The revenge of the Nerd di RobTwili (/viewuser.php?uid=84438)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Who are you? ***
Capitolo 2: *** Something in the air ***
Capitolo 3: *** The next superhero: Physicsman ***
Capitolo 4: *** (Star) Wars night ***
Capitolo 5: *** Halloween sucks (Pt. 1) ***
Capitolo 6: *** Halloween sucks (Pt. 2) ***
Capitolo 7: *** May the Force be with you, Physicsman! ***
Capitolo 8: *** The hangover fairy ***
Capitolo 9: *** Bad news, good news ***
Capitolo 10: *** You are cordially invited... ***
Capitolo 11: *** …to our Star Wars Night (never trust in friends) ***
Capitolo 12: *** Strip poker at Stanford ***
Capitolo 13: *** Was it my first kiss? ***
Capitolo 14: *** I really can't understand ***
Capitolo 15: *** Spring Ball (Cupid's night)- part I ***
Capitolo 16: *** Spring Ball (Cupid's night)- part II ***
Capitolo 17: *** God bless It! (or Zac and Mac?) ***
Capitolo 18: *** We kissed... I mean, she kissed me! ***
Capitolo 19: *** No labels. Just me and you. ***
Capitolo 20: *** She likes my voice...? ***
Capitolo 21: *** You need some changes ***
Capitolo 22: *** Prom- Francis' first time ***
Capitolo 23: *** Graduation- Francis' little revenge ***
Capitolo 24: *** Epilogue ***
Capitolo 1 *** Who are you? ***
rotn
«Chris
vado a lavorare»
urlai scendendo le scale perché ero in ritardo.
«Moccioso
ma vai a lavorare? Da quando?». Mio fratello rispose comodamente seduto sul divano con un
pacchetto di patatine aperto tra le mani.
«Da
quando voglio comprarmi una macchina nuova perché quella che mi hai lasciato tu
ha il paraurti che si stacca ogni volta che tiro il freno a mano». Fissai Chris
assottigliando le palpebre e il suo viso assunse una smorfia contrariata.
«La
mia vecchia Chevrolet non ha niente che non va. Mi chiedo se tutte quelle
macchie sono rimaste ancora…». Si portò l’indice al mento per pensare e io rabbrividii.
«Non
dirmi niente, non voglio sapere». Agitai le mani e le braccia e Chris cominciò a ridere.
«Frank,
hai diciotto anni, alcune cose dovresti saperle, ora» ghignò schernendomi e lo fissai
acido.
«Non
sono come te Chris, non porto ogni sera una donna diversa in macchina e non
vincerò mai una borsa di studio per il football o per il basket». Chris cominciò a
ridacchiare.
«Dubito che qualche università possa offrire
una borsa di studio ad una schiappa come te. È già tanto se riesci a camminare.
Almeno hai il cervello».
Si picchiettò la fronte con l’indice per prendermi in giro e io uscii sbattendo
la porta di casa senza degnarlo di una risposta.
«Cervello,
quello che tu non hai»
borbottai tra me e me chiudendo la portiera della Chevrolet che cigolò
minacciando di staccarsi.
I miei genitori si erano decisamente impegnati quando ci
avevano procreato.
Chris Hudson, mio unico fratello, più grande di tre anni, aveva
ereditato quasi tutte le qualità fisiche di papà.
Alto, moro con gli occhi azzurri, atletico e portato per il
basket.
Papà e mamma con Chris si erano impegnati nel fronte fisico;
quando era cresciuto però, si erano accorti che faticava a ragionare decentemente,
così con me avevano tentato l’opposto.
Decisamente intelligente, con un quoziente intellettivo sopra
la media, avevo ereditato da papà, il vecchio Richard Hudson, solo gli occhi
azzurri che dovevo nascondere sotto degli spessi occhiali.
Mamma invece mi aveva trasmesso un sacco di qualità.
I capelli biondi, la passione per la musica, la matematica,
la chimica e la fisica.
L’astigmatismo.
Chris e io potevamo sembrare perfetti, uniti.
Tra i due, Chris era di certo il più fortunato. Con il suo
aspetto così sportivo era riuscito a guadagnarsi un posto d’onore tra i ragazzi
conosciuti della scuola, una ragazza cheerleader che l’aveva seguito alla UCLA,
l’Università della città di Los Angeles, con un sorriso sbiancato e le valigie
di Louis Vuitton, e una foto nella bacheca dei quaterback dell’anno.
Chris era diventato una leggenda nel nostro liceo,
nonostante si fosse diplomato due anni prima. Il professor Moriarty, insegnante
di educazione fisica, si ricordava ancora di lui e mi accusava di infangare il nome
di famiglia con la mia goffaggine.
Anche io ero famoso, in alcuni ambiti.
Capitano dei Matematicici
e de Gli elettroni spaiati, da quando
avevo cominciato a frequentare quei club avevamo vinto il torneo di chimica e
matematica della contea per ben quattro volte consecutive.
In più, indimenticabile, era la mia passione più grande: la
musica.
Ero stato costretto ad entrare nella banda della scuola come
suonatore di fagotto.
Lì avevo messo il punto definitivo alla speranza di
diventare popolare almeno la metà di Chris.
Il cerchio dei miei amici era piccolo, noi non disturbavamo
nessuno e nessuno ci disturbava per un semplice motivo: eravamo invisibili, ma
ben assortiti.
«Ciao». Alzai il viso per
salutare il proprietario della pizzeria che gesticolò salutandomi.
«C’è
da portare quest’ordine subito». Mi consegnò il foglietto con l’indirizzo e lo fissai, convinto
che fosse uno scherzo.
Baker Street, 211B.
«Devo
per forza andarci? Non è libero Joshua? ». Continuai a guardare Andrew che mi lanciò
un’occhiata confusa.
«No,
ci vai tu. Forza!».
Lanciò la borsa con le pizze tra le mie mani e io sospirai uscendo.
«Certo,
perché tra tutti quelli che potevano fare l’ordinazione, io devo portarla
proprio a lei». Agganciai la cintura di sicurezza e
la Chevrolet protestò quando girai la chiave nel quadro.
In fondo non era così brutto, un saluto, un grazie per la
mancia, un sorriso e un nuovo saluto.
Questione di due minuti.
Quando parcheggiai davanti a casa sua chiusi gli occhi e mi sistemai gli occhiali che erano scivolati
sul naso per l’agitazione.
Con le pizze mi diressi verso la grande porta bianca dai
vetri colorati e suonai il campanello.
Pochi secondi dopo la serratura scattò.
«C-c-c-iao Ashley». Sorrisi
appena quando aprì la porta e mi fissò come se fossi stato un alieno.
«E tu chi saresti?». Alzò un sopracciglio schifata, sembrava
non mi avesse mai visto.
«Fr-frequentiamo lo stesso liceo, siamo in
classe assieme per storia e le-letteratura». Perché dovevo balbettare solamente davanti
a lei?
«Non credo di averti mai visto. Sei sicuro?». Continuò a
fissarmi mantenendo un’aria altezzosa, con il suo splendido sorriso da
cheerleader e la sua abbronzatura californiana.
«Amore, come fai a non ricordarti di lui?». Alex, suo
leggendario ragazzo e quaterback della squadra di football, comparve alle sue
spalle e la abbracciò non pensando minimamente di togliere le pizze dalle mie
mani. «Non lo
riconosci? È Frank Fagotto, suona nella banda». Pronunciò l'ultima parola come se fosse
stato qualcosa di brutto.
«Nella banda? Forse per questo non l'ho mai
notato». Ashley
ridacchiò e scosse la testa. «Frank Fagotto assolutamente non mi dice nulla». Mi osservò confusa
sistemandosi la folta chioma bionda.
«Ve-ve-veramente mi chiamo Fr-Francis Hudson.
Cercai di sorriderle ma la vidi fare una smorfia.
«Amore, ma come si chiama?». Si voltò verso il
suo ragazzo e cominciò a baciarlo sotto i miei occhi allibiti.
«Non lo so tesoro. Fino a un secondo fa
credevo si chiamasse Frank Fagotto». Scrollò le spalle parlando tra un bacio e l'altro.
«I-i-io suono il fa-fagotto». Mi schiarii la
voce e sospirai per cercare di calmarmi.
«Be’, se non ti di-di-dispiace, Frank
Fa-fa-fa-fa-fa-fa-gotto, io e lei andiamo a studiare per il test di anatomia di
domani». Ammiccò
e sentii Ashley ridere.
«No-no-non c'è nessun test do-do-domani». Sicuro. Non
c'erano test di anatomia il giorno dopo.
Ashley continuò a ridere e chiuse
la porta alle sue spalle proprio quando Alex cominciò a mangiarle la bocca.
Rabbrividii schifato pensando che
non c’erano sentimenti tra quei due.
I baci erano puramente fisici.
Non avevo esperienza, ma sapevo che
di solito un bacio si donava con il cuore.
«Ehi! Le pizze!» urlai rimanendo fermo come un idiota
davanti alla porta chiusa, quando sentii qualcuno sbatterci contro e gemere.
Oddio, forse qualcuno stava male.
Suonai di nuovo il campanello e la porta si spalancò
lasciandomi vedere Alex a petto nudo e con tutti i capelli in disordine.
«Che
vuoi?». Un
ruggito, ecco che cosa era stato.
«Le-le
pi-pi-pizze» balbettai.
Mi accorsi che Ashley era dietro a lui e si stava tenendo una maglietta davanti
al seno.
«Dammi
queste pizze e levati dai piedi, Fagotto». Strappò le pizze dalle mie mani
lanciandomi cinquanta dollari sul viso e ghignò «Tieniti il resto, magari potrai comprarti un
paio di occhiali alla moda, o delle lenti a contatto». Ashley cominciò a borbottargli
qualcosa ma non sentii nulla perché richiuse la porta alle sue spalle.
Maleducato, ecco che cos’era.
Ancora non riuscivo a capire perché Ashley si ostinasse a rimanere
con lui dopo quattro anni.
‘Per la popolarità’, così aveva risposto Mac.
Io non ci avevo creduto nemmeno per un secondo.
Ashley era già popolare prima di cominciare il liceo, quando
aveva fondato il progetto de Le
infermiere della scuola si era dimostrata una ragazza intelligente e con
ambizioni.
Ashley era… Ashley.
Mi ero innamorato di lei dal primo anno di asilo.
Era amore da quando mi aveva raccolto i piccoli occhiali
tondi con la montatura rossa perché ero scivolato sopra a una buccia di banana
correndo davanti a lei.
«Ti
sei fatto male?».
Quando si era avvicinata per chiedermelo, con le sue treccine bionde, avevo
capito che lei sarebbe stata la donna che avrei sposato.
Stupidi sogni infantili.
Non avevo fatto i conti con il liceo e tutte le classi
sociali che c’erano.
Ashley si era dimenticata di quel bambino biondo che le
aveva sorriso anni prima e aveva scelto altre compagnie: Kathrina, Luke, Alex…
tutte quelle persone bellissime e stupide che si vantavano di avere una borsa
di marca.
Consegnai le altre pizze senza veramente prestare attenzione
alle persone o gli edifici.
Quando tornai a casa e trovai papà e Chris seduti sul divano
a urlare davanti a una partita di football, cercai di svignarmela senza farmi
vedere.
Sorbirmi una partita di football con loro equivaleva a rimanere
nella stessa stanza con Alex per otto ore.
«Frank!». Papà agitò la
manona di spugna rossa e mi chiamò.
«Dannazione» sussurrai
avvicinandomi a loro. «Come
procede la partita?». Evitai di sedermi nello spazio libero.
«Stanno
per fare touchdown».
Chris indicò il televisore inginocchiandosi di colpo ed esultando.
«Bene,
allora io vado in camera». Indicai le scale quando papà e Chris si abbracciarono per la
felicità.
«Francis,
sei tornato?». Misi
il piede sul primo gradino della scalinata di marmo e sentii la voce di mamma
chiamarmi dall’altra stanza.
«Sì,
stavo andando a studiare». Mi avvicinai al suo plastico quasi completo ammirandolo
soddisfatto.
Mia madre era uno dei migliori architetti della zona.
«Che
te ne pare Francis?».
Si posizionò la matita dietro all’orecchio destro e si versò un bicchiere di
succo.
«Mi
sembra perfetto, anche se forse potresti ampliare di più qui, di poco, ma
sarebbe luminoso».
Indicai una piccola finestrella e subito mamma sorrise soddisfatta.
«Tu
sei un genio, figlio mio!». Stampò un bacio sulla mia guancia e io ridacchiai salutandola.
Quando mi chiusi la porta della mia camera alle spalle,
sospirai stanco.
Quell’incontro a casa di Ashley mi aveva tolto tutte le
forze.
Ogni volta che la vedevo e cominciavo a balbettare era come
un’ora con il professor Moriarty: stancante, imbarazzante e decisamente mi
faceva sudare come se fosse stato agosto.
Mi distesi supino a letto senza nemmeno togliermi i jeans, tolsi
le scarpe senza muovermi e seppellii la testa sul cuscino deciso a dormire.
Non avevo voglia di studiare, non avevo voglia di
chiacchierare con John o Zac perché sapevo che mi avrebbero tartassato di
domande, bastava solo aspettare qualche ora e il mattino dopo, nel tragitto tra
la loro casa e la scuola, mi avrebbero fatto il terzo grado; me li immaginavo
già, elettrizzati perché avevo intravisto Ashley senza maglia e divertiti
perché avevo balbettato.
Chiusi gli occhi e cercai di dormire.
«Esco» urlai chiudendo la
porta di casa con un tonfo.
Forse avevo svegliato Chris, ma sinceramente in quel momento
non mi interessava.
Poteva tornare nel suo appartamento al Campus, visto che le
lezioni per lui sarebbero cominciate due giorni dopo.
Salii in macchina e girai la chiave nel quadro sorridendo
quando il motore finalmente si accese; ingranai la retro e partii allegro verso
le ville di John e Zac.
Abitavamo a qualche isolato di distanza, era più comodo
andare in bici o in skateboard, ma nei giorni di scuola era decisamente più opportuno
utilizzare la macchina.
Suonai due volte il clacson e John e Zac uscirono dalle loro
case contemporaneamente.
Si salutarono a vicenda e una volta saliti in macchina
salutarono anche me.
«Frank,
ti aspettavamo connesso ieri sera». John strattonò la cintura di sicurezza che si era bloccata.
«Sì, be’, diciamo che ero abbastanza stanco». Guardai la strada
davanti a me senza aggiungere altro; ero quasi sicuro che Zac avrebbe capito.
«Che
è successo? A chi hai consegnato la pizza?». Si voltò a guardarmi sistemandosi la borsa
di scuola tra i piedi.
«Ashley». Una parola.
«Lei?». John urlò posando
le sue mani sulle mie spalle; la sua faccia, vista dallo specchietto
retrovisore era comica. Annuii svoltando ad un incrocio. «Racconta» continuò
scuotendomi leggermente.
«Che
cosa devo raccontare? Ho consegnato le pizze con una figura delle mie e poi me
ne sono andato».
Posteggiai la macchina facendo manovre.
«Oh
no. Non dirmi che hai balbettato anche ieri sera». John si portò una mano davanti agli occhi
con fare teatrale.
«Direi
che il balbettare è stata la parte meno imbarazzante». Scendemmo dalla macchina prendendo
in mano contemporaneamente tutti e tre le borse.
«Che
cosa hai combinato?».
Zac mi fissò confuso, sedendosi a cavallo di una piccola panchina mezza rotta;
la nostra piccola panchina mezza rotta, il nostro punto di ritrovo.
«Ciao ragazzi». Mac si sedette sorridendo di fianco a John
e io la guardai sorridendo.
«Mac,
che cosa hai fatto ai capelli? Non erano blu ieri?». Indicai le meches rosse e Mac sorrise.
«Avevo
voglia di cambiare».
Si sistemò la molletta e lanciò la borsa ai suoi piedi.
«Allora,
che cosa è successo?».
John, curioso, faticava a rimanere fermo.
«Ho
suonato e mi ha aperto lei, quando l’ho salutata mi ha detto che non sapeva chi
ero e mi sono presentato. È arrivato Alex e mi ha preso in giro, poi hanno
cominciato a baciarsi e si sono chiusi la porta alle spalle». Mi fermai per
riprendere fiato e Mac ridacchiò.
«Spero
che tu non li abbia interrotti, altrimenti ho paura di sapere come li hai
trovati». Si legò
i capelli con un elastico.
«Ho
suonato, avevo le pizze in mano». Fissai i loro volti sconvolti e curiosi.
«E
ti ha aperto nuda?».
John si sfregò le mani soddisfatto. «Come sono le sue tette? Grandi come
sembrano dentro alla divisa da cheerleader?». Si avvicinò a me scansando Mac che sbuffò.
«Non
capisco perché voi ragazzi vi fissiate sempre sulle tette di una ragazza». Pizzicò una gamba
a John perché si spostasse e le sorrisi capendo che forse, unica ragazza tra
tre maschi, alcune volte per lei poteva essere imbarazzante sentire i nostri discorsi.
Ci conoscevamo da più di dieci anni però, e avevo capito che
ormai non si scandalizzava più per nulla.
«Mi
ha aperto lui, senza maglietta. Lei si teneva la maglia quindi non ho visto
nulla». Abbassai lo sguardo imbarazzato ripensando alla sera prima.
«E
che cosa ti ha detto mr.
Sono-il-più-bello-della-scuola-nessuno-mi-eguaglia-per-bellezza?». Mac ridacchiò del
soprannome che anni prima avevamo dato ad Alex.
«Che
con i cinquanta dollari che mi ha dato potevo prendermi un paio di occhiali
nuovi o delle lenti a contatto». Fissai Mac in attesa di una risposta che morì sulle sue labbra.
«Che
stronzo. Se solo avessi un po’ di potere in questa scuola gli farei vedere io
che non sono i muscoli a comandare». Zac, di solito sempre tranquillo ed educato, picchiò un pugno
sulla panchina facendoci sussultare tutti.
«Calma
Zac. Non possiamo fare nulla, siamo solo i cervelloni, invisibili». Mac indicò gli
studenti attorno a noi che camminavano ignorandoci.
«Verrà
il giorno in cui i nerd prenderanno il potere». Zac annuì convinto e Mac ridacchiò
tenendosi una mano sulla pancia.
«Tanto
non si ricorderanno più di me quindi non mi preoccupo» Sbottai. Ci alzammo tutti per andare
in classe quando la campanella suonò.
«Che
lezione abbiamo ora?».
John fissò l’orologio di Star Wars che aveva ricevuto in regalo dalla nonna per
il suo nono compleanno.
«Biologia,
come ogni lunedì».
Zac chiuse il suo armadietto dopo aver preso i libri.
«Spero
vivamente che non ci facciano sezionare una rana oggi perché potrei vomitare». John assunse
un’espressione schifata che fece ridere tutti.
«A
proposito, che cosa si mangia oggi in mensa?”. Sussurrò Zac sedendosi tra me e
Mac sul tavolo di biologia.
Ci dovrebbe essere quella zuppa grigia, quella che sembra
colla». John si
allungò sul tavolo dietro al nostro per sussurrarcelo.
«Che
schifo, mi chiedo perché non possiamo essere come tutti gli altri licei, con
una mensa decente».
Rabbrividii al ricordo della zuppa e Zac ridacchiò.
«Signor
Hudson, signor Bolton, avremmo cominciato la lezione, se non vi dispiace». La voce del
professore fece sogghignare John dietro di noi. Il povero Zac non aveva
minimamente fiatato.
«Scusi
professore» sussurrammo
entrambi.
«Dite
che se chiedo una pizza o un hamburger me lo danno?». Guardai rabbrividendo il piatto grigio
davanti a me e Mac scosse la testa.
«Ne
dubito, altrimenti la squadra di football e le cheerleader avrebbero già chiesto
qualcosa di commestibile». Posò il vassoio su una tavola vuota e io avanzai di qualche
passo per sedermi.
«Ehi
Fagotto». Mi
bloccai sentendo quella voce e fissai stupito Mac, Zac e John.
Gli occhi azzurri di Zac erano spalancati per la sorpresa.
«Si
ricorda di te».
John si sedette lentamente, come se non avesse voluto attirare l’attenzione di
nessuno.
«Girati
Frank». Mac mi
incoraggiò e Zac fece un segno con la testa per farmi capire che sarebbe stato
meglio girarsi.
«Sì?». Trovai Alex molto
più distante di quanto mi fossi aspettato.
«Vieni
un attimo qui, devo chiederti una cosa importante». Rimase seduto, a gambe aperte, sulla sedia
e sentii tutta la tavolata ridacchiare.
Avevo gli occhi della mensa intera puntati addosso.
Mi avvicinai lentamente, con il vassoio in mano, concentrato
al massimo per non cadere.
«Andiamo
Fagotto, velocizzati un po’». Luke, amico di Alex, parlò non distante da me.
Stranamente era seduto a un tavolo diverso di
quello di tutta la squadra.
«Che
cosa vuoi fare?».
Chiese Ashley ad Alex toccandogli una spalla.
«Dimmi
Fagotto…». Alex
lentamente si alzò dalla sedia e girò attorno alla tavola avvicinandosi a me.
«S-s-sì?». Cominciai a
balbettare e l’intera squadra di football rise.
«Che
cosa pensi di questa zuppa?». Indicò il mio piatto.
«Ch-ch-ch-che
non è ta-tanto buona».
Deglutii per cercare di calmarmi.
Non dovevo pensare ad Ashley a pochi passi da me.
«Quindi
tu la mangi sempre volentieri?». Ghignò appena e io annuii. «Sai che ho sentito che fa bene alla vista?». Rimase appoggiato
alla tavola e non mi mossi. «Dicono che se te la spalmi sul viso poi ritorni a vederci bene». Indietreggiai di
un passo perché non mi convinceva quello che mi stava dicendo. «Luke, proviamo, che
ne dici amico?».
Successe tutto velocemente.
Chiusi gli occhi appena in tempo, quando sentii il vassoio
sparire dalle mie mani.
Quando li riaprii, pochi secondi dopo, notai che il danno
era molto peggiore di quello che avevo ipotizzato.
Mi tolsi lentamente gli occhiali perché non riuscivo a
vedere nulla.
La zuppa era completamente divisa tra il mio viso, la mia
maglia e i miei pantaloni.
L’intera mensa stava ridendo a crepapelle.
Mi abbassai per riprendere il vassoio e i piatti dal
pavimento e qualcosa mi sorprese.
«Perché
l’avete fatto?».
La voce di Ashley non era per niente divertita.
«Andiamo
tesoro, era per divertirci un po’». Alzai lo sguardo e notai Alex con un sorriso divertito.
Kathrina, migliore amica di Ashley, che ne approfittava solo
perché voleva conquistare Alex, continuava a ridere asciugandosi le lacrime con
un fazzolettino di carta.
«Non
ti ha fatto nulla di male». Di nuovo quel tono serio da parte di Ashley.
«Era
per farti ridere tesoro, se non l’hai capito non so che cosa farci». Alex si girò
ridendo e abbracciò Kathrina che lo lodò per lo scherzo.
Quando mi alzai per cestinare il mio pranzo i miei occhi
corsero subito verso Zac, Mac e John: pietà, ecco quello che i loro volti
esprimevano.
Mi incamminai verso l’uscita, circondato dalle risa di tutta
la mensa e poco dopo sentii delle persone seguirmi.
«Che
stronzo». Mac
tirò fuori dalla sua borsa le salviettine e me le allungò quando la ringraziai
con un gesto del capo.
«Gli
avrei pestato la faccia. Solo un idiota come lui può fare una cosa del genere.
Non ho capito perché si siano messi tutti a ridere». John cominciò a camminare avanti e
indietro agitando le braccia.
«Lascialo perdere, Frank. Solo gli stolti seguono gli idioti
come Alex». Zac
iniziò ad aiutarmi a pulire la mia maglia dalla zuppa.
«Mi
chiedo perché non abbia cominciato a ridere anche lei». Levai la maglietta rimanendo con
una a maniche corte grigia dei Rooney.
«Forse
ha un po’ più di cervello». Ridacchiò Mac allungandomi una nuova salvietta.
«Scusatemi,
vorrei solo scusarmi per quello che è successo poco fa». Quando sentimmo quella voce tutti e
quattro ci voltammo a guardarla.
«No-no-no-non
fa nie-e-nte».
Abbassai lo sguardo timidamente per non farmi vedere in quelle condizioni.
«Alex
ha esagerato e mi scuso a nome suo, anche se non è la stessa cosa». Cominciò a
torturarsi le dita e indossai gli occhiali semipuliti.
«Va-va-va
bene lo st-st-stesso. Gr-gr-grazie». Quando, dopo aver indossato gli occhiali, la guardai, mi
accorsi che era veramente dispiaciuta.
«Ash!
Ash piccola dove sei?».
Sentii la voce di Alex chiamarla e Ashley cominciò a guardarsi attorno
imbarazzata, poi sparì di colpo.
«Almeno
lei ha chiesto scusa».
Strizzai la maglia impregnata di zuppa e Zac si avvicinò sconvolto.
«Ma
era Ashley Foster quella che è appena andata via?». Indicò il punto esatto in cui era sparita
e ridacchiai.
«Forse
non è così stupida come sembra. No aspetta, mi sbaglio. È una cheerleader, non
può avere cervello».
Mac gettò le salviette nel cestino e si sedette di fianco a me pensierosa.
«Ragazzi, devo ricordarvi che è la ragazza di Alex Kingston?
Secondo voi può essere intelligente? Bella, con due belle tette, ma intelligente no. Viene rimandata
ogni anno in matematica e fisica, una persona che non capisce la fisica non può
essere intelligente, è una delle cose più facili che ci siano». John assunse
un’espressione strana, come se avesse creduto veramente in quello che aveva
detto.
«Sai John, ora comincio a capire perché non hai una ragazza». Mac parlò seria e
non riuscii a trattenere una risatina che contagiò anche Zac.
«Senti
chi parla, sei decisamente circondata da ragazzi». Zac canzonò Mac che si arrabbiò
all’improvviso.
«E
che cosa c’entri tu, ora? Parla per te. Scusatemi, devo sistemare un pc della
scuola». Sparì all’improvviso
dopo aver preso la sua sacca.
«Potevi
risparmiartela, Zac».
Ammonii il mio amico con lo sguardo e lui mi fissò confuso.
«Che
cosa ho detto di male? Ho solo difeso John!». Si sistemò gli occhiali sul naso e io scossi
la testa.
«Mac
è una donna, sono più sensibili rispetto a noi». John parlò al posto mio e non lo
contraddissi.
«Ma
se è la prima che fa battute sul fatto che è piccola e non è bionda». Zac,
continuando con la sua idea, cominciò a correre seguendoci verso la biblioteca.
«Sei
un piccolo genio della chimica Zachary Bolton, ma le donne sono ancora un
pianeta oscuro per te».
Picchiettai una sua spalla con la mano quando entrammo in biblioteca.
Salve ragazze!
Allora, nonostante abbia pubblicato
molte storie/os qui su EFP è la prima volta che pubblico un’originale
romantica…e spero che non mi tiriate i pomodori marci! :P
Prima di tutto un
doveroso grazie a Malia85
che mi beta la storia! Questo
ringraziamento ci sarà in ogni capitolo quindi fateci l’abitudine! :)
Poi… spero di essere riuscita
a incuriosirvi con questo primo capitolo!
I volti dei personaggi li ho
pubblicato nell’album in FB, sul mio profilo. Ci sono tutti quelli citati in
questo capitolo.
Ringrazio in anticipo chi
vorrà lasciare una recensione anche solo per criticare! :)
Al prossimo capitolo!
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Capitolo 2 *** Something in the air ***
rotn
«Via libera Frank» sussurrò Mac dietro la porta della mensa.
Da un paio di settimane la mia vita sociale, che non era mai
stata delle più rosee, si era eclissata ancora di più.
Sistemai il cappellino con il frontino in testa ed entrai in
mensa.
«Non c’è nemmeno
Luke?» chiesi guardando fisso la punta
delle mie scarpe.
«No, solo Kathrina
e l’altra cheerleader. Quella con le lentiggini»
sussurrò Zac porgendomi un vassoio.
«Siete sicuri?». Meglio prevenire che curare.
Ci sarebbe stata la poltiglia grigia anche quel giorno e non
volevo che si ripetesse l’esperienza della settimana prima.
«Sicurissimi Frank». Mac posò il piatto di zuppa sul suo
vassoio e avanzò lungo il bancone della mensa.
«Francis! Francis!». Rabbrividii quando sentii il mio nome
urlato.
Solo lui poteva essere così scemo da non ricordarsi di
mantenere un tono basso.
«Shh». Mac si voltò di colpo e, ci potevo scommettere,
fulminò con lo sguardo John.
«Francis Hudson,
dove sei?». Mi picchiai una mano sulla
fronte davanti alla stupidità di John.
John Hanning poteva anche essere uno degli studenti più
brillanti in matematica e fisica, ma alcune volte, anzi, quasi sempre, nella
vita reale si dimostrava decisamente idiota.
«Ops». John capì l’errore e si avvicinò cercando
di sembrare disinteressato. «Peccato
che oggi Francis non ci sia» urlò per
rimediare.
«Idiota, ormai
l’hanno visto». Zac si sedette posando
il vassoio.
«Mi dispiace, dico
sul serio. Non mi sono più ricordato che dovevamo mantenere un tono basso. Ma
avevo un’idea grandiosa» parlò
velocemente; faceva sempre così quando c’era una notizia nuova che lo teneva
sulle spine.
«Cioè?». Mac mordicchiò un pezzo di carota e John
si sfregò le mani.
«Ho pensato al
nostro costume per la festa di Halloween».
Sorrise, fiero della sua idea.
«Dici sul serio?». Mi mostrai subito entusiasta e John
continuò elettrizzato.
«Sì! Saremo in
quattro, ma il costume è uno solo».
Sembrava che avesse vinto alla lotteria.
«E tu urli il mio
nome in mensa solo perché hai trovato il costume per una festa che si svolgerà
tra un mese?». Continuai a mascherare
il tono della mia voce, come se fossi stato anche io elettrizzato.
«Scusami Frank. Non
ci ho più pensato». Curvò le spalle
colpevole e improvvisamente capii di aver esagerato.
«Non fa nulla,
tanto mi avrebbero visto lo stesso». Tentai
di non dare troppo peso all’accaduto e con un gesto veloce della mano gli feci
capire di non preoccuparsi. «Allora, questo costume di Halloween? Che
cosa hai pensato?». Una smorfia si
dipinse sul mio viso quando cominciai a mangiare la zuppa grigia.
«Potremmo vestirci
da DNA, che ne dite? Ogni persona fa una base azotata, eh?». Ridacchiò soddisfatto per la sua idea e
Zac scoppiò a ridere sputando l’insalata sul tavolo e sul piatto di Mac, seduta
davanti a lui.
«Che idea idiota!
Come dovremmo vestirci da DNA?». Zac continuò
a ridere.
«Zachary! Smettila». Mac urlò picchiando il tavolo con un
pugno «Stai sputando sul mio piatto». Assottigliò le palpebre arrabbiata e Zac
smise di ridere di colpo.
«Scusa Mac, non
volevo». Prese il tovagliolo di carta
e cominciò ad asciugare il tavolo a caso.
«Allora, che ne
pensate?». John era talmente felice
della sua idea che non pensò minimamente di iniziare a mangiare.
«Non è male, però
non so se sarà apprezzata dagli altri».
Arricciai le labbra pensieroso e John sbuffò.
«Lo sapevo che tu
saresti stato contrario alla mia bellissima idea».
Prese il budino dal mio vassoio e cominciò a mangiarlo.
«Se devo essere
sincera anche a me l’idea non va molto a genio. Pensavo di vestirmi in un altro
modo». Mac parlò sottovoce senza
guardare John in viso per paura di offenderlo.
«Da cosa volevi
vestirti? Da computer?» John cominciò
a ridere e improvvisamente Mac arrossì.
«Ragazzi,
smettetela. Se Mac vuole mascherarsi in un altro modo non possiamo costringerla». Quando pronunciai questa frase Mac mi
guardò ringraziandomi con lo sguardo.
«Però a me sarebbe
piaciuto. Ma se non c’è lei siamo in tre e non possiamo più fare il DNA». Zac cominciò a sbuffare infilzando con la
forchetta una foglia d’insalata.
«Va bene, vi
accontento. Però scelgo io quale base fare».
Mac si sistemò sulla sedia.
«Io volevo fare la guanina» piagnucolò Zac passandosi una mano tra i
capelli.
«L’importante è che
non prendiate la citosina. Quella è solo mia»
parlò Mac seria e sentii John bofonchiare qualcosa.
«Ma io volevo la citosina,
non potresti proprio fare l’adenina?».
Cercò di convincerla ma io mi sentii chiamato in causa.
«Ehi! L’adenina la
faccio io! Casomai la timina». Ammonii
John con l’indice che, dopo aver posato la confezione vuota del budino sul tavolo,
si sistemò gli occhiali che gli erano scivolati sul naso.
«Non riesco a
capire perché la timina sia sempre sottovalutata. Ok, allora io sarò la timina,
in coppia con te, Frank, la mia adorata adenina. Zac e Mac invece saranno
bellissimi assieme, guanina e citosina».
John si sfregò le mani soddisfatto e ridacchiai.
«Ti rendi conto che
ci prenderanno in giro a vita per questa cosa?».
Fissai John serio e lo vidi fare spallucce.
«Sai quello che mi
interessa? Quelli che ci prenderanno in giro sono quelli che corrono dietro ad
un pallone o saltano con dei pon-pon in mano».
Disse noncurante e si alzò per gettare le carte del budino nel cestino poco
distante da noi.
«Effettivamente ha
ragione, anche se devo dire che non passeremo inosservati». Mac sembrava pensierosa.
«Ti preoccupi di
quello che la gente può pensare, Mac?».
Zac la punzecchiò e lei lo guardò con aria torva.
«Non sono affari
tuoi».
Cominciavo a chiedermi perché Mac fosse diventata così
sgarbata con Zac al ritorno dalle vacanze estive.
Eravamo sempre stati un gruppetto che conviveva senza
litigare, certo, ogni tanto i battibecchi erano normali, ma Mac aveva
cominciato a esagerare.
Non ne capivo il motivo e non lo capivano nemmeno Zac e
John.
Ne avevamo parlato in una serata tra di noi, Mac non era potuta
venire per qualche problema che non avevo capito, e ci eravamo messi a
spettegolare su di lei.
Tutti e tre avevamo notato il suo astio verso Zac, ma
nessuno di noi ne aveva intuito il motivo.
Zac, poi, era quello più confuso di tutti.
Giurava di non essersi comportato male e di non averla
offesa più del solito.
Avevamo liquidato l’argomento pensando che probabilmente Mac
era in quel periodo del mese.
Ci eravamo accorti però che ogni giorno sembrava essere in quel periodo e i conti avevano
cominciato a non quadrare.
«Houston chiama
Francis Hudson, Houston chiama Francis Hudson, sinapsi, state lavorando?». Zac sventolò una mano davanti ai miei
occhi e mi fece improvvisamente tornare alla realtà.
«Sì? Stavate
dicendo?». Scossi la testa leggermente
per risvegliarmi e guardai Zac, Mac e John in piedi davanti a me con i vassoi
in mano.
«Stavamo dicendo
che dovresti muoverti, se non vuoi che arriviamo in ritardo in biblioteca per
prendere il libro che ci serve per quella ricerca».
John cominciò a camminare verso l’uscita della mensa e mi alzai seguendo lui e
gli altri.
«Ti vedo più
distratto del solito Frank, va tutto bene?»
sussurrò Mac al mio fianco, senza farsi sentire da Zac e John.
«Certo, tutto
benissimo ora che Chris è tornato alla UCLA».
Strisciai il badge ed entrai in biblioteca seguito da Mac.
«Okay». Mac non insisteva mai, sapeva che se
avevo bisogno del consiglio di un’amica le avrei parlato senza problemi.
«E tu, tutto bene?». Come rigirare la frittata.
«Sì, perché?». Mi fissò confusa, come se fosse stata una
domanda stupida e senza senso.
«Era solo per
sapere». Cercai di fare il vago per
non insospettirla troppo.
«Quando hai le
prove con la banda?» mormorò Mac appoggiando
la borsa per terra prima di cominciare a cercare un libro.
«Stasera e
dopodomani. Perché?». Mi avvicinai
sistemandomi gli occhiali sul naso per leggere meglio i titoli dei libri e per
vedere se ci fosse quello che stavo cercando.
«Era per sapere.
Zac e John suonano sempre nella banda?».
Strana.
Mac era decisamente strana negli ultimi tempi.
«Sì Mac. Ma perché
mi fai tutte queste domande strane?».
Alzai leggermente il tono della voce confuso e mi guadagnai uno «Shh»
dal bibliotecario.
«Era per parlare di
qualcosa, scusami Francis». Fece
spallucce indifferente e si allontanò con un libro tra le mani.
«Donne. Ogni giorno
diventa più difficile capirle» sbottò
John appoggiato ad una scala che minacciò di spostarsi con il suo peso.
«Certo, perché noi
le donne le capiamo e riusciamo ad averne una diversa ogni sera. Siamo
circondati da donne». Zac alzò la voce
gesticolando con i libri in mano e il bibliotecario si avvicinò di nuovo con
un’espressione severa.
«Ragazzi, se non la
smettete sarò costretto a spingervi fuori. Abbassate il tono per favore». Ci fissò uno alla volta e annuimmo
colpevoli.
Non era da noi disturbare in biblioteca.
«Zac, Mac non è mai
stata come tutte le altre ragazze. Semplicemente non so che cosa le stia
succedendo, non è da lei». Scossi la
testa confuso e sbattei più volte il libro sulla borsa.
«Forse Mac si sta
trasformando in una cheerleader e segretamente fa le prove con loro. Magari è
diventata la migliore amica di Ashley e Kathrina, cosa ne sappiamo noi?» cominciò a vaneggiare John e assieme a Zac
ci avviammo verso l’aula di chimica.
«Secondo me Mac
soffre della sindrome da quel periodo del
mese». Zac, convinto delle sue
parole, si sedette posando i libri sul grande tavolo da laboratorio bianco.
«Tutti i giorni?
Non è possibile. Dovranno avere un po’ di tregua queste donne» ridacchiò John con l’espressione incredula.
«Smettetela ragazzi». Ero seriamente preoccupato. Non perché
fossi innamorato di Mac, ma perché lei era una mia amica dai tempi dell’asilo e
non si era mai comportata in quel modo assurdo.
Volevo parlarle, aiutarla, farla tornare normale, ma non
sapevo a chi chiedere aiuto.
«Potresti chiedere
a tuo fratello un consiglio. Il vecchio Chris Hudson è un volpone in fatto di
donne. Credo che possa aiutarti». John
quasi venerava la carriera privata di mio fratello.
«Grazie ma passo.
Non chiederei mai un consiglio sulle donne a Chris, a meno che io non voglia
farmi una cultura di posizioni e porcate».
Rabbrividii ripensando a quando, una settimana prima, Chris aveva parlato di
‘strane macchie’ sulla vecchia Chevry.
«Io una
chiacchierata con tuo fratello la sosterrei volentieri. Sono sicuro che è fonte
di saggezza per quanto riguarda le donne».
John si ammutolì quando il professore entrò in aula salutandoci.
«Noiosa. Noiosa.
Noiosa. Ho già detto noiosa? La più noiosa lezione che il professor Jane abbia
mai tenuto. La chimica non è mai stata così noiosa». John sbadigliò stiracchiandosi davanti ai nostri armadietti.
«Sì, credo che il
concetto sia chiaro». Mac sbucò
all’improvviso e sussultammo spaventati.
«Dovremmo legarti
un campanello al collo: saremmo sicuri di sentirti arrivare così». Zac sorrise a Mac che lo incenerì, senza
motivo, con lo sguardo.
«Bene ragazzi,
direi che possiamo anche tornare a casa ora. Il professor Moriarty è assente
oggi e la nostra amata lezione di educazione fisica salta». Cercai di smorzare la tensione che si era
creata senza successo.
«Ci vediamo domani
ragazzi». Mac salutò con la mano
avviandosi verso l’uscita e rimanemmo a guardarla sparire.
«Oggi è in quel periodo del mese, ne sono sicuro.
Avete visto come risponde?». Zac
indicò il corridoio vuoto.
«A dire la verità
Mac risponde solo a…». Non lasciai
finire la frase a John perché gli tirai una gomitata su un fianco che lo fece
gemere per il dolore.
«Sì, hai ragione Zac». Annuii facendo finta che non fosse
successo nulla.
Non sapevo che cosa significasse il comportamento di Mac, ma
ero quasi sicuro di essere vicino alla soluzione.
Vicino alla soluzione per capire Mac voleva dire come minimo
un mese, forse due.
«Ci vediamo questa
sera alle prove, ragazzi?». Dopo
esserci incamminati in silenzio verso il parcheggio, parlai.
«Certo, speriamo
che non ci facciano suonare cose strane per i pon-pon neri e oro». Scoppiai a ridere per il modo stupido con
cui Zac era solito chiamare le cheerleader.
«L’ultima volta che
hai detto questa frase ho dovuto suonare il trombone per venti minuti perché si
dimenticavano un passaggio con le mani».
John sbuffò sedendosi di fianco a me in macchina.
«Hai ragione. Zac,
ti ricordi quanto l’abbiamo preso in giro? Poooo-po-po-popo-poooo». Imitai il suono del trombone e Zac
cominciò a ridere.
«Sì, perché
Kimberly anticipava il piede, non era per una stupidata così?». Si sporse con il viso tra i due sedili
anteriori e io annuii.
«Certo, ridete.
Ridete pure, sapete? Sono convito che alla prossima prova con la banda Zac
patirà le pene dell’inferno e non sto scherzando. Ho sentito in bagno uno della
squadra parlare e dicevano che le cheerleader stanno preparando un balletto che
avrà come base solo la cassa». John si
voltò verso Zac che sbiancò per la paura.
«Andiamo, non si è
mai sentita una cosa del genere».
Spalancò gli occhi terrorizzato e si sistemò gli occhiali sul naso.
«Per questo, dicono
che sia qualcosa di nuovo che nessuno ha mai sperimentato». John continuò a parlare con Zac anche
quando scesero dalla macchina, senza salutarmi.
Quella sera le prove si rivelarono divertenti.
Il povero Zac fu costretto a provare con John un
arrangiamento speciale che doveva servire da base alle cheerleader.
Il mio lavoro nella banda, come suonatore di fagotto, non
era poi così indispensabile; non quanto quello di Zac e John almeno.
Il mattino dopo, quando ci ritrovammo per andare a scuola,
avevamo tutti e tre delle occhiaie spaventose che nemmeno gli occhiali
riuscivano a mascherare.
«Che cosa avete
fatto ieri sera? Sembrate tre zombie».
Mac cominciò a scherzare alternando lo sguardo tra i nostri visi stravolti.
«Abbiamo fatto le
prove con la banda. Dovresti unirti a noi, ci manca un suonatore di triangolo» la canzonò John.
«Divertente. Ieri
sera io invece sono stata in grado di hackerare il server della scuola e posso
leggere le pagelle di tutti gli studenti, anche tutti i voti di ogni singolo
test, non è fantastico?». Mac
sprizzava allegria da ogni singolo centimetro di pelle.
«Non ci credo.
Bluffi. Non è possibile. Di la verità, ieri sera ti sei seduta sul divano con
un pacchetto di patatine e hai guardato un film romantico». Zac scherzò colpendole leggermente il
fianco con il gomito ma Mac non sorrise.
«La C- che hai
preso in letteratura inglese tre anni fa è una prova valida o dovrei parlare
della D+ dell’anno scorso? Mi sembra che nessuno di noi ne sia al corrente, no?». Assunse una smorfia di superiorità che
fece ridere me e John.
«Mac, lo sai che
sei un genio?». Le baciai la guancia e
nel suo volto si dipinse un sorriso.
«Sì, ma fa sempre
bene sentirselo dire». Abbassò lo
sguardo imbarazzata.
«Potremmo ricattare
tutta la scuola! Diventeremmo ricchi».
Gli occhi di John si illuminarono di felicità.
«Non credo che alla
gente interessi se diffondiamo un voto o meno».
Fece spallucce e non potei non concordare con lei.
«Hai ragione Mac,
dubito che alle cheerleader interessi se diciamo che hanno preso una F in
fisica». Chissà quali erano i voti di
Ashley.
«Be’, io credo che potremmo
pubblicare i voti in un sito anonimo. Sarebbe una figata!». John continuò a sorridere elettrizzato.
«E hai visto i
giudizi di chi?». Cercai di suonare
vago ma non ci riuscii.
«Di molti. Le
cheerleader hanno una sfilza di D e la squadra di football anche. Alex e Luke
hanno una A solo con il professor Moriarty, per il resto non riescono a
superare una C+. Però devo ricredermi su Ashley. Non ha una media altissima ma
i suoi voti si aggirano attorno a una B-, eccetto in fisica e matematica. È una
schiappa in quelle materie». Mac
sogghignò alzandosi dalla nostra panchina.
Allora non era stupida come si pensava.
Conoscevo Ashley dall’asilo, ma solo negli ultimi giorni
avevo imparato a ‘conoscerla’
veramente, se quello era il termine esatto.
L’avevo sempre vista come una cheerleader di cui ero
innamorato, bellissima, ma l’avevo sempre considerata senza cervello per le
compagnie che frequentava.
Da una settimana a quella parte, da quando si era scusata
con me per il comportamento di Alex, Ashley aveva acquistato un sacco di punti,
come se non ne avesse già avuti abbastanza.
«Che cosa abbiamo
alla prima ora?». John come al solito
non si ricordava mai l’orario.
«Fisica. E ricordo
che in quest’ora ci sono anche i gorilla e le donne in gonnella». Zac si sedette al solito posto, in prima
fila davanti a me, e cominciò a sistemare i libri sopra al banco.
Mi voltai verso la porta quando sentii una risatina che
conoscevo bene.
«Alex, non puoi
dirlo sul serio». Ashley ridacchiò varcando
la soglia seguita dal suo ragazzo e dall’interminabile stormo di oche.
«Ashy, se lo dice
lui vuol dire che è vero» gracchiò
Kathrina, l’oca giuliva per eccellenza.
Non mi piaceva, peggio: la detestavo con tutto me stesso.
Non capivo perché ma mi sembrava pronta a tradire tutto e
tutti per raggiungere i suoi scopi che da anni si focalizzavano quasi tutti su Alex
e sul diventare capo cheerleader.
Questo metteva in pericolo Ashley.
«Buongiorno ragazzi». Quando il professore cominciò la lezione
tutti gli studenti si zittirono. «Oggi
c’è una comunicazione importante che vi riguarda. Siete studenti dell’ultimo
anno e i vostri esami finali vi aiuteranno ad accedere al College. È stata
fatta una modifica che purtroppo temo sbarrerà la strada ad alcuni di voi». Cominciarono i mormorii contrariati che
provenivano dalle ultime file. «Purtroppo
il voto finale dipenderà dai test dell’ultimo semestre, oltre che dall’esame
finale. Per questo, per poter superare fisica sarete costretti ad avere una
media non inferiore a B». Le ultime
file protestarono rumorosamente proprio quando Zac si voltò verso di me
sogghignando.
«Lo sapevo che
sarebbe arrivata la vendetta dei secchioni! Le pon-pon e i gorilla rimarranno
al liceo a vita». Questa battuta causò
le risa di Mac e anche di John, oltre alle mie, naturalmente.
«Ragazzi! Ragazzi
per favore». Il professore cercò di
richiamare l’attenzione su di lui con scarsi risultati. «Ragazzi!». Urlò
zittendo tutta la classe. «Bene, ora
che ho la vostra attenzione credo di poter continuare con le cose importanti.
So che gli studenti che hanno più problemi nella mia materia si trovano seduti
nelle ultime file. Se posso darvi un consiglio, chiedete a qualche studente
delle prime file di aiutarvi, sono molto disponibili e potrebbero riuscire a
farvi amare la materia». Cercò di
suonare simpatico ma nemmeno io, Zac, Mac e John riuscimmo a sorridere.
Dare ripetizioni a scimmioni e ragazze pon-pon? Era come
suicidarsi, morire, ritornare in vita e suicidarsi per morire subito dopo una
seconda volta.
Quando i mormorii cessarono il professore ricominciò la
lezione che terminò in ritardo di dieci minuti; aveva cominciato ad insistere
che il programma era vasto e il tempo era poco.
Nemmeno quando gli avevamo fatto presente che eravamo a
settembre aveva rallentato.
«Quindi adesso
possiamo dire che tutti quelli che speravano di superare il test di fisica con
una bella C+ si trovano a piedi?».
John parlava camminando di fianco a noi.
«A questo punto». Scrollai il capo, sollevato dal fatto che
per una volta noi secchioni fossimo in vantaggio.
«Be’, devo dire che
mi piace questa nuova regola». Mac,
raggiante, aprì il suo armadietto e incastrò a forza i libri.
«Anche a me». Zac si appoggiò con la schiena al muro e
impallidì inaspettatamente. Le sue labbra tremavano dallo stupore. «Oh cavolo».
Quando incontrai i suoi occhi mi accorsi che erano puntati dietro di me.
«Che c’è?». Continuai a fissarlo chiudendo il mio
armadietto.
«Wow». John, che non riusciva a distogliere lo
sguardo da qualcosa alle mie spalle, aveva una faccia sconvolta.
«Francis, c’è
qualcuno per te, credo». Mac indicò
con il mento lo stesso punto che stavano fissando tutti.
«Frank?». Quando quella voce mi chiamò mi
immobilizzai di colpo.
Sbarrai gli occhi, raggelato e immobile.
No, non era possibile.
No.
Un sogno.
Dicevano che i sogni erano in bianco e nero ma delle volte
io li facevo anche a colori, per questo in quel momento continuavo a vedere gli
occhi azzurri di Zac spalancati, per questo in quel momento continuavo a vedere
le meches rosse di Mac davanti a me.
«Frank?». La voce mi chiamò di nuovo, decisamente
più vicina.
Mac mi guardò per farmi forza e lentamente mi voltai.
«S-s-s-si?».
Salve ragazze! :)
Intanto vi ringrazio per aver
letto anche questo secondo capitolo.
Ringrazio anche tutte voi che
avete inserito la storia tra i preferiti, i seguiti e quelle da ricordare!
Siete tantissime e non me lo aspettavo veramente!
Un ringraziamento particolare
anche a chi ha recensito il primo capitolo! :)
Poi poi poi, stringo che non
voglio dilungarmi molto, non so se avete notato, ma sia nel capitolo precedente
che in questo ho messo alcuni ‘riferimenti’ a film o a libri, mi piacerebbe
capire se li avete notati o no. (Nello scorso capitolo c’era un riferimento ad
un libro, in questo uno per un film).
Nel prossimo capitolo si
comincerà ad entrare nella storia, diciamo che questi sono stati più o meno
un’introduzione.
Come sempre se volete nel mio
profilo FB trovate le foto dei protagonisti.
Ultima cosa: per tutte
quelle che stanno aspettando l’inizio di ‘Kiss on
forehead’, non l’ho abbandonata, che sia chiaro, solo che ora come ora non
ho tempo. Comincerò penso tra una o due settimane :)
Ringrazio come
sempre Malia85 che mi beta la storia!
Alla prossima settimana e
grazie ancora! :)
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Capitolo 3 *** The next superhero: Physicsman ***
rotn
La saliva rischiò di andarmi di traverso non appena vidi
Ashley a pochi passi da me.
«Posso parlarti un attimo?». Sembrava insicura.
«C-c-c-erto». Strinsi i denti per concentrarmi.
Non dovevo balbettare.
«In privato» sussurrò lanciando una strana occhiata a Mac e
ai ragazzi lì vicino a me.
«Oh, p-p-puoi pa-parlare qui senza problemi». Abbozzai un
sorriso che sembrò renderla ancora più agitata.
«D’accordo». Respirò profondamente prima di cominciare a
parlare. «Ecco, il problema è che, diciamo, ho un odio reciproco verso la
fisica» ridacchiò nervosamente «e siccome so che tu sei il più bravo, volevo
chiederti se potresti aiutarci per superare i problemi che abbiamo». Tenne lo
sguardo basso per non incrociare il mio.
Ashley Foster stava chiedendo aiuto a me?
Per aiutarla a studiare fisica?
Mi reputava addirittura il migliore?
«S-s-se devo essere s-s-s-sincero è John il più bravo
n-n-nel corso». Indicai John con il mento e sentii Mac schiarirsi la voce, come
se avesse voluto attirare la mia attenzione.
«Sarebbe un onore per me insegnarti la fisica». Quando John
faceva il cascamorto lo odiavo.
Sapeva della mia cotta ossessiva per Ashley e ci provava?
«Se posso darti un consiglio Ashley» intervenne Mac, «credo
sia meglio affidarsi a Francis. John sarà anche il più bravo, ma posso
assicurarti che Frank ha molta più pazienza e spiega i concetti molto meglio».
Sorrise in modo amichevole ad Ashley che continuò a dondolarsi da un piede
all’altro, in imbarazzo.
«Non è vero, sono…». John non riuscì a terminare la frase
perché Mac gli pestò un piede facendolo gemere per il dolore.
«S-s-s-scusa, dimmi pure» alzai leggermente la voce per
riuscire a farmi sentire da Ashley anche attraverso i lamenti di John, ormai
azzoppato.
«Si tratterebbe di poche lezioni, mi basta il minimo». Era
evidente che si vergognasse di chiedermi lezioni.
«N-n-non ci sono pr-pr-problemi per me». Dovevo calmarmi.
Nessuno avrebbe voluto un insegnante di fisica che
balbettava.
Nemmeno Ashley.
«Saresti il nostro salvatore, dico sul serio». Un sorriso di
gratitudine comparve sulle sue labbra e io arrossii imbarazzato.
«Q-q-q-quando t-t-ti va bene?» mugugnai cercando di calmarmi
per non balbettare.
Dovevo riuscire a comportarmi normalmente anche davanti a
lei, in fin dei conti parlavo sempre con Mac, anche lei era una ragazza!
«Di pomeriggio? Dalle tre alle quattro, subito dopo l’ultima
lezione? Così non interferiscono con i nostri allenamenti». Era decisamente
sollevata.
«S-s-sì, mi sembra perfetto». Cominciai a giocherellare con
il fumetto che avevo tra le mani.
«Quando possiamo cominciare?» domandò avvicinandosi di un
passo.
«Q-q-quando vuoi, p-per me non ci s-sono problemi». Ci stavo
riuscendo.
Un po’ alla volta sarei riuscito a non balbettare più
davanti a lei.
Forse le lezioni di fisica sarebbero state di aiuto.
Io, lei, la fisica, da soli chiusi in una stanza…
Forse sarei diventato amico di Ashley.
O qualcosa in più, chi poteva saperlo?
«…n è un problema per te, vero?».
Quando mi accorsi che Ashley stava parlando con me tornai
alla realtà.
Che cosa mi aveva chiesto?
“Pensa Francis, pensa”. Mi concentrai a lungo ma non riuscii
a ricordare che cosa mi avesse chiesto.
Era scortese chiederle di ripetere.
Una donna andava sempre ascoltata e non potevo di certo
dirle che non l’avevo fatto perché avevo fantasticato sull’evolversi della
nostra relazione a senso unico.
«N-n-no, certo che no». Sorrisi timidamente sperando che il
fato, per una buona volta, fosse dalla mia parte.
«Perfetto. Allora ci vediamo oggi pomeriggio. Grazie ancora,
anche da parte di Alex». Si allontanò velocemente e rimasi incantato a
guardarla prima di capire veramente quello che aveva detto.
Alex?
Che cosa c’entrava lui?
«Sei diventato cretino?» sussurrò John avvicinandosi.
«Ch-ch-che cosa c’entra Alex?». Fissai i volti dei miei
amici uno ad uno e notai che tutti avevano la stessa espressione: incredulità e
divertimento.
«Frank, hai appena accettato di dare ripetizioni di fisica
ad Ashley e ad Alex, non te ne sei nemmeno reso conto?» bofonchiò Zac stupito
chiudendo l’armadietto lentamente.
«Q-q-quando ha parlato di Alex?». Perfetto, ora cominciavo
anche a balbettare con Zac e gli altri!
«Alla fine, quando ti ha chiesto se c’erano problemi. Però è
stata perfida, prima ha fatto finta di nulla e poi ti ha detto che c’era anche
lui» commentò John cominciando a camminare verso l’uscita.
«Veramente non avete ascoltato bene. Da subito ha sempre
parlato al plurale. Inizialmente pensavo si riferisse a lei e a Kathrina». Lo
spirito di osservazione di Mac era spaventoso.
Più volte avevo creduto che fosse in grado di leggere la
mente.
«Io, io non posso». La mensa era troppo lontana
dall’edificio centrale perciò ci dirigemmo verso la macchina. Mi appoggiai allo
sportello passandomi una mano sulla fronte.
«Frank, che cosa stai dicendo? È la tua opportunità per vederle
le tette da vicino, non lo capisci? Potresti essere il nuovo Dave Lizewski
senza usare una muta» cominciò a fantasticare John, e non mi degnai nemmeno di
rispondergli.
Per quanto mi piacessero i fumetti non mi sembrava il caso
di fare strani paragoni.
I supereroi non esistevano.
«Come rinunci ora che hai già accettato?». Zac si sistemò
gli occhiali sedendosi sul cofano della Chevry.
«Le dirò che non ho tempo per aiutarli». La scusa poteva
reggere.
All’ultimo anno di liceo potevo volermi concentrare al
massimo sui miei voti.
«Credo che sia inutile, ormai le hai detto di sì
Francis, non è stupida». Mac tentò di farmi ragionare, ma non era proprio il
momento.
«Rinuncio. Mi trasferirò in un’altra scuola. Non posso
aiutare Alex. No». Era una soluzione.
Mi sarei trasferito nella scuola della contea vicina, avrei
perso i miei amici, ma almeno non ci sarebbero stati problemi.
«Non essere stupido Francis. Ci andrai e basta, gli farai
vedere che è stupido. Gioca d’astuzia, tu hai il cervello e lui i muscoli. Ti
hanno chiesto aiuto perché tu possiedi quello che a loro manca. Fallo sentire
uno stupido» mi consigliò Mac.
Certo, la faceva facile lei, non doveva sedersi per un’ora
in una stanza da sola con Alex e Ashely per spiegare loro il primo principio
della termodinamica!
«Non puoi mollare ora, sei troppo vicino al traguardo». John
ammiccò e io lo fissai, confuso.
Quale traguardo?
Di che cosa stava parlando?
«Ragazzi, non mi sembra una buona idea, comincerò a
balbettare e non riuscirò a spiegare nulla». Era ovvio che sarebbe andata in
quel modo.
Non avrei dovuto accettare.
«Potresti utilizzarlo come “cura”, voglio dire, tu balbetti
solo quando c’è lei. Quando dovrai spiegarle la termodinamica non potrai
permetterti di balbettare». Certo, Zac poteva anche prenderla alla leggera,
tanto lui non balbettava di fronte a nessuno.
«No. Vado a cercarla per disdire tutto. Che diavolo mi è
saltato in mente, eh? Perché non mi avete fermato quando ho tentato il suicidio
in quel modo idiota?» dissi alzando il tono della voce, arrabbiato e frustrato.
«Francis Hudson, tu non andrai da nessuna parte. Rimani qui
e ascoltami». Quando Mac utilizzava quel tono mi faceva sempre paura.
Sembrava una donna, peggio, sembrava una mamma.
«Ok, io e Zac andiamo in mensa». John e Zac sparirono
velocemente dopo aver riconosciuto il tono
da maestrina.
«Mac, prima che cominci con la predica, non ci andrò». Avevo
sudato talmente tanto in quei cinque minuti che gli occhiali continuavano a
scivolarmi sul naso.
«Ascoltami Francis». Si appoggiò alla macchina sistemandosi
le pieghe della t-shirt. «Tu ci devi andare. In qualche modo lei vuole scusarsi
con te per quello che Alex ha fatto in mensa. Devi solo stare tranquillo e
tutto andrà bene. La fisica la sai, no?». Mi fissò assottigliando le palpebre.
«Sì ma…» cercai di giustificarmi ma Mac non mi lasciò finire
la frase.
«Il programma è facile, no?» continuò fissandomi.
«Sì, ma…». Alzai le mani per fermarla senza essere
minimamente preso in considerazione.
«Sei in grado di spiegare l’applicazione di una formula, no?»
Mac continuò a tartassarmi di domande senza lasciarmi il tempo di rispondere.
«Sì Mac, ma…». Doveva lasciarmi finire.
Ma non lo fece.
«Allora non c’è nessun “ma”, Francis. Tu oggi pomeriggio vai
da loro e fai vedere che hai un cervello e che lo sai utilizzare bene, siamo
d’accordo?». Puntò il suo indice sul mio petto e io annuii deglutendo
ripetutamente, quasi spaventato da lei.
«Un paio di cosette soltanto, per
il tuo bene. Quando una ragazza ti dice che deve parlarti da sola non
rispondere ‘non ci sono segreti, puoi parlare davanti a loro’, quando una
ragazza ti chiede aiuto non rispondere ‘lui ha A+, io solo A’, Francis lei
stava cercando di flirtare con te». Il suo sguardo era serio, incatenato al
mio.
«F-f-flirtare con me?». Spalancai
gli occhi per la sorpresa.
«Sì, per costringerti ad aiutarla,
ma è un altro discorso. Voleva flirtare e tu l'hai decisamente offesa». Era
addirittura sicura di quello che diceva, pazzesco.
«Mac, Ashley non stava flirtando con me, andiamo! È contro
tutte le leggi che ci sono, anche quelle fisiche» ridacchiai divertito, lo
scherzo di Mac era davvero divertente.
«Francis, le donne sono subdole, non si fanno problemi se
vogliono qualcosa e utilizzano tutte le carte che hanno a disposizione. Ashley
sa l’ascendente che ha su ogni maschio di età superiore ai dieci anni e usa il
suo fascino per ammaliare e farti fare quello che vuole. Non sarà a conoscenza
della cotta che hai per lei, ma sei un ragazzo, per giunta single e senza
fidanzata da tempo, non è stupida». Concluse la sua arringa, seria, e io
continuai a fissarla con la bocca spalancata.
«Io non credo che sia così, sai Mac». Ero sbalordito da
quella rivelazione, troppo confuso. Avanti, non poteva essere vero, ero certo
che fosse falso.
Mac non era così, ad esempio.
Mac però non veniva considerata donna, forse perché trascorreva
quasi tutto il suo tempo a programmare computer o forse perché indossava sempre
felpe larghe e sneakers.
«Senza offesa Francis, ma non ne sai molto di donne. Vale
per te e anche per gli altri due che sono scappati. Sfortunatamente per voi i
fumetti non danno una giusta descrizione delle ragazze. Vedrai che non è poi
tanto male prendere in giro Alex, è troppo stupido, ti divertirai un sacco»
ridacchiò quando incominciammo ad incamminarci. «Andiamo a mangiare qualcosa,
dai».
«Io… io non ho fame, proprio per nulla». Lo stomaco si era
chiuso in una morsa che non si sarebbe aperta nemmeno con una formula magica.
«Non fare lo stupido, Francis. Hai bisogno di proteine e
carboidrati, tanti! Forza, andiamo». Mac mi spinse dentro alla mensa
ridacchiando.
«Buona fortuna!». La pacca sulla spalla che John mi aveva
dato non era di buon auspicio, proprio per nulla.
«Metterò quel numero di X-Man che ti piace tanto tra le tue
mani quando sarai dentro alla bara. Buon viaggio». Se anche Zac si impegnava a
prendermi in giro la situazione non era delle migliori.
«Lasciali stare. Mi raccomando, fagli vedere che è il
cervello quello che conta». Forse Mac era l’unica tra tutti noi con un po’ di
buon senso.
«Ragazzi, vi accompagno a casa». Mi avvicinai alla mia auto
ma John si parò davanti a me a gambe larghe.
«Non ci provare, sono le 14.55, tra cinque minuti comincia
la tua lezione. Torneremo a casa a piedi. Muoviti, vai!» urlò John spingendomi
verso le scale della scuola.
Deglutii una saliva inesistente salutandoli e cominciai ad
incamminarmi, lentamente, verso l’aula adibita allo studio pomeridiano.
Meglio fare prima una tappa nell’ufficio di Fonzie.
Quando mi chiusi la porta del bagno alle spalle sospirai
sfinito.
«Andiamo Francis, se ce l’hanno
fatta Spiderman e Superman perché non dovresti riuscirci tu?». Certo, loro erano supereroi però.
Dovevo trasformarmi in un
supereroe, forse quello era l’unico modo per riuscire nella mia impresa:
rimanere vivo.
Presentarmi in quella stanza in
calzamaglia non mi sembrava una buona cosa; bastava qualcosa che mi convincesse
dei miei superpoteri nella fisica.
Guardai la mia immagine
riflessa sullo specchio e un'improvvisa illuminazione mi colpì.
Gli occhiali, i miei occhiali
da astigmatico erano il centro del mio travestimento.
Con quelli, nell'aula assieme
ad Alex e Ashley, sarei stato invincibile.
In fin dei conti non si erano
mai nemmeno graffiati durante tutte le cadute dovute agli scherzi idioti di
Alex e Luke.
Il mio nome in codice sarebbe
stato... Physicsman, soprannominato
l'invincibile!
Era giunto il momento di
mettere in pratica i miei superpoteri.
Uscii dal bagno dell’ala est
con un’autostima che non avevo mai posseduto in tutta la mia vita.
Quando lanciai un’occhiata
all’orologio e mi accorsi che erano le 14.05 cominciai a correre verso l’aula
credendo di essere in ritardo.
Aprii la porta tutto trafelato
per l’enorme sforzo fisico fatto, ma mi accorsi che era vuota.
Perfetto! Doveva essere uno
scherzo ideato da Alex.
Non ci sarebbe stata nessuna
lezione.
Sbuffando mi sedetti dopo aver
deciso che avrei aspettato dieci minuti.
Aprii il libro di fisica per
controllare l’argomento, giusto per non essere impreparato, e sentii qualcuno
ridacchiare e correre nel corridoio.
Dovevano essere loro.
«Muoviti Alex! Siamo in ritardo». Riconobbi la voce di Ashley anche con la porta chiusa.
«Sai quanto me ne importa? Ci
vengo solo per accompagnarti. Non mi fido del pivello» mugugnò Alex prima di zittirsi.
Sentii qualcosa sbattere contro
la porta e per non assistere, attraverso la piccola finestrella, ad
un’esplorazione reciproca del cavo orale, chiusi gli occhi.
La porta si aprì qualche
secondo dopo.
Quando riaprii gli occhi mi
trovai davanti Ashley, tutta rossa in viso, con i capelli scomposti e un
sorriso enorme, e Alex, completamente disinteressato a tutto quello che lo
circondava.
«Ciao Francis. Grazie per
essere venuto e scusaci per il ritardo» si
scusò Ashley sedendosi e appoggiando la borsa per terra.
«Non fa niente» bisbigliai in imbarazzo.
Sì, lo sguardo di Alex mi
imbarazzava, lo vedevo come una macchina spara-scherzi idioti e sapevo di
essere uno dei suoi bersagli preferiti.
“Gli occhiali Francis, gli
occhiali!” cominciai a ripetermi mentalmente per farmi coraggio.
«Sia chiaro che io sono qui
contro la mia volontà, diciamo che Ash conosce dei buoni metodi per corrompere». Alex ammiccò verso di me e sentii una risatina di
Ashley.
Meglio non indagare.
Preferivo rimanere ignorante.
Non volevo sapere i metodi di
Ashley, o meglio: non volevo immaginarli.
«B-b-b-bene, a-a-a-allora
ch-ch-ch-che cos-cos-cos-cosa volete r-r-r-ripassare?». L’inizio perfetto.
La mia maschera da supereroe
non funzionava.
Era decisamente difettosa.
«Possibilmente con un argomento
corto, visto che ci impieghi dieci minuti per comporre una frase. Alle quattro
abbiamo gli allenamenti e non vorrei essere ancora a metà della prima spiegazione» sogghignò Alex schernendomi.
«Alex…». Il tono di rimprovero usato da Ashley era quasi dolce.
Physicsman.
«A-a-allora la prossima volta arrivate p-p-puntuali per
f-f-avore». Affrontai lo sguardo di Alex solo grazie allo scudo dei miei
occhiali invincibili.
«Ehy, nerd del cavolo, vuoi che ti rifaccia i connotati?».
Si alzò in piedi di colpo facendo cadere la sedia.
«Alex, smettila». Ashley cercò di calmarlo prendendogli una
mano tra le sue.
«S-s-senti A-A-Alex, se non vuo-o-i seguire le l-l-lezioni
puo-o-oi anche uscire. Sono qui solo p-p-perché me l’ha ch-ch-ch-chiesto A-A-Ashley».
La indicai con la mano senza staccare il contatto visivo dal gorilla idiota.
«Idiota, non te la darà mai perché tenti di insegnarle
fisica» sogghignò Alex risedendosi dopo aver sistemato la sedia.
«Alex!» urlò Ashley scocciata «smettila, è qui solo per
farci un favore! Un altro anno al liceo per colpa della fisica io non lo
faccio. Quindi, se tu vuoi rimanere in questa scuola a vita per me non ci sono
problemi e puoi uscire». Continuò a fissarlo arrabbiata, con uno sguardo
completamente differente da quello che aveva quando erano entrati cinque minuti
prima.
«Sì, hai ragione. Scusami piccola». La baciò velocemente.
«A-a-a-allora, da cosa co-cominciamo?». Era più difficile
del previsto.
Physicsman.
«Dall’inizio, credo. Non so praticamente nulla» disse Ashley
impacciata e imbarazzata.
«Ok. Prima legge di Newton?». Una domanda base.
Tutti sapevano la prima legge di Newton, anche l’orso Knut
di Berlino.
«Una mela al giorno toglie il medico di torno?» ghignò Alex
pensando di risultare simpatico.
Ci riuscì, non con me però.
Ashley non riuscì a contenersi e cominciò a ridere.
«Se la forza totale applicata ad un punto materiale è uguale
a zero allora esso resterà interte» recitai senza balbettare.
Era facile non farlo quando ripetevo qualcosa a memoria.
«Cioè?» bisbigliò Ashley sistemandosi sulla sedia.
Sul serio non erano in grado di capire la prima legge di
Newton?
La strada era lunga.
«S-s-se quattro persone ti tirano con la stessa forza ognuna
d-d-dalla sua parte, dove v-v-vai?». Era difficile anche spiegarla.
Di solito tutte le persone normali la comprendevano
dall’enunciato.
«Non rimango ferma?» chiese confusa.
«E-e-esatto, è questo» affermai convinto.
«Allora è facile! Alex, amore, hai capito?». Entrambi ci
voltammo a guardare Alex che totalmente disinteressato stava scrivendo con il
cellulare.
«Mhm?» mugugnò alzando di scatto la testa verso Ashley.
«La prima legge! L’ho imparata» esultò felice Ashley
guardandolo.
«Bene, sono felice. Possiamo andare ora?». Fece per alzarsi
ma si fermò dopo aver incontrato lo sguardo furioso di Ashley.
«L’hai capita tu?» chiese decisamente in modo troppo gentile.
«Certo amore, non sono stupido». Ghignò baciandole le
labbra.
“Vedrai che non è poi tanto male prendere in giro Alex, è
troppo stupido, ti divertirai un sacco” così aveva detto Mac.
Physicsman aveva
voglia di divertirsi un po’.
«R-r-r-ripetila e sp-spiegala». Fissai Alex in attesa di una
risposta.
«Cosa?» esclamò allibito.
«R-ripetila e sp-spiegala, la le-legge intendo». Non mi
sembrava difficile.
«Quando la mela cade dal ramo ha una forza zero». Mi fissò
con aria di sfida ma cominciai a ridere di gusto.
«No». Smisi di ridere di colpo guardandolo. «A-A-A-Ashley,
prova a spiegarla».
«Se ci sono più forze?». Mi guardò per avere una conferma
delle sue parole e annuii perché continuasse. «sullo stesso punto, questo rimane
fermo» concluse soddisfatta.
«B-b-brava». Sorrisi felice di essere riuscito a farle
imparare qualcosa.
«B-b-b-b-b-b-b-brava!
Ma che cosa vuoi Fagotto? Smettila di provarci con la mia ragazza!» urlò
Alex prendendomi per il collo della maglia e avvicinandomi pericolosamente al
suo viso.
«Alex, smettila! Non ha fatto nulla, mi ha solo detto che
era giusto». Ashley era stupita, riuscivo a vederlo nonostante gli occhiali
fossero caduti sopra al banco.
Alex lasciò la presa sulla mia maglia e tornò a sedersi schioccandosi
una vertebra del collo.
«V-v-volete imparare a-a-anche la seconda legge?» parlai ad
entrambi indossando gli occhiali.
«No, forse è il caso che la impariamo domani, si è fatto
tardi e abbiamo gli allentamenti». Ashley guardò distrattamente l’orologio che
segnava le tre meno venti. «Grazie ancora Francis, non so come tu abbia fatto,
ma ho capito la prima legge». Sorrise cominciando ad ammucchiare i libri.
«N-n-nessun problema». Cercai di rilassarmi con scarsi
risultati.
«Alex, andiamo? Abbiamo gli allenamenti». Toccò leggermente
la spalla di Alex che sussultò quasi spaventato.
«Certo piccola». Si alzò in piedi ignorandomi e le circondò
la vita abbracciandola.
«Grazie ancora Francis, a domani». Ashley sventolò la mano
prima di aprire la porta e sparire assieme ad Alex.
Picchiai la fronte sul bordo del tavolo rendendomi conto del
disastro che avevo combinato.
Altro che supereroe e superpoteri, un superdisastro!
Una cosa era chiara, non ci sarebbero state altre lezioni
pomeridiane.
Ashley poteva anche aver capito la prima legge di Newton in
meno di dieci minuti, ma tutto quello che era successo negli altri trenta era
abbastanza influente da sbilanciare la situazione a mio sfavore.
Raccolsi velocemente i libri per tornare a casa.
Quando aprii la porta della macchina sentii un sussurro
provenire da dietro un cespuglio.
«Francis? Posso parlarti?». Ashley sventolò un pon-pon per
attirare la mia attenzione.
«A-A-Ashley?» sussurrai, stupito di trovarla dietro ad un
cespuglio con la divisa da cheer-leader.
«Per favore, un minuto solo» mimò con le labbra.
Mi avvicinai dubbioso, guardandomi in giro, certo che Alex
fosse pronto per uno scherzo idiota dei suoi.
«V-v-va tutto bene?» chiesi a pochi passi da lei.
«Sì, però Alex non vuole più che venga a lezione da te, dopo
oggi almeno. Però io mi sono trovata bene. Ho pensato che potremmo riprovarci
domani, che cosa ne dici?». Abbassò gli occhi timidamente e un sorriso aleggiò
sulle mie labbra.
«P-p-per me non c-c-c-ci sono problemi. Alla stessa o-o-ora?».
Mi sistemai gli occhiali sul naso e lei annuì.
«Ora scappo prima che mi veda. Grazie». Cominciò a camminare
facendo sventolare la gonnellina della divisa.
Oddio.
Avevo appena avuto un appuntamento clandestino con Ashley.
Mi aveva chiesto di farle da insegnante anche il giorno
dopo.
Physicsman, il
merito era tutto suo.
In fin dei conti avevo sempre detto che i supereroi
esistevano!
Salve ragazze!
Innanzitutto scusatemi per il
ritardo nel postare. È la prima volta che succede e mi dispiace tantissimo!
Prometto che sarà anche
l’ultima e per essere sicuri che sia così ho pensato che è meglio se aggiorno
di VENDERDI’, perché ho cominciato i corsi e non riesco ad organizzarmi per
riuscire ad aggiornare di Mercoledì.
Ho notato che le recensioni
si sono dimezzate dal primo capitolo, arrivando a quota 3, la storia vi fa
schifo o cosa? Perché mi dispiacerebbe se fosse così.
Questo era l’ultimo capitolo
‘di presentazione’ o ‘tranquillo’, dal prossimo ci saranno più scene divertenti
e si comincerà a vedere un po’ d’azione! :)
Grazie ancora a tutti i
preferiti, i seguiti, quelle da ricordare e chi legge solamente!
Ah si, il volto che
inizialmente avevo dato a John è variato, credo che sia migliore questo
rispetto al primo! :)
A venerdì prossimo e
scusatemi ancora per il ritardo! :)
Grazie ancora a Malia85
che mi beta i capitoli! :)
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Capitolo 4 *** (Star) Wars night ***
rotn
«Allora? Dovresti parlare prima che cominci il film, eh».
John si sistemò meglio sul mio divano e io chiusi il microonde per preparare i
pop-corn.
Era la Star Wars night.
Una sera a settimana ci trovavamo a casa mia per guardare un
film di Star Wars.
Quella sera era il turno di Star Wars: Episodio I- La minaccia fantasma.
«Non c’è nulla da dire» borbottai accartocciando, forse con
troppa forza, una lattina di cola finita.
«Non ci credo. Bugiardo! Si vede lontano un miglio che è
successo qualcosa» continuò a insistere John.
Non era la serata giusta per parlare.
Non dopo quello che era successo quel pomeriggio.
Certo, Ashley mi aveva detto che ci saremmo visti anche
quello successivo, non riuscivo a dimenticare, però, la figuraccia che avevo
fatto dentro a quella stanza perché avevo balbettato ininterrottamente.
«Frank, credo che i pop corn siano pronti». Zac indicò il
microonde e mi risvegliò dai miei pensieri.
Spensi meccanicamente il forno e borbottai infastidito
quando mi ustionai la mano con i pop corn.
«Allora?». Ma che cosa aveva John?
«John, smettila. Forse non ne vuole parlare». Mac, l’avrei
abbracciata stretta in quel momento.
«Ma siamo i suoi amici, deve dirci che cosa è successo.
Siamo qui e lui cammina per casa come uno scemo, non parla e non dice nulla,
non fa battute divertenti e non riesce nemmeno a cucinare i pop corn al
microonde senza bruciarli». Fece una smorfia schifato quando prese dalla
ciotola una manciata di pop corn mezzi bruciacchiati.
«Magari lo fa più tardi, sai che a metà film diventa loquace»
ridacchiò Zac riempiendosi la bocca di pop corn più di quanto avessi mai
creduto possibile.
«Non c’è nulla da dire, seriamente. È andata malissimo: ho
balbettato quasi tutto il tempo, Alex ha tentato di prendermi a pugni per due
volte, e ci sarebbe riuscito se Ashley non l’avesse fermato. Sono stato in
grado di farle imparare la prima legge e poi se ne sono andati. Domani
pomeriggio Ashley vorrebbe che ci incontrassimo ancora per spiegarle un nuovo
argomento ma Alex non vuole più accompagnarla, quindi non so che cosa
succederà, contenti?» sputai fuori la storia completa per evitare che facessero
nuove domande.
«Oh Francis…» sussurrò Mac avvicinandosi a me, come per
sostenermi moralmente.
«E non ditemi che vi dispiace, visto che è colpa vostra. La pietà
lasciatela fuori dalla porta, grazie». Incrociai le braccia al petto
sistemandomi gli occhiali sul naso.
«Non può essere andata così male se vuole venire anche
domani, no?». Zac cercò di sollevarmi il morale, ma cominciai a masticare
alcuni pop corn per non sentirli.
«Cominciamo con il film? Non vorrei finire troppo tardi, se
non lo ricordate domani abbiamo scuola» bofonchiai abbracciando un cuscino dopo
aver incrociato le gambe sul divano.
«No, non cominciamo nulla. Ora tu ti alleni come se ci fosse
Ashley davanti a te. La faccio io». John si alzò posizionandosi davanti al
televisore che aveva il fermo immagine sul logo della saga. «Ciao Frank! Che
cosa studieremo oggi?» cominciò a storpiare la sua voce parlando in falsetto e
senza rendermene conto iniziai a ridere. «Che cosa mi insegnerai?» continuò
civettuolo.
«Lascia stare John. Apprezzo lo sforzo» ridacchiai di nuovo
lanciandogli un cuscino addosso.
«L’avrei imitata decisamente meglio io, ho anche gli occhi
azzurri» commentò Zac prendendo una nuova manciata di pop corn.
«Perché non Mac? Sono sicuro che lei sarebbe stata in grado
di imitarla alla perfezione, è anche una ragazza e non avrebbe parlato in falsetto».
Indicai Mac che cominciò a ridere abbandonando la testa sul divano.
«Probabile, bastava solo dire “Alex tesoro, vieni che devo
farti vedere una nuova mossa della coreografia che abbiamo provato ieri con
Kath e le altre” non credi?» disse Mac prima di prendere un bicchiere e
riempirlo con la cola.
«Oh andiamo! Mac non sai imitare le cheerleader! Dovresti
essere come loro, non con quelle meches rosse e la maglia di Star Wars!»
cominciò a canzonarla John facendola ridere ancora di più.
Prima che il discorso ritornasse al disastroso pomeriggio
che avevo passato dentro a quella stanza chiuso con Ashley e Alex, schiacciai
play e il film cominciò.
Ammutolirono tutti nello stesso momento e sorrisi.
Una delle regole nelle Star
Wars night era di non parlare durante l’incipit del film.
«Tanto tempo fa, in una galassia lontana, lontana…»
esclamammo tutti e quattro assieme, seguendo la voce fuori campo.
Guardammo il film in religioso silenzio, fino a quando, come
ogni volta, Zac sospirò non appena la principessa Padmé
Amicala fece il suo ingresso.
Tutti sapevamo che Zac aveva
una cotta per Padmé, o meglio, per Natalie Portman.
«Ragazzi» sospirò Zac «è una
delle creature più belle che ci siano al mondo. I suoi occhi, le sue labbra,
quel neo che le dona un tocco di bellezza in più» continuò sognante.
