per ridere.
Quando si accorse che non la stavo seguendo si fermò e tornò
indietro veloce come era partita.
“No, a dire la verità volevo sapere se aveva il ragazzo
perché forse ho quello giusto per lei”. Culetto di platino e Rob avrebbero
fatto una coppia perfetta, non c’erano dubbi!
“A Peach non piacciono i tuoi amici brutti, sfigati e pieni
di brufoli quindi… no! Non è interessata!”. Feci per spiegarle che non era
proprio così quello che volevo presentarle ma alzò l’indice per ammonirmi.
“Discorso chiuso Thomas!”. Cominciò a camminare di nuovo lasciandomi per
qualche secondo immobile.
Con gli occhi percorsi il suo corpo e sospirai quando il la
gonna del vestito cominciò a svolazzare con un piccolo soffio di vento.
Bastava una folata un po’ più forte e si sarebbe alzato di
più il vestito.
O magari una scena alla Marilyn Monroe, sopra ad un
diffusore d’aria.
Sbattei gli occhi tre volte pensando che i film, purtroppo,
erano sempre troppo belli rispetto alla realtà.
In quattro grandi passi la raggiunsi e continuammo a
camminare verso la piscina in silenzio.
Quando arrivammo davanti al parcheggio non riuscii a non
pensare ancora una volta al piccolo parco giochi che c’era di fianco.
“Voglio farti vedere una cosa, vieni”. La presi per mano e
con un sorriso la condussi al di là della siepe, davanti alla sabbia delle
altalene.
Mi girai a guardarla e notai un sorriso strano sul suo
volto.
“Non è bellissimo?”. Glielo chiesi come un bambino, tornando
a guardare l’ombra proiettata dagli alberi sulla sabbia delle altalene.
Non mi rispose e sempre con il sorriso andò a sedersi su
un’altalena facendo cigolare leggermente le catene che la sostenevano.
Sorridendo mi sistemai nell’altalena di fianco alla sua e
cominciai a dondolare leggermente.
“Avevi mai visto questo parchetto?”. Segnai con la mano il
parco attorno a noi e sorridendo annuì.
“Si, venivo sempre a giocare qui da piccola e questa era la
mia altalena”. Segnò l’altalena sulla quale era seduta e sorrisi.
“Non lo sapevo. Abiti qui vicino?”. Sorrisi di nuovo
dondolandomi lentamente.
“Se te lo dico poi mi ritrovo un maniaco in casa a tutte le
ore?”. Sorrise e non riuscii a non ridere.
“No, solo qualche volta”. Alzai le spalle e la sentii
ridacchiare.
Sandy e Mandy probabilmente stavano saltellando come sempre.
“Vedi quel grande palazzo giallo? Quello che ha l’albero
grande nel giardino?”. Sollevò il braccio per puntare l’indice contro un
palazzo altissimo che svettava anche sopra la siepe. Annuii e mi voltai verso
di lei perché continuasse. “Abito lì. Ma non ti aspettare che ti dica il piano
però! Non dico mai queste cose al primo appuntamento”. Sorrise e sorrisi anche
io.
C’era qualcosa nella sua strana filosofia contorta che mi
attirava.
Certo, mi attiravano anche Sandy e Mandy, ma mi attirava
anche la sua mente intricata come un’edera.
Era un mix esplosivo che avrebbe tranquillamente potuto
farmi esplodere da un momento all’altro.
Probabilmente anche solo con un bacio.
Se l’avessi baciata mi sarei fermato solo all’home running,
le basi le avrei fatte tutte in un colpo solo, poco da fare!
Si alzò lentamente dall’altalena e si voltò per sorridermi.
“E’ meglio se vado a casa ora”. Mi alzai annuendo e ci
avviammo verso il palazzone giallo senza dire nulla.
Sembrava che fossero i nostri corpi a parlare, o forse erano
solo Mandy e Sandy che stavano parlando con Terminator.
Si, quella sera, causa vestito di Jude o causa pensieri su
Mandy e Sandy, Terminator sembrava sull’attenti, decisamente troppo visto che
non c’erano previsioni di utilizzo.
Arrivati sotto casa sua mi fermai a guardarla e le sorrisi
quando si spostò un ciuffo di frangia spostato dal vento.
“Sono stato bene questa sera, Jude”. Sorrisi ricordandomi
improvvisamente il viso di Matilda che mi intimava di non baciarla.
“Anche io”. Sorrise cercando in borsa le chiavi del portone.
“Buonanotte allora”. Con un sorriso mi avvicinai per
baciarle una guancia e sentii una sua risata. “Che c’è?”. Che Terminator si
fosse scontrato con Jude?
“Devo dire che sono rimasta sorpresa dal tuo mancato
tentativo di baciarmi”. Sorrise infilando la chiave nella toppa.
“In negativo o in positivo?”. La fissai preoccupato.
“In negativo, è strano, sei il primo ragazzo che non prova
nemmeno a baciarmi al primo appuntamento”. Alzò le spalle divertita e
sorridente.
“Beh, era il primo appuntamento e di solito nessuna vuole
essere baciata al primo appuntamento”. La fissai confuso non capendo dove volesse
andare a parare.
“Si, ma voglio dire, la lingua in bocca l’avevi già
infilata, quindi non sarebbe stato tecnicamente un primo bacio, magari avrei
accettato, chi lo sa”. Alzò le spalle ridacchiando e provai un improvviso odio,
anzi, una furia omicida, verso mia sorella e i suoi consigli idioti!
“Posso sempre rimediare”. Con un sorriso da seduttore mi
avvicinai di un passo e Jude cominciò a ridere.
“Non funziona così il primo bacio Tom. Non va chiesto o
imposto, va dato nel momento esatto, il momento che fa stupire chi lo riceve e
fa gioire chi lo dà. Buonanotte”. Scosse la testa ridendo e velocemente entrò
dentro allo stabile chiudendosi il portone dietro alle spalle.
