Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli: Capitolo 1: *** 00_Introduzione *** Capitolo 2: *** 01_Dudley Dissennato *** Capitolo 3: *** 02_Un Mazzo di Condor *** Capitolo 4: *** 03_L'Avanguardia *** Capitolo 5: *** 04_Grimmauld Place Numero Diciassette *** Capitolo 6: *** 05_L'Ordine del Corvo Morto *** Capitolo 7: *** 06_L'Ignobile e Squallidissima Casata dei Black *** Capitolo 8: *** 07_Il MiniMinistero della MagiMagia *** Capitolo 9: *** 08_L'Udienza *** Capitolo 10: *** 09_Le Seghe Mentali della Signora Weasley *** Capitolo 11: *** 10_Luna Peace&LoveGood *** Capitolo 12: *** 11_La Nuova Hit del Cappello Cantante *** Capitolo 13: *** 12_La Professoressa Ahi-Che-Dolores Umbridge *** Capitolo 14: *** 13_Punizione con Ahi-Che-Dolores *** Capitolo 15: *** 14_Percy e Felpato *** Capitolo 16: *** 15_La Mistress Suprema... *** Capitolo 17: *** 16_Alla Testa di Pony *** Capitolo 18: *** 17_Decreto Didattico Numero Diciassette *** Capitolo 19: *** 18_Il F.I.C.A.U. *** Capitolo 20: *** 19_Il Leone e l'Agnello *** Capitolo 21: *** 20_Il Racconto di Hagrid *** Capitolo 22: *** 21_L'Occhio del Pac-Man *** Capitolo 23: *** 22_L'Ospedale San Fungo per Malattie, Ferite, Lesioni ecc. ecc. Magiche *** Capitolo 24: *** 23_Natale a Casa Black *** Capitolo 25: *** 24_Occlu-che? *** Capitolo 26: *** 25_La Zanzara e la Trappola al Raid *** Capitolo 27: *** 26_Visto e Stravisto *** Capitolo 28: *** 27_Il Centauro E Il Provino *** Capitolo 29: *** 28_Il Peggior Ricordo Di Piton ((ovvero Come Harry Scoprì...) *** Capitolo 30: *** 29_Orientamento Professionale *** Capitolo 31: *** 30_Nodo *** Capitolo 32: *** 31_31_I N.E.C.S.O.A.F. *** Capitolo 33: *** 32_Undici Scarpe di Cemento *** Capitolo 34: *** 33_Cotto e Mangiato *** Capitolo 35: *** 34_L'Ufficio Misteri Misteriosi *** Capitolo 36: *** 35_Oltre il Foulard *** Capitolo 37: *** 36_L'Unico il Quale Gli Abbia Mai Fatto Venire la Pelle d'Oca *** Capitolo 38: *** Cap. 37&38_Finalmente l'Ultimo Capitolo! ***
Disclaimer:
I personaggi presenti nella fic
appartengono a J.K.Rowling. Quasi. *w°
Nota:
Parodia del quinto libro di Harry Potter (HP
–che non è Hewlett Packard ndA– e
l’Ordine della Fenice) con dei protagonisti
un tantino diversi dall’originale.
Oh
tu, Lettore, clicca sulla freccetta in alto a sinistra
(o sulla X in alto a destra) e torna alla pagina precedente (o al
desktop), al
fine di preservare la tua Sanità Mentale.
E
se…
E
se… Harry Potter fosse stato un goth con lunghi capelli
neri, vestito con un assortimento di colori che vanno dal nero tenebra
al nero
corvino, con un livello abnorme di narcisismo e un sarcasmo talmente
acido da
sciogliere una porta blindata?
E
se… Ron Weasley fosse stato un emo depresso e apatico,
dall’espressione invariabile, caratterizzato da una densa
aura di apatia di
color violetto e la gamma di emozioni di un bradipo morto?
E
se… Hermione Granger fosse stata una sadica stronza e
bastarda con l’hobby delle arti marziali, sempre pronta ad
arrecare danno al
prossimo e a menare le mani?
E
allora, caro Lettore/Lettrice, ho stuzzicato la tua
curiosità? Talmente tanto da spingerti a leggere queste
cazzate messe in croce?
E magari a commentare? *_*
Oppure
devo tornarmene nel mio antro buio&tenebroso e farmi un esamino
di
coscienza? E darmi fuoco? Con delle candele nere? Rubate in un
cimitero?
Durante un funerale? Di notte?Con la luna piena? E senza stelle?Tracciando pentacoli con il sangue
di gallina sulle lapidi? E scrivendo cazzate
perché a questa grandezza non le può
leggere nessuno, MUAHAHAH? XD che idiota sono!
Cooooomunque,
buona lettura! ♥
Alcune
delucidazioni
Questa
fic languisce nel mio computer da circa due anni ._.
Questo
perché non sapevo come fare a postare su EFP, avendo una
così poca
disponibilità di internet da potermi nemmeno permettere il
lusso di informarmi
sul come fare. °_°
Nel
momento in cui scrivo ciò [martedì
04/08/’09] i capitoli sono arrivati a quota
17 [il diciassettesimo è in cantiere], quindi
all’inizio potrò postare
regolarmente, ma arrivati ad un certo punto non posso garantire niente
.-.
visto che i capitoli saranno 38, più un eventuale epilogo
[questo perché ho
deciso di seguire il libro pari-pari]. [ehi, ma non ho calcolato
l’introduzione! Quindi sarebbero 39…
°__°|||| sarò in grado?]
Nonostante
il mio impegno, i primi capitoli non sono un granché, ma mi
sto impegnando
perché la narrazione prenda una svolta migliore…
=>_<=
Il
rating è arancione perché sono presenti doppi
sensi (a volte anche solo
accennati), linguaggio scurrile, comportamenti poco ortodossi. Ho
creato dei
mostri! =_=|||[ß
detta così è peggio di
quanto sembri… .-.]
Inoltre,
sparse qua e là, troverete citazioni e allusioni a un
po’ di tutto: anime,
manga, film… non riesco ad evitare di mettercele.
°__°
Un
ultima cosa: potrebbe capitare che qualcuno trovi qualcosa che
considera
offensivo… a questo proposito, sottolineo che non
è mia intenzione offendere
niente e nessuno. Se si dovesse trovare qualcosa di pesante,
allora la
causa sarebbe solo l’ingenuità che ogni tanto mi
domina [o stupidità, è uguale
=w=]. La mia è solo un’innocente presa in
giro… Chiedo perdono in anticipo!
[è la prima fic che
posto °__° *ansia da prestazione*
…speriamo bene]
Il
giorno più caldo dell’estate – almeno
fino a quel
momento – volgeva al termine e un silenzio sonnacchioso
gravava sulle grandi
case quadrate di Privet Drive. Un gran bel pezzo di ragazzo
sui diciassette
anni se ne stava disteso in mezzo ad un aiuola, rammaricandosi del
fatto che il
colore dei fiori faceva a pugni con quello dei suoi occhi. Era un
ragazzo
magro, atletico, dal fisico praticamente perfetto, con lunghi, lisci e
lucenti
capelli neri e due fa-vo-lo-si occhi verdi – che di sicuro
non avevano bisogno
di uno stupido paio di occhiali tenuti insieme con il nastro adesivo.
In realtà
Harry Mystryss Darque Nyght Rayn Ravyn Potter – questo il suo
nome –,
abbreviato Harry o HP, si era nascosto lì con
l’intenzione di ascoltare di
nascosto la classifica di Mtv alla TV, visto che i suoi zii glielo
impedivano.
«Non
possiamo permetterti di traviare il nostro adorato
figlio Dudley con quella porcheria gothic metal che ascolti
tu!» gli diceva lo
zio Vernon.
«Lui
deve ascoltare solo musica House!» gli faceva eco la
zia Petunia.
E
così Harry Mystryss Darque ecc. ecc. se ne stava disteso
in mezzo a quella benedetta aiuola dal colore antiestetico, rischiando
di
rovinare la sua bellissima chioma con la volgare nuda terra su cui era
straiato. La classifica era ormai finita – al primo posto
qualcosa di
indefinito che la società odierna si ostina a definire
musica – e stava
cominciando Total Request Live quando si udì un forte crac
ed un gatto
schizzò fuori da sotto una macchina. Harry sfilò
la sua fedele pistola magica
dal fodero nascosto chissà dove e, alzandosi di scatto,
tirò una craniata
contro la finestra aperta.
«Porcaputtanalavaccaeva!»
strillò, tenendosi la testa – e
pensando che avere il cranio fratturato non è molto bello da
vedere. Mentre si
stava ancora contorcendo dal dolore, due mani sbucarono fuori dalla
finestra e
lo sollevarono di venti centimetri buoni.
«Metti
via quella cosa!» gli ringhiò in faccia zio
Vernon.
«E
tu mettimi giù» replicò Harry
– che si era già ripreso
accuratamente – «Do ut des»
Cioè,
io faccio qualcosa per te e tu fai qualcosa per me.
Vernon mollò la presa e Harry ricadde non-molto-elegatemente
sul suo divino
fondoschiena. Riprese subito il controllo e si rialzò in
piedi.
«Che
diavolo – chiedo scusaal diavolo– stavi facendo nascosto lì
in mezzo?» ringhiò zio Vernon,
mentre una piccola lucina rossa omicida, molto simile ad un led, si
accendeva
nelle oscure profondità dei suoi occhi.
«Ascoltavo
la classifica di Mtv» sospirò Harry, rassegnato.
«Ancora?!»
sbottò zio Vernon «Mi sembrava di averti detto
che non voglio sentire nemmeno un accordo di chitarra elettrica in casa
mia! E
comunque» disse, abbassando un po’ la voce
«ti abbiamo fregato: questa è la
classifica di AllMusic».
Harry,
intanto, si era reso conto che NON doveva ascoltare
la classifica di Mtv – e neanche quella di AllMusic
– bensì il telegiornale,
per vedere se il suo arci-nemico-recentemente-resuscitato aveva fatto
qualche
truculenta azione ai danni dei non-maghi, comunemente chiamati Babbei.
«D’oh!»
esclamò, dopo aver concluso il ragionamento.
«Maledizione! Io dovevo guardare il telegiornale!»
gridò contro Zio Vernon «è
tutta colpa tua, dannato, maledetto, malefico…»
Intanto si
stava allontanando, dirigendosi verso la strada.
«…pericoloso,
deleterio, mefistofelico, luciferino,
infausto!» concluse tre chilometri dopo, buttando il Dizionario
dei Sinonimi
e dei Contrari in un cestino.
Vagò
per la “città”, il cervello saturo di
tutti i sinonimi
di dannato-maledetto-malefico appresi un momento prima,
finché giunse nei
pressi di un parco giochi miracolosamente sgombro da mocciosi urlanti.
Si
avvicinò all’altalena, chiedendosi se fosse il
caso di
sedersi – gli si potevano sporcare i pantaloni, oppure,
orrore!, una diabolica
scheggia di legno avrebbe potuto infilzarsi nel suo perfetto didietro
– quando
sentì in lontananza la voce di suo cugino Dudley.
«Come
posso essere imparentato con una persona così
kitsch?» si chiese sconsolato Harry.
Finalmente
in lontananza apparve la figura del cugino Dudley,
intento a mangiare ciambelle, lecca lecca, mele caramellate, banane
split,
frittelle, brioche, krapfen, maritozzi, bomboloni alla crema, caramelle
allo
zucchero-cioccolato-panna-arancia-fragola-limone-mandarino-menta-anice
e chi
più ne ha, più ne metta. Il poverino, tra una
masticata, un leccata e un conato
di vomito e l’altro, parlava con i suoi amici immaginari: il
signor Savoiardo e
l’Uomo Focaccina, esempi più che validi dei danni
provocati dalla combinazione
zucchero a gogo & musica House.
«Poveri
noi» commentò sconsolato Harry, scuotendo la
testa-
e con essa, i suoi meravigliosi-lisci-morbidi-lucenti-lunghi capelli
neri in
una maniera davvero arrapate, molto goth.
Vide passare
il cugino, che discuteva animatamente – bocca
strapiena permettendo – con l’Uomo Focaccina,
seminando involontariamente
caramelle e dolciumi vari dietro di sé. Harry decise che era
ora di tornare a
casa, e seguì Dudley a distanza, appiattendosi dietro gli
angoli come 007.
Dudley si fermò all’incrocio tra due strade,
salutando l’Uomo Focaccina e il
Signor Savoiardo.
HP decise
che era arrivato il momento di strapazzare un po’
il cugino – ovvero, pavoneggiarsi della sua incomparabile
bellezza e del suo
impareggiabile sex appeal. Si avvicinò alle spalle del
cugino e gli sfiorò una
spalla con un legno raccolto per terra, per non entrare in contatto con
l’essere kitsch che aveva di fronte. Questi
trasalì, trasformando il
marciapiede nella vetrina di una pasticceria. Harry raccolse
– in modo molto
sexy, come solo lui sapeva fare – il super bombolone riempito
con tutte le
schifezze possibili e immaginabili create dall’industria
dolciaria su questa
terra, una bomba calorica che avrebbe fatto diventare obeso un
anoressico. La
faccia di Dudley si incupì.
«Dammi
quel bombolone» borbottò, non molto convinto.
«Altrimenti?»
chiese soavemente Harry, sfoderando un
sorriso da calendario.
«Altrimenti…
ti vomito addosso!» ribatté il cugino che,
avendo assunto un colorito verdastro, sembrava più che mai
capace di mettere in
atto la minaccia.
«Ok»
disse semplicemente Harry, tirando fuori, senza alcun
motivo apparente, la pistola magica da chissà dove
– è pur sempre una pistola
magica. Dudley sbiancò, ovvero assunse un colorito verde
pastello pallido.
«Papà
non vuole che la tiri fuori» piagnucolò Dudley,
continuando a far piovere dolciumi.
«Vomitami
addosso e ti apro qualche presa d’aria nella
testa – forse il tuo neurone unico ha bisogno di
ossigeno» lo minacciò Harry,
assumendo un aria tipica da ribelle di quelli che piacciono tanto in
questo periodo.
All’improvviso,
l’oscurità calò sulla via, spegnendo la
luna, le stelle, i lampioni e, con sua grande amarezza, il riflesso
della luce
sui capelli di Harry.
«Però,
fa molto goth!» esclamò, prima di essere
inghiottito
dalle tenebre.
Mosse
qualche passo, ma finì su un dolcetto e, per la
seconda volta quella sera, il suo divino sedere entrò
violentemente – e
dolorosamente – in contatto con la superficie terrestre,
causa forza di gravità
+ dolcetto
fellone, infingardo e
traditore. Intanto Dudley si dimenava piagnucolando e, senza vederlo,
finì
addosso a Harry, a cui sfuggì di mano la pistola.
«Ma
che cazzo fai? Cretino!» gli urlò contro Harry,
mettendosi carponi per cercare a tentoni la pistola. Dudley, che nel
frattempo
si era rialzato, cominciò a correre e andò a
schiantarsi dritto contro un palo,
fu colpito da una lattina, fu messo sotto da una macchina e fu centrato
da un
missile della NATO.
«Idiota»
sibilò Harry tra i denti, continuando a cercare la
sua pistola magica.
«Ma
dove cavolo…Lumos!»
E la pistola
cominciò a brillare.
«Ah-ha,
eccoti qui!» esultò, prendendola in mano. Nel
tenue
chiarore sprigionato dalla pistola, vide che un ombra nera svolazzante
incombeva su di lui, facendo un rumore simile a quello di un lavandino
mezzo
otturato.
«Oh,
cazz…» imprecò Harry, che alla vista
della creatura
era impallidito – assumendo un aria più sexy,
più dark, ma soprattutto più
goth.
Il
dissennatore femmina – tra l’altro indistinguibile
da un
dissennatore maschio, ma questo era una femmina – gli fu
addosso, e lo prese
per il collo.
«Capisco
che tu voglia saltarmi addosso» disse Harry con
voce suadente «e che voglia baciarmi, ma non ho proprio
voglia di perdere una
delle caratteristiche che fanno di me un ragazzo così figo
– cioè l’anima» –
come se si vedesse.
Detto
questo, puntò la pistola contro la faccia del
dissennatore femmina e pronunciò l’incantesimo.
«Expectro…Eh,
see, expectro… Expecto
Patronum!»
Il
proiettile luminoso esploso dalla pistola assunse le
sembianze di un lupo – che i cervi non sono proprio goth
– anch’esso luminoso –
e bello come il suo evocatore – che assalì il
dissennatore femmina, facendolo
volare via. Poi, svogliatamente, Harry cercò il cugino, per
salvare anche lui.
Lo trovò rannicchiato contro un palo contorto –
come se qualcuno ci
avesse sbattuto involontariamente sopra – mentre il
dissennatore maschio stava
tentando di succhiargli l’anima attraverso la bocca. Harry
ordinò pigramente al
lupo luminoso di “fare piazza pulita”, e questi,
dopo aver spedito il
dissennatore maschio nell’oscurità, scomparve.
Scomparve anche l’oscurità, e le
luci di luna, stelle e lampioni si riaccesero – e con esse,
il riflesso sui
capelli di Harry, che si ammirò sulla canna lucida della
pistola magica. Si
stava giusto sistemando i capelli quando alle sue spalle comparve la
vicina
maniaca dei gatti, la signorina Figg. Questa, con un sorriso ebete,
fissò Harry,
che si affrettò a far sparire misteriosamentela pistola magica.
«Non
metterla via» disse svaporatamente la signorina Figg
«E
se poi quei cosi svolazzanti cattivi cattivi tornano?
(smile)». Poi, cambiando
improvvisamente personalità, entrò in assetto da
combattimento.
«Io uccidere
Mundungus Fletcher, Ja! Io ridurre suo corpo ad ammasso
di fratture
scomposte! Io fare piccoli pezzettini di suo corpo e mettere in
Mozartkügeln!»
«Cosa?»
disse Harry stupito «Cos’è un
Mozartkügeln?»
chiese, non preoccupandosi minimamente del fatto che la signorina Figg
sapesse
che era un mago.
«È
andato via perché doveva vedere un pusher che spacciava
nargilli. Io uccidere Mundungus Fletcher. Lui lasciato te in balia di
dissennatori! UCCIDERE! SQUARTARE!» gridò, in
preda ad una violenta crisi
d’identità, credendo momentaneamente di essere un
basilisco.
«Signora»
disse Harry, cercando di sovrastarne gli strilli
«potrebbe…?».
Ma non
riuscì a finire la frase perché la signorina Figg
si
voltò verso Harry, le pupille ridotte a due fessure
verticali che la facevano
davvero somigliare ad un serpente.
«SIGNORINA!!!»
urlò «SI-GNO-RI-NAAAAAAA!!!»
«Sì…
mi scusi signorina Rotterme… ehm, Figg!»
balbettò
Harry spaventato »Lei è…lei
è… una medium?» chiese, dato che la
signorina Figg
poteva vedere i dissennatori.
«No»
rispose la signorina Figg.
«Una
sensitiva?»
«No»
«Un
esper?»
«No»
«Una
negromante?»
«No»
«Una
sciamana?»
«No»
«Una…
una…aspetti, ce l’ho sulla punta della
lingua… ehm…
lei è una s… una st…»
tentò Harry, spremendosi le meningi.
«Dai,
che ci sei quasi!» lo incoraggiò la signorina
Figg,
che era momentaneamente uscita dall’assetto da combattimento.
«Una
str… una vera STRONZA!» gridò Harry
alla fine «Proprio
una stronza, perché non me lo dice subito che
cos’è?»
«Sono
una strega, caro. Anzi, una non-strega» rispose la
signorina Figg, con la stessa espressione ebete stampata in faccia.
«Sì,
ecco, ci stavo arrivando» cercò di giustificarsi
Harry.
All’improvviso
si udì un forte crac e si
materializzò un mago.
«Tuuuu!»
ululò la signorina Figg, rientrando in modalità
da
combattimento «Tu, Mundungus Fletcher! Tu dovevi essere qui a
proteggere
l’incolumità – e l’aspetto
fisico, soprattutto – di questo ragazzo! E invece
dove vai?! A spacciare nargilli!» e, aperta la borsetta, ne
tirò fuori una
mazza chiodata lunga almeno due metri e mezzo.
«Oggesùgiuseppeemaria!»
squittì Mundungus terrorizzato,
mentre la signorina Figg cominciava a ruotare la mazza sopra la testa,
mentre
una luce omicida le si accendeva negli occhi. Dopo aver lanciato una
serie di
urletti acuti degni di Xena, cominciò a picchiare
selvaggiamente Mundungus,
mentre Harry, per evitare di sporcarsi con gli schizzi di sangue
– è
faticosissimo da lavare via dai vestiti! Però si intona con
il colore dei
capelli…– si allontanò, trascinando
Dudley per una gamba.
«E
ora vai SUBITO da Smilente – che si pronuncia
‘smailente’ (perché sorride sempre), tra
l’altro – a dirgli perché non stavi
sorvegliando il ragazzo!” sbraitò selvaggiamente
la signorina Figg. Harry
continuò a camminare, scuotendo la testa, mentre il povero
Mundungus subiva
ferite lacero-contuse su tutto il corpo. Arrivò davanti a
casa e bussò alla porta.
Fu zia Petunia ad aprire.
«Era
ora, Diddy! Diddy… che cos’hai?!”
strillò zia Petunia,
guardando i miseri resti del figlio.
Dudley aveva
un enorme bernoccolo pulsante e sanguinolento
sulla fronte, i vestiti a brandelli e il colorito color verde mela.
«Vernon!
Vernon, vieni qui! Diddy non si sente molto bene»
squittì zia Petunia, mentre zio Vernon correva lungo il
corridoio, inciampava
in Dudley, volava fuori dalla porta aperta e faceva una scivolata
– sulle
ginocchia – di una cinquantina di metri lungo il vialetto.
«L’eufemismo
del secolo» commentò sarcasticamente Harry,
venendo ignorato da tutti.
«Perché
sei coperto di polvere, Diddy?!» piagnucolò zia
Petunia.
«Ha
avuto un têtê-a-têtê con un
lampione» spiegò divertito Harry,
anche se fu come se parlasse con il muro.
«Portiamolo
dentro» suggerì zio Vernon, che si trascinava
sul vialetto, con le ginocchia ridotte a mezzo chilo di carne trita
sanguinolenta.
Lui e zia
Petunia sollevarono Dudley e lo misero su una
sedia in cucina. Harry, dal canto suo, si stava chiedendo in che
condizioni
fossero i suoi capelli, e cominciò a salire le scale. La
suola del suo
elegantissimo stivale in pelle lucido, con inserti di borchie si era
quasi
posata sulla moquette del primo scalino, quando un verso che sembrava
provenire
dritto dall’oltretomba, degno de L’alba
dei morti viventi lo fece
fermare. Si girò verso la porta aperta della cucina e vide
due paia di occhi
rossi accesi come led, che lo scrutavano torvamente.
«Tuuuuu»
ululò zio Vernon «Vieni subito qui!»
Harry si
avviò lemme lemme verso la cucina.
«Cos’hai
fatto a mio figlio?!» domandò molto
minacciosamente zio Vernon.
«Niente»,
rispose calmo Harry, sedendosi in una posizione
molto provocante su una sedia – come se dovesse fare un
servizio fotografico.
«Hai
fatto una… una… una-di-quelle-cose-là
al mio piccolo
Diddy?!” chiese zia Petunia.
«Una…
cosa?» domandò stupidamente Harry.
«Vediamo…
comincia per M, finisce per A ed ha 5 lettere»
spiegò zia Petunia.
«Uhm…
c’è la E?»
«No.
Una riga»
«La
G?»
«Sì»
«La
H?»
«No.
Due righe»
«La
L? La N? La P»
«Tre
righe. Quattro righe. Cinque righe»
«La
W? La K? La J? La Y? La X?»
«Un
cerchietto. Sei righe. Sette righe. Otto righe. Nove
righe. Hai ancora un tentativo»
«Uuhmmmm…
vediamo…» si concentrò Harry
«La… vediamo, la…
la… la T!»
«Mi
dispiace, sei impiccato! Hai perso» esultò zia
Petunia.
«Ok,
basta scherzare, mi hai preso per cretino? So
benissimo che la parola era MAGIA!» sbottò Harry.
«Insomma,
hai fatto quella cosa che comincia per M, finisce
per A, ha una G in mezzo e ha 5 lettere?» chiese poco
pazientemente zio Vernon,
mentre il led aumentava d’intensità e una vena gli
pulsava sulla fronte.
«Eeeeeeeeh….»
cominciò Harry in una palese imitazione di un
certo signor Kyle «eeeh… NO!»
In quel
momento, un condor entrò dalla finestra – quasi
staccandola dalla parete – con una busta tra gli artigli e si
posò soavemente –
eufemismo – sul tavolo, sfondandolo. Harry raccolse la
lettera tra i resti del
tavolo e la aprì.
«Condor!”
gridò esasperato zio Vernon “Non voglio
né gufi,
né civette, né gazze, né corvi,
né pterodattili, né tantomeno condor in casa
mia!»
Harry lesse
la lettera, mentre zio Vernon chiuse la
finestra, o quello che ne rimaneva.
Caro
signor Potter,
Siamo
stati informati che lei ha praticato l’Incanto
Patronus alle diciassette e diciassette di questo pomeriggio in una
zona
abitata da Babbei e in presenza di un Babbeo.
La gravità di questa infrazione al
Decreto per la Stupida Legge di Restrizione delle Arti Magiche tra
Minorenni si
è tradotta nella sua espulsione dalla scuola di Magia,
Stregoneria, Arti
Marziali e Tattiche Militari di OhSchwartz. Rappresentantidel MiniMinistero saranno
tra breve al suo
domicilio per distruggere la sua pistola magica, prenderla a legnate e
rasarle
a zero i capelli.
Poiché lei aveva già ricevuto
un’ammonizione ufficiale per un precedente reato in base
all’articolo 17 dello
Statuto di Segretezza della Confederazione Nazionale dei Maghi, siamo
spiacenti
di informarla che la sua presenza è richiesta per
un’udienza disciplinare al
MiniMinistero della MagiMagia alle ore 17 di venerdì17 agosto.
Sperando
che stia male, molto male,
Scortesi
saluti,
Hannabel Lecter
Ufficio per l’Uso
Improprio delle Arti Magiche, Marziali, Illusorie ecc.ecc.
MiniMinistero della
MagiMagia
«Minchia,
che sfiga!» commentò Harry, dopo aver letto data
e ora dell’udienza «E ho pure 17 anni! Doppia
sfiga!» preoccupandosi più del
giorno dell’udienza che del fatto di essere appena stato
sbattuto fuori da
OhSchwartz. Il suo cervello cominciò a fare 2+2.
-Mi hanno sbattuto fuori.
-Tra un po’ saranno qui per
distruggermi la pistola!
-Riempiranno il mio bellissimo e
perfetto corpo di lividi assolutamente antiestetici!
-Oh
My Goth!, i miei capelli! Non possono permettersi di
toccare i
miei bellissimi capelli!
-Devo scappare! Fuggire, lontano da
quelli!
Dopo aver
pensato tutto questo, assumendo un’aria assente
da sto-comunicando-con-l’aldilà, si
avviò verso la porta, ma lo zio Vernon gli
sbarrò la strada. Harry tirò misteriosamente
fuori la sua pistola magica e la
puntò contro zio Vernon.
«Levati
di mezzo» gli intimò, togliendo la sicura.
«Non
puoi puntare quella cosa contro di me, lo so che non
puoi usarla fuori da quella scuola che chiami manicomio!»
sibilò zio Vernon.
«Semmai
manicomio che chiamo scuola, idiota!» lo corresse Harry
con un ringhio «Levati o ti apro una terza orbita sulla
faccia! Hai diciassette
secondi. Uno… due… tre…
quattro…»
Zio Vernon
si preparò una tazza di tè, e si sedette
comodamente al tavolo per sorbirlo con un vassoio di biscotti.
Un tonfo
rimbombante riempì la cucina. Zia Petunia balzò
in
piedi e prese una testata contro una mensola, urtando la sedia su cui
era
seduto Dudley, che finì per terra dopo aver colpito i resti
del tavolo. Il
rumore l’aveva provocato un altro condor, che si era
schiantato contro il
vetro, schizzandolo di sangue. Harry spalancò la finestra
per prendere il
messaggio, che il condor gli porse, per poi volare via zampillando
sangue come
una fontana. Harry srotolò il messaggio e lo lesse.
Harry,
Smilente è appena arrivato al
MiniMinistero e sta cercando di sistemare tutto. NON USCIRE DALLA CASA
DEI TUOI
ZII. NON SPARARE ALTRE MAGIE. NON CONSEGNARE LA PISTOLA MAGICA.
Arthur Weasley
«Ah,
certo, questo sistema tutto!» commento ironicamente
Harry, rinfoderando misteriosamente la sua pistola magica.
«Bene, ho cambiato
idea, resto».
«Da
dove vengono tutti questi condor?» sbuffo zio Vernon.
«Se
speri che te lo dica, sei un babbeo! Oops, dimenticavo
che, effettivamente, SEI un babbeo!» rispose Harry,
scoppiando a ridere. Il led
negli occhi di zio Vernon aumentò
d’intensità.
«Ok,
ok. Il primo era del MiniMinistero della MagiMagia,
che mi ha espulso dal manicom… dalla scuola»
spiegò pazientemente Harry.
«E
pecché?» chiese zio Vernon.
«Perché
ho sparato una magia – anzi, due» ammise.
«Aha!»
esultò zio Vernon «Allora è vero! Hai
fatto qualcosa
a Dudley!»
«No,
non sono stato io» replicò Harry, assumendo un
aria
esasperata terribilmente sexy – e rubando la battuta ad un
certo Bart Simpson
–«Ho
tirato fuori la pistola magica ma
non… no, negazione, rifiuto, opposizione, protesta, diniego,
ritrattazione,
smentit…» zio Vernon gli strappò di
mano il Dizionario dei Sinonimi e dei
Contrari «Si, stavo dicendo…non
l’ho usata».
Dudley
sembrò tornare dal mondo delle anime perse.
«Invece
sì…» mugolò Dudley
«Mi ha puntato addosso la
pistola magica, e poi è diventato tutto buio, e poi ho
sentito delle voci
dentro la testa e poi ho avuto come l’impressione che
un’orrenda, svolazzante
creatura volesse baciarmi…»
«Era
un dissennatore» spiegò Harry «Un
dissennatore.
Maschio».
«E
che cos’è un dissennatore?»
domandò zio Vernon,
inorridito dal fatto che una qualunque creatura dello stesso sesso del
figlio
volesse baciarlo.
«Delle
orride creature che fanno la guardia alla Prigione
dei Maghi AzGaban» rispose zia Petunia al posto suo.
«Eh?»
disse Harry.
«Eh?»
disse zio Vernon.
«Eh?»
disse Dudley, tanto per non essere da meno, anche se
non aveva capito niente come al solito.
«Come
fai a saperlo?» chiese Harry stupito.
«Internet»
rispose misteriosamente zia Petunia.
In quel
momento, un boato degno di un ordigno fatto in casa
scosse la cucina; la finestra si staccò e con essa mezza
parete, e un condor
delle dimensioni di un camion dei rifiuti irruppe nella stanza, tenendo
una
minuscola lettera tra due artigli grossi come quelli di un
tirannosauro. La
aprì.
Caro
(tsk) signor Potter,
In seguito alla nostra lettera di
diciassette minuti e diciassette secondi fa, il MiniMinistero della
MagiMagia
ha rivisto la propria decisione di distruggere immediatamente la sua
pistola
magica. Può conservarla fino all’udienza
disciplinare di venerdì diciassette
agosto prossimo, quando verrà presa una decisione ufficiale.
In seguito ad una discussione con il
Preside della Scuola di Magia, Stregoneria, Arti Marziali e Tecniche
Militari
di OhSchwartz, il MiniMinistero ha convenuto che la questione della sua
espulsione verrà anch’essa discussa in
quell’occasione. Dovrà dunque
considerarsi sospeso dalla scuola fino a ulteriori indagini.
I peggiori saluti.
HannabelLecter
Ufficio per l’Uso
Improprio delle Arti Magiche, Marziali, Illusorie ecc.ecc.
MiniMinistero della
MagiMagia
«Phew,
che culo!» si rallegrò Harry, appallottolando la
lettera e tirandola nella boccia dei pesci rossi, che schiattarono a
causa
dell’inchiostro.
«E
quindi?» chiese zio Vernon.
«Devo
andare ad un’udienza» rispose.
«E
chissenefrega! Cos’è successo a
Dudley?!» insistette zio
Vernon. Harry s’incazzò di brutto.
«I
Dissennatori, delle bestie malvagie e perverse giunte
fin qui dalle più profonde oscurità
dell’Averno, hanno preso Dudley e, dopo
averlo seviziato e massacrato di botte, gli hanno estratto
l’anima in un modo violento
e super super doloroso!» gridò in preda ad una
crisi di nervi vera e propria –
che gli conferiva un aspetto ancora più affascinante.
«E adesso, se non vi dispiace,
mi eclisso in camera mia». E uscì altezzoso,
facendo svolazzare i suoi
meravigliosi, lunghi, lucenti e lisci capelli neri.
Non posso aspettare! Posto tutto oggi U__U sono la debolezza fatta persona °__°
D'altrone perchè aspettare, quando sedici capitoli sono già belli che pronti? XD
CAPITOLO 3
L’AVANGUARDIA
Una volta in
camera sua, Harry scrisse tre lettere
identiche ai suoi amici e al suo padrino.
Sono
appena stato molestato dai dissennatori, potrei
essere sbattuto fuori da OhSchwartz e quei rompicoglioni dei miei zii
non mi
lasciano vedere Superock su Mtv. Voglio, esigo, pretendo di sapere che
cosa sta
succedendo e quando uscirò da questo buco di fogna.
Poi diede le
lettere al suo pellicano bianco, Edwig, e gli
ordinò di portarle ai suoi amici e al suo padrino, e di
costringerli a scrivere
delle risposte dignitosamente lunghe, cioè almeno
diciassette pagine, a costo
di vomitargli resti di pesci in putrefazione in testa. Poi, in preda
all’irritazione, cominciò a camminare avanti e
indietro per la stanza,
meditando sulla sfiga e sul fatto che esistesse davvero. Poi si
buttò sul
letto, sistemandosi in una maniera che sembrava voler dire
saltami-addosso-e-stuprami-sono-tutto-tuo, con i capelli aperti a
ventaglio sul
cuscino. Poi si addormentò.
* * *
La mattina
dopo, però, Edwig non era ancora tornato, e
Harry passò il resto della giornata a sistemarsi i capelli e
a rimirarsi nel
suo specchio a grandezza naturale. Passarono altri tre giorni, e la
sera di
quel quarto giorno dopo la partenza di Edwig, se ne stava disteso sul
letto ad
guardarsi nello specchio che aveva collocato nel soffitto, quando zio
Vernon
gli annunciò che lui, la moglie e il figlio sarebbero
usciti. Per tutta
risposta, Harry gli tirò il Dizionario dei
Sinonimi e dei Contrari. Il
cielo di oscurò e divenne nero. Harry si stava per
addormentare quando sentì
un’esplosione da bottiglia molotov provenire dal piano di
sotto. Subito balzò
in piedi e sbirciò attraverso la porta socchiusa, tirando
misteriosamente fuori
la pistola magica.
«Mettila
misteriosamente via» gli disse una voce «siamo
venuti a farti uscire da questo buco di fogna».
Harry
guardò giù e vide delle persone che lo fissavano
–
non che la cosa gli dispiacesse, era sempre ben felice di attirare gli
sguardi
di migliaia di ammiratori.
«Professor
Lupin» disse, guardando quello che aveva
parlato. Remus Lupin gli presentò gli altri: Alastor
‘Malocchio’ Moody,
Ninfadora Tonks, Kingsley Shacklebolt e Sturgis Podmore.
«Allora,
chi vuole aiutare Harry a fare i bagagli?» chiese
Lupin.
«IOIOIOIOIOIOIOIOIO!!!»
saltellò Tonks, fin troppo
entusiasta. Harry accompagnò Tonks in camera sua, per farsi
fare i bagagli.
Harry entrò e si mise in un angolo, incrociando le braccia e
aspettando che
Tonks facesse i bagagli. Lei si fermò davanti allo specchio
– uno dei tanti –
di Harry, studiando il proprio riflesso.
«Non
credi che questa tonalità di rosa mi sbatta un
po’?»
chiese Tonks.
«Decisamente»
rispose spietatamente e senza esitazioni
Harry. Tonks gli lanciò un occhiata truce e poi assunse
un’espressione
concentrata.
«Fatto!»
disse poi. Harry alzò un sopracciglio con aria di
sufficienza, come a dire ‘fatto cosa?’, innalzando
drasticamente la barra del
suo sex appeal.
«Ho
cambiato il colore dei capelli, no?» sbottò, come
se
fosse la cosa più ovvia del mondo.
«A
me sembrano ancora rosa» commentò Harry con aria
saccente.
«PRIMA
erano rosa pastello, ORA sono rosa confetto!»
sbraitò Tonks, come se chiunque non cogliesse la differenza
tra quei due colori
fosse un emerito imbecille. Poi tirò misteriosamente fuori
il suo boomerang magico
e lanciò l’incantesimo per fare i bagagli.
«Bagaglius!»
ordinò. Ogni singolo oggetto, dal libro
Squadre di Kwiddich del Giappone e dell’Asia in
Generale all’armadio di
tre quintali e al letto con la testata in metallo – e non
dimentichiamo il Dizionario
dei Sinonimi e dei Contrari – si sollevarono a
mezz’aria e si fiondarono
dentro il baule, disintegrandolo.
«Oops.. I
did it again!» canticchiò
ridacchiando Tonks.
«Vaffanculo,
Britney Spears del cazzo!» la apostrofò Harry
furioso, tirandole un calcio che la fece volare fuori dalla porta.
Tonks
cozzò contro il muro e rotolò giù per
le scale,
schiantandosi contro la porta d’ingresso. Harry
tirò fuori misteriosamente la
sua pistola magica, ma poi si ricordò che non doveva sparare
magie, e allora
tirò fuori da chissà dove una tanica di cherosene
e diede fuoco a quelli che
fino a poco prima erano i suoi mobili – tanto lui era
schifosamente ricco e
poteva sempre ricomprare tutto.
Dopo che
tutto si fu incenerito per bene, il nostro
affascinante piromane scese le scale con le poche cose sopravvissute
– la
gabbia di Edwig e la sua scopa extralusso nera con il sellino rivestito
in
pelle e imbottito con piume di fenice, che gli tenevano caldo il
posteriore.
Tonks, con un taglio che gli andava da una tempia all’altra e
un’espressione da
rincoglionita sulla faccia, lo sorprese alle spalle, con il boomerang
magico
ancora in mano.
«Hit
me baby one more time!» gli disse, sorridendo e
brandendo minacciosamente il boomerang magico. Harry si
voltò verso di lei e la
squadrò torvamente.
«Dovremmo
dare una pulita a questa gabbia» continuò Tonks,
come se nulla fosse «Gratta e netta!».
Prese a
boomerangate magiche la gabbia, che si ridusse ad
un ammasso di ferraglia contorta. Harry gliela tirò in testa
e poi andò dagli
altri che lo stavano aspettando.
«Sei
pronto, Harry?» gli chiese Lupin. Tonks entrò
nella
stanza, come se non fosse mai rotolata giù da una rampa di
scale, si fosse
schiantata contro una porta e si fosse presa un ammasso di metallo
contorto in
testa.
«Ooh,
ma che bella scopa!» chiocciò «me la fai
vedere?».
Harry le passò la scopa. Lei la guardò ammirata.
La scopa era nera, lucida, con
un sellino in pelle, il nome stampato in caratteri rossi sanguinolenti,
Bloodybolt.
Tonks sorrise nervosamente e restituì la scopa a Harry.
«Ahem,
ma che scopa macabra…» disse.
«Fa
molto goth» ribatté Harry, mettendosi la scopa in
spalla, figurando come un dio della morte particolarmente bello.
Uscirono
tutti in giardino e si misero in fila, aspettando
il segnale. All’improvviso, delle scintille rosse esplosero
tra le stelle,
formando una parola: Ready. Il gruppetto
salì sulla scopa – ognuno sulla
propria, non tutti su una sola scopa come un’ammucchiata
umana. Dopo un breve
lasso di tempo di circa diciassette minuti, apparve una seconda parola
scintillante nel cielo: Set. Gli occupanti delle
scope cominciarono a
saltellare, perché stare seduti su delle scope non
è che sia poi così comodo,
specialmente vista la durezza del manico di scopa e il posto in cui lo
si tiene.
Harry, infatti, stava cominciando a preoccuparsi seriamente della sua
personale
caratteristica che lo distingueva dal sesso femminile – tanto
per non essere
volgari. Finalmente, diciassette minuti dopo, la tanto attesa parola Go!
comparve tra le stelle. Volarono in formazione per diciassette lunghi
minuti, e
quando atterrarono, Harry era leggermente alterato –
eufemismo – perché
l’umidità gli aveva fatto arricciare i sui capelli
perfettamente lisci e
totalmente privi di doppie punte. ‘Malocchio’ Moody
gli passò un bigliettino.
«Leggi
e imprimitelo nella mente» ordinò.
Il
Quartier Generale dell’Ordine del Corvo Morto si
può
trovare al numero diciassette di Grimmauld Place, Londra.
Capitolo 5 *** 04_Grimmauld Place Numero Diciassette ***
CAPITOLO 4
GRIMMAULD
PLACE,
NUMERO
DICIASSETTE
Harry
guardò i numeri scritti sulle porte delle case che
aveva davanti. A destra: diciassette. A sinistra: diciassette. Confuso,
si girò
verso Malocchio Moody.
«Visto
che furbata?! Tutte le case hanno il numero
diciassette, così se i cattivi scoprono
l’indirizzo del quartier generaledell’Ordine del Corvo Morto si fanno un mazzo
così per scoprire qual è quello vera!
Bwahahahahah!!!» – risata satanica.
«Già,
proprio furbi…» borbottò Harry,
pensando invece che
quelli dell’Ordine fossero delle gran teste di cazzo.
Dopo che
furono passati diciassette minuti, durante i quali
cercarono di individuare la porta dell’Ordine, riuscirono
finalmente ad
entrare. Moody spinse non tanto gentilmente Harry all’interno
della casa, dove
venne risucchiato dall’oscurità più
completa.
«Oh,
è così goth qui dentro»
trillò Harry al buio.
All’improvviso le luci si accesero, togliendogli tutta la
precedente gaiezza.
«Non
più» brontolò poi, con voce sepolcrale.
Davanti a lui
apparve la madre del suo migliore amico Ron, la signora Molly Weasley.
«Oooh,
Harry, è così bello rivederti!»
chiocciò la signora
Weasley.
«Lo
so, sono bello, e vedermi è sempre un piacere»
commentò
altezzoso Harry. Poi la signora Weasley si rivolse a Malocchio Moody,
Remus
Lupin, Kingsley Shacklebolt, Sturgis Podmore e Ninfadora Tonks.
«La
riunione è già cominciata, se non vi sbrigate
finiranno
tutta la vodka» sussurrò «Tu, Harry, vai
su che ci sono Ron e Hermione che ti
aspettano. E non fare troppo rumore, o potresti fare una fine molto
dolorosa.
Sali i diciassette gradini, è la diciassettesima porta a
sinistra» e poi se ne
andò in cucina chiudendosi la porta alle spalle.
«Chissà
perché non mi meraviglio» commentò
Harry, salendo i
diciassette gradini ed entrando nella diciassettesima porta a sinistra.
Dentro
c’erano i suoi due migliori amici:Ron era seduto sul suo letto, circondato da
una fitta aura di apatia, mentre Hermione stava sadicamente giocando a
Devil
May Cry con la Play Station, sghignazzando in maniera perversa ogni
volta che
Dante faceva a pezzi un demone.
«Ciao
Hermione» la salutò Harry «A che
missione sei?» le
chiese poi.
«Diciassette»
rispose lei piatta. Harry si rivolse poi a
Ron.
«Ciao
Ron, perché quell’aria depressa?» gli
chiese.
«Mi
sto chiedendo quand’è che quell’autrice
del cazzo di
questa fan fiction del cazzo la taglierà corta con questi
capitoli del cazzo
che non servono a un cazzo e ci farà andare in
quell’ Hogwarts del cazzo»
sibilò Ron minacciosamente.
«Guarda
che si chiama OhSchwartz» lo corresse Hermione.
«Bravo
Ron, hai detto ben cinque cazzo in una sola frase.
Ora sei pronto per scrivere i testi a Mondo Marcio» disse
Harry.
Passarono
diciassette minuti.
«Mi
chiedo perché tra un avvenimento e l’altro passino
sempre diciassette minuti» commentò Ron,
più a se stesso che a qualcuno in
particolare.
«Non
so perché, ma sento che dovrei incazzarmi di
brutto»
disse Harry passandosi una mano tra i capelli, gesto molto fashion.
All’improvviso,
si materializzarono i gemelli Weasley.
Hermione mise il gioco in pausa e si voltò a guardarli.
«Mi
chiedo come voi due possiate essere gemelli» chiese.
«È
almeno la diciassettesima volta che ce lo chiedi rispose
Fred.
«È
almeno la diciassettesima volta che ce lo chiedi» gli
fece eco George.
«La
pianti di ripetere tutto quello che dico?» gli
ringhiò
contro Fred.
«La
pianti di ripetere tutto quello che dico?» ripeté
George a pappagallo.
«Vuoi
che ti riempia di botte?» lo minacciò Fred.
«Vuoi
che ti riempia di botte?» chiocciò George. Fred lo
prese per il collo e i due rotolarono fuori dalla stanza. La porta
sbatté.
«Amore
fraterno» commentò Hermione, ricominciando a
giocare. La porta si riaprì ed entrò la minore
dei fratelli Weasley, Ginny.
«Oh,
ciao Harry, mi è sembrato di sentire la tua voce»
lo
salutò Ginny.
«Lo
so, la mia voce è bella almeno quanto me» si
atteggiò
Harry.
«Ho
modificato ciberneticamentele
Orecchie Oblunghe di Fred e George, e adesso
captano perfino AlJazeera» sorrise Ginny.
«Non
gliene frega un cazzo a nessuno, quindi vai
affettuosamente a quel paese, sorellina» la
aggredì a parole Ron – pur la sua
espressione restando impassibile.
«Oh,
ma che bello avere un fratello che ce l’ha col mondo e
mi manda al diavolo ogni volta che mi vede! È
così costruttivo! Sono certa che
in futuro diventerò un membro degli Alcolisti Anonimi, e
tutto grazie al mio
fratellino che odia tutto e tutti!» disse sarcasticamente
Ginny, uscendo e
sbattendosi la porta alle spalle. Poco dopo la porta si
riaprì ed entrò la
signora Weasley.
«È
pronta la cena» annunciò, per poi rewindare
indietro.
Hermione
spense di malavoglia la play, mentre Ron si
trascinò comatosamente al di là della porta.
Harry gli andò dietro. Per le
strade incrociarono Tonks che, dopo aver visto Harry, si
spaventò e inciampò
addosso ad un tavolino su cui erano esposti diciassette statuette di
cristallo.
Il fracasso fu terrificante, e un paio di tende di velluto si aprirono,
rivelando un quadro che urlava istericamente.
«To be or
not to beeeeeee… M’illumino
d’immensooooo... Ed è subito
seraaaaaaa!!!»
strillò.
«Sai
quanto rompe il cazzo quella, grida poesie tutto il
giorno!» gridò Ron a Harry, per sovrastare gli
urli della vecchia.
All’improvviso una porta si aprì sulla faccia di
Tonks, che si schiantò sui
resti delle statuette di cristallo. Ne uscì il padrino di
Harry. Partì la
colonna sonora de “Il Padrino”.
«Padrino!»
gridò Harry.
«Picciott…
ehm… Harry!» gridò Sirius
«Benvenuto in casa
mia!»
Andarono
tutti in cucina, dove il signor Arthur Weasley
stava parlando con suo figlio maggiore, Bill Weasley. Appena Harry
entrò, il
signor Weasley saltò su.
«Harry!
È bello rivederti!» disse.
«Lo
so, lo so» ribatté Harry, ammirandosi le unghie
recentemente smaltate di nero.
«Oh,
Harry, sono contendo di vedere che sei sano e salvo!»
disse Mundungus Fletcher entrando nella stanza. Harry gli
lanciò uno sguardo
carico di rancore.
«Non
grazie a te, stronzo!» gli ringhiò contro.
«Suvvia,
trovare un pusher di nargilli non è mica così
facile…» cercò di giustificarsi
Mundungus.
«Me
ne sbatto dei tuoi pusher di nargilli del cazzo,
stronzo! È colpa tua se sono stato molestato da un
dissennatore, bastardo!»
gridò Harry,lanciando verso Mundungus un coltellaccio da
cucina incrostato di
sangue rappreso che aveva trovato lì vicino. Il coltello si
piantò nella fronte
di Mundungus, che scappò via ululando di dolore. Intanto la
signora Weasley
stava preparando la cena.
«Cosa
posso fare, Molly?» le chiese Tonks, rovesciando una
sedia.
«Niente,
è meglio» ribatté acida la signora
Weasley.
«Ma
io voglio aiutare!» piagnucolò Tonks, rovesciando
una
bottiglia di acido muriatico sulla testa del signor Weasley.
«Ho
detto NIENTE!» si spazientì la signora Weasley
«NIENTE!
Nada de nada, nulla,
nisba, tabula
rasa!». Tonks corse fuori dalla stanza in
lacrime urtando un estintore,
che esplose aprendo una voragine nella parete.
La cena
passo tranquillamente, ad esclusione della
furibonda lite che era scoppiata tra i gemelli Weasley, che avevano
cominciato
a tirarsi bottiglie molotov a metà pasto.
«Mi
chiedo coma mai non hai cominciato a fare domande sul
tuo arci-nemico-recentemente-resuscitato…» chiese
ad un certo punto Sirius a
Harry.
«Non
mi è passato nemmeno per l’anticamera del
cervello»
rispose Harry felice e contento.
«Dai,
chiedimi qualcosa!» lo supplicò Sirius.
«E
va beeene…» cedette Harry, posando la lima per le
unghie. La signora Weasley si alzò.
«Però
prima George, Fred, Ginny, Ron, Hermione, fuori!”
ordinò.
«Tanto
poi Harry racconterà tutto a me e a Hermione»
disse
Ron in tono piatto.
«Fottiti»
intervenne Harry.
«Vaffanculo»
lo insultò Ron, uscendo dalla stanza. Harry si
rivolse poi a Sirius.
««Ho
cambiato idea, non voglio sapere niente» gli disse,
felice e contento – senza alcun motivo apparente.
«E
pecchè?» chiese infantilmente Sirius.
«Così
il capitolo finisce più in fretta!»
spiegò Harry.
«E
perché vuoi che il capitolo finisca più in
fretta?»
chiese Sirius incuriosito.
«Perché
prima arriviamo a OhSchwartz, prima entriamo nel
vivo della storia, e quindi alla gente che legge, anche se dubito che
ce ne
sia, viene voglia di continuare a leggere» spiegò
pazientemente Harry.
Capitolo 7 *** 06_L'Ignobile e Squallidissima Casata dei Black ***
Capitolo 06_L'Ignobile e Squallidissima Casata dei Black
CAPITOLO 6
L’
IGNOBILE E
SQUALLIDISSIMA
CASATA
DEI BLACK
Salirono al
piano di sopra, e Harry e Ron entrarono nella
loro stanza. Il pellicano di Harry, Edwig, era appollaiato
sull’armadio, e
vicino a lui c’era la poiana di Ron, Leatorda. Ron
lanciò dei pesci in
putrefazione sull’armadio per farli stare buoni. Poi chiuse
la porta a chiave.
Harry lo guardò preoccupato.
«Capisco
che tu possa avere voglia di farlo, ma non provare
a mettermi le mani addosso!» lo ammonì Harry.
«Non
ci penso nemmeno» replicò piatto Ron
«è per via di
Cracker».
«Hai
paura di un cracker?» domandò stupito Harry,
immaginandosi un minaccioso cracker ambulante che vagava per la casa
nell’oscurità.
«È
un elfo, cretino» rispose seccato Ron. Harry si stava
giusto chiedendo come fosse fatto un cracker elfico quando dal nulla si
materializzarono Fred e George. Fred teneva bloccato George per il
collo con
una presa da wrestling.
«Oh,
scusate» si scusò Fred. Poi i due si
smaterializzarono.
Harry e Ron
passarono felicemente i successivi diciassette
minuti scommettendo allegramente su quale dei due gemelli si sarebbe
svegliato
– o meglio NON si sarebbe svegliato – con il collo
spezzato la mattina dopo.
Poi si stesero – ognuno nel proprio letto, nessuno dei due
aveva strane
tendenze. Harry se ne stette per un po’ a fissare il
soffitto, rattristandosi
del fatto che non ci fosse appeso uno specchio, poi si
addormentò e sogno di
essere stato eletto Mister Universo.
* * *
La mattina
dopo fu svegliato da Fred – che aveva ancora il
collo perfettamente intatto – che gli disse di scendere a
fare colazione. Harry
si alzò di malavoglia, e stette diciassette meravigliosi
minuti a pettinarsi
davanti allo specchio. Quando fu soddisfatto dei suoi lunghi, lucenti e
lisci
capelli neri, scese in cucina. Diciassette minuti dopo, lui e Ron
andarono in
salotto, dove la signora Weasley, Hermione, Ginny, George –
anche lui con la
colonna vertebrale del tutto sana – e Fred stavano caricando
i lanciafiamme.
«Prendete
un lanciafiamme e indossate una tuta ignifuga» disse
la signora Weasley. Harry e Ron ubbidirono – anche se Harry
storse un po’ il
naso perché quel colore non gli si addiceva -, poi presero
un lanciafiamme a
testa.
«Cos’è
che doppiamo fare, esattamente?» chiese Harry.
Glielo disse Hermione, con un’espressione leggermente sadica.
«Dobbiamo
defoxyzzare le tende» spiegò «dobbiamo
massacrare
i foxy, insomma».
«Che
cosa sono i foxy?» domandò stupito Harry.
«Sono
dei rotoli di carta igienica volanti» chiarì la
signora Weasley «e mordono. Questo» disse poi,
indicando una fila di siringhe
«è l’antidoto, e spero che nessuno di
voi ne abbia bisogno perché crea
dipendenza». Harry inorridì al pensiero di essere
avvelenato da un rotolo di
carta igienica. In quel momento entrò Sirius, trascinandosi
dietro mezza mucca
insanguinata.
«Sto
andando a dare da mangiare a Squartabecco» disse, in
tono di scusa, e scomparve su per le scale.
«Allora,
dovete colpire i foxy con una bella fiammata, e
poi raccogliere la cenere con l’aspirapolvere. Poi
però dobbiamo buttare l’aspirapolvere
il un fiume, perché anche la polvere di foxy bruciati crea
dipendenza…» spiegò
la signora Weasley.
Cominciarono
a lanciare fiammate, incenerendo i rotoli di
carta igienica che volavano nella stanza. Fred e George, invece,
facevano man
bassa della cenere di foxy, nascondendosela nelle scarpe.
«Vogliamo
aprire un giro di cenere di foxy» spiegò Fred
sottovoce «si guadagna bene. Tu prova a dirlo a mamma e ti
faccio un german
suplex» lo avvisò.
Harry, dal
canto suo, continuò a incenerire foxy. Nel
frattempo Hermione si divertiva come una matta, sghignazzando
sadicamente ogni
volta che un foxy finiva carbonizzato sul pavimento. Ron, invece, se ne
stava
fermo immobile in mezzo alla stanza, circondato da foxy, fiamme e foxy
in
fiamme, avvolto dalla sua solita aura apatica viola. A mezzogiorno
passato il
pavimento era ricoperto di cenere e sembrava la spiaggia di
un’isola vulcanica.
La porta si aprì ed entro un elfo puccioso come un
Teletubbies, che si
avvinghiò alla gamba di Hermione.
«Cracker
ti vuole bene!» trillò con la sua vocina
zuccherosa. Hermione, per tutta risposta, gli tirò un calcio
che lo fece
schiantare contro lo spigolo di uno scrittoio.
«Che
dolce!» commentò l’elfo puccioso,
osservando lo
zampillo di sangue che gli usciva dalla testa. Come se avesse detto
qualcosa di
terribilmente offensivo, qualcosa dentro Harry scattò. Prese
il lanciafiamme e
lo incenerì.
«NON
DIRE MAI “CHE” E “DOLCE” NELLA
STESSA FRASE, MAI!
CAPITO?!»
I resti
carbonizzati dell’elfo puccioso uscirono squittendo
dalla stanza, ed entrò Sirius.
«Buona
fortuna per l’udienza» disse a Harry, senza seguire
alcun senso logico. Harry si ricordò di colpo che doveva
presentarsi ad
un’udienza al MiniMinistero della MagiMagia
venerdì diciassette alle ore
diciassette.
«D’oh!»
esclamò Harry.
«Non
preoccuparti» gli disse affettuosamente Sirius «se
ti
sbattono fuori, puoi sempre venire a vivere qui». Harry si
guardò rapidamente
intorno: si trovava in una stanza che sembrava lì
lì per crollare, con della
carta da parati color vomito ricoperta di schizzi di sangue e il
pavimento di
parquet con degli strani rigonfiamenti qua e là.
«Col
cazzo!» piagnucolò. Sirius
s’incupì e se ne andò dalla
stanza.
* * *
Ridendo e
scherzando – ovvero sghignazzando e sanguinando –
arrivò la poco attesa vigilia dell’udienza, che
avrebbe decretato l’espulsione
o no di Harry da OhSchwartz. Harry aveva lo stomaco chiuso e a cena non
mangiò
niente. Quell’espressione pallida e tesa gli fece assumere un
certo fascino –
come sempre.
«Ho
stirato i tuoi vestiti migliori per domani mattina,
Harry» gli disse la signora Weasley «E voglio anche
che stasera ti lavi i
capelli». Guardò i capelli perfettamente puliti,
pettinati, lucidi, setosi ecc.
ecc. di Harry.
«Ok,
come non detto» constatò. Poi guardò
Sirius, che aveva
passato tutta la cena con un muso lungo come la transiberiana. La
signora
Weasley assunse un cipiglio severo.
«Il
professor Smilente – che si pronuncia
“smailente”, tra
l’altro – non crede che sia una buona idea che
Sirius venga con te» disse,
rivolgendosi a Harry.
«Quando
gliel’ha detto Smilente – che si pronuncia
“smailente – ?» chiese Harry.
«Ieri
sera, è venuto mentre dormivi» intervenne il
signor
Weasley.
Harry si
irritò al pensiero che Smilente – che si pronuncia
“smailente” – fosse stato in quella casa
il giorno prima dell’udienza e non
avesse chiesto di vederlo. Tutti volevano vederlo! Sempre!
Capitolo 8 *** 07_Il MiniMinistero della MagiMagia ***
CAPITOLO 7
IL
MINIMINISTERO
DELLA
MAGIMAGIA
La mattina
dopo Harry si svegliò di colpo e completamente,
mentre il pensiero dell’udienza riempiva ogni piccola parte
della sua mente e
lo schiacciava, schiacciava, schiacciava, come se avesse un peso sullo
stomaco.
Aprì gli occhi e vide che il puccioso Cracker era disteso
sopra di lui. Nel
giro di qualche secondo, durante i quali Harry connesse tutte le sue
sinapsi
cerebrali ed esegui un check-up completo, si rese conto della cosa
è saltò in
piedi urlando; Cracker volò addosso a Ron, che stava
placidamente avendo incubi
avvolto nella sua perenne aura apatica. Harry, liberatosi dalla
pucciosa
minaccia, si accinse a indossare i vestiti stirati dalla signora
Weasley il
giorno precedente. Dopo una rapida occhiata agli immondi stracci che la
perversa signora Weasley avrebbe voluto fargli indossare –
una camicia bianca!
BIANCA! Ma stiamo scherzando?! E poi… i blue jeans! Ma come
si fa?! Cose da
pazzi! – optò per la solita maglia con il collo
alto nera, i pantaloni neri,
gli stivali con inserti di borchie neri e il cappotto lungo di pelle.
Nero. Si
vestì sghignazzando diabolicamente senza alcun motivo, poi
uscì dalla stanza e
si diresse in cucina, mentre Ron parlava nel sonno.
«No…
con la motosega no…quello mi
serve… aaah, che
male…» bofonchiò, voltandosi
dall’altra parte.
In cucina
trovò i signori Weasley, Sirius, Lupin e Tonks che
lo stavano aspettando. Harry entrò nella stanza come se
stesse sfilando. La
signora Weasley lo fulminò con lo sguardo – in
segno di disapprovazione per i
vestiti che indossava – ma lui si spostò e il
fulmine finì addosso a Tonks, che
cadde dalla sedia, folgorata. Harry si sedette, e guardò la
colazione – un
penoso mucchietto di cenere.
«L’ho
preparata io» disse Tonks rialzandosi in piedi, i
capelli afro «Mangia!»
“Contaci”
pensò Harry, guardandola con odio. Poi avvertì un
pizzicorino alla nuca – sesto senso? – e vide che
la signora Weasley gli si
stava avvicinando alle spalle con in mano un pettine bagnato,
l’espressione
folle e gli occhi ridotti a due lucine bianche.
«Uh
uh uh uh…» ridacchiò la signora
Weasley. Harry
inorridì, i suoi capelli erano in pericolo.
«Vade
retro, creatura demoniaca!» la apostrofò Harry.
Poi
prese il piatto con la colazione carbonizzata e lo lanciò
come un frisbee. Il
piatto si convinse di essere il chakram di Xena, e cominciò
a rimbalzare per la
stanza, finché sfondò una finestra e
finì fuori.
«Andiamo»
disse ad un certo punto il signor Weasley «starai
meglio al MiniMinistero che qui a ciondolare».
«Ma
a me piace ciondolare! Ciondolo sempre!» protestò
Harry,
ciondolando.
«Andrà
tutto bene» gli disse l’ebete Tonks, dandogli delle
pacche affettuose sul braccio. Harry le spezzò il polso.
«E
se non va bene» disse sepolcrale Sirius «ci penso
il al
giudice…uh uh uh…
BWAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH!!!»
e scomparve in una nuvola di fuoco, fiamme e fumo nero, ridendo
satanicamente
come un certo Bryan Fury di un certo videogioco chiamato Tekken 5.
* * *
Harry e il
signor Weasley giunsero infine alla stazione
della metropolitana.
«Eccoci
alla metropolitana… Underground!» disse il signor
Weasley, come se stesse recitando in una pubblicità.
«Dobbiamo solo stare
attenti alle lotte tra Vampiri e Lycan…»
«Quello
è Underworld» lo corresse
Harry.
Lo sguardo
del signor Weasley incrociò le biglietterie
automatiche; partì la colonna sonora de Il tempo
delle mele, e il signor
Weasley abbandonò la ventiquattrore e corse, al ralenty,
verso le biglietterie.
Harry scosse la testa, mentre il signor Weasley svolazzava al
rallentatore, poi
prese l’iniziativa e tirò la valigetta in testa al
proprietario. La musica di
bloccò e il signor Weasley rinsavì. Non ci furono
altri particolari problemi, e
Harry e il signor Weasley salirono a bordo.
«Ancora
diciassette fermate» lo avvertì il signor Weasley.
Harry si
esibì in una lugubre risatina nervosa, mentre i
maniaci sessuali, i necrofili e i vagabondi che di solito bazzicavano
nei
dintorni lo fissavano famelici. Durante il resto del viaggio, Harry fu
parecchio
occupato a difendere la sua integrità sessuale. Quando
giunsero alla loro
fermata, Harry schizzò giù dal mezzo. Il signor
Weasley lo guidò fino ad una cabina
del telefono rossa. Harry fece per entrarvi, ma il signor Weasley lo
bloccò.
«Da
questa parte» gli disse, indicando un cassonetto della
spazzatura.
Harry
inorridì al pensiero della spazzatura a contatto con
il suo bellissimo e incontaminato corpo. Il signor Weasley lo prese e,
senza
tanti complimenti, lo ficcò nel cassonetto. Poi lo
seguì, il fondo del
cassonetto si aprì e precipitarono entrambi nel buio
più totale.
«Com’è
gooooooooooooooooth!!!» gridò Harry,
mentre precipitava.
* * *
Dopo
chilometri e chilometri passati a precipitare nel
vuoto durante i quali Harry si era quasi addormentato – come
se ci si potesse
addormentare precipitando nelle tenebre – i due si
schiantarono su un
materasso. Lì intorno era ancora tutto buio, ma Harry
riuscì ugualmente a
distinguere una cabina del telefono, gemella di quella che aveva visto
in
superficie. Sopra c’erano delle lucine come quelle degli
ascensori.
«Scendere
in cabina no, eh?» commentò sarcasticamente Harry,
controllando che le sue bellissime ossa – come facciano ad
essere bellissime
delle ossa, poi – fossero tutte integre e pettinandosi
stizzito i capelli
scarmigliati.
Il signor
Weasley, intanto, si diresse verso una parete su
cui era attaccato una specie di citofono con una tastiera simile a
quella dei
telefoni. Digitò il numero.
«1…7…1…7…1…7…1…
e 7». Harry alzò in modo molto fashion gli
occhi al cielo, come per dire
chissà-perché-ma-me-lo-aspettavo. Si
udì una
voce.
«Benvenuti
al MiniMinistero della MagiMagia» disse la Voce
«Per favore, dichiarate il vostro nome e il motivo della
visita».
«Arthur
Weasley, Ufficio per l’Uso Improprio dei Babbei; sono
qui per accompagnare Harry Mystryss Darque Nyght ecc. ecc. Potter che
deve
presentarsi ad un udienza disciplinare» disse il signor
Weasley.
«Grazie»
disse la Voce «Il visitatore è pregato di
raccogliere la spilla e fissarla sul vestito».
Si
udì un rumore, in alto, e Harry e il signor Weasley
alzarono lo sguardo per vederne l’origine.
Dall’alto cadde una spilla – aperta
– che si conficcò nella fronte del signor Weasley.
Questi, dopo aver lanciato
un ululato degno d’un coyote, cominciò a danzare
selvaggemente dal dolore.
Harry era piegato in due cercando di non ridere. La Voce
cominciò a
sghignazzare diabolicamente. Dopo qualche momento di caos, durante il
quale la
Voce smise di ridere, Harry ricevette la spilla. Sopra c’era
scritto Harry
M.D.N.R.R. Potter, Udienza Disciplinare PS Se dopo l’udienza
hai un momento…il
mio ufficio è al diciassettesimo piano… Ti
aspetto, tesoro ♥ BY VOCE.
«Ho
fatto colpo» pensò gongolando Harry, poi
guardò la
spilla in cagnesco e se la mise in tasca –bucare i suoi
vestiti? MAI! –.
«Il
MiniMinistero della MagiMagia vi augura una buona
giornata» salutò la Voce. La parete su cui si
trovava il citofono si sollevò in
alto, e dietro di essa si intravide un grande ingresso, con il soffitto
nero e
il pavimento dello stesso colore.
«Com’è
goth!» pensò Harry, commosso.
A destra e a
sinistra c’erano due file di camini argentati
dai quali entravano e uscivano maghi e streghe – alcuni
entravano in collisione
e finivano per prendere fuoco –. Al centro
dell’ingresso c’era una grande fontana,
con un gruppo di statue in mezzo.
Queste
statue rappresentavano:
-
un
ninja del villaggio della foglia;
-
un
partecipante allo Shaman Fight;
-
un
campione (come no) di Beyblade;
-
un
alchimista;
-
un
insegnante-mago-bambino di dieci anni;
-
un
giovane uomo sulla ventina con un quaderno nero in mano e
un’espressione da
pazzo schizofrenico.
Guardando
quell’accozzaglia di individui, a Harry venne
quasi da rimettere – per usare un sinonimo elegante di
“vomitare” –. L’acqua
zampillava dal kunai del ninja, dalla katana dello sciamano, dalle
orecchie del
campione di Beyblade – che, come si sa, dentro la testa non
è che abbia granché
–, dall’auto-mail dell’alchimista, dal
bastone dell’insegnante-mago-bambino, e
dalla penna del giovanotto.
«Da
questa parte» disse il signor Weasley, artigliando Harry
per un braccio e trascinandolo attraverso l’ingresso.
Passando vicino alla
fontana, Harry lesse il cartello vicino ad essa posto:
TUTTI I PROVENTI
DELLA FONTANA DEI MAGICI FRATELLI
(RAPPRESENTANTE –
PER CHI NON L’AVESSE ANCORA CAPITO –
NARUTO UZUMAKI,
YOH ASAKURA, TAKAO KINOMIYA
EDWARD
ELRIC, NEGI SPRINGFIELD E LIGHT YAGAMI)
VERRANNO DEVOLUTI
ALL’OSPEDALE SAN FUNGO
PER MALATTIE,
FERITE, LESIONI ecc.ecc. MAGICHE
«Se
non mi espellono da OhSchwartz, butto diciassette
galeoni» pensò Harry – chissà
perché proprio diciassette, poi… –.
Harry e il
signor Weasley giunsero ad una scrivania sopra
la quale era scritto Sorveglianza. Il mago seduto
ad essa si alzò e tirò
fuori un lungo arnese metallico, con aria minacciosa. Harry
impallidì, ma il
mago si limitò a passarglielo davanti e dietro, poi gli
chiese l’arma magica.
Harry gliela porse e questi la mise sotto ad uno scanner e
controllò i dati sul
computer. Poi restituì la pistola magica a Harry, non prima
di avergli preso le
impronte digitali e un campione di dna. Quindi il signor Weasley lo
prese per
la collottola e lo trascinò senza tanti complimenti fino
all’ascensore. Le
porte dell’ascensore si chiusero, e questi schizzò
in alto, con
un’accelerazione da 0 a 100 in un secondo. Quando giunse a
destinazione, si
fermò di botto e tutti gli occupanti si spiaccicarono sul
soffitto. Si udì una
voce, anzi, la Voce.
«Settimo
Livello, Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici,
comprende il Quartier Generale della Lega Giappo-Asiatica del
Kwidditch, il
Club Officiale di Trollbiglie e l’Ufficio Brevetti
Grotteschi».
La porta si
aprì, ma non salì nessuno –
nell’ascensore
c’erano solo Harry e il signor Weasley –. Le porte
si richiusero e Harry si
rannicchiò a terra terrorizzato. L’ascensore
scattò come poco prima, frullando
ben bene i passeggeri. La porta si riaprì.
«Sesto
Livello, Ufficio per il Trasporto Magico,
comprendente l’Autorità della Metrosabbia, il
Controllo Regolativi delle Scope,
degli Aspirapolvere e dei Catturapolvere Swi**er, l’Ufficio
TeletrasPorta, e il
Centro Esami di Materializzazione» disse la Voce.
Ovviamente,
nessuno salì su quella macchina infernale. Le
porte si richiusero minacciosamente; Harry era inginocchiato sul fondo
dell’ascensore
e pregava il suo Dio Oscuro. L’ascensore ripartì,
riducendo gli occupanti in
polpette. La porta si aprì nuovamente.
«Quinto
Livello, Ufficio per la Cooperazione Internazionale
Magica, comprendente il Corpo delle Convenzioni dei Commerci Magici
Internazionali, l’Ufficio Internazionale della Stupida Legge
sulla Magia e la
Confederazione Internazionale dei Maghi» spiegò la
Voce.
Anche qui
nessuno si avvicinò all’ascensore, e quindi le
porte si richiusero. A Harry venne quasi una crisi di pianto.
L’ascensore
continuò la sua ascesa, mentre i due passeggeri
sperimentarono cosa prova la
frutta per diventare marmellata. L’ascensore si
fermò e aprì le porte per
l’ennesima volta.
«Quarto
Livello, Ufficio Regolazione e Controllo delle
Creature Magiche, comprendente la Divisione Bestie, Esseri, Spiriti
Maligni,
Fantasmi-che-non-sono-ancora-passati-oltre, l’Ufficio delle
Relazioni con i
Gobelin e lo Sportello Consulenza Flagelli» disse la Voce con
il suo solito
tono monotono.
