Not only war

di Princess of the Rose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il dubbio si insinua ***
Capitolo 2: *** Povero Kekfa! ***
Capitolo 3: *** Una giornataccia per tutti ***
Capitolo 4: *** Tra pernacchie e martellate... ***
Capitolo 5: *** In avan' scoperta ***
Capitolo 6: *** Strane sorprese ***



Capitolo 1
*** Il dubbio si insinua ***


Garland non era di per sé un tipo paziente: era un uomo di indole bellicosa, il cui desiderio di combattere - anche fino alla morte - era non aveva rivale alcuno. 

Era quindi facile immaginare quanto fosse alto il suo nervosismo quando avvertì un urlo di frustrazione provenire dai corridoi - a giudicare dalla voce gracchiante, con ogni probabilità si trattava di Kefka.

Garland sbuffò, riggirandosi nel letto nel vano tentativo di ritrovare il sonno che quel buffone di un clown gli aveva fatto perdere da una settimana. Una lunga, lunghissima settimana completamente priva di un riposo decente. I motivi di tutto quell’agitarsi sembrava fossero delle fantomatiche “voci” che Kefka continuava a sentire ogni notte. 

Ogni.

Maledetta.

Notte
.


Garland era convinto fossero solo il frutto dell’immaginazione malata di quel pazzoide, o uno scherzo di dubbio gusto per diminuire la concentrazione di tutti - come si poteva combattere se privi di forze a causa del mancato ristoro?

Dopo un po’ di tempo, in cui il guerriero si dilettò a calcolare la lunghezza delle crepe nel soffitto, sembrò che Morfeo avesse avuto pietà del povero ex-paladino: questi sentì le palpebre farsi pesanti, e il corpo intorpidirsi, pronto ad accogliere il sonno. Garland sospirò, contento.

Ma il fatto che Morfeo gli avesse dato benevolenza, non voleva dire che Fortuna fosse disposta a fare altrettanto.

Una serie di forti botti scossero la porta della sua camera, seguiti da una voce acuta e gracchiante che continuava a chiamarlo.

Il braccio destro di Chaos pensò bene di ignorare quel richiamo, ma esso si fece talmente insistente che il sonno tanto atteso andò via; dopo una serie di improperi, decise di alzarsi e vedere chi fosse colui che osava disturbarlo- alle due e mezzo del mattino!?

Aprì la porta, e fu piuttosto sorpreso di trovarsi davanti proprio Kefka Palazzo in persona. Il suo volto, struccato e stanco, era segnato da profonde occhiaie. Sembrava irritato, cosa che fece innervosire Garland - quello stanco e seccato era lui, come osava quel maledetto clown essere in quello stesso stato?

“Ti devo parlare” esordì il mago, entrando nella stanza quando ricevette il consenso ad accomodarsi - se così poteva essere definito un grugnito non meglio identificabile.

Garland andò verso la mini-cucina che si era allestito in un angolo della camera, preparandosi una tazza di tè, avrebbe dovuto aiutarlo a calmare i nervi. Avrebbe.

“Che cosa vuoi?” chiese scocciato, mentre prendeva una tazza e dei biscotti. Kefka stette il silenzio per qualche secondo, indispettito dal fatto che l’altro non gli avesse offerto nulla, per poi iniziare ad esporre con la calma di una iena mestruata ciò chge lo affliggeva.

“Ho dei seri problemi a dormire.”

“Prenditi un sonnifero.”

“Ci ho provato, e non basta. Non con tutti i rumori molesti che mi circondano!” urlò Kefka, agitando le braccia per enfatizzare il suo stato d’animo. Movimenti di un folle che aveva dormito poco.

“E sentiamo” disse l'altro con tono evidentemente sarcastico, “di che tipo sarebbero questi fantomatici rumori?”

“Ma come, non li senti?” chiese Kefka, isterico, strabuzzando talmente tanto gli occhi che sembrava dovessero uscire dalle orbite, “Gemiti! Sono circondato ogni maledettissima notte da gemiti!"

“Io non sento niente” rispose il braccio destro di Chaos, il tono neutrale non fece altro che aumentare l’irrequietezza del povero clown.

“E’ logico: tu sei qui, alla fine del corridoio, ovvio che non senti mai nulla! Ma io, io, che ho la stanza esattamente tra quelle di Ex-Death e Sephiroth, sono sempre costretto a sentire quei due mentre fanno le loro porcate con i loro amanti!”

Quelle parole attirarono l’attenzione di Garland.

“Amanti?” ripetè, alzando un sopracciglio, perplesso, “vorresti dire che quei due hanno degli amanti?”

Kefka annuì con vigore, più che convinto della sua affermazione. Solo per vedersi ridere in faccia.

“Cos’hai da sbellicarti così tanto, scusa?!” chiese scocciato, tentato dall’idea di incenerire quel cavaliere da strapazzo. D’altra parte, Garland rideva come non faceva da tanto.

“Non dire idiozie” disse, quando l’ilarità in parte scemò, “vuoi farmi credere che due guerrieri come loro si facciano l’amante quando siamo in piena guerra? Ma non farmi ridere!”

“Guarda che è vero” gli rispose l’altro, lanciandogli l’occhiata più cattiva che i suoi occhi stanchi potessero permettergli.

“E sentiamo, chi sarebbero questi fantomatici ‘amanti’? Cloud? Bartz?” chiese schernendo il povero mago, il quale già stava facendo fluire la magia nei palmi delle sue mani, pronto ad evocare un Ultima di proporzioni immani contro l’uomo che si trovava davanti.

“Se lo siano anche Cloud o Bartz non lo so, e non mi interessa, ma posso assicurarti che ho visto con i miei stessi occhi Kuja e Nube Oscura entrare nelle camere rispettivamente di Sephiroth ed Ex-Death!”

Garland lo guardò di sbieco, negli occhi si leggeva chiaramente lo scetticismo nei confronti di quelle parole. Poi, scoppiò in una grossa risata.

Smettila di ridere!” l’urlo isterico indicò che ormai i nervi del mago avevano ceduto, ma l’ex-paladino non sembrò preoccuparsene.

“Ma fammi il piacere! Vorresti farmi credere che Nube Oscura e Ex-Death, con le loro concezioni così diverse del Nulla, stiano insieme? E che Sephiroth e Kuja siamo amanti? Ma per favore!”

Ma è tutto vero!” Kefka afferrò le spalle dell’altro, cercando di scuoterle - l'enorme stazza del guerriero rendeva ciò praticamente impossibile, col risultato che Kefka sembrava un uomo ubriaco che cercava di fare a botte con una quercia, “Nemmeno io ci credevo la prima volta che gli ho visti, ma ti assicuro che stanno davvero insieme!”

“Si si,” tagliò corto Garland, per poi riprendere la tazza di tè  che aveva precedentemente posato quando aveva avvertito l’aura del mago cambiare, facendosi più minacciosa; essendo ormai il contenuto freddo ed imbevibile, fu costretto a buttarlo, cosa che non fece altro che aumentare il suo nervosismo, “Comunque, cosa vorresti che io faccia per aiutare il tuo sonno?”

“Cambiami di stanza!!!”

“Di nuovo?”

“Senti, paladino dei miei stivali, prima sono stato costretto ad andarmene! Artemisia e l’Imperatore sono peggio di quei quattro messi assieme!” rispose Kefka, ricordando con disgusto il periodo in cui era andato a stare nella camera vicino a quella della strega del tempo, perché aveva 'accidentalmente' distrutto la sua. Le peggiori due settimane della sua vita!

D’altro canto, Garland cercava di rammentare il motivo per cui Palazzo aveva voluto a tutti i costi cambiare stanza dopo quattordici giorni: se non ricordava male, doveva aver a che fare sempre con delle 'voci moleste'.

“Comunque no!”

Cosa!” Perché?!?!?!” la voce acuta di Kefka quasi lo rese sordo.

“Perché quelle che stai adducendo sono solo delle scuse per creare confusione” disse l’ex-paladino mentre si preparava ad evocare la sua spada - l’aura del mago stava velocemente diventando rossa, quella che usava quando doveva combattere.

Non sono scuse!” urlò l’altro pestando i piedi per terra come un bambino capriccioso, “non siamo tutti dei malati di guerra come te, sai!? Ma possibile che tu non ti sia accorto che ormai le uniche battaglie che si fanno sono a letto o in bagno?!”

Garland lo fulminò con lo sguardo all’appellativo 'malato di guerra', ma dovette ammettere a se stesso che il dubbio si stava insinuando in lui.

“Senti, siamo nel pieno delle battaglie, non possiamo-”

Smettila di dire che siamo in guerra! Lo hanno capito anche i sassi! Quello che io voglio è non sentitre più quei maledetti bastardi con gli ormoni a mille fare le loroporcate!” urlò Kefka, il volto rosso dalla rabbia e le mani illuminate da una luce vermiglia. Garland gli si pose di fronte, armato del suo fidato spadone multiforme.

“Ascoltami bene,” gli disse minaccioso, “Primo: non azzardarti mai più ad urlare in quella maniera in mia presenza. Secondo: no, non cambierai camera. Terzo: esci. Immediatamente. Dalla. Mia. Camera!”

“Io ti odio,” sibilò Palazzo, osservando il guerriero con puro disprezzo, per poi avviarsi verso l’uscio.

“Per tua informazione, anche i guerrieri di Cosmos si danno il loro bel da fare” disse, poco prima che la porta gli fosse sbattuta in faccia.

Garland sospirò e, ignorando le ingiurie del mago, tornò nel suo letto. Le parole di Kefka, però, gli tornavano continuamente in mente.

Doveva ammetterlo, ultimamente le battaglie si erano fatte più rare e meno emozionanti. Non aveva provato a cercarne la causa, sicuro che fosse solo una cosa passeggera. Ma se quel pazzo di una clown avesse detto il vero? Era davvero la lussuria la causa di quell’improvvisa monotonia?

Garland decise che avrebbe indagato il giorno seguente, per poi imprecare contro ogni divinità che conosceva quando si accorse che era già ora di alzarsi.
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Ma come mi è venuto in mente XD!!!
Chiedo scusa ai fan di Garland, ma in questa fic verrà torturato psicologicamente in ogni modo possibile. Non potete immaginare quanto questo b-... uomo mi stia sul cavolo!!! Lo detesto!!!
Oh be', spero che piaccia la storia... Al prossimo capitolo!!!

EDIT: 12.04.2021: Se notate delle differenze rispetto a prima è perché ho deciso di provare a riprendere in mano qualche mia vecchia fic e modificarla per adattarla al mio nuovo stile. Non posso garantire che verrà finita, ma cercherò di fare del mio meglio. E' tanto che non tornavo su EFP, lol.

 

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Capitolo 2
*** Povero Kekfa! ***


Il Tempio del Chaos, oltre che da quartier generale della fazione del dio della Discordia, serviva anche da alloggio. Infatti, oltre alle undici camere usate dai guerrieri - il perché fossero undici quando lo schieramento era composto da dieci persone era un mistero perfino per Chaos - vi erano cinque bagni ben arredati, un salone ricreativo e una mensa. E proprio qui che Kefka, dopo l’ennesima, lunga notte insonne, aveva dato inizio al suo piano di vendetta: senza riuscire a trattenersi dal ridere, versò un’abbondante dose di veleno nella macchinetta del caffè, per poi posarla sul fornello. Per fortuna che era stato il primo a svegliarsi, altrimenti non sarebbe riuscito ad attuare il suo piano. Felice, prese un po’ di pane tostato e un vasetto di marmellata di pesche e velocemente si mise seduto a tavola, giusto in tempo prima che nella stanza giungesse Kuja, il quale, dopo un appena sussurrato “Buongiorno”, si diresse dritto verso il forno. Kefka sorrise maligno.

