Sliding Doors- cosa sarebbe successo se..?

di Little Firestar84
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Roundrobin ***
Capitolo 2: *** Appesa ad un filo ***
Capitolo 3: *** Aria ***
Capitolo 4: *** Il sapore del tuo bacio ***
Capitolo 5: *** Balla con me ***
Capitolo 6: *** Gli occhi non fingono, di qualunque colore essi siano ***
Capitolo 7: *** per ogni cosa che vale ***
Capitolo 8: *** Mi ha baciato ***
Capitolo 9: *** Ipnosi ***
Capitolo 10: *** Gelosia ***
Capitolo 11: *** Smeraldi ***
Capitolo 12: *** LA PROMESSA DI UN FUTURO ***
Capitolo 13: *** In realtà lei mi ama ***
Capitolo 14: *** La multa non la pago ***
Capitolo 15: *** Io non ti abbandonerò mai ***
Capitolo 16: *** Cambio di routine ***
Capitolo 17: *** Il nome sbagliato al momento sbagliato ***
Capitolo 18: *** Cattiva Ragazza ***
Capitolo 19: *** Mantra ***
Capitolo 20: *** Dinamitica ***
Capitolo 21: *** Cinque a quattro ***
Capitolo 22: *** Intrigante ***
Capitolo 23: *** Regole, regolamenti interni e lati positivi ***
Capitolo 24: *** I do everything he tells me to do ***



Capitolo 1
*** Roundrobin ***


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Capitolo 2
*** Appesa ad un filo ***


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Capitolo 3
*** Aria ***


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Capitolo 4
*** Il sapore del tuo bacio ***


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Capitolo 5
*** Balla con me ***



Autore: Elina
Rating: Verde
Episodio: 2.11 (red colored glasses, per intenderci)

“Puoi pensare a quel ragazzo dal cuore di giacchio che veneravi da lontano quando andavi al liceo” Ti offre la mano, sorridente come suo solito, ammiccando, facendoti una sorta di mezzo occhiolino, come a dire, lo so che tanto vuoi ballare. “Andiamo, Lisbon, è la tua canzone preferita, lo hai detto tu; lo so che vuoi ballare!”
E tu non gli resisti. Accetti la sua mano, un po’ timidamente. La timidezza scompare subito, però, e sulle note della canzone che più hai amato nella tua adolescenza, ti abbandoni completamente a lui, alle sue braccia intorno alla tua vita, alle tue sulle tue spalle,  al calore che senti emanare dal suo corpo.
Sorridi, chiedendoti se lui sappia che non è al quarterback della squadra del liceo che stai pensando, ma al consulente combina guai del CBI, e preghi che non lo sappia, che non ti legga, che non lo capisca. Non si tratta tanto della vergogna di ammettere che sei innamorata- se puoi usare una parola così forte- di Patrick Jane. A spaventarti è il rifiuto, l’essere, di nuovo, ancora, messa da parte. Finché Jane non sa che provi qualcosa per lui, non potrà spezzarti il cuore, ma nel momento in cui lo capirà… allora sarà la fine di tutto, anche di quella strana sorta di amicizia e cameratismo che avete adesso.  Perché sai che se Jane dovesse scoprire la verità,     lui ti rifiuterebbe, spezzandoti il cuore, perché Jane non ti ama, Jane non potrebbe mai amare nessuna donna oltre a sua moglie. L’unico altro amore oltre a Angela è ciò che lo ossessiona la sete di sangue, la vendetta.
“Teresa…” lo senti sospirare il tuo nome  mentre ti stringe sempre più forte, mentre senti che inspira il profumo dei tuoi capelli, e tu rimani paralizzata. Il tuo cuore perde un battito quando senti che calde lacrime stanno solcando il suo viso e cadono sul tuo. Che questo ballo lo abbia fatto pensare a Angela, a una qualche occasione in cui avevano ballato insieme? Probabile. Hai visto delle foto di lei, ed era bellissima, perfetta, come solo una ballerina potrebbe essere, anche se ti sembra di aver sentito che lei e Jane provenivano entrambi dallo stesso mondo. Ma se pensava a lei, perché ha sospirato il tuo nome come forse solo Romeo aveva sospirato quello di Giulietta quando  l’aveva creduta morta? “Oh, Teresa….” Ripete, stavolta un po’ più forte, e sì’, stavolta lo hai sentito davvero. Sta chiamando te. Ma perché?   
Quando avverti che Jane sta spostando il capo lontano da te, fai lo stesso, e finite occhi negli occhi, con tutte le coppie che ballano intorno a voi e voi che non ve ne rendete nemmeno conto. Senti il respiro morirti in gola quando lo vedi piangere, e istintivamente cancelli quelle lacrime con le tue mani, spostandole dalle sue spalle al suo viso. Senti il suo respiro caldo suoi tuoi palmi, lo vedi e senti che chiude gli occhi al tuo tocco, quasi smettendo di respirare. Vorresti fare lo stesso, vorresti sentire il viso di Jane  come lui aveva sentito il tuo lo scorso anno.
Ma non lo fai. Invece, prendi il suo viso tra le mani, e lo avvicini al tuo, fino a che i vostri visi non sono vicini, non sono uniti, e allora…. E allora non resisti alla tentazione, e dimentichi tutto, fregandotene di conseguenze e regole.  Socchiudi gli occhi mentre lo baci, e sei sorpresa quando ti rendi conto che lui ti sta di nuovo stringendo, che ti sta sollevando leggermente sulle punte perché possiate essere ancora più vicini, per poter approfondire meglio il bacio. Ricambia il bacio, non solo, ti da molto più di quanto abbia fatto tu, lo moltiplica per 10, 100, 1000 volte, e adesso sai cosa significa sentire i fuochi d’artificio quando si bacia qualcuno, o le farfalle nello stomaco. Credevi di avere amato, ma, davvero, niente, nulla è comparabile a questo, a Patrick Jane.
“Non ti lascerò mai, Teresa, mai, e non ti permetterò di lasciarmi” ti sussurra con voce roca quando vi separate per prendere nuovamente ossigeno. Poi, guardandoti malizioso, ma felice, negli occhi, cattura nuovamente le tue labbra
.  

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Capitolo 6
*** Gli occhi non fingono, di qualunque colore essi siano ***


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Capitolo 7
*** per ogni cosa che vale ***


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Capitolo 8
*** Mi ha baciato ***


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Capitolo 9
*** Ipnosi ***


span style="font-size: 16px">Titolo: Ipnosi
Episodio: 1.18 (Patate Rossastre)
Autore: Elina
Rating: Verde
Pairing: Jisbon

Cosa sarebbe successo se... se invece di Rigsby, ad essere ipnotizzata, fosse stata Lisbon?


“Capo, cosa diavolo ti è passato per la testa?” Guardo i miei agenti al mio fianco. Non lo so nemmeno io cosa mi è passato per la testa. So solo che sono piombata nella sala interrogatori e, a quanto pare,  ho preso a pungi il tizio, DOVEVO farlo, nemmeno io so bene il perché. E adesso sono qui, in corridoio, con le spalle al muro, e Cho che mi chiede pistola e distintivo, e Grace che mi guarda… nemmeno fossi… non lo so, so solo che è chiaro che l’ho delusa. E Jane…  Jane, al mio fianco, mi studia, da vicino, intensamente, come se fossi un animale da laboratorio, con quella sua espressione che, se potessi, lo prenderei a sberle per poterla cancellare dalla faccia. E poi, mi sta mettendo a disagio. E’ così vicino che sento il suo respiro sul collo, sulle mie labbra… ed il fatto non è che non piaccia. Il problema è che mi piace fin troppo, e non dovrebbe. Non con lui, che è un collega. Non con lui, che si sente ancora sposato. Non con lui, che ha giurato vendetta, e che quella vendetta vuole vederla consumata con le sue mani.
“Oh, no… Lisbon, non andare nel panico” mi dice continuando a studiarmi, passandomi la mano davanti agli occhi “non andare nel panico,  ma  credo che tu sia stata ipnotizzata!”
Non lo sto nemmeno a sentire, corro a rifugiarmi nel mio ufficio gettandomi sulla mia sedia. Non mi scomodo neppure a chiudere la porta, perché tanto lo so che inutile, tempo trenta secondi e il dolore della mia esistenza, la colossale spina nel fianco arriverà da quella stessa porta, ed entrerà, probabilmente con la sua solita tazza di tè in mano, senza scomodarsi a bussare.
Cosa che, lasciatemelo dire, accade. Jane sta diventando un po’ troppo prevedibile. O magari sono io che sto iniziando a conoscerlo un po’ troppo bene? Me lo chiedo, mentre lo guardo a braccia incrociate, lui seduto bello comodo davanti a me, con quella sua dannata espressione da so tutto io…
“Così, sarei stata ipnotizzata, eh?” lui annuisce, sorseggiando il sua dannato tè. “E fammi indovinare, adesso tu me lo proverai, facendomi fare qualcosa” annuisce di nuovo, come dire, Bingo! “sarà imbarazzante come mettersi a cantare sulle basi delle canzoni di Tina Turner, o peggio, imitare Tina Turner?”
Posa la tazza sulla scrivania e mi raggiunge dal mio alto della scrivania, chinandosi cosicché siamo allo stesso livello. Io continuo a guardarlo scettica, Jane continua a guardarmi con quella sua luce, un po’ maliziosa, negli occhi. “Perché Lisbon, vuoi forse imitare Tina Turner?”    
Scuoto la testa, sorridendo, sempre più scettica. “Andiamo, io non sono stata ipnotizzata, lo saprei! Jane, sono sempre me stessa, davvero”
“perciò mi stai dicendo che é normale che tu prenda a pugni i sospettati mentre li interroghi?”
“No, è normale che io INTERROGHI i sospettati, Jane, perché quello che ho fatto. Ho interrogato una persona probabilmente informata sui fatti, non l’ho preso a pugni!” Scuoto la testa, sempre più scettica. E’ davvero impazzito, penso, ma lui continua a sorridere compiaciuto. “Jane, me lo hai spiegato tu che l’ipnosi non può fare agire contro le proprie convinzioni morali!”
“Lisbon, con tutto rispetto, la mia povera testa “mi dice mostrandomi una piccola cicatrice sulla sua testa, dove poche settimane fa gli avevo tirato addosso una cucitrice “può testimoniare che hai una leggera vena violenta nascosta nel tuo subconscio. Non che tu te ne debba preoccupare, accade spesso con chi è in pulizia.” Grande, adesso gli sto dando retta. Magari una leggera vena violenta ce l’ho, ma è solo per lui, davvero. E’ lui quello che non riesco mai a controllare!  Se avessi dovuto suonarle a qualcuno, le avrei suonate a lui, non a quel tipo, che magari non c’entra nemmeno niente!
“Lisbon, posso dimostrartelo. Vedi” ocntnua serio, sempre più vicino, troppo vicino, e io mi allontano un poco, reclindandomi nella mia sedia “i soggetti ipnotizzati sono facilmente suggestionabili e hanno pochi o nulli freni inibitori… perciò, chiudi gli occhi.” Gli mando un’occhiatacci, ma lui mi fa lo sguardo da cucciolo, e io non so resistere allo sguardo da cucciolo. Non a quello di Jane, così, dopo un paio di minuti di richieste, acconsento. “Brava Lisbon! Adesso rilassati, e… non parlare, devi solo pensare… vedere nella tua mente… cosa è che più di ogni altro vorresti fare ora? Puoi fare la cosa che più desideri in assoluto… sei pronta? Adesso pari gli occhi e fallo….”
Non sento nulla, se non la sua voce, e non so nemmeno cosa faccio. Non importa nulla, se non il suono della sua voce, calda e suadente, il suo sospiro sul mio collo, sul mio viso…
 
