Chi l'avrebbe mai detto

di _Renesmee Cullen_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come tutto ebbe inizio ***
Capitolo 2: *** Io non dimentico ***
Capitolo 3: *** Disco ***
Capitolo 4: *** Tutto per un pezzo di pizza ***
Capitolo 5: *** Volendo essere antipatica ***
Capitolo 6: *** Litigi vari ***
Capitolo 7: *** chiarimenti? ***
Capitolo 8: *** Un po' di civiltà è possibile, forse... ***
Capitolo 9: *** La fortuna aiuta gli audaci ***
Capitolo 10: *** Felicità e guai ***
Capitolo 11: *** I love shopping ***
Capitolo 12: *** Vuoi ballare? ***
Capitolo 13: *** Spiona! ***
Capitolo 14: *** Start the Party ***
Capitolo 15: *** Di nuovo...? ***
Capitolo 16: *** Impossibile ma vero ***
Capitolo 17: *** Supereroi ***
Capitolo 18: *** Un passo di troppo ***
Capitolo 19: *** Lontani ***
Capitolo 20: *** Casteli di sabbia ***
Capitolo 21: *** The nightmare ***
Capitolo 22: *** Messa in scena ***
Capitolo 23: *** Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi ***
Capitolo 24: *** Ricerca ***
Capitolo 25: *** Sorpresa! ***
Capitolo 26: *** Saltami addosso! ***
Capitolo 27: *** La verità!? ***
Capitolo 28: *** Stupida ***
Capitolo 29: *** Sensi di colpa ***
Capitolo 30: *** Sono solo parole ***
Capitolo 31: *** Sotterfugi? ***
Capitolo 32: *** All this Time ***
Capitolo 33: *** EPILOGO ***



Capitolo 1
*** Come tutto ebbe inizio ***


 Salve a tutte, ragazze. Innanzi tutto spero che questa ff vi piacerà, e spero che recensirete in molte. Accetterò anche delle critiche, dato che questa è la prima volta che scrivo una ff. Dedico questo primo capitolo a _Miss Cullen_ perché senza di lei che mi incita a scrivere e che mi da dei consigli, questa storia non esisterebbe.
Ringrazio in anticipo tutte le ragazze che recensiranno  e soprattutto leggeranno la mia storia. Detto questo, vi lascio al primo capitolo, sperando che vi piaccia.

 


 
Prologo
Mi avvicinai a lui inferocita:
-Perché diavolo vai dicendo in giro che stiamo insieme?- la mia faccia era a dir poco paonazza. Fece una faccia stravolta; faceva finta di non capire cosa stessi dicendo, il bastardo, pesava che essendo più piccola fossi deficiente? Mi avvicinai a lui a grandi passi e quasi urlai:
-Bhe sai che ti dico? Mettiti bene in testa queste parole, perché non ho voglia di ripetertele: per il tuo carattere, per la tua arroganza, per i tuoi modi e per quello che ti credi di essere, tu saresti l'ultimo ragazzo sulla faccia della Terra con cui mi metterei, anzi, non mi ci metterei proprio!- e mi voltai, lasciandolo senza parole, con uno sguardo che sembrava quasi sofferente; ma non me l’avrebbe data a bere, non una seconda volta.  E dopo averlo umiliato davanti a più di metà della scuola, sparii nei corridoi.


Capitolo 1- Come tutto ebbe inizio
 
Avevo paura, tanta. Paura di sbagliare, di far fare brutta figura alla mia professoressa di pianoforte, avevo paura del giudizio delle ottocento persone davanti alle quali avrei dovuto esibirmi a breve, con un pezzo strumentale che faceva rabbrividire per quanto fosse difficile. Di solito “paura” non era una parola che rientrasse nel mio vocabolario personale ma… c’è sempre un’eccezione. Era un anno e mezzo ormai che stavo lavorando su quel brano, e a Ottobre avevo avuto la malsana nonché stupida idea di partecipare alle selezioni per questo concerto… ma non l’avrei più fatto, ne ero certa! Era ora di dare una frenata alle mie manie di protagonismo. Non che io non mi fossi mai esibita davanti a del pubblico, ma questa era la prima volta che lo facevo davanti a coetanei e professori. Preferivo esibirmi davanti agli adulti. Soprattutto avevo paura di quello che avrebbero detto quelli della mia classe, tanto più che il gruppo di “cantanti”(se così si potevano chiamare) che avevano proposto era passato alle selezioni solo per non creare inimicizie tra me e loro. Il 1 D, una classe di gente che si credeva superiore agli altri, che pensava di sapere tutto; solo le mie migliori amiche e pochi altri si salvavano. Solitamente non mi interessava del giudizio degli altri, ma quel giorno, solamente guardando il pubblico, mi veniva da rabbrividire.
Mancavano solamente otto esibizioni, poi sarebbe toccato a me… il cuore mi batteva fortissimo, solamente il giorno dell’esame di terza media era stato peggio, o almeno così credevo…
Iniziai a camminare per cercare di smaltire il nervosismo, quando ero agitata gli unici due rimedi che avevo per rimanere un po’ più calma erano parlare a raffica di cose insensate con qualcuno, o camminare. Ma non potevo parlare con nessuno, tantomeno con le mie compagne di classe, e le altre erano tutte sedute in platea a spettegolare. Anche la mia migliore amica Athena. Sudavo freddo, ma ci mancava solo che mi si fossero bagnate le mani, così addio bella figura! Fantastico, i miei capelli si stavano sfasciando. Quei ricci che mi ero fatta con tanto sudore… a farsi friggere! Stupida umidità. Due ore buttate nel gabinetto. Avevo i capelli lunghi, castano-rossicci e lisci come degli spaghetti, e mi ci era voluta un’eternità per riuscire a fare una pettinatura decente e che mi stesse bene.
Mi rendeva ancora più nervosa il fatto che in mezzo alla platea ci sarebbe stato il ragazzo per cui avevo perso la testa. Lo avevo conosciuto a Novembre, e me ne ero innamorata perdutamente; fatto sta che a Gennaio, tornata dalle vacanze di Natale e dopo quindici giorni di incessanti riflessioni, gli avevo confessato i miei sentimenti. Io ero convita al quasi 60% di piacergli, dato che mi abbracciava, mi aspettava fuori dalla scuola, e mi faceva tutte queste gentilezze varie. Ma purtroppo la mente di una bambina non avrebbe mai pensato a quello che sarebbe potuto succedere. Pensavo che fosse troppo timido per dirmi quello che provava… se timido un corno! Così ci avevo pensato io. E lui cosa aveva fatto? Era sparito per cinque giorni lasciandomi di merda! Dopo era ricomparso stile Harry Potter e mi aveva detto che mi voleva bene, ma che per me non provava nient’altro. Aveva anche aggiunto  che se per me non fosse stato troppo difficile, gli sarebbe piaciuto rimanere amici come prima. Da quel giorno maturai di colpo, forse troppo velocemente, tanto che il mio rendimento scolastico e il mio umore ne risentirono. All’inizio avevamo mantenuto più o meno gli stessi rapporti, ma ora era da un mese che non ci sentivamo, da quando ero andata al suo compleanno (azione della quale mi ero pentita profondamente, poiché lì avevo visto quella che gli piaceva). E anche in quel momento continuava a piacermi. Non potevo farci niente… Ogni volta avevo cercato di tirarmi su di non deprimermi, poiché detestavo le ragazze che diventavano tristi per amore… lo consideravo inutile! Grazie anche all’aiuto delle mie sorelline adottive ce l’avevo sempre fatta, e non avevo mai versato una lacrima.
Io: troppo orgogliosa per dire che qualcosa mi dispiaceva, troppo orgogliosa per piangere, ma con una memoria lunghissima, tanto che rimuginavo sempre sulle cose che facevo. La mia testa era più dura di quella di un mulo ed ero capace anche di negare l’evidenza ma non di mentire a me stessa.
Ma ora eccomi qua, che stavo gironzolando come una matta dietro le quinte del palcoscenico, con tutti i ragazzi che mi guardavano, ma di questo me ne importava bene poco. Cercai di non pensare a cosa sarebbe successo poco dopo…
Ero assorta nei miei pensieri quando urtai contro qualcuno e, con lo scarso equilibrio che avevo ripreso per altro da mia madre, caddi rovinosamente a terra. Fantastico, adesso mi si sarebbe sporcato anche il vestito! Era tanto bello, nero ed aderente, che mi arrivava a metà coscia, non aveva la spalline. Portavo delle calse cento denari e delle ballerine nere lucide.

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Non me ne andava bene una in quei giorni… alla faccia dell’oroscopo che prescriveva grandi giornate per il segno dello Scorpione. Alzai gli occhi, pronta a scusarmi, e inaspettatamente incrociai due smeraldi e quasi mi persi in essi… quegli occhi erano di un verde che non avevo mai visto, nemmeno negli attori…
-Ma dove cazzo guardi quando cammini?- mi chiese una voce brusca e perentoria che mi riportò tra i mortali. Il mio spirito combattivo venne a galla. Mi tirai su:
-Dove cazzo guardi lo dici a qualcun altro, e poi, dove guardi tu! Sei tu che mi sei venuto addosso!- replicai. Ok, sapevo che era una cavolata colossale, ma non glie l’avrei data vinta, e di certo non sarei stata io la prima a scusarmi, non con uno sgarbato del genere.  Non era da me!
-Guarda carina che sei tu quella che stava camminando con la testa tra le nuvole e che stava guardando in aria…- mi rimbeccò il tizio, che ancora non riuscivo a vedere per via dell’oscurità. Arrossii violentemente, ma non ero tipa da mollare così facilmente, quando volevo qualcosa, la ottenevo:
-Primo, sei un grandissimo maleducato, secondo, sei tu quello che non dovrebbe essere qui… questo posto è dedicato agli artisti se non ti dispiace…- azzardai così, non sapevo se lui si dovesse esibire o no, ma mi fidai del mio sesto senso.
-Cosa ti fa pensare che io non sia qui per esibirmi?- chiese strafottente. Ehm… bella domanda…
-Mh- sbuffai odiosamente, -Il mio sesto senso- ok… stavo iniziando ad attaccarmi sugli specchi. Eh no, però!
-Anche il mio sesto senso mi dice che tu non sia qui per esibirti…- constatò. Feci una faccia tra il contrariato e l’incavolata nera, anche se in realtà non so cosa mi uscì.  
-Mi dispiace, ma ti sbagli di grosso, e ora scusa, ma devo andare a fare qualcosa di più importante piuttosto che parlare con un idiota come te!- conclusi platealmente con fare da Star. Lo vidi strabuzzare gli occhi:
-Bhe, se è così, allora dovresti essere proprio mediocre…- sputò quello. Mediocre? Io? Mediocre io? Quell’aggettivo non poteva minimamente essere accostato al pronome personale “io”. Non gli saltai addosso solo perché mancavano due ragazzi e poi sarebbe toccato a me, così cercai di darmi un contegno:
-Si vedrà- dissi così e girai i tacchi. Non seppi cosa fece l’altro ma sentii i suoi occhi puntati addosso. Bene, gli avrei fatto capire molto presto chi ero.
Ok, mi stavano presentando… o no no no NO! Mammina!
-E adesso si esibirà Diletta Rossi con la Marcia Turca di Wolfgang Amadeus Mozart-
Non capii quello che i presentatori dissero dopo, troppo eccitata e troppo decisa a far vedere a quel tipo che si sbagliava di grosso su di me… ma chi si credeva di essere? Non l’avevo neanche mai visto! Però mica male i suoi occhi… Dilè ma che ti sei scemita? Gli stronzi no eh...! Nessuno mi poteva insultare senza motivo, nessuno. Ops… un motivo c’era ma non contava. Iniziai a suonare, il cuore mi batteva all’impazzata. Sentivo gli occhi di tutti puntati su di me. La mia Sorellina strillava come una pazza scatenata:
-Vai Dile!! Wooooooow!- mi fece sorridere. Era sempre la prima ad incitarmi, quanto le volevo bene!!

http://www.youtube.com/watch?v=HMjQygwPI1c

“Ok, finora va tutto bene, tranquilla” pensai cercando di non far vedere il rossore sulle mie guancie al pubblico, cosa che si rivelò alquanto inutile suppongo, dato che sopra il palco era tutto buio ed era illuminata solo la mia faccia. Finalmente finii il pezzo, feci un inchino e solo quando tornai dietro le quinte, mi accorsi di non aver sbagliato nulla. Tipico da me, realizzare certi fatti a scoppio ritardato. Esultai fra me e me, sentendo che l’applauso continuava. Mi misi a sedere sopra un banco e cercai con gli occhi il tipo di prima. Subito incrociai i suoi smeraldi, che risaltavano nella penombra. Sorrisi sorniona e con sguardo spavaldo. Lui fece una smorfia e mi si avvicinò. Sogghignai:
-Mi pare che qualcuno abbia avuto torto…- cominciai. Non smisi di sorridere in modo odioso e provocante. Un momento sembrò spaesato, ma subito si riprese:
-Il pianoforte lo lascio alle bambine- constatò. Mi alzai in piedi: cavolo, era alto dieci centimetri buoni più di me, ed io assicuro che a quasi quindici anni ero molto alta.
-E cosa ti fa pensare che io sia più piccola di te?- eheh cicci, con me non si scherza.
-Perché quanti anni avresti? Tredici? Quattordici? Hai fatto la primina vero?- voleva sfottermi? Bhe, non ci sarebbe riuscito
–Quindici- controbattei. Ok, non era proprio vero, visto che io li compivo a Novembre, quindi quel giorno, che era il cinque di Aprile, non ne avevo neanche quattordici e mezzo…  vabbhe, questi sono dettagli… non guardiamo anche il pelo…
-Bhe io ne ho sedici- sogghignò. Bastardo di merda.
-Non sei tanto più grande di me, quindi non fare l’uomo vissuto, perché non lo sei e non ti si addice!- conclusi. Ero proprio soddisfatta di quello che avevo detto, già, peccato che l’avessi scopiazzata dal mio libro preferito…
-E tu cosa ne sai di ciò che mi si addice o non mi si addice? Tu non sei nessuno…- ringhiò. Sogghignai vincitrice:
-Bhe se è per questo neanche tu sei nessuno per fare dei giudizi su di me- conclusi. Ahahah sai come finisce carino? Vinco io! Mi dispiace, ma mai, e dico MAI mettersi contro Diletta Rossi!
-Sei proprio una bambina…-  mi insultò. Detestavo quando qualcuno mi diceva così. Lo ero stata, come tutti d’altronde e forse avevo maturato un po’ in ritardo ma ora l’avevo fatto da tempo.
-Questo è quello che pensi tu… ma sei io sono una bambina, tu di certo non sei da meno!- dissi acidamente. Mi fissava negli occhi, e rischiavo di rimanere intrappolata nel suo sguardo profondo, ma se volevo farmi valere dovevo rimanere con i piedi per terra…
-Volete fare piano?- ci riprese un professore che stava lì con noi, poi continuò
-Matteo! Tu dovresti stare in platea con gli altri!- E così si chiamava Matteo lo scorbutico… ahhhh! Beccato! E chi è che ha ragione allora?
-Mi scusi prof ma Francesco aveva bisogno di aiuto per…- cercò di riparare appunto Matteo
-Non mi interessa, adesso vai!-esclamò il professore a voce più alta e con più autorità. lo guardai compiaciuta, ma prima di andarsene mi si avvicinò e mi sussurrò all’orecchio:
-Non è finita qui- Io non smisi di sorridere.
-Mh… la sconfitta brucia eh?- domandai retoricamente e dopo di questo se ne andò.
Finito lo spettacolo, in molti mi fecero i complimenti, dicendo che ero stata bravissima. Ero molto contenta. Quelle della mia classe, invece, avevano fatto un macello, nella loro esibizione… è proprio vero, Sant’Anna lo justo lo rmanna! (detto dialettale che vuol dire chi la fa l’aspetti). Non mi avevano voluto nel loro gruppo? Bhe, dovevo solo ringraziarle per questo! Io con loro non ci avrei spartito nemmeno il banco. Dei giornalisti mi fecero molte foto, dicendo che sarei apparsa sul giornale, come quelli che avevano partecipato al concerto da solisti… io sarei rimasta nella storia, mentre il nome di quelle, non se lo sarebbe ricordato nessuno.

Pov Matteo

Basta, mi ero veramente scocciato. Non sopportavo più il suo carattere, non sopportavo più ciò che faceva… stava diventando una persona così irritante… superficiale lo era sempre stato, ma mai fino a questo punto. Quell’ultima litigata poi era stata la ciliegina sulla torta, non avevamo fatto a botte per miracolo. Fortuna il buon senso di Fra perchè il mio, quando parlavo con quel soggetto là, non sapevo nemmeno dove andasse a nascondersi. Ero veramente arrabbiato, anzi no, ero proprio incazzato! Non si poteva andare avanti così… E non aveva ancora imparato! Ah, ma quella sarebbe stata l’ultima volta che poteva contare su di me per fare le sue sciocchezze. Io il culo non glie l’avrei parato più perchè dopo tanto, ci andavo di mezzo io. Non ero mica lo scemo del villaggio. E Quell’idiota non ringraziava nemmeno, come se glie l’avessi dovuto. Non era affatto giusto, e questo mi faceva incavolare ancora di più! Stavo pensando questo quando qualcuno urtò contro di me, ero talmente nervoso che dissi:
-Ma dove cazzo guardi quando cammini?- chiesi spazientito. Ops… battuta sbagliata, era una ragazza che aveva sbattuto contro di me… poco male, mi stavo per scusare quando:
-Dove cazzo guardi lo dici a qualcun altro, e poi, dove guardi tu! Sei tu che mi sei venuto addosso!- esclamò con voce stridula ed alterata. E no… già ero incazzato nero, mi ci si metteva pure questa a fare la predica quando aveva torto marcio, mi faceva arrabbiare ancora di più.
-Guarda carina che sei tu quella che stava camminando con la testa tra le nuvole e che stava guardando in aria…- cominciai. E certo che dire carina era poco, la tipa era proprio uno schianto…
-Primo, sei un grandissimo maleducato, secondo, sei tu quello che non dovrebbe essere qui… questo posto è dedicato agli artisti se non ti dispiace…- mi canzonò. Però, che carattere di merda aveva… ma certo, era riccia! Tutte le ricce che avevo conosciuto erano odiose; bene, lei non faceva eccezione… peccato però…
 -Cosa ti fa pensare che io non sia qui per esibirmi?- cercai di controbattere
–Mh- sbuffò odiosamente, era davvero insopportabile -Il mio sesto senso-  se sesto senso un corno! Anche se aveva pure fortuna questa, ci aveva azzeccato… è proprio vero che la fortuna bacia i belli.
-Anche il mio sesto senso mi dice che tu non sia qui per esibirti…- controbattei e lei fece una faccia strana, quasi pensierosa 
-Mi dispiace, ma ti sbagli di grosso, e ora scusa, ma devo andare a fare qualcosa più importante piuttosto che parlare con un idiota come te!- disse. Strabuzzai  gli occhi, ma chi si credeva di essere?
-Bhe, se è così, allora dovresti essere proprio mediocre- la insultai. Sembrava che mi volesse saltare addosso da un momento all’altro, ma non lo fece…
-Si vedrà- disse così e girò i tacchi, probabilmente era a corto di battute. Ascoltai la sua presentazione… e così si chiamava Diletta. La ascoltai suonare scettico, anche se mi sbagliavo di grosso… cavolo però, era proprio brava…
Non l’avrei ammesso neanche sotto tortura.
 

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Capitolo 2
*** Io non dimentico ***


 Ragazze scusatemi!!! *me si porstra ai vostri piedi* lo so di avervi pormesso che avrei postato ieri, ma non ho proprio avuto tempo!! In questo capitolo ringrazio tutte le ragazze che mi hanno recensito ed in particolar modo _Miss Cullen_  che mi sopporta sempre e mi ha fato la copertina per la storia!!! grazie per l’attenzione, ora vi lascio al capitolo, recensite!!
 

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Capitolo 2 Io non dimentico

Pov Diletta

Tornai a casa completamente distrutta. Il concerto si era svolto durante la mattina e adesso, che era ora di pranzo, avevo voglia solo di andare a dormire. Mi ero stressata troppo. Di certo però non potevo sfuggire all’interrogatorio di mammina, eh no no! Non sia mai. A pranzo, io che di solito ero molto loquace e dinamica, rispondevo a monosillabi alle domande che mi venivano poste. E nonostante tutto, mamma sembrava non accorgersi della mia stanchezza, continuando a tempestarmi di domande: voleva sapere tutto: cosa mi avevano detto i giornalisti, le facce delle mie compagne di scuola dopo la figuraccia fatta. Mio papà, invece, guardava il telegiornale come al suo solito senza batter ciglio. Avevo veramente sonno, ma soprattutto, sentivo una morsa allo stomaco e al petto e, caso alquanto strano, mangiai pochissimo, io che di solito ero una buona forchetta… probabilmente non avevo digerito qualcosa il giorno prima, dato che mia nonna mia aveva cucinato le lasagne al forno e la carne fritta.
Salii in camera e chiusi la porta, per evitare che qualcuno mi venisse a disturbare, misi il mio bel pigiama rosa di Hello kitty e sprofondai nel comodo letto.
-Just gonna…- il mio telefono cominciò a squillare: ma chi diavolo era a quell’ora del pomeriggio? Guardai sul display dell’iPhone che stava sopra al comodino. Pff era Athena. Alias la mia migliore amica, eravamo così tanto affezionate che ci consideravamo sorelle, anche se in quel momento avrei preferito strozzarla perchè mi aveva svegliato dal mio dolce sonnellino.
-Pronto?- dissi con voce alquanto assonnata
 -Sisterrr!- urlò mia sorella spaccandomi quasi un timpano.
-Oi Soteria- risposi con voce ancora impastata dal sonno. Noi ci chiamavamo con nomi greci, dato che facevamo il Liceo Classico, e lei era “Oi Soteria”, che (con le concordanze sbagliate tra articolo e nome) vuol dire “salvezza”. Io ero “Ta Mella”, usato da noi come “colei che vede il futuro” (ed assicuro che è vero) e l’altra nostra sorella, Francesca, era “Tes Sofos” ovvero “la saggia”. Eravamo un trio alquanto strambo ed originale.
 -Non urlare ti prego, mi ero appena addormentata!- esclamai accendendo la luce e dicendo addio a quel sonno ristoratore. Lei sembrò stupita:
-Sister ma vai a dormire a quest’ora? Non fai cena?- non riuscivo a capire ciò che dicesse, era proprio matta
-Guarda Athe che sono le  quattro del pomeriggio- sbadigliai platealmente.
-Aoo ma hai preso la tua dose di coca cola?- chiese stupita. Eh già la coca cola per me era una droga e senza la mia “dose quotidiana” potevo cominciare a dare i numeri. Cocacoladipendente 4 ever.
-No, ancora no, la prendo sta sera- risposi scherzosamente. Rise come una matta:
-Ta Mella tu stai fuori!- esclamò. Toh, che novità. Come se non l’avessi saputo già da me.
-Perchè?- e sbadigliai di nuovo
-Sono le otto e mezza di sera.- fece, con fare non curante. Strabuzzai gli occhi: cacchio! Avevo dormito così tanto? Non me ne ero neanche resa conto! Bhe, dopo una notte di quasi totale insonnia era anche molto prevedibile…  
-Uhh sister scusa, mi ero dimenticata che ci dovevamo sentire su msn, adesso arrivo, ciao!-  esclamai ricordandomi in quel momento della promessa fatta. Mi era passata completamente per la testa.
-Ciao Sorella, sbrigati e datti una svegliata- mi canzonò Athe.
Aprii la finestra per far cambiare aria e per far entrare un po’ di fresco, mi sedetti alla scrivania ed accesi il mio stupendo computer rosa confetto, che era il mio colore preferito insieme al blu,  e mi connettei subito a msn
_La Terribilmente Malefica_ scrive: “Sisterrr”

TerribileDidi (o in alternativa Ta Mella) scrive: “Oi Soteria!!”

“Bravaaa sei stata proprio bravissima al concerto!! Ahahah quelle saranno morte di invidia!!! Mamma mia quanto ci godo XDXD”

“Grazie compare… sempre modestia a parte”
Le raccontai quello che era successo con quello stronzo di Matteo per filo e per segno, dato che io e lei ci raccontavamo sempre tutto e tra di noi non avevamo segreti e subito lei cominciò con le sue fantasie:

“Uhuhuh già vi vedo insieme, eheh tu lo sai che chi disprezza compra… ma ti rendi conto?? OCCHI VERDII!! COME ROBERT!!! Come il mio amato Rob!” lei adorava la saga di Twilight e andava matta per il Vampirone Edward Cullen, che era interpretato da Robert Pattinson. Non che avessi qualcosa contro quella saga, anzi, mi piaceva molto, ma spesso non capivo la fissazione che Athe aveva per quello là.
“-.-“ è l’unica cosa che ho da dire… neanche lo conosco… e poi è davvero stronzo!!”

“Uhuh Didi che si mette con il bel tenebroso… *slurp*”

“Sese, non l’ho neanche mai visto in vita mia… però deve fare il Classico, per forza, altrimenti non sarebbe stato al concerto…”
Mentre parlavo con Athena, non riuscivo a levarmi dalla testa quei due occhi verdi, rimanevo ancora stupita se pensavo che erano così accesi e intriganti… non avevo mai visto un colore simile, solamente nelle fiabe o nei film c’erano personaggi copn occhi così splendenti… DILETTA MA DOVE TI LANCI? Era proprio vero che l’abito non fa il monaco… sembravano gli occhi di una persona così dolce e sensibile…

“Va bene sisteruccia, come vuoi tu… *sogghigna e non si da per vinta* comunque…”
Iniziammo a parlare del più e del meno come al solito, ma Oi Soteria faceva sempre ricadere l’argomento su Matteo e questo mi dava alquanto sui nervi. Non vedeva l’ora che mi trovassi un ragazzo, ma io non avevo alcuna fretta.

“Soteria adesso devo andare a cena, ci vediamo domani, ciaoo!!” La salutai infine

“Ciao Mella, fammi sapere se il tipo si farà risentire”

-.-“ sisi, nonna!! Tanto non lo farà… kiss”
Chiusi la conversazione. Prima di andare a cena feci un salto su face book: cinque richieste di amicizia. Scorsi velocemente i nomi, e rifiutai, dato che non li conoscevo, non ero come quelle idiote che accettano gli amici su face book solo per fare numero. Io tutti quelli che avevo (235) li conoscevo, e di certo ci facevo più bella figura degli altri. E poi non mi fidavo, non si poteva mai sapere.
L’ultimo nome mi fece strabuzzare gli occhi: Matteo Santarelli. Rimasi un attimo interdetta… che fosse proprio QUEL Matteo? Nooo! Era estremamente impossibile! Di tutti i Mattei che c’erano in Italia e nel mondo, non doveva essere proprio lui. Chissà quanti si chiamavano così.
Guardai le sue foto: non c’erano dubbi, era proprio lui. Alto, occhi verdi smeraldo in cui sembrava racchiusa tutta l’essenza del mondo, capelli marrone scuro che sembrava nero, come i miei occhi, faccia strafottente e sorriso canzonatorio.
Mi distolsi dai miei pensieri: eheh no no tesoro! Pensi che sia così facile? Prima mi sfotti poi mi mandi una richiesta d’amicizia? Ora ti faccio vedere io! Ma guarda un po’ tu questo! Sghignazzai e rifiutai. Me ne andai a cena piuttosto soddisfatta.
Il giorno dopo
-Rossi, Lucidi, volete stare zitte! Oh ma rompete proprio l’anima! Guardate che se non volete stare a sentire potete benissimo fissare un punto nel muro! Dopo quasi un anno dovreste averlo trovato non credete?- era quell’idiota della prof di storia che ci stava riprendendo perché chiacchieravamo. Eravamo vicine di banco, e ogni volta che potevamo ci mettevamo a parlare. Le avevo subito raccontato faccenda di face book, e lei era rimasta un po’ interdetta. Dopo che la prof ebbe finito di parlare, non aspettò neanche cinque minuti per fingersi dispiaciuta, che continuò
-Hai fatto bene a rifiutare, ma chi si crede di essere questo? E brava la mia sisteruccia, fatti desiderare!- ma non era quella che stava dalla parte del tipo? Comunque ci battemmo il cinque e fingemmo di prestare attenzione alla lezione.
I giorni passavano, e di Matteo neanche l’ombra, per fortuna: a scuola non l’avevo mai visto, non l’avevo mai incrociato per i corridoi all’intervallo. Bisognava dire, però, che il Liceo Classico di Bologna era molto grande.
Erano passati cinque giorni ormai e la mia vita tornava a scorrere monotona e lenta come al solito. Con mio grande sollievo iniziavo a credere che non l’avrei più rivisto e mi venne il dubbio che forse quell’incontro non c’era neanche mai stato, anche se ero stata così sicura di ciò che era successo… La Domenica la passai a casa a studiare latino, poiché il giorno dopo la professoressa avrebbe interrogato. Io non ero una secchiona, ma ci tenevo a fare la mia figura, perché detestavo prendere voti bassi.
Fu il Lunedì che cui le cose cambiarono e da quel giorno dissi addio alla mia odiata monotonia. Il Liceo Classico aveva tre piani, il secondo era quello dove stavano i primi, la segreteria, gli uffici e la sala dei professori. Stavamo salendo le scale per andare in Aula Magna (che di grande aveva ben poco), per seguire un corso di Storia dell’Arte. Appena entrammo nel piano superiore, vidi qualcuno passare. Si voltò ed inevitabilmente incatenò i miei occhi ai suoi. Non ci credevo, non era possibile, era LUI, impossibile sbagliarsi. Alla fine l’avevo rincontrato. Non potevo crederci, allora tutto quello che era successo era stato reale.
Con la mano strinsi il braccio di Soteria, fino a farle male suppongo, perchè staccò il suo braccio brontolando. Mi ripresi dallo stupore iniziale, feci una smorfia, contrariata e gli voltai le spalle agitando i capelli. Era lui, senza ombra di dubbio, avrei riconosciuto il suo sguardo odioso tra mille.
-E’ lui…- sussurrai ad Athe. Lei fece una faccia compiaciuta e sogghignò, fissandolo mentre se ne andava  
-Tanta roba!- iniziò a ridere come una matta, tanto che le diedi una gomitata su un fianco: non volevo che Matteo si accorgesse che stavamo parlando di lui, neanche a farlo sentire importante, dato che non lo era.
-Ti sei scelta un gran pezzo di figo eh sisteruccia?- chiese con sguardo eloquente. Sbuffai
 -Ma quante volte ti devo ripetere che non mi piace?- chiesi retoricamente a mia volta. Neanche lo conoscevo, e poi se mi metto a litigare con uno che ha begli occhi non vuol dire che mi piace. Lei sogghignò ancora
 -Se se, puoi darla a bere a tutti ma non a me!- cominciò -Ok, ammettiamo anche che sia stronzo e non ti piace, ma almeno devi ammettere che di aspetto…*slurp*-
-Bhe, ecco..- farfugliai, ma non mi fece finire di parlare che continuò
 -Ah vorrei farti notare che ti sta ancora guardando- concluse lei compiaciuta, sicuramente stava immaginando un possibile futuro per noi due, ma di certo non eravamo i protagonisti di un libro, quindi non c’era storia. Comunque sapevo che Athe mi stava dicendo la verità, poiché sentivo i suoi occhi puntati su di me, ma non avendo il coraggio di voltarmi (strano, io che di solito ero molto combattiva) continuai a camminare come se nulla fosse.

Pov Matteo

Mi ero estremamente stufato di stare a sentire quella matta di matematica. Io avevo l’avversione per la matematica! La odiavo e non ci capivo nulla!  Non era vero che non mi applicavo, mi impegnavo ma quella materia proprio non mi entrava in testa. Così avevo preso la scusa di andare in bagno per fare una passeggiata e respirare un po’ d’aria fresca. Stavo proprio tornando in classe quando la vidi: stava salendo le scale con la sua classe, probabilmente diretti all’Aula Magna o a quella di computer. La fissai negli occhi, che erano marroni scurissimi. Io adoravo quel colore… Fece una smorfia e mi voltò le spalle, mentre quella che le stava vicino mi guardò ancora a lungo con sguardo indagatore, poi si voltò anche lei. Caspita, quanto era acida quella ragazza. Però che peccato… io non ero di certo stato gentile a rivolgermi a lei in quel modo, però non poteva prenderci anche la ragione. Scommetto che se fossi stato in un altro momento non sarei stato così sgarbato e magari tutto quello non sarebbe successo… ma era andata così e non avevo motivo di piangere sul latte versato. Ero anche rimasto stupito di una cosa: aveva i capelli lisci! O se li piastrava, o se li aveva fatti ricci apposta per il concerto, cosa probabile… quindi forse la mia teoria sulle ricce era una cavolata? Francesco lo diceva sempre. Tornai in classe e mi misi seduto sul mio banco in ultima fila e raccontai a Fra, nonché mio migliore amico, cosa fosse successo.
 -E’ bona?- chiese interessato.
 -Ehm… cioè…- non sapevo che dirgli. Era bella… si o no? Brutta non lo era, affatto ma bella era un parolone, l’avevo vista solo due volte, non potevo dirlo.
-Fai il bravo gentiluomo e valle a chiedere scusa!- esclamò finendo di prendere gli appunti, lui che in matematica aveva nove. Io? Chiedere scusa? Ma se aveva torto marcio. Non ci pensavo minimamente.
-Dille che avete cominciato con il piede sbagliato, roba del genere…-  continuò. Se col cazzo che lo faccio!  La faceva facile lui, che non si arrabbiava mai e che predicava sempre Pace e Amore.
-Pff mabbhe… non mi sembra neanche il caso…- mi giustificai. Fra mi guardò male;
 -Mattè… svegliaaaaa! Tu sei ancora rimasto fossilizzato su quello che è successo… ma è stato due anni fa, non è ora di voltare pagina?- cominciò il suo monologo. Non risposi e feci finta di prestare attenzione alla prof che spiegava. Cosa alquanto impossibile, dato che non ci capivo mai niente. Per cui non glie la diedi a bere.
–Mattè- riprese Fra -Io te l’ho detto… tu poi fai come ti pare, ma non puoi continuare così... hai sedici anni tra neanche venti giorni cazzo!-
Era vero! Era maledettamente vero! Non potevo andare avanti così… o forse si dipendeva dai punti di vista…
Finalmente la campanella suonò. Che liberazione. Aver scelto il Classico sperimentale si era rivelata una vera e propria fregatura! Più ore di matematica e meno ore per divertirsi. Mi appoggia al muro davanti alla porta d’ingresso con Francesco ed aspettai… non sapevo se stavo facendo la cosa giusta ma, come diceva Gabriele D’Annunzio, memento audere semper… (nda: ricordo di osare sempre)
Appena vidi che Diletta uscì, interdetto, mi rivolsi a Fra
 -E’ lei…-  e cercando di non indicarla, gli feci capire chi fosse. Lui  sgranò gli occhi:
 -Bona aho! E’ bona sii! Allora vai, su! Non perdere questa occasione- mi spronò dandomi uno spintone. Titubante ma con lo sguardo spavaldo mi avvicinai a lei, che mi guardò dubbiosa e con gli occhi spalancati.
 –Ciao- la salutai, lei fece un cenno con il capo. Era proprio diffidente… mamma mia, neanche fossi stato il lupo mangia frutta…
-Senti…- iniziai io cercando di non sembrare impacciato, cercano una disinvoltura che non avevo
 -Mi sa che l’altro giorno abbiamo cominciato con il piede sbagliato…- continuai. Lei strabuzzo ancora di più i suoi stupendi occhi (stupendi? Mattè ma che dici? ) e fece una smorfia:
-Ma che ci provi? Guarda che non sono una puttana, va a farti fottere!- e se ne andò alquanto stizzita lasciandomi immobile in mezzo alla strada come un deficiente.

 

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Capitolo 3
*** Disco ***


Ragazzuolee!! Eccomi qui puntuale!! XDXD in questo capitolo succederanno un bel po’ di cosine… mi sono impegnata tanto mentre lo scrivevo e spero che vi piacerà!!
Ringrazio tutte le ragazze che mi hanno recensito e che continuano a seguirmi… grazie grazie!! Detto questo, dedico questo capitolo a _Miss Cullen_ a Sweet Cullen e a MaryFely. Adesso vi lascio al capitolo.
Sabato posto il capitolo 4, grazie dell’attenzione, ciao ciao e recensitemi!!

Image and video hosting by TinyPic Capitolo 3 Disco

Pov Matteo

Francesco non proferì parola. Rimase silenzioso e pensieroso. Il suo sguardo non tradiva un’emozione. Dopo che lei mi aveva lasciato così come un coglione (quale ero per averle detto quelle cose), lo stavo accompagnando a prendere la coriera, senza parlare. Il silenzio pesava, ma non capivo tutta la preoccupazione di Fra. In fando… a me cosa importava se lei aveva fatto così? Niente, assolutamente niente. Neanche la conoscevo… Fra se ne stette zitto finché, ad un certo punto, sbottò:
 -Mattè che c’hai?- lo guardai di sbieco. Ah, ero io quello che aveva qualcosa? Era lui il taciturno, io sarei anche stato disposto a parlare.
-Niente. Cosa dovrei avere. Sto solo pensando- dissi e voltai di nuovo la faccia di là. Adesso uno non è neanche libero di starsene
 -A cosa?- chiese con fare canzonatorio. Pensava di potermi prendere in giro? Si fermò e mi guardò dritto in faccia, così decisi di rispondere.
-Stavo pensando che ad essere gentili non si ottiene niente, e io questo non l’ho ancora imparato. Solo se si è stronzi si fa strada nella vita…- conclusi. Lui si mise a ridere come un matto. Lo guardai in modo interrogativo.
 -Ma che te la sei presa per quello che ti ha detto?- chiese, tenendosi la pancia per il gran ridere. Lo guardai storto. Io? Mambhe…
 -Assolutamente no!- mentii spudoratamente. E’ che quella scena mi ricordava troppo quello che era successo due anni prima, e la cosa mi faceva veramente sentire un idiota. Non mi era capitato più da tanto tempo, ormai, e di certo non sarebbe stata una bambinetta a farmi risvegliare ricordi sopiti da tempo. Fra non la smetteva di ridere.
-Poveretta, sei andato là con un faccia…- cominciò prendendomi in giro. Mi arrabbiai
 -Mi vuoi spiegare cosa cazzo ti ridi? E poi con quale faccia?- ero veramente furente. Avevo fatto per filo e per segno quello che mi aveva detto lui, quindi se c’era qualcuno che aveva torto, quello era lui. Non smise di ridere.
 -Sei andato da lei con una faccia del tipo: “senti vuoi venire a letto con me, e te lo sto chiedendo in modo gentile”- spiegò con fare da saccente. Sbuffai:
-Idiota ho fatto quello che mi hai detto tu!- esclamai tra i denti e non lo picchiai solo perché era il mio migliore amico.
-Io non ti ho detto di andare là con la faccia del tipo: ti sto per saltare addosso ma mi trattengo. E a lei ovviamente è sembrato che tu le avessi dato della zoccola, e si è offesa… dai rifletti, prima l’hai insultata a pezza, poi (con la faccia che avevi) le sei andato a dire che avevate iniziato col piede sbagliato.- concluse ancora sicuro di avere ragione. Ahah. Che ridere. Che mente perversa che aveva quel ragazzo… però infondo non aveva tutti i torti, anche se per la verità io non volevo saltarle addosso, affatto, se lei aveva capito male… problemi suoi.
-Lo sai che quando l’ho insultata stavo incazzato nero!- spiegai. Fra non poteva giudicarmi per come l’avevo trattata quando c’eravamo conosciuti, anche lui la pensava come me, soltanto reagiva in modo più ragionevole… io no. Si fece d’un tratto serio.
–Certo che lo so. Hai anche ragione, Ludovico deve smettersela. Non può più fare così… prima va con le puttane, poi quando loro lo lasciano, si sente uno schifo e viene a piagnucolare da noi. Non lo sopporto più- sbottò.
-Non sei l’unico!- esclamai. Ludovico era un nostro caro amico un po’ svampito che da circa due anni a questa parte, era andato sempre con delle zoccole, e quando loro alla fine lo lasciavano, dato che lo avevano soltanto usato, veniva da me e Fra per farci il suo monologo interiore. Ma ora basta, mi ero proprio stufato… quello che era successo con quest’ultima, poi, era proprio il colmo. Poi però ero sempre io che dovevo andare a far ragionare la puttana di turno e a farle cambiare idea e a farla rimettere con Ludo, ma tanto alla fine eravamo sempre da capo.
-Fatto sta- continuò Fra -che tu ci devi riprovare con Diletta- riprese il discorso noioso di prima. Feci un gesto di impazienza.
-Lo vuoi capire che non me ne frega niente! Ci ho parlato solo una volta, e ci siamo insultati a pezza, e la seconda, hai visto… E poi neanche la conosco… cosa me ne frega?- chiesi ancora sperando di metterlo KO e di farlo smettere con quella tiritera. Lui sogghignò
-Te ne frega perché è stata la prima ragazza a non comportarsi da puttana, e la prima ad essere orgogliosa almeno quanto te- controbatté con un sorrisetto vittorioso sul volto. Non sapevo cosa dirgli, quindi:
 -Ma che cazzata- borbottai e lui sogghignò:
-Mattè tu non vuoi lasciarti andare solo perché ti frena ancora la storia di due anni fa… ma sono passati due anni, brutto idiota, due anni! Le ragazze fanno la fila per mettersi con te, ma tu non te ne cachi neanche una!- eccolo che ricominciava. Cercai di controbattere:
 -Lo faccio solo perché non mi piacciono…-  mi giustificai, ma feci solo peggio perchè lui si arrabbiò
 -Ma non sparare cazzate! Sei tu che dopo quella volta ti sei dato per vinto. Ma ricordati che quella è stata un’accezione, non la regola! Quindi, vedi di darti una svegliata, se non vuoi morire da solo!-.Rimanemmo in silenzio e dopo un po’ Fra mi disse
-Uhuh mi sono dimenticato di dirti!-  cominciò. Lo guardai di sbieco: cosa era successo adesso?
-Che?- dissi con voce annoiata
-All’uscita, vicino alla tu spasimante…- continuò non perdendo l’occasione per canzonarmi. Alzai gli occhi al cielo
 -Non è la mia spasimante… che palle!- ma non mi fece continuare perchè ridacchiò
-Vabhe comunque ci stava una… era tanto carina! Non era tanto alta, con i capelli neri e gli occhi marroni… mi sembrava che avesse il viso di porcellana, come una bambolina…- disse con sguardo sognante. Sorrisi
-Eheh Fra, sei uno di larghe vedute eh?- questa volta le battute scherzose cominciai a farle io. Sorrise
-Guarda che ti assicuro che era moooolto carina!- esclamò compiaciuto. Sghignazzai
-Mi dispiace Fra, ma sai che devi vedertela da solo…- cominciai ma lui si rabbuiò e se ne stette zitto. Riprendemmo a camminare, dopo di che, arrivati alla fermata dell’autobus, Fra se ne andò subito poiché la sua coriera era già arrivata. Mi salutò così
-Non fare il coglione.- evviva la gentilezza. Un “ciao” non ci sarebbe stato male nella sua frase. Scossi la testa contrariato.
Non avevo voglia di tornare a casa, così mi sedetti su una panchina. Nella mia testa rimbombavano  quelle parole che tanto mi avevano fatto stare male…
“Ma lo vuoi capire che con uno come te non mi ci metterei mai? E’ inutile che fai tutto questo… tu non mi piaci… se tu fossi un po’ come Giulio magari… tu sei uno sfigato! Lascia perdere, non hai speranza con le ragazze.”
Mi passai una mano sulla faccia e mi guardai le dita. Eppure era passato così tanto tempo dopo quella volta, era vero… ma non riuscivo ancora a tornare a lasciarmi andare come prima… Non riuscivo a dimenticare, anche se sapevo di dover voltare pagina.
Ma ormai era cambiato tutto, io non ero più come allora e, come diceva Fra, le ragazze facevano a gara per mettersi con me… ma tutto questo, ancora non era bastato a farmi cambiare idea…

Pov Diletta.

