In nome del Re

di pleinelune
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. How strong do you think I am? Am I a rock, a rose or a fist? ***
Capitolo 2: *** 2. Who wants to live forever, When love must die? ***
Capitolo 3: *** 3. Everybody needs somebody to love. ***
Capitolo 4: *** 4. Most people are other people. Their thoughts are someone elses opinions, their lives a mimicry, their passions a quotation. ***
Capitolo 5: *** 5. You played me, like a radio. ***
Capitolo 6: *** 6. Them possible schemes swim around. ***
Capitolo 7: *** 7. You ever love somebody so much you can barely breathe? ***
Capitolo 8: *** 8. Flowers for a ghost ***
Capitolo 9: *** 9. I'm coming home, let the rain wash away all the pain of yesterday. ***
Capitolo 10: *** 10. Your Guardian Angel ***



Capitolo 1
*** 1. How strong do you think I am? Am I a rock, a rose or a fist? ***



1. How strong do you think I am? Am I a rock, a rose or a fist?

-Settembre 1485-

Tutto era pronto per la grande serata e Katerina aveva aiutato sua madre fin nei minimi particolari. Non gli era costato molto questa volta, desiderava anche lei che tutto fosse perfetto.
Mentre Judith, la sua anziana balia, le stringeva con forza i lacci del corsetto, lei guardava la sua immagine riflessa nello specchio, e si sentiva felice.
I capelli le ricadevano sul viso, ondulati e finalmente liberi dalla solita cuffietta che ogni giorno li rinchiudeva in una acconciatura impossibile.
Quella sera aveva deciso di essere diversa, aveva deciso di lasciar intravedere un po’ di se stessa dietro quella maschera che era costretta a portare a causa della società in cui viveva e dell’etichetta che doveva rispettare.
Si guardò intorno, spostando gli occhi sugli oggetti nella stanza con sguardo soddisfatto, la sua casa era molto grande, e aveva una dote di più di 10 mila sterline, avrebbe quindi potuto scegliere il marito che più le confaceva.
E lei aveva già scelto, forse perché sapeva che il vestito che indossava era sicuramente di buona fattura, era di raso, con uno scollo ampio, lasciava intravedere come la giovinezza facesse il suo corso, era di raso rosso, tessuto con fili d’oro e impreziosito con piccoli diamantini della stessa tonalità. “Addosso a lei sembrerà come un dipinto” aveva scritto su un biglietto colui che glielo aveva donato. Aveva già scelto perché quell’uomo era colui per cui aveva organizzato minuziosamente ogni cosa quella sera.
Si avvicinò al comò per prendere dal portagioie la collana che le aveva regalato Eleonor, sua nonna, in punto di morte. La portava sempre con se prima di un momento speciale, quando sapeva che qualcosa doveva accadere, era una specie di portafortuna.
Non era una collana importante oppure piena di cristalli, era una semplice collanina con un ciondolo, altrettanto semplice, rappresentante un bocciolo di rosa non ancora schiuso del tutto. Era in oro, si, ma non poteva considerarsi un gioiello di estremo valore, per lei però rappresentava molto.
“Tornate qui, bocciolo mio, che vi acconcio i capelli”, la chiamò amorevolmente la balia.
“Arrivo Judi, però questa volta lasciate che vi spieghi come li desidero, per stasera niente cuffietta, mi ha stancato questa moda, ne creerò una io se sarà necessario a eliminare questa, che è oltraggiosa per i miei poveri capelli”, si lamentò lei prima di sedersi comodamente davanti allo specchio.
Si lasciò acconciare, e ottenne ciò che volle dalla sua balia che non sapeva dirle di no, essendo una balia buona e molto generosa. L’aveva vista crescere e avrebbe fatto di tutto per vederla sempre felice.
A fine acconciatura Katerina appariva bellissima, i suoi occhi color nocciola accentuavano la bellezza del suo viso che, a differenza degli altri giorni, era incorniciato da boccoli castani. 
Sentì la porta di casa aprirsi per far entrare gli invitati e le battè forte il cuore, i suoi occhi divennero lucidi ed ebbe improvvisamente timore di scendere le scale che conducevano alla festa, aveva paura che non andasse tutto come lei aveva pianificato, ma la paura presto svanì e lasciò il posto all’adrenalina e all’eccitazione.
Si precipitò giù per accogliere gli ultimi arrivati,che nel frattempo si dirigevano nel salotto conversando già del più e del meno.
Katerina compiva diciottanni, era tempo di trovar marito.

La famiglia aveva invitato gente da ogni luogo, intravide i suoi cugini in un angolo a parlare, e li salutò con un sorriso da lontano, mentre il conte di Abbfordshire le prendeva la mano per baciarla e per ringraziarla dell’invito a una serata così bella. Lei ringraziò mentre i suoi occhi cercavano altro, cercavano lui, ma non vedevano altro che facce già viste ed espressioni sempre uguali.
Mentre i suoi occhi correvano per la stanza, lei si muoveva divincolandosi tra quei corpi per cercare il suo viso, o per udire la sua risata, ma non udivano e vedevano niente. Riuscì a sfuggire ai sorrisi stampati di Mrs. Dobbnite e di Mrs.Sculding con un semplice accenno di saluto e continuò a camminare.
Si ripetevano facce che non aveva voglia di vedere, i suoi timori stavano diventando realtà quando urtò una persona.
“Fate attenzione la prossima volt…”
“Scusatemi signorina..”,la bloccò l'uomo senza che lei potesse aver la possibilità di finire la frase.
“Katerina Petrova”, si inchinò lei, “con chi ho il piacere di parlare?”, chiese ancora con fare altezzoso, evidentemente offesa dalla poca attenzione mostrata nei suoi confronti.
“Klaus Arcaiel al vostro servizio, mrs.”. I suoi occhi serpeggiarono sul suo corpo, soppesando ogni centimetro, come a volersene appropriare.




- Credit song to: Alexz Johnson - How Strong Do You Think I Am? -



- Spazio Autore -

Spero che come primo capitolo vi piaccia :) 
E' una storia un po' particolare, anche perchè non è presa dal TF, ma è tutta farina del mio sacco, per intenderci. U.U
Beh, se vi piace, se non vi piace, se trovate che ci sia qualcosa che stoni, che ci sia qualche errore, fatemelo sapere con le recensioni, sarò molto felice, in ogni caso, di leggerle :)
Siate magnanimi, è la mia prima Long-Fic, e devo dire che ci tengo parecchio.  :)
Tengo a precisare che il cognome di Klaus l'ho trovato girando su internet, non so se è il suo vero cognome e non so nemmeno se nel libro si chiama così. Nel TF non l'hanno mai detto e mi sono dovuta adeguare :)

Per chi ha già letto la FF sul Delena forum, ho modificato alcune parti e anche le conversazioni. :) Mi sembrava più scorrevole in questo modo.

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Capitolo 2
*** 2. Who wants to live forever, When love must die? ***


2. Who wants to live forever, When love must die?

 
“Siete voi la festeggiata, giusto?”, la voce dello sconosciuto le penetrava dentro come se fosse una melodia.
“Beh, si. Ma poco importa, nessuno è qui per me, veramente. Conosco meno della metà delle persone che ci sono qui.”, non sapeva perché aveva parlato così apertamente con lui, eppure l’aveva fatto, era riuscito con uno sguardo a rompere il suo muro, la barriera che alzava con chi non conosceva, con chi non si fidava,”non conosco nemmeno voi, Sr Klaus”.
Katerina abbassò gli occhi per poter guardare il suo aspetto senza farsi notare, e notò che aveva un bel corpo, un bel portamento. Vide che portava abiti eleganti e che sembrava avesse scelto l’abito con cura, prima di uscire per andare a quella festa. Le spalle erano imponenti e nonostante questo non le trasmetteva timore, bensì sicurezza e protezione. Guardò il suo viso, attendendo una risposta, e si soffermo a delineare con gli occhi le curve del mento pronunciato, la linea soffice delle labbra, che sembravano fatte per baciare appassionatamente, e il taglio degli occhi, color dell’ambra e profondi come l’abisso. Ci si perse dentro finché lui non si guardò attorno, fermò lo sguardo su un punto preciso per poi tornare a guardare dritto nei suoi occhi, come se nulla fosse successo, ”forse non ci conosceremo mai, non ci siamo mai conosciuti”.
E scomparve, così come era arrivato.
Katerina rimase sconvolta per un po’ di secondi, poi scorse il viso dell’uomo che cercava in partenza, e dimenticò ogni cosa.
Il suo sorriso si allargò quando scorse i capelli biondi, il corpo asciutto e ben formato di quell’uomo, appoggiato alla ringhiera della terrazza, con il vento che si prendeva gioco dei suoi capelli, e ci giocava come con le onde.
Corse verso di lui senza farsi notare, e arrivata a pochi metri di distanza, prima di affacciarsi sulla veranda, si fermò, si ricompose dalla corsa appena fatta, e si schiarì la voce, poi uscì, con un sorriso immenso e con un piano in mente.
 
Fece finta di non vederlo e per un attimo si volse dall’altra parte, aspettando che lui la chiamasse.
“Riconoscerei quel vestito tra mille, e il corpo che ne sfiora il tessuto è esile e delicato, so per certo che appartiene alla donna che alberga giorno e notte nei miei pensieri”, esordì l’uomo alle sue spalle.
Katerina si volse come se non si fosse accorta della sua presenza e sorrise, dopo averlo guardato attentamente, “mio caro Justin, non sei l’unico che ha in mente me giorno e notte. Saresti potuto essere chiunque”, concluse con tono malizioso, “ti ringrazio per il vestito che mi hai regalato, credi che mi doni?”. E così dicendo fece un giro su se stessa, volteggiando nell’aria e arrivando così a pochi centimetri da lui.
“Credo che non ci sia donna a cui possa star meglio. Sembri un angelo, mia dolce Katerina,” rispose prontamente Justin, a bassa voce per non farsi udire, se qualcuno avesse sentito che si davano del tu sarebbe scoppiato uno scandalo. Loro erano ben oltre quelle stupide apparenze, quelle mentalità ristrette, amavano vedersi spesso e potersi dare del tu. Lui però era Justin Chinsinton, uno dei più ricchi e attraenti uomini liberi del periodo, e non gli era permesso farsi vedere in atteggiamenti tanto sfrontati con una dama non ancora maritata o promessa.
Inoltre era un potente e ricco conte, e questo fatto portava spesso Katerina a chiedersi quale interesse poteva provare un uomo della sua importanza per una signorina come lei.
D’altronde, però, era già un po’ di tempo che andavano avanti in questo modo, ed ora lui le aveva anche fatto un regalo, significava forse un possibile fidanzamento futuro?
Si abbandonò su una panchina li accanto a lui e nel conversare si rese conto che la sua attenzione era ancora a quanto successo poco prima.
Non si capacitava del comportamento di quel Klaus, che invece di augurarle di passare un buon compleanno se n’era andato, lasciandola sola in mezzo alla sala e a tutta quella gente sconosciuta. Si sorprendeva ancora avendo così vivido in mente il ricordo di quelle labbra e di quegli occhi tanto profondi quanto ammalianti, che aveva visto per così poco tempo.
Arrossì a quei pensieri sconsiderati, dicendosi che avrebbe dovuto non sopportare quella persona anziché pensare a lui così insistentemente, e con questo ammonimento tornò alle attenzioni di Justin, ripromettendosi di chiedere maggiori informazioni di Klaus Arcaiel a sua madre.
L’uomo di fronte a lei intanto parlava di come il giorno prima era riuscito a sfuggire alle insistenze dei genitori perché si sposasse con una donna presentatagli, insistendo sul fatto che avrebbe desiderato sposare una donna che lo amava, e che lui amava. Katerina pensò che alludesse a loro due, e guardandolo negli occhi, affascinata, si passò delicatamente una mano sul collo, per stringere tra le dita la sua collanina, ma quando la cercò non la trovò più.



- Credit song to: Queen - Who want to live forever, when love must die? -



- Spazio Autore - 

Ecco il mio secondo capitolo ,anche se non ho ricevuto molte approvazioni dal primo. Esorto chi legge a dirmi cosa ne pensa, per piacere. :)
Mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate, se il mio è solo tempo sprecato o se interessa davvero a qualcuno. 

@Gabbe: Ti ringrazio molto per la recensione, sto cercando di spiegare, secondo me, ciò che era Katherine prima ,e a mio parere non era poi una ragazza così cattiva. Sicuramente qualcosa l'ha portata a essere quello che è ora :)
Ti ringrazio anche per avermi rassicurato sugli errori, essendo la prima volta che scrivo qualcosa che poi viene letto da sconosciuti, ci tengo parecchio. Ti ringrazio. 
@GLObulesROUGE: Glo io ti adoro *w* Si, mi hai ispirata tu e ora sto espandendo la mia FF dappertutto *w* Continua leggere mi raccomando xD Ti piace il logo? U.U a me non convince la scritta ma non avevo font nel pc xD 


Grazie comunque anche a quelli che hanno letto silenziosamente. 
Un bacio, S.


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Capitolo 3
*** 3. Everybody needs somebody to love. ***


3. Everybody needs somebody to love


“Kath, sei sicura di averla messa?”, le domandò Judith. Katerina era corsa in lacrime dalla balia, in cerca della sua collana, ma la balia gliel’aveva vista al collo, sapeva che ormai era persa per la casa.
“Si Judi, non ti ricordi? Ah che sbadata che sei anche tu. Oh, non avrei dovuto metterla, come farò ora senza il mio bocciolo? Cosa dirà mia nonna, da lassù.”
Katerina si disperava, continuando a fare avanti e indietro per a sua stanza.
Improvvisamente di bloccò, alzò gli occhi al cielo ringraziando mentalmente sua nonna per essersi ricordata che l’aveva già avvertita, Eleonor sapeva che sarebbe potuto accadere, e le aveva lasciato una lettera, insieme alla collana. Katerina ricordava che le aveva detto, con un filo di voce, che avrebbe dovuto aprirla solo se avesse perso il monile.
I suoi occhi si illuminarono e si mise a cercare quella busta, provando a ricordare dove l’avesse messa. La balia la guardava esterrefatta, “tesoro mio, cosa stai facendo? Ormai sarà andata persa, ma non te ne fare un cruccio. Può capitare e tua nonna capirà..”, continuava a dire, e Katerina la lasciò fare, non volendole spiegare tutta la faccenda della lettera. Lei era l’unica che sapeva della presenza di quella lettera, e sapeva anche cosa significava.
Quando gliel’aveva data le aveva raccontato cose strane, che ora non le sembravano più frutto della senilità. Eleonor l’aveva avvertita, sul comportamento degli uomini, ma lei era ancora una bambina e non poteva capire, pensava solo che sua nonna fosse molto stanca e malata, e che ne avesse viste troppe in tutta la sua vita, voleva solo proteggerla.


