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Ce l’hai un
attimo per me?
Per chi ha visto un genitore andare
via
Per chi il proprio padre non sa nemmeno chi sia
Per il figlio che è scappato
Ce
l’hai un attimo per me?
Perchè
c’è troppo bisogno di aiuto, di aiuto, di aiuto
Vivi
per un miracolo. Gemelli DiVersi
“Tyler,
Non ho idea del perché io continui a
inoltrarti questi messaggi. Probabilmente li avrai già cestinati tutti. Non
escludo nemmeno che qualcuno dei tuoi possa intercettarne il contenuto,
ma non fa poi molta differenza: devi sapere a cosa stai andando incontro.
So che tra di noi non c’è mai stata una
buona intesa, ma se cerco di mettermi in contatto con te è soprattutto per il
bene di mia sorella. Sai che cosa sono in grado di fare loro, hai potuto
constatare di persona con che crudeltà hanno torturato Caroline.
Non credere che abbiano dimenticato la
faccenda della pietra di luna.
Prova a fare qualche domanda.
Jeremy”
“Tua madre è
passata da noi questa mattina.
Se stai
leggendo i miei messaggi chiamala e dille che stai bene.
Falle sapere non
è colpa sua se te ne sei andato.
Rassicurala: ne
ha bisogno…”
“Perfino
Caroline si domanda che fine hai fatto.
Dammi
pure dello stronzo, se mi ostino a farti venire i sensi di colpa.
Perché
mi prendo la briga di farlo non lo so nemmeno io.
Torna
a casa, Tyler.
Jeremy”
Tyler ripose in tasca il cellulare osservando con
aria distratta l’operazione di “accensione delle fiaccole” da parte di alcuni
membri del branco.
Verso sera era consuetudine per Tyler accoccolarsi
in silenzio sotto una delle querce per osservare la proiezione delle ombre sul
terreno generate dalle fiamme delle torce. Era uno spettacolo incantevole,
contornato dalla luce fioca delle stelle e da quella più corposa della luna.
Molto spesso, Cady si sedeva accanto a lui e chiacchieravano
fino a notte fonda. Talvolta si limitavano a uno scambio secco di battute,
intenti ad osservare gli abitanti dell’accampamento che si riunivano per
giocare a carte.
Molto spesso ridevano, origliando i discorsi di
alcuni licantropi ubriachi troppo presi dal gioco per ricordare di non essere
soli.
Dopo circa un mese dal suo arrivo all’accampamento,
Tyler riusciva finalmente a percepire il ritmo dei propri passi coincidere con
quello degli altri membri del branco.
Si sentiva in perfetta sintonia con la natura e a
ogni respiro esalato, si accorgeva di catturare un volume sempre maggiore di
aria: nonostante vivere fra i licantropi fosse ancora considerato da Tyler una
sorta di limbo fra le due nature, quel mese era riuscito a farlo sentire un po’
più a suo agio con sé stesso.
“Ancora quei messaggi?”
Cady si avvicinò a lui giocherellando con la
cinghietta della tracolla che gli ciondolava sul fianco.
Tyler passò istintivamente una mano sulla tasca in
cui teneva il cellulare colto di sorpresa.
“Sei andata a fare la spesa?”
Domandò sarcasticamente in risposta
all’interrogativo della ragazza notando il rigonfiamento della sua borsa.
Cady fece spallucce lasciando ondeggiare la
tracolla.
“Giusto qualcosina in un negozio dal villaggio qui
vicino.”
Annunciò tralasciando di descrivere il modo non
esattamente legittimo con cui si era appropriata della merce.
Le labbra di Tyler si arricciarono lievemente a
formare un sorrisetto divertito.
“Allora? I messaggi?”
Tyler infilò le mani in tasca e fece roteare il capo
con aria scocciata ignorando per la seconda volta la domanda. Dopo qualche
minuto, tuttavia, si arrese e tirò fuori dalla tasca il cellulare.
Fece scivolare il pollice sulle freccette
direzionali scorrendo gli ultimi sms presenti in memoria.
“Sì.”
Ammise semplicemente il ragazzo mentre lo sguardo
veniva attirato dalle parole che completavano il messaggio sul display: “torna
a casa”.
“Ne ho ricevuti altri.”
