Segretamente , tra l'ombra e l'anima.

di AntonellaSpuffy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo e 1°Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2°Capitolo, parte 1 ***
Capitolo 3: *** 2°Capitolo, parte 2 ***
Capitolo 4: *** 3°Capitolo, parte 1 ***
Capitolo 5: *** 3°Capitolo, parte 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo e 1°Capitolo ***


Questo personaggio era nato per altre storie. E non era mai andato via dalla mia anima. Doveva prendere vita e l’ha fatto con questa storia. Attraverso la quale riprendo a scrivere dopo tanto. ps.il mio amore sproporzionato per un noto telefilm mi ha portato ad utilizzare alcuni nomi famosi ^^

Dove sei stato. Eri lontano. Eppure eri qui. Ne sono certa.

Perchè non è possibile che io abbia vissuto, respirato, aperto gli occhi ogni mattina senza che tu fossi con me.

Se tu fossi stato lontano non sarebbe accaduto.

E ora la tua presenza mi sta uccidendo. E ora voglio morire tra le tue braccia.

Fammi vedere come si muore.

Va bene. Mi basta. Tutto pur di starti accanto.

Fammi vedere come si muore dentro ai tuoi occhi.

 

Prologo

 

Un altro pomeriggio di noia mortale, un altro giorno di tedio nauseante.

Scarabocchio il quaderno di algebra e mi fisso nello specchio che riflette stufo la mia immagine. E’colpa di questo buco in cui vivo.

Se fossi in California sarei su una spiaggia ad abbronzarmi, avrei un contratto, pubblicato due best-sellers e sarei famosa.

E’tutta colpa di questa specie di piccolo villaggio kitsch anni ottanta se sono in questa situazione.

 La piccola peste mi fissa dal pavimento che ha imbrattato con un sorriso malefico.

Gode per il fatto che io debba ripulire tutto, compreso la pappina che sbrodola e i suoi escrementi puzzolenti. Perfetto!

Lui, insieme al paese decrepito, costituiscono l' incubo della mia vita.

Strattono i libri e decido di prepararmi qualcosa da sgranocchiare per affogare la disperazione.

Papà è al piano di sotto, davanti alla tv, telecomando alla mano per impedirmi di vedere uno straccio di telefilm e mega secchio di pop-corn .

 La sua pancia sta per raggiungere il tavolino su cui ora sono adagiati milioni di nachos al formaggio e salsa piccante, ma questo non sembra toccarlo minimamente.

-Kris tesoro, domani i ragazzi hanno organizzato una serata bowling, ho detto loro di si, se non ti dispiace ,tanto tu il sabato resti sempre in casa!-

Lo schifo di paese in cui vivo, il mio baby fratellino perennemente lagnoso e e mio padre, sono il motivo per cui non mi troverò mai a meno di un metro da un essere di sesso maschile attraente che non sia il ragazzo al supermercato, del reparto frutta e verdura.

Forse anche il fatto che mi chiami Kristen, già di per se non uno splendido nome, ma che tutti mi conoscano, grazie al mio adorabile papà , come Kris, nome tipico di un carpentiere robusto, non mi aiuta.

Mi avvicino al lavandino agognante, dove cataste di piatti sporchi mi aspettano, con il piccolo mostro alle calcagna che un po' gattona, un po'cammina e un po'si sbrodola.

-Kri,Kri- grida, battendo le mani.

Lo prendo in braccio e nonostante l'abbia lavato meno di un' ora fa, è già tutto appiccicaticcio di roba non identificata .

-Bau,bau- urla appena lo metto nel seggiolone, tanto forte da diventare paonazzo.

La patetica cittadina in cui vivo, il marmocchio di due anni che grida tanto forte da sembrare posseduto, il padre tv dipendente e il pulcioso cane che vive in giardino, sono il motivo per cui non ho, a diciotto anni suonati, una vita sociale.

-No,Spike rimane fuori- gli intimo, ma lui già strepita in modo folle.

-E dai Kris, fai entrare Spike- conclude come al solito mio padre dal divano.

-Certo, tanto io dovrò spazzolare via tutto il suo pelo dal divano- ringhio a denti stretti, già rassegnata e pronta per aprire a quel sacco di pulci che sguscia via dalla porta sul retro, annusa il piedino scalzo di Johnny e un secondo dopo, è già comodamente steso sulla mia poltrona.

Faccio un respiro profondo e cerco di non esplodere, mentre metto a scaldare al microonde una porzione di maccheroni al formaggio e frullo qualche verdura al mostro.

Dalla finestra, nello stesso istante, sento un allegro chiacchiericcio e poi vedo nitidamente Liam Darcy che lancia una palla da rugby a Dylan Oxford.

 Lo sputo di quartiere in cui vivo, il bambino a cui ogni ora (anche ogni 30 minuti quando è in vena)cambio il pannolino, l 'uomo in salotto che i documenti dicono inspiegabilmente essere mio padre, il cane bavoso che sta rosicchiando con gusto il bracciolo del divano e Liam Darcy, sono il motivo della mia terribile adolescenza.

Ho una cotta per lui da quando avevo cinque anni.

Lui naturalmente è il ragazzo più popolare della scuola, ma io non sono mai stata fissata con questo genere di cose. Anche perchè la popolarità mi ha sempre evitata come la peste.

Liam è bello,intelligente, gentile e non mi ha mai preso in giro, come invece fanno i suoi loschi compari.

Lo adoro da quando alle elementari mi ha fatto assaggiare la sua coppetta gelato alla fragola in cambio di una caramella a limone. Purtroppo quello, insieme a sporadici saluti è stato l'unico contatto in più di dieci anni.

Diciamo che viviamo su due pianeti diversi.

Lui belloccio e griffato, io anonima e scialba.

Suo padre possiede il piccolo centro commerciale della città ,mentre il mio frigge tutto il giorno patatine al fast food dietro l'angolo.

L'odore del formaggio fuso mi riporta alla dura realtà.

Apparecchio e chiamo tutti al rapporto.

Johnny già stringe forchetta e cucchiaio in modo terrorizzante , Spike è già accoccolato sotto il tavolo in attesa che mio padre gli allunghi qualcosa.

-Allora Kristen, come è andata la giornata?- mi chiede papà, dopo averci raggiunto e addentando i suoi maccheroni roventi.

Da quando mamma se ne è andata cerca d i parlare di più con me e ogni volta non posso fare a meno di sorridergli.

-Come al solito papà, ho preso una A in letteratura e una A meno al compito di algebra – gli faccio sapere, mentre gli passo le patate dolci che gli piacciono tanto.

-Sei brava, ti meriti di andare in un grande collage-

Lancio una smorfia di disperazione e continuo i miei maccheroni.

-Sai come funzionano certe cose papà. Avrei bisogno di una sostanziosa borsa di studi-

-Magari se gli mandassi una delle tue storie.-

E'tanto caro quando allude a ciò che scrivo. Mio padre non ha mai letto una parola, a parte le letterine di Natale che gli lasciavo qua e là, quando avevo 5 anni, ma finge di apprezzarmi.

-E poi, potrei fare dello straordinario-

-Non se ne parla-

Mi sono rassegnata a questa vita. Potrebbe andare peggio. Potrei vivere sotto un ponte.

Spike potrebbe mettere incinta una cagna e sarei costretta ad accudire decine di cagnetti rognosi!

-Troveremo un modo- gli dico poco convinta.

Dopo cena salgo in camera mia e chiamo Willow, la mia migliore amica.

-Anche Xan è qui-

-Salutamelo- alludo al terzo componente del nostro trio di sfigati. Ci conosciamo dall'asilo.

Ne abbiamo passate di tutti i colori insieme.

Compresa la cotta cronica che Willow ebbe per Xan durante il primo anno di liceo e che ci portò sull'orlo di una crisi catastrofica.

Ma ce l'abbiamo fatta anche quella volta.

Le milioni di giornate assieme, i concerti in cui Xan finisce sempre per essere pestato, le notti in cui Will si è ubriacata ed è corsa nuda per il vialetto, compresi i miliardi di modi in cui ci siamo visti(dal morbillo, alla varicella,a quel brutto herpes che quasi mi devastò la faccia)ci ha sicuramente uniti per sempre e comunque.

-Avete terminato il saggio?- chiedo.

-Pensavamo di copiarlo da te in cambi degli esercizi di algebra-

-Cambiate qualche parola altrimenti quella rimbambite se ne accorge di nuovo però.- gli faccio notare.

-Lunedì lo scambio allora, se prima non mi impicco al ventilatore a pala- aggiungo.

-Dai, domani è sabato!- urla Xan per rincuorarmi. Non ci riesce naturalmente.

-E hai in mente un viaggio in Europa che mi comprende?- gli chiedo sarcastica.

-In effetti no-

-Allora grazie. Resterò fedele al mio piano suicida!- Mi sdraio sul letto fissando il soffitto.

-Potremmo fare un salto al Glitter- propone speranzosa Willow. Vano tentativo.

Il Glitter è l'unico locale decente qui dove viviamo. Posto in cui noi stoniamo come un elefante in un negozio di cristalli.

-Domani guardo la peste e poi vorrei evitare di ripetere l'ultima esperienza devastante- concludo, prima di dare ad entrambi la buonanotte.

Due week-end precedenti Xander al Glitter aveva puntato una tipa e cercato atrocemente di flertare. Nel giro di pochi istanti era finito con la faccia nel water dei gabinetti del locale per gentile ausilio del ragazzo strafigo della donzella.

Avevamo passato il resto del sabato sera a lavarlo con il disinfettante, perchè Willow da buona figlia di un medico, continuava a ripetere che rischiava di beccarsi una qualche malattia venerea.

Prima di addormentarmi abbozzo il nuovo capitolo di una delle mie storie: una battaglia tra due ragazzi di un tipico liceo californiano che li porterà ad innamorarsi disperatamente.

Nonostante il mio terribile sarcasmo so che non dovrei lamentarmi...c'è chi sta peggio di me!

I bambini in Africa per esempio, mi dico per rincuorarmi.

Ma quando Johnny comincia a piangere e mio padre finge di essere sordo dalla nascita, penso che non ci sia un incubo peggiore del mio!

 

1°CAPITOLO

 

Il sabato mattina inizia nel solito modo.

Speravo di potermi crogiolare al letto ancora qualche ora, prima di dedicarmi con estremo entusiasmo alle faccende di casa, ma mentre riacquisto lucidità mi rendo conto che qualcun altro mi fa compagnia .

Tiro un sospiro di sollievo quando mi accorgo che non è Spike, ma solo Johnny che con il respiro regolare si ciuccia il dito beato.

Gli bacio la guancia paffuta e mi lascio accarezzare il viso dai suoi riccioli scuri. Pochi istanti dopo, tutta la beatitudine del mio amore fraterno scompare nel caro odorino che emana.

Faccio un sospiro e lo prendo in braccio.

-E' ora di cambiare il pannolino-lo avverto portandolo al piano inferiore.

Papà intanto si è già imburrato una decina di toast e con l'altra mano cerca di passare lo straccio sul pavimento.

-Lascia- gli dico mentre lui prende Johnny e afferro l'arnese infernale che lui tiene in mano come una vanga.

-Quali sono i progetti di oggi?- mi chiede dopo aver ripulito la peste che si è messo già all'opera con i lego.

-Nessun piano. Studierò e farò le pulizie. Il solito- gli rispondo con un sorriso , cercando di non fargli pesare la mia noia.

-E'colpa mia, non avrei dovuto occuparti tutta la serata.-

-Non è così. Se pure non fossi uscito, io non avrei avuto comunque elettrizzanti alternative- gli faccio notare. Mi sbarazzo del disordine che lui ha messo in mezzo in pochi secondi cercando di aiutarmi e infilo il cd di musica latina che tanto piace a Johnny, nel lettore .

 Appena la musica parte lui lancia' un urlo di approvazione e torna a dedicarsi euforico al mangiucchiamento delle costruzioni.

-Alla tua età io uscivo tutte le sere- mi fa notare papà pomposo, con lo sguardo rivolto al passato e io senza farmi vedere, faccio una smorfia di disgusto.

Immagino lui negli anni ottanta , con dei jeans fin sotto le ascelle e le sue immancabili camicie hawayane che lanciava occhiate lascive alle ragazze.

 -Adoravo il karaoke- Ecco, appunto.

Questo sabato ha il turno di mattina così infilata la sua immancabile giacchetta di jeans mi accarezza i capelli e esce pronto a sgommare con la sua Ford rossa del 1989.

-Perfetto- esulo guardandomi intorno. La casa è un disastro.

Mi terrà con gioia occupata tutta la giornata.

Per fortuna Johnny non sembra particolarmente isterico, soprattutto quando improvvisiamo un balletto patetico sulle note di una vecchia canzone e concludiamo la mattinata con una schifezza al cioccolato che naturalmente lui si impasta per metà sui pantaloni.

 E'in quel momento che uno strano brusio mi costringe alla finestra.

Sgrano gli occhi esterrefatta.

Villa Stratford sta prendendo vita. E’ l enorme casa che si trova quasi di fronte alla mia catapecchia. Mostruosamente grande e antichissima, è rimasta disabitata praticamente da quando io ho memoria. Troppo costosa, era rimasta chiusa per anni.

Per un periodo si era detto che i Darcy avrebbero voluto comprarla, ma era parso troppo anche per loro.

La villa bianca ha delle enormi vetrate che danno sulla strada, un imponente portone massiccio e un fitto giardino che la circonda.

Ci siamo sempre chiesti come fosse all'interno.

Una volta Xander, quando si era convinto di voler fare l'esploratore ci aveva convinto a scavalcare il cancello.

Il giardino era così carico di vegetazione da rendere impossibile la vista di qualsiasi cosa.

 Pochi istanti dopo una farfalla gli era passata talmente vicino da farlo correre via urlando.