Ridacchiai assieme a John
continuando a guardare il film.
«La vedete? Vedete che bella?
La più bella donna della mia vita, la sposerei subito». Innamorato cotto, ecco qual era la definizione giusta
per Zac.
«Insomma, dacci un taglio, Zac!
L’abbiamo capito, il concetto è chiaro. Non serve che ogni settimana tu ripeta
quanto bella è Natalie» sbottò decisamente
arrabbiata Mac.
«Che ti prende Mac? Non ho
detto nulla, ho solo contemplato la sua bellezza! Quando c’è una donna si fanno
i complimenti, punto e stop» continuò
arrabbiato perché Mac aveva offeso la sua fidanzata immaginaria.
«Oh, andiamo! Ti comporti come
un bambino di dieci anni. Ne farai diciotto il quindici di marzo, non credi che
sia tempo di crescere, eh Zac?». Da quando
in qua Mac era così scontrosa?
Voltai leggermente il viso per
guardare John che, come me, continuava a fissare Mac e Zac stupito.
«Senti chi parla! Una che
rimane tutto il giorno davanti al computer per hackerare il sistema della
scuola, chi è il bambino ora?». Zac
continuò a parlare, calmo, solo una piccola nota nella sua voce mi faceva capire
che era arrabbiato.
«Ragazzi…» intervenne John per cercare di tornare a guardare il
film tranquillamente.
«Sta zitto» dissero assieme Mac e Zac puntandogli il dito contro.
«Che sta succedendo?» sussurrò John di fianco a me mentre entrambi fissavamo
i nostri due amici, stupiti.
«Non lo so». Alzai le spalle confuso.
«Bambina? Io almeno faccio
qualcosa di divertente, non come qualcuno qui che passa tutto il suo tempo
libero davanti ad un fumetto di X-Man!».
Mac era furiosa, non l’avevo mai sentita pronunciare in tono così sprezzante
X-Man.
«Credo che sia in quel periodo
del mese» sussurrò John e io annuii
convinto.
«Non provare a offendere Worverline, eh! Non ti permettere!».
Il tono di voce di Zac si alzò leggermente, così non l’avevo mai sentito. «E
comunque, leggere fumetti è una cosa da ragazzi. In quanto tale ci si aspetta
che io lo faccia. Tu, se non sbaglio sei una ragazza, no? Che cosa fai per
farlo capire? Sai che metà scuola pensa ancora che tu sia un ragazzo?» concluse
con un sorrisetto divertito.
Questa era proprio pesante e decisamente fuori luogo.
Mac non si meritava quelle parole, false oltretutto.
«Si be’, scusatemi. Ho un impegno». Mac si infilò la sua
felpa uscendo di corsa da casa mia senza nemmeno salutare.
Lo fece talmente veloce che non ero nemmeno riuscito ad
alzarmi per fermarla.
«Che cosa avrà avuto oggi?» sbuffò Zac tornando a guardare
la tv.
«Sei scemo?» chiese John guardandolo.
«Che c’è? Ha offeso Wolverline» tentò di giustificarsi.
«L’hai offesa, perché le hai detto tutte quelle bugie? Mac
non si merita questo» cercai di spiegare a Zac il disastro che aveva combinato.
«Ragazzi, state scherzando? Ha offeso X-Man, non giuggiole!»
ridacchiò Zac.
«Stava scherzando, scemo». John riuscì a riprendersi dalla
sorpresa.
«Ah». Zac rimase senza parole. «Be’, domani le chiederò
scusa». Masticò altri pop corn e continuai a fissarlo stupito.
«Forse dovresti andare ora, sei stato abbastanza cattivo con
lei». Indicai la porta alle mie spalle con il pollice e Zac mi ignorò.
«Non vado fino a casa di Mac ora per chiederle scusa. Se è
nervosa in questi giorni non è colpa mia. Si offende per ogni piccola battuta
che le facciamo». Forse non si era reso conto di quello che le aveva detto.
«Veramente sei stato molto pesante. Le hai detto che è un
maschio. Lei non ti ha offeso in quel modo». Tentai ancora una volta di fargli
capire il suo errore.
«Va bene, ho capito. Vado a casa. Ci vediamo domani mattina,
passi a prendermi?». Zac si alzò e cominciò a incamminarsi verso la porta per
uscire.
«Sì, solito». Lo salutai con un cenno del capo e lo stesso
fece John di fianco a me.
Rimanemmo per qualche minuto in silenzio, a fissare il
televisore che continuava a proiettare scene del film.
«Credo che me ne andrò anche io». John si alzò lentamente,
senza dire nulla riguardo tutto quello che era successo poco prima.
«A domani» sussurrai prima che la porta si chiudesse.
Mi tolsi gli occhiali e mi massaggiai le tempie cercando di
fare chiarezza.
Era tutto un disastro.
Mac si comportava in modo sempre più strano e Zac sembrava
diventare ogni giorno più scemo.
Riordinai velocemente il soggiorno e salii le scale per rifugiarmi
in camera.
Indossai il pigiama e spensi la luce per dormire, quando mi
ritornò alla mente l’immagine di Mac che, zittita e ferita, usciva da casa mia
con il cappuccio alzato e la musica dell’I-pod a tutto volume.
Sbuffando accesi la luce e, dopo aver preso il telefono,
avviai la chiamata.
«Sono Mac, in questo
momento non posso rispondervi perché probabilmente sono impegnata ad hackerare
qualcosa. Lasciate un messaggio e se avrò tempo e voglia vi richiamerò».
Sorrisi sentendo la segreteria di Mac.
«Mac… sono io. Senti, lo so che ci sei e mi stai ascoltando,
potresti rispondere per favore?» aspettai qualche secondo sperando di sentire
il ricevitore alzarsi e poi continuai «ascolta, Zac è un idiota, però vorrei
sapere come stai». Attesi ancora ma non ottenni risposta. «Va bene, non vuoi
parlarmi. Allora ci vediamo domani a scuola. ‘notte». Riagganciai sedendomi sul
letto sconfitto.
Dopo essere rimasto per quasi cinque minuti a fissarmi i
piedi senza giungere a una conclusione riguardo il comportamento di Mac, mi
infilai di nuovo sotto alle coperte e cercai di dormire.
La mattina, quando Zac e John salirono in macchina, ci
salutammo con un cenno del capo senza nemmeno parlare.
Nessuno di noi aprì bocca fino a quando parcheggiai al
solito posto.
Tutti e tre notammo una differenza rispetto alle altre
mattine: Mac non era lì ad aspettarci.
«Ehm… non manca qualcuno?» chiese John chiudendo la portiera
della mia macchina.
«Credo di sì». Il sussurro di Zac mi fece capire che
finalmente si era reso conto del disastro che aveva combinato. «Forse dovrei
chiederle scusa» mormorò di nuovo.
Lasciai che si crogiolasse nei suoi sensi di colpa senza
interferire con nessuna frase e lo stesso fece John.
In silenzio e a testa bassa, ci avviammo verso gli
armadietti per prendere i libri.
«Che cosa abbiamo alla prima ora?». Tipica domanda mattutina
di John.
«Chimica» rispondemmo nello stesso istante io e Zac.
«Oh oh, prevedo guai». John parlò fissando un punto dietro
di me e io mi voltai, pensando che probabilmente Mac si stava avvicinando
infuriata, pronta per tirare uno schiaffo, meritato, in faccia a Zac.
Quello che vidi però fu molto, molto peggio.
Alex, accompagnato da Luke e l’altro suo amico gorilla, si
stava pericolosamente avvicinando a
noi; la cosa che mi preoccupava era il sorriso sadico che non se ne voleva
andare dalle sue labbra.
«Francis, scappa» sussurrò terrorizzato Zac, indietreggiando
di qualche passo da me.
Scappare?
Come avrei potuto scappare visto che nemmeno i polmoni
riuscivano a muoversi per respirare.
Fortunatamente il cuore era un muscolo involontario,
altrimenti si sarebbe fermato anche lui per la paura.
O forse l’avrebbe fatto lo stesso.
Strinsi di più la pila di libri tra le mie mani mentre Alex
continuava ad avvicinarsi.
«Fagotto» chiamò con voce decisamente alta, solo per
attirare più sguardi possibili su di noi. «Ho sentito che sei un genietto in
fisica, no?» continuò schernendomi, aggiungendo anche un occhiolino.
Rimasi immobile senza fiatare, sentivo i polmoni chiedere
aria ma non ero in grado di muovere il diaframma.
Terrore, ecco quello che mi immobilizzava.
Il terrore di essere ancora una volta deriso davanti a
tutti.
«Non rispondi? Sei diventato improvvisamente muto?». Questa
sua frase causò una risata dei suoi scagnozzi e di qualche cheer-leader
nascosta tra il pubblico che si era formato.
«Fagli vedere chi sei, Alex!». Riconobbi la voce gracchiante
di Kathrina, l’oca per eccellenza.
«Mi chiedevo…». Un sorriso si dipinse sul suo volto, poi
continuò «sapresti spiegarmi che legge fisica è questa?». Allungò di colpo la
mano picchiando sulla pila di libri che avevo in mano e li fece cadere tutti
per terra. «Mhm? Fagotto, illuminami, che legge fisica è questa?». Tra le
risate generali alzò la voce per farsi sentire da tutti.
Abbassai lo sguardo arrossendo, per guardare i libri sparsi
attorno ai miei piedi.
«Non mi rispondi, Fagotto? Sembra che fuori dall’aula tu sia
privo di parola» gracchiò facendo un passo verso di me e costringendomi ad
arretrare fino agli armadietti.
Mi aveva intrappolato.
«Non c’è più niente da vedere qui, forza. Tornate tutti
nelle vostre classi». Sospirai di sollievo quando la voce del professor Lutking
causò borbottii e fece arretrare Alex. «Signor Kingston, vuole che chiami la
preside o si allontana prima?». La mano del professore si appoggiò sulla spalla
di Alex e intravidi la salvezza più vicina.
«No, certo che no professor Lutking, stavamo solo parlando».
Mi lisciò le pieghe della maglia con fare amichevole. «Stai lontano dalla mia
ragazza, idiota» sibilò al mio orecchio così piano che il professore non lo
sentì.
Si allontanò come se nulla fosse accaduto e quando guardai
il professore mi accorsi che mi stava fissando quasi con pietà.
«Tutto bene Hudson?». Continuò a guardarmi non pensando
minimamente di aiutarmi a raccogliere i libri.
Annuii e lo osservai sparire di fretta dopo aver fatto un
cenno d’assenso.
Quando mi guardai attorno mi accorsi che la folla si era
diradata; attorno a me c’erano solo pochi curiosi che erano rimasti per vedere
una possibile punizione, John e Zac.
«Credo che dopo quello che ha fatto tu non dovresti più
aiutarlo» sussurrò John e si accucciò per aiutarmi a raccogliere alcuni libri.
«Vuole fare tanto il popolare ma non si rende conto che
fuori da queste mura lui non è nessuno, soprattutto per il non-cervello che si
ritrova». Zac impilò quattro libri uno sopra all’altro e me li tese quando mi
alzai.
«Grazie per l’appoggio ragazzi. Andiamo in classe, dai»
sussurrai sconfitto camminando a testa china tra la folla di studenti che
borbottava al mio passaggio.
Che cosa avevo fatto di male per meritarmi quel
comportamento da parte di Alex?
Certo, ero innamorato della sua ragazza, ma non lo sapeva
nessuno.
Chi non era innamorato di lei?
Tutta la scuola aveva passato quella fase, la mia durava da
più tempo ma questo non cambiava le cose.
E poi, perché Alex sembrava così infuriato con me?
Era il primo che si vantava quando Ashley riceveva dei
complimenti, era il primo che proclamava fiero che lei era la sua ragazza.
Quando mi sedetti al solito bancone da laboratorio mi
accorsi che di Mac non c’era ancora traccia.
Guardai il cellulare ma non mi aveva avvertito con nessun
messaggio.
Sarei passato da lei dopo le lezioni, con la scusa di
portarle i compiti mi sarei fatto spiegare per bene che cosa le stava
succedendo.
Mac e io ci eravamo sempre raccontati tutto, o quasi.
Non le avevo mai detto, ad esempio, della cotta che avevo
avuto per lei all’asilo, prima di incontrare Ashley.
Era passata subito e si era evoluta in una splendida
amicizia.
Tentai di ritornare al presente con la mente per seguire il
professore. Ci riuscii con molte difficoltà.
Quando la lezione finì mi avviai con i ragazzi verso la
mensa.
«Frank, posso parlarti?». Ashley mi chiamò da dietro un
armadietto e sussultai spaventato sentendo il mio nome.
«Ashley?» chiesi poco convinto, come se vederla davanti ai
miei occhi non fosse una prova sufficiente.
«Nell’aula di musica, tra due minuti. Per favore». Cercò di
sorridere e l’unica cosa che io riuscii a fare fu un cenno di assenso.
«Arrivo subito» sussurrai a John e Zac che continuavano ad
alternare gli sguardi da me a Ashley, evidentemente meravigliati.
Camminai veloce fino all’aula di musica e un minuto dopo
Ashley entrò richiudendosi la porta alle spalle.
«Francis, mi dispiace tanto per quello che ha fatto Alex
prima. Lui non è così, lui è buono e non so nemmeno perché si sta comportando
in questo modo. Tu non gli hai fatto niente di male, non lo so proprio» cominciò
a gesticolare toccando nervosamente tutti gli strumenti che trovava davanti a
lei.
«N-n-n-non f-f-fa-a n-n-niente». Cercai di sminuire il tutto
per non doverla vedere così triste e preoccupata.
«Ascolta, sono interessata alle lezioni di fisica, così ho pensato
di proporre ad Alex un patto, ma prima volevo chiederti se per te è un problema»
bisbigliò avvicinandosi di qualche passo e lasciandomi a bocca spalancata.
Ashley voleva chiedere a me
se c’erano dei problemi?
«D-d-dimmi». Meglio non dilungarsi in discorsi che non sarei
stato in grado di fare.
«Non mi lascerà mai fare quelle lezioni da sola con te.
Probabilmente, conoscendolo, si sentirà al sicuro se con me ci sarà qualcuno
dei suoi, Luke, o Martin ad esempio. Ti darebbe fastidio?». Mi guardò speranzosa.
Come potevo dire di no a quello sguardo? Come potevo dire di
no a lei?
«C-c-c-certo ch-ch-che no». Scrollai le spalle per farle
capire che non c’era proprio nessun
problema.
Luke? Martin? Erano proprio dei miei grandi amiconi!
Avevamo giocato un sacco di volte a Dungeons & Dragons assieme.
Soprattutto con Martin, l’armadio di cento chili di muscoli
che faceva rimbombare il pavimento quando camminava.
Mi stupii anche di riuscire a pensare in modo ironico in quel momento.
«Grazie! Grazie Francis». Mi ritrovai con le braccia di
Ashley strette al collo e fissai la parete davanti a me lì, dove un secondo
prima c’era stata lei. «Sei la persona più buona e gentile che io abbia mai
conosciuto». Terminò l’abbraccio lasciandomi ancora immobile e rincretinito più
del solito.
«Q-q-quando?». Cercai di darmi un contegno, come se Ashley
Foster non mi avesse appena abbracciato di sua spontanea volontà.
«Oggi pomeriggio per te va bene? Come ieri, un’oretta»
chiese sorridendo.
Annuii e la vidi indietreggiare per portarsi ad alcuni metri
di distanza da me.
«Perfetto, allora ci vediamo oggi pomeriggio. Grazie ancora».
Mi salutò chiudendosi la porta alle spalle e rimasi per qualche secondo
inebetito a fissare la porta.
Stremato dall’abbraccio che avevo appena ricevuto, il primo
da parte di una donna se si escludevano mamma, nonna e Mac, mi sedetti su una
sedia infilzandomi una gamba con una bacchetta da cassa che c’era.
Quando uscii dall’aula trovai John e Zac lungo il corridoio,
curiosi come le vedove di un piccolo paesino del sud degli Stati Uniti.
«Non chiedetemi nulla» dissi prima che cominciassero a fare
domande.
Non c’erano parole per descrivere quello che era successo.
«Andiamo Francis! Che cosa è successo dentro a quella
stanza? Hai una faccia sconvolta» sentenziò John fissandomi a lungo. «Oddio.
Oddio ho capito. Ti ha mostrato le tette». John prese la mia mano destra e la
strinse nella sua, come se avesse voluto congratularsi con me.
Lo fissai con uno sguardo vacuo, sentendo ancora le braccia di
lei sul mio collo.
«Ragazzi, io avrei un po’ di fame, possiamo andare a
mangiare?» chiese timidamente Zac.
Annuii e cominciai a camminare seguendoli verso la mensa.
Il tempo trascorse talmente veloce, nemmeno mi ero accorto
di aver finito anche quel giorno di scuola.
In un batter d’occhio Zac mi salutò con un «Tra cinque
minuti arriva Ashley. Buona fortuna». Quando assorbii e capii veramente le sue
parole, lui e John se ne erano già andati.
Camminai lentamente verso l’aula e quando mi resi conto che
Ashley era in piedi, davanti alla porta, nel bel mezzo di una conversazione con
Luke, mi risvegliai improvvisamente.
«Ciao Francis» salutò cortesemente Ashley rivolgendosi a me.
«C-c-c-ciao A-A-Ashley. L-luke» feci cenno col capo aprendo
la porta della classe ed entrando.
«Che cosa studiamo oggi?» chiese Ashley felice.
«Q-q-quello che do-do-dovevamo finire ieri, di-di-direi». Mi
schiarii la voce e in quel momento una parola si disegnò immaginaria davanti ai
miei occhi.
Physicsman.
«Perfetto». Con un sorriso Ashley si sistemò meglio sulla
sedia e aprì un libro immacolato di fisica.
Cominciavo a capire perché lei e la fisica non fossero
amiche.
«A p-p-pagina 98» dissi aprendo il mio libro.
Lo stesso fece Ashley e cominciammo la lezione.
Tutto sommato non fu un disastro come il giorno prima o come
mi ero aspettato.
Luke messaggiò col cellulare per quasi tutto il tempo
ignorando completamente me e Ashley.
Riuscii anche a balbettare un po’ meno, grazie a Physicsman.
Ashley si dichiarò soddisfatta della lezione e ci lasciammo
con un appuntamento per il giorno successivo alla stessa ora.
Senza Alex era andata decisamente meglio.
Ora però, superata la seconda lezione con Ashley, c’era un
altro problema che mi assillava.
Mac.
Accesi la macchina e velocemente guidai verso casa sua senza
un piano preciso.
Dovevo parlarle.
Avrebbe fatto bene a entrambi.
Era da tanto che non parlavamo più, le nostre sane
chiacchierate che duravano fino a mezzanotte.
Improvvisamente mi resi conto che la trascuravamo.
Bussai alla porta sul retro e vidi la tendina spostarsi per
vedere chi aveva bussato.
La porta non si aprì.
«Mac, ti ho visto, andiamo». Non potei trattenere una
risatina quando appoggiai la borsa con i libri pesanti per terra.
Nessuna risposta, anche se riuscivo a intravedere l’ombra di
Mac dentro casa.
«Mac, andiamo, ti vedo. Apri la porta che devo parlarti»
continuai bussando più insistentemente.
Nessuna risposta, nonostante l’ombra si stesse muovendo
nervosamente.
«Mac! Per l’amor di Dio, che ti succede?» urlai, quasi
esasperato.
«Non sono in casa» disse Mac da dietro la porta.
«E chi ha parlato, Darth Vader?» ridacchiai divertito.
«Non c’è nessuna Mac, mi dispiace» continuò.
«Mac, non fare la bambina, andiamo! Apri questa porta per
favore» picchiai un pugno, come nei film, contro la parete di legno e imprecai
per il dolore alle nocche.
Esperienza da non ripetere.
«Francis, per favore, vattene. Non voglio parlare oggi» sembrava
trattenere le lacrime e questo mi innervosì.
Mac a casa da sola, davanti allo schermo del pc, concentrata
al massimo su qualche stupido sito pur di non pensare ai suoi problemi.
«D’accordo! Fai come vuoi» urlai esasperato e stanco. Era
stata una giornata lunga. «Sei una bambina, lo sai? Peggio, non sei una
bambina, sei una persona orgogliosa!» continuai ad urlare prima di prendere la
borsa che mi sbilanciò e mi fece quasi cadere.
Sentii la risatina di Mac e le feci una linguaccia, certo
che potesse vedermi.
«Ti voglio bene Francis». Lo percepii come un sussurro.
«Anche io. Ma ti prego, torna perché non li sopporto da solo»
cercai di sdrammatizzare.
«Ci penserò». Capii che quello era il massimo che potessi
fare.
Mac sarebbe tornata appena ne avesse avuto voglia.
«Se hai voglia di parlare sai che ci sono. Mi raccomando».
Agitai la mano per salutarla e mi incamminai verso la macchina.
Quello che non sapevo era che Mac sarebbe tornata a scuola
due giorni dopo.
Quando mi avrebbe parlato?
Quasi un mese dopo, una settimana prima della festa di
Halloween.
Salve ragazze.
Non ho molto da dire.
Nel prossimo capitolo ci sarà
un salto temporale di quasi un mese, a questa fatidica festa di Halloween.
Succederanno un sacco di cose! :)
Come avrete letto nella nota
che avevo lasciato in Fb oppure dall’avviso che avevo lasciato nella pagina
autore qui su EFP, non sto passando un bel periodo.
È stato difficile scrivere
questo capitolo, non per mancanza di tempo, più che altro per motivi che avrete
letto e non mi dilungo troppo.
Spero che il prossimo
capitolo arrivi la settimana prossima, ma vi prego, se venerdì non vedrete
l’aggiornamento non arrabbiatevi, è veramente qualcosa di abbastanza grave.
Grazie ancora a seguiti,
preferiti, da ricordare, chi legge e soprattutto chi commenta.
Ancora una volta un
doveroso grazie a Malia85
che mi beta la storia!
|
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Capitolo 5 *** Halloween sucks (Pt. 1) ***
rotn
Il tempo sembrava volare.
Era passato un mese talmente in
fretta che nemmeno me ne ero reso conto.
Gli incontri quotidiani con
Ashley erano ormai diventati routine, tanto che, lentamente, avevo cominciato a
balbettare un po’ meno.
Era soddisfatta perché nell’ultimo
test di fisica aveva preso B-.
Soddisfatta lei, felicissimo io,
soprattutto per l’abbraccio e il bacio sulla guancia che mi aveva dato.
Non importava la settimana di
febbre che avevano comportato, le labbra di Ashley Hudson si erano posate sulla
mia guancia e le sue braccia avevano circondato il mio torace all’altezza della
decima costola.
Se da una parte Ashley aveva
fatto molti progressi e in breve tempo, dall’altra le chiacchierate con Mac si
erano ridotte quasi in modo inversamente proporzionale.
Era rimasta a casa da scuola per
due giorni e, quando era tornata, si era chiusa in un mutismo che veniva
interrotto solo da sporadici «Sì» e «No», quando le veniva fatta una domanda.
Ci avevo provato Zac per primo a
parlarle, ma si era ritrovato con una porta chiusa, quando era stato il turno
di John, Mac si era dimostrata un po’ più gentile, gli aveva cortesemente detto
di andare a quel paese.
Quella sera era il mio turno; le
avevo detto che sarei andato da lei per parlare un po’, ma probabilmente Mac
aveva già capito il motivo della mia visita.
«Dove stai andando Francis?»
chiese mamma quando scesi in cucina per bere un po’ d’acqua prima di uscire per
andare a casa di Mac.
«Da Mac» risposi lottando contro
il tappo della bottiglietta che non ne voleva sapere di aprirsi.
«Mac, è da un pezzo che non la
vedo qui in casa, come sta?». Mia madre sorrise sedendosi sullo sgabello di
fianco al piano cottura della cucina.
Feci spallucce non sapendo che
cosa risponderle.
Come stava Mac?
Non lo sapeva nessuno, probabilmente
nemmeno Mac stessa lo sapeva.
«Francis, va tutto bene?». La
capacità di leggere le persone di mamma mi aveva sempre spaventato.
Fin da piccolo avevo sempre sospettato
che lei avesse qualche potere extrasensoriale e dai sette ai dodici anni ero stato
fermamente convinto che mamma fosse un supereroe.
Poi, la macabra scoperta assieme
a John e Zac: Mac ci aveva svelato che i supereroi non esistevano.
«Certo». Mi stampai sulle labbra
un sorrisetto finto che probabilmente la insospettì ancora di più.
«Problemi con le donne?». Assottigliò
le palpebre sistemandosi la matita dietro l’orecchio destro.
«No mamma. Problemi con che
donne?» chiesi in modo retorico.
«Mac, ad esempio» sentenziò,
continuando a fissarmi.
«Non sono problemi, solo che è
strana e non sappiamo che cosa le passa per la testa». Meglio non sbilanciarsi,
mamma avrebbe potuto capire il problema prima di Mac, era troppo intuitiva.
«Sarà innamorata» ridacchiò
tornando a scribacchiare sui fogli.
Cominciai a sogghignare pensando
a Mac innamorata.
Impossibile.
Mac non era di certo una che si
innamorava, insomma…
«Certo, certo. Vado da Mac e non
so a che ora torno. Ciao». Scappai fuori di casa prima che mia madre potesse
avere il tempo di rispondermi.
Non avevo voglia di prendere la
macchina, così mi incamminai a piedi.
Casa di Mac non era poi così
distante ed era piacevole camminare, soprattutto perché non era ancora arrivato
l’inverno; per quanto non facesse così freddo in California durante l’inverno.
Suonai il campanello di casa e
pochi secondi dopo sentii i passi di qualcuno avvicinarsi alla porta.
«Ciao Mac» salutai quando aprì la
porta con un mezzo sorriso.
«Francis». Si scansò per farmi
passare ed entrai guardandomi in giro.
Sua mamma non c’era e nemmeno sua
sorella.
«Sei a casa da sola?» chiesi
avanzando verso il divano.
«Sì. Mamma è andata ad
accompagnare Sally a un pigiama party a casa di una sua amichetta di scuola.
Perché sei qui?» chiese sospettosa sedendosi sul divano subito dopo di me.
«Che c’è? Non posso nemmeno
venire a trovare la mia amica? Mi sento offeso, Mac!» scherzai cercando di
farla ridere.
«Sputa il rospo Frank. Ti conosco da quanto, quindici anni?
Credi che non riesca a capire quando racconti le bugie? Ti hanno mandato loro
perché hanno fallito?». Si avvicinò un po’ di più a me, quasi arrabbiata.
«No Mac» sbuffai come se mi fossi sentito offeso perché aveva detto una cosa
stupida «mi offendi se dici così. Sono venuto da te per passare un paio d’ore
in compagnia e per aggiornarti dei fatti». Piegai la bocca in un sorriso amichevole
che non sembrò sortire nessun effetto.
«Che ci fai qui, Francis?» chiese
alzando le sopracciglia in modo interrogativo.
«D’accordo. Volevo sapere come ti
vestirai la prossima settimana al ballo di Halloween, ma soprattutto se verrai,
va bene?» chiesi irritato perché non sapevo mentire a nessuno.
«Non ci vengo». Scosse la testa
cominciando a fissarsi le mani.
«Cosa?». La interruppi sbalordito
alzando la voce di qualche tono per la sorpresa.
«Hai capito bene, non ci vengo»
sussurrò evitando di nuovo il mio sguardo.
«Ma Mac… siamo all’ultimo anno, è
il nostro ultimo ballo di Halloween, non possiamo non andarci» dissi sconvolto.
«Non ho detto che tu non puoi
andarci, ho semplicemente detto che io
non vengo». Alzò il viso e i suoi occhi si incontrarono furtivamente con i
miei.
«Mac… facciamo a meno di vestirci
da DNA, non è un problema, nemmeno io sono così entusiasta all’idea che mi
prendano in giro tutta la sera, soprattutto dopo quello che è successo con
Alex. Troveremo un altro costume, ma dobbiamo andarci, devi venire anche tu,
per favore». Presi la sua mano e la strinsi tra le mie.
Un piccolo sorriso aleggiò sulle
labbra di Mac.
Stava cedendo.
«Perché dovrei venire? Per
rimanere tutta la sera seduta in un angolo a guardare gli altri che ballano?
Non è una prospettiva interessante». Il sorriso sparì e notai quasi un velo di
tristezza nei suoi grandi occhi verdi.
«Ballerò io con te, tutta la
sera, balleranno con te anche John e Zac! Che cosa ne dici?» domandai
sorridendo, sperando di essere riuscito a convincerla.
«Non saprei…» sussurrò
combattuta.
«Andiamo! Sono sicuro che sarà
una festa indimenticabile! Potremmo vestirci da Hobbit! Oppure da qualche
personaggio di Star Wars! Potresti fare la principessa Padmè Amicala, che ne
pensi?». Ero entusiasta delle mie idee.
Un’ombra passò nello sguardo di
Mac, o forse me la immaginai soltanto.
«Non lo so, ci penserò. In ogni
caso se ci vengo è solo perché me l’hai chiesto tu, intesi?». Cercò di
sorridere e sgranai gli occhi, improvvisamente spaventato.
«Sarà innamorata» aveva detto mamma.
No.
Mac non poteva essere innamorata.
No.
Mac non poteva essere innamorata
di me.
Scossi la testa per scacciare
quel brutto pensiero e le sorrisi annuendo, incapace di parlare.
«Non mi hai più raccontato i
progressi… come va con Ashley?» chiese sistemandosi meglio sul divano.
«Bene, direi bene. Cioè, balbetto
meno, però sono sempre in imbarazzo. Ma tanto…» cominciai prima di far cadere
il discorso.
No, se Mac era innamorata di me
non potevo di certo dirle quelle cose.
«Tanto? Che c’è Francis?» chiese
abbracciando un cuscino.
«No, niente». Scossi la testa ma
Mac non rinunciò a scoprire che cosa le stessi tenendo nascosto.
«Francis, sai che con me puoi parlare di qualsiasi cosa,
vero?». Sorrise accarezzando una mia mano con la punta delle dita e io la
ritrassi di colpo.
Oh santo George Lucas!
Mackenzie Hale era innamorata di me!
«Mac…» cominciai in imbarazzo
prima di schiarirmi la voce e sistemarmi gli occhiali sul naso.
«Che c’è Francis? È successo
qualcosa?» chiese, ora agitata.
«No, è che…». Deglutii sperando
che riuscisse a capire che non volevo ferirla, ma l’avevo sempre vista come
un’amica.
«Francis, mi stai facendo
preoccupare. Che ti ha fatto Ashley?». Era decisamente arrabbiata.
Mi sistemai il collo della maglia
nervosamente prima di rispondere alla sua domanda.
«No, assolutamente niente. Ashley
non ha fatto niente di male. Voglio dire, lei nemmeno sa che esisto. Cioè, sa
che esisto ma non credo che mi veda come un uomo, capisci? Non che io sia un
uomo, però non mi vede come un ragazzo, credo che non mi veda nemmeno come un
amico. Sono semplicemente Francis. Non sono nemmeno sicuro che sappia che suo
fratello giocava nella stessa squadra di football del mio. Credo che lei non si
renderà mai conto di quello che sono. Non so nemmeno se mi sono spiegato».
Abbassai lo sguardo, colto dall’imbarazzo e notai che i pugni di Mac erano
chiusi, come se si fosse arrabbiata.
«Oh, certo che ti sei spiegato!
Ho capito benissimo quello che vuoi dire! La conosco quella sensazione. Tu vuoi
dire che Ashley non si rende minimamente conto di te perché è fissata con i
giocatori di football. Perché guarda solo il lato esteriore. Perché non si
accorgerà mai delle ragazze che gli sono davanti, impegnato com’è a guardare
persone irraggiungibili!» sbuffò arrabbiata prima di sistemarsi un ciuffo rosso
che era caduto sulla fronte.
«Ehm… Mac, di chi stai parlando?»
chiesi confuso.
Perché aveva parlato di un
ragazzo?
«Cosa?». Alzò il viso, confusa,
ancora agitata per lo sfogo che aveva appena avuto.
«Di chi stavi parlando dieci
secondi fa?». Aggrottai la fronte, perplesso.
«Tu di chi stavi parlando?»
chiese, sgranando gli occhi spaventata.
«Di Ashley». Forse aveva la
febbre, di chi altro avrei potuto parlare?
«Anche io». Annuì velocemente ma
le sue mani si strinsero in modo spasmodico attorno al cuscino che stava ancora
abbracciando.
«Perché hai parlato di un ragazzo
e di persone irraggiungibili?». Era un mistero.
Come un lampo, per la seconda
volta nel giro di un’ora, la frase di mamma lampeggiò davanti a me.
«Sarà innamorata».
Oddio.
Il ragazzo ero io.
La ragazza che mi stava davanti e
di cui non mi ero accorto era lei.
La persona irraggiungibile era
Ashley.
Mac si era appena dichiarata.
«No, hai sbagliato a capire».
Arrossì violentemente alzandosi di colpo e dirigendosi verso la cucina. «Mi
prendo un bicchiere d’acqua, scusami». Sparì velocemente dalla mia vista e io
appoggiai la testa sul divano fissando il soffitto.
Non ero pratico di donne e non
sapevo come affrontare l’argomento.
Come potevo dirle che non mi interessava?
Come potevo dirle, senza
offenderla, che la vedevo come un’amica?
Quando ritornò a sedersi di
fianco a me, un silenzio innaturale cadde tra noi.
Via il dente, via il dolore, così
diceva nonna Julia.
«Mac… ti prego, non metterti a
piangere davanti a me perché poi non saprei che cosa fare e lasciami finire…»
cominciai quando la vidi aprire la bocca per parlare «io ti ho sempre vista
come un’amica, be’, a dire la verità all’asilo, prima di incontrare Ashley ero
innamorato di te, ma sono cose che succedono ai bambini, ok? In ogni caso, io
non so come dirtelo, ma ti vedo come un’amica e anche se sto ferendo i tuoi
sentimenti… io non posso mentirti. Mac, non possiamo essere fidanzati noi due,
non so nemmeno se ci sia un modo carino per dirlo, diciamo che ti voglio bene,
però come se fossi mia sorella. Ti prego, non dirmi che stai piangendo». Alzai
lo sguardo lentamente, spaventato dalla possibile reazione di Mac.
L’aveva presa meglio di quanto
avessi immaginato.
Continuava a fissarmi con le
labbra socchiuse per lo stupore.
Improvvisamente cominciò a
ridere.
Era una risata isterica?
Sarebbe scoppiata a piangere
subito dopo?
La lasciai ridere in attesa della
sua prossima mossa, ma quando mi resi conto che non avrebbe smesso di ridere,
visto che lo stava facendo ininterrottamente da quasi cinque minuti, decisi di
intervenire.
«Mac?» sussurrai posandole appena
una mano sulla spalla.
Mac si asciugò per l’ennesima
volta una lacrima, ma non si fermò.
«Mac?» tentai di nuovo, il tono
della voce più alto.
Lentamente smise di ridere e si
raddrizzò, tornando a guardarmi in faccia.
«Sì?» chiese portandosi una
ciocca di capelli dietro all’orecchio.
«Pensavo l’avresti presa peggio»
sussurrai imbarazzato e confuso.
«Francis, tu non sai nemmeno
quanto ti voglio bene. E te ne voglio tanto anche per il modo in cui tu giungi
sempre alle conclusioni sbagliate. Mettiti il cuore in pace, non sono
innamorata di te». Mi sorrise sincera e la squadrai scettico.
«Non capisco…» bofonchiai
confuso.
Se io non le piacevo allora chi…
«Non devi capire, Francis»
sorrise rilassata, improvvisamente di buonumore «però stai tranquillo, va bene?».
Mi tirò un pugno scherzoso sul braccio e continuai a guardarla sorridere.
Non la vedevo così di buonumore
da settimane, da quando se ne era andata da casa mia dopo che Zac l’aveva
offesa.
Almeno ero riuscito a farla
ritornare normale.
Rinunciai a capire la complicata
e imprevedibile psiche femminile e decisi che il mio compito era stato portato
a termine.
«Ci vediamo domani a scuola
allora? Perché dobbiamo decidere come travestirci per la festa. Lo sai anche tu
quanto la odio, ma ci tengo. Voglio andarci, ecco» puntualizzai stiracchiandomi
prima di alzarmi dal divano.
«Uff… sì Francis. Va bene. Ci
vediamo domani. ‘notte» sussurrò spingendomi scherzosamente fuori dalla porta
di casa.
Camminando verso casa sorrisi
fiero di essere riuscito a portare a termine la mia missione.
Ero anche sollevato di aver
scoperto che Mac non era innamorata di me, non che l’avessi mai veramente preso
in considerazione!
Quella sera mi addormentai con un
sorriso sulle labbra.
La settimana volò, e quando, il
sabato sera, suonai il clacson davanti a casa di John e Zac, mi resi conto che
quella era veramente la nostra ultima festa di Halloween del liceo.
Ridacchiai vedendo Zac concentrato
nell’imitazione di Marlon Brando, se non avesse avuto quella sigaretta, spenta,
tra le labbra sarebbe stato un semplice ragazzo in giacca di pelle. Forse,
senza occhiali da vista, sarebbe sembrato meno ridicolo.
«Ciao Francis!» salutò John
entrando in macchina travestito da personaggio di Star Wars.
«John, Zac». Feci un cenno con il
capo cominciando a fare retromarcia.
«Hudson, da che cosa ti sei
vestito tu che sembri uguale a sempre?». Sentii gli occhi di John puntati
addosso ma non ci badai troppo.
«Da vampiro. Ho sentito che vanno
di moda e che non si riconoscono perché si mimetizzano tra la gente». Feci
spallucce fiero del mio non-travestimento.
«Potevi almeno metterti una
giacca di pelle, o che ne so, qualcosa che facesse capire da che cosa sei travestito»
mi rimproverò John, di nuovo.
«Scommetti che Mac indovinerà?».
Sorrisi già pregustando la vittoria.
Mac lo sapeva perché ne avevamo
parlato qualche giorno prima.
«Non scommettere John, Mac di
sicuro lo saprà! A proposito, Mac come vestirà?» domandò curioso Zac. Ci
eravamo appena fermati di fronte a casa sua.
«Non lo so». Scossi la testa
prima di aprire la portiera della macchina e scendere per bussare.
«Arrivo» urlò Mac da dietro la
porta. «Un attimo solo».
Ridacchiai aspettando che la
porta si aprisse, e rimasi attonito quando vidi come si era conciata Mac.
«Che…che… Mac?» chiesi vagamente
confuso.
«Possiamo andare, Francis!».
Sentii una risatina da sotto quel lenzuolo bianco e non mi mossi, rimanendo fermo
come uno stoccafisso davanti alla porta.
«Mac?». Mi piegai in avanti per
guardare dentro ai due fori che facevano vedere solo degli occhi.
Due grandi occhi verdi.
Gli occhi di Mac.
«Mac, ma sei veramente tu? Non
dovevi vestirti da cheer-leader?». Continuai a fissare quegli occhi sorridenti
e udii uno sbuffo.
«Francis, la divisa è troppo
stretta e corta. Non c’è nemmeno un metro di stoffa. Sono il fantasma di una
cheer-leader, posso garantirti che sotto ho i pon-pon». Il lenzuolo si mosse e
sentii il fruscio di un pon-pon che veniva sventolato.
«Mac, ma la gente non si mette
più un lenzuolo bianco con due fori dal 1975» mi lamentai quando Mac mi
spintonò leggermente per poi dirigersi verso la macchina.
«Vengo a questa stupida festa per
farti un piacere, Francis. Non lamentarti se il mio costume non è di tuo
gradimento!» bofonchiò aprendo lo sportello della macchina e sedendosi di
fianco a John sul sedile posteriore.
«Mac?» ridacchiò Zac voltandosi
per guardarla.
«Zitti. Non voglio sentire nulla».
Sembrava quasi arrabbiata.
«Dobbiamo portarti a fare dolcetto
o scherzetto con tua sorella?» rimbeccò Zac, ridacchiando ancora.
«Zachary, finiscila» sbottò Mac,
muovendosi nervosa sotto al lenzuolo.
«Ho solo chiesto delucidazioni,
non serve arrabbiarsi. Volevo solo sapere se…». Non aspettai nemmeno la fine della
frase, interrompendolo prima.
«Zac, dacci un taglio» lo zittii.
«D’accordo» mormorò tristemente.
Quando arrivammo a scuola, rimanemmo
stupiti di fronte all’allestimento dell’esterno della palestra.
«Wow» esclamai non riuscendo a
capire da quale angolo provenissero quei continui urli preregistrati.
«Questa volta le cheer-leader e
Hannah del gruppo Lo striscione si
sono impegnate». John era stupito e aveva gli occhi che luccicavano
d’eccitazione.
Ero quasi sicuro che fosse per
Hannah, la ragazza tutta occhi azzurri e lentiggini; più volte, assieme a Zac e
Mac, avevamo spettegolato su una possibile sua cotta, non poi così segreta, per
quella piccola ragazza.
«Credo che me ne tornerò a casa.
Se questo è l’esterno non voglio nemmeno metterci piede in quella palestra. Non
voglio nemmeno sapere da che cosa si sono mascherate le cheer-leader e la
squadra di football». Mac cominciò ad armeggiare con la maniglia della portiera
della macchina ma Zac le bloccò il polso posizionandosi la sigaretta finta tra
le labbra.
«Piccola» cominciò tentando di
imitare la voce di Marlon Brando, «è come una missione, noi dobbiamo andare a
questa festa per prendere in giro gli altri, riesci a capire?». Ammiccò verso i
due fori del lenzuolo bianco.
«Se me lo dici in questo modo»
bisbigliò Mac prima di schiarirsi la voce.
Sembrava quasi in imbarazzo.
«Bene, allora possiamo andare. Prima
però…». Zac sollevò leggermente il lenzuolo e lo strappò fino a quando la testa
di Mac non fece capolino. «Almeno fatti vedere il viso, altrimenti morirai di
caldo in palestra. Ragazzi, signora…». Zac chinò leggermente la testa prima di
circondare le spalle di Mac con un braccio.
Mentre ci avvicinavamo
all’entrata e la musica si faceva sempre più forte, vidi distintamente Zac
gesticolare per farmi capire che avrebbe preferito trovarsi in un altro posto.
Lo stretto corridoio degli
spogliatoi era stato addobbato con centinaia di ragnatele e ragni finti, luci
psichedeliche, scheletri sparsi qua e là, ma soprattutto, ancora una volta, urli
preregistrati.
«Hey John! C’è Hannah!» urlai per
farmi sentire sopra la canzone rock che il DJ aveva appena messo.
«Hannah, ciao!». John si avvicinò
velocemente a lei e la salutò sistemandosi il velo nero sopra la testa. «Volevo
dirti che siete state bravissime, davvero complimenti» continuò gesticolando in
modo decisamente esagerato e cominciando a sistemarsi gli occhiali sul naso a
causa dell’agitazione.
«Grazie! Sono felice che ti
piaccia, John! Scusami ma devo andare un attimo di là per prendere una cosa…».
La vidi indicare il corridoio da cui eravamo arrivati e John annuì spostandosi
per lasciarla passare.
«Divina! Vestita così poi…»
sospirò John e tutti e quattro ridacchiammo.
«Che ne dite se balliamo un po’?
Ho voglia di scatenarmi». Zac sembrava decisamente il più entusiasta della
festa.
«Io passo…». Mac probabilmente stava
facendo la sauna sotto a quel lenzuolo.
«Magari più tardi, quando ci sarà
qualcuno in pista» mormorai guardando la pista semivuota.
«Cristo Santo! Ma quei costumi
dove li hanno presi? Dentro a un sexy shop?» esclamò John con gli occhi
sbarrati per la sorpresa fissando un punto dietro di me.
Istintivamente mi girai e rimasi
stupito.
«Wow» sospirai guardando Ashley.
«Wow» fece eco Zac.
«Che esagerate. Kathrina poi, con
quel vestito da diavolo in pelle rossa! E Ashley non è da meno, da che cosa è
vestita, da ghepardo?». Mac era indignata.
«Da-da-da da-aa-a ga-ga-gatta»
sussurrai incapace di toglierle gli occhi di dosso.
«Gatta? Be’, non so che gatte tu
conosca, ma di certo hanno più pelo di quel vestito!». Mac era convinta delle
sue parole e questo mi fece ridacchiare.
«Sei gelosa Mac? Perché lo
sembreresti» la punzecchiò Zac.
«Io gelosa di una che ha un QI
alto quasi quanto quello di un gatto? Ma per favore!». Il lenzuolo si spostò,
come se Mac avesse gesticolato da sotto.
A un cenno di Kathrina la musica
cambiò e al centro della pista comparve un ragazzo vestito solo di una camicia
bianca e un paio di boxer bianchi.
Calzini ai piedi e occhiali da
sole.
«Ci avrei scommesso» sussurrai
scuotendo la testa.
«Che cliché! Alex Kingston, come
quasi il settantacinque percento dei capitani della squadra di football della
scuola si è vestito da Tom Cruise in Risky Business!» disse acido Zac.
«Sei geloso Zachary? Perché lo
sembreresti» ridacchiò Mac.
«Io geloso di uno tutto muscoli e
niente cervello? Ma quando mai?» rimbeccò Zac prima di sistemarsi gli occhiali
sul naso e portarsi la sigaretta, ancora spenta, alle labbra.
In poco tempo la pista si riempì
di studenti mascherati; quasi un’ora dopo decidemmo di lanciarci in qualche
ballo scoordinato cercando di seguire il ritmo dettato dalla musica.
Dopo due giri di bibite stabilimmo
di fermarci per qualche minuto e rimanemmo in piedi al bordo del campo che, per
quella serata, era diventata una pista da ballo.
«E ora un lento per riposarvi un
po’». Quando il DJ pronunciò queste parole ridacchiai voltandomi verso Mac per
chiederle di ballare con me.
«Mac?» chiese John trascinandola
in mezzo alla pista prima che potessi anche solo avvicinarmi a lei.
La vidi arrossire e impacciata
cominciare a ballare con John.
Rimasi per qualche minuto a
guardarla di fianco a Zac e poi mi decisi.
«Vado a rubare la dama a John. Le
avevo promesso che avremmo ballato una canzone» gli dissi prima di avvicinarmi
a Mac.
«John ti rubo la dama» risi prendendo
il suo posto.
«Certo, certo. Fai pure». Mi
sorrise raggiungendo Zac.
«Ammettilo Mac, ti stai divertendo un sacco, no? Stai anche
ballando con un vampiro» sussurrai avvicinandomi a lei un po’ di più.
«Un vampiro che non sembra un vampiro,
per inciso» ridacchiò scuotendo la testa.
«Posso avere anche io l’onore di ballare con te?». Quando
sentii la voce di Zac alle mie spalle sobbalzai, incredulo.
La mano di Mac si strinse leggermente di più alla mia e la
vidi annuire per accettare l’invito.
Mentre stavo lasciando la sua mano, il rumore di una porta
che sbatteva ci fece sussultare.
Ashely continuava a camminare velocemente in mezzo alle
persone, urtandole senza nemmeno chiedere scusa.
Alex la seguiva, con la camicia slacciata e senza un
calzino, allungò la mano per circondarle il polso mentre continuava a chiamarla,
ma lei si girò verso di lui all’improvviso.
«Ti ho detto di lasciarmi!» urlò tirandogli uno schiaffo talmente forte che il
rumore superò anche la musica.
Subito calò un silenzio imbarazzante dentro la
palestra.
Gli occhi di tutta la scuola erano puntati su di
loro.
Salve
ragazze! :)
Sono
tornata, almeno lo spero!
Fortunatamente
le cose sembrano essersi sistemate e quindi, credo di poter dire che troverete
un aggiornamento ogni venerdì (fino alla sessione d’esami, almeno!).
Innanzitutto,
che non lo faccio mai perché sono stupida, ringrazio tutte voi che leggete, chi segue, preferisce e mette
tra le ricordate, che siete tante e
non so mai come ringraziarvi! :)
E
ringrazio tanto anche chi commenta, come sapere un commentino fa sempre bene!
:P
E
poi, prima di lasciarvi ai costumi di Halloween volevo ringraziare le persone
che mi hanno votato nel sondaggio (che per inciso è ancora aperto) della pagina
FB di FANWRITERS ANONIMI, questa storia ha 3 voti,
non sono molti ma mi fanno piacere! :)
Ringrazio
anche Malia85
che come sempre beta i miei schifosissimi capitoli!
Alla
prossima settimana, così si scoprirà che cosa è successo, intanto attendo le
vostre supposizioni!
Un
bacione!! :)
Ashley:
Alex:
Zac:
John:
Kathrina:
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Capitolo 6 *** Halloween sucks (Pt. 2) ***
rotn
«Ash, lasciami spiegare, per
favore!». Si avvicinò circondandole un polso con la mano.
«LASCIAMI» urlò prima di ritrarre
il braccio per non essere toccata da lui.
«Stiamo dando spettacolo, andiamo
da un'altra parte, per favore». La supplicò, avvicinandosi a lei di un passo.
«E perché mai? Non vuoi farlo
sapere ai tuoi compagni di squadra?» continuò arrabbiata, spintonandolo per
spostarlo.
«Ash, per favore, non qui» sussurrò
Alex.
Non c’era più la musica ad alto
volume, assordante, e tutti potevano facilmente capire le parole che Ashey e
Alex si scambiavano; in tutta la palestra non c'era una sola persona che non li
stesse fissando curiosa di sapere che cosa fosse successo.
«Qui invece, davanti a tutti! Sei
solo uno stronzo, ok?». Gli voltò le spalle di scatto e, dopo aver preso un
bicchiere pieno di succo, glielo rovesciò in faccia.
Che diamine era successo?
«Ashley, per favore. Non è come sembra. Posso spiegarti…»
tentò di giustificarsi, ma lei non lo lasciò continuare.
«Non è come sembra? Illuminami Alex! Perché avevi le mani
dentro al perizoma della mia migliore amica?». Lanciò il bicchiere vuoto
addosso ad Alex proprio nel momento in cui attorno a loro ricominciarono i
borbottii.
«Oddio, Alex stava tradendo Ashley con Kathrina?» bofonchiò
Mac al mio fianco.
«Ashley, per favore. Pensa alla squadra. Andiamo a parlarne
fuori» insisté Alex posandole una mano sulla spalla per la seconda volta.
«NO! Con te non ci voglio più parlare! E nemmeno con lei!».
Indicò la porta dalla quale erano entrati e subito capii che si riferiva a
Kathrina.
«Ragazzi, abbassate il tono della voce, arriverà qualcuno»
intervenne Luke, schierandosi a fianco di Alex.
«Stai zitto, ok?». Ashley gli si avvicinò, puntandogli un
dito contro il petto.
«Stai esagerando, ora». Luke spostò velocemente la mano di
Ashley che indietreggiò quasi sdegnata.
«Io sto esagerando? Luke, era in bagno con Kathrina!». Ashley
era fuori di sé, continuava a urlare e gesticolare, camminando nervosamente avanti
e indietro.
«Pensa alla squadra, alla scuola. Devi calmarti ora. Forse è
meglio se andate a parlarne fuori, no?» suggerì Luke, posando una mano sulla
schiena di Ashley per accompagnarla verso l’uscita.
«Devo pensare alla squadra ora? Scusami se sono egoista e il fatto che il mio ragazzo mi
stesse tradendo con la mia migliore amica mi faccia leggermente perdere la
testa». Si asciugò una lacrima con la mano prima di continuare a parlare. «Da
come ne parli sembra addirittura una cosa normale per te…». Guardò Luke negli
occhi e improvvisamente lui distolse lo sguardo, come se si vergognasse di
qualcosa.
«Ashley, andiamo» ripeté nervoso Alex.
«No. Luke, che cosa vorresti dire?». Si avvicinò a Luke
facendolo indietreggiare verso il tavolo con del buffet.
«Niente, assolutamente niente». Sollevò le mani in segno di
resa ma Ashley continuò ad avanzare verso di lui.
«Quando? Da quanto?» sussurrò asciugandosi un’altra lacrima.
«No, non…» cercò di difendersi Luke ma lei non glielo
permise.
«Quando?» strillò alternando gli sguardi da Alex a Luke.
«Ashley, sei ubriaca, andiamo…» si intromise Alex,
evidentemente nervoso.
«Rispondi» ringhiò tirandogli uno schiaffo in faccia.
«No, non rispondo a nulla, sei ubriaca fradicia e ti inventi
le cose!» urlò cominciando a gesticolare.
«Alex…» sussurrò Luke, come se avesse voluto fargli capire
qualcosa.
«Sei un bugiardo e anche un bastardo Alex. Da quanto scopavi
con la mia amica, cazzo!». Il suo urlo risuonò strozzato dal pianto e questo mi
fece male.
Ashley non si meritava di essere tradita, lei non si
meritava nemmeno uno come Alex.
Era tanto ferita; non l’avevo mai sentita usare quelle
parole.
«Sei esaurita Ashley. Andiamo a casa». Alex, arrabbiato, le afferrò
un polso e cercò di strattonarla.
«Diglielo Alex, almeno questo» intervenne Luke appoggiando
una mano sulla spalla di Alex.
«Al pomeriggio, ok? Mentre tu te la facevi con quell’idiota
della banda!».
Sgranai gli occhi spaventato.
«A-A-A-Ale-e-e-ex p-p-p-pensa ch-ch-ch-ch-ch-e-e io
fa-fa-fa-fa-a-cessi l’a-a-a-more c-c-co-co-on A-A-A-Ashley?» chiesi guardando
incredulo Zac e Mac in silenzio di fianco a me.
«Francis, non fare idiozie. Stai zitto e fermo qui» mi
intimò Mac prendendomi un braccio.
«Ma e-er-erano le-le-le-lezioni d-di fi-fi-fisica!»
protestai per farle capire che non era mai successo niente tra noi due.
«Oh bene, e quando io cercavo di recuperare un voto per
riuscire ad accedere al College tu mandavi i tuoi scagnozzi a controllarmi
mentre mi tradivi. Veramente un bel gesto Kingston!». Ashley applaudì
sarcastica prima di asciugarsi di nuovo le lacrime.
«Ragazzi, si può sapere che cosa succede?». Quando sentimmo
la voce del professor Moriarty dietro di noi, ci scostammo perché potesse
raggiungerli.
«Salve professore. Non succede nulla, solo una piccola
incomprensione, vero tesoro?». Alex
sottolineò l’ultima parola con un tono di voce decisamente troppo dolce.
Ashely non rispose, continuando a dare le spalle al
professore.
Forse non voleva fargli vedere le lacrime, o forse, in
qualche modo, si vergognava di tutto quello che era successo.
«Signorina Foster, va tutto bene?». Il professore si
avvicinò ad Ashley, mettendole una mano sulla spalla per farla voltare.
Quando incontrò il volto di Ashley, rigato da lacrime,
sussultò improvvisamente.
«Foster, che succede?» chiese preoccupato.
«Io... Alex…» cominciò confusa, schiarendosi la voce per
farsi sentire meglio.
«Professore, non è niente, abbiamo solamente litigato.
Glielo assicuro. Ashely, andiamo». Alex cercò di allontanarla perché il
professore non facesse di nuovo domande ma lui fu più veloce.
«Credo che la signorina Foster sia in grado di spiegarmi, a
parole sue, che cosa è successo. Vuole farlo in un posto con meno persone?».
Con un gesto del capo indicò la palestra, ma Ashley scosse la testa.
Probabilmente si era resa conto che tutti avevano già
sentito l’intera storia.
«Ashley, la squadra, la scuola» sussurrò Alex, come se
avesse voluto metterla in guardia.
«Foster?» rimbeccò di nuovo il professore, leggermente
infastidito da Alex che cercava di nascondere il suo disagio.
«Io… Alex e Kathrina erano in bagno» disse Ashley abbassando
lo sguardo imbarazzata.
«In che senso Foster? Si spieghi meglio». L’agitazione del
professore mi fece capire che aveva intuito quello che lei gli stava dicendo,
ma che non era pronto per una simile confessione.
In fin dei conti era il professore della squadra di
football, se fosse stato vero quello che Ashley stava dicendo, avrebbe perso il
suo miglior giocatore e con lui la speranza della vittoria.
«Stavano… erano… nudi» mormorò di nuovo.
Vidi distintamente una lacrima sfuggire dall’occhio di
Ashley e cadere per terra.
«Sta dicendo che il signor Kingston e la signorina Spin
erano in bagno nudi? Mi sta dicendo che hanno infranto le regole della scuola,
signorina Foster? Ci pensi bene». Era chiaro dal tono di voce stridulo che il
professore sperava che non fosse vero.
«Sì». Fu la risposta secca, che mi fece in qualche modo
esultare.
Ashley aveva capito quello che aveva fatto Alex.
«Bene… allora Kingston, vada a cercare la signorina Spin. Vi
aspetto nell’ufficio della preside tra cinque minuti». Si allontanò quasi
correndo.
«Complimenti. Da parte di tutta la scuola. Chi vincerà il
campionato ora? Lo sai Ashley, sei la persona più egoista che io conosca, per
questo non riuscivo a rimanere assieme a te» disse Alex con disprezzo prima di
allontanarsi. La porta d’ingresso sbatté e il silenzio teso sembrò rimbombare
tutt’intorno.
«Potevi fare a meno di dirlo al professore. Ora non lo farà
più giocare e non potremo più vincere il campionato». Luke rimproverò Ashley prima
di allontanarsi lasciandola da sola, davanti a una palestra gremita di persone
che la stavano insistentemente fissando da più di dieci minuti.
Improvvisamente, dopo un singhiozzo, Ashley cominciò a
correre verso l’uscita, urtando i ragazzi e senza chiedere scusa a nessuno.
«Non si meritava di essere trattata in quel modo» sussurrò
Mac facendo muovere il lenzuolo con cui si era coperta.
«Devo andare da lei». Feci per fare un passo ma una mano mi
bloccò di colpo.
«Frank, lascia perdere. È appena stata trattata male davanti
a tutto l’ultimo anno. Vedrai che qualcuno andrà da lei» suggerì John cercando
di convincermi a rimanere assieme a loro.
«Ah sì? E chi? Kathrina o una delle altre cheer-leader che
ce l’avranno a morte con lei perché la squadra senza Alex non vincerà il
campionato? Io vado da lei». Non aspettai nemmeno una risposta e, a grandi
passi, mi diressi verso l’uscita della palestra.
Quando arrivai nel parcheggio, cominciai a zigzagare tra le
auto per trovare Ashley.
Sembrava sparita nel nulla.
Non poteva di certo essere andata molto lontano, era uscita
pochi minuti prima di me.
Improvvisamente, un singhiozzo strozzato mi fece guardare
sotto all’albero all’angolo del parcheggio.
«Ashley?» chiesi avvicinandomi.
Più che altro parlai per evitare di farle prendere uno
spavento. Chi altri poteva esserci in lacrime, fuori dalla palestra?
«Sì! Sono egoista! Non ho pensato alla squadra, ok?» gridò
girandosi di scatto.
«Io, io… io ero solo venuto a vedere come stavi» bisbigliai
in imbarazzo.
«Oh, sei tu. Scusa Francis, non ti avevo riconosciuto»
bofonchiò in imbarazzo asciugandosi una lacrima.
«No-no-non importa». Scrollai le spalle avvicinandomi di
qualche altro passo.
«Allora?» chiese con un finto sorriso.
«A-a-allora co-cosa?». Bene, stavamo tornando indietro.
Balbettavo come durante le prime lezioni di fisica.
«Che inferno ho scatenato? In quanti arriveranno entro
cinque minuti per uccidermi?». Sembrava quasi scherzare, sollevata addirittura.
Un sorriso si formò sulle mie labbra e mi sistemai gli
occhiali sul naso.
«Non è così grave…» sdrammatizzai, evitando di parlarle di
tutti i borbottii che erano cominciati quando era uscita.
«Non è così grave! Tutti che la pensate in questo modo! Lui
mi ha tradito con la mia migliore amica ma non è grave». Cominciò a piangere di
nuovo e la fissai spaventato.
«No, Ashley i-i-i-io volevo d-d-d-dire che…» cominciai per
spiegarle che mi aveva frainteso ma non mi lasciò il tempo di finire.
«Cosa? Cosa volevi dire?». Si avvicinò cautamente e mi resi
conto che i suoi occhi erano gonfi di lacrime.
«Che la si-si-situazione dentro non era grave, non quello
ch-ch-che ti è successo».
«Oh, scusami. Non riesco mai a capire quello che mi dici»
cercò di giustificarsi tirando su con il naso.
«Ecco, tieni». Tirai fuori dalla tasca un enorme fazzoletto
di stoffa bianco a righe blu e glielo porsi.
«Un fazzoletto di stoffa» ridacchiò quasi in modo isterico
tra le lacrime.
«Sì, perché?». Erano più ecologici, non bisognava gettarli
nel cestino e si potevano rilavare tranquillamente.
«Era da tanto che non ne vedevo uno» sussurrò asciugandosi di
nuovo le lacrime e soffiandosi il naso.
«Non grattano il naso» precisai rabbrividendo al pensiero di
quei veli di carta ricamati che sembravano carta vetrata quando avevi il
raffreddore.
Rise stringendo il fazzoletto bagnato tra le mani, quasi in
imbarazzo.
Improvvisamente calò un silenzio innaturale.
Chiederle del tempo non mi sembrava una buona cosa,
argomenti futili erano tabù, visto che aveva appena scoperto di essere stata
tradita, decisi di provare con qualcosa di diverso.
«Mi-mi piace il t-tuo co-costume». Indicai il suo vestito e
gemette prima di far scappare due lacrime lungo le sue guance.
«Io nemmeno volevo vestirmi da gatta! L’ho fatto solo per
lui, e che cosa ci ho guadagnato? Si sta anche scomodi in questo costume! E
pesto sempre questa coda». Si voltò leggermente e prese la coda tra le mani
tirandola fino a che non udii uno strappo e il pezzo di stoffa le rimase tra le
dita. «Ops» sussurrò guardandosi il fondoschiena.
«Che-che-e succede?» chiesi curioso.
«La coda… ha fatto un buco». Si voltò per farmi vedere il
vestito.
Dove pochi istanti prima c’era la coda, si vedeva un buco
largo quasi cinque centimetri; sotto riuscivo a scorgere qualcosa di rosa e di
pizzo.
Chiusi gli occhi di scatto per non guardare di nuovo
l’intimo di Ashley Foster.
«Dici che si vede tanto?» chiese preoccupata.
«No, se le scosti di qualche centimetro verso il basso non
credo che si notino». Riaprii lentamente gli occhi per guardare il danno.
«Di che cosa stai parlando Francis?». Ashley ritornò a
guardarmi e fissai i suoi occhi ancora pieni di lacrime.
«De-de-delle tue mutande?». Mutande? Ma da quando le
chiamavo in quel modo?
Rise all’improvviso, coprendosi la bocca con le mani che
stringevano la coda.
«Mutande…» sogghignò tra una risata e l’altra.
«Sì, be’… insomma…». Mi schiarii la voce, spostandomi il
cappuccio della felpa per tenere le mani impegnate in qualcosa.
«Scusa». Cercò di ritornare seria. «Allora, dici che posso
tornare a casa così?». Sventolò la sua coda davanti a me e io scossi ripetutamente
la testa.
«Forse è meglio di no. Voglio dire, credo che non sia il
caso». Il buco non era di certo piccolo.
«E come faccio ora? Non ho un vestito di ricambio» sospirò
triste prima di cominciare a tirare la coda tra le mani.
«Ti presto la mia felpa, finché torni a casa, a me non serve».
Cominciai ad aprire la zip della felpa ma Ashley mi fece segno di smettere.
«Non devi, non importa». Posò la sua mano sulla mia per
fermarmi e rimasi per qualche secondo immobile dopo il semplice contatto che
avevamo avuto.
«Non è grandissima ma dovrebbe coprire il buco». Dopo
essermi ripreso continuai ad aprire la zip. «Tieni». Le porsi la felpa che
accettò con un sorriso timido.
«Grazie Francis» sussurrò indossandola.
«Ha-ha-hai la macchina?» chiesi osservando le auto nel
parcheggio dietro di noi.
«No, doveva accompagnarmi».
«Vu-vu-vuoi che ti dia un pa-pa-passaggio?». Mac e gli altri
sarei tornato a prenderli dopo.
O sarebbero venuti a casa con noi, così magari sarebbe stato
meno imbarazzante.
«Francis, ehm». Abbassò il viso per sistemarsi addosso la
mia felpa, ma sospettavo che quel gesto nascondesse vergogna. «Non offenderti,
ma vado a casa in taxi». Si sistemò il cappuccio e alzò lo sguardo con un
timido sorriso.
La guardai sorpreso e stupito, non capendo che cosa ci fosse
di male.
L’avrei chiesto a Mac, di certo lei avrebbe avuto la
soluzione.
«Oh, certo, certo». Annuii convinto, prendendo il telefono
dalla tasca dei pantaloni per chiamarle il taxi.
Quando, dopo pochi minuti, il taxi si fermò davanti a noi,
la fissai a disagio, non sapendo che cosa dire.
Chissà quali erano i pensieri del taxista, vedendola con il
viso stravolto e il trucco colato, una coda del vestito in mano e la mia felpa
addosso.
«Grazie Francis. Per tutto» sussurrò sorridendo appena.
«Ma ti pare? Ci vediamo domani, allora». Aprii lo sportello
perché potesse entrare, ma si fermò fissandomi.
«Non credo di esserci domani».
«Oh, be’, allora quando tornerai». Non volevo farle pesare
le sue assenze e non volevo nemmeno ricordarle che c’era un esame di fisica
meno di due settimane dopo.
«Presto. Devo essere al passo con fisica se voglio uscire da
qui». Salì in fretta nel taxi senza che avessi nemmeno il tempo di salutarla.
Guardai l’auto allontanarsi e dopo alcuni istanti decisi di
tornare ad avvisare i ragazzi che sarei tornato a casa.
La poca voglia di festeggiare che avevo era scomparsa dopo
aver visto Ashley in lacrime per colpa di Alex.
A pochi metri dall’entrata della palestra notai Mac, John e
Zac camminare velocemente verso di me.
«Francis, andiamocene subito». Mac circondò il mio gomito
con la mano e mi spinse verso la macchina.
«Muoviti» supplicò Zac spaventato.
«Che succede ragazzi?». Perché avevano fretta?
Perché volevano improvvisamente andarsene dalla festa?
«Te lo diciamo in macchina. Muoviti». Anche John sembrava
spaventato.
Salii in macchina velocemente e lo stesso fecero loro.
«Metti in moto» supplicò Mac, con la voce stridula per
l’agitazione.
Non appena svoltai l’angolo del parcheggio mi accorsi che
stavano uscendo dalla palestra Alex, Luke e altri tre giocatori della squadra
di football.
«Che diamine succede?» chiesi immettendomi in strada senza
veramente controllare se ci fossero macchine in arrivo.
«Alex pensa che tu sia fuggito con Ashley perché ad un certo
punto eri sparito, così prima che si accorgesse che non eri con noi siamo
scappati» spiegò tutto d’un fiato Mac.
«Da quando Alex presta attenzione a dove sono?». La guardai
dallo specchietto retrovisore ma alzò solamente le spalle senza degnarmi di una
risposta.
«Allora?». John ammiccò verso di me prima di continuare. «L’hai
consolata per bene?» sghignazzò colpendomi scherzosamente il braccio.
«John, lascia perdere» tentai di non destare sospetti ma Zac
improvvisamente si accorse di qualcosa.
«Dove hai messo la tua felpa?».
«L’ho persa» mentii sistemandomi gli occhiali sul naso.
«Menti. È la tua felpa preferita. Dove l’hai messa?». John
cominciò a guardare tra i sedili della macchina.
«L’ho data ad Ashley. In un momento di rabbia si è strappata
la coda e aveva un buco enorme nel vestito. Ecco tutto». Cercai di riassumere più
che potevo quello che era successo, sorvolando sulle incomprensioni che c’erano
state, soprattutto su quella dei suoi slip.
«E?» chiese curioso John.
«E niente. Ha preso un taxi ed è tornata a casa». Dove
voleva arrivare John?
«Quindi niente baci di consolazione o abbracci?». Appoggiò
il mento sul sedile anteriore e mi ritrovai con il suo viso molto più vicino di
quanto avessi voluto.
«No, niente di niente». Arrestai la macchina davanti a casa
di Mac per farla scendere.
«C’è qualcos’altro che vuoi
raccontare o posso entrare in casa?». Mac sceglieva sempre le parole con
precisione e questo mi faceva spesso preoccupare.
«No, non c’è altro. Buonanotte Mac» la salutai con un
sorriso.
«A domani ragazzi». Aprì la portiera della macchina e John e
Zac le fecero un cenno col capo.
Guidai fino a casa di Zac senza parlare e ignorai le domande
di John su Ashley.
Non avevo di certo voglia di dirgli tutto quello che ci
eravamo detti, anche perché mi sembrava di tradire in qualche modo Ashley.
Aveva passato un momento di debolezza, e non era giusto
spifferare quello che mi aveva detto agli altri.
«A domani allora, uomo senza voce». La frecciatina di John
non mi interessò minimamente.
Li salutai e poi partii verso casa.
Non appena arrivai in camera accesi il pc, sicuro che avrei
trovato qualcuno connesso; sorrisi vedendo il suo account in linea.
Non tardò a scrivermi.
Vuoi parlare o no?
Mi sistemai più comodo sulla sedia e, dopo aver fatto uno
sbadiglio cominciai a pigiare i tasti.
Devo solo chiederti un
paio di cosette che noi uomini sfigati non riusciamo a comprendere, ma non
aspettarti tutto per filo e per segno.
Rispose quasi subito.
Oh povere donne! Nelle
mani di questi ragazzi assolutamente ignari dei nostri comportamenti! Non
voglio sapere tutto, non sarebbe giusto nei suoi confronti. Dimmi solo quello
che vuoi, tranquillo.
Sorridendo cominciai a digitare una dopo l’altra le domande
che mi avevano affollato la mente.
Andai a dormire quasi alle tre, la chiacchierata con Mac si
era protratta più del previsto, ma almeno mi aveva spiegato alcune cose.
I miei comportamenti decisamente equivocabili, il dover
prestare più attenzione a quello che mi chiedeva per non rispondere a un’altra
domanda, il mio essere più sicuro nel parlarle per non balbettare a vita davanti
a lei.
Quando posai la testa sul cuscino sorrisi senza nemmeno
accorgermene.
Ashley sarebbe tornata presto a scuola, con la mia felpa.
E anche il mio fazzoletto.
Salve ragazze!
Sì, lo so che dovevo
aggiornare una settimana fa e non l’ho più fatto, lasciandovi con il dubbio di
che cosa fosse veramente successo… ma purtroppo non ho avuto tempo!
Spero però che l’attesa sia
valsa il capitolo…
Io personalmente non ne sono
molto convinta… non so nemmeno come spiegarmi, si è scritto da solo ma allo
stesso tempo temo ci sia qualcosa che non funziona, quindi mi farebbe piacere
sapere che cosa ne pensate.
Per il resto, non credo di
avere nulla da aggiungere, se non che ci vediamo venerdì prossimo per sapere
come comincerà la nuova vita dei nerd! :P
Un bacione e grazie a chi
legge, preferisce, segue, ricorda e chi commenta!
Siete tantissimi e non vi
ringrazio mai per bene!
Di nuovo, un grazie a Malia85
che mi beta la storia!
|
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Capitolo 7 *** May the Force be with you, Physicsman! ***
rotn
Quella mattina non sarebbe
servito solo il potere di Physicsman, ma di tutta la squadra degli X-man per
avere il coraggio di andare a scuola.
Durante la notte avevo sognato
che Alex mi avrebbe appeso per il collo della maglia sulla bacheca degli
avvisi, all’entrata della scuola.
Non appena mi ero svegliato,
sudato e infreddolito per la paura, avevo cominciato a camminare nervoso per la
camera, fino a che, due ore dopo, il suono della sveglia era riuscito a
riportarmi alla realtà.
Mi preparai con calma, deciso a
non arrivare troppo in anticipo, e, lentamente, guidai fino a casa di John.
Quando lui e Zac salirono in
macchina non poterono fare a meno di preoccuparsi.
«Frank, tutto bene? Hai una
faccia sconvolta». Zac si agganciò la cintura di sicurezza senza smettere di
fissarmi in modo insistente e indiscreto.
«Be-be-benissimo». Ingranai la
retro e senza aggiungere altro sorpassai una bicicletta, sovrappensiero.
«Sei sicuro che vada tutto bene?
Sei più brutto del solito» sghignazzò John guardandomi dallo specchietto
retrovisore.
«Va-a tutto be-e-nissimo». Non
potevo certo fare la figura dell’idiota e dire che ero spaventato per uno
stupido sogno.
Era una questione tra il mio
subconscio, Physicsman e me.
«D’accordo, allora se va tutto
bene… hai attuato un piano di evacuazione?» chiese John, noncurante, prestando
attenzione al finestrino per abbassarlo.
«Pe-pe-per cosa?». Anche il
supereroe più idiota l’avrebbe capito che non era tutto normale.
In diciassette anni non avevo mai
balbettato davanti ai miei amici.
«Per l’attacco che Alex ti farà
in mensa! Sono quasi sicuro che questa volta finirai con la testa dentro al
bagno degli spogliatoi maschili, Francis». La serietà con cui John aveva appena
parlato mi intimorì ancora di più.
«Di-di-dici sul serio?» sbottai
spaventato spegnendo la macchina nel parcheggio della scuola.
«Ovvio che no, Francis! Andiamo!
Mal che vada ti prenderà un po’ in giro come ha sempre fatto. Magari ti
chiederà dov’eri finito ieri sera. Tu digli che siamo andati a casa presto
tutti quanti. Credi che voglia davvero sapere dove siamo andati? È solo per
distogliere l’attenzione da lui, dopo quello che ha combinato». Zac riuscì a
tranquillizzarmi con le sue parole, fortuna che aveva risposto prima che John
potesse aprire la bocca!
«Ma-ma-ma Mac perché non è ancora
arrivata?». Sceso dall’auto cominciai a guardami in giro per controllare se non
fosse nelle vicinanze.
«Mac, Mac, Mac. Non sarai mica
innamorato di lei vero Frank?» mi canzonò Zac.
«No. Co-co-cosa dici?» borbottai,
quasi divertito.
Innamorato di Mac?
Assolutamente no!
Mac innamorata di me?
Assolutamente no!
Ci eravamo chiariti a dovere.
«Bene, perché voglio dire… Mac
non può essere considerata una ragazza» sghignazzò così mentre lo fulminavo con
uno sguardo per la cattiveria che aveva detto.
«Grazie Zac». Sussultammo
entrambi quando sentimmo la voce di Mac dietro di noi.
«Io… ehm… Mac… non, non volevo
dire…» cominciò a balbettare Zac gesticolando dall’imbarazzo.
«No, tranquillo. Ho capito
perfettamente il concetto». Il sorriso finto di Mac non funzionò come dovuto.
Ci era rimasta male.
«Zac, sei un idiota». Guardai il
mio amico ancora imbarazzato e scossi la testa, ormai rassegnato.
Non sarebbe mai cresciuto.
«Ma veramente io…» cercò di
giustificarsi invano.
«Non importa Zac, dico davvero. Il
concetto è chiaro». Mac era molto più che ferita. Potevo vedere i suoi grandi
occhi verdi lucidi, sebbene riuscisse a trattenersi e a non piangere.
«No, Mac io volevo dire che…»
continuò, non capendo che in questo modo avrebbe peggiorato la situazione.
«Smettila di scusarti, ok?».
Nonostante volesse far finta di essere arrabbiata non ci riuscì, anche Zac e
John notarono la lacrima che era scivolata lungo la sua guancia.
La notammo tutti, nonostante Mac
l’avesse tolta velocemente con la mano.
«Vado a lezione». Non salutò
nemmeno.
Sparì velocemente senza
aspettarci.
«Posso dirti che sei l’idiota più
idiota che io conosca Zachary Bolton? Che diamine ti è saltato in mente? Perché
devi sempre offenderla? Che cosa ti ha fatto di male?» sibilai arrabbiato,
peggio, infuriato.
«Ragazzi, stavo scherzando»
ridacchiò sistemandosi gli occhiali.
«Be’, ci sono arrivato anche io.
Lo scherzo era troppo pesante. È la seconda volta che le dici che non è una
ragazza». Se anche John era arrivato a capirlo la cosa si stava facendo
abbastanza grave.
«Ma io stavo parlando con voi.
Non sapevo che lei era dietro di me e che mi stava ascoltando! In fin dei conti
anche John dice sempre che le lentiggini di Hannah sono brutte!» cercò di
difendersi Zac.
«Le lentiggini. E lo dico per scherzare!
Hai detto a Mac che è un uomo per due volte! Non avrà grandi tette ma non credo
nemmeno che sia munita di pistole!». Il buffetto scherzoso che John diede a Zac
sulla nuca mi fece sorridere.
Erano di certo le due persone più
negate nel rapportarsi con l’universo femminile, ma non avrei scambiato la loro
amicizia con niente al mondo.
«Andiamo in classe, che è meglio».
Li spintonai scherzosamente, senza pensare ad Alex e ai suoi possibili scherzi.
Le lezioni passarono velocemente,
tanto che, senza nemmeno accorgermene, mi ritrovai al fianco di John e Zac con
un vassoio in mano, in fila in mensa per prendere uno schifoso purè e dello
spezzatino.
«Credete che questa volta ci sia
qualcosa di commestibile?» bofonchiò John, attento a non farsi sentire dalla
signora del purè.
«No. Come ogni santo giorno». Zac
prese una bottiglietta d’acqua mentre io continuavo a guardare a destra e a
sinistra per cercare Mac.
Improvvisamente mi accorsi che
era seduta, da sola, a un tavolo isolato; l’unico che era quasi sempre libero.
Quando terminammo di prenderci il
pranzo, decisi di agire.
«Ragazzi vado da Mac. Ci vediamo
dopo». Non aspettai nemmeno una loro risposta.
Mi sistemai la tracolla della
borsa con una mano e con l’altra feci attenzione a non far cadere il vassoio.
«Mi scusi signorina, è libero?»
chiesi sorridendo, quando arrivai al tavolo.
«Un posto solo» rispose senza
nemmeno alzare lo sguardo.
«Non si preoccupi! Sono solo io,
un aitante giovane che conquisterà il mondo con la sua bellezza» scherzai
spostando la sedia per sedermi davanti a lei.
Vidi un timido sorriso illuminare
lo sguardo di Mac mentre torturava con la forchetta un pezzo di spezzatino.
«Allora?». Addentai un boccone a
caso senza prestare attenzione a cosa veramente fosse.
«Cosa?» chiese distrattamente
Mac.
«Come va? Come sono andate le
lezioni? Elettrizzata per la novità che dovrà darci il professor Wood?». Se
fossi riuscito a instaurare una normale conversazione forse Mac si sarebbe
dimenticata di Zac.
«Da morire. Credo che questa
notte non chiuderò occhio». La sua battuta, assieme a quello sguardo triste, mi
fece ridacchiare.
«Mac, lascialo stare. Con
l’avanzare dell’età diventa sempre peggio» cercai di sdrammatizzare.
«Ha solo diciassette anni, quando
ne avrà quaranta come sarà, allora?». Distrusse la bottiglietta d’acqua vuota
accartocciandola con le mani.
«Dai Mac, lascialo stare. Anche
John ha detto che è uno stupido». Picchiettai sulla sua mano per darle un po’
di conforto.
«Guarda, guarda chi c’è qui,
Luke! Frank Fagotto con la sua amichetta». Quando sentii la voce di Alex mi
irrigidii di scatto.
«Sì, ho visto. Chissà dov’era
ieri sera. Eh, Alex?». Luke colpì scherzosamente le costole del suo amico
energumeno con il gomito.
«Non lo so, Luke! Potremmo
chiederglielo, no?» scherzò Alex avvicinandosi ancora di più al tavolo a cui
eravamo seduti.
«Sì, magari ci dice che cosa ha
fatto ieri sera» ridacchiò Luke rimanendo qualche passo dietro al piantagrane
più umiliato della scuola.
«Allora, Fagotto? Che hai fatto
ieri sera? Hai consolato per bene Ashley?». Dopo quella battuta tutti gli occhi
della mensa tornarono a posarsi su di noi.
Ora a tutti era chiaro che ero io
quello che secondo Alex faceva l’amore con Ashley.
Che la forza sia con te, Physicsman.
Guardai per un secondo Mac che
cercò di farmi coraggio con lo sguardo.
«I-i-ieri sera s-s-siamo andati
via pre-pre-pre-presto perché st-st-stavo poco b-b-bene». Deglutii a vuoto.
«Ah sì? E a che ora siete andati
via? Vi siete persi tutta la festa allora» scherzò sperando che cedessi.
«Me-me-meno di un’o-o-ora dopo
ch-ch-ch-che eravamo arrivati». Forza Francis!
«Ah sì? Quindi non eravate lì
quando…». Lasciò la frase incompiuta, forse sperando che la completassi io.
Di una cosa Alex era ignaro: io
avevo più cervello di lui.
«Q-q-quando?». Avrei potuto vincere
l’oscar.
«Non hai assistito alla litigata
del secolo?» scherzò Luke guadagnandosi un’occhiataccia di Alex.
Scossi la testa per dire di no e
Alex spostò improvvisamente lo sguardo su Mac.
Tirai un mezzo sospiro di
sollievo perché avevo finito il terzo grado da parte sua, ma ero ancora
preoccupato, questa volta per lei.
«Tu, emo alternativa, a che ora
siete andati via?» chiese con disprezzo.
«Credi che abbia guardato l’ora?
Devo dirti anche i secondi?». Alla risposta di Mac non riuscii a trattenere un
sorriso e fui costretto ad abbassare lo sguardo per non farmi vedere.
Lei, al contrario di me, non
aveva paura di lui.