“Posso sapere chi è questo Jeremy?”
Cady fece del suo meglio per non sbirciare oltre la
spalla dell’amico concentrandosi sulle lucciole che rischiaravano a
intermittenza alcuni punti del prato.
“Una conoscenza di famiglia.”
Concluse spiccio il ragazzo soffermandosi su uno dei
primi sms ricevuti a nome del giovane Gilbert: Non credere che abbiano
dimenticato la faccenda della pietra di luna.
“Un conoscente ben informato su di te e su ciò che
sta succedendo all’accampamento, mi pare.”
Cady commentò con aria di chi la sa lunga tornando a
fissare Tyler.
Improvvisamente il ragazzo sollevò lo sguardo, come se
avesse appena intuito qualcosa.
“Quindi è vero che stanno ancora cercando di
spezzare la maledizione.”
Dichiarò in tono di voce fermo scrutando il cambio
repentino d’espressione nel volto della ragazza.
Cady impallidì leggermente.
“Può essere.”
Commentò ignorando l’insistenza tratteggiata negli
occhi di Tyler.
“ Il nostro lupo alfa era particolarmente
interessato all’incantesimo del Sole e della Luna…”
“Chi, Brady?”
Tyler realizzò improvvisamente a quante cose non
aveva dato peso durante quel mese trascorso all’accampamento.
Le riunioni fra i membri più alti della gerarchia
del branco si erano moltiplicate nell’ultimo periodo e con quelle, anche le
occhiate sospettose da parte di molti licantropi.
“Sì, lui.”
Cady prese posto di fianco a Tyler e si rigirò la
borsa fra le mani torturandone il cinturino con aria pensierosa.
“Da quando è stato ucciso, è rimasta solo Jules a
capo del branco e sembra proprio convinta a portare avanti la faccenda
dell’incantesimo…”
“Tu che cosa sai a riguardo?”
Tyler domandò bruscamente, non riuscendo a tenere a
bada una punta di aggressività nel tono di voce.
Cady scosse il capo con aria dispiaciuta: sembrava
sincera.
“Solo poche cose in realtà: Jules non vuole che io
mi immischi nella vicenda. So che la pietra di luna dovrebbe servire a spezzare
la maledizione che rende i licantropi schiavi della luna e i vampiri vittime
del sole…”
“… sai niente riguardo a una certa Elena Gilbert?”
“La doppelgänger umana.”
Cady fece mente locale tentando di ricordare i vari
frammenti di conversazioni fra Jules e alcuni vecchi membri del branco che
aveva captato nell’ultimo periodo.
“Pare che Jules la stia cercando.”
“Hai idea di che cosa voglia da lei?”
Tyler reagì velocemente, cogliendo la ragazza di
sorpresa.
Posizionò la sua mano destra all’altezza del collo
di Cady e la sospinse contro il tronco della quercia premendo con forza contro
il suo respiro forzato.
Per la seconda volta lo scenario dei loro litigi era
l’imponente albero che si stagliava sopra di loro.
“Non ne ho idea…”
Cady ansimò tentando di scansare la presa del
ragazzo su di lei.
“…forse informazioni?”
“Sangue. Jules la vuole uccidere!”
“...Tyler mi stai soffocando.”
Cady appoggiò la schiena al tronco dell’albero e si
liberò di Tyler indirizzandogli una violenta ginocchiata contro il ventre.
Il ragazzo lasciò immediatamente la presa
boccheggiando. Dopodiché, lasciò correre entrambe le mani verso il punto in cui
Cady l’aveva colpito.
“Non farlo mai più.”
Ringhiò la ragazza scrutandolo con occhi
fiammeggianti d’ira.
Tyler si massaggiò lo sterno completamente
disorientato, sorpreso dalla sua stessa reazione.
“Scusami.”
Mormorò mantenendo lo sguardo chino, ma continuando
a osservarla con aria tesa: le iridi corvine risaltavano ancor più del solito .
“Non ho idea del perché abbia reagito così.”
Lentamente i lineamenti della ragazza si
stiracchiarono, abbandonando il cipiglio offensivo.
“Io invece credo di saperlo…”
Con un sorriso timido, Cady si lasciò scivolare sul
prato e fece cenno a Tyler di sedersi accanto a lei; la rabbia e l’aggressività
erano svanite in un istante dai volti di entrambi i ragazzi-lupo.
