Giorni di Veleno

di Wolf
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Giorni di Veleno ***
Capitolo 2: *** L'onda ***
Capitolo 3: *** That's how LOVE stories ends. ***
Capitolo 4: *** Tu Sei ***
Capitolo 5: *** Il Pescatore ***



Capitolo 1
*** Giorni di Veleno ***


Nuova pagina 2

Premessa: Giorni di veleno è una raccolta di one-shot, lettere, racconti, sorrisi, pensieri.

Non ha pretese, come non ne ho io.

Solo una, enorme, gigantesca richiesta. Una richiesta di un favore più che di un dovere.

Recensite.

Questo solo per la presunzione di voler crescere come scrittore.

Scrittori si nasce e bravi si diventa, mi pare sia così, no?

Grazie cmq a tutti quelli che decideranno di guardare questi giorni di veleno che forse, chissà, possono essere anche i loro stessi giorni di veleno.

Giorni di veleno è dedicato ad Alice, per tutti i sogni, gli errori e le paure che non abbiamo avuto. Per i giorni di veleno che avrei tanto voluto affrontare insieme a te. Per quando il dolore diventa un accecante bisogno.

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Capitolo 2
*** L'onda ***


L

L' Onda

 

Tenerife, 1998.

 

La sabbia,

si sgretola, infilata tra le pieghe della mia gonna.

Colori acrilici,

la mia maglietta,

la tua maglietta,

la loro maglietta.

 

E l' onda.

 

Isra suona la chitarra e da sotto i suoi capelli mori, attraverso le fiamme del falò, getta occhiate silenziose verso di me.

Certe volte non riesce a smettere/

Rimane così, intrappolato tra i miei occhi come una falena all'interno di una lampada/

Lentamente brucia/

Dolcemente brucia/

Silenziosamente brucia/

E brucia/

Brucia il suo amore/

Brucia la sua rabbia/

E brucia la sua delusione/

Brucia il suo odio.

 

Genas mi trattiene con un braccio attorno al collo,

No, Genas non mi trattiene, io trattengo lui,

Io addosso al mio peso

Io appoggio il suo peso

Genas ride/

Isra suona/

Genas canta.

 

Monica canta, attraverso sorrisi impacciati, cancellati dal sale del mare.

Si avvolge nel tiepido colore di un asciugamano rosso.

 

Isra suona, come aveva scritto/

Isra per me/

Isra per se/

Isra per un amore che da solo ha costruito e distrutto/

Isra per ciò che non dico/

Isra per ciò che dice/

Isra per ciò che non dimentica.

 

Ingrid muore.

 

Genas mi accarezza/

Mi accarezza i capelli.

 

Ingrid canta/

Isra suona/

Ingrid muore.

 

 

1997

In un sogno, per un banale incidente, si possono scambiare due persone per una sola?

 

Si può guardarli avvolgersi tra le coperte della speranza,

nascondersi tra le pieghe dei vestiti,

sul patibolo della pietà, dietro l'elefante della paura, verso l'altare del perdono.

Un uomo gay ed una donna innamorata di un altro uomo,

le tempie così vicine da fondere i propri cervelli.

Kaboom!

Fuori è caduta la prima bomba.

Kaboom!

Fuori è caduto il primo fiocco di neve.

************************

Tic - Tac

Tic - Tac

Tic - Tac

Tic - Tac

 

"Signore?"

E' un maschio.

"E' una femmina."

Chissà perchè uno si aspetta sempre che gli dicano "E' un maschio".

Troppi stereotipi strappati alla tv,

Battute rubate ai cellulari.

 

"Okay."

"Non vuole entrare?"

"Meglio di no."

Ed ora, esco sul balcone, mi accendo una bella Marlboro rossa.

"Entro... entro io... posso?"

Isra.

"Certo signore, venga con me."

E' già sparito.

***********************

Sta piangendo.

Isra.

 

Sta fumando.

Genas.

***********************

"Cosa pensavi di fare?!"

"Vedere... vedere mia figlia."

"MIA figlia vorrai dire!"

"..."

"Isra ricorda queste parole: non avvicinarti mai, mai più ad Ingrid e Blança, sono stato chiaro?"

"Blança?"

"Hai capito bene."

"Ingrid aveva detto... io e lei avevamo detto che l'avremmo chiamata Maya. Lei aveva promesso..."