«Dove sono gli altri due
quattrocchi che stanno sempre con voi?». Alex cominciò a guardare in giro per cercare
Zac e John.
Povero Zac, probabilmente era
rannicchiato sotto a qualche tavolo, impaurito per una possibile vendetta non
meritata.
«Cerchi altre conferme? Non credi
che due possano bastare?». Mac sembrava intenzionata a voler morire.
Non si era mai permessa di
rispondere ad Alex in quel modo, non aveva mai sconvolto la catena del liceo,
quella che metteva noi nerd alla fine, anche dopo il gruppo di dibattito.
«Stai parlando con me?». Si
avvicinò di un altro passo, con un sorriso strafottente sulle labbra.
«No, figurati Alex! Stavo parlando
con Jack della banda». Mac fece spallucce.
«Hai un bel coraggio a rivolgerti
in questo modo a me, lo sai vero?». Non demordeva.
«Solo perché sei bello, ricco e
famoso e non faccio parte della tua cerchia di amici non posso parlarti? È un
po’ razzista da parte tua, no?». Lo sguardo di Mac si fece ancora più duro.
Tentai di tirarle una pedata da
sotto il tavolo per farle capire che stava esagerando ma non mi prestò
attenzione.
«Ascolta, non so nemmeno perché
sto parlando con te, ora. Quindi se non ti dispiace, potresti toglierti da
davanti? Mi disturbi…». Quell’aria altezzosa su quel viso da schiaffi…
gliel’avrei tolta volentieri!
«Scusami, veramente! Mi dispiace
arrecarti un danno di proporzioni simili, ma sfortunatamente vorrei farti
notare che sei venuto tu, qui. Io ero seduta a pranzare tranquillamente e sei
arrivato». Rimase a guardarlo impassibile.
Senza dare una risposta, Alex si
girò e se ne andò seguito da Luke.
«Ma-Ma-Ma-Mac? Che ti è preso?»
chiesi ancora stupito dal suo comportamento.
«Gli uomini devono imparare a
rispettare le donne!». Il tono non ammetteva repliche.
Non mi permisi nemmeno di
rispondere alla sua frecciatina rivolta anche a Zac.
Quando quattro giorni dopo Ashley
tornò a scuola, la situazione era quasi tornata alla normalità più totale.
Alex aveva perso l’interesse
verso di noi e si limitava a farmi cadere i libri se mi trovava lungo i
corridoi, Zac aveva goffamente chiesto scusa a Mac che aveva detto di averlo
perdonato.
Ci eravamo diretti tutti e
quattro assieme in mensa, quando, all’improvviso, qualcosa aveva attirato la
mia attenzione.
Il tavolo che qualche giorno
prima aveva occupato Mac, non era vuoto.
«Ra-ragazzi, c’è Ashley lì».
Indicai con uno sguardo il tavolo e tutti e tre lo fissarono sorpresi. «Non
guardatela in quel modo! Non vedete che è già in imbarazzo?». Sorrisi vedendo
Ashley imbarazzata, punzecchiare il cibo senza veramente mangiarlo.
«Perché non vai a sederti con
lei?» propose Zac spingendomi avanti.
«Sì, o magari dille di venire a
sedersi con noi, sempre se sua maestà si degna di scendere così in basso»
bofonchiò John sedendosi al nostro tavolo.
«Perché non firmare la tua
condanna di morte? È tornata oggi e tu vuoi farti vedere con lei da Alex, che
se non hai notato la sta guardando da quando ha messo piede dentro al cortile.
Mi sembra proprio un’idea da idioti, Francis». Mac e la sua saggezza femminile.
Se non ci fosse stata lei tra di
noi non so che cosa avremmo fatto.
«Non pensavo di fare niente di
tutto questo a dire la verità. Anche perché non le ho più parlato dalla festa.
Ci vediamo oggi pomeriggio credo, ma non penso sia una buona idea andare da lei
proprio oggi». In fin dei conti Alex avrebbe potuto prendermi a pugni una volta
per tutte.
«Bravo Francis. Vedo che almeno
qualcuno ragiona ancora». Mac mi sorrise prima di lanciare un’occhiataccia a
Zac e John.
«Certo che… nessuna cheer-leader
è andata lì a salutarla o a chiederle come sta». Zac osservò il gruppo di
cheer-leader che rideva assieme a Kathrina.
«Non sono amiche, vedi? È tutta
questione di arrivare più in alto degli altri. C’è solo competizione. Kathrina
poi è la peggio di tutte secondo me». Mac ne sapeva una più del diavolo, su
tutto.
«Non riesco a capire con che
faccia tosta Kathrina sia così allegra. Se non sbaglio il professore l’ha
bandita dalla squadra fino alla fine dell’anno, no? Perché rimane assieme alle
cheer-leader?». Non riuscivo a capirlo.
In fin dei conti, fuori dalla
squadra, fuori dal gruppo dei famosi.
«Perché entro una settimana
diventerà la ragazza di Alex, e quindi rimane nel gruppo» sussurrò Mac quando
un’oca travestita da cheer-leader passò vicino al nostro tavolo.
Finimmo di mangiare velocemente, e
riuscimmo ad arrivare alle lezioni del pomeriggio appena in tempo.
Quando, dopo aver salutato gli
altri, aprii la porta dell’aula e trovai Ashley ad aspettarmi, tentai di
sorriderle in modo rassicurante, come per dirle di non preoccuparsi di nulla.
«Ciao Ashley». La salutai con la
mano ma il sorriso morì sulle mie labbra quando mi accorsi che stava piangendo.
«Oh, ciao Francis! Scusa, ti
avevo portato il fazzoletto ma l’ho usato di nuovo». Aprì la mano facendomi
vedere il fazzoletto a righe blu completamente zuppo di lacrime.
«Non fa ni-ni-niente, ne ho altri».
Che battuta idiota.
Certo che avevo altri fazzoletti!
Sorrise appena e poi mi porse una
busta.
«La tua felpa. L’ho lavata,
grazie».
Oh, l’aveva lavata.
«Pr-pr-pr-prego». Presi la busta
con mano tremante prima di appoggiarla per terra, di fianco alla mia borsa con
i libri.
«Dobbiamo fare un mega ripasso,
lo sai vero?». Cercò di calmarsi prima di soffiarsi il naso nel mio fazzoletto.
«Sì. L’esame è vicino, mancano
solo quattro giorni». Cominciava il periodo di clausura.
Non sarei più uscito con i
ragazzi e le Star Wars Night sarebbero
state sospese.
Era la nostra routine una settimana
prima di ogni esame.
Un’idiozia, visto che in ogni
caso i nostri voti non scendevano mai sotto A-, però era scaramanzia.
«Appunto. E io non mi ricordo
nulla». Si sistemò meglio sulla sedia avvicinandosi talmente tanto che le
nostre ginocchia si sfiorarono.
«Scusa» mormorai prima di far
scivolare la mia sedia più indietro per lasciarle più spazio sotto al tavolo.
«No, tranquillo». Sorrise e non
potei fare a meno di ricambiare; i suoi occhi gonfi e rossi stonavano con
quelle labbra tese all’insù.
Quella lezione fu un disastro.
Ashley aveva la testa altrove e
prestava poca attenzione a quello che le dicevo, così, alla fine di quell’ora
aveva imparato sì e no una formula.
«Mi dispiace Francis, lo so che
non sono riuscita a capire nulla oggi. Ti ho fatto solo perdere tempo» sussurrò
raccogliendo i libri.
«No-non importa, ca-capita anche
a me ch-che non riesco a st-st-studiare». Cercai di incoraggiarla.
«Mi dispiace. È solo che non ci
sono proprio con la testa. È come se fossi in vacanza». Si abbandonò sulla sedia
dopo aver inspirato a fondo.
«Fo-fo-forse dovresti st-staccare
un po’ la spina. Divertirti un po’». Non ero sicuro che fossero le parole
giuste da dire.
Perché Mac non c’era mai quando
serviva?
«Sì, hai ragione. Dovrei». Annuì
leggermente e poi si alzò prendendo la mia mano tra le sue. «Sei un genio Francis!
Un genio». Mi sorrise e la guardai leggermente confuso.
«P-p-perché?». Me l’avevano detto
in tanti, ma di solito dopo che avevo preso una A in chimica o in fisica.
«C’è la festa delle cheer-leader
a casa di Kristy stasera! Ci saranno tutti! Io devo andarci!» disse euforica
prima di strofinarsi il viso con le mani. «Si vede tanto che ho pianto?» chiese
avvicinandosi di qualche passo a me.
«Un po’» ammisi, guardando i suoi
occhi gonfi.
«Dannazione. Dovrò truccarmi, mi
metterò i tacchi. Gli farò credere che sono insensibile e che non mi interessa
nulla di lui». Cominciò a parlare tra sé e sé camminando avanti e indietro.
«A-A-Ashley?» domandai sperando
che mi spiegasse che diavolo stava dicendo.
«E tu verrai con me!». Mi additò
di colpo sorridendo.
«C-c-c-c-c-cosa?». Sgranai gli
occhi stupito.
«Sì! Verrai con me! Così crederà
che io mi sia consolata con te e sarà tutto perfetto». Batté una volta le mani
ridendo quasi in modo isterico.
«A-A-Ashley, n-n-non posso.
S-s-se mi vede con te m-m-mi picchia. L’a-a-a-ltro giorno in mensa mi ha
ch-ch-ch-chiesto se dopo la festa di Halloween e-ero con te». Mi sistemai gli
occhiali sul naso.
«Cosa?» chiese stupita.
«Sì. Proprio co-co-così». Mi
schiarii anche la voce in attesa di una sua risposta che tardava ad arrivare.
«Allora magari può venire qualche
tuo amico. Ci devo andare. Deve pensare che sto bene». Ammutolì all’improvviso
e mi accorsi che stava stringendo la mascella per non piangere.
Senza nemmeno rendermene conto mi
alzai e mi avvicinai a lei abbracciandola.
In meno di un secondo le sue mani
si aggrapparono alla mia felpa e sentii un singhiozzo.
Non sapevo più che fare.
L’unica ragazza che avevo
abbracciato in lacrime era Mac, ma era successo a nove anni, dopo che si era
tagliata un piede con una bottiglia rotta.
Serrai gli occhi cercando di
concentrarmi; in qualche film un ragazzo aveva abbracciato una ragazza, dovevo
solo ricordare come si faceva.
Quando li riaprii, dopo essermi
reso conto che non riuscivo a ricordare nessuna scena, mi accorsi che avevo
posato le mani sulla sua schiena e la stavo accarezzando.
Ashley non stava singhiozzando,
ma sentivo comunque il suo corpo scosso dal pianto.
«Va tutto bene, dai». Non sapevo
nemmeno che dire.
«Io…io mi sono comportata da
stupida e…e non ti ho nemmeno ri-ringraziato perché sei stato l’unico che è
venuto a chiedermi come stavo». Alzò il viso asciugandosi una lacrima e io le sorrisi.
«Perché gli altri erano tutti
impegnati a ballare. Io non so ballare» cercai di sdrammatizzare, e ci riuscii.
«E ho preso il taxi perché avevo
paura che qualcuno ci vedesse e potesse dire ad Alex che era vero che lo
tradivo» ammise abbassando lo sguardo imbarazzata.
«Non importa, Ashley». Mi
allontanai di un passo da lei, che cominciò a soffiarsi di nuovo il naso.
«Ma tu sei gentile, e io mi
comporto male». Strinse il fazzoletto tra le mani.
«Ti ho anche chiesto di
accompagnarmi alla festa perché ero sicura che diventasse geloso vedendoci
assieme» sussurrò sedendosi di nuovo sulla sedia.
«Ge-ge-geloso di me? Alex?»
ridacchiai incredulo.
Fece spallucce senza degnarmi di
una risposta.
Improvvisamente un’idea mi balenò
per la mente.
«Vu-vu-vuoi ancora andare alla
festa stasera?» chiesi così all’improvviso che sussultò.
«Non lo so. Forse, perché?».
Sembrava cauta.
«Forse ho trovato chi può venire
con te, così vai e ti diverti e lo fai ingelosire lo stesso perché vede che c’è
qualcuno al tuo fianco». Ero un genio.
Un piccolo, grande genio.
«Chi?». Curiosità allo stato puro.
«Mac». Un sorriso trionfante che la fece insospettire.
«Qual è dei due?». Si grattò una tempia e cominciai a ridere
di gusto.
«No, Mac, Mackenzie, è la ragazza, quella con i capelli
rossi» precisai tra un attacco di risa e un altro.
«Oh. Scusa. Non mi ricordavo più di lei. Non saprei, dici
che mi accompagnerebbe?» chiese speranzosa.
«Certo, Mac ti accompagna di sicuro. Tieni, questo è il suo
numero, dopo la chiami per metterti d’accordo. Ora passo a casa sua e le spiego
la situazione». Le allungai il foglietto con il numero di Mac e Ashley mi
ringraziò con un sorriso prima di salutarmi per andare a casa.
Fiero di me stesso accesi la vecchia Cevry e guidai verso
casa di Mac canticchiando; suonai il campanello e sorrisi felice quando la
sentii urlare un «Arrivo» scendendo le scale.
«Inchinati al signore del male». La salutai così.
Sghignazzò prima di spostarsi per farmi entrare ma non mi
mossi.
«Hai bisogno di svagarti questa sera, no?» chiesi
picchiettando con le dita sullo stipite della porta.
«Sì, pizza e film da te visto che hai casa libera per questa
notte?». Non era molto convinta, ancor meno quando scossi la testa per dirle di
no.
«Andrai alla festa delle cheer-leader con Ashley. Le ho dato
il tuo numero». Aspettai con il sorriso che mi abbracciasse felice, ma l’unica
reazione che ottenni fu un suo pugno sullo stomaco.
«Sei diventato scemo, Francis Hudson?». Si picchiettò la tempia
con l’indice, come se avesse voluto marcare ancora di più il concetto.
«No. Mi sembrava una buona idea» mormorai massaggiandomi lo
stomaco.
«Una buona idea? Ma mi hai visto? Hai visto lei? Dovrei
andare a una festa di cheer-leader con Ashley, che tra l’altro non conosco
visto che non le ho mai parlato escludendo quelle due lezioni di gruppo durante
arte l’anno scorso? Per quale motivo?» chiese minacciosa.
«Perché oggi ha pianto e perché non ha nessuno. Potrebbe
diventare tua amica. E non è così male come credi. In più mi faresti un favore
enorme, sarei il tuo schiavo a vita, fino alla morte, compresa la morte».
Cercai di diventare improvvisamente coccoloso.
«Il mio schiavo a vita? Farai tutto quello che ti chiederò?»
gongolò divertita.
«Assolutamente» asserii.
«Anche uccidere uno dei tuoi migliori amici?» continuò con
un ghigno.
«Assolutamente» dissi prima di rendermene conto. «No! No
aspetta, non posso! Va contro la legge dello Stato della California» cercai di
giustificarmi.
«Hai già giurato Francis!» sogghignò divertita.
«Vuol dire che ci andrai? Mi farai questo favore?». Sembravo
un bambino in attesa di andare a Disney World.
«Però se non riesco a parlare con lei me ne torno a casa e
la lascio lì, eh» chiarì alzando l’indice verso di me.
«Grazie! Grazie Mac! Sei l’amica migliore che io abbia mai
avuto». La abbracciai di slancio e sentii le sue dita pizzicarmi il braccio.
«Sono l’unica amica donna che tu abbia mai avuto, Francis»
precisò.
«Fa lo stesso. Sei la migliore. Chiamami se ci sono problemi»
dissi più per salutarla che per altro.
Quando però, sei ore dopo, vidi il numero di Mac lampeggiare
sullo schermo mio cellulare capii che qualcosa stava andando storto.
«Pronto?» risposi preoccupato.
«Vieni qui, subito. Muoviti» fu la risposta di Mac prima che
attaccasse.
Che diavolo era successo?
Salve ragazze!
Il capitolo scorso non è
piaciuto a tutte, vero? Spero che questo vi sia piaciuto di più… visto che
cominciamo ad entrare nel vivo della storia con il prossimo capitolo!
Ed ora un’informazione che,
giuro, non vorrei proprio darvi!
Probabilmente non avrò più
una connessione internet da mercoledì, quindi non so ancora quali saranno le
sorti degli aggiornamenti. Spero vivamente che il problema si risolva, ma
potrebbero passare anche un paio di
mesi. In ogni caso, io scriverò lo stesso, in modo che appena ci sarà una
connessione aggiornerò!
Darò comunque maggiori
informazioni sull’account di Fb.
Come sempre ringrazio
preferiti, seguiti, da ricordare e chi ha avuto il coraggio di inserirmi tra
gli autori preferiti! :)
A venerdì prossimo, spero! +
|
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Capitolo 8 *** The hangover fairy ***
rotn
Uscii di casa velocemente, maledicendo Mac.
Perché le cose non potevano mai andare come uno sperava?
Erano le dieci e mezza, Mac e Ashley dovevano essere nel
pieno della festa, e invece? La mia amica mi aveva chiamato, arrabbiatissima,
dicendomi di raggiungerle.
Guidai velocemente e quando parcheggiai, qualche metro prima
della casa di Kristy, cercai di respirare a fondo per calmarmi.
Scesi dalla macchina strusciandomi con un gesto istintivo le
mani sudate sui jeans e, un passo dopo l’altro, mi avvicinai alla villa.
Riuscivo già a sentire la musica a volume altissimo e anche
gli schiamazzi della squadra di football.
Stavo entrando nella tana del lupo.
Un coro di voci si stava impegnando al massimo per incitare
qualcuno a bere una birra.
Arrivato davanti a casa inorridii.
Dove avevo fatto andare Mac?
C’erano quattro ragazzi che, senza maglia, si rincorrevano nel
giardino e si sparavano con un fucile a vernice; poco più avanti due coppie,
seminascoste dietro a un cespuglio, si stavano baciando molto appassionatamente.
«Mac?» sussurrai spaventato.
Come avrei fatto a trovarla?
Mi tastai le tasche dei jeans, trovando il cellulare; inviai
la chiamata e al secondo squillo Mac rispose.
«Dove sei?» chiese urlando, cercando di sovrastare la musica
altissima.
«Fuori». Due ragazze mi indicarono ridacchiando quando mi
videro parlare al cellulare.
«Arriviamo». Chiuse la chiamata senza aggiungere altro e io,
leggermente nervoso perché non era quello il mio ambiente naturale, cominciai a
camminare avanti e indietro lungo il giardino.
«Francis». Udii la voce di Mac chiamarmi e mi girai
trovandola abbracciata ad Ashley che rideva senza controllo.
«Che è successo?». In pochi passi mi avvicinai
raggiungendole e inorridii: Ashley sembrava ubriaca.
«Francis-sei-venuto-a-divertirti?» biascicò tirandomi una
manata sulla spalla.
Non sembrava ubriaca, lo era.
«Si è ubriacata?» chiesi prima di tornare a posare il mio
sguardo su Mac. Annuì continuando a sorreggere con un braccio Ashley.
«Non ha bevuto nulla, fino a quando Kristy si è avvicinata a
lei e le ha detto che le dispiace per quello che Alex ha fatto. Stava
recitando, ma Ashley non l’ha capito. Le ha offerto uno shot dopo l’altro e
Ashely si è ubriacata. Ha cominciato a ballare davanti ai ragazzi che la
prendevano in giro, così ho pensato fosse meglio chiamarti per riportarla a
casa. Hanno già abbastanza foto della serata» sussurrò spostandosi di un passo
a destra perché Ashley l’aveva spinta ridacchiando.
«Ti sei divertita, eh Kenzie?» chiese Ashley picchiettandole
un fianco con il gomito.
«Da morire. La festa più divertente a cui sia mai andata».
L’umorismo di Mac mi faceva sempre sorridere.
«Sono felice. Mi sto divertendo tanto anche io. Torniamo
dentro? Ho la gola secca, devo bere». Ashley cercò di divincolarsi dalla presa
di Mac, ma non riuscì a reggersi in piedi e scivolò a terra ridendo.
«Francis, è ubriaca, portala a casa» mi consigliò Mac
aiutandomi a rialzare Ashley.
«Co-cosa? A casa sua? E come spiego ai suoi genitori che
Ashley è andata a una festa? Non sanno nemmeno che ci conosciamo. Se trovo Eric
che cosa gli dico? Ciao sono Francis, il fratello di Cris, questa è tua sorella
ubriaca? No, non ci penso nemmeno». Scossi la testa con decisione per scacciare
il pensiero di Eric che mi picchiava perché avevo riportato sua sorella a casa
ubriaca.
«Non possiamo lasciarla qui». Mac si sfregò il viso con le
mani cercando di pensare.
«Ragazzi, io devo…». Ashley non terminò nemmeno la frase, si
voltò e vomitò.
«Oddio. Che schifo». Deglutii cercando di non respirare per
non fare lo stesso.
«Perfetto. Francis, andiamocene da qui». Mac circondò le
spalle di Ashley con le braccia e tentò di farla camminare lentamente, perché
non vomitasse di nuovo.
«E se viene a dormire a casa tua?» chiesi, improvvisamente
speranzoso.
In fin dei conti Ashley poteva essersi fermata a dormire da
un’amica, non sapevo nemmeno che cosa avesse raccontato ai suoi genitori.
«E dove dorme? In giardino? Francis, a casa c’è mamma e
anche Sally. Rimane solo il divano, e sai che non si riesce a dormire su quello».
Mugolai qualcosa senza senso e ripensai a quando, qualche
capodanno prima, avevamo dormito un paio di ore su quel divano.
Il giorno dopo nessuno era stato in grado di muoversi per
ore.
Era il divano più scomodo del mondo.
«Non possiamo lasciarla per strada» dissi, tornando a
guardare Ashley che si massaggiava lo stomaco con una mano. Era ovvio che non
potesse rimanere da sola.
«Perché non a casa tua? I tuoi genitori sono fuori città per
il week-end. Domani appena si sveglia la riporti a casa sua e non ci sono problemi,
no?». Mac sembrava entusiasta della sua idea.
«U-u-una donna a ca-ca-casa mia?». Spalancai gli occhi per
la sorpresa e Mac ridacchiò.
«Andiamo Francis! La tua casa è enorme. Dormirai nella
camera di Chris, o in quella dei tuoi genitori, o se preferisci sul divano al
piano di sotto. È solo per questa notte. È ubriaca». Entrambi guardammo di
nuovo Ashley, che si era accucciata per guardarsi le ballerine che portava ai
piedi come se fossero la cosa più interessante che avesse visto in vita sua.
«E se torna qualcuno? Cosa dico?» borbottai, spaventato a
morte.
Come avrei spiegato la presenza di una ragazza nel mio
letto?
«Dici che l’hai ubriacata e poi violentata. Che cosa vuoi
dire, Francis? Era ubriaca a una festa e non riusciva a tornare a casa. Non fare
l’idiota». Mac aiutò Ashley a ritornare in piedi lentamente.
«Ashley, adesso vai a dormire a casa di Francis, ok?»
sussurrò con un sorriso.
«Chi è Francis?» ridacchiò Ashley.
Perfetto, non si ricordava nemmeno chi ero.
«So-sono io» mormorai salutandola con la mano.
«Oh, Frank Fagotto. Sì, sì. Va bene». Annuì avvicinandosi a
me e mi abbracciò di slancio.
«Buonanotte Francis. E mi devi un favore». Mac si voltò e iniziò
a camminare, allontanandosi sempre più da noi.
«Mac! Mac! Dove stai andando?». Non potevo muovermi perché
Ashley mi stava ancora abbracciando.
«A casa. Ho la macchina». Fece tintinnare le chiavi che
teneva tra le mani.
«E io come faccio?». Cercai di non far vedere che ero
disperato.
«Francis, andiamo. La fai salire in macchina e poi la fai entrare
a casa tua. Segui l’istinto. Non è difficile» disse prima si sparire dalla mia
vista, inghiottita dal buio.
«Ok, bene» inspirai a fondo cercando di ragionare. Dovevo
farla salire in macchina. «Ashley, a-a-a-andiamo, devi salire in macchina. Ti
porto a ca-ca-casa». Cercai di scostarla da me posandole le mani sui fianchi ma
sussurrò qualcosa impossibile da capire. «Fo-fo-forza». Con un po’ più di forza
riuscii a terminare quell’abbraccio dovuto all’alcool.
«Dove andiamo?» domandò confusa prima di scostarsi i capelli
dalla fronte con una mano.
«A do-do-dormire». Aprii la portiera dell’auto e la feci
salire senza farle sbattere la testa. «Aspetta che ti metto la cin-cin-cintura
di sicurezza».
Mi schiarii la voce in completo imbarazzo non appena sfiorai
il suo corpo per agganciargliela.
Velocemente salii in macchina. Quando l’accesi, l’autoradio
iniziò a trasmettere una canzone a volume alto e Ashley si coprì le orecchie
con le mani.
«Abbassa! Ti prego, mi scoppia la testa» urlò per sovrastare
la musica.
Pigiai il pulsante e improvvisamente calò un silenzio
innaturale dentro all’abitacolo.
«Grazie» sussurrò Ashley.
«Fi-figurati». Abbozzai un sorriso lanciandole un’occhiata
sbieca, per non distrarmi dalla guida.
Il resto del viaggio lo passammo in silenzio.
Sentivo Ashley respirare lentamente, ma non volevo guardarla
per evitare di fare qualche figuraccia.
«Si-siamo arrivati» bofonchiai sistemandomi gli occhiali sul
naso, dopo aver parcheggiato la mia auto nel vialetto, come sempre.
Guardai Ashley e mi accorsi che si era pesantemente
addormentata.
«Oh no. No, no, no». Mi sganciai la cintura di sicurezza
muovendomi irrequieto sul sedile.
Non poteva dormire, io non ero abbastanza forte per portarla
in casa.
Era magra, ma aveva anche tette, come mi aveva sempre fatto
notare John, e i muscoli sulle mie braccia erano di fatto inesistenti.
Uscii dalla macchina e aprii lo sportello del passeggero
toccandole leggermente una spalla. «Ashley? Siamo arrivati» sussurrai, per non
farla svegliare di colpo.
«Mmhm» mugugnò sistemandosi meglio sul sedile e continuò a
dormire beata.
«No, Ashley, forse non hai capito. Si-siamo arrivati».
Parlai leggermente più forte, avvicinandomi al suo viso perché mi sentisse
meglio.
Sorrise appena e non accennò a svegliarsi.
«Dannazione. Lo sapevo che sarei dovuto andare in palestra!»
sussurrai tra me e me, andando ad aprire la porta di casa e bloccandola in modo
che rimanesse spalancata.
Tornai verso l’auto e guardai Ashley.
Non potevo lasciarla dormire lì.
«Ok…» sussurrai abbassandomi per sganciarle la cintura di
sicurezza. Alzai delicatamente un suo braccio e me lo portai dietro le spalle. «Sarebbe
più facile se riuscissi ad aggrapparti, non ho molta forza» cercai di spiegarle
scuotendola appena. Inutile.
Circondai con un braccio la sua schiena e con l’altro
sostenni le sue gambe.
Non sapevo nemmeno come sollevarla.
Riuscii, dopo qualche minuto di prova, a prenderla in
braccio e goffamente la tirai fuori dalla macchina.
Sospirai di sollievo ma mi accorsi di non avere poi molta
aria nei polmoni, così decisi di velocizzare i movimenti: chiusi lo sportello
dell’auto con un calcio e velocemente camminai verso l’entrata di casa.
Le braccia cominciarono a farmi male, Ashley stava
diventando sempre più pesante e la porta d’ingresso sembrava allontanarsi
sempre di più.
Appena varcai la soglia, chiusi il portone con un calcio e,
a grandi passi, mi diressi verso il divano.
«Facciamo una pausa» sussurrai sedendomi, distrutto,
lasciando che Ashley rimanesse seduta sulle mie gambe.
Piagnucolò qualcosa, stringendo più forte il braccio attorno
alle mie spalle.
Si spostò con il volto a pochi centimetri dal mio collo e
inspirò profondamente. Mi ritrovai a rabbrividire sentendo il suo alito sulla
pelle.
«Hai cambiato profumo. Mi piace… Alex». Mi immobilizzai dopo
aver sentito quel nome.
«Ashley, so-so-sono Francis» cercai di spiegarle, perché non
si spaventasse nel lontano caso che potesse capire e tornare lucida.
«Certo. Va bene amore» sussurrò di nuovo, immergendo la mano
tra i miei capelli e accarezzandomi il collo con il naso.
Oddio, qualcuno aveva alzato il termostato?
«Ashley…» cominciai di nuovo, scostandomi appena. Era
ubriaca e non sapeva nemmeno chi fossi, doveva assolutamente dormire. «… è me-me-me-meglio
se ti po-po-po-porto a letto». La sollevai di nuovo, cercando di farmi forza.
Non volevo che cadesse.
In fin dei conti dovevo solo fare dieci scalini.
Uno.
Perché quella casa era stata progettata su due piani?
Due.
Perché non avevano potuto semplicemente svilupparla tutta al
pian terreno?
Tre.
Rischiavo seriamente di lasciarla cadere.
Quattro.
Strinsi di più le dita della mano destra sulla sua
canottierina perché non mi scivolasse per terra.
Cinque.
Riposo.
Respirai profondamente appoggiandomi con la schiena al muro e
aiutandomi con una gamba a sostenere Ashley.
«Non so dove tu metta tutti questi chili, soprattutto non so
nemmeno con quale forza le altre cheer-leader ti lancino in aria, però posso
garantirti che non sei così leggera» bisbigliai, consapevole che stesse
dormendo.
Gli altri cinque scalini li feci quasi di corsa.
Arrivai in camera mia e, senza nemmeno accendere la luce,
raggiunsi velocemente il letto.
Distesi Ashley con attenzione, senza muoverla bruscamente,
le posai la testa sul cuscino, le tolsi le scarpe e la coprii con una leggera
coperta.
Mi fermai a guardarla per qualche secondo e improvvisamente
mi ritrovai a sorridere.
Era bellissima, illuminata appena dalla luce emanata dallo
schermo del PC, con i capelli sparsi sul mio cuscino, con quella buffa
espressione sul viso.
Le accarezzai una guancia con l’indice.
In quel momento capii che era inevitabile innamorarsi di
lei.
Era così bella, così dolce e così perfetta.
Quando sentì il mio dito solleticarle la guancia sorrise
appena e si sistemò meglio sul letto.
«Buonanotte Ashley» mormorai chiudendomi la porta alle
spalle. Tentai di fare piano per non svegliarla.
Andai in bagno a lavarmi il viso e fissai la mia immagine
allo specchio.
Ero sudato per lo sforzo di portare Ashley in braccio; la
cosa che mi preoccupava di più però era il sorriso idiota che non se ne voleva
andare dalla mia faccia.
Quando, ore prima, avevo acceso la televisione, l’avevo
fatto convinto di passare una serata tranquilla, davanti a un vecchio film
della pay-tv, con la casa vuota.
Ora ero costretto a dormire sul divano di casa mia perché
una ragazza occupava il mio letto.
Era la prima volta in diciassette anni che un individuo di
sesso opposto al mio dormiva lì; se si escludevano mamma e nonna, naturalmente.
Indossai un paio di pantaloni della tuta, una maglietta
grigia e scesi le scale.
Non avevo nemmeno più voglia di dormire.
Andai in cucina e, dopo aver aperto il frigo, presi una
bottiglietta d’acqua e cominciai a berne qualche sorso.
Ashley, quella
Ashley, stava dormendo nel mio letto.
Non riuscivo a pensare ad altro.
Tornai in sala e mi distesi sul divano accendendo la
televisione per cercare un film abbastanza noioso da farmi dormire.
Quando, dopo una ricerca di quasi cinque minuti, trovai una
commedia romantica di serie B, sorrisi sistemandomi meglio.
«Moccioso. Moccioso svegliati». Chris?
Mio fratello?
Non era al college?
«Mhm?». Avevo un braccio che mi copriva gli occhi. Era
troppo pesante perché riuscissi a muoverlo.
«Moccioso, muoviti. Dobbiamo andarcene, entro poche ore ci
sarà la fine del mondo». Era decisamente mio fratello.
Ma perché mi stava parlando?
Poi i miei neuroni e le mie sinapsi cominciarono a lavorare
e compresi quello che mi stava dicendo.
Fine del mondo?
Mi alzai a sedere di scatto e, sempre tenendo gli occhi
chiusi, cercai gli occhiali sul mio comodino; mi scontrai però con qualcosa di
morbido, qualcosa che assomigliava al mio divano.
Improvvisamente ricordai che mi ero addormentato davanti
alla tv accesa.
Trovai gli occhiali sopra al tavolino di vetro e, una volta
indossati, guardai mio fratello.
«Che succede? Fine del mondo?» chiesi assonnato, non
riuscendo ancora a capire quello di cui stava parlando.
«Sì. Sono andato in camera tua perché non mi ero accorto che
eri qui, e indovina? Una ragazza sta dormendo sul tuo letto! La fine del mondo
è vicina, altrimenti perché mai ci sarebbe una biondina al piano di sopra, eh?».
La pacca cameratesca che mi diede sulla spalla mi fece immobilizzare, ma più di
tutto ci riuscirono le sue parole.
Biondina.
Camera.
Letto.
Ashley.
Che l’avesse riconosciuta?
«Chris, non è come sembra…» cercai di giustificarmi
alzandomi dal divano.
«Oh, certo. Tranquillo moccioso. Casa libera per il
week-end, nessuno tra i piedi… sono più vecchio di te». Ammiccò verso di me e io
provai orrore per i suoi pensieri.
«No. Lei era a una festa ubriaca e non sapevo dove abitava…».
Una piccola bugia ci poteva anche stare, visto che comunque non potevo dirgli
che era la sorella di uno dei suoi migliori amici. «… così l’ho portata a casa».
Era la scusa più simile alla verità che potessi inventarmi.
«Non la conoscevi nemmeno? Mi stupisci moccioso. Non pensavo
fossi uno da una botta e via. Allora
sono riuscito a insegnarti qualcosa, anche se in ritardo» sogghignò dopo aver
tirato un’altra pacca sulla mia spalla.
«No, Chris… lei è…». Non potevo dirglielo. «…una mia
compagna di scuola, la stavano prendendo in giro e non volevo che lo facessero».
Mi stavo arrampicando sugli specchi.
«Ehi, non devi darmi spiegazioni. Ora vi lascio da soli,
tranquillo. Ero solo venuto a vedere se ti serviva qualcosa… ma a quanto vedo
ci hai pensato da solo» ghignò prendendo uno zaino e avvicinandosi alla porta.
«Chris, aspetta. Dove stai andando?». Dovevo spiegargli come
stavano le cose, tralasciando l’identità della ragazza, magari…
«Vado a trovare Eric. È da un paio di settimane che non ci
vediamo. Usciamo a bere qualcosa, ma non credo di tornare, quindi dacci pure
dentro, fino a quando hai casa libera… e mi raccomando, stai attento». Mi
ammonì con l’indice prima di chiudersi la porta alle spalle.
Oddio.
Oddio, mio fratello pensava che avessi fatto l’amore con una
ragazza.
Quello che non sapeva, fortunatamente, era il suo nome.
Sospirai di sollievo pensando che per una volta la fortuna fosse
dalla mia parte.
Non sarebbe ritornato e Ashley avrebbe potuto svegliarsi
tranquillamente, poi l’avrei riaccompagnata di corsa a casa sua.
Dopo alcuni minuti, in cui ero rimasto a guardare la porta
d’entrata chiusa, pensai di svegliare Ashley.
Non poteva di certo non tornare a casa.
Presi due aspirine e le sciolsi dentro a un bicchiere d’acqua;
non sapevo nemmeno se fosse il rimedio giusto, visto che non mi ero mai
ubriacato, ma ero quasi sicuro che in tutti i film facessero così.
Salii le scale lentamente, rilassandomi grazie al rumore
dell’aspirina che si scioglieva.
Quando aprii la porta della mia camera presi un respiro
profondo.
«Ashley? A-A-Ashley sono Fr-Fr-Francis». Meglio mettere le
cose in chiaro.
«Mmhm, la testa» bofonchiò girandosi tra le coperte.
«Ashley, sono Francis, s-s-s-sei a casa mia, qui ho de-de-delle
aspirine per te». Meglio non dirle della festa, si sarebbe potuta spaventare.
«COSA?». Si alzò a sedere di scatto, facendomi sussultare
spaventato. «Che cosa ci faccio a casa tua?» continuò, portandosi una mano
sulla fronte e distendendosi di nuovo.
«Ie-ie-ieri sera sei an-an-andata alla festa con Mac, ma ti
s-s-sei ubriacata e sono venuto a pr-pr-prenderti io. Non sapevo co-co-come
farti to-to-tornare a casa e ti ho portato da me. Ma ho do-do-do-o-rmito sul
divano io, non pr-pr-preoccuparti». Dire la verità… sempre cosa buona e giusta.
«Ho bisogno delle aspirine». Allungò la mano, continuando a
tenere un braccio davanti agli occhi.
Sorrisi avvicinandomi e le passai il bicchiere.
«A-a-a-apro la finestra» annunciai prima di schiudere le
ante di colpo e illuminare la stanza.
«No così» si lamentò Ashley.
«Sc-sc-scusa, ma è pieno giorno, e tu hai bisogno di
svegliarti» sussurrai sedendomi su una sedia a qualche metro dal letto.
Ashley ingoiò il contenuto del bicchiere tutto d’un fiato e
poi rabbrividì.
«Grazie» mormorò aprendo con cautela gli occhi e appoggiando
il bicchiere vuoto sul comodino.
«No-o-on c’è problema». Divertito continuai a osservarla.
Aveva gli occhi neri per il trucco colato della sera prima,
i capelli erano tutti arruffati e la maglia era messa male.
«Sono un disastro, non è vero?» chiese legandosi i capelli
con un elastico che aveva al polso.
Non potevo di certo dirle che per me era bella anche così.
«No-o-n pr-proprio…» bofonchiai sistemandomi gli occhiali.
Sbuffò sedendosi sul bordo del letto. «Francis, volevo ringraziarti
per quello che hai fatto. In pochi mi avrebbero portata via da quella festa e
dato un alloggio per la notte» sorrise timidamente e io arrossii per la
vergogna.
«Fi-figurati. Vuoi qualcosa da mangiare?» chiesi per
cambiare discorso e alleggerire l’atmosfera.
«Non saprei… immagino di aver dato il meglio di me ieri
sera, no?». Con le dita cominciò a torturare la mia coperta e io capii che non
potevo farla sentire in colpa.
«U-u-un po’, ma eravamo ne-ne-nel giardino di Kr-Kr-Kristy,
quindi direi che non ci sono pr-pr-problemi» scherzai facendola ridere. «Vado a
preparare qual-qual-qualcosa allora…». Mi alzai velocemente dalla sedia
dirigendomi verso la porta quando Ashley mi chiamò.
«Francis… lo so che è chiedere troppo… e forse, anzi senza
forse, è anche imbarazzante, però… potrei farmi una doccia veloce? Puzzo come
una distilleria» farfugliò.
«Oh, sì. Sì, ce-ce-certo. Sc-sc-scusa se non ci ho pensato
prima. I-i-i-l bagno è qui a destra, la se-se-seconda porta. Fai come se fo-fo-fossi
a casa tua. Io, io… ehm… vado a preparare qual-qual-qualcosa». Le mie guance
erano in fiamme, non sapevo che cosa dire e soprattutto speravo di aver detto
qualcosa di sensato.
«Grazie» bisbigliò appena, seguendomi fuori dalla stanza.
Quando sentii la porta del bagno chiudersi corsi veloce giù
dalle scale.
Improvvisamente mi serviva dell’acqua.
Aprii il frigo e bevvi direttamente dalla bottiglietta,
prosciugandone quasi metà.
Dovevo stare tranquillo.
Non c’era assolutamente niente che non andasse.
Ashley Foster si stava solo
facendo la doccia, nuda, al piano di
sopra.
Sì, perché nessuno si faceva la doccia in costume.
Dovevo tenere la mente occupata… cucinando, magari.
Ma io sapevo cucinare? No, diamine!
Non sapevo nemmeno fare la pizza, nonostante tre sere a
settimana lavorassi in pizzeria per consegnare gli ordini a domicilio.
Che cosa cucinava di solito mamma?
Lei cucinava tante cose, ma come faceva?
Ok, avrei dovuto solo mantenere la calma; era una colazione,
non un pranzo.
Non ci sarebbero stati waffel con sciroppo d’acero e nemmeno
frittelle, potevo prendere marmellata e burro d’arachidi, qualche fetta di pane
tostato e qualche merendina preconfezionata.
Aprii ogni singolo scaffale e posai sulla tavola quasi tutto
quello che mi capitò per le mani; non sapevo nemmeno i suoi gusti.
«Francis?». Quando la voce di Ashley gridò il mio nome dal
piano di sopra mi irrigidii.
Cosa voleva, che le spalmassi il
sapone sulla schiena?
Oddio, che cosa stavo pensando?
John mi aveva contagiato con i suoi pensieri stupidi.
«Sì?» risposi salendo le scale per raggiungerla.
«Come diavolo si apre questa porta?» urlò picchiando contro
la porta della mia stanza. Ma come mai era tornata in camera mia? Pensavo fosse
in bagno.
Ridacchiai avvicinandomi di qualche passo.
«Sp-sp-sp-spostati un po’ in-in-indietro».
Mamma mi aveva sempre rimproverato perché non volevo
cambiare quella serratura difettosa.
Picchiettai con il pugno per due volte vicino alla maniglia
e la abbassai, facendo scattare la serratura.
«Grazie, pensavo di rimanere chiusa qui dentro» sospirò
Ashley sedendosi sul bordo del letto.
«Sì, è dif-f-fettosa, avrei do-do-dovuto avvertirti».
Cominciai a camminare nervoso per la stanza.
«È un horror?» chiese improvvisamente, dopo qualche minuto
di silenzio.
«Co-cosa?». Di che cosa stava parlando?
Seguii il suo sguardo che si era posato su una locandina dei
Vampire Weekend e non riuscii a
trattenermi cominciando a ridere.
«Che c’è?». Era stupita, non si rendeva minimamente conto di
quello che aveva detto.
«So-so-sono un gr-gruppo musicale» biascicai tra una risata
e l’altra.
«Ah». Si immobilizzò e arrossì, rimanendo con lo sguardo
rivolto verso il basso.
«Ehi, dai. No-o-n fa nulla. No-o-n tutti li co-conoscono»
cercai di rimediare alla gaffe che avevo fatto.
Sorrise timidamente alzando il viso. «Quello però, anche se
non l’ho mai visto, so che è un film» indicò la locandina con il logo di Star Wars che era appesa sopra alla testiera
del mio letto.
«Sì, be’, di-diciamo che sono un po’ di film. Ma sul se-serio
no-o-n ne hai mai visto uno?». Ero sorpreso.
Chi non aveva mai visto almeno un film della saga Star Wars?
Era come non aver visto Il
Padrino.
Impossibile.
«No, dovrei?» chiese timorosa.
«Dovrei? È qual-qualcosa che bi-bisogna fare». Era come
imparare a leggere.
Indispensabile.
Inaspettatamente il cellulare nella mia tasca cominciò a
vibrare e io sussultai spaventato.
«Scu-scusami un attimo» mormorai uscendo dalla mia camera e
socchiudendo la porta.
Guardai il display confuso.
Perché Mac mi stava chiamando?
«Mac? Che succede?». Non la salutai nemmeno.
«Ciao, come procede?» chiese, leggermente assonnata.
«Bene. Sì». Come potevo farle capire che Ashley era
all’ascolto?
Era di per sé già una situazione insolita e decisamente
imbarazzante.
«Oh, non puoi parlare, giusto?». Mac era un genio.
«Esatto, allora ci sentiamo più tardi, no?». Cercai di non
far capire ad Ashley quello che ci stavamo dicendo.
«Perfetto. Ciao». Mac chiuse la conversazione e rientrai
nella mia stanza con un sorriso.
«Scu-scusami, era Mac». Probabilmente l’aveva sentito e non
mi andava di farla passare per una spiona.
«Forse dovrei scusarmi con lei, non mi sono comportata bene
ieri sera. L’ho lasciata da sola». Sembrava che stesse pensando ad alta voce. «Abita
molto distante da qui?» domandò e mi guardò con occhi confusi.
«No, saranno ci-ci-cinque dieci minuti a pi-pi-piedi. Se
vuoi ti a-a-a-accompagno» proposi, felice che Ashley in qualche modo si
sentisse in dovere di chiarire quello che era successo la sera prima con Mac.
«Mi faresti un grande piacere. Anche perché dovrei tornare a
casa. Ieri sera avevo detto a mia mamma che non sapevo se avrei dormito a casa
di un’amica, ma non vorrei che si preoccupasse». Di nuovo quel tono ansioso.
«Pu-pu-puoi chiamarla con il telefono di casa, se vu-vu-vuoi»
consigliai sorridendole.
«Grazie Francis, sei gentile. Però forse è meglio che vada
da Mac e poi torni a casa. Potresti accompagnarmi?».
Subito?
Dovevo accompagnarla subito?
E la nostra colazione assieme?
«C-c-certo, pr-pr-prendo le chiavi della macchina» sorrisi
senza farle vedere che ero rimasto deluso a causa delle sue parole.
Salimmo in macchina e, una volta arrivato davanti a casa di
Mac, Ashley si girò per salutarmi.
«Grazie di tutto Francis. Ci vediamo lunedì a scuola, allora».
Mi sorrise e prima di scendere posò le sue labbra sulla mia guancia.
Quando, dopo aver chiuso lo sportello dell’auto, sventolò la
mano, riuscii solo a risponderle con una debole smorfia.
Ashley Foster mi aveva dato un bacio sulla guancia.
Ashley Foster aveva dormito nel mio letto.
Ashley Foster si era fatta una doccia nel mio bagno.
Ashley Foster mi aveva detto “Ci vediamo lunedì a scuola”.
Salve ragazze!
Allora, ecco svelato che cosa
era successo alla festa, visto? :P
Questo capitolo era uno dei
primi che avevo pensato, mi sono divertita veramente tanto a scriverlo e spero
che vi sia piaciuto leggerlo.
Per i prossimi capitoli non
so ancora quando li pubblicherò, come potete vedere questo l’ho postato in
anticipo perché aggiorno non appena trovo un po’ di connessione.
Sapete per caso se si può
aggiornare anche da cellulare?
Se qualcuno lo sa e me lo fa
sapere mi farebbe un grande piacere! :)
Nel frattempo ringrazio di
nuovo Malia85,
che nonostante un esame e la febbre alta ha trovato il tempo e la voglia di
correggere il mio capitolo! Ma dove la trovo un’altra beta come lei!? :)
Come sempre ringrazio
preferiti, seguiti e da ricordare. Chi legge e chi commenta!
Spero di sentirvi presto.
Un bacione!
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Capitolo 9 *** Bad news, good news ***
rotn
Quella domenica sera, durate la nostra
notte “per soli uomini”, cercai di non rivelare troppi dettagli a Zac e John.
Inutile dire che non ci riuscii.
John mi fece il terzo grado
chiedendomi particolari piccanti, ovviamente inesistenti.
La sua domanda più frequente era:
«Ma sei riuscito a vederle le tette o no?».
Alla fine avevo deciso di non
prestargli più attenzione.
Zac invece mi aveva ascoltato,
conquistato dal mio racconto. Si era appuntato ogni minimo particolare ed ero
sicuro che avrebbe rimuginato su quello che era successo per giorni prima di
dirmi il suo verdetto.
Quando il lunedì mattina passai a
prenderli, John iniziò a ridacchiare insistentemente tirandomi continue pacche
sulla spalla.
«Allora? Credi che ti parlerà
oggi o sarà troppo imbarazzata?» commentò scendendo dalla macchina e
sbattendosi lo sportello alle spalle.
«John, smettila. Non è successo
niente, perché dovrebbe essere imbarazzata?» sbottai innervosito sedendomi
sulla solita panchina e controllando l’ora.
«Ma non si sa mai. Magari si vergogna
perché ha dormito a casa tua». Si sedette a fianco a me e insieme fissammo Zac,
ancora in piedi, che si dondolava allegramente sulle gambe.
«Ragazzi». La voce di Mac mi fece
sorridere istintivamente. Ritornai con la mente al sabato pomeriggio quando ci eravamo sentiti,
dopo che Ashley aveva lasciato casa sua; le avevo raccontato a grandi linee
quello che era successo da me. Avevamo riso assieme di Ashley che le aveva
confidato di non ricordarsi assolutamente nulla, e anche quando si era scusata
per il suo comportamento.
«Mac, hai sentito la novità?
Ashley ha dormito da Francis» cominciò John circondandomi con un braccio le
spalle.
«Sì. Sono informata sugli eventi,
visto che Ashley poi è passata a casa mia». Continuava a guardare a destra e a
sinistra, prestando poca attenzione a noi.
«Va tutto bene Mac? Stai cercando
qualcuno?» chiesi fissandola, preoccupato.
«Veramente…». Si mosse nervosa,
agitando la mano. «Ora non sto aspettando più nessuno» annunciò con un sorriso.
«Ciao». Spalancai gli occhi per
la sorpresa non appena sentii una voce parlare in modo timido, appena accennato.
Mi girai di scatto e vidi Ashley
proprio lì, di fronte a me, imbarazzata, che si stava torturando le mani.
«A-A-A-A-Ashley?». Idiota, chi
poteva essere, la gemella cattiva?
«Ciao Francis» salutò alzando
appena lo sguardo.
«Ragazzi, oggi pranzerò con lei,
quindi non aspettatemi». Mac sembrava tranquilla, come se avere Ashley a pochi
metri di distanza fosse una cosa normale.
«Potete pranzare con noi, non
siamo ancora diventati cannibali» scherzò John sorridendo ad Ashley che
ricambiò il gesto impacciata.
«Magari domani, che ne dici
Ashley?». Mac si sistemò la borsa con i libri.
«Sì, magari domani» bofonchiò lei
in risposta.
«O-o-o-ok. A-a-allora oggi
po-po-pomeriggio fa-fa-facciamo lezione as-as-as-assieme?». Perfetto. Ora ero
anche ritornato a balbettare come i primi tempi.
Avanzavo come i gamberi.
«Non ci sono problemi Francis, la
aiuto io». Mac ammiccò verso di me senza farsi vedere dagli altri e io cercai
di trattenere gli occhi nelle orbite per non far notare la mia sorpresa.
A che gioco stava giocando?
L’unica ora che potevo passare
con Ashley mi veniva soffiata dalla mia migliore amica.
«Va bene, Mac». Socchiusi gli
occhi per farle capire che mi ero arrabbiato.
«Ok, allora ci vediamo in giro.
Andiamo, Ashley?». Il sorriso amichevole che Mac le rivolse non era di certo di
buon auspicio per me.
«Traditrice» sibilai senza che
potesse sentirmi.
«Che cosa sta facendo Mac? Vuole
arruolarsi nelle ragazze pon-pon?». John era quasi più sconvolto di
me, come se fosse stato possibile.
«Io credo, ma giuro che lo credo
solo, che Mac stia cercando di farsi amica Ashley» sussurrò Zac, decisamente
non convinto delle sue stesse parole.
«No, non credo. Perché lo
farebbe? Perché si farebbe amica Ashley? A quale scopo?» borbottò John scettico
avviandosi verso l’aula.
C’era uno scopo.
Io.
L’avevo capito subito, e anche
Zac.
Solo John non si era reso conto
che Mac stava facendo un favore a me; anche ad Ashley a dire la verità, visto
che non le erano rimaste praticamente amiche.
«Lo fa per me. E per Ashley»
bofonchiai sedendomi di fianco a John, in prima fila.
«E perché mai farebbe una cosa
del genere?». John delle volte era leggermente ottuso.
Non si rendeva conto di quello
che diceva; si trasformava nell’uomo più egoista del mondo senza accorgersene.
«Perché sa che mi piace, e perché
Ashley al momento non ha amiche» sussurrai quando Kristy ci superò per prendere
posto in ultima fila, a lato del pollaio capitanato da Kathrina che stava
starnazzando.
«Ciao Hannah! Passato bene il
week-end?». Le chiese John con un sorriso che probabilmente gli avrebbe slogato
la mascella da un momento all’altro.
«Ciao John! Sì, l’ho passato
bene, tu?». Perché non si decidevano semplicemente ad uscire una volta per tutte?
Hannah diventava color carminio
ogni volta che John le rivolgeva la parola e lui iniziava a sudare e a parlare
a sproposito ogni volta che si incontravano.
Anche Zac aveva capito che si
piacevano.
«Sono felice che ti sia piaciuto…
cioè, che tu l’abbia passato bene». Sorrise togliendosi gli occhiali e
pulendoli sulla maglia.
Mi coprii gli occhi con una mano
scuotendo la testa.
Non c’erano speranze per John.
Inaspettatamente Zac intervenne. «Hannah,
hai impegni per domani sera?».
«Non saprei» rispose Hannah
confusa, lanciando strane occhiate a John che ora fissava Zac furioso.
«Sì Zac, non saprebbe. Hannah ti
andrebbe di uscire con me domani sera?». Impossibile. Secondo me non era
minimamente consapevole di aver parlato.
«Io… sì» sussurrò lei
imbarazzata, giocherellando con una matita battendola ripetutamente sul suo
banco.
«Bene, passo a prenderti verso le
otto, allora?». John aveva appena invitato Hannah ad un appuntamento?
«Va bene». Il suo sorriso e il
rossore sulle sue guance che le aveva nascosto tutte le lentiggini era
chiaramente sintomo del suo interesse.
Zac era un genio!
Aveva trovato il modo di organizzare un appuntamento a quei due!
«Zac, sei ufficialmente un genio!»
mormorai sorridendo, quando Hannah andò finalmente a sedersi al suo banco.
«Zac, sei ufficialmente un
idiota!» sibilò John brandendo la matita che Hannah aveva da poco torturato,
agitandola come se fosse stata un’arma.
«Era l’unico modo per farti
svegliare, John. Non mi interessa Hannah». Zac era fiero di se stesso.
«Ma… io credevo che…». John era
decisamente confuso.
«Dovresti ringraziarlo. Se non ci
fosse stato lui a quest’ora staresti ancora sbavando dietro ad Hannah e alle
sue lentiggini» scherzai abbassando il tono della voce perché il professore era
entrato in aula.
«Io non so che cosa dire». John
guardò Zac tutto contento.
«Un grazie va più che bene. Ma se
vuoi darmi anche cento dollari non ci sono problemi». Alla battuta di Zac
ridacchiai aprendo il libro alla pagina indicata dal professore.
«Grazie. Vorrei poter fare lo
stesso con te, ma non c’è nessuna tipa che ti piace…» sussurrò John prima che
il professore lo richiamasse al silenzio. Sussultò, ma il sorriso ebete sulla
sua faccia non scomparve.
Quando entrammo in mensa, dopo le
lezioni, tutti e tre rimanemmo piacevolmente sorpresi di vedere Mac e Ashley
ridacchiare.
«Guarda come ridono. Chissà di
che cosa stanno parlando» sussurrò John. Buffo, il sorriso idiota era ancora là.
«Magari di ragazzi. O magari
stanno prendendo in giro Frank» dedusse Zac prima di prendere il vassoio e le
posate dal carrello.
«“Oh Mac, è stato così romantico!
Ho dormito nel suo letto e la mattina abbiamo fatto colazione assieme” “Ashley,
ti credo, dovresti vedere come ridiamo quando siamo solo noi due. Dovremmo fare
una cosa a tre con Francis, che ne pensi Ash?”». John che si inventava i
dialoghi parlando in falsetto era un vero spasso.
«Smettila John». Cercai di
tornare serio con scarsi risultati.
Dopo aver preso qualcosa di
commestibile andammo a sederci al nostro solito tavolo, e io continuai a lanciare occhiate ad Ashley e Mac.
Era bello vederle sorridere.
«Ragazzi, cosa indosserò domani
sera?» chiese improvvisamente John, immobilizzandosi con le posate a mezz’aria.
«Sei peggio delle do…». Inorridii
non completando la frase non appena mi accorsi che Alex si era avvicinato al
tavolo di Ashley e Mac.
Come se Zac e John avessero
capito che cosa stavo guardando, si voltarono anche loro, per controllare.
«Bene, bene, bene. Ma chi abbiamo
qui? Ashley e una ragazza sconosciuta» cominciò a urlare, per attirare più
sguardi possibile su di lui.
Che cosa voleva?
L’aveva umiliata davanti alla
scuola e si era umiliato più volte da solo…
Perché continuava a mettere il
dito nella piaga?
Perché non lasciava perdere, continuando
a stare con quell’oca di Kathrina e non la smetteva di far soffrire Ashley?
«Ciao Alex» rispose Ashley
tranquilla, continuando a sorridere.
«Ti stai divertendo con gli
sfigati della scuola? Sei scesa in basso» la punzecchiò di nuovo, incrociando
le braccia al petto.
«Veramente mi sto divertendo con una persona che non è falsa». Ashley sottolineò l’ultima parola e io esultai.
Lei sapeva il fatto suo.
«Veramente io qui vedo solo una
nerd con i capelli tinti». Alex indicò Mac che rimase seria a guardarlo.
«Che cosa vuoi, Alex?» sospirò
Ashley prima di pulirsi le mani con una salvietta di carta. «Ti sei già reso
ridicolo da solo, perché vuoi continuare a farti del male?». Il tono di voce
che aveva usato era senza dubbio di grande effetto; sembrava stesse parlando
con un bambino di due anni.
«Io mi sono reso ridicolo?»
ghignò Alex avanzando di un passo verso di lei.
«Sì, tesoro. Lo stai facendo
anche adesso». Ricominciò a mangiare tranquillamente, masticando e assaporando
un pezzo di pizza, probabilmente fredda. «Mac, non trovi che sia squisita?» chiese
Ashley, come se Alex non fosse stato di fronte a lei.
«Ashley, stavamo parlando». La
voce di Alex si alzò di qualche tono, si stava arrabbiando.
«Scusami, Mac». Ammiccò verso di
lei e poi tornò a guardare negli occhi Alex. «No. Ti stavi rendendo ridicolo e
io stavo cercando di evitarlo. Non voglio più parlarti». Abbassò lo sguardo e
continuò a mangiare, lasciando Alex senza parole e fermo davanti a lei, davanti
agli occhi di tutta la scuola.
Senza aggiungere altro, a grandi
passi, Alex si diresse verso l’uscita della mensa, sbattendo la porta.
Il silenzio che seguì fu più che
eloquente.
Alex aveva fatto una figuraccia.
Probabilmente, entro una
settimana qualche altro scoop avrebbe spazzato via l’immagine di Alex deriso da
tutti gli alunni, ma sarebbe rimasta nella mia mente per sempre.
Ashley era una ragazza forte,
molto più forte di quello che poteva sembrare.
Pochi secondi dopo cominciarono i
borbottii; Ashley continuò a mangiare, annuendo a qualcosa che le aveva
sussurrato Mac.
«Wow. È stata… è stata un’esperienza
indimenticabile». Zac diede voce alla mia idea e non potei che annuire, non
sapendo che cosa aggiungere.
«Ashley ha tutta la mia stima.
L’ha conciato per le feste! L’ha lasciato senza parole». John cominciò a
gesticolare, infilzando con la forchetta pezzi di verdura a casaccio.
«Lei… lei è unica» sussurrai
guardandola mentre cercava qualcosa nella borsa prima di alzarsi e uscire
velocemente dalla mensa, seguita da Mac.
Chissà dove stavano andando.
«Oh no. Spero che non se ne sia
accorto nessuno». Zac sbuffò, quasi deluso.
«Che cosa è successo?» chiesi
curioso.
«Credo che Ashley stesse
piangendo. Non ne sono sicuro ma quando Mac stava per chiudere la porta mi
sembra di aver visto Ashley soffiarsi il naso». Zac sembrava quasi dispiaciuto.
«Magari è allergica a qualcosa»
provò a giustificarla John, con scarsi risultati.
«Dite che dovrei andare da loro?».
Non sapevo nemmeno che cosa fare.
Andare da Ashley e Mac, chiederle
se fosse tutto apposto, magari consolare Ashley.
«C’è Mac con lei. Lascia che risolvano
la faccenda tra donne». Zac portò una mano sulla mia spalla per consolarmi prima
di alzarsi per uscire dalla mensa.
«Sì, ma magari ha bisogno di una
spalla su cui piangere…» provai di nuovo, sperando che magari la scusa
reggesse.
«Francis, lascia che se la vedano
da sole. Magari con Mac si trova meglio perché è una ragazza. Non possiamo
saperlo. Mac verrebbe a cercarti se ci fosse bisogno di te, no?». John sembrava
quasi più saggio del solito, non sapevo se fosse per l’euforia
dell’appuntamento della sera dopo o per altri motivi ignoti.
Sì, Mac mi avrebbe chiamato, Mac
mi avrebbe chiamato.
Annuii più a me stesso che a lui
e mi diressi verso la palestra seguito dai ragazzi.
«Chissà qual è la notizia che
deve darci il professor Moriarty» brontolò pensieroso Zac mentre indossava un
paio di pantaloni sportivi.
«Una maratona magari. O qualche
tipo di staffetta dei licei della contea» azzardai piegando la maglia che mi
ero tolto.
«Se fosse così di certo noi non
dovremmo partecipare. Credo sia una cosa di classe, altrimenti perché l’avrebbe
detto a tutti?». John si sistemò la fascetta in testa.
Quella fascetta ridicola che non
eravamo riusciti a bruciare anni prima.
Diceva che gli portava fortuna
durante l’attività fisica.
Sospettavo che John credesse che
la sua fascetta gli donasse dei superpoteri.
Che cosa stupida!
Tutti sapevano che non esistevano
i superpoteri!
Lo sapevo anche io, nonostante
avessi creato un alterego dotato di superpoteri solo grazie a degli stupidi
occhiali per astigmatici.
Quando in palestra incontrammo
Mac, non potei fare a meno di avvicinarmi a lei e chiederle di Ashley.
«Come sta?» sussurrai
sistemandomi gli occhiali.
«Bene, diciamo. Spero che non si
sia visto che le veniva da piangere, in mensa». Mac si arrotolò le maniche
della maglia evitando di prestarmi attenzione per non attirare sguardi.
Anche se, pensandoci, era
inutile.
Tutti sapevano che Mac era una
mia amica.
«No, non si è visto nulla. È
stata un mito prima» mormorai sorridendo al ricordo di Ashley che zittiva Alex
con facilità.
«Sì, gliel’ho detto anche io».
Mac sembrava soddisfatta.
«Che lezione ha ora?». Probabilmente
si sarebbe trovata in un’aula con Alex e Kathrina, visto che condividevano lo
stesso piano di studi.
«Credo Biologia. Sì, ci
dovrebbero essere anche Alex e Kathrina». Mac rispose proprio a quello che
stavo pensando e la guardai con finto orrore. «Stavi pensando a quello, no?»
ridacchiò sistemandosi i capelli in una coda.
«Tu leggi nel pensiero, dimmi la
verità» la accusai, sedendomi per terra.
«No Francis, semplicemente ti
conosco come le mie tasche e so quello che pensi» sussurrò per non farsi
sentire dal professore che era entrato.
«Ragazzi, sedetevi per favore».
Il professor Moriarty sembrava preoccupato. Attese qualche secondo, fino a
quando i mormorii cessarono, e poi ricominciò a parlare. «Come tutti sapete
siete all’ultimo anno, tra pochi mesi finirete anche quest’anno da Senior e
diventerete delle matricole del College. Il consiglio dei professori si è
riunito in questi giorni, e abbiamo deciso di riproporre la stessa esperienza
dell’anno scorso». Fece una pausa per aumentare la suspance e guardai Mac, John
e Zac che continuavano a rivolgere lo sguardo al professore, confusi quanto me.
«Andrete per due giorni a visitare un’università prestigiosa, dormirete in un
hotel poco fuori dal campus e seguirete le lezioni che più vi interesseranno».
Concluse con un sorriso e continuai a guardalo stupito.
Due giorni al College? Due giorni
di uscita?
«In quale College, professore?»
chiese Hannah improvvisamente.
«Stanford».
Stanford?
Era una delle più prestigiose
università Californiane, distava poche ore di strada.
Saremmo andati a Stanford per due
giorni?
«Quando sarebbe?». Justin, il
biondino che suonava il sax sembrava così felice della notizia che ridacchiai
senza volerlo.
«Dal 12 al 14 gennaio». Mancavano
ancora un paio di mesi, ma ero elettrizzato all’idea.
«Mi scusi, ma è obbligatorio o si
può decidere?». Mandy, lei faceva sempre domande idiote.
C’era anche da chiederlo? Anche
se non fosse stato obbligatorio tutti sarebbero andati.
Una notte fuori casa, da soli.
«No, non è obbligatorio, Moore,
ma sarebbe bene che ci foste tutti. Dopo lo riferirò anche all’altra metà di
voi». La squadra di football e le cheer-leader quindi.
Avrei trascorso due giorni con
Ashley.
Due giorni assieme a lei, Zac,
Mac, John, Alex, Kathrina, Luke e altre cinquantadue persone.
«Ragazzi, è una notizia
bellissima» sussurrai felice guardando John e Zac, anche loro entusiasti della
novità.
«Ci divertiremo tantissimo,
Frank!» bofonchiò John con aria sognante.
«Mac, che cosa ne pensi?» chiesi
improvvisamente confuso. Sembrava triste.
«Sì, è una bella idea, non c’è
che dire…». Non sembrava pienamente convinta delle sue parole.
«Ma?». Di certo c’era qualcosa.
«Ma non lo so, non mi convince».
Curvò le spalle come se si fosse vergognata di quello che aveva detto.
«Stai scherzando Mac? È un’idea
grandiosa, e tu ci verrai! Verrò a casa tua a prenderti con la forza. Non puoi
non venire! Ci divertiremo un sacco!». Zac era di certo su di giri.
Mac arrossì cominciando a correre,
come il professore ci aveva appena detto di fare.
«Io… io ci penserò». C’era
qualcosa di strano in Mac negli ultimi tempi.
Dovevo assolutamente chiarire
questa situazione con lei, lasciando da parte i miei problemi sull’inesistente
relazione con Ashley.
«No che non ci penserai, Mac! Tu
vieni e basta. Ci divertiremo tanto. Io, tu, Frank e Zac. Magari anche Hannah.
Sai che ho un appuntamento con lei domani sera?». John era orgoglioso del suo
appuntamento.
«Spiega tutto bene, John. Ammetti
che è merito mio, che senza il mio aiuto non avresti mai avuto il coraggio di
chiederle quell’appuntamento». Zac cominciava ad ansimare per lo sforzo della
corsa.
«Certo che no! Tu volevi
soffiarmi la ragazza! Mac, pensa che le aveva chiesto un appuntamento prima di
me. Per fortuna Hannah non ha accettato». John non aveva ancora capito che il
coraggio di chiederle di uscire l’aveva trovato solo attraverso la rabbia.
«Se posso dare il mio modesto
parere, Zac è stato un genio. Ha chiesto un finto appuntamento ad Hannah, John
si è arrabbiato, così, dopo anni di sofferenza ha trovato il coraggio di
invitarla. Semplicemente geniale, non trovi Mac?». Cominciavo a parlare sempre
più lentamente a causa della fatica. Perché il professor Moriarty non ci faceva
fermare?
«Un genio». La risposta di Mac
era quasi ironica.
«Mac, insomma! Pochi avrebbero avuto
la genialità di pensare a un piano così diabolico! Quasi nessuno si era accorto
che Hannah era cotta di John, io sì! Parlo la lingua delle donne, io!» si vantò
Zac smettendo di correre: il professore aveva fischiato.
«Certo Zachary. La lingua delle
donne è la tua lingua madre. Peccato che tu di donne non ne capisca nulla». Si
allontanò senza dare altre spiegazioni, lasciandoci con la bocca spalancata per
lo stupore.
«Pensate quello che sto pensando
io?» chiese Zac togliendosi gli occhiali e asciugandosi il viso bagnato di
sudore.
«Sì» concordammo all’unisono io e
John.
Era in quel periodo.
Per tutto il resto della lezione
non riuscii a parlare con Mac perché il professore ci divise in gruppi per
giocare a tennis. Dovetti aspettare fuori dallo spogliatoio femminile,
guadagnandomi occhiatacce da tutte le ragazze che uscirono prima di lei.
La strattonai per un braccio,
probabilmente facendole anche male.
«Ehi, che c’è?» chiese fissandomi
sorpresa.
«Si può sapere che cosa ti
succede? Assomigli sempre di più a una vecchia zitella acida, non è da te, Mac».
Lasciai il suo polso incrociando le braccia al petto per darmi un’aria da duro.
«Forse perché sono una vecchia
zitella acida, no?». Sarcasmo a fiumi.
«Mac, che cosa ti succede? È da
un po’ di tempo che sei strana…». Lasciai cadere il discorso sperando che
magari lo riprendesse di sua spontanea volontà.
«Sarà come pensate voi ogni
volta. Sono in quel periodo del mese». Dopo la sua affermazione sgranai gli
occhi.
Come faceva a saperlo?
Davanti a lei non l’avevamo mai
detto, era una cosa segreta tra me, Zac e John.
«Co-come, cosa…». Non riuscivo
nemmeno a formulare una frase di senso compiuto tanto ero sconvolto.
«Non sono nata ieri, Francis. E
in ogni caso il volume delle vostre voci non è basso. Ora, se vuoi scusarmi,
devo andare ad avvertire Ashley della gita, prima che lo scopra da sola». Mi
sorpassò velocemente, uscendo dall’edificio in pochi secondi.
Dovevo rinunciare a capire le
donne.
Non ero come Zac che sapeva cosa
fare, ma soprattutto sapeva che cosa pensavano.
Certo, anche io avevo capito che
Hannah era innamorata di John, ma Zac sembrava molto più esperto in materia
donne.
Sospirai per farmi coraggio e mi
incamminai verso l’aula di arte, per l’ultima ora di lezione della giornata.
John e Zac erano già seduti, mi
avevano riservato un posto tra di loro.
«Allora? Risolto il mistero?». Zac sistemò le matite davanti a lui mettendole
in fila.
«No, il mistero si infittisce.
Mac ha un udito bionico. Sa che diciamo sempre che è in quel periodo del mese» bisbigliai
per non farmi sentire dal ragazzo che era seduto di fianco a me.
«Cosa?». Zac quasi si strozzò con
la sua saliva.
«Stai scherzando, spero. Non è
umanamente possibile. Ci spia». John continuò a temperare la matita senza
prestare troppa attenzione alla punta, come se avesse avuto la testa altrove. E
forse la aveva.
«Dice che abbiamo il tono di voce
alto. Non so che cosa dire». Feci spallucce tirando fuori dalla borsa i libri.
«Ha i superpoteri. L’ho sempre
detto». John trovava nei fumetti la risposta a tutto. Ero quasi convinto che a
colazione, al posto di leggere il giornale, leggesse Spiderman.
«Non ho i superpoteri, siete voi
che avete il tono di voce alto». Sussultai sentendo la voce di Mac, che si
sedette di fianco a John sorridendoci.
Un cambio così repentino d’umore
era degno solo di una donna incinta.
Oddio.
E se Mac fosse rimasta incinta
dopo la festa a cui l’avevo costretta ad andare per accompagnare Ashley? Era
anche colpa mia.
Sapeva chi era il padre o dovevo
pagarle io gli alimenti perché ne ero responsabile?
«Perché sei felice?» chiese Zac,
improvvisamente sospettoso.
«Perché ho trovato una compagna
di stanza per l’uscita a Stanford e perché da domani dovremmo stringerci di più
a mensa». Alle sue parole un sorriso si allargò sulle mie labbra.
Non era incinta.
Era felice perché stava
stringendo amicizia con Ashley.
«Dici sul serio? Hai parlato con
Hannah?». John sussultò sulla sedia, lanciando in aria una matita.
«No, scemo. Sto parlando di
Ashley. Oggi pomeriggio andiamo in biblioteca a studiare. Credo che ci
troveremo bene assieme, sembra proprio una brava ragazza». Per un secondo i
miei occhi e quelli di Mac si incontrarono.
Avrei voluto abbracciarla, ringraziarla,
perché in qualche modo mi sembrava che l’avesse fatto per me.
«Diventerai una cheer-leader,
Mac?» ghignò Zac allungandosi sul banco per guardarla.
«Che cosa c’entra? Possibile che
tu non riesca mai a dire la cosa giusta?». Sembrava frustrata.
«Mac, quindi non potrò più farle
lezione?» chiesi improvvisamente consapevole che non avrei più trascorso la mia
ora quotidiana con lei.
«Non credo ce ne sia bisogno,
Francis». L’umore di Mac era alle stelle.
«Be’, vedi il lato positivo… sarà
sempre tra i piedi. Le parlerai meno ma passerai più tempo con lei». John cercò
di incoraggiarmi, con scarsi risultati.
«Ma Mac, come diavolo hai fatto a
diventare sua amica così velocemente?». La domanda di Zac era legittima, me
l’ero chiesto anche io più di qualche volta.
«Non siamo amiche, non dire
scemenze, Zac! Ci stiamo conoscendo» sibilò scribacchiando sul banco.
«Ecco, queste cose non le capisco
proprio» sussurrò Zac, scuotendo la testa confuso.
«Non eri tu che parlavi la lingua
delle donne?» chiesi schernendolo.
«Sì, però delle volte il mio
traduttore Donnico-Zacharese non funziona» si lamentò.
«E allora non parli la lingua
delle donne, Zac!». John sembrava quasi deluso.
Ridacchiai assieme a Mac prima
che la professoressa Chroms entrasse in aula con una delle sue gonne
svolazzanti.
Seguii la lezione di arte con
scarso interesse, la mia mente era già proiettata al giorno dopo. Ashley si
sarebbe seduta al nostro tavolo e avrebbe pranzato con noi, avrebbe riso delle
nostre battute e magari mi avrebbe anche sorriso.
L’importante era non balbettare
come il mio solito.
Difficile, ma non impossibile.
Salve ragazze! :)
Eccomi con il capitolo e con
una brutta (spero) notizia per voi…
La prossima settimana
l’aggiornamento salterà causa esami. Ne ho 2 a distanza di un giorno uno
dall’altro e non ho proprio il tempo materiale (oltre alla testa per
scriverlo).
Sinceramente parlando non so
nemmeno se riuscirò ad aggiornare quella dopo, per lo stesso motivo… però
diciamo che ho 2 settimane per scrivere un capitolo, quindi non ci dovrebbero
essere problemi. In ogni caso vi farò sapere tramite FB se e quando ci saranno
gli aggiornamenti! :)
Come sempre ringrazio
preferiti, seguiti, da ricordare, chi ha avuto il coraggio di mettermi tra gli
autori preferiti e chi legge solamente.
Un grazie particolare a chi
ha recensito, lo scorso capitolo siamo arrivati a 9, il numero più alto per
questa storia. Spero che continuino a crescere! ;)
Come sempre grazie a Malia85
che mi beta i capitoli!
Buone vacanze… :)
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Capitolo 10 *** You are cordially invited... ***
rotn
John passò tutto il giorno seguente agitato per
l’appuntamento di quella sera con Hannah.
Trascorse metà della giornata a lamentarsi sulla scarsità di
locali nelle vicinanze e l’altra metà a pentirsi di averle chiesto di uscire.
Quando Zac gli fece presente che sarebbe tranquillamente
potuto arrivare in “prima base” quella sera stessa, John per poco non svenne.
Si inventò storie su storie, sul fatto che avrebbe
sicuramente fatto brutta figura se ci fosse stato un bacio, perché non sapeva
baciare.
Mac tentò di tranquillizzarlo in tutti i modi, assicurandolo
che sarebbe stato qualcosa di magico, che l’avrebbero ricordato sia lui che
Hannah.
Ashley, che aveva seguito tutta la conversazione con il
sorriso, non aveva detto una sola parola.
Sospettavo che, essendo donna, cercasse di leggerci dentro
per capire come eravamo.
Una specie di radiografia dei sentimenti, se mai fosse stato
possibile.
A un certo punto, quando stavamo per salire in macchina dopo
le lezioni, Ashley era avvicinata a John e gli aveva sussurrato qualcosa
all’orecchio, poi si era allontanata con un sorriso.
Inutile dire che ero rimasto sconvolto da quel gesto.
John non aveva fatto nulla, assolutamente nulla per attirare
l’attenzione di Ashley, e lei gli aveva sussurrato qualcosa all’orecchio; io,
che continuavo a fare l’idiota, balbettando a sproposito perché mi potesse
notare, non avevo guadagnato nemmeno uno sfioramento di mani.
«Che diamine ti ha detto?» chiesi arrabbiato non appena
chiudemmo gli sportelli della macchina.
«Non posso dirtelo» sussurrò John, con la solita smorfia
ebete sulle labbra.
«Andiamo, Ashley Foster ti sussurra paroline dolci e tu non
lo dici a noi, i tuoi migliori amici?». Zac sembrava quasi più curioso di me.
«Diciamo che mi ha dato… un consiglio. Sì, chiamiamolo
così». Si sistemò gli occhiali sul naso gesticolando. Si comportava in quel
modo quando era nervoso.
Non potevo sapere però se fosse ansioso per l’appuntamento
di quella sera o per quello che gli aveva detto Ashley.
«John, non ti crede nessuno. Sputa il rospo». Zac prese in
mano la situazione e minacciò John sventolando un pugno in aria.
«Per quanto tempo mi romperete le scatole per sapere che
cosa ha detto?» mormorò quasi sconfitto.
Stava cedendo.
«Molto» rispondemmo all’unisono io e Zac prima di cominciare
a ridere.
«Mi ha solo detto che devo essere gentile e non devo cercare
di baciarla, perché farò peggio. Ha anche aggiunto che quasi sicuramente Hannah
mi bacerà di sua spontanea volontà se io non faccio minimamente nulla per farle
capire che voglio baciarla. Non so però quanto sia attendibile» concluse
pensieroso.
Così era quello il modo giusto per conquistare una ragazza?
Fare l’indifferente e non sbilanciarsi nel mostrare i propri
sentimenti?
Avrei dovuto offendere Ashley perché lei riuscisse ad
accorgersi che c’ero anche io?
«Be’, di sicuro lei ha molta più esperienza di tutti noi
messi assieme, in tutti i campi, John» puntualizzò Zac, giocherellando con la
cintura di sicurezza.
«Non lo metto in dubbio. Ma io non la ascolterò, questo è
quanto. Farò di testa mia, ho già pianificato tutto l’appuntamento questa notte
perché non riuscivo a dormire. Vi interessa?» chiese entusiasta.
Come potevo dirgli di no?
Soprattutto perché ero curioso di sapere che cosa il suo
cervello bacato avesse pensato.
«Certo» dissi sorridendo.
«Non c’è nemmeno da chiederlo». Zac lo colpì sulla spalla con
un pugno cameratesco che riuscì a spostargli gli occhiali.
La scena era così comica che non potei fare a meno di
ridere, mentre John borbottava qualcosa di incomprensibile, forse qualche offesa,
a Zac, che sghignazzava divertito.
«Allora, passo a prenderla a casa sua verso le otto, poi
andiamo al cinema, a vedere qualche commedietta romantica, improvvisamente, e
attenti perché questo è il colpo di genio, mi stiracchierò e le passerò una mano
sulle spalle cercando di non farmi scoprire. Sono o non sono un genio, eh?».
Fermai la macchina in mezzo alla via deserta e lo guardai
allibito.
«Stai scherzando, vero?» chiesi serio, tremendamente
consapevole della risposta che sarebbe uscita dalle sue labbra.
«Certo che no. Allora, sono o non sono un genio?». Tornò a
chiedere soddisfatto.
«Sei un idiota, ecco che cosa sei!» urlò Zac gli occhi
sgranati per lo stupore.
«Perché? Mi sembrava una buona idea, originale» mormorò
John, non più tanto convinto del suo piano.
«Perché lo fanno tutti. Non hai mai visto nei film che fanno
così? Devi inventare qualcosa di diverso, che ne so, passi a prenderla a casa e
appena sale in macchina la baci imprigionandola sul sedile. Sono sicuro che
questo piano potrebbe funzionare» disse Zac, questa volta troppo serio perché
potesse trattarsi di uno scherzo.
«Ragazzi, non credo che questo sia il modo per conquistare
una donna. Credo che sarebbe meglio non forzare le cose. Ti comporti
normalmente, da cavaliere, le offri il biglietto del cinema e poi la
riaccompagni a casa, senza mettere mani in strani posti». Meglio chiarire
quello che avevo in mente.
«No, sono convinto che tu stia sbagliando, Francis. Con il
tuo piano rischio di non arrivare proprio nemmeno a un bacetto sulla guancia.
Farò di testa mia ragazzi. Sono sicuro che funzionerà!». John era così sicuro
di se stesso che non mi sentii di contraddirlo di nuovo.
«Va bene, allora domani ci racconti come è andata» borbottai
quando si sganciarono le cinture di sicurezza per scendere dall’auto.
«Certo, ma preparatevi». Si sfregò le mani sorridendo.
«Arriverò almeno in seconda base!» ridacchiò prima di prendere lo zaino.
«Se lo dici tu… io credo che l’assalto sia il metodo
migliore» concluse Zac, prima di chiudere lo sportello dietro di lui e farmi un
gesto di saluto con la mano.
Sospirai scuotendo la testa per cercare di fare chiarezza
tra i miei pensieri.
Non era facile quando John e Zac cominciavano a sparare
cavolate perché pensavano, o speravano, di aver ragione.
Liquidai tutto il discorso che avevamo fatto rendendomi
conto che non mi interessava la tattica migliore per ottenere un bacio al primo
appuntamento, visto che comunque nel mio caso mancava la materia prima.
Il giorno dopo John ci riferì che durante il film aveva attuato
il suo piano.
Hannah però aveva calmato subito i suoi bollenti spiriti
dicendogli che non avrebbe ricevuto nessun bacio almeno fino al terzo
appuntamento.