Ora le finestre sono tutte spalancate e il portone aperto, mentre un enorme furgone è di fronte all'entrata.

Alcuni uomini sono intenti a scaricare dei mobili coperti da bianche lenzuola, altri si occupano degli scatoloni, mentre una donna piccola anziana e grassottella da disposizioni.

Questo mi rattrista.

 Probabilmente gli affittuari sono due vecchi incartapecoriti.

Passo le seguenti due ore appiccicata alla finestra . Faccio il bucato e passo l'aspirapolvere, mentre contemporaneamente tengo sott occhi la casa.

Non riesco a vedere niente altro se non gli uomini del trasloco e poi verso le due anche quelli vanno via.

La casa cade in un assurdo silenzio e io decido di mettere via la mia curiosità.

Salgo in camera mia dopo aver fatto addormentare Johnny con una ninna nanna che sono certa lo terrà sopito per meno di 15 minuti.

Prendo il telefono pronta a chiamare Willow per fare due chiacchiere.

Compongo il numero e ancora una volta non riesco a fare a meno di guardare la casa che ha da poco preso vita. Sussulto.

 Qualcuno è a una delle finestre della grande villa.

Esattamente in piedi di fronte a me e molto probabilmente guarda nella mia direzione.

La casa è abbastanza lontana da non permettermi di vedere i suoi tratti nitidamente, ma di certo è un uomo, forse un ragazzo.

Distolgo lo sguardo e mi volto di scatto. Ci manca solo che mi etichettino come la vicina guardona. Un nuovo studente ricco e popolare che mi prende in giro non è proprio quello di cui ho bisogno.

-Pronto- sento ripetere per la terza volta da Willow al telefono.

Ho paura di voltarmi e trovalo ancora lì a fissarmi.

-Casa Stratford è stata affittata e c'è un tipo alla finestra che probabilmente crede che io lo stia spiando- le riassumo in breve.

-Wow,e com'è?- l' entusiasmo è palpabile.

E' evidente che da anni non ci sia nessun evento particolarmente elettrizzante nelle nostre vite, a

parte gli interventi a cuore aperto del padre di Willow che spesso non portano nulla di buono al paziente.

-Non lo so, è distante, è alto mi pare...- lancio un' occhiata alle mie spalle, ma me ne pento immediatamente.

Lui è ancora fermo lì e continua a guardare nella mia direzione.

-Portagli una cavolo di torta di benvenuto e vai a vedere – propone la mia complice.

-Mi prenderà per una maniaca- mi lamento.

Altra occhiata. Lui è ancora lì immobile. Io mi nascondo dietro lo stipite.

-Lo farà se continui a fissarlo dalla finestra- mi fa notare lei.

-Raggiungimi e aiutami- la imploro.

-E'impossibile, sto per andare fuori con i miei-,aggiuge lei agognante.

Il padre di Willow(il chirurgo) è un uomo estremamente silenzioso .

Da quando lo conosco, l'ho sentito dire probabilmente due frasi e una di queste era un ringraziamento cristiano prima della cena di Natale.

-Ok,ok- dico poco convinta.

-Dici che vado?- muoio dalla curiosità.

-Certo!-

Riaggancio e mi riavvicino alla finestra, fingendo di chiudere la tenda.

Lo sconosciuto non c'è più. Forse sta solo fissando la strada e io mi sto impressionando, ma la curiosità non si placa.

Volo al piano di sotto e cerco i biscotti che la nonna ha preparato circa una settimana prima.

Sono un po'duri, effettivamente immangiabili fin da quando sono usciti dal forno, ma preparare qualcosa con le miei mani è fuori questione.

La mia torta di mele non è affatto male ,ma mi occorre decisamente troppo tempo.

Mi spazzolo i capelli e indosso le scarpette da tennis.

Attraverso la strada dopo aver controllato Johnny . Dorme ancora e sono certa non rimarrò fuori casa per più di qualche minuto.

Premo il dito sul campanello che intona un suono vecchio e tradizionale . Tutte le volte che l'avevamo fatto da piccoli era rimasto muto.

 Freno l'euforia. Penso ai due vecchi incartapecoriti.

Probabilmente il resto è stato frutto della mia fantasia uccisa dalla monotonia.

E le mie idee trovano conferma dopo pochi attimi. Un vecchiaccio aspro e arcigno viene ad aprirmi.

-Desidera?- mi chiede squadrandomi dalla testa ai piedi.

-Io..- balbetto imbarazzata. Pessima idea! Pessima idea!

-Volevo darle il benvenuto- dico mostrando i biscotti rinsecchiti.

Me li toglie dalle mani con disgusto.

-La ringrazio da parte del signor Stratford- l'euforia si riappropria di me.

-C'è un signor Stratford?- dico troppo in fretta.

-Naturale!- esclama lui già arretrando e pronto a sbarazzarsi di me.

-Io sono il maggiordomo- aggiunge chiudendomi praticamente la porta in faccia.

-Hei!- sibilo furente.

Torno a casa pestando i piedi. Si è preso i biscotti rinsecchiti della nonna e non mi ha nemmeno presentato il padrone.

Forse il ragazzo che ho visto alla finestra è il figlio di questo signor Stratford. Sobbalzo!

La villa si chiama così!Non sono affittuari, sono i ricchissimi padroni di casa.

Peggio di quanto immaginassi!

Mi meraviglio che il ragazzo non mi abbia sparato un colpo in testa direttamente dalla finestra, come si fa ad una mucca malata. Ricaccio indietro l'angoscia.

Di certo i soldi non sono ciò che più bramo e il fatto di non averne non mi ha mai toccato particolarmente. So come il mondo gira.

Speravo solo di trovare una persona interessante nella nuova casa, magari un nuovo amico. E'evidentre che il signorino non gradirà la compagnia di Kris, la figlia del grassoccio degli hamburger, come ci chiamano in città.

Papà torna per lei sei ,pronto per la partita con gli amici.

Si infila la camicia del weekand(quella con i pappagalli)e un paio di pantaloni bianchi che è convinto lo sfinino.

Non oso contraddirlo. Non sono sorpresa che la notizia dei nuovi arrivati sia giunta fino al pub.

-Nuovi arrivati!- esclama facendo segno alla finestra, mentre io preparo da mangiare a Johnny.

-Hm...-mugugno. Non ho voglia di dirgli della figuraccia fatta poche ore prima.

-Già raccontavano storie assurde- Bene,mio padre sa qualcosa!

-E cosa dicono?- chiedo, mentre lui mi fissa un po'scettico.

-Storie strane, in ogni caso dicono che ci vive un ragazzo della tua età insieme a due domestici,niente adulti- risponde come se fosse la cosa più figa del mondo.

Mio padre a volte sembra un bambino!

E'evidente comunque che per stasera non voglia fare menzione delle storie assurde.

Quando papà va via mi sistemo sul divano con Johnny che dopo il bagnetto profuma di fragole.

Non durerà per molto. Inserisco il dvd di Biancaneve e naturalmente Spike si posizione al mio posto. Lui e la peste sono una coppia perfetta.

Per fortuna Johnny cerca di strappargli via un orecchio ,ma lui sembra non farci molta attenzione. Willow è fuori e non posso raccontarle niente. In fondo non c'è nulla da raccontare.

Metto a letto Johnny dopo il bacio del principe che risveglia il cadavere di Biancaneve e resto un po'a guardarlo. Quando dorme sembra un angelo. Che pensiero assurdo!

Prima di mettermi a letto non posso fare a meno di guardare villa Stratford e quella finestra in particolare.

E lui è di nuovo lì.

 

1°Capitolo, parte 2

 

Il giorno seguente il mio umore è strano. Sono incuriosita dal fatto che quel tipo, continui a cercarmi con lo sguardo e incapace di fare una nuova mossa.

 Può essere un serial killer. Potrei finire in tanti sacchetti dell' immondizia!.

Papà ha il turno di sera quindi lo costringo ad aiutarmi in casa sperando che dall'uscita serale siano trapelate nuove informazioni.

 Lui naturalmente continua a blaterare del mega gelato con doppia panna che ha mangiato. Ripensandoci ha gli occhi lucidi per la commozione. E’ proprio un bambinone con i bermuda.

-Perchè non porti qualcosa al nuovo vicino?- mi chiede nel pomeriggio, prima di tornare al lavoro. Fisso gli occhi sul pavimento.

-Kri,Kri- blatera Johnny mentre lo imbocco.

-Forse..- dico incerta. Cosa cavolo dovrei fare?Un nuovo tentativo?

-Ma cosa gli porto?- chiedo ricordandomi di questo particolare.

-Ci sono un sacco di hamburger congelati che ho preso al negozio-

Mucca malata!

-Papà, ci prenderanno per degli imbecilli!- gli faccio notare.

-Dai, ti accompagno-

Non posso farmi scappare questa occasione. Con lui al seguito , una nuova visita apparirà più normale.

Spero che il maggiordomo rinsecchito non faccia menzione della mia prima volta, ma non ne sono sicura. Voliamo dall'altra parte del vialetto e papà per l'occasione indossa anche il suo terribile marsupio rosso con tanto di toro.

Bene, bene!

Bussiamo al vecchio campanello e rimaniamo in attesa. Dopo qualche istante l'ennesima delusione. Di nuovo lo stoccafisso.

-Salve-dice rivolgendosi a mio padre con aria alquanto sbigottita.

 Il connubio panzone, camicia con donne mezze nude hawayane aderente, ha come al solito fatto colpo.

Poi mi lancia uno altro sguardo truce . Di certo ha capito che io sono il dolce frutto di questa specie di messicano che gli è di fronte.

Per fortuna non accenna alla mia precedente visita e papà con un gran sorriso gli piazza gli hamburger congelati tra le mani.

-Benvenuti!- esclama con gioia, mentre io voglio seppellirmi.

-Il signor Stratford?- chiede sporgendosi all'interno della casa e sbirciando.

L'uomo per poco non ha un infarto davanti ai miei occhi.

-La ringrazio, ma il signore è molto stanco e non vuole vedere nessuno- afferma risoluto mentre spinge mio padre verso l'esterno.

E'evidente che abbia propinato quella pappardella a gran parte dei miei vicini curiosi.

 E ancora una volta mi ritrovo la porta sul naso.

-Bene- esclama mio padre facendo spallucce e avviandosi verso la Ford.

Quel pomeriggio chiamo Willow e le do le poche notizie.

-Devi vederlo!-

Ma come?

Johnny è irrequieto e così usciamo un po'in giardino.

Cammina in modo traballante e ogni secondo cade con il sedere per terra. Gli ho portato una vecchia macchinina senza una ruota che lui fa strisciare per tutto il vialetto urlando.

-Brun,brum!-

All'improvviso la porta di casa Stratford si apre e io trattengo il respiro.

Naturalmente ad uscire sono i due anziani domestici. Percorrano il vialetto a piedi e spariscono svoltando verso l'aria commerciale del nostro quartiere.

Probabilmente vanno a fare spese. Per quanto il centro delle mie attenzioni ora sia solo, è fuori discussione una nuova visita.

Per prima cosa in casa sono rimaste solo le pappine al coniglio di Johnny e qualche birra e poi non voglio apparire così ridicola. La mia curiosità ha un limite.

Sono certa che quando lo vedrò a scuola lo catalogherò come i soliti insulsi e ignoranti fighetti e lui mi scarterà dalle sue prede come un leone con un vecchio bradipo.

Percorriamo il vialetto e ci infiliamo nella strada di fronte, adiacente alla grande villa.

Il sole è caldo ma non afoso e Johnny gioca felice.Posso vedere la poca vegetazione del giardino spuntare dal cancello.

E'evidente che abbiano pulito tutto ma i furgoni sono passati da lì e io da casa mia non potevo averli visti. Mentre continuo a far vagare la mia mente Johnny comincia a piangere.

-Bru Brum!!-urla come un pazzo. Lo prendo in braccio e cerco di calmarlo.

-Dove l'hai ficcata?- gli chiedo guardandomi intorno.

Quando lui indica il cancello di villa Stratford mi viene il panico.

E'una scusa troppo ghiotta per farmela scappare.

 Un simile comportamento però non è proprio da me!Non sono mai stata una ficcanaso ne una persona insistente.

Mi convinco che voglio solo vederlo. Una fugace occhiata e basta mi ripeto.

Torno nel nostro vialetto e mi avvio verso il portone controllando che i domestici non stiano tornando. Non saprei nuovamente tenere a bada il pinguino!

-Jhonny!- urla la signorina Betty, una vecchia zitella di ottantasei anni che il mio fratellino adora perchè lo rimpilza di dolci. Prendo la palla al balzo.

-Signorina può tenerlo un attimo, mentre recupero la sua macchinina- le chiedo con fin troppa cortesia.

-Ma certo!-

All'anziana donna gli adulti no sono mai interessati troppo.

 Prende Johnny per mano e si incamminano verso il suo giardino in cui tiene decine di gatti. Arrivata al portone faccio un gran respiro e busso al campanello per la terza volta in poco più di ventiquattro ore.

Se lui non vuole aprirmi può fingere di non essere in casa, in caso contrario prenderò il giocattolo e scapperò via.

-Chi é?- sento dire improvvisamente. E'una voce diversa da quello che mi aspettavo.

Adulta. Inoltre non sono preparata a questo.

-Salve, sono Kris, volevo dire Kristen, la sua vicina, è finita una cosa nel suo giardino che vorrei recuperare.-

-Faro in modo che i mie domestici gliela riportino quanto prima. Di cosa si tratta?- chiede aspro, spiazzandomi. Rincaro la dose.

-E' la macchinina di mio fratello e continuerà a piangere finchè non la riavrà- insisto.

Sorvolo sul fatto che per Jhonny il giocattolo ora è l'ultimo de suoi pensieri, intento com è, a succhiare caramelle e a tirare le code dei gatti.

La voce non risponde. Mi pare di sentire un sospiro.

