Amore e pasticci(ni)

di Nanix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come tutto ebbe inizio ***
Capitolo 2: *** Una brava attrice ***
Capitolo 3: *** Benvenuta nella nuova cucina ***
Capitolo 4: *** Che peperino ***



Capitolo 1
*** Come tutto ebbe inizio ***


Trust I seek and I find in you
Every day for us something new
Open mind for a different view
And nothing else matters

Dalla radio sveglia sul comò parte la canzone dei Metallica: Nothing Else Metter.
Canticchio qualche nota, e so già che questa canzone mi accompagnerà per tutta la giornata.
Mi alzo dal letto, e mi avvicino alla finestra della mia stanza.
Il sole brilla alto in un cielo limpido e senza nemmeno l’ombra di una nuvola.
Questa è la mia giornata, e nessuno me la può rovinare.
Dal calendario affisso sulla parete, su questo giorno compare una X grande e rossa e questo aumenta il mio buon umore, dandomi la consapevolezza che oggi è la giornata perfetta.
L’orologio segna le 7.30 per timore di far tardi al lavoro faccio colazione velocemente e mi preparo sempre allo stesso ritmo, sbadatamente faccio scivolare uno specchio per terra e questo si rompe in mille pezzi che si sparpagliano ovunque nella stanza.
Alla bene e meglio cerco di raccattarli maledicendo la mia imbranataggine.
Sono le 8 in punto quando passo davanti allo specchio e mi do un ultima controllata.
I capelli mori sono sistemati in una coda di cavallo perfetta, il tailleur nero scivola elegante sul mio fisico, un po’ magro e forse anche un po’ troppo privo di forme, ma infondo in quel momento la cosa che mi interessa è di essere elegante e credo di esserci riuscita.
Prendo le chiavi e mi avvio alla macchina.
Povera la mia Nissan Micra, ha veramente bisogno di una bella lavata e magari di un miracolo per far sparire tutti quei segni sulla carrozzeria.
Salgo e metto in moto, tempo due minuti e un gatto nero mi passa davanti ma non gli do molto peso. Non sono mai stata una persona superstiziosa, anzi, sono esattamente il contrario.
Arrivo al ristorante, dove da quasi 5 anni lavoro come pasticcera, e quello che mi si presenta davanti non mi piace per niente.
Attorno al locale ci sono molti uomini in giacca e cravatta, sul margine della strada un camion dove vedo alcuni strani tipi portare fuori dal locale la mia cucina.
Parcheggio in tutta fretta e appena noto tra quella marea di gente il mio titolare, gli vado in contro.
Parla ad alta voce in un tono tra il disperato e l’arrabbiato, mentre i signori in giacca e cravatta lo ascoltano attentamente annuendo di tanto in tanto.
-Capo, che succede qui?.-
Si voltano tutti quanti nella mia direzione, uno dei signori mi sorride ammirato, magari in circostanze diverse un gesto del genere mi avrebbe reso felice, ma in quel momento mi innervosisce.
Il mio titolare, un uometto basso e cicciotello ma buono come il pane, vedendomi sbianca immediatamente.
-Che ci fai qui?-
-Bhe devo lavorare no? E poi oggi è il primo giorno come dirigente. Se n’è forse scordato?-
Mi guarda basito con gli occhi sgranati. Che strani gli occhi del mio capo, sono marroni con qualche piccola punta ambrata. Cioccolato e caramello fusi assieme.
-Vieni con me.-
Mi afferra, non troppo gentilmente, per il braccio e mi allontano con lui.
-Che succede, capo?-
-Bhe vedi..è buffo sai.- Inizia a ridere mentre io mi innervosisco sempre più. –Ti ho dato ieri la promozione e oggi devo chiudere il locale, perché sono pieno di debiti.-
Resto allibita. Come diavolo fa a ridere in una situazione del genere? Rimango a bocca aperta per non so quanti minuti, poi alla fine mi riprendo.
-E io?la mia promozione?-
-Bhe diciamo che non ho mai firmato il foglio per la promozione, quindi tecnicamente sei una pasticcera come tante, ma vedrai che troverai un altro lavoro in fretta. Ora scusa ma quei signori aspettano me.-
Qualcuno mi dica che è solo un incubo, in realtà il mio capo ha firmato il foglio, io sono ancora a letto e non è vero che ho perso il mio lavoro.
Mi do un pizzicotto sul braccio, e quando mi rendo conto che è tutto vero, dalla rabbia tolgo una scarpa e la lancio in testa al mio titolare.
La solo cosa piacevole di questa mattina è l’averlo preso in testa ed avergli fatto male.
Guardo il mio orologio e mi rendo conto che sono solo le nove, d’andare a casa non ne ho minimamente voglia, da Tayler, il mio ragazzo, non posso andare perché sicuramente è al lavoro. Almeno lui.
Quindi la sola cosa che posso fare è andare dalla mia migliore amica, la mia ancora di salvezza, il mio salvagente in mare aperto. Ok forse sto esagerando un po’, ma in fondo è esattamente cosi, so di poter sempre contare su di lei per qualunque problema, dal cosa indossare per un appuntamento a come non incasinarmi la vita.
Casa sua dista quasi venti minuti da dove lavoro, o meglio dove lavoravo. Quando penso alla mia promozione sfumata e al lavoro perso mi monta una rabbia in corpo che tornerei indietro e tirerei sotto il mio ex capo.
Joyce, abita al 3 piano di una palazzina ristrutturata recentemente, è una zona tranquilla ben lontana dal caos cittadino.
