Il diabolico Willy Wonka

di Iurin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



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Prologo


Willy Wonka odiava i bambini.
Li odiava perché lui stesso era potuto rimanere bambino per troppo poco tempo.
Si ricordava di quando, da giovane, andava a scuola, studiava, camminava per le strade e quando, in altre e simili circostanze, incontrava quei bambini, con i loro denti perfetti.
Lui no… Lui aveva i denti normali. Non perfetti… Giusti. Ma lui doveva averli perfetti; altrimenti suo padre, il dentista più famoso della città, non avrebbe potuto mostrare agli altri la sua bravura, non avrebbe potuto dire:
“Guardate mio figlio! Ha i denti più perfetti della città! Degno figlio del dentista più famoso della città!”
Willy Wonka odiava gli altri bambini.
Questo perché loro potevano andarsene a mostrare i loro denti naturalmente perfetti, mentre su di lui, suo padre, aveva montato un congegno di sua invenzione, un apparecchio estremamente sofisticato, estremamente delicato, estremamente ingombrante, estremamente doloroso.
“Guardate mio figlio! Lo uso come cavia per miei esperimenti sui denti! Così anche voi, quando verrete a farvi curare, non dovrete temere nulla! …L’ha già provato mio figlio!”
Quando Wilbur Wonka decretò che suo figlio di nove anni aveva bisogno di un apparecchio, diede vita alla ricerca dell’apparecchio perfetto.
Per lui. Per Willy. Che aveva i denti normali.
All’inizio cominciò con un apparecchio mobile, da portare tutto il giorno tranne che nell’ora dei pasti. Dopo solo un mese, però, Willy provò la gioia esaltante dell’apparecchio fisso. All’età di dodici anni suo padre montò su di lui un’apparecchiatura…grandiosa: un casco di ferro che gli avvolgeva la testa, agganciato alle bande del suo ex apparecchio fisso, di modo che tirasse i suoi denti nella direzione giusta.
Non importava se quella macchina gli impediva persino di chiudere le labbra; non importava se anche solo per mangiare il piccolo Willy doveva far percorre alla forchetta un percorso apposito prima di giungere in bocca; non importava se per bere era condannato ad usare solamente una cannuccia; non importava che fosse estremamente doloroso.
Quando suo padre gli aveva detto di voler perfezionare il suo apparecchio, Willy Wonka si era seduto tranquillamente sulla poltrona da dentista, conscio che si trattasse della solita routine. Ma quando aveva visto suo padre entrare nella stanza con in mani quella…cosa, si sentì agitare.
“Papà, cos’è…quello?” Gli aveva chiesto il piccolo Willy con la voce che gli tremava per l’ansia.
Il dentista più famoso della città aveva fatto un sorriso. “Questo è il tuo nuovo apparecchio, Willy.”
Willy Wonka aveva sgranato gli occhi, spaventato, mentre suo padre camminava verso di lui con quella museruola tra le mani.
“Io non voglio metterlo!” Aveva detto lui, sconcertato.
“No, Willy, tu devi metterlo: dobbiamo curare i tuoi denti.”
“I miei denti stanno bene!”
“Io sono il dentista, io decido come stanno i tuoi denti.”
Wilbur Wonka non era un padre, in quel momento: era solo il dentista.
Willy scese con un salto dalla poltrona, cercando di scappare dalla stanza e da quella…cosa, ma subito la mano di suo padre lo fermò e a forza lo rimise sulla poltrona. Willy si dimenava, cercando di andare via da lì, e suo padre minacciò di legarlo, se mai si fosse mosso.
L’apparecchio-museruola venne montato sulla testa di Willy, mentre lui piangeva, mentre il dentista gli intimava di stare zitto, ma al ragazzo non riusciva, e il padre, così, lo schiaffeggiava, provocando il rumore di quei suoi guanti da dentista, quel rumore scricchiolante di plastica che sempre lo infastidiva, perché quando lo sentiva ciò stava a significare che Wilbur Wonka in quei momenti non era suo padre, ma un dentista.
Quella notte Willy non dormì, e non perché non riuscisse a trovare una posizione adatta, ma perché quell’apparecchio gli provocava un dolore tremendo alle mascelle, ai denti e alle gengive; sotto le coperte piangeva in silenzio, per non farsi sentire dal dentista, che sarebbe arrivato, altrimenti, con i suoi guanti bianchi.
Il giorno dopo non era neanche riuscito a fare colazione, e quando era arrivato a scuola, nella sua classe, molti bambini erano anche riusciti a prenderlo in giro:
“Ciao, uomo di latta! Dov’è il mago di Oz?”
“Hai bisogno di un apriscatole?”
“Attenzione, Willy è diventato un robot!”
E ridevano di lui, tutti, con i loro denti perfetti.
Willy Wonka odiava i bambini. Odiava il fatto che per avere i denti che suo padre desiderava dovesse portare quel congegno in testa e in bocca, mentre loro ci erano semplicemente nati, e potevano anche mangiare tutti i dolci che volevano, loro, mentre Willy l’unica cosa con un po’ di zucchero che avesse mai mangiato fino a quel momento era del succo di frutta.
Ma il primo Novembre le cose erano nettamente cambiate: suo padre, dopo aver bruciato sotto i suoi occhi i dolci racimolati durante la notte di Halloween, gli aveva ordinato di ripulire le ceneri dal camino, quelle ceneri formate dalla speranza di riuscire, magari, a convincere suo padre che non c’era niente di male nel cioccolato…ma non era servito a nulla, ovviamente, e ora era lì, a pulire il camino.
Ed aveva trovato un cioccolatino.
Da quel giorno gli si era aperto un mondo: a discapito del suo apparecchio Willy aveva assaporato delizie di zucchero e di cioccolato, gomme, caramelle, ovetti di cioccolata…e amava, amava quella nuova scoperta: il cioccolato era la cosa più bella che avesse mai sperimentato…era come se si sentisse rinato…e già dal primo giorno decise che avrebbe dedicato tutta la sua vita a quel meraviglioso cioccolato.
“Mio figlio non diventerà mai un cioccolatiere!” Gli aveva però risposto suo padre, quando Willy, un giorno, si era deciso a rivelargli le sue profonde ambizioni.
E Willy si sentiva…esausto. Stanco di non poter decidere, stanco di dover sottostare ai voleri di un dentista.
“Allora io scapperò, andrò in Svizzera, in Baviera, nella capitali mondiali del cioccolato!” Aveva annunciato Willy, e così aveva fatto.
E non aveva più rivisto suo padre: era cresciuto, da solo, con solo il cioccolato come sua unica compagnia.
Aveva subito dovuto imparare a crescere, da solo, mentre gli altri bambini, invece, aveva ancora tutto il tempo per giocare e divertirsi. Lui no.
Willy Wonka odiava gli altri bambini.
Poi aveva avuto successo, era diventato il cioccolatiere più grande e famoso del mondo, ed era fiero di se stesso. Ma non dimenticava mai quello passato durante la sua infanzia: qualcosa gli tornava sempre in mente, quando meno se lo aspettava; a volte, la notte, si svegliava di soprassalto, come se ancora sentisse il proprio apparecchio che gli tirava i denti. E quando si accorgeva, invece, di essere un adulto nella sua stanza, si tranquillizzava.
Beh, ‘adulto’ per modo di dire. In realtà si sentiva più bambino ora di quanto non lo fosse stato da piccolo… Questo probabilmente perché lui non aveva avuto il tempo per essere, tanto tempo prima.
Si ricordava sempre la sua infanzia, sempre. Anche i guanti che indossava gliela ricordavano… Il loro rumore di plastica era identico a quello dei guanti di suo padre…quegli odiosi guanti… Ma erano viola, i suoi, per lo meno, non bianchi. Non come quelli del dentista.
Willy Wonka odiava i bambini.
Ed era stato costretto ad invitarne cinque nella sua meravigliosa ed unica fabbrica.
Invasori del suo mondo personale.
Piccole pesti.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Salve ragazze sono tornata! :D :D :D
Vi voglio subito ringraziare come è giusto che sia!!