L’ascensore
ripartì, mentre Harry cominciava a scrivere il
suo testamento. Quando si fermò, aveva quasi finito.
«Terzo
Livello, Dipartimento delle Catastrofi e degli
Incendi Magici, comprende la Squadra Cancellazione della Magia
Accidentale, il
Quartier Generale degli Sterminatori di Massa e il Comitato
Eliminazione Babbei»
illustrò la Voce ai suoi sciupati passeggeri.
Harry si
stese a terra come i cadaveri nelle bare.
“Devo
sembrare davvero goth” pensò Harry, mentre il
cigolio
minaccioso dell’ascensore in movimento giungeva alle sue
orecchie. L’ascensore
riaprì le porte quando giunse al Secondo Livello.
«Secondo
Livello» disse la Voce «Ufficio Applicazioni della
Legge sulla Magia, comprende l’Ufficio per l’Uso
Improprio delle Arti Magiche,
il Quartier Generale degli Avatar e i Servizi Amministrativi
Wizard-gamot».
«È
il nostro, Harry» disse il signor Weasley. Harry
schizzò
fuori dall’ascensore prima che chiunque potesse dire
“goth”.
I due
voltarono un angolo e si ritrovarono davanti ad un
ufficio con un cartello appeso: Quartier Generale degli Avatar.
Al loro
interno Harry vide Kingsley Shacklebolt. Harry si mise a saltellare
agitando le
braccia per salutarlo.
«Yuuuhuuu,
Kingsyyyyyyy!!!» cantilenò Harry in modo
pericolosamente gaio. In tutta risposta, il signor
Weasley gli tirò un
calcio negli stinchi, scatenando la sua indignazione.
«Ma
signor Weasley! Che cosa fa?!» e poi, pensando “Se
mi
viene un livido vedi, brutto bastardo!”
Comunque, in
qualche modo i due arrivarono all’ufficio del
signor Weasley (uno sgabuzzino per le scope), e vi si…
accomodarono? dentro.
All’improvviso, la porta si aprì violentemente,
sbattendo altrettanto
violentemente sulla faccia di Harry, che ci era seduto proprio dietro.
«Minuti?»
intervenne Harry massaggiandosi il naso.
«No,
SECONDI!» sbraito l’intruso attentatore
»Hanno
cambiato l’udienza del giovane Potter, comincia alle
diciassette e diciassette
SECONDI giù nel vecchio tribunale, nell’aula
diciassette».
«D’ho!»
esclamò il signor Weasley.
«Ehi!»
strepitò Harry «Quella è la mia
battuta!» – anche se
la battuta appartiene di diritto ad un certo Homer Simpson –.
Il signor
Weasley impallidì visibilmente, poi afferrò Harry
per un braccio e lo trascinò fuori.
«GERONIMOOOOOOO!»
urlò – citando inspiegabilmente il noto
capo indiano –, correndo lungo il corridoio. Poi i due si
fermarono davanti
alla diabolica macchina.
«No,
quello NO!» piagnucolò Harry, guardando
terrorizzato
la porta dell’ascensore. Ma il signor Weasley lo
trascinò dentro – contro la
sua volontà, s’intende –.
L’ascensore scese in picchiata battendo la
velocità
del suono – ciò significa, per i mal informati,
molto, ma molto velocemente –.
«Ufficio
Misteri Misteriosi» disse l’ormai famosa Voce.
Quando
l’ascensore si fermò, i due scesero barcollando, e
il signor Weasley, sempre afferrando saldamente il braccio di Harry,
cominciò a
tirarlo verso delle scale che scendevano, scendevano… ed
erano così buie, in
fondo, che non se ne vedeva la fine. Harry guardò a sinistra
e vide un
luuuuungo corridoio con in fondo una porta nera e lucida.
«Come
i miei capelli» pensò Harry altezzoso.
«Andiamo»
disse, barcollando, il signor Weasley. Harry
liberò la presa del suo artiglio d’acciaio dal suo
braccio e il signor Weasley
rotolò giù per le scale, rimbalzando, qualche
volta. Harry gli andò dietro con
tutta calma. Alla fine, in un modo o nell’altro, entrambi
giunsero di fronte ad
una porta grande come quella di un hangar. Il signor Weasley
cominciò a
spingerla, spingerla e spingerla ancora.
«Puff…
pant… non pensavo che fosse così dura»
ansimò
sbuffando il signor Weasley.
«Ahem,
signore…» cercò di interromperlo Harry.
«Non
ora, non ora, non vedi che sono occupato? Se non
apriamo questa porta in tempo, è la fine!» disse
preoccupato il signor Weasley,
continuando a spingere, spingere e spingere.
«Signor
Weasley» sospirò spazientito Harry
«guardi che c’è
scritto TIRARE».
Harry
entrò, scuotendo la testa per la stupidità del
genitore del suo miglior apatico amico. Si guardò intorno:
panche vuote si
ergevano attorno a lui, ma di fronte, sulle panche più alte,
c’erano molte
sagome in ombra. Una fredda voce spettrale risuonò
nell’aula.
«Si
è fulminata la lampadina».
«Ah»
commentò Harry, dirigendosi verso la sedia – con
delle
catene appese – al centro della stanza. Si sedette, ma si
rammaricò del fatto
che le catene non lo incatenassero.
“Peccato”
pensò “sarebbe stato davvero molto
goth”. Poi
guardò su – o meglio, cercò di guardare
su, dato che si era fulminata la
lampadina –. Insomma, guardò su e vide che al
centro della folla c’era il
MiniMinistro della MagiMagia, Cornelius Caramella.
«Sei
pronto?» chiese il MiniMinistro rivolto verso il
basso. Harry vide il fratello di Ron, Percy Weasley.
«Sissignore!»
rispose Percy.
«Udienza
Disciplinare di venerdì diciassette agosto»
annunciò Caramella «per violazioni commesse contro
il Decreto per la Stupida
Legge di Restrizione delle Arti Magiche tra Minorenni e lo Statuto
Internazionale Noi-Non-Esistiamo da Harry Mystryss
e-qualche-altro-nome-che-non-mi-ricordo Potter, residente al numero
diciassette
di Privet Drive, Londra, Gran Bretagna, Europa, Pianeta Terra, Via
Lattea,
Universo. Inquisitori: Cornelius Caramella, MiniMinistro della
MagiMagia;
Hannabel Lecter, Direttore dell’Ufficio Applicazione della
Legge e delle
Torture sulla Magia; Ahi-Che-Dolores Umbridge, Sottosegretario Sadico
del
MiniMinistro. Scrivano – e scrivania – della Corte:
Percy Weasley; testimone
per la difesa: Albus, e un’altra ventina di nomi che non sto
ad elencare,
Smilente – che tra l’altro si pronuncia
“smailente” –».
Smilente
– che si pronuncia “smailente”, ma ormai
l’anno
capito tutti e quindi e inutile specificarlo ancora… almeno
si spera – avanzò
con il suo perenne sorriso stampato in faccia e gli occhi da volpe.
Avanzò,
quindi e guardò su verso i membri del Wizard-gamot. Non
vedendoci niente,
comunque, perché si era fulminata la lampadina. Harry lo
guardò seccato
chiedendosi perché non lo guardava con ammirazione
reverenziale – ma insomma,
perché non lo guardava?! Tutti volevano guardarlo, sempre!
–. Smilente – ci
siamo capiti, no? – evocò una sedia tracciando un
cerchio alchemico sul
pavimento e recitando un mantra voodoo, mettendo le mani nella
posizione della
tigre.
«Onkirikirivajaraunhatta…
ONKIRIKIRIVAJARAUNHATTA!» recitò.
Con un turpiloquio – parola che non c’entra una
mazza – di tuoni, fulmini e
saette, comparve… il drago delle sette sfere.
«Ah
no, ho sbagliato» si giustificò Smilente.
Aggiunse un
trattino di zerodue millimetri al cerchio
alchemico, e apparve una sedia. Smilente si sedette, sempre con il
sorriso
idiota e gli occhi da volpe. Caramella, che fino ad allora si era
ripetutamente
colpito in testa con il martelletto da giudice, sfilò un
foglio.
«Dunque.
Le accuse. Sì. Le accuse sono le seguenti: che
consapevolmente, deliberatamente e in piena conoscenza delle sue
azioni, avendo
ricevuto un precedente avvertimento scritto dal MiniMinistero della
MagiMagia
per un’accusa analoga, l’imputato ha prodotto un
Incanto Patronus in una zona
abitata da Babbei, in presenza di un Babbeo, il xxx agosto alle
diciassette e
diciassette, ciò che costituisce violazione al Decreto della
Stupida Legge di
Restrizione delle Arti Magiche tra Minorenni, 1717, Comma K,
nonché
all’articolo 17 dello Statuto Internazionale
Noi-Non-Esistiamo. Lei è Harry
Mystryss ecc. ecc. Potter e vive al numero diciassette di Privet Drive,
Londra,
Gran Bretagna ecc. ecc.?!»
«No»
rispose sarcastico Harry «Sono il suo gemello figo».
Purtroppo
per lui, Caramella non colse il sarcasmo e andò
avanti imperterrito.
«Lei
ha ricevuto un’ammonizione scritta dal MiniMinistero
per aver praticato magia illegale xxx anni fa? Eppure lei ha evocato un
Patronus la sera del xxx agosto? Sapendo che non le è
permesso usare la magia
al di fuori del manicom… scuola fino al raggiungimento della
maggiore età?Sapendo
di trovarsi in una zona piena di
Babbei? Pienamente consapevole di essere in stretta vicinanza con un
Babbeo in
quel momento?” domandò a mitraglietta Caramella.
Il cervello
di Harry si sovraccaricò.
«Argh!»
gemette Harry, tenendosi la testa. Poi, lentamente,
utilizzò la tecnica per svuotare la mente insegnatagli da
Chuck Norris – la
quale, resterà un segreto – e si calmò.
«L’ho
fatto per i Dissennatori!» esclamò alla fine.
«Sì,
certo, come no!» lo schernì Cornelius «E
io sono un
homunculus».
«Ma
è vero, porca troia!» si arrabbiò Harry.
«Infatti
c’è un testimone» intervenne Smilente
– che si
pronuncia “smailente”, tra l’altro -
ritornato dal suo mondo mentale fatto di
piantine e fumo colorato. La porta si aprì ed
entrò… suspance… rullo di
tamburi… violini… flauti…
ottoni…la signorina Figg.
«D’oh!»
esclamò Harry, stupito&deluso
contemporaneamente. La gattara avanzò timidamente nella
sala. Cioè, impiegò tre
quarti d’ora per percorrere cinque metri. Poi si
appollaiò con delicatezza
sulla pagliuzza di una sedia evocata con frizzi, lazzi e pompa magna da
Smilente – che sembrava divertirsi un sacco con quegli
assurdi riti – e che si
pronuncia “smailente”, sia chiaro –.
«Nome
completo?» domandò minaccioso Caramella
– una
minacciosa caramella…
«Arabella
Figg» rispose timidamente la signorina, con una
foce di parecchi decibel al di sotto della media captata da un orecchio
umano.
«Eh?»
fece Caramella. Grosso errore. La signorina Figg
entrò in assetto da combattimento, la mutazione accompagnata
dalla colonna
sonora di Transformers, il cartone animato.
«ARABELLA
FIGG!» gridò, con il tono di voce della bambina
dell’esorcista potenziato di parecchi decibel.
Caramella
cadde, ovvero prese il volo da parecchi metri
d’altezza e si spappolò tragicamente sul suolo.
Dopo che Hannabel Lecter e la
Umbridge l’ebbero pescato su con un gancio da baleniera,
l’udienza poté
ricominciare.
«E
chi è lei di preciso?» chiese, tamponandosi il
sangue e
guardando intimorito Figg, che ora sbavava formando pozzanghere sul
pavimento.
«Sono
un abitante di Privet Drive, vicina di casa di Harry
Mystryss Darque ecc. ecc. Potter. Sono una non-strega»
rispose Figg, sempre con
la stessa voce ma ad un livello più basso.
«Qual
è la sua versione?» domandò Cornelius.
«Ero
uscita per comprare del plutonio nel mercato nero di
XYZ, erano circa le diciassette e diciassette»
raccontò la signorina Figg
«quando ho sentito un rumore nel vicolo che unisce x2+x-2
e
CTRL-MAIUSC-ALT. Sono andata là e ho visto due Dissennatori
che correvano…»
«Correvano?!»
intervenne Hannabel Lecter «I Dissennatori
non corrono!»
«Filavano…»
«No!»
«Fluttuavano…»
«No!
«Strisciavano…»
«No!»
«Ballavano…»
«No!»
«Emergevano…»
«No…»
«Cantavano…»
«…»
«Scivolavano…»
«Alleluja!»
«Scivolavano
lungo il vicolo verso quelli che sembravano
due ragazzi – cioè un porcospino antropomorfo e un
gran bel pezzo di figo – e
poi hanno aggredito i ragazzi. Uno di loro indietreggiava e poi ha
evocato il
Patronus e li ha fatti scappare. The End» e si
applaudì da sola.
Hannabel
Lecter la guardava come si guarda un pazzo.
Caramella giocava a Spider sul portatile. Alla fine della partita
– «Ma porca…»
– alzò gli occhi.
«Bene»
disse «Può andare». La signorina Figg,
ormai
definitivamente uscita dall’assetto di combattimento,
scivolò giù dalla sedia e
strisciò – come fa qualche volta Pingu –
fuori dalla porta.
«Un
testimone non molto convincente» commentò
Caramella «e
poi, non mi sembra molto probabile che una coppia di Dissennatori se ne
andasse
in giro per Privet Drive e per caso avessero incontrato un
mago».
«Oh,
io non penso che nessuno di noi pensi che gli altri
pensano pensando che lo pensino ma magari in realtà non
pensano di pensarlo
anche se io penso che lo pensino… che i Dissennatori fossero
là per caso»
intervenne Smilente – che si pronuncia
“smailente”, tra l’altro –
sorridendo
come un’idiota.
«E
questo cosa vorrebbe dire?» chiese Caramella glaciale
come un Polaretto.
«Vuol
dire che secondo me hanno ricevuto l’ordine da
qualcuno» spiegò Smilente – che si
pronuncia “smailente”, tra
l’altro” -.
«Ci
sarebbe traccia nei registri se qualcuno nel
MiniMinistero avrebbe ordinato a una coppia di Dissennatori andassero
in giro
per Privet Drive!» abbaiò Caramella –
bau.
«Non
se i Dissennatori prendono ordini da qualcuno che non
è il MiniMinistero» sorrise spasticamente
– come al solito –
Smilente-che-si-pronuncia-“smailente”
«Ti ho già esposto le mie opinioni in
proposito».
«Peccato
che tu sia un idiota» replicò stancamente
Caramella, passandosi una mano sugli occhi.
«Allora
vuol dire che qualcuno del MiniMinistero ha
ordinato ai Dissennatori di andare a Privet Drive» concluse
Smilente – che si
pronuncia “smailente”, tra l’altro
–.
«La
parola a Ahi-Che-Dolores Umbridge, Sottosegretario
Fetish Sadico del MiniMinistero» annunciò alla
fine Caramella.
La Umbridge
si sporse e Harry la vide per la prima volta.
Era una donna sulla trentina, tutta vestita in succinti abiti di pelle
lucida,
piena di borchie, catene, e con una frusta appesa alla cintura.
«Oh
oh oh!» rise Ahi-Che-Dolores, giocherellando con le
borchie killer del collare «Per un attimo ho creduto che lei
avesse accusato il
MiniMinistero di aver sguinzagliato due Dissennatori per aggredire
questo…»
guardò insistentemente Harry, sbavando
«…ragazzo» – dicendo
“ragazzo” come se
avesse voluto dire “oggetto per la riproduzione”.
Harry rabbrividì.
«Se
è vero che i Dissennatori prendono ordini solo dal
MiniMinistero, e due Dissennatori hanno aggredito Harry e suo cugino la
settimana scorsa, e l’acqua è bagnata, e
l’autrice e sclerata, e oggi piove, e…
ne consegue logicamente che il MiniMinistero ha dato l’ordine
di aggredirli»
espose le sue teorie Smilente – che si pronuncia
“smailente”, tra l’altro –
«A
meno che non ci siano Dissennatori fuori controllo».
Ahi-Che-Dolores
si alzò in piedi e mise un piede calzato da
uno stivale di pelle a punta e con un tacco a spillo alto diciassette
centimetri sul banco davanti a se.
«Non
ci sono Dissennatori fuori dal controllo del
MiniMinistero… Bwahahahahahahahahahah
ahahahahahahahahahahahahahahah!!!» rise
sguaiatamente la Umbridge, agitando la frusta a destra e a manca e
colpendo –
involontariamente, sembra – senza pietà i poveri
membri del Wizard-gamot.
«Allora
sicuramente il MiniMinistero chiamerà i R.I.S.,
C.S.I. e l’N.C.I.S. e condurrà
un’indagine approfondita per scoprire perché due
Dissennatori se ne andavano allegramente a passeggio a Privet Drive
cercando di
molestare il mio pupillo” sorrise Smilente – che,
come si sarà oramai capito,
non smetteva un attimo di sorridere, e perciò si pronuncia
“smailente” –
affabilmente.
«Non
sono cazzi tuoi» rispose maleducatamente Cornelius
Caramella «Va bene, facciamola finita che questo capitolo si
è trascinato a
sufficienza. Alzi la mano chi vota per
l’assoluzione!». La maggior parte dei
presenti alzò la mano.
«Molto
bene…» concluse Caramella “Anzi, molto
male.
Assolto.” E batté il martelletto sul banco,
riducendolo in mille schegge di
legno che gli si infilarono… dappertutto. Smilente
– che si pronuncia “smailente”
– sorrise – *smile* – e uscì
dall’aula, lasciando Harry seduto sulla sedia come
un’idiota.
«Uaaaai…
eeeem… siiii… eeeei…»
canticchiò Smilente,
saltellando come Heidi, Heidi le caprette ti fanno ciao.
«Che
schifo di capitolo» commentò Harry «Ho
detto pochissime
battute e non c’è neanche una farse che sottolinei
in pieno il mio sex appeal».
Capitolo 10 *** 09_Le Seghe Mentali della Signora Weasley ***
CAPITOLO 9
LE
SEGHE MENTALI DELLA
SIGNORA
WEASLEY
Harry rimase
come un idiota seduto sulla sedia, aspettando
che qualcuno gli dicesse che poteva andare. Alla fine perse la pazienza
e se ne
andò. Fuori dalla porta, Arthur Weasley si era rosicchiato
tutte le unghie
delle dita, che adesso erano più corte di almeno una
falange.
«Assolto»
disse disgustato Harry, mentre il signor Weasley
banchettava con le proprie dita. La porta si riaprì ed
uscì il Wizard-gamot al
completo.
«Per
tutte le canne di Bob Marley!» esclamò il signor
Weasley «Sei stato giudicato dalla corte plenaria, porca
troia?!».
«E
che cazzo ne so io?!» rispose Harry, cercando di
pettinarsi specchiandosi sulla superficie scarsamente riflettente del
portone.
«Bon,
andiamo a casa, così dai agli altri la splendida
splendente notizia!» esclamò allegramente il
signor Weasley, prendendo Harry
per il braccio.
A Harry
tornò in mente la trappola mortale altrimenti nota
come ascensore e cominciò a tremare. Era quasi in lacrime,
mentre il signor
Weasley lo trascinava per il corridoio, quando i due incrociarono
l’ultima –
no, forse la penultima… la terzultima? – persona
che Harry avrebbe voluto
vedere in quel momento. Lucius Malfoy stava parlando con Caramella
– ovvero
stavano confrontando lunghezza e colore dei propri capelli –.
Poi si accorse di
Harry.
«Aaah…
il MiniMinistro mi stava giusto raccontando
dell’udienza» disse Lucius, sparando una balla
grossa come una casa «Hai un
culo tremendo, vero? Riesci sempre a cavartela… Allora,
andiamo su nel suo ufficio,
MiniMinistro?» chiese poi a Caramella.
«Eh?»
chiese Cornelius, un tantino fuori dal mondo «Ah, nel
mio ufficio, sì…» e se ne
andò con Lucius.
«Chissà
a fare cosa» borbottò perfidamente sottovoce Harry.
Fortunatamente,
il signor Weasley non lo sentì, e continuò
a trascinarlo per il corridoio, verso la macchina infernale ascendente.
Harry
finì di pregare il suo Dio Oscuro e rassegnato
entrò nell’ascensore.
«Addio,
mondo crudele» disse, mentre le malevoli porte gli
si richiudevano in faccia.
* * *
«Ce
l’ho fatta!!!» gridò Harry aprendo la
porta di casa
Black, mentre dietro di lui si vedeva una luce bianca accecante
«È fatta! È
fatta! È fatta! È fatta! È fatta!
È fatta! È fatta! È fatta!
È fatta! È fa… Chi
cazzo ha acceso quel neon?!» chiese poi, voltandosi a vedere
chi fosse il
responsabile di quella cosa così poco goth e così
tanto dannosa.
«Ah»
commentò Ron, seduto sul divano e avvolto da una cappa
di aura negativa che quasi non lo si vedeva, in piena crisi
esistenziale.
«Ah»
commentò Hermione mentre, abbandonato Devil May Cry,
si dilettava con Resident Evil e si divertiva a mandare gli zombie
all’altro
mondo – o meglio, a RImandare – con la sua solita
aria da pazza omicida.
«Minchia,
che entusiasmo…» commentò infine Harry,
afflosciandosi – in maniera sensuale, s’intende
– per la delusione.
«Harryyy!»
trillò la signora Weasley correndo verso di lui,
le braccia spalancate. Proprio in quel momento, però, Harry
stava
afflosciandosi per la delusione, e quindi la signora Weasley
finì per
abbracciare il cilindro al neon elettrico per ammazzare le zanzare.
«Harry
caro» gli disse poi, con una pettinatura degna di
quella di Bill Kaulitz, più comunemente chiamata
“due dita nella presa” «avrai
fame. Vieni, che ti nutro!». Detto questo, lo
afferrò per un braccio.
«Sta
diventando un vizio…» borbottò Harry,
ormai stufo di
essere trascinato a babordo e a tribordo come una bambola.
* * *
C’era
una persona, però che non sembrava contenta della sua
assoluzione. Il suo padrino Sirius, infatti, era diventato
più scontroso e
irascibile che mai, dato che ogni volta che qualcuno gli si avvicinava
gli
chiedeva il pizzo, e se ne stava tutto il giorno nella sua camera con
Squartabecco.
“Ma
guarda” pensò Harry “non sapevo che il
padrino avesse
queste tendenze”.
* * *
Harry
passava le giornate a fantasticare su OhSchwartz –
quando non doveva fuggire dalle attenzioni di Tonks e della signora
Weasley e
quando non veniva molestato da Cracker – e a rendersi ancora
più attraente di
quanto non fosse. Nei più profondi meandri della casa
oscura, Harry aveva
trovato una piastra lisciante agli ioni e un set completo anti-doppie
punte, e
ora era al settimo cielo. La mattina del suo ultimo giorno in quella
catapecchia ammuffita, Harry stava ammirandosi nello specchio quando
entrò Ron
con due buste. Sembrava meno depresso del solito.
«Ti
vedo meno depresso del solito» constatò Harry
stupito.
«È
che finalmente la finiamo con questi capitoli noiosi e
passiamo a qualcosa di più divertente…
forse» spiegò Ron, anche se ora non ne
sembrava più così sicuro. Poi gli tirò
la lettera come uno shuriken.
«Sono
arrivate le lettere con i libri di testo da
OhSchwartz».
Harry
sfilò la busta che gli si era piantata sulla fronte e
la aprì. Dentro c’erano due fogli: uno con
l’elenco dei libri di testo e
nell’altra c’era scritto:
La
scuola comincia domani.
«Cazzo,
quanto preavviso» commentò stizzito. Poi la sua
attenzione si focalizzò sull’elenco dei libri di
testo. Solo due nuovi: Il
Libro Standard degli Idioti volume Diciassette e Teoria
della Magia
Sado-Masochista. Si materializzarono i gemelli Weasley.
“Sembra
che Smilente abbia trovato un nuovo insegnante di
Corruzione Verso le Arti Oscure” disse Fred, mentre faceva un
fliyng drop a
George.
«Sembra
che Smilente abbia trovato un nuovo insegnante di
Corruzione Verso le Arti Oscure» gli fece eco George,
prendendolo in pieno e
sputando sangue.
«Cos’hai,
Ron?» gli chiese Harry, mentre l’amico guardava
la lettera con un’espressione che era un misto tra
l’irritato, il depresso, il
disgustato e un’altra ventina di emozioni –
negative – diverse messe insieme –
cosa assai spettacolare da vedere –. Fred gli andò
vicino e gli prese la
lettera dalle mani. Dalla busta cadde una spilla di dubbio gusto.
«Oooh,
una spilla da Perfetto» commentò Fred.
Poi si
girò verso il gemello guardandolo con un’aria di
sfida da provaci-e-ti-faccio-la-619. George se ne stette zitto e buono.
In quel
momento entrò Hermione, anche lei con una spilla identica.
Hermione guardò Ron.
Ron guardò Hermione. I due si guardarono, persi in un
dialogo silenzioso che
durò parecchi minuti – diciassette, per la
precisione –. Poi entrò la signora
Weasley che, non appena vide la spilla da Perfetto nelle mani di Ron,
esplose
come un petardo.
«Oooooh,
Roooon!!! Perfetto!!! Cioè…
Perfetto!!!» chiocciò
svolazzando a qualche metro da terra. Poi strinse Ron in un abbraccio
stritolante. L’aura di apatia di Ron si infittì.
«Ora
mi autolesiono» commentò il nostro mancato suicida
preferito con voce sepolcrale, mentre la madre lo strangolava.
«Oh,
immagino che tu voglia un regalo» constatò Molly
Weasley «Cosa vuoi?» chiese al figlio.
«Niente»
rispose Ron, perso in una spirale depressiva
sempre più profonda.
«Ma
come siamo pretenziosi!» cinguettò la signora
Weasley,
come se Ron avesse appena chiesto in regalo la Luna, il monte Everest e
il
Dalai Lama. «Una cosa sola. Cosa vuoi? Un aspirapolvere? Una
moto? Uno yacht?
Una scatola di preservativi? O magari due?» chiese a
mitraglietta la signora
Weasley.
Ron
– la cui espressione era indecifrabile, a causa dei
capelli che gli nascondevano il viso – perse i contatti con
il mondo esterno.
«Va
bene, ti compro la scopa!» decise autonomamente la
signora Weasley, mentre usciva dalla stanza.
Harry,
seccato per le innumerevoli righe dedicate al suo
immeritevole e indifferente amico, spinse tutti fuori dalla stanza e si
concesse una seduta calmante in compagnia della piastra lisciante agli
ioni –
il kit contro le doppie punte lo aveva buttato, cosa se ne faceva? Ma
insomma,
era famoso per la sua chioma perfetta! Tenere un kit contro le doppie
punte era
un insulto al suo sex appeal! – e dello specchio.
Passò il resto della giornata
a cercare la sua roba sparsa in giro per la casa, fuggendo da Tonks che
si
ostinava a volerlo aiutare a fare i bagagli, finché Harry
non la chiuse in un
armadio, che poi gettò dalle scale della cantina,
chiudendone la porta con
diciassette lucchetti e varie catene. Quella sera c’era una
sorta di
festicciola. Quando Harry scese, trovò in cucina Sirius,
Malocchio Moody, Kingsley
Shacklebolt, Ninfadora Tonks – come cazzo era riuscita a
scappare dalla
cantina?! – e Remus Lupin.
«Alastor»
disse la signora Weasley «Credo che nella
scrivania di sopra ci sia annidato un Flaccido… potresti
dare un’occhiata?»
Malocchio
Moody prese gli occhiali a raggi x che aveva
trovato nelle patatine quattro anni prima, li infilò e
guardò Remus Lupin.
«Ehi!»
esclamò Lupin, coprendosi le parti incriminate.
Moody
guardò su, verso il salotto in cui si trovava lo
scrittoio.
«Sì»
disse alla fine «È un Flaccido. Vuoi che me ne
liberi?».
«No,
faccio io» ribatté la signora Weasley, mentre la
porta
si apriva. Entrarono il signor Weasley e suo figlio Bill, portandosi
dietro Mundungus
Fletcher.
«TUUUU!»
ululò Harry «BASTARDO!». Ed estratto un
coltello
lungo diciassette centimetri, cominciò a correre dietro a
quello spregevole
individuo a causa del quale aveva quasi perso l’anima.
Ad un certo
punto della serata, la signora Weasley uscì,
dicendo che andava a sistemare il Flaccido. Poco dopo se ne
andò anche Harry,
visto che il suo tentato omicidio non andava a buon fine e tutti
parlavano tra
loro invece di ammirarlo. Era arrivato a metà scala, quando
senti una risata
isterica. Aprì la porta da cui proveniva e si
trovò davanti la signora Weasley
che rideva come un’ossessa, mentre davanti a lei
c’era… il signor Weasley con
un tanga rosa bordato di pelliccia bianca e un boa fucsia attorcigliato
intorno
al collo! Harry corse in bagno a vomitare.
«Un
momento» pensò «Non può
essere, il signor Weasley è di
sotto che racconta barzellette sporche…».
Tornò
di corsa nella stanza e, al posto del signor Weasley,
c’erano Malocchio Moody e Remus Lupin, il primo con un
armatura medioevale rosa
decorata con delle margheritine bianche e il secondo vestito da
marinaretta. La
signora Weasley si rotolava sul pavimento ridendo come
un’invasata.
All’improvviso, la porta si spalancò sulla faccia
di Harry ed entrò Remus
Lupin. Alla vista del suo sosia in divisa, divenne rosso, poi viola,
poi verde,
poi blu… e dopo aver passato tutte le tonalità
dell’arcobaleno, fece un
incantesimo.
«Dementicus!».
Harry
uscì dalla stanza massaggiandosi il naso preoccupato
per il fatto che potesse gonfiarsi e compromettere la sua celestiale
bellezza.
Rassicurato dal fatto che l’urto non avesse danneggiato la
sua statuaria
avvenenza, se ne andò a dormire.
Harry
passò una notte inquieta. Sognò che la signora
Weasley ballava sul cadavere di Cracker, mentre Hermione lo prendeva a
calci e
Ron se ne stava rannicchiato in un angolo avvolto dalla sua solita,
fitta aura
viola e nera. Infine, Harry sognò che correva su un
monopattino lungo un
corridoio, e si schiantava contro la porta sul fondo. Si
svegliò di
soprassalto, mentre Ron gli stava parlando.
«Meglio
muoversi. Siamo in ritardo» disse, disteso sul
letto.
In casa
c’era un gran casino. Fred e George stavano di
nuovo partecipando ad un incontro di wrestling uno contro
l’altro, e avevano
coinvolto la povera Ginny, che era rotolata giù per le
scale. Il rumore aveva
risvegliato la madre di Sirius, che urlava insieme alla signora Weasley.
«POTEVATE
FARLE MALE SUL SERIO, IDIOTI!» urlava Molly
Weasley, come da copione.
«CANTAMI
O DIVA DEL PELIDE ACHILLE… NELLA MIA GIOVANEZZA HO
NAVIGATO LUNGO LE COSTE DALMATE…» urlava la
signora Black.
Harry stava
finendo di lucidare gli stivali in modo che
neanche un granello di polvere potesse resistere sulla loro superficie,
quando
entrò Hermione tenendo in braccio il suo gatto Raschiatibie.
«Are
you readyyy?!» gli chiese, imitando Dante, non
Alighieri, bensì Sparda.
«Quasi»
rispose «Ginny sta bene?» chiese poi.
«Quando
gli avranno riattaccato tutti gli arti starà bene»
rispose Hermione “Ma Malocchio scassa dicendo che se non
arriva Sturgis Podmore
mancherà qualcuno alla scorta. Devi andare a
Evil’s Cross con la scorta”.
Harry a
questo punto si scazzò veramente. Saltò in piedi
e
corse fuori dalla casa urlando come se fosse posseduto. Uscendo,
passò davanti
a Malocchio Moody.
«Ehi,
e la scorta?» chiese Malocchio alla scia di fumo che
Harry si era lasciato dietro.
Harry corse,
corse, corse e corse fino a Evil’s Cross, dove
giunse alla barriera che divideva la stazione dal binario diciassette e
diciassette diciassettesimi e… Si spaccò il
cranio contro la barriera
sbagliata.
«Waaaaaaaah,
porca troia!» urlò Harry piangendo e
contorcendosi sul pavimento della stazione. Arrivò la
signora Weasley, che
aveva scippato un motorino a un poliziotto per raggiungerlo. Poi, senza
farsi
vedere da nessuno, gli fece un incantesimo per guarirgli la testa.
«Aggiustus
Testus!» disse, con il latino dei poveri.
Purtroppo
qualcuno al vide, e la folla urlante la rapì
urlando cose come “eretica” e “al
rogo”. Harry, riaggiustato e come nuovo,
balzò in piedi e si fiondò attraverso la barriera
(quella giusta, stavolta),
cercando di seminare il tizio del MiniMinistero che voleva confiscargli
la
pistola magica. Entrato al binario, si accascio, con un gemito
sensuale, su una
panchina. Poco dopo arrivò Malocchio trascinando il suo
baule, che caricò sul
treno insieme alla gabbia di Edwig. Dopo che lo ebbe fatto, Harry
schizzò sul
treno, dove trovò Hermione e Ron.
«Cerchiamo
uno scompartimento?» chiese Harry.
«Dobbiamo
andare nel vagone dei Perfetti» lo informò
Hermione «Che rottura di coglioni!»
I due si
allontanarono trascinando la gabbia di Leatorda e
la cassaforte in acciaio inossidabile rinforzata in ferro di
Raschiatibie, e
Harry rimase con Ginny.
«Andiamo»
disse Ginny «se riusciamo a nasconderci bene,
quei due non riusciranno a trovare posto dopo, muahahah!»
«Giusto…
bwahahah!» rispose Harry.
I due sadici
amici si avviarono lungo il vagone, e dopo
aver percorso i diciassette km di treno…
«Minchia,
ma quanto è lungo ‘sto treno?!» si
chiese Harry,
esausto.
…arrivarono
all’ultima carrozza, dove incontrarono Neville
Paciock con il suo alligatore Oscar.
«Ciao
Harry» disse «Ciao Ginny… non riesco a
trovare un
posto, mi spingono tutti fuori dagli scompartimenti ridendomi in
faccia… sigh».
«Li
capisco…bwahahahah!» gli disse Harry, ridendogli
in
faccia.
«Sigh»
sospirò Neville.
«Ma
che dici, qui è vuoto, c’è solo Luna
“Lunatica”
Peace&LoveGood” disse Ginny.
«Mmh…
ah, però!» assentì Neville,
riprendendosi. Ginny aprì
la porta dello scompartimento.
«Ciao
Luna. Possiamo sederci qui?» le chiese Ginny. La
ragazza li squadrò per qualche istante.
«Non
vorrete mica portarmi via la mia scorta di Nargilli,
vero?» chiese minacciosa. Quando i tre negarono, Luna
cambiò atteggiamento
«Aaah, allora sì!». I tre si sedettero.
Passò il tempo.
«Indovinate
cosa ho ricevuto per il mio compleanno» disse
ad un certo punto Neville.
«Non
ci frega» rispose Harry, continuando a pettinarsi e
guardando il proprio riflesso nel vetro del vagone.
«Un
cervello?» provò ad indovinare Ginny.
Neville si
inginocchiò in un angolino a tracciare
cerchietti per terra con il dito, circondato dalla stessa aura di Ron.
In quel
momento, la porta si aprì ed entrò Cho Chang, una
della squadra di Kwidditch di
una Casa rivale.
«Oh,
ciao» le disse Harry, che aveva visto il suo riflesso
sul vetro. La ragazza svenne, cadde all’indietro e
rotolò fuori dal vagone. La
porta si chiuse.
«Meglio
che vado a vedere come sta» disse Harry, stupendo
tutti per il suo improvviso attacco di altruismo. Dopo parecchio tempo
rientrò.
«Hai
la cerniera dei pantaloni aperta…»
osservò Neville,
troppo stupido per capire.
«Oooh,
ehm… ma guarda, queste cerniere…» si
giustificò
Harry, mentre Ginny usciva di corsa dallo scompartimento per cercare un
bagno
in cui vomitare.
Arrivarono
Hermione e Ron. Ron scacciò Neville dal suo
angolino depresso e prese il suo posto, mentre Hermione
scacciò Ginny – che nel
frattempo era tornata – per prendersi il suo. In quel
momento, entrarono Draco
Malfoy e la sua gang, ovvero Vincent Tiger e Gregory Goyle.
«Ciao,
tesssoro!» trillò Draco, a Harry, evidentemente.
«Evapora,
scarafaggio omosessuale» lo schernì malignamente
Harry.
«Cattivo!»
piagnucolò Malfoy «guarda che potrei metterti in
castigo» lo avvisò, abbandonandosi a
chissà quali fantasie censurabili.
Harry lo
spinse fuori dalla porta a calci nel didietro.
Dopo un po’ arrivarono in vista di OhSchwartz.
«Meglio
cambiarsi» li avvisò Hermione. Poi, guardando
Harry, Neville e Ron «Voi fuori» e gli sbatte la
porta dello scompartimento in
faccia.
«Simpatica»
commentò Neville, mentre Harry cercava di
cambiarsi e contemporaneamente si pavoneggiava per le ragazze che
sbirciavano
dagli altri scompartimenti.
«Quando
hai finito il tuo strip-tease» lo interruppe Ron,
che si era misteriosamente già cambiato, «noi
abbiamo finito».
In un modo o
nell’altro, riuscirono a scendere dal treno, e
Harry si avviò verso le solite carrozze senza cavallo che
portavano alla
scuola. Però, guardando bene con i suoi meravigliosi occhi
cerulei – ma sono
verdi! ndHarry – si accorse che, in effetti, quelle carrozze
non erano
propriamente senza cavallo. Delle repellenti creature rosa e azzurre,
con
lunghe criniere e code glitterose e sbrilluccicanti, ali candide e
piumate e
orribili tatuaggipucciosi
sulle cosce,
erano attaccate alle carrozze.
«Argh!»
gemette – in maniera sexy, s’intende –
Harry «questo
uccide il mio essere goth! Ehi, Ron, guarda! Cosa sono queste cose
tremendamente mielose?» chiese all’amico. Il
comatoso Ron si girò verso Harry.
«Cosa?»
domandò. Harry lo prese, lo strattonò, e lo
piazzò
davanti ai repellenti esseri.
«Cosa?»
ripeté Ron.
La brillante
mente di Harry cominciò a fare 2+2:
- Ci sono
delle cose pucciose terrificanti attaccate alle
carrozze.
- Io le
vedo.
- Ron dice
sempre “cosa”.
- Ron non
le vede?
«Tranquillo»
disse una voce alle sue spalle, interrompendo
le sue brillanti macchinazioni «io li vedo i My Little Pony,
sei sano di mente
quanto me». Harry si girò e vide Luna
Peace&LoveGood, con l’aria di chi è
appena stato ad impasticcarsi ad un rave party.
«Porca
troia, adesso sì che mi preoccupo!» si
preoccupò il
nostro affascinante eroe.
Capitolo 12 *** 11_La Nuova Hit del Cappello Cantante ***
CAPITOLO 11
LA
NUOVA HIT
DEL
CAPPELLO
CANTANTE
Le carrozze
si avviarono lungo il viale decorato da
cinghiali alati (“Signoriiiinaa… al cinghiale non
puoi fargli caro caro, perché
se no ti uccide!” ndMio-ex-prof-di-biologia) e infine
arrivarono davanti alla
porta di OhSchwartz. Harry e compagnia bella entrarono nella Grande
Sala, dove
i quattro lunghi tavoli delle Case si stavano lentamente riempiendo.
Harry, Ron
e Hermione si sedettero a metà del tavolo, vicino a
Nicholas, il fantasma di
Grifonplatino.
«…ka?»
disse il fantasma. I tre lo ignorarono, e Hermione
guardò il tavolo degli insegnanti.
«Chi
è quella?» domandò ad un certo punto.
Harry si girò a
vedere – seccato perché Hermione lo aveva
interrotto mentre si rimirava in un
coltello –. Seduta al tavolo c’era la fetish goth
presente alla sua udienza.
«È
la Umbridge!» esclamò in tono drammatico
«Era alla mia
udienza, lavora per Caramella!».
«Lavora
per una caramella?» chiese stupidamente Ron, la cui
mente viaggia tra il cielo e la Terra
Il portone si
aprì,
ed entrò una fila di mocciosi – no, non i fan di
Moccia – che si sistemarono
davanti al tavolo dei professori. Entrò la professoressa
Minerva McGranitt,
portando una fiaccola come un tedoforo. Giunse davanti al tavolo degli
insegnanti e diede fuoco ad una struttura, che si infiammò e
rivelò un piccolo
palco su cui stava un cappello rosa sciòcching cosparso di
lustrini fucsia e
blu. Davanti al cappello, un microfono. Uno strappo vicino al bordo del
cappello si aprì come una bocca, e il Cappello si mise a
cantare:
Parlami
d’ammooooouuureeee se
Quando
nasce un fioooooooouuurrreeeeee……
Ci fu una
fuga di massa dalla Grande Sala, mentre i pochi
miserabili fan dei Negramaro venivano schiacciati dalla ben
più grande
maggioranza di coloro che provavano repulsione al sentire quella
canzone. La confusione regnò sovrana, mentre i poveri
studenti si tappavano le
orecchie, per salvare i propri delicati timpani dalle terrificanti note
di una
canzone al cui confronto l’Avada Kedavra è un
massaggio shiatsu in riva al
mare. Harry, Ron e Hermione si rifugiarono sotto il tavolo –
dove quest’ ultima
non perse occasione di rivelare il suo perverso sadismo infilzando
forchette e
coltelli nelle gambe dei passanti –. Intanto, il cappello
cantante aveva finito
l’obbrobrioso attentato alla musica mondiale, e
attaccò con quella preferita
dai piromani:
Bruuuuuci
la città…
E
croooolli il grattacielo…
Dopo la
semidistruzione della Grande Sala, e la fine dei
canti letali, calò il silenzio, la calma e la
tranquillità. Si alzò il preside.
«Ai
nuovi studenti… benvenuti (smile)!Ai nostri vecchi amici… bentornati (smile)!
C’è un tempo per i discorsi, ma non è
questo. Abbuffatevi (smile)!».
Mentre Harry
cercava pietanze ipocaloriche per mantenere
statuario il suo fisico, e Hermione maneggiava pericolosamente un paio
di
coltelli da macellaio, Ron passò la cena a fissare il
proprio piatto (vuoto),
avvolto nella sua solita aura depresso-oppressa.
Quando tutti
gli studenti ebbero finito di mangiare – nel
caso di Ron, di non-mangiare – Smilente – che si
pronuncia “smailente” – si
alzò di nuovo.
«Ora
che ci siamo goduti questo splendido banchetto… avvisi
alla comunità» disse, come in chiesa, sfilando una
pergamena da sotto il
mantello. «Quelli del primo anno devono sapere che
l’accesso alla foresta
proibita è… beh, proibito (smile)
perché è pericoloso (smile). Non lo dico
perché temo per la vostra incolumità (smile), ma
perché dopo il corpo
insegnanti deve rompersi i cosiddetti per venire a cercare i vostri
cadaveri
(smile). Poi, il signor Gazza, il custode, mi ha chiesto di ricordarvi
che è
vietato usare la magia nei corridoi tra le classi, e altre duemila cose
che
potete leggere sulla lista appesa alla porta del suo ufficio che
comincia là e
finisce a circa venti km a sudovest da qui. Poi… abbiamo due
nuovi insegnanti.
La prima è la professoressa General, che terrà le
lezioni di Difesa dalle
Creature Magiche, mentre l’altra è la
professoressa Ahi-Che-Dolores Umbridge,
che insegnerà Corruzione Verso le Arti Oscure. I provini per
le squadre di
Kwiddich si terranno…»
Ad un certo
punto, si interruppe: la professoressa Umbridge
si era alzata in piedi ed ora troneggiava sui suoi diciassette
centimetri di
tacco che sommati al suo metro e parecchio di altezza facevano sembrare
Smilente – che si pronuncia “smailente”
un nano da giardino. Questi si voltò
verso di lei, continuando a sorridere con il suo sorriso a
sessantaquattro
denti tirato da un orecchio all’altro, anche se qualcosa
nella sua espressione faceva
intuire pensieri non proprio benevoli. Accortosi che era evidente che
la nuova
arrivata volesse tenere un discorso, si sedette sempre con la sua
espressione
da
sto-sorridendo-amichevolmente-ma-vorrei-tanto-spaccarti-la-faccia,-brutta-stronza.
«Oh
oh oh, grazie Preside per le sue gentili parole di
benvenuto» esordì la Umbridge, nel suo
strizzatissimo completino fetish che
poco lasciava all’immaginazione «è bello
essere qui e vedere tutte queste
faccette felici che mi guardano!».
Harry si
guardò attorno, notando solo due tipi di
espressione, e nessuna delle due rientrava nella definizione di
“felice”: la
prima, per lo più sulle facce delle ragazze, era la tipica
espressione da
minchia-che-tette-ma-come-cazzo-fa-le-voglio-anche-io, mentre
l’altra, quella
da maniaco sessuale con bava da attacco epilettico alla bocca, era
causata dal
soprannominato strizzatissimo completino fetish che poco lasciava
all’immaginazione ed erano perciò persi nella
contemplazione del suo bel corpo
di trentenne. Tutti tranne Harry, che contemplava solo se stesso. E
Ron, che
non contemplava niente – anzi, per essere precisi, stava
ancora contemplando il
proprio piatto vuoto dall’inizio della cena.
«Non
vedo l’ora di conoscervi tutti, e sono certa che
diventeremo ottimi amici!» continuò la Umbridge.
Inutile
precisare che la stragrande maggioranza degli
studenti avrebbe superato volentieri il limite posto dalla parola
“amici”. Poi
la Umbridge si lanciò in un discorso lungo e ricco di
termini aulici dai
significati instrinsechi e sofisticati, ma tutto ciò che
capirono gli studenti
fu all’incirca:
«Bla
blabla, blabla bla bla blablabla blabla bla bla bla
blabla blabla bla bla blablabla…».
Quando
finì e si sedette, Smilente – che si pronuncia
“smailente” – applaudì, anche
se conservava l’espressione descritta qualche
riga fa, seguito a ruota dagli altri insegnanti.
Anche gli
studenti cominciarono ad applaudire, ma non
riuscirono neanche a prenderci gusto che il Preside si alzò
di nuovo.
«Allora,
come vi dicevo, i provini per…»
«Ma
insomma! Questa storia, come si intitola? Harry Potter!
E perciò di chi deve parlare? Di Harry Potter! E chi
è Harry Potter? Io sono
Harry Potter! E allora perché si sprecano tutte queste righe
per gli altri?!
Eh?! EH?! Cos’è ‘sta storia?!
Insomma!»
Tutti
presenti si voltarono verso di lui.
«Ecco,
bravi, così dovete fare, adorarmi!»
Il Preside,
senza smettere di sorridere, cercò a tentoni
qualcosa sotto il tavolo: un bottone, che premette. I vetri sul
soffitto si
sfondarono, ed uno squadrone della SWAT penetrò nella Grande
Sala. Mitra alla
mano, corsero tra i tavoli fino a raggiungere quello di Grifonplatino e
attorniarono Harry.
«Volpe
Furba a Bradipo Scemo, Volpe Furba a Bradipo Scemo.
Mi ricevi, Bradipo Scemo? Abbiamo individuato il soggetto, ripeto,
abbiamo
individuato il soggetto. Procedo
all’immobilizzazione»
«Ehi,
un attimo!» esclamò Harry
«Cos’è ‘sta storia?»
«Caro
Harry, lo sappiamo che ‘sta storia si intitola Harry
Potter, ma ciò non vuol dire che si debba parlare sempre di
te. Chiaro?!
Inibitelo!»
Lo squadrone
della SWAT estrasse delle cerbottane e sparò
qualche decina di dardi soporiferi addosso ad Harry, che si
addormentò sul
colpo. Lo sollevarono di peso e lo portarono fuori dalla Grande Sala,
poi lo
chiusero in uno sgabuzzino.
* * *
Nella Grande
Sala, mentre Harry veniva malmenato, Ron ed
Hermione si godevano le proprie righe.
«Dai,
muoviti, dobbiamo portare quelli del primo anno ai
dormitori»
Ron emise un
qualche verso liberamente traducibile con “Che
palle”.
* * *
Dopo essersi
liberato, Harry si diresse verso la Sala di
Ritrovo di Grifonplatino ma, una volta giunto davanti al quadro della
Signora
Grassa, si accorse che qualcosa non andava.
«Signora
Grassa! Lei non è più grassa!»
esclamò stupido
Harry, notando miracolosamente qualcosa che non riguardasse la sua
persona.
Infatti, durante l’estate, la signora grassa si era imbattuta
su internet in un
blog di anoressiche, e aveva deciso di aderirvi. Ora era la Signora
Anoressica.
«Ora
sono la Signora Anoressica» disse inutilmente la
Signora Anoressica, visto che le parole Signora e Anoressica sono
comparse ben
quattro volte in queste tre righe.
Dopo aver
assimilato, la cosa, Harry si rese conto che non
conosceva la parola d’ordine per entrare. Chissà
come mai, visto che durante la
cena, Smilente – che si pronuncia
“smailente” l’aveva pronunciata non meno
di
duemilasettecentonovantatre volte.
«Niente
parola d’ordine, niente ingresso!» lo
informò.
«Ma
và?» replicò Harry acido. Alle sue
spalle, ansante,
arrivò Neville.
«E
tu che cazzo vuoi?» lo aggredì Harry, voltandosi
verso
l’essere inferiore e facendo svolazzare la sua lunga chioma
corvina.
«Io
so la password! La password è… …
…non mi ricordo!»
Harry lo
prese per il bavero della divisa e lo scaraventò
giù per la tromba delle scale, quelle a cui piace cambiare,
e dopo qualche
secondo arrivò il rumore che segnalava che il povero
malcapitato aveva ormai
toccato il fondo – in tutti i sensi. Mentre Harry si
pettinava i capelli
scompigliati e cercava di farsi venire un’idea, la Signora
Grassa, pardon, la
Signora Anoressica ebbe uno dei suoi attacchi bulimici e corse fuori
dal
proprio quadro per andare nel Quadro dei Sanitari Felici qualche rampa
di scale
più in là, ed Harry ne approfittò per
entrare nella Sala di Ritrovo. La
attraversò in fretta, desideroso di raggiungere la propria
stanza, e vi entrò.
Era di forma circolare, come tutte le altre, e la condivideva con
quattro
persone. Cioè, l’unica cosa che condivideva con
loro era l’ossigeno, perché tre
quarti buoni della stanza erano occupati da: il suo letto a baldacchino
con le
tende di pizzo nere, il suo paravento fatto di specchi, la sua tavola
per il
trucco, il suo armadio nero di metallo, il suo baule a forma di bara,
il suo
simulatore per i videogiochi, la gabbia formato famiglia di Edwig, un
televisore ultrapiatto da cinquantadue pollici, un armadio con la sua
collezione di tavole OuiJa, ventidue copie della cassetta maledetta che
uccide,
qualche centinaio di candele nere. Il
resto della stanza era occupato dai quattro striminziti letti di Ron
– che o
non dormiva o era tormentato dagli incubi –, di Neville, di
Seamus Finnigan,
detto Scemus, e di Dean Thomas, detto Dead Thomas – ovvero
Morto Thomas. Gli
ultimi due, infatti, erano nel loro angolino di stanza e cercavano di
stare in
piedi contemporaneamente sull’unica piastrella che Harry gli
aveva concesso.
«Ciao
Harry, hai passato una buona estate» gli chiese il
Morto.
«Un
mantello aspiratore semovente ha cercato di
violentarmi, un branco di necrofili, maniaci e stupratori ha cercato di
violentarmi, un elfo puccioso ha cercato di violentarmi… ma
sì, una meraviglia»
rispose Harry con un tono di voce che diede un nuovo significato alla
parola
“sarcasmo”.
«Mia
madre non voleva che tornassi qui quest’anno»
intervenne Scemus.
Harry gli
concesse un’espressione da “chi te l’ha
chiesto”
molto figa, poi riprese ad estrarre dal suo baule il pigiama
– seta di nobili
bachi allevati nella vasca da bagno della regina
d’Inghilterra e puro kashmir
dell’Himalaya – nero.
«Immagino
che sia per colpa tua» continuò Scemus, anche se
nessuno lo cagava.
Harry si
eclissò dietro al paravento per celare la
statuaria bellezza della sua nudità dai bulbi oculari di
quegli indegni
omuncoli per i quali il termine “goth” è
soltanto un nome da dare al proprio
cane – o forse erano soltanto complessi di
inferiorità perché ce l’aveva
piccolo e non voleva sentire battutine del tipo “Ehi, Harry,
la fama non è
tutto” per poi essere costretto a compiere una strage nella
scuola sprecando i
preziosi proiettili della sua pistola magica.
«Mia
madre dice che tu sei un bugiardo e Smilente – che si
pronuncia “smailente” un vecchio pazzo»
continuò Scemus, che sembrava averci
preso gusto nel non essere considerato minimamente.
Harry,
continuando ad ignorarlo, si infilò sotto le coperte
– dopo aver evocato
attorno al letto uno scudo contro i malintenzionati – e si
girò dall’altra
parte per non sentirlo.
Dopo un
po’ entrò Neville, cioè, un ammasso di
fratture
scomposte che indossavano la pelle di Neville, e Dead pensò
fosse il caso di
accompagnarlo in infermeria. Infine entrò Ron, che cadde a
faccia in giù sul
letto e non si mosse più.
La mattina
dopo, Scemus si vestì in tutta fretta ed uscì
dal dormitorio prima che Harry potesse dire goth – cosa che
fa molto, ma molto
velocemente per la cronaca. Il fatto che Scemus non lo guardasse
adorante come
il resto della massa là fuori era motivo di grande
turbamento per Harry, che
cercò consolazione nello sguardo dei compagni di stanza, che
però sembravano
non avere molta voglia di collaborare. Dead Thomas il Morto stava
appendendo i
suoi poster sullo scarso metro quadrato di parete concessogli dal vero
padrone
della stanza; lo sguardo di Ron era occultato dalla folta frangia di
capelli un
tempo rossi; Neville era ancora in convalescenza, e comunque il trauma
avrebbe
lasciato un segno indelebile sulla sua povera psiche da povero nerd
sfigato.
Constatando che non avrebbe ricevuto sostegno da quel branco di idioti,
Harry –
dopo aver finito di pettinarsi la sua lucente chioma corvina
– agguantò Ron per
il cappuccio e, agitando le braccia per dissipare la densa e violacea
aura di
depressione che l’amico aveva provocato, uscì
dalla stanza.
Scese fino
alla sala comune, dove Hermione si stava
rompendo le palle – che non aveva, ovviamente – ad
aspettarli.
«Allora?
E poi sono le donne quelle lente!» borbottò.
Il suo
sguardo cadde sulla bacheca, dove erano stati
affissi due nuovi cartelli.
Le vostre paghette
non bastano per procurarvi la dose di nargilli quotidiana?
Vi piacerebbe
guadagnare in un modo che non comporti la vendita di un vostro organo?
Contattate Fred
Weasley, sala comune di Grifonplatino,
per un impiego
semplice, part time e virtualmente privo di dolore.
Sotto
al primo cartello uno
identico, firmato però George Weasley.
Hermione,
bellicosa com’era, tirò in ballo il fatto di
essere un Perfetto e li staccò entrambi, già
pregustando il round di wrestling
di alto livello che avrebbe combattuto di lì a poco con due
gemelli
contrariati.
Mentre
Hermione si perdeva nelle sue violente e sanguinarie
fantasie, una ragazza con i dread si avvicinò ad Harry con
un cannone di
diciassette centimetri in bocca. Si trattava di Angelina –
non Jolie –; Harry
non si preoccupò minamene di salutarla.
«Ciao
Harry» lo salutò lei, fumata come un cammello in
una
tenda di fumatori di hashish «sono diventata capitano della
squadra di
Kwiddich!».
«Ah»
- l’atona risposta di Harry.
«Abbiamo
bisogno di un nuovo Portinaio adesso che Baston se
n’è andato. I provini sono venerdì alle
diciassette e voglio che ci sia tutta
la squadra»
«Ah»
- replica.
Angelina
sollevò un sopracciglio come a dire “ma qui quella
fumata sono io o sei tu?” e se ne andò lasciando
quell’imbecille alla
contemplazione dei cinque armour ring che portava alla mano sinistra.
I tre
scesero nella Grande Sala per fare colazione – o
meglio, soltanto due di loro per fare colazione, mentre
l’ambizione del terzo
era soltanto quella di fissare il proprio piatto vuoto generando una
fumosa
aura nera nella quale le giovani matricole si perdevano uscendone in
lacrime –,
e si sedettero al tavolo dopo aver fatto sloggiare un gruppetto del
primo anno
punzecchiandolo con delle forchette. Quando si furono seduti, un
avvoltoio
delle Ande planò sul tavolo portando un giornale tra gli
artigli. Hermione lo
pagò, poi prese il giornale. Harry guardò male il
giornale – un po’ perché
riportava diffamazioni sul suo conto, e un po’
perché il fotografo del giornale
era talmente incapace da non riuscire a fare una foto decente ad una
persona
fotogenica come lui –, mentre Hermione cominciava a
sfogliarlo febbrilmente.
Finalmente trovò la pagina che le interessava –
quella di cronaca nera – e si
immerse nella lettura; Harry riuscì ad appropriarsi della
pagina che
interessava a lui – i necrologi. Nel frattempo, la
professoressa McGranitt
stava distribuendo gli orari. Depositò uno dei fogli sul
piatto – vuoto – di
Ron, il quale, seppur con la solita espressione comatosa, lo lesse; il
risultato fu un acuirsi della sua depressione, ergo un infittirsi
dell’aura di
apatia che prese un color antracite screziato d’ebano. Harry
se ne accorse –
perché gli risultava impossibile continuare a leggere
–, e rivolse a Ron uno
sguardo che stava a dire ma-che-cosa-cavolo-hai-adesso.
«Due
ore di Preistoria della Magia, due ore di Intrugli,
Divinazione, due ore di Difesa Corruzione verso Le Arti
Oscure…» lesse atono.
Ad Harry
andò di traverso la colazione – cereali Count
Chocula: era l’unico a mangiarli in tutta la scuola. Infatti,
gli elfi
domestici giù nelle cucine dovevano farsi un mazzo
così per procurarseli… e poi
c’era la questione di individuare il posto dove si sedeva
Harry… –, e rischiò
di farsi contagiare dalla depressione dell’amico.
Finito di
mangiare – o di soffocarsi, nel caso di Harry, o
contemplare di piatto, nel caso di Ron – andarono a lezione
di Preistoria della
Magia. Si sedettero in aula, e cominciò la lezione, che era
tenuta da un
fantasma tedesco, il professor Rüf, che oltre ad essere noioso
come una capra
che fa l’uncinetto era anche incomprensibile a causa del
forte accento
teutonico che contribuiva a rendere le sue astruse frasi ancora
più astruse.
Cominciò a parlare, con il suo accento hitleriano e gli
sputi ectoplasmici
dovuti alle scatarrate tipiche della lingua tedesca.
Come da
copione, la sonnolenza calò sui poveri studenti
oberati da tute quelle parole pesanti intrise di saliva fantasmatica e
così,
uno dopo l’altro, caddero in coma sui banchi. Il professor
Rüf continuò
imperterrito per tutto il resto delle due ore, senza minimamente
rendersi conto
che gli studenti non erano in grado di ascoltare alcunché.
Finalmente suonò la
campanella, e il professor Rüf uscì dalla stanza
passando attraverso la gabbia
del criceto, che morì d’infarto fulminante. Gli
studenti uscirono di corsa
dalla classe, ben consapevoli che quella sarebbe stata la prima di
un’interminabile serie di lezioni tutte uguali. Per questa
ragione, alcuni di
loro decisero di suicidarsi dalla torre di astronomia, ma noi non ce ne
frega
perché sono personaggi minori e ininfluenti nello svolgersi
nella trama. Dato
che era appena cominciato l’intervallo, gli studenti furono
mandati in giardino
– contro la loro volontà, dato che scendevano
gocce di pioggia gelata taglienti
come pugnalate –. Harry, Ron ed Hermione si rifugiarono sotto
un cornicione, e
vennero raggiunti da qualcuno.
«Ciao
Harry» disse Qualcuno, ignorando bellamente gli altri
due.
Harry
guardò seccato la persona che aveva interrotto il
componimento mentale di un’oscura poesia ispiratagli dal
pessimo tempo e dai
corpi sanguinanti degli studenti riversi per il giardino, feriti dalle
taglienti gocce di pioggia: era Cho Chang, detta Qualcuno. Rispose con
un verso
che poteva voler dire “ciao”, ma anche
“vai fuori dalle palle”. Nonostante
questo, si sforzò di essere cordiale, cosa assolutamente
contraria alla sua
natura.
«Hai
passato una bella estate?»
Il sorriso
sul volto di Qualcuno si congelò, come se avesse
preso una pugnalata nella schiena – che, visto il tempo, non
era una cosa da
escludere.
«Mah,
non so, il mio ragazzo
Figo-Che-Somigliava-A-Zac-Efron-Ed-Era-Il-Più-Bello-Della-Scuola
è morto
assassinato da un tizio che avrebbe dovuto essere morto, ma che in
realtà non è
morto, cioè, la gente crede sia morto, ma tu e Smilente
– che si pronuncia “Smailente”
– dite che non è morto, e il giornale dice che
è morto… insomma è morto il mio
ragazzo
Figo-Che-Somigliava-A-Zac-Efron-Ed-Era-Il-Più-Bello-Della-Scuola,
e la
cosa mi ha fatto deprimere e mi sta facendo diventare
emo…»
Harry aveva
smesso di ascoltare alla parola “mah”, ma le
orecchie – anche se coperte dai capelli – di Ron
avevano captato quelle tre
letterine che, insieme, formavano l’unica parola che per lui
avesse un senso.
«Emo?»
ripeté, e alzò lo sguardo dalla punta delle sue
Vans
a quadretti.
Squadrò
Qualcuno con sguardo critico, come se la stesse
passando allo scanner, e giunse ad una conclusione che solo un vero
emo-kid
come lui poteva trarre.
«Poser,
vorrai dire».
Cho Qualcuno
Chang si offese a morte.
«Cosa?!
Come osi darmi della poser?! Io sono una vera emo,
lo sai?! Guarda! Ho i polsini a quadretti! E gli orecchini a dadini! E
le Vans!
E la cintura con le borchie! E la canottiera a righe! Sono un vero emo,
io!» e
se ne andò con il naso all’aria.
«Sei
privo di qualsiasi tatto!» lo aggredì Hermione.
«Cosa?»
replicò Ron apatico.
«Cosa
ti perdi a fare tanti discorsi? In questi casi
bisogna agire! Dovevi mollarle un cazzotto sul naso, altro che
“poser” e
“poser”!»
Mentre Ron
ed Hermione dialogavano allegramente, Harry
sentì la campanella. Invece di avvisare i sue, si
dileguò con la discrezione di
un’ombra che si ritira alle prime luci dell’alba e
in quattro e quattr’otto e
due dieci fu nei sotterranei per la lezione di Intrugli. Mentre
aspettava gli
altri, ne approfittò per specchiarsi sul fondo del
calderone, pettinarsi i
lunghi, lisci e lucenti capelli corvini, passarsi un altro strato di
matita
sugli occhi e guardare la foto di Brandon Lee sullo schermo del
cellulare.
«Ah,
Brandy, ma perché sei morto? Di gente come te ce
n’è
poca al mondo…»
Nel
frattempo, gli altri studenti erano arrivati – compresi
Ron ed Hermione – e si erano posizionati vicino ai calderoni.
Entrò anche il
professor Piton, che li mise a sedere con un’occhiataccia.
Harry lo guardò con
odio: quel dannato professore sembrava sempre più goth di
lui.
«Oggi
prepareremo la Pozione della Pace» annunciò
«che
calma l’ansia e rende felici e contenti chi la beve. Un
veleno letale per tutti
gli emo» e lanciò uno sguardo malevolo a Ron, che
cominciò a tremare.
«Avete
un’ora e mezza» annunciò.
Dopo
un’ora abbondante, Piton decise che era ora di
controllare che cosa aveva combinato quella manica di incapaci.
«A
questo punto, dalla vostra pozione dovrebbero uscire
scintille di fiorellini e cuoricini e stelline e tutte quelle boiate
là»
spiegò.
Harry
guardò la sua pozione, dalla quale emergevano morti
viventi, lapidi a forma di croce e altre simpatiche cose che di solito
si
trovano nei cimiteri: nemmeno lontanamente identificabile con la
Pozione della
Pace, eppure Harry era molto orgoglioso della cosa. La superficie della
pozione
di Ron era piatta e a scacchi, mentre Hermione prendeva gli studenti di
Bisciargento e li buttava nel calderone – nel quale si
scioglievano – ogni
volta che Piton guardava da un’altra parte. Il professore
arrivò davanti alla Pozione
di Harry. La guardò, non senza un po’ di
ammirazione mentale che non si
rifletté sulla sua espressione.
«Cosa
sarebbe questa?» gli domandò.
«Una
cosa strafiga e terribilmente goth che sicuramente non
è la Pozione della Pace…» rispose Harry.
«Appunto»
commentò Piton, e con un gesto della sua
bacchetta magica - che demodé! – fece sparire
tutto il contenuto del calderone
di Harry, il quale fu molto dispiaciuto della cosa.
Mentre gli
altri mettevano un campione di Pozione della
Pace nella fiaschetta da consegnare, Harry se ne stette appollaiato sul
suo
sgabello con un muso lungo come la Transiberiana. Appena
suonò la campanella,
uscì di corsa dalla classe tornò nella Grande
Sala per il pranzo. Si appropriò
di un posto dietro una colonna – perché
lì il sole non ci arrivava – e aspettò
che gli altri due lo raggiungessero. Quando lo raggiunsero, lo
trovarono
intento a ripassarsi lo strato di fondotinta bianco sul viso.
«È
stato davvero ingiusto» disse, riferendosi a quello che
era successo poco prima nei sotterranei «Mi odia solo
perché sono finito in
questa stupida casa di Grifonplatino! La divisa è nera,
almeno questo, ma le
rifiniture! Rosso e oro! ROSSO E ORO! Manco fossi un tifoso della Roma!
Ah,
maledetto Cappello Cantante… se mi capita tra le
mani…»
Ron ed
Hermione aspettarono pazientemente che la rabbia di
Harry sbollisse, ma ciò non accadde. Dovettero subirsi tutti
i suoi sproloqui a
proposito di vendette a base di teste di cavallo mozzate, riti satanici
ed
esecuzioni capitali tramite ghigliottina. Quando finalmente la pausa
pranzo
finì, Harry e Ron si diressero verso la torre dove i sarebbe
svolta la lezione
di Divinazione. Si arrampicarono sulla fune che portava alla torre
– la scala
magica comprata all’Ikea si era rotta – ed
entrarono nell’aula. Strani fumi
colorati fluttuavano nell’aria, e piantine sospette
decoravano i davanzali
delle finestre. Bizzarri alambicchi cilindrici di vetro erano sparsi
per la
stanza. C’erano dei tavolini rotondi, e su ogni tavolino
rotondo c’era una
sfera rotonda, piena di fumo – questo non rotondo. Presero
posto accanto a uno
di quei tavolini rotondi, sedendosi sui cuscini rotondi.
«Con
tutta questa rotondità, mi si stanno rompendo due cose
rotonde» commentò Ron, prima di risprofondare
nella sua apatia.
Quando la
classe si fu riempita, fece la sua apparizione la
professoressa Melinda Gordon, una tipa che apparentemente sembrava una
persona
normale, ma aveva il brutto vizio di scambiare chiunque per un fantasma
che non
riusciva a “passare oltre”. Si avvicinò
ad Harry.
«Tuuu…
quale tormento ti tiene ancora attaccato a questa
Terra, povero spirito errante? C’è qualcosa che
posso fare per te? Hai per caso
qualche faccenda in sospeso?» e andò avanti
così per un’altra mezz’ora.
Harry si
infilò gli auricolari dell’IPod nelle orecchie e
passò tutti quei minuti in compagnia della voce di
Whiplasher Bernadotte, che
gli sfondò i timpani già lesi in precedenza da
Marilyn Manson.
Quando la
prof. smise di parlare, fece finalmente quello
per cui era pagata: insegnò – o meglio, ci
provò. Diede ad ognuno degli
studenti un libro di testo e disse loro di mettersi a coppie e di
interpretare
ognuno il sogno dell’altro. Cominciò Harry.
«Io
ho sognato che ero in un cimitero, e prendevo la luna
disteso in una bara aperta. Vicino a me c’era una lapide a
forma di croce…poi è
comparso uno shinigami con una falce tripla e mi ha detto “Tu
morirai”, e poi
mi ha sventrato».
Ron
interpretò il sogno.
«Allora…
Il cimitero è presagio di disgrazie, malattie e
lutto. La luna… vediamo… malattie o morte di una
persona cara, dolore e pena,
problemi in famiglia e nel lavoro, stanchezza, problemi sia fisici che
mentali
che renderanno difficoltoso affrontare una situazione dolorosa. Essere
distesi
in una bara è l’avviso di un cambiamento
importante nella vita. Una lapide in
un cimitero annuncia un momento di profonda tristezza. La croce
annuncia
cambiamenti improvvisi e dolorosi, forse anche pene e rimorsi. Lo
shinigami non
c’è… la falce è lo strumento
della morte che porta dolore e distruzione».
«Che
bello» commentò Harry sarcastico «E tu
cos’hai
sognato?»
«Ho
sognato… che diventavo… un poser».
Harry
assunse un’aria profondamente preoccupata, mentre Ron
riviveva da sveglio l’incubo terrificante che gli aveva fatto
visita quella
notte.
«Ron…
mi dispiace dirtelo ma… è un sogno premonitore!
Diventerai un POSER!»
Ron
uscì dalla classe urlando di puro terrore. Cadde dalla
botola e si schiantò sul pavimento sottostante, con gli arti
piegati in
angolazioni inusuali. Harry trovò la cosa molto spassosa e,
pensò, anche
Hermione lo avrebbe trovato assai divertente. Quando, alla fine
dell’ora, lo
raggiunse, una strana pozzanghera rossa si era formata sotto il suo
corpo inerte.
Ad Harry venne sete.
* * *
Qualche
minuto dopo, erano seduti nell’aula di Corruzione
Verso le Arti Oscure. Quando anche tutti gli altri si furono seduti, un
inquietante rumore di tacchi risuonò dal fondo della stanza.
La professoressa
Ahi-Che-Dolores Umbridge sfilò tra le due file di banchi
fino alla cattedra,
sulla quale salì con un balzo.
«Buongiorno
ragazzi!» tuonò, agitando la frusta a destra e
a manca. Nessuno osò rispondere.
«Quando
io vi dico buongiorno…» cominciò la
professoressa
Umbridge «voi dovete rispondere “Buongiorno
Signorina Professoressa”!
Ripetete!» sottolineò l’importanza della
frase con un sonoro schiocco di frusta.
«Buongiorno
Signorina Professoressa!» ripeterono gli alunni
terrorizzati.
«Molto
bene» assentì la Umbridge.
Poi, con uno schiocco della sua frusta magica, fece apparire delle
scritte alla
lavagna.
Corruzione Verso le
Arti Oscure
Ritorno ari
principi di base
Prendere
il libro.
Aprire il
libro.
Leggere
il libro
I poveri
studenti guardarono la lavagna senza capire. La
professoressa perse la pazienza.
«Allora?!
Che vi ci vuole per eseguire?! Eppure non mi
sembra che sia tanto difficile quello che c’è
scritto sulla lavagna! Adesso
leggete, che io devo cercare la pazienza che ho perso!»
