Punishment

di Bitter_sweet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Come foglie d’autunno sugli alberi ***
Capitolo 2: *** 2. Anestetico ***
Capitolo 3: *** 3. Grazie ***
Capitolo 4: *** 4. Armonia bucolica ***



Capitolo 1
*** 1. Come foglie d’autunno sugli alberi ***


Inguaribile nella mia stupidità. Scrivo un’altra ff senza per altro aver finito tutte le altre già iniziate .-.

Perdonate questa sciocca che crede di saper scrivere.

 

 

Punishment

 

1. Come foglie d’autunno sugli alberi

 

 

Le foglie erano diventate di un verde pallido.

Strano a dirsi, solitamente rilucevano alla luce del sole. Eppure, ora avevano perso quel loro smalto brillante, come se avessero intuito il malessere della loro padrona. Si erano scolorite come si era scolorito il volto di Nami.

Ogni volta che Usopp si ritrovava a fissare la navigatrice la gola gli si chiudeva. Un groppo enorme si annodava e lui faceva fatica a respirare -annaspava alla ricerca di aria fresca-.

La seguì con lo sguardo, poggiato alla balaustra del castello di poppa. Un fantasma probabilmente sarebbe parso più corporeo e meno malaticcio.

Il cecchino guardò di sottecchi Rufy. Entrambi stavano seguendo le mosse della rossa, senza nemmeno provare a nascondersi per paura di una disastrosa, almeno per loro, ritorsione. Da settimane ormai l’equilibrio sulla Merry si era rotto.

Niente urla, niente pugni.

Un clima surreale si era andato a creare. E tutta colpa di uno stupido giornale.

Sospirando il cecchino tornò a prestare attenzione al mare che lento percorrevano. Poggiando il mento sulle braccia incrociate sentì Rufy allontanarsi silenzioso.

Il ponte sotto di loro era tornato silenzioso.

 

 

 

“Abbiamo un problema…” borbottò piano Sanji mentre apriva l’ennesima anta.

Zoro lo guardò chiuderla e aprirne un'altra, poi tutto ricominciò da capo. Si portò una mano alle tempie premendo appena i polpastrelli. Tutto quel rumore cominciava ad innervosirlo.

“Piantala” sibilò piano mentre le dita compivano movimenti rotatori.

Niente. Il martellare incessante continuava facendolo irritare sempre più.

“Cuoco, piantala!” nemmeno al secondo richiamo da parte dello spadaccino Sanji si fermò.

Sembrava in trans, apriva e chiudeva le ante di legno borbottando frasi masticate. La paglia che teneva tra le labbra era spente.

Solo al sonoro pugno sbattuto con forza sul tavolo mise fine a quella strana cerimonia intrapresa dal biondo.

“Che vuoi?” sbottò risentito accendendosi la sigaretta. La fiamma guizzò per un attimo, poi venne spenta con un movimento veloce del polso. “È tutta colpa di quel sacco di gomma” digrignò i denti rischiando quasi di lacerare la paglia.

Zoro lo guardò come a voler chiedere se era necessario fare tutto quel casino.

Erano di nuovo a corto di cibo.

Niente di strano. Sbuffando lo spadaccino si passò ancora una volta la mano sul volto. Schioccò la lingua in un gesto risentito.

“Il capitano ha di nuovo spazzolato tutto?” Robin emerse dalla porta. Lo scorcio che aveva aperto aveva dato modo ai due di scorgere l’oscurità al di fuori.

Avrebbe piovuto? Non potè esimersi dal chiedersi Zoro con un pizzico di preoccupazione. Un sopracciglio andò ad arcuarsi mentre aspettava una risposta che sapeva non sarebbe arrivata.

“Già” fu la fugace risposta che ricevette. Anche il biondo cuoco aveva guardato preoccupato fuori dalla porta.

“Non ne sono sicura” cominciò la mora prendendo posto al tavolo. Sul suo viso erano riconoscibili i segni della preoccupazione. “Ma non dovrebbe piovere” mormorò infine cercando di stirare le labbra in vago sorriso.

Vedendo come le espressioni dei due non fossero cambiate, intuì che aveva fallito. Non riusciva a convincere lei stessa, figurarsi i suoi compagni.

“Chi è di turno stanotte?” mormorò atono Zoro tornando a chiudere gli occhi. Le braccia s’incrociarono sul petto.

“Usopp ha fatto il turno oggi con Rufy. Ieri notte è stato il turno di Sanji, mentre durante il giorno lo ha fatto Chopper. Rimaniamo io e te” elencò calma Robin contando mentalmente i vari componenti.

Lo spadaccino annuì solamente mentre si alzava scavalcando la panca per poi uscire.

Il silenzio rimase lì, rendendo stantia la stanza. Solo l’odore del tabacco bruciato e quello del caffè, che Sanji era impegnato a preparare, sembravano riuscire in qualche modo a farli rimanere nella realtà.

 

<< Ma la realtà non sempre è reale >>

 

“Arriveremo domani in giornata. Probabilmente prima del tramonto” parlava più a se stessa che a qualcun altro.

Stirò appena le labbra in un sorriso mentre il biondo le posava una tazza fumante davanti, ma solo un angolo riuscì in quel grave intento. Il resto dei suoi muscoli sembravano congelati.

Sanji si ritrovò ancora una volta ad annuire pensieroso.

 

 

 

Guardava fisso di fronte a se. Le nuvole avevano nascosto la luna e le ombre avevano inghiottito ogni singola cosa fondendo tutto assieme. Cielo, mare e nave compresa.

Dondolava lievemente seguendo il lento muoversi della nave ad ogni onda che andava ad infrangersi contro lo scafo.

Gettare l’ancora durante la notte ormai era diventata un’azione abituale. Sospirando cercò di scorgere la catena che andava ad immergersi nelle scure acque.

Il martellante mal di testa che lo aveva colto si era attenuato, anche se ogni tanto riusciva ancora ad infastidirlo. Lentamente si portò una mano alla tempia destra massaggiandola piano. Gli occhi chiusi.

Tutta quella situazione lo innervosiva.

Se non avessero dovuto gettare l’ancora ogni notte, probabilmente sarebbero giunti all’isola ancora giorni prima. Invece, si ritrovò a pensare che quella era solo una stupida perdita di tempo.

Inutile e nociva.

Ma navigare di notte era un grosso problema, soprattutto se c’era lui di guardia. Lui ed i punti cardinali avevano un gran brutto rapporto, figurarsi lui ed il log-pose. Avrebbe potuto far fare il turno di notte a Robin. Almeno lei era in grado di mantenere la rotta.

Baka” il rumore dei passi strascicati del biondo si fecero sentire prima della sua voce.

Rimase immobile tornando a guardare il mare sotto di sé.

La compagnia non era delle migliori, ma si sarebbe accontentato.

“Guardi il nulla?” continuò a parlare Sanji mentre lentamente si affiancava al compagno copiandogli poi la posa.

