Amor Vincit Omnia

di Deep Submerge85
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


AVVISO:questa fanfic è il seguito di “A volte muore anche il mare…”,ragion per cui se non avete letto quella onestamente avrete delle difficoltà a capire certe cose in questa…Spero che comunque questo non vi scoraggi e che anzi,vi spinga a leggere magari anche la precedente…:) Buona lettura!
 
 
 
 


Haruka Tenou aveva sempre dormito molto bene e a lungo,era Michiru quella mattiniera. Eppure da due settimane a quella parte,non riusciva a chiudere occhio:passava notti insonni a rigirarsi nel letto o a fare un uso smodato della televisione. Questo quando era troppo stanca per fare altro;altrimenti passava la notte per le strade di Tokyo,a correre come una matta in sella alla sua moto. Latte caldo e biscotti. Camomilla. Bagno caldo. Agopuntura. Sonniferi.  A turno Usagi,Makoto,Minako,Rei e Ami,le avevano consigliato dei rimedi contro l’insonnia,ma non erano serviti a niente.  Avere Michiru al suo fianco nel letto la faceva sentire in paradiso,coccolata e cullata dalle dolci onde del mare;e adesso,senza di lei,non riusciva a dormire. Quella notte non era stata diversa dal solito,così com’era ormai diventata una prassi la presenza di Hotaru nel suo letto,che ignara dei suoi problemi di sonno,dormiva beatamente. La guerriera di Saturno per quanto potente era pur sempre una bambina,e non poteva vivere certo a casa da sola dal momento che Setsuna era…bè,in realtà non lo sapeva nessuno che fine avesse fatto la guerriera di Plutone:Ami aveva provato a fare dei calcoli e a ipotizzare soluzioni con il suo computer,e Rei aveva consultato il Sacro Fuoco diverse volte,ma non erano giunte a nessuna conclusione;l’unica cosa certa era che non fosse più là. Ragion per cui,Hotaru si era trasferita da loro,anzi,da lei,visto che Michiru era andata via,curandosi di portare con sé solo ed esclusivamente il suo violino. Non l’aveva più sentita da quel giorno:avrebbe voluto cercarla al cellulare,se non fosse che la violinista non s’era presa la briga di portarselo dietro;nei suoi innumerevoli giri in moto aveva tanto sperato di incontrarla da qualche parte,ma a quanto pare sembrava essersi volatilizzata.  Forse ha lasciato Tokyo,o il Giappone. Perché no,magari proprio il pianeta Terra!  Si era ritrovata a pensare diverse volte. Magari si è rintanata nel suo Triton Castle…No,impossibile. Ha lasciato anche il suo Lip Rod e senza trasformarsi non può andare su Nettuno. Haruka brancolava letteralmente nel buio e come una tigre in gabbia si arrovellava,si macerava per quell’immobilità forzata:lei che era veloce e sfuggente come il vento,sempre pronta all’azione,non poteva far altro che starsene lì ad aspettare un qualsiasi cenno da parte della violinista. E non poteva nemmeno dare libero sfogo alla sua depressione;non solo aveva una bambina da accudire,per quanto intelligente come Hotaru,ma le ragazze non sembravano avere alcuna intenzione di lasciarla da sola. Eppure si sarebbe detta sicura che Usagi e Minako non avrebbero voluto avere niente a che fare con lei e invece no,si sbagliava alla grande;persino Makoto la riforniva quotidianamente di pietanze prelibate e dolci vari. Dunque l’unico momento in cui poteva stare da sola a crogiolarsi nel suo dolore,era la notte:ormai al calar delle tenebre,quando la città si spegneva,iniziava a provare un vago senso di inquietudine. Spaziava con la mente cercando di immaginare dove si trovasse la sua compagna,cosa stesse facendo,e si angustiava per l’incapacità di trovare risposte;riportava alla memoria i tanti momenti felici,e anche quelli meno felici,trascorsi insieme,che puntualmente le provocavano una fitta al petto. Cercava disperatamente di arrivare a Michiru con la forza del pensiero e del suo amore,nella speranza che anche la violinista passasse delle notti insonni pensando a lei,e che presto,da lei sarebbe ritornata,così che insieme avrebbero potuto di nuovo abbandonarsi nelle braccia di Morfeo,e la notte sarebbe stata di nuovo un’amica.
 
 



Per arrivare all'alba non c'è altra  via che la notte. 
(Kahlil Gibran)
 
 




Michiru era sdraiata di fianco sul letto,aveva ancora gli occhi chiusi eppure sbuffò vistosamente;voleva disperatamente dormire,tutto il suo corpo la implorava di dormire,ma qualcuno aveva avuto la brillante idea di mettersi ad usare un martello pneumatico proprio vicino a lei. Aprì gli occhi lentamente ma non c’era nessuno,ciò nonostante continuava a sentire quel rumore fastidioso in testa;in quel momento realizzò anche di avere la gola decisamente arsa dalla sete e un fastidioso bruciore allo stomaco. Richiuse gli occhi,mentre una sequela di immagini e soprattutto di sapori le passò per la testa.  Manhattan. Tequila. Martini. White Russian. E per finire,altra Tequila. Non si era mai ubriacata prima e considerando come si sentiva adesso,aveva fatto benissimo a posticipare l’esperienza.  Le sbronze non fanno per me,pensò. Si girò lentamente dall’altro lato del letto,aprendo gli occhi e per poco non lanciò un’urlo disumano:c’era un’uomo accanto a lei. E nemmeno tanto vestito,a quanto poteva vedere. Completamente interdetta ,si sentì avvampare dalla vergogna. Oh…Dio!! Non si concesse di pensare altro e immediatamente scivolò giù dal letto,recuperando  la sua maglietta,finita per terra chissà come e con orrore anche la sua gonna,gettata alla rinfusa poco più in là.  Si,ma…le mutandine? Si mise a carponi per terra,mentre il panico si impossessava velocemente di lei,cercando di recuperare il suo intimo e nel tentativo di non fare troppo rumore,ma evidentemente non fu abbastanza silenziosa:un mugolio proveniente dal letto le fece capire che mutandine o no,se ne doveva andare. Così si alzò rapidamente,pronta a guadagnare l’uscita con tanto di scarpa destra retta in una mano,la sinistra praticamente introvabile,ma una voce la raggiunse freddandola sul posto. “Cercavi queste?”
Michiru si girò lentamente verso il letto e vide il bell’addormentato di poco prima sdraiato su di un gomito,mentre con l’altra mano reggeva un triangolino di seta.  Si,cercavo proprio quelle.  “Ehm…si…bè,ecco…”  biascicò qualcosa di totalmente incomprensibile,evitando di soffermare troppo lo sguardo sul ragazzo,ma l’effetto delle sue parole raggiunse comunque lo scopo.  “Non…ricordi niente?”  Michiru sentì le gote diventarle di fuoco:normalmente il suo celebre sangue freddo e la sua altrettanto famosa ars oratoria l’avrebbero tirata fuori da quell’empasse in un’attimo,ma date le circostanze,una risposta semplicemente sincera era più che accettabile.  “No…onestamente non ricordo niente…” disse simulando una disinvoltura che non aveva assolutamente in quel momento. Il ragazzo allora si mise seduto sul letto,a petto nudo,con le lenzuola che gli coprivano l’inguine e tutto ciò che c’era più in giù,le porse le mutandine con una mano,per poi allungarle l’altra a mò di saluto  “Allora iniziamo d’accapo…Piacere,io sono Neji Takemura” le disse con un sorriso aperto. Michiru recuperò in fretta l’indumento intimo e piuttosto titubante gli porse a sua volta la mano  “Piacere…Michiru Kaiou… -gli rispose in un sussurro- Bè,ora è meglio che vada…non voglio disturbare…” aggiunse subito dopo,cercando ancora una volta di riguadagnare la porta,ma una fragorosa risata la fermò  “Ma dove vai?!è casa tua,questa..!!”. La violinista si girò di scatto,gettando occhiate rapide alla stanza trovandola effettivamente familiare,e in quel momento si accorse anche di sentire lo scroscio delle onde marine,che da due settimane ormai,le tenevano compagnia. Casa mia,giusto. Pensò sentendosi un’emerita imbecille.
 “Quindi…suppongo che sia io quello che deve togliere il disturbo…” le suggerì Neji. Per un’attimo fu decisamente tentata di dirgli di si,ma poi pensò che qualcosa avevano pur fatto quella notte;non se lo ricordava,il che non era esattamente un buon segno,ma ciò non cambiava il fatto che qualcosa evidentemente era successo,quindi poteva anche condividere con lui la colazione. Tanto per non sembrare troppo maleducata o peggio,una psicotica ,pensò.  
“Bè…ti va di prendere un tè prima?o un caffè?” gli chiese guardandolo distrattamente,evitando con cura i pettorali in bella mostra. “Un caffè si,volentieri!!” fu la risposta entusiasta che ottenne.  “Bene…allora vado in cucina!” e lo lasciò lì senza aggiungere altro,riuscendo finalmente ad uscire da quella maledetta stanza.  No,le sbronze decisamente non facevano per lei.

 
 
 



Ecco qua…sono tornata!!capitoletto breve ma è pur sempre l’inizio…Scommetto che non vi aspettavate niente del genere…;) In questo capitolo Michiru è abbastanza OOC mi rendo conto,ma è una condizione necessaria per tutto quello che è successo,e soprattutto è una fase momentanea…poi tornerà in sé…Magari avete trovato assurdo il suo modo di fare,però pensate allo stato in cui si trova,al fatto che non ha mai bevuto più di tanto,ecc…a tal proposito io non sono assolutamente esperta di locali,cocktail e varie,per cui me ne sono andata per conoscenze indirette,sperando di risultare abbastanza credibile…Per quanto riguarda il ragazzo in questione,non ho ancora deciso che ruolo dargli,ci penserò strada facendo…XD anche se sono propensa a farlo essere rilevante nella storia... Tra l’altro il nome è spudoratamente preso da uno dei miei personaggi preferiti di Naruto (Neji Hyuga). Nei prossimi capitoli svelerò piano piano tutte le cose rimaste in sospeso dalla precedente long-fic non temete…;) Detto questo spero che questo piccolo inizio vi sia piaciuto,spero di rivedere i miei “vecchi” lettori e anche qualcuno nuovo magari…:) Un bacio a tutti.



Protetta da Nettuno, pianeta del mare profondo, sono la guerriera dell'abbraccio Sailor Neptune!


 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


 
 
 
Si era trasferita da due settimane a Shizuoka,nella parte meridionale dell’isola di Honshu,in una graziosissima casa in legno in stile coloniale,che si trovava proprio in riva al mare. Da quando si era trasformata in demone aveva perso ogni contatto col suo adorato oceano:non riusciva più a percepirlo,a sentirne il calore,ad ascoltarne la voce;aveva sperato perciò che avvicinandosi materialmente ad esso,si sarebbe avvicinata anche spiritualmente,ma almeno fino a quel momento non era ancora successo nulla,anzi. Spesso quando passeggiava sulla spiaggia provava uno strano disagio,come se fosse stata un’intrusa indesiderata. Soprattutto di notte le capitava di fare lunghe passeggiate,perché uno strano incubo la tormentava ogni volta impedendole di dormire:sognava di un paesaggio arido,quasi desertico e una voce indefinita,che le chiedeva sommessamente aiuto;non si trattava di Haruka,di questo era certa,ma non riusciva a capire chi fosse e soprattutto quale aiuto volesse da lei. Il suo fidato talismano avrebbe potuto certamente aiutarla ma non l’aveva più con sé e il mare,fedele alleato di tante battaglie,rimaneva sordo ad ogni sua invocazione. Non poteva nemmeno sfogare la frustrazione nelle sue arti,visto che sembrava aver perso qualsiasi talento:puntualmente impugnava il suo violino,posizionava la testa sulla mentoniera,poggiava l’archetto sulle corde e attendeva chiudendo gli occhi. Attendeva l’ispirazione. Un fremito,un qualsiasi moto interiore che potesse tramutare in musica,ma niente;restava ferma in quello stato a volte anche per ore,senza emettere una sola singola nota. E non le andava affatto meglio con la pittura,visto che ogni disegno che aveva fatto fino a quel momento,era invariabilmente finito nella pattumiera. Si sentiva svuotata di ogni cosa,come se fosse diventata improvvisamente un’albero completamente privo di foglie,e la mancanza di Haruka unita a tutto questo,il senso di colpa per la fine di Setsuna ancora vivissimo in lei,la stavano trasformando nel fantasma di se stessa;per questo aveva deciso di uscire quella sera,di reagire,non poteva continuare a trascinarsi per la casa in attesa di…qualcosa.
 


Si era preparata con la sua abituale accuratezza e eleganza,e prendendo un taxi,esperienza nuova abituata com’era a farsi scarrozzare in giro da Haruka,si diresse ad uno dei locali più in voga della città. In realtà non le erano mai piaciuti i classici locali frequentati dai ragazzi: per quanto lei stessa fosse molto giovane,preferiva di gran lunga andare a teatro o a un concerto di musica classica,ma considerato lo stato di depressione e angoscia in cui versava aveva bisogno di qualcosa di più trasgressivo rispetto al suo solito. Una volta nel locale,si sentì sopraffatta da quella massa informe di persone che si agitava e spingeva verso ogni dove,e sentì tornarle prepotentemente allo stomaco,quella morsa di disagio che l’aveva attanagliata per tanto in tempo in passato,ogni qualvolta era stata costretta a confrontarsi con persone che la trattavano con tacita ostilità,considerandola una persona fredda e snob;così per darsi un tono e rilassarsi anche un po’,decise di accomodarsi al bar. L’idea era quella di bere qualcosina,e invece passò lì diverse ore,a degustare i cocktails più vari e di cui non sapeva nemmeno l’esistenza:che ci fosse una bevanda chiamata Orgasm le provocava un’ilarità irrefrenabile,facendola sentire una vecchia decrepita. Si,vecchia,ma comunque bellissima. Per tutto il tempo infatti,era stata abbordata da una miriade di ragazzi,alcuni più insistenti degli altri,che cercavano un qualsiasi approccio con lei:ai primi assalti aveva resistito senza batter ciglio,ma poi più il tempo passava,più i cocktails aumentavano,e conseguentemente le inibizioni diminuivano,così si ritrovò ad un tratto a flirtare spudoratamente con un ragazzo. Il nome l’aveva dimenticato nel momento stesso in cui gliel’aveva detto,persa com’era a guardarlo negli occhi:erano dello stesso colore dello smeraldo,come quelli della sua amata Haruka;e tanto era bastato. Un susseguirsi di parole confuse,carezze fugaci,una corsa in macchina,gemiti soffocati,e…



Michiru si passò lentamente una mano sugli occhi,come se con quel gesto potesse cancellare le immagini che le erano balenate nella mente,fornendole un quadro completo della notte appena trascorsa. Si appoggiò al lavello della cucina a capo chino,immobile per alcuni secondi,per calmare l’agitazione che le si era creata dentro. In momenti come quelli si sarebbe sentita tutt’uno col mare in tempesta,riuscendo a sublimarsi in esso e a calmarsi,ma da tempo non era più così ed era costretta da sola,a fare i conti con sé stessa. Ho tradito Haruka. Anche se non stavano più insieme,l’amore che provava per la compagna era rimasto invariato,e la faceva sentire intimamente in colpa,sbagliata. Che accidenti ho fatto?Non riesco nemmeno ad uscire una sera senza combinare un disastro, pensò mentre meccanicamente versava il caffè nella tazzina e ci aggiungeva due cucchiaini di zucchero. Fu interrotta nei suoi pensieri dall’entrata di Neji,che le provocò un leggero sussulto “Tutto bene..?” le chiese il ragazzo cordiale. “Si certo…il caffè è pronto…” rispose Michiru porgendogli la tazza,non senza un certo imbarazzo ancora;tuttavia,stavolta si concesse di guardarlo attentamente,visto che finalmente era vestito. Era piuttosto alto,con i capelli biondi e soprattutto quegli splendidi occhi verdi,che a conti fatti,erano stati fautori della sua capitolazione. Non sono nemmeno capace di avere un’avventura con uno sconosciuto…ho beccato proprio la fotocopia di Haruka,pensò.  “Mmf…ma l’hai già zuccherato?Scusa ma io lo prendo amaro…” la risvegliò Neji. La quasi fotocopia. “Oh…scusa!Abitudine…” gli rispose porgendogli subito un’altra tazza. E realizzò in quel momento che aveva preparato il caffè proprio come piaceva ad Haruka:l’unica persona in assoluto per cui di solito lo preparava era proprio la bionda,visto che lei anche a colazione preferiva il tè. Il pensiero che la sua ormai ex compagna spuntasse fuori in ogni momento,anche in gesti insignificanti la fece sorridere,e la cosa non passò inosservata a Neji,che intanto si era accomodato su uno sgabello. “Come mai sorridi?” le chiese curioso. “Così…stavo pensando ad una cosa…”  “Al tuo ragazzo..?” le chiese a bruciapelo.   “Come scusa?” fu la risposta leggermente piccata della violinista.  “Bè…ecco…hai pronunciato un nome stanotte…in più occasioni…- prese a dirle il ragazzo con un certo imbarazzo- Un certo…Haruka…” aggiunse subito vedendo l’espressione enigmatica della ragazza.  “Oh…” Eccola di nuovo. “Oh si…bè…in realtà sarebbe…una certa Haruka…” disse stupendosi della sua stessa audacia,visto che di solito non parlava mai con nessuno della sua vita privata. “Oh…- stavolta fu il turno di Neji,a rimanere stupefatto- Capisco…” e senza aggiungere altro tornò a bere il suo caffè. Michiru non disse nient’altro a sua volta e anzi,gli diede le spalle per prepararsi un tè,quando un tocco leggero le sfiorò il braccio “Quindi se ho capito bene…vi siete lasciate…o saresti stata con lei stanotte…” le disse in sussurro,posando la tazza nel lavandino. “Non che siano esattamente affari tuoi…- prese a rispondere Michiru,tornando per un’attimo padrona di sé- Comunque si…non…stiamo più insieme…” concluse con una punta d’amarezza. “Scommetto che sei stata tu a lasciarla…” affermò sicuro. “E cosa te lo fa pensare?” gli chiese  leggermente sorpresa. “Bè…nessuno potrebbe essere così pazzo,da lasciarsi sfuggire una donna bella come te…” rispose il ragazzo gratificandola con uno sguardo a dir poco adorante. Michiru dal canto suo non disse nulla,e si limitò a roteare gli occhi divertita:era troppo abituata ai complimenti più disparati dei suoi corteggiatori,per sentirsi minimamente toccata dalle sue parole;a quel punto Neji,senza profferire altro si avvicinò al frigorifero,e scrisse sulla lavagnetta appesa,il suo numero di cellulare. “Non mi sembrava di avertelo chiesto…” l’avvertì la violinista sarcastica,ma lui per tutta risposta le tornò vicino e le prese una mano “Mi ha fatto molto piacere incontrarti Michiru…ho passato una serata davvero magnifica con te…anche se non te lo ricordi…- le disse sorridendo- Mi farebbe molto piacere conoscerti meglio,uscire con te qualche volta…non sono il tipo che abborda una ragazza diversa ogni sera,è stata una circostanza particolare…” aggiunse serio non senza un pizzico di imbarazzo.   “Si…anche per me…” ribattè la violinista adombrandosi un pò.  “Allora,posso sperare..?” le chiese quasi supplichevole,puntandole negli occhi le sue iridi verdi.  Michiru si sentì mancare leggermente e gli sussurrò un maliziosissimo “Vedremo…” in puro stile Michiru Kaiou. Dopodichè Neji si scusò poiché a causa di alcuni impegni di lavoro doveva già andare via,così le baciò lievemente la mano e uscì;la violinista allora si andò ad accomodare in veranda,per sorseggiare il suo tè verde alla vista del mare. Non riusciva a decifrare il suo stato d’animo in quel momento:il distacco con il suo elemento la rendeva vulnerabile come non mai e incapace ad analizzare bene non solo le situazioni,ma se stessa:non sapeva cosa pensare di quello che aveva fatto. Felice non era,nemmeno soddisfatta a dirla tutta,ma paradossalmente la disturbava più il fatto di aver ceduto con un ragazzo come Neji,che le ricordava tanto Haruka,piuttosto che l’avvenimento in sé. Segno che non riusciva a togliersela dalla testa nemmeno per un momento,e che se anche fisicamente lontana,la mente e il cuore cercavano sempre e solo lei;e questo non andava bene per niente. Era convinta che pensare a lei non l’avrebbe aiutata a sentirsi meno in colpa,a ritrovare se stessa,non l’avrebbe aiutata a perdonarsi per quello che aveva fatto e causato. L’unica nota positiva,si ritrovò a pensare,era che almeno quella notte non aveva avuto nessun’incubo.
 