Da quando la conosco, so che è sempre stata una persona mattiniera e so per certo di non disturbarla, suono un paio di volta il campanello e quando mi apre le butto le braccia al collo iniziando a piangere.
-Che..-
-Joyce, la mia pasticceria.-
-Cos’ha?-
-Ha chiuso.-
Appena mi riprendo un attimo inizio a raccontarle per filo e per segno tutto quello che è capitato stamattina, partendo dallo specchio rotto, il gatto nero e la pasticceria, ovviamente continuando a starle abbracciata. Per fortuna che c’è lei.
Una voce maschile mi riporta alla realtà, e sulla porta della camera vedo Brad, il suo ragazzo da una vita. Si conoscono da quando avevano 15 e stanno assieme da allora, 10 anni che sono fidanzati e da 4 convivono.
-Joyce, sei pronta?-
Mi stacco e mi rendo conto che è già vestita, in genere anche se mattiniera, resta in pigiama fino a mezzogiorno, dato che lei lavora dalle 14 alle 18 può permetterselo. Vederla vestita mi sorprende un po’.
-Scusa, stavate andando via? Se mai ripasso domani.-
Tiro su col naso mentre Joyce mi guarda strana, come se avesse tanto da dire ma non trovasse le parole adatte per farlo.
-Vedi, noi..partiamo.-
-Ah una vacanza. Bhe si ci vuole ogni tanto. Quanto stai via, una settimana, due?
-Un anno.-
Resto allibita.
Sbaglio o la mia migliore amica, la mia ancora di salvezza, il mo salvagente ha appena detto che parte e sta via un anno?
-Stai scherzando Joyce?-
-No, scusa se non te l’ho detto prima, ma Brad ha trovato un affare in Canada, un buon affare, solamente ieri. Ho provato a chiamarti ma il tuo cellulare era spento. Ma te l’avrei detto..-
-Ah si e quando? Una volta in Canada?-
-Bhe..si-
Viva l'onestà. Sono arrabbiata e delusa, da parte sua non me lo sarei mai aspettato.
La guardo in malo modo per l'ultima volta, e dopo aver ringraziato Brad per portarla lontano da me, con indosso solo una scarpa, i capelli in distordine, il trucco sbavato me ne ritorno alla macchina.

Non so dove andare, mi sembra di non avere una meta. Bhe in un certo senso è cosi veramente, tecnicamente ora sono libera, niente lavoro, niente problemi, niente di niente. Solo io e la mia libertà. Beh quasi, solo io e la mia libertà, perchè al semaforo rosso uno stronzo patentato mi viene addosso, rovinando il posteriore della mia macchina e facendomi prendere uno spavento notevole.
Assieme allo stronzo, marchiamo bene il concetto, mi sistemo ai bordi della carreggiata, e solo una volta scesa dall'auto mi accorgo che è stato un Suv e nemmeno tanto piccolo a rovinarla, la cosa comica è che la sua macchina non ha un graffio, mentre la mia ha la targa mezza distrutta.
Lo stronzo, sempre per marcare bene il concetto, scende dall'auto guardando accigliato la macchina e solo dopo quasi dieci minuti si rende conto della mia presenza.
-Mi scusi, non era mia intenzione venirle addosso.-
-Ci mancherebbe anche che fosse una cosa intenzionale.-
L'uomo, mi guarda da capo a piedi, in quel momento ammetto di non essere nel pieno della forma e arriccia il naso quasi disgustato. Stronzo, non ho nessuna malattia è solo una giornata nera, e di certo tu non la migliori.
Però, lasciando perdere la macchina col posteriore ammaccato, devo ammettere che ha un certo fascino. Alto quanto basta, quasi 1.80, bel fisico, capelli corti e nerissimi, magari se li tinge, occhi di un azzurro intenso e un pò di barba che mette in risalto gli zigomi pronunciati ma che nasconde le labbra.
Affascinante o meno resta uno stronzo e per giunta arrogante.
Ok che è vestito in maniera elegante e hai una macchina grossa, ma puoi anche evitare di guardare con quell'aria di superiorità.
-Tieni questo è il mio numero, ora devo andare, ho un affare urgente e non ho tempo da perdere. Buonagiornata.-
Buona giornata? Ma vaffanculo.
Lo maledico mentre me ne torno alla macchina, decisa ad andare a farmi un giro per sfogare la mia rabbia.
Passando davanti ad un hotel noto una macchina che conosco fin troppo bene, li per li mi sembra una coincidenza, ma per togliermi ogni dubbio parcheggio la mia poco lontano dalla sua e mi avvicino.
Mercedes nero, stessa targa, stesso graffio sulla portiera fatto accidentalmente da me dopo aver scoperto il suo tradimento, accaduto esattamente un mese fa, il mio capello nero sul sedile posteriore. Qualcosa non torna.
Torno alla mia macchina, conciata come sono non mi fanno nemmeno entrare in hotel, quindi cerco di darmi una sistemata e dal baule prendo le mie scarpe di riserva. Non perchè ho il vizio di tirarle in testa alle persone ma perchè per guidare sono più comode.
Entro e fingo di volere una camera, solite domande, soliti documenti, alla fine prendo le chiavi della stanza e mi dirigo al piano superiore.
Eccolo li. Quel grandissimo pezzo di popo assieme ad una biondina tutta curve e trucco perfetto.