Mattaxsa90: Grazie! :D Sono contenta che il prologo ti sia piaciuto!!! E beh, spero che la cosa continui ahahahah xD xD A presto, e grazie!!!! :D
Lord Mahorn: Ahahahah xD Oddio, il tuo commento mi è piaciuto tantissimo! Grazie!! :D In effetti hai ragione, questa sezione è un pò in decandenza, considerando che tra quelle tre fanfic, oltre a questa anche un'altra è mia O.o non capisco perchè non ci sia chi scrive su Willy Wonka...è un personaggio così...pazzo! xD xD E poi... grazie mille, sono davvero felice che reputi il "mio" Willy IC! E che ti sia piaciuta tutta la storia del dentista e bla bla bla =) =) Beh, che aggiungere, spero che anche il primo capitolo ti piaccia!! Un bacio!!
Zebraviola: Oh, buongiorno! Ci ritroviamo xD ahahah in effetti da come l'ho descritto Wilbur Wonka fa paura.... ma non mi è mai sembrato che intercorrese un particolare ...affetto tra padre e figlio O.o e mi sono chiesta: perchè? E poi ho anche pensato che, insomma, non credo che un bambino si lasci mettere quella cosa in testa tanto volentieri, no? E così è venuto fuori questo prologo xD Spero che il capitolo ti piaccia, allora! E comunque... non dovrebbe farti strano dirmi che attendi un aggiornamento, perchè se non erro tu già seguivi una mia fanfic (Cirque du Soleil) xD Io mi ricordo di tutti che ti credi? Ahahahah!! Un bacio, bellissima!!!

Vi volevo solo dire che le parti che troverete in corsivo sono direttamente i pensieri di Willy, e che le battute non sarenno proprio uguali al film, altrimenti - ho pensato - la cosa potrebbe risultare un pò...noiosa? Boh, giudicate voi xD
Vado col capitolo allora!! Ciao!!!




Capitolo 1

Il giorno in cui i vincitori del concorso sarebbero venuti alla fabbrica Willy Wonka si sentiva stranamente…euforico. All’inizio in realtà aveva provato parecchio fastidio nel pensare che avrebbe dovuto ‘ospitare’ quelli che lui considerava quasi dei necessari intrusi. Ma poi, invece, aveva cominciato ad interessarsi, e quando scopriva che qualcuno era riuscito a trovare uno dei suoi biglietti d’oro, correva alla televisione per aggiornarsi.
E così li aveva visti, quelli là; ne erano andata quattro su cinque, in televisione. E nessuno di loro gli era sembrato particolarmente…simpatico.
Augustus Gloop gli aveva dato l’impressione di un…maialino. Era lì, sullo schermo, ad ingurgitare grandi quantità di cioccolato. Troppe quantità di cioccolato. E lui non aveva nessun padre dentista che gli intimava di smettere. Quel bambino lo rivoltava. E quando l’aveva visto – non sapeva neanche lui bene il perché – gli era tornata in mente la storia di Hansel e Gretel, più precisamente quando la strega rimpinzava i bambini di cibo col solo scopo di farli ingrassare per mangiarseli. Provò un sadico piacere ad immaginarsi Augustus Gloop in una situazione analoga.
Violetta Beauregarde, sinceramente, gli risultò piuttosto indifferente. Anzi, era una ragazzina determinata e che sapeva quello che voleva. Forse era un po’ troppo presuntuosa…ma chi non lo era, al mondo? Ma…un momento…campionessa di…gomme? Lui odiava le gomme da masticare: si ricordava di come gli rimanessero attaccate al suo apparecchio, e di come suo padre, per questo, si accorgeva subito che suo figlio gli aveva disobbedito. Gomme…puah!
Veruca Salt fu una…rivelazione: una viziatissima ragazzina continuamente sull’orlo di una crisi di nervi. E i suoi genitori…che le accordavano tutto…erano tutti rivoltanti.
Mike Tivù fu la goccia che fece traboccare il vaso: aveva acquistato una sola tavoletta di cioccolato, aveva trovato il biglietto, e poi…non l’aveva neanche mangiata! Che spreco! E faceva pure il saputello della situazione… Che ragazzino inutile.
Il quinto bambino, invece, aveva almeno avuto la decenza di non farsi pubblicità. Un punto a suo favore.
Quando poi era giunto il fatidico giorno, Willy Wonka si era vestito di tutto punto, impeccabile nel suo completo viola, e, sì, un po’ curioso anche lui. D'altronde, senza considerare gli Umpa Lumpa, quei visitatori erano le prime persone con cui veniva in contatto da anni e anni. Anche se un po’ infastidito lo rimaneva comunque.
Insomma, quello che provò quel giorno fu una sorta di scettico entusiasmo.
Aprì i cancelli, allora, e fece entrare, parlando dall’altoparlante, i cinque bambini e gli altrettanti p…parenti, per poi dare il via allo spettacolo delle marionette.
Oh, come gli piacevano quelle marionette! E la canzone, e i fuochi!
Magnifico!
A quel punto era uscito all’aperto tramite una porta laterale, senza che nessuno si fosse accorto del suo arrivo; stavano tutti guardando rapiti il suo spettacolo, e così Willy si affiancò all’ultimo della fila, un signore alto con i capelli grigi. Chi era quello? Ah, sì, il padre della piccola viziatella. Bah, poco importava.
Intanto lo spettacolo delle marionette stava giungendo al termine, e ben presto finì, con un’apoteosi letteralmente…di fuoco. Willy cominciò ad applaudire, e allora tutti, finalmente, si accorsero di lui.
“Sì! Non è stato magnifico?” Esclamò lui, entusiasta “Pensavo che fosse un po’ eccessivo, a dire il vero, ma poi il finale! Wow!”
Era euforico, contentissimo per come era venuto fuori lo spettacolo, e allora, con pochi passi, salì sul palco, tra le marionette, per vedere bene in viso i suoi invasori.
Lo guardavano tutti in modo perplesso, e lui, a dire il vero…non sapeva cosa dire.
“Lei chi è?” Chiese a quel punto una bambina, e Willy Wonka la guardò.

