Slitherin Airlines di callistas (/viewuser.php?uid=49989)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Draco ***
Capitolo 2: *** Hermione ***
Capitolo 3: *** Conoscenze in aereo ***
Capitolo 4: *** Si comincia! ***
Capitolo 5: *** Devo sapere! ***
Capitolo 6: *** Fiducia ***
Capitolo 7: *** Primo tentativo ***
Capitolo 8: *** Ritorno ***
Capitolo 9: *** Secondo tentativo ***
Capitolo 10: *** Con i piedi per terra ***
Capitolo 11: *** Nulla è quello che sembra ***
Capitolo 1 *** Draco ***
01 - Draco
Salve salvino, gente!
A rieccome con un’altra storia a capitoli.
Spero di non
risultare sgradevole, visto che la storia NON si basa sulla magia.
Draco e Hermione si incontreranno in un mondo dove la magia non esiste.
Non voglio svelarvi i lavori di questi due ragazzi, ma andando avanti
con la lettura lo capirete da soli.
Sperando che
Draco faccia lasciare a voi, gentili donzelle, la stessa scia di bava
che ha fatto lasciare a me quando l’ho immaginato in quei panni.
Buona lettura,
callistas
I believe I can fly
I believe I can touch the sky…
La vita di ogni essere umano è caratterizzata da una colonna sonora.
Più o meno, come nei film.
La si ascolta
una volta sola, e si ha la consapevolezza che ci accompagnerà
per il resto dei nostri giorni. E come nei film, ci sono diversi pezzi
musicali, quelli per le scene tristi, quelli per le scene divertenti,
quelli per le scene critiche. Ma la colonna sonora, quella…
quella sembra essere in grado di riassumere tutto il film in pochi
minuti. La scena che decreta l’uso della colonna sonora racchiude
in sé tristezza, un pizzico di umorismo e tanta, tanta tensione.
I think about it every night and day
La vita di
Draco Malfoy è un continuo alternarsi di tristezza, umorismo e
tensione. Aveva solo tre certezze nella vita: la sua fidanzata, i suoi
genitori e il suo lavoro.
Un lavoro che
lui preferiva definire passione. Riusciva a vedere il bello del suo
mestiere anche nelle situazioni più critiche e non era da tutti
un atteggiamento simile.
Ma le sue certezze, da tre, passarono a due.
Fu la peggior
batosta di tutta la sua vita: a soli due giorni dal matrimonio, la sua
fidanzata, colei che avrebbe dovuto essere la sua anima gemella,
l’altra metà del suo cuore lo prese in disparte e gli
confessò di non poterlo sposare. Non per assenza di sentimento,
tutt’altro.
Perché ce n’era troppo.
Non riusciva a
reggere la tensione che il lavoro di lui le causava, non sarebbe mai
stata in grado di vivere giorno dopo giorno con la paura che il
campanello di casa suonasse e che un estraneo le comunicasse che suo
marito era morto.
Draco era
caduto in uno stato catatonico. Aveva passato due giorni seduto sul
letto di casa sua con gli occhi sbarrati e puntati nel vuoto. Non era
riuscito nemmeno a piangere. I suoi genitori non sapevano più
cosa fare per farlo reagire, avevano provato di tutto: schiaffi, finte
notizie di parenti morti, inverosimili tornadi che si sarebbero
abbattuti sulla loro casa di lì a poco, ma niente.
Draco non reagiva.
Inutile dire
che suo padre era andato a casa dagli ex-futuri consuoceri e li aveva
sotterrati di insulti, specie la ragazza che, conscia di non poter
nemmeno pensare di aprir bocca per difendersi, si lasciava coprire di
infamia. Ma pur sapendo quanto facilmente demolibile fosse la sua
motivazione, in uno sprazzo di lucidità, confessò al
signor Malfoy ciò che aveva confessato a Draco.
Lucius
l’ascoltò senza aprir bocca, e per quanto potesse capire
le ragioni della ragazza, non poté tollerare che lo avesse fatto
a ridosso del matrimonio.
Il giorno in cui suo padre tornò dalla casa dei Parkinson, Draco stava facendo le valige.
“Parto.” – aveva semplicemente risposto.
Non aveva fornito né destinazione né data di ritorno. Forse perché sperava di lasciarci la vita.
A nulla furono
valse le suppliche della madre che, invano, tentava di farlo ragionare,
di fargli capire che non poteva buttare la sua vita per un errore di
giudizio.
Ma Draco non
l’ascoltava. Continuava a piegare diligentemente le sue cose
nella sacca da viaggio, mentre suo padre rimaneva immobile sulla soglia
della sua camera, comprendendo lo stato d’animo del figlio.
“Narcissa, lascialo andare. Cambiare aria gli farà bene.”
Narcissa Malfoy
guardò suo marito con tanta incredulità da credere quasi
che lo stato di catatonia fosse passato dal figlio a lei. Aveva cercato
di far ragionare il figlio, ma se ci si metteva anche il marito, sapeva
bene di non poter fare più nulla per convincere Draco a rimanere.
Quei due erano due gocce d’acqua, sia nell’aspetto che nel carattere.
“Tornerò, te lo prometto.”
Aveva detto Draco alla madre, che sembrò ringiovanire di vent’anni.
“Voglio solo staccare la spina.”
Lucius
annuì. Non era nel carattere della sua famiglia lasciarsi andare
alle avversità della vita ed era fiero di come Draco avesse
deciso di reagire a quel colpo basso, come lo definì lui.
“Cerca di non staccare quella della tua vita, ok?”
Gli aveva detto
sua madre, cercando di portare la conversazione su toni decisamente
meno drammatici. Draco aveva ghignato leggermente. Non era un sorriso a
trentadue denti, ma era già qualcosa, visto che fino a pochi
minuti prima sembrava essere caduto in letargo.
“Tranquilla. Quella rimane dov’è. Ci vediamo…”
“Ti accompagno.”
Aveva detto il padre.
E non era una richiesta.
Narcissa vide
gli uomini della sua vita uscire dal cancello della villa, preoccupata
ma sollevata allo stesso tempo: se Draco le diceva che sarebbe tornato,
allora lui sarebbe tornato. Ciò nonostante, la preoccupazione
che potesse tornare un pezzo alla volta, la prendeva ogni volta che il
figlio – il suo unico figlio – partiva per una missione.
In macchina
– Draco non avrebbe mai dimenticato quella conversazione –
padre e figlio stettero in silenzio per qualche minuto poi Lucius, non
abituato al silenzio troppo prolungato, decise di interromperlo.
“Promettilo anche a me.”
“Cosa?”
“Che tornerai.”
Era difficile
per Lucius Malfoy esprimere i propri sentimenti. La rigida istruzione
che aveva avuto da bambino lo aveva portato a non palesare troppo
frequentemente le sue emozioni, ma quella situazione, richiedeva uno
strappo alla regola. Suo figlio era sempre stato responsabile e con la
testa attaccata al collo, ma l’annullamento del matrimonio lo
aveva decisamente scombussolato, perché altrimenti, prima di
partire per una missione, ne avrebbe parlato con lui, e insieme
avrebbero deciso se accettare o meno.
E se Draco
prendeva le decisioni da solo, significava che stava ancora male e chi
sta male, rischia di non avere la lucidità giusta per prendere
quella decisione che segna il confine tra la vita e la morte.
Draco non era
abituato a sentire il padre parlare in quel modo. Non che non gli
avesse voluto bene, anzi. Se c’era una persona che Draco amava
più della sua stessa vita, era suo padre. Da lui aveva appreso
tutti i segreti della sua professione, per non parlare dei giochi che
facevano assieme, quando lui era un po’ più piccolo, e il
ragazzo sapeva – aveva sempre saputo – che nei gesti e
negli sguardi, Lucius metteva tutte le parole che non riusciva a dire.
“Te lo prometto.”
“So
che è stata dura, ma tu sei in gamba, Draco. Ne hai superate
tante, e supererai anche questa. Io… io sono orgoglioso di
te.”
Glielo aveva
detto fissando la strada, ma per Draco quelle furono le parole
più belle che avesse mai potuto sentirsi dire. Sapeva
dell’orgoglio che suo padre nutriva per lui, forse perché
aveva seguito le sue orme, forse perché era il suo unico figlio
o forse perché aveva deciso di intraprendere quella carriera
senza costrizione alcuna, ma sentirselo dire faceva, ovviamente, un
altro effetto.
Riuscì a sorridere leggermente e a ringraziarlo.
Da quel giorno, Draco iniziò un lento processo di guarigione.
Hey, cuz I believe in me.
Ormai il sedile aveva preso la forma del suo sedere.
Un sedere ampiamente apprezzato dalle presenze femminili nella base in cui Draco aveva preso servizio.
Mentre faceva ritorno dall’Iraq, Draco si era perso in quel ricordo. E si sentiva sollevato ogni qual volta che, pensandoci, riusciva a sorridere.
Era un ricordo agrodolce.
Conservava una
bellissima memoria del rapporto avuto con Pansy e solo
nell’ultimo periodo, aveva capito che non poteva più
vivere di ricordi, ma era venuto il momento di prendere in mano la
propria vita e ricostruirla.
Era a questo
che pensava in quel preciso istante. Fendeva le nuvole con il suo jet,
godendo della sensazione di libertà che provava ogni volta che
si ritrovava a chilometri da terra.
All’improvviso, il rumore di un’interferenza.
“Torre di controllo a Sirius524, mi ricevi? Passo.”
Draco staccò la mano destra dalla cloche del jet e spinse un bottoncino giallo. Poi tornò a concentrarsi sul volo.
“Qui Sirius524, ti sento forte e chiaro.”
Dall’altra parte della radio si sentì un risolino.
“Finalmente torni in patria, Draco.”
Il ragazzo sorrise.
Sì, finalmente.
“Sì. È stata un po’ dura laggiù, ma finalmente è finita anche questa.”
“Com’è andata?”
“Solita
routine. Scatti fotografici su basi missilistiche, ma non abbiamo
trovato niente. Sembra che gli iracheni si stiano dando finalmente una
calmata.”
Draco fece una piccola virata a sinistra.
“A Washington si sono decisi finalmente di fare le cose come si devono.” – aveva detto l’uomo dall’altra parte della radio. – “Il Presidente Harry J. Potter ha fatto un discorso da raddrizza-cazzi. Dovevi sentirlo.”
Draco ghignò.
“Ti
sembrerà strano, ma le tv c’erano anche in Iraq, sai?
Comunque il Presidente Potter non ha detto nulla di diverso da
ciò che ha sempre proclamato quando era in campagna elettorale.
Finalmente hanno votato un Presidente con i contro coglioni.”
“Già, un po’ di coerenza, ogni tanto, non guasta. Ora di arrivo prevista?” – chiese l’uomo, cambiando subito discorso.
“Se hai intenzione di portarmi in uno dei tuoi bordelli, scordatelo Neville.”
Dall’altra parte del capo, Neville sbuffò.
“Non è che mentre eri laggiù ti è ricresciuto l’imene?”
Draco rise.
“L’imene
è la verginità femminile, Neville. Non è che ti
sei perso un passaggio fondamentale dello sviluppo?”
“Ha-ha, divertente Draco. Davvero divertente. Allora? Quando rientri?”
Il ragazzo guardò l’orologio digitale.
“Se non mi fermo all’autogrill in tre ore sarò a terra.”
“Autogrill?!?” – esclamò sgomento l’altro. – “Ma in volo non ci sono… oh, come sei spiritoso Draco.” – fece Neville, che aveva capito solo tardi la battuta.
“Ti
ringrazio.” – fece l’altro, mentre se la rideva
silenziosamente. – “Ora vado. Passo e chiudo.”
“Roger.”
“Mi chiamo Draco.” – fece il ragazzo.
“Ma vaff…”
La comunicazione venne interrotta prima della conclusione della frase.
Era da tanto
tempo che non si sentiva così. Ridere non gli era mai sembrato
così facile e Neville, quel compito, lo assolveva piuttosto bene.
“Papà, mi fai volale?”
“Quanto alto?”
“Fino a toccale il cielo!”
E Draco, il cielo, lo aveva toccato.
“Si torna a casa.”
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Capitolo 2 *** Hermione ***
02 - Hermione
“Ok, tesoro. Non ti preoccupare. Non ti lascio da sola.”
Ma nonostante quella promessa, la bambina non riusciva a smettere di piangere.
“Voglio la mamma…” – piagnucolò lei.
“La mamma ora non può venire. Ma ti prometto che per stasera tornerai da lei, va bene?”
La piccola fu solo in grado di annuire.
“Allora? Ma quanto vi ci vuole?” – fece la donna, esasperata dalla perdita di tempo.
Il tempo.
Era tutto per lei. Lei lavorava con il tempo. Il tempo era la chiave di tutti i misteri.
E la soluzione del suo lavoro.
Il secondo poteva fare la differenza tra la vita e la morte.
“Hermione?”
“Sì?”
“E’ un congegno rudimentale. Procedura standard.”
Ma Hermione non era convinta.
“Qui non
c’è un ca… volo di standard!” – fece
Hermione, che sembrava parlare da sola. Si trattenne in extremis dal
dire brutte parole in presenza della bambina. – “Se fosse
standard avrei già finito da un pezzo!”
“Hermione, taglia il filo rosso! È quello che collega il timer all’esplosivo!”
La ragazza
sembrava essere sull’orlo di una crisi di nervi, ma non nel senso
che stavano per cederle. Nel senso che, una volta finita quella storia,
avrebbe fatto un deretano grande quanto il Sussex a quell’idiota
di supervisore che si ritrovava in quel momento.
“Dove diavolo è Zabini quando serve?!?” – tuonò la ragazza.
Il tempo passava.
E il tempo
stava lentamente, ma inesorabilmente, scadendo. Mancavano trentasette
minuti e ancora quel filo rosso era attaccato all’esplosivo.
“Allora, tesoro… non mi hai detto come ti chiami…”
“A-Astoria…” – fece la bimba, piangendo.
Ed Hermione,
mentre cercava di non far trapelare nessuna emozione negativa che
potesse in qualche modo spaventare ancor di più la bambina che
le stava di fronte, si lasciò andare a qualche chiacchiera
distensiva.
“E’ un nome bellissimo. Sai cosa significa?”
“N-no…”
“No?”
– fece Hermione, mentre guardava quell’intreccio di fili
multicolore. – “Vuol dire stella, in latino.”
La piccola
sembrò dimenticare per un secondo in che situazione si
ritrovava, perché sul suo viso comparve un’espressione di
puro stupore.
Che si cancellò l’attimo successivo.
“La tua
mamma e il tuo papà hanno scelto proprio il nome giusto, sai?
Sei una piccola stella e sei anche bellissima come una di loro.”
“Mamma…” – mugugnò la bambina tra le lacrime.
A qualche
centinaia di metri di distanza – di sicurezza – una donna
stava ascoltando tutta la conversazione che stava avvenendo tra quella
donna, che aveva in mano la vita di sua figlia, e la bambina stessa.
Piangeva disperata, mentre suo marito cercava di darle un conforto che
non sentiva lui per primo.
“Hermione?” – fece il supervisore. – “Se non tagli quel filo vengo lì e lo taglio da solo.”
“Muovi un passo e ti cucio una bomba addosso!” – rispose Hermione, velenosa.
Il supervisore se la prese a male.
“Granger… sono il tuo supervisore. Taglia quel filo. È un ordine!”
“E se ti tagliassi qualcos’altro?” – fece la ragazza, che sudava per la tensione.
Dalla
postazione creata per mettere in salvo i genitori di Astoria e gli
altri impiegati, si levò un brusio di sgomento: la piccola
Astoria era in pericolo e quei due si mettevano a bisticciare tra di
loro?
Hermione non
poteva tagliare quel filo. Anche se a prima vista poteva sembrare un
rudimentale congegno esplosivo, dove era solamente necessario tagliare
un innocuo filo rosso, ad un’analisi più attenta si capiva
perfettamente che di rudimentale e di standard non aveva proprio nulla.
La matassa di fili aggrovigliati attorno alla vita della bambina erano
un diversivo, non c’erano dubbi.
Ma
c’erano tre fili che non facevano che alimentare il suo stato di
tensione da quando le avevano assegnato quel caso: uno era verde, e
andava a collegarsi con il timer, uno era rosso e collegava il timer
con l’esplosivo.
E poi ce n’era uno blu.
C’era
quel maledetto filo blu che penzolava e che non sembrava collegato a
niente. Era quello che la mandava in panico, perché non era
normale che un filo venisse messo lì a casaccio: a qualcosa
doveva servire.
Ma a cosa?!?
Il tempo era
sceso a trentadue minuti rimanenti ed Astoria era sempre più
agitata. Non riusciva più a star ferma su quella sedia ed
Hermione non sapeva più cosa fare per tenerla calma.
“Mamma, mamma…”
“Tesoro
ti prego, calmati…” – fece Hermione, abbandonando
l’attenzione alla bomba per concentrarsi su Astoria: era
assolutamente necessario che la bimba si calmasse.
“Voglio… la… mamma…”
“Lo so
tesoro, dai…” – fece Hermione, inventandosi sul
momento qualcosa che potesse distrarre la bambina. –
“… qual è il tuo piatto preferito?”
“Il… il polpet-tone…” – mugugnò lei.
“Il… il polpet-tone…”
La voce di
Astoria arrivò gracchiante alle orecchie dei genitori che non
ressero più la tensione. Albert strinse forte a sé il
corpo di sua moglie, cercando di contenere i singhiozzi, mentre Alice
si era proprio lasciata andare, abbracciando forte suo marito.
Avrebbe dato la vita pur di essere al posto di sua figlia.
“La mia bambina… la mia bambina…” – continuava a dire tra le lacrime.
Albert la stringeva forte a sé, cercando di consolarla, ma invano.
Patrick Smith,
il supervisore di Hermione, non resse a quell’ultima visione e di
nuovo ordinò a Hermione di tagliare quel filo.
“Granger! Taglia quel dannato filo!”
“Granger! Taglia quel dannato filo!”
La voce di Smith le arrivò all’improvviso, spaventandola.
“Patrick,
Dio santo! Ho già le coronarie fuori di mio senza che ti ci
metti anche tu!” – lo rimproverò la ragazza.
“Hermione…
avresti potuto concludere quel lavoro già da quando sei
arrivata! Cristo santo!, che ti ci vuole a tagliare quel merdoso di
filo?” – Smith era rosso dalla rabbia per il fatto di venir bellamente ignorato da un suo subalterno.
Hermione non poteva credere che un idiota simile fosse stato messo come SUO supervisore!
“Te
l’ho già spiegato il perché! Ma ascolti quando
parlo?” – troppe volte aveva taciuto perché Smith
era il suo capo, ma di certo non avrebbe rischiato la vita di Astoria
per dimostrare a quell’incompetente che se avesse tagliato il
filo rosso avrebbe di sicuro commesso un errore madornale! –
“Lo avrei già fatto! Ma il bombarolo ha deciso di metterne
un altro che penzola! Non è normale una cosa simile!”
“Magari se lo è dimenticato! Taglia quel filo!”
“NO!”
“NO!”
Quel
monosillabo arrivò forte e deciso alle orecchie dei genitori che
lo avvertirono come una condanna a morte per la loro figlia.
Alice, non
reggendo più, si staccò furibonda dalle braccia del
marito e s’impossessò del microfono di Patrick.
“Tagli quel filo, maledizione!”
Hermione non capì subito chi stesse parlando, ma poi ci arrivò.
“Signora,
se vuole portare sua figlia via di qui in mille pezzi d’accordo.
Taglierò quel filo, ma non credo sia la sua vera
volontà.”
Alice cadde in ginocchio, piangente, ma con il microfono ben saldo tra le mani.
“La prego, la prego… tagli quel filo… la prego…”
Fu straziante vedere come la vita di un figlio possa influenzare la vita di un genitore.
Hermione
sentì un nodo alla gola e gli occhi diventare lucidi. Se la
soluzione fosse stata quella, l’avrebbe già messa in
pratica, ma NON era quella, dannazione!
E mentre si
sentiva venir meno, la piccola Astoria davanti a sé la guardava,
mentre l’alone della consapevolezza della propria morte prendeva
possesso dei suoi bellissimi occhi azzurri.
Sembrò aver ritrovato la determinazione perduta.
“Signora Greengrass, mi ascolti bene.”
Nella stanza scese il silenzio.
“Sono… sono qui…” – fece la donna, come rinvigorita di speranza dal tono deciso di Hermione.
“Stasera deve fare il polpettone ad Astoria, va bene?”
La donna sembrò smarrita, ma capì.
Astoria invece guardava Hermione, non capendo nulla.
“Io… va bene! Le dica… le dica che avrà il polpettone con le patatine al forno!”
“Astoria?”
Alice trattenne il fiato.
“La mamma mi ha detto di dirti che stasera ti farà il polpettone con le patatine al forno. Ti va bene?”
“S-sì…”
E anche se Hermione sapeva che dall’altra parte l’avevano sentita, volle ripeterlo lei stessa.
“Ha detto che le va bene. Signora, guardi che ha promesso!”
“Ma lei mi riporti mia figlia, la supplico…” fosse – fece la donna, accasciandosi definitivamente a terra.
“Glielo prometto.” – fu l’ultima cosa che Alice sentì prima di venir portata via dal marito.
“Tesoro, ascoltami bene: devi stare tranquilla, ok?”
“Hermione, sono qui.”
Le sembrò di aver bevuto un bicchiere di acqua gelata dopo tre mesi di astinenza nel deserto.
“Dio sia
lodato! Dove cazzo eri finito?” – e al diavolo il non dire
parolacce davanti alla bambina che però, troppo presa dalla sua
paura, non l’aveva proprio sentita.
“Traffico. Com’è la situazione?”
“Quell’idiota
di Smith non ti ha detto niente?” – frecciò lei,
infischiandosene se quell’altro l’aveva sentita.
“Preferisco me lo dica tu.”
“Blaise…
ci sono tre fili. Uno è verde e si collega al timer, uno
è rosso e collega il timer con l’esplosivo e poi ce
né uno blu. Il problema è che è un filo penzolante
sembra collegato al niente. So che serve a qualcosa, ma non so a
cosa!” – ora che aveva esposto il tutto a Blaise, era
sicura che lui non l’avrebbe presa sotto gamba o derisa.
Blaise
sembrò riflettere. Quand’era entrato aveva visto –
sentito – Patrick inveire contro Hermione, affinché
tagliasse il filo rosso, ma se Hermione non lo aveva ancora fatto, una
ragione c’era.
Non per niente aveva mandato lei a risolvere quel problema.
“Cosa ti è stato detto?” – aveva chiesto Blaise.
E nel brusio
della folla, aveva captato frasi sconclusionate del tipo “quella
ucciderà Astoria…”, o ancora “…
perché disobbedisce?” e via dicendo.
Era il caso di far capire ai presenti chi era Hermione Granger.
“Di tagliare il rosso, ma se lo faccio saltiamo per aria!”
“Hai fatto bene a non tagliarlo.” – fece Blaise, serio.
In un nano
secondo, Patrick perse di credibilità davanti ai presenti,
mentre Hermione era stata appena eletta a salvatrice della piccola
Astoria.
“Sì, ma il problema è che… MERDA!”
Nel giro di un attimo, tutti si allarmarono!
“CHE SUCCEDE? HERMIONE CHE SUCCEDE?”
“Il timer…”
“Cosa?”
“Ha raddoppiato la sua velocità! Di questo passo non avremo più mezz’ora, ma quindici minuti!”
A Blaise occorsero pochi istanti per decidere il da farsi.
“Hermione… la chiave è quel filo blu! Davvero non si collega a niente?”
Alice, in quel momento, svenne.
“Esce dalla scatola, ma penzola!”
“Non può essere stato messo lì a caso! Serve a qualcosa! Scopri a cosa!”
Hermione non
aveva mai visto una bomba simile. Era semplice, ma complicata allo
stesso tempo e sapeva che la chiave di tutto era quel filo blu, ma era
impensabile aprire la scatola, perché se lo faceva, e per
sbaglio urtava qualcosa, sarebbe saltata per aria.
“Ma porco… uccellaccio!” – esclamò Hermione, inventandosi una parolaccia al momento.
Inaspettatamente, Astoria sorrise.
E il timer rallentò.
Quando si
accorse del fatto, Hermione sgranò gli occhi, ma poi dovette
averli a palla, perché l’attimo successivo il timer aveva
ripreso a correre.
“Hermione! Dammi notizie!” – urlò Blaise, stordendola.
“Sta accadendo qualcosa di strano, Blaise!”
Tutti rimasero con il fiato sospeso.
“Cosa?”
“Il
timer… ha rallentato. E poi ha ripreso a correre. Sembra sia in
sintonia con… OH CRISTO! PASSAMI IL SIGNOR GREENGRASS!
SUBITO!”
Blaise non si sognò minimamente di chiedere spiegazioni.
“Signor Greengrass, venga subito qui!”
Albert Greengrass si avvicinò di corsa al capo dell’operazione.
“Cosa succede?”
Blaise gli passò il microfono.
“La mia collega deve parlarle. Per attivare la conversazione, schiacci questo pulsante.”
Albert obbedì.
“Cosa succede?”
“Signor Greengrass… sua figlia soffre di problemi cardiaci?”
Albert non capì il senso di quella domanda.
“Come?”
Hermione alzò gli occhi al cielo.
“Signor
Greengrass, non abbiamo tempo! Problemi cardiaci! Problemi al cuore!
Malformazioni, soffi, valvole cardiache difettose!” – elencò Hermione.
“S-sì…
Astoria è nata con una malformazione al cuore. Il muscolo non si
è sviluppato bene, ma il problema è stato risolto. Le
è stato installato un peace-maker, perché me lo
chiede?” – si allarmò l’uomo.
“Mi passi il comandante in capo!”
“No! Mi dica cosa sta succedendo!”
“Signor Greengrass non ho tempo! Mi passi il comandante Zabini!” – urlò Hermione, che avrebbe volentieri staccato a morsi la testa a quell’uomo.
“Mi dia,
signor Greengrass… me lo dia!” – urlò Blaise,
strattonando dalle mani dell’uomo il microfono.
Fu allontanato da un paio di agenti.
“Cosa succede?”
“Blaise, siamo nella merda!”
“Perché?”
“Ho capito a cosa si collega il filo blu!”
“A cosa?”
“Al cuore di Astoria.”
Blaise vide nero per un secondo.
“Come sarebbe? Com’è stato possibile?”
“Il
peace-maker è una sorta di bomba. Ovviamente non è
pericoloso, ma ha un’onda elettromagnetica che regola i battiti
cardiaci. Basta copiare il suono e il gioco è fatto.”
“Cosa si deve fare?”
“L’unica cosa possibile: levare il peace-maker ad Astoria.”
Albert si girò di scatto.
“Cosa?!? Non intenderà farlo veramente?”
“Signor
Greengrass, non è il momento!” – fece Blaise,
irritato. Gli stava facendo perdere tempo prezioso e basta!
“Allora lo trovi!”
I brusii cessarono immediatamente.
“Lei
vuole aprire il petto di mia figlia e levarle uno strumento che
può salvarle la vita? Ma cos’è? Impazzito?”
“Signor Greengrass, mi ascolti…”
“No! Ascolti lei me, adesso! Non aprirete mia figlia come un’animale! Non ve lo permetterò!”
“Al-Albert…” – mugugnò Alice, che si era ripresa in quel momento.
Albert fu momentaneamente distratto dal risveglio della moglie.
“Se non lo facciamo morirà lo stesso.”
Alice capì immediatamente a cosa si riferiva.
“Cosa? Che sta succedendo?”
“Nulla,
nulla…” – ma Albert era palesemente nervoso, cosa
che non sfuggì all’occhio vigile di Alice.
“Che sta succedendo?!”
Blaise spiegò velocemente la situazione. Alice non poté impedirsi di scoppiare a piangere.
“Mancano tredici minuti!” – fu l’urlo che squarciò l’aria.
“Mancano tredici minuti! Che diavolo state facendo, lì dentro?”
“Hermione…” – fece Blaise, che però si vide strappare di mano il microfono da una determinata Alice.
“Tolga quel peace-maker a mia figlia! Lo faccia!”
“Signora… io posso anche farlo, ma Astoria deve stare sveglia. Deve essere cosciente!”
“Ma soffrirà!” – obiettò la madre.
“Lo so, per questo non posso farlo da sola. Lei mi deve aiutare.”
I presenti sgranarono gli occhi.
“Hermione, stai correndo un rischio inutile.”
“No. Astoria è terrorizzata e ha bisogno di sua madre per tranquillizzarsi! Signora, se la sente?”
“Arrivo!” – fu la decisione di Alice e nessuno fu in grado di trattenerla.
“MAMMA! MAMMA!” – gridò Astoria, tendendo le braccia verso la madre.
“Sono qui! Sono qui!” – l’affogò di baci e di carezze.
“Signora,
mi ascolti attentamente…” – fece Hermione. –
“… deve tenere la figlia immobile, altrimenti rischio di
sbagliare.”
“Ma il peace-maker è in superficie! Non può sbagliare!”
“Lo
so,” – fece Hermione, accondiscendente. – “ma
se sua figlia si muove, rischio di tagliarle pelle per niente. È
pronta?”
La donna annuì e si mise a spiegare alla figlia cosa sarebbe successo.
“Tesoro,
ascoltami bene… questa signorina deve tirarti via il peace-maker
e dopo potremo andare via. Tu però devi stare ferma ferma, va
bene?”
Astoria annuì.
“Farà
male, tesoro, ma c’è la mamma con te, ok?” –
fece Alice, togliendo la frangetta dalla fronte di Astoria.
“Non… non può farlo il dottor Caine?” – chiese la bambina, spaventata.
“No,
tesoro…” – fece la madre. – “…
è una cosa che dobbiamo fare subito.”
La bambina annuì e si lasciò stringere dalla madre.
“E’ tutto nelle sue mani, ora.”
Hermione
annuì e procedette con l’operazione. Con un occhio
guardava il timer, con l’altro il petto della bambina. Procedette
col disinfettare velocemente la parte, la palpeggiò per capire
bene dove si trovasse il peace-maker e poi tagliò.
Albert Greengrass non si era mai sentito così impotente come in quel momento.
Sapere che sua
figlia – il cuore di sua figlia – era collegato al timer
della bomba, gli fece provare una sensazione di annichilamento totale.
Tutto il suo denaro, tutto il suo potere, tutte le proprietà che
possedeva non servivano a niente in quel momento.
L’urlo di
Astoria lo aveva fatto tornare indietro al momento del parto, in cui
aveva retto per la prima volta sua figlia nelle braccia.
E si era fatto una promessa: niente e nessuno avrebbe mai fatto del male a sua figlia.
Ma aveva mancato a quella promessa e ora era lì, al sicuro, mentre le due donne della sua vita rischiavano la loro.
Hermione chiuse gli occhi all’urlo della bambina. Era come se il taglio se lo fosse procurato a se stessa.
Alice piangeva insieme ad Astoria, ma cercava di rincuorarla come poteva.
“Ce l’ho!” – esclamò Hermione, con il peace-maker in mano.
Alice guardò sua figlia e le sorrise, mentre Astoria la guardava ancora piangendo.
“Ora lo scollego e lo attacco alla bomba.”
Nel giro di un
minuto scarso, Hermione attaccò con del nastro adesivo il
peace-maker alla bomba e la sfilò dal corpo della bambina, che
si divincolava pur di velocizzare la cosa. Alice stava per portarla
via, ma Hermione la bloccò.
“Non è ancora il momento, signora.”
“Perché?”
“Porto io in salvo Astoria, lei vada!”
“Che succede?”
“Non
è sufficiente levare il peace-maker dal collegamento al cuore.
Occorre un minuto affinché il cambio si stabilizzi.”
“Il cambio di cosa?”
“Signora vada! Le spiegherò tutto più tardi!”
Ma Alice non intendeva proprio andarsene.
“VADA!” – urlò Hermione.
Fortuna volle che Astoria fosse semi-incosciente, quindi non si accorse della madre che, riluttante, se ne andava.
Il problema era
che oltre ad essere collegato al cuore di Astoria, il peace-maker
registrava anche la temperatura corporea. Un brusco cambio avrebbe
fatto esplodere tutto, per questo, ad Hermione, occorreva ancora la
bambina. Le fece mettere le mani attorno alla placca, che in teoria
avrebbe dovuto salvarle la vita, e fare in modo che la temperatura
scendesse gradualmente.
Quando Hermione
ritenne sufficiente il tempo trascorso, prese la bambina e
iniziò a correre come una disperata verso il cordone di
sicurezza.
Ma il tempo trascorso non fu sufficiente e il timer iniziò una rapida discesa.
Un boato
squarciò l’aria e ruppe molti vetri nel raggio di due
chilometri. Hermione fu scaraventata a terra a qualche centinaio di
metri dal centro dell’esplosione. Coprì la bimba con il
suo corpo, ferendosi schiena e spalle con le schegge.
L’attimo successivo, vide tutto buio.
Quando appoggiò la testa al poggia-testa, Hermione realizzò che non era un sogno, ma la realtà.
Una bellissima
realtà, che l’avrebbe vista protagonista per un mese
intero in un atollo alle Bahamas, al largo della Florida.
Con gli occhi
chiusi, si proiettò su uno sdraio, spremuta nel suo nuovo
striminzito bikini dal colore verde, con spalline e bordo rifinito in
argento. Quando lo aveva visto se n’era innamorata a prima vista.
In mano un cocktail di quelli colorati con l’ombrellino, ma
soprattutto… tanto relax.
Voleva
distrarsi – e il modo lo avrebbe di sicuro trovato – tanto
da tornare a casa e non ricordarsi niente del suo lavoro. Infatti,
aveva lasciato in ufficio il cellulare e il cerca persone e non si era
nemmeno sognata di lasciare un recapito in caso di emergenza. Voleva
essere lasciata in pace.
Era stato proprio Blaise a proporle di prendersi delle ferie.
“Hai fatto un bel volo…” – le aveva detto con il suo solito ghigno inconfondibile.
Hermione aveva sorriso.
“Che ci vuoi fare? Amo volare, non lo sapevi?”
“Già…”
– poi Blaise si era fatto serio tutto d’un colpo. –
“… Hermione… perché non sei scappata
subito?”
La ragazza si umettò le labbra, ormai secche.
“I
peace-maker di oggi sono più sofisticati. Oltre alla
riproduzione dell’onda elettromagnetica, quello di Astoria si
autoregolava anche in base alla temperatura corporea…”
– si era fermata per prendere un po’ d’aria.
Blaise l’aveva aiutata a bere un goccio d’acqua. Poi riprese.
“Staccarlo
e andarsene sarebbe equivalso a far esplodere subito la bomba. Ho
voluto rendere graduale il cambio di temperatura, ma devo aver
aspettato troppo poco. D’altronde, avevo Astoria in braccio e
volevo metterla al sicuro.”
Blaise aveva annuito.
“Astoria come sta?” – s’informò Hermione.
“Sta
bene. Grazie a te.” – specificò l’uomo.
– “E’ stata ricoverata e le hanno sostituito il
peace-maker con uno nuovo.”
Hermione chiuse gli occhi.
“Sono contenta…”
Passarono alcuni momenti in silenzio.
“Blaise?”
“Mmm?” – fece lui.
“Manda Patrick a cagare per conto mio.”
“Già
fatto.” – fece l’uomo. – “E credo che
starà seduto sul water per un bel pezzo.”
“Cioè?” – fece la ragazza.
“Hermione,
se ho mandato te è perché ti reputo la migliore. Dio solo
sa come fai a prendere sempre la decisione giusta, e di certo non
intendo andare a chiderglielo.”