“KUJI!!”

“Non. Urlare. Di. Prima. Mattina,” disse il jenoma, prendendo un po’ di latte dal frigo e mettendolo a scaldare.

“Uhuhu, siamo nervosetti, eh? Hai forse dormito male? O poco?” il mago rimarcò molto l’ultima parte della frase, ma il più giovane sembrò non fare caso al messaggio nascosto in quel tono eloquente.

“Affatto. Anzi, ultimamente dormo davvero bene” si limitò a dire, stiracchiandosi subito dopo. Kefka cercò di capire se quel gesto avesse creato un qualche dolore - due maschi che vanno a letto insieme possono farlo in un modo solo, ed era altamente improbabile che fosse Sephiroth quello passivo tra i due- ma non notò nulla di anormale, cosa che lo fece imbestialire.

“Maledizione!”

“Cosa?”

“Niente!” si affrettò a dire, spalmando un’abbondante cucchiaiata di marmellata sulla fetta di pane. Kuja lo osservò per qualche secondo, per poi prendere una tazza e versarci il latte caldo, assieme al un po’ di caffè. Vedendolo prendere la macchinetta, il clown non poté trattenere una risata.

“Insomma, fai ridere anche me: cos’è che ti divertente così tanto quetsa mattina?” gli chiese scocciato, lanciandogli un’occhiata infastidita che non fece altro che aumentare l'ilarità di Kefka.

“Uhuhu, no niente… ihihihhi,” rispose, dando un abbondante morso al suo toast, mentre osservava il più giovane bere tranquillo il suo caffè-latte. Non riuscì a trattenersi, e iniziò a ridere a crepapelle; sfortunatamente, non aveva ancora ingoiato il boccone, che gli finì di traverso. Subito iniziò a tossire convulsamente, portandosi entrambe le mani al collo, dimenandosi sulla sedia sotto lo sguardo perplesso e divertito dell’altro mago.

“Oh, povero Kefka! Non lo sapevi che non si ride con la bocca piena??” chiese con tono fintamente preoccupato, prendendo una bottiglia d’acqua e un bicchiere “Su, bevi un po’ d’acqua.”

Kefka osservò il bicchiere pieno sul tavolo, lanciando mentalmente tutte le maledizioni che conosceva: quella stupida scimmia lo aveva messo troppo lontano dalla sua portata! Ormai paonazzo per la mancanza d’aria, lanciò un’occhiata piena di rancore a Kuja, che lo guardava con gli occhi pieni di sadico divertimento.

“Che c’è? L’acqua è lì, non la prendi? Non ti va?” chiese, godendo nel vedere quello stupido clown rantolare sul bordo della sedia, per poi cadere rovinosamente a terra mentre continuava a tossire. Quella era la giusta vendetta per chi osava ridere alle sue spalle.

Nel frattempo, Kefka si vide costretto a trascinarsi fino all’altra parte del tavolo, poggiarsi sul bordo e issarsi… solo per vedere il bicchiere sparito! Sollevò faticosamente il capo, e l’ira aumentò quando lo vide in mano a Kuja, che sorrideva divertito.

“L’acqua non va sprecata,” gli disse, bevendone un sorso “è un peccato, sai? Se non la volevi, bastava dirlo”

“Coff-Coff Fig-Cof di- Cought-” non riuscì a continuare la frase. Cercò di calmarsi, inutilmente: riuscì solo a respirare malamente col naso.

“Che succede?” la voce incolore di Nube Oscura gli arrivò in parte attenuata, il che non era un buon segno.

“Oh, niente di che. Sto solo vedendo Kefka che si strozza da solo,” le risposeKuja, prendendo un tazza e porgendogliela “Caffè?”

La creatura annuì lievemente, osservando curiosa il mago che si agitava forsennatamente a terra nel tentativo di ingoiare il boccone. Prese la bevanda che le veniva offerta, senza che il pensiero di aiutare quel clown le passasse per la testa.

“Ma Garland dov’è?” chiese dopo un po’, quando ormai il viso di Kefka era diventato più pallido di quello di un cadavere.

“Non lo so, e non mi interessa. Certo, però è strano, di solito è il primo a scende-” Kuja non fece in tempo a finire la frase che un fortissimo rumore di ferro che sbatte per terra per poco non fece venire un infarto a tutti e tre - per fortuna di Kefka, però, lo spavento era riuscito a liberargli la gola dal boccone infame, che riuscì infine ad ingoiare. Il silenzio regnò per qualche istante, poi Garland entrò nella cucina, parecchio dolorante a giudicare da come si teneva la schiena.

“B-Buongiorno a tutti” disse flebile, dirigendosi verso una sedia. I tre lo guardarono per qualche secondo, per poi scambiarsi delle occhiate perplesse.

“C’è il caffè?”

“Eh? Ah si, la macchinetta è lì,” disse Kuja indicando il fornello, mentre quel poco colore che Kefka era riuscito a riprendere riandò via in un istante.

No!” il mago si precipitò verso il fornello, praticamente strappando la macchinetta dalle mani del guerriero, il quale lo guardò perplesso per qualche secondo, prima di iniziare un tira e molla con il suo 'alleato'.

“Kefka, dammi il caffè!”

“No!! E’-E’ troppo freddo, te lo rifaccio.”

“Meglio se è freddo, lo bevo più velocemente.”

“N-Noooooo!!!!!”

Kuja e Nube Oscura, nel frattempo, osservavano silenziosi il battibecco con un sorrisetto divertito lui, e un sguardo annoiato lei.

“Che stupidi,” disse la creatura, sorseggiando un po’ del caffè.

“Eheh, però sono divertenti da vedere, una vera commedia,” disse il jenoma, prendendo un biscotto dalla busta che aveva aperto poco prima.

Nel frattempo, anche Artemisia fece il suo ingresso nella cucina, già vestita del lungo e vistoso abito rosso e perfettamente truccata.

“Buong-” disse, poco prima che la gran parte del caffè della macchinetta le finisse in testa. Sia Kuja che Nube Oscura scoppiarono a ridere, mentre Kefka iniziava a sudare freddo e l’irritazione di Garland si trasformava in rabbia furiosa.

“Chi. E’. Stato?” chiese la strega con tono calmo che malamente nascondeva l’ira per quell’incidente.

“Kefka” la voce dell’ex-paladino uscì ancora più minacciosa da dentro l’armatura “sei un uomo morto!”

Il mago guardò prima il guerriero, poi la strega, poi i due che ancora ridacchiavano per la scena che si presentava ai loro occhi. Infine, si mise a ridere.

“Nbwahahahah!!!! Se prima riuscite a prendermi!!!” disse, prima di iniziare a svolazzare per la stanza. Artemisia, perfettamente calma, schioccò le dita, e il tempo attorno a Palazzo si fermò, congelandolo all’istante, il volto ancora ridente.

“Stupido buffone” disse la strega sprezzante, per poi evocare un gruppo di frecce rosate che circondarono il loro obbiettivo, per poi scendere impietose su di esso ad un cenno della sua mano.

“Non c‘è niente di meglio di un po‘ di urla per iniziare la giornata” ironizzò Kuja, poco prima che l’incantesimo temporale fosse sciolto, e gli strilli di dolore di Kefka riempissero la stanza.



Garland sapeva perfettamente che nessuno stava ascoltando il suo discorso. La cosa un po’ lo infastidiva, ma era necessario: la noia faceva venir voglia di fare altre cose, e forse queste cose potevano dargli le prove necessarie a dimostrare l’esistenza di eventuali relazioni tra i guerrieri della discordia. Purtroppo, dopo più di un’ora di orazione, nessuno aveva fatto alcunché di sospetto: l’Imperatore osservava assente l’angolo a nord-est del tempio, dove troneggiava un ritratto del demone Merilith; Artemisia si osservava le unghie, e ogni tanto si dava una sistemata alle ciocche; Kuja e Nube Oscura conversavano in fondo ala sala a qualche metro da terra - probabilmente discutevano dell’incidente di quella mattina, visti i sorrisi e le lieve risate; Sephiroth sembrava trovare molto interessante il pavimento; Kefka, pieno di cerotti e bende dopo aver subito l’incantesimo di Artemisia, stava seduto su uno degli scalini, a fatica riusciva a tenere gli occhi aperti; Golbez e Ex-Death stavano perfettamente fermi, il primo vicino all’angolo sud-ovest, il secondo vicino a Kefka - molto probabilmente si erano addormentati, vista l’eccessiva staticità; Jecht stava seduto con la schiena poggiata alla passerella centrale e, nonostante desse le spalle, la testa penzolante faceva intuire che non stesse in condizioni migliori di quelle di Kefka.

Garland, dopo aver osservato uno ad uno i guerrieri, decise che era meglio passare ad un approccio più diretto.

“Ora, passando ad altri discorsi: uno di voi,” e si voltò verso Kefka, il quale sussultò lievemente “si è lamentato di non riuscire a dormire la notte a causa di ‘numerosi rumori molesti’ che continua a sentire. Mi interessava sapere se anche voi avete riscontrato lo stesso disagio.”

Ci fu un momento di silenzio, dove i guerrieri di Chaos si scambiarono occhiate perplesse.

“Per quanto mi riguarda, non ho alcun problema,” disse l’Imperatore, lanciando un’occhiata indecifrabile a Kefka, che ricambiò con un sguardo truce.

“Nemmeno io,” disse Kuja dal fondo della sala; Nube Oscura si limitò a dare la stessa risposta.

“Io dormo bene,” anche Sephiroth lanciò un’occhiata strana verso il folle mago.

“Anche io non ho alcun problema a riposare” affermò Artemisia.

Solo Golbez, Ex-Death e Jecht non diedero la loro risposta, confermando che si erano effettivamente appisolati. Garland non pretese la loro opinione, pensando che probabilmente il loro parere non si sarebbe discordato da quelli degli altri.

Maledetti bugiardi!” urlò Kefka, facendo sussultare i tre belli addormentati “E' colpa vostra se io non dormo!”

“Colpa nostra?” chiese l’Imperatore, tranquillo, “E sentiamo, in che modo saremmo responsabili della tua insonnia?”

Ah, non saprei! Forse è perché non fate altro che scopare dalla mattina alla sera?!” disse il clown, alzandosi e puntando il dito contro il petto dell’altro, che lo guardò con uno sguardo tra il disgustato e l’oltraggiato.

“Non toccarmi con le tue sudice mani!”

“Oh, scusami, caro Mateus! Forse preferisci un calcio!?” chiese l’altro, preparandosi a sferrare il suo attacco. L’Imperatore, evidentemente irritato per essere stato chiamato per nome da uno che considerava al pari di un buffone di corte, si preparò subito a richiamare un incantesimo di difesa, ma la voce ferma di Garland interruppe la rissa che stava per scoppiare.

Kefka! maledetto buffone che non sei altro!” l’ex-paladino si avvicinò ai due, prendendo il folle mago per il colletto e sollevandolo “Datti una calmata! Al messimo lpunico motivo per cui qui non si riesce a dormire è il tuo continuo starnazzare!”

Numerosi guerrieri scoppiarono a ridere sentendo quelle parole, mentre Palazzo arrossì dalla rabbia e, in mimima parte, dall'imbarazzo.

“Ti odio,” disse in un sibilo appena udibile, per poi scoppiare ad urlargli contro, “Tiodiotiodiotiodiotiodiotiodiotiodio-

“L’abbiamo capito,” disse l’Imperatore, avvicinandosi ai due con un sorriso beffardo sul volto, “Pensandoci bene, effettivamente ho dei lievi problemi a dormire: continuo a sentire Kefka che urla la notte, probabilmente in preda alla pazzia di cui, come tutti sappiamo, il nostro ‘amato’ compagno è affetto. Seriamente, Garland, come nostro leader dovresti prendere seri provvedimenti.”