 


Non è tanto l'aiuto degli amici a giovarci, quanto la fiduciosa certezza che essi ci aiuteranno.(Epicuro)
 


La stella Aion era un luogo estremamente inospitale:un vento caldissimo che raggiungeva i 500 gradi,spirava selvaggiamente spazzandone tutta la superfice;l’atmosfera era molto densa,addirittura 100 volte più pesante di quella terrestre,e la temperatura rimaneva costante per tutto il tempo. Una banda scura di polvere tutta intorno alla stella assorbiva completamente la luce,facendo si che la notte fosse eterna;e da questo del resto derivava il nome della galassia di cui era il centro:Occhio Nero,nella costellazione della Chioma di Berenice. Era distante diciassette milioni di anni luce dalla Terra ed era impossibile sopravvivere in un posto del genere;eppure,qualcuno c’era. Una figura  stanca e ansimante vagava per quella piana desertica,scontrandosi costantemente col vento impetuoso,cercando disperatamente un qualche riparo,un posto dove potersi fermare e riposare ma c’era solo desolazione intorno a lei;non aveva idea di dove si trovasse,né perché fosse finita lì,sapeva solo che non aveva alcuna possibilità di andarsene. Aveva provato più volte ad usare i suoi poteri,dando fondo ad ogni più piccola riserva d’energia,ma non era servito a niente;la sua fidata arma di battaglia in quel frangente si era rivelata totalmente inutile:le serviva solo come appoggio,impedendole di cedere alla violenza del vento. L’unica cosa che sembrava in grado di poter fare,che le dava la forza di sperare,era invocare un flebile aiuto,cercando di entrare nei sogni di colei che era abituata a decifrarli.

 
 
 


Ecco qua…direi che la “figura” della parte finale è abbastanza riconoscibile…;) Comunque…a quanto pare il tradimento di Michiru c’è stato,ebbene si..!!ma non odiate troppo Neji…si,lo so che il solo fatto che sia andato con Michiru ve lo rende odioso,vi capisco perfettamente,ma infondo non è cattivo…dategli una possibilità..!!XD anche questo capitolo non è molto lungo,ma credo che me ne andrò così,almeno per questi primi,poi non so…come avrete notato è tornata anche la mia "famosa" voce fuori campo...;) Allora,vi do alcuni dati tecnici in ordine di lettura ^_^ :Shizuoka esiste sul serio,l’ho scelta perché abbastanza distante da Tokyo (150 km mi sembra) e perché dà sul mare;il fatto del caffè,di come lo prende Haruka,ecc ecc viene detto nell’episodio 194 dell’anime;la galassia Occhio Nero esiste sul serio,così come la sua ubicazione e il motivo per cui si chiama così,l’ho scelta perché le immagini che ho visto mi davano esattamente l’idea che volevo rendere (cercate su Google Immagini,basta che scrivete il nome e vedrete anche voi ^__^);la stella Aion invece no,è frutto della mia mente malvagia,così come la sua descrizione,ho scelto il nome perché,cito da Wikipedia “Nella tradizione cosmologica greca Aion era una delle immagini del Tempo, insieme a quella più celebre di Kronos, corrispondente al Saturno latino.”…quindi mi sembrava appropriato…;) E questo è quanto direi…se avete domande o dubbi fatemi sapere,e vedrò di rispondervi il più esaustivamente possibile…:) Detto questo passiamo alla parte più importante…* si genuflette ai vostri piedi* GRAZIE a tutti voi per la splendida accoglienza data al primo capitolo!!le recensioni sono state maggiori al primo capitolo di “A volte muore anche il mare…” e spero vivamente che continuerà così…^___^ Lasciatemi fare un ringraziamento particolare a chi ha già inserito la mia storia tra le preferite,ovvero: caso, pvmacry, skullrose , Hanako_Hanako, harumichi e HaruHaru90. Grazie anche a chi mi ha inserito tra i seguti e ai lettori silenziosi..!!^__^ Un bacio a tutti!!
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Era da sempre abituata alla solitudine. Lo era talmente tanto da non riuscire più nemmeno a sentirla:era diventata una caratteristica propria del suo essere. Lei era sola. Lo era sempre stata sin da quando poteva ricordare,e la trovava la cosa più naturale del mondo;una condizione comune a tutti,in particolar modo a chi,come lei,era stata scelta a presidiare uno dei pianeti più esterni del sistema solare. Plutone,il pianeta ricoperto di ghiaccio. Come se non bastasse,quando era poco più che una bambina,la Regina Selene le aveva affidato il compito di Guardiana delle Porte del Tempo,spiegandole poi quali fossero le tre leggi che non doveva in alcun modo infrangere:gli spostamenti nel tempo erano assolutamente proibiti;lei,in quanto custode,non doveva mai lasciare il suo posto di guardia,e infine, ultima ma più importante di tutte,non doveva mai,per nessun motivo,fermare lo scorrere del tempo,altrimenti le conseguenze sarebbero state gravissime. Per millenni la guerriera di Plutone aveva religiosamente rispettato le sue proibizioni,vivendo un’esistenza di silenzio e solitudine. Nessuno,esclusa la Regina,l’aveva mai vista,addirittura era proibito conoscerne l’esistenza:in segreto si vociferava di una specie di dea,una figura mitologica che governava il tempo ma che forse in realtà nemmeno esisteva.  Il suo compito era presiedere le Porte del Tempo a qualsiasi costo e in qualunque circostanza,senza poter intervenire,pur avendo la capacità di conoscere il futuro: la sua natura di guardiana infatti,le permetteva di conoscere in anticipo tutti gli avvenimenti più rilevanti che sarebbero accaduti,riguardanti il Regno Argentato e l’umanità intera,senza però poterli mai svelare a nessuno. Infatti,lei sapeva che il Regno sarebbe stato attaccato e distrutto,ma non potè fare nulla,dovette rimanere ferma al suo posto;sapeva anche che la Regina Selene sarebbe riuscita con un’ultimo sforzo,a mandare la principessa Serenity,il principe Endymion e le altre guerriere Sailor sulla Terra,affinchè si reincarnassero,ma anche in quell’occasione,dovette stare a guardare,impotente,com’era sempre stata. Per interi millenni continuò a vivere completamente sola,senza nemmeno il conforto di poter contemplare il Regno Argentato,ormai distrutto,ma ugualmente con la consapevolezza che quella fosse la sua vita,la missione che le era stata assegnata. Con l’avvento al trono della Regina Serenity però,le cose dentro di lei cambiarono:aveva sempre osservato da lontano la famiglia reale,intenerendosi a suo tempo con le scorribande della piccola principessa Serenity,e adesso,vedeva crescere sua figlia,la Piccola Lady. Provava per lei  un’affetto mai sentito prima e col passare del tempo,quella bambina divenne la sua più cara amica,l’unica che l’andasse a trovare ogni tanto,portandole gioia e calore con i suoi abbracci,facendola sentire finalmente un’essere umano,e non una strana entità pseudo-divina. Per questo,quando la Piccola Lady si trovò in pericolo,con la stessa perseveranza e decisione con cui aveva sempre portato avanti il suo compito,Sailor Pluto trasgredì per la prima volta ad una delle sue proibizioni:viaggiò nel tempo,per tornare nel passato da lei. Sebbene avesse infranto una regola,si sentì felice come non mai,fiera di poter finalmente agire,invece di stare sempre ferma a guardare;una felicità che però,non durò a lungo:sapeva bene qual’era il suo compito,così una volta conclusasi la missione,tornò al suo posto di guardiana,ma con nel cuore una consapevolezza nuova. Anche se il destino aveva scelto per lei una vita di solitudine,non era davvero sola:finchè avrebbe avuto qualcuno da amare seppur da lontano,finchè ci sarebbe stato qualcuno per cui valeva la pena lottare,non sarebbe mai stata sola. Questa stessa consapevolezza la portò a trasgredire di nuovo,violando addirittura la più terribile delle sue proibizioni:fermò lo scorrere del tempo,per evitare la fine di Sailor Uranus e Sailor Neptune,e di conseguenza aiutare Sailor Moon nello sconfiggere il Faraone 90. Il rapporto che la legava alle due guerriere si era fatto molto saldo proprio in quel periodo,quando avevano lottato insieme contro i nemici:in loro aveva trovato delle vere amiche,ma pur sapendo a cosa sarebbero andate incontro non le aveva avvertite. Non le aveva informate che i talismani si trovavano nei loro cuori,che alla fine si sarebbero dovute sacrificare proprio loro per farli rivelare;anche quando si trovarono tutte e tre su quell’elicottero,sapeva già come sarebbe andata a finire. Lei sapeva sempre tutto. Era il suo dono e la sua maledizione:conoscere ogni cosa,ma non intervenire mai. Quella volta però non poteva limitarsi a guardare,non poteva assistere ancora una volta alla distruzione di un mondo che amava,alla fine delle persone a lei care,senza fare nulla;per questo,pur conoscendo le conseguenze,non esitò un momento a fermare il tempo.
Così,in quell’occasione,avvenne la fine della sua vita mortale:il suo corpo si smaterializzò,per poi risvegliarsi su Plutone,dove sarebbe dovuta rimanere in esilio per 248 anni,senza possibilità di andar via. Si era già rassegnata all’isolamento,ugualmente contenta,perché anche in quell’occasione aveva lottato per qualcuno che amava,ma data la particolarissima circostanza,la Regina Serenity ne ebbe compassione,e confidando nella sua saggezza e abilità,la richiamò dall’esilio,dandole la forza di tornare sulla Terra per adempiere ad una nuova missione:insieme a Sailor Uranus e Sailor Neptune,doveva occuparsi del risveglio della guerriera di Saturno e in seguito aiutare Sailor Moon a sconfiggere la potente Galaxia. Quando anche questa missione fu conclusa,la Regina Serenity le concesse di rimanere sulla Terra,per continuare ad occuparsi di Sailor Saturn,e lei accettò con immensa gioia,non solo per la fiducia che veniva riposta in lei ancora una volta,ma perché aveva trovato nelle altre guerriere del sistema solare esterno,qualcosa di più di semplici compagne di battaglia;il loro rapporto si era ulteriormente rafforzato,ed era riuscita finalmente a privarsi della tristezza che da sempre,le si scorgeva nello sguardo. Erano diventate la sua famiglia. Quella famiglia che non aveva mai avuto e che era stata costretta ad osservare solo da lontano,quella famiglia di cui il destino l’aveva privata e che adesso sembrava restituirle con gli interessi. Non aveva nessun’intenzione di sprecare l’occasione che le si era presentata,perciò le avrebbe protette ad ogni costo,sacrificando anche se stessa se fosse stato necessario.E lo era stato.
 
 
 



Non avessi mai visto il sole, avrei sopportato l'ombra, ma la luce ha aggiunto al mio deserto  una desolazione inaudita. (Emily Dickinson)
 
 
 


Non riusciva a capire cosa ci facesse in quel posto. Aveva fermato il tempo,trasgredendo la più terribile delle sue proibizioni,e il suo corpo si era smaterializzato. Un lungo periodo di esilio l’attendeva su Plutone,perché stavolta la Regina Serenity non sarebbe stata così clemente;ma qualcosa era andato storto. L’aveva capito subito che non poteva essere il suo pianeta,non appena aveva aperto gli occhi. Troppo caldo, pensò.Mancava dal suo pianeta da tanto tempo,ma ricordava bene la morsa di freddo che la stringeva,talmente pungente a volte,da provocarle un piccolo fremito,anche se in realtà lei adorava sentirsi circondata dal freddo. Amava sentire quel brivido sulla sua pelle,che paradossalmente le riscaldava il cuore;probabilmente perchè era cresciuta su quel pianeta e perché anche il luogo dove si trovavano le Porte del Tempo,era molto freddo,per cui le dava la sensazione di qualcosa di familiare,tanto che anche sulla Terra impazziva quando arrivava l’inverno e aspettava con ansia la neve;ovviamente però,l’inverno terrestre non aveva niente a che vedere con l’eterno inverno plutoniano. Su Plutone le temperature erano talmente basse,che la maggior parte dell’atmosfera era completamente solida,altra ragione,oltre la lontananza,per cui il Sole si riusciva a vedere solo come un minuscolo puntino nel cielo. Anche il posto dove si trovava adesso era oscuro,come se fosse circondato da un manto di tenebre,ma subito si accorse del vento che spirava forte,senza darle tregua e del caldo soprattutto,che le era intollerabile;per un po’ aveva anche pensato di trovarsi su Urano,ma osservando bene il territorio desertico si era presto accorta di come fosse infondata la sua supposizione.  Dove mi trovo allora?,iniziò a pensare preoccupata,ma poi rompendo gli indugi passò all’azione. Sebbene il vento non le permettesse un’equilibrio stabile,riuscì a fermarsi in un punto e a concentrarsi per avviare un teletrasporto,ma con grande rammarico non ebbe successo. Senza perdersi d’animo ci provò di nuovo,cercando di raccogliere quanta più energia potesse,ma stavolta il tentativo fu reso vano dall’ennesima folata di vento,che cogliendola di sorpresa,la fece ruzzolare per terra.  Sailor Pluto si rialzò a fatica e decise allora di concedersi una tregua da quel vento maledetto:prese tra le mani la Sfera di Granato,uno dei tre talismani,e puntandola d’avanti a sé gridò “Garnet Ball!”. Una immensa barriera d’energia sprigionò dal talismano e per un’attimo sembrò fermare il vento,ma poi la guerriera avvertì una forte resistenza dall’altra parte e prese ad indietreggiare,spinta dalla furia di quell’elemento. Per quanta energia cercasse di infondere nella sua sfera,non riuscì a contrastare per molto la forza del vento e ne fu nuovamente scaraventata per terra. Se solo qui ci fosse Haruka…non potè fare a meno di rivolgere un pensiero alla guerriera di Urano,che dei venti era la padrona;a fatica riuscì a rialzarsi,ma si sentiva già molto stanca:riuscire a camminare o anche solo stare in piedi,contrastando una furia del genere era difficile,e l’altissima temperatura non l’aiutava di certo. In quanto guerriera Sailor,poteva sopportare climi decisamente inospitali e inusuali per qualsiasi altro essere umano,ma questo caldo era troppo anche per lei;stava già grondando sudore,e da brava scienziata qual’era,capì che doveva al più presto trovare dell’acqua. Recuperò allora il bastone,e prese a vagare per la superfice di quella landa desolata,sperando di trovare un rifugio,o almeno un posto dove potersi abbeverare. Per giorni e giorni non fece altro che camminare,o almeno credeva che fossero passati dei giorni. C’era sempre e solo buio in quel posto e non riusciva a capire quanto tempo fosse passato;paradossalmente la guardiana del Tempo ne aveva perso completamente la concezione:potevano essere passati pochi minuti,così come anni,non ne aveva assolutamente idea. L’unica cosa di cui era certa era che presto o tardi in quel posto ci sarebbe morta:non c’era modo di rifugiarsi da nessuna parte,non c’era acqua,non c’era nessuna forma di vita,solo quel maledetto vento e il caldo,che la stava letteralmente consumando. Le forze la stavano abbandonando ormai,faceva fatica a respirare e sentiva la gola terribilmente secca;anche quando si fermava per riposare un po’,non ne traeva nessun sollievo,anzi,faceva poi più fatica a proseguire,perché a causa della disidratazione e dei cali di pressione,veniva assalita dai giramenti di testa e da un forte senso di nausea. Aveva riprovato diverse volte a teletrasportarsi senza alcun risultato,e aveva cercato anche di mettersi telepaticamente in contatto con la Regina Serenity ma non funzionò nemmeno quello,d’altronde non sapeva nemmeno in quale era si trovasse. Un colpo di vento più forte degli altri la fece cadere,e scivolare lungo un pendio;quando si ritrovò sprofondata nella sabbia,senza la forza di rialzarsi,non riuscì a trattenere le lacrime e si fece prendere dallo sconforto. “Aiuto…qualcuno mi aiuti…” prese a dire singhiozzando;per la prima volta in migliaia di anni si sentiva completamente inerme,in balia delle difficoltà. La stanchezza a quel punto prese il sopravvento,e seppur tra le lacrime,la guerriera di Plutone si addormentò.