Cerco di trovare ogni scusa possibile e immaginabile, ma non ce ne sono, è fin troppo evidente, specialmente dopo che lui la bacia e le mette le mani sul fondo schiena, fin troppo extra large per il fisico che ha.
-Io ti ammazzo.-
Faccio notare la mia presenza con una frase molto dolce, lui si volta e per poco non gli viene un colpo. Ma magari gli venisse un accidenti. La biondina si stacca mentre io mi avvicino e gli mollo una sberla in pieno viso lasciandogli ben impresse le mie cinque dita.
-Etienne, posso spiegarti tutto.-
-Direi che c'è ben poco da spiegare.-
Lo guardo attentamente sperando di vederlo inginocchiarsi ai miei piedi implorando perdono, ma al contrario scarica la colpa su di me, dicendo che ho sempre messo il mio lavoro, la mia migliore amica e il criceto prima di lui.
Peccato che nel giro di poco io abbia perso tutto, il mio piccolo criceto è morto d'infarto, ho perso il lavoro, la mia migliore amica è stata rapita dal suo ragazzo e portata in Canada e per finire il mio ragazzo che mi tradisce.
Resto allibita dalla quantità d'accuse che muove nei miei confronti e una volta finito mi saluta augurandomi buona fortuna e se ne va con quella coniglietta di playboy.
Peggio di cosi non può andare.
Barcollando arrivo alla toilette, dove specchiandomi mi rendo conto d'essere un mostro che cammina.
Rimango per quasi una decina di minuti a fissare la mia immagine allo specchio, poi rendendomi conto che non è lo specchio magico e che non mi dirà mai che sono la più bella del reame, esco dal bagno.
Tutto normale fin qui, peccato che aprendo la porta con la grazia di uno scaricatore di porto vado a sbattere contro lo stronzo che mi è venuto addosso in macchina, facendogli rovesciare il caffè, preso probabilmente da Starbucks all'angolo.
Il caffè finisce inevitabilmente sulla camicia bianca sporcandogliela totalmente.

So di averne altre in corso, ma da molto mi frullava in testa questa storia e non potevo non scriverla. Quindi fatemi sapere che ne pensate mi farebbe molto piacere^^


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Capitolo 2
*** Una brava attrice ***


Dopo aver dato le ultime istruzioni alla mia segretaria e al capo cuoco esco dall’hotel e mi dirigo alla macchina furibondo con mia madre.
A quanti appuntamenti al buio era arrivata a farmi fare sotto minacce? Otto, nove o forse dieci? Avevo perso il conto probabilmente dopo il secondo.
Se non fosse che continuava a minacciare di togliermi la direzione dell’hotel li eviterei accuratamente.
Sento il cellulare, nella tasca interna della giacca, squillare.
Senza guardare il display so già perfettamente chi è.
-Mamma, sto andando ora. Avevo delle commissioni da sbrigare. Ma sia ben chiaro questo è l’ultimo appuntamento.-
-Ma Nathan..-
-Niente ma, so che lo fai per il mio bene, ma in questo momento la cosa migliore per me è stare da solo.-
-Sono quasi due anni che sei solo, lei non tornerà.-
Quella frase è peggio di getto d’acqua gelata, ma devo riconoscere che infondo è la verità, chissà dov’è ora la mia lei.
-Buona giornata mamma.-
-Anche a te, passerò più tardi dall’hotel per sapere se hai fatto incontri interessanti.-
La saluto e chiudo la chiamata.
Sono soprappensiero e non mi accorgo che la macchina davanti a me ha frenato per via del semaforo rosso e immancabilmente le finisco addosso, assieme all’altra macchina mi sposto sul margine della carreggiata per controllare quali danni ci fossero.
Fortunatamente per la mia auto non ho nessun graffio, anche perché mi spiacerebbe parecchio dato che ha solo un mese di vita. L’altra macchina  è un po’ ammaccata, per fortuna solo la targa quindi non è un grande danno.
Solo dopo svariati minuti mi accorgo di qualcuno al mio fianco che mi osserva con un aria truce e per un attimo mi spavento, anche perché la ragazza non sembra essere in belle condizioni.
Ha solo una scarpa, e vorrei anche chiederle il motivo, i capelli che teoricamente dovrebbero essere legati in una coda sono per la maggior parte fuori dall’elastico, il trucco sotto gli occhi è un po’ sbavato e il tailleur in più punti è stropicciato.
Sarei tentato di domandarle come ha fatto a ridursi in quello stato pietoso essendo solo le 10 del mattino, ma ho fretta e non sono affari di cui mi voglio impicciare.
Le do il mio numero di telefono in quanto sono abbastanza in ritardo per la serie di appuntamenti multipli che mi ha organizzato mia madre.
Risalgo in macchina diretto all’hotel.
Sono conosciuto parecchio nell’ambito dei servizi alberghieri specialmente in quel hotel, diciamo che mi sento ormai a casa.
Mi fanno accomodare in una saletta appartata poco arredata con una finestra che da sul giardino fiorito.
La prima ragazza che entra si chiamata Genna, ha 26 anni, si è laureata da poco in giurisprudenza e ora lavora presso un ufficio legale. Beh quanto meno non è stupida.
Dopo le varie presentazioni di rito, mi soffermo a guardarla. Bellezza banale.
Occhi castani troppo sottili a fatica le vedo il colore, carnagione olivastra che mi sa di sporco, capelli biondo cenere in contrasto con la carnagione, labbra sottili rese più visibili da uno strato abbondante di rossetto e per finire naso aquilino.
Fisicamente non mi piace.
Parlantina esagerata, voce stridula.