L’atteggiamento in bilico tra razionalità e
impulsività che mantenevano ultimamente li rendeva incredibilmente simili a due
bambini piccoli che l’attimo prima si fanno la guerra e quello dopo si tendono
il dito.
“Sei anche tu terrorizzato dal concetto di omicidio,
eh?”
Tyler aggrottò le sopracciglia osservando il
riflesso delle fiaccole sull’erba tenera, non sapendo cosa rispondere.
“Ciò che ha scatenato la maledizione ti ha sconvolto
e adesso hai il terrore che qualcun altro possa perdere la vita per mano tua.”
In realtà Tyler non era ancora mai riuscito a dare
un nome a quella paura irrazionale che gli premeva in petto ogni qualvolta che
l’odore del pericolo raggiungeva le sue narici.
Solo in quel momento si rese conto che Cady aveva
ragione.
“Perché pensi che sia così?”
Domandò concentrandosi sui giochi di luce che
ritagliavano le fiammelle delle torce sulle tende più vicine.
“Perché la tua è la stessa paura che perseguita
anche me.”
Cady confessò candidamente suscitando l’attenzione
del ragazzo che sedeva accanto a lui. Sospirò e fece combaciare le suole delle
sue scarpe da ginnastica, prima di riprendere a parlare.
“Una mattina di maggio, avevo circa nove anni, sono
corsa a lavarmi la faccia nel fiume. Mentre mi specchiavo, nella mia testa ha
preso forma un secondo riflesso: quello di un uomo. Era un senzatetto che
viveva nella radura poco distante da dove mi aveva portato mio padre. Era molto
vecchio e indossava ogni giorno gli stessi vestiti consunti. Mi riempiva di
molta tristezza già da allora, piccola com’ero.”
Sorrise, ma nel suo volto Tyler si preoccupò
nell’individuare una marcata ombra d’inquietudine. Le mani di Cady trafficavano
nervosamente con le rifiniture della sua borsa, mentre il suo tono di voce
acquistava un lieve tremore.
“…è stato lui che…”
Tentò di domandare per venirle incontro: ma non fu
in grado di terminare la frase.
Cady si limitò ad annuire.
“Trovai il suo cadavere in riva a un lago il giorno
dopo che accadde. Allora mio padre mi convinse che stava solo dormendo. E così
ho creduto fino a qualche anno più in là, quando a nove anni, specchiandomi
sulla riva del fiume mi ricordai del senzatetto addormentato. In quel momento
realizzai che era morto. E a ucciderlo ero stata io.”
Per il barbone affamato morto in un
prato
Per
chi non se ne frega
Ti imploro veglia e prega
Ce
l’hai un attimo per me?
Tyler la osservò in silenzio per qualche istante, le
iridi scure a perforare il rimorso emanato dal volto di Cady.
Voleva saperne di più. Voleva capire come mai Cady
fosse così convinta che la morte di quell’uomo fosse avvenuta per mano sua.
Ma non trovò il coraggio di porgerle ulteriori
domande.
“Non è stata colpa tua.”
Le parole gli scaturirono spontanee dalle labbra
avvertendo un improvviso disagio nell’individuare il dolore in quei tratti
generalmente vivaci e combattivi.
“Eri solo una bambina.”
Tyler avrebbe voluto aggiungere che Cady era ancora
una bambina.
Che lo erano entrambi.
Due ragazzini innocenti costretti a camminare su un
terreno di battaglia dove regnavano regole corrotte.
Cady sorrise debolmente, quasi a ringraziare il
timido tentativo di conforto da parte del giovane.
“Forse. Però l’ho ucciso. La paura di ferire
mortalmente un altro essere umano è ciò che più mi blocca dall’abbandonare
l’accampamento. So di essere al sicuro qui. Finché resto al riparo dagli umani
non potrò fare del male a nessuno.”
“Potresti farcela anche all’infuori del branco.”
Tyler azzardò portando alla luce nella sua mente
ricordi non troppo remoti: la sensazione di conforto scaturita dal corpo di
Caroline a contatto contro il suo lo fece d’un tratto rabbrividire.
“Non potrei mai farcela da sola”.