Anche nel sogno si ritrovò per terra,circondata dalle tenebre. E non solo materialmente. Le sentiva nella testa,nel cuore,si sentiva priva di ogni forza,di ogni conoscenza,senza via di scampo. Aveva sempre maledetto la sua capacità di sapere tutto ciò che concerneva il tempo passato,presente e futuro,eppure adesso avrebbe dato qualunque cosa per sapere che cosa le riservasse il futuro. Soprattutto se ce l’aveva ancora,un futuro. All’improvviso però,un bagliore in lontananza richiamò la sua attenzione:si alzò lentamente,notando che almeno quel vento fastidioso aveva smesso di spirare,e si avvicinò alla luce.  Mentre si avvicinava,notò che il bagliore assumeva i contorni di un’essere umano,una persona che le sembrava decisamente familiare,era… “Michiru..!!” proruppe in un grido di gioia. La sua amica era lì di fronte a lei immobile,e la guardava sorridendo;Sailor Pluto cercò di avvicinarsi,ma più le andava incontro e più la distanza tra loro sembrava aumentare,e la luce diventava sempre più flebile. “Michiru..!!Michiru,aiutami,ti prego!!” le gridò accorata,ma la guerriera di Nettuno si limitò a sorriderle ancora una volta,per poi svanire nell’oscurità. “No…no Michiru,ti prego..!!Torna qui…”



Si svegliò di soprassalto,e dovette per prima cosa scrollarsi di dosso la sabbia:ne era completamente ricoperta,sui capelli,sul corpo,e le bruciava la pelle;fece molta fatica ad alzarsi senza il suo bastone,caduto chissà dove ma quando finalmente riuscì a mettersi in piedi,uno strano sorriso le era comparso in viso. Michiru, pensò. Devo mettermi in contatto con Michiru. Solo lei mi può aiutare.

 




Ecco qua…come avete visto,questo capitolo è interamente dedicato a Setsuna. Ho cercato di fare una sorta di panoramica sulla sua vita,per spiegare il motivo per cui si sente così legata alle altre,dopo millenni di solitudine. A tal proposito è doverosa una spiegazione:io di solito cerco di restare fedele all’anime o al manga,nel caso di Sailor Pluto però,mi è sempre piaciuto pensare che non sia mai morta,e quindi reincarnata,ma è sempre lei,quella originale,che va avanti e indietro nel tempo;per quanto riguarda la punizione per aver fermato il tempo,credo di aver spiegato bene in cosa consiste per me:il suo corpo si smaterializza,quindi tecnicamente non muore,per poi materializzarsi su Plutone,dove deve rimanere in esilio 248 anni (il tempo che ci mette il pianeta per girare intorno al Sole). La prima volta che lo fa (in questo ho seguito sostanzialmente l’anime),la Regina Serenity la perdona e le permette di tornare con largo anticipo,questa volta “qualcosa” non ha funzionato e si trova inconsapevolmente su Aion,poi capirete perché…;) Io la madre di Serenity l’ho sempre chiamata Selene,anche se so che alcuni chiamano pure lei Serenity,e sebbene dal manga si possa evincere un certo interessamento di Sailor Pluto per Endymion,nel mio cervello non c’è traccia e quindi non l’ho assolutamente menzionato…XD Il Garnet Ball è un’attacco vero di Sailor Pluto,col quale lei crea una barriera d’energia,anche se forse la modalità d’utilizzo è diversa rispetto a quella che ho descritto. Infine,i brevissimi accenni all’atmosfera e al clima di Plutone sono liberamente presi da Wikipedia…;) Detto questo,spero che il capitolo vi sia piaciuto,perché personalmente non ne sono molto soddisfatta e come sempre ringrazio tutti voi di cuore,per le fantastiche recensioni che mi lasciate. Grazie a EllieMarsRose,che mi ha aggiunto anche lei tra i preferiti e a tutti i lettori silenziosi. :) Ps:ho creato una mia pagina facebook,se volete passare mi fa molto piacere…
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 leggerete i miei deliri…XD Un bacio a tutti.



Protetta da Nettuno, pianeta del mare profondo, sono la guerriera dell'abbraccio Sailor Neptune!


 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


 
Michiru aveva ormai finito il suo tè ma se ne stava ancora immobile a contemplare l’oceano:ne osservava i colori brillanti che sfumavano dal verde all’azzurro e ascoltava il rumore delle onde che si infrangevano sulla battigia. Per lei era la musica più dolce dell’universo,capace di portarla indietro con la memoria di millenni,a quella che era la sua vita passata.  Neptune,questo era stato il suo nome. Lei era quella che riceve il sostegno di Nettuno,pianeta dei mari. Lei era la guerriera del mare aperto. E proprio da esso traeva tutta la sua forza,a lui doveva la sua stessa vita. Era stata Setsuna a raccontarle di come fosse venuta al mondo,perché lei c’era quando avvenne;come guardiana del Tempo,Sailor Pluto era sempre stata presente,in ogni epoca.
 



Le aveva raccontato di come,millenni e millenni prima,Nettuno fosse stato sconvolto da una tempesta di carattere epocale,talmente potente,che alla guerriera di Plutone fu dato il permesso di abbandonare momentaneamente le Porte del Tempo per andare a controllare la situazione sul pianeta azzurro. Per diversi giorni al sicuro sul Triton Castle,Sailor Pluto aveva assistito affascinata più che preoccupata alla furia dei mari di Nettuno,quando ad un tratto,si placarono improvvisamente proprio come si erano scatenati e dalle onde,con estrema lentezza e eleganza,emerse una bambina completamente nuda,dai capelli e dagli occhi color del mare. La guerriera di Plutone rimase notevolmente sorpresa per quella visione,soprattutto per quell’aura di bellezza e dolcezza che circondava la bambina. Subito notò sulla sua fronte il tridente,simbolo del pianeta e le si avvicinò compiaciuta,riconoscendo in lei una guerriera Sailor,nonché la nuova Principessa di Nettuno. Le si avvicinò e rivolgendosi a lei col nome Neptune,la prese delicatamente tra le braccia,per poi spiegarle che l’avrebbe portata in un posto meraviglioso,una reggia fatta completamente di cristallo,dove le avrebbero dato dei vestiti e detto quale sarebbe stato il suo compito;sorrise soddisfatta nel vedere come la piccola non mostrasse alcun timore e si affidasse a lei completamente. Ancora adesso,in un’altra vita,Michiru ricordava perfettamente la fiducia che le aveva ispirato Setsuna sin da quel primo contatto. Sailor Pluto la condusse sulla Luna,al cospetto della Regina Selene che la investì ufficialmente del suo ruolo di Principessa del pianeta Nettuno,ma soprattutto di guerriera Sailor del sistema solare esterno,con il nome di Sailor Neptune;subito dopo,fu la stessa guerriera di Plutone  a riaccompagnarla sul suo pianeta,per poi tornare al suo posto di guardia. Non si sarebbero mai più viste da quel momento in poi,eppure,nella mente della guerriera del mare,il volto della guerriera di Plutone,sarebbe rimasto per sempre scolpito nella memoria.
 



Serrò istintivamente le mani intorno alla tazza ormai vuota;pensare a Setsuna la faceva sempre sprofondare in uno stato di tristezza infinita,e questo ricordo in particolare le riempiva l’animo di una profonda amarezza. Lei era stato il primo essere vivente che avesse mai incontrato:il primo sorriso,le prime parole gentili che avesse mai udito,le erano state rivolte dalla custode del Tempo;anche quando si erano incontrate in un’altra vita,Michiru l’aveva riconosciuta subito,perché nell’osservarla aveva trovato il suo viso talmente familiare,da farle tornare alla mente ricordi di ere ormai passate. Da subito si erano ritrovate ad essere complici,in perfetta sintonia su tante cose:entrambe molto riflessive,intelligenti e soprattutto sole;Setsuna lo era sempre stata e per Michiru anche,per molto tempo,la solitudine era stata una costante della sua vita,quindi capiva perfettamente lo stato d’animo dell’amica. Pensare a lei le faceva male. Pensare a quello che,per colpa sua,era arrivata a fare,la devastava.  E non riusciva a trovare pace da nessuna parte. Si era trasferita sperando di ritrovare un rapporto con il suo padre ancestrale,ma le cose erano andate sempre peggio. Inspirò lentamente e a fondo il profumo del mare,con la speranza che le entrasse dentro per poterne sentire ancora il calore;era un profumo così familiare per lei,il profumo di casa,tanto radicato nel suo essere da sentirlo sempre,ovunque si trovasse. Ma ormai non c’era più calore per lei,solo un freddo pungente e ostile che le attanagliava le viscere;non potendo sopportare oltre quell’indifferenza,distolse lo sguardo daquell’immensa distesa d’acqua che sentiva ormai totalmente estranea,e si alzò lentamente,per far ritorno in cucina. Mestamente appoggiò la tazza nel lavandino e voltandosi si fermò per alcuni istanti ad osservare il frigorifero,dove c’era appuntato il numero di cellulare di Neji:si ritrovò a pensare che infondo non era stato poi così male e che aveva bisogno di una scossa,di qualcosa di nuovo per uscire da quello stato. Così andò a recuperare il cellulare che aveva comprato da poco,visto che quello vecchio l’aveva lasciato a Tokyo,e velocemente mandò un messaggio al ragazzo,chiedendogli di vedersi per pranzo. Si morse leggermente il labbro,pentendosi di quel gesto nel momento stesso in cui lesse  “messaggio inviato” sul display,ma ormai i giochi erano fatti. Ripose il cellulare sul tavolo e si sedette,accavallando le gambe come era solita fare,e congiungendo le mani come fossero in preghiera,per poi poggiarci sopra il mento. Socchiuse lentamente gli occhi e respirò profondamente,per cercare di leggere dentro di sé,di capire quale fosse la risposta che sperava di ottenere da Neji. Lo voleva vedere. Non capiva il perché,ma ne aveva bisogno;eppure,il pensiero di Haruka le martellava continuamente in testa. Sognava continuamente i suoi occhi,le sue mani,le sue labbra. Persino la notte appena trascorsa,aveva pensato a lei. Come poteva desiderare di stare con qualcun’altro? Poteva giustificare il tradimento di una notte,ma questo bisogno impellente di vedere quel ragazzo,cos’era?   Che cosa mi succede? Prese a ripetere a se stessa come un mantra,poggiando la fronte sulle mani. Che cosa mi succede? Che cosa mi succede….? Ci pensò l’oggetto dei suoi turbamenti ad interrompere i suoi pensieri:un lieve trillo del cellulare,le annunciava la risposta di Neji. Una risposta affermativa. Michiru lesse velocemente il messaggio e riposò il cellulare;non sapeva nemmeno lei cosa fare,ma senza che se ne accorgesse,la bocca le si curvò all’insù,in un lieve sorriso. Il suo cuore parlava per lei.
 


Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce. (Blaise Pascal)
 


Nella cucina di un certo appartamento di Tokyo intanto,si stava consumando un dramma: Haruka Tenou stava preparando la colazione.  “Ahia,ahia…scotta!!” gridò  nel prendere la macchinetta del caffè,facendosela così sfuggire di mano e dire addio alla sua agoniata bevanda mattutina. Mentre osservava quel liquido marrone dall’odore squisito,espandersi su tutto il fornello non potè fare a meno di imprecare mentalmente:le colazioni a casa Tenou/Kaiou erano sempre state appannaggio di Michiru. A dire il vero anche i pranzi. E le cene. E le merende. Si,sostanzialmente Haruka metteva piede in cucina solo per mangiare,e adesso ne pagava le conseguenze.Se ne stava ancora immobile e sconsolata d’avanti alla cucina,cercando di saziarsi almeno dell’odore del caffè,quando un altro decisamente più acre le disturbò le narici,un’odore di bruciato. “Cazzo…i toast!!!” imprecò buttandosi sulla padella,che aveva completamente dimenticato sul fuoco,tutta intenta a pensare al caffè perduto. Dal momento che si era svegliata molto presto,o meglio,dal momento che non aveva dormito affatto,aveva pensato bene di non aspettare Makoto quella mattina,con le sue colazioni deliziose e soprattutto già pronte,ma di cimentarsi in prima persona nel preparare tutto il necessario per lei e Hotaru.  Che sarà mai? si era detta fiduciosa. Infondo doveva solo preparare il caffè,del latte per Hotaru e dei buonissimi french toast di cui entrambe erano ghiotte. Niente di più facile. Se non sei Haruka Tenou. Già solo rompere le uova evitando di spiaccicarsele tra le mani era stata un’impresa;operazione che aveva dovuto ripetere due volte,visto che la prima volta invece dello zucchero ci aveva aggiunto del sale. Una volta poi passato il pancarrè nell’uovo e messo in padella,si era dedicata al suo caffè,senza il quale non poteva assolutamente iniziare la giornata;peccato però che non avesse fatto i conti con la vecchia macchinetta per il caffè,comprata da Michiru in un loro viaggio in Italia,e che solo lei,a quanto pare,sapeva maneggiare senza rischiare un’ustione di terzo grado. E così adesso si ritrovava senza colazione e con una cucina in stato pietoso;ragion per cui iniziò ad esibire tutto il suo arsenale di imprecazioni,mentre con un cortello raschiava il fondo della padella. Fu così che la trovò Hotaru,che si era appena svegliata. “Buongiorno Haruka…ma che stai combinando?!” le chiese ancora mezza assonnata. “Niente…ho avuto la brillante idea di preparare la colazione…” ringhiò la bionda di rimando. La piccola guerriera di Saturno rimase per alcuni secondi interdetta da quella affermazione,ma poi un sorriso smagliante le comparì in volto e si gettò letteralemente addosso all’amica,per abbracciarla. “Ooohh Haru-chan…grazie!!” cinguettò felice, “Ehm…bè ecco,io…in realtà ho combinato un disastro…” balbettò Haruka imbarazzatissima. Al che Hotaru si staccò da lei e dando una rapida occhiata alla cucina,si rese conto che le buone intenzioni di Haruka non avevano prodotto nessun buon risultato;tornò allora a posare gli occhi su di lei,che aveva ripreso ad occuparsi della pentola e notò il suo sguardo,ormai da settimane intriso di tristezza,e la abbracciò di nuovo. “Non fa niente Haru-chan…lo so che è difficile per te…grazie  per averci provato…” le sussurrò,mentre affondava il viso nella sua maglia. Fu Haruka a restare interdetta stavolta,ma poi si lasciò intenerire dal gesto di quella sua figlioletta acquisita e posò amorevolmente una mano sulla sua testa per accarezzarla  “Di niente piccola…”  Restarono in quella posizione per alcuni minuti,quando furono interrotte dal trillo insistente del citofono “Vado ad aprire…sarà Mako-chan..!!” gridò Hotaru entusiasta,correndo verso la porta,lasciando Haruka con una strana sensazione di beatitudine. Se non era ancora impazzita fino a quel momento,era stato solo ed unicamente grazie alla presenza della piccola Hotaru:con la sua innocenza,i suoi piccoli affettuosi gesti da bambina,ma anche con quella sua sensibilità così profonda e delicata,la faceva sentire meglio,o almeno,non tanto male. L’assenza di Michiru si faceva più pesante ogni giorno che passava,e lei non riusciva a trovare una via d’uscita,un modo per reagire;a volte le sembrava di annegare nel mare della sua compagna e di non riuscire più a risalirne. In alcuni momenti aveva delle vere e proprie crisi,le sembrava di non riuscire più a respirare,e in quei casi,la piccola Hotaru riusciva a rasserenarla;tante volte era stata sul punto di non tornare a casa la notte,di continuare a correre con la sua moto,fin quando non si fosse schiantata contro un muro,fermando la sua corsa una volta per sempre,ma il pensiero di lei a casa da sola,il pensiero che avesse perso già tutti gli affetti più cari e che ora avesse solo lei al mondo,l’aveva sempre fatta rinsavire in tempo e tornare. “Ehi..!!Ma che accidenti è successo in questa cucina?!” la voce inquisitoria di Makoto la risvegliò da quei suoi pensieri,e girandosi verso la guerriera di Giove accolse lei e tutti i suoi pacchetti,pieni di cose buone da mangiare,con un’ampio sorriso. Anche stavolta,la “cura Hotaru” aveva avuto il suo effetto.