Rimasi per qualche secondo imbambolato fissando il legno
pesante della porta e capendo che mi aveva lasciato da solo.
Beh, non proprio da solo, c’era sempre Terminator che
sembrava volermi tener compagnia!
Camminai velocemente verso casa, imprecando da solo come un
hobo perché avevo, per la prima volta in vita mia, ascoltato Matilda, ed ero
riuscito a fallire.
Se non l’avessi ascoltata probabilmente sarei anche stato in
grado di arrivare in prima base!
Pregai tutti perché non fosse ancora a casa al mio ritorno,
o avrei guadagnato un cognato vedovo e un nipote orfano di madre!
Salve ragazze!
Allora, prima di tutto, mi sa
che questo capitolo non è ‘divertente’ come tutti gli altri, no?
Però volevo farlo anche con
un fondo di serietà, dove loro si conoscono e capiscono che possono piacersi,
al di là di Sandy e Mandy.
Terminator, non credo ci sia
bisogno di dire chi, o meglio, cosa
è, no? :)
Qui vi metto le foto di come
ho immaginato Jude e Tom durante l’appuntamento.
Spero che vi sia piaciuto
anche questo capitolo, come sempre se volete tirare i pomodori con le
recensioni per me va benissimo! :)
Un bacio e a venerdì! :)
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Capitolo 5 *** First kiss, hangover & chestnut ***
1
ATTENZIONE: Questa storia
sarà aggiornata 2 volte alla settimana, il Lunedì e il Venerdì.
Non funziona così il primo bacio Tom. Non va chiesto o
imposto, va dato nel momento esatto, il momento che fa stupire chi lo riceve e
fa gioire chi lo dà. Buonanotte.
E chi era riuscito a dormire quella notte dopo una frase del
genere?
Io no di sicuro!
Art, poco.
Matilda l’aveva talmente tanto innervosito che aveva
faticato a prendere sonno, infondo infondo mi dispiaceva anche, gli volevo bene
e non si meritava il supplizio di essere rimasto con Matilda per una serata
intera.
Mi ero svegliato alla mattina, o meglio, mi ero alzato, e
avevo cominciato a vagare per casa senza sapere esattamente che cosa fare.
Bisognava escogitare qualcosa.
Dovevo trovare il momento esatto per darle un bacio.
Il primo bacio.
Importante, decisamente.
Qualcuno una volta aveva detto che dal primo bacio si poteva
capire come si sviluppava tutta la storia, una stronzata poetica di queste
dimensioni poteva provenire solo da un film.
“Pensa Tom, pensa!”. Camminai su e già per casa, da una
stanza all’altra per tutta la mattina, tanto che alla fine ordinai cinese per
pranzo.
Qualcosa che potesse prenderla di sorpresa, che la stupisse,
qualcosa che riuscisse a stupire Jude, Mandy e Sandy.
In fin dei conti un bacio a Jude era un primo passo per un
futuro bacio a Mandy e a Sandy!
E che diamine, ero un uomo e Terminator cominciava a farsi
sentire troppo spesso, quando pensavo a Jude!
Quando pel tornò a casa mangiammo in silenzio, con il
terrore che Matilda potesse tornare da un momento all’altro per chiedere
informazioni sulla mia serata o peggio ancora per trasferirsi da noi per
controllare la mia vita sessuale con Jude (inesistente al momento) e di
conseguenza i possibili sviluppi negativi che questa potesse avere su Art.
Quello che mi preoccupava era l’arrivo di un mio amico.
L’avevo chiamato io ma mi ero improvvisamente pentito.
Se Jude avesse scelto lui e non me?
In fin dei conti la bellezza british e famosissima di Rob
poteva benissimo sorpassare la mia, mediocre e trasandata.
Rob però, non era il pensiero principale di quel giorno,
visto che sarebbe arrivato il giorno dopo.
Dovevo assolutamente trovare un modo per stupire Jude.
Come al solito presi la borsa e andai in piscina, appena
entrato non riuscii a trattenere un sorriso quando mi accorsi che erano tutte e tre lì, attente e vigili che
nessuno affogasse.
Tolsi l’accappatoio e cominciai a camminare verso di lei con
un sorriso idiota sulle labbra.
“Ciao!”. Sventolai la mano come facevano i bambini
dell’asilo per salutare.
“Ciao”. Sorrise e alzò per due secondi gli occhi dalla
piscina per guardarmi.
Miracolo!
Bisognava chiamare la BBC e chiedere subito il servizio
delle news! Non aveva mai alzato il volto per così tanto tempo!
“Come va?”. Mi abbassai appoggiandomi con le mani al
bracciolo della sua sedia e si voltò ancora a guardarmi per qualche secondo
riservandomi un bellissimo sorriso.
Anche Sandy e Mandy mi sorrisero!
“Bene. Tu?”. Era di poche parole ma era di certo meglio che
non sentirla parlare.
“Tutto apposto. Spero che tu ti sia divertita ieri sera”.
Sorrisi di nuovo anche se non si accorse del mio sorriso perché tornò a
guardare la vasca.
“Si si, divertente si!”. Sorrise appena e continuò a guardare
davanti a lei.
“Bene”. Annuii alzandomi in piedi e guardai la vasca non
molto convinto di volerci entrare anche quella sera.
Cominciavano a farmi male i muscoli delle braccia e
soprattutto delle gambe dopo tutti quei giorni a fare sport.
“Io vado a farmi una nuotata. A dopo”. La salutai di nuovo
in stile asilo, con la manina, e mi diressi verso la scaletta per entrare in
acqua.
Primo scalino.
Cazzo, quella sera
l’acqua era freddissima.
Secondo scalino.
Meglio, così
Terminator si sarebbe dato una calmata!
