Camlann

di ailinon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 – CAMLANN ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 – LA NAVE ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 – BUIO E LUCE ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1 – CAMLANN ***


OMBRA E LUCE

CAMLANN

 

Sulla piana era sceso silenzio, dopo il gran clangore della battaglia. Ora tutto taceva, tranne il vento che scuoteva i pochi vessilli rimasti infissi nel terreno, con un suono lugubre.

Il sole stava calando all’orizzonte, tingendo di rosso il terreno ricoperto di morti.

La battaglia era finita senza vincitori né vinti ma solo in un massacro senza senso. La migliore cavalleria del regno si era spaccata su due fronti, per poi combattere fino alla morte. Gawain, Agravain, Gaheris, Estor… Tutti morti.

Resistevano, sulla piana, solo i due cagione della guerra. Re Artù e suo figlio, ser Mordred.

I due si fronteggiavano in silenzio. Le armi in mano, come estensione del loro braccio.

Ser Mordred teneva ancora la sua spada levata in alto, contro il padre che mai l’aveva riconosciuto.

Artù, con quel che ne restava della sua lancia.

Fu un attimo; il soffio di un tempo immortale. La spada fendette l’aria e si abbatté sul capo del re, mentre la lancia di Artù penetrò le viscere del figlio.

Lo stesso sangue macchiò le mani del padre e del figlio.

Stringendo i denti, Artù affondò l’arma nel ventre di Mordred tanto da trapassarlo da parte a parte, in una folle parodia di un abbraccio.

Mordred avvicinò la guancia a quella del padre e disse: «Finalmente un abbraccio, padre…» sibilò, in un sorriso di dolore.

 «Era il tempo, figlio mio» rispose Artù, cingendogli le spalle, per sostenerlo.

Le lacrime che si mischiavano al sangue che gli ricopriva un lato del viso, incrostandosi nella sua barba.

 «Finalmente con te… Anche se solo nella morte, padre…» sussurrò il giovane Mordred, abbandonandosi contro il torace del re.

Artù sorrise debolmente, mentre gli occhi gli si chiudevano.

«Si, figlio mio… ti seguirò fin dove vorrai…»

I due uomini rimasero immobili, come due profili neri nel tramonto rosso.

Infine giacquero, cadendo sul terreno, inerti, mentre il vento scuoteva la terra,

e la bandiera del drago, garriva morendo.

La morte era con loro.

***

Sulla piana il vento scuoteva gli ultimi brandelli dei vessilli strappati.

Non un’anima si muoveva dal silenzio di quel campo, se non le ali dei corvi che divoravano le carcasse di quelli che un tempo erano i migliori cavalieri di Bretagna.

Solo due cavalieri restavano seduti, in quel immenso prato vicino al mare.

Il vecchio re Artù giaceva tra le braccia del suo più fidato cavaliere.

Ser Bedivere tentava di tamponargli la ferita sanguinante dalla fronte, dove il figlio l’aveva colpito con la spada.

Ma era chiaro che la ferita era molto grave, e Bedivere non aveva più la forza per trascinare il re, in cerca di aiuto.

I due parlavano…

 

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 2 – LA NAVE ***


CAPITOLO 2 – LA NAVE

CAPITOLO 2 – LA NAVE

 

Sulla piana il vento scuoteva gli ultimi brandelli dei vessilli strappati.

Non un’anima si muoveva dal silenzio di quel campo, se non le ali dei corvi che divoravano le carcasse di quelli che un tempo erano i migliori cavalieri di Bretagna.

Solo due cavalieri restavano seduti, in quel immenso prato vicino al mare.

Il vecchio re Artù giaceva tra le braccia del suo più fidato cavaliere.

Ser Bedivere tentava di tamponargli la ferita sanguinante dalla fronte, dove il figlio l’aveva colpito con la spada.

Ma era chiaro che la ferita era molto grave, e Bedivere non aveva più la forza per trascinare il re, in cerca di aiuto.

I due stavano parlando quando una nave spuntò all’orizzonte, sul mare reso rosso dal tramonto.

Artù non voltò il capo a guardarla ma, la percepì. Come fosse il suo destino a venirgli incontro.

«Bedivere…» disse piano, alzando una mano verso il mare: «Hai visto quella nave che si avvicina… Essa viene per me»

Il sovrano morente, con la fronte insanguinata per la ferita inferta dal figlio, parlò con un tono tanto risoluto che ser Bedivere scoppiò in singhiozzi.

Non era uomo da pianto ma, in mezzo a quella scena di devastazione, tra i defunti migliori cavalieri del regno, chi avrebbe saputo tenere gli occhi aridi al pianto?

 «No, mio re, non andatevene» ansimò Bedivere stringendo la mano del suo caro signore con struggente dolore: «Che sarà di me se ve ne andrete?»

 «Hai adempiuto al tuo compito, mio fedele maresciallo. A ogni tuo dovere, mio buon compagno. Ora non c’è più nulla che mi trattenga qui. Il trono di un altro regno mi attende» ansimò Artù con il capo posato sul grembo del cavaliere. «Mentre la nave giunge alla riva, conducimi dalle donne che vedrai, mio buon Bedivere. Il mio ultimo ordine»

Bedivere scosse il capo, muto, ma non seppe disubbidire al suo re.

Lentamente il buon vecchio cavaliere prese il suo re tra le braccia e, insieme, arrancarono verso l’immoto mare.