Estate 1475

“Vai dalla nonna, ti vuole vedere!”, disse la madre di Katerina mentre le metteva il vestito, e le metteva a posto quei boccoli che non ne volevano sapere di rimanere al loro posto.
Katerina era una bimba, aveva solo otto anni, ma non voleva vedere la nonna in quello stato, così evitava prontamente di andarla a trovare, delegando i doveri di nipote alla madre, al padre o al fratellino di 5 anni. Lui lo faceva volentieri, non lo feriva vedere la nonna in quel modo, ma lei non poteva sopportarlo. Ogni tanto sentiva i “discorsi dei grandi” e già capiva ogni parola, la sua nonna stava per morire, la nonna che le aveva insegnato a camminare e a suonare il piano forte, la stessa nonna che le aveva raccontato le favole prima di dormire. La nonna eleonor l’aveva cresciuta, quando i genitori erano troppo impegnati.
Non aveva avuto un infanzia facile, figlia di una donna che l’unica cosa che considerava importante era fare la sua entrata in società e di un padr assente, pronto ad andare in guerra appena l’avessero chiamato.
Quando lei aveva solamente un anno era stato chiamato per un trasferimento in Brasile e aveva lasciato moglie e figlia piccola senza ripensamenti, “Il mio dovere mi chiama”, aveva detto.
La madre non l’aveva mai veramente voluta, era capitata, e lei aveva accettato per i primi mesi di allattarla e accudirla per quanto poteva, poi aveva ricominciato ad andare alle feste e ai balli. In realtà non li aveva mai dimenticati, voleva diventare sempre più importante e corteggiata da ogni uomo del paese.
Nel frattempo Katerina cresceva con quella nonna tanto strana quanto dolce, che la carezzava mentre le raccontava storie strane prima di addormentarsi, storie di creature malvagie che alla fine scomparivano, e grazie a lei Katerina aveva imparato a non aver paura del mostro nell’armadio, ma del mondo all’esterno della stanza, una paura misurata.
L’aveva cresciuta come se non fosse stata una bambina, le raccontava la sua giovinezza e le parlava di quello che succedeva nel mondo, al di fuori di quel limbo in cui vivevano.
Ora quella nonna se ne stava andando, e lei non poteva vederla andarsene in quel modo, non voleva vedere il suo viso logorato dal male che la stava portando via, voleva che l’immagine di una nonna felice rimanesse impressa per sempre nella sua mente, per poterla ricordare sempre felice.

“Va bene mamma, ora vado.”, disse, abbassando gli occhi. Avrebbe dovuto affrontarla.
Scese dalla sedia dove la mamma l’aveva fatta salire per poterla vestire e si mise le scarpette, aprì la porta della sua stanza e guardandosi indietro cercò di supplicare con gli occhi la madre perché le permettesse di non andare, di non vederla. Ma la madre non poteva capire cosa quegli occhi provavano, perché in realtà non li aveva mai visti veramente.
Si girò e uscì dalla stanza, trovandosi nel corridoio, la porta in fondo a destra era quella della nonna, eppure i passi sembravano troppo ampi verso quella porta, le gambe sembravano troppo veloci nel compiere i passi.
In men che non si dica si ritrovò di fronte alla porta della nonna, chiusa, per non fare entrare freddo e luce.
“Entra niña.”, sentì provenire dall’altra parte della porta.
Katerina non si spiegava come la nonna potesse sapere ogni volta che lei era li, ma succedeva sempre.
Entrò così, in punta di piedi, e si mise sulla sedie di velluto rosso che avevano messo per i parenti che venivano a trovarla, a debita distanza, per non darle troppo fastidio. Era stata una sua richiesta esplicita, non amava che i parenti la venissero a trovare, e se proprio dovevano venire, dovevano stare lontani.
“No sciocchina, vieni qui, voglio dirti due cose”, le disse cercando di alzarsi a sedere, con le poche forze che le rimanevano.
Katerina si precipitò ad aiutarla, le spostò il cuscino e le chiese se stava meglio, ma non ricevette risposta, la nonna stava pensando, e non ascoltava molto volentieri quando pensava a quello che doveva dire.
“Vedi Katerina, tu sei una bimba molto speciale. Hai solo 8 anni e ti prendi cura di me da sempre. So che per te sono sempre la nonna indistruttibile, ma anche io sto male, e me ne andrò prima o poi”. Katerina cercò di interromperla ma lei la zittì con un gesto della mano, “so perché non sei venuta per tutti questi giorni, e so anche che eri riluttante a venire anche ora, ma ci sono cose che ancora ti devo dire, e mi rimane poco tempo. Io ti voglio bene, e come ti dicevo, so che sei speciale. Voglio regalarti questa, ti è sempre piaciuta, e questo è un altro segno che sei speciale”, disse, porgendole un cofanetto rosso scuro, qualcuno direbbe rosso sanguigno, “grazie al legame che ci ha unito ora posso avere la sicurezza che se ti dirò queste cose rimarranno nel tuo cuore per sempre, e non lo dirai a nessuno. Vedi, mia cara piccola bimba, la tua nonna è molto forte, anche se ora non sembra, la tua nonna può fare cose che gli altri non possono fare, e può farle perché è speciale, proprio come te. Siamo diverse, d’altronde, io e te. Tu hai dei poteri diversi dai miei, sei una persona normale, la tua nonna no. Vedi piccola mia, quello che potevo dirti te l’ho detto, in quel cofanetto troverai scritto ciò che non sono riuscita a dirti oggi, troverai scritta tutta la mia vera storia. Ma non dovrai leggerla. C’è una collana li dentro, e insieme a lei una lettera, custodisci entrambe gelosamente, porta la collana ogni volta che ti si presenta l’occasione, e chiudi la lettera in un posto sicuro, conosciuto solo da te. Tra molto tempo, quando i tuoi ricordi di me saranno sbiaditi, potrebbe accadere che tu perda la collana. Non te ne preoccupare, in quel caso recupera la lettera e leggila tutta. Poi bruciala. Non temere, non dimenticherai il contenuto della busta una volta letto“, concluse così, chiudendo gli occhi per lo sforzo di aver parlato così tanto.
“Nonna, non sbiadirà mai la tua immagine dal mio cuore, sei la cosa più preziosa che ho avuto.”, ribattè Katerina, con le lacrime agli occhi.
“Non piangere piccola mia, e indossa la collana. Non dire a nessuno cosa significa, tienilo per te. Ogni cosa che ti ho detto la devi tenere per te, e so che lo farai”.
“Si nonna, ma adesso riposati, metterò la collana, e non accadrà che la perderò, la custodirò come se fosse un tesoro grandissimo, come se fosse di inestimabile valore”, e con queste parole aprì il cofanetto e di porto il ciondolo a forma di bocciolo al cuore, e poi alla bocca, baciandolo dolcemente. “Nonna, ma sa di rosa? Che buon profumo.”
“No, niña. E’ una pianta aromatica, molto speciale. Non dovrai mai separarti da questo ciondolo, ok?”, la tosse la fece contorcere in uno spasimo di dolore.
“Basta parlare nonna, ti affatichi troppo. Si, la terrò addosso ogni volta che potrò. Ti voglio bene, nonna”, le disse dolcemente Katerina.
Quelle furono le ultime parole che sentì uscire dalla bocca della nonna. Morì pochi giorni dopo quella conversazione, ma Katerina non proferì parola su quello che si dissero in quella stanza.




- Credit song to: Blues Brothers - Everybody needs somebody to love -


-Spazio Autore-

Ringrazio tutti per aver recensito e per aver letto, anche silenziosamente :) Naturalmente è scontato che vi spinga a recensire :)
@Gabbe: Mi fa piacere che tu ti stia appassionando, capitolo dopo capitolo diventa sempre meglio ,telo garantisco :)
@Glo e Giuls: A voi due rispondo insieme :) Glo si Klaus lo vedrete prima voi perchè di la lo sto postando ora praticamente :) Giuls il mio Klaus è Gaspard Ulliel, ma nel 5 capitolo, mi pare, si capisce ed è descritto molto dettagliatamente xD Grazie che mi sostenete sempreeee *w*

Naturalmente mi farebbe piacere che chi legge commentasse, anche solo per dire due scemate messe in croce :)
Vi ringrazio, un bacio. 

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Capitolo 4
*** 4. Most people are other people. Their thoughts are someone elses opinions, their lives a mimicry, their passions a quotation. ***


4. Most people are other people. Their thoughts are someone elses opinions, their lives a mimicry, their passions a quotation.



Ora si ritrovava inginocchiata a terra nella mansarda con il vestito tutto logoro, ma in compenso aveva trovato la lettera.
I capelli le si erano disfatti, lasciando uscire varie ciocche dal fermaglio che prima le tratteneva con cura. Se in quel momento fosse arrivato un estraneo, l’avrebbe sicuramente scambiata per una barbona in cerca di soldi, di oggetti preziosi da poter rubare, ma quello era un posto sicuro, era per quel motivo che aveva riposto li la lettera, tra le cianfrusaglie di famiglia.
Se la rigirava in mano, ripensando a quanto aveva desiderato leggerla per i primi tempi dopo la morte della nonna, ma si era sempre trattenuta, per rispetto nei suoi confronti e per mantenere la promessa.
In quel momento, invece, aveva l’occasione di leggerla, ma non voleva più farlo, non c’era più quel desiderio ardente di scoprire qualcosa di segreto, ora sapeva che la dentro non ci sarebbe stato scritto niente di buono.
Sentì la madre pronunciare più volte il suo nome al pano di sotto, e decise così di rimandare l’appuntamento con la lettera.
D’un tratto si rese conto dello stato in cui versava il suo abbigliamento e i suoi capelli, si guardò in uno specchio appoggiato li durante uno dei continui cambi di arredamento della madre e vedendo la sua immagine riflessa, tra i graffi e le varie parti danneggiate, le sembrò di vedere l’immagine di sua nonna.
Cercò di scacciarla scuotendo la testa e smettendo di guardare lo specchio, e anche le ultime ciocche trattenute dal fermaglio caddero sulle spalle della ragazza.
Pensò bene di non chiamare Judith per aiutarla a sistemarsi, sicuramente le avrebbe fatto un’infinità di domande a cui lei non avrebbe potuto rispondere, così si precipitò nella sua camera, usando le scale posteriori, che dalla soffitta portavano direttamente nelle stanze personali, e si chiuse la porta alle spalle.
L’agitazione che aveva sentito poco prima, alla vista della lettera, svanì quando si rese effettivamente contò che avrebbe dovuto essere naturale alla festa, che doveva portare avanti la sua vita, nonostante stesse per cambiare tutto, e aggiustandosi i capelli nel modo migliore si diresse verso il grande armadio in mogano, dove tra i tanti vestiti ne scelse uno blu cobalto, con le maniche a palloncino e con una scollatura squadrata. Ebbe l’idea di lasciare i capelli sciolti. Sapeva che Justin si sarebbe accorto, a malincuore, del cambiamento di abito, ma non se ne preoccupò più di tanto, non poteva di certo tenere un vestito, seppur bellissimo, in condizioni disastrose.
Scese le scale con fare principesco e in molti si girarono a guardarla, il cobalto del vestito si intonava con la sua carnagione olivastra, e il sorriso svettava sul suo viso asciutto e delicato.
Si guardò intorno, a per tutta la serata non vide più Justin.

La serata passò tra risate e balli infiniti, finché gli invitati decisero, poco alla volta, di tornare alle loro case, alle loro famiglie, ai loro problemi, e Katerina ebbe modo di tornare ai suoi.
Ora che sapeva che prima o poi avrebbe dovuto aprire la lettera, voleva che quel momento arrivasse il prima possibile, per togliersi di dosso quella tensione che aveva provato per tutta la seconda parte della sua serata.
Così, nel giro di pochi minuti salì le scale chiamando la balia, che quando la raggiunse nella camera chiuse la porta. Katerina le disse che era molto stanca, e la costrinse a toglierle velocemente il corsetto, per poter andare liberamente a letto e perché lei se ne andasse dalla stanza.
Rimasta sola prese la lettera dallo scrittoio e si diresse verso il letto, sedendosi.
La lettera si aprì con molta facilità, come se il sigillo di ceralacca fosse sotto una sorta di magia, e Katerina si ritrovò a leggerla senza rendersene bene conto.
Gli occhi le si inumidirono quando vide la scrittura perfetta ed elegante della nonna, le vennero in mente quei periodi in cui era ancora viva, e Katerina cercava di copiare quella scrittura tanto elegante e minuziosa, quasi perfetta in ogni suo ghirigoro, in ogni sua curva, senza tentennamenti, senza tremolii, mentre la sua era imprecisa e disordinata.
Cercò di trattenere le lacrime ma quando iniziò a leggere si immaginò involontariamente la nonna mentre scriveva quelle parole, mentre intingeva la piuma nel calamaio e lasciava che i pensieri, e il cuore, guidassero la sua mano.
Con un dito sfiorò le righe, e sentì affiorare di nuovo le lacrime, ma questa volta le lasciò scorrere indisturbate, e mentre la vista si faceva annebbiata, iniziò a leggere quello che la nonna le aveva scritto tanto tempo prima.

Dei colpi ripetuti alla porta, ancora chiusa a chiave dalla sera prima, la fecero svegliare.
La notte prima, dopo aver letto la sconvolgente lettera della nonna, aveva chiuso gli occhi, e nel pianto si era addormentata, ma purtroppo il sonno non aveva portato via le brutte sensazioni.
Chiese chi era, e Judith le rispose di aprirle, era già tardi e quella mattina sarebbe dovuta andare al mercatino, organizzato in città per la festa del loro santo protettore.
Sarebbe andata con Celine, la sua migliore amica, e fino al giorno prima non vedeva l’ora di vederla, dato che non si erano viste per ben due mesi a causa di un viaggio inaspettato dell’amica, che aveva dovuto lasciare la Spagna per aiutare il padre in alcune faccende legate alla dote.
Ma ora non aveva più alcuna voglia di sorrisi finti e smancerie, non davanti a Celine, che la conosceva come se stessa e avrebbe capito che sotto c’era qualcosa.
D’altronde, non aveva altra scelta, e a malincuore ripiegò la lettera riponendola nello scrittoio, che chiuse a chiave per sicurezza, e aprì alla balia, che nel frattempo, spazientita, continuava a chiamarla e a bussare alla porta.
Judith la rimproverò per essere ancora in vestaglia da notte e le ordinò di lavarsi almeno la faccia, ma quando vide che Katerina rimaneva ferma a fissare il vuoto, la condusse lei stessa alla ciotola dell’acqua e gliene buttò un po’ sul viso. Katerine si riebbe da quella sferzata da’acqua e, imbestialita con la balia, le ordinò di non farlo mai più.
“Cara mia, ho smesso di ascoltare quando ti arrabbi da quando avevi 11 anni. Adesso su, vieni qui, scegliti il vestito, o vuoi che te lo scelgo io? Oggi sembra che non hai voglia di niente.”, le disse la balia con un mezzo sorriso.
“Beh in effetti vorrei dormire, e lascia, me lo scelgo io. Ecco questo va bene”, rispose Katerina puntando gli occhi su un vestito di cotone ricamato bianco, splendido per quella giornata soleggiata.
I suoi occhi si animarono di nuova speranza quando Judith le disse che probabilmente avrebbe incontrato anche Justin al mercatino, così si lasciò cullare dalle mani amorevoli della balia, che le mise il corsetto e le infilò il vestito, mentre lei ripensava ancora alle parole della nonna, ormai marchiate a fuoco nella sua mente.
“Sai, dovrei farmi rifare un altro ciondolo, magari con un cuore, e all’interno vorrei una pianta aromatica. Dici che al mercato potrò trovare qualcuno che me lo possa fare?”, chiese con indifferenza Katerina alla balia.
“Beh, credo proprio di si, ma sei sicura che l’altro ciondolo non sia in giro per casa?”
“Si Judi, ieri l’ho cercato per un bel po’ di tempo, non so dove possa essere andato a finire.”
“Beh, allora fattelo pure rifare come piace a te.”, le disse accondiscendente la anziana donna.
Racchiuse i capelli nella sua solita cuffietta bianca ricamata a mano, lasciando che due boccoli castani le incorniciassero il viso, e congedò la balia, che le ricordò che era già in ritardo.
Sapeva che l’amica la stava aspettando ma prima doveva rivedere per l’ultima volta quelle parole incise sulla carta, quindi aprì lo scrittoio e tirò fuori la busta contenente la lettera, e con le dita scorse due righe.