Quando John, a pranzo, aveva raccontato questa scena, lo
scoppio di risa era stato spontaneo, anche per Ashley.
«John, perché non hai seguito il mio consiglio?» chiese lei
quasi timidamente, giocherellando con un pezzo di insalata.
«Perché non mi sembrava una buona idea. Credevo che fosse un
tuo piano malvagio perché il mio appuntamento naufragasse» piagnucolò triste.
«Ma non avrei mai fatto una cosa del genere» si difese
Ashley, leggermente stizzita.
«E io che cosa ne posso sapere? Potresti anche trovarmi
attraente e volermi tutto per te» scherzò John, cercando di non farla sentire
in colpa.
«Non c’è questo pericolo, John» scherzò Mac, tirandogli un
pugno scherzoso sulla spalla.
Ashley ridacchiò abbassando lo sguardo imbarazzata e
continuò a mangiare in silenzio.
«Tutto perché non hai adottato la mia tecnica del prendi e
rinchiudi così non puoi scappare e mi devi baciare. Avresti avuto successo».
Zac andava fiero della sua idea.
«Che idea sarebbe?» chiese Ashley curiosa e divertita.
«Allora, quando vai a prenderla a casa, appena sale in
macchina, aspetti che si agganci la cintura di sicurezza e poi parti
all’attacco. BUM, incolli le labbra alle sue e parte il bacio, non può
ribellarsi. È un metodo efficace» concluse felice, quasi aspettandosi degli
applausi.
«Si chiama violenza sessuale Zac, potrebbe denunciarti. Ti
consiglio di non provare mai una cosa del genere, se non vuoi passare la notte
dietro le sbarre» lo rimbeccò Mac, facendo ridere Ashley e me.
«Non è vero, sono sicuro che una donna apprezzerebbe. Non è
così, Ashley?» chiese speranzoso.
«Be’, devo dire che è un piano alquanto… strano. Potrebbe
funzionare con una donna che sei sicuro ti cade ai piedi, ma se fossi in te, al
primo appuntamento non lo proverei. È solo un consiglio, poi vedi tu».
Sorrisi vittorioso, sapendo che se le teorie di John e Zac
erano state bocciate la mia era quella giusta.
«A-a-allora avevo ra-ra-ragione io». Mi rivolsi più ad
Ashley che agli altri, pentendomene subito dopo.
Non riuscivo ancora a non balbettare.
«Sono curiosa di sentire che cosa faresti» disse,
sistemandosi meglio sulla sedia.
Spalancai gli occhi stupito, sistemandomi gli occhiali sul
naso e guardandomi in giro per essere sicuro che si fosse rivolta proprio a me.
Lei era curiosa di sentire che cosa avrei fatto io?
«B-b-b-be’, io, io avrei fa-fa-fa-fatto il gentiluomo».
Meglio non fare frasi troppo lunghe.
«Sembra l’idea migliore, anche se non mi è molto chiaro». Mi
sorrise gentile e arrossii guardando Mac che mi stava fissando quasi
arrabbiata.
«I-i-i-intendo a-a-aprirle la po-po-porta del
ris-ris-ristorante e ap-ap-appoggiarle la gi-gi-giacca sulle spalle se h-h-h-ha
freddo». Cercai di spiegare quello che avrei fatto a un primo appuntamento con
una ragazza; magari anche al primo appuntamento con Ashley.
«Tu non hai giacche Frank, hai solo ed esclusivamente felpe»
intervenne John aprendo la sua bottiglietta d’acqua dopo un improvviso scoppio
di tosse per le troppe risate.
«Ma mi vestirei elegante. Se è un appuntamento devi pur
sempre vestirti elegante. Poi dipende da dove devi portarla» chiarii,
continuando a parlare con la bocca piena di insalata.
«E sentiamo, dove le portereste a un primo appuntamento?
John al cinema, è chiaro. Tu, Zac?». Ashley sembrava sempre più divertita.
Spalancai gli occhi guardando Mac in cerca di aiuto.
Dove avrei portato una ragazza al primo appuntamento?
Se fosse stata Ashley, dove saremmo andati?
«Oh be’, da nessuna parte. Se il mio piano funziona rimango
tutta la sera fuori da casa sua a baciarla» ridacchiò.
«Che idiota» mormorò Mac, scuotendo la testa.
«Un piano molto strano direi. Tu, Francis?» chiese Ashley,
continuando a sorridermi.
«I-i-i-io t-ti porte-e-erei, ci-ci-cioè, por-porterei la
mi-mia ragazza i-i-in un posto ch-ch-che le piace» conclusi rosso per
l’imbarazzo della figuraccia che avevo fatto.
«Ecco, Francis sì che sa come ci si comporta con una donna»
esultò Mac, fulminando con lo sguardo Zac e John.
«Che cosa ne vuoi sapere tu?». Eccolo che ripartiva.
«Zac…». Ammonii sottovoce il mio amico perché come al solito
aveva avuto una sparata delle sue con Mac.
«Zac, Mac è una ragazza». Subito Ashley difese Mac e questo
mi fece sorridere.
Quel gesto poteva significare solo una cosa: Ashley e Mac
stavano diventando amiche.
«Pfff, una ragazza. Sì, Mac è una ragazza però non proprio
una ragazza ragazza. Cioè…». Cominciò a blaterare quando capì di non riuscire a
spiegarsi per bene.
Guardai di sfuggita Mac che aveva assunto un’espressione
triste e mortificata.
D’altronde avevo imparato che ogni volta che Zac diceva
quelle cose lei si arrabbiava.
«Certo che è una ragazza! Perché esistono anche delle
ragazze che non lo sono?» chiese Ashley leggermente infastidita.
«Sì, quelle come Mac. Le ragazze di solito non capiscono
nulla di computer, non guardano i film di paura senza spaventarsi e non
riescono a capire che cos’è il fuorigioco. Mac sa fare tutte queste cose»
concluse il suo discorso quasi stremato, come se fosse stato uno sforzo
grandissimo.
«Sono tutte qualità! È una bella cosa, vuol dire che lei è
diversa dalle altre» continuò a difenderla Ashley.
«Sì, ma… va bene, non importa». Zac cercò di chiudere il
discorso prima di inoltrarsi di nuovo in situazioni spiacevoli.
Improvvisamente mi accorsi che stavo fissando Ashley con la
bocca spalancata per la sorpresa.
Aveva difeso Mac a spada tratta, andando anche contro Zac.
Aveva difeso Mac come se fosse stata una sua amica.
Perché l’aveva fatto?
Le cose erano due: Ashley aveva legato con Mac molto più di
quanto non avesse mai fatto con Kathrina o qualsiasi altra cheer-leader, oppure
Ashley era una persona straordinaria, che aveva semplicemente incontrato le
persone sbagliate e si era adattata alla situazione.
Ricordai poi che quella sera ci sarebbe stata la Star Wars
Night.
«Ragazzi… ricordate che cosa c’è stasera?» chiesi quasi con
fare cospiratorio.
«C’è la Star Wars Night» strillò John, quasi euforico.
Speravo che fosse l’effetto Hannah non ancora del tutto
scomparso.
«Esatto!». Ero felice perché l’avevamo posticipata a causa
di quel compito di fisica.
Ashley continuava a guardarci uno alla volta, soffermandosi
per qualche secondo su ogni nostro volto.
«Casa tua ancora? È libera, Francis?» chiese Zac,
raccogliendo i piatti vuoti e raggruppandosi sul suo vassoio.
«Ecco io…». Papà era a casa e anche mamma.
Li avevo sentiti parlare di qualcosa riguardo il loro
anniversario di fidanzamento.
Mamma ricordava il giorno in cui papà le aveva chiesto di
sposarla e oltre all’anniversario di matrimonio festeggiavano anche quello di
fidanzamento.
«Che c’è?». John sembrava confuso riguardo la mia
insicurezza.
«Ragazzi, è l’anniversario di fidanzamento oggi» cercai di
spiegare, sistemandomi gli occhiali sul naso per l’imbarazzo.
Chissà che cosa avrebbe potuto pensare Ashley.
I ragazzi mi conoscevano, conoscevano anche i miei genitori,
lei però no.
«Oh, non c’è nessun problema. Mamma andrà da nonna con
Sally, quindi avrò casa libera io. Se volete potete fermarvi a dormire da me.
Non ci sono problemi» disse Mac entusiasta.
«Per me va benissimo». Sorrisi a Mac che sembrò quasi
sollevata.
«John?» chiese Mac, intuendo già la risposta.
«Fantastico» rispose John battendo la bottiglietta semivuota
sul tavolo.
«Zac?». La voce di Mac voleva far capire che era ancora
arrabbiata.
«Perfetto» asserì lui, sorridendole sincero.
«Ashley?». Alla domanda di Mac tutti e quattro puntammo gli
sguardi su di lei, che ci fissò confusa.
«Dovrei sapere di che cosa stiamo parlando?» chiese
sconvolta.
«Non sai di che cosa stiamo parlando?». Zac era a dir poco
allibito.
«Zac, non conosce i nostri rituali, andiamo» cercai di
spiegarli. «A-A-A-Ashley, la St-St-Star Wars Ni-Ni-Night è un-una serata in
cu-cu-cui ci troviamo a ca-ca-casa di un-un-uno di noi e gu-gu-guardiamo un
film di St-Star Wars». Non potevo esprimere il concetto in modo più semplice.
«Oh. Sembra divertente» disse timidamente.
«S-S-Se vu-vu-vuoi ve-ve-venire anche tu no-no-non ci
so-so-sono proble-e-e-mi, vero Mac?». Cercai il sostegno della mia amica,
sicuro di averlo.
«Certo! Anzi, Ashley, se vuoi dormire a casa mia non ci sono
problemi. Teniamo i Sapiens maschili al piano di sotto e ti cedo il mio letto.
Io posso dormire in quello di Sally». La gentilezza di Mac era una qualità che
avevano in pochi.
Le volevo bene anche per quello.
«Sei gentile, grazie. Però non so se mi fermerò a dormire da
te. Ma verrei volentieri a vedere il film, anche perché non l’ho mai visto».
Quando ci confidò quel piccolo segreto sentii distintamente i cuori di John e
Zac fermarsi per qualche secondo.
«Non è vero. Dimmi che è una bugia». Zac era disperato. «Non
puoi non aver visto nemmeno un pezzo dei film, non puoi». Cominciò a dondolarsi
avanti e indietro sulla sedia, come se fosse stato un pazzo nel bel mezzo di
una crisi isterica.
«Io…». Ashley arrossì senza aggiungere altro.
«Hai molto da imparare, ragazza». John le appoggiò una mano
sul polso e Ashley si schiarì la voce.
«A-A-Allora pa-pa-passo a pre-prenderti io?» domandai
sperando che mi dicesse di sì.
«Se non è di disturbo…». Quando mai sarebbe stato un
disturbo per me andare a prendere Ashley?
Nemmeno se mi avesse detto di farlo in ginocchio!
«Fi-fi-fi-figurati!». Per marcare il concetto agitai la mano
in aria con un gesto buffo.
«Per che ora allora?» chiese alzandosi per per tornare alle
sue lezioni.
«Le-le-le se-se-sette va be-be-bene?». Di solito mangiavamo
anche un pezzo di pizza durante il film.
Anche prima, dipendeva dalla fame.
Di solito le portavo io, direttamente dal lavoro.
«Perfetto». Sorrise lasciando il vassoio sul bancone.
«Che-che-che gu-gusto di pi-pi-pizza ti pia-piace?». Magari
non avevamo gli stessi gusti, e non volevo che Ashley morisse di fame.
«Quello che c’è, con il salamino o anche con le patatine».
Fece spallucce dirigendosi verso l’aula di biologia.
«Perfetto, allora a questa sera Ashley, così ti istruiamo un
po’» ridacchiò John facendola sorridere.
«Va bene». Un sorriso che mi tolse il fiato e mi immobilizzò
sul posto.
Probabilmente se quello stesso sorriso fosse stato per me,
sarei svenuto a terra, incosciente.
Ci salutammo prima di dirigerci verso la palestra ma Mac mi
prese il braccio stringendolo con forza.
«Auch» mi lamentai strattonando il braccio perché mi
lasciasse.
«La smetti di balbettare come un idiota ogni volta che parli
con lei? Francis tu non sei una persona normale. Santo Dio, Francis. Inventati
qualcosa, prova a pensare che sia nuda, no, magari no! Fai così, quando parli
con lei fissa me o chi le sta vicino, così non balbetti, va bene?». Lo sguardo
furioso di Mac mi fece paura.
«Come faccio a non guardarla in faccia? Non sono strabico!»
strillai arrabbiato.
«Allora inventati qualcosa di diverso! Ma non fare più
quelle figure! Questa sera, quando la riaccompagnerai a casa vedi di non
balbettare, sono stata chiara?». Il suo indice si puntò sul mio petto e,
nonostante Mac fosse quasi venti centimetri più bassa di me, indietreggiai.
«Signor sì, signore!» esclamai senza accorgermene.
«E non prendermi tanto in giro!» esclamò girando sui tacchi
e sparendo dietro la porta dello spogliatoio femminile.
Fissai la porta chiudersi e deglutii ancora spaventato.
Mac faceva sul serio, voleva che non balbettassi più con
Ashley e sperava che cominciassi a farlo da quella sera.
Forse quella serata avrebbe cambiato la mia vita, forse
sarei riuscito a migliorare leggermente il mio rapporto inesistente con Ashley.
Dovevo solo prepararmi mentalmente, magari anche
fisicamente.
Che cosa avrei indossato?
Non mi sembrava il caso di presentarmi sotto casa di Ashley
con una tuta.
«Francis, ti muovi? Il prof ti sta aspettando!» urlò Zac
aprendo appena la porta dello spogliatoio maschile.
«Oddio» urlai correndo dentro e lanciando lo zaino per
terra.
«Che cosa stavi facendo lì impalato come uno stoccafisso?»
chiese John, tenendo la porta aperta mentre mi infilavo un paio di pantaloni.
«A quello che posso indossare questa sera» bisbigliai
sedendomi sul pavimento della palestra.
«Sei peggio di John!» mi canzonò Zac.
«Ehi! Non dire così! È solo perché tu non sei mai uscito con
una!» si difese subito John.
«Ma quello di Francis non è un appuntamento vero e proprio».
Zac sembrava volere la sua morte a ogni costo.
«Smettila. Non voglio più sentir parlare di questa sera»
sibilai cominciando a correre per la palestra.
«Ok, ok. Non ti scaldare». Alzò le mani in segno di resa e
guardò in modo strano John.
Prima cosa da fare: finire la lezione di educazione fisica
senza collassare a terra.
Seconda cosa da fare: decidere che cosa indossare per quella
sera.
Terza cosa da fare: passare a prendere prima i ragazzi e poi
Ashley.
Quarta cosa da fare: non balbettare durante la Star Wars
Night.
Quinta cosa da fare: riportare a casa Ashley.
Jolly: lasciarle un bacetto innocente sulle labbra.
Salve ragazze!
Intanto mi scuso per il
ritardo, so che avevo promesso di aggiornare prima ma purtroppo gli esami sono
slittati e non ho avuto tempo.
Comunque eccoci qui con il
capitolo… spero di essere riuscita a far risultare Ashley un po’ più simpatica
e… niente, non ho altro da dire riguardo il capitolo!
Ringrazio come sempre
preferiti, seguiti e da ricordare e mi scuso se le risposte alle recensioni
sono state corte ma non ho la connessione e faccio tutto con il cell.
Ringrazio anche chi
recensisce!
Un bacione e a venerdì
prossimo!
|
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Capitolo 11 *** …to our Star Wars Night (never trust in friends) ***
rotn
Guardai il mio letto completamente ricoperto da felpe e
jeans.
Detestavo ammetterlo, ma mi sentivo come il protagonista di uno
di quei film per adolescenti che sbancavano al box-office solo per l’attore
belloccio di turno.
Sì, mi sentivo come la protagonista di 16 candles.
«Non ho niente da mettermi» sbuffai, sedendomi sulla
poltrona davanti al letto.
Ero arrivato al capolinea, frustrato per un appuntamento che
non si poteva nemmeno definire tale; in crisi davanti a un armadio vuoto e a un
letto ricolmo di vestiti.
«Oh, al diavolo Francis! Se devi piacerle deve accettarti
così come sei» bofonchiai tra me e me, alzandomi dalla poltrona e prendendo un
paio di jeans e la maglia di Star Wars, una delle mie preferite.
La indossai velocemente, correndo in bagno a mettere gli
occhiali da vista. Improvvisamente però il cellulare vibrò nella tasca
posteriore dei jeans.
Guardai il destinatario e per qualche istante mi irrigidii
sul posto, pensando che magari volesse disdire tutto.
Perché Mac mi aveva appena mandato un messaggio?
Mi feci forza e pigiai il pulsante per leggerlo.
‘Togliti
immediatamente la maglia blu di Star Wars e metti quella azzurra con il
colletto’.
Abbassai, spaventato, gli occhi sulla mia maglia per
assicurarmi di una cosa.
Blu, con Darth Vader davanti.
Corsi alla finestra a guardare se, per caso, Mac fosse sopra
all’albero di fronte, o magari in qualche casa vicina.
Era tutto deserto.
Cominciai anche a osservare ogni angolo della mia stanza, in
cerca, magari, di una videocamera.
Sembrava tutto normale.
Il mio pc era spento, quindi non poteva nemmeno essersi
attivata per sbaglio la web cam.
‘Dove diavolo sei?
Come hai fatto a vedermi?’.
Inviai il messaggio in attesa di una risposta che non tardò
ad arrivare.
‘Sono a casa mia,
Francis. Dove vuoi che sia, dentro al tuo armadio?’.
Imbarazzato, camminai velocemente verso l’armadio che avevo
sgombrato pochi minuti prima, e ci guardai dentro.
Vuoto.
‘Come diavolo hai
fatto?’.
Leggeva nella mente, a questo punto.
‘Ti conosco come le
mie tasche. Ora, da bravo: rimetti tutti i vestiti dentro all’armadio, togliti
quella vecchia maglia e indossa quella che ti ho regalato per il tuo
compleanno. Ci vediamo dopo, buon lavoro’.
Inorridii leggendo per la seconda volta il messaggio. Rimetti tutti i vestiti dentro all’armadio.
Sapeva anche quello!
Cominciavo a pensare che Mac fosse dotata di poteri
paranormali.
Magari, come i Fantastici 4, era stata a contatto con delle
radiazioni e alcuni suoi sensi si erano sviluppati o alterati.
Non era diventata invisibile, non si allungava, non prendeva
fuoco e non si trasformava in roccia. Semplicemente leggeva nel pensiero.
«Francis, posso entrare?». Sussultai sentendo la voce di
mamma dietro la porta.
«Certo» risposi, cominciando a raccogliere i vestiti per
lanciarli dentro all’armadio.
«Oddio. È scoppiata una bomba?» chiese guardando con occhi
sgranati il letto.
«Ehm, no». Mi sistemai gli occhiali sul naso prima di
prendere una nuova pila di vestiti e lanciarla dentro all’armadio. «Non sapevo
che cosa mettermi».
«Francis, non toccare più nulla, faccio io» mormorò mamma,
prendendo i vestiti e appoggiandoli sul letto. «Non ti preoccupare, vai al tuo
appuntamento che qui ci penso io». Sorrise cominciando a piegare le maglie.
«A-a-appuntamento?» bofonchiai imbarazzato, arrossendo.
«Certo tesoro». Annuì divertita, continuando con il suo
lavoro.
«No-no-non ho un appuntamento» spiegai, continuando a
dondolarmi da un piede all’altro.
«Sicuro? Perché sei vestito così elegante per andare a
lavoro? Non porti più la divisa?». Era decisamente divertita dalla situazione.
«Ma dopo dobbiamo andare da Mac per la Star Wars Night,
visto che qui è occupato». Magari così avrebbe smesso di lanciare frecciatine
sul mio improbabile appuntamento.
«E perché non hai indossato questa?» domandò sventolando
davanti ai miei occhi la stessa maglia che mi ero tolto pochi minuti prima.
Ma c’era una videocamera nella mia stanza che mandava in
onda su CW tutto quello che accadeva lì dentro?
«Io… be’… ecco…» cominciai senza sapere che cosa dire.
«Francis, vai al tuo appuntamento, andiamo. Non spiegarmi
nulla» ridacchiò chiudendo l’armadio ritornato immacolato.
«Mamma, vado da Mac a vedere uno dei Star Wars dopo lavoro,
chiaro?». Era la verità, e mamma sapeva che non ero in grado di mentire.
«Ti credo, tesoro. Ma nessuno mi toglie dalla mente che ci
sia qualche ragazza che ti piace. Sei troppo vanitoso ultimamente». Con tutta
la tranquillità che possedeva si sedette sul letto, incrociando le gambe.
Rimasi a guardarla con gli occhi sgranati, non sapendo che
cosa dire.
«Mamma…». Mi schiarii la voce guardandomi i piedi.
«Oh, guarda un po’». Fissò per un secondo il suo polso
sinistro, ornato solo da un minuscolo bracciale d’oro. «Sono in ritardassimo
Francis. Ne parliamo un’altra volta, che ne dici?». Si alzò velocemente dal
letto prima di ammiccare e darmi una bacio sulla guancia.
Ridacchiai ringraziandola, appena prima che si chiudesse la
porta della mia camera alle spalle.
«Dannazione» imprecai guardando l’orologio.
Quello in ritardo ero io, non mamma.
Indossai velocemente un paio di scarpe a caso e corsi giù
per le scale.
«Vado al lavoro. Buona serata» urlai indossando la felpa e
prendendo le chiavi della macchina.
«Buona serata anche a te, tesoro» strillò mamma dal piano
superiore, ridendo subito dopo.
Salii in macchina e dopo aver acceso il motore, partii per
andare al lavoro.
«Ci vediamo domani sera» salutai, prendendo le cinque pizze
che avevo preparato.
«Certo. A domani Francis». Andrew, il pizzaiolo, mi salutò
spargendo farina ovunque.
Mi chiusi la porta della pizzeria alle spalle, camminando
velocemente verso la macchina.
Subito dopo aver chiuso lo sportello respirai profondamente
per cercare di calmarmi.
Avrei passato con Ashley pochi minuti, il tempo di
raggiungere casa di John e Zac. Dieci, al massimo.
Troppo tempo.
Feci un’inversione in mezzo alla strada e cominciai a
guidare verso casa di John.
Ashley, saremmo andata a prenderla tutti e tre assieme, così
mi sarei sentito meno in imbarazzo.
Quando arrivai sottocasa di Zac, mi accorsi che lui e John
mi stavano aspettando seduti sul marciapiede.
«Siamo in ritardo, muovetevi» strillai accostando davanti a
loro.
«Dov’è Ashley? Non viene?» chiese John salendo sul sedile
anteriore, mentre Zac chiudeva la portiera posteriore.
«Andiamo a prenderla adesso» mormorai ingranando la marcia e
accelerando.
«Era in ritardo?» ridacchiò divertito Zac, appoggiando i
gomiti sul sedile di John.
«No, ero io che mi vergognavo. Non volevo rimanere solo con
lei» confessai, svoltando a sinistra.
«Francis» strillò John spaventandomi.
«Che c’è?». Continuavo a guardare a destra e a sinistra,
lungo la carreggiata, cercando di capire che cosa l’avesse spaventato così
tanto.
«Sei un idiota! Avevi la possibilità di rimanere da solo con
lei per alcuni minuti e tu fai di tutto per andare contro il destino». John era
arrabbiato, come se avessi fatto un torto a lui.
«E di cosa avrei potuto parlare?» chiesi, aspettando che il
semaforo diventasse verde.
«Della reazione spontanea di formazione della ruggine,
dell’estinzione dei dinosauri causata dal meteorite ricoperto da ghiaccio e
polvere, dell’aumento dell’entropia nell’universo. Di qualsiasi cosa!» propose
Zac, guadagnandosi un’occhiataccia da John.
«Perché secondo voi lei parla dell’aumento dell’entropia
nell’universo, mentre si fa la doccia assieme alle altre cheer-leader?» chiesi
rallentando perché ci stavamo avvicinando a casa di Ashley. «Sentite, faremo
così: le diremo che eravate passati in pizzeria e che non ho dovuto passare a
prendervi. Per il ritorno inventeremo una scusa: io devo farvi vedere qualcosa
a casa mia, quindi portiamo a casa prima lei e poi torno indietro e porto a
casa voi. Non me la sento di rimanere da solo con lei, non saprei che cosa
dirle, soprattutto perché vestito così mi sento un pagliaccio». Indicai la
maglia azzurra nascosta dalla felpa.
«Certo, faremo così Francis» mormorò Zac, tirando una
gomitata a John che aveva cercato di dire qualcosa.
«Grazie. Voi sì che siete degli amici». Sorrisi sincero,
fermandomi davanti a casa di Ashley.
Pochi secondi dopo, prima ancora che potessi scendere per
suonare il campanello, la porta si aprì.
Spalancai le labbra, stupito, quando percorsi il suo corpo
ricoperto da un vestitino grigio che le lasciava le spalle nude e che
svolazzava mentre correva verso la mia macchina.
«Wow» sussurrai, non staccandole gli occhi di dosso.
«Ciao Ashley! Aspetta che ti lascio il posto davanti, sono
un cavaliere, sai?» scherzò John aprendo lo sportello e scendendo prima che
potessi bloccarlo o, peggio, ucciderlo.
«Grazie» mormorò imbarazzata, salendo in macchina e chiudendo
la portiera. «Ciao Zac, ciao Francis». Sembrava felice.
Mi accorsi che, come un pesce lesso, avevo le labbra ancora
spalancate.
«Ashley. È un piacere vederti! Scusa il ritardo, colpa
nostra che l’abbiamo trattenuto in pizzeria» disse Zac, sistemandosi meglio sul
sedile.
«Non c’è nessun problema». Agganciò la cintura di sicurezza
guardandomi impacciata per qualche secondo.
«Terra chiama Francis, terra chiama Francis. C’è qualcuno?».
Sbattei le palpebre ritornando all’improvviso alla realtà, chiudendo di scatto
le labbra e ringraziando mentalmente Zac.
«Sì. C-c-c-ciao A-A-AAshley» borbottai ingranando la retro,
ma alzando troppo velocemente la frizione, tanto che la macchina sussultò,
minacciando di spegnersi. «Scusate» mormorai vergognoso, cercando di acquistare
lucidità.
«Francis, sei ubriaco?» chiese scherzando John, cercando di
alleggerire l’atmosfera che si era creata.
«No, giuro che non ho bevuto nulla». Tentai di trovare una
battuta decente, con scarsi risultati, visto che nessuno rise.
«Per fortuna» mormorò Zac. Ashley ridacchiò altrettanto in
difficoltà, nascondendo il gesto con un colpo di tosse.
«Ah sì, ragazzi ho preso le pizze. Spero che vadano bene,
come al solito» mormorai rivolto a tutti, cercando di non pensare ad Ashley
seduta di fianco a me.
«Perfetto, benissimo». John era entusiasta, pronto a
divorare le pizze appena fosse cominciato il film.
«Sp-sp-spero che va-va-vadano bene anche a t-t-te». Guardai
per qualche secondo Ashley, che continuava a sorridere.
«Basta che sia commestibile. E che non ci sia mozzarella.
Sono allergica». Si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio fissandomi
seria.
«C-c-c-c-cosa? A-a-a-allergica?» chiesi fermando l’auto
davanti a casa di Mac.
«Sì, non l’avevo detto? Sono allergica alla mozzarella»
disse di nuovo.
«I-i-i-i-io non lo sa-sa-sa-sa-sapevo. C-c-c-c-ci ho messo
mo-mozzarella o-o-o-ovunque». Perché non avevo chiesto se era allergica a
qualcosa?
Perché mi ero dimenticato un particolare così importante?
Se fosse stata celiaca?
«Francis» ridacchiò all’improvviso «ti stavo solo prendendo
in giro. Non sono allergica alla mozzarella. Non sono allergica a nulla. Era
solo uno scherzo».
Continuava a ridere, la testa appoggiata al sedile e le
braccia a sostenere lo stomaco.
Anche John e Zac cominciarono a ridacchiare.
Solo io non trovavo la situazione divertente?
Avevo rischiato per trenta secondi di essere colpito da un ictus
e tutto quello che i miei amici erano in grado di fare era ridere?
«Divertente, davvero» mormorai sganciandomi la cintura di
sicurezza, irritato dalle risate che continuavano a risuonare dentro
l’abitacolo.
«Francis, dovresti vedere la tua faccia». Gentile da parte
di John. Stava morendo per mancanza di ossigeno ma si era premurato di dirmi
che la mia faccia era buffa.
«Scusami» mormorò Ashley, cercando di smettere di ridere e
asciugandosi una lacrima.
«No-no-no-o-n fa niente. È stato divertente» sbottai
facendola ridere di nuovo.
«Sì, ho visto. Ti stavi proprio divertendo» mi schernì
sganciandosi la cintura di sicurezza e scendendo dall’auto.
Presi le pizze e con Ashley al mio fianco e John e Zac
dietro di noi, bussai alla porta di Mac.
«Vado io» strillò una vocetta di bimba che mi fece
sorridere.
Quando la porta si aprì venni investito da un uragano che mi
abbracciò.
«Ciao Sally» ridacchiai accarezzandole la testolina bionda.
«Ciao ragazzi! Sally andiamo che è tardi». La madre di Mac
ci salutò prima di richiamare Sally che mi lasciò ridendo, senza dire nulla.
«Ci vediamo Sally». La salutai con la mano mentre si
allontanava per nascondersi dietro Mac.
«Mi raccomando, fai la brava dalla nonna, ok?» sussurrò Mac
a Sally, che annuì abbracciandola.
«Ci vediamo domani sera». Le baciò una guancia prima di scompigliarle
i capelli.
«Ciao Zy» sussurrò Sally, stringendo tra le braccia un
coniglietto grigio di peluches.
«Buona serata. Divertitevi». La madre di Mac non sembrò
notare Ashley.
Forse perché era già stata in quella casa o forse perché Mac
le aveva detto di non dire nulla per non metterla in imbarazzo.
Quando Sally si chiuse la porta di casa alle spalle Zac mi
tirò una pacca sulla schiena: «Hai visto? Se non troverai una donna entro i
trent’anni ti rimane sempre Sally! Lei è innamorata di te da sempre, no?».
«Ma cosa dici, Zac?» bofonchiai sistemando le pizze sul
basso tavolo tra i divani e la tv.
«La verità Francis». Che idiota.
«In ogni caso sono convinto che Sally capirà presto che non
sono così bello. Probabilmente ci vorrà meno di un anno e poi perderò l’unica
pretendente» mormorai divertito, aprendo il primo cartone di pizza, e
accomodandomi sul divano. «Che succede? Perché non vi sedete?» chiesi con la
bocca piena di pizza.
«Sei un cavaliere Francis. A forza di rimanere con questi
trogloditi ti rimbecillisci». Mac si sedette di fianco a me, lasciando comunque
un po’ di spazio tra di noi.
«Bene, io e John prendiamo il nostro divano». Zac si distese
sull’altro divano, mentre John prendeva un cartone di pizza e si sedeva su un
angolino, scostando i piedi di Zac.
Mi bloccai con lo spicchio di pizza a mezz’aria, guardando Ashley
che era rimasta in piedi da sola.
«Che fai lì impalata? Perché non ti siedi?» mormorò Zac,
grugnendo dopo che John l’aveva spinto per avere un po’ più di spazio.
«Dove posso sedermi?» chiese timidamente, guardando prima un
divano e poi l’altro.
«Ti sconsiglio di sederti con i cavernicoli, se non vuoi che
il tuo vestito diventi al gusto pizza. Vieni Ashley, siediti qui di fianco a me».
Mac si spostò verso il bracciolo opposto, lasciando che il buco tra di noi si
allargasse a dismisura.
Quando compresi che Ashley si sarebbe seduta di fianco a me,
soffocai con un filo di mozzarella.
Aprii velocemente una lattina di cola, bevendone quasi metà
prima di riuscire a tornare a respirare regolarmente.
«Francis questa sera è distratto» cantilenò Zac,
allungandosi sul divano per inserire il DVD senza alzarsi.
«Ho solo messo troppa mozzarella, Zac» mormorai
sistemandomi, mentre Ashley prendeva posto.
«Parto?» strillò Zac, tutto contorto a testa in giù,
sostenendosi solo con una mano appoggiata al pavimento.
«Sì» concordammo io e John assieme.
Mi tolsi le scarpe tirando su i piedi sul divano e
incrociando le gambe.
Urtai involontariamente la coscia di Ashley, sollevandole il
vestito di qualche centimetro verso l’alto.
«Scu-scusa» bisbigliai cercando di distogliere lo sguardo da
quei pochi centimetri di pelle che si erano scoperti.
In fin dei conti la divisa da cheer-leader era più corta.
Ashley sorrise senza veramente rispondere, ma vidi che si
stava sistemando il vestito cercando di non farsi notare.
«No, Zac! Ashley non sa le regole. Dobbiamo spiegarle come
funziona» strillò Mac facendo cadere Zac sul tappeto sbattendo la testa.
«Auch» mormorò sollevandosi e massaggiandosi la nuca.
Ridacchiai ingoiando un nuovo spicchio di pizza e aspettai
che qualcuno spiegasse come funzionava.
Io non ero la persona più indicata.
«Francis, lo spieghi tu?». Mi voltai verso Mac, con una
patatina tra i denti.
«Coia?». Speravo
di aver campito male.
«Spieghi tu come funziona?». Sorrise circondandosi le gambe
con le braccia.
«I-io?». Masticai velocemente la patatina appoggiando il
resto dello spicchio sul cartone. Dovevo spiegare la serata a lei, ma non dovevo balbettare. Mac aveva
detto che non dovevo guardare Ashley. «Allora, durante il film, nessuno parla.
Vedrai che comunque ci sarà un’eccezione, quindi non preoccuparti. Poi, la
frase iniziale la diciamo tutti assieme, e… non mi sembra che ci sia altro, no?».
Guardai Mac che aveva uno sguardo felice, le brillavano gli occhi, come se si
fosse commossa.
«Sembra che sia tutto anche a me. Possiamo partire ora, Zac».
Mac si alzò per spegnere la luce e tornò velocemente a sedersi. «Ah sì, qualche
domanda, Ashley?”.
«No, credo sia tutto chiaro» esclamò divertita mentre il
film cominciava.
Il logo della saga comparve sullo schermo e tutti, o quasi,
urlammo l’incipit «Tanto tempo fa, in una galassia lontana, lontana…».
Sentii Ashley ridacchiare, probabilmente perché sentirci
pronunciare la frase iniziale tutti assieme era comico.
Nessuno fiatò per quasi metà film, fino a che nello schermo
non comparve lei.
Padmé Amicala.
«Ragazzi. È bellissima. La mia donna» sussurrò Zac, in
estasi.
«Non cominciare» borbottò Mac, prendendo uno spicchio di
pizza e offrendone uno ad Ashley che accettò.
«Come si possono non sprecare parole d’amore per Natalie
Portman? Riuscite a capire quello che io provo per lei? Guardatela, guardate le
sue labbra, quel suo neo…» sospirò estasiato e Ashley ridacchiò.
«Ha un figlio, Zac» mormorò.
«Non importa, non sono geloso, purché io sia più importante
di lui. Ne faremo quanti vuole» continuò guadagnandosi un cuscino in pieno viso
da Mac.
«Shh» sibilò, ammonendolo.
Continuammo a guardare il film in silenzio, senza dare
troppo peso ai sospiri di Zac, in ogni scena in cui c’era Natalie.
«Allora?» chiese Mac, non appena cominciarono i titoli di
coda.
«Carino» mormorò Ashley, stiracchiandosi.
«La verità?». Mac stava cercando di nascondere un sorriso.
«Non ho capito molto» confessò Ashley, abbassando lo
sguardo.
«P-p-perché no-no-no-o-on era il pr-primo». Cercai di rassicurarla.
Era normale non capire tutta la storia se non si cominciava
dal primo film.
«Oh, non era il primo?» chiese stupita, guardandomi dritto
negli occhi.
«No, né il primo in ordine cronologico né il primo che era
uscito al cinema» specificò Zac, trangugiando la fine di una lattina di cola.
«Oh… Ma, ma il tipo con il casco nero e il mal di gola, è
cattivo o no?». Quando sentimmo la domanda di Ashley cominciammo a ridere tutti
e quattro.
«Il… il tipo con il mal di gola» disse Zac in preda alle
risate, continuando a sbattere la testa sul divano. «Dio questa era bella.
Darth Vader è quello con il mal di gola». Non riuscivamo più a smettere di
ridere.
Ashley era immobile, giocherellava con il cuscino che aveva
tra le mani, imbarazzata.
«Ok, ok. Ragazzi, basta. Non possiamo ridere tutta la sera».
Mac cercò di riprendersi, asciugandosi le lacrime. «Scusaci Ashley». Le
appoggiò la mano sulla gamba in un gesto amichevole.
«Non c’è problema». Ashley era ancora imbarazzata, potevo
notarlo dal rossore delle sue gote e dal suo continuo sistemarsi quella ciocca
di capelli dietro l’orecchio.
«S-si ch-ch-ch-chiama Darth Vader» spiegai «G-G-George Lucas
gli ha d-d-d-dato quel nome perché vo-vo-voleva dare un aiuto sul finale, visto
che Darth Va-Va-Vader assomiglia a Dark Father». Non sapevo se poteva
interessarle, ma era giusto che sapesse le basi di Star Wars.
«Ohhh» sussurrò stupita.
«Lo so, è stata una mossa intelligente. Ma in fin dei conti
stiamo parlando del Signor Lucas, mica di una persona a caso». John, come
sempre, si chinò leggermente quando pronunciò il nome del regista.
Ero quasi convinto che il suo armadio avesse un doppio
fondo, una stanza-santuario dedicata a lui.
«Mac, posso andare a mettermi il pigiama?» chiese Zac
stupendomi.
«Certo». Mac sembrava tranquilla, come se fosse stato tutto
normale.
«Vado anche io, allora». John si alzò, cominciando a salire
le scale subito dopo Zac.
«Dormono qui?». Ashley sembrava divertita.
«Sì, mi hanno chiamato prima e mi hanno detto che si
fermavano a dormire qui. Non è che mi cambi poi tanto; anzi, è meglio così non
rimango da sola tutta la notte».
Me l’avrebbero pagata.
Tutti e tre.
E io che ero stato così idiota da credere alle parole di Zac
in macchina!
Altro che veri amici, erano dei traditori!
Non potevo nemmeno più fidarmi di loro tre!
«Se lo sapevo rimanevo anche io» sibilai, facendo capire che
ero arrabbiato.
«Ma tu non devi finire quel saggio di Letteratura, quello
che bisogna consegnare domani?» chiese Mac, facendo strani gesti con il viso.
Quel saggio l’avevo consegnato una settimana prima.
«Appunto, se l’avessi saputo l’avrei finito oggi pomeriggio
e non questa sera» parlai a denti stretti, stringendo i pugni.
«Chi ha tempo non aspetti tempo, Francis. La prossima volta
lo finirai un po’ prima». Mi prendeva anche in giro, bene!
La vendetta andava servita fredda.
Così sarebbe stato, un giorno o l’altro.
«A-A-A-Ashley, vu-vu-vuoi che ti ac-ac-accompagni a ca-casa?»
borbottai guardandola.
«Se non è un problema, altrimenti chiamo un taxi».
Zac e John ritornarono indossando un paio di pantaloni della
tuta e una maglia.
«Fi-fi-figurati. No-no-o-n pensare minimamente di
ch-ch-chiamare un taxi, ti po-po-porto a casa i-i-io» balbettai, sentendomi
leggermente osservato.
«Grazie allora». Si alzò dal divano, lisciandosi le pieghe
del vestito.
Ok, dovevo solo accompagnarla a casa, una decina di minuti
al massimo, forse venti.
Avevo passato un’intera serata con lei, che problema
sarebbero stati venti minuti in più?
Nessuno, se non fossimo stati io e lei.
Da soli.
Avrei balbettato come un idiota, ne ero sicuro.
Mi stiracchiai alzandomi in piedi e mi sistemai gli
occhiali.
«Mac, volevo ringraziarti per la serata e per l’ospitalità.
Mi sono divertita» disse Ashley, prendendo la borsa.
«Figurati, per queste cose! La prossima volta però mi
piacerebbe che ti fermassi a dormire».
Mac era impazzita!
«Certo, piacerebbe anche a me» mormorò Ashley, avvicinandosi
alla porta.
«Bene, ci vediamo domani, ragazzi» minacciai, voltandomi poi
verso Ashley con un sorriso amichevole. «Andiamo?».
Annuì avvicinandosi alla porta, appena prima di chiuderla
sentii la voce di Zac strillare un «Seconda base» mascherato da dei finti colpi
di tosse.
Altro che seconda base, quella sera avrei compiuto un
triplice omicidio.
Forse Mac l’avrei risparmiata, dovevo prima capire quanto
era implicata nel complotto contro di me.
«Sp-sp-spero che ti si-si-sia divertita qu-qu-questa sera»
dissi accendendo il motore della vecchia Chevry.
«Sì, mi sono divertita davvero, anche se non ho capito bene
tutto il film» ridacchiò sistemandosi sul sedile.
«Se vu-vuoi puoi ve-ve-venire anche la prossima settimana,
così ma-ma-magari capisci me-me-meglio» bofonchiai, aspettando il verde al
semaforo.
«Mi piacerebbe molto, ma non vorrei disturbare» sussurrò
timidamente, continuando a guardare davanti a sé.
«Dis-dis-disturbare?» chiesi sorpreso.
Quando mai lei avrebbe disturbato?
«Sì… insomma… non vorrei che voi foste gentili con me solo
perché bisogna». Si schiarì la voce gesticolando con le mani.
Certo, lei aveva trascorso i primi diciassette anni della
sua vita in mezzo a persone false e opportuniste, subdole, che erano disposte a
vivere nella menzogna pur di raggiungere i loro scopi, le persone non erano
però tutte uguali.
«A-A-Ashley» mormorai spegnendo inconsapevolmente il motore
della macchina perché eravamo arrivati davanti a casa sua «a no-no-noi fa
pia-piacere se tu vieni» continuai.
Sentii un colpo di tosse da parte sua, come se avesse
mascherato una risata.
«Grazie» sussurrò, slacciandosi la cintura di sicurezza. «Siete
davvero gentili, delle persone veramente speciali» sospirò, appoggiando la
testa al sedile senza perdere il sorriso.
Illuminata dalla luce della luna era più bella che mai.
Avrei voluto dire che nessuno era speciale quanto lei, ma
sarebbe stata una frase fuori luogo, così slacciai la cintura di sicurezza e
picchiettai le dita sul volante in un gesto nervoso.
«Che bella. Guarda la luna, Francis» mormorò all’improvviso,
facendomi sussultare. «Quando è così grande mi piace tantissimo». Aprì la
portiera della macchina e scese, andando a sedersi sul cofano della macchina.
«Ashley?» sussurrai a me stesso, chiuso da solo dentro la
macchina.
Forse era meglio scendere.
«Guarda Francis, guarda che grande è la luna questa sera».
Indicò la luna mentre mi avvicinavo, appoggiandomi alla macchina. «Quando è più
grande secondo me è ancora più bella» continuò sospirando, e rabbrividendo.
«I-i-i-in verità la lu-lu-luna no-no-no-on è mai o più
gr-gr-grande o più pi-pi-piccola. In qu-qu-qualsiasi parte del mo-mo-mondo,
anche se ti sem-sembra grandissima puoi sem-m-pre vedere che è più pi-i-ccola
del tuo pollice, prova a fare co-così» sussurrai chiudendo un occhio e portando
il pollice davanti a quello rimasto aperto.
Guardai Ashley che mi osservava divertita e sorpresa, poi
compì il mio stesso gesto.
«Hai ragione» ridacchiò rabbrividendo di nuovo.
Forse aveva freddo.
Mi slacciai la felpa appoggiandogliela sulle spalle.
«Grazie Francis» sussurrò stupita, regalandomi uno dei
sorrisi più belli che avessi mai visto.
Era mio.
Non era di Zac, o di John o di Mac.
Mio, solo mio.
Un sorriso solo per Francis Seth Hudson.
Risposi al suo gesto in modo spontaneo, osservando il suo
profilo mentre tornava a guardare il cielo.
«E tutte quelle stelle, mi sono sempre piaciute un sacco.
Penso siano romantiche. Peccato che non ci capisca nulla» disse triste.
«Oh, ma è fa-fa-facile. Quella è l’O-O-Orsa Ma-ma-maggiore,
vedi?». Indicai la costellazione mentre Ashley annuiva. «Si vede
nell’em-em-emisfero boreale d’inverno». Era una delle mie costellazioni
preferite, assieme a Orione. «Le due st-ste-stelle lì, si chiamano Pherkad e
Kochab». Indicai prima una stella e poi l’altra.
«Conosci un sacco di cose, Francis, veramente! C’è qualcosa
che non sai?» domandò incuriosita, in un sussurro.
«Oh sì. Non conosco tantissime cose. La radice di pi greco
oltre il trentaduesimo numero, ad esempio. O perché i dinosauri si siano
estinti. Il perché l’uomo abbia la parola a differenza degli altri animali. Che
cosa avesse pensato Shakespeare quando ha scritto Romeo e Giulietta… potrei andare avanti all’infinito». Sorrisi
verso di Ashley che mi guardava divertita.
Scese dal cofano della macchina ridacchiando e togliendosi
la mia felpa.
«Credo di aver aggiunto un’altra cosa alla tua lista»
sogghignò, avvicinandosi per baciarmi una guancia. «Ci vediamo domani, Francis.
Grazie per la serata e per la lezione di astronomia». Senza aggiungere altro si
diresse verso il vialetto di casa sua.
Rimasi a guardarla immobile fino a che non chiuse la porta
di casa.
Subito dopo scesi dalla macchina consapevole di quello che
avrei dovuto compiere: un duplice omicidio.
Accesi la macchina e cominciai a guidare verso casa di Mac.
Quei due babbuini me l’avrebbero pagata cara.
Eccoci qui ragazze!
La prima SWN di Ashley! :)
Sinceramente non ho molte
cose da dire, se non che per quanto riguarda le informazioni date fa Francis su
Star Wars, a quanto ne so, sono vere. Cioè, Darth Vader era per richiamare Dark
Father e aiutare sulla fine.
In italiano poi sono stati
cambiati i nomi e quindi questa cosa ha perso di significato.
Il nome delle due stelle
della costellazione dell’orsa maggiore è esatto, e mi sembra che non ci sia
altro.
Mi è arrivato più di un
messaggio privato chiedendomi di creare un gruppo chiuso su fb perché alcuni
‘lettori silenziosi’ si vergognano a chiedere l’amicizia magari perché hanno
solo un account. Per me non ci sono problemi, basta che poi voi collaboriate.
Fatemi sapere.
Informazione: il prossimo
capitolo è quello della gita a Stanford, faremo un mega salto in avanti nel
tempo, direi un paio di mesetti, e ci catapulteremo alla scoperta del College…
Però, e qui arriva il tasto
dolente, volevo mandare in vacanza i NERD nel mese di agosto, alcune di voi
andranno in vacanza e non vorrei che ci fosse un calo di visite spaventoso.
La prossima settimana non
credo di riuscire ad aggiornare, visto che ho l’ultimo esame, che facciamo,
andiamo a settembre con il capitolo di Stanford o faccio uno strappo e pubblico
la prima settimana di agosto? Soprattutto, faccio la pausa o no?
Fatemi sapere anche per
questo.
Nel frattempo vi mando un
grosso bacione (e ricordo che a giorni pubblicherò una OS su Robert e Faith,
coppia che credo molti di voi abbiano apprezzato!:P)
A presto!
|
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Capitolo 12 *** Strip poker at Stanford ***
rotn
Quella notte non ero riuscito a dormire.
Nemmeno tutta la settimana precedente, a dire il vero.
Il motivo era uno solo: Stanford.
Una delle più prestigiose università Californiane.
Avrei camminato su quei marciapiedi assieme a tutti gli
studenti universitari, mi sarei seduto in quelle grandi aule ad ascoltare
qualche lezione di fisica quantistica o di biochimica.
Poco importava che il campus fosse mezzo deserto perché
erano appena passate le vacanze di Natale.
Io sarei andato per due giorni al College.
Mi alzai prima del suono della sveglia e, dopo essermi
preparato, misi in valigia spazzolino e dentifricio. Non mancava nulla, in
teoria.
Io, John e Zac, elettrizzati per quella gita, avevamo
cominciato a preparare il borsone due settimane prima di Natale.
Mac, assieme ad Ashley, ci aveva preso in giro per giorni.
Io volevo che fosse tutto perfetto.
C’era anche Ashley e, insomma… doveva essere tutto perfetto.
Nutrivo una piccola, flebile e minuscola speranza di
baciarla durante quella notte.
Forse, più che camminare dentro al campus, era quello che mi
aveva fatto passare le tre settimane precedenti insonne.
John e Zac non avevano fatto altro che prendermi in giro,
specialmente John.
Certo, era facile per lui parlare ora che aveva Hannah al
suo fianco e facevano coppia fissa da quasi tre mesi. E, come se non bastasse,
io ero geloso di loro, degli sguardi che si scambiavano.
Zac mi aveva canzonato solo perché era uno scemo.
Lui non guardava minimamente le ragazze della nostra scuola;
secondo il suo modesto parere erano tutto brutte.
Certo, era una cosa normale quando il tuo ideale di bellezza
era Natalie Portman!
Scesi le scale di corsa e salutai mamma che, assonnata e
ancora in pigiama, era appoggiata allo stipite della porta. Con tutti i capelli
arruffati e gli occhiali sistemanti malamente, cercava di sorridermi tenendo
gli occhi aperti nonostante il sonno.
«Divertiti Francis» bisbigliò per non rischiare di svegliare
papà, che stava dormendo al piano di sopra.
«Certo mamma. Ma tu adesso torna a dormire che è presto»
sussurrai sistemandomi gli occhiali sul naso in imbarazzo: non sapevo bene che
cosa dire.
«Ora vai. Mi raccomando, per qualsiasi cosa chiama, e non
ubriacatevi» scherzò abbracciandomi.
«No mamma, non ci ubriacheremo, te lo prometto». Ricambiai
il suo abbraccio e la baciai velocemente sulla guancia prima di aprire la porta
di casa per uscire. «Rimani dentro casa, altrimenti prenderai qualcosa»
borbottai non appena una folata d’aria gelida mi colpì.
«D’accordo. Ciao» sussurrò chiudendo subito la porta alle
mie spalle.
Aprii il bagagliaio della macchina e schiacciai la borsa in
fondo.
Dovevo dare un passaggio anche a John, Zac, Mac e Ashley.
Ero quasi sicuro che John e Zac si sarebbero portati dietro
un borsone con qualche straccio dentro, nulla di esagerato, come anche Mac,
infatti di loro non mi preoccupavo più di tanto.
Quello che non volevo immaginare era la grandezza della
valigia di Ashley.
Quanto grande poteva essere la borsa che si portava appresso
una cheer-leader per rimanere due giorni all’università?
Accesi il motore e dopo aver aspettato qualche minuto perché
si scaldasse, partii per andare da John e Zac.
Come avevo precisato il giorno prima, Ashley saremmo andata
a prenderla tutti assieme.
Non riuscivo ancora a rimanere tranquillo quando ero solo
con lei.
Nonostante avessimo fatto grandi progressi, con baci sulle
guance, sorrisi e scambi di battute, non ero in grado di non balbettare se mi
rivolgevo direttamente a lei.
Erano passati più di due mesi, a scuola ormai Ashley
rimaneva sempre con noi e ogni giovedì sera ci trovavamo a casa di qualcuno per
la Star Wars Night.
Avevamo passato assieme anche il giorno del Ringraziamento e
il Capodanno.
Non c’erano stati grossi passi avanti, però.
Per questo Mac ormai aveva perso tutte le speranze, diceva
che non sarei mai riuscito a guarire da quell’inesistente malattia che
dipendeva solo da me.
Zac e John, invece, nutrivano ancora qualche speranza. Non
sapevo se fosse a causa di qualche piano diabolico che avevano organizzato per
quella gita, ma sembrava che fossero sicuri di una cosa: io piacevo ad Ashley.
A nulla erano valse le mie minacce dopo che mi avevano
giocato quel tiro mancino qualche mese prima, quando si erano fermati a dormire
da Mac e mi avevano lasciato da solo con Ashley. Ogni volta che provavo a
lamentarmi con loro per quell’episodio, mi dicevano che dovevo rimanere zitto
perché avevo anche ricevuto un bacio sulla guancia.
«Ciao Francis» borbottò John aprendo lo sportello del
bagagliaio per lanciare il suo borsone dentro.
Lo salutai con un gesto della mano, controllando attraverso
lo specchietto retrovisore che anche Zac mettesse la sua valigia dentro.
«Ciao Zac» dissi non appena salirono in macchina
rabbrividendo per il freddo.
«Mhh» si lamentò Zac, appoggiando la testa al finestrino e
chiudendo gli occhi.
«Sta male?» chiesi a John che stava scrivendo un messaggio
al cellulare.
«No, sai che Zac prima delle sette e mezza non parla»
scherzò John, alzando finalmente lo sguardo e riponendo il cellulare in tasca.
«Ragazzi, avete preso tutto? Non voglio tornare indietro
dopo» bofonchiai guardando prima uno e poi l’altro.
«Sì, ho controllato tre volte ieri sera». John sbadigliò
rumorosamente, distendendo le gambe sul sedile.
«Mhh» gemette ancora Zac, continuando a tenere gli occhi
chiusi.
«Zac, diamine! Svegliati! Sono le sei meno un quarto e
stiamo andando a Stanford!» strillai irritato nel vederlo così addormentato.
Come faceva a dormire?
«Shh. Non urlare, non urlare» sussurrò prima di allacciarsi
la cintura di sicurezza senza spostarsi. «Svegliatemi quando dobbiamo salire
sull’autobus». Si sistemò il cappuccio sopra alla testa mettendosi comodo sul
sedile.
«Non ci credo. Stiamo andando a Stanford e lui dorme. Mi
chiedo come faccia a dormire» borbottai immettendomi in strada per andare da
Mac.
«Non è ancora sorto il sole, sai che ha bisogno di vedere la
luce per svegliarsi». John, che continuava a prenderlo in giro, si allungò per
cominciare a punzecchiarlo sulla spalla.
«Mhhh» si lamentò ancora Zac, spostandosi per non essere
disturbato.
«Vedrai ora che sale Mac cosa ti dice» ridacchiai accostando
davanti a casa di Mac.
Ci stava aspettando sul ciglio della strada, di fianco a una
valigia che mi sembrava addirittura più piccola del mio borsone.
«Mac, ma hai preso tutto?» chiesi abbassando il finestrino,
mentre si avvicinava al retro della macchina per mettere la sua borsa assieme
alle altre.
«Sì, perché me lo chiedi?». Chiuse velocemente lo sportello
posteriore e salì in macchina subito dopo.
«Non lo so, mi aspettavo che avessi una valigia più grande.
In fin dei conti sei una ragazza» scherzai, cominciando a fremere perché volevo
arrivare puntuale da Ashley.
Non era giusto farla aspettare, ma soprattutto non volevo far
aspettare la partenza per quella gita!
«Allacciate le cinture, siamo in ritardo!» esordii sgommando
sull’asfalto davanti a casa di Mac.
«Francis, calmati, dannazione! Partono tra più di mezz’ora e
dobbiamo solo dare un passaggio ad Ash» bofonchiò Mac, massaggiandosi il gomito
che aveva picchiato contro al finestrino quando ero partito.
«Non voglio arrivare in ritardo e non voglio far aspettare
Ashley da sola» borbottai sistemandomi gli occhiali.
Da sola, in piena notte.
No, non se ne parlava nemmeno.
«Che romantico Francis! Saresti il fidanzato perfetto» mi
schernì John faticando a mantenersi serio.
«Esatto, perché tu con Hannah non pensi mai a queste cose»
ribattei guardando la sua faccia allibita attraverso lo specchietto
retrovisore.
«Ehi, io sono un cavaliere con Hannah!» borbottò stizzito,
incrociando le braccia al petto.
«Infatti Francis. Lui è un cavaliere, le ha anche comprato i fiori». Il modo in
cui Mac ci prendeva sempre in giro mi faceva ridere.
«Una volta» puntualizzai, ridacchiando sommessamente.
«Volete smetterla? Io almeno una ragazza ce l’ho! Potrete
prendermi in giro quando anche voi ne sarete muniti. Nel frattempo… state
zitti». John si era decisamente arrabbiato.
Non sapevo se fosse perché l’avevamo deriso con la storia
dei fiori o per altro.
«Ti ricordo che tu hai la ragazza solo grazie a Zac» precisò
Mac, ricevendo subito un’occhiataccia da John.
«Discorso chiuso. Non si parlerà di questo quando Ashley
entrerà nell’auto, siamo intesi?» sbraitò lui sporgendosi dal sedile perché la
sua espressione minacciosa fosse ben visibile dallo specchietto retrovisore.
Mac riuscì a soffocare una risata con un colpo di tosse; io
invece fui in grado di mantenermi serio solo perché cominciai a fissare
insistentemente la strada.
Arrivammo a casa di Ashley qualche minuto dopo. Ci stava
aspettando sul ciglio della strada, di fianco a una valigia che sembrava grande
più o meno come quella di Mac.
Nessun trolley enorme, nessun set di borsoni di Louis Vuitton
o Gucci.
Una semplice valigia nera.
«Ciao ragazzi» esordì lei aprendo il bagagliaio per
incastrarci dentro la sua valigia.
«Ciao Ash» la salutò Mac, spostandosi sul sedile per farle
posto.
«Ashley» borbottò John, schiacciandosi contro il lato
opposto della macchina quando Ashley aprì la portiera per salire.
«C-c-c-c-iao A-A-Ashley». Le riservai una strana smorfia che
sarebbe dovuta assomigliare a un sorriso.
Era bella anche di mattina presto.
Truccata, con quel berretto nero e le due treccine ai lati
dei viso che ricadevano sulla sciarpa.
«Francis, facciamo tardi» sbottò Mac quando si accorse che
mi ero imbambolato a guardare Ashley.
«Sì, sì. Hai ragione. Partiamo» mormorai portando le mani al
volante e partendo.
«Che cos’ha Zac? Sta male?» chiese in un sussurro Ashley,
guardando Mac preoccupata per Zac.
«No, ha sonno. Lui non si sveglia mai prima delle sette e
mezza» rispose Mac, scuotendo la testa sconsolata.
Sentii Ashley ridacchiare e sorrisi felice: ero convinto che
quella gita sarebbe stata indimenticabile.
Quando arrivammo a scuola, posteggiai la macchina nel solito
parcheggio e, dopo aver spento il motore, dentro all’auto calò un silenzio
imbarazzato.
«Forse dovremmo svegliare Zac» proposi in un sussurro,
slacciandomi la cintura di sicurezza e voltandomi a guardare Ashley, Mac e John
nel sedile posteriore.
«Lascia fare a me» sogghignò John, sporgendosi in avanti
verso il sedile di Zac. «Frank! Ferma! Oddio, era Natalie Portman quella?»
gridò all’improvviso, facendomi prima sussultare spaventato e poi sghignazzare
divertito.
«Natalie? Dove?» urlò Zac, svegliandosi all’improvviso.
Ashley cominciò a ridere tenendosi le mani sullo stomaco e
appoggiando la testa sulla spalla di Mac che riuscì malamente a non sbellicarsi
per la faccia che aveva fatto Zac.
«Dov’è? Dove?» strillò abbassandosi il cappuccio e
cominciando a guardare fuori dal finestrino. «Perché non riesco a vederla?»
protestò slacciandosi anche la cintura di sicurezza.
«Zac» cercai di chiamarlo. «Zac» tentai di nuovo, alzando il
volume della voce e appoggiandogli una mano sulla spalla. «Ti stavamo prendendo
in giro. Non c’è Natalie, siamo arrivati a scuola» farfugliai impegnandomi al
massimo per non ridergli in faccia.
«Oh» sussurrò, ora triste, slacciandosi la cintura di
sicurezza e sistemandosi il cappuccio della felpa sulle spalle. «Che cattivi
che siete però».
Ci era rimasto veramente male, tanto che aveva aperto la
portiera della mia macchina scendendo per stiracchiarsi senza dire una parola
di più.
«Zac, dai era uno scherzo». John cercò di scusarsi, scendendo
a sua volta e raggiungendo Zac che camminava su e giù lungo il parcheggio.
«Forse è meglio raggiungerli» bofonchiò Mac, prima di
slacciarsi la cintura e scendere dall’auto.
Ashley seguì l’esempio di Mac e poco dopo mi trovai da solo
dentro la macchina.
«Grazie a tutti per avermi aspettato, eh!» mormorai tra me e
me chiudendomi la portiera alle spalle, prima di aprire il bagagliaio e
cominciare a tirare fuori le valigie.
Mac e John erano riusciti a scusarsi con Zac che si era
avvicinato all’auto, chiedendo perdono ad Ashley per il comportamento idiota.
Gli aveva gentilmente risposto che non c’erano problemi, che
anche lei di mattina era intrattabile.
«Francis, grazie per il passaggio» mormorò Zac, prendendo il
suo borsone e cominciando a spostarlo da una mano all’altra per l’imbarazzo.
«Figurati». Sapevo che era il suo contorto modo per chiedere
scusa della scenata che aveva fatto.
Quando anche le ragazze ebbero preso le loro valige, ci
incamminammo verso i professori che aspettavano fuori dall’autobus semi-deserto,
ma fummo distratti dal rumore dallo stridere di gomme sull’asfalto.
Tutti quanti, curiosi, spostammo lo sguardo sulla
decappottabile grigia che aveva frenato di colpo.
Era la macchina di Alex.
«Che idiota» bisbigliò Ashley, continuando a camminare senza
prestargli attenzione.
Alex scese dalla macchina ridendo, seguito subito dopo da
Kathrina, Luke e Kristy.
«Luke, siamo in anticipo allora! Sono appena arrivati anche
i secchioni, guarda». Alex ci indicò sogghignando e sentii la risata di Luke e
di Kathrina, seguita subito dopo da quella di Kristy.
Ashley continuò a camminare, come se non ci fosse stato
nessuno.
«Mac, hai portato quello che dovevi portare?» chiese Zac,
avvicinandosi a Mac, felice.
Improvvisamente era ritornato di buonumore.
«Certo» rispose prontamente lei, ammiccando verso di me.
Volevamo rimanere svegli tutti assieme la notte a venire.
Avevamo anche deciso le camere, perché sapevamo che saremmo
stati divisi a due a due.
Mac e Ashley sarebbero rimaste nella stessa camera.
Hannah e Cindy, la sua migliore amica, ne avrebbero occupato
un’altra.
Io e Zac avevamo deciso di rimanere assieme solo per motivi
logistici; infatti, John avrebbe diviso la stanza con Jack, il ragazzo di
Cindy.
Ci avvicinammo velocemente verso il bus e lasciammo i
bagagli all’autista perché li mettesse assieme agli altri, poi, dopo aver
salutato il professor Moriarty, salimmo sull’autobus.
Il viaggio di due ore trascorse velocemente e in allegria,
anche perché decidemmo di sederci lontano da Alex e tutti i suoi scagnozzi.
John e Hannah continuavano a ridacchiare da soli tra di loro
mentre Zac li prendeva in giro e Mac lo rimproverava.
Ashley sorrideva godendosi in silenzio tutta la scenetta.
Io, invece, guardavo Ashley che si divertiva.
Appena arrivati ci fecero subito portare le valigie in
albergo così da poter avere tempo libero per visitare il campus.
Di sicuro quella sarebbe stata la giornata più bella della
mia vita!
Camminai assieme ai miei compagni lungo quei lunghi
corridoi, entrammo addirittura nelle aule per seguire alcune lezioni.
Quella era Stanford e sarebbe stata la mia università,
l’avevo deciso!
Nel tardo pomeriggio il professore ci aveva richiamato per
dirci che saremmo usciti a cena verso le sette.
Avevamo meno di due ore per prepararci.
«Ragazzi, noi andiamo a farci una doccia e a vestirci. A
dopo» disse Ashley, prima di entrare con Mac nella loro stanza.
Quella stanza che distava solamente due porte dalla nostra.
Sospirai richiudendo la porta alle nostre spalle e Zac,
ancora eccitato per aver visto la sosia di Natalie Portman al corso di fisica
nucleare, cominciò a saltellare per la stanza.
«Stanford sarà la mia università. Ho deciso. E ora vado a
farmi una doccia». Aprì il borsone per prendere l’asciugamano e un cambio, e si
chiuse in bagno cominciando a canticchiare allegro.
Mi sedetti sul letto dopo aver acceso la TV per rilassarmi
un po’, ma qualcuno bussò alla porta. Chi poteva essere?
Mi alzai e velocemente andai ad aprire. «John?» borbottai
stupito di vederlo dondolare nervosamente da un piede all’altro, mentre si
asciugava la fronte sudata. «Che succede?» chiesi spostandomi perché potesse
entrare nella mia stanza.
«Io… Hannah… stasera… non so che fare» parlottò sottovoce,
senza dire qualcosa di veramente sensato.
«John che succede?» tornai a chiedere, avvicinandomi a lui.
Sospirò cercando di calmarsi e poi cominciò a parlare.
«Hannah mi ha detto che questa sera Cindy e Jack vanno a una festa in camera di
“non so chi” e quindi lei rimane in camera da sola. Mi ha chiesto se vado a
farle compagnia, capisci?». Stava tremando.
«Oh» sussurrai imbarazzato perché non sapevo che cosa dire.
La situazione era comica e drammatica.
«Oh è il tuo consiglio? Andiamo Francis, dimmi qualcosa di
più, sei tu il super cervellone del gruppo» piagnucolò cominciando a camminare
nervosamente per la stanza.
«Io sinceramente credo che non debba per forza succedere
nulla…» bofonchiai sistemandomi gli occhiali.
«E se lei si aspettasse che io… stiamo assieme da tre mesi
ormai». Continuava a camminare su e giù e cominciavo ad agitarmi anche io.
«John, non so che cosa dirti, lo sai anche tu che di ragazze
non ne capisco molto» ammisi sedendomi sconsolato sul letto.
«Problemi con le ragazze?» chiese Zac, uscendo dal bagno in
boxer e i capelli ancora bagnati.
«Sì, questa sera Hannah mi ha chiesto se dormo da lei». John
cercò di riassumere quello che mi aveva raccontato.
«Perfetto! Non sei felice?» chiese Zac tirandogli una pacca
sulla spalla.
«No. Perché non so che fare. Se lei si aspetta qualcosa e io
non la faccio? O peggio, se lei non si aspetta nulla e io ho capito male e
faccio qualcosa che non dovevo?». Cominciava ad andare in iperventilazione.
«John, mio caro John. Ti svelo un segreto. Le ragazze hanno
tutto un linguaggio del corpo che ci permette di capire quali sono le loro
necessità. Devi solo stare attento ai segnali che ti manda» sussurrò Zac,
sedendosi di fianco a me sul letto.
«E quali sono questi segni?». John si era fatto
improvvisamente interessato. Sembrava convinto che con l’aiuto di Zac avrebbe
superato la notte.
«Non lo so. Non ho mai avuto una ragazza». Zac fece
spallucce e John gemette frustrato.
«Perché mi illudi?» sbottò lanciando gli occhiali sul letto.
«Io non ti illudo» rispose Zac, guardandolo storto.
«Sì, mi hai detto che c’era un modo per capire quello che
voleva». John era fuori di sé, continuava a giocherellare con tutto quello che
trovava: una penna, un blocco di post-it e la cornetta del telefono della
camera d’albergo.
«E infatti c’è. Solo che non so quale sia» puntualizzò Zac,
cominciando a vestirsi. «Se posso darti un consiglio, evita di partire già con
l’idea che farai qualcosa. Pensa di dormire con Hannah. In fin dei conti non mi
sembrate poi tanto affiatati…».
Forse Zac aveva ragione.
John e Hannah erano una bella coppia, ma non mi sembravano
ancora pronti per fare il passo successivo.
«Sì, sì. Ok. Farò così» borbottò John uscendo senza nemmeno
salutare.
Quando si chiuse la porta alle spalle cominciai a ridere
assieme a Zac.
«Donne» sussurrò prima che io mi chiudessi in bagno per fare
la doccia.
Quella sera a cena e durante l’uscita notturna con la classe
John si comportò come al solito con Hannah; questo era un buon segno.
«Allora, in che camera ci troviamo?» chiesi mentre stavamo
salendo le scale per ritornare in camera.
«In quella di John? Sembra la più grande» propose Mac,
mentre tutti annuivamo.
«Ragazzi, però non è giusto. Il professore potrebbe
richiamare me perché sente casino dalla mia stanza» borbottò contrariato,
mentre Hannah lo abbracciava.
«John non dovresti, hai sentito che cosa ha detto il
professore. Chi fa rumore questa notte farà due mesi di detenzione a scuola»
sussurrò Hannah sistemandogli gli occhiali.
«Insomma, dove dobbiamo andare?» chiese quasi spazientita
Ashley. «Dio, quanto ci mette questo ascensore?». Cominciò a battere il piede
per terra, nervosamente.
«Andiamo in camera di John, è deciso». Zac sembrò sicuro di
se stesso e non lasciò a John nemmeno il tempo di replicare. «Sapete tutti che
cosa dobbiamo fare, quindi vestitevi adeguatamente» puntualizzò guardando
Ashley, Mac e Hannah.
«Che cosa dobbiamo fare?» domandò Ashley, lanciandomi
un’occhiata confusa.
«Do-do-do-dobbiamo gio…». Non terminai la frase perché Mac
mi tirò una gomitata sullo stomaco.
«Zitto, scemo! Non si dice, è illegale!» sghignazzò quando
le porte dell’ascensore si aprirono.
«Alle undici e mezza» brontolò John prima che rompessimo le
righe per dirigersi nelle nostre camere.
«Muoviti Francis» mormorò Zac, aprendo lentamente la porta
della nostra camera e sistemandosi il cappuccio della felpa che gli stava
cadendo sulle spalle.
«Arrivo» sussurrai camminando in punta di piedi.
Mi sentivo un ladro.
Chiusi la porta della nostre stanza piano, cercando di
attutire il rumore.
«La stanza è la 78, vero?» chiese Zac mentre cominciavamo a
correre sul corridoio.
«Sì, è questa». Mi fermai davanti alla porta che aveva un 78
dipinto in oro sopra e bussai.
«Siete in ritardo» ridacchiò Mac aprendoci e spostandosi per
farci entrare.
Erano già arrivati tutti.
Lei e Ashley, Hannah e naturalmente John.
«Scusate, Francis è peggio di una donna». Zac si levò il
cappuccio e a grandi passi andò a sedersi sopra al letto.
Lanciai una veloce occhiata a Mac, vestita con una felpa e
un paio di pantaloni della tuta. Intravedevo un paio di calzini blu dietro alle
pantofole.
John aveva una maglietta a maniche corte e una felpa con la
zip aperta sopra.
Ashley…
Sgranai gli occhi stupito quando notai il suo abbigliamento.
Presi Mac per un gomito e mi spostai abbassando la voce
perché non ci sentissero anche gli altri.
«Perché non le hai detto di
vestirsi di più?» parlottai continuando a
guardare il pigiamino di Ashley, che consisteva in quella magliettina a maniche
corte e quei pantaloncini.
«Veramente io l'ho fatto, solo
che lei ha detto che quello é il suo pigiama. Non potevo di certo dirle che
cosa dobbiamo fare» sghignazzò quasi
sadicamente Mac.
«Ma rimarrà senza niente in meno di due mani». Deglutii dopo
un’improvvisa vampata di calore.
«Meglio per te, no?». Ammiccò verso di me ritornando a
sedersi sulla poltrona di fianco ad Ashley.
«Giochiamo?» propose Zac, prendendo le carte e cominciando a
mescolarle.
«A cosa?». Ashley sembrava ancora confusa.
«A strip poker» rispose Mac, tranquilla come se stessimo per
giocare a Monopoli.
«Ma io non so giocare a poker» si lamentò Ashley,
lanciandomi una strana occhiata.
Bene, sarebbe rimasta nuda in poco tempo.
E io avrei perso a mia volta perché distratto.
«Il problema è che hai troppi pochi strati di vestiti. Se
punti magliettina e pantaloncini e li perdi rimani in intimo». Zac non sembrava
interessarsi della cosa, il suo tono di voce era rimasto pressoché normale.
«Oh, ecco perché mi hai detto di vestirmi di più» sussurrò
Ashley, arrossendo leggermente.
«Io te l’ho detto, ma tu non mi hai ascoltato. Ok, allora
facciamo così, io e lei giochiamo assieme, punto i vestiti di entrambe». Mac si
legò velocemente i capelli e subito dopo si tirò su le maniche della felpa.
«Sarete imbattibili» borbottai arrabbiato. Mac perdeva
raramente a poker, e con la fortuna da principiante di Ashley saremmo rimasti
nudi subito.
E io, nudo, non ero proprio bello da vedere.
«Qualcuno può spiegarmi le regole?» chiese Ashley stizzita.
«Vai Mac» borbottai. Lei era la maga del poker, nessuno
sapeva giocare e spiegare il poker come lei.
«Ok, allora ogni carta ha un punteggio e bisogna battere gli
altri. Il punteggio massimo è il poker, cioè quando hai quattro carte con lo
stesso valore più un’altra carta extra. Se Zac fa il mazziere, noi e Francis,
che siamo alla sua sinistra abbiamo le puntate iniziali, dobbiamo quindi
puntare i vestiti. Ci sono altre mosse che ti spiegherò giocando, l’importante
è che noi non rimaniamo senza vestiti, ci sei?» chiese Mac mantenendo lo
sguardo fisso su Ashley.
«Più o meno…» borbottò sistemandosi meglio sulla poltrona.
«Vedrai che è facile. Dai Zac, distribuisci queste carte».
Mac si sfregò le mani, pronta per vincere. «Vedi,» cominciò a spiegare Mac,
mentre Zac distribuiva le carte, «noi siamo dette buio e Francis semibuio,
dobbiamo fare una puntata obbligata, dopo che avremo visto le nostre carte». Borbottò
Mac, alzando lentamente le carte perché nessuno sbirciasse.
«Ok. E come sono le nostre carte?» chiese Ashley, alternando
lo sguardo da Mac alle due carte.
«Non male. Io punto la mia felpa e la maglia di Ashley». Mac
era seria.
«Cosa?» strillò Ashley, guardando la sua maglia. «Rimarrò in
intimo» borbottò cercando di impietosire Mac.
«Meglio che rimanga tu in intimo, io non sono un belvedere»
ridacchiò Mac mentre guardavo le mie carte.
«Io punto la mia felpa e il calzino destro». Avevo una
piccola possibilità di vincere.
Alla fine di quella mano Mac e Ashley ci avevano stracciato.
Io ero rimasto senza la felpa, la maglia e un calzino.
John aveva i pantaloni e un calzino, Hannah aveva perso solo
la felpa.
Zac era quello messo peggio, aveva addosso i pantaloni e i
boxer.
Mac e Ashley erano le uniche completamente vestite.
«Non vale» piagnucolai dopo aver concluso la mano. «Siete
troppo forti».
«Solo perché hai perso, vero Francis? Tanto lo sai che io
sono più brava di tutti voi a giocare». Mac continuava a ridere spensierata.
«John, ho un po’ di sonno… ti dispiace se andiamo?» sussurrò
all’improvviso Hannah, stringendogli la mano.
«No, certo che no. Andiamo a dormire» strillò, in evidente
imbarazzo. «Vi dispiace ragazzi?» chiese, cominciando a strusciarsi la mano
sulla fronte per asciugarla dal sudore.
«No, andate pure. Buonanotte» borbottò Mac, cominciando a
mischiare le carte per giocare una nuova mano.
«A domani» li salutai mentre John si alzava lentamente dal
letto.
«Buonanotte». Zac lanciò una strana occhiata a John, che
cominciava a diventare sempre più pallido a mano a mano che passavano i minuti.
Durante la seconda mano Ashley e Mac furono un po’ più
sfortunate. Ashley rimase in canottiera, perdendo la sua maglia, e Mac fu
costretta a togliersi la felpa ed entrambi i calzini.
Zac era quello messo peggio: aveva perso anche i pantaloni.
«Rivincita Mac, subito. Non si è mai sentito di una donna
che vince a poker contro un uomo». Si tolse gli occhiali, massaggiandosi
stancamente gli occhi, e prese il mazzo di carte, avvicinandolo a me perché le
mischiassi.
«Passo. Sono le quattro e mezza. Devo dormire un paio d’ore
e non ho più voglia di giocare a poker. Mi sa che torno in stanza». Sbadigliai
stiracchiandomi e mi alzai dal letto.
«Bene, io contro di voi» sibilò Zac, cominciando a
rivestirsi mentre Mac mischiava le carte.
«No, vado a dormire anche io, sono un po’ stanca» ridacchiò
Ashley, alzandosi dal letto e sorridendomi in modo complice.
«Ok, buonanotte» borbottò Zac, già concentrato sulle carte
che Mac stava ancora girando.
«Ashley, vuoi che venga anche io?» chiese Mac, fermandosi.
«No, tranquilla. Mi bussi quando torni in camera e io ti
apro, nessun problema». Sorrise infilandosi le infradito e avvicinandosi
assieme a me alla porta.
«Ok, a dopo allora». Mac cominciò a distribuire le carte,
sistemandosi davanti a Zac sul letto perché non potesse sbirciare.
Aprii la porta della camera lentamente e, dopo essermi
assicurato che non ci fosse nessuno lungo il corridoio, feci cenno ad Ashley di
seguirmi.
Sgattaiolammo velocemente lungo tutto il corridoio; il
rumore dei nostri passi, anche se attutito dalla moquette, si sentiva lo
stesso.
«Bu-bu-buonanotte» sussurrai voltandomi a guardare Ashley,
una volta arrivato davanti alla mia porta.
«Francis, aspetta».
Salve ragazze!
Eccoci ritornate con i nerd!
:)
Siamo a settembre,
ricominciano le scuole, le vacanze sono finite e sono tornati anche i nerd! :P
Allora, prima di tutto, spero
che il capitolo vi sia piaciuto, come sempre ringrazio preferiti, seguiti, da ricordare
e chi mi mette tra gli autori preferiti, siete in tantissimi e crescete sempre
di più! Grazie grazie grazie! :)
Seconda cosa, avevo detto in
Fb che il titolo di questo capitolo sarebbe stato un altro, ho dovuto
cambiarlo perché il capitolo l’ho tagliato in due...
Una cosa importantissima! Io a poker non so giocare, quindi perdonate gli errori! Sammyjoe Storm
ce l'ha messa proprio tutta per cercare di farmi capire qualcosa, e
devo dire che ci è riuscita più del mio amico, che in
quanto maschio non ha saputo spiegarmi un cavolo!
Ad agosto i nerd sono andati
in vacanza ma io no… ho cominciato a pubblicare il seguito di Redemption (La ff
con Robert Pattinson), che si chiama Beside you (i toni sono diversi da
Redemption, molto più leggeri e anche gli argomenti trattati sono meno pesanti,
ma ci sono sempre Robert e Aileen)
Poi, il gruppo alla fine l’ho
creato, è già attivo e sto mettendo spoiler dei nerd e dell’altra storia, è
questo: NERDS’ CORNER.
Non vi chiedo il vostro nick o altro, mi mandate la richiesta e io accetto
tutti, anche se non commentate mai, non sentitevi timide! :)
Come sempre Roberta RobTwili è il mio
profilo di FB per EFP, e se volete aggiungermi fatelo pure, pubblico spoiler e
un sacco di scemate anche lì! :)
A vendersi prossimo!
Un bacione!
|
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Capitolo 13 *** Was it my first kiss? ***
rotn
«Che-che-che succede?» mormorai continuando a guardare lungo
il corridoio: avevo paura che arrivasse qualcuno.
«Spero non ti sia dispiaciuto perché sono intervenuta…».
Ashley si avvicinò a me, appoggiandosi alla porta della mia camera.
«In-intervenuta?». Mi sistemai gli occhiali sul naso che avevano
cominciato a scivolare a causa del nervosismo.
Ogni volta che Ashley era a pochi centimetri di distanza da
me iniziavo ad avere vampate di caldo e sudavo.
«Sì, con Zac e Mac» cercò di spiegarmi, accennando un timido
sorriso.
«Per-perché?» chiesi, giocherellando con la chiave della
camera.
Non aveva detto o fatto nulla di male durante la partita di
poker.
«Non ti sei accorto di nulla?» domandò sorpresa,
sistemandosi meglio contro il legno dello stipite dietro di lei.
«Di-di cosa?». Qualcuno aveva barato?
Di che cosa non mi ero accorto?
«Ecco… non so se sia solo una mia impressione, ma credo che
Mac… insomma, hai capito, no?» sussurrò stringendosi le braccia attorno al
corpo, come se avesse freddo.
«Dovrei?» chiesi slacciandomi la felpa e porgendogliela perché
si coprisse.
«Grazie» bofonchiò infilandosela velocemente. «Dici sul
serio Francis? Non ti sei mai accorto di nulla?». Era decisamente stupita dalla
mia reazione.
«Di-di cosa do-dovevo accorge-e-ermi?». Non riuscivo a
capire a che cosa si riferisse.
C’entravano Mac e Zac, a questo punto.
«Di Mac e Zac! Credo che a Mac piaccia Zac». Sembrava
convinta delle sue parole, questo mi stupì tanto che cominciai a ridere,
appoggiandomi alla porta per sostenermi.
A Mac piaceva Zac? Impossibile.
Mac odiava Zac!
«Zitto Francis, o ci scopriranno» sibilò Ashley, tappandomi
la bocca con una mano perché non ridessi così rumorosamente.
Cercai di calmarmi per non farci scoprire, ma era così
difficile smettere di ridere dopo quello che mi aveva detto!
