My lifeguard

di RobTwili
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Like Pamela Anderson ***
Capitolo 2: *** Boobs, boobs, boobs ***
Capitolo 3: *** The fabulous trio (Jude, Mandy & Sandy) ***
Capitolo 4: *** Thanks for Wikipedia's biography ***
Capitolo 5: *** First kiss, hangover & chestnut ***
Capitolo 6: *** Your personal doctor, ma'am! ***
Capitolo 7: *** Good job, Terminator! ***
Capitolo 8: *** Epilogue ***



Capitolo 1
*** Like Pamela Anderson ***


1
ATTENZIONE: Questa storia sarà aggiornata 2 volte alla settimana, il Lunedì e il Venerdì.
 
 





“Bla bla bla bla… e la bacio con passione”. Sbuffai lanciando il copione sopra al tavolo e stappandomi una birra.
Possibile che anche in quel copione io dovessi fare la parte del nerd decisamente sfigato?
Dannazione, ero Tom Sturridge, un ragazzo sopra la media per bellezza e migliore amico di Robert Pattinson, sexy (a parere altrui, fortunatamente) star e rubacuori del decennio.
Accesi una sigaretta e mi preparai a leggere la prima pagina del copione.
Mi piaceva leggere prima di tutto l’ultima scena così da poter capire l’evolversi del personaggio.
Mi accorsi subito che la storia però, anche dalla prima pagina, sembrava decisamente divertente.
Avrei dovuto interpretare un nerd sfigato ma alla fine ci sarebbe stata una trasformazione e…si, mi sarei anche fatto la più figa della scuola!
Sicuramente non male!
Chissà chi avevano contattato per la parte di lei.
Mora, occhi azzurri, due gran tette.
Certamente pomiciare con Megan Fox sarebbe stato un gran colpo per il mio orgoglio!
Sarei stato invidiato anche da Rob.
Ridacchiai tra me girando pagina e continuando a leggere il mio copione.
“TOM! TOM”. Sbuffai sentendo la voce di Art dall’ingresso.
“Sto lavorando”. Urlai di rimando prima che cominciasse a disturbarmi con i suoi problemi adolescenziali legati alla biondina di turno che non lo prendeva in considerazione perché lui non voleva dire il cognome per avanzare di qualche base.
“Grandi novità!”. Si parò davanti a me con un sorriso enorme e fui costretto ad abbassare il copione per guardarlo in viso.
“Che succede pel? Dai che sto lavorando.”. Segnai il copione per fargli capire che avrebbe dovuto sbrigarsi.
“C’è una nuova bagnina!”. Fece l’occhiolino e sbuffando mi accesi una sigaretta riprendendo il copione tra le mani per continuare a leggerlo.
“Sono felice per te. Dille che sei Arthur Sturridge e tutto sarà più facile”. Lo dissi con la sigaretta in bocca e un secondo dopo non mi trovai più il copione tra le mani. “Ehi! C’è gente che lavora qui!”. Mi alzai leggermente dal divano per cercare di prendere di nuovo il copione. “Pel, dammi subito quel copione! Devo leggerlo entro due giorni!”. Assottigliai lo sguardo per minacciarlo ma si mise a ridere. “Non ti interessa sapere della nuova bagnina?”. Un sorrisino mi fece capire che forse non era una bagnina adatta alla sua età.
“Fascia d’età?”. Lo fissai curioso spegnendo la sigaretta nel posacenere pieno.
“20-24”. Troppo grande per lui, giusta per me.
“Mora o bionda?”. Requisito fondamentale.
“Bionda”. Un punto in più.
“Occhi?”. Decisamente fissato anche in questo punto.
“Il più bell’azzurro mai visto”. Sospirò come se fosse stato in estasi.
“Terza di tette?”. Se ci fosse stato il terzo requisito mi sarei catapultato in piscina, anche nudo.
“No”. Scosse la testa rammaricato per quella mancanza.
“Non mi interessa allora. Ridammi il copione”. Tesi la mano con il palmo verso l’alto aspettando che mi desse il copione senza ulteriori perdite di tempo.
“Quarta”. Lo ghignò divertito e alzai lo sguardo di scatto per fissarlo.
“Come hai detto?”. Spalancai la bocca come ogni ragazzo di 25 anni in preda agli ormoni avrebbe dovuto fare.
“Bagnina, di massimo 24 anni, bionda, occhi azzurri, quarta di tette, decisamente single, etero!”. Sorrise compiaciuto del resoconto e mi alzai di scatto in piedi.
“Andiamo in piscina! Ho voglia di nuotare!”. Sorrisi come un idiota incamminandomi verso la camera per prendere il costume.
“Ma ci sono appena stato! Non ho voglia di fare un’altra ora!”. Lo piagnucolò triste e mi girai per incenerirlo con lo sguardo.
“Tu vieni con me perché se non è vero ti affogo. Chiama anche Bobby, sarà felice di fare una nuotata, è da un pezzo che me lo chiede”. Mi chiusi la porta del bagno alle spalle per mettermi il costume e lo sentii borbottare al telefono per dire a Bobby che saremmo andati a nuotare.
Dieci minuti dopo ci trovammo tutti e tre a bordo vasca a sbavare come san bernanrdi.
Decisamente migliore di tutto quello che la mia immaginazione aveva creato, mi fece sentire come un idiota lì, con la mia cuffietta gialla e blu e il mio costume nero.
“Diamine pel, questa volta avevi ragione sul serio!”. Annuii guardandola con gli occhi fuori dalle orbite e lo vidi annuire con la coda dell’occhio.
“Ragazzi, è una dea!”. Bobby la guardò stringendosi nel suo speedo nero e si passò una mano davanti agli occhi.
“Io devo conoscerla!”. Lo sussurrai con fare cospiratorio quando entrammo in piscina e ci preparammo per fare un paio di vasche sotto l’occhio della dea dei bagnini, paragonabile solo al rallentatore di Pamela Anderson nella sigla di Baywatch.
“Chissà se sono vere!”. Art lo sussurrò posando i suoi occhi sulle tette della bagnina coperte da quei triangolini di stoffa rossa che sembravano decisamente superficiali.
“Te lo saprò dire presto!”. Ammiccai verso mio fratello e lo sentii sbuffare. “100 sterline che riesco a parlarle e a chiederle il nome e un appuntamento entro dieci minuti”. Una cosa così impegnativa richiedeva un certo prezzo.
“200 se le infili la lingua in bocca in mezz’ora, qui sotto gli occhi di tutti”. Sorrise compiaciuto e cominciai a pensare ad un piano che potesse fruttare 200 sterline in meno di un’ora.
“300 se vi levate e mi lasciate fare le mie vasche senza rimanere qui in mezzo a parlare”. Un uomo palestrato e grosso talmente tanto da farmi paura, si voltò a guardarci e ci spostammo subito per farlo passare.
“Ci sto. Ma devi mantenere la tua promessa”. Allungai la mano verso quella di mio fratello che mi guardò con un ghigno nel viso.
La strinse annuendo e Bobby rimase a guardare noi e la bagnina alternando gli sguardi.
“Puoi partire da ora”. Fece partire il cronometro dal suo orologio e sorrisi prima di cominciare a nuotare.
Una vasca e mezza dopo sorrisi prima di mettere in atto il mio piano.
“Aiuto! Aiuto un crampo!”. Mi fermai in mezzo alla vasca, dopo aver controllato che non ci fosse nessuno vicino a me pronto ad aiutarmi. “Aiuto! Un cra…”. Mi abbassai immergendomi sott’acqua e agitando le braccia come se stessi veramente affondando.
Riemersi per prendere aria e mi accorsi che la postazione della bagnina era vuota.
Perfetto.
“Aiuto! Un cr…”. Mi lasciai cadere ancora prima di sentire due mani sorreggermi.
“Resisti”. Una voce di donna.
Perfetto.
Chiusi gli occhi e mi abbandonai come se fossi svenuto quando mi sentii trasportare sul bordo della vasca.
“Ehi, mi senti?”. La voce della ragazza era vicina a me e sentivo gente attorno a noi. Non mi mossi e cercai di non ridere. “Qualcuno lo conosce? Sa come si chiama?”. La ragazza si stava decisamente agitando, forse anche perché quando mi tirò due schiaffi sulle guance non mi mossi.
“Si, è mio fratello. Si chiama Tom”. Sentii la voce di Art e lo ringraziai mentalmente.
Gli avrei lasciato dieci sterline, potevo permettermelo.
“Tom? Tom mi senti? Se mi senti stringi la mia mano”. Sentii qualcosa di caldo posarsi sulla mia mano e rimasi immobile.
Eddai bagnina, fai quello che ti hanno insegnato a fare!
Andiamo!
Parti con la respirazione bocca a bocca!
La Anderson la faceva subito, che aspetti?
Sentii qualcosa spostarsi di fianco a me e poi due piccole mani toccarono la mia mandibola per aprirla.
Eccolo, il momento!
Sentii le sue dita posarsi sul mio petto e subito dopo una mano mi chiuse il naso.
Quando le sue labbra cominciarono a soffiarmi l’aria dentro ai polmoni senza tanti problemi le infilai la lingua in bocca cercando di circondarle il collo con la mano.
Cercò subito di staccarsi e al posto della sua lingua mi ritrovai con le nocche della mano piantate per bene sul mio naso che cominciò a sanguinare dopo il suo gancio destro.
“Auch!”. Lo urlai portandomi una mano sul naso prima di accorgermi che era piena di sangue.
“Oddio! Oddio scusa!”. La bagnina cominciò a gesticolare prendendo qualcosa da dietro di lei e posandomelo sul naso. “Scusami, mi hai colto di sorpresa e ho reagito…”. La gente attorno a noi cominciò a ridacchiare più forte e qualcuno fischiò.
Mi asciugai il mento sporco di sangue con l’asciugamano che mi aveva dato e cercai di rialzarmi.
“Mi hai rotto il naso”. La fissai sconvolto e la bagnina cominciò a scuotere la testa.
“No, è stato un errore! Io non l’ho fatto apposta!”. Scosse la testa e poi diventò seria. “Ehi, tu mi hai infilato la lingua in bocca! Si, l’ho fatto apposta!”. Annuì una volta seria portandosi le braccia sotto alle due enormi bocce e rimasi per un attimo a contemplare la trama di quel bikini così fortunato.
“Ma tu mi hai rotto il naso! Hai la vaga idea di come io potrò fare un provino tra due giorni se ho il naso rotto?”. La fissai guardando l’asciugamano che sembrava aver cambiato colore.
“Andiamo, non è rotto. Fammi vedere”. Tolse l’asciugamano e si avvicinò per controllare.
Strinse lievemente gli occhi e mi accorsi che erano azzurri.
Non grigi.
Non verdi.
Azzurri.
Art aveva ragione. Erano gli occhi più azzurri che avessi mai visto.
“Allora?”. La guardai passandomi l’asciugamano sotto al naso per togliere le ultime gocce di sangue che erano uscite.
“Io non credo che sia rotto. Dovrebbe sanguinare ancora. Dovresti farti visitare da un medico”. Lo sussurrò alzandosi in piedi e tendendomi la mano per aiutarmi.
Mi alzai lentamente, evitando ulteriori figuracce con un giramento di testa.
Diamine se era alta!
Come minimo un metro e settanta, e sicuramente quelle bocce ci stavano da dio in quel corpo da modella.
“Come un medico? Tu dovresti sapere se è rotto o no! Non fanno fare i corsi ai bagnini?”. La fissai sorpreso e si avvicinò con fare cospiratorio.
“Shhh! Ho saltato quella lezione. Non dirlo a nessuno, per favore.”. Scosse la testa spaventata e ghignai malefico.
“Beh, allora devi pagare un prezzo per il mio silenzio, potrei denunciarti”. Le sorrisi e la vidi spalancare la bocca sorpresa.
“Mi stai ricattando?”. Rimase con gli occhi sbarrati anche quando annuii. “Tu non mi puoi ricattare, forse non ti sei accorto che potrei denunciarti per molestie sessuali!”. Incrociò di nuovo le braccia sotto alle bocce e per qualche secondo dimenticai di fissarla negli occhi.
“Si…beh…”. Tornai a guardarla completamente disorientato e con la gola secca. “Direi che allora io non sporgo denuncia a te per avermi rotto il naso e tu non la sporgi a me per molestie sessuali. Che ne dici?”. Era difficile concentrarsi sui suoi occhi quando qualcosa di decisamente più grande attirava la tua attenzione.
Dovevano essere naturali, sicuramente!
Sembravano così soffici, così perfettamente naturali che non potevano di certo essere state fatte da un chirurgo estetico.
Quelle tette erano state fabbricate da madre natura in persona!
E si era impegnata anche tanto!
“I miei occhi sarebbero sopra il mio collo, così per dire”. Si portò le mani davanti al seno come se avesse voluto nasconderlo e alzai lo sguardo di scatto trovandola a metà tra il divertito e l’offeso.
Bene, avevo di certo guadagnato un sacco di punti.
Talmente tanti che avrei di certo ricevuto un ‘Si’ urlato alla richiesta di appuntamento.
Era nel manuale dei gentiluomini.
Regola numero uno: guardare insistentemente le tette di una donna, se poi sono grandi e belle fissarsi per minuti interi.
“Ma lo sai che hai un costume fantastico? Volevo comprarlo a mia sorella uguale uguale!”. Le sorrisi tentando di salvare la situazione. “Perché lo voleva proprio con questo intreccio di fili! Non ti stavo guardando le tette, volevo che fosse chiaro! Non che non siano da guardare, voglio dire, ma un minutino fa mi sono fermato ad ammirare l’intreccio di fili rossi che ha questo costume e ho pensato che facesse proprio al caso di mia sorella, ed è una fortuna! Tu non sai nemmeno quanto mi ha stressato per trovarlo! ‘Tom il costume di qui, Tom il costume di là’, per fortuna che ti ho incontrato, voglio dire, mi schivi otto giornate di shopping con lei per trovarlo! Posso chiederti dove l’hai comprato?”. Un sorriso bellissimo che non la smosse di nemmeno un millimetro.
“Tu sei totalmente pazzo! È la scusa più idiota che uno si sia inventato”. Scosse la testa ridendo di gusto.
Si.
Erano decisamente vere.
Lì ballava tutto.
“Non era una bugia! Chiedi a mio fratello pe…volevo dire Art! Di sicuro ti dirà che è vero”. Segnai Art che si stava infilando un accappatoio e la vidi sorridere.
“Va bene, allora chiederò a tuo fratello”. Fece un passo per avvicinarsi ad Arthur e mi crollò il mondo addosso.
Arthur non mi avrebbe mai appoggiato perché c’era la scommessa in palio.
“MA! Ma ora mi è venuto in mente che Art non lo sapeva”. Scossi la testa come se fossi stato dispiaciuto. “Sai, non è del tutto normale, soffre di una strana malattia e si dimentica le cose, poi piange all’improvviso se gli facciamo una domanda e non si ricorda la risposta. Non vorrai metterlo in imbarazzo, vero?”. La fissai serio e ferito dal suo possibile rifiuto. “Una così bella donna non vorrà mettere in imbarazzo un piccolo adolescente indifeso”. Mi fissò seria e scosse la testa.
“Non mi sembrava tanto strano prima quando gli ho chiesto come ti chiamavi. Sai, prima, quando mi hai assalita”. Corrugò la fronte e spalancai gli occhi.
Non si era dimentica, allora.
“Si, beh, credo ci sia stato un errore di comprensione tra di noi, bagnina…come hai detto che ti chiami?”. Stava per scadere il tempo e non sapevo ancora il nome.
“Non l’ho detto, infatti”. Sorrise sarcastica e la guardai sorpreso.
Diamine, sapeva tenere testa la tetto…ehm, la ragazza!
“Beh, potrebbe essere il momento giusto per dirlo, no?”. Un mio nuovo sorriso e lei scoppiò a ridere.
“Ho sempre saputo che voi attori siete strani, ma di gran lunga tu sei il peggiore che io abbia mai incontrato”. Scosse la testa continuando a ridere.
“Si, me lo dicono in molti. Quando mi hai riconosciuto?”. La fissai serio, non credendo ai miei occhi e alle mie orecchie.
Mi aveva riconosciuto e non aveva ancora chiesto di lui.
“Quando hai aperto gli occhi dopo avermi piantato la lingua in bocca”. Lo sibilò tra i denti e sorrisi timidamente.
“Devo assolutamente farmi perdonare per questa mancanza di tatto. Si. Vediamo, un appuntamento potrebbe andare? Decisamente nessun bacio!”. Le sorrisi e scosse la testa.
“No.”. scosse la testa seria, irremovibile.
“Perché? Hai il fidanzato?”. Fissai il suo anulare spoglio da brillanti accecanti.
“No”. Scosse la testa come se fosse stata una cosa ovvia.
“Sei lesbica?”. I miei occhi si sgranarono sorpresi e anche felici, in attesa di una risposta.
“No”. Lo disse schifata e scossi le mani.
“Era per sapere! E allora perché non vuoi uscire con me?”. Sporsi il labbro inferiore per fare una faccina triste e sorrise.
“Perché non ti conosco e non esco con le persone che non conosco. Non esco con le persone che ho visto una volta sola, mi dispiace”. Alzò le spalle, come se fosse stata davvero dispiaciuta.
“Ma guarda un film che ho fatto un paio di volte così mi hai visto tre volte e possiamo uscire assieme, no?”. Un sorriso che la fece ridere.
“No. Ed è un no insindacabile”. Scosse la testa prendendo il suo asciugamano e il fischietto.
Se ne stava andando.
“Come? No dai! Per favore! Tu non mi hai nemmeno ascoltato! Stavi guardando quelli che nuotavano!”. Segnai la vasca quando salutò un biondone che le diede il cambio sulla sedia del bagnino.
“Si che ti ho ascoltato, in ogni caso stavo lavorando”. Si avvicinò pericolosamente alla porta con la scritta ‘STAFF ONLY’ e mi accorsi che il mio tempo stava finendo.
“Va bene, non facciamo un appuntamento, dimmi almeno come ti chiami, così cominciamo dall’inizio!”. Cercai di sorridere conscio del fatto che avrei vinto solo 200 sterline dalla sfida con Art.
Ma non era più una sfida, si trattava di orgoglio maschile, e non solo di quello.
“Perché dovrei dirtelo?”. Mi fissò posando la mano sulla maniglia pronta per abbassarla.
“Perché così la prossima volta posso salutarti per nome”. Le sorrisi.
“Facciamo così, ti aiuto restringendo il campo. È il nome di una canzone dei Beatles”. Sorrise chiudendosi la porta alle spalle.
Oh bene!
Ora si che sapevo come si chiamava!
Una canzone dei Beatles!
Un sacco di loro canzoni avevano il nome di una donna!
Lucy, Michelle, Jude, Anna, Eleanor, Lizzy!
E questi erano solo i primi nomi!
Che diamine!
“Allora?”. Art si avvicinò con un sorriso e scossi la testa.
“Le 200 sterline della tua scommessa le ho vinte, solo che non so come si chiama!”. Sospirai e Bobby cominciò a ridere.
“Beh, io credo che Art debba pagare, hai avuto coraggio a fare quello che hai fatto”. Annuì e mi batté una mano sulla spalla.
“Si, ma non so ancora come si chiama, è rimasta sul vago”. Strinsi le labbra togliendomi la cuffia dalla testa.
“Che  cosa ti ha detto?”. Art lo chiese curioso e mi schiarii la voce.
“Che si chiama come una canzone dei Beatles”.
Possibile?
Si chiamava come una canzone dei Beatles e aveva le tette di Pamela Anderson.
Era la donna perfetta!

 
 
 
 
 
Salve ragazze! :)
Non so nemmeno con che coraggio pubblico una cosa del genere ma questa storia è nella mia mente da un pezzo!
Glielo dovevo! Dovevo allo smilzo una storia, e non potevo che farla comica!
Ah si, naturalmente Arthur Sturridge esiste sul serio, è il fratello di Tom e ha un’insolita chioma rossiccia che non so da dove sia sbucata, per questo motivo Tom ogni tanto qui lo chiama Pel (da Pel di carota).
QUI trovate la foto di Tom e del fratellonzo.
Saranno pochi capitoli, sette compreso l’epilogo e la vena sarà più o meno comica come questo.
Userò questo tono ‘leggero’ solo ed esclusivamente perché con le due storie che ho scritto ‘Do you think you can tell?’ e ‘Redemption’, credo mi sia sparita tutta la vena ironica che avevo (se mai ne ho avuta una) e quindi, prima di cominciare un progetto a cui tengo un pochino, volevo allenarmi a scrivere stupidate qui! :P
Aggiornerò, come avrete letto sopra, due volte a settimana, il venerdì e il lunedì, così finisce anche presto.
Se mi fate sapere che ne pensate (gli insulti pesanti sono bene accetti) io sarò più che felice di rispondervi! :)
A lunedì! :)
Un bacio!

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Capitolo 2
*** Boobs, boobs, boobs ***


1
ATTENZIONE: Questa storia sarà aggiornata 2 volte alla settimana, il Lunedì e il Venerdì.
 
 





Oddio.
Il paradiso delle bocce!
Milioni di bocce!
Miliardi di bocce!
Grandi, perfette, morbide.
Troppe cose da fare con tutte quelle bocce.
Un sorriso si posò sulle mie labbra quando mi accorsi che era bellissimo essere circondato da bocce.
Tante.
Troppe.
Ed erano tutte sue.
Tutte della bagnina.
Cavolo, si.
Decisamente sue.
Bocce così non si vedevano tutti i giorni, meglio approfittare.
Un passo verso le sue bocce e mandai giù una saliva inesistente.
Solo un piccolo assaggio di paradiso.
Non chiedevo tanto.
Solo toccare con mano.
Meno di cinque centimetri e avrei sentito la morbidezza, l’avrei toccata con mano.
Il mio sogno si stava per avverare.
“TOM!”. Una voce mi chiamò di colpo e aprii gli occhi infastidito.
Era una voce da uomo e gli uomini non avevano quelle tette.
“TOM! Dannazione svegliati! Devo andare a scuola, hai capito? Mi hai chiesto di svegliarti ieri sera!”. Perché quella voce somigliava tremendamente a quella di mio fratello?
“Pel?”. Lo grugnii schiacciandomi il cuscino sopra alla testa e sistemandomi meglio nel letto.
“Si, chi vuoi che sia, la bagnina? E vedi di leggere quel copione, scemo di un fratello che mi ritrovo!”. Lo urlò prima di sbattere la porta di casa per uscire.
Copione.
Bagnina.
Sogno con tette.
Mi alzai a sedere di scatto e mi guardai attorno.
Mia camera.
Mio letto.
Io.
Nessuna bagnina.
“Pff”. Scossi la testa distendendomi a letto di nuovo.
Era stato solo un bellissimo sogno che si era infranto ancora prima di essere finito.
Fossi riuscito a toccare qualcosina!
Prima cosa da fare: doccia fredda per sistemare le condizioni pietose in cui il mio corpo si era ridotto con il sogno.
Diamine, avevo 26 anni e mi svegliavo come un sedicenne in preda alla cottarella.
Ma questa volta era giustificato, con tutte le bocce del sogno!
Mi gelai anche l’ultimo globulo rosso del sangue con l’acqua ghiacciata, e quando uscii cominciai a battere anche i denti.
Forse avevo esagerato ma era meglio così, i bollenti spiriti li avevo lasciati tra le coperte!
Preparai un caffè mentre aspettai che il pc finisse di caricare.
Mi aspettava una lunga giornata di lavoro per scoprire tutte le possibili canzoni dei Beatles che potessero contenere un nome.
Diavolo, quante avrebbero potuto essere?
Due ore, quindici album e otto iniezioni di collirio dopo, mi arresi.
“E’ satana in persona quella! L’ha fatto apposta”. Lo piagnucolai facendo zapping per la tv.
Spalancai gli occhi riportando il televisore a sintonizzarsi nel canale precedente.
Uno speciale sui Beatles.
Oh si! Sarebbe stato utilissimo! Ormai avevo imparato a memoria ogni titolo di canzone!
Lucy in the sky with diamond, Eleanor Rigby, Hey, Jude!, Anna, Dizzy Miss Lizzy, Lovely Rita, Penny Lane, Martha my dear, Julia, Lady Madonna, e non ero nemmeno sicuro di averle dette tutte!
Lessi velocemente il copione sicuro che avrei accettato la parte se avessi dovuto superare il provino e poi mi dedicai ad una minuziosa ricerca di un costume che potesse attirare la sua attenzione.
Sarebbe andato benissimo quello con le figure del David di Michelangelo scolpite davanti, purtroppo però non avevo una grande varietà, così optai per un semplice costume nero con due strisce colorate, rosse e gialle, ai fianchi.
Mi accorsi che era un po’ largo ma avrei potuto tranquillamente stringere il laccio in vita.
Meglio fargli fare un giro in lavatrice prima.
A quanto ne sapevo poteva averlo utilizzato anche Sam quel costume!
Lo gettai in lavatrice e ordinai il pranzo dal ristorante cinese sotto casa; sapevo che Art andava matto per il cinese quando tornava da scuola stanco morto dopo aver fatto un’ora di basket in palestra.
Sotto l’aspetto fisico, tranne per i capelli rossi, ci assomigliavamo parecchio, entrambi magri, decisamente smilzi, avevamo gambe e braccia che potevano essere scambiate per lunghi stuzzicadenti.
“Tom sei a casa?”. Sentii la porta aprirsi e sorrisi quando arrivò in cucina felice di vedere le scatolette del cinese sulla tavola. “Oh, bene! Cinese”. Si strofinò le mani affamato e si sedette aprendo la prima scatoletta che si trovò davanti.
“Giù le mani pel! Prima ti lavi quelle zampe unte e poi cominci a mangiare! Per quanto ne so quelle possono essere finite da ogni parte”. Sottolineai le ultime tre parole per fargli capire bene quello che avevo voluto insinuare.
“Un fratello idiota, ecco che cosa mi ritrovo!”. Scosse la testa non rispondendo alla mia provocazione quando si alzò per andarsi a lavare le mani sul lavandino pieno di piatti da lavare.
Cominciammo a mangiare e mi raccontò qualche aneddoto riguardante la biondina che sembrava finalmente averlo notato perché, a quanto avevo capito, le era stato detto da Shirley, amica di Claudia che era amica di Nicky, che conosceva Brad che era il vicino di casa di Paul che conosceva Jack, grande amico di Art, che lui era mio fratello.
“Beh, facciamo passi in avanti vedo! Ne sono felice, magari entro la fine dell’anno scolastico riesci anche a parlarle di persona!”. Picchiai la mia mano sulla sua spalla e sentii distintamente il pezzo di pollo andargli per traverso.
“La vuoi smettere? Parla quello che pianta la lingua in bocca alla bagnina! Tu ti salvi il culo solo perché Rob è famoso e di riflesso sei diventato famoso anche tu!”. Fiero del suo discorso sorrise.
“E se non ci fosse Rob, come avresti parlato con la biondina? No, aspetta, come le sarebbe giunta voce da Kimberly che tu sei mio fratello?”. Sorrisi sarcastico e strinse gli occhi arrabbiato.
“Kimberly è lei! E smettila di girarmi le battute che io ti dico solo perché sei più vecchio di me! Nel caso in cui non te ne fossi accorto ieri sera, vorrei dirti che tutta la piscina ti ha preso in giro per quello che hai fatto!”. Si alzò di colpo gettando nel lavandino le posate e nel cestino i cartoni vuoti.
“No, si chiama invidia, perché io le ho piantato la lingua in bocca”. Masticai un pezzo di dolce e si girò con un sorriso di scherno.
“Beh, le avrai anche piantato la lingua in bocca ma lei non ha di certo gradito, visto che ti sei ritrovato le sue nocche nel naso”. Touchè.
Colpito e affondato.
L’avevo addestrato bene.
“Si chiama amore passionale Art, è il migliore, il più selvaggio!”. Ammiccai verso mio fratello che sbarrò gli occhi stupito.
“Se le donne sapessero quanto sei idiota non ti guarderebbero nemmeno. Hai un chiodo fisso che ti si è piantato nel cervello e pensi solo ad inventare posizioni nuove per scrivere il nuovo Kamasutra!”. Scosse la testa e si sistemò le maniche della maglia.
“Ne riparliamo tra 8 anni, sai? Quando i tuoi ormoni saranno più grandi e vedrai un paio di tette che non hai mai visto in vita tua. In ogni caso per favore potresti stendere il mio costume? L’ho lavato prima”. Gli sorrisi sadico, sapendo che toccava a lui distendere le lavatrici e lavare i piatti. “Io vado un po’ a stendermi in divano, sai, mi sono proprio impegnato tanto questa mattina per lavorare”. Ridacchiai sedendomi sul divano e lo sentii borbottare qualcosa.
 