Cady scosse il capo con aria scettica.
Tyler le scoccò un’occhiata di sottecchi, quasi a
voler controllare la sua reazione.
“Non dovresti essere necessariamente da sola…”
Aggiunse con calma osservandola a lungo.
Cady tacque per diversi minuti, probabilmente alle
prese con una complicata sequenza di pensieri.
“Vogliono davvero ucciderla? La doppelgänger
intendo.”
Domandò improvvisamente scrutandolo con aria
diffidente quasi stesse cercando di assicurarsi che Tyler non si fosse
inventato tutto.
Il ragazzo annuì.
“E non si limiteranno a lei.”
La ragazza aggrottò le sopracciglia e in quel
frangente, Tyler individuò il vago riflesso di un lupo fra i suoi tratti.
“Che vuoi dire?”
“Gilbert dice che per spezzare l’incantesimo
servono anche il sangue di un vampiro e di un licantropo. Essendo io l’omega,
sospettano che vogliano sacrificare me.”
Cady scosse il capo con aria decisa.
“Questo non è possibile. Jules non lo permetterebbe
mai.”
Tyler sospirò intrufolando lo sguardo tra gli
sprazzi lucenti sospesi nel cielo: gli sarebbe piaciuto poter credere alle sue
parole.
“Sei un membro del branco, Tyler. Nessuno può farti
del male fintanto che non abbandoni l’accampamento.”
“Non ho intenzione di restare. Non se è questo il
prezzo da pagare.”
Il ragazzo dichiarò secco sorprendendosi
dell’improvvisa lucidità dei suoi pensieri: durante il periodo trascorso
lontano da casa, Tyler aveva riflettuto parecchio, non riuscendo a trovare
alcuna soluzione ai suoi quesiti e alle paure che lo perseguitavano. Di fronte
a lui, il cammino si diramava in due strade e sapeva perfettamente che
qualsiasi direzione avesse scelto, si sarebbe trovato di fronte a delle scelte
particolarmente difficili.
Eppure in quel momento tutto gli appariva chiaro e
ben definito.
“Dunque ti fidi di loro?”
Cady domandò con aria pensierosa.
Tyler soppesò a lungo la sua domanda.
“Forse.”
Concluse non sapendo rispondere nemmeno a sé stesso.
Tutto ciò che Tyler sapeva era che c’erano ancora, a
Mystic Falls, delle cose da sistemare.
C’erano errori a cui doveva rimediare.
E persone a cui chiedere scusa.
“Stai
facendo la cosa giusta.”
Jules
lo osservava con aria incoraggiante. Ma nonostante tutto,
Tyler
non riusciva ad individuare in quel volto di donna
la
sicurezza di cui sentiva di aver bisogno.
“Non
posso più restare qui.”
Immagini
sfocate degli ultimi avvenimenti gli accarezzarono la mente
Mentre
con un ultimo sguardo, salutava la casa di Caroline,
“Non
così”.
“…è la doppleganger?”
Cady lo stava osservando con una punta di malizia.
“Che cosa?”
“La ragazza di cui sei innamorato.”
Tyler sgranò gli occhi con aria turbata, colto di
sorpresa.
“Ma di che diavolo stai parlando?”
La vivace risata di Cady lo fece innervosire
ulteriormente: forse per via di quel sorrisetto malandrino che la
caratterizzava, forse per via delle orecchie leggermente a punta, ma in momenti
simili, la ragazza gli ricordava più un folletto dispettoso che un lupo.
E nella sua risata vi era un qualcosa di
tremendamente familiare.
“Non fare il finto tonto, omega. Sei
innamorato. Tra licantropi è impossibile non notare quando uno di loro ha quel
particolare luccichio nello sguardo.”
Era evidente che l’improvviso innervosirsi di Tyler
la stesse divertendo un sacco, perciò il ragazzo decise di ignorare il brusco
rossore improvviso delle sue gote e tentò di guidare l’attenzione di Cady verso
altre strade.
“Elena è la sorella di Jeremy Gilbert. La conosco da
una vita. No. Non sono innamorato di lei.”
Dichiarò appoggiando le mani sulle ginocchia e
riprendendo a osservare gli uomini in lontananza domandandosi se anche loro, da
qualche parte, avevano qualcuno che attendesse loro notizie.