Mi avviai furente verso il parcheggio, dove mi aspettava mamma con la porsche. Ero inviperita. Lo Stronzo mi aveva dato della puttana per caso? Ma con me non andava da nessuna parte… se pensava che io fossi come tutte le ragazze con cui andava, si sbagliava di grosso. Io non ero come le altre, e se lui era un puttaniere, era meglio che girasse a largo da me! Sciò! Via, evapora! Come te lo devo far capire?
-Ciao mamy-  dissi entrando in macchina. Lei sorrise
 -Ciao tesoro; hai deciso che ti metti sta sera?- chiese curiosa. Si spiegava da chi avevo ripreso numerosi tratti del mio carattere… Mi ero dimenticata che quella sera ci sarebbe stata una festa della scuola in discoteca, era il secondo gran galà dell’anno. A Dicembre era stata la prima volta che ero andata in discoteca, e mi era piaciuto così tanto che già altre due volte ci ero tornata. Quella sera  papà avrebbe accompagnato lì me e Sister… a patto che alle due e mezza stessimo a casa, dato che Soteria quella sera sarebbe venuta a dormire a casa mia. I miei genitori si fidavano molto di me, soprattutto mio padre, e molto meno mio padre, anche se, modestia a parte, ero una persona molto responsabile… quando non andavo fuori di testa, ed era in quei momenti che intervenivano  le mie due sorelline!
-Si si mamma, ho scelto, mi posso mettere i tacchi vero?- chiesi con gli occhioni da cerbiattona. Lei mi guardò e scoppiò a ridere
 -Tu? Con i tacchi? Ma quanto sei alta?- cominciò. Misi il broncio
-1.75 – risposi. Ne andavo piuttosto fiera, era vero, ma spesso non potevo mettermi i tacchi troppo alti altrimenti diventavo una gigantessa. Mamma sorrise ancora e fece
-E dove vuoi arrivare? A due metri?- sorrisi anche io
-Sono solo 7 centimetri, non è tanto.- la pregai cercando di dare alla mia voce un tono non curante. La mia Lovely Mamy si fece seria
-Stai attenta a non cadere…- si raccomandò, e purtroppo aveva ragione a preoccuparsi. Io non avevo equilibrio: essendo molto alta e anche abbastanza magra, quando camminavo, facevo storte di continuo. Cadevo sui miei piedi, sui sassolini per la strada, ovunque. Soprattutto quando avevo la testa fra le nuvole. Una volta mi ero quasi rotta una caviglia, per una storta che avevo fatto, per  questo mamma non voleva che me li mettessi. Sister diceva che avevo la coordinazione di un bradipo, e non aveva tutti i torti…
Tornammo a casa e pranzammo. Il pomeriggio venne Athe a casa mia. Si era portata tutto l’occorrente per la sera e anche di più.
Parlammo e spettegolammo tutto il pomeriggio nella mia sconfinata camera rosa e bianca:
-Ci hai pensato?- chiese e mi guardò curiosa. Lì per lì non la seguii
 -A cosa?- controbattei, non riuscendo a capire cosa volesse intendere.
 -Lo sai che questa è la festa del Liceo Classico vero?- continuò con sguardo eloquente, sperando che arrivassi alla soluzione dell’enigma. All’inizio continuai a guardarla interrogativa, ma poi capii: festa del Liceo Classico… e chi faceva il Liceo Classico di mia conoscenza? Doh! Strabuzzai gli occhi:
-No! No no no! Non starai pensando quello che sto pensando io vero?- chiesi, ma purtroppo ci leggevamo spesso nel pensiero, quindi…  
 -Ohh si, assolutamente si- sogghignò. Iniziai a diventare nervosa
-Ma magari LUI non viene, magari ha un altro impegno, magari una diarrea lancinante  l’ha colpito… magari è un secchione del cavolo e rimane a casa a studiare… - cominciai a fare tutte le ipotesi più idiote che mi venivano in mente.
Sister mi guardò sorridendo
 -Come mai sei diventata nervosa? E poi se lui non ti piace, cosa te ne frega se viene o no?- mi sfotteva l’ingrata?Però… cosa me ne fregava? Niente, assolutamente niente! Eppure il pensiero che lui potesse essere li… Diletta fammi il favore! E’ solo uno stronzo. Già. E pensare a questo mi faceva solo stare peggio… stare peggio? Ma per cosa? Dovevo ammettere che era un bel ragazzo ma… quanti ne avevo visti come lui? Tanti. Troppi. Il mondo ne era pieno zeppo, perchè la generazione del XXI secolo straripava di stronzi che si credevano cavolo? Anche se a dire la verità Matteo era il più fico… Guardai Athe che sorrideva
-Hai ragione, non me ne importa niente di lui… se c’è bene, se non c’è meglio- e dicendo quelle parole, mi auto convincevo che quella era la verità, che Matteo era solo uno stronzo, puttaniere per altro, e che a me di lui non fregava niente… pian piano l’immagine dei suoi occhi, fissa nella mia mente da giorni, andava cancellandosi, e nel mio cuore rimaneva soltanto una gelida determinazione.
Eravamo pronte. Tutte tirate a lucido, io e Sister, devo dirlo, stavamo proprio bene! I nostri vestiti era tutti di paillettes e con i tacchi sembravamo delle diciassettenni.

Vestiti Diletta http://www.polyvore.com/discoteca_ff_dile/set?id=30006396

Vestiti Athena http://www.polyvore.com/cgi/set?id=30006874&.locale=it

Papà ci accompagnò in discoteca dentro la bmw nera, ma in macchina non potemmo dire niente, visto che c’era lui. Non sia mai che mio padre mi giudichi male… non gli avevo nemmeno fatto vedere il mio vestito, altrimenti avrebbe cominciato a scassare dicendo che era troppo corto, quando neanche era vero. Io e Athe eravamo felicissime, era la prima volta che andavamo in discoteca insieme, dato che la madre di Sister le altre volte non l’aveva mai mandata. Ci eravamo messe un giubbetto lungo nero sopra il vestito, così che quando saremmo entrate in discoteca, avremo lasciato scioccati tutti per il nostro brillare…. *sogghigna*E’ tempo di rimorchiare!
Scendemmo davanti al locale come due star, Sister disse:
-Pronta tesoro?- la guardai spavalda, e feci la faccia che meglio sapevo fare, quella strafottente e menefreghista
–Ovviamente- ed entrammo.
La discoteca era una delle più belle ed eleganti di tutta Bologna, ed era stata scelta apposta dalla nostra scuola, una delle più in vista, s’intende. Era veramente bellissima. Entrammo nel locale già zeppo di gente e, dato che già avevamo pagato il biglietto, ci facemmo strada fino al tavolo, che avremmo dovuto condividere con altri ragazzi, a noi sconosciuti. Sister era troppo eccitata, semplicemente euforica, all’idea di poter conoscere altra gente (ragazzi).
Appena arrivammo al nostro tavolo, il numero 18, mi bloccai. Era un’allucinazione. No. Era una persecuzione! Sister mi diede una spintarella da dietro, rischiando di farmi cadere e di fare una figura al quanto di merda. Lo sapeva del mio equilibrio! Già che uscendo di casa avevo fato una storta che per poco non mi rompevo il naso… ci si metteva pure lei, e veramente quella sera non sarei tornata a casa viva.
-Dilettuzza che c’è? Hai paura per caso?- chiese sogghignando. La guardai alzando un sopracciglio, cosa che mi riusciva solamente quando ero davvero irritata.
-Paura? Io? E di cosa scusa?-  avanzai decisa verso di loro e proprio mentre LUI mi fissava mi levai  il giaccone e lo adagiai lentamente sopra ad una poltroncina. Starletta ha fatto il suo ingresso, preparatevi tutti. (nda: Starletta sta per Star + Diletta)
 -Buona sera ragazzi.- esclamai mentre sbrilluccicavo tutta, mentre lui e i suoi amici mi fissavano sbalorditi. Anche Athe fece lo stesso, e soprattutto un amico dello Stronzo la guardò spalancando gli occhi.
-Buona sera ragazze- controbatterono loro lanciandosi delle occhiate a vicenda. Scommetto che Athe aveva fatto bingo: stavamo su un tavolo di soli ragazzi. Non riuscivo a staccare gli occhi da lui, così che  mi si avvicinò, facendo intendere ai suoi amici che mi conosceva. Io lo guardai, e feci per andarmene, ma Athena mi lanciò un’occhiataccia e sogghignò, lanciandomi una sfida silenziosa con gli occhi. Io, per non darle la soddisfazione della vittoria, e dato che a me lui non piaceva, non me ne andai e lo fronteggia mentre gli altri se ne andavano per lasciarsi soli. Guardai Sister e il tizio con cui stava parlando: già aveva fatto colpo… quanto ero contenta!
 –Ciao- mi salutò, e io lo guardai come se fosse stato trasparente, come se fosse stato inesistente. Feci un lieve cenno del capo, e di nuovo ritrovai nel mio cuore la freddezza che mi aveva aiutato a dimenticare i suoi occhi, l’unica cosa che davvero mi attirava e mi incuriosiva di lui. Adesso stavo cercando di non guardarlo in faccia, perché sapevo che se lo avessi fatto, i miei sforzi per dimenticare quel verde abbacinante, sarebbero stati vani.
 -Senti… non volevo darti della puttana oggi…- iniziò un po’ imbarazzato. Lo guardai ancora come se fosse stato invisibile e lui si avvicinò ancora di più a me. Indietreggiai di un passo interdetta, incapace di reggere il suo sguardo che mi leggeva dentro, che vedeva la difficoltà che mi costava quel gesto… ma quale difficoltà? Io lo odiavo. E non sarei caduta nel suo tranello, non mi sarei illusa di piacergli, non un’altra volta perché me ne era bastata una…
-Scusa… io no volevo proprio…- continuò. Ma perché si scusava? Cosa gliene importava a lui di me? Cosa glie ne importava se io ero arrabbiata con lui oppure no? Rimasi fredda, anche se fu difficile, perché quando gli stavo vicino sentivo qualcosa di strano che mi si smuoveva dentro: la rabbia. Non avevo voglia di perdonarlo, non mi piaceva la gente come lui, doveva stare alla larga da me.
-Invece l’hai fatto- sputai fra i denti. Strabuzzò gli occhi.
-Mamma mia ma sei bisbetica!- fece. Cosa? Avevo sentito male?
-Tu invece sei un brutto maleducato!- lo insultai. Non poteva prendersi la briga di insultarmi! Prese un cipiglio combattivo
-Non mi stupirei se tu fossi venuta qui da sola, chi uscirebbe con una bisbetica come te?- sbraitò e Io quasi urlai, trattenendomi dal mollargli un pugno proprio in pieno viso
-E chi uscirebbe mai con un coglione maleducato come te?- controbattei. In quel momento arrivò Athe che evitò la morte di Matteo, e rivolgendosi a lui disse
-Scusami, Diletta è desiderata, quindi levati dalle palle- sorrise con fare angelico. Lui mi guardò allibito mentre andavo a ballare col primo ragazzo che Athena mi aveva trovato.

Pov Athena

Sister non me la raccontava giusta. Glie lo leggevo dagli occhi. Il ragazzo era fico e a lei di aspetto già piaceva, ne ero convinta, ma voleva mantenere le distanze poiché aveva paura di innamorarsi di nuovo. Non voleva di nuovo sprofondare nell’ “abisso” (come lo chiamava lei) qualora non fosse stata ricambiata. Non voleva illudersi, e per questo cercava di mostrarsi fredda e ostile verso Matteo. Da quando aveva ricevuto quella gigantesca delusione da parte di quello stronzo di Alberto non si era più lasciata andare. Io sapevo quanto ci fosse rimasta male, anche se riusciva a non darlo a vedere. Aveva un carattere molto forte. Non si era depressa, ed era riuscita a tornare la stessa. Ma adesso era decisa a non voler più star male per un ragazzo. Quella era stata la prima volta in cui Sister si era innamorata sul serio… secondo me, era meglio se questo non fosse successo…
Purtroppo non avrebbe mai ammesso che Matteo le piaceva ed avrebbe continuato  a fare la stronza. C’era bisogno che ci mettessi lo zampino io. Sicuramente anche a Matteo piaceva Didi fisicamente, ma si vedeva che veniva frenato dal fatto che lei voleva mantenere le distanze. Il fatto che lo guardava sempre in modo diffidente, sottolineava che lei non si volesse avvicinare a lui. In più, Ta Mella era convinta che Matteo fosse un puttaniere (ciò dimostrava che lei lo considerasse fico). Sister aveva poca stima del suo aspetto e non avrebbe mai creduto che un gran bonazzo le sarebbe potuto andare dietro. Ma su questo argomento lei era proprio idiota. Matteo però sembrava la capisse, secondo me riusciva a leggerle dentro e per questo erano fatti per stare insieme. Io e Didi avevamo impiegato due anni per capirci con uno sguardo. Matteo, invece, che l’aveva vista si e no tre volte in vita sua, aveva capito che qualcosa la frenava dal farsi conoscere. Ma Ta Mella, se voleva tenersi le cose dentro e non voleva mostrarle, ci riusciva… eccome! Era una bugiarda di prima categoria e quando mentiva tutti le credevano. Diceva che le basi per dire delle bugie credibile erano due:
1-essere fermamente convinti di ciò che si diceva
2-ricordarsi che la gente crede alle menzogne perché vuole crederci o perché ha paura che siano vere.
Quante volte mi aveva fregato quando ancora non ci conoscevamo, non lo sapevo neanche io. Se voleva sembrare stronza, bisognava stare certi che lo faceva. Quando voleva, dal suo viso non trapelava un sentimento o un’impressione.
Ma io non mi sarei data per vinta. Eeheheh, avrei fatto qualsiasi cosa per farli mettere insieme, e ci sarei riuscita. Non so per quale motivo ma la coppia Diletta - Matteo mi ispirava un sacco. Ta Mella non era l’unica che otteneva sempre quello che voleva.  Appena intravidi che c’era LUI quasi mi si illuminarono gli occhi. Cosa avrebbe fatto Sisteruccia ora? *Sogghigna* Fece una faccia strana e quasi indietreggiò. La provocai con gli occhi: conoscevo troppo bene Dile, e sapevo che non si sarebbe tirata indietro di fronte ad una provocazione, testarda e combattiva com’era. Abboccò all’amo, e appena i piccioncini si misero a parlare, mi avvicinai agli amichetti di Matteo e ci allontanammo un po’ da loro. Mi presentai:
 -Ragazzi io sono Athena- Si presentarono anche loro. Mi colpì profondamente un ragazzo: alto, con i capelli castano chiari quasi biondi e gli occhi grandi e azzurri. Non feci in tempo a proferire altra parola, però, che sentii Diletta e Matteo cominciare a litigare. Mi diressi a grandi falcate verso di loro, per evitare che si scannassero, proprio nel momento in cui lui le diceva
-Non mi stupirei se tu fossi venuta qui da sola, chi uscirebbe con una bisbetica come te?- Sister come al solito si fece valere e controbatté. Allora intervenni io
-Scusami, Diletta è desiderata, quindi levati dalle palle-.
Lui mi guardò stupito, così presi Ta Mella per un braccio e la trascinai in pista. Una ragazzo si rivolse a lei:
-Ti va di ballare?- bene, faceva proprio al caso mio, così risposi io per lei:
-Si si- e la lasciai con quello mentre lei  mi guardava sbigottita. Scommetto che appena avrebbe potuto me l’avrebbe fatta pagare, ma era meglio non pensarci. Mi diressi dal ragazzo che aveva gli occhi azzurri e che si chiamava Francesco.
-Ascolta- dissi rivolgendomi a lui in modo deciso -Tu sei un amico di Matteo giusto?- chiesi. Lui mi guardò spaesato e io continuai:
-Secondo me quei due si piacciono, ma la mia amichetta non lo ammetterà mai- spiegai e lui mi interruppe
-Hai ragione, e fidati anche Matt non lo farebbe.- concluse sconsolato e pensieroso. Sogghignai
-E qui entriamo in gioco noi…- proposi. Sorrise anche lui.
 

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Capitolo 4
*** Tutto per un pezzo di pizza ***


Buon giorno ragazze!! Eccomi puntuale!!
Dedico questo capitolo a xfrancychanx (spero di averlo scritto bene) perchè è sempre curiosa ed entusiasta di leggere la mia ff... grazie!! Ringrazio anche _Miss Cullen_ e Marfey_95 che mi sostengono sempre!!
Spero che questo capitolo vi piaccia, è rivoluzionario... e mi farebbe piacere che tutte le persone che seguono la mia ff e che la cliccano (151 per il primo capitolo) mi lasciassero una recensione piccina picciò...
Detto questo vi lascio al capitolo, e vi informo che aggiornerò Mercoledì, grazie per l'attenzione.



Image and video hosting by TinyPic Capitolo 4 Tutto per un pezzo di pizza

Pov Diletta

Quattro giorni dopo

Piango ininterrottamente e a dirotto senza saperne il motivo. Intorno è tutto buio, poi ad un tratto si intravede una luce dal fondo, e mi ritrovo in un giardino. Piango ancora, ancora e ancora, ma non riesco a capire perché. So solo che le lacrime scendono copiose dai miei occhi. Ad un tratto vedo sotto un albero Matteo e una ragazza castana, con i capelli ricci e lunghi. Si stanno baciando, e allora capisco il perché di tante lacrime. Matteo si volta verso di me e ride sguaiatamente. Io urlo, urlo ancora, finché non si apre una voragine sotto di me e il buio mi inghiottisce.

Mi svegliai di soprassalto tutta sudata, spaventata e con gli occhi umidi. Rimasi perplessa da quest’ultimo particolare: che durante il sonno avessi pianto sul serio? Ma nooo! Diletta è soltanto il sudore, certo… ma non riuscivo neanche io a credere a quella bugia, così lasciai perdere e decisi di non pensarci. Cercai di riprendere sonno, cercando di non pensare al sogno falso ed incomprensibile che avevo appena fatto. All’inizio sembrava che non sarei più riuscita a dormire fino alla mattina dopo, ma poi, troppo stanca per riflettere oltre, mi ritrovai inaspettatamente tra le braccia di Morfeo.
La mattina dopo, non essendo andate a scuola perché era Domenica, io e Sister, che avevo invitato a casa mia per il week end, ci eravamo messe a chiacchierare. Stavamo appunto discutendo sulle ultime novità:
 -Ma che ti è saltato in mente l’altra sera?- chiesi stizzita riferendomi al gesto in discoteca. In quegli ultimi giorni eravamo state così impegnate che non eravamo riuscite a parlare neanche un po’, e quando finalmente riuscimmo a  rimanere faccia a faccia, volli farle vedere tutto il mio disappunto per ciò che aveva fatto.
 -Eheheh Ta Mella, se te lo vengo a dire, addio…- rispose enigmatica credendosi simpatica. La guardai storto
 -Cosa hai in mente?- chiesi sospettosa. Non potevo fidarmi di Athena, che infatti sogghignò  
-Niente, niente. E comunque avevo sentito che voi due stavate litigando, e per non dargli la soddisfazione di fargli vedere che non eri accompagnata, ti ho fatto ballare col primo ragazzo che mi è capitato a tiro…- spiegò. Se si vedeva da quel punto di vista, ciò che aveva fatto… devo ammetterlo, era stato una genialata. Sorrisi sorniona
-E brava Sisteruccia, hai ripreso dalla migliore…- ridemmo insieme ma poi Soteria si fece seria e mise il broncio: quando faceva quella faccia voleva dire che aveva capito che le stavo nascondendo qualcosa.
 -Che c’hai Sister? Non ti vedo tranquilla…- cominciò fissandomi con sguardo indagatore. Cercai di camuffare il mio nervosismo, anche se con Sister questo non era affatto facile, dato che mi conosceva come le sue tasche.
-Niente, pensavo che dopo domani c’è il compito di greco…- mi giustificai con la prima bugia che mi passò per la testa. Lasciò correre ma mi guardò male… mi dispiaceva mentirle, ma non mi andava proprio di raccontarle del sogno, anche perché altrimenti si sarebbe messa a dire che Matteo mi piaceva, e a fare le sue ipotesi da film romantico; mentre io lo odiavo! Mi scocciava ancora di più il fatto di essermi trovata gli occhi bagnati. Anche se, a dirla tutta, non riuscivo neanche io a spiegarmi il perché di quel sogno che mi aveva lasciato tanto scossa… non riuscivo a capire il perché del dolore forte e cieco che avevo provato quando avevo visto quei due baciarsi… ma cosa me ne importava di questo, poi, a me? Non potevo negarlo… qualcosa sentivo, per lui. Ma era solo attrazione fisica, ne ero sicura. Mi conoscevo troppo bene, non avrei mai mentito a me stessa, e se qualcosa c’era, non era niente di serio. Era soltanto perché lui aveva gli occhi verdi, gli occhi più belli che io avessi mai visto… no! Questo non era vero… ne avevo visti tanti di begli occhioni azzurri ma… ma niente! Era vero, non potevo negarlo, era veramente carino di fisico, ma di carattere faceva schifo, quindi non c’era da preoccuparsi, non mi sarei innamorata di uno stronzo, ovviamente. Non sarebbe di certo stato da me. Gli stronzi li facevo girare a largo. Quindi inutile andare a dire a Sister che mi… attraeva, altrimenti avrebbe voluto che lo conoscessi  meglio… e questo mi avrebbe dato soltanto sui nervi; o almeno, questo era quello che mi ripetevo…
Dato che i compiti li avevamo fatti la mattina, il pomeriggio decidemmo di andare a fare un giro verso il centro, dato che io avevo proprio voglia di pizza e volevo anche andare a comprare un libro, visto che non me ne erano rimasti. Io amavo leggere, soprattutto i fantasy, mentre odiavo gli horror e i gialli, e non riuscivo a stare senza avere un buon libro tra le mani.

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Tutte belle preparate uscimmo di casa. Non erano passati neanche duecento metri, che quasi inciampai per lo stupore. Uscivano da una casa lì vicino Matteo e un suo amico. No, dico, proprio quei due! Neanche a farlo apposta! Non l’avevo incontrato ami a scuola, e adesso dovevo trovarmelo sotto casa? Ma dico io… Feci finta di niente, mentre speravo ardentemente che Athe non li avesse visti, altrimenti sai che palle… il mio desiderio, però, non venne esaudito…
-Ragazzi!- si mise a sbracciare Oi Soteria come una matta e, CASUALMENTE la notarono… Mi guardai intorno cercando un albero o un cespuglio dove nascondermi… ma zero, niente! Quel giorno la fortuna non stava di certo dalla mia parte. Mi limitai a guardare Athena e il tipo abbracciarsi e baciarsi sulla guancia… ehi ma… un momento! Come si conoscevano quei due? Li guardai interrogativa strabuzzando gli occhi e allora Athe mi fece
-Dile lui è Francesco, è il migliore amico di Matteo- cominciò a spiegarmi, e sottolineò la parola migliore… ma cazzo! Tutte a me dovevano capitare? Lui mi strinse la mano e io annuii come rimbambita. *Momento di pazzia incontrollabile*
-Ci siamo conosciuti in discoteca- precisò Soteria, che a sua volta si presentò a Matteo. FANTASTICO! Ci mancava solamente che Sister avesse fatto amicizia con quei due, ed io ero bella che fottuta. Adesso Athena avrebbe avuto un motivo in più per dire che dovevamo conoscerci meglio e bla bla bla… Sister aveva appena firmato la mia condanna a morte!
Feci un sorriso tirato e biascicai
-Bene…- non si sa quante parolacce stavo pensando in quel momento, forse più di tutte quelle che avevo detto in vita mia… Matteo era stato zitto e fermo fino a quel momento, non mi guardava e io cercavo di far finta che lui non esistesse, anche se l’aria intorno a noi già si era elettrificata.
-Dove stavate andando?- ci chiese poi allegro Francesco. Io dove la trovava tutta questa allegria proprio non lo capivo…
-Stavamo andando a fare shopp…- iniziai col dire, sperando che con la parola “shopping” i due sparissero, come tutti i ragazzi normali; invece Soteria (che in questo caso doveva chiamarsi Condannatrice) mi interruppe
-Stavamo andando in piazza!- esclamò allegra, mentre la voce le saliva di tre ottave superiore alla media. In quel momento stavo per strozzarla… mi assecondava sempre quando dicevo una bugia, e perché questa volta no?
 -Che ne dite se vi offriamo un pezzo di pizza?- chiese di nuovo raggiante Francesco, che sembrava si fosse messo d’accordo con Athe su quanto doveva dire.
-Ma certo! Ottima idea! Vero Dile?- controbatté Sister. No! E’ un’idea del cazzo va bene? Cercai di arrampicarmi sugli specchi
-Io veramente dovrei…- cominciai ma lei mi interruppe e mi guardò storto
-Tu non dovresti fare proprio un bel niente!- mi riprese. Abbassai lo sguardo rassegnata. Quando Sister faceva così non potevo proprio controbattere…
Cercai di camminare il più lontano possibile da lui, ma Athena e Francesco facevano di tutto per farci stare vicini, quindi furono vani  i miei tentativi di allontanarlo. Cercai di attaccare conversazione con Francesco, ma ne lui ne Athe mi si cacavano minimente, così mi toccava camminare a fianco dello Stronzo galleggiante standomene zitta e guardando da un’altra parte… sembrava quasi che quei due lo facessero apposta ad ignorarmi.
Arrivammo in piazza, ed io, più per orgoglio che per altro, continuai a non parlare per niente. Mi ero chiusa in un ostinato mutismo, anche se per essere sincera era difficile per me tacere, dato che ero una grandissima chiacchierona.
Eravamo appena arrivati in piazza, piena di gente come al solito. Matteo mi era davanti. Ero con al testa tra le nuvole non so come o con cosa, ma inaspettatamente inciampai. Misi le mani avanti, già pronta a sbattere per terra e a sbucciarmi le braccia o le ginocchia… invece mi ritrovai stretta tra le SUE braccia. Mi aveva preso al volo. Oh mamma oh mamma OH MAMMA! Senza sapere perché, andai in iperventilazione, il cuore mi iniziò a battere a mille; cercai di staccarmi da lui, ma di nuovo feci una storta, e sta volta gli ruzzolai proprio addosso. Con la mia grazia da ballerina di danza classica lo feci cadere e mi ritrovai a terra, stesa sopra di lui (non intendiamo male per favore), le nostre labbra si sfioravano.

Pov Matteo

L’avevo fatto d’istinto. Mi stavo girando verso di lei, senza saperne il motivo, quando la vidi inciampare, così la ripresi. Il mio cuore perse un colpo. Non riuscivo a respirare. La tenevo stretta tra le mie braccia, e non avevo ne la voglia, ne la forza di staccarmela di dosso. Lei cercò di divincolarsi dalla mia stretta ma non potevo e non volevo lasciarla andare. Mise un piede in fallo e fece una storta. Mi cadde addosso, persi l’equilibrio anch’io e ci ritrovammo a terra. Lei era sopra di me, le nostre labbra si sfioravano. Il cuore mi batteva all’impazzata, sentivo caldo ovunque. Avevo il suo viso ad un millimetro dal mio, forse meno. Non volevo pensare alle misure in quel momento. Non avevo il coraggio di tirarmi su. Sentivo il mio respiro farsi irregolare. Sentivo il rumore del suo cuore che galoppava. Senza sapere perché, ma consapevole dell’enormità e della stupidità di quello che stavo facendo, mi avvicinai ancora di più…

Pov Diletta

Il respiro si fece irregolare, il cuore sembrava che mi stesse per scoppiare in petto. Ma perché stava succedendo? Perché, se io lo odiavo? Averlo a un millimetro dal viso mi provocava una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Abbassai lo sguardo, perché non volevo farmi ammaliare dai suoi occhi. A quel punto non avrei più resistito alla tentazione di baciarlo… ma quale tentazione? Mi sbaglio, DI SCHIAFFEGGIARLO, volevo dire! Guardai la sua camicia e rimasi basita… era uguale a quella che indossava Alberto il giorno in cui mi aveva detto che avrebbe voluto rimanessimo solo amici. Mi alzai di scatto, scossa dalla nitidezza di quel ricordo, che in quel momento mi aveva salvata da un’umiliazione certa. No. Non volevo altri dispiaceri, altre illusioni, altre delusioni. Noi ci detestavamo. Basta. Non poteva esserci nient’altro. Non volevo che ci fosse nient’altro. Per fortuna non correvo troppi rischi, dato che non gli piacevo… anche se il suo cuore che batteva all’impazzata lasciava credere il contrario. Mi distolsi dai miei pensieri e guardai Athena e Francesco che ci guardavano speranzosi e compiaciuti. Ma cosa diavolo avevano in mente quei due? Si alzò anche lui e ci avviammo silenziosamente verso la pizzeria, imbarazzati come non mai. Matteo era ancora più taciturno di prima, ma secondo me, in generale non doveva essere un tipo loquace. Detestavo i ragazzi silenziosi e introversi, anche se devo dire che in quel momento il suo silenzio fu la mia fortuna. Entrammo nel locale e ci dirigemmo al bancone. Erano rimasti solo pochi pezzi di pizza caldi.
-Allora ragazzi come posso aiutarvi?- chiese la commessa. Sisteruccia non esitò
–Io vorrei un pezzo di pizza bianca con la nutella.- fece, con gli occhi che le erano diventati due cuori alla vista della nutella. La commessa le tagliò un pezzo grandissimo. Lei fece una faccia fintamente sorpresa
–Uh ma questo è troppo grande per me… Fra fai a metà con me?- chiese con sguardo da cucciolotta. Ma guarda tu questa ruffiana porcellina, pure para cula. Lui sorrise ed annuì. Fra? E da quando in qua si chiamavano per soprannome? E poi la sorella ero io, quindi era con me che avrebbe dovuto dividere la piazza, mi stavo offendendo seriamente. Anche se… mi si accese la lampadina, ma certo! A Sister piaceva Francesco. Era così evidente! Ma come darle torto, era proprio un bel ragazzo. Ma a lui lei piaceva? Mi stavo chiedendo questo, ma forse si, a quanto sembrava… ero contenta per lei, finalmente aveva trovato il ragazzo giusto! Erano così carini…
-Io vorrei l’ultimo pezzo con le salsicce…- cominciai, ma… un attimo. Lo Stronzo aveva parlato insieme a me? Eh no, caro Stronzo galleggiante, il pezzo era mio! L’avevo visto per prima e di certo non glie lo avrei ceduto
 –L’ho visto prima io, quindi quel pezzo è mio!-  dissi in modo spavaldo e sicuramente poco delicato.
–No no tesoro, quello è mio! L’ho visto prima io!- controbattè con tono piatto. La sua calma mi irritava, come il fatto che mi avesse chiamato tesoro… ma come si permetteva? Chi era lui per prendersi tutta quella confidenza? Quello che avevo provato poco PRIMA, sparì del tutto. Per fortuna la pizzeria era vuota e nessuno avrebbe potuto notarci, a parte la commessa che ci guardava imbarazzata e incredula: già, dove li aveva mai visti due matti che si stavano per scannare per un pezzo di pizza?
 –Guardate che sta per uscire un altro testo…- biascicò conciliante
Ci voltammo verso di lei entrambi inferociti
–Io voglio QUEL pezzo di pizza!- esclamammo all’unisono.
–Sei un brutto maleducato! Non usa dare la precedenza alle signore?- lo rimbeccai. Lui rise
–Se ci fossero lo farei, ma non ne vedo, quindi…- l suo tono era canzonatorio ma io lo guardai strafottente
–Mi stai insultando per caso?- chiesi con fare altezzoso. Lui mi si avvicinò e questo mi provocò un acceleramento della frequenza cardiaca.
–E se anche fosse?- chiese sfacciato. Senza pensarci due volte, gli diedi uno schiaffo in pieno viso, lasciandogli lo stampo della mano. Inspiegabilmente lui sorrise
–Sei proprio una stronza!- esclamò senza scompigliarsi più di tanto. Questa volta sorrisi io
–Non mi è sembrato che questo ti avesse dato molto fastidio quando stavi per baciarmi!- esclamai.
Dissi queste parole in tono glaciale, tagliente. Rimase un attimo spiazzato ma poi si riprese
–Sei talmente innamorata di me che ti immagini anche cose impossibili?- chiese sicuro. Mi incazzai come una bestia. Mi si poteva dire tutto, ma la mia memoria non bisognava toccarla! Io avevo una memoria che faceva paura, di ferro, me lo dicevano tutti, e quando succedeva qualcosa che mi lasciava perplessa, io me la ricordavo per tutta la vita! Non poteva permettersi di farmi passare per bugiarda riguardo queste cose.
–Sei così codardo che non lo vuoi neanche ammettere?- chiesi a mia volta, certa della vittoria. Stava per controbattere, quando Athena sbottò
–Smettetela sembrate due bambini!- mi voltai verso di lei e dissi
-Hai ragione, non vale la pena sprecare le mie preziose parole per uno come lui- conclusi squadrandolo male da capo a piedi. Senza aggiungere altro, uscii platealmente dalla pizzeria come una sottospecie di vip. Mi voltai e mi avviai verso casa. Deve ancora nascere la persona che riesce a mettere i piedi in testa a Diletta Rossi.

Pov Matteo

La vidi andarsene e il mio umore scese sotto lo zero. Ma non l’avrei mai ammesso, non orgoglioso come ero. Ma… cosa avevo combinato? Perché l’avevo fatto? Perchè ero stupido, ecco qual’era la risposta.
–Sei un coglione!- cominciò Athena. Non avevo nessuna ragione per controbattere, purtroppo era vero.
–Lei non se lo merita! Non si merita che tu ti comporti così!- esclamò concitatamente. Cercai allora di controbattere, non volevo che proprio lei, che neanche la conoscevo, mi rimbeccasse
-Il suo comportamento non aiuta...- mi giustificai ma lei si inviperì ancora di più
–Neanche il tuo! Tu non sai quello che ha dovuto sopportare, che cosa le è successo! E ringraziamo il cielo se adesso non è diventata una depressa!- quasi urlò. Cosa era successo a Diletta? Lei non era così? Questo almeno era quanto affermava Athena. Era per questo che  si comportava in quel modo odioso?
-Adesso devo andare…- diede un bacio sulla guancia a Francesco e se ne andò giusto un po’ incazzata. Ma proprio poco….                             
Tornammo a casa, ed io mi buttai sul letto in camera mia.
–Ti piace!- fece Fra. Non era una domanda ma una semplice constatazione. Io non risposi e Fra continuò
 –Si vede da come la guardi!- continuò imperterrito
-E’ una stronza- lo rimbeccai
–A parte che eri tu ad aver torto… Ma ti piace- concluse ancora.
No! Non potevo ammetterlo… non avrei neanche ammesso che prima la colpa del litigio era stata mia…
 -Non la sopporto- rimasi fermamente convinto di quello che dicevo. Non cambiavo neanche l’ordine delle parole.
 -Ma ti piace- continuò lui imperterrito
 –Mattè stavi per baciarla vuoi negarlo?- continuò spazientendosi. Non sapevo cosa dire
 –No…- biascicai non trovando altre scuse. Lui sorrise
 –Quindi ti piace!- riprese. Non lo sopportavo più, non ce la facevo proprio, mi stava tartassando. La testa stava per scoppiarmi
–Si! Si va bene? Mi piace ma non la sopporto!-confessai il crimine non guardando Fra in faccia. Mi feci più serio
 –Ed è per questo che devo trattarla male, che devo fare lo stronzo! Io non posso correre il rischio di innamorarmi di lei, perché mi detesta! Quindi meno ci parliamo meglio è!- conclusi convinto.
Fra sospirò. Se ne stette zitto così cercai di spostare l’argomento su di lui.
–Tu piuttosto… con Athena? Cosa mi dici?- chiesi sogghignando. Lui sorrise
–Ha preso la pizza con la nutella! Non glie ne frega niente di ingrassare… non è come le altre spocchiose… la stimo! Poi è tanto simpatica!- era davvero raggiante. Sorrisi. Almeno a lui le cose andavano bene…
La sera, prima di addormentarmi, mi ritornò in mente quello che era successo il pomeriggio… merda cazzuta che vergogna! E se lei non si fosse spostata? Cosa sarebbe successo? IO cosa avrei fatto? L’avrei baciata? Sicuramente no…
 

 
 
 
 

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Capitolo 5
*** Volendo essere antipatica ***


 

 

Capitolo 5 Volendo essere antipatica

Pov Athena

Cheee palle! Era Venerdì ed era solamente la seconda ora, e già non vedevo l’ora di tornare a casa… stavamo facendo greco e mi stavo annoiando a morte! Sisteruzza stava più attenta di me, a lei il greco piaceva un sacco, era pure brava… io lo detestavo. Meglio latino, invece di quei geroglifici incomprensibili. Ma chi mi aveva fatto scegliere il classico?  Quel giorno era proprio caldo, e questo rendeva la lezione ancora più insopportabile. Per essere appena metà Aprile, c’erano temperature di fine Giugno. Questo metteva il buon umore me e Dile, dato che adoravamo il bel tempo. Peccato che studiare era un supplizio. Stavo immaginando di essere in spiaggia a prendere il sole, o a nuotare quando mi arrivò un messaggio sul cellulare… ma chi poteva essere? Senza farmi vedere dalla Prof tirai fuori il telefono: era Francesco. Gli avevo dato il mio numero qualche giorno prima, dopo l’ultima litigata di Matteo e Sister… in quei giorni eravamo rimasti molto in contatto, ed avevo scoperto che la richiesta di amicizia su face book non l’aveva inviata Matteo ma Fra, entrando con il suo account. Questo a Sister non l’avevo detto, e forse era meglio così. Anzi ne ero certa. Fra mi piaceva, era un tipo apposto, con la testa sulle spalle. Ed era pure molto carino… lessi il messaggio:

Io e Matteo siamo nella merda!! Al cambio dell’ora la nostra classe ha fatto un sacco di casino, e per questo, dato che la prossima ora abbiamo greco, la prof ha deciso di farci fare un compito a sorpresa. o.O Solo i secchioni c’hanno il vocabolario… e ha detto quella puttana che chi non ce l’ha si arrangia e prende tre! Senti bella, per caso tu e Diletta avete due vocabolari da prestarci?

Mi sorpresi: mamma mia quanto potevano essere stronze a volte le professoresse: era da non crederci! Sorrisi e risposi subito, contenta che si fosse rivolto a me per chiedere aiuto

Certo! Anche noi oggi ce l’abbiamo. Appena suona la terza ora ve li portiamo

Inviai velocemente.

Grazie! Tvb! Spero che almeno un sei riusciremo a prenderlo… quella è pazza! Così almeno quei due si vedranno…

Concordavo, era assolutamente vero, anche se…

Non credo che Dile ne sarà molto contenta… ma cercherò di farle scoprire la cosa il più tardi possibile… anche se lei prevede il futuro, è molto perspicace riguardo queste cose. A proposito, che prof avete di greco?

Ero curiosa di sapere chi potesse essere quel mostro di donna. Rispose subito

Neanche Matteo sarà molto contento, comunque questo non importa… è per il loro bene. Giusto? E comunque la mia prof di greco è la Marinelli

Strabuzzai gli occhi…. era la mia prof di storia e geografia… mamma mia poveretti! Che pena! Quella metteva sempre due e tre quando le girava male, erano i suoi voti preferiti, soprattutto non sopportava chi la contraddiceva e secondo lei solo quello che diceva lei stessa era giusto.

Hai proprio ragione! Io sono convinta che quei due si debbano mettere insieme! La Marinelli è la mia prof di storia e geografia… mamma mia che risate quando ci vedrà!

Era vero, chissà cosa si sarebbe inventata, una delle sue battute strampalate sicuramente. Sperai che non protestasse…

Ti ringrazio!! ;) Ci hai salvati!!

Appena suonò la campanella, senza esitare e senza darle spiegazioni presi Didi per un braccio e le dissi
–Corri prendi il tuo vocabolario di greco!- mi guardò stralunata e non si fece impressionare dal mio tono allarmato.
–Perché?- chiese dubbiosa. Non avrebbe di certo prestato il suo amato vocabolario senza sapere a cosa sarebbe servito. Ci pensai su: non era facile mentirle, ma…
 -Due mie amiche hanno compito a sorpresa di greco e non hanno il vocabolario, quindi gli ho detto che glie ne avrei procurati due io… ti dispiace?- chiesi ancora. Sperai che non si insospettisse, e per fortuna scosse la testa indecisa
 –No no, ma come si  chiamano?- chiese ancora indagatrice. Ma guarda tu questa, mi doveva sempre mettere in difficoltà. Cosa mi inventavo adesso?
–Francesca e… Ma…rtina... Martina!- risposi sparando i primi nomi che mi fossero passati per la testa. Salimmo le scale e cercai di ricordarmi in quale classe dovessimo andare… sezione… B…A?
Mi sembrava la A, la seconda aula dopo il portone di ingresso al secondo piano. Arrivammo davanti alla porta, stava filando tutto liscio quando Diletta strabuzzò gli occhi.
Pov Diletta
Che strano… un compito a sorpresa di greco, mi suonava male questa storia, non sapevo perchè ma c’era qualcosa che in tutto quello non filava. Sentivo puzza di bruciato, e io avevo un fiuto fantastico per quelle cose. Bisognava essere proprio stronzi… Ma quale prof con un po’ di sale in zucca avrebbe potuto farlo? Era qualcosa di sovrumano, senza contare che non sarebbe giovato nemmeno a lei. Non era una bella cosa che una classe intera o quasi prendesse tre in un compito.
Solo una professoressa in tutta la scuola avrebbe potuto farlo: la Marinelli. Per tutti i colpi che le avevamo mandato io e Sister quella doveva essere morta, sepolta (senza una degna sepoltura) e decomposta. La Marinelli insegnava (se così si può dire) greco solo a un quinto ginnasio, (nda: i primi due anni al classico si chiamano quarto e quinto ginnasio, gli altri tre sono primo, secondo e terzo liceo) mentre a tutti i quarti insegnava storia e geografia… Un momento! Quinto ginnasio… amiche di Athena… Francesca, Martina… porco cazzo! Ma quali amiche? Lei si riferiva a Francesco e a Matteo, che probabilmente avevano la Marinelli che gli avrebbe fatto fare un compito a sorpresa… e Soteria aveva pensato che se la avessi accompagnata, avrei incontrato Matteo… oh cacca! I miei poteri “futuristici” tornarono a galla. Appena arrivammo davanti all’aula, strabuzzai gli occhi
–No, no no! Dimmi che non è quello che sto pensando!- esclamai cercando di trovare una via di fuga a quello che pensavo sarebbe stato il mio supplizio. Sorrise e io ebbi la conferma dei miei sospetti, non per niente mi chiamavano Ta Mella
 –Io me ne vado, non lascerò il mio bel vocabolario nelle mani di QUELLO!- esclamai subito concitatamente; perché era ovvio che Sister avrebbe dato il suo vocabolario a Fra… e poi chi rimaneva per me? No, assolutamente no!
Non feci in tempo a girare i tacchi, però, che Soteria mi prese per un braccio e bussò alla porta.
–Avanti- disse una voce stridula dall’interno. Cazzo! Ormai troppo tardi per andarmene, entrai nell’aula, imbarazzata come non mai. Ma guarda tu in che situazione mi aveva messo Sister!
–Permesso? Io e Rossi dovremmo consegnare due vocabolari- disse Soteria che era a dir poco euforica. Tutti ci squadrano da capo a piedi. Qualcuno mormorò anche qualche parola di apprezzamento; anche a causa del nostro abbigliamento.

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La Marinelli, invece, ci guardò male, ci squadrò da capo a piedi e scommettò che sospettò qualcosa di losco.
–Lucidi? Rossi? A chi li dovreste consegnare?- chiese con la sua vocetta strana, che non si capiva mai se ti stesse prendendo in giro o ti stesse sgridando. Se avessi potuto avrei ucciso a coltellate (o piuttosto con le mie mani) Sister. Ma sempre in queste situazioni del cavolo mi doveva far cacciare?
–A Santarelli e a Valenti- disse lei felice. Ma certo! Dritte dritte nella tana del lupo! Ma perchè non urlarlo anche ai quattro venti, o magari voleva un megafono per farsi ascoltare meglio. Mannaggia a lei! L’aveva pure fatto a posta, ne ero sicura! I due interessati si alzarono dalle sedie, sotto gli occhi abbastanza stupiti dei loro compagni. Chissà che invidia provavano, anche se lo Stronzo sembrava stesse per andare al patibolo: oltre a tutto che mi toccava dargli il mio adorato vocabolario, ci metteva pure il muso? Ma guarda tu questo! Francesco mi sorrise e mi fece cenno di saluto. Quel ragazzo, anche se lo conoscevo da poco, mi stava molto simpatico. Ricambiai con piacere e voltai la testa verso di… LUI. Strinsi il vocabolario al petto, non volevo lasciarlo nelle sue mani! Me lo avrebbe riportato sano e salvo? Il mio bambino, il mio adorato Lorenzino! (nda:Lorenzo Rocci, vocabolario di greco) Athena diede il suo a Francesco e fece un sorrisino in modo a dir poco mieloso. Cosa stava facendo? Lei che faceva la smielosa? Da quando in qua lo era diventata? Doveva essere proprio partita di testa…
Lui la prese per i fianchi e le baciò una guancia calorosamente. Come sottofondo a quella scena si sentirono gli altri ragazzi che facevano “UUuhuh”. Ma guarda tu questi due! Quanto erano toghi, mamma mia, si prescriveva un bel futuro per i due piccioncini. Lei arrossendo gli disse sull’orecchio, cercando di non farsi sentire dalla prof
–Se aprite i nostri vocabolari sulle prime pagine ci sono tutte le declinazioni, i complementi ed alcuni verbi all’Aoristo!- (nda: l’Aoristo in greco corrisponde al passato remoto in italiano) mamma mia quanto se la tirava in quel momento.
-Anche all’Aoristo?- chiese lui con gli occhi spalancati. Non ci credeva
–Si li abbiamo messi per sicurezza, dato che lo abbiamo appena iniziato!- spiegò Sister con l’aria da saccentone che mi fece venire da ridere, anche se ripensandoci, quella situazione era solo deprimente.
Lui sorrise e la abbracciò forte
–Ma io ti sposo!- disse Fra ad Athe. Lei rise contenta.
–Siamo salvi solo grazie a voi!- continuò rincuorato. Matteo fece un segno d’assenso appena accennato, Fra rise.
–Avete finito?- chiese la Marinelli alquanto scocciata e, si può dire, anche un po’ scioccata dal nostro comportamento.
–Si certo- disse Sister eccitata (forse per quello che le aveva detto Fra!?). Con uno sforzo sovrumano mi separai lentamente dal mio adorato vocabolario. Non potevo! Giuro che se me lo avesse riportato con una pagina stropicciata l’avrei ucciso! Lo Stronzo sbuffò impaziente con le braccia protese. Aho calmino sa! Afferrai Lorenzo e glie lo sbattei sul petto
–Se me lo riporti con un graffio sei morto!- sibilai. Lui sorrise strafottente: si credeva per caso superiore a me? Si sbagliava.
–Non ti preoccupare, lo userò il minimo indispensabile! Anzi, forse non mi servirà neppure…- voleva darsi delle arie il signorino… sorrisi sorniona
–Si ci credo, come no, e chi sei la scienza infusa?- chiesi in modo saccente. Era impossibile fare un compito di greco senza vocabolario, quindi inutile che il signorino si desse delle arie. Lui sbuffò con fare superiore. Uno a zero per me ah! La prof interruppe il filo dei miei pensieri
–Io ho detto, però, che chi non ha il vocabolario, il compito lo fa senza. Quindi non vedo perché glie lo dovreste prestare… perciò andate, su su!- disse annoiata, ansiosa di dare dei quattro suppongo. Sorrisi. Mi sarebbe dispiaciuto se Fra avesse preso un votaccio, ma sarei stata felice come una Pasqua se lo Stronzo lo avesse preso…
Sorrisi involontariamente, e tirai fuori la voce più angosciata che sapessi fare
-Veramente? Non lo sapevo… che peccato. Però è vero che quel vocabolario è di Valenti, ma questo- dissi indicando il mio tesoruccio con fare disperato -è il mio-. Nessuno poteva credere a quello che avevo appena fatto, neanche Sister, che mi guardò e poi spalancò la bocca. Forse non ci stavo credendo neppure io. Sorrisi di nuovo vincitrice e tolsi il vocabolario dalle mani dello Stronzo, che mi guardava sbalordito e mi voltai verso la prof
–Allora mi scusi se le ho fatto perdere tempo, buon giorno professoressa-. Dissi lecchina. E sentii dolce, in bocca, il sapore della vittoria!