Terzo scalino.
Ma chi me lo faceva
fare? Probabilmente nemmeno mi stava guardando!
Una volta tuffato presi un respiro profondo e senza nemmeno
accorgermene lanciai uno sguardo verso Jude e compagne e mi fermai
all’improvviso quando mi resi conto che mi stava guardando.
Spostò immediatamente lo sguardo sulla persona davanti a me,
ma ci avrei giurato, aveva guardato me!
Con un sorriso cominciai a nuotare e, finita la vasca,
quando mi trovai a pochi metri da Jude, alzai la mano e la salutai.
La sentii ridere e, dopo essermi aggrappato al bordo, mi
sollevai per guardarla.
Oddio.
Mandy e Sandy stavano ballando e non era stato preventivato.
Spostai subito lo sguardo sul viso di Jude (ringraziando
l’acqua fredda della piscina) e le sorrisi come se non avessi fatto nulla.
“Che c’è?”. Continuai a sorridere e scosse la testa.
“Se affoghi anche questa sera, sul serio o per finta, sappi
che non ti salvo, d’accordo?”. Sorrise alzando un sopracciglio e annuii.
“Agli ordini capo!”. Feci un saluto militare che la fece
ridere di nuovo e pochi secondi dopo ricominciai a nuotare.
Vasche su vasche, un polmone collassato, dieci chili in meno,
dopo, mi accorsi che entro pochi minuto Jude avrebbe dato il cambio a Justin.
Velocemente uscii dall’acqua e mi diressi verso il mio
accappatoio ma mi bloccai di colpo quando mi resi conto che Jude, dall’altra
parte della piscina, stava per entrare nello spogliatoio.
Spalancai gli occhi e in meno di un secondo cominciai a
correre verso di lei.
“Fa che non cada, ti prego, fa che non cada”. Continuai a
ripetermelo un passo dopo l’altro fino a quando non arrivai, in posizione
eretta, davanti a lei.
“Jude”. Lo sussurrai, leggermente a corto di fiato, quando
posò la mano sulla maniglia della porta.
“Si?”. Si voltò con un sorriso che mi fece perdere tre
battiti.
“Io…”. Mi schiarii la voce togliendomi la cuffia talmente di
colpo che mi procurai da solo un’elasticata sulla fronte.
Sentii Jude ridere e mettersi la mano davanti alle labbra
per non farmi vedere che stava ridendo di me.
“Scusami, dimmi pure”. Annuì cercando di tornare seria.
“Io…”. Mi avvicinai a lei di un passo e sentii subito che
Mandy e Sandy si erano avvicinate.
Aggrottò la fronte confusa, non capendo quello che volevo
dirle.
Al diavolo!
Nemmeno io sapevo quello che volevo dirle!
Mi avvicinai e posai le mie labbra sulle sue.
Strinsi le palpebre aspettando il pugno che probabilmente
sarebbe arrivato ma continuai a tenere le labbra incollate alle sue che non si
mossero.
Quello non era un bacio.
Quelle erano solo due labbra a contatto.
Cinque secondi dopo Jude si staccò quasi scocciata da me e
mi guardò arrabbiatissima.
“Si può sapere che cos’era?
No perché non l’ho mica capito, sai?”. Si passò una mano tra i capelli
mossi e mi fissò spalancando gli occhi.
“Era…”. Mi schiarii la voce in imbarazzo giocherellando con
la cuffia. “…un tentativo di bacio, credo. Però pensavo tu rispondessi”. Alzai
le spalle e la vidi spalancare le labbra, shockata.
“Quando ti ho detto che il bacio doveva essere una sorpresa
non dicevo che dovevi darlo in un momento a caso!”. Sbuffò aria dal naso
scuotendo la testa ed entrò nello spogliatoio senza degnarmi di uno sguardo.
Perfetto!
Avevo fatto la figura del cretino per la milionesima volta!
E mi ero anche dimenticato di dirle che la sera dopo saremmo
dovuti uscire.
Ma mi voleva ancora?
Presi sottobraccio l’accappatoio e velocemente andai nello
spogliatoio maschile.
Infilai i jeans sopra al costume, bagnandoli tutti come se
me la fossi fatta addosso, e una maglia, prima di imbacuccarmi nel giubbotto.
Arrotolai l’accappatoio dentro alla borsa e uscii camminando
su un piede solo per finire di infilarmi una scarpa.
Riuscii a vedere la chioma bionda di Jude sparire appena
dietro la porta d’entrata, così, con un sorriso cominciai a correre per
raggiungerla.
“Jude?”. Sapevo dove abitava, quindi mi fu anche più facile
seguirla.
Si girò di scatto, sorpresa di trovarmi dietro a lei con
l’accappatoio mezzo fuori dalla borsa e i capelli ancora bagnati.
“Che ci fai qui?”. Continuò ad avanzare come se non ci fossi
stato, guardava in avanti senza degnarmi di uno sguardo.
“Voglio chiederti scusa. Non era quello il modo di dare un
bacio. E in più volevo chiederti se domani sera ti andava di uscire in gruppo”.
Le sorrisi e si voltò di colpo verso di me.
“Cioè, hai appena fatto la figura del cretino dandomi un
bacio che nemmeno in prima asilo i bambini si scambiano e ora mi chiedi di
uscire? In gruppo per di più?”. Beh, di certo Jude non aveva peli sulla lingua,
chissà se…
No!
Diamine,
concentrazione Tom!
“Mi scuso per il bacio che volevo darti, mi sono reso conto
che non era l’occasione adatta e per domani sera, si, uscita in quattro, che ne
dici?”. Salì i gradini per arrivare davanti al portone dello stabile e si girò
appoggiando la schiena alla porta di vetro.
“Quattro? E chi saremmo? Io te, il cane e il gatto?”.
Sorrise acida e feci un passo verso di lei.