Scosse il capo Zoro mentre l’odore di tabacco gli arrivava al naso. Un sorriso storto gli nacque spontaneo sul volto.

“Guardo ciò che non posso vedere” rispose infine alzando il capo e posando lo sguardo sul compagno.

Il suo sensei amava dirgli frasi che sempre non riusciva a capire. Allenare la mente gli ripeteva e lui come un allocco cadeva in trappola.

Anche quella frase era stata udita uscire dalle sue labbra.

Solo ora, ora che molte cose erano accadute, aveva finalmente compreso il significato.

“Ti arrovelli il cervello insomma” striminzita e smozzicata fu la replica.

Sembravano due vecchie comari, altro che gli eterni rivali sempre pronti ad azzuffarsi. Non c’era più nemmeno il gusto nel prendersi a pugni. Forse solo una innata voglia di scaricare la rabbia e la tensione che li schiacciava.

“Può essere” ammise lo spadaccino stringendosi appena nelle spalle.

Sanji annuì mesto buttando la sigaretta tra le acque.

Arrovellarsi il cervello era tipico di quello stupido spadaccino. In un’altra occasione probabilmente lo avrebbe preso in giro. Ma non quella notte.

“È tutto inutile” mormorò infine ereggendosi in piedi e riacquistando la posizione eretta.

Infilando le mani nelle tasche del completo nero che portava s’incamminò lungo il ponte.

“Alza l’ancora” gli disse infine infilandosi in cucina.

Il sole stava sorgendo.

 

 

 

“Io vado a far provviste” Rufy annuì lentamente alla frase del biondo.

“Vengo con te Sanji-kun” aveva esclamato Robin alzandosi dallo scalino su cui era seduta per poi incamminarsi di fianco al biondo.

Si stavano dividendo.

Usopp e Chopper erano già scesi dalla nave diretti verso il centro della cittadina. Robin e Sanji si stavano allontanando proprio in quel momento. Rimanevano solo lui e Zoro sul ponte, e Zoro stava dormendo all’ombra.

“Vado pure io” mormorò a se stesso più che rivolto a qualcuno il capitano.

Mentre scendeva lanciò un’occhiata al vessillo raffigurante il teschio con il cappello di paglia. Non c’era, niente sventolava alla leggera brezza che soffiava quel giorno.

Forse Robin aveva ragione.

Di guai ne avevano fin troppi.

 

“Hai qualche posto in particolare da visitare Robin-chan?” passeggiavano con calma tra le vie affollate della cittadina.

Nonostante fosse quasi il tramonto la gente era ancora intenta in vari acquisti ed altro. Molti gruppetti di persone erano fermi a chiacchierare lungo la strada.

“Voglio cercare una locanda” mormorò incerta.

Chissà se Nami sarebbe scesa.

“Credi che sia meglio dormire in una locanda?” borbottò piano il biondo continuando a guardare davanti a se ma senza realmente vedere la strada.

“Non lo so” fu sincera la risposta che ricevette.

Annuì lentamente estraendo l’ennesima sigaretta dal pacchetto ormai finito.

Di certo, un cambio d’aria sarebbe stato l’ideale. O almeno questo era ciò che credeva. Aveva davvero creduto che scendere su di una nuova isola gli sarebbe stato d’aiuto. Il confondersi tra la folla, il camminare su di uno spazio lastricato, il vedere volti nuovi.

Si era forse sbagliato?

E allora perché non sentiva alcun cambiamento? Perché gli sembrava di udire ancora i singhiozzi della navigatrice soffocati nel cuscino nell’oscurità della sua stanza?

Soffiò fuori una nuvoletta di fumo mentre seguiva Robin tra le varie vie fino a fermarsi davanti ad una piccola locanda.

 

 

“Scendiamo tutti?” Usopp guardò incredulo il biondo.

“Qualche problema?” fu l’acida replica che ricevette in risposta.

Il cecchino si nascose dietro a Rufy. Chopper al contrario sembrava assorto in qualche strano pensiero. Come se stesse soppesando parole mediche.

“Un cambio d’aria forse le farebbe bene” mormorò infine rivolgendo lo sguardo prima verso Robin e Sanji, poi verso Rufy, attendendo una risposta.

“Ok” fu tutto quello che disse il moro per poi dirigersi sotto coperta.

Zoro, che fino a quel momento era rimasto immobile in un angolo, seguì il capitano sottocoperta. Lo trovò di fronte alla camera delle ragazze.

La porta di legno era chiusa, ma sapevano bene che potevano entrare in qualsiasi momento. Sempre se la ragione fosse stata importante.

“Credi che le farà bene?” fu Rufy il primo a parlare, lo sguardo puntato sul legno.

Zoro rimase in silenzio. Non era di certo un medico, quello era il ruolo di Chopper e se lui diceva che poteva giovarle, chi era lui per dire il contrario? Sperava solo che davvero il loro piccolo medico avesse ragione e non torto.

Sospirando infine annuì e Rufy si apprestò a bussare alla porta il più delicatamente possibile, anche se la cosa risultò difficile. Senza aspettare di ricevere risposta aprì l’uscio. Tanto non sarebbe giunto nulla se non il silenzio assoluto.

“Nami” si avvicinò lentamente all’angolo dove la navigatrice era rannicchiata. “Dobbiamo scendere” le mormorò inginocchiandosi di fronte a lei.

Un lieve movimento del capo gli fece intuire che la rossa lo aveva ascoltato. L’aiutò ad alzarsi porgendole una mano, ma lei la rifiutò issandosi da sola in piedi.

Zoro, in piedi vicino alla porta, una spalla poggiata allo stipite, osservò la compagna camminare fino a lui. Non la fermò quando gli passò di fianco, ma spostò lo sguardo verso il suo capitano. Lo trovò fermo dove prima c’era Nami, nel pugno teneva stretto quella che sembrava essere un foglio di giornale, anche se poteva sembrare una carta stropicciata ed accartocciata, come se fosse stata spiegazzata e lisciata più volte.

Si avvicinò lentamente curioso di capire cosa aveva attirato l’attenzione di Rufy, anche se poteva già intuire cosa fosse.

Un foglio di giornale di quasi tre settimane prima.

Sospirò quando lesse il titolo dell’articolo.

 

Isola del mare blue distrutta dagli uomini pesce.

 

 

 

§

 

Sadica? Ma anche sì voi direte di sì, io dico bho.

L’idea è nata dalla mia mente malata. Lo so, sono inguaribile, ma credo anche che sia originale.

Tutti sappiamo che l’infanzia della rossa è stata assai travagliata. Credo che sia quella che abbia passato cose peggiori, non che gli altri abbiano avuto rose e fiori per tutto questo tempo. Ma davvero, il numero 9 del manga è stato il primo numero di OP che ho letto e se devo essere sincera è quello che reputo in assoluto il migliore.

Trita e ritrita forse questa storia degli uomini pesce.

Ma ci provo.