Pov Matteo

Non riuscivo a crederci. Non poteva averlo fatto sul serio. Sapevo che era stronza, ma mai avrei pensato fino a quel punto. E non l’avrebbe pensato neanche Athena, visto che aveva uno sguardo a dir poco sbalordito. Almeno quanto il mio, suppongo. Tutti noi eravamo rimasti davvero basiti. Non pensavo che qualcuno potesse avere così tanta cattiveria in corpo. Pensavo che gente come quella là esistesse solo nei film.
–Valenti, come mai tu che non te lo porti mai il vocabolario oggi si?- chiese la Marinelli dubbiosa. Fra cercò di mascherare lo stupore per ciò che era accaduto poco prima con un sorriso
–Sta mattina ho sentito che c’era odore di compito nell’aria…- rispose, anche se si vedeva lontano un miglio che la stava portando per culo. Lei lo guardò male, poi continuò
–Lucidi, ma voi due siete così tanto in confidenza?- chiese ad Athena. I due interessati si guardarono e si sorrisero a vicenda
–Si- risposero all’unisono. La Marinelli alzò un sopracciglio.
–Va bene. Ora vai.- gracidò rivolgendosi ad Athena. Era alquanto stizzita, probabilmente le dispiaceva il fatto di non poter mettere un tre in più.
–E dì alla tua classe di fare silenzio durante il cambio dell’ora, che vi si sente da tre alule di distanza! Altrimenti domani compito si storia.- gracidò. Athena uscì dalla classe, e prima di richiudersi la porta alle spalle sibilò
 –Col cazzo!- tutti ridacchiarono. Eccetto me. Non avevo niente di cui gioirmi… cazzo! Come avrei fatto a recuperare un tre in greco? Già che avevo soltanto un sette scarso… mi sedetti al banco, Fra mi guardava dispiaciuto, mentre la prof consegnava le versioni. Chissà da dove le aveva prese…  era meglio non pensarci, tanto ormai a che sarebbe servito?
-E’ una brutta troia!- sibilai rivolto a Fra. L’insulto era sia per la Professoressa che per quella là. Lui  non rispose. La versione era di Platone. Merda cazzuta! E adesso come avrei fatto? Iniziai a leggere, cercando di sforzarmi a capirci qualcosa, a ricordare i pochi vocaboli che avevo imparato. Riuscii a scribacchiare qualcosa, a riconoscere alcuni verbi… ma per il resto, lasciai tutto bianco. In più, quella brutta megera ci aveva dato soltanto un’ora, delle due che aveva… porca puttana! Consegnai per ultimo, ormai rassegnato a prendere un votaccio. La prof non mi aveva perso di vista un solo istante, e non avevo potuto neanche cercare di copiare da Fra o da Ludovico. Mi detestava con tutto il suo essere, ma che ci potevo fare se non le andavo a genio? L’intervallo lo passai in classe, seduto a rimuginare, con in testa il solo pensiero che lei me l’avrebbe pagata, eccome! In fondo, cosa le sarebbe costato prestarmi il vocabolario per un’ora? Niente, ma l’aveva fatto per mettersi in mostra. Per farsi notare. Più la ignoravo meglio sarebbe stato per me, anche se prima dovevo insultarla… trascorse lenta un’altra ora, poi un’altra. Finalmente suonò la campanella e la scuola finì. Lei era lì, davanti al portone d’ingresso, che parlava spensierata con una sua amica con i capelli molto lunghi e ricci. Sembrava spensierata e contenta, come se non fosse successo niente, come se non mi avesse appena rovinato tutti i pomeriggi, durante i quali avrei dovuto studiare greco incessantemente per recuperare un’insufficienza grave! Brutta bastarda ipocrita! Mi diressi infuriato a grandi falcate verso di lei. Questa volta non l’avrebbe passata liscia.

Salve ragazze!! Buon giorno!! Innanzi tutto buon inizio di vacanze!! Quanto le ho attese *sospira*. Allora questo capitolo sarà molto… come dire… vabbhe vedetelo voi come sarà però vi assicuro che rimarrete sbalordite. Dedico il capitolo a _Miss Cullen_ che mi aiuta sempre, soprattutto in questo ultimo periodo in cui mi va tutto storto… spero che questo non abbia influenzata il mio modo di scrivere.  Dedico il capitolo anche a xfrancyxchan e a Marfey_95 ringrazio in oltre tutte le altre ragazze che mi hanno recensito, in particolare SweetCullen. Adesso vi lascio al capitolo, penso di aggiornare Sabato altrimenti Lunedì, grazie per l’attenzione

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Capitolo 6
*** Litigi vari ***


Salve a tutte!! Innanzi tutto buona Pasqua!! Allora eccomi puntuale come sempre, vi avevo promesso di postare oggi, e l’ho fatto, anche se sono quasi le dieci di sera. Spero che questo capitolo vi piacerà, l’ho scritto a scuola durante il laboratorio di arte XDXD Lo dedico a _Miss Cullen_ e a allofmyword che mi sostengono e mi ascoltano sempre soprattutto in questo periodo… grazie ragazze!! UN ringraziamento speciale a Marfey_95 e a xfrancychanx adesso vi lascio al capitolo, grazie dell’attenzione, buona lettura.


Capitolo 6 Litigi Vari

Pov Athena

That’s impossibile. Incredibile.
Non poteva averlo fatto per davvero. O per lo meno, non Diletta, non la Diletta che conoscevo io. Fino a quel momento avevo sempre pensato di conoscerla come le mie tasche. Questo, forse, non era più vero… Uscita dalla classe di Fra mi appoggiai un attimo al muro per assimilare quello che era successo. No. Quella non era Diletta. Ma cosa diamine le era successo? Che detestasse veramente Matteo? Che io mi fossi sbagliata riguardo a ciò che provava? No, non poteva essere, conoscevo Ta Mella troppo bene. Eppure… c’era qualcosa che non quadrava, qualcosa che ancora dovevo spiegarmi…
Quando tornai in classe non le rivolsi la parola. Ero arrabbiata. Non tanto per quello che aveva fatto (anche per quello ovvio), quanto mi innervosiva il fatto che non volesse dirmi quello che le passava per la testa. Noi ci raccontavamo sempre tutto! Aveva paura che la giudicassi? No, sapeva che non l’avrei mai fatto…
Il punto era che lei non aveva ancora ammesso con se stessa che Matteo le piaceva. Anche se si poteva considerare un passo avanti il dire che lui fosse un bel ragazzo. Lo era, eccome!
Durante le ore di lezione cercò di parlarmi ma io la ignorai, avevo intenzione di tenerle il muso ancora per un po’. Quando suonò l’intervallo mi diressi a passo veloce al piano di sopra. Senza farmi tanti scrupoli entrai nella classe, che aveva la porta aperta. Appena Fra mi vide mi venne incontro, dall’espressione si vedeva che era un po’ preoccupato.
-Mi dispiace- dissi subito, ero veramente mortificata. Lui mi abbracciò dolcemente per consolarmi… affettuoso il ragazzo! Non che mi fosse dispiaciuto, s’intende!
-Non preoccuparti, non è colpa tua- mi consolò. Ok, essere consolata da lui non era mica tanto male… *sogghigna* . Con dispiacere mi staccai da lui e comincia a sfogarmi
-Non mi sarei mai aspettata una cosa del genere da lei! Non aveva nessun diritto di farlo!- iniziavo ad avere la faccia rossa, lo sentivo.
Lui fece un sorriso sconsolato che mi fece montare il sangue alla testa, così continuai imperterrita
-Io non so cosa le stia succedendo… non vorrei essermi sbagliata… forse non le piace!- conclusi con un avocetta piccola piccola. Abbassai la testa, non ancora del tutto rassegnata.
-Non credo sia così… c’è qualcosa tra i due- Fra sembrava sicuro di ciò che diceva. Io non sapevo cosa controbattere.
-Matteo mi ha detto- continuò  –che a lui Diletta piace fisicamente… ma di carattere proprio non la sopporta…- sbuffai, a questo ci ero arrivata anche io.
-Almeno Matteo lo ha ammesso, d’ora in poi le cose si faranno più facili, spero… il problema è che Dile non lo ammetterà mai… quando si fossilizza su qualcosa, diventa impossibile. L’unica cosa che mi ha concesso è che lo trova un bel ragazzo. Con l’ultima cosa che ha combinato, poi, sarà ancora più difficile farli mettere insieme…- borbottai, più a me stessa che a lui. Sospirai. Lui annuì pensieroso. Mi aveva raccontato quello che era successo all’amico due anni prima. Io ero rimasta scioccata: quindi si comportava così solamente per quello… poverino! Come biasimarlo? Quindi dietro al suo carattere orgoglioso ed arrogante si nascondeva un animo sensibile. Che bello! Anche io avevo raccontato a Fra quello che era successo a Diletta. Anche lui c’era rimasto un po’ male. Ci eravamo promessi, però, di non dire nulla di tutto questo ai nostri amici. Questi erano dettagli troppo personali. Il problema, ora, era che se Dile era decisa ad odiare Matteo, l’avrebbe fatto; era così testarda e determinata… guardai Matteo che stava seduto sul suo banco con gli occhi infuocati ed il viso rosso.
-Mi dispiace. Non pensavo che avrebbe potuto farlo- gli dissi, non sapendo cos’altro aggiungere, anche se quello che era successo mi era dispiaciuto per davvero. Lui fece un cenno d’ assenso con il capo. Che peccato…
Alla fine dell’intervallo Fra mi riaccompagnò in classe. Mi salutò con un abbraccio, sotto lo sguardo stupito di tutti i miei compagni.

Pov Diletta

Sister era tornata in classe con una faccia che mi aveva fatto seriamente preoccupare. Era troppo seria! Non mi aveva rivolto la parola per tutto il resto della lezione ed all’intervallo era sparita per tornare accompagnata da Fra. Era arrabbiata con me? Probabile. Poco male… avremmo fatto pace, di solito non rimanevamo mai arrabbiate per più di poche ore. Non mi ero pentita di ciò che avevo combinato, sapevo che era la cosa giusta (evviva l’umiltà). Suonò la campanella che segnò la fine delle lezioni. Soteria continuò ad ignorarmi, che nervi, non poteva incavolarsi per qualcosa che avevo fatto che nemmeno la riguardava. Iniziai così a parlare con l’altra nostra sorella, Francesca. Le raccontai ciò che avevo fatto:
-Sei stata cattiva nei suoi confronti Didi. Ma se pensi di aver fatto la cosa giusta…- disse. Francy era una persona molto logica e razionale, raramente si faceva prendere la mano dai sentimenti. Era di media statura, magra e con tanti capelli marroni riccissimi. Ci fermammo a parlare sul limitare della discesa che portava ai parcheggi.
-Sister è incavolata nera. E’ dalle terza ora che non mi parla- feci una vocetta sconsolata e Tes Sofos sorrise.
-Le passerà, la sai com’è…-  cominciò, ma non finì di parlare, però, che sentii una presenza dietro di me. Sapevo chi era, immaginavo che sarebbe venuto a reclamare vendetta. Mi voltai ed incrocia il suo sguardo. Sussultai. Matteo era incazzato nero, si vedeva: i suoi stupendi occhi verde smeraldo si erano incupiti, ed era rosso paonazzo in faccia. Mi fissò negli occhi
-Sei una brutta Troia!- quasi urlò. Si vedeva lontano un miglio che stesse cercando di trattenersi dal saltarmi addosso, ma non poteva, visto che ero una ragazza. Mi alterai seriamente, e questa volta lui avrebbe dovuto evitare che io lo picchiassi.
-Troia lo dici alle ragazze con cui vai, ma non a me! Brutto puttaniere che non sei altro!- controbattei con utilizzando la sua stessa foga. Mi alzai sulle punte dei piedi per raggiungere la sua statura, invano. Lui si arrabbiò ancora di più
-Ma cosa cazzo dici? Qui l’unica troia che vedo sei tu! Non avevi nessun diritto di umiliarmi davanti alla classe intera! Cosa ti costava prestarmi quel fottutissimo vocabolario?- chiese con gli occhi infuocati. Non pensavo che un ragazzo all’apparenza così calmo potesse trasformasi in ciò che era in quel momento. Finalmente vedevo il vero volto di Matteo, la maschera era caduta. Mi guardava dall’alto in basso, si credeva per caso superiore, lo Stronzo? Spalancai la bocca indignata
-Primo, non insultare il mio vocabolario- dissi e vi passai sopra le mani in modo affettuoso. Respirai profondamente per cercare di calmarmi.
-Secondo, io faccio quello che mi pare e piace, come e quando voglio! Di certo non avrei mai aiutato di proposito un coglione come te! Perché sappi che quella di aiutarti è stata un’idea di Athena, non mia! Poi, potevi portartelo…- continuai sicura e agitai la testa in modo volutamente odioso.
-Tu non sei nessuno- sputò. Io sogghignai
-Sono sempre qualcuno che vale più di te- replicai. Brava Diletta! Ero proprio soddisfatta della mia risposta! Non fece in tempo a controbattere (e forse fu meglio così) che qualcuno mi toccò una spalla. Mi voltai e spalancai la bocca. Cercai di non dare a vedere il mio stupore, ma mi bloccai, come se tutte le parole che avevo da dire mi fossero volete via dalle labbra.
-Ciao Dili- non era possibile. Anzi si.
-Innanzi tutto complimenti (in ritardo) per il concerto- mi disse Alberto. Cercai di abbozzare un sorriso, non sapendo se ci fossi riuscita o meno. Non ero più padrona del mio corpo. LUI continuò a parlarmi, mentre mi ritornavano in mente tutti i momenti che avevamo passato insieme.
-Senti io devo parlarti, è importante…- iniziò ma non finì di parlare che da non so dove sbucò Athena che parlò con un tono freddo e duro
-Sparisci-. Fece perentoria. Lui alzò un sopracciglio divertito
-Buon giorno anche a te Athena- disse calmo. Lei lo guardò gelida e inespressiva
-Da quando sei spuntato tu non è più un buon giorno- replicò. Lui sorrise
-Simpatica-. Continuò calmo. Qui finisce male. Sister non mutò il suo tono. Quasi non la riconoscevo
-Lo so, ora sparisci- disse. In un altro momento non avrei voluto un avvocato, ma proprio non riuscivo a spiccicare parola. Sister, per altro, non stava cercando di essere simpatica, e questo era grave.
-Dile ti prego ti posso parlare? E’ importante- chiese lui. Si stava rivolgendo a me? Non riuscivo a rispondere. Tutti i ricordi che avevo cercato di seppellire nei recessi della mia mente tornavano a galla con violenza, ed io non avevo la forza di scacciarli. Gli occhi mi si velarono di lacrime, ma le trattenni. Io non piangevo! Sister se ne accorse e disse determinata
-No, adesso abbiamo da fare- Sister parlava per me interpretando al meglio quello che pensavo.
-Athena chiudi il becco per favore- disse e cominciò ad alterarsi. Lei si aggiustò le pieghe del vestito. Tes Sofos, che fino a quel momento era stata zitta e ferma, strabuzzò gli occhi. Tutti sapevamo, infatti, che quando Athe si aggiustava le pieghe del vestito, stava per avere un attacco isterico.
-Oh cielo- fu l’unica cosa che riuscii a mormorare. Sapevo che stava per scoppiare
-Tu! Tu! Tu inutile essere- cominciò, lui fece una faccia stravolta. Pochi secondi e il suo buon senso sarebbe andato a farsi benedire.
-Osa soltanto dirmi un’altra volta di chiudere il becco GIURO (sulla mia parrucchiera) che ti do un calcio e ti spedisco le palle a far compagnia alle tonsille- constatò. Tutti mormorarono qualcosa per farla calmare, ma non ci fu verso:  Oi Soteria non ascoltava nessuno.
-Hai capito sottospecie di verme? Anzi no, il verme è utile, tu non lo sei- disse di nuovo, con voce più rabbiosa di prima.
Le immagini di ciò che era stato continuavano a perseguitarmi.
-Ora evapora!- disse e la voce le salì di due ottave. Scrollò le mani. Lui fece uno sguardo duro
-Non penso proprio, prima devo parlare con lei…- fece, riferendosi a me. Sister si riaggiustò le pieghe in modo più nervoso
-Senti- e respirò profondamente per cercare di calmarsi –non so se lo hai capito ma abbiamo di meglio da fare piuttosto che stare a parlare con- lo squadrò da capo a piedi  –te. Quindi se non te ne vai tu ce ne andiamo noi!-. esclamò, se si può dire, in modo più calmo rispetto a prima.
Lui alzò un sopracciglio
-Non finché non ci ho parlato- continuò imperterrito. Athena scoppiò, era arrivata al limite ed urlando disse
-Le vuoi parlare? Brutto coglione che non sei altro! Dovevi parlarle prima, quando ne hai avuto l’occasione. Ora non permetterò che tu ti avvicini minimamente a lei. Hai capito? Tu non sai cosa ha passato per te, per te, brutto testa di cazzo! Ma io lo so, e fidati, non è stata una bella cosa. Hai avuto la tua opportunità, anzi ne hai avute cento, e le hai sprecate tutte. Adesso sono cazzi tuoi! Guai a te se le rompi i coglioni un’altra volta!- e così dicendo mi trascinò via da lui, ma non dai miei ricordi.
Mentre camminavo cercavo di trattenere le lacrime.

Pov Matteo

Stavo per risponderle, ma qualcuno ci interruppe. Era un ragazzo alto, della mia età, l’avevo già visto in giro per il classico. Cosa cazzo voleva da Diletta adesso? Proprio ora che stavamo litigando? D’un tratto Diletta sbiancò, e nella sua espressione non rimase niente della determinazione di poco prima. Sembrava che stentasse a respirare, aveva gli occhi puntati nel vuoto. Sembrava un fantasma. Chi era quello per aver fatto quell’effetto a Diletta? A lei, che era la regina delle acide? Vederla in quello stato mi faceva venire voglia di abbracciarla e di consolarla… aho ma cosa cazzo sto dicendo? Certo era che così non l’avevo mai vista. Non riusciva neanche a spiaccicare parola. Intervenne Athena, che cominciò a litigare con il tipo. Determinata la piccoletta…
Ad un certo punto gli occhi di Diletta si fecero lucidi. Stava per mettersi a piangere? Non ci avrei creduto neanche se lo avessi visto. Secondo me le lacrime non facevano parte del suo corpo…
Alla fine Athena la trascinò via, sotto gli occhi stupiti di tutti. Lei non oppose resistenza e continuò a fissare il vuoto.
-Mattè sei un coglione!!- attaccò Ludovico. Non risposi, era meglio se mi stavo zitto, altrimenti sarebbe finita male… da che pulpito arrivava quell’esclamazione, da un puttaniere… vabbhe meglio lasciar perdere…
Tutti gli altri fecero un segno d’assenso con il capo. Giovanni, che era un grandissimo pervertito, continuò
-Mattè ma che cazzo hai combinato? Ci hai litigato pure? Io fossi in te lascerei che mi insultasse quanto le pare, me la farei amica, poi…- lo fulminai con un’occhiata. Che cretino, secondo lui me ne importava qualcosa di quella? Si sbagliava, e di grosso anche. Ok, non era brutta (proprio no) ma non la sopportavo. E di certo non ci saremmo mai messi insieme. Non saremmo neanche mai diventati amici. Al massimo avremmo potuto provare a non scannarci quando ci incontravamo per la strada, ma nient’altro.
-Mattè ma quella è proprio bona… che te ne frega se è stronza, mettitici e basta! - disse un altro mio compagno di classe. Non risposi neanche a questo. Perché tutti pensavano che lei mi piacesse? E perché pensavano che io le piacessi? Puah
-Ragà siete delle rotture di palle! Perché pensate che ci potremmo mettere insieme? Ci detestiamo, non si vede? - feci una faccia con un’espressione densa di sottointesi. Chi aveva orecchie per intendere avrebbe inteso.
-Perché chi disprezza compra- aveva parlato Fra. Bene bene, le possibilità erano due: ucciderlo davanti a tutti, o aspettare di essere da soli… mmhhh entrambi possibilità allettanti…
-Che cazzata.- era l’unica cosa che riuscii a rispondere. Mi incamminai lentamente verso i parcheggi, distratto dai miei pensieri. Chi era quel tipo? Mi pareva facesse il VB… Mha, non ricordavo. Era il suo ex? Dopo quello che aveva detto Athena, era facile crederlo. Anche se la farse “hai avuto le tue possibilità” mi lasciava un po’ perplesso... forse era il tipo che le piaceva? Probabile, dopo la faccia che aveva fatto quando lo aveva visto… ma sinceramente, non ero sicuro neanche di questo. Forse lui le aveva fatto un torto? Bha, non lo sapevo, e sinceramente neanche mi importava…  cosa me ne fregava se lei aveva il ragazzo o no? Se le piaceva quello o no? Niente, assolutamente niente! Io ero già impegnato poi, con la mia unica ragazza, nonché la più bella di tutte: la mia moto. L’avevo parcheggiata all’ombra di un albero, non volevo che il sole rovinasse la vernice alla mia piccolina, con tutto quello che era costata poi… era una Suzuki nera con qualche fiammata rossa, era della nuova serie del 2011, una meraviglia.

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I miei me l’avevano regalata per il compleanno, o meglio, era un regalo anticipato per il compleanno, dato che io avrei compiuto sedici anni il 27 di Aprile, e quando me l’avevano data, ovvero cinque giorni prima, era solo il 12. In teoria, quindi, non potevo ancora portarla, ma quando papà aveva fatto l’assicurazione l’aveva messa a nome suo. Fino al mio compleanno sarei dovuto stare attento a non farmi beccare dalla polizia, altrimenti avrei preso uno multa. Mamma avrebbe voluto che io avessi aspettato fino al 27. Ma non ce l’avevo fatta. Appena l’avevo vista mi ero innamorato di lei, e non sarei potuto rimanere a guardarla inutilizzata in garage per così tanti giorni…

 

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Capitolo 7
*** chiarimenti? ***


Salve a tutte!! Innanzi tutto buon pomeriggio. Eccomi qui, con questo nuovo capitolo alquanto rivoluzionario. Cosa succederà ai due piccioncini?? *sogghigna* io lo so!! Ma certo sono l’autrice!! Vabbhe bando alle ciance, dedico questo capitolo a _Miss Cullen_ e ringrazio tutte le persone che mi hanno recensito. Mi farebbe davvero piacere che tutte le persone che sono arrivate a cliccare anche il VI capitolo, (64) mi lasciassero un commentuccio piccino picciono… se avrò abbastanza recensioni potrei anche postare Lunedì, dato che il capitolo è già pronto. Grazie a tutti e buona lettura.


Capitolo 7 Chiarimenti?

Pov Diletta

Ero rimasta immersa nei miei ricordi, quando mi arrivò uno schiaffo in pieno viso. Mi riscossi e tornai repentinamente alla realtà. Troppo repentinamente.
-Cosa diavolo fai?- chiesi, ma la mia voce non era tanto decisa come sarebbe stata in un altro momento. Il mio viso non si toccava, neanche i miei genitori mi avevano mai schiaffeggiato. La cosa mi faceva imbestialire, ma in quel momento non mi andava di incazzarmi. Affatto. Sister se ne accorse. Sapeva che io odiavo gli schiaffi, e se non reagivo, diciamo che era un po’ preoccupante.
-Dilè datti una svegliata! Cosa cazzo c’hai?- mi scosse. Sister si stava alterando. Ci eravamo fermate davanti alla pizzeria vicino casa mia. Lei sarebbe rimasta a pranzo da me e benché casa mia non fosse vicina alla scuola, ci stavamo avviando a piedi. Era una giornata davvero calda ed assolata.
-Non ho niente- controbattei sperando che finisse lì. Non ero stata molto convincente, però, dato che Sister inarcò un sopracciglio: era davvero arrabbiata. Meglio liquidarla alla svelta.
-Non dire stronzate, che c’hai?- chiese di nuovo sbuffando innervosita. La accontentai biascicando svogliatamente
-Mi sono ritornati in mente tutti quei momenti in cui siamo stati insieme, tutte le volte che mi ha abbracciato e tutto quello che ho provato per lui. Ci avevo messo una pietra sopra e adesso lui torna e mi vuole parlare… cosa diavolo vuole?- conclusi la frase quasi urlando. Avevo trattenuto le lacrime, prima, perché io ero forte; ma se Sister mi avesse fatto la predica non ce l’avrei fatta. In quei momenti non avevo bisogno delle prediche di nessuno. Ero rimasta in quel modo penoso, però, anche per un altro motivo: solitamente, quando lo guardavo il mio cuore accelerava i battiti ed arrossivo. Quel giorno il mio cuore aveva avuto solo un sussulto: c’era stato qualcosa che mi impediva di provare quello che avevo sempre sentito. Quando tutti i ricordi che avevo di lui mi erano sfrecciati in testa, avevo sentito qualcosa che mi distoglieva da lui e che portava la freddezza nei suoi confronti nel mio cuore. Ma cos’era? E perché d’un tratto non sentivo quasi più nulla per lui? Era stata la confusione che avevo dentro e il non capire ciò che sentivo a farmi lacrimare gli occhi. Ero agitata e a disagio. Sister capì dalla mia espressione che non volevo continuare la conversazione. Dovevo riflettere con calma e serenità. Da sola.
Il giorno dopo
Che infinite palle. Era appena finita la prima ora è già mi ero stufata. C’era stato inglese, ed io lo odiavo. Non mi piaceva per niente, era stato il mio sassolino nella scarpa insieme a matematica per tutti gli anni di scuola. Non mi piaceva affatto studiare le lingue, non erano neanche materie per cui fossi particolarmente portata. Ora ci sarebbe stato greco. Non avevo studiato neanche un po’, dato che ero stata impegnata con matematica, quel giorno infatti ci sarebbe stato il compito, e avevamo un’ora sola per svolgerlo. Contavo sul fatto che la nostra professoressa di greco e latino, che era tanto buona, non ci avesse interrogato se glie lo avessimo chiesto. Entrò in classe e preparai la mia faccia da cucciolotta. Io ottenevo SEMPRE quello che volevo. Diletta Rossi vince sempre, alla faccia delle circostanze.
-Professoressa- iniziai con voce mielosa dopo che si fu seduta ed ebbe preso il registro, badando bene che non scrivesse “interrogazione” sul programma.
-Può non interrogare oggi che abbiamo dovuto studiare per il compito di matematica?- chiesi dolce. *Faccia cucciolosa*
-Poveri cocchi!- esclamò divertita. Su su su su prof… faccia la brava, mi accontenti e la finiamo quì…
-Ma si dai… ma da Martedì interrogo sempre- esclamò. Vai! E vinco io un’altra volta!  Ma non aveva nemmeno finito di parlare e io di esultare che quel brutto stronzo di Ricciardi fece
-Ma no professoressa, Martedì abbiamo il compito di storia…-
strabuzzai gli occhi e la sbruffona che si credeva cavolo, Michela, continuò imperterrita dandogli corda
-Ecco infatti e poi che senso c’ha…- Non finì la frase che la prof sbuffò, si stava innervosendo. A Diletta non piace questo elemento, affatto!
-Allora interrogo- concluse infine con un tono che non ammetteva repliche. Io e Soteria ci guardammo allibite. Quella brutta stronza di Michela, sempre a farsi i cazzi degli altri! Se non si intrometteva non era contenta! Sperai che prendesse due alla prossima interrogazione… e che a Ricciardi gli fosse presa una cacarella a fischio da non farlo alzare dal water! Mi voltai verso Tes Sofos che stava in ultima fila, e mimai con la bocca
Io lo ammazzo. Forse lo fei un po’ troppo espressamente dato che anche altri capirono.Lei annuì
-Chi si giustifica?- chiese poi la prof in fretta. Riluttante e arrabbiata alzai la mano. In diciannove ci giustificammo. E in classe ne eravamo ventisei…
-Anche tu Diletta?- chiese la prof che era rimasta sbalordita. Io in un anno non mi ero MAI giustificata. Abbassai la testa alquanto irritata, se quello stronzo non avesse detto niente mi sarei stata zitta... all’intervallo l’avrei strozzato con le mie stesse mani, mentre a Michela non potevo fare niente….. Brutti pezzacci di merda!
La prof prese la busta da cui estraeva a sorte il nome dello sfortunato che sarebbe stato interrogato. Avevo progettato più volte di levare il mio numero, da brava teppista ma per ora non mi era mai servito farlo, anche se ormai era ora che ci ritornassi a fare un pensierino…
-Michela, sei uscita tu- fece pacata la prof. Ahahahah to! Prenditi questa! Hai rotto tanto le scatole? Ora però non le rompi più! Lei si bloccò e sbiancò di colpo.
-Ma professoressa io non sono preparata- cinguettò: la sua voce sembrava uscita dall’oltre tomba. La prof iniziò a scocciarsi seriamente
-Perché non ti sei giustificata allora?- chiese. Lei biascicò
-Perché pensavo che non mi interrogasse dato che mi ha chiamata in latino ieri…- la prof era irremovibile (e io la stimavo)
-Allora ti prendi tre perché sei impreparata- concluse. Uahahahaahahah fatto bene! Sant’Anna il giusto lo rimandaaa!  Quanto ero felice in quel momento lo sapevo solo io… trattenevo a stento le risate, dato che non sarebbe stato un gesto ben visto dalla prof.

Diletta! Non si ride del male altrui!

Mi scrisse Athe sul banco. Io continuai a sogghignare. Mi arrivò un messaggio sul cellulare, però, che, purtroppo, guastò tutto il mio buon umore. Era Alberto: spalancai la bocca

Ciao Dili, senti ti devo parlare urgentemente… ci vediamo all’intervallo?

Riuscii a malapena a rispondere. Le dita mi tremavano, cosa diavolo…

Non posso. Ho compito. Facciamo all’uscita.

La risposta non tardò ad arrivare, per mia infinita sfortuna

Ok grazie ;)

Per tutto il resto dell’ora rimasi un po’ inquieta. Cosa voleva da me adesso? Non raccontai nulla a Sister, non doveva venire a sapere niente, altrimenti non mi ci avrebbe fatto andare a parlare, e io dovevo assolutamente togliermi la curiosità di sapere quello che voleva dirmi.
Contro ogni mia speranza quella cinica di matematica non ci diede il tempo dell’intervallo per concludere il compito. Bastarda nana del cavolo. Biondina tinta con gli occhi gialli.  Perchè esiste la matematica? Secondo me era solo un’opinione!
-Cinquanta minuti sono più che sufficienti- aveva esclamato fredda. Cinica di merda. Suonata la fine della terza ora mi alzai dal banco soddisfatta: il compito era facile ed ero piuttosto sicura di averlo fatto bene. Cominciai a parlare con le sorelline, quando sentii l’oca per eccellenza della nostra classe, Claudia, dire alle  sue amiche
-…Ma certo l’ha detto per farsi vedere…- si riferiva a me, non c’erano dubbi, ci avrei messo la mano destra sul fuoco.
Come compito per casa di inglese, dovevo descrivere la mia casa e farne un disegno (peggio che alle elementari) e dato che casa mia era davvero molto, molto grande, avevo chiesto alla professoressa se un riassunto sarebbe andato bene lo stesso. Glie lo avevo detto sottovoce, ma evidentemente Miss Coccodè mi aveva sentito. Non l’avevo detto per farmi importante… non ne avevo bisogno, come non avevo di certo bisogno di far sentire a quella morta di fame che io avevo molte più cose di lei.
-Poveretta, come si vede chi non ha niente…- cominciò. Io mi volti verso di lei ed alzai un sopracciglio stizzita. Mi stavo alterando. Dopo aver controllato l’assenza della professoressa, dissi, in tono fermo e sicuro, nonché straordinariamente strafottente.
-Cocca, tu non lo sai ma io con  le carte da 500€ mi ci pulisco il culo!- esclamai e Francy sogghignò. Evviva la finezza!
-E se hai qualche problema con me, dimmelo in faccia, non dietro; oltre a essere oca sei pure codarda. Rifletti prima di dire le cose, brutta ignorante, perché io ho POSSEDIMENTI al mare, in montagna, in campagna e in città. E adesso evapora e riguardati, ridicola!– conclusi con straordinaria classe il tutto. Tutti mi guardavano sbalorditi, ma io non mi facevo sminchionare da nessuno eh! La cocca non sapeva con chi aveva a che fare. Sister mi dette il cinque. Mai mettersi contro Diletta Rossi, dico MAI!

Vestiti Diletta: http://www.polyvore.com/con_le_carte_da_500/set?id=30371544

Appena suonò la campanella dell’una il mio cuore cominciò a galoppare per l’ansia. Cosa doveva dirmi? *Le sbattono i denti dal nervoso* ed era vero. Quando ero nervosa mi sbattevano i denti e mi tremava il labbro inferiore. Ma non sentivo freddo. Nel peggiore dei casi impallidivo e balbettavo, ma per farmi questo, ci voleva ben altro che un ragazzo. Ci saremmo trovati davanti alla bacheca degli annunci, lontani da sguardi indiscreti. Scesi le scale da sola, controllando che nessuno mi guardasse o seguisse. Avevo liquidato Francy e Sister con una scusa. Lui già mi aspettava. Posai lo zaino a terra e mi misi di fronte a lui.
-Ciao- salutò
-Ciao- risposi sbrigativa, volevo concludere la faccenda al più presto. Prima finivamo e meglio era per me, per i miei nervi e per il mio cuore.
-Come va…?- chiese titubante. Cercava di prendere tempo?
-Bene. Passa al sodo.- controbattei. Secca, lapidaria, quasi sgarbata, come con lui non ero mai stata.
-Ascolta… Io sono un idiota- cominciò impacciato. Lo so bene. Ma lo sono ancora di più io che sono stata male per te. Non lo dissi, ma era ciò che pensavo
-Tu…io…- continuò, ma si vedeva che stava in difficoltà. Cosa diavolo stava cercando di dirmi? Non avevo tutta la giornata, non l’avrei sprecata, non per lui almeno.
-Tu mi piaci un sacco.- fece di getto. Ci rimasi di sasso. Forse non avevo capito bene. Già, molto probabilmente stavo diventando sorda. Vide il palese stupore nel mio sguardo e si spiegò meglio.
-Lo so che quando me lo hai detto tu io ti ho detto che non provavo nulla per te ma… non è più così. Per te provo qualcosa di più che un semplice affetto… ti vorresti mettere con me?- chiese senza guardarmi in faccia.
Non sapevo cosa dirgli… oh mamma. Avevo sognato quel momento da mesi… avevo passato tantissime notti sognando che quelle parole uscissero dalle sue labbra… quelle parole erano state nei miei sogni più dolci. Ma ormai, era certo che io non provavo più gli stessi sentimenti per lui.
Mai più per un ragazzo… non devi mai più stare male per un ragazzo…
Me lo ero ripetuta così tante volte che… cosa dovevo fare? Qualcosa per lui lo sentivo ancora, non potevo pretendere che quello che avevo provato in sei mesi fosse sparito in un giorno. Situazione del cavolo.
-Ascolta…- cominciai, e il mio sguardo duro si addolcì. Sapevo come ci si sentiva in quelle situazioni…
-Io… non sento più per te quello che sentivo prima… ma ti voglio bene come amico- cercai di essere il più naturale possibile. Non dissi bugie, ma fui sincera. Quella era la verità nuda e cruda. Non volevo e non potevo fare nulla per cambiarla. Abbassò lo sguardo sconsolato. E una vocina dentro mi disse
Poteva pensarci prima…
-Rimarremo amici vero?- chiese un po’ sconsolato. Sorrisi incoraggiante. Certo che potevamo.
-Posso abbracciarti?-  chiese poi. Io sorrisi ancora
-E me lo chiedi?- replicai sorridendo. Sotto al rancore, mi faceva un po’ pena. Anche io ero passata dove era passato lui. Mi abbracciò stretto e se ne andò. Rimasi da sola. E mi salirono le lacrime agli occhi.
Avevo bisogno di sfogarmi. Tutto quello che stava succedendo era stato troppo per me. Per quanto io fossi stata forte, era stato davvero troppo. Ero un essere umano anche io, forse un po’ diversa, ma la sostanza rimaneva la stessa di quella degli altri. Non riuscivo a sopportare più niente. Ero arrivata al limite. Da Gennaio a questa parte era stato un periodo orribile per me. Non riuscivo più a capire me stessa, mi sentivo confusa e rischiavo ogni secondo di sprofondare nel “Burrone”. Questo ultimo periodo era stato un po’ meglio… ma anche Marzo era stato terribile. Per questo avevo voglia di piangere: per tutto quello che era successo, per il nervosismo di tutte quelle maledette verifiche che facevamo. Non sapevo dove andare: a casa no di certo, non volevo farmi vedere da mamma con le lacrime. Mi diressi al piano di sopra, nell’aula di fisica, che era sempre vuota: raramente le classi la adoperavano. In più in quel momento erano usciti tutti. Mi ci diressi a passo svelto, cercando di non farmi vedere. Tenevo la testa bassa, per non far notare le lacrime che stavano per rigarmi gli occhi. Sull’ultima rampa di scale sbattei contro un ragazzo, non lo guardai neanche in faccia, non mi importava chi fosse, biascicai
-Scusa- Poi corsi per il corridoio, salii gli ultimi sei gradini e mi gettai contro la porta dell’aula sperando che fosse aperta. Così era, me la richiusi alle spalle velocemente, mi gettai a terra, appoggiando la schiena alla cattedra che stava in fondo all’aula e scoppiai.
 