Unghie corte, probabilmente è una persona nervosa e se le mangia spesso, denti storti e neanche troppo bianchi, magari fuma anche e questo non mi piace.
La fermo e la faccio uscire dicendole che non è il mio tipo.
Si offende per il poco tatto avuto e uscendo sbatte violentemente la porta.
Con la seconda non vado tanto meglio.
Si chiama Marianne, ha 27 anni, ha uno studio di psicologia poco distante da qui.
Voce roca che non mi entusiasma per niente.
Alta quasi quanto me, e già li è un punto a suo sfavore, preferisco le ragazze basse.
Capelli rossi, senza ombra di dubbio tinti, occhi verdi anche lei truccata in modo vistoso, labbra carnose ma rifatte e per giunta volgari.
Le sole cose positive sono i denti bianchi, peccato che quando sorrida assomigli a Psycho.
Prosperosa, con la vita molto stretta il tutto legato in un tubino che non le permette nemmeno di respirare.
Vorrei dirle che non siamo in discoteca e che con un vestito o anche un paio di pantaloni normali avrebbe fatto una figura migliore, ma mi limito a farla uscire.
Mi passa accanto e si avvicina al mio orecchio.
-Non sai cosa ti perdi.-
L’allontano da me.
-Non lo voglio sapere, prego quella è la porta.-
Per farle capire meglio la situazione gliela apro io e con delicatezza la spingo fuori.
Finalmente sono arrivato alla terza.
E mi rendo conto che non c’è mai fine al peggio.
Sono stanco e soprattutto stufo di tutti quei appuntamenti e ancora prima d’analizzarla mando via anche l’ultima ragazza.
Resto un po’ nella sala a godermi la vista del giardino, quando all’angolo noto lo Starbucks.
-Un caffè ci sta cosi prendo una boccata d’aria.-
Nel giro di pochi minuti prendo il caffè e torno in hotel dove ho dato appuntamento a mia madre.
Per la seconda volta il telefono squilla, rispondo un po’ indispettito.
-Pronto?-
-Nathan, spero tu abbia scelto la ragazza perché sappi che altrimenti puoi dire addio all’hotel.-
Riaggancia di botto e io maledico quelle tre stronze di prima, certamente una delle tre, se non tutte,hanno chiamato mia madre per il modo poco carino in cui le ho trattate.
Mi faccio un giro nell’hotel, tecnicamente non si potrebbe, ma per me fanno una piccola eccezione.
Ho dato la mia vita per l’hotel, il mio RedMoon, e di certo non ho intenzione di levare le tende solo perché a 28 anni sono felicemente single e a mia madre questo non sta bene.
Io la capisco, vorrebbe che mi scordassi della mia ex ragazza, che mi aprissi di più con le altre, che mi svagassi un po’, ma non è quello di cui ho bisogno.
La solita cosa di cui ho bisogno è del suo ritorno, di riavere Sonja tra le braccia e stringerla al mio petto.
Per l’ennesima volta suona il cellulare.
-Pronto?-
-Sono all’ingresso dell’hotel, raggiungimi. Dobbiamo fare un discorsetto noi due.-
Chiudo la chiamata e risistemo il cellulare nella tasca, mentre sorseggio il mio caffè.
Passo davanti alla porta degli uomini che di colpo si apre con la conseguenza che il caffè finisce sulla mia camicia bianca.
Impreco per qualche secondo per poi rendermi conto che a fare quel disastro è stata la ragazza a cui sono andato addosso prima con la macchina.
-Oddio mi spiace, non l’ho fatto apposta.-
-Ci mancherebbe che l’avesse fatto intenzionalmente.-
Mi guarda male, lo ammetto ho usato la sua stessa battuta cinica.
-Come posso ripagarla?-
-Calcolando che è si seta ed è di un stilista famoso, credo che il tuo stipendio non sia a sufficienza.-
Diciamo che la camicia è un regalo, non è di seta e probabilmente proviene dai grandi magazzini. Ma perché mai dirglielo.
La notizia la preoccupa un po’, la vedo impallidire e tremare in poco tempo.
-Beh, vede la verità è che mi hanno appena licenziato. Momentaneamente non so come fare per ripagarla.-
-Che lavoro faceva?-
-Pasticcera-
Perché a me da più l’impressione di una combina guai ambulante? Però credo che potrei sfruttarla per tenere a bada mia madre per un po’.
-Senta, facciamo cosi. Io ho un hotel poco distante da qui. Si chiamai Red Moon. Lo conosce?-
Annuisce sempre fissandomi negli occhi. Da quando abbiamo iniziato la conversazione non ha mai abbassato lo sguardo.
-Bene, se lei mi fa un piccolo favore, posso assumerla nel mio hotel, come pasticcera.-
La vedo illuminarsi e rabbuiarsi nel giro di poco.
-Che genere di favore?-
-Niente di che, solo fingere di essere la mia fidanzata finché mia madre non ritorna in America.-
-Ma lei è pazzo.-
-Ok come vuole, sappia che con i tempi che corrono trovare un lavoro non è una cosa facile. Anzi mi dia il suo indirizzo che le mando il conto della camicia.-
Mi guarda male assottigliando gli occhi. Cerco di stare serio ma la situazione a un che di comico.
Torna in bagno e nel giro di 5 minuti si è data una sistemata e anche se non è il massimo come ragazza è certamente meglio di quelle che ho visto fino adesso.