“Maledetto str-”

“Non c’è problema,” lo interruppe l’ex-paladino, infastidito da tono supponente dell’Imperatore, “Dopo aver risolto altri… affari interni, provvederò personalmente alla punizione più adatta da infliggere a questo buffone.”

“Non ne dubito” il sorriso non scomparve dalla labbra di Mateus, mentre si dirigeva verso Artemisia, la quale osservava la scena evidentemente divertita. Kefka le riservò un’occhiata piena d’odio, per poi ridere leggermente pensando che il veleno che aveva messo nel caffè faceva effetto anche se messo semplicemente a contatto con la pelle.

“Smettila di ridere” disse Garland, scuotendolo con forza “ti farò passere io la voglia di farti beffe di me! Per quanto riguarda voi,” e si voltò verso gli altri guerrieri “siete liberi di andare a combattere contro i guerrieri di Cosmos. La riunione è sciolta!”

 


Dire che era infuriato era dire poco.

“Ma come si permette di trattarmi così!?” digrignò Kefka mentre percorreva un corridoio del Sotterraneo Lunare, “prima mi sbatte la porta in faccia, poi mi prendene in giro in quella maniera! Davanti a tutti! Oh, ma gliela farò vedere io a quell’ammasso di ferraglia, malato di guerra, figlio di palombaro che non è altro!”

Lanciò un fulmine contro una parete, e il rumore della roccia che andava in frantumi fu musica per le sue orecchie. Decise che, per sfogarsi e passare il tempo, non c’era niente di meglio che distruggere qualcosa; così prese a lanciare le magie più potenti che conosceva contro il paesaggio che lo circondava, senza risparmiare neanche il più piccolo dei sassi. Si fermò solamente quando avvertì a presenza di Golbez dietro di sé.

“Ma guarda chi c’è qui, il nostro male-amato doppiogiochista. Sembri riposato,” disse, osservando l’andatura decisa del mago con occhi rossi per il sonno mancato, “mi chiedo come tu possa riuscire a riposare, visto il baccano continuo.”

Il Taumaturgo non rispose, limitandosi ad guardare le macerie sulla superficie lunare.

“Vedo che ti sei dato alla pazza gioia” disse ironico, osservando un’enorme fossa ancora fumante, probabilmente provocato da Meteor.

“Non mi hai risposto.”

“Non mi hai fatto una domanda.”

“Era implicita. Implicita! Ma siete tutti rimbecilliti qui!?” chiese, lanciando l’ennesimo Flare contro una roccia. In verità Golbez aveva intuito la domanda, ma aveva sviato il discorso sperando di non iniziare una discussione con quel buffone. Purtroppo, sembrava che, quel giorno, Kefka fosse in vena di risse.

“Come fai? Dimmi, come fai a dormire con quei quattro che fanno sesso ogni notte?!” la voce acuta e isterica gli penetrò nelle orecchie come un trapano, e  dovette combattere contro l’impulso di scagliarli contro dei massi per farlo tacere.

“Non so di cosa parli.”

“Oh lo sai benissimo invece,” gli si avvicinò tanto che la sua faccia distava pochi centimetri dall’elmo dell’altro, “la tua camera è tra quelle di Nube Oscura e Ex-Death. Li devi sentire per forza!!!”

Golbez lo guardò per un lungo istante, per poi scuotere le spalle. Ringraziò mentalmente il fatto di indossare l’armatura, perché aveva distintamente sentito le sue guance andare in fiamme.

“Quello che fanno quei due non mi riguarda” disse con voce più neutra possibile, superando il folle mago e dileguandosi il più velocemente possibile. Palazzo stette un paio di secondi a guardare il punto dove prima c’era lo stregone, per poi iniziare ad imprecare.

Odio essere ignorato! Non puoi ignorarmi Golbez! Devi compatire un comapgno nei guai! Golbez! Grrrr, tutta colpa di quei maledetti e dei loro ormoni! Ah, ma gliela farò vedere io” un ghigno decisamente poco rassicurante si dipinse sul suo volto “si pentiranno di essersi messi contro di me!! NBWAHAHAHAHAAH!!!!!!! La vendetta ha un sapore così dolce!!!”

Golbez, nel frattempo, era rimasto ad osservare per qualche minuto il suo 'compagno nei guai', mentre quest’ultimo iniziava un lungo monologo su quanto fosse stanco, sul desiderio di vendicarsi, sul sonno mancato, e su numerose altre cose che il Taumaturgo fece fatica a seguire. In particolare, lo interessò l’accenno sul veleno che 'aveva permesso il realizzarsi del suo piano di vendetta'. Quest’ultima parte catturò particolarmente l’attenzione dello stregone, che decise di usare quell’informazione a suo vantaggio in futuro.

Per adesso era meglio evitare qualunque contatto con quel buffone.

 

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Chapter 2... GONE
Ah, mi sono divertita a scrivere questo capitolo, anche se sono stata particolarmente crudele con Kefka (colpa di Duodecim: dopo quello che ha fatto a due dei miei personaggi preferiti, ho sentito il bisogno di vendicarli in qualche modo)- E purtroppo i guai per lui non sono finiti qui!!!
Ma non sarà nulla in confronto a quello che farò a Garland (eheheheh)

Alla prossima!!!

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Capitolo 3
*** Una giornataccia per tutti ***


Il Mondo dell’Oscurità era il luogo perfetto per pensare: l’assoluto silenzio che vi regnava incontrastato permetteva di non distrarsi facilmente dai propri obbiettivi. Per questo era uno dei posto preferiti di Garland, che in quel momento si trovava poggiato contro una colonna, la fedele spada conficcata nel terreno poco distante da lui, intento a riesaminare mentalmente la riunione di quella mattina. Doveva decidere se il piano si era rivelata una perdita di tempo o una conferma dei suoi sospetti: per adesso, era molto propenso a considerarsi un idiota per aver dato retta a Kefka, vista la figuraccia fatta davanti a tutti- maledetto Imperatore e la sua lingue biforcuta.


Osservò assente la fila di colonne davanti a sé, indeciso sul da farsi: aveva cercato di cogliere ogni più piccola anomalia nel comportamento dei guerrieri, anche solo apparente, ma nulla gli era parso diverso dal solito e, senza indizi alla mano, che cosa poteva fare? Il buon senso gli diceva di lasciar perdere, ma una parte di lui gli suggeriva di continuare le indagini, per sicurezza. Ma anche se avesse scoperto una relazione, che avrebbe fatto dopo? Avrebbe cercato di far scomparire uno dei due, o avrebbe fatto intervenire Chaos di persona? Oppure ci avrebbe parlato e gli avrebbe convinti a lasciarsi (ipotesi da prendere meno in considerazione, visto che razza di persone erano i suoi compagni)?

Afferrando la sua spada, si mise in marcia verso il Tempio del Chaos, sperando che una lunga passeggiata potesse schiarirgli le idee.
Non fece molta strada, comunque: di sfuggita, notò tre guerrieri di Cosmos correre in fretta e furia tra i labirintici corridoi del Mondo dell‘Oscurità. Sorrise maligno: altro che camminata, un bel combattimento avrebbe risolto i suoi dubbi.



 

“Dovremmo essere vicini alla Culla di Orphan, basta continuare per questa direzione,” disse Firion, accelerando leggermente il passo per stare dietro ai suoi due compagni. Si erano dati appuntamento con Zidane e Bartz per confrontare i risultati del giro di ricognizione, ed erano abbondantemente in ritardo, a causa dei Makins che coglievano ogni buona occasione per attaccarli.

“Aspettate,” Cecil si fermò di colpo, un’aura fortemente maligna aveva attirato la sua attenzione. Fece comparire la sua lancia, guardandosi attorno per individuare quello che a tutti gli effetti sembrava essere un guerriero di Chaos. Il rumore metallico proveniente dalle sue spalle, però, arrivò tardi alle sue orecchie.

“Cloud!” il biondo fece appena in tempo a sentire l’urlo del paladino prima di riuscire a schivare l’enorme spada che veniva contro di lui a tutta velocità. Buster Swor alla mano, parò una serie di fulmini, per poi contrattaccare con una lama di energia che respinse una massa di proiettili di fuoco.

“Mn, non ci si poteva aspettare di meno da dei guerrieri di Cosmos” la voce roca di Garland lo fece voltare velocemente verso destra, dove, a qualche metro da lui, il guerriero lo stava osservando, ed ebbe la netta sensazione che sotto l’elmo cornuto, l’ex-paladino stesse sorridendo beffardo.

Firion, conscio che Cecil non si era ancora ripreso dall'ultima battaglia, si mise davanti al cavaliere nero con l'arco già teso. Caricò una freccia di energia, per poi puntarla contro l’avversario, pronto a scoccarla al primo attimo di distrazione.

“Siete impavidi, per pensare di potermi battere” disse Garland, puntando la sua arma contro Cloud “ma posso tranquillamente tenere testa a tutti e tre! Avanti, guerrieri. Mostratemi quello che sapete fare!”

Cloud lo guardò impassibile, per poi lanciare tre sfere di fuoco nella sua direzione, buttandosi poi a terra permettendo così a Firion di scoccare il suo colpo. Quell’attacco combinato non fece altro che aumentare il divertimento nell’ex-paladino che, con un veloce gesto del polso, fece prendere alla sua spada prese la forma di un’ascia prima di sbatterla con forza a terra.

“Stolti!” disse, mentre il punto colpito prese a tremare, e una serie di rocce spuntarono dal terreno, bloccando sia le sfere di fuoco che la freccia, “Un semplice attacco come questo non può certo sconfiggermi!”

“Tsk,” Cloud gli andò contro, eseguendo un fendente orizzontale una volta che fu abbastanza vicino, il quale però venne bloccato; non riuscì ad impedire che la mano artigliata dell’altro lo afferrasse per i capelli e lo scaraventasse contro una colonna. Garland rise, schivando facilmente un colpo verticale di Cecil, che si era spostato dietro di lui pronto con un affondo impregnato di oscurità.

“E’ inutile,” disse, sferrando un pungo che mancò il cavaliere nero per pochi centimetri; quest’ultimo, a causa di una fortissima fitta di dolore alla gamba ferita in un precedente scontro, perse l’equilibrio, e il guerriero di Chaos ne approfittò per sollevare la spada sopra la sua testa “Vi schiaccerò tut-”

Non finì la frase: una seconda freccia di Firion lo colpì in pieno sul fianco, scaraventandolo a qualche metro di distanza. Si rialzò a fatica, tenendosi l’anca dolorante e imprecando contro il giovane ribelle.

“Maledetto,” disse, mentre il sapore del sangue gli riempiva la bocca, “Adesso vedrai di cosa sono capace!”

“Cecil, tutto bene?” chiese Firion, chinandosi sul compagno ferito e ignorando completamente Garland, il quale lo guardò stizzito per qualche secondo.

“Ehi, mi hai sentito?! Sto parlando con te, st-” anche stavolta fu interrotto, dopo che una potente combo di Cloud lo fece letteralmente volare dall’altra parte della sala.

Dopo averlo visto atterrare con un sonoro tonfo metallico, seguito da un gemito di dolore, Cloud si diresse verso i due compagni, senza però abbassare la guardia e farsi cogliere impreparato da un eventuale attacco alle spalle.

“Cecil,” iniziò non appena li raggiunse “Non è da te farti colpire così. Ti ho visto combattere in condizioni ben peggiori di una semplice gamba ferita.”

“Cloud ha ragione. Stai bene? Forse la spada di quel Manikin era avvelenata.”

“N-No ragazzi, sto bene,” disse il cavaliere nero, alzandosi lievemente dolorante, “E' che ho la testa da un’altra parte oggi, mi spiace farvi preoccupare. Sto bene, però, ve lo assicuro.”