 
 

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Capitolo 8
*** Un po' di civiltà è possibile, forse... ***


Scusate il ritardoo!!! Davvero scusatemi!! Lo so che dovevo postare Lunedì, ma non ho potuto neanche accendere il computer!! Comunque questo capitolo è super rivoluzionario!!! Muahahahahha dedico il capitolo a _Miss Cullen_ e a xfrancychanx Ringrazio calorosamente CherryBomb_ per avermi recensito tutti i capitoli!!! Grazie!! Davvero!! Adesso vi lascio al capitolo, la prossima volta posto Sabato, ciao ciao


Capitolo 8 Un po’ di civiltà è possibile, forse…

Pov Diletta
Dopo un po’ non avevo più lacrime da versare. Avevo pianto senza ritegno per un bel po’. Anche se io detestavo piangere, detestavo farmi vedere debole da chi mi stava intorno.  Tirai su col naso e mi asciugai le ultime lacrime rimaste. Non avevo neanche un fazzoletto con cui soffiarmi il naso. Mi presi le ginocchia tra le braccia e vi appoggiai il mento. Ora ero calma, mi ero sfogata abbastanza, e questo mi aveva fatto bene. Era stata una fortuna trovare la porta dell’aula aperta. Dove sarei andata altrimenti?? Il cuore mi batteva calmo ormai. Il peggio era passato. Per fortuna.
Sentii cigolare la porta ed alzai la testa. Qualcuno si affacciò. Merda. Ma era una persecuzione?? Evidentemente qualcuno mi odiava e mi mandava “tante cose brutte”. Che rabbia.
-Ciao!! Che cosa ci fai qui?- cosa cazzo aveva da salutare non lo sapevo neanche io. Aveva una faccia fintamente stupita, si vedeva. Avrei voluto cancellargli quell’espressione dalla faccia. Non poteva ingannare me, la regina delle bugiarde. Mi aveva forse seguita? Come faceva a sapere che io ero li? Voltai la testa di lato per non fargli vedere i miei occhi che sicuramente erano rossi. Non volevo che avesse un motivo per prendermi in giro.
-Cosa ci fai tu qui?- chiesi di rimando io con voce fredda ma ancora un po’ incrinata. E che cavolo. Sperai che capisse il mio disagio e che non gradivo la sua presenza. Su, vattene! Ma era chiedere troppo, perché essendo idiota come tutti i maschi, cosa fece? Mi si avvicinò e mi si sedette vicino. Uffa.
-Volevo stare un po’ da solo-  il suo tono di voce non sembrava strafottente o canzonatorio, gli occhi verdi gli brillavano. Non risposi. Rimanemmo in silenzio ancora per un po’. Non lo guardavo. Poi lui disse, sottovoce
-Vuoi che me ne vada?- spalancai gli occhi e mi voltai di scatto verso di lui, rispondendo d’impulso.
-No!- ok, forse lo dissi un po’ troppo forte. Ma non volevo che se ne andasse. Non avevo voglia di rimanere da sola di nuovo. E quale compagnia migliore del mio peggior nemico? Bha, chi si accontenta gode…
-Resta- mugugnai poi più piano. Lui sorrise con malcelata felicità ed io mi diedi della stupida. Che scema ero! Mi ero semplicemente umiliata da sola. Non mi era bastato il suo comportamento dei giorni precedenti, per capire come era il suo carattere vero? Lo Stronzo adesso si sarebbe convinto di piacermi. Ma io gli avevo detto di rimanere solo per egoismo, solo perché non volevo stare da sola e lui era la prima persona che mi era capitata a tiro, sarebbe stato lo stesso anche con uno sconosciuto… giusto?Chissà cosa avrebbe detto adesso. Mi avrebbe sfottuto, che palle. Mi preparai a rispondere, aspettandomi di tutto, chissà quale battutina, invece…
-Che cos’hai? Perché sei venuta qui?- mi chiese con voce dolce e comprensiva. Voce dolce e comprensiva? Mi stava prendendo per il culo? Stava scherzando? Voleva farmi cadere in un tranello?
La sua faccia non sembrava falsa, piuttosto molto sincera. Rimasi interdetta su cosa dirgli. In fondo gli avevo chiesto io di rimanere, era inevitabile che mi domandasse cosa avessi. Quindi mi toccava rispondere. Andai sul vago
-Volevo rimanere da sola…- dissi ripetendo le sue parole con voce quasi sarcastica. Lui sembrò non farci caso, fissò davanti a se. Non era intenzionato a litigare, quindi, e disse
-Lo so, ci sono delle volte in cui credi che nessuno riesca a capire ciò che provi, neanche il migliore amico, perché credi di essere l’unica persona capace di capire te stessa.- strabuzzai gli occhi. Stavo parlando con Matteo Santarelli o con il suo clone? Era davvero lui il ragazzo con cui stavo parlando? Era il solito Stronzo strafottente o no? Le parole iniziarono a sgorgarmi dalla bocca involontariamente, senza che io potessi fare nulla per fermarle. Continuai ciò che aveva detto
-E quando qualcuno poi ti dice “io ti capisco” ti saltano i nervi, perché sei consapevole che nessuno ha passato quello che hai passato tu…- lui sorrise tristemente ed annuì pensieroso, ribattendo a sua volta
-Già. E alla fine, quando sei triste per qualcosa, spesso ti arrendi e ti crogioli nel dispiacere, perché alla fine quella situazione ti piace anche, e ti da un motivo per non fare niente e per ignorare tutto quello che ti sta intorno- ero sempre più stupita. Lui riusciva a capirmi, non so come, ma lui aveva provato quello che avevo sentito io quando…
-E se qualcuno poi ti dice ti vedo strano o ti vedo diverso fai finta che vada tutto bene e menti a te stesso sapendo di mentire quando poi ti convinci che in realtà non sei triste, solo per ripicca a te stesso. Ma in realtà negare che stai male ti fa sentire solo peggio- controbattei io. Le parole mi sgorgavano dalla bocca come l’acqua che straripa dalle sponde di un fiume. Lui proseguì
-E alla fine riesci a tirarti su soltanto quando capita qualcosa che ti scuote e ti fa capire che è ora di voltare pagine e di ricominciare a sorridere. Perché in fondo capisci che è passato il momento di piangersi addosso- strabuzzai gli occhi e annuii convinta. Lui mi capiva, mi capiva sul serio.
Sorrise sconsolato ma contento. Mi guardò negli occhi e cercai di non perdermi dentro a quel verde abbacinante. Lui sorrise di nuovo sincero. Tirai su col naso.
-Vuoi un fazzoletto??- annuii e lui me ne porse uno. Detestavo farmi vedere debole, ma non potevo evitarlo… mi soffiai forte il naso e mi sentii meglio.
-Sai com’è… l’allergia- cercai di riparare. Lui ridacchio, ma non con malignità. Non ci avrebbe mai creduto, lo sapevo. Mi guardò ancora
-Non piangere, non serve… le lacrime non cancellano ciò che è stato, e non ti aiutano a tirarti su… stai tranquilla, qualsiasi cosa è successa, adesso è finita. E poi non stanno bene le lacrime su un bel faccino come il tuo, non credi?- rimasi a fissarlo mentre si alzava. Era davvero lui? Ma soffriva di disturbi di personalità multipla o cosa? Cosa gli prendeva?
-Adesso devo andare, mia sorella mi aspetta… a presto- salutai stupita con un breve cenno del capo.
Pov Matteo
Stavo scendendo le scale per uscire, era tardi, Anita, mia sorella, mi stava aspettando. Aveva cinque anni, e dato che quel giorno mamma e papà, che erano due avvocati, non c’erano, dovevo badare io a lei. Che palle. Era una peste quella bambina, pure impicciona ma tutto sommato sapeva anche essere dolce come il miele. Era una grandissima ruffiana. Il problema era che quando mi mettevo a fare qualcosa, se c’era lei nei paraggi non concludevo niente…
Scesi le scale di corsa e qualcuno mi venne addosso… non potevo crederci, era Diletta. Ma aveva l’abbonamento per venirmi addosso? Mi preparai psicologicamente ad un altro litigio. Ma contro ogni mia aspettativa lei non si accorse neanche che ero io, e biascicò
–Scusa- cosa? Mi si erano per caso otturate le orecchie? Aveva detto scusa? E stava… stava piangendo? La guardai mentre si allontanava. E la seguii… Matteo cosa cazzo stai facendo? Al diavolo. Mia sorella avrebbe aspettato. La seguivo soltanto per sfotterla… certo, quando si sarebbe messa a piangere l’avrei sfottuta ahah che risate…
Aprì la porta dell’aula di fisica, e vi si gettò dentro. Non l’avevo mai vista così. Non poteva essere che proprio lei, la regina delle stronze e delle acide, stesse piangendo. Socchiusi piano la porta per sbirciare all’interno, e quello che vidi mi strinse il cuore.
Lei stava seduta a terra con la schiena appoggiata sulla cattedra, si teneva le mani davanti agli occhi (almeno non mi avrebbe visto) e cercava di soffocare i singhiozzi. Non l’avevo mai vista così. Mi faceva così tanto male vederla così… male? No no, a me faceva piacere vederla così… fatto bene stronza. Ma a chi volevo darla a bere?
A me stesso no di certo… ok, mi dispiaceva vederla così… ma soltanto perché ero troppo buono, e nonostante mi mettessi in faccia la maschera dello stronzo, sotto sotto rimanevo sempre quello di due anni prima… basta rimuginare!!
Diletta pianse ancora per un bel po’, ma io non l’andai a consolare. Sapevo che quando si passano quei momenti si vuole rimanere soli e basta. Alla fine smise, ma aveva ancora gli occhi rossi. Non resistetti alla tentazione ed entrai nell’aula, preparandomi agli insulti che mi avrebbe mandato.
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Dire che ero rimasto scioccato era poco. Avevo parlato in modo civile con Diletta. Impossibile ma vero, chissà quando si sarebbe ripresentata un’occasione simile? Mentre tornavo di corsa a casa in moto, rivedevo lei che piangeva. Non mi aveva detto cosa le era successo, ma sicuramente qualcosa di grosso. Che c’entrasse il tipo dell’altro giorno? Probabile…
Mi ero stupito soprattutto di ciò che mia aveva detto. Pensavo che fosse la solita puttanella stronza e superficiale che va con tutti e che non le importa niente di nessuno. Ma forse mi ero sbagliato…
Tirai fuori le chiavi ed entrai in casa. Non feci neanche in tempo a varcare la soglia che Anita mi venne addosso
-Dove sei stato eh eh eh? Ti ho aspettato per mezz’ora!- le scompigliai i capelli.
-Scusami, è che… una persona aveva bisogno di me…- lei  sorrise e domandò ancora
-Chi chi? La tua fidanzata?- io scoppiai a ridere. Io e Diletta che stavamo insieme? Questa era proprio divertente…
-No, a parte che la fidanzata non ce l’ho, ma dovevo aiutare una mia…- amica? Mhh no, io e Diletta non eravamo amici, come potevamo definirci allora?
-…conoscente- si, questa era la parola giusta. Anita mise il broncio
-Non è vero! Perché non mi vuoi dire i tuoi segreti?- io risi ancora e le accarezzai i capelli, che erano dello stesso colore dei miei. Ci assomigliavamo molto, solo che lei aveva gli occhi azzurro chiari, io ce li avevo proprio verdi.
-Non ti sto nascondendo niente… io la ragazza non ce l’ho…- quella bambina era sempre così curiosa…
-Non dire bugie fratellone, ti brillano gli occhi!- cosa? Quell’esclamazione mi lasciò basito. Ma dai Matteo lo dice una bambina di cinque anni, non può essere vero… no, l’ha detto solo perché vuole che le dica che ho la ragazza, ma non è vero…
-Adesso vatti a lavare le mani, che vedo cosa ci ha preparato mamma- ma con la piccola peste era impossibile lasciare in sospeso qualcosa…
-Va bene fratellone, io mi vado a lavare le mani, ma tu non mi inganni, perché quando sei arrabbiato o triste gli occhi non ti risplendono, invece se sei felice…-
Me lo dicevano in tanti. Anche Fra me lo faceva notare spesso, bhe… non ci avevo mai creduto. Non le risposi e lei andò a lavarsi le mani. Mamma aveva lasciato nel microonde le lasagne e nel frigo c’erano dei formaggi. Mamma aveva avuto la prontezza di lasciarci tutto pronto, dato che io con la cucina non avevo molta dimestichezza…
Dopo aver mangiato mi toccò sparecchiare, dato che non se ne parlava minimamente che la nana toccasse i piatti. Pfff…
Avevo intenzione di andare a suonare un po’ la batteria, quando qualcuno citofonò alla porta. Chi diavolo era alle due e un quarto del pomeriggio?? Aprii e mi ritrovai davanti Ludovico che stringeva forte i pugni e aveva tutta la faccia rossa. Teneva gli occhi bassi.
-Ludo che è successo…??- alzò gli occhi. Era successo di nuovo.

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Capitolo 9
*** La fortuna aiuta gli audaci ***


Salve a tutte ragazzuole!! Innanzi tutto devo dire che sono contentissima delle recensioni che ho ricevuto, sono arrivata a 51 per tutta la storia *.* vorrei aggiungere che mi piacerebbe molto che tutte le persone che seguono questa storia (26) la recesiscano anche. Molti lo fanno, ma gli altri no... se non è tanto mi piacerebbe che tutte le persone che hanno cliccato il mio ultimo capitolo (59) prima di andarsene mi lasciassero un commentuccio piccolo piccolo, sono disposta anche ad accettare critiche, non mi offendo mica!! In questo capitolo ringrazio moltissimo CherryBobmb_ e pricess of snakes che anche se hanno scoperto questa ff da poco, seguono la mia storia con molto entusiasmo, grazie!! *.* infine, ma non meno importante, ringrazio anche _Miss Cullen_ e allofmyword e xfrancychanx. Adesso bando alle ciance e buona lettura!! 
p.s. Il prossimo capitolo lo posto Martedì, grazie per l'attenzione, buona lettura


Capitolo 9 La fortuna aiuta gli audaci

Pov Matteo

Feci entrare Ludo in casa. Subito Anita arrivò curiosa
-Chi è chi è??- mi voltai verso di lei
-Anita sparisci- lei cominciò a lagnarsi, non la sopportavo quando faceva così. Non era il momento di tirarla per le lunghe, e di certo lei non se ne sarebbe andata senza avere qualcosa in cambio o senza un’informazione
-Anita, vai in camera tua, dopo ti prometto che gioco con te…- le si illuminarono gli occhi
-Anche con le bambole??- avevo altra scelta?? No, con un’altra bambina si, ma con mia sorella no. Annuii riluttante, e lei se ne andò canticchiando. Ludo si mise seduto.
-Che è successo??- chiesi abbastanza preoccupato. Lui riuscì a malapena a sussurrare
-Chiama anche Francesco, non ho voglia di ripetere la cosa due volte- ok, adesso eravamo da capo a piedi. Mi stavo innervosendo. Non era passato neanche un mese dall’ultima volta. Mi ero ufficialmente scassato i cojoni. Composi velocemente il numero di Fra
-Pronto Mattè dimmi- andai subito al sodo
-Qua ci sta Ludo… è successo di nuovo- lo sentii sbuffare,
-Dammi dieci minuti che arrivo con la coriera delle 14:45, a tra poco- Fra non abitava troppo distante da casa mia, ma visto che i genitori a casa non c’erano mai, e lui la moto non ce l’aveva, era obbligato a spostarsi sempre con la coriera.
Ludo cominciò a mugugnare cose incomprensibili, come faceva spesso quando era arrabbiato o dispiaciuto. Mi sedetti davanti a lui, che teneva la testa bassa
-Ludo te la devi smettere hai capito!!- quasi ringhiai, mi scocciava altamente il fatto che ci fosse cascato un’altra volta. Sembrò che neanche mi stesse ad ascoltare. Avrei voluto tirargli un pugno. Dopo poco, finalmente, arrivo Fra, che entrò in casa come un uragano
-Tu sei un cojone, lo sai?? Io mi sono stufato di…- stava urlando come un matto
-Shhh!! Andiamo in camera mia che mia sorella potrebbe sentirci- intimai loro. Andammo nella mia stanza, mi richiusi la porta dietro, e Fra diede libero sfogo a tutta la sua rabbia
-Sei un idiota, un cretino, sei un cojone!! Ma non lo capisci che noi ci siamo stufati di farti da balia?? Hai rotto con tutte queste cazzate che fai!! E poi dobbiamo sempre riparare le cose io e Matteo vero?? Basta, mi sono rotto il…- cercai di calmarlo, stava proprio nero
-Francè smettila adesso, che senso c’ha urlare come un ossesso?? La cosa ormai è fatta, e non si piange sul latte versato. Non serve- mi stupivo della mia pacatezza, come ero diventato ragionevole!! Mi rivolsi a Ludo
-Chi è questa volta?? Come si chiama??- lui sospirò e ci guardò in faccia
-Quella dell’altra volta, Claudia.- mi stupii. Di solito Ludo non tornava mai con una due volte, o meglio, una non tornava mai con lui due volte… diciamo che Ludo si era passato quasi tutte le zoccole della scuola, e non solo, a parte quelle più grandi. Il punto era che dopo lui, scemo come era, se ne innamorava, mentre quelle volevano solo una botta e via.
-Che è successo??- chiesi di nuovo io dato che Fra si era messo a girare per la stanza come un matto. Era veramente incazzato. Lui rispose piano
-Una o due settimane fa, non ricordo, ci siamo lasciati- me lo ricordavo io, era esattamente il cinque di Aprile, mattina, al concerto di primavera, il giorno in cui io avevo incontrato Diletta… oh cazzo, mi ricordavo pure la data?? No, era stato un caso, figuriamoci se me ne importava qualcosa
-E l’altro ieri, mi ha mandato un sms con scritto che voleva tornare con me- io sbuffai, e lui da bravo idiota…
-E io le ho risposto di si, così ci siamo visti…- ok, immaginavo cosa fosse successo dopo, meglio se restavo zitto. Ludo non aggiunse altro e continuò
-Sta mattina all’uscita l’ho vista mentre si baciava con uno più grande. Quando si è girata mi ha visto. Io ci ero rimasto di merda. Sai cosa ha detto??
“Ah Ludovico questo è Marco (o Mario non mi ricordo) adesso stiamo insieme. Te lo avrei detto sta sera…” e ha ricominciato a baciarlo. Stavo per saltargli addosso a quello là , peccato che era il doppio di noi tre messi insieme.- il che era tutto dire, dato che eravamo alti tutti e tre sul metro e ottantacinque. Ludo era il più basso, ma di poco. La tipa non si era comportata bene con lui, era vero, ed aveva anche avuto la faccia tosta di presentargli il suo nuovo ragazzo…
-Ti sta bene!!- esclamò secco Francesco.
-Quante volte, quante volte ti abbiamo detto di non cascarci?? Le zoccole fanno tutte così. Quante volte ci sei cascato?? Eh?? Dimmelo brutto idiota. Adesso ti sta bene!! A mio avviso tu te le puoi anche passare tutte, ma dopo non venire a piagnucolare da noi se loro dopo un po’ non ti si cacano più e si stufano di te!!- In sedici anni Francesco non era mai stato furente come quella volta. Ma aveva ragione, Ludo aveva proprio rotto.
-Adesso cosa pendi di fare??- gli chiesi. La mia voce forse fu un po’ troppo brusca ma non mi ero proprio saputo trattenere.
-Pensavo di andarci a parlare oppure…- Fra lo interruppe
-Oppure non penserai mica che ci andiamo io e Matteo come l’ultima volta vero??- lui abbassò il capo. Beccato. Francesco si arrabbiò ancora di più
-Mi sono stufato delle tue cazzate!! Risolvitela da solo questa situazione e cresci, una buona volta!!- con questo se ne andò sbattendo la porta. Ludo mi salutò sbrigativo, non gli piaceva litigare con noi ed avrebbe fatto di tutto per fare pace con Fra, che però non aveva esagerato con gli insulti. Era ora che Ludovico se la smettesse. Ma adesso avevo altro a cui pensare, per esempio alla grande cazzata che avevo fatto dicendo a Diletta che aveva un “bel faccino”, anche se era la verità…IDIOTA!! Che umiliazione, chissà cosa avrebbe creduto, ma forse non mi aveva neanche sentito… così almeno speravo.
Pov Diletta
Non riuscivo a prendere sonno. Non potevo ancora credere che ciò che era successo era veramente reale. Dopo che Matteo mi aveva detto quelle cose, non avevo fatto altro che pensarlo. Lui e quei suoi occhi verdi. Matteo mi capiva, avevo trovato qualcuno che mi capiva, per davvero. Aveva sentito quello che avevo provato io. Non facevo altro che ripetermelo. Era incredibile. Era vero, allora, che l’apparenza inganna?? Forse lui non era stronzo come pensavo…
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Nei giorni seguenti avevo fatto come se nulla fosse. Non avevo detto niente a nessuno, neanche ad Athena. Matteo non si era fatto più vivo, e forse era meglio così.
Era Mercoledì e stavo andando a scuola: quello era l’ultimo giorno prima delle vacanze di Pasqua. Quel giorno ci sarebbe stata anche la verifica di storia e geografia. Quella bastarda della Marinelli voleva farci pensare fino all’ultimo… ero stata tentata di metterle un lassativo nel the che prendeva la mattina.
Entrai in classe e mi sedetti sul banco vicino a Sister. Il pomeriggio precedente< avevamo studiato insieme fino allo sfinimento.
Pronta??Io sono agitatissima!!- la guardai ed alzai un sopracciglio.
-Io sono nata pronta- risposi con una battuta all’americana.

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La prima ora volò e arrivò la seconda. Oh cavolo. Staccammo i banchi, ripassai gli ultimi argomenti e scrissi dei e delle date che poco ricordavo sul muro vicino al mio banco. La Prof era così stupida che non avrebbe mai pensato che qualcuno si fosse potuto fare i bigliettini sul muro. Il muro era il mio bigliettino, nonché il più sicuro. Entrò a passo svelto come sempre. Diede una rapida occhiata alla classe e cominciò a distribuire i test. Le domande erano quattro ma una più bastarda dell’altra.

1-Dopo aver indicato quando si colloca la riforma di Clistene enunciarne i principi fondamentali e scovarne i principi fondamentali che riconducono alla democraticità

2-Da un brano letto in classe, enuncia come lo storico Erodoto vedeva le Guerre Persiane. Cosa è successo durante la seconda Guerra Persiana??

3-Enuncia tutte le tappe del conflitto arabo-israeliano e specifica perché si può parlare di diaspora del popolo palestinese.

4-Indica: quando ci fu la battagli di maratona , capitale di Libia e Marocco, dove si trovano Siria ed Iran sulla cartina muta posta qui sotto.

Sapevo rispondere a tutte, a parte alla prima parte della seconda: quale era la concezione di Erodoto delle guerre persiane?? O.O L’avrei saputo se durante le ore di storia fossi stata attenta almeno una volta, invece che stare a chiacchierare con Soteria.
L’ora stava per scadere, avevo finito ma mi mancava quella maledettissima domanda. Driiiiiiin. La fine dell’ora firmò la mia condanna. La prof mi ritirò il compito prima che potessi ricorrere ai miei “stratagemmi” di sopravvivenza. Sister mi guardò ed imprecò. Brutta stronza di una professoressa.
-Qual è la concezione di Erodoto delle guerre Persiane?? – chiesi sbottando a Sister. Lei cercò di ricordare
-Mi pare…ah si, Erodoto pensava che le guerre persiane dimostrassero che Atene era superiore a tutte le altre città greche.- Sbuffai: era vero, l’avevo letto da qualche parte…
La terza ora la passai a  rimuginare: dovevo fare qualcosa. Assolutamente. Non potevo farmi levare un punto per quello. E se avessi sbagliato qualcos’altro, la Marinelli mi avrebbe messo un votaccio, conoscendola… se si considerava anche il fatto che mi detestava…
Decisi: avrei corretto quel compito Non sapevo come, ma l’avrei fatto, anche a costo di rischiare di ritrovarmi nell’ufficio del preside. Dissi la mia idea ad Athe, che scoppiò a ridere come una matta.
-Pensi che non lo farei se ne avessi l’occasione??-   chiesi stizzita. Odiavo quando non mi si prendeva sul serio. Lei rise ancora
-Rido perché so che lo faresti-
L’occasione mi si presentò all’intervallo. Io e Sister stavamo passeggiando per il corridoio, quando vedemmo la Marinelli lasciare la borsa dietro una fotocopiatrice che si trovava in fondo al corridoio ed entrare nel bagno proprio lì davanti. Guardai Athe
-O adesso o mai più!!-  capì subito cosa intendevo e strabuzzò gli occhi.
-MA che sei matta?? Se ti becca sei finita- passammo davanti alla cattedra dei bidelli ed io presi velocemente una penna nera.
-Mi serve il tuo aiuto- dissi decisa ad Athe, che subito strabuzzò ancora di più gli occhi. Non aveva torto. Non potevo biasimarla. Lo sapevo che era un’azione avventata. Ma il rischio era il mio cibo quotidiano, e poi, la fortuna aiuta gli audaci. Ed io ero molto più che audace…
-Cosa?? Cosa dovrei fare??- mi chiese con voce incredula. Io mi guardai intorno, assicurandomi che nessuno ci stesse guardando.
-Distraila. Appena esce dal bagno. Confido in te.- mi fiondai dietro la fotocopiatrice acquattandomi. Era di quelle bianche e grandissime che si usano a scuola. Aprii la borsa beige: c’erano quattro pacchi di compiti. Ne presi uno a caso, Era del corso B, io ero corso D. Dovevo sbrigarmi. L’altro che afferrai era quello giusto. I compiti non erano neanche messi in ordine alfabetico. Dovevo assolutamente darmi una mossa, Athena la mia unica speranza in quel momento. Trovato!! Diletta Rossi. Eccolo qua!! Lo aprii ed aggiunsi velocemente quello che mancava. Era solo una frase, eppure fondamentale. Sentii dei passi. Oh cazzo!! Niente panico, niente panico, la calma è la virtù dei forti. Rimisi velocemente il pacco a posto, cercando di posizionarlo come già stava. Il punto adesso era: come facevo ad andarmene?? Se mi fossi alzata la prof mi avrebbe sicuramente visto, dato che il bagno dei docenti si trovava proprio davanti a quella fottutissima fotocopiatrice.
Pov Athena
-Distraila- distraila?? E come facevo?? Non feci in tempo ad obiettare che Didi si fiondò dietro la fotocopiatrice. Subito dopo la prof uscì dal bagno. Le andai quasi addosso mentre mi paravo davanti a lei.
-Buongiorno professoressa!!-  iniziai per prendere tempo, attirando così la sua attenzione. E adesso cosa mi inventavo??
-Cosa vuoi Lucidi??- stronza, brusca e poco disponibile come al solito.
-Le volevo chiedere un chiarimento sulla lezione di ieri- fu l’unica cosa che mi venne in mente dato che Martedì avevamo fatto storia.
-Se non hai capito la lezione di ieri non potevi fare il compito di oggi. E poi che vuoi adesso??- cazzo
--E’ proprio perché ho paura di averlo sbagliato che vorrei questo chiarimento, per non sbagliare la prossima volta…- in verità neanche sapevo cosa avesse detto nella lezione di Martedì…
-Allora va bene, ma un attimo che devo prendere la borsa- cazzo cazzo no!! Era proprio quello che dovevo evitare.
-Ma professoressa le rubo solo un minuto- lei sbuffò
-Lo so, ma fammi prendere la borsa che ci sono i vostri compiti dentro- le andai ancora davanti, cercando di farla ritardare
-Se vuole glie li prendo io, se mi dice dove stanno…- sapevo benissimo dove stavano, ma occorreva fare la finta innocente. Lei sorrisa sarcastica.
-Non vorrei che lo facessi per fregarmi. No, non ti preoccupare faccio da sola.- testa a muffin del cazzo!! Dile scusa… ma non potevo fare più niente per lei. Avevo fatto il possibile. Il panico mi invase, Ta Mella non poteva avercela fatta in quel poco tempo. E poi da dove se n’era andata?? L’avrei appoggiata, saremmo andate da l preside insieme…
La prof prese tranquillamente la borsa. Dietro la stampante non c’era nessuno.
Rimasi un attimo stupita. Mi guardai attorno: dove stava Dile?? La vidi. Proprio dietro l’angolo della fotocopiatrice, c’era una piccola zona dove i professori prendevano il caffè, anche se era sempre vuota, dato che lo prendevano sempre in sala professori. A coprire una parte di quella zona, c’era un paravento. Dile si era nascosta proprio li dietro. Quella ragazza era un genio. Ce l’aveva fatta. Anche sta volta aveva ottenuto quello che voleva.
-Allora cosa vuoi??- mi chiese scocciata la Marinelli. Suonò la campanella Oh mia salvezza!!
-E’’ suonata, scusi professoressa, devo scappare, glie lo chiederò la prossima volta.- lei sbuffò
-Lucidi mi hai proprio rotto l’anima!!- e con questo se ne andò. Dile uscì dal suoa nascondiglio improvvisato e mi abbracciò.
-Grazie!!- quasi urlò. Era contentissima
-Tu  sei un genio!!- le dissi. Lei sorrise
-Siamo in due… ma adesso è meglio che levo le tende, guarda un po’ chi sta arrivando??- disse così, mi fece l’occhiolino, girò i tacchi e se ne andò. Francesco mi si avvicinò
-Ho visto ciò che hai fatto!! Mamma mia, ma sei un genio!!- era veramente stupito di ciò che avevo fatto, Io ero ancora un po’ scioccata, dato che l’avevo appena fatta grossa.
-Hai avuto un sangue freddo che io non avrei ami avuto, hai fatto qualcosa che io non ci sarei ami riuscito neanche a volerlo.-
Mi abbracciò di getto e io, che già ero mezza rimbecillita dopo tutto quello che era successo, quasi sussultai. Cielo, che carino… Mi stava abbracciando in mezzo a tutto il corridoio. Tutti ci guardavano, ma a lui questo sembrava non importare. Ci avviammo verso l’ala deserta della scuola, quella dove si trovava anche l’aula di fisica. Ad un certo punto Fra si fermò e mi guardò intensamente…
-Senti tu…- cosa voleva dirmi, per guardarmi in quel modo?? Lo interruppi, temendo il peggio, dicendo al prima cosa insensata che mi venne in testa
-Tu ce l’hai la ragazza??- glie lo avevo chiesto perché ero troppo curiosa di saperlo. Sperai di non aver fatto una figuraccia. Lui esitò un attimo prima di rispondere
-Dipende…- rimasi basita. Cosa?? Cosa voleva dirmi??
-Dipende?? Da cosa?? Cosa vuoi dire??- lui fece una faccia divertita
-Se tu hai il ragazzo anche io ho la ragazza, altrimenti no- non riuscivo a capirlo. Quel giorno Francesco era proprio strano. Cosa diavolo gli prendeva??
-Non capisco, cosa intendi??- lui mi si avvicinò di uno o due passi.
-Ti sto chiedendo se vuoi diventare la mia ragazza-

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Capitolo 10
*** Felicità e guai ***


Finalmente riesco a postare! Scusatemi veramente ragazze ma efp mi fa i capricci e non riuscivo a convertire il capitolo in html (o come si scrive). Ringrazio sinceramente CherryBomb_ che mi lascia delle recensioni fantastiche, e dedico il capitolo a _Miss Cullen_ che spero torni presto a scuola -.- ringrazio anche xfranchychanx che mi ascolta sempre, e sopporta le mie uscite da matta XDXD Il nuovo capitolo è pronto, posterò prima possibile, a presto e spero che il capitolo vi piacerà. Il mio ultimo capitolo ha ricevuto 92 cliccate *.* grazie a tutte!! kiss kiss

Pov Athena

Diventare la sua ragazza? Io? Nel senso Io? Non ci credevo, non poteva essere vero, lui… mi aveva chiesto se volevo diventare al sua ragazza? Cosa avrei dovuto rispondere? A me lui piaceva molto, su questo non c’erano dubbi. Era un bel ragazzo e anche di carattere non era male. Ma non ero mai stata con nessuno… non avrei saputo come comportarmi. Cosa avrei dovuto fare se fossi diventata la sua ragazza? Ooohh al diavolo, chi se ne frega. Carpe diem.(nda: espressione latina vuol dire cogli l’attimo)
-E me lo chiedi pure?- chiesi in un sussurro, sorridendo. Non trovavo altre parole in grado di esprimere la mia contentezza. Lui si avvicinò a me  come incredulo. Mi guardava in un modo stranissimo, come se pensasse che io non l’avessi detto per davvero. Non si vedeva che mi piaceva??
-Quindi questo vuol dire…- cercò di farfugliare qualcos’altro ma non ci riuscì. Gli saltai al collo non facendolo neanche finire di parlare.
-Si si si!!- quasi urlai. Sperai di non avergli spaccato il timpano. Lui mi strinse forte a se. Chiusi gli occhi, non ci credevo… invece stava succedendo sul serio… a me!!
-E’ che… sei bellissima…- arrossii violentemente ed abbassai lo sguardo. Anche lui era un pezzo di figo se era per questo…

Vestiti Athena: http://www.polyvore.com/cgi/set?id=30958160&.locale=it

Mi prese la testa tra le mani, e avvicinò i nostri volti. Sapevo cosa voleva fare, e ne ero felicissima, ma… come si faceva?? Al diavolo anche questo… chiusi gli occhi e lui appoggiò le sue morbide labbra sulla mie e le premette dolcemente. Era così… sentivo le farfalle ribollirmi nello stomaco. Non avevo mai provato una sensazione del genere. Era come se fossimo fatti per stare insieme, lo sentivo... timidamente premette con la lingua sulla mia bocca e io la aprii con piacere per permettergli di entrare, dapprima con timore e poi con passione si trovarono e si rincorsero. Ci baciammo a lungo, e alla fine  ci staccammo ansanti. Mi guardò negli occhi e sorrise. Sorrisi di rimando. Che begli occhioni azzurri che aveva… Mi baciò di nuovo, con più foga di prima e continuammo così. Andammo nell’aula di fisica, che era sempre vuota, così che nessuno avrebbe mai potuto disturbarci. Continuammo a baciarci senza neanche renderci conto che il tempo passava e che noi, senza una copertura, stavamo sempre più finendo nei guai.Ma in quel momento la scuola era la mia ultima preoccupazione.
 
Pov Diletta
Entrai in classe e tirai un sospiro di sollievo. L’avevo fatto davvero. Ma certo che l’avevo fatto. Ci ero riuscita per davvero? Per quanto la cosa mi sembrava surreale mi stavano venendo seriamente dei dubbi. E non mi aveva beccato nessuno. Mamma mia, come avevo fatto non lo sapevo neanche io. In tutta la mia carriera scolastica mi ero limitata ad aggiungere qualche più o “e mezzo” ai voti dei compiti, ma niente di più. Non riuscivo ancora a crederci, fermo restando che se qualcuno mi avesse visto e avesse fatto la spia sarei stata sospesa e mi sarei giocata l’anno. Ma, d’altronde, la fortuna aiuta gli audaci, quindi…
Guardai l’orologio: ormai erano le 11:05, strano che Sister non fosse ancora arrivata. L’aspettai altri cinque minuti e quando vidi che non arrivava mi decisi ad andare, sicuramente si era fermata a parlare con Francesco e non si era resa conto di che ora fosse. La capivo, quando si parla con la persona che ci piace sembra che il tempo non esista. Scesi le scale che portavano alla palestra. Entrai nello spogliatoio  velocemente e mi cambiai. 

Vestiti Diletta http://www.polyvore.com/sempre_in_tiro_ff_dile/set?id=31047748

La prof di ginnastica ci fece mettere in fila per fare l’appello, di Sister ancora nessuna traccia. Erano le 11:15 ma dove diavolo si era cacciata? Mi iniziavo a preoccupare, cosa avrei detto alla prof?
-Lucidi Athena??- chiese la prof. Mi scossi, e tutti guardarono me perché sapevano che eravamo migliori amiche. Inventai una scusa su due piedi
-Professoressa scusi ma Athena sta dalla bidella perché non si sente troppo bene.- era una scusa credibile, anzi credibilissima. Avevo recitato benissimo come al solito, senza la minima insicurezza. E brava Diletta. Cominciammo correre pere il perimetro dell’angusta palestra della scuola, che era si un edificio molto grande, ma estremamente antico. La professoressa mi squadrò e io sorrisi. Cascaci!! Cascaci dai!! E si che ci cascò perché non proferì altra parola. Il punto adesso era: come facevo a far sapere a Sister quello che avevo detto?? Merda merda merda. Diletta ingegnati, forza.
Pensa pensa e vedrai… che la soluzione troverai

http://www.youtube.com/watch?v=Kx33KgqjBTA(nda: ascoltatela è cortissima e non prendetemi per matta)

Tombola!! Ma certo. Non c’era cosa più ovvia….
-Professoressa scusi posso andare in bagno??- non dire che c’è stato l’intervallo, non dirlo…
-Si vai pure- yeah oggi la fortuna era completamente dalla mia parte. Da Mercoledì al Sabato c’erano i giorni della settimana in cui ero più fortunata. Venerdì era il mio giorno d’oro e da Domenica in poi cominciavano i giorni più fiacchi. Il Lunedì la mia sfortuna culminava.  Andai dritta dritta nello spogliatoio, presi il cellulare e chiamai Sister. Dai rispondi… sentivo il “tuu tuu” del telefono ma lei non rispondeva. Insistetti ancora. Diavolo. Caspio. Grrr che rabbia, si portava sempre il telefono dietro, ma quando serviva mai? Tornai riluttante in palestra, sperando almeno che quando fosse tornata avrebbe avuto il buon senso di far finta di essere malata. Passò un’altra mezzora. Stavamo giocando a pallavolo quando la professoressa disse
-Diletta ma dove sta Athena? Non è che è tornata a casa?- Il panico mi invase e cercai di riparare quello che potevo
-No, assolutamente no, i genitori lavorano, è impossibile.- la prof non era convinta. Cazzo.
-Mando una bidella a vedere come sta- no. Non doveva succedere. Altrimenti sarebbero stati guai, per me che l’avevo coperta e per lei che stava saltando la lezione. Ma dove si era cacciata? Cosa stava facendo?Proprio in quel momento qualcuno bussò alla porta della palestra.
-Avanti- disse la prof. Sull’uscio della soglia comparve… no. Impossibile. Comparve Matteo. Strabuzzai gli occhi. Cosa diavolo ci faceva lui qui? Chi doveva esserci non c’era e chi invece si non si trovava!
-Professoressa Diletta potrebbe uscire un secondo?- io? Nel senso io? E cosa c’entravo ? Feci una faccia interrogativa.
-Io?- chiesi con voce da ebete. Non avevo voglia di parlare con lui. Mi guardò spazientito, aho, che aveva il cocchino? Che abbassasse la testa con me!
-Chi altri?- fece sbrigativo. Se voleva che lo assecondassi doveva essere un po’ più gentile con me. Mi trattenni dallo spalancare la bocca: cosa voleva? Ma poi capii: sicuramente Francesco era sparito assieme ad Athena. Che i due…
-Posso andare professoressa? Così almeno vedo come sta Athena…- Matteo rise sotto i baffi, pensava che  fossi deficiente? La professoressa mi guardò dubbiosa. Con lei non si scherzava. Non si faceva tanti scrupoli a mandarci tutti dal preside se avesse scoperto che Athena non stava male ma che stava a chiacchierare  con quello che gli piaceva… il bello, poi, era che alla nostra prof di ginnastica non si poteva dire “ma su via prof, è innamorata…” perché quella era una zitellaccia del cavolo…
-Si certo vai… ma sbrigatevi. Se scopro che… vabbhe andate su- Matteo mi lanciò uno sguardo complice. Appena usciti dalla palestra Matteo mi spiegò, parlando a raffica, wow era davvero agitato.
-E’ dall’intervallo che non vedo più Francesco. Gli ho mandato messaggi sul cellulare, ma niente. Non mi risponde. La Marinelli inizia a sospettare qualcosa. Io le ho detto che lo andavo a cercare per sapere come stava. Merda. – rimasi pensierosa e poi risposi
-L’unica cosa che ci resta da fare è andarli a cercare.-  decisi in fine. Lui annuì. Ci trovavamo d’accordo su qualcosa? Evento che non si sarebbe mai potuto ripetere!
-Iniziamo dalla mia classe- proposi. Lui annuì di nuovo. Era la cosa più sensata da fare dato che era l’unica classe che il Mercoledì alla quarta ora rimaneva vuota. Entrammo precipitosamente. Niente. Non c’era nessuno.
-Abbiamo solo perso tempo!- disse lui scettico e innervosito. Io mi stizzii
-Hai qualche idea migliore? Sentiamo!- lui ci pensò su per qualche istante. Mi guardò fisso poi fece
-Un’idea ce l’avrei, ma non è molto sensata.- lo guardai sarcastica. Avevamo tempo di pensare a risoluzioni sensate? No.
-Spara- dissi sbrigativa. Non avevamo tempo da perdere.
Dieci minuti dopo…
Avevamo setacciato tutti i bagni della scuola. Lui quelli dei ragazzi io quelli delle ragazze, nel caso si fossero messi in bagno a sbaciucchiarsi. Ehhh si, secondo me quei due si erano messi assieme. Quale altra spiegazione c’era altrimenti? Perché erano spariti? Athena non  era così tanto incosciente da uscire da scuola senza dirmi niente…  o forse si? In guerra e in amore tutto è lecito…
Io e Matteo ci trovavamo davanti alla famosa fotocopiatrice,  ansimanti. Avevamo corso per sbrigarci altrimenti sarebbero stati veramente guai. Mi guardai intorno, pensando a dove potessero trovarsi quei due. Proseguendo per il corridoio ci si trovava davanti a delle scale che portavano nei sotterranei dove c’era la palestra e salendo invece altre scale c’era… ma certo!! Come avevo fatto a non pensarci prima?
-L’aula di fisica!- esclamai di punto in bianco. Matteo mi guardò interrogativo, non capendo cosa intendessi.
-Cosa?- chiese. Io cercai di spiegargli.
-L’aula dove… cioè quando io…- diventai tutta rossa e non riuscii a trovare le parole per dirgli che quella era l’aula dove io… ero andata quando… in pratica quella dove lui mi aveva consolata. Quanto mi costava ammetterlo lo sapevo solo io.
-Si si ho capito.-  tagliò corto. Anche lui era visibilmente imbarazzato e si vedeva lontano un chilometro che non gli andava di parlare di ciò che era stato… Se se ne era pentito era meglio che non fosse venuto a parlare con me quel giorno, perché non mi aveva lasciata da sola e basta?
Ci avviamo di fretta verso l’aula, io spalancai la porta senza troppi preamboli. I due diretti interessati stavano al centro dell’aula a sbaciucchiarsi mentre si tenevano per mano. Non credevo ai miei occhi. Chi l’avrebbe mai detto che Athena potesse fare una cosa simile…
Fra e Athe si staccarono di botto appena sentirono che qualcuno era entrato. Io non riuscivo a spiccicare parola. Sospettavo tutto, ma vederlo con i miei occhi mi faceva strano. Forse era perché io non avevo mai avuto un ragazzo. Spesso io e Athena avevamo discusso su come si baciava, e adesso la trovavo con Francesco. La mia sorellina era cresciuta… Matteo non si fece impressionare, già chissà quante ragazze aveva già avuto lui…
-Francè sei un coglione. Sono venuto a cercarti perché la Marinelli si sta incazzando. Ha iniziato anche ad interrogare e pensa che sia solo una scusa.- Francesco sembrava spaesato.
-Io… ecco… scusa. Arrivo, ciao Dile- mi salutò.
-Ciao Fra.- ricambiai. Diede un ultimo bacio veloce a Sister che lo guardava come incantata e se ne andò con Matteo, il quale neanche salutò. Brutto stronzo e pure mal educato. Guardai Soteria che stava per mettersi ad urlare dalla gioia e la frenai.
-Mi racconti tutto all’uscita. La Bettini voleva farti mandare a cercare da un bidello. Pensava anche che tu fossi uscita senza permesso. Fai la faccia da malata.- Lei si mise d’impegno ma alla fine la sua espressione sembrava più quella di una matta. Poco male. Scendemmo di corsa le scale ed entrammo in palestra. Non feci neanche in tempo a proferire parola che la Bettini, brutta zitella del cavolo, cominciò
-Rossi ti avevo detto di sbrigarti, è passato un quarto d’ora! Mi dici dove sei andata? E tu Lucidi? Che fine avevi fatto?-. Athe, che fino a quel momento era rimasta con lo sguardo vacuo, per la paura si riscosse e la sua facci sembrò davvero quella di una malata.
-Io… ho rimesso, non mi sono sentita bene… e la signora bidella molto gentilmente mi ha fatto preparare un the. E’ dalla prima ora che sto male.- La Bettini la guardò storto.
-Perchè non sei tornata a casa?- Sister fece la faccia innocente.
-Perché mamma lavora e non avevo nessun altro che poteva venirmi a prendere. Adesso posso andarmi a sedere?- la prof annuì abbastanza convinta, per fortuna Sister era salva.
-Tu Rossi? Che stavi a fare? E come fai a conoscere Matteo?-chiese fredda. Pensava che lui fosse venuto a chiamarmi perché stavamo insieme e perché saremmo andati a… ridicolo. Cercai di inventare una scusa plausibile mmhhh…
-Matteo mi è venuto a chiamare perché voleva sapere quando ci sarebbe stata un’altra riunione della redazione del giornalino della scuola- non era interamente una cavolata, era vero che io facevo parte di quella redazione, ma le riunioni erano finite da Gennaio. Continuai
-E dopo sono andata a cercare Athena, e l’ho dovuta aspettare poiché stava rimettendo.- Credici. Dai credici.
-Non sapevo che Matteo facesse parte della redazione…- merda e adesso? Come faceva a saperlo lei? Non era mica la madre.
-Infatti, per questo mi è venuto a chiedere delle informazioni.- ahahahha fregata. La regina delle bugiarde ha vinto ancora. E adesso come la metti cara proffy?
-Come lo conosci a Matteo?- chiese poi in tono più disteso la prof. Per fortuna aveva creduto a ciò che le avevo detto.
-Ecco, infatti, come lo conosci?- chiese interessata Miss Coccodè. Io risposi sinceramente, non avevo niente da nascondere.
-L’ho conosciuto a teatro il giorno del concerto di primavera.-  Tutte le altre ragazze che si erano messe ad ascoltare quello che dicevo, strabuzzarono gli occhi.
-Ma voi state insieme?- chi? Io e lui? Capivo che poteva essere una buona “preda” per tutte le altre ragazze perché era un figo, ma di carattere faceva veramente schifo.
–No, ma Athena sta con il suo migliore amico- dissi sogghignando e spostando l’attenzione sulla mia sorellina che mi lanciò uno sguardo di fuoco. Mi dovevo pur vendicare in qualche modo per quello che mi aveva fatto passare no?
-Ma chi quello con gli occhi azzurri?- chiese Michela. Sogghignai ancora.
-Si, si chiama Francesco.-  La prof ci interruppe e ci fece riprendere a giocare a pallavolo mentre, chi aspettava il proprio turno per giocare, assaliva Sister con le proprie domande.

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Capitolo 11
*** I love shopping ***


Salve a tutte! Scusatemi per il ritardo, ma non ho proprio avuto tempo di postare prima, anche se il capitolo era pronto. Per il prossimo dovrete aspettare un pochino perchè devo ancora scriverlo, ma cercherò di sbrigarmi.
Questo chappy forse è un po'... superficiale, ma quando l'ho scritto pensavo solo a divertirmi. Ho usato delle iperbole e spero che quello che ho scritto non sembri troppo surreale. Sarebbe il mio sogno fare come la nostra protagonista *.* Bando alle chance, non voglio anticiparvi niente. Ringrazio calorosamente Cleppy_Ds che mi sta recensendo ogni capitolo. Grazie Cleppy!! Adoro le tue recensioni!! Ringrazio ancora CherryBomb_ e xfranchychanx e _Miss Cullen_
spero che il capitolo vi piaccia, mi piacerebbe che tutte le persone che hanno cliccato l'ultimo capitolo (123 *.*) mi lasciassero un commentuccio piccolo piccolo... ciao ciao



Capitolo 11- I love Shopping
Pov Matteo
Entrammo di corsa in aula. Non ero rimasto poco stupito da quello che avevo visto, ma si vedeva che quei due prima o poi si sarebbero messi insieme, quindi c’era da aspettarselo. Ma vederli addirittura dentro un’aula come due innamorati clandestini, mi aveva stupito un po’.  Che scemi, ma Francesco non poteva aspettare che fossimo almeno usciti da scuola? Quanto ardore. Non pensavo che fosse il tipo per certe scappatelle amorose. Pff…
-Valenti! Mi dici dove sei stato? Ma mi devi sempre rompere l’anima, non c’è una volta in cui non crei problemi!- la Marinelli detestava Francesco, non che adorasse me, e trovava sempre dei buoni motivi per interrogarlo. Lui faceva di tutto per renderle la vita impossibile e per ripicca a lei in greco era sempre prontissimo. Per fortuna in quel momento stava già interrogando e quindi Fra non correva il rischio.
-Scusi professoressa ma stavo facendo le fotocopie.- cercò di scusarsi. Da generazione in generazione tutti gli alunni della Marinelli usavano la scusa delle fotocopie per saltare parte della lezione. Fra non era ne il primo ne l’ultimo che usava una scusa del genere. E al prof, idiota, ci cascava sempre.
-E mi dici dove stanno?- chiese spazientita. Altra risposta da copione
-Le ho lasciate là perché Matteo mi è venuto a chiamare, vuole che le vado a riprendere?- lei scosse la testa
-Vatti a mettere seduto và! Mi fai sempre perdere tempo! E tu Santarelli come mai ci hai messo tanto prima di andarlo a chiamare?- questa volta dovetti io inventarmi una scusa
-E’ che prima sono dovuto andare in bagno mi scusi.- fu la prima cosa che mi venne in mente
-E che c’hai la pisciarella?- tutti si misero a ridere e io sogghignando me ne tornai al mio posto vicino a Fra.
Non feci neanche in tempo a sedermi che Fra iniziò subito a scrivermi bigliettini, era euforico! Mamma mia, non riuscivo proprio a capirlo…
Ci siamo messi insieme!
Lo guardai storto. Ma no!! Non me ne ero accorto. Si stavano sbaciucchiando dentro un’aula dentro la scuola, non mi ero accorto che si erano messi insieme. Mica ero così deficiente.
Ma và?
Scrissi svogliatamente sul banco. Non riuscivo ad essere partecipe del suo euforismo. Ero contentissimo per lui, certo, ma a cosa serviva innamorarsi se dopo bisognava soffrire? Era alquanto scettico e pessimista riguardo questo argomento. Fra affermava che lo ero solamente per quello che era successo, ma in realtà lo ero stato da sempre. E sinceramente non provavo rimpianti. Stavo benissimo da solo.
Non ci credo… Non è possibile…
A quelle parole non mi trattenni e sorrisi. Fra era proprio euforico, eppure mi pareva che avesse già avuto una o due ragazze…
Pov Diletta
Appena uscite da scuola, Athena non mi aveva considerato minimamente perché se n’era andata defilata defilata per incontrare il suo tesoruccio. Appena ero tornata a casa, poi, mi aveva chiamato per farmi sapere tutte le svolte della loro storia. Athe era proprio andata fuori di testa. Ma come darle torto? Ero veramente contenta per lei, sul serio ed ero felice che finalmente, almeno lei, avesse trovato qualcuno che le piaceva che ricambiava il suo affetto.
Aaa che bello, quel giorno erano cominciate le vacanze di Pasqua e, dato che io non avevo alcuna voglia di studiare ed ero molto stressata, decisi che quel pomeriggio sarei andata a fare shopping.
Io adoravo fare shopping da sola. Quando andavo a fare compere con qualcuno, dovevo sempre stare a sentire i pareri altrui, mentre non me ne fregava niente. Inoltre qualcuno avrebbe potuto criticarmi per le cifre esorbitante che spendevo, mentre io volevo essere libera di fare quello che mi pareva. Adoravo passare il tempo con le mie amiche, ma c’erano delle volte in cui volevo stare sola.