“Sono una strega, bimba mia. E ti ho cresciuta senza fartelo sapere, ma ora devi conoscere la verità, me ne sono andata per proteggerti, perché ci sono forze più potenti dell’amore.”

Gli occhi di Katerina si riempirono ancora una volta di lacrime, ma le ricacciò indietro. Ora sapeva che la nonna era ancora viva, e che lei era in pericolo.
Bruciò la lettera nel caminetto presente nella sua stanza e se ne andò, pronta per incontrare l’amica.

“Katerina arriverà a momenti mia cara, stai tranquilla e fa come se fossi a casa tua.”, le disse Judith.
Lo sapeva benissimo che poteva fare come voleva, se avesse voluto l’avrebbe uccisa seduta stante, ma evitava, per il bene di Katerina, che le voleva molto bene, e per mantenere la sua copertura.
Era arrivata in quella cittadina per mischiarsi alla gente normale, e li aveva trovato Katerina, sua coetanea e con quel sorriso così contagioso da renderla subito sua amica.
C’era voluto poco per entrare così profondamente nella vita della ragazza, era ingenua, ancora priva di ogni timore verso chi non conoscesse, e si fidava.
Si fidava della sua amica Celine, tanto da invitarla in casa propria dopo pochi giorni di conoscenza.
Evidentemente la nonna non le aveva insegnato proprio tutto.
Celine decise di sedersi ad aspettare la ragazza, e si accomodò scostandosi i capelli lunghi e biondi dalla spalla. Katerina amava quei capelli, amava Celine in tutti i sensi, era bonariamente invidiosa della bionda.
La invidiava perché era bionda, perché i suoi capelli sembravano fili d’oro pregiato, perché incorniciavano il suo viso come se fosse stata una bambola di porcellana e la amava perché si sposavano a pennelli con i suoi occhi azzurri, azzurri come il cielo senza nuvole, come il mare quando è calmo. Amava il modo in cui Celine era fiera di se, sapeva quello che faceva, con chi lo faceva e perché lo faceva.
Non alzava mai una mano se non c’era un riscontro, non lanciava mai uno sguardo se sapeva di non incontrarne un altro.
Sapeva che Katerina stava per scendere le scale e si rialzò dal divano, si diresse verso la scala ed incrociò gli occhi dell’amica.
Quando la guardava non capiva come Katerina potesse essere invidiosa di lei, erano completamente diverse, questo era vero, ma quando lei entrava in una stanza irradiava felicità, il suo sorriso sapeva far ammutolire, tanto era bello e puro, e non sarà stata sicura e intraprendente come la bionda, ma quella sua semplicità e timidezza la rendevano speciale e gradevole agli occhi di tutti, compresi i suoi.
I capelli erano qualcosa di indescrivibile e gli occhi sembravano due pozzi, fatti apposta per finirci dentro e non uscirne mai più. Nessuno voleva distogliere lo sguardo da quello di Katerina Petrova, era per questa che Celine l’aveva scelta. Sarebbe stata una compagnia perfetta, per una vita insieme.
Le era caduto il mondo addosso quando aveva saputo che dentro al ciondolo c’era un erba aromatica, la verbena, e che lei lo teneva sempre con se.
Non era mai riuscita a soggiogarla, ma questo non le era servito per farla diventare sua amica.
“Cara Celine, come stai? Come sei abbronzata, devo dire che il viaggio ti ha fatto davvero bene.”, le disse con una punta di malizia Katerina, intenta a prenderla una mano per farla roteare su se stessa.
“Si sai, ho fatto un bel po’ di cose in questo periodo, non vedevo l’ora di vederti per poterti dire tutto.”, rispose l’altra strizzandole un occhio.
Katerina la prese a braccetto e insieme si diressero verso la carrozza, che le aspettava fuori da casa Petrova.

Mentre la carrozza le portava in centro, Katerina non resistette alla voglia di chiederle più informazioni e la esortò a raccontarle ogni minimo particolare, sapendo che l’ amica volesse raccontarle di un uomo, una delle sue tante conquiste.
“Beh, era moro, alto e imponente. Un vero uomo di classe sai. Mio padre era impegnato con gli affari per la dote, come ti avevo detto. E io ero costretta a casa, sola e annoiata. Devo dire che è stato un ottimo diversivo.”, concluse con una risata cristallina.
“Cos’è successo, dimmi.”, le chiese subito Katerina, curiosa.
“Abbiamo parlato molto, abbiamo esplorato posti sconosciuti.”, rispose allora la bionda facendo un’espressione che lasciava intendere qualsiasi cosa.
“Sei poco esaustiva, cara amica, temo che tu non voglia raccontarmi la realtà dei fatti.”, disse, con un atteggiamento finto-altezzoso Katerina.
“No mia fedele amica, voglio dirvi ogni cosa, ma sapete, ci sono cose che richiedono un pubblico molto ristretto.”, concluse, indicando il cocchiere, che avrebbe potuto sentire.
Con quell’ultima frase rimandarono il discorso al momento in cui sarebbero state sole, in camera di Katerina.
La carrozza si fermò, e il cocchiere aprì lo sportello per permettere alle due ragazze di uscire.
Si ritrovarono di fronte alla piazza principale della città, completamente addobbata a festa e fremita di persone.
Le ghirlande svettavano sulle loro teste mentre si incamminavano a visitare il mercatino.
“Devo trovare un orafo”, disse Katerina all’amica, rivolgendo lo sguardo altrove.
Celine in quel momento si rese conto che non portava la collana.
“Dov’è finita la tua amata collana? Katerina, la porti sempre con te.”, le disse, sembrando il meno preoccupata possibile, era convinta che qualcuno l’avesse rubata.
“L’ho persa ieri alla festa, saresti dovuta esserci amica mia, c’era tantissima gente, anche Justin, e io avevo il suo vestito, ti ho raccontato che mi ha donato un vestito vero? Beh, comunque mi serve un orafo proprio per questo motivo, ho perso la collana e voglio farmene fare un’altra. Ma prima dell’orafo, mi serve andare dal droghiere.”, disse, tirando l’amica tra la gente, in direzione del droghiere.
Per fortuna abbandonarono la calca e si diressero verso uno dei pochi negozi rimasti aperti per la festa, erano tutti chiusi poiché le bancarelle sarebbero state assaltate e non intendevano rimanere in un negozio che non avrebbe guadagnato nulla, sovrastato dalla presenza del mercato.
Entrarono così dal droghiere di fiducia, e Katerina si lasciò trasportare dall’insieme di fragranze che sentiva ogni volta che entrava in quel negozio.
Per un attimo tornò bambina, e ricordò.

“Piccola mia, vuoi accompagnarmi in un posto speciale?”, le chiese la nonna con il sorriso stampato in viso, le piaceva vedere la nipote felice, e sapeva che se l’avesse portata con sé, lo sarebbe stata molto.
“Dove andiamo, nonna?”, le chiese Katerina curiosa.
“Lo vedrai, dai su, fatti mettere il vestitino da Judi e raggiungimi all’ingresso”, la esortò la nonna con una spintarella affettuosa.
Katerina si precipitò in camera e si lasciò cambiare, mentre continuava a ripetere alla balia di muoversi. Quando ebbe finito, non le diede nemmeno il tempo di farla scendere dalla sedia su cui l’aveva messa per poterla cambiare meglio, come suo solito, che era già per le scale, pronta per andare via con la nonna.
Presero la carrozza e Katerina continuava a chiedere dove sarebbero andate, la nonna non sapeva più come farla stare calma quando il cocchiere si fermò e le lasciò scendere.
La nonna prese la mano della bimba e la fece entrare, tenendole l’uscio aperto, in un posto che agli occhi di Katerina poteva definirsi il paradiso.
I suoi occhi si persero in quel posto angusto ma così pieno di cose, le sue narici si aprirono per sentire e scrutare tutti i profumi che sentì in quel momento.
Era un negozio piuttosto piccolo, ma conteneva una quantità infinita di erbe aromatiche, erbe curative e spezie.
Katerina si chiese se fosse possibile sentire profumi così buoni in una sola volta, ma quando l’anziana signora che dirigeva il negozio, tirò fuori ad uno ad uno tutti i cassettini in legno in cui teneva le erbe, la bimba non ebbe più dubbi su quello che quel posto rappresentava per lei, il paradiso non sarebbe potuto essere migliore.
La nonna le fece fare tutte le domande e sentire tutti i profumi che voleva, poi chiese alla donna dietro al bancone di darle della verbena.
Ogni volta che doveva andare in drogheria, da quel giorno, la nonna portò anche Katerina, per vedere i suoi grandi occhi illuminarsi ogni volta che scopriva un nuovo profumo, o una nuova erba. E la bimba non comprese mai perché ogni volta, la sua cara nonna, prendesse quella strana “verbena”.


Ora comprendeva ogni cosa, e aprendo gli occhi rivide per un attimo l’anziana signora sorridergli, per poi tornare china sui suoi libri.
“Salve signora Robins, si ricorda di me? E’ passato molto tempo lo so, però magari si ricorda.”, le chiese speranzosa Katerina, cercando di attirare la sua attenzione, voleva che almeno parte di ciò che aveva fatto con sua nonna rimanesse ancora in piedi.
“Come potrei scordarti, Kath, sei cresciuta, ma quegli occhi curiosi non te li toglie nessuno. Sono gli occhi più belli che abbia mai visto.”, le rispose dolcemente l’anziana signore, poi rivolse il suo sorrisso a Celine, ma le si spense in volto.
“La tua amica, chi è?”, chiese guardinga.
“Oh, non la conoscete forse, si chiama Celine Forbes, si è trasferita in paese da poco. Ma è tra le mie più care amiche.”, disse, rivolgendo un sorriso all’amica.
“E’ mai entrata in casa tua?”, chiese ancora circospetta la donna.
“Certo, è una amica fidata.”, rispose Katerina, capendo il corso dei pensieri della donna.
“Non si preoccupi Mrs. Robins, non è cattiva.”, le disse, poggiandole una mano sulla sua, per rassicurarla.
La signora ebbe un attimo di stordimento, poi tornò tra loro, sorridendo alla mora.
“Di cosa hai bisogno, cara?”, le chiese, ancora un po’ scombussolata.
“Mi servirebbe della verbena, quella che dava a mia nonna. E’ possibile averne una piccola quantità?”
“Tutto quello che vuoi, mia cara.”, e così dicendo aprì il cassetto della verbena, prendendone una manciata e mettendola in una busta.
Si salutarono cortesemente e quando uscirono la donna si mise a tremare, finalmente libera di provare ciò che sentiva per quello che aveva appena percepito.





- Credit to: Oscar Wilde -





-Spazio Autore-

Naturalmente ringrazio tutti quelli che leggono la mia FF, mi fa molto piacere. 
@Glo: I know, Gaspard is a baby. xD Vabbè è il mio Klaus xD Comunque grazie dei commenti *w*
@Gabbe: Grazie mille dei commenti, se ti va dimmi cosa ne pensi proprio della storia in se, cosa ti aspetti che succeda o cosa non vorresti che succedesse, mi aiuta a capire dove il racconto è più interessante e dove lo è meno, e posso dirigermi verso una scrittura più interessante :) Comunque ti ringrazio, almeno tu commenti *w*

Ripeto, che chi legge, potrebbe lasciarmi una piccola recensione, piccola piccola dico eh, mica chiedo chissà che :)
Vi preeego. <3

Un bacio, S.

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Capitolo 5
*** 5. You played me, like a radio. ***


5. You played me, like a radio.

Uscirono dal negozio e dopo pochi passi si ritrovarono nella confusione del mercatino.
“Che strano comportamento ha tenuto quella donna”, disse Celine con noncuranza.
“Dicono che sia una sensitiva, ma io penso che sia solo un po’ pazza. Stare rinchiusa per tutta la vita a vendere erbe credo non sia il sogno di nessuno.”, rise Katerina, celando i suoi veri pensieri all’amica. Se quella donna aveva visto o sentito qualcosa toccandola, lei sicuramente non l’avrebbe sottovalutata. Era intenzionata a tornare da quella donna molto presto, e di certo non in compagnia di Celine.
“Beh, comunque sia potrebbe spaventare la gente così.”, concluse con un plateale gesto di indifferenza la bionda. Naturalmente pensava tutt’altro, le interessava scoprire cosa aveva provato la donna toccando l’amica. Sapeva come funzionavano le faccende delle streghe, e se la donna aveva realmente avuto una visione, lei voleva sapere di che cosa si trattava, non aveva certo intenzione di lasciare che una anziana rovinasse i suoi piani così facilmente.
Dopo quelle riflessioni Celine si perse nei discorsi dell’amica, che con il suo solito entusiasmo, le raccontava cosa le era successo in quei lunghi mesi di distacco.