“No”. Scossi la testa avanzando di uno scalino. “Io”, un
altro scalino, “Tu”, un passo verso di lei, “Peach”, un nuovo passo, “Un mio
amico”. Arrivai davanti a lei incollando il mio corpo al suo e la sentii
trattenere un respiro.
“Perché?”. Lo sussurrò deglutendo.
“Così, per divertirci”. Alzai le spalle dimostrandomi molto
più tranquillo di quello che ero in verità. “Allora, che ne dici?”. Abbassai il
tono della voce allungando lentamente il collo per avvicinarmi a lei.
“Chiederò”. Annuì lentamente continuando a guardarmi negli
occhi e posando la testa sulla porta.
“Bene”. Mi avvicinai ancora di più allungando un braccio per
posarlo sulla porta, poco distante dal suo viso.
“Che, che fai?”. Impossibile.
Jude non poteva essere rimasta senza parole.
Non le risposi nemmeno, lentamente, con una lentezza
esasperante, mi avvicinai fino a posare le mie labbra sulle sue.
Sentii chiaramente un gemito da parte di Jude e questo mi
fece impazzire.
Avanzai ancora di più schiacciandola tra il mio corpo e il
vetro della porta e cominciai a muovere le mie labbra, senza esagerare, senza
metterci la lingua.
Volevo che il primo bacio fosse così, solo un gioco di
labbra.
Jude si alzò leggermente in punta di piedi e cercai di
mantenere la ragione prima che fosse troppo tardi, quando sentii le sue labbra
socchiudersi mi staccai baciandole prima il labbro superiore e poi quello
inferiore, dolcemente.
Quando riaprii gli occhi per guardarla, la trovai ancora con
gli occhi chiusi e le labbra schiuse, il respiro veloce e le gote arrossate.
Era una delle cose più belle che avessi mai visto.
“Che cos’era?”. Quella che aveva fatto lei? Una domanda
stupida.
Quello che avevo fatto io?
“Un timido tentativo di bacio, per farti capire che di
solito non bacio così, questi sono i miei preliminari di bacio”. Sorrisi e
scosse leggermente la testa, come se avesse voluto riprendersi.
“Giochi sporco!”. Sembrò arrabbiarsi leggermente ma non me
ne curai, di certo non le era dispiaciuto quello che avevo fatto.
“Ci vediamo domani sera Jude, passeremo di qui alle otto.
Fatti trovare con Peach. Buona serata”. Alzai la mano per salutarla e quando la
guardai la trovai ancora posata sulla porta.
Con un sorriso mi diressi verso casa.
Almeno il primo semi-bacio c’era stato.
“Dovresti raccontarmi un paio di cosette, non credi?”. Rob
mi fissò accendendosi una sigaretta e alzai le spalle.
“Che vuoi che ti dica? È una gnocca da paura. Due tette
enormi e mi piace, non solo fisicamente, ovvio! Ieri sera ci siamo baciati e
questa sera usciamo tutti e quattro, io con lei e tu con culetto di platino, a
proposito, vedi di comportarti bene!”. Lo segnai con la sigaretta e scosse la
testa.
“Io non ho bisogno di una ragazza. E poi magari non è
nemmeno lei! Magari non mi piace perché è un’oca senza cervello!”. Alzò le
spalle e scossi la testa.
Peach era tutto tranne che un’oca senza cervello.
“Peach non è decisamente senza cervello! E poi, che ti
costa? La saluti, lei si innamora di te, vedi come va, magari ti piace e siete
a posto, combinati a vita e vi trovate con tanti piccoli bambini biondi con gli
occhi azzurri che scorazzano attorno a voi”. Gli sorrisi infilandomi una
maglia.
“Ma se lei è antipatica? Magari non le piaccio o che ne so”.
Alzò le spalle e lo fulminai con lo sguardo.
“Smettila di farti pare mentali e fammi questo favore!”. Aprii
la porta di casa per scendere e annuì.
“Ma se non mi piace io non garantisco nulla, eh!”. Si passò
una mano tra i capelli e scossi la testa.
Peach e Rob erano la coppia perfetta, amore a prima vista.
“E della tettona non mi dici nulla? Continui a mandarmi
messaggi parlando di questa tettona da quando l’hai conosciuta e ora non mi
dici nulla?”. Rise camminando di fianco a me.
“Jude non si può descrivere, lei è prima di tutto gnocca,
poi ha delle gran belle tette e poi, come se non bastasse, mi piace
caratterialmente. Poi bacia bene, per quanto un bacio senza lingua possa far
capire”. Sorrisi a Rob e guardai l’ora una volta arrivati davanti al citofono
di Jude.
Mancavano cinque minuti alle otto, ma probabilmente erano
pronte.
Suonai e pochi secondi dopo sentii una musica altissima
provenire dal citofono e la voce di Jude.
“Peach! Sali subito!”. Buttò giù il citofono e non mi lasciò
nemmeno il tempo di replicare per dirle che non ero Peach.
“Visto? L’altra è in ritardo, è una che si fa attendere
perché si crede chissà chi! Non la sopporto già da ora!”. Rob sbuffò quando ci
richiudemmo il portone alle spalle e sorrisi.
“Siamo in anticipo, andiamo concedile il beneficio del
dubbio!”. Cominciammo a salire le scale e Rob continuò a borbottare qualcosa
tra sé e sé.
Quando arrivammo davanti alla porta dell’appartamento di
Jude la trovammo socchiusa e non riuscii a trattenere un sorriso sentendo di
nuovo, a volume altissimo, la stessa canzone di prima.
“JUDE?”. Entrai, seguito da Rob, urlando per farmi sentire.
“Peach! Sono in camera! Muoviti!”. Jude lo urlò per
sovrastare la musica e mi voltai verso Rob spaventato.
Pensava che fossimo Peach?