Perché quel tono scocciato?!

“E’ Willy Wonka!” Ebbe la decenza, allora, di dire un vecchietto, una dei membri della famiglia di qualche moccioso.
Ma d’altronde…era sempre meglio cominciare col piede giusto, no?...o per lo meno provarci.
Se poi quella gente gli avesse davvero fatto perdere la pazienza…allora, beh, in quel caso avrebbe adottato le dovute…precauzioni.
“Buongiorno, stelle del cielo!” Disse quindi il cioccolatiere “La terra vi saluta!”
Silenzio.

E ancora quegli sguardi perplessi.

E così, allora, Willy si tolse dall’imbarazzo e infilò una mano dentro la propria giacca viola, e afferrò dei cartoncini che si era preparato in precedenza. Cominciò, dunque, a leggere:
“Salve! Benvenuti alla mia fabbrica! Vi stringo calorosamente la mano!” Willy allungò la mano, proprio come a voler stringere la mano di qualcuno, ma poi, accortosi della gaffe, la ritirò immediatamente, causando oltretutto il rumore dei suoi guanti.

Vabbè…

Continuò ancora a leggere:
“Mi chiamo Willy Wonka! Aha!”
“Perché non è lassù, allora?” Chiese a quel punto un’altra bambina.
“Beh, non potevo certamente godermi lo spettacolo da lassù, no, ragazzina?”

Senza contare poi che sarei potuto finire leggermente ustionato.

La ragazzina non controbatté.

Meglio.

E così, mentre Willy riponeva i suoi cartoncini nella tasca interna della sua giacca, il vecchietto – lo stesso che aveva già parlato in precedenza – parlò di nuovo:
“Signor Wonka, non so se lei si ricorda di me, ma io ho lavorato proprio qui, nella sua fabbrica.”

No, che non mi ricordo di te. Certo, a meno che…

“Era forse una di quelle ignobili spie che ogni giorno tentavano di rovinare il lavoro di una vita appropriandosi dei miei dolci?!” Rispose allora Willy.
“Io…no, certo che no.”
Le labbra di Willy si distesero in uno dei suoi tirati sorrisi. “Oh, è magnifico. Bentornato, allora.” Poi si guardò intorno, e, mentre si voltava, disse: “Venite bambini, avanti.”

Entrate nel mio mondo, forza…

Willy si girò e cominciò a camminare, mentre sentiva che tutti gli altri gli stavano venendo dietro.
“Ma non vuol sapere i nostri nomi?” Gli chiese a quel punto uno dei bambini, senza che Willy si preoccupasse di sapere quale fosse, effettivamente.
“Non vedo come possa interessarmi.” Rispose lui.

Se sono fortunato non dovrò più averti intorno passata la prossima ora, quindi… No, non ci tengo a conoscere un nome che non pronuncerò mai.

Le porte d’ingresso della fabbrica si richiusero, e così, ora, erano ufficialmente dentro. Dentro la sua…tana.
“Lasciate pure i cappotti dove capita.” Disse sempre Willy togliendosi il proprio cappotto e lasciandolo cadere a terra, mentre gli altri…ospiti poggiavano alla bell’e meglio i loro dove sembrava loro più opportuno.
A quel punto Willy si tolse anche gli occhiali da sole, buttandoli sopra il cappotto.
“Certo che fa un gran caldo, qui.” Disse a quel punto uno degli adulti.
“E’ per i miei operai.” Rispose Wonka “Loro sono abituati ad un clima caldo. Prego, seguitemi.”
Willy si girò verso il lungo corridoio ornato da un tappeto rosso, che si stagliava esattamente di fronte a loro, e quindi cominciò a camminare, seguito da quell’altra decina di persone.
Una bambina, dai capelli biondi a caschetto, durante il percorso, gli si affiancò, ma lui non le fece affatto caso. Dovette però per forza accorgersi di lei quando questa lo abbracciò.
Willy trasalì di botto, emettendo uno strano verso.

Oddio, toglietemela di dosso!

Per fortuna lei si staccò autonomamente.
“Io mi chiamo Violetta Beauregarde!” Esclamò lei, masticando con passione la sua gomma.
Willy fece un altro strano verso. “Non mi interessa.” Decretò poi, poco prima di ricominciare a camminare.
“Beh, dovrebbe interessarle, dato che sarà io a vincere il premio speciale.”
“Sembri molto sicura, e la sicurezza è fondamentale.”
La ragazzina sembrò gioire della risposta del cioccolatiere.

Patetica… Come se bastasse solo la sicurezza, comunque… Per esempio non sarebbe male se la smettessi con questo ciancichio…

Willy non riuscì a formulare nessun altro pensiero, perché proprio in quell’istante un’altra ragazzina gli si parò davanti, e lui dovette fermarsi di botto per non finirle addosso.
“Io sono Veruca Salt, molto piacere.” Fece lei, prima di fare un piccolo e lieve inchino.

Il piacere è tutto tuo, cara…Veruca?

“Ho sempre pensato” Disse allora Willy “Che la Veruca fosse un tipo di porro che nasce sotto i piedi. Ahah!”
Willy stava per fare un passo in avanti per ricominciare a camminare, totalmente incurante di cosa quella Porra – ops – avrebbe potuto rispondergli; anche questa volta, però, fu costretto a fermarsi. La causa? Un bambino – e chi, sennò? – gli si mise davanti e cominciò a parlare, non prima prò di aver dato un bel morso alla sua tavoletta di cioccolato.
“Io sono Augustus Gloop, e mi piace il cioccolato!”
Willy inclinò leggermente la testa da un lato.

…Dovrei sorprendermi per questo? E poi, da quanto posso notare, non credo che il cioccolato sia l’unica cosa che ti piaccia.

“Questo lo vedo.” Rispose appunto Willy “Non credevo avessimo così tante cose i comune.”

Sì, come no.

E poi Willy, dopo un momento di incertezza, si voltò di esattamente mezzo giro, in modo da trovarsi davanti gli ultimi due bambini che ancora non l’avevano interrotto.
“Tu…” Mormorò rivolto ad un bambino con i capelli dritti ed una maglietta con sopra un teschio “Tu sei Mike Tivù. Sei il demonietto che ha decifrato il codice.”
Mike non risposi.

Ritieniti fortunato che mi ricordi il tuo nome, guastafeste di guadagni altrui…

“E tu…” Continuò allora il padrone di casa guardando l’ultimo bambino “Tu sei già fortunato ad essere qui, non è vero?”
Neanche quest’ultimo rispose.

Cos’è, vi siete improvvisamente ammutoliti tutti?

