Secondo capitolo, per la gioia
di chi? Di certo non vostra…
Mettiamo i puntini sulle i : codesta ff,
che si presenta assai strana già ai miei occhi, non tratta la classica
battaglia. Nel senso che è qualcosa di più profondo (seee
profondo), nel senso che tratta di demoni del passato che tornano a far visita.
Nulla a che vedere con la
vecchia battaglia degli uomini pesce.
Mi sa che mi spiego da schifo.
Intanto vi lascio al capitolo,
più sotto le spiegazioni.
2. Anestetico
Quel posto di certo non
profumava di rose.
Zoro storse il naso mentre
metteva piede dentro l’ennesima locanda per poi ritornare sui propri passi ed
uscire. Aveva ancora una volta sbagliato.
Gli abitanti dell’isola lo
guardavano incuriositi, altri invece divertiti.
Mugugnando una qualche
maledizione lo spadaccino svoltò a destra. Lui le strade non le capiva proprio.
Si accodò a quella che
sembrava una massaia. Almeno sarebbe finito da qualche parte.
“Trovato nulla dottore?”
Chopper sussultò.
Si era totalmente estraniato
da non ricordare nemmeno che Robin era andata assieme a lui in biblioteca.
“Niente” mormorò afflitto ed
il cappello sembrò calare sui suoi occhi.
Tacque Robin.
Anche se avesse voluto dire
qualcosa per risollevare il morale del medico, dubitava che le sue parole
avrebbero sortito alcun effetto. Non riusciva a convincere nemmeno se stessa.
I tomi aperti sul tavolo in
legno non erano altro che frutto di ricerche errate. Nulla sembrava portare ad
una conclusione o almeno a capire cosa fare per risolvere il loro problema.
Guardare nei libri era sempre
stato il suo modo per capire i problemi che incontrava e poterli così superare.
Aveva trovato sempre almeno una risposta. Cosa c’era, allora, di sbagliato
quella volta? Forse aveva guardato nei libri sbagliati, o forse semplicemente,
non c’era una soluzione precisa.
Quella volta non sarebbe
bastato prendere una medicina.
Sospirando la mora richiuse
l’ennesimo libro scartandolo e posandolo sulla lunga fila posizionata al suo
fianco. Ogni cosa di quei libri sembrava gridare disfatta. Avrebbero perso la
battaglia?
“E se stessi sbagliando?”
chiese flebile il piccolo medico osservando ostinatamente il libro che aveva
davanti agli occhi.
“Perché dici questo?” Robin
sollevò appena un sopracciglio posando lo sguardo sul compagno.
Stavano arrivando i dubbi e
quelli, non erano mai un buon segno.
L’archeologa aveva visto più
di una ciurma disfarsi a causa di dubbi. Erano fedeli i compagni? Avrebbe
mantenuto la promessa? Sarebbero stati pagati?
Non portavano mai a nulla,
solo a dispiaceri.
“Non riesco a trovare una
soluzione” si asciugò una lacrima che furtiva era scesa lungo la guancia.
“Forse sbagliamo metodo”
sussurrò lentamente l’altra. Quella volta riuscì a far assumere alle sue labbra
un sorriso più convincente del solito.
“Non sono cose semplici da
superare. E poi, credo che ci sia altro dietro” alla mente le tornava sempre
l’espressione malinconica del capitano.
Cosa poteva esser successo di
così grave in passato da far oscurare perfino il volto di Rufy?
“E tu che ci fai qui?” il
biondo palesò la sua sorpresa inarcando un sopracciglio.
Zoro dal canto suo si strinse
nelle spalle. Un modo come un altro per dirgli che non ne aveva la più pallida
idea.
Alzando gli occhi al cielo
Sanji riprese il proprio cammino tra le bancarelle gettando ogni tanto uno
sguardo alla merce esposta. Se non altro aveva altre due braccia per
trasportare il primo carico di spesa.
Altri ne sarebbero seguiti
prima di imbarcarsi nuovamente.