“Cara amica, raccontatemi di voi ora, sono curiosa.”, Katerina incitò l’amica a parlare.
“Oh, mia adorata compagnia. Davvero volete sapere ogni cosa?”
“Dimmi com’era. Descrivimelo.”, disse Katerina concitatamente, stringendo la presa sotto al braccio dell’amica.
“Il nome lo serberò per me, per ora. Voglio tenerti sulle spine,”, cominciò Celine, “ma intanto posso parlarti del suo aspetto. Era un uomo alto, muscoloso e robusto,” continuò, ammiccando all’amica per aggiungere enfasi alle sue parole, “i suoi occhi erano marroni, miscelati al color dell’ambra. Oh, e la sua bocca, quella bocca sembrava esser stata creata per baciare appassionatamente.”
A quelle parole Katerina ebbe un fremito, ricordando di aver pensato la stessa cosa delle labbra dell’affascinante Sr. Klaus. Si chiese se fosse lo stesso uomo, con un moto di gelosia in corpo, ma i suoi timori finirono quando si ricordò che l’amica era dall’altra parte del mondo, la sera in cui ebbe il piacere di conoscerlo. Ritornò così ad ascoltarla.
“Come ti dicevo, i suoi occhi erano bellissimi, e sembravano ammaliare. Tanto che la prima sera mi ritrovai nel suo letto quasi senza accorgermene. Era un uomo talmente affascinante!”, concluse con un sospiro, guardando il cielo, “Abbiamo passato insieme quasi tutto il periodo della villeggiatura. E quando mi rammaricai per la partenza lui mi rassicurò dicendomi che sarebbe venuto qui, in città, a trovarmi, il prima possibile.”, Katerina vide gli occhi dell’amica luccicare, e pensò che quell’uomo doveva averle realmente rapito il cuore, poiché la bionda era solita usare gli uomini per puro divertimento e sfizio.
Lei due amiche così si sorrisero, entrambe felici, e continuarono a camminare. Per qualche secondo ci fu il silenzio, poi la voce melodiosa di Katerina lo ruppe: “Aspettami qui, cara amica, vado a farmi fare il ciondolo e sarò di ritorno.”, disse all’amica inoltrandosi nella folla del mercatino.
Dopo qualche passo urtò qualcuno, e quando alzò il viso rimase stupita da ciò che vide.
“Spero di non dovervi incontrare sempre in questo modo”, disse sorridendo la persona che Katerina ora guardava, senza riuscire a proferire parola.
“Venite, così possiamo parlare liberamente”, continuò l’uomo, prendendo la mano di Katerina libera dalla busta di verbena. La ragazza non obiettò e si ritrovarono nel giro di pochi secondi in un angolo piuttosto appartato del mercatino.
“Buongiorno, incantevole Mrs. Petrova.”, disse l’uomo, portandosi la mano di Katerina che ancora teneva tra le sue alla bocca, intento a baciarla.
“Cosa vi porta da queste parti?”, riuscì a chiedere finalmente la ragazza, cercando con lo sguardo l’amica.
“E’ una festa, abito qui vicino, presumo che mi ci porti lo stesso motivo che ha condotto qui anche voi.”, rispose amabilmente l’uomo.
“A proposito, Sr. Klaus, è così che vi chiamate no?”, chiese Katerina fingendo di dimenticare il suo nome, per fargli capire che non aveva dato al loro incontro la giusta importanza, “ Dove abitate?”, concluse, incuriosita.
“Sono di passaggio, in realtà. Sono inglese, in villeggiatura con degli amici. Risediamo alla villa del sindaco, un caro amico della mia famiglia..”
“Non sapevo che il sindaco avesse conoscenze tra gli inglesi”, concluse la mora, con malcelata disattenzione.
“Anzi, vi pregherei di accettare un invito, rivolto a voi e a quella ragazza, vostra amica, che ci sta guardando da lontano, e che cerca disperatamente di capire chi sia io e che cosa vi stia dicendo.”, propose Klaus sorridendo.
Katerina abbassò lo sguardo sorridendo acnh’essa, girandosi infine a guardare l’amica che, capendo di essere stata vista, distolse rapidamente lo sguardo.
Katerina decise di tornare a sottoporre la sua attenzione all’uomo di fronte a lei, che con suo stupore la fissava già negli occhi.
“Allora, accetterete?”, chiese, avvicinando impercettibilmente il proprio viso a quello della ragazza.
“Non posso negare un assenso a un invito fatto con così tanta speranza di successo. Fatemi sapere quando, e il giorno. E verremo.”, rispose Katerina, congedandosi con un inchino.
“Venite oggi, nel pomeriggio. Per l’orario, beh, scegliete quello che più vi aggrada. Io e i miei amici saremo li ad aspettarvi.”, disse lui infine, mentre entrambi si allontanavano l’uno dall’altro con riluttanza, per tornare alle loro precedenti occupazioni.
Katerina decise di far aspettare ancora un po’ la curiosa amica, andando prima a farsi fare il ciondolo. Quando uscì dal negozio con il suo ciondolo al collo, la ragazza l’aspettava fuori in trepidante attesa.

“Oggi pomeriggio esci con me, carissima. Non puoi rifiutare. E vestiti dignitosamente.”, disse sorridendo maliziosamente Katerina mentre Celine la tirava per un braccio.
“Andremo da quell’uomo? Dove lo hai conosciuto? Chi è? E soprattutto, perché non ne hai parlato prima alla tua cara amica?”, chiese corrucciata e curiosissima la bionda.
“Cara, c’è poco da dire, era alla festa dell’altra sera. Ci siamo scontrati e si è presentato, per poi scomparire nel nulla.”, rispose Katerina, ripensando al comportamento, completamente diverso da quello che aveva appena visto, tenuto quella sera.
Poi i suoi pensieri furono completamente assorbiti dai discorsi dell’amica sull’abbigliamento e il comportamento da tenere.

“Allora, sei pronta?”, chiese eccitata Celine, non vedendo apparire Katerina dalla sua stanza. Lei era già pronta da un bel po’, e dopo molti ripensamenti aveva deciso di indossare un abito dell’amica, blu notte, con scollo squadrato e maniche a palloncino. Katerina finalmente uscì sorridendo e mostrando il vestito scelto scendendo le scale, lei, a differenza dell’amica, aveva scelto un abito verde scuro, con maniche liscie e lunghe in raso e scollo tondeggiante. Emtrambi gli abiti erano stati scelti per abbinarsi perfettamente a colorito di pelle e di capelli delle loro indossatrici.
Prendendosi a braccetto e adulandosi a vicenda, le due amiche uscirono di casa, pronte per quell’incontro.

La villa del sindaco era forse la più bella del paese. Nessuno aveva mai avuto il privilegio di entrarvi, ma si diceva che all’ interno fosse arredata con le migliori sculture e i quadri dei più importanti artisti di tutto il mondo. Katerina si chiedeva cosa sarebbe successo quando la carrozza si fermò per farle scendere davanti al cancello di ferro battuto, enorme. Ma chiuso.
Gli occhi della ragazza andarono oltre al cancello, sperando di scorgere qualche domestico in lontananza, che avrebbe aperto loro il cancello, ma non vedendo nessuno decise di attendere guardando quello che c’era intorno, perdendosi così a guardare l’immenso giardino che circondava l’intera villa. Le sculture create con le piante la affascinarono talmente tanto da dimenticare perché si trovasse li, tanto che non si accorse nemmeno che dal vialetto alberato, dove poco prima non aveva scorso nessuno, arrivava ora a passo spedito il portiere, scusandosi per averle fatte aspettare.
Aprì con poca fatica il grande cancello, e Katerina lo guardò con gentilezza. Riconobbe in quel momento, al domestico, una forza non indifferente, per essere riuscito ad aprire con quelle esili braccia un cancello tanto grande e pesante, e fu costretta ad ammettere a se stessa che fosse anche un bel ragazzo, rammaricandosi che non fosse un buon partito.
Il ragazzo, indicando la strada, le condusse per il viale alberato che portava alla villa, e cortesemente rispose a tutte le domande di Katerina, che volle sapere i nomi di tutte le sculture rappresentate lungo il sentiero, che sembrava non finire mai.
Arrivati in prossimità della villa la ragazza si scusò per la loquacità improvvisa e lo congedò con un sorriso.
In quel momento i portoni in mogano intagliato della villa si spalancarono, offrendo alle due ragazze una vista magnifica, Klaus sorrise a entrambe e scese lentamente le scale per andarle a prendere.
Katerina ebbe, in quel modo, l’opportunità di analizzare con calma e molto accuratamente l’aspetto di Klaus. Le parve quasi di vedere un angelo, e il profumo che emanava, arrivando fino a loro, ne era la prova.
I suoi capelli, che le erano sembrati solo castani alla sua festa, alla luce del tardo pomeriggio assumevano varie tonalità di castano, con qualche sprazzo di nero.
I suoi occhi, che quella notte aveva visto vagamente bene, ma che comunque erano riusciti a rapirla, erano di un azzurro limpido e penetrante, e brillavano alla luce delle lanterne, che da poco si erano accese intorno alla casa e in giardino, a illuminare di una luce soffusa il prato.
Indossava un completo blu scuro, con dei pantaloni beige, e i bottoni della giacca contrastavano con il blu donando una sensazione di lucentezza.
Mentre scendeva le scale Katerina pensò che non ci fosse niente di più bello al mondo, e con questi pensieri strinse ancora più forte il braccio dell’amica, altrettanto affascinata.
D’improvviso se lo ritrovò di fronte, quasi senza accorgersene, e gli si inchinò davanti, prendendo delicatamente una mano per sfiorarla con le labbra. Poi, rimanendo sempre di fronte a lei, fece la stessa cosa con Celine.
“Sono lieto che abbiate accettato l’invito e che siate venute, infine,” disse guardando negli occhi Katerina, quasi volendosi rivolgere solo a lei, ma poi aggiunse, “a entrambe!”, non volendo essere sgarbato verso la bionda.
Pronunciava ogni parola con una lentezza moderata, e oltretutto con estrema sesualità, quasi senza rendersene conto. Quella sensualità traspariva dalla sua voce ad ogni sillaba, e mandava in confusione Katerina.
“Ma vi prego, vogliate farmi il piacere di entrare nella mia umile dimora”, disse, indicando con un ampio gesto del braccio l’immensa villa, fingendo modestia.
Katerina ebbe un sussultò quando lui afferrò la sua mano per condurla all’interno della casa, guardò l’amica in cerca di sostegno e vi trovò un sorriso complice.
Entrati in casa, furono accolti da un uomo alto, muscoloso e robusto, ma dall’aspetto comunque gentile e rassicurante. I suoi occhi erano color dell’ambra e quando lo vide, Celine strinse forte il braccio dell’amica, spalancando gli occhi.
L’uomo rimase in silenzio e non fece un passo, si limitò a sorridere e a lasciare che l’amico parlasse per lui.
“So che qualcuno in questa stanza si conosce già,”, disse in tono giovale, rivolgendo lo sguardo prima a Celine e poi al suo ospite muto.
Finalmente l’uomo decise di muoversi, e camminando, con dei passi che a Katerina parvero più una danza sinuosa e sensuale, arrivò a pochi centimetri dalla bionda, facendole un sorriso e baciandole la mano libera.
Il braccio che prima era saldamente attaccato a quello di Katerina si svincolò con maestria per andare ad allacciarsi al collo dell’uomo di fronte a lei assieme all’altro,e con gli occhi lucidi, Celine salutò l’uomo con cui aveva passato gli ultimi due mesi: Elijah era venuto a trovarla.








Credit song to: Alexz Johnson - Liar Liar



-Spazio Autore- 

Ecco il nuovo capitolo, postato pochissimo dopo l'altro :)
Spero vi piaccia U.U
Ringrazio sempre e comunque chi legge U.U
Commentate e sarò felicissimaaa xD

Coomunque:
@Giuls: Si adesso sono in pari completo quindi il prossimo capitolo sarà sia di qua che di la in contemporanea :) Comunque grazie del sostegno sostegnoso :) xD
@Sekunden: Come promesso subito aggiornato :) Spero che, essendo Katherine il tuo personaggio preferito, ti piaccia come la faccio muovere nel suo corpo ancora umano :)
Un bacio, e grazie per aver commentato, ne aspetto un altro e un altro ancora, se ti va :)

Un bacio, S.

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Capitolo 6
*** 6. Them possible schemes swim around. ***


6. Them possible schemes swim around.

 

Gli occhi si Celine non si staccavano da quelli di Elijah.
“Bene, mie care signore, vogliate permettermi di condurvi in salone per bere qualcosa,”, disse Klaus allargando un braccio in direzione del salone, “oppure desiderate fare qualcos’altro?”, concluse con gentilezza guardando dritto negli occhi Katerina.
Per la prima volta da quando erano entrate in quella casa Katerina si riscosse, udendo la voce mai udita prima, di Elijah, suadente e melodiosa.
“Carissima Celine, volete visitare la casa? Molte cose dobbiamo dirci, troppo il tempo passato dall’ultima volta che vi ho veduta.”, disse con lo sguardo ardente di desiderio rivolto verso la bionda.
Per un attimo Katerina credette di aver perso il lume della ragione, non vedeva davanti a se due semplici uomini, bensì due creature dalla pelle nivea e dall’aspetto altero, eppure tanto dolci e perfetti da sembrare un quadro. Le loro voci, inoltre, parevano una melodia incantatoria.
Una musica riecheggiò all’entrata e le parole di Klaus la sorpresero, distraendola dalle sue riflessioni.
“ Katerina, desiderate fare qualcosa con me, in particolare? Purtroppo pare che i nostri due amici vogliano rimanere soli, quindi vi rimane la mia sola compagnia, seppur noiosa.”, disse ammiccando, conoscendo perfettamente l’ascendente che aveva sulle donne.
“Ho veduto molte sculture nel vostro giardino, vogliate farmene adorare qualcuna?”, rispose lei, con un misto di sicurezza e timore nella voce.
Elijah si mosse solo per porgere il braccio alla dama accanto a lui e si volse, dando le spalle all’amico e a Katerina, per poi scomparire con Celine dietro una porta in mogano, sicuramente pesantissima.
Rimasero soli lei e Klaus, e ognuno ebbe l’intimità che gli spettava.
 
“Celine”, disse in un sussurro Elijah quando arrivarono nell’altra ala della villa, lontano da orecchie indiscrete. Nelle sue parole si sentiva la passione e il desiderio con cui le pronunciava.
Il sussurrò fu seguito da uno scattò fulmineo verso di lei, pronto a trattenerla e stringerla a se con le sue braccia possenti. Le mani di lui sfiorarono i seni di lei, e lei rispose a quel desiderio baciandolo ardentemente, per poi fare uno scatto all’indietro, risistemandosi e rendendosi presentabile, poiché aveva sentito che la cameriera stava arrivando.
“Padrone il bagno caldo che avevate chiesto è pronto.”
“Vai pure”, disse lui con indifferenza, continuando a guardare fisso Celine.
Con la sua solita velocità fu di fronte alla ragazza e baciandola teneramente le prese a mano, conducendola nella stanza adiacente.
Si chiuse la porta alla spalle, non staccando la mano da quella di Celine, e si ritrovarono in una nuvola di vapore.
Come richiesto, i sali e gli aromi inseriti nell’acqua permearono la stanza di fragranze di cannella e vaniglia.
Celine lo guardò negli occhi e con dolcezza lui le tolse il vestito e il corpetto, con le sottovesti.
Poi le sciolse i capelli, lasciando che cadessero intorno al viso, e boccoli biondi le incorniciarono il volto, facendo risplendere i suoi grandi e dolci occhi azzurri.
Lei fece lo stesso con lui, gli tolse i vestiti e accarezzò il suo petto con le mani, conducendolo verso la vasca da bagno, ancora bollente.
Si immersero nell’acqua e si lasciarono cullare dal loro amore e dal desiderio.
Poi gli occhi di lei si fecero seri, e non potè più trattenere ciò che voleva sapere da quando l’aveva visto.
“Cosa ci fai qui?”, chiese timorosa di rovinare tutto.
“Che importa, baciami.”, le rispose Elijah, troppo contento di vederla per pensare a quelle cose
“dimmelo Elijah, perché sei qui?”, capii che ormai l’atmosfera era sparita, ormai non c’era più modo e tempo di essere dolci l’uno con l’altro, e fece per alzarsi.
Lui la trattenne, e le disse:” Sono qui per te, e per la ragazza. Klaus voleva vederla, voleva essere sicuro che fosse lei. E’ uguale a Elisa, e sai quanto lui l’abbia amata.”
“Me ne sto occupando io, Klaus non dovrebbe immischiarsi in queste cose. L’ha amata, proprio per questo dee restarne fuori e capire che è “soggiogato” dal suo aspetto. Non potrebbe mai farle del male.”, rispose la ragazza con fermezza.
“Celine, amore mio, è come se mi privassero di te. Supererei mari e monti pur di riaverti.”, disse, baciandola dolcemente.
Lei ricambiò il bacio e lasciò che quel momento durasse e fosse quello che entrambi volevano, e non si curò ne di kalus, ne d Katerina, la doppleganger.
 