Poi Willy si rivolse direttamente agli adulti:
“E voi dovete essere i loro p…p…p…p…” Non riusciva proprio a dirlo “p…p…”
“…parenti?” Gli venne in soccorso qualcuno.
“Sì! Mamme e papà!...Già…papà…”
Lo sguardo di Willy si fece vitreo, perso in pensieri lontani. Chissà se suo padre, quand’era stato piccolo, lo avrebbe mai accompagnato in visito alla fabbrica di cioccolato più famosa del momento. No…sicuramente no.
Willy alzò gli occhi, a quel punto, accorgendosi di come fosse caduto il silenzio.

E se è caduto conviene rialzarlo.
Che figura…bislacca, che ho fatto. Idiota, Willy, non deve ricapitare più, mi raccomando. Non vorrai mica che questa gente ti prenda per pazzo, no?


“Ehm…” Fece allora proprio Willy “Proseguiamo.”
Il cioccolatiere si voltò nuovamente e allora riprese a camminare, senza che qualcuno gli si mettesse tra i piedi; e così, camminando, il gruppetto percorse tutto il corridoio, ritrovandosi davanti ad una porta molto, molto…piccola.
“Ora dovrete fare attenzione, bambini, perché ci troviamo davanti ad una stanza molto importante.”
Parlava loro come se avessero due anni.

E la cosa mi diverte.

“E perché la porta è così piccola?” Chiese allora Tivù.
“Per mantenere tutto il cioccolatoso sapore all’interno…”
Willy prese le chiavi dalla propria tasca, e le inserì nella toppa. Fece un giro e la serratura scattò.

Ora voglio proprio vedere le vostre facce…

E con una lieve pressione della mano, le porte si spalancarono.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Lo so: sono imperdonabile D:
Sono sparita per mesi senza aggiornare ç__ç
Ma ora sono tornata!!! E vi posto un nuovo capitolo :D
Spero vi piaccia, e mi raccomando, fatemi sapere che ne pensate ;)
A presto, stelle del cielo!



Capitolo 2

 
Le porte vennero aperte, e Willy cominciò subito ad addentrarsi nella nuova stanza. Alberi di zucchero, zucche ripiene di marmellata si manifestarono alla vista dei visitatori, che rimasero tutti a bocca aperta. E poi, beh, poi c’era il fiume di cioccolato. Con tanto di cascata.
“Non agitatevi, per favore.” Disse allora Willy “Rimanete calmi.”
Ci aveva messo mesi e mesi di lavoro, lui, per produrre una tale meraviglia: era stato uno dei suoi primi progetti, dopo la momentanea chiusura della sua fabbrica; un progetto ambizioso, senza alcun dubbio, ma lui ci aveva messo anima e corpo nel realizzarlo, e alla fine era riuscito a produrre…quello: un giardino che avrebbe soddisfatto anche il più pretenzioso goloso del mondo. E infatti Willy provava una soddisfazione immensa nell’osservare le espressioni allibite di chi in quel momento aveva attorno a sé.
 
Non credete ai vostri occhi, eh?
…Speriamo non mi combinino macelli…
 
Willy continuò allora a camminare, e durante quel piccolo tour passo però un ponte, proprio accanto alla cascata di cioccolato.
“Questa cascata” Disse Willy voltandosi verso il gruppetto dietro di sé e parlando a voce alta per sovrastare il rumore della cascata “E’ molto importante: mescola il cioccolato. Lo rende leggero e spumoso. Già! E comunque…nessun’altra fabbrica al mondo una cascata per mescolare il cioccolato. E su questo non ci piove!” E poi fece un’espressione soddisfatta.
 
Eh! Vorrei pure vedere!
 
Scese allora dal ponticello, allontanandosi leggermente dalla cascata, proprio nel momento in cui una piattaforma con sopra attaccati dei tubi stava passando sulla loro testa. Willy, accorgendosene, si fermò, e allora, dopo averli indicati, disse di nuovo:
“Quei tubi risucchiano il cioccolato, e lo portano in giro per tutta la fabbrica!” E poi aggiunse: “Oh! A proposito, vi piace il mio prato? Assaggiate la mia erba, prendetene un filo! È deliziosa, e molto, molto… gradevole.”
“L’erba si può mangiare?!” Esclamò il bambino che, nella stanza precedente, non aveva neanche risposto alla sua domanda.
 
Secondo te, bambino, lo avrei detto se così non fosse?
 
“Certamente.” Rispose, però, pacato, Willy “Tutto in questa stanza è commestibile. Persino io lo sono. Quello, però, si chiama cannibalismo, miei cari ragazzi, e infatti è disapprovato in molte società. Già.”
Tutti i presenti lo guardarono ammutoliti, come se avesse detto qualcosa di inconcepibile.
 
Cos’è, siete sconvolti dalla mia cultura mondiale? Bah.
E poi cosa sono quelle facce? Non avete niente da dire? Ma chi mi è capitato…
 
“Beh… Divertitevi!” Continuò allora Willy, facendo un gesto con la mano, come a voler mandar via tutti quanti “Avanti. Sciò, sciò.”
E tutti quanti, bambini e genitori compresi, si sparpagliarono per andare ad… esplorare, magari, il suo unico ed inconfondibile mondo. Tutti tranne un genitore, in verità: il padre della viziatissima ragazzina impellicciata, infatti, era rimasto fermo, a fissarlo con sguardo quasi scioccato.
 
Poi dicono che sono io, quello strano, per tutti i chicchi di cacao. Cosa vuoi, magnate?
 
Willy sostenne lo sguardo, ovviamente, con occhi vacui ed uno dei sorrisi più finti che riuscisse a produrre. Fino a quanto, poi, il signor… Salt? …non se ne fu andato anche lui.
 
Umpf. Mi ci toccava pure quello che si sente il superiore di turno.
Il Superiore sono io, carissimi e non desiderati ospiti.
 
A quel punto, rimasto solo, Willy si premunì di guardarsi intorno, tanto per assicurarsi che quella banda di ‘esterni’ non portasse la distruzione più completa nel suo giardino di delizie: vide madre del maialino – niente affatto dissimile dal figlio, in effetti – intascarsi più cioccolata che poteva.
 
Patetica. E comunque ti si scioglierà tutta nel giro di cinque minuti.
Doppiamente patetica.
 
Con una smorfia si girò da un’altra parte, per vedere il ragazzino più normale, tra i tanti, parlare per qualche secondo con la ciancica-gomme sotto il salice piangente delle mele caramellate. Poi vide la madre della ciancicona rimpinzarsi di dolcetti al lampone, presi dal suo fungo gigante.
 
Attenzione alle carie, madmoiselle.
…Carie. Carie, carie, carie, carie, carie, carie…
 
Preso dal panico si voltò di nuovo, per posare lo sguardo sul bambino ciccione, e il disgusto – per sua fortuna – prese il posto del senso di panico: quell’ingombrante ragazzino stava ingurgitando quanta più roba fosse possibile. Se non si fosse dato una calmata sarebbe semplicemente esploso.
 