 
“Non riesco ancora a credere di essermi fatta ipnotizzare da quella pazza!”  Cammini per la stanza, mani sui fianchi, non infuriata, se non con te stessa, ma decisamente… seccata.  Se c’è una cosa che non sopporti, è di dover dare ragione a Jane. E Jane, come suo solito, ragione ce l’aveva. La pazza ti aveva ipnotizzata.
“Senti, Lisbon, non devi essere arrabbiata con te stessa, tutti possono essere ipnotizzati e quella donna era davvero molto brava” fa una beve pausa, bevendo un sorso di te, poi sorride, malandrino. Quando fa così, non sai se prenderlo a ceffoni  o baciarlo, una delle due va bene, basta che la smetta di fare quel sorrisetto compiaciuto da “so tutto io e io ho sempre ragione, perché io sono il migliore in quello che faccio” . ma un giorno, oh sì, un giorno glielo cancellerai dalla faccia… gliela farai vedere, eccome! “Certo, non brava quanto me, ma io sono sempre stato il migliore nel mio campo!”
Prendi la tazza di caffè (vuota) e stai per tirarglielo. L’unico motivo per cui non lo fai è perché, ore prima, sotto ipnosi, hai cercato di buttarlo giù da un palazzo. Uh, interessante. A quanto pare il tuo subconscio è così stufo di lui che preferirebbe eliminarlo piuttosto che averlo tra i piedi per anche solo pochi altri minuti. Certo, la pazza voleva farmi credere che stavamo per andare a farci una nuotata insieme nell’oceano, ma sempre un salto da un palazzo sarebbe stato.
“L’unica cosa che importa è che abbiamo preso il colpevole, evitato ulteriori omicidi e che gli affari interni mi hanno completamente scagionata perché non ero in me!” smette di sorridere, e guarda negli occhi Jane, presa da una sottile vane di panico. Si siede al suo fianco, e sta quasi per prendere le di lui mani nelle sue per imploralo, tanto è importante la domanda che sta per fargli.  “ma adesso lo sono, vero? Completamente ristabilita, normale, a posto?”
“Sì, lo sei, Lisbon, puoi stare tranquilla.” Ti  guarda, dolce quasi, con una strana luce negli occhi. Non c’è nulla di malizioso nei suoi occhi, sono… sono quasi soffici, e sembra che sì ti stia studiando, ma non  nel suo solito modo, sembra più che voglia capire qualcosa di te, realizzare qualcosa, scoprire un qualche mistero…
“Io comunque sono ben felice di non ricordare nulla!” Ed è vero. Tutto quello che sai, è quello che ti hanno detto. Più o meno. Hai dei flash, ma sei quasi del tutto certa che buona parte di quei flash siano delle opere realizzate ad hoc dalla tua mente, perché non può essere successo davvero, non quello. Jane può averti fatto fare parecchie cose, ma non quello… tu non puoi aver fatto una cosa del genere. Mai, non in milione di anni.
“Davvero non ricordi nulla?” ti guarda, quasi deluso. Ma perché, cosa è successo? O forse, voleva che ricordassi per potersi prendere gioco di te, come suo solito?
“frammenti, no, per fortuna, poco.” Mentre gli altri escono, anche loro guardando Jane in modo strano, come se non capissero dove vuole andare a parare. Probabilmente perché sanno che lui ha “testato” la sua teoria, ma sai che non erano con voi, perché Jane voleva che tu potessi continuare a mantenere una “sembianza di controllo”.  Lui, comunque,  ti riserva un altro di quegli sguardi, e tu non puoi fare a meno, seduta la sua fianco, di indagare. “Mi sono resa ridicola? Cosa ho fatto? Ho cantato? Oddio, odio il Karaoke! Non ho imitato qualche animale, vero? Tina Turner, ti prego, dimmi che non ho fatto Tina Turner! ”
A quel punto, Jane sposta lo sguardo al suolo, e sembra che… sembra essere in lotta con se stesso, è così preoccupato… ti fa davvero molta pena, anche se non capisci perché debba fare così. Sai che ci tiene a te, in un modo molto particolare, ma così è perfino un po’ morboso! Comunque, una piccola, piccola parte di te lo trova davvero tenero, perciò, quasi senza pensare, prendi la sua mano nella tua. Lo vedi alzare lo sguardo, quasi come un animale spaventato, e ingoiare un grumo di saliva mentre i suoi occhi sono fissi su di te, pupille dilatate come non avevi mai visto prima, eccitato e spaventato allo steso tempo, ansioso e bisognoso insieme. Si avvicina sempre di più, avvicina le sue labbra al tuo orecchio, la sua mano sempre sulla tua mentre l’altra si posa sulla tua spalla e la stringe, due volte, con un breve intervallo. “Ricorda, Teresa…” Ti sussurra, con voce roca, facendoti mancare il fiato. E allora, lo fai. Ricordi.

Apri gli occhi e ti alzi dalla tua scrivania. Prendi le mani di Jane nelle tue, e lo fai alzare. Rimanete per pochi secondi a guardarvi. Jane ti osserva, un po’ spaventato, ingoiando un grumo di saliva mente cerca di indietreggiare di qualche  passo per proteggersi da te, temendo un tuo attacco di ira, l’ennesimo. In un movimento veloce, metti le mani sulle sue spalli, e mettendoti in punte di piedi ti sporgi verso di lui, e posi le tue labbra sulle sue. Rimane fermo, senza risponderti, per quelli che sembrano attimi interminabili, ma poi, mentre le tue braccia vanno intorno al suo collo, le sue vanno nei tuoi capelli e sulla tua schiena, e quella che era solo una carezza di labbra si trasforma in un bacio infuocato. Non si limita a  essere vittima, Jane diventa tuo complice in questo peccato, mentre per minuti interi vi baciate, senza mai staccarvi, sospirando a fior di labbra, sorridendo, nutrendovi l’uno dell’latra come se non poteste più fare altrimenti, come se la vostra vita dovesse dipendere da questo.
“Ok… questa… è la prova. Sei davvero sotto ipnosi, Lisbon, altrimenti non mi avresti mai… mai baciato.”  Ti dice una volta che vi siete staccati, anche se le vostre labbra sono ancora così vicine che senti il suo respiro sulla tua pelle in modo perfetto, così bene che potresti capire le sue parole anche senza sentirlo, ne sei certa. Si stacca da te, riluttante, e vedi la lotta in lui, e se lo conosci bene, e lo conosci abbastanza bene, non è col senso di colpa che sta lottando, ma sta cercando di cadere di nuovo in tentazione, sta cercando di resistere all’impulso di prenderti di nuovo tra le sue braccia e baciarti, senza smettere più, mai più.  “Lisbon, io… non posso svegliarti, perché non so quale innesco sia stato usato su di te, però, posso fare un’altra cosa… credimi, è meglio così, per te…io non sono quello che tu credi…non ti merito….” Ti stringe la spalla, due volte, con un breve intervallo di tempo fra i due movimenti, pochi secondi, e sussurra con voce roca nel tuo orecchio. “dimentica, Teresa, dimentica il bacio.” E se ne va dal tuo ufficio. Apri gli occhi, e sei lì, da sola. Sai che Jane è stato lì, ma non sai perché, né cosa sia successo esattamente.

Apri gli occhi, e guardi Jane, stupita, in shock, come se fosse la prima volta, come se non lo avessi mai visto prima. E non riesci a trattenerti. Poteva fartene tante, molte, ma questa… “Brutto… codardo… bastardo…” E stavolta, il tuo pugno colpisce diretto il suo naso, facendolo sanguinare leggermente. Di nuovo Jane ti fa un po’ pena. Molto meno di prima, però. Jane ha giocato con la tua mente. Jane ha cercato di cancellare alcuni dei tuoi ricordi. Jane ha cercato di farti dimenticare una delle cose più… il migliore bacio che ti sia mai capitato.
“Ok, senti Teresa, so che sei arrabbiata, davvero, e sono consapevole del fatto che la tua fiducia in me, in questo momento, è praticamente inesistente, però, avrei bisogno che tu capisca, che io l’ho fatto essenzialmente per te, per proteggerti… certo, adesso ho cambiato idea, perché non penso di poter andare avanti senza poter di nuovo sentire le tue labbra sulle mie, ma…”  Adesso è terrorizzato. Il tuo sguardo la dice lunga su cosa pensi del fatto che l’idiota ti voglia proteggere. Non senti nemmeno cosa ha detto dopo.
”Tu non l’ha fatto perché hai paura per me, tu hai paura per te, hai paura di… tu sei terrorizzato all’idea di soffrire, all’idea di amare, o peggio ancora, che qualcuno possa amare te!  E lo sai perché? Perché tu sei lo stramaledettissimo Patrick Jane, ed il mondo ruoto intorno a te, tutto ruota sempre intorno a te,  e noi siamo solo delle pedine nelle tue mani, dei giocattolini, delle marionette, e tu sei solo….” Gli urli contro, ma non finisci la frase, perché lui è di nuovo addosso a te, le tue labbra sono di nuovo impegnate in quella meravigliosa battaglia sensuale mentre le tue mani si insinuano, finalmente, nei suoi ricci, e le sue esplorano le tue curve sopra i vestiti. 
Quando finalmente vi separate, lui ti guarda speranzoso, e tu, invece, hai uno sguardo che è un misto di malizia e presa in giro. “Sai, non sono certa di essere già pronta a perdonarti, stavolta… insomma, l’hai davvero fatta grossa…  dovrai faticare tanto, tanto, tanto per farmela passare…”  nei tuoi occhi c’è solo più malizia, la stessa che leggi nei suoi occhi mentre controlla, senza mai perdere d’occhio te, che siate gli ultimi rimasti. Quando poi ti trascina nel tuo ufficio, chiudendo alle vostre spalle porta e veneziane, leggi anche altro, una leggerezza che non avevi mai visto, leggerezza e, mentre ti bacia di nuovo, quasi divorandoti con le sue labbra, premendoti tra il suo (meraviglioso, sexy, virile, caldo) corpo e il vetro della porta, una cosa che non avevi mai visto letto negli occhi di Patrick Jane, una cosa che mai avresti pensato di potergli vedere dentro… gli vedi la voglia di ricominciare e, chissà, forse, quello scintillio, sembrerebbe davvero non solo lussuria, ma anche… amore.     


NOTE: Sì, lo so, la mia mente ha la pazzesca abitudine di fare queste cose, e così, ha partorito questo scenario a dir poco pazzesco, ed è pefino più lunga di come lo avevo immaginato.... mentre  cerco di scrivere su crimson casanova, red handed e, perchè no, paint it red (c'è una scena che urla JISBON!) un paio di cosette della stagione tre... spero vi piaccia!

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Capitolo 10
*** Gelosia ***


Titolo:Gelosia
Episodio: 1.13 (paint it red)
Autore: Elina
Rating: Verde
Pairing: Jisbon

Ancora una volta avete chiuso il caso, ma stavolta devi ammettere che il “giochetto” di Jane ti ha roso, e non poco, ma parecchio. Che poi, è piuttosto stupido il motivo per cui sei, in un qualche modo, seccata con lui. Sbuffi mentre batti con la penna contro un povero foglio innocente, ripetendoti per la trecentesima volta che no, assolutamente no, non sei arrabbiata con lui perché ha chiesto a Grace e non a te di “interpretare” la sua compagna.  Che poi, sì, è vero, lui ha finto di essere un professore sulla quarantina e tu lei la sua ex allieva ora amante, ma non poteva usare una storia leggermente diversa cosicché il ruolo potesse essere tuo?
Non voglio l’esclusiva di Patrick Jane, non voglio l’esclusiva di Patrick Jane, non voglio Patrick Jane, non voglio essere o fingere di essere la sua ragazza.
“Sei arrabbiata con me” alzi gli occhi al cielo quando Jane entra nel tuo ufficio, sempre senza bussare e sempre con la sua stramaledetta tazza di te in mano. Questo fatto ti secca già, ma ti secca ancora di più che lui non chieda, come le persone normali, ma dica, tu legga. Certo, sei felice che lui capisca tutte queste cose di te, ma ogni tanto apprezzeresti anche se lui non facesse tanto lo sbruffone e si preoccupasse come fanno tutti i comuni mortali: chiedendoti come stai, invece di dirtelo.
“Jane, passo buona parte delle mie giornate ad essere arrabbiata con te; non vedo quale sia la novità” gli dici, senza alzare gli occhi dal foglietto semi-distrutto, fingendo di leggerlo.  Magari, se fai finta che lui non ci sia abbastanza a lungo, se ne va per davvero.
“Meh, eri seccata oggi, ma adesso, non lo so, è un tipo diverso di seccatura, non è la solita “che diavolo hai fatto Jane” tipo di seccatura, ma più un tipo… non sono certo di poterti dire esattamente cosa sia, perché, se devo essere sincero, qualunque emozione tu stia provando ora, è nuova, e non te l’ho mai vista in viso.”
Spalanchi gli occhi. Hai capito bene? Jane non ti sta leggendo? Non sa cosa ti passa per la testa? Questa è nuova. Adesso sì che hai paura. Magari è uno dei segni dell’Apocalisse.
“Jane, davvero, non so di cosa stai parlando…” fai per alzare lo sguardo per parlargli, ma Jane ha cambiato posto. Jane non è più all’entrata del tuo ufficio. No. Jane è chino sulla tua scrivania, a pochi centimetri da te, e tanto basta a farti diventare rossa come un peperone. “Jane!”
“Sai, il contatto… un contatto fisico così ravvicinato… Cho o Rigsby ti avrebbero seccata, ma mai imbarazzata. Dimmi Lisbon, perché reagisci così solo alla mia presenza? Perché solo io ti faccio arrossire o sentire in imbarazzo quando siamo così vicini che riesco a sentire il tuo respiro a fior di labbra?”  sei congelata nella tua sedia, e Jane incombe su di te, il suo naso sfiora il tuo quando la sua voce sussurra, sorridendo compiaciuta, nel tuo orecchio.  “Avanti, Teresa, ammettilo, eri gelosa che abbia chiesto a Grace di essere la mia compagna” Odi quando fa così, odi quando riesce a estorcerti una confessione usando il debole che hai per lui, in quanto mentalista chiudi - casi e in quanto uomo decisamente piacevole allo sguardo.  “Volevo smebrare un po’ cinico e stronzo. Se avessi chiesto a te di farlo, nonostante non si sia mai troppo grandi per tornare a scuola e tu potresti essere stata benissimo una mia allieva, non sarei mai stato in grado di esserlo. “
“Ah sì?” sussurri, ingoiando un grumo di saliva, ancora a occhi chiusi.
“Sì, perché tu meriti di essere venerata anima e corpo, mia cara, e meriti un uomo che sia degno di te” ti bacia, veloce, poco più di una carezza lussuriosa ma allo stesso tempo dolce “e io sto ancora cercando di migliorare”
Quando riapri gli occhi, lui se ne è andato, e non puoi fare a meno di chiederti se ti sei sognata tutto questo o meno. In compenso, sai una cosa: dubiti che potresti mai andare sotto copertura con Patrick Jane. Rischiereste di passare per sposini novelli incapaci di tenere le mani a posto
 

 

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Capitolo 11
*** Smeraldi ***


TITOLO: Smeraldi
EPISODIO: 1.06 (red-handed)
RATING: Arancione
PARING: Jisbon
AUTORE: Elina

