Caccia al tesoro. di Betrayed (/viewuser.php?uid=75137)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I - Cominciamo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo II - Quello che non hai perso. (prima parte) ***
Capitolo 1 *** Capitolo I - Cominciamo. ***
-Caccia
al tesoro-
Come
vi sentireste se il vostro peggior nemico vi portasse via
ciò che di
più caro avete al mondo e lo mettesse all’asta
ponendo come prezzo
di base la vostra vita?
Come
vi sentireste se vi dicessero che in realtà la vita
è un gioco, in
cui si muore troppo facilmente?
E se improvvisamente
un vecchio manicomio abbandonato divenisse la scacchiera di una
partita ?
Reclusa,
un'altra volta.
Tra le pareti buie si consuma il suo dolore
soffocato nelle lacrime; talmente sofferente è il
suo cuore di
fronte ad una speranza morta tanto velocemente quanto nata, da
riflettere, come un crudele specchio, gli effetti di quel male sul
suo corpo.
Le ossa sporgono sotto la pelle tirata e grigia, le
guance incavate e nere di un livido del quale non ricorda nemmeno la
provenienza, sono striate del rosso delle sue unghie che le hanno
graffiate quasi a voler scavarci dei solchi.
I suoi occhi blu sono
profondi, grandi e colmi di paura, sempre spalancati quasi avessero
paura di chiudersi, di cedere all'invitante abbraccio di Morfeo che
le offre l'incoscienza di un sonno troppo agitato.
La
monotonia delle sue giornate si svolge sempre in quella stanza
-necessità primarie escluse- ed è scandita da uno
spostarsi dal
piccolo letto alla finestra chiusa e sbarrata che da su un altro
edificio altrettanto grigio; ma ormai ha smesso anche di contare i
giorni trascorsi in quell'umido ambiente, al freddo.
Winry
si rigira ancora nel letto improvvisato al centro della stanza,
stringendosi più stretta su se stessa.
All’improvviso la porta si
apre, facendola sobbalzare.
La ragazza solleva appena il
capo , con lo sguardo appannato scorge una figura snella slanciata
dai capelli talmente lunghi da arrivargli alla coscia.
Quando
riesce a metterlo a fuoco rabbrividisce, rintanandosi
nell’angolo
del letto.
I capelli verdi oscillano come le fronde di un
albero, così scuri da sembrare neri e in contrasto
con la
pelle diafana.
Winry geme debolmente come un animale
braccato che sa di non avere scampo, ma nonostante ciò
continua a
sperare di poter sfuggire al predatore.
Envy si avvicina, il
ghigno che ha dipinto in volto non se ne va, anzi, sembra diventare
sempre più evidente man mano che l’homunculus
avanza.
Winry
si rannicchia ancora di più contro il muro, nel disperato
tentativo
di sfuggire all’ago della siringa che il suo rapitore tiene
nascosto dietro la schiena e che la ragazza ha intravisto.
-No,
ti prego…- biascica, senza smettere di schiacciarsi contro
il muro,
graffiandosi così la schiena.
-Oh ma dai, quante storie per
una punturina… Ti farà passare tutto.-
La bionda solleva
lo sguardo incontrando quello ametista di Envy, sgrana gli occhi
sorpresa.
Per un attimo ci crede; sorride, quasi. Ma dopo
qualche secondo passato ad osservare i movimenti dell’altro
si
rende conto che le intenzioni dell’homunuculus non possono
essere
buone.
Ma è troppo tardi: in un attimo Envy l’ha bloccata
sul letto, fa pressione sulle sue braccia con le ginocchia, tenendole
spalancate e, curvandosi sul suo avambraccio infila l’ago per
intero, svuotando la siringa.
La ragazza spalanca ancora di
più gli occhi azzurri, le pupille si dilatano –un
buco nero nel
cielo- e lei si spegne.
In tutti i sensi, il suo corpo si
abbandona sul giaciglio, la testa crolla di lato, la bocca semi
aperta e gli occhi ancora spalancati.
Il suo respiro è
debole, seppur regolare.
Envy si china su quelle labbra
color pesca, sfiorandole con le sue, per poi sollevare il capo e
mostrare l’espressione soddisfatta, mentre gli occhi
–fissando un
punto indefinito- si riempiono di crudeltà.
***
Edward
rientrava in quel momento da Quartier Generale, dopo un estenuante
giornata passata alla ricerca dell'amica scomparsa da ormai quasi un
mese.
Dove diavolo poteva essersi cacciata? Central City era
grande, ma non gli era mai parsa così gigante come quel
pomeriggio,
trascorso per le vie della città nel tentativo di ritrovare
l'amica.