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Capitolo 2
*** 2. Anestetico ***


Secondo capitolo, per la gioia di chi? Di certo non vostra…

Mettiamo i puntini sulle i : codesta ff, che si presenta assai strana già ai miei occhi, non tratta la classica battaglia. Nel senso che è qualcosa di più profondo (seee profondo), nel senso che tratta di demoni del passato che tornano a far visita.

Nulla a che vedere con la vecchia battaglia degli uomini pesce.

Mi sa che mi spiego da schifo.

Intanto vi lascio al capitolo, più sotto le spiegazioni.

 

 

 

 

2. Anestetico

 

 

Quel posto di certo non profumava di rose.

Zoro storse il naso mentre metteva piede dentro l’ennesima locanda per poi ritornare sui propri passi ed uscire. Aveva ancora una volta sbagliato.

Gli abitanti dell’isola lo guardavano incuriositi, altri invece divertiti.

Mugugnando una qualche maledizione lo spadaccino svoltò a destra. Lui le strade non le capiva proprio.

Si accodò a quella che sembrava una massaia. Almeno sarebbe finito da qualche parte.

 

 

 

“Trovato nulla dottore?” Chopper sussultò.

Si era totalmente estraniato da non ricordare nemmeno che Robin era andata assieme a lui in biblioteca.

“Niente” mormorò afflitto ed il cappello sembrò calare sui suoi occhi.

Tacque Robin.

Anche se avesse voluto dire qualcosa per risollevare il morale del medico, dubitava che le sue parole avrebbero sortito alcun effetto. Non riusciva a convincere nemmeno se stessa.

I tomi aperti sul tavolo in legno non erano altro che frutto di ricerche errate. Nulla sembrava portare ad una conclusione o almeno a capire cosa fare per risolvere il loro problema.

Guardare nei libri era sempre stato il suo modo per capire i problemi che incontrava e poterli così superare. Aveva trovato sempre almeno una risposta. Cosa c’era, allora, di sbagliato quella volta? Forse aveva guardato nei libri sbagliati, o forse semplicemente, non c’era una soluzione precisa.

Quella volta non sarebbe bastato prendere una medicina.

Sospirando la mora richiuse l’ennesimo libro scartandolo e posandolo sulla lunga fila posizionata al suo fianco. Ogni cosa di quei libri sembrava gridare disfatta. Avrebbero perso la battaglia?

“E se stessi sbagliando?” chiese flebile il piccolo medico osservando ostinatamente il libro che aveva davanti agli occhi.

“Perché dici questo?” Robin sollevò appena un sopracciglio posando lo sguardo sul compagno.

Stavano arrivando i dubbi e quelli, non erano mai un buon segno.

L’archeologa aveva visto più di una ciurma disfarsi a causa di dubbi. Erano fedeli i compagni? Avrebbe mantenuto la promessa? Sarebbero stati pagati?

Non portavano mai a nulla, solo a dispiaceri.

“Non riesco a trovare una soluzione” si asciugò una lacrima che furtiva era scesa lungo la guancia.

“Forse sbagliamo metodo” sussurrò lentamente l’altra. Quella volta riuscì a far assumere alle sue labbra un sorriso più convincente del solito.

“Non sono cose semplici da superare. E poi, credo che ci sia altro dietro” alla mente le tornava sempre l’espressione malinconica del capitano.

Cosa poteva esser successo di così grave in passato da far oscurare perfino il volto di Rufy?

 

 

 

“E tu che ci fai qui?” il biondo palesò la sua sorpresa inarcando un sopracciglio.

Zoro dal canto suo si strinse nelle spalle. Un modo come un altro per dirgli che non ne aveva la più pallida idea.

Alzando gli occhi al cielo Sanji riprese il proprio cammino tra le bancarelle gettando ogni tanto uno sguardo alla merce esposta. Se non altro aveva altre due braccia per trasportare il primo carico di spesa.

Altri ne sarebbero seguiti prima di imbarcarsi nuovamente.

Nonostante tutto, quel giorno il sole splendeva alto nel cielo. Una leggera brezza rinfrescava l’aria altrimenti secca. Forse quell’isola era tranquilla.

Si chiese se Robin e Chopper avessero fatto progressi.

“Che guardi?” lo spadaccino si era fermato.

Era facile capire quando il compagno si arrestava, i foderi delle spade finivano di cozzare tra loro ad ogni passo ed il silenzio calava.

Sanji si voltò ad osservare Zoro che a sua volta osservava un vicolo posto alla loro destra.

“Mi sembrava di aver visto qualcuno…” borbottò quello poco convinto e tornando a camminare, superando il biondo che rimase impalato per qualche istante perplesso prima di seguirlo.

“Qualcuno chi?” domandò affiancando l’amico.

Mentre l’odore di tabacco bruciato lo circondava, Zoro ripensò a quella figura tra le ombre che aveva visto.

Forse era solo la sua stupida immaginazione a giocargli brutti scherzi.

Scosse il capo cercando di scacciare dalla mente ogni pensiero. Cercò di concentrarsi sull’odore della sigaretta di Sanji, ma serviva a poco. Altro che calmante come lo definiva il cuoco.

“Solo un’ombra” si strinse nelle spalle sentendo lo sguardo indagatore di Sanji sul volto. “Hai ancora molto da fare qua?”

Se fosse stato un altro giorno, Sanji avrebbe risposto per le rime cercando in tutti i modi di far sentire in imbarazzo il compagno, o forse avrebbe protratto ancora a lungo il giro sfinendolo e caricandolo di borse.

“Quasi” si limitò a rispondere indicando con un cenno una bancarella. “Facciamo tappa al porto e poi torniamo alla locanda.”

 

 

 

“Che vuol dire sparita?” Usopp si fece piccolo piccolo mentre il cuoco avanzava a passo di carica.

“Sanji” lo richiamò all’ordine Zoro bloccandolo.

Gli strinse forte la spalla che aveva arpionato cercando al tempo stesso di calmarsi. La mano libera era già posata sull’elsa della wado ichimonji, ma ancora la lama era al sicuro nel fodero.

“Parla Usopp” ordinò poi mentre Sanji stringeva le labbra in una linea dura.

N-non so come sia successo. Voi non c’eravate e quando siamo saliti per vedere se era ancora in stanza e volesse mangiare qualcosa, bhè…non c’era più” mormorò afflitto portandosi le mani tra i capelli ricci.

“E Rufy?” chiese atono Sanji cercando in tutti i modi di riprendere il controllo della sua mente.

Lasciarsi trasportare dall’ira non era un bene, soprattutto se rischiavano così di mettere ancora più in pericolo Nami.

“Non lo so, quando mi sono voltato non c’era più” ricordava ancora quando si era voltato e non aveva più visto il ragazzo al suo fianco.

Sarebbe corso pure lui a cercarla, ma sapeva anche che doveva aspettare gli altri.

Era colpa sua? Si chiese mentalmente mentre maledizioni volavano rivolte verso se stesso e la sua stupida sbadataggine.