Passai il pomeriggio a finire di leggere il copione e a prepararmi mentalmente per il discorso che avrei fatto alla bagnina per sapere il suo nome.
Art aveva steso il mio costume che si era asciugato e dopo aver preparato la borsa, mi ero vestito per uscire.
“Buona fortuna! Sono sicuro che questa sera farai un figurone e tutti ti noteranno”. Art sorrise quasi sadicamente, o forse me lo immaginai, lo salutai con la mano accendendomi una sigaretta.
Beh, come minimo avrei rinforzato i muscoli, se fossi andato ogni sera in piscina!
Entrai in spogliatoio per cambiarmi e dopo aver indossato il costume mi accorsi che qualcosa non andava.
Sembrava largo…come se non ci fosse stato lo spago in vita.
Fissai con occhi sgranati i due passanti vuoti e mi accorsi con orrore che mancava una parte fondamentale: lo spago in vita.
“ART”. Lo sibilai verde di rabbia per il tiro sinistro di mio fratello e scossi la testa.
Infondo cosa sarebbe potuto succedere? Il costume non era poi tanto largo, avrei dovuto prestare attenzione tra una vasca e l’altra perché non scendesse.
Odiavo portare i boxer sotto il costume in piscina, non mi permettevano di essere libero nei movimenti, quel giorno poi non avrei di certo potuto indossare quei maledetti boxer, presi da Rob e Kris, il natale prima, per prendermi in giro.
Quelli rossi, con Mario Bros davanti e quelle frasi idiote che facevano ridere.
Non sarebbe successo nulla di brutto, avrei nuotato con una mano sull’elastico del costume per sicurezza, poi non erano nemmeno così larghi.
Stretto nell’accappatoio entrai in piscina e sorrisi vedendo il posto di bagnino occupato da una bionda decisamente formosa.
La mia bagnina.
Mi tolsi l’accappatoio e con un sorriso mi avvicinai a lei.
“Buonasera! Come va la mano?”. Segnai con il viso la sua mano destra e alzò leggermente lo sguardo dalla piscina per salutarmi.
“Bene. Il tuo naso, Tom?”. Sorrise guardando un ragazzo che la salutò con la manina mentre virava a fine vasca.
Sbiancai quando mi accorsi che era il bagnino biondo che le aveva dato il cambio il giorno prima.
Non avrei potuto fare nulla contro di lui, mi batteva per muscoli, altezza, braccia e qualsiasi altra cosa.
Beh, forse, non proprio su tutto, un paio di riserve di sicuro le avrei avute, prima tra tutte la bellezza dei miei occhi e seconda, beh… si, decisamente avrei potuto vincere io anche in quel campo, forse.
“Il mio naso stava meglio ieri, a proposito, mi potresti dire come ti chiami? Perché sul serio, ci ho pensato tutta oggi!”. Mi abbassai appoggiando le mani sul bracciolo della sedia e la fissai negli occhi dopo essermi soffermato a guardare altro.
“Allora ci hai pensato troppo poco”. Sorrise voltandosi per un secondo verso di me prima di tornare a guardare tutte le persone che nuotavano in piscina.
“No, no! Ci ho pensato anche ieri sera e anche questa notte! Pensa che ti ho sognato!”. Mezza bugia, avevo sognato una precisa parte di lei, o meglio, due.
“Ah si? Mi hai sognato? E di che cosa parlavamo?”. Mi fissò per qualche secondo sorpresa e divertita.
Beh, non c’era proprio un discorso preciso, era più un insieme di figure.
“Continuavo a chiederti il tuo nome ma non volevi dirmelo”. Portai il labbro inferiore in fuori come se fossi stato un bambino piccolo deluso.
“Forse è il destino che lo vuole, non ci hai pensato?”. Mi sorrise sistemandosi sulla sedia.
“Ehi bellezza? Che cosa mi racconti di bello?”. L’armadio alto e biondo, altresì detto il bagnino, si alzò dal bordo della piscina come se fosse stato il protagonista di una pubblicità di costumi da bagno.
Mini.
Mini costumi da bagno.
Costumini.
Orrendi.
Si intravedeva tutto quello che c’era sotto e mi voltai dall’altra parte chiudendo gli occhi per non vomitare, visto che ero all’altezza giusta.
Mi voltai di colpo capendo che anche LEI era all’altezza giusta.
“Tutto bene Justin, tutto bene. Che mi racconti?”. Sorrise al bagnino che si tolse la cuffia sventolando la chioma bionda come se fosse stato un leone.
Mi sembrò addirittura che si muovesse in slow-motion!
“Mah, bellezza che vuoi che ti racconti? Solite cose. Usciresti con me stasera, eh? Cinema e poi dopo-cinema a casa mia, ci divertiremmo un sacco, lo sai?”. Le fece l’occhiolino e lo fissai completamente sconvolto.
Ci stava provando con lei offrendole una notte di sesso sfrenato incurante del fatto che ci fossi anche io di fianco.
Ok, non ero di certo della sua stessa stazza fisica ma non passavo inosservato!
“Justin, quando la smetterai di provarci? Ti ho detto che non sei il mio tipo”. La bagnina scosse la testa con un sorriso ma sembrava decisamente arrabbiata.
“Jude, ti prego! Una volta sola! Quando avrai provato il meglio non potrai più rinunciarci”. Un nuovo occhiolino e questa volta mi infilai un dito in bocca come se avessi dovuto vomitare.
In compenso però avevo capito come si chiamava.
Jude.
Si, era un nome decisamente appropriato per lei.
Sentii Jude ridere e mi accorsi che probabilmente aveva visto la mia scenetta.
“E lui chi è?”. L’armadio biondo mi fissò come se non si fosse accorto che c’ero anche prima.
“Tom Sturridge”. Mi alzai in piedi per fronteggiarlo anche se era una manciata di centimetri più alto di me.
“Questo nome non mi è nuovo, ma di certo non sei uno sportivo.”. Assottigliò lo sguardo schifato quando osservò le mie braccia smilze.
“Sono un attore. Famoso”. Sorrisi e sentii Jude ridere.
“Si, beh, non ti ho mai visto. Ora, mia adorata Jude, vado a farmi una doccia bollente nel bagno riservato. Se vuoi venire anche tu sai che ti aspetterò”. Un nuovo occhiolino.
Le cose erano due, o aveva qualche tipo di tic all’occhio oppure gli davano fastidio le luci della piscina.
“Sto lavorando”. Rimase seria a fissare le persone in piscina e ridacchiai tra me e me.
“Potrebbe guardare lui le persone fino a quando siamo occupati, eh?”. Le sorrise posandole la mano sulla coscia e in due secondi Jude si alzò prima di portargli il braccio dietro la schiena.
“Justin, tesoro, c’è qualcosa che non ti è chiaro? Fino a quando ci provi a parole non posso fare altro che risponderti di no, ma se mi tocchi sai che reagisco male. Ora, prima che la doccia tu debba fartela in ospedale senza un arto, ti consiglio di sparire, ok tesoro?”. Parlò con la voce più soave che avevo mai sentito e sentii il bagnino lasciare un gemito di dolore quando annuì. “Ci vediamo dopo per il cambio di turno, buona doccia!”. Gli sorrise agitando la mano per salutarlo e sbiancai.
Le cose erano due, anche in questo caso; o era pazza, oppure era la persona più grandiosa che io avessi mai conosciuto.
“Wow, devo dire che sai difenderti bene, capisco che sono stato fortunato ad aver presto solo un gancio destro ieri!”. Le sorrisi e la vidi risedersi tranquilla come se non fosse successo nulla.
“Non sono manesca di solito, solo che non lo sopporto. Ci prova da quattro mesi e non ha ancora capito che non mi interessa. Tutto qui. Per il resto è la persona più simpatica, gentile e generosa che conosca”.
Alla faccia!
Era la persona più generosa, più simpatica e più gentile che conosceva ma l’aveva minacciato di staccargli un arto!
Che cosa faceva alla persone che non sopportava?
“Oh, immagino! Io andrei a fare qualche vasca, Jude”. Sottolineai il suo nome e la vidi scuotere la testa con un sorriso.
Entrai in vasca lentamente, con molta calma, lanciando sguardi ammiccanti a Jude che guardava a destra e a sinistra, attenta che non ci fosse nessuno che stesse affogando.
Sarebbe stato stupido e idiota far finta di affogare ancora, anche perché, se avessi veramente avuto un crampo una volta, sarebbe benissimo potuta accadere la storia del lupo.
Cominciai a nuotare canticchiandomi mentalmente una canzone.
Hey Jude don’t make it bad,’. Una bracciata.
Take a sad song and make it better,’. La mano che tirava su il costume.
Remember, to let her into your heart,’. Una nuova bracciata.
Then you can start’. L’altra mano che tirava su il costume.
To make it better.’. una nuova bracciata.
Arrivai a fine vasca con un sorriso da idiota e la bocca piena di acqua e cloro.
Non era una buona idea quella di ridere nuotando a stile!
Mi fermai di fianco al trampolino, sorreggendomi con le braccia al bordo vasca e sorrisi di fronte a Jude.
Hey Jude, non essere pessimista”. Tentai di non canticchiare l’inizio della canzone con uno scarso risultato. Per lo meno riuscii a farla ridere.
“Sai in quanti ci hanno provato così?”. Sorrise fissando il centro della piscina.
“E funziona? Voglio dire, posso fare colpo?”. Le feci l’occhiolino convinto che non mi avrebbe guardato, invece si voltò proprio in quel secondo.
“Dipende”. Sorrise in modo enigmatico, quasi quanto la sfinge, e continuò a fissare il centro della piscina.
“Ma mi lascerai uscire con te, un giorno? Non ti porto a casa mia dopo il cinema al primo appuntamento, lo prometto”. Sorrisi spostandomi leggermente quando sentii qualcuno che ridacchiò di fianco a me.
Forse aveva sentito la mia battuta e faceva ridere.
Ero famoso per essere un burlone.
“Sai, Tom”. Si fermò di colpo puntando i suoi occhi diritti nei miei. “Devo dire che mi piace un sacco il tuo costume”. Sorrise tornando a guardare in centro vasca.
“Davvero?”. Mi appiattii ancora di più alla parete ruvida della piscina e la vidi annuire.
Avevo fatto centro con il costume.
“Si, voglio dire, amo quelle righe colorate che ci sono di fianco, di che colore sono? Rosso e giallo?”. Puntò di nuovo i suoi occhi nei miei con un sorriso divertito sul viso e il mio sorriso si allargò.
Aveva una memoria visiva spaventosa.
Però mi piaceva giocare, quindi decisi di continuare.
“Beh, non lo so, controllo”. Sorrisi divertito abbassando lo sguardo per controllare le righe del mio costume ma quello che vidi mi gelò il sangue nelle vene.
Non c’era il costume.
Non c’era il mio maledetto costume.
Solo la mia pelle.
Nudo.
Completamente nudo.
“Bene”. Alzai gli occhi per guardarla ridere e non potei non soffermarmi su quelle bocce che si muovevano saltellando qua e là.
Vere, sicuramente vere.
“Il tuo costume è lì”. Puntò il dito decisamente molto distante e quando mi voltai mi accorsi che il mio costume era in mezzo alla vasca, sembrava che nessuno se ne fosse accorto perché quasi tutti erano usciti.
“Oh, grazie per l’informazione. Potresti, che ne so, potresti prendermelo per favore?”. Mi appiatti di più al bordo per non far vedere le mie grazie a chiunque.
Lei avrebbe di certo potuto vederle ma magari non sotto ai riflettori.
“Oh, mi dispiace”. Finto tono dispiaciuto che mi fece spalancare la bocca sorpreso. “Non posso abbandonare il posto per nessuna ragione al mondo, a meno che qualcuno non stia affogando”. Alzò le spalle e tornò a sorridermi.
“E io cosa dovrei fare? Rimanere qui nudo con tutto l’armamentario di fuori?”. La fissai segnandomi con la mano l’amico che era rimasto scoperto.
“Beh, le cose sono due: o aspetti che Justin venga a darmi il cambio e chiedi a lui se per favore può prenderti il costume, oppure vai nuotando fino a lui”. Sorrise di nuovo segnando il costume.
“Ma sono nudo!”. Alzai le sopracciglia spaventato.
Non le facevo proprio pena?
Nemmeno un po’?
“Andiamo, sei un attore, famoso”. Imitò il tono di voce che avevo usato in presenza di Justin. “Ti avranno già visto nudo, no? Sei così timido?”. Sorrise maliziosa e si sistemò sulla sedia.
“Ma mi vedranno tutti, compresa tu!”. La fissai sbarrando ancora di più gli occhi.
Ero decisamente più propenso per un tetè-a-tetè con lei, se poi c’erano anche altre due, che erano sempre con lei, ossia le sue bocce, per me non c’era problema, ma non tutta quella gente!
“Oh, così tante storie per un sedere! Credi che non ne abbia mai visto uno? Visto uno visti tutti, diceva mia nonna!”. Sorrise fischiando ad una ragazza che aveva preso il mio costume in mano e le segnò di lasciarlo lì.
Era una vendetta.
Bella e buona!
“Per favore, girati dall’altra parte”. La supplicai e la vidi ridere.
“Non posso, mi dispiace! Se qualcuno affoga poi la responsabilità è mia”. Fece una finta faccia triste e assottigliai lo sguardo incenerendola.
“Molto bene. Molto, molto bene!”. Annuii e con una mano mi coprii l’amico prima di girarmi verso il mio costume, praticamente dall’altra parte della piscina.
Sentii Jude ridere forte quando cominciai a nuotare, con un braccio solo, verso il mio costume, ma feci finta di nulla e continuai per la mia strada.
Quando arrivai al mio costume mi appiattii contro l’altra parete della piscina e lo infilai.
Dopo un sospiro di sollievo, che non mi risparmiò di certo l’imbarazzo di essere stato visto nudo da decine di persone, cominciai a nuotare, tenendomi fisso il costume con una mano, verso di Jude che stava parlando con un’altra ragazza.
Le sentii ridere e mi accorsi che il motivo ero io.
Perfetto, ora ero diventato la barzelletta di Jude e della sua amica che non aveva quasi nulla da invidiare al corpo di Jude.
Jude la batteva decisamente per tette, ma quella aveva un signor culo!
Eppure…
Eppure ero quasi sicuro di aver già visto quel sedere, perfetto, tondo…
Socchiusi gli occhi cercando di mettere a fuoco il sedere e per cercare di capire dove l’avessi visto.
“No Peach, te l’ho detto! Non riesco più a fargli capire che non mi interessa! Gli ho quasi staccato un braccio ma non ci arriva!”. Jude sorrise alla bionda che si raccolse i capelli in una coda di cavallo.
Peach, il nome non mi diceva nulla.
“Beh, potresti che ne so, decapitargli l’affare di giù e, boh! Questi uomini! Come ti ho detto io non voglio avere a che fare con uomini per molto tempo!”. Si girò leggermente e spalancai gli occhi quando, dopo avergli ben fissato le tette, arrivai al suo viso.
Io l’avevo già vista!
L’avevo vista assieme a Rob in un cartellone pubblicitario!
Era culetto di platino!
La modella di ‘Midnight secret’, quella sventola che Rob aveva venerato per mesi!
Culetto di platino si gettò in acqua con una grazia degna di una farfalla e fissai Jude stupito.
“Vedo che hai recuperato il costume!”. Mi sorrise sarcastica e annuii.
“Si, grazie per l’aiuto!”. Sorrisi a mia volta e la vidi chinare la testa come se avesse voluto rispondere al mio ringraziamento. “Ma la ragazza che parlava con te, Peach mi sembra, che lavoro fa?”. Meglio partire da lontano, magari non era lei, ma non ne potevo essere sicuro.
“Si è trasferita da poco a Londra, non ho ancora capito che lavoro fa, perché?”. Assottigliò lo sguardo divertita.
“Mi sembrava di averla già vista in giro e non sapevo se era un’attrice”. Alzai le spalle tenendomi il costume ben stretto con una mano.
“Può essere, faceva la modella”. Bingo!
Era culetto di platino!
Bisognava avvertire Rob!
Sarebbe corso a Londra!
No, meglio non avvertirlo.
Se fosse venuto a Londra magari Jude si sarebbe lanciata tra le sue braccia e mi avrebbe snobbato.
Non che si fosse dimostrata attratta da me, ma per lo meno non mi aveva rotto un braccio.
“Ehi, potresti spostarti per favore? C’è gente che qui vuole calare una taglia!”. Sentii qualcuno venirmi addosso e quando mi girai Peach mi fissò con gli occhi spalancati. “Oddio. Jude, non era una bugia!”. Mi fissò puntandomi addosso l’indice e sentii Jude ridere.
“Ciao, modella di Midnight secret”. Le feci un occhiolino e, potrei giurarlo sulla mia camicia a scacchi bianca e nera, sbuffò fumo dal naso.
“Non sono più la modella di Midnight secret!”. Assottigliò lo sguardo come se avesse voluto lanciarmi una maledizione, probabilmente un crampo così forte da farmi affogare.
“Ok, scusa”. Le sorrisi per rimediare ma non mi sembrò convinta.
“Peach, ci vediamo domani sera, sta arrivando Justin e non voglio assolutamente parlargli”. Jude si alzò dalla sua sedia e si incamminò verso la stessa porta della sera prima senza nemmeno salutarmi.
“Jude!”. Cercai di chiamarla ma un bambino cominciò a piangere e la sua voce sovrastò la mia.
“Allora? Ti sposti?”. Peach mi fissò seria e segnò il muro dietro di me.
“Si”. Lo sussurrai sconfitto prima di avvicinarmi al bordo per uscire.
“Attento al costume, non vorrei mai rivedere il tuo sedere per una seconda volta”. La voce di Peach arrivò da dietro le mie spalle e sentii che stava ridendo.
“Divertente, davvero”. Glielo sibilai uscendo dalla vasca e tenendomi una mano sull’elastico per non farli cadere.
Prima cosa da fare: uccidere mio fratello per lo scherzo idiota che mi aveva fatto.
Seconda cosa da fare: mandare un messaggio a Rob con scritto che culetto di platino era in città.
Terza cosa da fare: conquistare la tetto….ehm, la bagnina! 
 
 
 
 
Salve ragazze!
Capitolo lunghissimo!
Era da un bel pezzetto che non mi usciva un capitolo così lungo!
Allora, come avete potuto vedere la storia continua con il comico-demenziale, spero di essere riuscite a strapparvi un sorriso!
Devo alcune spiegazioni: PEACH è un personaggio di Cris87_loves_Rob e della sua bellissima storia ‘The pain you give me. It’s love’.
Con il suo permesso mi sono presa un suo personaggio e l’ho inserito qui per un paio di capitoli, mi piace un sacco come l’ha costruita solo che non sono sicura di aver rispettato completamente il suo carattere! :)
Nella storia ha fatto la modella per ‘Midnight secret’ e nell’ultimo capitolo pubblicato si lamentava di aver acquistato una taglia, l’ho quindi iscritta in piscina per cercare di buttar giù la taglia e l’ho fatta diventare amica di Jude.
Per quanto riguarda Justin…metterò la foto in fb.
Spero che nessuno si sia offeso e se volete lasciarmi commenti minatori, accetto anche quelli! :)
A venerdì!

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Capitolo 3
*** The fabulous trio (Jude, Mandy & Sandy) ***


1
ATTENZIONE: Questa storia sarà aggiornata 2 volte alla settimana, il Lunedì e il Venerdì.
 
 