Hermione sghignazzò.
“Se
tu avessi dato retta a quel cazzone, a quest’ora sareste tutti
morti. Ho ascoltati i presenti e tutti hanno confermato che eri
dubbiosa sul fatto di tagliare il filo rosso perché c’era
quello blu che ti depistava, mentre invece Smith voleva assolutamente
che tu lo tagliassi. La sua insistenza gli è costata cara. E ha
raccolto ciò che ha seminato.”
A
Hermione dispiaceva essere la causa di un licenziamento, ma Patrick se
l’era meritato. Fin da quando era stato nominato suo supervisore,
non aveva fatto altro che metterle i bastoni tra le ruote. Hermione era
un tipo calmo e accomodante, ma dopo un po’ si era rotta le
scatole e aveva iniziato a rispondergli a tono. Non era mai andata
direttamente da Blaise, perché lamentarsi significava contestare
una sua decisione e lei non lo avrebbe mai fatto. E più di dire
a quell’idiota che tagliare il filo rosso equivaleva a far morire
tutti, non sapeva più che fare: di certo non avrebbe mollato
Astoria per dare una lezione a quel cretino.
Fortuna
volle che Blaise avesse gli occhi che funzionassero, almeno così
si era levata una scocciatura di dosso. Nel suo lavoro, in particolar
modo, serviva tanta fiducia con chi si lavorava. Le mele marce le
lasciava volentieri agli altri.
“Ho
deciso che ti prenderai delle ferie.” – fece Blaise,
autoritario. Conosceva Hermione abbastanza da dire che era una testa di
coccio – cazzo – e che in anni di lavoro non se n’era
mai prese. – “Hai mesi e mesi di arretrati e non so
più come giustificarli agli enti competenti. E bada bene!”
– la minacciò. – “E’ un ordine il mio e
non accetto obiezioni, ‘sto giro!”
“E
chi vuole obiettare?” – fece lei, godendo del suo sgomento.
– “Che mi guardi così? Non sono mica fatta di
pietra! E poi credo di essermele meritate!”
“Ah…” – fece Blaise.
Eccoci qui.
Ho voluto darvi subito l'idea dei due lavori di Draco e Hermione, sperando che sia piaciuta.
Grazie a chi passerà di qui anche solo per una lettura.
Ovviamente, non schifo i commenti.
*m'inchino rispettosamente e saluto*
Callistas
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Capitolo 3 *** Conoscenze in aereo ***
03 - Conoscenze in aereo
Buona sera!
Grazie per essere arrivati fino a qui.
Ho anticipato i lavori di Draco e Hermione, adesso è venuto il momento delle presentazioni, non credete?
Hermione ha
avuto un'avventura un pò particolare che l'ha portata a
necessitare con urgenza di ferie. Stacanovista anche senza la magia,
visto che fino a quel momento non se n'era presa nemmeno una.
Prima di passare al capitolo, vorrei ringraziare le tre anime pie che mi hanno lasciato un commento;
barbarak:
ciao, grazie mille per aver lasciato un segno del tuo passaggio. Sono
d'accordo: Draco stile Maverick di Top Gun ha avuto qualche effetto
collaterale su di me, mentre scrivevo questa storia. Posso sapere
perchè il lavoro di Hermione non ti convince? Io l'ho scelto
giusto per cambiare un pò le cose...Harry, come hai visto, ha
sempre un ruolo di spicco, ma non Ron, tranquilla. Lui è stata
solo una parentesi nell'evoluzione della storia e posso dirti che non
comparirà più.
Questa storia sarà basata solo su Draco e Hermione perchè... perchè lo vedrai da sola. ^_^
Spero che anche questo capitolo ti possa piacere.
Ancora grazie per la tua recensione. Un bacio,
callistas
HERM98:
ciao e benvenuta! Grazie mille per il tuo commento, mi ha fatto davvero
molto piacere leggerlo. Spero che questo terzo capitolo possa piacerti
come gli altri due, che sono serviti più che altro per
stuzzicare la fantasia.
Buona lettura!
Andy Blackshoot:
tu mi lusinghi. Grazie per tutti questi complimenti e spero che questo
capitolo, di transizione, possa stuzzicare ancora la tua fantasia.
Ripeto, è di transizione, ma qui Hermione inizia a captare qualcosa.
Cosa?
Ovviamente non te lo dico ^_^
Grazie a tutte voi che avete recensito. Vi lascio alla lettura, che forse è quella che più vi interessa.
Ciao, ci vediamo alla fine!
Ed eccola lì.
Seduta al suo
posto, il C18, vicino al corridoio in attesa che l’aereo
imbarcasse tutti i passeggeri e che si decidesse a decollare.
Mentre
aspettava, si sedette vicino al finestrino, per guardare ciò che
succedeva fuori. Sembrava quasi stesse dirigendo le normali procedure
di controllo da un ufficio.
Smettila di pensare al lavoro!, pensò Hermione, ghignando da sola.
“Scusi, quello è il mio posto.”
Hermione si
girò di scatto, imbarazzata per la figura, ma quando si
trovò davanti l’esemplare maschile più
fastastiglioso della terra, sorrise istintivamente.
“Scusi
lei… ingannavo l’attesa prima della partenza.”
– uscì per far passare il ragazzo, lasciando che
l’occhio godesse – magari non solo quello, aveva pensato
Hermione, sospirando – della vista del sedere stratosferico del
ragazzo.
Stava
sistemando il suo bagaglio a mano nell’apposito scomparto,
lasciando che la camicia a deliziosi motivi hawaiani, si sollevasse
quel tanto che bastava per mostrare un lembo di pelle leggermente
abbronzata. Quando il biondo si girò, Hermione alzò di
scatto il volto e sorrise amabilmente, complimentandosi con se stessa
per la fantastica figura di merda appena sfornata.
Si sedettero vicini e si scambiarono il classico sorriso di cortesia.
Hermione non
era mai stata una che s’imbambolava a fissare le persone, ma quel
ragazzo meritava tutta la sua più accurata attenzione. Fingendo
disinteresse, prese una rivista dal vano di fronte a lei e
iniziò a sfogliarla. Erano riviste di moda o di pettegolezzi,
nulla che la potessero interessare.
Rimise la rivista a posto e sbuffò.
“Non sei attratta dalla moda o dai pettegolezzi, eh?” – fece lui.
Solitamente si
scocciava quando qualcuno le rivolgeva la parola così, giusto
per attaccar bottone. Le capitava spesso in metropolitana, quando
doveva andare al lavoro. Trovava sempre il cretino che si metteva a
fare discorsi su Eminem e altri rappettari sfigati, elogiando i loro
testi – che il cretino stesso non capiva – e la musica.
Hermione si infilava l’i-pod nelle orecchie e aspettava la sua
fermata, mentre il poveretto si riduceva a parlare da solo.
Ma per quel ragazzo poteva benissimo fare un’eccezione.
“Per nulla. Odio chi non sa farsi gli affari propri.”
“Hai
ragione, pure io non li sopporto. Sempre lì a farti un resoconto
della loro vita o di quella degli altri. Ma sta zitto, no?”
– fece il biondo. – “Chi t’ha chiesto
niente?”
Hermione rise di gusto alle sue parole.
“Scusa le pessime maniere. Io sono Draco. Draco Malfoy. Piacere.”
“Piacere mio, Draco Malfoy. Hermione Granger.”
Quando si
strinsero la mano, Hermione la avvertì grande e calda, tanto da
farle provare un’intensa sensazione al basso ventre.
E, Draco, non fu decisamente da meno.
E mentre aspettavano il decollo, si misero a chiacchierare.
“Allora, parti o torni?” – chiese lui, con la testa appoggiata al poggia-testa e rivolta ad Hermione.
“Ringrazio Dio che sto partendo. Sto andando in ferie.”
“Davvero? Pure io!” – fece il biondo, sorridendo per la coincidenza.
“Dai? E dove vai di bello? Questo volo è diretto in America. In che stato vai?”
“Nessuno
stato.” – poi guardò davanti a sé e sorrise
con l’acquolina alla bocca. – “Relegherò la
mia persona in un favoloso atollo in un’isola al largo della
Florida.”
“Vado
anch’io su un’isola!” – esclamò
Hermione, eccitata per quell’ulteriore coincidenza.
“Dove?”
“Bahamas!”
Draco strabuzzò gli occhi.
“Scherzi?”
“No…
perché?” – temeva quasi di aver detto qualcosa di
offensivo al ragazzo. E quando lo vide indicarsi con l’indice
sgranò gli occhi. – “Non mi dire che…”
“Bahamas pure io.”
Scoppiarono a ridere come pazzi, catturando l’attenzione di qualche altro passeggero.
“… e così sei un pilota. Non ne ho mai conosciuto uno.”
Draco fece le spallucce. Ridendo e scherzando si erano messi a parlare dei propri lavori.
“Ci mimetizziamo bene…” – fece lui, fingendosi uno 007.
“Forse ti farò una domanda scontata, ma… com’è pilotare un jet?”
Draco sembrò perdersi nei ricordi.
“E’
una sensazione che andrebbe provata. Io so solo che mi sento libero.
Lassù sembra che ti si cancellino i problemi e quando torni a
terra…”
“… ti ripiombano tra capo e collo.” – fece lei.
“L’esatto opposto.”
Hermione se ne stupì.
“Davvero?”
Il biondo annuì, certo delle proprie parole.
“Certo,
ti ripiombano tra capo e collo, ma è come se il cielo ti
fornisse la soluzione. Scendi a terra e bum!, sai cosa devi fare.”
“Ma,
spiegami una cosa…” – fece Hermione, quasi
intenzionata a voler prendere una laurea grazie a Draco. –
“… tu stai volando, no? …”
Il ragazzo annuì.
“… e ti capita un imprevisto. Cosa fai? Voglio dire… non hai i piedi per terra. Se cadi muori!”
“E’ il rischio, ma non accadrà mai.”
“Perché?” – chiese, curiosa come solo una donna può esserlo.
“Perché
vengono effettuate manutenzioni giornaliere e revisioni ogni fine
settimana. E poi dalla torre di controllo ci sono persone delle quali
mi fido ciecamente. Anche se sono a diecimila metri d’altezza,
sono in una botte di ferro. E tu? Dimmi di te. Che lavoro fai?”
“Io sono…”
Plin.
Una lucetta
rossa si accese sopra le loro teste, costringendo Hermione a
interrompersi. Il rumore di qualcosa che entra in contatto e poi
udirono la voce del capitano.
“Signore e signori è il capitano O’Neal che vi parla. Vi ringraziamo per aver scelto la Slitherin Airlines, spero
che il viaggio sia di vostro gradimento. Siete pregati di allacciare le
cinture di sicurezza e chiudere il ripiano davanti a voi.”
I passeggeri, aiutati dalle hostess, si allacciarono le cinture e chiusero i ripiani.
“Ci
alzeremo in volo tra due minuti. La temperatura esterna è di
trentotto gradi Celsius, mentre quella interna è di trenta
gradi. In questi istanti precedenti il decollo, le hostess vi
illustreranno le normali misure precauzionali in caso di emergenza.
Grazie per l’attenzione e buon viaggio.”
Click.
La
comunicazione generale fu interrotta e ne fu aperta una locale per le
classi che componevano l’aereo, la prima e la seconda. Una donna
aveva preso il microfono e si era messa ad elencare le misure
precauzionali, mentre l’altra eseguiva le istruzioni.
Hermione era
sempre stata abituata ad avere i piedi saldamente appoggiati a terra e
sentire le parole “misure precauzionali” e “caso di
emergenza” nella stessa frase, l’aveva un pochino
terrorizzata.
“Sta
tranquilla. Ho già viaggiato con la Slitherin Airlines ed
è una buona compagnia. Conosco il comandante e ha sulle spalle
quarant’anni di servizio. Non hai nulla di cui
preoccuparti.” – la rassicurò lui.
“Parli
bene tu che hai un lavoro a metri e metri d’altezza, ma il mio
comporta avere i piedi attaccati al suolo.”
Draco rise.
E pensò che il momento di riprendersi in mano la propria vita fosse arrivato.
“Allora
mi sacrificherò e ti terrò la mano per tutto il volo, va
bene?” – l’aveva fatto passare per
un’incombenza, ma solo il biondo sapeva quanto avrebbe desiderato
assolvere a quel compito.
Anche Hermione pensò che forse era il caso di riprendere in mano la propria vita.
“Se la togli ti strozzo.”
L’attimo successivo, i due avevano le mani intrecciate.
Erano decollati da circa venti minuti e non avevano smesso un secondo di parlare.
“…
è stata dura, ma sono riuscito a riportare a casa la
pellaccia.” – fece Draco, parlando di una delle sue
missioni.
A Hermione erano venuti i capelli bianchi.
“Ti hanno mai colpito?”
“Solo una volta e lì sì che ho sudato freddo.”
“Perché?”
“Ero in
ricognizione con la mia squadra. Doveva essere una semplice missione di
controllo, ma dal detto al fatto ci siamo trovati in mezzo a una
sparatoria. Volavano missili da tutte le parti e non sapevo più
cosa dovevo fare.”
“Oddio!” – esclamò la ragazza.
“Erano
aerei-spia russi, beccati a bazzicare su Londra senza permesso. Il
governo londinese su questo tipo di cose è tassativo: sparare a
vista. Il Trattato McKenzy
è molto chiaro al riguardo: possiamo sorvolare su qualsiasi
cosa, ma non su un’ingiustificata presenza di M.I.G. nei nostri
cieli. Un po’ come la Grecia, che è autorizzata a sparare
a qualsiasi imbarcazione si avvicini senza permesso. Comunque…
abbiamo ingaggiato una battaglia e alla fine abbiamo vinto. Ho
riportato a casa il mio aereo per un pelo. Mi avevano colpito il
serbatoio e perdevo carburante. Sono atterrato perché Dio lo ha
voluto.”
Hermione fece una constatazione.
“Ho notato che nomini molto spesso Dio. Sei credente?”
“Credente
e praticante. Lo devo a mia madre, che ogni domenica mi portava in
chiesa. Sai, se ho voluto diventare pilota, è stato anche per
sentirmi più vicino a Lui.”
Hermione si sorprese non poco da quell’affermazione.
“Prima di salire sul mio aereo recito una brevissima preghiera e quando atterro lo ringrazio.”
“Due
bellissimi gesti, se posso.” – fece Hermione, commossa
dalla sensibilità del ragazzo. – “Posso chiederti a
cosa è dovuta tutta questa devozione?”
Draco si mise comodo, come se non avesse aspettato altro che quel momento.
“A cinque anni mi hanno tirato sotto con la macchina.”
Hermione sgranò gli occhi.
“Stavo
giocando a Green Park con la mia palla. Era domenica ed eravamo appena
usciti da messa. Mamma si era portata dietro un cestino da pic-nic e
mentre aspettavo le dodici e mezzo, mi sono messo a giocare con la mia
palla rossa.”
“Cos’è successo?”
“L’ho
calciata troppo forte e mi è scappata. L’ho rincorsa e
quando l’ebbi tra le mani, sentii solo mio padre gridare il mio
nome. Te lo giuro, Hermione… la voce di mio padre sembrava
uscita dalle caverne, da tanto profonda e terrorizzata che era.”
Hermione sentì un brivido correrle giù per la schiena.
“Mi sono
girato verso mio padre e mi bloccai in mezzo alla strada. Una macchina
sportiva stava avanzando a tutta velocità e mi ha preso in pieno
come un birillo.”
“Oh mio dio… cos’è successo?”
“Sono
stato trasportato di corsa all’ospedale e sono stato operato.
L’operazione durò dieci ore, perché quel tizio mi
aveva rotto entrambe le gambe, fratturato un qualche centinaio di
costole, spappolato la milza e rotto il naso. Quando uscii dalla sala
operatoria ero più di là che di qua. Mia madre era
perennemente divisa tra la cappella dell’ospedale e la mia
stanza.”
“E tuo padre?”
“Papà stava picchiando a sangue quello che mi aveva investito.”
“Beh, spero vivamente che l’abbia ucciso.” – fece lei, solidale con il padre di Draco.
“Lui dice
sempre che “purtroppo” lo hanno fermato prima di riuscirci.
Tra l’altro, il tizio che mi ha investito, era ubriaco
fradicio.”
“E te pareva!” – fece Hermione.
“Per il resto è sempre stato con me. Passai tre mesi in coma.”
La curiosità di Hermione tornò a farsi sentire.
“Com’è stato?”
“Cosa?”
“Il coma. Voglio dire… sentivi quando ti parlavano?”
“Ogni parola. Sentivo le lacrime di mia madre e il silenzio di mio padre.”
“Il silenzio?”
“Già…
papà ha ricevuto un’educazione militare più rigida
della mia, ma non credere che sia uno che i sentimenti non sappia
nemmeno cosa siano, tutt’altro. Mi ha sempre dimostrato tutto il
suo affetto nei gesti e a me quello bastava. Sapevo che dietro il suo
silenzio vi stava tutta l’angoscia per non essere stato in grado
di salvarmi, quel giorno. Mio nonno lo aveva addestrato a proteggere la
sua famiglia e fallire significava essere una persona inutile.”
“Un
tantino esagerato.” – osservò Hermione, sperando di
non suscitare la stizza di Draco per aver commentato qualcosa che lei
comunque non conosceva.
“Forse.”
– le rispose lui. – “I genitori insegnano sempre ai
figli ciò che loro ritengono sia giusto. Ma anche se mio nonno
aveva sempre detto a mio padre che non riuscire a proteggere la propria
famiglia fosse un comportamento da nullità, quando venne in
ospedale a vedere come stavo, non lo rimproverò, anzi. Gli
offrì una spalla su cui sfogarsi. Fu la prima volta che lo
sentii piangere.”
“Va avanti, ti prego.”
“Uscii
dal coma tre mesi più tardi. Erano tutti ovviamente molto
felici. Anche mio padre lo era, tanto da dover uscire dalla stanza e
andare in un altro bagno a sciacquarsi il viso. Ma sapevo che aveva
pianto perché aveva gli occhi gonfi.”
“Ancora non mi hai detto perché senti Dio così vicino a te.”
“Lo raccontai a mia madre solo dopo molto tempo. Circa quando avevo diciassette anni.”
“Hai sognato qualcuno in particolare?”
“Ho sognato mia nonna, la mamma di mia mamma. E non è che l’abbia solo vista, ci ho pure parlato!”
“Scherzi!” – esclamò lei.
“Affatto.
So che ti sembrerò pazzo, ma ho parlato con mia nonna, per la
prima volta. È morta quando io ero nato e non l’ho mai
conosciuta. L’ho conosciuta solo attraverso i racconti di
mamma.”
“Cosa vi siete detti?”
“Nonna mi
incoraggiava a non mollare, a non lasciare il contatto con la
realtà, perché dovevo fare ancora tante cose prima di
morire. Mi ha detto che avrei incontrato una ragazza così
speciale da passarci insieme il resto della mia vita.”
“E ci ha preso?” – chiese la ragazza, sentendo qualcosa spaccarsi dentro.
“L’avevo trovata, ma… a due giorni dal matrimonio ci ha ripensato.”
“O-oh,
scusami… Dio che figura… scusa, a volte ho il tatto di un
elefante!” – fece lei, mortificata.
“Non ti
preoccupare. È stata dura, ma l’ho superata. È
stato anche a causa di quella rottura che mi sono buttato a capofitto
nel lavoro. Avevo bisogno di sentire l’adrenalina scorrermi nelle
vene e risentirmi vivo.”
“L’amavi veramente tanto, allora…” – constatò lei.
“Sì,
l’ho amata tantissimo. E ora mi resta il ricordo, un bel
ricordo.” – fece lui, con un sorriso.
“Posso… posso chiederti una cosa?”
Draco la guardò.
“Però se non vuoi rispondermi non farlo, ok?”
“Dai, dimmi…”
“Se… se tornassi indietro… cercheresti di convincerla a tornare da te?”
Quando Hermione
aveva sentito la sua storia d’amore andata in frantumi, la
ragazza era tornata alla sua di storia d’amore.
Stava assieme a
un ragazzo di tre anni più grande di lei. Le sue amiche, quelle
che, tra l’altro, li avevano presentati, non facevano altro che
raccontare alla ragazza delle farfalle nello stomaco, dei rossori
improvvisi, del languore che le prendeva ogni volta che si trovavano
semplicemente accanto al loro fidanzato… tutte cose che
Hermione, con Ron non aveva mai provato. Di lui l’avevano
conquistata il senso dello humour, la sua dolcezza e quei magnetici
occhi azzurri che avrebbero potuto far concorrenza al mare attorno alle
Bahamas.
Ma niente
farfalle nello stomaco, nessun rossore improvviso. Aveva imputato
quella mancanza di sensazioni al fatto che lei non era più una
ragazzina, ma una donna che si era trovata con un ragazzo e si
piacevano.
Niente di più e niente di meno.
Il sesso era
abbastanza buono, ma aveva sempre avvertito la mancanza di quel
qualcosa, di quell’alchimia che tra una coppia dovrebbe esserci.
Quando lui
l’aveva lasciata, Hermione c’era rimasta malissimo. Forse
la sua era più abitudine ad averlo sempre intorno che
all’assenza di lui vera e propria e molte volte era stata tentata
di tornare da lui e pregarlo di tornare insieme.
Ma tornare
insieme prevedeva anche l’abbandono di lei della sua professione
ed Hermione si chiedeva spesso se Ron ne valeva la pena o se per lei
quello giusto doveva ancora arrivare.
“No, credo di no.” – fu la risposta di Draco, che la riportò con i piedi per terra.
Anzi, per aria.
“Pansy
è stata indubbiamente molto importante per me, ma anteporre il
mio egoismo alla sua felicità avrebbe reso infelici tutti e due.
Pansy merita qualcuno che torni a casa alle sei e mezzo di sera e che
la sua unica preoccupazione sia la cena. Non… quella di
chiedersi se rivedrà ancora suo marito. Intero,
possibilmente.”
Hermione
abbassò lo sguardo. La risposta di Draco le aveva in qualche
modo chiarito i rimasugli dei dubbi che ancora si portava appresso.
“Hai
ragione… anche se sembra un cliché, la frase “se
ami qualcuno lo devi lasciare libero” alla fine ci sta giusta
giusta. Non credi?”
“Hai ragione.”
Si sorrisero.
A Draco
passò completamente di testa di chiedere a Hermione del suo
lavoro. Si era perso nei suoi ricordi e in quelli ancora stava, a
giudicare dalla sua espressione beata. La ragazza preferì non
disturbarlo, così si lasciò andare contro lo schienale e
si godette il viaggio.
Sempre con la mano intrecciata alla sua.
Erano passate tre ore dal decollo e il silenzio era calato nella prima classe.
Molti
passeggeri avevano infilato le cuffie e si erano messi a guardare i
film che la compagnia metteva a loro disposizione, mentre altri erano
palesemente addormentati.
Le gambe
iniziavano a dolerle e ne approfittò per allungarle lungo il
corridoio. Trovò un immediato sollievo in quel gesto. Draco
sembrava essersi addormentato e la ragazza si perse a osservarlo.
Dio!, non
c’era niente da ridire su quel ragazzo! Oltre ad essere una
favola fuori, da quel poco che ci aveva parlato insieme lo era anche
dentro! Era biondo e aveva i capelli che gli arrivavano sotto le
orecchie. Aveva una specie di frangetta che la ragazza giudicò
molto sexy, per il modo che aveva di cadergli davanti agli occhi quando
compiva un qualsiasi movimento. Gli occhi, ora purtroppo chiusi,
nascondevano una vernice azzurra, quasi ghiaccio, a seconda delle
emozioni che li attraversavano in quel momento. Il naso assomigliava
tanto a quello degli aristocratici, con la punta rivolta leggermente
all’insù e aveva una bocca fantastica.
Hermione
scambiò il suo labbro inferiore per un chewing-gum, da tanto
attratta che era da quelle labbra. Saltargli addosso e baciarlo sarebbe
stato niente.
“Excusez-moi,
mademoiselle, je devrais y aller.”
Mi
scusi, signorina, dovrei passare.
La voce le
arrivò come la carezza di una coperta. Hermione si girò
di scatto e si trovò davanti un bel ragazzo, occhi scuri e
capelli neri, che le chiedeva di ritirare le gambe per poter andare,
presumibilmente, alla toilette.
“Oui,
monsieur. Excusez-moi.”
Certo signore. Mi scusi.
Hermione, con
un sorriso di cortesia, ritirò le gambe e permise all’uomo
di passare. Stava per tornare alla contemplazione di Draco, quando lo
trovò sveglio.
“Ehi… ti ho svegliato?” – chiese lei.
Draco scosse la testa.
“Affatto. Ero sveglio da qualche minuto. E così parli francese.” – constatò lui.
La ragazza sorrise, abbassando lo sguardo.
“Già…
papà ci teneva particolarmente. Eravamo sempre in giro per
affari e se volevo sopravvivere al Consolato Francese dovevo mettermi
sotto con la lingua.”
Draco ghignò malizioso.
“Perché ghigni? Oh Draco! Sei incredibile!” – fece lei, che aveva capito solo dopo il doppio senso.
“Eddai… non ti sarai mica arrabbiata!” – fece lui.
“No, no, figurati… mi hai preso in contropiede.”
“Excusez-moi, mademoiselle.” – fece di nuovo il francese.
Hermione rientrò con le gambe e permise all’uomo di sedersi nell’ultimo posto della fila opposta.
“E… quante altre lingue conosci?” – fece lui, sempre malizioso.
Hermione lo rimproverò fintamente con lo sguardo.
“Conosco l’italiano, lo spagnolo, il tedesco e il portoghese.”
Draco la fissò allibito. Credeva che si limitasse al francese, ma aveva proprio sbagliato!
“Ah…” – fece lui, rosso come un peperone, perché non sapeva più cosa dire.
Hermione se ne accorse e ghignò.
“E tu? Conosci qualche lingua in particolare?” – chiese lei.
“Ringrazio Dio che conosco l’inglese.” – fece lui.
La ragazza rise a piano, facendo mettere a Draco un broncio adorabile.
“Dai, non ti sarai mica arrabbiato tu, vero?”
Il broncio
sparì e Draco si aprì in un sorriso fantastico, mostrando
a Hermione quanto abile fosse il suo dentista. La ragazza riuscì
a nascondere il rossore improvviso che le era salito quando Draco aveva
riso.
Dio!, quel ragazzo era da stuprare seduta stante!
“Scusami
un attimo…” – fece il biondo, alzandosi. Aprì
lo scomparto in alto ed Hermione si ritrovò a contemplare la
perfezione del sedere del ragazzo.
“Complimenti
alla mamma e al papà…” – fece lei, a voce
iper bassissima. – “Cos’è?” –
chiese, notando il libro che Draco aveva in mano.
“E’ un libro di arte.”
Hermione si avvicinò un po’.
“Che periodo?”
“Oh, un
po’ di tutto…” – fece Draco, rigirandosi il
libro tra le mani. – “… c’è qualcosa di
Giotto, Da Vinci, per poi passare al romanticismo inglese con
Friedrich, Monet…”
“Giusto un paio d’anni di arte…” – ironizzò lei.
“Sì.”
– fece lui, ridendo. – “Me lo ha regalato mia madre.
Ti va di… guardarlo insieme a me?”
Hermione lo
fissò stupita, ma piacevolmente sorpresa dal fatto che avesse
voluto dividere una cosa così intima con lei.
“Volentieri.”
“A te piace l’arte?” – le chiese, aprendo la copertina.
“Molto. A
scuola era la mia materia preferita. Ti parlo però di qualche
centinaio di anni fa.” – ironizzò lei.
“Esagerata… avrai sì e no venticinque anni.”
Hermione sospirò e si appoggiò per un secondo alla sua spalla.
“Adulatore… tu sì che sai parlare alle donne!” – esclamò lei, platealmente.
Draco rise di quella scenetta.
“Magari ne avessi venticinque, no mi spiace. Ma ne ho trentadue. E tu?”
“Trentacinque. Senti, io ti dico qual è il mio quadro preferito e tu mi dici il tuo, ok?”
Hermione annuì, eccitata.
Draco andò dritto alla pagina che gli interessava, mostrando a Hermione il quadro di “Amore e Psiche”.
“E’
molto bello.” – osservò Hermione. – “Ho
sempre ammirato chi sa ritrarre fedelmente il corpo umano.”
– toccò l’immagine con le dita. –
“E’ di Jacques-Louis David, vero?” – chiese con
un sorriso.
Draco la fissò stupito.
“Lo conosci?”
“Sì. Non è famoso come Monet, ma ha la sua fama.”
“Scommetto che adesso mi terrai una lezione di storia dell’arte…” – ironizzò il biondo.
“Se te la senti…” – ribatté lei, sfidandolo.
“Coraggio, professoressa. Fammi vedere di che pasta sei fatta.” – e le mise in mano il libro.
“Ehm
ehm…” – finse di schiarirsi la voce e iniziò.
– “… non ti dirò le dimensioni del quadro,
né la tecnica di pittura o qualsiasi altra nozione tecnica
l’autore abbia usato per realizzare questo quadro. Se a scuola
eccellevo in questa materia, è perché guardavo
l’immagine e nel spiegare all’insegnante cosa mi colpiva
arrivavo senza saperlo a evidenziare lo stile del pittore.”
“E cosa vedi?”
Hermione gli sorrise.
“Io vedo
tanta armonia. Mi piace quando i pittori oscurano il paesaggio e usano
colori più chiari per dipingere i personaggi. Ovviamente sono
loro i protagonisti del quadro e quindi loro vanno messi in evidenza.
Lo stesso vale per il contrario: se il protagonista del quadro fosse
stato tutto il resto, David avrebbe risaltato il paesaggio e avrebbe
messo in secondo piano i personaggi.”
“Molto brava davvero.” – si complimentò lui. – “Va avanti.”
“Una cosa
che però non mi piace è quando mettono a nudo un
personaggio femminile, mostrando tutto il suo corpo, mentre agli uomini
vanno sempre a coprire il bassoventre…”
“Non ti facevo così maliziosa, Hermione…”
Hermione gli assestò un piccolo pugnetto sulla spalla che lui, ovviamente, non sentì nemmeno.
“Sempre a
pensare quello!” – lo rimproverò lei. –
“Non volevo dire che mi piacerebbe vedere le grazie maschili,
solo che si evidenzia come la donna sia ancora considerata un oggetto
anche nell’arte. Tutto qui.”
“Dai che scherzavo… continua…”
“Mi piace
l’armonia delle linee e la rilassatezza sul viso di Psiche. Si
vede che sta bene e che non ha preoccupazioni di sorta. Cupido…
anche lui sembra rilassato. Ha uno sguardo sognante e appagato. Guarda
come accarezza il braccio di Psiche. Denota intimità e, quasi
quasi, rispetto.”
Draco era
rimasto affascinato da quella spiegazione. Non c’era nulla di
tecnico, ma solo emozioni. Ed era questo che l’arte dovrebbe
sempre ispirare: emozioni.
Hermione
sembrò tornare con i piedi per terra e quando vide Draco
fissarla quasi ammirato s’imbarazzò non poco.
“Scusa… i quadri mi piacciono tanto. Ti ho annoiato?”
Il biondo scosse la testa.
“Nemmeno per un attimo.” – rispose lui con tono basso.
I due si sorrisero e distolsero per un attimo gli sguardi.
“E a te?” – chiese Draco. – “Qual è il quadro che ti piace?”
Hermione prese
il libro e andò all’indice, cercando il titolo del quadro.
Andò alla pagina e glielo mostrò.
“Hai qualche rimostranza contro il nostro governo?” – chiese lui, perplesso.
Hermione rise, ma negò con la testa.
“Assolutamente no.”
Il quadro che aveva scelto Hermione era “Incendio alla Camera dei Lord e dei Comuni”, di William Turner.
“Certi
quadri mi fanno venire la pelle d’oca, come questo, per esempio.
Qui vedi quanto l’uomo sia piccolo e impotente di fronte alla
natura. Basta un attimo e tutto finisce. Ti da proprio il senso
d’angoscia perché capisci quanto tutto al mondo sia
relativo. L’essere umano si sente tanto superiore, ma di fronte a
un incendio come questo comprende quanto minuscolo in realtà
sia. E non mi riferisco solo alla statura.”
“Sei incredibile, lo sai?” – fece lui, ammirato. – “Dove hai imparato tutte queste cose?”
“Te
l’ho detto. Papà era sempre in giro per lavoro,
soprattutto in Francia. E mentre lui lavorava io mi divertivo al Louvre
a guardare i quadri dei più famosi pittori al mondo.”
“Che età avevi?”
“Sette-otto
anni, ora non ricordo di preciso… ma ricordo il profumo che
sentivo quando entravo in quel museo, ragazzi!, ancora adesso mi sembra
di risentirlo.”
“Che odore sentivi?”
“Odore di
storia, odore di grandi pittori…” – fece lei con gli
occhi ludici. – “… quando entri al Louvre è
come percepire le presenze dei più grandi autori intorno a te.
Sembra quasi ti guidino per mostrarti le loro opere. È…
fantastico!” – fece lei, che non sapeva come altro
descrivere la sensazione di tutta quella bellezza.
Draco non sapeva più cosa dire. La passione di Hermione lo aveva spiazzato.
“Sono senza parole. Andresti d’accordo con mia madre.”
Hermione sorrise e l’attimo successivo si lasciarono andare contro i sedili per riposare un po’.
Erano passate quattro ore dal decollo.
Il silenzio
regnava sovrano, mentre alcune hostess andavano avanti e indietro per
il corridoio, offrendo bevande, spuntini o coperte.
Un passeggero
si alzò dal proprio posto e andò in bagno, per poi
dirigersi verso il fondo dell’aereo. Lo vide varcare la soglia
tra la prima e la seconda classe ed Hermione pensò che stesse
andando a trovare qualcuno che viaggiava in seconda. Draco si era
addormentato contro il finestrino e si era coperto con un plaid,
offerto da un’hostess particolarmente accomodante con lui. La
ragazza si era fatta prestare il libro di arte e se lo stava
sfogliando, pagina dopo pagina.
Non riusciva a
dormire, nonostante sentisse la stanchezza farsi avanti, ma era sempre
stato così, anche quando era bambina: non riusciva a dormire,
sapendo di non avere i piedi piantati a terra e volare a tutti quei
metri da terra le imponeva di rimanere sempre vigile e attenta.
Accanto a lei,
Draco si mosse e arrivò a girare il volto verso di lei. Hermione
sospirò con un sorriso, incredula che avrebbe passato un mese
intero sulla stessa isola di quel ben di Dio.
E se lo
immaginò vestito alla “Maverick”. Già se lo
vedeva mentre atterrava con il suo jet, il portellone che si apriva e
lui che con quattro agili balzi scendeva a terra.
Hermione stava avendo l’acquolina in bocca.
Lo vide
avanzare al rallentatore verso di lei, vestito con pantaloni mimetici
verdi e grigi e una canottiera verde a spalline larghe aderente, mentre
la catenina che reggeva le piastrine militari, batteva sul suo marmoreo
petto. I pantaloni, infilati dentro gli stivali, gli conferivano
quell’aria di bello e maledetto che, pensandoci bene, faceva a
pugni con la camicetta hawaiana che aveva indossato per il viaggio.
E si avvicinava
a lei, con l’argento fuso al posto degli occhi, mentre si
lasciava ipnotizzare e restava ferma immobile, aspettando un qualsiasi
suo gesto.