Si chiese se quelle persone avessero un posto oltre
all’accampamento che potevano ancora considerare “casa”.
“Ti prometto che farò il possibile per tenerli al
sicuro.”
Cady annunciò immergendo le iridi ambrate nella
distesa color notte che si estendeva sopra di loro: le piaceva molto osservare
le stelle, e di tanto in tanto era capace di rimanere immobile per ore a
rimirarle affascinata.
Un lieve sorriso a tenerle compagnia nella quiete
della notte.
“Le mie orecchie a punta sono abituate a infiltrarsi
un po’ ovunque all’accampamento. Le userò per captare qualsiasi informazione
possa rivelarsi utile.”
Tyler sorrise debolmente lottando in silenzio con
l’inspiegabile desiderio di confidare i suoi pensieri alla luna. Quest’ultima
li osservava con aria vigile e attenta nonostante, così mutilata, apparisse
quasi indifesa.
“Si chiama Caroline.”
Ammise infine Tyler incrociando le braccia sul petto
e ignorando il sorriso trionfante che fece capolino sul volto di Cady.
“Non credo di essere completamente innamorato, ma… lei
mi è stata vicina quando si è verificato l’incidente. Ed era con me quando ho
dovuto affrontare la mia prima trasformazione. Ha rischiato molto per
aiutarmi…”
“Deve essere una ragazza speciale.”
Cady constatò con dolcezza. E nonostante il clique
di quella frase, Tyler si accorse di non essere affatto dispiaciuto
dall’intimità che si stava creando fra lui e quella ragazza. Non era mai stato
il tipo da confidenze – essere un Lockwood comportava automaticamente un
sorriso noncurante di facciata e un groviglio di pensieri ammatassato sul retro
– ma con Cady quel giochetto non funzionava. Per quanto si sforzasse di
mantenere al sicuro ogni sua minima preoccupazione, finiva sempre per farsene
sfuggire qualcuna spontaneamente.
“Caroline è un vampiro.”
Aggiunse voltandosi in direzione di Cady e
abbozzando un mezzo sorriso poco convinto.
“Oh.”
La ragazza inarcò appena un sopracciglio con aria
sbigottita analizzando le ultime parole di Tyler mentalmente.
“Allora è decisamente una ragazza speciale.”
Ripeté infine cancellando lo stupore dal suo sguardo
con il bagliore di un sorriso vispo.
I due ragazzi scoppiarono a ridere.
“Un po’ ti somiglia.”
Aggiunse infine Tyler rivolgendo a Cady un
sorrisetto beffardo.
La ragazza inarcò un sopracciglio con aria divertita
e sempre ridendo si sistemò più comodamente fra Tyler e il tronco dell’albero.
“Hai parlato con la tua famiglia?”
Domandò improvvisamente riportando lo sguardo verso
l’accampamento, osservando in tralice le schiene dei lupi più anziani che
giocavano a carte.
Tyler si riscosse improvvisamente, come se la momentanea
sensazione di spensieratezza scaturita dalle loro risate si fosse dissolta in
quel momento.
“Non ci sono riuscito.”
Ammise curandosi di distogliere lo sguardo da quello
di Cady.
“Ormai ho solo più mia madre. Ma non ho idea di cosa
dirle. Non so come spiegarle quello che sta succedendo…”
“Dovresti.”
La ragazza lo interruppe dolcemente prima di portare
entrambe le mani sulle ginocchia incrociate.
“Parlami di loro.”
Propose infine tornando a osservare Tyler.
“Di chi?”
“Di tutti. Di tua madre, tuo padre, di Caroline e
anche Jeremy Gilbert. Parlami della tua vita da umano.”
Tyler aggrottò le sopracciglia sforzandosi di
portare i suoi pensieri alla vita che aveva svolto fin solo a qualche
mese prima.
Frammenti di immagini appartenuti ad un altro Tyler
gli tempestarono la mente: un Tyler più spaccone e meno riflessivo. Un Tyler
altrettanto spaventato, forse. Ma probabilmente anche più vigliacco di quanto non
si sentisse in quel momento.
“Non era poi così speciale.”
Ammise avvertendo che gli angoli delle labbra si
stavano increspando a formare un debole sorriso terso di nostalgia.