 E alla fine la porta si apre. Non vedo ciò che mi aspetto.

In realtà subito non vedo assolutamente nulla.

Dentro è troppo buio.

Poi mi rendo conto che sto guardando nella direzione sbagliata.

Di fronte a me non c'è nessuno, ma qualcuno si è schiacciato talmente tanto contro il muro alla mia destra da restare celato.

Faccio un passo avanti e la porta alle mie spalle si richiude facendomi sussultare.

Di colpo l'ansia e la curiosità si trasformano in qualcos altro. Sono in una cosa deserta e buia con uno sconosciuto. Uno sconosciuto che ho visto solo due volte, mentre mi fissava dalla finestra.

Ecco la punizione divina che mi merito! Ho paura e un brivido mi percorre la schiena.

Sono un'idiota!Cosa diavolo mi è venuto in mente?

-Seguimi- sento dire d'un colpo.

Sussulto e cerco la sua ombra nell'oscurità. Sparisce per un lungo corridoio e io faccio lo stesso seguendolo.

Calcolo mentalmente dove si può trovare la stanza che da sul giardino.

Mi riprometto che se lo vedo dirigersi da un altra parte scappo urlando.

Mentre mi lascio guidare cerco di cogliere più particolari possibili.

Davanti a me cammina un uomo, alto, spalle larghe, fisico asciutto.

Riesco a notare a stento la sua camicia chiara.

Quando entriamo in una grossa stanza mi tranquillizzo. Distinguo dalle persiane appena semiaperte, la vegetazione rigogliosa del giardino . Posso sentire solo il suo respiro leggero.

Poi lo vedo spalancare le tende.

Faccio un passo indietro.

Sento la testa girarmi per qualche istante.

Stranamente, inspiegabilmente penso a mia madre. Al suo viso.

Il ragazzo che mi è di fronte, ora illuminato dal sole della primavera è di certo l'uomo più bello che io abbia mai visto.

No,non è esatto.

 E'la persona, ne sono certa più bella che io abbia mai visto.

Il viso perfetto ha incastonati due magnifici occhi cerulei, i capelli biondo chiarissimo gli incorniciano appena il volto.

Le spalle sono imponenti per quanto lui sia esile,dalla camicia arrotolata sulle braccia distinguo la pelle chiarissima del torace. Mi pare indossi un paio di pantaloni scuri. Non ne sono certa.

 La mia mente è in subbuglio.

Cerco in me un briciolo di lucidità e naturalmente mi accorgo che io non sono per lui altrettanto attraente.

Tiene gli occhi bassi sul pavimento, una mano ancora contro la finestra spalancata.

I muscoli del braccio tesi.

-Allora ci muoviamo- dice con voce severa.

-Vado- riesco a biascicare io e mi infilo nel giardino alla ricerca di qualcosa che nemmeno ricordo. Non riesco affatto a mettere a luce il luogo in cui devo guardare.

E'un colpo di fortuna a salvarmi. Dopo pochi passi nel giardino ora ripulito e completamente diverso da come rammentassi, vedo la macchinina blu.

Mi volto per tornare dentro e lui è esattamente come un attimo prima.

Gli occhi ancora bassi, sul pavimento.

-Ho fatto- lo informo esitante.

-Bene- dice evidentemente spazientito e parecchio irritato dalla mia presenza.

 Quando rientro lui richiude la finestra silenziosamente e noi ricadiamo nell'oscurità.

Mi supera e mi fa strada nuovamente nel buio.Le mie mani quasi tremano.

Calma Kris, stai calma.

La sua presenza mi sta intossicando inspiegabilmente e non è solo per il suo aspetto.

 Ne sono certa. E’ come se lo conoscessi da sempre nella certezza di averlo visto ora per il primo istante. Quando torniamo all'ingresso lui fa per aprire la porta, dandomi le spalle.

-Ci rivedremo a scuola?- azzardo. Fremo per il fatto che da lì a breve i miei occhi rinunceranno alla sua presenza.

- Io non vengo a scuola- risponde secco, spiazzandomi.

Siamo ancora nel buio. E'evidente che questo non lo infastidisca.

-Come mai?- chiedo titubante. Sono convinta abbia la mia età ora che l'ho visto, anche se la sua voce prima mi è sembrata tanto matura.

-Non credo siano affari tuoi- afferma sprezzante.

 La sua acidità mi fa ribollire il sangue,il suo bell'aspetto non mi farà diventare di colpo una pavida.

-Cercavo di essere solo gentile- dico, mentre il buio sta diventando davvero opprimente.

-Insistente direi, valutando i tuoi tentativi- mi risponde secco.

Non avevo mai parlato con una persona tanto maleducata e ...cattiva.

Si, cattiva, percepisco la sua cattiveria in modo assolutamente nitido.

-Bene, non ti disturberò più- dico quasi gridando.

A quel punto lui apre la porta e io lo supero uscendo finalmente alla luce del sole.

Sono furente.

-E per la cronaca quando si parla ad una persona, la si potrebbe almeno guardare in faccia!-dico sprezzante,sfidandolo, mentre lui pronto per chiudermi la porta in faccia, ha ancora gli occhi bassi.

Sto cercando di rispondergli a tono, ma la sua vista mi crea parecchie difficoltà.

Si arresta di colpo e alza lo sguardo.

Troppo in alto rispetto a dove io effettivamente mi trovi.

Una strana sensazione mi assale. Ma è solo un attimo. Troppo poco per capire di cosa si tratti.

-Tanto per la cronaca, se pure avessi voluto guardarti e non è quello che voglio- risponde con aria estremamente calma.

-Non avrei comunque potuto farlo, dato che sono cieco-

La porta si richiude in modo estremamente rumoroso, prima ancora che io possa comprendere il significato delle sue parole.

Rimango immobile. Lo sguardo ancora puntato dove lui, un attimo prima si trovava.

E i suoi occhi marchiati a fuoco.

Azzurri. Chiari. Troppo chiari. Fissare il vuoto oltre le mie spalle.

E mischiarsi con la sua immagine.

Troppo bella. Troppo perfetta. Un' esagerazione.

 Dovrei ridere. E 'paradossale. Una storia ridicola da raccontare.

Xander mi prenderebbe in giro. Willow mi richiamerebbe perchè sono stata la solita impulsiva.

Ma non lo faccio. Tremo per un istante.

E penso alla sua voce. E penso alle sue parole.

E penso all'oscurità che ci circondava. All’oscurità che non notava. Che era già in lui.

Non conosco nemmeno il tuo nome.

  

CONTINUA

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Capitolo 2
*** 2°Capitolo, parte 1 ***


 

2°Capitolo, parte 1

 

La domenica sera sto meglio e anche peggio contemporaneamente.

Meglio perchè il fatto che non abbia quel ragazzo davanti ai miei occhi, mi aiuta a ritrovare un po' di raziocinio e di lucidità . In effetti ho fatto una figura a dir poco catastrofica.

Un sorriso amaro mi appare sul viso, ripensando alla sua risposta.

Idiota, sono cieco! Ecco cosa più o meno mi ha detto.

Una perfetta deficiente.

E io che pensavo che guardasse me dalla finestra! Come avevo potuto credere di essere tanto interessante per qualcuno...per qualcuno come lui!

Eppure non riesco a farmi semplicemente una risata valutando l’ennesimo episodio paradossale della mia vita.

Il fatto che abbia ritrovato un po' di ragione, mette in luce chiaramente il mio tremendo comportamento.

Prima di tutto l’insistenza , tanto da sfiorare il maleducato, nel cercare di vederlo.

Nel cercare di scrutare una persona che evidentemente vuole che non nessuno si faccia gli affari suoi.

La nostra ultima conversazione poi è stata un disastro.

Dopo essermi infilata con forza in casa sua, l’ho anche accusato di una cosa che lui effettivamente non poteva fare.

 Forse era difficile accorgersi di questo aspetto, ma c’erano stati dei particolari che io non avevo notato.

Il buio intorno a noi che sembrava non metterlo a disagio, per esempio.

E i suoi occhi oltre le mie spalle. Troppo in alto.

Prima di addormentarmi non posso fare a meno di lanciare un occhio alla sua finestra vuota.

 

Il lunedì mattina scorre troppo lentamente.

Naturalmente la mia giornata comincia con Spike che abbaia furiosamente intorno al mio letto e Johnny che cerca altrattanto furiosamente di cavalcarlo.

Ci metto esattamente un’ora per prepararlo, perchè lui si fissa con una "maglietta vedde" e l’unica che possiede è un maglione di lana con una renna, decisamente poco adatta per imaggio.

Alla fine , come sempre, Johnny vince e scende in cucina vestito come se fosse il venticinque dicembre. Prende lo zainetto sotto braccio e si avvia verso la porta, come se dovesse andare in ufficio.

-Aspetta marmocchio- urlo io afferrandolo.

-Papà non è ancora pronto-

Come sempre.

 Papà scende con circa dieci minuti di ritardo, dopo che io ho urlato dalle scale come un’ ossessionata.

-Tanto tempo per questo- dico, indicando il suo splendido abbinamento.

Lui mi lancia un sorriso lusingato, come se gli avessi fatto un complimenti e si avvia verso l’auto, con un paio di bermuda kaki e una tshirt con Batman.

Dopo aver scaricato la peste al nido, arrivo a scuola e Xander e Willow mi stanno ,come ogni mattina, aspettando all’entrata, trangugiando patatine.

-Cavolo, sono le otto- faccio notare loro ,indicando la busta enorme di schifezze.

Peggio di mio padre che un giorno a colazione ha mangiato i residui del tacchino surgelato del ringraziamento.

-Sono alla paprika- mi dice offeso Xan, come se fosse una logica giustificazione.

Mentre Willow si occupa dello scambio dei compiti fatti nel weekand, non riesco a fare a meno di cercare di captare i discorsi degli altri.

Sono certa che lui sia l’argomento principale della giornata.

In fondo in questa città non capita mai nulla di elettrizzante.

-E’ricchissimo e i miei hanno detto che suo padre è un uomo estremamente affascinante, quindi il figlio non sarà da meno- sento dire da Cordelia Cheise, l’incarnazione del male, mentre si guarda nel suo terribile specchietto di madreperla per almeno la centesima volta in dodici minuti.

-Magari è bravo a scacchi- afferma sognante un ragazzo bassino con gli occhiali.

-Allora ?- chiede Willow, riportandomi alla realtà.

-Tu ne sai più degli altri! Cosa ci racconti sul nuovo arrivato ?- mi stuzzica, mentre Xan rimpicciolisce gli occhi.

-Su chi ?- chiede trasognante.

Come al solito è l’unico a vivere fuori dal mondo, perso in quei videogiochi da deficiente!

-Nulla- dico sulla difensiva.

-E’vero, è il figlio del proprietario, ma non so altro, non l’ho visto- mento.

Non so perchè lo faccio. Forse perchè ora so che lui è una persona estremamente riservata e di certo non amerebbe il mio andare a sbandierare ai quattro venti il fatto che sia bellissimo e non vedente.

O forse non è per questo.

Forse mi sento decisamente in colpa per quello che ho fatto e sto cercando di rimediare, quasi per riconquistare la sua fiducia. Che pensieri contorti.

Non è nemmeno per questo. Forse semplicemente...è il suo segreto, il nostro segreto.

Qualcosa che ci lega.

Bene, ancora peggio!

- Sono certo che è brutto e ha la gobba- afferma risoluto Xander durante l’ora di matematica.

Peccato che sembri una statua greca.

-Non dovremo attendere molto, sono certa che domani verrà a scuola-

Willow cerca di placare la sua curiosità a mensa.

Peccato che lui non verrà mai a scuola.

Durante l’ultima ora di letteratura, mi sento addosso gli occhi di qualcuno. Starà diventando una fobia?

-Darcy ti fissa- bisbiglia Xan, mentre io alzo gli occhi. Effettivamente è così.

Li riabbasso all’istante.

-Ho qualcosa nei capelli?- chiedo a bassa voce a Willow seduta accanto a me.

Lei scuote la testa.

-Ho appiccicato qualcosa in fronte o dietro alla schiena ?- chiedo agognante.

-No- bisbiglia lei.

-Strano- sussurro mentre guardo nella direzione di Liam che abbassa gli occhi di scatto.

E’inutile farmi pensieri strani. Probabilmente meditava di chiedermi gli appunti di inglese.

Stranamente questo evento sul mio sogno proibito non mi colpisce più di tanto.

Forse l’episodio del giorno prima, batte ogni cosa.

Al suono della campanella, pronta per uscire, il professor Grace mi fa segno di avvicinarmi alla cattedra.

-Kristen - mi chiama sottovoce.

Abbiamo un ottimo rapporto fin dal primo anno. Da quando durante una delle sue prime lezioni io gli chiesi quanto poteva essere stato stupido il signor Darcy in «Orgoglio e pregiudizio».

«Perchè dici questo?» mi chiese quasi strozzandosi.

«Avrebbe dovuto amarla e basta. I pregiudizi sono stupidi.»

«Buona osservazione»

Da allora sono stata l’unica a consegnare sempre i saggi in tempo, a fare ogni tipo di ricerca extra ci chieda. Leggere e scrivere sono la mia vita.

Spesso gli sottopongo qualche scritto e lui corregge gli errori e appone delle annotazioni buffe.

"Cosa vuol dire schifezza?"

"Questo è uno di quei termini della tua epoca che io non posso capire?"

"Ti sembra giusto che si bacino al primo appuntamento? Io avrei aspettato."

Dice sempre che mi merito un importante collage e dovrei provare a pubblicare qualcosa.

Naturalmente due utopie.

Oggi ha indossato il suo abito buono, deve aver offerto il pranzo alla signorina Mountein di matematica.

-Domani passa nel mio ufficio cara, dovrei parlarti di un certo fatto-

-Ok- gli dico con un sorriso, pronta a sgusciare via.