 
 
 
 
 
Signore e signori chiedo umilmente perdono per il mostruoso ritardo,ma per motivi personali ci sono stati giorni in cui non ho potuto scrivere nemmeno una riga…:( Detto ciò,questo capitolo non è particolarmente interessante me ne rendo conto,ma piano piano la storia decollerà;rispetto alla precedente è un po’ più introspettiva,almeno per questi capitoli ma prima o poi inizieranno i colpi di scena…;) Inoltre ammetto che è un po’ più difficile scriverla,perché nel mio cervello la storia ha tre “tematiche” diciamo così…ovvero Michiru + Neji,Setsuna e Haruka,e quindi devo cercare di narrare le cose da tre punti di vista,finchè poi non confluiranno in uno solo…:) Qualche precisazione di carattere tecnico…mi sono sempre chiesta se le guerriere Sailor nascessero come tutti gli altri…cioè,se stanno da sole,come si riproducono?!e quindi mi sono inventata questa versione,almeno per Michiru,che a molti di voi ricorderà il mito di Afrodite nata dalla spuma del mare (l’idea lo presa proprio da là si ^__^);ho messo in mezzo Sailor Pluto sostanzialmente per giustificare il forte legame tra lei e Michiru,perché mi piace pensare che abbiano un rapporto molto stretto;so benissimo che su Nettuno non c’è il mare,ma nel mio cervello bacato invece me lo immagino così:un pianeta simile alla Terra,ma senza continenti o altro,solo acqua e un piccolo pezzetto di terra su cui erge in tutto il suo splendore il Triton Castle ;) Bè direi che non c’è altro,come sempre ringrazio di cuore tutti per le vostre recensioni,ma anche solo per il tempo che mi dedicate…un ringraziamento particolare a SailorMercury84 che mi ha inserito tra le preferite…grazie!!!Un bacio a tutti!!:)
 
 
 
 
Protetta da Nettuno, pianeta del mare profondo, sono la guerriera dell'abbraccio Sailor Neptune!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


 
…Sono un peso per me stessa, 
sono un vuoto a perdere, 
sono diventata questa 
senza neanche accorgermene…
(Vuoto a perdere-Noemi)
 


Non aveva mai avuto problemi con i primi appuntamenti:la classica morsa allo stomaco,che attanaglia tutti prima di uscire per la prima volta con qualcuno,non l’aveva mai provata. Probabilmente perché i pochi ragazzi con cui era uscita,non le erano mai interessati abbastanza da causarle un minimo di ansia e con Haruka…bè,Haruka la conosceva prima ancora di incontrarla e si era da subito sentita una cosa sola con lei;in realtà,l’unica preoccupazione che aveva mai avuto quando dovevano vedersi,era quella di non riuscire a calmare i suoi bollenti spiriti e impedirsi così di appropriarsi delle labbra della bionda. Anche quando doveva esibirsi in pubblico per i suoi concerti,era sempre stata molto tranquilla:aveva la calma tipica di chi sa di essere straordinaria e quindi non si sofferma nemmeno più di tanto sui commenti degli altri. Arrogante,l’avrebbero apostrofata in molti. Semplicemente consapevole,si definiva lei. Consapevole di essere brava,di avere un talento fuori dal comune,di suonare sostanzialmente per se stessa e per la donna che amava;consapevole di essere bellissima,elegante,raffinata,del fatto che dall’età di dodici anni,catalizzava l’attenzione di tutti su di sé non appena entrava in una stanza. Lei era Michiru Kaiou. Il Re del Mare;eppure,tutto questo sembrava appartenere ad un’altra persona. Aveva passato l’intera mattina a provare vestiti su vestiti,senza trovare una mise adatta e aveva sistemato i capelli in una mezza dozzina di modi diversi,trovandosi sempre assolutamente orribile,almeno secondo lei;perché stando al giudizio dello specchio in cui si era rimirata innumerevoli volte,a prescindere dal vestito indossato e dall’acconciatura provata,era assolutamente divina. Morale della favola?Tra meno di mezz’ora Neji sarebbe passato a prenderla e lei era ancora lontana anni luce dall’essere pronta. Non era abituata a quell’ansia. Non era abituata a non sentirsi sicura di sé,a non sentirsi Michiru Kaiou. Ma del resto,cos’era rimasto di lei? Non riusciva più a suonare,a dipingere;non poteva nemmeno sopportare la vista del mare,tanto se ne sentiva rifiutata. Aveva perso se stessa. Aveva perso la sua più cara amica. Aveva perso…No. Non doveva pensare ad Haruka. Non in quel giorno. Non mentre si preparava per uscire con un’altra persona. Ecco,doveva pensare a Neji. Al suo sorriso stupendo,a quegli occhi così belli e luminosi,proprio come…Accidenti!,pensò buttando stizzita l’ennesima gonna sul letto,Eccola di nuovo..!!Come devo fare per non pensare a lei? si chiese mentalmente,sbuffando e parandosi di fronte allo specchio. Si osservò a lungo con cura quasi maniacale,come se l’immagine riflessa  fosse quella di una sconosciuta. E in fondo questo era diventata:da tempo ormai non si riconosceva più,non riusciva più a trovare la sua strada e aveva sperato che Neji potesse essere la sirena che col suo canto,le avrebbe fatto ritrovare se stessa. Voleva che fosse così,ma nemmeno lui riusciva a toglierle dalla testa Haruka,nemmeno per un momento. Nemmeno lui riusciva ad estirparle dal cuore tutto il dolore che provava e che la stava lentamente consumando. Sospirò pesantemente,gli occhi bassi e le braccia mollemente abbandonate lungo i fianchi,quando,all’improvviso si sentì pervasa da una strana inquietudine;un brivido le percorse la schiena,facendola voltare di scatto verso la finestra che dava sul mare:istintivamente si era rivolta al suo fedele alleato in attesa di un segno,ma stavolta lo scroscio delle onde rimaneva solo un rumore senza significato;tuttavia quella strana sensazione non andava via,anzi la sentiva crescere dentro di lei sempre di più. Stava succedendo qualcosa. Ma…cosa? Michiru. Il suo nome seppur lievemente sussurato bastò per farle balzare il cuore in gola:avrebbe riconosciuto quel tono tra mille.  Non può essere,si disse.Con gli occhi sbarrati si guardò intorno,cercando un qualcosa nella stanza,che potesse giustificare la voce che aveva sentito. Michiru. Di nuovo. Di nuovo quella voce. Non è possibile, sussurrò ad un’interlocutore invisibile. Michiru. Ancora. Fece alcuni passi in avanti,portandosi al centro della camera,i battiti del suo cuore che accelleravano spasmodicamente;per calmarsi prese un respiro profondo,socchiudendo leggermente gli occhi. Michiru aiutami…sentì di nuovo. Era lei,ne era certa.  Setsuna.
 



La guerriera di Plutone era stremata:per riuscire a mettersi in contatto con Michiru aveva bisogno di tutta la sua concentrazione e energia,ma allo stesso tempo doveva resistere agli assalti violenti del vento,che non le davano tregua e al caldo incessante,che le stava lentamente prosciugando le forze. A fatica aveva recuperato il suo bastone,perso durante la caduta,salvandolo per un soffio dalla sabbia che velocemente lo stava inghiottendo:senza di esso sarebbe stata perduta visto che era il suo unico sostegno;aveva camminato ancora per molto tempo,rendendosi conto che non c’era alcuna traccia di acqua in quel posto e che se non fosse riuscita ad andarsene il più presto possibile,si sarebbe persa per sempre  nella sabbia,diventando polvere anch’essa. Per questo aveva deciso di tentare il tutto per tutto:si sarebbe messa in contatto con Michiru fin quando non avesse ottenuto una risposta;le volte precedenti era riuscita a stabilire un collegamento solo per pochissimo tempo,entrando nei sogni dell’amica,ma non era servito a niente perché le aveva trasmesso solo delle immagini del luogo dove si trovava e per quanto confidasse nella perspicacia della guerriera di Nettuno,sapeva che aveva bisogno di ben’altro per attirare la sua attenzione.  Si era fermata dietro una duna,nella speranza di avere un minimo di riparo,con il bastone ben stretto tra le mani e piantato a terra,gli occhi chiusi e nella mente un solo pensiero:Michiru. Per un tempo interminabile nella sua testa c’era stato solo buio e silenzio:non una luce,un sussurro,non un segno che il suo tentativo stesse funzionando,poi,ad un tratto,un’immagine iniziò a prendere forma:una figura scura,indefinita,impossibile da collegare alla guerriera dei mari profondi. Sailor Pluto si concentrò ancora di più,con sforzo enorme,anche perché il riparo che aveva scelto si era rivelato ben poca cosa rispetto alla forza del vento,e ancora una volta si ritrovò a dover resistere alla furia di quell’elemento,ma non poteva cedere,ne andava della sua vita:mise quell’immagine nella sua testa sempre più a fuoco,finchè non iniziò a delinearsi la figura che tanto bramava. La prima cosa che riuscì a cogliere distintamente,furono i capelli dal colore rubato al mare,poi un viso delicato,in cui splendevano degli occhi blu come fossero due stelle. Nel vederla,la guerriera di Plutone non potè fare a meno di pronunciare il suo nome e con sua grande sorpresa,notò che Michiru sembrava averla ascoltata. Una folata di vento più forte delle altre la spinse,costringendola a fare qualche passo in avanti,ma riuscì a restare con gli occhi serrati e la mente concentrata:non poteva cedere adesso. Chiamò la sua amica altre volte,e ancora capì che la ascoltava:Michiru,aiutami…le disse con tutta la forza che la sua mente le concedeva.  Setsuna…o mio Dio!!Setsuna,sei tu??che cosa sta succedendo? Vide la violinista rivolgerle questa domanda e lasciarsi prendere dalla commozione,come se stesse vedendo un film proiettato direttamente nella sua testa,ma mentre stava per rispondere,un altro colpo la costrinse a spostarsi ancora una volta in avanti. Non avrebbe resistito a lungo,perciò doveva fare il più presto possibile,senza lasciarsi trasportare dall’emozione,che pure provava nell’essere riuscita a parlare con la tanto agognata amica.  Michiru,ascoltami…mi trovo su un pianeta sconosciuto…non so come sia successo,dovrei trovarmi su Plutone e invece sono qui,non riesco nemmeno a teletrasportarmi…devi aiutarmi..!!  cercò di trasmetterle questo messaggio con la forza della disperazione,sicura che presto avrebbe ceduto.
 
 


Al centro della sua stanza,pietrificata da quello che stava succedendo,Michiru ascoltò con attenzione le parole dell’amica:tratteneva il respiro,pensando che se avesse emesso anche solo un flebile suono non sarebbe più riuscita a sentirla.  Setsuna…spiegati meglio…dove sei esattamente? le chiese con quel poco di voce che riuscì a tirare fuori. Non lo so…non lo so nemmeno io…sta a te scoprirlo,ti prego Michiru,solo tu mi puoi…… Silenzio. Per alcuni istanti la guerriera di Nettuno rimase immobile,in attesa di sentire ancora la voce dell’amica,ma la sua attesa fu vana. La stanza era immersa nel silenzio.  Setsuna? chiese guardandosi intorno Suna ci sei ancora?Parlami per favore!! Iniziò a vagare nella stanza e poi per tutta la casa,nella stupida speranza di poter ristabilire un contatto. Setsuna!!!  iniziò ad urlare accorata  e quando si rese conto che la guerriera di Plutone non era più là,fu presa dallo sconforto. Tornò in camera e si abbandonò sul letto,lasciando spazio alle lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento,presa dalla disperazione di chi ha perso qualcosa di inestimabile valore.  Dove sei?dove sei amica mia?
 



Qualcosa l’aveva trascinata via. Non era stato il vento,no. Nello spazio di un secondo aveva sentito un tocco gelido sulla spalla sinistra,una stretta d’acciaio che l’aveva tirata via e scaraventata a terra,facendole perdere così il contatto stabilito con Michiru. Era riversa a terra ora,e dava le spalle a quella cosa che l’aveva colpita,ne sentiva l’aura impregnata di male,ma allo stesso tempo così familiare,come se fosse parte di lei. Allungò un braccio d’avanti a se per recuperare il bastone,ma toccò solo la sabbia. Eppure lo tenevo stretto in mano,dove può essere finito? si chiese allarmata:il bastone con la sfera di granato era la sua unica difesa,senza era spacciata. Continuava a sentire quell’aura dietro di se che pareva rimanere immobile,probabilmente in attesa di una qualche sua mossa;pensò allora che non poteva continuare a darle le spalle a lungo,non poteva servirle su un piatto d’argento la sua dipartita e lentamente si alzò. Si mise in piedi con fatica,viste le energie spese e la caduta non certamente morbida;la bocca le si era completamente seccata e respirava affannosamente,ogni cellula del suo corpo era in tensione perché si aspettava un’attacco da un momento all’altro. Si girò finalmente per guardare in faccia il nemico e ciò che vide,la scioccò talmente tanto che istintivamente portò le mani alla bocca,per impedirsi di urlare.      “Urla pure,se vuoi…tanto nessuno ti può ascoltare…” la informò l’essere di fronte a lei,con una voce rauca e flebile,quasi un sussurro,che però le provocò una scossa di paura lungo tutto il corpo. E per la prima volta in millenni di vita,la guerriera di Plutone sentì il suo coraggio abbandonarla lentamente.

 
 
 

Lo so lo so,sono un’essere spregevole e immondo per il ritardo con cui pubblico,ma pensate che domani è Pasqua…siate clementi!!;)) Questo capitolo è sostanzialmente un “botta e risposta” tra Michiru e Setsuna,la quale a quanto pare attira guai…ma del resto,ci doveva pur stare un motivo se invece di Plutone si trova si Aion…;) A tal proposito le ho fatto dire di trovarsi su un pianeta sconosciuto,quando avevo detto che era una stella,questo perché Suna non ha la più pallida idea di dove si trovi…XD A questo punto,la domanda sorge spontanea:chi caspiterina è quest’essere che l’ha attaccata e che la spaventa tanto?si accettano scommesse…;) Nel prossimo capitolo tornerà il tanto amato Neji e chissà,magari ci sarà un avvicinamento tra Haruka e Michiru…lo scoprirete solo leggendo…XD Da parte mia farò il possibile per non pubblicare troppo tardi!!Detto questo vi ringrazio infinitamente per l’attenzione che riservate alla mia storia,per le recensioni che mi lasciate e per la pazienza che (spero) abbiate avuto per il nuovo capitolo…:) Mi auguro che tanta attesa sia stata almeno in parte ripagata…Vi segnalo la mia pagina facebook,nel caso vogliate sentirvi più vicini a me ed essere aggiornati in tempo (quasi) reale…XD http://www.facebook.com/#!/pages/Deep-Submerge/138641306205631 Infine auguro a tutti una felicissima Pasqua!!!Un bacio enorme!!:))
 


Protetta da Nettuno, pianeta del mare profondo, sono la guerriera dell'abbraccio Sailor Neptune!

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Sailor Pluto era come ipnotizzata dalla figura d’avanti a sè. Non riusciva a muoversi né a distogliere lo sguardo dai suoi occhi, o meglio, da quello che c’era al posto degli occhi: orbite vuote, piene solo di buio e rabbia; più le guardava e più si sentiva sprofondare in un mondo fatto di tenebre, mentre una paura incontrollabile e mai provata prima prendeva completamente possesso di lei.  “Cosa c’è?Non hai niente da dirmi…figlia?”  Il tono mellifluo con cui aveva sottolineato quella parola  le provocò un tale moto di disgusto, che la guerriera di Plutone cercò di rispondergli, intimandogli di non chiamarla così, ma nessun suono usciva dalla sua bocca: l’apriva e chiudeva senza dire niente, boccheggiando come fosse un pesciolino rosso. E questo provocò una risata nel suo interlocutore. Una risata fredda, priva di colore, screva di qualsiasi gioia, che la fece rabbrividire ancora di più.  “Pensavi che non mi avresti più visto,non è vero?Lo pensavate tutti,non è vero?? –la sua voce continuava a rimanere bassa, eppure era talmente carica di rancore, di potere, che Sailor Pluto iniziò a indietreggiare-  E invece sono tornato…per riprendermi quello che mi è stato rubato…quello che tu mi hai rubato!!”  Così dicendo distese le braccia orizzontalmente ai lati del suo corpo, con i palmi delle mani rivolti verso l’altro, dando vita a  delle forti raffiche di vento che iniziarono a squarciare l’aria e a mescolarsi con la sabbia, creando così un vortice di polvere e fumo intorno a se stesso. Sailor Pluto era completamente interdetta da quello che vedeva, sembrava aver perso tutta la sua essenza di guerriera: sembrava una bambina inerme capace solo di scuotere la testa, come se il solo fatto di non volere quello che stava succedendo potesse evitare che accadesse sul serio. Un’immagine nascosta nei meandri più reconditi della sua mente, si fece largo con prepotenza e le balenò d’avanti agli occhi.


Era uscita dalla sua bocca. Non sapeva come né perchè, ma quello era il primo ricordo di cui avesse memoria: una bambina, una neonata o poco più, con una piccola massa di capelli verde scuro e gli occhi rossi, come una pietra di granato, rigurgitata dalla sua bocca. La sua.


“Inginocchiati di fronte a me!!”  La sua voce, sovrastando gli ululati del vento, la riportò al presente.  “Inginocchiati di fronte a Kronos, unico Signore e Padrone del Tempo..!!Colui che ti ha dato la vita…”  La guerriera di Plutone sbarrò gli occhi nel sentire quelle parole: sembrava che le avesse letto nel pensiero, che avesse visto anche lui la stessa immagine. Colui che mi ha dato la vita, ripetè tra sé. Serrò i pugni talmente forte, che potè sentire le unghie infilarsi nella sua carne. Non voleva cedere. Non dopo tutti quei millenni. Non dopo tutto quello che era successo, tutto il male che le era stato fatto. Non poteva umiliarsi a quel modo. Strinse i pugni ancora più forte e irrigidì le gambe cercando di resistere, ma una forza inarrestabile la spingeva a piegare le ginocchia. No. No, no, no, no! gridava la sua anima fiera di guerriera Sailor, nel vano tentativo di resistere, ma ormai, era di un altro la volontà a cui rispondeva il suo corpo, e così, con un tonfo secco, cadde sulle ginocchia. Sailor Pluto appoggiò le mani sulla sabbia, stringendo tra le dita alcuni granelli, il volto stremato dalla fatica, il capo chino per la vergogna di non essere riuscita a resistere, di essersi trasformata in un manichino ancora una volta: sebbene fossero passati millenni, si era di nuovo prostrata ai piedi di quello che in un’altra vita, aveva chiamato Padre.
 