Mac non poteva essere innamorata di Zac.
«Scu-scusami» borbottai sistemandomi gli occhiali che erano
scesi sul naso, «è solo ch-ch-che è una cosa di-di-divertente. In verità Mac o-o-odia
Zac». Ashley si era inserita nel nostro gruppo solamente da qualche mese, non
poteva sapere tutta la storia.
Zac e Mac si comportavano come cane e gatto, tra di loro
c’era un odio reciproco che riuscivano a tenere a bada solo grazie a un
precario equilibrio che veniva infranto tutte le volte che Zac faceva qualche
battuta su Mac.
«Ti sembra una cosa così stupida davvero?». Ashley era
incredula. Non ne capii il motivo: era perché non credevo a una cosa simile o
per la mia reazione esagerata?
«No, so-solo che Mac e Zac so-sono come cane e g-g-gatto. Se-se-se-senza
o-o-offesa A-A-Ashley, ma tu li co-co-conosci da po-poco» balbettai in
imbarazzo; speravo che non si offendesse perché non era mia intenzione.
«Francis» sogghignò, sistemandosi una ciocca di capelli
dietro l’orecchio, «hai ragione, li conosco da poco, ma Mac è una ragazza, e,
senza offesa, credo di capire le ragazze più di te».
Certo, forse riusciva a capire le ragazze più di me, ma Mac
non era come tutte le altre.
«Però pa-pa-parliamo di Mac. La co-co-conosco dall’asilo».
Incrociai le braccia al petto per darmi un po’ più di coraggio.
Forse quello era il momento giusto per smettere di
balbettare.
«Mac è una ragazza come tutte le altre». Ashley era davvero
divertita.
«No-no-non è vero» mi impuntai, sicuro di quello che stavo
dicendo.
«Ah, no? E per cosa è diversa? Non dirmi perché sa usare il
computer e perché conosce ogni singola battuta di Star Wars». Sembrava che Ashley volesse sfidarmi.
«Be’, Mac no-no-non è come tutte le altre ra-ra-ragazze per
questi mo-mo-motivi e an-anche per-perché…». Doveva esserci qualche altro
motivo. Mac era diversa dalle altre ragazze perché…
«Sto aspettando Francis…» ghignò soddisfatta Ashley.
«No-no-non porta i ta-ta-tacchi e no-non si tru-trucca». Sì,
Mac non era come tutte le altre ragazze anche per quello.
«Cioè, se Mac si truccasse e mettesse i tacchi e un vestito
sarebbe come tutte le altre ragazze, no?».
Perché sembrava che Ashley fosse sicura di avere la vittoria
in pugno?
«S-s-sì» balbettai convinto delle mie parole.
«Allora è una ragazza a tutti gli effetti, solo che non lo
fa vedere. Quindi, ho ragione io: Mac è una ragazza e io so quello che pensa».
«Ma…» borbottai in cerca di una scusa per non dargliela
vinta.
Mac doveva avere qualcosa di diverso dalle altre ragazze.
Non si truccava, non indossava i tacchi, sapeva hackerare il
sistema della scuola e aveva imparato a memoria tutte le battute dei primi tre
film di Star Wars.
Queste erano delle ottime motivazioni per rendere Mac
diversa da tutte le altre… almeno per me.
«In o-o-ogni caso a Mac non piace Zac». Su questa cosa ci
avrei messo la mano sul fuoco.
Se fosse stato così me ne sarei accorto, o almeno Mac me ne
avrebbe parlato.
«Va bene, glielo chiederò e poi vedremo» sbottò Ashley, così
sicura di aver ragione che cominciavo a dubitare di me stesso.
«D-d-d-d’accordo». Non potevo di certo farle vedere che volevo
entrare in camera per mandare subito un messaggio a Mac.
Dovevo sapere chi dei due era riuscito a capire la
situazione.
Aprii la porta della mia camera e feci un passo per entrare,
ma la mano di Ashley si appoggiò al mio polso.
«Francis» sussurrò appena, tanto che faticai a sentirla
nonostante il silenzio del corridoio.
«S-s-sì?» borbottai, voltandomi verso di lei, ancora
appoggiata allo stipite.
«Io… io volevo ringraziarti. A dire la verità volevo ringraziare
tutti». Cominciò a giocherellare con la chiave della sua camera, imbarazzata.
«Pe-per co-cosa?» chiesi, non capendo a che cosa si
riferisse.
«Be’, voi siete state le uniche persone gentili. Quando gli
altri mi hanno evitato voi mi avete accolto, come se mi aveste conosciuto da
sempre. Prima a scuola, dopo alle Star
Wars Night. Nessuno si è mai comportato così con me». Continuava a parlare
con lo sguardo basso, evitando di guardarmi negli occhi.
«No-non devi ringraziarci, no-no-noi l’abbiamo fa-fa-fatto
perché ci an-an-andava» borbottai prima di schiarirmi la voce, impacciato.
«Francis, tu sei troppo buono» sussurrò facendo un passo
verso di me e costringendomi a indietreggiare schiacciandomi contro l’altro
stipite della porta.
«N-n-n-n-n-non è v-v-v-v-vero» balbettai cercando di non
badare al battito del mio cuore che copriva anche la voce di Ashley.
Era troppo vicina, un altro passo e avrei rischiato
l’iperventilazione.
«Sì che è vero. Tu, Zac, John, Mac, siete delle persone
splendide, e io non so davvero come ringraziarvi». Si portò una mano sulla
guancia per asciugarsi una lacrima.
Oddio, stava piangendo.
«A-A-Ashley» borbottai avvicinandomi a lei di un passo. «Va-a-a
tutto be-bene?». Domanda idiota.
Se stava piangendo non andava tutto bene.
Mi abbracciò, affondando il viso sul mio petto senza che
nemmeno avessi il tempo di reagire.
«Io non vi merito» singhiozzò continuando a piangere.
Cosa dovevo fare?
Lei era abbracciata a me, in lacrime; io ero lì, come uno
stoccafisso, con le mani lungo i fianchi.
Ok, bisognava consolarla.
Lentamente portai le braccia sulla sua schiena e la
accarezzai in modo dolce.
«No-no-non dire co-così» sussurrai continuando ad
accarezzarle la schiena.
Sentii un suo singhiozzo e cominciai ad agitarmi.
Forse non stavo facendo la cosa giusta, altrimenti avrebbe
smesso di piangere, no?
E se ci avessero scoperto?
Erano le cinque di mattina, eravamo fuori dalle nostre stanze.
Mi avrebbero sospeso da scuola!
Forse addirittura levato la fascia di capitano de I
Matematicici.
Continuò a piangere per qualche minuto, stringendo la mia
maglia tra i suoi pugni. Quando alzò il viso e mi guardò con quegli enormi
occhi azzurri, il mio cuore ritornò a correre.
Poco mi importava de I Matematicici o de Gli Elettroni
Spaiati.
Ashley era bellissima anche mentre piangeva e se vederla aggrappata
alla mia maglia poteva costarmi la fascia da capitano, be’… ne sarebbe valsa la
pena.
«Va me-me-meglio?» chiesi sciogliendo un po’ l’abbraccio.
Si asciugò una lacrima con il dorso della mano e sorrisi
quando, con una smorfia buffa, cercò di tirare su con il naso.
Portai subito la mano nella tasca dei jeans e le porsi un
fazzoletto.
Dejà vù.
La mia mente ritornò alla festa di Halloween, quando le
avevo prestato un fazzoletto bianco con le righe blu sul bordo.
Ashley prese il fazzoletto e si soffiò il naso cercando di
fare poco rumore, ma mi accorsi che stava piangendo ancora.
«Ehi, A-A-A-Ashley» mormorai prendendole il viso tra le mani
e asciugandole una lacrima con il pollice, «va t-t-t-utto bene». Non sapevo
come rassicurarla così, per non farla sentire in imbarazzo spostai le mani dal
suo viso. Forse non era stata una saggia idea.
Credevo che si sarebbe messa a piangere di nuovo, che
sarebbe scappata in camera sua o che magari sarebbe corsa da Mac.
Mai, mai nella mia vita mi sarei aspettato di vedere Ashley
alzarsi in punta di piedi e chiudere gli occhi prima di appoggiare le sue
labbra alle mie.
Ero talmente sorpreso da quel gesto che non mi ero
minimamente mosso.
Le braccia lungo i fianchi, gli occhi sbarrati per la
sorpresa, le labbra serrate.
Quando Ashley aprì gli occhi di scatto e si scostò da me,
ero ancora immobile.
«Oddio» gemette portandosi le mani tra i capelli e tirandone
qualche ciocca. «Oddio ho baciato Frank Fagotto». Cominciò a camminare lungo il
corridoio in modo nervoso, continuando a tirarsi i capelli.
«A-A-A-A-A-Ashley» balbettai ancora scosso per quello che
era successo.
Doveva calmarsi, dovevamo rientrare in camera, per
metabolizzare l’accaduto, magari.
«Sta zitto» sibilò puntandomi l’indice contro. «Non mi hai
nemmeno baciato tu! Ti ho baciato solo io!» continuò, ritornando a camminare
nervosa.
Certo! Non ero riuscito a baciarla perché mi aveva colto di
sorpresa! Cosa si aspettava che facessi al mio primo bacio se mi coglieva così
alla sprovvista?
«A-A-As…» non riuscii nemmeno a terminare la frase che
Ashley ritornò verso di me più arrabbiata che mai.
«Zitto» ribadì tra le lacrime che avevano cominciato a
scorrere di nuovo sulle sue guance. «Sta zitto. Non parlare, non dire niente».
Sembrava delirante; sbuffava, piangeva, camminava.
Non riuscivo a capire che cosa fare per farla ritornare in
sé.
«A-A-A-Ashley» deglutii sperando di ritrovare un po’ di
voce, ma ero talmente in imbarazzo che dovevo impegnarmi per non balbettare.
«No, zitto! Non è successo niente. Se lo dici a qualcuno ti
uccido, d’accordo?». Ancora una volta si avvicinò puntandomi l’indice contro,
minacciosa.
«A-A-A-A-Ash…» provai a parlare di nuovo. Volevo spiegarle
che non era successo niente, che non doveva agitarsi in quel modo.
In fin dei conti era stato solo il mio primo bacio.
Con Ashley Foster.
«Giuralo» sibilò.
«G-g-g-g-giuro» borbottai, sperando che si calmasse e
potesse finalmente ascoltarmi.
«L’hai giurato». Cominciò a indietreggiare verso la porta
della sua stanza e feci un passo avanti per raggiungerla.
Non ce la facevo a vederla così triste, ancora con qualche
lacrima che scendeva.
«A-A-A-A-Ashley» sussurrai velocizzando il passo, quando mi
accorsi che aveva aperto la porta.
«Nemmeno a Zac» borbottò chiudendomi la porta in faccia.
«Ashley! Apri la porta». Cominciai a bussare
insistentemente, senza risultato. «Ashley! Per favore, devo parlarti» ritentai,
non ricevendo risposta. «Ok, ascoltami Ashley, non è successo niente, va bene?
Ci siamo fermati a parlare di Mac e Zac, ti prego, apri la porta, voglio solo
sapere se stai bene». Non l’avrei detto a nessuno.
Mi sarebbe rimasto il ricordo e l’avrei tenuto solo per me.
Il mio primo bacio, con Ashley Foster.
«Vattene» si lamentò da dietro la porta chiusa.
«Ok» sospirai. Avevo capito che non si sarebbe arresa. «Ci
vediamo domani. Buonanotte» bofonchiai alla porta chiusa, prima di dirigermi
verso la mia camera e chiudermi dentro.
«Perfetto!» grugnii sedendomi sul letto e lanciando gli
occhiali sul cuscino. Mi strofinai il viso con le mani per cercare di fare un
po’ d’ordine in testa.
Un casino, ecco quello che era successo!
Se mai nella mia vita avevo avuto qualche possibilità con
Ashley, era sparita dopo quel bacio.
Perché dovevano capitare tutte a me?
Avrei aspettato anche altri nove mesi, se poi fosse stato
tutto perfetto, ma no! Perché doveva baciarmi così a caso, spaventandosi per
non sapevo nemmeno che cosa e cominciare a piangere.
Mi distesi sopra alle coperte cercando di addormentarmi;
naturalmente con scarsi risultati.
Continuavo a rivedere la scena del bacio con Ashley; lei che
mi guardava dritto negli occhi, che si sollevava sulle punte e le sue labbra
sulle mie.
Sentivo ancora la sensazione di calore.
Mi umettai involontariamente le labbra e sentii il profumo
di Ashley.
Suggestione, probabilmente. Però ero quasi sicuro di poter sentire
quel gusto di vaniglia e arancia che Ashley emanava.
Rimasi a rigirarmi nel letto fino a quando qualcuno bussò
alla porta.
Mi alzai e subito corsi ad aprire, magari era Ashley e
voleva parlarmi.
Quando vidi Zac davanti a me, borbottai un «Ah, sei tu»
deluso.
«Che ci fai ancora in pigiama Francis? È ora di fare
colazione, sono le sette e mezza». Nonostante gli occhiali potevo vedere due
grosse occhiaie nere.
Non sembrava sentire la stanchezza però. Continuava a
muoversi velocemente, come se avesse dormito per ore.
«Mi sono appena svegliato» mentii prima di togliermi il pigiama e infilarmi velocemente
un paio di jeans, una maglietta e una felpa. «Che cosa avete fatto per tutta la
notte?» chiesi curioso di sapere come mai avesse tutta quell’adrenalina
addosso.
«Ho giocato a strip poker» ridacchiò prima di mettersi
addosso un paio di jeans.
«Fino ad adesso?». Sgranai gli occhi stupito.
Pazzi. Ecco la parola giusta per descrivere Mac e Zac.
Come diamine avevano fatto a resistete tutte quelle ore
davanti a un mazzo di carte?
«Sì. Ma vuoi sapere qual è stata la cosa bellissima?». Si
avvicinò ancora su di giri, mentre annuivo per non interrompere il suo
racconto. «Ho vinto. Capisci? Ho sfatato il mito! Mac non è imbattibile a
poker! L’ho battuta io, proprio io». Si indicò felice, infilandosi un paio di
scarpe da ginnastica.
«Quante volte hai perso?». Se era riuscito a vincere una
volta soltanto ed erano rimasti a giocare a poker per tutte quelle ore
significava che Mac aveva vinto come minimo tre mani.
«Dunque, una volta sono rimasto in boxer, un’altra in boxer e calzini, una
volta Mac mi ha detto che era meglio se sospendevamo e quindi sono riuscito a
tenere i pantaloni… forse sono rimasto in mutande due volte» precisò
asciugandosi il viso dopo che era corso in bagno per prepararsi.
«E Mac? Ha perso quante volte?» sogghignai, aspettando la
sua risposta.
«Una. Ma ho sfatato il mito, capisci? È rimasta in
canottiera! Poi ha abbandonato. Dio, che soddisfazione» sospirò distendendosi
sul letto e allargando le braccia.
«Sono felice» dissi fingendo un sorriso.
Se solo avesse saputo quello che mi era successo il poker
sarebbe stato l’ultimo dei suoi pensieri.
«Ehi amico, tutto bene?» chiese improvvisamente, alzando
solo il capo per guardarmi.
«Mhm? Certo» annuii, correndo in bagno perché non vedesse
che avevo raccontato una bugia.
«Sicuro?». Sussultai quando vidi l’immagine di Zac riflessa
sullo specchio del bagno.
«Sicurissimo». Mi abbassai per lavarmi i denti.
«Non è successo niente di strano?».
Perché voleva sapere tutti i dettagli proprio l’unica volta
che non volevo raccontarli?
«No no» borbottai con lo spazzolino in bocca.
«Ok, allora appena hai finito andiamo da John a sentire come
ha passato la notte» sbadigliò stiracchiandosi.
Sapevo che sarebbe crollato durante il viaggio di ritorno,
in fondo era Zac, quello che non si svegliava prima delle sette e venti.
Continuava a rimanere sveglio solo per la botta di
adrenalina causata dalla mano vinta a poker.
Quando uscimmo con il borsone per andare direttamente in
camera di Hannah, mi assalì un dubbio.
«Zac, e se ci aprono Cindy e il suo ragazzo?». Magari erano
anche mezzi nudi.
«Gli chiediamo se John e Hannah sono già andati a fare
colazione, che problema hai?». Mi lanciò un’occhiataccia bussando alla porta.
Magari si stavano baciando. Non volevo interromperli sul più
bello.
«Sì?». Hannah aprì la porta con un sorriso stanco,
sistemandosi i capelli.
«John?» chiese Zac, sbirciando dietro di lei per vedere se era
ancora in stanza.
«Cinque minuti fa, quando ci siamo svegliati, è corso in
camera per prepararsi».
Vidi Cindy dentro alla stanza mentre si sedeva sopra alla
sua valigia per cercare di chiuderla.
«Ok, grazie» borbottai cominciando a camminare verso la camera
di John.
«Dici che hanno fatto qualcosa?» chiese Zac continuando a
voltarsi per guardare Hannah.
«Non lo so, Zac. Che domande mi fai? Non ero mica lì, io.
Chiedilo a John» sbottai bussando alla porta di John che era aperta.
«Entrate ragazzi». La voce di John arrivò ovattata e
storpiata.
Quando, dopo essere entrati, mi accorsi che era perché stava
tenendo una maglia tra i denti, ridacchiai involontariamente per la comicità
della scena.
«Allora?». Zac non riusciva a rimanere fermo; si dondolava
da un piede all’altro, mentre aspettava che John raccontasse che cosa era
successo.
«Calma, ragazzi. Abbiamo solo dormito assieme. Qualche
coccola, ok, ma niente di serio». Il disappunto nel volto di Zac, dopo aver
sentito che cosa aveva detto John, era evidente.
«Che occasione sprecata John. Non ti capiterà mai più»
borbottò Zac, distendendosi sul letto di John.
«Ascolta, ne abbiamo parlato ma non era il momento. Smettila
di farti gli affari miei». John sembrava davvero arrabbiato, forse per la
mancanza di sonno. «Tu, Francis? Novità?». Due paia di occhi si posarono su di
me.
«Oh… no. No, no, no. Niente novità» mentii cominciando a
sentire alcune goccioline di sudore sulla fronte.
«Stai mentendo?». Zac si alzò dal letto, avvicinandosi per
guardarmi più da vicino.
«No, no che non sto mentendo, che dici?» mi giustificai,
cominciando a guardarmi attorno per cercare qualcosa da riordinare.
«Ok». Zac fece spallucce, come se fosse stato completamente
disinteressato.
Come era possibile?
Perché non insisteva per sapere che cosa era successo?
«Andiamo ragazzi?» chiese John, chiudendo il suo borsone e
controllando di non aver lasciato niente nella stanza.
Prendemmo l’ascensore in silenzio; Zac continuava a
fischiettare, ma riuscivo a vedere attraverso lo specchio che mi lanciava strane
occhiate.
Probabilmente aveva un piano diabolico per farmi confessare
e io ne ero spaventato, a morte!
Quando arrivammo nella sala per fare colazione, mi accorsi
che Ashley e Mac erano sedute a un tavolo appartato, l’unico che aveva posti
liberi.
«Andiamo dalle ragazze?» propose Zac, cominciando già a
camminare prima che io potessi proporre di cercare un altro tavolo.
«Su, Francis». John mi spintonò ridendo, mentre si
avvicinava a Mac e Ashley salutandole.
«D’accordo, coraggio Francis. Non è successo niente» parlottai
da solo per farmi coraggio. «Ciao» sussurrai sedendomi di fianco ad Ashley,
visto che era l’ultimo posto rimasto libero.
«Ciao Francis» borbottò Mac, prima di continuare a bere il
suo caffè.
Ashley non mi salutò nemmeno.
Perfetto.
La giornata era cominciata nel migliore dei modi.
«Allora, come hai passato la nottata, Ashley?» chiese Zac,
cominciando a spalmare del burro su una fetta di pane tostato.
«Bene» ribatté secca, senza altare lo sguardo dal piatto con
una brioche mezza mangiucchiata.
«John? Dormito bene?». Mac improvvisamente cambiò discorso,
riportando l’attenzione sul mio amico.
Che sapesse qualcosa?
«Sì, dormito bene. Tu?» ghignò John cominciando a mangiare i
cereali e il latte.
«Ho giocato a poker per tutta la notte. Ho vinto tutte le partite…».
Mac si schiarì la voce giocherellando con la tazza mezza piena.
«Mac… sii sincera! Hai vinto quasi tutte le partite» puntualizzò Zac, orgoglioso di se stesso.
«Ok, ne ho persa una» sibilò Mac infastidita.
«Brava. Era comodo il letto, Ashley? Sei riuscita a dormire?».
Zac stava cercando la leva giusta per capire che cosa fosse veramente successo
tra me e lei.
«Oh, dannazione! Perché non riesci a raccontare una bugia?»
sbottò lanciandomi un’occhiataccia.
Mimai con le labbra un «No» che Ashley non riuscì a vedere.
«Sì, sì va bene? L’ho baciato». Stritolò il cornetto tra le
dita e sentii distintamente il cucchiaio di John cadere dentro alla scodella
con i cereali.
«L’hai baciato?» strillò Zac, prima di prendersi un pugno
sulla spalla da Mac.
«Stai zitto, idiota» disse massaggiandosi la mano.
«L’hai baciato?» ripeté Zac, talmente sconvolto da non
sentire il dolore provocato dal pugno.
«Non gli avevi detto niente?» sussurrò Ashley guardandomi
stupita.
«No, mi hai detto di non dire nulla». Io avevo mantenuto la
promessa, era stata lei a sbandierare ai quattro venti quello che era successo.
E non riuscivo a capire perché l’avesse fatto.
«Francis, io…» cercò di giustificarsi, mentre si
mordicchiava il labbro inferiore, nervosa.
«Va tutto bene?» chiesi sperando che non cominciasse a
piangere.
«Sì, sì. Tanto loro l’avrebbero scoperto» borbottò guardando
Zac e John che avevano ancora la bocca spalancata e non si erano mossi.
«Spiegami questa cosa, l’hai baciato?». Zac aveva qualche
problema, continuava a ripetere sempre la stessa frase.
«Zachary, dacci un taglio. Smettila e fatti gli affari tuoi.
Impara a giocare a poker, piuttosto» brontolò Mac. Ashley cercò di mascherare
una risata con un colpo di tosse.
«Ma ho vinto» mugolò cominciando a mangiare di nuovo.
«Una volta. E quante ne hai perse? Oh, aspetta! Ho perso il
conto» ghignò Mac.
«Sei crudele» frignò Zac, sporgendo il labbro inferiore.
Sapevo che non avrebbero più detto nulla, e gliene ero
grato.
Finimmo di fare colazione e subito il professor Moriarty ci
chiamò per andare a seguire solamente una lezione prima di ritornare a casa.
Seguii una lezione del secondo anno di fisica biologica, poi,
a malincuore, raggiunsi Mac, Zac, John, Hannah e Ashley che mi stavano
aspettando davanti al bus.
«Allora, Francis?» chiese Mac, sistemando gli opuscoli che
aveva in mano.
«Non posso pensare di ritornare al liceo» piagnucolai
lasciando il borsone all’autista.
«Andiamo Francis, altri pochi mesi e poi ritornerai qui»
cercò di farmi coraggio Mac.
«E se ti prendessero ad Harvard? O Princeton? Verrai lo
stesso a Stanford?». Zac prese posto su un sedile e John e Hannah si
sistemarono in quello di fianco.
«Non lo so. Questo è da vedere…» borbottai.
Mancavano ancora alcuni mesi alla decisione finale.
Non sapevo ancora con esattezza dove sarei andato.
«Mi tocca sedermi di fianco a te» sbottò Mac, sedendosi di
fianco a Zac.
Avevo ragione io.
Lei e Zac erano come cane e gatto.
«Vuoi sederti con Ashley? Io posso anche sedermi con Francis»
brontolò Zac, sistemandosi contro il finestrino.
«Ormai rimango qui». Mac prese il suo I-pod e lo accese,
cominciando a canticchiare una canzone.
«Posso sedermi qui con te?» sussurrò Ash, indicando il posto
vuoto di fianco a me.
«C-c-c-certo» balbettai, spostando lo zaino sulle ginocchia.
«Grazie». Si sedette imbarazzata, continuando a guardare
davanti a sé.
«F-f-f-figurati». Cominciai a guardare fuori dal finestrino,
un ultimo saluto a Stanford prima di partire.
Partimmo pochi minuti dopo, fortunatamente Alex e tutta la
squadra erano nell’altro bus, quindi non ci disturbarono.
Mentre guardavo la strada scorrere attraverso il vetro del
finestrino, sentii qualcosa tirarmi la manica della felpa; quando mi voltai, mi
accorsi che era Ashley.
«Francis, guarda» ghignò indicandomi il sedile con Zac e
Mac.
Mi alzai goffamente per guardare e riuscii a fatica a
trattenere una risata.
Si erano addormentati entrambi.
Mac aveva il capo appoggiato alla spalla di Zac che teneva
la guancia posata sulla fronte di Mac.
Mi portai una mano davanti alle labbra cercando di non
ridere.
«So-so-solo perché hanno pa-pa-passato tutta la notte a gio-giocare
a strip poker, non hai ra-ragione tu» borbottai appoggiando la nuca al
finestrino per guardare Ashley.
«Ho cercato di indagare, ma Mac è peggio di una cassaforte…»
si lamentò, sbuffando.
«Oh, da-da-davvero?» scherzai prendendola in giro.
«Francis». Quando capì che mi stavo prendendo gioco di lei,
mi tirò un leggero schiaffo sul braccio.
«Ve-ve-vedrai quando si sv-sveglieranno. Non si piac-c-ciono».
Ne ero sicuro.
Immaginavo già Mac, rossa di rabbia che si spostava
velocemente da Zac.
«Vedremo» mormorò Ashley con un mezzo sorriso. «Francis?
Facciamo un patto?» propose avvicinandosi a me.
«Ch-ch-ch-che patto?» mugugnai imbarazzato, ricordando il
nostro bacio.
«Quello che accade a Stanford rimane a Stanford?».
Oh, ecco che cosa voleva dire.
Dovevo dimenticarmi del bacio, come se non fosse mai
successo.
Facile… no, impossibile!
«C-c-c-certo» mentii sistemandomi gli occhiali che erano
scesi sul naso.
«Perfetto» sussurrò sorridendo e appoggiando il capo sul
sedile.
Non era mica una cosa difficile cancellare il mio primo
bacio!
Chi si ricordava il primo bacio?
Nessuno!
Oh, ma chi volevo prendere in giro?
Mi sarei ricordato Stanford fino a quando non mi fosse
caduto anche l’ultimo capello bianco, forse anche dopo.
Non avrei detto nulla ad Ashley, ma Stanford, quell’albergo,
la porta davanti alla camera 73 e le sue labbra sulle mie, sarebbero state il
ricordo più bello della mia vita.
E buon venerdì ragazze! :)
Allora? Vi avevo illuso con
gli spoiler?
Spero di no… insomma, per
quanto riguarda Francis, quando dicevo che è diventato un ometto, mi riferivo
soprattutto al suo comportamento, l’accarezzare il viso di Ashley per
consolarla…
Per Zac e Mac… il momento
Halleluja è stato quando Ash ha confessato che secondo lei Mac è innamorata di
Zac…
Il secondo momento Halleluja
è naturalmente il primo bacio di Francis… ma ammettiamolo, non possiamo
considerarlo bacio… per ora! ;)
Poi poi poi… John e Hannah…
non potevo esagerare, anche perché non sono di certo una coppia
Cheerleader-Giocatore di Football… quindi, mi sembrava esagerato e inverosimile
mettere qualcosa di più di qualche coccola…
Questi nerd hanno bisogno di
tempo! ;)
Come sempre ringrazio
preferiti, seguiti, da ricordare, chi legge e chi commenta!
Il gruppo spoiler è Nerds’
corner (Questa settimana mi sono rovinata, lo ammetto! Ho messo spoiler di Zac e Mac e qualche battutina su
Francis…).
Il mio profilo FB è Roberta
RobTwili.
Come al solito ci vediamo
venerdì prossimo! :)
Un bacione!
|
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Capitolo 14 *** I really can't understand ***
NERD
«Ragazzi, siamo arrivati» bofonchiai scuotendo con foga
il braccio di Zac.
«Mhhh» si lamentò allora lui, sistemandosi meglio contro Mac.
Ashley non riuscì a trattenere una risatina e io la ammonii con
lo sguardo.
«Mac, Zac, svegliatevi! Siamo arrivati a casa»
dissi di nuovo, sperando che almeno uno dei due si decidesse ad aprire gli
occhi.
Il viso di Mac assunse una smorfia strana che mi fece
sorridere; poi però si appoggiò meglio alla spalla di Zac, riprendendo a
dormire.
«Ci rinuncio» sbuffai, guardando John e Hannah che
continuavano a osservare la scena divertiti.
«Provaci tu John, ieri mattina sei riuscito a svegliare Zac»
propose Ashley, indietreggiando di un passo per lasciarlo passare.
«Sì, ma non garantisco nulla, anche perché non posso
svegliarlo dicendogli che c’è Natalie, non ci cascherebbe più».
Si appoggiò al sedile di fianco a quello di Mac e Zac per non perdere
l’equilibrio e si fece pensieroso.
«Tu provaci, vedrai che funziona». Ashley sembrava fiduciosa.
«Mac, è in commercio il nuovo modello dell’I-phone e ci
sono un paio di App che puoi hackerare, svegliati» cominciò a gridare John. «Zac,
svegliati! È appena uscito il nuovo film di Natalie Portman. Ti ricordo che è
Thor, uno dei tuoi fumetti preferiti». Quando udirono quelle parole, Zac e
Mac mugolarono qualcosa senza senso, prima di aprire lentamente gli occhi.
«Che, che succede?» chiese Mac, strofinandosi gli occhi
per cercare di svegliarsi.
«Vi siete addormentati e non riuscivamo più a svegliarvi»
dissi io spostandomi per lasciar passare
il professor Moriarty. L’occhiata che ci lanciò fu eloquente: strinse le
palpebre a mo’ di rimprovero e poi si allontanò immediatamente a passo svelto.
«Dove siamo?» sbadigliò Zac stiracchiandosi e
bloccandosi non appena si accorse di essere ancora appoggiato a Mac.
«Tra cinque minuti siamo a scuola, ma sono quasi dieci
minuti che proviamo a svegliarvi» intervenne Ashley, continuando a
stento a nascondere il suo divertimento.
«Ti sei addormentata anche tu?» chiese Zac a Mac che annuì accostandosi
al finestrino per mettere un po’ di distanza tra di loro.
Forse era una mia impressione, ma mi sembrava che Mac fosse arrossita.
Naturalmente per rabbia, come avevo previsto.
«Suppongo sia perché abbiamo passato tutta la notte a
giocare a poker» ridacchiò Zac, stiracchiandosi di nuovo e più a lungo.
«Chi si è addormentato prima?» chiese Ashley,
mordicchiandosi il labbro per trattenere una risata.
«Non so, credo io». Zac fece spallucce, ma io non mi
feci sfuggire il sorrisetto di vittoria che si era disegnato sulle labbra di
Ashley.
«Ho vinto» sussurrò al mio orecchio, per
ribadire il concetto.
«No-no-non è ve-vero». Certo non poteva aver vinto solo
perché Zac si era addormentato per primo e si era appoggiato alla fronte di
Mac.
Anche perché non era fisicamente possibile.
Mac doveva aver appoggiato la testa sulla spalla di Zac e
poi lui si era abbandonato contro di lei.
Questo era quanto.
«Ragazzi, siamo arrivati» annunciò il professor
Moriarty mentre il bus si fermava davanti al parcheggio della scuola.
Raccattai le mie cose e scesi dall’autobus seguito da Ashley
e dagli altri proprio mentre Alex e tutti i suoi scagnozzi stavano uscendo dall’altro
bus.
«Guarda Luke! Ci sono i secchioni. Perché non andiamo a
salutarli?»
urlò attirando l’attenzione di tutti quelli che erano lì vicino.
«Andiamocene Hannah» sussurrò John, prendendo Hannah per
mano e allontanandosi di qualche passo da noi.
«Che stupido» borbottò Zac, mettendosi al mio
fianco, come se avesse voluto darmi un po’ di coraggio.
«Muoviamoci». Mac tirò leggermente la mia felpa
per farmi indietreggiare.
Forse era una buona idea, ma una piccola parte di me, una
parte ribelle che non credevo nemmeno di avere, mi costrinse a rimanere fermo
in quel posto. Alex non avrebbe alzato nemmeno un dito contro di noi, c’erano
troppe persone attorno; c’erano addirittura il professor Moriarty e la
professoressa Cole.
«Guarda chi c’è con i secchioni Kath! C’è Ashley, la capo
cheerleader!»
ridacchiò Alex facendo starnazzare Kathrina e le altre oche che le erano di
fianco. «Da
quando una cheerleader sta con i secchioni, Luke? Non si è mai sentita questa
cosa».
Per far vedere che si stava divertendo lasciò un pugno scherzoso sulla spalla
di Luke.
«Andiamocene» sussurrò Ashley appoggiando la sua
mano sul mio braccio.
«Chissà di che cosa avranno parlato questa notte, eh Luke?
Magari di quelle cose che piacciono tanto a loro, di fumetti o di film con
spade laser»
continuò, schernendoci, mentre prendevamo le nostre borse per andarcene.
«No-non as-as-ascoltarlo A-A-Ashley». Non mi interessava nulla di
tutto quello che Alex stava dicendo. Ero abituato a sentire quelle stupide
battutine.
Qualcosa mi diceva però che quella volta quelle frecciatine
erano rivolte ad Ashley. Voleva offenderla, e questo mi faceva infuriare.
Non ero così cavaliere però da sfidare Alex, che aveva il
triplo dei miei muscoli inesistenti.
«Devo dire che ti fa bene rimanere con i secchioni Ashley,
voglio dire… stai quasi perdendo l’aria di bionda svampita che avevi. È un
bene, no?»
strillò seguendoci.
Non feci nemmeno in tempo a girarmi per guardarlo e dirgli
di smetterla che Ashley si era avvicinata a lui.
«Senti, idiota, smettila di offendere chi è più
intelligente di te. E forse sì, sto perdendo l’aria da bionda stupida che avevo
prima, e ne sono felice, sai? Così almeno riesco davvero a vedere quanto
piccolo sia il tuo cervello. Anzi, scusami, non solo il tuo, anche di tutte le
persone che ti stanno attorno. E per favore, smettila di voler attirare la mia
attenzione o l’attenzione degli altri su di te, perché comincio davvero a
stancarmi. Se dici di nuovo qualcosa contro di noi, sappi che mi vendicherò,
ok? Credo di avere materiale a sufficienza per farti espellere da scuola,
perché a questo punto non ti è bastato perdere il tuo posto in squadra dopo
quello che hai fatto». Per marcare ancora di più il concetto gli tirò uno
schiaffo improvviso.
«Uuhh» ghignò Zac portandosi una mano davanti alle labbra per
nascondere la sua risata.
«Io la amo» borbottai continuando a guardare
Ashley con aria sognante.
«Ragazzi, possiamo andare a casa? Mia mamma mi aspetta».
Ash ci guardò e cominciò a incamminarsi verso la mia macchina come se non fosse
successo nulla.
«Muovetevi» bisbigliò Mac, seguendo Ashley.
Senza dire una parola io e Zac cominciammo a seguirle,
evitando di prestare troppa attenzione ad Alex e ai suoi scagnozzi che ci
stavano guardando.
Se gli sguardi avessero potuto uccidere, in quel momento,
probabilmente, saremmo morti.
Aprii il bagagliaio della macchina e velocemente appoggiai alcune
delle nostre borse; poi, salii in auto seguito dai ragazzi.
Non sapevo se fosse meglio evitare di accennare a quello che
era appena successo o se fosse il caso di chiedere ad Ashley se era tutto ok.
«Tutto bene, Ash?». Mac mi precedette e la ringraziai
mentalmente per aver rotto quel silenzio imbarazzante.
«Certo. Spero solo che la smetta di rompere una volta per
tutte, perché comincio a non sopportarlo più. Mi dispiace ragazzi, è un idiota
e me ne sto rendendo conto solo ora».
Riuscii a notare il suo sguardo abbassarsi attraverso lo
specchietto retrovisore.
«Non fa niente Ashley. Si è sempre comportato così con noi»
spiegò Zac, cercando di farle capire che non era colpa sua.
«Ecco, questo mi fa stare ancora più male. Mi dispiace
ragazzi»
tornò a dire Ashley, guardandoci uno alla volta.
«T-t-t-tu stai be-be-bene?» domandai quando Ashley posò
lo sguardo su di me.
«Sì, credo di sì. Non ci faccio più caso. Ho solo voglia di
distrarmi, non ci voglio pensare». Scosse leggermente il capo come se
avesse voluto scacciare il brutto pensiero.
«Vuoi che organizziamo una serata di supporto morale?
Chiamo anche John e Hannah se ti fa piacere». Zac prese il cellulare ancora
prima di aver finito di parlare per chiamare John, che era andato a casa con
Hannah.
«No, ragazzi scusate, ma non ho voglia di film oggi. Mac,
verresti a fare una passeggiata in spiaggia con me?». Rivolse uno strano sguardo a
Mac che annuì cercando di sorridere per rassicurarla. «Grazie» sussurrò poi, appoggiandole
la mano sulla gamba.
«Oh, ho capito, è una cosa tra ragazze, eh? Dovete sparlare
di noi?».
Zac cercò di far sorridere Ashley, e ci riuscì.
«Esatto. Non sai che cosa diremo di voi»
ribatté Mac, prima di tirargli una leggera pacca sulla spalla.
«Francis, che ne dici se facciamo una serata per soli uomini?
Io, tu, John se vuole. A casa tua o a casa mia… i tuoi sono a casa?».
Zac si appoggiò al finestrino con il capo per guardarmi.
«Io… credo che Chris sia a casa, quindi sarebbe meglio non
fare a casa mia, sai com’è. Anche se credo che questa sera debba uscire»
dissi senza pensare che dietro di me c’era Ashley, e che probabilmente non
sapeva che i nostri fratelli erano stati migliori amici al liceo e ancora si
trovavano per uscire qualche weekend.
«Chris? Quel Chris Hudson? Il quaterback della scuola?
Quello che assieme a mio fratello ha portato la squadra alla vittoria delle
regionali?».
Ashley si appoggiò con il mento al mio sedile, continuando a guardarmi
attraverso lo specchietto retrovisore.
Cavolo.
Anzi, merda.
Cosa dovevo dire?
«Non lo sapevi che era il fratello di Chris Hudson?»
intervenne Mac, salvandomi.
Santa, santa donna!
«Avrei dovuto?». Ashley sembrava confusa.
«Non hai mai sentito il professor Moriarty dire che non ha
i geni degli Hudson perché non è nemmeno lontanamente figlio dell’allenatore
Hudson?».
Sospirai sollevato quando mi resi conto che anche Zac stava
reggendo il gioco.
«Io non faccio la lezione del professor Moriarty con voi,
forse è per questo. Ora che lo so però… Francis, non assomigli nemmeno un po’ a
tuo fratello, anche se è da molto che non lo vedo». Ashley continuava a
scrutarmi attraverso lo specchietto, forse per trovare qualche tratto in comune
con Chris.
«No-no-non sei la pr-pr-prima che lo di-di-dice»
borbottai sistemandomi gli occhiali sul naso.
«Io trovo che il colore degli occhi e dei capelli sia
simile».
Zac sbadigliò quando rallentai davanti a casa di Ashley.
«Mac, scendi qui o ti porto a casa?». Non mi era ancora chiaro
quello che aveva intenzione di fare.
«Credo sia meglio che prima faccia un salto a casa, sono
sicura che Sally sta chiedendo a mamma quando torno» ridacchiò spostandosi una
ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Ci vediamo alle cinque in spiaggia,
davanti alla torretta, che ne dici?» propose Mac, guardando Ashley che si
stava slacciando la cintura di sicurezza per scendere.
«Va bene, a dopo allora. Ragazzi, ci vediamo domani.
Francis, grazie per il passaggio».
Mi sorrise mentre borbottavo un «prego» che probabilmente non fu
nemmeno in grado di sentire.
Perché Ashley si comportava normalmente?
Voleva davvero dimenticarsi del nostro bacio a Stanford?
Scese dalla macchina prendendo la sua borsa dal bagagliaio e
ci salutò.
«Grazie per avermi salvato, ragazzi» borbottai sospirando e
ripartii.
«Figurati». Zac ammiccò prima di guardare Mac
che stava giocherellando con una ciocca di capelli.
«Non c’è problema Francis. Quando vuoi».
«Mac?». Zac si allungò verso di lei, sistemandosi meglio sul
sedile.
«Mhm?». Mac alzò improvvisamente lo sguardo, curiosa di sentire
che cosa Zac avesse da dire.
«Di che cosa parlerete in spiaggia? Del bacio di Francis e
Ashley?»
ghignò tirandomi una pacca sulla spalla.
«Zac» sibilai stringendo il volante per resistere all’impulso
di strozzarlo.
«No, dico davvero, voglio sapere. Come ci si sente Francis?
Sei arrivato in prima base con una cheerleader. È un lusso che solo un quaterback
può permettersi». Non la smetteva di prendermi in giro, e questo non mi
piaceva, proprio per niente!
«Zac, ti ripeto che non è stato un vero bacio.
Semplicemente ha appoggiato le sue labbra alle mie» puntualizzai, arrossendo al
ricordo del nostro bacio.
«In ogni caso non è stato un incidente, non sei caduto
sulle sue labbra o ci hai sbattuto contro, questo vuol dire che è stato
consensuale. Quindi è un bacio». Zac incrociò le braccia al petto,
non prendendo nemmeno in considerazione l’opportunità di scendere, nonostante
fossi fermo davanti a casa sua.
«Zac… non dire mai più una stupidata del genere in mia
presenza. Sai che cosa sta passando Ashley? Credi sia facile per lei? Solo
perché tu sei un maschio e pensi o fai una cosa per volta non vuol dire che una
donna faccia lo stesso, anzi, casomai è il contrario. Ashley ha milioni di
pensieri che la bombardano, e non è facile. Tu non resisteresti nemmeno cinque
minuti nella testa di una ragazza» ridacchiò Mac, punzecchiandolo.
«Guarda che riesco a pensare a più cose assieme. Per
esempio ora sto parlando con te, ma penso alle prove della banda che ci sono
domani sera e anche quando posso prenotare una sala per andare a vedere Thor.
Quante donne credi sappiano pensare tre cose assieme? Nessuna».
Voleva darsi un’aria da duro, e come al solito faceva lo spavaldo.
Zac era sempre comico quando discuteva con Mac su quei
discorsi maschilisti e femministi.
«Una donna pensa tre cose contemporaneamente solo mentre
dorme, Zac».
Qualcosa mi diceva che la discussione era solo all’inizio.
«Ok, ragazzi che ne dite di discuterne un altro giorno?
Zac, perché non entri in casa e ci vediamo questa sera? Magari fammi sapere se
viene anche John, ci vediamo a casa tua per le nove, che ne dici?» domandai,
sperando di salvarlo dallo sguardo infuocato che Mac gli stava lanciando.
«D’accordo. Ci vediamo Francis. Oh, Mac?»
mormorò aprendo lo sportello della macchina per scendere.
«Sì?». Mac si piegò leggermente in avanti, per sentire meglio
quello che Zac voleva dirle.
«Ti ho battuta, non sei imbattibile. Dovresti ricordarlo».
Le fece l’occhiolino prima di chiudere la portiera e cominciare a camminare
verso la porta di casa sua.
«Mio Dio» sussurrò Mac, strofinandosi il viso
con le mani.
«Mac, tutto bene?» chiesi, girandomi a guardarla.
Perché era di nuovo diventata rossa?
«Certo, perché?». Sembrava una domanda retorica.
«Posso chiederti una cosa?». Mi fermai davanti al
semaforo rosso.
«Sicuro Francis, lo sai» sospirò, spostandosi sul
sedile per avvicinarsi al mio.
«Ecco… non è che ti piace Zac, vero?». Un sussurro che forse
nemmeno aveva sentito.
Un sussurro che sicuramente non aveva sentito.
Altrimenti avrebbe risposto, no?
Invece continuava a rimanere zitta e ferma, senza sbattere
nemmeno gli occhi.
Poi, improvvisamente cominciò a gridare.
«Ma si può sapere perché tutti mi chiedete se mi piace Zac?
Vi siete messi tutti d’accordo? Prima Ashley, adesso tu. Che diavolo avete
tutti? Mac, ti piace Zac?» mi fece il verso facendomi sorridere.
«Scusa» mormorai, continuando a chiedermi perché non mi avesse
risposto.
«Non fa nulla. Immagino sia stata Ashley a dirti questa
cosa, no? Si è creata una sua storia che mi ha ben illustrato ieri sera».
Il momento di sfogo era passato.
«Sì, è stata lei» confessai, continuando ad aspettare
un «non
mi piace»
da parte di Mac che tardava un po’ troppo ad arrivare.
«Non avevo dubbi» ridacchiò prima di ritornare seria. «Francis,
tu come stai?». Improvvisamente sentii la sua mano sulla mia spalla,
come se avesse voluto darmi un po’ di forza.
«Bene, perché?» mentii, aumentando la presa sul
volante.
«Non mentire con me, lo sai che non ci riesci. Dimmi la
verità»
sussurrò stringendo un po’ di più la mano.
«Come vuoi che stia Mac? Mi ha baciato, diciamo così, e
subito dopo è scappata. Mi ha detto che tutto quello che abbiamo fatto a
Stanford rimane lì, quindi era un modo carino per dire che quel bacio non c’è
mai stato, non trovi? Cavolo, era il mio primo bacio, è il mio primo bacio. Si
suppone che uno lo conservi come un ricordo bello, imbarazzante magari, ma non
come qualcosa da dimenticare perché dato per sbaglio. E il bello è che io non
so cosa fare! Come faccio a dimenticarmi che mi ha baciato? Mac, le sue labbra
erano sulle mie, capisci?». Fermai la macchina davanti a casa sua, slacciandomi la
cintura di sicurezza e appoggiando la schiena sul volante per guardarla.
«Non è facile per te ma non è facile nemmeno per lei, prova
a metterti nei suoi panni Francis».
«Dimmi perché non è facile per lei, perché proprio non riesco
a capirlo. Che cosa le dà fastidio? Il fatto di aver baciato il ragazzo più
sfigato della scuola? O il fatto che continua a dire di avermi baciato senza
che io le rispondessi?». Cominciavo lentamente a lasciarmi andare, a dire tutto
quello che avevo accantonato dentro di me da quella mattina.
«Francis, deve fare chiarezza sui suoi sentimenti, su
quello che prova e su quello che veramente vuole. Non è facile per lei. Le sono
successe un sacco di cose in poco tempo. Era popolare e aveva una vita sociale,
ora si ritrova da sola, con un gruppo di nerd che ha sempre snobbato».
Era seria, quasi preoccupata.
«La stai addirittura difendendo?» chiesi allibito, non capendo
perché Mac difendesse Ashley e quel suo strano modo di fare.
«Non la sto difendendo Francis, non c’è niente da
difendere. Ti sto solo dicendo che bisognerebbe vedere le cose dal suo punto di
vista. Forse era in un momento di debolezza, forse voleva davvero baciarti. Lei
non lo sa ancora, deve capire quello che vuole. Tu devi solo avere pazienza».
Be’… non volevo più avere pazienza!
Avevo pazientato per quasi diciotto anni!
«Forse non voglio più aspettare, ok? Mi ha baciato, e
adesso comincio a confondermi anche io. Una parte di me continua a dirmi che ci
vuole tempo e che devo cercare di rispettare le sue scelte, l’altra però
continua a chiedersi perché deva offendermi in questo modo».
Mi sistemai gli occhiali schiarendomi la voce.
«Non ti sta offendendo Francis, non lo farebbe mai. Oggi
pomeriggio le parlo, ok? Se poi c’è qualcosa che devi sapere te lo dico, ma non
voglio fare la spia. Mi dispiace ma non aspettarti che ti dica tutto quello che
mi dice, perché la tradirei. Tu sei mio amico, ti voglio bene; ma lei adesso ha
bisogno di fidarsi di qualcuno, e io non posso negarglielo».
C’era qualcosa in Mac che continuava a farmi capire quanto
fosse speciale.
«Grazie, per tutto» mormorai allungando la mano verso di
lei.
«Non devi ringraziarmi Francis. Non lo faccio per farti un
piacere, lo faccio perché voglio». Sorrise appena, stringendo la mia
mano. «E
adesso vado, altrimenti mamma e Sally impazziscono» sogghignò prendendo la sua
borsa e scendendo dall’auto.
«Salutami la piccola peste» strillai quando ormai era a
metà del vialetto.
«Va bene» urlò di rimando mentre la porta di
casa si apriva e Sally la abbracciava facendola vacillare appena.
«Ciao Francis» strillò Sally agitando la sua manina.
La salutai prima di ripartire e riuscii a vedere Mac che le
scompigliava i capelli prendendola in braccio e lasciando la borsa in giardino.
Mac adorava sua sorella.
Anche se Russel, il loro padre, le aveva abbandonate dopo la
nascita di Sally, ero sicuro che quella bambina avesse, da parte di Mac e di
sua mamma, tutto l’amore di cui aveva bisogno.
Quando arrivai a casa, dopo aver salutato mamma e Chris, andai
in camera mia per riposare un po’ e recuperare, almeno in parte, le energie che
non ero riuscito ad accumulare durante la notte precedente.
Non ci riuscii però, visto che Zac chiamò a casa perché non
rispondevo al cellulare.
Quella sera ci saremmo trovati a casa sua, assieme a John e
Hannah.
«Moccioso, ma ti vedi ancora con quei tuoi amichetti
sfigati della banda?». Chris mi spintonò cominciando a ridere.
«Sì. E sai una cosa? Adesso c’è anche la sorella di Eric».
Così almeno avrebbe smesso di prendermi in giro.
«Sì, come no! La sorella di Eric! È la capo cheerleader se
non sbaglio»
cominciò a ridacchiare, credendo che lo stessi prendendo in giro.
«Certo, ma viene alle nostre serate e stanotte ha dormito
in camera con Mac». E mi ha anche baciato.
«E come mai? Non è assieme al quaterback? Il moretto che
dicono sia il peggiore degli ultimi anni?». Esultai mentalmente quando
offese in quel modo Alex.
«Credo si siano lasciati, ma non lo so… è una storia che
non ho capito e non ho chiesto». Non volevo mettere nei pasticci
Ashley.
Sapevo che Eric era abbastanza protettivo nei suoi
confronti; magari Ashley non aveva detto nulla a lui del tradimento per paura
che potesse in qualche modo farla pagare ad Alex.
Non che l’idea non mi allettasse, ma non erano affari miei.
«Be’, è una bella ragazza. Potresti farci un pensierino. Il
problema è che non si accorgerà mai di uno come te, mi dispiace moccioso».
Batté la mano sulla mia spalla per consolarmi.
«Non c’è problema». “Tanto l’ho già baciata” pensai.
«Drew». Odiavo quando Chris chiamava mamma per nome. «Esco
con Eric. Faccio tardi e non so a che ora torno». Non si avvicinò nemmeno per
abbracciarla, le fece un cenno con il capo prima di passare a salutare papà che
stava guardando una partita in TV.
«Francis, tesoro, devi uscire anche tu, vero?»
si informò mamma, sorridendo sotto i baffi.
Non sapevo perché ma qualcosa mi diceva che era un bene.
«Sì, ma torno presto e comunque dormo a casa».
Meglio mettere in chiaro le cose, per evitare situazioni spiacevoli.
«Certo tesoro. Buona serata». Mi baciò una guancia prima
di sgattaiolare in sala e bisbigliare qualcosa a papà. Li sentii ridacchiare e,
dopo essermi passato la mano tra i capelli, uscii.
Quando arrivai a casa di Zac, John era già arrivato.
«Hannah?» domandai, sedendomi nel divano con un
sospiro.
«Non viene. È occupata e preoccupata. Il ballo di primavera
è tra due mesi e hanno cominciato oggi a lavorarci su. Ha detto che verrà uno
schifo. Credo che la vedrò pochissimo da domani» disse John triste, abbassando
lo sguardo sulle sue mani.
«Il ballo di primavera. Il nostro ultimo ballo di primavera»
borbottò Zac, cominciando a divorare delle patatine.
«Da come ne parli Zac, sembra quasi che tu voglia andarci»
scherzai, punzecchiandolo.
«Certo che voglio andarci. È la nostra ultima occasione di
partecipare al ballo di primavera del liceo. Perché, voi non volete andarci?».
Alternava lo sguardo tra me e John, stupito dal fatto che entrambi non
saltellassimo in giro per la stanza pensando al ballo di primavera.
«Io credo di passare. Non mi sembra il momento migliore per
andare al ballo di primavera» mormorai, prendendo qualche patatina.
«Io devo andarci. Hannah mi lascerà se non la accompagno».
John sembrava un uomo pronto al patibolo.
Zac si alzò dal divano e si diresse verso la cucina.
Probabilmente per prendere qualcosa da bere.
«Su con la vita John, ti accompagneremo noi! Francis, la
tua donna sa che non vuoi portarla al ballo di primavera? Sai che di solito
viene eletta reginetta» strillò dalla cucina. La sua voce arrivò storpiata, come
se avesse parlato con la testa dentro al frigo.
«Primo: Ashley non è la mia ragazza, e secondo non credo
che lei voglia andare al ballo di primavera». Probabilmente non era nella
lista delle sue cose da fare.
L’ultimo ballo a cui aveva partecipato era stato quello di
Halloween, e tutti sapevamo come l’aveva trascorso.
«Francis, è una ragazza. Tutte le ragazze vogliono andare
al ballo di primavera, mettere un vestito elegante, un paio di scarpe con i
tacchi e un po’ di trucco. Tutte vogliono sentirsi dire che sono belle. Be’,
forse Mac no»
concluse ridacchiando e cominciando a sorseggiare un po’ di aranciata.
«Dovresti smetterla di trattarla in questo modo. Non è
bello sentire che la offendi sempre». In fin dei conti anche Mac aveva dei
sentimenti. Anzi, forse Mac soffriva molto più degli altri quando la si
prendeva in giro.
«Non la offendo, ma… andiamo! Riesci a immaginarti Mac
truccata e vestita elegante? Lei è una che non ha nemmeno una gonna nel suo
armadio e l’unica cosa femminile che fa è tingersi i capelli».
Fece spallucce, continuando a sorseggiare la sua lattina.
«Sai Zac, credo anche io che delle volte tu dica delle cose
molto cattive a Mac, non se le merita» bofonchiò John, aprendo una lattina
di cola.
«Ma perché la difendete? Non capite che anche lei mi
offende? Ci vogliamo bene, è il nostro modo per…». Non completò la frase perché
qualcuno suonò alla porta.
«Chi stai aspettando?» chiesi, guardando Zac che si
alzava goffamente dal divano per andare ad aprire.
«Nessuno. Magari è Hannah» ipotizzò pulendosi le mani
sui jeans prima di aprire la porta. «ma guarda un po’! Parli del diavolo…».
Mac e Ashley entrarono sorridendo.
«Ciao ragazzi…passavamo di qua» disse Mac facendo un gesto
con il capo per salutarci e sedendosi di fianco a me.
«Possiamo dire addio alla nostra serata per soli uomini»
si lamentò Zac, facendo ridere Ashley.
«Scusateci, pensavamo ci fosse anche Hannah ed eravamo
venute a salvarla» si giustificò sorridendomi.
«A-a-a-avete fatto be-be-bene». Mi spostai un po’ più verso
il bordo del divano per lasciarle un po’ di spazio di fianco a me.
«Allora? Avete spettegolato abbastanza oggi in spiaggia?»
chiese Zac curioso, forse aspettandosi che le ragazze dicessero qualcosa.
«Sì» ribatté un po’ troppo velocemente Mac.
Sembrava volesse zittire Ashley.
«A dire la verità no. È arrivato mio cugino e si è messo a
parlare con noi, così non siamo riuscite a dire nulla. Poi non se ne voleva più
andare… e credo di avere capito il motivo…». Lasciò la frase in sospeso,
alzando un sopracciglio e guardando Mac divertita.
«Perché?». John sembrava annoiato.
«Qualcuno qui ha fatto colpo…» cantilenò Ashley, prima di
prendersi un leggero schiaffo sulla gamba da Mac.
«Tu piaci a tuo cugino?». Zac era allibito.
«No, che cosa dici? Finn continuava a guardare Mac, e devo
dire che ha fatto un po’ troppe domande su Mac per i miei gusti».
Ashley era divertita dalla cosa.
Non si poteva dire lo stesso di Mac, però.
Era diventata tutta rossa e si stava mordicchiando un
labbro, imbarazzata.
«Aspetta». Zac cominciò a ridere tenendosi una
mano sullo stomaco, « fammi capire, a tuo cugino piace Mac?».
Era allibito e divertito.
«Che cosa c’è di male? Mac è una bellissima ragazza».
Ashley diventò improvvisamente seria.
«Lasciamo perdere, ok?». Mac sembrava infastidita da
qualcosa.
Si poteva capire dal tono che aveva usato, sembrava voler
rimproverare Ashley.
«Sì, ma voglio dire… è Mac!». Probabilmente questa
sembrava una spiegazione plausibile a Zac, visto che continuava a ripeterlo.
«Lo so che è Mac. È stata lei che gli ha chiesto di dirle
che significato avesse il tatuaggio. E lui sembrava molto felice di farle vedere
anche gli altri» sbottò Ashley, incrociando le braccia al petto.
«Ha addirittura dei tatuaggi? Ma quanti anni ha?»
chiese Zac tornando serio.
«Tre in più di noi, e fa il surfista. Tanto lo vedi domani
perché viene a prenderci a scuola. Ci porta in spiaggia così guardiamo lui e i
suoi amici che fanno surf».
Zac spalancò gli occhi sorpreso e Ashley sorrise quasi
vittoriosa.
Che diamine stava succedendo?
«Vai in spiaggia? Ma tu odi il sole e la sabbia».
Cominciò a mangiare di nuovo qualche patatina e Mac sbuffò.
«Non è vero che odio il sole e la sabbia. Siete voi che non
volete mai uscire e preferite leggere un fumetto. Comunque non voglio più
parlare di questa cosa, visto che Ashley si è inventata tutto…».
Mac fulminò Ashley con un’occhiataccia e poi guardò John. «Hannah
come mai non è venuta?».
«Perché deve preparare tutto quanto per il ballo di
primavera. Ha detto che l’anno scorso si sono impegnati molto di più». John
aveva esitato nel dire ‘ballo di primavera’, probabilmente perché aveva paura
della reazione di Ashley.
«Il ballo di primavera…» sussurrò Ashley abbassando lo
sguardo.
«Che ne dite se ci andiamo tutti assieme? John deve andarci
per forza e noi non possiamo lasciarlo da solo, no?» propose Zac, cercando di
riportare il morale a un livello un po’ più alto.
«Ecco… io…» balbettò Ashley, forse cercando una
scusa.
«Potremmo andarci, no? Tutti assieme, come una squadra di
amici».
Mac aveva scelto con troppa cura le parole.
«S-s-s-sì, mi sembra una buona idea» dissi per sostenere Mac.
Non sapevo che cosa si fossero dette in spiaggia, ma forse
Mac mi aveva fatto capire che per il momento Ashley aveva ancora le idee un po’
troppo confuse.
O forse mi vedeva solo come un amico, cosa molto più
probabile.
«D’accordo. Ci andremo tutti assieme, e ci vestiremo
eleganti».
Ashley riacquistò subito il sorriso, al contrario di Mac, che inorridì.
«Noi ragazzi non ci dobbiamo vestire eleganti, almeno non
come al prom».
Zac rabbrividì al pensiero di un completo elegante.
Il prom.
Oddio, mancavano pochi mesi per il nostro ultimo ballo.
Non volevo pensarci però.
Prima c’era il ballo di primavera.
«D’accordo, tutti assieme» disse John, decisamente più
sollevato.
«Sì» gli feci eco, sorridendo felice.
«Io non mi metterò nessun vestito, e nemmeno un paio di
tacchi, sia chiaro» borbottò Mac, facendomi ridere.
«Oh, zitta! Tu ti vestirai come dico io, anche perché
inviteremo anche Finn! Sarà felice di accompagnarti, vedrai!».
Ashley sembrava al settimo cielo. «Ho già in mente il tipo di vestito
adatto a te, sarai bellissima, puoi scommetterci». Continuava a squadrare il
corpo di Mac, come se si fosse immaginata il vestito addosso a lei.
«Mi fai paura quando dici così». Mac rabbrividì facendoci
ridere tutti quanti.
«Andiamo, sarai bellissima! Oddio». Ashley si portò una mano
davanti alle labbra, spaventata. «Devo assolutamente tornare a casa per
salutare Eric. Riparte questa sera, anzi, riparte tra mezz’ora. Mac, ti
dispiace se andiamo?». Ashley si alzò, cominciando a camminare verso la porta.
«No, non c’è problema, ti accompagno, ragazzi, ci vediamo
domani».
Mac ci salutò seguendo Ashley, ma tutti e tre udimmo la voce
di Ash che strillava dal giardino di Zac «Muoviti, forse riesci a vedere
di nuovo Finn» e subito dopo scoppiò a ridere.
Sentimmo tutti e tre anche le imprecazioni di Mac che iniziò
a urlare una volta chiusa la grande porta a vetri alle sue spalle.
Buongiorno
ragazze!
Prima
di tutto, per quelle che non sono né tra i miei amici in FB né nel gruppo
spoiler… scusate per il ritardo.
Come
ho più volte detto in FB ho avuto dei problemi e avevo avvertito che gli
aggiornamenti sarebbero stati sospesi fino a tempo indeterminato.
Credo
di poter dire che da adesso si ricomincerà a postare ogni settimana, spero.
Durante
la mia assenza dai nerd e da Robert e Aileen ho postato una OS demenziale in
risposta a una di Cris… la mia OS si chiama “Mine is bigger” ed è con Robert
Pattinson. Se volete farvi due risate (Spero) fateci un salto.
Ho
postato la foto di Finn in FB e ho notato con molto piacere che ha riscosso
molto successo! :P siete assatanate! :P
Ho
indetto un contest, se volete partecipare trovate tutte le regole QUI, potete
farlo anche se non avete mai commentato ma solamente letto, mi farebbe davvero
piacere!
Come
al solito mi trovate QUI per il profilo e QUI
con il gruppo spoiler.
A
venerdì prossimo, spero!
Un
bacione!
|
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Capitolo 15 *** Spring Ball (Cupid's night)- part I ***
nerd
I due mesi successivi volarono e così, prima ancora che
potessimo accorgercene, ci trovammo catapultati alle prove dei nostri esami
finali.
La situazione con Ashley non sembrava procedere in nessun
verso, eravamo semplicemente in un momento di… stallo che si protraeva da più
di due mesi: da quando mi aveva baciato a Stanford, insomma.
Io avevo fatto esattamente quello che lei mi aveva chiesto:
mi ero scordato di quel bacio e avevo finto che non fosse successo nulla
davanti alla porta di quell’albergo.
Se non c’erano stati passi in avanti sul fronte dei
sentimenti, ero però riuscito a balbettare un po’ meno, grazie a Mac e ai suoi
preziosi consigli.
Non riuscivo ancora a parlare normalmente quando mi
rivolgevo ad Ashley, ma ogni tanto dicevo una frase senza balbettare.
«Zac,
allora… avete deciso che cosa indossare domani sera?» chiese Ashley, sedendosi assieme a Mac al nostro tavolo.
«A dire la
verità no. Ma sono sicuro che dentro ai nostri armadi ci sarà qualcosa da
mettere. Per esempio… l’hanno scorso, quando abbiamo fatto quella serata a tema
hawaiano, ricordate ragazzi? Mi ero comprato una camicia con le palme che era
la fine del mondo. Credo indosserò quella. Magari con la cravatta con il DNA
disegnato. Dovrei essere abbastanza elegante». Zac era serio.
Ashley e Mac cominciarono a ridere e io riuscii a non farlo
solo per uno scoppio improvviso di tosse che mascherò la mia risata.
«Che c’è?
Che ho detto di male?». Era
davvero confuso.
«Tu vuoi
venire al ballo di primavera con una camicia hawaiana e la cravatta del DNA?». Mac si appoggiò alla spalla di
Ashley per il troppo ridere.
«Sì. Che
cosa c’è che non va?» chiese
curioso.
«Non
saprei, magari che non è una festa in maschera. Non devi mica mettere un
completo, ma un po’ elegante dovresti esserlo». Mac si asciugò una lacrima, cominciando a giocherellare con
una ciocca di capelli.
«Credo che
la cravatta sia elegante. Sentiamo, come si veste tuo cugino?» domandò Zac, lanciando una strana
occhiata ad Ashley.
«Finn
indosserà un completo nero, con la cravatta nera. Sarà il ragazzo più bello di
tutti» disse Ashley,
orgogliosa di suo cugino.
«Ti credo,
ha ventuno anni. Non si vergogna a venire a una festa del liceo?». Zac ingoiò una patatina,
guardando John e Hannah che stavano parlando al tavolo vicino.
«No,
perché accompagnerà lei»
cinguettò Ashley, tirando una leggera gomitata a Mac, lì di fianco.
«Ashley,
smettila con questa storia»
sibilò Mac, lanciandole un’occhiataccia.
In quei due mesi Ashley e Mac si erano unite ancora di più.
Era divertente vedere come scherzassero assieme; sembrava
fossero amiche da sempre.
Quello che non eravamo ancora riusciti a capire era il ruolo
di Finn.
Se chiedevamo informazioni ad Ashley, lei rispondeva che
Finn e Mac erano una coppia, se invece la stessa domanda la rivolgevamo a Mac,
ci rispondeva che Ashley si era inventata tutto.
«E voi,
cosa in-in-indosserete?»
chiesi curioso, guardando le ragazze davanti a noi.
«Oh, io
una cosa che ha scelto Ashley, ma non sono sicura perché…». Mac non riuscì a terminare la
frase perché Ashley le pestò un piede.
«Shh! Non
dire nulla! È una sorpresa. Sappiate che Mac sarà bellissima, irriconoscibile
direi. E forse viene anche mia cugina, la sorella di Finn» borbottò Ashley. Faticava a
mantenersi seria.
«Ma che
cosa stai…» cercò di dire
Mac, prima che Ashley la zittisse di nuovo.
«Non te
l’ho detto perché era una sorpresa. Si chiama… ehm…». Si schiarì la voce in imbarazzo, come se non si ricordasse
il nome.
«Che c’è?
Non ti ricordi il nome di tua cugina? È grave, Ashley!» ridacchiò Zac, bevendo un sorso d’acqua.
«Sì che me
lo ricordo ma… è difficile da pronunciare… io di solito la chiamo Kenzy, perché
il suo vero nome è Kenzytrina».
Cominciò a mordicchiarsi il labbro inferiore, come se davvero non riuscisse a
rimanere seria.
Mac cominciò a ridere, tanto che fu costretta a bere qualche
sorso d’acqua per non rischiare di soffocare.
«Dio,
questa era bella» disse Mac,
picchiettando sulla spalla di Ash, come se avesse voluto complimentarsi con
lei.
«Lo so…». Non la smettevano di ridere.
Solo io e Zac non trovavamo niente di divertente nel nome
della cugina di Ashley?
Kenzytrina? Da dove veniva, dalla Russia?
«Ah sì? E com’è?»
si informò Zac, improvvisamente interessato.
«Non molto alta, con i capelli castani e gli occhi verdi. È
davvero una bella ragazza». Ashley
cercò di ricomporsi, asciugandosi una lacrima che le era scesa per il troppo
ridere.
«Wow… sembra davvero carina. Quanti anni ha?». Subito Zac si avvicinò con la
sedia al tavolo, per concentrarsi bene sull’immagine della cugina di Ashley.
«La nostra età. Dovrei davvero presentartela Zac. Sono sicura
che fareste una coppia perfetta voi due assieme». Ancora quel ghigno trattenuto malamente.
«Presentamela
pure! Sono sempre disposto a fare nuove conoscenze» esclamò a voce troppo alta per l’entusiasmo.
«Shh,
stupido» sibilò Mac,
tirandogli un pugno sulla mano.
«Auch! Che
cosa fai?» si lamentò,
massaggiandosi le nocche.
«Ti sembra
il modo di urlare?». Mac
sembrava davvero infastidita.
«Sì,
perché ho trovato la ragazza della mia vita, e tu invece sei da sola» sghignazzò Zac, facendo arrossire
Mac che abbassò immediatamente lo sguardo, come se l’avesse offesa.
«Lei non è
da sola, ti ricordo che sta uscendo con Finn» puntualizzò Ashley, incrociando le braccia al petto.
«Mah, io
ancora non ci credo… non vedo il motivo per cui quello tutto tatuato continui a
uscire con te. Cioè, un motivo ce l’ho, ma non capisco perché esca proprio con
te… ci sono tante altre ragazze…»
disse sovrappensiero, prendendosi una gomitata sulle costole da parte mia.
«Zac» sibilai ammonendolo, perché la
smettesse di dire cattiverie su Mac.
«Forse
perché Mac in verità è una bellissima ragazza e Finn è riuscito a vederlo. Non
è stupido». Quando Mac sentì
la frase di Ashley abbassò lo sguardo, mordendosi una guancia per non ridere.
«Sarà…». Zac fece spallucce,
arrendendosi.
Ashley sembrava davvero in grado di tenergli testa.
«Ragazzi,
la prossima settimana c’è la prova del test di matematica. Siete preparati?» chiesi, per cambiare argomento.
«Oh, sì!
Non ho nemmeno ripassato. Lo sai come vado in matematica, ho sempre preso A+» borbottò Zac, atteggiandosi a
intelligentone.
«Ma se
avevi preso una B- due anni fa, quando abbiamo fatto quel test a sorpresa» ribatté Mac, soddisfatta della
sua piccola vittoria.
«B-, Zac?
Sul serio? Hai preso un voto così basso in matematica? Sei sicuro che il
prossimo anno ti faranno accedere al MIT?». La battutina di Ashley lasciò Zac senza parole.
«Io… avevo
la febbre. È capitato solo una volta, la mia media non ne ha risentito» mormorò, mortificato.
«Ma credo
che loro abbiano tutti i tuoi voti. Credi che passerà inosservato? Così tondo
rispetto a tutte le A spigolose…»
ridacchiò Mac, dando man forte ad Ashley.
«Be’,
spero che mi prendano lo stesso… Mac, avrai preso anche tu una B in matematica» tentò di difendersi Zac, per
nulla convinto di quello che stava dicendo.
«L’ultima
B+ che ho preso in matematica risale al secondo anno di scuola. Dubito che il MIT
guardi i voti che prendevo in matematica a otto anni, no?». Sembrava davvero felice di
essere riuscita a zittirlo.
«Be’, in
informatica di sicuro non hai preso tutte A+» provò di nuovo Zac, convinto a non arrendersi.
«No,
infatti. Il voto più basso è stato A-. Avevo sbagliato l’ordine del processore
di un pc. Il signor Finning non me l’ha mai perdonato» scosse la testa triste, mentre Ashley le appoggiava una mano
sulla spalla per consolarla.
Di certo erano di buon umore.
Non sapevo se fosse per il ballo che ci sarebbe stato la
settimana dopo o per altri motivi, ma Mac e Zac avevano uno strano sorriso
stampato in faccia, e faticavano a nasconderlo.
«Mac,
andiamo a fare un giro?».
Ashley ammiccò verso Mac, forse credendo che non l’avrei notato.
«Certo. Ci
vediamo a lezione ragazzi».
Si alzarono entrambe dal tavolo e subito dopo andarono a salutare Hannah e
John. Poi, uscirono dalla mensa.
«Quelle
due non dicono tutta la verità»
borbottò Zac, sistemandosi gli occhiali.
«Credo che
tu abbia ragione…». C’era
qualcosa di strano nel loro comportamento.
Qualcosa che non riuscivo a capire.
Eppure, ero quasi sicuro che la chiave per comprendere tutto
fosse a un palmo dal mio naso.
Anche quella settimana trascorse velocemente.
Quella sera ci sarebbe stato il ballo.
L’ultimo ballo di primavera.
Il nostro ultimo ballo prima del Prom.
«Francis,
sei davvero bellissimo»
sussurrò mamma, quando scesi le scale per uscire.
«Grazie» mormorai, in imbarazzo,
sistemandomi gli occhiali.
«Sei il
mio piccolo ometto, in giacca e cravatta. Non mi piace il colore di questo
vestito, e neppure come ti sta, però…»
cominciò a lamentarsi prima che potessi fermarla.
«Mamma,
davvero… va tutto benissimo così. Adesso devo andare a prendere Zac e John» cercai di divincolarmi dal suo
abbraccio, e non mi sfuggì il suo tentativo di asciugarsi le lacrime di
commozione, cercando di non farsi vedere da me.
«Mamma,
non è il Prom. Non devi piangere adesso, dai». Mi dondolai da un piede all’altro, a disagio.
«Ma sei il
mio piccolo Francis, e così elegante ti ho visto poche volte. Porti sempre
quelle felpe larghe e quelle maglie a mezze maniche…». Oddio, eravamo davvero arrivati a quel punto?
Non era mica il mio matrimonio, era il ballo di primavera!
«Ok,
guarda che non devo sposarmi»
puntualizzai, sperando che si calmasse un po’. «Io adesso vado, buona serata». Feci un gesto impacciato con la mano, aprendo la porta di
casa per uscire.
«Ciao
Francis». Papà ridacchiò
vedendomi vestito con il completo marrone.
«Ciao» risposi, mentre lui dava un
veloce bacio sulle labbra a mamma.
«Dove deve
andare così elegante?» le chiese,
come se non fossi ancora davanti a loro.
«Al ballo
di primavera». Mamma alternò
lo sguardo tra me e papà.
«C’è
qualche ragazza, eh?». Lui mi diede un buffetto sulla guancia, prima
di ritornare a circondare le spalle di mamma con le braccia.
«Papà…» mi lamentai, pregando perché non
dovessimo affrontare l’argomento ‘ragazze’ proprio in quel momento.
«Tesoro…» sussurrò mamma, accarezzandogli
una mano.
«Che ho
detto?» chiese lui guardando
prima lei e poi me.
«Non devi
fargli queste domande. Francis è grande ormai». Lo sguardo di mamma era uno sguardo… fiero.
Come se fossimo stati a Stoccolma per un Nobel.
«Oh,
capito. Era solo per sapere. Quindi non ti chiedo se ci sono ragazze, oltre a
Mac, naturalmente». Mi stava
per caso prendendo in giro?
«Io vado» mormorai, infastidito. Il loro
atteggiamento era semplicemente ridicolo.
«Buona
serata. E torna tardi» urlò
papà, mentre aprivo la portiera della macchina.
«Tesoro…» lo ammonì mamma, prima di
salutarmi con un sorriso.
«Quei due
non hanno tutte le rotelle al posto giusto» bofonchiai tra me e me, accendendo la macchina.
In pochi minuti arrivai davanti a casa di Zac e John; mi
stavano aspettando sul ciglio della strada.
«Ciao» borbottò burbero John, salendo
sul sedile posteriore.
«Ciao
Francis». Zac sembrava di
buonumore.
«Che
succede, John?» chiesi,
facendo retromarcia per girare l’auto.
«Hannah
non verrà nemmeno al ballo con me. Deve rimanere a controllare se tutto
funziona bene» sbuffò deluso,
mentre lo guardavo dallo specchietto retrovisore.
«Mi
dispiace John. Ma in ogni caso dopo potrete sempre ballare assieme, no?». Cercavo un modo per sollevargli
il morale.
«Sì, ma io
volevo entrare in palestra con lei, con la mia ragazza. Volevo farlo sapere a
tutti, capisci?» insisté,
arrabbiandosi un po’.
«John, non
è colpa nostra. Smettila di fare l’offeso e fai finta di divertirti. Dobbiamo
conoscere la cugina di Ashley».
Zac si strofinò le mani, pregustando il momento in cui avrebbe incontrato
Kenzytrina.
«Appunto.
Voi sarete accompagnati. Zac, tu entrerai in palestra con Kenzyblabla, e
Francis con Ashley. Solo io, che tra l’altro sono l’unico con la ragazza, farò
il mio trionfale ingresso da solo, come uno sfigato». Abbassò lo sguardo, tristemente.
«C’è
sempre Mac. Lei non ha un cavaliere. Credo sarà felicissima di farsi vedere con
qualcuno al suo fianco»
ridacchiò Zac, facendomi sbuffare infastidito.
«Ragazzi… siamo
arrivati» sussurrai prendendo
un respiro profondo per avere un po’ più di coraggio.
Ci avrebbero distrutto, ne ero certo.
Sembrava che ci fosse l’ombra dell’ultimo ballo a cui
avevamo partecipato.
Non sapevo perché, ma mi aspettavo quasi l’uscita trionfale
di Alex e dei suoi scagnozzi con una bacinella di succo ai mirtilli da tirarci
addosso.
«Andrà
tutto bene, su» esclamò Zac,
entusiasta.
Stava già scendendo dall’auto.
«Io credo
di entrare da solo adesso, magari mi faccio notare meno» borbottò John affiancandosi a me e a Zac, dopodiché ci
incamminammo tutti verso l’entrata della palestra.
«Ma cosa
stai dicendo? Entriamo tutti assieme, su. Poi tu vai da Hannah e rimani con lei
tutta la sera, se vuoi». Zac
diede una pacca cameratesca sulla spalla a John che tossì.
«Va bene» asserì John, ormai con l’umore a
terra.
«Oddio,
quella è la macchina di Ashley»
strillai non appena vidi la BMW bianca di Ash parcheggiare poco distante dalla
mia.
«Ragazzi…
è il momento della verità. Conosciamo questa Kenzytrina». Zac si sistemò la camicia bianca, riducendo le pieghe al
minimo.
Ashley scese dall’auto e subito il mio respiro si fermò.
Indossava un abito blu, corto, tutto svolazzante.
Sopra aveva un giacchino color oro che la rendeva ancora più
bella.
Aveva un paio di scarpe con il tacco di una sfumatura
leggermente più scura del vestito.
I suoi capelli erano riordinati in boccoli raccolti su un
lato della nuca.
«Wow» sospirai quando si avvicinò
sorridendo alla ragazza di fianco a lei.
«Io mi
sposo la cugina» borbottò
Zac, rimanendo fermo vicino a me.
Quando la luce dei fari di una macchina che stava passando
illuminò il viso della ragazza accanto ad Ashley, capii tutto.
«Mio Dio,
ma quella è…» non terminai la
frase perché Zac cominciò a parlare.
«Kenzytrina.
È una dea. Siete testimoni: sei ha visto almeno un film di Star Wars, io la
sposo». Non si era davvero
accorto di nulla?
«Credo che tu possa sposarla» ridacchiò John al mio fianco.
«Ciao
ragazzi» salutò Ashley raggiungendoci.
«Presenta
tua cugina» sibilò tra i
denti Zac, cercando di non farsi sentire da ‘Kenzytrina’.
Cominciai a ridere, seguito subito dopo da Ashley e da John.
«Ragazzi,
lei è Mac». Circondò le
spalle di Mac e la costrinse a fare un passo in avanti.
Mac abbassò lo sguardo, come se fosse stata nuda.
In verità, non erano poi molti i centimetri di quel vestito
che la ricoprivano.
Non si poteva dire che non le donasse, però.
Il marrone creava degli strani riflessi sulla sua pelle ed
era leggermente più scuro dei suoi capelli.
Nonostante non ci fossero dei lampioni che ci illuminavano
direttamente, potevo vedere che era truccata.
«Sei
bellissima» mormorai
sorridendole.
«Mac?» sussurrò Zac, avanzando di un
passo per accertarsi che fosse veramente lei.
Non rispose, continuando a guardarsi i piedi.
Qualcosa mi diceva che aveva le guance rosse.
«Non… no!
Non puoi essere tu!» borbottò
Zac. Non voleva arrendersi all’evidenza.
«Sono io» sussurrò Mac, alzando lo sguardo.
«Ma… le
tue felpe? Dove sono? E perché non hai le Converse? No, non sei Mac. Sei anche
truccata». Scosse
energicamente il capo.
«Vogliamo
entrare? Avrei un po’ di freddo»
si lamentò Ashley, distogliendo improvvisamente l’attenzione da Mac.
«Certo» mormorai, avvicinandomi a lei e
sorridendole.
Era davvero bellissima.
«John,
Hannah è in palestra, vero?»
chiese Mac, affiancandosi a John.
«Sì. Non
me lo ricordare» sbottò,
infilando le mani in tasca.
«Dai, una
volta entrato potrai rimanere con lei. Lascia stare i commenti». Mac cercò di sollevargli il
morale, e forse ci riuscì.
«Entri con
me, Mac? Questa sera sei bellissima e susciterò l’invidia di tutti. Magari
faccio ingelosire Hannah che correrà da me» ridacchiò, felice del suo piano.
«D’accordo». Mac fece spallucce. «Tanto non ho un cavaliere».
«Zac?
Tutto bene?» chiesi rendendomi conto del suo silenzio assordante.
«Sì» ribatté, continuando a seguirci
senza aggiungere altro.
«Allora?
Mac è una donna o no?».
Ashley mi sorrise, quando ci fermammo dietro a due ragazzi che stavano pagando
il biglietto d’entrata.
«Avevi ra-ragione. Mac è una
do-do-donna… una bellissima ra-ragazza».
Sorrisi facendo l’occhiolino a Mac.
Ora che c’erano le giuste luci potevo vedere che il trucco
marrone scuro, in tinta con l’abito, risaltava ancora di più il verde dei suoi
occhi.
Mac sorrise, continuando a parlare con John.
«E avevo
ragione anche su un’altra cosa»
mormorò Ashley a pochi centimetri dal mio orecchio, facendomi rabbrividire.