Forse sì.

Come aveva fatto a non accorgersi che la navigatrice era scesa e se ne era andata? Le scale portavano alla sala dove lui e Rufy erano appostati. L’avrebbe dovuta vederla in tutti i casi. Doveva prestare più attenzione.

“Che succede?” Sanji si voltò riconoscendo la voce di Robin.

“Nami è sparita” fu Zoro però a rispondere, mentre Usopp era ancora seduto a terra, le mani tra i capelli ed il volto rivolto verso terra. “Rufy credo che la stia cercando.”

Sciolse definitivamente la presa dalla spalla del cuoco e si diresse verso una panca all’esterno di quella locanda.

“E noi?” chiese spaventato Chopper. I libri presi dalla biblioteca gli scivolarono dalle mani finendo a terra ed aprendosi su pagine imprecisate. “Dobbiamo trovare Nami, se le succ-

“C’è Rufy” fu la risposta che diede Sanji bloccando così ogni singola risposta che potevano dare tutti gli altri.

Si scambiò uno sguardo corrucciato con Robin prima di portare l’ennesima sigaretta alle labbra ed accenderla. Lasciandosi scivolare a terra, seduto sui calcagni, a fianco del cecchino, lanciò un’occhiata di sbieco verso Zoro.

Ma…” provò ancora Chopper vedendo che anche Robin si era seduta ad un’altra panca libera.

“Chopper, abbi fiducia in Rufy” lo rimproverò piano Sanji guardandolo intensamente.

Il piccolo medico raccolse i libri caduti trattenendo a stento l’ennesima protesta.

Certo, si fidava di Rufy, ma aveva lo stesso paura per la rossa. Per di più, conoscendo il suo capitano, potevano passare ore prima che riuscisse a trovarla.

Zoro si passò ancora una volta una mano sul volto. Quel giorno si era dimenticato di farsi la barba ed ora il suo volto pungeva lievemente.

“È colpa mia” i mugugni di Usopp lo stavano infastidendo.

Ma lo lasciò parlare ancora, e ancora, e ancora. Lui per primo si stava maledicendo per aver deciso di farsi un giro per la città invece di rimanere di guardia.

Si maledì anche per non aver dato retta al suo istinto quando aveva scorto quella figura vicino al mercato catalogandola come un’allucinazione della sua mente.

 

 

 

“Signorina?” alzò di scatto la testa a quella voce.

Tremava appena rannicchiata tra un paio di casse nel vicolo dove si era rifugiata.

“Tutto bene?” chiese ancora quella voce che ben presto scoprì appartenere ad un bambino di poco più di dieci anni.

Forse, a giudicare da come parlava, poteva averne al massimo dodici.

Annuì frettolosamente rintanandosi ancora. Sprofondare nell’oscurità che il vicolo le donava sembrava la cosa più semplice. Strinse ancora più forte la maglia che portava tra i pugni affondando di nuovo la testa tra le braccia incrociate.

Non aveva idea di dove si trovasse. Ma non le importava.

Un singhiozzo le scappò.

“Signorina rimanga qui, vado a cercare qualcuno” aveva sentito i passi affrettati allontanarsi, ma aveva ostinatamente mantenuto lo sguardo serrato cercando di nascondersi ancor di più.

Rimase immobile per quelle che le parvero ore, cercando di regolarizzare il respiro mentre lacrime salate scendevano lentamente lungo le sue guance arrossate e calde.

Piangere non era la soluzione giusta, ma non sapeva cos’altro fare.

Le parole di quell’articolo lampeggiavano continuamente davanti ai suoi occhi. Bruciavano come se fossero state incise a fuoco sulla pelle.

Sarebbe tornato quel ragazzino?

Una vocina, nella sua testa le diceva che era meglio così. Affrontare i problemi con le sue uniche forze. Lo aveva fatto per otto lunghi anni cercando in tutti i modi di sconfiggere un nemico grazie alla propria astuzia, l’ingegno ed una buona dose di egoismo.

Aveva fallito però.

Ora, l’incubo si era fatto di nuovo vivido. Il passato era tornato a tirare le somme rubandole anche l’unica casa che aveva e con essa, tutte le persone che vi abitavano.

Nami…” riconobbe subito la voce di Rufy.

Inginocchiato a pochi centimetri da lei, il capitano la fissava ansioso. Il fiato lievemente affannato dovuto alla corsa, la ricerca costante della propria navigatrice.

Aspettò pazientemente che Nami alzasse lo sguardo solo per scoprire che i suoi occhi erano lucidi di lacrime. Mentre una morsa ferrea lo attanagliava all’altezza dello sterno, mozzandogli il respiro, allungò una mano aspettando che lei la prendesse.

“Andiamo” mormorò infine mentre sentiva la mano della rossa stringere la sua debolmente.

Voltandosi la fece salire sulle proprie spalle ed il cappello calava sul suo viso nascondendo gli occhi scuri.

“Mi puoi guidare fino alla locanda?” domandò poi rivolgendo un lieve sorriso al bambino che lo aveva accompagnato fino a quel luogo.

“Di qua” rispose al tiepido sorriso di quel pirata e cominciò a far strada.

 

 

<< Aiutami… >>

 

 

 

 

“Quanto impiega il log-pose a registrare il magnetismo Robin-chan?”

L’archeologa alzò lo sguardo dal proprio piatto, abbandonando anche la forchetta su di essa.

Se ne era dimenticata pensò sbattendo per un attimo gli occhi. Non nel senso vero e proprio, l’aveva chiesto alla bibliotecaria il tempo che impiegava il log-pose a registrare, ma si era totalmente dimenticata di informare il resto della ciurma.

“Tre giorni più o meno” mormorò tornando a posare lo sguardo sul piatto.

Ormai erano lì già da una giornata. Nonostante tutto, le ore sarebbero passate in fretta e ad essere sinceri, preferivano riprendere il mare. Almeno sulla Merry avrebbero avuto la situazione sottocontrollo.

“Vado a dare il cambio a Chopper” mormorò infine la mora alzandosi e dirigendosi verso le stanze.

Usopp la seguì con lo sguardo finché non sparì. Chopper era rimasto in camera con Nami da quando Rufy l’aveva riportata alla locanda.

Sospirando mangiò un altro boccone della sua cena mentre anche Sanji posava le posate per poi accendersi una sigaretta.

Al tavolo della locanda ora erano solo loro quattro. La stanza era quasi vuota fatta eccezione per una decina di persone intente a bere.

“Che dobbiamo fare?” la domanda di Rufy sembrava più rivolta a se stesso che ai suoi compagni.

Tutti e tre si guardarono tra loro cercando negli occhi degli altri una risposta, ma sapevano bene che non esisteva. Non c’era un nemico da dover sconfiggere, non c’era una battaglia da intraprendere. C’erano solo demoni dal passato.

Zoro posò una mano sulla spalla del capitano cercando così di fargli forza.