“Io non li voglio e indietro non li riprendono”  Quando, passata la mezzanotte da parecchie ore, apri la porta della tua camera d’albergo dopo l’incessante bussare che ti ha portata via dalle braccia di Morfeo, ti trovi davanti Patrick Jane, a piedi nudi e con un tipicissimo pigiama bianco a righine azzurre, piedi nudi, ma, soprattutto, ti trovi, sbattuto in faccia, un astuccio di gioielli quadrato di velluto nero, lo stesso che ti ha dato stamane.
Senza nemmeno attendere il tuo invito – non che lo faccia normalmente, almeno stavolta ha avuto la decenza di bussare, anche se magari avresti preferito che scassinasse la serratura, dato che avrà svegliato l’intero piano – piomba nella stanza e va a sedersi ai piedi del letto, aprendo il cofanetto e  estraendone i gioielli prima di buttarlo,senza troppe cerimonie, sul pavimento.  Tu, ti limiti a chiudere la porta, e sbuffando con gli occhi al cielo lo raggiungi. Non ti siedi davanti a Jane, anzi, a Patrick, ma stai davanti a lui, con le mani sui fianchi.
Lo guardi osservare i gioielli e rigirarseli tra le mani, con quello sguardo da cucciolo sperduto tremendamente bisognoso di affetto che, ogni volta che te lo fa, ti manda in brodo di giuggiole. Lasci perdere, e ti lasci cadere sul letto al suo fianco, facendo un grosso sospiro. Non ce l’hai con lui. Ce l’hai con te stessa perché sei totalmente incapace di avercela con lui.  Anche stavolta l’ha avuta vinta. Anche stavolta non litigherete. Anche stavolta cedi, lo sai, è inevitabile. Con lui cedi sempre.
“Bello il pigiamino, Mr. Jane.” Lo stuzzichi, con un mezzo sorrisetto, lanciandogli una mezza occhiataccia mentre lo pizzichi leggermente nel braccio.  Lui, finalmente, si risveglia da quello stato di torpore e la smette di farti quella sottospecie di broncio,  e ti sorride, scrollando le spalle, di nuovo il solito Jane, o meglio, il solito Patrick, quello che tu sola conosci, che ti lanciando una di quelle occhiate molto, molto suggestive mentre ti mette, molto, molto, molto lentamente,e di nuovo addosso collier e orecchini, oro e meravigliosi (ed enormi) smeraldi che, a quanto dice lui, sono perfetti con i tuoi occhi perché ne amplificano la luce e si armonizzano perfettamente, neanche i tuoi occhi fossero davvero smeraldi.  
“Meh, normalmente non sono così borghese, preferisco dormire in boxer… o ancora meglio nudo, se sono in dolce compagnia… ma ho pensato che non fosse il caso di mettere a rischio la mia integrità mentre camminavo per l’albergo…”  Terminati di mettere i gioielli, passa alla sua parte preferita, passa a quello che più vuole fare:  bacia e succhia la tenera pelle del collo mentre le sue mani si insinuano nell’orlo della tua maglietta e la sollevano, piano, piano, piano, facendola scorrere lungo le tue curve in una lunga tortura.  “Ci pensi già tu a farlo, dopotutto!” senti la sua risata sulla tua pelle un attimo prima che lui si stacci da te per fare scorrere quello che al momento è un capo di abbigliamento odiato da entrambi dalla testa.
Quando, pochi secondi dopo, indietreggi e ti siedi contro la spalliera del letto, ormai hai solamente i gioielli che lui ti ha regalato addosso.  Mordendoti maliziosa le labbra e regalandogli uno sguardo che non lascai spazio all’immaginazione, lo afferri per il colletto dell’altrettanto odiato “pigiamino”, trascinandoti il biondo praticamente addosso, cercando di rimanere abbastanza lucida da sbottonarli i bottoni anziché strapparli come la fretta e la frenesia e il bisogno sempre più opprimente che senti dentro di te ti suggeriscono di fare.  Non sai davvero come sia possibile che pantaloni, camicia e boxer (bianchi, non certo i tuoi preferiti, tu hai un debole per Patrick che se ne gira la mattina per casa tua, mezzo addormentato, capelli in disordine, scalzo con solo un minuscolo paio di boxer neri decisamente aderenti  che non ti fanno immaginare niente) finiscano interi sul pavimento, vicino alla scatola dei gioielli, e non in brandelli, come la fretta e la furia ti suggerivano.

“Lo sai che non posso tenerli, vero?”  fai un mezzo broncio quando, un paio di ore dopo, ti ritrovi, di nuovo sveglia, tra le sue braccia. Patrick giocherella svogliato con una ciocca dei tuoi capelli, mentre tu, la tua schiena contro il suo petto,  è col girocollo che giocherelli.
Sorridi, perché sai che sbuffa e alza gli occhi al cielo, normalmente una cosa che fai tu. devi ammettere, però, che ultimamente ti sta rivolgendo quest’espressione sempre più spesso, il suo modo di dire di rilassarti e di ricordarti che sei a casa e che lì non sei Lisbon ma Teresa, e lui non è Jane ma Patrick. Se il tuo essere molto, troppo professionale e seria al lavoro lo intriga e lo diverte, quando queste tue caratteristiche oltrepassano con te la soglia dell’appartamento, lo snervano e lo irritano.
E ce ne vuole perché tu lo irriti.
“E io che ho faticato tanto per convincerti…” sbuffa sorridendo e ridendo mentre tu ti volti nelle sue braccia, affondando il tuo viso nel suo petto e baciando quella parte di lui che Patrick tiene sempre, cosa criminale, nascosta sotto tanti, troppi vestiti.  
“Hai dato via quelli di Van Pelt, se non dai via anche i miei sospetteranno qualcosa, e il punto di tenere segreta una relazione è che la suddetta relazione deve essere tenuta segreta, nessuno deve sospettare qualcosa e nessuno deve sapere nulla!”   ogni parola che urli sussurrando è enfatizzata dal tuo indice destro, che va a “punzecchiare” il pover’uomo sul cuore.
“tutto questo bello ben di dio che ti offerto, Teresa, era proprio per farti capire che, se vuoi, puoi tenerli tu e basta. Nessuno deve sapere.” Ti guarda, serio, e sai cosa intende. Non si tratta solo dei collegi e degli eventuali pettegolezzi, non si tratta dei capi e delle eventuali ripercussioni, né del fatto che potreste non essere ancora pronti per uscire allo scoperto con la vostra relazione. Il vero problema è un altro. Uscireste allo scoperto subito, se poteste, ma sapete, lui sa, che non è possibile. Non finché John il Rosso è ancora la fuori, con quel suo morboso rapporto di odio e amore per Patrick. Sapete entrambi che, dovesse mai sapere di te, di voi, diventeresti un bersaglio più grande di quello che già sei, non saresti più solo la poliziotta che indaga sul caso, ma anche l’amante, la ragione di vita, della nemesi dello psicopatico, un bocconcino troppo prelibato da lasciarsi scappare. “ Per quello che ne sa la squadra, io ho dato via tanto i rubini di Grace quanto i tuoi smeraldi. Può essere un altro dei nostri piccoli segretucci, sarà…” ride, tutto contento, mentre re-inizia a mordicchiarti il collo “sarà una cosa tutta nostra, ed è l’unica cosa che ti permetterò di indossare quando saremo insieme… da soli… sotto le coperte… sotto la doccia… sul divano… o magari, anche, perché no…”
“Oh, per favore, non  hai più l’età per le maratone di sesso selvaggio!” lo colpisci nel petto, scherzosa, e intanto continui a giocherellare col collier.
“Ammetto di essere stato fuori allenamento, ma ultimamente ho incontrato questa tizia, poliziotta piccolina con questi capelli neri lucidi e morbidi come la seta e occhi come smeraldi… piccolina ma con tutte le curve al posto giusto, un po’ troppo autoritaria ma dopotutto solo io rasento la perfezione… e lei sta facendo di tutto per farmi tornare in piena forma…”
Con le braccia intorno al suo collo, lo fai di nuovo piombare su di te, accogliendo le sue labbra sulle tue e resa euforica dal contatto dei vostri corpi, ancora una volta uniti, ancora una volta che si muovono ritmicamente, con la stessa cadenza neanche fosse quello che fate da una vita e non solo pochi mesi.  quando le sue labbra si staccano dalle tue mentre tu assapori già il culmine del piacere che quest’uomo ti ha donato, lui sussurra, roco, poche parole nel tuo orecchio prima di prendere il lobo tra i denti.
“Terrai gli smeraldi” sai che sta facendo il suo ghigno alla Jane. Sai che è un’affermazione e non una domanda.
E sai che ha ragione. 



Aaahhh!!!!!!!!1 Eccomi qui di nuovo, con questa cosa pazza, pazza, pazza! Perchè nessuno oserebbe concepire che jane e Lisbon possano DAVVERO avere una relazione, e che lui si comporti come si comporta per tenerla nascosta! (anche perchè allora sarebbe stato un verme a uscire con Bi...Kristina), perciò... non ammazzatemi, ma questa cosa, andiamo, Jane è così Machiavellico che lo farebbe, secondo me!

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Capitolo 12
*** LA PROMESSA DI UN FUTURO ***


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Capitolo 13
*** In realtà lei mi ama ***


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Capitolo 14
*** La multa non la pago ***


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Capitolo 15
*** Io non ti abbandonerò mai ***


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Capitolo 16
*** Cambio di routine ***


p> Titolo: Cambio di Routine
Episodio: 3.15 (Red Gold)
Autore: Elina
Rating: verde

CAMBIO DI ROUTINE
Poggiandoti alle stampelle, ti versi un bicchiere d’acqua nel cucino dell’ufficio, mentre, alle tue spalle, Jane si prepara il suo solito te. Sorridi, un mezzo ghigno, voltandoti verso di lui, la schiena appoggiata al mobile della cucina.
“sai, Hightower mi ha abbracciato. E mi ha anche dato delle pacche sulle spalle. Aveva le lacrime agli occhi, e sono del tutto certa che non fosse perché le ho fatto da baby-sitter, ma perché lei ha dovuto fare da baby-sitter a te.” Puntualizzi, indicandolo, fiera della tua deduzione. “Scommetto che dopo aver passato due giorni ad investigare con te, non mi darà più nessun problema da oggi in poi. Scommetto che non ti adora nemmeno più così tanto!”
Jane si avvicina, faccia  a faccia, tazza in mano, tutto gongolante. Sta di nuovo tentando il suo solito trucchetto. Sa che tu sei del tutto incapace di ritenerlo (a lungo) responsabile di qualcosa, perciò esercita il suo (stramaledetto) fascino su di te.
Meglio cambiare strategia.
“Allora, come è stato?”
“Come è stato cosa?” tu chiede, e poi capisce, quando nota il tuo sguardo spostarsi per un attimo verso il tuo ufficio, dove il tuo capo è ancora chiuso con i suoi figli. “Oh, ti riferisci al fatto che sono uscito con un’altra…beh, se lo vuoi sapere, Lisbon, è stato meraviglioso, divertente, inteso, una sfida;  Madeline ed io formiamo una coppia davvero dinamica… abbiamo una profonda connessione.”
“Meraviglioso, sono felice per voi” gli dici avvicinandoti, pronta a colpire.  Le tue perfide intenzioni ti si leggono probabilmente in faccia, perché, dall’espressione di Jane, capisci che si aspetta la tua prossima mossa.
Così, ti batte sul tempo.
“Che c’è, Lisbon, non sarai mica gelosa!” ti dice, ad un sussurro di distanza dalle tue labbra, guardandoti con quell’espressione che, di solito, usa per “sedurre”  le colpevoli in modo da ottenere le loro confessioni. Però, stavolta, sembra esserci qualcosa di più. Il respiro ti muore in gola il momento in cui Jane ti solleva il mento con l’indice destro, diminuendo ulteriormente la distanza tra le vostre labbra. “Beh, sappi, Lisbon, che Hightower popola solo i miei incubi, mentre tu, mia cara, sei la presenza costante delle più piacevoli e piccanti escursioni del mio subconscio nel mondo del peccato….”
E ti bacia. Insomma… ti sfiora le labbra con le sue. Che è sempre un bacio. Piccolo e innocente, ma se tu consideri un bacio uno dato sulla guancia, allora è un bacio anche questo, perciò… prima che tu possa finire di riflettere, o possa rispondere al suo bacio, lui è già fuori dalla stanza, ma si affaccia un’ultima volta, mentre tu sei ancora lì, immobile, nella stessa posizione in cui lui ti ha sorpresa quando ha fatto ciò che ha fatto.
“Dimenticavo. Ho intenzione di portarti in braccio fino alla mia macchina, accompagnarti a casa e poi portarti, sempre in braccio, fino in casa, prepararti magari un bagno caldo e nel frattempo mettere su cena.”  Sorride a 32 denti, stile stregatto. “Credi che potrei convincerti a vedere se alcune delle escursioni del mio subconscio nel mondo del peccato carnale siano fattibili?”
Hai la pessima, pessima impressione che lo farai…
  
 

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Capitolo 17
*** Il nome sbagliato al momento sbagliato ***


TITOLO: il nome sbagliato, al momento sbagliato
EPISODIO DI RIFERIMENTO: 3X07 (Red Hot)
AUTORE:Elina
RATING:Arancione (tendente al rosso)
PAIRING: Jisbon, of course!
CONTEGGIO PAROLE: Odiatemi pure, ma questa storiella è lunga ben 7219 parole!!!!
NOTE: libera, parecchio, re-interpretazione della mia fan-fiction, scritta in inglese su fanfiction. net, "Craving Touches"  (http://www.fanfiction.net/s/6453563/1/Craving_Touches ) sempre un "what if" sull'episodio. Quella storia è molto, ma molto più spinta, soprattutto in alcune parti. (lì il rating era M, non solo T, ma chissà perchè, se devo scrivere in italiano di scene troppo spinte, vado nel panico. credo sia perchè esiste la possibilità che certe cose vengabo lette da certi genitori e un certo fratello, cehe grazie al cielo non capiscono un acca di Inglese permettendo così alla mia morbosa fnatasia di correre libera almeno lì)