Mentre la
professoressa Umbridge cercava la pazienza
perduta, i poveri studenti cominciarono a leggere, ma furono presi
dalla
sonnolenza a metà della prima riga, e quindi si stancarono.
Hermione alzò la
mano.
«Cosa
c’è?» chiese la Umbridge.
«A
che cosa ci servirà questo fuori di qui?»
domandò la
ragazza.
«Credo
di non capire…»
«Voglio
dire, come faremo a difenderci fuori di qui, se non
facciamo pratica? Prendiamo a librate i nemici, o li leggiamo a
morte?» chiese
ironica Hermione.
«E
contro che cosa ci si dovrebbe difendere?» ribatté
la
Umbridge.
«Mah,
non so, i maniaci stupratori, i necrofili, gli
adolescenti ubriachi e drogati e, magari, ma anche no... Lord
Tromedlov!»
intervenne Harry annoiato.
La classe
ammutolì e trattene il respiro: Harry aveva
pronunciato il nome del suo
Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri.
«Hai
pronunciato il nome del tuo
Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri!»
esclamò sconvolta la Umbridge, ponendosi una mano sulla
superficie in lycra del
costumino nella zona dove avrebbe dovuto esserci il cuore.
«Infatti
l’ho detto al contrario per non sconvolgervi… ma a
quanto pare vi siete sconvolti lo stesso» replicò
Harry, studiandosi una doppia
punta all’estremità del capello n° 3457
della zona 4B del cuoio capelluto.
«Come
osi prendermi in giro?! Dieci punti in meno a
Grifonplatino!»
«Eeeeh?!
Solo dieci?! Perché non cinquanta? Cento? O
meglio, mille?» domandò Harry deluso. Poi decise
che a Grifonplatino avrebbe
fatto bene perdere un po’ di punti.
«Strega!
Troia! Puttana! Meretrice delle Tenebre!» insultò
la Umbridge.
«Grazie,
grazie, quanti complimenti…» replicò
lei
«Punizione per Potter! Prendi questa chiavetta USB e vai
dalla McGranitt».
Harry prese
la chiavetta USB a forma di monoguanto e uscì
dalla stanza. Harry percorse saltellando i corridoi, fino ad arrivare
nella
sala professori. Bussò e poi entrò. Dentro
c’era la professoressa McGranitt.
«Cosa
c’è?» chiese lei, nascondendo polverine,
erbette e
cartine sospette dietro la schiena.
«Sono
stato mandato da lei» rispose Harry, porgendo il
monoguanto USB alla prof.
Questa
aprì il portatile e lesse il file contenuto
all’interno.
«Uhm…
bene, anzi male. Potter, qui c’è scritto che hai
detto alla Umbridge che il tuo
Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri
è vivo…»
«Seeee»
rispose Harry annoiato, cercando una superficie riflettente
in cui riflettersi.
Partì
la colonna sonora di Mission Impossibile, e la
McGranitt si appiattì sulla cattedra, guardandosi attorno
furtivamente. Harry
la guardò annuendo, pensando che la demenza senile prima o
poi arriva per
tutti. La prof spiccò un salto sopra al tavolo e
atterrò con una capriola
dall’altro lato. Rotolò fino alla finestra
più vicina, alla quale abbassò la
persiana. Fece rotolando tutto il giro della stanza, finché
tutte le finestre
furono chiuse e il buio fu completo. La McGranitt accese una torcia e
strisciò
con il passo del giaguaro sotto il tavolo, tirò fuori un
fumogeno dalla tasca
posteriore del vestito, gli strappò la sicura con la
dentiera e lo lanciò nella
stanza, prendendo contemporaneamente Harry per uno stivale e tirandolo
sotto al
tavolo.
«Potter,
devi stare attento» disse sottovoce, continuando a
guardarsi attorno con fare furtivo.
“Sì,
a te” pensò Harry.
«Stai
attento a Ahi-Che-Dolores Umbridge» precisò la
McGranitt «Devi stare attento e controllarti,
altrimenti…»
E con queste
ultime misteriose parole, fece una capriola
all’indietro e sparì nel fumo che aveva invaso la
stanza.
Capitolo 14 *** 13_Punizione con Ahi-Che-Dolores ***
CAPITOLO 13
PUNIZIONE
CON
AHI-CHE-DOLORES
La sera
dopo, a cena, tutti bisbigliavano tra di loro di
quello che era successo durante la lezione di Corruzione Verso le Arti
Oscure.
Il risultato era che tutti stuzzicavano Harry per farlo incazzare.
La cosa
continuò finche questi non estrasse un mitra dalla
borsa e lo portò a tracolla come fosse un fucile. Salirono
alla torre di
Grifonplatino. Nessuno dei tre si ricordava la password.
«Password?»
chiese la Signora Anoressica.
«Signora
Gra…Anoressica!» esordì Harry
accondiscendente
«Vedo che ha messo su qualche chiletto,
ultimamente…»
La Signora
Anoressica uscì dal quadro per andare a
vomitare, e i tre ne approfittarono per entrare. Si sedettero sulle
loro
poltrone preferite, quelle vicino al fuoco, per fare i compiti. Ron si
aprì un
polso con la lametta e cominciò a scrivere, con il suo
stesso sangue: Le
proprietà della Pietra di Luna e i suoi usi nella
preparazione delle pozioni.
Guardò Hermione in attesa – nonostante il pessimo
carattere, Hermione era pur
sempre una secchiona –, ma Hermione stava guardando quello
che stava succedendo
da un’altra parte della stanza. Fred e George erano impegnati
in una royal
rumble dentro un ring improvvisato. I loro avversari: piccoli e
innocenti
primini. Hermione si alzò e andò da loro.
«Voooi!
Che cosa state facendo?!»
«Chi,
noi? Niente!» rispose Fred.
«Chi,
noi? Niente!» ripeté George, beccandosi una chop
slam.
«Lo
sapete che solo i Perfetti possono picchiare i
primini!»
«Ma
noi li paghiamo!» protestò Fred.
«Ma
noi li paghiamo!» lo imitò George.
Hermione si
ricordò del cartello che aveva visto appeso la
mattina stessa.
«Beh,
ma c’era scritto “virtualmente
indolore”…»
«Virtualmente
sì, fisicamente no» precisò Fred.
«Virtualmente
sì, fisicamente no» replicò George.
«Comunque
non potete!» ribatté Hermione, distruggendo il
ring a calci «Altrimenti vi picchio».
Dopo aver
strigliato per bene i gemelli, Hermione tornò da
Harry – che stava seduto in modo bizzarro contemplando il
fuoco – e Ron – che
si ricuciva il polso, dato che era palese che quella sera non avrebbe
scritto
più niente.
* * *
Il giorno
dopo, a Incantesimi, fecero pratica con gli
Incantesimi di Appello, che consistevano nel puntare la propria arma
magica
contro una persona, e questa era costretta a dire
“Presente”.
Nelle due
ore successive, Trasfigurazione, si allenarono
con gli incantesimi Evanescenti, che avevano l’effetto di far
risuonare
nell’aria le canzoni degli Evanescence.
Nel
pomeriggio, avevano Difesa Dalle Creature Magiche, con
la professoressa General. Harry, Ron ed Hermione attraversarono i
prati, mentre
il vento soffiava forte – con gran irritazione di Harry, che
doveva
continuamente appiattirsi i capelli sulla testa. Arrivarono a circa
diciassette
metri dalla capanna di Hagrid, dove la professoressa General era in
piedi
accanto ad un tavolo con dei bastoncini sopra. Dopo un po’
arrivarono anche gli
studenti di Bisciargento, e con loro Draco Malfoy, che fece gli occhi
da cernia
ad Harry. Harry andò a vomitare dietro un cespuglio.
«Ci
siete tutti?» abbaiò la professoressa General
«Allora
cominciamo. Cosa sono questi?»
«Paletti»
rispose Harry.
«Cotton
fioc» rispose Ron.
«Bacchette
cinesi» rispose Hermione.
«Sbagliato.
Sono Bastoncelli».
I
Bastoncelli saltarono su, rivelando zampe, occhi, mani,
piedi e anche qualcos’altro.
«Adesso
ognuno di voi prenda un Bastoncello e lo disegni».
Harry prese
il portatile, lo scanner, vi schiaffò dentro il
Bastoncello, lo scansionò, stampò la scansione,
la ricalcò.
«Fatto».
Dopo la
lezione di Difesa Dalle Creature Magiche, andarono
a Cannologia.
«Il
modo in cui vengono affrontate le lezioni lascia
alquanto a desiderare» commentò Ron «Se
devono essere scritte in modo così
vago, tanto vale non scriverle affatto».
«Sì,
ma sai com’è» replicò Harry
pettinandosi «Se il
capitolo è troppo corto, dopo sembra
squallido…»
Finita anche
la lezione di Cannologia - «E dillo che non te
ne frega niente!» - Harry andò a cena, dato che
alle cinque aveva la punizione
con la Umbridge. Dopo aver mangiato, e aver imprecato ancora per la
stiticità
delle frasi usate per descrivere la sua giornata, andò
nell’ufficio della
Umbridge.
«Avanti».
Harry
entrò, e gli sembrò di essere piombato in un
fetish
club. Alle pareti erano appese diverse varietà di fruste e
frustini, mentre in
un angolo erano accatastate diverse paia di stivali. Al centro della
stanza,
una panca per spanking. Harry cominciò a tremare.
«Accomodati,
prego» disse la Umbridge facendo un cenno
verso la panca e stringendo le cinghie dei guanti «e si tolga
i vestiti. Può
tenersi i pantaloni, se vuole».
Harry
impallidì – sì, più del
solito – ma eseguì l’ordine.
Tolse cappotto, corsetto, maglia, rete e si sedette sulla panca, mentre
la
Umbridge sceglieva una frusta dall’ampia scelta che si
trovava davanti.
«Ora,
signor Potter» annunciò la Umbridge «
inciderò la
frase Non devo dire bugie sulla sua schiena a
frustate, così imparerà la
lezione. Muahahahahah!»
Harry
pensò al suo funerale.
* * *
Non aveva
avuto il tempo di esercitarsi negli Incantesimi
Evanescenti – tutto quello che riusciva ad ottenere era un
fievole Bring Me
To Life –, non aveva scritto nessun sogno nel
diario – anche perché, tra
lapidi, cimiteri, corvacci, zombie, croci, bare e obitori i suoi sogni
si
somigliavano tutti –, e non aveva nemmeno fatto i temi. La
mattina dopo, si
alzò alle 3 e scese nella Sala Comune per cercare di
rimediare al danno – non
che ci tenesse, visto che, essendo schifosamente ricco, poteva
permettersi una
notevole quantità di bustarelle. Vi trovò Ron,
avvolto dalla sua aura
depressoide color
gabbiano-in-decomposizione-avanzata-ucciso-da-una-macchia-di-petrolio.
«Come
mai non li hai fatti ieri sera?» chiese Harry
all’amico depresso.
Ron
borbottò che aveva “fatto qualcosa”.
Sospettando strane
cose come riti satanici ai quali non era stato invitato, coca-party,
orge
pentasessuali e cose simili, Harry lo guardò e
annuì, assecondandolo come si fa
con i poveri decerebrati come lui. Quando ebbero finito di scrivere
cazzate sul
diario dei sogni, si avviarono verso la Torre Nord.
«Com’è
stata la punizione con la Umbridge?» gli chiese Ron.
«Mah…
mi ha scritto delle frasi» rispose. “Sulla schiena
con una frusta di cuoio” aggiunse mentalmente.
Dopo la
lezione di Divinazione, gli toccarono Incantesimi –
Incantesimi Evanescenti, accidenti a loro! –, e tutte le
altre lezioni che gli
lasciarono un’ulteriore caterva di compiti a gravare sulle
sue esili e gotiche
spalle.
* * *
Il secondo
castigo con la Umbridge fu uguale, se non
peggiore, del precedente. Dopo essersi fatto frustare ben benino
– disperandosi
(mentalmente, per non dare soddisfazione a quella mistressaccia sadica)
al
pensiero della sua bellissima ed immacolata schiena sfigurata in quel
modo
barbaro –, tornò alla Sala Comune ma, invece di
andare a letto, si trascinò su
una poltrona per fare almeno un po’ di compiti.
Cominciò a scrivere il tema
sulla pietra di luna per Piton – “La
pietra di luna si chiama così perché
viene dalla luna, come CapaRezza.” scrisse, sotto
l’influenza delle
innumerevoli lattine di Red Bull che aveva ingurgitato per restare
sveglio e
che gli avevano messo sì le ali, ma per volare in bagno a
vomitare ogni cinque
minuti –. Poi scrisse delle risposte alle domande
assegnatagli dalla McGranitt
– sì, no, forse, perché lo
chiede a me? Dovrebbe saperlo lei! – e sul
trattamento corretto dei Bastoncelli – “Li
butterei tutti nel fuoco, quelle
bestiacce!” –. Dopo questo sforzo immane,
si trascinò fino al suo letto sul
quale si addormentò.
* * *
Come i
giorni precedenti, passò anche il giovedì. Ron,
oltre che depresso, sembrava anche molto assonnato, ma Harry non
riusciva a
capire perché. Il terzo castigo con la Umbridge
passò esattamente come gli
altri due, ma finì un po’ prima perché
la Umbridge si ficcò involontariamente
una borchia killer nell’occhio. Harry stava tornando alla
sala comune quando
andò a sbattere conto qualcosa che se ne stava in piedi in
mezzo al corridoio.
«Ron!»
esclamò, riconoscendo il profilo molto emotional
dell’amico, il quale, seppur accorgendosi della presenza di
Harry, non
manifestò alcuno stupore.
«Che
cosa fai?» continuò Harry.
«Niente»
rispose l’emo-kid «e tu?»
«Niente»
rispose Harry «e tu?»
«Niente»
rispose Ron «e tu?
«Niente»
rispose Harry. E non aggiunse altro, perché
altrimenti al cosa sarebbe potuta andare per le lunghe.
«Perché
ti nascondi?» disse invece.
«Non
mi sto nascondendo» rispose Ron. Ed era vero,
perché
nessuno sano di mente si piazzerebbe in mezzo ad un corridoio se
volesse
nascondersi.
«Perché
hai la scopa?» continuò Harry, rendendo questo
piatto discorso ancora più monotono ed insulso
«Non sei andato a volare, no?»
Ron stava
per rispondere con una battutaccia sarcastica, ma
quando si rese conto di quanto poco emo fosse la cosa,
preferì lasciar perdere.
Fu la sua aura color pupilla-di-pantera-nera-nella-giungla-di-notte a
risponder
e per lui. Si limitò a nascondere la sua Lametta Undici
dietro la schiena – ci
provò, se non altro.
«Perché?»
infierì Harry, mandando affettuosamente affanculo
quello che sarebbe potuto diventare un dialogo intelligente se solo i
due
interlocutori avessero deciso di dar fondo alla propria cultura
riguardo alla
grammatica e alla sintassi della lingua italiana, per non parlare della
possibilità di sfruttare il ricchissimo – e
pesantissimo – vocabolario di
quest’ultima.
«Volevo
fare il provino per diventare Portinaio della
squadra di Kwiddich» rispose Ron, sbalordendo tutti
– ma tutti chi? – per la
lunghezza della frase appena pronunciata, cosa profondamente contraria
alla sua
natura.
«Ah»
fu la laconica risposta di Harry, impegnato com’era a
specchiarsi nella corazza di un’armatura lì
vicino.
«Tu
cos’hai?» chiese Ron, accorgendosi della strana
postura
dell’amico – della serie “gli hanno
infilato una scopa su per il” –.
«Io?
Niente» negò Harry, anche se si era lasciato una
scia
di sangue talmente estesa alle spalle che le donne delle pulizie si
sarebbero
suicidate piuttosto che pulire quello scempio «Sono
inciampato in una trappola
per orsi».
E Ron gli
credette.
* * *
Il
venerdì cominciò con una bella pioggerellina
stile tempesta
tropicale, con lampi, fulmini, saette, tuoni, e tutte quelle belle
cosine che
ad Harry piacevano tanto. Si svegliò, quindi, felice come
una Pasqua. Come un
Halloween. Come un funerale. C’erano due cose che lo
rallegravano in
particolare quel giorno: il fatto che le punizioni con la Umbridge
fossero
quasi finite, dato che la settimana era agli sgoccioli, e il fatto che
piovesse
in quella maniera durante i provini per la selezione del Portinaio
della
squadra di Kwiddich. La sera, alle cinque spaccate, bussò
per l’ennesima volta
alla porta della Umbridge. Si fece il suo bel castigo, e quando
tornò alla Sala
Comune, trovò la squadra di Kwiddich che festeggiava
allegramente l’ammissione
di Ron come Portinaio. Ron, dal canto suo, era tutt’altro che
allegro – come al
solito, naturalmente: normale amministrazione. Harry lo
lasciò al suo destino e
se ne andò a dormire.
La mattina
dopo, Harry fu il primo a svegliarsi. Si alzò,
si pettinò con cura, si truccò, e fece tutto
ciò che ogni bravo goth come lui
fa la mattina, in modo da rendersi presentabile al resto del mondo.
Scese alla
Sala Comune, dove tutte le schifezze della sera precedente erano state
meticolosamente ripulite dagli elfi domestici che sfacchinavano come
schiavi
neri in giro per il castello. Prima o poi, probabilmente, si sarebbero
ribellati e si sarebbero rivelati come la sanguinosa razza assassina
che in
realtà erano. Dopo aver pensato questi pensieri, Harry si
sedette su una
poltrona e pensò a come scrivere al suo padrino senza far
capire ad un
eventuale ladro di lettere che cosa volesse dire. Dopo averci pensato
un po’ su
– qualcosa come diciassette minuti, per essere precisi
– prese la bic (nera) e
cominciò a scrivere.
Caro
Tubero,
Spero che tu stia bene. I primi
giorni qui sono stati terribili, peggio di essere legati ad una sedia e
doversi
guardare tutti i film di High School Musical, Camp Rock e la serie
completa di
Hannah Montana senza neanche una pausa. Abbiamo una nuova insegnante di
Corruzione
Verso le Arti Oscure, la professoressa Umbridge. È simpatica
quasi come Adolf
Hitler. Scrivo perché la cosa di cui ti avevo scritto la
scorsa estate è
successa di nuovo ieri sera mentre ero in castigo con la Umbridge. Ma
davvero
non serve che vado da un dottore? Cioè, sarà
anche normale, ma se poi si rompe,
come faccio? Non che abbia urgenze di quel genere, in questo momento,
però, sai
com’è, è sempre utile. Metti che danno
una festa e incontro qualcuno, e che mi
serve… se si è rotto, cosa faccio? Comunque,
rispondi in fretta.
Ciao
Harry
Dopo aver
finito questo capolavoro della letteratura, Harry
uscì dal buco del ritratto e si diresse verso la Guferia,
anche se gli uccelli
delle altre razze avevano protestato sul fatto che il nome
“Guferia”
comprendesse soltanto i gufi, e che fosse davvero razzista da parte
della
scuola permetterlo. Avrebbe dovuto chiamarsi
“Uccelleria”, per esempio, o anche
“Volatileria”. Comunque, Harry si diresse verso la
Guferia. Mentre camminava
tranquillo e contento lungo il corridoio, qualcosa di peloso gli
sfiorò le
caviglie. Lo spavento fu tale che Harry colpì con un
violentissimo calcio
quella cosa, che andò a sfondare la vetrata istoriata
più vicina e, molto
probabilmente, finì nel lago. Dopo un quarto
d’ora, si rese conto che quella
cosa pelosa non era altri che Mrs. Purr, la gatta del guardiano Gazza.
Superato
il trauma – ma anche no… - continuò il
suo avventuroso cammino verso la
Guferia. Finalmente ci arrivò, e guardò in alto
per cercare il suo pellicano
Edwig, ma non lo trovò. Dopo un paio d’ore passate
con la testa per aria, Harry
si chiese se per caso non fosse il caso di guardare da
un’altra parte. Infatti:
il povero pellicano, o meglio, i suoi miseri resti giacevano sul
pavimento in
avanzato stato di composizione. Nonostante lo preferisse
così, Harry si rese
conto che, per quanto affascinante ed estremamente goth possa essere,
un
pellicano morto non è in grado di portare lettere.
“Pazienza”
pensò Harry “quella cosa, in effetti, non era
minimamente goth. Devo procurarmi un uccello più
goth”.
Si
avvicinò ad una parete, dove stavano uno schermo
touch-screen a cristalli liquidi e un foro stile buca delle lettere.
Harry
accese lo schermo touch-screen , selezionò il nuovo volatile
e, pochi secondi
dopo – diciassette, ma anche no… - un sonoro tlonk
lo avvisò che
l’ordinazione era arrivata. Tirò fuori dal foro
stile buca delle lettere un
pacco postale, lo scartò, e guardò con
ammirazione il suo nuovo animaletto. Si
trattava di un corvaccio più nero dei suoi capelli
– il che, per la cronaca,
significa molto, ma molto nero –, con un’apertura
alare di almeno un metro.
«Sei
bellissimo, amore!» squittì Harry in adorazione,
fin
troppo euforico, uno stato di euforia che un goth non dovrebbe mai e
poi mai
raggiungere «Ti darò un nome bellissimo! Il tuo
nome sarà… Brandon Lee! Sì,
Brandon Lee!»
Il
corvaccio, neobattezzato Brandon Lee, guardò il suo
padrone con aria avvilita. Harry gli porse la busta (nera) –
la quale, voglio
precisare, conteneva la sua carta da lettere preferita, e
cioè nera pure quella
– e lo guardò volare via, con una lacrimuccia
– mischiata a una notevole
quantità di eyeliner – che gli scendeva lungo la
guancia. In quel momento
magico, entrò qualcuno.
«Ma
porca…» imprecò Harry. Qualcuno
compariva sempre nei
momenti peggiori. Comunque, si sforzò di apparire affabile.
«Ma
ciaaaao, cara…» esordì, con un tono non
troppo
convincente.
Quel giorno,
Cho Qualcuno “Poser” Chang indossava –
oltre
alla classica divisa – Vans a quadretti neri e fuxia, una
cintura con delle
cose che definire borchie sarebbe un’eresia, e una spilla del
diametro di una
tazza da te con su scritto “Sono emo, lasciatemi annegare nel
mio dolore” e
altre boiate simili.
«Oh,
ciao. Mi sono appena ricordata che è il compleanno
della zia della cugina di secondo grado del fratello della moglie del
cognato
del cugino della madre acquisita della prozia del padre del mio ex
ragazzo morto
Zac Cedric Efron-Diggory…» disse Cho Qualcuno.
«Ah»
solita risposta atona
a-la-Harry-Mystryss-Darque-Nyght-Rayn-Ravyn-Potter – giusto
per ricordare come
si chiama.
In quel
momento, entrò il guardiano della scuola, Argus
Gazza, un vecchio metallaro in pensione.
«Aha!»
esordì, puntando contro Harry un unghia ricoperta di
scaglie di quello che doveva essere stato smalto nero in un passato
molto, ma
molto remoto.
«?»
rispose Harry – perché lui, essendo goth, riusciva
a
dire a voce alta anche i segni di interpunzione –.
«Ho
le prove che sei stato tu a prendere a calci la mia
gatta e a farla finire nel lago!»
«E
cosa glielo fa pensare?»
Gazza
tirò fuori la gatta da una tasca del cappotto che un
tempo, forse, era stato di pelle. Su un fianco dell’animale,
il pelo era andato
via, ed era rimasta un orma proprio uguale alla suola degli stivali di
Harry –
stivali che, inutile dirlo, era l’unico ad indossare
all’interno della scuola.
«D’oh!»
«Ora,
per punizione, sarai costretto a lucidare tutti i
miei dischi degli Iron Maiden, Metallica, Black Sabbath,
Helloween…» cominciò
ad elencare, ma non finì mai, perché Harry lo
aveva già mandato al diavolo e se
n’era andato per i fatti suoi.
Avvertendo
un certo languore – i Count Chocula mancavano
dal suo stomaco da ben 24 ore! Tragedia! –, Harry scese a
fare colazione, dove
Hermione gli ricordò gentilmente – ma anche no
– che aveva una marea di compiti
da fare. Ma lui, non avendone voglia, la distrasse indicandogli un
primino
innocente che passava di là, il quale fu presto aggredito
dalla furia
dirompente della ragazza. Ron, invece, gli chiese di aiutarlo ad
allenarsi un
po’ a Kwiddich. Harry stava per mandarlo a quel paese, ma poi
gli venne in
mente che era da un bel po’ che la sua Bloodybolt non
assaggiava sangue altrui,
perciò acconsentì. Hermione, che nel frattempo
era tornata, si era immersa
nella lettura della cronaca nera del giornale. Finita la colazione,
Harry e Ron
si diressero verso il campo da Kwiddich. Harry lanciava pigramente
pluffe verso
gli anelli, ascoltando beatamente l’iPod –
stavolta, a fargli compagnia, c’era
il caro Wes Borland –, mentre Ron cercava di prenderle,
tagliandosi
misteriosamente ogni volta che ne toccava una. All’ora di
pranzo, fecero
ritorno al castello, mangiarono, e tornarono al campo per
l’allenamento vero e
proprio. Man mano che si avvicinavano agli spogliatoi, l’aura
color
topo-morto-ammuffito di Ron si intensificava sempre di più.
Cominciarono ad
allenarsi – e dato che, tra la gentaglia accorsa per
ammirarli/schernirli c’era
pure Draco Malfoy che gli faceva gli occhi dolci, Harry si
schiantò diverse
volte contro i pali delle porte, spaccandosi il suo bel nasino. Dopo un
po’ che
si allenavano – evviva la grammatica – Angelina
ordinò a Fred e George di
andare a prendere una mazza ed un Bolide. Infatti, il loro ruolo nella
squadra
era quello dei Bastonatori, il cui compito era bastonare gli altri
giocatori e
massacrarli a suon di mazzate. I Bolidi, quindi, erano praticamente
inutili. Mentre
Angelina – avvolta da una nuvola di fumo proveniente dalla
grossa canna che
teneva in bocca – rimproverava l’emo-kid per la sua
immensa incapacità nel
gioco, Harry cercava in tutti i modi di ripristinare la perfezione
della sua
faccia. Fred e George tornarono con il Bolide, e cominciarono a
svolazzare per
il campo prendendo a mazzate chiunque gli capitasse a tiro. Ron,
intanto,
cercava di parare quella maledettissima Pluffa, che non ne voleva
sapere di
farsi prendere e, dalla frustrazione, aveva infine deciso di suicidarsi
buttandosi dalla scopa. Si buttò, ma cadde addosso a Katie
Din-Don-Dan, che si
spiaccicò sul fondo del campo. Visto che senza un Calciatore
non si potevano
allenare, Angelina decretò la fine
dell’allenamento e mandò tutti quanti a
cambiarsi. Harry trascinò il mancato suicida fino alla Sala
Comune, dove
trovarono Hermione che tirava sassi con la fionda ad un gufo che volava
fuori
dalla finestra. Ron riconobbe il gufo di suo fratellone Percy. Fece
entrare il
gufo e prese la lettera che trasportava, una sorta di poema di venti
pagine che
Ron non si disturbò nemmeno a leggere. Lo diede ad Hermione,
che lo riassunse
più o meno così:
Fratello
Ron
non devi essere amico di Harry
Potter! È un goth (e, secondo me, anche parecchio gaio…)!
Potrebbe
traviarti!!!
Percy
«Che
uomo vittima dei pregiudizi!» commentò Harry,
stravaccato sulla poltrona con una spazzola in una mano e uno specchio
nell’altra.
Ron
buttò i fogli nel fuoco. E, dal fuoco, spuntò una
testa.
«Coff
coff… ciao, picciotto»
«Padrino!»
esclamò Harry, riconoscendone la figura nel fuoco.
«Ho
ricevuto la tua lettera…» continuò
Sirius «Ma la pianti
di scrivere in nero sui fogli neri?! Non si capisce un cazzo!»
«Non
puoi capire» ribatté Harry «Non sei
goth, non puoi
capire».
«Comunque»
riprese il padrino «cosa mi volevi dire?»
Harry si
guardò furtivamente alle spalle, dove Ron ed
Hermione attendevano ansiosamente la sua risposta – in
realtà, Ron non
attendeva ansiosamente proprio niente. E, dato che un discorso
così intimo non
poteva essere affrontato in loro presenza, elaborò in
velocità un piano che gli
facesse levare le tende.
«Ron,
lo sai che somigli pericolosamente ad un poser?»
La reazione
dell’emo-kid fu deflagrante – miii, che
termine! –. L’aspirante suicida saltò in
piedi come se gli avessero morso il
sedere, e fece per uscire urlante dal buco del quadro della Signora
Anoressica,
ma proprio in quel momento entrò il nerd, Neville, che non
si faceva vedere da
parecchi capitoli – anche se non abbastanza da sentire la sua
mancanza. Lo
scontro fu parecchio violento, tanto violento che Hermione dovette
portare
entrambi in infermeria.
Harry,
compiaciuto del risultato ottenuto, verificò
nuovamente che nessuno, ma proprio nessuno fosse rimasto nei dintorni.
Dopo
essersene assicurato, si inginocchiò davanti al fuoco e si
chinò verso la testa
del suo padrino.
La mattina
dopo, Harry si svegliò assonnato come non mai.
La sera prima, infatti, era rimasto alzato fino a tardi per guardare Metallo
su AllMusic. Poi, però,
c’era una maratona di Non aprite quella
porta… non poteva mica perdersela. Comunque, scese
nella Grande Sala
praticamente dormendo in piedi, anche se nessuno si accorse della
differenza.
Giunse al tavolo, barcollando come uno zombie e si sedette sul canarino
di
Ginni, uccidendolo sul colpo.
[Un minuto di silenzio per il
povero pennuto]
Hermione
stava sfogliando, con la sua solita caratteristica
violenza, il giornale del mattino, ritrovandosi di tanto in tanto con
brandelli
di pagina in mano. Ron, dal canto suo – miracolosamente
ripresosi dallo scontro
con il nerd della sera precedente – aveva il viso immerso
nella sua tazza di
latte, dal quale, di tanto in tanto, delle bolle risalivano in
superficie,
facendo capire così che l’emo-kid viveva ancora.
Ad un certo punto, la furia
distruttrice di Hermione si placò quando la ragazza
raggiunse il centro del
giornale. Lo appoggiò sul tavolo, aperto –
coprendo il cada… corpo di Ron –
mostrando ad un poco interessato Harry – che si stava
nutrendo con un
tovagliolo, scambiato con un omelette a causa del sonno arretrato
– la foto e
l’articolo che occupavano quelle pagine. Sulla destra, una
foto di
Ahi-Che-Dolores Umbridge, con tanto di vestito fetish, taccazzi e
frustino,
mente nell’altra c’era scritto: Il
MiniMinistero riforma l’Istruzione –
Ahi-Che-Dolores Umbridge nominata Mistress Suprema della Scuola di
Magia,
Stregoneria, Arti Marziali e Tattiche Militari di OhSchwartz.
Harry fissò
la pagina. Hermione gli sventolò una mano davanti alla
faccia. Non ottenendo
reazione, gli tirò un calcio da sotto il tavolo.
«Argh!»
imprecò Harry, ricomponendosi dallo stato
preudo-catatonico nel quale era piombato da alcuni minuti.
«La
Umbridge potrà sottoporre a giudizio gli altri
professori, e, in caso, farli licenziare!» fece il riassunto
Hermione,
sconvolta?
«Cosa?»
domandò Harry, il cui cervello non aveva ancora
eseguito l’upload completo – e che presentava una
certa sordità da quando aveva
scoperto l’aggrotech.
«La
Umbridge andrà a ficcare il naso negli affari degli
altri prof e potrà prenderli a calci in culo».
«Ah».
Ron,
ansimando come uno scampato all’annegamento, riemerse
dalla sua tazza di latte, gocciolante come una mozzarella. Harry lo
prese per
la collottola e lo trascinò giù dalla panca.
Avevano lezione di Intrugli, e non
potevano fare tardi. Giunti nel sotterraneo, il professor Piton
restituì loro i
temi sulla Pietra di Luna. Harry guardò il voto, poi
capovolse il foglio per
vedere se migliorava. Non soddisfatto, bruciò il compito per
celare le prove di
quell’imbarazzante fallimento scolastico. Finita la lezione
flash, i tre
tornarono nella Grande Sala, dove apparvero Fred e George, che
cominciarono,
non invitati, a fare un ripassino dei voti.
«Allora,
il più alto è S che sta per Secchione»
cominciò Fred.
«Allora,
il più alto è S che sta per Secchione»
ripeté George.
«Poi
c’è L, che sta per Leccaculo…»
continuò
Fred, contando sulle dita.
«Poi
c’è L, che sta per Leccaculo…»
disse
George, fissando le dita del fratello.
«Poi
c’è la sufficienza, che è P,
Potevi Studiare
Di Più…»
«Poi
c’è la sufficienza, che è P,
Potevi Studiare
Di Più…»
«E
poi c’è I, che sta per Idiota»
concluse
Fred.
«E
poi c’è D» aggiunse
George.
Silenzio di
tomba. Mai, in tutta la loro breve vita, George
aveva detto qualcosa di sua iniziativa, senza ripetere le esatte parole
di
Fred. L’Apocalisse era alle porte – con grande
gioia di Harry, che la attendeva
con trepidazione.
«D?»
chiese Hermione, rompendo il silenzio carico di
oscuri e macabri presagi che si era accumulato nella Sala.
«Datti
all’Ippica» intervenne Harry, sfogliando
il
libretto personale.
All’improvviso,
si sentì tirare per una manica. Seguendo il
braccio attaccato alla mano che aveva osato un tale affronto, giunse ad
una
spalla, un collo, ed infine una testa. Quella di Ron, che lo fissava
con muta
insistenza. Harry sospirò. Non aveva voglia di giocare al
gioco dei mimi solo
perché Ron era troppo depresso per aprire la
cavità orale in modo da farvi
*z e r o ha un attimo di
blackout, perché il divino Ville è apparso in tv,
muore e resuscita*
passare
l’aria e far vibrare le corde vocali consentendogli
di proferir verbo – ovvero parlare. L’emo-kid
intendeva informarlo che erano in
un discreto ritardo per la lezione di Divinazione, discreto ritardo che
si trasformò
in catastrofico nel lasso di tempo che Harry impiegò per
decifrare i silenzi di
Ron. Corsero a perdifiato fino alla torre e su per la scala
dell’Ikea,
raggiungendo appena in tempo i cuscini rotondi sistemati attorno ai
tavolini
rotondi recanti al loro rotondo centro una sfera di cristallo rotonda,
attorniata da libri di testo. Rotondi.
La
professoressa Melinda Gordon annunciò che avrebbero
dovuto continuare a interpretare i sogni del compagno, e si
allontanò il più
velocemente possibile dalla cattedra, sulla quale era seduta la Donna
In Latex,
la Vergine (tsè!) in Lurex, BDSM Woman, la Umbridge,
insomma, che si rigirava
tra i lunghi artigli laccati di rosso scarlatto una penna stilografica
a due
punte.
Harry
distolse a fatica lo sguardo dalla donna per posarlo
sull’amico, perduto in una sorta di trance da
sto-comunicando-con-l’aldilà.
Decise, mentre attendeva che l’amico tornasse sulla
dimensione astrale di tutto
il resto del mondo, di intrattenersi en solitaire
con la sua adorata
tavola OuiJa, che si portava sempre appresso. Dopo che il suo spirito
guida lo
ebbe informato di catastrofi planetarie, pandemie mondiali, pericolo
dietro
l’angolo – insomma, le solite cose… - si
decise finalmente a dirgli dove aveva
nascosto le chiavi della cintura di castità. Harry non ebbe
neanche il tempo di
rallegrarsi che Ron tornò alla vita in evidente stato
confusionale.
«Allora,
mio caro amico» esordì Harry, aprendo con un gesto
teatralmente figo il libro di testo «dimmi ordunque quale
sogno ha visitato il
tuo subconscio nelle prime ore di questo fausto giorno».
«Ho
sognato…» cominciò lentamente Ron
«che… mi tingevo i
capelli… di biondo platino… e diventavo
un… hippy».
Harry,
sebbene tentato di replicare la performance della
settimana precedente, quando aveva convinto Ron che sarebbe diventato
un poser
spingendolo a gettarsi dalla botola della torre, decise che forse, e
sottolineo
forse, era meglio non sgarrare troppo davanti alla
Umbridge. L’ultima
volta erano state frustate, ma chissà cos’altro
nascondeva in quell’ufficio…
Harry rabbrividì mentre la professoressa Melinda Gordon, in
preda al panico,
fuggiva per l’aula inseguita dalla Umbridge. Quando la
campanella suonò, la
situazione non era cambiata e gli studenti lasciarono le due prof al
loro
perverso gioco dei Quattro Cantoni.
La lezione
successiva era proprio Corruzione Verso le Arti
Oscure. Harry, deciso a rigare dritto, si sedette in fondo
all’aula, il più lontano
possibile dalla cattedra, a darsi una ripassatina allo smalto e
all’eyeliner.
Quando la professoressa entrò, annunciò alla
classe di leggere il capitolo due
del libro di testo. Hermione alzò la mano.
«Professoressa,
ho già letto il capitolo due» annunciò.
«Allora
vada al tre»
«Ho
già letto anche il tre. Ho letto tutto il libro. E non
solo quello. Ho letto tutta la biblioteca. Sa, l’altra sera
ero nervosa per via
del ciclo, così sono andata in biblioteca e mi son messa a
leggere, ma veloce,
come se fossi posseduta da una qualche entità
che…». E andò avanti per
mezz’ora.
Alla fine,
la Umbridge assunse un cipiglio irato.
«Signorina Granger» disse, lentamente «ho
deciso di togliere cinque punti a
Grifonplatino».
«E
perché?» intervenne una voce. La Umbridge prese un
binocolo dal cassetto della cattedra e lo puntò in fondo
alla classe.
«Ah-ha,
sgamato, signor Potter».
Harry
assunse l’aria più innocente del mondo –
per quanto
un adolescente bianco come un cadavere, con i capelli lunghi tinti di
nero, tre
quintali di trucco nero sugli occhi e borchie, croci e catene sparse in
ogni
dove possa apparire innocente.
«Ma
io?!» esordì sconvolto, portandosi una mano al
petto.
«Non sono stato io! È stato lui!». E
così dicendo, puntò l’unghia di nero
tinta
verso il nuovo compagno di classe venticinquenne, costretto da
chissà quale
malattia a stare appollaiato sulla sedia tutto rattrappito e a
consumare dolci
in quantità industriale – malattia che, a quanto
pare, gli causava delle
occhiaie che definire borse era troppo poco (erano almeno trolley), e
un
colorito malsano. Ignorando le scuse che costui tentava di accampare
(«Non sono
stato io! È stato Kira!»), la Umbridge
tirò una corda discesa dall’alto e lo
studente,banco e sedia inclusi, sprofondarono in una voragine nel
pavimento.
«Comunque,
stavo dicendo, ho deciso di togliere dieci punti
a Grifonplatino…»
«Ehi!»
la interruppe Hermione «Erano cinque!»
«Se
lei mi interrompe, come faccio a togliere questi
benedetti venti punti a Grifonplatino?! E ringrazi
che sono solo trenta!
Quaranta punti si recuperano in un lampo, mi creda.
E poi, cinquanta
punti in meno non hanno mai ucciso nessuno!»
«Ma
continua ad aumentare!» piagnucolò Hermione
«Harry,
dille qualcosa?»
«Ma
che cazzo c’entro io?!» si difese Harry.
«Ah-ha,
sgamato, signor Potter» ripeté la Umbridge,
probabilmente non ricordandosi che questa sagace battuta è
già comparsa alcune
righe fa.
«Ma
non ho fatto niente!»
«La
smetta di farneticare, signor Potter!» lo interruppe la
Umbridge. «Penso che un’altra settimana di
punizione le farà bene… Se sì
perché, se no com’è, oppure
vabbè, eh?!»
*
* *
La seconda
settimana di punizione fu esattamente uguale
alla prima, il che da un lato era una cosa buona, visto che Harry non
aveva
dovuto affrontare niente di nuovo e probabilmente peggiore delle
frustate. La
cosa peggiore fu la reazione di Angelina che, avvolta in una densa
cappa di
fumo grigio proveniente dalle tre canne che teneva in bocca,
aggredì
verbalmente Harry.
«Che
cosa succede?» chiese la professoressa McGranitt
avvicinandosi agitando un ventaglio per dissipare il fumo.
«Potter
si è fatto punire di nuovo!» piagnucolò
la capitana
della squadra di Kwiddich.
«Punire?
E da chi?» chiese la prof rivolgendosi ad Harry.
«Dalla
Umbridge» sospirò rassegnato
quest’ultimo, scrutato
dal cipiglio severo della donna-falco.
«Potter
devi controllarti! Dieci punti in meno a
Grifonplatino!»
«Eeeeh?!»
strillò scandalizzato Harry «Solo
dieci?!»
«È
la mia ultima parola, Potter» replicò altezzosa la
McGranitt, poi si allontanò a testa alta seguita da Angelina.
Potter mise
il broncio. «Mi ha tolto solo dieci punti
perché mi faccio squartare la schiena tutte le
sere!» si lamentò con il poco
empatico –ma molto apatico- Ronald.
«Che
bello» commentò l’emo-kid atono.
Subito dopo
pranzo, era la volta di Incantesimi, il cui
inutile svolgimento non occuperà una sola riga di questo
capitolo. La lezione
dopo era invece Trasmutazione – che stranamente ha cambiato
nome da qualche
capitolo a questa parte… bah, i misteri di
OhSchwartz… - , proprio con la
McGranitt. Entrando in aula, vi trovarono anche la Umbridge.
«No…»
mugolò Harry, pensando a quale tra i diecimila malori
improvvisi inventati presenti nel suo repertorio usare. Ma non fece in
tempo,
perché la mandria di studenti entranti lo sospinse nella
stanza, ed Harry si
ritrovò, non si sa come, seduto al suo posto.
«Ma
d’oh!»
«Allora,
ragazzi, da oggi in poi questa materia si chiamerà
Trasfigurazione, e il nostro obiettivo finale sarà di creare
la pietra
filosofale…»
«Ma
prof» la interruppe Hermione alzando la mano
«’sta
storia della pietra filosofale sta cominciando a farsi
ripetitiva… ha presente
Harry Potter – Harry starnutì – e la
Pietra Filosofale? Ecco…»
«Signorina
Granger» riprese la McGranitt «le pare che un
libro fantasy posso equipararsi alla realtà che noi stiamo
vivendo? Può per
caso trovare delle similitudini tra il mondo in cui noi, veri esseri
umani,
viviamo e la descrizione di un universo inventato qual è
quello di Harry Potter
e la Pietra Filosofale?»
«Beh,
in effetti…» cominciò Hermione, ma la
prof la liquidò
con un gesto della mano.
«Sono
d’accordo con lei, prof» intervenne Harry Mystryss
ecc. ecc. «Io non ho niente da spartire con
quell’Harry Potter. Che nome
volgare, poi…» - ha parlato, lui… -.
Mentre la
prof spiegava i fondamenti della nuova materia e
la Umbridge prendeva nota, Harry pensava seriamente a quante cose il
suo
piccolo mondo aveva in comune con quel romanzo fantasy, turbando non
poco la
sua ombrosa psiche.
*
* *
Quella sera
Harry, tornando dalla punizione, trovò Hermione
ad aspettarlo.
«Ho
la soluzione al tuo dolore» annunciò la ragazza, e
gli
tirò una ginocchiata là dove fa male.
«Argh!»
gemette Harry, reputando ormai compromessa
qualsiasi possibilità di avere una discendenza.
«Ma porca pu…»
«Adesso,
non senti più dolore alla schiena, vero?»
Harry si
rese conto che, effettivamente, non sentiva più
dolore alla schiena, ma poi il tarlo del dubbio cominciò a
farsi strada nel suo
legnoso cervello. Ma aveva per caso detto ad Hermione in cosa
consisteva la
punizione? E se sì, quando? Non se lo ricordava, ed era
troppo pigro per andare
a rileggersi i capitoli precedenti.
Sulla
poltrona accanto al fuoco c’era anche Ron.
«Comunque»
riprese Hermione, aggiungendo il nome di Harry
alla sua lista di successi come schiaccianoci – chiedo venia
per la volgarità…
-_- - «Io e Ron stavamo giusto pensando che si dovrebbe fare
qualcosa… io
pensavo di preparare un imboscata alla Umbridge, pestarla a sangue,
farla a
pezzettini e buttarla nelle fogne con lo scarico del water…
ma poi ho pensato:
troppe borchie, mi farei male alle mani».
Harry si
stava giusto chiedendo da dove arrivasse quel
discorso, quando Ron intervenne suscitando lo stupore di tutti i
presenti.
«Insomma»
cominciò lentamente «non stiamo imparando niente
da Corruzione Verso le Arti Oscure, e pensavamo… chi meglio
di te potrebbe
insegnarci una cosa del genere?»
Harry
gonfiò in petto «In effetti…»
constatò, tronfio,
dandosi un sacco di arie.
«Lo
supponevo» annuì Hermione, sfilando un foglio
dalla
borsa. «Questo contratto di lavoro di obbliga ad insegnare
Corruzione Verso le
Arti Oscure di straforo per i prossimi vent’anni, mentre ogni
altro lavoro ti
sarà precluso. Inoltre, il 90% di ogni ricavato
andrà alla sottoscritta, mentre
il 10% finirà su un conto corrente bancario al quale potrai
avere accesso solo
tra trent’anni, e solo a rate mensili da 10 €
l’una. Inoltre, qualsiasi danno
alla tua persona non potrà essere rimborsato, e qualunque
assicurazione sulla
vita non sarà valida. Inoltre, non potrai citarmi in
giudizio pena l’arresto
immediato.»
Harry,
stordito dal lungo discorso, ci pensò su molto
attentamente.
«Uhm...»
considerò.
«Metti
una firma qui, qui e qui» continuò Hermione,
indicandogli tre righe.
«Harry
stava per firmare, quando… «Aspetta un attimo! Ogni
altro lavoro ti sarà precluso! Non
firmerò mai e poi mai! Io devo diventare
il chitarrista – e leader – assatanato di una band
black metal! Scalerò le
classifiche e diventerò talmente ricco che neanche la Chiesa
potrà
perseguitarmi, così ricco che potrei assumere la Regina
d’Inghilterra come
cameriera personale!» si esaltò.
«Ma
Harry…» tentò di interruppero Hermione.
«Sst!
Niente Harry!» la zittì con un gesto imperioso
«D’ora
in poi, chiamatemi Shagrath!»
«Come
l’orchetto del Signore degli Anelli?»
«Tch!»
Harry, pardon Shagrath, indispettito da tanta
ignoranza, se ne andò verso il suo dormitorio canticchiando Burn
in hell.
Due
settimane dopo, Hermione riportò in auge la richiesta
fatta ad Harry di insegnare Corruzione Verso le Arti Oscure, ritirando
fuori il
famoso contrattino.
«No»
sbottò perentorio Harry, irritato dal fatto di aver
scoperto di non avere la vocazione del blackster.
«Ma
daaaai…» replicò Hermione. «E
se modifico il contratto?
Diciamo che a te va il 20%...»
«Hermione»
la interruppe Potter «sarò anche narcisista,
vanesio, ipocrita, egoista, egocentrico...» aprì
di nascosto il Dizionario dei
Sinonimi e Contrari sotto il tavolo «superficiale, frivolo,
immodesto,
vanaglorioso, falso, bugiardo, impostore, menefreghista, prepotente,
avaro,
pigro, aggressivo, tiranno, dispotico, autocratico,
meschino… ma non sono
stupido».
«Uff…»
Hermione cedette, stracciando il contratto. «Va
bene… vuoi allora per favore insegnarci senza alcun obbligo
nei miei
confronti?»
«Cosa
ci guadagno?» chiese con noncuranza Harry,
studiandosi le unghie.
«Eh?»
«Voglio
sapere, io, me medesimo, il sottoscritto, la
mia persona, il qui presente, che cosa ci guadagno. Quali benefici ne
trarrà il
mio fondo pensione?»
«Aspetta
un attimo». Afferrò Ronald – riverso su
una pila
di libri – e lo trascinò dietro uno scaffale.
Dieci minuti dopo, fecero
ritorno.
«Veloce»
commentò Harry, sottintendendo con quell’unica
parola un sacco di significati poco casti.
«Ron
ha acconsentito a vendere un suo rene. Il ricavato
andrà dritto dritto nel tuo fondo pensione».
Harry
unì le dita della mano destra con quelle della mano
sinistra, assumendo un’aria alquanto oscura e perversa.
«Eccellente».
«Bene,
allora dirò a tutte le persone
interessate di incontrarci alla Testa di Pony questo fine
settimana».
«Dobbiamo
andare fino a Hogsmeade?!» sbottò Harry
«Che
palle!»
«Beh,
non credo che la Umbridge sarebbe contenta di sapere
che stiamo tramando alle sue spalle di costituire un gruppo nel quale
tu, suo
acerrimo nemico, la sostituirai nell’insegnamento umiliandola
tra gli studenti
e facendo scendere le sue quotazioni del 68%»
«Ma
è lontano!» obiettò
Harry «Ciò significa che
bisogna camminare un sacco! Io non sono nato per
svolgere attività
fisica, il mio corpo è costituito in modo tale da impedirmi
qualunque azione
stancante! Io sono nato per tramare nell’ombra ed esprimere
tutta la mia
goticità in ogni mio gesto, espressione, aspetto ed
abbigliamento! Sono nato
per leggere Poe, Baudelaire e Rice, dipingere oscuri quadri carichi di
oscuri
significati, apparire inquietante agli occhi della gente e ipnotizzare
i
bambini con la mia presenza, svettare sul misero mondo di voi gente
comune che
non vedete il lato attraente della morte come lo vedo io, che
inorridite
davanti ad una bara o ad una lapide, mentre io vorrei averne un sacco
da
collezionare…».
Ron ed
Hermione lo lasciarono andare avanti con il suo
soliloquio, consci del fatto che interromperlo avrebbe portato a morte
certa o,
per lo meno, ad un’elevata dose di fastidio.
«E
comunque» concluse Harry «Non ho alcun motivo che
mi
spinga ad intraprendere quest’esaustiva passeggiata fino ad
Hogsmeade».
«Ma
là c’è un’impresa di pompe
funebri che ha aperto da
poco…»
Harry
assunse un espressione interessata. «Pompe funebri,
eh? Comunque, non ho mai capito perché “pompe
funebri”… Avrei due teorie in
merito: la prima, che è meglio non descriva
perché assai volgare, comporta la
presenza di un necrofilo e un cadavere, o un necrofilo e uno
zombie… la seconda
paragona le lapidi agli idranti, ma dubito che degli individui di bassa
lega
come voi possano intendere il mio pensiero…»
Ron ed
Hermione aspettarono pazientemente la fine di questo
secondo, lungo monologo.
«…e
comunque» disse Harry «non ho bisogno di andare da
nessuna parte, perché…»
batté le mani un paio di volte
«Sebastian!» ordinò
perentorio. Un individuo vestito di nero con un ghigno satanico
stampato in
volto fece la sua apparizione.
«Yes,
my Lord».
«Il
bastardo si è fatto il maggiordomo!»
sbottò Hermione
irritata.
Harry
estrasse un paio di buste da sotto la divisa, e le
porse all’inquietante individuo con un “Sai quello
che devi fare” alquanto
misterioso. Poi il maggiordomo si dileguò nel nulla.
«Che
individuo inquietante…» commentò
Hermione «ma chi è?
Mi sembra di averlo già visto…»
«Uh,
niente… è soltanto un demone costretto a servirmi
a
causa di un contratto che ho stipulato con lui in cambio della mia
anima…
quisquilie. Ci sono un sacco di persone alle quali ho promesso la mia
anima…
sarà divertente quando dovranno riscuotere,
muahahah!».
Hermione
proruppe in una risatina isterica. Ron non rise
affatto.
«Non
è che per caso a volte indossa un cappello
beige…?»
«No,
ti stai confondendo con quel maleducato che va in giro
ad indicare la gente…»
«Oh,
sì, hai ragione».
*
* *
Nonostante
tutto, quel weekend, con gran cordoglio di
Harry, i tre andarono ad Hogsmeade, al pub nominato da Hermione: la
Testa di
Pony. Il locale era riconoscibile dall’insegna: la testa rosa
e azzurra di un
puccioso minipony decapitata, dalla cui estremità mozza
zampillavano
fiorellini, cuoricini, e tutte le cose che ad Harry facevano venire il
mal di
stomaco. L’interno non era da meno: con tutto quel rosa e
quei cuscini, il
diabete era assicurato.
«Ugh…»
commentò Harry schifato.
Il padrone
del pub, un omino tondo alto meno di un metro e
mezzo, se ne stava dietro il bancone a spolverare i bicchieri con un
chilometrico
catturapolvere. I tre si sedettero su un divanetto bianco, in attesa
delle
persone che avrebbero dovuto raggiungerli. Harry, comunque,
sfilò un foulard
nero dalla tasca e si sedette su quello. Nel frattempo,
l’uomo tondo li aveva
raggiunti.
«Che
cosa vi porto, tesorini miei?» chiese con la sua voce
zuccherosa.
«Ugh…»
ripeté Harry, replicando il commento di tre
capoversi fa.
«Hug?
Dovrei averne ancora un po’…»
«Ma
veramente…»
Il
proprietario se ne andò a cercare qualcosa che i tre non
avevano neanche mai sentito nominare.
«Chi
dovrebbe venire?» domandò Harry, cercando di
rattrappirsi il più possibile per evitare il contatto con
cuscini, tavolo,
fiori e amenità varie.
«Oh,
un paio di persone» rispose Herm. «Oh, eccoli,
devono
essere loro».
La porta si
aprì, ed una caterva di gente si riversò nel
locale.
«Un
paio, sì… alla decima»
commentò sarcastico Harry.
Le persone
che entrarono nel campo visivo del nostro eroe
in nero furono: il nerd Neville, Dead Thomas il Morto, e una tizia
irrilevante
con il nome di un fiore; le gemelle indiane insieme a Cho
“Qualcuno” Chang, che
scambiò un’occhiata rovente con Ronald, il Vero ed
Unico Emo; Luna
Peace&LoveGood; Angelina Johnson, Katie Din-Don-Dan e
quell’altra
Calciatrice di cui non ricordava il nome; quei due sgorbi di cui uno
armato di
macchina fotografica; Ernia Macmillan, Justin Cognome-Astruso e Hanna
Mon…
Abbott, e un’altra tizia sconosciuta ed irrilevante; tre tizi
di Falcogiallo
che gli pareva si chiamassero Michael Corner, Anthony Rigore e Terry
Traversa;
Ginni seguita da una sorta di Brad Pitt, ed infine Fred, George e il
loro amico
rasta.
Si sedettero
tutti – sfondando il divanetto – e fissarono
Harry, come in attesa di qualcosa.
«Beh?»
chiese questo. Hermione prese la parola.
«Allora,
ci troviamo qui riuniti oggi per celebrare la
nostra decisione di imparare per conto nostro Corruzione Verso le Arti
Oscure.
Ed abbiamo deciso di farci insegnare da Harry. Vi va bene?»
I presenti
scrutarono il goth guy.
«Ehm…»
«Okay,
allora mettete il vostro nome qui» disse Hermione
tirando fuori un foglio A4 dalla borsa «altrimenti vi pesto
tutti a sangue».
Quando tutti
ebbero firmato e se ne furono andati, anche
Harry, Ron ed Hermione si avviarono verso il castello.
«Che
capitolo orribile» commentò Ron, rivolto a nessuno
in
particolare.
«Senti,
Harry, credo che Ronald abbia qualcosa che non va…
tu le capisci, certe sue uscite?»
Capitolo 18 *** 17_Decreto Didattico Numero Diciassette ***
CAPITOLO 17
DECRETO
DIDATTICO
NUMERO
DICIASSETTE
Harry sedeva
apatico sul proprio letto. Erano ormai giunti
al capitolo 17, e la storia stava prendendo una brutta piega: il
livello dei
capitoli, infatti, era decisamente calato, anzi, precipitato, sfondando
il
pavimento e causando un bernoccolo al povero Lucifero che,
all’Inferno, si
stava facendo allegramente i fatti propri. Deciso più che
mai a dare una svolta
positiva alla storia – e non dimentichiamo il numero del
capitolo! 17! C’è
forse numero più meraviglioso?! – smise di giocare
a Fatal Frame con la
Play Station e scese nella sala comune.
La prima
cosa che i suoi gotici occhi azzurri notarono fu
che l’intero studentamedel
Grifonplatino era radunato attorno alle bacheche. Famoso per la sua
morbosa
curiosità, Harry volle a tutti i costi scoprire il motivo di
tanta agitazione.
Prese quindi il suo fedele taser (o forse teaser)
– penso, ma con
non molta sicurezza, che si scriva così, ma non avendo
né la certezza della
cosa, né la voglia di alzarmi per andare a consultare il
dizionario, facciamo
finta che vada tutto bene -, lo storditore elettrico, insomma, e
cominciò
allegramente a fulminare i compagni.
Quando
finalmente giunse alla bacheca, lasciandosi alle
spalle diversi corpi inermi, notò una grande, grosso, enorme
avviso che ne
occupava la maggior parte. Su questo avviso c’era scritto:
PER
ORDINE DELLA MISTRESS SUPREMA
DELLA
SCUOLA DI MAGIA, STREGONERIA,
ARTI
MARZIALI E TATTICHE MILITARI
DI
OHSCHWARTZ
Tutte
le organizzazioni, società, squadre, gruppi, circoli di
studenti,
sette
sataniche, orge pentasessuali, gruppi di terroristi, nuovi governi
sorgenti,
gruppi
religiosi votati al culto di Kira, servizi segreti, compagnie
dell’Anello
gruppi di studenti che
complottano alle spalle
del corpo insegnante di formare un compagnia
atta
a metterne in dubbio l’autorità, sono sciolte a
partire da questo momento.
Per
organizzazione, società, squadre, gruppi, circoli di
studenti ecc. ecc.
si
intende l’incontro regolare di tre o più studenti.
L’autorizzazione
alla ricostruzione può essere chiesta alla Mistress Suprema.
“Seee,
come no” pensò Harry “Mi scusi,
prof, posso
ricomporre la mia setta satanica? Sa, domani abbiamo in programma il
sacrificio
rituale di tutti gli studenti…”
Qualsiasi
studente che costituisca, o appartenga, ad un organizzazione,
società,
squadra, gruppo o circolo che non siano stati approvati
dalla
Mistress Suprema sarà espulso.
Quanto
sopra ai sensi del Decreto Didattico Numero Diciassette.
L’aria
era tesissima. All’improvviso, un'unica, sola nota
di violino ruppe l’atmosfera, facendo accapponare la pelle
dei presenti –
quelli che non erano svenuti fulminati, ovviamente…
Zin, zin,
zin, zin, zin, zin…
«Ma
questo non va affatto bene» disse Hermione, comparsa da
chissà dove, mentre saccheggiava le tasche dei compagni a
terra. «Questa è una
colonna sonora stra-abusata. Non solo stiamo cadendo nella
banalità più
assoluta, ma dovremo pure vedercela con i diritti d’autore! E
comunque, non è un
po’ innaturale che, nella vita reale, parta una musichetta
che risuona
nell’aria, e sembra non provenire da nessuna parte?
Cioè, qualcuno potrebbe
pensare di essere diventato pazzo… aspetta un secondo, tu la
senti, vero Harry?
Non vorrei essere diventata anche una visionaria,
adesso… voglio dire…»
«Hermione»
la interruppe Harry, irritato da tanta
logorroicità «è la suoneria del mio
cellulare».
«Ah»
fu l’atona risposta di Hermione – chi va con lo
zoppo…
«Ma
io pensavo» intervenne l’emo-kid, che ultimamente
appariva meno apatico del solito «che la suoneria del tuo
cellulare fosse
Toccata e Fuga». E assunse un’espressione
orripilata, come se tutte le sue
certezze, le convinzioni sulle quali aveva fondato l’intera
vita, ma che dico,
tutta la sua esistenza, fossero crollate brutalmente schiacciando e
riducendo
in poltiglia la sua psiche già lesa in precedenza dal suo
essere emo.
«Ron…»
replicò cauto Harry «lo sai che le suonerie si
possono cambiare, vero?»
L’aura
– grande ritorno – dell’emo-kid si
incupì, assumendo
un tono nero tenebra screziato di verde melma. Evidentemente no, non
era a
conoscenza della cosa.
«Questo
è un bel problema» commentò Hermione.
«Cosa,
che le suonerie si possono cambiare, il ritorno
dell’aura di Ron o perché tutte le sue certezze e
convinzioni sulle quali aveva
fondato la sua intera esistenza sono crollate brutalmente schiacciando
e
riducendo in poltiglia la sua psiche già lesa in precedenza
dal suo essere
emo?» domandò Harry.
«Il
Decreto Didattico Numero Diciassette, ovviamente! Non
ti è passate neanche per l’anticamera del cervello
che la cosa comprendesse
anche il nostro gruppo clandestino di Corruzione Verso le Arti Oscure,
nel
quale tu ci insegnerai alla faccia di quella fetish-woman?»
«Ma
se è clandestino…» replicò
ragionevolmente Harry.
«Si…»
cominciò Hermione, mentre la luce calava notevolmente
– forse a causa di un’eclissi
improvvisa… - e un denso fumo grigio proveniente
da chissà dove cominciava a riempire la stanza, illuminato a
tratti dai fulmini
che cadevano in continuazione fuori dalla finestra, dando ad Hermione,
i cui
capelli si erano increspiti più del solito,
un’aria da scienziata pazza
schizofrenica
«…può…FAREEEEEE!»
*
* *
Harry si
diresse verso la Grande Sala, seguito da Hermy e
dall’emo-kid, domandandosi il senso del capoverso precedente.
«Chissà
come mai gli è venuto su quel Decreto…»
si domandò
Hermione. «La sola spiegazione è che sia venuta a
sapere di ciò che avevamo
intenzione di fare… ma come avrà fatto? Visto che
il foglio che vi ho fatto
firmare era maledetto, se qualcuno ha parlato gli sarà
capitato qualcosa di
terribile e ce ne accorgeremo di sicuro. Ma soprattutto…
quando ha pubblicato i
precedenti sedici decreti?».
Ma nessuno
dei cospiratori presentava qualche orrenda
mutazione, perciò i tre constatarono che nessun di loro
aveva cantato. Comunque,
Angelina corse da loro in preda alla disperazione, senza il solito
cannone in
bocca.
«Ommioddio,
è terribile! Quel cartello parlava anche delle
squadre di Kwiddich! Dobbiamo chiedere il permesso di riformare la
squadra!»
Harry, che
pensava che la soppressione del Kwiddich
l’avrebbe finalmente liberato dalla costrizione di dover fare
per forza quello
stupido gioco al quale era stato costretto fin dal primo anno
– e la grammatica
va a farsi fottere -, trovò la cosa particolarmente gradita.
Lasciando
Ange al suo destino i tre si dedicarono al
consumo della colazione, per poi dirigersi nell’aula di
Preistoria della Magia,
dove li attendevano due ore di catalessi profonda. Comunque Harry, per
precauzione, si era portato la/il Nintendo DS, e giocava allegramente a
Guitar
Hero. Ad un certo punto, Hermione notò qualcosa fuori dalla
finestra, e cercò
di attirare l’attenzione di Harry. Cominciò
tirandogli addosso una cartina: la
cosa sembrò non avere alcun effetto. Provò con
una cartina più grande: niente.
Seguirono una gomma, una matita, un tubetto di colla stick, un
evidenziatore,
un temperamatite, un compasso, un taglierino, direttamente
l’intero astuccio,
un quaderno, un libro, il Dizionario dei Sinonimi e del Contrari, una
sedia, e
infine il banco stesso. Harry, che aveva misteriosamente schivato tutti
gli
oggetti che Hermy gli aveva tirato contro senza neanche muoversi
–
probabilmente Hermione aveva una mira talmente schifosa… -
non poté neanche
lontanamente evitare il banco, che gli si fracassò in piena
faccia.
Harry ne fu
così scioccato che non riuscì nemmeno a gridare
di dolore. Aveva il terrore di toccarsi il viso, per timore di trovare
al posto
del naso… di non trovare il naso, e di essersi trasformato
in una versione
Voldemort fresco di parrucchiere. Nonostante tutto –
nonostante, cioè, che
Harry si trovasse imbrattato di sangue dalla testa ai piedi (normale
amministrazione… peccato che stavolta fosse il suo)
– Hermione era riuscita ad
attirare la sua attenzione. Oppure, se non altro, le sue intenzioni
omicide.
Indicò la finestra al ragazzo, il quale, profondamente
offeso dall’attacco
subito, guardò in quella direzione. Fuori dalla finestra,
sul davanzale, stava
il suo nuovo animaletto, messo non tanto meglio di lui. Harry
dimenticò
improvvisamente tutti i propri patimenti e corse alla finestra,
aprendola e
traendo in salvo il povero Brandon Lee.
[Forse non avrei dovuto
chiamarlo così… °__° mi fa
impressione…]
Cullandolo
come fosse un neonato e sull’orlo della
disperazione, Harry corse fuori dall’aula, senza nemmeno
preoccuparsi di
avvisare il docente, il quale, d’altro canto, non si era
accorto nemmeno di
tutto quello svolazzare di articoli di cancelleria avvenuto pochi
istanti
prima. Saettò per i corridoi con il pennuto tra le braccia
– un paio di volte
si schiantò in fondo ad un vicolo ceco – della
Repubblica Ceca – o addosso ad
un armatura, provocando l’aggravarsi delle condizioni della
povera bestiola (ma
anche le sue… non dimentichiamoci che ha appena preso un
banco in faccia) –
finché giunse in prossimità della sala
professori. Stava per bussare, quando la
porta si spalancò, sbattendogli – indovinate un
po’? – dritta in faccia.
«Ma
allora ditelo, cazzo!» sbottò Harry, finito a
terra
«Ditelo che siete così gelosi della mia statuaria
ed avvenente bellezza da
attentarvi ogni volta che ne avete l’opportunità!!
E, con tutto questo stress,
mi stanno venendo le doppie punte!»
Da dietro la
porta fece capolino la McGranitt. Quando notò
Harry, la sua espressione si fece preoccupata. Temendo che il giovin
fanciullo
fosse venuto ad informarla di un nuova punizione inflittagli,
tirò fuori una
ricetrasmittente dalla tasca e premette il pulsante rosso.
«Houston,
abbiamo un problema» disse. Dall’alto scese
un’imbracatura
, che la donna si affrettò ad indossare. Conclusa la
vestizione, l’imbracatura
la sollevò verso l’altro, facendola scomparire
alla vista.
«Quella
donna mi preoccupa…» commentò Harry,
pensando che
la demenza senile fosse davvero una gran brutta cosa.
Fortunatamente,
la professoressa General uscì dalla porta,
inciampando in Harry, ancora accasciato sul pavimento. Ricompostasi, la
donna
capì immediatamente quello che doveva fare. Prese una
ricetrasmittente – pure
lei?! Ma allora era un vizio! – e premette l’oramai
famoso pulsante rosso.
«Abbiamo
un’emergenza!» strillò.
All’improvviso, correndo e
sgommando attraverso i corridoi, arrivò
un’ambulanza dalle ululanti e rumorose sirene
blu. Il retro dell’ambulanza si aprì, e ne
uscirono due infermieri con una
barella. La General, che all’improvviso aveva cambiato
abbigliamento ed ora era
vestita da medico, con tanto di camice, cartellino e stetoscopio, prese
il
corvo e lo adagiò sulla barella, che venne velocemente
issata nel veicolo. Le
porte dell’ambulanza si richiusero e il mezzo
ripartì a velocità folle,
lasciando uno sbigottito Harry seduto sul pavimento. Il mezzo era quasi
arrivato in fondo al corridoio quando fece una brusca inversione a U,
dirigendosi verso il goth guy che, impietrito, non ebbe nemmeno la
prontezza di
spostarsi. Non ce ne fu bisogno, comunque, perché
l’ambulanza frenò a pochi
millimetri da lui. Scese la General.
«Mi
ero dimenticata di darti questo post-it che era
attaccato alla zampa della tua più oscura delle creature
angeliche che
rappresenta la follia e presagisce la morte che indugia al nostro
fianco».
Appiccicò
il post-it alla fronte martoriata di Harry, che
non sapeva se essere più scioccato
dall’apparizione dell’ambulanza o per la
frase terribilmente goth che la prof aveva appena pronunciato.
«E
comunque, Potter…» aggiunse la General, poco prima
di
risalire sull’ambulanza «…non ti
agitare… che poi magari… sudi… ti
viene… il
mal di gola… e muori». E se ne andò a
bordo dell’Ambulanza Tutta Matta.
Quando si fu
ripreso, prese il post-it e lo lesse. Oggi,
stesso camino della sala comune di Grifonplatino, più o meno
verso le due e
trenta del mattino che prima devo vedere Superock. By il tuo Parino
Sirius
Black ricercato in tutto il mondo da tutti i Dissennatori di AzGaban, e
non
solo, e che si trova al numero 17 di Grimmauld Place, Londra, il
quartier
generale dell’Ordine del Corvo Morto. Harry
pensò che il suo Padrino era
proprio un genio. Sarcasticamente parlando, ovviamente.
*
* *
«Harry,
io e Ron stavamo pensando…» scoppiò a
ridere. Ron
che pensa? Muahahahah! «…che forse Brandon Lee
è stato intercettato perché
qualcuno voleva leggere la lettera che portava».
«Era
un post-it» puntualizzò Harry, e batté
le mani in modo
che il suo maggiordomo demoniaco Sebastian glielo portasse. Prese il
giallo
foglietto e lo porse ai compagni.
«Se
qualcuno l’ha letto…»
commentò Hermy.
«…siamo
nella merda» concluse poco elegantemente Ron.
«E
non possiamo neanche scrivergli di non farlo, perché
potrebbero intercettare la nostra lettera!» aggiunse Hermione
sconvolta,
portandosi le mani alla bocca.
«Magari
con un SMS?» suggerì Harry.
«Lo
sai che qui non c’è campo»
replicò Hermione scocciata.
E allora, come mai quella mattina il cellulare di Harry aveva
squillato? E
perché Harry non solo non aveva risposto, ma non aveva
neanche guardato lo
schermo del cellulare? OhSchwartz si fa sempre più
misteriosa <_<
«E
allora basta che gli mandiamo una lettera con su scritto
NO. Capirà».
«Non
arriverà mai in tempo» ribatté Hermione.
«Donna
vuota» la apostrofò Harry seccato.
Cammina e
cammina, i tre arrivarono nel corridoio che
portava ai sotterranei per la lezione di Intrugli. Purtroppo per Harry,
appena
svoltato l’angolo incapparono in Draco Malfoy, il quale,
all’apparizione
dell’oggetto dei suoi desideri, abbandonò al
proprio destino i suoi seguaci per
gettarsi al suo inseguimento. Harry corse via, inseguito dal biondo.
«Harry
Mystryss Darque Nyght Rayn Ravyyyyyyyn!» strillò
Malfoy, lanciandosi in un selvaggio inseguimento – lodiamo la
sua capacità di
ricordare un nome così chilometrico.
«Ma
noooooo!» urlò Harry di rimando, orripilato,
fuggendo
alla velocità che gli consentiva il suo corpo inadatto
all’attività fisica.
L’anomala
partita a Guardie e Ladri si interruppe quando il
prof Piton spalancò la porta del sotterraneo.
«Eccheccazzo,
qualcuno sta cercando di preparare la
lezione, qua!»
Harry fu
salvato dallo sverginamento dal trillo della
campanella. Il giovin fanciullo – e sono due – si
fiondò nel sotterraneo, fino
a raggiungere il riparo sicuro costituito dal proprio calderone. Vi si
incastrò
all’interno e si rifiutò di uscirne
finché Draco non sarebbe stato ad una
distanza sufficiente. Quando si decise ad uscire, si rese conto che,
oltre
all’odiato Piton, nella stanza era presente anche…
la Umbridge! Quella donna
era come il prezzemolo, l’herpes, le zanzare in
estate… era dappertutto!