«Cosa?» chiesi, intuendo già di cosa
stava parlando.
«L’hai
capito, vero?» ridacchiò
quando pagai l’entrata anche per lei.
«Zac?» azzardai, lanciando un’occhiata
al mio amico che continuava a guardare Mac con uno strano sguardo.
«Ashley,
puoi venire un momento?»
chiese Mac, chiamandola da parte.
Parlarono per qualche minuto e poi ritornarono al nostro
fianco.
«Ragazzi
scusate, c’è Hannah». John
riacquistò improvvisamente il buonumore, attraversando metà palestra quasi
correndo per poter raggiungere Hannah.
Fu così che mi accorsi che formavamo due coppie.
«Francis…
devo parlarti». Zac mi prese
per una manica della giacca e mi costrinse ad avvicinarmi al tavolo del buffet.
«Che c’è?» domandai spaventato.
Sembrava fuori di lui.
«Quella…
quella è Mac? Ne sei sicuro?».
Additò Mac che stava sorridendo mentre parlava con Ashley.
«Direi di
sì, perché?». Faticavo a
trattenere una risata.
«Da… da
quando ha le tette» sottolineò l’ultima parola
abbassando il tono della voce, per non farsi sentire.
«Non
saprei con precisione ma… credo dal Ringraziamento di tre anni fa. Sì, credo
sia stato in quel momento che mi sono accorto che anche Mac ne aveva un paio»
«Sì, ma è
una donna» tornò a
sussurrare, senza staccarle gli occhi di dosso.
«Presumo
di sì» mormorai, divertito.
Sembrava che improvvisamente si fosse reso conto di
qualcosa.
«Anche… bella». Un sussurro che faticai a udire sopra la musica.
«Zac, vai
da lei e chiedile di ballare. Parlate assieme» consigliai, intuendo che forse la cotta di Mac verso Zac non
era a senso unico.
«No. Non
posso. È Mac. Abbiamo dormito assieme per dodici anni, facevamo anche la pipì
contemporaneamente sulla sabbia del parco. Non se ne parla». Si tirò uno schiaffo sulla
guancia e non riuscii più a trattenermi: cominciai a ridere talmente tanto che
fui costretto ad appoggiarmi al tavolo.
«Zac,
ascoltami. Vai da Mac e ballate assieme, poi parlale. Fidati di me». Appoggiai una mano sulla sua
spalla per fargli un po’ di coraggio e poi lo spinsi perché si avvicinasse a
Mac e Ash assieme a me.
«Francis,
che ne dici di ballare?»
propose Ashley, ammiccando verso di me.
«Ce-ce-certo» assentii. Avevo capito subito che
era un metodo per lasciare da soli Zac e Mac.
«Allora?
Come ha reagito Zac alla scoperta?»
sghignazzò, avvicinandosi un po’ troppo a me per ballare quel lento.
«Cre-cre-cre-credo
sia scon-scon-sconvolto»
balbettai, rendendomi conto che i passi in avanti non erano poi molti se Ashley
aveva la mano appoggiata alla mia spalla e il suo corpo sfiorava il mio.
«Immagino.
Mac è davvero bellissima questa sera»
sospirò Ashley, guardando Mac e Zac che erano ancora fermi al bordo della
pista.
Entrambi guardavano in due direzioni diverse, come se non
fossero stati uno a fianco dell’altro.
«E non è
la sola» mormorai
involontariamente, mordendomi subito dopo la lingua.
Perché l’avevo detto?
Ovvio, perché Ashley era bellissima.
Ma perché l’avevo detto proprio a lei?
Ashley tornò a guardarmi con un sorriso che le illuminò gli
splendidi occhi azzurri.
«Grazie» sussurrò, dandomi un bacio sulla
guancia.
Oddio.
«No-no-no-non
c’è di ch-ch-ch-che»
balbettai, sentendo le mie guance arrossire.
«Ohhh, ma
perché Zac è così cretino?»
esclamò esasperata, lasciando la mia mano. «Ti va di essere Cupido per questa sera?» propose, rimanendo ferma davanti a me, in mezzo alla pista da
ballo.
«C-c-certo». Annuii, sorridendo appena.
«Bene, tu balla con Mac mentre
io ballo con Zac. Poi ci scambiamo e li facciamo ballare assieme» mormorò con fare cospiratorio
mentre ci avvicinavamo a loro.
«Ok» mimai con le labbra quando ormai
li avevamo raggiunti.
«Zac,
voglio ballare con te, andiamo».
Ashley lo prese per mano, trascinandolo in mezzo alla palestra e cominciando a
ridere quando Zac si mosse impacciatamente.
«Immagino
di dover parlare con te, no?»
disse ironicamente Mac, avanzando verso di me.
«Ballare,
non parlare» la corressi,
facendola sorridere.
«Allora,
che cosa ti ha detto quella strega?»
bofonchiò, lanciando uno sguardo ad Ashley, che cercava di seguire i movimenti
di Zac: un “robottino” avrebbe sicuramente fatto di meglio.
«Niente di
importante…» mentii, ondeggiando
le braccia.
«E… lui?» mormorò, quasi come se pronunciare
il suo nome le causasse sofferenza.
«Ehm…» mi schiarii la voce in imbarazzo,
abbassando lo sguardo.
«Naturale.
Non gli interesso». Cominciò
a mordersi il labbro.
Faceva sempre così quando cercava di non piangere.
«No, Mac.
In verità si è accorto improvvisamente che sei bellissima, ma lo sta negando». Non volevo mentirle.
«Oh,
quindi siamo alla fase della negazione?»
domandò, curiosa.
«Direi di
sì. Ma sono quasi sicuro che adesso Ashley gli sta facendo una bella ramanzina…». Entrambi guardammo Ashley e Zac
che stavano parlando, fermi in mezzo alla pista.
Ashley sembrava leggermente arrabbiata, continuava a puntare
l’indice sul petto di Zac, come se avesse voluto accusarlo.
«Che
diavolo sta succedendo?»
borbottò Mac, smettendo all’improvviso di ballare.
«Non lo
so. Ma credo sia meglio se andiamo a controllare».
In pochi passi raggiungemmo Zac e Ashley, ma appena Ash ci
vide arrivare, smise di parlare.
«Vieni
Francis, andiamo a prendere una boccata d’aria». Mi prese per mano, trascinandomi fuori dalla palestra
velocemente.
«Che-che-che-che
succe-e-e-ede?». Come
pretendeva che non balbettassi se la sua mano era ancora nella mia?
«Quello
stupido, idiota, smorfioso, nerd del cavolo… non vuole ammettere che gli piace
Mac» strillò, battendo il
piede per terra come una bambina.
Sorrisi involontariamente per la sua testardaggine.
Credeva veramente che Zac avrebbe ammesso i suoi sentimenti
per Mac da un minuto all’altro?
«Z-Z-Z-Zac
è tro-tro-troppo orgoglioso»
mormorai, sedendomi sulla panchina del parcheggio.
La stessa panchina di
Halloween.
«Non è
orgoglioso, è testardo! Perché non vuole ammetterlo? Mac questa sera lascia
senza parole. L’intera squadra di football si è fermata a guardarla e lui… “sì,
ho visto che ha messo un vestitino”»
cercò di imitare la sua voce e mi fece ridere.
Non potevo di certo dirle che si era accorto anche del seno
di Mac… quelle erano cose da uomini.
«Credo che
Mac pre-pre-prenderà in mano la situazione» azzardai, sperando che magari Mac fosse un po’ più coraggiosa
di Zac.
«Io non
credo proprio» sbuffò
arrabbiata. «Tu non sai
quanti mesi sono che la minaccio. Non voleva indossare né i tacchi né il
vestito» ammise, sedendosi di
fianco a me con un sospiro.
Mesi?
Ma da quanto sapeva che a Mac piaceva Zac?
«Ma da
quan-quan-quanto sai che a Mac piace Zac?» chiesi, confuso.
«Dal
giorno dopo Stanford. Quando siamo andate in spiaggia. L’ho torturata fino a
quando non l’ha ammesso» borbottò,
forse ricordando quel giorno.
Qualcosa però non quadrava…
«E Finn?». Non era il ragazzo di Mac?
«Finn ci ha provato con Mac,
ma lei, senza tatto, l’ha respinto. Così mi sono inventata la loro storia
sperando che Zac mostrasse un po’ di gelosia, ma ha la testa dura come il marmo». La vidi rabbrividire e
istintivamente mi tolsi la giacca per appoggiargliela sulle spalle.
Probabilmente aveva lasciato la giacchina dentro, con la sua
borsa.
«Wow» mormorai stupito.
La mente delle donne era sadica.
«E adesso,
lui viene a dire che non gli piace Mac! Ma se aveva gli occhi che uscivano
dalla testa! Non l’aveva nemmeno riconosciuta e mi ha chiesto di
presentargliela. Non è tutto normale…».
Era davvero agitata, quella situazione le stava proprio a cuore.
«A-A-A-A-Ashley,
calmati. Sono sicuro che ri-ri-risolveranno». Le sorrisi per rassicurarla.
«Sì, hai
ragione… ma mi dà fastidio. Sono fatti per stare assieme e non riescono a
vederlo. Mac poi… Dio come è testarda quella ragazza». Si strinse di più nella mia giacca e non riuscii a
trattenere un sorriso.
«Lo so, la
conosco dall’asilo» ammisi,
sistemandomi gli occhiali sul naso.
«Dovete
davvero essere amici. È bello, no? Potersi fidare di qualcuno come Mac». C’era una nota quasi malinconica
nella sua voce.
«Sì, direi
di sì. Lo st-st-stesso vale per Zac e John». Anche loro erano degli amici fedeli, quelli su cui sapevo
avrei potuto contare sempre.
«Grazie» sussurrò all’improvviso,
appoggiando la mano sul mio ginocchio.
Cercai di risponderle per chiederle perché mi aveva
ringraziato, ma non mi lasciò parlare.
«Per
essere venuto qui la sera della notte di Halloween e per avermi prestato il tuo
fazzoletto. Grazie anche perché mi hai fatto conoscere Zac e John. Ma grazie
soprattutto per Mac. Mi ha aiutato tanto. Ma non sarebbe mai stato possibile
senza di te. Siete tutti speciali, chi in un modo e chi nell’altro, ma c’è
qualcosa in te che…». Si
fermò, continuando a guardarmi dritto negli occhi.
Stava ringraziando proprio me?
Avevo qualcosa di speciale io?
Be’… in effetti ero Physicsman, forse se ne era accorta.
Ashley sarebbe stata come Mary Jane Watson per Peter Parker?
«P-p-p-p-prego» balbettai imbarazzato, abbassando
improvvisamente lo sguardo.
«E, che tu
ci creda o no… anche se può sembrare il contrario… non mi sono pentita di
quello che ho fatto a Stanford»
sussurrò piano. Probabilmente non sarei riuscito a sentirlo se non fossi stato
così vicino a lei.
Quando, dopo alcuni secondi, non le risposi, Ashley alzò lo
sguardo, come se avesse voluto controllare che ero ancora lì.
«Ragazzi,
finalmente vi abbiamo trovato! Cavolo, abbiamo guardato dappertutto!» disse Zac, comparendo davanti a
noi.
Sussultai per la sorpresa: non li avevo sentiti avvicinarsi.
«Zac…
andiamocene». Mac cercò di
allontanarlo da noi.
«Oddio» sussurrai, quando mi resi conto
che le loro mani erano intrecciate.
«Che cosa
è successo?» chiese Ashley,
cominciando a sorridere.
Tempismo perfetto, insomma!
Buongiorno
ragazze!
scusate per il ritardo ma giuro che non è stata colpa mia!
Comunque,
bando alle ciance: non sapevo se postare oggi o venerdì, ma qualcuno (vedi gruppo
fb) mi ha gentilmente costretto a postare oggi, quindi… :)
Non
ho veramente altro da dire, se non una cosa importantissima che mi ero
dimenticata: thecarnival
mi ha fatto un bellissimo video trailer (diciamo che l’ho un po’ obbligata, ma
va bene lo stesso). Lo trovate QUI, nel suo canale Youtube.
È davvero bravissima e non so ancora come ringraziarla! (tra l’altro per la
fretta di postare la settimana scorsa mi sono dimenticata di mettere il link!
Mi vergogno da sola di me stessa).
Mi
dimentico anche sempre di ringraziare i preferiti, i seguiti e quelli che hanno
messo questa storia tra quelle da ricordare, aumentate sempre di più e non so
come mai!
Grazie
infinite anche a chi lascia una recensione che è sempre molto ben accetta!
QUI potete aggiungermi in
FB e QUI c’è il
gruppo spoiler.
Ricordo
il CONTEST
a cui TUTTE potete partecipare, anche se avete solo letto.
C’è
ancora qualche giorno di tempo… dai daiiiii! In palio ricchi premi e cotillon!
;)
A
venerdì!
|
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Capitolo 16 *** Spring Ball (Cupid's night)- part II ***
rotn
«Io… noi…»
balbettò Zac, sistemandosi gli occhiali sul naso per l’imbarazzo.
«Oddio, sono così felice»
strillò Ashley, correndo ad abbracciare Mac che ridacchiava a causa del
disagio.
Continuavo a guardare la scena
senza dire nulla.
Se da una parte ero felice che
Mac e Zac si tenessero per mano, dall’altra parte ero…dubbioso.
E se si fossero lasciati?
Di chi sarei dovuto rimanere
amico?
Mac la conoscevo dall’asilo, Zac
anche.
Mi trovavo bene con entrambi e
non avrei saputo decidere tra uno di loro due.
«Finalmente! Credevo non sarebbe mai arrivato questo giorno!
Zac, hai proprio la testa dura, lo sai? Erano mesi che provavo a farti capire
che eri innamorato di Mac. Quando vi parlavate sembrava di assistere ai litigi
di una vecchia coppia sposata»
rise Ashley, continuando ad abbracciare Mac.
«Francis, perché non dici nulla?» mi chiese Zac, facendomi sussultare.
Cosa dovevo dire?
«Io… io… sono felice per voi». Cercai di sembrare allegro, fingendo un sorriso.
«Posso parlarti un attimo?» sibilò Ashley, avvicinandosi a me e costringendomi ad alzarmi
per seguirla.
«Che c’è?»
domandai, respirando lentamente per non farle vedere che ero agitato.
«Che ti prende? Ti da fastidio che adesso stiano assieme?». Assottigliò lo sguardo, come se
cercasse di capire qualcosa.
«No… è solo che…»
cominciai, non sapendo bene che cosa dire per non sembrare uno stupido.
«Solo che? Sputa il rospo, Francis Hudson». Fece un passo per avvicinarsi
ancora di più a me.
Nonostante fossi più alto di lei
di dieci centimetri, sembrava davvero minacciosa.
«Ecco… e, ehm… e se si lasciano?» sussurrai, capendo che ero davvero un pessimista cronico.
Da quanto erano una coppia? Dieci
minuti? E io stavo già pensato alla loro fine.
«Ma se si sono appena messi assieme! E poi, Francis, sei
davvero un pessimista, dannazione! Lascia loro un po’ di speranza. Io li vedo
bene come coppia. Ora, dimentica tutte le cose brutte e sorridi. Torniamo da
loro e di’ che sono belli e che sei felice per loro. Muoviti». Quel lato di Ashley, così
dittatoriale… non lo conoscevo.
Cominciavo a capire perché fosse diventata
la capo cheerleader.
«Aspetta»
mormorai, trattenendola leggermente per un polso. Quando Ashley si voltò per
guardarmi, rimasi senza parole ancora una volta. Quella sera era bellissima.
«Che c’è?»
chiese, leggermente in ansia, perché voleva tornare da Mac e Zac.
«E se-e-e poi si la-la-lasciano?». Era proprio un problema grande dal mio punto di vista.
«Dacci un taglio, o non riuscirai a vedere se arrivano a fine
settimana».
Era una minaccia di morte?
Qualsiasi cosa fosse, mi spaventò
abbastanza per farmi avvicinare a Mac e Zac, che smisero di parlare tra di
loro.
«Sono felice per voi, ragazzi» borbottai, passandomi una mano tra i capelli.
«Come no» sbottò
Zac, calciando un sasso con la punta del piede.
«Zac…» lo ammonì
Mac, tirando appena la manica della sua giacca grigia.
«Che c’è? Ti sembra che sia felice? È arrabbiato, non felice.
Che cosa ti dà fastidio?».
Zac fece un passo verso di me, lasciando la mano di Mac.
Sembrava arrabbiato.
«Zac, calmati»
bofonchiai, indietreggiando di un passo.
«No, prima mi dici che cosa ti fa arrabbiare, così ci togliamo
il pensiero. Sei per caso geloso?».
Mi stava spaventando quel comportamento.
L’ultima volta che Zac si era
arrabbiato così tanto era stato otto anni prima, quando assieme a John gli
avevamo nascosto il Bat segnale.
Era… geloso. Di Mac.
«Zac, posso parlarti un attimo?» sbottai così, sperando che riuscisse a calmarsi un po’.
Volevo scambiare quattro
chiacchiere da uomo a uomo.
«Che c’è?» bofonchiò
burbero, e ci allontanammo di qualche passo dalle ragazze.
«Prometti che non la farai soffrire con quelle battute da
idiota?». Ora era il mio
turno di minacciare.
«Io…»
balbettò, improvvisamente a disagio.
La situazione si era decisamente
capovolta.
«Prometti che la tratterai come una principessa, e la
difenderai esattamente come è successo poco fa?».
Non sapevo perché, ma quel suo
scatto di gelosia mi aveva improvvisamente tolto tutti i dubbi su una loro
possibile rottura.
«Io…» cercò
di dire di nuovo, ma io lo bloccai prima che avesse il tempo di rispondere.
«Allora vi auguro tutto il bene di questo mondo». Sorrisi, tendendogli la mano in
un gesto di pace.
«Sei ubriaco?»
chiese, avvicinandosi per guardarmi negli occhi.
Cominciai a ridere, felice.
«No. Non sono ubriaco. Sono solo felice». Feci spallucce, contento che Mac avesse finalmente trovato
un ragazzo alla sua altezza.
«Ashley ti ha baciato?»
ritentò Zac; voleva assolutamente capire il motivo della mia felicità.
«No, mi ha solo detto che non si è pentita del bacio a Stanford» confidai, lanciando un’occhiata a
Mac e Ash: stavano ridacchiando, sedute sulla nostra panchina, quella sotto
alla grande quercia.
«E poi?»
strillò, curioso.
«E poi siete arrivati voi» borbottai, abbassando lo sguardo e ripensando al secondo in
cui avrei voluto uccidere Zac.
«Che
sfiga. Potevi mandarci via»
sbuffò, sistemandosi gli occhiali.
«Come
potevo? Siete arrivati con le mani intrecciate. Ma che cosa è successo?» domandai, ora troppo curioso di
capire.
«Ecco,
noi…» cominciò a
giocherellare con il bordo della giacca, senza guardarmi negli occhi.
«Vi siete
baciati?» urlai,
guadagnandomi una gomitata nelle costole.
«Parla
piano, scemo. Non so se posso dirtelo»
mormorò. Era arrossito.
«Ok,
allora fai solo gesti. Così non mi dici nulla». Improvvisamente mi ritrovai avido di pettegolezzi.
Sembravamo due zitelle che spettegolavano.
«Vi siete
baciati?». Non che avessi
molti dubbi, dopo la sua reazione, ma era per essere sicuri.
Annuì, tornando subito dopo a guardare Mac, che stava ancora
parlottando in modo complice con Ash.
«Ma un
bacio bacio?». Alla mia
domanda scosse la testa energicamente.
Ah, un bacio a stampo.
«Ok, e
dopo? Come fai ad accompagnarla a casa?»
mi informai. In fin dei conti c’erano solamente la mia macchina e quella di
Ashley a disposizione.
«Be’,
posso anche parlare ora che ci penso»
disse piano. «Scendo a casa
sua e dopo torno a piedi»
mormorò.
Non sapevo perché ma sembrava che fosse arrossito di nuovo.
Sorrisi felice, qualcosa, nel suo sguardo, mi convinse che
Ashley aveva ragione.
Zac e Mac sembravano veramente un bella coppia.
«Torniamo
da loro, dai». Guardai Mac e
Ashley; nonostante fossero passati quasi dieci minuti continuavano a parlare
senza mai fermarsi. Quasi senza respirare.
Che cosa avevano da dirsi?
«Ciao» borbottò Zac, facendo un mezzo
sorriso.
Quando Mac incontrò il suo sguardo, non riuscì a non
sorridere a sua volta, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Aww» mormorò Ash, senza trattenersi.
«Smettila». Mac le tirò una leggera
gomitata.
«Andiamo
dentro a ballare un po’? Perché altrimenti il ballo finisce e noi non abbiamo
ballato». Ashley si alzò in
piedi, avvicinandosi a me e sorridendomi.
«Questa è
proprio una buona idea»
ribatté Zac, circondando le spalle di Mac con un braccio.
«Come sono
carini» cinguettò Ash,
avvicinandosi di un passo a me.
«Già». Abbassai lo sguardo, puntandolo
sulle mie sneakers, imbarazzato.
Mi sarebbe piaciuto fare lo stesso, appoggiare il mio
braccio sulle sue spalle, ma avevo paura di esagerare.
Non volevo spaventarla, non dopo quello che mi aveva detto
pochi minuti prima.
Una cosa era certa: dovevamo riprendere quel discorso, non
l’avevamo concluso, e io ero solito terminare quello che cominciavo.
All’ingresso della palestra notammo Alex e Kathrina: si
stavano baciando.
Cercai in tutti i modi di richiamare l’attenzione di Ashley
dalla parte opposta, ma senza risultato.
«Dopo
quello che è successo l’ultima volta potrebbero evitare di fare queste cose in
pubblico» sibilò Ashley,
lanciandogli un’occhiataccia carica d’odio.
«Il lupo
perde il pelo ma non il vizio, mia cara»
disse Zac, superandoci con Mac, per raggiungere John e Hannah.
«Credo
abbia ragione» borbottò tra
sé e sé Ashley, spostandosi un ricciolo che era caduto dalla sua acconciatura.
«Lascialo
stare» le consigliai. Forse
era un po’ pretenzioso da parte mia dare dei consigli a lei, ma speravo lo
interpretasse come il consiglio di un amico.
«Cosa?» domandò sorpresa, avvicinandosi
di un passo per riuscire a sentirmi anche attraverso la musica assordante.
«Lascialo
sta-sta-stare. Non far-farci più ca-a-a-aso». Riuscii solo a fare una strana smorfia, per cercare di
rassicurarla.
«Forse hai
ragione. Dai, andiamo a ballare».
Mi prese per mano, trascinandomi dagli altri ragazzi.
Cominciai a muovermi lentamente, dapprima impacciato.
Quando però, Mac si avvicinò assieme ad Hannah, ridendo, e
mi costrinse a ballare, riuscii a lasciarmi andare un po’ di più.
Ballammo per tutta la sera, senza fermarci quasi mai.
Probabilmente agli occhi delle altre persone potevamo
sembrare ridicoli, specialmente quando, assieme a Zac, avevo cominciato a
muovermi come un egiziano.
Non ci importava niente dell’opinione degli altri in quel
momento, però.
Eravamo isolati da tutti, nonostante alcuni ragazzi ci
spintonassero perché, forse, occupavamo un po’ troppo spazio.
«Basta, vi
prego» si lamentò a un certo
punto Zac, sbuffando e slacciandosi ancora di più la camicia.
«Ancora
uno, dai» cercò di
convincerlo Mac, abbracciandolo e costringendolo ad avvicinarsi di nuovo a noi.
«Ma sono
stanco. Mi fanno male le gambe».
Vidi le mani di Zac appoggiarsi sui fianchi di Mac e ridacchiai.
Era strano vederli così affettuosi, quando fino a poche ore
prima bisticciavano per ogni sciocchezza.
«Dai,
tanto prima che balliamo di nuovo passeranno mesi». Ashley lo prese per mano e cominciò a farlo muovere a forza,
mentre Zac continuava a far ciondolare la testa.
«Sono
stanco. Voglio tornare a casa. Voglio farmi una doccia calda con il
bagnoschiuma di Flash e dopo voglio andare a dormire tra le mie lenzuola di Superman» borbottò, passandosi una mano tra
i capelli sudati.
«Due
minuti?». Mac gli sorrise,
sbattendo un po’ troppe volte le palpebre.
«Ok» acconsentì con un sospiro,
strabuzzando gli occhi quando Mac lo abbracciò di colpo per ringraziarlo.
«Grazie,
grazie». Mac cominciò a saltellare
per la felicità.
«La
prossima è l’ultima canzone però»
la avvertì Zac.
Non aveva tutti i torti, anche io cominciavo a essere
stanco.
Mi stavo divertendo, ma i muscoli delle mie gambe non la
pensavano allo stesso modo.
«Hannah,
per favore possiamo andare? Non mi reggo più in piedi» si lamentò John sporgendo il labbro inferiore come un bambino
piccolo.
«Va bene» ridacchiò Hannah, dandogli un
veloce bacio. «Prima però
dobbiamo andare da Cindy così le spiego bene che cosa deve fare. Ormai se ne
sono andati quasi tutti, credo possano farcela da soli». Abbracciò John, prima di avvicinarsi a Mac e Ashley per
salutarle.
«Ciao
Francis» ridacchiò, alzandosi
sulle punte dei piedi per abbracciarmi.
«Buona
serata, Han» scherzai,
piegandomi leggermente sulle ginocchia.
«Zac, te
lo ripeto: siete davvero belli assieme»
disse con un sorriso Hannah, prendendo le mani di Zac tra le sue.
«Oh… sì,
be’… grazie» balbettò in
imbarazzo, facendo ridere me e Ashley.
John e Hannah si allontanarono, lasciandoci a ballare per
qualche altro minuto.
«Ok, la
canzone è finita. Ora possiamo andare a casa, forza Francis. La macchina è la
tua». Zac cercò di spingermi
verso l’uscita affrettandosi dietro di me.
«Un attimo» mi lamentai, sistemandomi gli
occhiali che erano scesi sul naso. «Ashley,
Mac, volete andare a casa?»
chiesi.
In fin dei conti ero un gentiluomo.
Se le signore volevano rimanere per un nuovo ballo, saremmo
rimasti!
«Francis,
è molto gentile da parte tua, e qualcuno dovrebbe prendere esempio da te…» scherzò Mac, guardando Zac che
abbassò vergognoso lo sguardo, «…
ma credo sia meglio tornare a casa. Che ne dici Ash?». Mac guardò Ash, per avere una conferma.
«Credo sia
meglio andare. Qui c’è sempre meno gente, e so chi rimane fino alla fine della
festa, di solito» mormorò,
lanciando uno sguardo verso Kathrina e Kristy, che stavano dando spettacolo al
centro della palestra.
«Ok,
allora possiamo andare»
concordai, facendo qualche passo verso le sedie. Avevamo appoggiato le nostre
giacche lì.
« Avresti
dovuto indossare una giacca, così rischi di prenderti la febbre. Sei sudata». Zac aiutò Mac a indossare il
coprispalle e dovetti mordermi la lingua per non ridere.
Zac era davvero premuroso.
Dopo aver indossato la mia giacca, aspettai che anche Ash
finisse di mettersi la sua e le porsi la borsetta.
Uscimmo tutti e quattro assieme, proprio mentre il
quaterback di riserva della squadra faceva un complimento, non tanto velato, a
Mac.
«Gli
spacco la faccia» borbottò
Zac, stringendo i pugni per la rabbia.
«Addirittura?» ridacchiai, non riuscendo a
trattenermi per quella sua improvvisa gelosia verso di Mac.
«Ragazzi,
grazie per la bellissima serata, mi sono divertita davvero molto» sospirò felice Ashley, aprendo la
portiera della sua macchina per lasciare la borsa sul sedile.
«Non c’è
di che. Ci siamo divertiti tanto anche noi». Nonostante non fosse tutto ben illuminato, riuscii ad
accorgermi delle mani di Zac e Mac che si stringevano l’una nell’altra.
«Sono
felice. Anche per voi». Il
sorriso sincero di Ashley la rese ancora più bella del solito.
Anche tutta sudata, con i capelli arruffati e spettinati e
il trucco che cominciava a colare, la trovavo bellissima.
«Grazie» mormorò Mac, abbracciando Ashley.
Si sussurrarono qualcosa che non riuscii a sentire.
«Che vi
siete dette?» domandò curioso
Zac, facendole ridere.
«Che sei
un tipo troppo invadente, Zachary Bolton».
Mac gli fece una linguaccia, facendolo sbuffare infastidito.
«Non mi
piace tutto questo parlottare alle spalle. Le cose si dicono in faccia» bofonchiò arrabbiato, abbassando
lo sguardo.
«Oh, si è
offeso» scherzò Ashley.
Sembrava che si divertissero a prenderlo in giro, e, forse,
mi stavo divertendo anche io, visto che non riuscivo a levarmi quel sorriso dalle
labbra.
«Ok, vado.
Ci vediamo ragazzi» disse
Ashley, avvicinandosi a Zac per salutarlo velocemente.
Zac ricambiò il saluto, ritornando subito di fianco a Mac.
«Ciao
Francis» sussurrò Ashley,
facendomi rabbrividire quando la sua guancia sfiorò la mia.
«C-c-c-c-ciao» balbettai, cercando di ritornare
lucido.
Possibile che dopo tutti quei mesi non riuscissi ancora a
comportarmi normalmente quando lei mi sfiorava?
Salì sulla sua auto e pochi secondi dopo partì. L’ultima
cosa che vidi fu l’immagine dei suoi occhi divertiti che ci guardavano dallo
specchietto retrovisore.
«Che dite
se torniamo a casa?» proposi,
aprendo la portiera della mia auto.
«Va bene,
tanto devi solo andare a casa di Mac»
ridacchiò Zac, facendo il solletico sui fianchi a Mac mentre saliva in
macchina.
«Mi fate
solo un piacere?» domandai,
sperando non interpretassero male le mie parole.
«Cosa?» chiesero all’unisono, cominciando
poi a sghignazzare.
«Evitate
di fare come quelle coppiette che stanno sempre a sussurrarsi cose all’orecchio
e poi ridono da sole? È davvero snervante. Se dovete dire qualcosa quando siamo
tutti assieme, fate in modo che tutti riescano a sentirla». Non riuscivo proprio a capire
perché tante coppie facessero così.
«D’accordo». Mac cercava di mascherare un
sorriso con scarsi risultati.
«Lo
prometto. A meno che non ci sia qualcosa che non potete sentire». Zac strizzò l’occhio a Mac che
gli diede un colpo leggero sulla spalla.
«E,
un’altra cosa. Non fate troppo gli appiccicosi. Non usate nomignoli
imbarazzanti». Sarebbe stato
davvero fastidioso se Zac avesse chiamato Mac ‘pucci-pucci’ o ‘amorino’.
Anche perché Mac non mi sembrava il tipo da rispondere ad
‘amorino’.
«Ci sto» rise Mac, slacciandosi la cintura
di sicurezza non appena mi fermai davanti a casa sua.
«Bene, a
domani Francis» mi salutò
Zac, scendendo dall’auto subito dopo di lei.
«Ci
vediamo. E… grazie» sussurrò
Mac, allungandosi perché Zac non potesse sentirla.
«Tanto io
e te dobbiamo parlare» la
minacciai.
Sapeva di non poter scampare all’interrogatorio.
L’aveva fatto lei con me, perché non potevo farlo io?
Quando partii, sbirciai verso la veranda di Mac: si erano
seduti sul dondolo.
Chissà perché, ma avevo come la sensazione che avessero un
bel po’ di cose da dirsi.
Accesi l’autoradio e cominciai a guidare verso casa cantando
con un sorriso.
Era stata una bella serata e mi ero davvero divertito.
L’unica nota negativa: il discorso che non ero riuscito a
terminare con Ashley.
Quello non potevo davvero sopportarlo.
Quando misi la freccia per girare nel vialetto di casa, mi
accorsi che c’era una macchina a ostacolarmi.
Era una BMW bianca.
Frenai all’improvviso, quando dall’auto scese Ashley.
Sventolò la mano, cercando di sorridermi.
Dopo aver spento il motore, scesi e, come uno stupido,
borbottai «Ashley?».
«Io…» cominciò in imbarazzo, «non abbiamo terminato quel
discorso, insomma». Si
strinse un po’ di più nella sua giacchetta, rimanendo appoggiata al cofano
dell’auto.
«Sì, be’…» balbettai, non sapendo che dire.
Sapevo di dover dire qualcosa per primo, visto che lei aveva
cominciato il discorso.
«Colpa di
Zac, no?» scherzò, forse tentando
di alleggerire l’atmosfera. «E
adesso non sappiamo come ricominciare»
rise nervosamente, fissando gli occhi nel buio intorno a sé.
Non riuscii a trovare niente di sensato da dire.
«Forse ho
sbagliato a venire qui». Si raddrizzò,
facendo un passo per risalire in auto.
«Ashley,
a-a-a-aspetta». Mi schiarii
la voce, cercando di farmi coraggio. «Io…
io sono felice che tu non ti sia pen-pen-pentita di quel ba-ba-ba-ba-bacio». Mi risultava davvero difficile
parlare senza balbettare, ma l’argomento non era semplice come enunciare il
Principio di Indeterminazione di Heisenberg. «E gr-gr-grazie per tutto quello che hai de-de-de-detto. È
stato be-bello». Sorrisi
appena, sistemandomi gli occhiali.
«Non devi
ringraziarmi, è la verità».
Ritornò ad appoggiarsi alla macchina, un po’ più rilassata.
«Allora
grazie per quello che hai fatto per Mac. L’ho vista da-da-davvero felice questa
sera». Ricordai subito il
sorriso di Mac quando era scesa davanti a casa con Zac.
«Oh, ma
quello è un mio super potere. Ricordalo Francis: io ho sempre ragione quando si
parla di coppie. Che ti avevo detto di Mac e Zac? Tu saprai anche l’ordine dei
pianeti nel sistema solare, i nomi di tutti i presidenti americani e forse
anche quelli delle loro mogli. Non credo di esagerare se dico che conosci a
memoria quella tavola di chimica con tutti gli elementi. Però, io so fare una
cosa migliore: so leggere le persone. Se voglio, riesco a capire quello che
pensano e provano prima ancora che loro se ne accorgano, mi basta attivare i
sensori» ridacchiò
appoggiandosi l’indice sulla tempia.
Sorrisi inevitabilmente per quel suo riferimento ai
supereroi.
«Superpoteri,
eh?» scherzai, quando si sistemò
il vestito, avvicinandosi a me.
«Eh già» rise, piegando leggermente la
testa di lato. «Buonanotte
Francis. Grazie davvero di tutto»
sussurrò prima di darmi un bacio all’angolo delle labbra.
Non era un bacio sulla guancia, non era nemmeno un bacio
sulle labbra.
Sembrava un buon compromesso tra i due.
«Non c’è
di che» mormorai al vuoto,
quando ormai l’auto di Ashley si era rimessa in strada.
Buona
domenica ragazze!
Ancora
una volta mi scuso per il ritardo, ma come sapete non è colpa mia, visto che il
capitolo è pronto da martedì! :)
Comunque,
ecco qui il nuovo capitolo dei nerd, spero vi sia piaciuto…
Per
quanto riguarda Zac e Mac, come ho anticipato in FB, vorrei scrivere, più
avanti, uno spin-off di pochi capitoli (massimo 8) e concentrarmi solo su loro
due, in modo da riempire i buchi che ci sono in questa storia.
Quante
sarebbero interessate?
Per
le recensioni, mentre voi leggete questo capitolo io rispondo… scusate se non
riesco a farlo prima, ma tra mancanza di
tempo e connessione non mi è proprio possibile!
Ricordo
che ho posticipato la chiusura del contest: avete tempo fino al 7 di novembre,
trovate tutte le regole QUI.
Come
al solito, QUI c’è il
mio account FB e QUI
il gruppo spoiler.
A
venerdì prossimo!
|
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Capitolo 17 *** God bless It! (or Zac and Mac?) ***
rotn
«Francis,
Francis svegliati» sussurrò
qualcuno, facendomi mugolare infastidito.
«No» sbottai, sistemandomi meglio sul
letto.
«Forza
Francis, è mezzogiorno passato»
tornò a borbottare la voce, quando un’improvvisa luce mi colpì.
«No» mi lamentai, di nuovo, portandomi
il cuscino sopra al viso, per non far passare nemmeno un po’ di luce.
«Ok,
Francis non volevo dirtelo in questo modo, ma… c’è una donna che ti aspetta al
piano di sotto» rise mamma.
Una donna?
Ashley?
Mi alzai di colpo, indossando gli occhiali.
«Chi è?» chiesi, togliendomi la maglia di
Superman che usavo per dormire.
«Mac, chi
dovrebbe essere?». Perché
mamma sembrava prendermi in giro?
«Oh» sbuffai, tornando a distendermi
sul letto con un braccio e la testa infilate nella maglia.
«Perché
sembri così… deluso?». Quel
sorriso sulle sue labbra non mi piaceva per niente.
«Perché
credevo fosse Kristen Dunst. Sai che da quando ha fatto Mary Jane Parker ho una
cotta per lei» ribattei,
finendo di infilarmi la maglia e pettinando i capelli con le mani.
Inevitabilmente, con quel gesto, tendevo sempre ad
arruffarli di più.
«Francis» ridacchiò mamma prima di uscire
dalla camera e chiudersi la porta alle spalle.
Perché non aveva detto semplicemente Mac? Perché mi aveva
preso in giro dicendomi che c’era una donna?
Certo, Mac era una donna e ne avevamo avuto tutti la
conferma la sera prima, ma… non era Ashley!
«Ciao Mac» borbottai stiracchiandomi,
scendendo le scale.
«Francis». Il sorriso che aveva sul volto
si allargo ancora di più.
«Facciamo
due passi?» proposi.
Ero quasi sicuro che mamma stesse lavorando a qualche
plastico nel suo studio; e da lì era facile origliare, anche se non era il tipo
da farlo.
«Allora?» chiesi, quando ci chiudemmo la
porta di casa alle spalle.
«Che dici?». Non riusciva a togliersi quel
sorriso dalle labbra, mi faceva quasi paura.
«Non
saprei… sei tu quella che ha tante novità». La punzecchiai, sapendo che Mac era passata da me per
quello.
«Sì» sospirò, sedendosi su una
panchina. «Così, insomma…
adesso sembra che io e Zac…».
Cominciò a giocherellare con l’anellino che portava all’indice.
«Sono
felice per voi Mac, dico sul serio. E credo che il merito sia tutto di Ashley» ammisi, ricordando quello che mi
aveva detto la sera prima.
«Ash mi fa
paura» scherzò Mac, facendomi
ridere. «Era sicura che io
piacessi a Zac. Mi ha detto che lui non avrebbe avuto più dubbi dopo il ballo» sussurrò appoggiando il mento sul
ginocchio.
«Magari ha
dei superpoteri, no?». Forse
ce li aveva davvero.
Per una volta non era Physicsman quello con i poteri, ma era
Ashley.
«No, credo
solo che sappia leggere le persone in modo quasi spaventoso. Ha detto che dopo
cinque minuti si era accorta che mi piaceva Zac. E questo è strano, visto che
non lo sapeva nessuno» mi
confidò, lanciandomi uno sguardo strano.
«Appunto…
perché non me l’hai mai detto?».
Cercai di assumere un tono da duro, con scarsi risultati.
«Be’…
perché non credevo di piacergli e avevo paura che tu ti arrabbiassi. Ho cercato
di dirtelo, ma tu non hai capito».
Alle sue parole qualcosa mi tornò in mente.
Una chiacchierata di qualche mese prima, quando avevo
frainteso le parole di Mac e mi ero convinto di piacerle.
«Ohh» sussurrai stupito, «era, era Zac quello che non ti
vedeva?». Le puntai l’indice
contro. Ora tutto aveva un significato diverso.
«Già». Abbassò lo sguardo, imbarazzata.
«Wow, ehm…». Mi grattai una tempia, non
sapendo bene che dire.
Era una situazione strana, decisamente.
«Già» ripeté.
«Be’,
voglio dire… ieri sera vi siete chiariti?» domandai, sperando che non fossero sorti problemi.
«Sì, direi
di sì. Non credo dovrai sopportare scene da fidanzatini zuccherosi, Zac non è
proprio il tipo. Non ce lo vedo con un mazzo di rose in mano o cose del genere»
Sembrava più rilassata.
«Perché
no? Io invece me lo immagino Zac che ti invita al ristorante e ti regala un
mazzo di rose» ridacchiai,
prendendola in giro.
«Forse
perché l’ha visto in Spiederman 3, ma non credo che sarebbe in grado di
prendere l’iniziativa. Insomma… è Zac!».
Allargò leggermente le braccia: era senza speranze.
«Avresti
dovuto scegliere con più attenzione Mac. Credo che Zac non sia proprio l’ideale
di uomo romantico. Non riesco a immaginarlo mentre porta la colazione a letto o
organizza una sorpresa». Ci
pensai un po’ su. No, Zac non si poteva proprio considerare un ragazzo
romantico.
«Meglio di
John, che legge i fumetti a colazione»
ribatté Mac, facendomi sogghignare.
«Oh, be’,
certo! Però Zac si lava ancora con il bagnoschiuma di Flash perché pensa che
potrebbero crescergli le ali sopra alle orecchie» confidai.
«Stai
scherzando?» chiese allibita
Mac.
«Mmm…
forse questo non dovevo dirlo».
Mi finsi per un secondo pentito, poi non riuscii più a trattenermi e risi
assieme a lei.
«Tu sei un
pozzo di segreti. Dovrai dirmene qualcuno. Tipo queste cose che lo
imbarazzeranno…» borbottò,
dandomi un leggero colpetto sul ginocchio. «Ma basta fare l’egocentrica… raccontami di ieri sera, che cosa
è successo?». Si sistemò più
comoda, pronta per ascoltarmi.
«Oh, ehm» mormorai, imbarazzato.
«Avanti
Francis, voglio sentire l’altra campana»
mi incoraggiò.
«Hai già
parlato con Ashley?». Ero
stupito: quando si erano parlate?
«Certo!
Questa mattina alle nove ci siamo aggiornate». Sembrava quasi normale per lei.
«Alle
nove? Quindi sai già tutto».
Feci spallucce, rendendomi conto che probabilmente Ashley le aveva raccontato
tutto.
«No, al
contrario. Mi ha solamente detto che è venuta fuori da casa tua e avete parlato
due minuti». Continuava a
scrutarmi seria, cercando di capire qualcosa dalla mia espressione.
«Oh, direi
che non c’è molto altro da dire. Stavamo parlando nel parcheggio della scuola,
ma siete arrivati voi e non abbiamo più continuato il discorso». Mi fermai, sistemandomi gli
occhiali che erano scesi leggermente.
«Tutta
colpa di quello stupido di Zac»
sbuffò irritata. «Gliel’avevo
detto io di non cercarvi, ma lui ha cominciato a blaterare dicendo che dovevamo
dirlo a voi e pur di farlo rimanere zitto ho dovuto accontentarlo». Scosse leggermente la testa,
alzando gli occhi al cielo.
«Non fa
niente» ridacchiai, incapace
di trattenermi, «tanto non ci
stavamo dicendo niente di che. E poi, era una bella notizia, no?». Ero felice per loro, nonostante
la mia prima reazione non fosse stata delle migliori.
«Sì, ma
magari avreste potuto chiarirvi una volta per tutte» insisté, convinta delle sue parole.
«Forse non
c’è niente da chiarire»
ammisi, con un sussurro.
Ero sempre più convinto che Ashley mi vedesse come un amico;
tutti i suoi comportamenti me lo facevano pensare.
«Perché
che cosa ti ha detto?» chiese
Mac, curiosa.
«Niente. È
proprio questo il punto. Non dice mai niente, tranne qualche strano bacio
all’angolo delle labbra». Mi
uscì una smorfia irritata, al ricordo di quel bacio mancato.
«E tu che
cosa hai fatto per farle capire che ti piace?» tornò a domandare Mac, assumendo lo sguardo da maestrina che
mi spaventava sempre.
«Come cosa
ho fatto?». Strabuzzai gli
occhi, completamente sorpreso dalle parole di Mac.
«Hai
provato a baciarla? Le hai preso una mano tra le tue? Le hai messo un braccio
attorno alle spalle?»
cominciò con una raffica di domande che sembrava non aver fine.
«Io…» balbettai, spostandomi irrequieto
sulla panchina.
«Cosa?
Cosa hai fatto?». Mac si
avvicinò a me, assottigliando le palpebre.
«Non ho
fatto niente! Cosa dovrei fare?»
sbraitai, sperando che così mi lasciasse in pace e la smettesse di torturarmi
con quelle domande.
«Appunto,
come immaginavo. Francis, dovresti corteggiarla, prova a baciarla, vedi che
cosa succede. Ha sempre preso l’iniziativa lei. Cavolo, sei un uomo, fatti valere
una volta ogni tanto». Mi
tirò un piccolo pugno sul braccio che mi fece mugolare per il dolore.
«E tutta
questa saggezza da dove viene?»
bofonchiai, abbassando lo sguardo sulle mie sneakers.
«Sono una
donna, e so che le donne vogliono essere corteggiate Francis. Non si esporrà
mai più di così. Dovresti parlarle, oppure agire» propose, come se per lei fosse una cosa normale.
«Parlarle?
Non so se ti sei accorta che nemmeno adesso, se mi è troppo vicina, riesco a
parlare normalmente. Forse non è un piano geniale» sibilai, prendendomela con me stesso perché non riuscivo
ancora a non balbettare.
«E allora
agisci. Baciala». Cercò di
spintonarmi. Era decisamente convinta delle sue parole.
«Certo
Mac. Farò così la prossima volta che la vedo. E scapperà a gambe levate da me,
perché l’ho aggredita» dissi
ironico, irritandola.
«Francis,
se continui a sperare che lei si accorga che ti piace, non succederà mai
niente, non riesci a capirlo?»
domandò, giocherellando con il suo anellino.
«Disse
colei che ha aspettato dieci anni prima di dire al suo amico che le piaceva». Forse era una cosa cattiva da
dire, ma era la verità.
«Esatto!
Proprio per questo te lo dico, non voglio che tu faccia il mio stesso errore. E
ammetto che se non fosse stato per Ash non sarebbe mai successo. Devi buttarti
Francis, abbiamo diciotto anni, se non lo facciamo adesso, quando possiamo
farlo?». Sorrise
involontariamente, quando il suo cellulare vibrò. Le era arrivato un messaggio.
«Io ne ho
ancora diciassette. Quindi posso andare con calma». Ero testardo, ma qualcosa mi diceva che avevo ragione.
«Bene,
bravo! Continua a pensare in questo modo»
mormorò, faticando a mantenersi seria, mentre scriveva un messaggio.
«Puoi
anche rispondere a Zac, non mi offendo»
le dissi, incrociando le braccia al petto.
«Devo
andare. Questa sera guardiamo un film a casa mia. Tu passa a prendere Ashley.
Al resto penso io. E una cosa Francis… comincia ad avere paura di me». Mi sorrise, prima di alzarsi e
andare verso la sua macchina.
«Ehi» urlai, correndo per raggiungerla,
«Mac». Mi misi davanti a lei, sbarrandole la strada. «Che cosa volevi dire con quella
frase? Perché devo avere paura di te?»
chiesi, sospettoso.
«Dicevo
così per dire. Buona giornata Francis».
Un nuovo sorriso.
Mi stava prendendo in giro.
«Non fare
niente di stupido, per favore. Ti ricordo che ho tutte le nostre conversazioni
salvate sul PC, posso casualmente spedirle a Zac…» ridacchiai in modo sadico, quando Mac salì in macchina.
«Grazie
per avermelo detto. Appena torno a casa ti hackero il PC e le cancello. A
stasera Francis». Mise in
moto e partì senza nemmeno salutarmi.
Che cosa aveva intenzione di fare Mac?
Perché mai avrebbe dovuto spaventarmi?
Sapevo che se Mac si fosse messa d’impegno avrei dovuto
avere paura.
Speravo solo che non ci fosse anche lo zampino di Zac,
altrimenti la cosa sarebbe stata davvero preoccupante.
Quando rientrai in casa, mamma stava ancora lavorando al suo
plastico.
«Qualche
idea per rendere questo immenso palazzo un po’ più vivibile, tesoro?» domandò, portandosi la matita
dietro l’orecchio.
«Quanti
appartamenti ha?». Mi
avvicinai al plastico, scrutandolo.
«Su per
giù una cinquantina». Mamma
fece un giro attorno alla scrivania, osservando il suo lavoro scettica.
«I
parcheggi, quanti sono?». Quel
plastico mancava di verde. Era tutto grigio, troppo cemento.
«Centocinquanta». Spostò un plico di carte, per
avere più spazio.
«Riduci i
parcheggi e in questa zona metti un piccolo parco, no?». Indicai l’estremo del plastico, immaginandomi qualche albero.
«Mmmh, non
sarebbe male». Prese alcuni
alberi e li piantò per vedere che effetto avrebbero fatto. «Già meglio» commentò, sorridendo.
«Magari
potreste terminare con un giardino nell’attico, a cui possono accedere tutti». Infilzai qualche alberello sul
tetto dello stabile per farle capire la mia idea.
«Ottimo.
Così mi sembra perfetto. Sei un piccolo genio, te l’ho mai detto?». Si avvicinò, spostandosi gli
occhiali sopra alla testa.
«Qualche
volta…» sussurrai sorridendo
e giocherellando con un omino finto a portata di mano.
«Come mai
così felice?» chiese mamma,
scrivendo qualche appunto su un foglio.
«Eh?». Alzai di colpo il volto,
sorpreso.
Non ero felice, preoccupato, casomai.
«Mac, come
mai è così felice? Si è innamorata?».
Ecco perché mamma mi faceva paura.
Aveva anche lei come Ashley i superpoteri.
«Ehm… sì,
più o meno» bofonchiai, non
sapendo che dire.
«Di chi?» domandò, con un sorrisetto
soddisfatto.
«Di, di
Zac». Speravo che Mac non si
arrabbiasse perché me l’ero lasciato sfuggire. Tanto era la mamma.
«Oh, lo
sapevo! Sono così felice per loro. Sono proprio belli assieme». Batté le mani, entusiasta.
«Sì… va
bene… io, io questa sera devo andare a casa di Mac a guardare un film, non so a
che ora torno. È un problema?».
Ero quasi sicuro che mi avrebbe lasciato andare, ma lo chiedevo sempre.
«Certo che
no. Ci sarà anche lei?». Appoggiò la matita, interessata
alla mia risposta.
«Ovvio che
ci sarà Mac, è casa sua»
risposi seriamente, senza capire perché mi avesse fatto quella domanda.
«Non Mac…
lei» ripeté, riuscendo a
stupirmi. Rimasi a bocca aperta, sconvolto.
«Mamma…» piagnucolai, vergognoso,
sistemandomi gli occhiali e muovendomi irrequieto.
«Certo,
non sono affari miei. Anche perché ho già capito che ci sarà» rise, incapace di trattenersi.
«Sì, certo» farfugliai, abbassando lo
sguardo. «Io vado a lavorare,
ci vediamo». Feci un gesto
con la mano prima di salire al piano di sopra per indossare la divisa.
Sarei passato a casa di Ashley dopo il lavoro, almeno così
aveva ordinato Mac.
«Grazie
per il passaggio, Francis»
mormorò Ashley, chiudendo lo sportello dell’auto.
«Non c’è
problema». Cercai di
sorriderle, senza prestare troppa attenzione alle sue gambe coperte solo da un
paio di calze scure.
«Mi ha
chiamato Mac e ha detto: “Preparati perché Francis viene a prenderti. Stasera
pizza e film da me”. Non ho chiesto niente perché ha chiuso subito la chiamata». Si agganciò la cintura di
sicurezza, appoggiando la borsa sul cruscotto.
«Non so
che cosa le s-s-sia preso» tartagliai,
scuotendo la testa.
In verità sapevo esattamente quello che succedeva dentro
alla testa di Mac, ma era meglio non saperlo.
«Certo,
tra una cosa e l’altra è da tanto che non guardiamo un film, ma mi sono
stupita. Mi ha obbligata a venire, insomma. Mi fa piacere, e lo sai, ma… boh,
era strana. Ah, l’amore»
sospirò, con un sorriso.
Certo, l’amore!
Qui non si trattava di amore, si trattava di vendetta.
Mac voleva vendicarsi su di me, e non ne capivo il motivo.
Non avevo fatto niente di male!
«Sì,
infatti…» mugugnai,
parcheggiando davanti a casa di Mac.
L’auto di Zac era posteggiata poco dopo l’ingresso sul retro.
«Dici che
c’è anche Sally?» chiese
Ashley, slacciandosi la cintura di sicurezza.
«Non lo
so, ma non credo, altrimenti Mac non ci avrebbe invitato» mormorai, allungandomi sul sedile posteriore per prendere le
pizze.
«Credi che
guarderemo un film di Star Wars anche se non è giovedì sera?». Ashley rallentò leggermente il
passo, affiancandosi a me.
«No. La Star Wars Night è solo ed esclusivamente
di giovedì sera. Se per qualche motivo non riusciamo a trovarci tutti insieme,
si rimanda alla settimana dopo»
spiegai, quando lei bussò alla porta di Mac.
«Che
regole strane avete» notò,
salutando Zac con un gesto del capo quando aprì l’uscio.
«Zac» accennai appena, mentre prendeva
il cartone di pizza e lo apriva, apparentemente affamato.
«No,
perché hai preso quella con i funghi?»
si lamentò, richiudendo la scatola e aprendone un’altra.
«Perché
piace a Mac» ribattei,
sedendomi sul divano con uno sbuffo.
«Ma non
mangiava quella con il salamino?»
domandò Zac, guardandomi diffidente.
Sorrisi, divertito da quella sua osservazione.
Mac mangiava sempre la pizza con il salamino piccante, e Zac
l’aveva notato.
«Ai funghi
piace ad Hannah» spiegai,
cercando di non ridere troppo.
«Hannah e
John non ci sono questa sera»
disse Mac, entrando in sala da pranzo con una bottiglia di Coca Cola e una di
aranciata.
«Ah no?» chiese Ashley, stupita.
«No. Non
ho nemmeno provato a chiamarli»
tagliò corto Mac, insospettendomi.
Perché non aveva invitato anche John e Hannah?
In fin dei conti c’erano sempre anche loro alle nostre
serate-film.
«Allora,
che guardiamo?» domandai,
prendendomi subito un pezzo di pizza.
«Ashley,
ti piacciono gli horror?»
chiese Zac, parlando con la bocca piena.
«Io… ecco,
diciamo che… mi fanno paura» mormorò
Ashley, torturandosi il bordo del vestitino.
«Ottimo» esultò all’improvviso Mac, «cioè, volevo dire, bene» si corresse subito,
mordicchiandosi un labbro per non ridere.
«Francis,
a te non chiedo nemmeno se fanno paura i film horror, visto che li mastichi a
colazione tra i cereali dei supereroi»
scherzò Zac, guadagnandosi un’occhiataccia da parte mia.
«Lo sai
che non mi fanno paura»
ribattei, continuando a pensare al motivo per cui dovessimo necessariamente guardare
i film horror.
«Ok,
allora guardiamo…» borbottò
Mac, avvicinandosi alla collezione di DVD che aveva sotto alla TV.
«Non
possiamo guardare un cartone? Vi prego, ho davvero paura se guardo un horror. E
non ho nemmeno il mio cuscino o il pupazzo che mi fa compagnia» piagnucolò Ashley, facendomi
sorridere.
«Stringi
Francis, usalo come pupazzo»
ghignò Zac.
Improvvisamente capii il loro piano: volevano guardare un
film horror perché così Ashley si sarebbe spaventata e avrebbe trovato riparo
tra le mie braccia, come succedeva sempre nelle commedie romantiche.
«Idiota» sbottai, scompigliandomi i
capelli per l’imbarazzo.
«Ecco sì» sussurrò Ashley, prendendo uno
spicchio di pizza.
«Che cosa
ti fa più paura? Il sangue, i mostri, gli zombie, i fantasmi o i morti?». Mac guardò Ashley, in attesa di
una risposta.
«Io direi…
i clown» confidò Ashley.
«Perché
l’hai detto?» chiesi stupito.
Io non avrei mai confidato la mia paura più grande.
«Perché…» cominciò a dire, senza concludere
la frase, «io…». Scosse la testa, facendo
spallucce.
«Ottimo,
questa sera passeremo un bel po’ di tempo in compagnia di It e dei suoi palloncini colorati» ghignò Mac, prendendo il DVD tra le mani.
«Posso
andare in bagno adesso? Altrimenti dopo ho paura» mormorò di nuovo Ashley, alzandosi in piedi.
«Certo, vuoi che ti
accompagni?» chiese Mac,
sorridendole.
«Credo sia
meglio».
Zac non riuscì a trattenere una risata alle parole di Ashley
e si guadagnò un piccolo schiaffo sulla nuca da Mac.
«Tu stai
zitto, alette di Flash»
ghignò Mac, facendomi ridere.
«Che cosa
le hai detto?». Zac si
avvicinò a me, furioso.
«Scusa, mi
è scappato…». Mi finsi
dispiaciuto, sapendo che tanto non ci avrebbe creduto.
«Certo,
come no. Immagino il tuo grande dispiacere. Sono così colpito dal tuo
dispiacere che mi dispiace per quello che succederà…» rispose, criptico, sorridendo e allontanandosi da me quando
le ragazze tornarono dal bagno.
«Ok, luci
spente» esultò Zac, prendendo
un nuovo spicchio di pizza e distendendosi sull’altro divano.
«Nemmeno
una lucina accesa?» pregò Ashley,
sedendosi di fianco a me.
«Buio
totale, così se arriva It da dietro
non lo vediamo» scherzò Mac, sdraiandosi
di fianco a Zac, e dandogli un veloce bacio sulle labbra.
«Mac» la rimproverai. Perché stava
terrorizzando così Ashley?
«Che c’è?
Fino a prova contraria Zac è il mio ragazzo, non posso lasciargli un bacetto
sulle labbra?». Mi fece una
linguaccia, tornando a guardare lo schermo della TV.
«Francis,
puoi portarmi a casa? Non voglio più guardare questo film» mormorò Ashley, avvicinandosi un
po’ a me.
«D’accordo». Mi alzai in piedi.
Se voleva tornare a casa, l’avrei riportata a casa.
«Ash, stai
scherzando? Non sai che se non finisci il film questa notte arriva It e ti
uccide mentre dormi? Credo di averlo letto da qualche parte, è capitato a
quattro o cinque persone»
ghignò Zac, spaventando Ashley che strillò, davvero terrorizzata.
«Finiamolo,
vi prego». Si tolse le scarpe
velocemente e portò i piedi sopra al divano. «Non ti dispiace, vero?»
chiese, indicando i suoi piedi, mentre mi sedevo di nuovo.
«Figurati» cercai di rassicurarla,
aggiungendo anche un sorriso.
«Preparati
Ashley. Nella scena della fogna…»
sussurrò Zac, facendo urlare di nuovo Ashley.
«Ragazzi,
smettetela, ha paura!» la
difesi, lanciando un cuscino a Zac e Mac, che cominciarono a ridacchiare.
«Cuscino
sequestrato» ghignò Mac,
nascondendo il cuscino dietro la schiena di Zac.
«No,
Francis! Adesso non abbiamo più cuscini»
si lamentò Ashley, coprendosi il viso con una mano quando la bicicletta di
Lorienne venne inquadrata.
«Dai, su…» cercai di tranquillizzarla,
accarezzandole il polpaccio.
«Ashley,
deve ancora comparire»
scherzò Zac, facendo ridere Mac.
«Mi
avvertite quando compare, vero?»
supplicò, continuando a sbirciare dalla mano che teneva davanti agli occhi.
«Certo
Ashley» mormorai, per
tranquillizzarla.
Conoscevo It a
memoria e non sarebbe stato difficile per me sapere l’esatto momento in cui il
clown sarebbe comparso nello scolo d’acqua.
«Ok,
preparati perché nella prossima scena c’è un flashback e compare il clown» mormorai, nell’esatto momento in
cui cominciò il flashback.
«Non
credergli Ash. Nella prossima scena ci sono due che si baciano e Francis si
vergogna. Controlla, guarda la barchetta…» mormorò Zac, mentre Mac si nascondeva contro al suo petto per
ridere.
Ashley si sistemò meglio, contro il bracciolo del divano
guardando la TV attentamente.
«No, Ash…» non riuscii a terminare la frase,
perché quando Ashley vide il clown cominciò a urlare.
«Oddio» strillò, gettandosi contro di me
per lo spavento. «Che brutto» urlò di nuovo, abbracciandomi.
«A-A-A-Ash» balbettai, cercando di scostarmi
per respirare.
«Posso
guardare?» sussurrò al mio
orecchio, stringendo di più le sue braccia attorno a me.
«A-a-a-as…» cercai di avvertirla, ma Zac fu
più veloce di me.
«Guarda
qui che bello» disse,
attirando l’attenzione di Ashley che tornò a guardare lo schermo proprio nel
momento in cui c’era il primo piano del clown con le zanne.
«Oddio» strillò di nuovo, gettandosi di
nuovo tra le mie braccia. «Francis
è bruttissimo». Si
inginocchiò sul divano, per avvicinarsi ancora di più.
«I-i-i-i-io…» bofonchiai, non sapendo che cosa
fare.
«Abbracciala» mimò con le labbra Mac,
lanciandomi un’occhiataccia.
Portai il braccio sinistro attorno alle spalle di Ashley,
cercando di incoraggiarla.
«Su, è un
f-f-film» sussurrai,
accarezzandole la schiena.
«C’è
ancora?» domandò, continuando
a tenere la fronte appoggiata all’incavo della mia spalla.
«No,
adesso non c’è più. Comparirà tra un po’»
rispose Mac, sorridendo mentre ci guardava.
«Non mi
fido di voi. Mi fido solo di Francis»
borbottò, stupendomi.
Ashley si fidava solo di me?
«Mac ha
ragione» sussurrai sollevato,
quando il corpo di Ashley si allontanò un po’ dal mio.
«Ti
dispiace se sto qui? Da sola lì ho paura».
Indicò l’altra estremità del divano, l’esatto punto in cui era seduta lei
qualche minuto prima.
«No». Scossi anche il capo per risultare
più convincente.
«Ok» sussurrò sorridendomi,
appoggiando la sua guancia alla mia spalla.
Sgranai gli occhi, stupito da quel gesto.
Non sapevo se togliere il braccio dalle sue spalle o tenerlo
lì.
Mi girai, a guardare Mac, che continuava a sorridere.
Cercai di chiederle aiuto con lo sguardo, sperando che
riuscisse a capirmi.
«Sta fermo» mimò con le labbra.
Bene, dovevo tenere il braccio attorno alle spalle di
Ashley, non era poi così difficile.
Ed era anche una sensazione… piacevole.
«Che
brutto» sussurrò stringendo
la mia maglia e nascondendosi contro al mio petto quando il clown comparve di
nuovo.
Quando il film finì, Ashley si mise a sedere, stiracchiandosi.
«Il più
brutto film che io abbia mai visto. Non lo riguarderò mai più» mormorò, avvicinandosi al
tavolino per prendere un bicchiere di Coca-Cola.
«Non è
così brutto… se non odi i clown»
ghignò Zac, guadagnandosi una leggera gomitata sullo stomaco da Mac.
«Credo che
questa notte dormirò con la luce accesa»
confidò Ashley, infilando le scarpe.
«È
tardissimo… forse è meglio tornare a casa, no?». Non mi ero reso conto che il film fosse durato tre ore.
«Sì, credo
di sì. Mac, grazie per la serata. Zac, tu me la pagherai per quello scherzo
idiota». Lo ammonì con
l’indice, facendo sghignazzare me e Mac.
«Notte
notte» mormorò Zac, tornando
a distendersi sul divano.
«Rimani
qui?» chiesi sorpreso.
«Altri
dieci minuti» mormorò
chiudendo gli occhi, prima di sistemarsi un cuscino sotto al capo.
«Spero che
quando torno tu sia sveglio, altrimenti sarà peggio per te» scherzò Mac, cercando di rimanere
seria.
«A domani» salutai, dirigendomi con Ash e
Mac alla porta d’ingresso.
«Ci
vediamo». Mac sorrise, quando
sentimmo la voce di Zac urlare dall’interno.
«Ash,
attenta al clown, ce n’è uno dietro di te».
Ashley gridò spaventata, aggrappandosi al mio collo.
«Idiota» ridacchiò Mac.
«E-e-e-era
uno scherzo» mormorai,
cercando di tranquillizzare Ashley. «Non
c’è nessun clown». Le
accarezzai la schiena, sorridendo involontariamente.
«Oh,
scusate» sussurrò,
imbarazzata.
«Credo sia
meglio se andate a casa, e attenti ai clown!» giocò Mac, facendomi sbuffare infastidito.
Quando avrebbero smesso di prendere in giro Ashley per
quella sua paura?
Ci dirigemmo verso la macchina in silenzio; non potei però
non notare Ashley che continuava a guardarsi attorno preoccupata e impaurita.
Non appena arrivò alla macchina, salì chiudendo subito dopo
la sicura dello sportello.
Senza dire nulla, misi in moto, immettendomi in strada.
«Spero ti
sia divertita… nonostante il film»
parlottai, accendendo l’autoradio perché ci fosse un po’ di musica.
«Certo,
come sempre». Nonostante non
riuscissi a vederle il viso perché non c’erano luci, mi sembrava che stesse
sorridendo.
Ashley cominciò a canticchiare la canzone che stava passando
alla radio e io mi meravigliai che la conoscesse.
«Eccoci
arrivati» mormorai,
posteggiando la macchina fuori da casa sua.
«Grazie
per la serata e scusa se mi sono attaccata a te come un polipo». Abbassò lo sguardo, vergognosa.
«Non c’è
problema» risposi, cercando
di non ridere.
In fin dei conti il piano di Mac e Zac aveva funzionato alla
grande: per tutta la serata ero rimasto abbracciato ad Ashley.
«Francis?» chiese all’improvviso,
guardandomi dritto negli occhi.
«Sì?» mormorai, incapace di staccarmi
da quei due specchi color del cielo.
Buooooooongiorno!
scusate il ritardo di questi ultimi aggiornamenti, ma come avevo annunciato in
FB la settimana scorsa non ci sarebbe stato nessun capitolo e questa… be’, il
capitolo era pronto da martedì ma tra una cosa e l’altra mi è arrivato ieri
sera, e l’ho postato oggi…
Spero
vi sia piaciuto e, come sempre, ringrazio preferiti, seguiti e da ricordare.
QUI c’è il GRUPPO
SPOILER (dove di solito inserisco comunicazioni e abiti[ se vengono nominati]e
stupidate) e QUI il mio
profilo FB.
Vi
ricordo il bellissimo trailer che mi ha fatto The carnival, lo trovate QUI.
A
venerdì!
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Capitolo 18 *** We kissed... I mean, she kissed me! ***
rotn
«Mi… mi
potresti accompagnare alla porta? Ho un po’ di paura» mormorò, continuando a guardarsi le mani con insistenza.
«Certo» risposi, slacciandomi la cintura
di sicurezza e spegnendo il motore.
«Grazie» sussurrò, alzando finalmente il
viso per guardarmi.
Cercai di sorriderle per rassicurarla. Probabilmente ci
riuscii, perché rispose al mio sorriso con calore.
Mi sistemai gli occhiali sul naso, aprendo lo sportello
della macchina per scendere. Pochi secondi dopo sentii Ashley fare lo stesso.
Pensai che sarebbe stato meglio raggiungerla subito; continuava
a lanciare strane occhiate attorno a noi.
«Non c’è
nessuno» mormorai, cercando
di non ridere della sua paura.
Sembrava davvero terrorizzata.
«Come fai
a saperlo? E se c’è un clown nascosto tra gli alberi?» chiese, in un sussurro.
Guardai il piccolo boschetto di fianco a casa sua, e,
vedendolo così buio, fui scosso da un brivido.
«Non devi
mi-mi-mica andare nel boschetto, no?».
Insomma, eravamo a dieci metri dalla porta di casa sua, perché mai avrebbe
dovuto dirigersi proprio dalla parte opposta?
«No, ma…
se non facessi in tempo a salire le scale?». Indicò i tre gradini davanti a noi e io ridacchiai.
«Ti
accompagno fino al po-po-po-portone?»
balbettai, guardando il vetro colorato con timore
Suo padre mi aveva sempre spaventato.
Sembrava cattivo, ma immaginai che in realtà fosse soltanto
un tipo protettivo.
Ashley era la figlia minore, ed era anche donna.
«E poi non
hai paura di tornare lì in fondo da solo?».
Guardò la mia macchina, parcheggiata sul ciglio della strada.
«No» ribattei, molto più sicuro di
quanto in verità fossi.
Ashley ridacchiò mordendosi il labbro, poi, lentamente,
cominciò ad avanzare verso le scale.
Saliti i tre gradini,
mi fermai davanti a lei, dondolandomi da un piede all’altro, in imbarazzo.
«Be’…» cominciai, senza veramente sapere
che dire.
Improvvisamente i miei piedi sembravano interessanti.
«Grazie
per la serata Francis»
mormorò Ashley, avvicinandosi a me.
«Figurati» risposi, alzando finalmente lo
sguardo e soffermandomi ad ammirare il suo viso.
Aveva le guance rosse e gli occhi lucidi. Sembrava davvero
felice.
Una cosa era certa: era bellissima.
«E grazie
per avermi accompagnata fin qui».
Gesticolava vergognosa lanciando continue occhiate alla porta di casa. Era
arrivato il momento di andare via.
«Nessun
problema». Sorrisi, mentre si
sistemava una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Be’…
buonanotte allora». Fece un
passo verso di me, appoggiando le sue mani sul mio petto e sollevandosi in
punta di piedi per darmi un bacio sulla guancia.
Era bellissima.
Appena sentii le labbra di Ashley staccarsi dalla mia
guancia, in un gesto totalmente involontario, spostai il viso di lato e
appoggiai le mie labbra alle sue.
Un secondo, forse due.
Quando capii che Ashley era rimasta immobile, feci un passo
indietro.
«I-i-i-i-i-i-io…» balbettai, infilando le mani
dentro alla tasca della felpa. “Sc-sc-sc-sc-sc-scusa» riuscii finalmente a dire.
Ashley era rimasta nella stessa posizione: le braccia lungo
i fianchi, gli occhi sbarrati per la sorpresa e le labbra schiuse.
«B-b-b-b-b-b-b-b-b-buonanotte» mormorai, prima di cominciare a
incamminarmi verso la mia macchina.
Ci avevo provato.
Era giunto il momento di mettersi il cuore in pace.
Non piacevo ad Ashley e avevo rovinato la nostra amicizia.
Così Mac non avrebbe più avuto niente da dire.
A metà vialetto, sentii qualcuno chiamare il mio nome.
Forse lo avevo solo immaginato. Non c’era nessuno, lì fuori.
Per sicurezza, o per istinto, mi girai.
Ashley mi sbatté addosso, finendo contro il mio petto e
costringendomi a indietreggiare di
qualche passo.
Si alzò in punta di piedi, appoggiò le sue mani ai lati del
mio viso, e portò le sue labbra sulle mie.
Mi stava baciando.
Istintivamente appoggiai le mani sui suoi fianchi,
avvicinandola a me.
Mossi le labbra, cercando di catturare le sue.
Da qualche parte, in qualche universo parallelo, qualcuno
aveva spento il motore di una moto.
Sentivo solamente le mani di Ashley che giocavano con i miei
capelli, regalandomi brividi lungo tutta la schiena.
La mia mano percorse la sua schiena, arrivando alla sua
nuca; la sensazione dei suoi capelli tra le mie dita mi diede un po’ di
coraggio e, senza nemmeno accorgermene, portai l’altra mano alla base della sua
schiena, avvicinandola a me.
Ashley catturò il mio labbro tra i suoi denti, mordendolo
appena.
«Ashley,
rientra immediatamente in casa»
strillò qualcuno vicino a noi.
Feci un passo indietro, spaventandomi.
Chi era?
“Dio, fa che non sia suo padre” mi ripetei mentalmente,
tenendo lo sguardo basso.
Alzai appena gli occhi, solo per controllare: era Eric.
Tirai un sospiro di sollievo, rimanendo comunque immobile.
Ashley fece un passo verso di me, si sollevò ancora in punta
di piedi e a pochi centimetri dalle mie labbra sussurrò «Buonanotte».
Poi, dopo avermi sorriso, lasciò un veloce bacio sulla mia bocca.
Rimasi fermo a guardarla, mentre, assieme a suo fratello,
rientrava in casa e chiudeva la porta.
Non riuscivo a muovermi, i miei piedi erano incollati al
pavimento del vialetto davanti alla casa di Ashley.
Qualcuno spostò la tenda di una stanza e, dopo essermi reso
conto che ero immobile da quasi cinque minuti, decisi di andare in macchina.
Accesi il motore e velocemente partii.
Dove dovevo andare?
Cominciai a guidare e a ridere, non riuscivo più a smettere.
Senza nemmeno accorgermene, arrivai a casa di Mac.
Scesi dalla macchina e, dopo aver corso fino alla porta d’ingresso,
senza essere riuscito a levarmi quel sorriso idiota dalla labbra, cominciai a
bussare.
Non mi ero nemmeno reso conto che c’era un’auto parcheggiata
nel vialetto.
Dopo quasi due minuti, Mac aprì la porta.
«Mac,
tutto bene?» mormorai,
guardandola.
Aveva tutte le guance rosse e i suoi capelli erano
stranamente raccolti in una coda.
«Che cosa
ci fai qui?» sbottò,
guardandomi in modo strano.
«Stai
bene? Sembri sconvolta»
ripetei, appoggiandole una mano sulla spalla.
«Muoviti,
entra». Mi tirò per la felpa,
costringendomi a entrare in casa.
«Mi vuoi
dire che cosa c’è che non va?»
tornai a chiederle, mentre camminava verso il soggiorno.
«Francis
Seth Hudson, ti odio» strillò
Zac, appoggiando la nuca allo schienale del divano con un sospiro.
«Oh» mormorai, guardando i capelli di
Zac. «Voi… voi stavate». Indicai prima Zac e poi Mac.
«Sì,
Francis. Stavamo pomiciando»
sbottò Zac, facendo ridere Mac.
«Scusatemi» sussurrai, imbarazzato, «non volevo interrompervi». Anche perché, se mi fossi
accorto che c’era la macchina di Zac, me ne sarei tornato a casa.
«Non è
perché ci hai interrotto, è perché non sapevamo chi potesse essere» mi spiegò Mac, sedendosi di
fianco a Zac sul divano.
«Adesso,
potresti gentilmente spiegarmi che diavolo sei venuto a fare a casa della mia
ragazza a mezzanotte e mezza passata?»
domandò Zac, incrociando le braccia al petto dopo essersi sistemato la maglia.
«Io…
Ashley… noi…» cominciai
balbettando, senza veramente dire nulla.
«Eh?» chiese Zac, sistemandosi gli
occhiali sul naso.
«Ci siamo
baciati» sbottai, cominciando
a ridere.
«Cosa?» strillò Mac, alzandosi in piedi e
correndo verso di me. «Francis,
ripetilo». Mi prese per le
spalle, scuotendomi appena.
«Ci siamo
baciati. Cioè, l’ho baciata prima io, poi me ne sono andato e lei mi ha ricorso
e ci siamo baciati. Un bacio vero. Non proprio vero vero, insomma…» cominciai a gesticolare,
guardando Mac e Zac.
«Con la
lingua o no?» domandò pratico
Zac, guadagnandosi un’occhiataccia da Mac. «Che c’è? Ho chiesto»
si difese, facendo spallucce.
«No. Ma…
non era come a Stanford»
spiegai, sperando di riuscire a far capire quello che volevo dire.
«Oh,
Francis! Sono così felice per voi» gridò di nuovo Mac, abbracciandomi.
«Ma… ma
non abbiamo detto niente, perché è arrivato Eric, ed è subito entrata in casa» dissi, non appena Mac si
allontanò da me.
«Eric vi
ha visti?» domandò, sorpresa.
«Sì… per
quello abbiamo smesso di baciarci…».
Mi schiarii la voce, guardando Zac di sbieco che continuava a rimanere con la
bocca aperta, come un pesce lesso.
«Eric ti
ha visto e sei ancora vivo?»
chiese Mac, guardandomi stupita.
«Se non
sono morto e sto comunicato tramite la mia proiezione astrale, direi che sono
ancora vivo. Ma credo sia solo perché Ashley l’ha costretto a rientrare» scherzai, troppo su di giri per
non sorridere.
«Ti ha
riconosciuto?» domandò Zac,
alzandosi dal divano.
«No, non
credo». Non poteva avermi
riconosciuto, ero rimasto sempre con lo sguardo basso, proprio perché non
volevo che potesse accorgermi che ero io.
Anche perché, se Eric era ritornato a casa… anche Chris
probabilmente l’aveva fatto. E, l’ultima cosa che volevo, era far sapere a mio
fratello che avevo baciato la sorella del suo migliore amico.
«Che
figata! Adesso quando lo saprà suo padre ti troverai senza una gamba» ghignò Zac, strofinandosi le
mani, soddisfatto.
«Zac…» lo ammonì Mac, tirandogli un
leggero schiaffo sullo stomaco.
«Che c’è?
Lo sanno tutti che il padre di Ash è protettivo e geloso. Adesso che Eric sa
che qualcuno ha baciato la sua sorellina, Francis deve guardarsi le spalle. Non potrà
stare tranquillo nemmeno quando dorme»
ghignò, circondando le spalle di Mac con un braccio.
«Grazie
Zac… mi hai davvero rassicurato»
mormorai, sedendomi sul divano di Mac.
Zac aveva ragione.
Il signor Foster era severo, molto più del fratello di
Ashley.
«Non dire
così Francis» sussurrò Mac,
sedendosi di fianco a me. Stava cercando di consolarmi.
«E cosa
dovrei dire? Non sono di certo come Alex, io. Anche se dovessi davvero piacere
ad Ashley, suo padre non mi accetterebbe mai» sbuffai, passandomi una mano tra i capelli.
«Non deve
mica decidere suo padre, no? Deve decidere Ashley» sbottò Zac.
«Tu non
capisci… per te è facile, la mamma di Mac ti conosce e sono sicura che quando
lo saprà sarà felicissima. Ma, lui…»
mormorai.
«Felicissima
di cosa, ragazzi?».
Sussultammo tutti e tre non appena la mamma di Mac parlò alle nostre spalle.
«Ops» sussurrai, guardando Zac e Mac, allibiti.
«Io… io andrei a casa,
adesso… ci vediamo domani»
bofonchiai imbarazzato, alzandomi e camminando verso la porta.
«Credo che
andrò a casa anche io…» farfugliò
Zac e io mi girai, curioso di vedere cosa stava succedendo.
Si stava infilando la felpa, prendendo le chiavi di casa.
«No, Zac…
rimani» lo pregò Mac. Aprii
la porta, consapevole di dovermi fare gli affari miei.
«Tesoro, che
succede?» chiese perplessa la
mamma di Mac.
Cominciai a ridere, correndo verso la mia macchina per
ritornare a casa.
Guidai senza riuscire a smettere di ridere; non sapevo se
fosse per il bacio che avevo dato ad Ashley o per la situazione in cui avevo
cacciato Zac e Mac. Che serata.
Parcheggiai la macchina nel vialetto e, dopo aver preso un
respiro profondo, provai a togliermi quel sorriso ebete dal viso, senza
risultato. Perlomeno riuscii a smettere di sghignazzare.
Infilai la chiave nella toppa lentamente; non volevo fare
rumore per non svegliare mamma e papà.
Quando mi richiusi la porta alle spalle, la luce
dell’ingresso si accese.
«Sì mamma,
sono tornato» sospirai,
appoggiando le chiavi di casa sul mobiletto di fianco alla porta.
«Mio
fratello! Mio fratello ha baciato una ragazza» strillò Chris, spaventandomi.
Non c’era mamma, non c’era nemmeno papà. Solo Chris.
«Shhh» sibilai, intimandogli di
abbassare la voce anche con un gesto della mano.
«Hai
baciato una ragazza! Meglio, hai baciato Ashley» urlò di nuovo, mentre mi coprivo il viso con le mani.
Perché qualcuno mi aveva punito con un fratello così idiota?
«Parla
piano» sussurrai, andando in
cucina.
Se mi avesse seguito avrei chiuso la porta; così, forse, le
sue urla non si sarebbero sentite al piano di sopra.
«Allora?
Da quanto va avanti questa storia, mh?».
Ammiccò verso di me, mentre aprivo il frigo per prendere una bottiglia d’acqua.
«Chris…
non c’è nessuna storia…»
spiegai, cercando di rivelare il meno possibile.
«No, non
dirmi che siete trombamici! Francis, tutto avrei pensato, tranne questo. E dire
che credevo fossi gay. E invece te la fai con la piccola Foster, che tanto
piccola non è» ghignò,
facendomi arrossire.
«Chris,
non è come credi, lascia stare»
mormorai, sperando che la smettesse di sparare stupidate.
«Ah no? E
raccontami, com’è? È anche snodata, no? Insomma, la capo cheerleader!». Nel suo sguardo c’era quasi…
ammirazione.
«Mio Dio,
Chris! Smettila!» sbottai, irritato
dalle sue continue allusioni.
«Ti
capisco, sei timido e riservato, e parlare di queste cose ti imbarazza. Ma
potrebbe esserti utile un confronto. Magari potresti soddisfare meglio la tua…
donna» bisbigliò, tirandomi
per la felpa per costringermi a mettermi seduto su uno sgabello della cucina.
«Chris,
primo, non sono cose che ti riguardano, e secondo, tu e il tuo amico imparate a
farvi gli affari vostri» sbuffai,
alzandomi per andare al piano di sopra.