Vestiti Diletta: http://www.polyvore.com/passeggio_dile/set?id=27540129

Uscii di casa e mi diressi alla fermata dell’autobus, che non era proprio vicino a casa mia, ma avevo tutto il tempo che volevo: mamma a casa non c’era e sarebbe tornata soltanto questa sera tardi insieme a papà. In casa non c’era nessun altro perché mio fratello aveva casa sua e mia sorella abitava in Spagna. Comunque raramente rimanevo a casa da sola per tanto tempo, dato che mamma non lavorava. L’autobus arrivò puntuale e in un attimo arrivai al centro commerciale. Andavo a fare shopping non perché ne avessi bisogno, dato che avevo una cabina armadio che per grandezza non aveva nulla da invidiare ai negozi stessi. Solitamente non indossavo un indumento più di una volta nell’arco di un mese. Mi piaceva cambiarmi spesso. Mi piaceva avere molti abiti, e mi piaceva sentirmi una principessa.
Andavo a fare compere per rilassarmi un po’ dopo tutto quello che mi era successo, per dimenticare la scuola che mi faceva stancare molto.
Entrai nel centro commerciale, alzai la testa con gli occhi che mi brillavano ed entrai nel primo negozio: Converse.
Due ore dopo
Mi stavo dirigendo verso la pasticceria con tra le braccia almeno quindici buste. Avevo comprato altre due paia di scarpe con il tacco, dato che ero passata per il negozio di lori blu; e un paio di All Star. In più, passando per i negozi di Chanel, Prada, Gucci,  Dior, e Vuitton mica potevo restarmene con le mani in mano! Avevo comprato una sacco di roba, compresi trucchi e profumi. Mi mancava soltanto da passare per Dolce & Gabbana e per il negozio che vendeva le cose Fix Design e della Tommy Hilfinger e poi avevo fatto. Ero praticamente entrata in tutti i negozi del centro commerciale che vendessero indumenti ed accessori. Uuuh mi ero dimenticata di andare a comprare qualche gioiello magari e gli occhiali da sole. Avrei fatto tutto dopo, però, dato che avevo voglia di prendermi un gelato.
Mi diressi verso la pasticceria quando mi bloccai: Matteo stava con una bambina che teneva in mano un sacchetto con tre Barbie. Che fosse stata la sorella?
Appena mi vide mi fece un segno del capo, e io ricambiai il gesto, sperando che fosse finita lì. Non avevo voglia di parlarci, non avevamo neanche nulla da dirci. Più ci evitavamo meglio era. Come non detto, la bambina mi guardò e mi venne incontro
-Tu conosci mio fratello?- io mi sforzai di sorridere. Purtroppo si
-Si- mi limitai a dire. Matteo le andò dietro e mi fece
-Ciao. Come mai da queste parti?- da quando in qua gli interessava ciò che facevo? E poi non si notava?
-Shopping- stavo rispondendo a monosillabi. Eh no no Diletta, su su bisogna ostentare sicurezza. La bambina mi guardava incantata
-Sai che sembri una principessa?- quella domanda mi fece sorridere. Che graziosa quella bambina, non passavo proprio inosservata io eh?
-Io mi chiamo Anita- a differenza del fratello la bambina era molto educata. Sorrisi ancora
-Io sono Diletta- le strinsi la mano cercando di non far cadere i miei pacchetti.
-Ma queste cose le hai comprate tutte per te?- mi misi a ridere. Ovviosamente ovvio.
-Anita! Non si fanno queste domande- wow lo Stronzo che insegnava l’educazione alla sorella? Questa era buona. Semmai sarebbe dovuto essere il contrario.
-Non ti preoccupare, e comunque si!- esclamai ancora divertita. Quella bambina mi piaceva proprio.
-Che bello!- la bambina era proprio sbalordita. Quel giorno mi ero dato allo shopping sfrenato, e non avevo ancora finito di comprare poi! Mi sembrava di essere come Rebecca in “I love shopping” anche se io non ero così fissata come lei.
-Adesso vado, ciao ciao ci vediamo presto- dissi ancora sorridente. La bimba mi sorrise e mi fece un cenno con la mano. Matteo mi salutò appena. Pff
Mi comprai un bel gelato e poi ricominciai il giro. Passai dove avevo previsto di andare ma mi fermai in più anche sul negozio che vendeva articoli di Valentino. Entrai e la commessa mi guardò sbalordita. Sorrisi.
-Buon pomeriggio!- esclamai raggiante, lo shopping mi aveva rilassata, ed ero tornata ad essere allegra come al solito.
-Buon pomeriggio a lei signorina, posso aiutarla?- succedeva sempre così, quando andavo per negozi vestita firmata e piena di buste, tutti mi trattavano sempre con la massima cortesia, mentre una volta avevo visto una commessa molto scortese con i suoi clienti. Bisognava considerare però che mio padre, essendo un famoso notaio, era conosciuta quasi da tutti. Odiavo la gente così ipocrita, non bisognava considerare la gente in base a quanto era ricca la famiglia.
-L’altra settimana avevo ordinato un vestito, dovrebbe essere arrivato.- era il vestito che mi sarebbe servito per la festa del 25 Aprile in discoteca. Non che non avessi altro da mettere, ma in vetrina avevo visto quello e mi era piaciuto da morire.
-Si assolutamente, glie lo abbiamo messo da parte adesso glie lo vado a prendere- l’altra volta non avevo trovato la mia taglia, e quindi avevo dovuto ordinarlo.
La commessa tornò con una busta blu
-Quant’è?- chiesi. Si stava facendo tardi e io dovevo tornare a casa prima che facesse buio. Pagai senza tanti preamboli, ringraziai e me ne andai.
Presi l’autobus appena in tempo e mi sedetti sul primo posto che trovai libero. Per quante buste avevo occupavo due sedili, anche se questi non bastavano.
Presi il mio cellulare e controllai se qualcuno mi avesse cercata. Nulla, tutto scorreva liscio come l’olio. A Diletta piace questo elemento. Alzai la testa e mi trovai davanti Matteo. Ma era un persecuzione o cosa? Dovevo trovarmelo sempre tra i piedi? Uff. Sta volta era da solo, dove aveva lasciato la sorella? Mi guardò negli occhi per un istante e poi mormorò un ciao.
Ricambiai appena. Poteva mostrare almeno un po’ di entusiasmo, era vero che ci eravamo visti poco prima, ma sembrava che fosse uscito dall’oltretomba. Non ero mica un fantasma!
Scendemmo dall’autobus insieme dato che casa mia e casa sua, purtroppo, si trovavano a cento metri di distanza. Iniziai ad imboccare la via di casa quando lui, inaspettatamente, fece
-Aspetta, posso darti una mano con tutti quei pacchetti?- lo guardai un attimo incredula, possibile che avesse parlato proprio lui? Ahah era comica. Stava per farmi… un favore? Bha, proprio non lo capivo.
-Si, ti ringrazio.- gli diedi metà dei miei pacchetti, alcuni erano proprio pesanti.
 -Sono tutti tuoi sul serio?- mi chiese per attaccare bottone, mentre sogghignava.
-Si, certo!- sorrisi di rimando. Stavamo parlando ancora da persone civili. Era un buon risultato che non ci stavamo insultando o scannando. La sua faccia era a dir poco incredula. Non sono mica andata in un centro commerciale per pettinare le bambole eh!
-Siamo arrivati, è qui- dissi dopo un po’, arrivando davanti a casa mia.
-Tu abiti qui?- chiese di nuovo sbalordito
-Wow. Ma tuo padre che fa?- il mio irrefrenabile voler essere considerata una principessa ebbe la meglio, così che non feci la stronza e risposi sinceramente
-Il notaio- trattenni un sorrisetto. Nessuno di quelli che conoscevo aveva una casa grande come la mia o tante cose quante ne avevo io, e questo mi piaceva. Spesso le persone cui stavo antipatica mi davano della viziata, ma non me ne curavo, sapevo che non era vero. Avevo un carattere orgoglioso, certo, e spesso era difficile farmi ragionare per quanto fossi testarda, ma non viziata. I viziati sono quelli che si vantano con tutti di quello che hanno. Io non lo facevo, mi piaceva avere tante cose, ma non avevo bisogno di dimostrarlo a nessuno.
Entrammo in casa
-Appoggia pure le cose qui nell’ingresso, grazie tante!- glie ero davvero riconoscente, sarebbe stata una faticaccia camminare con tutti quei pacchetti senza inciampare.
-Di niente, l’ho fatto volentieri.- rispose lui sorridente. Ero sempre più convinta che soffrisse di disturbi da personalità multipla, non c’era altra ragione per il suo comportamento, ne ero sicura. Non sapendo cosa fare mi gli avvicinai, mi alzai sulle punte e gli diedi un bacio su una guancia per salutarlo.
-Buona cena- mi disse lui col sorriso stampato in faccia
-Ciao e grazie- risposi io chiudendo la porta.
 


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Capitolo 12
*** Vuoi ballare? ***


Salve a tutte! Eccomi qua, ho finito in fretta di scrivere il capitolo, bene bene.
Spero che rimarrete piacevolmente stupite dato che succederà qualcosa che mai vi immaginerete muahahah.
Dedico questo capitolo a Miss Cullen e ringrazio come sempre Cleppy_Ds dato che adoro le sue recensioni *.* e ringrazio xfrancychanx. Non so quando posterò il prossimo capitolo, cercherò di sbrigarmi ma la scuola mi sta uccidendo o.O deetto questo vi lascio leggere, ciao ciao
p.s. Ho raggiunto 726 cliccate per il rpimo capitolo, grazie!!!



Capitolo 12 Vuoi ballare?
Pov Diletta
Benissimo, il venticinque Aprile era arrivato ed io mi stavo preparando per andare in discoteca. Sarei passata a prendere Sister e poi insieme saremmo andate. Che bello, non vedevo l’ora di svuotare un po’ la mente e di scatenarmi. Mi guardai un’ultima volta allo specchio, diedi una ritoccatina al trucco e fui pronta.

Vestiti Diletta: http://www.polyvore.com/discoteca_ff_dile/set?id=30327036

Attenta a non fare storte con i tacchi alti salii in macchina, mi allacciai la cintura di sicurezza e con papà che guidava passammo a prendere Sister. Verso le undici arrivammo all’entrata della discoteca, anche se a quell’ora non era ancora aperta.
-Sisteruccia!- cominciò Athe appena scese dalla macchina. Fino a quel momento non aveva potuto dirmi niente perché c’era mio padre;
-Mi fai vedere il tuo vestito? Che ti sei messa?- chiese curiosa ed eccitata. Le piaceva tantissimo andare in discoteca, tanto più adesso che ci sarebbe stato anche il suo ragazzo. Mi slacciai il cappotto
-Woow e brava Sorellina, Matteo impazzirà- disse sogghignando. Mi stizzii
-Che palle Athena! Non mi piace Matteo lo vuoi capire! Non mi importa se impazzirà per me o no! Smettila di fare queste allusioni, basta.- Oi Soteria rimase con la bocca spalancata. Non mi ero mai rivolta a lei così, ma non ne potevo più. Mi ripeteva sempre quello. Abbassò la testa, mi dispiacque che ci fosse rimasta male, ma mi era scappato. Spesso ero troppo impulsiva…
-Scusa Sister non volevo essere scortese, ma per favore, basta a parlare di Matteo… che porti tu?- chiesi con voce più pacata volendo cambiare argomento. Lei sorrise e si slacciò la giacca:

Vestiti Athena: http://www.polyvore.com/disco_ff_dile/set?id=31448979

-Uuuuhu brava Porcellina! E che dirà Francesco? Non è geloso di te?- Intanto la discoteca stava aprendo, e i ragazzi cominciavano ad arrivare. Sisteruccia sorrise sorniona, poi fece
-Scusa se sta sera io non ti starò tanto a presso, ma sai com’è… ho da sbrigare i miei affari- si passò la lingua sulle labbra e sogghignò. Ma guarda tu questa!!
-Athena!!- la ripresi io scherzosamente. Non feci in tempo a finire di parlare che il diretto interessato (parli del diavolo che spuntano le corna) comparve da dietro le spalle di Athe e le mise le mani sugli occhi. Io non mi trattenni e scoppiai a ridere. Sister capì subito.
-Ma sei il mio amore!- Francesco la girò verso di se, sorrise e cominciarono a baciarsi. Ok…  mi allontanai per lasciare loro un po’ di privacy camminando all’indietro, tanto che andai addosso proprio a Matteo che stava li vicino. Avevo l’abbonamento per andargli addosso.
-Ciao!- quella sera era di buon umore, non mi insultò anche se stavo quasi per farlo cadere.  Anche io ero ben disposta d’animo nei suoi confronti, per cui mi comportai normalmente
-Oi ciao! Anche tu qui?- sorrisi. Mi sentivo stranamente civile e gentile verso le persone quel giorno. Bene, cominciavo la serata col piede giusto.
-Già… quanto sono carini quei due insieme!- esclamò poi sorridendo  e lanciando un’occhiata a Athe e Francesco che si stavano ancora baciando. Sorrisi sorniona anche io e sogghignai. Ero davvero contenta per quei due. Avvistai Tes Sofos che stava cercando di entrare così feci
-Scusa adesso vado,ci si vede in giro- lui mi sorrise. Non c’erano dubbi, soffriva di disturbi da personalità multipla, il più delle volte era stato stronzo e maleducato. Ma in altre occasione era stato dolce ed educato. Non sapevo quale dei due Matteo che mi aveva mostrato fosse quello vero. Quello stronzo o quello gentile? Certo era che qualunque fosse stato il suo carattere restava uno orgoglioso. Lo sapevo perché anch’io lo ero, e sapevo riconoscere quelli come me.
-Ciao Francy!- salutai l’altra mia sorellina.
-Ciao Di- mi sorrise
-Hai incontrato qualcuno di interessante fino adesso?- sogghignai speranzosa.
-No, veramente no, ma ho visto un tipo che non è niente male…- indicò un ragazzo che stava parlando proprio con Matteo. Era alto, con i capelli neri e gli occhi grigi. Un bel ragazzo, senza dubbio.
-Eheheh Franceschina, sei una ragazza dalle ampie vedute…- sogghignai e lei mi diede una spintarella scherzosa. Entrammo insieme in discoteca. Subito mi trovai a mio agio nella sua atmosfera, con la musica alta e l’ambiente da intontimento. Io e Francy ci buttammo senza esitazione in pista per ballare. Mi piaceva da matti.
Dopo poco lo stesso ragazzo che Fra mi aveva indicato prima le si avvicinò lentamente.
-Ciao io sono Ludovico- fece, porgendole la mano. Tes Sofos, che era una persona riservata e diffidente gli strinse la mano dubbiosa e fece
-Io sono Francesca…- di certo il tipo non avrebbe avuto terreno facile con lei. Non era una ragazza facile, ne dalla classica botta e via.
-Balli?- le chiese poi speranzoso. Lei si voltò e mi guardò dubbiosa. Io le feci cenno di si con la testa.
-Ok…-disse in un soffio.
Mi allontanai per lasciar loro un po’ di privacy. Wow, tutte le mie sorelle erano sistemate. Bene bene, ci mancavo solo io… Mi andai a sedere al tavolo a parlare con mia cugina Lucia, quando l’occhio mi cadde sul bar. Quello che vidi mi fece strabuzzare gli occhi, e mi provocò un’orribile fitta allo stomaco.
Una biondina si stava praticamente strusciando senza ritegno contro Matteo. Alzai involontariamente un sopracciglio. Ma cosa me ne fregava? Niente, assolutamente niente. Improvvisamente mi venne sete e mi avviai a grandi falcate verso il bar. Modestia a parte, facevo la mia figura con il vestito di Valentino e i tacchi di Loriblu. Attiravo l’attenzione, ma non ero andata in discoteca per pettinare le bambole.
-Una coca cola media per favore- feci al barista e senza volerlo origliai la conversazione dei due piccioncini.
-Io sono Sara- gli fece la biondina sorridendo sorniona. Era vestita praticamente come una PPTMZ (nda: le iniziali di tutti i sinonimi della parola “prostituta”) e si vedeva lontano quattro chilometri che portava il reggiseno imbottito di una taglia in più, povera sfigata. Dove andava certa gente conciata così io proprio non lo sapevo. Quelle come lei mi faceva proprio pena.

Vestiti Sara:
http://www.polyvore.com/ma_dove_andava_cos%C3%AC_ff/set?id=31690161

-Allora che fai ci balli un po’ con me?- fece con voce mielosa, cercando di renderla sexy senza riuscirci. Sembrava più l’urlo di un corvaccio. Sorseggiai la mia coca cola, desiderosa di sputargliela addosso. Cosa diavolo voleva quella biondina tinta da Matteo? Ehi, un attimo. E a me cosa interessa? Non erano assolutamente affari miei. Matteo la guardò scocciato. Indossava la stessa espressione strafottente che aveva usato con me moltissime volte. Cominciavo a credere che quello non fosse il suo vero volto…
Certo che, per essere un puttaniere, era abbastanza controllato, non andava con tutte… solo con quelle che gli sembravano meglio… woow era encomiabile. Probabilmente aveva notato che questa Sara non era niente di che.
-Mi dispiace ma adesso non ho proprio tempo.- disse con voce fredda e distaccata. La cocchina non si perse d’animo
-Magari più tardi? Vuoi che ti lasci il mio numero?- detestavo le tipe che facevano così. Quando uno ti dice no è no! Accetta la sconfitta. Lui la guardò dall’alto in basso
-…forse- fu la sua unica risposta. Non potei fare a meno di sogghignare. Forse sogghignai un po’ troppo dato che la tipa mi vide e fece, con voce tutta scocciata
-Che hai da ridere tu?-  piano piano cocca a me non ti rivolgi così. Soprattutto una come te non si rivolge a me così.
-Senti nanetta io rido di quello che mi pare e piace.- finii la coca cola e me ne andai. Le tipe così mi facevano solo ridere.
Andai un po’ in pista a scatenarmi. C’era una delle mie canzoni preferite. La adoravo. Cominciai a muovermi a ritmo.

http://www.youtube.com/watch?v=TnEFTrPEnrw

-Ehi ciao balli un po’ con me?- mi fece un tipo alto con gli occhi marroni chiari. Perché no? Accettai e il tipo mi si appiccicò a mo’ di ventosa. Mamma mia quanta confidenza…  Dopo un po’ cominciò a spostare le mani verso il mio fondoschiena. Mi fermai
-Giù le mani- feci con voce fredda. Ok… questo qua non mi piaceva. Stavo per salutarlo quando cominciò ad avvicinarsi al mio viso. Mi scostai
-Ma che fai?- chiesi con voce incredula.
-Non me lo lasci un bacio?- fece come se fosse la cosa più naturale del mondo. Aooo non ci conoscevamo neanche da un quarto d’ora! Ma come si permetteva? Mica ero una PPTMZ.
-No- feci con voce ferma, che non ammetteva repliche.
-Dai…- fece lui cercando di comprarsi la mia compassione con gli occhi da cucciolo bastonato.
-No!- ripetei e mi divincolai dal suo abbraccio. Mi prese un polso e mi tirò verso di se
-E invece si!- cosa cazzo ha detto questo qua? Stavo per sferrargli un bel pugno sul muso quando una mano gli strinse un polso, fermandolo.
-Ti ha detto di no, vattene- ringhiò Matteo. Era davvero imbestialito. Ma cosa gli prendeva? I suoi cambiamenti d’umore mi facevano girare la testa!
-Oh ma cosa cazzo vuoi tu, sei il ragazzo?- fece con voce strafottente. Vidi che Matteo strinse ancora di più la sua presa, tanto che il tipo lasciò il mio polso. Lo guardò fisso negli occhi e rifece, con voce davvero incazzata
-Vattene- il ragazzo se ne andò, e nel buio della discoteca intravidi sui suoi polsi che erano rimasti dei segni.
-Tutto a posto?- mi fece Matteo, più rilassato.
-Si. Grazie.- dissi io. –Ma potevo cavarmela anche da sola. Sono più forte di quanto sembra.- mi sentivo in dovere di ribadirlo. Non avevo bisogno di nessuno, io. Lui sorrise
-Modesta come sempre eh?- e con questo se ne andò. Tornai in pista, non avevo paura di niente. Intravidi Sister e Fra che ballavano. Per un attimo sperai che un giorno un ragazzo avrebbe guardato me come Fra guardava Athe.
Mi scatenai ancora finché il dj fermò la musica. Tutti mormorarono di disappunto.
-E adesso ragazzi, non muovetevi da dove state, voltatevi a destra e ballate questo lento con il primo ragazzo che vi capita sotto gli occhi. Voglio vedere tutte coppie-
Come diavolo gli era venuta in mente un’idea del genere al dj proprio non lo sapevo. Mi voltai a destra. No. Ma che palle! Ma perché? Diedi una sbirciatina a sinistra e vidi solo coppie. Con una rapida occhiata mi guardai attorno. Le coppie si erano già formate tutte. Se non volevo fare la figura della bambina mi restava solo…
-Ehi voi due laggiù!- fece il dj. Si riferiva forse a me? Lo guardai interrogativa. E così fece lui.
-Si proprio voi due! Avvicinatevi, su, siete gli unici due in tutta la discoteca senza un compagno.-
Bene. Diletta Rossi non aveva paura di niente. Meno che mai di ballare con… un ragazzo qualsiasi. Mi avvicinai, finché non mi trovai a pochi centimetri da Matteo.
-Ehehh bravi- fece il dj. La musica partì.

http://www.youtube.com/watch?v=TaSQzkBNpbg

Imbarazzatissimo Matteo mi cinse i fianchi e io, impacciata, gli circondai il collo con le braccia. O mamma mia o mamma mia. Ma cosa diavolo stava succedendo? La mia pelle bruciava a contatto con la sua e non ne capivo il motivo. I nostri corpi aderivano perfettamente. O mamma o mamma O MAMMA! Piano, un secondo, cosa me ne importava?  Niente, assolutamente niente. Matteo era un ragazzo come tutti gli altri Diletta, lo sai. Solo che… io e Matteo non eravamo mai stati così vicini. E la cosa mi innervosiva, e mi innervosiva ancora di più il fatto che le nostre labbra si trovavano a pochi millimetri di distanza. Il suo fiato mi accarezzava la pelle. E se… se avessi eliminato quella poca distanza che c’era tra noi? Cosa sarebbe successo? Nulla, dato che non l’avrei mai fatto. Sentivo le guancie in fiamme, come tutto il resto del corpo d’altronde. Non sapendo come fare per non trovarmi la sua faccia così vicina appoggiai la testa sul suo petto, e firmai la mia condanna a morte: sentivo il suo cuore battere velocissimo, ma perché? Probabilmente era il caldo, magari anche lui si era scatenato come me. Era naturale che il cuore gli battesse velocemente, non ero di certo io a fargli quell’effetto. Noi ci detestavamo. Giusto?
Quello che vidi dopo, poi, fu il colpo di grazia. Indossava una camicia bianca aderente, che lasciava intravedere gli addominali, e le mezze maniche risaltavano i muscoli delle braccia. Adoravo i ragazzi muscolosi. Cominciai a respirare più velocemente. Perché mi faceva quell’effetto? Ma non era lui, ne ero certa, era il caldo…

Pov Matteo

Quando avevo visto quel tipo che la stava per baciare contro la sua volontà non ci avevo visto più. Ero andato su tutte le furie. Forse gli strinsi troppo forte il polso, dato che gli lasciai dei segni. Ben gli stava. Allora andare in palestra dava i suoi frutti. Ma perché l’avevo fatto? In fondo a me cosa importava di lei? L’avevo fatto solo per… gentilezza? Non riuscivo a rispondere a queste domande. Era frustrante. Adesso ero lì, che la stringevo a me, mentre ballavamo quel fottutissimo lento per colpa di quel fottutissimo dj che aveva avuto QUELLA FOTTUTISSIMA IDEA! I nostri volti erano vicinissimi, e le sue labbra sembravano così morbide che… Matteo cosa cazzo dici? Era bella va bene, l’avevo ammesso. Era bella più di qualsiasi ragazza avessi mai visto. Era bella da togliere il fiato. La tentazione di baciarla stava diventando forte, insopportabile, ma perché? Io non provavo nulla per lei, di questo ne ero certo. Combattevo contro me stesso per non eliminare quella poca distanza che c’era tra noi due. Non sapevo per quanto avrei resistito, le sue labbra rosee e dischiuse  erano un invito a nozze. Cosa era un bacio in fondo? Un bacio piccolo piccolo, giusto per… frenare quella dannata voglia che avevo di baciarla che mi stava lacerando. Volevo soltanto sentire la morbidezza delle sue labbra sulle mie… ma cosa stavo dicendo? Mi feci schifo da solo, solamente per aver pensato certe cose. Avevo bevuto solo un bicchiere di spumante, niente di più, ma forse mi aveva dato alla testa, forse era uno spumante più forte di quelli che bevevo di solito. Alla fine lei risolse tutti i problemi appoggiando la testa sul mio petto. Ora sentivo caldo, terribilmente caldo, e avevo paura che avrebbe potuto sentire il cuore che mi batteva veloce. Anche Diletta non stava messa meglio, però, dato che sentivo il suo respiro farsi sempre più affannoso. Smettila con queste stupide fantasie Matteo, smettila!  No provavamo nulla l’uno per l’altra,  eravamo troppo simili ma allo stesso tempo troppo diversi. Non ci sarebbe mai  stato niente tra noi.
 

 

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Capitolo 13
*** Spiona! ***


Salve a tutte ragazze!! Eccomi qui con questo nuovo capitolo! Spero che il titolo vi abbia fatto insospettire... vabbhe non vi anticipo niente. Sono stata veloce a scrivere, nonostante la scuola mi stia uccidendo o.O spero di esserlo altrettanto con il prossimo capitolo.
Dedico questo capitolo al mio migliore amico Luca  e a _Miss Cullen_ . Noi insieme siamo tre matti. Riescono sempre a gfarmi ridere! Grazie ragazzi vi voglio bene!!
Un ringraziamento speciale va a Cleppy_Ds e a xfrancychanx, adesso vi lascio al capitolo e lasciatemi un commentuccio, ciao ciao


Capitolo 13 Spiona!
Pov Diletta
Purtroppo le vacanze di Pasqua erano finite. Questa non ci voleva proprio. Adesso sarebbe cominciato il periodo più duro dell’anno. Dovevo mettermi a studiare ancora di più di quanto non facessi già. Che rabbia.
Dopo quello che era successo in discoteca non l’avevo più sentito ne visto. Meglio così, magari se ne sarebbe pure dimenticato, io non contavo niente per lui, e lui non era nulla per me. Punto. In realtà noi due non dovevamo neanche essere amici. Quello che era successo era stato solo un caso, nulla di più. Non mi aveva toccato minimamente… L’unica cosa che mi lasciava perplessa era che il suo cuore batteva velocissimo quando ballavamo. Già e la mia pelle bruciava a contatto con la sua.
Vabbhe. Erano dettagli questi, semplicemente dettagli che si potevano ignorare… giusto? Salii in macchina con papà, che mi accompagnò a scuola. Quel giorno non era caldo come le altre volte. Il tempo faceva troppi scherzi. Mi vestii con gli abiti che avevo comprato il giorno prima

Vestiti Diletta: http://www.polyvore.com/cgi/set?id=30184676&.locale=it

Salii le scale che portavano al piano dove stava la mia classe. Fortunatamente il Mercoledì non era troppo stressante. Stavo salendo l’ultima rampa di scale quando, con il mio equilibrio da bradipo, feci una storta e caddi all’indietro per cinque o sei gradini. E che diavolo! Capitavano tutte a me?
-Ti sei fatta male? Vuoi che ti aiuti?- mi chiese un ragazzo che mia aveva visto cadere,  dato che stava proprio dietro di me. Che figura di merda. Qui ci voleva la canzoncina sulle figuracce.
-No no, tranquillo. Comunque grazie.- feci. Ecco il genere di ragazzi che adoravo, cavaliere e ben educato… e che non prendeva in giro chi faceva delle figuracce!
-Ti ho vista cadere all’indietro e ho pensato che ti fossi rotta qualcosa.- fece, un po’ preoccupato. Aoh ma che fai gufi? Non mi portare sfortuna per favore!
-Comunque io sono Gabriele- fece porgendomi la mano.
-Io sono Diletta- glie la strinsi. Gabriele era alto, con un fisico asciutto, capelli spettinati castani e occhi nocciola. Proprio un bel ragazzo. Non sapevo che a scuola ci fossero così tanti ragazzi… carini… anche se carino era un eufemismo. Molto bene, davvero molto bene. Mai come in quel momento fui contenta di aver scelto il Liceo Classico.
-Fai il primo anno? Non ti ho mai vista in giro…- chiese interessato.
-… si, faccio il corso D- sorrisi. –Tu quanto anni hai?- feci curiosa. Sembrava uno grande.
-Quasi diciotto, faccio il quarto anno.- cazzo! Oggi comincio bene la giornata. Anche se ero caduta, l’assicurazione mi aveva ripagata per benino direi…
Diciotto anni = macchina = un fico =  A Diletta piace questo elemento.
-Adesso vado- feci sorridendo come una gattamorta. Sorridi sempre Diletta, e li conquisti tutti!
-Sicura che non ti serve aiuto? Stai bene?- uhuhuh che gentile. Allora i ragazzi belli non erano per forza stronzi! Bene bene, qui ci si può lavorare sopra!
-Tranquillo, sto bene. Ciao- gli sorrisi calorosamente.
-Ciao, spero che ci rincontreremo presto.- sorrise a sua volta. A chi lo dici caro, a chi lo dici! Già pensavo che all’intervallo sarei potuta andare a fare un giretto al piano di sopra…
-Aaaa Sister!- feci rivolta ad Athena entrando in classe. Ero davvero euforica. –Non sai cosa è successo!-
Lei spalancò gli occhi
-Tu e Matteo vi siete baciati? Ti ha chiesto di uscire? Ti ha detto che ti ama alla follia?- iniziò a sparare. In un altro momento mi sarei davvero incazzata, Sister lo sapeva che di Matteo non me ne importava niente. In quel momento, però, feci finta di nulla
-No. Ho conosciuto un ragazzo di diciotto anni… mamma mia lo devi vedere! E’ il ritratto del mio principe azzurro!- feci, con gli occhi che mi luccicavano. Lei, invece di fare i salti di gioia come me, si rabbuiò
-Tu devi metterti con Matteo e basta. Non lo vedi che siete fatti per stare insieme?- non le risposi e mi misi a sedere. Non le avevo raccontato di ciò che era successo in discoteca in realtà, altrimenti avrebbe iniziato con le sue  battutine che mi davano altamente sui nervi.
La prof entrò in classe e Athe, vinta dalla curiosità di sapere tutto, non mi tenne più il muso e cominciò a scrivermi i bigliettini
Dimmi tutto. Voglio sapere ogni singolo particolare
Non avrebbe ottenuto quello che voleva così facilmente, prima mi metteva il muso poi faceva la ficcanaso? No no no. Mi dispiace ma non funzionava così.
Ma non sei dalla parte di Matteo? Pensavo non ti interessasse…
Le scrissi sul banco in risposta. Lei sorrise e poi in fretta cancellò tutto dato che la prof di italiano ci passò vicino in quel momento. Appena se ne fu andata, scrisse
Si… però sono curiosa. Dai! Dimmelo! Sono la tua Sister
Sorrisi. Ehheh povera cara, era curiosa. Analizzai l’idea di tirarmela ancora per un po’, ma non sarebbe stato carino per cui, cercando di essere il più sintetica possibile ma cercando di non tralasciare dettagli importanti, le raccontai ciò che era successo. Lei alla fine decretò, sottovoce
-Se trovo questo ragazzo gli taglio la gola.- sorrise compiaciuta. Cosa? Forse non avevo capito bene. Io avevo trovato il mio principe azzurro e lei non approvava? Questo era il colmo.
-Ma stai scherzando? E secondo te io mi dovrei mettere… con chi dici tu?- mi stavo seriamente alterando. Io pensavo che Sister avesse esultato con me, che mi avrebbe sostenuta  e che sarebbe stata contenta… invece…? E come poteva pretendere che mi mettessi con chi diceva lei? Io avrei fatto quello che mi pareva, con o senza il suo consenso.
-Ma non è con chi dico io, è diverso. Tu e Matteo siete… che so io… come due metà di un unico elemento. O… come due calamite che non possono stare separate. Tu non hai scelta, tu ti devi mettere con Matteo. E con nessun altro. Voi siete nati per stare insieme.- fece convinta. No, pensavo di non aver capito bene… quelle parole mi davano fastidio, e davvero molto, anche se non sapevo perché. Non era vero, no che non lo era: noi non ci piacevamo e basta.  Non capivo perché Athena pensasse questo…
-E come giustifichi le nostre litigate? Noi non ci sopportiamo!- controbattei inferocita, tralasciando certi dettagli che non le avevo raccontato…
-E’ vero, vi odiate, ma soltanto perché vi desiderate troppo.- e dopo di questo fece finta di prestare attenzione alla lezione. Non riuscivo ad assimilare ciò che aveva detto… noi litigavamo perché ci desideravamo troppo? Quindi il calore che sentivo sulla pelle quando mi abbracciava era solo perché mi piaceva? Impossibile! Questa era un barzelletta. Che non faceva ridere però. E con questa convinzione tornai a pensare a Gabriele.
La Marinelli ci aveva riportato i compiti. Avevo preso 8 woooow che bello. In realtà sarebbe stato di più perché sul mio foglio non ci aveva messo penna, ma lo sapevo che mi detestava quindi non dissi niente. Quel giorno stava andando tutto a gonfie vele, quello era uno dei solito giorni “si”. A volte c’erano anche i giorni “no” ma io cercavo di rimuoverli e cercavo di essere allegra lo stesso. All’intervallo stavo passeggiando tranquilla per i corridoi con Sister quando vidi la Marinelli che stava vicino a quella fottutissima fotocopiatrice. Mi fece cenno di andare da lei così, portandomi dietro Sister, andai da quella rottura.
-Buongiorno Professoressa- feci educata come sempre. Quella neanche mi salutò, ma muori! Come vedi, io non sono una bifolca come te!
-Rossi è vero quello che ha detto Germini?- non capivo, cosa c’entrava Miss Coccodè adesso con me?
-Scusi ma cosa intende? Non capisco.- la campanella suonò, così pensai di scamparla, ma pensavo male.
-Lucidi vai in classe- fece ad Athe, che fu obbligata ad ubbidirle. Continuai a guardarla interrogativa, non capendo cosa volesse. Io con Claudia non avevo nulla a che fare, in un anno di scuola ci eravamo scambiate appena “buongiorno” e “buonasera”. Poi lei mi detestava, ma era tutto reciproco.
-Germini mi ha detto che Mercoledì scorso all’intervallo mentre io ero in bagno tu hai corretto il tuo compito di storia.- brutta stronza! Allora mi aveva visto! Ero convinta che nessuno avesse fatto caso a me, ma evidentemente mi sbagliavo. Quella vipera… me l’avrebbe pagata cara, eccome! Ma adesso con calma, la vendetta è un piatto che va gustato lentamente. Ora però dovevo pensare a come levarmi dai pasticci. Quella stronza non aveva detto che Athe mi aveva coperto (meglio così, s’intende). L’unica cosa da fare in quel momento era fingersi scioccati. Strabuzzai gli occhi con aria tranquilla, non dovevo farle vedere che avevo paura, altrimenti avrebbe capito.
-Professoressa veramente… io non sapevo neanche che lei fosse andata in bagno… e sinceramente si noterebbe se un compito fosse stato corretto…- feci sicura. Eheh ma io ero stata intelligente, e  avevo lasciato dello spazio bianco sull’argomento che non sapevo. Sorrisi innocente. Si… innocente sto cazzo!
-Rossi tu non mi convinci molto. E’ vero quel che dici, ed è anche impossibile riuscire a correggere il compito in pochi minuti sotto gli occhi di tutti ma… perché Germini dovrebbe dirmi cose non vere su di te? E poi…- ti prego non ricordarti di Athena che ti è venuta a distrarre, ti prego…
-Mi pare strano che proprio quel giorno Lucidi mi abbia fermata per parlare  mentre i compiti rimanevano incustoditi.- cazzo! Se n’era ricordata. E adesso come facevo? Non avevo testimoni che mi potessero aiutare, oltre ad Athe, che però non contava.
-Penso che dovrai dare delle spiegazioni al Preside…- stavo per ricorrere alla carta del sentirsi male quando
-Professoressa mi scusi, ho sentito per caso quello di cui stavate parlando…- cosa c’entrava Matteo adesso? Cosa ci faceva lui lì?
-E le assicuro che è impossibile che Diletta abbia corretto il suo compito…- fece disinvolto. La Prof non lo lasciò parlare.
- E tu come lo sai, di grazia?- fece con voce davvero incavolata. La Marinelli mi odiava e di certo non avrebbe sprecato un’occasione per mettermi nei guai, soprattutto non le sarebbe dispiaciuto se io fossi stata sospesa o se fossi stata bocciata… ma non poteva succedere! In quel momento, odiavo ammetterlo, la mia sorte era nelle mani di Matteo. Ti prego… salvami! Che vergogna!(ndDiletta: negherò di averlo pensato!) Lui continuò
-Vede quel giorno, me lo ricordo bene, abbiamo passato l’intervallo insieme tanto che quando ho riaccompagnato Diletta all’aula di educazione fisica la professoressa Bettini si è arrabbiata per il nostro ritardo. Può chiedere a lei se vuole.- si! Grande! Si era ricordato di quel giorno, era vero che la Bettini si era arrabbiata con noi per un ritardo, anche se non all’intervallo… ma la Prof di ginnastica aveva così tante classi che non si sarebbe ricordata l’ora, ne ero certa. O cielo, grazie Matteo…
La Marinelli lo guardò ancora per un po’, poi scoppiò a ridere e fece
-Ma si, forse Germini si è sbagliata, si vede che è la confusione degli ultimi mesi di scuola. Io vado ragazzi, buongiorno.- salutammo appena, di certo non era più un buon giorno dopo aver parlato con lei.  Quando fui certa che se ne fosse andata, feci, rivolta a Matteo
-Grazie! Davvero, grazie! Io… non so come avrei potuto fare…- ero davvero imbarazzata, non ero solita dire grazie alle persone dato che me la cavavo sempre da sola, ma lui era stato un genio. Sentii che mi girava un po’ la testa, ma non ci feci caso. Lui fece un sorriso a trentadue denti, con gli occhi verdi che gli brillavano. E io, da brava cretina, con lo sguardo intrappolato al suo e con la mente che non funzionava forse per l’emozione dello scampato pericolo, lo abbracciai. Era troppo tardi quando mi accorsi di quello che avevo fatto. Brava deficiente. Vabbhe, era stato solo un gesto di ringraziamento, spero non avesse inteso male. La pelle mi bruciò all’istante, ma lui mi tenne stratta a se (nda: o.O) e poi sorrise.
-Di niente. Ti senti bene? Hai bisogno di un calmante?- e adesso si preoccupava pure? Tesoro non darmi tutta questa confidenza eh!
-No no tranquillo, grazie. I calmanti non mi fanno niente. Adesso vado, grazie ancora.- lo salutai e così me ne andai in classe. Raccontai tutto a Sister, tralasciando però il dettaglio della pelle che mi bruciava. Era successo di nuovo. Il cuore mi batteva a mille.
-E così quella brutta ocaccia… ma adesso glie la faremo pagare noi!- annuii distrattamente alle sue parole. Non disse niente su Matteo, per fortuna. Dopo un’ora sentivo ancora la pelle bruciare come se mi stesse ancora abbracciando.


Pov Matteo

Stavo passeggiando tranquillamente per il corridoi quando vidi la Marinelli che parlava concitatamente con Diletta. Vinto dalla curiosi mi fermai ad ascoltarle. Una certa Claudia aveva detto alla Marinelli che Diletta una settimana prima aveva corretto il suo compito di storia e geografia dopo averlo consegnato. Sapevo che era vero. Fra mi aveva detto qualcosa a riguardo.
Diletta era davvero pallida, manteneva la calma, ma solo apparentemente. Molto probabilmente aveva fiducia nelle sue capacità oratorie. Guardandola negli occhi marrone scuro però, capii che aveva davvero paura. Wow, Diletta Rossi che aveva paura. Questa mi era nuova.
Comunque quella Claudia era stata una vipera. Detestavo le persone così. Non resistetti. Non potevo lasciare che venisse sospesa per colpa della Marinelli. O forse si…!? In fondo per colpa sua avevvo preso un tre in greco, che stavo ancora cercando di recuperare. Mi sarei vendicato… e così saremmo stai pari. Sarebbe stato… divertente!? Ma, purtroppo, io non ero così. Mi comportavo da stronzo con le ragazze, era vero, ma sotto sotto rimanevo lo stesso ragazzo del quale avevo cercato di lasciare le spoglie, anni fa. In parte c’ero riuscito... ma in fondo sapevo che non era così.
Per cui, da bravo scemo, mi intromisi in una faccenda che non mi riguardava e dalla quale avrei potuto trarre solo svantaggio.
Alla fine ce l’avevo fatta a far credere a quella stronza che Diletta non c’entrava niente in quella faccenda. Bene. Carismatico lo ero sempre stato, per fortuna. Alla fine per ringraziarmi Diletta mi abbracciò. Non credevo che quella ragazza che pensavo avesse il cuore di pietra, avrebbe potuto prodigarsi in ringraziamenti. L astrinsi a me e sentii qualcosa nello stomaco. Farfalle? No, impossibile, avevo solo fame perché all’intervallo non avevo mangiato.