Vedendola
accanto a Piton, pensò una serie di cose:
-
Pensò che la Umbridge e Piton sarebbero stati proprio una
bella coppia…
- Riusciva
quasi ad immaginare i loro figli…
-
Immaginò che Piton avrebbe potuto avvelenare la moglie,
se per caso si fosse stufato di lei…
- Immagino
che la Umbridge e Piton che… no, era meglio non
immaginare cose del genere…
-
Immaginò Piton con la tutina fetish della Umbridge.
Harry
scoppiò in una serie di risatine convulse, che
cercò
di soffocare accovacciandosi sul pavimento. Quando riuscì a
calmarsi, e si
rialzò, il suo sguardo siimpigliò
nuovamente nella figura di Piton, e l’immagine del professore
in abbigliamento
fetish tornò a fare capolino nell’ampio spazio
della sua immaginazione,
scatenando una nuova serie di quelle che un medico troppo zelante
avrebbe
scambiato per convulsioni da attacco epilettico. Mentre tutto questo
sfacelo
accadeva nella mente di Harry, Ron ed Hermione, ignari di tutto
ciò, gli
lanciavano delle occhiate oblique. Nel frattempo, la donna in latex
stava
intervistando Piton. Se era il caso di insegnare una pozione del genere
alla
classe, da quanto tempo insegnava a OhSchwartz, se aveva fatto domanda
per la
cattedra di Corruzione Verso le Arti Oscure, se era un adepto della
religione
di Jashin… Passando davanti al calderone di Harry, Piton
diede un’occhiata al
suo interno e vi scoprì uno sghignazzante signor Potter.
Questi, resosi conto
di essere stato sgamato, si congelò –
metaforicamente parlando -.
«Ma
cosa abbiamo qui» disse sarcastico Piton «il signor
Potter».
«Oh,
mer…» cominciò Harry, già
preparandosi
psicologicamente alla terribile punizione che si sarebbe abbattuta su
di lui di
li a poco. Fortunatamente, venne salvato, per la seconda volta, dalla
campanella.
«Dovrei
fargli una statua, a quella campanella» sospirò
Harry, camminando tutto storto – perché
rannicchiarsi in un calderone non è che
faccia tanto bene alla spina dorsale… - «O, al
limite, un sacrificio umano
in suo onore». Lanciò delle occhiate fameliche a
Ron, che non si accorse di
nulla, avvolto com’era dalla sua aura, che quel giorno era
blu marina.
«Forse
salto Divinazione» annunciò Harry al tavolo del
pranzo. Si guardò il polso. «Oh, no! Sono le
cinque! Tra un’ora ho scuola
guida!»
«Cosa
cavolo stai dicendo?!» sbottò Hermione.
«Ronald, cosa
cavolo sta dicendo Harry? …Ronald?»
Ron era poco
interattivo. «Sono Ron Weasley. Prego,
inserire floppino».
Hermione si
rese finalmente conto che quelli che si era
scelti per amici erano due pazzi visionari. Meglio tardi che mai.
***
Dopo pranzo,
Harry e Ron il Lettore Multimediale salirono a
Divinazione. La scala dell’Ikea si era rotta di nuovo, ed ora
al suo posto
c’era una carrucola attaccata ad un secchio.
«Va
bene essere in un castello sciroccato» cominciò
Harry.
«Va bene non avere né il riscaldamento
d’inverno né il condizionatore d’estate.
Va bene usare pennuti al posto di e-mail ed sms. Va bene scrivere con
penne
d’oca e non con penne biro. Va bene non avere uno straccio di
computer in tutta
la scuola. Va bene non avere corrente elettrica né acqua
calda. Va bene andare
in giro vestiti come mago Merlino. Ma non avere una fottuta scala a
pioli mi
sembra l’apice dell’idiozia!»
Nonostante
l’esattezza delle sue considerazioni, Harry non
poteva farci niente, e quindi usò la carrucola e il secchio.
Arrivato in cima,
lasciò cadere il secchio che colpì Ron proprio in
testa. Abbandonandolo al
proprio destino – è che palle di ‘sto
destino! – Harry entrò nel mondo rotondo
della Divinazione. Quel giorno, però, la professoressa
Melinda Gorgon non era
affatto affabile come al ffolito… ehm, solito.
Arrivò al tavolo tondo di Harry
e vi sbatté sopra il libro di testo, per poi proseguire
replicando il gesto per
ogni libro.
«Professoressa»
disse una tipa insignificante di cui Harry
non si era preso nemmeno il disturbo di imparare il nome
«C’è qualcosa che non
va?»
«Ma
nooooo!» rispose questa, con il sarcasmo che le
sprizzava da tutti i porti. “Questa cosa del sarcasmo
utilizzato da tutti non
va bene” pensò Harry “Io sono
l’unico degno di fare il sarcastico qua dentro.
Forse un po’ anche Piton… un
po’”. «Non c’è
niente che non va! Sono stata
inseguita per tutta l’aula da quell’insaccato umano
e adesso sono pure in
verifica! Non c’è niente che non va! E voi fottuti
fantasmi non vi decidete a
passare oltre! Non c’è niente che non va!
E…» continuò a berciare per tutta
l’ora, mentre Harry leggeva placidamente un altro capitolo
della sua Bibbia
Gotica – oh, sì che esiste… i
20€ meglio spesi della mia vita *__* -.
Successivamente
fu l’ora di Corruzione Verso le Arti
Oscure, che salteremo completamente vista la noiosità.
*
* *
Quando
tornarono nella sala comune quella sera, Angelina li
informò che la squadra di Kwiddich non poteva ancora essere
ricomposta.
“Evvai!”
esultò Harry mentalmente, facendo mentalmente un
trenino mentale nella sua mente contorta.
I tre
aspettarono pazientemente che la sala si svuotasse.
Finalmente, all’ora stabilita, Sirius fece capolino tra le
fiamme.
«Padrino!»
lo salutò Harry.
«Michia,
picciott... ma perché continuo a parlare così? E
da dove arriva questa strana musichetta?» replicò
Sirius.
Harry ed
Hermione si scambiarono uno sguardo che ci rimanda
all’inizio di questo capitolo.
«Ho
saputo che hai organizzato un gruppo di Corruzione
Verso le Arti Oscure…» continuò Sirius,
non riuscendo a liberarsi del tutto
dall’accento siciliano che non riusciva a scollarsi dalla
lingua. «Bravo, bene…
e ricorda: se vuoi vendicarti dei tuoi nemici…»
«Sì,
lo so, lo so» lo interruppe stancamente Harry
«Teste
di cavallo».
«Sirius»
intervenne Hermy «hai in mente qualche posto in
cui possiamo riunirci per questa cosa del gruppo?»
«Beh,
ci sarebbe il passaggio segreto il cui ingresso si
trova nel water del preside…»
«Oh,
quello non è più agibile» lo interruppe
Harry «si è
intasato un anno fa, me l’ha detto Fred e ripetuto
George».
«Ah.
Beh, allora ci penso e poi ve lo…» e scomparve.
«Sirius?»
Dove fino a
un attimo prima c’era la testa di Sirius, era
apparsa una mano con luuunghe unghie laccate di rosso., che si agitava
tra le
fiamme.
«Spostati,
Harry!» gridò Hermione, prendendo un attizzatoio
dalla rastrelliera posta di fianco al camino. Harry e Ron si ritirarono
in
camera, mentre Hermione si divertiva a punzecchiare la mano con
l’attizzatoio.
[Come ho fatto a scrivere
questo capitolo guardando “Non aprite quella
porta?” O.o XD]
RINGRAZIAMENTI!!! Ringrazio: sigaretta_93, Clara111294, Pia_mi_idola_XS, e piccola sciamana che hanno recensito. Di nuovo Clara111294, sigaretta_93, Pia_mi_idola_XD, ed anche keik che hanno trovato un posticino per Harry Mystriss ecc. ecc. nei preferiti. Ed infine wwwww, 3x2, Anle, e LyndaWeasley che hanne messo questa delirante fic nelle seguite. Grazie!! *__*
Avete elevato del 5% il mio livello di autostima XD
CAPITOLO 18
IL
F.I.C.A.U.
Harry, Ron
ed Hermione erano a lezione di Incantesimi, e si
stavano esercitando con l’Incantesimo Silenziatore,
incantesimo molto utile per
i serial killer che amavano colpire in mezzo alla folla. Il loro
compito era
quello di zittire alcuni grossi rospi sparsi per la classe. La formula
per
l’incantesimo era: Zitto!
«Zitto!
Zitto! Zittoooo!» strillò Harry,
incavolato
perché l’incantesimo non gli riusciva, sparando in
continuazione contro il
rospo con la sua pistola magica.
Qualcosa
andò storto, perché il rospo esplose.
Imbrattandolo completamente di interiora di rospo. Harry rimase
impietrito per
lo shock – ovviamente non per la miserabile fine del povero
animale, ma perché
i suoi resti gli avevano macchiato i vestiti –, ma Hermione
lo guardò ammirata.
«Harry…
che cosa hai fatto? È stato fantastico!»
trillò la
ragazza, e cominciò a far saltare, uno per uno, tutti i
rospi nella stanza,
ridendo come un’assatanata.
«Nuoooo!»
ululò Harry, mentre i rospi esplodevano attorno a
lui come fuochi d’artificio.
Il
professore fu costretto ad interrompere la lezione, e
mandò Hermione in infermeria, dato che la ragazza continuava
a ridere in modo
sconnesso, vittima di innumerevoli tic nervosi che l’avevano
colpita simultaneamente
in quel momento. Harry e Ron uscirono per la ricreazione, e se ne
stettero nel
corridoio, mentre Pix, nascosto sul lampadario, prendeva di mira gli
studenti
con un fucile da cecchino. I due vennero raggiunti da una raggiante
Angelina,
avvolta come al solito nella nuvola di fumo verdastro proveniente dalla
canna
che aveva in bocca.
«Ragaaaazziiii»
cinguettò Ange «ho avuto il permesso di
ricostruire la squadra di Kwiddich!»
L’atmosfera
nel corridoio si fece ancora più tetra. L’aura
negativa di Ron si infittì a tal punto che questi scomparve,
come se fosse
stato risucchiato da quello che sembrava un buco nero. Harry assunse
un’espressione tra l’orripilato e il disgustato,
come se gli avessero appena
ordinato di tingersi i capelli di biondo platino e vestirsi da Scene
Queen.
«Siete
contenti, vero?» fu la domanda retorica di Angelina,
che stava senza ombra di dubbio negando l’evidenza. Ma non
era colpa sua,
poverina… forse tutto quel fumo semplicemente le offuscava
la vista.
Angelina se
ne andò saltellando e, ogni tanto, sbattendo
contro un armatura, e al suo posto arrivò Hermione, che
sembrava aver
riacquistato un minimo di sanità mentale.
«Ho
un’ipotesi» annunciò, fissando Harry
«la Umbridge legge
la tua posta».
«Ah,
sì?» replicò Harry poco convinto.
«E come avrebbe
fatto a prendere Brandon Lee in volo? Mica vola rasoterra…
come avrebbe fatto,
secondo te? Con una canna da pesca? Un retino per farfalle? O forse gli
ha
detto “Ehi, tu, puoi venire qui che leggo di straforo la
posta di quel pirla
del tuo padrone che mi sta tanto in quel posto?”»
aggiunse sarcastico. Hermione
scattò sull’attenti.
«In
verità, signore, la mia opinione sarebbe che il
soggetto abbia utilizzato un fucile di precisione caricato con dardi
soporiferi,
e abbia addormentato il bersaglio. L’intenzione del soggetto
era senza dubbio
quella di impadronirsi delle informazioni top secret presenti nella
missiva, ma
qualcosa dev’essere andato storto, e il bersaglio ha
riportato danni, portandoci
così a conoscenza di ciò che gli è
accaduto, e facendomi sospettare che
qualcuno lo abbia attaccato proprio per impossessarsi della tua posta,
scoprendo così l’appuntamento che Sirius aveva
citato nel biglietto». Aveva
detto tutto questo senza riprendere fiato una sola volta. Harry e Ron
la
guardarono – per quanto Ron potesse vedere, sprofondato nel
buco nero che egli
stesso aveva involontariamente creato – allibiti.
«Hermione…
sei vittima di sdoppiamenti di personalità,
oppure sei posseduta dallo spirito di un
militare…?» le domandò cauto Harry.
«Negativo.
Ritenevo che l’utilizzo di termini tecnici mi
avrebbe aiutato a sostenere la mia tesi e dato un tono più
professionale alla
mia esposizione» replicò Hermy monocorde, sempre
rigida come un manico di
scopa. Nel frattempo, l’aura di Ron stava assorbendo le
particelle di luce
nelle sue immediate vicinanze – che si stesse trasformando in
una supernova? -.
Proprio in
quel momento, Pix decise di prendere di mira la
ragazza. Grosso errore: questa si girò di scatto e gli
lanciò uno shuriken, che
gli si piantò in fronte.
«Giustizia
è compiuta» disse senza alcuna ragione logica, e
scomparve in una nuvola di fumo, lasciando un precedentemente allibito
Harry
ancora più allibito. Il nostro tenebroso eroe
cominciò a pensare che forse i
suoi amici non avevano proprio la testa a posto.
*
* *
Quel
pomeriggio, Harry e Ron la Supernova avevano
l’allenamento di Kwiddich. Diluviava un sacco, ma questo non
basto a far
desistere Angelina dai suoi propositi da bravo capitano, con gran
disperazione
di Harry, che già si vedeva con i capelli talmente crespi da
poter essere
definiti “pettinatura afro” – non
c’è bisogno di dire che questo era il
peggiore incubo di Harry, subito dopo “essere rinchiuso in un
monolocale con
Draco Malfoy” -. Cominciò l’allenamento,
ma nessuno vedeva ad un palmo dal
proprio naso, così continuavano a scontrarsi a
mezz’aria e a precipitare,
scavando delle buche a forma di giocatore di Kwiddich nel campo di
gioco.
Quando Angelina si rese conto che la sua canna sotto la pioggia non si
accendeva – e di tempo perché se ne accorgesse ce
volle molto – pose fine
all’allenamento, anche se il danno ormai era fatto. Harry la
maledisse,
auspicandole che tutte le piastre liscianti che avrebbe toccato da quel
momento
in poi le sarebbero esplose in mano – evviva la grammatica e
chi la sa usare
=_= -.
Mentre erano
nello spogliatoio ad asciugarsi, Harry ebbe
una premonizione.
«Che
c’è?» gli domandò Ron, che
aveva finalmente
abbandonato la forma di buco nero per riacquistare il proprio aspetto.
«Ho
avuto una premonizione» rispose piano Harry in modo
mistico. «Riguardava... Voldemort. Posso sintonizzarmi sulle
sue onde alfa»
aggiunse, concentrandosi. «È…
aspetta… questa è Radio Maria… Virgin
Radio…
Radio Deejay… Ah, ecco Radio Voldemort.
È… arrabbiato. Perché… ha
perso
giocando a monopoli con Nagini».
«Dovresti
dirlo a Smilente – che si pronuncia
“Smailente”,
tra l’altro -» gli suggerì Ron.
«Dopo
che alla mia udienza non mi
ha guardato con ammirazione reverenziale lodando la mia notevole
avvenenza come
fanno tutti? No! Così impara!»
*
* *
I due
tornarono al castello ma, mentre Ron si ritirò nel
suo letto per passare una tranquilla notte tormentato dagli incubi,
Harry
dovette dedicarsi al tema che Piton gli aveva assegnato, ovvero
“Cento buoni
motivi per cui non devo ridere in faccia
all’insegnante”. Pensare a Piton gli
fece tornare in mente la sua fantasia, causandogli un accesso di
risatine
nevrasteniche che, fortunatamente, nessuno sentì –
a parte Raschiatibie, che si
allontanò pensando che gli umani erano proprio una razza
demente, e che quando
loro gatti avrebbero preso il controllo, le cose sarebbero state molto
diverse.
Quando finalmente riuscì a smettere di ridere,
tentò di concentrarsi sul tema.
Appena finì di scrivere la parola
“cento”, cadde addormentato come un sasso.
Cominciò
a sognare. Correva lungo un corridoio con una
motosega in mano, e ad un certo punto apparve la professoressa
McGranitt, che
lo guardò con l’aria sempre più
sconvolta man mano che si avvicinava.
«Potter…
no….non… non si corre nei corridoi!»
Harry
inciampò e la motosega gli sfuggì di mano,
tranciandogli la destra.
«Nooo,
Federica la Mano Amica!» gemette lui. La mano
prese vita e cominciò a correre lungo il corridoio. Harry si
alzò e le andò
dietro, e stava per acchiapparla quando sul soffitto si aprì
una botola e ne
uscì un parallelepipedo giallo a pois verdi, che cominciava
a ridere con quella
sua risatina irritante.
Harry
arrivò in fondo al corridoio, dove trovò uno
specchio.
Rallegrandosi della cosa, vi si avvicinò, ma quello che vide
gli gelò il sangue
nelle vene. Era GIALLO!
Si
svegliò urlando.
*
* *
Quando
aprì gli occhi, vide davanti a sé una cosa
gialla, e
quasi gli venne un infarto. Quando si calmò, si rese conto
che davanti a lui
c’era un suo vecchio amico.
«Dobby
è venuto a riportare il corvo a Harry Potter,
signore!» squittì l’elfo, che
indossava… una maglia gialla a pois verdi!
«Argh»
gemette Harry, coprendosi gli occhi. Probabilmente,
il trauma gli sarebbe rimasto per sempre. Si chiese come avrebbe fatto
se zio
Voldy l’avesse affrontato con una veste gialla a pois
verdi… probabilmente si
sarebbe suicidato pur di non dover sopportare la vista
dell’odiato colore.
«Leva-quella-roba!»
gli ordinò Harry, ma lo fermò
immediatamente. Se doveva scegliere come compromettersi la vista, tra
Dobby “al
naturale” e Dobby vestito di giallo a pois verdi preferiva di
gran lunga il
secondo. Ad un certo punto, gli venne un’idea.
«Dobby»
cominciò, guardando tutto fuorché
l’elfo «sai se
nella scuola c’è un posto dove un gruppo di
persone possa incontrarsi per
tenere lezioni clandestine di Corruzione Verso le Arti Oscure alle
spalle della
Umbridge facendo calare la sua reputazione agli occhi degli
studenti?»
«Dobby
conosce un posto perfetto, signore! Ah-ah-ah-ah-ah.
Ah-ah-ah-ah-ah. Ah-ah-ah-ah-ah. Ma che cos’ha,
Harry Potter, signore? Non
si sente bene?»
«Ugh…
non è niente, ma smettila di ridere in quel modo o
quello che non si sentirà bene sarai tu» rispose
Harry. «Allora, dov’è ‘sto
posto?»
Dobby gli
disse che si chiamava Stanza del Bisognino, gli
disse dove si trovava e gli diede un foglio dov’erano scritte
le istruzioni per
entrarvi.
*
* *
Il giorno
dopo, subito dopo Cannologia – la materia
preferita da Angelina… - i tre, che avevo riferito agli
altri il luogo
dell’appuntamento, si diressero nel luogo in cui Dobby
sosteneva si trovasse la
Stanza del Bisognino. Appena entrati al castello, Harry decise si
utilizzare la
Cartina del Malandrino, un pezzo di carta di dieci centimetri per dieci
sul
quale era possibile far apparire la mappa del castello.
«Dove
dobbiamo andare?» chiese Ron.
«Al
settimo piano» rispose Harry, mentre studiava la
Cartina con una lente d’ingrandimento «davanti
all’arazzo di Virgola il Gattino
Schiacciato dal Telefonino».
Giunti a
destinazione, Harry sfilò dalla tasca il foglio
con le istruzioni consegnatogli da Dobby, sul quale erano scritti i
procedimenti da fare per far apparire la porta della Stanza del
Bisognino.
Harry srotolò il rotolo di carta davanti a se ostentando
importanza, e…
«…ballare
la Caramelldansen?!» lesse.
Gli altri
due lo guardarono inorriditi – o meglio, Hermione
lo guardò inorridito. Ron mostrò semplicemente
una variazione dell’aura –,
pensando che se quello era il prezzo che dovevano pagare per garantire
il
successo del gruppo, allora preferivano restare a farsi bastonare dalla
Umbridge e non imparare un tubo.Nel
frattempo, Harry scorreva velocemente la lista, interdetto.
«Aaah,
no» disse sollevato «questa è la mia
lista delle Cose
da fare prima di essere massacrato da zio Voldy»
precisò, indicando il
punto Ballare la Caramelldansen, situato subito
prima di Conoscere
Sunako-chan.
Dopo aver
riposto la prima pergamena, Harry finalmente
trovò quella giusta.
«Allora»
cominciò «fare tre giri su se stessi». I
tre
eseguirono. «Alzare il braccio sinistro e fare cinque
saltelli sul piede
destro. Alzare il braccio destro e fare cinque saltelli sul piede
sinistro». I
tre eseguirono, anche se cominciavano a sentirsi un po’
cretini. «Fai un salto,
fanne un altro, fai la giravolta, falla un’altra volta,
guarda in su, guarda in
giù, dai un bacio a chi vuoi tu».
Dopo aver
portato a termine le istruzioni ed essersi
sentiti più idioti che mai… non successe nulla.
«Eh,
no, eh! Non ho mandato a quel paese la mia reputazione
per ottenere… nulla!» sbottò Harry,
cominciando a prendere a calci il muro con
i suoi stivali dalla punta in metallo.
«Fammi
leggere» replicò Hermione, prendendogli il foglio
con le istruzioni. Subito dopo la parte letta da Harry, ce
n’era un’altra
scritta più in piccolo. «Ah-ha! Qui
c’è scritto: “Quello che ha letto prima,
Harry Potter signore, era la Danza della Felicità degli
elfi, signore. Noi elfi
la usiamo sempre, signore, spero che le sia piaciuta».
«Harry
smise di prendere a calci la porta e il cielo fuori
dalla finestra si oscurò. Prese anche a cadere qualche
fulmine.
«Harry…
sei arrabbiato?»
«…arrabbiato,
io? No, non sono arrabbiato. Sono FURIOSO!
DOOOOOOOBBYYYYYY!!! Non osare venirmi tra i piedi mai più o
giuro che ti
massacroooo!!!»
Hermione
continuò a leggere le istruzioni dell’elfo, mentre
Harry dava sfogo a tutta la sua rabbia repressa. Secondo Dobby, per
aprire la
porta c’era bisogno di una Testa di Emo.
«Ci
serve una Testa di Emo» annunciò Hermione. Lei e
Harry
– che aveva sbollito – guardarono Ron. Ron,
spaventato, arretrò.
«Vieni
qui, Ron caro, prestaci la tua testa…» disse
minacciosamente Harry.
«Coraggio,
Ronron, non sentirai alcun male…» aggiunse
Hermione, brandendo una mannaia.
Dopo un
rapido inseguimento, Hermione riuscì a catturare
Ron, e cominciò a sbattergli la testa contro il muro. Come
annunciato, la porta
si aprì.
«Oh,
proprio adesso che cominciavo a divertirmi»
proferì la
ragazza, delusa.
Il suo
interno era ciò che di più meraviglioso Harry
avesse
mai visto in vita sua. Le pareti nere ospitavano una notevole
quantità di
artiglieria d’ogni genere, e in fondo alla stanza, su un
tavolo, c’era una
collezione di armi da killer nevrastenico assassino
sadico&bastardo: la
motosega di Leatherface, l’armamentario di Jason –
maschera da hockey compresa
-, il piccone di Harry Warden, le unghiette di Freddy
Krueger… Mentre Harry
contemplava ammirato tutto l’armamentario, arrivarono anche
gli altri membri
del club.
«Ora
che ci siamo tutti» annunciò Hermione
«dovremmo
trovarci un nome…»
«Ce
l’ho già io, un nome»
annunciò Harry, pavoneggiandosi
davanti a tutti «ci chiameremo F.I.C.A.U.,
che significa Ficchiamoglielo
in cu-»
«La
U sta per Umbridge,
vero?» lo interruppe
Neville, che d’ora in poi si chiamerà Nerdville
causa illuminazione improvvisa.
Hermione
prese il foglio sul quale tutti i presenti avevano
apportato la propria firma, vi scrisse in cima F.I.C.A.U.
a grandi
lettere e la appese al muro.
Per prima
cosa, cominciarono ad allenarsi con l’Expelliarmus,
che serviva ad evocare un cartellino rosso che provocava
l’espulsione della
bacchetta se puntato conto una persona. Harry lasciò la
marmaglia ad allenarsi,
mentre lui si ritirò in un angolo a farsi la manicure.
Cinque ore dopo, quando
ormai erano tutti esausti, Harry dichiarò chiusa la prima
riunione del F.I.C.A.U.
e tutti quanti tornarono ai propri dormitori. Ron pensò con
angoscia alle
future riunioni, in quanto, per aprire la porta, ci sarebbe sempre
stato
bisogno di lui. O meglio, della sua testa.
Nelle due
settimane seguenti, Harry non solo doveva
sopportare gli allenamenti di Kwiddich, le lezioni, l’apatia
di Ron e la
violenza di Hermione, ma anche le riunioni del F.I.C.A.U., quando
avrebbe
voluto soltanto ritirarsi tra le quattro mura nere della sua stanza a
giocare
ad Assassin’s Creed con la Play Station 3.
Comunque, a
risolvere il problema di come avvertire i
membri del gruppo – perché se si fossero
incontrati tutti quanti nella Grande
Sala avrebbero attirato un po’
l’attenzione – ci pensò Hermione.
Distribuì a tutti gli affiliati del F.I.C.A.U. una specie di
collare con una
spia luminosa lampeggiante.
«Vedete
quella spia luminosa lampeggiante?» domandò alla
marmaglia. «Quando Harry preme il pulsante del suo
telecomando (Harry alzò il
telecomando come se stesse alzando un trofeo) i collari rilasciano un
elettroshock, così saprete quando dovete venire alla
riunione». Hermione annuì
tra sé e sé, complimentandosi con se stessa della
splendida – e perversa –
idea.
«Ma…»
obiettò Nerdville, ma venne subito fulminato da Harry
e dal suo magico telecomando. «Muahahah… penso che
ci prenderò gusto…» commentò
Harry, anche se quella sadica e violenta dovrebbe essere Hermione.
*
* *
Si
avvicinava la prima partita della stagione di Kwiddich
e, con gran cordoglio di Harry, la McGranitt aveva sì smesso
di dare compiti,
ma aveva duplicato, no, triplicato, no, moltiplicato a dismisura gli
allenamenti di Kwiddich. Ad un certo punto, Harry non ce la fece
più.
«Basta!!
Mi trasferisco in Svezia!» decise «Mi
arruolerò
nei Deathstars!». Cominciò a preparare il baule e
lo trascinò nell’ingresso del
castello, seguito da uno-stranamente-non-troppo-depresso Ron e da
un’alquanto annoiata
Hermione.
«Beh,
come aspetto ci siamo» constatò saggiamente la
ragazza. «Però non credo che potrai avere una
parte molto attiva…»
«Amen,
diventerò lo zerbino di Whiplasher. Oppure mi
troverò un sacco di amici metallari e insieme ci divertiremo
tutto il giorno
tutti i giorni! Andremo a caccia di truzzi, li bruceremo sul rogo, ci
divertiremo, insomma! Addio, sfigati!» li salutò
Harry, sognando un futuro
felice.
Harry
chiamò un taxi e si fece portare all’aeroporto
più
vicino. Salì sull’aereo ma, dopo quattro ore di
viaggio, si rese conto di
essere salito sul mezzo sbagliato. Quando l’aereo
atterrò, si ritrovò in Giappone.
«Oh,
cazz… ehm… E adesso?» si
domandò, cercando di
richiamare alla memoria tutte le parole giapponesi che conosceva.
«Allora…
sushi? No, quello si mangia… sashimi? Anche…
Takoyaki, ramen, okonomiyaki… no,
è tutta roba da mangiare… aiuto!»
Alla fine,
decise di prendere un aereo a caso, che lo portò
in… America. Scese a New York, più spaesato che
mai.
«Beh,
almeno qui parlano inglese…» si
rasserenò, fermandosi
in un McDonald per fare uno spuntino. Dopo essersi rinfrancato ed aver
aumentato notevolmente il colesterolo presente nel proprio sangue,
cercò un
aereo per Londra. E lo individuò anche, peccato che prese
quello per
l’Australia.
*
* *
Nel
frattempo, al castello di OhSchwartz, Ron ed Hermione,
seduti sui gradini del castello, aspettavano il ritorno di Harry.
«Scommetto»
disse Hermione «che sarà qui alle 17.17
spaccate».
*
* *
Il nostro
oscuro eroe intanto si aggirava come un’anima in
pena in mezzo alla pista di decollo dell’aeroporto
australiano nel quale era
finito. Cominciava a pentirsi di essersene andato dal castello, tanto
più che
non era nemmeno riuscito ad arrivare in Svezia…
salì su un altro aereo,
l’ennesimo, che percorse placidamente la pista alzandosi in
volo. Harry, completamente
scombussolato dal jet lag, cominciava ad avere visioni mistiche. Gli
apparve
Ville Valo sull’ala destra dell’aereo.
Ad un certo
punto, dopo parecchie ore di viaggio, l’aereo
cominciò ad avere dei problemi.
«Si
avvisano i gentili passeggeri…»
cominciò la calma e
rassicurante voce della hostess «…che STIAMO
PRECIPITANDO!! SI SALVI CHI PUÒ!!»
e, aperto il portellone, la donna si gettò nel vuoto.
A bordo si
scatenò il panico, mentre i passeggeri gridavano
e correvano a destra e a sinistra. Harry, calmissimo, percorse
tranquillo la
distanza che lo separava dal portellone, si infilò un
paracadute e si buttò.
*
* *
Ad
OhSchwartz, Hermione guardava l’orologio.
«Sono
le 17.15. Tra due minuti è qua» si girò
verso uno
scetticissimo Ron «Fidati».
*
* *
Harry
aprì il paracadute e cominciò a planare in mezzo
alle
nuvole. Quando riuscì a vedere il panorama, gli
sembrò stranamente familiare.
«Oh,
San Kratos!» esclamò «Non può
essere…».
Atterrò
proprio davanti alla scalinata del castello.
«17.17
spaccate!» esultò Hermione. Tese il braccio verso
l’apatico Ronald e la sua aura nero-bluastra. «Mi
devi un polmone».
Harry
cominciò a ripiegare il paracadute.
«Che
senso aveva tutto questo?» chiese, più a qualche
entità superiore che controllava la sua vita che a quei due
individui che lo
fissavano dalla scala senza degnarsi di dargli una mano.
«Voglio dire, questa
cosa degli aerei… non ha nessuna logica!»
«Perché»
replicò Hermione «ti sembra che ci sia una qualche
logica in quello che facciamo da diciannove capitoli?»
«In
effetti…»
[*cinque minuti di pausa per
permettere az e r odi inveire contro i
maledetti piercing che ad
un certo punto decidono si svitarsi e cadere sul pavimento grigio,
dal
quale verranno raccolti dopo lunghissimi minuti di interminabili
ricerche e
reinfilati maldestramente nella loro sede*]
* * *
Il tentativo
di fuga di Harry non andò a buon fine, quindi
il nostro goth guy preferito fu costretto ad allenarsi a Kwiddich,
insieme a
Ron, la cui aura tenebrosa oscurava tutte e tre le porte.
«Beh»
commentò Angelina, lasciandosi dietro una scia di
fumo degna di un jet «Se durante la partita è
così, voglio vedere come faranno
gli avversari a segnare…».
Per gran
fortuna di Angelina, la mattina della prima
partita della stagione, Ron era profondamente depresso – sai
che novità… -.
Aveva l’aspetto di un cumulonembo semovente, mentre si sedeva
al tavolo della
colazione, con tanto di fulmini.
Al loro
tavolo si avvicinò Luna Peace&LoveGood,
portando un leone al guinzaglio.
«Io
faccio il tifo per Grifonplatino» disse Luna,
strattonando il guinzaglio del leone che le morse un braccio. La
ragazza se ne
andò, zampillando sangue arterioso ovunque.
Hermione
strattonò un braccio ad Harry, che stava cercando
di mangiare i suoi Count Chocula, facendogli cadere di mano il
cucchiaio e
scatenando le ire dell’oscuro eroe.
«Ma
che cazz…» sbottò Harry.
«Harry,
devi assolutamente fare leggere a Ron quello che
c’è scritto sulle spille dei Bisciargento,
così si deprime ancora di più e
vinciamo la partita».
Harry prese
un binocolo da sotto il tavolo e lo puntò verso
il tavolo dei Bisciargento. Portavano tutti una spilla con su scritto:
Weasley
è il nostro emo
Si chiese
perché mai Ron avrebbe dovuto deprimersi per una
scritta del genere, e decise all’istante di non dare ascolto
a Hermione – anche
perché era un terribile bastian contrario…
–. Ebbe così inizio il piano
“Mostriamo A Ronald Quello Che C’è
Scritto Sulle Spille Dei Bisciargento”. Trascinò
Ron per tutto il prato verso gli spogliatoi – anche se era il
primo a non voler
giocare – e, dopo che si furono infilati le divise,
ascoltarono il discorso
prepartita. Tra l’aura temporalesca di Ron e la cortina
fumogena di Angelina,
non si vedeva una mazza. Finalmente venne
l’ora di scendere in campo. I
Bisciargento, tutti della taglia di gorilla obesi – a parte
Malfoy,
naturalmente – occupavano un quarto del campo.
I due
capitani si strinsero la mano – si poté
chiaramente
sentire il crack delle falangi di Angelina che si
spezzavano –,
dopodiché la prof soffiò nel fischietto ed ebbe
inizio la partita. Harry
cominciò pigramente a svolazzare per il campo in cerca del
pallino d’oro,
evitando bolidi, bastonatori, mine antiuomo e proiettili vaganti. Ad un
certo
punto, Malfoy gli tagliò la strada.
«Pirata
dell’aria!» lo insultò Harry. Draco fece
un’inversione a U e gli si piazzò davanti. Era un
tantino diverso dal solito.
«Ti
trovo un tantino diverso dal solito» constatò
Harry
interdetto.
«I
miei fan non hanno gradito il mio ruolo in questa
parodia, perciò ho deciso di cambiare e di riuscire dove tu
non hai riuscito».
«Se
intendi la composizione grammaticale delle frasi,
allora non hai speranze. Hai un unico neurone, usalo con
parsimonia».
«Io
diventerò un BLACKSTER! Muahahahahahahah!!!»
dichiarò
Malfoy, ridendo come un assatanato e volando via.
«Va
beeeene» sospirò Harry, infilandosi le cuffie
dell’iPod
nelle orecchie e andandosene per i cazzi suoi.
«INCREDIBILE!»
sbottò l’amico rasta di Fred e George, che
commentava la partita «Credevamo tutti che
l’impenetrabile aura del nuovo
portiere non avrebbe permesso alcun goal, ed invece i Bisciargento si
sono
fatti furbi! – questo sì che
è incredibile… –»
Infatti i
Bisciargento, muniti di elmetti da minatore,
penetravano facilmente la nube oscura provocata dalla depressione di
Ron, il
quale, immobile, fluttuava davanti alle porte chiedendosi se una caduta
da
quell’altezza lo avrebbe ucciso o no. In quel momento, dal
pubblicò si alzò un
canto.
[Non mi è venuto niente
di
meglio ç___ç Buuuhuuuu]
Weasley
ha una lametta
Se
la tiene stretta stretta
Di
sicuro vinceremo
Perché
Weasley è il nostro emo
[Okay, ho toccato il fondo.
Mi trasferisco in Tibet. Addio…]
Harry, che
grazie all’iPod non sentiva niente, continuava a
svolazzare per il campo alla ricerca dell’arnese
d’oro. Finalmente lo vide.
«Ah!»
esultò «Ho visto il coso
d’oro!»
Harry
partì in quarta verso la sferetta d’oro, subito
seguito dal Malfoy. Harry riuscì ad acchiappare
l’affare d’oro, ma Malfoy lo
placcò da dietro e lo fece precipitare. Harry
atterrò – indovina – di faccia.
Nemmeno il tempo di riprendersi, che i compagni lo acchiapparono in un
grande
abbraccio di gruppo, al grido di «ABBIAMO
VINTOOOO!» - ovviamente tutti a parte
Ron, che, tentando di impiccarsi ad un anello, era rimasto incastrato.
«E
chissene frega!» protestò Harry, cercando di
togliersi
di dosso tutte quelle persone fastidiose.
Malfoy
guardava intristito i resti della bottiglia di birra
che si era portato dietro per tutta la partita.
«Hai
salvato il culo a Weasley, eh?» ringhiò rivolto ad
Harry, anche se sul copione c’era scritto “il
collo” «Non ho mai visto un
Portinaio peggiore… d’altronde è il
nostro emo. Ti sono piaciute le mie rime?»
«Le
tue rime? E tu vorresti diventare un blackster?!
Ma per favore… Puoi diventare un’idol jPop, se
vuoi. Draco Hamasaki. Oppure,
Draco Heavenly6. O ancora Draco Utada, Draco
Wakeshima… ».
Per
vendetta, Malfoy lanciò ad Harry una serie di insulti
che non mi va di scrivere e, come risultato, venne aggredito da questi
e da
George. Harry si rammaricava di aver lasciato gli armour ring nella sua
stanza,
perché se ne avesse indossato almeno uno i suoi cazzotti
avrebbero avuto più
effetto. George, dal canto suo, dava dimostrazione di tutte le mosse di
wrestling che aveva imparato assieme a Fred.
«RIS-SA!
RIS-SA! RIS-SA!» li incitavano le tre Calciatrici
di Grifonplatino. Purtroppo, il corpo insegnanti non era altrettanto
entusiasta, e la rissa venne stroncata prima di giungere al termine.
Quando
furono separati a sufficienza, Harry puntò
l’indice
contro Malfoy, che si accovacciò a terra tenendosi le mani
sulla testa.
«AAAAH!
Sta cercando di uccidermi!»
«Suvvia»
disse qualcuno – no, non Qualcuno – «Nono
è mai
morto nessuno perché qualcun altro gli ha puntato un indice
addosso» - … -.
«28
giorni» disse Harry, con una voce cavernosa che non
sembrava la sua «6 ore, 42 minuti, 12 secondi…
ecco quando il mondo finirà».
Tutti si voltarono verso Harry.
«Cosa?»
«Harry»
gli disse Hermione, spuntata da chissà dove e
contrariata per non aver potuto partecipare alla rissa «Che
cosa stai dicendo?»
«Me
l’ha detto quel tizio
laggiù…» Harry indicò un
punto
dall’altra parte del campo di Kwiddich.
«Non
c’è nessuno laggiù».
«Ma
sì che c’è! Quello
là… quello grigio… il coniglio! Quel
coniglio grigio! Fraaaaank! Hey, Fraaaaank!» lo
salutò Harry, saltando e
agitando le braccia in aria. La McGranitt sfilò il cellulare
dalla tasca,
pronta a chiamare la neuro.
«Bwahahahahah!»
rise assatanato Malfoy – benché ridotto a
un Picasso – senza alcun motivo apparente.
«Malfoy,
non dovevi andare in bagno?» disse Piton atono.
«Ma
veramente…»
«VAI
IN BAGNO!»
«Subbito!».
Liquidato
l’aspirante blackster e iniettato una dose di
tranquillanti ad Harry, che ora vedeva le fatine verdi, fece la sua
comparsa la
Umbridge, i tacchi a spillo che affondavano nella soffice terra del
campo di
Kwiddich. Tirò fuori una busta – da
chissà dove, vista la scarsa superficie
ricoperta dalla tutina fetish in latex –.
«Ehm,
ehm… Decreto Didattico Numero Diciassette Bis»
lesse
«Alla Mistress Suprema è conferita la massima
autorità su punizioni corporali,
sanzioni e soppressioni di privilegi – ma non solo
– riguardanti gli allievi di
OhSchwartz, nonché la facoltà di alterare
punizioni corporali, sanzioni e
soppressioni di privilegi – ma non solo – comminate
da altri membri del
personale. Firmato Cornelius Caramella, MiniMinistro della Magia.
Indipercuiciò… Potter, Weasley 1 e 2, siete
squalificati dal Kwiddich a tempo
indeterminato…».
“Sììììì!”
pensò Harry, dando un rave party dentro la sua
testa. I suoi neuroni, fatti e ubriachi, si rotolavano sul prato della
sua materia
grigia…
«E
le loro scope sono confiscate».
«Sìììì-
COSA?!» strillò Harry. «No! La mia
goticissima
Bloodybolt! Non può farmi questo, donna crudele!»
«Posso,
e lo farò» replicò la Umbridge,
raccogliendo la
summentovata – cosa vorrà mai dire questa parola?
Non credo sia coerente con il
contesto, però la userò lo stesso…
anche perché non ho voglia di andare a
prendere il vocabolario – scopa, assieme a quelle di Fred e
George.
*
* *
Quella sera,
i Grifonplatino si deprimevano nella sala
comune – e Ron non c’era nemmeno! –.
Tutti tranne Harry, che combatteva tra due
istinti: la felicità per essere riuscito finalmente a
liberarsi dall’obbligo di
dover partecipare a quelle stupide partite, ed il cordoglio per la
perdita
della Bloodybolt. Entrò Ron, la cui aura era diventata
bianca e
sbrilluccicante, con qualcosa tipo specchietti che vorticavano al suo
interno.
«Hermione,
Ron è diventato un’anomalia»
constatò Harry,
affascinato.
«Mi
dispiace» esordì Ron «È tutta
colpa mia».
«Hai
ragione» replicò Harry «È
tutta colpa tua».
«Se
non fossi un tale disastro a Kwiddich…»
«Già,
fai proprio schifo»
«…è
stata quella canzone a farmi impazzire…»
«Se
sei così idiota da stare a sentire una cosa così
stupida…»
«Avrei
dovuto suicidarmi prima…»
«Sì,
avresti dovuto».
«Piantatela»
li interruppe Hermione «Sta per entrare in
scena un nuovo personaggio: Hagrid è tornato».
« E se non fossi
l’eroe?» cominciò Harry «Se
fossi il
cattivo? Io ho diciassette anni. Sai da quanti anni ho diciassette
anni? E il
leone si innamorò dell’agnello».
«Harry, cosa-cavolo-stai-dicendo?»
«Stavo solo cercando di dare
un senso al titolo di questo
capitolo».
Harry
andò a prendere la Cartina del Malandrino e il
Mantello dell’Invisibilità, e i tre uscirono dal
buco del ritratto per andare a
trovare Hagrid.
«E
spostati!» protestò Harry, tirando una gomitata a
Ron.
«Non
c’è spazio» rispose l’emo-kid.
«Scale»
li avvisò Hermione. Harry, che guidava la fila,
inciampò e i tre precipitarono per le scale.
«Ma
chi è che ha creato il Mantello
dell’Invisibilità?!» si
lamentò Harry, reinserendo nella propria sede la spalla
lussata. «Qualcosa di
più comodo no, eh? Tipo… il Trench
dell’Invisibilità. O il Cappotto
dell’Invisibilità, il Cappello
dell’Invisibilità, i Calzini
dell’Invisibilità…»
«Armatura»
SDENG!
«D’oh!»
Nonostante
le numerose ammaccature, contusioni, lussazioni,
traumi cranici e ferite più o meno gravi, i nostri eroi
riuscirono ad uscire
dal castello e a raggiungere la capanna di Hagrid. Harry
bussò.
«È
chi?» domandò il vocione cavernoso di Hagrid.
«Noi»
rispose Harry.
«Chi
noi?»
«La
Fatina Verde, Tinkerbell e il Fantasma Formaggino»
rispose Harry sarcastico.
«In
sono non casa».
«Apri!
Siamo Harry, Ron e Hermione!»
«Ahhhh!
Prima dirlo potevate! Entrate!»
La porta si
aprì e apparve Hagrid, che sembrava messo
peggio di loro. Aveva i capelli incrostati di sangue, ogni centimetro
di pelle
coperto di tagli e lividi e qualche dente in meno.
«Hagrid,
cosa hai fatto!»
«Niente,
inciampato sono».
«In
cosa, un orso in letargo?»
«Bene
vedo vi. Harry, sempre con tu vestiti quei neri, eh?
Pensato cambiare look mai?»
« Una volta ho provato a
cambiare look, ed ho comprato un
cappotto rosso. Ma tutti si rivolgevano a me chiamandomi Vincent, o Mr.
Valentine, o ancora anima impregnata di terra corrotta, quindi ho
deciso di
lasciar perdere».
«Tu
e Ron, emo sempre kid, eh?»
«…»
rispose Ron nel suo silenzio carico di significati
intrinsechi.
Riassumendo
in poche parole, Hagrid era andato a cercare i
giganti per ordine di Smilente – che si pronuncia
“Smailente”, tra l’altro –.
Raccontò – con la sua grammatica raccapricciante
– che era andato assieme a
Madame Maxxxime sulle montagne, e che avevano trovato i giganti.
Purtroppo le
cose non erano andate nel modo sperato, ed erano stati costretti a
scappare.
Il rumore di
tacchi a spillo di centimetri diciassette mise
in allarme i nostri eroi.
«Oh
Santo Sephiroth!» imprecò Harry guardando fuori
dalla
finestra «È la fetish meretrice delle
tenebre!»
Ci fu un
attimo di frenesia, durante il quale Harry, Ron ed
Hermy corsero per tutta la capanna di Hagrid in cerca di un posto in
cui
nascondersi – c’è il Mantello
dell’Invisibilità, idioti! –. Ronald
rotolò sotto
al letto, Hermione nell’armadio ed Harry si appese al
soffitto tipo Spiderman.
Toc
toc.
Hagrid
aprì la porta, e la Umbridge fece il suo ingresso in
tutta la sua fetish impetuosità.
«Oh oh oh
oh!» rise la Umbridge.
«Diavolo
è chi lei?» chiese Hagrid.
«Sono
Ahi-Che-Dolores Umbridge».
«Ah»
replicò Hagrid, con l’ormai comune e stra-abusata
battuta atona di Harry.
La Umbridge
spiegò ad Hagrid che era la Mistress Suprema
della scuola, e che aveva il potere di porre in verifica gli insegnanti
ed
eventualmente licenziarli. Fatto ciò, se ne
ritornò al castello. Harry perse la
presa e si schiantò sul pavimento della capanna, con un
rumore di vertebre
spezzate.
«Dolore…»
si lamentò.
Praticamente,
il capitolo sarebbe finito, ma fa talmente
schifo… all’improvviso, si accesero tutti i
riflettori e apparve il cast al
completo di Harry Mystryss Darque ecc. ecc. Potter e l’Ordine
del Corvo Morto.
Persona
sconosciuta di cui non c’importa un tubo: Siamo
lieti di consegnare il premio per il Peggior Capitolo In Assoluto di
questa
patetica fan’s fiction!
*boato della
folla. La persona sconosciuta di cui non
c’importa un tubo porge il premio ad Harry, che lo guarda
male – normale
amministrazione –*
Harry: E io
che c’entro?
Persona
sconosciuta di cui non c’importa un tubo: Sei
l’attore principale, no?
Harry: E
allora? Dallo a quell’idiota dell’autrice, non a
me.
*entra
l’autrice*
zero: Oh, un
premio per la mia incapacità?! Grazie, grazie,
troppo gentili…
Harry: A
proposito… io non vedo il mio stipendio da due
mesi…
zero:
ehm…
Harry:
*estraendo un fucile* Hermione, è aperta la caccia
all’autrice…
Hermione:
*estraendo un bazooka* Caccia all’autrice? Ma è
il mio sport preferito!
zero:
Andiamo, ragazzi… che vantaggio ne trarrete dalla mia
eliminazione?
Hermione:
*affilando un machete* Placheremmo
momentaneamente la nostra sete di sangue. Giusto, Harry?
Harry:
*mettendo in moto la motosega* Giustissimo,
Hermione.
*Harry ed
Hermione inseguono l’autrice con l’intento di
trucidarla… che, sinceramente, se lo merita*
Ecco, sono
di nuovo ricaduta nella banalità .-.
In
verità, la colpa è anche di questo capitolo, per
niente
stimolante…
Per il
prossimo, mi impegnerò di più, lo giuro!
>_<
Grazie a tutti quelli che hanno recensito, inserito questa storia tra le preferite, o tra le seguite. Grazie! Grazie! Questa è una gran cosa per la mia scarsa autostima! Grazie!
Il
martedì successivo, Hagrid riprese ad insegnare Difesa
dalle Creature Magiche, perciò Harry, Ron ed Hermione si
avviarono verso la sua
casetta, ai margini della Foresta Proibita, un ameno boschetto dove
vivevano
dolci creaturine – come ad esempio ragni grossi come
elefanti, demoni perversi
e sanguinari risaliti direttamente dalle profondità
dell’Averno, esseri
subumani assatanati e gli Happy Tree Friends – e nel quale la
luce non
penetrava mai, mantenendolo in una perenne oscurità. Tutto
ciò era molto
stimolante per Harry che a volte, di notte, andava a farsi una
passeggiata in
quell’ameno boschetto, che gli ispirava componimenti gotici
vagamente poetici.
I tre,
quindi, si avviarono verso la capanna di Hagrid,
aspettandosi di trovarci la Umbridge, che però non
c’era – in realtà, la
Umbridge avrebbe voluto andarci, ma nel tragitto era stata risucchiata
da
misteriose sabbie mobili, con le quali era impegnata dalla mattina di
quel
giorno –. Raggiunsero il luogo della lezione, dove Hagrid li
stava aspettando.
Portava sulla spalla qualcosa che somigliava ad un bastoncino di
zucchero
bianco e rosso gigante.
«Allora»
cominciò l’illetterato mezzogigante
«Lavoriamo qui
oggi!» disse, indicando la Foresta Proibita.
Gli studenti
– quelli normali –
rabbrividirono,
impauriti. Harry si rallegrò, pensando a quale Progenie
dell’Oscuro aveva in
serbo Hagrid per loro. Hermione si rallegrò
anch’ella, pensando che una bestia
selvaggia e assassina avrebbe potuto ispirarle nuove tecniche di
tortura. Ron
si rallegrò (!), guardando un albero e constatando che i
suoi forti rami
avrebbero potuto sorreggere il suo corpo nel caso avesse deciso di
impiccarsi.
Malfoy si rallegrò, pensando che quella sarebbe stata una
buona prova per la
nuova Via che aveva deciso di intraprendere. Harry si
rallegrò, avendo appena
avuto un flashback nel quale vide se stesso bambino giocare a
nascondino – da
solo – nel cimitero vicino a casa. Hermione si
rallegrò, avendo appena avuto un
flashback nel quale vide se stessa il giorno del suo decimo compleanno,
quando
gli regalarono un AK-47 e una Vergine di Norimberga. Ron si
rallegrò (!),
avendo appena avuto un flashback nel quale vide se stesso alle
elementari,
quando veniva pestato dai truzzi, dai punk, dai metallari, dai rapper,
dai
rocker, dai giunge, dai comunisti, dai mods, dai boy scout, dai goth
(ciao,
Harry! XD), da quelli di Nonciclopedia, dalle gothic lolita, dai nerd,
a volte
anche dai professori, dai bidelli e dai banchi, mentre lui voleva solo
leggersi
Schopenhauer – del quale non scriverò nulla avendo
misteriosamente dimenticato
tutto quanto riguardante questo filosofo nonostante fosse presente
nella mia
tesina – in pace. Draco si rallegrò, avendo appena
avuto un flashback nel quale
vide se stesso quando, con una foto di Harry… no, no,
ricordo sbagliato!
Mentre i tre
eroi + l’antieroe (anche se sarebbe più
corretto dire “i tre antieroi + il personaggio di
contorno”) erano immersi nei
loro flashback, Hagrid aveva condotto la classe al limitare della
Foresta Proibita,
dove aveva abbandonato il bastoncino di zucchero bianco e rosso gigante.
«Avanti
venite» disse Hagrid agli studenti, restii ad
avvicinarsi «Dello odore li zucchero attirerà
l’!» (Ma perché lo faccio parlare
così? Perché sono così masochista?!)
«Caso ogni in però, con fischietto
chiamerò li un».
Hagrid
estrasse il fischiettò e suonò. Dal
fischiettò uscì
un suono così dolce, ma così dolce, che i denti
di metà degli studenti si
cariarono all’istante – compresi quelli di Harry
che, per quanto amasse il nero
(possibilmente nella sua sfumatura più scura) non gradiva
colorasse la sua
perfetta dentatura da pubblicità di dentifricio –.
Qualcosa si mosse nel buio,
ed Harry ebbe un flashback – ancora?! –, ma un
flashback più chic stavolta,
perché sarà scritto in corsivo.
FLASHBACK
DAL CAPITOLO 10
Però,
guardando bene con i suoi meravigliosi occhi
cerulei – ma sono verdi! ndHarry – si accorse che,
in effetti, quelle carrozze
non erano propriamente senza cavallo. Delle repellenti creature rosa e
azzurre,
con lunghe criniere e code glitterose e sbrilluccicanti, ali candide e
piumate
e orribili tatuaggipucciosi
sulle
cosce, erano attaccate alle carrozze.
«Argh!»
gemette – in maniera sexy, s’intende –
Harry
«questo uccide il mio essere goth! Ehi, Ron, guarda! Cosa
sono queste cose
tremendamente mielose?» chiese all’amico. Il
comatoso Ron si girò verso Harry.
«Cosa?»
domandò. Harry lo
prese, lo strattonò, e lo piazzò davanti ai
repellenti esseri.
«Cosa?»
ripeté Ron.
La
brillante mente di Harry
cominciò a fare 2+2:
-
Ci sono delle cose pucciose
terrificanti attaccate alle carrozze.
-
Io le vedo.
-
Ron dice sempre “cosa”.
-
Ron non le vede?
«Tranquillo»
disse una voce
alle sue spalle, interrompendo le sue brillanti macchinazioni
«io li vedo i My
Little Pony, sei sano di mente quanto me». Harry si
girò e vide Luna
Peace&LoveGood, con l’aria di chi è appena
stato ad impasticcarsi ad un
rave party.
«Porca
troia, adesso sì che mi
preoccupo!» si preoccupò il nostro affascinante
eroe.
FINE
FLASHBACK
Dopo questo
illuminante flashback, Harry si ricordò di
dover aggiornare il profilo su Netlog. NO! Dopo questo abbacinante
flashback,
Harry si ricordò delle mefitiche creature dai colori
pastello che le sue fosche
pupille avevano avuto il cruccio di vedere il giorno del suo ritorno ad
OhSchwartz. Ma c’era una cosa molto, molto importante che
Harry non era
riuscito a ricordare, una cosa di vitale importanza per la sua
instabile psiche
da goth: una buona metà delle creature era…
GIALLA!
Nel giro di
un nanosecondo, durante il quale
l’elettrocardiogramma di Harry sfiorò lo zero
assoluto, le espressioni degli
studenti si divisero nello stupore di quelli che vedevano e nello
stupore di
quelli che non vedevano. Frattanto, le mielose bestiacce continuavano
ad uscire
dalla foresta, con i loro occhi brillantini che sbrilluccicavano nella
fievole
luce che riusciva a fendere il fitto fogliame.
Una
passò accanto ad Harry – una GIALLA! – e
questi spiccò
un balzo e si arpionò a Ron, che subì
l’assalto rigido come un tronco d’albero.
«OMFG!
Escono dalle pareti!» gemette il fascinoso goth guy
«ESCONO DALLE FOTTUTE PARETI!»
«Harry!»
lo rimproverò Hermione, prendendolo a sassate per
spingerlo a scendere dal povero emo-kid, ormai cianotico.
«Non c’è nessuna
parete qui!»
Gli altri
insignificanti, inutili studenti, abituati agli
squilibri e ai momenti di pazzia del Terzetto delle Tenebre, si
limitarono ad
ignorarli. Draco, suo malgrado, si ritrovò ad ammirare la
forza e la costanza
dell’eroe Oscuro e Tenebroso, impegnato nell’atto
eroico della scalata
all’emo-kid.
Hagrid, con
il suo notevole ritardo mentale, guardò la
scena con interesse fittizio, giusto per sembrare più
intelligente. Quando
finalmente Hermione riuscì finalmente ad abbattere Harry,
permettendo a Ron di
riprendere a respirare – anche se forse lui avrebbe preferito
il contrario… –,
Hagrid si decise finalmente a fare quello per cui era pagato.
«Allora»
esordì «Sa chi e vedono dire li certe mi persone
no perché altre?» (Sono un mostro…
muahahahah! ndA)
Hermione
alzò la mano.
«Vedono
i My Little Pony…» cominciò Hermione,
interrompendosi per creare suspance «…solo coloro
che hanno visto HIGH SCHOOL
MUSICAL!». Pronunciò le ultime tre parole gridando
e puntando un indice
accusatorio verso Harry, seduto sulle foglie morte – ARGH! I
vestiti! …mmmh… morte…
– , ammaccato dai sassi, spettinato – Nooo,
catastrofe! – e, in quel momento,
tra l’orripilato e lo sconvolto.
«NO!
Non è possibile! Io non ho mai visto High School
Musical! Mai!»
«Confessa!»
lo aggredì Hermione, puntandogli dritta in
faccia una lampada presa chissà dove – e,
soprattutto, collegata a chissà quale
presa della corrente, in mezzo alla foresta… –
«TU hai guardato High School
Musical!»
«NO!»
negò nuovamente Harry, proteggendosi gli occhi con il
Dizionario dei Sinonimi e dei Contrari che non aveva fatto in tempo a
consultare. «Come avrei potuto?!».
L’ennesimo flashback gli fornì la risposta.
«Il-Ragazzo-Figo-Di-Qualcuno-Che-Somigliava-A-Zac-Efron-Ed-Era-Il-Più-Bello-Della-Scuola!
Zac Cedric Efron-Diggory!» articolò
«È colpa sua, sua e della sua maledetta
abitudine di mettersi a cantare e ballare e giocare a basket nei
corridoi della
scuola! Maledetto! È sua la colpa se vedo quelle
schifezze!»
Da qualche
parte, in un cimitero, nell’angusto spazio della
sua tomba, Zac Cedric Efron-Diggoy starnutì (?). La sua
bis-prozia, che stava
portando dei fiori alla sua ultima dimora, sentì lo
starnuto, e fu portata via
dalla neuro dopo aver passato la notte al freddo e al gelo in mezzo al
cimitero. Passò i successivi sei mesi in terapia –
“I morti mi parlano,
dottore! Mi parlano e starnutiscono!” – poi si
ritirò a vivere in cima
all’Everest, dove si guadagnò il pane quotidiano
con il sudore della fronte e
il formaggio di yak, finché non incappò
nell’abominevole uomo delle nevi che
l’accompagnò
a Shangri-la facendola bere dalla fonte della vita eterna. La
bis-prozia di Zac
Cedric Efron-Diggory vive tuttora in Tiber, col suo secondo marito
Abominevole
Uomo (Delle Nevi di cognome), e ha aperto una fiorente industria di
formaggio
spalmabile di yak, spacciato in tutto il mondo con il nome di uno degli
Stati
Uniti.
Ma torniamo
a Harry Mystryss Darque Nyght Rayn Ravyn
Potter. In fondo, tutti noi siamo ormai stati calamitati dalla sua
prorompente
personalità, il suo ragguardevole sex-appeal, il suo fascino
magnetico da goth
guy, e non possiamo più fare a meno della sua
presenza… (ma quante cazzate
scrivo… ndA) Ed inoltre, siamo tutti in grado di scrivere il
suo nome completo
ad occhi chiusi…
«Allora!»
disse Hagrid (Hey! Io ho detto “torniamo ad
Harry”!) «Brava Hermione! I My Little Pony, che
pochissimi di voi possono
vedere (questi pochissimi, come li ha definiti
Hagrid, comprendono:
tutte le studentesse pseudo-innamorate megafan di High School Musical
– e siamo
già ad una cifra notevole –; alcuni studenti
maschi costretto contro il loro
volere a guardare il suddetto… film – possa la
loro anima trovare la pace
eterna nella prossima vita, visto che in questa non hanno avuto
fortuna. Un
minuto di silenzio per questi poveri ragazzi –; Harry, ma
abbiamo già
constatato il perché; Nerdville, perché il giorno
in cui avevano trasmesso
quel… film al suo computer era esplosa la scheda madre e
perciò non aveva la
scusa di dover smanettare in internet tra Faccialibro e TuTubo; Draco
Malfoy,
perché quel giorno era in punizione, consistente appunto nel
sorbirsi due ore –
qua tiro a indovinare… – di adolescenti preda di
turbe ormonali impegnati a
saltare qua e là, cantare, ballare, e giocare a basket) sono
degli animali
molto intelligenti».
Gli sguardi
dei presenti si spostarono sulle creature, due
delle quali impegnate a girare su se stesse con
un’espressione beota stampata
sul muso, mentre un’altra stava infilando una forchetta nella
presa della
corrente – la stessa presa che Hermione ha usato
precedentemente per collegare
la lampada… e dire che mi accusano (leggi: che mi accuso)
che non c’è logica in
questa fic! XD –e
una quarta si phonava
la criniera immersa nella vasca da bagno. Non solo, una quinta stava
facendo
benzina fumando un sigaro cubano, e una sesta giocava a mosca cieca in
autostrada. Un paio stavano giocando alla roulette russa,
un’altra correva in moto
bendata su un campo minato.
«Dolci
intelligenti creaturine mie le» disse Hagrid,
contemplando le creature. «Allora, My i Pony
Little…»
Il rumore
dello schiocco di una frusta costrinse Hagrid ad
interrompersi, e a guardarsi in giro. Dal folto dell’ameno
boschetto fece la
sua comparsa la Umbridge, piena di sabbia ovunque: sabbia nei capelli,
negli
stivali, nel poco latex costituente il suo abitino fetish.
«Oh,
salve» la salutò Hagrid, mentre la donna cercava
di
liberarsi della sabbia.
«Ha
ricevuto il mio messaggio che le diceva che sarei
venuta a fare un’ispezione?». La Umbridge
cominciò ad aggirarsi in mezzo agli
studenti come un grosso avvoltoio. Un grosso avvoltoio in latex.
Nel
frattempo, il nostro eroe tentava di riprendersi dallo
shock subito, cosa che gli risultava assai complicata essendo
circondato da
pucciosi cavallini gialli, che sembravano avere una particolare
predilezione
per lui.
«Lei
riesce sempre» chiese la Umbridge ad
un’insignificante
studentessa di Bisciargento «a capire il professor Hagrid
quando parla?»
«Ma
anche no» rispose l’insignificante studentessa di
Bisciargento, mentre Harry – che non pensava minimamente di
darsi un contegno
–, nascosto dietro alla veste di Ron – impassibile
nella sua aura depressoide
blu cobalto screziata di grigio perla –, cercava di liberare
un lembo della sua
veste dalle fauci di uno di quei mefistofelici esseri.
Quando la
Umbridge ebbe finito il giro, comunicò al
mezzogigante che avrebbe ricevuto i risultati dell’ispezione
dieci giorni dopo.
Fu con grandissimo sollievo che gli studenti si allontanarono dal luogo
in cui
si era tenuta la lezione, specialmente da parte di Harry,
più che lieto di
potersi allontanare dalle gialle presenze.
«Credevo
che sarei morto dall’orrore» piagnucolò,
pettinandosi «Non voglio vedere mai più qualcosa
di giallo in vita mia!».
Appena ebbe finito di pronunciare quella frase, apparve un gruppo di
studenti
di Falcogiallo, indossando vesti del suddetto colore. Ad Harry venne
una
sincope, e si accasciò a faccia in giù in una
pozzanghera fangosa.
«Oh-oh»
gemette Hermione, poi si rivolse a Ron. «Non vorrei
essere qui quando si sveglierà… e lo stesso vale
per te».
*
* *
Arrivò
dicembre e, oltre alla vista del colore giallo,
Harry entrava in crisi ogni volta che qualcuno pronunciava la parola
fango in
qualsiasi contesto, come ad esempio:
-
«Stamattina il pout-pourri sembra fango…»
-
«Che bella la tua sciarpa color fango!»
-
«Hai infangato il mio
onore!»
Quella
parola, allegata ad un’altra, era diventata un
potentissimo anatema anti-Harry, ed Hermione non faceva certo economia
nell’usarlo.
«FANGO
GIALLO!» urlò ad un certo punto Hermione, al
tavolo
della colazione.
L’eco
non aveva fatto nemmeno il tempo a svanire che Harry
si era già buttato di testa sotto il tavolo, e aveva preso
ad incidere
esorcismi sul ripiano di legno con il coltello, mormorando versetti
dell’Apocalisse a mezza voce, semi-avvolto
nell’estesa aura color bistro di
Ron, che quella mattina era più depresso del solito avendo
fatto un sogno per
niente consono al suo essere emo. Aveva sognato di avere lunghi capelli
biondo
platino e correre, nudo e felice, in mezzo a campi fioriti, e di avere
il simbolo
della pace tatuato su una chiappa. Fortunatamente, nel sogno, era
inciampato e
si era tagliato le vene cadendo su un mucchio di rovi, e questo
l’aveva
prevenuto dall’avere un’aura nero tenebra.
Comunque,
con dicembre, si avvicinavano anche le vacanze di
Natale. Hermione sarebbe andata in montagna con i suoi, a provocare
valanghe,
mentre Ron ed Harry sarebbero andati a casa dell’emo-kid, la
Chiavica. Prima
dell’inizio della vacanze, si sarebbe tenuta
l’ultima riunione dell’anno del
F.I.C.AU. Quando Harry entrò nella Stanza del Bisognino,
ebbe quasi un attacco
epilettico. La sala era decorata con decorazioni natalizie rosa (ARGH!)
e
gialle (DOPPIO ARGH!), e un mega striscione glitter con su scritto BUON
NATALE
HARRY MYSTRYSS DARQUE NYGHT RAYN RAVYN POTTER SIGNORE!. Lo striscione,
per la
cronaca, era lungo quindici metri, e avviluppava la stanza in tutta la
sua
interezza. Harry, che in questo capitolo si è stufato di
fare la vittima, prese
uno dei cimeli di serial killer custoditi nella stanza –
optò per la motosega
di Leatherface – e cominciò a triturare,
affettare, tritare, macinare,
sbriciolare, tagliuzzare, polverizzare, spezzettare, tranciare le
decorazioni,
sulle note di Merciless Cult dei Dir en grey.
Disintegrò anche il regalo
dell’elfo, un pacco dalla forma vagamente umanoide. Fece
molto male, perché il
pacco conteneva Chuck Norris, che cambiò completamente i
connotati del
miserabile goth guy. Quando Hermione e Ron entrarono nella Stanza del
Bisognino, non credettero (uhm… qua Word mi segna errore, ma
non è che mi fidi
tantissimo di Word…) ai
propri occhi.
«Harry!»
esclamò Hermione, impallidendo «I tuoi
connotati!». La ragazza nascose velocemente tutti gli specchi
– e ce n’erano
parecchi, una quantità direttamente proporzionale al livello
di narcisismo di
Harry –, perché se Harry avesse visto il suo
aspetto sarebbe sicuramente andato
incontro ad un attacco cardiaco.
«I
miei connotati!» gemette Harry, tastandosi il volto
congestionato che lo faceva somigliare ad un Picasso vivente. Hermione,
donna completamente
priva di tatto, scoppiò a ridere.
«Guarda,
Ron» disse all’emo-kid, dandogli una gomitata che
gli spezzò quattro costole «Abbiamo fatto una
grande scoperta nell’ambito della
storia dell’arte: ora sappiamo chi ha fatto da modello per Les
Demoiselles
d’Avignon!»
«Donna
Vuota» la apostrofò Harry, per la seconda volta,
se
non erro, dall’inizio di questa parodia.
Hermione,
perché oltre ad essere una donna completamente
priva di tatto aveva comunque dei sentimenti benevoli (AHAHAHAHAH! Ok,
chi l’ha
scritta questa? ndHermy-mentre-fa-scrocchiare-le-nocche), decise di
aiutare il
povero goth guy.
«Sta
fermo Harry» disse Hermione con voce calda e
rassicurante, brandendo un tubo di metallo «Ora, pian
pianino, rimettiamo a
posto i tuoi connotati… credimi, farà
più male a me che a te». Quest’ultima
frase sembrava contrastare leggermente con
l’espressione
schizofrenico-assetata di sangue di Hermione, che trasudava sadismo da
tutti i
porti.
«Tieni»
articolò l’emo-kid, porgendo ad Harry un sacchetto
contenente un’ambigua polverina bianca «Ti
aiuterà».
«Cos’è?»
chiese Harry, gravato dalla duplice scelta dolore+bellezza
e non dolore ma bruttezza.
«Sembra
talco ma non è, serve a darti l’allegria»
rispose semplicemente Ron.
«Bravo
Ron» commentò sarcastica Hermione, infilando un
paio
di guanti di pelle e un grembiule da macellaio «Adesso la
folla di coloro a cui
abbiamo violato i diritti d’autore e che vogliono la nostra
testa su un vassoio
d’argento si infittirà!»
«Sono
cazzi dell’autrice, mica nostri» replicò
saggiamente
l’emo-kid, saggiando la resistenza delle ghirlande e
chiedendosi se avrebbero
retto il suo peso.
«Hai
ragione… non ci riguarda» approvò
Hermione,
infilandosi un caso integrale. «’Sta fermo, Harry
caro, adesso facciamo tornare
bello il tuo gotico faccino».
Harry si
chiese se avrebbero trovato il suo testamento,
piegato in quattro e nascosto nella sua libreria, tra la videocassetta
omicida
e il cofanetto con la saga di Omen.
*
* *
Qualche
litro di sangue, migliaia di contusioni ed innumerevoli
grida di dolore dopo, Harry aveva recuperato tutta la sua avvenente
perfezione.
«Uhm»
commentò, specchiandosi da tutte le angolazioni.
«Aspetta»
lo interruppe Hermione «Trovo che il tuo naso
abbia bisogno di alcune correzioni». Con un cazzotto ben
assestato, l’appendice
nasale di Harry era di nuovo a posto.
«Però!»
si complimentò Harry «Fa un male boia, ma il
risultato è eccellente!»
«Fufufufu»
ridacchiò Hermione, pregustandosi la futura
attività di chirurgo plastico alternativo.
Recuperò
un paio di lanciafiamme e, assieme ad Harry,
proseguì all’eliminazione dei residui delle
decorazioni, scatenando uno
spettacolo di fuoco degno del miglior live dei Rammstein. Anche la
ghirlanda
alla quale Ron stava appeso per il collo, attendendo la morte, prese
fuoco,
lacerandosi.
«Andiamo
Ron, non è tempo di suicidarsi».
L’emo-kid
strisciò in un angolo e vi si accovacciò a
piagnucolare sull’ingiustizia della vita, staccando pezzetti
di intonaco dalla
parete.
«Bastardo!
Smettila di rovinare quel perfetto muro nero!»
lo minacciò Harry, lanciandogli addosso la caterva di
shuriken che aveva
trovato in un angolo.
In quella,
cominciarono ad arrivare gli altri membri del
F.I.C.A.U., i quali, entrando, si ritrovarono con i piedi immerse nella
cenere,
residui dell’attacco bellico combinato di Harry ed Hermy.
«Oggi»
annunciò Harry, poco stimolato «ripasseremo quello
che abbiamo fatto finora…»
«Cosa?!»
lo interruppe un certo Zacharias Smith – tua madre
è stata crudele con te, ragazzo… –
«Non facciamo niente di nuovo? Se l’avessi
saputo, non sarei venuto!»
«Allora»
replicò Harry, nella sua gelida goticità
«perché
non te ne vai?». Tirò un cordone appeso
chissà dove e una botola si spalancò
sotto i piedi di Zacharias, che non vedremo mai più.
Salutate Zacharias, lettori/lettrici!
(Ciaaaaaao, Zacharias… ndLettori/Lettrici).
Dopo che gli
adepti del F.I.C.A.U. si furono Schiantati tra
di loro per due ore, Harry, che non vedeva l’ora di tornare
in camera per il
suo pisolino di bellezza, li sbatté fuori dalla stanza.