“Ancora i ricordi?”

Cecil non fece in tempo a rispondere a Cloud che dovette schivare una pioggia di proiettili infuocati che si dirigevano a tutta velocità contro di loro. Si buttò a destra, saltando poi contro una colonna; la percorse in verticale per qualche metro, il tempo necessario per individuare Garland, per poi darsi una spinta verso l’alto, mentre l’armatura da nera diventava bianca e la lancia si caricava di luce.

“Luminosa!” urlò, prima di scagliare una lama di pura energia sacra contro il suo nemico, il quale venne colpito alla spalla, anche se solo di striscio. Nel frattempo, Firion gli scagliava contro due pugnali impregnati di elettricità, che avrebbero avuto la funzione di attirarlo a sé, o al massimo si rompere la sua difesa in tempo perché Cloud potesse attaccarlo senza il rischio di una possibile ritorsione. Ma Garland fu più veloce nello schivare e nel reagire, colpendo il biondo con il lato della spada e scagliandolo contro il maestro d‘arme. Entrambi i guerrieri di Cosmos caddero a qualche metro di distanza da lui, ma si ripresero subito.

“Cosa vuoi da noi?”

“Nient’altro che la gioia di un buon combattimento, giovane ribelle. Ma devo dire che siete stati piuttosto deludenti fin’ora,” rispose l’ex-paladino con tono quasi frustrato, “Avanti: mostrami cosa sai fare, o il pensiero della tua stupida rosa ti impedisce di sfogare il tuo vero potere?”

Istigare la rabbia dell’avversario, soppresso dal peso della stanchezza, mentre l’istinto di sopravvivenza misto a disperazione luccica nei suoi occhi, spesso porta a battaglie epiche, esattamente quello a cui Garland mirava insultando ciò che per il maestro d’arme era di più caro: la soddisfazione di vedere quel barlume spegnersi assieme alla vita era una delle cose per cui valeva la pena combattere in quell’infinito ciclo di battaglie. Ma la reazione che ottenne fu alquanto diversa da quello che si aspettava: nonostante Firion, mentre si alzava, gli rivolse un’occhiata irosa, questa fu subito sostituita da una sorpresa e… impaurita?

“Beh? Che cosa c’è adesso?”

“Dietro la luce…” non fece neanche in tempo a realizzare: sentì un qualcosa dalla forza straordinaria sollevarlo da terra, lasciandolo sospeso a mezz’aria per qualche istante, per poi vedere una spada impregnata di luce scendere senza pietà contro si lui, “Arriva il giudizio!!!”

Venne violentemente scaraventato sul pavimento. Neanche riuscì a preparare un contrattacco, che Cecil era già su di lui: ritornato cavaliere delle tenebre, il giovane lanciò la sua arma contro l’ex-paladino non appena questi era riuscito a rimettersi in piedi, scagliandolo contro una colonna; poi lanciò quattro sfere di energia che, grazie all’effetto boomerang impresso in esse, attirarono vicino il suo nemico; conficcò la lancia nella spalla del suo avversario, estraendola lentamente mentre raggi neri provocavano ulteriori ferite e sulla mano libera si formava una sfera di forza oscura, che venne lanciata contro lo stomaco dell’altro; l’energia sprigionata fu talmente forte che il suo corpo scagliato sfondò una serie di colonne prima di fermarsi.

Quando riatterrò, Garland dovette accettare di essere stato battuto. Si rialzò con estrema fatica, la spalla dolorante gli impediva gran parte dei movimenti, e fissò con astio il giovane paladino che lo aveva massacrato. Quest’ultimo ricambiava con altrettanto sentimento.

“Non dire mai più,” disse con occhi fiammeggianti di rabbia, “che Rosa è una stupida!”

“Rosa? E chi-”

Mai più” e quello fu più che sufficiente a far morire sulla punta della lingua tutte le parole che avrebbe voluto dire. Cecil si trasformò in cavaliere delle tenebre, e, conficcando la spada nel terreno, evocò una serie di fiamme nere dritte verso l’ex-paladino. Questi, intuendo che per ora era meglio ritirarsi, represse la sua voglia di combattere, e aprì in fretta e furia un varco interdimensionale, con destinazione completamente casuale - l’importante era che lo portasse lontano da quel ragazzo impazzito dalla rabbia.


 

Quella situazione non gli piaceva. Per niente. Sembrava che le maledizioni che Kefka gli aveva lanciato contro si stessero avverando - ironia della sorte, adesso si trovava proprio in un corridoio della torre di quel buffone. Imponendosi di mantenere un certo grado di autocontrollo, Golbez si scervellò nell’improvvisare un piano per evitare un possibile scontro con Sephiroth, che in quel momento stava arrivando dalla parte opposta alla sua. Non che avesse paura dell’ex-SOLDIER, ma in quel momento non gli andava proprio di mettersi a combattere: aveva già troppi problemi per la testa - come non farsi beccare ad aiutare i guerrieri di Cosmos o non far capire che quella mattina i biscotti che tanto piacevano allo spadaccino erano finiti nel suo stomaco.

Non modificò la sua andatura, ne accelerò il passo: quando gli passò vicino, non fece assolutamente nulla, se non proseguire per la sua strada. Pensò di averla scampata, ma l’arrestarsi dei passi dell’altro gli fecero intuire che aveva cantato vittoria troppo presto.

“Ti manca la luce?” gli chiese Sephiroth, il tono perfettamente piatto impediva la comprensione di eventuali significati nascosti in quella frase. Il Taumaturgo si fermò, voltandosi solo leggermente verso l’ex-SOLDIER, che lo guardava apparentemente apatico, ma con una scintilla di divertimento nell‘iride verde. La stessa che aveva il giorno quel piccolo 'incidente' - e per la seconda volta quel giorno ringraziò l’elmo che nascondeva il suo volto, di nuovo leggermente arrossito. Si chiese se Sephiroth si ricordasse di quando aveva visto… No, meglio non pensarci.

“Ho altri compiti da portare a termine,” gli rispose, pregando che quella conversazione finisse in fretta, e altrettanto velocemente potesse andarsene.

“Vai troppo vicino alla luce, e potresti bruciarti,” gli disse enigmatico il figlio di Jenova, per poi riprendere a camminare. Golbez lo osservò per qualche istante, chiedendosi se Sephiroth avesse intuito il suo piano riguardo i guerrieri di Cosmos; o avesse detto una frase inutile per il solo piacere di sapere ci si sarebbe dannato sopra per settimane prima di capirne che non c‘era alcun significato nascosto dietro quelle parole; o, ancora peggio, aveva saputo che era stato lui a finire i suoi biscotti e lo stava velatamente minacciano di bruciarlo vivo alla prima occasione buona.

Si rimise in marcia, deciso a dimenticare al più presto quell’incontro, ma poi gli tornarono in mente le parole di Kefka.

“Il veleno nel caffè farà bene il suo lavoro su quella nuvola e su quel bardo, nbwahahahah!!!”

Si chiese se fosse il caso di avvisare Sephiroth del piano di vendetta di quel pazzoide - forse anche lui aveva bevuto il caffè. Si fermò e voltò verso l’altro: lo trovò fermo a qualche metro da lui, un sorrisetto divertito sul bel volto e la lunga spada nella mano sinistra, pronta a tagliare. Golbez non se ne meravigliò più di tanto; infondo se lo aspettava.

“Devo dirti un cosa.”

“Sono tutto orecchi,” disse l’altro, senza che il suo ghigno cedesse di un millimetro. Lo stregone si chiese se Sephiroth si aspettasse un attacco di qualche genere, vista l’aura viola che iniziava a contornare il suo corpo. Mentalmente sospirò, domandandosi se lo spadaccino avesse altri pensieri oltre a quello di sfidare qualcuno.

‘Ovvio che li ha, e mi sembra che tu ne sia stato spettatore’ prima che potesse aggiungere altro, Golbez provvide a ricacciare quella vocina - stranamente simile a quella di Zemus - nella parte più profonda della sua mente, da dove era venuta; poi, stanco di quella sceneggiata e volendo riposarsi un po’ prima di affrontare quella che si prospettava essere una durissima giornata, decretò che usare un po’ di retorica era l’unico modo per andarsene da quella spiacevole situazione.

“Hai bevuto il caffè stamattina?” L’altro alzò lievemente il sopracciglio destro, perplesso - non era certo quello che si aspettava di sentire.

“No, perché?”

“Kefka lo aveva avvelenato. Ci tenevo ad avvisarti, così avresti potuto trovare un antidoto in tempo.”

Sephiroth non rispose, limitandosi ad osservare il suo interlocutore in cerca di segnali che indicassero che los tesse prendendo in giro. Golbez, nel mentre, cercava di intuire le possibili domande che avrebbe potuto fargli, e le conseguenti risposte da dare.

“No, non ho avuto occasione di fare colazione stamattina,” disse l’altro con un tono di voce basso e molto poco rassicurante, ripensando irato alla scatola dei suoi biscotti preferiti che quella mattina aveva trovato vuota. Golbez sussultò lievemente, ma subito ritrovò la sua compostezza, ringraziando il cielo che l‘altro non si era accorto di nulla.

“B-Bene, buon per te. Allora, potresti far girare la voce? Credo che Nube Oscura e Kuja lo abbiano bevuto.”

Lo spadaccino sembrò tendersi leggermente a quelle parole, ma fu un attimo così veloce che Golbez si chiese se fosse solo stata la sua immaginazione.

“Capisco,” disse l’altro dopo un lungo minuto di silenzio, “Ma perché Kefka ha tentato di avvelenare tutti?”

“Per vendetta: dice che continua a sentire delle urla provenire dalle stanze confinanti alla sua,” Golbez avrebbe potuto giurare, non senza un certo grado di soddisfazione, che ,anche se per un solo attimo, le guance di Sephiroth si erano accese di una tonalità di rosso
molto simile a quella di un pomodoro maturo.



 

Dopo aver fatto una lista di tutti i santi che conosceva, Garland si impegnò a dannarli uno ad uno per la giornataccia che stava vivendo: quella mattina aveva fatto una delle peggiori figuracce della sua vita; era stato battuto miseramente da dei pivellini; e ora questo…


“Come mai così di cattivo umore?” chiese l’Imperatore, un sorriso sadico sulle labbra prometteva un’altra croce da aggiungere a quella pessima giornata.

_____________________________________________

L'incontro tra Sephiroth e Golbez è stata davvero complicato da fare: come vedete, ho ripreso la scena di quando si incrociano nella torre di Kefka, adattandola alla mia storia. E' proprio qui che mi sono bloccata, e che ha causato lo spaventoso ritardo.
Il combattimento, che-che ne pensiate, è stato molto più facile da fare, e soprattutto divertente (Garland così colpito nell'orgoglio, che soddisfazione umiliarlo XD )
'mo vediamo che riesco ad inventarmi: probabilmente ricomincerò a postare da settembre, visto che andrò in vacanza per tutto luglio, e anche per tutto agosto, mi spiace dobbiate aspettare così tanto :/.

Bye bye ^^

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Capitolo 4
*** Tra pernacchie e martellate... ***


Per chissà quale strano motivo, la maggioranza dei guerrieri delle due fazioni aveva una particolare predilezione per la Crepa, un frammento del mondo di provenienza di Ex-Death: sarà stato per l’erba fresca, per la luce, il cielo azzurro e la temperatura tutto sommato elevata che dava l’illusione di una giornata estiva, per i frammenti di mondi che si scorgevano in lontananza che, magari, ricordavano il luogo d’origine; fatto sta, che non era raro trovare persone sdraiate sul prato a prendere il sole, o poggiate contro un muretto a dormire o a godere dell‘ombra.