 

A cena sono un po’ irrequieta. Più mi intimo di non guardare villa Stratford più lo faccio.

Sta diventando un’ assurda mania. Tanto non lo rivedrò più, punto.

E’strano. E’come se la sua immagine sia per me stata malsana.

 Tutto quello splendore ha cambiato i miei occhi tanto da farmi sembrare tutto più sudicio del normale: le pappine di Johnny, il suo maglione con la renna sui cui ha riversato il pranzo e la mia immagine.

 Riflessa allo specchio mi vedo peggio del giorno prima.

Non mi sono mai sentita brutta, quando mi ci metto sembro anche presentabile, carina , semplice come mi definisce mio padre.

Dopo aver visto quel ragazzo mi sento invisibile.

Ed è strano. E’come se avessi ancora bisogno di ammirarlo.

 Un’altra boccata d’aria estremamente tossica. Per farmi sentire ancora peggio, molto probabilmente.

 Ma non accadrà. Posso solo sperare di spiarlo in qualche occasione dalla mia finestra, nulla di più. O peggio ancora, dopo la figuraccia di ieri, potrebbe farmi bastonare dal suo maggiordomo.

In fondo il pinguino non aspetta altro.

-Sei strana stasera- dice papà entrando in camera mia, dopo cena. E’avvolto solo in uno splendido asciugamano bianco. Uno spettacolo abominevole!

-Papà ti prego, mettiti qualcosa!- urlo, coprendomi gli occhi con una mano e facendogli segno di uscire.

-Non preoccuparti cara, l’ho legato bene, non cascherà-

-Ora sono più tranquilla.- affermo sarcastica.

Mi scopro gli occhi e lo vedo sedersi sul mio letto, su cui di certo lascerà un enorme macchia di umido, dato che è appena uscito dalla doccia e gocciola ancora.

-Ti va di parlarmene?- mi chiede.

 Penso sia la prima volta che cerca seriamente di interessarsi a me.

Probabilmente è la prima volta che sono completamene con la testa tra le nuvole, mi dico, pensando al momento in cui ho fatto accucciolare Spike vicino ai miei piedi.

-Non è nulla, diciamo che mi sono comportata male con una persona, sono stata un' idiota-

confesso.

-Non mi pare che tu abbia mai avuto problemi a chiedere scusa.-

-Non è così semplice, ho sbagliato anche con la mia insistenza. Farmi viva nuovamente vorrebbe dire perseverare.

-Potresti scrivergli un biglietto-

Ecco...no, non mi sembra possibile. Ma questo non glielo dico.

Scuoto la testa.

-Perchè non gli prepari la tua deliziosa torta di mele?E' un buon modo per chiedere scusa.-

Papà ritiene che tutto si possa risolvere con del cibo. Per lui si potrebbe creare un armistizio semplicemente con uno stufato.

Ma in effetti parlare con LUI è fuori questione.

Probabilmente è già partita una denuncia che mi impedisce di avvicinarmi a lui a meno di dieci metri.

 Potrei semplicemente lasciare la torta al pinguino e fargli dire che mi dispiace.

 Farei tutto talmente in fretta da impedirgli di prendermi a calci.

Ancora poco convinta mi metto all’opera. Preparo farina, zucchero, uova, burro e taglio le mele a spicchi. Johnny continua a infilare il ditino nell’impasto.

-Smettila, nessuono vuole mangiare la tua bava!- urlo ficcandogli un pezzo di mela in bocca che lui ciuccia beato.

Dopo meno di quarantacinque minuti la torta mi fissa dal tavolo della cucina. Non ha un ottimo aspetto ma ha un bell’odore.

Insomma non è importante che la mangi. Basta solo che capisca che mi dispiace.

 Mi infilo una felpa e mi spazzolo le ciocche castane. Tanto vedrò solo il maggiordomo arcigno continuo a ripetermi.

Volo dall’altra parte della strada, la serata è decisamente calda, busso al campanello.

Ho il cuore in gola. Da quando in qua seguo i consigli di mio padre?

L’ultimo che mi ha dato in terza elementare era di travestirmi per Halloween da busta della spazzatura!

Dopo qualche istante la porta sia apre e io ho quasi l’istinto di coprirmi la faccia (parte del corpo a cui più tengo) con la teglia su cui è adagiata la torta.

- Buonasera cara-

Alzo gli occhi stranita.

Non è il pinguino! E’una deliziosa anziana donna, paffuta, i capelli bianchi raccolti in uno chignon, e un grembiulino a fiori.

-Salve- balbetto esitante.

Lei si strofina le mani sulla stoffa e attende.

-Io ...ho portato questa per il...-

Come cavolo devo chiamarlo?

-Il padrone di casa- aggiungo e lei mi fissa. Poi sorride.

-Può chiedergli scusa da parte mia e dirgli che sono un’idiota. Bhe, questo non lo dica magari, ma questo è il concetto- concludo.

Sono sconcertata. Peggio di quanto immaginassi.

-Ti ringrazio- mi dice.

-Ma mi sembra più opportuno che glielo dica tu stessa- sussurra guardandosi attorno furtivamente. Perchè se lei ha paura che lui la licenzi, solo per avermi invitato dentro, io dovrei infilarmi in quella casa e prenderle di santa ragione?

-Non mi sembra il caso- bisbiglio con gli occhi allarmati, mentre lei letteralmente mi tira dentro con la forza.

-Gli farà bene vedere qualcuno, è sempre chiuso in queste quattro mura!- aggiunge sempre a bassissima voce lei.

-Stia tranquilla- continua .

E allora perchè ci stiamo comportando come se stessimo per rapinare una banca?

Potrebbe essere un agguato! Magari dietro alla porta si nasconde il lo stoccafisso-maggiordomo pronto a colpirmi.

Chi me l’ha fatto fare? Tutta colpa di quell' imbecille di mio padre!

Come ho potuto credere che lui ci capisse qualcosa di certe questioni!

-La prima stanza a destra- mi dice, indicandomi il piano superiore.

Mi ucciderà! Sto quasi per pregarla di lasciarmi andare , per fuggire e nascondermi sotto il letto, quando lei mi lancia un sorriso talmente dolce e zuccheroso, da farmi sciogliere.

-Non è tanto cattivo- aggiunge prima di spingermi verso le scale.

E questo dovrebbe tranquillizzarmi?

Salgo al piano superiore recitando tutte le preghiere che conosco e contemporaneamente stringo la torta di mele maledetta.

Arrivata di sopra mi dirigo verso la stanza che la donna mi ha indicato, l’unica illuminata appena, la porta socchiusa e una leggera musica che proviene dall’interno.

Busso leggermente ma riesco a sentire solo il suono di un pianoforte.

Apro appena la porta e sbircio all’interno.

La stanza ha un parquet scuro, grossi tappeti lo nascondono.

Alla mia destra si trova un imponente scrivania in mogano ricoperta di libri e la finestra dalla quale scorgo quella della mia stanza.

Quella dove ho visto per la prima volta il ragazzo che ora mi da le spalle.

Seduto al pianoforte che mi è di fronte, alla sinistra di un imponente letto ottocentesco, suona con estrema maestria una melodia atrocemente triste.

Resto rapita per qualche istante ad ammirare i suoi capelli , le sue spalle.

 Che assurda intrusione. Devo assolutamente andarmene.

All’improvviso la musica si interrompe.

-Chi cè?- sento dire.

Per poco la torta non mi scivola dalle mani.

Per la prima volta è cieco davanti ai miei occhi. Il semplice fatto che non si volti semplicemente per accertarsi della mia identità, lo rende terribilmente, realmente per la prima volta, cieco.

E’una sensazione strana.

-Ciao- mi esce. Ciao? Che cavolo sto dicendo??Mi hanno per caso fatto una lobotomia?

E lui fa la cosa peggiore che potesse fare...sospira!

Chiaro segno che dal mio semplice saluto, ha capito che sono la vicina curiosa che abita di fronte a lui.

Poi si alza e si volta verso di me.

La mia mente, la mia memoria non gli hanno reso minimamente giustizia.

E’milioni di volte più bello di quanto ricordassi. Indossa un paio di pantaloni blu e ha una camicia azzurra.

I suoi occhi fissano il pavimento.

E’semplicemente magnifico.

Cerco di ricompormi, ma come il giorno precedente, non riesco ad articolare frasi di senso compiuto.

-Devo cominciare a preoccuparmi?Ti sei infilata dalla finestra?- chiede burbero.

Perfetto. Sospiro e cerco di compiere la mia missione e scappare.

-Senti, non sono qui per spiarti o cosa. Ieri ho fatto una figura pessima. E’vero, ero curiosa e ho cercato in ogni modo di vederti. Il fatto è che ti avevo visto fissarmi dalla finestra...beh, ora so che non mi fissavi dato che non vedi, ma insomma hai capito!

Così ti ho portato i biscotti vecchi di mia nonna. Non li hai mangiati vero?

Gli hamburger sono stati un’idea di mio padre. Il maggiordomo non ti ha detto del suo marsupio vero?

E poi quando mio fratello ha perso la sua macchinina, era vero non l’ho buttata io nel tuo giardino, non arriverei mai a tanto, anche se sono convinta che tu l’hai pensato.

 Ho sbagliato, non avrei dovuto essere così insistente e poi quella storia del non guardarmi in faccia. Come potevi farlo? Sono stata maleducata e perciò ti ho fatto una torta di mele per scusarmi. Non devi mangiarla per forza, ma è commestibile, non come i biscotti e credo che anche gli hambuger lo siano.

Non ho forzato la porta è stata la signora che lavora per te a farmi entrare, ma ti prego non licenziarla!-

Quando termino ho il fiatone.

Cosa cavolo ho detto? La mia solita dissenteria verbale!

Lui è immobile. Per un attimo mi pare sull’orlo di scoppiare a ridermi in faccia.

Ma non lo fa. Sulle sue labbra perfette appare solo un leggero sorriso.

E' un istante. Poi scompare.

-Hai parlato di una torta di mele- chiede.

-Si- dico mostrandogliela stupidamente.

-Bene, valuterò se perdonarti in base al suo sapore.-

-Cosa?-

La sua voce è grave eppure dalle sue parole mi rendo conto che mi sta prendendo in giro.

O forse no? E' serio?

- Dietro alle tue spalle deve esserci un coltello- afferma.

Lo sapevo!Vuole farmi fuori!

-Prendilo e tagliane una fetta-

Seguo attentamente le sue istruzione come se stessi praparando un esperimento in un laboratorio. Dietro di me c’è un piccolo mobile su cui è adagiato un servizio per il pranzo.

Afferro il coltello e con le mani tremanti taglio una fetta di torta.

Lui allunga una mano con il palmo riverso verso l’alto.

 Prendo la fettina con le mani e gliela porgo.

Non so come, ma lui con estrema attenzione fa in modo che le nostre dita non si sfiorino.

Assaggia lentamente il dolce. Lo mastica in silenzio, ad occhi chiusi.

 E’decisamente la cosa più sensuale che io abbia mai visto. Deglutisco rumorosamente e attendo mentre lui mangia .

Naturalmente non fa cadere nemmeno una briciola sul pavimento e io penso al fatto che riesco a impiastricciarmi anche bevendo un bicchiere d' acqua.

Alla fine apre gli occhi. Sono ancora leggermente troppo in alto rispetto a dove io mi trovi.

La sua bellezza mi mozza il fiato. Sono tramortita!

-Bene, hai evitato una denuncia per infrazione- conclude.

Lo guardo truce.

-Ti ho detto che mi hanno fatto entrare i tuoi...come si dice..domestici?- gli faccio sapere sarcastica.

-Comincio a temere per la mia incolumità. Non è che vuoi violentarmi?-

Ma sta scherzando? La sua voce sembra così convinta da farmi dubitare.

-Senti, non ti voglio fare del male!- poi ci rifletto.

-Ma ti rendi conto di cosa mi stai facendo giustificare?-

Ecco, mi ha fatto arrabbiare un’altra volta.

Rimaniamo per un istante in silenzio mentre io cerco di far sbollire la rabbia.

-Hai bisogno di altro ?- mi chiede chiaramente con l’intento di cacciarmi via.

E io che volevo scusarmi!E’un maledetto maleducato. Lo fisso truce.

-Mi stai facendo qualche smorfia?- mi chiede lui e io avvampo.

-Una linguaccia magari. Scommetto che è da te!-

Cosa? Pesto i piedi come una bambina e volontariamente sbatto il coltello che ancora avevo in mano sulla scrivania. Lui non si scompone.

Scommetto che anche se non lo da a vedere si sta divertendo come un pazzo.

-Me ne vado!- urlo quasi, alzando le mani in segno di reso.

-Non mi rivedrai mai più- gli dico dandogli le spalle.

-Questo è certo- ironizza lui.

-Idiota- sibilo.

-Ti ho sentita-

E’assurdo. E’ancora immobile come se nulla fosse accaduto, con le mani incrociate e mi snobba!

Mi avvio verso la porta e esco marciando con fierezza. Scendo le scale senza nemmeno guardarmi intorno.

-Kristen- mi chiama lui quando apro la porta di casa.

Mi immobilizzo. Ricordo con estrema esattezza di avergli detto il mio nome solo in un occasione. Prima di vederlo, fuori alla sua porta.

-Io sono William comunque – aggiunge, ancora con lo stesso tono di poco prima.

Chiaro ,deciso, come se volesse rimproverarmi.

William. I pochi e immensi ricordi di lui, si tingono di quel nome.

Mi ci vogliono alcuni istanti prima di riprendermi. Poi lentamente esco. 

Continua...

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Capitolo 3
*** 2°Capitolo, parte 2 ***


 

2°Capitolo , parte 2.

 

Il giorno seguente sono ancora frastornata. Sono tornata a casa come in catalessi.

Per metà mi sono sentita ancora terribilmente adirata con quell’ estraneo che aveva passato il tempo a prendermi in giro spudoratamente.