"Non me ne frega un cazzo di cosa aveva detto..."

"Promesso."

"...Come ti pare, di cosa aveva promesso Ingrid, dei vostri giochini da amanti. La figlia è mia e si chiamerà Blança."

"Blança..."

"Sì Isra, Blança."

"E' bellissima."

**********************

28 novembre.

E sei mesi sono sembrati tutta la vita.

E sei mesi sono stati bruciati nel piattino delle ceneri/

In quello dei peccati/

In quello delle segrete richieste di dolore.

 

"Io ti battezzo Blança Maria Consuelo Nieto"

Tre nomi che rimbombano vuoti nel pozzo di un cognome che brucia così/

Con il vento.

 

Sta piangendo.

Isra.

 

Sta fumando.

Genas/

Genas Nieto.

**********************

Toc

...

Toc

...

Toc

Non ricordavo che la luce, nemmeno quella della luna, fosse davvero così/

Forte.

 

Non ricordavo che il sapore delle lacrime, nemmeno quelle di Ingrid, fosse davvero così/

Acre/

Salato/

Pieno d'amore.

 

Tumore/

Tumore/

Non so nemmeno cosa significhi/

Tumore.

 

"Ti avevo detto di smetterla."

E piange ancora di più/

Abbracciando le mie ginocchia.

 

"Ti amo."

Le lacrime s'arrestano ma sappiamo entrambi quanto più forti di prima saranno/

Quando ricominceranno/

Ora che ricominciano.

 

"Bugiardo!!"

Ridi o piangi?

Beh, prima mi colpisci/

Una sberla dolce come il profumo del mare/

Il profumo dell'onda.

 

 

1998

"Sì Isra, hai ragione e per favore non dire niente. Non avrei dovuto tenerti lontano dalla bambina."

Passi avanti/

La bambina non è più la sua/

La bambina non è mai la mia/

Senso di possesso che ci attanaglia come in un recesso di anni.

"Andiamo."

*****************

Isra suona/

Blança ride.

 

Isra soffoca il suo sguardo su quel piccolo viso/

Un' altra nota ancora/

Ancora/

Ed il sorriso/

Quello di suo padre/

E gli occhi verdi/

Intensi come due metà d'un campo di pallone/

Intesi come piccole goccie di sciroppo alla menta/

Gli occhi verdi/

Quelli di sua madre.

 

Isra suona/

La loro ultima canzone.

 

Ingrid canta/

E poi muore.

Nel silenzio di un onda.

Ora c'è l'acqua/ tra le pieghe della gonna/ scivola come le carezze di Isra/

dolci come il tormento/ dolci come la morte/

ed il silenzio/

di ogni notte/

nell'amore più assoluto/

del vuoto/

Ed il silenzio del sapore di quell' ultima sigaretta che c'era/

ancora in mezzo a quel libro/

L'ha fumata/

L'ha spenta tra l'onda/

Non era una Marlboro/

Non l'ultima/

No/

Era una Chesterfield/

Era la sua ultima sigaretta/

L'ha fumata al posto di Isra/

Sarebbe dovuta essere/

Quell'ultima sigaretta/

Che lui non ha mai fumato/

L'ha spenta tra l'onda/

Adesso.

 

E adesso/

Isra suona la loro ultima canzone.

 

In un sogno, per un banale incidente, si possono scambiare due persone per una sola?

 

No Isra, no/

Non sbagliare la nota/

Lascia asciugare quella lacrima sul tuo viso/ dal fuoco/

Nasconditi ancora/

Tra le pieghe del mio vestito/

E l'onda mi investe/

Dolce/

Muta/

Come il tuo sguardo.

 

La più grande storia d'amore/ consumata tra un onda ed una chitarra/ mai asciugata/ come quella lacrima.

 

La faccia di Isra sta bruciando/

Ed i denti tagliano/

E le corde suonano/

E canta più forte...

 

L'onda si è immersa,

 

"INGRIIIID!! NO!"

 

Genas corre/

Corre forte in un nero vuoto/

Fresco/

Verso/ il giudizio finale/

Ogni momento è stato fatto per essere/

Inghiottito/

Dall'onda.

 

Un'altra onda riemerge/

Isra fà silenzio/

Rumoroso/ come l'inferno/

E' il loro ultimo sogno/

La loro canzone/ è finita.