“Vi piace questo posto?”, chiese Klaus all’ospite, dopo vari minuti di silenzio.
“Molto, devo ammettere che desideravo vederlo da molto tempo, ne parlano tutti in città, di quello che c’è all’interno.”, rispose Katerina, mantenendo la concentrazione per non finire a dire qualcosa di troppo.
In realtà non avrebbe dovuto essere li, sua nonna era stata chiara nella lettera, e per un attimo le venne in mente proprio lei.
 
Sono una strega, bimba mia. E ti ho cresciuta senza fartelo sapere, ma ora devi conoscere la verità, me ne sono andata per proteggerti, perché ci sono forze più potenti dell’amore.
In realtà io sono ancora con te, ogni giorno, e ogni giorno vedo che stai crescendo in modo giusto e corretto.
Ho sempre saputo che eri speciale, e che andavi protetta, tu sei parte di un segreto molto più grande di te, sei una pedina importante in un processo macabro e pericoloso. Non dovrai mai fidarti di nessuno.
Il tuo ciondolo contiene della verbena, la verbena si utilizza contro i vampiri.
Ora penserai che sono pazza, che non esistono, ma devi credere in me, nella nonna che tanto ami.
I vampiri esistono, e sono intorno a noi. Hanno poteri che tu non conosci, e a volte nemmeno loro.
Sono belli, oh se sono belli. Sanno soggiogarti, e per questo ti serve la verbena, senza di essa sei persa.
La verbena non permette al vampiro di soggiogarti, e se bevuta dallo stesso, gli fa perdere i sensi. Ci sono, però, vampiri molto potenti, per cui non basta solo la verbena a fermarli.
Non sono pazza, mi devi credere.
Ti racconterò, inoltre, che i vampiri non possono entrare in casa altrui, se non invitati, quindi fai sempre attenzione a chi inviti in casa, una volta che un vampiro è stato invitato, non può più essere cacciato.
I vampiri vivono per sempre, non invecchiano mai. Ci sono cose che non potrai fare più ora, se hai perso la collana, evidentemente qualcuno vuole soggiogarti, e ha escogitato un modo per togliertela, non dovrai mai visitare la casa del sindaco, è intrisa di magia e cattiveria.
Devi stare molto attenta a chi incontri, con chi parli. Bambina mia fa attenzione.
 
Si riscosse da quei pensieri e guardò l’uomo di fianco a lei.
Era bello, affascinante e aveva qualcosa che sapeva farle perdere il senso dell’orientamento. E lei era nella tana del lupo. Si sfiorò il ciondolo che aveva al collo e si tranquillizzò, sapendo che l’avrebbe aiutata.
Aveva disubbidito agli ordini della nonna, era stata esplicita, non avrebbe dovuto essere in quel posto, eppure aveva acconsentito, quasi senza rendersene conto.
Per un attimo le passo davanti il momento in cui lui le aveva domandato se desiderava fargli visita nel pomeriggio,  si rese conto che non ricordava bene come era andata la conversazione, ricordò solo di aver acconsentito e di essersene andata.
“Era premeditato questo appuntamento? Oppure in un impeto di generosità mi a chiesto di venire qui?”, chiese Katerina con sospetto, stranamente non intimorita dall’ipotesi che potesse essere un vampiro.
“Ammetto di essere colpevole, mia cara Katerina. Vi ammiro da molto tempo, e desideravo la vostra compagnia il prima possibile.
“E perché, di grazia?”, chiese ancora, incuriosita più che spaventata.
“Perché siete una bella donna, piena di fascino e di vitalità. I vostri occhi esprimono gioia al solo sguardo e non si può evitare di volervi accanto. Inoltre non siete ne maritata ne promessa quindi non incorro in nessuno scandalo invitandovi qui.”, rispose lui, fermandosi e prendendole una mano, guardandola intensamente egli occhi.
“Però avete avuto l’accortezza di invitare anche la mia amica, sapevate che conosceva il vostro amico.. come si chiama?”
“Elijah”, rispose immediatamente, “No, ammetto che non ero a conoscenza del rapporto tra Elijah e la vostra amica. Ma sono comunque piacevolmente sorpreso. Non dovrò stare attento a partecipare ai loro discorsi, potrò dedicarmi interamente a voi.”, rispose, cercandola con gli occhi ancora una volta.
Per un attimo i loro volti si trovarono a una distanza ravvicinata, quasi sul punto di sfiorarsi, poi Katerina si riscosse e ricominciò a camminare.
“Scusatemi se ogni tanto sono troppo diretto, ma mi ricordate una cara amica, ormai persa.”, per un attimo parve intristirsi, per poi riacquistare la solita aria affascinante.





- Credits to: Norah Jones - Chasin' Pirates -



-Spazio Autore-

Ciao a tuttiii :)
Come potete vedere questa è laprima parte di un capitolo, ho deciso di dividerlo in due U.U
Ecco i ringraziamenti speciali xD
@Glo: Ho esaudito alcuni desideri, ho parlato di più della nonna di Katerina, cosa c'entra Celine con Elijah e credo che ormai si sia capito che è una vampiraccia anche lei :)
Grazie he leggi semrpe tutto <3
@Sekunden: Grazie del commento, sono contenta che ti piaccia e mi farà piacere leggere altre recensioni su questo e i prossimi capitoli, se le vorrai lasciare :)
@Giraffetta: Ti ringrazio per i complimenti al mio modo di scrivere e alla FF, si, l'ispirazione sullo scrivere di Kath prima che accadesse tutto piace molto anche a me, non essendo io in grado di dare una svolta diversa alla storia che stiamo vivendo nel TF, mi sono buttata sul passato di Katerina, ancora poco conosciuto. :)
Ti ringrazio tantissimo e spero che continuerai a leggere e commentare, presto si farà ancora più interessante :)
@Giuls: Sempre te e Glo che commentate subito **. Si, d'ora in poi metto il link anche di la così si commenta subito qui :)
Comunque si, Elijah è pure qui ed è uno gnoccolone assurdo xD Ho messo anche un tinello in modo da rendere il tutto un po' più affascinante xD
in onore del trio merdella ahaha. 

Ringrazio comunque anche quelli che leggono in silenzio come sempre, anche se vedo che siete in molti :)
Per cortesia ditemi cosa ne pensate *w*
Un bacio, a prestissimo con la prossima parte di capitolo. S.


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Capitolo 7
*** 7. You ever love somebody so much you can barely breathe? ***


7.You ever love somebody so much you can barely breathe?



Presto il vapore e i profumi del bagno caldo se ne andarono, insieme all’atmosfera e all’intimità di Celine e Elijah. Si ritrovarono, un’ora dopo, ancora nella vasca, attorniati sa nuvole di schiuma, a rilassarsi.
La passione si era trasformata in tenerezza e il desider5io, saziato, si era trasformato in ricerca di tranquillità.
La schiena di Celine era appoggiata dolcemente sul petto di Elijah, che con le dita di una mano tracciava linee astratte sul corpo della bionda.
I capelli,biondi e fluenti, le ricadevano sulla spalla, facendo il solletico al petto di Elijah. Erano stati porprio quei capelli che lo avevano fatto innamorare, molti anni prima.
Lei, all’epoca, era una ragazza povera, che si pagava da vivere facendo la cantante in un teatro, sicuramente non uno dei più belli. Lui era uno dei tanti uomini ricchi, che all’apparenza andavano in quei teatri solo per trovare compagnia durante le loro notti fuori città per affari. Era ricco, lo si vedeva dai vestiti e dal portamento, e affascinante, e l’aveva salvata.
Durante la loro conoscenza le disse una frase, che non scordò mai:
 
“I vampiri trasformano principalmente per tre motivi: perché hanno bisogno che qualcuno faccia il lavoro sporco al posto loro, per noia, ma non è mai una buona cosa.. e, infine, perché amano una persona talmente tanto da voler passare tutta la vita con lei.”
 
Celine volle credere sempre che lui fosse stato spinto dal terzo motivo, ma non ne era mai stata convinta di ciò che in realtà Elijah provava per lei.
L’aveva conosciuta una sera, dopo uno spettacolo, aveva fatto la sua comparsa nel camerino, nonostante lei avesse esplicitamente detto alla guardia di non fare entrare nessuno. Inizialmente non capì come avesse fatto a eludere la guardia.
Le aveva chiesto il nome, era stato gentile, le aveva portato una rosa e insieme a lei certezze, risposte e promesse.
Si sarebbero rivisti, così aveva detto prima di sparire, così com’era arrivato.
Non lo vide, però, per molto tempo, e così come la rosa portatale in dono anche le speranze di rivederlo appassirono.
Una sera, dopo molte settimane, riapparve, sempre nel camerino, e parlarono, parlarono di tutto, di ogni cosa, e in lei crebbe il desiderio di poterlo vedere sempre, di averlo sempre vicino. Lui le promise che si sarebbero rivisti, le disse che desiderava anche lui averla affianco, che era ammaliato da lei.
Si dettero appuntamento alla sera dopo. Celine si vestì meglio che potè, date le scarse rendite non poteva permettersi poi molto, ma mise il suo vestito migliore, e dopo lo spettacolo, come sempre, lo aspettò il camerino.
Lui non la deluse, arrivò, e con lui anche la sicurezza di Celine che sarebbe stata una serata indimenticabile.
La portò a cena, ripetendole quanto fosse bella quella sera, non facendola mai sentire a disagio davanti agli altri. Durante la serata crebbe il desiderio di entrambi di stare ancora più vicini, e lui la portò a casa sua.
Tra le lenzuola soffici e bianche si amarono, e lei non si pentì mai di quel gesto.
Quando ancora tra di loro c’era passione e armonia decise però di dirgli tutta la verità su di lei, e lui ascoltò. Ascoltò anche il suo unico segreto. Lui accettò anche quello, e le raccontò il suo, decidendo così di trasformarla.
Si amarono, come si ama da bambini, incondizionatamente, senza riserve, senza fraintendimenti e senza chiedere nulla in cambio, si amarono di un amore puro e limpido.
Arrivò, però, il giorno in cui lei dovette abbandonare ogni cosa, ogni collegamento con la vita reale, ogni contatto con la vita umana, ogni affetto.
Lui la trasformò, e si trasferirono, di continuo. In ogni luogo dicevano storie diverse, erano persone diverse, avevano lavori diversi e conoscevano persone diverse, che dovevano abbandonare, ogni volta, senza ripensamenti.
Un giorno conobbero Klaus però, e la loro vita cambiò, non ebbero più il bisogno di viaggiare, di cambiare posto, nome e lavoro, sarebbero potuti tornare ad essere ciò che erano, non dovevano più mentire.
 
E ora si ritrovavano in quel luogo, per uno scopo preciso, o solo per far piacere a Klaus, ma ciò che era stato era ormai lontano molti anni, e Celine non aveva più avuto notizie dei suoi affetti di ragazza, di persona viva.
Guardando le gambe di Elijah strette tra quelle di Celine, lei non avrebbe nemmeno saputo dire se ciò che erano poteva significare ancora qualcosa, oppure se era solo la routine che li portava a vivere in quel modo, a cercarsi e ad amarsi ogni tanto, quando ne sentivano il bisogno.
Lei lo amava ancora, e non avrebbe mai smesso di farlo.
“Ti amo anche io”, sussurrò Elijah, quasi leggendo il corso dei pensieri di Celine.
“Perché lo dici ora?”, chiese Celine, voltandosi leggermente verso il suo volto.
“Perché ti stai chiedendo se è così. Ti sto solo rispondendo. Ci conosciamo da troppo tempo, e non puoi credere che io non riesca a capire a ciò che pensi guardando come poni gli occhi su ogni cosa che ti circonda, come le tue dita picchiettano sul bordo della vasca, come la tua bocca si muove involontariamente. Ti amo Celine, nonostante tutto.” Disse lui, accarezzandole il viso con una mano mentre con l’altra continuava i disegni astratti su di lei.
“Anche io vorrei essere così brava da capire ciò che pensi tu. Ti amo, e vorrei capire se è vero ciò che dici, se quello che stiamo facendo è giusto soprattutto. Voglio sapere che sei convinto di ciò che mi stai facendo fare con Katerina. Voglio che tu mi ami. Non voglio essere quella che fa il lavoro sporco per te.”, rispose in un sussurrò Celine, con la voce rotta, e con il pianto che rischiava di affiorare da un momento all’altro.
“Non sei niente di tutto questo Celine, tu sei perché ti ho trovato, eri sola e triste, e lo ero anche io. È giusto che sia così. Ti ho trasformato perché ci prendessimo cura l’uno dell’altro, nonostante molte cose siano cambiate.”, concluse Elijah chiudendole la bocca con un dito prima che lei provasse a replicare.
Rimasero in silenzio, a cullarsi nella loro intimità, così.
 
 
 
“Volete parlarmi di lei?”, chiese Katerina, incuriosita.
“Preferirei di no, anche se, ricordandomela, vorrei sapere se somigliate a lei non solo di viso, ma anche di indole.”, rispose Klaus, con simpatia.
“Allora decidete voi, carissimo amico, io sono qui pronta a parlare on voi di ogni argomento, ogni argomento.”, ripetè l’ultima frase con fare provocatorio, immaginando cosa nascondesse in realtà quell’uomo così affascinante. Le parole della nonna le avevano aperto gli occhi sulla natura umana, e con lei anche su quella inumana.
“Preferirei parlarvi della storia di questo giardino!”, rispose con fermezza Klaus, per niente turbato dal modo in cui Katerina aveva pronunciato le ultime parole.
“Volentieri, credo di aver destabilizzato il vostro portiere prima, domandandogli fin troppe cose su questo guardino.”, rispose lei con un sorrisetto malizioso.
“Spero che sia stato cortese nel rispondervi ad ogni vostra domanda,” disse, “d’altronde, io sarò migliore.”, aggiunse ammiccando.
“Oh, lo spero bene.”, dissi, prendendolo in giro.
“Questo giardino è nato verso la fine del 1700, creato da Klaus Arcaiel.” disse, soffermandosi su quel nome e scrutando il volto di Katerina.
“Vostro antenato, immagino.”, concluse la frase lei, deducendo che si trattasse proprio di lui.
“Esattamente, mia cara dama. Un mio nonno, chissà quale bisnonno, creò questo posto, questa poesia di fiori e piante. Lo creò per il sindaco di allora, antenato del sindaco attuale naturalmente, e grazie alla creazione di questo paradiso se lo aggraziò. Diventò una specie di confidente, per parlare come voi donne.”, si fermò per sorriderle, gentilmente.
“Passarono molti anni prima che questo posto diventasse quello che è ora. Inizialmente c’erano solo piante e fiori, niente sculture, ne fontane, ne labirinti. Quelli li crearono, lentamente, tutti i miei antenati, in accordo con i sindaci di allora.
Non passò anno in cui almeno una scultura, o una specie di fiore o pianta, o una particolarità non fosse aggiunta a questo giardino, e alle soglie di quest’anno è stata creata questa.”, concluse, allargando il braccio in modo da mstrare platealmente la statua che si trovavano davanti.
Rappresentava in ogni dettaglio l’uomo che Katerina si trovava davanti, in carne ed ossa.
I suoi occhi lo guardarono, lievemente spaventati, cercando di mantenere la calma e non far vedere a Klaus il terrore.
“Il vostro amato antenato, immagino.”, ripete ancora, abbassando lo sguardo sulla targa posta sotto la statua.
Diceva “Klaus Arcaiel: 1798”. Un brivido percorse la schiena della ragazza.
“So che sapete, è inutile evitare l’inevitabile.”, rispose Klaus, alzandole con una mano il volto.
Gli occhi di lei, vitrei, lo fissavano senza nessun apparente segno di vita.  Poi le sue labbra si mossero.
“Non ditelo. Vi prego. Non dovrei essere qui. Chiamatemi Celine per cortesia. Vorrei tornare a casa.”, disse, voltandosi per tornare verso la villa.
Klaus la prese per un braccio, per farla voltare, “non abbiate paura. Non vi farò del male. Voglio solo conoscervi, è un interesse reale ciò che provo per voi.”
“Mi avete soggiogata, quella sera, rubandomi la collana. Cosa avevate intenzione di fare?”, chiese Katerina in un impeto di rabbia, giunto all’improvviso.
“Non vi ho rubato niente, e non vi ho soggiogato, ciò che avete fatto, lo avete fatto di vostra spontanea volontà. Siete qui perché lo volevate.”, disse, guardandola negli occhi.
“Oh, è inutile che mi guardate così, non potete soggiogarmi ancora. So come proteggermi. Bevo verbena ogni giorno, se vi può interessare.”, rispose lei a quello sguardo.
“Non mi interessa, se proprio lo volete sapere. E se vi avessi soggiogato, vi avrei anche impedito di bere la verbena. Ricordatelo.”, detto questo si avviò verso la casa, in cerca di Elijah e Celine.