Il provino era andato più che bene, probabilmente avrei ottenuto la parte.
Avevo recitato la mia parte benissimo, interpretando un nerd che si era sentito veramente a disagio davanti alla ragazza.
Sembrava che per la parte di lei ci fosse un’attrice sconosciuta, pronta a stupire il mondo con le sue tette, cioè, con i suoi occhi.
Personalmente, qualsiasi attrice scelta, non avrebbe mai superato la mia bagnina.
Né per tette, né per bellezza, né per altro.
Lei era perfetta!
Tette perfette, occhi perfetti, corpo perfetto, tette perfette, tette perfette, sapeva anche difendersi.
Però mi serviva un appuntamento.
Fisicamente era perfetta, certo, ma volevo scoprire se oltre alle tette c’era qualcosa di più.
NON fisicamente (almeno per il momento), perché ero certo che Jude avesse tutte le carte in regola, solo per sapere se anche intellettualmente era la mia compagna.
Quindi, per tentare di capire se avevo trovato l’altra metà mela, anche quella sera mi ero diretto in piscina per una sana nuotata.
Salutai Art e con la mia borsa arrivai velocemente alla piscina.
Avevo comprato un costume nuovo, della mia taglia, e anche una cuffia in tinta.
Mancavano gli occhialini ma sinceramente non mi servivano, i miei occhi mi permettevano di vederci anche sotto l’acqua ripiena di cloro della piscina.
Quando aprii la porta della piscina il mio sguardo corse subito al posto del bagnino, occupato, naturalmente e fortunatamente, da Jude.
Con un sorriso idiota ed estatico, per controllare che fosse proprio lei (anche se decisamente non c’erano dubbi, vista la chioma bionda), diedi un’occhiatina veloce veloce, questione di qualche secondo, alle sue bocce.
Si, era lei.
Mi tolsi l’accappatoio e velocemente camminai verso di lei con un sorriso stupido.
“Jude”. Chinai leggermente la testa e alzò, per un secondo, gli occhi dalla piscina prima di tornare a fissare l’acqua.
Diamine, era l’unica bagnina che prendeva seriamente il suo lavoro, non avevo mai visto nessuno rimanere per così tanto tempo fisso su qualcosa!
“Tom”. Sorrise appena e non si mosse di un millimetro.
Ok, serviva qualcosa per attirare la sua attenzione; prospettive che si potevano utilizzare?
  1. Denudarmi davanti a lei;
  2. Proclamarle il mio amore in modo incondizionato, stile Romeo e Giulietta, alcune donne amavano quelle cose;
  3. Lanciarmi in acqua con un tuffo doppio carpiato arrotolato con tre giri su me stesso più il giro della morte prima di toccare l’acqua anche solo con il primo capello;
  4. Cominciare a cantare a squarciagola qualche canzone.
  5. Evitare di fare figure davanti alle altre persone ma attirare la sua attenzione.
Serviva qualcosa e subito; il mio cervello, che funzionava come un treno a vapore arrugginito, trovò la soluzione.
“Sai che ho la parte? Mi hanno preso anche se avevo il labbro ancora un po’ gonfio per il tuo pugno”. Le sorrisi e la vidi muovere un solo muscolo per sorridere.
“Sono felice”. Annuì leggermente e continuò a fissare la vasca.
Ah beh, allora si che avevo fatto un buon affare con quella scelta!
Forse sarebbe stato meglio scegliere l’opzione a!
“Si, anche io! Tu come stai?”. Le sorrisi abbassandomi di fianco a lei e posando le mani sul bracciolo della sua sedia.
“Bene, grazie”. Annuì di nuovo e non mosse nemmeno di un centimetro gli occhi per guardarmi.
Eravamo di poche parole quella sera, eh?
Oppure prima di cominciare il turno aveva mangiato uno yogurt scaduto e acido!
“Wow, beh, grandi discorsi questa sera, eh?”. Tentai di farla ridere ma non ci riuscii.
“Sto lavorando”. Alzò le spalle e la fissai con la bocca spalancata per la sorpresa.
Possibilità che accettasse un mio appuntamento quella sera?
Meno infinito.
“Ciao bellezza!”. Il sireno emerse dall’acqua con quel maledetto sorriso accecante e la salutò con la mano come se non l’avesse vista per giorni.
“Justin”. Non lo guardò nemmeno, cominciò a fischiare contro una bambina che voleva staccare un pezzo di divisorio tra una vasca e l’altra della piscina.
“Bellezza, siamo di poche parole questa sera, eh?”. Le fece l’occhiolino ma nemmeno se ne accorse perché non lo stava guardando.
Beh, almeno anche a lui andava male!
“Sto lavorando”. Stesso tono distaccato che aveva usato con me qualche minuto prima.
“Vuoi che passiamo direttamente ai fatti senza perderci in quegli stupidi convenevoli chiaccherecci? Che ne dici? Io, te, doccia? Torni tra una decina di minuti e vedrai che avrai il sorriso”. Continuò a sorridere come un idiota ammiccando.
Si, decisamente ci avevo visto giusto la sera prima.
Aveva un tic che sembrava manifestarsi solo in presenza di Jude.
“No”. Secca e decisa fece sparire il sorriso dal viso di Justin. “Dieci minuti poi, vergognati”. Lo sogghignò e non potei fare a meno di ridere anche io.
Il bagnino si girò di colpo a fulminarmi con lo sguardo e mi zittii improvvisamente.
“Che cosa vuoi tu?”. Mi segnò con il mento e alzai le mani per dirgli che non volevo veramente nulla. “Jude, bellezza, in ogni caso possiamo stare chiusi quanto vuoi in quello spogliatoio, era solo perché stavi lavorando! Fosse per me ti terrei chiusa anche per cinque o sei ore”. Un nuovo ammiccamento che mi fece tossire per non ridere.
“Justin, sono quattro mesi che ti dico di no, e posso assicurarti che questa risposta la sentirai ogni sera della tua vita, se continuerai a lavorare qui, o meglio, a vivere ancora a lungo”. Si girò sorridendogli angelica e ridacchiai.
“Mai dire mai, bellezza! Ci vediamo dopo per il cambio di turno”. Ammiccò di nuovo e sbuffai guardando Jude.
“Ma ha un tic che continua a fare l’occhiolino?”. La fissai stupito e cominciò a ridacchiare.
“No, pensa di conquistarmi così”. Scosse la testa e non riuscii a non ridere a mia volta.
“Per fortuna non ci riesce”. Lo sussurrai ma qualcosa mi fece capire che forse Jude l’aveva sentito perché cominciò a ridere facendo ballare tutte le sue amiche davanti.
Chissà se anche loro erano munite di scheda elettorale.
Io per par condicio la scheda elettorale l’avrei sicuramente data ad entrambe.
Anche un nome a dire la verità.
Mandy e Sandy, ad esempio!
Mandy era la…destra, si, la destra, e Sandy la sinistra!
Mandy, Sandy e Jude, che trio vincente!
“Bene, allora io andrei a fare qualche vasca e ti lascio al tuo bellissimo lavoro, casomai ci sentiamo dopo, no?”. Visto che dovrei chiederti di uscire.
Annuì non spostando lo sguardo per guardarmi.
A spalle curve sotto il peso della sconfitta mi avviai verso la scaletta per scendere in acqua.
Possibilità di avere un appuntamento in quel momento?
Meno di meno infinito!
Quando, dopo essermi immerso nell’acqua piena di cloro mi girai per guardare Jude, rimasi a bocca spalancata per la sorpresa.
Dove era finito il broncio da ragazza incazzosa?
Dove era finito il suo rimanere seria e sorridere appena dopo una mia battuta che avrebbe fatto ridere anche una guardia di Buckingham Palace?
Jude, seduta sulla sua sedia verde smeraldo stava ridendo a crepapelle, asciugandosi addirittura una lacrima che le solcava la guancia, o perlomeno, sembrava così da quella distanza.
E tutto questo per opera di?
Peach!
Cominciavo a provare una certa antipatia per culetto di platino!
Sembrava l’unica in grado di far ridere Jude, l’unica con l’esclusiva di parlarle normalmente.
Che cosa serviva, un vip pass?
Ero Tom Sturridge, dannazione!
I vip pass li consegnavano alla gente per vedere me!
Il più velocemente possibile (più o meno alla velocità di Michael Phelps), seminai tutta la vasca a stile e arrivai nel lato vicino a Jude e a culetto di platino, poi, dopo essermi posizionato sotto al trampolino perché non mi vedessero, cominciai ad origliare i loro discorsi.
“Davvero? Anche questa sera?”. Culetto di platino lo chiese quasi schifata.
Stavano parlando di me?
Del fatto che anche quella sera ero andato a trovarla?
“Si, e non sapevo se ridergli in faccia o tirargli un pugno”. Jude lo ridacchiò e sorrisi prima di assorbire le sue parole.
Tirare un pugno?
A me?
Spalancai gli occhi sorpreso e inconsciamente mi massaggiai lo stomaco.
“Beh, ritieniti fortunata, voglio dire, sei apprezzata”. Culetto di platino lo disse ridendo e aggrottai la fronte confuso.
“Perché dovrei sentirmi fortunata? È una cosa stressante ogni sera, dovrebbe averlo capito ormai”. Un sorriso idiota si dipinse sul mio volto.
Stava parlando del sireno!
“Jude, cavolo! Anche tu! È da un pezzo che non hai un ragazzo, più o meno da quando non ce l’ho io. Sappiamo entrambe che si sente”. La cosa si faceva interessante, ma riuscii a trattenermi e a non urlare ‘Continua culetto di platino!’.
“Si, ma Peach, Justin? Cioè, può anche essere un bel ragazzo ma di cervello non ci siamo!”. La mia tetto…ehm, la mia Jude!
Allora se non guardava solo l’aspetto fisico qualche possibilità potevo averla anche io assieme agli stuzzicadenti che mi trovavo per braccia.
“Beh, ora come ora direi che il cervello non serve!”. Culetto di platino era proprio messa male!
Il mio lato cavalleresco improvvisamente si fece sentire prepotentemente.
Mi sarei alzato e avrei urlato ‘Culetto di platino, vieni qui che una botta te la do io che così poi va tutto bene!’.
Il problema era che agli occhi di Jude non mi sarei fatto vedere di certo in buona luce.
Così, dopo aver riposto il lato cavalleresco infondo al cuore, tornai ad ascoltare zitto.
“Sei messa così male Peach? Perché altrimenti posso chiedere a Justin di alleviare le tue sofferenze”. Ridacchiai assieme a Jude quando la sentii pronunciare questa frase.
Le donne, se lasciate da sole potevano veramente diventare più pervertite dei maschi.
“Ma non è quello”. Sentii culetto di platino sbuffare. “Mi servirebbe qualcuno che mi intriga intellettualmente, capisci? Qualcuno che sa stenderti con uno sguardo, che ti fissa e tu non capisci più nulla. Qualcuno che sappia tenermi testa e sulle spine, che non mi cada ai piedi subito ma che sappia sedurre, ecco!”. Sospirò e sorrisi.
Avevo l’uomo giusto per lei.
Quello che sapeva stenderti con un’occhiata (non mi aveva mai steso ma era successo a tante ragazze), qualcuno che sapeva intrigare intellettualmente (con la biblioteca di libri che aveva letto ne sapeva più lui di un bibliotecario) e che sapeva tenere testa. Sapeva essere uno stronzo di prima categoria se si impegnava perché voleva ottenere qualcosa!
Dovevo chiamarlo e organizzargli una bella nuotata in piscina con culetto di platino!
“Si, mi è chiaro il concetto”. Jude lo disse in tono grave e cominciai a pensare che forse non le interessavo come mi ero immaginato.
“Ma quello moro lì, l’attore famoso amico di quello ancora più famoso, che fa sempre qui?”. Mi drizzai come un galletto sentendomi chiamato in causa.
“Ci prova credo, come tutti”. Il mio sorriso sparì sentendomi improvvisamente uno dei tanti.
“Ma voglio dire… in che categoria lo inseriamo?”. Culetto di platino ridacchiò e spalancai gli occhi sorpreso.
C’erano delle categorie?
Questa mi era nuova.
“Non ha una categoria per ora, sto ancora sondando il terreno. Bello è bello, certo, però sto cercando di capire qualcosa in più. Un punto a suo favore è che almeno non ragiona come Justin”. Tornò a ridacchiare e gonfiai il petto fiero.
Non ragionavo come Justin!
“Nel senso che non ha ancora cominciato a pensare con il cervello del sud?”. Culetto di platino lo ridacchiò e sentii Jude ridere.
Oddio, quanto mi sarebbe piaciuto alzare la testa e guardar ridere Jude, Sandy e Mandy!
“Non ancora!”. Jude lo disse tra le risate e sorrisi.
Non ancora davanti a lei, ma di sicuro nei miei sogni, con tutte quelle Mandy e Sandy, ragionavo con il cervello del sud, come aveva detto culetto di platino!
“Beh, voglio dire è una buona cosa allora! A proposito, sai che oggi a lavoro ho cominciato a togliere il materiale dagli scatoloni?”. Peach cominciò a parlare elettrizzata e mi resi conto che il discorso sugli uomini era finito.
Meglio ripartire a fare qualche vasca, giusto per farmi notare ancora da Jude.
Dovevo assolutamente chiederle un appuntamento, era indispensabile. Con quello sarei stato in grado di farle vedere che oltre agli occhi e al bel visino c’era di più (in tutti i sensi).
Nuotai per quasi venti minuti senza mai guardare Jude per non distrarmi; quando sentii i muscoli delle mie gambe chiedere pietà, tornai ad appollaiarmi sotto al trampolino per non farmi vedere, ma sentii ancora culetto di platino parlare.
Quanto parlava?
Possibile?
Guardai l’orologio e mi accorsi che c’era meno di mezz’ora di tempo prima che Justin cominciasse il turno e io dovevo assolutamente chiedere a Jude un appuntamento entro quel frangente di tempo.
Aspettai cinque minuti convinto che sarei riuscito a parlarle senza nessuno di fianco.
Prima o poi avrebbero anche esaurito gli argomenti, no?
E invece improvvisamente mi resi conto di una cosa spaventosa.
Jude era una donna.
In quanto tale non sarebbe mai stata sola.
Era una cosa da donne, quella cosa che aveva fatto scervellare noi uomini per anni interi.
Si insomma, fin da piccolo mi ero sempre chiesto perché.
Tutti ce l'eravamo sempre chiesto.
Le femmine si muovevano in branco, trovarne una da sola era cosa più unica che rara.
E così anche la formosa Jude non era da meno, quella Peach le stava attaccata come se fosse stata...uhm...come se fosse stata... ah dannazione! Non mi veniva in mente nulla!
Insomma, le stava sempre attaccata!
Ma culetto di platino non aveva detto che doveva smaltire una taglia?
Che cosa ci faceva lì a parlare e parlare e parlare?
La ciccia (per quanta ne potesse avere in quel suo sedere di platino) non si smaltiva di certo parlando!
Improvvisamente sentii un dolore al polpaccio e mi scappò un gemito.
Mi spostai leggermente da sotto il trampolino per stirarmi la gamba ma rischiai di bere un litro d’acqua perché il crampo al polpaccio non mi permetteva di muovermi per rimanere sospeso.
“Jude?”. Cercai di chiamarla sbattendo le mani per rimanere a galla. “Jude?”. Chiamai più forte e vidi il volto di Jude e di culetto di platino fissarmi divertito.
“Che fai?”. Culetto di platino ridacchiò divertita dalla scena.
“Affogo se non mi date una mano!”. Cercai di avvicinarmi alla corda che divideva le corsie ma era troppo distante, così come il bordo della vasca che da idiota avevo lasciato pochi secondi prima.
“Eri più convincente l’altra volta”. Jude lo ridacchiò sedendosi sopra al trampolino con un sorriso.
“Non sto fingendo! Ho un crampo davvero!”. Riuscii a prendermi il piede per tirare la gamba ma finii con la testa sott’acqua.
Quando riemersi trovai Jude e Peach spaparanzate sul bordo della piscina a ridere.
“Davvero, l’altra volta ti dimenavi di più, stai alzando troppa poca acqua!”. Jude rise più forte e, nonostante stessi affogando davvero, mi persi a fissare Mandy e Sandy per l’ultima volta.
Almeno sarei morto felice, con l’ultima immagine del paradiso delle bocce stampata per sempre sulla retina.
“Jude”. Lo mugolai lasciando improvvisamente la gamba per tornare a respirare un po’ di ossigeno che cominciava a scarseggiare.
“Jude, sei sicura che stia fingendo? È diventato rosso in viso”. Peach parlò seria e alzai gli occhi al cielo sollevato, almeno una delle due se ne era resa conto.
“Cazzo! Non sto mentendo! Lo giuro!”. Mi dimenai ancora saltellando per tenermi a galla.
Ero diventato anche sboccato!
Jude spalancò gli occhi di colpo e si calò in acqua prima di prendermi e portarmi al bordo della vasca dove mi aggrappai respirando pesantemente.
“Non stavi fingendo?”. Mi guardò stupita sollevandosi dall’acqua prima di tendermi una mano per farmi uscire.
“No, non sono così idiota da usare due volte la stessa tecnica!”. Mi massaggiai il polpaccio cercando di far tornare il muscolo alla normalità.
Peach cominciò a ridere e si sedette sul bordo del trampolino tenendosi lo stomaco.
“Pazzesco! L’unica persona che affoga in piscina!”. Mi segnò con l’indice e la fissai con uno sguardo minaccioso pensando che si, avrei dovuto chiamare quel mio amico per darle una lezione.
Una volta cominciato il piano di Robert di certo non sarebbe riuscita a rimanere così lucida, per lo meno in sua presenza!
“Mi dispiace”. Jude scosse la testa triste e si inginocchiò davanti a me posando le sue mani sopra alle mie, sul mio polpaccio. “Aspetta, faccio io. Questa lezione l’ho seguita”. Mi sorrise cominciando a massaggiare il polpaccio per far passare il crampo.
Gemetti quando cominciò a massaggiarlo e socchiusi anche gli occhi.
Aveva delle mani d’oro!
Sapeva anche fare i massaggi, di certo sapeva come usare quelle mani!
Scossi la testa togliendomi l’immagine idiota che mi era balzata in mente e riaprii gli occhi tornando a fissarla concentrata sulla mia gamba.
Anche Sandy e Mandy erano concentrate sul mio polpaccio.
Qualche minuto dopo, in cui nessuno di noi tre, cioè, cinque, parò, Jude alzò lo sguardo dal mio ginocchio e mi fissò negli occhi.
“Va meglio?”. Sorrise quasi timidamente e annuii. “Mi dispiace io non so veramente come scusarmi per…”. Non la lasciai nemmeno finire la frase.
“Un appuntamento! Me lo devi! Stavo per affogare! Niente cinema e dopo-cinema movimentato a casa mia, promesso. Che ne dici?”. Le sorrisi e sentii Peach schiarirsi la voce.
Jude mi guardò per qualche secondo seria senza formulare una risposta.
“Se te lo devo”. Alzò le spalle come se fosse stato un obbligo uscire con me.
Improvvisamente il mio sorriso svanì.
“Ma non voglio obbligarti, se non vuoi”. Scossi la testa gesticolando, improvvisamente in imbarazzo.
Da quando Tom Sturrige si imbarazzava davanti ad una ragazza?
Poi mi resi conto che con Mandy e Sandy erano tre, quindi un po’ di imbarazzo ci stava!
Jude si schiarì la voce abbassando lo sguardo, come se non avesse avuto, per la prima volta, la risposta pronta.
“Bellezza no! Non puoi andare all’appuntamento con questo!”. Spalancai gli occhi sentendo la voce del sireno provenire da dietro Jude.
“Come scusa?”. A parlare fu Peach e questa cosa mi stupì, forse stupì anche Jude che la fissò con gli occhi aperti.
“Lei non andrà all’appuntamento con il rachitico lì, andiamo bellezza due”. Fece un occhiolino a Peach e sentii Jude ridacchiare. “Lei ha bisogno di qualità, di quantità”. Si girò verso Jude e questa volta ammiccò a lei.
Aprii la bocca per dirgli che di sicuro, da quello che si era visto dal suo mini speedo azzurro, di quantità ero messo meglio di lui, ma qualcosa, o meglio una voce mi fece strozzare la risposta in gola.
“Si”. Jude parlò guardando Peach e tutti e tre puntammo gli occhi su di lei.
“Visto? Lei non sarebbe mai uscita con il rachitico pallido!”. Justin mi segnò e feci per alzarmi in piedi.
Prenderlo a pugni non sarebbe stata un’esperienza bella.
Indimenticabile di certo, visto che avrei perso i connotati, ma non sarebbe stata una bella esperienza.
“Si che esco con Tom”. Jude si girò verso di me con un sorriso e ricaddi seduto come una pera cotta.
“Cosa?”. Io e il sireno lo pronunciammo assieme e poi un sorriso si posò sulle mie labbra.
Mi aveva detto di si!
Mi avevano detto di si!
Tutte e tre!
Sorrisi guardando Justin che la fissò sorpreso e schifato.
“Visto?”. Lo canzonai ridendo e sentii Jude ridere.
“Bellezza, ti facevo una dai gusti più raffinati”. Scosse la testa quasi deluso. “E che cosa mi dici tu? Da quello che so sei ancora single, no?”. Guardò verso Peach che lo fissò divertita.
“Sogna Justin, non succederà mai nulla tra me e te, non voglio di certo beccarmi qualche virus letale”. Lo ghignò divertita e risi assieme a Jude.
Justin, indignato per aver ricevuto due due di picche in meno di un minuto corse a sedersi sulla sedia borbottando tra sé e sé.
“Jude io vado, ci sentiamo dopo”. Culetto di platino si girò senza salutare e dopo aver indossato l’accappatoio uscì ridendo.
“Non è uno scherzo, vero? Cioè, non mi stai prendendo in giro, o si?”. La fissai spaventato e preoccupato che avesse detto di si solo per far allontanare Justin.
“Di che cosa stai parlando?”. Mi fissò seria e sgranai gli occhi sorpreso.
“Oh, andiamo Jude! Dell’appuntamento!”. Sorrisi divertito dal suo humor.
“Che appuntamento?”. Continuò a rimanere seria e il sorriso sparì dal mio volto.
“Quello che hai appena accettato, giusto due minuti fa, eri proprio qui”. Segnai il posto in cui era pochi minuti prima e scosse la testa.
“Non ho accettato nulla, non mi ricordo”. Cosa?
Soffriva di amnesia istantanea o mi stava semplicemente prendendo in giro?
No, ok.
Non ne ricevevo uno da anni (più o meno da quando Rob era diventato famoso), ma quello era un rifiuto.
Stava dicendo che non sarebbe venuta all’appuntamento con me in grande stile.
“Ok, ho recepito il messaggio. Ci si vede”. Le sorrisi quasi ferito e mi incamminai verso le ciabatte e l’accappatoio salutandola con la mano.
“Domani, ore 20 qui. Non un minuto prima né uno dopo”. Me lo disse superandomi prima di sparire dietro la porta dello spogliatoio dei bagnini.
Come non un minuto prima né uno dopo?
Come sarebbe stato possibile arrivare puntuale?
Con che orologio?
Bisognava sincronizzarci!
Cercai di velocizzare il passo per arrivare prima che la porta si chiudesse, ma quando mi accorsi che le piastrelle per terra erano scivolose e potevo rischiare di fare una spaccata degna di Carla Fracci, mi fermai di colpo.
Ore otto.
Non un minuto prima né uno dopo.
Prima però bisognava avvertire Robert.
Sapevo già che messaggio mandargli.
‘Culetto di platino è in città, amica di tettona che ha un appuntamento con me domani sera. Serve ragazzo figo, stronzo e pronto a conquistarla (culetto di platino, non tettona, quella è già mia!)’.
Si, non c’era altro da fare!

 
 
 
 
 
 
 
Ahahah!
Salve ragazze!
E niente, qui proprio la serietà non c’è!
Come sempre mi scuso se qualcuno si sente offeso dal flusso di pensieri di Tom, ma mi sono resa conto che causa anni e anni in classi prevalentemente maschili, i pov di Tom mi riescono con una certa facilità (devo ancora capire se sia un bene o un male!).
In ogni caso, spero di essere riuscite a strapparvi un sorriso e se avete insulti da lanciare sono sempre ben accetti!
Ringrazio ancora una volta Cris87_loves_Rob per avermi prestato il personaggio di Peach! :)

Un bacio e a lunedì!

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Capitolo 4
*** Thanks for Wikipedia's biography ***


1
ATTENZIONE: Questa storia sarà aggiornata 2 volte alla settimana, il Lunedì e il Venerdì.
 
 






“Tom?”. Voce di donna.
Grugnii girandomi con il sorriso nel letto.
Bella la voce della mia Jude e non era nemmeno un sogno, di questo potevo esserne certo.
“Tom? Su alzati”. Una carezza sulla mia guancia.
Che dolce.
“Tom? Perché sei ancora a letto? Tra poco arriverà Art e ti troverà ancora in pigiama, andiamo”. Una risatina e sorrisi anche io di rimando.
“Due minutini, Jude”. Mi sistemai sul letto coprendomi meglio.
“Beh, di solito mi chiami Matilda. Chi è Jude?”. Sentii la risata farsi più forte e mi resi conto che non era Jude.
Aprii gli occhi di scatto e fissai quelli azzurri di mia sorella.
“Ciao Matilda, che ci fai qui?”. Le sorrisi alzandomi di scatto dal letto per chiudermi in bagno per una doccia e soprattutto per evitare le sue domande riguardanti Jude.
“Sono venuta a trovare i miei fratelli, non posso?”. Mi sorrise quando mi girai per chiudere la porta del bagno dietro di me. “Ehi! Chi è Jude?”. Lo urlò quando aprii l’acqua della doccia e alzai il volume dello stereo al massimo per non sentire nulla.
Chissà perché quella mattina avevo voglia di farmi una bella doccia, di quelle che duravano ore.
Però, oltre a Matilda, Art sarebbe tornato da scuola meno di mezz’ora dopo, così rinunciai all’idea della doccia lunga e rimasi chiuso in bagno fino a quando non sentii la porta di casa aprirsi.
“Ciao Arthur!”. Matilda salutò Art saltandogli addosso per abbracciarlo.
“Sorella, che ci fai qui?”. Art mi fissò sgranando gli occhi perché entrambi sapevamo che Matilda non sapeva cucinare ma nonostante tutto si offriva di farlo lei ogni volta che veniva a trovarci.
“Sono venuta a salvarvi dalla fame! Ho visto una tua foto dell’altro giorno Tom, sei diventato più pelle e ossa del solito, lo sai?”. Mi fissò con lo sguardo accigliato e scossi la testa.
“Non è vero! Sono anche ingrassato di qualche chilo”. Mi sentii in diritto di difendere i miei chili di muscoli.
Non ero poi così magro!
“Si, è ingrassato Matilda, e sai perché? Ha cominciato a fare nuoto”. Art sorrise malefico e lo fulminai con lo sguardo.
“Nuoto? E da quando mio fratello va in piscina?”. Mi fissò sospettosa forse già intuendone il motivo.
“Da quando gli ho detto che c’è una bagnina tettona! Va ogni sera a fare un’ora di nuoto, o almeno, non so se quando è lì nuota, però sta via un’ora”. Art sorrise e mentalmente mi segnai che per tre settimane si sarebbe scordato di mangiare cinese.
“Sarebbe questa Jude?”. Mi fissò puntandomi il cucchiaio di legno, con il quale stava mescolando la pasta, addosso.
“Esatto! E dovresti vederla! In confronto le tue sembrano quelle di un uomo”. Art sghignazzò e non riuscii a trattenere un sorriso quando Matilda, infastidita perché punta sul vivo, gli tirò una cucchiaiata in testa.
“Bene insomma, vedo che stai educando bene nostro fratello! Diciotto anni appena fatti e parla come se fosse vissuto in mezzo alla gentaglia! Tu e Rob non siete una buona compagnia per lui. Art vorresti venire a vivere con noi?”. Gli sorrise e Art sbiancò di paura.
Vivere con i neosposini e figli al seguito sarebbe stato insopportabile per lui, ma io dovevo rivendicarmi.
“Vai Art, ti converrebbe! Staresti molto più tranquillo e saresti anche più vicino alla scuola, in più Matilda ti laverebbe e stirerebbe tutte le uniformi benissimo”. Sorrisi malefico e lo vidi scuotere la testa.
“No, no sto benissimo qui! Mi piace farmi quei sei chilometri a piedi al mattino per andare a scuola, mi tengo in forma!”. Mi fissò assottigliando lo sguardo e sorrisi angelico.
“Beh, le porte di casa mia per te Art sono sempre aperte. Ma ora raccontami di questa Jude”. Matilda scolò la pasta (naturalmente cotta troppo) e si sedette a tavola con una smorfia quando si accorse che gli spaghetti erano diventati un unico blocco indivisibile.
“Non è la mia ragazza. Ci stiamo solo conoscendo”. Alzai le spalle per sminuire la cosa ma Art pensò bene di farmi arrabbiare.
“A dire la verità per 200 sterline le ha piantato la lingua in bocca la prima volta che l’ha vista! E questa sera hanno un appuntamento e mi ha detto che devo andare a dormire a casa di un mio amico perché vuole portarla a casa e pensava di utilizzare tutte le superfici per vedere dove si va meglio”. Sorrise e Matilda lo fissò spalancando gli occhi.
“Tu e Robert gli insegnate queste cose? Ragazzi ha appena fatto diciotto anni e senti come parla, Tom!”. Mi fissò arrabbiata e alzai le spalle per farle capire che non era colpa mia. “E che cosa vuol dire che le hai piantato la lingua in bocca?”. Si chinò verso di me sussurrandolo e ridacchiai.
“Matilda, ha diciotto anni, non otto. Alla sua età tu sapevi molte più cose di lui”. Alzai un sopracciglio ovvio e scosse la testa.
“E’ piccolo”. Era risoluta quindi lasciai stare.
“Niente di tutto quello che puoi pensare, stavo affogando e mi ha salvato, quando mi ha fatto la respirazione bocca a bocca ho cercato di baciarla ma si è scansata”. Alzai le spalle omettendo il fatto che avevo fatto finta di affogare e che mi aveva tirato un pugno sul naso.
“Si, ma racconta bene Tom.” Art sorrise e gli tirai una pedata da sotto il tavolo. “Lei gli ha tirato un pugno sul naso!”. Art sogghignò e Matilda cominciò a ridere.
“Direi che ha fatto bene! Ma questa sera hai un appuntamento con lei?”. Mi fissò interessata e capii che era la fine.
Annuii capendo che non mi sarei scrollato Matilda di dosso fino a sera a causa della sua curiosità.
“Aww, che carini! E dove la porti di bello? Al cinema?”. Mi sorrise e scossi la testa.
No, non potevo portarla al cinema perché altrimenti mi sarei dimostrato peggio del bagnino tutto muscoli e niente cervello.
“No, ci devo ancora pensare”. Mi versai un po’ d’acqua nel bicchiere e Matilda sospirò.
“Beh, in effetti non è semplice, in questi giorni fa freddo e non puoi di certo fermarti sul London Bridge con il vento che tira lì”. Alzò le spalle e il mondo mi cadde addosso.
Oh no!
Diamine, abitavamo a Londra e non a Bora Bora; questo voleva dire temperature basse, che volevano dire vestiti pesante, che volevano dire... addio Sandy e Mandy, non avrei potuto dare una sbirciatina nemmeno per qualche secondo? 
Bisognava rimediare in qualche modo.
Si, scervellarmi per vedere Sandy e Mandy (non in versione integrale, naturalmente) era l'unica cosa da fare!
“Dovete assolutamente consigliarmi un posto caldo”. Annuii agitato al pensiero di Jude vestita.
“Una spa con la sauna? Le Hawaii?”. Art sorrise e gli tirai un ceffone sulla nuca che lo fece imprecare.
“Potresti portarla in un locale dove si mangia, al Groucho per esempio”. Matilda alzò le spalle e scossi la testa.
Groucho significava vip, fotografi e addio privacy.
“Qualche pub intimo, dove non ci siano milioni di flash, voglio stare tranquillo”. Annuii e Matilda si portò una mano alla fronte con fare teatrale.
“Vuoi portartela a casa questa sera? Al primo appuntamento e con tuo fratello nella stanza di fianco?”. Spalancò gli occhi e scossi la testa.
“Matilda, calmati! Non la porterò a casa! Non voglio che ci siano fotografi per rovinare la serata!”. La fissai arrabbiato per quello che aveva pensato e mi alzai di colpo da tavola.
Si, era da un pezzo che non avevo una ragazza ma non ero così preso male, come Peach, che mi sarei fatto in quattro per portarmela a casa quella sera.
Non era facile rimanere di fianco a Jude e concentrarsi sui suoi occhi se aveva Mandy e Sandy scoperte, ma mi ero impegnato perché qualcosa di lei mi aveva attratto (e non parlavo solo di Mandy e Sandy).
Quando Matilda capì il suo errore tornò da me tutta triste e non riuscii a non perdonarla, anche perché trovò un localino fuori Londra in cui sicuramente non ci sarebbero stati paparazzi.
 