Ma guarda questo… E’ peggio di una catastrofe naturale, brutto, stupido, enorme…
Ma il suo pensiero venne interrotto dall’esclamazione di una bambina:

“Papà! Guarda là!”
Willy individuò dapprima la bambina che, con la mano libera dal leccalecca che aveva recuperato chissà dove, stava indicando qualcosa dall’altra parte del fiume di cioccolata.
Il gruppo si ricompattò, a quel punto, Willy Wonka compreso, tutti per guardare cosa avesse interessato a tal punto quello scricciolo.
 “Oh!” Fece Willy, una volta individuato cosa avesse attirato l’attenzione
I suoi Umpa Lumpa, infatti, esserini tanto piccoli quanto servizievoli e capaci, erano proprio intenti, in quel momento, a svolgere una delle loro tante mansioni.
“Sono persone vere?” Chiese, a quel punto, Tivù, scettico.
“Certo che lo sono: sono Umpa Lumpa.” Rispose, semplicemente, il cioccolatiere “Importati direttamente da Lumpalandia.”
“Non esiste quel posto.” Disse il padre di… qualcuno.
“Cosa?” Chiese Willy voltandosi leggermente di lato, tanto per vedere chi avesse osato fare un’affermazione simile.
 
Con quei capelli… Non mi sorprende che tu sia intellettualmente inferiore, tizio.
 
Come osava mettere in dubbio quanto aveva detto? Lui c’era, per caso, quando era andato in Lumpalandia?
 
No! E allora taci!
 
“Signor Wonka,” Continuò però quello “Si dia il caso che io insegni geografia alle superiori, e…”
“Allora saprà benissimo di che terribile posto si tratti.” Lo interruppe Willy, punto nel vivo.
 
Umpf!
 
Il ‘professore’ non rispose.
 
Bene.
Se dovete sparare sconclusionaggini, a questo punto vi preferisco muti.
 
Ma dato che a quanto pareva nessuno dei suoi graditi ospiti pareva conoscesse la famosa Lumpalandia, willy si prodigò in una spiegazione su quello che avesse affrontato in quel posto, tra le sue tante foreste, fino a quanto, invece di trovare nuovi sapori per i suoi dolci – a meno che non volesse usare il sangue dei Farabocchi… idea interessante, non fosse stato troppo amaro – aveva trovato gli Umpa Lumpa. E lui li aveva convinti ad andare a lavorare nella sua fabbrica, in cambio di un salario fatto di chicchi di cacao, che loro adoravano nel vero senso della parola.
 
Sono persino un  magnifico contrattatore, ma guarda un po’.
 
Ed aveva appena finito di raccontare, Willy, che la grossa signora accanto a sé grido, nella direzione opposta a dove si trovavano loro:
“Augustus! Non è consigliabile quello che fai!!”
Willy guardò, annoiato, verso quel nuovo interessante spettacolino, per poi accorgersi che il bambino grassoccio stava bevendo il suo cioccolato, dal suo fiume, portandoselo direttamente alla bocca con le mani.
 
Orrore!!
 
“Ehi bambino!” Lo richiamò Willy, da lontano “Il mio cioccolato non dev’essere toccato da mani umane!”
Ma il bambino, invece di ascoltarlo, si chinò ancora di più in avanti, a finì, così, per caderci, nel suo fiume.
Intorno a sé Willy sentì tutti esclamare un ‘Oh!’, mentre lui chiuse gli occhi e girò leggermente la testa da un lato, con un’espressione schifata ed infastidita allo stesso tempo.
 
Ma cosa mi doveva capitare… Non faccio neanche in tempo a dire che il mio cioccolato – mio – non va toccato con le mani e tu ti ci butti dentro? Ma perché a me?!
Secondo te sono stupido, che uso dei costosissimi tubi?!
 
“Augustus!” Esclamò di nuovo, stavolta leggermente isterica, la madre del moccioso, per poi rivolgersi, quasi implorante, direttamente a Willy Wonka “Non sa nuotare! La prego, lo salvi!”
Willy stava proprio per rispondere che – no – si sarebbe dovuto salvare da solo, quando si accorse che, esattamente sulle loro teste, stava proprio passando uno dei suoi tubi che, presumibilmente, stava per mettersi a lavoro. E quindi stava per risucchiare litri e litri di cioccolato fuso.
Willy non rispose più alla donna, che aveva anche smesso di guardarlo, e gettò un’altra occhiata prima al tubo e poi ad Augustus, che ancora annaspava nel fiume.
 
Bene, caro, carissimo bambino. Volevi il cioccolato? Ora te ne do quanto ne vuoi. Ti ci potrai… annegare, nel cioccolato.
 
E un sorrisetto gli increspò le labbra.
Il tubo, come previsto, calò dall’alto, ed andò a finire non volto lontano da dove si trovava Augustus; ovviamente incominciò a risucchiare, e, come’era prevedibile, Augustus era compreso nel pacchetto. Ben preso il bambino si ritrovò all’interno del tubo, che però, malgrado tutto, era troppo stretto, per lui, e ben presto si ritrovò… incastrato. Nessuno fece in tempo a commentare senza esprimere un qualcosa che fosse già ovvio agli occhi di tutti quanti che, proprio in quell’istante, gli Umpa Lumpa iniziarono ad agitarsi.
“Che stanno facendo?” Chiese qualcuno.
 
Evidentemente il signorino Gloop ha già perso la sua ingombrante attrattiva, eh?
 
“Credo che stiano per deliziarci con una… canzoncina. È un’occasione speciale, ovviamente: non abbiamo avuto visitatore per molte lune.” Rispose tranquillamente il cioccolatiere.
E così gli Umpa Lumpa iniziarono a cantare; e l’argomento, ovviamente, era il sempre incastrato nel tubo Augustus Gloop.
Inutile dire che Willy Wonka si stava divertendo un mondo.
“…Così ciccione ed infantile.” Dicevano gli Umpa Lumpa, nella loro canzone, e Willy Wonka sorrideva compiaciuto “…E’ un moscerino fastidioso...”
E poi… Quando ormai la canzone stava per giungere a termine, Gloop si disincastrò, e il tubo lo risucchiò del tutto, sparendo, così, finalmente, dalla loro vista.
 
L’avevo detto che se fossi stato fortunato non avrei più dovuto averti intorno passata un’ora.
Evidentemente lo sono, allora.
 