Anche a Garland piaceva, tutto sommato, ma in quel momento avrebbe dato tutto ciò che aveva per non trovarsi lì.

“Allora, Garland,” l’Imperatore sorrise sghembo, avvicinandosi al guerriero in un modo che ricordava molto quello di un serpente in piena caccia, “A cosa si deve la tua visita?”

“Non sono in visita, stavo solo… cercando qualcuno con cui combattere,” disse la prima cosa che gli venne in mente; a quelle parole il volto del regnante assunse un’espressione quasi di compatimento.

“Garland, Garland, Garland,” ripetè, scuotendo la testa, “possibile che il tuo unico pensiero sia la guerra? Non c’è altro nella tua mente che non riguardi le battaglie?”

“Niente è più piacevole della vittoria, Imperatore. E una vittoria arriva sempre dopo una battaglia, come ben sai.”

“Al mondo ci sono tanti tipi di battaglie, e molte non hanno le armi come mezzo,” rispose l’altro, guardando poi verso un buco nero dove si intravedeva appena un deserto, “del resto, una frase ben studiata può ferire più della più potente delle spade o delle magie.”

“Non capisco dove vuoi arrivare.”

“Non sarebbe meglio esercitare la tua eloquenza piuttosto che la tua… chiamiamola spada?” chiese lo stregone con un sorriso beffardo, e un tono che sembrava voler dire che chi, come lui, era una abile oratore era superiore a chi, come Garland, aveva passato anni e anni a farsi cicatrici in guerra. Quest’ultimo, intuendolo, fu molto tentato di picchiarlo fino a sbriciolargli le ossa per quell’ennesima frecciatina, ma decise di trattenersi- era pur sempre il braccio destro di Choas, doveva mantenere un certo contegno.

“Sto bene così come sono, grazie,” disse brusco, “piuttosto, cosa ci fai qui? E’ strano trovarti senza far nulla.”

“Mi stavo solo prendendo un momento di pausa, riposarsi ogni tanto non fa certo male.”

L'ex-paladino ripensò al sonno mancato a causa di quel maledetto di Kefka. e si ritrovò, per la prima volta, ad essere d'accordo con l'Imperatore.

Certo, non poteva pensare che il fulcro delle sue maledizioni si trovasse a pochissima distanza da lui, nascosto dietro un muretto ad origliare la loro conversazione.






L’Erba Sussurrina era un particolare tipo di pianta che cresceva abbondante nel mondo di origine di Golbez e che, per quanto aveva capito, funzionava in modo simile ad una ricetrasmittente: bastava possederne anche sono una foglia, e si poteva comunicare con chiunque in qualunque luogo e momento, a patto che l’altra persona possedesse un pezzo della pianta originale, o riprodurre qualunque tipo di suono. Proprio quello che gli serviva per mettere in atto il suo piano di vendetta. Kefka si fece i più sentiti complimenti per l’idea appena avuta, mentre sghignazzando osservava una foglia dal colore verde-acqua, identica a quella incastrata in una delle fessure dell’armatura di Garland, che era riuscito a mettergli addosso quando si era teletrasportato nella Crepa- beata la telecinesi e chi l’aveva inventata! Rise più piano che poté, pregustandosi il dolce sapore della vendetta.






“Voglio quel giovane ribelle fra le schiere di Chaos.”

“Firion?”

“Esattamente,” l’Imperatore ghignò, “un temperamento come il suo è più che adatto ai miei piani. Pensi di poter fare qualcosa?”

“Perché mai dovrei fare qualcosa per te?” chiese Garland scocciato, ripensando allo scontro che aveva avuto poco prima proprio col ragazzo, “I piani sono i tuoi, risolvi da te come fare per attuarli.”

“Sto solo chiedendo un po’ di collaborazione tra compagni, Garland,” disse l’altro, avvicinandosi, “Infondo, abbiamo un desiderio in comune: far vincere Chaos. Non vedo perché non possiamo coll-”

Le sue parole vennero interrotte da un rumore molto strano, simile ad una pernacchia. Sia l’Imperatore che Garland si accigliarono sentendolo.

“Che è stato?” chiese il primo, guardandosi attorno.

“Non ne ho la più pallida ide,a”  Il rumore si ripeté, “Ma da dove viene?”

L’Imperatore non rispose, anche se un sospetto iniziava ad insinuarsi in lui. Guardò l’ex-paladino per un lungo istante, e quando quel rumore molesto si ripetè, un lieve cipiglio di disgusto si formò sul volto.

“Credo di averlo intuito,” disse, allontanandosi di qualche passo. Garland lo guardò confuso, chiedendosi il perché di quella improvvisa distanza. Quando si sentì nuovamente quel suono, anche lui realizzò quello che il suo 'alleato' stesse pensando.

“N-No aspetta, non è come credi,” e si udì di nuovo una pernacchia, ma entrambi sapevano che non era tutto fuorché quello (ma che, per decenza, continueremo a chiamare pernacchia, ma immagino che il caro lettore abbia intuito di cosa si tratti in realtà, no?) “Non sono io!”

“Certo,” disse l’altro con un tono misto tra disgusto e ironia, indietreggiando ancora.

“A-Aspetta!”

Pernacchia.

“Non sono io, lo giuro!!”

Un’altra pernacchia. Il volto dell’Imperatore sempre più disgustato.

“Posso provarlo!” Pernacchia. “Lo giuro!!” Un’altra. “ Lasciami spiegare!!!” Ancora.

“Certo” ripetè il regnante, voltandosi per andarsene. Garland, che in quel momento non sapeva se arrabbiarsi o seppellirsi per la vergogna, lo fermò.

“Aspetta, prima che tu vada, ne sai qualcosa di una relazione tra Ex-Death e Nube Oscura?” chiese, avendo pensato -in parte a ragione- che un’altra occasione per chiedere spiegazione ad uno dei diretti interessati della sua inchiesta non gli sarebbe più capitata.

L’Imperatore lo guardò con la coda dell’occhio, deciso più che mai ad andarsene- già gli sembrava di sentire un certo cattivo odore spargersi nell’aria.

“No, non ne so nulla.” disse, per poi affrettarsi ad andarsene con il teletrasporto, non prima però di aver aggiunto sprezzante, “La prossima volta almeno cerca di trattenerti però.”

Garland rimase perfettamente immobile, fissando lievemente assente il punto in cui l’Imperatore era scomparso. Poi evocò la sua spada, e iniziò a colpire il terreno con insistenza e forza impressionanti, bestemmiando nel mentre contro tutto quello che gli veniva in mente e in ogni lingua che conosceva, sfogando tutta la rabbia per quella giornataccia che, purtroppo, era solo all’inizio.






Chi avesse visto Kefka e visto in quel momento, steso a terra in preda alle convulsioni per il troppo ridere, l’avrebbe tranquillamente potuto scambiare per un epilettico in piena crisi. Il mago si stava divertendo come non mai nel vedere lo stoico guerrafondaio preda dell’ira più nera mentre colpiva con la spada il terreno come impazzito.

Con fatica, si asciugò gli occhi lacrimanti, per poi decidere di svignarsela non appena si rese conto che Garland lo aveva sentito.

Si teletrasportò nella sua torre, pronto ad architettare nuovi scherzi a quel malato di guerra.






 

L’Imperatore apparve nel Pandemonium con un’espressione decisamente disgustata sul volto, come Jecht poté notare quando lo vide avvicinarsi.

“Tsk, che succede vostra maestà?” chiese con finta riverenza, “sembra che abbiate la puzza sotto il naso.”

“Ti prego di non parlarmi di puzze o di cattivi odori in generale,” ribatté, soprassando Jecht,  “Hai fatto come ti avevo chiesto?”

“Si si, la tua bella addormentata è al sicuro e riposa come un bebè,” disse indicando Artemisia seduta il più comodamente possibile sul trono di cristallo. Era ancora molto pallida, forse un po’ meno rispetto a quando l’avevano trovata svenuta nel suo castello.

“Mh, adesso puoi andare,” disse a Jecht senza neanche guardarlo, per poi avvicinarsi alla strega del tempo. Il campione di bilzball sbuffò sonoramente.

“Non ti preoccupare, non c’è di che,” disse ironico, andandosene mormorando qualcosa su l’ingratitudine di quel 'deficiente che non sa fare altro che dare ordini'.

Ovviamente, l’Imperatore lo ignorò completamente, più concentrato sulla donna che occupava il suo trono. Si inginocchiò davanti a lei, osservando attentamente il suo viso a forma di cuore; le sfiorò con le dita la fronte, constatandone la freddezza inusuale, scendendo poi sulla guancia e sul collo, dove avvertì il pulsare dell’arteria piuttosto debole. Una lieve smorfia gli deformò le labbra, mentre pensava a cosa poteva farla stare così male. Una fattura era da escludersi, perché era più che sicuro che Artemisia fosse in grado di liberarsene in poco tempo; tracce di ferite non c’erano sul corpo; l’ipotesi più probabile rimaneva il veleno, ma chi e come l’aveva intossicata? Garland era da escludere, perché non era il tipo che usava il veleno; Nube Oscura non le badava molto, quindi anche lei poteva essere tralasciata, e neanche Golbez sembrava un avvelenatore. Ex-Death era già più plausibile, ma non gli veniva in mente nulla che potesse valere come movente; Kefka non faceva mistero del suo odio per lei- in verità, lui odiava tutti indistintamente e non lo nascondeva- e più volte per sua stessa ammissione aveva usato il veleno sui guerrieri di Cosmos per vincere; Sephiroth non era tipo da usare il veleno- se doveva uccidere, usava solo la spada; Kuja la detestava dal profondo dal sesto ciclo- non ricordava il motivo, ma doveva centrare una relazione andata male o qualcosa di simile; Jecht era troppo stupido per usare il veleno senza confondersi e magari avvelenarsi da solo. Quindi, gli indiziati principali rimanevano Kuja e Kefka, con Ex-Death in forse perché, per il momento, non trovava un movente abbastanza convincente. Guarda caso, i sospettati erano tutti della fazione dei distruttori, alias quelli che volevano l’annientamento totale di tutto e tutti. Non era certo da escludere che si fossero alleati per eliminarla.

L’Imperatore si incupì, pensando ad un piano per poter punire quei tre, quando un lieve lamento catturò la sua attenzione: Artemisia si stava risvegliando.

“Buongiorno,” disse, alzandosi in piedi. La maga temporale lo fissò assente per qualche minuto, tentando di metterlo a fuoco. Quando riconobbe chi aveva davanti, sembrò rilassarsi.

“Che è successo?”

“Quello dovresti dirmelo tu,” le disse, osservandola mentre si sedeva composta sul trono, “Ti ho trovato svenuta nel tuo castello, e ho preferito portarti qui prima che qualche guerriero di Cosmos ti facesse prigioniera.”

Artemisia rivolse al suo alleato uno sguardo indagatore, evidentemente poco convinta.

“Non è da te una tale galanteria.”

“Una signora va sempre aiutata, soprattutto se è un prezioso alleato,” l’Imperatore sorrise, prendendole una mano e baciandola, l’occhio cadde quasi per caso sulla scollatura del lungo vestito, che lasciava scoperto parte dell’ampio petto. La maga non sembrò accorgersi di quell’occhiata invadente, o, se l’aveva percepita, non fece comunque nulla per coprirsi.

“Che gentile,” disse, per poi massaggiarsi le tempie doloranti. Mormorò un incantesimo di cura, che però fece ben poco effetto.

“Non so cosa tu abbia, ma penso di sapere chi siano i colpevoli,” l’Imperatore sfiorò con le dita la guancia tatuata della donna, un sorriso, che ben poco aveva a che fare col suo solito ghigno, incurvava le labbra sottili, “per ora riposati, mia cara: avrò bisogno delle tue straordinarie doti oratorie per organizzare la nostra vendetta.”