“Mi raccomando ricordati di non provare nemmeno a baciarla, sarà meglio così e lei capirà che ci tieni veramente e non l’hai portata fuori solo per passarci una notte assieme”. Matilda mi sistemò i capelli come se fosse stata mamma.
Tra i due ero io il maggiore ma Matilda aveva sempre avuto più buon senso di me e Art assieme.
“Si, non ho dieci anni Matilda. Torna a casa da tuo marito e da tuo figlio, andiamo!”. Le segnai la porta e la vidi scuotere la testa.
“Rimango a fare compagnia ad Art fino a quando non andrà a letto, cioè alle dieci”. Si girò arrabbiata verso Art che sbiancò di colpo.
Il mio appuntamento per lui significava casa libera, festa o magari semplice relax fino a notte fonda.
Con Matilda in casa sarebbe dovuto salire in camera alle dieci, e sicuramente gli avrebbe requisito cellulare e computer per isolarlo dal mondo.
Matilda sarebbe anche stata capace di siliconare la finestra pur di non far scappare il suo piccolo Art per evadere.
“Oh, va bene”. Alzai le spalle indifferente, come se non mi fosse importato nulla, perché Art aveva esagerato quel pomeriggio, raccontando a Matilda di me e Jude.
“NO!”. Lo urlò e non riuscii a non ridere. “Voglio dire, me la cavo anche da solo, Matilda, torna pure da tuo marito, andiamo!”. Le sorrise ma Matilda scosse la testa, risoluta.
“Rimango qui, non ti preoccupare l’ho già chiamato”. Sorrise pensando di fargli un favore e uscii di casa con il sorriso della vittoria stampato in faccia.
Camminai velocemente fino alla piscina e, una volta arrivato controllai il mio orologio da polso.
19.47.
Mancavano tredici minuti esatti per il nostro appuntamento.
Sorrisi prendendo il cellulare e involontariamente, prima di cominciare a scrivere il messaggio, lanciai uno sguardo all’ora.
19.45.
Il panico cominciò ad impossessarsi di me.
Che ora era?
Perché tra il mio orologio e il mio telefono c’erano due minuti di differenza?
Mi accorsi che c’era una macchina poco distante da me e mi sporsi per guardare l’ora dall’orologio del cruscotto.
19.49.
Possibile che non ci fosse un orologio che segnava la stessa ora di un altro?
Vidi un signore passare e improvvisamente pensai che fosse giusto chiedere l’ora a lui.
“Mi scusi?”. Mi avvicinai di colpo e lo sorpresi tanto che lo vidi sobbalzare. “Mi potrebbe dire che ore sono?”. Cercai di sorridergli per tranquillizzarlo.
“Sono…”. Annuì guardando l’orologio. “…quasi le otto”. Non riuscii nemmeno ad imprecare per la sua scarsa accuratezza nel leggere l’ora che l’uomo sparì così come era arrivato.
Camminai su e giù per le scale deserte davanti alla piscina, possibile che avesse scelto l’unico giorno di chiusura per il nostro appuntamento?
Calciai, per rabbia, un sasso, che finì poco distante dal buco della siepe e incuriosito mi avvicinai notando con stupore che dietro alla siepe c’era un giardinetto per bambini, con altalene e scivoli.
Con un sorriso mi avvicinai all’altalena e mi sedetti, era strano rimanere lì, da soli, in quel luogo deserto che di solito brulicava di bambini.
L’unico rumore che si sentiva era il cigolio della mia altalena e il ronzio dei lampioni che illuminavano il giardinetto.
Improvvisamente, un rumore che conoscevo bene, ruppe l’incanto che si era creato attorno a me.
Spalancai gli occhi rendendomi conto che quel rumore era il Big Ben che segnava l’ora.
Non era il rintocco normale che si sentiva ogni quindici minuti, era il rintocco che scandiva le ore.
Mi alzai di scatto dall’altalena e in pochi grandi passi arrivai davanti all’entrata della piscina dove, pochi istanti dopo, comparve Jude.
“Vedo che sei arrivato in orario”. Sorrise e annuii.
Mi era chiaro il perché aveva detto non un minuto prima né uno dopo.
“Si. Ciao”. Mi avvicinai e posai un bacio sulla sua guancia un po’ imbarazzato.
Portava i capelli sciolti e dritti che cadevano delicatamente sulle spalle.
Un giacchino grigio e ben stretto non riusciva a farmi vedere quello che c’era sotto (sopra Mandy e Sandy), però potevo notare che sotto c’era una gonna tutta svolazzante che si spostava al minimo soffio di vento.
Scarpe con un tacco non altissimo e nemmeno basso la slanciavano e la facevano sembrare ancora più bella.
Poi c’era quel trucco che faceva risaltare l’azzurro dei suoi occhi anche con quella scarsa luce.
“Va tutto bene Tom?”. Mi fissò leggermente preoccupata.
Bene, la prima figura di cacca l’avevo fatta!
“Benissimo, tu?”. Le sorrisi tentando di concentrarmi sui suoi occhi e scoprii che con Sandy e Mandy in ritirata era più facile.
“Tutto bene, grazie.”. Sorrise felice e non potei non rispondere. “Allora, dove andiamo di bello?”. Si strinse leggermente il giacchino e mi voltai verso di lei sorridendole.
“Potremmo andare in un piccolo pub qui vicino se l’idea ti va, che ne dici?”. Le sorrisi e annuì.
Cominciammo a camminare e improvvisamente calò un silenzio tra di noi.
Mi schiarii la voce prendendo tempo perché non mi veniva in mente nulla da chiederle.
“Oggi hai lavorato?”. Glielo chiesi maledicendomi perché mi ricordai che la piscina era chiusa.
“No, oggi la piscina era chiusa, mi sono allenata un po’”. Alzò le spalle sistemandosi la frangia bionda che si era spostata dopo un colpo di vento.
“Allenata in piscina?”. La guardai confuso.
Non aveva appena detto che la piscina era rimasta chiusa?
Annuì riservandomi un sorriso quando le aprii la porta del locale per farla passare.
“Si, chi lavora in piscina ha dei privilegi, chiamiamoli così”. Ci sedemmo su un tavolo leggermente distaccato dagli altri per non essere disturbati. “Per esempio posso allenarmi anche quando la piscina è chiusa, posso utilizzare la palestra e anche la vasca, dobbiamo solo timbrare così se succede qualcosa sanno chi c’era. Di solito vado quando so che non c’è Justin”. Sorrise passandosi una mano sul collo e rimasi per un attimo con gli occhi sbarrati notando il suo abito.
Mandy e Sandy c’erano eccome!
Non se ne erano andate, anzi!
L’abito, stretto con uno spaghetto viola appena sotto Sandy e Mandy le faceva risaltare ancora di più, e sembrava quasi trasparente.
Sembrava.
Si, doveva sembrare.
Altrimenti Mandy e Sandy erano…
No!
Sembrava e basta.
Tornai a guardarla negli occhi sorridendole e cercai di tornare con la mente, e soprattutto con tutto il corpo a pochi attimi prima.
“Quindi tu hai le chiavi della piscina?”. La fissai sorpreso e la vidi annuire.
“Si, ma non è che appena ti assumono ti danno le chiavi, aspettano qualche mese, così per sapere se rimarrai e se possono fidarsi”. Sorrise di nuovo quando il cameriere arrivò per le ordinazioni.
Ordinai una birra ma Jude decise che per lei andava bene un’acqua tonica.
La fissai all’improvviso spaventato.
E se non avesse nemmeno avuto l’età per bere?
“Toglimi una curiosità, Jude. Quanti anni hai?”. La fissai leggermente preoccupato e la vidi sorridere.
“Diciotto appena compiuti”. Sorrise giocherellando con il portatovaglioli sopra al tavolo e mi strozzai con la mia saliva.
Diciotto?
Mi avrebbero messo in prigione!
Non potevo sfiorarla nemmeno con un dito!
“Cosa?”. La mia voce salì di due ottave e Jude scoppiò a ridere facendo danzare Sandy e Mandy davanti a me.
‘Si, Tom, il vestito SEMBRA trasparente! Si, Tom, il vestito SEMBRA trasparente! Si, Tom, il vestito SEMBRA trasparente!’.
“Ma sul serio credi che abbia diciotto anni?”. Continuò a ridere e tornai a respirare tranquillamente.
Mi aveva preso in giro?
“Divertentissimo.”. Feci un sorriso finto anche se in verità era riuscita a fregarmi. “Quindi? Rimane un mistero?”. Alzai le sopracciglia aspettando una sua risposta.
“Ne ho ancora 24, se non ho sbagliato i conti dovrei avere un anno in meno di te”. Sorrise e tirai un sospiro di sollievo.
Pel aveva capito giusto allora!
“Si, allora hai un anno in meno di me”. Aveva l’età di Rob.
Chissà se anche Peach…
Scossi la testa tornando a concentrarmi su di lei, su di loro
“Mi racconti qualcosa di te?”. Le sorrisi e la vidi portarsi il bicchiere di acqua tonica alle labbra.
Tom 0- Bicchiere di acqua tonica 1000.
Dannazione sarebbe stato bello diventare un bicchiere in quel momento!
“Mi chiamo Jude e ho 24 anni. Non bevo da quattro mesi e ogni giorno la lotta contro l’alcolismo è più difficile?”. Mi fissò stupita, come se avesse voluto chiedermi se volevo che mi raccontasse qualcosa in quel modo.
“Non una presentazione degli alcolisti anonimi! Ma aspetta, non bevi da quattro mesi?”. La fissai assorbendo le sue parole quando posai il mio bicchiere di birra sul tavolo.
“No, mi sono ubriacata questa mattina! Ma non lo so da quanto non bevo”. Alzò le spalle divertita dalla mia domanda.
“Allora? Qualcosa di te?”. Le sorrisi e scosse la testa.
“Perché non mi racconti prima qualcosa di te?”. Sorrise e mi segnò con una mano.
“Mi chiamo Thomas Sidney Jerome Sturridge, faccio l’attore e sono inglese, sono nato il 21 dicembre 1985 e vivo qui a Londra anche se per lavoro ultimamente ho girato parecchio l’America”. Sorrisi guardandola seria e concentrata su di me. “Ho un fratello e una sorella più piccoli, Arthur e Matilda, e voglio loro un sacco di bene anche se ci punzecchiamo spesso. Tocca a te!”. La segnai con il sorriso e scosse la testa.
“No, queste cose le potevo trovare anche su Wikipedia! Non mi interessava la tua biografia!”. Si imbronciò leggermente e la sua smorfia mi fece ridere.
“Beh, allora raccontami la tua biografia in stile Wikipedia e poi magari ti dico qualcos’altro, no?”. Ammiccai verso di lei e la feci ridere.
“Mi chiamo Jude Eleanor McAdams, sono figlia unica e ho questi nomi perché i miei erano fan sfegatati dei Beatles, lavoro come bagnina in piscina e mi piace nuotare”. Sorrise fermandosi di colpo.
“Quindi saresti una sorta di figlia dei Beatles?”. Le sorrisi e la vidi scuotere la testa.
“No, non è che mio padre è uno dei Beatles, i miei li ascoltavano. Per fortuna non mi hanno chiamato Lucy”. Scosse la testa e risi divertito.
“Mi piace Jude, che tu ci creda o no è una canzone che amo”. Le sorrisi e ridacchiò bevendo un sorso d’acqua.
“Lo dite tutti per cercare di conquistarmi. Potete anche dirmi che vi fa schifo, eh!”. Ridacchiò ancora e scossi la testa.
“No, ma mi piace davvero! Raccontami qualcos’altro, qualcosa che ti piace!”. Sorrisi e i suoi occhi per un momento si illuminarono.
“Beh, mi piace la musica, mi piace anche il cinema. Adoro andare al cinema a vedere film, decisamente. È un ambiente caldo e accogliente, amo le poltroncine in velluto blu e impazzisco per i faretti che ci sono ai lati delle scale. Amo l’odore di pop-corn che c’è nel corridoio e anche il ronzio che si sente prima che parta la pellicola. Amo vedere film a tarda sera, quando la sala è quasi deserta se non per sporadiche coppiette, ma è bellissimo. Ah si, e amo James Franco, più che altro amo la sua voce. Calda, profonda, sensuale, è una cosa spaventosa! No, forse non amo solo la sua voce!”. Ridacchiò e si fermò guardandomi. “Che c’è, che ho detto?”. Mi fissò curiosa e mi accorsi che avevo la bocca aperta per lo stupore.
Le piaceva andare al cinema, le piacevano le poltroncine di velluto e le lucette che segnavano i gradini?
Jude era di certo la persona più strana e più intrigante che avessi mai conosciuto!
E poi… beh, poi le piaceva James Franco.
JAMES FRANCO?
“Ti piace James Franco?”. La fissai spalancando gli occhi e annuì.
“Certo! Come fa a non essere bello? È così enigmatico, dolce che…”. Sospirò estasiata.
“Ma è vecchio!”. La fissai schifato.
Ero quasi sicuro che fosse sopra i trent’anni.
“Ha trentadue anni, che cosa vorresti dire? È ancora un bel ragazzo, più che bello! Credo sia l’unica persona che mi fa amare l’accento americano”. Sorrise di nuovo.
“Odi l’accento americano?”. La guardai stupito e con un sorriso sulle labbra.
“Si, mi da fastidio anche nei film, non lo sopporto! Però quelli con James posso guardarli anche cento volte. A lui tutto è permesso”. Sorrise di nuovo e capii che di James era proprio cotta.
“Beh, non è una bella cosa per il mio ego sentire che ti piace James Franco!”. Feci finta di diventare triste e scoppiò a ridere.
“Oh, povero piccolo Thomas Sidney Jerome!”. Allungò una mano ridendo e mi accarezzò una guancia. “Sei bello anche tu, non ti preoccupare”. Continuò a ridere e alzai di scatto il viso per guardarla negli occhi.
“Davvero?”. Aveva appena detto che ero bello, no?
“No, l’ho detto solo per tirarti su il morale”. Sorrise prendendo anche lei il giacchetto quando ci alzammo per uscire.
“Oh, andiamo! Non sono nemmeno un po’ bello?”. Le sorrisi quasi abbagliandola e scosse la testa ridendo.
“Sai, Peach dice che ti faceva più serio, a dire la verità ti faceva più antipatico”. Ridacchiò e pensai a culetto di platino.
“A questo proposito… Peach ha il ragazzo?”. La fissai e la vidi diventare seria.
“Che cosa vorresti fare? Una cosa a tre? Non se ne parla nemmeno!”. Cominciò ad accelerare il passo e mi fermai di colpo per ridere.
Quando si accorse che non la stavo seguendo si fermò e tornò indietro veloce come era partita.
“No, a dire la verità volevo sapere se aveva il ragazzo perché forse ho quello giusto per lei”. Culetto di platino e Rob avrebbero fatto una coppia perfetta, non c’erano dubbi!
“A Peach non piacciono i tuoi amici brutti, sfigati e pieni di brufoli quindi… no! Non è interessata!”. Feci per spiegarle che non era proprio così quello che volevo presentarle ma alzò l’indice per ammonirmi. “Discorso chiuso Thomas!”. Cominciò a camminare di nuovo lasciandomi per qualche secondo immobile.
Con gli occhi percorsi il suo corpo e sospirai quando il la gonna del vestito cominciò a svolazzare con un piccolo soffio di vento.
Bastava una folata un po’ più forte e si sarebbe alzato di più il vestito.
O magari una scena alla Marilyn Monroe, sopra ad un diffusore d’aria.
Sbattei gli occhi tre volte pensando che i film, purtroppo, erano sempre troppo belli rispetto alla realtà.
In quattro grandi passi la raggiunsi e continuammo a camminare verso la piscina in silenzio.
Quando arrivammo davanti al parcheggio non riuscii a non pensare ancora una volta al piccolo parco giochi che c’era di fianco.
“Voglio farti vedere una cosa, vieni”. La presi per mano e con un sorriso la condussi al di là della siepe, davanti alla sabbia delle altalene.
Mi girai a guardarla e notai un sorriso strano sul suo volto.
“Non è bellissimo?”. Glielo chiesi come un bambino, tornando a guardare l’ombra proiettata dagli alberi sulla sabbia delle altalene.
Non mi rispose e sempre con il sorriso andò a sedersi su un’altalena facendo cigolare leggermente le catene che la sostenevano.
Sorridendo mi sistemai nell’altalena di fianco alla sua e cominciai a dondolare leggermente.
“Avevi mai visto questo parchetto?”. Segnai con la mano il parco attorno a noi e sorridendo annuì.
“Si, venivo sempre a giocare qui da piccola e questa era la mia altalena”. Segnò l’altalena sulla quale era seduta e sorrisi.
“Non lo sapevo. Abiti qui vicino?”. Sorrisi di nuovo dondolandomi lentamente.
“Se te lo dico poi mi ritrovo un maniaco in casa a tutte le ore?”. Sorrise e non riuscii a non ridere.
“No, solo qualche volta”. Alzai le spalle e la sentii ridacchiare.
Sandy e Mandy probabilmente stavano saltellando come sempre.
“Vedi quel grande palazzo giallo? Quello che ha l’albero grande nel giardino?”. Sollevò il braccio per puntare l’indice contro un palazzo altissimo che svettava anche sopra la siepe. Annuii e mi voltai verso di lei perché continuasse. “Abito lì. Ma non ti aspettare che ti dica il piano però! Non dico mai queste cose al primo appuntamento”. Sorrise e sorrisi anche io.
C’era qualcosa nella sua strana filosofia contorta che mi attirava.
Certo, mi attiravano anche Sandy e Mandy, ma mi attirava anche la sua mente intricata come un’edera.
Era un mix esplosivo che avrebbe tranquillamente potuto farmi esplodere da un momento all’altro.
Probabilmente anche solo con un bacio.
Se l’avessi baciata mi sarei fermato solo all’home running, le basi le avrei fatte tutte in un colpo solo, poco da fare!
Si alzò lentamente dall’altalena e si voltò per sorridermi.
“E’ meglio se vado a casa ora”. Mi alzai annuendo e ci avviammo verso il palazzone giallo senza dire nulla.
Sembrava che fossero i nostri corpi a parlare, o forse erano solo Mandy e Sandy che stavano parlando con Terminator.
Si, quella sera, causa vestito di Jude o causa pensieri su Mandy e Sandy, Terminator sembrava sull’attenti, decisamente troppo visto che non c’erano previsioni di utilizzo.
Arrivati sotto casa sua mi fermai a guardarla e le sorrisi quando si spostò un ciuffo di frangia spostato dal vento.
“Sono stato bene questa sera, Jude”. Sorrisi ricordandomi improvvisamente il viso di Matilda che mi intimava di non baciarla.
“Anche io”. Sorrise cercando in borsa le chiavi del portone.
“Buonanotte allora”. Con un sorriso mi avvicinai per baciarle una guancia e sentii una sua risata. “Che c’è?”. Che Terminator si fosse scontrato con Jude?
“Devo dire che sono rimasta sorpresa dal tuo mancato tentativo di baciarmi”. Sorrise infilando la chiave nella toppa.
“In negativo o in positivo?”. La fissai preoccupato.
“In negativo, è strano, sei il primo ragazzo che non prova nemmeno a baciarmi al primo appuntamento”. Alzò le spalle divertita e sorridente.
“Beh, era il primo appuntamento e di solito nessuna vuole essere baciata al primo appuntamento”. La fissai confuso non capendo dove volesse andare a parare.
“Si, ma voglio dire, la lingua in bocca l’avevi già infilata, quindi non sarebbe stato tecnicamente un primo bacio, magari avrei accettato, chi lo sa”. Alzò le spalle ridacchiando e provai un improvviso odio, anzi, una furia omicida, verso mia sorella e i suoi consigli idioti!
“Posso sempre rimediare”. Con un sorriso da seduttore mi avvicinai di un passo e Jude cominciò a ridere.
“Non funziona così il primo bacio Tom. Non va chiesto o imposto, va dato nel momento esatto, il momento che fa stupire chi lo riceve e fa gioire chi lo dà. Buonanotte”. Scosse la testa ridendo e velocemente entrò dentro allo stabile chiudendosi il portone dietro alle spalle.
Rimasi per qualche secondo imbambolato fissando il legno pesante della porta e capendo che mi aveva lasciato da solo.
Beh, non proprio da solo, c’era sempre Terminator che sembrava volermi tener compagnia!
Camminai velocemente verso casa, imprecando da solo come un hobo perché avevo, per la prima volta in vita mia, ascoltato Matilda, ed ero riuscito a fallire.
Se non l’avessi ascoltata probabilmente sarei anche stato in grado di arrivare in prima base!
Pregai tutti perché non fosse ancora a casa al mio ritorno, o avrei guadagnato un cognato vedovo e un nipote orfano di madre!
 
 
 
 
 
 
 
 
Salve ragazze!
Allora, prima di tutto, mi sa che questo capitolo non è ‘divertente’ come tutti gli altri, no?
Però volevo farlo anche con un fondo di serietà, dove loro si conoscono e capiscono che possono piacersi, al di là di Sandy e Mandy.
Terminator, non credo ci sia bisogno di dire chi, o meglio, cosa è, no? :)
Qui vi metto le foto di come ho immaginato Jude e Tom durante l’appuntamento.
 
Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo, come sempre se volete tirare i pomodori con le recensioni per me va benissimo! :)
Un bacio e a venerdì! :)

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Capitolo 5
*** First kiss, hangover & chestnut ***


1
ATTENZIONE: Questa storia sarà aggiornata 2 volte alla settimana, il Lunedì e il Venerdì.
 
 






Non funziona così il primo bacio Tom. Non va chiesto o imposto, va dato nel momento esatto, il momento che fa stupire chi lo riceve e fa gioire chi lo dà. Buonanotte.
E chi era riuscito a dormire quella notte dopo una frase del genere?
Io no di sicuro!
Art, poco.
Matilda l’aveva talmente tanto innervosito che aveva faticato a prendere sonno, infondo infondo mi dispiaceva anche, gli volevo bene e non si meritava il supplizio di essere rimasto con Matilda per una serata intera.
Mi ero svegliato alla mattina, o meglio, mi ero alzato, e avevo cominciato a vagare per casa senza sapere esattamente che cosa fare.
Bisognava escogitare qualcosa.
Dovevo trovare il momento esatto per darle un bacio.
Il primo bacio.
Importante, decisamente.
Qualcuno una volta aveva detto che dal primo bacio si poteva capire come si sviluppava tutta la storia, una stronzata poetica di queste dimensioni poteva provenire solo da un film.
“Pensa Tom, pensa!”. Camminai su e già per casa, da una stanza all’altra per tutta la mattina, tanto che alla fine ordinai cinese per pranzo.
Qualcosa che potesse prenderla di sorpresa, che la stupisse, qualcosa che riuscisse a stupire Jude, Mandy e Sandy.
In fin dei conti un bacio a Jude era un primo passo per un futuro bacio a Mandy e a Sandy!
E che diamine, ero un uomo e Terminator cominciava a farsi sentire troppo spesso, quando pensavo a Jude!
Quando pel tornò a casa mangiammo in silenzio, con il terrore che Matilda potesse tornare da un momento all’altro per chiedere informazioni sulla mia serata o peggio ancora per trasferirsi da noi per controllare la mia vita sessuale con Jude (inesistente al momento) e di conseguenza i possibili sviluppi negativi che questa potesse avere su Art.
Quello che mi preoccupava era l’arrivo di un mio amico.
L’avevo chiamato io ma mi ero improvvisamente pentito.
Se Jude avesse scelto lui e non me?
In fin dei conti la bellezza british e famosissima di Rob poteva benissimo sorpassare la mia, mediocre e trasandata.
Rob però, non era il pensiero principale di quel giorno, visto che sarebbe arrivato il giorno dopo.
Dovevo assolutamente trovare un modo per stupire Jude.
Come al solito presi la borsa e andai in piscina, appena entrato non riuscii a trattenere un sorriso quando mi accorsi che erano tutte e tre lì, attente e vigili che nessuno affogasse.
Tolsi l’accappatoio e cominciai a camminare verso di lei con un sorriso idiota sulle labbra.
“Ciao!”. Sventolai la mano come facevano i bambini dell’asilo per salutare.
“Ciao”. Sorrise e alzò per due secondi gli occhi dalla piscina per guardarmi.
Miracolo!
Bisognava chiamare la BBC e chiedere subito il servizio delle news! Non aveva mai alzato il volto per così tanto tempo!
“Come va?”. Mi abbassai appoggiandomi con le mani al bracciolo della sua sedia e si voltò ancora a guardarmi per qualche secondo riservandomi un bellissimo sorriso.
Anche Sandy e Mandy mi sorrisero!
“Bene. Tu?”. Era di poche parole ma era di certo meglio che non sentirla parlare.
“Tutto apposto. Spero che tu ti sia divertita ieri sera”. Sorrisi di nuovo anche se non si accorse del mio sorriso perché tornò a guardare la vasca.
“Si si, divertente si!”. Sorrise appena e continuò a guardare davanti a lei.
“Bene”. Annuii alzandomi in piedi e guardai la vasca non molto convinto di volerci entrare anche quella sera.
Cominciavano a farmi male i muscoli delle braccia e soprattutto delle gambe dopo tutti quei giorni a fare sport.
“Io vado a farmi una nuotata. A dopo”. La salutai di nuovo in stile asilo, con la manina, e mi diressi verso la scaletta per entrare in acqua.
Primo scalino.
Cazzo, quella sera l’acqua era freddissima.
Secondo scalino.
Meglio, così Terminator si sarebbe dato una calmata!
Terzo scalino.
Ma chi me lo faceva fare? Probabilmente nemmeno mi stava guardando!
Una volta tuffato presi un respiro profondo e senza nemmeno accorgermene lanciai uno sguardo verso Jude e compagne e mi fermai all’improvviso quando mi resi conto che mi stava guardando.
Spostò immediatamente lo sguardo sulla persona davanti a me, ma ci avrei giurato, aveva guardato me!
Con un sorriso cominciai a nuotare e, finita la vasca, quando mi trovai a pochi metri da Jude, alzai la mano e la salutai.
La sentii ridere e, dopo essermi aggrappato al bordo, mi sollevai per guardarla.
Oddio.
Mandy e Sandy stavano ballando e non era stato preventivato.
Spostai subito lo sguardo sul viso di Jude (ringraziando l’acqua fredda della piscina) e le sorrisi come se non avessi fatto nulla.
“Che c’è?”. Continuai a sorridere e scosse la testa.
“Se affoghi anche questa sera, sul serio o per finta, sappi che non ti salvo, d’accordo?”. Sorrise alzando un sopracciglio e annuii.
“Agli ordini capo!”. Feci un saluto militare che la fece ridere di nuovo e pochi secondi dopo ricominciai a nuotare.
Vasche su vasche, un polmone collassato, dieci chili in meno, dopo, mi accorsi che entro pochi minuto Jude avrebbe dato il cambio a Justin.
Velocemente uscii dall’acqua e mi diressi verso il mio accappatoio ma mi bloccai di colpo quando mi resi conto che Jude, dall’altra parte della piscina, stava per entrare nello spogliatoio.
Spalancai gli occhi e in meno di un secondo cominciai a correre verso di lei.
“Fa che non cada, ti prego, fa che non cada”. Continuai a ripetermelo un passo dopo l’altro fino a quando non arrivai, in posizione eretta, davanti a lei.
“Jude”. Lo sussurrai, leggermente a corto di fiato, quando posò la mano sulla maniglia della porta.
“Si?”. Si voltò con un sorriso che mi fece perdere tre battiti.
“Io…”. Mi schiarii la voce togliendomi la cuffia talmente di colpo che mi procurai da solo un’elasticata sulla fronte.
Sentii Jude ridere e mettersi la mano davanti alle labbra per non farmi vedere che stava ridendo di me.
“Scusami, dimmi pure”. Annuì cercando di tornare seria.
“Io…”. Mi avvicinai a lei di un passo e sentii subito che Mandy e Sandy si erano avvicinate.
Aggrottò la fronte confusa, non capendo quello che volevo dirle.
Al diavolo!
Nemmeno io sapevo quello che volevo dirle!
Mi avvicinai e posai le mie labbra sulle sue.
Strinsi le palpebre aspettando il pugno che probabilmente sarebbe arrivato ma continuai a tenere le labbra incollate alle sue che non si mossero.
Quello non era un bacio.
Quelle erano solo due labbra a contatto.
Cinque secondi dopo Jude si staccò quasi scocciata da me e mi guardò arrabbiatissima.
“Si può sapere che cos’era?  No perché non l’ho mica capito, sai?”. Si passò una mano tra i capelli mossi e mi fissò spalancando gli occhi.
“Era…”. Mi schiarii la voce in imbarazzo giocherellando con la cuffia. “…un tentativo di bacio, credo. Però pensavo tu rispondessi”. Alzai le spalle e la vidi spalancare le labbra, shockata.
“Quando ti ho detto che il bacio doveva essere una sorpresa non dicevo che dovevi darlo in un momento a caso!”. Sbuffò aria dal naso scuotendo la testa ed entrò nello spogliatoio senza degnarmi di uno sguardo.
Perfetto!
Avevo fatto la figura del cretino per la milionesima volta!
E mi ero anche dimenticato di dirle che la sera dopo saremmo dovuti uscire.
Ma mi voleva ancora?
Presi sottobraccio l’accappatoio e velocemente andai nello spogliatoio maschile.
Infilai i jeans sopra al costume, bagnandoli tutti come se me la fossi fatta addosso, e una maglia, prima di imbacuccarmi nel giubbotto.
Arrotolai l’accappatoio dentro alla borsa e uscii camminando su un piede solo per finire di infilarmi una scarpa.
Riuscii a vedere la chioma bionda di Jude sparire appena dietro la porta d’entrata, così, con un sorriso cominciai a correre per raggiungerla.
“Jude?”. Sapevo dove abitava, quindi mi fu anche più facile seguirla.
Si girò di scatto, sorpresa di trovarmi dietro a lei con l’accappatoio mezzo fuori dalla borsa e i capelli ancora bagnati.
“Che ci fai qui?”. Continuò ad avanzare come se non ci fossi stato, guardava in avanti senza degnarmi di uno sguardo.
“Voglio chiederti scusa. Non era quello il modo di dare un bacio. E in più volevo chiederti se domani sera ti andava di uscire in gruppo”. Le sorrisi e si voltò di colpo verso di me.
“Cioè, hai appena fatto la figura del cretino dandomi un bacio che nemmeno in prima asilo i bambini si scambiano e ora mi chiedi di uscire? In gruppo per di più?”. Beh, di certo Jude non aveva peli sulla lingua, chissà se…
No!
Diamine, concentrazione Tom!
“Mi scuso per il bacio che volevo darti, mi sono reso conto che non era l’occasione adatta e per domani sera, si, uscita in quattro, che ne dici?”. Salì i gradini per arrivare davanti al portone dello stabile e si girò appoggiando la schiena alla porta di vetro.
“Quattro? E chi saremmo? Io te, il cane e il gatto?”. Sorrise acida e feci un passo verso di lei.
“No”. Scossi la testa avanzando di uno scalino. “Io”, un altro scalino, “Tu”, un passo verso di lei, “Peach”, un nuovo passo, “Un mio amico”. Arrivai davanti a lei incollando il mio corpo al suo e la sentii trattenere un respiro.
“Perché?”. Lo sussurrò deglutendo.
“Così, per divertirci”. Alzai le spalle dimostrandomi molto più tranquillo di quello che ero in verità. “Allora, che ne dici?”. Abbassai il tono della voce allungando lentamente il collo per avvicinarmi a lei.
“Chiederò”. Annuì lentamente continuando a guardarmi negli occhi e posando la testa sulla porta.
“Bene”. Mi avvicinai ancora di più allungando un braccio per posarlo sulla porta, poco distante dal suo viso.
“Che, che fai?”. Impossibile.
Jude non poteva essere rimasta senza parole.
Non le risposi nemmeno, lentamente, con una lentezza esasperante, mi avvicinai fino a posare le mie labbra sulle sue.
Sentii chiaramente un gemito da parte di Jude e questo mi fece impazzire.
Avanzai ancora di più schiacciandola tra il mio corpo e il vetro della porta e cominciai a muovere le mie labbra, senza esagerare, senza metterci la lingua.
Volevo che il primo bacio fosse così, solo un gioco di labbra.
Jude si alzò leggermente in punta di piedi e cercai di mantenere la ragione prima che fosse troppo tardi, quando sentii le sue labbra socchiudersi mi staccai baciandole prima il labbro superiore e poi quello inferiore, dolcemente.
Quando riaprii gli occhi per guardarla, la trovai ancora con gli occhi chiusi e le labbra schiuse, il respiro veloce e le gote arrossate.
Era una delle cose più belle che avessi mai visto.
“Che cos’era?”. Quella che aveva fatto lei? Una domanda stupida.
Quello che avevo fatto io?
“Un timido tentativo di bacio, per farti capire che di solito non bacio così, questi sono i miei preliminari di bacio”. Sorrisi e scosse leggermente la testa, come se avesse voluto riprendersi.
“Giochi sporco!”. Sembrò arrabbiarsi leggermente ma non me ne curai, di certo non le era dispiaciuto quello che avevo fatto.
“Ci vediamo domani sera Jude, passeremo di qui alle otto. Fatti trovare con Peach. Buona serata”. Alzai la mano per salutarla e quando la guardai la trovai ancora posata sulla porta.
Con un sorriso mi diressi verso casa.
Almeno il primo semi-bacio c’era stato.
 