IL NOME SBAGLIATO AL MOMENTO SBAGLIATO

Le mani di Lisbon percorrono, affamate di desiderio, il petto liscio, scolpito e lievemente abbronzato dell’uomo, l’unica parte del suo corpo che per ora è stata privata del vestiario.  Si di lei, invece, rimane solo un minuscolo e quasi indecente completo intimo, pizzo verde scuro e seta nera, ed è certa che non rimarrà comunque troppo a lungo su di lei. Dopotutto, per quanto lei lo desideri, chi ha atteso maggiormente questo istante è lui, fin dal loro primo incontro.   E, infatti, senza nemmeno rendersene conto, Teresa si ritrova distesa sul letto, priva di ogni indumento, mentre mani e bocca dell’uomo compiono meraviglie su di lei. Il suo tocco la accende come non succedeva da molto tempo, la fa sentire sollevata, felice, bellissima, desiderata, e, anche un po’, amata.
Si scioglie sotto la guida dei suoi tocchi leggeri ma esperti, desiderosa che anche lui si sbarazzi dei suoi abiti. Teresa ha bisogno di questo, vuole questo. E lo vuole da lui. Sa che anche lui lo vuol. Sa anche però che lui vuole giocare un po’ con lei prima, che vuole che lei si diverta tanto quanto lui. Lui vuole che entrambi godano appieno di questa esperienza. Vuole che entrambi escano soddisfatti da quest’incontro.
Le sue mani giocano, o forse torturano i seni di Teresa, mentre la sua bocca percorre il suo corpo, in direzione di quel punto in cui lei lo desidera ardentemente. Quando però vi arriva, le mani di Teresa lo afferrano per i capelli, cercando di fargli capire in silenzio – il suo raziocinio è stato cancellato dalle mani dell’uomo ancora all’opera sul suo corpo – cosa lei desideri davvero. Lui, però, non sembra sentire ragione, e continua la sensuale e piacevole tortura con mani e labbra e lingua, senza darle ciò che lei più desidera, non le da ciò che da troppo tempo Teresa non ha più avuto.  Non vuole essere punzecchiata. Non vuole passare ore a sperimentare questa tortura, per quanto sia meravigliosa. Ora, dopo mesi di tensione sessuale repressa, vuole solo essere scopata come si deve.
“Ti supplico, adesso basta, lo sai cosa voglio Jane, adesso smettila di giocare e scopami.” Il suo cervello ha giusto il tempo di elaborare le parole che hanno lasciato la sua bocca che il suo corpo avverte il peso dell’uomo spostarsi da sopra di lei per andare a sedersi il più lontano possibile.  Lei si siede, incapace anche solo di pensare di guardarlo negli occhi, e all’improvviso si vergogna della sua nudità e deve coprirsi.
Sa che lui è sotto shock. Accidenti, lei è sotto shock, e anche leggermente dispiaciuta.
“A quanto apre ho perso il mio tocco magico.” Le dita percorrono i capelli corti mentre lui cerca di mantenere alto il morale e di essere leggero e positivo; non guarda Lisbon, però, ma il pavimento.  Cerca di non dare troppo eso alla cosa, ma deve ammettere che è la prima volta che gli capita da quando aveva poco più di vent’anni; è la seconda volta che una donna gli da, in un modo o nell’altro, il due di picche, ed entrambe le volte Teresa ha inflitto il colpo di grazia al suo ego. E dire che, nonostante si fossero trovati d’accordo sul fatto che si sarebbe trattato di una volta sola, lui sperava che la performance potesse avere parecchie repliche nell’immediato futuro, e tutti i segni facevano ben sperare. Fino a quel momento si erano divertiti entrambi, fino al momento in cui lei aveva sussurrato il nome di un altro, pregato, scongiurato un altro uomo perché la prendesse, un altro che, di certo, non era quello con lei stava per passare una notte incandescente.  “senti, non c’è nulla di cui preoccuparsi, va tutto bene; siamo entrambi adulti, e non è certo la prima volta che una donna chiama un altro mentre è con me.”
“no, non va bene per nulla!” Teresa sibila a denti stretti, infuriata non con quest’uomo che avrebbe ogni ragione, per essere tutto tranne che così gentile ma inferocita con se stessa e con Jane.  “Non va bene che io non riesca ad avere un appuntamento decente da anni perché mi devo sempre occupare di lui o che io non dorma e riesca a mangiare perché sono troppo preoccupata per Jane.”  Fa una breve pausa, poi, singhiozzando, va avanti. “ Non va bene che non riesca a fare sesso perché ogni volta che sono con un uomo, è lui che m’immagino essere con me, né che io debba continuare a torturarmi con assurde fantasie di lui che mi ama con il suo corpo e la sua anima!”
Lisbon Incrocia le braccia e piagnucola come una bambina mentre Mashburn la abbraccia in un modo tutt’altro che naturale dandole colpetti sulle spalle per rasserenarla, a disagio e non certo uso a simili gesti. Nel momento in cui Teresa, scoppiando in un pianto isterico, scappa a nascondersi in bagno, Walter capisce che per lei è lo stesso. Lo lascai a bocca aperta, senza parole, incapace di pensare coerentemente a una strategia di uscita che non comprenda solo offrirle la stanza degli ospiti come ha intenzione di fare.
Quando, la mattina dopo, Teresa lascia nuovamente il bagno, prega con tutte le sue forze che Walter sia uno di quei ricchi che passano l’intera giornata a letto in modo da poterlo evitare. E’ ancora troppo imbarazzata da quello che (non) è successa la notte prima. Lei era andata da lui. Lui le stava provocando una fiammata di piacere immenso. Lei l’ha chiamato Jane mentre lo stava facendo.  
“Buongiorno!” quando sente la sua voce, Lisbon si volta, e lo vede ancora mezzo nudo seduto sul letto, come la sera prima.  Ancora senza la camicetta, Teresa finisce di vestirsi in fretta e furia mormorando la risposta all’augurio, molto, ma molto a disagio. Guarda ovunque, ma non a lui. “Teresa, mi fa comunque piacere che la scorsa notte tu mi abbia raggiunto.” C’è qualcosa nella sua voce che non Teresa non è certa di riuscire a identificare. Nonostante come le cose siano andate tra loro, sembra che una piccola parte di Walt sia felice di essere stato in grado di aiutarla, evidenziando emozioni troppo a lungo represse. A quanto pare, a dispetto do ogni sua più rosea attesa, Walt è un brav’uomo, sotto, sotto, e lei, come suo solito, non è stata in gradi di scegliere il bravo ragazzo. Le sembra di essere tornata al liceo, quando era innamorata pazza del bastardo dal cuore di ghiaccio che poteva solo venerare da lontano.  
“Sì, lo sono anch’io.” Vorrebbe dire che è felice di aver ammesso tutti quei sentimenti ad alta voce, che ammettere di essere innamorata di Jane è solo il primo passo verso la felicità, ma non può, perché sa che non è così. Ammettere di amare Jane è solo quello, parole che all’uomo interessato non cambiano nulla. Non cambierà nulla tra lei e il suo consulente, né tra lei e Mashburn, come non aveva cambiato nulla tra lei e Bosco.  Teresa sopprime a stento una risata isterica quando capisce come il suo mentore ci avesse visto giusto. Ha sempre fatto troppo per Jane. Si è sempre esposta troppo per lui. E di certo non ne è valsa la pena. Va bene, ammettere con Walt che amo Jane mi ha fatto sentire meglio, ma questo non significa che correrò da Jane per dirgli cosa provo per lui.
“Vuoi che ordini il servizio in camera?”
“Sono in ritardo e i bastardi continueranno ad ammazzare poveri disgraziati se non faccio qualcosa.” Gli sorride di un sorriso sincero, il primo dopo tanto, troppo tempo, e nonostante il suo stomaco voglia dire di sì, il cervello le suggerisce che dopo quello che (non) c’è stato tra di loro farà meglio a eclissarsi. E poi, deve andare su una scena del crimine, dove c’è già Jane, tutto solo, e come suo solito lei è preoccupata per lui e per cosa lui potrebbe fare in sua assenza. E le manca, cosa da non poco.  
 “Credi che potrei vederti di nuovo?” le chiede con speranza e gaiezza, e Lisbon davvero non capisce perché dovrebbero riversi, visto e considerato come sono andate le cose. Le piace la sua compagnia? La vuole conquistare? Dovrebbe essere lusingata, e una parte lo è, ma non può esserlo del tutto, non quando ogni volta che chiude gli occhi, vede quel viso. Nonostante lei desideri ardentemente Walt e quello che lui le possa offrire, per quanto passeggero e privo di sentimenti, lui non è Patrick Jane. Non è pronta per qualcuno che non ha occhi azzurri, ricci biondi e non si chiama Patrick Jane. Potrebbe non esserlo mai.
“Non devi partire per l’Europa domani?”
“Mi aspettano due mesi d’incontri d’affari, nulla che non possa posporre.” Scrolla le spalle come nulla fosse, sorridendo a Lisbon che ricambia lo sguardo, seduta al suo fianco sul letto. Il suo ego non può fare a meno di sognare che lei gli si getterà addosso, spogliandosi e portando a termine quello che la notte prima era stato così bruscamente interrotto, ma sa che è solo questo, un sogno. L’ammissione della notte prima è ancora troppo fresca. Sono passate solo poche ore da quando ha detto ad alta voce di amare Patrick Jane, e non farebbe mai l’amore, e nemmeno sesso, con un altro.
“Oh, povero piccolo, come deve essere dura governare un impero multimilionario.” Gli dà un bacio sulle labbra, lento, sensuale e leggermente lussurioso. E’ il genere di bacio che normalmente serve da preliminare, ma che ora vuole solo dire che lui è un bravo uomo, decente, e che l’idiota è lei. Non è un bacio di passione o d’amore, ma di gratitudine. Certo, avrebbe potuto baciarlo sulla guancia, ma sarebbe stato come baciare suo fratello, e lei e Walt avevano fatto tutto tranne cose che lei avrebbe fatto con i suoi fratelli. E poi, Walt è stato così dolce e comprensivo che questo sia il minimo che può fare per ringraziarlo e salutarlo. “Mi ha fatto piacere rivederti, nonostante le circostanze.”
“Sono stato l’avventura di una notte per l’ispettore Callaghan, roba da non credere!” Ride, e lei fa lo stesso, nonostante l’avventura non sia avvenuta ma fosse stata nelle loro intenzioni. Walt, sconvolta dalla bellezza di quella risata argentina e dalla bellezza del suo sorriso, non può fare a meno di compatire Patrick Jane, così ossessionato dal passato e dalla vendetta da non capire la meravigliosa creatura che è davanti ai suoi occhi ogni giorno.
“Dubito di doverti chiamare un taxi, perciò non mi resta che dirti addio, Walt.” Dopo aver sentito queste parole, Walt non può fare a meno di guardarla andare via, riflettendo come quella che doveva essere una torbida notte passata tra le lenzuola si sia trasformata nell’opposto. Non lo aveva immaginato, e perciò è rimasto sorpreso. E lui adora le sorprese. E le donne non lo sorprendevano da un po’. Cosa non l’ha sorpreso è stato scoprire che Lisbon nutre profondi sentimenti per Jane. Che ci fosse un profondo legame è stato evidente dal loro primo incontro. Certo, non si aspettava che fosse quel genere di amore che fa perdere sonno, appetito e desiderio verso qualunque altro essere umano.  E per giunta, Teresa lo considera un amore del tipo peggiore, quello non corrisposto.  Riflettendo su cosa ha visto in entrambi i loro incontri, però, Walt non ne è così certo. Certo, anche Jane tiene a Lisbon, e i piccoli gesti che Patrick fa sembrerebbero indicare che tiene a lei ben più di come si dovrebbe tenere a una collega, perfino troppo per essere solamente amici.  Forse, in realtà, nemmeno loro sanno esattamente cosa c’è tra loro (o meglio, Jane non lo sa ancora). O forse lo sanno ma non sono in grado di esprimerlo a parole.
Sorride fiero di se mentre un piano si fa largo nella sua mente. L’Europa può attendere, anche perché ha persone che possono andare alla riunione per lui e prendere decisioni al suo posto. Quello che vuole fare ora è provare qualcosa di nuovo- esiste la possibilità che giocare a fare Cupido sia divertente come dare la caccia alle signore. Se dovesse funzionare, sarà il suo modo di ringraziare Lisbon e Jane per averlo tolto dai guai per ben due volte, e se Jane alla fine dovesse decidere che Lisbon non è ciò che desidera, lui potrà sempre fare da spalla consolatrice nell’attesa di divenire qualcosa di molto più intimo di un amico consolatore. Lisbon sarebbe perfetta per ogni cosa. Lisbon sarebbe perfetta come si avventura di una notte, ma sarebbe ancora più perfetta nel ruolo di quarta moglie.
Perciò, adesso, era ora di passare la palla al mentalista, giocherellando un po’ con lui e manipolandolo come lui fa con gli altri.     
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Nel momento in cui quella mattina Patrick era arrivata sulla scena del crimine e Lisbon non c’era, la paura si era impossessata del suo cuore, e aveva capito che c’era qualcosa che non andava.  Non temeva per la vita di Lisbon, la sua Teresa sa fare attenzione e proteggersi. Ciò che Patrick temeva era che qualcuno fosse riuscito a penetrare le sue barriere, abbattere i suoi muri, entrando nelle “grazie”. E quel qualcuno non poteva essere nessun altro se non Walter Mashburn.
All’inizio, aveva pensato di essersi sbagliato, che fosse impossibile. Lisbon non era il genere di donna da vendersi per un po’ di regali, per quanto costosi, non era quel genere di “prostituta” che lo è nel cuore e nella mente ma non nel corpo. Certo, Lisbon non è nemmeno una santa, o una suora votata al voto di castità, ed è libera di fare ciò che vuole con chi più le piace. Certo, la sua idea di lasciar fare a Lisbon tutto quello che vuole con chi più le aggrada è che lei lo faccia con lui, ma questo è solo un piccolo particolare.
Poi, però, quando si era convinto che, nonostante tutto, Lisbon non sarebbe mai caduta così in basso da concedersi una sveltina con Mashburn, lei era arrivata sulla scena dal crimine, una buona mezz’ora dopo di lei, inducendo come responsabile il traffico all’ora di punta a uscire da Sacramento. Peccato che fosse vestita esattamente come il giorno prima, che non avesse trucco e sembrasse essersi preparata ala veloce. Certo, questo poteva anche starci; forse semplicemente significava che la sveglia non aveva suonato e lei si era trovata a prendere la prima cosa che le era passata per le mani e a non guardare tanti fronzoli.  Peccato però che non avesse risposto al telefono di casa, ma al cellulare, quando avevano provato a raggiungerla, colti di sorpresa dal suo inaspettato ritardo. E pi c’erano due cose molto, ma molto peggiori che lo avevano portato a capire che c’era una concreta possibilità che quasi sicuramente Lisbon avesse passato una notte di passione infuocata col maledetto miliardario.