Purtroppo, Cho Qualcuno
Chang sfuggì alla “pulizia” di Harry e,
quando furono soli, scoppiò a piangere.
«Ma
che palle!» sbottò Harry «Senti, tu, vai
a frignare da
un’altra parte!»
«Ma-ma-ma-ma!»
replicò indignata Qualcuno «Il mo
Ragazzo-Figo-Che-Somigliava-A-Zac-Efron-Ed-Era-Il-Più-Bello-Della-Scuola
è
morto!»
«È
tuo dovere di uomo consolarmi!» esordì
l’emo/poser
«Vieni qui, e slinguazziamoci finché ci
mancherà il respiro!». Detto questo,
partì all’inseguimento di Harry che, dal canto
suo, non era per niente
d’accordo.
«Ma
anche no!» replicò il goth guy, schivando un
assalto di
quella pazza ninfomane. Rotolò sotto ad un tavolo ed
estrasse il suo cellulare
dallo schermo scheggiato. Lo aprì e gli apparve la faccia di
Brandon Lee –
l’attore, non il corvo… cioè, si, il
Corvo, ma non l’animale… bah! –.
«Brandy!
Che cosa devo fare?!» gemette Harry facendosi scudo con il
tavolo, mentre la
poser, con un’accetta trovata in un angolo, lo faceva a pezzi
urlando «Prenditi
la mia verginità, o sensuale creatura venuta dalle
tenebre!».
Harry
più propenso a dare il via all’Armageddon che fare
una cosa del genere con un emo, per di più poser come Cho
Qualcuno, chiamò il
911.
«Qui
Horatio Caine» rispose una voce.
«Aiuto!
Una pazza peudo-emo mi vuole stuprare!» strillò
Harry nella cornetta, mentre schegge di legno volavano in tutte le
direzioni.
«Mando
subito una vola… aspetta, tu per caso sei Harry
Mystryss Darque Nyght Rayn Ravyn Potter?»
«Sì,
perché?»
Dall’altra
parte dell’oceano, più precisamente a Miami, il
capo del laboratorio di criminologia se ne stava seduto nel suo
ufficio, con la
cornetta del telefono in una mano e il registro delle Persone
a cui non dare
mai e poi mai ascolto nel caso telefonassero
nell’altra, aperto a pagina
diciassette, dove l’avvenente volto del nostro gotico amico
faceva bella mostra
di sé.
«Uhm…»
prese tempo l’analista forense «In questo caso,
temo
proprio che non potrò fornirti nessun aiuto.
Addio!»
«Aspetta!»
lo supplicòHarry «Fammi parlare con Abby Sciuto
prima!»
«Hai
sbagliato telefilm, idiota!» *click*.
Harry
sentì incombere la presenza della morte – no,
quella
era la benvenuta, la invitava a prendere il tè ogni
settimana –. Harry sentì
incombere la presenza dell’allupata Qualcuno, che era
riuscita a ridurre il
tavolo in schegge piccolissime, tutte a forma di cuore comunque.
«Vieni,
o mio virile stallone, consumiamo questa depravata
e fugace frenesia in questa notte di dilagante passione!».
Harry, ormai
inerme sotto l’assalto dell’emo/poser, vide i
suoi meravigliosi pantaloni pieni di fibbie, borchie e catene ridotti
in
piccoli brandelli di stoffa, che si sparsero nell’aria come
coriandoli neri -
coriandoli neri! *o* –. Una volta che la pervertita della
situazione ebbe
rimosso il primo ostacolo, si accorse che qualcosa non andava.
«Ehm…»
balbettò Cho Qualcuno, fissando il qualcosa che non
andava in questione. «Cos’è questa cosa
metallica?»
Prima che
tutti i presenti pensino male (Ma nooo, noi,
esseri casti, puri e innocenti, pensare male?! Ma cosa ci dici mai?!
ndTutti-i-presenti-mentre-pensano-male), andiamo tutti insieme a vedere
la fine
del capitolo 14, dove siamo venuti a conoscenza del fatto che il nostro
eroe
indossa, per qualche oscuro e misterioso motivo, una cintura di
castità.
Harry,
approfittando dell’incertezza della stupratrice,
afferrò il meraviglioso crocifisso gotico in argento 100%
appeso sul muro
dietro di lui e, brandendolo come una mazza da baseball,
colpì violentemente la
ragazza sulla testa, tramortendola.
«La
mia integrità è salva»
dichiarò il goth guy. Inspiegabilmente,
gli spuntò un’ala nera, con la quale si avvolse.
«I will… never be a memory», e
scomparve lasciando qualche piuma nera a svolazzare nella stanza. (Ok,
chi mi
indovina questa citazione? XD)
*
* *
Harry
tornò nella sala comune senza pantaloni, spettinato,
coperto di schegge di legno a forma di cuore e trascinando un enorme
crocifisso
d’argento schizzato di quello che sembrava pericolosamente
sangue. Hermione
alzò lo sguardo dal suo libro – “1001
modi per torturare il tuo compagno di
banco usando il contenuto del tuo astuccio” di
MacGyver – per posarlo sulla
figura sfatta e sfinita del nostro fascinoso eroe, preda di un violento
tic
nervoso.
«Harry,
che ti è accaduto?» esclamò Hermione,
piegando
l’angolo inferiore della pagina al quale era arrivata
– Capitolo 5: Il tuo
temperamatite può diventare un’arma di distruzione
di massa con le dovute
modifiche – e chiudendo il libro.
«Quella…
quella cosa» gracchiò Harry «ha tentato
di
stuprarmi!».
«Chi?»
«Mia
nonna» rispose Harry, che, nonostante l’ennesimo
trauma subito, non aveva perso il dono del sarcasmo.
«TUA
NONNA?!» esclamò Hermione che, evidentemente, non
riusciva sempre a coglierlo, il sarcasmo. «Ma è
terribile! Devi denunciarla,
Harry! Lo so che è difficile, però se ti convinci
che va tutto bene, poi le
cose andranno sempre peggio e…»
«NON
MIA NONNA, CRETINA!» la interruppe Harry, furioso del
fatto che il suo nobile sarcasmo non fosse stato colto «Cho
Qualcuno Chang! E
adesso cogli quel sarcasmo! Coglilo! Subito!»
Hermione,
imprecando, appoggiò il libro al tavolo e si
chinò verso il pavimento, per cogliere il sarcasmo. Harry,
soddisfatto, annuì.
«Va
bene, va bene, però non serve che ti arrabbi,
perché se
no poi magari sudi, ti viene il mal di gola…»
«…e
poi muoio, sì, l’ho già
sentita» concluse Harry per
lei.
«Comunque,
devi uscire con lei» dichiarò Hermione, seria.
«Appena la incontri, la inviti ad Hogsmeade».
«Cosa?!»
sbottò Harry, lucidando l’estremità
macchiata del
crocefisso «E perché mai?!»
«Perché
ho scommesso mezzo fegato di Ron con quella sua
amica insignificante!»
Ron, i cui
organi sembravano ormai appartenere più ad
Hermione che ad egli stesso, sospirò, e la sua aura
calò di una tonalità.
Lasciando
gli “amici” al loro traffico di organi, Harry se
ne andò a dormire. Come da copione, sprofondò nel
mondo dei sogni, o meglio,
degli incubi.
Harry
sognò di essere di nuovo nella Stanza del
Bisognino, solo che le pareti, invece di essere nere, erano gialle e
spugnose.
Come se non bastasse, Cho Qualcuno, in tenuta da emo-fetish, brandiva
il suo
kit da stupro. All’improvviso, cominciò a
risuonare nell’aria la solita
risatina irritante:
«Ah-ah-ah-ah-ah.
Ah-ah-ah-ah-ah. Ah-ah-ah-ah-ah.»
Poi
il sogno cambiò. Sogno di essere tondo e giallo, e
di correre… cioè, fluttuare lungo i corridoi di
un labirinto, mangiando
sferette bianche sospese a mezz’aria. Ad un certo punto,
comparve qualcosa nel
suo campo visivo: una ciliegia! La mangiò, guadagnando 500
punti. Stava
percorrendo un nuovo corridoio, quando si accorse di essere seguito:
con la
coda nell’occhio, vide un fantasma blu avvicinarsi sempre di
più. Provando un
insolito terrore, Harry svoltò al primo angolo, ma il
fantasma blu fece lo
stesso. Harry cominciava a tenere il peggio quando un altro fantasma,
questa
volta rosso, fece la sua apparizione davanti a lui. Fortunatamente,
riuscì a
svoltare appena in tempo, e, all’angolo, vide una di quelle
sferette bianche,
però questa era stranamente più grande: la
mangiò, e i fantasmi cambiarono.
Conscio di poterli sconfiggere, Harry fece dietrofront e li
mangiò, lasciandone
solo gli occhietti, che fluttuarono via nel labirinto.
Continuò a sterminare
fantasmini, finché si ritrovò davanti un uomo in
carne ed ossa addormentato.
L’uomo si svegliò ed Harry, per istinto, lo morse
ad un fianco.
*
* *
Mentre Harry
era immerso in questo suo strano sogno, le
inquietudini che viveva nel mondo onirico venivano riflettute sui suoi
movimenti. Aveva strappato il cuscino, annodato le lenzuola, limato i
piedi del
letto, fatto a pezzi la stoffa del baldacchino, lisciato le molle del
materasso, spezzato le doghe in legno, mangiato la federa del cuscino,
sniffato
le piume che ne erano fuoriuscite, lanciato il rivestimento del
materasso per
tutta la stanza, e svegliato quei quattro che dormivano nei loro letti
incassati in un angolo.
«Ron,
fallo smettere» ordinò Dead Thomas il Morto.
Ron,
incapace di opporsi, si avvicinò ad Harry
addormentato, che stava rosicchiando una colonna del letto a
baldacchino.
«Svegliati»
disse, con un tono di voce talmente basso che
non l’avrebbe sentito neanche Clark Kent.
Sconfitto,
Ron fece ritorno dagli altri tre.
«Non
si sveglia».
«Nerdville,
vai a chiamare aiuto!» ordinò Dead Thomas.
Nerdville si
scapicollò fuori dal buco del ritratto, mentre
Harry, dopo aver gustato il mogano della colonna, si svegliò
da solo.
«Ron!»
esclamò, tossendo schegge di legno. «Tuo padre!
È
stato aggredito!»
«°_°»
esclamò Ron usando un emoticon, che fa molto emo.
Tornò
Nerdville accompagnato dalla McGranitt in pigiama
mimetico, fondina e fucile a tracolla.
«Che
succede Potter? Un rapimento? Un omicidio? Un
attentato terroristico su scala mondiale?!»
esordì, estraendo una Sig Sauer
dalla fondina e puntandola ora su Nerdville, ora su Ron, ora su Scemus,
ora su
Dead Thomas e infine su Harry.
«Il
padre di Ron è stato aggredito da una sfera
gialla!»
sbraitò Harry.
«Potter,
hai di nuovo assunto sostanze stupefacenti?»
«Ma
no! Il padre di Ron è stato aggredito! Io l’ho
visto!
Non sto mentendo e non sono matto! L’ho visto! Ero giallo!
Ero una palla
gialla! Waaaah!»
«Ti
credo, Potter» replicò brusca la McGranitt,
rimettendo
la Sig nella fondina «Andiamo dal Preside, e poi in un centro
di
disintossicazione. Maledetta sembra talco ma non è,
serve a darti l’allegria!»
Questo è un po' più lunghetto del precedente, eh? XD
Come sempre, grazie a tutti quelli che hanno commentato (in particolare Clara111294, che sembra essere la mia fan numero 1 XD), ha chi ha messo questo delirio nelle preferite o nelle seguite, e anche ha chi ha letto soltanto! Grazie! Se vi serve un killer su commissione, sapete a chi rivolgervi... fufufu *sparisce in una nuvola di fumo in stile ninja*
Capitolo 23 *** 22_L'Ospedale San Fungo per Malattie, Ferite, Lesioni ecc. ecc. Magiche ***
Ringrazio
ancora tutti quelli che leggono questa fiction, non riesco a trovare le
parole
per esprimervi la mia gratitudine! Mi rendo conto che alcuni capitoli
sono
davvero pessimi, ma voi continuate a leggere nonostante tutto, ed
è questo che
mi sprona a continuare, perché se fosse stato per me mi
sarei arenata già da un
bel pezzo! Grazie, grazie mille!
CAPITOLO 22
L’OSPEDALE
SAN
FUNGO PER
MALATTIE,
FERITE, LESIONI
ECC.
ECC. MAGICHE
«Potter!»
esordì la McGranitt, autoritaria «Andiamo dal
Preside! Venga anche lei, signor Weasley!».
La McGranitt
estrasse un fumogeno e lo gettò in mezzo alla
stanza. Il fumo la riempì velocemente e, mentre Dead Thomas,
Nerdville e Scemus
tossivano, l’intrepida professoressa afferrò Ron
per il cappuccio della divisa (resta
un mistero del perché dormisse con la divisa, ma
sorvoliamo), quasi
strangolandolo – con gran gioia dell’emo-kid
–, ed Harry per i capelli –
Sacrilegio! –, zompando agilmente fuori dalla stanza e fuori
dal buco del
ritratto. Ron ed Harry percorsero i corridoi qualche passo dietro alla
McGranitt, che si appiattiva contro ogni muro, e scrutava dietro ogni
angolo
come se vi si nascondesse una minaccia mortale. Dopo aver assassinato
un
armatura, ferito un arazzo e steso con un colpo di JuJitsu la povera
Mrs Purr,
la prof si arrestò davanti alla statua del tacchino che
faceva la guardia
all’ufficio di Smilente – che si pronuncia
“smailente”, tra l’altro – .
«Parola
d’ordine, gluglugluglugluglu?» chiese il tacchino.
«Gluglugluglugluglu!»
rispose la McGranitt. Il tacchino si
animò e si fece da parte, rivelando la lucida porta di un
ascensore.
«Ehi!»
sbottò Harry, dimentico del brutto sogno
«Cos’è ‘sto
sprazzo di tecnologia?! Perché noi dobbiamo usare quelle
cavolo di scale a cui
piace cambiare mente il preside ha l’ascensore?! Non
è giusto!»
L’ascensore
si aprì, rivelando (e dagli con la
ripetizione…) una serie di lucidi pulsanti con delle
etichette appiccicate
sopra. La McGranitt premette quello con su scritto “Ufficio
del Preside” e
l’ascensore si mise in moto.
«Ho
uno strano deja-vu…» commentò Harry,
parlando tra sé e
sé.
«Questo
ascensore è della stessa ditta che ha costruito
quello del MiniMinistero» lo informò la McGranitt.
«…NOOOOOOO!»
*
* *
Dopo essere
miracolosamente sopravvissuto al suo terzo,
traumatico, viaggio in ascensore, Harry cominciò seriamente
a pensare al suo
futuro. Il testamento l’aveva già scritto
– “Voglio che tutti i miei
vestiti, i miei cd, e tutto il resto vengano
seppelliti con me nella mastodontica piramide che verrà
eretta in mio onore.
Firmato, Harry Mystryss Darque Nyght Rayn Ravyn Potter. –.
Mentre Harry
pensava al suo testamento, il gruppetto era
arrivato dinnanzi alla porta dell’ufficio di Smilente
– che si pronuncia
“smailente”, tra l’altro –. La
McGranitt bussò, e la porta si aprì da sola.
(Anche la porta automatica! Automatica! NdHP). La stanza era immersa
nella
semioscurità, e una specie di tacchino rosso e oro ronfava
su un trespolo
accanto alla porta.
«Oh,
è lei professoressa» rispose Smilente –
che si
pronuncia “smailente”, tra l’altro -,
nella sua virilissima camicia da notte
bianca con delle roselline ricamate lungo il bordo.
«Professor
Smilente – che si pronuncia “smailente”,
tra
l’altro –, Potter ha avuto un incubo-
«Non
era un incubo!» la interruppe Harry «Era troppo giallo per essere un incubo!»
«Va
beh, allora raccontalo tu al Preside, visto che sei
tanto bravo» replicò la McGranitt acida, mettendo
il broncio.
«Ecco,
io stavo dormendo…» cominciò Harry, con
questa
affermazione di importanza irrilevante «e poi,
all’improvviso…» continuò,
abbassando la voce. Smilente – che si pronuncia
“smailente”, tra l’altro -, la
McGranitt e Ron si protesero verso il nostro eroe
gotico-tendente-al-metallaro.
«e poi, all’imrpovviso…
AAAAAH!» gridò, facendo saltare il pacemaker della
McGranitt. «Ero giallo! Giallo e tondo! E ho aggredito il
padre di Ron!»
Smilente
– che si pronuncia “smailente”, tra
l’altro – si
alzò in piedi, e troneggiò autoritario dietro la
scrivania, seppur conservando
il sorriso idiota che lo contraddistingue.
«Pinco!
Pallino!» esordì, rivolgendosi ad una coppia di
ritratti. «Andate nei vostri altri quadri e assicuratevi che
Arthur Weasley sia
soccorso e portato al sicuro! …altrimenti,
c’è quell’agenzia di pompe funebri
che…»
Passò
qualche minuto – diciassette o giù di
lì –, durante
il quale la McGranitt – che si era salvata evocando un
defibrillatore – fissò
Smilente – che si pronuncia “smailente”,
tra l’altro –, Smilente – che si
pronuncia “smailente”, tra
l’altro” – fissò Ron, Ron
fissò la punta delle sue
Vans a quadretti, ed Harry fissò se stesso riflesso in uno
specchio.
«Gianni
e Pinotto ci metteranno un po’ di tempo a tornare»
annunciò Smilente – che si pronuncia
“smailente”, tra l’altro –.
«Nel
frattempo, che ne dice, professoressa McGranitt, di farci una partita a
tressette? O magari a ramino?»
«Tressette?
Ramino?!» sbottò Harry, staccandosi a fatica
dal proprio riflesso «Questa parte della storia dovrebbe
essere intrisa di
angoscia, suspance e oscuri presagi!»
«Hai
ragione Potter» assentì Smilente – che
si pronuncia
“smailente”, tra l’altro
«Tressette e ramino sono dei passatempi troppo allegri
da fare in questo macabro frangente. Ma, visto che Tom e Jerry ci
metteranno un
sacco di tempo a tornare… ce la facciamo una partita a
Cluedo?»
«Solo
se è la versione con il dvd!» replicò
Harry, facendo
il difficile.
I quattro
cominciarono la loro partita a Cluedo. Mentre
erano immersi nella partita, fecero ritorno Stanlio e Ollio.
«Smilente
– che si pronuncia “smailente”, tra
l’altro – …»
fece il primo.
«Sst!»
lo zittì il preside «Ci sono quasi!»
«Ma
preside!» si lamentò l’altro.
«E
va bene!» si arrese Smilente – che si pronuncia
“smailente”, tra l’altro –
«Tanto si sa che alla fine il colpevole è sempre
il
maggiordomo!»
«D’oh!»
sbottò Harry, con la pedina del maggiordomo.
«Lo
hanno portato a San Fungo» riprese uno dei due
ritratti.
«Bene,
bravi, ottimo lavoro, Tizio e Caio! Salutatemi
Sempronio, quando lo vedete!» fece Smilente – che
si pronuncia “smailente”, tra
l’altro –, liquidando i dipinti. Mandò
la McGranitt a chiamare gli altri
Weasley e sprofondò nella lettura di un grosso volume delle
pagine gialle.
Dopo un
po’ la McGranitt fece ritorno, accompagnata da
Fred, George e Ginni.
«Vostro
padre è rimasto gravemente ferito nel corso del suo
lavoro per l’Ordine *smile*» annunciò
Smilente – che si pronuncia “smailente”,
tra l’altro –, sorridendo «Probabilmente
a quest’ora starà brancolando sul confine
tra la vita e la morte *smile*, più dalla parte della morte,
direi *smile*… se
fossi in voi, comincerei ad ordinare bara e lapide *smile*, ho giusto
qui il
numero di un’agenzia di pompe funebri…
*smile*».
«Ora
vi mando a casa di Sirius» continuò il preside,
ignorando le espressioni scioccate dei Weasley. «Dove vi
aggirerete come anime
in pena *smile* corrosi dall’ansia nella snervante attesa di
notizie,
probabilmente negative *smile*»
Detto
questo, spedì i cinque a casa di Sirius.
*
* *
I cinque
comparvero nella cucina di Grimmauld Place numero
Diciassette.
«Che
dolce!»
Harry venne
aggredito da Cracker, che gli si arpionò ad una
gamba.
«Argh!»
gemette Harry inorridito, saltellando sul piede
“sano”, mentre il puccioso elfo serrava la presa
ancora di più. Cominciava già
a temere il peggio, quando Sirius fece la sua comparsa sulla porta,
accompagnato dalla solita, inconfondibile colonna sonora.
«Minchia,
Cracker, vuoi andare a dormire con i pesci?»
esordì, con uno spiccato quando inspiegabile accento
siciliano. L’elfo, colpito
nel profondo della propria smisurata sensibilità, corse
fuori dalla cucina
piangendo disperatamente.
«Padrino
Don Sirius!» esclamò Harry illuminandosi
–
metaforicamente parlando –.
«Picciott…
eh, ma basta!»
Don Sirius
fece accomodare i Weasley, ancora scossi per via
dell’aggressione di Smilente – che si pronuncia
“smailente”, tra l’altro –,
distribuendoli sulle varie poltrone e poltroncine in salotto. Lui, dal
canto
suo, si spaparanzò sul divano, aprì una birra e
continuò a guardare
tranquillamente la partita.
«Ma
cazzo!» sbottò, mentre la squadra per cui tifava
prese
l’ennesimo goal.
«Ahem,
Padrino…» lo chiamò Harry, tentando di
attirare la
sua attenzione. «Guardare la partita non sottolinea in modo
sufficiente
l’angoscia e il terrore che proviamo in questo
momento…»
«Ma
come no?!» replicò Sirius, aprendosi la quinta
birra
«Stiamo perdendo 25 a 0! Più angoscia e terrore di
così…»
«Perché
non… giochiamo a Cluedo?» propose Harry, dato che
la sconfitta nella partita precedentemente giocata gli bruciava ancora.
«Okkey…»
concesse Don Sirius «Chi usa la pedina del
maggiordomo?»
*
* *
Dopo
diciassette partite di Cluedo (e diciassette sconfitte
per Harry), la porta del salotto si aprì e apparve la
signora Weasley.
«Guarirà»
li informò «Più tardi possiamo andare a
trovarlo».
Li
spedì a dormire, ed Harry aprofittò per
aggiornare il
suo profilo su Netlog.
«Allora»
borbottò, parlando da solo «commento…
aggiungi
foto… aaaah, questo stronzo mi ha insultato! Ora gli faccio
vedere…»
Tutti
passarono la mattina dormendo – a parte Harry –, e
dopo pranzo arrivarono Tonks e Malocchio.
«Harry!»
esclamò Tonks, correndogli incontro.
«NO!
La Catastrofe Ambulante!» esclamò Harry,
inorridito.
Tonks
inciampò in una piastrella sporgente e cadde di
faccia, spaccandosi tutti i suoi bei dentini perlacei, che
però si fece
ricrescere subito grazie alla sua abilità di strega. Tonks e
Malocchio
scortarono i Weasley ed Harry a San Fungo, che si trovava nel cuore di
Londra.
«È
uno scherzo?» sbottò Harry, una volta giunto
davanti
all’edificio.
«Perché?»
cinguettò Tonks, che nel tragitto si era
scontrata frontalmente con cinque pali, era inciampata in quindici
tombini e
sette idranti ed aveva travolto almeno una dozzina di vecchiette col
deambulatore
stracariche di borse della spesa, che le avevano inveito contro con un
vocabolario degno del peggior scaricatore di porto.
Harry
indicò l’edificio.
«Cioè…
è a forma… di fungo!»
«Certo»
intervenne la signora Weasley «Se no perché si
chiamerebbe San Fungo?»
«Ma
non ha senso!»
«Perché?»
borbottò Ron, infagottato nella propria aura
color rosso di Borgogna «Ti sembra che ci sia qualcosa di
sensato in questa
parodia?»
«Perché
la gente continua a dirmelo?» replicò Harry
irritato. «Comunque mi chiedo perché i Babbei non
lo vedano…»
«Perché
sono dei babbei» rispose intelligentemente Ron.
Entrarono
nell’edificio fungiforme, dove numerosi maghi e
streghe, alcuni con orrende deformità, bazzicavano nella
sala d’attesa
attendendo il proprio turno. Altri maghi e streghe, vestiti di verde
acido,
andavano su e giù per le stanze, prendendo appunti su
tavolette.
«Odio
il verde» commentò Harry, quando
un’infermiera gli
passò accanto.
«C’è
qualche colore che non odi?» sbottò Ginni,
rivolgendogli un’occhiataccia.
«Il
rosso mi ispira violenza» replicò Harry,
accennando ai
suoi capelli e facendo scrocchiare le dita.
«Di
qua» intervenne la signora Weasley stroncando la
potenziale rissa sul nascere.
Giunsero
davanti ad un enorme cartello, che indicava i vari
piani dell’edificio.
Quinto piano – Sala da
tè
per i visitatori, vendita gadget ed organi di pazienti ormai deceduti
Quarto piano - Lesioni da
incantesimo
Terzo piano –
Avvelenamento
da pozioni e piante
Secondo piano –
Batteri
magici
Primo piano – Lesioni
da
creature
Pianterreno –
Incidenti da
manufatti
Piano interrato –
Obitorio
«Andiamo
al piano interrato?» supplicò Harry come un
bambino davanti alla vetrina di un negozio di giocattoli, tirando la
signora
Weasley per la manica della giacca.
«No»
replicò questa.
Harry, che,
viziato com’era, era abituato ad ottenere
sempre tutto ciò che voleva, mise il broncio.
«Se
vuoi ti ci mando io, al piano interrato» disse
soavemente ma perversamente Ginni, adocchiando un ombrello
particolarmente
appuntito.
«Cos’è
‘sto scoppio di violenza?» ribatté Harry
«Stai
cercando di rubare la parte a Hermione?»
La signora
Weasley spinse i figli ed Harry nell’ascensore
(NOOOOO! ndHarry-ormai-traumatizzato-da-qualsiasi-ascensore). Giunsero
infine
davanti alla porta del signor Weasley.
«Noi
aspettiamo fuori, Molly» fece Malocchio, cercando di
disincastrare Tonks dal carrello portavivande, sul quale era accidentalmente
caduta dopo aver pestato il piede ad Harry. «Prima la
famiglia».
Harry fece
per dileguarsi, e magari sgattaiolare al piano
interrato, ma la presa d’acciaio della signora Weasley
stroncò sul nascere i
suoi propositi.
«Non
fare lo sciocco, Harry» chiocciò, con qualcosa di
letale nel tono di voce «Arthur vorrà
ringraziarti».
La signora
Weasley trascinò Harry nella corsia – sgualcendo
il suo bel cappottino di pelle nero, accidenti a lei! –, dove
il signor Weasley
se ne stava spaparanzato sul letto a leggere la Gazzetta dello Sport.
«Ma
porca… abbiamo perso 25 a 0» borbottò
tra sé e sé, prima
di rendersi conto di avere visite. «Ciao!» disse.
«Come
stai Arthur?» gli chiese la moglie «Sei un
po’ pallidino…».
Il signor
Weasley, che accanto al pallore di Harry sembrava
quasi abbronzato, recuperò la Gazzetta dello Sport e si
rimise a leggere le
vicende della sciagurata squadra per la quale aveva deciso di tifare.
«Okay»
disse la signora Weasley. Fece uscire i figli, due
dei quali in questo capitolo non hanno detto un’H, e fece
entrare Malocchio e
Tonks, quest’ultima che riportava ancora i segni
dell’incontro ravvicinato con
il carrello portavivande.
«E
adesso?» si chiese Fred, visto che, nelle righe
precedenti, è stato accusato di non aver aperto bocca in
questo capitolo.
«E
adesso?» gli fece eco George, per non essere da meno.
«Adesso
si origlia» fece Ginni risoluta, prendendo un
bicchiere dal carrello portavivande e appoggiandolo sulla porta,
accostandovi successivamente
l’orecchio. In breve, gli altri quattro al imitarono,
ignorando le occhiate stralunate
dei Guaritori che passavano di lì.
«…hanno
perquisito tutta la zona, ma non hanno trovato la
cosa che ti ha aggredito» stava dicendo Malocchio.
«Certo
che non avrei mai pensato che
l’Arci-Nemico-Di-Harry-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri
avesse dalla sua… un Pac-Man» mormorò
Tonks, rabbrividendo.
«Un
Pac-Man!» le fece eco la signora Weasley
«È terribile…»
«E
così Potter dice di aver visto tutto attraverso gli
occhi di quella creatura» continuò Malocchio.
«Certo, non si rende conto di che
cosa significa, ma se Potter è posseduto dal suo
Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri…»
«Oh»
fece Harry, dall’altra parte della porta «Quindi
potrei essere posseduto dal mio
Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri…
che figata! Che ne pensate, ragazzi? …ragazzi? Ehi, dove
siete finiti?»
Per tutto il
tragitto che li separava da Grimmaul Place,
Ron, Ginni, Fred e George se ne stettero a debita distanza da Harry,
come se
potesse all’improvviso trasformarsi nello sferico essere
giallo e farli a pezzi
a morsi. Harry si godeva questa sensazione di potenza, trastullandosi
nel
terrore che instillava nei suoi amici (Okay, chi si offre volontario
per
bruciarmi il vocabolario? ndA).
«Stai
bene, caro?» gli domandò la signora Weasley
preoccupata «Hai un colorito stranamente giallastro…»
«Una
favola» commentò Harry, guardando i figli Weasley
sbiancare e fuggire lungo il vagone della metropolitana, colti da un
improvviso
bisogno simultaneo del bagno.
«Davvero
Harry» riprese la signora Weasley davanti alla
porta del numero Diciassette di Grimmauld Place «Non mi
sembri tanto a posto.
Magari è meglio se vai su e ti fai un
pisolino…». Alle sue spalle, la sua prole
annuì vigorosamente.
«Okay»
acconsentì Harry, pensando che finalmente poteva
guardarsi tutti gli episodi di Kuroshitsuji in santa pace.
Salì nella stanza
che aveva condiviso con Ron durante le vacanze estive, ma invece di
guardarsi
l’anime si perse nelle sue seghe mentali.
“Ma
se il mio
Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri
è nella mia testa, sente i miei pensieri… quindi
anche quando… e quando… e
perfino quando…!”. Harry cominciò a
camminare avanti e indietro per la stanza,
finalmente conscio della gravità della cosa.
«Se
sono posseduto» borbottò tra sé e
sé «dovrei chiamare
un’esorcista. Non voglio mettermi a vomitare roba verde e a
girare la testa di
360°, anche perché sarebbe terribilmente
antiestetico…».
Recuperò
le pagine gialle (Argh! Gialle!) da un cassetto e
le sfogliò da cima a fondo, non trovando comunque alcun
esorcista. «Ma guarda
te» sbottò, sempre parlando da solo, chiaro
sintomo di carenza di sanità
mentale «siamo nel 2000 e passa e non si trova neanche un
esorcista nell’elenco
telefonico… di questo passo, ci ritroveremo tutti a girare
la testa come gufi e
a vomitare roba verde…».
Lanciò
le pagine gialle in un angolo e provò a cercare
nell’unico libro che per lui, oltre alla Bibbia Gotica,
contasse qualcosa: il
Dizionario dei Sinonimi e dei Contrari.
«Posseduto»
esordì, cominciando a sfogliare le pagine
«indemoniato, invasato, ossesso, spiritato, assatanato,
avuto, tenuto occupato,
indiavolato, fuori di sé, arrabbiato, infuriato, furibondo,
furente,
imbestialito, ossessionato, esaltato, acceso, appassionato, isterico,
sconvolto, diabolico…»
Andò
avanti per due ore buone, finché giunse alla
conclusione di essere un maniaco sessuale affetto da disturbo
ossessivo-compulsivo.
«Caspita!»
esclamò leggendo la propria autodiagnosi, che
aveva scritto su un foglio – nero – trovato sotto
al letto. «Sono da ricovero!
Potrei… tentare di violentare Ron nel sonno senza neanche
rendermene conto!».
Rabbrividendo al pensiero, Harry decise all’istante che se ne
sarebbe tornato a
scuola. «No» constatò subito dopo
«là ci sono Dead Thomas il Morto, Scemus e
Nerdville…». Non aveva altra scelta: doveva
tornare dai Dursley. Questo voleva
dire niente più Metallo e Superock… Con al morte
nel cuore – Wow! XD – Harry
prese il baule per la maniglia e cominciò a trascinarlo
verso la porta.
«Ce
la battiamo, eh?»
«Chi?»
replicò stupidamente Harry, voltandosi in cerca
della fonte della voce. Una persona era apparsa nella cornice
precedentemente
vuota appesa alla parete.
«Piacere,
Sempronio» si presentò il dipinto «Ho un
messaggio di Smilente – che si pronuncia
“smailente”, tra l’altro – per
te. Resta
dove sei.»
«Per
quanto tempo?» ribatté Harry, più
immobile di una
statua di marmo.
«A
bò» replicò Sempronio «io
vado. Ciao ciao!». Sempronio
raggiunse il bordo della cornice e sparì. Harry rimase
immobile, sentendosi più
idiota che mai.
«’fanculo,
Smilente – che si pronuncia “smailente”,
tra
l’altro –» sibilò
minacciosamente.
Visto che
doveva restare dov’era fino a nuovo ordine e
cominciava ad annoiarsi, Harry si addormentò (In piedi!
È un prodigio, ‘sto
ragazzo!). Cominciò a sognare…
Oh no!,
pensò Harry nel sogno, Sto sognando! Devo
svegliarmi, prima che succeda qualcosa di… di giallo!
Si guardò attorno. Si
trovava in un luuungo corridoio. Nero. Niente giallo per ora, bene.
Avanzò
lungo il corridoio. In fondo al corridoio, l’aspettava la
solita porta nera. Non
so perché, pensò, ma senti
un’irrefrenabile desiderio di entrare in
quella porta… Forse perché è
così nera, così lucida…
così riflettente… All’improvviso,
la porta si spalancò, sbattendo violentemente sulla faccia
di Harry.
«Harry».
La voce di Ron, che era rimasto per un po’ ad
ammirare quel fenomeno di ragazzo dormire in piedi, lo
riportò alla realtà.
«Cena».
«Non
posso muovermi» replicò Harry.
«Perché?»
«L’ha
detto Smilente – che si pronuncia
“smailente” tra
l’altro –» rispose Harry.
«Ok».
E Ron ridiscese di sotto, lasciando Harry nella sua
madornale interpretazione di una statua di marmo.
*
* *
La mattina
successiva, tutti gli altri passarono il tempo
appendendo le decorazioni natalizie per tutta la casa, anche addosso ad
Harry
che non aveva ancora ottenuto il permesso di muoversi. Si
ritrovò una corona di
vischio in testa, un paio di palline da albero di natale a
mo’ di orecchini, e
decine di ghirlande verdi in finto pino avviluppate un po’
ovunque. Verso le
diciassette, qualcuno suonò alla porta, e la Signora Black
ricominciò con i
suoi urli in rima:
«CANTAMI
O DIVA DEL PELIDE ACHILEEEEEEE… QUOTH THE RAVEN
NEVERMOREEEEEE…».
«Senti,
Sempronio» disse Harry alla figura che faceva
capolino nella cornice del quadro. «Posso muovermi
adesso?»
«A
bo» rispose tranquillamente il dipinto, perso nella
risoluzione di uno schema della Settimana Enigmistica.
Harry,
l’Albero di Natale Umano, sospirò. La porta si
aprì
– non in faccia ad Harry, tanto per
cambiare, e fece il suo trionfale
ingresso Hermione.
«E
tu che ci fai qui?»
«Ci
hanno cacciati dalla montagna dopo la diciassettesima
slavina che ho causato» rispose la ragazza, girando attorno a
quel prodigioso
albero di Natale parlante. «Ah, Harry, sei tu. Non ti avevo
riconosciuto, così
verde. Andiamo giù, che la madre di Ron ti ha preparato del
cibo».
«Non
posso muovermi! Me lo ha detto Smilente- che si
pronunci “smailente” tra l’altro
–» ribatté Harry per
l’ennesima volta.
«Da
quando in qua presti ascolto alle autorità?»
«In
effetti…»
Quel gran
genio (sarcasticamente parlando, ovviamente) di
Harry ed Hermione scesero al piano inferiore, in salotto, dove Ron si
nascondeva dietro ad una poltrona in preda al terrore.
«Cos’ha
Ron?» chiese Hermione.
«Ha
paura che Harry lo aggredisca» rispose Ginni, indicando
Harry che affilava un coltello, spuntato da chissà dove.
«Che
c’è? Voglio solo tagliare la torta»
replicò piccato il
goth guy, mentre si rigirava il letale arnese metallico tra le mani.
«Harry
crede di essere posseduto dal suo
Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri»
spiegò Ginni. «Anche se non è
vero».
«E
tu che ne sai?» replicò Harry, smanettando con una
motosega.
«Io
so. E comunque, ultimamente, ti è capitato di avere
estreme torsioni del capo e rigurgiti dal colorito
verdastro?» continuò.
«Beh,
no».
«Ecco.
Non hai visto L’Esorcista?»
«Sì,
ma che c’entra? Lì c’era Pazuzu, mica il
mio
Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri…»
«Pazuzu,
il tuo
Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri,
Cuck Norris… che differenza fa?» concluse Ginni,
stringendosi nelle spalle. «E
poi ho preso il diploma da esorcista per corrispondenza. Dopo quello
che è
successo il secondo anno…».
«Quindi
non sono posseduto?»
«A
quanto pare…»
«Yuppi!»
esultò Harry, in modo molto poco gotico,
considerando anche il fatto che indossava ancora le ghirlande verdi in
finto
pino e gli orecchini-palle di Natale.
«Lo
preferivo in paranoia da possessione» sussurrò
Ginni ad
Hermione.
*
* *
La mattina
di Natale, al suo risveglio, Harry trovò una pila
di regali ad attenderlo. Accanto al suo letto, Ron scartava le sue
strenne (che
termine…).
«Lametta…»
elencò, scartandola e appoggiandola sul piumone
«…lametta…
lametta… lametta… cappio…
lametta… lametta… lametta… scatola
porta-lamette…liquido
per pulire le lamette… panno per lucidare le
lamette… lametta…»
Harry decise
di imitarlo, e cominciò a scartare i suoi
doni. Per primo aprì il regalo di Hermione: una cassetta del
pronto soccorso,
accompagnata dal presagivo biglietto: “Preparati,
perché quest’anno sarai il
mio punchingball”. Sirius e Lupin gli avevano
regalato un’autentica
ghigliottina del XVIII secolo – perfettamente funzionante
–, Tonks qualcosa di
inutile, come lei. Harry lo gettò nel cestino. Hagrid gli
aveva mandato una
sciarpa rosa e azzurra fatta di peli di My Little Pony, che
andò a raggiungere
l’inutile regalo di Tonks nel cestino. I signori Weasley un
maglione verde
vomito – nel cestino –, Ron una lametta –
cestino… – e Dobby qualcosa di giallo
– sì, cestino –. Harry si perse
nell’ammirazione reverenziale della sua
ghigliottina, ammirando il letale luccichio della lama,
l’elegante simmetria
dei componenti in legno, le piccole incrostazioni di sangue rappreso da
secoli.
«Ron…
puoi mettere la testa qui, un attimo?» domandò
all’emo-kid,
in modo più affabile possibile.
Purtroppo
(ma anche no… forse), prima che il nostro sadico
eroe potesse mettere alla prova il suo regalo, si materializzarono
nella stanza
Fred e George.
Furente per
il tentato omicidio, pardon, emocidio sventato,
Harry lasciò i Weasley al suo destino e scese al piano di
sotto. Per le scale
incontrò Hermione.
«Ciao
Harry, grazie per il tirapugni d’argento… mio
futuro
punchingball. Hu hu hu…» e scese le scale,
scomparendo dietro ad una porta.
Finito il
pranzo, i Weasley avevano intenzione di andare a
trovare di nuovo il signor Weasley scortati da Malocchio e Lupin.
Mundungus
arrivò in tempo per il dolce, e per schivare il coltello da
macellaio che Harry
gli tirò contro. Dopo avergli fottuto le chiavi della
macchina, il gruppetto
partì quindi alla volta di San Fungo. Trovarono il signor
Weasley semidisteso
sul letto, con i resti del pranzo nel vassoio appoggiato sulle
ginocchia.
«Oh,
salve» li salutò «Avete avuto una buona
giornata? Oh,
Harry, è magnifico!». Il Signor Weasley aveva
aperto il regalo di Harry, una
lampadina. Gli scivolò di mano e si ruppe in mille pezzi sul
pavimento. «Oh…
vabbè».
Visto che
stare a sentire i signori Weasley che cianciavano
qualcosa riguardo a punti di sutura, Harry, Ron, Hermione e Ginni
decisero di
andare a farsi un tè al quinto piano. Stavano passando
davanti alle porte di
vetro al quarto piano, quando notarono un uomo che li guardava con il
naso
premuto contro il vetro.
«Perché
c’è George Clooney che ci guarda?»
domandò
stupidamente Harry, indicandolo.
«Ma
che George Clooney» commentò Ginni
«È quel professore
che avevamo al secondo anno… Allocco!»
«Sto
molto bene, grazie» rispose Geor… l’ex
professor
Allocco. «Quanti autografi volete?»
Nel
frattempo, Harry cercava di ricordare.
«Allora,
questo professor Chiurlo…»
«Allocco!»
«Vabbè,
è uguale…»
Un’infermiera
altra due metri e larga quattro passò
faticosamente attraverso le porte di vetro.
«Gilderoy!»
tuonò, con il suo vocione da tenore «Ragazzaccio,
dove ti sei cacciato?». La gorillesca infermiera prese
l’ex-prof per il
colletto e si avviò verso il reparto.
All’improvviso, si accorse di quelle
quattro pulci che infestavano il suo piano.
«Oh,
Gilderoy, hai visite! Sapete, nessuno viene mai a
trovarlo…»
L’enorme
infermiera oltrepassò a fatica le porte, seguita
da Harry & Co., e piazzò Allocco su una poltrona.
«Questo
è il reparto lungodegenti» spiegò ai
ragazzi «Per
lesioni permanenti da incantesimo».
Dopo avergli
propinato questa vitale informazione,
l’infermierona
se ne andò per la corsia, distribuendo i regali inviati dai
parenti ai pazienti.
Gilderoy trasse a sé una pila di fotografie e
cominciò a firmarle. Harry si
guardò pigramente in giro, finché il suo sguardo
venne catturato da un condor
delle Ande impagliato. Il condor in questione se ne stava appollaiato
in
precario equilibrio sulla punta di un cappello. Il cappello in
questione se ne
stava appollaiato in precario equilibrio sulla testa di una strega di
duecento
anni o giù di lì. La strega di duecento anni o
giù di lì se ne stava
appollaiata in precario equilibrio sul pavimento. E così
via…
«Nerdville!»
constatò, notando il nerd affianco alla
strega-condor.
«Oh,
cazz…» imprecò Nerdville.
«Sono
i tuoi amici, Nerdville caro?» chiese la
donna-condor, presumibilmente la nonna di Nerdville, allungando un
artiglio in
loro direzione. «Nerdville è unbravo
ragazzo, però non ha il talento di suo padre». Con
il solito artiglio, indicò
un letto nascosto dietro a un separé.
«C’è
tuo padre là dietro?» chiese
Harry, Re del
Tatto, Sovrano dell’Acume, Conte della Stupidità.
All’improvviso,
una donnina che somigliava molto alla
versione femminile di Nerdville con il doppio
dell’età. Una musichetta cominciò
a diffondersi nell’aria. La donnina si avvicinò a
passo di danza a Nerdville ed
allungò la mano.
«Ti
porgo codesta cartina / un regalo della tua mammina»
intonò la donna, porgendo una cartina al figlio.
«Oh,
che sciagura» commentò nonna-condor
«l’
Arci-Nemico-Di-Harry-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri
ha torturato i genitori di Nerdville fino a farli impazzire, e da
allora
credono di essere in un musical e parlano solo in rima».
«Ma
non usarla per farti una sigaretta/ o ti infilzo su
una baionetta» continuò la signora
Paciock, piroettando di nuovo verso al
separé.
Il
separé scivolò di lato, e tutti i degenti
– alcuni manovrando
il palo della flebo come un bastone da majorette – scesero
dai loro letti e
cominciarono a ballare, creando una coreografia spettacolare e
perfettamente
sincronizzata. Si unirono anche l’infermiera-gorilla e
nonna-condor, così il serraglio
fu completo. Allocco balzò in piedi e cominciò a
lanciare le sue foto in giro
come fossero coriandoli, saltellando in mezzo ai ballerini
improvvisati. Qualche
minuto dopo, finita la coreografia, sotto gli occhi inorriditi di
Harry,
Hermione e Ginni – Ron no, perché, avendo la
frangia davanti agli occhi, non
aveva visto niente –, ognuno tornò al proprio
posto, facendo come se niente
fosse successo.
«Cos’è
stato?» chiese Ginni scossa.
«Qualunque
cosa fosse» replicò Harry «spero che non
sia
contagioso».
Capitolo cortino, ma non ho
avuto molta ispirazione questa
settimana… Pardon, pardon! Ormai abbiamo superato la
metà, forza, mancano
soltanto 15 capitoli… dovrò darmi una mossa,
perché continuare al ritmo di un
capitolo a settimana mi sembra frustrante sia per me che per voi! Come
sempre,
ringrazio tutti coloro che hanno commentato, e chi ha inserito questa
fic tra
le seguite o le preferite! Grazie! Grazie mille!
Si
scoprì che il puccioso Cracker, che non si trovava, si
era nascosto in soffitta: Harry l’aveva trovato per caso
quando era andato a
ficcanasare tra le cose del padrone di casa. Man mano che la fine delle
vacanze
si avvicinava, Sirius diventava sempre più silenzioso e
arcigno, e più di
qualche volta era stato visto aggirarsi con misteriose bamboline di
paglia con
corredati paletto e martello di legno, inquietanti croci di metallo
tenute al
contrario e incrostate di sangue, un libro consunto dal preoccupante
titolo Necronomicon,
il cofanetto con la serie de Il Padrino, e passava
il 90-95% della sua
giornata nella stanza di Squartabecco – il restante 5% in
bagno –. Ogni volta
che gli si rivolgeva la parola, inoltre, cominciava a borbottare
qualcosa a
proposito di scarpe di cemento e teste di cavallo mozzate e si
adombrava ancora
di più.
Harry
avrebbe voluto rimanere con Sirius, dato che non
aveva poi tutta questa voglia di tornare a scuola: tornare ad
OhSchwartz
significava dover affrontare di nuovo quella pazza fetish della
Umbridge, quei
poveri scemi del F.I.C.A.U., lezioni… Poi,
l’ultimo giorno di vacanza, successe
qualcosa che gli fece davvero pensare con terrore al ritorno a scuola.
«Harry
caro» chiocciò la signora Weasley, entrando nella
camera del goth guy e di Ron che, in quel momento, erano assorti in un
violento
duello a Soul Calibur III.
«Muori
bastardo, muori!» inveiva Harry, pestando
violentemente i tasti dei joystick.
«Harry
caro» ripeté la signora Weasley cordiale.
«Muori,
muori, MUORI!» continuò Harry, sudando le
proverbiali sette camicie. Al contrario, il suo avversario era calmo,
rilassato
e depresso, e non ci vedeva neanche granché attraverso
quella frangia.
«Harry
caro» disse nuovamente la signora Weasley.
Quando sullo
schermo fu finalmente comparsa la scritta
“GAME OVER” – e Ron si fu beccato un
joystick in fronte – Harry si rivolse alla
madre dell’emico (non è un errore di battitura,
c’è scritto proprio emico).
«Che
c’è?» sbottò maleducatamente.
«Puoi
venire giù in cucina, Harry caro? C’è
il professor
Piton che vorrebbe parlarti».
Harry
assunse un’espressione che si può facilmente
riconoscere guardando l’Urlo di Munch. Il professor Piton! In
cucina! Perché il
professor Piton era in cucina? O meglio, perché il professor
Piton che era in
cucina gli voleva parlare? Era per caso venuto a conoscenza di certe
fantasie
riguardanti la sua persona e la tutina fetish di un’altra
persona? O voleva
solo umiliarlo ostentando la sua smisurata goticità?
Depresso quasi quanto Ron
– e ce ne vuole! –, Harry scese le scale e si
avviò verso la cucina. Harry
varcò la porta e vi trovò Sirius e Piton seduti
al tavolo, uno di fronte
all’altro, separati da una pila di giornali.
«F9»
disse Piton, con il suo solito tono sepolcrale.
«Cazz…
colpito e affondato» replicò Sirius,
appallottolando
il foglio di carta sul quale stava scribacchiando e ricominciando a
borbottare
le sue maledizioni.
«Siediti
Potter» ordinò Piton. «Sono qui per
ordine di
Smilente – che si pronuncia “smailente”
tra l’altro –» continuò.
«Il Preside mi
ha mandato a dirti che vuole che tu studi Occlumanzia il prossimo
trimestre».
«Occlu-che?»
«La
difesa magia della mente contro la penetrazione
esterna» spiegò Piton.
«Ah»
fece Harry, fingendo di capire. «Perché devo
studiare
occlu-che?»
«Perché
il Preside ritiene che sia una buona idea».
Sì,
pensò Harry, e riteneva una buona idea anche
farmi stare fermo immobile in piedi come un coglione, presumo.
«Chi mi
insegnerà?»
«Io»
rispose Piton, bastardo e perverso come non mai.
Harry si
pentì di aver buttato il regalo di Ron, che in
quella circostanza sarebbe potuto tornargli utile.
«Ti
aspetto lunedì alle diciassette e diciassette»
continuò
Piton, poi se ne andò, con il suo svolazzante mantello
goticheggiante che Harry
avrebbe tanto voluto fottergli.
Per uno che
se ne va, un altro che arriva: il signor
Weasley fece il suo ingresso, indossando un’improbabile
pigiama a righe ed un
impermeabile.
«Guarito!»
esordì. Guardò Sirius, che stava ancora
rodendosi per la sconfitta a battaglia navale. Guardò Harry,
che guardava il
set di coltelli da cucina con aria pericolosamente suicida.
Guardò Ron (?),
apatico e depresso. Si depresse anche lui.
Così,
la cena che quella sera avrebbe dovuto essere
un’occasiona allegra, gaia e spensierata si
trasformò in un funerale. Harry con
la fronte appoggiata al tavolo aspettava che qualcosa o qualcuno lo
uccidesse;
Sirius stracciava ogni pezzo di carta a quadretti gli capitava sotto
mano; Ron
era depresso – ma và?! –; il signor
Weasley era depresso anch’esso, contagiato
dalla depressione degli altri tre. Lupin e Malocchio passarono a
salutare il
signor Weasley, ma appena la porta d’ingresso si
aprì, facendo fuoriuscire la
mefitica aura pessimistica che ammorbava l’aria, tirarono in
ballo alcuni
impegni come “devo passare in lavanderia”, oppure
“ho lasciato il gatto sul
fuoco”, e si dileguarono appena in tempo.
*
* *
Il giorno
del loro ritorno a OhSchwartz (che Harry chiamò
poeticamente “Il Giorno del Principio della Fine”)
era infine arrivato;
dovevano tornare al castello con il Nottetempo, uno sgangherato autobus
viola a
tre piani che si ribaltava ad ogni curva. Lupin e Tonks erano
incaricati di
scortarli, perciò se li ritrovarono in cucina quando scesero
per fare
colazione.
«Harry!»
trillò Toks «Lascia che ti aiuti a portare il
baule!», e sollevò il boomerang magico.
«No!»
strillò Harry terrorizzato. Le prese il boomerang
dalle mani e lo gettò fuori dalla finestra, senza tener
conto, povero idiota,
che i boomerang tornano indietro. Infatti l’arma
tornò indietro, dritta dritta
tra le mani di Tonks.
«No!»
ripeté Harry, e corse fuori, inseguito da quella
pazza armata.
Dopo averla
seminata rinchiudendola in soffitta tra le
grinfie di Squartabecco, tornò in cucina, dove il Padrino
aveva un regalo per
lui. Harry prese il pacchetto avvolto in carta nera e fece per aprirlo.
«No,
non qui!» lo bloccò il Padrino «Usalo se
Piton ti
rende la vita difficile».
Uscirono in
strada, i tre eroi, i gemelli, Ginni, Lupin e
Tonks, che era misteriosamente riuscita a liberarsi dalla soffitta e da
Squartabecco. Lupin tese il braccio, unico modo per richiamare
l’autobus
malefico. Il mezzo viola comparve a velocità folle e
investì in pieno Tonks,
che si fece un paio di chilometri in volo e altrettanti strisciando
sull’asfalto.
«Tonksina!»
gemette Lupin, trotterellando in direzione dei
resti della strega.
«Harry,
perché hai spinto Tonks?» gli domandò
Ron atono.
«Io?
Spinto? Tonks? Ma cosa dici? Io non farei mai
una cosa simile!» replicò Harry indignato.
«Ti
ho visto» insistette Ron.
«Hai
visto male, Ron. È ora di tagliare il frangione»
fece
Harry, cominciando ad estrarre dal baule i pezzi della ghigliottina
– che aveva
smontato per farcela stare –. Nel frattempo tornarono Lupin e
Tonks, che si era
miracolosamente ricomposta ed aveva ricominciato a saltellare come un
grillo
sotto l’effetto di LSD.
Salirono sul
mezzo, pieno di sedie scompagnate e pezzi di
spago, probabilmente surrogati di cinture di sicurezza. Presero posto e
il
Nottetempo partì, schizzando a velocità folle per
le strade in barba a tutte le
basilari leggi di sicurezza stradale e ignorando bellamente la
segnaletica,
investendo pure un vigile urbano.
«Dove
siamo?» chiese Harry al bigliettaio occhieggiando i
resti del vigile urbano spappolati sul parabrezza, giusto per distrarsi
dal
fatto che la colazione nel suo stomaco aveva tanta voglia di uscire
all’aria
aperta dall’estremità sbagliata.
«A
bò» rispose il bigliettaio, continuando a
sfogliare il
suo porno. Dopo una serie di curve a S – nelle quali
l’autobus si ribaltò
innumerevoli volte –, il malefico mezzo giunse finalmente ai
portoni di
OhSchwartz. Appena messo piede a terra, Harry si fiondò
dietro ad un cespuglio,
per esaudire il desiderio della sua colazione. Poi scesero Ron ed
Hermione,
seguiti da Ginni, Fred e George. Quando Harry si fu ripreso –
ed ebbe
appioppato il proprio baule a Ron – i sei si avviarono verso
il castello,
trascinando i bagagli.
*
* *
Harry
passò gran parte del giorno seguente in preda
all’ansia, angosciato dalla prospettiva della lezione di
Occlumanzia con Piton.
Si stava appunto angosciando in un angolo della Sala
d’Ingresso, qualcuno gli
si avvicinò alle spalle, facendogli prendere un mezzo
infarto.
«Ciao,
Harry!» trillò Qualcuno. Il mondo di Harry
crollò catastroficamente:
non solo lezioni supplementari con Piton, ora ci si metteva pure la
maniaca
stupratrice!
«Argh!»
gemette Harry, usando quella che, probabilmente,
sarà la sua battuta preferita per molto, molto tempo.
«Hai
visto che c’è un finesettimana a Hoghsmeade il
prossimo San Valentino?» annunciò Cho Qualcuno
Chang raggiante.
«No»
rispose brusco Harry, cercando di ripararsi da tutti
quei raggi.
«E
la cosa non ti suggerisce niente?» continuò Cho
Qualcuno.
«No»
ripeté Harry, cercando velocemente una scusa per
dileguarsi tra le tremila presenti nel suo archivio menmonico.
Scartò “devo
passare a ritirare la roba in lavanderia” e “non ho
chiuso il gas”, passando a
setacciare la zona “Scuse per liberarsi –
possibilmente per sempre – di Cho
Qualcuno Chang”.
«Proprio
niente?» insistette «Qualcosa che riguarda due
persone, magari… una delle quali sono io… e
l’altra tu?»
Harry stava
per rispondere che non era auspicabile eseguire
messe nere con sacrifici umani a San Valentino, quando, alle spalle di
Cho Qualcuno,
apparve Hermione. Ricordati quello che ti ho detto,
diceva il suo
sguardo pluriomicida, e Soffrirai, mio punchingball.
(ma forse l’ultima
frase l’aveva interpretata male).
«Caaara»
esordì Harry, rodendosi dentro. «Che ne dici di
allietarmi con la tua presenza durante la prossima gita ad
Hogsmeade?» le
chiese, con un sorriso talmente tirato che comincia a fargli male la
mandibola.
«Oh,
Harryno!» cinguettò Cho Qualcuno, pronunciando uno
dei
Cinque Nomi Con I Quali Harry Non Vorrebbe Mai E Poi Mai Essere
Chiamato
(C.N.C.I.Q.H.N.V.M.E.C.), appolpandoglisi ad un braccio.
Harry
scrollò l’arto, come so fosse stato vittima
dell’aggressione di una grossa sanguisuga.
«Mollami!» sbottò.
«Ma
perché, Harryno, siamo così felici
insieme!».
«Sarò
felice al tuo funerale!» replicò Harry,
liberandosi
con un ultima, violenta scrollata e defilandosi.
Ridendo e
scherzando – seee, scappando e subendo ndHarry –
arrivò l’ora, per Harry, di recarsi
all’incontro con Piton. Giunse davanti alla
nera porta dell’ufficio del professore, bussò ed
entrò. Gli scaffali erano
ingombri di teschi, pipistrelli imbalsamati, crocifissi, una lapide del
‘700,
la discografia dei Bauhaus, fiale piene di sangue, una foto autografata
di
Robet Smith, il tanga di Morticia Addams, e altre robe oscure e gotiche
che
fecero diventare Harry verde d’invidia.
«Siediti,
Potter» disse Piton, con la solita, vecchia,
scontata battuta. «Perché è verde,
signor Potter? Non siamo ad una festa a tema
di Guerre Stellari».
Harry
ingoiò la risposta a tono che avrebbe tanto voluto
usare.
«Allora»
riprese Piton «devi imparare l’Occlumanzia
impedirà all’Oscuro Signore di leggerti nel
pensiero e vedere tutti quei
pensieri perversi da adolescente che hai ora io cercherò di
forzare la tua
mente mentre tu dovrai cercare di opporti LEGILIMENS!»
Il prolisso
discorso privo di segni d’interpunzione di
Piton aveva stordito Harry, che non riuscì ad opporsi
all’attacco mentale. Vari
ricordi si susseguirono nella sua testa, come se si trattasse di un
film.
Aveva cinque
anni e aveva squarciato le gomme della
bicicletta nuova di Dudley dopo averlo spinto in un cespuglio di
ortiche… aveva
sette anni, ed aveva appena scoperto il magico ed affascinante mondo
del
gotico… aveva nove anni, ed aveva aizzato il Dobermann dei
vicini contro quella
mezza tacca di cane della sorella di zio Vernon… aveva
dodici anni, e aveva
venduto la sua anima per la terza volta ad un demone che poi aveva
cominciato a
servirlo part-time come maggiordomo…era
seduto sotto al Cappello Cantante, che voleva assegnarlo a
Grifonplatino mentre
lui si opponeva con tutte le sue forze… era ad un party
pieno di Dissennatori,
che si complimentavano con lui per la brillantezza dei suoi capelli, e
gli
chiedevano quale shampoo usasse… Cho Chang che tentava di
stuprarlo… Piton
con la tutina fetish della Umbridge. Uh-oh.
L’incantesimo
si sciolse da solo. Harry pregò perché una
divinità qualsiasi intercedesse per lui facendolo
sprofondare nel pavimento,
mentre Piton cambiava colore come un semaforo.
«Potter…»
ringhiò Piton, come se stesse pronunciando una
sentenza.
«Oh,
ma come si è fatto tardi» pigolò Harry
«Non pensa che
per oggi possa bastare? Bene, io me ne va-
«Potter,
che cos’era quello che ho visto?» scandì
Piton
lentamente.
«Ah,
a che cosa si riferisce?» continuò Harry facendo
il
finto tonto e sudando copiosamente.
«Alla
mia persona con indosso gli ignobili stracci di
quella Meretrice delle Tenebre» spiegò Piton,
mentre una vena pulsava sulla sua
fronte, presagendo sangue e morte.
«Ah,
quello… ma non era lei! Era la Umbridge
struccata!»
tentò di difendersi Harry.
«Non
prendermi per il culo, Potter. Va bene. Per questa
volta passi, ma se per la prossima volta non ti sarai esercitato e
vedrò di
nuovo quell’immagine… non uscirai vivo da
qui».
Con questa
minacciosa minaccia aleggiante nell’aria, Harry
uscì dall’ufficio di Piton, ancora più
preoccupato di quanto fosse prima di
entrare. Raggiunse in qualche modo la biblioteca, dove Ron ed Hermione
stavano
facendo i compiti – o meglio, Hermione stava facendo i
compiti mentre Ron le
rendeva difficile la lettura con la sua fitta aura grigio-violetta
–.
«Come
è andata?» gli chiese Hermione, cercando di
dissipare
l’aura Ronesca (nuovo termine: prendete nota) sventolando una
mano «Stai bene,
Harry?»
«Benissimo»
rispose Harry sarcastico, estraendo dalla borsa
uno specchio e il beauty-case «Il caro professor Piton mi ha
sgamato riguardo
alla mia piccola fantasia comica e come se non bastasse mi ha pure
minacciato
di morte».
«Ma
certo» replicò Hermione.
«Ma
certo cosa?» ribatté Harry, passandosi
l’ennesimo
strato di matita sugli occhi «Senti, se Piton mi elimina,
trafuga il mio
cadavere e fammi resuscitare con una magia negromantica. Dovresti
esserne in
grado, mi sembra… Oppure potrei mandare una lettera a quel
mio amico di penna a
New Orleans… com’è che si chiamava? Ah,
sì, Lestat».
Mentre Harry
scriveva la sua letterina all’amico vampiro,
Hermione aveva ormai rinunciato a finire i compiti ed aveva messo via i
libri,
mentre Ron ascoltava la sua cantante preferita, Donatella Rettore.
Harry
imbustò la lettera e la consegnò a Brandon Lee,
il quale, da bravo corvo
qual’era, passava il suo tempo libero in biblioteca a leggere
Edgar Allan Poe.
Dopo averlo guardato volare fuori dalla finestra, raccolse la sua roba
e si avviò
verso la torre di Grifonplatino. Stava appunto varcandone la soglia
quando
scoppiò a ridere incontrollabilmente e, soprattutto,
inspiegabilmente.
«Cosa?»
domandò Ron, chiedendosi il perché di un tale
scoppio d’ilarità.
«Niente»
rispose Harry. «Mi sono dimenticato di
disconnettermi dalle frequenze di Radio Voldemort. È molto,
molto felice… ha
vinto a Risiko contro Nagini» spiegò.
Grazie mille a tutti quelli che commentano, quelli che
hanno inserito questa fic nelle seguite e/o nelle
preferite, e anche a chi legge soltanto! Grazie, grazie davvero! Mi rende
davvero felice sapere che questa stupida ficsia così apprezzata! *si commuove* ç_ç
Il mattino dopo, mentre erano seduti al tavolo della
colazione, Hermione vide qualcosa sulla prima pagina del giornale che le fece
lanciare un’imprecazione che fece voltare tutti i presenti, e che entrò nel Guinnes dei Primati come parolaccia più lunga e volgare
pronunciata in una scuola di magia:
«Porca puttana la vacca troia bastarda e pure stronza!»
«Che c’è?» chiese Harry,
distogliendo l’attenzione dai suoi adorati cereali CountChocula.
«Cosa?» domandò Ron, distogliendo
l’attenzione dal piatto vuoto posato sul tavolo davanti a lui, al quale ormai
si era affezionato.
Hermione, con la sua solita delicatezza, strappò la prima
pagina e gliela mostrò. Harry e Ron si avvicinarono, curiosi di scoprire cosa
avesse risvegliato lo spirito da scaricatore di porto sopito nella ragazza.
«Entrata in vigore nuova legge: il traffico di organi da oggi è illegale”» lesse Harry. Hermione
scoppiò in lacrime. Ron sorrise – ovvero sollevò di 0.2 millimetri gli angoli
della bocca –, felice come non lo era mai stato in tutta la sua emo-vita.
«Ma guarda» continuò Harry
voltando il foglio, mentre faceva pat-pat sulla
spalla di Hermione per consolarla (Miracolo!).
Sull’altra facciata, infatti, una notizia ben più
importante campeggiava in cima al foglio, sottolineata
da dieci fotografie animate a colori in HD. Stando a come diceva il giornale,
quei dieci erano tutti stati rinchiusi ad AzGaban.
Antonino Dolore, diceva la didascalia sotto alla foto di un uomo con un espressione addolorata in volto,
condannato per il brutale omicidio di Tizio, Caio e Sempronio.
GrellSutcliffe, recitava quella sotto all’immagine di un
ambiguo individuo dai capelli rossi e dalla dentatura alquanto affilata,
condannato per l’omicidio di qualche prostituta.
Prince of Persia, condannato per possesso e spaccio di stupefacenti
conosciuti come “Sabbie del Tempo”.
Samara Morgan,
condannata per diffusione di videocassette dal dubbio contenuto vietato ai
minori.
Chef Tony, condannato per contrabbando di armi.
Babbo Natale, condannato per ripetuta violazione di
domicilio.
Ma l’attenzione di Harry fu attratta dalla foto di una
strega: aveva lunghi capelli neri, pelle cinerea, trucco pesante, collare con
le borchie, quantità di orecchini non indifferente.
«Hermione» disse Harry con uno strano tono di voce, come se
fosse sotto ipnosi «Ti secca se ritaglio il tuo giornale?»
«Ma Harry, è un’ergastolana! Non
puoi infatuarti di un’ergastolana!»
«Ma è così bella…» si oppose
Harry, con aria sognante.
«Harry!» lo riprese Hermione «Non puoi rammollirti adesso!
Mancano 13 capitoli, e se mi vai in brodo di giuggiole adesso, come facciamo ad
arrivare alla fine? Eh? Chi lo fa il protagonista? Ron, così la finiamo nel
sangue? Oppure io, così la finiamo nel sangue? Oppure Nerdville, così la finiamo nel sangue?»
«Però…» obbiettò Harry, sbattendo
le ciglia, illudendosi di infondere pietà nel granitico cuore di Hermione.
Hermione lo guardò male, malissimo, ma così male che Harry pensò
che, per il momento, sarebbe stato meglio mettere da parte la propria
infatuazione per l’ergastolana.
«Bella…» cominciò a leggere Hermione.
All’improvviso, un vam… un tizio
dai capelli castan-rossicc-bruno-dorati
e dagli occhi ambrati fece irruzione nella Grande Sala. «Bella!» strillò «Dove
sei, amor mio? Questi biechi figuri ti tengono segregata in questo losco
castello? Ma io ti ritroverò e ti salverò, quant’è vero che mi chiamo Edward Cullen!»
Il suddetto Edward Cullen fu
aggredito da qualcuno.
«ZacCedricEfron-Diggory!» trillò Qualcuno «Il mio Ragazzo-Figo-Che-Somigliava-A-Zac-Efron-Ed-Era-Il-Più-Bello-Della-Scuola!
Allora sei vivo!»
«Oh, mia Bella! Una turpe figura mi ha aggredito alle
spalle, ma non temere, io, Edward Cullen, il
Magnifico tra i Magnifici, riuscirò a superare anche questo ostacolo
e a giungere finalmente tra le tue umane braccia con la mia pallida e scultorea
figura».
Nel frattempo, Cho Qualcuno aveva
avuto tutto il tempo di studiarsi il nuovo venuto.
«Ma tu… non sei ZacCedricEfron-Diggory,
il mio Ragazzo-Figo-Che-Somigliava-A-Zac-Efron-Ed-Era-Il-Più-Bello-Della-Scuola!»
gemette, profondamente offesa, allontanandosi di corsa piangendo come una
fontana.
«…trixLestrange»
concluse Hermione. Edward Cullen
si bloccò.
«Cosa?»
«BellatrixLestrange» ripeté Hermione.
«Quindi…» gemette il Magnifico tra
i Magnifici «… non è qui che è imprigionata la mia Bella? Oh, mia Bella, dove
sei, cosa fai, dove vai, come mai?»
«Scusami, surrogato di vampiro…» lo interruppe Harry. «Il
mio amico di penna Lestat mi ha chiesto di darti questo…».
Un cazzotto spaventoso degno di Dragon Ball spedì il
surrogato di vampiro fuori dal portone della Grande
Sala, facendolo chiudere sbattendo (il portone, non il surrogato di vampiro).
«Oooh, Harry, che bel pugno!»
sospirò Hermione, meravigliata.
«Grazie» replicò Harry altezzoso, assestandosi la
capigliatura «Ora devo fare un salto in infermeria per rimettere in sesto le
ossa della mano…»
«Dicevo: BellatrixLestrange, condannata per aver costretto Frank ed Alice Paciock a vivere in un musical permanente». Indicò il
titolo sopra le foto.
EVASIONE
DI MASSA AD AZGABAN
IL
MINIMINISTERO DICE: ARRANGIATEVI!
Lessero l’articolo, nel quale il MiniMinistro della MagiMagia annunciava un’evasione di massa da Azgaban risalente alla tarda serata del giorno prima. Mentre erano immersi nella lettura, alle loro spalle apparve
Hagrid.
«Posto tutto a?» disse, nella sua solita grammatica
raccapricciante.
«Zitto, stiamo cercando di leggere» lo liquidò bruscamente Hermione.
«Ma… verifica sono in!» piagnucolò
il mezzogigante.
«Echissenefrega»
rincarò Harry.
«Ma-ma-ma…»
Rendendosi conto che la cosa non suscitava il minimo
interesse nei suoi… amici? Hagrid se ne attraversò mesto mesto il
portone e si diresse verso la foresta, dove probabilmente le creature omicide e
sanguinarie che vi abitavano avrebbero avuto più compassione di lui.
*
* *
Nei giorni seguenti, uscì un nuovo decreto didattico, il
numero Diciassette-gamma, che stabiliva che gli insegnanti non avrebbero dovuto
fornire agli allievi nessuna informazione che non
fosse strettamente pertinente alla materia da loro insegnata. La Umbridge, dal canto suo, era
determinata ad ottenere un licenziamento quanto prima, restava solo da decidere
chi, tra la professoressa Melinda Gordon e Hagrid se ne sarebbe dovuto andare. Perciò, la fetish-woman partecipava ad ogni lezione di Difesa Dalle
Creature Magiche e di Divinazione, in agguato come uno sciacallo, in attesa che l’insegnante sotto esame facesse un passo
falso che gli sarebbe costato il licenziamento. Tra una lezione e l’altra, Harry era ancora costretto a presiedere agli incontri del F.I.C.A.U., e a seguire le lezioni
di Occlumanzia con Piton.
Per sua fortuna, l’immagine Piton in tutina fetish non era più riapparsa, non ancora… ma la sua
resistenza stava venendo meno, ed Harry temeva che,
un giorno non troppo lontano, le avrebbe prese sul
serio. Come se non bastasse, San Valentino si avvicinava pericolosamente, e con
esso l’appuntamento con Cho
Qualcuno Chang.
Il giorno in questione, Harry si
svegliò e guardò il calendario, sul quale campeggiava un grosso teschio.
«Oh, merda!» esclamò.
Saltò giù dal letto e andò a svegliare Ron.
«Sveglia!» gridò, buttandolo letteralmente giù dal letto.
L’emo-kid si rialzò a fatica, tastandosi il bernoccolo che gli si era formato sulla fronte – fortunatamente nascosto dal ciuffo di capelli
un tempo rossi –.
«Cosa?» chiese Ron.
«Travestiti da me e vai all’appuntamento con quella iena al
posto mio» ordinò Harry.
«Cosa?» ripeté Ron.
«Hai capito, sei emo, mica idiota!