“Dovresti raccontarmi un paio di cosette, non credi?”. Rob mi fissò accendendosi una sigaretta e alzai le spalle.
“Che vuoi che ti dica? È una gnocca da paura. Due tette enormi e mi piace, non solo fisicamente, ovvio! Ieri sera ci siamo baciati e questa sera usciamo tutti e quattro, io con lei e tu con culetto di platino, a proposito, vedi di comportarti bene!”. Lo segnai con la sigaretta e scosse la testa.
“Io non ho bisogno di una ragazza. E poi magari non è nemmeno lei! Magari non mi piace perché è un’oca senza cervello!”. Alzò le spalle e scossi la testa.
Peach era tutto tranne che un’oca senza cervello.
“Peach non è decisamente senza cervello! E poi, che ti costa? La saluti, lei si innamora di te, vedi come va, magari ti piace e siete a posto, combinati a vita e vi trovate con tanti piccoli bambini biondi con gli occhi azzurri che scorazzano attorno a voi”. Gli sorrisi infilandomi una maglia.
“Ma se lei è antipatica? Magari non le piaccio o che ne so”. Alzò le spalle e lo fulminai con lo sguardo.
“Smettila di farti pare mentali e fammi questo favore!”. Aprii la porta di casa per scendere e annuì.
“Ma se non mi piace io non garantisco nulla, eh!”. Si passò una mano tra i capelli e scossi la testa.
Peach e Rob erano la coppia perfetta, amore a prima vista.
“E della tettona non mi dici nulla? Continui a mandarmi messaggi parlando di questa tettona da quando l’hai conosciuta e ora non mi dici nulla?”. Rise camminando di fianco a me.
“Jude non si può descrivere, lei è prima di tutto gnocca, poi ha delle gran belle tette e poi, come se non bastasse, mi piace caratterialmente. Poi bacia bene, per quanto un bacio senza lingua possa far capire”. Sorrisi a Rob e guardai l’ora una volta arrivati davanti al citofono di Jude.
Mancavano cinque minuti alle otto, ma probabilmente erano pronte.
Suonai e pochi secondi dopo sentii una musica altissima provenire dal citofono e la voce di Jude.
“Peach! Sali subito!”. Buttò giù il citofono e non mi lasciò nemmeno il tempo di replicare per dirle che non ero Peach.
“Visto? L’altra è in ritardo, è una che si fa attendere perché si crede chissà chi! Non la sopporto già da ora!”. Rob sbuffò quando ci richiudemmo il portone alle spalle e sorrisi.
“Siamo in anticipo, andiamo concedile il beneficio del dubbio!”. Cominciammo a salire le scale e Rob continuò a borbottare qualcosa tra sé e sé.
Quando arrivammo davanti alla porta dell’appartamento di Jude la trovammo socchiusa e non riuscii a trattenere un sorriso sentendo di nuovo, a volume altissimo, la stessa canzone di prima.
“JUDE?”. Entrai, seguito da Rob, urlando per farmi sentire.
“Peach! Sono in camera! Muoviti!”. Jude lo urlò per sovrastare la musica e mi voltai verso Rob spaventato.
Pensava che fossimo Peach?
“JUDE! SIAMO TOM E ROB!”. Lo urlai più forte facendo un passo verso il corridoio che fungeva da cassa di risonanza per lo stereo.
“Peach muoviti! Saranno qui a momenti e non so che cosa mettermi! Vestito scollato per dire io ho le tette e so che me le guardi o vestito normale per dire non sai quello che porto sotto?”. Spalancai occhi e bocca quando sentii questo e mi voltai verso Rob, stupito e spaventato quasi quanto me. “Cavolo Peach! Ti stai truccando in cucina? Aspetta che arrivo!”. Sentii la musica farsi più forte e pochi secondi dopo Jude comparve davanti a me.
“Oh cazzo!”. Rob se ne uscì fine come sempre.
“Merda”. Jude non fu da meno.
“Porca puttana, porca puttana, porca puttana”. Mi inginocchiai di colpo a terra coprendomi gli occhi con le mani e dondolandomi avanti e indietro per togliermi quell’immagine di Jude da davanti la retina. Aspettai qualche secondo, cercando di concentrarmi sui muscoli del mio corpo e tentai di parlare. “Ti sei coperta?”. Lo urlai tenendo ancora gli occhi coperti mentre l’immagine di Jude, in completo intimo e con due vestiti in mano non ne voleva sapere di andarsene da davanti i miei occhi.
Nero.
Di pizzo.
Andava sempre in giro con Mandy e Sandy circondate da del pizzo nero?
E poi c’era il fiocchetto d’oro in mezzo e anche sugli slip, magari erano un perizoma!
E bellissima la piega che c’era, e…
Cavolo!
L’avevo imparato a memoria!
“Si, ora si. Scusate per la scena”. Jude si schiarì la voce e spostai due dita per sbirciare se era veramente coperta.
Si.
Ora si.
“Io… ehm, sono Rob”. Rob avanzò verso di lei lentamente e le tese la mano.
“Piacere, io sono Jude”. Sorrise stringendogli la mano e mi alzai lentamente in piedi, cercando di dimenticare quello che era successo.
Terminator però si era risvegliato, così tentai di assumere una posa idiota tenendo le mani davanti a lui per nasconderlo.
L’avevo già vista in costume, perché mi ero fatto tutti quei problemi allora?
Cazzo, era un completo di pizzo nero, probabilmente trasparente e rendeva Sandy e Mandy ancora più belle!
Poco da fare, quella visione mi aveva sconvolto!
Lentamente, con molta calma, alzai gli occhi verso Jude che sorrideva nervosa torturandosi le mani.
“Come va?”. Cercai di sorridere per tranquillizzarmi ma non era facile.
“Ehm, bene. Mi dispiace per prima, credevo fosse Peach”. Cercò di sistemarsi il vestito per non guardarmi, forse intuendo che ci eravamo sentiti tutti in imbarazzo.
“Tranquilla, l’ho capito”. Sorrisi, leggermente più rilassato (forse perché Terminator si stava lentamente riaddormentando) e la vidi sospirare sollevata.
“Io vado un attimo a finire di preparami. Peach dovrebbe arrivare a momenti”. Sorrise segnando il piccolo corridoio e annuii.
Quando sparì dietro ad una porta mi girai verso Rob che aveva una faccia spaventata.
“Quella, quella ha due tette ENORMI!”. Sottolineò il concetto riproducendo su se stesso la forma delle tette di Jude.
“Idiota”. Gli tirai un pugno sul braccio per fargli capire che era meglio smetterla.
“No, no! Non ho mai visto due tette grandi così! E poi è un onore essere accolti a casa in questo modo!”. Segnò il corridoio soddisfatto e cercai di incenerirlo con lo sguardo. “Se anche culetto di platino si presenta in intimo io ti faccio un monumento! Ma ha le tette grandi così anche l’altra?”. Segnò di nuovo il corridoio e scossi la testa.
Peach aveva un bel corpo, ma di sicuro Jude la batteva per tette, forse addirittura di due taglie.
Non me ne intendevo di taglie femminili, ma se anche Matilda portava un reggiseno, voleva dire che ne facevano di piccoli (per lei) e di enormi (per Jude).
Pochi secondi dopo suonò il campanello e Jude dall’altra stanza cominciò ad urlare.
“Questa è Peach, potete aprirla? Schiacciate il primo pulsante sul citofono! Grazie!”. Mi avvicinai al citofono e schiacciai quello che mi aveva detto lei, poi, siccome mi ero messo a ridacchiare, cominciai a tossire perché mi era andata la saliva di traverso.
“Jude…”. Tentai di parlare tra un colpo di tosse e l’altro per farmi sentire, mi serviva dell’acqua. “Jude… potrei avere… dell’acqua?”. Mi avvicinai al corridoio e Jude uscì da una stanza in fretta, per avvicinarsi a me quasi di corsa.
“Certo Tom, vieni”. Nonostante stessi per morire notai un doppio senso nella frase che mi fece andare di nuovo la saliva di traverso.
Jude mi portò il cucina e mi preparò velocemente un bicchiere d’acqua quando sentimmo suonare alla porta.
“Rob, puoi aprire tu?”. Jude glielo chiese quando ci avvicinammo di nuovo al piccolo ingresso.
Improvvisamente un sorriso si dipinse sul mio volto quando sentii qualcuno urlare fuori dalla porta.
“Jude! Muoviti! Tra poco arriverà la grande altezzosa st…”. Rob aprì la porta e quando Peach si rese conto di chi aveva davanti si ammutolì di colpo fissandolo sorpresa.
Guardai il volto di Rob e per la prima volta nella mia vita lo vidi furioso.
Sopportava tutto ma non che lo si chiamasse altezzoso.
Lui non si era assolutamente montato la testa e odiava le persone che lo vedevano come una star.
Decisamente avevano cominciato con il piede sbagliato.
“Sono Robert Pattinson”. Le sorrise con tutto il sarcasmo che aveva in corpo squadrandola dalla testa ai piedi. “Tu devi essere la modella di Midnight Secret, no?”. Questa volta l’errore era suo.
Peach non faceva più la modella per Midnight Secret e odiava la gente che la ricordava solo per quello.
“Sono Peach e non faccio più la modella di Midnight Secret”. Entrò schivandolo e ridacchiai di fianco a Jude che si scusò con lo sguardo.
Beh, almeno Peach non si era fatta trovare in intimo producendo un afflusso di testosterone che avrebbe attirato una mandria di ragazzine!
“Ciao Peach! Come va?”. Le sorrisi gentile e cercò di non incenerirmi con lo sguardo.
“Ciao Tom. Bene, e a te, tutto bene?”. Sospirò per mantenere la calma e annuii per dirle che andava tutto bene.
Si prospettava una serata all’insegna del divertimento!
“Dove andiamo di bello?”. Rob cercò di riportare un clima allegro ma, prima che potessi rispondere, Peach si voltò verso di lui.
“Ah beh, guarda, se vieni anche tu, nessun posto sarà bello!”. Peach usò un tono decisamente acido che mi fece sorridere.
Mi voltai, con il sorriso, verso Jude che fissava Peach sconvolta, come se non l’avesse mai sentita usare quel tono.
Robert la fissò per qualche secondo serio, poi, dopo essersi messo una mano in tasca, decise che era giusto rispondere a tono.
“Potrei dire lo stesso di te, no?”. Probabilmente, sentendo Rob usare un tono di voce così acido mi uscirono gli occhi dalle orbite per lo stupore.
Mai, mai in 25 anni avevo sentito Rob parlare in quel tono, come se fosse stato arrabbiato.
“Ok, direi che possiamo andare”. Jude, cominciò a camminare verso la porta per spezzare tutto quell’odio che si era creato e che si poteva tagliare a fette.
Seguii Jude sentendo Rob dietro di me borbottare tra sé e sé. Doveva essere veramente arrabbiato, di solito non parlava mai da solo.
Mi portai di fianco a Jude per condurla nel piccolo locale che ci avrebbe ospitato per quella sera e la fissai con un sorriso.
“Sei veramente bella questa sera”. Le sorrisi e la vidi abbassare lo sguardo imbarazzata.
“Grazie, e mi dispiace per la scena di prima, pensavo veramente che fosse Peach”. Quando pronunciò questa frase nella mia mente tornò il fotogramma di Jude in intimo, con Mandy e Sandy lì, pronte per essere venerate e strizzai gli occhi per togliermi velocemente l’immagine.
“Facciamo così, non parliamone più e facciamo finta che non sia successo”. Sorrisi rassicurandola e annuì per farmi capire che anche lei era d’accordo.
Nel momento di silenzio che seguì mi accorsi che Peach e Rob, dietro di noi, non stavano parlando, quando mi voltai per guardare se ci stavano seguendo, trattenei a stento una risata.
Peach, dietro a Jude, guardava verso sinistra, dalla parte opposta rispetto a Rob, lui invece teneva lo sguardo fisso verso destra, come se di fianco a lui non ci fosse stato nessuno.
Feci un cenno a Jude perché guardasse e quando notò questo sorrise scuotendo la testa.
Sarebbe stato un appuntamento fantastico.
Quando ci sedemmo al tavolo, mi accorsi subito che Peach spostò la sedia più verso Jude per mettere più spazio tra lei e Rob, probabilmente lo notò anche lui.
“Non mordo mica”. La fissò arrabbiato quando Peach alzò un sopracciglio.
“Non si sa mai, magari hai la rabbia”. Alzò le spalle non spostando la sedia e non riuscii a trattenere un sorriso.
Sembravano una coppia di neosposini che litigava.
“Forse sei tu che hai la rabbia, tra un po’ ti esce la schiuma dalle labbra”. La fissò arrabbiato assottigliando lo sguardo.
“Ok, potremmo ordinare da bere”. Sorrisi strofinandomi le mani per riportare un clima sereno.
“Si, magari gli va di traverso”. Peach lo sussurrò aprendo il menù e io e Jude la fissammo sconvolti.
“Non ci contare”. Rob lo sussurrò riponendo il listino di bibite che aveva osservato per qualche secondo.
Serviva qualcosa di forte per superare quella serata.
Non era stata una buona idea quella di far incontrare Rob e Peach assieme.
Troppa, decisamente troppa tensione sessuale.
Quando il cameriere arrivò ordinammo otto tequila e se ne andò con il sorriso prima di tornare con le nostre ordinazioni, qualche minuto dopo.
“Allora, ehm… Peach, che cosa fai ora? Perché Jude non me l’ha mai detto”. Sorrisi guardandola e cercò di sorridere dopo essersi scolata di colpo il primo shot.
“Ho aperto una libreria”. Mi sorrise togliendosi la giacchetta nera e annuii.
“Che bello, deve essere proprio bello”. Succhiai il limone dopo aver parlato e Peach annuì convinta.
“Si, si incontrano molte persone interessanti. Sai, ci sono persone che leggono”. Lanciò uno sguardo a Rob che la fissò stupito.
“Pensavo che per aprire una libreria bisognasse saper leggere”. Parò con me ma la frecciatina era rivolta a Peach, l’avevano capito anche i muri.
“Sai Tom, c’è gente che può leggere e gente che non ce la fa perché è troppo difficile”. Peach alzò le spalle e toccai con la mano il braccio di Jude perché intervenisse.
“Peach, verresti un attimo in bagno con me?”. Jude sorrise tranquilla sistemandosi il vestito che si era leggermente spostato per farmi vedere mezzo centimetro del completino che cullava Sandy e Mandy.
“Certo Jude”. Peach sorrise, come se fosse stata la persona più dolce del mondo.
Quando sparirono dalla visuale guardai Rob furibondo.
“Che cavolo stai facendo?”. Mi girai totalmente verso di lui, probabilmente con il fumo che usciva dal naso come un drago.
“Niente, che cosa sto facendo?”. Alzò le spalle accendendosi una sigaretta.
“Come ti stai comportando? Sembri uno stronzo!”. Gli tirai una pacca sul braccio per rimproverarlo.
“Ha cominciato lei!” segnò il posto vuoto di Peach per difendersi come avrebbe fatto un bambino.
“Mi stai rovinando tutto l’appuntamento!”. Scolai il secondo shot di tequila e lo fissai arrabbiato.
“Ma mi vuoi dire perché ti sei messo la mano davanti agli occhi prima? Cioè, più che altro dovresti spiegarmi come sei riuscito a muovere un muscolo volontariamente”. Sottolineò l'ultima parola alzando un sopracciglio.
“Ho imparato a non farmi prendere alla sprovvista!”. Annuii e la mia mente tornò a un paio di ore prima e tutto quello che avevo visto. “Piuttosto tu, impara ad essere più gentile, che forse prima o poi te la dà!”. Glielo sussurrai prima che Jude e Peach comparissero da dietro una pianta lì vicino.
“Figurati, non la voglio nemmeno! Sarà acida come un limone!”. Lo sussurrò pochi secondi prima che Peach si risedesse di fianco a lui.
“Tutto ok?”. Guardai con un sorriso Jude che si sedette di nuovo di fianco a me annuendo. “Che ne dite di un terzo giro di tequila?”. Sorrisi e tutti e tre annuirono.
Cosa Jude avesse detto a Peach non potevo saperlo, ma di sicuro non aveva fatto effetto perché Peach continuò a lanciare battutine a Rob che imperterrito, come se non gli avessi detto nulla, continuava a rispondere a tono.
Dopo un po’, causa la quantità di tequila che avevamo ingerito, le battutine cominciarono a farsi più personali, battutine sul sesso che venivano prontamente rigirate da Rob.
Non l’avevo mai sentito rispondere così a tono.
Una cosa era certa, quello non era odio.
Dovevano per forza battibeccare tra di loro, come se fosse stato indispensabile farlo, come se avessero trovato il modo giusto per comunicare.
“Io direi che potremmo fare l’ultimo giro”. Rob cominciò a parlare meno lucido, dopo quattro giri di tequila e annuimmo tutti, anche Peach.
“Chissà che sia quello che ti va di traverso”. Lo guardò divertita e Jude scosse la testa sconfitta.
Anche Jude, come Peach, teneva bene l’alcol per essere una donna.
Avevo conosciuto ragazze che al secondo tequila erano belle stese per terra dopo aver vomitato anche il pranzo di una settimana prima.
Loro due erano assolutamente lucide, se non per qualche risatina ogni tanto e per i discorsi che le avevano fatte diventare più disinibite.
“Io vado a casa”. Peach si alzò barcollando e ridendo e cercai di capire se ci saremmo dovuti alzare tutti.
“Si, me ne vado anche io”. Robert si alzò, arrabbiato ma sorridente e si incamminò verso la porta.
“Pensi di venire a casa mia? Perché io non apro niente stasera, a te poi non aprirei mai nulla.”. Peach lo ridacchiò aprendo la porta e seguendo Rob fuori dalla strada dopo averci salutato con la mano.
“Secondo me si odiano”. Jude ridacchiò posando il bicchiere sul tavolo e si grattò il naso con la mano. Forse stava esagerando, ma io non ero da meno, i bicchieri vuoti si erano accumulati sopra al tavolo senza che nemmeno ce ne fossimo accorti.
“Scherzi? Quello non è odio! Quella è attrazione sessuale repressa! Del sano sesso violento!”. Annuii capendo che ormai i nostri freni inibitori se ne erano andati con il secondo bicchiere svuotato.
“Sesso violento, bah!”. Jude scosse la testa ridendo. “Non credo che Peach sia una da sesso violento”. Ridacchiò di nuovo e spostò la sedia per guardarmi.
“Beh, se non altro li vedrai fare del bel sesso passionale, decisamente. Avevano una carica erotica talmente alta che per più di qualche minuto pensavo di essermi innamorato di Rob, poi ho capito che Peach era così attratta da lui che ha contagiato anche me”. Risi e cominciai a spostare i bicchieri sul tavolo in fila.
“Ah allora era per quello che ogni tanto Peach piaceva anche a me!”. Rise di gusto facendo ballare Mandy e Sandy. “Sai, castagna, pensavo di essermi innamorata di lei!”. Rise ancora e mi fermai di colpo.
“Castagna?”. Sgranai gli occhi cercando di rimanere serio.
“No, non ho detto castagna”. Rise scuotendo la testa e si avvicinò. “Visto che siamo brilli e in vena di confidenze, dimmi, Tom…”. Si avvicinò al mio orecchio per sussurrarmi qualcosa e il mio braccio toccò inavvertitamente Sandy e Mandy producendomi un fremito. “…qual è il tuo sogno erotico?”. Lo sghignazzò allontanandosi da me per guardarmi dritto negli occhi.
Beh, in quel momento erano decisamente Mandy e Sandy, però non potevo di certo dirglielo.
Avevo ancora un minimo di lucidità che mi permise di giocare d’astuzia.
“Di solito mi piace soddisfarli, quindi… qual è il tuo?”. Mi avvicinai al suo orecchio per sussurrarglielo e la vidi ridere di gusto.
“Oh beh, non ne faccio mistero”. Alzò le spalle ridendo e non riuscii a non ridere, poi si avvicinò con fare cospiratorio. “Nello spogliatoio dei bagnini, in piscina, ci sono le docce. Lì ci sono le mattonelle verdi. Non so perché”. Alzò le spalle ridacchiando e la fissai concentrato.
Docce della piscina?
“Ma sono le docce o le mattonelle che ispirano?”. La fissai divertito e alzò le spalle.
“Non lo so, l’ambiente forse, con tutto quel vapore”. Rise di nuovo quando ci alzammo per andare fuori.
“Capito”. Annuii ridendo e tremando improvvisamente per il contatto con l’aria fredda della sera. “E che cosa ti piace di me?”. Ridacchiai camminando con lei verso il suo appartamento.
“Gli occhi e poi, su un’intervista che hai fatto qualche mese fai, mi faceva impazzire quando dicevi ‘road trip’”. Annuì ridendo e la guardai.
“Road trip?”. La fissai confuso e sorrise.
“Si, lo dici in un modo bellissimo”. Rise di nuovo piegandosi un avanti e sostenendosi sulle ginocchia.
Fantasia erotica: docce della piscina.
Cosa ti attira dell’uomo che hai di fianco: il suo dire ‘road trip’.
Si insomma, Jude era decisamente come tutte le altre persone.
Erano le tipiche risposte femminili.
“Bene castagna, io sono arrivata”. Si sedette su una panchina fuori da casa sua e la fissai.
“Hai detto ancora castagna!”. Doveva spiegarmi perché. “Dimmi perché!”. La fissai quasi implorandola e si alzò di colpo.
“Se te lo dico poi perde il fascino, no?”. Me lo sussurrò ridendo e scossi la testa immobilizzato dai suoi occhi azzurri che riuscivano a brillare, forse anche a causa della tequila.
“No, voglio saperlo”. Sorrisi accarezzandole la guancia con l’indice.
“Perché ieri, quando ti sei tolto la cuffia e ti sei fatto male con l’elastico, avevi i capelli che sembravano una castagna, hai presente le castagne, no?”. Ridacchiò e nonostante non ci fosse nulla da ridere cominciai a farlo anche io.
“E perché non marroncino? O marrone? Danno più un senso di virilità! Castagna è qualcosa di piccolo!”. Arricciai il labbro inferiore come se fossi stato un bambino.
“Buonanotte Sturridge. E grazie per la serata”. Cominciò a ridere salendo le scale e per qualche secondo rimasi immobile.
Dov’era il bacio della buonanotte?
“Jude! Jude! Il bacio della buonanotte”. Salii di corsa i tre gradini e si voltò ridendo.
“No, ho pensato che stiamo correndo troppo. Ti conosco da sei giorni e ci siamo già baciati! Se continuiamo di questo passo in dieci giorni finiamo a letto assieme e non va bene”. Scosse la testa tentando di rimanere seria nonostante le tequila.
Non che mi dispiacesse, eh!
“Nemmeno un bacino piccolo piccolo? Tengo le mani in tasca e se vuoi non uso nemmeno la lingua!”. Le sorrisi e scoppiò a ridere.
“No, niente lingua e non vale come ieri. Un piccolo bacio. Faccio io, guarda”. Si avvicinò e circondò il mio viso con le sue mani, puntò i suoi occhi nei miei e lentamente, molto lentamente, posò per un secondo le sue labbra sull’angolo della mia bocca.
Quando si staccò la guardai frustrato.
Quello non era un bacio!
“Ehi! Quello non era un bacio!”. Avanzai di un passo seguendola quasi dentro al pianerottolo.
“Accontentati. Ci vediamo Tom”. Sorrise chiudendosi la porta alle spalle e rimasi imbambolato per qualche minuto a fissare il vetro.
Ok, decisamente Jude era strana, i luoghi comuni con lei non erano di certo esatti.
Nonostante la sbronza si era destreggiata benissimo e mi aveva raggirato non dandomi un bacio ma spacciandolo per quello.
Era troppo presto per un bacio ma mi aveva confidato la sua fantasia, mi aveva detto che le piaceva quando dicevo ‘road trip’ e si era fatta vedere in intimo poche ore prima.
Camminai lentamente verso casa, improvvisamente voglioso di una dormita.
Speravo solo che Rob avesse già preso sonno, perché se si metteva a parlare di miss culetto di platino avrei tranquillamente potuto spedirlo da sua sorella!
 
 
 
 
 
 
Salve ragazze!
Capitolo lunghissimo, che inizialmente doveva far ridere ma che alla fine mi sa non fa proprio ridere! :(
Avevo in mente tutte queste scene divertenti che mi sa non sono assolutamente risultate comiche come pensavo!
Ringrazio come sempre Cris87_loves_Rob per avermi prestato Peach e vi assicuro che la sua storia merita di essere letta perché i battibecchi tra Rob e Peach sono uno spasso, io non ho scritto nemmeno un quarto dell’odio che provano! :)
Poi poi poi, prima di lasciarvi ai vestiti, volevo ringraziare chi ha messo la storia tra i preferiti e chi tra i seguiti! :)
Ringrazio anche le persone che commentano e si, ammetto che mi piacerebbe sentire qualche altro commentino! :P
Ora vi lascio ai vestiti e ci sentiamo lunedì! :)
 
Questo è il completino che indossava Jude quando è uscita dalla camera:
 
questo è il vestito di Peach
 
questo è il vestito di Jude, lo immagino corto da sopra il ginocchio!



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Capitolo 6
*** Your personal doctor, ma'am! ***


1
ATTENZIONE: Questa storia sarà aggiornata 2 volte alla settimana, il Lunedì e il Venerdì.
 
 







Quando ero rientrato in appartamento dopo l’appuntamento a quattro, avevo accuratamente evitato di farmi sentire da Rob perché non cominciasse a parlare.
Mi ero diretto in camera con un passo degno di un ladro ed ero riuscito a non svegliarlo, forse ci ero riuscito aiutato anche dalla tequila che gli aveva regalato un bel sonno pesante e ristoratore e che l’aveva accolto la mattina dopo con un mal di testa che l’aveva fatto imprecare per ore.
Nel momento in cui gli avevo chiesto che cosa fosse successo con Peach quando se ne erano andati, aveva alzato le spalle.
“Come alzi le spalle? Mi sembrava che ti piacesse”. Lo punzecchiai sogghignando e scosse la testa.
“No, non la sopporto. Troppo sicura di sé e troppo altezzosa. Troppo so tutto io e troppo… insomma, troppo tutto”. Aspirò una boccata di sigaretta e decisi di metterlo ancora più in difficoltà.
“Anche troppo sexy?”. Lo fissai ringraziando le mie doti di attore che mi permisero di rimanere serio.
“Si”. Annuì convinto per poi scuotere la testa energicamente. “No. No, che troppo sexy? Che cosa mi fai dire? Non confondermi le idee”. Scosse la testa cominciando a fumare più insistentemente.
“Sei tu che hai detto che è troppo tutto, io ho solo chiesto”. Alzai le spalle e lo vidi fulminarmi con lo sguardo.
“Beh, impara a non chiedere queste cose”. Era decisamente confuso.
Segno che si stava rendendo conto che Peach aveva qualcosa che lo attirava.
La curiosità però non era solo donna.
La curiosità era anche Sturridge.
“E allora? Che è successo quando ieri sera ve ne siete andati?”. Tornai alla domanda precedente sperando che mi rispondesse.
“Non lo so, ok? Non mi ricordo nulla!”. Alzò il tono della voce frustrato e lo guardai confuso.
Da quando in qua Robert Pattinson perdeva la memoria per qualche tequila?
“Strano, questa notte eri decisamente loquace. Peach di qua, Peach di là, rumori strani”. Alzai le spalle tentando di rimanere serio.
In verità non aveva parlato, ma mi piaceva prenderlo in giro.
“Ho parlato nel sonno?”. Sgranò gli occhi e annuii triste.
“Si, Robert”. Quando lo chiamavo con il nome intero era perché la situazione era pesante. “L’hai chiamata per nome ma non credo che voi abbiate parlato nel tuo sogno”. Abbassai lo sguardo per non scoppiare a ridergli in faccia.
“Cioè vuoi dire che questa notte mi sono sognato di… di… con Peach? Con lei?”. Sgranò gli occhi e fece cadere la sigaretta per terra dallo stupore.
“Eh si Robert. Forse è per quello che è successo ieri sera? Che cosa è successo?”. Lo guardai sempre non ridendo e scosse la testa preoccupato.
“Io non lo so più! Credevo che fosse un sogno ma non so se ci siamo baciati! Le ho mandato un messaggio questa mattina ma non mi ha nemmeno risposto! Come faccio a sapere quello che è successo adesso?”. Parlò velocemente passandosi una mano ripetutamente tra i capelli e alzai le spalle senza ridere.
“Non lo so, è un bel problema”. Annuii pensieroso e sbuffò.
“E se l’ho baciata davvero? Dai, non posso aver baciato Peach!”. Scosse la testa quasi schifato dall’idea.
“Più che altro, quello che mi stupisce è che lei ti abbia baciato”. Annuii e si fermò di scatto.
“Vero. Quindi non è successo nulla”. Tentò di rassicurarsi da solo ma non gliel’avrei data vinta così facilmente.
“Però, è anche vero che eravate ubriachi, quindi potrebbe essere successo, chi lo sa?”. Alzai le spalle prendendo un sorso di birra e mi fissò spaventato.
“Smettila di confondermi le idee Tom! Vado a trovare Lizzy!”. Si chiuse la porta alle spalle con la sigaretta tra le labbra.
Quando fui sicuro che se ne era andato cominciai a ridere per il mio scherzo idiota fino alle lacrime.
 