“Ho letto il giornale oggi” disse ad un certo punto il cuoco spegnando la sigaretta. “La marina ha catturato diversi uomini pesce, ma non c’è riportato nulla sull’isola.”

“Credete che si sia salvato qualcuno?” ad Usopp tremò la voce mentre poneva quella domanda.

Non era sicuro di voler una risposta.

“Sai anche tu che odiano gli umani” fu tutto quello che disse Sanji poggiando i gomiti sul tavolo. “Domani vado ancora al mercato. Chi rimane qua?”

“Io” mormorò Zoro agguantando la bottiglia di sakè e svuotandola nel bicchiere. “Robin e Chopper andranno ancora in biblioteca, e voi due andate pure a farvi un giro per l’isola” disse infine riferendosi a Usopp e Rufy.

 

 

 

 

§

 

Decisamente la mia mente va a banane.

Credetemi se vi dico che questa cosa è assurda, già di suo è una cosa assurda.

Pensavo, mentre scrivevo, a cosa farei io al posto di Nami sapendo che la propria isola, dopo tutta la sofferenza patita per otto lunghi anni, è stata attaccata ancora dagli uomini pesce. Il giornale riporta notizie frammentarie, ma la cosa che sembra più saltare all’occhio è che è stata totalmente rasa al suolo.

Ora, la cosa diventa un po’ complicata, nel senso che non c’è un nemico vero e proprio come lo era Arlong, quindi non c’è nessuno da combattere.

Sarà più che altro una battaglia interna.

 

 

 

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Capitolo 3
*** 3. Grazie ***


Aggiorno, sempre per la vostra immensa gioia.

 

 

 

 

3. Grazie

 

 

Un leggero mal di testa era l’unico compagno quella mattina.

Si era svegliata con la sensazione, strana, di essere appena riemersa da un incubo colossale. Passandosi una mano sul volto Nami si accorse delle scie ormai secche sulle guance. Lacrime pensò subito, ma non ricordava quando avesse pianto, il perché invece era semplice da supporre.

Non ricordava nemmeno dove fosse in quel momento.

Trovare la risposta a quella domanda fu semplice, si doveva trovare in una locanda a giudicare dalla stanza dove si era risvegliata. Probabilmente erano sbarcati su di un isola.

Scendendo le scale sperò di trovare almeno uno dei componenti della ciurma. Per quanto potesse desiderare di rimanere da sola, voleva però almeno sapere che gli altri fossero lì.

La sala era piena, i tavoli erano quasi tutti interamente occupati dagli abitanti dell’isola. Una sensazione di disagio avvolse la rossa mentre, guardandosi attorno non riusciva a scorgere nessun viso familiare.

Fece un passo indietro mentre vedeva vari volti girarsi a guardarla.

“Tutto ok?” voltandosi di scatto si ritrovò ad osservare Zoro il quale a sua volta la stava studiando.

Annuì frettolosamente sempre con quella strana sensazione di disagio addosso. Mai come in quel momento le sembrava di avere la spada di Damocle penderle sul capo.

Lo spadaccino sospirò passandosi una mano sul volto. Quella situazione gli suonava strana e non aveva idea di come dovesse comportarsi. Mentalmente sperò che Robin e Chopper trovassero una soluzione.

Stupido si disse poi rendendosi conto di quanto risultasse penoso il suo pensiero. Soluzioni concrete e veloci non esistevano.

“Andiamo” mormorò in direzione della compagna allungando una mano ed aspettando pazientemente che lei la prendesse.

Nami sembrò titubare, come se si stesse chiedendo se davvero poteva fidarsi di lui. Quel momento di attesa bruciò allo spadaccino che strinse i denti cercando di scacciare al tempo stesso l’ira che lo aveva colto. Di certo, prenderla e scuoterla, urlarle addosso, non sarebbe servito a nulla.

Ci voleva tempo si ripeté mentalmente.

Tentò un vago sorriso quando vide Nami prendere la mano che le offriva. La strinse piano per poi farle strada fino alla porta della locanda per poi varcarla ed immettersi tra le innumerevoli strade.

 

Aveva sospirato più volte rendendosi conto di non avere la vaga idea di quale, tra le tante strade, dovesse prendere. Sinceramente, non sapeva nemmeno dove andare. L’aveva trascinata fuori solo perché l’aveva vista in difficoltà all’interno di quella stanza a lei sconosciuta.

Voltando appena il capo la osservò.

Camminava al suo fianco, le mani ancora intrecciate, come se lui fosse stata la sua momentanea ancora di salvezza.

Lo era? Si domandò istintivamente.

Lui un ancora?

Tralasciò in fretta quel pensiero mentre per puro caso adocchiava una via ed in fondo il porto. Percorrendola, sempre in assoluto silenzio, si accorse di quanto la loro navigatrice in quel momento fosse fragile.

E pensare che di solito le ci voleva poco per metterli tutti in riga. Sorridendo lievemente percorse la passerella fino a ritrovarsi sul ponte della Merry.

Per quanto lui amasse il silenzio, quello stava diventando davvero ingombrante. Ma la rossa ormai erano giorni che non emetteva un fiato.

Percorse i pochi passi che li separavano dalla cucina della Merry sempre trascinandosi dietro la silenziosa navigatrice.

 

 

 

“Ohi” borbottò Sanji vedendo spuntare Rufy ed Usopp da una via.

Li aspettò concedendosi una sigaretta.

“Già finito il giro?” chiese non appena i due lo ebbero raggiunto.

Usopp si strinse nelle spalle lasciando vagare nervosamente lo sguardo attorno a sé, Rufy invece si grattò distrattamente la testa.

“Ho fame” proruppe infine passandosi anche una mano sullo stomaco.

“Ma se hai mangiato un’ora fa” sbottò incredulo il cecchino. Al suo fianco Sanji si limitò a sbuffare una nuvoletta di fumo.

“Ma che ci posso fare se ho fame” lacrimante il capitano voltò il capo con espressione sofferente.

“Sei un caso disperato” mormorò esasperato ancora Usopp scuotendo il capo.

“Tornate alla locanda allora” fu invece la risposta pacata del cuoco. “Anzi, meglio che veniate con me” borbottò stizzito cominciando a far strada.

Rimandare Usopp e Rufy alla locanda non era una buona idea. Già si stava maledicendo per aver lasciato quell’idiota d’uno spadaccino da solo, ma il ricordo del giorno prima gli bruciava ancora anche se sapeva bene che i due non avevano una reale colpa.

Preferiva tenerli sott’occhio si disse sperando al tempo stesso che al compagno dai capelli verdi non saltasse in mente di girovagare da solo.

“Secondo te Zoro…” mormorò distrattamente Usopp lasciando in sospeso la frase.

Di certo lui era l’ultimo a poter dire una qualsiasi cosa, il giorno prima si era lasciato sfuggire Nami da sotto il naso. Sperava solo che il compagno più vecchio non facesse il suo stesso errore.