(Di questo ne riparleremo…
ndAutrice-che-si-è-appena-attirata-l’odio-di-tutti-gli-emo-del-pianeta)» esordì
Harry, estraendo i propri vestiti dal baule, in cerca
di qualcosa di adatto.
Per prima cosa, acchiappò Ron e lo piazzò su una sedia, poi
estrasse il beauty case e cominciò a sistemare Ron in modo che gli
assomigliasse. Parrucca, fondotinta, matita, kayal…
In quel momento, entrò Scemus, che guardò Harry con
la matita in mano, poi Ron inerme, poi di nuovo Harry.
«Io non ho visto niente» precisò Scemus, facendo
dietrofront, autoconvincendosi di non aver visto
davvero una scena tanto ambigua.
«Che cosa hai capito, coglione!»
strillò Harry, tirandogli dietro di beauty case.
Dopo aver completato trucco e parrucco,
Harry affidò Ron alle “amorevoli cure” del
maggiordomo Sebastian, che inguaiò Ron in un paio di
pantaloni con una ventina di fibbie, una maglia con una trentina di fibbie e un
paio di anfibi con un’ottantina di fibbie. Alla fine,
Ron sembrava pronto per essere trasportato al manicomio locale.
Quando la tortura fu finita, Harry acchiappò Ron e gli infilò un auricolare
nell’orecchio, rendendosi conto solo ora di un piccolo particolare
fondamentale: Ron non aveva alcun orecchino.
«Uhm…» commentò pensoso il gothguy. «Questo è un bel problema. Ma
non importa, è facilmente risolvibile» continuò, estraendo un ferro da calza da
un anfibio.
Quando ebbe completato anche questo atto
sadico, Harry guardò il risultato.
«Sì, mi sembra che vada bene. Ovviamente, io sono molto più
bello, ma quella cretina di Cho è troppo stupida per
accorgersi della differenza».
Il povero emo-kid si avviò, barcollando, verso la Sala
d’Ingresso, chiedendosi come aveva fatto a farsi coinvolgere in una cosa del
genere quando, fino a un’ora prima, se ne stava
placidamente a letto immerso in uno dei suoi soliti incubi emotional,
mentre adesso si ritrovava ad uscire con una poser
nei panni – letteralmente – del suo “migliore amico”, che gli dava ordini
attraverso un auricolare.
«Harryno!» trillò Qualcuno,
aggredendo letteralmente Ron/Harry. «Cos’hai oggi? Mi sembri leggermente
depresso… e cos’è quell’aura
nera screziata d’amaranto che ti circonda?»
Ron/Harry non rispose. Si sentiva
un po’ spaesato, senza frangione ad offuscargli la
vista. I due si avviarono, seguiti a debita distanza dal vero Harry che voleva assicurarsi che Ron non facesse qualche cazzata.
«Come sto?» disse ad un certo
punto Cho Qualcuno, indicando il proprio vestito.
«Dille che fa schifo» suggerì subito la voce del vero Harry nell’auricolare.
«Ehm» cominciò Ron, restio a proferir verbo, come il suo
solito «Sembri un ippogrifo».
«Cosa?» fece Cho
Qualcuno, interdetta.
«Cosa?» sbottò il vero Harry, nascosto in un cespuglio poco distante.
«Oh, Harryno!» cinguettò la
ragazza «È un complimento, vero? Oh, come son felice,
come son contenta!»
«Ma che cazzo ha quell’auricolare?»
si chiese Harry, mentre tutti i passanti guardavano
quel cretino vestito di nero che tentava di nascondersi dietro ad un cespuglio.
Harry continuò a seguire il suo
doppione malriuscito e la stupratrice fino al villaggio di Hogsmeade,
dove Cho Qualcuno trascinò Ron/Harry
in un posto disgustosamente rosa, pieno di pizzi e merletti e putti dorati
svolazzanti. Reprimendo il desiderio di giocare al tiro a segno con le creturine svolazzanti, il vero Harry,
schifato, si camuffò come meglio poteva (cappello, occhiali scuri, impermeabile
e giornale di una settimana prima) e si infiltrò nel
locale dietro di loro, accomodandosi ad un tavolino seminascosto da una pianta.
Aprì il giornale e continuò a sorvegliare Ron/Harry
di sottecchi, mentre tutti gli avventori osservavano quel tizio molto, molto
sospetto.
All’improvviso, Cho Qualcuno
allungò l’artiglio, pronta a ghermire l’indifesa mano di Ron/Harry nella sua morsa letale.
«Ron, attento, a ore nove!»
strillò il vero Harry.
Ron/Harry spostò meccanicamente
il braccio, urtando la propria tazza di caffè, che si rovesciò spandendo il
contenuto sul pavimento, e facendo scivolare una povera cameriera che passava
di lì, il cui vassoio fu lanciato in aria e colpì un putto, che precipitò
addosso al vero Harry.
«Questa me la paghi» ringhiò il vero Harry
scacciando la creatura – come se la colpa fosse stata del povero emo-kid –.
«Cosa stai facendo?» gli chiese
qualcuno – no, non Qualcuno, qualcun altro. Rifacciamo.
«Cosa stai facendo?» gli chiese
qualcun altro.
Harry sollevò lo sguardo e si
ritrovò davanti Hermione.
«Niente» rispose il vero Harry.
«Perché sei qua e anche là?»
contino Hermione.
«Non sono io, è Ron»
«Ron?». Hermione guardò Ron/Harry, poi il vero Harry, poi
Ron/Harry, poi di nuovo il vero Harry.
«Certo che sei proprio un bello stronzo!»
«Solo bello» la corresse. «Perché?»
«Ma povero Ron! Guarda come lo hai
ridotto!»
«Ridotto? L’ho
valorizzato, semmai. Dovrebbe ringraziarmi per averlo reso almeno lontanamente
simile alla mia mirabile persona» replicò Harry
altezzoso.
«Seee» ribatté Hermione. «Guarda che il tuo sosia e la tua ragazza se ne
stanno andando».
«Ron!» abbaiò Harry
nell’auricolare «Dille che devi andare in bagno».
«Guarda» disse immediatamente l’emo-kid «un ragno». Cho Qualcuno strillò.
«Non capisco se è l’auricolare a non andare oppure il suo
cervello» commentò Harry «Lo sapevo,
dovevo starmene al castello a giocare a Monopoli da solo».
«Va bene» fece Hermione. «Me ne occupo io».
Abbandonò il vero Harry al suo
destino e si avviò a grandi passi verso Ron e Cho
Qualcuno.
«Ciao Harry» fece Hermione, falsamente cordiale.
«Io non sono…» cominciò Ron, ma dovette ben presto
preoccuparsi di qualcosa di più urgente, ovvero l’impatto del piede di Hermione sul suo.
«Che cosa ci fai tu qui?» domandò Cho, artigliando il braccio di Ron/Harry.
«Oh, Harry doveva vedersi con me,
non te l’ha detto?»
«Harryno, è vero?! Tieni il piede in due staffe?! Come puoi
farmi una cosa simile?!». ECho
Qualcuno si allontanò, piangendo come una fontana e innaffiando i poveri
passanti.
«Fatto» disse Hermione.
Lei ed il falso Harryvennero raggiunti da quello vero. «Però, se era così facile l’avrei fatto io» commentò, arrotolando il giornale
e liberandosi di impermeabile, occhiali e cappello. Fissò Ron.
«Okay, tu non mi servi più». Batté le mani. «Sebastian! Riporta Ron al castello e fallo tornare come
prima!» ordinò.
«Yes, my
Lord». Il maggiordomo prese Ronron per la collottola
e si avviò verso il castello.
«Bene» disse Hermione. «Andiamo».
«Andiamo dove?» replicò Harry.
«Ai Diciassette Manici di Scopa, dobbiamo vedere una
persona».
*
* *
Harry ed Hermione
entrarono ai Diciassette Manici di Scopa, dove li aspettavano Luna Peace&LoveGood e una vecchia conoscenza.
«Oddio» fece Harry «Rita Mosqueeter!»
Riassumento, Hermione
aveva invitato la giornalista folle perché scrivesse un articolo in cui Harry diceva la verità, tutta la verità, nient’altro che la
verità sul ritorno del suo Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri
e sull’identità dei Mangiamorte. L’articolo sarebbe
stato pubblicato sulla rivista del padre di Luna, e ciò giustificava
la presenza della fumata ragazza.
«E io che cosa ci guadagno?» fece
Rita Mosqueeter.
Hermione prese la borsa e ne estrasse un arnese verde a spirale: uno zampirone. Rita
cominciò a tremare.
«Se non lo fai, ti costringerò ad
usare il tuo potere da Animagus di trasformarti in
una zanzara e ti rinchiuderò in una stanza con centinaia di questi» disse Hermione soave.
«Va bene, va bene» replicò Rita,
fissando lo zampirone. «Ma metti via quell’arnese!»
Gongolante, Hermione rimise
l’insetticida nella borsa.
Come
al solito, ringrazio tutti coloro che recensiscono,
quelli che hanno inserito questa fic nelle
seguite/preferite e anche a chi legge soltanto! Grazie infinite! =^_^=
Lo so, ci ho
messo una vita a postare... scusatemi. Non cercherò scuse assurde o pretesti
vari, semplicemente non ho voglia di continuare a
scrivere questa fic. Non sto dicendo che l’abbandonerò e non la finirò mai…è
solo che, per ora, non trovo l’ispirazione, e se scrivessi
senza ispirazione verrebbe fuori una schifezza (non che non lo sia già… XD). In
fondo, ha languito nel pc per ben due anni prima che
la continuassi…
Mi rimetto nelle vostre
caritatevoli e benevole mani, sperando che questa provvisoria interruzione non
vi spinga ad imbracciare forconi e fucili per venirmi a stanare e condannarmi
ad una giusta fine.
Una piccola domandina. Perché ho l’impressione che Harry Mystryss ecc. ecc. non sia simpatico a nessuno?
Voglio dire, non dovrei fare una domanda del genere dopo che ho fatto di
tutto per renderlo odioso, però dai, poverino, sarà anche dispotico, vanesio,
ipocrita, antipatico, vanitoso, violento, e chi più ne ha più ne metta, ma è
pur sempre il protagonista della storia… Non che la mia opinione conti
qualcosa, io sono di parte.
Scommetto che se dovessi fare un
sondaggio della serie “Quale personaggio preferite di più?” vincerebbe
Ron…
CAPITOLO 26
VISTO E
STRAVISTO
Qualche giorno dopo, Harry ricevette la rivista del padre di Luna,
dove era stata pubblicata la sua intervista. Raccolse il giornale e, con
due dita, ne sollevò la prima pagina, apparentemente disinteressato.
«È troppo piccola» commentò
subito stizzito.
«Cosa,
l’intervista? Ma se è lunga 20 pagine!» replicò Hermione.
«La mia foto! Sarà…
dieci centimetri per dieci… è minuscola!»
Harry schivò
la ciotola di porridge che Hermione
gli aveva tirato e cominciò a leggere, ma dopo dieci righe la sua attenzione
vacillò e cominciò a distrarsi guardandosi attorno. Qualche minuto dopo, un
intero stormo di pennuti atterrò sul tavolo della colazione. Ce n’era per tutti
i gusti: gli ormai onnipresenti condor, allodole, corvi, piccioni, passeri,
pappagalli, struzzi – i quali, vorrei far notare, non volano –, e gufi – pochi,
perché erano passati di moda.
«Iiiih!» strillò Harry, tirando indietro la sua ciotola di CountChocula perché non venisse calpestata dalle zampacce artigliate dei volatili.
«Oh, che
bello!» esordì Hermione «La posta dei lettori!». E cominciò allegramente a ficcare il naso negli affari di
Harry. «Queste sono le proposte di matrimonio» cominciò, passando ad Harry una pila di fotografie, che il goth guy cominciò a sfogliare svogliatamente.
«Cesso… cesso…
cesso… cesso… cesso… oh my Goth!... cesso… cesso… emo,
questa è per te… ». Harry continuò a sfogliare le fotografie, lanciandone di
tanto in tanto qualcuna nel piatto vuoto di Ron, che non sembrava nemmeno
rendersene conto.
«Poi abbiamo
le minacce di morte…» continuò Hermione, porgendogli
un mucchio di buste e pacchetti.
«Oooh, davvero?» chiese meravigliato Harry. Cominciò ad
aprire le minacce di morte. «Ooooh, guardate! Questa
è piena di puntine!» trillò deliziato, rovesciandole sul tavolo. «E qua… lamette! Tieni, Ron».
Le lamette andarono a raggiungere le fotografie – il piatto di Ron non era
mai stato così pieno (il fatto che non si trattasse di cose commestibili è poco
importante).
La Grande Sala
si svuotò misteriosamente. Chissà perché…
Mentre Harry continuava ad aprire le buste e i pacchi,
ammucchiando i letali “regali” sul tavolo, qualcuno si avvicinò al tavolo – no,
non Qualcuno, qualcun altro.
«Cosa succede qui?» domandò la Umbridge,
dalla vertiginosa altezza dei suoi tacchi a spillo, comparendo alle spalle del
gruppetto.
«Niente»
rispose Harry, cominciando a scartare un pacco-bomba.
«Mmmh…» commentò Ahi-Che-Dolores,
poco convinta. «Perché riceve tutte queste lettere,
signor Potter?»
«Che c’è, è un
reato?» intervenne Hermione, passando ad Harry una busta che ticchettava in modo sospetto. Harry
porse (leggi: lanciò in faccia) la rivista del padre di Luna alla
Umbridge, che la sfogliò rapidamente, incazzandosi sempre più.
«S’è incazzata!» esclamò Harry. «Oooooh!»
«No, non mi
sono arrabbiata» replicò la Umbridge «E lei non vedrà Colorado
per almeno un mese. Comunque, sì, sono incazzata! Non ci saranno più finesettimana
per lei adHogsmeade!»
«Davvero?»
domandò Harry in visibilio, vedendo profilarsi all’orizzonte la realizzazione del suo sogno.
La Umbridge si allontanò con passi
pesanti – sfondando le piastrelle con i suoi tacchi assassini – e qualche ora
dopo fece la sua comparsa l’ennesimo Decreto Didattico, il Diciassette-omega.
PER
ORDINE DELLA MISTRESS SUPREMA
DELLA
SCUOLA DI MAGIA, STREGONERIA,
ARTI
MARZIALI E TATTICHE MILITARI
DI
OHSCHWARTZ
Tutti
gli studenti trovati in possesso della rivista del padre di
Luna
saranno espulsi e frustati a sangue.
Prima frustati a sangue e poi espulsi.
Quanto sopra ai sensi del Decreto Didattico Numero
Diciassette-omega.
Firmato:
Ahi-Che-DoloresUmbridge, MistressSuprema
Ovviamente,
gli studenti non erano così cretini da farsi beccare a leggere quella rivista,
perciò si diffuse rapidamente un incantesimo che la camuffava agli occhi degli
altri. Purtroppo, l’incantesimo non era perfetto, e la rivista acquistava una
copertina a casaccio, generando non poche incomprensioni e figuracce.
«Harry, perché
stai leggendo Omo
Moderno?» chiese perplessaHermione,
mentre i dubbi sull’orientamento sessuale del goth guy
si rafforzavano.
«Ma no!» sbottò Harry sulla difensiva. «È la rivista del
padre di Luna!»
«Ah» fece Hermione, non del tutto convinta.
«E tu allora? Che leggi Il Pacifismo?!»
«Ma no!»
sbottò Hermione, rubando la battuta ad Harry, che si sentì molto offeso per questo. «È la
rivista del padre di Luna!».
Harry ed Hermione si voltarono verso Ron, che sfogliava in modo
apatico la rivista ufficiale della Lega Anti-Emo.
«Anche lui sta leggendo la rivista del padre di Luna, vero?»
chiese Harry perplesso.
«Chissà…»
replicò Hermione. «Comunque,
hanno beccato Nerdville con un numero di Playboy, che forse è anche peggio…»
Comunque, incomprensioni e figuracce a parte, alla fine
della giornata tutta la scuola aveva letto il fantomatico articolo, e la sera,
al suo ritorno nella sala comune, venne accolto come un eroe.
Dopo un’ora o
due di pacche sulle spalle e aggressioni, Harry si stufò e si eclissò nel
dormitorio. Come da copione, cominciò a sognare.
Era in piedi in una stanza buia – e
questo è bene –, davanti
ad una finestra con delle tende rosa a pois gialli – e questo è male, molto
male! –. Le sue mani afferravano la
spalliera di una poltrona davanti a lui. Aveva dita lunghe e bianche – e
questo e bene – senza alcuna traccia di
smalto nero – e questo è male –. Sul pavimento davanti alla poltrona, era
inginocchiato un uomo vestito di nero.
«A quanto pare sono
stato consigliato male, Rookwood» disse Harry, con
una voce fredda e crudele.
«Padrone, imploro il vostro perdono»gracchiò
l’uomo in ginocchio.
«È il minimo che dovresti fare» proseguì
Harry «Se non mi avessi detto di prendere ancora una
carta, non avrei perso a Blackjack».
«Bene» replicò Harry. Si voltò e si ritrovò
davanti uno specchio. Non era giallo, come nel precedente sogno. Questa volta…
non aveva il naso!
«AAAAAAAARGH!»
«Cosa?» chiese una voce nelle vicinanze.
Harry si
agitò, avviluppandosi nelle tende e nelle lenzuola, e cadde a terra
ammaccandosi il fondoschiena.
«Cosa?» ripeté la voce, che ormai abbiamo capito appartenere
a Ron.
«Rookwood gli ha dato l’informazione sbagliata…» farneticò
Harry «…così… ha perso…»
«Cosa?» domandò Ron per la terza volta.
«…ha perso a Blackjack…» proseguì, Harry.
«Hai sognato
il tuo Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri?»
«IO ero il mio
Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri!»
ribatté Harry guardandosi le mani per paura di trovarle prive di smaltino della Maybelline New
York. «Era orribile» proseguì. «Ero senza il naso!» continuò, controllando di
avercelo ancora.
Ron lo lasciò
alle sue farneticazioni e tornò ai suoi incubi.
*
* *
Harry aspettò
fino all’intervallo del giorno dopo, per raccontare del sogno a Hermione – dopo aver passato tutta la mattina controllare
che il naso ci fosse ancora. Purtroppo, quando espose le sue paure adHermione, lei sembro non farci
molto caso, e lo sgridò, dicendogli che avrebbe dovuto impegnarsi di più nell’Occu… Occlu… quella roba là. Nel
pomeriggio, Harry si avviò mestamente nell’ufficio di Piton,
per l’ennesima lezione, cercando in tutti i modi di dimenticare l’immagine del
professore in abiti fetish. Stava appunto sbattendo
la testa contro il guanto di un’armatura – per dimenticare più in fretta –
quando la porta dell’ufficio si spalancò, e il gothic professor
ne uscì, accompagnato da tuoni, fulmini, ed una quantità non indifferente di
fumo grigio.
«Che diamine sta facendo, signor Potter?» chiese l’Uomo Nero.
«Niente» rispose
il goth guy, sanguinando copiosamente dalla fronte.
Il professor Piton lo fece “accomodare”, e cominciò subito a
rimproverarlo perché non aveva ancora imparato l’Occlumanzia.
«Tu sai perché
sei qui, vero Potter? Per imparare l’Occlumanzia.
Anzi, perché Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – vuole
che tu impari l’Occlumanzia. E perché Smilente – che si pronuncia “smailente”,
tra l’altro – vuole che tu impari l’Occlumanzia? Per non avere connessioni mentali con il tuo Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri.
E perché Smilente – che si pronuncia “Smailente”, tra l’altro – vuole
che tu non abbia connessioni men – LEGILIMENS!»
Harry, colto
alla sprovvista, prese in pieno l’incantesimo senza quasi rendersene conto.
Ricominciarono i flashback… ed Harry si ritrovò a guardare la sua oscura,
tormentata vita per l’ennesima volta. Quando il goth guy decise di averne avuto abbastanza, distrasse Piton con uno stratagemma stracollaudato,
utile in qualunque circostanza uno si trovi.
«Guardi, un
UFO!» gridò ad un certo punto Harry, indicando la lapide del
‘700.
«Dove?» chiese
Piton stupidamente, cascando in pieno nella trappola
tesagli da Harry.
«Fufufufu…»
Purtroppo,
l’incantesimo rimbalzò non so dove e colpì Piton. Harry poté quindi godersi dei
ricordi inediti ad alta risoluzione e, soprattutto, non suoi. Vide un bambino
piccolo con i capelli neri nascosto sotto un tavolo a disegnare intricati
cerchi da evocazione… un adolescente rintanato in un angolo di una biblioteca a
leggersi il Dracula di BramStoker…
lo stesso di prima armato di motosega e con una maschera da hockey sul volto
che correva dietro ad un branco di altri adolescenti…
una festa di addio al celibato, con una gentildonna tutta curve dentro una bara
piena di champagne… Piton in lacrime con una vanga in
mano, che dava l’estremo saluto al suo gatto
Aion-“Io-sono-l'Alfa-e-l'Omega;-il-Giorno-e-la-Notte;-il-Principio-e-la-Fine”...
Il flusso di
ricordi s’interruppe, ed Harry si ritrovò seduto sul polveroso pavimento a
guardare un alquanto annoiato Piton appoggiato alla
scrivania.
«Hai finito?»
chiese questi, sarcastico.
«Ehm…» rispose
– ma anche no – Harry, capendo di trovarsi in un mare, no, un oceano di guai.
«Riproviamo?» chiese falsamente affabile il professore, con un sorriso luciferino.
Mentre Harry sbiancava di diversi toni, un urlo trapanatimpani si sentì in lontananza (Evviva la Grammatica
2: la Vendetta). Fortunatamente per il goth guy, Piton considerò più interessante la ricerca dell’origine
dell’urlo che la tortura psicologica del suo allievo, perciò si avviò verso
l’ingresso del castello, seguito dal suddetto allievo.
Le grida
venivano proprio dalla sala d’ingresso, dove il 90% degli studenti si era
radunato – il restante 9%, consistente in nerd, era
nel proprio dormitorio a studiare. Manca l’1%, giusto?
Ecco, quello era Harry – per assistere a quello che sembrava uno scadente
musical.
La
professoressa Melinda Gordon era al centro della sala
d’Ingresso, con una bottiglia di vodka in una mano e l’aria completamente
folle. Un paio di trolley giacevano accanto a lei, uno
sopra l’altro.
«No!» gridò la
povera donna «No! Questo non può succedere! Non può essere,
mi rifiuto di accettarlo!»
«Sapeva che
sarebbe successo!» l’interruppe una voce, proveniente dal
metro e ottanta – con i tacchi – di fetish
woman piazzata in cima alla scalinata con una frusta in mano.
«Su, su»
intervenne Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – «Non sarà costretta a lasciare OhSchwartz, (smile) in fondo».
«Ah, no?»
rispose acida la Umbridge «E dove metteremo il nuovo
insegnante che sceglierò personalmente in qualità diMistress Suprema della Scuola?»
«Ho già
trovato un nuovo insegnante (smile)» continuò Smilente – che si pronuncia “smailente”,
tra l’altro – «che preferisce abitare al pianterreno, anche perché quella scala
dell’Ikea…»
Il Preside si
fece da parte. «Posso presentarvi…?». Il protone d’ingresso si spalancò,
facendo intravedere il cielo buio, tuoni, fulmini, e una quantità non indifferente
di fumo grigio – il professor Pitoncorse via allarmato con l’aria di chi ha dimenticato di
spegnere qualcosa –. Quando il fumo
si fu diradato, fece il suo ingresso una specie di nordico biondo con gli occhi
azzurri alto due metri, con la parte inferiore del
corpo non dissimile a quella di un cavallo.
«Sì, sì…» fece
Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – accondiscendente,
facendo pat-pat sulla spalla del centauro.
«Come sono andato?» chiese questi, in trepidante attesa del
verdetto del preside.
«Mmmh… sì» rispose. Il centauro inorridì.
«Come “mmmh…sì”? Cosa c’era che non
andava? Era la pronuncia? La postura? Il tono di voce?! Cosa?! Lei lo sa che…»
la sala d’ingresso si oscurò e si accese un riflettore, che proiettò un cono di
luce sulla tragica figura del centauro. «Lei lo sa che, da quando non ho
passato i provini come comparsa per “Le Cronache di Narnia”,
la mia autostima è precipitata in una voragine senza fondo, e mi sono sentito
fallito come attore. Ma poi, appena ho saputo che si girerà questo grande kolossal, non ho potuto fare a meno di vedermi, nei
panni del grande Beowulf, una parte che sembra
scritta apposta per me-
«Sì, ok, va
bene» lo interruppe Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro –, per
poi rivolgersi alla folla che brancolava nel buio – letteralmente.
«Questo è il nuovo insegnate di Divinazione (smile):
si chiama Fiorenzo. È un centauro».
Dalla folla si
levarono dei sarcastici “Un centauro? Ma no, davvero?
Chi l’avrebbe mai detto!». Fiorenzo si guardò attorno, e il suo sguardo cadde sulla Umbridge. O meglio, su ciò che la Umbridge
teneva in mano.
«Aaaaargh!» gemette il centauro, “nascondendosi” dietro a
Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro –.
«Cosa?» domandò il preside. Qualcu…
Una persona tra il pubblico tossicchiò come protesta
per l’uso non autorizzato della propria battuta.
«Que… que… quella cosa!» gemette
il mezz’uomo, cercando di farsi piccolo piccolo
– cosa assai difficoltosa.
«È la Umbridge» spiegò paziente Smilente – che si pronuncia
“smailente”, tra l’altro.
«No!
Quell’altra cosa! Quella che ha in mano!»
«Il vi…
frustino?» tentò di capire il Preside.
«Sì, quello!
Gli dica di metterlo via, per favore!»
«Signorina
Umbridge» cominciò placido Smilente-
che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – «può per cortesia riporre suddetto
strumento (smile) il quale provoca un non
indifferente malessere (smile) nel
nuovo membro del corpo insegnanti?»
«No».
*
* *
«Scommetto che
adesso ti dispiace di aver mollato Divinazione, neh?» chiese ad
Hermione un personaggio secondario di infima importanza del quale non ha senso
riportare il nome.
«No» rispose
lapidaria la ragazza, continuando a sfogliare il giornale. «Non mi sono mai
piaciuti i cavalli».
«Ma non è un cavallo!» s’indignò lo stesso personaggio di
poco fa. «È un centauro!».
«Ma và?» replicò sarcastica Hermione.
«Hemhem».
Hermione, il
personaggio di infima importanza, Ron, e tutto il
resto del cast si voltarono verso la fonte del suono.
«Lieto che vi
stiate divertendo» disse, caustico «ma non vi sembra che manchi qualcuno?».
I presenti si
guardarono attorno. «No, non ci pare».
«Come no?!»
s’infuriò «Manco io! IO! Il protagonista! Harry Mystryss Darque Nyght Rayn Ravyn Potter! Come poteteesserviscordati di me?»
«Le ultime
statistiche» intervene Hermione «parlano chiaro. Sei il personaggio più odiato
della fan’s fiction. Stiamo raccogliendo firme per eliminarti».
«Cosa?!» sbottò il goth guy orripilato.
«Non potete farmi questo! Chi sarà il protagonista dopo?»
«Mmmmh… Ron?»
I due si
voltarono verso l’apatica figura dell’emo-kid, profondamente immerso
in una profonda fase depressiva ed avvolto dalla solita aura antracite.
«Facciamo che
ne riparliamo dopo» concesse Hermione, raccogliendo il kit di sopravvivenza ed
avviandosi a lezione.
«Ron, è
terribile!» piagnucolò Harry, mentre lui e Ron si dirigevano verso la nuova
aula di Divinazione. «Vogliono sostituirmi con… te».
Illuminato da
un’idea improvvisa, Harry spalancò la porta di uno sgabuzzino, schiaffò dentro
l’apatico Ron, richiuse la porta.
«Bene» disse
il nostro… bah, “eroe”, entrando nella classe, che era stata trasformata in un
ameno boschetto.
«Harry
qualcosa Potter» disse il centauro vedendolo entrare.
«Sì, è il mio
nome, ma non me lo consumare» replicò questi.
Si accomodò su
un’Amanita muscaria
– l’allegro funghetto rosso a pois la cui ingestione provoca
disturbi gastrointestinali, eccitamenti, sudorazione ed ebbrezza – ed
assistette alla lezione del centauro, consistente in dubbi sulle capacità della
precedente insegnante da parte di Fiorenzo, principi di colpo della strega da
parte degli studenti costretti a guardare un finto cielo stellato dipinto sul
soffitto, disturbi gastrointestinali da parte di Harry – chissà perché… –,
parziale incenerimento della classe da parte del falò che l’insegnante aveva
appiccato nel bel mezzo della stanza. Quando finalmente suonò la campanella,
Harry fece per andarsene, ma venne placcato dal
centauro.
«Harry Potter,
tu sei amico di Hagrid, vero?» gli chiese.
«Ma anche no»
«Allora comunicagli
un messaggio da parte mia» proseguì Fiorenzo, ignorandolo come fanno tutti. «Il
suo tentativo non porta a nulla, farebbe meglio a
lasciar perdere. Glielo direi io, ma quei gelosi degli altri
centauri, invidiosi della mia fama cinematografica, potrebbero causarmi
dei fastidi. Dovrei seriamente pagarmi qualche bodyguard…»
Harry lasciò
il mezz’uomo ad elucubrare e se ne andò per i fatti
suoi.
*
* *
Alla
successiva lezione di Difesa dalle Creature Magiche, Harry ne
approfittò per riferire ad Hagrid il messaggio del centauro.
«Quello dice
sa che non!» replicò Hagrid, nella sua ormai famosa –
e spaventosa – grammatica personale.
Harry sospirò,
senza nemmeno preoccuparsi di dare un senso alle
parole di Hagrid – e ce ne vuole… –. Se ne andò,
seguito da Ron, misteriosamente evaso dallo sgabuzzino. Harry si sarebbe
impiccato quella sera stessa al baldacchino del suo letto, ma stava appunto preparando un perfetto e scenografico nodo
scorsoio quando Ron venne ad avvisarlo che la riunione del F.I.C.A.U.
incombeva. Borbottando maledizioni e parole poco carine, Harry ripose il cappio
e si diresse verso il settimo piano, dove lo attendeva, come al
solito, l’Arazzo di Virgola il Gattino Schiacciato dal Telefonino, che gli
trapanò ben bene i timpani con la sua artificiosa vocetta
stridula.
«Mi chiamo
Virgola, sono un gattino… SPLAT»
Hermione tese
una mano verso Ron. «Dai, Ron, che siamo già in ritardo».
L’emo-kid,
ormai rassegnato alla missione della sua vita, ovvero aprire la porta della
Stanza del Bisognino, subì le craniate con
diplomazia.
La lezione del
giorno consisteva nell’evocare un Patronus. La stanza si riempì ben presto di bestiolineargentate, che
fluttuavano per tutta la stanza.
«Guarda,
Harry!» lo chiamo Nerdville «Siamo bravi?»
Harry – che se
ne stava in un angolino a giocare con la PSP – lo
liquidò con un gesto della mano, senza staccare gli occhi dalla console. «Seee,
seee…».
All’improvviso,
la porta della Stanza del Bisognino si aprì, e nella stanza fece irruzione Dobby, l’elfo domestico, abbigliato con la solita maglia
gialla a pois verdi. L’essere si gettò su Harry, che, dallo spavento, lanciò la
PSP in aria, e questa finì nella boccia dei pesci rossi(?).
«Harry Potter
signore!» gemette l’elfo, arpionato ad uno stivale del goth guy «Dobby viene per avvertire… ma non può parlare…». Dobby estrasse una pinzatrice e cominciò a pinzarsi in
varie parti del corpo, per punirsi.
«Cos’è successo, Dobby?» chiese Harry,
mentre l’elfo si pinzava un braccio.
«Lei… lei…»
«Ma insomma! Fatti capire!»
L’elfo mollò
la pinzatrice e alzò una mano. Harry lo guardò senza capire,
poi, colto da illuminazione improvvisa, capì.
«Ho capito!
Allora… 5 parole». L’elfo annuì, e alzò due dita. «La seconda». L’elfo si alzò
in punta di piedi e agitò il braccio, come se stesse brandendo una frusta.
«Sei… un
domatore di leoni. No?» provò ad indovinare Hermione. «Una prostituta? Una… una
mistress sadomaso!». L’elfo annuì.
«Una mistress
sadomaso…» cominciò Harry «No, aspetta, dovrebbe essere una parola sola…»
I parecchi
cervelli presenti nella stanza cominciarono a lavorare.
«Io lo so!»
disse ad un certo punto Nerdville «La Umbridge!»
L’elfo annuì
di nuovo, poi alzò cinque dita ed indicò il pavimento.
«Quinta
parola» disse Hermione «Pavimento… piastrella? Terra? …pinzatrice?»
L’elfo scosse
la testa e continuò ad indicare il pavimento.
I presenti,
assorti nel divertente giochetto con Dobby, non
sentirono il rumore della motosega che stava pian piano aprendo uno squarcio
nella porta della Stanza del Bisognino.
«La prima.
Articolo… Il, lo, la… La? La! La Umbridge
– spazio – spazio – qui…»
Una lampadina
si accese sulla testa di Hermione. «OMG, la Umbridge
sta venendo qui!». L’elfo si mise a saltellare e applaudire. «Sta’ fermo, tu!».
«Oh my Goth,
dobbiamo fuggire! Dov’è la Cartina del Malandrino?!» si
disperò Harry, cercando nelle tasche. «Oh, sì: l’avevo affidata ad
Angelina!»
Parecchie
teste si voltarono nello stesso istante, e altrettante paia di
occhi si fissarono sulla fumata ragazza.
«…vuoi dire
quella cartina 10x10 cm che mi hai dato qualche ora
fa, quella su cui erano disegnati i corridoi della scuola e si vedevano tutte
le persone che ci camminavano dentro?» mormorò Angelina «…l’ho fumata!»
Una fulminea
depressione colpì tutti i presenti – tranne Ron, lui è già
depresso di natura –.
«Siamo
fottuti» disse Hermione con semplicità.
Tutti i
presenti si fondarono sulla porta sul retro(?), spalancandola, e cominciando a
riversarsi nel corridoio in preda al panico, travolgendo Harry e schiacciandolo
sul pavimento come una sottiletta, mentre la motosega portava a termine il
proprio lavoro. Un piede calò con decisione sul braccio in 2D
di Harry.
«Prof., ne ho preso uno!» annunciò la voce di Malfoy.
«Tecnicamente,
non sei stato tu a prendermi» precisò Harry, spalmato sulle piastrelle. «È stata solo una fortunata coincidenza».
«Eccellente» fece la fetish
woman, unendo le dita della mano destra con quelle della mano sinistra.
Estrasse una vanga da neve da chissà dove e cominciò a staccare Harry dal
pavimento. Quando ci fu riuscita, trascinò il nostro… sì, eroe, verso l’ufficio
del preside, che se ne stava, sorridente come al
solito, sprofondato nella sua poltrona a giocare a Tetris sul portatile. Nella
stanza erano presenti anche KingsleyShacklebolt, un altro tizio senza nome, e Cornelius Caramella.
«Bene» disse
questi; gli mancava solo un coltello da macellaio insanguinato in mano per
sembrare un serial killer psicopatico. «Suppongo che tu sappia perché sei qui,
Potter, vero?»
«No»
«No?»
«No»
«No?»
«No»
«Davvero? Non
sai che in questa scuola è stata scoperta un’organizzazione illegale?»
«Ma no, davvero?» replicò Harry, infondendo forse un po’ troppo
sarcasmo nella frase.
«Abbiamo una
testimone molto attendibile» intervenne la Umbridge,
«l’amica insignificante di Cho Qualcuno Chang! La ragazza in questione è venuta nel mio ufficio e
mi ha informato che nella Stanza del Bisognino si svolgevano degli incontri moooolto
illegali. Ed ho la prova!». La fetish
woman estrasse il foglio su cui stavano scritti tutti i nomi degli appartenenti
al F.I.C.A.U.
«D’ho!» esclamò Harry.
«F.I.C.A.U….» decifrò Caramella
«Quale significato recondito ed oscuro nasconderà mai questo misterioso
acronimo?»
«“Fondazione Idioti Compulsivi Assolutamente Unici”?» tentò di
indovinare il tizio senza nome, esibendosi nell’unica battuta che avrà in
questo capitolo.
«“Fantastichiamo
Insieme Complottando Adorabili Uccisioni”?» provò la Umbridge.
«Magari
semplicemente “Fantomatica Istituzione Cerca Auto Usata”…» disse KingsleyShacklebolt, tentando di
portarli fuori strada.
«Vuol dire
“Facciamo In modo Che l’Autrice si Uccida”…» intervenne Harry.
«Zitto tu!» lo
zittirono i presenti.
«Va bene (smile)» li interruppe Smilente –
che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – «confesserò. La verità è che
F.I.C.A.U. vuol dire Esercito di Smailente in
ugro-finnico antico. (smile) Sono stato io ad
organizzare questi incontri illegali (smile), perché
la demenza senile mi ha ahimè infine colpito (smile)».
Il Preside,
finito questo illuminante discorso, estrasse dal
taschino uno strano oggetto oblungo, somigliante ad una penna particolarmente
grossa. Dallo stesso taschino tirò fuori anche due paia di occhiali
da sole: uno lo indossò, l’altro lo tirò ad Harry, che lo prese al volo. Harry
osservò gli occhiali: due cosi inguardabili dalla montatura rosa a cuore spessa
almeno due centimetri, decorata con degli strass gialli.
«Urgh…»
gemette Harry, ma li indossò ugualmente, perché se il Preside glieli aveva dati
un motivo ci doveva pur essere.
Smilente – che
si pronuncia “smailente”, tra l’altro – sollevò la
strana penna, dalla quale partì un flash che sparaflesciò tutti i presenti.
«Io non sono
qui (smile)» cominciò il Smilente – che si pronuncia
“smailente”, tra l’altro – «Non sono mai stato qui, (smile)
voi siete venuti qui per giocare ad Un Due Tre Stella,
(smile) e non per accusare Harry di aver organizzato
incontri illegali nel territorio scolastico. Perciò io
ora me ne vado (smile), e voi continuate pure a
giocare ad Un Due Tre Stella».
Il Preside si alzò placidamente in piedi ed uscì tranquillamente
dalla stanza. Harry si sfilò quegli orrendi occhiali e lanciò
un’occhiata ai presenti, che si stavano riprendendo.
«…che cosa stavamo facendo?» riuscì a dire Caramella.
«Mi pare stessimo giocando a moscascieca…»
replicò la Umbridge.
«No, era
qualcos’altro…» intervenne KingsleyShacklebolt.
«Ah, Un Due
Tre Stella!» esclamò Caramella. «Uno…Due…Tre… Stella! Potter, ti sei mosso! Sei
eliminato, perciò vattene! Sparisci! Sciò!»
Harry uscì
dalla stanza, sghignazzando e sfregandosi le mani come il cattivo di un film
d’azione di serie Z.
Eh… l’ispirazione ha fatto in
fretta a tornare! Forse se n’era andata da qualche parte per le vacanze di
Natale, ed ha allungato un po’ le ferie… XD No, la verità è che finalmente ho trovato il coraggio (e l’autostima necessaria) di registrarmi a DeviantArt, che calamita la mia attenzione come un gigantesco magnete. Cooomunque, vedere che continuate a leggere e a
commentare è un pretesto più che valido per andare avanti. Vi adoro! Chuuu! ~
<3
Albus e un’altra ventina di nomi che non sto
ad elencare Smilente – chesi pronuncia
“smailente”, tra l’altro – in qualità di Preside della Scuola di
Magia, Stregoneria, Arti Marziali e Tattiche Militari di OhSchwartz con il nome
di Dittatrice.
Firmato: Cornelius
Caramella
Gli avvisi erano
comparsi durante la notte in tutto il castello (con gran malumore da parte
degli elfi domestici, per il lavoro extra non pagato). La fuga di Smilente –
che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – si era
diffusa a macchia d’olio tra gli studenti, fino ad assumere proporzioni
bibliche: si favoleggiava che il Preside, dopo aver estratto Excalibur dal
famoso taschino, avesse tranciato arti e mozzato teste, sbudellato, squartato
ed evirato (urgh…), reciso e troncato, e alla fine, dopo essere saltato a bordo
di un HarleyDavidson, si
fosse gettato dall’alto della torre in cui si trovava il suo ufficio,
impennando e sfondando le vetrate, mentre una violenta musica heavy metal
risuonava nell’aria. Harry, pur essendo un testimone oculare, non fece niente
per smentire tali voci, anzi, a chiunque gli chiedesse
cosa mai fosse successo in quell’ufficio, rispondeva con la prima cazzata che
gli veniva in mente, contribuendo così ad alimentare la confusione che si era
creata.
«Sì, Ernia»
stava dicendo ad Ernia Macmillan, «è vero, il Preside ha tirato fuori un fucile
mitragliatore e si è messo a sparare all’impazzata come Tony Montana in
Scarface, ridendo e gridando come un assatanato».
«Harry» lo
rimproverò Hermione, tirandolo da parte mentre si avviavano nella Grande Sala
per fare colazione. «Dovresti smetterla di dire tante stronzate. Diventerai
stupido. Ma non preoccuparti, in fondo l’intelligenza non è
tutto. Nel tuo caso è niente».
Ad Harry ci volle appena qualche ora per capire l’insulto.
«Ehi!» sbottò a cena, rovesciando una brocca d’acqua addosso al povero Ron, del
quale non abbiamo notizie da quasi un capitolo «Ma mi
stai insultando?».
Hermione non
lo stette neanche a sentire, assorta com’era nel tentare di capire che cosa
diavolo stessero combinando Fred e George, che stavano
sfogliando libri con titoli come Esplosivi,
questi sconosciuti, Divertiamoci con
il trinitrotoluene, 100e passa modi per usare l’esplosivo con
fantasia (quest’ultimo potete trovarlo su Nonciclopedia, tanto per fare un
po’ di pubblicità non-proprio occulta). I gemelli si accorsero dello sguardo
indagatore tendente al pluriomicida di Hermy.
«Cosa state architettando voi due?»
«Noi? Niente!»
rispose Fred, richiudendo il volume Storia
di un ordigno nucleare.
«Noi? Niente!»
ripeté George, afferrando I molti usi
della nitroglicerina.
«Pensavamo
solamente che adesso, dato che Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra
l’altro – non c’è più, è arrivato il momento di fare
casino» continuò Fred, con la solita inutile, obsoleta ripetizione di George.
«Ma non dovete!» li rimproverò Hermione «Vi espellerà!»
«Appunto»
replicarono in coro i gemelli. «Vi conviene farvi trovare nella Grande Sala,
per non essere coinvolti».
«Ci siamo già»
intervenne Harry, acido.
«Ah».
Un’ombra
minacciosa apparve alle spalle di Harry, ma no, non era il Tristo Mietitore
così tanto atteso dal goth guy: era semplicemente il guardiano Gazza, che
informò Harry sul fatto che la preside volesse vederlo. Vagamente intimorito , Harry seguì Gazza fino all’ufficio della Umbridge, che
ora recava la targa “Ahi-Che-Dolores Umbridge, Dittatrice”. Entrato
nell’ufficio/fetish club, Harry si guardò attorno,
notando l’ormai dolorosamente familiare panca per spanking, la collezione di
fruste e frustini appesi alle pareti, e la catasta di stivali nell’angolo.
«Si sieda,
Potter» disse la fetish woman falsamente affabile.
Harry cercò qualcosa sul quale sedersi, ma l’unica cosa che trovò fu una sedia
dell’inquisizione, con diversi spuntoni aguzzi sulla seduta e sullo schienale.
«…ma anche no»
replicò il goth guy, determinato a salvaguardare tutto ciò che sta al di sotto della propria cintola – e anche il resto, sia
chiaro.
«Che cosa le
andrebbe di bere?» proseguì la Umbridge, facendo
apparire, con una frustata magica (XD) dei bicchieri sul tavolo. «Tè al velen…
ehm, limone? Latte e cianur… caffè? Succo di vetriol…zucca?».
Harry scrutò
diffidente i bicchieri sulla scrivania, che contenevano liquidi di strani
colori ed emettevano una gran quantità di fumo apparentemente poco salutare. «Niente,
grazie» rispose.
«Desidero che
lei beva qualcosa assieme a me» insistette la Umbridge,
aumentando la stretta sul manico della frusta e assumendo un aria
particolarmente omicida.
«Va beeene»
replicò Harry, ripensando con immenso cordoglio alle parole incise sulla sua
schiena a frustate, che ancora si rifiutavano di andarsene. Prese la tazza con
il tè al velen…limone, che emise uno sbuffo di fumo pericolosamente somigliante
ad un fungo atomico.
«Bene» riprese
la Umbridge «E ora, signor Potter, dovremmo fare una
chiacchierata su quello che è accaduto ieri nell’ufficio del Preside. …allora,
non beve il suo tè? Che c’è, vuole l’arsenic…lo
zucchero?».
Harry finse di
bere.
«Bene» ripeté la Umbridge, sfoggiando il proprio scarso vocabolario «Dov’è
Albus e un’altra ventina di nomi che non sto ad
elencare Smilente – chesi pronuncia
“smailente”, tra l’altro –?».
«A bò» rispose
tranquillamente Harry.
«Beva, beva» disse lei, e non gli passò neanche
nell’anticamera del cervello il fatto di sembrare sospetta quanto un uomo con
un passamontagna in una banca.
Harry finse di
bere. Ancora.
«A bò» ripeté,
dimostrando che nemmeno il suo vocabolario era poi così ampio.
«Bene» replicò
la Umbridge per la terza volta, cominciando a scassare
leggermente i co…comeri. «Allora dov’è Sirius Black?»
«Perché non mi chiede dov’è Osama Bin Laden, già che c’è?»
replicò il goth guy.
Un esplosione proveniente da chissà dove risparmiò la
Umbridge dall’onere di trovare una risposta a tono. Perfino il pavimento tremò,
facendo cadere dai sostegni diversi frustini. Harry approfittò della confusione
per versare il tè in uno stivale in PVC, che si sciolse formando una pozza nera
sul pavimento. Ma la Umbridge non se ne accorse e,
brandendo la frusta magica corse precariamente fuori caracollando sui suoi
tacchi per vedere quale fosse l’origine di quel pandemonio, seguita da Harry.
Qualcuno aveva dato fuoco ad un’intera cassa di esplosivi
e fuochi d’artificio, che avevano cominciato a svolazzare e a provocare
esplosioni dappertutto. Gruppi di studenti amish correvano a destra e a
sinistra, brandendo bottiglie di alcolici, e gridando
«Ruuuumspringaaaaa!», altri improvvisavano cori di “We don’t need no education”
nei corridoi e sulle scale, Draco Malfoy scorazzava nell’atrio agitando una
Fender sopra la testa e urlando “ANARCHY IN UK!».
Harry fissò la
chiatta elettrica. «Ehi!» sbottò all’indirizzo di Malfoy «Quella è mia!».
Malfoy si fermò.
«Cosa?» replicò «Ma non è tua, è
mia! Ho ancora lo scontrino, guarda! L’ho comprata su eBay per fare… ANARCHY IN UK!».
Harry lo
schiaffeggiò con una mazzetta di banconote. «ORA è mia».
Malfoy si
allontanò contando i soldi. Harry prese la Fender per il manico come un’ascia e
cominciò a colpire i muri, il pavimento, e il corrimano delle scale, finché
l’ebbe sfondata, sotto lo sguardo attonito di Hermione e Ron che passavano di
lì. Il goth guy gettò i resti della chitarra sul pavimento e gli diede fuoco,
inginocchiandoglisi davanti e alzando le mani al cielo.
«Ma sta bene?» domandò Hermy all’ormai quasi inutile emo-kid.
* * *
Quella sera,
quando Harry andò a dormire, sognò di nuovo di trovarsi in un corridoio.
«Tuuuu, bastardo!» lo accusò una voce. Harry si voltò.
Dall’ombra del corridoio spuntò un tizio che non aveva mai visto.
«E tu chi saresti?» gli chiese.
«Sono Leo
Fender, il fondatore della Fender Musical InstrumentsCorporation,
inizialmente chiamata Fender ElectricInstrument Manufacturing Company. Come hai
osato trattare così quella chitarra? Se è una rockstar
a fare una cosa del genere lo accetto, ma tu,
insignificante darkettone, come hai potuto solo
pensare di violentare quello strumento con le tue indegne manacce gotiche?».
Detto questo,
Leo Fender estrasse una chitarra-falce e una chitarra-motosega, e cominciò ad
inseguire Harry lungo il corridoio.
«Sei forse
Eric Clapton? Sei Jimi Hendrix? Sei
Stenie Ray Vaughan? NO! E allora fatti
massacrare ed espia questa tua immorale colpa!».
Harry arrivò
in fondo al corridoio, davanti alla porta che non si apriva mai.
«Oh, cazzo!»
gemette il goth guy, cominciando a tempestarla di colpi. Miracolo dei miracoli,
la porta si aprì! Harry vi entrò velocemente e la sbatté in faccia
all’incazzato inseguitore. Harry si guardò attorno. C’erano delle cosine
sbrilluccicanti nell’aria. Superò un’altra porta e si trovò in uno spazio
gigantesco, come quello di una cattedrale, con file e file di scaffali come
quelli di una biblioteca e pieni di CD-R 80 SQ 700MB. Là dentro c’era qualcosa
che lui, o qualcun altro, voleva…
Si svegliò. I
suoi compagni di stanza, relegati nel loro angolino, guardavano fuori dalla finestra – tutti meno che Ron, naturalmente, che
stava frugando in uno degli innumerevoli cassettoni di Harry.
«Hei! Cosa diavolo stai facendo?».
Ron si
allontanò con aria colpevole. «Volevo solo quel bel cappio che hai creato nello
scorso capitolo» disse, mettendo in fila più parole di quante fosse solito
usare.
*
* *
Il giorno
dopo, Harry si avviò verso l’ufficio di Piton per la consueta lezione di Occu… Occulu…
quella roba lì, preoccupato che la solita immagine di fetish-Piton
facesse capolino condannandolo ad un prematuro ingresso nell’aldilà. Stava
attraversando la Grande Sala – che era da tutt’altra
parte rispetto ai sotterranei dove avrebbe dovuto
andare, ma Harry non era famoso per il suo senso dell’orientamento –, quando
fece la sua comparsa Cho Qualcuno Chang,
che venne in fretta verso di lui.
«Macazz…»
Fuggi rocambolescamente – hei, ho
creato un nuovo vocabolo! XD E di diciassette lettere, per di più! XDD – dalla
Sala e, dopo varie peregrinazioni, giunse infine davanti alla porta
dell’ufficio del suo rivale.
«Allora» disse
questi, dopo che Harry fu entrato nella stanza, accolto come sempre da teschi,
pipistrelli imbalsamati, crocifissi, una lapide del
‘700, la discografia dei Bauhaus, fiale piene di
sangue, una foto autografata di Robet
Smith, il tanga di MorticiaAddams,
e altre robe oscure e gotiche che lo fecero diventare verde d’invidia. «Ti sei
esercitato?».
«Certo» mentì
Harry, pregando mentalmente che il Robert Smith della foto diventasse reale e
distraesse Piton.
«Lo scopriremo
subito» replicò Piton, sollevando la sua bacchetta demodé. All’improvviso, la
porta si spalancò ed entrò Malfoy.
«Signore!»
esclamò «Ci sono i Cure davanti al castello!».
«Cosa?!» strillò poco decorosamente il professore. Afferrò un
block notes e si scapicollò fuori dall’ufficio seguito
dal suo biondo studente.
Harry
approfittò dell’assenza del nemico per ficcanasare di qua e di là, facendosi
scivolare casualmente in tasca ora un
crocifisso gotico, ora un collare borchiato. Stava
curiosando in un armadio chiuso a chiave, che si era misteriosamente aperto da solo, quando trovò uno scatolone con su scritto “Tesori di Piton”. Ci trovò un Teddy Bear
decapitato con un coltello infilato nello stomaco, alcune figurine della
collezione “Serial Killer & Maniaci Omicidi Famosi” – Harry sgraffignò
quella di Charles Manson, che gli mancava –, qualche fotografia di concerti
black metal, vecchi bambolotti dei Dimmu Borgir, la testa del Teddy Bear
sopraccitato truccato come uno dei KISS, qualche candela nera, la barbie di Siouxsie
Sioux e un porta CD con su scritto “Ricordi”. Harry
aprì il contenitore e lesse i titoli dei CD, cose come “prima messa nera”,
“matrimonio di zia Dementia”, “il piccolo Piton che sacrifica i peluche a Cthulhu”. Harry prese “quinto anno a OhSchwartz” e lo inserì nel nero portatile del professore
(il Pensatoio? Superato! Suvvia, siamo nell’era della tecnologia! E ho pure
fatto la rima!) – che chissà come riusciva a caricare, dato che nel castello
non c’è la corrente elettrica… ma chissenefrega, in fondo, tanto la logica di
questa fic è andata a farsi fottere ventotto capitoli
fa… =_= –.
Harry ammirò
per un attimo, non senza un pizzico d’invidia, l’immagine sul desktop del
computer, ovvero l’illustrazione dal titolo “Goth Rock” di Anne
Stokes, poi cominciò a smanettare con il portatile finché non riuscì a far
partire il disco – e così scopriamo che tra Harry e la tecnologia moderna non
corre buon sangue –.
Tenendo
d’occhio la porta, - invisibile, visto che nera e
circondata da muri neri – per timore che il nemico tornasse, Harry avviò il
filmato, e fu risucchiato dallo schermo del computer.
Si ritrovò al
centro della Grande Sala, ma i tavoli delle quattro Case erano scomparse: al loro posto, centinaia di banchi, ognuno
occupato da uno studente. Era in corso un esame. Harry, rendendosi conto che
nessuno poteva vederlo, cominciò a darsi alla pazza gioia, infilando matite nei
nasi, facendo svolazzare fogli e annodando capelli. Quando
si rese conto che, in effetti, non poteva fare niente di tutto questo, si
rassegnò a cercare il proprietario del ricordo, ovvero Piton. Eccolo la, con i suoi lunghi capelli neri, il suo crocifisso a
rovescio, la sua T-shirt dei Black Sabbath sotto alla divisa al posto del
gilet…
«Ancora
diciassette minuti!» disse qualcuno – no, non Qualcuno, qualcun altro… –.
Harry si voltò
per veder chi aveva parlato e notò qualcuno che aveva visto solo in fotografia,
parecchi anni dopo… si avvicinò al suo fantomatico padre, e lo osservo. Capelli scandalosamente corti. Occhiali da nerd.
Faccia da schiaffi. Harry piombò nella depressione. Come poteva suo padre – suo padre – essere così… poco gotico? Al
contrario, Sirius era molto, mooolto più dark e attraente di lui (di James, non
di Harry). Che sua madre avesse cornificato il suo
cosiddetto padre? Beh, questo giustificava come mai James si trasformasse
in un cervo…
Due posti più
indietro individuòLupin e Codaliscia, il ragazzo-topo.
«Giù le
piume!» disse il professore di guardia «E restate seduti
mentre raccolgo i compiti. Accio!»
«Salute!»
risposero gli studenti in coro.
Harry,
costretto a seguire Piton, riuscì comunque ad
origliare i discorsi del suo cosiddetto padre e dei suoi amici. Uscirono
all’aperto, ed Harry notò come il suo cosiddetto padre facesse
lo sborone con un boccino d’oro, esibendosi come un tacchino davanti a
gruppetti di ragazzine urlanti. Quando quel passatempo
gli venne a noia, James si dedicò ad un'altra cosa che gli riusciva
particolarmente bene: fare il bullo. La sua scelta ricadde sul povero… “povero”
Piton.
«Tutto bene,
Mocciosus?» gli chiese James ad alta voce.
Neanche il tempo di estrarre la sua bacchetta demodé, che Piton si
ritrovò disarmato. Un altro incantesimo, e finì a terra.
«Lascialo
stare!» disse qualcuno – …no, non Qualcuno… qualcun altro… uffXD –.
A parlare era
stata una delle ragazze in riva al lago, dai folti capelli rosso scuro che gli
arrivavano alle spalle. Sua madre. La madre di Harry, cioè.
Sì, lei andava bene, constatò Harry, rispetto a quel
nerd del suo cosiddetto padre…
«Che cosa ti ha fatto?» continuò Lily.
«Esiste»
replicò James, tronfio.
Mentre Lily e James battibeccavano,
Piton si liberò dall’incantesimo che stava svanendo e riuscì ad impadronirsi
della propria bacchetta demodé. La puntò contro James e, con un lampo di luce,
gli ferì una guancia. Harry rabbrividì: se l’avessero fatto a lui, se qualcuno
avesse solo osato scalfire la sua statuaria bellezza neoclassicista, non sapeva
come avrebbe potuto reagire. James, dal canto suo, fece partire un altro lampo
di luce, e Piton si ritrovò appeso a mezz’aria a testa in giù.
«Allora»
annunciò James «chi vuole vedermi togliere le mutande a Mocciosus?».
Harry
inorridì: cos’era, il suo cosiddetto padre, un maniaco (omo)sessuale?
Fortunatamente per la sua sanità mentale, Harry non seppe mai se James avesse
fatto quanto annunciato, perché una mano gli serrò il braccio e lo trascinò
all’indietro, fuori dal monitor del computer
portatile.
«Oh, doppio
cazzo!» gemette Harry.
«Allora» disse
Piton, pallido – sì, ancora di più! Sconvolgente! – di rabbia «ti stavi
divertendo, Potter?»
«N-no» rispose
Harry, constatando di essere davvero nei casini. Altro
che Piton con la tutina fetishdella
Umbridge… questa volta era davvero
nella merda fino al collo, tanto per essere volgari.
«Fuori!»
sbottò il prof «Fuori di qui! Non voglio vederti mai più qui
dentro!» e gli sbatté la nera porta in faccia. Sulla faccia.
Perdendo
sangue come un rubinetto aperto, Harry si allontanò, spaesato, lungo i
sotterranei. Non aveva voglia di tornare alla torre di Grifonplatino, né di
raccontare a Ron ed Hermione quello che era successo. Ciò che lo riempiva
d’orrore e di infelicità erano i dubbi che gli erano
sorti nella mente: il suo cosiddetto padre era veramente suo padre? Perché Lily non sembrava
molto ben disposta nei suoi confronti… ed inoltre, Harry non gli somigliava
neanche un po’. Rifletté con chi Lily avrebbe potuto tradire James. Il
primo candidato era Sirius: in fondo, quale ragazza sana di mente preferirebbe
l’insignificante James a quel figaccione di Sirius? – si ode coro di lettrici
che esclamano risolute “Io!”, mentre un altro coro altrettanto numeroso dice
“Io no!” –. Il secondo candidato, invece… Harry inorridì: non
è che magari suo padre, il suo vero
padre… era Piton? In effetti, ciò avrebbe spiegato un sacco di cose…
Ben due
capitoli oggi, mi sto proprio rimettendo in carreggiata! XD A presto!
«Perché non
vai più a lezione di Occlu-che?»
gli domandò Hermione, ficcando il naso in faccende che non la riguardavano,
come al solito.
«Farti i fatti
tuoi tu no, eh?» replicò irritato Harry, urtando la pila di libri che Hermione
aveva precariamente ammucchiato, che crollarono addosso al nostro povero
emo-kid, il quale, più depresso che mai, oscilla pericolosamente sull’orlo del
dimenticatoio (ben due tempi verbali in una sola frase… la qualità della fic
precipita inesorabilmente verso il basso, fino a sfondare il pavimento… ah, che
tristezza…).
«Allora hai
smesso di fare sogni strani?» continuò la ragazza, per la quale la frase “fatti
gli affari tuoi” non ha significato alcuno. Harry ripensò all’ultimo sogno, quello
con Leo Fender, che ultimamente era tornato a fargli visita nel suo mondo
onirico, e risentì nella mente il rombo della chitarra-motosega a pochi
centimetri dalla sua testa.
«Più o meno»
rispose, mentre Raschiatibie infilava tutti e
diciotto – acc… diciotto! Maledizione! – i suoi
artigli nella sua gamba.
Harry, invece
di tirargli un calcione che l’avrebbe spedito nella stratosfera e anche oltre
come chiunque si aspettava avrebbe fatto, si limitò a
staccarselo di dosso, un’unghia alla volta. Era ancora profondamente turbato
dai dubbi che gli erano sorti nella testa la sera prima. Hermione e Ron lo
guardarono stupiti – ma forse Ron non era stupito, essendo estremamente
difficile decifrare la sua espressione tra aura neroblu e ciuffo di capelli
sulla faccia –, neanche Harry si fosse rapato a zero per ritirarsi in Tibet tra
i monaci per una vita di ascesi priva di ombretto nero e unghie dipinte. Hermy
gli sventolò una mano davanti alla faccia, gli tirò i capelli, gli disegnò dei
fiorellini sugli stivali con un pennarello a vernice giallo, gli scarabocchiò
la faccia con un indelebile, gli appuntò una spilla sul petto con su scritto “Amo gli Emo”, ma Harry non reagì, perso
com’era nelle sconfinate praterie della sua mente.
«ORA comincio
a preoccuparmi» affermò Hermione «Non ho neanche voglia di spaccargli la faccia
per vedere se si incazza».
Il gruppetto
fu raggiunto da Ginni, che recava con se un pacco che aveva superato i
controlli della Dittatrice.
«Uova di
pasqua per tutti» annunciò la ragazza, porgendo ad ognuno il suo – dentro a quello di Ron c’era… una lametta, che quasi gli tranciò il
tubo digerente, avendo l’emo-kid ingoiato l’uovo tutto intero, nella speranza
di soffocare –. Harry non diede segni di interazione
con il mondo esterno nemmeno quando Ginni posò l’ovetto davanti a lui, un
adorabile sfera di cioccolata ornata di teschi e croci di zucchero.
«Che cosa ha?»
chiese ad Hermione.
«A bò» rispose
l’interpellata. Harry disse qualcosa di poco intelligibile.
«Cosa?»
«Voglio
parlare con Sirius» disse, come un bambino piagnucoloso davanti alla vetrina di
un negozio di giocattoli. «Ma lo so che non posso».
“Devo scoprire se mammina ha cornificato il paparino” pensò.
«Se proprio vuoi» replicò Ginni «possiamo trovare un modo.
Quando sei cresciuta con un emo-kid, niente è impossibile»
* * *
La mattina
successiva, Harry, dopo che fu riuscito a raschiarsi via dalla
faccia tutto l’inchiostro indelebile, lavato gli stivali e gettato la
spilla dalla finestra della torre colpendo un povero malcapitato che passava di
sotto, notò un nuovo annuncio affisso in bacheca.
Orientamento professionale
Durante la prima settimana del trimestre
estivo,
tutti gli studenti del quinto anno sosterranno un
breve
colloquio con il direttore della propria casa per
discuteredi che morte dovranno morire
della loro futura professione.
Di seguito sono elencati gli orari degli
appuntamenti individuali.
Harry prese
mentalmente nota dell’orario del proprio appuntamento: era atteso nell’ufficio
della McGranitt lunedì alle 17 e 17 spaccate. Tornò nella sala comune, dove Ron
ed Hermione stavano sfogliando dei depliant con le future professioni
disponibili. Hermione ripose quello del Comitato Eliminazione
Babbei e passo a quello del Quartier Generale degli Sterminatori di
Massa, mentre Ron fissava apaticamente Suicidarsi per una Buona Causa: Diventa
un Mago-Kamikaze. Prima che Harry potesse anche solo sfiorare
uno di quei volantini, fecero la loro comparsa Fred e George, con fare molto
cospiratore.
«Ehi,
fratello. Ginni ci ha parlato del tuo problema» disse Fred.
«Ehi,
fratello.» ripeté George, come da copione «Ginni ci ha
parlato del tuo problema».
«E visto che domani abbiamo intenzione di fare un gran casino,
tanto vale che ne approfitti per parlare con Sirius» continuò Fred.
«E visto che domani abbiamo intenzione di fare un gran casino,
tanto vale che ne approfitti per parlare con Sirius» gli fece eco George.
«Dal camino della Umbridge, che non è controllato» concluse Fred.
«Dal camino della Umbridge, che non è controllato» ripeté George.
«Ma la Umbridge non ha il camino» intervenne Hermione «Ha una
stufa a pellet».
«D’ho!» commentò Harry, violando per l’ennesima volta
l’ennesimo copyright.
«Vabbè, c’è
pur sempre lo sportellino sopra, no?» replicò Fred.
«Vabbè, c’è
pure lo sportellino sopra, no?» replicò anche George.
«Ed io – io! –
dovrei mettermi a testa in giù su una stufa a pellet con la testa infilata
nello sportellino, con rischio che i miei – i miei! – capelli si sporchino?!»
«Vuoi parlare
con Sirius?»
Harry rifletté
profondamente. Valeva la pena mettere a rischio la lucentezza, la
nondoppiapuntezza (okay, qua si tocca il fondo delle
parole inventate…), la perfezione della sua chioma, per scoprire se mammina
aveva cornificato il paparino, magari con lo stesso padrino (o magari – ma
anche no – proprio con Piton) (Urgh!)? Sì, decise infine, ne valeva la pena. La
sua vita non sarebbe più stata la stessa se avesse avuto la certezza di essere figlio di un nerd e una cheerleader. Se fosse stato figlio di una cheerleader e un metallaro,
sarebbe stato già meglio…
* * *
La mattina
dopo Harry si svegliò prestissimo – correndo il rischio di beccarsi delle
antiestetiche occhiaie –, preoccupato quanto la mattina dell’udienza al
MiniMinistero – ma senza elfo puccioso sullo stomaco, per fortuna. Dopo una
sequela di lezioni che non stiamo ad elencare (come al
solito, martoriamo questo capitolo già scarno di suo, avanti! ndHarry), alle 17 e 17 spaccate Harry si recò nell’ufficio
della McGranitt, che lo aspettava trinceata dietro la cattedra, rovesciata su
un fianco – la cattedra, non la McGranitt – come un fortino. Prima
che potesse anche solo fare un passo nella stanza, Harry si trovò un’AK47
puntato in faccia.
«Chi sei, cosa fai, dove vai, come mai?» domandò a raffica la
Umbridge.
«Sono Harry»
rispose con un sospiro «vengo qui, per l’orientamento
professionale, ha presente?»
La McGranitt
ripose l’arma e si alzò in piedi. Indossava la divisa blu e nera della SWAT.
Harry si accorse anche di un’altra cosa: in un angolo della stanza se ne stava
acquattata la fetish woman!
«Allora,
Potter» disse la McGranitt «Hai già pensato che cosa ti piacerebbe fare dopo
aver lasciato OhSchwartz?»
«La rockstar maledetta» rispose prontamente Harry «O il serial killer psicopatico. O
il capo di una setta satanica».
«Ah, cioè vorresti diventare un Avatar?»
PICCOLA PARENTESI
Ho storpiato il termine “Auror”
con “Avatar” già nel capitolo 7, cioè secoli prima che
uscisse l’omonimo film di Cameron… devo dire che capita
proprio a fagiolo, no? XD
«Un coso blu
alto tre metri con dei filamenti nella treccia? Ma
anche no» replicò asciutto Harry.
«Sì» continuò
la McGranitt, ignorando Harry come fa la maggior parte della gente «Direi che
quella di diventare Avatar, cioè un cacciatore di
maghi oscuri, dovrai seguire un sacco di corsi…»
«Un cacciatore
di maghi oscuri?!» sbottò Harry «Dovrei cacciarmi da solo?»
«…e questi
corsi sono Corruzione Verso le Arti Oscure, Trasmutazione, Incantesimi e
Intrugli.» proseguì
imperterrita la McGranitt, come se Harry non esistesse.
La Umbridge si schiarì la voce. «Non credo che il signor
Potter abbia il carattere adatto per diventare un Avatar».
«Ehi! Quello è
il mio Dizionario dei Sinonimi e Contrari!» affermò Harry «Ecco dov’era
finito!»
«Potter!»
esclamò la McGranitt «Ti farò diventare un Avatar, fosse
l’ultima cosa che faccio!»
«Ma io non voglio!» gemette Harry.
«Il MiniMinistro
della MagiMagia non assumerà mai Harry Potter!» replicò la Umbridge «Non sarà
mai un Avatar!»
«E invece sì!» sbottò la McGranitt.
«E invece no!»
ribatté la Umbridge.
«E invece sì!» ringhiò la McGranitt, facendo scattare la
sicura della SigSauer.
«E invece no!»
latrò la Umbridge, facendo schioccare la frusta.
«E invece sì!»
abbaiò la McGranitt, azionando il mirino laser del
fucile da cecchino.
«E invece no!»
ululò la Umbridge, brandendo il gatto-a-nove-code.
Harry decise
saggiamente di levare le tende e allontanarsi il più possibile da quella cagnara. Quando si chiuse la porta alle spalle, sentì
raffiche di mitra ed esplosioni e ringraziò il cielo per averla scampata –
perché un buco in fronte non è quel che si dice il
massimo dell’eleganza.
Stava
percorrendo il corridoio quando, in lontananza, udì le grida tipiche di un
diversivo. Allora deviò verso l’ufficio della Umbridge,
estrasse la sua collezione di arnesi da scasso, forzò la serratura ed entrò.
Eccola là, acquattata nell’angolo come una belva feroce in
attesa di staccargli la testa a morsi… quella malefica stufa a pellet. Scovò
una scatolina di Polvere Volante e, rivelando doti atletiche incredibili,
riuscì ad infilare la testa nello sportello superiore della stufa. Riuscì in
quale modo a buttarci dentro la polvere volante e a dichiarare l’indirizzo. Quando riaprì gli occhi si ritrovò a fissare il salotto
della casa del suo padrino. Lupin, che era
stravaccato sul divano a guardare una telenovela in spagnolo alla tv, saltò su.
«Cristo!»
esclamò, facendosi il segno della croce «Sirius, corri presto! È comparso il
diavolo nel tuo camino! Porta l’acqua santa».
«Grazie dei
complimenti» borbottò Harry sarcastico «Adesso posso parlare con Sirius, o devi
prima esorcizzarmi?»
«Ah, Harry, sei
tu»
«Ovviamente»
Sirius entrò
nella stanza, portando una tanica di acqua santa, un
crocefisso d’argento e una tunica da prete. Guardò nel camino, e la solita
trita colonna sonora riconoscibile risuonò nell’aria.
«Padrino!»
esclamò Harry!
«Picciot… Harry! Che succede? Ti
serve aiuto? Devo assassinare qualcuno?»
«No, volevo
solo parlare… di mio padre. O meglio, di mia madre. Cioè no, di mio padre…».
Harry gli
raccontò quello che aveva visto del CD-RW dei ricordi di
Piton, poi aggiunse «…perciò volevo sapere: mammina ha cornificato papino?»
«Beh… tua
madre era davvero una bella donna, sai… » replicò maliziosamente Sirius «Però
era anche molto prudente, non so se
mi spiego…»
«Ah. Ecco
perché il soprannome di paparino era “Cornuto”…»
«Già»
«Quindi paparino è proprio mio padre? Sono figlio di un
nerd?»
«Sì, Harry. Mi
dispiace. So quanto questo lederà la tua autostima, ma… è così».
Un silenzio
gravoso calò nella stanza. Si udì un rumore di passi.
«Oh my Goth,
sta arrivando Cracker!» gemette Harry, come se tutto quello che aveva saputo
fino allora non bastasse a renderlo di cattivo umore.
«No» replicò Lupin» dev’essere qualcuno dalla
tua parte.
Harry estrasse
la testa dallo sportello della stufa a pellet quando la porta si spalancò ed
entrò Gazza, che si mise a rovistare tra le carte della Umbridge,
cercando qualche documento chiamato “approvazione frustate” o qualcosa di
simile. Harry non dovette nemmeno nascondersi: gli bastò starsene in piedi
dando le spalle alla porta, e le pareti nere fecero il resto, mimetizzandosi
alla perfezione. Quando Gazza se ne andò di corsa,
Harry lo seguì a distanza fino a raggiungere l’ingresso, dov’erano radunati
studenti e corpo insegnanti. In mezzo alla sala Fred e
George, con l’aria di chi è appena stato sgamato.