“Bravi!” Esclamò Willy, interessato di più alla canzone appena finita degli Umpa Lumpa che alle sorti di quel bambino “Molto bravi!”
“Non sembrava improvvisata.” Disse il padre della viziatella, a quel punto, quasi interrompendo l’entusiasmo del padrone di casa.
“Già.” Disse qualcun altro “Come se già sapessero.”
Willy guardò quest’ultimo con sufficienza. “Ah! Bazzecole.”
Willy stava, poi, per ricominciare a camminare, ridando il via alla visita nella sua fabbrica – apparentemente completamente dimentico che un bambino era stato appena risucchiato da uno dei suoi tubi. Ma poi la madre del ragazzino lo bloccò.
“Dov’è mio figlio?” Esclamò lei “Dove porta quel tubo?”
Quel tubo” Rispose Wonka, palesemente infastidito “si dia il caso che porti alla stanza dove produco le più deliziose praline alla fragola ricoperte di cioccolato!”
“E quindi verrà trasformato in praline e… e venduto in tutto il mondo?!”
L’espressione di Willy era delle più sconvolte.
“No.” Rispose, allora, lui “Non lo permetterei mai! Si immagina una pralina al gusto di Augustus Gloop?” Fece una smorfia, a questo punto, molto… schifata “Ugh! Non le comprerebbe nessuno.”
La signora lo fisso incredula.
 
Andiamo, signora, tu compreresti un dolce che sa di bambino?!
…Non sarà mica per questo che mi guardavano strano, quando parlavo di cannibalismo, allora?
 
Ma dato che a quanto pareva doveva proprio… prodigarsi per recuperare quel ragazzino, si girò, e con un verso piuttosto particolare chiamò a sé un Umpa Lumpa, che arrivò di corsa.
Willy si abbassò con la schiene, di modo da arrivare, più o meno ,all’altezza dall’omino.
“Portate la signora Gloop nella sala delle praline, e con una… pertica pescate nella tinozza del cioccolato e trovate suo figlio. Ok?”
L’Umpa Lumpa fece con le braccia un gesto che voleva dire che aveva capito, e Willy fece altrettanto, poco prima che l’Umpa Lumpa si facesse seguire dalla signora Gloop.
 
E se siamo fortunati, ragazzino, prima di ripescarti verrai preso un po’ a perticate.
 
“Signor Wonka?” Chiese, a quel punto, un bambino, quello più… mah, docile? “Il nome di Augustus era già nella canzone.”

Che perspicacia.
 
“L’improvvisazione è un trucco da salotto.” Rispose Willy.
“No, non lo è.” Rispose Mike Tivù, e Willy lo guardò molto male, prima di rivolgersi alla bambina bionda “Tu, ragazzina, dì una parola qualsiasi.”
“Chewing gum.” Rispose lei.
 
Che potevo aspettarmi…
 
“Il chewing gum che dici tu è la cosa che odio di più.” Disse subito Willy “Visto? È uguale.”
“No, non lo è.” Fece Mike Tivù.
 
Ma tu sai solo dire ‘No, non lo è’?
 
“Er…” Gli disse il cioccolatiere, così da liquidarlo e farlo tacere “Tu non dovresti borbottare. Perché non capisco una parola di quello che dici.” Mike Tivù non disse nient’altro, e Willy fece un’espressione più che soddisfatta “Bene.” Disse poi “Continuiamo il giro.”
E, così, il bambino che affogava le proprie voglie nel cioccolato, a Willy assolutamente precluso alla stessa età di Augustus Gloop, rischiò davvero di affogarci, nel cioccolato.
Rischiò.
Forse.
 
Chi è il prossimo?

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Chiedo veramente scusa a tutti per l'enormità del mio ritardo :S
Purtroppo non riesco a trovare tutto il tempo, che vorrei, per scrivere ç_ç
Spero comunque che questo capitolo vi piaccia, gente, e spero di poter aggiornare il prima possibile!
Grazie a tutte voi per le bellissime recensioni che mi avete lasciato allo scorso capitolo, in ogni caso! :D
Alla prossima! ;D





Capitolo 3
 
Il gruppo che ormai si era ricompattato, privato della presenza della signora Gloop e di suo figlio, si avvicinò, seguendo il signor Wonka, proprio al limitare del fiume di cioccolato, come se fossero tutti in attesa di qualcosa. E poi, all’improvviso, si cominciò ad udire, in lontananza, un rumore di tamburi; i bambini e i loro genitori si guardarono perplessi, mentre Willy osservò le loro facce compiaciuto. Ma alla fine tutto venne spiegato, perché, proprio di fronte a loro, navigando sul fiume, si fermò una grande barca a remi rosa a forma di cavalluccio marino.
 
Tutta completamente di zucchero.
Oh, come mi piace il mio lavoro!
 
La barca, ovviamente, non si era mossa da sola, ma aveva, a bordo, decine e decine di Umpa Lumpa posizionati ai remi, mentre uno solo di loro se ne stava a poppa, a battere sul tamburo – ecco il suono che avevano sentito – per dare il tempo ai vogatori. Non appena questi ultimi posarono il loro sguardo sul gruppetto in piedi, scoppiarono tutti a ridere.
“Perché ridono?” Chiese, quasi sprezzante, la ciancica-gomme.
 
Cos’è, paura che ridano di voi? Non sarebbe neanche tanto difficile, in verità. O ingiusto.
 
“Credo sia per tutti i chicchi di cacao che mangiano.” Rispose però Willy, spiegando “Sapete: il cioccolato scatena il rilascio di particolari sostanze, dette endorfine, che danno poi la sensazione di essere innamorati.” Fece un tenue sorriso.
“Ma non mi dica.” Disse, subito dopo, la madre della biondina, guardandolo con un sorriso… strano. Tutta la sua espressione era strana.
 
Oh. Mio. Dio.
 
Willy la guardò perplesso e sconvolto allo stesso tempo.
“Tutti a bordo…” Mormorò il cioccolatiere, cambiando nettamente argomento.
E finalmente il gruppetto, velocemente, prese posto sulla barca, e Willy poté tirare un sospiro di sollievo; si ritrovò, poi, seduto accanto al bambino con i capelli castani, quello che faceva sempre domande, alla fine.
 
E dire che all’inizio non aveva proferito parola.
 
Willy lo guardò per un momento: quel ragazzino era davvero, davvero magro. E anche il vecchietto alla sua sinistra non era da meno. E poi era pallido.
Willy allora prese un mestolo e, mentre la barca cominciava lentamente a muoversi, lo immerse nel fiume di cioccolato, per poi porgerlo al bambino.
“Tieni, assaggia.” Gli disse Willy “Sembri morto di fame.”
Il bambino afferrò il mestolo e gli diede un piccolo sorso.
“E’ buonissimo!” Esclamò entusiasta, e Willy sorrise compiaciuto.
 
Ne dubitavi?
 
“Certo che lo è. È perché è una cascata che lo mescola. A proposito!” Fece, a più alta voce di modo che lo potessero sentire anche tutti gli altri “E’ proprio per questo che la cascata è molto importante: rende il cioccolato leggero e spumoso; e comunque nessuna…”
“Questo lo ha già detto!” Lo interruppe la piccola Porra, e Willy si azzittì all’istante.
 
Ah.
 