“Io non mi preoccuperei” rispose di rimando Sanji continuando però a sperare che quella testaccia rimanesse vigile.

Rufy invece rimase zitto, la mano ancora a massaggiarsi lo stomaco brontolante. Seguiva i due senza fiatare sicuro che lo spadaccino se la sarebbe cavata benissimo.

Riponeva una fiducia smisurata nel suo secondo, anche se a volte, certe azioni sconsiderate di Roronoa lo facevano riconsiderare sulla fiducia che riponeva in lui.

“E se si addormentasse?” provò a chiedere ancora Usopp ben sapendo che quella era una realtà probabile.

“Lo ammazzo” fu l’unica e semplice replica che ricevette di rimando dal biondo.

Rufy sorrise lievemente.

 

 

 

“Tieni” mormorò piano Zoro posando davanti a Nami una tazza fumante.

Uno spadaccino a cucinare, anche se solo una tazza di te, lo fece sorridere.

Scrollando il capo si chiese perché mai si fosse ritrovato in quella assurda situazione. Relegando in un angolo i propri malsani pensieri, prese posto affianco alla navigatrice posizionando anche un piattino colmo di biscotti tra loro due.

Non era sicuro che avrebbe mangiato, ma poteva almeno provarci.

In quei giorni molte cose erano cambiate, le loro normali abitudini si erano andate sfalsando fino a ritrovarsi ad essere l’ombra della ciurma allegra e solare quale in realtà erano.

Osservò di sottecchi la rossa solo per accorgersi che lo stava fissando a sua volta. Inarcò istintivamente un sopracciglio piegando lievemente il capo da una parte.

“Non te l’ho avvelenato” mormorò infine riuscendo a farle piegare impercettibilmente le labbra verso l’alto.

Nami riportò lo sguardo sulla tazza afferrandola e bevendone un sorso.

Si schiarì un paio di volte la gola, trovava difficile anche solo aprire bocca. “Grazie” mormorò infine così lievemente da risultare appena udibile.

Zoro la sentì lo stesso. Senza rendersene conto alzò una mano fino a posarla sulla chioma rossa della navigatrice regalandole alla fine una lieve carezza.

In quel momento, qualcosa lo aveva smosso facendogli mettere da parte per una volta il suo orgoglio.

Prese poi un biscotto dal piatto e lo porse alla ragazza che però scosse il capo rifiutandolo.

Stringendo le labbra Zoro se lo portò alla bocca facendolo sparire in pochi istanti.

Se il piccolo medico fosse stato lì probabilmente gli avrebbe detto di avere pazienza. Anche se lui di pazienza ne aveva avuta sempre assai poca, per non dire nulla.

In tutti i casi, pensò prendendo un altro biscotto, un piccolo passo lo aveva fatto.

Aveva di nuovo parlato.

 

 

 

“Dove accidenti è quell’idiota?” sbottò risentito Sanji non appena Chopper era sbucato di nuovo dalle scale con espressione rammaricata.

Erano tornati per il pranzo, ma di Zoro nessuna traccia, come nessuna traccia della rossa navigatrice.

Maledicendolo ancora una volta Sanji si lasciò cadere su di una sedia portandosi poi l’ ennesima sigaretta della giornata alla bocca mentre Rufy, già seduto da un pezzo, lasciava vagare lo sguardo in nessuna direzione precisa.

“Io non mi preoccuperei” cercò di rassicurarli Robin anche se il pensiero che la navigatrice fosse scappata ancora una volta le attanagliava lo stomaco.

Usopp invece battè con fare rassicurante una mano sulla piccola spalla di Chopper regalandogli poi un sorriso incoraggiante, cercando in qualche modo di sembrare più sicuro di quel che era.

“Sarà con Zoro” mormorò poco convinto il medico raggiungendo i due seduti e prendendo a sua volta posto su di una sedia.

Nemmeno il tempo di dirlo che Rufy si alzò in piedi dirigendosi poi velocemente verso la porta.

Seguendone i movimenti i quattro si accorsero che lo spadaccino aveva appena fatto il suo ingresso assieme alla navigatrice.

“TU!” urlò furibondo Sanji schizzando in piedi dimentico della situazione delicata. “Razza di microcefalo, dove sei stato” sbraitò ancora.

Baka” mormorò di rimando quello, fermo sulla porta, portandosi la mano libera alla testa.

“Tutto ok?” domandò invece la mora avvicinandosi e guardando la rossa che se ne rimaneva a capo chino.

“Eravamo alla nave” spiegò lento Zoro.

Si era fatto guidare da Nami fino alla locanda, almeno lei aveva ben capito le indicazioni che gentilmente aveva dato loro una donna incrociata lungo il cammino.

Aspettarono che Robin portasse Nami fino in camera prima di prendere posto attorno ad un tavolo libero.

“Che è successo?” domandò curioso Usopp.

Zoro si strinse nelle spalle facendo ben intendere che non avrebbe detto una sola parola in più del necessario.

“Un cambio d’aria” rispose infatti quello suscitando ancora le ire del biondo cuoco ma riuscendo così a strappare una risata di cuore al capitano.

“Come sarebbe un cambio d’aria stupido marimo!” sbottò il cuoco cercando di centrare con un calcio da sotto il tavolo le gambe dell’altro.

“Che siamo andati alla nave” ribattè l’altro seccato. “Nulla di più” brontolò infine Roronoa incrociando le braccia al petto.

“È un buon segno, no?” domandò titubante il cecchino voltando il capo verso la piccola renna.

“Direi di sì” annuì convinto Chopper facendo spuntare finalmente un sorriso sereno sul suo musetto. “Almeno non è rimasta rintanata nella stanza tutto il giorno”.

A quelle parole Sanji smise di attentare alle gambe dello spadaccino per sedersi compostamente.

“Ora che si fa?” domandò Zoro spostando lo sguardo sul medico e facendo fare così anche a tutti gli altri.

“Aspettiamo” fu la risposta che ricevette. “Noi possiamo fare gran poco, è lei che deve reagire” spiegò lentamente Chopper facendo assumere un’espressione pensierosa a Usopp e Sanji.

“Aspetteremo” rispose sicuro Rufy calcandosi il cappello di paglia sugli occhi ma mantenendo il sorriso sulle labbra.

Aveva fiducia nei suoi compagni.

“Dopo domani ripartiamo” mormorò assorto Sanji accarezzandosi il mento mentre spegneva la sigaretta su di un posacenere improvvisato. “Ho ancora diverse provviste da prendere” spiegò infine facendo mente locale su cosa mancava nella stiva.

“Ti diamo una mano” proruppero in coro Usopp e Rufy.

“Tu no!” sbottò risentito il biondo riuscendo a calciare le gambe del capitano. “È colpa tua se sono ancora qui a fare provviste” lo sgridò apertamente facendolo sorridere ancora di più.

Zoro sospirò lievemente portandosi ancora una mano alla testa. Spostando lo sguardo andò ad incrociare le scale che portavano al piano superiore.