“Ma ti manca.”
Cady gli fece notare sfiorando con delicatezza un
ginocchio di Tyler, infondendo in quel gesto un pizzico di tenerezza.
Tyler socchiuse gli occhi e si sforzò di localizzare
con la mente i più polverosi dei ricordi custoditi in un angolo del suo cuore.
Non ricordava molto della sua infanzia: per quanto
si sforzasse di procedere all’indietro, era come se i suoi primi anni di vita fossero
stati sfilati via con delicatezza dal calderone di flashback che ribolliva in
un angolo della sua testa. Ma dai cinque anni in poi, vi erano migliaia di
immagini sbiadite a popolare l’album dei suoi ricordi.
Rievocò le scorribande in bicicletta attraverso i
viali di Mystic Falls e le urla squillanti di due bambini piccoli. Pensò alle
mille serate trascorse a fare dolcetto e scherzetto in compagnia di Matt e gli
altri bambini del quartiere. Si ricordò della prima bicicletta ricevuta in dono
e della sua prima, imbarazzante cotta per la maestra di geografia: aveva sette
anni.
Pensò alla sua prima partita di football e anche
all’ultima: suo padre non aveva assistito a nessuna delle due.
Pensò ai baci privi di calore che si era scambiato
con Vicki e agli abbracci confortevoli di Caroline.
Passò in rassegna ogni sorriso. Ogni schiaffo. Ogni
pacca sulla spalla, da parte delle persone con cui era cresciuto a Mystic
Falls.
I suoi genitori, Matt, Caroline, i suoi compagni di
squadra.
Perfino i Gilbert.
Quella era la sua vera vita.
“Sì.”
Tyler ammise realizzando solo in quel momento di
quanto fosse tardi: la maggior parte dei licantropi si era ritirata al riparo
nelle tende e la notte aveva assunto un nero ancora più intenso ora che le
torce erano quasi completamente spente.
“Sì mi manca.”
***
Per chi è sul baratro però
Guarda in basso e dice “No”
Cel’hai un attimo per me?
Jeremy abbandonò il cellulare sul letto osservando
con aria assente le rifiniture della trapunta. Dopodiché scansò l’aggeggio con
una mano e lo lasciò scivolare con noncuranza sul pavimento abbandonandosi fra
i cuscini sbuffando.
Un paio di volumi rilegati in pelle rotolarono a
terra mentre la porta si socchiudeva lentamente.
“Tutto bene?”
Caroline fece ingresso nella camera del ragazzo
raccogliendo con premura i libri capitombolati sul tappeto.
Lesse la copertina del primo mentre un guizzo
divertito faceva capolino nel suo sguardo.
“Vampiri e lupi mannari: le origini,
la storia, le leggende. Di Newton Compton.”*
Pronunciò pomposamente prendendo
posto sul letto di fianco al ragazzo.
“Ultimamente ti stai documentando parecchio.”
Jeremy sprimacciò un cuscino con cura e intrecciò le
dita dietro la nuca.
“Mia sorella è in pericolo, Caroline. Voi tutti
state facendo il possibile per aiutarla e io non ho intenzione di restarmene
con le mani in mano. Per quanto riguarda Klaus c’è ben poco che possa fare,
perciò mi sto occupato delle altre questioni in sospeso. Sto solo cercando di
rendermi utile.”
Commentò allungandosi oltre Caroline per recuperare
il cellulare. Osservò il display alla ricerca di nuovi messaggi, ma lo schermo
restava vuoto. E ammaccato.
“Tyler non risponde.”
Aggiunse infine con aria stanca.
“…A me invece sembra che tu stia semplicemente
cercando di distrarti.”
Commentò Caroline con aria furba incrociando le
braccia sul petto; conosceva Jeremy da troppo tempo, per potersi lasciare
sfuggire la tristezza che velava come un ombra il suo sguardo.
“Hai di nuovo litigato con Bonnie, non è vero?”
Jeremy roteò gli occhi agguantando con una mano le
cuffie sul comodino e srotolandone il filo per infilarsele alle orecchie.