Nonostante tutto, quel giorno
il sole splendeva alto nel cielo. Una leggera brezza rinfrescava l’aria
altrimenti secca. Forse quell’isola era tranquilla.
Si chiese se Robin e Chopper
avessero fatto progressi.
“Che guardi?” lo spadaccino
si era fermato.
Era facile capire quando il
compagno si arrestava, i foderi delle spade finivano di cozzare tra loro ad
ogni passo ed il silenzio calava.
Sanji si voltò ad osservare
Zoro che a sua volta osservava un vicolo posto alla loro destra.
“Mi sembrava di aver visto qualcuno…” borbottò quello poco convinto e tornando a
camminare, superando il biondo che rimase impalato per qualche istante
perplesso prima di seguirlo.
“Qualcuno chi?” domandò
affiancando l’amico.
Mentre l’odore di tabacco
bruciato lo circondava, Zoro ripensò a quella figura tra le ombre che aveva
visto.
Forse era solo la sua stupida
immaginazione a giocargli brutti scherzi.
Scosse il capo cercando di
scacciare dalla mente ogni pensiero. Cercò di concentrarsi sull’odore della
sigaretta di Sanji, ma serviva a poco. Altro che calmante come lo definiva il
cuoco.
“Solo un’ombra” si strinse
nelle spalle sentendo lo sguardo indagatore di Sanji sul volto. “Hai ancora
molto da fare qua?”
Se fosse stato un altro giorno,
Sanji avrebbe risposto per le rime cercando in tutti i modi di far sentire in
imbarazzo il compagno, o forse avrebbe protratto ancora a lungo il giro
sfinendolo e caricandolo di borse.
“Quasi” si limitò a
rispondere indicando con un cenno una bancarella. “Facciamo tappa al porto e
poi torniamo alla locanda.”
“Che vuol dire sparita?”
Usopp si fece piccolo piccolo mentre il cuoco
avanzava a passo di carica.
“Sanji” lo richiamò
all’ordine Zoro bloccandolo.
Gli strinse forte la spalla
che aveva arpionato cercando al tempo stesso di calmarsi. La mano libera era
già posata sull’elsa della wado ichimonji,
ma ancora la lama era al sicuro nel fodero.
“Parla Usopp” ordinò poi
mentre Sanji stringeva le labbra in una linea dura.
“N-non
so come sia successo. Voi non c’eravate e quando siamo saliti per vedere se era
ancora in stanza e volesse mangiare qualcosa, bhè…non
c’era più” mormorò afflitto portandosi le mani tra i capelli ricci.
“E Rufy?” chiese atono Sanji
cercando in tutti i modi di riprendere il controllo della sua mente.
Lasciarsi trasportare
dall’ira non era un bene, soprattutto se rischiavano così di mettere ancora più
in pericolo Nami.
“Non lo so, quando mi sono
voltato non c’era più” ricordava ancora quando si era voltato e non aveva più
visto il ragazzo al suo fianco.
Sarebbe corso pure lui a
cercarla, ma sapeva anche che doveva aspettare gli altri.
Era colpa sua? Si chiese
mentalmente mentre maledizioni volavano rivolte verso se stesso e la sua
stupida sbadataggine.
Forse sì.
Come aveva fatto a non accorgersi
che la navigatrice era scesa e se ne era andata? Le scale portavano alla sala
dove lui e Rufy erano appostati. L’avrebbe dovuta vederla in tutti i casi.
Doveva prestare più attenzione.
“Che succede?” Sanji si voltò
riconoscendo la voce di Robin.
“Nami è sparita” fu Zoro però
a rispondere, mentre Usopp era ancora seduto a terra, le mani tra i capelli ed
il volto rivolto verso terra. “Rufy credo che la stia cercando.”
Sciolse definitivamente la
presa dalla spalla del cuoco e si diresse verso una panca all’esterno di quella
locanda.