Alphonse in quel momento si trovava a Resembool, per
parlare con la zia Pinako.
Era la prima volta che i due si
separavano ed Edward non aveva mai sentito così
tanto la
mancanza del fratello.
Quella sera le vie di Central City parevano
vuote, quasi la città fosse disabitata. Persino il rumore
dei suoi
passi sul marciapiede sembrava insopportabile.
Le ombre delle case
si stagliavano sulla strada minacciosamente distorte e allungate
dalla luce della luna che splendeva in cielo perfettamente
tonda.
Eppure c'era qualcosa di strano quella
sera.
All'improvviso il guizzo di un'ombra nel buio lo fa
sobbalzare.
Una voce infantile distorta e acuta gli fa accapponare
la pelle.
"Oh, ma guarda chi c'è qui! Piccoletto, le grandi
città a quest'ora di notte non sono sicure! Non te l'ha mai
detto
tua mamma?" la voce ammutolisce per un attimo. "Oh no,
giusto. Tua mamma non c'è più! L'hai trasmutata,
non è vero
piccoletto?"
Edward impallidisce e continua a guardarsi
attorno, ma non riesce a scorgere nulla, a parte le ombre delle
case.
"Chi sei?" chiede, senza smettere di guardarsi
attorno.
Una risata graffiante rompe nuovamente il silenzio
teso.
"Oh ma come? Non vuoi sapere dove si trova la tua
amica?"
Di fronte all'alchimista compaiono due occhi ametista
che lo fissano schernendolo divertiti e brillando crudelmente, per
poi scomparire di nuovo.
"Suvvia, te lo ricordi quando
giocavate a nascondino?" un'altra risata. "Vieni a
trovarla! Giochiamo! Ma stai attento a scegliere bene le tue mosse,
piccoletto! E' un gioco pericoloso, soprattutto per lei."
"Bastardo!
Che le hai fatto?? Liberala!"
"Oh, mossa sbagliata,
piccoletto. Essere avventati non è mai una buona cosa,
nessuno te
l'ha mai detto? Tuo padre? Oh, no giusto. Lui non c'è mai
stato
vero? Allora, giochiamo?"
"Non lo voglio fare il tuo
stupido gioco! Ridammi Winry!!"
"Oh, piccoletto, hai
sbagliato del tutto..." nel buio il tono fintamente dispiaciuto
pareva quasi materializzarsi e persino Edward poteva immaginarsi il
rapitore scuotere la testa sconsolato. "Ma io sono buono, vero?
E infatti non la ucciderò, però tu giocherai, se
la rivuoi indietro
davvero"
Un colpo ben assestato sulla nuca e l'alchimista
d'acciaio svenne.
"Il gioco è cominciato, piccoletto."
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Capitolo 2 *** Capitolo II - Quello che non hai perso. (prima parte) ***
Capitolo 2 saw fma
Capitolo II - Quello che non hai perso. (Prima parte)
"Nessuno qui, nessuno ti salverà"
La vocina acuta gli perforò la testa
come una lama, inducendolo a spalancare gli occhi.
Per un attimo credette di essere cieco,
tale era il buio che lo circondava, ma non appena i suoi occhi
abituarono all'assenza di luce cominciò a distinguere i contorni
sfumati delle pareti.
"Lo sai dove ti trovi piccoletto?"
Edward cominciò a prendere coscienza
degli arti lentamente, come se il sangue avesse cominciato a scorrere
solo in quel momento, come se fosse stato attivato dalla voce
dell'homunculus.
Percepì il polso avvampare
improvvisamente, costretto contro l'altro da una corda che gli
penetrava la carne. La fitta di dolore che si propagò lungo il
braccio gli provocò un gemito soffocato a denti stretti.
All'improvviso la luce invase la
stanza, sfarfallante e debole, ma per i suoi occhi, ormai rassegnati
alle tenebre, accecante. Strinse le palpebre, urtato dal bagliore.
"Suvvia, Elric, apri gli occhi."
Il biondo sobbalzò appena avvertendo
la voce vicina e obbedì con lentezza, ma quando lo fece non vide
nessuno accanto a lui. Spostò lo sguardo davanti a sé, incontrando
l'impedimento di una grigia parete in cemento.
Poi all'improvviso qualcosa di piccolo,
freddo e umido cadde sulla sua testa, scivolando con densità giù
per i capelli color grano, provocandogli un brivido lungo la schiena
quando incontrò la pelle scoperta del collo, gocciolando anche sulla
maglia.