-Etienne.-
-Nathan.-
Le stringo la mano e ci avviamo all’ingresso dove sulle poltroncine scorgo mia madre, per farle credere che è veramente la mia ragazza le cingo la vita con un braccio.
La cosa che mi stupisce è la sua assenza di emozioni. Non si scosta,l’espressione del viso rimane seria e guarda avanti con la testa alta.
Ci avviciniamo a mia madre che la scruta dalla testa ai piedi.
-Nathan e questa ragazza chi è?-
-Mamma lei è Etienne. La mia ragazza.-
-Cosa?-
-Per questo volevo evitare tutti quei appuntamenti al buio.-
-Ma non me ne hai mai parlato, come mai?-
-Era una storia fresca, volevo aspettare un po’. Ma credo sia arrivato il momento di dirtelo, ho trovato la mia metà-
Come faccia, Etienne, a non ridere per tutta la quantità di frottole disumane che escono dalla mia bocca è un mistero.
Continuo ad elogiarla e a dire a mia madre quanto io sia fortunato per aver incontrato una ragazza come lei, di come in poco tempo mi abbia fatto tornare il sorriso e cavolate varie.
La vedo morsicarsi il labbro inferiore, probabilmente sta scoppiando, non riesco a formulare un'altra frase che mi da un pizzicotto sulla schiena. Più racconto cavolate più lei aumenta la pressione, sta facendo il mio stesso gioco.
Alla fine mia madre sembra convinta della storia.
-Sono contenta per te, figlio mio. Io resto a Sidney per un mese mi farebbe piacere avervi a cena una sera. Che ne pensi?.-
Si volta verso Etienne e la guarda fissa negli occhi. Ora sta mettendo alla prova lei, ma devo ammettere che la supera brillantemente.
Sorride serenamente mentre le dice che le farebbe molto piacere, si avvicina di più a me e appoggia la testa sulla mia spalla.
Mi irrigidisco subito, è da molto che non ho dei contatti del genere con le ragazze, e la sua vicinanza di infastidisce.
Finalmente mia madre se ne va e non possiamo staccarci.
-Non dovevi avvicinarti cosi.-
-Non dovevi raccontare a tua madre quelle stronzate, volevi solo farmi commettere un errore vero? Hai sbagliato caro mio, ho fatto recitazione per diversi anni, e sono una brava attrice.-
-Bene, allora per un mese la parte è tua.-
-E il mio lavoro?-
-Si si ora andiamo.-
Ci avviamo alle nostre macchine diretti al Red Moon. 

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Capitolo 3
*** Benvenuta nella nuova cucina ***


Etienne ricordati che l’omicidio è un reato.
Etienne ricordati che se lo uccidi vai in galera, e sai che le divise non ti donano.
Mi sto ripetendo questa frase dopo che il tizio qui al mio fianco mi ha presentato alla madre come la sua fidanzatina nascosta.
Allo stesso tempo maledico me per la mia imbranataggine, se non fossi entrata in quel cavolo di bagno ora non sarei nei casini, invece per colpa di quel grandissimo pezzo di stronzo del mio ex ora sono invischiata in un affare più grande di me.
Il lato positivo: ho trovato un lavoro come pasticcera nel suo hotel.
Sono davanti al suo hotel da quasi dieci minuti ma non accenno a muovermi, quel hotel è stupendo e io non riesco a staccare gli occhi dalla fontana all’ingresso, me ne sono innamorata.
Il giardino è immenso e ben curato, devo farmi dare il numero del loro giardiniere, anche io voglio rendere cosi spettacolare il mio piccolo giardino.
-Muoviti-
Mamma quanto lo odio. Non ha ancora capito che le persone, o quanto meno non tutte, non devono per forza sotto stare ai suoi ordini? Che ragazzo viziato e arrogante.
La guardo da capo a piedi e sospiro, forte abbastanza da farmi sentire da lui mentre con aria scocciata mi aspetta davanti alla porta.
Entriamo e le due ragazze alla reception gli sorridono amorevolmente, manco fosse un Dio in terra, mentre alla sottoscritta regalano uno sguardo minaccioso.
Mi guardo attorno e devo ammettere che li sono quella più bruttina, sia le ragazze che i ragazzi sono veramente molto affascinanti.
Evidentemente all’aspetto fisico Nathan tiene in maniera particolare, ma allora perché non ha chiesto ad una delle ragazze di fingersi la sua fidanzata?
Tutti quelli a cui passiamo accanto mi guardano come se fossi un extraterrestre, non do molto peso alla cosa, che guardino pure.
-Forza andiamo. Ti faccio vedere dove vivrai.-
-Cosa?-
-Sei la mia ragazza quindi devi vivere con me.-
Siamo vicini in modo che nessuno possa sentire i nostri discorsi, lo guardo arrabbiata e sbuffo.
-Non pensare che io sia contento, ma se la cosa può consolarti dormirai nella stanza degli ospiti.-
-Ah ma che bello, e io che pensavo di dover dormire nella cuccia del cane.-
-Non mi tentare, non ho la cuccia ma potrei provvedere.-
Ribadisco il concetto: stronzo all’ennesima potenza.
Andiamo verso l’ascensore, e nel corridoio incontriamo una ragazza, probabilmente di circa la mia età, che ci viene incontro.
-Buongiorno, signor Williams. Devo accompagnare io la signorina alla sua stanza?-
-No, la ringrazio. La signorina qui presente, è Etienne. La mia fidanzata.-
Rimane allibita e io faccio richiesta a tutti i santi per non farmi ridere a crepapelle.