Lisbon era arrivata sulla scena del crimine molto rilassata, troppo per i suoi soliti standard mattutini e per essere in crisi di astinenza da caffè, e sembrava quasi risplendere di luce propria, quasi fosse tremendamente soddisfatta per qualcosa.  E poi, c’era un fatto ancora più terribile, un particolare che gli aveva fatto raggelare il sangue, quando era stato colpito dalla consapevolezza che sì, Lisbon era stata a letto con Mashburn.  Lui era chino sul cadavere dell’uomo, annusando l’aria come un segugio nella speranza che qualcosa lo colpisse, quando lei si era chinata al suo fianco, alzando gli occhi al cielo e tentando di far capire al poliziotto locale che sì, il suo consulente aveva modi alquanto bizzarri, ma sapeva cosa stava facendo.
In quel momento, una leggere brezza si era alzata, e lui era stato colpito in piena faccia, quasi fosse stato un pugno, dal profumo proveniente da Teresa. Lisbon non profumava di limone e cannella come suo solito. Lisbon profumava di un’eau de toilette che aveva già sentito diverse volte, e che aveva scoperto essere chiamato “Rocky Mountain”.  La stessa eau de toilette di Mashburn. Lisbon aveva addosso il profumo di Mashburn. Lisbon era coperta e inondata di quel profumo. Era quindi giunto a una logica deduzione: Lisbon aveva passato la notte aggrovigliata a Mashburn.
Per questo, appena tornato alla “base”, si era rifugiato nel suo attico, adducendo come scusa che il caso non gli stesse trasmettendo vibrazioni di alcun tipo e che non fosse cosa per lui. In realtà, aveva semplicemente desiderato sdraiarsi sul suo giaciglio di fortuna e stare il più lontano possibile da lei.  Se l’avesse avuta accanto, lo avrebbe portato ad avere continui flash del miliardario e lei occupati a trovare piacere reciproco nel più carnale dei peccati, e lui non lo poteva certo permettere. Aveva voluto chiudere gli occhi e concentrarsi su sé stesso e su di lei. I flash che voleva avere, e che aveva avuto, erano solo fantasie, probabilmente impossibili da realizzarsi visti gli ultimi sviluppi, ma lo avevano aiutato a trovare un po’ di tranquillità. Immaginare di averla tra le braccia, di passare intere nottate a portarla oltre le vette del piacere lo faceva sentire quasi come ogni altro essere umano, e gli faceva sentire Teresa più vicina, più sua.  Certo, però, dopo il primo attimo di compiacimento, quella fallace felicità che fantasticare su quella donna gli causa ogni volta, alla fine Jane non aveva potuto fare a meno di sentirsi come svuotato. Lui bramava dal desiderio di passare la vita a fare l’amore con la donna che lo aveva stregato, mentre quell’altro non perseguiva obbiettivo che fosse diverso da qualche nottata di semplice e banale sesso che poco o nulla aveva a che fare con i sentimenti.  Lui sognava un futuro con lei, e di invecchiare con Lisbon, immaginava di abbracciarla la notte, sulla spiaggia, con lacrime di gioia mentre i pallidi raggi della luna risplendevano sulle fasce d’oro ai loro anulari sinistri. Quell’altro cambiava moglie esattamente come si cambiava la camicia.
E adesso? A fine giornata, nervoso e seccato a dopo non aver concluso nulla, Jane se ne sta per tonare a casa (ovvero l’appartamento in affitto che ha a Sacramento), quando l’oggetto del suo desiderio gli da una leggera pacca sul retro del capo una volta raggiuntolo nell’atri del CBI.  Che sia seccata poco importa, lui, quando la vede, non può fare a meno di sorriderle, anche quando a rimetterci è la sua indennità fisica.
“Sai Jane, sono davvero grata per l’aiuto che ci hai dato a chiudere il caso” gli dice, sorridendo mesta, torcendo le dita delle mani quasi lo volesse uccidere. “No, aspetta, dimenticavo che noi abbiamo chiuso il caso mentre tu te ne stavi a dormire in quel tuo dannato stanzino.” Gli sibila, posizionandosi per dargli un altro colpo, ma stavolta più forte. Jane sta per chinarsi per evitarlo, quando, una volta nel parcheggio, Lisbon si ferma, la mano a mezz’aria, impietrita.
Non che lui la biasimi. E’ impietrito anche lui.
“Un paio di miei manager sono stati fermati per delle cosucce a Singapore, così ho dovuto posticipare di qualche giorno la riunione; spero non ti spiaccia se ho pensato di fare una capatina qui da te.” Lì, davanti all’ingresso del CBI, baldanzoso e tronfio e sbruffone, Walter Mashburn sorride sornione, appoggiato alla portiera di una Ferrari nuova di zecca con in mano un mazzo gigantesco di rose rosse e nebbia che porge a Lisbon.
Le mani di Jane iniziano a pungere.
“Oh, no, io, anzi, mi fa piacere, davvero, insomma, credo.” Anche un idiota capirebbe che Lisbon è in leggero imbarazzo nell’attimo in cui accetta i fiori, e questo rasserena leggermente Jane; tuttavia, l’uomo non è per nulla rasserenato nell’istante in cui, mentre la donna annusa la delicata essenza floreale del bouquet, il maledetto miliardario ne approfitta per poggiare le sue luride mani  sui fianchi della donna che è universalmente riconosciuto appartenere a Jane e Jane solo.  E lei, sorride, timida, con l’ombra di un rossore sulle sue solitamente pallide guancie.  Poco importa che, mentre lui la accarezza sussurrandole qualcosa così piano che il mentalista non riesce a sentire, lei non ricambi i soffici tocchi.
Le nocche delle mani di Jane scricchiolano come se avessero vita propria sotto il peso della tensione.
Adesso ne è certo: Lisbon e Mashburn sono stati a letto insieme, e la sua maledettissima mentre ha deciso di giocarli il dannato scherzo, trasformando le meravigliose visioni di lui e Lisbon in terribili incubi in cui la donna trova conforto e piacere tra le braccia di quell’altro.
La nausea lo assale e le sue mani prendono vita propria nel momento in cui il suo pugno destro colpisce in pieno il naso del miliardario, mandandolo fuori asse e facendolo sanguinare copiosamente.  Non si rende nemmeno conto che gli sta urlando contro la frase “Non ti azzardare mai più ad avvinarti a lei, stronzo traditore”  mentre lo colpisce. Patrick Jane, sempre composto e padrone delle sue emozioni, è come un animale in gabbia appena liberato.
Lui si massaggia la mano dolorante, probabilmente rotta o comunque estremamente sofferente. Mashburn se ne sta ancora al suolo, massaggiandosi quel che resta del naso pienamente soddisfatto e compiaciuto, nemmeno fosse stato lui a darle le botte. Lisbon passa il tempo a guardare prima l’uno e poi l’altro a bocca aperta, incapace di formulare un semplice suono che sia uno. Alla fine, si ferma davanti a Jane, guardandolo con aria assassina, e decide quale sia il destino dell’uomo: gli dà una sonora sberla sulla faccia lasciandogli l’impronta del palmo e delle cinque dita in una bollente tonalità rosso fuoco. 
E poi, afferrando Mashburn per un braccio, lo fa alzare, piuttosto gros solamente e con pochi complimenti (cosa che Jane tutto sommato apprezza) ed entra nuovamente al CBI, decisa a reperire il primo kit di pronto soccorso a portata di mano,  ma non prima di essersi voltata un’ultima volta verso il consulente, facendogli capire che gli conviene sparire dalla sua vista e ci tiene alla pelle.
Jane ha il netto presentimento che se vorrà essere perdonato da Lisbon dovrà impegnarsi parecchio.
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Lisbon sbatte la porta di casa furibonda. Sono quasi le undici, e non ha ancora cenato a causa di quell’idiota del suo consulente che ha pensato fosse dannatamente giusto prendere a pugni Mashburn spaccandogli il naso.  Che poi, a renderla furibonda, è solo la mancanza di cibo. Jane in versione maschio alfa è la cosa più sexy ed eccitante su cui lei abbia mai messo gli occhi addosso. Se avesse ascoltato l’istinto, lo avrebbe trascinato nel suo ufficio del CBI, chiuso la porta, abbassato le veneziane e dato libero sfogo a tutte quelle fantasie perverse che da anni affollano la sua mente (molte delle quali che involvono manette, bende sugli occhi e in alcuni casi anche una cella).
Però, resta il fatto che Mashburn ha il naso rotto, per la sola colpa di essere passato a salutarla. Lui è stato gentile con lei, ha tentato di rasserenarla sul fatto che presto o tardi questa “cotta” per Jane le sarebbe passata, e Jane gli ha rotto il naso.
Certo però che Jane era stato decisamente sexy mentre “difendeva il suo onore”… perfino troppo.  Jane è così sexy da essere criminale. Dovrebbe essere rinchiuso in una cella per quanto è bello. Cella, manette, eccole lì che se tornano alla riscossa, le sue torbide fantasie sessuali sul suo consulente preferito. Ok, Jane è l’unico consulente che lei abbia mai avuto, ma il punto è sempre lo stesso.
E proprio mentre sta indugiando in una delle sue torbide fantasie a occhi aperti preferita, sente che in casa c’è qualcosa di diverso, qualcosa che alle undici di sera, quando lei non ha messo piede in casa da oltre due giorni, non dovrebbe esserci. La casa profuma di cibo, e vero per giunta, non roba precotta o ordinata, ma sana, vecchia cucina casalinga.
Chissà perché ha una certa idea sull’identità dello chef misterioso.
“Dimmi Jane, voglio davvero sapere cosa stai facendo nella mia cucina alle undici di sera?”  Lo osserva esasperata, mordendosi un attimo le labbra nel momento in cui lo vede indaffarato tra forno, fornelli, padelle e piatti con indosso un grembiule da cucina. Patrick Jane ha indosso un grembiule da cucina color vinaccia. E gli sta bene, molto, molto bene. Troppo bene per essere una cosa legale.
Dannazione, ha Patrick Jane, l’uomo su cui stava fantasticando a occhi aperti, in cucina. Lui, il grande e onnipotente mentalista che tutto sa e tutto scopre, è lì nella sua cucina. E adesso la rabbia, nell’animo di Lisbon, sta lasciando spazio a un terribile ed enorme imbarazzo. Quante possibilità ci sono che lui non sappia nulla? Se lo vede, commentare con quella sua stramaledettissimamente sexy voce bassa le sue torbide ossessioni. Sente i polpastrelli di Jane scorrere sulla pelle nuda del suo avambraccio mentre lui le si avvicina e le sussurra nell’orecchio parole del genere Sai che sono onorato che tu fantastichi su di me, Lisbon? Perche, dannazione tesoro, non sai quanto a lungo io ho fantasticato si di noi.
Ok, magari questo se lo immagina solo lei a uso e consumo personale, ma a una donna è concesso di sognare a occhi aperti, no?
“Come mai quel sorrisetto e quelle belle guanciotte tutte arrossate, Lisbon?”  La voce di Jane, carica di humour, la riporta alla realtà, e al desiderio di sotterrarsi da sola due metri sotto terra.  Gli occhi le ricadono nuovamente sulla figura dell’uomo, intento a cucinare per lei, nella sua cucina, con indosso quel dannato grembiule color vinaccia che davvero gli sta troppo bene.  Se non lo stesse vedendo difficilmente ci crederebbe.
Nel momento in cui Jane si sposta da dietro il banco della cucina, Lisbon nota, per la prima volta, che la camicia dell’uomo, sotto al tessuto rosso scuro, è completamente aperta, offrendole una meravigliosa visuale su un petto a dir poco divino che non dovrebbe mai, a suo dire, essere coperto. Jane, capelli ricci leggermente arruffati e un sorriso malizioso stampato in faccia, stappa una bottiglia di rosso, offrendole un bicchiere a lei e prendendone uno per sé.  Lei lo accetta, ma non riesce a resistere alla tentazione. Deve sapere com’è, cosa si prova, e senza nessun imbarazzo, rimando all’uomo lo stesso sorriso carico di significati che lui sta dando a lei, sfiora con il polpastrello dell’indice destro il petto scultorio e abbronzato di Patrick. Poi, accade tutto come al rallentatore. Jane posa il suo bicchiere e le toglie il suo, appoggiandolo sul banco della cucina. La afferra per i fianchi, sollevandola fino a che non siede sul tavolo e lei non gli avvolge le gambe intorno alla vita. E nel giro di pochi istanti la situazione si fa molto più bollente, ed è tutto un susseguirsi di baci e carezze che di pudico e modesto hanno nulla. “Ti giuro che nulla di questo è programmato” Riesce a dirle tra un bacio e l’altro.
“Certo, e io ti credo” ride mentre lui le solletica con le labbra la pelle del collo e lei risponde stringendo ulteriormente la morsa delle dita affusolate sui ricci biondi. Ed è allora che le cose si fanno molto, ma molto più interessanti, quando finalmente quello che lei ha ufficiosamente chiamato “l’idiota demente” inizia a sbottonarle la camicetta senza mai staccare le labbra dalla pelle d’avorio. Poi, una volta che tutti i bottoni sono sbottonati, e lui dovrebbe strapparle di dosso il pezzetto di stoffa verde, si ferma, i lembi di tessuto nelle dita, la camicetta semi-aperta.
“Vuoi   un bicchiere di Merlot?” Lei non ha il coraggio di proferire parola, si ferma a guardarlo, occhi spalancati per la sorpresa. Ha davvero il coraggio di chiederle di bere del vino, adesso? Ha davvero osato smettere di fare quello che stava facendo per del maledettissimo vino? “Lisbon, ti ho chiesto se vuoi un bicchiere di Merlot; ma stai bene?”
“Cosa?” chiede lei stupida, e nuovamente sveglia. E’ piuttosto forte il disappunto quando si rende conto che è stato tutto un altro cattivissimo gioco della sua assai fervida immaginazione, e che la camicia di Jane è abbottonata, lei non è seduta al tavolo con le gambe intorno alla sua vita, non si stanno baciando e lei non è mezza nuda.
Ok, è decisamente ora di smettere di leggere tutti quei romanzetti rosa da edicola. Stanno mettendo il turbo alla sua immaginazione, e con Jane per casa, non è il caso, per nulla. Dio solo sa cosa finirà per scoprire.