L’attimo
successivo, le fece fare il casché, coinvolgendola in un bacio
mozzafiato. Sentiva le sue mani grandi e calde avvolgerle la vita, per
impedirle di cadere, mentre lei aveva avvolto le sue braccia attorno al
collo di lui.
Hermione aveva gli occhi chiusi e la bocca aperta per la bellissima fantasia, perché purtroppo di quella si trattava.
“Mamma mi scappa la cacca!”
La ragazza spalancò gli occhi, ripiombando nella realtà.
“Tesoro
non si dicono queste parole!” – la rimproverò la
donna. – “Coraggio, andiamo in bagno.”
Hermione vide
quell’immagine svanire come in una nuvola di fumo e
sospirò. Guardò Draco che dormiva beatamente e
sospirò ancora.
Intanto, nella
prima classe, alcuni passeggeri continuavano a darsi il cambio per
andare in bagno. All’ennesimo giro, l’hostess si
informò se andasse tutto bene.
“Excusez-moi,
monsieur, êtes-vous bien? Êtes-vous
malade?”
Mi scusi, signore, va tutto bene?
Si sente male?
“Je
crois que j'ai mangé quelque chose que je n'ai pas
digéré bien.”
Credo di aver mangiato qualcosa che non ho digerito bene.
“Je
peux apporter quelque chose de chaud?”
Posso portarle qualcosa di caldo?
“Ne
vous inquiétez pas. Je dois aller aux
toilettes.”
Non si preoccupi. Devo solo
andare in bagno.
L’hostess non insistette e lasciò l’uomo andare alla toilette.
Hermione
provò un po’ di pena per quegli uomini che non si
sentivano bene, perché non doveva essere comodo espletare le
proprie funzioni in un bagno piccolo come quello degli aerei.
Tornò a
sfogliare il suo libro di arte, quando vide un altro uomo, uno dei
soliti, dirigersi verso il bagno, iniziò a palesare qualche
dubbio.
NdS - Note della scribacchina:
Come avrete
notato, i due hanno iniziato a conoscersi. Chiedo scusa fin da ora se
qualcuna che conosce il francese avrà iniziato a notare
l'avanzamento di capelli bianchi sulla propria testa, ma per questa
lingua a me sconosciuta mi sono affidata a Google traduttore.
Pigliatevela con lui.
Spero che il
capitolo sia stato piacevole. Ho cercato di mettere dentro quella
curiosità che avrebbe preso me se mi fossi trovata accanto un
pilota aeronautico. Certo... se me ne fossi trovato davanti uno del
calibro - e bellezza - di Draco avrei parlato di tutto tranne che del
suo lavoro, o non avrei parlato affatto...
CMQ, ciancio alle bande!
Alla prossima!
Besitos!
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Capitolo 4 *** Si comincia! ***
04 - Si comincia!
I just came to say… HALLO!
Scherzi e
citazioni a parte, grazie a chi è arrivato fino a qui. Abbiamo
lasciato Hermione a contemplare il libro d’arte che Draco le ha
gentilmente chiesto di vedere insieme e l’opera d’arte
chiamata, appunto, Draco Malfoy.
Tra un quadro e
l’altro, Hermione si metteva lì a fantasticare sul
ragazzo… cosa che ogni ragazza sana di mente avrebbe fatto.
Comunque… la riccia ha il fiuto di un segugio, percependo qualcosa di strano.
Cosa?
Vediamolo insieme.
Prima però voglio ringraziare Ivana&Silvia, _araia e barbarak per i loro bellissimi commenti:
Ivana&Silvia: so che Draco è bellissimo. ^^
Anch’io
ho penato tanto quando me lo sono immaginato così, e anche
Hermione, visto il film mentale che si è fatta. Non sai quanto
ti do ragione.
Non vorrei mai essere al posto loro.
Ti lascio alla lettura.
Cio cio!
_araia:
il piacere di ritrovare te è mio, cara. Sono davvero lieta di
vederti presente anche a questa storia. Comunque tranquilla. Anche se
ti sei data la risposta da sola, Draco NON diventerà gay
perché come giustamente hai notato, questa è una DRAMIONE.
Per i dirottatori non ti preoccupare. Non comprometteranno niente. Rimanderanno solo l’inevitabile. ^_^
Sono davvero contentissima di averti risentito. Mi ha fatto un enorme piacere.
Barbarak:
sì non sei l’unica, e non è perché sei
sfigata o perché non esistano. Semplicemente, questi uomini,
difficilmente fanno i turisti e te li ritrovi vicini di posto: guidano
loro gli aerei e a meno che non faccia la figura del bambino di 5 anni
che vuole vedere la cabina di pilotaggio, altro modo di conoscerli non
ne hai.
Vendersi la mamma? Quella si venderebbe 20 generazioni passate e future! No, scusa… quella sono io…^_^
Per il lavoro
di Hermione, posso dirti che io ce la vedo molto bene nei panni
dell’artificiere, perché questo lavoro richiede precisione
e attenzione ai dettagli, tutte caratteristiche che la
“vera” Hermione comunque possiede.
Per l’ultima parte della tua recensione, posso dirti che sì, un artificiere non sarà da buttare via.
Ora ti lascio al capitolo, ringraziandoti per aver lasciato un commento.
Baci.
PER TUTTE: scusate il ritardo dell’aggiornamento!!!
Sarà
stata quanto?, la ventesima volta che quello andava in bagno? E non gli
era ancora passata? E pensandoci bene, anche gli altri uomini avevano
fatto avanti e indietro dal bagno altrettante volte e alcuni di loro si
erano diretti in seconda classe.
Si voltò
indietro e si ritrovò a guardare uno di quegli uomini che le
sorrideva gentile. Hermione ricambiò il sorriso e tornò a
sedersi compostamente. Draco ancora dormiva e lasciò che
continuasse così.
Ma Hermione
continuava a guardare in direzione del bagno. Ancora, un altro uomo si
alzò e vi si diresse. Si mordicchiò un’unghia, fino
a che il suo sesto senso, ormai collaudato negli anni, non la indusse a
voler verificare. In più, cascava proprio a fagiolo,
perché un certo bisogno lo sentiva pure lei.
Si
slacciò la cintura e si stiracchiò. Si alzò dal
proprio posto e percorse il corridoio che l’avrebbe condotta al
bagno. Entrò, e l’attimo successivo, la placca da verde
passò a rossa.
Prima di tutto
espletò le sue funzioni, provando una sorta di piacere, mentre
sentiva la pancia svuotarsi. Non c’era nulla di strano in quel
bagno. Tirò l’acqua e tornò al suo posto.
Mentre
percorreva il corridoio al contrario, uno dei “malati” le
sorrise cordialmente e lei gli restituì il sorriso. Fu solo
quando si fu seduta e che si stava per riallacciare la cintura che
notò un piccolo particolare.
Ma se stavano male, perché non c’era odore in bagno?, pensò Hermione, con un sopracciglio corrucciato.
Quando si
svegliò, circa tre quarti d’ora più tardi, Draco la
trovò intenta a pensare e a fissare un punto davanti a sé.
“Ehi… qualcosa non va?”
Hermione lo guardò, indecisa se dirli o meno di quella stranezza, ma preferì tacere. Per il momento.
“No, nulla.”
Draco percepì un tono di voce molto freddo e pensò di aver fatto qualcosa che l’avesse offesa.
“Hermione?” – la vide controllare l’ora e alzarsi. – “Dove vai?”
“Alla toilette.” – fece lei, con un sorriso.
L’uomo
annuì e la lasciò andare. Sul ripiano di Hermione
c’erano tre bottigliette di acqua vuote e il biondo se ne
sorprese non poco.
La donna si
richiuse dentro il bagno. Effettivamente, tre bottigliette
d’acqua si stavano facendo sentire e dopo aver fatto tutto,
ispezionò nuovamente il bagno.
Quello della
prima classe era più grande rispetto a quello di
un’economica. Oltre ad avere il water, aveva anche un lavandino
ed un porta asciugamani. Non c’erano finestre, solo un condotto
d’areazione, ma la sua presenza non giustificava un ricircolo
dell’aria così veloce da non avvertire nessun odore. Non
dopo che lei era entrata, subito dopo l’uscita dell’uomo.
Le provò tutte: abbassò e rialzò la tavolozza del
water più volte, ma non trovò niente, guardò il
porta asciugamani, ma era utile quanto uno stuzzicadenti rotto in tre
parti e poi guardò il lavandino.
Lo specchio le
rimandava l’immagine di una ragazza perplessa con una nota di
preoccupazione. Si chinò per guardare la colonna che sorreggeva
la vaschetta, ma non trovò nulla di preoccupante.
Tentò
allora con lo specchio. Spiaccicò la faccia contro la parete,
per vedere com’era appeso e quando capì che stava in piedi
solo per un chiodo, decise di staccarlo.
“Allora? Ha finito?” – fece una voce dall’esterno.
La ragazza fece un salto per lo spavento.
“Merda…
sì, arrivo!” – aprì il rubinetto per simulare
il lavaggio delle mani e poi uscì, sorridendo a mo di scusa.
L’uomo se ne fregò ed entrò nel bagno, chiudendo con uno scatto stizzito la serratura.
Tornò al suo posto, ma continuò a fissare il bagno.
“Mi dici che hai?”
“Quanto impiega il ricircolo nel bagno a tirare via certi odori?”
Draco la fissò stranito. Che diavolo di domanda era?
“Eh?”
“Draco…
in bagno c’è un condotto di aereazione. Quanto ci impiega
l’impianto di aereazione a ripulire l’aria?”
“Ma che domanda è?”
“Draco, rispondi e basta!” – fece lei, guardando ancora il bagno.
“Circa… quindici-venti minuti ogni volta che lo sciacquone viene tirato. Perché ti interessa saperlo?”
“Signorina?” – Hermione non gli diede risposta, cosa che lo indispose.
“Sì?” – fece l’hostess, sorridendo a entrambi. Era quella particolarmente accomodante con Draco.
Hermione, che
non aveva tempo da perdere, prese Draco sotto braccio, mentre
quest’ultimo la guardava decisamente perplesso, mentre sul viso
della donna si palesò una smorfia di disappunto, celata
malamente dal classico sorriso di cortesia.
“Cortesemente, porterebbe due bottigliette di the per me e il mio fidanzato? Grazie.”
L’hostess
si raddrizzò e guardò Hermione con severità, quasi
la incolpasse di essersi presa quel bellissimo ragazzo.
“Certo. Ve lo porto immediatamente.” – si girò e andò a prendere il the.
Hermione si
staccò dal braccio di Draco e guardò in direzione della
cucina, pregando Dio che quella non ci impiegasse
un’eternità.
“Mi dici che sta succedendo? Che storia è questa?”
“Non ancora… aspetta. Grazie.” – fece Hermione, rivolta all’hostess.
“Di nulla. È sempre un piacere vedere un ragazzo e una ragazza che si amano.”
Hermione per poco non si strozzò con il the. A Draco, invece, cadde la bottiglietta di mano.
“La ringrazio. Ora vorrei stare sola con il mio fidanzato, se permette.”
“Certamente. Buon volo.” – si girò di nuovo e se ne andò.
“Buona morte.” – sibilò Hermione con un finto sorriso, una volta che la donna si fu allontanata.
Aprì
frettolosamente la bottiglietta e si scolò il the tutto
d’un fiato. Draco la fissò allucinato, non capendo cosa
stesse prendendo alla ragazza. Con un ultimo sorso, inghiottì
l’ultimo goccio.
“Lo bevi?” – chiese lei, ansante.
Draco guardò la bottiglietta e negò con la testa. Era interdetto.
“Posso?” – chiese, indicando il contenitore.
Sempre
più perplesso, Draco le passò la bottiglietta e la vide
scolarla tutta d’un fiato pure quella. Gliela mise sul suo
ripiano e lei iniziò a molleggiare le gambe.
“Credi di trovare il tempo tra una stranezza e l’altra di dirmi che sta succedendo?”
“Non ancora.” – fece lei, mentre iniziava a sentire la pancia gonfiarsi di nuovo.
Passata una
mezz’ora a continuare a ripetere a Draco che gli avrebbe spiegato
tutto in un secondo momento, Hermione tornò in bagno.
Chiusasi
dentro, la prima cosa che fece fu di staccare lo specchio dalla parete
e tastarla. Sembrava che non ci fosse niente di anormale, se non per un
pezzo di carta da parati semi sollevato. Lo analizzò
attentamente e si stupì quando vide che si sollevava.
Sgranò gli occhi quando, una volta tolto, si trovò davanti a uno sportello.
“Bientôt, nous allons entrer en action. prévient les autres qu'ils ont prêts.”
Tra poco entreremo in azione. Avvisa gli altri che si tengano pronti.
Non credeva ai
propri occhi. C’era un pannello dietro la carta da parati.
Chissà cosa conteneva! Non perse tanto tempo a chiederselo,
perché lo aprì.
E iniziò a tremare.
Tornò
con l’aria più serena che una persona può mostrare
quando si è liberata della pipì.
Si sedette al suo posto e sorrise a Draco, che ci capiva sempre meno.
“Alzati
ancora senza dirmi cosa sta succedendo e apro il portellone e ti butto
giù!” – la minacciò. Draco era un tipo molto
gentile e disponibile, ma essere ignorato bellamente lo aveva irritato
moltissimo.
Hermione si
girò e gli sorrise e lo abbracciò. Dire che era andato in
tilt era niente. Si ritrovò ad abbracciare a sua volta la
ragazza, fremendo impercettibilmente quando sentì le sue dolci
curve accarezzare il tessuto della sua camicia estiva.
“Ascoltami
molto attentamente. Sorridi e fingi che sia la tua ragazza.”
– gli sussurrò Hermione all’orecchio.
A Draco non
occorreva di certo ulteriori spiegazioni per comportarsi in un certo
modo, così iniziò a strofinare il naso sul collo di lei.
Dio!, da quanto tempo era che non provava più quelle sensazioni?
E non meglio era messa Hermione!
Sentiva il naso
del ragazzo accarezzarle la carne tenera dietro l’orecchio, il
suo punto più sensibile, e cercava, oltre a godersi quelle
sensazioni, di mantenere un certo distacco per informare Draco di
ciò che aveva scoperto.
Hermione gli
raccontò tutto quanto e lo sentì diventare un pezzo di
ghiaccio. Alla fine, non resse più, ed esplose.
“COSA?!?!”
Tutti i
passeggeri si voltarono verso i due ragazzi. Draco era rosso dalla
notizia, mentre Hermione avrebbe dovuto inventarsi una scusa al volo
per giustificare quell’urlo.
“Cosa succede?” – chiese tutta agitata un’hostess.
Ed Hermione buttò lì la prima scusa che le venne in mente.
“Lo scusi, signorina e anche voi… scusate!” – fece la ragazza con un imbarazzato sorriso.
Dietro di lei, Draco, era nel pieno di una crisi respiratoria.
“Gli ho appena detto che sono incinta.”
Un
“oooh” di sollievo e di felicità si sparse nella
prima classe e tutti batterono le mani, congratulandosi con Hermione e
Draco, ancora sconvolto.
“Scusatelo…
è che certe cose lui le vuole programmare.” – fece
Hermione, calatasi più che perfettamente nel ruolo di neo-mamma.
Quanto tutti furono tornati ai propri posti, Hermione si girò verso Draco, che ancora non dava cenni di vita.
“La prossima volta usa l’interfono!”
Draco sembrò svegliarsi in quel momento.
“Scusa se mi hai preso in contropiede, eh?” – fece lui, acquattandosi contro il sedile.
Hermione lo imitò.
“Ora mi
spiego alcune cose. Il loro continuo andare in bagno, l’andare
verso la seconda classe. Forse l’hanno messa lì.”
– fece Hermione, che lentamente stava mettendo insieme i vari
pezzi del puzzle.
“Ma chi
sono questi? Che cazzo vogliono?” – sibilò Draco,
sotto sotto infuriato perché non sapeva se sarebbe riuscito ad
andare in vacanza.
“Non lo so. Sono francesi e forse hanno delle rimostranze contro il governo…”
Ma Hermione non fece in tempo a finire la frase che si levarono dei colpi di pistola.
Scoppiò
il panico. I passeggeri cercarono di rifugiarsi sotto i sedili, mentre
le poche madri presenti cercavano di proteggere i propri figli con il
loro corpo.
Urla, crisi e pianti si levarono anche nella seconda classe, dove si trovavano altri due criminali.
“Silonsio!
Silonsio!” – fece un uomo dai capelli biondo cenere.
Reggeva in mano una mitraglietta, puntata verso il tetto
dell’aereo.
Altri due
criminali erano scattati immediatamente verso la cabina di pilotaggio,
approfittando della confusione che si era creata con la sparatoria.
Hermione e Draco erano scattati sui sedili e avevano osservato con crescente impotenza lo svolgersi dell’azione.
“Se stote buoni e formi, non vi sussciederà nionte!” – fece l’uomo con la mitraglietta.
Era sceso il
silenzio nella prima classe, interrotto dai singhiozzi che la gente
cercava di trattenere per non irritare ancora di più i criminali.
“Chi… chi siete?” – chiese una donna a metà fila.
Il marito la strattonò per impedirle di aggiungere altro, temendo per la sua vita.
“Chi siamo no ha importansa. Stote zitti e non vi susscederà nulla.”
“Seee nulla…” – fece Hermione, attenta a non farsi notare più di tanto.
Draco si comportava esattamente come lei.
Dalla cucina,
da cui si accedeva alla cabina di pilotaggio, uscirono altri due
terroristi. Hermione si alzò quel tanto che bastava per sentire
cosa si dicevano.
“Très bien. L'équipage a été mis en service.”
Tutto a posto. L’equipaggio è stato sistemato a dovere.
L’uomo mostrò la mitraglietta al suo capo ed Hermione sbiancò.
“Che si sono detti?”
“Oh merda… hanno fatto fuori il pilota…” – sussurrò Hermione, bianca come uno straccio.
Fu il turno di
Draco di sgranare gli occhi, ma in un attimo fu raggiunto dalla
consapevolezza: lui era l’unico in grado di riportare
quell’aereo a terra. Doveva arrivare in cabina di pilotaggio e
prendere in mano la situazione!
“Non importa. Posso pilotarlo io.”
Hermione si
girò di scatto verso il ragazzo, provando una sorta di
ammirazione per lui. Ma anche lei poteva fare qualcosa.
Doveva trovare la bomba e disinnescarla!
La situazione
nella prima classe era alquanto tranquilla, per quanto così si
potesse definire un sequestro e l’uccisione di un’equipe di
pilotaggio.
Le hostess e
gli steward erano stati relegati nei quattro sedili vicini
all’uscita di emergenza con l’ordine di non muoversi. E
nessuno di quei quattro osava muovere un solo muscolo. I due
sequestratori erano in fondo, vicini al personale di bordo. Avevano da
poco varcato lo spazio aereo statunitense e ora la gatta da pelare era
passata dall’Europa all’America.
“Abbiamo appena varcato lo spazio aereo americano…” – fece Draco, irrequieto.
“Cosa? Come fai a saperlo?”
“In mezzo
all’oceano sono state installate delle piattaforme con i colori
dello stato di appartenenza. Abbiamo appena sorpassato quelle
americane.”
“Ma che vogliono fare, secondo te?”
“Non lo
so. So solo che se a questo aereo accadesse qualcosa, si creerebbe un
incidente diplomatico tra Europa ed America. Si scaricherebbero le
responsabilità tra di loro all’infinito. Nessuno vuole
avere a che fare con i sequestri aerei.” – fece il biondo,
mantenendo una certa calma, nonostante il momento critico.
“Io so solo che bisogna trovare quella bomba, disinnescarla e riportare questo aereo con le rotelle a terra.”
“Certo. Perché sicuramente lo trovi un artificiere a bordo, vero?”
Hermione lo guardò male.
“Ne hai uno davanti.” – gli rispose, lasciandolo basito.
“Come scusa?”
“Prima mi
avevi chiesto cosa facessi per vivere, ma siamo sempre stati
interrotti. Sono un artificiere e il mio lavoro è quello di
disinnescare le bombe.”
“Oh porca…” – fece Draco, controllandosi in tempo. – “Davvero lo sai fare?”
“Sì. E adesso dammi una mano a trovare una soluzione per tutto ‘sto casino!”
Nel frattempo,
alcuni terroristi, due dei quali Hermione ipotizzò provenire
dalla seconda classe perché non li aveva mai visti in prima,
facevano avanti e indietro, portando in mano oggetti metallici di varie
dimensioni.
“Che stanno facendo?” – chiese Draco.
“Finiscono di costruire la bomba.”
“Oh
Cristo…” – sibilò il biondo. –
“Riesci a capire che tipo di bomba è?”
“E’
un congegno rudimentale, ma ci sono certi pezzi che non mi convincono.
Oh se potessi vederla!” – esclamò Hermione, che
odiava sentirsi impotente.
“Non dire idiozie!” – saltò Draco. – “Vuoi farti ammazzare, per caso?”
“Senti…
qui sono l’unica che la può disinnescare e tu
l’unico che può riportare questo aereo a terra. Io altre
soluzioni non ne vedo. E tu?”
Draco si zittì. Purtroppo Hermione aveva fatto una giusta osservazione.
“Tu!”
– fece un terrorista, rivolto a un’hostess che
sobbalzò dallo spavento. Si mise le braccia davanti al volto per
proteggersi, anche se sapeva perfettamente che era un gesto altamente
inutile. – “Sorvi il pranso!”
L’hostess,
felice di rialzarsi in piedi, andò in cucina e iniziò a
sistemare sul carrello i piatti, quando la sua attenzione fu catturata
dal telefono che si usava per le emergenze.
E quella, decisamente, lo era.
Sbirciò
dalla tendina semi tirata la situazione e notò che i
sequestratori le davano le spalle. Si portò l’indice sulle
labbra, segno per zittire la prima fila, di non far trapelare niente.
Dava la schiena alla cabina di pilotaggio, perché la sua
attenzione era tutta rivolta ai sequestratori in prima classe.
Compose il
numero a tre cifre per le emergenze che la collegava alla torre di
controllo di atterraggio, che si trovava presso l’Aeroporto
Internazionale di Miami, in Florida.
“Torre di controllo MIA, parla pure AK598. Qual è la vostra emergenza?”
Mentre la voce
della torre di controllo americana recitava la formula di rito Eloise,
l’hostess, mise una mano a conchetta sul microfono della cornetta
e dava ogni tanto qualche sbirciata alla situazione in prima classe.
“La prego ci aiuti!” – sussurrò lei, facendo trapelare tutta l’angoscia per quella situazione.
“Cosa succede AK598?”
“Siamo stati sequestrati! Vi prego, aiutateci! Ci sono dei bambini a bordo!”
Nella torre di
controllo del MIA calò il silenzio. La comunicazione, infatti,
come del resto tutte quelle che provenivano dal telefono di emergenza,
venivano passate al vivavoce e si erano subito allarmati per il tono di
voce preoccupatissimo e spaventato della donna. Soprattutto quando
aveva detto del sequestro.
Un uomo abbastanza corpulento prese il comando di quella situazione.
“Signora,
sono il direttore Shepard dell’International Airport of Miami.
Riesce da darmi un quadro generale della situazione?”
“I-io… non posso parlare tanto, signor Shepard. Mi stanno aspettando!”
“Signora, quanti sono? Quanti ne vede?”
“Sono…
sono in due e altri due sono in cabina di pilotaggio, ma uno poi
è uscito ed è andato in seconda classe. La prego, ci
aiuti!”
Shepard iniziò a sudare freddo.
“Stia tranquilla, signora. Come si chiama?”
“Eloise…”
“Eloise,
non tema. Faremo tutto ciò che è in nostro potere per
aiutarvi. Che armi hanno? Me le può descrivere?”
Eloise si sporse leggermente e si ritirò alla velocità della luce.
“Mi sembrano… mi sembrano delle mitragliette.”
“Capito. Ora li raggiunga e dissimuli. Io allerterò le autorità competenti e…”
BANG!
La sala di controllo cadde nel silenzio più inquietante che si fosse mai sentito.
Il
sequestratore che era rimasto in cabina di pilotaggio era uscito in
quel momento e non aveva gradito l’iniziativa di
quell’hostess.
Ovviamente, gli
altri due accorsero e videro l’hostess a terra con gli occhi
sbarrati, la bocca semi aperta e una pozza di sangue che si stava
formando dietro la sua testa.
“Qu'est-il arrivé?”
Cos’è successo?
“Il appelait la tour de contrôle à Miami.”
Stava telefonando alla torre di controllo a New York.
“Idiot!”
Idiota!
I passeggeri
erano esplosi in grida e pianti isterici e solo una scarica di colpi
sparati in aria erano riusciti a farli zittire.
“Silonsio! Silonsio!” – urlò un altro sequestratore, furente.
“Maintenant, nous savons que l'avion! Il devait être secret!”
Adesso sanno che abbiamo l'aereo! Doveva essere segreta!
“Que pouvais-je faire? Laissez-les dire tout cela?”
Che dovevo fare? Lasciarle dire tutto quanto?
“Shit!”
Merda!
Urlò il
rapitore, che sembrava essere il capo di quella missione. Era talmente
furente per quell’imprevisto, che diede un pugno in faccia al
compagno che aveva ucciso l’hostess.
Le donne protessero gli occhi dei loro bambini come poterono.
“Che si sono detti?” – chiese Draco, ad una concentrata Hermione.
“L’hostess
uccisa ha avvertito la torre di controllo del Miami International
Airport e i sequestratori non hanno gradito.”
Draco
mollò un pugno sul bracciolo. Fortunatamente l’imbottitura
attutì il colpo, così nessuno si accorse del suo gesto di
stizza. Hermione cercò di calmarlo.
“Calmati… così non risolviamo niente.”
La torre di
controllo aveva sentito tutto quello che era successo dopo lo sparo.
Urla, grida e isterismi vari dei passeggeri del AK598 si erano diffusi
nella stanza. I presenti assistettero impotenti a
quell’uccisione. Sentirono anche quello che i rapitori avevano
detto, ma non capendo nulla di francese, si mobilitarono in sincrono
per cercare un interprete e avvisare il comandante dell’F.B.I.
della sede di Miami Beach affinché li raggiungesse e li aiutasse
a risolvere quel casino.
“Avvertite
subito l’Agente Castle! Avvertite le squadre di soccorso che si
tengano pronti in caso di atterraggio! Muoversi! Muoversi!
Muoversi!” – urlò Shepard mentre si spettinava i
capelli, più già di quanto non fossero.
NdS - Note della scribacchina:
Eccoci
qui. Siamo entrati nel vivo della storia. Non pensiate che sia una
specie di “Air Force One”, il film con Harryson Ford, non
sono così brava.
Non so se la questione delle piattaforme siano vere, ma mi serviva un
pretesto per cambiare la nazionalità dello spazio aereo. Vi
avviso fin da ora che ci saranno tante cose che forse rasentereanno
l'irreale, ma la mia fantasia - nonchè competenza in fatto di
bombe e leggi internazionali - è quello che è.
Spero
che il capitolo sia stato di vostro gradimento. Critiche e commenti
vari saranno sempre più che bene accetti al fine di migliorare
lo stile.
Mi scuso per chi parla il francese. Non so quanto Google Traduttore sia affidabile... ma ugualmente lo ringrazio.
Alla prossima, besitos!
|
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Capitolo 5 *** Devo sapere! ***
Buona sera, siuri e siure!
Grazie per
essere arrivate fino qui. Mi scuso per il ritardo
dell’aggiornamento, ma non sono abituata ad aggiornare di
giovedì. Il mio giorno è il venerdì, ma ho un
impegno che mi impedisce tale aggiornamento.
Abbiamo lasciato Draco ed Hermione alle prese con ciò che ha scoperto Hermione.
Cosa succederà adesso?
Ovviamente
farò intuire qualcosa, ma non tutto, ma prima voglio ringraziare
le quattro persone che mi hanno gentilmente lasciato traccia del
proprio passaggio, cioè:
_araia:
il tuo nome mi riempie di gioia. Leggerlo tra i commentatori è
puro gaudio. Volevo ringraziarti per aver commentato anche stavolta.
Comunque adesso
è tutto nelle mani di Hermione, che deve capire che razza di
bomba hanno costruito, dove la tengono, come arrivarci e possibilmente
atterrare sana e salva, ma a questo penserà il nostro Dracuccio
uccio in un secondo tempo.
Adesso goditi questo capitolo.
Un bacio!
Itpanya:
ciao cara, benvenuta nella mia umile storia. Sono contenta che ti sia
piaciuta. Spero che anche questo capitolo sia all’altezza dei
precedenti.
Un bacio anche a te!
IvanaeSilvia:
ciao cara, bentornata. Grazie per il tuo bellissimo commento. Sono
felice ti abbia strappato una risata. Adesso ci sarà un piccolo
movimento nella classe di Draco e Hermione.
Cosa succederà?
Alla prossima!
Laura Malfoy:
benvenuta anche a te, speciale new entry! Sono contenta ti piaccia
questa storia, non ero molto convinta di pubblicarla, perché ho
notato che le storie in cui la magia non è presente si tendono a
lasciarle in disparte, però mi dispiaceva anche perché mi
sembrava, come hai detto tu, diversa e ho voluto metterla in pratica.
Se l’avessi ideata nel mondo della magia, sarebbe stato
sufficiente un colpo di bacchetta, ma avevo bisogno di creare suspence
e spero di esserci riuscita.
Per quanto
riguarda il detective Castle ho solo preso in prestito il nome. Sono
contenta che ti appassioni di film polizieschi. Piacciono molto anche a
me, per questo certe cose mi riescono da scrivere abbastanza bene,
perché li ho imparati a memoria.
Sì
è difficile costruire una bomba su un aereo, ma se conti che
sono stati in grado di far entrare i componenti e nasconderli in bagno,
forse la parte costruttiva è quella più facile.
Grazie mille per il tuo commento, mi ha fatto davvero piacere.
Spero che anche questo capitolo ti possa essere gradito.
Un bacio, callistas.
In prima classe uno steward sostituì la collega morta, per il pranzo.
La povera
Eloise era stata presa dalle gambe e dalle braccia e portata come un
sacco d’immondizia nella seconda classe. Perdeva ancora sangue
dalla testa e seminò per il corridoio tante goccioline di quel
liquido vischioso, in una macabra imitazione della favola di Hansel e
Gretel.
Quando
passò vicino a Hermione, la ragazza girò la testa e Draco
l’abbracciò, per proteggerla da quella visione.
“Dove la staranno portando?”
“Non ne ho idea.” – fece Draco, guardando la tendina che dava alla seconda classe muoversi.
“Il
prossimo che sci prova è un uomo o madame morto!” –
fece il capo dei sequestratori ai tre hostess rimasti.
I tre annuirono
e uno dei due steward si alzò tutto tremante per andare a finire
ciò che Eloise non aveva terminato.
Sotto lo
sguardo vigile e accusatore dei due rapitori, lo steward servì
il pranzo con mani tremanti. Cercava di elargire sorrisi di conforto,
ma questi erano tirati e nervosi, cosa che non fece altro che aumentare
l’angoscia dei presenti.
Hermione, dal
suo posto, lanciava occhiate fuggevoli verso la postazione dei
sequestratori, e li vide mangiare la loro razione di cibo.
“Vi andasse per traverso…” – sibilò la ragazza, tornando ad acquattarsi sul proprio sedile.
Draco, invece,
si stava mordicchiando un’unghia per cercare di partorire
un’idea che gli permettesse di alzarsi, andare in cabina di
pilotaggio e far atterrare l’aereo.
Il tutto, possibilmente, senza essere notato dai rapitori.
Lo steward
arrivò anche da loro due e porse i piatti con mano tremante, poi
passò oltre. Solo i bambini mangiarono la loro razione, mentre
per ciò che riguardava gli adulti, lo stomaco si era ridotto
alle dimensioni di una cruna d’ago.
E mentre sull’aereo vigeva un regime di assoluto terrore, a Miami, lungo le sue vie, si stava scatenando l’inferno.
L’agenzia
federale di Miami Beach era stata allertata subito dopo l’ordine
di Shepard. Dopo l’11 Settembre, ogni agenzia governativa
federale aveva rivisto i propri protocolli e ogni emergenza aerea come,
per esempio, un dirottamento, non veniva più presa sotto gamba.
Billy Joel
Castle, detto anche BJ dai colleghi più intimi, agente F.B.I. da
tempo quasi immemore e direttore dell’unità dislocata a
Miami Beach, si era svegliato quel mattino convinto che niente avrebbe
potuto rovinare la sua giornata. Quando era stato mandato a dirigere
l’unità di Miami, mancava poco che srotolasse la lingua in
gola al suo capo, perché Miami significava solo una cosa: sole,
spiaggia, mare, belle ragazze… sì, ok… erano
più di una, ma il comune denominatori di Miami era il perenne
bel tempo. E per uno abituato alle temperature non tanto clementi di
New York, festeggiare il Natale sotto un sole cocente era a dir poco
non un passo, ma un salto con l’asta in avanti.
Dirigeva
quell’agenzia da trent’otto anni, periodo in cui aveva
fatto in tempo a godere del sole della Florida, a sguazzare nella sua
azzurra acqua, a tinteggiarsi di un delizioso colore al
“biscottino allo zenzero” e… alle ragazze.
Purtroppo per
lui la sua vita da stallone da monta era finita nell’esatto
istante in cui aveva messo gli occhi sulla futura madre dei suoi figli:
una deliziosa brunetta dagli occhi castani, che lo avevano fatto
capitolare ancor prima di dire “a”.
Inizialmente
aveva cercato di resistere alle sue pulsioni, perché riteneva
fosse il classico “colpo di fulmine” a cui lui non aveva
mai creduto più di tanto. Per lui era solo una prerogativa di
uomini e donne, le cui uniche preoccupazioni erano i vestiti o
l’ora di ritrovo con gli amici. Ma per lui, agente F.B.I. per
vocazione, la cosa era molto diversa. Stare insieme a un agente
federale significava mettere in pericolo la vita dei propri cari e
sinceramente, l’idea di far rischiare la vita a una così
bella ragazza, non lo allettava per niente e, per questo motivo, lo
frenava sempre.
Dopo nemmeno due anni, Danielle Sanders, la deliziosa brunetta dagli occhi castani, era diventata sua moglie.
Quel mattino,
si era svegliato accanto a lei come di consueto nella sua stanza verde
acqua. Il primo impulso che ebbe fu quello di grattarsi la barba e
così fece. Si fermò dopo qualche secondo che continuava a
grattare e sbuffò. Forse era superstizioso o forse era una
realtà comprovata da fatti scientificamente provati, fatto sta
che mentre BJ si stava facendo la barba, il suo cercapersone
vibrò.
Si
risciacquò il viso, lo asciugò e prese il cercapersone,
digitando il suo codice segreto per poter accedere al messaggio.
“Ma porca troia!…” – esclamò, alzando gli occhi al cielo.
Contrassegnò il messaggio come letto e poi andò a vestirsi di fretta e furia. Sua moglie si stava svegliando.
“Amore?… che succede?”
“Nulla, torna a dormire.” – le baciò una guancia e inforcò l’uscita come un fuso.
Volo AK598 dirottato. Intervenire.
BJ era salito
in macchina con il suo fedele collega, Don Herbs. Compagni di accademia
prima e agenti federali poi, quei due non avevano saltato un turno
insieme che fosse uno da trent’otto lunghi anni.
“Bell’inizio di giornata, eh?” – fece Don, con il sarcasmo che viaggiava al posto del sangue.
“Uh,
guarda… ‘no spettacolo.” – fece BJ,
altrettanto ironico. – “Che si sa di questi
dirottatori?”