 

Un'altra onda si è immersa/

è già sparita.

 

******

N.d.A. Questo racconto breve, se così si può chiamare, è dedicato a tutte quelle storie, a quelle persone, a quei momenti in cui la vita fa male, anche se è bella, anche se te l'aspetti. E' dedicato ad Alice, quella nel mio cuore sempre e x sempre, e nella fattispecie ad un' altra Alice, Aci, per tutte le cose che mi ha insegnato, per l'amicizia profonda e speciale oltre ogni come che ci lega, per la persona splendida che è.

R&R, please!!!

Grazie a tutti,

Wolf.

 

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Capitolo 3
*** That's how LOVE stories ends. ***


That

That's how LOVE stories ends.

 

Clio

Caro Samu,

Si lo so che odi essere chiamato così. Non so invece perché mi trovo a scrivere una lettera iniziandola con “Caro …”, ad una persona con cui ho intrapreso strade che hanno fatto si che alla fine “Io” e “Tu” si confondessero.

Samu, non farò giri di parole, sai che non mi piacciono come non piacciono a te, anche se poi tutte le volte, puntualmente li fai. Forse scriverò duecento pagine, (questa è la volta buona che supero le maledette tre facciate dei temi!!) ma ti dirò tutte cose indiscutibilmente vere e senza mezzi termini.

Prima di tutto, odiavo quando mettevi il broncio. Ti giuro, lo odiavo. Odiavo quando volevi fare a tutti i costi il simpatico, odiavo quando facevi il permaloso e quando facevi il bambino viziato, odiavo tremendamente la tua insistenza infantile. Trovavo insopportabile il fatto che dovessi sempre e per forza mettere tutte le carte in tavola, spiegare tutto, dire tutto, ripetere tutto…

E quando non ti si poteva togliere dalle mani quel maledetto telecomando? Quando mi staccavi il telefono perché non riuscivi a sentire il film, senza nemmeno avvisarmi prima? Lo sai che la mia amica Clarissa ti odiava perché facevi sempre puntualmente così?

Quando ti mettevi davanti alla porta e mi dicevi serio “No oggi a scuola non ci vai, stai qui con me.” Quando ti impuntavi per avere cose che sapevi perfettamente che non era nelle mie possibilità farti avere. Quando mi spingevi a fare sbagli che sapevi avrei pagato, solo perché si trattava di stare con te e tu mi volevi lì.

Come quando mi convincesti a scappare di casa, saltando giù da quella finestra, in quella calda notte, andare a piedi fino al lago, con quelle Fajitas straboccanti di salse strane e verdi e peperoni che tu buttasti dopo un cagno. “Cinque euro buttati al vento solo per essermi fidato di te. Ricordami di non farlo mai più” commentasti con quel disgusto dipinto sulle labbra perché ancora avevi quel sapore in bocca, che tra l’ altro a me sembrava ottimo. Quanto eri schizzinoso e selettivo quando si trattava di gastronomia…  Fu la prima volta che facemmo l’amore.

Oddio… poi ti detestavo quando facevi il pazzo in mezzo alla strada, con la tua noncuranza del mondo esterno, ti mettevi a cantare a squarciagola, o a imitare qualche strano animale, o ad urlare per qualche indefinito motivo… eri un pazzo. Ogni volta avrei voluto tapparti la bocca con le mani o con un bacio, il più delle volte l’ ho anche fatto.

E poi, mi prendevi in giro. Ti avrei ammazzato in quelle giornate in cui ogni cosa era un pretesto per ridere di me. Lo so, lo facevi con amore, ma quando cominciavi… prima era la maglietta, poi le scarpe, poi gli orecchini e poi l’ espressione, le parole, anche il modo di arrabbiarmi con te. Eri irritante ogni altro modo. Ma così dolce e sexy, a volte…

Come eri insensato poi, fissato con quell’oroscopo e quelle cose mistiche assolutamente idiote, sembravi una donna certe volte…

Ah, e poi quando partivi con i discorsi morali? Oddio ti avrei soffocato con il cuscino o con il mio seno, morso le labbra fino a farti stare zitto. Neanche fossi l’uomo perfetto, ti arrampicavi in quei discorsi intrisi di banalità e luoghi comuni che poi, se li avessero fatti a te avresti mandato tutti a fanculo.