 
 



Non era riuscita a fermarsi. L’emozione di sentire di nuovo la sua voce, di saperla viva, aveva fatto crollare quel muro di cartapesta dietro cui aveva ammassato i suoi sentimenti, e che aspettava solo un piccolo sussulto per crollare. E aveva pianto. Oh se aveva pianto! Come non faceva più da giorni ormai. Come forse non aveva mai fatto. Nelle lacrime che aveva versato c’era tutto il suo dolore, tutto il suo senso di colpa: Setsuna era viva; non l’aveva uccisa, non l’aveva sacrificata sull’altare della sua follia. Era viva. Per un momento che le sembrò eterno si sentì libera,completamente; si sentì di nuovo travolta dalle onde, dall’amore, dalla vita. Per un solo momento. Immediatamente quel pianto di liberazione si era trasformato in angoscia, perché si, Suna era viva, ma era sola, persa in qualche parte dell’universo e evidentemente in pericolo. Doveva aiutarla, doveva fare qualcosa assolutamente, non avrebbe rischiato ancora una volta di perderla a causa sua. Tuttavia, mentre cercava di ricomporsi e di riordinare le idee, la sua attenzione fu richiamata da un problema molto meno importante, ma pur sempre un problema. Neji. Era arrivato. E cosa vuole adesso?! si chiese stizzita, per poi dare una rapida occhiata a tutti i vestiti sparsi per la stanza. Ah. Già. Il pranzo. Si morse velocemente il labbro nel realizzare la cosa.  E sono stata io a invitarlo! si disse dandosi uno schiaffetto sulla fronte. Cercò di sistemarsi nel miglior modo, sebbene fosse impossibile nascondere il fatto che avesse pianto a lungo, e si apprestò ad accogliere Neji: se ne stava fuori casa sua a bussare alla porta, con l’aria serena e allegra di uno che non ha nessun problema al mondo. E questo le fece salire il sangue alla testa. Come poteva essere felice quando la sua migliore amica era persa chissà dove e rischiava la vita? Come poteva sorridere quando lei stessa si sentiva morire? Stava già per scagliarsi contro di lui per manifestargli il suo disprezzo, quando, per fortuna, la Michiru razionale riprese possesso di lei.  Non sa niente, e mai niente saprà, per forza sorride, si disse socchiudendo gli occhi, lui non è come me. Non è Haruka. Fece un respiro profondo e tornando pienamente in sé, aprì la porta, sfoderando un compostissimo sorriso in perfetto stile Kaiou. “Ciao Neji…” disse cordialmente e per tutta risposta fu abbagliata dal sorriso più sincero che avesse mai visto: Neji era veramente contento di vederla, e questo le riscaldò talmente tanto il cuore che fece spuntare un sorriso più vero anche sul suo volto. “Ciao Michiru…stavo quasi per andarmene, pensavo ti fossi dimenticata…” le disse il ragazzo arrossendo leggermente. “Assolutamente..!!Io non dimentico mai le cose che mi interessano…” Bugiarda. L’avevo dimenticato eccome. E ipocrita. Le cose che mi interessano. Perché ho detto così? Lui mi interessa? No.No..? Rimase imbambolata per un paio di secondi, persa in uno strano dialogo con se stessa, per poi tornare nel mondo reale giusto in tempo per sentirsi chiedere  “Allora va bene?” Puntò smarrita i suoi occhi blu in quelli verdi di Neji, nella vana speranza di leggervi tutto il discorso che si era persa. Va bene…cosa? “Michiru?Ci sei?” le chiese il ragazzo rivolgendole l’ennesimo sorriso. “Certo…” No. “Ero solo sovrappensiero, scusami...” Stavo parlando con me stessa in verità. “Dicevi..?” gli chiese sfiorandogli leggermente il braccio, cercando di distrarlo dalla sua evidente, seppur momentanea, insanità mentale, puntando sul suo naturale charme. “Dicevo che volevo portarti in un ristorantino sulla spiaggia, poco distante da qui…è piccolissimo ma si mangia veramente bene e…” E non finì la frase. Lo sguardo colpevole di Michiru bloccò le sue intenzioni sul nascere. “Neji…mi dispiace…ti ho fatto venire fin qui, ma non posso, scusa…” gli disse la violinista cercando di essere il più delicata possibile. “Oh…bè…ma è successo qualcosa? -le chiese sinceramente preoccupato – Non l’ho chiesto prima per non essere indelicato ma, mi sembra che tu…che tu abbia pianto, ecco…” concluse scusandosi con lo sguardo per quella piccola invasione nella sua sfera privata. Michiru si irrigidì. Non era abituata a parlare dei suoi sentimenti con persone semi-sconosciute. Non era abituata a parlare dei suoi sentimenti in generale. Lei li lasciava confluire dentro di sè, facendosene riempire l’anima, per poi esprimerli all’esterno attraverso la sua musica, i suoi dipinti, il mare. Persino per lei a volte era impenetrabile: per quanto Haruka fosse il frammento più prezioso e vitale della sua anima, a volte nemmeno lei riusciva a capire la violinista. Come poteva lui? “Neji…perdonami davvero, ma non mi va di parlarne…Mi sto comportando malissimo lo so, ma, ho bisogno che tu vada, per favore…” gli disse tutto d’un fiato, sinceramente pentita per il trattamento che gli stava riservando. Il ragazzo non rispose subito, e abbassò il capo, evidentemente deluso, fissandosi le scarpe per alcuni istanti; poi infilò le mani in tasca e tornando a guardarla le sorrise ancora una volta, seppur con meno enfasi. “Scusa…non volevo intromettermi…penso solo che, chi ti fa piangere non ti meriti, tutto qua…”  disse con una tale dolcezza, da far sentire Michiru ancora più in colpa. E ipocrita. Cosa? Se non ti piace lascialo perdere e basta. Già. La violinista abbassò la testa e si appoggiò leggermente allo stipite della porta, perdendosi nuovamente nei suoi pensieri; gesto che il ragazzo interpretò come una conferma al suo sospetto. “Hai litigato con lei?Con…Haruka?” le chiese avvicinandosi e poggiandole delicatamente una mano sulla spalla. “No…io non…non ho litigato con lei…” rispose in un sussurro senza sollevare il capo. “E cosa è successo allora?Puoi confidarti con me,Michiru…” con la mano libera le sollevò dolcemente il mento, fissandola così negli occhi e a questo contatto la violinista non si oppose. “Posso confidarmi con te?Davvero?” gli chiese. “Si,certo…”  Michiru si stava perdendo nei suoi occhi, in quegli occhi così uguali alle iridi verdi che l’avvolgevano sempre, facendola sentire protetta e compresa, anche senza volerlo.  No. Tu non potresti mai capire. Tu. Non. Sei. Haruka. Con un gesto gentile ma deciso cambiò la sua posizione, ritirandosi sull’uscio della porta e mettendo un muro invisibile, ma invalicabile, tra lei e Neji.  “Scusami ancora per averti invitata, per averti fatto venire fin qui per poi annullare il nostro appuntameto…”  Era decisa, sicura. Era di nuovo lei. Il Re del Mare. “Scusami Neji,davvero…ma adesso ho delle cose importanti da fare, devo andare…” Neji era interdetto da quel cambiamento repentino: un’attimo prima sembrava una ragazza in difficoltà, bisognosa di comprensione e affetto, e ora, le sembrava forte, decisa, implacabile, fiera e bellissima, come solo il mare sa essere. Anche stavolta non rispose subito, ma la guardò dritto negli occhi, in quegli splendidi occhi arrossati di pianto, e la vide lontana, completamente distante da lui, da quel posto stesso; capì che non c’era più niente che avrebbe potuto aggiungere. Non in quel momento, almeno. “Capisco…allora…allora ciao Michiru, spero che non sia tutto perduto, comunque…” le disse rivolgendole un ultimo sorriso, per poi andare via senza aspettare una risposta.  Si, lo spero anche io, si disse la guerriera di Nettuno, chiudendo la porta, per poi recuperare il cellulare e comporre febbrilmente un numero che negli anni aveva composto diverse volte, tanto da ricordarlo a memoria.
 
 
 



“Sacro Fuoco dammi la divinazione:dei,spiriti,potenza…a  me!!”. Niente. Il sacro fuoco si limitava a crepitare pigramente senza mostrare alcunchè, sebbene Rei lo stesse consultando dalle prime luci dell’alba;si era svegliata con una sensazione davvero strana, e così senza nemmeno fare colazione, si era diretta decisa verso la stanza del fuoco. Quella pira sempre accesa le trasmetteva ogni volta una quiete che in nessun’altro posto era mai riuscita a trovare: il fuoco non l’aveva mai tradita;belle o brutte che fossero, le aveva sempre dato le risposte che cercava. Eppure, da un po’ di tempo a quella parte, quando a notte inoltrata lasciava la stanza, con la gola secca per aver inalato fumo tutto il giorno, la fronte matida di sudore  e l’odore di bruciato che le impermeava il chihaya, c’era sempre una maschera di delusione dipinta sul suo volto: non riusciva a vedere. Non riusciva a trovare Setsuna. E si che tutti contavano su di lei:Haruka la chiamava quasi ogni giorno, per non parlare di Usagi e le altre. Lei era l’unica ad avere quelle capacità. Lei era la sola in grado di vedere. Tutto. Tranne Setsuna Meiou a quanto sembrava. Ad onor del vero però, la cosa non la preoccupava eccessivamente, appunto perché non vedeva niente:né qualcosa di positivo, né di negativo, e questo l’aveva rincuorata molto. In fondo, era stata tutta una questione di volere, fino a quel momento. Voleva trovare Setsuna, voleva dimostrare alle altre che la fiducia in lei riposta era più che meritata, soprattutto voleva dimostrare a se stessa che stava facendo il possibile. Il dono che aveva la faceva sentire più forte di tutte le altre, ma anche più responsabile, più colpevole, quando le cose andavano male. Per questo passava intere giornate a consultare il sacro fuoco: per cercare di prevenire il male;e quando non ci riusciva, si arrabbiava e imprecava con se stessa, per non essere stata più attenta. Per non aver fatto il suo dovere. Quella mattina però, si era svegliata con un campanello d’allarme che le suonava in testa, e più le ore erano passate, più il campanello si era fatto insistente. Adesso doveva vedere. Ma niente. Il sacro fuoco si rifiutava di collaborare;allora pensò di ricorrere alla tecnica dei kuji kiri, che di solito utilizzava con le sue pergamene sacre. Si sedette a gambe incrociate, nella classica posizione del loto. La schiena ben dritta, senza nemmeno una curva. Appoggiò le mani sulle ginocchia, chiuse gli occhi, e iniziò a prendere consapevolezza del suo respiro, lasciando che fluisse con il suo ritmo naturale. La sua testa iniziò ad espandersi e contrarsi, seguendo il ritmo del respiro:la sgombrò completamente. Lasciò solo un punto di luce al centro della sua mente. Setsuna. Su di essa si focalizzò, cercò di percepirla. Lentamente unì le mani e pronunciò i nove tagli.
Rin.La forza della mente e del corpo.
Pyo. Direzione dell'energia.
To. Armonia con l'universo.
Sha. Guarire se stessi o gli altri.
Kai. Premonizione del pericolo.
Jin.  Conoscenza dei pensieri altrui.  
Retsu. Padronanza del tempo e dello spazio.
Zai. Controllo della natura.
Zen! Illuminazione.
Illuminami,ti prego. Aprì gli occhi di scatto e in una fiammata, finalmente riuscì a vedere. Si alzò di botto e immediatamente lasciò la stanza, per andare a recuperare il telefono. Compose febbrilmente il numero della persona che le interessava sentire, ma quando portò il ricevitore all’orecchio, scoprì sconsolata che la persona designata aveva il cellulare spento. Dannazione Haruka!Proprio ora lo dovevi spegnere? imprecò a bassa voce. Voleva parlare con la guerriera di Urano, prima di mettere in agitazione tutte le altre, ma a quanto pare,almeno al momento non era possibile. Respirò sommessamente e si decise a riporre il telefono, ma uno squillo la face desistere. “Pronto?” chiese eccitata, sperando fosse proprio la bionda, ma la voce che sentì dall’altro capo del telefono, le fece spalancare la bocca per la sorpresa. “Rei?Sono io,Michiru…”
 


 


“Haru-chaaannn!!!Mi compri il gelato??Daaaaiiii!!!!Ti prego!!!”  Non era possibile. Non era logicamente possibile. Come accidenti poteva essere che Hotaru avesse lo stesso, irresistibile broncio di Michiru?  Incredibile! pensò la bionda, mentre metteva mano al portafogli per comprarle il gelato. Da quando Setsuna e Michiru si erano volatilizzate, seppur per motivi e in modi diversi, Hotaru si era trasferita da Haruka, e dopo un po’ aveva compreso che dietro quella parvenza di durezza e scontrosità, c’era in realtà un cuore tenerissimo, pronto a sciogliersi come neve al sole. Certo, bisognava sapere come fare: Haruka Tenou non era il tipo da cedere a delle comunissime tattiche di persuasione. I complimenti su di lei non sortivano nessun’effetto: quando una volta le aveva detto che era la più brava pilota del Giappone, cercando di farsi comprare un vestito nuovo, si era sentita rispondere “Si, lo so”. E niente vestito.  Anche le sorprese non la intenerivano più di tanto: quando le aveva fatto trovare un bagno caldo pronto per lei, che tornava tutta sudata e sporca da una sessione di prove con l’auto, nella speranza di restare sveglia fino a tardi per guardare un film horror, aveva ricevuto gratitudine. Molta gratitudine; ma niente film. Stava iniziando a perdere la speranza ormai e a credere in un destino beffardo che l’aveva dotata di ben tre genitori, adorabili, fantastici, ma assolutamente intransigenti. Setsuna era la severità fatta persona: le voleva un gran bene, l’aiutava sempre con i compiti, e ora che non c’era le mancava enormemente, ma quando si trattava di scuola o regole in generale, la guerriera di Plutone era inflessibile; di Michiru neanche a parlarne: la coccolava tantissimo, le preparava dei dolci che nemmeno Makoto avrebbe mai potuto eguagliare, ma guai a ventilare anche solo l’ipotesi di saltare una lezione di violino o d’arte. Haruka si era sempre accodata alle altre sostanzialmente, adeguandosi al loro livello di severità, e così pensava che trovandosi sola con lei sarebbe stata più malleabile. Errore. Non c’era niente da fare, le sue mamme e il suo papà erano incorruttibili. Ed è così che era successo:stava pensando alla sua sfortuna, quando si era spontaneamente imbronciata e Haruka l’aveva vista. In quel momento si aprì un mondo: l’Haruka dura e pura, alla vista di quell’espressione si scioglieva completamente, non riusciva a resistere, qualsiasi cosa le chiedesse.  Era stato grazie a questo che si trovava al parco quella mattina, invece che a scuola, e sempre grazie a questo, all’ora di pranzo stava gustando un bel gelato. Mentre tornava da lei però, vide che qualcosa non andava: aveva il cellulare stretto in mano, probabilmente l’aveva riacceso per vedere se l’avesse cercata qualcuno e sembrava piuttosto agitata: non appena la vide le corse incontro. “Hotaru..!!Piccola dobbiamo andare!!” le disse concitata, prendendola per mano. “Andare dove?Che è successo?” le chiese la piccola liberandosi dalla stretta  “Ha chiamato Rei…lei ha…ha…ha sentito Michiru..!!”  rispose la bionda in evidente stato di schock. Hotaru la guardò con i suoi grandi occhioni viola, pieni di sorpresa e speranza, e decisa prese per mano la guerriera di Urano  “Allora andiamo!!”

 
 



Eccomi…lo so,sono imperdonabile,però dai…guardate quanto ho scritto..!!Credo sia il capitolo più lungo che abbia mai scritto…^_^ Come avete visto,è diviso sostanzialmente in quattro parti,legate comunque tra loro in qualche modo…o almeno era questo l’intento:scrivere di 4 punti di vista,dando però comunque un senso unitario al capitolo…spero di esserci riuscita. Le prime tre parti mi piacciono tutte molto e sono fiera di ognuna di loro,in particolare mi piace moltissimo la parte di Rei e mi sono divertita da morire a scrivere quella di Michiru…i suoi dialoghi interiori con la sua coscienza!!XD Sto cercando (nei limiti del contesto) di renderla un pochino più simpatica,rispetto alla’altra mia long-fic…spero quindi di riuscire a strapparvi qualche sorriso ogni tanto…;) La parte di Haruka e Hotaru non mi piace. L’ho scritta male,è brutta e mi aspetto delle critiche proprio per quella,ma sinceramente,l’alternativa era non inserire Haruka nemmeno in questo capitolo e non mi sembrava il caso…Il fatto è che come lettrice amo leggere di lei,ma come autrice (passatemi il parolone XD) non sono molto in sintonia con lei,mi riesce meglio scrivere di Michiru e Setsuna e quindi,accontentavi se potete di quello che ho prodotto…:( Come avete visto finalmente scopriamo chi è il misterioso nemico e nel corso della storia,ovviamente spiegherò il legame che ha con Setsuna,il suo ruolo,ecc ecc  a tal proposito,suppongo che abbiate trovato la sua nascita abbastanza disgustosa,ma come per Michiru,mi sono rifatta alla mitologia greca:Crono inghiottiva i suoi figli per evitare di essere spodestato da loro,poi fu costretto a “rigurgitarli”,nel caso di Suna lei è nata proprio così. Ci sono altre cose di carattere tecnico da spiegarvi,ma per queste vi rimando alla mia pagina facebook  http://www.facebook.com/pages/Deep-Submerge/138641306205631?ref=ts Non mi considerate presuntuosa,è solo che mi piace perdermi nei particolari e spiegare il perché ho scritto una cosa piuttosto che un’altra,allo stesso tempo però,non amo le note a piè pagina troppo lunghe e quindi…a che mi serve la pagina fb se no?!Detto questo,ringrazio tutti quelli che hanno avuto la pazienza di aspettare,di leggere,di commentare,di rimanere in silenzio…vi ringrazio tutti di cuore. Un bacio enorme.
 

Protetta da Nettuno, pianeta del mare profondo, sono la guerriera dell'abbraccio Sailor Neptune!

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


 
 
 
“Haruka ti dispiace rallentare?Sono già rinata due volte, vorrei evitare la terza…” Ma la bionda non l’ascoltava nemmeno. Subito dopo aver parlato con Rei, si era precipitata in auto e dopo aver ingranato la marcia, non aveva più tolto il piede dall’accelleratore per arrivare il più in fretta possibile al Tempio.
Presto, doveva fare presto. Rei era stata più che vaga al telefono, o forse era stata lei a non aver capito niente di quello che aveva detto: nel momento stesso in cui aveva pronunciato il nome di Michiru, il suo cervello si era automaticamente spento; era diventato una camera oscura, con la sola immagine della violinista a sovrastare tutto.  
Presto, doveva fare presto. Come se da questo dipendesse la sua stessa vita, e in fondo era così. Aveva bisogno di vedere Michiru, di parlarle, di toccarla. Aveva bisogno di sentirla.                                                                                
In quelle due settimane aveva vissuto trattenendo il fiato, in una sorta di apnea perenne, e ora aveva disperatamente bisogno di una boccata di ossigeno. Del suo ossigeno. Aveva bisogno di annegare nel mare di Michiru, così dolce e quieto, il suo posto sicuro pieno di calore, dove la tortura maggiore consisteva nel doverlo lasciare troppo presto; un mare così diverso dagli abissi oscuri nei quali sprofondava senza di lei.
Spinse ancora di più il piede sull’accelleratore, incurante delle proteste di Hotaru: che rinascesse anche cento volte se necessario. Presto, doveva fare presto.
 