“JUDE! SIAMO TOM E ROB!”. Lo urlai più forte facendo un
passo verso il corridoio che fungeva da cassa di risonanza per lo stereo.
“Peach muoviti! Saranno qui a momenti e non so che cosa
mettermi! Vestito scollato per dire io ho le tette e so che me le guardi o
vestito normale per dire non sai quello che porto sotto?”. Spalancai occhi e
bocca quando sentii questo e mi voltai verso Rob, stupito e spaventato quasi
quanto me. “Cavolo Peach! Ti stai truccando in cucina? Aspetta che arrivo!”.
Sentii la musica farsi più forte e pochi secondi dopo Jude comparve davanti a
me.
“Oh cazzo!”. Rob se ne uscì fine come sempre.
“Merda”. Jude non fu da meno.
“Porca puttana, porca puttana, porca puttana”. Mi
inginocchiai di colpo a terra coprendomi gli occhi con le mani e dondolandomi
avanti e indietro per togliermi quell’immagine di Jude da davanti la retina.
Aspettai qualche secondo, cercando di concentrarmi sui muscoli del mio corpo e
tentai di parlare. “Ti sei coperta?”. Lo urlai tenendo ancora gli occhi coperti
mentre l’immagine di Jude, in completo intimo e con due vestiti in mano non ne
voleva sapere di andarsene da davanti i miei occhi.
Nero.
Di pizzo.
Andava sempre in giro con Mandy e Sandy circondate da del
pizzo nero?
E poi c’era il fiocchetto d’oro in mezzo e anche sugli slip,
magari erano un perizoma!
E bellissima la piega che c’era, e…
Cavolo!
L’avevo imparato a memoria!
“Si, ora si. Scusate per la scena”. Jude si schiarì la voce
e spostai due dita per sbirciare se era veramente coperta.
Si.
Ora si.
“Io… ehm, sono Rob”. Rob avanzò verso di lei lentamente e le
tese la mano.
“Piacere, io sono Jude”. Sorrise stringendogli la mano e mi
alzai lentamente in piedi, cercando di dimenticare quello che era successo.
Terminator però si era risvegliato, così tentai di assumere
una posa idiota tenendo le mani davanti a lui per nasconderlo.
L’avevo già vista in costume, perché mi ero fatto tutti quei
problemi allora?
Cazzo, era un completo di pizzo nero, probabilmente
trasparente e rendeva Sandy e Mandy ancora più belle!
Poco da fare, quella visione mi aveva sconvolto!
Lentamente, con molta calma, alzai gli occhi verso Jude che
sorrideva nervosa torturandosi le mani.
“Come va?”. Cercai di sorridere per tranquillizzarmi ma non
era facile.
“Ehm, bene. Mi dispiace per prima, credevo fosse Peach”.
Cercò di sistemarsi il vestito per non guardarmi, forse intuendo che ci eravamo
sentiti tutti in imbarazzo.
“Tranquilla, l’ho capito”. Sorrisi, leggermente più
rilassato (forse perché Terminator si stava lentamente riaddormentando) e la
vidi sospirare sollevata.
“Io vado un attimo a finire di preparami. Peach dovrebbe
arrivare a momenti”. Sorrise segnando il piccolo corridoio e annuii.
Quando sparì dietro ad una porta mi girai verso Rob che
aveva una faccia spaventata.
“Quella, quella ha due tette ENORMI!”. Sottolineò il concetto riproducendo su se stesso la forma
delle tette di Jude.
“Idiota”. Gli tirai un pugno sul braccio per fargli capire
che era meglio smetterla.
“No, no! Non ho mai visto due tette grandi così! E poi è un
onore essere accolti a casa in questo modo!”. Segnò il corridoio soddisfatto e
cercai di incenerirlo con lo sguardo. “Se anche culetto di platino si presenta
in intimo io ti faccio un monumento! Ma ha le tette grandi così anche
l’altra?”. Segnò di nuovo il corridoio e scossi la testa.
Peach aveva un bel corpo, ma di sicuro Jude la batteva per
tette, forse addirittura di due taglie.
Non me ne intendevo di taglie femminili, ma se anche Matilda
portava un reggiseno, voleva dire che ne facevano di piccoli (per lei) e di
enormi (per Jude).
Pochi secondi dopo suonò il campanello e Jude dall’altra
stanza cominciò ad urlare.
“Questa è Peach, potete aprirla? Schiacciate il primo
pulsante sul citofono! Grazie!”. Mi avvicinai al citofono e schiacciai quello
che mi aveva detto lei, poi, siccome mi ero messo a ridacchiare, cominciai a
tossire perché mi era andata la saliva di traverso.
“Jude…”. Tentai di parlare tra un colpo di tosse e l’altro
per farmi sentire, mi serviva dell’acqua. “Jude… potrei avere… dell’acqua?”. Mi
avvicinai al corridoio e Jude uscì da una stanza in fretta, per avvicinarsi a
me quasi di corsa.
“Certo Tom, vieni”. Nonostante stessi per morire notai un
doppio senso nella frase che mi fece andare di nuovo la saliva di traverso.
Jude mi portò il cucina e mi preparò velocemente un
bicchiere d’acqua quando sentimmo suonare alla porta.
“Rob, puoi aprire tu?”. Jude glielo chiese quando ci
avvicinammo di nuovo al piccolo ingresso.
Improvvisamente un sorriso si dipinse sul mio volto quando
sentii qualcuno urlare fuori dalla porta.
“Jude! Muoviti! Tra poco arriverà la grande altezzosa st…”.
Rob aprì la porta e quando Peach si rese conto di chi aveva davanti si ammutolì
di colpo fissandolo sorpresa.
Guardai il volto di Rob e per la prima volta nella mia vita
lo vidi furioso.
Sopportava tutto ma non che lo si chiamasse altezzoso.