“Ti ho chiesto se, mentre ti godi il delizioso bagno caldo con tante bolle e aroma di lavanda che ho preparato nell’attesa del tuo arrivo vorresti un bicchiere di Merlot” Al solo sentire il verbo “godere” dalle labbra di Jane, un’altra onda di imbarazzo la assale, e le guancie di Lisbon nuovamente si tingono di quel rossore che lui adora. Il ghigno dell’uomo però la allerta dell’arrivo imminente di una qualche battuta, molto probabilmente a doppio senso o di dubbio gusto, conoscendo l’uomo, e così, senza proferire ulteriori parole, Lisbon afferra il bicchiere di rosso e si rifugia in bagno, molto, molto mortificata. Non sopporta di non riuscire a stare cinque minuti in compagnia di Jane senza che il suo cervello (o i suoi ormoni) la tempestino di immagini a luci rosse. Non sopporta quel ghigno beffardo. Non sopporta che non c’è nessun altro che lei desideri più di lui- o meglio, che desideri lui e lui solo, per la precisione. E non sopporta che, una volta raggiunta la cima delle scale, diventi ancora più rossa quando sente lui che urla per lasciarle un ultimo messaggio. “Lisbon, ho acceso l’incenso e le candele che ti piacciono tanto, e ho preparato un lettore con dentro un CD rilassante, spero ti sarà di aiuto!” Oddio, lo conosce quel tono. Lo può vedere, il suo dannato ghigno trionfante. Se lo vede tutto tronfio perché ha capito che ha mente piena di immagini indecenti con loro due come protagonisti.
Ciò che lei non vede, già chiusa in bagno, è Jane fare una danza della vittoria tutto tronfio e soddisfatto all’idea che, nonostante Lisbon abbia passato una nottata di passione con quell’altro voglia ancora e sempre lui.   Né lo vede riflettere sul modo migliore per rendere realtà il desiderio della donna senza rischiare di finire con una pallottola in testa.
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Mezz’ora dopo Lisbon è ancora nella vasca, sommersa dalle bolle, molto, molto mortificata, quando Jane entra senza troppi preamboli o cortesie offrendole un altro bicchiere di rosso.  Quando lei non fa nulla per accettare ma non reagisce nemmeno alla sua presenza, l’uomo si siede con la schiena contro la vasca, guardando davanti a sé, il bicchiere ormai dimenticato sul pavimento.  Rimangono a lungo in un silenzio che non ha nulla di tranquillo o intimo. Come può lui dirle che non vuole che lei esca con altri uomini, che il solo pensiero che un altro possa toccarla lo fa impazzire dalla gelosia? E come può lei spiegargli con non riesce nemmeno a contemplare l’idea di uscire con altri uomini, perché ogni volta che arriva al momento clou, è il suo viso che vede? Come può dirgli che sì, lo vuole, ma non vuole solo una notte e basta, ma lo vuole anima e corpo e mente?
Senza pensare, quasi avesse vita propria, la mani di Lisbon che era pigramente spaparanzata fuori dalla vasca inizia a massaggiare i ricci biondi di Jane, tracciando linee invisibili, lenta e sensuale, sul suo scalpo. La risposta dell’uomo è un suono che assomiglia molto alle fusa di un gatto, e in men che non si dica, si muovono, e sono faccia a faccia, e lei sente le farfalle nello stomaco quando lo vede sorridere, sincero come mai prima di allora.  Lisbon elimina la distanza tra loro, facendo cadere le labbra su quelle di Jane in un lento e sensuale bacio carico di amore e non (solo) lussuria. Lacrime di gioia le percorrono il viso quando Jane mette nel bacio altrettanta passione.
Fantastico, così, adesso, non solo vuole le fantasie. No, adesso vuole lui, per davvero. Lì, e ora, nella vasca da bagno se è il caso, e al diavolo tutto il resto. Non le importa nemmeno che rovinerà quel completo gessato scuro con lui sta così bene. Così, tanto per fargli capire le sue torbide intenzioni, lo afferra per il colletto della camicia, e lo trascina verso di sé. Non ha la benché minima intenzione di dargli il tempo di allontanarsi da lei, di staccarsi dal suo corpo. Se pensa di poter anche solo contemplare la fuga, il mentalista si sbaglia di grosso. Non ha la benché minima intenzione di lasciar uscire Jane da casa sua ancora celibe, dovesse anche usare la forza per obbligarlo. E poi, è lui quello che ha iniziato tutto. Cosa crede, di poterla accendere e spegnere come con in interruttore?   “Ti voglio.” Niente preamboli, niente suppliche come con Mashburn la notte prima. Il suo è un semplice e puro ordine. Vuole che lui la faccia sua e vuole che lui la faccia sua ora.
Ma l’idiota demente scappa, terrorizzato, appiattendosi contro il muro della parete opposta, balbettando le sue cosiddette giustificazioni mentre guarda con occhi sgranati la bruna.
“Lisbon, io non credo che dovremmo; io, insomma, non posso fare quello che mi chiedi, e poi hai tu sei stata con Mashburn solo la notte scorsa, e.”
“TU NON PUOI, PERCHÉ PER UNA VOLTA IN VITA TUA NON SEI ONESTO E NON MI DICI UNA VOLTA PER TUTTE CHE NON MI VUOI, MAGARI LA SMETTERO’ FINALMENTE DI PREOCCUPARMI PER TE, E SOPRATTUTTO DI SOGNARE UN FUTURO PER NOI!” Lisbon emerge dalla vasca completamente nuda, urlandogli contro la sua furia. Non le importa nemmeno che lui la stia vedendo nuda, perché è troppo arrabbiata per farci caso.   Nemmeno fosse un uragano lascai prepotentemente la stanza, giusto per tornare un attimo dopo, sempre arrabbiata e sempre senza vestiti, sempre urlando ma stavolta puntandogli l’indice diritto nell’occhio. Non tutto il male viene per nuocere, però, capisce l’uomo. Una Lisbon senza vestiti significa che adesso non dovrà più immaginarla perché adesso sa com’è senza vestiti, ma soprattutto, una Lisbon senza vestiti significa una Lisbon senza pistola. “A PROPOSITO, NON SONO STATA CON LUI, ANCHE SE LO VOLEVO, PERCHE’ AL MOMENTO CLOU WALT HA PREFERITO FERMARSI DATO CHE LO AVEVO CHIAMATO COL TUO NOME, MENTALISTA DEL CAVOLO!”  
Così dicendo, Lisbon esce, rifugiandosi in camera sua, lasciandosi alle spalle un uomo senza parole. Jane non riesca a crede a come si è sbagliato su questo. Era stato d così istrutto dall’idea che lei avesse potuto passare la notte col miliardario, che non aveva colto nemmeno uno dei segnali. Lisbon vuole lui e non quell’altro. Lisbon vuole lui e lui solo. Lisbon non tollera l’idea di stare con qualcun altro. Oh, l’idea che tutto questa ha una connotazione tutt’altro che lussuriosa lo riempie di gioia e orgoglio. Se lei avesse voluto la passione, sarebbe stata con Mashburn. Sarebbe stata con Cho, o Bosco, o qualunque altro tizio incontrato per caso un sabato sera al bar. Ma lei vuole solo lui, lui e lui solo, quindi può significare una cosa sola.
Tutto contento e battendo la mani canticchiando, Jane bussa alla porta della camera da letto, pregustando i possibili risultati di questo suo coraggioso atto. Se tutto va come sta progettando in questo istante nella sua testa, c’è una concreta possibilità che Lisbon sia sua prima per la notte, e poi per un lungo, lungo periodo di tempo, che se dipende solo da lui durerà una vita. “Lisbon, aprimi la porta, tanti lo sai che se non lo fai io scassino la serratura!”
“VA’ AL DIAVOLO, NON HO BISOGNO CHE TU MI RIPETA CHE NON MI VUOI, SONO GIA’ STATA UMILIATA ABBASTANZA PER STASERA!”
“Devo dunque dedurre che la mia intenzione di passare la notte a fare l’amore con te non è condivisa da te, perché se è così, io allora me ne andrei!”
Tempo un nano-secondo e la porta si apre. Lui è sempre lì davanti, tronfio e sicuro di sé a braccia incrociate, lei è pallida e senza parole, e, cosa che a Jane non dispiace affatto, con indosso una sottile e terribilmente romantica camicia da notte color panna, lunga al ginocchio, morbida, senza maniche ma con spalline, stile impero; la mise è decisamente diversa dall’abbondante maglietta da calcio con cui l’ha vista una volta, ma il cambio non gli dispiace affatto.  Sembra quasi che Lisbon gli stia dicendo che questo è un aspetto di lei presente, il lato romantico e femminile, un po’ civettuolo, ma che di norma non fa vedere a nessuno.  “Jane, tu cosa, insomma, perché?”
Nonostante lei stia piangendo, Jane non può fare a meno di continuare a sorridere estasiato. Sorride quando la prende per mano. Sorride quando la abbraccia. Sorride quando la bacia, lento, dolce, sensuale, pieno d’amore. Sorride quando lei ricambia il bacio con altrettanto amore. Sorride mentre le sue mani le incorniciano il viso. Sorride quando, di nuovo, le dita affusolate di Lisbon corrono lungo i suoi ricci. Continua anche a sorridere quando capisce che adesso sono in due a piangere, e che alle lacrime della donna si sono unite le sue.  Entra in camera facendo camminare Lisbon all’indietro, senza mai interrompere il contatto delle labbra; la porta viene chiusa con un colpo del piede dell’uomo per non disturbare più di tanto l’atmosfera.  
Sono ai piedi del letto quando Jane finalmente interrompe il contatto per guardarla. I suoi sogni si stanno avverando,e quasi lui non ci crede tanto è bello. C’è poco o nulla nei loro sguardi, ma tanto amore, affetto, devozione e riverenza. Sono quasi timidi i loro sguardi, a dire il vero. Ed allora, lui non resiste. Chiude di nuovo gli occhi, e la bacia, stavolta con più ardore, e lascia che le sue mani esplorino il viso di Lisbon, il suo sorriso, le sue lacrime di felicità, come quando era rimasto temporaneamente cieco. “Ne sei sicura?”
“Sì” gli risponde baciandolo dolce ma veloce, un tocco di labbra su quelle dell’uomo. E solo quando sente la risposta Jane inizia a spogliarla, prendendosi il suo tempo, guardandola con un sentimento inaspettato. Lisbon non può fare a meno di mordersi le labbra quando si rende conto che quest’uomo, come mai nessuno prima di allora, la fa sentire una dea in terra.
“Tu non hai la mina idea di quanto tu sia bella, non è vero, Teresa?” la sua voce è un sussurro tra lacrime che non smettono di cadere copiose, sussurrata quando, finalmente, lei è di nuovo in tutto il suo splendore originale davanti a lui.   
Lei si limita a sorridere quando, di nuovo, lo afferra per il colletto della camicia, portandolo vicino a sé da potergli sussurrare nell’orecchio. “Ora, Patrick, credo sia il mio turno, perché tu hai decisamente un po’ troppa stoffa addosso.” Compie gli stessi gesti fatti dall’uomo poco prima, ma molto più lentamente, e una volta che Jane è nudo davanti a lei, Lisbon, contrariamente a quello che l’istinto dovrebbe suggerirle in una tale situazione normalmente, non riesce a staccare gli occhi di dosso da quelli di Jane, se non per lanciare veloci occhiatine al petto dell’uomo. Non smette di guardarlo negli occhi perché c’è così tanto amore che la fa sciogliere, e non riesce a smettere di lanciare fugaci occhiatine al suo petto per un semplice fatto.
“Si può sapere cosa ci trovi di così divertente?”
Lisbon ride, e non riesce a credere al fatto che è lì, nuda davanti a Jane, e sta ridendo. Gli da un altro bacio veloce, sempre col sorriso, ed il riso, sulle labbra. “Sei in forma per passare quasi tutto il tuo tempo a dormire su un divano, non me lo aspettavo, tutto qui.”
“E io non mi aspettavo che tu fossi tipo da indossare camicie da notte romantiche, ma tu indossi camice da notte romantiche, perciò direi che siamo pari.”
Sorride radiosa, e Jane ne approfitta per prenderla tra le braccia, sollevandola come una sposa che attraversa la soglia della sua nuova casa per la prima volta, per posarla sulle coperte color jeans. Le sue labbra attaccano nuovamente quelle di Lisbon,e i due, per tutto il tempo in cui fanno l’amore,  non smettono mai di baciarsi se non per recuperare ossigeno, se non per pochi, interminabili istanti in cui sentono la mancanza l’uno dell’altra quasi fossero divisi da una vita. Alla fine, il volto della donna è coperto dalle lacrime dell’uomo, ed è certa che entrambi stanno guardando l’uno all’altra con lo stesso sguardo, uno sguardo carico di amore. Col sorriso, Jane le da un ultimo bacio, una carezza a fior di labbra, e abbracciandola la copre con le spesse lenzuola. Si accoccola contro la donna, il suo petto contro la di lei schiena. 
“Se sto avendo uno dei miei soliti sogni, ti prego, non svegliarmi.” Lisbon lo sente sorridere contro la pelle del suo collo, e non può fare a meno di fare lo stesso, il sorriso di Jane, dopo tutto, è di fatto riconosciuto come contagioso.
“Se questo è uno dei tuoi soliti sogni, Mr. Jane, allora lascia che ti dica una cosa, i nostri sogni non sono per nulla diversi.” Lisbon si volta tra le braccia dell’uomo, e per l’ennesima volta gli da un veloce bacio. E’ peggio di una droga, non ne può fare a meno. “E dimmi, questo sogno, di solito, come finisce?”
Jane si sposta su un fianco, il peso del suo corpo tutto su un avambraccio mentre, con la mano libera, accarezza incessantemente i capelli scuri della compagna, guardandola con un sorriso che gli raggiunge gli occhi. Lisbon non può fare a meno di pensare che questi sia uno dei pochi sorrisi veri che gli abbia mai visto addosso da che lo conosce. Inizia a parlare, interrompendo qua e là il dialogo per darle dolcissimi e teneri baci sul viso e sulle spalle. “Di solito finisce con me che ti dico quanto sei bella, meravigliosa, incredibile, forte, caritatevole, dolce, e appassionata, di solito finisce con me che ti dico che tu mi hai fatto desiderare di continuare a vivere, ma soprattutto.” Si ferma un attimo, soppesando bene le parole, prendendo un lungo sospiro, quasi spaventato che sia troppo bello per essere vero, o che sia troppo presto per dirle quello che sta per dirle. Gli occhi azzurri di Jane non smettono per un attimo di cercare quelli verdi di Lisbon, quasi potessero trovarvi lì la risposta. “Finisce con me che ti dico che ti amo alla follia.”
Sorride radiosa come mai prima d’ora, la cosa più del mondo per lui, una visione angelica forse, se lui credesse negli angeli. Teresa gli dà un altro veloce bacio a fior di labbra prima di rispondergli. “Allora sei fortunato, perché guarda caso anche io ti amo alla follia, e dato che, nonostante tu sia un uomo incredibile e meraviglioso, sai purtroppo essere anche un idiota demente e una spina nel fianco, temo che dovrò starti intorno per molto, molto tempo a venire per evitare che tu combini troppi guai.” 
Sorridendole, soddisfatto della risposta, Jane torna a divorare le labbra della donna, stavolta con ben poco amore e molta lussuria e desiderio, con il preciso intento di mostrare alla sua donna quanto la desideri, di dimostrarle che ora che lei è sua non la lascerà mai più andare, che non si sbarazzerà mai e poi mai di lui, ma soprattutto, ha intenzione di dimostrare a Teresa Lisbon che da oggi in poi non dovrà mai più fantasticare su di lui. Le basterà chiedere perché lui farà tutto quello che lei desidera e sogna, e con molto piacere.    