“Sono
francesi. Si sono imbarcati all’Heatrow Airport di Londra e al
momento hanno già ucciso una hostess.”
“Hanno avanzato richieste?”
“Non ancora.” – Don fece un sorpasso alla “TJ Hooker” e rientrò in corsia.
La sirena sul
tettuccio squarciò l’aria, mentre le macchine davanti e
dietro la loro si spostavano per far passare lo Schuhmacher americano.
“Continuano a parlarsi tra di loro e…”
“Come sarebbe che continuano a parlarsi? Come lo sai?” – chiese BJ, sorpreso.
“Dopo aver ucciso l’hostess non hanno riagganciato la cornetta. Sentiamo tutto quello che si dicono.”
“Almeno una buona notizia in mezzo a questo mare di merda.” – recitò lui.
L’Hammer
nero sfrecciò lungo le vie di Miami, cercando di raggiungere
l’Aeroporto internazione di Miami il più in fretta
possibile.
“Moriremo
tutti…” – si lagnò un passeggero di due posti
più avanti rispetto a quelli di Hermione e Draco.
“Stia
calmo, signore. Non moriremo.” – fece Hermione che ne era
assolutamente convinta, ma non sapeva ancora come applicare quella sua
affermazione.
L’uomo,
leggermente stempiato, si girò tremolante con
un’espressione a metà tra il terrorizzato e
l’arrabbiato.
“Come fa
a dirlo? Lei è nella mia stessa situazione!” – poi
si rigirò di scatto, arpionando il bracciolo, come se potesse in
qualche modo salvargli la vita.
Hermione
preferì non divulgare la notizia della sua professione. In quel
caso il fattore sorpresa era a dir poco fondamentale.
“Odio sentirmi così!” – fece Draco, sbattendo la testa ripetutamente contro il poggia-testa.
Hermione si girò di scatto e gli prese il volto tra le mani.
“Ti
prometto che andrà tutto bene, Draco. Andremo alle Bahamas e
rideremo di questa storia, ma tu devi restare qui con me. Mi servi
concentrato, ok?” – gli disse Hermione, fissandolo decisa
negli occhi.
Il biondo annuì.
“Sì, scusami… allora? Idee?”
“Manco mezza. Chissà se l’hostess è riuscita a chiamare la torre di controllo.”
“Se
l’hanno uccisa, io credo di sì. Da qui ho visto che
continuava a sbirciare verso i sequestratori e che poi si nascondeva
velocemente dietro la tenda.”
Hermione
annuì: almeno adesso a terra sapevano della loro situazione e
avrebbero smosso mari e monti per cercare di riportarli a terra.
I due rapitori
facevano avanti e indietro dall’inizio della fila fino a poco
prima della metà. Sbirciavano, allungando il collo, i
passeggeri, controllando che non facessero mosse azzardate. Poi,
tornavano indietro e parlottavano tra di loro.
“Ok, senti. Qui non si può stare fermi senza fare niente. Devo sapere dove hanno nascosto la bomba.”
“E che intendi fare? Andare a chiederglielo?” – fece Draco.
“Grazie
dell’idea!” – ironizzò anche lei. –
“Perché non ci ho pensato prima?” – e lo
guardò malissimo.
Draco odiava
sentirsi impotente. Non tollerava che altri decidessero della sua vita,
tantomeno se questi erano dei pazzi criminali che rischiavano di farli
saltare letteralmente per aria.
Un uomo, che
nessuno aveva mai visto, entrò nella prima classe, con in mano
anche lui una mitraglietta. I passeggeri lo videro dirigersi a passo
sicuro verso i due rapitori, che si concessero un sorriso.
“La bombe a été achevée.”
La bomba è stata ultimata.
“Très bon. Démarre l'horloge régler l'heure.”
Molto bene. Fa partire il timer all'ora prestabilita.
Draco vide Hermione portarsi una mano alla fronte, terrorizzata.
“Che succede? Che si sono detti?”
“Hanno completato la bomba e che faranno partire il timer ad un’ora precisa.”
“Hanno detto quale?”
“No, cazzo…”
L’estraneo
tornò sui suoi passi. Evidentemente era andato in prima classe
solo per informare il capo del lavoro finito e ora se ne stava tornando
in seconda classe.
Passò accanto a Draco ed Hermione senza degnarli di uno sguardo e di questo Hermione fu assolutamente felice.
“Coprimi!”
– sussurrò Hermione a Draco, mentre sgattaiolava fuori nel
corridoio, sotto lo sguardo allucinato dei passeggeri vicini.
“Cosa?
No… Hermione! Hermione! Cazzo!…” –
l’attenzione del biondo si spostò rapidamente dal sedere
di Hermione al fondo del corridoio: sembrava che i rapitori non si
fossero accorti di nulla.
Draco,
nonostante la tensione, riuscì a mantenere il controllo sulle
proprie emozioni, specie su quelle che si palesavano sul volto. Un
sequestratore guardò dalla sua parte e il biondo deviò lo
sguardo, dando a intendere all’uomo di aver paura di lui.
Infatti, lo sentì ridere e girarsi.
Hermione aveva
raggiunto il fondo della prima classe e si era nascosta alla
velocità della luce dietro la tendina. Fu come passare da uno
scomparto all’altro di un treno: c’era uno spazio
rettangolare che invece di essere delimitato da delle porte, lo era da
due tendine verdi. Aprì di poco la tendina che dava sulla
seconda classe e la richiuse subito, spaventata.
Si era
ritrovata davanti la sagoma di un altro sequestratore ed era stata
colta di sorpresa. Decisamente più calma, la riaprì di
poco e scrutò la situazione. L’uomo che era da poco stato
in prima classe stava parlottando con un suo compare in fondo
all’aereo e non riusciva a sentire ciò che si dicevano.
Pensava si sarebbe fermato lì, ma continuò la sua
camminata.
Perplessa.
Non capiva dove
potesse andare visto che, date le sue scarse conoscenze in campo
aeronautico, non sarebbe andato tanto lontano. Presumeva ci fosse la
cucina per la seconda classe ma dopo?
Tornò
indietro per tornare al proprio posto. Sbirciò di nuovo la
situazione e vide che i rapitori erano rivolti con lo sguardo proprio
nella sua direzione: se fosse uscita in quel momento l’avrebbero
come minimo uccisa. Vide anche Draco che continuava a guardare dalla
sua parte e quando incrociarono i loro sguardi, quello del biondo
sembrava sprizzare scintille di furore. Hermione gli fece cenno con gli
occhi di guardare in avanti, altrimenti avrebbe rischiato la sua vita
per niente.
Draco
obbedì, riluttante e quando vide i sequestratori dare le spalle
per un attimo a Hermione, il biondo si girò come un fulmine e le
fece cenno con la mano di venire subito avanti. Hermione aprì di
scatto la tenda e corse al suo posto. Si era sempre lamentata della sua
altezza, perché tutti la prendevano in giro, dicendo che era
alta un metro e un cazzo, ma non seppe dire quante benedizioni aveva
lanciato al Signore per averle dato un’altezza da nano da
giardino: che fosse stata seduta normalmente o sdraiata il suo posto
sarebbe sempre apparso vuoto, ma se si fosse andato a controllare, la
sua presenza si sarebbe rivelata normalmente.
Il capo dei
sequestratori, l’istante successivo che Hermione si fu seduta con
il cuore a mille, si girò di scatto, perché gli era
sembrato di sentire un rumore sospetto. L’aereo era, giusto
l’attimo prima, entrato in contatto con un vuoto d’aria che
aveva messo tutti in allerta. Quando il rapitore notò che la
tenda si stava muovendo, imputò quel movimento al vuoto
d’aria.
Tornò a rilassarsi.
“Dov’eri finita? Ma sei pazza?” – sibilò Draco a denti stretti.
“Draco, non ora. Dopo la cucina della seconda classe cosa c’è?”
“Niente, che io sappia.”
“No, deve
esserci qualcosa perché il tizio che è entrato prima e
che poi è tornato di là è andato oltre la seconda
classe. Cosa c’è di là? Il gabinetto?”
– chiese lei.
Draco ci rifletté su.
“Anche, ma… oh-mio-Dio…” – fece lui, sbiancando di colpo.
“Cosa? Cosa c’è?”
“Dalla seconda classe si accede alla stiva.”
Mancavano una
manciata di minuti all’arrivo all’aeroporto e nel giro di
un battito di ciglia, BJ e Don avevano scaricato una sequela di
bestemmie, improperi, maledizioni e accidenti all’ingorgo che li
aveva bloccati.
Don buttò la testa fuori dal finestrino, appoggiando la mano sinistra sulla portiera.
“CRISTO SANTO MA TI DECIDI A MUOVERE QUELLA CARRETTA?” – urlò l’uomo, fuori da ogni comandamento.
Il motivo di
tale ingorgo fu da imputare a una macchina che aveva deciso di
guastarsi proprio in quel momento. Dal cofano, usciva un inquietante
fumetto biancastro e il proprietario dell’auto stava cercando di
capire cosa potesse essere successo alla sua vettura nuova di stecca.
BJ continuava a
tamburellare le dita sul bracciolo, impaziente. Ad un certo punto diede
uno schiaffo sul braccio destro di Don, attirando la sua attenzione.
“Don, non
abbiamo tempo. Andiamo a piedi. Tanto sono poche centinaia di
metri.” – detto ciò, sganciò la cintura di
sicurezza e scese dall’auto.
Il collega lo imitò e, dopo aver chiuso l’auto, si misero a correre come forsennati verso l’aeroporto.
“Oddio…” – fece Hermione, una volta appreso il luogo della bomba.
“Sì,
beh…” – fece Draco, mentre un leggero strato di
sudore gli si formò sull’arco di cupido. –
“Non che se la mettessero qui in bella vista farebbe meno
danno…” – fece lui.
Era vero: mettere una bomba su un aereo il risultato era sempre quello: distruzione totale.
“Bene…”
– fece il biondo. – “… siamo decisamente nella
merda. Io non posso pilotare l’aereo e tu non puoi passare
tranquillamente in mezzo al corridoio e farti i fatti tuoi. Niente da
dire… una situazione decisamente a nostro favore.” –
ironizzò Draco, mentre teneva sempre sotto occhio i terroristi.
– “In quanti sono di là?”
Hermione fece un rapido conto.
“Dunque…
ce ne sono due di qua e due in cabina di pilotaggio e altri due in
seconda classe. Sono in sei in tutto.” – lo informò
lei. – “Idee?”
“Come l’acqua nel deserto: nessuna.”
Il personale di
bordo era seduto rigidamente sui seggiolini. I due uomini sembravano
calmi, anche se a un più attento esame era visibile come le loro
mani e il loro corpo vibrasse di terrore.
Jennifer,
l’unica hostess rimasta, invece, era proprio invasa dal panico.
Piangeva, cercando di non farsi sentire troppo, per timore di venir
uccisa. Il capo dei sequestratori, si girò lentamente verso di
lei. Fu quando levò in aria la mitraglietta che un
“ooohh!” collettivo di terrore catturò
l’attenzione di Hermione e Draco.
“Smottila di piansgere.” – ordinò lui. – “Smottila o ti usscido!”
Jennifer si ritrasse su se stessa, cercando invano di sottrarsi alla canna della mitraglietta che le puntava addosso.
“Non mi uccida! La prego, non mi uccida!”
L’uomo ghignò.
“Descido
io cosa fare, mon amour.” – fece scattare il grilletto,
quando un coraggioso, non potendone più di quella tortura
psicologica, si alzò in piedi.
L’altro sequestratore gli puntò la mitraglietta contro.
“La lasci in pace! Cosa vuole da noi? Non le abbiamo fatto niente!”
La vicina lo
strattonò per una manica, implorandolo di sedersi, che
altrimenti rischiava di farsi ammazzare. Il capo lasciò perdere
l’hostess e si diresse a passo calmo verso il passeggero che
aveva osato tanto. Nel frattempo, le poche madri presenti, avevano
coperto occhi e orecchie ai propri figli, cercando di proteggerli da
un’altra eventuale morte.
“Cosa
voglio? Danaro, amico mio…” – fece lui, puntandogli
la canna proprio in mezzo alla fronte. – “Il governo
americano, pur di non avere morti sulla coscionsa pagherà
profumatamonte per la vostra liberassion. Ora, se non vuoi un buco in
fronte, sioditi. E sta sitto!”
L’uomo si
sedette lentamente, come a non volerlo fare veramente. Fu lo strattone
della sua vicina che lo fece sedere del tutto.
“Qualcun altro ha qualcosa da dire?” – chiese il rapitore.
Nessuno avanzò obiezioni.
BJ e Don
entrarono di corsa in aeroporto. Il loro atteggiamento mise subito in
allerta la polizia interna che si avvicinarono a loro, con la mano
rigorosamente sulla fondina della pistola, pronti ad usarla in
qualsiasi caso. Don, intuite le loro intenzioni, aprì la giacca
e mostrò il distintivo federale ai due agenti, che si calmarono
subito.
“Sono
l’agente Castle e lui è il mio collega Don Herbs.”
– fece BJ in tono sommesso. – “Siamo stati convocati
dal direttore Shepard per un allarme dirottamento. Potete condurci da
lui?”
“Per di
qua, agente Castle.” – fece uno dei due agenti, scortando i
due agenti federali verso la torre di controllo.
Quando Don e BJ
varcarono la soglia, si sentirono come a casa. C’erano un sacco
di persone, un chiacchiericcio che a orecchio umano sarebbe risultato
insopportabile, gente che correva come impazzita, reggendo in mano
plichi e plichi di incartamenti: in pratica, come essere
all’F.B.I.
“Grazie, agenti. Troveremo da soli il direttore.” – fece BJ, congedandoli.
I due agenti annuirono e tornarono di sotto.
Si districarono
con facilità in mezzo a tutte quelle persone che sembravano non
essersi accorte del loro arrivo. BJ fermò un impiegato.
“Scusa, cerco il direttore Shepard.”
L’uomo lo
squadrò da capo a piedi, quasi fosse stato un insetto
puzzolente. Stava per chiedergli chi fosse e perché si trovasse
in un luogo riservato, che Don gli mostrò il suo distintivo da
federale.
“E’…
è lassù.” – fece, indicando la direzione, ma
con lo sguardo ben puntato sul distintivo di Don.
BJ alzò
gli occhi. Shepard sembrava un dio visto da dove si trovava Castle. Per
accedere a quella postazione, bisognava percorrere due rampe di scale.
BJ e Don non persero tempo e corsero da Shepard per essere informati
della situazione. Quando aprirono la porta, alcuni sguardi si posarono
su di loro.
“Direttore Shepard?” – chiese BJ.
“Sono io. Lei chi è, scusi?”
BJ avanzò deciso verso il direttore e gli porse la mano.
“Billy Joel Castle. Mi ha fatto chiamare lei.”
Shepard tirò un sospiro di sollievo.
“Grazie per essere venuto così in fretta, agente Castle.”
Shepard fece
passare l’agente Castle, come farebbe un bodyguard con il suo
personaggio da proteggere: una mano dietro la schiena e l’altra
ad aprirgli la strada.
“Dovere. Com’è la situazione lassù?”
“Critica.
La comunicazione è sempre aperta, ma devono essere distanti dal
telefono perché sentiamo solo qualche brusio e ogni tanto
qualche urlo, ma niente di più.”
“Capisco.”
– BJ prese la cornetta e cercò di capire se qualcuno fosse
nei paraggi dell’apparecchio. – “Pronto? Pronto?
C’è qualcuno? Rispondete! Pronto?”
Ma nessuno sembrava sentire la voce provenire dalla cornetta.
Castle guardò la cornetta e scosse la testa.
“In
questo modo è tutto inutile. Se non mettono la cornetta sulla
forcella non li possiamo richiamare e se non li chiamiamo non potremo
mai sapere cosa vogliono e perché hanno sequestrato
l’aereo. Dobbiamo solo aspettare che qualcuno se ne
accorga.”
Shepard sbuffò sonoramente. Questa non ci voleva!
Note della scribacchina:
Eccoci qua.
Hermione ha
fatto il primo passo verso quella che si spera essere la soluzione
della situazione. Certo, ha avuto un enorme buco di coccige,
perché ha basato tutta quella piccola improvvisata sul tempismo
e solo Merlino sa come ha fatto.
Sì, anche io perché l’ho scritto, ma non sono così pampana da dirvi alcun chè!!!
Oui, c’est bastard.
Adesso
abbiamo… abbiamo, HO, introdotto due nuovi personaggi. Per chi
mi chieda di Castle, sappia che ho preso spunto da “Detective tra
le righe per lui” e “Numbers” per Don Herbs. J
Mi lovvo.
Ora vi lascio con un piccolo spoilerino, sperando che stuzzichi la vostra curiosità.
Souriel… Souriel…
Hermione
continuava a ripetersi questo nome nella mente, cercando di aprire
tutti i cassettini della memoria, finché non si aprì
quello che avrebbe tanto voluto lasciar chiuso a chiave.
Besitos!
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Capitolo 6 *** Fiducia ***
06 - Fiducia
Oddio ce l’ho fatta. ç_ç
Scusate il
ritardo dell’aggiornamento, ma postare in un giorno
infrasettimanale è per me una vera maledizione. Non so nemmeno
perché ho fatto così, ma teniamocelo fino alla fine.
Occhei…
Allora, abbiamo
lasciato l’FBI a discutere sulla propria impotenza (in senso lato
^^) sul non poter ricontattare i rapitori finché non
riagganciano il telefono sulla forcella.
Ho lasciato un
piccolo anticipo alla fine, chissà se sarò così
magnanima da dirvi subito di cosa si tratta. Intanto, prima di
lasciarvi al capitolo, vi ringrazio, perché ve lo meritate.
Un sincero grazie va a:
_araia:
cara mia… dirti adesso cosa potrebbe essere questo souriel
sarebbe dannoso per la mia immagine di stronza bastarda che non rivela
nemmeno sotto tortura i dettagli fondamentali della propria storia.
HAHAHAHAHAHA!
Comunque,
chissà se Hermione sarà sempre così fortunata. Lo
scopriremo solo leggendo. Non posso anticiparti niente neanche della
fine perché anche questo danneggerebbe l’immagine che mi
sono duramente costruita nel tempo, quindi… aspetta e leggi. ^^
A te la lettura del capitolo, sperando che ti piaccia.
Un bacio, callistas.
Andy blackshoot: ciao cara, se sei curiosa di leggere il seguito, eccoti accontentata.
Un bacio e spero di vederti anche la prossima volta.
IvanaeSilvia: ciao cara, sono contenta di vedere che non demordi. ^^
L’hostess
ha compiuto un gesto di coraggio nel tentare di salvare la situazione.
È brutto che sia morta, e soprattutto è orrendo il modo
in cui i dirottatori l’hanno portata via, senza nemmeno un
briciolo di dignità.
Ma, forse, qualcuno non tollererà a lungo questa situazione e prenderà il toro per le corna.
Chissà chi saranno…
Aspettando di leggere cosa pensi di questo capitolo, ti auguro una buona lettura.
Besitos!
Laura Malfoy:
sono contenta che ti piacciano. Sai, non so come mai, ma quando mi sto
facendo i fatti miei mi vengono in mente tante cose, che non sto qui a
dirti, tra le quali però ci sono anche cognomi inglesi, magari
che leggi in tv nei titoli di coda. Poi quando ci pensi perché
ti servono, ecco che non te ne viene in mente nessuno e mi vedo
costretta ad andare a prendere quelli più famosi. Non che mi
dispiaccia, ma mi sale un nervoso se penso che fino a un attimo prima
avevo un elenco infinito in testa.
Vabbè dai… non dilunghiamoci troppo.
Comunque non
credere che sia facile fare periodi lunghi. Alle volte la
semplicità viene troppo sottovalutata, anche se nella maggior
parte dei casi è la cosa che si apprezza di più. Il mio
consiglio è quello di continuare in questo senso; continua a
fare frasi semplici, quelle più complesse e articolate
arriveranno a furia di continuare a scrivere. Parola mia. ^^
Botta di c…? io direi un deretano grande come il mondo! Speriamo che ce la facciano.
Ti lascio al capitolo, che spero ti coinvolga come i precedenti.
Un enorme bacio, callistas.
La tensione era alle stelle.
La maggior
parte dei passeggeri aveva smesso di piangere, anche se Hermione
l’avrebbe alla lunga preferito, piuttosto che leggere sui loro
volti la consapevolezza che non avrebbero visto un altro sole.
Anche lei era
piuttosto demotivata. Voleva fare qualcosa, ma aveva paura di non
giudicare con abbastanza lucidità causa/effetto delle sue azioni.
Ed era una cosa
alquanto strana da parte sua, perché mai nella sua vita e nel
suo lavoro aveva avuto un’indecisione, dubbi, certo, ne aveva
avuti: tagliare quello rosso o quello verde? Alla fine la sua vita si
riduceva a chiedersi quale filo tagliare. Ma forse la causa di tutto
quel malessere interiore era da imputare alla sua nuova conoscenza, a
quel ragazzo biondo che, in tutta onestà, non le era per nulla
indifferente. Le piacevano i suoi occhi azzurri e quelle piccole
fossette che gli si creavano quando sorrideva. Gesù!… non
si azzardava nemmeno a pensare di essersi innamorata di lui, ma di
certo era nata una forte attrazione nei suoi confronti.
Ed era innegabile.
“A cosa pensi?”
Hermione sbatté le palpebre incredula di essersi imbambolata a fissarlo.
“Eh? Oh,
nulla di particolare…” – si rilassò per un
attimo, concedendosi uno stanco sorriso. – “… mi
sono ricordata che tra non molto è il compleanno della mia
migliore amica… e non le ho nemmeno fatto gli auguri. Stupido,
eh?” – fece lei, conscia di quello sciocco pensiero.
Si sentì accarezzare la guancia sinistra e avvertì un improvviso calore invaderle la faccia.
“Glieli farai. Ne sono certo.”
“Già… sarebbe però il caso di farglieli da viva, non da morta.”
Draco non
sapeva cos’altro dirle. Prometterle che avrebbe fatto un mese
alle Bahamas, che sarebbe tornata a casa sana e salva e che avrebbe
potuto fare gli auguri di compleanno alla sua migliore amica, sarebbe
stato mentirle, perché nemmeno lui sapeva che strada aveva
riservato loro il destino.
Hermione
sospirò. Non era da lei abbattersi in quel modo e non riusciva a
capire come, nel giro di poche ore, Draco le fosse entrato dentro in
quel modo.
Non voleva sbagliare.
Non voleva ucciderlo.
Dalla cabina di
pilotaggio, uscì il sequestratore che aveva ucciso Eloise. Aveva
preso per un po’ il comando dell’aereo, togliendo il pilota
automatico, perché era stanco di non far nulla. Aveva
ammucchiato i cadaveri del pilota e del co-pilota in un angolo e
sembrava che stessero dormendo, se non fosse stato per il buco di
proiettile che avevano in mezzo allo sterno.
Aveva guidato
per circa una mezz’ora, ma si era stancato anche di quel compito,
così decise di uscire a sgranchirsi le gambe e perché
no?… sgranchirsi anche qualcos’altro con qualche bella
passeggera…
Era un asso nel
suo lavoro. Aveva studiato in accademia aeronautica per diventare
pilota, ma al test psico-attidudinale l’avevano scartato, con la
conclusione che non aveva i requisiti adatti per un compito così
impegnativo. Era risultato essere un soggetto troppo esaltato,
qualità tra l’altro evidenziatasi durante le ore di volo
nel Simulatore dell’accademia.
Ghignò.
Forse era
veramente esaltato, ma ora aveva ben poca importanza. Aveva ottenuto
ciò che voleva e questo gli bastava. Si chiuse la porta della
cabina di pilotaggio alle spalle e si guardò intorno. Le pareti
erano ricoperte di carta da parati a righe verdi e argento, scrostate
in alcuni punti. La lampadina al neon emetteva una luce fastidiosa e
smise subito di guardarla.
Poi, lo notò.
Aggrottò
le sopracciglia, quando vide la cornetta del telefono penzolare e
muoversi a ritmo dell’aereo. La prese e parlò.
“Bonjour? Est ce que quelqu'un là-bas?”
Pronto? C'è qualcuno?
BJ e Don si
erano fatti portare un caffè, amaro, e lo stavano sorseggiando,
quando dalla linea abilitata per le chiamate d’emergenza
dell’AK598 lampeggiò e una voce francese si fece sentire.
BJ per poco non si brodolò con il caffè. Lo ripose su un piano e chiamò l’interprete.
“Bonjour? Est ce que quelqu'un là-bas?”
Pronto? C'è qualcuno?
Ripeté la voce.
Una donna,
sulla trentina d’anni, si appoggiò al tavolo con le
braccia e contro interrogò quello che sembrò essere uno
dei sequestratori.
“Bonjour. Voici la tour de contrôle de l'aéroport international de Miami. Qui suis-je parler?”
Buon giorno. Qui è la torre di controllo del Miami International Airport. Con chi parlo?
Il
sequestratore fece un salto all’indietro, per l’inaspettato
interlocutore. Guardò la cornetta, come se non sapesse cosa fare
e la lasciò penzolare.
Alla torre di controllo, BJ guardò interrogativo l’interprete.
“Niente. Non risponde, signore.” – fece lei, dispiaciuta. – “Forse ha riattaccato.”
“Negativo!”
– fece un tecnico poco distante da loro. – “La linea
è ancora in piedi. Credo si sia solamente allontanato.”
“Forse ci farà parlare con il suo capo.” – ipotizzò Don, guardando BJ, che annuì.
“Speriamo.”
Infatti.
“Pronto?” – fece una voce dal forte accento francese.
Il
sequestratore, dopo un attimo di smarrimento, corse ad avvisare il suo
capo, dicendogli che la comunicazione che l’hostess aveva aperto
prima era ancora in vita e che dall’altro capo del telefono
c’era la torre di controllo dell’aeroporto dove
l’AK598 avrebbe dovuto atterrare.
Quella
novità fece alzare non poche teste. Anche quelle di Draco e
Hermione che, essendo leggermente più distanti, non avevano
capito un gran chè.
“Che è successo?” – chiese Hermione, allungandosi nel corridoio.
Un uomo sui trent’anni si girò, facendo molta attenzione a non farsi beccare.
“Pare che
quando l’hostess prima è stata uccisa, non abbia rimesso
la cornetta a posto. Credo stiano parlando con la torre di controllo di
Miami.”
Finalmente una buona notizia!, pensò Hermione.
“Grazie!” – fece la ragazza.
“Allora?” – chiese Draco. – “Che stanno facendo?”
“Pare
stiano comunicando con l’aeroporto di Miami. Forse almeno gli
diranno cosa vogliono e perché hanno sequestrato
l’aereo.”
La torre di controllo dell’aeroporto di Miami si zittì nel giro di una frazione di secondo.
“Buon
giorno.” – fece BJ, parlando lentamente, affinché il
sequestratore capisse la sua lingua. – “Mi chiamo Billy
Joel Castle e sono un agente dell’F.B.I. Ci risulta che abbiate
dirottato il volo AK598. Quali sono le vostre richieste?”
“Le mie richioste?” – fece il francese. – “Somplisce. Vogliamo soldi. Tonti soldi.”
“A quanto ammonta la cifra che chiedete?”
“Settescento milioni di dolarì.”
BJ corrucciò un sopracciglio.
“Signore, lei chi è? Come si chiama?”
Nessuno ne capì il motivo, ma il sequestratore aveva messo la comunicazione in viva voce.
“Io sono Maurice Souriel, forse avrote sgià sontito il mio nom.”
BJ strizzò gli occhi per cercare di ricordare doveva aveva già sentito quel nome.
“Souriel… Souriel… dove abbiamo già sentito questo nome?” – chiese BJ a Don.
Don scosse la testa. Lo aveva già sentito nominare, ma al momento, anche a lui, sfuggiva dove.
“Potrei farlo cercare all’F.B.I., ma ci vorrebbe troppo.” – fece Don.
“Allora?” – chiese il francese, dall’altro capo del telefono.
“Signore… non so chi lei…” – BJ si bloccò.
“Ha finalmonte capito chi sono?”
In prima classe
nessuno aveva mai sentito nominare Souriel: per molti era un cognome
come tanti altri. Anche Hermione faceva parte del gruppo
dell’agente Castle che aveva già sentito quel nome, ma non
ricordava dove. Ma quella brusca interruzione da parte di Castle mise
Hermione in allerta, così come tutti i passeggeri.
“Lei non sarà mica…”
“Oui, c’est moi.” – fece il francese.
“D’accordo. Cosa vuole?”
“D’accordo. Cosa vuole?”
BJ non poteva credere di parlare con il bombarolo che aveva messo a soqquadro mezza Europa.
Maurice
Souriel, classe 1968 divenne, alla sola età di diciassette anni,
un nome di tutto rispetto nell’ambito degli esplosivi. Aveva
iniziato da piccolo con la costruzione di petardi casalinghi, ma poi la
sua attenzione era stata sviata e si era concentrato su petardi ben
più potenti: vere e proprie bombe casalinghe.
C’era chi sfornava torte e chi bombe.
E ora,
all’età di quarant’anni, Souriel veniva studiato in
tutte le accademie che sfornavano artificieri, che prendevano in esame
i suoi ordigni, perché ritenuti i più sofisticati che
fossero mai esistiti.
Souriel… Souriel…
Hermione
continuava a ripetersi questo nome nella mente, cercando di aprire
tutti i cassettini della memoria, finché non si aprì
quello che avrebbe tanto voluto lasciar chiuso a chiave.
“Bene signori… chi mi sa dire il nome del bombarolo più famoso al mondo? Hermione?”
“Maurice Souriel, signore.”
“Molto bene. Perché è così famoso. Qualcuno me lo sa dire?”
Hermione alzò di scatto la mano, quasi non l’avesse mai appoggiata al banco.
“Dimmi Hermione…” – fece l’istruttore.
“Perché
i congegni di Souriel sono così ben progettati che disinnescarli
risulta molto difficile, se non impossibile. Usa una mistura casalinga
di esplosivo che è difficile da identificare. Ad esempio,
durante l’esplosione nella metropolitana dell’88, Souriel
aveva vent’anni, all’epoca, aveva progettato una miscela di
C4 e nitroglicerina. Sono due componenti molto pericolosi, ma diventano
letali se combinati insieme. Non si può rendere inoffensivo
l’uno senza far scoppiare l’altro. In ogni modo si salta
per aria.”
“Preparata come sempre, Hermione.” – fece l’istruttore.
Molti
dei presenti avevano sbuffato per l’incredibile saccenza di
quella ragazza, tanto che l’avevano soprannominata secchiona,
mentre i più originali so-tutto-io.
“Ma hai tralasciato una cosa.”
Hermione
fu decisamente confusa da ciò che aveva detto il suo istruttore,
perché sapeva di aver detto tutto. Quindi, prese la penna e si
preparò a scrivere tutto quello che l’istruttore avrebbe
detto.
“Souriel
non solo è un abile bombarolo perché sa combinare gli
esplosivi con maestria, ma perché lui possiede la conoscenza.
All’F.B.I. ci hanno mandato tutto quello che riguarda
quell’uomo, dal primo vagito fino a ieri. Souriel non ha mai
studiato chimica, anzi… in quella materia andava perfino
male.”
“Tipo Einstein in matematica?” – chiese uno, facendo scoppiare a ridere il resto della classe.
L’istruttore non se la prese, anzi, rise pure lui.
“Esatto,
come Einstein. Eppure, non sapendo un’acca di come si compongono
due elementi, è riuscito a mettere a punto dei congegni che solo
lui riusciva a maneggiare. A ogni veleno, lui possedeva
l’antidoto. A ogni combinazione pericolosa, lui aveva la
soluzione, affinché non gli scoppiasse tra le mani.”
Era inutile da dire: Blaise Zabini era un istruttore a dir poco fenomenale.
Draco continuava a chiamare Hermione, non riuscendo a capire come mai fosse caduta in quello stato catatonico.
“Hermione?
Hermione, per Dio rispondimi!” – continuava a scrollarla
per le spalle, ma lei continuava a fissare l’interfono, sgomenta.
“Draco, mi dispiace…” – fece lei, con gli occhi lucidi.
Il ragazzo si spaventò.
“Cosa? Perché? Di che stai parlando? Scusa di cosa?”
“Moriremo tutti…”
A Draco caddero le braccia.
“Le ho
sgià detto cosa voglio. Soldi.” – Souriel
guardò con aria compiaciuta l’interesse che stava
suscitando nei passeggeri.
“D’accordo, ma disinneschi la bomba, per l’amor di Dio!”
E fu il panico.
BJ non sapeva
di essere stato messo in viva voce, perché se lo avesse anche
solamente sospettato, non si sarebbe mai sognato di parlare di bombe a
dei passeggeri già di per loro spaventati.
Balzò
all’indietro quando sentì la sala riempirsi di urla e
strepiti, non capendo a cosa fossero dovuti e in mezzo a tutta quella
confusione, la voce di Souriel gli arrivò nitida e pulita.
“Monsieur…
che brutta cosa ha fatto… parlare di bombe così…
in presonsa di passesggiori.”
BJ cadde sulla sedia, annichilito.
“Perché? Hermione chi è questo Souriel? Parlami!”
La ragazza
aveva iniziato a piangere silenziosamente. Si era piegata e aveva
appoggiato i gomiti sulle ginocchia, non credendo possibile di aver
davanti anni e anni di studi.
E poi,
l’unica cosa che al momento era più che certa, era che
sarebbero morti tutti: solo Souriel conosceva l’antidoto alle sue
bombe e chi era lei per poterne disinnescare una senza causare mille e
più morti?
Si asciugò gli occhi, cercando di calmarsi.
“Sou-Souriel è un bombarolo, Draco…”
“E allora? Tu li combatti quelli come lui!”
Hermione scosse la testa.
“Non…
non è così semplice… lui… lui è come
Maverick di Top Gun per te: un mito. Nessuno Draco, nessuno è
mai riuscito a disinnescare un suo congegno. Chi ci ha provato è
andato incontro a morte certa.”
“Ma…
ma…” – non sapeva cosa dire. – “Tu
disinneschi bombe, Hermione!” – sussurrò Draco.
“Bombe, esatto… non opere d’arte.”
Draco sgranò gli occhi. Con quell’affermazione, Hermione sembrava quasi passare per una sua fan.
“E’
così. Nel mio lavoro le sue bombe sono considerate dei
capolavori. Se non fosse per il fatto che causano tante morti, a
quest’ora avrebbero costruito un museo solo per lui e le sue
opere. Non posso fare niente, Draco… non posso fare
niente…” – ricominciò a piangere, mentre
Draco si sentiva lentamente invadere dallo sconforto più nero.
“Lei
è un bastardo!” – urlò BJ dall’altra
parte del capo. – “Perché mi ha messo in viva voce?
Perché scatenare questo inutile panico?”
Souriel, anche se in mezzo alla confusione, udì forte e chiara la voce di Castle.
“Un po’ di movimonto non guasta, non crode? Excuse moi, monsieur… devo ondare.”
“No! Aspetti! Aspetti!”
Ma non ci fu nulla da fare: Souriel aveva agganciato la linea.
BJ guardò la cornetta come se avesse appena finito di parlare con il diavolo in persona.
“Che Dio
ci aiuti…” – fece, mentre guardava sgomento Don,
pallido e terrorizzato forse più di lui.
Un paio di raffiche di mitragliatrice, riportarono il silenzio a bordo del volo AK598.
Hermione era ancora piangente sulle sue ginocchia, mentre Draco si era ridotto a fissare le nuvole fuori dal finestrino.
Un flash lo colse all’improvviso.