«Drew lo
sa?» domandò.
Cosa gli interessava se mamma sapeva o no della mia storia?
Per un secondo rimasi fermo, con la mano sulla maniglia,
indeciso sulla risposta da dargli.
«Oh, non
lo sa. Lo saprà presto»
ghignò di nuovo, superandomi dopo aver dato una pacca cameratesca sulla mia
spalla.
«Potresti
non impicciarti nei miei affari?»
sussurrai, cercando di fronteggiarlo sulle scale.
Forse sbarrargli la strada non era stata una buona idea.
«E perché
non dovrei farlo? È così divertente»
mormorò, appoggiandosi con una spalla alla parete.
«Perché se
tu parli dei miei affari con mamma, io… io…» lo minacciai, cercando qualcosa con cui poterlo ricattare.
«Tu?» ghignò, convinto che non avrei mai
detto nulla.
«Io dico a
mamma che le ragazze non le portavi in camera tua per studiare». Sembrava un buon compromesso.
«Capirai…
secondo te Drew non lo sapeva?»
mi sfidò, facendomi tentennare per un secondo.
Forse però mamma non sapeva che…
«Le dirò
che ti chiudevi sempre in camera sua, perché avevano il letto grande».
«Non lo
faresti mai». Il sorriso se
ne era andato.
«Certo» ribadii, fingendomi sicuro.
«Perché
dovresti dirle una cosa simile?»
chiese, cercando di nascondere il timore che i nostri genitori venissero a
saperlo.
«E tu
perché dovresti dirglielo?» ribattei
io. Chris era più vecchio di me, ma sapevo tenergli testa, quando non si
parlava di donne.
«Oh, be’,
diglielo. Tanto non abito più qui».
Fece spallucce, fingendosi disinteressato.
Aveva cambiato tecnica.
«Ok, lo
farò» risposi, cominciando a
salire le scale.
«No!
Moccioso aspetta, ci ho ripensato. Tu non dici niente di quella storia del
letto e io non fiato riguardo alla tua amichetta di letto. Affare fatto?». Tese la mano.
Speravo che una volta stretta la mia mano, Chris avrebbe
mantenuto la parola.
«D’accordo» mormorai, allungando il braccio
per sigillare l’accordo.
«Ma se mi
dovesse scappare qualcosa…»
ridacchiò, entrando nella sua stanza.
«Dirò
tutto a papà, e sono sicuro che non sarà felice di sapere a cosa è servito il
suo letto» sghignazzai,
sapendo che dopo una notizia del genere Chris avrebbe potuto passare tanti
guai.
Diciassette anni a subire scherzi e battutine di mio
fratello e, improvvisamente, era arrivato il momento della mia vendetta.
Avevo abbastanza materiale da poterlo distruggere.
Mi chiusi la porta della mia camera alle spalle e, con un
sospiro, mi distesi a letto senza nemmeno spogliarmi.
«Che
giornata» mormorai, ripensando
a quanto era accaduto.
Avevo baciato Ashley.
Alla fine era successo.
Molto meglio di tutto quello che la mia mente aveva sempre
immaginato. Era lei alla fine ad avermi baciato… lei.
Non riuscivo a dimenticare la sensazione delle sue labbra
sulle mie, dei suoi capelli tra le mie mani e del suo corpo contro al mio.
Ashley era bellissima, lo era ancora di più quando mi
baciava, anche se non potevo esserne certo, visto che l’avevo fatto con gli
occhi chiusi.
Eppure, la sensazione delle sue labbra morbide che si
muovevano sulle mie era ancora viva, potevo quasi sentire il suo sapore.
«Ho baciato
Ashley» sussurrai, guardando
il poster dei Simpson che avevo sopra al letto.
Avevo baciato Ashley Foster.
Il mio sogno si era avverato.
Cominciai a ridere portandomi un braccio sotto alla testa
per rimanere più comodo.
Quella serata era stata perfetta… niente era andato storto.
Certo, avevo combinato un pasticcio nei confronti Zac e Mac,
ma ero sicuro che tutto si sarebbe sistemato per il meglio.
Almeno, lo speravo per loro, perché si meritavano il meglio.
Dopo aver indossato il pigiama, cercai di dormire, ma non
riuscii a farlo: ero troppo felice anche per chiudere occhio.
Il viso di Ashley, i suoi occhi felici, furono l’ultima cosa
che vidi prima di prendere sonno.
Una volta addormentato sognai il nostro bacio per tutta la
notte.
Quando la sveglia suonò, mi alzai felice, canticchiando una
canzone a caso.
Scesi a fare colazione, abbracciando mamma e dando una pacca
sulla spalla a papà.
«Nostro
figlio si droga?» chiese
papà, lanciandomi una strana occhiata.
«No, direi
che è solo felice» sogghignò
mamma, appoggiando davanti a me una scatola di cereali.
«Oh,
meglio. Perché ho sempre pensato che Francis fosse un tipo di cui non c’era da
preoccuparsi. Insomma, voglio dire, Chris sembra quello più preoccupante. Ma
Francis ha i suoi fumetti e i suoi libri…» cominciò a blaterare.
«Papà, non
mi drogo» sbottai,
cominciando a riempire la ciotola del latte con i cereali.
«Ok, mi
fido» rispose, sorseggiando
il suo caffè.
Sentii una risatina di mamma, mentre prendeva qualcosa dal
frigo.
«Chris è
tornato ieri sera, lo sai?»
domandò mamma. Stava parlando con un cucchiaino in bocca.
«Sì, l’ho
intravisto» mentii,
sistemandomi gli occhiali sul naso.
«Oh, bene.
Mi sembrava volesse dirti qualcosa, ma mi sarò sbagliata». Fece spallucce, continuando a mangiare.
«Mi ha
accennato una cosa… ma non ho capito molto bene…» farfugliai, abbassando lo sguardo.
Speravo che non si accorgesse che stavo mentendo.
«Probabilmente
voleva chiederti qualcosa di scuola…»
disse, sorridendo appena.
«Sì, be’…
me la chiederà quando torno da scuola. Devo passare a prendere Zac e Mac. Buona
giornata» bofonchiai,
prendendo una fetta di pane tostato e stringendola tra i denti.
Corsi velocemente in macchina e partii per andare da Zac.
Sapevo che John sarebbe andato a scuola con Hannah, almeno
così mi aveva detto.
«Allora?» chiesi, non appena Zac aprì lo
sportello dell’auto per salire.
«Ti
racconta Mac» sbuffò, appoggiando
la nuca al sedile.
«Be’,
almeno sei vivo. Questo è già qualcosa»
ridacchiai, rallentando quando vidi un cane sul ciglio della strada.
«Lasciamo
perdere, ok?» commentò,
togliendosi gli occhiali, in un gesto stanco.
«Va bene,
mi racconterà Mac». Ero
sicuro che lei l’avrebbe fatto.
«E tu,
come stai? Il giorno dopo il primo bacio, mhh? Non sei imbarazzato? Agitato?». Cominciò a farmi mille domande,
confondendomi.
«Ero
tranquillo fino a quando non hai cominciato a parlare» gli feci notare, infastidito, accostando davanti a casa di
Mac.
«Non vedo
l’ora di vedere che cosa vi direte…»
rise divertito, allungandosi sul sedile per dare un veloce bacio a Mac.
«Francis,
come va?» chiese Mac, dopo
aver risposto al bacio.
«Smettetela
di chiedermelo, per favore. Mi state mettendo ansia! Io voglio sapere che cosa
ha detto tua mamma». Lanciai
un’occhiata a Mac attraverso lo specchietto retrovisore.
«Oh, mia
mamma…» sussurrò, sorridendo,
«all’inizio era… stupita, poi
… felice. No, Zac?». Guardò
Zac, per avere una conferma.
«Sì, direi
di sì. Mi ha offerto una fetta di torta»
sghignazzò Zac. Mi tranquillizzai definitivamente.
«Meglio
del previsto, insomma» risposi
contento, posteggiando l’auto nel solito parcheggio.
Scendemmo, e come ogni mattina, andammo a sederci sulla
panchina sotto alla quercia.
Continuavo a battere il piede per terra, non riuscivo a
stare fermo per l’ansia.
Che cosa avrei detto ad Ashley?
Cosa mi avrebbe detto lei?
Avrei dovuto fare finta che non fosse successo niente?
Sentii il motore di un’auto spegnersi, e quando alzai lo
sguardo per controllare -come se ce ne fosse stato veramente bisogno- vidi che
era una BMW bianca.
Il mio cuore cominciò a battere più veloce.
Ero felice, forse ansioso, o forse solo…
Quando scese dall’auto si avvicinò a noi con un sorriso.
«Ciao Ash» salutarono in coro Mac e Zac.
«Ciao» rispose Ashley, prima di
accorgersi che dietro a loro c’ero anche io.
«Ashley» sussurrai, accennando un timido
sorriso.
Poche
parole… mi scuso immensamente per il ritardo, ma la settimana scorsa avevo
avvertito che non avrei aggiornato perché la febbre non mi ha permesso di
scrivere…
Come
al solito QUI per il mio profilo FB e QUI per il gruppo
spoiler con la Sbavo Night… :)
QUI il trailer di Thecarnival.
Grazie
a chi mette la storia tra i preferiti, i seguiti, da ricordare e chi mi
aggiunge agli autori preferiti.
Grazie
soprattutto a chi commenta!
Spero
che questo capitolo vi sia piaciuto!
Un
bacione!
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Capitolo 19 *** No labels. Just me and you. ***
rotn
«Posso
parlarti?» chiese Ashley, senza
smettere di guardarmi.
«C-c-c-certo» balbettai, alzandomi dalla
panchina.
Il momento della verità.
Chissà cosa doveva dirmi.
Probabilmente che quello successo davanti a casa sua era
stato un errore e che non si sarebbe mai dovuto ripetere.
Magari mi avrebbe chiesto di dimenticarmi di quel bacio,
perché si era sbagliata e per qualche secondo aveva rivisto davanti a lei Alex.
E se, ipotesi peggiore di tutte, Ashley, con quel bacio, si
fosse resa conto che amava Alex?
«Ch-ch-ch-ch-ch-che succede?». Decisi di parlare per primo, così, forse, la tortura sarebbe
finita presto.
«Che
succede?» chiese, quasi
ridendo. «Ieri sera ci siamo
baciati e tu mi stai chiedendo che succede?» continuò, spostandosi da un piede all’altro.
«I-io non
so ch-ch-ch…» cercai di dire,
prima che Ashley prendesse di nuovo la parola in un tono che sembrava molto più
convincente del mio.
«Sai, è
curioso che tu mi chieda che succede, perché non lo so nemmeno io». Sembrava… agitata.
Provai a parlare di nuovo, per spiegarle che non doveva
darmi nessuna spiegazione per il suo comportamento, ma sembrava che avesse
molte cose da dire e che non le interessasse quello che pensavo. Non sapevo se
fosse un bene.
«Perché,
voglio dire» borbottò,
stringendosi nelle spalle, «ti
ho baciato, due volte, qualcosa vorrà pur dire, no? Se hai una risposta, tu che
sai praticamente tutto di qualsiasi cosa, ti prego, illuminami». I suoi occhi diventarono
improvvisamente più lucidi.
Stava per mettersi a piangere.
«A-A-A-A-A-Ashley» sussurrai, facendo un passo verso
di lei.
«Cosa?
Potresti dire qualcosa di sensato? Francis, smettila di balbettare solo quando
parli con me. Pensi che non me ne sia accorta? Credi che sia sorda? Cieca? Che
non veda come ti comporti?».
Due ragazzi che stavano passando lì vicino si girarono per guardarci.
Probabilmente volevano capire che cosa stava succedendo.
Rimasi senza parole; cercavo qualcosa da dire, ma ero sicuro
che tutto sarebbe stato fuori luogo.
Ashley sembrava arrabbiata, nonostante i suoi occhi, sotto
alle lacrime, sorridessero.
«Potresti
dire qualcosa? Per farmi sembrare meno stupida?» chiese, cercando di respirare lentamente.
«C-c-c-come
stai?». Cosa potevo dirle?
«Mio Dio» sussurrò, cominciando a ridere. «Sono davanti a te in lacrime,
chiedendoti di dire qualcosa di quel dannato bacio e tu mi chiedi come sto?». Sembrava allibita.
«S-s-s-sì.
Voglio sapere co-co-come stai. Non so se stai bene o male» mormorai, calciando un sasso con
il piede.
«Non lo
so. Non so come sto. È confuso, io sono confusa e tu mi confondi» cercò di spiegarmi, avvicinandosi
alla nostra panchina.
Perché non c’erano più studenti nel parcheggio?
Lanciai uno sguardo all’orologio e vidi che le lezioni erano
cominciate da un paio di minuti.
«I-i-io ti
con-confondo?» chiesi, trattenendo
a stento una risata.
Come facevo a confonderla?
«Sì, non
so perché» sospirò,
socchiudendo gli occhi. «Ascolta
Francis, che cosa vuoi fare?»
chiese, torturandosi le dita.
«Co-cosa
voglio fare io?». Ero sorpreso.
Lei, Ashley Foster, stava chiedendo a me, Francis Hudson,
che cosa volevo fare?
«Sì,
andiamo, avrai qualche idea da cervellone» borbottò, abbassando lo sguardo.
«Per-perché
bisogna per forza fare qualcosa? Non si può semplicemente lasciare che
su-succeda qualcosa? Do-do-dobbiamo forzare le co-cose?». Non vedevo la necessità di una scelta.
Era… inutile.
Se Ashley mi voleva, sarei stato lì per lei, c’ero da
sempre. Un giorno, una settimana, un mese in più che cosa avrebbero cambiato?
Non mi sembrava giusto però accelerare i tempi per poi
magari pentirsi.
«Non vuoi,
che so… qualcosa?». Sembrava
davvero stupita.
«No» risposi sincero, sistemandomi gli
occhiali sul naso.
«Non vuoi
far sapere in giro che mi hai baciato? Che ci siamo baciati?». Era sempre più allibita.
«Perché? È
una cosa personale». Non ne
vedevo il motivo.
Perché all’intero liceo doveva interessare la mia vita
privata?
Ero stato invisibile per quasi quattro anni, un paio di mesi
in più di invisibilità non mi pesavano per niente.
«E non
vorresti che tutti sapessero che potrei essere la tua ragazza». I suoi occhi sembravano di nuovo
lucidi, ma non sapevo se fosse perché le mie risposte non erano quelle che in
verità si aspettava, o se magari ci fosse qualcosa di diverso.
«No, mi
basterebbe che lo sapessero le persone che mi stanno vicine, per non dover
tenere un segreto». Sarebbe
stato ingiusto e imbarazzante dover mantenere un segreto con Mac, Zac e John,
ma ero sicuro che loro potessero mantenerne uno. Ne avevo la prova.
«Niente
ragazza? Niente etichetta?».
Confusione, ecco cosa continuavo a leggere nei suoi grandi occhi celesti.
«Le
etichette servono per riconoscere gli elementi di chimica, in laboratorio» spiegai.
Ashley cominciò a ridere, coprendosi il volto con le mani.
Qualche secondo dopo, tornò a puntare i suoi occhi nei miei.
«Dov’eri quattro anni fa,
Francis?» chiese, sorridendo
appena.
«Qui» mormorai, indicando la panchina
su cui eravamo seduti.
Cominciò a ridere, appoggiando la fronte sulla mia spalla.
Quel contatto mi fece sussultare, ricordandomi il bacio
della sera prima.
«Grazie» sussurrò, sfiorando la mia
guancia con le sue labbra.
«Pe-per
cosa?». Perché mi stava
ringraziando? Non avevo fatto niente di speciale.
«Per
quello che sei, per quello che dici»
cercò di spiegarmi, appoggiando velocemente le sue labbra sulle mie.
Mi immobilizzai, sorpreso. Mi stava baciando di nuovo?
Circondò il mio viso con le sue mani, avvicinandomi
maggiormente a lei.
Sì, mi stava baciando di nuovo.
Risposi al suo bacio avvicinandomi di più a lei, sentii le
mie ginocchia toccare le sue e, istintivamente, portai una mano sulla sua nuca.
I denti di Ashley mordicchiarono il mio labbro, facendomi
sorridere; poi, sentii la sua lingua tracciare il contorno della mia bocca.
Lì, nella stessa panchina su cui le avevo offerto il mio
fazzoletto bianco, io e Ashley ci stavamo scambiando il nostro primo, vero,
bacio.
«A-A-Ash» mormorai, quando non riuscii a
trovare più ossigeno per respirare.
«Sì?» chiese, appoggiando la sua fronte
sulla mia.
«Po-potrebbero
vederci» le ricordai.
Anche se non ne ero completamente sicuro, mi sembrava di
ricordare un liceo dietro a noi.
«Sai che
mi importa? Che dicano quello che vogliono» ghignò, prima di baciarmi di nuovo.
Non riuscii a trattenermi e cominciai a ridere, sistemandomi
gli occhiali.
«Da-davvero?
E le e-e-etichette?» chiesi,
riferendomi a quello che mi aveva chiesto lei qualche minuto prima.
«Le
etichette servono nel laboratorio di chimica» rispose, citandomi.
«Carina
questa» ribattei, facendola
ridere.
«Ehi, hai
saltato una lezione. Ti era mai successo?». Si guardò intorno, subito prima di controllare l’ora.
«Ehm, no.
Ma non importa» mormorai,
sistemandomi gli occhiali sul naso.
«Credo sia
meglio entrare, adesso. A meno che tu non voglia rimanere assente tutta la
giornata» ghignò, alzandosi
dalla panchina.
«Io… ecco…» borbottai, senza dire qualcosa
che potesse avere senso.
«Dai,
andiamo».
Entrammo a scuola e, dopo esserci fatti fare il permesso,
salutai Ashley con un sorriso per andare verso l’aula di fisica.
Lì c’erano Mac, Zac e John ad aspettarmi.
Quando mi sedetti di fianco a loro, John cominciò a
squadrarmi pensieroso.
«Allora?» mi incalzò Zac, sporgendosi sulla
sedia per essere più vicino a me.
«Zac» lo rimproverò Mac, seguendo però
il suo esempio.
«Ecco…» cominciai, gesticolando
nervosamente.
«Su, su
Francis! Non abbiamo tutta la giornata»
disse Zac, abbassando il tono della voce quando il professore ci richiamò al
silenzio.
«Ci siamo
baciati di nuovo» bisbigliai,
capendo che non potevo girare attorno all’argomento, visto che il professore
aveva già cominciato a spiegare.
«Di nuovo?
Allora state assieme?» si
informò Zac, guardandomi felice.
«Sì, no,
non lo so. È tutto confuso. Non lo sappiamo» tagliai corto, mentre il professore ci ammoniva con lo
sguardo.
«Che
bello! Sono felice per voi, dico davvero»
sussurrò Mac, stringendo la mia mano con la sua.
Durante l’ora di pranzo, mentre eravamo in fila per
aspettare il nostro turno, Ashley si avvicinò a noi, felice.
«Che cosa
c’è di buono oggi?» chiese,
sorridendomi.
Le elencai il menù, balbettando decisamente troppo.
Non riuscivo a concentrarmi, non quando mi guardava con i
suoi splendidi occhi celesti.
Una volta seduti tutti al tavolo, mi accorsi che i ragazzi
avevano lasciato un posto libero di fianco a me.
Ashley lo occupò, continuando a sorridere.
«Avete
visto che ci sono già i manifesti per il prom? Hannah mi ha detto che devo
iscrivermi come Re. Io non ci penso nemmeno, nessuno voterà per me» bofonchiò John cominciando a
masticare il suo pezzo di pizza.
«Sì» mormorò Ashley, abbassando il
viso.
«Che
succede?» chiesi,
avvicinandomi a lei.
«Il prom.
Il nostro ultimo prom»
specificò, alzando lo sguardo.
«Lo so» asserii, non riuscendo comunque a
capire perché fosse così triste.
«Potresti
farlo lo stesso Ashley. Avresti il mio voto» disse Mac.
Voto.
Prom.
Reginetta.
Ashley voleva diventare per l’ultima volta reginetta della
scuola.
Lo era stata per tre anni di fila, tutti sapevano che il
quarto anno era il più importante, l’anno dei Senior.
«Certo, il
tuo voto. Uno. Contro tutti quelli di Kathrina? Vincerò a tavolino, insomma» disse, ironica.
«Non
sarebbe solo il voto di Mac, ci sarebbe anche il mio» spiegai, sorridendo appena.
«E il mio» aggiunse Zac.
«Contane
altri due. Io e Hannah voteremo per te».
John si avvicinò a noi, per guardare meglio Ashley.
«Oh,
grazie! Sarebbero cinque voti. Quelli che mi servono per vincere» scherzò Ash.
«Non
sottovalutare il potere della pietà. In molte ti voterebbero per quello che ti
è successo» sussurrò Mac,
guadagnandosi un’occhiataccia da parte mia.
Perché aveva ricordato ad Ash quello che era successo la
notte del ballo di Halloween?
Credevo fosse un argomento off-limits.
«La
reginetta eletta per pietà? Preferisco non essere eletta. Non è di certo quella
coroncina di cristallo che mi cambia la vita». Fece spallucce, mordicchiando la cannuccia del suo succo.
«Però, se
fossi eletta, una volta uscita da qui, nessuno si ricorderebbe il motivo per
cui sei riuscita a indossare quella corona. Rimarresti Ashley Foster, la capo
cheerleader che ha vinto la fascia e la corona per quattro anni di fila». Mac sembrava avere un piano
preciso.
Insisteva su qualcosa solo quando era fermamente convinta
che potesse funzionare.
«Non
succederà mai. La squadra di Football e tutte le cheerleader mi odiano. Voi non
ci siete mentre proviamo. Più di una volta hanno cercato di farmi cadere da una
piramide perché mi facessi male e potessi uscire dalla squadra. In più, di
sicuro Alex si ricandiderà. Anche se non è più il quarterback di punta sono
sicura che tre quarti della popolazione femminile di questo liceo voterà per
lui. Non voglio che il mio primo ultimo ballo con la coroncina sia con lui». Ashley rabbrividì appena.
Istintivamente mi avvicinai a lei, prendendo la sua mano tra
le mie.
Ero lì, di fianco a lei.
«Se non ti
iscrivi tu lo faccio io al posto tuo»
la minacciò Mac.
«Mi
iscrivi tu?» chiese Ashley,
allibita.
«Certo,
chiunque può iscrivere chiunque».
Mac non sembrava per niente sorpresa.
«Io
iscriverò te». Alla risposta
di Ashley cominciammo tutti a ridere.
«Certo, chi
mi voterebbe? Nessuno» ghignò
Mac, sistemandosi una ciocca di capelli.
«Io ti
voterei, per chi mi hai preso?»
sbuffò Zac, infastidito.
«Grazie». Mac gli sorrise, dandogli un
pizzicotto su un braccio.
«Ritorniamo
all’argomento principale. Iscriviamo Ashley» proposi, felice.
Mi sarebbe davvero piaciuto vederla con la coroncina in
testa e un mazzo di fiori tra le braccia.
«Voi siete
pazzi. Lo studio vi ha fuso il cervello, ragazzi. Nessuno voterà per me». Ashley non voleva demordere, ma
ero sicuro che anche Mac avesse la stessa idea.
«Scommettiamo?
Ti iscriviamo, se vinci, farai qualcosa per noi» ghignò Zac, soddisfatto di se stesso.
«E se
perdo? Che cosa farete voi per me? Oltre a scusarvi per avermi iscritto?». Forse Ashley stava cedendo.
«Decideremo
tutto al momento opportuno. Non ci saranno manifesti o vendite di cioccolatini
per comprare voti. Semplicemente il tuo nome sulla lista» spiegò Mac.
Sentii un sospiro sollevato di Ashley, quasi si fosse
immaginata il suo viso su tutti gli armadietti della scuola.
«Non
vincerete voi, comunque».
Ashley non sembrava più così convinta.
Forse una piccola parte di lei, quella che ancora amava
essere la capo cheerleader del liceo, sperava con tutto il cuore di indossare
la corona.
«Dovrai
prenderti un vestito, trovarti un accompagnatore, una limousine, ci sono un
sacco di cose che una reginetta deve fare». Zac voleva metterle ansia.
«Una di
queste cose l’ho già trovata»
rispose Ashley, mordicchiandosi il labbro mentre sorrideva.
«Hai già
trovato la limousine?» chiese
allibito John. «Credevo
andassimo tutti assieme, per dividerci le spese».
«No, non è
la macchina». Cercava di non
ridere.
«Il
vestito? Avevi detto che l’avremmo cercato assieme» si lamentò Mac.
«Non è
nemmeno il vestito» ribatté
Ashley.
Capii subito quello che aveva cercato di dire.
«Un
accompagnatore? Qua-qualcuno ti ha già ch-ch-chiesto di accompagnarlo al ballo?». Ero arrabbiato.
Volevo andarci io con Ashley.
Ero convinto che ci saremmo andati assieme.
«No,
nessuno mi ha chiesto di andare al ballo. Lo sto chiedendo io, adesso» mormorò, guardandomi timidamente.
«Oh, oddio» ridacchiò Mac.
«Che
succede?» chiesi, guardandoli
a uno a uno.
Mi stavano tutti osservando con un sorriso idiota sulla
faccia.
«Allora?» chiese Zac, alternando gli
sguardi tra me e Ash.
«Cosa?». Perché non riuscivo a capire di
che cosa stavano parlando?
Probabilmente perché una parte di me continuava a pensare al
fatto che Ashley avesse già invitato qualcuno per il prom.
«Accetti?» incalzò Mac. Aveva gli occhi
lucidi per la felicità.
«Accetto
cosa? Di che diamine state parlando tutti?» domandai, confuso.
«Verresti
al prom con me?». Un
sussurro, appena udibile.
Se non mi fosse stata di fianco probabilmente nemmeno sarei
riuscito a sentirla.
«Io? Vuoi
invitare me?» strillai,
sorpreso.
«Lo sto
facendo» ridacchiò, mordicchiandosi
un labbro.
«Io… sì,
certo che sì. Che domande sono?».
Non doveva nemmeno chiederlo.
Io, Ashley, il prom.
Oddio.
Il Prom con Ashley.
Tutti sapevano quello che succedeva la sera del prom. E io
sarei andato al ballo con Ashley.
«Sei
proprio sicura?» aggiunsi,
pensieroso.
Magari si era sbagliata e non voleva invitare me.
«Mhhh» mugugnò, prima di appoggiare le
sue labbra sulle mie lì, davanti a tutti.
Risposi al bacio istintivamente, ma mi fermai subito quando
sentii la voce di qualcuno dietro di noi.
«Lo sapevo».
Buongiorno
ragazze!
mi scuso per il ritardo nel postare, ma vi avevo avvertito nel gruppo.
Comunque,
alla fine eccoci qui, e spero che questo sia l’importante!
Piano
piano ci avviciniamo alla fine della storia (dopo comunico quanti capitoli
mancano… spero di non ricevere minacce di morte o pugnalate).
Nel
gruppo di FB c’è una domanda per il mio regalo di natale per voi: è in palio
una OS dal punto di vista di Ashley per un capitolo a scelta. Dovete solo
votare lì.
Come
al solito, QUI il mio
profilo e QUI il
gruppo.
Per
il bellissimo trailer fatto da The Carnival, andate QUI.
Alla
prossima settimana!
|
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Capitolo 20 *** She likes my voice...? ***
rotn
«Ti serve qualcosa?»
chiese Ashley, voltandosi appena per guardare Alex, dietro di noi.
«Come volevasi dimostrare, ho sempre ragione. Tu e lo sfigato
ve la fate da… inizio anno? E uscite allo scoperto solo ora?» ghignò, incrociando le braccia al
petto.
«C’è qualche problema?»
tornò a domandare Ash, spostandosi sulla sedia per guardare Alex.
«Sì. Tu. Sei una bugiarda che mi ha tradito». La squadra di football alle
spalle di Alex sghignazzò, aspettando la risposta di Ashley.
«Fatti gli affari tuoi»
sbottò lei, prima di guardarmi cercando di sorridere.
«Gli affari miei? Tutto qui è affare mio, nel caso non l’avessi
notato» disse, con arroganza.
«Togliti quell’aria da dio. Non sei nessuno. Né qui, né fuori
da questo liceo. Impara a conviverci, Alex, o sarà troppo tardi, dopo il
diploma». La voce di Ashley
era calma, sembrava non essere nemmeno arrabbiata.
«Non puoi rispondermi così» sibilò, avvicinandosi di un passo e puntandole il dito
contro.
«Certo che posso. Non sei più il mio ragazzo. Da sei mesi.
Quindi, vedi di mettertelo bene in testa: hai preferito Kathrina a me?
D’accordo, l’ho accettato. Ti sei rifatto una vita? Ottimo, non ti ho
ostacolato. Smettila di intralciare la mia vita, però. Sto con Francis, ci sono
problemi?» chiese, a voce
forse un po’ troppo alta, visto che quasi tutti i tavoli vicini si zittirono,
per guardare la scena.
«Stai con… stai con Frank Fagotto?» sogghignò, tenendosi una mano sulla pancia, come se fosse
stata una battuta divertente.
«Francis, si chiama Francis» precisò Ashley.
Non riuscivo a capire che cosa
stesse succedendo, più che altro non riuscivo a crederci.
Ashley mi stava difendendo.
«Fa lo stesso. Sempre lo sfigato del gruppo di fisica rimane» liquidò la faccenda con un gesto
della mano.
«A-a-almeno io so-so-sono rimasto ca-capitano» mormorai, prima di accorgermene.
Sentii quattro paia di occhi
fissarmi stupiti. Mac, Zac, John e Ashley continuavano a sorridere guardandomi.
«Ba-ba-ba-ba-ba-ba-ba-ba-ba-balbetti sempre?» ribatté lui, causando una risata
generale dalla squadra dietro di lui.
«No. So-so-so-solo quando pa-pa-parlo con gli st-st-stupidi». Di nuovo, mi ritrovai a
rispondere prima di pensare.
«Vuoi che ti picchi?»
sibilò Alex, avvicinandosi pericolosamente a me con il pugno alto.
«Vattene, dico sul serio. Lasciami in pace e smetti di
prendertela con loro». Ashley
si alzò, fronteggiando Alex.
«Hai visto i cartelloni? Non ti interessa più diventare
reginetta? Lo ripetevi sempre, ricordi? ‘Oh, amore, voglio diventare reginetta,
balleremo io e te’. Non ti ricordi?»
la schernì.
«Le persone cambiano»
ribatté, stringendo i pugni.
«Allora ti saluterò da sopra il palco. Ti dedicherò la mia
corona di re. Se vuoi ti concederò un ballo» scherzò, sollevando l’ilarità della squadra ancora una volta.
«Potresti offrirle un lento» azzardò Luke, dandogli una pacca cameratesca sulla spalla.
«Accetterò volentieri, dopo averti dato un calcio così forte
che dovrai cambiare il tuo nome. E ora, scusatemi». Spintonò Alex, prima di prendermi per mano.
Uscimmo dalla mensa sotto gli
occhi stupiti di tutti.
La stretta della mano di Ash
diventava più forte a ogni passo; non riuscivo a smettere di ricambiare,
stringendole sempre più forte la sua.
Quando chiudemmo la porta dietro
di noi, Ashley si appoggiò al muro, socchiudendo gli occhi e respirando pesantemente.
«Va tutto bene?»
chiesi, avvicinandomi a lei.
Annuì, non smettendo di stringere
la mia mano.
La porta della mensa si aprì;
sentii distintamente il respiro di Ashley fermarsi.
«Ragazzi, tutto bene?»
mormorò Mac, non appena Zac richiuse la porta alle loro spalle.
«Che spavento»
ansimò Ashley, portandosi una mano al cuore.
«Scusate. Abbiamo aspettato un attimo e poi siamo usciti. John
è rimasto dentro per vedere che cosa succede. Come stai?» tornò a chiedere Mac, accostandosi ad Ashley.
«Bene. Adesso tutti lo sanno. Non era questo quello che avevo
in mente, mi dispiace Francis»
sussurrò, cercando di scusarsi anche con lo sguardo.
«Non fa niente»
risposi, lasciando appena la presa sulla sua mano.
«Oh, scusa»
bofonchiò imbarazzata, ritirando il braccio.
«Ragazzi, sta per finire l’ora. Vi consiglio di spostarvi da qui.
Se usciranno e vi vedranno… non è una buona idea» suggerì Zac, sbirciando attraverso la porta.
«Andiamo».
Presi la mano di Ashley di nuovo, per portarla via da lì.
Non volevo che si sentisse
obbligata a parlare di nuovo con Alex o Luke, l’avevo già messa anche troppo
nei guai.
«Dove?»
mormorò, non riuscendo a trattenere un sorriso.
Non risposi, continuai a
camminare verso l’uscita della scuola.
Sentii il suono della risata di
Ash quando mi fermai davanti alla panchina sotto la grande quercia.
«Qui non ci troverà nessuno» scherzò, sedendosi.
La imitai, rimanendo però in
silenzio.
Non sapevo che cosa dire, non
dopo quello che avevo detto in mensa.
Come mi era venuto in mente di
offendere Alex in quel modo?
«Grazie» bofonchiò,
alzando appena il volto per guardarmi.
«Per cosa?»
chiesi, confuso.
«Per quello che hai fatto in mensa, per quello che hai detto.
Hai avuto coraggio. Non dovevi farlo, non volevo obbligarti». Sembrava stupita, ma c’era anche
qualche altro sentimento dentro ai suoi occhi. Qualcosa che non riuscivo a
classificare.
«Deve sm-smetterla»
dissi, stringendo i pugni.
«C’è solo una cosa che non mi è piaciuta» mi confidò, abbassando lo sguardo, triste.
«Cosa?».
Qualcosa che avevo detto, di sicuro.
«Hai detto ad Alex che balbetti solo con gli stupidi. Vuoi
dirmi che sono una stupida? Per questo balbetti con me?». Si morse un labbro, fissandosi le mani.
«I-i-i-io… no»
cercai di spiegare. Come potevo dirle che balbettavo con lei perché mi piaceva
e non perché ero spaventato da lei. «I-i-i-in
verità i-i-io…». Mi sistemai
gli occhiali che erano scesi sul naso.
Mi stavano tremando le mani.
«Francis»
ridacchiò appoggiando la schiena alla panchina. «Ti stavo prendendo in giro». Si spostò un ciuffo di capelli dietro la schiena, mentre la
guardavo confuso.
«Come?»
chiesi, guardandola mentre si avvicinava a me.
«So che non balbetti con me per lo stesso motivo» disse, spostandomi un ciuffo di
capelli dalla fronte.
«Ho capito che balbetti con Alex perché hai paura. Ma sono
sicura che non balbetti con me per lo stesso motivo». Il suo viso si avvicinò ancora di più al mio, costringendomi
a spostarmi un po’ più indietro.
«S-s-s-s-sì»
balbettai, cercando di deglutire a vuoto.
«Tu non ti rendi conto di come diventi quando sei spaventato» mormorò, inclinando il viso di
lato.
«Come di-divento?»
chiesi, curioso.
Dopo aver sorriso, appoggiò le
sue labbra sulle mie.
Spalancai gli occhi sorpreso,
quando mi resi conto che Ashley mi stava baciando, di nuovo.
Stava diventando un’abitudine.
Una bella abitudine.
Bellissima, a dire il vero.
Socchiusi gli occhi lentamente,
lasciando che le nostre labbra giocassero.
«Francis»
soffiò sulle mie labbra, fermandosi all’improvviso.
«Sì? C’è qu-qualcuno?»
articolai a fatica, tenendo gli occhi chiusi per paura di aprirli.
Sentii una risatina da parte di
Ash, prima che accarezzasse di nuovo le mie labbra con le sue.
«No, peggio. Devo dirti una cosa che non ti ho detto questa
mattina». Sembrava
preoccupata.
«Ok»
bisbigliai, sedendomi meglio sulla panchina.
«Ecco… ieri sera, quando io e Eric siamo rientrati, mi ha
chiesto chi eri. Ho cercato di non dirglielo, ma alla fine ho dovuto. Ha
chiamato subito Chris, e credo che te l’abbia detto. Il problema è che dopo ha
avvertito papà». Alzò lo
sguardo, puntandolo nel mio.
«Tu-tu-tuo padre sa di… me?» sbottai, sgranando gli occhi per la sorpresa e la paura.
«Sì. E non è finita. Ha detto che vuole conoscerti» farfugliò talmente piano che
faticai a sentirla.
«Vu-vu-vuole conoscermi?».
Mi portai le mani tra i capelli, impaurito.
Voleva uccidermi, poco ma sicuro.
Russell Foster non avrebbe mai
accettato uno come me, per sua figlia.
A Russell Foster piacevano i tipi
atletici, quelli come Alex.
Che cosa poteva avere in comune
con il capitano degli Elettroni Spaiati?
«Sì, ma stai tranquillo. Gli ho detto che per il momento non
sono sicura, così sono riuscita a guadagnare un po’ di tempo. Il problema però
è se andremo al prom assieme…».
Il prom.
Sarei dovuto passare a casa sua
per accompagnarla al ballo.
Di solito erano i genitori ad
aprire la porta.
Il signor Foster mi avrebbe
aperto la porta?
Sì, quella per il paradiso, però.
«Francis, tranquillo, c’è tempo…» mormorò Ashley, sorridendomi per rassicurarmi.
«Sia-sia-siamo ad aprile. Il prom è tra due mesi» le ricordai, cercando di calmare
il mio respiro.
«Francis, non ha mai ucciso nessuno» ridacchiò, stringendo la mia mano con la sua.
«Sì, ma…»
cercai di spiegarle.
Come avremmo fatto a vederci?
Non potevo andare a casa sua: mi
avrebbe ucciso.
E se fosse venuta lei da me e ci
fosse stato Chris? Avrebbe chiamato Eric, e l’avrebbe saputo anche suo padre.
«Non ci sono problemi. Faremo le Star Wars Night da Mac, oppure
da te, quando saremo sicuri che Chris è al College. Ci ho pensato questa notte». Sorrise, rilassata.
Lei era rilassata, io invece…
preoccupato.
Sì, mi sentivo egoista, per la
prima volta.
«Sicura?»
chiesi, sistemandomi di nuovo gli occhiali.
«Certo. E sai che cosa ti dico? Che questa sera ci troviamo per
guardare un bel film. A casa di Mac, visto che Chris non è ritornato al College» propose, alzandosi dalla panchina
senza lasciare la mia mano.
«Devo passare a prenderti?» domandai, alzandomi a mia volta.
«Sì. E non morirai, se è quello che stai pensando» ghignò, fermandosi davanti al
portone d’entrata della scuola. «Andiamo?» mi incitò, guardando il corridoio
diffidente.
«Sì. Ci vediamo alla fine delle lezioni?» proposi, appoggiandomi al vetro d’entrata.
«Ti aspetto»
mormorò, sfiorando le mie labbra con le sue.
Senza aggiungere altro, aprì il
portone per entrare.
Possibile che per lei fossero
normali tutti quei baci?
Cercai di levarmi quel pensiero
dalla mente con una scrollata di spalle, poi, dopo un respiro profondo, aprii
la porta per entrare.
Mac mi stava aspettando; aveva
uno strano sorriso.
«Che c’è?»
sbottai, aprendo il mio armadietto per prendere i libri.
«Stai scherzando? Non hai capito?» chiese, stupita.
«Mac, cosa dovrei aver capito?». Non avevo voglia di risolvere indovinelli in quel momento.
«Tutta la scuola sa che tu e Ashley siete assieme. E tu l’hai
difesa fronteggiando Alex davanti a tutti. Francis, riesci a capire quello che
hai fatto?». Era
elettrizzata.
«Sì, una cosa stupida. Poteva tirarmi un pugno, o peggio. Se
avesse preso un bicchiere di succo ai mirtilli e me l’avesse tirato addosso?
Non riesco a capire cosa mi sia successo. Non ho più ragionato» spiegai, richiudendo
l’armadietto.
«Sei geloso e protettivo con Ash, non vuoi che la gente la
ferisca. È normale». Sorrise
appena, camminando al mio fianco.
«Perché?
Con te non è così». Non
riuscivo a capire.
«Perché io sono tua amica,
lei è la tua ragazza. Ma c’è una cosa che mi ha stupito più di questo» sussurrò, quando ci sedemmo sui
nostri banchi, di fianco a John e Zac.
«Cosa?» le domandai, sorpreso.
Cosa l’aveva stupita più del mio comportamento strano?
«Se ne sono accorti tutti. Tu no?» ghignò Zac, punzecchiando il fianco di Mac con una matita.
«Cosa?»
tornai a chiedere, guardando i loro volti uno alla volta.
Sorridevano tutti, felici.
«Forse lo capirai questa sera. Ash mi ha detto che guardiamo un
film da me» bisbigliò Mac, mentre
il professore cominciava la lezione.
«Mamma, esco»
strillai prendendo le chiavi della macchina.
«Dove vai, moccioso?»
chiese Chris, continuando a mangiare un pacchetto di patatine sopra al divano.
«Da Mac. Guardiamo un film» risposi, sistemandomi gli occhiali.
«Vai al cinema con Ashley? Userai la vecchia tecnica dello
sbadiglio o è sorpassata per te?»
ghignò, alzandosi per avvicinarsi a me.
«Vado da Mac a vedere un film, non vado al cinema con Ashley». Non era nemmeno una bugia,
quindi non c’era pericolo che capisse che stavo mentendo.
«Sicuro?» continuò,
avvicinandosi a me, per guardarmi bene.
«Vado da Mac a vedere un film, vuoi venire a vedere Star Wars e la vendetta dei Sith?» domandai, sicuro che avrebbe
rifiutato.
«No, per carità. Questa sera rimango a casa, tanto devo partire
domani mattina presto»
mormorò, ritornando a distendersi sul divano, con uno sbuffo.
«Bene, io vado. Ci vediamo dopo». Mi chiusi la porta alle spalle, mentre, con una quantità
indefinita di patatine in bocca, grugniva il suo saluto.
Salii in macchina con un sospiro,
felice che non dovesse uscire con Eric.
Quando arrivai davanti a casa di
Ashley, mi accorsi che mi stava aspettando sotto il portico.
Vide la mia macchina fermarsi e
cominciò a camminare velocemente per raggiungermi.
«Ciao Francis»
mi salutò, salendo in auto con un sorriso.
«Ciao»
risposi, prima di partire.
Continuava a guardarmi, come se
volesse dire qualcosa. Qualche istante dopo parlò. «Sei arrabbiato?».
«No, perché?».
Rallentai, aggrottando leggermente le sopracciglia, confuso.
«Ho fatto qualcosa di male?» ritentò, tenendo la cintura di sicurezza tra le mani, senza
però agganciarla.
«No. Perché me lo chiedi?». Non riuscivo a capire il perché di tutte quelle domande.
Cominciò a ridere, appoggiando il
capo sul sedile.
«Che c’è?»
domandai, frustrato.
Prima faceva domande a caso, poi
cominciava a ridere da sola…
«Puoi accostare un attimo?». Lasciò la cintura di sicurezza, avvicinandosi a me.
«Stai male?» ansimai,
frenando bruscamente.
«No. Ti spiego una cosa, quando devi salutarmi, non si dice
solo ‘Ciao’. Dopo devi aggiungerci questo». Avvicinò il suo viso al mio, cominciando a baciarmi.
Lasciai il volante, rispondendo
al bacio.
Speravo solo di aver azionato il
freno a mano.
Portai la mia mano dietro la nuca
di Ashley, avvicinandola a me.
«Ok, fermo»
soffiò sulle mie labbra, prima di accarezzarle di nuovo con le sue. «Dobbiamo andare da Mac». Stava sorridendo.
«Non capisco, prima mi dici che devo salutarti, quando lo faccio
mi fermi» borbottai,
ricominciando a guidare.
«Ti spiegherò…»
mormorò criptica, prima di agganciarsi la cintura di sicurezza.
Quando arrivammo a casa di Mac,
mi accorsi che c’era la macchina di Zac, ma non quella di John.
Zac venne ad aprire, prima ancora
che avessimo il tempo di bussare.
«John e Hannah non vengono. Mi sembra di aver capito che c’era
il compleanno del papà di Han e John è dovuto andare» spiegò il mio amico, mentre lo seguivamo per andare a sederci
sul divano.
«Ciao ragazzi»
salutò Mac, appoggiando una pila di DVD sul tavolino. «Non so quale scegliere, pensavo a questo» propose, sventolando il DVD di
una commedia romantica di qualche anno prima.
«Mi piace quel film»
disse Ash entusiasta, sorridendo felice.
«Allora guardiamo quello, non l’ho mai visto» accettai, divertito dalla sua
felicità.
Ashley si avvicinò a me,
sorridendo.
«Vada per quel film»
borbottò Zac, distendendosi sul divano.
Mentre Mac inseriva il disco nel
lettore DVD, mi avvicinai al divano per sedermi.
Ashley si mise di fianco a me,
decisamente molto più vicina della sera prima.
«Spegni la luce Mac»
borbottò Zac, portandole un braccio attorno alle spalle.
«Ragazzi, posso?»
chiese Mac, guardandoci.
«Certo»
rispondemmo assieme io e Ashley, prima di cominciare a ridere.
Dopo aver spento la luce, Mac
tornò a distendersi sul divano, appoggiando la schiena al petto di Zac.
Ashley, al mio fianco, si
avvicinò un po’ di più, appoggiandosi a me.
Voltai leggermente il viso per
sorriderle, impacciato.
Non sapevo che cosa fare.
Senza dire nulla, prese il mio
braccio e se lo portò attorno alle spalle, appoggiando il capo sulla mia
spalla.
Mi irrigidii involontariamente,
guardando le immagini sullo schermo del televisore.
In quella stanza c’era tutto
quello di cui avevo bisogno: i miei due migliori amici e la mia… Ashley.
«Sta fermo»
ridacchiò Mac, tirando una gomitata sullo stomaco a Zac.
«Auch! Ti stavo solo facendo il solletico» si lamentò, massaggiandosi.
«Sai che soffro il solletico» ribatté, portando il braccio lungo il fianco per ripararsi.
Zac le morse un braccio, facendo
ridere sia me che Ashley: la scenetta era davvero divertente.
«Zac» strillò
Mac, cercando di colpirlo, invano, con una nuova gomitata: Zac le aveva
bloccato le braccia.
«Gne gne gne. Non puoi più farmi male» scherzò, facendo innervosire Mac.
«Scommettiamo?»
propose, un ghigno sadico sul viso.
«Quello che vuoi»
rispose Zac, felice di avere la vittoria in pugno.
Mac allungò la gamba per poi
ritirarla, colpendo lo stinco di Zac con un calcio.
«Mac» urlò,
spingendola giù dal divano per massaggiarsi la gamba.
«Sei uno stupido»
strillò, non riuscendo a trattenere una risata.
«Mi hai fatto male, io non ti ho morso così forte» piagnucolò lui, massaggiandosi la
gamba.
«Shh! È la fine del film, voglio vedere se i due protagonisti
si mettono assieme» cercai di
zittirli, mentre Ashley appoggiava le labbra contro la mia spalla per soffocare
una risata.
«Francis! Non hai visto che mi ha spinto giù dal divano?» chiese Mac, puntando il dito
contro Zac, che continuava a massaggiarsi la gamba.
«Perché lei mi ha tirato un calcio! È stata legittima difesa» borbottò Zac, mettendosi a
sedere.
«Tu mi hai morso, per questo ti ho tirato il calcio» si difese Mac.
«E la tua
gomitata? È iniziato tutto da te. Diglielo Francis! Ditele che è colpa sua se
ho dovuto spingerla giù dal divano! Diteglielo!». Si alzò in piedi, avvicinandosi a noi.
«Ragazzi,
dai…» mormorai, divertito
dalla scena. Sembravano due bambini.
Ashley non riuscì a nascondere una risata, probabilmente
irritando Zac.
«Non c’è
niente da ridere! Dille che è colpa sua, Ashley! Ha iniziato lei, sì o no?». L’aveva presa sul personale,
questo era chiaro.
«Svizzera. Non mi metto in
mezzo» sentenziò Ashley.
«Peggio
dei bambini» sussurrai,
portandomi una mano davanti agli occhi.
«Sei tu
che mi hai fatto il solletico. Logico che se mi istighi io rispondo» brontolò Mac, puntandogli un dito
contro il petto.
«Mi stai
provocando? Perché tanto perdi. Sei una nanetta, e io sono un uomo» replicò, avvicinandosi di un
passo a Mac per farle notare la differenza di altezza.
«Che ne
dici se andiamo? Tra un po’ cominciano a baciarsi» ghignò Ashley, sfiorandomi involontariamente il collo con la
punta del naso.
«Sì, credo
sia meglio». Ci alzammo dal
divano, mentre Zac e Mac continuavano a sfidarsi con gli sguardi.
«Ci
vediamo domani a scuola, buona serata»
salutai, avvicinandomi, con Ashley, alla porta d’entrata.
«A domani» sibilò
Mac, senza smettere di guardare Zac.
«Notte»
borbottò Zac, imitando Mac.
«Mac, ricordati che tua mamma ritorna questa sera» ridacchiò Ashley prima di
chiudere la porta alle nostre spalle.
«Sono come due bambini»
sospirai, mentre ci avvicinavamo alla mia macchina.
«Io trovo che siano carini assieme» sorrise Ashley, entrando in auto.
«Quando fanno così sembra che abbiano cinque anni, non quasi
diciotto» constatai, avviando
il motore.
«Forse è vero, ma sono spontanei, e non sono cambiati,
nonostante adesso siano assieme»
mi spiegò, mentre svoltavo a una curva.
«Sono quasi convinto che non cambieranno mai, nemmeno al
College» ammisi, scuotendo la
testa preoccupato.
«Magari è una cosa bella. Alcune persone, quando cambiano si
migliorano, altre invece sono perfette così come sono, e non hanno l’esigenza
di cambiare». Fece spallucce,
quando accostai la macchina davanti a casa sua. «Meglio che entri subito, non so se mio papà è ancora sveglio» disse, slacciandosi la cintura di
sicurezza e avvicinando il suo viso al mio.
«Entra subito»
borbottai, impaurito. Ashley cominciò a ridere, prima di prendere il mio viso
tra le mani.
«Grazie, per tutto. E, il tuo cambiamento, quello che hai fatto
oggi, sappi che è bellissimo»
mormorò, confondendomi.
«Che cambiamento?».
Non mi sembrava di essere cambiato.
Ero sempre lo stesso.
Sempre io, Francis.
«Dici sul serio?»
chiese, stupita e divertita.
«Sì, che cambiamento?»
tornai a chiedere.
Sorrise, prima di darmi un veloce
bacio.
«Perfetto» sussurrò,
prima di sfiorare di nuovo le sue labbra con le mie.
Prese la sua borsa dal cruscotto
e aprì lo sportello per scendere.
«Ashley, aspetta. Non hai risposto alla mia domanda» insistei, curioso.
Volevo sapere davvero che cosa
vedeva di diverso in me.
«Mi piace la tua voce»
disse alla fine, sorridendo.
Chiuse la portiera e, senza
voltarsi cominciò a correre verso la porta di casa.
«La mia voce?»
borbottai, tra me e me.
Le piaceva la mia voce?
Salve ragazze!
Eccoci con un nuovo capitolo dei nerd!
Allora, non ho praticamente nulla da
dire, se non ringraziare ancora una volta The Carnival che mi ha fatto un altro
video sui nerd che è a dir poco Figherrimo!
il primo era sulla storia completa, questo invece riguarda solo Ash e Francis…
Lo trovate QUI (guardatelo, davvero!) e
QUI c’è il trailer della storia.
Nel gruppo è stato deciso che la OS di
natale sarà un Ash pov, ora c’è da decidere quale scena (se la stanno giocando
Stanford e il primo bacio). Avete tempo per votare fino a martedì sera.
QUESTO è il link
del gruppo spoiler e QUI
c’è il mio profilo.
Grazie infinitamente a chi continua ad
aggiungere la storia ai preferiti/seguiti/da ricordare. Siete tante tante
tante. E grazie davvero anche a chi lascia un commentino per farmi sapere che
ne pensa!
Ci vediamo la prossima settimana per il
prossimo capitolo!
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Capitolo 21 *** You need some changes ***
rotn
«Posso
passare da te oggi pomeriggio?» chiese Mac, con uno strano sorriso.
«Perché?».
Quando si avvicinava a me, guardandomi in quel modo, mi spaventava.
«Così,
volevo parlarti del prom» mormorò, abbassando il tono della voce perché Ashley
non la sentisse.
«Veramente
oggi pomeriggio Ash doveva venire da me per studiare». Guardai Ashley, che stava chiacchierando con John e
Zac, qualche passo più indietro.
«Ash
non lo deve sapere. Sarà una sorpresa per lei». Il sorriso di Mac si allargò, terrorizzandomi
ancora di più.
«Il
prom è tra tre giorni, credo di non avere tempo per sorprese» spiegai, sperando
che potesse cambiare idea.
Le
sorprese di Mac non mi piacevano.
Certo,
di solito portavano sempre a soluzioni positive, come il primo bacio che ci
eravamo scambiati io e Ash dopo aver visto It,
ma mi spaventavano lo stesso.
Mac
non organizzava semplici sorprese. I suoi erano piani malefici.
«Ho
tutto sotto controllo, non ti fidi di me, Francis?». Di nuovo quel sorriso.
Mi
stavo preoccupando e innervosendo.
«No».
Mac
cominciò a ridere, scuotendo la testa. Si allontanò, raggiungendo Zac e superandolo
senza nemmeno salutarlo.
«Che
cosa voleva?» domandò Ashley, avvicinandosi a me.
«Non
ne sono sicuro…» borbottai, sistemandomi gli occhiali.
«Ci
vediamo oggi pomeriggio?». Le sue mani circondarono il mio viso, mentre si
alzava in punta di piedi.
«Devi
chiederlo a Mac» mugugnai, mentre le sue labbra si avvicinavano sempre di più
alle mie.
Dopo
un bacio veloce, sentii una risatina da parte di Ashley.
«Che
c’è?» soffiai, a pochi centimetri da lei.
«Zac
è dietro di te, impaziente di parlare con qualcuno» ridacchiò, abbracciandomi.
«Uff»
sbuffai, mentre Ashley scioglieva l’abbraccio. «Dimmi» sibilai a denti stretti,
avvicinandomi a Zac.
«Mac
mi ha detto che devi accompagnare a casa Ashley, e poi andare a casa perché
vuole parlarti. Non posso dire di più». Fece spallucce, calciando un sassolino.
«Dovresti
dire a Mac che potrei essere gelosa» ghignò Ashley, circondando la mia vita con
il braccio.
«Sono
geloso anche io» sbottò Zac, incrociando le braccia al petto.
Non
stava scherzando.
«Oh,
andiamo» esclamai stupito.
Zac
era geloso di… me?
«Non
sto scherzando. Passi tanto tempo con Mac e io non so che cosa fate».
All’affermazione
di Zac, spalancai gli occhi, stupito.
«Zac,
non starai dicendo sul serio, vero? Io con Mac non faccio nulla. Non essere
stupido, su» borbottai, avvicinandomi di un passo a lui.
«Come
faccio a crederti? Non ho prove di quello che fate o non fate a casa di Mac,
chiusi in camera sua» sbraitò, fronteggiandomi.
«Forse
dovresti avere fiducia». Mi stavo arrabbiando.
Perché
mai Zac insinuava che Mac lo tradisse con me?
«Ragazzi,
calma» mormorò Ashley, intervenendo. Si posizionò tra me e Zac, costringendomi
a indietreggiare di qualche passo.
«Si
può sapere che diamine ti prende?» sbottai, frustrato da quello strano
comportamento.
Per
un secondo gli occhi di Zac mi osservarono, poi, imbarazzato, mi voltò le
spalle, incamminandosi verso il parcheggio.
Ashley
appoggiò la mano sul mio braccio per fermarmi, ma non appena incontrò il mio
sguardo si fece da parte.
Dovevo
chiarirmi con Zac perché stava impazzendo.
«Zac»
chiamai, scendendo la gradinata di corsa.
«Che
vuoi?» bisbigliò, guardandomi furioso.
«Si
può sapere che ti prende? Da quando sei geloso di me?». Mi costrinsi ad
abbassare il tono della voce per non attirare troppi sguardi su di noi.
«Io…
non lo so. Mac ha un bel rapporto con te, ti racconta tutto. Mi sento escluso»
ammise, abbassando lo sguardo.
«Avete
litigato?» chiesi, indicandogli la panchina perché ci potessimo sedere per
parlare tranquillamente.
«Da
cosa l’hai capito?» sussurrò, appoggiando i gomiti sulle ginocchia.
«Dal
suo non averti salutato prima e dal tuo tono decisamente arrabbiato. Che è
successo?». Perché mai Zac e Mac avevano litigato?
«Se
te lo dico mi prendi in giro» ammise, prendendosi il viso tra le mani,
preoccupato.
«Oddio,
è qualcosa di imbarazzante?». Mi irrigidii, preoccupato.
Sapevo
che Zac e Mac si erano… spinti fino in fondo, ma non ne avevo parlato con Zac.
Mac
e Ashley invece ne avevano discusso a lungo, lasciandomi, fortunatamente
all’oscuro dei particolari.
«No,
ma sono sicuro che tu darai ragione a Mac» sentenziò, togliendosi gli occhiali,
con un gesto stanco.
«Io
ti dirò chi ha ragione. Potresti anche essere tu». Qualcosa mi diceva però che era
Zac quello dalla parte del torto.
«Stavamo…
giocando in camera mia, e per scherzare Mac ha preso la mia maglia, quella di
Superman che uso per dormire, quella che ho preso al Comic Con tre anni fa. E…
si è strappata. Non tanto, qualche centimetro, ma era la mia maglia preferita.
Mi sono arrabbiato con lei e le ho detto che non deve toccare le mie cose.
Credo si sia arrabbiata perché non ha detto altro, ha raccolto la sua borsa e
se ne è andata. E non mi risponde ai messaggi». Era davvero preoccupato.
Talmente
preoccupato che non riuscii a trattenermi e cominciai a ridere.
«Certo
che sei scemo, Zac» dissi, tra una risata e l’altra. «Vai a litigare con Mac
perché ti ha rotto la maglia? Insomma, non l’ha fatto apposta, no?». Ero sicuro
che Mac non avrebbe mai rotto volutamente quella maglia a Zac, sapevamo tutti
quanto era importante per lui, visto che era stato il nostro primo Comic Con.
«No,
stava scappando mentre le facevo il solletico. Però le ho urlato contro prima
di rendermene conto. E oggi continuava a parlare con te, sorridendo. So quello
che ha in mente, ma mi dà fastidio lo stesso vedere che sta con te e mi evita» mi
confidò.
Qualcuno
dietro di noi si schiarì la voce per attirare l’attenzione.
Quando
io e Zac ci voltammo per vedere chi fosse, non riuscii a trattenere un sorriso,
notando l’espressione stupita che si era dipinta sul viso di Zac.
«Posso
parlarti un attimo?» chiese Mac, guardando Zac.
Teneva
la mascella serrata; sembrava arrabbiata.
«Certo»
mormorò lui, alzandosi lentamente.
Sembrava
un uomo che camminava verso la forca.
«Quello
che mi hai detto ieri non mi è piaciuto, proprio per niente» iniziò a dire Mac,
prima che Zac le prendesse il viso tra le mani e la zittisse con un bacio.
«Mi
dispiace, non succederà più» si scusò, qualche secondo dopo.
«Sarà
meglio che tu non dica di nuovo una cosa del genere» sbottò lei, pizzicandogli
un fianco, «altrimenti puoi andare a Los Angeles per cercare Natalie Portman»
lo minacciò, puntandogli l’indice contro il petto.
«Certo,
certo». Zac sembrava improvvisamente sollevato. Continuava ad abbracciarla,
ridendo. «Oggi pomeriggio vieni da me?» chiese, con un tono di voce talmente
alto che riuscii a sentirlo.
«Devo
andare da Francis per quella cosa, ma posso passare da te, dopo». Lo strano
sorriso che c’era nei loro volti non mi faceva presagire nulla di buono.
Non
erano affari miei, però.
«Ragazzi,
qualcuno può dirmi che cosa succede?» domandai, avvicinandomi a loro.
Sembrava
non si ricordassero che c’ero anche io.
«Un
esperimento. Abbiamo scommesso. Vogliamo vedere chi vince». Mac cercò di
rassicurarmi con un sorriso, che però sortì l’effetto contrario.
«Facciamo
così, io porto a casa Ash, tu passi da casa mia tra un’oretta per spiegarmi che
cosa vuoi da me, e poi vai dove vuoi» spiegai, sperando di liquidare la
faccenda in fretta.
«Farai
presto, no?» chiese Zac, abbracciandola da dietro.
Doveva
essere veramente felice per aver fatto pace con Mac, non riuscivo a spiegarmi
in nessun altro modo il suo comportamento strano.
Mac
cominciò a ridere, prima di abbracciare Zac mordendogli la mascella.
«Sei
geloso?» chiese divertita.
«No
che non sono geloso, voglio solo vederti» si difese, un po’ troppo punto sul
vivo perché potesse sembrare che non lo era.
Mi
incamminai verso Ashley che mi stava aspettando davanti alla mia macchina.
Sembrava
divertita e sollevata.
«Hanno
risolto?» chiese, mentre aprivo lo sportello per mettermi alla guida.
«Sembrerebbe
di sì. Zac l’ha zittita con un bacio e Mac si è lasciata abbindolare» scherzai,
uscendo dal parcheggio della scuola.
«Ieri
pomeriggio è arrivata a casa mia arrabbiatissima, le ho dato due camomille
prima che riuscisse a calmarsi. Continuava a urlare “Gliela rompo a metà,
quella maglia” e non diceva altro. Ci ho messo un’ora e mezza per farla
ragionare». Ash era di buonumore.
Riuscivo
a vederlo dal sorriso che non se ne voleva andare dalle sue labbra.
Le
stesse labbra che avevo baciato ogni giorno, dopo il primo bacio davanti a casa
sua.
«Ci
vediamo stasera?» mi domandò, mentre spegnevo il motore. Avevo parcheggiato nel
solito posto, davanti al boschetto.
«Credo
guarderemo un film da me, per te c’è qualche problema?». Mi avvicinai a lei,
sorridendo.
«Nessuno».
Annullò la distanza tra i nostri volti, baciandomi.
Chiusi
gli occhi, portando la mia mano sulla sua nuca per avvicinarla a me.
«Ash»
soffiai sulle sue labbra, qualche minuto dopo, «tuo… tuo padre potrebbe vederci».
Suo padre mi spaventava, nonostante non l’avessi ancora ufficialmente
conosciuto.
Mi
spaventava il pensiero del suo viso che apriva la porta la sera del prom, e non
era tranquillizzante nemmeno il terzo grado che probabilmente mi avrebbe fatto
mentre Ashley finiva di prepararsi al piano di sopra.
Li
avevo visti i padri delle cheerleader, in quelle commedie romantiche. Avevo
visto la furia nei loro occhi, quando aprivano la porta al ragazzo che avrebbe accompagnato la loro figlia al prom.
«Pochi
giorni ancora» mormorò, mordendomi il labbro.
«Vai,
su» dissi a occhi chiusi, concentrandomi.
Suo
padre non era il solo motivo per cui Ash doveva rientrare.
Nonostante
l’avessi studiato a Biologia II, stavo cominciando a provare sulla mia pelle la
potenza del testosterone.
Sapevo
che il picco era tra i venti e i ventidue anni, ma sembrava che i miei ormoni
avessero deciso di svegliarsi un paio d’anni prima.
Ogni
volta che Ash mi baciava… scatenava una reazione nel mio corpo che mi spingeva
a volere di più.
«Ci
vediamo stasera». Accarezzò le mie labbra con le sue prima di scendere
dall’auto con una risatina.
Quando
sentii il rumore dello sportello che si era chiuso, respirai a fondo,
appoggiando la nuca sul sedile.
«Calma»
mormorai a me stesso, prima di guardare Ash che mi salutava con la mano
chiudendo la porta di casa alle sue spalle.
Tutti
gli ormoni dovevano tornare nelle loro casette. Le cellule di Leydig erano
pronte a riaccoglierli a braccia aperte.
Mi
strofinai il viso per recuperare un po’ di lucidità e, dopo aver messo in moto,
partii verso casa.
Quasi
sicuramente Mac era già arrivata.
La
mia ipotesi divenne certezza quando notai la macchina di Mac parcheggiata nel
vialetto.
Scesi
dall’auto e, quando entrai, sentii la voce di mamma.
«Sono
tornato» avvisai, camminando verso la cucina.
Lasciai
lo zaino di fianco alla porta d’ingresso.
«Ciao
tesoro. Mac era passata per parlare con te». Mamma e Mac erano sedute sugli
sgabelli della cucina.
Entrambe
stavano bevendo un succo.
«Andiamo?
Così mi dici quello che hai pensato». Avevo una certa fretta… più che altro era
la paura di sentire che cosa Mac avesse da dire.
«Francis!
Non essere scortese con Mac» mi rimproverò mamma, stupita dal mio
comportamento.
Se
solo avesse saputo che Mac era il diavolo, o almeno, lo erano le sue idee, non
avrebbe reagito in quel modo.
«Scusa,
vado…» ridacchiò Mac, prima di seguirmi mentre salivo la scala per andare al
piano di sopra.
«Allora?»
chiesi, dopo essermi chiuso la porta della camera alle spalle.
«Francis,
calma. È solo un’idea, non c’è niente che non va». Si avvicinò a me,
appoggiando la sua mano sul mio braccio.
«Mi
fai paura quando hai delle idee, per questo sono così» spiegai, sedendomi sul
letto.
«Non
c’è niente di cui aver paura, volevo solo parlarti del prom, tutto qui. Ho
avuto un’idea, ma prima… sai di che colore sarà il vestito di Ash? Per i fiori
e il tuo vestito, dico». Cominciò a gesticolare, appoggiandosi con la schiena
alla scrivania.
«Azzurro.
Mi ha detto che è azzurro e lungo». Me la immaginavo Ashley, bellissima, con un
vestito del colore dei suoi occhi.
«Già,
sembra una principessa» sospirò Mac. Sembrava quasi invidiosa.
«Oh,
andiamo. Il tuo vestito sarà bellissimo. Sarai incantevole anche tu» la
incoraggiai, sorridendo.
«Io
sembro un ammasso di foglie, tenuto assieme da un nastro nero. Ashley sembra
una principessa la sera del ballo. Direi che non è la stessa cosa» mormorò,
abbassando lo sguardo.
Quindi
il suo vestito era verde.
Come
i suoi occhi.
«Sono
sicuro che Ash ha scelto un vestito bellissimo per te, come quello che hai
indossato la sera dello Spring Ball». Quel vestito marrone le stava d’incanto.
«Quello
non era un vestito. Era solo mezzo metro di stoffa con una cucitura. Non so
nemmeno con che coraggio l’ho indossato». Scosse la testa, come per scacciare
un pensiero.
«Ti
stava bene, e lo sai. Non fare come le ragazze che vogliono sentirsi dire che
eri bella. Se non lo fossi stata a quest’ora non ci sarebbe uno stupido che ti
aspetta a casa sua, felice perché avete fatto pace» dissi, sorridendo al
ricordo di Zac.
Mac
prese tra le mani una vecchia matita, rigirandosela tra le dita.
«Lascia
stare Zac e la sua maglia di Superman. Sono ancora arrabbiata con lui»
borbottò, tenendo lo sguardo basso.
«Solo
per quello?» domandai, preoccupato.
Mac
sembrava pensierosa.
«Sì.
No. Non lo so. È un bambino delle volte, e mi va bene. Ma ogni tanto mi
piacerebbe vedere un uomo. È stupido, lo so, però mi illudo. Insomma, lo
conosco da sempre, lo so che Zac è fatto così, ma mi piacerebbe vedere che
qualche volta prende l’iniziativa». Spostò la sedia dalla scrivania, prima di
sedersi con uno sbuffo.
«Dovresti
parlargliene, Mac. Magari non lo fa volontariamente. Forse è solo il suo modo
di fare. Zac, John, io… noi non sappiamo come comportarci, stiamo imparando»
confessai, prendendole la mano tra le mie.
«Lo
so. Lascia stare, ok? Non dire niente a Zac». Puntò lo sguardo nel mio;
sembrava volesse fare una promessa.
«Dovresti
dirglielo tu Mac, se non parlate non riuscirete mai a essere sinceri tra di voi
e a lungo andare le cose potrebbero non funzionare». Era brutto da dire, ma era
la verità.
«Gliene
parlerò, un giorno. Ma adesso siamo qui per te. Dunque, il vestito sai che è
blu. Il tuo come sarà?». Si era fatta improvvisamente curiosa.
«Grigio
scuro, o marrone. La commessa ha detto color… ratto» ricordai improvvisamente.
«Color
topo, forse». Mac non riuscì a reprimere una risata divertita.
«Fa
lo stesso» liquidai il mio errore con una scrollata di spalle.
«Dovrebbe
essere un bell’ accostamento, con l’azzurro» pensò, portandosi l’indice al
mento.
«Mac,
anche se non è il colore che più si intona all’azzurro io ho comprato quel
vestito». Non avrei cambiato il mio vestito solo perché il grigio ratto non si intonava con il blu!
«Va
bene, rimedieremo sui fiori. Naturalmente da polso, con un nastrino azzurro.
Potresti prenderle una rosa bianca, mi sembra ottimo». Sembrava soddisfatta.
«Rosa
bianca?». Credevo di dover comprare strani fiori colorati e pieni di polline
che avrebbero sporcato tutti i vestiti, e Mac mi parlava di una rosa bianca?
«Sì,
è semplice e perfetto. Ash lo adorerà. Ora passiamo alla parte più importante.
Il look». Smise di parlare, guardandomi in uno strano modo.
«Il
look?» chiesi, confuso.
In
che senso il look?
«Andiamo,
Francis! Non vorrai mica andare al prom così!». Mi indicò, sorpresa.
«Devo
truccarmi?» scherzai, non capendo che cosa volesse dire.
«No.
Ma non puoi nemmeno presentarti in questo stato. Non ti eleggeranno mai re»
bofonchiò, irrigidendosi all’improvviso.
«Perché
mai dovrebbero eleggermi re? Non mi sono mica iscritto». Nonostante Mac avesse
fatto pressione per una mia candidatura, mi ero rifiutato di scrivere il mio
nome.
Io
non ero il tipico re del liceo; e, anche se mi dava fastidio l’idea di un
possibile ballo di Ashley con il re, sapevo che sarebbe stato solo per un
lento.
«No,
infatti. Era così per dire» borbottò, gesticolando. «In ogni caso… io vedo del
potenziale in te. Potresti essere davvero bello, Francis. Devi solo curarti un
po’. Accetti i miei consigli?». Con la sedia si avvicinò a me, regalandomi un
sorriso radioso.
«Da
quando ti sei trasformata in un’esperta di bellezza?». Ero scettico. Mac era la
prima che non curava l’aspetto fisico, e stava dicendo a me che dovevo sembrare
più… bello?
«Ho
le mie fonti. Prima di tutto… queste». Dalla sua borsa tirò fuori una scatolina
bianca.
«Cos’è?»
domandai, prendendo la piccola confezione tra le mani.
«Un’invenzione
di Leonardo da Vinci, ottimizzata da Lim e Wichterle» scherzò, mentre estraevo
le lenti a contatto.
«Mi
danno fastidio» brontolai, sistemandomi di riflesso gli occhiali.
«Non
fare il bambino, Francis! Per una sera puoi indossare le lenti» sbottò,
alterata.
«Tutto
qui? Il tuo grande piano è farmi indossare queste?» sventolai la confezione,
ridendo.
«No.
Questo era il primo passo. Il secondo sarà: non raderti la barba fino al prom».
Non stava scherzando.
«Scusa?»
ridacchiai, non riuscendo a trattenermi.
«Andiamo
Francis. Per tre mattine non ti fai la barba, così sarai più bello. Devi
fidarti di me». Fece un sorriso per sembrare più convincente.
«Alle
donne non piace l’uomo con la barba» mi lamentai, strofinandomi il mento con
una mano al pensiero di non radermi.
«Ad
alcune donne piace l’uomo con la
barba. Fai quello che ti ho detto per favore». Ad Ash piacevano gli uomini con
la barba?
Era
questo che stava cercando di dirmi?
«D’accordo,
mi metterò questi strumenti demoniaci dentro agli occhi e mi farò crescere la
barba come se fossi un senzatetto» acconsentii, capendo però che l’idea non mi
attirava.
«Non
essere schizzinoso, Francis! Sarai bellissimo. C’è un’ultima cosa…» sussurrò,
torturandosi le mani.
«Cosa
devo fare, un intervento per cambiarmi i connotati?» ghignai, mentre Mac
scuoteva la testa in un gesto di diniego.
«Dovresti
tagliarti i capelli. Corti». Alzò lo sguardo, puntando i suoi occhi nei miei.
«No.
Non se ne parla» sbottai, alzandomi dal letto.
«Perché?
Francis, sembra che tu abbia una pecora in testa, tagliali un po’. Dai lati li
fai un po’ più corti, ho già in mente il taglio, sarai bello» mi incitò,
sorridendo di nuovo.
«Più
corti dai lati? Ma stai scherzando? No. I miei capelli rimangono così». Istintivamente
mi passai una mano tra i capelli.
«Ti
stai comportando come una donna. Perché non dovresti tagliarli?» ribatté,
mentre mi sedevo sul letto.
«Perché
ho le orecchie grandi. Non mi piacciono le mie orecchie e di certo non mi taglierò
i capelli solo perché l’hai detto tu. Io non devo piacere a nessuno» borbottai,
guardando i miei piedi.
«Francis!
Sei testardo come un mulo! Non interessa niente a me, se devo essere sincera.
Ma fallo per Ash. Per una sera prova a essere un po’ più… normale. Lo so che è
strano, ma poi ti senti bene. Al ballo di primavera non volevo uscire di casa
truccata, ma Ash mi ha costretta. Poi non è andata così male, no?» mi ricordò,
punzecchiandomi.
C’era
però una differenza.
«Io
non devo conquistare nessuno. Ashley è già la mia ragazza» sghignazzai, felice
di avere la vittoria in pugno.
«Senti,
sabato pomeriggio passo a prenderti per andare dal barbiere. Ti toglierai
quella pecora che hai in testa, assumendo una forma più umana. Non voglio sentire
scuse. Al prom, per la prima volta in diciotto anni di vita, tu mostrerai le
tue orecchie al pubblico». Raccattò le sue cose e uscì prima che riuscissi a
parlare per risponderle.
Mac
voleva che togliessi gli occhiali, indossassi un paio di lenti a contatto, mi
facessi crescere la barba e tagliassi i capelli.
Voleva
per caso anche una cravatta?
Salve
ragazze! :)
Scusate
il ritardo, ma tra una cosa e l’altra il capitolo mi è arrivato oggi.
Comuuuunque,
per chi non l’avesse letto, c’è l’Ash pov. È la sera del primo bacio con
Francis, lo trovate qui: Have a good night.
Poi
poi poi… come sempre la gentilissima The carnival mi ha fatto il trailer dell’originale
nuova che comincerò tra un mesetto, lo trovate qui: You saved me.
Mi
potete trovare su FB con il mio profilo Roberta RobTwili oppure sul gruppo spoiler:
Nerds’ corner.
A
presto, con il prom! :P
Un
bacione.
|
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Capitolo 22 *** Prom- Francis' first time ***
rotn
«Mac» strillai, uscendo dalla
biblioteca.
«Ti prego
Zac, salvami». Si nascose
dietro al mio amico, appoggiando le spalle contro l’armadietto.
«Come ti è
venuto in mente?» tornai a
urlare. Non riuscivo a calmarmi, non dopo quella scoperta.
«Dai
Francis» cercò di
rassicurarmi Ash, appoggiando una sua mano sul mio braccio.
«Lo
sapevi?» sibilai, lanciandole
un’occhiata stupita.
«Io… io
l’avevo intuito» bofonchiò
abbassando lo sguardo.
«Lo
sapevate tutti? Ero io l’unico idiota?».
Strinsi con più forza il libro che tenevo tra le mani, cercando di calmare i
miei nervi.
Non ricevetti risposta da nessuno di loro.
«Oh,
ottimo allora! I miei amici si coalizzano contro di me, iscrivendomi a una
stupida lista. Grazie, voglio dire, tanto la faccia ce la metto io» borbottai, soffermandomi a
guardare la fila di armadietti gialli dietro di Ash.
«Ehi,
Francis! Che coraggio, amico».
Josh, un ragazzo della banda, mi diede una pacca sulla spalla, sorridendomi.
«Vedete?». La mia voce diventò stridula a
causa del nervosismo.
«Francis
su, che sarà mai...». Non
aspettai nemmeno la fine della frase.
«Che sarà
mai, Zac? C’è il tuo nome in quella maledetta lista? No, c’è il mio! Francis
Hudson. Mi chiedo ancora come tu, Mac, abbia potuto fare una cosa del genere». In pochi passi mi avvicinai a
lei, puntandole l’indice contro.
«Dai, Francis. Non
arrabbiarti, non è stata solo una sua idea» sussurrò Ash, di fianco a me.
«E-eravate
tutti coalizzati contro di me?»
domandai stupito.
Da quando erano passati al lato oscuro?
«Coalizzati…
ora non essere cattivo»
ribatté Mac, rimanendo sempre nascosta dietro al corpo di Zac.
«Io vorrei
solo capire che cosa vi è saltato in mente quando avete scritto il mio nome
sulla lista dei candidati a diventare Re».
Digrignai i denti, sistemandomi gli occhiali.
Non era una bella cosa scoprire alle quattro del venerdì
pomeriggio che si era candidati a essere Re del ballo del giorno dopo.
«Volevamo
vedere una cosa» bofonchiò
Zac, probabilmente in difesa di Mac, per non far ricadere su di lei tutte le
colpe.
«Vo… volevate
vedere una cosa? E precisamente? Se quando mi arrabbio divento verde? Se mi
trasformo in roccia? No, perché non mi è chiaro». Mi strofinai il viso con le mani, cercando di calmarmi.
Quando sentii la barba strofinarsi sulle mani, si accese una
lampadina.
Era tutto organizzato, per questo Mac mi aveva costretto a
cambiare.
La barba, i capelli che mi sarei tagliato il giorno dopo…
«Avevi
programmato tutto, per questo l’altro giorno sei venuta a casa mia per dirmi
quelle cose?». Voleva che
cambiassi look per essere più bello, per farmi votare.
«No» esclamò sorpresa. «No, Francis. Si vota oggi, non
domani sera. Quello che ti ho detto era la verità» cercò di difendersi.
«Lo sapete
che farò la figura dell’idiota, vero? Sopra a quel palco, mentre proclamano vincitore
uno della squadra di football».
Non avevo nemmeno più voglia di arrabbiarmi, tanto il danno era fatto.
«Allora su
quel palco saremo due idioti»
soffiò Ash sul mio orecchio, facendomi rabbrividire.
Non riuscii a trattenere una risata, sfiorando le sue labbra
con le mie.
«Ma tu
sarai eletta» piagnucolai,
sospirando.
«Io non
sarò eletta. Vedila così, avremo sempre un motivo per odiare Zac e Mac» ghignò, prima di fare una
boccaccia verso di loro.
«Io credo
che qualcuno qui dovrebbe stare zitto, ok? E dobbiamo anche sentire John per
quanto riguarda la limousine»
ribatté Mac.
«L’ho
sentito io prima, ha detto che la limousine andrà prima da John e Zac poi verrà
da te, Mac. Assieme mi darete un passaggio e alla fine, prima di andare a
scuola, andremo da Ash». Le
riservai un sorriso, stringendo leggermente il suo fianco.
«Per
ultima?». Sembrava
elettrizzata dall’idea di essere l’ultima a salire.
«Sì. Ci
sarà il prom e poi andremo a mangiare da…». Zac si interruppe, guardandomi in attesa di una conferma.
«Dove? Ci
dite dove?» chiese Ash,
eccitata.
«Francis?». Annuii, dando il permesso a Zac.
«Andremo a
La Bohème».
Ash
e Mac cominciarono a strillare, saltellando.
«Andremo a La Bohème?» urlò Mac, abbracciando Zac.
«Grazie! Grazie»
esultò Ash, abbracciandomi e baciandomi ripetutamente una guancia.
«Ok, ok. Calma»
mormorai, appoggiando le mani sui suoi fianchi perché la smettesse di
saltellare come una bambina. «È solo un
ristorante».
Perché
dovevano sempre strillare se erano felici per qualcosa?
«No Francis, non è solo un ristorante. È La Bohème» puntualizzò Ash, respirando profondamente per
riprendere fiato.
«Ancora non ci credo. Grazie Zac, grazie». Mac continuava ad abbracciarlo, felice.
«Non c’è problema. Ma ti prego, basta adesso» bofonchiò imbarazzato, quando un ragazzo che stava
per entrare in biblioteca –probabilmente per votare il re e la reginetta del
ballo- li guardò con uno strano sguardo.
«No, andremo a La Bohème» strillò di nuovo Mac, incapace di trattenersi.
La
Bohème era il ristorante più famoso e costoso di Los Angeles.
Io,
Zac e John avevamo prenotato quasi tre mesi prima, proprio a causa dell’alto
numero di clienti.
«Mac, contegno»
sbottò Zac, prendendo il viso di Mac tra le sue mani perché la smettesse di
saltellare.
«Hai ragione»
mormorò, imbarazzata.
«Dovremmo assolutamente essere perfette domani. Io, te,
Hannah e Cindy andremo dal parrucchiere domani mattina. Nel pomeriggio ho
prenotato il salone di bellezza. Nessuno sarà più bello di noi» gioì Ash, soddisfatta della sua idea.
«Mac, tu dovevi…».
Doveva accompagnarmi dal barbiere.
«Ci andrai da solo, in qualsiasi posto tu debba andare». Ash mi sorrise, accarezzandomi una guancia.