«Bene!» esultò
la Umbridge «Vi sembra divertente trasformare un corridoio nella Bocca
dell’Inferno, eh?»
«Molto
divertente, sì» rispose Fred.
«Molto
divertente, sì» rispose anche George.
«Abbiamo
convenuto che è tempo di interrompere la nostra
carriera accademica, perciò leviamo le tende» proseguì Fred – e anche George.
Poi i cavalli
su cui stavano seduti(?) impennarono, e i gemelli sventolarono i cappelli da
cowboy(??) in aria con un sonoro «Yiiiiiih-aaaaaaah!»,
mentre una colonna sonora country rendeva il tutto più western, con tanto di
tramonto sullo sfondo. Fred e George sfondarono le vetrate e partirono al
galoppo, rimpicciolendosi man mano che si avvicinavano all’orizzonte.
«Che partenza epica!» commentò Harry «Io però avrei optato per fumo, fiamme, qualche litro di sangue e qualche
arma tagliente e contundente».
E anche oggi ho postato, ma che brava, sono fiera di me (XD). Grazie a tutti, come sempre! Vi adoro, non mi stancherò mai di dirlo! A presto <3
La storia
della fuga epica di Fred e George sembrava destinata ad entrare nella leggenda.
Il souvenir che avevano lasciato – ovvero la Bocca dell’Inferno che faceva
bella mostra di sé in mezzo al corridoio – continuava a vomitare creature da
incubo, che rendevano difficile, se non impossibile, seguire regolarmente le
lezioni. Specialmente per Harry, che trovava la cosa incredibilmente eccitante.
«Guarda,
Hermione!» esclamò Harry, esaltato «Un demone! Ehi, potrei fare questo, in
futuro: l’Evocatore di Demoni! Trooooppo fiiigo!»commentò, con fare molto truzzo. «Whoa! Una
succube! Una banshee! Uno psicopompo! Ehi, e se invece diventassi direttamente
uno shinigami?! Ron, guarda! Quell’Incubo sta cercando di staccarti un
braccio!»
Ron ruotò
apaticamente la testa verso la creatura arpionata al proprio braccio, che si
dimostrò particolarmente entusiasma dell’aura color
fumo dell’emo-kid, mordendone le carni con maggior vigore con i suoi dentini da
squalo.
«Harry»
ringhiò Hermione «Questa tua esaltazione è decisamente
irritante. Provvedi a chiudere il becco da solo o devo
pensarci io?»
«Ma Hermione!»
obiettò Harry, indicando l’ennesima creatura spaventosa che strisciava fuori dalla Bocca dell’Inferno «È una viverna!»
«Ti avevo
avvisato!» sbottò la ragazza «Muori!». E, detto questo, spinse Harry nella
Bocca dell’Inferno, dalla quale venne ripescato con
l’aria di un drogato che ha appena fatto un tuffo in una piscina piena di
eroina.
«Meraviglioso»
articolò il gothguy.
«Forza» disse
Hermione, rivolgendosi a Ron «devi andare, sta per
cominciare la partita di KwiddichGrifonplatino
contro Falcogiallo!»
Ron mormorò
qualcosa di inintelligibile, ed Hermione lo spinse
fuori dal castello, verso il campo da gioco. Harry gli andò dietro, anche solo
per assistere alla patetica esibizione dell’emo-kid sulla sua
Lametta Undici. Ed infatti le sue aspettative
vennero soddisfatte, con Ron che cadeva dalla scopa ogni cinque minuti
spiaccicandosi sul fondo del campo, o si schiantava deliberatamente contro le
porte. Mentre si godeva il patetico spettacolo,
qualcosa colpì il retro del suo sedile, facendolo cadere dalle tribune.
«Harry scusa!»
gli disse qualcuno – no, non Qualcuno, qualcun altro – da lassù.
Harry imprecò
molto volgarmente. L’attentatore misterioso – che si rivelò poi essere Hagrid –
ed Hermione lo raggiunsero.
«Venite con
sentite me ci?» chiese il mezzogigante, nella sua
solita grammatica raccapricciante.
«Ma anche no» risposero in coro Hermione ed Harry – che stava
contando gli antiestetici lividi che cominciavano a spuntargli un po’
dappertutto.
«Andiamo»
continuò Hagrid, acchiappandoli per la collottola e trascinandoli via in
direzione della Foresta Proibita.
«Posso
camminare da solo!» sbottò Harry, divincolandosi. Hagrid lo mise giù, raccolse
un arco che aveva lasciato appoggiato ad un albero e cominciò ad addentrarsi nella foresta, seguito dagli altri due.
Mentre il mezzogigante camminava spedito come una rompighiaccio al Polo Nord, Harry ed Hermione rimanevano
impigliati nelle ragnatele giganti, inciampavano nelle radici e cadevano in
pozzanghere profonde diversi metri.
«Allora»
cominciò a parlare Hagrid – come se le insidie della foresta non fossero
abbastanza per i poveri nervi dei ragazzi – «probabile un sapete
che altro da è che all’ licenziano lo mi momento…»
«Speriamo» replicò causticamente Harry, che aveva miracolosamente
compreso l’oscura composizione grammaticale della frase.
«Bisogno di cacciano vi ho mi perciò se occupiate cosa via che una…»
continuò Hagrid.
Raggiunsero
una radura, al centro della quale sorgeva una specie di cumulo. Ad un esame più
attento, si resero conto che non era affatto un cumulo, ma un’enorme schiena.
«Fratello Grop mio!» esordì Hagrid, indicandolo.
«No!» strillò
inorridito Harry «Già sopportarne uno solo era dura!
Adesso ce ne sono addirittura due!»
«Ti prego di
non paragonarmi a quel decerebrato del mio fratellastro» disse l’uomo-montagna
mettendosi a sedere.
«Naturalmente
sì» replicò l’uomo-montagna. «Al contrario di vossia, a
quanto pare» aggiunse, parlando tra sé e sé.
«Voi non caso
occupaste lui vi io che di vorrei potessi nel» spiegò
Hagrid.
«Ma anche no!»
replicò Harry, per una volta di troppo in questo capitolo, che sono sul punto
di stroncare causa patologica mancanza di idee.
«Tranquilli»
li rassicurò l’uomo-montagna «Assecondatelo per ora,
che appena lo silurano me ne torno all’università».
«I giganti
vanno all’università?» gli domandò Hermione.
«Certo che andiamo all’università. Alcuni di noi si
preoccupano della propria istruzione» rispose, lanciando un’occhiata più che
eloquente all’indirizzo di Hagrid.
«Ti chiami
davvero Grop?» intervenne Harry «Se
messo peggio di ZachariasSmith».
«Vuol dire “colui
il quale possiede un pantagruelico cervello ed un non indifferente quoziente
intellettivo” nella lingua dei giganti».
«Ah».
L’allegra e
colta conversazione venne interrotta dall’arrivo di un
branco di centauri, che fecero la loro comparsa galoppando al rallentatore, in
modo che la moviola mettesse in evidenza il fluire delle loro criniere e delle
loro code, il guizzare dei loro muscoli – sia umani che equini – e la
magnificenza della corsa stessa.
«Ehi, potrei
farmelo insegnare» commentò Harry, mentre i centauri, muovendosi ad un quarto
della velocità normale, si avvicinavano accompagnati da “La cavalcata delle
Valchirie”.
«Non sei più
il benvenuto qui, Hagrid» esordì quello che sembrava il capo. «Non avresti
dovuto portare quel nerd gigante nella Foresta. Ci mette in ombra con la
conoscenza stipata in quello spropositato cervello. E
ci distrae mentre sudiamo le nostre parti».
«Ci hanno
preso tutti come comparse in “Narnia”»
spiegò un altro centauro, leggendo un copione. «Alla faccia di quello sfigato di Fiorenzo».
«La nostra
sopportazione è agli sgoccioli» riprese il capo «O se ne va lui, o ce ne andiamo noi».
«Bene va. Ciao!» fece Hagrid, dirigendosi verso il castello con i
nostri eroi, salutando il centauro con la mano. Scortò Harry ed Hermione fino
all’ingresso del castello, dove li lasciò al proprio destino.
Dal campo si
riversò una marea di studenti, che cominciò a risalire il pendio erboso che
portava al castello. Ben prima di loro, la solita, stupida canzoncina raggiunse
le orecchie del gothguy e
della sua brutale amica.
Perché Weasley è il nostro emo
Basso,
brutto e pure scemo
I suoi
polsi taglieremo
Perché Weasley è il nostro emo
Weasley ha
una lametta
Se la tiene stretta stretta
Di sicuro
vinceremo
Perché Weasley è il nostro emo
[Sinceramente, me la ricordavo peggio… ndA]
«Dai» fece
Hermione «rientriamo prima di incrociare i Bisciargento,
che ho troppo mal di testa per menare le mani, e tra
l’altro la mia fedina penale è praticamente nera».
Il canto,
però, non veniva dalla folla verde e argento di Bisciargento,
ma da quella rosso e oro di Grifonplatino, che portavano in trionfo una figura non molto riconoscibile,
anche perché avvolta da diverse spire di nubi temporalesche.
«Oh, ma
guarda» commentò Harry «Scommetto che hanno perso la partita, e stanno andando
a far fuori Ron… quasi quasi vado anche io».
Le speranze di
Harry, però, vennero stroncate sul nascere dall’arrivo
di una cosa che sembrava una strana cometa con una scia di fumo, che si rivelò
essere Angelina. La ragazza placcò Harry, stritolandolo in una parodia di un
abbraccio e, ignorando gli strepiti del gothguy - «Iiiiih! Non toccarmi! Non
mi toccareeee!» - esclamò: «ABBIAMO VINTO!»
«Machissenefrega!» ribatté Harry,
liberandosi dalla parassita.
Nel frattempo,
la folla che portava Ron in trionfo era arrivata nei pressi del portone. Ron,
per niente cosciente di ciò che gli stava succedendo, guardò spaesato Harry ed
Hermione, ma non fece in tempo a dire niente perché coloro che lo stavano
trasportando gli fecero sbattere la testa contro l’architrave. E contro quello successivo. E quello dopo
ancora.
*Significato
del titolo: “grop” vuol dire
“nodo” in friulano… è una stronzata, lo so, ma è una stronzata divertente XD. Almeno per me… okay, non fa
ridere. La verità è che non ha nessuna logica… ma, come ben sapete, non è che
ce ne sia poi tanta di logica in ‘sta fic. E non me la sono sentita di chiamare Grop
“Nodo”, è troppo stupido anche per i miei standard. Morale della favola: il
titolo di questo capitolo non c’entra una fava con questo capitolo. Fine.
Ohmmioddio,
questo capitolo – oltre a fare schifo – è stato un autentico strazio!
Finalmente è finito! (Ed è anche cortino…) Ora posso
cominciare a disperarmi per il prossimo…
Quando Ron si fu ripreso dal trauma
cranico, Harry ed Hermione gli comunicarono l’agghiacciante novità, ovvero che
il gigantesco fratellastro nerd di Hagrid bazzicava nel bel mezzo della Foresta
Proibita. Ron prese la notizia proprio come si erano aspettati.
«Ah».
«Ron, quella battuta-è-mia»
ringhiò Harry, passandosi un altro strato di smalto.
«Considerando tutti i copyright che hai violato tu…»
intervenne Hermione.
«Che cavolo stai dicendo,
Hermione?!»
«…appunto».
*
* *
Finalmente, dopo ben 31 capitoli, era finalmente arrivato
giugno, il mese più odiato da Harry, subito dopo luglio, agosto, settembre,
marzo, aprile e maggio. Oltre ad arrecare un notevole danno allo stato d’animo
del nostro (anti)eroe, giugno era foriero di un’altra terrificante notizia,
l’incubo per ogni studente fosse riuscito a sopravvivere per vedere l’alba del
proprio quinto anno: i terribili N.E.C.S.O.A.F., ovveroi “Noiosi
Esami Che Siamo Obbligati A Fare”, inferiori sono ai E.P.I.Q.B.S.F.A.F.E.G.O.,
ugualmente impossibili da pronunciare. Gli insegnanti avevano rinunciato ad
inculcare qualcosa di nuovo negli ottusi cervelli dei propri studenti, e perciò
avevano optato per il ripasso delle poche nozioni che
erano riusciti incredibilmente a scolpire in quelle teste di granito (per non
dire di altro).
Da parte degli studenti, invece, si riscontrava una
notevole quantità di metodi per affrontare la cosa. C’era chi studiava fino a
farsi sanguinare le orbite. C’era chi ideava nuovi, fantasiosi metodi per
copiare. C’era chi beveva un energy drink dietro
l’altro, e poi studiava a velocità inumana, salvo poi crollare in una sorta di
coma onirico. C’era chi spacciava strane polverine miracolose – come per esempio
quella ragazzina bionda con una coroncina di alloro
sulla testa. E c’era chi, come Harry e Ron, se ne
sbatteva altamente.
«Ron, passami quella bottiglia» disse pigramente Harry, che
stava lucidando la sua collezione di crocefissi
d’argento spaparanzato su una poltrona davanti al camino nella sala comune.
«Voi due» esordì Hermione, passando nelle vicinanze con
un’enorme e precaria pila di libri in mano «dovreste seriamente mettervi a
studiare. Harry, vuoi o non vuoi diventare un Avatar?»
«Non voglio» replicò il goth guy, riponendo la croce
celtica per passare a quella gotica. «Io voglio fare la rockstar maledetta».
Durante l’ultima ora di Trasmutazione, la professoressa
McGranitt, infagottata come al solito nella tuta
mimetica dell’esercito, comunicò loro i dettagli sullo svolgimento degli esami.
«I vostri N.E.C.S.O.A.F. dureranno due settimane di
seguito. La mattina sosterrete il compito scritto, il pomeriggio quello
pratico. Sarete sorvegliati durante ogni prova, e chiunque copierà sarà
freddato all’istante dai uno dei duecento cecchini
sparsi per tutto il perimetro della scuola». Fece un cenno ad uno di essi, appostato su un ramo fuori dalla finestra, che li
salutò agitando la mano.
Il primo esame in programma era
Incantesimi, il lunedì mattina (il giorno più odiato da Harry subito
dopo martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato e domenica). La domenica sera
venne dedicata al ripasso (tranne Ron, la cui attività
principale fu quella di fissare in modo apatico la pila di libri posti sul
tavolo dinnanzi a lui, l’aura blu-grigio che turbinava nell’aria). Durante la cena, fecero il loro ingresso nella Grande Sala i membri
della commissione d’esame, un gruppetto di streghe e maghi decrepiti che
miracolosamente stavano ancora in piedi. La Umbridge
– che svettava sulle loro artritiche ossa di trenta centimetri buoni – stava
parlando con una di loro, la più rachitica, la più vecchia, la più rugosa, la
più avvizzita strega che avesse mai posato piede sul suolo terrestre.
«Come è andato il viaggio?» domandò
deferente la fetish woman, mettendo in atto la tattica comune del lecchinaggio.
«Cosa ho fatto a maggio?» replicò
la strega, apparentemente sorda come una campana.
Lasciando la Umbridge ai propri
problemi di comunicazione, i nostri (anti)eroi dedicarono la serata ad un
ripasso dell’ultimo minuto. Con i nostri (anti)eroi intendo
ovviamente Hermione, perché, come abbiamo già visto, Ron ed Harry se ne
sbattevano altamente.
*
* *
Il mattino dopo, si recarono nella Grande Sala, allestita
proprio come nel CD-RW dei ricordi di Piton, per il primo esame scritto, cioè Incantesimi. Fuori dalle
finestre, lampeggiavano minacciosi i mirini laser dei cecchini nascosti in
mezzo alla vegetazione; i puntini rossi che proiettavano sui muri danzavano per
la stanza come tante macabre lucciole.
«Hai qualcosa di rosso qui» disse Harry a Ron, indicandosi
la fronte.
Tutto sommato l’esame andò
relativamente bene (i cecchini dovettero abbattere solo una decina di studenti). I sopravvissuti, si ritirarono nelle
proprie sale comuni, ad attendere con ansia l’esame pratico del pomeriggio.
Seguirono, i giorni seguenti, gli esami di Trasmutazione, Corruzione Verso le
Arti Oscure, Intrugli, Difesa dalle Creature Magiche e Divinazione (e così
liquidiamo tre pagine in due righe… ndA).
Durante la prova notturna di Astronomia, cinque sagome
scure attraversarono il prato dirette verso la capanna di Hagrid. Nemmeno
cinque minuti dopo, la porta della capanna si spalancò e ci fu un breve
tafferuglio, conclusosi con la fuga di Hagrid e la McGranitt
in infermeria, dopo essere stata colpita da diversi incantesimi (e via altre
pagine… scusate, non mi viene in mente nulla… =_= ndA).
Il giorno dopo, fu la volta dell’esame di Preistoria della Magia. Dopo aver disegnato un’immagine di se stesso in
cima ad un precipizio a picco sul mare con un’incudine attorno al collo pur di
non lasciare il foglio in bianco, Harry si addormentò di schianto sul banco.
Harry accedette al proprio mondo onirico, e si ritrovò nello
spazio gigantesco simile ad una cattedrale con file e file di scaffali come
quelli di una biblioteca e pieni di CD-R 80 SQ 700MB. Raggiunse la fila 17 e si infilò tra due file di scaffali. Giunto in fondo al
corridoio, sollevò una mano bianca – ma senza smalto nero, orrore! – in
direzione di un uomo rannicchiato sul pavimento.
«Prendilo
per me, tiralo giù…io non posso, ma tu sì» si sentì dire.
«No» replicò l’uomo,
che si rivelò essere Sirius.
«Pensaci»
riprese Harry «non vorrai mica trovarti una testa di cavallo sul letto,
vero? O preferisci andare a dormire con i pesci con un
bel paio di scarpe di cemento?»
«No, le scarpe di
cemento no! Aaaaargh!»
Harry si svegliò, urlando.
Il
capitolo peggiore della storia =_=
Ma stiamo entrando nella fase finale, perciò credo (anzi,
spero!) che i prossimi capitoli saranno migliori. Grazie mille a chi continua a seguirmi nonostante tutto! <3
…sperando
che l’altra fic a cui sto lavorando non uccida anche il poco di creatività che
mi rimane! A presto, spero!XD
Come posso dire... sono semplicemente commossa per i commenti che mi avete lasciato... mi chieso se sia possibile avere dei lettori più affettuosi di voi, davvero, non ho parole per espriemere la mia gratitudine! ç_ç *si commuove*
CAPITOLO 32
UNDICI SCARPE
DI CEMENTO
Duecento e passa teste si
voltarono nella sua direzione – molte delle quali seccate per l’interruzione.
(ehi, ho fatto la rima! ndA; … ndTutti)
“Che bello” pensò Harry compiaciuto “sono al centro dell’attenzione, proprio come dovrebbe sempre
essere!”.
«Oh Santo Cielo!» esclamò l’esaminatore di turno,
portandosi le mani al viso in una parossistica imitazione dell’Urlo di Munch
«Lei sta male, molto male! Deve andare subito in infermeria!» e gli sbatté la
porta in faccia dopo averlo accompagnato (leggi: afferrato e trascinato) fuori.
Harry, irato per essere stato strappato così brutalmente
dal centro dell’attenzione, da sempre suo habitat naturale, si diresse verso
l’infermeria, pensando al sogno appena avuto. Povero padrino! Doveva fare
qualcosa, in fondo era l’unico parente che gli era rimasto! E poi, se
l’avessero scagionato da tutte le accuse, avrebbe
potuto farsi adottare e acquisire così quel cognome così dark, così gotico,
invece che trascinarsi dietro per tutta la vita quell’orrendo “Vasaio”. Harry
Mystryss Darque Nyght Rayn Ravyn VASAIO… c’era qualcosa di più patetico? Come
poteva accettare un cognome così poco goth?! Ah, dannato James… Harry Mystryss
Darque Nyght Rayn Ravyn Black… aaaah, pura poesia… quello sì che era un nome
che valesse la pena avere…
Mentre Harry era perso in questi consolanti seppur vacui
pensieri, la campanella suonò, ed una fiumana di studenti
si riversò nei corridoi. Cosa doveva fare?, si
chiedeva, mentre le rapide studentesche lo sbattevano contro muri ed armature,
trascinandolo lungo il corridoio. Doveva parlare con qualcuno… ma Smilente –
che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – era
latitante, Hagrid chissà dove, e la McGranitt al San Fungo. Gli rimanevano
soltanto due persone a cui rivolgersi suo malgrado: Ron ed Hermione.
«Vi devo dire una cosa» gli disse, quando li ebbe trovati.
«Voldemort ha preso Sirius… vuole fargli un paio di
scarpe di cemento, è terribile! Il cemento è così… grigio,
granuloso… kitsch… è assolutamente antiestetico! Povero padrino! E poi
vuole mandarlo a dormire con dei pesci puzzolenti…»
«Harry» lo interruppe Hermione paziente «credo che tu non
abbia afferrato appieno il significato di “scarpe di cemento”…»
«Sì che ho capito, non sono mica
un idiota!» sbottò Harry, strappandosi i capell… ma no, che assurdità…
«Io non penso affatto che tu sia un idiota» replicò
pacatamente Hermione, controllandosi distrattamente le unghie «Ma che cosa
conta la mia opinione contro quella di tutti?»
Ad Harry ci volle appena un’ora
per capire l’insulto. «Mi stai insultando?» sbottò. «…avverto un insolito déjà-vu…» aggiunse poi.
«Sì, vero?»
Se ne andarono a pranzo, poi
tornarono alla sala comune, dove si misero a giocare a Scarabeo. Harry alzò lo sguardo dalle proprie lettere – gli mancava la R per
comporre la parola NECROSCOPIA –.
«Ho come l’impressione che stiamo dimenticando qualcosa»
mormorò, posando le tesserine per DECOMPOSIZIONE.
«Intendi forse il tuo padrino?» provò a suggerire Hermione,
componendo PRECIPITEVOLISSIMEVOLMENTE e vincendo la partita.
«Oh Diavolo, è vero!» saltò su Harry, rovesciando il
tavolino con il tabellone dello Scarabeo e spargendone tesserine per tutta la
stanza. Afferrò Ron – la cui presenza si fa sempre più
insignificante, povero – per un braccio e lo trascinò fuori dalla sala comune.
Hermione gli andò dietro.
«Che cosa pensi di fare?» gli
chiese.
«Devo salvare Sirius, ovviamente!» replicò Harry. «Non
permetterò che il mio unico parente sia costretto ad indossare delle scarpe di
cemento!».
Hermione sospirò; si era dimenticata di spiegare ad Harry la questione delle scarpe di cemento… ma ormai era
troppo tardi. «Ron, dì qualcosa anche tu» tentò.
«L’Oscurità Stupra la Mia Tormentata Anima» scandì
l’emo-kid.
«…»
A metà scalinata incrociarono Ginni e Luna
Peace&LoveGood.
«Ciao» disse Ginni «Non ho niente di meglio da fare che
andarmene in giro a ficcare il naso negli affari degli altri in compagnia di
una ritardata che non fa altro che parlare di nargilli. Che cosa
state facendo?»
«Stiamo andando ad evitare che Sirius indossi delle
antiestetiche scarpe di cemento» sospirò Hermione alzando gli occhi al cielo.
«Scarpe di cemento?» gli fece eco Ginni, confusa.
«L’ho visto!» esordì tragicamente Harry, insinuandosi nel
discorso «Voldemort ha preso Sirius e lo ha trascinato nell’Ufficio Misteri
Misteriosi, dove vuole fargli indossare delle scarpe di cemento! Devo andare a
salvarlo!»
«Cosa si è fumato?» domandò Ginni ad
Hermione. La ragazza scosse la testa. Guardarono Luna Peace&LoveGood con
sospetto.
«Basta chiacchiere, dobbiamo
andare, subito!» strillò il goth guy isterico, strattonando il catatonico
emo-kid.
«Harry, sei sicuro? Magari era solo un sogno…»
«Non era un sogno! Cioè, sì, era
un sogno… ma era vero! Ed io non permetterò mai che il mio unico parente
indossi delle antiestetiche scarpe di cemento!» fece per andare, ma venne bloccato.
«Prima di fare cazzate, dovresti assicurarti che Sirius sia
effettivamente nelle mani del tuo
Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri,
e che il tuo sogno non sia una trappola per attirarti nell’Ufficio Misteri
Misteriosi…»
«E come facciamo?»
«Dalla stufa a pellet della Umbridge,
ovviamente».
«Come facciamo a tenere lontani
gli studenti dal suo ufficio in modo che non facciano la spia?»
«Diciamo a tutti che il corridoio è pieno di gas nervino»
intervenne Ginni.
«Sì» esclamò Hermione, con gli occhi che le brillavano. «Ho
giusto qua qualche granata al gas nervino…» disse, estraendone due o tre da
sotto la gonna.
«Per finta,
Hermione».
«Ah».
Ginni e Luna si piazzarono ai due accessi del corridoio,
cominciando a tenere le persone alla larga. Mentre Ron era stato incaricato di
distrarre la Umbridge - «Distraila
in qualche modo, non so, tagliati le vene nella Grande Sala…» - Harry
cominciò ad armeggiare con la serratura dell’ufficio. Provò con la tessera
della biblioteca, la patente (non sua ), la carta di credito (non sua), la
tessera sanitaria, invano.
«Spostati, Harry» disse Hermione con uno strano tono di voce,
reggendo su una spalla un arnese cilindrico. Un grosso arnese cilindrico. Un
grosso, pericoloso arnese cilindrico.
BOOOOOM!
«Davvero molto discreto, Hermione» commentò Harry sarcastico,
dopo che il fumo si fu diradato, guardando l’enorme squarcio che si era aperto
nella parete. «Potevi almeno colpire la porta».
«La prossima volta lo usi tu, il
bazooka, Signor Perfezione» replicò stizzita Hermione, riponendo l’arma.
I due si insinuarono nell’ufficio
della Umbridge – quanti stivali erano rimasti spaiati, dopo quell’esplosione…
–, ed Harry guardò con angoscia la stufa a pellet, che sembrava sorridergli
malignamente acquattata nel suo tetro angolino. Doveva
infilare di nuovo la testa là dentro… gli faceva male la cervicale solo
al pensiero.
Fece comunque quello che doveva
fare, e quando riaprì gli occhi si ritrovò a fissare il soggiorno di Grimmauld
Place, numero 17.
«Padrinoooo!» chiamò, vedendo la stanza deserta. «Dove sei?!»
La porta si aprì ed entrò il puccioso elfo domestico
Cracker, con la sua solita aria fastidiosamente felice. «Che
dolce!» squittì alla vista del goth guy – o meglio, della sua testa – nel
camino, facendo incazzare Harry oltre l’umanamente possibile.
«Tu, rifiuto elfico! Dov’è
Sirius?!»
«Cracker ti vuole bene!» trillò l’elfo, infilzando un marshmallow su uno stecchino
e arrostendolo sul fuoco, da qualche parte alla sinistra di Harry.
«Dove cavolo è Sirius!?» strillò
Harry, infuriato.
«Il padrone è uscito» disse l’elfo «Cracker vuole bene al
padrone, anche quando lo usa come Mocio Vileda».
«Cracker» ringhiò Harry «Vediamo se riesco a cavare
qualcosa da quel tuo cervello di gelatina, sempre che tu ne abbia
uno. Dove: avverbio di luogo. È: voce del verbo essere, terza persona
singolare, presente indicativo. Sirius: nome proprio di persona, un po’ retrò
ma ugualmente figo, sicuramente meglio di “Harry” – Uhm… Sirius Mystryss Darque
Nyght Rayn Ravyn Black… figo! –. Punto di domanda?».
Harry non sentì mai la risposta, perché si sentì afferrare
per i capelli – ORRORE! – e trascinare all’indietro, in un turbinio di fiamme…
e quando gli fu passata la nausea, si ritrovò sul nero tappeto dell’ufficio della Umbridge.
«Oh, cazzo!» esclamò, poco elegantemente.
«Credeva davvero» ringhiò Ahi-Che-Dolores
«Che non ci fossero dei sistemi di sicurezza in questo ufficio?».
Indicò le numerose telecamere disseminate per la stanza, con la loro ammiccante
lucina rossa ad intermittenza. «E poi avete rovinato
il mio paio di stivali preferiti» aggiunse, sollevando un miserabile brandello
di cuoio al quale era ancora miracolosamente attaccata una fibbia a forma di
teschio fiammeggiante. «Con chi cercava di mettersi in
contatto?» sbottò, minacciando Harry con il suo onnipresente frustino.
In fondo all’ufficio, strettamente sorvegliati dalla
Squadra d’Inquisizione aka S-Team, se ne stavano Hermione, Ron, Ginni, Luna e,
chissà perché, l’inutile Nerdville.
«Presi tutti!» annunciò un membro dell’S-Team,
pericolosamente somigliante ad un gorilla parlante (rima XD).
«Bene bene» commentò la Umbridge.
«Eccellente» si corresse poi, unendo le dita delle mani in un gesto ormai
stra-abusato in questa fic che viola l’ennesimo copyright nei confronti del
“povero” Matt Groening. Dopo che ebbe ritenuto di aver gongolato a sufficienza
per la cattura dei nemici del suo sistema scolastico, tornò a rivolgersi ad Harry.
«Molto bene, signor Potter. Le ho offerto
la possibilità di confessare spontaneamente, ma lei si rifiuta di collaborare.
Non ho altra scelta…». Harry deglutì, aspettandosi il peggio. Che cosa gli sarebbe toccato? Guardò con angoscia la panca
per spanking, un po’ impolverata dall’esplosione ma ancora integra, ed un vasto
assortimento di oggettistica fetish sfilò nella sua
mente, come una pubblicità trasmessa su un canale semisconosciuto nel bel mezzo
della notte (prima che pensiate male, non ho mai visto una cosa del genere,
grazie a Dio. U_U ndA).
«Draco!» lo chiamò la Umbridge «Vada a chiamare il professor
Piton!»
Il professor Piton!!!
Harry si rese conto che, nonostante ciò che aveva pensato,
c’era ancora un membro dell’Ordine a cui rivolgersi nella scuola: il professor
Piton, appunto. Il fatto che suddetto professore volesse vedere Harry perire
tra le più atroci sofferenze, poi, era una faccenda al
momento trascurabile.
Malfoy fece ritorno, seguito dalla goticissima sagoma nera
del professore.
«Voleva vedermi, signora Preside?» disse.
«Ah, professor Piton!» lo accolse la Umbridge.
L’ormai famoso binomio Piton-tutina fetish minacciò di fare la sua comparsa
nella mente di Harry, che però riuscì a non sganasciarsi dalle risate come al solito. «Avrei bisogno di avere un’altra bottiglia di Veritaserum
(non mi è venuta in mente nessuna alternativa, sigh)».
«Ha usato l’ultima che avevo per interrogare Potter»
replicò Piton facendo un cenno in direzione del goth guy, il quale, ancora
semi-stravaccato sul tappeto, cercava in tutti i modi di non ridere.
«Ma può prepararne dell’altro, no?» sbottò la Umbridge.
«Certo» rispose Piton. Estrasse un’agenda (nera) dalla
tasca, e cominciò a sfogliarla. «Dovrebbe essere pronto
traaaaaa… vediamo, mercoledì prossimo ho il concerto dei Paradise Lost…
poi c’è il post concerto… venerdì c’è il party al cimitero… poi il weekend con
il morto… la messa nera del lunedì… la settimana nera… il venerdì nero…
dovrebbe essere pronto tra due mesi, o giù di lì».
«Due mesi?!» eruppe la Umbridge «A me serve
ora, adesso, subito, immediatamente, dico! Ho appena sorpreso Potter
impegnato in un’improbabile verticale sulla mia stufa a pellet che cercava di
comunicare con uno o più Soggetti Ignoti!»
«Ma davvero?» commentò Piton, non
mettendo tuttavia nella frase l’enfasi necessaria che avrebbe richiesto,
voltandosi a guardare Harry, la cui testa sarebbe esplosa se non avesse potuto
liberare al più presto la risata che attendeva di erompere e che se ne stava
acquattata irrequieta da qualche parte dentro di lui. (Mamma mia, che frase
atroce… ndA)
«Voglio interrogarlo ora!»
urlò la Umbridge, sventolando il frustino in aria come
per scacciare mosche invisibili. «Voglio che lei mi fornisca subito una pozione che lo costringa a
dire la verità!»
«Gliel’ho già spiegato: la mia
scorta di Veritaserum è finita» replicò Piton calmo, nella sua pragmatica ed
elegante goticità. «A meno che non voglia avvelenare
Potter, non posso aiutarla».
«Lei mi sta ostacolando deliberatamente!» sbraitò la
Umbridge «Esca dal mio ufficio, ora!»
Piton fece per andarsene, ed Harry ebbe solo un nanosecondo
per agire, prima che il suo ultimo contatto con
l’Ordine svanisse oltre uno squarcio nel muro con uno svolazzo del suo nero
mantello così figo.
«Ha preso Tubero!» esordì il goth guy «Ha portato Tubero
nel posto dove è nascosta, e vuole fargli mettere delle scarpe di cemento!». –
Dall’angolino in cui era relegata, Hermione alzò
nuovamente gli occhi al cielo. Un bel giorno avrebbe preso Harry per mano,
l’avrebbe portato in una stanza isolata e tranquilla, l’avrebbe fatto sedere
comodamente… e gli avrebbe urlato contro fino a fargli entrare in testa il
significato di “scarpe di cemento” nel gergo mafioso in un modo talmente
indelebile che non l’avrebbe dimenticato neanche in un milione di anni, a costo di aprirgli la scatola cranica e
tatuarglielo direttamente nel cervello. –
«Tubero?!» esclamò la professoressa Umbridge «Che tubero? Una patata? Un ravanello? Una barbabietola? Una
rapa? E quali scarpe di cemento?»
«Non ne ho la minima idea» replicò Piton, liberando la
stanza dalla propria gotica presenza.
«Benissimo» commentò la Umbridge,
molto, ma molto incazzata. «Non ho scelta… qui è in
gioco la sicurezza del MiniMinistero…» disse tra sé e sé, rigirandosi il
frustino tra le unghie laccate di rosso sangue. «È lei che mi costringe,
Potter… io non vorrei… la maledizione Cruciatus
dovrebbe scioglierle la lingua».
Nonono, non andava affatto bene…
«Professoressa Umbridge, no!» esordì Hermione, dal suo
angolino. Se Harry doveva soffrire, avrebbe dovuto
essere per mano sua, e non avrebbe permesso ad un’attempata fetish woman di
farlo al posto suo. «È illegale! (…disse colei che scommise gli organi interni
dell’amico emo-kid…) Il MiniMinistro non vorrebbe che lei lo facesse!»
«Beh, come si dice…» replicò la Umbridge
«Lontano dagli occhi… lontano dagli occhi».E srotolò la fidata frusta, che
aveva tenuto fino ad allora arrotolata attorno ad un
passante della cintura come una novella Indiana Jones. «Per esempio, non ha mai
saputo che avevo ordinato ai Dissennatori di
attaccare Potter l’estate scorsa…»
«Cosa?!» sbottò il goth guy, più
che altro contrariato dal fatto che la sua ultima battuta risale a diverse
righe fa. «Sono quasi stato violentato da un lenzuolo ambulante per colpa
sua?!»
«Qualcuno doveva agire!» esclamò la Umbridge.
Alzò il braccio che reggeva la frusta, pronta a schioccare la sua frustata
magica (XD ma sono proprio un’idiota… ndA).
«Bene!» disse la Umbridge, per
l’ennesima volta, afferrando la ragazza e facendola “accomodare” sulla propria
poltrona. «Con chi stava cercando di parlare Potter poco fa?»
«Ecco…» rispose Hermione, falsamente titubante «cercava di
parlare con il professor Smilente – che si pronuncia
“smailente”, tra l’altro… -. Abbiamo provato un po’ dappertutto, però… dovevamo
dirgli una cosa importante…»
«Che cosa, che cosa?» la incitò la
fetish woman.
«Che l’arma di distruzione di massa è pronta, ma non
sappiamo come usarla…»
«Arma? Che arma? Avete creato
un’arma da usare contro il MiniMinistero?» indagò la Umbridge.
«Sì» rispose Hermione.
«Mi porti dov’è nascosta quest’arma» ordinò autorevolmente la Umbridge, ergendosi nella propria maestosa statura –
aiutata anche dai tacchi a spillo assassini.
«Okay» rispose semplicemente Hermione, con un’alzata di
spalle.
«Bene» disse ancora la Umbridge,
saturando definitivamente il capitolo di quella parola. Puntò la frusta verso
Harry, e gli fece cenno di alzarsi. «Andiamo dov’è nascosta quest’arma. Fatemi
strada, muovetevi!»
Malfoy si staccò dai compagni dell’S-Team e si fece avanti,
un po’ esitante.
«Signora Preside» esordì «non sarebbe meglio che qualcuno
di noi l’accompagnasse…»
«Le sembra che abbia bisogno d’aiuto?» replicò sarcastica
la Umbridge.
«Beh, no, ma…»
«Malfoy, non dovevi andare in bagno?» lo interruppe la
fetish woman, guardandolo di traverso.
«Ma veramente…»
«VAI IN BAGNO!»
«Sì, subbito!» piagnucolò Malfoy,
correndo fuori dalla stanza attraverso lo squarcio nel muro.
* *
*
Un
po’ meglio mi sembra… (almeno spero XD).
Sono
circa le due di notte, e non ho la più pallida idea di che razza di boiate ho
scritto. XP (povero Malfoy, un’altra figuraccia…)
Il
titolo del capitolo è incredibilmente stupido… semplicemente il numero di volte
che “scarpe di cemento” compare nel capitolo.
Grazie
mille a tutti coloro che recensiscono, seguono,
preferiscono e/o leggono soltanto! Vi adoro, come sempre <3 <3 Se non
fosse per voi, avrei abbandonato la fic molto tempo fa! Grazie ancora e a
presto!
Harry non riusciva a capire quale fosse
il piano di Hermione, sempre che ne avesse uno. Voleva forse attirare la Umbridge in un angolo isolato e freddarla con la letale
abilità di un ninja? Oppure sperava che incespicasse
in quei suoi tacchi improbabili e si rompesse l’osso del collo rotolando lungo
due rampe di scale? La ragazza li precedette attraverso la Sala d’Ingresso; una
volta all’aperto, si diresse risoluta in direzione della foresta proibita, il
fascinoso luogo d’origine di alcuni dei più famosi poemi oscuri e tenebrosi
partoriti dalla gotica mente del goth guy.
«Allora, dov’è?» chiese la Umbridge,
guardandosi attorno.
«Là dentro» rispose Hermione, facendo un cenno vago in
direzione della folta vegetazione.
Quando raggiunsero i primi alberi, la Umbridge
cominciò subito a rimanere incastrata nelle radici con i suoi tacchi assassini,
mentre i rovi tentavano, invano, di impigliarsi nella tutina in latex,
rischiando di tenderla ancora più indecorosamente volgare. Hermione continuò a
camminare speditamente, dirigendosi, suo malgrado, lungo il sentiero che
portava dall’adorabile ragno gigante che infestava la foresta, del quale la
ragazza ignorava l’esistenza.
«Hermione, sei sicura che questa sia la strada giusta?» le
chiese Harry, guardando affascinato diverse paia di occhietti
rossi ammiccare nelle tenebre, accompagnati da strane ed inquietanti risatine
isteriche.
«ALTROCHÈ!» urlò Hermione,
nonostante si trovasse a meno di un metro da lui.
«E abbassa la voce!» sbottò Harry,
portandosi le mani sulle orecchie doloranti. Ah, i suoi poveri, gotici timpani…
come avrebbe fatto ad ascoltare l’iPod se i suoi
timpani venivano danneggiati dalla trapanante voce della ragazza? «Potrebbe
sentirci… qualcosa». Con quel “qualcosa” non intendeva certo cose come ragni
grossi come elefanti, demoni perversi e sanguinari risaliti direttamente dalle
profondità dell’Averno, esseri subumani assatanati o gli Happy TreeFriends, ma qualcosa di
peggio, molto, molto peggio.
«MA COSA DICI, HARRY?! IO NON
VOGLIO CHE QUALCHE GROTTESCA CREATURA CI SENTA E VENGA QUI
A FARE IL CULO NERO ALLA UMBRIDGE, PERMETTENDOCI COSÌ DI SCAPPARE, TORNARE AL
CASTELLO E TROVARE UN MODO PER ANDARE ALL’UFFICIO MISTERI MISTERIOSI A SALVARE
IL TUO PADRINO CHE È STATO PROBABILMENTE RAPITO DAL TUO
ARCI-NEMICO-RECENTEMENTE-RESUSCITATO-PER-ALCUNI-E-DEFINITIVAMENTE-MORTO-PER-ALTRI
CHE NON SI SA COME È RIUSCITO AD INFILTRARSI NEL MINIMINISTERO DELLA MAGIMAGIA
IN BARBA A TUTTI QUELLI CHE GLI DANNO LA CACCIA!»
Harry si sentì morire – che bello! –, mentre Hermione
paonazza ansimava per cercare di riprendersi dalla carenza
d’ossigeno che l’aveva colta pronunciando un discorso così lungo ad un tale
volume e senza pause.
«Quanto manca, ancora?» ansimò la Umbridge,
cercando di liberare una gamba da un cespuglio di liane dotate di vita propria
e che, incredibilmente, non aveva sentito niente del lungo monologo urlato di
Hermione.
«NON MOLTO!» gridò Hermione, con l’ultimo sbuffo di fiato
che gli restava. Decise di adottare un metodo più drastico
per attirare l’attenzione, tirando fuori da chissà dove una pentola e
cominciando a battervi contro con un mestolo, facendo un fracasso d’inferno.
Una freccia attraversò l’aria sibilando, e si conficcò in
un tronco alle loro spalle. Poco dopo, si ritrovarono circondati da una
cinquantina di centauri armati di arco e frecce.
«Chi sei?» chiese una voce.
«Sono Ahi-Che-Dolores Umbridge» annunciò la
Umbridge, agitando la frusta. La cosa provocò una non indifferente
angoscia nelle fila centauriche (ecco qua, un’altra parola appena coniata solo
per voi! XD ndA). «Mistress Suprema della Scuola di
Magia, Stregoneria, Arti Marziali e Tattiche Militari di OhSchwartz
e Sottosegretario Sadico del MiniMinistero della MagiMagia».
«Sei del MiniMinistero?» ripeté
quello che sembrava il capo, leggermente inquieto.
«Proprio così!» esclamò la Umbridge. «E voi chi sareste,
bei fustacchioni?»
Harry ed Hermione si voltarono a guardare l’insegnante: “bei fustacchioni”? I centauri abbassarono
gli archi, pensando che forse quella di farsi vedere non era
stata proprio una buona idea; tennero gli sguardi inchiodati
sull’ondeggiante estremità della frusta, trafitti dalle occhiate focose della
Mistress, che era spuntata proprio nel bel mezzo del loro campo di tiro con l’arco.
«Oh, sì è fatto proprio tardi» esclamò il capo dei
centauri, consultando l’orologio da polso che non aveva «Dobbiamo proprio
andare…».
«Ma no» obiettò la Umbridge,
facendo un passo verso i centauri, che manifestavano un crescente senso
d’inquietudine. «Restate ancora un po’, abbiamo così tante cose da dirci…»
«No, no, abbiamo un appuntamento a… all’ippodromo!» gemette
il capo, facendo un passo all’indietro.
«Venite qui, bei fustacchioni!
Venite dalla vostra Ahi-Che-Dolores!» esclamò la fetish
woman, allargando le braccia in direzione dei mezz’uomini.
Ciò causò un fuggi fuggi generale
da parte dei centauri, che si allontanarono galoppando nel folto della foresta,
tallonati dalla Umbridge che continuava a berciare. Quando
le urla della donna si furono spente, Hermione si voltò verso Harry.
«Sai, Harry, pensò che il tuo primato di idiozia
in questa fan’s fiction sia seriamente in pericolo» constatò la ragazza. Si
guardò attorno. «Siamo nel bel mezzo della foresta, soli e disarmati» commentò.
«È arrivato il momento di usarla» dichiarò, con uno strano scintillio malvagio
nello sguardo.
Prima che Harry potesse chiedere
alcunché, Hermione aveva già tirato fuori una chiave d’argento dalla tasca
della veste. Si avvicinò ad un albero e infilò la chiave in un buco, la girò, e
il tronco si aprì come uno sportello.
«Questa è la chiave universale» spiegò Hermione «puoi
infilarla in qualsiasi buco e, una volta girata, si aprirà uno sportello nel
quale potrai ficcare tutto ciò che vuoi, per poi ritirarlo fuori in qualsiasi
momento».
«Figo» commentò Harry, pensando a quante e quali cose
avrebbe potuto metterci dentro, mentre Hermione trafficava con qualsiasi cosa
ci fosse nell’apertura. La ragazza estrasse una fondina ascellare, nella quale
infilò una semiautomatica; altre due fondine, legate alle gambe (tipo Lara
Croft, per intenderci) contenevano altrettante pistole. Si mise a tracolla un
fucile d’assalto e uno da cecchino, poi infilò un paio di coltelli negli anfibi
che aveva indossato, assieme alla tuta mimetica.
«Quand’è che ti sei cambiata?!» sbottò Harry stupito.
Magari anche lui avesse saputo cambiarsi così velocemente… avrebbe potuto
fregiarsi di una decina di cambi d’abito al giorno, in
modo che la propria figura non fosse mai banale, e avrebbe potuto sfoggiare la
sua invidiabile varietà di indumenti gotici.
Hermione gli porse un’arma. «Ti servirà» lo ammonì, notando
lo sguardo schifato del goth guy.
«Pfui! Io ho già la mia, di arma»
asserì sprezzante. «Sebastian!»
Dall’ombra emerse l’inquietante maggiordomo demoniaco,
reggendo un vassoio. Il maggiordomo porse il vassoio al goth guy, che afferrò
la pistola che vi era adagiata sopra, e che mise misteriosamente via.
«Ottimo lavoro, Sebastian. Torna pure da quel moccioso
monocolo con i capelli blu con cui stai di solito».
«Yes, my Lord» disse Sebastian, inchinandosi e scomparendo
nell’ombra dalla quale era venuto.
Harry lanciò un’occhiata ad
Hermione, schiacciata sotto il considerevole peso dell’artiglieria che si
portava appresso. I due si avviarono verso l’uscita della foresta, ma prima che
potessero arrivarci vennero raggiunti da Ginni, Luna e
Nerdville. Ron li seguiva apaticamente a due metri di distanza, simile ad una
cometa dalla coda nerastra. Ricomposto il gruppetto, il problema principale era:
come raggiungere l’Ufficio Misteri Misteriosi? Immersi nel loro profondo
cogitare, non si accorsero che, diverse grottesche creature, li osservavano da
dietro gli alberi.
«Cos’è stato?» squittì Nerdville,
sussultando al rumore di un bastoncino che si spezzava nelle profondità della
foresta.
«Oh my
Goth!»esclamò Harry, balzando in piedi.
Dall’oscurità emersero alcune creature che il nostro goth
guy avrebbe preferito non vedere mai più, se non sei
suoi più peggiori incubi – mmmh, incubi… -, con i loro enoooormi
occhi sbrilluccicosi, i tatuaggi pucciosi
sulle cosce e la loro peluria GIALLA!
«Ecco, abbiamo risolto il problema di come andare
all’Ufficio Misteri Misteriosi!» commentò Nerdville, fissando le creature che
gli altri – a parte Harry, povere le sue gotiche orbite, e Luna – non potevano
vedere.
«Sono quelle cose che ad Harry
fanno tanti ribrezzo e che può vedere solo chi ha visto High School Musical?» indagò Ginni, guardandosi attorno senza
vedere nulla.
«Sì» rispose Nerdville. «Grazie alle loro graziose alucce
glitterose dai colori pastello potremo solcare i cieli della Gran Bretagna
lasciandoci alle spalle una scia di luccicanti stelle cadenti… che c’è?». Si
bloccò, notando lo sguardo disgustato degli altri.
«No!» strillò isterico Harry, appeso ad un ramo, desideroso
di mettere più distanza possibile tra sé e quelle creature. « No cazzo! Io
voglio i Thestral, non ’ste merde! Andateci voi con ‘sti cosi! Io non ci salgo! Voglio un Thestral che è dark e
fa figo!»
«Smettila di fare il bambino!» lo rimproverò Hermione,
caricando minacciosamente il fucile. «O scendi tu, o
ti faccio scendere io. E credimi, non ti piacerà!».
Harry scese dall’albero imprecando e borbottando
maledizioni, tenendo gli occhi fissi sui My Little Pony nel caso avessero la malaugurata idea di avvicinarglisi. Sempre
tenendolo sotto tiro, Hermione lo “convinse” ad avvicinarsi ad una di quelle
creature.
«Non ce n’è uno di un altro colore?» piagnucolò il goth guy
«Un colore qualsiasi… mi va bene anche il rosa, ma giallo no, ti prego, giallo no!»
«Harry…» ringhiò Hermione.
Sospirando, Harry salì sull’animale. Perfetto, avrebbe
dovuto bruciare tutti i suoi vestiti, dopo. E quelli
erano i suoi pantaloni preferiti. Cercò di non pensare su che cosa era seduto.
* Ecco
un altro capitolo dal titolo assurdo… Non vuol dire niente, semplicemente,
quando ho letto l’originale (“Lotta e Fuga”) il mio deviato cervellino lo ha
subito associato al programma della Parodi (mi scuso
con chi non lo conosce…) (chissà perché poi, non c’è nemmeno un’assonanza…),
con conseguenti ed inspiegabili risatine isteriche (mica tanto inspiegabili…
qualcuno guarda Nientology? XD Ho riso fino alla morte!
XDD) Ecco, ho anche pubblicizzato dei programmi televisivi, mi dovrebbero
pagare! XD
Questo
capitolo è lunghissimo (beh, rispetto agli altri)! O.o Beh, che dire, divertitevi
(spero)! XD Ci sentiamo alla fine!
CAPITOLO 34
L’UFFICIO MISTERI
MISTERIOSI
Grazie all’aiuto di Luna, anche Ginni, Ron ed Hermione
riuscirono a salire in groppa a delle bestie che non riuscivano nemmeno a
vedere. Harry continuò a borbottare maledizioni senza senso, pensando che in
quel momento avrebbe potuto essere in groppa ad una possente e malvagia
creatura, nera come l’Averno, progenie del Diavolo stesso, con delle grandi ali
di cuoio, lo sguardo di fuoco e zanne d’avorio. E
invece no, era seduto sulla schiena di una specie di pony spastico, giallo e, molto
probabilmente, stupido.
«Bene, andiamo!» li spronò Hermione, il cui Pony ansimava
cianotico sotto il peso dell’artiglieria che la ragazza portava addosso. Harry,
dal canto suo, stava armeggiando con l’iPod.
«Harry… Cosa diavolo stai
facendo?» chiese Ginni, nervosamente sospesa nell’aria, almeno per quanto
poteva vedere lei.
«Sentite» ringhiò Harry, senza guardarla, infilandosi le
cuffiette nelle orecchie. «Mi avete costretto a salire su questo coso. Adesso,
per favore, mi lasciate trovare una colonna sonora adeguata, in modo che questa
missione di salvataggio non sia proprio lo schifo totale che è stata finora. Chiaro?»
«Limpido» asserì Ginni.
«Cristallino» confermò Hermione.
Continuo a smanettare con l’iPod per
un abbondante quarto d’ora. Quando qualcuno cercava di fargli notare che avrebbero dovuto andare a salvare un certo Sirius Black, lui
li zittiva sostenendo che, senza un’adeguata colonna sonora, lui non avrebbe
mosso un dito. Finalmente, Harry poté godersi la più oscura, aggressiva,
metallica, gotica colonna sonora che avesse mai compromesso
la funzionalità dei suoi timpani.
«Possiamo andare, adesso?» domandò caustica Ginni, che nel
frattempo si era fatta la manicure ad entrambe le mani.
«Sì, adesso sì» concesse Harry, alzando
il volume e danneggiando ulteriormente il suo udito già profondamente leso.
«Hai sentito, Ron?» disse Hermione, rivolgendosi
all’emo-kid che stava apportando gli ultimi preparativi al rudimentale patibolo
che aveva costruito con i resti di vegetazione trovati nei paraggi, e che stava
appunto assicurando il cappio, ricavato da erba secca intrecciata, ad un ramo.
«Andiamo!»
Ron, depresso (che novità…), lasciò cadere l’elaborato nodo
scorsoio che aveva confezionato con tanta cura e montò sul My Little Pony –
come caspio abbia fatto senza vederlo resta un mistero
-, che stava assorbendo un po’ l’aura apatica dell’emo-kid. Probabilmente, di
lì a poco, il primo My Little Pony emo avrebbe camminato sulla terra – per poi
finire, morto stecchito, in fondo ad una scarpata sassosa nel quale si sarebbe involontariamente gettato. Di testa. Con
una benda sugli occhi. E le zampe legate. Tenendo un
candelotto di dinamite tra i denti. Acceso.
I sei animali spiccarono il volo con le loro grandi ali
glitterose, volando in formazione nel cielo plumbeo sopra ad OhSchwartz. Il
volo verso il MiniMinistero fu, tutto sommato, tranquillo – senzacalcolare le precipitazioni di Luna, le
collisioni di Ron con ogni aereo passasse nel raggio
di un chilometro, le imprecazioni d Harry contro l’aria che continuava a
spettinarlo, e le razzie di pennuti ad opera di Hermione.
I My Little Pony planarono,
atterrando accanto ad un familiare – per Harry – cassonetto della spazzatura.
«E adesso?»domandò Nerdville, dopo aver vomitato l’anima
in un tombino.
«Da questa parte» fece strada
Harry, pettinandosi. Indicò il cassonetto della spazzatura. «Quella è l’entrata
del MiniMinistero».
«Sei sicuro?» domandò Hermione scettica, stringendo la
cinghia della tracolla del fucile, che stava cominciando ad allentarsi.
«Lo giuro sulla mia anima» rispose Harry – frase per niente
rassicurante, considerando il fatto che l’aveva già
venduta per tre volte e che quindi non gliene rimaneva nemmeno un briciolo.
Ginni alzò il coperchio del cassonetto e guardò dentro, in
quella voragine oscura che sembrava non avere fine. Tanto per
provare, raccolse un sassolino, che gettò nel buco. Due ore dopo non
aveva ancora sentito nessun rumore. «Non sono convinta» commentò. Un’insegna al
neon di due metri per due sospesa sopra al cassonetto
– INGRESSO MINIMINISTERO DELLA MAGIMAGIA – fugò ogni suo dubbio.
Per nulla rassicurata, scavalcò il
bordo e si lasciò cadere al suo interno, seguita da Luna, Ron – Harry fu
lietissimo di aiutarlo –, Hermione e
Nerdville. Precipitarono nel vuoto per chilometri e chilometri, per poi,
infine, schiantarsi su un povero materasso che aveva sicuramente visto tempi
migliori, e che non era mai stato sostituito dagli albori del MiniMinistero – i
maghi non guardavano le televendite di Mastrota, evidentemente. Tre quarti
d’ora dopo, vennero raggiunti da un rilassatissimo
Harry, comodamente appoggiato alla parete della cabina telefonica-ascensore.
«Hermione, risparmia i proiettili per dopo» la ammonì
Ginni, stroncando sul nascere la furia omicida che Hermione
era pronta a scatenare contro goth guy.
Scavando nella propria memoria, Harry individuò il citofono
con la tastiera simile a quella dei telefoni appeso ad
una parete. Non ci volle un grande sforzo per ricordare la sequenza di numeri
da digitare.
«Benvenuti al MiniMinistero della MagiMagia» disse la
solita Voce. «Per favore, dichiarate il vostro nome e il motivo della visita».
«Allooora…
Harry Mystryss Darque Nyght Rayn Ravyn Potter, Ron Weasley, Hermione Granger, Nerdville Paciock, Luna
Peace&LoveGood, Ginni Weasley. Siamo qui per impedire che il mio Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri
faccia indossare delle scarpe di cemento al mio padrino, Don Sirius Corleo…
ehm, Black» disse Harry.
«Grazie» disse la Voce «Il visitatore è pregato di
raccogliere la spilla e fissarla sul vestito».
Tre lunghissime spille, di almeno trenta centimetri l’una –
quella di Harry raggiungeva almeno i cinquanta -, caddero
scintillando dal cielo.
«Cosa ce ne facciamo di queste?» domandò
Nerdville, raccogliendo la sua.
«Secondo il detto che ogni cosa può diventare un’arma, io
propongo di portarcele dietro ed usarle come pugnali» propose Ginni, ricevendo
uno sguardo di pura ammirazione da parte di Hermione.
«Oh, Ginni!» fece questa, commossa «Non avevo mai notato
quanto le nostre menti fossero così affini! Vieni qua,
fatti abbracciare!»
L’aria si riempì di stelline, fiorellini, retini, e
quant’altro di inutile ed opulento compare nei manga
shojo-ai, mentre le due ragazze si abbracciavano, in lacrime.
«Possiamo andare, adesso?» fu l’acida interruzione di
Harry, che troncò quel momento topico. Estrasse l’emo-kid dal pavimento – nel
quale si era conficcato fino alla vita essendo caduto di testa – e attraversò
la parete che si era sollevata verso l’altro, seguito dalla sua combriccola.
Si prese un attimo di tempo per rimirare il goticissimo
atrio del MiniMinistero, tutto nero, con i camini argentati, a quell’ora
spenti. Meraviglioso, ad eccezione di quell’orrenda fontana kitsch che faceva
bella mostra di sé nel bel mezzo dell’androne, quando avrebbe
dovuto essere disintegrata con una bella esplosione, in modo da non nuocere
mai più agli artistici sguardi di coloro che ne posavano gli occhi sopra. Quando si riscosse, si accorse che i suoi cosiddetti
compagni erano dall’altra parte dell’atrio, e lo stavano aspettando.
«Harry, chiama l’ascensore» lo spronò Hermione.
Harry si portò le mani a coppa attorno alla bocca, prese un
bel respiro, e…
«ASCENSOREEEEEEEEE!»
Hermione lo guardò allibita. Dopo alcuni lunghissimi
secondi di assoluto sconcerto, si voltò verso Ginni,
sconvolta almeno quanto lei, se non addirittura di più. «Fermami, perché se no
lo massacro» disse.
«Siamo in due» le rispose l’altra.
Incredibilmente, contro ogni aspettativa,
l’ascensore arrivò sferragliando. Hermione provò la sgradevolissima e per lei
nuova sensazione di avere appena fatto una colossale figura di
emme. Quando le porte si aprirono, Harry,
memore della precedente agghiacciante presenza, guardò l’ascensore come se
fosse stato un gigantesco, soffice, GIALLO marshmallow dotato di cavità orale,
pronto ad ingoiarlo.
«Sembra che Harry abbia bisogno di un piccolo
incoraggiamento» ghignò Hermione, facendo scattare la sicura della
semiautomatica.
Luna si avvicinò al goth guy, ed estrasse furtivamente una
bustina trasparente dalla tasca della veste. «Prova questa» gli disse, con la
sua solita aria svampita «Poi tutto ti sembrerà più bello». Harry osservò
attentamente la vacua espressione della ragazza, e decise che no, non era
proprio il caso.
Nel frattempo, erano tutti entrati nella cabina
dell’ascensore, a parte Harry.
«Harry, ti vuoi muovere?» lo esortò Ginni.
«No» replicò Harry, nel suo miglior tono da bambino viziato
che ottiene sempre tutto quello che vuole.
«In questi casi» intervenne serafica Hermione, ci vuole
quella che io definisco “terapia d’urto”». Da una tasca della tuta mimetica, Hermione
estrasse un sacchettino di carta. «Lo sai cos’è questo?» disse, all’indirizzo di Harry. Il goth
guy scosse cautamente la testa. Con una lucina pericolosa negli occhi, Hermione
estrasse l’oggetto dal sacchetto. Harry impallidì – sì, ancora di più.
«NO!» gemette.
«Oh, sì» fece Hermione.
«Il mio Eric Draven* pluriaccessoriato con indumenti di
vera pelle! Come hai fatto a prenderlo?!» squittì il
goth guy, profondamente disperato, tendendo le mani in direzione del
bambolotto.
«Le cose sono due» proseguì spietata Hermione, ignorandolo.
«Uno. Tu sali su questo ascensore, e io ti ridò la
bambola. Due. Tu resti lì e il caro Eric Draven diventa un mucchietto di
plastica liquefatta. Ora scegli». Per enfatizzare la minaccia, estrasse un
accendino da un’alta delle innumerevoli tasche.
Harry fu travolto da una furiosa tempesta interiore. Non
poteva permettere che il suo adorato Eric venisse
profanato in quella maniera! Aveva venduto l’anima, per quella bambola –
letteralmente –! Si fece coraggio e, ignorando il terrore istintivo che la
cabina infernale esercitava su di lui, entrò nell’ascensore.
«Bravo bambino» fu il commento di Hermione, che rese il
bambolotto al legittimo proprietario, che scoppiò a piangere dalla felicità
(urgh…).
«Guarda che ti cola il trucco» gli suggerì spassionatamente
Luna, mentre il mascara non-waterproof di Harry cominciava a liquefarsi.
L’ascensore, nel frattempo, aveva cominciato la sua
precipitosa discesa verso il basso. Ben presto, si
ritrovarono tutti spiaccicati contro il soffitto, per poi schiantarsi sul
pavimento quando la cabina si arrestò all’improvviso. Ron ne sembrava
stranamente entusiasta – quanto può essere entusiasta
un emo-kid, ovviamente, e cioè molto poco -.
«Lo rifacciamo?» chiese, mentre la sua aura prendeva un
leggero tono blu pervinca, assolutamente insolito nella sua consueta gamma
cromatica.
Cinque paia di occhi omicidi si
posarono su di lui – anzi, quattro, perché Luna non è che sia poi tanto capace
di intendere e di volere. Dopo che Nerdville ebbe vomitato anche l’anima – per
la seconda volta in un capitolo, un record – in un solitario cestino per la
raccolta della carta piazzato inspiegabilmente in mezzo al corridoio, i sei
furono finalmente pronti a scendere la lunga scalinata senza fine che li avrebbe
portati attraverso la porta nera che infestava i sogni di Harry.
Dopo due o tre ore che scendevano, Harry si rese
improvvisamente conto che la suddetta porta non si trovava in fondo alle scale,
bensì dopo un luuuungo corridoio al quale si accedeva dal pianerottolo che si erano appena lasciati alle
spalle. Quando lo riferì agli altri, si fece tutti i
rimanenti scalini rimbalzando sul sedere, mentre Ginni ed Hermione si
chiedevano se avrebbero dovuto spingerlo un po’ più forte.
Comunque, nonostante tutto, i sei
baldi eroi riuscirono finalmente a raggiungere la lucida porta, nera come i
lividi sul posteriore di Harry. La porta si spalancò, dritta sulla faccia del
goth guy, che cominciò ad inveire contro una cera autrice che continuava ad
attentare alla sua bellezza causandogli un’infinita dose di sofferenze.
I sei varcarono la soglia, e si trovarono in una stanza
circolare, nera: pavimento nero, soffitto nero, pareti nere, porte nere, tutto
nero. Perfino la fiamma delle candele nere era nera. Qualcuno chiuse la porta, e
si ritrovarono tutti al buio – anche la luce era nera.
«Qualcuno ha un accendino?» chiese Nerdville, che se la
stava letteralmente facendo sotto.
«No» replicò secca Hermione, nonostante qualche riga fa
abbiamo visto perfettamente che ce l’ha. Ma sappiamo anche che è una stronza, quindi lasciamo
perdere.
«Ho sentito un sibilo» piagnucolò Nerdville.
«Tranquillo, è soltanto il vento che soffia nella tua
testa» replicò caustico Harry. Cominciò ad agitare le braccia, per cercare un
qualsiasi punto di riferimento tattile nella stanza.
«Porco!» strillò Ginni, tirandogli un calcio in mezzo alle
gambe.
Si udì un sonoro DONG!, e la ragazza
cominciò a saltellare, tenendosi il piede dolorante.
«Ti ho mai parlato della mia cintura di castità?» le chiese
tranquillamente Harry (cos’è, un sospensorio corazzato!? ndA).
Sospirando, Hermione cominciò a frugare nelle numerose
tasche, dalle quali estrasse un cilindro di metallo, un tronco di cono
anch’esso di metallo, una lampadina, un disco di vetro dal diametro di dieci
centimetri, dodici batterie alcaline formato AA, ed un pugno di fili di rame rossi e blu. Mise tutto insieme – al buio! È un
fenomeno, ‘sta ragazza! – ed
accese la torcia che aveva fabbricato in meno di due minuti.
«Chi cazzo sei, McGyver?!» sbottò
incredulo Harry – e seccato, anche, perché quella luce gialla rovinava tutta la
lugubre goticità dell’ambiente.
«Come fai a conoscere il nome
dell’amante di mia madre?» domandò sospettosamente Hermione.
«…»
Ignorando quale fosse la porta che
li avrebbe condotti a destinazione, ne scelsero una a caso. Varcando la soglia,
si ritrovarono attorniati da cose pelose avvolte nel cellophane, tra le quali
si fecero faticosamente strada.
«Sembrano pellicce» commentò svaporatamene Luna, togliendo un
sacchetto di plastica dalla testa dell’emo-kid ormai cianotico.
Dopo aver attraversato a gomitate una gran quantità di
“sembrano pellicce”, i sei si ritrovarono in uno spiazzo in mezzo ad una
foresta innevata. Al centro dello spiazzo, completamente fuori posto,
troneggiava un lampione. Mentre i nostri… mah, eroi
continuavano a fissare il lampione, uno strano essere dalle zampe caprine uscì
dal bosco.
«Salute a voi, Figli di Adamo e
Figlie di Eva» disse l’essere, un ominide boccoloso mezzo uomo e mezzo caprone
con una sciarpa rossa attorno al collo.
«AAAAAARGH!» strillò Harry. “Il Diavolo!” pensò. Tempo due
secondi e fu in cima al lampione. No, non poteva essere! È vero, gli aveva venduto l’anima – a lui e ad altri due… - però era
troppo presto perché venisse a riscuoterla! Non era ancora morto, insomma…
«Non mi chiamo “aaaaaargh”!» fece l’essere. «Il mio nome è
Tumnus!»
«Harry» intervenne Hermione, guardando il goth guy
abbarbicato in cima al palo come un bradipo al suo albero «Nel tuo sogno c’era questo
signor Tonnus?»
«NO!» gemette Harry, che stava cominciando a perdere la
presa.
«Allora mi sa tanto che abbiamo sbagliato porta» ragionò
Hermione, constatò l’ovvio. Il tempo di far scendere gentilmente Harry
dall’albero, e i sei tornarono a farsi strada attraverso le pellicce.
«Aspettate!» berciò il mezz’uomo «Non andate via! Voi
dovete salvare Narnia! Ehi, mi sentite?!» ma le sue suppliche caddero nel
vuoto, perché i nostri eroi erano già tornati nella stanza nera.
«Fallimento» commentò l’emo-kid apatico. Non capirono se si
riferisse al fatto che avevano sbagliato porta, oppure al suo tentato suicidio
sventato dalla drogata della compagnia.
«Proviamone un’altra» incoraggiò Nerdville, svelando tutto
il malessere che quella stanza provocava alla sua psiche da nerd.
Fu Ginni ad aprire la porta, che dava su una stanza con il
pavimento a scacchi bianco e nero. Lungo le pareti di
questa stanza, c’erano altre porte – e che palle! ndI-Nostri-“Eroi”
–, e nel bel mezzo stava un tavolino, al quale Hermione si avvicinò.
«C’è una bottiglietta, qua» constatò.
«C’è scritto “BEVIMI”».
«Oooh, che bello!» fece Luna, strappandole di mano la
bottiglietta e bevendone a canna tutto il contenuto.
Gli altri cinque la guardarono, allibiti. Che sarebbe successo, ora? Avrebbero visto la svampita Luna
contorcersi per avvelenamento sul pavimento della stanza? Oppure
sarebbe esplosa, imbrattando pareti e pavimento? Niente di tutto ciò. La
ragazza cominciò a rimpicciolire.
«Oh no, ecco altre violazioni di copyright!» gemette Ginni
«Non bastava Narnia, adesso anche questo!»
Raggiunte le dimensioni di un bonsai, Luna cominciò a
rendersi conto che qualcosa non andava.
«Aiuto!» squittì, guardando quei cinque giganti che la
sovrastavano.
All’improvviso, dall’alto cadde, in testa ad Harry – e te pareva… ndHarry -, una ragazza bionda,
vestita alla moda di Harajuku.
«Ah, però!» fece questa, rassettandosi il vestito da Lolita
«Non mi ricordavo che nel Paese delle Meraviglie ci fosse
un bonazzo del genere! Piacere, Alice!»
Harry era combattuto tra lo sbatterle la testa contro il tavolino per vedere quanto fosse vuota, o prendere la Sig
Sauer di Hermione e spararsi. Alla fine, giunse ad un compromesso.
«Puoi gentilmente toglierti di dosso?» fece, mentre una
vena aveva cominciato a pulsargli sulla fronte.
«Cosa facciamo con Luna?» domandò
preoccupato Nerdville, raccogliendola dal pavimento per appoggiarla sul tavolo.
«Dovrebbe esserci una scatola di biscotti con su scritto “MANGIAMI” sul pavimento» li aggiornò la
nuova arrivata, facendo gli occhi dolci ad Harry. “Un’altra” pensò il goth guy,
seccato; gli spigoli del tavolino acquisirono nuovo fascino, ai suoi occhi.
Nerdville si piegò sotto al tavolo
e raccolse la sopraccitata scatolina, la voltò e il suo volto si fece cereo.
«Oh, no!» piagnucolò «Sono scaduti!»
«Ah, beh, pazienza» fece cinica Hermione, guardando la
minuscola Luna zampettare sul tavolo come uno scarafaggio biondo. «Abbiamo
un’altra bionda qua… prendiamo lei e lasciamo Luna qui, nessuno noterà la
differenza…»
«No!» esclamò Harry.
«Che palle, Harry, non ti va mai
bene niente! Adesso basta, me ne sbatto di quello che vuoi tu: prendiamo Alice
e lasciamo Luna, non cambia niente».
«E io cosa faccio?» domandò Luna, che
stava cominciando a riacquistare un po’ della lucidità che non possedeva da
anni.
«Vai a salvare il Paese delle Meraviglie, cara» la liquidò
Alice, afferrando la biondina e ficcandola in una piccola porta apertasi nella
parete. «Come ti chiami, splendore?» chiese poi ad
Harry, sbattendo le folte e lunghe ciglia, probabilmente finte.
Harry la ignorò alzando gli occhi al cielo, e se ne
tornarono tutti nella stanza nera.
«Tutto ciò mi turba» fece Nerdville, occhieggiando la
ragazza.
«Ah, a te ti turba» replicò
caustico Harry.
Preparandosi al peggio, varcarono la soglia dell’ennesima
stanza, che aveva tutta l’aria dei essere una camera
da letto.
«Pareti nere» commentò Harry compiaciuto, annuendo.
«Beh, qui non c’è niente, a parte una abnorme
collezione di manga» liquidò il tutto Hermione. «Torniamo indietro».
«Aaaargh!» strillò all’improvviso
il goth guy, indicando una parete. «Quale indegna creatura ha osato appendere
un poster del grandissimoBrandon Lee?!
Nessuno, e ripeto, nessuno che non sia io ha il
diritto di farlo!». Per ovviare a quell’empietà, Harry cominciò a staccarlo dal
muro, approfittando dell’occasione per appropriarsi anche di quello di Ville
Valo, appeso accanto. «Aaaaah, un ritaglio di giornale con una foto dei
Deathstars! Staccare, staccare tutto!».
Mentre lo scempio si compiva, la
porta si aprì e qualcuno – no, non Qualcuno, qualcun altro… – entrò nella
stanza.
«Ma che cazz…» fece l’intruso, o
meglio, l’intrusa, guardando inorridita il buco vuoto dove un tempo l’affascinante Brandon Lee aveva vegliato sul suo sonno.