Lui non si era assolutamente montato la testa e odiava le
persone che lo vedevano come una star.
Decisamente avevano cominciato con il piede sbagliato.
“Sono Robert Pattinson”. Le sorrise con tutto il sarcasmo
che aveva in corpo squadrandola dalla testa ai piedi. “Tu devi essere la
modella di Midnight Secret, no?”. Questa volta l’errore era suo.
Peach non faceva più la modella per Midnight Secret e odiava
la gente che la ricordava solo per quello.
“Sono Peach e non faccio più la modella di Midnight Secret”.
Entrò schivandolo e ridacchiai di fianco a Jude che si scusò con lo sguardo.
Beh, almeno Peach non si era fatta trovare in intimo producendo
un afflusso di testosterone che avrebbe attirato una mandria di ragazzine!
“Ciao Peach! Come va?”. Le sorrisi gentile e cercò di non
incenerirmi con lo sguardo.
“Ciao Tom. Bene, e a te, tutto bene?”. Sospirò per mantenere
la calma e annuii per dirle che andava tutto bene.
Si prospettava una serata all’insegna del divertimento!
“Dove andiamo di bello?”. Rob cercò di riportare un clima
allegro ma, prima che potessi rispondere, Peach si voltò verso di lui.
“Ah beh, guarda, se vieni anche tu, nessun posto sarà
bello!”. Peach usò un tono decisamente acido che mi fece sorridere.
Mi voltai, con il sorriso, verso Jude che fissava Peach
sconvolta, come se non l’avesse mai sentita usare quel tono.
Robert la fissò per qualche secondo serio, poi, dopo essersi
messo una mano in tasca, decise che era giusto rispondere a tono.
“Potrei dire lo stesso di te, no?”. Probabilmente, sentendo
Rob usare un tono di voce così acido mi uscirono gli occhi dalle orbite per lo
stupore.
Mai, mai in 25 anni avevo sentito Rob parlare in quel tono,
come se fosse stato arrabbiato.
“Ok, direi che possiamo andare”. Jude, cominciò a camminare
verso la porta per spezzare tutto quell’odio che si era creato e che si poteva
tagliare a fette.
Seguii Jude sentendo Rob dietro di me borbottare tra sé e
sé. Doveva essere veramente arrabbiato, di solito non parlava mai da solo.
Mi portai di fianco a Jude per condurla nel piccolo locale
che ci avrebbe ospitato per quella sera e la fissai con un sorriso.
“Sei veramente bella questa sera”. Le sorrisi e la vidi
abbassare lo sguardo imbarazzata.
“Grazie, e mi dispiace per la scena di prima, pensavo
veramente che fosse Peach”. Quando pronunciò questa frase nella mia mente tornò
il fotogramma di Jude in intimo, con Mandy e Sandy lì, pronte per essere venerate
e strizzai gli occhi per togliermi velocemente l’immagine.
“Facciamo così, non parliamone più e facciamo finta che non
sia successo”. Sorrisi rassicurandola e annuì per farmi capire che anche lei
era d’accordo.
Nel momento di silenzio che seguì mi accorsi che Peach e
Rob, dietro di noi, non stavano parlando, quando mi voltai per guardare se ci
stavano seguendo, trattenei a stento una risata.
Peach, dietro a Jude, guardava verso sinistra, dalla parte
opposta rispetto a Rob, lui invece teneva lo sguardo fisso verso destra, come
se di fianco a lui non ci fosse stato nessuno.
Feci un cenno a Jude perché guardasse e quando notò questo
sorrise scuotendo la testa.
Sarebbe stato un appuntamento fantastico.
Quando ci sedemmo al tavolo, mi accorsi subito che Peach
spostò la sedia più verso Jude per mettere più spazio tra lei e Rob,
probabilmente lo notò anche lui.
“Non mordo mica”. La fissò arrabbiato quando Peach alzò un
sopracciglio.
“Non si sa mai, magari hai la rabbia”. Alzò le spalle non
spostando la sedia e non riuscii a trattenere un sorriso.
Sembravano una coppia di neosposini che litigava.
“Forse sei tu che hai la rabbia, tra un po’ ti esce la
schiuma dalle labbra”. La fissò arrabbiato assottigliando lo sguardo.
“Ok, potremmo ordinare da bere”. Sorrisi strofinandomi le
mani per riportare un clima sereno.
“Si, magari gli va di traverso”. Peach lo sussurrò aprendo
il menù e io e Jude la fissammo sconvolti.
“Non ci contare”. Rob lo sussurrò riponendo il listino di
bibite che aveva osservato per qualche secondo.
Serviva qualcosa di forte per superare quella serata.
Non era stata una buona idea quella di far incontrare Rob e
Peach assieme.
Troppa, decisamente troppa tensione sessuale.
Quando il cameriere arrivò ordinammo otto tequila e se ne
andò con il sorriso prima di tornare con le nostre ordinazioni, qualche minuto
dopo.
“Allora, ehm… Peach, che cosa fai ora? Perché Jude non me
l’ha mai detto”. Sorrisi guardandola e cercò di sorridere dopo essersi scolata
di colpo il primo shot.
“Ho aperto una libreria”. Mi sorrise togliendosi la
giacchetta nera e annuii.
“Che bello, deve essere proprio bello”. Succhiai il limone
dopo aver parlato e Peach annuì convinta.
“Si, si incontrano molte persone interessanti. Sai, ci sono
persone che leggono”. Lanciò uno sguardo a Rob che la fissò stupito.
“Pensavo che per aprire una libreria bisognasse saper
leggere”. Parò con me ma la frecciatina era rivolta a Peach, l’avevano capito
anche i muri.
“Sai Tom, c’è gente che può leggere e gente che non ce la fa
perché è troppo difficile”. Peach alzò le spalle e toccai con la mano il
braccio di Jude perché intervenisse.