 

Finalmente, dopo più di un’ora, Garland aveva lasciato cadere la sua spada a terra, esausto e con un fortissimo mal di testa a martellargli il cervello. Non si era calmato: un incredibile istinto di distruzione lo stava attanagliando, e, se la stanchezza non l’avesse fermato, chissà per quanto tempo ancora avrebbe continuato a martellare il terreno.

Si buttò sull’erba, affannando e tentando di riprendere un po’ di lucidità. Non seppe per quanto tempo stette così, a gambe semi-incrociate, ma fu abbastanza perché quando si rialzasse, nelle sue gambe si propagasse un fastidiosissimo formicolio. Leggermente traballante, aprì un varco interdimensionale con destinazione la torre di Kefka, intenzionato a prendere la testa di quel pazzoide e usarla come palla da calcio nei momenti di svago- anche se in ritardo, si era accorto della sua presenza, la sua odiosa risata l‘avrebbe riconosciuta ovunque.

C’è da chiedersi quale tremendo sgarbo l’ex-paladino avesse fatto alla dea bendata, visto che la sfortuna non sembrava abbandonarlo: infatti, quando stava per mettere piede nel varco, questo scomparve a causa di un calo di concentrazione provocato dall’ancora non passato mal di testa. Ciò provocò una rovinosissima caduta al piano di sotto, e il sottile strato d’erba non contribuì ad attutire il colpo e in conseguente dolore. Questa volta, Garland neanche si prese la briga di bestemmiare: semplicemente si rialzò, leggermente zoppicante, e riaprì un altro varco, destinazione sempre la torre di Kefka.

 

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Capitolo 5
*** In avan' scoperta ***


A Bartz era sempre piaciuto viaggiare: l’ebbrezza di visitare luoghi sconosciuti, conoscere gente nuova, l’esplorazione, erano tutte aspetti che lo affascinavano.

Ovviamente, a tutto c’è un limite.

Osservò con attenzione il tetto del Tempio del Chaos alla ricerca di una via che lo ricondicesse ai suoi comapgni,  inutilmente. Sospirò, rifiutando di lasciarsi prendere dal panico. Anche se, la scena di qui poco prima era stato spettatore non faceva che impensierirlo.

 

Gli doleva dappertutto, specie la testa, ma Bartz costrinse comunque il suo corpo all’abnorme sforzo alzarsi in piedi. Sentì le mani sprofondare in qualcosa di freddo, e quando aprì gli occhi, vide un terreno nero e viola con numerosi puntini bianchi, simile a stelle nel cielo notturno. Eppure, la luce e il calore che percepiva sulla pelle davano più l’idea del giorno che della notte.

Solo guardandosi attorno riconobbe le complicate costruzioni della Crepa. Non fece comunque in tempo a cercare di orientarsi in qualche modo, che avvertì due presenze venire nella sua direzione. Veloce, si nascose dietro un muretto, appena in tempo perché Kefka e Kuja non lo notassero.

“Allora,” chiese il più giovane dei due. “Dov’è quel topo che avevi catturato?”

Kefka, dopo qualche attimo di smarrimento - era certo che quella specie di mimo da strapazzo fosse steso a terra con un bel bernoccolo in testa dopo che lo aveva colpito - si voltò verso il jenoma, che lo guardava spazientito in attesa di una risposta; e non poté non compiacersi dell’innaturale pallore del ragazzo, difficile da notare da un occhio poco attento su una pelle già chiara di suo.

“Be’, questo è strano,” disse, fingendo smarrimento, “Ero convinto che fosse qui, fino ad un minuto fa.”

Kuja lo guardò storto, evidentemente poco convinto.

“Comunque, il mio avversario è Gidan, non vedo perché hai dovuto mettere in su questa sceneggiata per catturare il suo amichetto,” disse, pensando al suo caro fratellino che in quel momento, probabilmente, stava avvisando gli altri suoi compagni del rapimento di Bartz e organizzando una spedizione per andarlo a riprendere. L'ennesima rottura di scatole.

“Neanche ti avevo chiesto di farlo”, continuò, guardando male il suo ‘alleato’, “grazie a te, adesso diverrà anche più complicato catturarlo!”

“M-Ma mi sembrava divertente!” si giustificò l’altro, trattenendo a stento un risolino quando vide una lieve smorfia di dolore sul volto di Kuja. Incrociò teatralmente le braccia, facendo una faccia offesa, “Non è giusto che ti diverta solo tu!”

Kuja sospirò, desiderando ardentemente di andarsene nelle sue stanze a riposarsi, nella speranza che la sua povera testa gli desse qualche attimo di riposo. Ovviamente, la voce acuta di Kefka non contribuiva a far passare il dolore, anzi; si chiese cosa lo trattenesse dal lanciargli contro un Ultima per farlo tacere - il fatto che si reggesse a malapena in piedi fu una risposta più che sufficiente.

“Be’, suppongo che comunque possiamo usarlo ai nostri scopi, quel topo di fogna. Baster- UGH!” si portò una mano alla tempia quando una fitta dolorosissima per poco non lo fece cadere. Kefka rise.

“Ti senti bene, Kuji?” chiese, notando che la magia di cura che il giovane aveva chiamato non aveva avuto l’effetto sperato, soddisfatto che nemmeno il mago più esperto nelle magie bianche della fazione di Chaos riuscisse a debellare il suo veleno.

Kuja non rispose, massaggiandosi le tempie dolenti.

“Credo che ritornerò in camera mia,” annunciò, andandosene.

“Si si, vai vai. Io ho… Ancora da fare qualche piccola commissione qui,” disse Kefka, ridendo mellifluo, per poi teletrasportarsi ai piani superiori della costruzione.

Bartz, dopo aver assistito alla scena- e dopo aver lanciato le peggio ingiurie per essere stato chiamato ‘topo di fogna’ - decise che era meglio dileguarsi prima che qualcuno si accorgesse della sua presenza,



 

Se Kuja aveva davvero intenzione di puntare a GIdan, era  imprativo per Bqartz avvisare il suo amico prima che qualocosa di brutto potesse accadere. Istintivamente  accelerò il passo, ma si arrestò fino a quando avvertì tre forti presenze a poca distanza da lui. Si affrettò a nascondersi dietro un muretto, per poi sbirciare da una crepa. Quello che vide per poco non gli fece venire un infarto: Sephiroth, l’Imperatore e Artemisia, a pochissimi passi da lui!


 

“Che ne dici, Sephiroth?” chiese l’Imperatore, osservando con attenzione ogni gesto dello spadaccino che potesse fargli comprendere che fosse interessato alla sua proposta, “Anche tu devi essere stufo di questi patetici distruttori che ci circondano.”

Artemisia - che il regnante teneva sottobraccio per evitare che cadesse nel caso la colpisse un mancamento - per quanto riconoscesse che quest’ultimo fosse un ottimo oratore, non poteva certo dire che fosse altrettanto bravo nella scelta degli argomenti: infatti, Sephiroth l’aveva guardato malissimo, prima di dire un incolore: “Non sono interessato.”

“Se non sbaglio hai un conto in sospeso con Kefka; potremmo darti la possibilità di riscattarti” disse la maga temporale, dopo essersi ricordata di uno scherzo che il folle mago aveva fatto allo spadaccino qualche tempo prima; inserire del colorante nei panni da lavare -  il risultato fu che giacca, mutande e un paio di pantaloni di Sephiroth assunsero un delizioso color rosa confetto, che non se ne andò per tre settimane. La donna aveva pensato che puntare su quel ricordo fosse una buona idea, e a giudicare dal lieve fremito che ebbe il sopraciglio dello spadaccino intuì che non aveva fatto male i calcoli.

“Pensavamo di preparare un’imboscata, sei con noi?”

“Non sono interessato,” si limitò a ripetere, evitando di incrociare lo sguardo dei due.

“Oh andiamo, non dirmi che andare in giro vestito come un confetto per tre settimane ti ha fatto piacere,” disse l’Imperatore, quasi pentendosene subito: se lo sguardo avesse potuto uccidere, quello di Sephiroth lo avrebbe fatto nella maniera più dolorosa possibile. Fu istintivo richiamare silenziosamente un incantesimo difensivo e un altro pronto per essere lanciato al minimo movimento anche solo apparentemente ostile.

Probabilmente, Sephiroth lo avrebbe attaccato se non fosse stato per uno strano rumore proveniente da dietro un muretto, simile ad un singulto. O meglio, ad una risata soffocata.


 

Non era mai stato campione di autocontrollo, ma il senso del pericolo, tipico di un avventuriero, avrebbe dovuto almeno fargli intuire che scoppiare a ridere non era esattamente il modo migliore per non farsi notare. Bartz ne fu consapevole solo all’ultimo momento, in tempo perché riuscisse a soffocare il riso spontaneo che l’immagine di un Sephiroth vestito color rosa confetto aveva provocato.

Era difficile, dannatamente difficile non ridere; spesso, con gli altri, si era divertito ad immaginare i guerrieri di Chaos nelle pose e nelle situazioni più bizzarre- da un Kefka con i capelli fucsia e puà verdi, a un Golbez con l’armatura ridisegnata da un pittore cubista; da un Garland vestito da antico guerriero gallico ad un Ex-Death in competizione con una tartaruga; ma la visione di un Sephiroth vestito come una bambola le batteva tutte.

Si portò le mani alla bocca, tentando di soffocare un nuovo moto di risate, non preoccupandosi che il lieve singulto che si era lasciato sfuggire potesse farlo scoprire.


 

“Sembra che qui abbiamo un’infestazione,” disse ironico l’Imperatore, gli occhi viola fissi verso un muretto, dove avvertiva la luminosa presenza di un guerriero di Cosmos. Anche Sephiroth e Artemisia osservavano lo stesso punto, curiosi di scoprire cosa avrebbe fatto la persona nascosta lì dietro. Non dovettero aspettare molto: Bartz scattò in piedi, furente, la sua aura scombussolata dalla rabbia per essere stato nuovamente insultato.

“Ehi, chi pensa di poter chiamare ‘insetto’?!” disse, stringendo i pugni, realizzando solo in un secondo momento che tutta la fatica che aveva fatto per non farsi notare era andata in fumo, “D’OH!”

Notò che l’Imperatore lo stava osservando con un ghigno divertito, mentre Artemisia lo guardava con un misto di esasperazione e compatimento. Sephiroth, invece, lo stava fulminando con lo sguardo: intuì che lo spadaccino aveva compreso che era stato lì tutto il tempo e che aveva sentito la conversazione per intero. Quando ripensò al vestito rosa che la sua immaginazione aveva applicato sull’albino, un lieve riso gli sfuggì dalle labbra. Fu flebile, ma capì Sephiroth lo aveva sentito distintamente quando la sua lunghissima spada gli comparve in mano. Nonostante il pericolo, Bartz non riuscì a smettere di ridere.

“Ehm- ehehe- ehm… C-Ci rivedre- ehehehe- T-tornerò” balbettò, tentando di soffocare le risate e dandosela a gambe levate, sperando vivamente che nessuno dei tre lo stesse seguendo.


 

Bartz non era l’unico a doversi trattenere dal ridere: anche l’Imperatore stava avendo un po’ di difficoltà a non ridacchiare davanti all’espressione lievemente contrariata dello spadaccino.

“Allora, Sephiroth,” disse, dopo che il guerriero di Cosmos se ne era andato, “ripenserai alla mia proposta?”

“No,” fu la secca risposta dell’altro, per poi girarsi dall’altra parte e andarsene. Artemisia ridacchiò vedendo la faccia scocciata del regnante, così inadatta sul suo volto elegante.

“Se vi interessa saperlo, però,” disse Sephiroth, fermandosi, “sappiate che state sbagliando strada: vi consiglio di indagare di più."