È esattamente come negli anime, il suo spirito si stacca dal corpo e vaga solitario.
Su su Etienne, probabilmente è una delle tante che si è presa una cotta per il tizio pseudo fidanzato qui accanto a te.
Però non starebbero male, è veramente una bella ragazza. Curve proporzionate al suo fisico, viso dolce dai lineamenti delicati, occhi profondi e neri, capelli ramati raccolti in un elegante treccia che le arriva quasi a metà schiena. Sciolti devono essere veramente molto lunghi.
Finalmente la ragazza si riprende e si rivolge a me.
-Lieta di fare la sua conoscenza, signorina Etienne. Per qualunque problema si rivolga a me.
-La ringrazio.-
A dire il vero il suo sguardo non voleva dire quello ma anzi “ mettimi i bastoni tra le ruote e ti riduco in poltiglia”.
Quante persone mi stanno odiando nel giro di pochi minuti, 10-15 persone? Ho superato ogni mio record personale.
Entriamo in ascensore e Nathan schiaccia l’ultimo piano. Quel aggeggio infernale, che io detesto in quanto soffro di claustrofobia, si muove facendo rumore non molto rassicuranti.
-Fa dei strani rumori. Qualcuno potrebbe restare bloccato dentro.-
-Spero che quel qualcuno sia tu.-
Ma guarda un po’ lo stronzo. È deciso: questa notte lo uccido e lo apro in due, anzi no lo taglio in tanti piccoli pezzettini.
-Stronzo.-
-Una ragazza non è fine quando dice le parolacce-
-Non hai nessuna prova che io sia una ragazza. Fino a prova contraria quando ci siamo incontrati ero nel bagno degli uomini.-
Nathan mi guarda allibito e deglutisce, l’ascensore si apre ed io esco.
Nathan-Etienne 1 a 1
Mi segue e mi mostra la sua stanza.
È enorme e la vista sulla città è a dir poco spettacolare. C’è un piccolo salotto con un televisore al plasma e un impianto stereo notevole, una camera per gli ospiti semplice con la finestra che da sulla fontana, a cui mi sono innamorata appena arrivata e infine un bagno dalle tonalità dell’azzurro.
Tutto sommato la casa è anche bella, l’unica pecca è il fatto che devo farmi 10 piani per andare al lavoro, non si può avere tutto dalla vita.
-Posso farmi una doccia?-
-No, andiamo.-
Ora ha superato il limite, prendo un cuscino e glielo tiro in testa prima che esca dalla porta, si volta e prende il cuscino in mano.
-Sei impazzita?-
-Stavolta è un cuscino, la prossima volta sarà qualcosa di più pesante. Smettila di dare ordini, se vuoi darmeli fallo giù in pasticceria, ma non qui. E ora io vado a lavarmi.-
Non gli do il tempo di rispondere che filo in bagno, ma come diavolo si permette quel esserino di darmi ordini in quel modo e con quel tono?
La doccia dura più del previsto e quando esco di lui nemmeno l’ombra. Meglio cosi.
Mi tocca indossare gli abiti di prima non avendone altri e torno all’ingresso dove tutti quanti mi osservano sorpresi. Forse pensano che la ragazza di Nathan, o meglio la sua ragazza ideale, debba essere molto diversa da me, vorrei tanto mettermi a urlare e dire a tutti la verità e come idea non sarebbe male, però ho paura delle conseguenze.
Vado dalle due ragazze alla reception che continuano a fissarmi con aria truce.
-Scusate avete visto Nathan?-
-Nathan? Ah il signor Williams. Si è in cucina.-
Mi squadrano da capo a piedi sogghignando e storcendo il naso.
-Avete qualche problema?-
-Bhe è che in quanto fidanzata del signor Williams ed essendo lui un tipo affascinante, pensavamo che anche lei lo fosse.-
-Scusate ma io rientro nella categoria di normali e intelligenti, quindi per non abbassare il mio quoziente intellettivo discutendo di argomenti del genere vi saluto e spero che apriate gli occhi il prima possibile. Non tutto quel che è brilla è oro-
Me ne vado mentre da lontano una figura mi osserva, e chi può essere se non la ragazza che abbiamo incontrato prima? La guardo di rimando e le sorrido falsamente come ha fatto lei prima, mi vede e distoglie subito lo sguardo.
In cucina vedo Nathan intento a discutere con il cuoco, mentre io mi guardo attorno restando allibita per le dimensioni della cucina.
È suddivisa in reparti ed è molto ordinata.
Da una parte la cella frigorifera, accanto, nascosto da un muro, la zona per lavare, poi ci sono le varie sezioni: la zona degli antipasti, la zona dei primi di carne e quelli di pesce, la zona dei secondi di carne e di pesce, l’angolo dei contorni, e infine la mia adorata pasticceria.
Intanto che Nathan è intento a parlare col cuoco io do una sbirciatina veloce.
È immensa, quasi il doppio di quella dove lavoravo io, mi rendo conto però che è cosi ordinata, fredda e inumana. Come se non ci fosse mai nessuno, quella cucina non parla di nessuno. Non mi sono rincretinita, ma io credo che ogni cosa ha una storia da raccontare, per questo quando finivo di lavorare mi divertivo a chiacchierare con la mia cucina e gli attrezzi, per fortuna non mi ha mai sentito nessuno altrimenti ora sarei in un manicomio.
-Non le è permesso entrare in cucina-
Mi volto e vedo davanti a me il cuoco con cui stava parlando Nathan poco fa. Ha un vocione grosso e incute un po’ di timore, barba bianca, occhi marroni, e due guanciotte paffutelle che lo fanno sembrare l’orco buono delle favole.