La ragazza gliele strappò di mano con un unico
movimento e se le sistemò sulle ginocchia ricevendo in cambio un’occhiataccia
furente da parte del ragazzo. Nonostante di tanto in tanto Caroline si
compiacesse di notarlo improvvisamente cresciuto, per il resto del tempo Jeremy
rimaneva per lei, come per tutti, il piccolo di casa Gilbert.
E momenti come quelli non facevano altro che
sottolineare la premura con cui Caroline avvertiva il bisogno di occuparsi di
lui.
Come se oltre ad essere di Elena, Jeremy
appartenesse anche un po’ a lei.
Come se fosse il fratello minore di entrambe.
“Che succede?”
Caroline domandò con un’occhiata ammonitrice, come
faceva spesso sua madre.
Jeremy sbuffò e prese a fissare il soffitto.
“Lei mi piace davvero…”
Mormorò infine ignorando l’occhiata intenerita
riversata da Caroline su di lui.
“Ma non credo che Bonnie mi consideri nella stessa
maniera in cui la considero io.”
La ragazza scosse il capo lentamente sorridendo con
dolcezza.
“Bonnie ci tiene a te, Jer. Ha
solo bisogno di un po’ di tempo per fare ordine fra i suoi pensieri. Stanno
succedendo un mucchio di cose ultimamente e… tu sei il fratello della sua
migliore amica…”
“Il fratellino.”
Jeremy precisò balzando a sedere di scatto con aria
irritata.
“Io sono il “fratellino” di Elena.”
Borbottò le ultime in tono di voce risentito,
lasciando ciondolare il capo con aria stanca.
Caroline sorrise dolcemente sistemando un paio di
ciocche di capelli spettinate sul capo del ragazzo.
Bonnie era la sua migliore amica: non l’aveva
abbandonata nei momenti più critici e quando si era convinta di averla persa
per sempre, lei aveva fatto capolino con quel sorriso obliquo e gli occhi colmi
di fiducia. L’amicizia che condivideva con Bonnie e Elena era qualcosa di
unico. Di speciale.
Eppure, osservando la delusione scolpita nello
sguardo di Jeremy, Caroline non riuscì ad evitare di sentirsi in colpa per ciò
che il giovane stava passando in seguito all’indecisione dell’amica.
Dopotutto, Jeremy non era solo il fratellino di
Elena.
Era un ragazzo –un uomo-.
Jeremy era un meraviglioso giovane uomo.
E Bonnie, a tempo debito, se ne sarebbe resa conto.
“Ricordi il giorno in cui scoprii che papà aveva
lasciato me e la mamma?”
Domandò improvvisamente sistemando le cuffie di
Jeremy sullo scaffale e tornando a sedersi sul letto.
“Quel pomeriggio mi ero rifugiata in casa vostra e
non avevo la minima intenzione di andarmene a scuola. Ricordo che trascorsi il
pomeriggio nella vostra cucina a piangere come una disperata, mentre Elena e
Bonnie facevano del loro meglio per consolarmi. Tu eri molto piccolo: otto o
nove anni al massimo. Ricordo che per farmi smettere di piangere prendesti
delle mele dalla credenza e incominciasti a fare il giocoliere intonando una stupidissima
canzoncina da circo. Elena ti supplicò di piantarla, ma tu continuavi a
saltellare per la cucina blaterando assurdità e facendoti rimbalzare le mele da
una mano all’altra. Ad un certo punto ne lanciasti una troppo in alto e per
cercare di prenderla sei inciampato nel tappeto, andando a sbattere la testa
contro lo sportello della credenza…”
Jeremy scoppiò a ridere di gusto massaggiandosi la
tempia con aria divertita.
“Me lo ricordo. Hanno dovuto mettermi dei punti.”
Caroline rise con lui.
“Tua madre fu costretta a prendersi un’ora di
permesso dal lavoro per portarti al pronto soccorso. In compenso credo di non
aver mai riso così tanto in vita mia.”
Jeremy sorrise al ricordo con aria vagamente
imbarazzata mentre Caroline si sollevava dal letto osservandolo con attenzione.
“Fammi sapere se devo venire a far volteggiare
qualche mela in camera tua, va bene?”
Domandò dolcemente individuando all’istante il lieve
bagliore di tristezza che era tornato a incastonarsi fra le iridi del ragazzo;
Jeremy si limitò ad annuire.