Quandi si teletrasportò chissà dove,  lasciando Artemisia e l’Imperatore sinceramente sorpresi.




 

Raccapricciante quanto la persona che vi viveva dentro. Era questa l’espressione che Kuja aveva usato più volte per definire quel posto assurdo che era la Torre di Kefka. E non aveva tutti i torti: le pareti metalliche, che lasciavano intravedere fili e tubi di ogni genere, i gas tossici di un inquietante rosso che uscivano da condutture rotte e le enormi gabbie di vetro usate per gli interrogatori creavano un connubio poco rassicurante.

Ma, in quel momento, Garland pensava a tutto fuorché ai pessimi gusti della gente del mondo di provenienza di Kefka: l’unica cosa che desiderava era una bella partita di palla a mano, con la testa di Palazzo al posto del pallone possibilmente- altrimenti, si sarebbe accontentato di accartocciarne il corpo fino a formare una sfera.

Di solito, il clown, quando stava in quel frammento di mondo, si dilettava in lunghi monologhi senza senso sulla distruzione, su Terra, la guerriera di Cosmos a lui opposta, o su chissà che altro gli passava per la testa, comodamente seduto contro qualche muro, o si divertiva a distruggere le capsule di vetro urlando “DISTRUGGIAMO TUTTO!!!”

Stranamente quel giorno non sembrava essere lì.

L’ex-paladino sbuffò, chiedendosi perché la sfortuna ci vedesse così bene quando doveva colpire qualcuno- in questo caso, lui doveva esserne la vittima prediletta.

Si concentrò, cercando di rivelare l’aura del folle mago per quanto le sue scarse capacità magiche glielo permettessero- quasi desiderò che qualcuno dei tanti stregoni che componevano la fazione di Chaos fosse con lui, a facilitare quel lavoro.

Dopo cinque minuti, non avendo rivelato nulla di anomalo, decise di cercare altrove il suo uomo. Sennonché, l’inconfondibile risata sguaiata gli giunse alle orecchie poco prima che aprisse una varco.

Lentamente, si avvicinò ad una balconata, guardando in basso: Kekfa, in posizione semidistesa sul fianco, galleggiava in aria, ridendo rumorosamente.

“Nbwahahahaha!!! Gliel’ho proprio fatta a quel guerrafondaio!” diceva, grattandosi svogliatamente la pancia, “Che potrei combinargli adesso? Forse potrei farlo esplodere! O magari mettergli dei fuochi d’artificio nell’armatura! Anzi,” fece una capriola e si mise in piedi, “quasi quasi faccio il bis! Nbwahahahaah!!! Però devo scegliere quando… La riunione di stasera!!!! E’ perfetto!!! Nbwahahahahah!!!!”

Garland non si mosse, anche se dentro ribolliva di rabbia. Avrebbe tanto voluto spaccargli la faccia, ma pensò ad un’idea migliore per punire quell’idiota: e tutto si sarebbe compiuto quella sera.

Sorrise maligno dietro l’elmo cornuto, andandosene via lasciando un inconsapevole Kefka a ridere follemente.



 

Ex-Death non si fidava delle persone: non per timore, ma era la sua stessa natura di creatura del Nulla a impedirgli diprovare sentimenti come la fiducia- salvo non si trattasse forti passioni tali da scuotere quel poco di anima che aveva, necessaria per sopravvivere.

Per questo, ebbe dei seri dubbi su quanto Golbez gli aveva riferito poco prima: certo, non era improbabile che Kefka si fosse alzato una mattina deciso ad avvelenare tutti, ma gli sembrava strano che nessuno se ne fosse accorto.

“Ti ho avvertito così che potessi trovare in tempo un antidoto,” aveva detto Golbez  “già siamo in crisi con questa storia dei cristalli: è meglio non perdere alleati.”

“E’ strano che tu l’abbia detto a me, fra tutti” disse l’albero, non ancora convinto.

“Sephiroth e Jecht sono già stati informati, non so se hanno sparso la voce.”

“Capisco. Sai anche chi ha bevuto il veleno?”

“Per quel che ho inteso, Kuja e Nube Oscura hanno assunto il caffè, questa mattina.”

Ex-Death si accigliò lievemente, prima di ridacchiare.

“Allora il veleno non deve avere grande effetto: poco fa ho incrociato Nube Oscura nel suo territorio, e stava benissimo.”

“Ci mette un po’ ad agire. Se sei interessato, dovresti andare a controllarla” disse il Taumaturgo prima scomparire.

Ex-Death rimase fermo per qualche secondo, considerando seriamente le parole dello stregone: Nube Oscura non le era sembrata strana, o pallida, o stanca; anzi, quando l’aveva vista, sinuosa e aggraziata come solo lei, creatura del Nulla, poteva essere, sembrava addirittura più in forma del normale.

Nonostante le loro concezione completamente opposte sul Nulla, Ex-Death doveva ammettere che stare con quella amabile creatura era solo che un piacere; la sua eventuale morte non l’avrebbe fatto soffrire, ma perché rischiare di perdere la fonte di un tale appagamento? Sarebbe stato sciocco negarselo.

Si teletrasportò nel Mondo dell’Oscurità, non notando Bartz sgusciare fuori da dietro una delle rocce galleggianti del Cratere Nord.

Il mimo rimase qualche secondo immobile, analizzando le informazioni appena ricevute:

-Kefka aveva avvelenato il caffè;

-Nube Oscura e Kuja avevano bevuto il caffè;

-Probabilmente, era per quello che Kuja stava male;

-Anche Artemisia doveva averlo bevuto, e si era sentita male di conseguenza;

-Artemisia, assieme all’Imperatore, aveva cercato di reclutare Sephiroth per potersi vendicare.

Erano solo teorie, ma avevano una loro logica, visto che si parlava dei seguaci di Chaos, gente che era tutto fuorché normale.

C’erano ancora molte cose che non gli tornavano, ma ne avrebbe discusso con gli altri, non appena gli avesse ritrovati. Erano informazioni troppo importanti per non essere riportate per filo e per segno.

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Capitolo 6
*** Strane sorprese ***


Eccola lì, elegante come sempre: Nube Oscura, il Nulla incarnato nella forma di una giovane donna, osservava con indifferenza le macerie di un colonnato, probabile frutto di un qualche scontro avvenuto da poco. Non sembrò percepire la sua presenza- anche se, più probabilmente, lo stava semplicemente ignorando.

Ex-Death le si avvicinò con circospezione, conscio che un passo falso avrebbe immediatamente fatto scattare sull’attenti le due creature attaccate al suo corpo, pronte ad aggredirlo al minimo accenno della loro padrona, o per loro pura iniziativa- e più di una volta aveva verificato quanto dolorosa potesse essere come esperienza.

“Sei qui," mormorò Nube Oscura, voltandosi di poco “è strano vederti nel Mondo dell’Oscurità.”

“Non posso far visita ad una preziosa alleata?” replicò, guardando con la coda dell’occhio i due esseri gialli che qualche tempo prima avevano attentato a tradimento alle sue ‘regioni vitali’.

“Se non ti conoscessimo…” rispose lei, mettendo in mostra i bianchi denti aguzzi in un ghigno elegante. I due serpenti legati alla sua schiena sibilarono minacciosi.

“Mi offendi,” disse Ex-Death, stando attentoad ogni movimento sospetto di quei due esseri, “Oltre alla nostra collaborazione in campo lavorativo, gradisco molto la tua compagnia.”

Nube Oscura fluttuò fino a stargli a pochi centimetri dal volto; negli occhi vermigli si poteva leggere una nota di divertimento.

“Dovremmo prenderlo come un complimento?” chiese melliflua, ghignando. Lo stregone sorrise dietro l’elmo.

“Prendilo come vuoi. Immagino però che, per una creatura del tuo calibro, un complimento o un’offesa abbiano lo stesso vuoto significato.”

Nube Oscura sorrise.

“Solo tu puoi capire,” disse, per poi rivolgere lo sguardo alle rovine dietro di lei, “Avvertiamo distintamente i residui della presenza di Garland. Deduciamo che abbia avuto un qualche scontro con i guerrieri di Cosmos e, a giudicare dalla densità dei resti di energia, diremmo che non ne è uscito nel migliore dei modi.”

“Non mi stupisce: quello sciocco fa tanto il gradasso, ma è meno forte di come voglia apparire.”

La creatura del Nulla si limitò ad annuire, attirando a se un frammento di pilastro e stringendolo nella mano artigliata. I due esseri attaccati al suo corpo sibilarono nuovamente, mostrando i sentimenti che la loro padrona abilmente nascondeva dietro una maschera di pura indifferenza.

“E' quello dovrebbe essere il nostro leader? Un essere debole, come questo sasso?” disse, sbriciolando la pietra con facilità. Ex-Death rise lievemente, avvicinandosi di più a lei- sempre tenendo d’occhio quei due serpenti gialli, a cui sembrava stare particolarmente antipatico.

“E’ il nostro leader solo di nome, mia cara. A conti fatti, noi della fazione di Chaos godiamo di una grande autonomia. Forse fin troppa,” disse, ricordandosi in quel momento della conversazione avuta con Golbez. Nube Oscura si voltò verso di lui, facendogli segno di spiegarsi.

“Per caso ti sei sentita male ultimamente?”

La creatura del Nulla alzò un sopracciglio, donandogli per la prima volta un‘espressione quasi perplessa.

“No, noi non possiamo ammalarci come gli esseri umani. Se ci indeboliamo, è solo perché abbiamo combattuto contro qualcuno,” gli occhi rossi di lei si rabbuiarono ,“A tal proposito: quanto vorrei avere qualcosa da spedire nel Nulla in questo momento.”

Ex-Death rise rocamente.

“Credo allora che dovresti sapere una cosa.”




“BARTZ!”

Il mimo aumentò la velocità della sua corsa, sorridendo radioso ai suoi compagni, facendo attenzione a non scivolare sul terreno del Santuario dell’Ordine, perennemente coperto dall’acqua sacra che placidamente vi scorreva.

“Ehi, ragazzi!” riuscì a salutarli, anche se a corto di fiato.

“Ma dove eri finito!?” gli chiese Gidan, quando l’altro gli fu vicino. Squall, a poca distanza dal jenoma, accennò un saluto scuotendo la testa, mentre dietro di lui Terra sospirava sollevata, la mano, stretta in quella di Cloud, allentò la propria presa senza però scioglierla- con enorme disapprovazione del Cavalier Cipolla, a giudicare da come li stava guardando male.

“Non indovinereste mai cosa mi è capitato!” disse Bartz, iniziando poi a raccontare del suo rapimento da parte di Kefka, di quello che aveva sentito dalla conversazione tra l’Imperatore, Artemisia e Sephiroth, non dimenticando poi dell’informazione più importante: l’avvelenamento di alcuni guerrieri di Chaos.

Quando terminò la sua storia, il silenzio calò sui sei combattenti di Cosmos, intenti ad analizzare le preziose informazioni appena ricevute, riflettendo anche su come poterle usare a proprio vantaggio per un futuro scontro. A rompere il silenzio, dopo svariati munti, fu il Cavalier Cipolla.

“Sephiroth vestito di rosa?” chiese con voce tremante, le labbra tremolanti. E tutti potevano ben immaginare il motivo.

“Ehm… Si… Pffff…”

“Ma ci deve essere stato un motivo per cui era vestito in quella maniera,” perfino Cloud aveva difficoltà a reprimere un ghigno divertito al pensiero del suo arcinemico vestito da donna- chissà perché, quest‘immagine gli fece provare un forte senso di deja-vu.