Ma Willy non si faceva di certo intimorire da una mocciosetta. Una mocciosetta femmina, poi. Perché in fondo anche lui era un po’ – molto – bambino.
E così contrattaccò:
“Siete molto bassi, non è vero?”
Tutti lo guardarono leggermente perplessi.
“Certo: siamo bambini.” Gli rispose la bambina bionda con un tono come per dire ‘è ovvio’.
“E questo cosa c’entra, io non sono mai stato così basso.”
“Da bambino sì, però.” Fece Tivù.
“E invece no.” Continuò Willy “Perché mi ricordo che riuscivo a mettermi il cappello sulla testa.” Si toccò il bordo del proprio cilindro “Guardate che braccine corte avete voi, invece; non ci riuscireste mai.”
Tutti si guardarono per un momento a vicenda, dopo quella presa in giro da parte del signor Wonka, e probabilmente pensarono che sarebbe stato meglio lasciar perdere, perché si girarono, ancora perplessi, dall’altra parte.
 
Ah! Willy Wonka: 1 – Bambini pestiferi: 0
 
“Signor Wonka.” Lo chiamò, poi, il bambino magro e pallido accanto a sé, e il diretto interessato si girò dalla sua parte “Si ricorda com’era, essere un bambino?”
Non che ora si sentisse molto più grande, comunque.
“Altroché!” Rispose Willy, ma poi la sua espressione si rabbuiò “Altroché…”
E i suoi occhi divennero vitrei, mentre guardava nel vuoto: gli era venuto in mente, in quell’istante, proprio ciò che era successo la sera di Halloween, quella sera durante la quale aveva visto i propri dolci bruciare nel camino, quella sera in cui suo padre, il dentista, aveva dato l’ulteriore conferma di quanto fosse… ligio al dovere. Ma lo era in maniera spaventosa.
Certo che si ricordava com’era essere un bambino; non sarebbe stato facile dimenticarlo; anche se a volte lo stesso Willy Wonka pensava che sarebbe stato meglio.
“Signor Wonka, andiamo verso un tunnel!” Esclamò qualcuno, riportandolo alla realtà, e la solita luce sbarazzina ricominciò a guizzare nei suoi occhi.
 
Me ne sono accorto, cosa credi?
Non sono mica pazzo…
 
“Accendete le luci! E aumentate il ritmo!” Gridò Willy agli Umpa Lumpa, che subito eseguirono.
“Ma come fanno a vedere dove vanno?” Chiese subito qualcun altro, notando che, effettivamente, i vogatori stavano dando le spalle alla ‘strada’.
“Oh, non lo sanno, infatti.” Rispose, calmissimo, Willy, e agli sguardi terrorizzati dei presenti lui rispose con una risata.
E poi ci fu una discesa: la barca schizzava sul fiume di cioccolato apparentemente abbandonata a sé stessa, ma sia Willy che gli Umpa Lumpa erano le persone più tranquille del mondo, perciò anche i bambini e i loro p-parenti non emisero nessun suono, durante la corsa, dato che la barca aveva acquistato parecchia velocità. Anche se, in realtà, non si poteva dire se tutti non fiatassero per la fiducia o per il troppo spavento. La barca, però, poi, rallentò – per fortuna – e infatti Willy disse di stare più attenti perché sarebbero passati davanti a delle stanze molto importanti: sul fiume, infatti, si affacciavano delle grandi porte rotonde, ognuna delle quali portavano ad una specifica stanza. E su ogni porta c’era scritto uno specifico nome.
Passarono davanti alla stanza della panna rappresa, della crema al caffè, e della… crema per capelli.
“A che serve la crema per capelli?” Chiese, a quel punto, la donna che aveva già inquietato il cioccolatiere al tempo delle endorfine.
Lui la guardò per un momento e poi si toccò i capelli.
“A dare morbidezza!” Rispose Willy, ma lei lo guardò sconvolta.
 
Più andiamo avanti più sono tutti sconvolti, appunto.
Mi chiedo che avverrà più avanti.
…Bah. Antiquati dalle ristrette vedute.
 
Passarono di fronte ad un’altra stanza, a quel punto, che aveva, per altro, la porta aperta, e all’interno si potevano nettamente vedere degli Umpa Lumpa che stavano frustando una mucca.
“Panna montata!” Esclamò il ragazzino pallido.
“Già!” Rispose entusiasta Willy, contento – strano a dirsi – che qualcuno ci fosse arrivato.
“Ma non ha senso!” Fece una ragazzina.
 
Ecco, appunto.
 
“La panna montata è tale solo quando la si monta con la frusta.” Disse Willy, stizzito “E’ una cosa che tutti sanno.”
Lei lo guardò male.
 
Avanti, chi saresti, un’animalista? Green Peace? Prova a dirmi qualcosa…
 
Ma nessuno rispose, e la barca ricominciò, senza alcun preavviso, la sua discesa sul fiume di cioccolato. Willy, per sicurezza, si tenne una mano sul suo cappello a cilindro, per non farlo volare via.
E poi… poi si fermarono di nuovo.
“Ah! Fermi!” Esclamò il cioccolatiere, davanti ad una porta “C’è una cosa che voglio farvi vedere!”
E tutti scesero dalla barca, a quel punto, diretti alla stanza la cui porta aveva su scritto ‘Stanza delle Invenzioni’.
Quella era la stanza più importante di tutta la fabbrica, in pratica, e infatti Willy lo stava spiegando ai suoi visitatori: in quella stanza, infatti, lui ci passava intere giornate. A volte anche la notte! In quella stanza, infatti, Willy non faceva altro che progettare e creare tutti i suoi nuovi dolci. Tutte le sue invenzioni! Infatti vi erano molti tavoli con sopra innumerevoli boccette e boccettine piene di liquidi colorati; da un’altra parte c’erano pentole, pentolini e pentoloni che ribollivano; per non parlare poi dei macchinari: in ogni angolo ce n’era uno,e dalle forme più strane, per di più.
“Divertitevi!” Annunciò poi Willy, alla fine del suo brevissimo discorso “Ma… Non toccate niente.”
I bambini si sparpagliarono all’istante, correndo via.
 
Speriamo non tocchino niente davvero.
…Oh beh, peggio per loro.
 
“Signor Wonka!” Lo richiamò poi una voce di bambina, e lui si voltò, per poi raggiungere il gruppo di ragazzini che si era fermato attorno ad una vasca, nella quale venivano lanciate dentro delle palline colorate grosse come tante uova. All’interno della vasca vi era un Umpa Lumpa con maschera e boccaio che, non appena vide il signor Wonka avvicinarsi, prese una pallina rossa e, sbucando dall’acqua che la riempiva tutta, la porse al proprietario, che la tenne ben in aria per farla vedere a tutti.
“Questi si chiamano ‘Confetti senza confini’, e sono fatti per chi non ha tanti soldi da spendere.” Spiegò lui “Potete anche succhiarli un anno interno e non rimpiccioliscono!”
“Come le gomme.” Disse una tizia a caso.
Willy alzò gli occhi al cielo, perdendo per un momento il proprio costante sorriso tirato.
“No.” Rispose “Perché se tu provassi a mordere uno di questi ti si romperebbero tutti i tuoi bei dentini.”