La nave che si arenò dolcemente nella rena però, non era quella che Artù si aspettava.

Perplesso Bedivere disse: «Non vi sono donne mio signore»

Il sommo re riuscì ad alzare appena il capo e in quell’attimo di mistico silenzio, vide un cavaliere salire sulla prora della nave. Un cavaliere armato di bianco.

Teneva qualcosa tra le mani; qualcosa coperto da un candido velo pulsante di vita.

Attese solo un attimo, come spaventato dalla scena che aveva davanti, quella silente piana ricoperta di morti e corvi poi, lentamente, fece scivolare via il velo dall’oggetto che teneva tra le mani.

Artù t rattenne il fiato mentre una luce accecante esplose nella piana. Bianca e purificante.

Tutto svanì nel suo chiarore.

***

 

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 3 – BUIO E LUCE ***


CAPITOLO 3 – BUIO E LUCE

CAPITOLO 3 – BUIO E LUCE

 

Udì il rumore della porta che si apriva e lieve soffio d’aria che penetrava nella sua cella.

Compostamente seduto sulla cuccetta che i buoni monaci gli avevano dato, Galahad attese di conoscere l’identità del suo ospite. Alzando lievemente il mento rimase in ascolto ma lo sconosciuto non avanzò.

Per un attimo percepì che il cavaliere lo stava studiando.

Come sapeva che era un cavaliere, dato che i suoi occhi non potevano più vedere nulla, tranne che un candore vuoto, solo Dio sapeva.

Dio che gli aveva donato gli altri sensi.

L’aroma del suo visitatore non era il profumo delicato che solitamente indossavano le dame, o l’incenso delle suore.

Alzando lievemente una mano, fece cenno allo sconosciuto di entrare: «Venite, accomodatevi pure, mio buon signore»

L’altro parve trattenere il fiato.

«Mi recate buone notizie dal mio signore, re Artù, e dei suoi uomini? So che molti sono stati accolti in questo santo ricovero dopo Camlann…»

Sorprendendo il ragazzo, l’altro ancora continuò a tacere.

Piegando il capo di lato, Galahad tese le orecchie.

«Come?... Non siete un cavaliere? Siete forse un buon frate giunto per tenermi compagnia in questo lungo inverno bianco?»

Aveva preso a chiamare così la sua condizione. Scosse piano il capo: «Strano però. Avrei giurato foste un cavaliere; ma vi prego, parlatemi. O forse vi ho recato qualche offesa in tempi passati, così che non volete rivolgermi parola?»

Sorpreso sentì la porta richiudersi e l’uomo avanzare verso di lui. Quasi cadde ai suoi piedi, accanto al letto.

Galahad sussultò ripensando a come si erano comportati i francesi al suo cospetto. Primi fra tutti ser Bors e Percival. Lo salutavano come fosse un santo.

Arrossì pensando che lo sconosciuto era uno dei tanti cavalieri che erano venuti a ringraziarlo per il miracolo che aveva operato a Camlann.

A volte parlavano come se fosse stato merito suo e non del graal, per aver salvato tutta la cavalleria del regno.

Il graal. La santa reliquia, era svanita dalle sua mani, dopo quel prodigio, e l’aveva lasciato così. Senza la vista.

 «No. No, vi prego. Non serve» ansimò Galahad, tentando  evitare gli omaggi dello sconosciuto: «Davvero non ho fatto nulla che meriti tale riverenza. E’ stata la volontà di Nostro Signore Iddio…»

Il cavaliere sconosciuto non gli badò e gli afferrò la mano destra con una presa ferrea.

Stupefatto Galahad lo sentì piegarsi su di lui e baciargli il dorso della mano.

Un tocco delicato, riverente.

«Davvero messere, non dovete…»

Sempre in silenzio, il visitatore gli scostò la tunica che indossava, facendogliela scivolare su lungo l’avambraccio, poi gli voltò la mano verso l’alto.

Quando le sue labbra si posarono sull’interno del braccio, in un bacio intimo, rimase senza fiato.

Tremò senza poter far nulla quando il terzo bacio salì verso il gomito.

Arrossì, trattenendo il fiato e quando parlò fu solo con il respiro mozzo: «Vi prego… Cosa fate?»

L’uomo non parlò ma Galahad sentì I suoi occhi posarsi nei suoi. Lo percepì, mentre quelle dita lunghe e forti salivano ad accarezzargli le braccia.

Senza ragionare allungò una mano a cercare il suo volto in quel niveo chiarore.

A sfiorargli le guance, per conoscere il suo interlocutore.

Il viso era forte e spigoloso; il naso dritto e nobile; le labbra lunghe e sottili. I capelli scendevano morbidi a incorniciare il suo ovale.

Il suo cuore mancò un battito quando comprese chi aveva davanti.

«Ser Mordred…?»

Le sue labbra non ebbero il tempo di bisbigliare quel nome che la bocca dello sconosciuto glielo fece ingoiare in un bacio rapace, caldo e possessivo.

Non rispose alcunché ma, Galahad seppe che era la verità dal respiro struggente che gli lasciò sul viso. Sui suoi occhi ciechi, prima di alzarsi e lasciare la stanza senza una sola parola.

Sconvolto Galahad si portò le mani al viso, toccando quelle labbra che non sentiva più come sue. Quelle labbra che erano rimaste legate alla persona sconosciuta che era giunta a trovarlo, senza una sola parola.

***

 

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