-Credits to: Rihanna ft Eminem - Love the way you lie-



-Spazio Autore-

Giornoooo :) Aggiorno quasi subito perchè il capitolo prima era piuttosto corto xD
E poi questo volevo proprio metterlo, non è un capitolo pieno di colpi di scena, ma racconta la storia prima di Klaus tra Elijah e Celine, una storia molto importante alla fine, a mio modesto parere. xD
Ho deciso che cambierò modalità di inserimento dei titoli, fin'ora mi sono limitata a cercare testi che c'entrassero un minimo con il capitolo, ora metterò un pezzo di testo della canzone che mi ha, in un certo senso, ispirato durante la scrittura del capitolo. In questo caso tra tutte ho scelto "Love the way you lie", sicuramente conosciutissima, selezionata tra varie canzoni. U.U 
Diciamo che un po' si ricollega anche con il rapporto che c'è tra Celine e Elijah, rapporto, da un certo punto di vista, di amore/odio.
Bene, dopo queste sparafleshate assurde vi lascio e passo ai commenti personali. 
Ringrazio chi segue in silenzio, chi visita e basta, mi mi ha messo tra le seguite e chi tra le preferite, chi tra le ricordate e chi mi segue sempre.
Esorto sempre a lasciare una traccia, dicendomi se faccio cagher o meno :)

@Glo e Giuls: Sapete già l'amore profondo che provo verso di voi quindi non c'è bisogno di dilungarsi più di tanto ahahaa. Vi amoooo <3
@Giraffetta: Sono contenta che ti piaccia questa FF, davvero molto contetna, tu inoltre scrivi benissimo quindi non può che farmi ulteriore piacere :) Spero continuerai a leggere, come io continuerò a leggere la tuaaa **

Un bacio, S.

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Capitolo 8
*** 8. Flowers for a ghost ***


8. Flowers for a ghost


Il viaggio del ritorno sembrò durare molto più del previsto, e Katerina, tra un sobbalzo della carrozza sul selciato sconnesso e l’altro, si ritrovò a riflettere sugli avvenimenti di quel pomeriggio.
Aveva scoperto cose che si erano insinuate nella sua mente lentamente. Ora sapeva che esistevano i vampiri, ma quanti erano intorno a lei non sapeva proprio dirlo. Distinguerli dagli altri le pareva impossibile e in quel momento sentì il bisogno di avere accanto la sua adorata nonna, sempre pronta a proteggerla da tutto.
Guardò la bionda amica che sedeva di fronte al lei mentre osservava il paesaggio fuori dal finestrino, e affranta dagli avvenimenti la imitò.
 
Arrivarono alla tenuta Petrova piuttosto tardi, fuori era già buio e la luna, piena e candida era alta in cielo creando finestre ombre attorno al giardino della residenza.
“Entriamo Celine, stanotte dormirai nella stanza degli ospiti, non fare complimenti.”, disse di fretta Katerina, vedendo in quelle ombre il timore che qualcuno le osservasse.
Entrando in casa uno strano senso di inadeguatezza la accolse, ricordando le parole della nonna.
Non invitare mai nessuno ad entrare. I vampiri non possono entrare se non sono invitati.
Si chiese se quell’invito potesse essere in qualche modo ritrattato e il timore che Klaus potesse entrare in casa sua, fare del male ai suoi cari, le fece percorrere un brivido lungo la schiena.
Celine incrociò i suoi occhi, e si rese conto di essersi bloccata in mezzo alle scale. Le sorrise e proseguì fino a raggiungere la sua camera, sicura che Klaus non le avrebbe fatto del male. Non in quel momento, perlomeno.
 
“Forse è meglio che vada a letto”, disse Celine alzandosi dalle solite poltroncine, poste nella camera di Katerina di fronte al caminetto, dove erano abituate a sedersi e a parlare per ore.
“Hai ragione Celine cara, ti ho tenuta qui contro la tua volontà, ma sai, stanotte vorrei proprio non rimanere sola. Sono inquieta.” Rispose Katerina abbassando il volto mentre scostava un lembo di vestito, ripiegandolo accuratamente sopra la gamba.
“Katerina stai tranquilla, nulla ti può accadere dentro casa tua. I fantasmi rimangono fuori.”, rispose rassicurante Celine, prendendole deilicatamente la mano con in mano il lembo di vestito e portandosela vicino al cuore.
Katerina si alzò e le baciò una guancia, augurandole la buona notte. La accompagnò alla porta e quando fu uscita, si appoggiò alla porta chiusa, facendo scattare la serratura.
Quei piccoli gesti sapeva che non sarebbero serviti, ma comunque le davano quella sicurezza che le mancava, era terrorizzata all’idea di aver invitato un vampiro in casa sua senza nemmeno sapere che lo fosse.
La balia bussò alla porta, e Katerina ebbe un sussulto. “Va pure a dormire Judith. Faccio da sola.” La congedò, andando verso la specchiera.
Quello che vide riflesso la tranquillizzò, era lei, era sempre la stessa, nonostante le cose che in quei pochi giorni aveva scoperto, da sua nonna, come da Klaus, lei continuava a rimanere la solita Katerina, con il sorriso stampato in volto e gli occhi felici. Si tolse lentamente gli orecchini e la collana, poi le gonne e infine, con qualche sforzo, il corpetto stretto. Si infilò velocemente la vestaglia di pizzo bianco e si infilò nel letto. Ben presto i sogni la richiamarono e felice si lasciò cullare dalle braccia protettive di Morfeo, dimenticando per un attimo ciò che il giorno le aveva portato.
 

She took a plane to somewhere out in space
To start a life and maybe change the world
See I never meant for you to have to crawl
No I never meant to let you go at all

Don't ever say goodbye

I'm only human
I'm only human
I'm only human

 
Una brezza cominciò a soffiare nella stanza, una leggera brezza fresca, proveniente dalla finestra, ora socchiusa. Era stato semplice entrare, era stato invitato e la serratura che aveva sentito scattare poco tempo prima, mentre dal giardino ascoltava cosa si dicessero le due dame, non lo spaventò, poteva benissimo evitarla, decise comunque che sarebbe entrato dalla finestra, più semplice e pratica.
Appena si ritrovò nella stanza un profumo familiare gli inondò le narici, provocandogli un immensa tristezza.
Lo stesso profumo, pensò guardando l’arredamento. I suoi occhi analizzarono ogni cosa, fino a posarsi sulle lenzuola, e su quella creatura che racchiudevano.
Klaus mosse passi soffici e silenziosi verso Katerina, vedendone Elisa. Era mosso dall’amore, o dalla vendetta?
Cosa ci faccio qui? Dopo tutti questi anni ancora a correr dietro a un fantasma? Dovrei lasciar perdere, la sua mente vago verso ricordi lontani, momenti indimenticabili, soprattutto per lui, che aveva vissuto fin troppo tempo per non riuscire a ricordarsene, per non averli analizzati e fatti riaffiorare più e più volte.
Vide quel viso, ancora una volta limpido e puro, identico alla donna che aveva amato per tutta l’esistenza, e la tristezza lo riaccolse. Una lacrima lenta e solitaria scese lungo il volto, mentre con una mano sfiorò con delicatezza il volto di quella donna, che in un certo senso non c’entrava niente, ma che sentiva di voler proteggere, a cui non avrebbe dovuto fare del male.
Un sospiro, e gli occhi di Katerina si aprirono, notando la finestra aperta. Nulla era cambiato nella stanza. Si alzò per richiuderla, stringendosi nelle spalle per la brezza fresca, e tornò a letto, poco prima di addormentarsi spostò la mano sotto le coperte, e sentì qualcosa di morbido e soffice, subito accese la abat-jour accanto al suo letto e si ritrovò tra le mani una rosa, rossa e fresca, affianco scorse una macchiolina. Acqua, si disse, lasciata dal fiore.
I suoi occhi si illuminarono, tornando a dormire con un sorriso.







Quotes to: Thriving Ivory - Flowers for a ghost




-Spazio Autore-


Beeene, dopo decenni e decenni torno con un capitolino piccolo piccolo ma secondo me pieno di amore e di emozioni u.U Almeno è quello che ho cercato di esprimere, la disperazione di questo pover'uomo che è Klaus. 
Allora, il titolo come la canozne è bellissima e mi è sembrata perfetta per questo capitolo, sentitela, anche se le mie adorate Delenine del foro la conoscono già. 
http://www.youtube.com/watch?v=uADPJJy8GyI Eccola :) Secondo me rende tantissimo il momento tra klaus e Katerina, che terrei a precisare che è un parallelo tra Damon e Elena, a inizio prima stagione. 
Sto cercando di rispecchiare molto la storia a quella che realmente è, e presto scoprirete che è più simile di quello che sembra xD
Non c'è stato Elijah in questo capitolo, e mi dispiace, ma si rifarà al prossimo **, ora che nel TF non c'è più voglio renderlo bene qui **
Comunquee, bando alle ciance, che ve ne pare? 
Ringrazio tutti quelli che commentano, che seguono, che ricordano e che preferisco e esorto sempre a lasciare commenti belli belli perchè tanto non vi si intorpidiscono le dita xD
Commenti personalizzati: xD
Giuls e Glo: Amori belli spero che vi sia piaciuto questo capitolo perchè io l'ho amato. xD Fatemi sapere e sappiate che vi amo immensamente che commentate sempre la mia FF che è quasi morta senza i vostri commenti **
Giraffetta: Mi fa piacere che ti sia piaciuto il capitolo prima *w* Si la storia tra Elijah e Celine è bella, soprattutto perchè lui aveva bisogno di lei come lei aveva bisogno di lui, ma si vedrà meglio la loro relazione nei prossimi capitoli, Elijah avrà parti importanti xD
Sekunden: Tranquilla, sono contenta che comunque ti sono piaciuti e che me lo hai fatto sapere :) Spero che anche questo ti piaccia come gli altri. **

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Capitolo 9
*** 9. I'm coming home, let the rain wash away all the pain of yesterday. ***


9.  I’m coming home, let the rain wash away all the pain of yesterday.

 
Un raggio di sole penetrò dalle tende della finestra e si andò a posare proprio sul volto di Katerina, svegliandola dal sonno profondo in cui era caduta dopo aver trovato la rosa, e dopo aver perso tempo facendo congetture su chi potesse averla lasciata sul suo letto, trovando sempre la stessa risposta.
Sapeva che non era giusto, ma provava gratitudine verso quella persona che era entrata nella sua stanza per lasciargliela. Non avrebbe dovuto essergli grata, avrebbe dovuto temerlo, avrebbe dovuto odiarlo, eppure, nel profondo del suo cuore, avrebbe voluto vederlo la notte scorsa, avrebbe voluto fargli domande, avrebbe voluto che lui gli raccontasse ogni cosa.
Quella mattina però l’avrebbe spesa in altro modo, alzandosi vide il suo profilo nello specchio accanto all’armadio e si vide diversa, le pene sul suo viso sembravano svanite, lasciando spazio a un sorriso che affiorava dalle labbra rosee. Gli occhi frangiati di ciglia castane sembravano di nuovo rilassati e senza preoccupazioni, e lisciandosi la vestaglia di pizzo analizzò la figura snella e sensuale del suo corpo, compiacendosi della sua avvenenza.
Mentre giocherellava con una ciocca ribelle aprì l’armadio, in cerca di un vestito che si potesse intonare con il suo umore felice e con la giornata soleggiata che l’aveva svegliata tanto dolcemente. Trovò quasi subito l’abito adatto, un vestito giallo paglierino, con dettagli bianchi, scollo quadrato e maniche al gomito. Il pizzo bianco adornava decollette e la fine delle maniche e delle gonne, donandole un aspetto da bambina.
Contenta si quella scelta lo indossò, tirando su i capelli in un’acconciatura semplice, non troppo elaborata.
Boccoli le ricadevano sul viso, alimentando l’idea della bambina dentro di lei.
Appena fu pronta spalancò la porta della sua camera, dirigendosi di corsa verso la stanza degli ospiti, pronta a svegliare anche Celine, per andare a fare colazione, ma trovò la porta della camera aperta, e udì provenire un canto dall’interno della stanza.
Il suo sorriso si spalancò e varcò la soglia della stanza, trovando Celine che canticchiava di fronte alla specchiera, intenta a indossare gli orecchini del giorno prima.
“Lascia che ti aiuti, carissima”, disse Katerina con un sorriso, raggiungendola.
“Buongiorno Katerina”, disse Celine smettendo di cantare.
“Oh, no. Continua te ne prego. Il tuo canto fa invidia agli usignoli appollaiati sugli alberi, in questa così bella giornata.”, la supplicò Katerina, sempre più felice.
“Come desiderate”, ribattè Celine, facendo echeggiare la sua risata cristallina nella stanza.
Il canto ricominciò, per essere concluso quando si sedettero a tavola, pronte per una fresca e sostanziosa colazione.
“Buongiorno signorine,”, disse entrando nella sala il padre di Katerina, prostrandosi in un inchino. “Non ho avuto il piacere di vedervi la scorsa sera, a cena. Dove siete state, di grazia?” chiese, curioso, sedendosi a capotavola.
“Prego padre, prendete pure una fetta biscottata”, disse Katerina porgendogli il cestino del pane.”Siamo state a casa di Celine, mio caro padre. Vogliate perdonare la nostra scortesia nel non avervi avvertito in precedenza.” Mentì Katerina, Dando un colpetto sulla gamba di Celine, seduta di fronte a lei. Celine capì che non era nelle intenzioni di Katerina dire la verità al padre, e sorrise a quest’ultimo, alimentando la storia dell’amica. Mangiarono di corsa e presto si ritrovarono in giardino, a godersi il sole e la bella giornata.
“Katerina, sarà meglio che torni a casa anche io quest’oggi. E’ sempre un piacere stare in vostra compagnia, nella vostra casa, ma sapete bene che.. ne ho una anche io.”, concluse con la solita risata cristallina.
“Potete andare quando volete, mia cara amica. Vi tengo qui perché amo la vostra compagnia. Ma prima di andare, raccontatemi, ieri come siete stata con il vostro.. amante?”, chiese, abbassando il viso, mentre un rossore appariva sulle guance.
Non aveva mai avuto pudore, o timore di quello che le diceva l’amica, sempre immischiata in qualche storia passionale, ma ora che sapeva la verità su Klaus, immaginava che anche Elijah facesse parte della stessa “specie”, e quindi si chiedeva se Celine sapesse tutto.
“Abbiamo parlato tanto, cara. Averlo ritrovato qui mi ha infuso una gioia grandissima.”, disse, guardando l’amica con occhi lampeggianti di felicità e, in un sussurro, si lasciò scappare: “Credo di essermi innamorata, Katerina.”
L’amica la guardò, e nonostante provasse felicità per Celine, non poteva fare a meno di pensare alle conseguenze di ciò che lei provava, innamorarsi di una creatura di quel genere poteva significare solo guai, guai seri. Vide in un attimo la sua amica scomparire, nella sua mente, vide il dolore nel sapere che non sarebbe più tornata, vide Elijah ucciderla, succhiandole tutto il sangue che aveva in corpo, la sua mente viaggiò e i suoi occhi si spalancarono in un attimo, terrorizzati.
Celine vide lo stato d’animo di Katerina palesarsi sul suo volto e non seppe cosa fare, capì che sapeva, sapeva anche troppo, e cercò un diversivo.
“Tu hai passato una bella serata ieri?”, chiese, tornando a camminare, stavolta verso la porta di casa. Voleva condurla in casa, per poi esser libera di andarsene da lei e da quel terrore che l’attanagliava. Non poteva farle credere che anche lei potesse c’entrare qualcosa con i vampiri.
“Oh..” si riscosse Katerina. “Si si, Sr. Klaus mi ha portato gentilmente a vedere ogni statua e ogni anfratto di quel giardino, ieri sera.” E un risolino arrivò prontamente a allentare la situazione, evidentemente tesa, tra le due.
“Siamo arrivate davanti casa. Carissima, posso prendere la vostra carrozza? Prometto che appena sarò arrivata la rimanderò indietro.”, chiese, sorridendo.
“Ma non sono nemmeno cose da domandare, prendetela e tenetela quanto volete, mio padre neanche se ne accorgerà, sbadato com’è.” E le amiche si abbracciarono, congedandosi da quella strana conversazione.
 