Non
riuscivo ancora ad abituarmi alla sensazione della barba sul mio viso; Ash però
sembrava apprezzarla.
«No, devo andarci. Ash non puoi capire, se non vado con
lui sarà un disastro. Francis, facciamo così: arriverò da te per le otto, ti
accompagno, spiego quello che bisogna fare, poi corro da Ash per farmi
torturare» terminò con uno sbuffo comico.
«Ci faremo coccolare, non torturare. Passeremo tutto il
pomeriggio con i piedi e le mani sommersi in acqua profumata, ci faranno i
massaggi e ci truccheranno» esordì Ash,
prima di sospirare, «sarà un sogno».
«Massaggi?»
esclamai assieme a Zac.
«Sì, non sarà bellissimo? Mani che ti accarezzano
sciogliendo i muscoli» un nuovo sospiro
estasiato da parte di Ash.
Non
ero sicuro che fosse una buona idea.
Sapere
che il corpo di Ash sarebbe stato sfiorato dalle mani di un’altra persona non
mi rendeva per niente felice.
«Non ti farai toccare da un altro uomo che con la scusa
di rilassarti i muscoli ci prova con te»
sbottò Zac, facendo ridere Ash e Mac.
«Tranquillo Zac, e tranquillo anche tu» sussurrò, avvicinando il suo viso al mio per darmi un
bacio.
Quando
le nostre labbra si sfiorarono però, Ash si ritrasse, trattenendo un risolino
divertito.
«Saranno delle donne. L’ho chiesto espressamente» puntualizzò Ash, facendomi sospirare sollevato.
Sapere
che erano delle massaggiatrici rendeva tutto più… giusto.
«Non mi piace lo stesso questa idea» borbottò Zac, stringendo in modo quasi possessivo
Mac.
Sembrava
che lui e Mac si fossero chiariti: l’atteggiamento di Zac, rispetto a due
giorni prima, era davvero cambiato.
Anche
l’umore di Mac era migliorato; non riusciva a tenere a freno quel sorriso e si
lasciava coccolare tra le braccia di Zac senza dire niente perché la smettesse.
«Se però sono donne…» ribattei, rispondendo al sorriso di Ash.
«Grazie» soffiò
sulle mie labbra, prima di baciarmi.
La
mia mano corse sulla sua nuca, avvicinandola a me.
«Ragazzi, siamo a scuola, calmate i bollenti spiriti» ghignò Mac, mentre Ash concludeva il bacio, facendo
un passo indietro, imbarazzata.
Portai
una mano tra i capelli, scompigliandoli.
«Su, adesso che abbiamo votato per il re e la reginetta
del ballo torniamo a casa» propose Zac,
prendendo la sua borsa con i libri che aveva appoggiato a terra.
Guardai
di nuovo la mia immagine riflessa sullo specchio, stupito.
Non
ero io, quello.
Niente
occhiali, nessuna felpa. Capelli corti e orecchie troppo grandi.
Forse
riuscivo a riconoscermi solo per la grandezza delle orecchie.
Guardai
il vestito elegante che indossavo e mi sistemai la cravatta che Mac mi aveva
costretto a mettere.
‘Sono semplicemente ridicolo’ digitai
velocemente sul cellulare, inviando subito dopo il messaggio a Mac.
Pochi
secondi dopo arrivò la risposta.
‘Sta zitto e preparati. Zac mi ha appena
scritto che la limousine è partita, stanno venendo da me’.
Mi
strofinai gli occhi con le mani: le lenti a contatto mi davano davvero
fastidio.
Appoggiai
la mano sulla maniglia della porta, abbassandola con un sospiro.
Quando
cominciai a scendere le scale, vidi che mamma e papà mi stavano aspettando.
Erano
abbracciati e lei continuava ad asciugarsi le lacrime con un fazzoletto.
«Oh, per favore»
sbottai.
Sembrava
fosse il giorno del mio matrimonio; mamma esagerava sempre.
«Oh, Francis»
sussurrò, soffiandosi il naso.
«Francis, sei proprio mio figlio» esclamò fiero papà.
«La volete smettere?». Mi sentivo a disagio. Avere tutti gli occhi puntati su di me non mi
piaceva.
«Fatti abbracciare».
Mia madre fece un passo verso di me, sollevandosi sulle punte dei piedi. «Sei bellissimo Francis» ripeté, stampandomi un bacio sulla guancia. «Hai anche la barba, sei diventato un ometto». Tornò ad asciugarsi una nuova lacrima e scossi la
testa abbattuto. Mamma era senza speranze.
«Comportati bene, ok? Tieni alto l’onore degli Hudson.
Io e tua madre andremo a cena fuori, faremo tardi, molto tardi, forse dormiremo
fuori. Quindi, hai casa libera» concluse,
aggiungendoci un occhiolino.
«Mi sembra di aver sentito il rumore di una macchina.
Credo che aspetterò fuori. Buona serata»
bofonchiai, avvicinandomi all’ingresso prima che potessero dire qualcos’altro.
«Francis?» chiamò
mamma, costringendomi a indietreggiare di un passo.
«Sì?». Mi voltai
a guardarla, mentre si stringeva tra le braccia di papà.
«Per favore fai una foto con Ashley» mormorò, portandosi le mani sopra al cuore.
«Buona serata»
tornai a dire, chiudendomi la porta di casa alle spalle.
Sbuffai,
cominciando a camminare avanti e indietro, lungo il vialetto di casa.
Qualche
minuto dopo sentii il rumore di una macchina che rallentava.
In
pochi passi raggiunsi lo steccato, aprendo il piccolo cancelletto bianco per
uscire.
Una
limousine nera era posteggiata a pochi passi da me.
«Wow» mormorai esterrefatto,
mentre uno sportello si apriva.
«Francis, muoviti».
Zac mi fece un gesto con la mano perché mi avvicinassi.
«Ciao ragazzi»
esordii, chiudendomi la portiera alle spalle.
La
limousine era grande, enorme. Forse molto più grande di quanto mi fossi mai
immaginato.
Guardai
velocemente Hannah con i capelli raccolti e il suo vestito rosa. John, di
fianco a lei, non riusciva a smettere di sorridere e di stringere la sua mano.
Zac
era elegante, con una camicia e una giacca nera. Non aveva la cravatta.
«Mac?» sussurrai
stupito, sporgendomi in avanti per controllare che fosse davvero lei.
«Ciao Francis».
La voce era la sua, eppure…
«Che-che ti è successo ai capelli? Dove sono le mèche
rosse?». Non era il vederla bellissima e
truccata ad avermi sconvolto, erano i capelli.
Li
aveva tagliati; non arrivavano nemmeno alle spalle. Le sue mèche rosse si erano
trasformate in castano chiaro.
Era
semplicemente bellissima, soprattutto con quel leggero trucco scuro sulle
palpebre, che faceva risaltare il verde dei suoi occhi.
«Hai visto quanto è bella la mia ragazza?» chiese Zac, circondandole le spalle con un braccio e
sfiorandole le labbra con un bacio.
«Smettila, scemo»
bofonchiò Mac, imbarazzata, prima di lasciargli una gomitata sullo stomaco.
Hannah
e John erano stranamente silenziosi.
Seduti
uno di fianco all’altra, non parlavano nonostante John non smettesse di
sorridere.
«Han, stai benissimo» dissi, sperando di spezzare un po’ la tensione.
«Grazie Francis. Anche tu, sei davvero bello» commentò, mentre John si sistemava meglio sul sedile.
Portai
la mano sul viso per sistemare gli occhiali, prima di ricordare che indossavo
le lenti a contatto.
«Che ti avevo detto? Francis, sei un figo da paura. Si
fa quasi fatica a vedere che sei tu»
disse Mac, giocherellando con la mano di Zac.
Abbassai
lo sguardo, pieno di vergogna.
In
quel momento la macchina rallentò, fino a fermarsi.
«Credo che sia casa di Ash». Zac mi appoggiò la mano sulla spalla, per farmi
coraggio.
«I fiori?».
Guardai Mac; si era occupata lei di andare a prendere i fiori per tutti.
«Ecco. Buona fortuna Francis» sussurrò, porgendomi la scatolina trasparente.
C’era
il fiore da legare al polso di Ash e quello da mettere all’occhiello della mia
giacca.
Con
un respiro profondo aprii lo sportello dell’auto, appoggiando lentamente il
piede sull’asfalto.
Mai
come in quel momento le mie gambe sembravano pesare.
«Francis, siamo tutti con te. Prendi tutto il tempo che
vuoi e stai tranquillo, se suo padre ti ammazza il tuo corpo lo reclamiamo noi» ghignò Zac, mentre chiudevo lo sportello dietro di
me.
Un
passo.
Due.
Il
cuore continuava a velocizzare i battiti, rendendo ogni movimento sempre più
difficile.
Salii
i gradini fino a ritrovarmi sotto il piccolo portico.
Calmo,
dovevo stare calmo. In fin dei conti il signor Foster era solo… il padre di
Ash, l’avvocato più famoso della città e l’uomo più temuto da tutti i ragazzi
del liceo.
Quando
allungai la mano per suonare il campanello mi accorsi che stavo tremando.
«Su» bofonchiai
tra me e me, cercando di farmi coraggio.
Pigiai
il bottone bianco, sentendo un urlo di Ash provenire da dentro la casa.
«Non pensarci nemmeno papà, apro io». Riuscii a sentire la voce di Ash nonostante la porta
fosse chiusa.
«Tesoro, dovresti essere al piano di sopra». La voce del signor Foster.
«Tu gli fai paura. Vai di là» ordinò.
Possibile
che non sapessero che riuscivo a sentire quello che si stavano dicendo?
La
porta si aprì e rimasi senza fiato.
Ashley
era semplicemente bellissima.
I
lunghi capelli biondi scivolavano in setosi ricci che ricadevano sulle sue
spalle e sulla schiena.
Il
vestito lungo e blu, senza spalline, contrastava con la sua pelle diafana,
giocando con l’azzurro dei suoi occhi che mai come in quel momento sembrava
poter risplendere.
«Francis?» chiese
sospettosa, avvicinandosi di un passo.
Sembrava…
meravigliata. Non riusciva a smettere di guardare il mio viso, studiando i miei
lineamenti.
«C-c-c-c-c-ciao»
riuscii a dire, qualche secondo dopo.
Se
prima non era sicura che fossi veramente io, con quell’entrata fenomenale le avevo
tolto ogni dubbio.
«Francis, sei…»
bisbigliò, prima di aprirsi in un sorriso.
«Sei bellissima Ashley» dissi, accarezzandole una guancia.
Arrossì
appena, abbassando lo sguardo.
«Questo è per te».
Aprii la scatoletta, prendendo una sua mano tra le mie. Legai il fiore al suo
polso, sfiorandolo appena con le dita.
«Una rosa bianca. È semplicemente perfetta» sussurrò, appuntando il bocciolo bianco al mio
occhiello.
«Ash, tesoro? Mi era sembrato di senti… oh. Ciao…
Francis, giusto?». Il signor Russell si
avvicinò con un sorriso, tendendomi la mano.
Allungai
il braccio per ricambiare la stretta, quando sentii la mano di Ash stringere la
mia sinistra.
Quel
gesto mi diede coraggio.
«Sì, Francis. È un piacere conoscerla». Spalancai gli occhi sorpreso quando capii di non
aver balbettato.
Mi
sorrise, lasciando la stretta della mia mano.
«Tesoro, guarda Ash e il suo cavaliere» disse, attirando l’attenzione della signora Foster,
che si avvicinò sorridendo.
«Ciao Francis, è un piacere rivederti». La signora Foster mi conosceva molto meglio del
marito.
Quando
veniva a casa nostra per parlare con mamma o per trovarsi a bere un caffè, la
salutavo sempre.
«Anche per me» risposi, continuando
a sorridere.
«Ragazzi, siete bellissimi. Dobbiamo fare una foto, su» esclamò entusiasta la mamma di Ash, correndo in
soggiorno a prendere la fotocamera. «Sorridete». Il mio braccio corse a stringere il fianco di Ash,
attirandola a me.
Sentii
il calore della sua mano sul mio petto, poco sotto il cuore.
Senza
nemmeno accorgermene, abbassai lo sguardo, incontrando il suo.
Era
semplicemente bellissima.
Il
trucco chiaro, in tinta con i diamanti del vestito, rendeva i suoi occhi ancora
più belli.
«Oh come sono carini» gioì qualcuno, riportandomi alla realtà.
«Mamma, noi dobbiamo andare. Non possiamo fare tardi». Ashley sembrava avere improvvisamente fretta.
«Certo. Divertitevi». Il sorriso che ci regalò Charline mi tranquillizzò un po’.
«Non fate tardi, non fate cose stupide e… e riportamela
esattamente come te l’ho lasciata, intesi?».
Il signor Foster si avvicinò a me, puntandomi l’indice contro il petto.
«C-c-c-c-c-certo»
balbettai, indietreggiando.
«Papà» strillò
Ash, indignata.
«No, tesoro»
scosse la mano, perché non voleva essere interrotto. «Se non ritorna a casa come te l’ho consegnata, pettinatura
e trucco compresi…» lasciò la frase in
sospeso, sorridendo minaccioso.
«Certo signore»
annuii, cercando di farmi coraggio.
«Papà, smettila».
Ash fece un passo in avanti, frapponendosi tra me e il signor Russell.
«Ash, Francis, andate pure, divertitevi» esordì la signora Foster. Sembrò scusarsi con lo
sguardo per quello che aveva detto il marito.
«Non divertitevi troppo» puntualizzò il padre di Ash, riservandomi uno sguardo serio che mi
spaventò.
«Ci vediamo»
salutò Ash, prendendo la mia mano per farmi uscire da casa sua.
«Buona serata, è… è stato un piacere conoscerla, signor
Foster. E mia madre la saluta, signora».
Sorrisi un’ultima volta prima di chiudere la porta dietro di noi.
«Scusa per mio padre. Gli avevo detto di non dire
niente, ma non riesce proprio a farne a meno» bofonchiò Ash, fermandosi davanti al portico.
«Non fa niente»
sminuii il tutto con un gesto della mano, vantandomi di una tranquillità che
non avevo.
«Francis» ghignò,
attirandomi verso di lei e baciandomi.
Dopo
la sorpresa iniziale di quel gesto così inaspettato, reagii, attirando il corpo
di Ash verso il mio e beandomi della sensazione dei suoi capelli tra le mie
dita.
Non
ricordavo nemmeno il mio nome, in quel momento. Anche respirare sembrava non
essere obbligatorio.
Quando
le dita di Ash corsero tra i miei capelli, tirandone qualche ciocca, non
riuscii a trattenere un mugolio di apprezzamento.
«F-Francis, aspetta» soffiò sulle mie labbra, interrompendo il bacio.
«Cosa?» chiesi
sorpreso, cercando di capire dove fossimo.
Alberi,
una casa con il portico, dei gradini.
Casa
di Ash.
«Mio padre potrebbe vederci. Cerchiamo di non
esagerare, visto che la fortuna sembra essere dalla nostra parte, stasera» sorrise, avvicinandosi alla macchina. «Su, andiamo» mi
incitò, aprendo la portiera.
Non
riuscii a trattenermi ed entrai nell’auto con un sorriso.
Il
ghigno di Zac non lasciava spazio a fraintendimenti: aveva visto il nostro
bacio.
Mi
diede una pacca sulla spalla, facendo l’occhiolino.
«Allora, che ne pensi del nuovo look di Francis?» chiese Mac ad Ash, mentre Hannah si spostava sul
sedile per lasciarle più spazio.
«Che è più bello del solito» mormorò Ashley, stringendo la mia mano tra le sue.
Abbassai
lo sguardo, imbarazzato.
«Ragazzi, basta complimenti. Dobbiamo… festeggiare, ok?» chiese Zac, mentre distribuiva dei calici di vetro. «Perché è il nostro Senior Prom, e il prossimo anno
saremo solo delle stupide matricole».
Aprì il piccolo frigo bar, prendendo una bottiglia di spumante.
«Spero che quella cosa non sia alcolica» sbottò Han, guadagnandosi un’occhiataccia da John.
«Su, per una volta nella nostra vita ci è concesso di
divertirci. Io direi freghiamocene di football, stupide cheerleader senza
cervello –tranne la nostra Ash- e festeggiamo». Stappò lo spumante tra le urla divertite di Ash e Mac.
Era
difficile non ridere.
L’allegria
di quel momento, la sicurezza di avere di fianco a me le persone più importanti rendeva tutto
speciale.
Mi
sporsi per dare un bacio sulla guancia ad Ash, che cominciò a ridere,
portandosi il calice alle labbra per bere.
«Non dobbiamo ubriacarci, ricordatelo. C’è il ballo e
poi la cena».
Probabilmente
riuscii a sentire l’affermazione di John solo io. Gli altri erano troppo
impegnati a ridere e cantare sopra alla musica diffusa dalle casse.
La
macchina si arrestò all’improvviso, facendo vacillare il nostro buonumore.
«Che succede?»
chiesero Mac e Ash nello stesso momento.
«Siamo arrivati».
L’autista abbassò il vetro oscurato per parlarci.
«Di già?». Ash
sembrava quasi… delusa.
Appoggiammo
i calici sul tavolino e scendemmo dall’auto senza riuscire a smettere di
ridere.
«Guardate, c’è il nuovo re della scuola» ghignò qualcuno alle nostre spalle, mentre prendevo
la mano di Ash per aiutarla a scendere dalla macchina. «Oh, c’è anche la sua dama, naturalmente». Riconobbi la voce di Alex, ma imitai il gesto di Ash
e lo ignorai. «Vi stracceremo. E,
Francis, ti farò toccare la corona, così almeno vedrai cosa ti sei perso».
Portai
un braccio attorno alla vita di Ash, dandole un bacio sulla guancia.
«Quanto è stupido. Mi piacerebbe davvero che non fosse
lui il re» sussurrò, cercando di
sorridermi.
«Ti ho già detto che sei bellissima, stasera?» chiesi, sfiorandole la fronte per sistemarle un
ciuffo di capelli che le era sceso sugli occhi.
Sorrise,
accarezzando velocemente le mie labbra con le sue.
«C’è la foto»
strillò Mac entusiasta, tirando la mia giacca perché le prestassi attenzione.
Alzai
gli occhi esasperato, facendo ridere Ash.
«Dai, non essere arrabbiato con lei» sussurrò al mio orecchio, prima darmi un bacio sulla
guancia.
Di
nuovo, un brivido mi attraversò.
La
situazione con Ash stava diventando sempre più ingestibile, il mio corpo si
stava svegliando ed era difficile resistere.
Dopo
le foto di rito, cominciammo a ballare.
Ash
continuava a ridere, mentre io e Zac cercavamo di muoverci a ritmo di musica.
Quando
il DJ annunciò il lento, mi avvicinai ad Ash, offrendole la mia mano.
«Credo tu abbia capito che non so ballare, ma mi
piacerebbe offrirti questo ballo»
mormorai, attirandola a me.
Sospirò,
socchiudendo gli occhi.
«Va tutto bene?»
chiesi, preoccupato.
I
miei piedi cercavano di muoversi a tempo, senza pestare quelli di Ash.
«È tutto perfetto, dico davvero» sussurrò, appoggiando il suo capo sulla mia spalla.
«Sei davvero bellissima stasera» ripetei, stringendola di più a me.
«Bellissimo non è l’aggettivo che questa sera userei
per te» mugugnò, continuando a rimanere
appoggiata a me.
«Lo so che faccio schifo, è colpa di Mac…» cercai di scusarmi, prima che Zac e Mac si
avvicinassero per uno scambio di coppia durante la canzone.
«Che hai fatto ai tuoi capelli. Mac?» chiesi, appoggiando una mano sulla sua spalla nuda.
«Li ho tagliati. Mi ero stancata di averli lunghi e
rossi. Così ho lasciato che facesse tutto Carlos». Fece spallucce, guardando felice Zac e Ash che stavano cercando di
ballare di fianco a noi. Era un’impresa titanica per loro riuscirci, visto che
continuavano a ridere.
«Stai bene. Anche con il trucco», indicai i suoi occhi facendola ridere, «e il vestito. Sei bella stasera». Un sorriso, davvero sincero, si posò sulle mie
labbra.
«Anche tu, Francis. Sono fiera del mio lavoro». Mi fece una linguaccia nel momento in cui il DJ
fermò la musica annunciando il professor Moriarty che saliva sul palco.
«Oddio, è già l’ora di annunciare il re e la reginetta» sussurrò Mac al mio fianco, mentre Ash e Zac si
avvicinavano a noi.
«Buonasera ragazzi, allora, adesso tutti quelli
candidati a re e regina si mettano qui davanti» il professore indicò lo spazio libero che c’era davanti al palco, per
poi continuare «quando chiamerò il vostro
nome dovrete venire su qui per ritirare la corona. Prima eleggerò il re e poi
la regina. Una volta ricevuta la corona, i due vincitori apriranno le danze» spiegò, mentre la stretta di mano di Ash si
intensificava sempre di più.
Mi
sentivo completamente ridicolo lì davanti, in mezzo a giocatori di football e
cheerleader.
Quello
era il posto di Ashley, non il mio.
Io
dovevo stare accanto a Zac, Mac e John aspettando di sentire il nome di Ash per
poterla applaudire.
«Il nome del re di quest’anno è…» il professore si fermò, per creare un po’ di suspense.
Alex,
con una risata cominciò a salire le scale per andare a ritirare la sua corona.
C’era
un brusio di sottofondo, probabilmente tutti gli studenti stavano scommettendo
sul probabile vincitore.
Sapevo
già chi si meritava di vincere.
Cody,
uno dei ragazzi che suonava nella banda e giocava a pallanuoto. Avevo votato
per lui in biblioteca e avrei scommesso sulla sua vincita.
Era
simpatico, intelligente e sembrava avere un discreto successo con le ragazze.
Speravo
davvero che fosse lui a salire sul palco per battere Alex.
«…Francis Hudson».
Tutti i mormorii si arrestarono all’improvviso, mentre le mie orecchie
iniziarono a fischiare.
«Oh cazzo»
sbottai. Come poche volte mi era successo, mi ritrovai a dire qualcosa di
volgare.
Improvvisamente
percepii centinaia di occhi puntarsi su di me, come se fossi stato illuminato
da un faro.
Non
c’erano fari, giusto?
«Francis, devi salire sul palco» mormorò qualcuno di fianco a me.
Quando
guardai nella direzione della voce, vidi Ash.
«Vai, Francis»
ridacchiò, spingendomi verso il palco.
Le
mie gambe stavano camminando da sole, non mi rendevo nemmeno conto di cosa
stessi facendo.
«Scusami»
borbottai, spostando Alex che era ancora fermo a metà scala.
Il
professore mi aspettava con uno strano sorriso, e quando gli fui abbastanza
vicino, allungò la mano, stringendo la mia per congratularsi con me.
«Ci deve essere uno sbaglio. Non può aver vinto lui» strillò Alex, avvicinandosi al professor Moriarty che
mi stava tendendo la corona.
«Signor Kingston, Hudson ha esattamente un voto in più
di lei, è quindi il vincitore». Perché il
professor Moriarty sembrava… felice?
«Voglio ricontrollare i conteggi. Non può aver vinto»
ribatté Alex, e alcuni studenti cominciarono a
fischiare.
«Le posso garantire che i conteggi sono stati
controllati quattro volte. Si rassegni, signor Kingston». La professoressa Chrystol mi appoggiò la corona sulla
testa, mentre Alex scendeva dalle scale tirando un pugno contro una cassa.
«Lo sapevo che dovevo minacciare gli sfigati per avere
i loro voti» urlò, facendo ridere quasi
mezza palestra.
Non
riuscii a trattenermi e, nonostante ciò che stava succedendo assomigliasse più
a uno strano incubo che alla realtà, cominciai a ridere.
«E ora passiamo alla reginetta». Il professore prese la busta tra le mani.
Subito
cercai di guardare verso Ash, nonostante le luci non mi permettessero di
vederla chiaramente.
Sembrava
tranquilla, stava sorridendo.
«Ashley Foster»
strillò, mentre cominciavo ad applaudire.
Probabilmente
mi si stava slogando la mascella per il sorriso, ma ero troppo felice per lei.
Era
diventata reginetta del Senior Prom.
Il
suo sogno si era avverato.
Salì
sopra al palco sollevandosi il vestito come una principessa e, quando il suo
sguardo incontrò il mio, ammiccai felice.
Il
professore le fece indossare la coroncina e le diede il mazzo di fiori.
«Grazie davvero a tutti. Però, lasciate che ringrazi
una persona in particolare, quella che ha creduto in me e in qualche modo ha
fatto sì che questa sera fossi qui». Lo
sguardo di Ash si spostò su di me e, per la seconda volta in quella serata
sentii gli occhi di tutta la palestra puntarsi su di me. «e, un’ultima cosa… se mi avete votata perché vi facevo
pietà… grazie lo stesso». Fece una
linguaccia, avvicinandosi a me e baciandomi.
Qualcuno
applaudì, forse al discorso di ringraziamento di Ash o forse per il nostro
bacio.
«Bene, ragazzi. Ora potete aprire le danze» borbottò il professor Moriarty, probabilmente per
incentivarci a smettere di baciarci.
«Ash» soffiai
sulle sue labbra, stringendo appena il suo fianco, «Ash, siamo sopra al palco, ci stanno guardando tutti» mormorai, sentendo una sua risatina.
«Scusa. È che… sono felice». Fece spallucce, prendendo la mia mano e scendendo
dal palco.
Appoggiò
i fiori sopra a una sedia e, sollevando appena la gonna del vestito per non calpestarla,
si avvicinò a me.
«Non pestarmi i piedi, Francis. Ci stanno guardando
tutti» sogghignò, mentre le prendevo la
mano e circondavo la sua vita con il braccio per ballare il lento.
Lento
che durò troppo poco, soprattutto perché Zac, Mac, John e Hannah si
avvicinarono a noi appena la canzone si concluse.
Non
riuscivo più a capire quello che Mac stava dicendo; sembrava parlare con gli
ultrasuoni.
Continuammo
a ballare con il sorriso sulle labbra fino a quando Zac non si accorse che
avremmo fatto tardi per la cena.
Corremmo
verso la nostra Limousine, ancora parcheggiata vicino alla nostra quercia, e in
pochi minuti arrivammo davanti al La Bohème.
«Wow»
sussurrarono Ash, Mac e Han una volta scese dall’auto.
«Ti piace?»
chiesi ad Ash, facendo aderire il mio petto alla sua schiena.
«Se mi piace? È bellissimo». Sfiorò le mie labbra con un bacio prima di prendermi
per mano e condurmi dentro al ristorante.
La
miglior cena della mia vita.
Ash
al mio fianco.
I
suoi baci.
Il
sorriso di Mac e Zac. Le loro battutine per punzecchiarsi.
Lo
strano silenzio di John e Hannah.
Anche
nell’imperfezione di piccole cose, tutto era sembrato perfetto.
«Chi accompagniamo a casa per primo?» chiese Ash, abbracciandomi mentre uscivamo dal
ristorante.
«Io e John, tanto Mac si ferma da me e… tu Han?» chiese Zac, facendo il solletico sui fianchi di Mac.
«Sì, mi fermo da John anche io». Sorrise timidamente quando John la guardò felice.
«Francis, potresti accompagnarmi a casa tu, se mi fermo
a casa tua?» mormorò Ash, probabilmente
non abbastanza piano per non essere sentita.
Zac
infatti cominciò a ridacchiare, dandomi delle leggere gomitate sullo stomaco.
«Certo» esclamai,
cercando di non far trasparire quanto quella frase mi avesse agitato.
Quando
Mac, Zac, John e Han scesero dall’auto, calò un improvviso silenzio.
«Tutto bene?»
chiese Ash, dandomi un bacio sul collo che mi fece rabbrividire.
«S-s-sì» balbettai,
cercando di sorriderle.
Quando
l’autista si fermò davanti a casa mia, rischiai di cadere mentre scendevo
dall’auto.
«Grazie e arrivederci» salutai, cercando di sembrare gentile.
«Buona serata» sghignazzò.
Una risatina che mi fece preoccupare.
Sembrava
che pensasse qualcosa di… sbagliato?
Aprii
la porta di casa accendendo la luce.
«I tuoi non sono a casa?» chiese Ash, sorpresa.
«No» sbuffai,
ricordando lo strano discorso che mi aveva fatto papà.
Evitai
però di dirlo ad Ash.
«Oh» bofonchiò,
mordendosi un labbro.
«Va tutto bene?».
Mi tolsi la giacca, allentando il nodo della cravatta.
Ash
aveva uno sguardo… strano. Non la smetteva di fissarmi.
«Posso andare un attimo in bagno?». Indicò la scala, appoggiando la borsa sul divano.
«Certo». Sorrisi,
distendendomi sul divano e socchiudendo gli occhi al rumore dei tacchi di Ash
sui gradini.
Una
parte di me, quella capitanata dalle cellule di Leydig, continuava a
scalpitare, al pensiero di poter concludere qualcosa con Ash.
L’altra,
razionale e capitanata dal cervello, mi intimava di rimanere tranquillo e non
perdere la calma, perché avrei riportato Ash a casa in cinque minuti.
Qualcosa
di caldo sfiorò le mie labbra, costringendomi ad aprire gli occhi per la
sorpresa.
Azzurro.
Ecco la prima cosa che ero riuscito a vedere.
I
suoi occhi sorridenti.
«Mi fai un po’ di spazio?» sussurrò, accarezzandomi una guancia.
Cercai
di appiattirmi il più possibile allo schienale del divano, pronto a sentire la
sua schiena contro il mio petto.
Ash
riuscì a stupirmi, sfiorando il mio naso con il suo.
I
nostri visi vicini, il calore del suo fiato che si infrangeva sulle mie labbra.
«Non sono riuscita a dirtelo prima, ma questa sera non
sei solo bellissimo» mormorò, giocando
con una mia ciocca di capelli.
Cercai
di dire qualcosa, ma il suo indice si appoggiò sulle mie labbra, intimandomi di
rimanere in silenzio.
«Vederti là, sopra al palco, con la corona, mentre Alex
è scappato dopo la figuraccia che ha fatto, ballare con te…» continuò, guardandomi sempre negli occhi, «è, è stata una sensazione che non posso spiegare. Non
so mai come ringraziarti, perché senza di te non sarei nemmeno diventata
reginetta. Non che mi interessi». Fece
spallucce, nonostante la posizione scomoda.
Non
riuscii a trattenere un sorriso, allungando il collo per posare le mie labbra
sulle sue.
Un
bacio strano, con il suo dito ancora a dividere le bocche.
Riuscii
a sentire una sua risatina divertita, prima che mi prendesse il viso tra le
mani, per darmi un bacio.
«E devo ringraziare Mac, perché amo il tuo nuovo look.
Sei molto più bello di quanto non lo fossi prima» soffiò sul mio viso, lasciandomi poi un piccolo morso sul mento.
Tornai
a unire le nostre bocche, portando una mano sulla sua nuca e avvicinandola a
me.
Non
volevo che cadesse dal divano, così mi misi a sedere, sperando che riuscisse a
stare più comoda.
Ash
mi sorprese; si sollevò il vestito per essere più libera, prima di mettersi
seduta sulle mie gambe.
Spalancai
gli occhi stupefatto, ma li richiusi subito, trasportato dal bacio che ci
stavamo scambiando.
Le
braccia di Ash circondarono il mio collo e le sue dita corsero tra i miei
capelli, tirandone qualche ciocca.
Attirai
il suo corpo vicino al mio, accarezzando la sua schiena.
C’era
un continuo rumore di fondo, come se qualcuno bussasse a una porta.
Poi,
mentre abbandonavo le sue labbra per riprendere fiato, capii: era il mio cuore
che batteva.
Cercai
di respirare a fondo per calmarmi, anche se sembrava impossibile. Il mio corpo
si era risvegliato, attirato dal calore di quello di Ash.
Quando
le labbra di Ash scesero verso il mio collo, lasciandomi un bacio languido, un
gemito sfuggì alle mie labbra.
«Ash» mormorai,
passandomi una mano sul viso per poter tornare un po’ più lucido.
«Sì?» ghignò,
mordendomi lungo la linea della mascella.
«Ecco, vedi… io…»
borbottai, cominciando a gesticolare.
Era
troppo imbarazzante dirle che stavo cominciando a eccitarmi un po’ troppo?
A
quel pensiero arrossii, senza comunque dirle niente.
«Cosa devo vedere?»
ridacchiò, stringendo di più le braccia attorno al mio collo e avvicinandosi
pericolosamente alla mia eccitazione.
Sarei
morto di vergogna se si fosse accorta di quello che aveva causato.
«Forse è meglio se ti riporto a casa». Feci un respiro profondo, appoggiando le mie mani
sui fianchi di Ash per farla alzare.
«Che succede?»
domandò confusa, appoggiando le sue mani sulle mie spalle.
Non
voleva alzarsi.
«Ecco…»
cominciai, cercando di sfuggire ai suoi occhi, «Dio come è imbarazzante»
bofonchiai.
Probabilmente
mi sentì, perché non riuscì a trattenere un sorriso.
«È imbarazzante o non vuoi?» mi chiese, sorprendendomi.
«Io… no, certo che sì, ma…» non mi lasciò terminare la frase, zittendomi con un
bacio.
Di
nuovo le sue mani tra i miei capelli, le sue labbra a baciarmi e le nostre
lingue a danzare assieme.
Le
mie mani, ancora appoggiate ai suoi fianchi, si strinsero, affondando nella
stoffa del vestito.
Ashley
scivolò sulle mie gambe, scontrandosi con la mia eccitazione.
Mugolò
sorpresa, smettendo di baciarmi.
«Andiamo in camera tua?» propose, mettendosi in piedi e prendendomi per mano.
Mi
alzai dal divano, seguendola senza dire una parola.
La
situazione, nuova per me, cominciava ad agitarmi, rendendomi timido.
Aspettò
che entrassi e chiuse la porta mentre mi sedevo sul letto, imbarazzato.
«Ash, io… ecco, io… è… la prima… insomma…» cominciai a dire, mentre si sedeva sul letto.
«Shh» soffiò
sulle mie labbra, portando le sue dita sul nodo della mia cravatta, «è facile, lasciati andare».
Cercai
di deglutire, evitando di pensare al calore che sentivo sul collo, proprio
sotto le mani di Ash che stavano togliendo la mia cravatta.
Non
sapevo che fare, continuavo a rimanere fermo, guardando Ash che, sorridente, mi
sfilava la cravatta.
Si
inginocchiò sul letto, sollevando il vestito per non romperlo.
«Francis» mormorò
divertita, appoggiando le sue mani sul mio petto e baciandomi.
Risposi
al bacio, attirandola verso di me per poter approfondire il contatto tra le
nostre labbra.
Sentii
il corpo di Ash scivolare sopra al mio per sedersi di nuovo sulle mie gambe.
Le
mani di Ashley ritornarono ad accarezzarmi il petto da sopra la camicia, per
sfilare il primo bottone dall’asola.
Mi
irrigidii, non sapendo che fare.
Una
parte del mio cervello continuava a ricordarmi che sicuramente avrei fatto una
brutta figura, vista la sua esperienza.
«Non pensare a niente, rilassati» soffiò sul mio orecchio Ash, prima di lasciare una
scia di languidi baci sul mio collo.
Quando
percepii le mani di Ash sfiorarmi il petto per scendere a sfilare anche il
secondo bottone dall’asola, sospirai, stringendo di più i suoi fianchi.
Lasciai
che mi sfilasse la camicia, godendo del contatto delle sue calde e morbide
labbra sul mio petto.
Istintivamente,
tentato dalla morbidezza della sua pelle, le diedi un bacio sul suo collo,
scendendo fino alla spalla.
Una
mano di Ash si strinse tra i miei capelli, avvicinandomi di più a lei.
Sapere
di aver fatto qualcosa di piacevole per lei mi diede coraggio, tanto che feci
scorrere le mie mani sulla sua schiena fino ad arrivare al suo sedere, per avvicinarla
a me.
«Francis» ansimò,
costringendomi a smettere di baciarle la spalla, «togli questo coso».
Indicò il suo vestito, facendomi sogghignare.
Portai
le mani sulla zip dietro la sua schiena, abbassandola lentamente e continuando
a sfiorarle la pelle morbida con la punta di dita.
Sentii
il suo corpo inarcarsi sotto il mio tocco, mentre un suo mugolio soddisfatto
moriva catturato dalle mie labbra.
Si
alzò in piedi, facendo scivolare il vestito dal suo corpo e rimanendo davanti a
me in intimo.
Trattenni
il respiro, non smettendo di guardarla.
I
lunghi capelli che sfioravano le spalle e scendevano nascondendo il suo seno
coperto dal reggiseno, la curva dei suoi fianchi accarezzata da un paio di slip
e le sue lunghe gambe.
Era
perfetta.
Era
bellissima.
Tornò
a sedersi sulle mie gambe, con uno strano sorriso.
Le
sue mani cominciarono ad accarezzarmi il petto, scendendo verso i miei
addominali.
«Ash, ti amo»
confessai, prima ancora di rendermene conto.
Il
suo sorriso crebbe a dismisura. «Quanto… sei… dolce» articolò, tra un bacio e l’altro, costringendomi a distendermi sul
letto.
Nessun
“ti amo”. Nessun “anche io”.
Avevo
appena fatto una figuraccia.
Eppure
non si era fermata, le sue mani continuarono a scendere, fermandosi sulla
cintura dei miei pantaloni.
Con
un gesto veloce, Ash slacciò il bottone, abbassando la zip.
I
suoi denti smisero di torturare le mie labbra quando si allontanò per sfilarmi
i pantaloni.
Osservò
il mio corpo, sorridendo appena.
Prima
che me ne accorgessi, le sue mani armeggiarono con qualcosa dietro la sua
schiena. Si tolse il reggiseno per poi distendersi sopra di me.
Non
riuscii a trattenere un gemito alla sensazione del suo seno contro il mio
petto.
«Lasciati andare, Francis» sussurrò al mio orecchio, strusciandosi contro di me.
Con
un colpo di reni invertii la situazione, portandomi sopra di lei. Il gridolino
sorpreso che Ash non riuscì a trattenere mi fece sorridere.
Cosa
dovevo fare?
Chiusi
gli occhi, respirando lentamente.
Le
mani di Ash guidarono le mie sulla sua pancia, salendo. Quando la mia mano si
chiuse, affondando nella morbida carne del suo seno, Ash si inarcò sotto di me,
graffiandomi la schiena.
Con
una mano spinse le mie labbra verso il suo collo e giù, lì, dove la mia mano
era ancora stretta.
Baciai
un suo seno, sentendo una scarica di brividi attraversare il corpo di Ash.
Le
mie dita scesero a solleticarle i fianchi, per poi sfiorarle una coscia.
«Toglili» ansimò,
quando sfiorai i suoi slip.
«Co-cosa?» chiesi
sorpreso, alzando il viso dal suo seno per guardarla.
Sorrise,
portando le mie mani sui suoi slip. «Toglili».
Con
lentezza, le mie dita artigliarono quel pezzo di stoffa, facendolo scorrere lungo
le sue gambe, fino a toglierlo completamente.
Ashley
era… bellissima.
Certo,
anche nuda, ma era semplicemente bellissima.
«Sei bellissima»
sussurrai, rimanendo seduto di fianco a lei per guardarla.
Non
sembrava essere a suo agio, però.
Si
inginocchiò davanti a me, facendo scorrere le sue mani sulla mia schiena, fino
ad arrivare ai boxer.
Li
abbassò, costringendomi a distendermi per toglierli.
Ash
si distese al mio fianco, sfiorando il mio naso con il suo; quel gesto mi
ricordò il sapore delle sue labbra sulle mie, facendomi desiderare di sentirlo
ancora.
Mi
avvicinai a lei, baciandola. Senza nemmeno rendermene conto, il mio corpo
scivolò sopra al suo, causandomi un gemito quando la mia eccitazione sfiorò la
sua pancia.
Le
mani di Ash che mi guidavano, il rumore dei nostri baci, il battito del mio
cuore che sembrava velocizzarsi un ogni istante, i nostri respiri sempre più
spezzati.
Sembrava
tutto naturale per me, mentre continuavo ad accarezzare il fianco di Ash.
Le
sue mani si posarono sul mio sedere, spingendomi verso di lei.
«Ash» gemetti,
trovando il suo corpo caldo sotto di me.
Circondò
il mio collo con le sue braccia, attirandomi verso di lei.
«Ti amo» mormorò
a fatica nel mio orecchio, facendomi rabbrividire.
Mi
amava.
Lei
amava me.
Sorrisi,
spostando una sua gamba per farmi spazio.
Il
mio corpo contro al suo, il suo corpo attorno al mio.
Le
sue braccia strette sul mio collo e il rumore dei suoi sospiri.
Rimasi
per qualche secondo immobile, cercando di abituarmi a quella strana sensazione.
Ash
mi sorrise, accarezzandomi il viso con le mani.
I
suoi occhi, di solito di un azzurro intenso, sembravano aver cambiato colore.
Non potevo esserne certo però, visto che continuava a socchiudere le palpebre a
ogni mio più piccolo movimento.
Il
movimento dei suoi fianchi, l’ondeggiare dei suoi seni sotto le mie spinte, le
sue labbra contro le mie ogni volta che mi avvicinavo a lei.
Lasciai
le mie mani libere di scorrere sul suo corpo, attento a cosa le facesse
piacere.
Un
gemito più forte degli altri, il suo corpo che si inarcava sotto al mio e le
sue mani che cercavano di aggrapparsi alle mie spalle per non cadere.
«Sono qui»
gemetti, quando i suoi denti morsero la mia spalla.
«Lasciati andare»
sussurrò, lasciandomi piccoli baci sulla spalla per arrivare al mio collo.
Lasciai
il mio corpo libero di muoversi, prima che un piacere indescrivibile esplodesse
dentro di me.
Mi
accasciai sul corpo di Ash senza forze, dandole un bacio sul collo.
Sentii
un risolino da parte di Ash, mentre mi abbracciava.
«Quanto sei bello»
mormorò, accarezzandomi la nuca con due dita.
«Bugiarda»
ribattei.
Non
ero di certo io quello bello tra i due.
Forse
non si rendeva conto della sua bellezza.
I
suoi boccoli sparsi sul mio cuscino, le sue guance rosse e gli occhi lucidi.
Uno
spettacolo migliore non si era mai visto, mai.
Sbuffò
divertita mentre mi distendevo di fianco a lei, stringendo la sua mano con la
mia.
Appoggiò
il capo sul mio petto, mentre ci copriva con il lenzuolo.
Avrei
dovuto pensarci io.
«Io… mi… dispiace se non sono… bravo in queste cose». Cominciai a gesticolare, imbarazzato.
«Sai qual è la verità,
Francis?» chiese, alzando lo sguardo per guardarmi. Scossi la
testa, aspettando una sua risposta. «La
verità è che sei un secchione in tutto»
ghignò, mentre cercavo di
capire cosa avesse voluto dire con quella battuta.
Eeeeeeeeeeeeeeehhhh! Su su! Facciamo una ola!
Dopo 22 capitoli ce l’abbiamo
fatta, eh? :P
Vi avverto, mi aspetto un bel po’ di recensioni per commentare
Francis che diventa un ometto, eh! *w*
Comuuunque, ho qui sottomano le foto dei vestiti dei ragazzi,
diciamo che mi sono ispirata a foto che ho visto veramente (cioè, per le
pettinature e i trucchi delle ragazze, per i vestiti, sia lodato polyvore!).
Per i ragazzi invece… li ho immaginati esattamente così,
specialmente Francis, con il suo cambio di look!
Partiamo con Hannah (trucco e parrucco della foto e vestito
rosa).
John che più nerd non si può!
Zac, che qui è proprio come ho immaginato Zac, con quei
capelli ribelli e quegli occhiali
Mac, con il nuovo taglio di capelli e questo vestito corto
Ashley, con i capelli mezzi raccolti e il bellissimo vestito
da principessa
E per finire… Francis, con il suo vestito grigio ratto (come
dice lui) e la barba e i capelli tagliati!
Se siete vive, ci sentiamo la prossima settimana per l’ultimo
capitolo prima dell’epilogo!
Un bacione!
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Capitolo 23 *** Graduation- Francis' little revenge ***
rotn
«Secondo
principio di conservazione?» chiesi, non riuscendo a trattenere un sorriso alla
smorfia buffa che fece.
Era stanca, lo
sapevo.
Avevamo studiato
per tutto il pomeriggio.
«In ogni istante l'accelerazione di un corpo è
determinata dalla forza non equilibrata che agisce su di esso: l'accelerazione
ha la stessa direzione e lo stesso verso della forza, il suo modulo è
proporzionale alla forza e inversamente proporzionale alla massa del corpo. Cioè,
il cambiamento di moto è proporzionale alla forza impressa, e avviene lungo la
linea retta secondo la quale la forza è stata impressa» concluse, soddisfatta.
Incrociò le braccia sotto al seno, tenendo quel sorriso.
«Non c'è che dire, l'hai
imparato» ammisi, sorpreso e
soddisfatto.
Lo studio aveva dato i suoi frutti.
«E non merito nemmeno una
piccola ricompensa per questo?».
Si avvicinò a me, sporgendo il labbro inferiore come un bambino per cercare di
intenerirmi.
«Ash» sospirai, passandomi una mano tra
i capelli, «domani abbiamo
l’esame finale di fisica. Ti serve una B+ se vuoi che ti accettino alla
Stanford-Brown» spiegai,
mentre si imbronciava, appoggiandosi allo schienale della sedia. «E poi, ti ho dato un bacio ogni
volta che l’hai detto, basta adesso, no?».
Non che mi dispiacesse baciarla, ma stavamo studiando.
Era già un grande motivo di distrazione averla al mio
fianco, se poi continuava a reclamare baci ogni cinque minuti… diventava
impossibile memorizzare qualcosa.
«Sì, ma le
altre volte ho sbirciato, questa volta l’ho proprio imparato» sogghignò, mentre scuotevo la
testa, senza speranza.
Ash otteneva sempre quello che voleva, in un modo o
nell’altro. L’avevo imparato in quel mese.
«Ultima
volta» concessi, appoggiando
i gomiti sul tavolo.
«Lo sapevo» mormorò, sorridendo.
Lasciai che le nostre labbra si incontrassero, giocando
assieme. All’improvviso però, il rumore della chiave che girava nella toppa mi
spaventò, costringendomi ad abbandonare quelle labbra.
«Oh,
guarda chi c’è qui, Eric. La tua sorellina e il mio fratellino».
Chris.
Peggio, Chris ed Eric, assieme.
«Ash, mi
stupisci, stai studiando?»
ghignò Chris, guadagnandosi una mia occhiataccia.
«Non
offenderla» si intromise
Eric, spintonando mio fratello.
«Scusa,
scusa». Chris si avvicinò al
grande frigo bianco, prendendo una bottiglia di acqua per lui e una per Eric.
Sembrava fosse a casa sua e non a casa di Ash.
«Allora,
Francis, che mi racconti di bello?».
Eric si sedette di fianco ad Ash, circondandole le spalle con un braccio.
«Stiamo
studiando fisica perché domani c’è l’ultimo esame» mormorai, indicando i libri che c’erano sopra al tavolo.
«Fisica…
mi ricordo qualcosa, sì»
sogghignò Eric, scompigliando i capelli ad Ash. «E quali esami ti mancano Shy?» continuò, allungando le gambe sotto al tavolo.
«Fisica e
biologia» ribatté Ash, giocherellando
con la matita che teneva tra le mani.
«Biologia,
eh? Quando studierete per la parte di anatomia?». Tipica battuta di mio fratello.
«Chris» gridai, imbarazzato.
Perché doveva sempre parlare riferendosi al sesso?
Possibile che non riuscisse a pensare ad altro per cinque
minuti?
Delle volte mi chiedevo come Hayley potesse sopportarlo da
quasi due anni.
O forse riusciva a sopportarlo perché si vedevano solo per… soddisfare
i loro bisogni fisici.
Non l’avevo ancora capito, ma non mi interessava di certo
informarmi.
«Che c’è?
Francis, sappiamo come funziona. Anzi, forse io ed Eric siamo molto più esperti
di te, possiamo darti qualche consiglio, che ne dici, Er?» ammiccò verso il fratello di Ash,
che rimase per qualche secondo zitto.
«No, che
stai dicendo, Chris? Non darò consigli a tuo fratello per far bella figura con
lei. È mia sorella, andiamo»
si lamentò Eric, facendomi sospirare sollevato.
Sembrava che almeno uno dei due avesse un po’ di buon senso.
«Potete
smetterla?» borbottò Ash,
cercando di zittirli.
«Perché?
Ti vergogni, piccola Ash?».
Chris si avvicinò a lei, pizzicandole le guance.
«Chris,
smettila, dico davvero». Il
tono di Ash era duro.
Lo stesso tono che usava quando si arrabbiava.
Il tono da capo cheerleader.
«Si sta
arrabbiando, che bello»
ghignò Chris, forse non sapendo quanto potesse essere pericolosa Ash da
arrabbiata.
«Chris, ti
conviene davvero smetterla»
gli consigliai, appoggiando gli occhiali sul libro per massaggiarmi le tempie.
Avevamo studiato davvero troppo.
«Oddio,
Eric! Si difendono a vicenda, non sono dolci?» ci schernì Chris, portando una mano sul petto.
«Chris,
dico davvero, sei il migliore amico di mio fratello e il fratello di Francis,
ma oggi sono stanca, ho studiato tutto il giorno e sono agitata per domani,
visto che ci sarà l’esame che potrebbe non farmi ammettere alla Stanford-Brown.
Quindi, prima che cominci a sbranarti, smettila di fare battute di pessimo
gusto».
Tre paia di occhi continuavano a guardarla allibiti.
Ash era davvero arrabbiata.
«Fossi in
te la ascolterei. Quando aveva cinque anni si è arrabbiata perché l’ho
stuzzicata e guarda cosa mi ha fatto».
Eric si sollevò la manica della maglia, indicando una piccola cicatrice sul
polso. «I suoi denti sono
affilati come quelli di un vampiro. Non istigarla» ghignò, provocando una risata che non riuscii a trattenere.
«D’accordo,
come volete». Chris alzò le
mani, arrendendosi.
«Francis,
andiamo a studiare in camera mia, qui non c’è più silenzio» borbottò Ash, cominciando a
raccogliere i libri.
La aiutai, prendendo i miei e senza salutare lasciammo la
cucina.
«Francis,
Ash» chiamò Eric, quando
stavo per chiudere la porta. Aspettò che anche Ash si avvicinasse a me, per poi
continuare «fino a che siamo
sotto lo stesso tetto tenetevi i vestiti addosso, per favore. Non voglio
sentire strani rumori. E quando non siamo sotto allo stesso tetto… state
attenti. Sono ancora troppo giovane per diventare zio» concluse, prima di sospirare stancamente.
«Sei uno
stupido» sbottò Ash,
chiudendo la porta.
Non riuscii a trattenere una risata divertita, che sembrò
irritare Ash ancora di più.
«Ti
diverti? Vuoi andare in cucina con loro a fare battute su di noi? No,
altrimenti vai pure, non ti preoccupare»
sibilò, lanciandomi un’occhiataccia.
«Ash, che
c’è?» chiesi, una volta
arrivati in camera.
Non sapevo perché ma quella stanza aveva il potere di
rilassarmi.
Le pareti in legno, tutte le foto sparse di qua e di là, la
coperta colorata che sembrava donare ancora più luce alla stanza…
«C’è che
domani abbiamo un esame, e io non so niente» strillò, lanciando l’astuccio contro il muro.
«Ash» mormorai, avvicinandomi.
«Che c’è?» sbuffò, fulminandomi con lo
sguardo.
Era davvero tesa. Non l’avevo mai vista in quello stato.
«Ascolta,
abbiamo studiato tanto, ok?»
sussurrai, avvicinandomi a lei e appoggiandole le mani sulle spalle, «domani andrà tutto bene, perché
sei preparata. Sai fare gli esercizi e la teoria ormai la conosci» continuai, attirandola verso di
me.
«E se non
dovesse andare bene?» bisbigliò,
appoggiando il viso sul mio petto e abbracciandomi.
«Certo che
andrà bene, sei diventata una secchiona»
scherzai, dandole un bacio tra i capelli.
«Non
prendermi in giro» mugolò,
stringendo le braccia attorno alla mia vita.
«Non ti
sto prendendo in giro, sono serio. Hai imparato tutto benissimo, sai fare gli
esercizi che riesco a svolgere io e probabilmente ti ricordi anche qualche
legge fisica in più di quelle che so io.
Se di solito dici che sono un secchione, allora lo sei anche tu» spiegai, accarezzandole la
schiena perché si rilassasse un po’.
Un mugolio di piacere sfuggì alle labbra di Ash quando
cercai di allentare la tensione dei muscoli delle spalle.
«Francis» mormorò, alzandosi in punta di
piedi per sfiorare le mie labbra con le sue.
«Sì?» ribattei, rispondendo al bacio.
«Non
tentarmi. Ci sono Eric e Chris al piano di sotto e domani abbiamo l’esame di
fisica» sussurrò, portando
una sua mano tra i miei capelli per stringerne qualche ciocca.
«Veramente
stai facendo tutto tu»
puntualizzai, non riuscendo a nascondere un sorriso divertito.
«Perché mi
tenti. Fai tutto il timidino, mi massaggi le spalle, lasci un bacio tra i miei
capelli…» cominciò a dire,
strusciandosi contro di me.
«Ash» gemetti, indietreggiando di un
passo.
Se cominciava a fare così però, non ero io quello che
tentava.
«Hai
ragione. Dobbiamo studiare biologia. L’esame è dopodomani» asserì, sedendosi sul letto e
prendendo il libro di biologia. «Francis,
verrai a vedere la partita?»
chiese subito dopo, alzando lo sguardo per puntare i suoi occhi nei miei.
Finsi una smorfia, sorridendo subito dopo.
«L’ultima
partita del liceo, certo che ci vengo»
mormorai, sedendomi sul letto e stringendo la sua mano con la mia.
«Andrai
allo stadio per vedere la partita o per guardarmi mentre faccio una capriola
all’indietro scendendo da una piramide?»
mi canzonò, sfogliando l’indice del libro.
«Per la
partita, ovviamente. Sono sempre andato solo per la partita» mentii. Ash alzò lo sguardo,
emozionata.
«Sei
sempre venuto alle partite per guardarmi?». I suoi occhi diventarono lucidi per l’emozione, in attesa di
una risposta.
«No,
veramente mi piace la mascotte. Sono innamorato di Beever da quando ero al
primo anno». Agitai la mano,
concentrandomi sulla figura della cellula che c’era nel libro.
«Che cosa
dolce» bisbigliò,
inginocchiandosi sul letto per accarezzarmi il viso.
Il calore della sua mano riuscì a superare la barriera della
barba, costringendomi a socchiudere gli occhi.
«Possiamo
ritornare a biologia? Perché questa sera devo incontrarmi con i ragazzi per
decidere le ultime cose. Sai, per dopodomani» spiegai, cercando di ignorare la sua mano ancora appoggiata
al mio viso. Il suo profumo riuscì a penetrare nei miei polmoni, facendomi
fremere.
Ash era sempre una tentazione.
«A che ora
è la gara?» chiese,
appoggiando la matita sul libro.
«Subito
dopo l’esame di biologia, prima della partita. Non so come farò a risolvere
anche solo una di quelle impossibili equazioni chimiche» borbottai, sbuffando.
Possibile che l’ultima gara tra le squadre di chimica dei
licei della contea fosse stata programmata dopo l’ultimo esame finale?
«Allora ci
vengo. Voglio vederti vincere. Mi piace quando sei tutto concentrato su quelle
lettere e quei numeri»
ridacchiò, sedendosi di fianco a me e spostando qualche libro.
«Mi
distrarresti» bofonchiai,
giocherellando con il bracciale che aveva al polso.
«Mi copro,
arrotolo la sciarpa attorno al collo e alla testa. Lascerò scoperti solo gli
occhi» propose, tirandomi un
ciuffo di capelli che ricadeva sulla fronte.
«Il
problema sono proprio quelli. Dovresti metterti un paio di occhiali da sole
quando sei vicino a me»
confessai, sfiorandole la tempia con le dita.
Cominciò a ridere, appoggiando la fronte sulla mia spalla.
«Questo era romantico» disse, baciandomi il collo appena
sopra la maglietta.
«Ash» sospirai, socchiudendo gli occhi.
«Ragazzi
sto entrando e sarà meglio per voi se siete vestiti, o Francis perderà le gambe» urlò qualcuno da dietro la porta,
prima che si aprisse.
Eric e Chris si nascondevano gli occhi a vicenda, tenendo le
dita aperte per guardare.
Ashley cominciò a ridere prendendo un evidenziatore e
lanciandolo contro di loro.
«Sei
manesca» si lamentò Chris,
riuscendo però a spostarsi prima che il pennarello potesse colpirlo.
«Potete
uscire dalla mia camera?»
chiese Ash, tornando improvvisamente seria.
«Moccioso,
potresti spiegare alla tua ragazza che siamo fuori dalla sua stanza?». Chris indicò i loro piedi.
Effettivamente non erano nella
camera di Ash.
«E allora
chiudete la porta e andatevene, per favore. Stiamo studiando». Ash prese il suo astuccio, cercando
qualche altra cosa da scagliargli contro. «Se trovo le forbice giuro che la tiro addosso a voi, quindi
andatevene» spiegò, alzando
le forbici trionfante.
«Eric,
andiamocene. Studiare con il moccioso l’ha resa pazza» asserì preoccupato Chris, chiudendo la porta.
Non passò molto tempo che…
«Ash, mi
ha chiamato mamma, ha detto che questa sera usciamo a cena tutti assieme».
Eric entrò in camera, lasciando per un secondo Chris
perplesso.
«Ma domani
ho l’esame» piagnucolò Ash,
sospirando sconfitta. «D’accordo». Chiuse il libro di biologia,
guardandomi con uno sguardo triste mentre Eric si chiudeva la porta alle spalle.
«Che c’è?» chiesi divertito dalla sua buffa
smorfia.
«Lo sai
che devo andare. Ceniamo con Eric una volta al mese e domani mattina riparte
per il college» mormorò,
appoggiando la guancia sulla mia spalla.
«Devi
stare tranquilla, perché domani andrà bene, ok?» cercai di convincerla, accarezzandole la mano.
Annuì, stampandomi un bacio sulla guancia.
«Ci
vediamo domani a scuola?»
domandò, portando le sue braccia attorno al mio collo.
«Solita
ora sotto alla quercia, come sempre»
sorrisi, dandole un veloce bacio sulla punta del naso.
Ricambiò il risolino, prima di sfiorare le mie labbra con le
sue.
Lasciai giocare per qualche secondo le nostre bocche, prima
di alzarmi con uno sbuffo, «Ok,
vado».
«Francis!» esclamò sorpresa.
«Sì?». Cominciai a raccattare i miei
libri, mettendoli in borsa.
«Perché ti
sei allontanato?». Si alzò in
piedi, sistemandosi la maglia.
«Perché
devo tornare a casa e tu devi prepararti».
Che domanda era?
Sapeva che sarei rimasto a baciarla se solo avessi potuto.
«Sì, ma
non era un vero bacio» si
lamentò, portando le mani sui fianchi, in un gesto arrabbiato.
Non riuscii a trattenere una risata, avvicinandomi a lei e
prendendo il suo volto tra le mie mani.
Portai le mie labbra sulle sue, regalandole un lento e dolce
bacio. Sentii il suo corpo aderire al mio e le sue mani correre tra i miei
capelli.
«Questo
era un bacio» soffiò sulle
mie labbra, sorridendo.
«Ci
vediamo domani» bisbigliai,
sfiorando di nuovo la sua bocca con la mia.
Un respiro profondo.
Due respiri profondi.
«Abbott» chiamò il professor Moriarty.
Hannah salì sopra al palco, stringendo la mano del
professore e prendendo il diploma.
Berkeley, sarei andato lì.
Mi avevano accettato.
Facoltà di Ingegneria Biochimica.
Ashley era riuscita a superare l’ultimo esame di fisica con
una A-; quel voto le aveva permesso di entrare alla Stanford-Brown, nella
facoltà di Infermieristica.
Non eravamo nello stesso college, ma almeno ci trovavamo in
California.
«Bilson». Sarah, una delle cheerleader,
avanzò saltellando e lanciando baci verso il pubblico.
Zac e Mac avevano deciso.
MIT.
Sarebbero volati in Massachusetts.
Ci saremmo divisi, senza poterci vedere per mesi.
Forse solo durante le vacanze di primavera e quelle estive.
Sarebbe stata dura, ma ero felice per loro.
Il loro sogno si era avverato.
Mac ammessa a Informatica e Zac a Ingegneria.
Hannah e John erano ancora indecisi.
Hannah probabilmente si sarebbe iscritta alla Columbia,
allontanandosi da Ashley e da me.
John aveva ricevuto due risposte affermative da Hardard e
Yale, doveva solo scegliere.
«Bolton». Zac si avvicinò al professore,
mentre applaudivo soddisfatto del mio migliore amico.
Riuscii a sentire un gridolino eccitato di Mac, quando
sventolò il diploma in aria.
«Foster». Ashley salì sopra al palco e cominciai
ad applaudire, fiero di lei.
Probabilmente era l’unica persona, in quella sala, a
indossare la toga gialla e nera come se fosse un vestito di classe.
«Vai Shy» urlò qualcuno dal fondo della
sala.
Cominciai a ridere, riconoscendo la voce e il nomignolo che
Eric usava.
Ashley attraversò il palco e, prima di scendere le scale, mi
guardò, facendomi l’occhiolino.
Quante cose erano cambiate in quei quattro anni.
Avevo varcato la soglia di quella porta rossa come un
ragazzino timido e introverso, con solo tre amici.
Uscivo da quella stessa porta, quattro anni dopo, cambiato.
Non solo fisicamente.
Avevo imparato che nella vita le sorprese arrivano sempre
quando meno te l’aspetti.
Avevo imparato che se speri che qualcosa avvenga, ma solo se
lo fai con tutto te stesso, quella cosa può avvenire davvero.
«Hale». Mac salì la scala con uno
splendido sorriso, mentre Zac continuava a urlare il suo nome.
Fece una linguaccia, guardandomi.
Non riuscii a trattenermi e cominciai a ridere.
In quei quattro anni avevo imparato che l’amicizia è una
delle cose più belle che esista, se è vera.
«Hanning». John sospirò, stringendo la mano
del professore e scendendo velocemente dal palco con uno sguardo basso.
John, come avremmo potuto vincere le olimpiadi di chimica
senza di lui?
«Harris». Luke corse verso il professore,
felice di poter ricevere il suo diploma.
Era riuscito a ricevere una borsa di studio per giocare a
football in un’università del Nevada.
In qualche modo ero felice per lui.
«Hudson
Francis Seth». Respirai
profondamente, concentrandomi per non inciampare nei miei stessi piedi.
Quando salii sopra al palco sentii la voce di mio fratello
urlare «bravo moccioso» e non riuscii a non ridere.
«Buona
fortuna Hudson, se lo merita»
disse il professor Moriarty, stringendo la mia mano.
Guardai subito verso il pubblico, cercando la mia famiglia.
Mamma stava piangendo, stretta tra le braccia di papà. Lui
invece fischiava, guadagnandosi un’occhiataccia dalla signora di fianco a lui.
Quello che mi stupì, però, fu vedere i ragazzi delle prime
file alzarsi per applaudirmi.
Potevo riconoscere tra di loro alcuni studenti che facevano
parte della banda o del gruppo di chimica, ma erano molti quelli che non
riuscivo a identificare.
Mi stavano applaudendo.
Esattamente come avevano fatto quando avevo concluso il
discorso pochi minuti prima.
Ashley e Mac mi stavano aspettando, abbracciate.
Zac continuava a sistemarsi gli occhiali, tenendo una mano
attorno alla vita di Mac.
L’amicizia era una delle cose più belle che esistesse,
l’avevo imparato io stesso.
«Hai
sentito? Tutti per te»
mormorò Ash, dandomi un bacio.
L’amore però regalava sensazioni uniche.
«Kingston». La sala si ammutolì quando Alex
salì sopra al palco.
Non aveva giocato la partita finale e la squadra aveva
perso.
Ero sicuro che tutti si fossero zittiti per quello.
Eppure, Alex mi faceva pena.
Aveva sbagliato, era uno stronzo, ma ne aveva
abbondantemente pagato le conseguenze.
La storia con Kathrina non era durata; qualche mese dopo,
infatti, lei si era rifugiata tra le braccia del nuovo quarterback,
lasciandolo.
Cominciai ad applaudirlo, seguito poco dopo da Mac, Zac,
John, Hannah e Ashley.
Lentamente la sala ci seguì, mentre Alex, stupito, scendeva
dal palco.
Ci lanciò un’occhiataccia, camminando velocemente verso
l’uscita.
In quei quattro anni d’inferno avevo anche imparato che
spesso, quasi sempre, il cervello vinceva contro i muscoli.
La vita tra quelle mura non era stata facile, ma tutti noi
avevamo ricevuto un premio.
Una piccola rivincita, per noi quattro poveri nerd.
Zac aveva Mac, John era riuscito a parlare con Hannah senza
dire qualcosa di stupido.
Io… io invece potevo stringere tra le braccia l’unica
ragazza che era riuscita a farmi battere il cuore.
La stessa che mi aveva chiesto chi ero, quando le avevo
consegnato una pizza.
La stessa che mi stava stringendo la mano, in attesa delle
parole che avrebbero chiuso per sempre il capitolo del liceo, ma che ci
avrebbero spalancato le porte della vita vera.
«Signori,
un applauso alla classe dei diplomati del 2012» urlò il professor Moriarty, mentre con un boato lanciavamo i
nostri cappelli in aria.
Salve!
Prima
di tutto permettetevi di ringraziarvi immensamente per le 20 recensioni
(VENTI) del capitolo scorso. Sono una MONTAGNA e giuro, non so come
ringraziarvi!
Se
avessi saputo prima che bastava svestire Francis, l'avrei fatto dal secondo
capitolo! :P (scherzo, ovviamente).
Inutile
dire che il mio umore si è sollevato di 1897684517856785418 volte, facendomi
scrivere questo capitolo a tempo di record. E ammetto, non ho mai pianto tanto
come nella seconda parte.
Mi
sono commossa, ragazze.
Insomma,
il prossimo sarà l’epilogo, ma è ambientato 8 anni più avanti, quindi in
qualche modo questo era l’ultimo capitolo, insomma.
Ah
sì, una cosa che mi sono dimenticata la settimana scorsa per la fretta di
postare: From Sue
Storm to Diana Prince è lo spin-off di Zac e Mac. Saranno pochi capitoletti
(5 al massimo) e due sono già on-line. Se volete farci un salto siete
benvenute!
Bene,
vi aspetto la prossima settimana per l’epilogo, insomma! :)
Spero
che vi sia piaciuto anche questo capitolo e come sempre ringrazio preferiti,
seguiti e da ricordare!
QUESTO è il gruppo
spoiler (dove ho già inserito un bel po’ di cose della storia nuova) e QUESTO è il mio profilo.
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Capitolo 24 *** Epilogue ***
rotn
«Tesoro,
agganciati la cintura di sicurezza, per favore» sussurrai, facendo retromarcia per uscire dal vialetto di
casa.
«Francis…
lo sai che mi dà fastidio»
borbottò in risposta, con uno sbuffo irritato.
«Se
facciamo un incidente? Lo sai che potresti farti male. Anzi, potreste farvi
male» specificai, lanciando
un’occhiata al pancione.
«Non
succederà nulla, ok? Dobbiamo andare a La Bohème, ci arriviamo in meno di
mezz’ora. Su, Francis, non essere pessimista. E poi ho chiesto al Dottor Ross e
mi ha detto che non è obbligatoria la cintura di sicurezza» spiegò, girandosi per controllare
che nel sedile posteriore non ci fossero problemi.
«Lo so, ma
ormai manca poco e non voglio che vi succeda nulla». Svoltai all’incrocio, appoggiando la mia mano sulla gamba di
quella ragazza così testarda che avevo sposato.
Quasi sei anni di matrimonio.
Potevano sembrare tanti, ma non per me. Non quando mi
trovavo di fianco una moglie che conoscevo da sempre.
«Papà, ci
sarà anche Rosalind?» con la
sua vocetta il mio bambino interruppe i miei pensieri.
Lo guardai attraverso lo specchietto retrovisore: era
impegnato a cercare di completare una faccia del cubo di Rubik.
«Certo
Isaac. Ci saranno Rosalind e anche Steve»
risposi, tornando a concentrarmi sulla strada.
Non mi sfuggì però il suo sorriso soddisfatto.
Lo vidi sistemarsi gli occhiali da vista e quel gesto mi
fece sorridere.
Nonostante Isaac assomigliasse ad Ashley, in alcuni piccoli
gesti mi rivedevo in lui.
«Chissà
come saranno diventati grandi»
mormorai, guardando nostro figlio, sul sedile posteriore.
Isaac avrebbe compiuto cinque anni due mesi dopo. Il tempo
scorreva troppo velocemente.
«Sono
curiosa di vedere Rosalind. Voglio capire se ha ancora gli occhioni di suo
padre» mormorò Ash, dando
voce ai suoi pensieri.
Era da quasi un anno che non ci ritrovavamo, a causa dei
miei impegni di lavoro e dei loro.
Ash fortunatamente riusciva a scambiarsi i turni con le
colleghe. Le infermiere dell’ospedale di Los Angeles erano tutte gentili, per
questo ne avevo sposata una.
Sogghignai tra me e me a quel pensiero e sentii gli occhi di
Ash addosso.
«Che c’è?» chiese, divertita dal mio
sorriso.
«Stavo
pensando» ribattei, cercando
di non dire a cosa.
«Precisamente?». Si appoggiò con la schiena al
finestrino, sedendosi composta dopo lo sguardo di ammonimento che le avevo
dato.
«Non li
vediamo da quasi un anno. È tanto»
mentii, sperando che non se ne accorgesse.
L’avevo imparato quattro anni prima e in alcuni casi mi
piaceva giocarci un po’. Quando Ash era incinta, non riusciva sempre a capire
quando mentivo.
«Lo so. Mi
mancano» sospirò, mentre
posteggiavo la macchina nel parcheggio del locale.
«Papà, mi
manca l’ultimo quadratino, puoi aiutarmi?». Un cubo di Rubik comparve di fianco a me, facendomi
sussultare.
Solo una faccia era quasi completa: mancava una casellina.
Cominciai a ridere, notando che l’altra faccia, quella
gialla, la stessa che lo avevo aiutato a comporre, non c’era più.
«Isaac,
guarda» spiegai, girando
lentamente le facce del cubo, fino a quando tutto il lato bianco si completò, «non è facile, non ti preoccupare
se non riesci a farlo adesso».
Non volevo che si sentisse uno stupido perché a cinque anni non riusciva a fare tutto
il cubo. Gli feci una linguaccia per farlo ridere, mentre io e Ash scendevamo
dall’auto.
«Ricordami
perché gli hai regalato quel coso a Natale» bisbigliò mia moglie, affiancandosi a me per aprire la
portiera di Isaac.
«Perché si
allena la mente con gli algoritmi»
spiegai, prendendolo in braccio mentre Ash chiudeva lo sportello.
«Perché a
cinque anni deve allenarsi con gli algoritmi? A ventisei devo ancora capire che
cosa sono» bofonchiò,
stringendo la mia mano mentre entravamo nel grande salone de Le Bohème.
«Sono
metodi per ottenere risultati»
spiegai, cominciando a sorridere quando vidi Zac.
Si alzò dal tavolo, camminando verso di noi.
«Dio come
sei diventato grande»
sogghignò il mio amico, scompigliando i capelli a Isaac.
«Ciao zio». Isaac si allungò verso Zac,
perché potesse prenderlo in braccio.
«Sei
diventato vecchio, Zac»
scherzai, prendendolo in giro.
Ash stava parlando con una ragazza, anzi, una donna, mentre
abbracciava una bimbetta dai capelli castani e con gli occhi più azzurri che
avessi mai visto.
Solo quelli del suo papà erano più azzurri dei suoi.
«Rosalind» mormorai, abbassandomi perché
potesse salutarmi.
Fece un sorriso imbarazzato, prima di nascondersi dietro
alle gambe della sua mamma.
«E tu?
Quanto sei diventato grande? Sei un piccolo ometto, Steve». Mi avvicinai a lui, cercando di
afferrargli un braccio. Quel gesto lo fece ridere.
«Francis,
per favore. Siamo in un locale»
mi ammonì Ash, facendomi ridere.
Mi guardai attorno ma sembrava che gli altri clienti non
fossero interessati a noi.
Meglio così.
«Ashley,
la tua pancia è… enorme»
constatò Mac, senza pensare di salutarmi.
«Ehi, puoi
anche degnarti di dirmi un ciao, eh»
sbottai offeso, dandole un piccolo schiaffo sulla spalla.
«Non è il
momento Francis. Prima devo sapere tutti gli sviluppi della seconda gravidanza.
Come procede?». Mac tornò a
parlare con Ashley, ignorandomi.
«Papà» chiamò Isaac, tirando leggermente
i miei jeans perché lo guardassi.
Gli sorrisi prendendolo in braccio e mi sedetti di fianco ad
Ash.
Zac e Mac, assieme a Rosalind e Steve, seguirono il nostro
esempio.
«Stai
seduta bene, Rose» la ammonì
Zac, sistemandole un ricciolo che le ricadeva sulla fronte.
Lei rispose con un sorriso sdentato che mi fece ridere.
Isaac continuava a fissarla in silenzio, rigirandosi il cubo
di Rubik tra le mani.
«Rosalind,
quanti anni hai?» chiesi,
sperando che cominciasse a parlare.
L’ultima volta che ci eravamo visti era diventata meno
timida ma solo quando Isaac aveva cominciato a disegnare assieme a lei.
«Quattro
dopodomani» mormorò, quando
Zac le accarezzò la piccola testolina riccia.
«Oh, sì! È
vero» ricordai
improvvisamente.
«E Steve?». Guardai quel piccolo bambino con
gli occhioni azzurri. Non era lo stesso azzurro della sorella, però.
Assomigliava quasi al verde della mamma; la stessa che continuava a cullarlo.
«Uno e
mezzo» rispose Zac, guardando
poi con un sorriso divertito Isaac.
«Sapete
già se sarà maschio o femmina?».
Con un cenno del capo indicò il pancione di Ash.
«No, sarà
una sorpresa. Tanto manca poco, meno di un mese» spiegai.
Isaac alzò la testolina bionda, guardando Zac.
«Sarà un
fratellino» spiegò, sicuro di
quello che diceva.
Io e Zac non riuscimmo a trattenerci e cominciammo a ridere.
Le donne, attirate dalle nostre risate, smisero di parlare e
avvicinarono le sedie a noi.
«Che cosa
stavate dicendo?» chiese Mac,
rivolgendosi finalmente a me.
«Cose che
non ti interessano, amore»
ribatté Zac.
Nonostante fossero passati anni, non riuscivano ancora a non
punzecchiarsi.
Forse era proprio questo il segreto della loro felicità.
«Come
procede su a Providence?»
chiesi a Mac, circondando le spalle di Ash con un braccio.
«Bene, adesso
insegno al secondo anno di un liceo abbastanza piccolo. Tanti si credono geni e
di informatica non sanno nulla e qualche secchione che però non riesce ad
hackerare nemmeno il sistema della scuola» spiegò, facendo ridere Ash.
«E a te?». Mi rivolsi a Zac, ansioso di
sapere come procedesse la sua carriera di assistente universitario.
Sapevo che quasi sicuramente, molto presto, la cattedra
sarebbe stata sua.
Insegnare ingegneria al MIT per un ragazzo di nemmeno
trent’anni era un evento unico, ma il professore era rimasto talmente colpito dalle sue potenzialità che
gli aveva promesso la cattedra, una volta andato in pensione.
«Moore
dovrebbe andare in pensione tra tre anni, quindi ancora per un po’ sarò
assistente. Ma mi piace»
asserì, soddisfatto del suo lavoro. «E
tu Ash? Come ti trovi in quell’ospedale?»
chiese, facendo saltellare Rosalind sulle sue ginocchia che rideva divertita
dall’improvvisata giostra.
«Bene.
Sono tutti molto gentili con noi infermiere, mi piace. Alla fine è il lavoro
che ho sempre sognato». Si
portò una mano sulla pancia, massaggiandosela lentamente.
«Grazie
per avermi chiesto come va in quel laboratorio. Siete tutti molto gentili con
me» borbottai, fintamente
offeso.
Mac cominciò a ridere, contagiando anche il piccolo Steve.
La sua risatina riuscì a metterci tutti di buonumore.
«Qualcuno
ha sentito John?» domandai
poi, curioso di sapere se tutto procedesse bene a Londra.
«No. Dopo
l’università, da quando è partito per Londra non l’ho più sentito. Ha mandato
sempre meno mail e chiamato raramente. Non so che cosa gli sia successo» spiegò Zac, abbassando lo
sguardo.
«Da quando
Hannah l’ha lasciato si è fatto sentire sempre meno» sospirò triste Mac, accarezzando la testolina di Steve.
«Han non
doveva comportarsi così. Poteva dirglielo in modo diverso che le piaceva un
altro ragazzo» continuò
Ashley, stringendo la mia mano.
«Ragazzi,
non pensiamo più a queste cose, su. Ora John è a Londra e sta facendo carriera.
Noi ci siamo ritrovati dopo quasi un anno. Dobbiamo festeggiare» proposi, prendendo il bicchiere
pieno d’acqua che avevo davanti a me.
«A noi,
che dopo tutti questi anni siamo ancora qui, con i nostri piccoli bimbi» brindò Ashley, avvicinando il suo
calice al mio.
«A noi». Le nostre voci riunite in una
sola.
Strinsi di più Isaac, dando un bacio tra i capelli ad Ash.
La sua mano tornò ad accarezzare la sua pancia arrotondata.
Mac pizzicò un fianco di Zac che le fece una linguaccia,
riparandosi dietro la piccola Rosalind.
Steve, invece, succhiava il ditone con la testolina
appoggiata alla spalla di Mac.
Tutti di nuovo lì, nello stesso locale che ci aveva ospitato
la serata del prom, la stessa sera in cui per la prima volta avevo fatto
l’amore con Ash.
In qualche modo il cerchio si era chiuso: lì avevamo
festeggiato la fine del liceo e lì eravamo ritornati per vederci di nuovo.
Perché l’amicizia con Mac e Zac, nonostante la lontananza,
non sarebbe mai finita.
Se poi si parlava del mio amore per Ash… be’, quello neanche
avrebbe mai avuto fine.
Oooook!
Fine!
:’)
Ammetto
che ho pianto molto di più nello scrivere lo scorso capitolo, forse perché qui
i miei nerdini sono cresciuti e si sono addirittura prolificati. Insomma, sono
cambiate un bel po’ di cose, ecco.
Dunque
dunque dunque, come avevo anticipato già da qualche settimana le coppie non
sarebbero rimaste sempre assieme. E… John e Han… be’, l’avevo fatto capire
anche al Prom. C’era qualcosa, non so bene cosa, ma non stava funzionando come
doveva. Così lei ha pensato di chiamare John e dirgli che ha trovato un nuovo
amore. John ci è rimasto male ed è scappato a Londra, facendo comunque
carriera.
Per
le altre due coppie mi sembra spiegato.
I
pargoli… ho trovato Rosalind e Steve, ma il piccolo Isaac non ha ancora un
volto.
Ah
sì, i nomi dei bimbi: Rosalind è Rosalind Franklin, la donna che assieme a
Watson e Crick ha scoperto il DNA (senza Nobel, perché è morta prima e il Nobel
a differenza degli Oscar non può essere postumo). Steve, be’, lui è facile
Steve Jobs. Mac doveva chiamare suo figlio come Jobs…
Isaac,
devo spiegarlo? Newton, ovviamente. Francis e Ash si sono conosciuti alle
lezioni di fisica, dovevo mettere un riferimento.
Bon,
passiamo ai ringraziamenti:
volevo
ringraziare tutti quelli che hanno letto e recensito, perché siete stati tanti
tanti tanti e mi avete sempre messo un sorriso in viso…
un
ringraziamento a chi ha aggiunto la storia ai preferiti/seguiti/da ricordare
(siete sopra il 200 e per me è proprio tanto).
Un
ringraziamento anche a chi ha solamente letto, chi per sbaglio e chi ha seguito
ogni capitolo.
Questa
storia è nata come intramezzo tra due storie ‘pesanti’. Mi serviva qualcosa di
leggero e spensierato, e i nerd erano l’argomento perfetto.
Mi
dispiace se ci sono state pause tra un capitolo e l’altro, se vi ho fatto
aspettare troppo o se in qualche capitolo non c’è stato quello che vi
aspettavate.
Posso
garantirvi che in qualche modo Francis e tutti i nerd sono fieri di quello che
hanno fatto.
Per
chi vuole, ricordo ‘From Sue Storm
to Diana Prince’, lo spin-off Zac e Mac, quasi finito. Sono 5 capitoletti,
insomma.
Un
grazie enorme a Malia85
che mi ha betato tutta la storia, OS compresa! Senza quella santa donna non so
che capitoli sfornerei! :)
Da
questa settimana comincerò una nuova storia, sempre romantica, ma con tematiche
diverse. Ale ha pensato di fare il teaser trailer della trama che avevo
pubblicato nel gruppo. Lo trovate qui: You Saved Me.
Se
qualcuno vorrà leggere anche quella storia, be’, sarete le benvenute!
Come
sempre, QUESTO è il mio
profilo Fb e QUESTO
il gruppo spoiler (per la storia nuova e per Zac e Mac).
Grazie
ancora di tutto da parte mia, di Francis, Ash, Zac e Mac. E ricordate, sognate,
perché è meraviglioso.
Rob.
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