E poi quell’ indecisione così insita in te, che ti permettevi anche di odiare la gente indecisa, come quella che faceva discussioni per cose come chi paga il conto.

E quella tua natura riflessiva, meditabondo per natura. Spesso ti osservavo mentre guardavi fuori dalla finestra con le dita che giocavano con le labbra o che accarezzavano le basette o i capelli. Eri così bello che non ci potevo credere, perché ridevi senza motivo, da solo, mentre stavi lì a pensare e dai tuoi occhi passavano milioni di emozioni, quasi stessi vistando tutto il mondo e facendo le cose più belle possibili solo seduto lì, dietro a tuo banco riempito solo da un foglio ed una matita.

Samu a ripensarci, se non per il sesso, per i baci, per le carezze, gli abbracci e i massaggi, quelle tue mani dorate, non c’ era proprio niente che non detestassi di te.

Però mi manchi.

Ora cammino per strada e so che nessuno si metterà a cantare o a strillare. So che nessuno mi prenderà tra le braccia ridendo, in mezzo alla piazza di Domenica, urlando come un pazzo “Questa è la mia ragazza, è la mia ragazza!”.

Ora so che la mia vita è in equilibrio, che nessuno mi chiamerà o mi suonerà al citofono inaspettatamente per chiedermi di andare con lui a Roma per tre giorni.

Non c’ è nessuno che mi sconvolgerà o spingerà a fare cose pazze, nessuno che alle 5 di notte mi busserà alla finestra ubriaco con una rosa in mano stile venditore da pub del sabato sera, dicendomi “Io voglio che mi sposi, lo giuro davvero… e se no… se non ti va bene… ecco, allora io ti sposerò senza dirtelo. Non c’è niente che mi possa fermare…”

So che nessuno sarà mai più capace di farmi svegliare ogni mattina, anche dopo i litigi e gli urli e le lacrime, con solo la voglia di prendere il telefono e chiamarlo. Oppure, quelle splendide mattine in cui tu eri di fianco a me, di guardarti dormire ed accarezzarti i capelli, poi svegliarti e saltarti addosso, pizzicarti, farti il solletico, sentire le tue mani sulla mia schiena, morderti l’orecchio, sussurrarti parole dolci a volte passionali o perfino volgari… tutto sembrava bello, puro, semplice.

 

Ma io amavo di te tutte le cose che ho sempre detto di odiare ed ora me ne accorgo.

 

Non so con esattezza cosa ci ha cambiato.

Non so perché l’ amore finisce, o perchè tutte le cose cambiano e passano.

Non so perché ora siamo lontani, perché tutte le cose che amavamo l’ uno dell’ altra sono svanite.

Oggi quando ti ho rivisto, seppur a distanza di quasi un anno, il mio cuore si è riempito di quella dolce malinconia che sono sicura anche tu hai sentito. Ti guardavo e pensavo a quante cose di te sapevo solamente io e quante cose tu sai di me, solo tu.

Quando quei tuoi occhi azzurri hanno guardato i miei mi sono sentita dopo così tanto, così nuda. Mi ha fatto un po’ paura, quando ho pensato a quante volte le mie unghie erano affondate nelle tue spalle, quelle spalle che ora avevo davanti, che potevo sfiorare. Pensare che tu avresti potuto descrivere esattamente ogni mia cicatrice, quella sotto la pianta del piede, quella dietro l’orecchio… Ricordare quando mi coprivi con le mani gli occhi e mi baciavi.

E ti ho visto che mi guardavi le labbra come quando mi volevi tutta per te, baciare e stringere forte.

Ti ho visto che mi prendevi in giro un po’ a fatica, che mi guardavi serio serio quando me ne andavo, come quando in passato mi volevi far capire che ti stavo ferendo mortalmente.

Ti ho visto guardare il mio sorriso sempre incerto mentre io guardavo il cielo per far sì che le lacrime mi ritornassero giù da dove sentivo stavano venendo.

Ero felice Samu. Ma proprio mortalmente triste.

So che questa lettera non te l’aspetti, perché non è da me, non l’avrei mai fatto. Non la Clio che conoscevi.