 
“Dove sei stato stanotte?”, la voce di Elijah arrivò alle orecchie di Klaus come uno scherno, sapeva perfettamente dove l’uomo fosse stato, eppure voleva sentire la frustrazione dell’altro mentre ammetteva la debolezza, mentre diceva di essere andato da lei.
La risposta non giunse, e girandosi per uscire in giardino aggiunse Elijah: “La storia non si ripeterà, fratellino.”
E scomparve tra le porte svettanti dell’ingresso di casa Arcaiel.
 
 
“Padre, esco. Tornerò prima di cena, tranquillo.”, con queste parole, urlate in direzione dell’ufficio del padre al piano superiore, Katerina uscì di casa.
La fresca giornata l’aveva invogliata ad uscire già dalla mattina, la partenza di Celine, inoltre, le aveva permesso di realizzare i suoi progetti della giornata.
Ricordava ancora il viso della vecchia donna che l’aveva toccata quel pomeriggio in erboristeria, e voleva rivederla, parlarle e scoprire cosa aveva visto.
Aveva già avuto a che fare con delle visioni, sua nonna ne aveva di continuo, anche se Katerina non sapeva bene cosa fossero, ma ora che sapeva ciò che sua nonna era, poteva solo sperare che quella donna le avrebbe confessato le sue visioni.
In men che non si dica arrivò in città, incontrando conoscenti e amici perse tempo, in cerca del vecchio negozio. Il terrore che potesse essere arrivata in ritardo l’attanagliava a tal punto da farla tremare, e le persone attorno a lei non facevano altro che farla agitare ancora di più, facendole perdere tempo in discussioni inutili. Strinse forte il ciondolo che aveva al collo e si diresse verso una stradina, una stradina che conosceva bene, era quella che faceva con sua nonna ogni volta che andavano in quel vecchio negozio, e la fiducia, la speranza che aveva nelle parole di sua nonna le dettero forza, la forza necessaria per varcare la soglia del negozio.
Appena entrò un odore acre e nauseabondo la fece quasi svenire, ricordò in un attimo il profumo che le giungeva alle narici ogni volta che entrava con la nonna, e capì che non era tutto a posto, qualcuno, o qualcosa, era stato li prima di lei.
Guardandosi attorno in quell’angustio spazio notò che tutte le cassettine contenenti ogni tipo di erbe erano state febbrilmente aperte e gettate a terra, come alla ricerca di qualcosa in particolare che non fosse in nessuna di quelle scatoline. Gli occhi le si colmarono di lacrime mentre si accovacciava a raccogliere una piantina, caduta a terra nella foga della situazione e calpestata, schiacciata senza ritegno. Il posto magico che era una volta era stato distrutto, e con lui la bambina che era Katerina ogni volta che vi entrava.
Nella confusione non si era accorta che una figura nera e scomposta era accovacciata al di la del bancone, e appena se ne rese conto il terrore la assalì nuovamente, credendo che fosse li per farle del male. Rimase immobile dov’era senza aver la forza di muoversi, annientata dalla paura, ma la figura non si mosse.
D’un tratto Katerina si rese conto che quella figura non si sarebbe mossa, che quella sagoma nera non respirava, e guardandola attentamente scorse dei capelli grigi, e capì che era una donna. La donna che l’aveva avvertita molto tempo prima. Come aveva temuto era arrivata in ritardo, la donna era stata uccisa per evitare che parlasse, e con lei sarebbero state uccise tutte le persone che avrebbero cercato di aiutare Katerina. Per un attimo pensò a chi potesse aver intenzione di farle questo. Dopotutto Klaus le aveva detto la verità, non avrebbe avuto alcun motivo per uccidere una persona innocente, poi i suoi pensieri volarono a quel pomeriggio.
Si ricordò che gli occhi della donna avevano guardato con estremo terrore Celine, per poi posarsi di nuovo su Katerina. D’un tratto si rese conto di ciò che aveva creduto impossibile fino a pochi istanti prima, e i suoi occhi si riempirono nuovamente di lacrime, capendo che Celine non era poi l’amica che credeva fosse.
Celine era una vampira.
 
 
Nella penombra del suo studio, Klaus cercò invano conforto alle sue preoccupazioni, massaggiandosi la fronte con una mano, cercando di alleviare il  mal di testa che gli imperversava in testa da quando si era destato quella mattina.
Le parole di Elijah erano state sempre le stesse, e i fatti successi quasi mille anni prima riconfermavano ciò che lui era disposto a fare, andando anche contro suo fratello.
 

In una giornata soleggiata – 1756

 
“Oh, mio caro, credete davvero di potermi prendere?”, la risata cristallina della donna che aveva pronunciato quelle parole inondò l’aria di buonumore ed allegria, sapeva come far piacere a un uomo, quella donna.
“Signorina Elisa, non crederete voi, invece, che io vi insegua per tutto il giardino, spero”, rispose quel ragazzo, ancora troppo giovane per capire i meccanismi della vita.
“Provate a prendermi, Sr. Elijah.”, disse la dama, nascondendosi dietro a una statua e esponendo solo il volto, quel volto tanto dolce e provocante.
L’avrebbe seguita in capo al mondo, di questo era convinto, Elijah.
“Non la segui fratellino?”, sentì una voce alle spalle, e di colpo si voltò, Klaus era dietro di lui, intento a guardare con occhi quasi affamati la dama. La stessa dama che lui stesso bramava.
“Sappi che se non lo fai te, lo faccio io.”, rise, salutando con un inchino Elisa.
“Che bella giornata per una passeggiata in giardino, vero Mrs. Elisa?”, chiese, ammiccando nella sua direzione.
“Assolutamente, ma, ahimè, Elijah non vuole unirsi a me nei festeggiamenti per questa bella giornata. Mi farebbe l’onore di seguirmi lei?”, chiese provocante Elisa, uscendo dal nascondiglio offertole dalla statua e andando a posare una mano di fronte a Klaus, che prontamente la prese e la sfiorò con le labbra.
“Senza alcun dubbio,” sorrise, sorpassando il fratello. “Sr. Elijah, se vuole unirsi a noi è libero di farlo.” Disse infine Elisa, prima di scomparire al di la di una siepe, con Klaus.
Gli occhi di Elijah bruciarono mentalmente la scia che aveva lasciato quella donna al suo passaggio,e con lei l’immagine del fratello in sua compagnia. Il fratello, che aveva sempre avuto tutto, non avrebbe avuto anche la donna che lui desiderava.
Li lasciò andare soli, senza dimenticare quel giorno.
 
 
La mente di Klaus scacciò i pensieri dalla mente, rivedendo il volto di Elisa aveva avuto una fitta al cuore, l’amore provato per quella donna era stato immane, e non era ancora assopito, nonostante tutto il tempo passato. I ricordi erano ancora li, pronti ad annientarlo ogni qualvolta li avesse rievocati, vividi e presenti come appena vissuti.
In un attimo pensò al fratello, avrebbe dovuto trovarlo, parlargli, di quello che era accaduto e che non sarebbe più riaccaduto, così si alzò, e in un battito di ciglia scomparve, lasciando dietro di se solo un profumo intenso, la scia della sua presenza.
 
 
Katerina era sconvolta da ciò che aveva scoperto, si trascinava per le strade, aveva bisogno di chiarezza, niente più era al sicuro, nessuno, tanto meno lei.
Celine sapeva tutto, sapeva chi fosse Klaus e sapeva cosa fossero quei due uomini insieme, erano quello che era lei stessa.
Non era al sicuro più da nessuna parte, neppure tra le mura della sua casa. In un attimo si rese conto di ciò che aveva procurato alla sua famiglia invitando ad entrare Celine, e si chiese come mai non avesse ancora fatto del male a nessuno, nemmeno a lei.
Sentì il bisogno, incondizionato, di vedere sua nonna, di sentirla vicina, di sapere che lei era dalla sua parte, che qualcuno lo era. Presto, trascinandosi per le strade della città, si ritrovò al cimitero cittadino, e capì che non era una casualità trovarsi li. Era li per un motivo esatto, li era stata sepolta sua nonna, li avrebbe capito cosa doveva fare ora, che niente era più sicuro.
Entrò nel cimitero, stava facendo buio e le lapidi creavano strane ombre attorno a lei, ma Katerina non aveva paura, non più. Sapeva che qualcosa le sarebbe accaduto comunque, che avesse paura o meno, avrebbe accettato ciò che le sarebbe successo. Si diresse a passo spedito alla tomba di sua nonna, guardo la foto, e si inginocchiò davanti alla lapide, mentre lacrime iniziavano a sgorgare dai suoi occhi, inconsciamente si ritrovò a gemere e a piangere, mentre la bocca pronunciava parole che erano albergate nella sua mente per troppo tempo. Le parole uscirono senza che nemmeno se ne rendesse conto, raccontavano di Klaus, di Elijah e di Celine, di tutto ciò che le era capitato in quel periodo. D’un tratto un’ombra si fece più invadente delle altre, oscurando improvvisamente la foto della nonna, Katerina quasi non se ne accorse, per i lacrimoni che le offuscavano la vista, ma una mano le si poggiò sulla spalla e in uno scatto di girò, in preda al panico, credeva fosse arrivata la sua ora, ora che aveva scoperto tutto e che non c’era più niente e nessuno a salvarla.
Gli occhi le si spalancarono e le lacrime smisero di cadere, come rispettose della persona che si trovavano davanti. Le parole smisero di uscire e lasciarono la bocca vuota e spalancata, stupita.
“Ciao piccola mia.”, disse una voce familiare, dolce e allo stesso tempo ruvida, rinfrancata dal tempo e dal dolore provato.
“Nonna..”, furono le uniche parole che riuscì a pronunciare Katerina, prima di svenire, sopraffatta dagli eventi. 






-Spazio Autore-

Buonaseraaa :) Ci ho messo tanto per scivere questo capitolo che mi piace molto xD Scritto tutto molto Jane Austen ahaha 
Allora, prima di tutto la quotes è la canzone Coming Home - Ditty Dirty Money.  E per questo vorrei ringraziare Giuls per avermela ricordata e per avermela fatta risentire *w* E' stupenda e la amo u.U
bene, spieghiamo un po' il capitolo, come vedete si scopre che alla fine la storia si ripete, si ripete, e si ripete ancora, chissà che non sarà nel gene delle Petrova comportarsi come tali U.U 
A me piace troppo sta cosa che riprendo i flashback del TF perchè li posso raccontare scrivendoli e comunque prima o poi arriverò a raccontare quelli veri quindi mi piace. La mia idea sarebbe di partire da Elisa, poi passare per Katerina, e da Katerina arrivare ai giorni nostri e quindi a Elena. Chissà se riuscirò mai in questa impresa, verrebbe fuori proprio un bel malloppo aahsuahsuahua. 
Comunque come avrete capito c'è il flashback del flashback quando Elisa si nasconde dietro alla statua, c'è anche nel TF, U.U 
Farei notare che Elijah rappresenta Stefan e Klaus rappresenta Damon U.U Capirete poi perchè xD  Elijah alla fine è come Stefan, si, ma solo per ora, perchè non è proprio martire Santo Stefano U.U 
Poooi, E' TORNATA LA NONNAAAAAAAA XD, io sono felicissima di sta cosa perchè presto arriveranno altri personaggi e si vivrà un po' meglio xD
ci sono molte cose che la nonna sa e che dirà a Katerina, vabbè ma non sto a dirvi tutto... mm.. che altro devo dire..
poveraccia la veccchietta del negozietto è stata ammazzata -.- E ora si è scoperto che anche celine è vampira u.U Chissà come reagiranno entrambe nel rivedersi xD
Insinuo in voi il dubbio aahaha. Ahhh, presto tornerà anche Justin, Yep. Vi ricordate quell'allocco che ci provava con Katerina a inizio FF? Proprio luiiiiiiiii.. xD

Quindi aspettatevi grandi cose xD Bene basta con questo spazio poco serio.. 
Ringrazio che passa e chi va, che lascia un commento e anche chi non lo lascia ç__ç 
Ringrazio specialmente quelle che commentano, cioè Giraffetta ** Grazie grazie grazieee **
Le mie amore del forum che io amo alla folia e che già lo sanno ma lo ripeto U.U
e Sekunden che ringrazio che commenta semrpe *w*
GRRRRAAAZZIIIIEEEE *u*