«Ehi!»
«Oh» commentò Hermione, fissando la nuova arrivata. «Ti
assomiglia, Harry. È tua sorella?»
«Non ho nessuna sorella, e se ce l’avessi
non sarebbe sicuramente un cesso come questa qua» rispose cinico il goth guy.
«Oh, grazie. Non sperare in un lieto fine,
brutto stronzo. Entro il trentottesimo capitolo avrai
perso tutti i capelli… e questa non è una minaccia vana».
Harry si portò le mani alla testa e indietreggiò,
sconvolto. «No…»
«Oh mio Dio!» gemette Nerdville, puntando il dito con il
cess… ehm, la legittima proprietaria della stanza. «È l’Autrice!»
«Ma che bravo» replicò cinica
questa «Adesso volete spiegarmi, per favore, che cosa ci fate qui?»
«Che domanda è?» intervenne Ginni
«Sei tu quella che scrive, lo dovresti sapere. E poi,
non ti rendi conto di quanto sia stupida questa cosa?!
È illogico!»
«Ti sembra che in
questa fan’s fiction ci sia qualcosa di logico?!» sbottò piccata l’Autrice. «Ti
pare di scorgere anche un solo barlume di logicità in questo pot-pourri di
stronzate, un sottile filo di criterio in questo gomitolo di idiozia,
un solo tassello di razionalità in questo puzzle di demenza?! Sarebbe come dire
che io ho un cervello!» si sfogò, con fare melodrammatico.
«Ora capisco perché siamo tanto coglioni» commentò Harry,
ficcandosi i poster arrotolati sotto il braccio, chiedendosi se fosse il caso
di prendersi anche la locandina di Stay Alive.
«Ho la soluzione a tutti i nostri problemi» annunciò
Hermione. Tramortì l’Autrice con il calcio del fucile e cominciò a svuotare
taniche di cherosene in giro per la stanza. «Restando qui non andremo da
nessuna parte. Torniamo indietro».
Accese un fiammifero e lo lasciò cadere. La stanza prese
fuoco in pochi istanti. I nostri “eroi” tornarono velocemente nella Stanza
Nera.
«Non ci credo, abbiamo fatto fuori
l’Autrice!» esclamò Ginni «Vuol dire che adesso siamo liberi di fare quello che
vogliamo!»
«Non è un controsenso?» rifletté Nerdville «Insomma, non
dovremmo poter fare niente…»
«Nerdville, non pensare o ti esploderà il cervello».
Aprirono l’ennesima porta, ormai pronti al peggio. Si
ritrovarono un una stanza anonima, nella quale un uomo aveva tutta l’aria di
starli aspettando. Porse ad Harry un lungo cappotto di
pelle ed un paio di occhiali da sole.
«Tu sei l’Eletto» disse, porgendogli anche uno spinotto.
«Prego?» replicò Harry, guardandolo con sospetto.
La porta – non quella da cui erano
entrati, un’altra – si spalancò all’improvviso, ed una folla di uomini tutti
uguali in smoking fecero irruzione nella stanza.
«OMG!» esclamò l’uomo «Eletto, presto! Sei la nostra unica
speranza! …Eletto?»
«Non so voi» disse il suddetto “Eletto”, al sicuro nella
Stanza Nera «Ma io mi sto, come dire, rompendo i
sacrosanti a finire ogni volta in un posto assurdo che non ha niente a che fare
con questa stupida parodia».
Diverse porte dopo, riuscirono finalmente ad accedere alla stanza simile ad una cattedrale e grande come
un hangar piena di CD-R 80 SQ 700MB.
«Dove dobbiamo andare adesso?»
indagò Hermione.
«Fila 17» la informò Harry, dando uno spintone ad Alice,
che continuava ad avvicinarglisi troppo per i suoi gusti.
Guardarono i cartellini appesi agli scaffali. Quello alla
loro destra segnava 17. Ma anche quello alla loro
sinistra segnava 17. E quello dopo. E
quello dopo ancora…
«Oddio» gemette Hermione «l’abbiamo dimenticato nel bel
mezzo delle Termopili… a quest’ora gli spartani lo
avranno fatto fuori».
Una vistosa macchia nera semovente
la smentì. Ron, infatti, si era involontariamente mimetizzato all’ombra di uno
degli scaffali.
«Guarda, Harry» disse ad un certo punto
Nerdville «qui c’è scritto il tuo nome».
Infatti, una lunghiiissima etichetta dirottava
l’attenzione ad un particolare CD-R, tutto nero, a differenza degli altri, che
erano argentati. Oltre all’esteso nome del goth guy, l’etichetta riportava
anche degli strani acronimi (M.G. a
A.e-u-a-v-d-n-c-n-s-a-e.S-c.s.p.“s”.). Accanto al suo nome, il nostro fascinoso
“eroe” notò che c’era scritto anche il nome d’arte del suo Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri,
ovvero Signor Oscuro.
«Tsk!» commentò onomatopeicamente Harry «Io meriterei molto
più di lui quell’appellativo». Allungò la mano ed afferrò il CD-R, soppesandolo.
«Qualcuno ha un notebook a portata di mano?» chiese. Il suo sguardo indugiò
sulle numerose tasche della tuta mimetica di Hermione, che sembravano essere in
grado di contenere qualsiasi cosa.
«Molto bene, Potter» disse una voce proveniente dalle loro
spalle «Adesso voltati lentamente e dammelo».
Allora,
è o non è il capitolo più stupido che abbiate mai letto
in questa fan’s fiction? XD (ma non era poi così lungo XD) Sono riuscita pure a farmi fuori
da sola! XDD Oh, a proposito, non vorrei essere
sembrata troppo ipocrita, ad avere messo quella scena… però ci
fantasticavo su da un sacco di tempo, e mi sarebbe dispiaciuto non metterla…
Oh,
e non temete per la povera Luna, mi inventerò un modo
per farla tornare. XD
Grazie mille, come sempre a tutti voi che continuate a seguirmi! Non trovo più le parole per dimostrarvi la mia gratitudine XP A presto! <3
Capitolo
35… vuol dire che siamo quasi alla fine. Ç_Ç
Non
so se essere contenta, per essere riuscita a portare avanti una cosa del genere
per così tanto tempo, oppure triste…
…
Ma passiamo ad argomenti più allegri. Scusateeee per il
ritardo, ma la scorsa settimana sono stata impegnata con una fan art (che non è
nemmeno venuta bene come speravo… che crudele, la vita!), che mi ha portato via
un sacco di tempo… Ma chissenefrega, in fondo, l’importante è che il capitolo
35 sia finito! Fufufufu…
CAPITOLO 35
OLTRE IL FOULARD
I nostri eroi si voltarono di scatto in direzione della
voce. Dietro di loro, ad una distanza un po’ troppo ravvicinata per i loro
gusti, stavano dei tizi inquietanti, tutti vestiti di nero, che indossavano delle strane, spaventose, angoscianti maschere…
«Ma…» ansimò Nerdville, pericolosamente sull’orlo di una
sincope «…ma…sono…sono…»
«…sono gli SLIPKNOT!» lo interruppe Harry, non credendo ai
propri occhi. «Presto, datemi una penna! Voglio un autografo!». Si volse in
direzione di Hermione, in attesa che una penna
spuntasse magicamente da una delle innumerevoli tasche della sua tuta mimetica.
«Macché Slipknot!» lo riprese
Ginni «Sei sempre stato così idiota o stai facendo uno sforzo speciale per
impressionarci?»
«Mi stai insultando?»
«Dammelo, Potter» ripeté il tizio inquietante numero 1,
stroncando la lite sul nascere e tendendo la mano in direzione del goth guy.
«Dammi il CD-R con la profezia e nessuno si farà male».
«Fammi pensare» replicò Harry, assumendo un’aria pensosa.
«Eeeeeeeeeeh… no». Passando dall’aria pensosa ad un aria
moltofiga, Harry estrasse misteriosamente la
pistola magica da chissà dove, mettendosi in posa a-la-Lara-Croft.
«Al mio segnale» disse ai suoi compagni di merende «…scatenate l’inferno».
«Uh, ma che bravo» commentò ironica Hermione «pure le frasi
da film, adesso. E per di più una scontata e
stra-abusata come questa. Perché allora non “che la
forza sia con te?” Oppure “dopotutto, domani è un altro giorno?” O magari “non
può piovere per sempre”, già che ci siamo…?»
«Ah, certo!» replicò Harry «Perché
dire adesso “non può piovere per sempre” ha senso, no? Vabbè che di logica qua
non ce n’è neanche un briciolo, ma così si esagera…»
I cattivi, come succede sempre in
questi casi, in particolar modo negli anime, se ne stettero placidamente ad
aspettare che i buoni smettessero di battibeccare. Non gli passò neanche
nell’anticamera del cervello di farli fuori mentre erano distratti, oh no! Che
figura ci avrebbero fatto, in quel caso? Erano
cattivi, certo, ma cattivi di classe. Perciò si misero comodi ed aspettarono
pazientemente che quella specie di Snake al femminile e Morticia al maschile smettessero di urlarsi contro.
«Avete finito?» sbottò una voce femminile tra le fila dei
nemici, dopo circa un quarto d’ora di lite furibonda.
«…sì, ma almeno cita un film che finisce bene, lo sai come
finisce “il Gladiatore”?!» continuò imperterrita Hermione, ignorandola.
«Ma cosa c’entra?» ribatté Harry, deciso
a non dargliela vinta «Tanto ormai l’ho detta!»
«SCUSATE!» intervenne il cattivone numero 1, alzando la
voce per farsi sentire. «Avete finito?!»
«No, dobbiamo ancora ideare un piano per fregarvi» rispose
Ginni. I nostri sei eroi si avvicinarono gli uni agli altri per non farsi
sentire, mentre i nemici, sospirando, se ne tornarono ai loro cruciverba.
«Allora» cominciò Harry «tu, Hermione, passi la palla a
Ron. Ron, fai finta di correre verso Luna»
«Alice» lo corresse la bionda.
«Sì, è uguale… allora, Ron, fingi di andare verso Luna, ma
invece vai verso Ginni, che fingerà di dirigersi verso Nerdville, ma che invece
placcherà il cattivone numero uno. Poi passate a me ed io facciotouchdown».
«Eh?» fecero gli altri 5 che, comprensibilmente, non
avevano capito una fava.
«Gli gridiamo “C’è un alieno!” e quando si girano a
guardare scappiamo» riassunse in poche parole Harry.
«Avete finito, adesso?» gemette il cattivone numero 1, i
cui nervi stavano cominciando a logorarsi irreparabilmente. «Dovreste tremare,
di fronte a noi… noi…»
«Voi cosa?»
«Noi… m…rte…» concluse,
a malapena udibile.
«Cosa?!»
«Mangiatorte!» ripeté, a voce un po’ più alta.
Harry e compagnia scoppiarono a
ridere. Il cattivone numero 1, imbarazzato, si voltò
verso i colleghi. «Ve l’avevo detto, io, che era un nome ridicolo!» piagnucolò.
«Abbiamo scelto a maggioranza» replicò uno degli altri,
stringendosi nelle spalle.
«All’inizio avevamo pensato a “Mangiamorte”» spiegò Numero
1, cercando di giustificare una così lacunosa mancanza di creatività «Ma poi ci
abbiamo riflettuto su… come si fa a mangiare la morte? Non si può… al limite
si potrebbe mangiare un morto, ma che
schifo… allora abbiamo optato per Mangiatorte, che ha
una certa assonanza… e mangiare una torta e decisamente meno rivoltante che
mangiare un cadavere…»
«Lucius, guarda che se ne sono andati»
lo interruppe l’unica rappresentante femminile del gruppo – che se l’era
portata dietro per non apparire troppo maschilista.
«Hai detto il mio nome!» gemette istericamente il cattivone
numero 1, aka Lucius Malfoy «Non avresti dovuto farlo! Adesso sanno chi sono!».
«Ah, perché prima non si capiva» replicò
ironica la donna, lanciando un’occhiata di traverso ai 50 centimetri buoni di
capelli
biondo-platino-tendente-al-bianco-abbagliante-stile-Sephiroth-anche-se-in-realtà-quest’ultimo-li-ha-più-grigi-che-bianchi
che ricadevano sulla schiena abbigliata di nero dell’uomo.
I… Mangiatorte (pfff…ahahahahahahah!!!
Muoio! – sì, di nuovo – XD! ndA) cominciarono
febbrilmente a cercare, tra le infinite file di scaffali, le loro prede.
(comincia siparietto stile Benny Hill Show – o come cavolo
si chiama – durante il quale i cattivoni corrono a destra e spuntano a
sinistra, e viceversa, velocizzati in maniera innaturale ed
accompagnati da una musichetta comica)
Finalmente, riuscirono a trovare l’isterigoth e i suoi
amici in fondo alla sala, che ceravano un’immaginaria porta nascosta nella
parete.
«Te l’avevo detto che era la parte sbagliata!» strillò
Hermione, sul punto di aggredire Harry con una delle migliaia di alternative proposte dalla sua praticamente infinita
artiglieria.
«Va bene, Miss Perfezione, la prossima volta ascoltiamo
tutti te ed andiamo nella direzione indicata dal cartello USCITA!» ribatté
acido.
«No, non di nuovo!» gemette Lucius, strappandosi i capelli.
(Aaaah, questo non farà affatto bene alle sue doppie punte… ndHarry)
«Via, ci penso io» intervenne la donna «Potter, dacci il
CD-R».
«Okay» fece questi, consegnandoglielo.
«Harry, ma cosa hai fatto!?»
sbottarono sconvolti i suoi compagni.
«Fufufufu… in realtà, quello non è il CD-R che cercando. L’ho sostituito poco fa con un altro».
«E invece no» lo smentì Lucius,
trionfante «Perché prima che tu lo sostituissi, io l’avevo
già sostituito con il CD-R che cercavo, in previsione che tu facessi una cosa
simile».
«Sapevo che l’avresti fatto, così io l’ho sostituito prima
di te, una ventina di volte».
«Non mi inganni, è questo
l’originale, lo so».
«E allora guardalo».
Lucius, sollevò sospettosamente lo sportellino della
scatolina contenente il CD-R, senza staccare gli occhi dal goth guy e compagnia.
Giusto il tempo di lanciare un’occhiata al contenuto della custodia, che i
nostri eroi erano spariti.
«D’oh!» sbottò Lucius.
«Lucius, sei un coglione!» lo apostrofò la donna,
strappandogli di mano la falsa profezia. «E poi, chi è
il deficiente che ha comprato ‘ste maschere?! Non si respira, qua sotto!». La
donna si levò la maschera, imitata dagli altri.
«Ma non potete!» piagnucolò Lucius
«E l’anonimato? E poi abbiamo
un’immagine da difendere! Non potete…!»
«Dacci un taglio».
I poveri Mangiatorte ricominciarono a cercare tra gli
scaffali. Nel frattempo i nostri eroi era giunti in
prossimità della porta dalla quale erano entrati. Nerdville fece per aprirla,
ma…
«Ah-ha! Trovati!» esclamò
esultante l’unica rappresentante femminile dei Mangiatorte, che si affrettarono
a raggiungerla.
«Oh my Goth!» gemette Harry, indicandola affascinato. «Ma è Bella-
«BELLA!»
Immancabilmente, il solito, patetico, sedicente vampiro
mancato fece la sua comparsa nell’Ufficio Misteri Misteriosi – come se qualcuno
ne sentisse la mancanza.
«Bella, amor mio? Dove sei? Dove costoro celano la tua così
seducente ottusità? Quale indegna mano sacrilega ti tiene lontana dalla mia
tenebrosamente affascinante persona? Ho sentito pronunciare il tuo incantevole
nome, perciò non devi essere lontana! Oh, mia Bella!»
«Che cazzo vuoi?» domandò acida la
donna, squadrandolo torvamente.
«…Bella? Oh, mia Bella, che cosa ti hanno
fatto?» gemette teatralmente Edward Cullen – come si faccia, poi, a scambiare
quella strafiga di Helena Bonham
Carter con Kristen Steward, non lo capirò mai… – «Dov’è il tuo dolce visino dalla soave espressione da deficiente?».
«Hermione, credo sia ora di spargere un po’ di tutto quel
piombo che ti sei portata appresso» esordì spassionatamente Harry, mentre i cattivoni
erano distratti dalla presenza assolutamente molesta del sedicente vampiro.
«Concordo» replicò la ragazza, stranamente d’accordo, per
una volta, con il goth guy. Con un AK-47 in una mano e una mitraglietta uzi
nell’altra, Hermione fece fuoco, ridendo come un’assatanata, mentre il vento
prodotto dallo sfrecciare delle pallottole attraverso l’aria le faceva
svolazzare i capelli come ad un’indemoniata.
«Bwahahahahahah! Guardatemi!» sghignazzò la ragazza, a
malapena udibile in mezzo al fragore prodotto dalle armi da fuoco. «Sono Tony
Montana!»
Finalmente, i caricatori si svuotarono. Fili di fumo si
levarono dai fori che avevano provocato sul pavimento e sugli scaffali, donando
alla scena una parvenza di irrealtà. Hermione ansimava
come un mantice, i capelli ancora sparati in tutte le
direzione ed un’espressione folle stampata sul viso. Diradatosi il fumo,
scoprì, con profondo rammarico, di non aver colpito nessun Mangiatorte… ma, in
compenso, il sedicente vampiro aveva più buchi delle calze a rete della Umbridge.
«Oh mia Bella!» piagnucolò, tutt’altro che defunto «Come farò a stringerti al mio marmoreo e statuario torace, ora
che è traforato come la mia anima senza te?»
«Ma quello non muore mai?» sbottò
Harry, subito dopo aver riacquistato l’udito.
«Oh Bella, mia
Bella» continuò la seccante creatura «Non m’importa se sei
cambiata così tanto, sei sempre la mia Bella!»
«Bellatrix, lo conosci?» intervenne Lucius, controllando i
danni provocati dalle pallottole al suo sciccoso mantello svolazzante.
«Bellatrix?» ripeté Edward Cullen «Non Isabella?»
«Qui non c’è nessuna fottuta Isabella!» sbottò Bellatrix,
sferrando al sedicente vampiro un montante che lo spedì dritto dritto nella
stratosfera.
«Non è meravigliosa?» commentò estasiato Harry «Così affascinante, e così decisa… E ah, che carattere…».
«Lo abbiamo perso» considerò Nerdville, sventolando una
mano davanti al viso del goth guy.
«Chi sarebbe questa Bellatrix?» intervenne Alice, irritata,
guardando torvamente l’ergastolana.
«Ora che sono distratti!» li esortò
Ginni, spalancando la porta. Assieme ad
Hermione, afferrò Harry e lo trascinò oltre la soglia.
«Bellatrix, IO TI AMOOOO!» gridò il goth guy, poco prima
che la porta gli si richiudesse in faccia.
«Che cosa facciamo, adesso?» piagnucolò
Nerdville, respirando affannosamente in un sacchetto di carta.
«Usciamo, ovviamente» gli rispose Harry,
recuperando rapidamente il self-control.
Hermione accese la torcia. «Dov’è
Ron?» chiese.
«Ah, beh… pazienza, dirò alla mamma che è caduto in battaglia» asserì Ginni stringendosi nelle spalle.
«Sono qui» assicurò il diretto interessato, comparendo nel
fascio di luce rivolto verso l’altro.
«AAAAAAAAARGH!» gridarono gli altri cinque, terrorizzati
dall’apparizione. Ron, dal canto suo, si scostò il ciuffo dagli occhi.
«Ci avranno sentito» commentò Ginni, ricomponendosi.
«Dobbiamo uscire, subito!». Spalancò una porta e la varcò, seguita da Ron e
Alice. La porta si richiuse.
«Ehi, e noi?» si lamentò Nerdville.
I tre eroi rimasti superarono una porta a caso, finendo in
un’anonima stanza dotata di tavoli e librerie. Corsero verso la porta aperta
dall’altro lato della stanza, ma, prima che potessero raggiungerla, un
Mangiatorte comparve dietro di loro. I nostri eroi vennero
scaraventati contro il muro, e se ne stettero per un po’ a terra a vegetare,
rincoglioniti dal colpo.
«Li abbiamo trovati!» gridò trionfante un cattivone «In un
ufficio…». Una granata lo colpì alla testa facendogli perdere i sensi.
L’ordigno rimbalzò ed andò a finire in un angolo.
«Togli la sicura, prima, fenomeno»
sbottò Hermione rivolgendosi ad Harry, il quale, irritato, continuava a
lisciarsi i capelli.
«Non è che hai un pettine?» chiese
alla ragazza, ignorando la frecciatina.
All’improvviso, un secondo Mangiatorte fece irruzione nella
stanza, e colpì Hermione alla testa con un flying drop*.
«Hermione!» squittì Nerdville, che solo allora stava
cominciando a riacquisire le proprie facoltà mentali. Il Mangiatorte-wrestler
gli tirò un calcione in faccia, spappolandogli un naso che, anche prima, non è che fosse poi così attraente.
«Dammi la profezia» intimò il Mangiatorte, allungando la
mano verso Harry.
«Noddaiela, Harry!» biascicò
Nerdville, tenendosi il naso zampillante sangue come una fontanella.
«…eh? Non ti capisco, parli peggio di Hagrid…» constatò il goth guy, cercando freneticamente nel proprio
archivio mentale qualcosa che gli permettesse di evadere da quella spiacevole
situazione. «Guarda!» esclamò alla fine, puntando l’indice verso un punto alle
spalle del nemico «Un UFO!». Quando il Mangiatorte si
girò, Harry lo colpì forte sulla nuca con un gigantesco martello di legno da un
quintale – preso direttamente da una delle innumerevoli tasche di Hermione,
naturalmente.
«Allora, Nerdville, facciamo così…» disse poi, abbandonando
il martello al suo destino «Tu prendi Hermione ed esci di qui. Io devo trovare
gli altri…»
«Infatti non lo sono» borbottò il
goth guy di rimando «Solo che ho affidato a Ginni i poster che ho fottuto all’Autrice, e che non ho assolutamente intenzione
di lasciare qua».
«Ah».
Aspettando che Nerdville trascinasse un’Hermione priva di
sensi per la stanza, Harry fece ritorno nella roteante stanza nera. Una volta
che il nerd fu riuscito nell’impresa ed ebbe chiuso la porta, un altro uscio si
spalancò – indovinate un po’ dove – sulla faccia di
Harry.
«Ma porca trota!» strepitò questi,
desideroso più che mai di svuotare il caricatore della propria pistola magica
addosso a chiunque avesse osato insidiare la sua avvenenza.
«Ginni, Ron, Luna…» ringhiò, facendo scattare la sicura.
«Alice» lo corresse nuovamente la bionda.
«E’ uguale…».
Però, prima di portare a
compimento la propria incontenibile vendetta, Harry si rese conto che Ron aveva
qualcosa di strano. Innanzitutto sorrideva (!), un grottesco sorriso che gli
andava da un orecchio all’altro, e che perfino il gatto del Chesire
gli avrebbe invidiato. Poi, i suoi capelli erano
inspiegabilmente mutati in un solare biondo platino, che sembrava quasi emanare
luce propria. Terzo, la sua tetra aura oppressiva era scomparsa.
«Che cavolo ha?» chiese. Ginni si
strinse nelle spalle.
«A bò. È la mia ultima preoccupazione, in questo momento»
replicò la ragazza indicando il proprio piede, girato in modo raccapricciante
all’indietro.
«Ma che bell’albero abbiamo qui…»
commentò uno stranamente loquace Ron, abbracciando il tronco della pianta
situata per qualche misteriosa ragione nel bel mezzo della stanza.
«Fantastico…» commentò Harry, sepolcrale, guardando quello
che, fino a poco tempo prima, era un gruppo di
preudo-eroi, forse un po’ male assortiti, ma almeno funzionanti.
«Erano in quattro» riferì Alice, l’unica
apparentemente sana – fisicamente, almeno…** –. «Ci hanno inseguito in
una stanza piena di pianeti… Ron si è schiantato contro Saturno, che gli ha
quasi tagliato la gola con il suo anello…»
«Aspetta» la interruppe Harry, voltandosi verso Ginni.
«Dove sono i miei (tsè, suoi… ndA) poster?»
«Poster? Quali poster?» domandò la ragazza, continuando a
fissare il proprio grottesco piede. «Ah, quei, poster» ricordò, di fronte allo
sguardo torvo di Harry. «Sono andati, mi dispiace».
«NOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!»
«Tutto ciò è molto teatrale, Harry, tesoro» lo rassicurò
Alice, avvicinandoglisi e posando una mano sulla spalla del goth guy,
inginocchiato a terra. «Ma se fai così i cattivi ci
sentiranno…»
«Leva quella mano»
intimò Harry, con la sottintesa minaccia di infliggere all’arto di Alice la stessa tortura subita dall’articolazione di
Ginni.
In quel drammatico momento, fecero irruzione nella stanza
tre Mangiatorte, guidati da Bellatrix Lestrange.
«Oh» fece Harry, passando dall’ira funesta ad un disgustoso
love-mode.
Ginni alzò gli occhi al cielo. Spalancò una
porta, vi scaraventò dentro i compagni – il tutto su un piede solo! È
fenomenale, ‘sta ragazza! – e se la
richiuse alle spalle. Erano finiti in una stanza contenente una vasca,
nella quale galleggiavano diversi cervelli.
«Ehi, Harry, qui dentro è pieno di cervelli» disse Ron,
affacciandosi oltre il bordo della vasca.
«Ecco, bravo, guarda se riesci a trovare il tuo» borbottò
caustico l’interpellato, aiutando Ginni ad inchiodare delle assi contro la
porta.
Ron pescò un cervello dalla vasca, portandolo verso i
compagni impegnati a fortificare l’uscio.
«Non portarlo qui, stupido!» lo apostrofò Harry, guardando
disgustato la specie di cavolfiore che l’ex emo-kid reggeva tra le braccia.
«Oh, che bello!» commentò Ginni, martellando un chiodo «Un
idiota che dà dello stupido a un cretino!»
Prima che Ron potesse
raggiungerli, dall’ammasso di materia grigia si srotolarono nastri di immagini
in movimento, simili alla pellicola di un film (seeee… cinematic record…
ndA-citando-Kuroshitsuji), che si avvolsero strettamente attorno a Ron.
«Oh, mi sta strangolando» commentò l’ex emo-kid estasiato,
osservando le proprie estremità farsi blu.
In quella, i cinque Mangiatorte riuscirono a penetrare
nella stanza, proprio dalla porta stracarica di assi
che Harry e Ginni ci avevano inchiodato sopra. Stranamente, invece di spaccare
la faccia ad Harry come al solito, la porta colpì
Ginni, tramortendola. Stessa fine fece Lun… ehm, cioè, Alice. Così, con Hermione fuori uso da diverse righe e
Ron semisoffocato sul pavimento, gli unici che potessero affrontare il nemico erano il nostro favoloso
protagonista ed uno sgrammaticato Nerdville.
Lasciando il secchione al proprio
destino, Harry corse dall’altra parte della stanza e superò l’ennesima porta,
ritrovandosi in un ampio spazio, costituito da enormi scaloni e, al centro, su
una piattaforma, un arco al quale stava appeso un gigantesco foulard.
All’improvviso, Harry non sentì più il terreno sotto di sé, e cadde,
rimbalzando sui gradoni, fino ad atterrare scompostamente in fondo.
«Auch…» gemette, raddrizzandosi.
I cinque Mangiatorte della Stanza dei Cervelli lo
seguirono, e vennero ben presto raggiunti da altrettanti. Tutti
insieme, circondarono Harry.
«Dacci quella fottuta profezia» lo esortò un alquanto
spettinato e stravolto Lucius.
Prima che Harry potesse rispondere
con una battutaccia delle sue, che gli sarebbe costata qualche arto spezzato e
diversi denti in meno, irruppero nella stanza Sirius, Lupin, Malocchio Moody,
Tonks e Kingsley.
Malfoy si voltò con il bastone da passeggio levato, ma venne colpito in pieno da Tonks, che era inciampata in cima
agli scaloni ed era precipitata inesorabilmente. Harry ne approfittò
per saltare giù dalla piattaforma e portarsi fuori tiro, mentre Mangiatorte e
membri dell’Ordine se le davano di santa ragione. Harry si avviò velocemente
verso l’uscita, ma venne bloccato da un Mangiatorte
con i capelli rossi armato di motosega.
«Non trovi anche tu che il rosso sia
un colore meraviglioso?» esordì, puntando l’arnese da giardiniere in direzione
di Harry.
«Okay…»
Il rosso venne atterrato con un
placcaggio, e finì in fondo agli scaloni. L’ormai solita e familiare colonna
sonora risuonò nell’aria.
«Padrino!» esclamò sollevato il goth guy, vedendo l’adorato
parente rialzarsi a fatica dopo aver placcato il nemico.
«Picciott… Harry!»
La riunione di famiglia fu guastata dall’apparizione di
Lucius, che afferrò da dietro Harry intimandogli di consegnargli il CD-R. Harry, prontamente, estrasse il CD dalla tasca e lo
lanciò come un frisbee a Nerdville, che era riuscito a trascinarsi fin lì.
Nerdville alzò le braccia per prenderlo, ma questo all’improvviso deviò,
andando a fracassarsi contro una colonna.
«Ops» fece il goth guy.
«Smiledde!» fu la replica di
Nerdville, che si illuminò tutto guardando qualcosa
che aveva fatto la sua comparsa nella stanza.
«Che cosa?»
«Smiledde!» ripeté Nerdville,
indicandoglielo.
Albus-e-un’-altra-ventina-di-nomi-che-non-sto-ad-elencare
Smilente – che si pronuncia “Smailente”, tra l’altro –
era comparso sopra di loro, in cima ai gradini. Sguainò la sua arma magica –
una bella spada laser, molto futuristica – e la puntò contro i Mangiatorte, che
smisero di duellare e vennero trascinati verso il
fondo della stanza da una forza invisibile. Soltanto due continuavano a
combattere: Bellatrix e Sirius.
«Hai staccato la testa a tutte le mie Barbie!» si lamentò
Bellatrix, scagliando un incantesimo contro il cugino.
«Tu hai bruciato tutti i miei poster dei Bauhaus!» replicò
Sirius, schivandolo.
«Hai sacrificato il mio criceto durante un rito satanico!»
proseguì Bellatrix, tentando nuovamente di colpirlo.
«Hai detto che Siouxie Sioux è una zoccola!»
«Hai sventrato il mio Cicciobello!»
«Hai rotto tutti i miei vinili degli AC/DC!»
«Mi hai rubato gli stivali col tacco a spillo!»
«Non è vero!»
I Mangiatorte, Smilente – che si pronuncia “Smailente”, tra
l’altro –, i membri dell’Ordine, Harry e Nerdville si misero comodi comodi a guardare i due parenti che si vendicavano di
screzi passati.
Alla fine, Bellatrix estrasse una colt e sparò in pieno
petto al cugino, che fu sbalzato indietro. Non contenta, svuotò l’intero
caricatore contro il cugino, lo colpì con una raffica di mitragliatrice ed un
razzo. Sirius – o quello che restava… - finì oltre l’arco, oltre il foulard,
sparendo.
«Sirius!» gemette Harry, correndo in soccorso dell’unico
parente vagamente dark che avesse. Prima che potesse
attraversare il tessuto svolazzante, però, venne bloccato da Lupin.
«Non puoi fare niente, Harry…» gli disse, moderando la voce
per farla apparire il più rassicurante possibile «Sirius… È MORTO!»
«Aaaaaaaaah!»
«SPARITO PER SEMPRE, MORTO DI UNA MORTE ORRENDA E SUPER
DOLOROSA, ANDATO, ANDATO, ANDATO, COME IL TUO CANE!»
«Il mio cane è morto?!»
«L’ho messo sotto con la macchina quando sono arrivato,
TUTTI QUELLI CHE AMI INTORNO A TE STANNO MORENDO!»
«AAAAAAH!»
«AAAAAAH!»
« AAAAAAH!»
« AAAAAAH!»
«AAAAAAH!»***
*è una mossa di wrestling… credo.
** sia chiaro, non ho niente
contro l’Alice originale… solo che la mia è un po’ cogliona.
***scambio di battute copiato spudoratamente
da Scarie Movie 3
No,
non lo dirò. Non dirò che questo capitolo, come tanti altri – tutti, in pratica
– non mi soddisfa per niente. (…la solita disfattista… non fateci caso…)
Come
sempre, vi ringrazio dal più profondo del cuore per i
commenti, sempre numerosi, che mi rileggo spesso per farmi venire voglia di
scrivere (in pratica, è grazie a voi che vado avanti!^^). Grazie infinite ai
nuovi lettori, a chi ha inserito la fic tra le preferite, le seguite, e le da
ricordare, e grazie mille anche a chi legge soltanto! Vi adoro tutti!! <3
Capitolo 37 *** 36_L'Unico il Quale Gli Abbia Mai Fatto Venire la Pelle d'Oca ***
Capitolo 36_L'Unico il Quale Glii Abbia Mai Fatto Venire la Pelle d'Oca
Sì…
sono ancora viva. (Non per molto…ndTutti). Lo so,
questo tremendo ritardo è da imputare solo all’accidia che mi affligge da tempo immemore. Meriterei di passare il finesettimana
nella capanna di Hagrid ad ascoltarlo declamare la Divina Commedia: questa
sarebbe una punizione abbastanza adeguata?
Hagrid:
Di mezzo nostra cammin del vita nel…
zero: ARGH!
CAPITOLO 36
L’UNICO IL QUALE GLI
ABBIA MAI FATTO
VENIRE LA PELLE D’OCA
Dopo essersi gridati contro la solita, abusata, lunghissima
vocale per un periodo di tempo esageratamente lungo, Harry e Lupin dovettero
interrompersi per ossigenare il proprio sangue. Ansimante,
Harry tornò a voltarsi in direzione del tessuto svolazzante, che si era appena
ingoiato il suo Padrino. Le sue rade sinapsi cerebrali,
affaticate dalla mancanza d’ossigeno, cominciarono finalmente a fare sei per
otto.
-Il Padrino è morto, sparito per sempre, morto di
una morte orrende e super dolorosa, andato, andato,
andato, come il mio cane. (un momento: io non ho un cane…)
-Non potrà mai adottarmi, ergo non avrò mai il suo cognome
figo. (promemoria: disdire l’ordine dei fazzoletti, degli asciugamani e delle
lenzuola con su ricamato il nome Harry Mystryss Darque
Nyght Rayn Ravyn Black).
-Mi chiamerò per sempre VASAIO! Aaaaaaargh! (promemoria: informarsi all’anagrafe sulle mie
possibilità di cambiare cognome).
-Sei per otto fa
quarantotto.
Mentre Harry era perso negli
oscuri vicoli ciechi della propria mente labirintica e stratificata, Bellatrix
riuscì a fuggire utilizzando l’Arcana Tecnica Ninja dello Schiaccianoci per
sopraffare Kingsley.
«Sta
scappando!» gridò qualcuno – no, non Qualcuno, qualcun altro… -, e diverse paia
d’occhi – amici e non – si volsero in direzione della fuggitiva. Nessuno degnò
di un’occhiata il povero Kinglsey, che si rotolava sul pavimento gemendo e
reggendosi l’organo che gli avrebbe garantito una sua discendenza (…).
«Ha
ucciso il Padrino!» urlò Harry, andandole dietro «Lo ha ucciso, e io ucciderò
lei!». Dopo un paio di gradoni, gli si presentò un problema esistenziale: se
uccideva Bellatrix, tutti i suoi progetti di matrimonio sarebbero falliti.
Certo, il mare era pieno di pesci…ma un’ergastolana quando gli sarebbe
ricapitata? «Pazienza,» disse tra sé e sé, stringendosi nelle spalle «tanto
sono anche necrofilo».
E dopo essere giunto a questa
conclusione, partì di gran carriera all’inseguimento della sua futura Sposa
Cadavere. Nello stesso momento, diversi chilometri più a sud, un’alquanto
bruciacchiata Autrice, sopravvissuta miracolosamente al rogo capitato CASUALMENTE
nella sua camera, si voltò con apprensione verso la finestra affumicata della
stanza, dietro la quale i legali di TimBurton – e di un sacco di altri
film – affilavano asce e coltelli, decisi come non mai a reclamare la sua testa
su un vassoio d’argento.
Harry arrivò in cima agli scaloni ed attraversò la porta
dalla quale la nera veste svolazzante di Bellatrix era appena scomparsa. Entrò
nella stanza, nella quale trovò Ron cianotico ancora semisoffocato dalle
viscere del cervello, Ginni che cominciava a riprendersi e guardava preoccupata
il suo piede girato di centottanta gradi all’indietro, ed Hermione e Alice
abbandonate in un angolo in una posizione scomposta.
Avendo perso tempo come un emerito imbecille, non si
accorse che Bellatrix aveva lanciato un incantesimo contro la vasca dei
cervelli, che si inclinò, rovesciando il suo
disgustoso contenuto su tutto il pavimento. Con un balzo
disumano, Harry si attaccò al lampadario, strillando come se gli avessero detto
che sarebbe diventato calvo. (E lo sarà… eccome se lo sarà…
mufufufufufu…ndA)
Per niente desideroso di permettere che i suoi adorati
stivali gotici entrassero in contatto con lo schifoso
liquame, tentò di elaborare in fretta una soluzione, anche perché i suoi
rachitici bicipiti, tricipiti, deltoidi ecc. non l’avrebbero retto ancora per
molto. Guardò in basso, dove la soluzione gli si palesò in tutta la sua sadica
evidenza. Mollò la presa e atterrò sul corpo di Ron, il quale, oltre al
soffocamento e all’annegamento, doveva confrontarsi ora anche con lo
schiacciamento. Saltando di corpo in corpo, Harry raggiunse incolume la porta.
Si ritrovò nuovamente nella stanza nera, quella con i muri
neri, le porte nere, il pavimento nero, il soffitto nero, e le candele nere
dalla luce nera. Non avendo il tempo di provare tutte le porte, afferrò il
bazooka che Hermione aveva lasciato per ogni evenienza e le fece saltare tutte.
Individuata quella che cercava, la varcò di corsa e riprese l’inseguimento.
Quando si accorse che la porta
dell’ascensore si stava chiudendo, aveva ormai raggiunto una velocità troppo
elevata per fermarsi in tempo. Frenò ugualmente, per tentare almeno di evitare
di spaccarsi la faccia sbattendoci contro, e a farne le spese furono gli
stivali che con tanta cura aveva salvato dall’inondazione,
la cui suola si consumò completamente a causa dell’attrito col pavimento.
Harry, scalzo e in lacrime, sollevò i miseri resti delle sue calzature con mani
tremanti.
«Maledetta
bastarda» ringhiò «pagherai anche questa!».
Chiamò
l’ascensore, pestando sul pulsante anche più del dovuto. L’ascensore,
nonostante la sua letale velocità, ci mise una vita a scendere. Dopo dieci
minuti che lo aspettava, Harry si rese conto che c’erano anche le scale.
Meditando vendetta atroce e sanguinaria contro il signor Weasley che non
gliel’aveva detto costringendolo ad usare l’infernale mezzo, Harry entrò nella
cabina e premette il pulsante per l’Atrium – ma se ti
sei accorto che ci sono le scale, che cazz prendi
l’ascensore a fare?! ndA -. L’ascensore schizzò verso l’alto con la potenza e
la velocità di un razzo katiusha, riducendo Harry in 2D
sul pavimento.
Quando il satanico
mezzo fu giunto a destinazione, Harry ne strisciò miserevolmente fuori e si
accorse, con sommo orrore, che Bellatrix aveva quasi raggiunto la cabina
telefonica che le avrebbe permesso di fuggire. Si rimise in piedi a fatica, ma
prima che potesse lanciarsi all’inseguimento, la donna si voltò e gli lanciò
una maledizione, che colpì l’ascensore facendolo esplodere.
“Tiè, fottuto ascensore!” pensò Harry trionfante, schivando
frammenti di ascensore incandescenti e nascondendosi
dietro la fontana dei Magici Fratelli per evitare di fare la stessa fine.
La
successiva maledizione di Bellatrix fece saltare la testa del
campione di Beyblade – poco male, non è una gran perdita –. «Non puoi
vincere contro di me, Potter» lo schernì «Io ero e sono
la serva più fedele dell’Oscuro Signore. Da lui ho appreso le
Arti Oscure, ho tagliato teste, cucinato torte ripiene di carne umana,
interpretato una regina dall’abnorme massa cranica e doppiato un cadavere! Ho
imparato incantesimi che tu nemmeno ti sogni di affrontare… e adesso dammi la
profezia!»
«Quale?
Quella che è andata a pezzi un capitolo fa?» replicò caustico
il goth guy. Dopo un’accurata scansione delle frequenze di Radio
Voldemort, aggiunse «E lui lo sa!».
«No,
non è vero!» negò la donna. «Tu menti!»
All’improvviso,
accompagnato dalle note della colonna sonora di Guerre Stellari, fece la sua
comparsa un losco figuro, ammantato di tenebra e circonfuso di
oscuri presagi (ma come sono poetica…XD). La mefistofelica apparizione,
il LexLuthor senza
appendice nasale, l’Orochimaru senza capelli, il cattivo per eccellenza assieme
a Sauron e al-momento-non-mi-viene-in-mente-nessun-altro-ma-pazienza-tanto-i-lettori-hanno-sicuramente-più-fantasia-di
me, avanzò lungo l’atrio e raggiunse Bellatrix, che si gettò supplichevole ai
piedi del proprio padrone.
«No,
Bella» disse l’Oscuro Signore. «Non mente».
Harry
nel suo nascondiglio, alzò gli occhi al cielo: il suo Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri
aveva appena pronunciato la parola proibita di cinque lettere. E infatti…
«Bella,
amor mio, il tuo soave nome ha intriso i miei padiglioni auricolari con il suo
eufonico suono! Dove sei, perciò? In qual loco glaciale e disagevole costoro ti
detengono?».
Tre paia d’occhi si voltarono in direzione del sedicente
vampiro, due di queste gravide della promessa di una
dipartita molto dolorosa e, soprattutto, definitiva. Lord Voldemort alzò la sua
arma magica, una spada laser non dissimile da quella
di Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… – se non per il colore, e pronunciò il letale
incantesimo AbraKadabraAlakazam.
Il raggio verde colpì in pieno mister Cullen, che fu
sbalzato via e sparì per sempre (si spera) in una nuvoletta di fumo. Liquidato
il fastidioso imprevisto, l’Oscuro Signore tornò a concentrare la sua
attenzione sul suo gotico nemico mortale.
«E così hai rotto la mia profezia» disse malevolo, guardando torvamente
Harry – e riuscendo ad apparire ancora più brutto di quanto effettivamente
fosse. Fece per dire qualcosa, ma non ci riuscì mai perché le statue della
fontana cominciarono a prendere vita.
Il giovane uomo sulla ventina dall’espressione schizofrenica
reggente un quaderno scese dal piedistallo e si esibì in una silenziosa risata
da pazzo maniaco che lo scosse tutto. Poi guardò con aria folle Voldemort,
prese la sua penna di ferro e la accostò al quaderno
di ferro. Non appena cominciò a scrivere – o meglio, a tentare di scrivere – un
suono fastidiosissimo trafisse i timpani dei presenti, suono che continuava ad
aumentare man mano che il pazzo maniaco tentava di scrivere sul quaderno.
«Qualcuno
lo fermi!» gemette Harry, tentando di tappare le orecchie sanguinanti per
salvare i brandelli di timpano ancora utilizzabili.
La statua del giovane uomo sulla ventina inorridì,
apparentemente perché gli risultava impossibile
scrivere, ma prima che potesse riprovarci, Voldy gli fece saltare il braccio
destro con una maledizione. Il giovane uomo sulla ventina guardò il moncone e
assunse un’espressione inorridita – l’unica che ha, a parte quella da pazzo
maniaco –, dopodiché si accucciò in un angolino a
deprimersi.
Lord Voldemort, che era rimasto a guardare incuriosito il
comportamento assurdo della statua del giovane uomo sulla ventina, tornò a
dedicarsi al suo obiettivo principale, ovvero eliminare il goth guy, ancora
miserevolmente nascosto dietro alla dannata fontana.
Il pernicioso individuo sollevò la spada laser, pronto a
scagliare il colpo definitivo che avrebbe fatto saltare tutto per aria –
fontana, nemico mortale, Atrium… – quando l’altro suo
nemico mortale, ovvero colui il quale gli abbia mai fatto
venire la pelle d’oca fece la sua apparizione.
«Smilente
– che si pronuncia “smailente”, tra l’altro» sussurrò il bieco figuro
quand’ebbe individuato la sua perennemente sorridente nemesi armata di spada
laser. Il turpe personaggio gli lanciò subito contro un incantesimo, ma
il palese plagio di mago Merlino svanì nell’aria, per
poi ricomparire accanto alla fontana, facendo risvegliare anche le rimanenti
statue.
La statua del ninja si moltiplicò inspiegabilmente,
riempiendo l’Atrium e spiaccicando Harry contro una
parete, mentre Voldy (sembra il nome di un Pokèmon…o il soprannome di un certo
inquietante personaggio di SoulCalibur…
ndA) e Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra
l’altro… – cominciavano a darsele di santa ragione.
«Sei stato uno
sciocco a venire qui stanotte, Tom» disse calmo
Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… –. «Gli Avatar stanno per arrivare».
Voldemort alzò gli occhi al cielo, infastidito. Quei cosi
blu alti due metri non gli erano mai piaciuti. Partì all’attacco, roteando la spada laser, che sprizzò scintille quando entrò in
contatto con quella del suo avversario. I due continuarono a duellare, mentre le spade laser lasciavano quell’adorabile scia luminosa che
persiste sulla retina per ore ed emettevano il caratteristico ronzio da neon
ammazza-zanzare. All’improvviso, da Chissà Dove, arrivò, volando, l’uccello
infiammabile di Smilente – che si pronuncia
“smailente”, tra l’altro… –, il quale, dopo aver compiuto diversi giri in aria
sopra ai due contendenti, andò a ficcarsi proprio in mezzo alle due spade,
finendo fulminato. I suoi miseri, cinerei resti si ammucchiarono sul pavimento.
Incuranti della cosa, Voldy e Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… e non ne posso più di
scriverlo… – continuarono a duellare. Nel frattempo, la colonna sonora presente
all’arrivo dell’Oscuro Signore si rifece prepotentemente sentire, aumentando
addirittura di volume, in modo che tutti, ma proprio tutti, potessero
sentirla. Mentre Smilente – che si pronuncia
“smailente”, tra l’altro… – avanzava, Voldemort arretrava, e continuò ad
arretrare finché non inciampò e cadde nella fontana, inzuppandosi il popò.
Smilente – che si pronuncia
“smailente”, tra l’altro… – si mise poco decorosamente a sghignazzare, imitato
da Harry, il quale aveva visto poco e niente, essendo ancora costretto ad
intrattenere un rapporto molto intimo con la parete. Voldy fece una smorfia,
lasciò andare la spada laser e si alzò in piedi lentamente, con espressione
contrita e lacrimosa, guardando Smilente – che si pronuncia
“smailente”, tra l’altro… – come se avesse appena decapitato tutti i suoi
peluche. Si tirò un lembo della veste con aria schifata e poi la lasciò andare.
Offeso a morte, raccolse la spada laser e, continuando a guardare torvamente il
suo avversario, lo superò e se ne andò dalla porta principale,
meditando vendetta, tremenda vendetta.
«Ma
come?!» esordì Harry dal suo angolino, irritato per non essere comparso quasi
affatto nelle ultime righe. «È finita
così?! Niente sconto mega apocalittico con magie super
complicate e spettacolari che se fossero inserite in un film meriterebbero
l’oscar? Si riduce tutto ad una roba così squallida?! Dove sono le teste mozzate, gli arti amputati che si muovono
ancora, il sangue, il sangue?!»
Il nostro eroe fece per muoversi, ma Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… – lo immobilizzò sul
posto con un ordine perentorio: «Resta
dove sei!».
«No…» gemette Harry «…non di nuovo…».
All’improvviso, Harry si sentì strano, molto strano. Si
sentiva il collo stranamente mobile, tanto che avrebbe potuto girare la testa
di centottanta gradi. Lo fece. Sentiva anche un certo movimento nello stomaco,
e vomitò un sacco di roba verde.
«Oh» sorrise
Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… – «È posseduto». Guardò con vago divertimento il suo pupillo
vomitare roba verde, ruotare la testa come un gufo e camminare a quattro zampe
su per le pareti e sul soffitto. Sperò solo che non trovasse un crocifisso… vedere una cosa del genere gli avrebbe di certo
rovinato la cena. …che cosa aveva per cena? Ah…zuppa
di piselli.
Non era particolarmente preoccupato della cosa:
recentemente, si era appassionato ad una serie televisiva nella quale due
fratelli, che avevano per cognome la marca di un fucile, eseguivano esorcismi
una puntata sì e una no. Oltre a fare esorcismi, aveva imparato anche che
portarsi dietro una considerevole scorta di sale era la soluzione a molti
problemi.
Con l’immenso pragmatismo che lo caratterizzava, Smilente –
che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… – estrasse da sotto la veste una pistola ad acqua benedetta, che usò per
abbattere Harry – il quale stava scalando i muri come una sorta di Spiderman
indemoniato –, che poi trascinò nel cerchio esoterico che aveva dipinto sul
pavimento in modo da iniziare l’esorcismo.
Dopo aver vomitato un’intera nuvola temporalesca, Harry si
sentì molto meglio. Il “molto meglio” si ridusse ad un “appena accettabile”
quando vide di che cosa erano imbrattati i suoi vestiti. Inoltre
non si ricordava assolutamente niente, come il risveglio dopo una notte durante
la quale ci aveva dato dentro un po’ troppo con l’assenzio. Solo che, stavolta,
l’unica cosa verde che vedeva non era una fatina.
Con un fracasso madornale, un sacco di persone si
riversarono nell’Atrium, un pallidissimo Cornelius Caramella in testa.
«E
perché cavolo nonl’ha fermato?!» sbottò
Harry, tentando di distogliere l’attenzione dallo scempio che erano diventati i
suoi vestiti – Addio t-shirt dei Gothminister, non ti dimenticherò mai… ndHP – e lanciando un’occhiataccia al MiniMinistro e alla
trentina di persone che lo accompagnava.
«A bò» fu l’illuminante
risposta.
Harry pensò che davvero il
mondo pullulava di teste di cazzo. Come si dice… la madre degli idioti è sempre incinta.
Caramella si guardò
attorno. Il suo sguardo indugiò sulla fontana dei Magici Fratelli –per qualche
oscuro motivo priva di statue, una delle quali se ne
stava stranamente rannicchiata in un angolo a deprimersi –, su quello che un
tempo si poteva definire “ascensore”, e su altre amene cosine palesemente fuori
posto, come la disgustosa pozzanghera verde costituita da un liquido a lui ignoto,
e che desiderava restasse tale. «Cosa è successo qui?»
chiese in tono lamentoso a Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra
l’altro… –
«Parleremo dopo che avrò
rimandato Harry a OhSchwartz *smile*» disse questi.
«Salve» replicò Harry
ironico. «Mi ha rivolto la parola alcuni paragrafi fa, nel
caso non se ne ricordasse».
«Ti spiegherò tutto quando
Harry sarà tornato ad OhSchwartz *smile*» ripeté Smilente – che si pronuncia
“smailente”, tra l’altro… –.
Il metodo più rapido che
conoscesse per spedire qualcuno in un determinato posto
era la Calcinculoporta. Non doveva far altro che gettare un incantesimo sulla
propria scarpa, che si sarebbe trasformata in uno stivale e avrebbe spedito
Harry a quel paese. Cioè, a scuola.
Harry fissò lo stivale
inquieto. Aveva già viaggiato tramite Calcinculoporta, e la cosa non gli era
piaciuta affatto. Specialmente per l’artistico livido che
aveva decorato il suo statuario deretano per settimane. «Non c’è un
altro modo?» piagnucolò, arretrando. «Potrei andare a piedi, per esempio…».
«Suvvia, Harry *smile*»
sorrise affabile il Preside. «Questo è il metodo più rapido. Ci vediamo tra mezzora» concluse pacato, tirandogli una vigorosa pedata
nel didietro.
Harry sentì la familiare
quanto spiacevole sensazione di dura suola a contatto con una parte delicata e
il lucido pavimento tanto fashion sparì da sotto ai
suoi piedi, insieme all’Atrium, Caramella e il suo
esercito di deficienti, e il dannato Smilente – che si pronuncia “smailente”,
tra l’altro… - mentre veniva proiettato in un vortice di colori e rumori…
C’è nessuuunoooo? (ah, ecco che i legali dell’Acqua
Lete si uniscono agli altri…)
Perdonatemi per la Calcinculoporta: l’ora è tarda, e
il cervello comincia a perder colpi.
Come sempre, voglio ringraziare tutti coloro che continuano a leggere questa cosa nonostante i
cali di qualità della stessa, sia che recensiscano, preferiscano, ricordino e
seguano o restino nell’ombra! Grazie, grazie di tutto!
In realtà, questo capitolo era pronto già a dicembre
dell’anno scorso, solo che mi faceva, come dire, schifo, perciò ho deciso di
lasciarlo vegetare un po’ *coughcoughtremesicoughcough*
nel pc, per poi riprenderlo in mano “un giorno”. Quel
giorno è infine arrivato, e sapete una cosa? Non ho cambiato nemmeno una
virgola, perciò fa schifo uguale (XD).
CAPITOLI 37&38
FINALMENTE L’ULTIMO
CAPITOLO!
Harry finì il suo psichedelico viaggio schiantandosi contro
il muro dell’ufficio di Smilente – che si pronuncia
“smailente”, tra l’altro… –, trovandosi così ad affrontare un duplice dolore
anteriore/posteriore. Massaggiandosi il didietro, Harry si diresse alla porta,
che si rivelò tuttavia essere chiusa a chiave.
Sotto lo sguardo di diverse paia d’occhi che lo osservavano
furtivamente dai quadri, Harry raggiunse la scrivania del Preside e cominciò a
frugare febbrilmente nei cassetti, finché non trovò quello che cercava: come le
innumerevoli puntate di McGyver gli avevano insegnato, con una graffetta poteva
fare tutto! Baldanzoso, si avvicinò alla porta e fece per infilare il piccolo
articolo di cancelleria nella serratura, quando si accorse, con orrore, che la
superficie della porta non presentava alcuna apertura:
aveva la serratura elettronica.
Si guardò attorno, alla ricerca di qualsiasi cosa lo aiutasse ad uscire. Individuò un busto di Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – situato sopra una
colonna ionica, e provò ad usarlo come un ariete, invano. Non appena impattò
contro la porta, infatti, la testa della statua si staccò, prendendo il volo
attraverso il vetro della finestra dopo averlo disintegrato.
Cercando un modo per sfogare la frustrazione senza
strapparsi i capelli, ritornò mestamente alla scrivania, e si dedicò ad un
attento esame del contenuto dei cassetti. Trovò un pennarello indelebile
(nero).
Si guardò attorno, cercando qualcosa da vandalizzare, e la
sua attenzione venne immediatamente calamitata dalle
tele ordinatamente esposte alle pareti. Esibendo il suo ghigno caratteristico,
si avvicinò minacciosamente alla cornice più vicina.
Quando Smilente – che si pronuncia
“smailente”, tra l’altro… - fece finalmente la sua comparsa, trovò il goth guy
intento a disegnare un paio di baffettia-la-Hitler sul ritratto di uno dei suoi predecessori – che
rendeva tutto più difficile continuando a muoversi nella tela. Per il bene
della sua ulcera perforante, decise di lasciar perdere la cosa; da sotto il
mantello estrasse uno di quei piccoli aspirapolvere portatili e si avvicinò al
trespolo del suo pennuto infiammabile. Aprì l’aspirapolvere e svuotò le ceneri
sotto di esso: lo attendevano diversi mesi di Ricomponi la Fenice.
«Saltiamo a piè pari le parti in cui sbrocchi
e butti per aria tutto quanto *smile* mentre io faccio del mio fiacco meglio per
impedirtelo» esordì il Preside. «E passiamo
direttamente alla parte interessante, ovvero… questa» concluse, sollevando il CD-RW che teneva in mano. Si avvicinò al suo personale Pensatoio, non dissimile da un
giradischi, e, dopo aver inserito il ricordo, ci appoggiò delicatamente
la puntina.
Una strana e indefinibile
figura deforme si materializzò nell’aria al di sopra delPensogiratoio – o Giropensatorio.
Con un tono di voce mistico, la cosa si mise a parlare:
«Di fuoco, ghiaccio e fulmine,
l’armonia giammai va offesa,
o il Mondo soltanto rovine
dai tre tita-*
«Perdonami *smile*»
intervenne Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… - sollevando
la puntina. «Profezia sbagliata».
Ne estrasse una seconda da sotto il mantello, e la
sostituì alla prima. Stavolta, comparvero due figure: una era Smilente – che si
pronuncia “smailente”, tra l’altro… - con indosso un cappello da cowboy, mentre
l’altra era difficilmente identificabile. I due erano su una montagna
circondati da pecore.
«Riuscissi
almeno a lasciarti!**» stava dicendo in tono lamentoso il ricordo di Smilente –
che si pronuncia “smailente”, tra l’altro…».
Il Preside bloccò
immediatamente il ricordo. Si voltò lentamente verso Harry, sorridendo in modo
molto, ma molto minaccioso. «Tu non hai visto niente» ordinò.
Harry deglutì,
poi annuì lentamente. «Va…bene…».
«Sembra che questo sia il
ricordo sbagliato!» disse il Preside, ritornato improvvisamente l’arzillo
centocinquantenne di sempre. «Orsù, dunque, cerchiamolo!» continuò, aprendo le
ante di uno dei tanti armadi. Harry ebbe appena il tempo di vedere un lampo
rosa e decine di Barbie allineate sugli scaffali prima
che Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… -, dopo aver chiuso
in fretta l’armadio, si voltasse verso di lui con la stessa aria malefica di
poco prima.
«Tu non hai visto niente»
ripeté.
Harry annuì, anche se la
figura del Preside stava cominciando a perdere autorità ai suoi occhi a
velocità esponenziale.
Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… -aprì un altro armadio, rivelando centinaia,
anzi, migliaia di CD-RW. Tutti senza etichetta.
«Oh, bella!» esclamò
allegramente. «Ci vorrà un bel po’, temo!»
Harry meditò seriamente di
seguire l’esempio della testa del busto e lanciarsi fuori
dalla finestra, ma la mancata comparsa del sedicente vampiro dopo la
parola proibita di cinque lettere pronunciata da Smilente – che si pronuncia
“smailente”, tra l’altro… - non poté che rallegrarlo. Un pochino.
«Silenzio! Ascolta il richiamo del Corvo!
Mentre la quiete del vento caldo
Si leva sulla strada,
Le torri nascondono
Le Tenebre del gior-***
«Eh, non è nemmeno
questo» annunciò Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… -,
togliendo il duecentotrentottesimo Ricordo dal Giropensatoio – o Pensogiratoio –
rivolgendosi ad un alquanto distratto Harry, che russava di
malagrazia abbandonato contro una parete.
«Uh?» esordì poco
intelligentemente il goth guy, strappato dalle braccia di Morfeo, mentre il
Preside posizionava l’ennesimo CD-RW.
«Ah, ecco, l’ho
trovato!» esultò, applaudendosi da solo e saltellando sul posto, accompagnato
da scricchiolii sospetti provenire dalla zona delle rotule. Harry si avvicinò
al Giropensatoio – o Pensogiratoio
–.
Sopra l’arnese apparve la
figura sfocata della professoressa Melinda Gordon. «Grande festa alla Corte di Hogwarts… c’è nel regno
un bimbo in più… neri capelli e bianco di guancia… Harry ti chiamerai tu».
Harry, schifato e sconvolto
allo stesso tempo, fece per dire qualcosa, ma l’imbarazzante Profezia non era ancora finita.
«Oh Harry HarryHarry
Potter, tutti fanno festa quando passi tuu…» cantava
il ricordo della prof. «Oh Harry HarryHarry
Potter, tu l’Oscuro Sire lo prendi a calci in cu-».
«Ora capisci, Harry?»
chiese Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro -, voltandosi verso
la finestra sfondata di cui il suo pupillo stava scavalcando il davanzale.
«Cosa?
Che la mia vita è condizionata da una profezia che
sembra la versione italiana della sigla di uno shojo
anime degli anni non-so-bene-quali-e-piuttosto-che-dire-una-cazzata-mi-astengo?!
Ma io mi uccido!»
«No *smile*.
La Profezia dice che tu, soltanto tu, solamente tu puoi sconfiggere Voldemort».
«Ma
và?» replicò Harry.
* *
*
Una volta uscito dall’ufficio del
Preside, non sapendo bene dove andare, Harry si diresse verso l’infermeria,
supponendo che i suoi amici – o quello che ne era rimasto, almeno – fossero lì.
La fitta nebbia nerastra che filtrava al di sotto della
porta e che lo accolse all’entrata confermò la sua ipotesi. Se non altro, Ron
stava meglio – o peggio, a seconda dei punti di vista.
Essendo un emo-kid, il suo meglio era il suo peggio, e viceversa. Perciò, Ron stava peggio.
Dall’altra parte dell’infermeria, dove la mefitica aura di
Ron non poteva arrivare, Hermione e Ginni leggevano il giornale. All’arrivo del
goth guy, interruppero l’attività.
«Hey,
Harry» lo salutò Ginni «Guarda cosa ho
imparato a fare!». Sollevò la gamba infortunata e il piede girò a
trecentosessanta gradi per diverse volte, accompagnato da una raccapricciante
serie di scricchiolii ossei.
«Urgh…»
«Ma
aspettate» intervenne Hermione abbassando il giornale. «Non vi pare che ci sia una certa discrepanza
temporale? Fino a poco più di mezzora fa eravamo nell’Ufficio Misteri
Misteriosi, e adesso, PUFF!, siamo tutti qua felici e
contenti in infermeria! Non è anormale? Voglio dire, più anormale del solito?
Va bene la mancanza di logica, ma qui stiamo cadendo nel ridicolo…»
«A proposito di incongruenze» la interruppe Harry. « Alla fine hanno recuperato Luna o è ancora
nel Paese delle Meraviglie e ci tocca tenerci Alice?»
«Hanno recuperato Luna, ma
ci tocca tenerci anche Alice» rispose Ginni, indicando la ragazza bionda
spiaccicata contro il vetro della finestra che fissava Harry ansimando come una
maniaca sessuale, appannando il vetro ad ogni rantolo.
«Splendido» replicò
sarcastico il goth guy, tirando le tende. «E la tardona?» aggiunse, accennando
al letto su cui era sdraiata la Umbridge.
«Non fa che lamentarsi.
Dice che le mancano i suoi attrezzi sado-maso, e che non riesce a dormire senza
di suo Bondage Bear».
* * *
Poco prima della fine della
scuola, Ron ed Hermione vennero dimessi
dall’infermeria. Trovarono Harry nella Sala Comune di Grifonplatino,
intento a smanettare con una tavola ouija. Hermione
lo guardò con disapprovazione: non si aspettava che Harry trasgredisse così
palesemente alla regola numero uno sull’utilizzo della tavola, ovvero mai
usarla da soli.
«Silenzio!» la zittì Harry
prima ancora che potesse aprir bocca. «Sto cercando di contattare
Sirius… Ah, un altro spirito maligno…» sospirò, mentre la planchette
continuava ad indicare il numero 8.
«Comunque
complimenti» riprese Hermione «Hai preso la morte di Sirius molto meglio di
quanto immaginassi». Evidentemente, non si rendeva
conto con chi stesse parlando…
«Ma
certo, Hermione» replicò tranquillamente Harry. «Ho un rapporto molto
flemmatico con la morte. Ci ho anche giocato a scacchi, una volta. Me la sto
ingraziando nella speranza che fulmini Voldemort prima che Voldy fulmini me».
«Mi sembra ragionevole»
asserì Hermy. «Per il resto, tutto bene? Ti è passata
la cotta per l’ergastolana? Che, tra parentesi, è
sposata?»
Harry sbiancò oltre
l’umanamente possibile. «COSA?! BELLATRIX È
SPOSATA?!». Rendendosi conto di quello che aveva appena detto,
si tappò la bocca. I tre – sì, c’è anche Ron. La sua presenza è praticamente inesistente, però c’è anche lui – si guardarono
attorno con circospezione, attendendo la comparsa della figura molesta del
sedicente vampiro. Al che, Harry si ricordò l’accaduto.
«È vero! Voldy l’ha fatto
fuori! Una volta tanto fa qualcosa di buo-»
«BELLA!».
La finestra implose,
innaffiando i tre di schegge di vetro.
«Bella, mio mortal tesoro, continuo a peregrinare per mari e monti alla
tua disperata ricerca senza che il mio vagar veda mai
la sua fine! Qual è il loco in cui posi il tuo leggiadro plantare, ove l’aria è
rallegrata dall’esser filtrata dai tuoi dolci organi di respirazione?!»
«Ma
non è possibile!» strillò Harry per sovrastare il blaterare del fastidioso individuo.
«Era morto! Morto!!»
«Finché
ci sarà qualcuno che mi seguirà con fervore, anche una sola, unica ott-nov-diec-undi-dodicenne non morirò mai!» annunciò
Edward, illuminato da un opportuno raggio di sole che lo faceva sbrilluccicare come un albero di natale con manie di
grandezza, in precario equilibrio sul davanzale della finestra non più tale.
«Fantastico» borbottò
Hermione. «Siamo fottuti».
Harry tirò la tavola ouija contro il sedicente vampiro, che colpì in un occhio
con uno spigolo, portandolo a schiantarsi senza tanti complimenti nel giardino
del castello. «Ecco, così ce lo leviamo dalle scatole
per un po’» annunciò, sporgendosi dalla finestra a guardare la folla
incuriosita che si accalcava attorno al sedicente vampiro, meditando seriamente
di appropriarsi di un pezzettino di quella pelle dalle incredibili proprietà
luccicanti – per farsi, magari, una borsetta o un bel paio di scarpe.
«Sei morto, Potter»
I tre si voltarono verso la
porta, dalla quale un alquanto irritato Malfoy lo guardava male.
«Tu non dovresti essere
qui» esordì ragionevolmente Hermione.
«Già» rincarò Harry «tu
dovresti minacciarmi mentre mi sto dirigendo da Hagrid».
«Lo so, ma l’Autrice ha
deciso di ignorare quella parte, così ti minaccio adesso. Sei morto, Potter. Te
la farò pagare per quello che hai fatto a mio padre».
«Che
cosa ho fatto a tuo padre?» chiese Harry.
«Lo hai mandato in
prigione».
«Davvero? E quando?»
«Sì».
«Ah. Là non ti danno lo
shampoo, vero? Povero, sarà un disastro per i suoi capelli…»
«Potter!»
Piton apparve alle spalle
di Malfoy, spingendolo da parte per entrare.
“Eccone
un altro” pensò Harry.
«Non so esattamente perché
sono qui» continuò Piton. «Ma so che provo
l’irrefrenabile desiderio di togliere dei punti a Grifonplatino».
«Potter!»
«Ma basta!» strepitò il
goth guy, mentre la McGranitt spingeva da parte i due con una spallata,
irrompeva nella stanza, faceva una capriola e si tuffava dietro a una poltrona, sbucando oltre lo schienale e puntando su
tutti i presenti a turno il suo fidato fucile d’assalto.
«Sono qui quasi per lo
stesso motivo del professor Piton» annunciò la prof. «Ma
a differenza sua, ho deciso di assegnarti tredicimilanovecentocinquantasei
punti!».
Un fragore immane
proveniente dalla Grande Sala annunciò a tutti gli occupanti del castello che i
soliti rubini avevano raggiunto il fondo della clessidra segnapunti.
«E
inoltre» proseguì la McGranitt da sotto l’elmetto – che era l’unica cosa di lei
visibile da dietro la poltrona - «assegno undicimilacinquecentoventiquattro
virgola sei periodico punti alla signorina Granger e settemilaottocentocinquantanove alla seconda punti al
signor Weasley».
Un boato scosse il castello
fino alle fondamenta. La clessidra era esplosa, spargendo rubini per tutta la
Sala Grande – rubini che ogni studente con un minimo di istinto
ladresco non esitava ad intascare. La McGranitt parve intuire la cosa, perché salto su come se le avessero infilato una vipera nei
pantaloni.
«Fermi!» berciò, correndo
fuori con un agilità insolita per un’arteriosclerotica
in menopausa come lei «Chiunque si approprierà di un bene della scuola verrà punito all’istante!».
Piton e Malfoy, consci
della propria momentanea inutilità, la seguirono.
* * *
Il giorno dopo, salirono sul treno, tornarono a casa, e vissero tutti felici e contenti
fino al libro successivo.
FINE
…
Harry: «Aspetta,
non può finire così!»
Certo che
può finire così. Non ho
assolutamente idea di come farla finita, perciò non sto nemmeno a pensarci.
Invece di lagnarti, ringrazia piuttosto il mio feticismo per il capello lungo
maschile se la tua splendida chioma è ancora intatta.
Harry: «Grazie, ma. Non.
Può. Finire. Così. Non posso sopportare un finale così squallido!
Voglio, esigo, pretendo di avere un finale alla mia altezza!
Altrimenti?
Harry: Altrimenti io e
Hermione ti pestiamo a sangue. Giusto, Hermy?
Che banalità. Le solite minacce. Sapete che vi dico?
Cancello tutto, così imparate.
*l’Autrice porta il
puntatore del mouse sulla cartella che contiene tutti i file
di questa inutile fic e preme il tasto destro. Ma prima che il puntatore possa
raggiungere la voce elimina, viene crivellata di colpi e si accascia sulla tastiera*.
Hermione: *che imbraccia il
fucile mitragliatore ancora fumante* Muahahahahah!
Urgh…
Harry: È ancora viva! *tira un cordone che pende dal soffitto e si apre una botola sul
pavimento, che ingoia Autrice e sedia. Dalla botola provengono versi
disumani e rumori disgustosi*
Hermione: Che c’è là sotto?
Harry: Sai, Fuffy si è rivelato essere una Fuffyna,
perciò Hagrid mi ha regalato i cuccioli… sono così
carini, con tutti quegli artigli per sbudellare, e quelle zanne per squartare…
Hermione: Oh, che peccato.
Questo significa che questa fic non avrà un seguito…
Harry: Ma certo che ce l’avrà. Come ha detto la brutta copia di vampiro, finché
ci sarà qualcuno che mi seguirà, io continuerò ad esistere. *si volta verso i lettori* Avete capito? Adoratemi, veneratemi,
amatemi appassionatamente, e forse, e dico forse, farò lo sforzo di bearvi
ancora della mia presenza. Le offerte in denaro mettetele
lì, i quadri e le sculture vanno lì, il resto lì.
Hermione: Si sta montando
la testa, Ron…
Ron: …
Hermione: *pensando* Forse
far fuori l’Autrice non è stata una buona idea… adesso
il protagonista della fic è fuori controllo, e chissà che la situazione non
degeneri… Chissà se ho ancora quel vecchio libro di negromanzia…
…FINE?
*dal secondo film dei Pokèmon. Ghghgh…
** da I Segreti diBrokeback Mountain
*** dal Libro di Nod del
gioco di ruolo Vampiri: la Masquerade
Questo finale fa schifo, non lo metto in dubbio. Siete autorizzati a scorticarmi viva con una sega circolare
arrugginita (urgh…).
Tuttavia! Non mi aspettavo davvero che una cosa così
stupida avesse un tale successo! Non ho parole per esprimervi la mia
gratitudine! Cavolo, non avrei neanche lontanamente immaginato di ricevere così
tanti commenti, è stata davvero una bella sorpresa!
Grazie infinite a coloro che hanno
recensito, preferito, ricordato, ma anche a tutti gli altri che sono rimasti
nell’ombra (il posto preferito di Harry M. Potter, tra l’altro XD)
Spero che vi siate divertiti a leggere questa fic
almeno la metà di quanto io mi sia divertita a
scriverla!!
Spero di ritrovarvi nella prossima avventura di Harry
Mystryss Darque Nyght Rayn Ravyn Potter! A presto! ^^