Era passato quasi un mese dal nostro appuntamento a quattro.
Robert se ne era tornato in America per finire di girare il film e sinceramente, non avevo ancora capito come si erano lasciati con Peach.
La loro era una situazione decisamente indescrivibile, fatta di continue frecciatine e battutine, di seduzione e di tira e molla.
Io ero uscito con Jude più e più volte in quel mese ma il fatidico bacio non c’era ancora stato.
Qualche piccolo, veloce, bacetto a stampo, ma non il primo bacio.
Contavo di darglielo proprio quella sera.
Avevo rallentato gli allenamenti in piscina, così era da ben due giorni che non la vedevo.
Eravamo rimasti d’accordo che sarei passato a prenderla io, a casa sua, e poi saremmo andati da qualche parte.
Arrivai davanti al suo palazzo puntuale come un orologio svizzero e mi sedetti sulla panchina che aveva ospitato il mio regale fondoschiena per minuti e minuti in attesa di Jude.
Un quarto d’ora dopo Jude non era ancora uscita da casa.
Strano.
Di solito tardava di cinque, dieci minuti.
Decisi di aspettare ancora qualche minuto.
Un ritardo di mezz’ora non c’era mai stato così provai a chiamarla ma il suo telefono era staccato.
Preoccupato, mi avvicinai al campanello e suonai insistentemente fino a quando la voce di Jude, quasi irriconoscibile, rispose.
“Si?”. C’era qualcosa di strano nella sua voce.
“Jude, sono io, Tom. Tutto bene?”. Glielo chiesi seriamente preoccupato.
“Tom? Che ci fai qui?”. Sembrò sorpresa.
“Noi… noi avevamo un appuntamento mezz’ora fa”. Mi schiarii la voce in imbarazzo e la sentii imprecare.
“Tom mi sono completamente dimenticata di chiamarti. Scusami, davvero. Ho l’influenza”. Ecco il perché della voce strana.
“No, tranquilla. Non fa niente. Ma va tutto bene?”. Cominciai seriamente a preoccuparmi, non era da Jude comportarsi così.
“Si, è solo la febbre. Ci sentiamo appena guarisco”. Voleva chiudere, era chiaro.
“Aspetta. Vengo a salutarti se mi apri”. Tentai di sorridere ma la sentii tossicchiare.
“Tom, davvero. Sono in condizioni pietose, cammino per casa in pigiama e non sto mangiando nulla da due giorni. C’è la signora al piano di sotto che si occupa di me, non ti preoccupare. Prenderesti paura se mi vedessi così”. Lo ridacchiò stancamente e sorrisi.
“D’accordo. Guarisci presto”. Sorrisi salutandola dal citofono e mi ringraziò.
Pensava veramente che lasciassi correre così?
Jude, Sandy e Mandy avevano l’influenza e io dovevo rimanere a casa mia come se tutto fosse stato normale?
No, decisamente Jude non stava ragionando per la febbre.
Guardai i nomi sui campanelli del piano sotto quello di Jude e mi accorsi che l’unico che poteva riferirsi alla signora era quello di Betty Harrison.
Suonai il campanello pensando di improvvisare al massimo.
“Si?”. Rispose al citofono una voce di donna anziana, sembrava gentile anche nel parlare.
“Buonasera signora, sono un amico di Jude e Peach”. Meglio parlare di entrambe così magari si sarebbe fidata di più. “Sono venuto a trovare Jude perché so che ha la febbre solo che ha il telefono staccato e non vorrei suonare perché se sta dormendo la disturbo. Potrebbe gentilmente aprirmi? So che Jude chiama lei se ha bisogno di qualcosa”. Rigirare la frittata per riuscire ad entrare.
“Certo caro, ti apro subito”. La voce della donna era veramente dolce.
“La ringrazio”. Un sorriso enorme spuntò sul mio volto quando sentii aprirsi il portone del palazzo e cominciai a salire le scale facendo i gradini a tre a tre.
“Salve signora!”. Arrivato al terzo piano (senza usare l’ascensore perché ero troppo carico) salutai una signora con i capelli bianchi e una collana di perle che mi sorrise.
“Ciao caro, sono così felice che qualcuno sia venuto a trovare Jude! Peach non è in città e non è che mi pesi andare qualche volta nel suo appartamento per controllare, ma sai, sono vecchia e se non devo muovermi tanto va bene lo stesso”. Cominciò a parlare quando entrammo in ascensore e la ascoltai sorridendo e annuendo. “Queste sono le chiavi dell’appartamento di Jude, vuoi che te le lasci?”. Mi sorrise e scossi la testa.
“Basta solo che mi apra, poi quando ho salutato Jude me ne vado, la ringrazio ancora, veramente”. Le sorrisi e cominciò a ridere quasi imbarazzata portandosi una mano davanti alle labbra.
“Se Jude si decidesse a trovarsi un fidanzato sono sicuro che tu saresti il primo della lista! Bello, gentile e premuroso!”. Posò una sua mano sul mio braccio e le sorrisi.
“La ringrazio ancora”. Aprì la porta dell’appartamento di Jude e dopo avermi salutato cominciò a scendere le scale lentamente.
Posai la mano sulla maniglia e, dopo un respiro profondo per incoraggiarmi da solo, aprii la porta.
“Jude?”. Chiamai a voce alta, magari era nuda.
Non che mi dispiacesse, certo!
“Signora Betty, sto bene. La ringrazio”. La voce di Jude arrivò dal divano ma sembrò provenire dall’oltretomba.
Quando feci un passo in avanti e richiusi la porta alle spalle mi resi improvvisamente conto che dentro quell’appartamento c’erano come minimo 25 gradi.
“Jude sono Tom”. Cominciai a camminare lentamente verso il divano per non spaventarla.
“Ahh, no! No di nuovo il delirio da febbre”. La sentii sbuffare e non riuscii a non ridere.
Mi vedeva quando delirava.
“Jude, sono Tom, non è un delirio della febbre”. Mi avvicinai di nuovo, trovandomi a mezzo metro dal divano.
Quando si rese conto che la voce era troppo vicina Jude si alzò a sedere di colpo e spalancò gli occhi.
“ODDIO! Sei vero! Che cosa ci fai qui?”. Si alzò in piedi di colpo e rimasi per qualche secondo a fissarla.
Altro che pigiama!
Quello era un velo!
La magliettina bianca fasciava Sandy e Mandy e le rendeva ancora più grandi del solito (come se fosse stato possibile) e quei pantaloni bianchi, a vita decisamente bassa, lasciavano scoperti i suoi fianchi e la sua pancia.
“Io… io… ehm”. Mi schiarii la voce tornando a guardala in viso. “Sono venuto a vedere come stavi”. Mi avvicinai lentamente notando le occhiaie marcate che aveva e il colorito pallido.
“Ma come sei entrato?”. Si portò una mano alla fronte tornando a sedersi sul divano come se improvvisamente avesse avuto un capogiro.
“La signora del piano di sotto. Le ho detto che ti conoscevo, è gentile”. Sorrisi avvicinandomi di più a lei e mugugnò qualcosa coprendosi il viso con le mani.
“Ti avevo detto di non venire. Sono impresentabile”. Si raggomitolò in pancia bassa e mi girò le spalle lasciandomi vedere il suo sedere (nudo sotto i pantaloni che lasciavano vedere le brasiliane scure che portava) e la sua schiena mezza nuda.
“Ma cosa dici? Sei bella come sempre”. Sorrisi posandole una mano sulla spalla per farla girare.
“Non è vero. Sono in pigiama, tutta struccata e ho la febbre. Vai via”. Fece forza perché non la girassi e sorrisi.
“Andiamo Jude, come se di solito ti truccassi tanto”. Lo ridacchiai e scosse la testa di nuovo.
“Vai via. Ti prenderai qualcosa”. Parlò da sotto il cuscino che si era messa sopra la testa e risi di nuovo.
“Non importa. Dai Jude, fammi sentire se hai la febbre”. Tentai di girarla e ci riuscii perché non oppose resistenza.
Si girò supina, con gli occhi chiusi e le labbra aperte, i capelli tutti scompigliati e la maglietta mezza storta.
Bellissima, anche così lo era.
Posai una mano sulla sua fronte e immediatamente la tolsi.
“Jude, scotti! Hai la febbre altissima! Prova a misurarla!”. Cercai il termometro che era sopra al tavolino davanti al divano bianco e quando guardai se poteva misurarsi la febbre mi accorsi che segnava 39.2 ° dall’ultima volta che se l’era misurata.
Scossi la testa e cominciai a sbattere il termometro prima di darlo a Jude che bonfinchiò qualcosa prima di metterlo sotto al braccio.
“Forse ne ho un po’. Ora che ci penso fa freddo”. Annuì socchiudendo gli occhi e la guardai stupito.
“Magari se ti coprissi con una coperta sentiresti meno freddo”. Cercai di non suonare sarcastico.
“No, alza un po’ il termostato per favore”. Segnò con il braccio un angolo del salotto e mi alzai per raggiungere il termostato.
Temperatura esterna: Londra.
Temperatura interna: Messico.
“Jude! 27 gradi dentro casa?”. La fissai rendendomi conto che stavo sgrondando di sudore per il caldo.
“Ho freddo. Ho la febbre. Devo stare al caldo”. Lo disse non alzandosi dal divano e posizionai il termostato a trenta gradi scuotendo la testa.
“Sarebbe meglio se ti vestissi di più”. Annuii sedendomi di fianco a lei sul divano e la vidi scuotere la testa.
“No, mi da fastidio rimanere con dieci coperte addosso”. Si passò una mano davanti alla fronte e si allungò per prendere il bicchiere d’acqua mezzo pieno che c’era sopra al tavolo.
“Fammi vedere”. Mi allungai verso di lei per prendere il termometro e inavvertitamente sfiorai Sandy.
Quando guardai la temperatura segnata quasi mi venne un colpo.
39.6°.
“Jude, dobbiamo andare all’ospedale. Hai più di 39.5°!”. Mi alzai a sedere di colpo e la vidi scuotere la testa.
“No, non ti preoccupare, ho sempre portato la febbre alta. Mi serve solo una Tachipirina”. Segnò con il mento la scatola di pastiglie sopra al tavolo e subito lanciai una pastiglia dentro al bicchiere perché si sciogliesse.
“Scusa, mi tolgo qualche strato di vestiti altrimenti faccio la sauna”. Sorridendole mi tolsi il giubbotto e la giacca per rimanere con una maglietta a mezze maniche.
“Se vuoi toglierti anche le scarpe non ci sono problemi”. Sorrise alzando un angolo delle labbra e socchiuse gli occhi.
“Perché non mi hai chiamato prima? Sarei venuto volentieri qui. Non sapevo che Peach fosse andata via per lavoro”. La fissai porgendole il bicchiere con la pastiglia sciolta.
“Perché ce la faccio anche da sola”. Prese il bicchiere rabbrividendo per il contatto freddo con la mia mano. “E’ solo un po’ di febbre, non succede nulla”. Alzò le spalle prima di cominciare a bere e scossi la testa.
“Non è un po’ di febbre. È febbre alta. Stai male e sei da sola, la prossima volta mi chiami subito”. La fissai leggermente arrabbiato e la vidi sorridere.
“Sei l’unico ragazzo che si è mai preoccupato per me. Solo mio cugino è stato così protettivo”. Sorrise posando il bicchiere vuoto sul tavolo e girandosi verso di me.
“Allora tuo cugino è l’unico ragazzo con un po’ di buon senso che tu abbia mai conosciuto, oltre a me, ovviamente!”. Le feci l’occhiolino e la sentii ridacchiare.
“Mi dispiace per l’appuntamento di questa sera, mi sono completamente dimenticata”. Socchiuse di nuovo gli occhi e scossi la testa.
“Non ti preoccupare, non fa nulla. Ora cerca di dormire un po’”. Abbassai leggermente il tono della voce per aiutarla a dormire ma Jude tentò di aprire gli occhi.
“No, non sarebbe gentile, altrimenti rimani qui senza fare nulla”. Parò sottovoce affievolendo sempre di più il tono.
“Shh. Dormi Jude”. Le lasciai una carezza sulla guancia e la vidi annuire con un sorriso prima di cominciare a dormire.
Mi alzai lentamente dal divano per non svegliarla e cominciai a guardare a destra e a sinistra per cercare di fare qualcosa.
Nonostante non fosse completamente in ordine, casa di Jude non si poteva definire disordinata (per capire appieno quel termine ci sarebbe voluta una foto dell’appartamento che dividevo con Rob a Soho), però non mi sembrava una buona idea quella di mettere apposto.
Non mi sembrava giusto ficcanasare in casa di Jude, Sandy e Mandy così, mentre loro erano distese in divano che tentavano di far scendere la febbre.
“Peach…”. Jude lo sussurrò ridendo e velocemente camminai verso di lei pensando che forse si era svegliata.
Quando mi accorsi che stava sognando non riuscii a trattenere un sorriso.
Aveva cominciato a sudare a causa della medicina e si stava muovendo continuamente, come se fosse stata nel bel mezzo di un sogno movimentato.
“Si, te l’ho detto”. Rise ancora e mi sedetti per terra, davanti a lei, con un sorriso.
Jude parlava nel sonno.
Ottimo!
Le accarezzai leggermente con la punta dell’indice le labbra secche per toglierle una ciocca di capelli che era caduta sopra e vidi Jude fare una smorfia.
Con la febbre era comica.
Certo, guardarla dormire dava un senso di ossessione e forse anche di qualche tipo di malattia, però era bello.
Quando Jude si svegliò, quasi due ore dopo, aprì gli occhi lentamente e quando mi vide davanti a lei sorrise.
“Ben svegliata chiacchierona!”. Le sorrisi e si stiracchiò facendo una smorfia.
“Spero di non aver detto nulla di male mentre ho dormito”. Lentamente si mise a sedere sul divano e ridacchiai.
“Eh, non te lo svelerò mai, però ho scoperto un sacco di cose che non credevo facessi”. Annuii e Jude sbarrò gli occhi ancora assonnati e rossi per la febbre.
“Beh, qualsiasi cosa io abbia detto sappi che non era vera perché era dettata dalla febbre”. Annuì e mi sedetti di fianco a lei porgendole il termometro.
“Quindi quando hai detto che ero brutto in verità volevi dire che ero bello?”. Le sorrisi quando posizionò il termometro sotto il braccio per misurarsi la temperatura.
“No, decisamente”. Sorrise spostandosi la frangia dalla fronte sudata. “Magari dovrei anche farmi una doccia”. Arricciò il naso e sorrisi.
“Non ti preoccupare, se vuoi il mio modesto parere non puzzi, anzi, profumi di orchidea e agrumi se devo essere sincero”. Annuii serio per farle capire che non era una bugia e sorrise togliendosi il termometro.
“Ho 37.5°, perfetto. Vado a farmi una doccia. Fai come se fossi a casa tua”. Mi sorrise indicando la casa e non riuscii a non sbirciare di nuovo il suo fondoschiena che si intravedeva sotto i pantaloni bianchi mezzi trasparenti.
Accesi la tv e cominciai a vagare da canale a canale per ammazzare il tempo.
Quando mezz’ora dopo Jude tornò, il sorriso mi morì sulle labbra.
Peggio di prima!
La magliettina si era trasformata in canottierina trasparente e Jude e Mandy erano coperte da un reggiseno bianco che faticava a tenerle coperte.
I pantaloni si erano allargati ma erano lo stesso semi trasparenti.
“Almeno così sono leggermente più umana”. Jude sorrise sedendosi di fianco a me sul divano e annuii.
“Andava bene anche come prima”. Sorrisi guardandola. “Comunque dovresti mangiare qualcosa. E non fare così”. La fissai arrabbiato quando fece una smorfia perché non aveva fame. “Una spremuta, una minestrina, qualcosa di caldo magari”. Annuii e Jude scosse la testa.
“Voglio un bel cucchiaio di Nutella. Tanta, con la panna montata”. Sorrise e la fissai stupito.
“Pensavo non avessi fame!”. Mi alzai per dirigermi verso la cucina e Jude cominciò a ridere.
“No, ho voglia di mangiare ma so che tra mezz’ora salirà di nuovo la febbre e devo mangiare leggero”. Annuì quando le portai un bicchiere di spremuta d’arancia per lei e uno per me.
“Che ne dici, guardiamo un film?”. Le sorrisi puntando alla sua dvdteca.
“Non credo ci sia qualcosa che ti piace lì”. Lo disse cominciando a bere il succo d’arancia e iniziai a guardare i titoli.
Horror.
Quasi tutti horror.
“Direi di evitare gli horror così non fai incubi. Potremmo scegliere qualcosa di più leggero”. Fissai i titoli fino a quando trovai quello che poteva andare bene. “Questo ad esempio”. Annuii inserendo il DVD nel lettore e facendo partire il film.
“Che film hai scelto?”. Jude si spostò un po’ più verso di me sul divano e lo stesso feci io dopo aver spento la luce.
Big fish, ti piace?”. Mi girai per sorriderle e annuì facendo brillare i suoi occhioni azzurri alla luce della tv.
Guardammo il film commentando le scene, alla fine, quando cominciarono a scorrere i titoli di coda, Jude si alzò dal divano per togliere il DVD, ma improvvisamente perse l’equilibrio e riuscii a prenderla prima che cadesse a terra.
“Jude, tutto bene?”. La fissai in viso preoccupato.
“Benissimo”. Annuì sorridendo e portai una mano sulla sua fronte bollente.
“Ti è salita di nuovo la febbre”. La accompagnai a sedersi sul divano tenendole un braccio sotto alle spalle per sorreggerla.
“Sarà per quello che sento la testa leggera? Come se fosse dentro ad un bolla”. Annuì con un sorriso.
“Credo di si”. Annuii quasi divertito quando guardai l’ora. Era passato troppo poco tempo da quando aveva preso la Tachipirina. Bisognava aspettare. “Non posso darti la Tachipirina ora, dobbiamo aspettare un altro po’, almeno un’ora”. La guardai triste e Jude scosse la testa.
“Non fa niente, dico sul serio. Sto bene, ho solo un po’ di freddo”. Alzò le spalle raggomitolandosi su se stessa e andai ad alzare il termostato a 35 °. Sarei morto disidratato dentro a quell’appartamento.
Ma sarei morto con Sandy, Mandy e Jude al mio fianco!
“Dovresti dormire Jude, così almeno riesci a riposare un po’”. Cercai di sorriderle ma scosse la testa per dirmi di no come se fosse stata una bambina capricciosa.
“Parliamo un po’”. Si accoccolò su un fianco del divano e si girò a guardarmi. “Raccontami qualcosa”. Sorrise socchiudendo gli occhi. “Che cosa ti racconto? Ti racconto che fuori fa freddo anche se siamo a settembre e che tra poco più di un mese sarà Halloween e devo ancora trovare un vestito”. Annuii sedendomi e parlando lentamente per cercare di far addormentare Jude.
“Sei un fanatico delle feste?”. Parlò leggermente scocciata, tenendo sempre gli occhi socchiusi come se la luce le desse fastidio.
“Non eccessivamente, il giusto. Perché, tu no?”. Sorrisi guardandola e mi avvicinai di pochi centimetri per riuscire a sentirla meglio.
“No. Non le sopporto. Odio il fatto che tutti si travestano ad Halloween e regalino cioccolatini e fiori a San Valentino. Se un giorno dovessi avere un ragazzo che mi chiede di sposarlo a San Valentino gli dico di no. È troppo convenzionale. Come il vestirsi per Halloween, io mi vestirei il giorno dopo!”. Annuì sorridendo e non riuscii a trattenere un sorriso sentendo le sue parole.
“E da cosa ti vestiresti il primo di novembre?”. Sorrisi ascoltandola attento.
“Mi vestirei da Catwoman. Come Halle Berry. Era bellissimo quel costumino di pelle”. Annuì di nuovo e cercai di deglutire una saliva inesistente.
Immaginare Jude vestita da Catwoman non faceva bene né a me né a Terminator.
Sandy e Mandy poi, circondate da quel mini corpetto di pelle nera non aiutavano a rimanere lucidi.
“Addirittura da Catwoman? Donna di poche pretese, insomma!”. Cercai di scherzare ma Jude alzò solo un angolo delle labbra per ridere.
“Tu da cosa ti vestiresti?”. Lo sussurrò quasi mezza addormentata e sorrisi capendo che ero riuscito a farla dormire.
“Da James Franco”. Che cosa idiota che avevo detto.
La fece sorridere e aprì le labbra per parlare ma era troppo addormentata.
Quando, un’ora dopo la svegliai per farle bere la Tachipirina Jude aveva la fronte che scottava.
La febbre doveva essere veramente alta.
Appena finì di bere prese sonno di nuovo con la testa appoggiata alla mia spalla.
“Jude, sarebbe meglio se tu andassi a dormire a letto”. Lo sussurrai accarezzandole una guancia e lasciandole un bacio sulla fronte.
Non mi rispose ma respirò più profondamente.
Lentamente mi alzai in piedi e la presi in braccio per portarla in camera.
Mi avviai lungo il corridoio che un mese prima era servito come cassa di risonanza per una canzone rock e che aveva creato un disguido che mi aveva mostrato Jude in intimo e cercai di aprire una porta chiusa.
“Eccoci qui…”. Aprii la porta pronto per distenderla sul letto ma mi accorsi che avevo aperto il bagno. “Meglio andare in camera mi sa…”. Sorrisi da solo e aprii la seconda porta chiusa.
Accesi con il gomito la luce, cercando di non muovere troppo Jude, e rimasi per qualche secondo fermo a guardare la camera.
Era bianca, con un grande armadio blu che aveva uno specchio enorme su due ante.
Il letto, grande due piazze, era ancora sfatto.
Con un sorriso la posai dolcemente sul letto e la coprii con le coperte.
Come se Jude fosse stata sveglia, scalciò le coperte scoprendosi e attorcigliandosi su se stessa.
Ridacchiai sedendomi, il più distante possibile da lei, sul letto.
Non c’era nulla di male a rimanere seduto sul suo letto mentre lei dormiva.
Non avrei potuto di certo approfittare di lei in quelle condizioni e in ogni caso non ero così preso male.
Beh, forse ero preso male, ma avevo un profondo rispetto per Jude e per tutte le donne, e non avrei mai approfittato di lei in quel modo schifoso.
Posai la testa su cuscino sorridendo a Jude che cominciò a bonfinchiare il mio nome durante il sogno.
 
Labbra.
Morbide, dolci labbra sulla mia mascella.
Un sorriso si posò sulle mie labbra e tenni gli occhi chiusi per non svegliarmi.
Su e giù, dal meno a poco sotto il lobo dell’orecchio, dolci e delicate.
Solleticavano il mio viso anche da sopra la barba.
Sorrisi e sentii qualcuno ridacchiare vicino al mio orecchio.
Troppo reale per essere un sogno.
Se era Matilda che mi faceva uno scherzo assieme a Robert era troppo.
Aprii gli occhi di scatto, richiudendoli subito dopo perché la luce era troppo forte e mi aveva reso cieco per qualche secondo.
Quando tentai di aprirli, più lentamente, ci riuscii.
Le labbra continuavano a muoversi su e già lungo la mia mascella.
Dov’ero?
Quella camera bianca, con un armadio blu…
Casa di Jude!
Spostai all’improvviso gli occhi sulle labbra che mi stavano torturando e mi accorsi che appartenevano a Jude.
Jude che continuava a lasciare piccoli bacetti sulla mia mascella.
Jude che mi sorrise senza pensare di interrompere il lavoro delle sue labbra.
“Jude, come va?”. Tentai di parlare spostandomi per sentire se aveva la febbre ma mi posò un indice sulle labbra.
“Shhh”. Lo sussurrò spostandosi ancora più verso di me e posando le labbra ad un centimetro dal mio orecchio. “Chiudi gli occhi”. Lo sussurrò roca e dopo aver mandato giù una saliva inesistente e aver osservato i suoi splendidi occhi blu, lo feci.
Tornò a lasciare una scia di piccoli baci lungo tutta la mia mascella, poi, improvvisamente, cambiò rotta e salì lentamente verso le mie labbra.
Quando le sue labbra si posarono sulle mie aprii gli occhi di scatto e tentai di parlare.
“Jude… devi misurarti la febbre, devi avercela alta”. Tentai di alzarmi ma le sue mani si posarono sul mio petto.
“Voglio solo ringraziarti”. Lo sussurrò tenendo gli occhi fissi nei miei e improvvisamente mi trovai senza forze.
Mi distesi di nuovo sul letto e Jude sorrise quasi in modo maligno prima di tornare a baciare la mia mascella.
Una tortura.
Una tortura bella e buona, ecco cos’era!
Era mattina, Terminator era più sveglio che mai e Jude, mezza nuda, cioè coperta solo da quella canottierina bianca e quei pantaloni a vita bassa, mi stava facendo le coccole.
Situazione pericolosa!
Allarme rosso.
“Jude io…”. Tentai di girare il viso verso di lei per spiegarle che non era il caso ma posò una mano fredda sopra ai miei occhi.
“Tieni gli occhi chiusi”. Lo sussurrò ancora vicino al mio lobo e un brivido si propagò dalla punta del mio capello più lungo fino all’unghia dell’ultimo dito del piede.
Chiusi gli occhi istintivamente prima di sentire le labbra di Jude camminare ancora sulla mia mascella verso le mie labbra.
Quando sentii le nostre labbra a contatto non riuscii più a trattenermi e cominciai a baciarla.
Baciai lentamente il suo labbro superiore, con molta attenzione e delicatezza, poi passai a quello inferiore riservandogli lo stesso trattamento.
Lo mordicchiai lentamente, con molta calma, tanto che Jude si spostò e una sua gamba si allacciò alla mia.
Pessima mossa visto che inavvertitamente la sua gamba aveva sfiorato Terminator.
Mi girai in pancia bassa per aver maggior accesso alle sue labbra ma evitai di mettermi sopra di lei per non far degenerare la situazione. Quando, con la lingua, carezzai il labbro che prima avevo mordicchiato, sentii le mani di Jude correre tra i miei capelli e tirarne qualche ciocca.
Le sue labbra si schiusero chiedendo di più e non me lo feci ripetere due volte.
Pochi secondi dopo cominciammo a darci il nostro primo, vero bacio.
Le nostre lingue giocavano, si conoscevano, si parlavano, si accarezzavano.
Feci correre la mia mano fino al viso di Jude che accarezzai in punta di dita cercando di muovermi il meno possibile con il corpo per non perdere totalmente il controllo.
Quando la mia mano involontariamente toccò la fronte di Jude mi gelai.
Scottava di nuovo, meno della sera prima, ma scottava.
Cominciai a concludere il bacio tornando ad accarezzarle le labbra rosse fino a staccarmi causandole un brontolio infastidito.
“Cre…credo che mi sia salita la febbre di nuovo”. Sorrise guardandomi.
“Non dovevamo”. Scossi la testa sentendomi in colpa.
La parte razionale di me continuava a dirmi che avevo approfittato di lei sapendo che aveva la febbre.
La parte irrazionale, capitanata da Terminator e seguita da tutti gli ormoni e il testosterone che avevo in corpo, continuava a dirmi che ero un’idiota ad aver concluso il bacio.
“No, prima non avevo la febbre, ma credo che sia salita”. Arrossì ancora di più e sorrisi.
“Beh, aspetterò che passi allora, tanto sono il tuo dottore personale”. Le sorrisi girandomi sul fianco per poterla guardare meglio e piegando le gambe per cercare di nascondere Terminator.
“Mio dottore personale? Addirittura?”. Cominciò a ridere facendo ballare di nuovo Sandy e Mandy.
“Certo, ti ho curato in queste ore, dovresti portare un po’ di rispetto”. La guardai fingendomi arrabbiato e rise di nuovo.
“Allora dottore non funzionate bene, mi avete fatto salire la febbre di nuovo”. Si indicò sorridendo e scossi la testa.
“Io avevo detto riposo assoluto, non baci appena svegli”. Finsi di essere ancora arrabbiato e Jude annuì seria.
“A questo proposito, dottor castagna, devo dire che baciate molto bene!”. Sorrise di nuovo e scossi la testa.
“Ancora con questa castagna? Jude, per favore”. Feci uno sguardo insofferente che le procurò una risata.
“Va bene. Prometto che non ti chiamerò più castagna”. Annuì tentando di non ridere ma faticò un sacco.
“Sembra proprio vero, detto con quella faccia poi”. Scossi la testa divertito dal nostro battibecco.
“Ehi! Ho ancora l’influenza, non si offende mai una donna quando è ammalata! Si dice sempre che è bellissima, caro il mio castagna!”. Annuì e scossi la testa.
“Dovresti dormire, così la febbre ti va giù e guarisci”. Annuii sorridendole perché capisse che doveva veramente riposare.
“Mmhmm”. Mi fissò pensierosa arricciando il naso. “Non ho voglia di dormire”. Scosse la testa come una bambina cocciuta.
“E che cosa vorresti fare, sentiamo?”. La fissai divertito mettendo un braccio tra il cuscino e la testa per rimanere più comodo.
“Mi è piaciuto il modo in cui tu hai risposto al mio grazie”. Sorrise in modo furbo e scossi la testa.
“Un nuovo bacio è fuori discussione. I baci sono proibiti fino a guarigione completa. Per guarire bisogna dormire, quindi, fino a che il termometro non segnerà una tua guarigione completa le tue labbra non incontreranno di nuovo le mie”. Mi morsi la lingua per la stupidata che avevo detto ma una parte di me capì che era la cosa giusta.
Ero stato un idiota, le avevo detto che non avremmo più limonato fino a quando non fosse guarita del tutto!
“Shhh! Devo dormire”. Si portò una mano davanti agli occhi per non guardarmi e cominciai a ridere addirittura più forte quando Jude si girò dandomi le spalle per prendere sonno.
 
 
 
 
 
 
Ok, salve ragazze!
Capitolo che in sé non fa ridere ma che a me fa ridere.
Da quando ho cominciato questa  storia ho sempre preventivato questo capitolo con Jude ammalata e in questo bellissimo week-end mi sono presa una bella influenza da cui non sono ancora completamente guarita (purtroppo non ho il dottor castagna con i suoi metodi io!) e quindi, per uno scherzo del destino, mi sono ritrovata a scrivere i sintomi di Jude decisamente verosimili! :(
Una bella notizia, spero: all’inizio avevo detto che erano 7 capitoli compreso epilogo (quindi questo dovrebbe essere stato l’ultimo prima dell’epilogo) ma ne ho aggiunto uno! :)
Spero che sia una sorpresa gradita! :)
Nel prossimo capitolo ci sarà un’altra sorpresa.
Però, comincio a chiedermi, non vi piace più? Perché le recensioni sono calate e ho paura che non vi faccia più ridere come una volta… :(
Ci vediamo venerdì per l’ultimo capitolo prima dell’epilogo e per l’altra sorpresa! :)
Questa è Jude dopo la doccia! :P

Un bacio (pieno di microbi e di febbre!)