Per metà, la sua presenza, ha continuato a farmi lo stesso tossico effetto.

Quando poi, prima di mettermi a letto, ho lanciato un occhio alla sua finestra, la sua immagine è esplosa nel mio sguardo.

Nuovamente lì. Immobile. Aveva guardato, senza vedere, la mia finestra.

Tutto questo non mi sta facendo decisamente bene. Anzi.

Mi sento peggio dei giorni precedenti al suo arrivo . La noia è stata sostituita da qualcosa altro: ansia, trepidazione, ira e rabbia. Un miscuglio esplosivo.

Per fortuna papà è di buon umore e si occupa del nanerottolo puzzolente, mentre io do da mangiare a Spike. La vicinanza della sera prima deve averlo confuso perchè ora, non fa altro che strusciarsi vicino ai miei jeans.

-Che stai facendo?- gli chiedo, guardandolo truce. Lui indietreggi e poi sconsolato si allontana.

Meglio non fargli prendere troppe confidenze!

Arrivo a scuola stranamente in orario. Willow mi sta già aspettando, mentre Xander avrà perso nuovamente tempo, nell’ acquisto delle figurine di qualche super eroe.

-Kristen- mi fa segno lei. Si sventola con un quaderno, mentre cerca di sistemarsi i capelli.

-Dici che oggi vedremo il signorino Stratford?- aggiunge, quando la raggiungo.

Non mi va di mentirle, ma ancora una volta ho l’ istinto di non rivelarle nulla dei miei incontri.

Non riesco a capire perchè.

-Will, io penso che non verrà a scuola. Ho fatto due chiacchiere con una donna che lavora per lui e penso che studi a casa-

Una mezza verità. Mi sento terribilmente in colpa.

-Davvero ? Ci snobba a tal punto ? Cos’ha ? Un maestro privato ? Credevo che certe cose non esistessero più!- scherza lei.

-I soliti ricchi- concludo io con nonchalance

 

A mensa è una vera tortura. I ragazzi del primo anno sono naturalmente la mira preferita della banda dei fighi e come al solito il nostro tavolo si trova giusto nel bel mezzo della guerra del cibo.

Mi riparo con il vassoio, mentre cerco inutilmente di evitare spaghetti volanti e ketchup spruzzato direttamente dall’ erogatore.

-Vorrei partire per la guerra- ci fa sapere Xander sconsolato.

-Sono certo che sarebbe decisamente meglio del liceo-

-Non hai tutti i torti, pensa che mancano solo pochi mesi e tutto finirà- cerca di rincuorarlo Willow, mentre abbassa la testa, per difendersi da una...scarpa?

-E tu credi che al collage la situazione non si ripeterà? Sono certa che Xan finirà per diventare la nuova vittima dei neo laureandi- scherzo io ,mentre lui mi guarda già terrorizzato.

E’nel bel mezzo della battaglia che Liam Darcy che non ha preso parte alla rappresaglia, sia alza e si avvia verso l’ uscita.

Arrivato quasi vicino al nostro tavolo, mi fissa e poi mi saluta con un sorriso.

Rimango sbalordita per qualche istante. Mi avrà scambiata per qualcun altro ?

-Secondo me hai fatto colpo!- sghignazza Willow. Faccio una strana smorfia con la faccia.

-Magari ti chiede di uscire- sussurra Xan, come se fosse la cosa più terribile del mondo. Io abbasso gli occhi.

-Non ti fa piacere? Non ti piaceva quel tipo?- mi chiede, indicandolo e nascondendosi contemporaneamente, dietro al vassoio verde.

-Mh- mugugno.Certo che mi piace, mi ripeto.

Lo sapevo. L’avevo detto che quel William era tossico per me.

Tutto mi sembra più stupido, brutto e inutile.

Perfino Liam impallidisce al suo confronto.

Eppure mi piaceva! Cervello mettiti in moto! Ricordi tutte le stupidaggine che hai fatto per lui? Scritte sul diario, seguirlo durante gli allenamenti, raccogliere le sue penne mangiucchiate?

Cosa cavolo stai pensando? Il tuo vicino di casa è di certo la persona più scorbutica, maleducata del pianeta.

Non ti considererebbe nemmeno se il mondo si capovolgesse e diventassi presidente degli Stati Uniti. Inoltre....vuoi la sua considerazione?

 Ok, è bello, è bello da far paura. Ma basta? E’un pazzo, sadico!

Prima di andare via, mia avvio verso l’ufficio del signor Grace, sperando di trovare in qualche attività extrascolastica, una piacevole distrazione.

-Entra Kristen- mi fa segno lui, appena mi vede.

 Si chiude la porta alle spalle e getta a terra tutte le cartacce che ricoprono la mia sedia.

-Le raccoglierò dopo- mi dice per non farmi preoccupare. Il suo studio è quasi disordinato quanto la mia casa.

Lui di certo è l’uomo più trasandato del mondo.

Il martedì poi, giorno libero della signorina Mountain, tocca il fondo.

-Ieri stava meglio- gli faccio notare, indicando il suo maglione infeltrito.

-Ho tutti i vestiti in lavanderia- si lamenta lui, alzando da dei documenti una tazza di caffè stantio che lascia su questi, un enorme chiazza marrone.

-Di cosa voleva parlarmi?- gli chiedo, prima che se ne dimentichi.

-Allora... è una cosa abbastanza importante, impegnativa, non potevo pensare a qualcuno migliore di te Kristen-

Comincia una sviolinata. La cosa puzza decisamente.

-Tutti questi elogi, mi fanno pensare che non ne sarò per nulla felice- dico, storcendo il naso.

-Non è nulla di particolarmente gravoso. Solo ti ruberà più tempo, ma sarebbe un lavoro importante- si giustifica dandosi un tono. Vuole decisamente convincermi.

-Diciamo che i tuoi voti sono ottimi e quindi entrare in un buon collage per te è facile, il problema è solo pagarlo, hai bisogno di una borsa di studi-

-Mi pare che questo sia chiaro ormai da anni- gli dico scettica.

-Per la borsa di studi, oltre alle mie raccomandazioni,t utti i progetti extra che fai, il tuo impeccabile comportamento, di certo ti aiuterebbe tantissimo ciò che sto per proporti. Ne farei menzione nel tuo curriculum scolastico e sarebbe un vero lustro per te-

-Arrivi al dunque, la prego-

-Si tratta di un nuovo studente- mi informa.

Non capisco.

-E io cosa dovrei fare?- gli chiedo scettica.

-Lui non viene a scuola, diciamo che potrebbe, ma preferisce studiare per conto suo-

Il mio allarme super sonico si attiva.

-Si diplomerà comunque in questa scuola, sosterrà solo l’esame finale, così vuole suo padre, ma avrà bisogno di qualcuno che gli passi appunti , compiti, che viva realmente la vita scolastica. Basterebbe un› oretta al giorno-

Io deglutisco. Fa che non sia lui. Fa che non sia lui. Mi mangerà viva!

-In realtà , lui ha chiesto espressamente che sia un professore, in questo caso io, a svolgere questo lavoro, mi pare un ragazzo alquanto lontano dalla sua età, ed è proprio per questo che penso che invece l’ ausilio di uno studente sia fondamentale- conclude, sistemandosi per la centesima volta gli occhiali sul naso. Poi si mette in piedi e comincia a guardarmi negli occhi. Sta cercando di convincermi!

Ti prego fa che non sia lui. Fa che non sia lui. Farò qualsiasi cosa!

-Ed io ho pensato a te.-

-Di chi si tratta, signor Grace?- chiedo con voce tremante.

Fa che non sia lui., Fa che non sia lui. Giocherò con Spike ogni giorno!

-Aspetta cara- mi dice, cercando sotto una pila di documenti, prima di estrarre un fascicolo tutto accartocciato.

-Ecco. Si chiama William Stratford. Abita dalle tue parti?-

Sbatto violentemente la tesata sulla sua scrivania agonizzante.

-Cosa c’è cara ? Non stai bene?- mi chiede lui allarmato, scattando in piedi..

-No- mugugno.

-E’l’ultima persona al mondo con cui potrei avere un contatto- lo informo e lui sembra rasserenarsi.

-Perchè dici così?- sembra divertito.

Scatto in piedi.

-Non finga signor Grace. Sono convinta che era a conoscenza del fatto che quel ragazzo fosse la reincarnazione del male- gli dico, puntandogli il dito contro.

-E’scortese, maleducato e di certo non vorrà assolutamente il mio aiuto. Dai nostri pochi incontri abbiamo determinato che i nostri caratteri sono assolutamente incompatibili.- concludo, prima di ricadere esausta sulla poltrona.

-Incompatibili?- sorride.

-Mi piace, sono certo che è la scelta più giusta- sghignazza. Io divento truce.

L’ha preso per un episodio di "Guerra e Pace" ?

-Non c’è nulla di divertente. Mi prende in giro, crede che voglia abusare di lui, mi considera una ficcanaso e abbiamo già messo alla prova la nostra pazienza.- lo informo, scandendo ogni parola..

-Il fatto che vi conoscete già, è ottimo. Abita vicino a te, cara?- non sembra ascoltarmi!

-E’praticamente il mio dirimpettaio, ma questo non cambia nulla!Sono irremovibile-

-Quindi già sai che è un ragazzo non vedente- il tono del professore è grave.

-Sta cercando di impietosirmi? - gli chiedo scettica.

-No, noto solo la tua discrezione. Tutti si stanno chiedendo come sia quel ragazzo e tu mi pare non ne abbia fatto menzione con nessuno-

Cerco di calmarmi.

-E’evidente che lui sia una persona riservata, l’ho assecondato. Anche se non capisco perchè non voglia che nessuno lo veda. E’cieco, non un ladro di banche. - Il mio discorso sembra logico.

Il signor Grace sorride.

-Sarebbe importante- cerca di convincermi.

Scuoto la testa violentemente.

-Non se ne parla. Lui non vuole stare assolutamente con me, la mia compagnia non gli piace.

Penso che non gli piaccia nessun essere umano, in realtà.-

-E a te? A te piace la sua compagnia?- mi chiede stuzzicandomi. Sta perdendo decisamente la testa. Tutti quei romanzi gli hanno dato al cervello!

-E’aspro, pungente e maleducato- lo informo stizzita.

-Non hai risposto alla mia domanda-

Sospiro.

-Mi ucciderà se mi presento di nuovo a casa sua- dico agognante.

Le mie difese barcollano.

C’è una parte di me, piccola e decisamente folle che brama la sua vista. E questo mi fa decisamente paura.

Un' ora al giorno. Tutti i giorni. Quanto male mi farebbe?

-Questa volta non lo fai per curiosità, assolvi solo un tuo compito-

Il professore assapora già la vittoria.

E’una lenta resa la mia.

-E Jhonny?- gli chiedo accennando al mio fratellino, come ultima arma.

-Sono certo che la simpatica donna che si occupa del ragazzo, lo terrà volentieri per un’oretta al giorno. -

Ha una risposta praticamente per tutto.

-Mi ucciderà- continuo a ripetere.

 

A casa sono irrequieta. Finisco i compiti in meno di un’ora, con la mente completamente in subbuglio. La peste mi fissa dal divano.

-Kri, Kri- ride, mangiucchiandosi le mie matite.

-Stai per perdere una sorella- lo informo prendendolo in braccio.

Ho il terrore di fare ogni tipo di mossa. Sono certa che questa volta mi fucileranno direttamente varcando il cancello.

-Se chiamassi prima?- chiedo a Johnny. Potrei informarlo.

Il professore mi ha assicurato che ci avrebbe parlato ma non so come e cosa gli dirà.

Ho scoperto solo oggi quanto possa essere subdolo per arrivare a ciò che brama!

Johnny si infila un dito nel naso e io mi dico che è un si.

Afferro il foglietto imbrattato che mi ha dato il signor Grace con le varie informazioni e compongo in numero di casa Stratford.

 Fa che risponda la vecchia zuccherosa, fa che risponda la vecchia zuccherosa.

-Casa Stratford- sento dire da un uomo anziano.

Cavolo, il pinguino! Coraggio Kristen, coraggio.

-Hem...salve, sono Kristen abito di fronte, dovrei parlare con...il padrone di casa!-

Non so mai come cavolo chiamarlo!Sembra di parlare con la servitù di un conte!

Il maggiordomo rimane in silenzio. So che sta per propinarmi la solita scusa pronta.

-Si tratta di una questione scolastica importante- gli dico dandomi un tono. Colpito e affondato!

Stavolta ho una giustificazione.

-Mi scusi- mi dice lui. Io attendo.

-Ma perchè sta telefonando?- mi chiede, spiazzandomi.

-Abitiamo praticamente ad un metro di distanza, penso che se parla ad alta voce riesco a sentirla anche senza telefono- afferma sarcastico.

Brutto pezzo di stoccafisso!Mi prende in giro.

-Volevo solo....annunciarmi, prima di presentarmi a casa vostra-

Annunciarmi ? Che cavolo di parola è? Deve essere un rimasuglio di "Ragione e sentimento".

-Si è annunciata!- mi sfotte lui.

-Vuole annunciarsi anche al signor Stratford?- continua, ironico e rude.

-Sto arrivando!- concludo sgarbata io e gli riattacco il telefono in faccia.

-Pessima idea- accuso Johnny che mi guarda per qualche istante prima di scoppiare a piangere.

Perfetto.

 

Dopo circa trenta minuti, un tentativo di autoconvinzione che uscirò viva da quella casa, un litro di profumo e essermi spazzolata mille volte i capelli, tanto da diventare calva, mi avvio verso il luogo maledetto.

Prendo Johnny per mano e un peluche senza testa e cerco di trovare un po’di coraggio nel mio corpo.

Busso una volta e attendo. Anche la peste sembra intimorita perchè mi fissa ad occhi sgranati.