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Capitolo 18
*** Cattiva Ragazza ***


TITOLO: Cattiva Ragazza
EPISODIO DI RIFERIMENTO: 2.9 (a price above rubies)
AUTORE:Elina
RATING:verde
PAIRING: Jisbon, accennato

 Mentre sono nella cassaforte della gioielleria e Lisbon è tutta presa dall’annotare ogni cosa nel suo blocco notes, la donna si volta, consapevole del fatto che gli occhi di Jane sono fissi su di lei.  Odia già di suo che Jane la fissi, ma il fatto di essere in abito da sera e tacchi alti davanti a Jane la mette davvero in imbarazzo.
Che poi, non le è passato nemmeno un attimo per la testa di farsi tanto carina per lui, giusto? Giusto. Come no. Ed il Papa non è a città del Vaticano.
“si può sapere cos’hai?” gli chiede alla fine, esasperata. Poi, l’esasperazione diventa paura, soprattutto per il suo posto di lavoro. Jane, altresì detto l’idiota demente, si sta facendo roteare tra le dita una tiara di oro e diamanti che di sicuro vale milioni, ovvero molto di più di quanto entrambi potrebbero guadagnare in una vita intera col loro attuale lavoro.  Probabilmente anche solo uno di quei diamanti vale più di quanto potrebbero guadagnare in una vita intera col loro attuale lavoro. “Jane, si può sapere cosa stai tramando?”
Nel momento in cui lei finisce la frase, lui è davanti a lei, e le sta mettendo la tiara tra i capelli, acconciandoli con un nastro che Dio solo sa da dove è uscito.
“Giacca di pelle, vestito da sera nera, tiara, ora per completare il look da ragazza dell’alta società molto cattiva non ti resta che metterti un bel paio di anfibi militari e siamo a posto!”  la guarda soddisfatto a braccia incrociate nemmeno fosse un artista che ha appena creato un capolavoro, poi, commenta nuovamente. “Davvero, saresti una perfetta ragazzaccia, Lisbon!”
“Jane, potremmo tornare al lavoro, ora, perché gradirei rammentarti che stiamo lavorando su un tentato omicidio!” gli sibila a denti stretti levandosi la tiara, che lui prontamente le restituisce.
“Quando mi usate per risolvere tentati omicidi mi sento tanto sfruttato, quasi mi faceste fare cose non all’altezza del mio innato talento!” Quando uno dei proprietari della gioielleria si allontana esasperato, Lisbon nuovamente posa la tiara, stavolta nella cassaforte, e fa per allontanarsi; Jane, però, la ferma, strattonandola per un lembo del giacchino di pelle nera. “Sai Lisbon, ho sempre avuto un debole per le ragazzaccie con un bisogno innato di controllo…specoe se hanno fantasie su di me, bendato e ammanettato alla spalliera del loro letto in ferro battuto” le sussurra all’orecchio, per poi raggiungere, tutto tranquillo e felice, il proprietario del negozio.
E Teresa se ne sta lì, ferma ed imbambolata, a guardarlo andare via. Esattamente, cosa è appena successo? Non lo sa nemmeno lei. Quello che sa è che, probabilmente, non è mai stata così rossa in volto. 
Anche perchè lei, un letto in ferro battuto ce l'ha. E non vuole nemmeno sapere coe fa lui a sapere una cosa del genere. O tutto il resto, per quel che conta. 

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Capitolo 19
*** Mantra ***


 TITOLO: Mantra
EPISODIO DI RIFERIMENTO: 3.8 ball of fire
AUTORE:Elina
RATING:verde
PAIRING: Jisbon
 
Non parlare di una cosa, non significa che non stia accadendo.”
Le parole di Hightower si ripetono ancora e ancora nella tua mente come in automatico. Sono state il tuo mantra durante la giornata, mentre aspettavi novità su Jane, sono state il tuo mantra mentre, evitando di piangere, guardavi la conferenza stampa, osservando quella sua fotografia (alla fine della giornata, ci trovi quasi dell’ironia, quella foto è stata scattata all’epoca in cui Jane aveva lavorato al caso del padre di quella ragazza).
Quelle porle sono state il tuo mantra mentre eravate bloccati in quella cantina, e quella pazza voleva bruciarvi vivi, voleva che tu urlassi in preda all’agonia mentre Jane ti guardava e ti sentiva, morendo entrambi dentro e fuori.
Ti sei ripetuta quella parole mentre eravate ammanettati, guardandovi negli occhi, il tuo verde nel suo blu. Potevi vedere la sofferenza, nei suoi occhi. Potevi vedere quanto gli dispiacesse averti messo in quel pasticcio, e che non mentiva quando diceva che non ti avrebbe lasciato morire bruciata viva. I suoi occhi non erano proprio blu, ma un mix di blu e verde, per questo lo sai, che non mentiva. Quando sono di quel colore, ti ci perdi più facilmente, anche se sono così solo quando è triste o rammaricato. E allora, cosa c’è di sbagliato in te che perdi sempre la testa per gli uomini sbagliati, quelli con l’anima spezzata, quelli non disponibili? Forse il buon caro dottore non aveva tutti i torti, ci deve essere una parte di te che vuole soffrire perché ti senti colpevole. E non vuoi nemmeno provare a pensare di cosa potresti essere colpevole, di cosa pensi di essere colpevole.
Sai che era onesto, come sai che era onesto tutte quelle altre volte che ti ha detto che avrebbe fatto qualsiasi cosa per te, che ti avrebbe sempre salvato, che per te ci sarebbe sempre stato. Te lo ha provato volta dopo volta, e forse, forse, questo è uno dei motivi per cui hai perso la testa per lui. Jane non ti hai mai lasciata a terra ferita, figurativamente parlando (a differenza di Bosco e Minelli. E non vuoi nemmeno immaginare cosa sarebbe successo se quella volta che sei stata incastrata per omicidio ci fosse stata Hightower al posto del tuo ex capo). Jane ti ha salvata quando hardy stava per premer il grilletto. Jane ti ha salvata quando Carmen ti ha incastrata per omicidio e tu non sapevi nulla di cosa avevi fatto quel giorno. Jane ti ha salvata quando Hightower ti ha sospesa, salvaguardando quel eh era rimasto della tua carriera. E queste sono solo le cose grandi, non vuoi nemmeno iniziare ad elencare tutte le piccole cose che ha fatto per te, che ancora fa, per te (origami di animali, caffè caldo al mattino, un pony, ballare con te sulle note della tua canzone preferita, sentire il tuo sorriso e così via).
No, non hai perso la testa per Patrick Jane, capisci mentre lo guardi che finge di dormire sul suo divano. Sei oltre quel punto, molto, molto oltre. Sei innamorata di Jane, sei innamorata di Patrick Jane. Non sai come, quando e perché, ma durante questi quattro anni al sua fianco, ti sei in qualche modo innamorata di lui. Forse stavolta è la volta buona che la smetti di dirti bugie, di mentirti, dicendoti che l’unica ragione per cui non riesci a smettere di pensare a lui quando non siete insieme, quando tu sei a casa che stai per andare a mangiare, stai per andare a dormire, quando sogni, è perché ti preoccupi per lui perché è un buon e caro amico. Lui ti vedrà coma la sua amica, ma tu sai che voi non siete amici, tu vorresti essere molto di più, tu non vuoi esserli solo amica. Peccato che tu sappia che, qualora tu decidessi di dirgli cosa provi veramente per lui, lui ti allontanerà, ti respingerà, rovinando quel piccolo rapporto di amicizia che ancora vi lega. E tu vuoi tutto tranne che questo.
Almeno, questo è ciò ti sei ripetuta fino ad ora.
Ora te ne stai a guardare Jane che sul suo divano finge di dormire (o magari lo fa sul serio, è stata una giornata molto stressante dopo tutto) e non riesci a scacciare quelle parole, non riesci a sradicarle dalla tua mente (sono diventata davvero il tuo mantra). Non parlare di una cosa, non significa che non stia accadendo.” Hightower ti ha detto questo. Questo è ciò che ti stai ripetendo. E’ un ordine interiore, silenti, ad arrendersi, a porre fine a questa lotta. Se non puoi avere Patrick, allora è giusto che tu non possa avere nemmeno Jane. Ciò che provi per lui non sparirà dal tramonto all’alba se continui a stargli accanto, se continui ad avvicinarti sempre di più a lui come stai facendo, come provi a fare, loro diventeranno sempre più forti, e più diventeranno forti, più grande sarà la tua sofferenza, e il giorno in cui il tuo cuore si spezzerà definitivamente, sai che non sarai in grado di gestire una cosa del genere.(E forse è il caso che la tua mente la smetta di mostrarti immagini di Jane che cammina verso il tramonto mano nella mano con un’altra).
Controlli capelli, vestiti e trucco per l’ennesima volta (sei andata a casa a farti una doccia per toglierti il sangue di dosso alcune ore fa, e per toglierti quell’odore di dosso di docce ce ne sono volute ben sette), e poi, prendendo un sospiro, vai verso il suo  divano, dopo alcune ora fa avete avuto una piacevole conversazione, piacevole per i vostri standard, almeno.
Non sorridi, sei solo molto preoccupata quando, prendendo un altro, ennesimo, sospiro, te ne stai davanti a lui, in silenzio, ripetendoti per l’ennesima volta nella giornata quelle parole nella tua testa.Non parlare di una cosa, non significa che non stia accadendo.” Sai che il tuo capo ha ragione. Come sai che, qualora Jane dovesse dirti di no, ti obbligheresti a lasciare il tuo incarico, ma non puoi farne a meno. E’ il momento, non il più opportuno, questo è certo, ma è il momento. Non puoi aspettare oltre, ora o mai più.
“Desideri forse condividere qualcosa con me, Lisbon?” siede sul suo divano mentre ti pone la domanda, con quel suo sorriso malandrino. Sai che, nonostante abbia gli occhi chiusi, ti può vedere arrossire, perché lui è così (ed è una delle ragioni per cui lo ami così tanto).
Ti siedi al suo fianco, così vicini che quasi vi toccate., ma non parli né lo guardi. Ti mordi le labbra, e lui apre gli occhi, ti studia, intrigato, gli occhi curiosi, prendendo la tua sinistra nella sua mano. Cerca i tuoi occhi, e tu pensi che forse, forse non dovresti farlo, forse non dovresti dirgli queste cose, forse lui non è pronto (al diavolo, lui non è pronto! Per l’amore del Cielo, Lisbon, dopo sette anni porta ancora la fede al dito!), ma forse, in realtà, a non essere pronta sei tu.
 Non parlare di una cosa, non significa che non stia accadendo.” Ti ripeti le parole, il respiro ti muore in gola, il tuo petto ti fa male, sul serio, e ora lo sai, non puoi parlare, non ci riesci. Sei sull’orlo di un attacco di panico, perché devi parlare ma non ci riesci, non ne sei in grado. E Jane è così vicino che non capisci più nulla, il suo profumo e il suo dopobarba ti riempiono le narici, non trovi le parole, anche se dovresti, se devi, anche se finirai solo per renderti ridicola.
Jane sta ancora cercando i tuoi occhi, lo sai, quando, finalmente, ti fai forza e ti volti e guardarlo. Il respiro, di nuovo, ti muore in gola. Devi farlo, lo sai, e ora, sai che puoi farlo, che ne sei in grado. Sai anche che quello che sati per fare è l’unico modo in cui puoi dirgli la verità. Perciò, prendendo l’ennesimo profondo respiro, lo fai.
Baci Jane, baci Patrick. È un bacio di labbra su labbra, dolce e lento, insicuro e terrorizzato, e piangi perché tu sei spaventata, e poi finisce, presto, troppo presto. Ti stacchi presto, perché lui non risponde alle tue labbra sulle sue, e tu non ti fermi a guardare il suo volto incredibilmente stupito, non lo vedi sfiorare le sue labbra con due dita per capire se sì, è successo davvero. Ti limiti ad alzarti dal tuo posto al suo fianco in tutta fretta.
Ed è allora che Jane ti ferma, afferrandoti per un polso, tirandoti a forza a sedere nuovamente al suo fianco. Ma non è al suo fianco che ti ritrovi, non sai se voluto e meno, ti ritrovi a sedere sulle sue ginocchia.
Sei seduta sulle sue ginocchia, accoccolata, rannicchiata contro di lui,e all’improvviso le sue labbra sono sulle tue, e stavolta è lui ad avere iniziato il contatto. Nello stesso modo, all’improvviso, le tue mani sono nei suoi ricci, portandolo più vicino a te perché il bacio sia più profondo di come è già, e le sue mani stanno percorrendo il tuo viso, i suoi polpastrelli disegnano linee invisibili come se ti stesse studiando, come se ti volesse memorizzare attraverso il tatto.
Vi baciate come se il domani non ci fosse, come se foste gli ultimi umani sulla faccia del pianeta. Mentre lo baci gli dici ogni cosa senza parlare, e allo stesso tempo lui ti risponde, nello stesso modo, risponde a tutte le domande che non hai posto ma che, al contempo, gli hai fatto. E ti dice così tanto, ti chiede così tanto con quel bacio che ti fa mancare la terra sotto i piedi, quel bacio da fine del mondo. Dite tutto senza dire una parola. Sai cosa ti vuole dire quando lo guardi negli occhi, una volta che vi siete divisi. Sono sempre verde-blu, ma più blu (è felice). Lo so, sto provando ad andare avanti ma non sono ancora in grado di farlo, provo lo stesso, dammi un altro po’ di tempo, voglio arrivare lì, aspettami, farò qualsiasi cosa per te, ti proteggerò sempre, da me e chiunque altro.
Fai segno di sì con la testa, formando la tua accettazione con un piccolo bacio, una pacca sulle labbra, così veloce che lui non può nemmeno rispondere, e come lui gli dici tutto senza parole. Ti amo, non posso né voglio vivere senza di te, ti darò tutto il tempo che ti serve, spero che tu provi davvero lo stesso, voglio che tu possa arrivare qui, ti aspetterò, so che faresti di tutto per me, e io farei lo stesso per te, promettimi che non mi spezzerai il cuore.
Ti alzi e lasci l’ufficio, senza mai smettere di guardare Jane, il tuo Patrick, lanciandogli sguardi d’intesa, e non puoi fare a meno di sorridere come una ragazzina quando lui ricambia con uno dei suoi sorrisi, di quelli veri.
Non sarà ancora tuo per ora, ma prima o poi lo sarà, e non avrete detto le parole ad alta voce, ma il qualcosa, quel qualcosa, lo avete detto, comunque (il tuo bacio, dopo tutto, ha parlato più di tante parole).
E poi, almeno, adesso hai una cosa che fino a stamattina non avevi, un cosa che non avevi nemmeno dieci minuti fa, una cosa che non pesavi di avere, che avresti avuto, un giorno… la speranza. 