“E noi?” chiese spaventato
Chopper. I libri presi dalla biblioteca gli scivolarono dalle mani finendo a
terra ed aprendosi su pagine imprecisate. “Dobbiamo trovare Nami, se le succ-”
“C’è Rufy” fu la risposta che
diede Sanji bloccando così ogni singola risposta che potevano dare tutti gli
altri.
Si scambiò uno sguardo
corrucciato con Robin prima di portare l’ennesima sigaretta alle labbra ed
accenderla. Lasciandosi scivolare a terra, seduto sui calcagni, a fianco del
cecchino, lanciò un’occhiata di sbieco verso Zoro.
“Ma…”
provò ancora Chopper vedendo che anche Robin si era seduta ad un’altra panca
libera.
“Chopper, abbi fiducia in
Rufy” lo rimproverò piano Sanji guardandolo intensamente.
Il piccolo medico raccolse i
libri caduti trattenendo a stento l’ennesima protesta.
Certo, si fidava di Rufy, ma
aveva lo stesso paura per la rossa. Per di più, conoscendo il suo capitano,
potevano passare ore prima che riuscisse a trovarla.
Zoro si passò ancora una
volta una mano sul volto. Quel giorno si era dimenticato di farsi la barba ed
ora il suo volto pungeva lievemente.
“È colpa mia” i mugugni di
Usopp lo stavano infastidendo.
Ma lo lasciò parlare ancora,
e ancora, e ancora. Lui per primo si stava maledicendo per aver deciso di farsi
un giro per la città invece di rimanere di guardia.
Si maledì anche per non aver
dato retta al suo istinto quando aveva scorto quella figura vicino al mercato
catalogandola come un’allucinazione della sua mente.
“Signorina?” alzò di scatto
la testa a quella voce.
Tremava appena rannicchiata
tra un paio di casse nel vicolo dove si era rifugiata.
“Tutto bene?” chiese ancora
quella voce che ben presto scoprì appartenere ad un bambino di poco più di
dieci anni.
Forse, a giudicare da come
parlava, poteva averne al massimo dodici.
Annuì frettolosamente
rintanandosi ancora. Sprofondare nell’oscurità che il vicolo le donava sembrava
la cosa più semplice. Strinse ancora più forte la maglia che portava tra i
pugni affondando di nuovo la testa tra le braccia incrociate.
Non aveva idea di dove si
trovasse. Ma non le importava.
Un singhiozzo le scappò.
“Signorina rimanga qui, vado
a cercare qualcuno” aveva sentito i passi affrettati allontanarsi, ma aveva
ostinatamente mantenuto lo sguardo serrato cercando di nascondersi ancor di
più.
Rimase immobile per quelle
che le parvero ore, cercando di regolarizzare il respiro mentre lacrime salate
scendevano lentamente lungo le sue guance arrossate e calde.
Piangere non era la soluzione
giusta, ma non sapeva cos’altro fare.
Le parole di quell’articolo
lampeggiavano continuamente davanti ai suoi occhi. Bruciavano come se fossero
state incise a fuoco sulla pelle.
Sarebbe tornato quel
ragazzino?
Una vocina, nella sua testa
le diceva che era meglio così. Affrontare i problemi con le sue uniche forze.
Lo aveva fatto per otto lunghi anni cercando in tutti i modi di sconfiggere un
nemico grazie alla propria astuzia, l’ingegno ed una buona dose di egoismo.
Aveva fallito però.
Ora, l’incubo si era fatto di
nuovo vivido. Il passato era tornato a tirare le somme rubandole anche l’unica
casa che aveva e con essa, tutte le persone che vi abitavano.
“Nami…”
riconobbe subito la voce di Rufy.
Inginocchiato a pochi
centimetri da lei, il capitano la fissava ansioso. Il fiato lievemente
affannato dovuto alla corsa, la ricerca costante della propria navigatrice.
Aspettò pazientemente che
Nami alzasse lo sguardo solo per scoprire che i suoi occhi erano lucidi di
lacrime. Mentre una morsa ferrea lo attanagliava all’altezza dello sterno,
mozzandogli il respiro, allungò una mano aspettando che lei la prendesse.