“Promettilo anche a me.”
“Cosa?”
“Che tornerai.”
E come arrivò, quel flash se ne andò.
Abbassò,
sconfortato, lo sguardo sulle proprie gambe, non sapendo
cos’altro fare per ovviare a quella situazione. Hermione stava
lentamente smettendo di piangere, ma le sue spalle erano continuamente
scosse dai singhiozzi.
Non poteva
immaginare come si potesse sentire la ragazza: sapere di avere sotto
mano una bomba, tra l’altro, il suo lavoro, ma non poter far
nulla per disinnescarla perché il tizio che l’aveva
progettata era una specie di dio con i componenti chimici.
Le mise una
mano sulla schiena e gliela massaggiò lentamente. Hermione si
girò e gli sorrise così tristemente che Draco
avvertì un vuoto all’altezza del cuore.
“Stai tranquilla, dai…”
La ragazza annuì, ma i suoi pensieri erano tutt’altro che positivi.
“Ok!
Ascoltatemi tutti!” – fece BJ, battendo tre volte le mani
per catturare l’attenzione di tutti. – “Vi voglio
tutti su questo caso! Massima priorità! Tutto il resto passa in
secondo piano! Voglio le planimetrie e i progetti dell’AK598!
Voglio che ogni minimo scomparto segreto mi venga sottoposto nel giro
di cinque minuti! Muoversi!”
Come scottati,
i vari impiegati si mobilitarono per prendere tutto ciò che
Castle aveva richiesto più altri incartamenti che potevano in
qualche modo collegarsi alle sue richieste.
“BJ… cosa vuoi fare?” – chiese Don.
“E’
inutile girarci intorno. Su quell’aereo c’è una
bomba. Dobbiamo capire dove quel bastardo può averla
messa.”
“Perché?
Che differenza fa?” – chiese Shepard, rimasto zitto fino a
quel momento. – “Tanto, che sia in cabina di pilotaggio o
in una delle due classi se scoppia farà ugualmente un
macello.”
Il ragionamento
del direttore non faceva una piega, ma ora che aveva capito –
ricordato – con chi aveva a che fare, il luogo della bomba era di
vitale importanza.
“Fa
differenza, direttore, perché è vero: messa nei luoghi
che ha menzionato lei la strage si verificherebbe comunque, ma se
venisse collegata all’apparato di rifornimento del carburante o
all’impianto elettrico…”
“…
quell’aereo diventerebbe la peggior bomba nucleare degli ultimi
vent’anni.” – concluse Don al suo posto, apocalittico.
Shepard sbiancò.
“Come? Come sarebbe a dire un’esplosione nucleare? Non ci sono componenti atomici su quell’aereo!”
“Vero.”
– concordò BJ. – “Ma cosa mi dice del
rivestimento dei cavi elettrici? O delle esalazioni che emetterebbe il
carburante una volta esploso?”
Shepard divenne pallido come uno straccio.
“Di per
sé questi elementi non costituiscono un problema, ma se uniti a
una delle bombe di Souriel, qui viene fuori un disastro ambientale da
cui difficilmente ci si potrà riprendere!”
“Dio mio…” – fece Shepard, mettendosi una mano sulla bocca. – “E cosa si fa, adesso?”
“Se
conosco bene Souriel, o per lo meno… da ciò che i
fascicoli dicono di lui, attiverà il timer a un’ora ben
precisa.”
“E lei sa qual è?”
“Direttore… vorrà prima fare atterrare l’aereo e poi far scoppiare la bomba.”
Lo steward
Danny passò con il carretto delle bevande. Furono veramente
pochi i coraggiosi che s’imbatterono nell’impresa di buttar
giù qualcosa nello stomaco. Gli altri si limitarono a rifiutare
con un cenno del capo, incapaci perfino di pronunciare il semplice
monosillabo.
Hermione aveva
il volto appoggiato sulla mano chiusa a pugno e guardava con sguardo
spento il corridoio della prima classe. Aveva smesso di piangere da
circa una decina di minuti, ma aveva ancora gli occhi velati di
lacrime. Si appoggiò completamente allo schienale per potersi
rilassare un attimo e raccogliere i pensieri che le affollavano la
mente.
“Hermione, puoi fermarti un attimo?”
Hermione smise di mettere i libri nella borsa e si avvicinò a Blaise.
“Mi dica, signore.”
“Hermione, voglio farti i miei complimenti.”
La ragazza era arrossita di brutto.
“Sul serio. Sei la prima allieva che riesce a stupirmi. E ti garantisco che ce ne vuole.”
“Ho…
ho fatto qualcosa che non dovevo?” – chiese lei,
spaventata. Non aveva ben capito se quella di Blaise era una critica
costruttiva o meno.
“Assolutamente
no, anzi! Riesci a contraddistinguerti in ogni situazione. Non mi
sorprenderei se un giorno finissimo a lavorare insieme.”
Hermione era diventata un semaforo rosso. Lavorare a fianco di Blaise Zabini? Un sogno che diventava realtà!
“Ma-magari!” – fece lei, emozionata.
Blaise le mise una mano sulla spalla.
“Tu
continua così e magari chissà… la cosa potrebbe
essere più vicina di quanto tu possa immaginare.”
E
l’aveva lasciata lì, con la consapevolezza che avrebbe
potuto affiancare uno dei migliori artificieri che il mondo avesse mai
conosciuto, anzi… l’unico che fosse stato in grado di
disinnescare una bomba di Souriel e tornare indietro vivo per
raccontarlo.
E ce
l’aveva fatta. Hermione era riuscita ad affiancare Blaise Zabini
in ogni missione. E man mano che il tempo passava, più la
ragazza si faceva le ossa e acquisiva un bagaglio di esperienza che
l’aveva resa il braccio destro di Blaise: dove non poteva andare
lui andava lei.
Raggiunta
questa consapevolezza, lo sguardo di Hermione si fece più
deciso. Raddrizzò lentamente la testa come a voler dire
“Ehi? Chi siete voi per dire che io non sono in grado di
disinnescare quella bomba?”
O, per lo meno, a provarci.
Draco aveva lo
sguardo perso nelle nuvole, quelle stesse nuvole che gli davano una
sensazione di libertà durante il volo sul suo jet. Quando
avvertì una mano calda toccare la sua gelata – gli
accadeva spesso quando era particolarmente nervoso – si
girò lentamente, quasi a non voler far svanire quella bellissima
sensazione. E quando vide lo sguardo fiero e battagliero di Hermione,
non capì a cosa dovesse imputare quel cambiamento.
“Come faccio a raggiungere la stiva?”
BJ era
americano, nato e cresciuto in America, ma non per questo era tenuto a
isolarsi dal resto del mondo. Il suo lavoro come direttore
dell’unità F.B.I. dislocata a Miami Beach lo aveva portato
a studiare tutti i più grandi criminali del mondo: a partire da
Hitler fino ad arrivare a Souriel. Sembrava incredibile che ogni
nazione avesse partorito un pazzo con manie omicida, quasi non volesse
essere da meno rispetto alle altre nazioni. Era come se volesse dire
“Ehi… anch’io voglio mettere al mondo un pazzo
criminale!”, nemmeno fossero i capricci di un bambino
particolarmente viziato.
Se BJ aveva
guadagnato la carica di direttore, era perché non si limitava ad
eseguire gli ordini impeccabilmente, ma perché prendeva
decisioni critiche, assumendosi nel contempo le proprie
responsabilità in caso di fallimento. Evidentemente, questo
atteggiamento non era sfuggito agli occhi dei suoi superiori, che
avevano visto in lui un buon leader e, se il caso lo avesse reso
necessario, un più che ottimo capro espiatorio.
Purtroppo, nell’F.B.I., le cose funzionavano così.
Aveva studiato
con particolare attenzione Souriel, perché era stato in qualche
modo affascinato dal suo modus operandi. Come aveva detto Hermione, le
sue bombe non erano semplici ordigni ben congegnati, ma vere e proprie
opere d’arte, che meritavano la giusta attenzione. Sapeva
miscelare con maestria i componenti quasi questi avessero vita propria
e si lasciassero plagiare dalle sue abili mani, come se gli dovessero
portare un rispetto che nessuno riusciva a comprendere.
Ringraziando
Dio, non aveva mai dovuto affrontare una delle sue bombe ma, se come
aveva detto prima avrebbe fatto partire il timer a un’ora
prestabilita, quell’ora avrebbe previsto in un primo tempo
l’atterraggio presso l’aeroporto e solo poco più
tardi l’esplosione, causando oltre ai morti, un impatto
ambientale non da scherzo.
Don lo
trovò seduto in disparte su una scrivania con le mani giunte in
preghiera e la fronte appoggiata ad esse. BJ alzò gli occhi
quando sentì il rumore di una tazza che si posava sul tavolo.
Sorrise debolmente.
“Grazie…”
“Ce la caveremo, BJ… ce l’abbiamo sempre fatta.” – lo confortò Don.
BJ sorseggiò il caffè – amaro come piaceva a lui – e si perse nella contemplazione del nero liquido.
“Sai… stamattina ho dato un bacio veloce a Danielle… se avessi saputo che…”
“BJ, non parlare così. Tornerai da tua moglie.”
“Sì, certo…” – ma aveva una brutta sensazione.
Finì il
caffè con una sorsata unica, lasciando ammutoliti un paio di
impiegati. Tornò al lavoro, cercando di riacquistare una certa
lucidità: era o non era il direttore dell’F.B.I. a Miami?
“Come, scusa?”
“Come posso arrivare alla stiva?”
“Perché?” – chiese lui.
“Per fare un giro! Ma per vedere com’è fatta la bomba, no?” – sussurrò lei.
“Hermione ragiona… è troppo pericoloso. E poi tu stessa hai detto che…”
“So cosa ho detto, ma non voglio andarmene senza prima aver tentato il tutto per tutto. Allora, come ci arrivo?”
Draco scosse la testa.
“Ci si può accedere solo attraverso la seconda classe. Sarebbe un suicidio.”
Hermione alzò gli occhi al cielo. Ma si poteva essere più sfigati di così?
Ormai erano in
volo da otto ore e ne sarebbero occorse altrettante per arrivare al
Miami International Airport. Ora che aveva riacquistato una certa
sicurezza nel proprio lavoro ma soprattutto in se stessa, Hermione non
sopportava l’idea di doversi arrendere di nuovo.
Cercava
freneticamente con lo sguardo qualcosa, un qualsiasi cosa che la
potesse aiutare a cambiare lo status quo in cui si trovava lei e gli
altri passeggeri.
Ma niente.
Tutto sembrava essere stato progettato nei minimi particolari.
“Mettetemi in contatto con AK598.”
Lo squillo di
un telefono mise i sequestratori in allerta e i passeggeri a fare un
salto per aria per lo spavento. Quando capirono che si trattava del
telefono di emergenza, i passeggeri, tirarono un sospiro di sollievo.
Forse qualcosa si stava smuovendo.
“Oui?” – fece Souriel, sospettoso.
“Signor Souriel? Sono l’agente Castle. Si ricorda?”
“Scerto che mi ricordo. Cosa vuole?”
“Parlare. È così che si raggiunge un accordo.”
Souriel rise.
“Beh, monsieur… è vero… ma io crodevo che lo avessimo sgià rassgiunto.”
Dall’altra parte del telefono, Castle allontanò la cornetta dalla bocca per imprecare.
“Signor Souriel, lei capisce bene che una tale cifra non è facilmente racimolabile in poco tempo.” – disse Castle, sperando di farlo ragionare.
“Ma
scerto… lo capisco perfettamonte… infatti, avete nove ore
per trovare quel denaro. In caso controrio…” – e
guardò i passeggeri, che avvertirono un immediato senso di
pericolo. – “… queste persone morironno…
orevoire.” – e riagganciò.
BJ sbatté la cornetta sulla forcella.
“MALEDIZIONE!”
Note della scribacchina:
Uuuuuuuhhh… qui ho dato parecchie informazioni.
Prima domanda: piaciuto il capitolo? Spero di sì.
Seconda domanda: come farà Hermione a disinnescare la bomba?
Terza domanda: qualcuno l’aiuterà?
Tante domande e zero risposte o, almeno, arriveranno più avanti.
Piaciuto il
personaggio di Blaise? Essendo che la Rowling l’ha descritto come
un ragazzo di colore, l’ho voluto mettere in quella posizione di
potere, anche perché mi è subito venuto in mente
Denzel-pezzo-di-manzo-Washington ed eccolo lì.
Dunque, Souriel
è un famoso dinamitardo e Hermione si è sentita prendere
dallo sconforto. Eppure… eppure ha avuto un momento in cui si
è detta “ce la posso fare”.
Sarà così?
Boh?
Vi lascio un altro spoilerino, sperando che vi piaccia.
“Pronto? Sono l’agente Castle. Chi parla?”
“Agente Castle? Parla il Presidente degli Stati Uniti.”
Dai, questo è bellino, no?
Spero di rivedervi al più presto!
Ringrazio, prima di andarmene definitivamente:
1 - Badder_girl
2 - BlackAngel04
3 - Chibime88
4 - clau91
5 - cupidina 4ever
6 - elenusiaHP
7 - Frandra
8 - IvanaeSilvia
9 - LaCicciSweet
10 - laura malfoy
Che mi hanno sbattuta nei preferiti ^_^
1 - IvanaeSilvia
2 - pikkola_kiss
3 - Splikbob
Che mi hanno “ricordata” ^_____^
1 - ajumy
2 - Andy blackshoot
3 - BabyFairy
4 - barbarak
5 - bluesea
6 - cinderella
7 - CinziaCandid
8 - Clacycat
9 - excel sana
10 - Fe
11 - Giuls_Dancer
12 - itpanya
13 - IvanaeSilvia
14 - LaSabriii
15 - LorelaiLeighGilmoreL
16 - Mae
17 - Marsigliese
18 - meemibreeze
19 - Miggie
20 - miky90
21 - mustardgirl
22 - pikkola_kiss
23 - PinkPrincess
24 - Scorziii
25 - slytherine_in love
26 - Sweet Stella
27 - tykisgirl
28 - Vanillina
29 - Victorie15
30 - whatashame
31 - whatever
32 - yukii96
33 - _araia
34 - _Vergessenes Kind_
Che mi seguono ^___________________________________________________________________^
Bacio!
|
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Capitolo 7 *** Primo tentativo ***
07 - Primo tentativo
Hola!
Finalmente aggiorno puntuale per una volta!
Immagino che
della mia prefazione non ve ne freghi una beata Pippa (come la sorella
di Kate ^^) quindi vi lascio subito al capitolo.
Passando però prima dai ringraziamenti:
_araia:
ciao super bella! Grazie per esserti ripresentata! Dunque, partiamo
subito col dire che sì. Se non mettevo il più pazzo
criminale del mondo non ero contenta. u_u
Sono contenta
che Blaise ti piaccia. Io ce l’ho visto subito in quel ruolo,
visto che la descrizione che la Rowling ci da di lui è che
è moro e quindi ho pensato subito a Denzel Washington. ^__^
Diciamo che si
farà vivo, ma non nel senso comune del termine. Aspetta e
vedrai. No, della sua vita privata posso solo dirti che è
sposato con Daphne, ma nulla di più. Non ho voluto aggiungere
troppi particolari.
Ti svelo un
segreto: questa è una storiella che ho imbastito in tre giorni.
Ho voluto postarla come antipasto per un’altra in cui i
protagonisti saranno sempre Draco e Hermione, ma sarà ambientata
nel loro mondo, cioè quello della magia.
Basta, non dico altro!
Intanto ti lascio a questo capitolo e alla presenza del presidente degli USA.
Spero ti piaccia, un bacio!
Dramy96123: mia cara… se non sei morta il capitolo precedente, morirai in questo. O ci andrai parecchio vicina ^^
La modalità adorazione la puoi lasciare su on, che non mi offendo.
Sono contenta
che ti sia piaciuto il capitolo e anche Souriel. Mi fa però
paura quando do così tanti dettagli su personaggi
criminali… non vorrei essere scambiata per una che li conosce
bene.
Io ti ringrazio
per aver lasciato una traccia del tuo passaggio e non importa quello
che scrivi. A me piace il succo del discorso!
Baci anche a te, callistas
Laura Malfoy:
ecco, brava. Grazie per i complimenti e un po’ mi lasceresti
perplessa se ti piacesse Souriel. Ma sai che mentre ti scrivevo queste
poche righe mi hai fatto venire in mente una cosa? Non so se hai mai
letto il fumetto di Diabolik, ma io tifavo sempre per il criminale e
mai per la polizia, anzi. Quando riuscivano a catturarlo andavo in
depressione. Potrei scrivere qualcosa su un criminale adorato
però dalla moltitudine… uhm… grazie per
l’idea, tesssoro!
Adesso Blaise sarà solo marginale, ma vedrai più avanti…
Baci!
Tinotina:
ciao cara. Sono contenta che la storia ti sia piaciuta. Grazie per la
sequela di complimenti, anche se non so bene se gradire quelli che mi
hai fatto sul fatto che conosca bene il mondo delle bombe… -.-
Comuuuuuuuuuuuunque ^_^ ci saranno dei colpi di scena e spero che ti piacciano!
Grazie mille per esserti unita alla storia!
Un bacio, callistas
IvanaeSilvia:
vuoi il seguito? Eccoti accontentata. Qui Hermione entrerà in
scena e Draco le darà una mano. Spero che ti piaccia come i
precedenti.
Un superbacissimo, callistas.
Hermione aveva
ascoltato ogni singola parola che si erano scambiati Castle e Souriel.
Guardò l’orologio e si fece due conti: erano in viaggio da
otto ore e ne mancavano altrettante per arrivare all’aeroporto.
Allora
perché aveva detto che ne avevano nove a disposizione?
C’era un’ora di scarto che non riusciva a giustificare.
Poi, un altro flash.
“Ehi,
vedi di tornare intero, altrimenti Daphne mi scortica
viva…” – aveva detto Hermione, mentre guardava
Blaise mettersi il giubbotto anti proiettili e infilarsi un auricolare
nell’orecchio destro.
Le aveva sorriso come solo lui sapeva fare.
“Se ci prova la sculaccio.”
Hermione
era arrossita di botto. Era ancora alle prime armi e doveva entrare
nella mentalità che quando Blaise Zabini sapeva di potercela
fare, la sua vena erotica saltava sempre fuori.
Fu la volta in cui Hermione lo vide tornare dopo aver disinnescato una bomba di Souriel.
Si
era allontanato con una corsetta veloce e aveva raggiunto il luogo
della bomba. Essendo particolarmente lontano, erano state attrezzate
delle piccole telecamere sui petti degli artificieri, affinché
dalla base potessero vedere tutto ciò che stava succedendo.
Hermione
aveva il cuore in gola. Non si era mai sentita così: era al
cospetto del dio delle bombe e aveva la convinzione di non poter vedere
un altro giorno, ma ugualmente voleva rimanere per vedere cosa sarebbe
successo.
Quel
genio di Souriel aveva sequestrato un autobus pieno di bambini e aveva
piazzato una bomba sotto il pullmino che sarebbe esplosa se
l’autobus fosse sceso al di sotto di una certa soglia di
chilometri orari. Avevano trovato il modo di disinnescare il filo che
collegava l’esplosivo al contachilometri, ma erano rimasti a
bocca aperta quando ne avevano trovato un secondo che si collegava al
peso totale dell’autobus, assieme a quello dei bambini e
dell’autista.
Souriel
aveva dato tre ore di tempo per trovare il denaro che aveva richiesto
come riscatto, eppure, anche in quel caso – Hermione non
ricordava bene tutti i dettagli – si erano ritrovati con
un’ora di tempo a disposizione per disinnescare la bomba.
Si risvegliò e sbatté le palpebre un paio di volte per riprendere il contatto con la realtà.
“Attaccheranno il timer quando mancheranno due ore all’arrivo.”
Draco sgranò gli occhi.
“Come fai a dirlo?”
“Souriel
lavora così. Lascia sempre un’ora di scarto
affinché la polizia possa mettere a disposizione un auto e i
soldi che lui richiede. Ciò significa che…”
“…
che ci farà atterrare all’aeroporto. Dio santo!…
sarà una carneficina!” – fece Draco, che sembrava
aver compreso solo in quel momento la pericolosità di
quell’uomo che stava ripulendo la sua mitraglietta come fossero
un paio di scarpette da calcio.
Draco
guardò l’ora. Se i conti di Hermione erano corretti,
avevano solo sei ore prima dell’attivazione del timer, ma se
tutto si manteneva stabile come in quel momento, avrebbero potuto fare
ben poco.
Serviva un diversivo.
Intanto, nella torre di controllo, il caos regnava sovrano.
Gli impiegati
discutevano animatamente tra di loro su cosa fosse giusto fare per
prima cosa per risolvere quella situazione. C’era una cagnara che
non fece altro che aumentare il nervosismo di BJ.
“ADESSO BASTA!” – tuonò, sbattendo i pugni sul tavolo e facendolo vibrare pericolosamente.
Tutti si zittirono.
“Non
andremo da nessuna parte litigando in questo modo! Se vogliamo portare
quelle persone fuori da quell’aereo sane e salve dobbiamo
mantenere la calma!”
Dopo quello
sfogo, sembrò che tutti si fossero dati una calmata, riprendendo
a chiacchierare più sommessamente. BJ si massaggiò la
fronte, incapace di trovare una soluzione decente alla situazione. Gli
sembrava di essere tornato indietro nel tempo, quando a ogni minima
decisione sembrava colto da mille dubbi.
Una sensazione che credeva di non dover mai più riprovare.
Shepard si
avvicinò con in mano un telefonino. Era alquanto bianco e lo
porse a Castle, che lo guardò interrogativo.
“Per lei…” – fece solo Shepard, consegnandogli il cellulare.
“Chi è?” – chiese BJ.
“Qualcuno a cui farà bene rispondere…”
Sempre più perplesso, BJ prese il telefonino.
“Pronto? Sono l’agente Castle. Chi parla?”
“Agente Castle? Parla il Presidente degli Stati Uniti.”
Non era
possibile che l’unico accesso fosse il corridoio della seconda
classe. Doveva esserci qualcosa che conduceva alla stiva, ma che fosse
un po’ meno esposto alla vigilanza dei sequestratori.
“Dai, Draco… davvero non si può accedervi da un’altra parte?”
In
quell’istante, passò Danny, lo steward, a consegnare
dell’altra acqua, quando sentì la richiesta di Hermione.
“Accedere dove?” – chiese il ragazzo, cercando di non farsi scoprire.
Hermione lo guardò con gli occhi spalancati.
“La stiva.”
“Dalla seconda classe, signorina.” – rispose lo steward.
“Lo so, questo… non c’è un altro…” – ma Hermione fu interrotta.
“Ehi tu!
Smottila di porlare!” – fece il collega di Souriel, rivolto
allo steward, che divenne un pezzo di ghiaccio.
“S-sì!”
– fece Danny, raddrizzandosi in piedi, terrorizzato. Passò
oltre, ma non prima di aver bisbigliato qualcosa all’orecchio di
Hermione e Draco.
Dopo un primo attimo di sgomento, BJ si riprese.
“Si-signor Presidente…”
Tutti attorno a lui si zittirono all’unisono.
“Agente Castle… mi è giunta voce di un attacco terroristico nei cieli americani. Me lo conferma?”
“Sì, signor Presidente. Purtroppo è così.”
“E com’è stato possibile?”
“E com’è stato possibile?” – chiese il presidente americano Harry J. Potter, dallo studio ovale.
Aveva le mani
intrecciate sulla scrivania Resolute, dono della Regina Vittoria al
presidente Rutherford B. Hayes nel 1880. Quella scrivania ne aveva
viste e sentite di cotte e di crude e stava per far fronte a una nuova
sfida.
“Signore,
i sequestratori sono passati a tutti i controlli dell’aeroporto
di Heatrow a Londra. Non sappiamo bene ancora le dinamiche
dell’accaduto, ma siamo nella merda, signor Presidente.”
Harry Potter aggrottò le sopracciglia.
“Definisca
“merda”, agente Castle.” – fece Potter, senza
scomporsi per la volgarità del termine.
“Definisco
“merda” il fatto che su quell’aereo il capo dei
sequestratori ha fatto piazzare una bomba nella stiva, signor
Presidente.”
Harry Potter sgranò gli occhi.
“Cosa?
Una bomba a bordo? E come ci è entrata?” –
urlò Potter, facendo accorrere il suo gabinetto.
“Signor
Presidente è tutto avvolto dal mistero. Non sappiamo ancora
nulla di preciso. È stato solo per un puro caso che siamo venuti
a sapere della bomba. Un’hostess ha usato il telefono di
emergenza e ha dato l’allarme. Purtroppo è stata scoperta
e per questo uccisa.”
“Dio
mio…” – fece Potter, sgomento. – “Agente
Castle… cosa mi sa dire dei sequestratori?”
BJ, a Miami, chiuse gli occhi.
“Signore… quello è il John Lennon delle bombe.”
Castle sapeva
della passione del suo presidente per i Beatles e non trovò
metafora migliore per spiegare al suo comandante in capo la
pericolosità – genialità – di
quell’uomo.
Un gemito strozzato fu tutto ciò che Castle riuscì a sentire.
Draco ed
Hermione si guardarono decisamente perplessi. Che diavolo
c’entrava il bracciolo delle loro poltrone con quello che avevano
chiesto?
“Ma è scemo?” – chiese Hermione.
A Draco venne un’illuminazione.
“Forse no.” – disse, prima di iniziare ad armeggiare con il bracciolo.
“Che stai facendo?”
“Se ho
capito bene… ogni aereo è obbligato a portare a bordo le
planimetrie e i progetti che ne hanno visto la realizzazione.”
– con le braccia cercava di forzare il bracciolo, ma era tutto
inutile. Si chinò e lo studiò da tutti i lati, prima di
trovare una levetta che, premuta, fece scattare la chiusura del
bracciolo.
E una
cartelletta di plastica arrotolata su se stessa fu l’inaspettata
fiammella di speranza per i passeggeri di quell’aereo.
“Che ti ha detto?” – chiese Don.
“Notizie del volo dirottato.”
“Che ti ha detto di fare?”
“Nulla. Non mi ha detto nulla.”
Draco prese
quel tubo di plastica e lo arrotolò al contrario per cercare di
raddrizzare i fogli. L’aprì, cercando di fare meno rumore
possibile. Tutta la missione dipendeva dal grado di silenziosità
che quel momento richiedeva.
Hermione, mentre Draco srotolava le carte, continuò a guardare dalla parte dei rapitori, controllandoli.
“Fatto.” – fece Draco.
“Allora?” – chiese Hermione, impaziente.
“Un attimo… lascia che guardi…”
Con le dita
affusolate percorse le varie linee colorate – di cui Hermione non
capiva assolutamente nulla – cercando l’alternativa al
passaggio alla seconda classe.
“Dunque… stando a quello che dice questo progetto… alla stiva si può accedere da due punti.”
Hermione sorrise di sollievo.
“Quali?”
“Uno è quello che abbiamo scartato…”
“E l’altro? Dai Draco… non abbiamo tanto tempo!”
“Un
attimo! Un attimo!” – fece lui, conscio per primo del
fattore tempo. – “Un altro è una botola che porta ad
un tunnel.”
“E dove si trova?”
Draco guardò Hermione, sospirando.
“Sotto i piedi dei sequestratori.”
“Ma
vaffanculo!” – sibilò Hermione, buttandosi a peso
morto contro lo schienale e nascondendo il volto nelle mani.
Intanto, alla
torre di controllo, Castle fu invaso da mille e più fogli di
dimensioni di un lenzuolo matrimoniale che recavano i progetti del volo
AK598.
“Questa
è la cabina di pilotaggio.” – spiegò un
progettista, indicando la punta dell’aereo. – “Qui
troviamo la cucina e questo puntino rosso è il telefono di
emergenza. Dalla velocità con cui i sequestratori hanno risposto
al telefono, direi che si trovano qui, vicino al portellone
d’uscita.” – e indicò con l’indice un
altro punto. – “Queste due file sono i sedili dei
passeggeri, il corridoio…” – spiegò,
percorrendo con l’indice un tratto di carta, indicando
così il passaggio. – “… e la fine della prima
classe.”
“Ok, ci sono…” – fece Castle.
“Questo
quadrato è un interspazio che collega la prima alla seconda
classe. Di nuovo troviamo le file dei passeggeri, il corridoio e, in
fondo, la cucina. Questa linea gialla demarca la porta che da alla
stiva. Solo il comandante possiede la chiave e se hanno piazzato la
bomba proprio lì, vuol dire che li hanno fatti fuori.”
Castle chiuse gli occhi.
“Non può essere che se la siano fatta consegnare?”
Il progettista scosse la testa.
“Ne
dubito, signore. Conosco il capitano O’Neal da tempo e so di che
pasta è fatto: pur di non consegnare la chiave si sarebbe fatto
uccidere.”
“Gran
bello sforzo. La chiave è andata e lui è morto.”
– osservò Don. – “E il co-pilota?”
“Probabilmente avranno fatto fuori anche lui.”
Castle guardò Don con gli occhi spalancati, poi tornò sul progettista.
“E chi diavolo sta guidando l’aereo?”
“Dopo
dieci minuti che il sensore non rileva più la temperatura
corporea delle mani sulla cloche, subentra il pilota automatico.”
– spiegò il progettista.
“BJ, hai in mente qualcosa?”
Castle
sembrò partorire l’unica idea in quel momento. Prese una
cartina di tutti gli aeroporti situati prima di quello di Miami.
E puntò il dito.
“Nassau. Faremo atterrare lì l’aereo.”
“E come?” – chiese Shepard.
“Staccheremo da qui il comando per l’alimentazione del carburante.”
I presenti sgranarono gli occhi.
“No,
dico… ma si può essere più sfigati di
così?” – chiese un’irata Hermione.
Chiuse gli occhi per calmarsi, prese un paio di respiri e sembrò essere tornata in sé.
“D’accordo… non importa… quanto è largo questo tunnel?”
Draco sgranò gli occhi.
“Non
intenderai andarci, vero? E come intendi passare? Gli chiederai
“Ehi, scusate… mi fate passare che vado a disinnescare la
bomba?” Non riusciresti ad alzarti che ti sparerebbero!”
Hermione di tutto quel sarcasmo non sapeva che farsene.
“Altre idee?”
Draco tacque.
“Ecco, appunto. Da lì si capisce quanto è grande questo tunnel?”
Draco tornò a studiare la mappa.
“Qui dice
che è largo come questo sedile.” – e indicò
con un cenno del capo il sedile su cui Hermione ci stava più che
ampiamente.
Sul volto della ragazza si dipinse un ghigno.
“Molto bene.”
Lasciarono
passare qualche minuto. I sequestratori stavano guardando un po’
troppo spesso dalla loro parte e di certo non volevano insospettirli.
“Non andare.” – fece Draco, all’improvviso.
Hermione si girò di scatto e sospirò.
“Devo
farlo.” – le sembrò di notare una sorta di nota
dolente nei suoi occhi. – “Almeno avrò un quadro
più preciso della situazione.”
“Sì, ma…” – fu interrotto dalla mano di lei che si posò sulle sue labbra.
“Draco. Devo farlo.” – sentenziò lei, decisa ma dolce allo stesso tempo.
Le prese la mano e le baciò il palmo, facendola arrossire a dismisura.
“Sta attenta, però.”
Fu solo in grado di annuire.
“Ehi…
pssst, pssst…” – Hermione si era acquattata contro
lo schienale e stava chiamando un passeggero, un uomo più o meno
della sua età.
L’uomo in questione si girò perplesso e squadrò Hermione come se fosse stata pazza.
“Ehi, sì tu!”
L’uomo, infatti, si era indicato con l’indice.
“Cosa vuoi?”
“Senti… te la senti di darmi una mano a risolvere questa situazione?”
L’uomo sgranò gli occhi.
“Io?!? Ma sei matta? Non ci penso proprio!” – l’uomo si girò di scatto.
“Senti, per bene che vada moriremo tutti. Almeno tentiamo!”
“Ah,
bella consolazione, eh?” – fece lui, che però colse
perfettamente il punto. – “D’accordo. Cosa devo
fare?”
Hermione gli sorrise.
“Per il momento niente. Prova a chiedere in giro se qualcun altro se la sente. Ah!”
L’uomo si girò, spazientito.
“Cosa?” – chiese lui.
“Come ti chiami?”
“Mark. Mark Devenport.”
“Ciao Mark, io sono Hermione. Ora chiedi pure in giro…”
Mark si girò, scuotendo la testa e iniziò a fare un veloce passa parola.
Mezz’ora più tardi aveva raccolto altri cinque uomini, tutti abbastanza corpulenti.
“Hermione?”
La ragazza si girò di scatto, facendo sempre e comunque attenzione a non attirare troppi sguardi indesiderati.
“Cosa?”
“Ne ho trovati cinque disposti ad aiutarti.”
La ragazza chiuse le mani a pugno ed esultò, guardando per aria.
“Perfetto. Chi sono?”
Mark glieli indicò velocemente ed Hermione annuì.
“Perfetto. Ti faccio sapere a breve cosa fare.”
Ora che aveva
trovato rinforzi, la ragazza doveva solo trovare un modo per alzarsi,
aprire la botola ed infilarcisi dentro senza farsi notare.
Uno scherzo!, pensò la ragazza.
L’idea le
venne dopo dieci minuti. Addocchiò una donna che aveva dei
capelli simili ai suoi e che un po’ fisicamente le somigliava.
L’idea era quella di farla sedere vicino a Draco, in modo tale da
non destare sospetti. Il problema era solo quello di far spostare le
persone senza fare tanto casino.
“Ho un’idea.”
“Dio sia lodato. Cosa devo fare?” – chiese subito Draco.
“Tu niente. Devo raggiungere il posto di quella donna laggiù, la vedi?”
Draco si alzò di poco dal suo posto e annuì.
“Perché vuoi andare laggiù?”
“Farò venire qui quella donna, che prenderà il mio posto. Infatti se vedi un po’ mi somiglia.”
“Sì, ok… e dopo?”
“Quando
mi sarò seduta a quel posto, fingi di aver visto passare tra le
tue gambe un topo. Anche se siamo in pieno di un’emergenza, i
topi fanno schifo a chiunque e si creerà un po’ di
scompiglio. A quel punto i terroristi verranno da te per vedere che
succede e io ne approfitterò per alzarmi e raggiungere la
botola.”
“Mi sembra un po’ campato in aria.”
“No, se tu continuerai a tenere la loro attenzione sul topo.”
Draco
annuì. Non gli andava a genio di farle correre tutti quei rischi
da sola, ma era l’unico modo per dare una mossa alle cose.
“D’accordo.”
– Hermione fece per girarsi per chiamare Mark e mobilitare chi si
era messo a disposizione, quando Draco la fece girare, prendendola per
un braccio. – “Cosa c’è?” – chiese
lei, allarmata.
“Promettimelo.”
“Cosa?” – fece lei confusa.
“Promettimi che tornerai.”
Hermione sorrise. Era veramente felice nonostante la tragicità del momento.
“Ehi… abbiamo un mese di ferie, davanti. Non te lo scordare.”
Draco
avvertì un groppo formarsi in gola. Aveva capito bene? Hermione
si girò e chiamò Mark, spiegandogli ciò che ci
sarebbe stato da fare.
Un’altra
mezz’ora più tardi, la situazione era chiara al gruppo di
Hermione. Anche la donna, nonostante avesse una paura del diavolo,
aveva intenzione di fare di tutto pur di rivedere un altro giorno.
“Ci siamo.” – fece Hermione.