“Ha parlato” disse infine in tono atono senza abbandonare con lo sguardo le scale. “Nulla di importante però” precisò infine spostando lo sguardo e rivolgendolo al piccolo medico che era già pronto a fare domande.

Chopper richiuse la bocca ricacciando indietro tutta la serie di domande che avrebbe voluto fare al compagno.

“Direi che facciamo progressi” mormorò cupo Sanji fulminando con lo sguardo lo spadaccino.

Zoro di risposta lo guardò come se non esistesse facendo infuriare ancora di più e beccandosi così l’ennesimo calcio sugli stinchi.

“Piccoli passi” mormorò Chopper facendo finta di nulla ma arrossendo sentendo le imprecazioni dello spadaccino.

“Abbi fiducia Chopper” Rufy lo guardò serio. “Abbi fiducia in Nami” disse infine facendo tacere gli altri e riuscendo a far sorridere ancora il medico che di risposta annuì convinto.

 

 

§

 

Uhm, cambiamenti d’aria.

Nella realtà più che un cambiamento d’aria, lo spadaccino ha portato Nami su quella che ormai tutti loro definiscono casa. Non so se ho fatto capire quello che avevo in testa.

Credo, dato che non sono una psicologa, che in una situazione simile, il soggetto in questione (Nami) si senta a disagio? Forse mi sbaglio io, ma al posto suo mi sentirei a disagio ogni volta che una persona, anche sconosciuta, mi guardasse. E ad essere sinceri, sapendo la brutta fine avvenuta alla propria isola, avrei il timore di svegliarmi e non trovare più nemmeno uno dei miei amici.

Lo spadaccino che prepara qualcosa di caldo è una idea malsana lo ammetto, ma mi stuzzicava come situazione. Poi, ad essere sinceri, vedere i siparietti tra Usopp e Rufy, e Zoro e Sanji è il massimo. Ok che la situazione sulla Merry è delicata, ma sono pur sempre degli idioti totali u.u quindi, diciamo che non tutto è andato a farsi benedire, solo che è prevalsa la preoccupazione verso la loro navigatrice ed hanno deciso di stare buonini. Per quanto possono almeno.

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Capitolo 4
*** 4. Armonia bucolica ***


Rompo un po’ le scatole anche qua, prima che iniziate a leggere il nuovo capitolo.

Sei recensioni nel capitolo precedente O_O davvero ragazze, e ragazzi, non so come ringraziarvi. Leggere i vostri commenti è davvero un piacere e soprattutto un onore.

Credevo sinceramente che la trama fosse troppo sentita, ripetitiva e masticata in mille lingue. Vedere invece i vostri commenti mi fa un certo effetto ç_ç

 

Vabbè, aehm, vi lascio in santa pace, per ora xD

Buona lettura.

 

 

 

Quando si tocca il fondo, si può solo risalire

 

 

 

4. Armonia bucolica

 

Usopp alzò il capo verso il cielo che stava andando a tingersi di rosso.

Spostò gli occhi verso la sua sinistra. Lì Rufy, appoggiato svogliatamente alla paratia, manteneva lo sguardo fisso sotto di se, sul ponte della nave dove lo spadaccino era intento a ripulirlo dai residui di pioggia che era caduta nel pomeriggio.

Guardando anche lui in quella direzione vide la sagoma di Zoro e ne sentì le bestemmie.

Almeno, alcune cose sembravano non essere cambiate.

“Dov’è Nami?”

Entrambi voltarono lo sguardo verso Chopper. Anche lui era appoggiato come loro alla paratia.

“Nella sua cabina” fu la risposta che ricevette da Robin, comparsa in quell’istante.

Il cecchino tornò a fissare il cielo passandosi una mano sul mento.

“Non può rimanere per sempre lì dentro” mormorò triste il piccolo medico poggiando il musetto sul petto.

Avevano ripreso il mare da più di tre giorni ormai, e la situazione era precipitata ancora. Era come se niente fosse accaduto su Frozen, l’isola che si erano lasciati alle spalle e che era stata protagonista di quelli che avevano definito piccoli passi.

La rossa navigatrice era tornata a rinchiudersi in se stessa.

“L’hai detto tu Chopper che ci vuole tempo” cercò di rasserenarlo Usopp esibendo un sorriso tirato e battendo un paio di volte la mano sulla spalla dell’altro.

Robin sospirò fissando il capitano che rimaneva in silenzio, lo sguardo ancora rivolto al ponte sotto di loro.

Non è da lui si ritrovò a pensare inconsapevolmente.

Da quando lo conosceva, certo, non era poi da molto, ma aveva imparato che quel ragazzino di gomma, sempre col sorriso sulle labbra, andava incontro ai problemi. Ora, sembrava girargli attorno.

Scacciando quel pensiero molesto dalla mente l’archeologa tornò a posare lo sguardo sul medico di bordo.

Chopper aveva ragione.

“Non possiamo far nulla” disse l’esatto contrario di quello che aveva pensato solo pochi istanti prima.

Le doleva ammettere che per quanto avesse voluto, loro non potevano fare nulla. Lei non poteva far nulla, se non stare accanto alla navigatrice e cercare di aiutarla. O almeno fermarla nei vari tentativi che più di una volta aveva intrapreso per farsi del male.

Chopper…” Rufy aveva parlato continuando a mantenere inalterata la sua posizione. “Se Nami non dovesse reagire…” lasciò la frase in sospeso.

Forse per paura delle parole che l’avrebbero conclusa.

Forse perché nemmeno lui sapeva come concluderla.

C’erano troppi forse.

Nessuno diede però una risposta. Chopper, l’unico che poteva dare spiegazioni ai compagni, infossò ancor di più il musetto, nascondendo gli occhi con la tesa del cappello, cercando di sfuggire lui stesso alle parole che invece la sua mente dava.

 

<< Nessuna possibilità. >>

 

“Dove stai andando?” domandò il cecchino vedendo Rufy alzarsi e lanciarsi letteralmente sul ponte.

“A provare l’impossibile” mormorò quello facendo un semplice segno allo spadaccino che di risposta lasciò cadere a terra lo scopettone.

“Che?” si domandò perplesso Usopp.

Ma presto la preoccupazione prese il posto a qualsiasi altro pensiero.

Rufy e Zoro erano entrati sottocoperta.

 

 

 

Zoro aveva capito subito. Non gli ci voleva molto a capire cosa passasse per la testa del suo capitano, e quel segno, ne era stato solo la conferma.

Lo seguì fino alla porta della stanza delle ragazze.

Camminando lentamente bloccò con una mano le else, rendendo il silenzio ancora più fitto, interrotto solo dai loro passi sul legno. Passi che si arrestarono solo in prossimità della porta.

Aspettò che Rufy allungasse la mano per bussare, ma quel gesto sembrava non voler arrivare.

“E se sbagliamo?” fu un sussurro, l’ennesimo.

Lo spadaccino si portò la mano alla testa. Passandosi la mano sul volto cercò di schiarirsi le idee che confuse gli annebbiavano il cervello.