-Sta tranquilllo- dico più a me che a lui.

Per fortuna viene ad aprire la donna che il giorno prima mi ha offerto come vittima sacrificale al padrone.

- Cara! - esclama alla mia vista.

- E questo muffin?- dice, indicando la peste che già allunga le manine verso di lei. Traditore!

-Sono qui per conto del professor Grace - la informo, mentre lei prende in braccio Johnny.

-Si, abbiamo da poco ricevuto una sua telefonata-

-Lui è nello studio- mi informa un poi’ inquietata. Ci risiamo.

-Lasci pure il piccolo con me-

E’evidente che voglia evitare una carneficina. Penso che LUI lo mangerebbe a colazione.

La donna mi indica la stanza. Si tratta della stessa in cui per la prima volta l’ho visto.

Busso alla porta e non ricevo alcuna risposta. Cominciamo bene!

La apro lentamente e scopro una stanza immersa nell’oscurità.

-Ci sei ?- chiedo. Mi sento una perfetta cretina.

Lui naturalmente fa come sempre...sospira!

-Apri le finestre- mi ordina con la sua solita voce. Con la sua voce.

-Non vorrei che ti rompessi una gamba inciampando su qualcosa- aggiunge con ironia.

-Non credo ti dispiacerebbe- sussurro a denti stretti, mentre seguo i suoi ordini,muovendomi a tentoni.

Appena ci vediamo comincia la nostra danza della morte e tutti i miei bei pensieri su di lui vanno a fare benedire!

Spalanco lentamente la finestra che lui, pochi giorni prima, ha aperto svelandomi la sua magnifica bellezza. Fuori il sole sta tramontando, ma basta la luce fioca per dare ristoro ai miei occhi.

A lui no, naturalmente. A lui la luce non è concessa.

Deglutisco rumorosamente e per un istante l’aria mi manca.

Quando mi volto scopro che lui è seduto alla scrivania. I capelli sono tirati all’ indietro, perfetti come al solito. Indossa una camicia bianca e un paio di jeans scuri, ha il volto fisso su un libro strano. E’perfetto. Non ho altre parole per descriverlo.

Di una bellezza disumana che cozza maledettamente con il suo modo di fare.

-Il signor Grace mi ha avvertito, abbiamo appena finito di litigare per telefono- mi informa truce, sospirando spazientito. Ha un umore pessimo. Peggio del solito, penso.

-Quando mi ha parlato di una certa Kristen che abitava nei dintorni mi sono detto "come non ho potuto pensarci prima?Si tratta della ragazzina impicciona»" - conclude con sdegno.

Il sangue mi ribolle, di fronte a lui. La sua freddezza è glaciale.

-Non è stata una mia idea. Ancora ora non sono convinta. Decidi tu, non penso ti costringono- gli rispondo secca. Chi me l’ha fatto fare?

Il suo aspetto è niente di fronte a ciò che ha dentro.

Ad un certo punto, sospira, quasi sconfitto.

-Non ho altra scelta. Mio padre ha deciso che devo diplomarmi in questo maledetto liceo di provincia e pare che l’unico modo sia attraverso di te- pronuncia le ultime due sillabe quasi con sdegno.

Si tocca le tempie e le tasta con il viso dolorante, come se avesse mal di testa.

-Io ho tutto, libri per non vedenti e un pc con programmi adeguati- mi informa.

Io sono ancora in piedi di fronte a lui. Ancora tremendamente adirata.

-Penso che tu imparerai qualcosa da me- mi dice con superiorità.

-Ne sei così certo?- gli chiedo. Sto per esplodere.

Lui sorride. Non come il giorno prima. E’ un sorriso che sa di presa in giro.

-Chi cavolo ti credi di essere?- sibilo. Lui per la prima volta è sorpreso e ...divertito?

-Non lo so, dimmelo tu?- mi sfida e poi si mette in piedi.

Io indietreggio. Non voglio litigare con lui. E’come se non mi sentissi ancora pronta.

Ma so che lo faremo. So che avverrà. E ho paura che perderò.

E’ lui a farmi terribilmente paura.

-Senti, tu non piaci a me quanto io non piaccio a te- gli dico.

E’così? Lui non mi piace? Lo odio, si, lo odio quasi, ora, in questa stanza ma...

Sono attratta da lui malsanamente. Dalla sua immagine.

-Cerchiamo di venirci incontro e concludere questa cosa. Verrò da te domani alle cinque-

Sono esausta d terribilmente spossata dalla sua vista, dalle poche parole che ci siamo scambiati.

Lui annuisce.

E’divertito come al solito. Per un attimo ,mi pare che il suo malumore sia passato.

-Bene- concludo.

Attendo qualche istante, per riprendere fiato.

- Kristen - mi chiama lui. Ancora il mio nome sulla sua bocca.

Si guarda intorno per qualche istante. E’evidente che pensi che io possa già averlo lasciato solo, che sia già uscita dalla stanza.

-Sono qui- lo informo. Lui fa una smorfia con la faccia.

E so cos’è. Si vergogna. Per essersi mostrato così cieco di fronte a me.

-Non mi chiami mai per nome. Perchè?- ha sulla faccia di nuovo quel mezzo sorriso sarcastico e divertito.

Io sbuffo spazientita e mi avvio verso l’uscita.

-Cosa vai a guardare!- concludo indispettita.

Non lo faccio. Non l’ho mai fatto. Non so perchè.

E’che la sua immagine fa male quanto il suo nome. Fa paura.

-A domani...William-


 

Continua... ATTENDO I VOSTRI COMMENTI

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Capitolo 4
*** 3°Capitolo, parte 1 ***


 

Nei primi tre capitoli ho sempre postato direttamente, senza lasciare alcun commento. Ora volevo farlo. Premetto che un po' di anni fa scrivevo assiduamente anche se non su questo sito. Poi la vita e i suoi eventi mi avevano fatto abbandonare tutto. Kristen e William mi stanno aiutando nel ricominciare. Ringrazio chi legge e chi mi ha inserito nei preferiti. Mi farebbe sempre piacere avere un vostro commento , passate in molti e solo pochi lo fanno. Ringrazio chi ha recensito ^^

ps.i pensieri che ogni tanto inserisco all'inizio della storia , sono momenti dei capitoli succesivi.

Buona lettura.


 


 

Dove stai andando ?

Ti rendi conto che io verrò con te ?

Ti rendi conto che dovunque andrai , io sarò con te ?

Mi infilerò nella tua vita , fra i giornali che leggi e il profumo che indossi

Perchè non esiste nulla qui, in questo luogo, senza te.

 E allora io verrò con te.

Senza che tu lo sappia. E' inutile andare via.

Dovunque tu andrai.

 

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Fisso Spike che mi guarda speranzoso dal pavimento della cucina.

-Non avrai nulla- lo informo, azzannando il mio sandwich.

-E’già tanto che tu sia in casa, sacco di pulci- ringhio a denti stretti, per non farmi sentire da papà che mangia serenamente le sue caramelle, seduto a tavola.

Spike sconsolato si allontana da me, prima di accucciarsi ai piedi di papà che prontamente gli infla tra le zanne, una caramella alla liquirizia.

-Pensi gli faccia bene?- chiedo a papà che cade dalle nuvole.

-E che male dovrebbe fargli ? Non è mica veleno per topi?-

Gli sembra la cosa più logica del mondo. Pensa che Spike abbia il suo stomaco.

Per lo stesso motivo un giorno gli ha preparato una banana split con del rum e due estati fa , per farsi perdonare del fatto che l’avesse lasciato senza acqua, gli ha propinato una granita al cocco.

Mi siedo di fronte a lui e lo fisso, mentre si rimpinza .

Indossa una tuta acetata che lo rende inguardabile e ha i capelli arruffati in testa, come se non li pettinasse da giorni.

Prima non era così, mi viene da pensare. Prima.

Scuoto la testa.

-Papà ti devo parlare- lo informo. E’in fondo il motivo per cui lo sto facendo tardare al lavoro.

-Dimmi cara- mi fa segno di andare avanti, mentre con l’altra mano, ormai tutta appiccicosa, ciuccia una gelatina. Sembra Homer Simposon.

-Il signor Grace mi ha affidato una nuova attività extrascolastica- gli faccio sapere.

Il pensiero di chi, tra meno di dieci minuti, mi aspetta nella casa di fronte, mi mette i brividi.

-E’un bene, no? Mi hai detto che ti è utile per la borsa di studi. L’ importante è che non tralasci le faccende di casa e Johnny- semplifica lui.

Io sbuffo un po’esausta. Mi guardo attorno.

La casa è un vero casino, ma non è colpa mia. E di certo questo oretta al giorno non peggiorerà le cose.

Ce la metto tutta, ma ho solo diciotto anni, frequento ancora il liceo e mi occupo di un padre immaturo, un moccioso di due anni e un cane spelacchiato.

E' abbastanza. E poi papà non si è mai lamentato del disordine.

Per ora non siamo ancora a rischio epidemia.

-Si, ok- biascico incerta.

-Si tratta di una sola ora al giorno e il professor Grace ne terrà conto. Potrò anche consegnare i suoi compiti in ritardo. Johnny inoltre verrà con me- concludo.

-Non capisco- papà mi dedica un po' di attenzione solo ora.

Mi metto in piedi, preparando le verdure che dovrò solo scaldare al mio ritorno.

-Aiuto William Stratford- gli spiego, facendo segno alla grande villa.

-Aiuti?-

-Lui non viene a scuola e io gli passo compiti, appunti, lo assisto per un po’nel pomeriggio-

Non sono convinta neanche un po’in realtà.

Papà è ancora scettico.

-Papà lui non ci vede, ha bisogno di qualcuno-

Ora che ci penso è decisamente vero. Anche se lui non lo ammetterà mai.

Mio padre sembra capire.

-Non lo sapevo. Quindi è nascosto in quella casa per questo-

Mi sembra serio per la prima volta negli ultimi otto anni.

Poi torna a sorridere. E torna il bambinone di sempre.

-Fammi sapere com’è la casa- sghignazza, tornando alle sue caramelle colorate.

Sospiro e mi vado a guardare allo specchio per la centesima volta.

Ho indossato un paio di pantaloni blu con una polo colorata.

Vorrei apparire carina, invece sembro un arbitro.

Mi sistemo i capelli e oso passarmi un filo di lucidalabbra.

Anche Johnny è tirato a nuovo. Gli ho fatto il bagnetto e infilato un paio di bermuda chiari con una camicia che qualche nostra lontana cugina, ci ha regalato.

L’ abbigliamento stona maledettamente con il suo viso da diavoletto infernale , coronato da riccioli dispettosi.

-Farai il bravo con la signora?- gli chiedo. Lui sembra capire perchè ride divertito.

Pessimo segno.

Questa mattina ho parlato della mia nuova attività anche a Willow e Xander.

-Aiuterò William Stratford il pomeriggio- ho detto, quando per la centesima volta, ho sentito parlottare di lui da qualcuno.

Il fatto che nessuno l’ abbia mai visto, aumenta ancora di più la curiosità degli studenti.

-Potremo sapere com’è, allora- ha esordito Xander a questa notizia. La sua speranza che il nuovo arrivato sia goffo e brutto, non si è mai sopita del tutto.

-Non sapevo nemmeno che conoscessi il suo nome- mi ha stuzziacato Willow , sistemandosi le sue ciocche fulgide. Come al solito è sempre un passo avanti a me.

Mi sono morsa le labbra nervosamente.

-E’stato il signor Grace a comunicarmelo. E’solo perchè non viene a scuola- ho tagliato corto.

Ho seguito sempre il mio schema iniziale: non rivelare a nessuno della situazione di William.

Sono certa che mio padre terrà la bocca chiusa, ma non altrettanto sicura dei miei amici.

Non che non mi fidi di loro, ma hanno la mia età e propendono ai pettegolezzi, come le api sul miele. E’un assurdità questa menzogna, ma so che lui vorrebbe così.

O almeno lo immagino.

Spero che presto questa storia finisca. Alla fine dell’anno mancano solo due mesi e sono certa che poi di William Stratford non sapremo proprio più niente.

Lo metteranno a capo di qualche importante azienda e la sua vecchia casa ricadrà nel silenzio.

Attraverso la strada con Johnny al seguito e non ho bisogno di bussare. La simpatica donna sta spazzando il piccolo cortile davanti casa e ci accoglie con un sorriso.

-Ciao cara. Il signor Stratford ti aspetta nello studio. Io e Johnny ci divertiremo- lo stuzzica , passandogli una paletta colorata. Spero solo che non rada al suolo il giardino.

-Grazie signora- esito per un istante.

-Rosemary- mi corregge lei con un sorriso. E’di certo la persona più gentile che conosca.

Entro nella casa che mi regala un po' di fresco, rispetto al caldo della strada e mi avvio verso la stanza che da sul giardino. Busso alla porta esitante.

-Entra- fa eco la sua voce.

Per fortuna questa volta la stanza è illuminata.

William è appoggiato alla portafinestra, il volto rivolto verso l’esterno.

Come sempre la sua presenza mi fa il solito straziante effetto.

Quando si volta, deglutisco rumorosamente.

E’solo il suo aspetto, è solo il suo aspetto.

Me lo sono ripetuto e intimato più volte questa notte, nel tentativo di prendere sonno.

E’vero. William Stratford è con molta probabilità la creatura più bella che vive in questo universo, ma questo non deve turbarmi.

So con estrema esattezza che il suo splendore , viene compensato in maniera altrettanto imponente dal suo caratteraccio . Non mi lascerò ammaliare.

Quando si volta verso di me, i capelli scompigliati , gli occhi stanchi, come se non avesse dormito, io però respiro a fatica.

Ok, per il momento lo guarderò il menoo possibile!

-Allora, cominciamo col dire che sei in ritardo- mi rimprovera, sedendosi alla sua scrivania.