Se pensi di provarci, chiamami, ragazzina: voglio assistere alla scena.
 
Willy prese a camminare, a quel punto, posò il Confetto su un tavolo trasparente – uno dei tanti – e tutto il gruppetto gli venne dietro, fino a quando, passando accanto ad un altro tavolo, Willy afferrò con un ‘Oh!’ un'altra caramella.
“Questo è uno dei miei ‘Croccantini piliferi’!” Disse “E se lo mangiate vi crescerà subito una fluente zazzera nuova di zecca sulla zucca! E anche i baffi! E la barba!”
“E chi la vuole!” Fece, sprezzante, il piccolo Tivù.
“Beh… I superfichi. I motociclisti, i cantanti folk e tutti quei tipi tosti tirati a lucido.” Willy guardò dritto negli occhi Tivù “Lo tengo in fresco, bello mio, hai capito o sei impedito? Ti gusta la mangusta? Sei connesso? C’avrei scommesso. Dammi il cinque, fratello.”
E Willy tese la mano verso il bambino, che però fissò il suo guanto viola completamente senza espressione. E allora Willy non poté fare altro che ritirare la mano, lievemente imbarazzato – forse – con il solito rumore di plastica prodotto appunto dal suo guanto.
 
Uno cerca di entrare in sintonia persino con Tivù e questo è il risultato. Non parlano così i giovani d’oggi?
Bah, tutta fatica sprecata.
Ma che ci perdo tempo a fare, poi?
 
“Er…” Continuò allora Willy “Comunque vanno ancora perfezionati…”
E il fatto che di lì a poco sbucò un Umpa Lumpa completamente ricoperto di capelli ne fu la prova.
Ma ora basta con i Croccantini, era tempo di mostrare qualcosa di veramente straordinario! A detta di Willy, comunque.
Difatti si posizionarono accanto ad un’enorme macchina, e Willy, più felice che mai, abbassò una leva, mettendo tutto in funzione. Uscì del fumo, la macchina si mosse, si contorse, emise fumo e alla fine produsse… una gomma.
“Tutto qui?” Fece qualcuno, ma Willy non vi badò, e per trovare le giuste parole per spiegare a tutti cosa avessero davanti, prese i suoi cartoncini dall’interno della sua giacca viola:
“Vi presento la ‘Gomma da pranzo’! Sarà la fine di tutte le cucine e del cucinare! Grazie alla Gomma da pranzo avrete tutto quello che vi occorre a colazione, pranzo e cena! Questa, per esempio, contiene zuppa di pomodoro, rosbeef e torta di mirtilli!” E poi guardò tutti sorridendo.
“E’ un’idea magnifica!” Disse il vecchietto.
“E’ un’idea balorda.” Disse, come emettendo una sentenza, l’irritabile ed irritante Veruca.
“E’ la mia idea di gomma.” Concluse la biondina, che afferrò la gomma, con il palese intento di cominciare a mangiare.
“Ehm… Sai, non dovresti, ci sono ancora un paio di cose che…” Cominciò Willy, ma la ragazzina lo interruppe:
“Sono campionessa mondiale di gomme: non ho paura di niente, io.”
Willy fece una faccia come per dire ‘come vuoi’,
 
E fai davvero come vuoi, allora. D’altronde chi sono, io? Solo l’inventore. Se tu non hai paura…
Voglio vedere dopo, come ti sentirai.
 
E, detto fatto, la ragazzina cominciò a masticare la Gomma da pranzo.
Inutili furono i tentativi di Willy di fargliela sputare. Ci si mise pure la madre, che sottolineava il fatto che sua figlia fosse la prima bambina ad assaggiare una gomma del genere. Quella donna era sempre più inquietante, a detta di Willy.
 
Ed anche leggermente… superficiale, voi che dite?
 
E poi, ovviamente, accadde l’irreparabile: quando la bambina giunse alla torta di mirtilli, infatti, le successe quello che era successo a tutti gli Umpa Lumpa che avevano provato, prima di lei. Cominciò a diventare viola.
 
Ehi, ma quella ragazzina non si chiama Violetta?
Violetta che diventa viola.
Ahahah divertente.
 
E cominciò a gonfiarsi, oltretutto. A gonfiarsi molto. Tanto. Troppo! Divenne a dir poco enorme! E Willy si era abbassato, in cerca di un nascondiglio, di modo che, se quella ragazzina fosse entrata nel panico per quello che le stava accadendo ed avesse preso a dimenarsi da tutte le parte, almeno non sarebbe stato investito da una gigante palla rotolante viola. Sembrava davvero un mirtillo. Ma la bambina, per lo meno, rimase ferma dov’era, e così Willy si rimise in piedi, sbucando proprio di fianco alla madre della bambina, che guardava tutto quel fenomeno sempre più impaurita. Facendole oltretutto prendere un colpo.
“L’hanno provata almeno dieci Umpa Lumpa, e tutti si sono trasformati in mirtillo!” Esclamò infatti lui “E’ strano, eh?” Concluse, con una leggera risatina.
 
Gliel’avevo detto, io, di sputarla. Oh beh. Ormai…
 
“E ora come farà? Come farà con le competizioni?” Gli rispose la madre.
Il sorriso di Willy scemò fino a scomparire.
 
Ripeto: inquietante.
 
“Può sempre portarla alle fiere di paese!” Propose Veruca, accanto a loro.
Willy riprese il sorriso. La madre di Violetta guardò malissimo l’altra ragazzina.
E poi… Come era successo con Augustus Gloop, anche in quel caso gli Umpa Lumpa deliziarono tutti i presenti con una canzoncina.
Willy cominciò a dimenarsi, mentre gli Umpa Lumpa avevano preso a rimbalzare sulla bambina-mirtillo, facendola rotolare da tutte la parti, e mentre raccontavano di un’altra ragazza, con lo stesso orribile e schifoso vizio di Violetta che, alla fine, a forza di masticare, aveva finito per tagliarsi la lingua in due con i denti.
Poi ovviamente la canzone finì, e mentre Willy ancora saltellava sul posto, girandosi per un momento, si ritrovò vicino la madre di Violetta che lo fissava quasi arrabbiata. E stava fissando solo lui.
 
Che ansia, però.
 
Così Willy dovette finirla, e disse subito agli Umpa Lumpa:
“Portate la signorina nella stanza della centrifuga!”
“La stanza della centrifuga?!”
“Esatto. La spremeranno… come un brufolino!” E sorrise, mentre la signora, allora, allarmatissima, seguì la figlia, che già stava venendo fatta rotolare dagli Umpa Lumpa fuori dalla Stanza delle Invenzioni.
“Bene!” Disse poi Willy, dopo un attimo di silenzio “Andiamo? Sbrighiamoci, avanti!”
E si girò, ricominciando a camminare, come se nulla fosse successo. Tutta apparenza, ovviamente.
 
Meno due.
Oh, sì.

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