L'odore ferroso che cominciava ad
impregnare l'aria lo spinse a reclinare il capo appena all'indietro,
ma ciò che vide lo fece rabbrividire e si pentì subito di quella
scelta.
Il soffitto s'interrompeva bruscamente
proprio sopra la sua testa, lasciando spazio ad un enorme grata di
ferro arrugginita, attraverso la quale si potevano intravedere i
corpi mutilati di uomini, ammassati probabilmente l'uno sopra
l'altro. Li scorse lentamente, mentre il suo respiro accelerava
facendosi pesante e i suoi battiti aumentavano in proporzione al suo
orrore, fino ad incontrare lo sguardo vitreo di uno dei cadaveri, il
cui volto spingeva tra le sbarre schiacciato dal peso sovrastante,
gli occhi cerchiati di nero e spalancati, bianchi; la pelle cerulea
metteva in risalto le guance incavate e i capelli corvini, in
particolare sulla carnagione spiccava particolarmente il sangue,
rappreso appena sotto gli occhi e agli angoli della bocca.
Il biondo rabbrividì, distogliendo
immediatamente lo sguardo e puntandolo al terreno, mentre l'ennesima
goccia di sangue gli macchiava la maglietta con la consistenza reale
di un piccolo ago, ma che si rifletteva con la potenza di mille
pugnali nel suo animo scosso.
"Quello che devi fare è semplice.
Liberati e trova la chiave per uscire da qui. La tua salvezza è in
ciò che non hai perso. La scelta è semplice, lei o te? Attento a
non affogare nella tua impotenza, Sai, anche se a te non sembra, ad
ogni minuto che passa la stanza viene invasa dall'acqua."
La risata che seguì gli fece
accapponare la pelle, e si spense lentamente lasciando dietro di sé
un eco inquietante.
L'ansia iniziò a serpeggiare tra i
suoi pensieri, mentre si guardava attorno cercando di non far caso a
ciò che aveva appena sopra la sua testa, il cui odore di
decomposizione andava infettando la stanza.
Si agitò sulla sedia, con l'unico
risultato di provocarsi ancora più dolore al polso, ma fu proprio
nel tentativo di calmarsi che i suoi occhi incontrarono la sagoma scura di un oggetto acuminato sul muro.
Vi si avvicinò, stringendo i denti per
soffocare il dolore all'arto, trascinando la sedia facendo leva sui
piedi e tirandosi avanti con la sola forza delle gambe giunse fino
alla sporgenza, che era in effetti la sezione di un tubo in metallo,
tagliata trasversalmente.
Si girò, posizionando la corda sul
bordo tagliente, attento a non peggiorare ancora di più la
situazione del polso e, con lentezza esasperante, iniziò a logorarla
fino a spezzarla.
Portò le braccia davanti a sé,
massaggiando la parte dolente dell'arto che gli rimaneva con il
metallo freddo dell'automail, mentre si guardava attorno ancora, alla
ricerca di qualcosa che lo traesse in salvo.
Si sollevò dalla sedia e i suoi
pantaloni si bagnarono immediatamente.
Colto dall'ansia non aveva dato troppo
peso alle parole del suo sequestratore, e solo in quel momento si
rese conto che, effettivamente, il livello dell'acqua stava salendo.
Da dove provenisse il liquido gli fu
preso chiaro; in parte gocciolava dal soffitto, mescolandosi al
sangue dei cadaveri sulla grata, ma la maggior parte filtrava da
sotto la porta in acciaio massiccio, alla quale si avvicinò.
Tentò di usare l'alchimia, ma capì
quasi subito l'inutilità di quel gesto.
Evidentemente non
funzionava, in quel luogo, per chissà quale motivo.
Si voltò, dando le spalle alla sua
salvezza per osservare la stanza, senza trovarvi però nulla di
utile.
Il suo cervello iniziò a vagliare le
varie possibilità scartandole però tutte, e all'improvviso il
discorso dell'homunculus riaffiorò nella sua mente.
"Quello che devi fare è
semplice. Liberati e trova la chiave per uscire da qui. La tua
salvezza è in ciò che non hai perso."
... La tua salvezza è in ciò che non
hai perso.
E capì.
Si osservò il
braccio, e vi scorse una sagoma, come un
tatuaggio sulla pelle bianca, che prima non aveva visto.
Lo ripercorse
lentamente con le dita.
Il disegno di una
chiave.
Il biondo
rabbrividì, premendo e incontrando una consistenza troppo metallica
per essere umana.
La chiave era lì.
Dentro il suo
braccio.
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