-A dire il vero io sono la nuova pasticcera?-
Incrocia le mani al petto e mi fissa intensamente cercando, forse, di intimorirmi. Beh caro orco hai sbagliato persona.
-Ma davvero?-
-Eh già.-
-E chi lo dice?-
-Il tizio la dietro.-
Con un cenno di capo indico Nathan poco più lontano da noi.
-E li chi è per dare ordini?-
-Ehm, il proprietario dell’hotel.-
-Ma vedi prima di venire assunta devi passare un piccolo test.-
-Che tipo di test?-
-Ti do tre ingredienti, per fare una torta. E tu hai la possibilità di aggiungerne altri due a tua scelta. Ma non uno di più-
-Ok. Dimmi gli ingredienti.
Si fa pensieroso mentre si guarda attorno.
-Ok. Caffè, uova, e burro. In bocca al lupo.-
Dove lo metto il caffè nella torta? Pensa Etienne, pensa. Hai fatto dolci di tutti i tipi, deve esserci un dolce col caffè.
Mi accorgo che accanto al cuoco ci sono anche gli altri dipendenti, aspettano solo un passo falso per potermi cacciare via. Nathan mi osserva divertito, come se la cosa non lo riguardasse minimamente.
Caffè. Caffè.
Ma certo che stupida: il dolce al caffè.
Sorrido divertita a tutti quanti loro che mi guardano sorpresi mentre mi avvicino a prendere il grembiule, cuffia e torcione, accanto al banco di lavoro.
Inizio con un impasto semplice, una tazzina di caffè freddo, lievito e il gioco è fatto.
Imburro la tortiera e porto in frigo per 30 minuti.
Passati quei interminabili minuti mostro soddisfatta la torta al capo cuoco, che rimane basito, mentre alcuni finalmente si degnano a sorridermi sinceramente e a farmi i complimenti.
Perfino il cuoco non ha più quell’espressione austera, ma sorride perfino.
-E brava la nuova pasticcera. Domani alle 6 devi essere qui, non un minuto in più intesi?-
-Ci sarò senza ombra di dubbio.- 

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Capitolo 4
*** Che peperino ***


Prima il caffè e ora un cuscino, andando avanti e vivendo sotto lo stesso tetto quante cose farà conto di tirarmi addosso?
Mentre lei va a farsi una doccia, e forse non è neppure una brutta idea dato che non ha fatto una gran bella impressione.
Ripensando alla frase che ha detto in ascensore, mi sorgono diversi dubbi. E se fosse veramente un uomo? Magari è un trans. Non ho nulla contro i transessuali, ma sarebbe difficile poi spiegare per quale motivo io sono fidanzato con uno di loro, specialmente a mia madre.
Indossò una camicia pulita e vado all’ingresso.
Per i corridoi incontro nuovamente la segretaria.
-è molto graziosa la sua fidanzata, complimenti. Anche se onestamente non rispecchi i soliti canoni. È una frizzante novità.-
-Diciamo che è molto..particolare.-
Kristine, mi guarda sorridendo, ha 26 anni ed è veramente una ragazza in gamba, seria e molto intelligente. Anche fisicamente è molto graziosa, durante i primi mesi che lavorava qui abbiamo provato ad uscire un paio di volte, ma da parte mia non c’è mai stato un elevato interesse, mentre da parte sua l’interesse permane ancor oggi.
-Le auguro una buona giornata signor Williams.-
-Anche a lei, Kristine.-
Le sorrido dolcemente e la vedo arrossire teneramente, e avvicinandomi, facendo toccare le nostre spalle le sussurro in un orecchio.
-Anche oggi è raggiante, le dona molto questa treccia, ma con i capelli sciolti sei più sensuale.-
Ok lo ammetto un po’ mi diverto a stuzzicarla ben sapendo che lei un po’ ci soffre.
Vado in cucina, devo avvisare il cuoco dell’arrivo di Etienne, e so già che non ne sarà contento. Lavora in questo hotel da molti anni, ed essendo specializzando in pasticceria, ha fatto fuori molti pasticceri validi. È molto geloso della sua cucina, che per altro tiene pulita in una maniera esemplare, ma l’età avanza anche per lui e tra poco deve andare in pensione, anche se il solo parlare di pensione lo fa star male, e qualcuno deve pur prendere le redini.
Ho promesso a quella ragazza che le avrei trovato un posto nella cucina del mio hotel, non posso negarglielo.
Entro in cucina e gli aiutanti del cuoco mi salutano, alcuni con un cenno di capo altri con la mano, le due ragazze, come al solito, mi sorridono e quando sorrido loro di rimando vanno in brodo di giuggiole.
Si, in effetti mi diverto a vedere le ragazze imbarazzarsi e sbavare per il sottoscritto.
-Dov’è il mio cuoco preferito?-
Mi avvicino al uomo che parla con un ragazzo ai fornelli e gli metto una mano sulla spalla per attirare la sua attenzione. Si volta e mi guarda sorpreso.
-Nathan, qual buon vento ti porta in questo angolo remoto di paradiso?-
È raro che io metta piede in cucina, in genere passo la maggior parte del tempo nell’ufficio o intrattenendo i clienti nella salone principale o al bar.
-Dovrei parlarti un secondo, hai tempo?-
-Per te ho sempre tempo. Vieni.-
Ci allontaniamo dagli altri, nonché debba dirgli chissà cosa ma preferisco mantenere una certa privacy con i miei dipendenti.