“Peach, verresti un attimo in bagno con me?”. Jude sorrise
tranquilla sistemandosi il vestito che si era leggermente spostato per farmi
vedere mezzo centimetro del completino che cullava Sandy e Mandy.
“Certo Jude”. Peach sorrise, come se fosse stata la persona
più dolce del mondo.
Quando sparirono dalla visuale guardai Rob furibondo.
“Che cavolo stai facendo?”. Mi girai totalmente verso di
lui, probabilmente con il fumo che usciva dal naso come un drago.
“Niente, che cosa sto facendo?”. Alzò le spalle accendendosi
una sigaretta.
“Come ti stai comportando? Sembri uno stronzo!”. Gli tirai
una pacca sul braccio per rimproverarlo.
“Ha cominciato lei!” segnò il posto vuoto di Peach per
difendersi come avrebbe fatto un bambino.
“Mi stai rovinando tutto l’appuntamento!”. Scolai il secondo
shot di tequila e lo fissai arrabbiato.
“Ma mi vuoi dire perché ti sei
messo la mano davanti agli occhi prima? Cioè, più che altro dovresti spiegarmi
come sei riuscito a muovere un muscolo volontariamente”.
Sottolineò l'ultima parola alzando un sopracciglio.
“Ho imparato a non farmi prendere alla sprovvista!”.
Annuii e la mia mente tornò a un paio di ore prima e tutto quello che avevo
visto. “Piuttosto tu, impara ad essere più gentile, che forse prima o poi te la
dà!”. Glielo sussurrai prima che Jude e Peach comparissero da dietro una pianta
lì vicino.
“Figurati, non la voglio
nemmeno! Sarà acida come un limone!”. Lo sussurrò pochi secondi prima che Peach
si risedesse di fianco a lui.
“Tutto ok?”. Guardai con un sorriso Jude che si sedette di
nuovo di fianco a me annuendo. “Che ne dite di un terzo giro di tequila?”.
Sorrisi e tutti e tre annuirono.
Cosa Jude avesse detto a Peach non potevo saperlo, ma di
sicuro non aveva fatto effetto perché Peach continuò a lanciare battutine a Rob
che imperterrito, come se non gli avessi detto nulla, continuava a rispondere a
tono.
Dopo un po’, causa la quantità di tequila che avevamo
ingerito, le battutine cominciarono a farsi più personali, battutine sul sesso
che venivano prontamente rigirate da Rob.
Non l’avevo mai sentito rispondere così a tono.
Una cosa era certa, quello non era odio.
Dovevano per forza battibeccare tra di loro, come se fosse
stato indispensabile farlo, come se avessero trovato il modo giusto per
comunicare.
“Io direi che potremmo fare l’ultimo giro”. Rob cominciò a
parlare meno lucido, dopo quattro giri di tequila e annuimmo tutti, anche
Peach.
“Chissà che sia quello che ti va di traverso”. Lo guardò
divertita e Jude scosse la testa sconfitta.
Anche Jude, come Peach, teneva bene l’alcol per essere una
donna.
Avevo conosciuto ragazze che al secondo tequila erano belle
stese per terra dopo aver vomitato anche il pranzo di una settimana prima.
Loro due erano assolutamente lucide, se non per qualche
risatina ogni tanto e per i discorsi che le avevano fatte diventare più
disinibite.
“Io vado a casa”. Peach si alzò barcollando e ridendo e
cercai di capire se ci saremmo dovuti alzare tutti.
“Si, me ne vado anche io”. Robert si alzò, arrabbiato ma
sorridente e si incamminò verso la porta.
“Pensi di venire a casa mia? Perché io non apro niente
stasera, a te poi non aprirei mai nulla.”. Peach lo ridacchiò aprendo la porta
e seguendo Rob fuori dalla strada dopo averci salutato con la mano.
“Secondo me si odiano”. Jude ridacchiò
posando il bicchiere sul tavolo e si grattò il naso con la mano. Forse stava
esagerando, ma io non ero da meno, i bicchieri vuoti si erano accumulati sopra
al tavolo senza che nemmeno ce ne fossimo accorti.
“Scherzi? Quello non è odio! Quella è attrazione
sessuale repressa! Del sano sesso violento!”. Annuii capendo che ormai i nostri
freni inibitori se ne erano andati con il secondo bicchiere svuotato.
“Sesso violento, bah!”. Jude
scosse la testa ridendo. “Non credo che Peach sia una da sesso violento”.
Ridacchiò di nuovo e spostò la sedia per guardarmi.
“Beh, se non altro li vedrai
fare del bel sesso passionale, decisamente. Avevano una carica erotica talmente
alta che per più di qualche minuto pensavo di essermi innamorato di Rob, poi ho
capito che Peach era così attratta da lui che ha contagiato anche me”. Risi e cominciai
a spostare i bicchieri sul tavolo in fila.
“Ah allora era per quello che
ogni tanto Peach piaceva anche a me!”. Rise di gusto facendo ballare Mandy e
Sandy. “Sai, castagna, pensavo di essermi innamorata di lei!”. Rise ancora e mi
fermai di colpo.
“Castagna?”. Sgranai gli occhi
cercando di rimanere serio.
“No, non ho detto castagna”.
Rise scuotendo la testa e si avvicinò. “Visto che siamo brilli e in vena di
confidenze, dimmi, Tom…”. Si avvicinò al mio orecchio per sussurrarmi qualcosa
e il mio braccio toccò inavvertitamente Sandy e Mandy producendomi un fremito.
“…qual è il tuo sogno erotico?”. Lo sghignazzò allontanandosi da me per
guardarmi dritto negli occhi.
Beh, in quel momento erano
decisamente Mandy e Sandy, però non potevo di certo dirglielo.
Avevo ancora un minimo di
lucidità che mi permise di giocare d’astuzia.