Ma ti stupirò, te ne ho scritte molte di lettere. Non te ne ho mai data nemmeno una perché io non sono come te, non ho mai avuto il coraggio di aprirmi così completamente come hai fatto tu. Ma sai, non ti stupirò affatto invece, perché non ti darò nemmeno questa di lettera.

E allora ci posso scrivere quello che voglio… SEI UNO STUPIDO! Perché non mi hai sposato eh? L’avevi giurato, bugiardo! bugiardo…

Sai, sono arrivata alle tre facciate. Non le supererò però perché ora non mi rimane che dire una cosa, la più scema che avrei potuto dire cento righe fa e avrei risparmiato a tutti questo strazio di lettera… ma tutto sommato chi se ne frega come è scritta. Sono scema sai, avevi ragione… me lo dicevi sempre che sono una scema.

“Clio sei una scema!”

“Clio sei strana…”

“Clio chi ti capisce è bravo…”

“Clio ma che cazzo stai dicendo? Eh? Sei una stupida…”

“Clio, scema, ti amo.”

Oh, sì, questa me la ricordo proprio bene… la tua dichiarazione d’ amore. Solo uno stupido come te poteva fare una dichiarazione così…Solo un cretino come te poteva buttarmi e buttarsi nella neve alta tre metri per darmi il primo bacio. Solo uno come te poteva regalarmi un “buono per cento baci con furore da Samuele.” per natale. Solo un cretino come te poteva essere il mio unico più grande amore.

Allora…

Samu, scemo, ti amo.

 

Tua moglie per sempre,

 

Clio.

 

*****************

Samuele  

Era una mattina, all’alba.

Te ne stavi appoggiata ad un albero che poteva essere una quercia, o un abete. Il golfino di lana che scendeva lungo i fianchi, l’auricolare nell’orecchio. Battevi il tempo di una qualche musica con il piede, guardando qualcosa che solo tu vedevi, proprio sul ciglio della strada, a pochi centimetri dai miei scarponi rovinati dal tempo.

Giocavo con il vuoto della strada, battendo la mano sui miei jeans, guardando il rosso dell’ alba che si dipingeva dietro di te.

C’era qualcosa nei miei ricordi che, chissà perché, mi lasciava pensare che non avrei mai potuto muovermi da lì. Quando ti innamori, ogni volta, è sempre così? Ogni piastrella diventa un ricordo, l’amore ti mangia via ogni parte di libertà, cancella l’ indipendenza che la tua mente ha di spaziare intorno alle cose, intorno al vuoto.

Perché ogni ragazzo di diciassette anni si innamora così follemente di qualcun’ altro, cancellandosi; non c’ è eccezione, ogni adolescente ci deve passare almeno una volta.

Mi mette i brividi solo il pensiero. Non so con sicurezza se sia il pensiero di essere come chiunque altro o se il ricordo del dolore passato, o se ancora la paura di quello futuro.

Quand’ è poi che il dolore passato è così forte che non si ha più voglia di sprecare una sola energia per trovare felicità futura? Quand’ è che non ne vale più la pena?

 

Strinsi forte il pugno e feci quei due passi avanti.

 

Ti ricordava, tu, di tutti i film che avevamo guardato abbracciati? O che non avevamo guardato affatto?

Con lo sguardo fermo, cercai il ciuffo rosso che ti scendeva da dietro l’orecchio quando ti avevo conosciuta.

Non c’era più. I capelli erano cresciuti, l’ultimo ciuffo tinto era stato tagliato. Quanto tempo avevamo passato insieme? A fare le cose che fanno migliaia di altri. E quand’ è che la cotta era diventata innamoramento? Quando gli adolescenti erano diventati adulti?

Abbassai lo sguardo mentre tu alzavi il tuo, perché se mi stavi guardando, io stavo morendo di paura.

Avevo vissuto più a casa tua che a casa mia, tu avevi vissuto più a casa mia che a casa tua, avevamo vissuto in un mondo esclusivo solo nostro, e come era stato duro, riatterrare su questa terra fatta di strade e d’asfalto e cemento.

Se stavamo parlando, e litigando, ci stavamo anche accorgendo che il nostro passato insieme stava svanendo. Quando io alzavo la voce, tu ti ricordava quando ti giurai che non l’avrei mai fatto. Quando tu mi dicevi che non volevi stare con me, mi ricordavo quando tra le mie braccia mi sussurravi che non mi avresti lasciato mai.