-Allora dimmi tutto Nathan.-
-Oggi verrà una ragazza per lavorare in pasticceria.-
Mi guarda shockato e inizia a ridere, beh io credevo iniziasse a urlare, direi che è un buon inizio. Fin da quando lavora qui ha sempre deciso lui i cuochi, e per poco anche i camerieri, ma i pasticceri sono sempre stati solo ed esclusivamente uomini. Di ragazze neppure l’ombra.
-Scordatelo Nathan.-
Torna a farsi serio e mi guarda intensamente, certo potrei imporre su di lui il ruolo di titolare dell’hotel, ma vorrei evitare d’arrivare a tanto.
-è..è..la mi ragazza.-
-Può anche essere tua sorella, tua figlia, tua moglie che non mi interessa. Qui entra solo chi dico io e per giunta solo uomini, e a meno che tu non sia diventato omosessuale di colpo, lei non metterà piede in questa cucina.-
Mi passo la mano tra i capelli, è già difficile sopportare Etienne, e la conosco da poche ore, perché anche lui deve rendermi le cose cosi complicate? Mi guardo attorno e noto che i cuochi invece di lavorare ci osservano, ma la mia attenzione è catturata da una figura che mi sta rendendo la vita impossibile: Etienne.
-Troppo tardi è già arrivata.-
Con un cenno di capo indico la ragazza che guarda la pasticceria, mamma che curiosona che è.
Potrei giurare d’aver visto il cuoco diventare rosso dalla rabbia e il fumo uscire dalle orecchie, fa un respiro profondo e si avvicina a lei mentre io rimango un po’ più indietro, quel tanto che basta per non intromettermi e lasciare che si arrangino.
-Non le è permesso entrare in cucina-
Si volta di scatto un po’ sorpresa.
-A dire il vero sono la nuova pasticcera.-
Ahi approccio sbagliatissimo.
-Ma davvero?-
Il cuoco incrocia le bracci al petto e la osserva fissandola intensamente. Credo che con lei quella tattica non funzioni affatto, e non sbaglio, la vedo tranquillissima e per nulla intimorita.
-Eh già.-
-E chi lo dice?-
-Il tizio la dietro.-
Con un cenno di capo,non troppo carino indica il sottoscritto. Invece che tizio poteva anche usare il mio nome o anche solo il titolare. Non c’è dubbio andiamo d’amore d’accordo. Si, siamo proprio un coppia perfetta.
Il cuoco le propone un piccolo test culinario che lei supera senza difficoltà facendo un semplice dolce al caffè.
Il cuoco la lascia da sola in pasticceria mentre fa amicizia con gli altri dello staff e si avvicina a me.
-Hai una gran bella gatta da pelare adesso.-
-Cosa?-
-è..è..non riesco a definirla.-
-Particolare, un particolare che mi fa impazzire.-
Impazzire in senso negativo, la conosco da poco e già vorrei strangolarla. Potrei farlo durante la notte, magari soffocandola, oppure mettendo del veleno nell’acqua.
Etienne mi passa accanto guardandomi.
-A che pensi? A come farmi fuori?-
-No sarebbe inutile, l’erba cattiva non muore mai.-
-Allora anche tu vivrai in eterno assieme a me-
Che lingua lunga. Perché diamine vuol sempre avere l’ultima parola? Non se ne può stare zitta per una santissima volta?
Il cellulare squilla e guardando sul display mi accorgo che è mia madre, per l’ennesima volta.
-Pronto?-
-Nathan, mi sono scordata di dirti di venire a cena qui da noi stasera, cosi anche tuo padre può conoscere la tua ragazza.-
-Ah, non so..-
-Su su non fare storie. Alle 20 e siate puntuali mi raccomando.-
Riaggancio.
Etienne è ancora li al mio fianco che chiacchiera con una ragazza, se non sbaglio si chiama Tracy ed è addetta agli antipasti, poi onestamente altro non so.
-Stasera andiamo a cena dai miei.-
Mi guarda sorpresa.
-Ah ok.-
-Se solo trovassi un modo per evitarlo..-
-Se vuoi ti faccio fare un ruzzolone giù dalle scale cosi magari ti rompi la testa.-
-Stai attenta che potrei farlo fare a te un volo giù dalle scale, e quella piccola testolina magari te la rompi tu.-
-Mmmh è troppo dura rischierei di rompere qualcosa, ma la tua tanto non credo che ti serva a molto..-
Toglietemela di torno o l’ammazzo. Perché un esserino cosi piccolo deve essere cosi dannatamente fastidioso?
Le do un leggero spintone per farla uscire dalla cucina.
-Dovresti portare più rispetto per il tuo titolare.-
-Tecnicamente non sei ancora il mio titolare, ma lo sei da domani.-
-Quindi da domani inizierai a portare rispetto per il sottoscritto?.-
-No. Perché nemmeno tu sei in grado di portarlo a me.-
Se ne va lasciandomi da solo con una rabbia indescrivibile mentre il cuoco si avvicina e mi appoggia una mano sulla spalla.
-Ti sei scelto un bel peperino.-
Inizia a ridere mentre io vorrei strangolarlo ma per evitare di finire nei casini vado in camera. 


Note dell'autrice:
Grazie mille a chi a messo la storia nei preferiti e anche a chi lascia un piccolo segno del suo passaggio.
Tra breve ci sarà un blog su questa stori cosi potrete anche vedere i vari personaggi.

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