Approfittando
di un momento di distrazione dei sequestratori, la donna che avrebbe
preso il posto di Hermione si scambiò di posto con il suo vicino.
Non era molto, ma era un piccolo passo in avanti.
“Non parlerai mica sul serio, vero?” – chiese Shepard, abbandonando ogni forma di rispetto.
“Vedi altre soluzioni?”
“E
così tu vorresti far atterrare una bomba atomica su
un’isola, sacrificando quegli abitanti?” – chiese il
direttore.
“Non
intendo sacrificare nessuno, perché intendo far evacuare
l’isola prima dell’arrivo dell’aereo.”
“E non ti preoccupi dell’impatto ambientale?” – chiese Shepard.
“Mi
preoccupa eccome, ma almeno verrà circoscritto a un’area
più limitata. Se lo facessimo atterrare qui a Miami sarebbe un
macello!”
“Io…”
– Shepard non sapeva cosa dire. Sapeva che Castle aveva ragione,
ma ugualmente non se la sentiva di sacrificare una zona per
un’altra.
“Senti, lo so che non è giusto, ma dobbiamo scegliere il male minore. Non credi?”
“Sì… sì, io lo capisco…”
“Bene. Interrompete la fornitura di carburante! Ora!”
“Fermi!” – urlò Shepard.
“Che altro c’è?”
“Se
interrompi l’erogazione del carburante adesso li farai finire
nell’Oceano!” – Shepard si spiegò meglio.
– “Interrompere l’erogazione del carburante è
un’azione drastica e prevista solo se l’aereo deve essere
abbattuto. Non è mai successo, ma ugualmente questa
eventualità è stata presa in considerazione.
L’aereo, una volta staccata l’erogazione avrà
un’autonomia di mezz’ora, poi inizierà a scendere di
quota. E finirà in acqua.”
“E quando dovrei dare l’ordine?”
“Dovrai aspettare almeno altre quattro ore.”
“Facciamo prima a mandargli contro un missile.” – fece Don.
Sull’aereo,
Hermione era riuscita a raggiungere il posto della donna, mentre a
quest’ultima mancava ancora un ultimo passaggio per spostarsi dal
sedile dall’altra parte del corridoio a quello di Hermione.
Scattò come un felino quando, per l’ennesima volta, i sequestratori diedero le spalle ai passeggeri.
Man mano che
Hermione scendeva di posto, si era presa la briga di informare coloro
che le avrebbero dato una mano di ciò che sarebbe avvenuto di
lì a poco.
Seduta accanto
a un uomo alquanto terrorizzato, Hermione alzò la testa e la
riabbassò subito dopo. Prese un enorme sospiro e diede il via
alla sua missione. Si voltò verso Draco e gli fece cenno con la
testa di dar via al diversivo.
Draco si sentì morire: la vita di Hermione era nelle sue mani. Doveva mettercela tutta.
“MA CHE SCHIFO!” – urlò il biondo, alzando di scatto i piedi e appoggiandoli sul sedile.
I rapitori, ovviamente, fecero saettare lo sguardo sul ragazzo, che continuava a dimenarsi.
“Cosa susscede?” – chiese il compare di Souriel.
“C’è un topo! Un topo mi è appena passato tra le gambe!”
Come previsto
da Hermione, si scatenò il panico generale. Una volta visti i
rapitori chini per terra intenti a cercare il fantomatico topo, la
ragazza era scattata in piedi e aveva raggiunto silenziosamente la
botola. Gli steward e l’hostess la guardarono terrorizzati, ma
lei chiese loro – con l’indice sulle labbra – di non
fare nessun rumore. Aprì la botola con un gesto secco e vi si
infilò dentro. Un leggerissimo click fece scattare la serratura
da dentro.
Hermione ce l’aveva fatta.
Note della scribacchina:
E allora?
Cosa ne dite? Sono o non sono una stronza con la esse maiuscola?
Spero che anche
questo capitolo sia stato all’altezza dei precedenti. Aspetto
come al solito i vostri bellissimi commenti, in base ai quali poi
andrò a dare qualche ritocchino ai successivi.
Vi lascio con uno spoileruccio, che spero attizzi la vostra curiosità.
Baci!
“Ce n’è un altro, Draco. C’è un altro sequestratore a guardia della bomba.”
|
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Capitolo 8 *** Ritorno ***
08 - Ritorno
Buona sera a tutti.
Grazie per
essere arrivati fino a qui. Dunque, nel precedente capitolo abbiamo
visto come il primo tentativo abbia dato a Hermione la
possibilità di scendere dalla botola.
E in questo, cosa accadrà?
Purtroppo non
ho tempo di ringraziarvi uno per uno, ma conto di poterlo fare in
separata sede. Ma ci tengo a citare chi si è preso la briga di
lasciarmi due paroline sempre ben accette, sempre positive:
_araia;
tinotina;
laura malfoy
A voi il mio più sentito grazie per la vostra costanza.
A voi dedico questo capitolo.
Si
ritrovò a scendere dei pioli larghi una ventina di centimetri.
Ve n’erano una decina e quando arrivò in fondo dovette
fare le acrobazie per piegarsi e percorrere il tunnel a carponi. Era
tutto buio là sotto e non riusciva nemmeno a vedere una luce in
fondo al tunnel.
Giusto per restare in tema.
Avanzò a
tentoni. Draco le aveva detto che da quando iniziava, il tunnel si
prolungava per una quindicina di metri. Avrebbe dovuto proseguire
sempre dritto e poi avrebbe trovato una grande sala. Forte di queste
parole, Hermione proseguì il più in fretta possibile,
fino a raggiungere il famoso antro.
Guardò prima a destra e poi a sinistra, come se avesse dovuto attraversare la strada e poi uscì dal buco.
La stiva era
davvero immensa, non ne aveva mai vista una. Si perse per un momento ad
ammirare tutto ciò che quel luogo conteneva: bagagli, casse di
legno, un paio di auto e perfino due box per cavalli.
Si sentì
male per loro se immaginava la fine che avrebbero fatto se lei avesse
fallito. Scosse la testa e avanzò verso il telefono che Draco le
aveva indicato.
“Uscita
dal tunnel, prosegui dritta. Troverai il telefono proprio davanti a te.
Per prendere la linea devi fare lo zero e poi comporre il numero 973:
è il codice per chiamare la torre di controllo di Miami.”
Quelle furono
le parole di Draco. Prese la cornetta e digitò lo zero e se
l’appoggiò all’orecchio. Una volta presa la linea
digitò il 973 e pregò Dio che tutto andasse bene.
“Signore? Signore venga, presto!”
Un impiegato sommerso dalle carte notò una spia rossa lampeggiare. Castle e Herbs si diressero da lui di gran carriera.
“Cosa
c’è?” – chiese Castle, che l’attimo
successivo notò la spia. – “E questa
cos’è?”
L’impiegato lo guardò stupito.
“Signore… è la spia che indica una chiamata dalla stiva del volo AK598.”
Castle sgranò gli occhi e afferrò la cornetta mentre, di nuovo, calò il silenzio.
“Pronto? Pronto, chi parla?”
“Pronto? Pronto, chi parla?”
“Dio sia
lodato! Mi passi l’agente Castle! È urgente!”
– fece Hermione, parlando sempre e comunque a bassa voce.
“Sono io! Lei chi è?” – chiese un alquanto meravigliato BJ.
“Sono Hermione Granger, un passeggero del volo e…”
“Come ha fatto a raggiungere la stiva?”
“Mi
ascolti… non ho tempo per star qui a chiacchierare! Souriel
è pericoloso e dobbiamo agire in fretta!”
“Aspetti un attimo! Come fa a conoscere Souriel?” – il sospetto si insinuò nella mente di BJ.
“Forse le farà piacere sapere che io sono…”
“Qui est là?”
Chi c’è?
Hermione sgranò gli occhi e guardò in direzione della voce. Chi diavolo c’era?
“Pronto?
Pronto?” – urlò Castle dall’altra parte, senza
ottenere risposta. “Signorina Granger, mi risponda! Cosa
succede?”
La linea cadde, gettando BJ nello sconforto.
Hermione aveva
riagganciato. Non aveva calcolato la presenza di un settimo uomo,
credeva che ve ne fossero solo sei! Ma forse il settimo era più
che giustificato. Quindi, i conti alla fine si modificavano: due in
cabina di pilotaggio, due nella prima classe, due nella seconda e uno a
guardia della bomba.
Doveva prevederlo!
Una tale imprudenza poteva costarle cara!
Vide
l’uomo avanzare con la mitraglietta in mano e con uno sguardo
corrucciato. Silenziosa come un gatto, Hermione girò attorno
alla cabina telefonica, mentre il sequestratore girava anche lui
intorno al cubicolo. Sembrava si stessero rincorrendo, anche se il
rapitore non sapeva della presenza di Hermione.
La ragazza era un fascio di nervi. Se la scopriva addio al fattore sorpresa.
Ma il rapitore
sembrò tranquillizzarsi. Non trovando nessuno tornò di
guardia alla bomba, mentre Hermione preferì tornare di sopra e
mettere Draco a conoscenza di quel poco che aveva scoperto.
Tornò
sui suoi passi e nel frattempo ripensò a quei pochi dettagli che
aveva visto della bomba. Inutile dirlo… era il solito capolavoro.
Ripercorse il tunnel, ignara che avrebbe trovato una sorpresa ad attenderla.
Draco stava sudando freddo.
Esattamente un
attimo dopo che Hermione era sparita sotto terra, i rapitori si erano
alzati di scatto e avevano lasciato perdere la ricerca del topo.
Avevano intimato a Draco di non scatenare più isterie simili, se
non voleva correre il rischio di finire male.
Il biondo si
giustificò, dicendo che se a lui facevano schifo i topi non era
colpa sua. Il collega di Souriel non volle sentire ragioni, mostrando
semplicemente la mitraglietta.
E Draco si zittì.
Erano passati
tre quarti d’ora ed Hermione, salvo imprevisti, doveva essere
arrivata e aver telefonato a Castle. Forse era anche sulla via del
ritorno, ma il biondo, ovviamente, non lo poteva sapere.
Così
come non poteva sapere che mentre Hermione era arrivata e pronta per
aprire la botola, incontrò un imprevisto, perché i
terroristi erano nuovamente sopra di essa.
“Ma che diavolo… perché non si apre?” – si chiese la ragazza, mentre cercava di spingere.
La
consapevolezza la raggiunse e smise all’istante di spingere. Se
la botola non si apriva significava solo una cosa: i sequestratori
erano di nuovo su di essa.
Imprecò
sottovoce per l’inconveniente, non sapendo quanto tempo sarebbe
stata costretta a star lì ad aspettare.
Draco stava tremando.
Perché
c’impiega tanto?, continuava a chiedersi il giovane pilota.
Incontrò lo sguardo preoccupatissimo di Mark e cercò di
tranquillizzarlo con un sorriso. Mark glielo restituì, ma era
palese ad entrambi che qualcosa, là sotto, doveva essere
successo.
Ma cosa?!?!
Nel frattempo,
Castle, non sapeva più cosa pensare. Quella Hermione gli stava
per dire qualcosa che gli avrebbe fatto piacere. Ma cosa poteva essere
in una situazione critica come quella?
“BJ,
chiamiamo il telefono d’emergenza dell’aereo.”
– osservò Don. – “E ce la facciamo
passare.”
Ma BJ scosse la testa.
“Assolutamente
no. Era ansiosa, come se rischiasse da un momento all’altro di
essere scoperta. Forse è riuscita ad accedere alla stiva dalla
seconda classe per avvisarci. E se ci è riuscita, non voglio
darla in pasto a quei criminali, no. E’ meglio lasciare che sia
lei a ricontattarci, sperando che non debba passare troppo tempo.”
“Facciamoci
mandare da Heatrow la lista dei passeggeri.” –
suggerì Shepard. – “Vediamo dov’è
seduta e se effettivamente ha possibilità di accesso alla
stiva.”
Ma Don non capì quella richiesta.
“E cosa ce ne facciamo? A cosa ci serve sapere dov’era seduta quella donna?”
Il cervello di
BJ lavorava freneticamente. Se quella donna era riuscita ad accedere
alla stiva, doveva avere due contro coglioni grandi quanto Miami e
forse era la loro unica speranza di salvezza su quell’aereo.
“No,
Don… il direttore Shepard ha ragione.” – fece BJ,
sventolando l’indice davanti a sé, come se avesse
raggiunto la soluzione. – “Facciamoci mandare la lista. Se
quella donna ha avuto le palle di agire in quel modo, forse è la
nostra unica speranza di riportare quell’aereo a terra senza
troppi intoppi.”
Shepard
annuì e corse a telefonare all’aeroporto londinese,
affinché gli faxassero la lista d’imbarco il più in
fretta possibile.
“Sì,
certo.” – fece Shepard al telefono. – “Sono
davanti al fax. Me la mandi subito!” – e riagganciò.
“Che hanno detto?”
“Il tempo di ristamparla e ce la mandano.”
Passarono solo cinque minuti, e l’attimo successivo il fax squillò. E BJ ebbe in mano quella lista.
“Hermione
Granger… Hermione Granger… Hermione Granger… dove
sei?” – BJ stava guardando, però, nella classe
sbagliata. – “Cazzo non c’è!” –
urlò, al colmo della frustrazione. Forse viaggiava sotto falso
nome.
“BJ prova a guardare in prima classe…” – buttò lì, Don.
Ma Castle non era convinto. Come faceva dalla prima classe a passare alla stiva senza farsi notare?
“Don, non
dire sciocchezze! Come farebbe a percorrere il corridoio della seconda
classe senza farsi notare?” – gli chiese BJ, mentre Don
guardava l’elenco delle persone della prima classe.
“Hermione
Granger, eccola!” – fece Don, prendendo in mano il foglio
della prima classe. Lo porse a BJ, che rimase esterrefatto.
“Ma chi è? Una strega? Come ha fatto ad accedere alla stiva?”
Il progettista
sembrò ricordarsi di qualcosa. BJ, Don e altri lo guardarono
allontanarsi, quasi febbricitante, verso la propria scrivania,
dov’erano stesi i progetti dell’aereo. Castle gli
andò dietro.
“Che succede?”
Tiger Goyle, il progettista, continuò a rovistare tra le carte.
“Non ne
sono sicuro signore… voglio controllare una cosa, prima. Ecco
qua!” – esclamò, tirando fuori la planimetria
dell’aereo. Fece scorrere velocemente le dita sul foglio,
finché non trovò quello che cercava. – “Da
qui. E’ passata da qui.” – fece Goyle, indicando un
quadratino minuscolo.
Castle assottigliò gli occhi.
“E quello cos’è?”
“Una botola, signore. È la seconda via d’accesso per la stiva.”
Castle era incredulo.
“Ma chi è quella donna?” – sussurrò Don, sbalordito.
Hermione non ne poteva più.
Era chiusa lì sotto da mezz’ora e ancora i terroristi le ostruivano il passaggio.
“Vi
venisse il cagotto!…” – borbottò lei, conscia
che tale avvenimento non sarebbe mai potuto accadere.
Poi, li sentì parlare e si avvicinò con l’orecchio alla botola.
“Je vais aux toilettes. Que faites-vous?”
Io vado alla toilette. Tu che fai?
Hermione sgranò gli occhi. Le erano per caso spuntati i poteri magici?
“Je vais vérifier sur le pont d'envol. Rendez-vous bientôt.”
Vado a controllare in cabina di pilotaggio. Ci vediamo qui tra poco.
Hermione esultò di gioia. Non poteva credere a tutta questa fortuna.
“Et les passagers? Comment faisons-nous avec eux?”
E i passeggeri? Come facciamo con loro?
La ragazza mandò a quel paese il sequestratore. Farsi un piatto di cazzi suoi, no?
“Ne vous inquiétez pas. Je ne pense pas que ce sera un non-sens.”
Non ti preoccupare. Non credo che faranno sciocchezze.
Ecco sì,
bravo. Staranno tutti buoni. Ora va fuori dal cazzo!, pensò
irritata la donna, che non vedeva l’ora di uscire da lì
sotto.
“Ascoltate
tutti quonti…” – fece Souriel. – “Io e
il mio amico sci allontaneromo un momonto… che nessuno fasscia
un passo folso o se no pontirà amaramonte.”
Tutti annuirono
e Souriel e l’altro terrorista si allontanarono. Quando Hermione
sentì la porta del bagno chiudersi, levò di poco la
botola, incontrando le scarpette verdi di Jennifer.
“Vieni.
Se ne sono andati!” – fece un passeggero, terrorizzato che
i sequestratori entrassero proprio in quel momento.
Hermione
aprì di scatto la botola e, aiutata da un paio di coraggiosi,
uscì fuori. Chiuse la botola e corse verso il suo posto, mentre
Annah, la ragazza che aveva preso il suo posto, si era scambiata di
gran carriera con quello del vicino di fila di Hermione,
affinché, in caso di ulteriori scambi, non avrebbe dovuto fare
di nuovo la Bond-girl.
Hermione non
seppe dire se Dio esisteva veramente, ma di una cosa era sicura:
qualsiasi entità soprannaturale doveva aver guardato dalla sua
parte, perché mezzo secondo dopo che si era seduta vicino a
Draco, Souriel era rientrato in cabina.
Il
sequestratore guardò i passeggeri uno a uno, come a verificare
che ci fossero tutti. Appurato che nessuno mancava all’appello,
si lasciò andare ai suoi pensieri.
“Ma dov’eri finita?” – chiese Draco, abbracciandola.
Hermione, con il fiatone per la corsa – e quell’abbraccio – lo abbracciò a sua volta.
“Sarei salita prima, ma quei due c’erano proprio sopra.”
“Stai bene? Hai telefonato a Castle?”
“Sì, ma gli ho potuto dire gran poco.”
Draco sgranò gli occhi.
“Perché?”
“Ce n’è un altro, Draco. C’è un altro sequestratore a guardia della bomba.”
Il biondo alzò gli occhi al cielo, ma poi lo colse un dubbio.
“Ti ha vista?”
“No, mi
sono accorta della sua presenza mentre ero al telefono. Si è
insospettito, perché ha sentito dei rumori ed è venuto a
controllare dalla mia parte. Mi sono nascosta, continuando a girare
intorno alla cabina telefonica. Pensavo di morire.”
Anche Draco lo pensò. Che rischio che aveva corso la sua Hermione!
Non si rese
conto di ciò che aveva pensato, perché il suo cervello
era totalmente assorbito da ciò che stava succedendo
sull’aereo.
“Sono tornata indietro, perché non volevo rischiare, ma temo di doverci tornare.”
“Hermione, no! Souriel ha minacciato di ucciderci se ci faremo riprendere dall’isteria di prima.”
La ragazza chiuse gli occhi, sofferente. Ma perché non ne andava mai una per il verso giusto?
A Miami, Castle
stava cercando di capirci qualcosa in tutta quella faccenda. Come aveva
fatto quella donna ad aprire la botola se Souriel per primo era nella
prima classe? Come aveva fatto a non vederla?
“BJ… a cosa stai pensando?” – chiese Don, che conosceva il collega come le sue tasche.
“E’
tutto troppo strano…” – fece BJ, con la cornetta con
la quale aveva comunicato con Hermione, appoggiata alle labbra. –
“E’ seduta distante dalla botola. Come ha fatto ad alzarsi
senza che Souriel se ne accorgesse?”
“Magari
è una criminale pure lei.” – buttò lì
Shepard, ignaro di aver spianato la strada verso la soluzione del caso.
“E avrebbe boicottato i suoi complici? No, lo escludo…” – fece Don.
“Sa della pericolosità di Souriel…”
“Vorrei
ben vedere! Sta minacciando lei e altri centoquarantanove passeggeri
con mitragliette e una bomba!” – osservò Shepard.
“No…”
– fece BJ, per nulla convinto. – “… aveva un
tono di voce strano, come se lo conoscesse veramente…
Don…”
“Dimmi.” – fece l’altro, scattato sull’attenti.
“Apri il
database Federale Internazionale e prova a cercare questa Hermione
Granger. Se è un criminale come dice il direttore dovrebbe
essere schedata.”
Don annuì e andò a una postazione. Fece alzare un impiegato e prese possesso del computer. Intanto BJ pensava.
Veloce e
preciso nella digitazione dei codici segreti fornitigli
dall’F.B.I., Don continuava ad aprire pagine web, fino ad
arrivare a quella che gli interessava.
* Nome: Hermione
* Cognome: Granger
Data di nascita:
* dati obbligatori.
Diceva la scritta in fondo alla pagina che esplicava il significato dell’asterisco rosso.
E quando diede l’invio, rimase a dir poco di stucco.
Vero era che di
tempo ce n’era poco, ma era altrettanto vero che aveva bisogno di
riposarsi un secondo. La paura di aver corso un bel rischio poco prima
nella stiva non era ancora passata. Draco le teneva la mano e le
accarezzava di tanto in tanto il braccio per calmarle i tremiti.
“Hai mantenuto la parola…” – disse lui, guardando la sua mano che teneva quella piccola di lei.
Hermione lo guardò confusa, ma poi capì. E arrossì.
“Te l’avevo promesso, no?”
Fu solo allora
che Draco la guardò negli occhi, scoprendo quelle piccole
pagliuzze d’orate all’estero dell’iride. Con mano
tremante, la prese per le spalle e l’attirò a sé.
“Sì… lo avevi promesso.” – fece lui, baciandole i capelli.
Hermione chiuse gli occhi e si lasciò andare a quella bellissima sensazione.
Don continuava
a fissare la finestra dello schermo davanti a sé come uno
stoccafisso. Le dita erano ancora in posizione sulla tastiera e non si
muovevano di un millimetro.
Credeva di
avere le traveggole e di aver digitato erroneamente le lettere del
nome, ma ad ogni variazione, appariva sempre la stessa dicitura:
Nome: Hermione
Cognome: Granger
Impiego: Artificiere
Presso:
Base Artificieri di Londra
Diretto supervisore: Blaise Zabini
Non sapeva se
chiamare BJ o meno, perché la possibilità di avere un
artificiere a bordo gli sembrava così remota e così
troppo fortuita da impedirgli di crederci anche se aveva tutto
lì davanti a lui, nero su bianco.
Vicino ai dati
anagrafici, c’era la foto di una bella ragazza riccia, che
sorrideva come se fosse in possesso della conoscenza assoluta.
Alla fine, Don, si decise.
“BJ! Ehi, BJ!”
Castle smise di parlare con Shepard e guardò in direzione del collega.
“Che c’è? Hai trovato qualcosa?”
Don lo
guardò come per dire “meglio se ci dai
un’occhiata”. Perplesso, BJ mollò tutto e
andò alla postazione di Don e fece una promessa.
“Quando torno a casa vado in chiesa.”
Quando BJ
comunicò la notizia di un artificiere a bordo, l’intero
ufficio esplose in un boato di gioia e iniziò a battere le mani.
“Ok!”
– fece BJ, rimandando i festeggiamenti solo a lavoro ultimato.
– “Voglio che mi mettiate in contatto con questo Blaise
Zabini!”
“Agente… sarà ancora mattina presto a Londra.” – osservò uno.
“Non mi interessa! Chiamatelo!”
Blaise Zabini
stava beatamente – e giustamente – dormendo a pancia in
giù, non sospettando minimamente che di lì a un attimo
avrebbe ricevuto una notizia… bomba.
Il telefono sul suo comodino iniziò a suonare, ma lui non lo sentì.
“Blaise…” – mugulò la moglie, che aveva sempre avuto il sonno leggero.
“Mmmm…” – fece lui, dopo che si era preso un lopez nella gamba. – “Cosa?”
“Telefono…” – fece Daphne, tornando a dormire.
Blaise sbadigliò sonoramente e accese la luce.
“Pronto?” – chiese con voce oltre tombale.
La voce
dall’altra parte del capo era piuttosto concitata e Blaise
capì subito che era la sua segretaria Millicent, una che a ogni
minima paglia che cadeva per terra si allarmava.
Ma quando sentì il riassunto della situazione, scattò in piedi, sveglissimo.
“Cosa?”
“Blaise!”
– tuonò la moglie, indispettita dalla luce e dal suo tono
di voce, troppo alto per essere ancora notte fonda.
“Scusa
amore… no, Millicent, non dicevo a te.” –
specificò Blaise. – “Tra mezz’ora sono
lì. Preparate il collegamento satellitare!”
Daphne, ormai arresasi all’idea di non dormire più, si girò, stropicciandosi un occhio.
“Che succede?”
“Niente, amore… ti spiego tutto più tardi. Torna a dormire.”
Daphne annuì e l’attimo successivo si riaddormentò.
Venti minuti.
Aveva guidato
come un pazzo, ringraziando che non ci fosse nessuno in giro per strada
a quell’ora. In venti minuti era arrivato in ufficio, bevuto una
tazza di caffè e preso gli appunti di Millicent.
“Il collegamento?”
“Aperto in sala tre, signore.” – fece la donna, correndogli dietro.
Quando entrò, trovò tutto il suo personale attorno al tavolo.
“Comodi,
signori.” – fece Blaise, chiudendosi la porta alle spalle.
Si sedette a capotavola e ordinò l’apertura delle immagini.
Gli apparve davanti un ufficio soleggiato, e il volto di un uomo provato dalla situazione.
“Agente Castle?” – chiese Blaise.
“Sì. Il comandante Zabini, suppongo.”
“Sì, signore. Cosa sta succedendo?”
“Signore,
l’aereo sul quale una sua collaboratrice, la signorina Hermione
Granger sta viaggiando, è stato dirottato da dei terroristi.
Oltre ad aver ucciso i due piloti e un hostess ha piazzato una bomba
nella stiva dell’aereo.”
“Capisco. Hermione quindi si è già messa in contatto con voi?”
“Sì, ma c’è stato un problema e ha riattaccato.”
Blaise si allarmò.
“Quale problema?”
“Non
lo sappiamo, signore. Purtroppo il telefono della stiva è
abilitato solo per le chiamate in uscita, ma non ne può
ricevere. Abbiamo bisogno che sia lei a ricontattarci, ma come, non
glielo so dire.”
“Capisco…” – fece il comandante, chiudendo le mani a pugno.
“C’è un’altra cosa che dovrebbe sapere, signore.”
“Mi dica, la ascolto.”
“Il terrorista…”
“Sì?”
“E’ Maurice Souriel.”
E Blaise vide nero per un secondo.
Un’altra
ora era passata ed Hermione si sentiva sempre più impotente.
Doveva tornare di sotto, ma per farlo serviva un altro diversivo. Draco
però le aveva detto che se ci fosse stato ulteriore scompiglio,
Souriel non avrebbe esitato a uccidere i passeggeri.
“Senti…”
– fece Hermione a Draco, guardando per un secondo in direzione
dei sequestratori. – “Io devo tornare là sotto. So
che ti chiedo molto, ma è l’unico modo che ho per
comunicare con Castle. Gli dirò di contattare il mio supervisore
e vedrai che da quel momento in avanti andrà tutto bene.”
Ma Draco non era convinto. Temeva di tirare troppo la corda e non se la sentiva di rischiare tante vite innocenti.
“Hermione, io…”
“Draco ti prego… è la nostra unica soluzione.” – lo implorò lei.
Alla fine, il biondo capitolò davanti alla sua espressione.
Note della scribacchina:
Cosa s’inventerà Hermione ‘sto giro? Un altro topo? ^_^
No, forse non rischierebbe così tanto.
Bene
signori… sono felice che siate giunti fino qui. Adesso rimane
solo sapere cosa succederà la prossima volta che Hermione
scenderà nella stiva.
Guai o soluzioni?
Temo dovrete aspettare il prossimo capitolo per saperlo.
Intanto, spoilerino…
Era un quadro confuso di braccia e gambe, finché, non partì un colpo.
Hermione sgranò gli occhi, mentre nella sala di controllo scese una cappa di terrore.
Dico solo una cosa… ops…
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Capitolo 9 *** Secondo tentativo ***
09 - Con i piedi per terra
Oh, buona sera. ^^
E ben tornate a un’altra puntata di Slitherin Airlines.
Riassunto della
storia fino a questo punto: Hermione è un artificiere e dopo
l’ultima missione che l’aveva vista quasi morta, decide di
prendersi delle ferie. Draco è un pilota aeronautico, in
perfetto stile Top Gun e pure lui si è preso un po’ di
ferie.
Il caso ha voluto che si ritrovassero sullo stesso aereo diretto alla stessa meta.
Ma
com’è ovvio supporre conoscendo la scrittrice, non si
poteva avere un volo tranquillo, no? Allora ci ho infilato dentro un
bell’atto terroristico. Maurice Souriel, il più grande
bombarolo esistente al mondo, è su quell’aereo sul quale
ha piazzato una bomba, chiedendo in cambio un riscatto.
Hermione
è riuscita, grazie a un’immensa fortuna (leggasi meglio
come culo), a scendere nella stiva e dare un’occhiata alla bomba,
ma…
… arriviamo ad ora, più o meno.
Cosa succederà adesso?
Cosa faranno Castle e Blaise?
Prima di lasciarvi, vorrei ringraziarvi uno ad uno, visto che ve lo meritate!
Dramy96123:
ciao cara. Grazie mille per tutti questi complimenti che mi fanno
arrossire pure le chiappe. Addirittura mito? Non credi che stai
esagerando? No, dai… esagera pure ^^
Allora, sappi
che le tue parole mi hanno fatto sudare gli occhi, va bene? Sono
contenta che Blaise e Hermione li adori, chissà se ti piaceranno
anche in questo capitolo, visto che saranno i protagonisti
“principali”.
So che sono
cattiva, ma se non facessi così vi svelerei troppo e a me piace
lasciare un po’ di carne sul fuoco, non so se mi spiego. Eddai,
adesso!, secoli! Non esagerare! Faccio quello che posso! Prometto che
aggiornerò giovedì puntuale, cascasse il mondo!
Grazie mille per le tue belle parole, spero di rivederti alla prossima!
Bacioni, callistas.
Andy blackshoot:
halllo! Sono contenta che il capitolo e che la storia in generale ti
piaccia. So che lo spoiler è un po’ ambiguo e,
chissà… forse è quello il destino di Hermione.
Ti lascio leggere questo capitolo, sperando che ti piaccia come i precedenti.
Un bacio, callistas.
Tinotina:
modestamente, ho un certo talento per far venire un infarto alle
persone… ^^ Comunque spero che tu non decida di morire proprio
adesso che stiamo per arrivare in fondo, vero? Come farei senza le tue
bellissime recensioni? Allora saresti tu che vuoi la mia morte!!!
Comunque, se ti
anticipassi qualcosa penso che non sarebbe giusto. Voglio farti penare
fino alla fine, sperando di non cadere nella banalità.
Cara la mia pazzoide… eccoti il capitolo. Spero ti piaccia!
Callistas.
Laura Malfoy: prego, per così poco? ^^
Te la sei
guadagnata questa dedica, perché hai sempre avuto costanza e
pazienza nel sopportare le mie interruzioni di fine capitolo sempre sul
più bello e non potevo non premiarti con questa modesta dedica.
Hai visto?
Piaciuto quando ho messo voluti riferimenti al fatto che Castle si era
chiesto se fosse una strega, o se Hermione, quando era sotto la botola,
si era chiesta se le erano spuntati i poteri magici? Piccolo omaggio
alla saga originale.
Eccoti il prossimo capitolo, sperando che ti piaccia.
Bacioni!
IvanaeSilvia:
ciao! Anche te speri che vada tutto bene? Ma come siete monotoni!
Perché non trovo mai quello che vuole che le cose vadano male?!?
HAHAHAHAHAHA! SCHERZO!
Anch’io spero che vada tutto bene, ma tanto lo so già…
HAHAHAHAHAHA! Battute del piffero.
Beh, spero che la lettura ti sia gradita, fammi sapere, eh? Guarda che ci conto!
“Souriel, ha detto?” – esclamò Zabini, interdetto.
“Sì,
signore. Seppur non bene come voi a Londra, la fama di Souriel è
arrivata anche oltreoceano. Sappiamo quanto sia pericoloso
e…”
Blaise si alzò in piedi.
“No, agente Castle, lei non lo sa.”
BJ si zittì.
“Qui non
stiamo parlando di un rapinatore di banche o di un ladruncolo
qualsiasi. Maurice Souriel è il criminale più spietato
con cui mi sono mai imbattuto. Lui e i componenti chimici sembrano
essere una cosa sola e mi creda… è impossibile
disinnescare una delle sue bombe.”
Ma Castle lo sorprese.
“Mi risulta che lei ci sia riuscito, comandante.”
Blaise si zittì.
“Il
salvataggio di quel pullman di bambini le è valsa la carica di
comandante e se lei è il tipo che credo, sono sicuro che
potrà darci una mano.”
“E come posso da qui?”
“Quando la signorina Granger chiamerà…”
“… se chiamerà…” – lo corresse Blaise.
“Chiamerà,
non si preoccupi. Ci ha già dato dimostrazione della sua
abilità, accedendo alla stiva tramite una botola.”
Blaise sgranò gli occhi, ma poi sorrise. Hermione era proprio un tipo tosto!
“Faremo
in modo di mettervi in collegamento, affinché possiate trovare
una soluzione. Comandante, capisco perfettamente che la distanza giochi
a vostro sfavore, ma lei e la signorina Granger siete la nostra unica
speranza. Non negatecela, per favore.”
Blaise annuì, conscio di non poter sottrarsi a una simile richiesta di aiuto.
“Negarvi
questa speranza è l’ultima cosa che farò, agente
Castle. Rimarrò qui fino a che Hermione non chiamerà.
Terremo aperto il collegamento, così da evitare inutili perdite
di tempo.”
Castle sorrise.
“Grazie, comandante.”
“La prego: Blaise.”
“Grazie, Blaise. Io sono Billy Joel. Ma per gli amici sono BJ.”
I due si sorrisero e, nonostante la differenza di fuso, tutti si misero al lavoro.
E mentre sia a Londra che a Miami gli operatori lavoravano febbrilmente, Castle ricevette una chiamata.
“Pronto?”
“Agente Castle? Sono il Presidente. Mi aggiorni sulla situazione.”
“Signore abbiamo ottime notizie.”
“Sono tutt’orecchi!”
“Abbiamo scoperto che a bordo dell’aereo dirottato c’è un artificiere.”
“Ma è fantastico!” – esclamò Potter, saltando in piedi per la notizia. – “E quando potrà disattivare l’ordigno?”
“Purtroppo signore questo è il problema.”
“Ecco…”
“Il bombarolo ha piazzato la bomba nella stiva e per arrivarci la signorina Granger…”
“L’artificiere?” – chiese il presidente.
“Sì,
signore… poteva accedervi solo da due punti: o passava dalla
seconda classe, o da una botola vicino all’uscita.”
“Scaltra…” – osservò Potter, compiaciuto.
“Decisamente
signore. Ho provveduto a contattare il suo comandante a Londra, il
comandante Blaise Zabini, che ci ha dato la massima
disponibilità per questo caso.”
“Lo ringrazi da parte mia.”
“Sì, signore. Ora, se permette, tornerei al mio lavoro.”
“Castle, le do carta bianca per tutto. Ma riporti quell’aereo a terra!”
“Sì, signore. Grazie, signore.” – e riagganciò.
BJ si prese un attimo per organizzare il da farsi. E sperava che Hermione Granger lo richiamasse immediatamente.
Si erano
accordati per un secondo diversivo. Sapevano di rischiare moltissimo,
ma se ci riuscivano forse avevano una qualche possibilità di
salvarsi.
“Sei pronto?” – chiese lei.
“Ok. Quando vuoi.”