 
 

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Capitolo 14
*** Start the Party ***


Scusatemi ragazze!! *me si prostra ai vostri piedi* non è stata colpa mia, il capitolo era pronto, ma non riuscivo a connettermi a internet >.< adesso finalmente dopo 3 giorni ce l'ho fatta!! *.*
Questo è un capitolo di passaggio, anche se fondamentale per lo sviluppo della storia. Spero che vi paiccia.
Un ringraziamento speciale va a Cleppy_Ds (grazie di tutto tesorooo!!) e a _Miss Cullen_  xfrancychanx e ad allofmyword (grazie che mi sopporti!!)
vi lascio al capitolo, recensitemi in molti!! (199 cliccate l'ultimo capitolo) il prossimo lo posto prestt, ciao ciao


Capitolo 14 Start the Party

Pov Matteo

Stavamo a casa di Fra e stavamo decidendo in quale locale potevo festeggiare il mio  compleanno. La festa l’avrei fatta in una discoteca sicuramente, il 30 Aprile che era Sabato, anche se in verità il mio compleanno era oggi, 27 Aprile. Ancora due anni e poi sarei diventato maggiorenne… non vedevo l’ora! Solo il pensiero di avere una macchina mi faceva luccicare gli occhi, anche se non avrei MAI abbandonato la mia bella fidanzatina. *Parla della Suzuki come se fosse una persona*
-Allora, dove la facciamo?- mi chiese Fra a conclusione di tutti i nostri ragionamenti.
-Penso che si possa fare al Paradise- feci. Il Paradise era una discoteca appena fuori Bologna, abbastanza facile da raggiungere, dato che si trovava proprio sulla statale.
-Si, buona idea, può andare. Chi pensavi di invitare?- mi fece, curioso come al solito.
-A te no!- esclamai –Ma questo mi sembra ovvio, io ti detesto- mi diede un pugno sul braccio. Scoppiammo a ridere.
-No dai Mattè, seriamente.-  ci pensai un attimo. Dovevo ancora pensarci, ma dato che i miei genitori mi avevano detto che potevo fare le cose in grande e come volevo io, di certo non mi sarei risparmiato sugli invitati.
-Di certo tutta la nostra classe. Poi altri amici che non credo tu conosca. Amici e amiche, s’intende Fra- sogghignai. Anche se tanto sia io che lui sapevamo che era tutto dire… e poi niente fatti. Soprattutto da parte mia… scossi la testa per cacciare i ricordi. Era ora di smetterla.
-Ahaha io sono già impegnato e non ho alcuna intenzione di tradire la mia ragazza. A proposito, posso invitarla?- rise Fra, risvegliandomi dai miei pensieri. Ci pensai su un secondo, ma certo, non c’era alcun problema. Peccato che non capii che così mi avrebbe incastrato…
-Ma certo, non c’è problema- feci tranquillo. Lui fece un sorrisetto malizioso e furbo poi aggiunse
-Ma se inviti Athena devi invitare anche Diletta. Sono come sorelle loro due.- scoppiò a ridere. Ero in trappola. Brutto stronzo…
-No! Non ci penso minimamente!- feci convinto. Quest’idea era da buttare nel cestino. Ok, non che avessi qualcosa contro Diletta, s’intende (a parte che era una ragazza stronza, orgogliosa, boriosa e piena di sé)… ma… no, su non potevo, chissà cosa avrebbe pensato dopo… forse si sarebbe fatta un’idea sbagliata e avrebbe pensato che mi piaceva… mentre non era affatto così. Non avevo voglia di litigare con lei anche alla mia festa, anche se dovevo ammettere che le cose ultimamente stavano andando un po’ meglio… Francesco sbuffò, poi fece, con voce provocatoria
-A, ho capito. Quindi non vuoi che il tuo migliore amico venga al tuo sedicesimo compleanno che aspetti da tutta la vita… va bene va bene- cominciò ad annuire convulsamente, offeso per finta. Era vero, aspettavo di compiere sedici anni da tutta la vita, dato che, a quell’età, avrei potuto prendere la moto. La mia unica fidanzata nonché mio unico e vero amore. Ora la moto già me l’avevano regalata i miei con qualche settimana d’anticipo, ma restava il fatto che io e Fra, fin da piccoli, fantasticavamo sul nostro sedicesimo compleanno. Lui non poteva mancare. Sapevo che lo stava facendo apposta, ma non potei tirarmi indietro.
-E sia… la inviterò… ma solo perché mi stai obbligando tu.- feci, un po’ imbronciato. L’aveva avuta vinta lui ancora una volta.
-E dai Mattè! Lo so che sotto sotto non ti dispiace…- disse, maliziosamente. Ma guarda tu che soggetto di migliore amico mi toccava avere.
-Ma che diavolo dici. Scommetto che questa è una macchinazione tua e di Athena. Come posso farvi entrare in testa che noi non ci piacciamo?!- sbottai. Fra stava diventando insopportabile con questa storia. Voleva a tutti i costi che ci mettessimo insieme, ma non sarebbe mai successo. Le ragazze erano… complicate, e lei più stronza delle altre. Che senso aveva andarmi d ingarbugliare in affari scomodi? Era già tanto se riuscivamo ad avere una conversazione civile… Coglione io quando avevo ammesso che fisicamente era… bella. Si, l’avevo ammesso, era bella ok? Ma niente di più. Mi tornò in mente il suo viso quando… No! Scossi forte la testa.Tenni tutti i miei pensieri per me, anche se Fra vide che ero perplesso e mi lanciò un’occhiataccia. Sperai che non riuscisse a capire i miei pensieri come faceva di solito, speranza vana suppongo… Ad un certo punto il cellulare che squillava mi distolse dai miei pensieri.
-Pronto?-  chiesi. Sullo schermo Touch Screen era apparso numero invisibile.
-Ciao Matteo sono Diletta- Diletta? E come ce l’aveva il mio numero? Lanciai un’occhiataccia a Fra, lui c’entrava di certo qualcosa. Il diretto interessato sogghignò. Di li a poco l’avrei strozzato. Ma con le mie mani,  con il cappio dopo non ci sarebbe stato gusto…
-Ciao…- non sapevo cosa dire. Cosa voleva? Feci a Fra il segno che gli avrei tagliato la testa, e lui scoppiò platealmente a ridere.
-Metti il vivavoce!- sussurrò. Me l’avrebbe pagata, ma lo accontentai.
-Ehm… Buon Compleanno…- fece. Chi le aveva detto che era il mio compleanno?

Pov Athena

Stavamo a casa di Dile a fare le matte. Stavamo escogitando un piano per farla pagare a Miss Coccodè quando mi tornò in mente un dettaglio davvero importante: oggi era il compleanno di Matteo! Me lo aveva detto Fra a scuola. E quale idea migliore di far chiamare Matteo da Diletta? Muahahha. Il numero ce l’avevo perché Fra me lo aveva dato per qualsiasi evenienza (intendiamoci bene per favore).
-Sisteruccia!- feci, mentre Dile, con un foglio davanti, stava vagliando tutte le possibilità di vendetta. Lei era un persona molto… ordinata. Le piaceva l’ordine e le piaceva capire le cose ed averle chiare ed ordinate in testa.  Per questo, ogni volta che aveva un dubbio o un problema si metteva seduta alla scrivania, prendeva un foglio, e metteva tutto per iscritto e poi pensava a come risolvere ciò che le dava fastidio. La stessa cosa aveva fatto per vendicarsi di Claudia. Mi guardò assorta. Aveva buttato giù tre o quattro piani, uno più crudele dell’altro, ma anche lei aveva convenuto che ne doveva trovare uno un po’ meno crudele… erano da film dell’horror quelli!
-Sister… che ne dici di lasciare stare un attimo i tuoi istinti vendicativi, e chiamare Matteo dato che oggi è il suo compleanno?- spalancò gli occhi. Non lo sapeva, ci avrei scommesso! Eheh cosa avrebbe fatto senza di me?
-Ehm… perché dovrei?- fece incredula. Eheh mia cara, devi perché voi starete insieme molto presto…
-Per gentilezza devi!- feci con voce convinta. Fu l’unica scusa che riuscii a trovare.
-Lui non mi ha chiamato quando ho compiuto gli anni io.- fece lei sicura. Mamma mia Dile a volte era proprio impossibile. Si era messa in testa di non innamorarsi di Matteo e di odiarlo e lo stava facendo al meglio delle sue capacità.
-Ovvio, ancora non vi conoscevate!- controbattei io. Era impossibile!
-No. Non vedo perché dovrei… non ne ho alcuna intenzione.- fece, irremovibile. E no cara, questa volta farai come dico io. Questa volta vinco io, tu lo chiamerai! Sapevo che Fra sarebbe andato a casa di Matteo quel pomeriggio, per questo mi ero autoinvitata a casa di Sister. Fra doveva convincere Matteo ad invitare Dile alla sua festa, e sperai vivamente che ci fosse riuscito… il nostro piano stava procedendo bene! Anche se sarebbe andato meglio se i due protagonisti fossero stati… meno orgogliosi, testardi e bugiardi? Mhh direi di si.
-Dai… ti prego fallo per me…- feci gli occhioni da cucciolotta a cui non sapeva resistere.
-Va bene!- disse, con un ampio gesto delle braccia. –Ma con il tuo cellulare, non voglio che abbia il mio numero!- aggiunse per chiarire. Eccheccazzo era proprio quello che volevo!
-Ehm… non ho soldi!- cercai di riparare, ma Dile era troppo sveglia, non si faceva ingannare così facilmente.
-Ok, lo chiamiamo con il mio, ma metto il suffisso privato.- sbuffò. Brutta bastarda. In qualche modo vinceva sempre lei, non c’era storia. Sbuffai sonoramente, visibilmente irritata.  Diletta sogghignò.
-L’importante è che lo chiami no? Su su- feci. Le lanciai il mio cellulare così che potesse prendere il numero.
-Ehi, calmina sorelluzza. Ma… di un po’, come ce l’hai tu il numero di cellulare di Matteo?- chiese, curiosa. Sperai che fosse gelosa, ma dal suo viso traspariva solo curiosità.
-Me l’ha dato oggi Fra, cos’ gli faccio gli auguri- inventai. Mi guardò dubbiosa
-E non potevi farglieli a scuola?- continuò, sarcastica. Io non persi l’occasione di prenderla in giro.
-Sei gelosa?- dissi con vocetta complice. Lei mi guardò e alzò un sopracciglio. Si stava incazzando.
-Ma figurati- mugugnò. Compose il numero. Dopo qualche squillo Matteo rispose.
-Ciao Matteo sono Diletta- fece, un tantino imbarazzata. Poi, in modo impacciato, disse
-Ehm… buon compleanno…!- cercò di mettere un po’ di entusiasmo nella sua esclamazione. Le feci il gesto di mettere il vivavoce e lei lo fece, così potei sentire anche io la conversazione. Ero troppo curiosa.
-Ehm… grazie- fece lui, altrettanto imbarazzato e sorpreso. Caro, mica stiamo quia a pettinare le bambole eh! Calò il silenzio e sentii Francesco, dall’altro lato della cornetta, che lo esortava
-Su, dai!- sorrisi, quel ragazzo era proprio un genio, ma era anche per questo che lo adoravo.
-Io…- cominciò Matteo, senza riuscire a trovare le parole – cioè… volevo dire che…Sabato questo, che è il 30, festeggio il mio compleanno al Paradise, la discoteca, e… bhe, tu e Athena siete invitate.- concluse. Si sentì un sospiro di sollievo. Neanche avesse alzato trenta pesi con un braccio solo. Stupido scimmione dalla mente contorta.
-Grazie!- fece Dile, confusa. Non se lo aspettava, e questo era un punto a favore di Matteo.
-Ehm… potresti farmi sapere in anticipo se ci sarete o no?  Devo ordinare le bibite e il resto…- non lo feci finire neppure di parlare che risposi per entrambe. Non volevo che Dile dicesse di no. Era troppo importante che fosse venuta alla festa.
-Ma certo che ci saremo grazie per l’invito! E comunque auguri Matt!- dissi velocemente. Diletta mi guardò contrariata e provò a replicare
-Io veramente…- ma il mio Fra, dall’altra parte, ebbe il sangue freddo di attaccare a parlare senza farla finire.
-Athena? Sei li?- capii al volo le sue intenzioni. Diletta non doveva avere il tempo per ribattere.
-Tesoro! Si sono io! Lo sai che ti adoro tanto tanto?- dissi la prima cosa che mi venne in mente, con voce petulante. Mi venne da ridere me mi trattenni.
-Anche io!- replicò lui sdolcinato. –Ti mando tanti baci!- uhuhuh che dolce. Dile sbuffò
-Ma certo, fate pure con comodo tanto state con il mio cellulare.- ahahha povera Dile, l’avevo fatta arrabbiare.
-Ma tanto tu puoi spendere quanto credito vuoi! Hai la carta prepagata!- giustificai. Sapevo che l’aveva detto solo a posta. Lei non si faceva mai problemi quando si trattava delle spese per qualcosa…
- Ehi Dile!- la salutò Fra allegro.
-Oi ciao Fra!- rispose lei con altrettante enfasi. E non stava fingendo. Ecco, con lui era sempre gentilissima, mentre con Matteo, con cui doveva esserlo cento volte di più… un pezzo di pietra!!
-Allora vi aspettiamo Sabato- concluse soddisfatto.
-Certo, ciao ciao- esclamai allegra. Dile chiuse la conversazione e mi fissò con sguardo assassino. Ebbi paura.

Pov Diletta

Chiusi il telefono e poi attaccai Athena.
-Mi dici come diavolo ti è venuto in mente di dire che anche io vado alla festa?- non mi andava giù l’idea che lei avesse scelto per me. Io facevo quello che mi pareva, e a quella festa non volevo andarci, va bene? O almeno non al Paradise. Era li che ero andata per la prima volta con… scacciai il pensiero. Non sarei mai più stata così per un decerebrato. Mai più. L’avevo giurato davanti al mio pianoforte, e se non fossi riuscita a mantenere la promessa, un pianoforte mi sarebbe piombato in testa.
-Perché, non ci saresti venuta?- mi chiese in tono malizioso.
-Non lo so va bene? Non credo- sospirai. Adesso mi toccava andarci. Non potevo disdire ora che quella soggetta aveva dato la conferma.
-Dile… io lo so perché fai così…- cominciò Athe. Non volevo andarmi ad ingarbugliare in quell’argomento proprio adesso. E non volevo che mi si facesse la predica. E lei lo sapeva.
-Lo so che in quel locale ci sei andata con… bhe, tusaichi ma… è ora di voltare pagina.- mi buttai sul letto e lei si sedette accanto a me. Chiusi gli occhi.  
-Io ho già voltato pagina. Lo sai che non mi piace più…- controbattei, scandendo bene le parole. Cominciarono di nuovo ad affiorare i ricordi dei nostri momenti passati insieme, ma con mio sommo piacere questo non mi fece ne caldo ne freddo. Bene.
-No! Non è vero!- esclamò lei decisa. -E lo sai che ho ragione, perché io ho sempre ragione.-  fece con voce stizzita. No cara, tu non hai ragione. Non questa volta.
-Non hai ragione, e basta. Io no mi metterò con Matteo solo per far piacere a te!- esclamai brusca. Lei fece la faccia triste e mise il labbro inferiore infuori.
-Sei cattiva…- fece con voce piagnucolosa –Lo sai che io ti voglio solo aiutare!-
A. Bhe, non mi sembrava lo stesse facendo. Rendeva solo tutto più difficile. Io non potevo e non dovevo innamorarmi di lui. E non l’avrei fatto. Punto.
-Non mi aiuti così…- mugugnai, sconfortata.
-Uhh Sister!- disse Athe, abbracciandomi. Sorrisi. Quella mattacchiona riusciva sempre a farmi tornare il buon umore.
-Mi spieghi perché insisti? Perché vuoi che io e lui ci mettiamo insieme?- chiesi infine, curiosa. Volevo proprio sapere come mai aveva quel chiodo fisso. Insisteva nel dire che eravamo innamorati, anche se non era così. Secondo lei quando due si odiavano era perché erano innamorati. Ma non era così, altrimenti io sarei dovuta essere innamorata della maggior parte dei ragazzi che conoscevo.
-Perché voi sareste perfetti insieme.- l’aveva detto pure quando un certo ragazzo me l’aveva chiesto, e lei si era ostinata ad affermare che dovevo dirgli di si. Alla fine, però, avevo fatto di testa mia, e avevo fatto la scelta migliore.
-Hai detto la stessa cosa l’altra volta…e poi hai visto come è finita!- esclamai decisa. Pensava che io avessi dimenticato? Allora non mi conosceva bene per niente.
-Ma ora è diverso…- si giustificò.-Voi due… siete… così simili…- spiegò.
-Appunto. I simili non si attraggono- eheh, la mia ipotesi era inattaccabile, dato che il detto diceva: gli opposti si attraggono, e non i simili.
-Se mi fai finire di parlare per favore- disse, alzando le sopracciglia. Le feci gesto di continuare.
-Siete simili… ma allo stesso tempo tanto diversi. Simili quanto basta perché vi capiate e abbastanza diversi perché possiate essere attratti l’uno dall’altra.- concluse soddisfatta della sua frase filosofica. Ah. No. Se forse un giorno avevo pensato che Matteo mi capiva… bhe, forse mi ero sbagliata. A me non piacevano gli stronzi. Tante ragazze andavano dietro proprio a loro perché li trovavano “intriganti”. A me invece facevano solo…pena. Per me erano sfigati che non trovavano altri metodi per attirare l’attenzione…

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Pov Athena
Bene, finalmente Sabato era arrivato. Io e Dile stavamo in camera sua per scegliere i vestiti che avrebbe indossato. Io i miei me li ero portati da casa. Sister aveva aperto il suo gigantesco armadio a muro che occupava quasi tutta la parete della stanza. Guardò il tutto svogliatamente, poi si buttò sul letto.
-Scegli tu qualcosa da la dentro.-  mi fece. Non era proprio in vena di festeggiamenti. Sperai che cambiasse idea in fretta… Ero felice che mi avesse lasciato campo libero  ed io sogghignai. Dovevo trovare qualcosa che avrebbe fatto sbalordire Matteo. Diletta doveva farlo impazzire. Doveva levargli ogni capacità di pensiero. Se lui era attratto solo fisicamente da lei, allora dovevo proprio puntare su quello. Era difficile scegliere i vestiti dal suo armadio, dato che sembrava di stare in un negozio. Alla fine scelsi. Forse quel completo era un po’ troppo… osè? Ma vabbhe chi se ne importa, non andavamo mica in chiesa e di certo non eravamo due suore *sogghigna*. Scelsi un bel paio di tacchi confidando che non sarebbe caduta. Speranza vane, ma finché non si fosse messa a correre, si poteva dire che aveva una chance…
Ci vestimmo ed io al truccai minuziosamente e leggermente. Troppo trucco le stava male.

Vestiti Diletta:
http://www.polyvore.com/perdere_la_testa_ff_dile/set?id=30816773

-Andiamo!- esclamai entusiasta. Lei mi guardò con le palpebre pesanti.
-Se mi addormenterò confido che non mi sveglierai.- sbuffò. Non replicai. Non credo che ti addormenterai tesoro. Andammo a prendere il bus e dopo una ventina di minuti arrivammo al Paradise. Sister aveva una faccia spenta.
-Su con la vita sorellina! Non ti ho mai vista rifiutare una festa in discoteca… mi deludi proprio, tu che sei sempre una festarola…- feci, con voce canzonatoria e delusa, scuotendo la testa. Lei strizzò gli occhi
-Allora andiamo.- era tornata quella di sempre.

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Capitolo 15
*** Di nuovo...? ***


Salve ragazze!! Buona domenica! Eccomi qua, come vi avevo promesso ho postato subito u.u Questo capitolo è lunghetto come vi avevo promesso *mantiene sempre la parola data*. Amche se spero che non mi ucciderete alla fine per certe cose che ho fatto succedere... vabbhe non vi dico altro xD
Dedico il capitolo a _Miss Cullen_ che sta passando un brutto periodo. Ringrazio Cleppy_Ds e xfrancychanx :D adesso vi lascio al capitolo, il prossimo lo posto presto, ciao ciao
p.s. nell'altro capitolo mi sono dimenticata di mettere il lik con la stanza di Diletta, ecco qua:  
http://www.polyvore.com/camera_ff_dile/set?id=31912635
p.p.s poi non vi rompo più. _Miss Cullen_  vi implora di votare il miglio bacio sugli MTV video awards (se si scrive così) per Edward e Bella. Ecco il link http://www.mtv.com/ontv/movieawards/2011/best-kiss/   Grazie per l'attenzione kiss


Capitolo 15 Di nuovo…?

Pov Diletta.

Entrai a testa alta. Athena aveva ragione, non sia mai che Diletta Rossi rifiuti una festa in discoteca. Mi guardai intorno con fare spavaldo, e intravidi Matteo con alcuni suoi amici. Mi avvicinai a lui
-Auguri. E grazie per l’invito.- dissi, sorridendo. Lui mi guardava un po’… imbambolato? Era vero che il completo che mi aveva fatto indossare Athena era un po’ così, ma c’era sicuramente di peggio. Che pervertito. Si riscosse
-Ehm… grzie- mugugnò. Ci guardammo per un po’ e calò un silenzio imbarazzante,  finché un ragazzo mi si parò davanti
-Ciao bellissima, io sono Giulio.-  fece, in tono gentile. Mi porse una mano ed io la strinsi calorosamente. Era ora di mettere un po’ di pepe alla serata.
-Piacere, io sono Diletta- sorrisi. Giulio era un ragazzo alto, non come Matteo o Francesco, ma senza dubbio più massiccio e  muscoloso. Aveva occhi neri e capelli castani, un ragazzo comune ma carino.
-Fidati, il piacere è tutto mio- sorrise furbo. Mhhh… non male, sembrava simpatico. –Che ne dici, verresti a ballare?- continuò speranzoso. La musica era appena stata messa e i ragazzi si ammassavano già in pista. Matteo ci guardava scettico e sarcastico. Tirai su il mento
-Certo.- sorrisi. Non ci vedevo poi niente di male, in fondo si andava in discoteca per ballare. Andammo in pista e cominciammo a ballare sulle note di Firework di Katy Perry.

http://www.youtube.com/watch?v=cTfZXh427B0

Subito Giulio mi si appiccicò effetto ventosa, come aveva fatto l’altra volta quell’altro tipo. Ma andava di moda? Ballare non è sinonimo di strusciarsi. Accettai comunque di buon grado stando attenta che il tipo non allungasse le mani. Bhe, almeno questo qua si era presentato prima. Continuammo a ballare per un po’, finché anche lui (ma basta!!) provò a baciarmi. Alzò la testa dai miei capelli, mi guardò e avvicinò il suo volto al mio. Mi scostai.
-Aspetta. No…- borbottai. Ma tutti i ragazzi volevano solo una slinguazzata e via? Io non ero una PPTMZ. Per me era un gesto di offesa provare a baciarmi senza conoscermi neanche. Era vero, una vestita come andavo io quel giorno non era il massimo della… pudicizia ma non per questo volevo essere considerata una ragazza facile.  Giulio mi guardò incredulo e confuso.
-Perché? Non ti piaccio?- chiese. Io strabuzzai gli occhi. Perché? Non ti piaccio? Ma stiamo scherzando? Non lo conoscevo nemmeno da un’ora e mi diceva “Non ti piaccio?” Questo era il solito puttaniere, ne ero sicura, anzi, mi pareva pure peggio di Matteo.
-Scusa ma non ci conosciamo nemmeno da un’ora…- dissi questo, con voce dure e con espressione adirata e me ne andai. Trovai Athe che ballava con Fra, appiccicati come due ventose, ma almeno loro due stavano insieme.
-Scusa Fra ti rubo un secondo Athe, te la riporto subito- supplicai. Lui sorrise e Athe si staccò di malavoglia da lui.
-Non lo vedi che ero occupata?- alzò le sopracciglia eloquentemente e sbuffò. Lanciò poi uno sguardo denso di sottointesi a Fra e poi ridacchiò. –Che vuoi?- continuò poi con sufficienza. Sapevo che lo stava facendo apposta e non potei trattenermi dal ridere.
-Niente… è solo che non ho voglia di ballare da sola.- sbuffai. Per quella sera non avevo più voglia di fare incontri… spiacevoli.
-Perché?- fece, un po’ stupita. Di solito ero al prima che si buttava in  pista per scatenarsi.
-Non mi va di ballare con ragazzi che dopo un quarto d’ora cercano di baciarmi. E’ una cosa che mi fa innervosire.- incrociai le braccia al petto e feci una faccetta imbronciata.
-Embhe ti lamenti?-strabuzzò gli occhi, ma poi si riprese. Sapeva come ero fatta.
-Vabbhe dai vieni, Francesco dovrà aspettare un po’- le fui davvero grata per questo. Si stava… sacrificando per me? Ero quasi commossa. Eravamo appena scese in pista quando Athe mi strinse forte il braccio. Cosa diavolo le era preso? Indicò due che ballavano.
-Cosa diavolo ci fa Claudia qui?- quasi ringhiò. Seguii il suo sguardo e vidi ciò che non avrei mai pensato: Claudia si stava letteralmente strusciando contro Matteo mentre ballavano. Alzai un sopracciglio: cosa ci faceva Miss Coccodè qui? Si era imbucata per caso? E cose c’entrava poi lei con Matteo? Mi venne un’idea, forse dettata dalle circostanze e sorrisi crudele.
-Penso che sia giunta l’ora della mia vendetta.- sibilai. In realtà quella che avevo in mente non era una vera e proprio vendetta, ma reputai che bastasse per fargliela pagare… Athena sogghignò, senz’altro aveva capito cosa mi era passato per la testa.
-Vai Sister! Fatti valere yeah!- mi incitò, e sogghignando mi diressi a testa alta verso i due piccioncini. Bene, quei due avrebbero potuto vincere il premio “Ventose della serata”. Era una cosa obbrobriosa! Mi avvicinai spavalda.
-Fatti da parte struzza.- esclamai sprezzante rivolgendomi a Claudia. Lei mi guardò strabuzzando gli occhi ed io al scostai in malo modo. Brava Diletta!
-Ma come ti permetti?- fece, incazzata e basita. Trattenni a stento una risata. Perché sono superiore. Ma mi trattenni dal dirlo.
-Mi permetto e basta brutta cessa, e adesso evapora!- la mia voce era del tipo “tu non sei nessuno e solo il fatto che io parli con te deve farti sentire onorata”. Mai mettersi contro Diletta Rossi. Non avrei mai smesso di ripeterlo. Pensai che quella bella umiliazione fosse bastata per farle abbassare la cresta. Se ne andò senza aggiungere altro fiondandosi tra le braccia dello stesso ragazzo che l’altra volta in discoteca ci aveva provato con Francy, un tale Ludovico. Il mondo era colmo di puttanieri? Era incredibile! Ed ovviamente erano tutti amici di Matteo...
Miss Coccodè ci stava ancora guardando, così circondai il collo di Matteo con le mie braccia, e lui non esitò a prendermi per la vita. Ignorai la belle che mi bruciava con straordinaria nonchalance. Cominciammo a ballare
-Come mai tutto questo… ardore?- chiese sarcasticamente, con una punta di incredulità nella voce.
-Consideralo come… un regalo di compleanno.- dissi sorridendo sarcastica.
-Quale onore… e a cosa si deve tutto questo?- chiese poi ridacchiando.
-Vendette personali…- andai sul vago, nona avevo voglia di raccontargli i fatti miei, anche se fui certa che intuì il motivo.
-Chissà perché ma me lo sarei aspettato da una come te…- constatò con un ghigno. Cosa stava insinuando? Mi stizzii. Era un’offesa forse? Come mio solito risposi alla provocazione, aggiungendo il carico da 100 però.
-Come mai ti stavi strusciando tanto con Claudia? E la tua ragazza o è il tuo giocattolino nuovo?- lo provocai spostando l’attenzione su di lui. Strabuzzò gli occhi.
-Cosa diavolo vai farneticando? Io non sono… un puttaniere. Non gioco con i sentimenti degli altri!- gli iniziava a tremare la voce e gli occhi verdi gli si oscurarono. Brutto segno.
-Io andrei farneticando?- Dico solo la verità- dissi stizzita, tirando su il mento con fare altezzoso.. Vidi gli occhi verdi che gli fiammeggiavano. MA se l’era presa così tanto? Bene!
-Tu non sai niente, non sai niente di me. Non puoi giudicarmi.-  era furente. Ero sicura che se fossi stata un maschio mi avrebbe preso a pugni.
-I fatti parlano da se.- sputai tra i denti, convinta a non dargli ragione.. Lui sorrise con rabbia e strinse i pugni, tesoro mi dispiace ma le donne non si toccano nemmeno con un fiore  quindi…
-Sei solo una bambina. Giudichi senza neanche sapere… la verità. E alla fine sei in errore ma non vuoi ammetterlo, come i bambini.- disse freddamente. Mi inviperii: nessuno mi poteva dare della bambina chiaro? Er più adulta io di lui, senza alcun dubbio. Soprattutto per tutte quelle che avevo passato… Alzai la mano per dargli uno schiaffo, ma lui mi bloccò il polso, con una calma che mi dava sui nervi. Si vedeva lontano un miglio che reprimeva la voglia di picchiarmi. Cercava di non perdere il controllo, ma sarei stata mille volte più contenta se l’avesse fatto.
-Non lo farai.- sibilò, perentorio. Purtroppo lui era più forte di me così abbassai la mano stizzita e me ne andai.
-Vai a farti fottere!- esclamai voltandomi un’ultima volta. Odiavo perdere. Andai al bar e, irritata, presi una bottiglietta do coca cola per calmarmi. Io ero coca cola dipendente. Bevvi tutto in un sorso e mi calmai un po’. Avevo fatto una cosa davvero stupida, lo ammettevo, ma soltanto perché era sembrato che io fossi… gelosa? No, non lo ero, volevo solo prenderlo in giro e avere la mia vendetta su Claudia. Punto.
Più distanza metti tra voi due meglio sarà, mi ripeteva la solita vocina sapiente nella testa.
-Diletta!- una voce conosciuta mi destò dalle mie perplessità. Mi voltai: dietro di me c’era Gabriele, con un sorriso stampato sul volto mozzafiato.
-Come va? Anche tu qui?- si sedette accanto a me. Era contento di vedermi, ed anche io lo ero, la sua serenità ed il suo essere così solare mi mettevano allegria.
-Si, anche io conosco Matteo- feci in tono sarcastico e un po’ scocciato. Non continuai e lui non fece altre domande. LA cosa mi piacque alquanto: era anche un ragazzo discreto. Bene! Mi piacevano molto i ragazzi che si facevano gli affari loro.
-Anche tu conosci Matteo?- chiesi poi, curiosa di sapere come mai anche lui si trovasse li. Sorrise tristemente
-Bhe si, ci conosciamo da quando eravamo piccoli…- si fermò un attimo ma poi continuò –anche se ultimamente le cose non vanno tanto bene…- si fermò con un sorriso amaro.  Non volli indagare oltre e non sembrò che lui volesse continuare. Dopo un attimo di silenzio l’ombra che gli era passata sul volto se ne andò.
-Ti annoi?- mi chiese poi, premuroso. Decisi di essere sincera, con lui non mi andava proprio di mentire, era così dolce che mi ispirava sincerità…
-Mha, un po’, dato che la  mia migliore amica mi ha lasciato qui perchè sta ballando con il suo raggazzo… e io sinceramente non ho voglia di andare a ballare da sola…- feci, con voce un po’ annoiata ma cercando di non essere petulante.
-Allora… ti andrebbe di venire a ballare con me?- provò, titubante. Lo guardai un po’ dubbiosa. Non mi sembrava il tipo che ci provava subito senza conoscermi bene, e non mi sembrava neanche un ragazzo superficiale.
-Dai tranquilla…- si accorse della mia titubanza e della mia diffidenza. –Fidati…- mi sorrise amichevolmente e mi porse la mano. Come resistere a quello sguardo? Non potendo rifiutare gli presi la mano. Con mia grande sorpresa, al contrario di tutti i ragazzi con cui avevo ballato in discoteca, non mi si appiccicò effetto ventosa, ma rimase un po’ a distanza mentre ci muovevamo a ritmo. Mi sorrise di nuovo apertamente. Che ragazzo grazioso era!Mi avvicinai io e gli cinsi il collo con le mi braccia, e lui mi circondò titubante la vita. Sorrisi. Forse Gabriele era quello giusto


Pov Matteo

Quando l’avevo vista entrare in discoteca il mio cuore aveva perso un battito. Era davvero… bhe qui l’aggettivo ci voleva, era meravigliosa. Ero rimasto incantato a fissarla per un po’ di tempo finché non mi era venuta a salutare. Non l’avevo mai vista così, neanche alla festa della scuola mi era sembrata così… bella… e non ero sicuro che fosse solamente per i vestiti… scacciai il pensiero quando la vidi andare a ballare con quel pervertito di Giulio. Non si faceva ripetere due volte l’invito la signorina vero? Quando Giulio (tanto per cambiare) aveva provato a baciarla lei se n’era andata. Allora avevo pensato che forse avrei dovuto cambiare un po’ il mio giudizio su di lei… già avevo pensato questo finché non aveva detto quelle cose sul mio conto. Fosse stato con un’altra ragazza di certo non me ne sarebbe sbattuto un cazzo di quello che pensava, ma con lei… non volevo che pensasse che ero un puttaniere (anche se era quella l’impressione che cercavo di dare). Claudia non era la mia ragazza, l’avevo dovuto invitare contro la mia volontà solo per fare un piacere a Ludovico, dato che quei due si erano rimessi insieme. Un’altra volta. Io e Fra gli avevamo detto che doveva stare attento, che forse era meglio se l’avesse lasciata perdere, ma lui… niente. Era proprio un coglione! Non imparava mai. Alla fine Claudia mi aveva chiesto se volevo ballare, dato che Ludo si era assentato un attimo ed io avevo accettato di buon grado. MA era finito tutto li.
Mi ero appena messo seduto quando lo sguardo mi cadde in pista: sgranai gli occhi. Non ci potevo credere, Diletta stava ballando con Gabriele. Con Gabriele ma ci rendiamo conto? Avevo dovuto invitarlo solo perchè me lo aveva obbligato mio padre; fare pace con lui era stata una delle condizioni per cui i miei mi avrebbero permesso di fare la festa in discoteca. Avevo detto che l’avrei fatto, ma non potevo perdonarlo. Non dopo quello che aveva fatto. Per fortuna non era successo niente alla fine, ma…
I Due chiacchieravano allegramente. Sicuramente si conoscevano. Tra tanti invitati doveva andare proprio con Gabriele? Scossi la testa. Non erano affari miei. Era stato uno sbaglio, un enorme sbaglio invitarla. Bene, mi era servito di lezione, la prossima volta avrei fatto di testa mia. Pieno di rabbia, andai al bar e presi un boccale di birra. Guardai di nuovo quei due e poi buttai tutto giù in un colpo solo.
 

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Capitolo 16
*** Impossibile ma vero ***


Salve a tutte!! Scusatemi per il ritarduccio ma questi giorni che è finita la scuola mi sono riposata molto e ho scritto poco... comunque eccoqui il capitolo che è pure lunghetto eh!! XDXD Già ho in mente cosa succederà nel prossimo e quindi non vi farò aspettare molto.
In questo capitolo ringrazio i miei migliori amici _Miss Cullen_ , allofmyword e (anche se non è isritto su EFP) Luca:) grazie di tutto ragazzi vi voglio tanto bene.
Direi che questo capitolo è piuttosto divertente, spero che vi piaccia e che recensirete in molti,
Un incitamento va a Vinlu4e che è alle prime imprese con la sua ff :)
Kiss kiss buona lettura


Capitolo 16 Impossibile ma vero!
Pov Athena
Avevano litigato. Di nuovo. L’altra sera Dile mi aveva raccontato tutto mentre tornavamo a casa con l’autobus. All’inizio non ci avevo creduto, pensavo che la “fase dell’odio” fosse finita. Pensavo che Dile mi stesse portando per sedere per farmi incavolare. Ma mi sbagliavo. In fondo avrei dovuto aspettarmelo, Sister era una ragazza davvero imprevedibile, diversa da tutte le altre. Ed era anche una persona molto cocciuta. A volte troppo. Sospirai e digrignai i denti. Dovevo fare qualcosa, e subito anche. Per la fine della scuola quei due dovevano mettersi insieme. Perchè erano fatti l’uno per l’altra e perchè io dicevo così. E assicuro che avrei fatto di tutto per raggiungere il mio scopo. In questo io e Dile eravamo uguali. Ero appena tornata da scuola, agguantai il telefonino e chiamai Fra. Lui sicuramente avrebbe saputo aiutarmi. Composi il numero che sapevo a memoria per quante volte l’avevo utilizzato. Sorrisi.
-Pronto tesoro!- mi rispose la sua voce sempre solare dall’altro capo della cornetta. Che dolce.
-Ciao Fra. Hai saputo di Matteo e Diletta?- chiesi senza tanti preamboli. Di certo non c’era tempo da perdere.
-Cosa? Si sono messi insieme?- chiese speranzoso. Era sempre ottimista, per fortuna. Odiavo i ragazzi pessimisti. Peccato che in quella situazione non serviva a niente. Strano, Matteo non gli aveva detto niente… chissà perchè. Mi sarebbe piaciuto saperlo.
-Magari- sospirai -hanno litigato di nuovo. E di brutto direi. Anche se devo ammettere che la volta del vocabolario è stato peggio… almeno Matteo non le ha dato della puttana…- cercai di sembrare ottimista anche io. In fondo era vero, non era un litigio irreparabile… *si spera*.
-Come facciamo per farli riappacificare?- chiese poi lui, sperando che io avessi una buona idea. Peccato che l’avevo chiamato proprio per quello…
-Non ne ho la più pallida idea. E ti assicuro che Dile non si scuserà mai per prima… non lo fa nemmeno con i genitori… per lei sarebbe un’umiliazione. Se vogliamo farli riappacificare deve essere Matteo che chiede scusa.- dissi convita. Dile non era tipa da sentirsi in colpa per ciò che faceva. Quando prendeva una decisione, era coerente con essa e niente, dico niente poteva farle cambiare idea. Non rimpiangeva mai le sue decisioni. Le era capitato solo una volta, e da allora aveva giurato che non sarebbe più successo.
-Neanche Matteo se è per questo…- sospirò rassegnato –non chiederà scusa, soprattutto ora che ha anche un po’ di ragione…- purtroppo era vero. Dile aveva sbagliato a dargli del puttaniere senza conoscere la sua storia, ma secondo il mio modesto parere, a prima vista Matteo un po’ poteva sembrarlo… ma non lo dissi. Rimanemmo in silenzio cercando di pensare.
-Ho trovato!- gridò ad un certo punto Fra. Quasi mi spaccò un timpano.
-Cosa cosa?- chiesi io curiosa. Sperai che avesse avuto uno dei suoi improvvisi colpi di genio.
-Questo pomeriggio alle 16:30 io e Matteo andiamo in palestra, ci andiamo tutti i Lunedì, Mercoledì e Venerdì.- cominciò. Si tenevano in forma i ragazzi eh? Buono a sapersi. Sogghignai.
-Perchè non venite anche tu e Dile?- chiese. Sinceramente non ne capivo il motivo. Si sarebbero incontrati, certo, ma si sarebbero ignorati, a maggior ragione perchè c’erano  altri intorno a loro.
-Spiegati meglio- gli chiesi, confusa. Sentii che sorrideva
-So cosa stai pensando: secondo te loro si ignoreranno.- mi aveva letto nel pensiero. Annuii convinta.
-E lo faranno- confermai. Fra rise di nuovo.
-Conoscendo Matteo, e avendo un po’ conosciuto Diletta, penso che si lanceranno occhiate di fuoco e penso che nessuno dei due rimarrà indifferente a questo.- sogghignò. Riflettei. Poteva essere una strategia, Dile detestava essere fissata.
-E conoscendo Dile penso che cercherà di sembrare più brava di Matteo. A volte è così competitiva…- conclusi. Avevo capito bene allora. Tentare di certo non nuoceva. Anche se ci mancava solo che si mettessero a competere tra di loro…

Pov Diletta

Per tutto il resto della serata avevo ballato con Gabriele. La sua compagnia mi piaceva, mi metteva allegria. Lo adoravo, era solo la seconda volta che lo vedevo ma mi stava davvero simpatico. Contro ogni mia aspettativa non aveva mai cercato  di baciarmi, e alla fine, quando ci eravamo lasciati, scherzosamente mi aveva baciato la mano e aveva detto
-E’ stato un piacere Madame, spero che ci rivedremo presto.- Era stato davvero dolcissimo. E io adoravo i ragazzi dolci. Stavo ripensando a questo quando mi squillò il cellulare. Era Athena.
-Sister!- esclamò allegra.
-Oi Soteria! Dimmi tutto- la salutai. Chissà cosa voleva all’ora di pranzo.
-Non credi che sia ora di metterci in forma per la prova costume?- chiese speranzosa. Non mi convinceva, Athe aveva sempre odiato andare in palestra. Qui gatta ci covava.
-Siamo in formissima tutte e due- replicai, ed assicuro che era vero.
-Lo so ma… dai, andiamo un po’ in palestra giusto per… tonificare i muscoli…- cercò di riparare. Non me la dava a bere, ma la assecondai, dato che non ci perdevo niente. In fondo un po’ di palestra non faceva male.
Preparai il borsone e mi si tutto dentro. Andai poi a prendere l’autobus e aspettai Sister davanti alla porta della palestra, come ci eravamo messe d’accordo di fare.
-Sisteruccia!- mi salutò allegramente appena mi vide.
-Oi- sorrisi. Quel giorno ero particolarmente di buon umore dato che la professoressa mi aveva interrogato in latino e avevo preso 8 ½ . Che bello.
Entrammo nello spogliatoio e ci cambiammo in fretta.  Sperai vivamente che il top che avevo portato mi sarebbe stato ancora bene. L’ultima volta che l’avevo messo portavo una seconda… adesso quasi una quarta. Mi ero dovuta rifare tutta la biancheria.

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In realtà non ero mai entrata nel palasport di Bologna. L’avevo visto solo da fuori. Era un edificio moderno e grandissimo, suddiviso in vari piani: su ogni piano c’era uno sport, mancavano solo la piscina e il campo da calcio che si trovavano su un altro edificio. Io e Sister stavamo a piano terra, nella parte della palestra. Negli altri paini si seguivano corsi mentre su questo l’ingresso era libero. Non era una persona particolarmente sportiva. Mi piaceva tantissimo nuotare ed ero anche molto brava, poi adoravo il calcio (strano per una ragazza) e praticavo il Karate con mio fratello da quando per piccola, per questo ero forte anche fisicamente, oltre che moralmente. Per quanto riguardavano gli sport per tonificare il muscoli… ero una frana. Il mio corpo non era di certo snodabile in più io avevo un equilibrio da bradipo e di certo questo non aiutava. Un mio particolare cruccio era quello di non saper fare la ruota. Non ero proprio portata per la ginnastica artistica. Entrammo nella gigantesca palestra e io mi diressi senza indugi verso la parte dove si trovavano i pesi, il tapirulan e i sacchi per il box. Mi stavo proprio dirigendo a prendere i guantoni quando quasi mi venne un colpo.
Mi bloccai. Matteo stava lungo sul lettino a fare i pesi. Il viso era tirato nello sforzo. Mi trattenni dallo spalancare la bocca e sbavare. Dovevo ammetterlo: era stronzo e borioso, ma il fisico ce l’aveva. Per di più indossava solo (nda: o.O) dei pantaloncini e delle scarpe da ginnastica. Aveva le braccia muscolose e il suo fisico asciutto risaltava i pettorali. Rischiavo veramente di farmi venire la bava alla bocca.
Cercando di fare finta di niente e sperando di esserci riuscita, presi i guantoni. Non lo salutai e lui non salutò me. Lo sguardo mi cadde su Sister che stava confabulando con Francesco. Ma certo! Quei due si erano messi d’accordo per farci incontrare li… ma io non glia avrei dato la soddisfazione di parlarci. Non me ne sarei neanche andata, altrimenti Matteo avrebbe pensato di aver ragione e che ero una bambina che non sapeva affrontare i bisticci. Inizia a dare pugni sul sacco da box, con foga e rabbia. Ecco cosa c’era sotto. Comodamente Sister se ne andò non so dove con Francesco. Ma certo no? E mi lasciava da sola con lo stronzo. Bell’amica che mi ritrovavo. Le lanciai un’occhiataccia furente e lei sorrise sorniona. Continuai a picchiare forte il sacco. Che rabbia.
Sentivo che Matteo mi fissava, ma non mi arrischiai a guardarlo, forse per non restare incantata… dico, incazzata. Alla fine non resistetti e alzai lo sguardo, dato che lui faceva i pesi proprio li davanti. Mi si mozzò il fiato in gola. Le goccioline di sudore gli imperlavano i viso concentrato nello sforzo, ed io dovetti concentrarmi per non perdermi nei suoi occhi verdi. Non distolsi lo sguardo, spavalda e nemmeno lui lo fece, ma continuò a fissarmi strafottente. Alla fine fu lui a distogliere lo sguardo e glie ne fui davvero grata.
Finii con il sacco da box e, mettendo distanza tra me e lui andai a prendere la corda per saltare, e cominciai. Non ero male con la corda, mi divertiva anche saltare. Ad un certo punto, per sbaglio, incrociai i suoi occhi verdi. Bastò quello a farmi perdere l’equilibrio già precario. Intrecciai i piedi con la corda, e caddi sopra la mia caviglia destra. Sentii uno scrocchio. Cazzo. Mi morsi le labbra fino a farle sanguinare per non fare smorfie o altro. Guardai Matteo. Era tutta colpa sua! Come sempre d’altronde. L’ombra di un risolino gli passò sul volto. Ci rideva pure il bastardo? Appena mi fossi alzata mi avrebbe sentito. Cercai di tirarmi su una, due volte, ma la caviglia non mi reggeva. Sperai che non si fosse rotta. Digrignai i denti e ci riprovai un’ultima volta, ma caddi di nuovo. Stupido equilibrio da bradipo!
-Oi tutto bene?- mi chiese ad un tratto Matteo che si era avvicinato dopo essersi rimesso la canottiera. Anche se era davvero inutile dato che lasciava comunque intravedere tutti i suoi pettorali. Prima rideva e poi mi chiedeva come stavo. Stronzo. Lo guardai storto e poi dissi fra i denti
-Sto bene, non  mi serve il tuo aiuto.- già, peccato che non riuscissi a tirarmi su, quindi la mia bugia non era più di tanto credibile. Lui se ne accorse e, prima che io potessi ribattere, mi prese in braccio. No, dico, mi prese in braccio come se fossi una piuma e non come se pesassi i miei 63 chili.
-Mettimi giù!- sbraitai, ma mi bloccai dopo poco, dato che molta gente ci stava fissando.
-Ti ho detto di mettermi giù.- ripresi, questa volta più a bassa voce.
-Devo portarti in infermeria.- fece con voce quasi divertita. Cosa ci trovava da ridere proprio non lo capivo, mi ero slogata una caviglia! L’infermeria era stata costruita da poco dentro la palestra, dato che molti ragazzi si facevano male durante gli allenamenti. –E non mi sembra che tu sia in condizioni di andarci da sola.- continuò. Siccome mi faceva male il collo a tenere la testa alzata, con molto rammarico la appoggiai al suo petto.
-Ma non ti peso?- chiesi poi, curiosa. Lui scoppiò a ridere. Ok, era ufficiale, non lo capivo.
-Tieni presente che io sono di dieci centimetri buoni più alto di te. E vengo in palestra da tre anni. Per me tu sei una piuma…- sogghignò. –In confronto a me tu sei… uno scricciolo.- scoppiò a ridere di nuovo. –Penso che da ora in poi ti chiamerò Scricciolo.- strabuzzai gli occhi. In tutta la mia vita non mi era mai capitato di sentirmi dire che ero piccolina. Strabuzzai gli occhi indignata.
-Non ti azzarderai! E poi non sono io che sono piccola, sei tu che sei fuori misura.- sbottai. Non riuscivo a capire come mai Matteo non fosse arrabbiato con me, anzi rideva e scherzava come se io non l’avessi mai insultato, alla sua festa di compleanno, per giunta. Non riuscivo a capirlo. Eppure quel giorno mi era sembrato furente.
Arrivammo in infermeria e lui mi adagiò su uno dei lettini. Chiamò poi l’infermiera, una donna bassa e abbastanza in carne.
-Ciao bella!- mi salutò calorosamente.-Cosa ti è successo?- chiese poi, premurosa. Matteo le spiegò brevemente che mi ero inciampata con la corda per saltare. Mi mosse un po’ la caviglia e ad un certo punto mi uscì dalle labbra un lamento.
-Stai tranquilla, hai solo una brutta distorsione, adesso ci penso io va bene?- le sorrisi incoraggiante.
-Vai a chiamare Athena- dissi poi rivolgendomi a Matteo. Lui fece una faccia interrogativa ma poi fece
-Non posso lasciarti qui da sola- una vampa di calore mi passò tutto il corpo in un lampo. Lui… si preoccupava per me? Dopo tutto quello che gli avevo fatto lui non aveva esitato ad aiutarmi e adesso… si preoccupava anche. Cercai di buttarla sul ridere
-Stai dicendo che secondo te sono troppo deboluccia? Vai a  chiamare Athena.- ripetei. In realtà non volevo che mi vedesse mentre l’infermiera mi medicava, non volevo farmi vedere debole da nessuno, tanto meno da lui. Mettiamo caso poi che mia fosse uscito un gridolino? No no, era meglio che se en andasse. Fece per allontanarsi ma sta volta fui io, inaspettatamente, a bloccarlo.
-Aspetta- dissi piano. Lui si voltò. –Io…- cominciai –Scusami per quello che ti ho detto… l’altra sera. Non avevo alcun diritto di… bhe, di dire quello che ho detto. Mi dispiace davvero.- conclusi. Mi aspettai che mi scoppiasse a ridere in faccia. Invece non lo fece, ma mi si avvicinò e quando mi fu davanti, si chinò verso di me, mi scostò una ciocca di capelli dal viso e mi diede un bacio sulla guancia. Con questo se ne andò, lasciandomi davvero interdetta e confusa.