-Ritardo?- gli chiedo stralunata. Sono certa di essere uscita in tempo.

Lui, con un dito, mi indica una piccola sveglia argentata. Segna le cinque e quattro minuti.

Come...

Leggendomi nel pensiero pigia un tasto, all’estremità di questa e una voce metallica rileva l’ora.

-Quattro minuti è ritardo ?- lo prendo in giro, sedendomi di fronte a lui e sistemando i miei libri sulla scrivania.

Lo vedo alquanto infastidito dalla mia presenza, tanto quanto dalle mie cose.

- Sei in ritardo- ripete. Naturalmente tutta la mia euforia scompare, come al solito.

Ecco il solito stronzo strafottente che mi fa ribollire il sangue.

- Sono uscita alle cinque in punto- lo correggo.

-E dimmi, hai impiegato quattro minuti per attraversare la strada, lasciare tuo fratello in cortile e entrare in questa stanza- mi sfida lui.

Io digrigno i denti.

-Esatto- concludo.

-Penso che un animale zoppicante avrebbe fatto più in fretta - fa una faccia disgustata.

-In ogni caso, la prossima volta uscirai alle quattro e quarantasei minuti- mi ordina.

Sospiro. Non voglio litigare. Non voglio litigare.

-Ho portato gli esercizi di algebra-

- Non li hai messi su un cd?- mi chiede lui, quando io goffamente, apro i miei quaderni.

-Avrei dovuto ?- gli chiedo. Sono già esasperata. E’peggio di un quiz di matematica!

-La prossima volta fallo, ok?- naturalmente il suo tono è sempre di rimprovero.

-Potresti almeno dire grazie- sussurro io adirata, a denti stretti.

Lui si passa una mano tra i capelli e accende il suo pc portatile.

-Sono certo che non lo stai facendo per nulla- mi stuzzica .

E’rivoltante la sua cattiveria. Sta calma, mi intimo. Un’ora al giorno. Puoi farcela.

-Allora ?- mi chiama.

Comincio a dettare i vari esercizi e lui in pochi secondi scrive e li esegue. Mi sporgo leggermente per guardare lo schermo.

Ogni passaggio è assolutamente perfetto. Il risultato sempre ineccepibile.

Concludiamo il lavoro di trenta minuti in meno di dieci .

Il suo viso è una maschera di risentimento, mentre batte i tasti , fissando lo schermo che non vede.

-Ora?- mi chiede spazientito alla fine.

Afferro il libro di letteratura esitante.

- Si tratta di un saggio. Il signor Grace ci sta facendo affrontare il tema dell’amore in vari romanzi. Siamo a Jane Eyre- gli spiego esitante.

Di fronte a lui mi sembra anche di dimenticare la lingua che conosco da quando avevo due anni.

- Quello sono libero di scriverlo da solo?- mi chiede, ancora con il suo solito amaro sarcasmo

-Certo, certo - balbetto io.

-Magari potremo almeno parlarne. Solitamente è così che facciamo in classe prima di ogni saggio. Un piccolo dibattito- gli spiego, mentre lui fa una strana smorfia con la faccia.

Ci sto provando, ma lui non collabora minimamente.

-Non mi stai aiutando- gli comunico al limite.

Si mette in piedi e comincia a camminare lentamente per la stanza. Ha una dimistichezza assurda nel muoversi.

- Non ho mai detto che l’avrei fatto- dice stringendosi le tempie.

-Allora ?- mi chiede.

Io lo guardo esitante.

-Dimmi cosa pensi della concezione dell’amore di Charlotte Bronte in Jane Eyre- mi canzona.

La sua presa in giro è evidente. Fisso l’orologio . Altri quaranta minuti e questo martirio sarà finito. Puoi farcela.

- Jane Eyre mi piace- dico sicura.

-E’un ottimo romanzo. La figura del Signor Rochester è decisamente affascinante-

Lui pare sorridere per un istante. E’solo un attimo.

-Ma la sua visione dell’amore non è la mia preferita- concludo.

-Perchè ?- mi chiede lui. Ha la sua solita faccia sarcastica.

-Lei va via quando scopre della moglie. Se lo amasse totalmente non lo farebbe. Insomma, lo abbandona in un momento critico -

A questo punto lui comincia a ridere. Una risata bella e profonda. Che mi da decisamente i nervi!

-E quindi avrebbe dovuto vivere con la moglie pazza che girava per il palazzo appiccando incendi?- mi chiede divertito.

-Beh- comincio io.

-Se lo amasse veramente- ripete le mie parole precedenti, prendendomi in giro.

- Ci sono dei limiti Kristen, li vediamo ogni giorno davanti a noi. La Bronte mette in luce solo quelli di un tempo . Tra l’altro poi, stupidamente , lei torna e se lo tiene storpio-

Da sfoggia del suo cinismo con estrema maestria e distrugge un capolavoro in pochi istanti.

-Ci sono, ma se ci sia ama veramente non esistono- concludo io stizzita.

Non sono mai stata una persona particolarmente romantica e ho sempre avuto i piedi per terra. E’proprio per questo che ritengo che alcune differenze siano assolutamente assurde che spesso molti ostacoli possano essere superati con un po’di sforzo.

- Quindi tu mi stai dicendo che qualsiasi persona a questo mondo potrebbe amarsi ?- mi chiede.

Non so perchè, ma si sta decisamente innervosendo.

Il suo umore sta peggiorando, se è possibile.

-Certo- dico risoluta io.

E' l’unica speranza che io ho ancora, mi viene da dire.

In questo mondo che mi ha spezzato i sogni e li ha inceneriti, in una notte di otto anni fa.

Perchè vuoi distruggere anche questo?

-Quindi anche noi due potremmo amarci?- mi chiede di scatto, facendomi trasalire.

E’immobile a pochi passi da me. Guarda verso di me. Sempre leggermente troppo in alto.

E questa volta, questo particolare, mi da i brividi. I suoi occhi mi danno i brividi.

Sono decisamente imbarazzata per la sua domanda troppo intima e assurda.

-In un certo senso è vero- ammette lui. So che sta per darmi la staccata finale.

E’solo questione di attimi e gode in questo.

-Forse noi , in modo diverso, siamo nella stessa situazione. Ai margini, entrambi. Quindi potremmo amarci -

La sua voce è piatta. Non so dove voglia arrivare.

-Io sono un maledetto cieco - mi spiega con semplicità.

Le sue parole sono fatte di dolore e angoscia. Posso percepire tutto.

-Tu la ragazza povera che passa le giornate a cambiare pannolini e cucinare. Con il padre che la mette in imbarazzo e costretta a stare in questa stanza con una persone che detesta , per avere una speranza di futuro - mi cataloga con disprezzo. Sento la sua pena per me.

Scatto in piedi e raccolgo le mie cose.

Mi sento umiliata da lui e dalle sue parole .

Ho voglia di piangere. Non accadeva da quando avevo dieci anni.

Non accadeva da quella notte.

 Non lo farò. Non lo farò, per lui. Tiro su col naso e stringo i pugni.

-Basta- ansimo per zittirlo. La mia voce esce soffocata. Mi sembra di affogare.

-Dove vai ?- mi chiede lui divertito. Si avvicina a me. E’la prima volta che lo fa.

Io faccio un passo indietro e rimango bloccata dalla scrivania alle mie spalle.

E’ad un soffio da me. Posso sentire il suo profumo.

Che mi inebria per un istante. Che sa di mare. Di oceani profondi e in tempesta.

Lui è la tempesta.

Odio, rabbia , disgusto e desiderio. Tutto mescolato. Perfettamente. Nella mia gola.

-Non è così ? Pensi che se tu fossi ricca e popolare saresti qui a farmi la carità- dice con disprezzo.

Il suo viso è vicinissimo. Non so se ne rende conto. La sua ira violenta.

E’splendido ma...non basta. Non basta ad anestetizzarmi.

La sua immagine è sovrastata da tutto il suo essere spregevole.

 E io ho paura. Ho paura qui. In questa stanza.

Con uno sconosciuto scultoreo e dannatamente violento

Che odia se stesso e la sua vita. Che odia me .

Che mi umilia, per umiliare se stesso.

-Lasciami passare- sibilo sulle sue labbra, deglutendo rumorosamente.

-Altrimenti ?- mi chiede, con un sorriso amaro.

Lo strattono esasperata con un gomito e mi libero, mentre lui ride forte.

Quando afferro l’ultimo libro, le mie mani tremano.

Ho la gola secca e sono senza parole.

E’la prima volta che capita in tutta la mia vita.

Mi avvio verso l’uscita, sconvolta , consapevole del fatto che non metterò assolutamente mai più piede in questa casa che non guarderò mai più quegli occhi chiari e senza luce.

E fa male. E non so perchè. E lo odio. E non basta.

-Ci vediamo domani Kristen- mi canzona lui.

E allora accade.

In quel momento tutte le mie barriere cedono, insieme ai miei freni, insieme alla mia angoscia, insieme al baratro che ha scavato in me questo pomeriggio , cercando di farmi male.

Mi volto lentamente, lui si accorge che mi sono fermata.

-Per chi mi hai preso William Stratford?- gli chiedo.

 Finalmente si toglie dalla faccia quel sorriso del cazzo.

-Pensi che sia un tuo domestico, qualcuno che paghi per sopportare la tua pazzia e le tue stronzate?- gli chiedo con disprezzo.

Lui sembra accusare il colpo. Abbassa gli occhi, le braccia lungo i fianchi.

-E’vero- ammetto.

-Tu sei cieco, io la figlia di un uomo che frigge patatine all’angolo senza un soldo in tasca e con i vestiti usati- dico battendomi un mano sulla maglietta di pochi soldi.

-Ma non siamo uguali- sibilo.

-Non troverai mai qualcuno che ti ami - lo informo con risolutezza.

Lui deglutisce guardandomi. Per un attimo ho l’impressione che mi veda.

Per un attimo ho l’impressione che la pensi esattamente come me.

-Ne una ragazza splendida e popolare , ne una che si fa il culo per tirare avanti -

Ho il fiato mozzato, le mie labbra tremano leggermente.

 -E non è perchè sei cieco-

Ora so perchè sei tanto splendido William .

Perchè la tua bellezza è disumana e senza limiti. Compensa tutto il vuoto che sei.

-E’perchè hai il buio dentro- dico voltandomi.

E in pochi giorni mi hai stravolto. E in pochi giorni mi hai fatto del male.

E cosa accadrebbe a starti ancora accanto?

 Il tuo buio vuole già risucchiarmi. E ne è capace. E ci riesce.

La mia anima ne sente già l’odore.

E brucia la carne.

Lui è immobile. Gli occhi senza luce bassi sul pavimento e le mani strette in due pugni.

Bello, dannatamente bello e nient altro. 

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Capitolo 5
*** 3°Capitolo, parte 2 ***


 

3°Capitolo, parte 2

 

Carico la lavatrice con la fronte impregnata di sudore. Pessima giornata, pessima giornata!

Johnny è nel suo girello infernale.

Una volta infilato lì dentro, dato che è troppo piccolo per la sua statura, è impossibile tirarlo fuori ed è un vero incubo.

Corre per tutta casa, sbattendo con violenza contro ogni mobile, cerca di tranciarmi le gambe ridendo e lascia scie di succo di frutta alla pera dovunque.

Spike per fortuna è scappato fuori, terrorizzato dall’attrezzo demoniaco che gli stava quasi per tagliare la coda.

-Ti prego , Johnny smettila- mugugno, sono allo stremo.

Afferro un jeans di papà che sembra un tendone da circo e lo infilo nell’ asciugatrice.

Mi volto per vedere il mio fratellino che sta prendendo la rincorsa per sfracellarsi giù dalle scale.

Lo afferro in un balzo e cerco di estrarlo dal macinino.

-Ancola!- urla lui, inferocito.

-Basta!- gli intimo e lui mi ricompensa con un pianto isterico.

-C’è qualcosa che non va?- chiede papà, comodamente sdraiato sul divano.

-Faremo tardi a scuola- mi rimprovera.

Tardi? Io sono qui a tenere questa belva inferocita e lui mi fa la morale!

-Brutto....-

-Kristen- tuona percependo la mia imprecazione.

Prendo Johnny con la forza e lo porto di sotto. Lui continua a dimenarsi come un tonno nella rete e in meno di dieci secondi, mi sbrodola tutti i vestiti.

-Sei la mia rovina- sibilo, mentre si getta tra le braccia di mio padre, come per scappare dalla strega cattiva.

-Sei di malumore?- mi chiede papà ,mentre ci avviamo verso l’auto.

-Pessimo umore ? Ti sembro di pessimo umore?- ringhio quasi, facendogli fare un passo indietro per lo spavento.

 Mentre ci allontaniamo da casa, non posso fare a meno di gettare un’occhiata alla villa silenziosa.

 

A scuola siamo alle solite. Oxofrd , il ragazzo di quella stronzetta di Cordelia Chase , taglia i capelli a Willow, seduta davanti a lui, nell’ora di matematica.

-Avresti potuto avvisarmi- sibila Will a mensa ,guardando Xander storto che durante l’apocalisse, era seduto al fianco del bisonte omicida.

Le prendo in mano la ciocca rossa storpiata.

-Legali, non si vedrà- le consiglio.

Xander cerca di difendersi.

-Avvisarti? Così mi avrebbe conficcato le forbici direttamente in un occhio- bisbiglia, guardandosi attorno furtivamente.

-Da quando siamo di nuovo nel bersaglio?- chiedo agognante, appoggiando la testa sul tavolo.

-Ti prego, rallegrami almeno con il tuo racconto. Sono ore che te lo chiedo!- piagnucola Willow, imitandomi e fissandomi.

-Io non sono affatto curioso di questo William- sento borbottare a uno Xander offeso.

Il suo nome mi fa venire immediatamente una fitta allo stomaco.