“N-Non lo so, e sinceramente non mi interessa,” detto ciò, Bartz scoppiò a ridere, seguito dal Cavalier Cipolla; anche Terra rise, anche se in maniera decisamente meno rumorosa, e neanche Squall trattenne un ghigno spontaneo. Stranamente, Gidan non si unì a loro: osservava assente l’acqua scorrere calma sotto i suoi piedi, visibilmente preoccupato. Fu Cloud a notarlo per primo.

“Tutto bene?” chiese con un sopracciglio alzato, perplesso dall’inusuale silenzio del jenoma, specie su un argomento ilare come quello.

“Eh… Ah, si si, tutto bene, stavo solo… Pensando…”

“A cosa?” la domanda di Bartz fece tendere lievemente il biondo, che non rispose se non con un balbettio incomprensibile. Squall, però, aveva capito fin da subito cosa passava per la testa del suo compagno. Sospirò.

“E’ Kuja, vero?” chiese , e l’occhiata incredula dell’altro gli fece capire che la sua supposizione era esatta.

“Kuja? Che centra Kuja?” domandò ingenuamente il più giovane del gruppo, non capendo ciò che per gli altri era diventato ovvio.

“Sei preoccupato per lui?” chiese Terra con dolcezza. Gidan sbuffò.

“N-No no, è solo che-”

“Perché dovrebbe essere preoccupato per un nostro nemico?”

“Kuja è suo fratello, è normale che sia preoccupato.”

La risposta di Cloud non convinse il Cavalier Cipolla, ancora troppo piccolo per capire il complicato rapporto tra i due fratelli jenoma.

“Ma rimane comunque il suo nemico,” ribatté, convinto della sua posizione.


“Non è così semplice,” Terra non sapeva come spiegargli la situazione, visto che anche per lei, cresciuta in modo che le sua emozioni venissero soffocate, era piuttosto difficile comprenderla a pieno. Per fortuna, Cloud intervenne a suo favore, liquidando il piccolo cavaliere con un: “Crescendo capirai.”

“Mi rispondete sempre così,” il giovane gonfiò le guance, indispettito, “Sono stufo di essere trattato come un bambino!”

“Ma sei un bambino,” replicò Bartz, per poi schivare per un soffio una sfera di fuoco.

“Comunque,” Cloud prese in mano la situazione, rivolgendosi a Gidan, “La tua preoccupazione è completamente ingiustificata: Kuja è un nostro nemico, il manipolatore migliore della fazione di Chaos-”

“Allora dovrei essere contento se gli succede qualcosa?” il tono velenoso della domanda, talmente inusuale per il jenoma, sorprese non poco i suoi compagni.

“Non dico questo-”

“E allora non dire nulla” tagliò corto il giovane, abbassando lo sguardo. Sapeva che Cloud aveva ragione, eppure non poteva fare a meno di stare in pensiero per suo fratello: la fazione di Chaos era piena zeppa di gente poco raccomandabile, e Kuja non era certo un’eccezione; ma non ci voleva un genio per capire che il mago era spesso preso di mira dai suoi pseudo-alleati, essendo, dopo Golbez, il meno belligerante. Certo, non aveva mai pensato che sarebbero stati capaci di attentare alla vita di un compagno…

“E va bene,” la voce di Squall lo riportò alla realtà. Alzò gli occhi, incrociando quelli più freddi del suo compagno, gunblade alla mano, “Forza andiamo.”

“D-Dove?”

“A cercare tuo fratello: se continui a stare col muso, Bartz inizierà a strimpellare per tirarti su il morale e, sinceramente, non mi va di sentirlo,” disse il castano, posando la sua arma sulla spalla per poterla portare più agevolmente.

“Vengo con voi,” anche Cloud si alzò in piedi, posizionando la Buster Sword dietro la schiena e preparandosi a partire, “Una mano in più non fa certo male.”

“C-Cloud” lo chiamò Terra, fissandolo preoccupata e riafferandogli la mano. Tuttavia, le bastò guardare l'altro negli occhi per far morire sulle labbra tutte le cose che avrebbe voluto dirgli.

“Tu e il ragazzo rimarrete qui insieme a Bartz: controllate che non sia ferito. Aspetterete l’arrivo degli altri,” le disse, per poi accennare un lieve sorriso, “Ce la caveremo da soli.”

Squall osservò la piccola scenetta con una certa nostalgia, qualcosa nel suo cuore sembrava lottare per poter riemergere; la sua tempra da soldato, comunque, represse subito quella sensazione, in vista della missione da dover compiere.

“Squall?” il mercenario si voltò leggermente, abbastanza per poter vedere il sorriso sincero sul volto di Gidan.

“Grazie.”





Umiliarlo con le sua stessa carta. Questo era l’ingegnoso piano che Garland aveva pensato per potersi vendicare di Kefka: visto che uno dei divertimenti maggiori di quel clown maledetto era andare in giro a sparlare degli altri, doveva trovare e diffondere un’informazione talmente imbarazzante che il mago non si sarebbe più fatto vedere in giro dalla vergogna. Era un’idea brillante, peccato che fosse altrettanto difficile da attuare: le cose che il folle mago faceva- grattarsi il sedere in pubblico, ruttare nei momenti meno opportuni, scherzi assurdi e simili erano solo una minima parte delle azioni compiute- avrebbero fatto morire di vergogna anche la più stoica delle persone; vergogna che, però, Kefka non sembrava provare affatto, visto che continuava imperterrito nei suoi gestacci, indifferente alle prese in giro altrui.

Pertanto, l’informazione che doveva trovare doveva essere imbarazzante e replorevole, tanto da non far più vedere la faccia del folle mago almeno fino alla fine del conflitto. E qui, appunto, veniva il difficile.

Avrebbe dovuto chiedere a qualcuno che fosse vicino a Kefka, e l’unica persona che gli era venuta in mente era Kuja: per questo, seguendo quel poco di scia vitale che riusciva a percepire, si era diretto nello scintillante Mondo di Cristallo, uno dei frammenti di mondo più grandi nell’universo del conflitto. Entrare in quella zona era sempre un incubo per gli occhi di Garland e di chiunque altro che non fosse il jenoma: la luce riflessa ovunque dal cristallo di cui era composta l’arena feriva nei modi peggiori la vista, accecava e impediva di vedere dove si andava- quante volte era caduto nelle nubi alla base dell’arena!

Rimase fermo alcuni minuti, cercando di abituare gli occhi alla luce della zona; poi, si guardò intorno, alla ricerca del membro più giovane della fazione di Chaos. Lo trovò seduto su una colonna di cristallo, leggermente curvo su se stesso, le testa fra le mani e un’aura verde-bianca attorno al suo corpo. Grugnì leggermente, immaginando che il giovane mago doveva aver combattuto contro qualcuno, probabilmente perdendo, vista la magia di cura che emanava la sua elegante figura. Cercando di essere il meno rumoroso possibile, si avvicinò alla colonna cristallina, caricò un pugno e la colpì violentemente, mandandola in frantumi. Kuja, che aveva sentito il rumori dei passi metallici causati dall’armatura, non si fece cogliere impreparato, riuscendo a sollevarsi in volo all’ultimo momento. Le fitte alla testa, però, provocarono un calo di concentrazione, e fu solo per un puro miracolo che non cadde di sotto, riuscendo a toccare l’area rialzata al centro dell’arena per un soffio.

“Ti sembra questo il modo di presentarti?” chiese, osservando con aria disgustata uno degli uomini che più odiava nel suo gruppo- già solo il nome evocava in lui i più orridi sentimenti, figurasi la vista!

“Ti devo parlare” Garland ignorò sia lo sguardo malevolo che il tono saccente dell’altro, “Si tratta di Kefka.”

Kuja alzò un fine sopracciglio, lasciandosi sfuggire una lieve risata.

“Che cosa ha combinato quel folle questa volta?”

“Non sono affari tuoi. Voglio solo sapere un qualche informazione su di lui che possa… metterlo in riga,” disse l’ex-paladino, conficcando la spada nel terreno che però, essendo fatto di cristallo, non resse il peso dell’arma, che cadde a terra con un forte tonfo. Grugnì, riprendendola in mano sotto lo sguardo divertito dell’albino. 

“Informazione?“ domandò quest’ultimo, sollevandosi in aria e incrociando le gambe,“Be’, non è certo qualcosa che posso darti gratis.”

“Non ti darò né soldi né oggetti sia ben chiaro.”

Kuja rimase qualche secondo in silenzio, per poi sospirare teatralmente. “Con i bruti come te non si può trattare, eh?” nonostante il sorrisetto strafottente, il tono della frase non nascondeva un certo fastidio.

“Basta con i giochetti. Dimmi qualcosa, qualunque cosa.”

Kuja sbuffò, massaggiandosi una tempia dolente. Quanto avrebbe voluto che quel guerriero sgraziato se ne andasse!

“E che uso ne faresti di questa informazione?”

“Da quando ti fai scrupoli?” chiese ironico Garland, avvertendo dell’energia fluire nei palmi del jenoma; non riconoscendone la tipologia, impugnò meglio il suo spadone, pronto ad un eventuale attacco. Kuja lo guardò perplesso, confuso; poi emise l’ennesimo sospirò- guerrieri: chi li capiva, era bravo!

“Non mi faccio scrupoli, vorrei solo sapere a cosa ti serve,” disse, non potendo fare a meno di impensierirsi nel sentire l’aura dell’ex-paladino aumentare di portata- se decideva di attaccarlo, nelle sue attuali condizioni non era sicuro di poter uscire vincitore dallo scontro.

“Non sono affari tuoi. E ora parla,” il tono della voce di Garland non ammetteva repliche. Il jenoma assottigliò lo sguardo , riuscendo a celare il dolore martellante alla testa. 

“Allora? Sto aspettando,” aggiunse, sbattendo la punta della sua arma sul terreno. L’eco provocato dal colpo sul cristallo non era molto forte, ma per il jenoma fu come sentire il gesso strofinato sulla lavagna: un inferno. D’istinto si portò le mani alle orecchie, la testa prese a girargli vorticosamente, cancellando la concentrazione e annullando l’incantesimo di levitazione.

“Non mettere su una delle tue scenate; è inutile, non ci casco!” l’ex-paladino si avvicinò, prendendolo per la collottola dell’armatura e sollevandolo da terra “Dimmi immediatamente qualc-”

Kuja aprì un occhio, cercando di capire cosa avesse interrotto il ciarlare del guerriero; ma intuire dove fosse indirizzato il suo sguardo era difficile: l’elmo lasciava intravedere solo la sinistra luce emanata dai suoi occhi demoniaci, non la direzione in cui erano rivolti. Un brivido gli percorse la schiena quando avvertì la presa sulla sua giacca aumentare di intensità.

Garland, dal canto suo, non riusciva a distogliere lo sguardo dal collo niveo del jenoma dove, prima abilmente nascosto dall’armatura viola, campeggiava quello che sembrava essere a tutti gli effetti…

“Un succhiotto?!”

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CHIEDO PERDONOOOOO!!!! LA. SCUOLA. E'. UN. INFERNOOO!!! Devo studiare tutto il giorno e, complice il blocco dello scrittore, sono arrivata in stra-ritardo ad aggiornare!!! Perdonatemiiii!!!!!
Guardate il lato positivo però: vi ho fatto il regalo di Natale *schiva un pomodoro marcio*
Purtroppo, non posso promettere un veloce aggiornamento: calcolando che quando arriverà mia madre, lei non mi farà neanche avvicinare al computer, e che per tutto Gennaio dovrò cercare di recuperare matematica (mi sta minacciando quel prof T_T), probabilmente il prossimo capitolo finisce a febbraio... prova all'esame di stato permettendo... No no, a febbraio aggiorno!!! (almeno ci provo... *schiva una zucca*)
Vabbè, a parte i saluti, vi auguro un BUON NATALE e UN FELICE ANNO NUOVO!!

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