 


Come radici agli alberi d’inverno senza più foglie
quel mare dentro che spegne e annega ogni tormento
mi toglie il fiato ma poi ancora respiro
Senza più fiamme
è troppo tempo che non si fa più l’amore
non scorre il sangue dentro al fiume
che ci portava verso il mare, quel mare immenso

(Giusy Ferreri- Il mare immenso)
 




La guerriera di Plutone non riusciva a rialzarsi: seduta sulle ginocchia, a testa bassa e con le mani appoggiate per terra, a stringere tra le dita la sabbia sfuggente, si sentiva umiliata nel corpo, ma soprattutto nello spirito. 
Credeva di avercela fatta, di essere riuscita a liberarsi del potere opprimente di suo padre, del suo controllo, dell’orrore legato alla sua figura; ma era stata tutta un’illusione, una favola che si era raccontata per millenni: le era bastato rivederlo per pochi attimi per perdere tutta la sua forza, la sua sicurezza; le erano bastate poche parole per perdere se stessa. Ed ora stava lì, inerme, sprofondata nella più cupa delle disperazioni, ancora una volta alla sua mercè. 
“Io ti ho creata per uno scopo…” Prese a dirle Kronos, abbassando lentamente le braccia, ponendo fine così al vortice che l’aveva circondato fino a quel momento. “Tu dovevi essere l’arma che mi avrebbe portato al potere supremo…e invece, mi hai tradito…” Sailor Pluto si sentì mozzare il fiato: portò automaticamente le mani alla gola per liberarsi da quella pressione, ma non ottenne alcun sollievo.
“Mi hai tolto il potere… - riprese Kronos sempre più irato- Mi hai confinato su questa stella maledetta, la più miserabile di tutto l’universo..!!” La guerriera di Plutone stava sbiancando per la mancanza di aria: forze invisibili la stavano soffocando e riusciva solo a ferirsi il collo, sfregandoselo febbrilmente con le mani, nel tentativo di liberarsi.
“Sei stata una sciocca Pluto, e pagherai per ogni cosa…” Aria. Improvvisamente quell’aria calda, mista a polvere le entrò nei polmoni e capì che era finita; per il momento.
Tossì a lungo, accarezzandosi lentamente il collo e quando il respiro si fece più regolare, osò sollevare lo sguardo, puntandolo in faccia all’odiato genitore. 
“Uccidimi.” Gli disse in un rantolo. “Uccidimi e basta.”
Lo scoppio di una risata accolse la sua richiesta. Una risata vera, che riecheggiò a lungo nell’infinità dello spazio, per poi morire di colpo così come era nata. “Tu mi hai condannato alla solitudine, alla disperazione, hai rovinato i miei progetti e io dovrei essere così magnanimo da ucciderti?” le chiese piantando le orbite vuote nei suoi occhi.
“No – si rispose da solo, distogliendo lo sguardo e incamminandosi verso un punto imprecisato – Tu farai quello per cui sei stata creata, sarà questa la tua punizione!” Lentamente, partendo dal basso, il suo corpo prese a sgretolarsi diventando sabbia. “Tutto ciò che ami, tutto ciò che hai sempre protetto con tanto ardore, sarà mio…e sarai stata tu a consegnarmelo..!!” concluse rivolgendole un’ultima occhiata, per poi sparire come polvere nel vento.
La guerriera di Plutone sbarrò gli occhi terrorizzata e dalle sue labbra, in un flebile sussurro, venne fuori un “No” disperato.
 



Aveva sempre avuto paura di lui. Sempre. Ogni volta che lo guardava, le sembrava avvolto da un manto di immutabilità, come se ci fosse sempre stato e fosse sempre stato quello, sin dalla notte dei tempi.
Le persone normali abusano della parola “sempre”, non potendone capire la reale portata, non riuscendo ad immaginare cosa possa significare esistere da sempre e per sempre, ma sul serio.
Lui lo sapeva. E questo la terrorizzava a morte.
Soprattutto la spaventavano gli occhi: erano rossi come i suoi, anche se di una tonalità molto più brillante, ma a dispetto del colore, non trasmettevano alcuna emozione, solo potere. Lei non li fissava mai per timore di quello che vi avrebbe visto, per timore di perdersi: potevano catapultarti in ere talmente remote, in galassie talmente lontane, da farti perdere il senno; e niente sarebbe stato più come prima, una volta tornato indietro.
Poteva controllare, modificare, dilatare il Tempo a suo piacimento: niente regole, nessuna limitazione per lui, poteva fare tutto quello che voleva, purchè non riguardasse il Regno Argentato e di conseguenza il pianeta Terra. Lei non aveva mai capito il motivo, si trattava di una specie di patto stipulato agli albori del Tempo, ma sapeva che quella era una zona franca, esule dai poteri di suo padre e sapeva che per lui, questo era inaccettabile.
Kronos però, non avrebbe mai fatto nulla spinto dai sentimenti o preso dall’impulso del momento, e se avesse escogitato un piano per distruggere qualcuno, non avrebbe mai fallito. Non si sarebbe mai arreso. Per questo, attese a lungo l’occasione propizia per sottomettere il Regno della Luna, e gli si presentò quando venne a mancare Sailor Pluto, una delle guerriere Sailor il cui compito era proteggere i confini del Regno. Kronos allora, pensò bene di generare una bambina e inviarla alla Regina Pandia, come segno di benevolenza, affinchè fosse addestrata per diventare la nuova guerriera di Plutone, ma soprattutto, la sua spia. La chiave che dall’interno gli avrebbe aperto le porte per il dominio di tutto l’universo.


Per questo era nata. Per questo esisteva.

 

Lentamente le lacrime iniziarono a solcarle il viso. Non un suono, non un gemito usciva dalla sua bocca: come una statua piangeva in silenzio, pietrificata da quello che aveva sentito e dai ricordi che le erano riaffiorati alla mente.
 
 




“Non è possibile.” La voce di Haruka non tradiva nessun’emozione, eppure Rei aveva notato l’ombra di delusione che per un’attimo le era comparsa negli occhi. “Non è possibile.” ripetè la bionda.

“Haruka mi dispiace…ha detto solo questo, io…”  “Ma non è possibile!! – ripetè ancora, stavolta con più veemenza – Deve averti detto qualcosa su di me..!!Non può avermi ignorato così..!!” La sacerdotessa chinò il capo e non rispose, lasciando che fosse il suo silenzio a parlare per lei. Haruka allora, si lasciò cadere con un sospiro le braccia lungo i fianchi, e abbassò a sua volta la testa, prendendo a fissare le punte delle sue scarpe: della Haruka forte, determinata, coraggiosa, in quel momento non restava niente. Il Re del Cielo, non era più là;sembrava solo una bambina indifesa a cui era stato rotto il giocattolo preferito, talmente triste e desolata  che persino Rei, nel guardarla, per un’attimo provò l’irrefrenabile impulso di abbracciarla, stringerla a sé e sussurrarle che sarebbe andato tutto bene.

Ma non sarebbe stata Rei Hino se l’avesse fatto sul serio.
Così emise un profondo sospiro e cercando di raccogliere tutta la fermezza che possedeva, si rivolse alla guerriera di Urano “Haruka, senti…capisco che è difficile, che sei delusa dal comportamento di Michiru, ma c’è qualcosa di più importante di cui occuparsi adesso…” La bionda sollevò leggermente la testa, scrutandola con le sue iridi verdi che malcelavano la perplessità.
“Setsuna… - dichiarò Rei, rispondendo alla sua muta domanda- E’ in pericolo…lei e Michiru si sono messe in contatto, ed è per questo che ha bisogno del suo Deep Aqua Mirror…”
Haruka spalancò la bocca per la sorpresa, così come la piccola Hotaru, rimasta in disparte fino a quel momento e che fece per replicare, ma fu subito fermata dalla sacerdotessa, con un gesto deciso della mano.
“Anche io ho notizie di Setsuna…o meglio,un presagio…un presagio di sventura… - prese a dire con tono greve- L’ho visto nel Sacro Fuoco: sta succedendo qualcosa nei meandri più nascosti dell’universo…non so cosa di preciso, ma Setsuna sta correndo un grave rischio e non credo che la cosa riguardi solo lei..!!” 
“Che possiamo fare?” chiese Hotaru preoccupata. “Per il momento niente. Non sappiamo niente di preciso, per questo è vitale che Michiru recuperi il suo Talismano..!! – aggiunse rivolgendosi ad Haruka- Io avvertirò le altre e continuerò a consultare il Fuoco…ma il Deep Aqua Mirror è indispensabile..!!”
“Quando ha detto che verrà qui?” chiese Haruka. “Oggi pomeriggio.” Le rispose Rei mentendo.
“Allora lo vado a prendere subito e lo porto qui, così glielo potrai dare…” La sacerdotessa annuì con un cenno del capo. “Prendi anche il suo Lip Rod e… - esitò un momento prima di continuare- Forse dovresti pensare anche al tuo…” Erano passate due settimane da quando aveva deciso di abbandonare le guerriere Sailor. Due settimane. E in tutto quel tempo non ci aveva mai pensato, presa com’era da ben altre cose. Ma adesso?
Setsuna era nei guai. Guai grossi a quanto pareva, se persino Michiru stava pensando di ritornare in qualche modo: si stava delineando una nuova battaglia e lei ancora non sapeva cosa fare.
“Vado a prendere lo Specchio e il Lip Rod di Michiru e te li porto… - disse come se non avesse ascoltato l’ultima frase di Rei- Tu vieni con me?” chiese rivolgendosi ad Hotaru. “No, io preferisco rimanere qui e aspettare le altre…”le rispose la piccola. “Ok. Allora vado. Ci vediamo dopo.” E senza indugiare oltre andò via.
Al suo passaggio, un vento gelido scuotè i rami degli alberi all’ingresso del Tempio, disturbando Phobos e Deimos, che vi dormivano tranquillamente appollaiati; i due corvi volarono via, andandosi a posare sulle spalle della guerriera di Marte, che rimase immobile ad osservare la strada, finchè Haruka non scomparve completamente dalla sua visuale. Poi spostò lo sguardo su Yuri, occupato a spazzare il cortile e sospirò “Speriamo di aver fatto la cosa giusta…”
 


Credevo di volare e non volo,
credevo che l'azzurro dei tuoi occhi per me
fosse sempre cielo, non è...
  (Lucio Battisti - Fiori rosa Fiori di pesco)

 
 



Eccomiiii!!!!ormai ai miei ritardi siete abituati…XD Ad ogni modo, come avete visto, in questo capitolo si scopre (almeno in parte) cosa è successo tra Kronos e Setsuna…lui voleva usarla per conquistare il Regno Argentato, ma qualcosa è “evidentemente”andato storto…poi vedremo cosa…;) La Regina Pandia è frutto della mia invenzione,praticamente è la madre della Regina Selene (la nonna di Serenity),l’ho inserita per non usare sempre gli stessi personaggi e ho scelto questo nome perché,cito da Wikipedia “Pandia è una figura della mitologia greca. Figlia di Zeus e di Selene, era la personificazione del plenilunio e quindi dea della luna piena.”, ha a che fare pure lei con la luna insomma,e quindi mi sembrava indicata…;)mentre Phobos e Deimos, lo saprete benissimo, sono veramente i corvi di Rei (oltre ad essere i nomi dei satelliti di Marte). Haruka ha un pochino più di spazio in questo capitolo e vi annuncio che nel prossimo capitolo ci sarà il tanto sospirato incontro tra lei e Michiru…però…bè, ecco, potrebbe non essere proprio positivo…insomma preparatevi psicologicamente…XD Detto questo, come sempre ringrazio tutte le persone che mi seguono, soprattutto per la pazienza che avete nell’aspettare questi benedetti capitoli…-_-‘’’ Un bacione a tutti!!:)

Protetta da Nettuno, pianeta del mare profondo, sono la guerriera dell'abbraccio Sailor Neptune!

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


In neanche venti minuti era arrivata a casa. Aveva lasciato il Tempio con un’amarezza tale dentro di sé, che una volta in auto si era sbizzarrita a correre il più velocemente possibile.                                                                                                              

Voleva andare talmente veloce da scomparire: voleva diventare aria e dissolversi al di là delle nuvole.                          

Dopo due settimane di assoluto silenzio, Michiru si era fatta viva e per chiedere cosa? Il suo Specchio.                                      

Non una parola su me o Hotaru!Le interessa solo quel suo stupido Specchio!!
pensò stizzita.                                              

Certo, c’era la vita di Setsuna in gioco, e forse la sicurezza dell’intero universo, ma il pensiero che non avesse minimamente accennato a lei, la faceva impazzire; soprattutto perché aveva sperato di vederla e di poter in qualche modo aggiustare tutto.
Una volta dentro l’appartamento, si diresse riluttante verso lo studio di Michiru: era il suo piccolo mondo, il suo rifugio dove poter dare libero sfogo a tutte le sue arti; erano tutto l’una per l’altra, ma era giusto che ognuna di loro avesse il suo piccolo spazio privato. Per Haruka era il garage con le sue moto e la sua auto, mentre per Michiru, quello studio. Per questo, anche quando lei ancora abitava lì, la bionda difficilmente vi entrava, ma adesso era costretta a farlo: giusto due settimane prima c’era entrata per riporre il Deep Aqua Mirror, che si era ricomposto dopo essere stato frantumato da una delle frecce di Sailor Mars; e adesso, doveva rientrarci per recuperarlo.

Non appena aprì la porta, fu investita dalla luce: giusto di fronte infatti, c’era un’enorme finestra a tutta parete, che rendeva la stanza luminosissima e dava alla violinista una vista stupenda, dato che da lì, si vedeva perfettamente la baia di Tokyo. Haruka vi entrò con un’ingiustificato timore, dal momento che era sola in casa, ma le faceva un’effetto così strano entrare in quella stanza senza la sua Michiru. Prese a guardarsi intorno, osservando le pareti completamente ricoperte di vernice, i cui colori spaziavano dal verde scuro all’azzurro più vivace, esattamente come le diverse tonalità del mare,e si soffermò a guardare tutte le figure di pesci, animali marini, sirene, che la violinista stessa aveva dipinto, onde ricreare in quella stanza un piccolo angolo di oceano. Haruka si portò al cento della stanza e non potè fare a meno di pensare a come fosse vuota senza Michiru: mancava la sua presenza, il calore che solo il suo sorriso sapeva dare; quando c’era lei, sembrava davvero di essere nelle profondità marine, così invece era solo una stanza come un’altra.

Si avvicinò al cavalletto, sistemato al centro, e si accomodò sulla sedia di fronte ad esso, per guardare la tela su cui era appena abbozzato un disegno; la osservò a lungo, cercando di immaginare a cosa stesse pensando la compagna, quando aveva iniziato a tratteggiare quelle linee. Staccando lo sguardo poi, prese a rimirare le altre tele, già piene, sparse nella stanza e si ritrovò a pensare a quanto fosse eccezionale Michiru: a come riuscisse a trarre ispirazione dalle cose e nei momenti più impensati, a come sapesse dare vita a ciò che disegnava, a dargli un’anima.

Lei è migliore di me. Si disse. Rende tutto più luminoso, più bello e non se ne accorge nemmeno. Non si accorge che con la sua sola presenza, rende tutto migliore. Socchiuse leggermente gli occhi e inspirò profondamente.

Lei è…migliore di me. E’un’anima eletta. E io l’ho ferita…come posso sperare che torni da me?

Riaprì gli occhi sbattendo più volte le palpebre, per impedire alle lacrime di scendere, poi si alzò e si diresse verso uno scaffale, dove la violinista riponeva tutti i suoi pennelli, i colori, gli spartiti musicali e dove lei aveva sistemato lo Specchio. Lo prese e iniziò ad accarezzarne il dorso, percorrendone con le dita ogni striatura, ogni intarsio e fermandosi ad accarezzare più volte il simbolo di Nettuno, posto proprio al centro.
Sentiva una strana energia quando lo faceva: le sembrava di sentire l’odore della salsedine, il rumore delle onde che si infrangono sugli scogli, il profumo di…Michiru.

C’era parte della sua essenza in quello specchio: così, lo rigirò tra le mani ponendosi di fronte al vetro, nella speranza che le mostrasse qualcosa, ma vide solo il suo riflesso. Il Deep Aqua Mirror funzionava solo con la guerriera di Nettuno; solo e soltanto a lei, avrebbe mostrato ciò di cui aveva bisogno. Delusa allungò una mano per prendere anche il Lip Rod di Michiru, e questo la fece pensare al suo, custodito gelosamente da Hotaru in attesa che le venisse richiesto. Pensò all’ipotesi di una nuova battaglia che si stava delineando sempre più, e ancora una volta si sentì confusa su quello che doveva essere il suo ruolo.
Combattere. Restare a guardare in disparte. Potrei perdere tutto in ogni caso… pensò. Ma si riscosse piuttosto in fretta da questi pensieri, preferendo non indugiarvi oltre, e con passo deciso lasciò la stanza, non senza averle dato un’ultima occhiata; dopodichè, sistemò lo Specchio e il Lip Rod in una borsa e andò via.
 



Anche stavolta il viaggio fu piuttosto breve: dopo neanche mezz’ora si trovava ai piedi delle scale che conducevano all’ingresso del Tempio e vide che c’era già un’auto parcheggiata lì. Un Suv bianco, uno di quei mostri della strada così pacchianamente grossi che le fece storcere il naso, patita com’era delle auto da corsa; nel passarci d’avanti, notò appoggiato mollemente al cofano del mostro, un ragazzo: vestito scuro, camicia bianca, capelli biondi come i suoi. Se ne stava lì ad armeggiare con il cellulare e sembrava avere il sorriso sornione del gatto che ha divorato il topo; non ricordava di averlo mai visto lì in giro, ma aveva ben altro a cui pensare per mettersi ad indagare su uno sconosciuto, così velocemente salì le scale, pronta ad entrare nel Tempio.
Una voce familiare però, la gelò sul posto. Michiru. Le ci vollero alcuni istanti per trovare il coraggio necessario a varcare la soglia e quando entrò, la vide: era di spalle, inginocchiata all’altezza di Hotaru e le parlava accarezzandole il viso con le mani. A quella vista, improvvisamente Haruka fu investita da un’ondata di sensazioni: sentì il crepitio della legna che arde nel camino, il profumo di biscotti al cioccolato, il tepore delle coperte che ti avvolgono quando piove e tu rimani al letto; sentì il profumo della notte di Natale. Improvvisamente, si sentì a casa.  

Fu Rei, che assisteva in disparte alla scena, a notarla per prima. “Haruka!Sei arrivata..!”