Come si può evitare che le lacrime non lascino mai gli occhi? E che i figli non lascino mai i genitori? Che i mariti non lascino mai le mogli? Che Peter Pan non lasci mai l’isola che non c’è?

Allora, avrei solo avuto voglia d’urlarle “AMAMI!”

 

***************

Così finiscono le storie d’ amore.

 

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Capitolo 4
*** Tu Sei ***


Documento senza titolo

14 dicembre 2006

Tu sei

Sei l’ultima delle rinunce,
la prima delle speranze.

Sogno.
Sogno di quell’ultimo momento in cui,
vorrò lasciare tutto,
per vederti restare,
e vedrò che,
in fondo ai tuoi occhi,
non c’è nient’altro che dolore,
è quello che vorrei vedere,
è quello che vorrei guarire,
è quello che vorrei sentire,
e qui so di sbagliare.

Respirami.
Fammi sentire che,
senza rinunce,
mi guardi,
da capo a fondo.
Vorresti sentire,
che non ho più domande?
Vorresti sapere,
che posso guarire il tuo cuore,
e cancellare le tue ferite?
Vorresti vedere,
che non faccio altro che aspettare?
Potresti vedere,
che non faccio altro che aspettare,
di stringerti?

Stringerti,
per sentire,
il tuo cuore battere forte,
per farti sentire,
il mio cuore,
battere dolcemente;
per lasciare che sia lui stesso
ad insegnare al tuo,
il ritmo con cui camminare.

Seguimi.
Seguimi senza domande,
lasciami guidare,
questo nuovo giorno,
lasciami sorridere,
lasciami andare,
fai sì che io non ti debba mai fermare,
fai sì che io non mi debba più fermare.

Vieni con me,
vieni via,
via da questo posto.

Apprezzerò ogni secondo della tua merda,
e sorriderò ad ogni tuo sorriso,
asciugherò ogni tua lacrima,
e soffierò quando sarà il momento,
per te,
di volare.

Ti strapperò ogni cappio,
che vorresti avere per le mani.

Comprerò lenzuola bianche,
ogni volta che le avrai tinte di rosso.

Potresti vedere,
che non voglio altro che salvarti?

Potresti restare?
E non ti farai mai più male,
non ti farò mai più male.

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Capitolo 5
*** Il Pescatore ***


Documento senza titolo

14 Gennaio 2006

IL PESCATORE

Mi hai ridato la vita.

Poiché così dolce
Ciò che mi aveva cancellato,
annullato,
spezzato,
reso nullo,
e mi aveva fatto imbarcare acqua,
mentre io restavo immobile,
nell’affondare,
con i remi in barca,
esso mi lasciava finito,
fermo,
a prendere atto della mia solitudine.

A pescar pesci,
troppo grandi per il mio amo,
imbarcavo ancora più acqua,
e mi bagnavo,
e gli occhi si bagnavano,
le guance,
le labbra,
acqua salata,
e tutto proiettava nelle mie retine,
favole claustrofobiche,
troppo speranzose per non essere frutto,
di uno stupido.

E questo stupido pescatore era perso
e solo,
nella notte nuvolosa;
la canna da pesca,
spezzata,
accanto a lui,
incapace di pescare anche solo un attimo di silenzio,
nella sua anima.

Oh lei, sogno lontano,
separati dal mare eravamo…

Non potevo chiudere gli occhi,
senza sentire i suoi,
non potevo tenerli aperti,
nell’essenza del mare.

Ho cercato,
a lungo,
nel frastuono doloroso,
una luce,
e non avrei potuto trovare,
nient’altro che te.

Un brillio in avvicinamento,
che salvò la mia luce.

E ciò che era una luce lontana,
un punto per cui tenere gli occhi aperti,
tra il buio,
non fece altro che irradiare,
sempre più luce,
fino ad accecarmi,
fino a stordirmi,
fino a salvarmi,
fino ad ammazzarmi,
fino a farmi immolare sull’altare del sacrificio,
volontariamente,
coraggiosamente,
tristemente,
gioiosamente,
speranzosamente,
disperatamente,
solo e pieno del mondo.

Sacrificandomi senza rinunce,
per te che mi hai salvato dal buio.

Hai tirato fuori il meglio di me,
le peggiori tra le aspirazioni.

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