“Andiamo” mormorò infine
mentre sentiva la mano della rossa stringere la sua debolmente.
Voltandosi la fece salire
sulle proprie spalle ed il cappello calava sul suo viso nascondendo gli occhi
scuri.
“Mi puoi guidare fino alla
locanda?” domandò poi rivolgendo un lieve sorriso al bambino che lo aveva
accompagnato fino a quel luogo.
“Di qua” rispose al tiepido
sorriso di quel pirata e cominciò a far strada.
<< Aiutami…
>>
“Quanto impiega il log-pose a
registrare il magnetismo Robin-chan?”
L’archeologa alzò lo sguardo
dal proprio piatto, abbandonando anche la forchetta su di essa.
Se ne era dimenticata pensò
sbattendo per un attimo gli occhi. Non nel senso vero e proprio, l’aveva
chiesto alla bibliotecaria il tempo che impiegava il log-pose a registrare, ma
si era totalmente dimenticata di informare il resto della ciurma.
“Tre giorni più o meno”
mormorò tornando a posare lo sguardo sul piatto.
Ormai erano lì già da una
giornata. Nonostante tutto, le ore sarebbero passate in fretta e ad essere
sinceri, preferivano riprendere il mare. Almeno sulla Merry
avrebbero avuto la situazione sottocontrollo.
“Vado a dare il cambio a
Chopper” mormorò infine la mora alzandosi e dirigendosi verso le stanze.
Usopp la seguì con lo sguardo
finché non sparì. Chopper era rimasto in camera con Nami da quando Rufy l’aveva
riportata alla locanda.
Sospirando mangiò un altro
boccone della sua cena mentre anche Sanji posava le posate per poi accendersi
una sigaretta.
Al tavolo della locanda ora
erano solo loro quattro. La stanza era quasi vuota fatta eccezione per una
decina di persone intente a bere.
“Che dobbiamo fare?” la
domanda di Rufy sembrava più rivolta a se stesso che ai suoi compagni.
Tutti e tre si guardarono tra
loro cercando negli occhi degli altri una risposta, ma sapevano bene che non
esisteva. Non c’era un nemico da dover sconfiggere, non c’era una battaglia da
intraprendere. C’erano solo demoni dal passato.
Zoro posò una mano sulla
spalla del capitano cercando così di fargli forza.
“Ho letto il giornale oggi”
disse ad un certo punto il cuoco spegnando la sigaretta. “La marina ha
catturato diversi uomini pesce, ma non c’è riportato nulla sull’isola.”
“Credete che si sia salvato
qualcuno?” ad Usopp tremò la voce mentre poneva quella domanda.
Non era sicuro di voler una
risposta.
“Sai anche tu che odiano gli
umani” fu tutto quello che disse Sanji poggiando i gomiti sul tavolo. “Domani
vado ancora al mercato. Chi rimane qua?”
“Io” mormorò Zoro agguantando
la bottiglia di sakè e svuotandola nel bicchiere. “Robin e Chopper andranno
ancora in biblioteca, e voi due andate pure a farvi un giro per l’isola” disse
infine riferendosi a Usopp e Rufy.
§
Decisamente la mia mente va a banane.
Credetemi se vi dico che questa cosa è assurda, già di suo
è una cosa assurda.
Pensavo, mentre scrivevo, a cosa farei io al posto di Nami
sapendo che la propria isola, dopo tutta la sofferenza patita per otto lunghi
anni, è stata attaccata ancora dagli uomini pesce. Il giornale riporta notizie
frammentarie, ma la cosa che sembra più saltare all’occhio è che è stata
totalmente rasa al suolo.
Ora, la cosa diventa un po’ complicata, nel senso che non c’è
un nemico vero e proprio come lo era Arlong, quindi
non c’è nessuno da combattere.
Sarà più che altro una battaglia interna.