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Capitolo 7
*** Good job, Terminator! ***


1
ATTENZIONE: Questa storia sarà aggiornata 2 volte alla settimana, il Lunedì e il Venerdì.
 
 







Fortunatamente Jude era guarita da quell’influenza alcuni giorni dopo.
Mi aveva cacciato fuori di casa sua dicendo che la signora Betty avrebbe di certo messo in giro voci sbagliate perché mi ero fermato da lei per la notte.
“Ma se avevi la febbre cosa avremmo potuto fare?”. Glielo avevo chiesto veramente convinto delle mie parole.
“Fuori, subito!”. Non aveva nemmeno risposto alla mia domanda, tenendo la porta aperta.
Così, nonostante fossero passati quasi due mesi, le basi fatte non erano poi così molte.
Poche a dire la verità.
Molto poche.
Pochissime.
Una.
Sandy e Mandy non erano ancora state tastate e quindi la seconda base non era ancora stata conquistata.
Delle altre nemmeno se ne parlava.
Cioè, io e Terminator non parlavamo mai delle basi superiori alla seconda (men che meno dell’ home running) visto che dovevamo ancora superare la prima.
Avevo cercato di ‘avvicinarmi’ a Jude durante il bacio, così, giusto per controllare che Sandy e Mandy fossero state veramente vere (non che ci fosse qualche dubbio), però si era volontariamente o involontariamente scostata e non avevo forzato la mano, in tutti i sensi.
Così, dopo quasi due mesi, io e Terminator ci ritrovavamo assolutamente carichi e pronti per ogni evenienza.
Ci caricavamo ancora di più quando c’era un appuntamento con Jude.
Un appuntamento come quello che ci sarebbe stato poche ore dopo.
Contavo di riuscire ad arrivare in terza base quella sera stessa, così da chiudere in bellezza una sera successiva con quarta base e home running.
Avevo organizzato tutto perfettamente, perché ci fosse un piano prestabilito.
Sarei passato a prenderla in macchina e, dopo essere andati a berci qualcosa in qualche bar, l’avrei riportata a casa in macchina.
Scattava il mio solito bacio (che la scioglieva) e poi sarei partito con le altre due basi.
“Perfetto”. Annuii a me stesso ridendo davanti allo specchio immaginandomi già la scalata di tre basi di quella sera.
“Cosa è perfetto?”. Art lo urlò dall’altra stanza e sbuffai scuotendo la testa.
“Niente pel, continua a studiare”. Lo liquidai uscendo e lasciandolo senza una risposta alla sua domanda.
Guidai verso casa di Jude con un bel sorriso stampato in faccia.
Quella sera Tom Sturridge sarebbe arrivato in terza base con Jude McAdams!
Quando scesi, dopo aver parcheggiato, davanti a casa sua, suonai il campanello due volte dalla felicità.
Jude scese pochi minuti dopo con un bellissimo sorriso.
Aveva i capelli raccolti in una coda alta, un paio di jeans e una maglia scollata, ma non eccessivamente.
Mandy e Sandy erano coperte quella sera, ma non ci sarebbero stati problemi.
“Ciao Jude”. La salutai con un sorriso, avvicinandomi prima ancora che potesse parlare per chiedere un bacio.
“Ciao”. Un sorriso ancora più grande di quello di prima e posò velocemente le labbra sulle mie senza lasciarsi baciare come le piaceva.
“Tutto bene?”. Diventai improvvisamente serio, come se ci fosse stato qualcosa che non andava nel suo comportamento.
“Certo”. Annuì sorridendo di nuovo e pensieroso entrai in macchina per partire.
“Allora, che hai fatto di bello oggi in piscina?”. Cominciai a fare manovra per uscire e Jude si schiarì la voce prima di cominciare a parlare.
“Mah, niente di che. Le solite cose”. La vidi alzare le spalle con la coda dell’occhio e al semaforo rosso mi fermai.
“Jude, sei sicura che va tutto bene?”. La guardai negli occhi e notai subito che l’azzurro non era limpido come sempre.
Mi stava nascondendo qualcosa.
“Si, è solo che…no. Non è niente, tranquillo”. Cercò di sorridermi ma non ci cascai nemmeno per un secondo.
“Che succede?”. La fissai facendo un gestaccio al ragazzo dietro di me che aveva suonato il clacson perché non ero partito quando era scattato il verde.
“Niente, davvero”. Sorrise ancora e decisi che era meglio partire, visto che i clacson si erano moltiplicati.
“Jude, non raccontarmi bugie, ti conosco”. Mi girai velocemente verso di lei per sorriderle e scosse la testa.
“No, è che è una cosa stupida e magari tu ti arrabbi. Solo che mi sembra giusto dirtela, ecco”. Cominciò a torturarsi le mani e probabilmente diventai bianco come un lenzuolo immaginandomi un sacco di cose brutte.
Tanto brutte.
Talmente brutte che accostai e mi sganciai la cintura di sicurezza prima di guardarla.
“Che cosa è successo?”. Faticavo addirittura a guardarla negli occhi.
“Ecco, oggi in piscina…”. Si schiarì la voce e mentalmente tirai un sospiro di sollievo.
Non era qualcosa accaduto tipo due o tre mesi prima che magari poteva avere ripercussioni sui sette o otto mesi dopo e addirittura per tutta la vita.
“Che è successo?”. Riacquistai un po’ di voce e di forza per guardarla.
“Justin mi ha baciato a forza. Però non era un bacio vero vero. Ha solo tentato di baciarmi e poi sono riuscita ad allontanarlo”. Diventò rossa in viso per la vergogna e strinsi i denti per la rabbia.
“Che cosa non è chiaro a Justin del ‘non mi piaci’?”. La fissai arrabbiato non con lei, ma con lui.
Continuava a provarci nonostante lei avesse fatto sempre capire, senza tanti mezzi termini, che non era il suo tipo.
“Lo sapevo che ti arrabbiavi”. Scosse la testa girandosi verso il finestrino per non farmi vedere il suo viso.
“Jude, non sono arrabbiato con te, sono arrabbiato con lui! Se non fosse tre volte più forte di me gli darei una lezione che si ricorderebbe a vita”. Le sorrisi e si girò verso di me stupita.
“Non sei arrabbiato con me?”. Lo chiese con un filo di voce e sorrisi.
“Perché dovrei essere arrabbiato con te? Non l’hai mica baciato tu, no?”. Sorrisi di nuovo e scosse la testa per dire di no.
“No, che schifo!”. Arricciò le labbra e il naso e mi fece ridere per la smorfia che aveva assunto il suo viso. “E in ogni caso gli ho tirato una pedata in mezzo alle gambe che è svenuto”. Sorrise, quasi fiera di se stessa e ridacchiai avvicinandomi.
“Vieni qui”. Le lasciai un bacio veloce sulle labbra prima di staccarmi di qualche centimetro. “per questo prima non mi hai dato un bacio?”. Lasciai tanti piccoli veloci bacetti sulle sue labbra anche quando la sentii annuire. “Be’ dovresti dire a Justin che ha molto da imparare per baciare bene, no?”. Cominciai a baciarle le guance e Jude ridacchiò per il solletico della mia barba.
“Prova a farmi vedere come si da un bacio”. Me lo sussurrò cominciando ad accarezzarmi la nuca prima ancora che unissimo le nostre labbra.
E bacio fu.
Un bacio che finì molti minuti dopo, lasciandomi voglioso di qualcosa di più e lasciando Terminator sveglio, vivo e vegeto come non mai.
Per fortuna fuori era buio e non si vedeva con esattezza lo stato in cui Jude mi aveva cacciato.
Cominciai a ridere quando Jude aprì il suo finestrino per prendere aria in viso.
Ogni volta che smettevo di baciarla la lasciavo con il viso rosso, le labbra gonfie di baci e ancora più rosse del viso, e gli occhi lucidi.
Era bellissima dopo ogni bacio.
Solo che, anche durante quel bacio, Mandy e Sandy non erano state messe in gioco.
Trascorremmo l’appuntamento non nominando mai Justin e quello che aveva fatto, io ero sempre più elettrizzato per quello che sarebbe successo una volta arrivati a casa sua, tanto che, quando ci alzammo per andare via dal locale, circondai, senza nemmeno accorgermene, i fianchi di Jude con una mano.
Questo gesto la sorprese perché quando sentì la mia mano posarsi sulla sua vita sussultò leggermente.
“D’accordo, siamo arrivati”. Sorrisi spegnendo la macchina davanti a casa sua e presi un respiro profondo.
“Quando devi partire quella settimana per andare a girare?”. Si slacciò la cintura di sicurezza e sbiancai.
La settimana di riprese.
In America.
Cazzo.
Una settimana senza vedere Jude equivaleva alla morte di Terminator per solitudine.
“Lunedì”. Cioè presto.
“Dopodomani?”. Jude mi fissò stupita e annuii. “Cavolo, è presto”. Si rattristò leggermente e mi fece tenerezza.
Allora le sarei mancato anche io, un po’.
Anche loro mi sarebbero mancate.
Mi sarebbe mancata Jude, con il suo sorriso, la sua bellezza e la sua simpatia, mi sarebbe mancata Sandy, con il suo piccolo neo proprio sotto la clavicola e mi sarebbe mancata anche Mandy, con il suo essere così simile a Sandy (senza neo).
“Si, ma non essere triste, dai”. Le sorrisi attirandola verso di me dopo averle circondato il collo scherzosamente con un braccio.
“Non è che sono triste, è che non ci sarà più nessuno che mi darà un bacio per una settimana”. Alzò le spalle indifferente per quello che aveva appena detto e decisi di giocare un po’.
“Prova a chiedere a Justin, sono sicuro che ti darà un bacio più che volentieri, e anche qualcosa in più”. Ammiccai verso di lei che chiuse gli occhi con una faccia schifata.
“Che schifo. Sembra un San Bernardo. Non farmi pensare a quei pochi secondi di oggi”. Scosse la testa di nuovo come se avesse voluto far sparire l’immagine.
“Ma è stato così brutto?”. La fissai divertito quando appoggiò la testa sulla mia spalla.
“Brutto? È stato un incubo! Dovresti darmi un bacio per dimenticarlo!”. Sorrise alzando gli occhi per guardarmi.
“Sai, ho come l’impressione che tu esca con me solo per i baci”. La fissai fingendomi offeso e Jude si alzò a sedere di scatto.
“E non potrei pensare che tu esci con me per le mie tette?”. Mi guardò ovvia e spalancai gli occhi.
Avevo forse parlato di Sandy e Mandy a voce alta?
“Tette? Perché, hai delle tette tu?”. La fissai serio e Jude cominciò a ridacchiare.
“Cioè, vorresti dirmi che se io adesso ti mostrassi le tette tu non ne saresti minimamente scalfito? Sarebbe tutto normale?”. Mi guardò con uno sguardo di sfida e decisi di tentare.
Se mi avesse detto ‘proviamo allora’ avrei sfondato il tettuccio della macchina con il salto di gioia.
“Assolutamente non me ne potrebbe interessare di meno”. Alzai le spalle con noncuranza e Jude ridacchiò di più.
“Quindi, se io adesso ti mostro le tette posso chiederti l’alfabeto al contrario, tutte le operazioni numeriche che voglio, farti recitare Shackespeare e tu ci riusciresti?”. Stava trattenendo una risata a stento.
Avrei voluto essere pratico e dirle che se mi avesse mostrato le tette le avrei dato il codice bancomat, ma riuscii a trattenermi.
“Certo, credi che impazzisca per un paio di tette?”. Enormi, grandissime e bellissime tette.
“Che bugiardo che sei. Credi che non abbia visto che me le guardi?”. Mi fissò divertita e spalancai gli occhi per la sorpresa.
Quando mai io avevo guardato le sue tette?
“Io? Hai sicuramente sbagliato! Credo sia stato Justin”. Annuii e la feci ridere.
“Vieni qui, dammi un bacio che poi non ti vedo per una settimana”. Sorrise impossessandosi delle mie labbra per il bacio che aveva chiesto.
Era brutto dirle che siccome non l’avrei vista per una settimana si poteva anche avere qualcosa in più di un bacio?
Lasciai giocare le nostre labbra e le nostre lingue per minuti, sentivo ad ogni più piccolo movimento della mano di Jude sul mio collo, Terminator farsi più attento e sveglio; alla fine, molti, molti minuti dopo, staccai lentamente la mano dal suo viso per scendere fino al suo collo.
Jude si staccò di qualche centimetro da me interrompendo bruscamente il bacio e mi morse quasi a sangue il labbro inferiore.
“Auch! Che fai? Sei impazzita?”. Mi portai velocemente la mano sul labbro dolorante.
“Tom, andiamo. Che cosa cercava di fare la tua mano? O meglio, dove stava andando?”. Mi fissò assottigliando lo sguardo e, come se improvvisamente fossi diventato adolescente, decisi di nascondermi dietro ad una bugia.
“C’era una zanzara sulla tua spalla e volevo toglierla, che cosa credevi?”. La fissai serio e Jude cominciò a ridere talmente forte che picchiò la testa sul poggiatesta dietro di lei.
“Questa è la scusa più idiota che qualcuno abbia mai utilizzato per toccarmi le tette! Giuro che te le farei toccare come premio per l’originalità! Ci vediamo la prossima settimana Tom. Hai detto che torni sabato prossimo?”. Mi sorrise asciugandosi una lacrima e annuii.
“Ci vediamo domenica sera? Che ne dici?”. Fissai il volante serio, decisamente smontato da tutto il suo prendere in giro il mio voler salire ad una base successiva.
“Va bene”. Si avvicinò per baciarmi una guancia e istintivamente mi girai per farmi dare un bacio anche sulle labbra.
Jude sorrise posando velocemente un bacio e poi aprì la porta della macchina per sparire.
Non avevo nemmeno la forza di scendere per accompagnarla al portone dello stabile.
Anche Terminator era diventato triste!
 
Un inferno, ecco che cosa era stata quella settimana di riprese.
Era strano stare lontano da Jude senza vederla per tutti quei giorni.
Certo, ci eravamo sentiti per telefono ma non era la stessa cosa, in fin dei conti Sandy e Mandy mica avevano la voce per parlare!
Quando atterrai a Londra con l’aereo, quel sabato pomeriggio, sorrisi felice di essere finalmente a casa.
Mai come in quel momento mi sentii felice.
Meno di ventiquattro ore dopo avrei visto Jude.
Salii velocemente nel primo taxi libero e dettai l’indirizzo di casa lanciando la mia valigia di fianco a me sul sedile posteriore; quando pagai il taxista gli lasciai perfino la mancia dalla contentezza, decisamente lui ne fu felice.
Scesi facendo sbattere la valigia per terra e con un sorriso suonai il campanello ad Art.
Una, due, tre volte.
Art non rispose.
Non rispose nessuno.
“No, non può essersi dimenticato che tornavo oggi. Non può essersi dimenticato che tornavo oggi. Non ho un fratello così scemo”. Scossi la testa accendendo il telefono per chiamarlo e sbiancai leggendo il messaggio di Art.
Sono ad una festa, spero di tornare prima del tuo arrivo. Puoi sempre andare da Matilda!’. Strinsi il cellulare tra le mani per la rabbia e cercai di respirare per calmarmi.
‘Tom Sturridge indagato per omicidio colposo del fratello’ sarebbe stata una notizia bomba per i tabloid.
Matilda?
Andare da lei con quel mostriciattolo piccolo che urlava tutta la notte per non farmi dormire?
Sarei impazzito prima di mezzanotte.
Rimaneva…
No, non potevo presentarmi da Jude, fuori discussione.
Mi sedetti sopra la mia valigia cominciando a scorrere la mia rubrica per vedere a chi avrei potuto chiedere un po’ di ospitalità per una notte.
Ashley, Bobby, Claire, Daniel, Lee, Robert, Sam, Matilda, Robert.
Possibile che non ci fosse nessuno di loro a Londra senza mostri urlatori per casa?
Solo un nome aveva attirato la mia attenzione.
Quattro lettere.
Jude.
“Andiamo Tom, non penserà mica male, le spieghi la situazione, sono intelligenti!”. Alzai le spalle parlando da solo come un pazzo quando cominciai a camminare verso casa di Jude con la mia valigia.
Si, Jude avrebbe capito la situazione e mi avrebbe ospitato.
Il divano andava più che bene, non le avrei dato nemmeno un bacio se non avesse voluto (anche se ero quasi sicuro che volesse un bacio, visto il mio baciar bene).
Pochi metri prima delle piscine sentii qualcosa picchiettarmi la testa da sopra il berretto.
“No”. Chiusi gli occhi fermandomi di colpo. “No Tom, è solo una stupida impressione”. Annuii da solo continuando a rimanere fermo.
L’impressione però era sempre meno impressione e sempre più realtà.
“Cazzo”. Iniziai a correre quando la pioggia cominciò a cadere più insistentemente.
Da quando in qua a Londra pioveva in quel modo?
Sembravano le piogge del Bangladesh nel periodo dei monsoni.
Girai l’angolo del cancello dello stabile di Jude a velocità talmente elevata che la valigia urtò un pilastro di cemento e si aprì di colpo.
“Fantastico!”. Lo urlai agitando le braccia al cielo.
Qualcuno mi voleva del male lassù.
Suonai il campanello di Jude portandomi una mano sopra alla testa per cercare di ripararmi dall’acqua che sembrava scendere ininterrottamente.
Qualche minuto dopo Jude rispose al citofono.
“Si?”. Sembrava che avesse corso.
“Jude sono Tom”. Mi schiarii la voce cercando di mettere in valigia un po’ dei vestiti che erano caduti quando si era aperta.
“Tom?”. Sembrò sorridere anche se non la vedevo.
“Si, ecco…potresti aprirmi per favore? È una storia lunga”. Mi alzai appoggiandomi al muretto di cemento e mi accorsi che avevo un paio di boxer in mano; li lanciai in valigia e mi fermai per aspettare la risposta di Jude.
“Certo, ti apro subito”. Sentii lo scatto del portone e tirai un sospiro di sollievo.
“Grazie, un ultima cosa, so che sembro un idiota, ma mi si è aperta la valigia, mi daresti una mano a raccogliere le cose?”. Guardai metà valigia ancora sparsa per la strada e mi accorsi che una maglia, la mia maglia preferita, era stata portata dall’acqua un metro più in là.
“Certo, cinque minuti e scendo”. Sembrò esitare.
“No, Jude, sarebbe urgente”. Lasciai il citofono e corsi a prendere la mia maglia prima che sparisse dalla mia vista, visto che sembrava dotata di vita propria.
Corsi di nuovo verso la mia valigia, ormai bagnato e mi accorsi che Jude stava uscendo dal portone.
Le sorrisi salutandola con la mano e cominciò a ridere scuotendo la testa e cercando di ripararsi con una mano dalla pioggia quando prese in mano alcuni vestiti per lanciarli dentro alla valigia.
Molto più pratica di me, Jude non prendeva un vestito alla volta, in due mosse lanciò tutti i vestiti in valigia e la chiuse.
“Andiamo!”. Lo urlò chiamandomi con la mano e dopo aver preso la valigia la seguii.
La sentii ridere quando richiuse il portone dello stabile alle nostre spalle e sospirai tentando di scrollarmi un po’ d’acqua dai capelli.
“Meglio se prendiamo l’ascensore”. Jude lo ridacchiò sorridendomi e rimasi per qualche secondo fermo a guardarla.
Era ancora più bella con tutti i capelli bagnati e appiccicati al viso.
Era più bella di quando l’avevo lasciata una settimana prima.
Non sapevo che cosa dirle, mi sembrava tutto superficiale e inutile, tentavo di trovare una frase sensata ma non c’era nulla che passasse nel mio cervello vuoto.
L’unica cosa che continuavo a pensare era la sua bellezza.
Jude, forse in imbarazzo perché non parlavo abbassò il viso e improvvisamente si girò di lato, incrociando in un modo strano le braccia al seno.
Uscimmo dall’ascensore in silenzio, io con la valigia rotta in mano e Jude ancora con le braccia incrociate, tornò per qualche secondo normale, dandomi le spalle, quando aprì la porta di casa.
“Arrivo subito”. Si schiarì la voce andando in cucina e la seguii.
“Jude va tutto bene?”. La fissai stupito quando sussultò sentendo la mia voce e lasciò cadere qualcosa che aveva in mano.
“Si, si arrivo subito”. Annuì cercando di sorridermi e fece per allontanarsi ma riuscii a prenderle un polso e a bloccarla tra il mio corpo e la tavola.
“Jude, c’è qualche problema?”. La fissai confuso cercando di ignorare il brivido che mi aveva scosso quando il mio corpo aveva incontrato il suo.
“No, va tutto benissimo”. Incrociò le braccia di nuovo e la fissai intrappolandola di più per non farla scappare.
“E non vuoi nemmeno un bacio?”. Alzai un sopracciglio divertito e Jude sorrise quasi in imbarazzo.
“Si, dopo però, ora scusami”. Cercò di divincolarsi ancora ma mi schiacciai contro di lei ignorando Terminator che urlò chiedendo pietà.
“Insomma Jude, che succede? Sembra che non ti faccia nemmeno piacere vedermi qui”. Cercai di mantenere la calma per non urlare ma ero leggermente arrabbiato.
In fin dei conti mi aspettavo un’altra reazione.
Qualcosa di più…. di più… un bacio ad esempio.
“TOM! Non vedi come sono presa?”. Lo urlò allargando le braccia e la fissai.
Ciabatte ai piedi, pantaloni neri, canottiera bianca diventata trasparente con la pioggia.
No reggiseno.
NO REGGISENO?
Probabilmente i miei occhi raggiunsero le mie scarpe.
Cercai di staccare gli occhi da quella canottiera che lasciava solo intravedere Mandy e Sandy e di malavoglia (per quanto Jude fosse bella lo spettacolo giù lì era decisamente stupendo, visto che sembrava di assistere ad una versione più soft di Miss maglietta bagnata) e fissai Jude negli occhi (quelli sul viso).
“Quando hai suonato il campanello mi stavo facendo la doccia, mi sono vestita in fretta e ho risposto. Pensavo di riuscire a mettermi i pezzi mancanti mentre arrivavi ma mi hai chiesto di correre giù e non ho più pensato che piovesse”. Continuò a parlare a testa bassa, come se fosse stata imbarazzata. “non pensavo che diventasse trasparente con la pioggia, così quando me ne sono accorta volevo andare a cambiarmi per non darti l’impressione sbagliata”. Teneva sempre le braccia incrociate per nascondere Sandy e Mandy.
Sorrisi scuotendo la testa e Jude alzò lentamente il viso fissandomi negli occhi.
“Vieni qui piccola”. Le lasciai un bacio veloce sulla punta del naso per poi arrivare alle sue labbra.
Un mugolio di piacere uscì dalle labbra di Jude e istintivamente portai una mano alla base della sua schiena e una sulla sua nuca; quelle di Jude invece raggiunsero improvvisamente i miei capelli e, dopo aver tolto il berretto di lana, cominciarono a tirarmi le ciocche facendomi gemere.
Con la mano spinsi Jude più verso di me e la sentii sussultare quando fu completamente a contatto con il mio corpo, forse anche Terminator si era fatto sentire.
Senza nemmeno accorgermene, dopo aver preso Jude per i fianchi la feci sedere sulla tavola, Jude allargò istintivamente le gambe per permettermi di avvicinarmi di nuovo a lei per baciarla.
Sembrava non avessimo nemmeno bisogno di ossigeno, continuavamo a baciarci senza pensare minimamente di respirare.
Lentamente, molto lentamente, le mie mani cominciarono a salire lungo la schiena di Jude e arrivarono alle sue spalle, scesi sfiorandole tutto il fianco in punta di dita e la sentii tremare per il solletico.
Mi staccai leggermente dalle sue labbra per ridacchiare e mi accorsi che entrambi eravamo a corto di fiato.
“Tom…forse è meglio se…”. Prese un respiro e le scuse peggiori comparvero nella mia mente. Ero troppo su di giri per fermarmi “…vado a cambiarmi, sono tutta bagnata e…”. Le posai l’indice sulle labbra con un sorriso divertito e Jude si fermò di colpo sorpresa.
“Non farmi fare battute volgari ora piccola”. Scossi la testa e Jude rise posando la fronte sulla mia spalla.
Le sue labbra percorsero velocemente il mio collo e quando arrivarono sulle mie fu come se avesse lanciato un accendino sulla benzina.
Mi avvicinai ancora di più a lei con un ringhio e portai lentamente le mie mani sotto alla sua canottierina per alzarla mentre con le dita continuavo a farle il solletico.
Le mani di Jude corsero su tutta la mia schiena e si ancorarono al bordo della mia maglia che sollevò in meno di due secondi per togliermela.
Improvvisamente Jude aveva fretta.
Sorrisi quando cominciò a baciarmi il petto e, dopo aver socchiuso gli occhi per farmi forza, decisi che era il momento di incontrare Sandy e Mandy.
Alzai la canottierina di Jude che si lasciò spogliare cercando di riprendere fiato e rimasi per qualche secondo inebetito davanti a quello che vidi.
Tornai a baciarla lasciando correre le mie mani libere sul suo corpo.
Quando arrivai a Sandy e Mandy un gemito mio e suo si liberò nell’aria e le sue gambe si ancorarono attorno al mio bacino stringendomi a lei.
Al diavolo!
Terza e quarta base le avrei fatte nel secondo round!
Io e Terminator eravamo troppo provati per giocare.
Con una mano scesi a slacciarle i jeans e lo stesso fece lei.
Continuava a chiamarmi, come se fosse stata una cantilena, ogni più piccolo movimento che faceva era seguito dal mio nome, sempre più sussurrato e sempre più mischiato a gemiti.
I movimenti erano sempre più frenetici.
Non badai nemmeno al colore e alla forma dei suoi slip, li lanciai da qualche parte e lasciai che mi abbassasse i boxer quel tanto che bastava.
Smisi per qualche secondo di baciarla e la fissai negli occhi.
Occhi che erano diventati blu scuro.
Occhi che volevano me.
Li socchiuse annuendo leggermente e tornò a baciarmi.
Ero troppo su di giri anche per fare le cose con calma.
Ci sarebbe stato tempo per quelle.
Feci scorrere le mani lungo la sua schiena e la avvicinai a me sollevandola leggermente dal tavolo della cucina, poi, con una sola spinta entrai in lei.
“Tom”. Non riuscì a non gemere e cercai di riprendere fiato posando la fronte sulla sua spalla.
“Scusa”. La mia voce non era messa meglio della sua.
Irriconoscibile e roca.
Si alzò leggermente dal tavolo e si ancorò con le gambe attorno ai miei fianchi e con le braccia sul mio collo e si mosse leggermente.
Questo mi fece impazzire.
Cominciai a muovermi in lei, con lei, e non riuscivamo a non baciarci, a non chiamarci, mentre i gemiti e gli ansiti si facevano sempre più forti e più frequenti.
Cercai di controllarmi quando le unghie di Jude si piantarono nella mia schiena facendomi gemere; sentii Jude aggrapparsi più forte a me e assecondai il movimento del suo corpo aumentando il ritmo.
Quando Jude si aggrappò più forte a me e non riuscì a trattenere un gemito più forte degli altri misto al mio nome quasi urlato, la strinsi con tutta la forza che avevo prima di prolungare al massimo il suo piacere con altre poche spinte.
Al limite, esausto e completamente stregato da lei, la appoggiai di nuovo contro al tavolo e lasciai che il piacere invadesse anche me quando la chiamai baciandole il collo.
Posai la fronte sulla sua spalla nuda cercando di riprendere fiato e sentii Jude fare lo stesso mentre continuava ad accarezzarmi la schiena in punta di dita e mentre le sue gambe continuavano a tenermi stretto a lei.
Alzai lo sguardo per vedere Jude e mi accorsi che entrambi avevamo un sorriso enorme.
Si avvicinò per darmi un bacio e risposi al suo invito stringendola più contro di me e baciandola nel modo che più amava.
Quando si staccò dalle mie labbra per riprendere fiato le sorrisi accarezzandole una guancia rossa con l’indice.
“Lo ammetto, non sai solo baciare bene”. Annuì quasi divertita e scossi la testa ridendo.
“E questo era solo l’inizio! Non ho nemmeno dato il meglio di me piccola”. Mi avvicinai lasciandole un bacio veloce sulle labbra e cominciò a ridere prima di mordermi il labbro inferiore.
“Ehi! Non si fanno queste cose”. Scossi la testa serio e Jude cominciò a ridere di più. “Non sto scherzando! Meriti una punizione”. Annuii ancora più serio e Jude si mosse volontariamente contro di me per farmi gemere perché eravamo ancora uniti. “No, questa non è una punizione, una peggiore”. Annuii e Jude continuò a ridere incurante di quello che avrei fatto poco dopo.
Piantai le mie dita sui suoi fianchi e cominciai a farle il solletico tanto che Jude scalciò facendomi allontanare da lei.
“Tom, ti prego!”. Cercò di guadagnare un po’ di distanza da me distendendosi sul tavolo ma peggiorò la situazione perché mi spostai lungo l’altro lato e salii sopra alla tavola anche io. “Tom”. Lo urlò in preda alle risate cercando di rialzarsi e di correre via.
“Tanto non mi scappi!”. Lo urlai tentando di inseguirla prima che si chiudesse in camera.
 