Ma lei non l’ascoltò. Nemmeno la vedeva. Non c’era nessuno in quella stanza: solo Michiru.                                                           

La violinista, dal canto suo, nel sentir pronunciare quel nome si irrigidì, e scostando le mani dal volto di Hotaru, si alzò lentamente, per poi voltarsi verso la bionda: non osò guardarla negli occhi, perfettamente consapevole che non sarebbe riuscita a sostenere il peso di quelle gocce di smeraldo.
Haruka d’altra parte, era quasi sul punto di svenire: sentiva i battiti del suo cuore accellerare vorticosamente e la temperatura ad un tratto diventare incandescente. Per dei minuti interminabili si studiarono senza dire niente, finchè Michiru non decise di fare il primo passo. “Ciao Haruka”. La salutò con voce limpida, cristallina, che non potesse tradire in alcun modo la tempesta che si stava scatenando dentro di lei. “Ciao, Michiru… - le rispose la bionda dopo aver deglutito diverse volte – Io…non pensavo di trovarti qui…”

“A dire il vero nemmeno io… - ammise candidamente la violinista-  Avevo chiesto a Rei di recuperare il mio Specchio…” Nel pronunciare il nome della sacerdotessa aveva inarcato il sopracciglio, appuntandosi mentalmente di farle un bel discorsetto in separata sede, dal momento che le era ormai chiaro cosa avesse escogitato pur di farle incontrare.  Haruka intanto, dopo aver ritrovato un po’ di coraggio, fece alcuni passi verso di lei.

“Michiru…io credo che dovremmo parlare…” le disse speranzosa.

“Non adesso.” fu la risposta gelida della guerriera di Nettuno, che subito dopo tese il braccio in avanti, con la mano aperta e il palmo rivolto all’insù. “Mi dai lo Specchio, per favore?”

“Lo…lo Specchio?!Non ci vediamo né sentiamo da settimane e questa è l’unica cosa che ti interessa?!” sbottò Haruka, ferita dalla freddezza della compagna. Michiru abbassò il braccio e per la prima volta da quando si erano incontrate, la guardò dritto negli occhi: in quelle iridi che tanto adorava, c’erano delusione, amarezza, una rabbia latente che la stava consumando, e se ne sentì intimamente colpevole. Ferirla era l’ultima cosa che volesse fare al mondo, ma non aveva altra scelta al momento.                                                                                                                                                         

“Setsuna è in pericolo. Forse lo siamo tutte noi. Tu avrai anche deciso di ignorare il nostro compito, ma io no… - le disse decisa – Per cui, se non ti dispiace, rivorrei indietro il mio Talismano…” e allungò di nuovo il braccio.                                       
Haruka in quel momento vide chiaramente i suoi occhi adombrarsi, diventando di un blu più cupo: non era più Michiru a parlare, ma Sailor Neptune, e potè vedere tutta la furia del mare che per la prima volta si scagliava contro di lei, travolgendola e lasciandola senza scampo. Le passò la borsa che teneva ancora in mano, e nel dargliela, per un brevissimo istante, le loro mani si sfiorarono, provocando ad entrambe un brivido quasi dimenticato: per un momento brevissimo, la furia del mare si era placata, lasciandosi accarezzare dal vento.                                                                        
“Grazie… - le disse Michiru portandosi la borsa al petto, come se contenesse il suo tesoro più prezioso – Io…devo aiutare Setsuna. Lo devo fare. Solo quando sarò riuscita a riportarla a casa sana e salva, potrò pensare a tutto il resto…” disse con una nota più dolce nella voce e nello sguardo. Ma Haruka non la notò.                                                                                    
“Resto?!E’ questo che sono io?!Il resto..?!” le chiese la guerriera di Urano risentita. “Cerca di capire, Haruka…”
“No..!!Non c’è niente da capire..!! – la interruppe subito affranta – Io, ho sbagliato lo so, ti ho ferita…ma…ho sempre pensato che, anche da separate…in una qualche forma, in qualche parte dell’universo…ci sarebbe comunque sempre stato un noi…” Si avvicinò a lei lentamente. “Mi sono sbagliata?” le chiese fissandola intensamente negli occhi, con uno sguardo carico d’amore.
Michiru si sentì mancare: in un giorno normale, in una situazione normale, quello sguardo le avrebbe fatto perdere completamente la testa e si sarebbe gettata tra le sue braccia. Ma quello non era un giorno normale, non era una situazione normale; così utilizzò tutta la sua forza d’animo per resistere alla tentazione e abbassò lo sguardo, non potendo sopportare oltre l’intensità di quello di Haruka. “Non è il momento giusto per parlarne…” cercò di dirle con fermezza, ma per tutta risposta Haruka annullò lo spazio residuo che c’era tra loro, la prese tra le braccia e si impossessò letteralmente della sua bocca.
Mise tutta se stessa in quel bacio: amore, dolcezza, passione, desiderio, disperazione.                                             
Voleva che Michiru la sentisse. Voleva dimostrarle che c’erano ancora, che tutto poteva tornare come prima. Che vento e mare erano destinati ad unirsi e fondersi insieme, perdendosi in un’estasi senza fine.
Si staccò da lei solo quando le mancò il fiato, svuotata completamente di tutto. “Mi sono…sbagliata?” le chiese sussurrando, la sua bocca a pochi millimetri da quella della violinista.
“Haruka… - prese a dirle la violinista con fatica, come se le parole non volessero uscire dalla bocca – Non…farlo…mai più…” Si liberò senza troppa difficoltà dalla sua stretta, scostandosi velocemente da lei e senza aggiungere nient’altro, andò via, salutando con un cenno del capo Hotaru e Rei.
Haruka rimase immobile per alcuni istanti, assolutamente allibita da quella reazione, poi, come se si fosse improvvisamente resa conto di qualcosa, scattò fuori per raggiungere la violinista, ma si bloccò all’inizio delle scale.                 
Michiru stava salendo nell’auto che aveva visto poco prima, con il ragazzo sconosciuto che raggiante, le teneva la portiera; d’un tratto, il suo corpo si irrigidì diventando un blocco di ghiaccio e sentì un rumore sordo all’interno del suo petto: il suo cuore si era spezzato. Poi, un’improvviso calore alla mano: la piccola Hotaru che gliela stringeva forte, subito dopo averla raggiunta e aver a sua volta osservato la scena. “La vita non funziona come nelle favole… - le disse affranta - Nella vita reale, la principessa se ne va con il principe sbagliato…”
 
 
 

Mentre ti guardo sparire all’orizzonte,
mi perdo in quel rosso
come un diamante
si perde in un cielo di stelle
e tra tante
confuso e disperso
non sono niente
(Senza te – Negramaro)

 
 





Ecco qua…fermi!!non mi linciate!!l’incontro tra Haruka e Michiru non è come ve lo aspettavate lo so, però almeno si sono incontrate…e poi ve l’avevo detto di prepararvi psicologicamente!!XD Michiru non è pazza, ha solo un macigno enorme sul cuore: finchè non riporterà a casa Setsuna, non riuscirà a tornare in sé e quindi ritornare con Haruka…a tal proposito, avrete di sicuro capito che il ragazzo che l’accompagna è Neji e vi domanderete: che ci fa qua se Michiru l’ha mandato via?!dovrete aspettare il prossimo capitolo per saperlo…muahahahahah sono perfida, lo so!!XD Concludo dicendo che la frase che faccio dire alla fine ad Hotaru è spudoratamente presa da Gossip Girl, sebbene leggerissimamente riadattata alla situazione…;) Detto questo ringrazio come sempre tutti quelli che aspettano con pazienza, quelli che mi recensiscono e quelli che mi leggono in silenzio…^__^ Se volete passate nella mia pagina facebook...:) http://www.facebook.com/pages/Deep-Submerge/138641306205631?ref=ts  Un bacio a tutti (e non mi insultate troppo XD)
 
 
 
Protetta da Nettuno, pianeta del mare profondo, sono la guerriera dell'abbraccio Sailor Neptune!

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


 

Subito dopo aver concluso la conversazione telefonica con Rei, in cui le aveva chiesto di recuperare il suo Talismano, aggiungendo che sarebbe arrivata a Tokyo il prima possibile, Michiru convenne con se stessa di aver fatto decisamente i conti senza l’oste: come ci sarebbe andata a Tokyo?
Il teletrasporto era escluso, dal momento che senza Lip Rod non poteva trasformarsi; anche prendere il treno non era un opzione praticabile, visto che il primo disponibile ci sarebbe stato solo quattro ore più tardi, e purtroppo, Shizuoka non godeva di un collegamento aereoportuale.
Prese ad imprecare mentalmente con se stessa, per aver avuto la “brillante” idea di rintanarsi in quel posto, quando si rese conto che l’unica alternativa possibile era chiamare un taxi che la portasse a destinazione; e già si stava velocemente industriando in tal senso, quando fu interrotta dal trillo del campanello d’ingresso. Sulle prime decise di ignorarlo, occupata in altre faccende com’era, ma il visitatore sembrava non voler demordere, così, vista l’insistenza, decise di andare ad aprire, rimanendo poi letteralmente di stucco nel vedere chi fosse.
Fuori dalla sua porta infatti, c’era lo stesso ragazzo che neanche un quarto d’ora prima aveva mandato via, dopo avergli dato pure buca: Neji.
“Ciao Michiru, scusami se ti disturbo, ma ho bisogno di parlarti…” le disse con una leggera apprensione.  “Neji, non è proprio il momento adatto questo…” gli rispose la violinista cercando di essere il più gentile possibile, ma il ragazzo ribadì il suo bisogno di parlarle.
“Ti prego Michiru!Concedimi solo cinque minuti..!!” le disse infatti accorato.
La violinista sospirò pesantemente: comportarsi male con lui le pesava molto, visto che fino a quel momento Neji si era solo limitato ad assecondare la sua follia: la sera prima al bar, quella stessa mattina…era stata lei a dargli spazio e a lanciargli segnali abbastanza equivoci, per poi ritrattarli quando più le aggradava. Non voleva trattarlo male e mandarlo via di nuovo, ma non poteva nemmeno perdere troppo tempo. “Va bene. Cinque minuti. Non un secondo di più!” affermò secca, spostandosi di lato per farlo entrare in casa.
Il ragazzo si accomodò in cucina e quando Michiru lo raggiunse, lo trovò intento a picchiettare nervosamente con le dita sul tavolo. “Allora?Di cosa devi parlarmi?” gli chiese appoggiandosi al bordo del lavandino con le braccia incrociate. Il ragazzo si girò verso di lei e sbuffò pesantemente “Bè…non è facile…per niente!” le disse, scoppiando in una risatina isterica.   “Michiru ecco…io…” prese poi a farfugliare  “Neji, arriva al punto, per favore!”
“Tu mi piaci! – proruppe improvvisamente lui guardandola negli occhi – Ecco, l’ho detto!Tu mi piaci!!” 
“Oh.” Fu la prima cosa che riuscì a dire la violinista: era rimasta piuttosto sconcertata da quella dichiarazione, sebbene in cuor suo se l’aspettasse. Sapeva bene che effetto faceva agli uomini e si aspettava che Neji si invaghisse di lei esattamente come facevano tutti, considerando anche cos’era successo la sera precedente, ma la sincerità, il nervosismo che avevano accompagnato la sua dichiarazione, e soprattutto il fatto che fosse avvenuta dopo un mezzo rifiuto la lasciarono sorpresa. Piacevolmente sorpresa.
“Bè…grazie!”  Grazie? squittì una vocina nel suo cervello.  “Cioè volevo dire… - si fermò un’attimo per soppesare bene le parole- In realtà…non so esattamente cosa dire…”  “Niente!Non devi dire niente..!! – la interruppe lui visibilmente imbarazzato – Io…lo so che hai qualcun’altro per la testa, e non mi aspetto niente da te, davvero!!Però…è così evidente che c’è qualcosa che ti turba e io…io vorrei poterti aiutare…” concluse tutto d’un fiato. Michiru si allontanò dal lavabo portandosi al centro della cucina;prese a tormentarsi le mani, cercando di pensare alle parole giuste da usare.
“Neji…io sono veramente, veramente lusingata dalle tue parole… - prese a dirgli con quanta più delicatezza possibile – E’ solo che, questo non è il momento più adatto per me, per affrontare certi discorsi…sto…sto anche per partire, devo andare a Tokyo e…” “Ti accompagno io!!” la interruppe il ragazzo di slancio.  “No, no è escluso!” rispose la violinista decisa. “Insisto!!Per me non è un problema, anzi!!E poi, dopo avermi dato buca per il pranzo, il minimo che puoi fare è lasciare che ti accompagni…” la rimbeccò lui con un sorrisetto malizioso.
Michiru sapeva che era una pessima idea. La regina delle pessime idee.
Era abituata da sempre ad essere corteggiata dai ragazzi nei modi più disparati, e la tattica del “non mi aspetto niente-non voglio niente-mi basti esserti accanto” era una delle più gettonate. Sapeva che accettando avrebbe dato a Neji ulteriori motivi per sperare in un suo coinvolgimento emotivo e che per lei stessa  sarebbe stato un problema, visto l’elevato grado di confusione che aveva nella testa, e che l’aveva spesso portata a folli dialoghi con se stessa.                                 
Tuttavia, c’era un piccolo sebbene cruciale dettaglio: Setsuna era in pericolo. L’aveva visto anche Rei, ragion per cui aveva urgentemente bisogno del suo Specchio: solo grazie al suo fedele Talismano avrebbe avuto qualche possibilità di trovare l’amica; quindi, non poteva proprio permettersi di perdere altro tempo, ma anzi, doveva correre a Tokyo il più velocemente possibile. E lì, di fronte a lei, c’era un ragazzo che la guardava adorante, con l’espressione tipica di chi le avrebbe servito la luna su un piatto d’argento, se solo si fosse presa il disturbo di chiedergliela.                                                    
Così simile ad Haruka, eppure così diverso: la bionda la faceva sempre penare ogni qualvolta le chiedeva un passaggio da qualche parte, per poi prenderla in giro per tutto il tempo a causa della sua riluttanza nell’andare in moto.  “Allora?” le chiese Neji speranzoso. Michiru sospirò lievemente e decise. “Ok, va bene. Andiamo a Tokyo!”.  

 
 




Anche durante il viaggio d’andata non era stata particolarmente loquace, limitandosi a rispondere alle innumerevoli domande di Neji con distratti monosillabi; ma adesso sembrava quasi diventata catatonica: se ne stava con la testa mollemente poggiata al sedile, lo sguardo perso nel vuoto, rivolto verso il finestrino, e le mani serrate intorno alla borsa che teneva appoggiata sulle gambe.
Non diceva niente, non pensava a niente. In quel momento esisteva solo il sapore di Haruka, che ancora sentiva sulle labbra: la tentazione di passarci sopra la lingua per assaporarlo meglio era fortissima, e la faceva bruciare.
Si sentiva in fiamme, come se fosse stata scaraventata dritto all’Inferno.
L’Inferno?Non ti si addice… E invece era proprio lì che meritava di stare; meritava di marcire nella bolgia degli ipocriti.  Questo era lei. Un’ipocrita.
Nei confronti di Neji, che stava usando da quando aveva incontrato per non pensare ad Haruka.  Nei confronti di Haruka stessa, perché per sfuggire da lei, dai dubbi che aveva sul loro rapporto, si nascondeva dietro Setsuna.
Ipocrita soprattutto nei confronti di se stessa, perché non riusciva ad ammettere che forse quel ragazzo al suo fianco non era un semplice palliativo e che anche se l’amore è tutto, a volte non è abbastanza.A volte non basta per superare certe differenze, certe mancanze; a volte l’amore incondizionato che provi per una persona può diventare una gabbia. Dorata senza dubbio, ma pur sempre una gabbia. Te la costruisci da sola, pezzo dopo pezzo, senza nemmeno rendertene conto, finchè un bel giorno ti svegli e sei in trappola. Imprigionata da un sentimento che soffoca i tuoi bisogni e occupa prepotentemente tutti i tuoi spazi, facendoti spegnere lentamente: vorresti andare via perché restare ti fa troppo male, ma l’amore ti trattiene, incatenandoti sempre più.
“Michiru..?” la voce di Neji la riscosse da quei pensieri riportandola alla realtà, in quell’auto.  “Si..?” gli chiese con un filo di voce, senza nemmeno voltarsi verso di lui.
“Sembravi esserti persa in un altro mondo… - le rispose preoccupato – Perché ho la sensazione che venire a Tokyo abbia peggiorato le cose, invece di migliorarle?” Ma la sua domanda si perse nel silenzio.
“Neji non riportarmi a Shizuoka, per favore…” gli disse Michiru solo alcuni minuti dopo, ignorando bellamente la sua domanda. “E dove vuoi che ti accompagni?” le chiese il ragazzo stupito.
“In un’albergo…uno qualunque, non fa differenza…ho bisogno di restare a Tokyo un altro po’…” rispose meditabonda, continuando a non guardarlo.  “Resto anche io!!” affermò a quel punto Neji. E con quell’affermazione riuscì finalmente ad accaparrarsi l’attenzione della violinista, che risvegliandosi dal suo torpore si voltò verso di lui con un’espressione scettica dipinta in viso “No!Non è affatto necessario!” rispose subito.
“Invece si! – la interruppe lui immediatamente – Te l’ho già detto…io voglio solo starti vicino, aiutarti se posso…” Allungò una mano, posandola delicatamente sul polso sinistro della violinista. “Lascia che mi prenda cura di te…” concluse con tono amorevole.
Queste parole furono come una sferzata in pieno in viso per Michiru: nessuno si era mai preso cura di lei; non in quel modo così incondizionato. Di certo non l’aveva fatto la sua famiglia, che si ricordava di lei solo per farne sfoggio in ricevimenti e feste varie; e nemmeno Haruka. In battaglia, così come nella vita privata, era sempre stata lei quella più protettiva nei confronti della compagna e a dimostrarle il suo amore anche nelle piccole cose. A pensarci bene, l’unica persona verso la quale Haruka si fosse mai mostrata protettiva era Usagi…persino con Hotaru, per quanto bene le volesse, non era mai stata particolarmente amorevole. Nel pensar questo, Michiru non potè fare a meno di mordersi un labbro: accanto a lei c’era un ragazzo che non voleva niente, non si aspettava niente, voleva solo starle accanto.                    
Prendersi cura di lei.
E si, probabilmente era una tattica, un modo per conquistarla; e si, l’amore che provava per Haruka continuava ad esistere, era vivo. Ma, per una volta, voleva provare a stare dall’altra parte; per una volta, voleva essere lei la principessa nella torre che aspetta di essere salvata. Tutti, anche le persone più forti, hanno bisogno di sentirsi protette in qualche modo, hanno bisogno di sapere che possono lasciarsi cadere, perché c’è qualcuno che le afferrerà al volo.
Michiru non aveva mai dubitato che Haruka l’avrebbe presa al volo, fino a quella maledetta sera. Da allora, tutto si era dissolto, la sua vita si era sgretolata come un castello di sabbia: per anni aveva dato tutta se stessa ad una persona che forse non l’aveva mai ricambiata completamente; una persona che l’aveva accusata di essere la causa del suo malessere, di averla costretta ad una vita che non avrebbe mai voluto vivere.
Come poteva dimenticare questo? Amava Haruka, l’amava perdutamente, e proprio per questo anche solo il ricordo di quella notte la devastava, portando a galla anche tutte le mancanze, le disattenzioni, i piccoli litigi su cui aveva sempre sorvolato, e che ora le pesavano come macigni.
Come un gorgo marino, per anni aveva risucchiato, sigillandole dentro di sè, tutte le cose negative, tutto il marcio che c’era nel loro rapporto e ora stava tirando fuori tutto, senza riuscire a fermarsi.
“Michiru..?Allora?” la riscosse Neji, che prese ad accarezzarle leggermente il polso.
La violinista non si ritrasse a quel contatto, anzi, in quel momento aveva un disperato bisogno di qualcuno che le fosse accanto, che la recuperasse dall’abisso in cui rischiava di scivolare. Era stanca di pensare, di sentirsi in lotta con se stessa, divisa tra quelli che erano i suoi sentimenti e ciò di cui aveva bisogno. Forse Haruka, forse no. Non lo sapeva, in quel preciso istante non le interessava nemmeno. Voleva solo riprendere un po’ di fiato e qualcuno che si occupasse di lei, anche solo per una volta.
“Va bene, Neji…resta con me…”
 