Ripenso alle poche parole che mi sono preparata nell’ora di biologia. Almeno non dovrò più dire menzogne dopo l’ episodio di ieri.

- E’bello- dico loro. Di certo questo mi sembra un particolare non trascurabile.

Nel caso lo vedessero, capirebbero che li ho fregati.

Will alza la testa dal tavolo di scatto.

-Bene!- si agita, dimenticandosi della seduta dal parrucchiere involontaria ,di poco prima.

Io mi appoggio allo schienale, bevendo un po’d’acqua direttamente dalla bottiglietta di plastica.

-Ma è terribilmente maleducato, non andiamo d’ accordo, non ci andrò più- concludo.

Entrambi mi guardano sbigottiti.

-Cosa ? E questo sarebbe il tuo racconto?- si lamenta Willow.

-E perchè non ci vai più?- mi chiede Xan improvvisamente curioso.

-Ve l’ho detto!E’ scorbutico, antipatico , vuole fare di testa sua. Abbiamo idee diverse, ieri per Jane Eyre ci siamo quasi scannati- faccio loro uno scarno resoconto e mio odio perchè la mia voce esce estremamente nervosa.

-Tipico dei ricchi- conclude Xander, addentando il suo muffin e dedicandosi al nuovo numero di Spiederman.

-C’è qualcosa che non mi stai dicendo?- mi sussurra seria Willow.

Io abbasso gli occhi.

-No-

 

Il compito più ingrato mi si presenta alla fine delle lezioni: dire tutto al professor Grace.

Busso alla porta del suo ufficio, già esasperata e lui mi apre con un sorriso, dopo avermi sbirciato dal vetro.

-Cara, allora , dimmi tutto! Com’è andata ? Il dibattito ?Ti è parso infastidito?- mi sommerge di domande, prima che io possa sedermi.

La sua stanza sembra più in ordine e la sua camicia bianca ha solo il colletto un po’ ingiallito.

Peccato che il sandwich agonizzante sulla sua scrivani che è ricoperta di maionese, lo tradisca.

-Infastidito è un eufemismo - gli dico, sedendomi di fronte a lui.

Il sorriso sparisce dalla sua faccia e viene sostituita da ciò che io più temevo: delusione.

-Non ci provi- lo aggredisco , puntandogli un dito contro.

-Non riuscirà ad impietosirmi questa volta- lo informo. Mi ero ripromessa di infilare l’episodio di ieri in uno di quei cassetti dedicati alle cose spiacevoli e non menzionarlo mai più, ma ora sono costretta a farlo.

-Ieri abbiamo litigato furiosamente. E’una persona cattiva, meschina e arrogante. Mi ha offeso. Non lo rivedrò mai più- dico.

Non so perchè tremo. Ancora quel groppo in gola insopportabile.

Il viso del signor Grace assume un’altra espressione.

-Mi dispiace cara. E’stato tanto tremendo?- m chiede preoccupato. Sa che non sono abituata a fare piagnistei e che quindi sono decisamente seria.

-Io non voglio più vederlo- balbetto.

-Questo è quanto- concludo. Il mio professore di letteratura sospira.

-Non voglio costringerti a nulla che ti faccia star male Kristen- mi dice, sfoderandomi uno dei suoi sorrisi goffi.

-Sei libera di mettere fine ai tuoi incontri-

-Bene- dico io, mettendomi in piedi.

-La ringrazio comunque per questa possibilità- sono sincera.

Lui mi fa un occhiolino simpatico.

-Non avercela con lui- aggiunge quando io già sto uscendo, una mano sulla maniglia, gli do le spalle.

-Sono certo che ce l’abbia più con se stesso che con te-

 

Johnny nel pomeriggio cerca in tutti i modi di farsi perdonare della mattinata indecente che mi ha fatto passare.

Continua a farmi palline di pongo e a dirmi che è un «legalo pel me», aggiungendo con euforia «buon batale!».

-E’maggio microbo- lo informo inutilmente.

Papà ha un appuntamento o una cosa del genere.

Capita almeno una volta al mese ed è sempre la stessa storia.

Sfoggia dei completi inquietanti per le prime occasioni, passa dal bingo , al bowling e raggiunge l’apice con l’incontro al circo.

Per fortuna io non sono mai stata costretta a vedere una delle sue nuove fiamme.

Tranne per Betty, la madre di Johnny, ma quella era un’altra storia.

Dopo circa tre ore in bagno, papà esce emanando una specie di puzza che dovrebbe essere la sua terribile acqua di colonia che tira fuori per le occasione importanti.

-Che dici?- mi chiede con quel tono convinto, già sicuro di essere un ruba cuori, girando su se stesso.

-Perfetto- biascico disgustata.

Indossa un pantalone rosso che gli arriva alla caviglia, con sandali di cuoio e una maglietta con una frase volgare che non mi va nemmeno di leggere.

 Mi basta fissare l’immagine : un paio di tette sul davanti e un cavallo sul retro.

-Tu esci alle cinque?- mi chiede facendo segno all’orologio che segna le quattro e cinquantacinque minuti.

-Resto a casa- gli dico abbassando gli occhi. Non ho voglia di parlarne anche con lui e per fortuna capisce al volo. O mi ignora come al solito, molto più probabilmente.

Ci saluta e sparisce sgommando nella sua auto, mentre io metto via i libri.

-Ci prepariamo una macedonia?- chiedo a Johnny che cerca di mangiare la plastilina.

-Cedonia!- urla lui .

Appena mi metto a sbucciare un po’di frutta qualcuno bussa al campanello di casa.

Apro la porta della piccola veranda di casa mia e scopro l’ inverosimile.

Lo stoccafisso/maggiordomo di casa Stratford si trova a pochi centimetri da me!

In effetti si vede che non è a suo agio. Guarda con ribrezzo i giocattoli ammuffiti che lo circondano e le piante stecchite dal 1999.

-Salve!- lo saluto io ironica, asciugandomi le mani con uno strofinaccio.

-Come posso esserle utile?- gli chiedo, con un sorriso sarcastico.

Improvvisamente la zanzariera alle sue spalle scatta e si richiude con un colpo deciso, facendolo sussultare.

Mi sembra quasi impaurito dal mio domicilio! Quando poi Johnny spunta, con le mani imbrattate di zucchero, i suoi occhi diventano di vero terrore.

-Io...- balbetta per qualche istante.

-Sono le cinque e dieci. Il signor Stratford l’attende- mi dice, cercando di ricomporsi e darsi un tono, sistemandosi la giacca.

Io spalanco la bocca.

-Mi aspetta? E’uno scherzo?- gli chedo. Lui sgrana gli occhi.

-Le sembro uno che sta scherzando?-

-Penso che non abbia mai raccontata una barzelletta in vita sua- lo prendo in giro io, facendolo andare in ebollizione.

-Senta, dica al suo padroncino che non lo rivedrò mai più. Pensavo che il messaggio fosse chiaro- . Il pensiero del giorno precedente per un attimo mi fa mancare il fiato.

-Quindi non intende venire?- sembra decisamente sconvolto.

-No e se non le dispiace ora sarei occupata- lo informo altezzosa, imitando il suo atteggiamento dei giorni precedenti. Johnny per confermare la mia tesi si lecca le dita e poi se le infila entrambe nel naso, prima che io sbatte la porta in faccia al vecchiaccio.

Mi sento decisamente meglio.

-Signorina- sento dire.

Ma cosa cavolo vuole ancora? Riapro la porta indispettita.

-Potrebbe liberarmi da questa trappola per topi?- mi chiede facendo segno alla zanzariera.

Maledizione!

Rientrata in casa mi rimetto all’opera , sono talmente nervosa che per poco non mi affetto un dito.

Mischio tutta la frutta con un po’di zucchero e succo di limone e do la macedonia a Johnny che sembra essere finito contro un camion di frutta tropicale.

Il campanello improvvisamente suona di nuovo e io guardo la peste sconcertata.

Di nuovo l’imbecille?

Apro la porta che mi rivela Rosemary, con in mano un grosso sacchetto di biscotti profumati.

-Tieni cara- mi dice piazzandomeli in mano.

-Grazie- riesco appena a dire. Johnny naturalmente si attacca alla mia gamba.

-Biccotti!- urla e io gliene conficco uno in bocca per zittirlo.

-Vuole accomodarsi?- le chiedo, facendo segno ad un luogo non preciso tra il divano ricolmo di lego e la cucina ricoperta di zucchero.

-No, tesoro, sono qui solo per chiederti di venire un attimo da noi- mi dice tutta allegra.

Ha mandato tutta la servitù!

-Rosemary- comincio cercando di esporle le mie ragioni.

-So che avete litigato piccola. Insomma conosco William da quando aveva due anni, pensi che non sappia com’è fatto?- mi chiede in un improvviso slancio di confidenza.

 Io resto per un attimo sconcertata.

-Ma te l’ho detto, non è cattivo come sembra. E’solo tanto solo- conclude con un delizioso broncio.

-Io non so com’è realmente. So solo che mi ha offesa e non voglio vederlo mai più in tutta la mia vita- le spiego risoluta.

Inoltre poteva anche scomodarsi a venire lui stesso.

-Ma non ti sto chiedendo di continuare a dargli lezioni, solo di vedere cosa vuole dirti- conclude con dolcezza.

-Io...- esito.

No, no e no!

Basta impietosirmi! Si sa poi come va a finire!

-Solo due minuti, fallo per me- mi supplica giungendo le mani.

No,no e no.

-Due minuti e basta-

 

Entriamo in casa con Johnny che tra le braccia di Rosemary, continua a sgranocchiare biscotti al cioccolato, mentre io sono ancora decisamente furiosa.

Come cavolo finisco sempre in queste situazione assurde?

Ascolterò le sue scuse, che molto probabilmente vuole propinarmi e andrò via, punto.

Mi avvio verso lo studio , busso decisa alla porta e prima che qualcuno mi risponda, mi infilo dentro.

William è seduto sul divano, le braccia lungo lo schienale, batte un piede sul pavimento.

-Ciao- mi dice, quando io mi avvicino.

-Siediti- mi fa segno di fronte a lui.

-Non voglio sedermi- lo informo acida. Lui sospira.

-Per favore- dice con uno sforzo a dir poco disumano.

Penso che non abbia mai usato questa parola in tutta la sua esistenza.

Mi siedo sulla poltrona e lo guardo. Pessima idea naturalmente.

L’odio per lui, si sbriciola contro l’ immagine mozzafiato che mi regala.

 Deglutisco e chiudo gli occhi. Sono a questo livello! Patatetico!

-William, io avrei da fare, dimmi cosa devi dirmi velocemente- faccio sbrigativa.

-Certo- Lui parla come se stessimo stipulando un contratto.

-Cominciamo col dire che tutto ciò che ieri ti ho detto lo penso. Che non ho intenzione di scusarmi e che se ci vediamo ancora probabilmente capiterà spesso-

Riapro gli occhi sbigottita!

Ma è uno scherzo?

-E' questo dovrebbe convincermi a vederti ancora ?- urlo mettendomi in piedi , pronta per andarmene.

-Kristen- mi chiama lui, girandosi verso l’entrata. Troppo a destra rispetto a dove io sono.

E questo mi fa subito riprendere possesso di me stessa. Cerco di calmarmi.

-Ascolta William- dico, mettendomi di nuovo seduta.

-Ascoltami tu- mi interrompe lui.

Sembra un attimo riflettere su ciò che sta per dirmi. Sembra quasi umano.

-Io non sono bravo con le persone- mi dice.

-Se vogliamo dire così...- borbotto io, strappandogli un sorriso.

Ed è magnifico.

E mi odio per averlo pensato.

-Diciamo che io non ho mai avuto rapporti umani con nessuno- dice semplicemente, tornando serio.

Rimango sconvolta dalle sue parole.

-Praticamente le uniche persone con cui parlo sono i miei domestici- aggiunge sarcastico.

E lui è la cosa più meravigliosa che io abbia mai visto.

E mi detesto per averlo pensato.

-Ma ho bisogno di te- aggiunge, facendomi mozzare il fiato. Rimango qualche istante senza facoltà mentali.

-Per diplomarmi- . Certo, certo. A cosa altro ho potuto pensare?

-E tu di me-

E non è per quello che pensi. E non è per la borsa di studi e il collage.

E’perchè da quando sono uscita da questa stanza, non ho fatto altro che pensare a te e ai tuoi occhi.

-Ed io...- per un istante mi sembra...tremendamente fragile. Ma è solo un attimo.

-Ed io magari potrei imparare ? - mi chiede. Io deglutisco senza parole.

-Potrei imparare a stare con le persone-

-Con te- conclude. Si passa nervosamente una mano tra i capelli.

-Almeno per un po', ma non ti prometto nulla- aggiunge e poi sfodera un sorriso.

Il suo sorriso.

Bello, chiaro, fatto di luce sui denti bianchi e le labbra carnose.

E quell’attimo mi sembra decisamente troppo eterno.

E non mi detesto per averlo pensato.

E' peggio. Sono troppo oltre.

Troppo vicina a William Stratford, alle sue ire e al desiderio di lui.

Alla sua voce, ai suoi rimproveri.

Dopo averlo visto praticamente quattro volte nella mia vita.

Dopo averci scambiato praticamente dieci battute, fatte di offese.

Dopo averlo guardato , dalla finestra della mia stanza, fissare il buio della sua anima.

Sono in balia di lui.


 

 

Allora...prima di tutto voglio ringraziare la splendida Martina97 per la sua attenzione alla mia storia. Sei bravissima quindi i tuoi complimenti valgono davvero tanto ^^

Ringrazio hunterxhunter per avermi fatto i complimenti via mp. Elisabetta e Trigger Happy per la bella recensione. Davvero in tanti passate e molti avete aggiunto la mia storia tra le preferite e le seguite...un commentino ??? ^^

Mi farebbe davvero piacere sapere cosa pensate.

Alla prox! 

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