 
Due mesi dopo…
 
 
“Jude? Sei pronta?”. Sbuffai spegnendo la tv e sentii Jude urlare dal bagno.
“Due minuti castagna! Arrivo subito!”. Lo ridacchiò e scossi la testa.
Possibile che dovesse chiamarmi castagna dopo tutti quei mesi?
“Piccola andiamo! È perché c’è un orario prestabilito!”. Mi alzai e la raggiunsi fuori dalla porta del bagno guardandola chiudere il mobiletto pieno di trucchi.
Si girò a guardarmi e sorrise posando velocemente le labbra sulle mie.
“Ora possiamo andare e mi dici anche dove”. Sorrise sbattendo gli occhi come se fosse stata una cerbiatta.
“Non te lo dico, questa sera è una sorpresa”. Sorrisi ridendo e la feci salire nel taxi.
“Dai Tom!”. Sporse il labbro inferiore in fuori e chiusi la porta irremovibile.
“Ok, allora andiamo al cinema”. Il sorriso si spense leggermente sulle sue labbra e fissò il suo vestito forse troppo elegante.
“E mi hai detto che era una sorpresa grande? Perché mi hai fatto vestire elegante?”. Mi fissò arrabbiata e le lasciai un bacio che la zittì per qualche minuto.
“Perché non è tutta la sorpresa, andiamo”. Sorrisi prendendola per mano e conducendola alla piccola sala che avevo affittato solo per noi due. “Madame”. Segnai una poltroncina centrale e Jude mi sorrise sedendosi.
“Che film guardiamo?”. Quando mi accomodai di fianco a lei le luci si spensero e Jude si guardò attorno stupita. “Siamo solo noi?”. Cominciò a girarsi e la attirai a me baciandola.
“Ora vedrai”. Le sorrisi accarezzandole la guancia e fissò lo schermo sorridendo.
Quando il film cominciò e Jude capì qual era iniziò a ridere piegandosi in due.
“Non ci credo! Ma non è più nei cinema da mesi”. Mi baciò le labbra non pensando minimamente di guardare il film.
“Deduco che ti interesso più di James”. Segnai lo schermo con il mento e scosse la testa.
“James Franco rimane sempre il mio sogno erotico. Mi sembra addirittura strano che non mi sia mai scappato il suo nome ora che ci penso”. Annuì rimanendo seria e cominciai a farle il solletico.
“Se è per questo nemmeno io ti ho mai chiamato Megan!”. Colpo basso.
“Megan Fox è una bambola rifatta e tatuata che fa schifo!”. Annuì arrabbiata e incrociò le braccia sotto a Sandy e Mandy.
“Beh, però ha delle belle tette”. Sorrisi pregustando già la sua reazione.
“Rifatte. E le ha anche più piccole delle mie se è per quello”. Annuì segnandosi Mandy e Sandy e mi avvicinai per baciarle le labbra.
“Mmhmm, dovrei tastare anche lei per essere sicuro”. Lasciai correre la mia mano lungo il suo braccio e arrivai a stringere un suo seno strappandole un gemito.
“Che razza di uomo sei? Seduci una donna al cinema? Lasciami guardare James!”. Fece finta di essere offesa e allontanò la mia mano fissando lo schermo.
“E quando si taglia il braccio dopo? Guardi anche lì?”. La fissai con uno sguardo di sfida sapendo che quella scena le faceva schifo.
“No, dopo mi giro”. Annuì fissandomi con un sorriso finto e cominciai a ridacchiare dopo averle baciato una guancia.
Guardammo il film con Jude che commentava i vari tratti di James, le sue perfette sopracciglia, i suoi perfetti occhi marroni, i suoi perfetti polpacci.
La sua perfetta mano.
“Ha finito?”. Continuò a stringere la mia camicia tenendo una mano davanti agli occhi per non vedere la scena.
Continuai ad accarezzarle la spalla nuda involontariamente e le baciai la fronte.
“Ancora qualche secondo…”. Vidi il braccio rompersi e strinsi la sua spalla. “…ora puoi guardare”. Jude sospirò di sollievo e tornò a guardare lo schermo.
Quando il film finì Jude si girò verso di me con un sorriso e cominciò a baciarmi.
“Grazie, è stato gentile da parte tua sopportare il tuo rivale”. Mi morse leggermente il labbro inferiore e annuii.
“Diciamo che era un regalo anticipato per natale, visto che non ti piacciono le feste”. Sorrisi aiutandola ad indossare il cappotto e si girò sorpresa.
“E tu come lo sai che non mi piacciono le feste? È stata Peach?”. Uscimmo fuori dal cinema e cominciammo a camminare verso casa sua.
“Assolutamente no. Sei stata tu a dire la verità”. Annuii ricordandomi del disastroso appuntamento a quattro mesi prima, dove Jude, allegra per le tequila, mi aveva svelato piccoli segreti.
“Io? E quando l’avrei detto?”. Aggrottò le sopracciglia confusa, cercando di ricordare quando poteva averlo detto.
“Ti dice nulla tequila, appuntamento a quattro?”. Sorrisi stringendole un fianco.
“Ma ero ubriaca!”. Mi fissò triste. “Non vale nulla di tutto quello che ho detto!”. Scosse la testa e alzai le sopracciglia fermandomi di colpo in mezzo alla strada.
“Sei sicura? Perché mi avevi parlato di un paio cose che fino ad ora ho sempre tenuto segrete”. Mi avvicinai lasciandole un veloce bacio sulle labbra e Jude si irrigidì.
“Di che cosa ti avevo parlato?”. Posò la mano sul mio petto allontanandomi da lei di qualche centimetro.
“Beh, una era una certa fantasia che ti piacerebbe soddisfare lì dentro”. Segnai la piscina davanti a noi e Jude spalancò gli occhi arrossendo. “E l’altra era un certo road trip…”. Glielo sussurrai mordicchiandole il lobo e la mano di Jude strinse spasmodicamente la mia camicia.
“Giochi sporco, castagna”. La sua voce risultò leggermente più roca del solito.
“Cioè vorresti dirmi che se noi adesso entrassimo in piscina, ci facessimo un bagno in vasca e poi andassimo nelle docce, potremmo lavarci tranquillamente come facciamo a casa uno alla volta?”. La provocai salendo la pedana della piscina e Jude si avvicinò lentamente.
“Ma le docce qui sono più grandi, logico che puoi anche farla nella doccia di fianco a me”. Rimase seria cercando di trovare una soluzione.
“Bene, allora proviamo, le chiavi ce le hai, il tesserino anche”. Alzai le spalle segnando la porta della piscina e Jude scosse la testa.
“Non sono mai entrata di notte”. Sembrò spaventata.
“Uuuh! Jude McAdams ha paura”. La canzonai alzando le mani.
“Non ho paura!”. Cercò le chiavi in borsa e aprì la porta. “Visto?”. Mi fissò con aria di sfida e, sapendo che era l’unica leva che avevo, decisi di sfidarla di nuovo.
“Certo, per aprirla anche io non ho paura, ma sei così coraggiosa da entrare in vasca con me?”. Glielo sussurrai aprendo la porta ed entrando e sentii Jude dietro di me richiudere la porta.
“Tom! Aspetta!”. Corse verso di me sbuffando e timbrò il cartellino.
 
“Ancora non capisco come mi hai convinto a farlo”. Si tolse il vestito rimanendo con un completino intimo che mi rubò tutta la saliva dalla gola.
“Sei tu che non hai il coraggio di lanciarti in acqua”. Mi lanciai in piscina schizzandola e la sentii urlare.
“Preparati perché ora ti affogo”. Cominciò a ridere e si lanciò in acqua raggiungendomi prima di cominciare a schiacciarmi giù.
“Ah si? E credi che io non mi ribelli?”. Cominciai a farle il solletico e a morderle il collo facendola urlare e ridere.
“Aspetta, devo riprendere fiato”. Cercò di fermarmi aggrappandosi al trampolino e la abbracciai da dietro baciandole la spalla. “Aaah!”. Lo urlò quando le morsi la schiena e cominciai a ridacchiare.
“C’è qualcuno?”. Ci bloccammo entrambi sentendo una voce.
“Chi è?”. Lo chiesi sottovoce a Jude appiattendomi contro il bordo della vasca.
Lei poteva anche rimanere lì, ma io non avevo il permesso.
“Sono armato, sono grande e grosso”. La voce parlò ancora e la riconoscemmo entrambi.
Justin.
“Per quanto riesci a trattenere il fiato?”. Jude parlò sottovoce e velocemente.
“Non lo so, due minuti forse”. Alzai le spalle togliendomi i capelli dalla faccia.
“Devi rimanere sotto acqua fino a quando lo mando via, se ti manca l’aria mi tocchi tre volte il polpaccio”. Mi fissò muovendosi leggermente.
“Mi nascondo sotto alle tue tette! Non mi vede!”. Le sorrisi prendendo fiato e scesi sott’acqua prima che il pugno di Jude raggiungesse la mia testa per la stupidata che avevo detto.
“Justin?”. Sentii la voce di Jude chiamarlo e abbracciai la sua pancia appoggiando la guancia sul suo stomaco. “Justin sono Jude”. Chiusi gli occhi tentando di non muovermi.
“Jude? Che ci fai qui?”. La voce sembrò avvicinarsi improvvisamente.
“NO! Ti prego, sono solo in slip e non mi sembra il caso”. Ridacchiai del metodo idiota di Jude per tenere lontano Justin.
Se avesse detto così a me mi sarei lanciato in acqua subito.
“Potrei farti compagnia”. Sbuffai sentendo la proposta di Justin e alcune bolle scapparono dalle mie labbra e fecero ridacchiare Jude.
“Justin non sono interessata, davvero. Se tu ora te ne vai io vado a farmi una doccia e poi chiudo”. Cominciavo a sentire la mancanza di aria.
“Potremmo farla assieme bellezza”. Strinsi il sedere di Jude facendola urlare per farle capire che avevo bisogno d’aria.
Polpacci, sedere, era la stessa cosa.
“Justin, ti ho atterrato quattro volte, ti consiglio di andartene”. La mia piccola, sapeva difendersi da sola.
I polmoni cominciavano a farmi male così lasciai un morso sulla pancia a Jude che urlò.
“Che succede bellezza?”. La voce di Justin si fece ancora più vicina.
“No, un crampo niente di che. Se te ne vai esco e mi stiro la gamba”. Cominciavo seriamente a non avere più aria.
“Certo, a domani allora”. Sembrò sconfitto anche dalla distorsione dovuta all’acqua.
“Ciao”. Jude salutò e mi prese per un braccio per tirarmi su.
Quando tornai a respirare feci tre respiri profondi e mi appoggiai con le mani al bordo.
“Ti avevo detto toccami il polpaccio non mordimi la pancia”. Mi tirò uno schiaffo sulla spalla e mi girai con un sorriso.
“Bene, ora che anche mister muscolo idraulico gel se ne è andato… io direi…”. Mi avvicinai lentamente a Jude e feci scorrere la mia mano fino al suo sedere. “…che potremmo anche soddisfare…”. Lasciai un bacio sul suo collo scendendo lentamente. “…la fantasia erotica…”. Baciai la sua spalla prendendo tra i denti la spallina doppia del reggiseno. “…di qualcuno”. Tornai a baciare le labbra di Jude e la sentii mugugnare qualcosa prima di passare le mani tra i miei capelli.
“D’accordo”. Lo soffiò sulle mie labbra e sorrisi vincitore.
 
 
 
 
 
 
È un capitolo infinito, lo so!
Però è l’ultimo visto che lunedì c’è l’epilogo e avevo tante cose da dire! :)
Prima di tutto, i salti temporali, dal capitolo scorso a questo è passato quasi un mese, Tom parte per una settimana e quando torna lui e Jude riescono a fare home running! :P
Poi dall’home running alla seconda parte, come c’è scritto, passano due mesi.
Allora, notizia: io avevo preventivato una OS rossa di questo momento (quella delle docce della piscina) già da tempo.
Ora, se voi volete io la faccio e la pubblico, altrimenti no.
Però vorrei che ci fosse un numero decente di persone che mi dice di si e che poi la legge, perché se è per due persone io faccio anche a meno di farla (o la faccio e la invio a loro e basta).
Quindi, se volete questa os, basta che me lo diciate e la pubblico, ok?
Nel prossimo capitolo ci sarà un ulteriore salto temporale di qualche mese e non si parlerà più di questa cosa delle docce, in ogni caso.
Il film che guardano Jude e Tom esiste davvero, non metto il titolo perché ho spoilerato alla grande, ma se vi interessa ve lo dico come risposta alla recensione.
Ah si, la storia delle basi, in verità le basi sono solo tre secondo alcuni film, più volte però ho sentito in telefilm dire che le basi sono quattro.
Per come le ho intese io le basi sono 5 (ne ho aggiunta una), e credo che insomma non ci sia molto di difficile da capire quali sono… :)
Poi poi poi, credo sia finito quello che ho da dire!
Qui c’è Jude quando Tom torna a Londra
 
E qui il completino di Jude durante l’ultima parte


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Capitolo 8
*** Epilogue ***


1
ATTENZIONE: Questa storia sarà aggiornata 2 volte alla settimana, il Lunedì e il Venerdì.
 
 







Regalo: sistemato.
Biglietto: sistemato.
Scatola: sistemata.
Vestito: sistemato.
Cervello: in via di sistemazione.
Ansia: fuori controllo.
Un respiro profondo, due respiri profondi, cento respiri profondi.
Nei film di solito sembrava tutto più divertente.
Come un gioco.
Sentii la porta di casa aprirsi e smisi di respirare nascosto dentro allo sgabuzzino delle coperte.
I passi di Jude si avvicinarono e allontanarono verso la cucina.
“Tom?”. Respirai lentamente per non soffocare, in quello sgabuzzino c’era aria a sufficienza e soprattutto lo spiraglio sotto la porta mi permetteva di avere un circolo d’aria minimo. “Tom, amore dove sei?”. Chiusi gli occhi per non risponderle.
Doveva essere una sorpresa.
“E questo?”. La voce di Jude, mi sembrò divertita.
Forse aveva trovato tutto.
Ridacchiò spostando una sedia.
Stava leggendo il biglietto.
“Tom, ovunque tu sia sei uno stupido! Non mi vesto da cat woman! Pensavo di aver soddisfatto tutte le tue fantasie!”. Continuò a ridere e ridacchiai sottovoce anche io.
Non aveva finito di leggerlo.
“Lo so che oggi è il 15 febbraio, li vedo anche io i calendari”. Continuava a commentare il biglietto che le avevo lasciato aiutandomi a capire a che punto era arrivata.
“Ma perché devo vestirmi da cat woman? Potresti uscire? O sei tornato da tuo fratello?”. Cominciò a camminare per casa e improvvisamente un brivido freddo mi scosse.
Se mi avesse trovato, la sorpresa non sarebbe più stata tale.
“Va bene, ma poi per favore vieni fuori che ti devo parlare. Ho voglia di vederti”. Jude era la donna che tutti avrebbero voluto.
Soprattutto quando, per farmi cedere, usava quella voce che mi faceva eccitare senza vederla.
“Vado a vestirmi, o spogliarmi visto il piccolo costume, in bagno. Mi piacerebbe trovarti qui quando esco”. Ancora quella voce.
Sentii la porta del bagno chiudersi e aprii velocemente la porticina dello sgabuzzino per uscire.
Mi precipitai fuori dalla porta del bagno facendomi lo sgambetto da solo e cadendo quasi addosso alla porta.
Di certo Jude mi aveva sentito.
“Bene, almeno sono sicura che sei qui fuori, un ladro non fa tutto quel rumore”. Ridacchiò da dentro il bagno e sentii il rumore di una zip che si alzava.
Uno stivale probabilmente.
Presi un respiro profondo e chiusi gli occhi prendendo la scatolina in mano e aprendola davanti a me.
Forse era un’idea stupida.
“Guarda che esco, sarà meglio che tu abbia una spiegazione decente perché le tette faticano a rimenare dentro questa…”. Aprì la porta con un sorriso che si spense non appena i suoi occhi si posarono sulla scatolina. “…cosa”. Fissò l’anello tra le mie mani immobile, in piedi davanti a me, vestita da cat woman.
“Jude McAdams”. Schiarii la mia voce tremando leggermente. “Vorresti sposarmi?”. La fissai negli occhi e continuò a rimanere immobile.
Mi aspettavo qualche altra reazione.
Un si urlato e subito un bacio.
Un sorriso enorme.
Magari uno svenimento.
Continuava a rimanere immobile.
“Jude?”. Cominciò a balenarmi nella mente che forse avevo rovinato tutto, forse Jude non voleva sposarmi o peggio magari aveva preventivato di vestirsi da cat woman per del sesso d’addio.
Sentii qualcosa di umido sulla mia mano e tornai a guardare i suoi occhi.
Stava piangendo.
“Lo sapevo, non dovevo farlo”. Mi alzai chiudendo la scatoletta frustrato e mi girai per cominciare ad ammucchiare le mie cose.
“Tom…”. Sembrò un sussurro.
Mi girai di colpo e tornai a fissare Jude che stava ridendo nervosamente.
“Mi dispiace, io non ho più ragionato”. Scossi la testa avvicinandomi a lei.
“Fammi vedere”. Segnò con il mento la scatolina e gliela posai tra le mani. “E’ bello”. Si asciugò una lacrima con la mano e tornò a guardarmi. “E’ bello come te”. Mi sorrise accarezzandomi una guancia.
Perché non mi diceva che era finita?
Mi stava illudendo.
“Avanti, dimmi che è finita”. Alzai le spalle sconfitto.
Mi sembrava che fosse tutto perfetto tra noi.
Dopo il ‘ti amo’ ci eravamo avvicinati ancora di più, avevamo imparato ad amarci e a conoscerci; quando le cose erano cambiate?
“E’ bello come questa strana proposta di matrimonio”. Sorrise di nuovo segnando il vestito che faticava a coprire la sua quinta piena.
“Ma?”. C’era un ma in arrivo, ne ero sicuro.
“Ma non riesco a capire perché oggi. Ieri era san Valentino e non abbiamo festeggiato, almeno non con fiori e cioccolatini”. Abbassò lo sguardo imbarazzata per poi tornare a fissarmi.
“Perché una volta, una ragazza di cui sono innamorato mi ha detto che odiava le feste e che avrebbe detto di no ad una proposta fatta il giorno di san Valentino”. Alzai le spalle sfinito, come se avessi nuotato per ore.
“Quella ragazza aveva la febbre. Quella ragazza ti avrebbe detto di si ieri, anche se glielo avessi chiesto in un ristorante di lusso”. Un timido sorriso si posò sulle sue labbra e tornò a guardarmi negli occhi.
“Perché oggi è no?”. Non ero nemmeno arrabbiato, ero vuoto, senza sentimenti.
“Vedi? Gli uomini non ascoltano mai le donne quando parliamo”. Alzò gli occhi al cielo gesticolando.
“Che cosa vorresti dire?”. La fissai posando la schiena sullo stipite di una porta.
“Che io non ti ho ancora risposto”. Alzò le spalle ovvia toccando con la punta dell’indice l’anello.
“L’hai fatto. Non mi hai risposto quando te l’ho chiesto”. Alzai le spalle ovvio e Jude cominciò a ridere.
“Sai perché ti amo? Perché sei la mia castagna! Sei l’unico che capisce una cosa al posto dell’altra e sei l’unico che non ha capito che se prima mi sono messa a piangere era perché mi hai colto di sorpresa facendo la richiesta di matrimonio più strana che ci sia mai stata. Mi hai fatto vestire da cat woman e mi hai chiesto di sposarti fuori dal bagno, secondo te è una cosa che succede sempre?”. Divertita si avvicinò di un passo.
“No, volevo fare una cosa speciale, speciale come te”. Come voi, aggiunsi mentalmente.
“Thomas Sidney Jerome Sturridge, è si fuori da questo bagno e sarà si in ogni luogo”. Sorrise baciandomi le labbra e risposi per qualche secondo, giusto il tempo che le sue parole impiegarono per arrivare al mio cervello.
“Vuol dire che mi sposi?”. Mi staccai dalle sue labbra con un sorriso idiota stampato in faccia.
Annuì ridendo e tornai a baciare le sue labbra abbracciandola.
“Dobbiamo festeggiare, dov’è lo champagne?”. Lo ridacchiò trascinandomi in cucina e le presi un polso fermandola.
“Non l’ho preso. Ho in mente un altro modo per festeggiare”. Feci scorrere la mia mano lungo il suo fianco fino ad arrivare a Mandy.
“Sei un ninfomane, lo sai?”. Lo mugolò avvicinandosi a me e baciandomi il collo.
“Io? Probabile! Ma devi esserlo anche tu perché, insomma…”. Alzai le spalle prima di prenderla in braccio per andare verso il letto.
“Ad una condizione!”. Jude lo urlò ridendo quando le morsi un fianco dopo averla lanciata sul letto.
“Cosa? Quale?”. La guardai confuso non capendo a cosa si riferisse.
“Ti sposo ad una condizione! Anzi, due”. Si avvicinò a me camminando sulle ginocchia e lentamente le sue mani corsero a togliermi la maglietta.
“Tutto quello che vuoi”. Strusciai il viso sulla sua mano e la vidi ridacchiare.
“Peach sarà la mia damigella d’onore ma Robert non sarà il tuo testimone”. Le sue labbra cominciarono a baciarmi il collo e la mascella.
“Va benissimo”. Le sentii tendersi in un sorriso quando arrivò al lobo dell’orecchio. “NO! Aspetta! Che cosa hai detto?”. La allontanai per tornare lucido e la vidi fissarmi divertita.
“Hai già dato la tua parola, Tom Sturridge!”. Mi fissò portando le mani dietro al suo collo, come se avesse cercato di sganciarsi il costume.
Diamine, no!
Se avesse liberato Sandy e Mandy le avrei detto di si a tutto!
“Aspetta! No! Non posso!”. La atterrai sul letto lanciandomi sopra di lei e le posai le labbra sul collo.
“Non vuoi più sposarmi?”. Fece forza per cambiare le posizioni e portarsi sopra di me.
“Si che voglio, ma non posso scegliere qualcun altro come testimone”. Alzai le spalle accarezzandole la coscia coperta dalla tutina di pelle nera.
“Ma lui e Peach si odiano!”. Lo mugolò baciandomi le labbra dolcemente.
“Non si odiano, è tutto come ti ho già detto, del sano sesso selvaggio”. Annuii baciandole le labbra e facendo scorrere la mia mano fino al suo sedere.
“D’accordo”. Inarcò leggermente la schiena mugolando di nuovo. “Ma se mi rovinano il matrimonio con i loro battibecchi io ti lascio”. Sorrise sganciandomi i jeans e scossi la testa alzando gli occhi al cielo.
“Non ci pensiamo ora, ok?”. Ribaltai le posizioni baciandole le labbra e annuì ridacchiando.
 
Quattro mesi dopo…
 
“E io non capisco perché lui! Lui!”. Peach segnò Robert agitando la borsa verde.
“Perché è il mio migliore amico!”. La fissai assottigliando lo sguardo e Rob ridacchiò.
“Io rimango, sono il testimone dello sposo! Potresti andartene tu”. Rob guardò Peach con aria di superiorità peggiorando la situazione.
“Sono la damigella d’onore della sposa, guarda un po’”. Il sarcasmo si stava espandendo a macchia d’olio.
“Sentite, potreste andare d’accordo per un giorno? Chiudetevi in uno sgabuzzino per venti minuti, calmate i vostri bollenti spiriti con una bella botta e poi uscite con un sorriso. È il mio matrimonio e se Jude scopre che state litigando mi lascia qui, al ristorante”. Li fissai frustrato ed entrambi mi guardarono con la bocca spalancata.
“Capisco ora perché sei tanto amico di Robert. Siete volgari e assolutamente immaturi!”. Peach sparì furiosa e cominciò a chiamare Jude dal corridoio della villa.
“Idiota! Non succederà mai, ok? Peach l’acida è peggio di un cane con le zecche, è da evitare come la peste”. Robert alzò le spalle e strinsi il pugno trattenendomi per non colpirlo.
“Siete immaturi e stupidi! Vi attirate come due calamite! Se solo non foste ciechi capireste che siete la coppia perfetta! Mettete da parte l’orgoglio! E grazie per aver rovinato il mio matrimonio!”. Aprii le braccia incamminandomi verso la sala con gli ospiti e notai subito che il posto di Jude era vuoto.
“E’ andata di là”. Un ragazzo mi segnò l’altra ala della villa e dopo averlo ringraziato cominciai a correre per raggiungerla.
“Jude?”. La trovai seduta con Peach a parlare e tirai un sospiro di sollievo quando mi resi conto che non stava piangendo.
“Un attimo solo amore, arrivo subito”. Sorrise tornando a parlare a Peach che annuì seria.
Che cosa stava succedendo?
Si alzarono entrambe assieme e dopo un abbraccio Jude mi raggiunse regalandomi un bacio a fior di labbra.
“Che cosa ti ha detto? Di che cosa avete parlato?”. In fin dei conti, come più volte avevo ribadito, la curiosità era anche Sturridge.
“Niente, solo un consiglio”. Jude alzò le spalle liquidando la faccenda e seguimmo Peach nella sala da pranzo.
“Ehi, Peach Imogen Brand!”. Robert chiamò Peach con il nome intero e tutta la sala si girò verso di lui che le si avvicinava a grandi passi. “Credi che io sia come uno stupido, no? Credi che sia peggio di un cane con le pulci, che sia odioso, che sia un bambino?”. La fronteggiò quasi furioso.
Non avevo mai visto Robert in quello stato.
“Assolutamente”. Peach rimase immobile davanti a lui, incurante di tutti gli sguardi puntati addosso a loro.
“Bene, allora guarda che cosa sa fare questo idiota”. Portò una mano dietro la nuca di Peach e dopo averla attirata a sé la baciò.
Si sentì una risatina lungo tutta la sala e Jude di fianco a me cominciò a ridere.
“Che cosa gli prende? Ma è scemo?”. Lo bisbigliai a Jude spaventato dal comportamento idiota di Rob.
Avevo detto chiudersi dentro al bagno, non baciarla a forza davanti a tutta la sala piena di invitati del nostro matrimonio.
“Allora?”. Quando Rob finì di baciare Peach le sorrise, quasi da strafottente.
“Idiota”. Lo schiaffo di Peach risuonò su tutta la sala che si ammutolì di colpo. “Non si bacia mai una donna di forza”. Un sorriso spuntò sul suo volto e seriamente pensai di essere impazzito.
“Ma stanno diventando tutti pazzi?”. Fissai Jude per qualche secondo e la vidi sorridere prima di posare una mano sul mio stomaco.
“Aspetta un secondo”. Lo sussurrò sorridendo ed entrambi tornammo a fissare Rob e Peach davanti a noi.
Rob prese il polso di Peach e la attirò di nuovo a sé prima di cominciare a baciarla di nuovo.
Impazzito.
Ecco che cosa era diventato a furia di girare film sui vampiri!
Mi aspettai una ginocchiata di Peach all’amico di Rob, ma non arrivò.
Le mani di Peach strinsero la camicia di Rob e salirono lentamente alla sua nuca, poi si alzò in punta di piedi per riuscire a baciarlo meglio.
“Sono tutti impazziti”. Sussurrai guardandoli e Jude di fianco a me cominciò a ridacchiare.
“No, semplicemente avevi ragione”. Alzò le spalle accarezzandomi i capelli e annuii.
“Certo, ho sempre ragione io”. Sorrisi e Jude alzò un sopracciglio per farmi capire che avevo esagerato. “Quasi sempre”. Le baciai le labbra sorridendo e Jude rispose al bacio.
“Sai, pensavo che siamo sposati.”. Accarezzò il profilo del mio viso con la punta del naso e annuii.
“E allora? Io sono felice di avere te come moglie”. Strinsi di più la sua vita avvicinandola a me.
“E se tra qualche anno, quando le mie tette che ti piacciono tanto, toccheranno per terra perché sarò vecchia?”. Mi fissò preoccupata e ridacchiai.
“Le tireremo su con un’impalcatura”. Sandy e Mandy sarebbero sempre state benissimo.
Anche da vecchie.
In fin dei conti mi ero sposato come monogamo ma avevo un harem per me: Sandy, Mandy e Jude, nessuno era più fortunato del sottoscritto!
 
 
 
 
Salve ragazze eccomi con l’ultimo capitolo!
Be’ non potevo finirla di certo in modo serio! :P
Prima di tutto: Let me do my road trip è la os rossa del capitolo precedente!
Se volete farci un salto e lanciare qualche pomodoro con le recensioni, per me non ci sono problemi! :P
Ringrazio ancora una volta Cris87_loves_Rob per avermi prestato Peach! Se non l’avete ancora fatto, fate un salto da lei! :)
Poi poi poi, ringrazio preferiti, seguiti, da ricordare, chi ha letto e chi ha commentato!
Un enorme grazie a tutte!
Se volete aggiungermi in fb cercate ‘Roberta RobTwili’, sono io! :P
Di solito faccio un’estrazione settimanale per un assegno di 500 € tra gli amici (si, magari!) quindi se volete essere scelti potete richiedere l’amicizia, è gratis e ci saranno in palio spoiler, foto e altro delle mie storie future!
Un bacione ancora e scusate per la scemenza di questa storia! :)
A presto!

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