“Bene. Vado a dare una mano alla signora Lockwood
per il pranzo di beneficienza. Se hai bisogno sai dove trovarmi.”
Caroline sorrise con aria sbarazzina e si allontanò
dalla camera di Jeremy intonando un allegro motivetto pubblicitario.
Prima di uscire, la ragazza sfiorò con una carezza
il capo del giovane Gilbert.
***
Tyler
pigiò per la terza volta in un minuto i tasti del telefono, prima di indugiare
in silenzio di fronte al numero completo sullo schermo.
Cancellò
nuovamente la sequenza e la ricompose, questa volta variando le ultime cinque
cifre. Indirizzando la chiamata a una persona completamente diversa.
Con
un ultimo sospiro, premette il tasto di chiamata e sollevò il ricevitore
infilandosi l’altra mano in tasca e prendendo a camminare per la radura.
Camminando, sperava di dissolvere l’ansia che si era intrappolata nel suo
stomaco da quando aveva preso in mano quel maledetto cellulare.
Uno
squillo. Due squilli.
Al
terzo squillo una voce femminile gridò il suo nome con quanto fiato aveva in
gola.
“Ciao
mamma.”
Tyler
avvertì un lieve tremore nella sua voce, ma decise di non badarci.
“Sto
bene, sto bene. E mi dispiace.”
Cel’hai un
attimo per me?
Perché
c’è troppo bisogno di aiuto, di aiuto
Nota dell’autrice.
Ed eccoci qui con questo nuovo capitolo. Finalmente iniziano
a smuoversi un paio di cosette: la maledizione del sole e della luna torna a galla
e Tyler incomincia a dubitare di ciò che gli sta attorno. Il legame fra Tyler
e Cady inizia a farsi più saldo e abbiamo anche scoperto qualche
cosina in più a proposito della giovane ragazza lupo. Per ultimo, ma non per
importanza, Jeremy e Caroline hanno finalmente fatto comparsa,
anche se per poco. Ci tengo tanto alla loro interazione, dunque spero di averli
resi abbastanza bene. Fatemi sapere se il capitolo è troppo lungo o noioso. Finisco
sempre per dilungarmi, non riesco ad evitarlo.
Le canzone in questo capitolo è in italiano. Non
succederà più, lo prometto. Non è molto carino alternare il titolo nelle due
lingue, ma in questo caso, non appena ho sentito la canzone, mi sono sentita in
obbligo di usarla, perché mi pareva perfetta per tutti e quattro i personaggi.
Volevo aggiungere un’altra cosa: sviluppando alcuni
storylines di questa storia, mi sono resa conto che alcune cose non coincidono
esattamente con la linea temporale del telefilm. In particolare, come mi ha
fatto notare Giuls (Butterphil) nello scorso capitolo Mason non
subisce la sua prima trasformazione un anno prima di tornare a Mystic Falls, ma
intorno al 1993/1994 quando Cady e Tyler sono ancora molto
piccoli (Cady è nata nel 1994. Tyler nel 92). Mason è un personaggio
fondamentale nel passato di Cady (come vedrete
già nel prossimo capitolo) e avevo bisogno di includerlo nel racconto:
ritoccare un po’ le cose era l’unico modo per renderlo possibile.
Dunque, che altro aggiungere? Vorrei ringraziare di
cuore, Maria (Fiery) che come al solito ha avuto molta pazienza nel
betare anche questo capitolo. Grazie infinite alle persone che hanno commentato
lo scorso capitolo e in particolare alle persone che hanno aggiunto Cady alle seguite.
Questa storia, benché la ami, mi sta dando parecchi problemi, poiché non
sono mai stata capace a scrivere long , e vedere che le date fiducia, mi spinge
a continuare. Spero davvero di sentire presto un parere da parte vostra.
Ultima cosa e poi vi lascio andare: ho da poco
aperto una pagina su facebook in cui prenderò nota di tutti gli aggiornamenti
delle mie storie. La potete trovare qui: http://www.facebook.com/#!/pages/Kary91/178479098854560
Un abbraccio
Laura
Oh! P.S. La parte in corsivo a destra è
tratta dalla puntata 2x14, Crying wolf. Quando Tyler parla con Jules
prima di allontanarsi da Mystic Falls.