Pov Matteo                                                         

Sicuramente se ci fosse stato Giulio si sarebbe scappato qualche commentuccio su Diletta. Quando l’avevo vista mi aveva tolto giusto un pochino il fiato… rischiava davvero di farmi prendere qualosa…La fissai per un po’ come un coglione inebetito finché non mi lanciò un’occhiata rabbiosa, così ricordai che anche io dovevo essere incazzato, e molto anche.
Quando vidi cadere e mi venne davvero da ridere. Cioè, come si fa a cadere intrecciandosi i piedi con una corda? Questo proprio non sapevo dirlo. Solo Diletta poteva essere capace di cose simili. Alla fine non riuscì ad alzarsi e andai in suo soccorso. Ok, un po’ mi dispiaceva che si era fatta male. Rimase davvero incredula quando la sollevai da terra come se fosse una piuma. Bhe, in effetti era davvero leggera… per me per lo meno.
Stavo per andare a chiamare Athe quando lei mi chiamò.
-Aspetta.- disse piano. Chissà cosa voleva. Mi voltai curioso –Io…- cominciò, evidentemente imbarazzata e in difficoltà –Scusami per quello che ti ho detto… l’altra sera. Non avevo alcun diritto di… bhe, dire quello che ho detto. Mi dispiace davvero.- concluse con un sospiro. Mi venne da sorriderle. Non ci credevo… aveva chiesto scusa. Lei? Lei che chiedeva scusa? Non era possibile. Forse davvero il mondo sarebbe finito. Alla fine le diedi un bacio sulla guancia. Ci rimase proprio di sasso. Mi trattenni dallo scoppiare a ridere.
Chiamai Athena e lei si preoccupò davvero.
-Dile come stai ti sei fatta male?- chiese, concitata. Ma Diletta non le rivolse nemmeno la parola, e fece finta che non ci fosse. Cosa era successo tra quelle due? Dopo la medicazione dell’infermiera Dile riusciva a camminare abbastanza bene, ma con il suo equilibrio da bradipo rischiava solo di inciampare.
-Ragazza mia dove abiti?- le chiese l’infermiera, che aveva notato il suo equilibrio precario.
-Ehm… in via dei Gigli- rispose lei un po’ imbarazzata. Si vedeva che non le piaceva che gli altri si preoccupassero per lei.
-Ma li l’autobus non passa! Ci vuole che qualcuno ti accompagni!- fece concitatamente l’infermiera. Diletta fece spallucce.
-Posso anche camminare per qualche metro.- sbottò infine lei. Detestava essere sottovalutata.
-No, è mglio di no. Non hai proprio nessuno che potrebbe accompagnarti…?- chiese di nuovo. Dile scosse la testa, evidentemente era venuta con l’autobus.
-Matteo ha la moto, potrebbe riaccompagnarla lui!- esclamò quel genio di Fra. Un giorno o un’altro l’avrei sgozzato, ohh se l’avrei fatto. E anche a mani nude e in malo modo, e avrei fatto in modo che non si ritrovasse il cadavere! *momento di follia omicida* Riservai i miei pensieri a quando saremmo rimasti da soli e, facendo finta che la cosa non mi irritasse alquanto dissi
-Si, per me non c’è problema- quando nessuno mi vide lanciai un’occhiata di fuoco a Fra. Lui si mise a ridere come un matto.
Aiutai Diletta a salire in moto, così feci anche io. Non ci scambiammo una parola mentre percorrevamo le strade di Bologna. Ero pensieroso. Non sapevo neanche io il motivo per cui non ero arrabbiato con lei. Bhe, in verità prima lo ero, ma quando l’avevo vista che si era fatta male… non avevo resitito…. Avevo dovuto aiutarla. Tutto questo mi sembrava davvero strano.
Arrivammo davanti casa sua, lei scese con un po’ di difficoltà, mi ridiede il casco. Mi guardò negli occhi e io rischiai  di perdermi in quei due pozzi marrone scuro che sembravano non avere fondo.
-Grazie- sorrise poi. Io annuii e lei se ne andò, lasciandomi solo con i miei dubbi.

 

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Capitolo 17
*** Supereroi ***


Salve ragazze! Mi dispiace davvero per questo ritardo, ma non dipende da me. Detesto mettere gli avvisi ma era necessario. Come ho già detto nell’avviso ho dei problemi con Internet. Ora vi darò una notizia orribile: non ho internet per 30 giorni. Sto postando dal computer di una mia vicina di casa, che molto gentilmente si è offerta di farmi usare il suo Internet. Mi dispiace davvero, così oggi per farmi perdonare posterò  un bel capitolo! Mi farebbe comunque piacere che lo recensirete: risponderò alle recensioni appena potrò. Ringrazio Cleppy_Ds (prometto che appena riavrò Internet recensirò tutti i capitoli che non ho letto), CherryBomb_ e ovviamente _Miss Cullen_ per tutto. In questo capitolo, a grande richiesta, scoprirete cosa è successo a Matteo quando aveva 13 anni, e molti comportamenti di Diletta verranno spiegati. Saluti e buona lettura!

 
Capitolo 17 Supereroi


Pov Diletta 


Tornai a casa e mi richiusi in camera salutando appena mamma, che per mia fortuna non mi chiese cosa avevo. Bene, meno spiegazioni avevo da dare per il mio umore, meglio era. Non ci credevo, avevo chiesto scusa… nel senso Io avevo chiesto scusa per prima a Matteo, ammettendo per altro di aver sbagliato.  Non riuscivo ancora a crederci. Non… non era possibile. Qualcuno doveva avermi drogata, non c’era altra soluzione. Era soltanto che… quando avevo visto che non aveva esitato ad aiutarmi dopo tutte le cose cattive che gli avevo detto… lo confesso, mi ero sciolta come cioccolato sul fuoco. Ed assicuro che era difficile far sciogliere una come me. Mi buttai sul letto cercando un po’ di tranquillità ma, come non detto, mi squillò il cellulare: era Athena, per questo riattaccai. Ero davvero incazzata con lei, si era intromesse un’altra volta… e aveva fatto in modo che io e Matteo ci incontrassimo… ancora. Non sapevo se la cosa mi fosse dispiaciuta o meno, fatto stava che ero stufa che lei si impicciasse sempre degli affari miei. Richiamò altre tre volte e alla fine risposi.

-Che vuoi?-  dissi con voce scontrosa e per nulla amichevole.

-Come stai Sister?- mi chiese preoccupata. Non me la dava a bere. Mi incazzai sul serio quando mossi la caviglia che mi diede una lieve fitta di dolore. 

-Devi smetterla!- cominciai, trattenendomi dal gridare –devi smetterla di intromettere in affari che non ti riguardano hai capito? Mi sono stufata!  A me Matteo non piace non puoi fare nulla perchè la cosa cambi, va bene? E più tu fai così, più io per dispetto sarò antipatica con lui. Se mai (ma non credo) mi metterò con lui, non sarà certo perchè me lo hai detto tu. Io ti giuro che se ti intrometterai un’altra volta non sai quello che combino. Mi conosci e sai di cosa sono capace. Quindi smettila!- ero nera, ero davvero furente. Penso di non essermi mai incavolata con Athena fino a questo punto, avevamo avuto qualche diverbio, ma roba da poco. Questa volta mi ero davvero stufata! 

-Ma io…- sentii che le si incrinava la voce, ma peggio per lei, poteva pensarci prima. Ero praticamente irremovibile. 

-Ma io un corno!- esclamai. Stavo per riattaccare quando lei scoppiò a piangere e allora davvero mi pentii per ciò che le avevo detto. Povera sorellina mia… 

-Io… io voglio solo aiutarti, lo sai… mi dispiace che a te dia tanto fastidio… ma io pensavo…- continuò singhiozzando ancora. La mia voce si addolcì

-Non piangere. Senti Sister, facciamo finta che non sia successo niente, ma mi prometti che non lo farai più?- chiesi. Lei rispose senza esitare

-Si, te lo prometto… ma tu mi vuoi ancora bene?- chiese a sua volta tirando su con il naso. Scommetto che in quel momento stava facedo gli occhi cucciolosi. 

-Ma certo! Lo sai che tivutitititititibi!- scoppiammo a ridere. –A domani- dissi e poi riattaccai. Mi buttai sul cuscino, e anche se ero piena di compiti, mi addormentai. Un po’ di riposo è salutare. 

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Due giorni dopo accadde un fatto che mi lasciò davvero perplessa. La caviglia mi era guarita, dato che avevo avuto solo una leggere distorsione. La professoressa di educazione fisica ci aveva detto di formare quattro squadre per giocare a pallavolo, e dato che eravamo in numero dispari, qualcuno sarebbe rimasto fuori e si sarebbe dato il cambio con gli altri. Rimase fuori una ragazza che solitamente era un po’ emarginata, dato che, poverina, non era un fiore di bellezza, era cicciottella e davvero impacciata. Come se non bastasse questo, era anche un po’ stupida e molto introversa. Mi faceva davvero pena, e io, Athena e Francy eravamo le uniche con cui parlava. Noi tre cercavamo sempre di coinvolgerla con ciò che faceva la classe, ma quando lo facevamo gli altri ci lanciavano occhiate oblique. Io me ne fregavo altamente. Cominciammo a giocare e lei rimase seduta. Quando fu il turno di Michela di scambiarsi con lei, fece finta di niente. Lo stesso fecero altre due ragazze. La poverina si alzava sempre in piedi, volendo giocare anche lei, ma nessuno la considerava. Io, che ero nella stessa squadra di Michela, alla fine feci

-Oi Gianna vieni al mio posto che mi fa male la caviglia.- inventai. Sicuramente per la mia squadra non sarebbe stata una gran perdita, anche se a pallavolo me la cavavo. Come non detto, tutti mi lanciarono occhiate storte. Io li ignorai con un sorrisetto innocente sul volto. 

-Ma no Dile, non è il tuo turno, non può giocare lei…- fece Michela. Mi detestava, ma pur di non perdere facendo giocare Gianna, che era pure una frana, faceva la lecchina. Allora non mi trattenni e sbottai 

-Ma non ti vergogni? Anzi, voi tutti non vi vergognate? Andate tanto predicando che siamo tutti uguali e che tutti abbiamo gli stessi diritti e poi? Tutte parole ma nessun fatto… ci vorrebbe proprio un applauso…- dissi, con voce sprezzante. Senza aspettarmi una risposta me ne andai a sedere, guardando tutti dall’alto in basso, metodo “forestiere delle vita”(nda: filosofia i Luigi Pirandello).

All’uscita da scuola, Gianna mi fermò e mi chiese se mi poteva parlare. Annuii sorridendo e feci segno ad Athe di andare e io rimasi con lei, che mi disse

-Ehm… grazie per oggi, io non voglio metterti nei guai…- quando parlava, non si capiva mai cosa dicesse, si mangiava tutte le parole. Mi faceva davvero pena a volte…

-Ma no… non ti devi preoccupare… io sono contenta di aiutarti.- sorrisi calorosamente. Ero sincera, non volevo farle pesare cosa avevo fatto. Lei sorrise tristemente.

-E’ che… io non so più come fare… da sempre tutti si comportano così, nessuno mi vuole come amica e quelle poche che ho abitano lontano… - sospirò ancora. –Ed è soltanto perchè sono… così!- continuò indicandosi. –Ma io cosa ci posso fare? Non è colpa mia se sono anta così… anche se tutti sembrano pensare il contrario.- 

-Ascolta… per quello che vale posso dirti che io Athe e Francy ci saremo sempre se avrai bisogno di qualcosa… e… non sei affatto brutta come dici… - sorrisi incoraggiante. Non volevo essere ipocrita, l’avrebbe capito, ma non me la sentivo di dirle “non importa se sei un cesso”. Per quanto riguardava l’emarginazione… io la capivo. Sapevo che essere esclusi era la cosa più orribile  che potesse esserci. 

-Perchè io non sono come te?- chiese dopo un minuto di silenzio, forse un po’ con rabbia. Come me? Ma questa era impazzita, io avevo un carattere di merda. –Tu sei disinvolta, non hai paura di niente… tutti dicono che sei bellissima… perchè io non sono come te? Tu per me sei… una supereroina- mi disse, piagnucolando un po’. Mi faceva piacere quello che aveva detto ma… io non mi sentivo affatto come lei mi aveva descritta. Sorrisi

-Sai, non è stato sempre così- feci, decisa. Mi bloccai, non sapevo se avevo voglia di fare un salto nel passato… ma lei mi fece cenno di continuare, così cominciai.

-Alle elementari non ero così sicura di me. Non ero così disinvolta. Anche io… anche io ero un po’ una emarginata. Ero più cicciottella e più bruttina di ora, ma non credo che fosse solo per questo. In generale, io sono sempre stata una persona abbastanza strana. Io vedo le cose in modo diverso dagli altri, e forse è stato anche questo a contribuire…- lasciai la frase in sospeso, dato che un altro motivo era che tutti erano invidiosi di me. Ma non lo dissi, l’avrei fatta sentire ancora più… insignificante. Poi ripresi 

-Penso che quegli anni siamo stati i più brutti per me… qualunque cosa facessi mi prendevano in giro, qualsiasi cosa dicessi era sbagliata. Se cercavo di giocare con gli altri mi dicevano “Tu no!” e io non ne capivo il perchè. E ogni volta che accadevano queste cose mi ripetevo “Ma cos’ho io che non va? Cosa ho fatto di male?” alla fine mi ero convinta che era per l’aspetto. Ero rimasta sola, eccetto una bambina con cui ero molto legata. Ma alla fine questa fu obbligata a trasferirsi ed io rimasi definitivamente con me stessa. Ed è stata proprio quella solitudine che mi ha fatto capire che i deboli soccombono e che solo i forti hanno un futuro a questo mondo. Pian piano ho cominciato a rispondere alle prese in giro, ad essere scontrosa, a fregarmene. E alla fine ho compreso appieno il vero senso del detto “Meglio soli che mal accompagnati”. A volte sembra che io non abbia paura di niente, ma… detto tra noi, ti assicuro che non è così. Ho paura di perdere tutto quello che ho, di scacciare gli amici che ho con il mio caratteraccio… ma io non ero così. Sono state le circostanze a farmici diventare… anche se devo ammettere che quello che sono ora non mi dispiace affatto. Spesso io indosso una maschera per evitare agli altri di leggermi dentro, a volte faccio cose totalmente sbagliate solo per dare una certa impressione invece che un’altra. Io non sono una persona così encomiabile come tu credi.- conclusi il mio monologo un po’ risollevata e un po’ abbattuta. Risollevata perchè alla fine avevo vinto io contro tutti e abbattuta perchè mi aveva scosso un po’ riprendere ricordi che avevo cercato di seppellire. Ricordavo perfettamente tutto, nonostante fossero passati diversi anni ormai. La cicatrice di certe ferite non va mai via… Gianna rifletté per un po’ e poi sicura fece

-Tu non hai affatto un caratteraccio, secondo me. Ce lo hai con le persone con cui serve… ma mi sembri una ragazza tanto cara e graziosa. Grazie per quello che hai fatto oggi e per le tue parole. Spero che da oggi andrà meglio… adesso vado, ciao ciao- mi salutò con la mano e se ne andò. Sorrisi, contenta di ciò che avevo fatto. Non mi ero mai aperta così a nessuno, penso solamente con Athena e Francy. Sorrisi più apertamente e mi avviai verso casa. 

Pov Matteo

Scesi di corsa le scalette che portavano al parcheggio, ero in ritardo un’altra volta, chissà adesso Anita cosa avrebbe pensato. Si sarebbe di nuovo messa a fare le sue supposizioni sulle potenziali ragazze che potevo avere… ridicolo. Lei odiava rimanere da sola a casa, aveva paura che entrassero i ladri (anche se era praticamente impossibile) e aveva paura dei fantasmi. Che non esistevano. Anche se in realtà potevo capirla, anche io da piccolo avevo paura dei fantasmi e dei mostri…

Stavo per salire in moto quando mi sentii chiamare da qualcuno che non avrei più voluto vedere.

-Matteo! E’ da un po’ che non ci vediamo!- esclamò quella vocetta che ora mi appariva stridula e petulante. Mi voltai. Non era cambiata per niente. Bassa e magrolina, capelli ricci castani e occhi azzurri come il mare. 

-Ciao Sofia.- dissi con tono neutro alzando un sopracciglio. Era lei che quando avevo avuto tredici anni mi aveva fatto disperare. Brutta puttana. Era da un po’ che non ci vedevamo anche se era quasi una settimana che mi rompeva i coglioni. Mi chiamava su face book e mi mandava sms anche se non sapevo chi diavolo le avesse dato il mio numero di cellulare. Io rispondevo sempre di malavoglia, e a volte non rispondevo proprio. Non riuscivo proprio a capire cosa diamine volesse. “E’ da un po’ che non ci vediamo” per mia sfortuna ci eravamo sentiti su face book solo due giorni prima. Mi trattenni dal dirle di non sparare cazzate cortesemente. 

-Ascolta… io ti stavo cercando!- fece, impaziente. Ma va, non l’avevo capito. Mi reputava così deficiente? Era vero che ero stato un coglione ad andare dietro a lei però… pensavo che si vedesse che ero cambiato. E anche molto. 

-Si… dimmi- feci, con tono un po’ scontroso. Non riuscivo proprio a dimenticarmi quello che mi aveva fatto, quello che avevo passato per colpa sua. Ci avevo provato ma era stato più forte di me. Fosse successo adesso di certo non me ne sarebbe fregato più di tanto.

 -Ecco io volevo chiederti… se ti andava di provare a stare insieme a me.- disse, con voce sicura. Mi stava chiedendo di diventare il suo ragazzo? Puttana era e puttana era rimasta. All’inizio volevo strangolarla, ma poi feci un sorrisetto. Mamma mia, quant’è vero il detto Sant’Anna il giusto lo rimanda. 

-No- risposi semplicemente, in modo freddo e distaccato, alzando un sopracciglio. La sua sicurezza vacillò.

-C-come no?- chiese. Era davvero incredula. Avrei dovuto farle una foto. La sua faccia era a dir poco comica. Mi trattenni dallo scoppiare a riderle in faccia, non sarei stato coerente! –M-ma tu mi venivi dietro prima, p-perchè adesso n-non…- balbettò. Povera ragazza, ero davvero in pena per lei… sto cazzo! Evidentemente nessun ragazzo le aveva mai detto di no… bene, era ora di fare un po’ i conti con la realtà no? C’è sempre una prima volta. 

-Per il semplice fatto che non mi piaci. Sai com’è, sono passati… quasi tre anni.- feci con tono fintamente mortificato.

-Perchè, hai la ragazza adesso?- mi fece, con una punta di sarcasmo nella voce. Non sapevo cosa risponderle… si o no? Si o no?

-Certo che si. Cosa credevi? Adesso ti saluto, mia sorella mi aspetta, ciao ciao.- mi voltai e, sventolando la mano in segno di saluto, salii sulla moto e me ne andai. Dallo specchietto retrovisore vidi che non era ancora riuscita a riprendersi dallo stupore. Tornai a casa e mi sorbettai tutta la lavata di capo di mia sorella. Ma ci rendiamo conto? Una marmocchietta di quasi sei anni che fa la predica al fratello maggiore di sedici… Evidentemente in quel momento non ero in vena di discutere. Nonostante fossi davvero contento di aver avuto la mia rivincita, non riuscivo a scacciare i ricordi che avevo seppellito nei recessi del mio cervello. Stavano cercando di tornare a galla tutti in una volta. Feci un po’ di zapping sulla televisione ma alla fine rinunciai. Affronta il passato Matteo su! Ricorda adesso per poi richiudere tutto in un cassetto e lasciarti tutto alle spalle! E così feci.

E’ una soleggiata giornata di Maggio e fa davvero caldo. Faccio la terza media, e sono il solito santone che di turno si trova nelle classi. Non ho mai avuto una ragazza, non ho mai fumato e non ho mai messo piede in una discoteca. Porto gli occhiali e sono abbastanza gracile, sia di fisico che di carattere. E’ dalla quarta elementare che vado a dietro a Sofia, lo zoccola di turno. Per me è bellissima, e anche se non me ne voglio fare una ragione, so che non mi guarderà mai. Sono il classico… sfigato. Sotto sotto però non ho mai perso la speranza che un giorno potrò piacerle. Oggi, in particolare, ho preso la decisione di dirle tutto. Perchè? Bhe, perchè adesso ci stanno gli esami e dopo non penso che la rivedrò, dato che lei ha scelto un’altra scuola. E anche perchè Fra mi ha convinto a vuotare il sacco. Secondo lui è la cosa migliore… ma in realtà io non ne sono tanto convinto. Forse questa è la volta buona… forse ci metteremo insieme. O per lo meno è quello che spero.

Suona la campanella che segna la fine delle lezioni, e la aspetto fuori dal portone principale. Oggi è conciata proprio da puttana, ma a me questo non importa. Raccolgo un fiore e aspetto. Alla fine lei esce e io le vado incontro. 

-Ciao- faccio timidamente. Mi rivolge appena un’occhiata fuggente e biascica un “ciao”, guardandosi intorno alla ricerca di qualcuno. Alla fine prendo fiato e dico, molto velocemente per non rischiare di essere interrotto

-Senti Sofia tu mi piaci moltissimo e… vorresti diventare la mia ragazza?- le porgo il fiore, lei se lo rigira tra le dita. Forse posso sperare… ma, come non detto, lo butta a terra e, con voce scocciata, dice

-Ma lo vuoi capire che con uno come te non mi ci metterei mai? E’ inutile che fai tutto questo…tu non mi piaci… se tu fossi un po’ come Giulio magari… tu sei uno sfigato! Lascia perdere, non hai speranza con le ragazze.- e con questo, voltandosi di scattò, se ne andò.

La violenza di quel ricordo mi scosse parecchio. Strizzai per bene gli occhi e tornai con la testa al presente. Sospirai, è proprio vero, ogni nostro atto ci incide la pelle e le cicatrici non vanno più via. Ma, per fortuna, il passato non ritorna. Bene, decisi ufficialmente che da quel momento in poi non avrei più pensato al passato. 

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Capitolo 18
*** Un passo di troppo ***


Eccomi ragazze! Scusate ancora, ma sapete qual’è la mia situazione -.-“ Ho risposto a tutte le recensioni visto che brava che sono? Vi anticipo che questo sarà un capitolo bomba! Intuite dal titolo di cosa si tratta… *sogghigna in modo sadico* spero che non mi uccidere quando leggerete cosa succede alla fine… ma non vi anticipo nulla. Mi raccomando recensite in molte anche questo capitolo ciao ciao!

 

Capitolo 18 Un passo di troppo

 

Tornai a casa un po’ in ritardo, dato che ero dovuta andare a piedi, sotto il sole cocente di Maggio e mi sorbettai la lavata di capo di papà

-Ma ti pare questo il modo? Sono le due!- fece, seccato. I miei mi aspettavano sempre per mangiare, ma più di una volta gli avevo detto di lasciar perdere, perchè quando tornavo a piedi tardavo. Poi se non volevano darmi ascolto erano problemi loro. 

Mi sedetti a tavola e mangiai: mamma era una cuoca fantastica, e sebbene avessimo due domestiche, le piaceva preparare i piatti da se. 

Svogliatamente me ne andai a fare i compiti. Guardai il calendario: era il sei di Maggio! Ieri era un mese che io e Matteo ci eravamo conosciuti. Sospirai. Quante ne erano capitate, in un mese. Di tutto e di più. Dall’odio più acceso adesso eravamo quasi… amici? Bhe, amici era un parolone, ma di certo riuscivamo a intrattenere una conversazione senza scannarci. Vabbhe, solo a volte, visto la nostra ultima litigata. Ma era comunque un risultato soddisfacente. Mi ero appena seduta alla scrivania quando Francy mi chiamò sul cellulare

-Oi Didi! E’ uscito l’ultimo di Pirati dei Caraibi! Dato che oggi è Venerdì e domani la prima ora è buca, perchè non andiamo al cinema?- chiese, entusiasta. Adorava Pirati dei Caraibi almeno quanto me, era un dato di fatto.

-Ma si dai perchè no? Chiama anche Athena e Lucia.- feci. Più eravamo meglio era.

-Già fatto, ma Athe deve festeggiare non-so-cosa con i genitori e Lucia lo ha chiesto alla madre, ma le ha detto di no perchè deve guardare la sorella più piccola questa sera.- sbuffò. Che peccato, ci saremmo divertite, comunque saremmo andate io e Francy.

-Peccato! Comunque, hai già visto gli orari e comprato i biglietti?- chiesi. Di certo non potevamo andare allo spettacolo delle 22:00 anche perchè mia madre non mi ci avrebbe mandato…

-No, in realtà no. I biglietti li compriamo là, tanto oggi è Venerdì non dovrebbe esserci troppa gente. Andiamo verso le 19:30 ok? Lo spettacolo dura molto, e il prossimo sarebbe molto più tardi- annuii. Si, senza’altro era meglio così. Mi avrebbe fatto bene passare una serata con Fra, lei che era così calma e pacata. Mi aiutava molto quando ero nervosa o confusa. O entrambi.

-Andiamo al multisala?- chiesi. Il multisala era distante solo trecento metri da casa mia, e stava praticamente attaccato a casa sua. 

-Si si certo, vado subito a comprare i biglietti.- disse, entusiasta. E con questo ci salutammo.

Bene, ero pronta, dovevo solo mettermi le scarpe e poi avevo fatto. Non mi truccai, dato che andavo solo al cinema con Francy. 

 

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 Salutai mamma, che fece

-Quando torni non fare casino, dirò a tuo padre che sei a cena da Francesca, non gli piace che tu esca la sera, lo sai.- sbuffò. Papà era iperprotettivo, non aveva ancora accettato il fatto che io fossi cresciuta e che non ero più una bambina. Invece con mamma le cose andavano davvero bene, mi lasciava la mia privacy, non mi vietava di uscire e si fidava di me. Quando avevo fatto la terza media era stato un problema anche per lei accettare la mia crescita, ma alla fine tutto si era risolto per il meglio. Con papà invece no. E spesso io e lui litigavamo. Anche se lui affermava che si fidava di me, ma degli altri no. Alla fine facevo sempre come mi pareva, comunque.

Uscii di casa e mi diressi verso il cinema, controllando di aver preso tutto. L’iPhone c’era, portafoglio, c’era, carta d’identità anche. Bene. Non spensi la suoneria del cellulare, perchè se mamma mi avrebbe chiamato ed io non avessi risposto, sarebbe entrata in paranoia. Vidi Francy che mi stava aspettando e la salutai. 

-Francy! Mi fa piacere che questa sera stiamo un po’ insieme.- sorrisi. Lei sorrise a sua volta e fece

-Andiamo a prendere i biglietti, anzi tu vai a prendere i popcorn, io ti raggiungo, così non dobbiamo fare la fila.- sorrise. Il banchetto degli stuzzichini si trovava in un altro piano rispetto all’entrata. Salii le scale, comprai due popcorn maxi e mi sedetti ad aspettare su un divanetto. Ad un certo punto sussultai, riconoscendo una voce a me sin troppo nota. Alzai i due cartoni di popcorn e me li posizionai davanti la faccia, anche se non sarebbe servito. Matteo e due suoi amici erano proprio dietro di me, ma non potevano vedermi dato che c’era una pianta a separarci. Mi voltai cercando di non farmi vedere, erano lui, Ludovico e quel Giulio. Fui rincuorata dal fatto che almeno tutto questo non era una macchinazione di Athena, ma era capitato per puro caso. Mi diressi a grandi falcate verso Francy, che stava salendo ora le scale.

-Se te lo dico non ci credi!- esclamai. Lei strabuzzò un po’ gli occhi vedendo la mia aria circospetta come se fossi stata una furfante. 

-Ehm… dimmi, poi ti dico se ci credo o no.- fece, guardandosi intono a sua volta. 

-C’è Matteo! Ti rendi conto? Me lo ritrovo ovunque!- dissi, un po’ scioccata e scocciata. Non riuscivo a crederci neanche io! Non l’avrei incontrato così spesso neanche se l’avessi voluto pedinare!

-Dile… abitate a duecento metri da casa tua, e i suoi amici abitano tutti in questo quartiere. Che pretendi? E poi mica saranno venuti a vedere Pirati dei Caraibi… c’è ESP, l’horror del secolo. Andranno sicuramente a vedere quello.- disse convinta. Quanto la adoravo, riusciva sempre a farmi ragionare e a farmi riprendere la calma. In effetti aveva ragione, sicuramente era come diceva lei. Doveva essere così… 

Chiacchierammo ancora un po’ e non ci accorgemmo che si era fatto tardi, il film stava per iniziare. Entrammo nella sala quando le luci erano già state spente. Mi tenni a Francy per non inciampare nei gradini, ma alla fine trovammo la nostra fila e i nostri posti. Mi sedetti appena in tempo per l’inizio del film, e per sbaglio diedi una gomitata al mio vicino. Imbranata come sempre.

-Scusa- sussurrai. Ero una combina guai, e di certo quando mi muovevo non avevo la grazia di una farfalla….

-Niente- fece il mio vicino. Mi voltai verso di lui e mi scappò un gridolino. Mi tappai la bocca con le mani, cercando di farmi piccola piccola davanti alle occhiatacce delle persone che mi circondavano. Che figura di merda.

-Matteo?- feci incredula. Merda merda merda, ma perchè a me? Cosa ho fatto di così sbagliato nella mia vita per meritarmi questo? 

-Ti spavento così tanto scricciolo?- fece, ridacchiando. Io spalancai gli occhi e rimasi basita. 

-E non chiamarmi scricciolo!- precisai. Altro che coincidenze, neanche a farlo apposta ci saremmo ritrovati vicini. Mi voltai verso Francy che stava alla mia destra. Con lo sguardo del tipo “non è possibile! Salvami” e lei scoppiò a ridere. Dalle file dietro si sentì qualcuno che faceva “sshhhhhh” e noi ci zittimmo subito. Il film iniziò, ma io non me lo godetti del tutto, dato che lui mi stava vicino. Ci volle un po’ prima che io mi riprendessi dallo stupore iniziale. A lungo andare, però, dato che il film era veramente fantastico, finii per scordarmi di lui. Ad un certo punto, delle sirene afferrarono dei marinai, e quando li portarono sott’acqua cercarono di morderli e di mangiarli. A quel punto io lanciai un urletto, spaventata, e mi buttai alla mia sinistra, dove c’era Francy, e le strinsi forte il braccio, accucciandomi sulla sua spalla. Cavolo, non mi ricordavo che avesse un braccio così muscoloso…  dopo un po’ le luci si accesero, e il primo tempo finì. Alzai la testa e quasi mi venne un colpo. Boccheggiai senza riuscire a dire nulla. Avevo stretto il braccio di Matteo per tutto quel tempo. Quasi spalancai la bocca. Lui si stiracchiò compiaciuto e fece

-Wow non credevo che tu fossi così follemente innamorata di me…. ma mi hai fatto addormentare il braccio, non lo sento più…- sogghignò. Rimasi ancora incredula, incapace di rispondere: non era possibile! Come avevo potuto sbagliarmi? Avevo visto con i miei occhi Francy che si sedeva alla mia sinistra. Avrei dovuto ricordarmelo, invece… ero troppo presa dal film? Mi ripresi dallo sgomento solo dopo qualche minuto, quando le luci si spensero di nuovo. Matteo mi guardava con un sorrisetto  davvero irritante stampato sul volto.

-Guarda che non è come pensi!- dissi ad alta voce, cercando di riparare, e non ricordandomi di stare in un luogo pubblico.

-Davvero?- scoppiò a ridere e io mi alzai in piedi e sbattendo un piede per terra dissi

-No! Io…- ma non feci in tempo a finire di parlare che un uomo della sicurezza ci si avvicinò e disse, rivolto a me e a Matteo

-Ragazzi devo invitarvi cortesemente ad uscire, state disturbando la gente-. Mi guardai intorno e notai che, essendo in piedi, coprivo la visuale a molte persone, e che avevo parlato troppo forte. A testa bassa, e dopo aver sussurrato un “scusi”, uscii dalla sala seguita da Matteo. Appena fummo fuori lui non perse l’occasione per rinfacciarmi quello che avevo fatto.

-E’ tutta colpa tua! Se non fosse per te adesso staremmo ancora a guardare il film. Che era una bomba!- sbottò. Io lo guardai con fare menefreghista mentre ci avviavamo verso casa.

-Vuoi che ti rimborsi il biglietto?- feci, con tono di scherno. –Se tu non avessi pensato… cose che non sono vere saremmo ancora la dentro.- conclusi. Non glie l’avrei data vinta, non del tutto almeno.

-Ah, quindi la colpa sarebbe mia se tu sei una persona alquanto priva di spirito.- constatò con una faccia da copertina. Non mi trattenni e scoppiai a ridere.

-Diciamo che è colpa di tutti e due d’accordo?- feci, conciliante. Non ero mai stata così diplomatica, mi stupivo di me. (nda: o.O) 

-Comunque la colpa al 70% è stata tua.- disse annuendo. Voleva avere la iagione tutta per se! Io feci un finto sbuffo.

-E va bene… te lo concedo perchè sono buona…- dissi con tono condiscendente. Camminammo ancora un po’ in silenzio quando alla fine mi fermai e mi decisi.

-Ascolta io non volevo… avvinghiarmi al tuo braccio… ero talmente presa dal film che pensavo che alla mia sinistra ci fosse Francy, invece… c’eri tu. Non farti idee sbagliate chiaro? Io non sono innamorata di te!- esclamai concitatamente. Non volevo che lui si facesse un’idea sbagliata… non mi piaceva, era stato solo un terribile equivoco. Stop, punto, finito, saluti e ciao! Lui si voltò verso e di me e mi guardò con espressione divertita, come se io avessi la faccia da clown.

-Capito.- ghignò. Poi continuò a camminare, come se non avessi detto niente. La cosa mi dette un po’ sui nervi, odiavo quando qualcuno mi ignorava, così replicai

-E, per la cronaca, non sei neanche il mio tipo.- avevo detto tutto d’un fiato per evitare che mi interrompesse. A questo punto lui si voltò e alzò un sopracciglio. Ehehe il piccolino pensava che tutte le ragazze cascassero ai suoi piedi? Bhe, io no di certo. Non Diletta Rossi. Io non facevo mai come le altre. 

-Vuoi sapere perchè?- ripresi, in tono beffardo. Lui mi si avvicinò di uno o due passi e poi scosse il capo, sorridendo ancora. Cosa aveva da ridacchiare proprio non lo sapevo.

-No.- fece, in tono tranquillo. La cosa mi lasciò un po’ basita, così lui ne approfittò 

-Se proprio lo vuoi sapere… neanche tu sei il mio tipo.- disse piano. Alzai le sopracciglia e assunsi la mia bella faccetta strafottente e menefreghista. Lui si avvicinò ancora di più finchè non ci trovammo faccia a faccia.

-Vuoi sapere perchè?- chiese, rifacendomi il verso. Sorrisi sorniona, se pensava che avessi fatto come lui, si sbagliava.

-Sentimo.- il mio tono era di scherno, beffardo. Di certo non mi sarei fatta impressionare.

-Bhe, sei troppo orgogliosa, ti credi una principessa…- cominciò. In un altro momento avrei ribattuto, chi era lui per dirmi queste cose? Ma in quel momento eravamo tanto vicini che potevo sentire il suo fiato sulla mia pelle. E il suo odore. Mamma mia che buon profumo… era inebriante. Le sue parole mi apparivano distanti ed ovattate

-E poi…- continuò prendendomi per i fianchi. Cominciai a sentire la pelle che bruciava, ma non solo fuori, come se il calore mi entrasse dentro la pelle, ed arrivasse allo stomaco e al cuore, che batteva forte e veloce. Fui scossa da un tremito e gli appoggiai le mani sul petto, sentendo altro calore.

-Sei troppo bassa per me…- ma ormai era tardi, mi giunse solo un eco lontano all’orecchio. Non riuscivo a svegliarmi da quel torpore, sentivo caldo, molto caldo, ma mi sentivo… bene. Matto si avvicinò ancora lentamente, piegò appena la testa di lato, e io chiusi gli occhi, non potendo e non riuscendo a fare altro. Ma quando le nostre labbra si sfiorarono, sentii una goccia di pioggia sul viso. E allora mi riscossi. Lo allontanai di colpo da me e riuscii solo a balbettare

-M-ma c-cosa…?- non riuscivo a credere a quello che era appena successo. Io… non potevo! Ricordavo quella volta dopo che ci eravamo appena conosciuti quando io gli ero caduta addosso… ma era stato un caso. Questo… era intenzionale! 

-Scusa io…- cercò di rimediare lui, ma io feci finta di non aver sentito. Ero troppo incredula per starlo a sentire.

-Scusa devo andare è tardi ciao.- dissi così e me ne andai a passo svelto verso casa. Aprii il cancello e me lo chiusi alle spalle con un fragore assordante, incurante di ciò che mi aveva detto mamma prima. La pioggia iniziò a bagnare le case e il paesaggio. Io che detestavo tanto la pioggia, quella sera mi aveva salvata da una terribile umiliazione. Mi richiusi la porta di casa alle spalle, e poi di corsa salii le scale e mi richiusi a chiave in camera. Appena entrai scivolai a terra con la schiena appoggiata alla porta. Mi misi le mani sul viso ma non piansi. Cosa diavolo mi era preso? Cos’era quel torpore che sembrava così… dolce e accogliente? Perchè Matteo aveva cercato di baciarmi e perchè io non mi ero allontanata da subito? Non potevo nemmeno rischiare di innamorarmi anche solo lontanamente di lui. Dovevo mettere un muro tra noi due, avevo sbagliato ad abbassare la guardia così, a farmi conoscere. Dovevo ritornare diffidente e fredda come ero stata nei primi giorni che ci eravamo conosciuti. Rimasi li seduta, con questa consapevolezza, finchè non caddi tra le braccia di Morfeo.  


Pov Matteo


-Vuoi sapere perchè?- chiesi, rifacendole il verso. Sperai che si stizzisse, invece 

-Sentiamo.- per un momento mi lasciò spiazzato, ma mi ripresi subito. Guardai il suo viso, aveva assunto un cipiglio combattivo e io davvero non resistetti, e involontariamente le mie gambe si mossero. Non volevo avvicinarmi, ma qualcosa mi attirava, qualcosa a cui non avevo la forza di resistere. Qualcosa molto più forte di me.

-Bhe, sei troppo orgogliosa, ti credi una principessa- cominciai. Furono le prime cose che mi vennero in mente, quelle che avevo colto per prime del suo carattere. Sperai nuovamente che si incavolasse, ma non lo fece. Sembrava stesse in un altro mondo. Ci trovavamo faccia a faccia e, come quella volta in discoteca, avevo una voglia matta di baciarla. E assicuro che non ne capivo il motivo. 

-E poi…- aggiunsi prendendola per la vita, come se lo facessi da sempre, -sei un po’ troppo bassa per me…- sparai la prima cazzata che mi venne in mente, anche se sapevo che non era vero. Ero talmente inebriato da lei, dal suo profumo, che quasi non mi accorsi di quello che stavo facendo. Piegai la testa di lato e mi avvicinai. Lei non si mosse, ma chiuse gli occhi e dischiuse le labbra. Il sangue mi stava andando al cervello… o cazzo non ci capivo più niente, tutto sembrava muoversi molto velocemente, eccetto noi due. Le nostre labbra si sfiorarono, ma ad un tratto lei mi spinse via di scatto. E solo allora mi resi conto dell’enorme cazzata che avevo combinato.

Diletta farfugliò qualcosa, incredula e incapace di parlare. Io cercai di balbettare delle scuse ma non fui certo di esserci riuscito. Se ne andò senza che potessi aggiungere altro, lasciandomi solo sotto la pioggia. Mi incamminai verso casa, pieno di pensieri e bagnato fradicio. Coglione. Ecco l’unica parola che avevo per descrivermi. Coglione, un brutto coglione. Cosa avevo fatto? Io avevo provato a baciare lei. E, per quanto mi costasse ammetterlo, se lei non si fosse spostata io… io l’avrei baciata. Tornai a casa, mi asciugai e andai a dormire. Ma, purtroppo, il sonno non arrivò. Ci si misero pure i tuoni e i lampi, a disturbarmi. Volevo dormire, così i miei pensieri mi avrebbero lasciato in pace. Ma non ci riuscii. Quando, dopo molto tempo, cominciai ad appisolarmi, sentii che qualcuno apriva la porta della mia camera. Mi alzai di scatto, ma era soltanto Anita.

-Fratellone…- iniziò, con le lacrime agli occhi e con la voce rotta dal pianto –I tuoni sono tanto forti e attirano i mostri! Io ho paura!- continuò a piagnucolare.

-Anita che vuoi?- chiesi, un po’ scocciato, proprio ora che ero riuscito ad appisolarmi. Non era proprio giornata.

-Fratellone… mi fai venire a dormire con te? Così i fantasmi e i mostri scappano via! E poi ho tanta paura del temporale.- dicendo così tirò su con il naso. Mi strappò un sorriso e non me la sentii di rimandarla nella sua stanza. Tirai su le coperte

-Vieni, su, anche se mi sa che è ora di affrontarli, questi mostri!- esclamai. Lei si strinse forte a me come un koala

-Con te posso affrontare qualsiasi mostro.- e si addormentò sorridendo. Sogni d’oro piccola Anita. Beata lei, che non aveva ancora di questi problemi. Nonostante la mia  sorellina mi avesse riportato un po’ di buon umore, le stesse domande continuavano a rimbombarmi nel cervello: perchè avevo tanta voglia di baciarla? Forse perchè era assurdamente bella. Perchè era bella da mozzar il fiato. Era solo questo? E io, in realtà, cosa provavo per quella ragazza?

 

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Capitolo 19
*** Lontani ***


 Ragazzuole! Spero che vi piaceràanche questo capitolo! Mi dispiace di aver postato cosìtardi…Come giàvi ho anticipato, non so quando riusciròa postare di nuovo. Ho una notizia piùorrenda dell’altra: mi manca la materia prima!!! Mi spiego: non ho piùil pc!! Si èrotto! Per fortuna ho un po’di capitoli pronti sulla pennetta usb e un’altra mia amica, dato che l’altra èin vacanza, mi fa postare dal suo pc. Odio dipendere cosìdalle personeee Mi dispiace molto che si sia creato quest’altro disguido. Vi lascio al capitolo che pure èun bel po’rivoluzionario. Recensite anche questo mi raccomando! Ciao ciao!