( e ci sarebbero almeno altri 3 what if, che ho scritto in inglese, da tradurre, sulla stagione tre, nel remoto caso foste interessati.. e indovinate un po'? Sì, hanno tutti del Jisbon, più o meno calcato, dentro.) 
 
PS-Un grazie infinito a tutte quelle che mi recensiscono!         

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Capitolo 20
*** Dinamitica ***


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Capitolo 21
*** Cinque a quattro ***


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Capitolo 22
*** Intrigante ***


TITOLO:Intrigante
Autore: Elina
Rating: verde
episodio di riferimento:1.2 (red hair and silver tape)

“Certo che sai davvero cadere in basso, quando vuoi.” Sorridi e giocherelli con una ciocca scura di capelli mentre glielo dici, e il sorriso che Jane ti rimanda è leggermente risentito. Davvero credeva che gli avresti fatto passare una cosa del genere? “credevo ché tentare di sedurre una donna davanti a un piatto di cibo fosse una cosetta da studentelli“ No, decisamente non vuoi fargliela passare liscia…
“Meh, cosa vuoi che ti dica. A volte il fine giustifica i mezzi…” mentre lo dice, si volta a fissarti negli occhi, quelle pozze azzurre spalancate a fissarti con grande gioia e un po’ di incredulità. “Oh mio Dio, eri davvero certa che non avrei mai tentato di sedurti! Eri soltanto imbarazzata all’idea che qualcuno potesse pensare che quello fosse il mio obbiettivo!”
“Non è vero! Cioè, sì, ero imbarazzata, insomma, non proprio imbarazzata, più che tutto, ecco, seccata, perché, insomma, se tu mi invitassi a uscire… non che le cosa mi seccherebbe, mi seccherebbe che qualcuno potesse pensare che io sia meno di, insomma, professionale nei tuoi riguardi. E nei miei. E di quelli della squadra. Perché, si, insomma, non sarebbe professionale se io facessi dei favoritismi perché pensassi che il tuo obbiettivo è sedurmi.” Smetti di blaterale, e lo guardi, leggermente rossa in volta, prendendo un grosso sospiro. Odi assolutamente quella sua espressione deliziata da bimbetto che è appena entrato nel paese dei balocchi. “Che c’è, sei ancora intrigato dal fatto che io continui a negare che il pensiero che tu mi volessi sedurre mi sia passato per la testa?”
“Oh, Lisbon, per favore. Adesso stai offendendo tanto me che te! No, ora come ora, ad intrigarmi è ben altro” ti sussurra con un’occhiataccia che non lascia dubbi sul per nulla celato doppio senso della sua affermazione “ma per fartelo vedere temo che dovrò buttare a terra le coperte e strapparti di dosso la mia camicia”


note dell'autrice: eccomi qui, di nuovo, con una breeve one-shot, basata sulla celebre frase di jane "non ti sedurrei mai davanti a un piatto di cibo, sarebbe da scoalretto" (al che, Lisbon rispose che lei non ci aveva proprio pensato). il secondo episodio della serie, e fu amore... a presto, perchè ho un paio di cosette nella chiavetta usb tutte pronte per questa collana
!

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Capitolo 23
*** Regole, regolamenti interni e lati positivi ***


TITOLO: regole, regolamenti interni e lati positivi (ovvero: e se  LaRoche avesse deciso ceh Cho sarebbe rimasto a capo dell'unità?)
AUTORE: Elina
RATING: Verde
EPISODIO DI RIFERIMENTO: 3.17-Bloodstream

Alla fine della giornata, chiuso l’ultimo caso e terminata la trafila burocratica, te ne stai seduta alla tua “nuova” scrivania nel bullpen, illuminata dalla luce fioca di una lampada, dando, ti tanto in tanto, un’occhiata ad un vecchio, grosso e polveroso volumone.
“Sai, ero certo che con la tua mania per il controllo questo tuo improvviso degradamento ti avrebbe come minimo seccato, ma oso dire che sembri sollevata da tutto questo.”
Sorridi mentre ti volti verso Jane, che finge di dormire sul divano vicino alla tua scrivania. Vedi le rughette di espressione sul suo viso, segnale che è seccato dal fatto che non capisca perché non sei seccata dalla situazione, dallo scenario, e vedere Jane che non sa qualcosa (quando non fa finta di non sapere, per lo meno) ti rende davvero tanto, tanto felice. Dopotutto, lui è quello che dice che sei traslucente, e invece eccolo qui, all’oscuro del tuo ragionamento e, strano ma vero, dolce nello stare la tuo fianco- dopotutto, quando eri tu il capo, se ne stava sempre nel tuo ufficio, e adesso che sei di nuovo agente semplice, lui ha deciso di migrare nuovamente sul divano nel bullpen.
Ti alzi e lo raggiungi sul “suo” divano, sedendoti sul bordo, attaccata al bracciolo. Jane si sposta per farti spazio (e perché, per quanto la tua schiena sia graziosa, preferisce vedere anche il tuo viso). Vuole vedere i tuoi occhi, capire perché sei così tranquilla e felice. La Lisbon che conosceva, capisce mentre studia i tuoi lineamenti con attenzione e con grande sforzo, neanche fosse il tuo devoto discepolo e tu il maestro, non sarebbe così tranquilla per una cosa del genere, ma eppure, eccoti qui, col sorriso più smagliante che ti abbia mai visto addosso.
“Senti Lisbon, mi dispiace per quello che è successo. Se posso fare qualcosa per aiutarti….”
“Oh, per favore, Jane, non devi preoccuparti per me. Insomma, non essere quella che ha l’incarico di starti dietro è piuttosto… rilassante. In un certo senso, ora che non ho più da preoccuparmi che i tuoi giochetti mi costino la carriera, riesco a capire perché fai quello che fai, e… lo trovo divertente, davvero. Capisco perché gli altri ti appoggiano sempre!” ammetti felice, quasi ridendo. non sei forzata, ma sei sincera, ciò che dici ti viene dal cuore. Non riesci a credere che sei stata degradata e che ne sei felice. “hai visto che ho trovato il lato positivo della cosa? Non sono più il tuo capo!”
Qualsiasi pensiero passasse per la sua mente, viene fermato dalla tua voce bassa, roca e maliziosa, così vicina, un sussurro delicato nel suo orecchio. Sei così vicina, e la donna seducente che stai interpretando è così diversa da come sei di solito che Jane è un po’… non è esattamente spaventata da te. È solo impreparato ad affrontare Lisbon la seduttrice, tutto qui. “e, sai, ho scoperto che non ci sono regole che vietino al membro di un’unità di fraternizzare con un consulente civile… quel grande, polveroso e vecchio volumone su tutte quelle regole può avere i suoi vantaggi…” gli sussurri mentre ti permetti di assaporare con baci e morsetti la pelle del mento e del collo di Jane.
Sprofondando nella pelle del sofà, Jane non può fare a meno di lasciarti fare quello che più ti aggrada, pregustando quello che potrebbe essere il seguito di quella che altro non è se non la più squisita delle torture. Ha il netto presentimento che qualunque cosa tu abbia in mente sarà di certo indimenticabile (e non solo perché sembra avere a che fare con i suoi tanto amati sofà).
In fin dei consti, se avere Cho come capo è il prezzo che dovrà pagare per poterti reclamare come sua legittima proprietà, è un prezzo che è ben disposto a pagare. Si abituerà. Dopo tutto, usava il divano dentro al tuo ufficio solo perché c’eri tu dentro. Cambiare ubicazione e divano  non sarà un problema. E a proposito di divani e uffici, ha una certa idea, per nulla casta, che gli frulla per la testa….
 “Sapevi che quando ho comprato il divano per tuo ufficio l’ho fatto fatturare a mio nome?” ti chiede piuttosto serio, e tu gli rivolgi uno sguardo interrogativo, piuttosto stupita del corso dei suoi pensieri. No, perché se pensa al fatto che il divano del tuo ex ufficio è tecnicamente suo mentre tu sei comodamente spaparanzata su di lui, allora c’è qualche problema. “te l’ho detto solo perché mi chiedevo se ci fossero norme specifiche riguardanti l’uso indecente di un divani privato in un edificio pubblico di proprietà del CBI….” Ti bacia con un ghigno sulle labbra, mentre le sua mani trovano l’orlo della camicetta verde e la calda pelle dell’addome nascosto dal tessuto. Ti prende di sorpresa facendoti il solletico, e ne approfitta per prenderti tra le braccai, sollevandoti e portandoti di peso nel tuo ex ufficio con un solo pensiero per la testa.
Dopo tutto, non gli è mai importato nulla delle regole e dei regolamenti interni del CBI prima, perché dovrebbe fregargliene qualcosa ora, che ha a disposizione un edificio semi-deserto e un ufficio vuoto e con un’ottima serratura, dotato di un divano nuovo di zecca incredibilmente comodo, che era stato comprato proprio in vista di una simile opportunità?
    

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Capitolo 24
*** I do everything he tells me to do ***


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