“Di solito mi piace
soddisfarli, quindi… qual è il tuo?”. Mi avvicinai al suo orecchio per
sussurrarglielo e la vidi ridere di gusto.
“Oh beh, non ne faccio
mistero”. Alzò le spalle ridendo e non riuscii a non ridere, poi si avvicinò
con fare cospiratorio. “Nello spogliatoio dei bagnini, in piscina, ci sono le
docce. Lì ci sono le mattonelle verdi. Non so perché”. Alzò le spalle
ridacchiando e la fissai concentrato.
Docce della piscina?
“Ma sono le docce o le
mattonelle che ispirano?”. La fissai divertito e alzò le spalle.
“Non lo so, l’ambiente forse,
con tutto quel vapore”. Rise di nuovo quando ci alzammo per andare fuori.
“Capito”. Annuii ridendo e
tremando improvvisamente per il contatto con l’aria fredda della sera. “E che
cosa ti piace di me?”. Ridacchiai camminando con lei verso il suo appartamento.
“Gli occhi e poi, su
un’intervista che hai fatto qualche mese fai, mi faceva impazzire quando dicevi
‘road trip’”. Annuì ridendo e la guardai.
“Road trip?”. La fissai confuso
e sorrise.
“Si, lo dici in un modo
bellissimo”. Rise di nuovo piegandosi un avanti e sostenendosi sulle ginocchia.
Fantasia erotica: docce della piscina.
Cosa ti attira dell’uomo che hai di fianco: il suo dire ‘road trip’.
Si insomma, Jude era
decisamente come tutte le altre persone.
Erano le tipiche risposte
femminili.
“Bene castagna, io sono
arrivata”. Si sedette su una panchina fuori da casa sua e la fissai.
“Hai detto ancora castagna!”.
Doveva spiegarmi perché. “Dimmi perché!”. La fissai quasi implorandola e si
alzò di colpo.
“Se te lo dico poi perde il
fascino, no?”. Me lo sussurrò ridendo e scossi la testa immobilizzato dai suoi
occhi azzurri che riuscivano a brillare, forse anche a causa della tequila.
“No, voglio saperlo”. Sorrisi
accarezzandole la guancia con l’indice.
“Perché ieri, quando ti sei
tolto la cuffia e ti sei fatto male con l’elastico, avevi i capelli che
sembravano una castagna, hai presente le castagne, no?”. Ridacchiò e nonostante
non ci fosse nulla da ridere cominciai a farlo anche io.
“E perché non marroncino? O
marrone? Danno più un senso di virilità! Castagna è qualcosa di piccolo!”.
Arricciai il labbro inferiore come se fossi stato un bambino.
“Buonanotte Sturridge. E grazie
per la serata”. Cominciò a ridere salendo le scale e per qualche secondo rimasi
immobile.
Dov’era il bacio della
buonanotte?
“Jude! Jude! Il bacio della
buonanotte”. Salii di corsa i tre gradini e si voltò ridendo.
“No, ho pensato che stiamo
correndo troppo. Ti conosco da sei giorni e ci siamo già baciati! Se
continuiamo di questo passo in dieci giorni finiamo a letto assieme e non va
bene”. Scosse la testa tentando di rimanere seria nonostante le tequila.
Non che mi dispiacesse, eh!
“Nemmeno un bacino piccolo
piccolo? Tengo le mani in tasca e se vuoi non uso nemmeno la lingua!”. Le
sorrisi e scoppiò a ridere.
“No, niente lingua e non vale
come ieri. Un piccolo bacio. Faccio io, guarda”. Si avvicinò e circondò il mio
viso con le sue mani, puntò i suoi occhi nei miei e lentamente, molto
lentamente, posò per un secondo le sue labbra sull’angolo della mia bocca.
Quando si staccò la guardai
frustrato.
Quello non era un bacio!
“Ehi! Quello non era un
bacio!”. Avanzai di un passo seguendola quasi dentro al pianerottolo.
“Accontentati. Ci vediamo Tom”.
Sorrise chiudendosi la porta alle spalle e rimasi imbambolato per qualche
minuto a fissare il vetro.
Ok, decisamente Jude era
strana, i luoghi comuni con lei non erano di certo esatti.
Nonostante la sbronza si era
destreggiata benissimo e mi aveva raggirato non dandomi un bacio ma
spacciandolo per quello.
Era troppo presto per un bacio
ma mi aveva confidato la sua fantasia, mi aveva detto che le piaceva quando
dicevo ‘road trip’ e si era fatta vedere in intimo poche ore prima.
Camminai lentamente verso casa,
improvvisamente voglioso di una dormita.
Speravo solo che Rob avesse già
preso sonno, perché se si metteva a parlare di miss culetto di platino avrei
tranquillamente potuto spedirlo da sua sorella!
Salve
ragazze!
Capitolo
lunghissimo, che inizialmente doveva far ridere ma che alla fine mi sa non fa
proprio ridere! :(
Avevo
in mente tutte queste scene divertenti che mi sa non sono assolutamente
risultate comiche come pensavo!
Ringrazio
come sempre Cris87_loves_Rob per avermi prestato Peach
e vi assicuro che la sua storia merita di essere letta perché i battibecchi tra
Rob e Peach sono uno spasso, io non ho scritto nemmeno un quarto dell’odio che
provano! :)
Poi
poi poi, prima di lasciarvi ai vestiti, volevo ringraziare chi ha messo la
storia tra i preferiti e chi tra i seguiti! :)
Ringrazio
anche le persone che commentano e si, ammetto che mi piacerebbe sentire qualche
altro commentino! :P
Ora
vi lascio ai vestiti e ci sentiamo lunedì! :)
Questo
è il completino che indossava Jude quando è uscita dalla camera:
questo
è il vestito di Peach
questo
è il vestito di Jude, lo immagino corto da sopra il ginocchio!
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