Sembrava quasi
che si fossero messi d’accordo. In quel momento i rapitori si
erano girati per parlottare tra di loro ed Hermione ne
approfittò per scambiarsi di posto con Annah. Di nuovo,
leggermente più nascosta e con più possibilità di
muoversi senza doverosamente aspettare che i sequestratori le dessero
le spalle, Hermione fece a cambio con altri passeggeri, finché
non tornò al posto originario di Annah.
Guardò Draco e gli fece un cenno affermativo con la testa.
Draco si girò e comunicò il via al signore dietro di lui.
Quest’ultimo
iniziò a urlare, a piegarsi in due per il dolore che avvertiva
allo stomaco. Souriel e il suo complice sbuffarono e avanzarono con la
mitraglietta in bella vista, pronti a usarla senza tanti problemi.
“Cosa susscede stavolta?” – chiese Souriel. – “Scè un altro raton?”
“La… la pancia… mi fa male!”
A Souriel poco
importava del dolore di quell’uomo, visto che tra non molto
sarebbe morto, ma se voleva evitare che gli trapanasse i timpani fino
all’atterraggio fece l’unica cosa possibile.
“Scè un dottore a bordo?”
Purtroppo non ve n’erano, ma ne saltò fuori uno.
“Io sono un medico.” – fece Draco, alzandosi.
Il complice di
Souriel, non aspettandosi di trovarselo alle spalle, si girò di
scatto e gli puntò la canna della mitraglietta in faccia. Draco
indietreggiò per lo spavento.
“Stia calmo…” – fece il biondo con le mani alzate.
“Mettez-le vers le bas.”
Mettila giù.
Fu
l’ordine di Souriel. Il complice annuì e Draco poté
uscire dal suo posto e “visitare” il malato.
“Che
sintomi accusa?” – chiese Draco, cercando di ricordare la
terminologia che sentiva quando sua madre lo portava dal dottore.
“La…
la pancia… mi fa male… ho… ho delle fitte!”
– fece il paziente, rosso per lo sforzo.
“Si calmi… se tocco qui le fa male?”
Il paziente negò.
“Qui?”
“N-no…”
“E qui?”
Il paziente urlò.
“Ha un
ispessimento della parete inguinale.” – disse Draco,
sperando che nessuno di quei due s’intendesse anche di medicina.
“E’
grove?” – chiese Souriel, più che altro preoccupato
di non dover subire urla di dolore per il resto del viaggio.
“No, ma è necessario che il paziente si stenda.”
“Lo fasscia mottere nel corridoio…” – suggerì Souriel.
“Non dica
idiozie!” – fece Draco, guadagnandosi la mitraglietta del
complice in faccia. Il biondo chiuse gli occhi, terrorizzato di morire.
“Mettez-le vers le bas!”
Mettila giù!
Ordinò Souriel, che voleva sbrigarsela il più in fretta possibile.
“E dove vuole motterlo?”
“Lo
farò sdraiare sui due sedili.” – detto ciò,
alzò il bracciolo e aiutò il malato a stendersi. Poi,
come se fosse un vero dottore, sfidò i criminali a fermarlo,
mentre si dirigeva dal personale di bordo, chiedendo un tranquillante.
Tornò e lo somministrò all’uomo, che cadde in uno stato di semi incoscienza.
Hermione era a
metà del corridoio sotterraneo e stava cercando di gattonare il
più in fretta possibile. Di nuovo, stavolta con la
consapevolezza di un’altra presenza, fece più attenzione,
rabbrividendo ancora per l’imprudenza – seppur involontaria
– commessa. Raggiunse la cabina telefonica, compose lo zero e poi
il 973.
“Rispondi…
rispondi… dai…” – continuando a sbirciare
dalla parte in cui il sequestratore era arrivato.
“Pronto?”
“Dio grazie! Agente Castle?”
Castle non fu mai tanto felice come in quel momento.
“Signorina Granger! Temevamo di non risentirla più!”
“Mi
spiace per l’attesa, signore, ma ci sono stati dei contrattempi.
Prima non ho fatto in tempo a dirle che…”
“So già tutto, signorina Granger e ho in linea il suo comandante, il signor Zabini.”
“Blaise?”
“Sì?” – s’intromise l’interpellato, felice come non mai di risentire la voce della sua collega.
“Blaise, grazie a Dio! Ti hanno già spiegato tutto?” – chiese, mentre dava veloci occhiate verso tutte le direzioni.
“Sì, come stai?” – chiese angosciato.
“Tutto
bene. Signori, volevo dirvi anche un’altra cosa prima… su
questo aereo c’è anche Draco Malfoy. È un pilota di
jet e dice di essere in grado di portare questo aereo a terra!” – Hermione sorrise quando sentì l’ovazione di felicità dall’altra parte del telefono.
“Hermione, senti…” – era Blaise. – “Hai modo di vedere la bomba?”
“No.
A bordo ci sono sette terroristi: due in cabina di pilotaggio, due in
prima, due in seconda e l’ultimo a guardia della bomba.”
“Ecco
perché hanno chiesto settecento milioni! Li avrebbero spartiti
in sette!” – esclamò Castle, intromettendosi.
“Hermione, devi dare un’occhiata alla bomba e dirmi com’è!” – fece Blaise, la cui tentazione era saltare quella dentro allo schermo.
“Blaise, perderei troppo tempo! Dovrei fare continuamente avanti e indietro!”
Blaise imprecò.
“Hermione, senti… cerca di…” – ma fu bloccato da una terza voce.
“Qui êtes-vous? Qu'est-ce que tu fais ici?”
Chi sei? Cosa ci fai qui?
Maledizione, pensarono all’unisono Hermione, Castle e Blaise.
Hermione si
ritrovò con il collo leggermente piegato verso sinistra. Si
diede della stupida un milione di volte per essersi fatta beccare in
quel modo e ora non sapeva se avrebbe mai rivisto Draco.
“Tournez-vous lentement.”
Girati lentamente.
Hermione obbedì e lasciò cadere la cornetta.
Ma senza riagganciare la linea affinché potessero sentire cosa si dicevano.
“Qui êtes-vous? Qu'est-ce que tu fais ici?”
Chi sei? Cosa ci fai qui?
“Mon nom est Hermione Granger et un expert en explosifs.”
Mi chiamo Hermione Granger e sono un artificiere.
Il sequestratore sgranò gli occhi, colto di sorpresa.
“Démissionne. Votre collègues ci-dessus ont été capturés.”
Rassegnati. I tuoi compagni di sopra sono stati catturati.
Di nuovo, il
rapitore spalancò ancor di più gli occhi e la mano gli
tremò impercettibilmente. Fu un attimo e bastò ad
Hermione per sferrargli un calcio alla “Chuck Norris” e
gettare la mitraglietta lontano da loro.
“Che succede? Che si sono detti?” – urlò Castle alla traduttrice.
“La
ragazza si è presentata e gli ha detto che lavoro fa. Poi ha
detto di aver messo fuori uso i suoi compagni su di sopra.”
Nella torre di controllo si levò un grido di giubilo, bloccato subito, però, da Zabini.
“Non è il caso di esultare così in fretta.” – fece il comandante di Hermione.
“Perché?” – chiese Castle, con ancora il sorriso sulle labbra.
“Perché se conosco bene Hermione ha appena bluffato.”
La frustrazione tornò a regnare sovrana.
Intanto
Hermione aveva ingaggiato una battaglia corpo a corpo contro il
rapitore e sembrava quasi avere la meglio, ma a causa di un colpo basso
di lui, Hermione si ritrovò con la schiena contro il suo petto e
il collo in una morsa d’acciaio.
Erano momenti
terribili per la ragazza, che riusciva solo a pensare all’azzurro
chiaro degli occhi di Draco. Fu probabilmente quello a darle
l’input di infilare un dito in un occhio del sequestratore,
accecandolo. Si divincolò dalla sua presa, riprendendo a
respirare e, anche lei, decise di non essere da meno: gli piantò
una poderosa ginocchiata in mezzo alle gambe, obbligandolo a cadere in
ginocchio, mentre le mani finivano dirette sulle sue parti intime. Non
riusciva più a respirare, ma ciò nonostante non si diede
per vinto.
“Sei un
osso duro, eh?” – fece Hermione, avanzando minacciosa verso
di lui. Capì troppo tardi le sue intenzioni, perché si
ritrovò di nuovo con la mitraglietta contro.
Hermione
digrignò i denti per la rabbia, ma siccome il sequestratore era
ancora debole per la ginocchiata, non fu difficile disarmarlo di nuovo.
La ragazza si avventò sulla mitraglietta, ma si ritrovò
addosso il sequestratore.
Era un quadro confuso di braccia e gambe, finché, non partì un colpo.
Hermione sgranò gli occhi, mentre nella sala di controllo scese una cappa di terrore.
Blaise era sconvolto.
Aveva assistito
impotente alla morte della sua migliore collaboratrice senza poter far
nulla. Cadde in ginocchio con gli occhi sbarrati, che si stavano
velando di lacrime.
Hermione era stesa sotto il corpo del sequestratore.
Quando
capì di non essere lei quella ferita, sbatté le palpebre
più volte, come per capacitarsene. Quando riacquistò il
controllo su se stessa, si scrollò il corpo morto di dosso,
impaurita.
Indietreggiò
e guardò ciò che aveva fatto, ma non provò sensi
di colpa, anzi. Guardò di scatto verso la cabina telefonica e si
alzò barcollando e, quasi, inciampando.
“Castle, Blaise! Siete ancora lì?”
Fu come
rinascere a nuova vita. Tutti, da Miami a Londra, nessuno escluso,
esultarono per il fatto che Hermione fosse ancora viva e che, quindi,
potesse disinnescare la bomba.
“Hermione, grazie a Dio! Sei viva!” – esclamò Blaise, asciugandosi velocemente gli occhi.
“Sì,
ma c’è mancato poco! Senti, resta in linea… cerco
di darti informazioni sulla bomba!” – Hermione non perse
tempo. Abbandonò la cornetta che sbatté contro il
supporto che reggeva il telefono e corse a vedere la bomba. Perse
qualche attimo per cercare di imprimere nella memoria quanti più
particolari possibili.
Tornò di corsa e riprese la cornetta in mano.
“Blaise…
sembra il modello tipo che hai disinnescato quando Souriel aveva
sequestrato quel pullman di bambini, te la ricordi?”
Blaise chiuse gli occhi. Come avrebbe potuto dimenticarlo?
“Sì, certo che me la ricordo.”
“Blaise, il timer non è ancora partito. Possiamo disinnescarla adesso!”
“Sì, Hermione!” – esclamò Blaise. – “La
bomba deve essere composta da una scatola di ferro. Dentro ci sono
collegati tre coppie di fili: una deve essere rossa, una verde e
l’altra marrone.”
“Aspetta!” – Hermione si allontanò per verificare se l’ipotesi di Blaise fosse corretta.
Come rito
scaramantico, si alitò sui polpastrelli e poi li sfregò
contro i rispettivi palmi e aprì la scatola. Era una cosa
stupida, ma lei lo vedeva come porta-fortuna, e Dio solo sapeva quanto
ne avesse bisogno in quel momento. Aprì lo sportelletto della
scatola di ferro e appurò che i fili erano esattamente come li
aveva descritti Blaise. Tornò indietro per informarlo,
maledicendo quella perdita di tempo.
“Blaise! I fili sono come hai detto tu! Cosa devo fare?”
“Hermione,
prendi il filo rosso alla tua destra e taglialo. Fa lo stesso con
quello marrone, sfilettali e poi collegali. In questo
modo…”
Ma Hermione non
sentì mai quello che Blaise le disse perché dalla
ricetrasmittente del sequestratore, arrivarono delle interferenze.
“François? François réponse.”
François? François rispondimi.
Quando Blaise si accorse che Hermione non lo stava più a sentire, si bloccò.
“Hermione che sta succedendo? Rispondimi!”
“Blaise ho fatto una cazzata!”
Il comandante sgranò gli occhi.
“Cosa? Cos’hai fatto?”
Anche Castle e tutti gli altri erano diventati di ghiaccio quando Hermione aveva pronunciato quelle parole.
“Signorina Granger, cos’è successo?”
Ma Hermione non rispondeva. Il gracchiare della radio unito alle parole di Souriel l’avevano completamente assorbita.
“François're descendre.”
François stiamo venendo giù.
“NO!” – urlò Hermione, in preda alla frustrazione.
“CHE SUCCEDE? HERMIONE!” – urlò Blaise, terrorizzato.
“Stanno
scendendo, Blaise! Souriel e il suo complice… stanno scendendo!
Il tizio che ho ucciso… non rispondendo alla radio li ha messi
in allarme e stanno per scendere!”
Castle guardò l’orologio. Era ancora presto, ma confidava nella dea bendata.
“Direttore!”
Sia Blaise che Hermione si misero sull’attenti. Shepard arrivò.
“Che c’è?”
“Se stacchiamo il carburante adesso, crede che riusciranno ad arrivare a Nassau sani e salvi?”
Shepard controllò l’ora.
“Il pilota deve essere alquanto abile per riuscirci.”
Castle tornò a parlare alla cornetta con Hermione.
“Signorina
Granger, mi ascolti bene. Dobbiamo portarvi sulla terra ferma, dove una
squadra potrà aiutarla a disinnescare la bomba.”
“Sì, certo!” – esclamò Hermione, con un orecchio sempre puntato sulla radio di quel François.
“E’ necessario che lei interrompa il collegamento del carburante.”
Hermione guardò la cornetta come se le avesse ruttato in faccia.
“Sta scherzando?”
“No, Hermione! BJ ha ragione!” – intervenne Blaise. – “Interrompere
l’afflusso di carburante è l’unica soluzione e se il
detective Castle l’ha proposta significa che è
l’unica alternativa!”
“Ma… precipiteremo!”
“Non si
preoccupi, Hermione!” – fece Castle dalla torre di
controllo. – “Quell’aereo è stato progettato
affinché abbia un’autonomia di un’ora, scaduta la
quale sta nell’abilità del pilota di sfruttare le correnti
ascensionali affinché lo riporti a terra.”
Hermione annuì.
“D’accordo. Ditemi dove trovare la centralina del carburante.”
Intervenne Goyle, il progettista.
“Signorina Granger, sono Tiger Goyle, il progettista.”
“Salve Tyger, mi dica… dove devo andare?”
“Guardi a destra della cabina telefonica dalla quale sta chiamando…”
Hermione fece saettare lo sguardo alla sua destra.
“… riesce a vedere un pannello? È pieno di luci colorate.”
“Sì, sì lo vedo!”
“Perfetto.
Quella per l’erogazione del carburante è gialla ed
è l’unica. Per spegnerla deve inginocchiarsi a terra.
Sotto il pannello troverà una cassetta rettangolare piuttosto
grande. La apra. I fili del carburante sono quelli più in
disparte. Non può sbagliare. Deve solamente tagliarli!”
“Ho capito!”
– Hermione mollò tutto a terra e andò al pannello.
Rivide la luce gialla e poi si inginocchiò. Aprì il
pannello e cercò con lo sguardo i fili che Goyle le aveva detto
essere più in disparte. Li trovò e, senza esitazioni, li
strappò con le mani, visto che non aveva con sé un
taglierino.
Sul computer
che monitorava l’andamento del volo AK598, si accese un allarme
che segnalava l’interruzione di erogazione del carburante.
“Ok, Hermione! È andata!” – fece Castle, che aveva ricevuto l’ok dell’avvenuta operazione.
Hermione tornò alla cornetta, in preda al terrore di venir scoperta, cosa che non poteva assolutamente permettersi.
“Devo andare! Stanno arrivando! Prometto che appena posso mi rimetterò in comunicazione con voi!”
– rimise a posto la cornetta e tornò verso il tunnel dal
quale era arrivata, infilandocisi dentro l’attimo prima che
Souriel aprisse la porta della stiva.
Gattonava alla velocità della luce, con il cuore che le martellava in gola.
“Alla
faccia delle ferie…” – disse la ragazza a se stessa.
Uscì dall’altra parte e percorse le scale a pioli, come se
avesse le ali ai piedi.
Temette di
essere stata scoperta quando la botola si sollevò, ma
sospirò di sollievo quando la faccia che incontrò fu
quella di Danny, lo steward che, una volta appurato che i sequestratori
erano andati via per controllare il loro compagno nella stiva, aveva
aperto la botola qualche volta per controllare se Hermione era arrivata.
“Che succede?” – chiese la ragazza, facendosi aiutare dai due steward.
“Sono scesi nella stiva perché il loro complice non rispondeva.”
“Lo so.
Per poco non mi beccavano. Ascoltatemi tutti!” – fece
Hermione, catturando l’attenzione dei passeggeri. –
“Ho tagliato il rifornimento del carburante dell’aereo
e…”
“Ma lei è pazza!” – esclamò uno.
“Perché ha fatto una cosa del genere!” – esclamò un altro.
“Per
favore! Per favore!” – fece Hermione, cercando di non
perdere troppo tempo. – “Sono un artificiere e a terra ci
sarà una squadra che verrà in nostro soccorso!”
“Sempre se ci arriveremo!” – urlò una donna in preda al panico.
“Ci
arriveremo! L’aereo ha un’autonomia di un’ora e poi
starà al pilota saperlo condurre a terra.”
L’uomo stempiato saltò per aria.
“E di grazia, quale pilota? Li hanno ammazzati tutti e due non ti ricordi?”
Saltò fuori Draco.
“Signori…
io sono un pilota aeronautico. Prenderò io il controllo
dell’aereo, non appena questo sarà fattibile.”
I passeggeri si guardarono in faccia esterrefatti per la fortuna di avere un artificiere e un pilota a bordo.
“Per
favore! Adesso che sapete come stanno le cose cercate di rimanere
tranquilli.” – Hermione, detto ciò, tornò a
sedersi al proprio posto, mandando Annah al suo di origine.
Souriel
lanciò un grido che squarciò l’aria nella stiva.
François era morto e qualcuno aveva tagliato i fili per
l’erogazione del carburante.
Chi poteva essere stato? Chi aveva osato tanto?
Con l’inferno negli occhi per quell’imprevisto, tornò di sopra pronto per compiere una strage.
Quando il
bombarolo entrò nella prima classe come un toro ferito,
caricò il caricatore, e ciò spaventò non poco i
passeggeri. Si guardò intorno, come a cercare quello giusto, che
identificò in una bambina di sette anni.
“NO! LA PREGO! LASCI MIA FIGLIA! LA PREGO!”
Ma Souriel,
sordo alle preghiere della madre, portò la bambina, che urlava e
piangeva anche lei dal terrore, in fondo dove stava il personale di
bordo.
“Conterò
fino a diesci. Se la persona che ha intorrotto l’erogassion del
carburonte non si farà vedere, ussciderò questa bambina e
un altro ostassgio ogni diesci minuti. Uno!”
Hermione fece per alzarsi in piedi, ma Draco la fermò. Non voleva che lei rischiasse ancora la vita.
“Draco lasciami andare!” – fece la ragazza, strattonando il braccio.
“Hermione… sei la nostra unica possibilità!”
“E far ammazzare una bambina? Mai!”
“Quattro…”
“Draco ti prego!”
“Hermione, ragiona. Nemmeno io voglio che quella bambina muoia, ma tu ci puoi salvare tutti!”
“Non puoi chiedermi una cosa simile!” – fece Hermione.
“Sotte…”
“Draco, ti prego…”
“Nove…”
“SONO IO!” – urlò Hermione, scattando in piedi.
Souriel mollò la bambina, che scappò tra le braccia della madre che l’abbracciò stretta stretta.
“Oh…” – fece Souriel. – “E tu chi sarosti?”
“Mi chiamo Hermione Granger, Maurice.”
I presenti si stupirono per la confidenza che Hermione aveva dato al sequestratore.
“Chi ti ha dato il permosso per tutta questa confidonsa?”
“Io. Me lo sono dato io.” – fece lei, sfidandolo.
“Vioni qui.” – fece Maurice, indicando il posto con la canna della mitraglietta.
Hermione avanzò lentamente, con le braccia sollevate. Quando gli arrivò davanti, si sentì studiare.
“E così… sei stata tu a intralsciare i miei pioni.”
“Così sembra…”
“Chi sei tu veramonte?”
Hermione ghignò, lasciandolo decisamente sorpreso.
“Il nome Blaise Zabini ti dice niente?”
Maurice sgranò gli occhi.
Note della scribacchina:
C’è
ben poco da aggiungere, no? Hermione alla fine è stata beccata.
D’altronde, come avrebbe potuto vivere con il rimorso di aver
fatto uccidere una bambina per salvare gli altri passeggeri?
Grifondoro anche senza la magia…
Adesso Maurice ha una vaga idea con chi ha a che fare. Cosa farà?
Mmmm… spoilerino…
00:53:03
00:53:02
00:53:01
00:53:00
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Raccapricciante il conto alla rovescia, vero?
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Capitolo 10 *** Con i piedi per terra ***
10 - Con i piedi per terra
Buona sera e bentornati a questa storiella.
Vi comunico subito che questo è il penultimo capitolo.
Qui accadranno
un po’ di cosucce e Hermione si troverà finalmente davanti
alla bomba per disinnescarla. Ce la farà?
Speriamo,
va… ciò che nel frattempo posso fare è lasciarvi
alla lettura anche se prima mi preme di più ringraziarvi a
dovere per le vostre bellissime recensioni.
_araia:
la mia bedda! Beh, non ti sembra sufficiente come spoiler? I minuti che
passano lenti ma inesorabili, la sensazione di impotenza, il terrore di
non farcela… magari alla fine di questo capitolo troverai
qualcosa di più interessante e stuzzicante.
Ma prima dello spoiler, devi leggerti il capitolo, eh? Mica me lo vorrai saltare!
Comunque hai
ragione. Tutta questa storia è improntata sul culo (alias,
fortuna) di Hermione e forse sì: è magia. ^^
Beh, dopotutto
erano tutti nella stessa condizione e se fosse andata male tutti
sarebbero morti, quindi a cercare di risolvere la situazione recitando
a destra e a manca non ci avrebbero perso niente.
Alla nostra cara Hermione, non ti resta che guardare cosa faranno.
Spero di non accattivarmi il tuo odio, ma era necessario.
Bacio e buona lettura!
Laura Malfoy:
una volta letto il capitolo capirai da sola a cosa si riferisce il
conto alla rovescia. Beh, non sono così stronza da far morire
una bambina innocente! Povera me… considerata alla stregua di
un’insensibile! ç_ç
Comunque adesso vedremo come va a – quasi – finire questa storia.
E spero che lo spoilerino alla fine ti piaccia.
Un bacio e grazie per essere arrivata fin qui!
Dramy96123: grazie mille! Sono contenta che ti sia piaciuto. E ti prego… così mi imbarazzi. Ho le chiappe tutte rosse! ^//^
Oddio… perché ti sta simpatico Souriel? L’ho caratterizzato così male? ç_____ç
Oddio… finale drammatico?
Mamma mia… no, no! Altro che drammatico! Capirai da sola attraverso lo spoiler come sarà il finale.
Ora non dico altro, altrimenti faccio prima a dirti come va a finire. ^^
Ciao cara, un supermegaenorme bacio e buona lettura!
Tinotina:
no dico, con tutte le materie che esistono, vai a recensire
nell’ora di religione? E poi, scusa… come hai fatto? Avete
i computer in classe? O.o!
Sono contenta
che Blaise ti piaccia, io per dirti lo adoro! Non ti sembra molto
Denzel Washington mentre da ordini a destra e a manca?
Comunque per Castle abbi pazienza, ma la pressione a volte fa fare brutti scherzi.
Certo che
stacco il carburante, altrimenti sarebbe stato troppo facile per Draco
guidare l’aereo con tranquillità, ti pareva? Dovevo fargli
fare una parte a effetto anche a lui e lo leggerai tra poco, anzi.
Adesso non ti dico più niente perché mi sono già
bruciata con quello che ti ho appena detto.
Vuoi leggere il seguito, hai detto? Eccoti accontentata.
Buona lettura e alla prossima!
Non avrebbe mai
dimenticato quel nome. Blaise Zabini è stato l’unico e il
solo ad aver disattivato una sua bomba ed essere riuscito a raccontarlo
in giro.
Ricordava
perfettamente il giorno in cui quell’uomo era entrato a far parte
della sua vita come antidoto ai suoi veleni. Quando aveva disinnescato
la bomba su quel pullmino aveva passato mesi e mesi a pensare a come
fargliela pagare, ma ogni volta che pensava a un obiettivo e che il suo
cervello elaborava automaticamente gli esplosivi da usare, continuava a
immaginarselo mentre disinnescava la sua bomba.
Fu come se
avesse perso la fiducia in se stesso. Ogni obiettivo gli sembrava
banale e ogni composizione chimica perfettamente disattivabile.
E ora non
poteva credere di trovarsi davanti ad un membro del suo staff. E se la
ragazza che gli stava di fronte era stata talmente abile da eludere la
sua sorveglianza tanto da arrivare a scollegare il rifornimento del
carburante dell’aereo, doveva essere abbastanza brava nel suo
lavoro e, di conseguenza, molto vicina a Zabini.
“Bloise Zabini, eh?” – fece Maurice con un ghigno.
Il ghigno
però sparì subito e il suo volto si distorse in una
maschera di odio puro. Colpì Hermione con un pugno, facendola
volare a terra.
“HERMIONE!” – urlò Draco, scattando in piedi.
Una scarica di proiettili, molto vicini a lui, lo indusse a sedersi.
“BASTARDO!” – urlò Draco, anche se sapeva che serviva a ben poco.
Hermione si
rialzò con fatica: il pugno era stato molto violento. Si
sentì strattonare da qualcuno, molto probabilmente il complice
di Souriel che la fece sedere sul seggiolino dell’hostess morta,
legata con le mani dietro la schiena e un lembo di corda che andava a
collegarsi con la corda che le legava i piedi, in modo da non potersi
nemmeno muovere senza cadere.
Fu Souriel in
persona a occuparsi della prigioniera e quando finì la
guardò in faccia. La guancia di Hermione si stava gonfiando
molto velocemente, arrivando a uno sgradevole color pomodoro.
Souriel tentò di accarezzargliela, ma Hermione si scansò, schifata dal solo gesto.
“Quanto
sci tiene Zabini a te? Tonto?” – chiese Maurice. –
“Vedromo come reasgirà quondo ti riavrà…
pessetto dopo pessetto.” – si rialzò e
controllò l’ora.
Ancora tre quarti d’ora e avrebbe potuto attivare il timer.
La stessa cosa
la pensò Hermione quando lo vide guardare l’orologio. Non
poteva permettere una cosa simile ma legata in quel modo poteva fare
gran poco.
I minuti passavano lenti e inesorabili e Hermione si sentiva sempre più impotente. Doveva slegarsi in qualche maniera.
Tentò di
divincolarsi, ma era un nodo troppo ben fatto, perché potesse
semplicemente far scivolare le mani via dalla sua morsa. Serviva
qualcosa che tagliasse la corda, ma non aveva niente con sé!
Chinò il capo, sconfitta. Tutto quel lavoro per niente quando, a un tratto, si sentì chiamare.
Rialzò
lentamente il capo, come se lo avesse immaginato, ma no. Un uomo della
prima fila, proprio davanti a lei la stava chiamando. La prima cosa che
fece Hermione fu quella di controllare i due rapitori. Stavano facendo
un giro d’ispezione lungo il corridoio e quindi le stavano dando
le spalle. Tornò a guardare l’uomo che le stava mostrando
lo specchietto di sua moglie. Sgranò gli occhi per la brillante
idea e annuì.
L’uomo lo
buttò a terra e ci pestò sopra. Il crack della rottura
fece girare Souriel e l’altro complice ma Danny fu molto abile
nel fingere un colpo di tosse e mascherare così il rumore.
Souriel e
l’altro tornarono a girarsi e a finire il giro. L’uomo
della prima fila passò il pezzo di vetro allo steward che lo
mise a sua volta in mano a Hermione che si mise a tagliare le corde,
ferendosi a sua volta.
Stava tagliando
da circa una ventina di minuti e purtroppo non riusciva ad andare
più veloce: rischiava di far cadere il pezzo di vetro dalle
mani. Fu quando sentì Souriel dire al complice di andare ad
attivare il timer, che Hermione cercò di imprimere più
forza possibile nella segatura della corda, terrorizzata.
Finalmente, questa si spezzò.
Maledetto
bastardo, pensò Hermione, mentre lo vide chiacchierare con la
bambina che poco prima voleva uccidere. Ne approfittò per segare
le corde dei piedi e delle mani.
E ringraziò Dio perché ci riuscì.
Souriel si
girò per controllare la situazione. Tutto era a posto, ma dopo
ciò che era successo preferì controllare più
accuratamente. Quando si avvicinò a Hermione, la
ispezionò per bene, non capendo come mai la ragazza avesse uno
strano ghigno sulla faccia.
Lo capì
solo più tardi quando cadde all’indietro, facendo volar
via la mitraglietta, colpito da un gancio niente male. Hermione si
avventò su di lui e continuò a prenderlo a pugni,
avvantaggiata dal fattore sorpresa, fino a farlo svenire.
“Legatelo,
presto!” – ordinò Hermione ai due steward. –
“Che due uomini si appostino all’ingresso della prima
classe!”
Draco si fece subito avanti e poi subito raggiunto da Mark.
Quando dalla
seconda classe, gli altri due rapitori, avevano sentito tutto quel
trambusto, si erano precipitati per vedere cosa stesse succedendo. Non
fecero in tempo a entrare che vennero sbattuti l’uno contro
l’altro, perdendo la presa sulle armi e cadendo a terra. Anche
Draco e Mark li rintronarono di botte e iniziarono a legare pure loro.
Hermione prese la mitraglietta di Souriel e del complice andò in cabina di pilotaggio per mettere ko gli altri due.
“Vado in
cabina di pilotaggio. Stendete anche l’ultimo!” –
ordinò Hermione, sparendo dietro la tenda.
“Hermione, aspetta!” – urlò Draco, ma fu troppo tardi.
Hermione avanzò lentamente, pronta a qualsiasi evenienza.
Aprì
lentamente la tenda e vide i due uomini seduti al comando
dell’aereo. Entrò di soppiatto e puntò le canne
delle armi contro le nuche degli altri due sequestratori.
Che sgranarono gli occhi.
“Ciao ragazzi. Scusate, ma credo che questo non sia il vostro posto. Coraggio… alzatevi e uscite da qua.”
I due si
guardarono negli occhi e capirono di aver fallito la missione. Uscirono
senza opporre tanta resistenza e furono presi e legati, pure loro, e
ammucchiati accanto ai loro compari.
L’aereo
esplose in grida di giubilo ma Hermione non perse comunque la sua
lucidità. Afferrò la cornetta del telefono in cucina e
chiamò Miami, dando loro la bella notizia.
Castle, Don, Blaise e tutti gli altri esultarono, mandando all’aria le carte e abbracciandosi tra loro.
“Hermione,
ascolti!” – fece Castle, riportando tutti al silenzio.
– “Chiami questo Draco Malfoy e gli dica di mettersi subito
all’opera. L’ora di autonomia sta per scadere,
presto!”
Hermione corse
da Draco e lo chiamò affinché guidasse l’aereo a
terra. Draco accorse e si mise subito alla guida.
Purtroppo,
l’uomo sceso nella stiva era riuscito ad attivare la bomba e
avevano solo tre ore per far atterrare il velivolo e disinnescare la
bomba.
“Allora, credi di farcela?” – chiese Hermione alle spalle di Draco.
Il biondo si
era seduto al posto del pilota e con erotica sicurezza prese possesso
della cloche. Disattivò il pilota automatico e si mise la cuffia
per comunicare con la torre di controllo.
“Torre di controllo. Torre di controllo, qui AK598, mi ricevete? Passo.”
Ci furono un paio di interferenze, ma poi la voce di Castle suonò decisa nell’abitacolo.
“Forte e chiaro AK598. Lei è Draco Malfoy, giusto?”
“Sì,
signore. Con un po’ di fortuna farò atterrare questo
aereo. Qual è lo scalo più vicino?”
“Nassau. Crede di farcela?”
“Un
momento: imposto le coordinate.” – Draco fece ruotare una
manopola, delimitando la latitudine e poi ne girò un’altra
per la longitudine. – “Signore… qui dice che ci
vorranno due ore e venti per l’atterraggio. Siamo fuori di venti
minuti.”
“Confido nella sua abilità, pilota. Cerchi di sfruttare al meglio le correnti ascensionali.”
“Farò del mio meglio, signore. Passo e chiudo.”
“Roger.”
E la
comunicazione venne interrotta. Hermione, provata da tutta quella
situazione, si sedette sulla poltrona del co-pilota, sospirando.
“Cazzo che roba…” – fece lei, con gli occhi chiusi.
“Ti
spiace metterla giù? Mi metti agitazione.” – fece
Draco, rivolto alla troppa sicurezza ostentata da Hermione nel
maneggiare un’arma simile.
Hermione guardò l’arma e sorrise.
“Sì, scusa…” – la appoggiò a terra.
Cadde il silenzio nell’abitacolo. Nessuno dei due sapeva cosa dire.
“Sei stata coraggiosa, prima… e in generale, anche… hai salvato quella bambina.”
“Se non l’avessi fatto, sarei vissuta con un peso troppo grande. Non potevo lasciarla morire.”
“Sì,
per prima…” – fece lui, imbarazzato per come si era
comportato. – “… mi dispiace… non ti devo
aver dato una buona impressione. Di solito reggo molto di più la
tensione.”
“Ah!, non ti preoccupare.” – fece Hermione. – “Ne ho visti di peggio.”
“Oh, non
ne dubito.” – fece Draco. – “Finalmente
atterreremo.” – disse, che aveva già in mente a che
piano portare la conversazione.
“Non vedo
l’ora. Mi butterò su uno sdraio e pianterò le
radici, guarda!” – esclamò lei.
“Credo
che ti farò compagnia… questa vacanza non è ancora
iniziata e già non vedo l’ora che sia finita.”
“A chi lo dici! Voglio ridurmi a un vegetale! Spiaggia, sole, ristorante, sesso…”
Draco girò la testa di scatto.
“Sesso?”
“Eh?” – fece lei, che non si era resa conto di ciò che aveva detto.
“Hai detto… sesso…”
Hermione
sgranò gli occhi, perché quando lo aveva detto
così, sovrappensiero, l’immagine di lei e Draco rotolanti
su un letto si era insinuata nella sua mente.
“Ho detto sesso?” – chiese lei, tergiversando.
“Hai detto sesso.”
“O-oh…
io… io volevo dire… volevo dire… sasso!”
– fece lei, dandosi dell’idiota demente.
“Sasso.” – fece lui con un sopracciglio alzato.
“Sì,
sasso.” – ripeté Hermione convinta. –
“Scogli… quella roba lì…”
“Ma non
ci sono scogli alle Bahamas!” – osservò lui, che
aveva capito che quello di lei era solo un modo per salvarsi in corner.
Infatti, Hermione divenne ancora più rossa.
Magari Draco non era il tipo da una botta e via!
“Beh…” – fece infine il biondo, con aria decisamente compiaciuta.
Hermione lo guardò, chiedendosi quale battutina sarebbe saltata fuori.
“… spero di trovarne tanti di questi… sassi…” – e la guardò come si può solamente guardare una torta alla panna montata: da leccare.
Hermione si sentì sollevata e guardò avanti.
“Io vado
a vedere com’è la situazione di là.” –
a Hermione non sfuggì quel lampo di delusione negli occhi di
Draco: sicuramente si aspettava qualcosa di concreto, che però
la ragazza non voleva dargli.