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Capitolo 10
*** 10. Your Guardian Angel ***


10. Your guardian angel

 
“Nonna”, la voce di Katerina risuonò nell’oscurità della stanza in cui si trovava.
Si era appena svegliata, non ricordava bene cosa era successo, e non sapeva nemmeno dove si trovasse in quel momento. Cercò di abituare gli occhi a quel buio intenso, per scorgere qualcosa, qualche mobile, qualche finestra, qualcosa che le facesse capire dove si trovava. Si alzò a sedere sul letto su cui era stata distesa in precedenza e si rannicchiò il più possibile su quel letto piccolo e scomodo. Non può significare nulla di buono, pensò Katerina, cercando di ricordare cosa l’avesse portata in quel postaccio. Ricordava di essere andata al cimitero, di aver camminato fino alla tomba di sua nonna, e di averla vista. Poi il vuoto. Evidentemente non era la nonna quella che aveva visto.
Gli occhi iniziarono a scorgere qualcosa nell’oscurità, dei mobili arredavano quella stanza, che a prima vista appariva però spoglia e disabitata, nessun quadro, nessun lampadario adornava le pareti, bianche e vuote. Una finestra si stagliava su una parete, in lontananza rispetto a dove si trovava Katerina, e la ragazza ebbe l’idea di potervici scappare, ma non conosceva l’altezza da cui sarebbe dovuta scendere, e nemmeno chi l’avesse portata li. Probabilmente non avrebbe gradito se Katerina fosse fuggita.
Le sue strategie di fuga vennero interrotte dall’apertura di una porta e dalla luce accecante proveniente dalla stessa, che la portarono a coprire gli occhi, accecati dal bagliore.
Un ombra nera si avvicinò al letto, con una lanternina che emanava una luce fiebile. La figura si avvicinò al letto, fino ad arrivare a sedersi vicino al corpo di Katerina, ancora fermo per la luce e per la paura. Non avrebbe voluto alzare gli occhi per vedere quel viso, sospettava potesse essere tutta una mossa strategica di Klaus e compagnia bella, che per farla tacere la stavano uccidendo, ma la voce che parlò mise a tacere tutto il flusso di pensieri che scorreva  in quel momento nella testa della ragazza.
“Nina.”, la voce della nonna l’avrebbe riconosciuta tra mille, anche a distanza di anni. Nonostante fosse più secca, rauca e parlasse con molta fatica, Katerina si girò con le lacrime agli occhi,abbracciando la nonna.
Per un attimo le sembrò di abbracciare un’altra persona, entrambe erano cresciute ma, mentre Katerina era diventata più alta e forte, la nonna si era ridotta a un rametto secco, dato dall’età. La presa attorno al suo petto si allentò un poco, sembrava talmente fragile da poter essere rotta con un colpo di vento. Katerina aveva sempre visto sua nonna forte e coraggiosa, vederla per un attimo fragile e vecchia in quel modo, la fece intristire, non era più la nonna di un tempo, e lei dopo quel giorno in cui le aveva dato la lettera, non l’aveva più vista, evitando di andare anche al funerale.
Ma ora la nonna era li, la stava stringendo tra le braccia, e non poteva essere resuscitata.
“Come fai.. ad.. essere qui?”, chiese Katerina, riluttante, staccandosi dall’abbraccio della nonna.
“Oh cara, era per il tuo bene, ma con dispiacere noto che non è servito a molto morire. La magia mi ha salvato quando ero data per spacciata, ho finto la mia morte per proteggerti da questo mondo, ma ahimè, il mondo è arrivato da te senza che io potessi fare nulla.”, i suoi occhi si abbassarono, dimostrando che tutti i suoi sforzi erano stati vani.
“Mi dirai tutto?”, chiese Katerina, cercando il suo sguardo, dopotutto, nonostante fosse più anziana, era sempre la nonna combattiva che conosceva fin da piccola, non voleva vederla abbattersi così.
“Sei qui proprio per questo”, disse la nonna, rifacendosi attiva e piena di volontà, “sarà ora che io accenda qualche luce in questa casa, dobbiamo lavorare.”, e così dicendo si alzò da letto, aprendo le tende che oscuravano la luce filtrante dalle finestre, e andando a prendere i candelabri nelle stanza attigue.
“Katerina per cortesia, non pensare mai più di scappare dalla finestra.”, si sentì echeggiare nell’altra stanza, seguito da una risata. La solita risata della nonna, pensò Katerina, e in un attimo si rilassò, allietata dal calore dei raggi solari che giungevano fino al letto.
La nonna la raggiunse in pochi istanti, con un bel po’ di candelabri nelle braccia, pronti per essere accesi.
“dov’è l’accend..”, iniziò a domandare Katerina, ma in un attimo tutti i candelabri si accesero all’unisono.
“Iniziamo da questa: magia.” ,disse con un sorriso la nonna, andando a sedersi con le gambe incrociate di fronte a Katerina, che invece si alzò, si tolse il vestito ingombrante, rimanendo in sottoveste, e fece lo stesso della nonna.
“Bene, tu hai avuto una visione sommaria di tutto ciò che riguarda la magia, e i vampiri. In questi giorni io ti spiegherò ogni cosa, senza tralasciare niente.”
Gli occhi di Katerina si illuminarono, ma la nonna continuò.
“Non c’è niente di bello in questo Katerina. Sono cose estremamente pericolose, e te le sto dicendo solo perché voglio che tu ti protegga, se e quando ce ne sarà bisogno.”
Il viso di Katerina si indurì, immediatamente concentrato verso quello che diceva la nonna.
“Iniziamo.” Sussurrò la ragazza, sempre più convinta.
“Bene.. in questo mondo non siamo più solo noi gli abitanti, gente normale, che visita il mondo, viva. Il mondo è popolato da varie specie, comprese le streghe, e i vampiri.
Le streghe non nuociono più di tanto, hanno il potere di fare molte cose, ma hanno la consapevolezza che queste cose non si possono fare in pubblico. Se venissero scoperte andrebbero al rogo, e sappiamo entrambe bene che solitamente le donne che vanno al rogo non sono delle streghe. Le streghe sanno come non farsi scoprire.
Poi ci sono i vampiri, e qui il discorso diventa complesso e difficile da spiegare. Prima di tutto ti dico che i vampiri sono persone morte, resuscitate sotto forma di vampiro, che si cibano di sangue umano per sopravvivere. Ci sono quelli buoni e quelli cattivi, anche se per ora ne ho conosciuti solo di cattivi. I buoni decidono di bere sangue animale, i cattivi continuano a bere sangue umano. Col sangue animale è più difficile resistere a quello umano, e si vive una non-vita diversa..”.
Katerina ascoltava quelle parole, cercando di capire più di quanto già non sapesse, ma in quel periodo aveva studiato un po’ ciò che potevano essere i vampiri e questo genere di cose, e già molte di quello che diceva la nonna lo sapeva.
“Vai avanti nonna, so già tutto. Parlami di quello che non scrivono sui libri.” Disse la ragazza, interrompendola.
“Come ti avevo già scritto nella lettera, i vampiri possono soggiogarti, possono farti credere ciò che vogliono loro, semplicemente guardandoti negli occhi e dicendo ciò che loro vogliono che tu faccia o dica. È una cosa molto difficile da contrastare, ma anche i vampiri hanno il loro punto debole, possono essere sconfitti con un paletto nel cuore..”.
“Come nei libri”, disse Katerina sorridendo, non credeva possibile che fosse così semplice.
“Si, ma non è semplice come sembra, questi essere sono veloce come la luce, si spostano molto velocemente, quasi da non riuscire a vederli mentre lo fanno. Inoltre c’è una cosa che può sovvertire il potere di soggiogare che hanno su di noi. Il ciondolo che ti ho regalato conteneva della verbena, è l’unica erba in grado di contrastare in loro potere, e se assunta da un vampiro può indebolirlo e, se è debole, stordirlo per qualche tempo.”
Rimasero li ferme a parlare per molto tempo, Katerina ogni tanto faceva domande, e la nonna rispondeva. Ogni ora che passava la ragazza vedeva il corpo della nonna indebolirsi, fino a diventare scheletrico e debole. Le propose più volte di fermarsi a fare una pausa, ma la nonna declinava l’offerta ogni volta, dicendo che ciò che le stava dicendo era più importante di tutto il resto.
Passarono un giorno e mezzo rinchiuse in quella casa, la nonna le disse ogni cosa e Katerina apprese, nonostante la preoccupazione per la nonna che peggiorava a vista d’occhio.
Alla fine del due giorni la nonna tacque, guardò Katerina e disse: “Un’ultima magia. Tra poco sarai a casa, forse  mi rivedrai. Per ora quello che ci diamo è un addio piccola mia. Sai molte più cose di quante sperassi di raccontarti, ma la mia ora è giunta. Dobbiamo lasciarci.”
Katerina la guardò con riluttanza per poi annuire, consapevole di quanto le stava dicendo la nonna.
“Sei un riflesso della nonna vero?”, chiese in un sussurro la ragazza, abbassando lo sguardo sulle proprie mani raccolte in grembo.
“Katerina, questo dimostra quanto tu abbia imparato in questi due giorni. Io sono il tuo angelo guardiano, una specie di angelo custode insomma. Ci saranno persone di cui ti potrai fidare durante questa vita, e lo capirai da sola. Il mio lavoro qui è finito.”
 

I will never let you fall(let you fall) 
I'll stand up with you forever 
I'll be there for you through it all(though it all) 
Even if saving you sends me to heaven 


Era rimasto li, in quel giardino, per un giorno intero, e non l’aveva vista. Non credeva possibile che si assentasse per così tanto tempo da casa, e pensò il peggio, Celine poteva essere imprevedibile e temette che si fosse lasciata prendere dalla situazione.
Si erano sentiti poco tempo prima e la bionda aveva confermato di aver ucciso la anziana signora della drogheria, aveva detto che “sapeva troppo”. Non aveva mai amato Celine, i suoi modi e il modo in cui parlava, ma era la compagna di suo fratello, e aveva accettato, sperava inoltre che a contatto con Katerina sarebbe cambiata.
L’aveva mandata in quella casa, da quella ragazza tanto uguale a Elisa, per avere l’opportunità di conoscerla.
Sapeva che Katerina avrebbe fatto una brutta fine, ma lui avrebbe voluto impedirlo, era convinto che Katerina non fosse Elisa.
Klaus sentì una carrozza arrivare e si fece guardingo, si nascose dietro a una siepe alta e fitta e vide Katerina scendere dalla carrozza e dirigersi a passo svelto verso la porta di casa. Era turbata in volto, ma in un certo senso anche convinta di ciò che faceva, l’uomo si chiese cosa fosse successo, come ogni sera decise di aspettare che lei dormisse, per entrare dalla finestra.
Attese per molto tempo prima che tutte le luci si spegnessero, e ancora prima di avere la sicurezza di poter entrare indisturbato.
In un attimo fu su, la vide li, stesa sul letto, e non seppe resistere, la sfiorò con una mano e lei rabbrividì. Klaus allontanò la mano dal suo volto ma non se ne andò, avrebbe voluto vederla sveglia, avrebbe voluto parlarle, ma sapeva che non sarebbe accaduto, non più. Perso nelle sue elucubrazioni non si accorse che Katerina aveva gli occhi aperti, e che lo guardava, con un misto di pena e paura. Quando Klaus tornò con lo sguardo su di lei la vide, per la prima volta si stupì di quella ragazza, era riuscita a fregarlo, facendogli credere che stesse dormendo. Fece per andarsene ma Katerina allungò una mano, afferrandogli il braccio.
Avrebbe potuto utilizzare la sua velocità, ma non lo fece, qualcosa lo trattenne li, in quel punto preciso, le gambe inchiodate al pavimento. Non sarebbe dovuto venire quella sera.
“Perché sei qui?”, la voce di Katerina era tanto flebile da non poter essere udita da nessuno, eppure lei ormai sapeva bene che Klaus avrebbe sentito benissimo.
Non ricevette risposta, ma il corpo di Klaus si mosse impercettibilmente, e lei strise la presa intorno al suo polso, pensando invano di poter trattenerlo. In realtà era una forza molto più grande a trattenere Klaus in quella posizione, in quel posto, una forza che andava oltre la volontà e i poteri del vampiro: l’amore.
Klaus non amava Katerina, ma rivedeva in lei Elisa. E l’amore per quella donna non era mai finito, nonostante tutto. Volse lo sguardo verso la ragazza, che, senza lasciare la presa sul suo polso si era alzata a sedere, mentre con gli occhi guardava intensamente Klaus in tutto il suo aspetto, temendo di vederlo scomparire da un momento all’altro.
La ragazza spinse il polso dell’uomo verso la sua direzione, costringendolo a muovere tutto il corpo, e in un attimo se lo ritrovò di fronte, e il vampiro non potè più sfuggire a quello sguardo.
“Raccontami di lei.”, le parole uscirono dalla bocca di Katerina senza che lei se na accorgesse, la nonna le aveva parlato di Elisa, e della doppelganger, ma lei voleva sentire la storia dall’uomo che era di fronte a lei, non da altri.
Klaus la guardò, cercando di scavare in quegli occhi profondi e scuri come gli abissi, e si liberò lentamente dalla stretta che la ragazza ancora esercitava sul suo polso. Katerina, prima riluttante, lasciò a malincuore il polso dell’uomo, ormai cedevole al suo volere, ma lui, anziché sparire, si sedette sul letto accanto a lei, guardandola negli occhi. Le avrebbe raccontato ogni cosa.
 
 
 
-Spazio autore-
 
Eccomi qui con un nuovo capitolo. Questo capitolo mi è piaciuto molto da scrivere, spero piaccia anche a voi u.u
La canzone è molto bella, e mi è venuta in mente mentre scrivevo della nonna, volevo trovare un modo per renderla eterea e perfetta, nonostante sia anziana e fragile. Cosa c’è di più bello di un angelo custode? Inoltre il compito della nonna non è finito qui. Nel prossimo capitolo si parlerà di altre cose che ha fatto la nonna per questa povera ragazza che è Katerina.
u.u Vi consiglio comunque di ascoltare la canzone, che forse riprenderò anche più avanti perché c’è un pezzo che vedo perfetto per un punto della mia storia u.u
http://www.youtube.com/watch?v=jRehmX3zlwE
Passiamo alla seconda parte, perché questo capitolo alla fine è diviso un po’ in due parti u.u
La seconda parte vede i pensieri di Klaus, voglio arrivare a raccontare sta benedetta storia di Elisa, e quale modo migliore se non raccontare tutto a Katerina? Nella scena che li vede nella stanza c’è un bel po’ di chimica a mio parere, lei ricorda le parole della nonna, Ci saranno persone di cui ti potrai fidare durante questa vita, e lo capirai da sola. E infatti lei capisce che si può fidare di Klaus.. mi è piaciuta tanto sta scena perché andrà ad aprire uno spiraglio di “amore” tra i due, e la cosa mi alletta **
Lui decide di raccontarle ogni cosa e lei sarà li ad ascoltarlo, dopo cambierà qualcosa, e tutto sarà più bello **
 

Quotes: The Red Jumpsuit - Your Guardian Angel

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