Rufy voleva una risposta che lui non era in grado di dare.

Più volte l’idea di entrare nella stanza delle ragazze e di prendere di peso Nami e portarla fuori lo aveva colto. Idea che aveva sempre represso.

Aveva davvero creduto che qualcosa si fosse sbloccato cinque giorni prima.

Idea stupida si ritrovò a pensare.

“Se non sei sicuro Rufy, allora lascia perdere” rispose infine calmo. “Possiamo rimanere qui, fermi come degli stoccafissi ad aspettare che lei esca, oppure…” si appoggiò lentamente con una spalla alla parete, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo puntato sulla figura di Rufy. “Oppure possiamo provare a farla reagire” finì scuotendo il capo e facendo tintinnare i tre orecchini che portava al lobo sinistro.

Rufy ora lo fissava e Zoro ricambiò lo sguardo facendogli capire che lasciava a lui la scelta. Lui avrebbe capito e compreso qualsiasi cosa avesse deciso, anche se, in caso avesse deciso di lasciar perdere, probabilmente non gli avrebbe dato retta.

Con un sospiro Rufy bussò alla porta per poi aprirla.

La stanza delle ragazze, ai loro occhi, era sempre sembrata una meta inavvicinabile. Ora invece, non riuscivano a riconoscere quell’ambiente che più volte avevano catalogato come pulito ed ordinato.

Stonava quasi, come se anche lì i colori fossero sbiaditi e loro avessero davanti agli occhi una pellicola in bianco e nero.

“Nami” ancora una volta la navigatrice era rannicchiata ai piedi del letto.

Ai suoi piedi, Zoro riconobbe immediatamente la pagina di giornale che ormai da un mese la rossa continuava a stropicciare tra le mani.

Fu la prima cosa che Rufy fece.

La prese stringendola forte per poi passarla al suo compagno che la fece semplicemente sparire in una tasca, ripromettendosi di gettarla il prima possibile.

Zoro tornò a guardare Rufy avvicinarsi a Nami e provare debolmente a scuoterla.

“Nami” la chiamò ancora il ragazzo di gomma provando ad alzarle il volto. “Devi reagire” le disse duro cercando di mantenere lo sguardo fisso in quegli occhi marroni che avevano perso il loro brio.

Zoro, ancora alle loro spalle, fece lentamente quei pochi passi che li separavano inginocchiandosi poi a sua volta. Le spade riposte con cura addosso alla parete.

“Nulla è perduto” provò a dire. Ma si accorse molto presto che quelle parole risuonavano strano anche alle sue di orecchie.

Videro la navigatrice stringere gli occhi, scuotere il capo con forza e liberarsi dalla presa gentile del capitano tornando così a chiudersi a riccio.

Fu la classica goccia che fa traboccare il vaso quella.

“Credevo che fossi diversa” biascicò Rufy chinando il capo e facendosi cadere il capello sul volto. “Ti credevo pronta a lottare, ma devo essermi sbagliato” rialzò il capo solo per vedere Nami di fronte a se che lo guardava con espressione ancora più persa.

Vedendo l’espressione della rossa Zoro fissò Rufy, intuendo dove volesse andare a parare. Scuotendo lievemente il capo lasciò che continuasse a spronarla.

“Non ti riconosco più” fu il colpo di grazia di quello.

Una lacrima solcò la guancia pallida della navigatrice che nascose ancora una volta il capo, stringendo forte le gambe al petto.

Aiutami…” il sussurro misto a lacrime giunse come se fosse stato gridato.

Lasciandosi sedere a terra Rufy l’abbracciò stringendola forte.

Zoro rilasciò il fiato che non si era accorto di trattenere. Prendendo posto a sedere anche lui, passò delicatamente una mano sulla schiena di Nami sentendola ancora sussurrare quella richiesta di aiuto che tutti loro stavano aspettando.

 

 

 

Aprì gli occhi cercando di ricordare cosa fosse accaduto.

“Buongiorno Nami-san” riconobbe la voce e voltando il capo riconobbe la figura di Sanji che, seduto a cavalcioni di una sedia accanto al giaciglio, la osservava con un sorriso sulle labbra.

Usopp e Rufy erano scomodamente addormentati a terra, poggiando la schiena alla parete in legno.

“Scusaci per l’invasione” parlò ancora il biondo notando dove lo sguardo dell’altra si era andato a posare. “È quasi l’alba, vuoi mangiare qualcosa?” le chiese alzandosi in piedi e mantenendo un tono di voce basso.

Nami scosse il capo mentre lentamente le immagini del giorno prima le tornavano alla mente.

“Un tè?” provò ancora Sanji inginocchiandosi e guardandola ancora con quel sorriso rassicurante sulle labbra.

La risposta che ricevette fu affermativa.

Rialzandosi in piedi, finalmente sereno e contento della risposta ricevuta, si avviò verso la porta mentre la rossa tornava a chiudere gli occhi.

La sera prima avevano sentito tutto.

Sospirando Sanji ringraziò il cielo che quel testone di Rufy fosse finalmente riuscito a far reagire in qualche maniera la rossa.

Anche Chopper si era visibilmente tranquillizzato dopo aver sentito quel lieve sussurro uscire di propria volontà dalla bocca della ragazza.

Entrando in cucina non si meravigliò di trovare lo spadaccino e l’archeologa seduti al tavolo. Nessuno di loro era riuscito a dormire quella notte, Rufy e Usopp si erano assopiti da poche ore e probabilmente, notando l’assenza del medico, i due rimanenti erano riusciti a convincerlo ad andare a riposarsi.

“Quello è il giornale di oggi?” domandò vedendo il giornale buttato malamente sul tavolo.

Dallo sguardo serio che ostentavano intuì che non fossero riportate buone notizie.

“C’è stato uno scontro tra la marina e gli uomini pesce” lo redarguì spiccia Robin passandosi una mano sulla fronte.

Il biondo posò lo sguardo sullo spadaccino che lentamente prese il giornale e glielo lanciò.

“Brucialo” mormorò infine.

 

 

 

§

 

Ok, non chiedetemi da dove salti fuori il titolo di questo capitolo.

Tornando a noi, sinceramente la mossa di Rufy è stato un grosso, grossissimo azzardo u.u ma ho fatto finire bene la cosa. O no???

Chissà, al momento, la richiesta di Nami è preziosa.

Questo era il passo vero e proprio che tutti aspettavano. Ora, la parte più difficile, perché il problema è guarire da un simile tormento, e la strada, non è sempre in discesa.

La parte finale, quella in cui mister bushido ordina al mastro cuoco-perverso di bruciare il giornale, direi che è tipico di loro. Io, se fossi al posto loro, brucerei tutto, dal primo foglio all’ultimo. Non è un gesto fatto per tenere all’oscuro la navigatrice, semplicemente, credo che lo facciano anche per loro stessi. Ripeto: io lo farei u.u

Voi?

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