Tornò a
concentrarsi sulla “strada”, ma l’attimo successivo
si sentì girare di scatto e una bocca calda precipitarsi sulla
sua. Il bacio che Hermione gli stava dando aveva di casto tanto quanto
una pornostar all’azione e si diede dell’idiota quando una
volta staccatasi, si era reso conto di non aver risposto tanta fu la
sorpresa.
Hermione ghignò di fronte alla sua espressione beota.
“In tal caso… cercheremo quei sassi insieme, ok?” – e lo lasciò definitivamente con un impellente bisogno di acqua fredda.
Hermione chiuse
la tendina dietro di sé e gonfiò le guance fino a esalare
tutto il fiato che aveva in corpo. Sapeva di essere rossa come un
pomodoro e si prese qualche minuto per calmarsi: di certo non poteva
presentarsi agli altri tutta rossa. Chissà che avrebbero pensato.
Quando
entrò in prima classe, trovò Mark e altri due uomini che
reggevano in mano le mitragliette dei sequestratori puntate
direttamente su di loro.
“Tutto
bene?” – chiese la ragazza. – “Maurice…
sei comodo?” – ironizzò la ragazza.
“Vas te faire encule, putain, salope!”
Fottiti, maledetta puttana!
“Après vous, Maurice.”
Dopo di te, Maurice.
Gli rispose Hermione, diventando seria l’attimo successivo.
“Come disinnesco la bomba?”
“Sei passa se ponsi che te lo dica!” – le rispose il criminale, sputando a terra.
Hermione scosse la testa e gli sganciò un bel pugno.
“Te lo chiederò un’altra volta, bastardo: come disinnesco la bomba?”
Ma tutto ciò che Hermione ottenne fu un macabro silenzio.
Le due ore che
trascorsero furono relativamente calme. Draco fu molto abile nello
sfruttare le correnti naturali per volare fino a che, dall’alto,
si riuscì a vedere la terra ferma.
“Signori,
sedetevi e allacciate le cinture di sicurezza. Si ballerà un
pochino.” – fece Draco, usando l’autoparlante.
Nessuno
osò controbattere. Le cinture vennero strette fino a mozzare i
respiri e l’attimo successivo l’aereo iniziò a
traballare pericolosamente.
In cabina di
pilotaggio Draco era concentratissimo: doveva stare molto attento,
perché se alzava di troppo il muso rischiava di finire fuori
dalla pista di atterraggio, e quindi in mare, se lo abbassava troppo
presto rischiava di far impiantare l’aereo di punta. Non aveva
mai sostenuto una situazione simile e, purtroppo, gli serviva aiuto.
“HERMIONE! HERMIONE VIENI QUI, PRESTO!”
La ragazza, sentite le sue urla, accorse immediatamente, sbattendo di qua e di là. Tirò la tenda ed entrò.
“Cosa succede?”
“Devi aiutarmi!”
La ragazza sgranò gli occhi.
“Draco non so cosa…”
“Siediti! Te lo dirò io!”
Hermione obbedì e l’attimo successivo strinse tra le mani la cloche del co-pilota.
“Con me!” – disse Draco. – “Tirala su di quaranta gradi con me!”
Hermione lo
guardò e imitò i suoi gesti. Doveva fare molta
attenzione, perché vista la concentrazione di Draco quella
doveva essere un’operazione alquanto delicata.
“Bene
così…” – fece il biondo, lanciandole qualche
occhiata fugace. – “Ora spingi la cloche in giù,
molto delicatamente, brava…”
Furono i minuti
più lunghi di tutta la vita dei passeggeri dell’AK598.
Oltre ad essere seduti, non sapevano come le cose stessero andando in
cabina di pilotaggio e quando sentirono le rotelle dell’aereo
toccare terra, un sospiro di sollievo si levò all’unisono.
Draco fece rallentare l’aereo fino a che non si fermò definitivamente.
Crollò esausto contro il sedile e Hermione con lui. Poi si girarono e si sorrisero.
Ma, per Hermione, la storia non era ancora chiusa.
Dalla torre di
controllo di Miami una squadra di artificieri partì alla volta
dell’aeroporto di Nassau, armati fino ai denti.
Nel frattempo,
Hermione e Draco aiutarono il personale di bordo a far scendere
ordinatamente tutti i passeggeri, facendo passare anche quelli della
seconda classe dalla prima. Man mano che passavano, Hermione teneva il
conto e quando arrivò a centocinquanta urlò.
“Ci sono tutti! Andate!”
Draco si girò di scatto.
“Dove vai?”
Hermione, già diretta verso la stiva, si fermò e si girò.
“Ho ancora una cosa da fare, Draco. Tu va! Mettiti al sicuro!”
Ma il ragazzo non ci pensava minimamente. Seguì Hermione, ma lei non era dello stesso parere.
“Non ci pensare! Io devo disinnescare la bomba!”
“Se tu rimani, rimango anch’io!”
“Draco
no! Non so se ce la farò!” – era disperata e aveva
cercato con tutte le sue forze di nasconderlo, anche per non allarmare
gli altri passeggeri che contavano su di lei. – “Almeno tu,
salvati!”
“Scordatelo! E poi non puoi badare alla bomba e sorvegliare Souriel!”
Purtroppo anche
quello era vero. Quando Hermione aveva preso la decisione di
disinnescare la bomba – di provarci – voleva con sé
Souriel: forse il bombarolo a forza di pugni le avrebbe finalmente
confessato come fare per disinnescarla, ma Draco aveva ragione. Le
serviva qualcuno che l’aiutasse.
“Quando arriveranno gli artificieri tu te ne andrai! E non contraddirmi!”
“Agli ordini…” – sussurrò Draco, lontano dalla sua portata uditiva.
La seguì, dirottando Souriel verso la stiva.
La squadra,
artificieri, ebbe un contrattempo. L’aereo che avrebbe dovuto
portarli a Nassau ebbe un imprevisto che in meno di due ore non si
sarebbe potuto risolvere.
Imprecando
più e più volte per quell’inconveniente, Castle
ordinò che la guardia costiera mettesse loro a disposizione
delle imbarcazioni veloci, ma anche lì furono messi molto male
perché il mare era molto mosso e con quella velocità le
imbarcazioni avrebbero potuto rovesciarsi.
BJ non sapeva
più cosa fare: erano riusciti a portare l’aereo in salvo,
e ora tutto il peso gravava sulle spalle di Hermione.
“Hermione ti prego… siamo nelle tue mani…” – sussurrò BJ al nulla.
Blaise si sentiva esattamente come BJ: impotente. Tutto era nelle mani di Hermione.
“BJ, mettimi in collegamento con Hermione. Voglio essere io a dirglielo.”
Castle, dall’altra parte del mondo, annuì.
“Hermione?”
Shepard era
riuscito a collegarsi con l’interfono generale dell’aereo,
che aveva un auto parlante anche nella stiva, e lasciò che la
voce del comandante Zabini riempisse l’aria.
“Blaise?” – chiese Hermione.
“Hermione senti… c’è un problema…”
La ragazza ghignò amaramente.
“E te pareva? Che succede?”
“La squadra artificieri che
doveva venire a darti una mano è rimasta bloccata
all’aeroporto. Dovrai vedertela da sola.”
Fu come
ricevere uno schiaffo in pieno viso. E mentre Hermione e Draco vennero
presi dal panico più assoluto, Souriel se la rideva della grossa.
“Qualche
probloma?” – chiese Souriel. Anche se sarebbe morto
nell’esplosione non gli sarebbe importato, perché avrebbe
avuto la meglio su Zabini.
“Sta zitto!” – urlò Hermione, in preda a una crisi di nervi.
00:53:03
00:53:02
00:53:01
00:53:00
00:52:59
Il tempo correva inesorabile e Hermione non faceva altro che guardare i secondi scorrere e scendere sempre verso il basso.
Draco si
ritrovò ad assistere impotente a quella scena: voleva aiutare
Hermione, ma non sapeva come fare. Lui la sua parte l’aveva fatta
e purtroppo ora toccava a lei.
La vide fare
avanti e indietro con le mani appoggiate al collo e gli occhi chiusi,
intenta a meditare su qualcosa che la potesse aiutare a disinnescare la
bomba.
Si ritrovò a rivivere un’altra lezione di Blaise su Souriel.
Ci
avevano perso dietro sei mesi, perché la tecnica di
quell’uomo sembrava migliorarsi sempre di giorno in giorno.
Paradossalmente, Hermione lo aveva preso come esempio perché
Souriel, pur di raggiungere i suoi obiettivi, continuava a cercare
sempre altre soluzioni e così aveva deciso di fare lei: per
raggiungere il suo obiettivo, e cioè quello di affiancare
Blaise, un giorno, si era impegnata e aveva affrontato tutte le
avversità a testa alta.
Si era trovata con il suo istruttore in un bar, a bere qualcosa dopo le lezioni.
“Allora Hermione… come proseguono gli studi su Souriel? Hai trovato quello che stavi cercando?”
La ragazza aveva scolato la sua birra tutta in un soffio.
“Ehi, ehi, ehi… vacci piano con quella roba, altrimenti mi toccherà portarti via in barella.”
La ragazza aveva riso.
“Tranquillo…
reggo bene l’alcol. Comunque no, non l’ho trovato. So che
c’è qualcosa che mi sfugge nel metodo lavorativo di
Souriel, ma non capisco cosa!”
“Hai troppa fretta, Hermione… procedi per gradi. Sei intelligente e un ottimo artificiere.”
“Per me è stata solo fortuna, quella che ho avuto fino ad ora…” – fece la ragazza.
“Hermione…
in questo lavoro la fortuna non c’entra. C’entrano invece
la capacità dell’artificiere e la sicurezza in se stessi e
in quello che si sta facendo.”
“Ma Sinclair dice che…”
Blaise fece una faccia schifata.
“Oooohh!, lascia perdere quello che dice quel becchino da strapazzo!”
Quella cosa fece sorridere Hermione.
“Anch’io
sono capace come lui a parlare, ma quando si tratta di scendere in
campo non mi pare di averlo mai visto arrivare e mettere a repentaglio
le sue Prada.”
Hermione rise più forte.
“L’unica
voce che devi sentire è la tua. E la mia, all’occorrenza.
Tutto il resto è superfluo.”
“Me ne ricorderò. Grazie Blaise.”
“Ti pare?”
Hermione
tornò con tutti i sensi alla realtà, ritrovandosi in
quella buia stiva in compagnia di un bellissimo ragazzo e del bombarolo
più pericoloso che il mondo avesse mai visto.
Diede un’occhiata al timer e decise che non poteva più aspettare.
00:41:27
Si diresse
verso la bomba, mentre Draco la guardò ostentare una sicurezza
che, sapeva, non le apparteneva. Non in quel momento, per lo meno.
“Hai desciso di provarsci?” – chiese Souriel, legato come un salame.
“Sta zitto.” – ordinò Hermione.
Il portelletto
era già aperto e si mise a studiare l’intreccio di fili.
Ogni volta che provava a toccarne uno ritirava la mano, terrorizzata di
poter sbagliare.
Draco le si avvicinò.
“Ce la puoi fare, tranquilla.”
Hermione non gli rispose tanto era concentrata.
“Vuoi una mano?” – chiese Souriel, beffardo.
“Parli della mano che ti ritroverai su per il culo se non la pianti di parlare?” – chiese lei.
Da Miami e da Londra avevano sentito tutto: la ragazza ci sapeva fare, eccome!
“Che volgore… io volevo solo aiutorti.”
“Tranquillo, se avrò bisogno del tuo aiuto te lo chiederò.” – frecciò Hermione.
Che tornò a concentrarsi sulla bomba.
“Dunque…”
“Oh madamoiselle, perdonami… mi sono dimonticato di dirti una cosa…”
Hermione alzò gli occhi al cielo e si girò, stizzita.
“Cosa c’è adesso?”
“Se togli il filo sbogliato, provocheroi un disastro ambientale.”
Hermione
sgranò gli occhi, mentre Castle chiuse i suoi. Aveva volutamente
omesso quel particolare per non agitare di più la ragazza, ma
Souriel aveva mandato tutto a puttane.
“Cos-cosa?” – sussurrò lei, flebilmente.
“Oh,
monsieur Castèl non te l’ha detto? Questa bomba è
stata prosgettata affinché provochi un disostro
ambientale.”
Hermione
sentì la gola e lo stomaco serrarsi in una morsa letale.
Avvertì un forte capogiro coglierla per l’assenza di aria
che sembrava mancare da ore, anziché da pochi istanti.
Souriel non si
perse nemmeno un’espressione del volto di Hermione. La sua
vendetta contro Zabini, anche se mai veramente progettata nei dettagli,
si stava realizzando per un colpo di fortuna.
“Castle! Che storia è questa?” – urlò Hermione, all’aria.
Castle si grattò la nuca, sapendo che avrebbe dovuto dare maggiori spiegazioni.
“Souriel ha ragione, Hermione.” – disse l’agente, mandando in frantumi le ultime speranze – deboli – della ragazza.
“Ma… ci sono componenti radioattivi?” – chiese lei.
“Tutto l’aereo è radioattivo, Hermione…” – fece Castle.
La ragazza interpretò male quel messaggio. Infatti, credette di aver viaggiato fino a quel momento su una bomba nucleare.
“L’agente ha ragione, Hermione…” – fece Draco, che rivangò qualche ricordo di meccanica.
“Ma…”
“Non nel
senso che intendi tu.” – si affrettò a spiegare il
biondo. – “Il livello di radioattività, in generale,
è molto basso, se non inesistente.”
Castle, seppur non visto, annuì.
“Ma
collegare una bomba in questa parte dell’aereo, vicino al
carburante e soprattutto alla moltitudine di fili che compongono il
velivolo, si rischia di creare una detonazione che recherebbe in
sé conseguenze catastrofiche.”
“Oddio…”
– sibilò la ragazza, bianca come un cencio. –
“Blaise!” – urlò la ragazza.
“Sono qui.” – fece il ragazzo, con voce metallica. – “Hermione… siamo nelle tue mani.”
“NO!” – urlò lei. – “Non ce la posso fare! Non da sola! Blaise devi aiutarmi!”
E, in
sottofondo, le risate di Souriel. Hermione era così furente e
frustrata per essere arrivata a quel punto e saper di dover morire, che
iniziò a massacrare di botte il prigioniero.
“VEDIAMO SE DOPO AVRAI ANCORA VOGLIA DI RIDIERE, BASTARDO! COME LA DISINNESCO?” – urlò Hermione.
“Hermione! Hermione fermati!” – urlò Draco, tirandola via a forza.
Hermione si dimenava tra le braccia del ragazzo, furente anche con lui perché l’aveva fermata.
“Lasciami! Lasciami! Se dobbiamo morire che almeno lui muoia come voglio io! Lasciami, Draco!”
Ma il ragazzo non fece altro che rinsaldare la presa, fino a che non cadde in ginocchio, portando con sé la ragazza.
“Lasciami, lasciami…” – lo pregò tra le lacrime.
Souriel, nonostante le botte, trovò la forza di ridere, mentre Hermione sentiva la sua venir meno.
00:35:35
Note della scribacchina:
Allora, contente? Sono atterrati sani e salvi, ma si presenta un altro problema: la bomba.
Ohi… occhi e orecchie a me!
Non so se sia
vero che collegare una bomba al carburante e ai fili che sono presenti
nella stiva possa creare un disastro ambientale, ma dovevo dare un
po’ di pepe alla storia. Hermione mi serviva un po’
insicura e mi sembrava l’unica soluzione.
Mi raccomando! Se volete collegare una bomba al carburante non fatelo perché avete letto la mia storia, ok?
HAHAHAHAHAHA!
Adesso vi lascio allo spoilerino che…
Joachin stava per controbattere, ma alla fine rinunciò e se ne tornò al ristorante.
Solo qualche minuto più tardi capì che pesce intendeva la cliente…
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Capitolo 11 *** Nulla è quello che sembra ***
11 - Nulla è come sembra
Ebbene, eccoci alla fine.
Sono contenta che benché non vi sia traccia di magia, la storia sia piaciuta lo stesso.
A voi, quindi, a chi recensisce e a chi preferisce rimanere nell’ombra, un sincero grazie.
Metto la parola
fine a questa storia, per dare l’inizio a una nuova, sempre
incentrata sulla coppia più scoppiata che la saga di Harry
Potter poteva mettere in piedi: la Dramione.
Mi scuso fin da
ora se mi si ritiene monotona con questo pairing, ma finché non
arriverò a livello di saturazione, temo dovrete sorbirvi questa
coppia.
Prima di
lasciarvi con il capitolo, vorrei prima ringraziare “I fantastici
4” che hanno recensito lo scorso capitolo, ovvero:
_araia: ebbene sì. Ultimo capitolo arrivato.
Ma non
disperare, mia cara. Ho in serbo un’altra storia bella pronta da
sottoporre al tuo giudizio. È sempre una Dramione, come
accennato all’inizio e spero possa incontrare la tua approvazione.
Ma non perdiamoci. Parliamo di questa storia.
Sono contenta che il bacio ti sia piaciuto. ^^
Io non mi
starei a preoccupare più di tanto. Hermione è un
artificiere con i contro coglioni e ad aiutarla sarà ancora una
volta Blaise, ma non nel senso che puoi intendere tu. Ovviamente non ti
sto a dire di più altrimenti mi brucio il finale.
Per i pesci,
tranquilla che arriverà la spiegazione anche per quello che
sarà alquanto interessante, ma anche qui, non ti dico più
niente.
Sono contenta
che non ti sia fiondata subito sullo spoiler, anche se mi piace
immaginarti mentre scorri la pagina fino alla fine con gli occhi
spiritati per capire cosa accadrà nel prossimo capitolo. HAHAHA!
Adesso ti lascio al capitolo.
Tranquilla, non ci saranno più spoiler… hihihi!
Un bacio e grazie per essere stata con me sempre!
Laura Malfoy:
beh, fa piacere sapere che preferisci leggere il mio aggiornamento
piuttosto che seguire la lezione… spero che il professore non ti
abbia beccata. ^_^
Oh, hai fatto
leggere il capitolo anche alla tua amica? Mi lusinghi! Spero le sia
piaciuto tutto, non solo quella battuta che, modestamente, non so come
mi sia venuta… u.u
Ti ringrazio,
anche la tua amica, per avermi seguita, ma non ti preoccupare. Questa
volgerà al termine, ma ne sto per iniziare un’altra, che
spero tu voglia seguire.
Ti ringrazio per i tuoi bei commenti e spero di poterci fare conto anche la prossima volta.
Un superbacio e un mega ringraziamento!
Tinotina: beh, ringrazia che ti ho lasciato trentacinque minuti! La prossima volta te ne lascio uno, occhei? ^^
Ciao cara,
spero che tu sia riuscita a dormire dopo la fine del capitolo, sono
arcicontenta che ti sia piaciuto e ti prego… continua pure con i
complimenti. Hihihi…
Adesso che
Souriel è stato sistemato, Hermione avrà un’altra
questione da mettere a posto: la bomba. Ma secondo te riuscirà a
disinnescarla e trovare i sassi con Draco?
Mah, non so, eh…
Beh, fa piacere
sapere che nelle scuole non ci sono bagni, ma CESSI! Pure nella mia ce
n’erano di quelli che se non volevi prenderti il tetano dovevi
evitarli…
Comunque un
bacio grande per i tuoi bellissimi commenti. Spero di rivederti alla
prossima Dramione che pubblicherò a breve.
Ciao!
Dramy96123:
sai, forse hai ragione tu. Anche io adoro i cattivi proprio per lo
stesso motivo. È facile fare le cose sempre belle, sempre a
posto, ma è quando ci si vuole mettere sotto il pepe che si vede
l’abilità di un autore. Non che io mi reputi tale, eh?
Sono solo una scribacchina che ama rompere l’anima ai lettori. ^^
Sono contenta
che Draco ti sia piaciuto. Ok che l’ho scritto io, ma quando ho
scritto la scena in cui “con erotica sicurezza” faceva
quello che doveva fare, mi è salito un groppone in gola. Secondo
me un’espressione più azzeccata non la potevo trovare.
Cioè… tu non trovi affascinanti certe tipologie di lavoro
come, per esempio, il pilota d’aereo? Che maneggia tutti quei
bottoni? Io mi sciolgo ogni volta che vedo Top Gun!
Beh, non potevi
pretendere che Draco andasse nella stiva a vedere com’era la
bomba, no? Lui ha il compito di favorire Hermione come può, ma
il grosso lo doveva fare lei. Della serie: “W il girl
power!”
Adesso ti lascio al capitolo, sperando che lo spoiler trovi il giusto contesto e che quel contesto sia di tuo gradimento.
Un bacio e grazie per le belle parole che mi hai lasciato fino a questo capitolo. Le ho apprezzate tantissimo!
Buona lettura, e alla prossima!
Hermione
sembrava essersi calmata tra le braccia di Draco, ma non aveva mai
smesso di piangere. Il biondo, ormai rassegnatosi all’idea di
dover morire, lo avrebbe fatto con Hermione tra le braccia.
Perché di una cosa era certo: la ragazza non gli era per niente indifferente.
Sembrava una
bambola rotta nelle sue braccia. Si lasciava cullare dalle sue forti
braccia, dal suo profumo e dai ricordi delle lezioni con Blaise su
Souriel.
Mentre il suo sguardo era fisso nel vuoto.
“Andate a riposare ragazzi, che domani ci sarà il test finale.”
Erano
passati sei mesi da quando Blaise aveva iniziato quel corso sulle bombe
in generale, mettendo particolare attenzione su quelle di Souriel.
L’istruttore riteneva che se un artificiere sapesse disinnescare
una sua bomba, allora tutte le altre sarebbero state considerate alla
stregua di innocui petardi.
“Avrete tre ore di tempo per capire il meccanismo e disinnescarla. Fate molta attenzione.”
Fu quello l’ultimo consiglio che Blaise diede agli studenti.
Il
giorno successivo ogni studente venne portato in un’area diversa,
affinché svolgesse da solo il compito, affiancato da un
istruttore qualificato.
Quello di Hermione fu Blaise.
“Allora, Hermione… ti ricordi tutto, vero?”
Ma
la ragazza sembrava su un altro pianeta. Continuava a fissare la
scatola bianca che distava qualche centinaio di metri, conscia che da
essa sarebbe dipeso il suo futuro.
Si sentì prendere il volto tra le mani e fu accolta da un sorriso divertito.
“Non è che me la fai esplodere con il pensiero, vero?” – ironizzò lui.
Hermione sbuffò.
“Le
tue battute sono sempre fuori luogo, Blaise.” – fece la
ragazza, che si sentì però subito più rilassata.
“Coraggio…
sai tutto. Sei la mia studente più preparata. Coraggio,
vai…” – la incitò ad andare verso la bomba.
Ovviamente non sarebbe esplosa, ma avrebbe fornito un segnale luminoso agli addestratori in caso di riuscita o fallimento.
Hermione stava per andare, ma Blaise le diede un ultimo avvertimento.
“Hermione, fa attenzione.”
La ragazza non aveva capito ed era andata verso la bomba.
00:28:16
Percorse quei
metri che la separavano dal suo futuro come se stesse seguendo un
corteo funebre. Pregò di non arrivare mai, che la terra si
allungasse sotto i suoi piedi, ma alla fine dovette fare i conti con la
dura realtà: stava di fronte alla bomba.
S’inginocchiò, quasi con rispetto.
Blaise, in una sua lezione era stato molto chiaro.
“Portate
rispetto a ciò che state facendo, ragazzi. Mancare di rispetto a
quei congegni vi si ritorcerà contro. Non andate lì con
la presunzione di saper già tutto. Studiate l’ordigno e
solo dopo procedete.”
E
lo aveva fatto. Lo aveva trattato come se fosse il suo gatto, quando si
era rotto la zampetta perché una macchina lo aveva investito. Lo
aveva curato e così aveva fatto con il suo ordigno.
Sembrava essere una normale bomba, ma conoscendo Blaise, di sicuro ci aveva messo lo zampino.
“Hermione, taglia il filo.” – le aveva detto Blaise.
Ma Hermione non lo ascoltò.
“Blaise…”
“Cosa?”
“Qualcosa non va…”
“In che senso?”
“Nel senso che qualcosa non torna.”
I
minuti passavano e Hermione era arrivata allo scadere delle tre ore.
Mancava un minuto come nei migliori cliché cinematografici e
ancora era ferma imbambolata davanti alla bomba.
“Hermione, il tempo sta per scadere. Taglia quel filo!” – aveva ordinato Blaise.
I secondi passarono da cinquanta a trenta nel giro di un battito di ciglia ma Hermione aveva ancora il taglierino in mano.
E capì.
Quando
arrivò alla soluzione, si mise a ridere da sola e cosa fece? Si
girò e si sedette a terra, in attesa che il tempo scadesse.
“Hermione, taglia il filo!” – urlò Blaise, terrorizzato.
3
2
1
Il tempo scadde.
E Hermione superò la prova.
Tutti
rimasero ammutoliti per quell’azzardo e Blaise, visto che la sua
migliore allieva ce l’aveva fatta anche in quel caso, si
lasciò andare a una grassa risata.
Hermione, che lo sentì ridere, tornò indietro.
“Vorrei vedere se Daphne ti mettesse a dormire sul divano se rideresti così.”
Blaise ignorò il suo commento e andò ad abbracciarla.
“Promossa, Hermione. Promossa a pieni voti.”
Non
aveva tagliato quel filo perché non c’era nessun esplosivo
a cui era collegato. Se tagliava il filo rosso avrebbe mandato un
segnale luminoso che le avrebbe fatto perdere la prova, se tagliava
quello verde idem.
L’unica era non tagliarlo.
Così aveva fatto e così aveva superato l’esame.
Perché nulla è quello che sembra.
00:14:09
Guardò il timer di quella bomba per un tempo indefinito, mentre i secondi si davano ininterrottamente il cambio.
Castle, seduto
alla sua scrivania, lanciò una penna con noia. A breve ci
sarebbe stato un’esplosione che avrebbe creato un impatto
ambientale non da poco e lui non poteva fare nulla.
E Blaise non era messo tanto meglio.
Nulla è quello che sembra.
Si
divincolò delicatamente dalla presa di Draco, che la
guardò non capendo le sue intenzioni. La vide gattonare verso
Souriel e sedersi di fronte a lui.
“Nulla è quello che sembra.” – fece la ragazza, catturando l’attenzione di tutti i presenti.
Nel frattempo,
Harry J. Potter si era messo in contatto, chiedendo di assistere,
seppur da lontano, alle ultime battute di quella ragazza che era
riuscita a mettere ko uno dei più pericolosi bombaroli al mondo.
“Cosa intondi?” – chiese Souriel, con il volto gonfio dalle botte.
“Quello che ho detto. Perché questo aereo?”
La domanda ebbe il potere di calamitare l’attenzione di tutti, del presidente incluso.
“Pourquoi,
pourquoi…” – fece Souriel, con palese indifferenza.
– “Sompre a chiodere pourquoi, voi inglosi.”
“Il
perché è alla base delle nostre scelte, Souriel. Tu non
hai mai fatto nulla a caso e neanche in questo caso hai lasciato
qualcosa al destino. Ricordi? Creiamo noi il nostro destino.”
– fece Hermione, citando le sue stesse parole prima che Souriel
gli sfuggisse da sotto il naso.
“Un’ottima
memoria…” – fece lui. –
“Corassgio… provi… con un po’ di fortuna,
potrebbe farscela.”
“Nel mio
lavoro la fortuna non c’entra. C’entrano invece la
capacità dell’artificiere e la sicurezza in se stessi e in
quello che si sta facendo.”
Blaise non provò mai tanto orgoglio per una persona come per Hermione in quel momento. Finalmente aveva capito.
“E quindi?” – chiese lui.
Hermione ghignò.
“Se ti chiedessi di dirmi qual è il filo da tagliare, cosa mi risponderesti?”
Souriel scrollò le spalle, mentre Draco e tutti gli ascoltatori non seppero cosa aspettarsi.
“Non ti diroi nionte.”
“Esatto. Non mi diresti niente.”
Souriel iniziò a provare dell’irrequietudine.
“E sai perché non mi diresti niente? Perché la bomba non l’hai costruita tu.”
Nella sala di controllo cadde un silenzio surreale, così come a Londra.
Ma che stava dicendo?
“Ma oui che l’ho costruita io! Cosa stai disciondo?”
“No. La
progettazione è la tua, ma è stata costruita dai tuoi
complici. Cosa c’è? Ti sei ricordato di qualcosa?”
Souriel perse tutta la sicurezza di cui era in possesso. L’aveva scoperto.
“Ma certo
che te ne sei ricordato. Sai… te ne do atto. Mi hai mandata nel
pallone. Tu eri a bordo e a bordo c’era pure una
bomba…” – Hermione guardò il timer.
00:09:16
“…
era ovvio pensare che tu fossi l’artefice, ma tu non ti sei mai
mosso dalla prima classe. Solo quando ti è stata data conferma
dell’ultimazione della bomba, hai iniziato ad allontanarti,
scendendo nella stiva per vedere come mai nessuno ti rispondeva. E ora
riesco a capire una cosa.”
“Cosa?” – chiese lui.
“C’è
stato un momento in cui ti sei appartato con il tuo complice ed io non
riuscivo a capire cosa vi steste dicendo, ma eri furente. Te lo si
leggeva in faccia. Cos’è? Non ha rispettato le tue
direttive? Ha preferito fare da solo, volendo dimostrarti di essere
migliore di te? Cosa manca, Souriel?”
Ma di certo non glielo avrebbe detto.
“Mancano
otto minuti e ho tutto il tempo di andare in prima classe e vedere se i
componenti sono spariti tutti dal bagno, ma… io credo che
troverei ancora qualcosa e…” – guardò la
bomba e sorrise.- “… credo di aver capito cosa.”
“Non la toccore! Non la toccore!” – urlò il bombarolo ormai scoperto.
“Certo, non la tocco.” – ironizzò Hermione che si era messa nel frattempo a studiare i fili.
Draco dovette tener fermo Souriel perché si stava dimenando un po’ troppo.
Nei restanti
sette minuti, Hermione tagliò e incrociò fili come se
stesse lavorando a uncinetto. Sembrava che stesse costruendo lei stessa
una bomba.
“Hermione…” – la chiamò Draco, con il cuore in gola.
Anche la ragazza stava sudando freddo. Le mani le tremavano impercettibilmente, ma sapeva cosa doveva fare.
“Hermione, sono Blaise. Che stai facendo?”
“Costruisco una bomba, boss.” – fece lei, con un ghigno che raggelò tutti quanti.
Un minuto.
Il tempo di
Hermione si ridusse a un minuto. C’erano tanti fili che dovevano
ancora essere collegati tra loro e sembrava che la ragazza non avrebbe
mai fatto in tempo a sistemarli tutti.
“Hermione!” – urlò Draco, mentre la presa su Souriel si affievoliva.
La ragazza
alzò gli occhi e guardò il timer. Legò gli ultimi
due fili con agilità e si prese un secondo, in cui vide tutta la
sua vita passarle davanti.
“Va all’inforno! Va all’inforno!” – urlò Souriel, in preda a crisi epilettiche.
“Hermione!” – urlarono Blaise e BJ.
“Ciao ragazzi!” – urlò la ragazza a tre secondi dalla fine.
Tagliò con forza il filo che reggeva tra le mani e chiuse gli occhi.
Furono i tre secondi più lunghi della vita di Draco.
Vide
addirittura la sua nascita attraverso gli occhi velati di lacrime della
madre e quelli emozionati del padre, il suo primo compleanno e la sua
prima parola;
il primo aeroplanino
la sua prima fidanzatina
il suo primo vero volo.
E chiuse gli occhi, attendendo.
Hermione
calcolò che tre secondi fossero ampiamente trascorsi.
Aprì un occhio, dubbiosa, e vide che il timer era arrivato a
zero.
Come zero fu l’esplosione.
Anche dai vari uffici si sparse un silenzio carico di aspettative. Il botto non c’era stato.
Perché?
Cos’era successo?
“Blaise…” – lo chiamò Hermione.
Il comandante sgranò gli occhi, incredulo.
“Di-dimmi…”
“Voglio l’aumento.”
E l’attimo successivo grida di giubilo si sparsero nella torre di controllo di Miami e nell’ufficio di Londra.
Nemmeno nella
stiva Draco si era risparmiato. Corse ad abbracciare Hermione e, non
contento, la baciò facendole fare il casque.
Quando si staccarono, ma ancora in posizione, la ragazza rise.
“Perché ridi?”
“Oh… nulla di che…”
E si ribaciarono.
“Il suo daiquiri, signorina.”
Hermione
sorrise divertita e, senza nemmeno aprire gli occhi, alzò la
mano per prendere il suo drink, ma invece di trovare il bicchiere
gelato, trovò una mano fin troppo calda.
“Non mi
sembra un bicchiere questo…” – fece lei, fingendosi
una cliente particolarmente esigente. – “Volevo un
daiquiri… con tanto ghiaccio…” – disse,
aprendo gli occhi e trovandosene davanti due da mozzare il fiato.
“Lo so
che volevi il ghiaccio… me lo hai chiesto anche
stanotte…” – fregandosene altamente degli altri
bagnanti, Draco si stese su Hermione e la baciò, facendola
mugugnare di piacere. – “Allora?” – fece il
biondo. – “Ti piace la vacanza?”
Hermione si guardò intorno.
“Dunque…
un hotel a sei stelle, che non ne ho mai visto uno nemmeno su un
giornale, servizio in camera suite presidenziale, cameriera personale e
ottimo cibo. Sì… direi che mi posso
accontentare…” – fece lei. – “E non mi
posso nemmeno lamentare della compagnia…” – fece,
passandogli le mani sul torace fino a scendere all’elastico dei
boxer, di un bellissimo rosso con bande laterali color oro.
“Nemmeno
io posso lamentarmi…” – fece, prendendo tra le dita
la spallina destra del costume di Hermione.
“Señores, la cena està lista!”
“Signori, la cena è pronta.”
Fece il cameriere.
Ma Hermione non intendeva scollarsi Draco di dosso tanto in fretta.
“Hay pescado?”
“C’è pesce?”
Chiese la ragazza, fissando Draco negli occhi e accarezzandogli la mascella contratta con un dito.
Anche se di contratto c’era anche qualcos’altro…
“N-no
señorita…” – fece imbarazzato il maggiordomo
che stava facendo la sauna nel suo completo. – “…
solo carne.” – fece Joachin.
Draco rise. Non aveva una cultura come Hermione nelle lingue, ma qualcosa l’aveva intuita.
“Mmmm…”
– mugulò la ragazza prima di baciare a stampo le labbra
del ragazzo. – “… io stasera voglio il pesce.”
Joachin stava per controbattere, ma alla fine rinunciò e se ne tornò al ristorante.
Solo qualche minuto più tardi capì che pesce intendeva la cliente…
Note della scribacchina:
Anche a me piace il pesce. ^______^
Allora, concludo questa storia con un sonoro grazie. Un sincero e caloroso grazie.
Avevo
dimenticato la bella sensazione che da il postare un capitolo e leggere
le recensioni che ti implorano di aggiornare subito pur di prevenire
infarti a catena.
È bello detenere il potere nelle proprie mani… hihihi…
Comunque,
scherzi a parte, sono davvero felice che questa storia sia piaciuta.
Siete stati una fonte di soddisfazione immensa e spero di potervi
rivedere prossimamente, visto che sto ultimando la mia ultima storia
– chiamiamola pure parto anale plurigemellare ç_ç
– sempre su Draco e Hermione.
Un caloroso abbraccio e un – speriamo – a prestissimo!
Callistas
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