 
 
 “A ferirla... mi sento mancare il fiato, perché non ha più senso respirare.                                                                                                                                          
Ma anche se mi sento morire - e mi sento morire -                                                                                                                                                                        
io non sarò più la stessa allegra compagna di giochi per lei.                                                                                                                                                            
E’ tutto finito.”  
(L'Altra Metà dell'Amore)

 
 




Non dico niente, non oso nemmeno giustificarmi per il ritardo mostruoso con cui aggiorno, avete voi tutta la ragione, quindi passo direttamente al capitolo…;) Ho la netta sensazione che mi stiate odiando in questo momento…in effetti non è un capitolo molto positivo per la coppia Haru/Michi…pure la citazione che ho inserito non lascia presagire niente di buono…Il fatto è che Michiru ama Haruka ma in questo momento così estremamente delicato per lei, tutto, Haruka stessa, le sembra negativo e quindi pensa che forse potrebbe avere di più…la presenza di Neji ovviamente non aiuta e la manda in confusione ancora di più. Questo nasce da una cosa che ho sempre pensato guardando l’anime, ovvero che Michiru sia…non voglio dire più innamorata…ma per me lei dimostra il suo amore per Haruka più di quanto faccia la bionda nei suoi confronti…inoltre quello che ha fatto Haruka nella precedente long- fic è stato grave, non tanto il bacio ad Usagi, ma le cose che ha detto e quindi mi sembra giusto che Michiru non sia più tanto sicura di lei, pur continuando ad amarla moltissimo…In questi due ultimi capitoli avete visto che Setsuna non è presente perché era giusto dare più spazio a loro due, ma dal prossimo torneremo a vedere che fine ha fatto la guerriera di Plutone…;) In questo capitolo tra l’altro è tornata la mia adorata voce fuori campo per spiegare la presenza di Neji al Tempio dopo che aveva ricevuto “picche”, la seconda parte invece si ricollega direttamente al precedente capitolo, che ricorderete si conclude con Michiru che va in auto con lui, lasciando Haruka come una scema…-_-‘’ Ultissima cosa: la frase “L’Inferno?Non ti si addice…” non è ovviamente farina del mio sacco, ma non penso proprio ci sia bisogno di specificare chi l’ha pronunciata…;))) Detto questo ringrazio come sempre tutti voi per il sostegno e l’enorme pazienza che avete…siete meravigliosi!! *___* Se volete passare nella mia pagina fb http://www.facebook.com/pages/Deep-Submerge/138641306205631?ref=ts potrete insultarmi più liberamente…ahahahahahahah Un bacio a tutti voi!!!:))
 
 
Protetta da Nettuno, pianeta del mare profondo, sono la guerriera dell'abbraccio Sailor Neptune!

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Haruka se ne stava seduta sui gradini delle scale con la testa stretta tra le mani e le spalle che sussultando, rivelavano un pianto convulso: sembrava il fantasma di se stessa.
Il rifiuto di Michiru, la sua freddezza, e soprattutto, il vederla andare via con un’altra persona, con un uomo, le avevano letteralmente spezzato il cuore.
Hotaru si era allontanata per darle la possibilità di sfogarsi in solitudine, ben sapendo quanto pesasse alla bionda mostrarsi debole, e anche Rei si era tenuta rispettosamente a distanza: lei e Haruka non erano mai state particolarmente vicine, dal momento che la sacerdotessa la considerava un po’ troppo piena di sé, come del resto tutte le Outer Senshi, ma gli avvenimenti delle ultime ore le avevano fatto capire quanto in realtà fosse fragile la guerriera di Urano, quanto fosse delicato il suo equilibrio. Anzi, aveva capito che era proprio Michiru, il suo equilibrio; che tutta la forza, la determinazione, e a volte anche l’arroganza, che contraddistinguevano Haruka, altro non erano che un riflesso della violinista. 
Rei aveva sempre pensato il contrario. Aveva avuto ampiamente riprova delle capacità di Michiru, ma nel vederle insieme aveva sempre ritenuto che fosse Haruka quella più forte delle due;e invece si era sbagliata. Mentre Michiru riusciva a splendere lo stesso, pur senza la compagna, Haruka non riusciva a brillare di luce propria. Non perché fosse debole, tutt’altro, ma lei aveva bisogno di qualcuno che la placasse, che le desse uno scopo, qualcuno che le desse una forza diversa da quella prettamente fisica. Quel tipo di forza che nasce dalla consapevolezza che non sei sola, che c’è e ci sarà sempre qualcuno al tuo fianco, amandoti e proteggendoti.
Lei aveva bisogno di Michiru al suo fianco per poter essere completamente se stessa, come il cielo ha bisogno di specchiarsi nel mare, per riconoscere ogni sua sfumatura.
E probabilmente questo era anche il motivo per cui Haruka, pur amando immensamente la compagna, si divertiva continuamente a flirtare con le altre ragazze: non era solo vanità la sua, ma un bisogno continuo di conferme, che la violinista con la sua gelosia, le dava prontamente.
La sacerdotessa sospirò preoccupata, continuando a guardare Haruka in uno stato sempre più pietoso, finchè si ricordò di essere Rei Hino, la guerriera della passione. Della lotta. E che quindi, non poteva restarsene lì impalata senza fare nulla, doveva intervenire, doveva dare ad Haruka una svegliata. Così, si diresse velocemente e con piglio battagliero verso la bionda.
“Haruka!” le gridò, ma non ebbe risposta. “Haruka!” gridò di nuovo, ma anche stavolta fu ignorata. “Senti, io capisco che-…” tentò di dire, ma non fece in tempo, perché la guerriera di Urano si alzò di scatto, voltandosi verso di lei con aria minacciosa.
“Non ti azzardare a dire che capisci quello che provo, Rei!” le sibilò tra i denti.  “Altrimenti che cosa mi farai, Haruka Tenou?” rispose la sacerdotessa per niente intimidita.
“Non mi sfidare…tu non sei Makoto, potrei farti male…” la canzonò con un sorrisetto ironico.         
“Si. Potresti.” le rispose Rei, decisa più che mai. “Ma mai quanto il male che stai facendo a te stessa!” Vide un lampo di perplessità comparire sul volto della bionda e proseguì. “Non hai fatto altro che piangerti addosso e questa non è la Haruka che conosciamo!Soprattutto, non serve proprio a niente!Dovresti reagire, invece di startene qui a piagnucolare!” le disse decisa.
“E che cosa dovrei fare?!Sentiamo!!Che cosa posso fare??” le chiese Haruka esasperata.             
“Combattere!!” tuonò la sacerdotessa. Per alcuni istanti si guardarono dritte negli occhi, dal momento che la bionda si trovava un gradino più in basso e quindi i loro visi erano alla stessa altezza.
Gli occhi neri come carboni ardenti di Rei, si scontrarono con le iridi smeraldo di Haruka, in una lotta di anime in cui non c’era  bisogno di parole.
Dopo alcuni istanti, con tono più pacato, la sacerdotessa riprese a parlare. “Haruka…stare qui ad aspettare che Michiru ti perdoni per un qualche intervento divino, è inutile…devi combattere per lei..!!Vattela a riprendere, come solo tu sai fare…”  concluse con una dolcezza che poche volte la bionda aveva notato in lei. Haruka allora, salì il gradino che le separava, portandosi al suo fianco; aveva gli occhi bassi e improvvisamente lucidi, perché in fondo Rei aveva detto la verità. Le aveva detto qualcosa che da sola, non era stata in grado di capire, di vedere.
Doveva combattere per Michiru, per la sua donna, doveva fare tutto ciò che era possibile e anche di più, per riaverla con sé, semplicemente perché non poteva vivere senza di lei. Perché niente aveva più senso, senza la sua Michiru. “Hai ragione, Rei…- le sussurrò quasi con vergogna – Finora sono stata cieca, mi sono fatta prendere dal senso di colpa…mi sono chiusa in me stessa, ma devo reagire…devo lottare per lei o vuol dire che non sono degna del suo amore…”
 




Frozen inside without your touch,
without your love, darling,
only you are the life among the dead.
All of this sight
I can't believe I couldn't see,
kept in the dark
but you were there in front of me
I've been sleeping a 1000 years it seems,
I've got to open my eyes to everything.


 
 
 


“Michiru…Michiru, riesci a sentirmi?” Da ore Sailor Pluto cercava di contattare l’amica: doveva avvertirla del pericolo incombente che correvano la Principessa e l’intera umanità, ma non riusciva in alcun modo a collegarsi con la sua mente. Le energie le mancavano, non aveva più con sé il suo bastone e pian piano stava iniziando a perdere di lucidità, ma non poteva arrendersi, doveva fare qualcosa. Chiuse gli occhi per l’ennesima volta, poggiò le mani a terra, rannicchiandosi su se stessa, per cercare di mettere insieme tutti i suoi residui d’energia e provò di nuovo.
“Michiru…ascoltami, ti prego…Michi-…” Non riuscì a pronunciare il nome dell’amica. Un’ondata di energia negativa la avvolse e aprì di scatto gli occhi: di fronte a sé un mucchio di sabbia si stava sollevando, prendendo velocemente la forma di un uomo. Di Kronos.
Sailor Pluto deglutì e si mise velocemente in piedi, pronta ad un altro scontro. Kronos la fissò a lungo, per poi piegare le labbra in un ghino che non prometteva niente di buono.
“Sei pronta, figlia?Adesso finalmente inizierà la tua missione…” le disse soddisfatto.                                
“Io non farò mai niente per te!!” gli gridò sprezzante la guerriera di Plutone. “Oh si, invece…” Le rispose lui sollevando un braccio verso di lei, col pugno chiuso, per poi aprire di scatto la mano, provocando un vortice di sabbia intorno alla ragazza. “Lo farai.”                                                                           
La sabbia le ricoprì velocemente il corpo, lasciando libera solo la testa, stringendola in una morsa che a Sailor Pluto sembrava d’acciaio: si sentì soffocare, come se quella sabbia le stesse completamente schiacciando i polmoni, tanto da non riuscire nemmeno ad urlare, sebbene il dolore fosse lancinante. Non poteva gridare, né riusciva a muovere un solo muscolo, l’unica cosa che poteva fare era aspettare. Che Kronos si stancasse di giocare con lei, che la finisse e basta; la morte non sarebbe stata altro che una liberazione, dopo anni di oblio, lotte e sofferenze. Una liberazione, se l’unica altra alternativa era fare del male alla sua Principessa e alle sue compagne. Non riusciva a desiderare altro. Lui la stava privando della gemma più preziosa del suo essere: la volontà. Quella che le era sempre servita per andare avanti, per combattere, per esserci sempre e comunque, per amare sempre e comunque anche chi non la ricambiava, per vivere anni in completa solitudine.                                                                                                                           
L’essenza stessa di Sailor Pluto era sempre stata la sua immensa forza di volontà e adesso la stava perdendo. Voleva solo morire.
E in quelli che, sperava, fossero gli ultimi istanti della sua vita, il pensiero volò verso le sue compagne, verso quella che era stata la sua vera famiglia; chiuse gli occhi in attesa e le balenarono d’avanti, come se fossero lì con lei.


Michiru. Dolce, elegante, con una sensibilità rara, ma allo stesso tempo forte e determinata, impossibile da spezzare, come un fiore d’acciaio.
Haruka. Sempre così scontrosa, dura, arrogante ai limiti della decenza a volte, ma con un cuore grande e puro, pronta a tutto pur di difendere ciò che amava.
Hotaru. La sua piccola lucciola, il suo orgoglio; insieme alla Piccola Lady, la figlia che non avrebbe mai avuto. 



Per un breve istante desiderò poterle toccare, parlare con loro un’ultima volta, averle con sé in quel momento estremo, per non sparire nel nulla. Per non morire da sola, così come per tanto tempo era vissuta.                                                                                                                            
 
 


Without a thought,
without a voice.
without a soul. 
Don't let me die here.

Call my name and save me from the dark. 
Bid my blood to run, 
before I come undone. 
Save me from the nothing I've become.
 
(Bring me to life- Evanescense)                              
 
 



Kronos però non aveva alcuna intenzione di essere così caritatevole nei suoi confronti. No. Lui aveva bisogno di lei e stavolta non avrebbe lasciato niente al caso, non avrebbe fatto affidamento sulla sua lealtà e non le avrebbe dato la possibilità di scegliere.                                                    
Stavolta, si sarebbe impossessato della sua volontà, dominandola completamente.               
Dopo alcuni interminabili minuti di agonia, tutto cessò. Sailor Pluto cadde a terra stremata e non potè impedire al suo aguzzino di avvicinarsi. Le si inginocchiò accanto e le posò una mano sul petto, all’altezza del cuore. “La tua disobbedienza ha provocato la mia rovina una volta, ma non accadrà di nuovo…” e nel dire questo, spinse con forza la mano sul petto della guerriera, trasmettendole qualcosa. Un’energia sinistra, un’ondata di calore talmente intensa da farle lanciare un urlo disumano, mentre inarcava il corpo all’indietro per il dolore.
L’operazione durò alcuni secondi, poi mentre la custode del Tempo riprendeva fiato, Kronos le parlò. “Non ho ancora abbastanza potere per lasciare Aion, perciò tocca a te andare sulla Terra e prendere il Cristallo d’Argento…portami il Cristallo!!” rimarcò con più vigore.
Sailor Pluto si mise a sedere apparentemente senza sforzo: nulla sembrava cambiato in lei, eppure non era più lei. Guardò a lungo la figura inginocchiata accanto a sé e con un tono di voce deferente, totalmente diverso da quello che aveva avuto fino a quel momento, diede il suo assenso.
“Come volete, Padre…”                                                                                                                        
Si mise subito in piedi e sollevando un braccio dinanzi a sé gridò “Garnet Rod!”; immediatamente il suo bastone, finito in precedenza chissà dove, le piombò in mano. La guerriera di Plutone lo fece roteare velocemente, per poi piantarlo con violenza a terra e così facendo fu avvolta da una luce rossastra che la trasportò via, per poi farla ricomparire subito dopo sulla Terra, nel bel mezzo di una strada al centro di Tokyo.                                                                                          
La sua improvvisa comparsa provocò una sequela di brusche frenate e urti tra le automobili che stavano passando di lì normalmente, ma la cosa sembrava lasciarla indifferente. Se ne stava immobile, con gli occhi chiusi, incurante del frastuono che la circondava  e di quell’autobus che procedeva verso di lei di gran carriera: l’autista non sarebbe mai riuscito a frenare in tempo e di sicuro l’avrebbe travolta, ma lei, nel tempo di un battito di ciglia, fece roteare il bastone sopra la propria testa, aprì di scatto gli occhi e puntandolo verso l’autobus sussurrò “Dead Scream.”                               
L’enorme sfera di energia colpì in pieno l’autobus, disintegrandolo in mille pezzi e questo scatenò il panico generale. Le persone iniziarono a gridare e scappare, allontanandosi il più possibile da lei, che totalmente indifferente, prese ad avanzare tranquillamente per la strada, come se stesse facendo una passeggiata di piacere. Non si sarebbe fermata finchè Sailor Moon, attratta dal caos che aveva causato, non le sarebbe andata incontro, compiendo così il suo destino.

 
 



Eccomi…come vedete sono viva!!XD Dunque, finalmente Haruka ha capito , o meglio, Rei le ha fatto capire, che deve darsi una mossastare lì a piangere per Michiru non serve a niente, soprattutto con quel marpione di Neji in agguato. U_U  Abbiamo visto anche che sta succedendo su Aion…il caro Kronos si diverte a torturare la povera Setsuna, che preferirebbe morire piuttosto che obbedirgli, ma ha fatto i conti senza i suoi poteri: adesso è un manichino alla sua mercè e avete visto già cosa ha combinato! Tra l’altro avrete notato che mi piace rendere le Senshi stesse dei nemici: nella fic precedente l’ho fatto con Michiru e ora con Setsuna…cosa faranno le altre adesso?E Michiru che combinerà in albergo con Neji?!Lo saprete alla prossima puntata…XD Detto questo, come sempre ringrazio di cuore chi mi segue, mi recensisce e chi mi legge e basta, sebbene la mia velocità di aggiornamento sia quella di un bradipo. Portate pazienza…-_-‘ Un bacio a tutti e buone vacanze a chi partirà!;)
 
 
 
 
 Protetta da Nettuno, pianeta del mare profondo, sono la guerriera dell'abbraccio Sailor Neptune!

 

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