Capitolo 19 Lontani

Passarono sei giorni davvero lenti e monotoni. Io feci di tutto per evitare Matteo: all’intervallo rimanevo in classe, all’uscita mi incamminavo subito verso casa, dove di pomeriggio rimanevo a studiare per le ultime verifiche dell’anno. Ero abbastanza silenziosa e taciturna. Neanche Matteo fece nulla per far si che ci vedessimo, ed io ero contenta così. Piùdistanza mettevo tra noi due meglio era. Alla fine fu quel Giovedì, durante la seconda ora, mentre facevamo latino ed io ero concentrata sulla spiegazione della proposizione interrogativa diretta, che Athena cominciòa tempestarmi di domande. Cominciòa scrivere velocemente sul banco, incurante che la professoressa stava trattando un nuovo argomento che sicuramente ci sarebbe stato nella versione del compito in classe.
Sister tu mi stai nascondendo qualcosa. Spara. Lessi velocemente ciòche aveva scritto, ma cercai di ignorarla e di prestare ascolto alla professoressa. Invano.
-E non ignorarmi!- sibilò, si stava incavolando. Posai la penna, consapevole del fatto che non sarei piùriuscita a prendere nemmeno un appunto se non avessi risposto alle sue domande.
 Non c’èniente da dire. Non ti ho nascosto niente. Scrissi velocemente. Sinceramente…non avevo raccontato ad Athena del fatto di…Matteo. In quell’ultimo periodo tenevo tutto per me, non so perchèma non avevo voglia di raccontarlo. Forse perchèdopo lei si sarebbe messa a fare supposizioni…mentre avevo un tale casino in testa! Non l’avessi mai scritto! Peggiorai solo le cose.
Cosa c’èche non vuoi dirmi? Ho fatto qualcosa di sbagliato? Sei troppo taciturna per i miei gusti. Scrisse cosìe alla fine io vuotai il sacco. Raccontai tutto. Dall’inizio alla fine. Le dissi tutto quello che le avevo taciuto su me e Matteo. Alla fine avevo scritto quasi una pagina intera di “confessioni”. Sister lesse tutto senza criticarmi e senza interrompermi.
Fai come ti pare, ho potuto constatare che il mio aiuto non ti serve, scrisse. Sapevo che sarebbe andata a finire così, se le avessi detto tutto. Si era pure offesa, fantastico. Ma ora mi sentivo decisamente meglio.
Lo sai che faccio sempre come mi pare ribattei senza indugi. Sinceramente non mi ero pentita affatto di ciòche avevo fatto. Se lei fosse stata…meno invadente, forse le avrei detto tutto da prima.
Sister mi dispiace di non averti detto tutto prima, ma mi sembrava la cosa giusta da fare. Adesso che ti ho raccontato tutto peròmi sento davvero piùleggera. Fui sincera, Athe lo sapeva che ero una persona schietta. Se non le avevo raccontato prima quelle cose, era perchènon mi sentivo di farlo, non perchènon mi fidassi di lei.
Tu cosa provi per lui? Mi chiese. Ecco una domanda che avrei voluto evitare. Quella a cui avevo cercato di sfuggire tutto questa tempo. Mi obbligai a rispondere con sincerità
Lho giàdettoMatteo èun bel ragazzo. Tutto qui. Di caratterebhe, ho visto molte sue facce, quella prevalente èstata quella dello stronzoe devo dire che non mi piace affatto.
Sister lesse in fretta e poi annuì, e contro ogni mia aspettativa scrisse
So che non mentiresti mai a te stessa, per cui ti credo. Spero peròche tra voi potrànascere qualcosa di più.
Sorrisi ma non risposi. Non c’era neanche una possibilitàsu un milione che noi due avremmo potuto avere un futuro insieme.
All’intervallo decisi di uscire dal mio rifugio sicuro (alias il mio banco) e decisi di accompagnare Sister al piano superiore per andare da Francesco. Se avessi incontrato Matteo…l’avrei ignorato, come facevo sempre con tutte le persone che non mi andavano a genio. Diletta Rossi non evita nessuno, sono gli altri che cercano di starle alla larga! Mi ripetei. Arrivammo al piano superiore e mi sistemai con Sister davanti alla porta della loro aula. Uscirono tutti insieme e Fra corse ad abbracciare Athe. Ma quanto erano carini quei due insieme! Feci per andarmene, dato che io li non c’entravo niente, quando qualcuno mi abbracciòda dietro un po’troppo affettuosamente.
-Ciao dolcezza- dolcezza? Ma io ti strozzo, poi vedi se sono cosìdolce. Mi voltai e incontrai lo sguardo malizioso di Giulio.
-Mollami.- dissi, tra i denti. Non volevo ricorrere alla violenza dato che non mi andava di finire nell’ufficio del preside, ma se ce ne fosse stato bisogno…
-Ehi, che cosa ho fatto di male?- chiese con un sorrisetto. Stava per far scivolare le sue viscide mani sul mio fondoschiena quando gli sferrai una gomitata dello stomaco. Lui si staccòdi botto da me e gli scappòun lamento dalla bocca.
-Ma che fai?- chiese, con il respiro in gola mozzato.
-Che faccio?- approfittai del suo sgomento per dargli un calcio ben assestato nel basso ventre. Gli si mozzòdi nuovo il fiato in gola. Penso che non dev’essere stato piacevole. Si accasciòe quando arrivòalla mia altezza lo presi per la collottola della maglietta e dissi, cosìche tutti i ragazzi che si erano fermati a vedere il nostro “spettacolino”potessero sentire bene
-Senti, brutto villano maleducato. Non azzardarti mai piùa sfiorarmi con le tue sudice mani. Io non sono una di quelle puttane con cui vai chiaro? Io pretendo rispetto. E ti giuro che se ti azzardi un’altra volta a fare quello che hai fatto, non troverai piùi tuoi gioielli al loro posto!- evitai di urlare, ma la mia voce si sentiva forte e chiara per i corridoio, dove tutti i ragazzi erano ammutoliti. Lasciai Giulio con una spinta e cadde per terra. Mi voltai verso gli altri e dissi
-E qualcuno di voi si azzarderàad andare a dire qualcosa al preside lo disintegreròcome del pane secco!- incrociai per un attimo lo sguardo di Matteo, era sbalordito. Cercai di non perdermi nei suoi occhi verdi…ormai pensavo che lui fosse consapevole dell’effetto che facevano, e lo sfruttasse a suo vantaggio. Distolsi lo sguardo, cercando di fare come se niente fosse e detto questo, e con un sorriso compiaciuto sul volto me ne andai, sentendo alcuni che sussurravano
-Nessuno ha mai trattato Giulio così…- . Io risi, ero tornata.

 Pov Matteo
Ce la stavo facendo, stavo recuperando quel fottutissimo tre che avevo preso in greco! Come? Bhe, da quando avevo fatto quell’enorme cazzata con Diletta, per non pensare, mi ero messo a studiare assiduamente come mai prima. Quell’acida della Marinelli mi aveva appena interrogato, e aveva dovuto ammettere che avevo studiato, dandomi un bell’8. Ero contentissimo. Non era stato lo stesso per il povero Francesco, che era stato interrogato in matematica e aveva preso 4 ½. Non potevo di certo biasimarlo, io che con la matematica non ci raccapezzavo niente, ma imparavo tutto a memoria. Suonòl’intervallo e io uscii dalla classe. Fra corse ad abbracciare Athena, immancabilmente accompagnata da Diletta. Cercai di non guardarla e di ignorarla. Ma quando lo sguardo casualmente mi cadde su di lei, ebbi un tuffo al cuore. Giulio, quel depravato di Giulio la stava…abbracciando. Per un attimo credetti che lei avrebbe sorriso compiaciuta, invece la sua faccia fu a dir poco spettacolare. Sentii inspiegabilmente montare la rabbia, ma mi imposi di non intervenire, non erano affari miei, e non dovevo immischiarmi nella sua vita. Giulio stava per far scivolare le sue mani sul suo fondoschiena ma lei lo intercettòe gli tiròun bel calcio sui…come disse lei, gioielli. Il discorsetto che fece a lui e a noi altri penso che rimase nella storia. Rimasero tutti davvero sbalorditi. Alla fine Diletta se ne andò, ma prima che se ne andasse incrociai il suo sguardo: rabbia, orgoglio, soddisfazione, tutto quello che lessi nei suoi profondi occhi marroni mi lasciòun po’basito. Come diavolo avevo fatto io a leggerle dentro? Che mi stessi immaginando tutto? Quando suonòla campanella tornammo tutti in classe, e quando Giulio entròsi sentirono alcuni risolini. Io non dissi nulla, ma dentro di me godevo spudoratamente. Aggrottòla fronte e poi scoppiòa ridere anche lui, tenendosi la pancia, lasciando tutti sgomenti, me compreso. Poi si schiarìla voce
-Ma cosa credete? Che sia finita qui? Mi cadràai piedi come tutte le puttane che ho incontrato sul mio cammino.- ghignò. A questo punto non ci vidi più, e lasciai fluire la rabbia che avevo represso prima. Diletta non era una puttana, anche se l’avevo creduto anch’io. Non gli avrei mai permesso di insultarla. Non davanti a me per lo meno. Mi avventai addosso a lui. Lo presi per la collottola e lo sbattei contro il muro. Tutto questo in un secondo appena.
-Non ti azzardare mai piùa fare o a dire quello che hai detto prima.- ringhiai. Giulio era piùgrosso di me, ma indubbiamente io ero piùalto. E piùforte. *Sogghigna* Io e Giulio ci eravamo sempre detestati, fin dalla prima media. Io lo odiavo perchèsi credeva chissàchi mentre non era nessuno ed era un pervertito. Lui mi odiava alle medie perchèero il classico santone, e adesso perchèmi venivano dietro piùragazze che a lui. Repressi il desiderio di mollargli un pugno sul naso. Non dovevo rischiare di andare dal preside inutilmente, visto che l’intervallo era finito e la professoressa poteva arrivare da un momento all’altro. Lui fece un ghigno odioso, provocandomi.
-Uhh scusa Mattè! Non volevo insultare la tua ragazza, adesso si spiega il perchèdella sua reazione, dato che nessuna altrimenti puòresistermi.- Mi montòdi nuovo il sangue alla testa, ma mi obbligai a lasciare la presa su di lui.
-Non èla mia ragazza- dovetti precisare. Un lampo di rabbia passòsugli occhi di Giulio, che mi venne incontro e mi diede uno spintone, rischiando di farmi cadere sopra i banchi ammassati nell’angusto spazio dell’aula.
-E allora che cazzo vuoi? Perchèrompi i coglioni? La ragazza non ti si caca e tu fai l’avvocato delle cause perse?- disse ghignando ancora. In quel momento non resistetti, caricai il braccio e gli diedi un pugno tra naso e denti. Si sentìun crack e proprio in quel momento la professoressa di inglese entrò. Cazzo.
Giulio si teneva con una mano il naso che sanguinava copiosamente. Per un attimo sperai vivamente di averglielo rotto. Francesco mi si avvicinòe ringhiò
-Matteo mi dici perchècazzo lo hai fatto?- rischiai di prenderlo io un cazzotto da Fra. –Lo sai che anche io odio Giulio, ma l’hai picchiato sotto gli occhi della professoressa. Sei nella merda capisci?- continuò. Bhe…non me ne ero accorto, altrimenti non sarei stato tanto stupido da dargli un pugno in quel modo.
-Santarelli!- quasi urlòsconvolta la prof, che per di piùera una pacifista e odiava la violenza. Prof dovròtestare qualche volta i muscoli che mi sono fatto andando in palestra no? Lo pensai ma mi guardai bene dal dirlo. Abbassai lo sguardo. Di certo non potevo dire “non sono stato io”dopo che quella mi aveva visto con i suoi occhi. Ero proprio nella merda, eppure non mi ero pentito di ciòche avevo fatto. Giulio si meritava questo ed altro.
-Qualcuno lo accompagni in infermeria!- sbraitòla prof indicando Giulio. –E tu!- continuòpuntando il dito su di me –Ti accompagneròio stessa nell’ufficio del preside!- e detto questo fui obbligato a seguirla al piano disotto, in presidenza.
La professoressa entròprima di me, lasciandomi fuori ad aspettare con un bidello. Aveva per caso paura che scappassi? Non ne avevo affatto voglia. Piuttosto, stavo cercando di costruirmi un alibi che giustificasse il mio gesto. Cercai di dare un senso ai capelli che di solito portavo spettinati e cercai di calmarmi. Dovevo fare un’ottima impressione al preside. Anche se non ero di certo stato annunciato nel migliore dei modi…Spulciai un po’il vocabolario di parole appropriate alla situazione che avevo in testa ed aspettai pazientemente. Solitamente ero un ragazzo tranquillo e paziente, ma non sapevo perchècon Giulio perdevo sempre la calma. Era…cosìviscido ed irritante! Aspettai ancora un po’quando vidi Diletta passarmi davanti mentre usciva dalla sua classe. Si fermòe alzòun sopracciglio. Stava per andare avanti ignorandomi ma scommetto che la sua curiositàebbe la meglio.
-Tu cosa ci fai qui?- chiese avvicinandosi.
-Mh…- feci io appena –diciamo che ho combinato un guaio-. Cercai di andare sul vago. Diletta si accomodòvicino a me, desiderosa di farsi gli affari miei.
-Cosa hai combinato?- chiese di nuovo, cercando di celare la sua curiositàdietro un tono freddo e distaccato. Non me la dava a bere…In realtànon avevo voglia di dirle…del pugno, cosìtacqui per un po’.
-Bhe io…- cominciai infine, ma in quel momento uscìdalla porta la professoressa e Diletta fu obbligata ad andarsene.
-Santarelli il preside ha chiesto espressamente di parlare solo con te.- mi alzai dal mio posto e sostenni l’occhiata ostile della professoressa. Entrai nell’ufficio buio, non ci ero mai stato prima. Questa era la prima volta. Avanzai nello stretto corridoio fino a ritrovarmi in una stanza con molti ritratti, illuminata solamente da una lampada, che emanava una calda e accogliente luce arancione. Lo stesso non si poteva dire della faccia del preside, impassibile e austera.
-Si sieda- mi intimò. Solo il fatto che mi desse del lei mi metteva i brividi, ma cercai di non darlo a vedere. Non ero mica un criminale.
-Con sconcerto sono stato avvisato dell’increscioso incedente.- cominciò. Non ci volevano tutti quegli attributi per rendere il discorso piùpalloso. Per di più, non avevo mica ammazzato qualcuno! –E ora mi farebbe davvero piacere capire il perchèdi tanta…rabbia nei confronti di un suo compagno di classe.- fece, con voce piatta e autoritaria. Traduco questo discorso per i comuni mortali: dimmi perchèhai picchiato il tuo compagno di classe altrimenti ti becchi una nota e tanti saluti. Mi schiarii la gola ma evidentemente il preside non aveva ancora finito, dato che continuò, sta volta con piùrabbia nella voce
-In tutti gli anni in cui io sono stato preside, solo una volta si èverificato un episodio tanto increscioso.- increscioso. Senti che parolone. Ma dove l’aveva tirato fuori? Dalla Divina commedia? -Ma neanche le pietre di questa antica scuola se ne ricordano ormai, dato che avvenne tutto nella massima…segretezza. Mentre lei ha messo le mani addosso ad un suo compagno davanti ad una classe intera. Cosa diranno i genitori? E se il padre sporgeràdenuncia? Si rende conto delle conseguenze cui porteràil suo gesto?- non lo interruppi e cercai di trattenermi dal sogghignare. Non sarebbe successo niente, i suoi genitori non avrebbero potuto fare causa, dato che il figliolo era il primo che nei bagni faceva il bulletto con i piùpiccoli. Succedeva sempre durante l’intervallo. E se la cosa si fosse venuta a sapere, di certo questo non avrebbe giovato a nessuno. Guardai il preside per vedere se avesse ancora qualcosa da dire. Infatti
-Sono ancora indeciso se sospenderla o metterle soltanto un rapporto disciplinare. Sta a lei.- con questo mi lasciòdefinitivamente la parola.
-Come probabilmente le avràgiàdetto la signora professoressa prima di me, io sono un ragazzo tranquillo.- azzardai. Il preside annuì, bene, il colpo era andato a segno
–A scuola me la cavo e di certo non…ricorrerei a misure…drastiche che potrebbero compromettere il mio rendimento scolastico se non ce ne fosse bisogno.- continuai sicuro. Il preside fece un gesto d’impazienza
-E allora mi spieghi come ha potuto permettere che accadesse un fatto simile, di grazia.- mi guardòdi nuovo freddamente.
-Il mio gesto èstato la risposta a svariati provocamenti ricevuti dal mio compagno di classe…- ok, forse svariati era un parolone, ma tanto lui che cosa ne sapeva? Il preside non mi fece continuare
-Si rende conto che quel pugno poteva procurargli danni maggiori che un semplice setto nasale rotto? E’vostro dovere tenere le scaramucce adolescenziali fuori da questo plesso!- esclamò, alzando la voce. Gli avevo rotto il setto nasale? Figo! Era proprio quello che volevo fare. Diceva che avevo caricato un po’troppo forte forse? Non mi feci intimorire e continuai
-Non avrei potuto, altrimenti sarei passato dalla parte del torto.- conclusi. Il preside sembrava furente
-Si rende conto che se i genitori fanno causa la scuola dovràspiegare come mai ad intervallo suonato non fosse presente nessun professore in classe? Lo capisce quale disonore riserverebbe al Liceo Classico di Bologna?- chiese. Questa volta non mi potei trattenere dal sogghignare.
-Vede, Illustrissimo Signor Preside, i genitori del mio compagno non andranno a fare causa. Ne quest’ultimo dirànulla ai genitori. Perchèle assicuro che se esce fuori che io l’ho picchiato, sicuramente si verràa sapere degli atti di bullismo compiuti da quest’ultimo nei confronti di alcuni ragazzi piùpiccoli. E le assicuro che ci sono dei testimoni. Quindi, se posso permettermi, le consiglio di intrattenere un colloquio non solo con me, ma anche con il mio compagno di classe. Come ultimo particolare vorrei precisare che sono figlio dell’avvocato Santarelli e dell’avvocatessa Bianchi.- conclusi il mio discorso da filoso con una faccia da prima pagina. Il preside era rimasto basito da quanto gli avevo detto, e posso assicurare che non stavo bluffando.
-Bhe, se ècosì…posso garantire che poteròavanti una conversazione anche con il suo compagno. Anzi, lo mandi a chiamare.- prese un respiro profondo -Si renderàconto che non posso rispedirla in classe impunito vero?- io annuii, come di certo avrebbe fatto una persona matura e consapevole delle conseguenze di ciòche faceva -Provvederòio stesso a mandare una lettera ai suoi genitori senza ricorrere al rapporto disciplinare. Puòandare ora.- mi congedò.
-Buona giornata- feci con voce convinta uscendo dall’ufficio. Bene, me l’ero cavata senza ottenere una nota sul registro. Ero ufficialmente un grande. Attraversai a grandi falcate il Liceo fino ad arrivare in classe. Dopo aver bussato entrai. Tutti si azzittirono. Si sentìforte e chiara la mia voce
-Giulio, il preside vuole vederti.- mi sarebbe piaciuto poter fare una foto alla sua faccia, ma era meglio non complicare la mia situazione. Me ne tornai al mio posto, consapevole di aver vinto.


 Pov Diletta
Cosa diavolo ci faceva Matteo davanti all’ufficio del preside? Per le restanti due ore di scienze ed inglese non feci altro che chiedermelo. Ero davvero troppo curiosa…Aveva detto di aver combinato un guaio…ma cosa? Avrei pagato per saperlo. Certo era che per finire dal preside doveva aver combinato qualcosa di grosso. Anche se a dire il vero non sembrava preoccupato. La campanella suonò, ponendo fine a quel giorno di tortura. Il Giovedìa scuola era terribile. Salutai Sister e Francy e presi la strada di casa, quando mi sentii chiamare. Mi voltai: era Gabriele!
-Dile!- esclamò, solare come al solito. Sorrisi raggiante
-Ciao Gabriele! Come va?- chiesi, senza smettere di sorridere.
-Abbastanza bene, peccato che i professori cominciano a rompere adesso dicendo che l’anno prossimo abbiamo la maturità! Ma tra un anno.- scoppiammo a ridere.  A me era successa la stessa cosa in seconda media. La professoressa si era messa a rompere l’ultimo giorno di scuola.
-Torni a casa a piedi?- mi chiese. Io annuii. Il pensiero di dover camminare per quasi mezzora sotto il sole cocente quasi mi deprimeva.
-Abiti lontano da qui?- chiese di nuovo.
-Non troppo, ma a piedi ci metto solo un mezz’oretta.- quasi sbuffai. Mi piacevano le passeggiate, ma non prima di pranzo, quando il mio stomaco era vuoto.
-Senti, se vuoi ti do un passaggio in moto.- disse sorridente. Mi si illuminarono gli occhi. Mi avrebbe risparmiato una bella fatica.
-Magari! Ma se non èun problema per te! Sai, nella zona dove abito non passano autobus che portano qui al centro storico.- dissi. E per prendere un autobus normale mi toccava camminare abbastanza lo stesso. Che scocciatura.
-Tranquilla, non èdi certo un problema- sorrise incoraggiante. Che gentile!
-Ma tu dove abiti?- chiesi. Sperai di non dovergli allungare troppo la strada.
-Vicino alla stazione.- o no! Gli allungavo la strada di almeno dieci minuti buoni. Glie lo dissi
-Io abito da tutt’altra parte! Non voglio disturbarti. Ti allungherei soltanto la strada. Tranquillo, vado a piedi, non mi faràpoi cosìmale camminare un po’!- esclamai. Lui strabuzzògli occhi
-Ma che scherzi? Guarda che èun piacere per me accompagnarti!- esclamòdi nuovo. Quanto era dolce quel ragazzo! Mi stupiva ogni volta.
-Bhe, se le cose stanno così…grazie mille.- sorrisi. Sperai peròche ne mamma ne papàmi vedessero arrivare, dato che altrimenti avrei dovuto dare troppe spiegazione. E dopo mamma avrebbe cominciato con la solita solfa che non si va in giro con gli sconosciuti e che non bisogna accettare passaggi da nessuno e bla bla bla. Ma io mi fidavo di Gabriele, per quel poco che avevo potuto conoscerlo mi sembrava un ragazzo dolce e a posto.
Infatti mi riaccompagnòa casa sana e salva. Quando scesi dalla moto gli restituii il casco e lo ringraziai ancora.
-Davvero, grazie mille…spero di non farti fare tardi a pranzo-. Lui si levòil casco e sorrise
-Te l’ho giàdetto, èun piacere riaccompagnare una ragazza bella come te. Ci vediamo a scuola.- e con questo mi salutò, lasciandomi un po’basita sul bordo della strada. Tornai a casa sorridente. Che giornata fantastica era stata.

 Pov Matteo
Fra volle sapere tutto quello che era successo e come mai io fossi riuscito a non prendere una nota sul registro e ad evitare la sospensione. Gli raccontai tutto per filo e per segno con abbondanza di particolari e alla fine dovette ammettere che ero stato proprio un genio
-Allora bisogneràfesteggiare la tua…genialità- mi prese in giro –Magari questo Sabato potremmo fare una bella salata!- (nda: salare vuol dire marinare la scuola) esclamòall’uscita. Non sarebbe stata una cattiva idea, anche se non sapevo se avrei festeggiato molto dopo che i miei genitori avrebbero ricevuto la lettera…
-…Magari, peccato che non credo ci saràda festeggiare dopo che mamma e papàl’avranno saputo…- feci. Avevo sedici anni, era vero, ma questo a mio padre non interessava, per lui finchènon ero maggiorenne dovevo fare quello che diceva. Questo implicava anche una punizione per le cazzate che combinavo. Purtroppo.
-Ma dai Mattèche te ne frega, e poi se saliamo mica lo verranno a sapere!- esclamò. Già, e la giustificazione me la firmavo da solo vero?
-Ma si perchèno. Ci sentiamo dopo cosìne parliamo.- feci. Potevo ricopiare la firma di mamma, che era davvero facile. Oppure avrei potuto convincerla…Salutai Fra e tornai a casa, sperando che la lettera non fosse arrivata, cosìprima avrei potuto sparare qualche cazzata per convincere i miei che “non ècome sembra!”. Entrai in casa e vidi mamma e papàche mi aspettavano davanti alla porta, come nei cartoni animati in cui i genitori aspettano i figli davanti alla porta per suonargliele quando hanno combinato qualche marachella. Ecco, la stessa cosa accadde a me.
-Ciao.- feci, cercando di cavarmela sgattaiolando in camera. Come diavolo aveva fatto quella maledetta lettera ad arrivare cosìpresto? Preside bastardo!
-Dove pensi di andare?- chiese papàin tono austero. Lui era il classico tipo severo e rompicoglioni che teneva al nome della famiglia. Diceva che tutte le cazzate che ognuno di noi faceva ricadevano sul nostro nome. Che scassatura. Voleva che io fossi bravo a scuola e soprattutto sempre educato. Esigeva rispetto e detestava quando gli si rispondeva male. Non per nulla era una avvocato. Per di piùsi incazzava facilmente e odiava quando le cose non filavano lisce come voleva lui. A volte detestavo mio padre. Sembrava che neanche mi considerasse suo figlio ma uno degli avvocati avversari con cui doveva misurasi durante le cause. Per di piùdiceva che io ero il figlio maggiore e dovevo assumermi le mie responsabilità. E bla bla bla. Mamma era tutto il contrario, dolce come il miele, e le dispiaceva quando io e papàlitigavamo. Era tanto buona e comprensiva, soprattutto con me.
Alzai lo sguardo e fronteggiai papà. Detestavo essere obbligato a dargliela vinta. Avevo criticato Diletta ma anche io in quanto ad orgoglio ero messo piuttosto male. (O bene, dipende dai punti di vista).
-Vado in camera mia- feci, tranquillo, incurante delle occhiatacce che mi mandava. Deglutii.
-Tu non vai proprio da nessuna parte. Cos’èquesta?- chiese, indicando la lettera che teneva tra il pollice e l’indice. Feci una faccia annoiata piùche sorpresa.
-Una lettera.- risposi in tono calmo. Non si capiva? Mio padre si sedette sul tavolo apparecchiato e invitòme e la mamma a fare lo stesso. Anita lo guardava terrorizzata. Poverina, ma come darle torto?
-Lo so che èuna lettera!- gridò, sbattendo un pugno sul tavolo di cristallo –Ma mi vuoi dire cosa ti èsaltato in mente? Hai rotto il setto nasale ad un tuo compagno di classe!- gridòdi nuovo. Io presi una fetta di pane e la addentai. Solo dopo averla inghiottita replicai
-Avevo le mie buone ragioni.- continuavo a guardarlo con sguardo annoiato. Non persi neanche tempo a spiegargli la faccenda, tanto ero convinto che non mi sarebbe stato a sentire, quindi perchèsprecare il fiato? Dopo sedici anni avevo imparato che quando papàsi incazzava bisognava rimanere calmi, altrimenti era finita.
-Le tue buone ragioni? Te le do io le buone ragioni! Ringrazia il cielo che il preside non ti abbia sospeso!- come ho giàdetto, per mio padre il rendimento scolastico era importantissimo. E se fossi stato sospeso ed avessi ottenuto un otto in condotta sarebbe stata la fine del mondo, nonchéuna grande umiliazione per lui come per me. Che esagerazione. Continuai a mangiare un po’di pane, stavo morendo di fame.
-Mi stai ascoltando?- gridòdi nuovo. Mi fece sussultare, e quasi mi strozzai con il pane.
-Si si ti sto ascoltando.- dissi, tossendo e bevendo un bicchiere d’acqua.
-Non prendermi in giro! Adesso fila in camera tua! Devo decidere la tua punizione!- fece, un po’piùcalmo.
-Ma devo pranzare.- dissi, cominciando ad incazzarmi io questa volta. Mi guardòe sbattédi nuovo il pugno sul tavolo. Prima o poi l’avrebbe rotto, ne ero convinto.
-Non voglio averti tra i piedi! Mi fai solo irritare!- continuò. Quanti paroloni! Per quel giorno ne avevo davvero abbastanza. Strinsi i pugni e alzandomi da tavola dissi
-Non vuoi neanche ascoltare la mia versione dei fatti. Ma certo, tu credi solo agli altri e non a me, che sono tuo figlio.- detto questo mi rinchiusi in camera. Mi sedetti sul letto. In quel momento avevo voglia solo di un bel piatto di pasta. Poco male, avrei aspettato che papàse ne fosse andato. Tanto usciva sempre verso le due, e tante volte a pranzo neanche lo incrociavo. Volevo staccare un po’, cosìchiamai Fra per metterci d’accordo su sabato.

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Capitolo 20
*** Casteli di sabbia ***


Ragazze!!!
Finalmente riesco a postare!!! Non penserete mica che mi sia dimenticata di voi vero? Ovunque vada giro con la pennetta o un cd. spero che la gente non mi prenda per matta o psicopatica dato che appena vedo un pc chiedo di poterlo usare XDXD
Adesso che posso fare lo cose con calm, ringrazio calorosamente Cleppy_Ds e CharriBomb_ per le fantastiche recensioni chemi lasciano *.* e ovviamente ringraio anche tutte le altre ragazze chemi recensiscono.
Vi anticipo che questo è un capitolo..... bomba atomica!!!! E' il più "bomboso" di tutti, come dico io.
Mi raccomando recensite in molte, è lungo  mi sono impegnata molto mentrelo scrivevo.
Mi scuso in anticipo se i link non si vedranno.
Non so quando posterò, ma continuate a seguirmi
ciao ciaoo e buona letturaaaaa

 

Capitolo 20 Castelli di sabbia

Pov Diletta

Quando entrai in classe il giorno dopo, Sister mi corse incontro tutta eccitata, come se fosse successo qualcosa di stratosferico.

-Senti Sister… ti andrebbe di venire al mare domani mattina?- chiese. Io la guardai dubbiosa, certa che mi stesse nascondendo qualcosa. Sicuramente per me non sarebbe stato un problema, durante l’anno avevo fatto pochissime assenze, e sicuramente mamma mi avrebbe mandata. Non avevo bisogno di dirle bugie. Il problema forse sarebbe stato papà ma a questo avrei pensato dopo.

-Chi siamo?- chiesi. Lei abbassò un attimo gli occhi e sospirò. Sperai che si ricordasse di quello che mi aveva promesso.

-Io, Fra, tu… e Matteo- sgranai gli occhi. Ci avrei scommesso! Fortunatamente glie lo avevo chiesto prima, altrimenti me lo sarei ritrovata tra i piedi ancora una volta! E li davvero mi sarei incazzata con Sister. Appoggiai dubbiosa lo zaino sul banco.

-…Non so se mamma mi fa venire se ci sono anche due ragazzi…- in realtà era vero, ma se ne avessi avuto voglia avrei sempre potuto dire che ci andavo con Athe Francy e Lucy.

-Dile per favore non sparare cavolate. So che se ti va troverai un modo per venirci.- supplicò. Ci pensai su.

-Vengo solo se viene anche Francy.- sorrisi furba. Questa era la mia condizione. Prendere o lasciare sorellina.

-Francy non può perchè domani deve recuperare il compito di italiano, che quando l’abbiamo fatto noi lei non c’era.- affermò. Sbuffai e presi i libri continuando a pensare. Sicuramente Fra e Athe sarebbero stati appiccicati come due ventose e avrebbero lasciato me e Matteo da soli…. Ma io non avevo alcuna voglia di restare sola con lui, soprattutto non dopo quello che era successo. E Sister lo sapeva questo.

-Sister, lo sai…- cominciai –E ricorda che hai promesso di non interferire più!- esclamai. Eppure un po’ ero tentata di andarci… mi avrebbe fatto bene saltare una giornata di scuola. Per di più io amavo il mare e domani avremmo avuto tre ore di Italiano di fila, una tortura.

-Ma io non interferirò! Non farò niente per farvi parlare o cose del genere. E poi se anche voi due rimarrete da soli al massimo potrete ignorarvi. E poi mamma non mi manda se non vieni anche tu… ti prego! Fallo per me almeno!- mi chiese con le mani giunte e con gli occhi da cucciolotta che sapeva fare tanto bene.

 

-Ok, ok, ma lo faccio solo per te. E poi mi farà bene un po’ di aria di mare…-

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Il giorno dopo

La borsa era pronta, dovevo solo infilare il costume e poi potevo andare. La crema solare me la sarei spalmata direttamente in spiaggia. Misi uno dei miei costumi preferiti

http://www.polyvore.com/love_summer_dile18/set?id=27781580

 

 

e salutai mamma. Ufficialmente andavo al mare con Francy, Lucia e Athe e ne mamma ne papà avevano obiettato, a condizione che non mi facessi il bagno, dato che non c’era un adulto. Io avevo annuito con la mia tattica vincente “sorridi e annuisci” ma poi avrei fatto come volevo. Al massimo non mi sarei bagnata i capelli. Mamma mi voleva accompagnare almeno fino al porto, dato che il mare era almeno un’ora in automobile distante da Bologna. Io avevo obiettato, dicendo che con il treno ci saremmo divertite di più. Presi il bus e arrivai alla stazione con un po’ di anticipo rispetto all’orario prestabilito. Puntuale come sempre. Comprai direttamente il biglietto e aspettai. Come di regola, se io ero in anticipo, Sister arrivò un po’ in ritardo insieme a Francesco. Matteo arrivò poco dopo.

-Ciao Sister! Ciao ragazzi!- salutai disinvolta. Avrei cercato di stare alla larga da Matteo senza darlo a vedere, s’intende. Non volevo rovinarmi quella giornata. Mi salutarono tutti e tre e insieme andammo a prendere il treno. Dentro c’erano molti ragazzi che salavano, noi non eravamo gli unici. Mi venne da sorridere.

-A quanto pare non siamo i soli…- disse Sister che stava seduta sopra a Fra a causa della mancanza di posti. Mi Lesse nel pensiero. Rovistò poi dentro la borsa ed esclamò

-Oh no! Ho dimenticato il telo da mare! Cavolo!- esclamò. Fra si offrì per farle usare il suo, da bravo gentleman. Che dolce! Dopo più di un’ora passata a chiacchierare e a farci foto, arrivammo presso la costa Romagnola. Avevo promesso a mamma di chiamarla quando sarei arrivata e così feci

-Ciao mamma! Siamo arrivate va tutto bene. Adesso andiamo in spiaggia. Si mi metto la crema. Lo so che sennò mi scotto.- mamma cominciò con le raccomandazioni, dato che io avevo una carnagione molto chiara, e mi scottavo con facilità.

-Si mamma quando prendo il treno per il ritorno ti chiamo. Ti salutano le altre, ciao ciao.- riattaccai tirando un sospiro di sollievo. Bene, la copertura teneva.

-Ha detto a tua madre che venivi al mare?- chiese Fra curioso. Io sorrisi

-Si, altrimenti come le spiegavo che uscivo di casa con una borsa da mare? E come avrei fatto a stare fuori una giornata intera?- chiesi. Fra mi guardò senza capire a allora Athe spiegò

-La mamma e il papà di Dile sono… un po’ protettivi ecco, e quindi vogliono sempre sapere dove va e con chi. E non l’avrebbero lasciata fuori un’intera giornata senza sapere dove si fosse cacciata. In più ha detto che veniva con me, Francy e Lucia, senno il padre non la mandava.- fece. Si lo so, era una cosa snervante, ma cosa ci potevo fare io?

-Voi che avete detto?- chiesi di rimando.

-Io ho detto semplicemente che venivo al mare. Gli l’ho detto sta mattina e non ha chiesto niente.- la mamma di Athe le lasciava fare quello che voleva. Che fortuna. Sperai che mia madre non chiamasse quelle di Francy o Lucia, perchè sarebbero stati guai. Mia madre odiava quando le mentivo, quindi cercavo di non farlo se non era necessario, dato che, sebbene io fossi un’attrice nata, lei non so come veniva sempre a sapere tutto.

-Ehm… io ho detto che dopo scuola andavo in piazza e mangiavo con i miei compagni di classe- fece Fra. Matteo non disse nulla. Era un po’ taciturno quel giorno. Andammo in uno chalet in centro, prendendo ombrelloni e lettini.

-Bene, direi che possiamo andare a farci un bel bagnetto!- esclamò Sister raggiante. Io, che mi stavo ancora sistemando, dissi

-Ma non è un po’ presto? E poi Sister aspetta che mi devi aiutare a mettere la crema sulla schiena…- troppo tardi, lei e Fra si tuffarono in acqua senza indugi. E io, come non detto, rimasi da sola con Matteo. Me lo aspettavo. La spiaggia era quasi deserta, dato che erano appena le nove del mattino. Anche se era solo il 14 di Maggio faceva piuttosto caldo. Le temperature erano molto alte rispetto alla media stagionale. E io ne ero alquanto felice, dato che adoravo il caldo e il sole. Cominciai a spalmarmi la crema solare protezione trenta sul viso e sul corpo. Avrei dovuto rimetterla a metà mattinata, dopo pranzo e al pomeriggio. Se mi fossi scottata avrei potuto dire addio alle uscite con gli amici al mare. Mia mamma aveva il terrore delle scottature che si prendevano al mare. Solitamente d’estate io mi abbronzavo pochissimo, e i miei amici del mare mi chiamavano Biancaneve. Mio padre era ancora più bianco di me, era da non credere. Quando dovetti mettere quella maledetta crema sulla schiena mi fermai: non ci arrivavo. E adesso come diavolo facevo? Sister era in acqua a sbaciucchiarsi con Fra e non sarebbe uscita nemmeno per tutto l’oro del mondo. Restava solo… *suspance* Ma no Diletta non puoi farti aiutare da lui. E’ fuori discussione. Avrei aspettato che Sister uscisse dall’acqua. E sarei rimasta all’ombra. In realtà però non avevo voglia di rimanere seduta sotto l’ombrellone, e tanto avrei scommesso che mi sarei scottata comunque. Per di più era troppo caldo per rimettere la maglietta. Guardai Matteo che stava ascoltando l’iPod. Deglutii di nuovo davanti al suo fisico da urlo. Mamma mia, chissà quante ragazze gli correvano dietro al mare… scossi la testa e tornai al presente: non potevo rischiare di scottarmi, quindi…

-Matteo… scusa mi potresti aiutare a mettere la crema sulla schiena che io non ci arrivo?- dissi tutto in un colpo e diventai subito paonazza. Fortunatamente se arrossivo non si notava molto dato che, sebbene fossi chiara di carnagione, le guance mi rimanevano sempre colorite di un bel rosso. Lui mi guardò tranquillo

-Certo- fece. Gli passai la crema titubante e mi voltai, tirando su i capelli. Merda cazzuta merda cazzuta merda cazzuta. Mi imposi la calma. Che c’era di strano? Nulla assolutamente nulla. Non c’erano motivi per cui io dovessi essere agitata. Quando sentii le sue mani sulla mia schiena mi trattenni dal sussultare. Oh cielo! Immancabilmente sentii quel maledetto calore che percepivo quando stavamo vicini. Non era un calore spiacevole, anzi… era qualcosa di difficile da spiegare. Sentivo la schiena in fiamme, come se il sole mi avesse già bruciata. Il cuore mi batteva a mille senza una spiegazione logica. Sarà stato il caldo o… il cambiamento d’aria da città a mare.

-Fatto- fece, alla fine. Tirai un sospiro di sollievo. La tortura era terminata. Molto bene.

-Grazie- gli sorrisi. E al diavolo i tentativi di ignorarlo completamente. Cercai di rimediare al casino che avevo combinato, e cominciare a ignorarlo da ora. Spostai il lettino un po’ al sole, misi gli occhiali da sole di Gucci e mi misi prona a leggere VOGUE. Adoravo i giornali di moda e da li prendevo lo spunto per arricchire il mio guardaroba già vastissimo. Sister e Fra uscirono dall’acqua e si avvolsero insieme nell’asciugamano. Lanciai un’occhiataccia a Sister che mi guardò senza capire. Non strozzarla non strozzarla. Immaginai un modo molto doloroso per ucciderla ma non lo misi in atto. Tornai alla mia rivista, ma qualcuno mi tirò addosso una secchiata d’acqua gelida, inzuppando me, il giornale e il mio asciugamano. Grazie al cielo gli occhiali rimasero asciutti, come i miei capelli. Mi levai gli occhiali e mi voltai verso il colpevole. Matteo. Repressi l’istinto di saltargli al collo. Se lo avrei ucciso non mi sarei potuta vendicare.

-Ti rendi conto che se mi avessi bagnato gli occhiali non avrebbero più trovato neanche la tua salma? Quelli sono di un’edizione limitata! Non sai cosa ho fatto per averli!- sbraitai. Gli vennero le lacrime agli occhi dal gran ridere. Strinsi i pugni e sogghignai. Intanto che Matteo continuava a ridere come un matto insieme ad Athe e Fra, presi il secchio che stava a terra, andai di corsa in riva, lo riempii e in un lampo tornai da Matteo che stava ancora ridendo. Gli mostrai il secchio. Se gli avessi lanciato l’acqua non avrei disturbato nessun altro dato che stavamo in prima fila in una spiaggia praticamente deserta. Sorrisi ancora. Volendo potevo anche tirargli l’acqua con il secchio compreso.

-Non lo farai scricciolo!- esclamò sicuro –Ho il cellulare in tasca- continuò.

-Dici?- chiesi con sguardo colmo di sfida. L’avevo visto prima mentre lo metteva dentro lo zaino. Ahahahah fregato! Mi avvicinai ancora e gli rovesciai il secchio d’acqua ghiacciata in testa con lentezza esasperante, bagnandolo da capo a piedi.

-E non chiamarmi scricciolo!- precisai di nuovo. Detestavo quel soprannome. Io non ero piccola! Rimase davvero basito, poi mi guardò con i penetranti occhi verdi che gli ridevano e fece

-Scappa- capii le sue intenzioni e cominciai a correre lungo la riva. Non mi sarei fatta buttare in mare, assolutamente no! Non volevo bagnare i capelli, mamma si sarebbe incavolata se mi fossi fatta il bagno e se ne fosse accorta. Matteo mi corse dietro. Scappai ancora per un po’ finchè non feci una storta che mi rallentò. Tanto per cambiare. Matteo mi fu subito addosso, mi prese in spalla come un sacco e si avviò verso la riva.

-No! Lasciami! No!- urlai, contenta. Era da tanto che non mi divertivo così. Gli diedi qualche pacca leggera sulla schiena, ma lui fece finta di niente. Ad un tratto mi lasciò e io caddi in mare. Trattenni il respiro, e quando riemersi dall’acqua scoppiammo entrambi a ridere. Avrei dovuto asciugarmi bene prima di tornare a casa. Dopo aver ripreso fiato esclamai

-Questa me la paghi.- sogghignai e gli piombai letteralmente addosso e gli spinsi la testa sott’acqua. Quando andò giù pensai di aver vinto, ma esultai troppo presto, dato che mi sentii trascinare giù per i piedi. Feci appena in tempo a prendere un respiro profondo e mi ritrovai sott’acqua. Era una sensazione che adoravo, sentire la salsedine nel naso. Aprii gli occhi, come facevo da quando ero bambina. Non avevo mai usato gli occhialini e alla fine i miei occhi si erano abituati all’acqua salata e non bruciavano più. Riemergemmo insieme e scoppiammo a ridere di nuovo.

-Certo che è dura cercare di affogarti!- esclamò divertito Matteo. Lo sapevo, io ero una sottospecie di pesce, dato che d’estate, da quando avevo due anni, stavo perennemente dentro l’acqua. Avevo imparato a nuotare benissimo.

-Lo sai che se tu mi avessi bagnato gli occhiali ti avrei ucciso?- chiesi. Lui scoppiò a ridere. -E adesso per colpa tua dovrò spiegare a mamma perchè i miei capelli saranno un macello quando tornerò a casa.- sbuffai scherzosamente. Sperai vivamente che il sole di Maggio fosse in grado di riasciugarmi tutta prima che fossi tornata a casa. Lui rise ancora. Mai come quella volta mi ero sentita… bene, tranquilla. Tutti i miei pensieri erano volati via. Sorridere mi veniva naturale.

Uscimmo dall’acqua che ancora ridevamo.

-Adesso potrei impanarti…- fece poi Matteo sorridendo furbo. No, la sabbia no! Tutto ma non la sabbia!

-Non ti azzardare! Ti trucido se ci provi!- esclamai tirandomi indietro. Troppo tardi, Matteo mi prese e mi buttò sulla sabbia asciutta. Cercai di rialzarmi, ma lui si chinò e cominciò a farmi il solletico sulla pancia. Cominciai a ridere come una matta

-No, il solletico no, ti prego.- non la smettevo più di ridere, io soffrivo tantissimo il solletico. Lui continuò finchè io, non avendo più fiato, lo spinsi e anche lui cadde sulla sabbia. Mi misi in ginocchio e cercai di fargli il solletico ma era immune. Uffa! Non ce la facevo più a smettere di ridere. Non avevo mai riso così tanto in vita mia. Dopo esserci tirati su ci andammo a fare la doccia, dato che eravamo tutti insabbiati come delle cotolette impanate, ed io mi sciacquai bene i capelli. Tornammo all’ombrellone. Presi il mio asciugamano ma era tutto bagnato. Come se non bastasse in quel momento si alzò un po’ di vento e io cominciai a sentire freddo. Tombola. E ora come facevo? Cominciai a tremare.

-Hai freddo?- mi chiese Matteo. Io cercai di non battere i denti e di minimizzare.

-Solo un po’, ma adesso mi asciugo.- feci. Non mi fece finire di parlare e mi avvolse con se sul suo asciugamano. Mi sentii subito meglio, tanto che mi accorsi troppo tardi che stavamo praticamente appiccicati, avvolti in quell’asciugamano. Cercai di mantenere la calma e di non dar a vedere che il cuore mi batteva veloce. Anche lui non sembrava molto tranquillo. Feci finta di niente.

-Grazie…- dissi, davvero molto imbarazzata. Era stato davvero… gentile. Come mai nessun ragazzo lo era stato con me. Molto, molto gentile. Non sapevo se essere contenta o no.

Dopo esserci asciugati per bene Fra chiese

-Ragazze volete qualcosa da bere?-

-Io un the alla pesca, grazie!- esclamò Sister, che adorava il the freddo.

-Io coca cola, grazie- sorrisi. La mia dipendenza dalla coca cola si manifestava in qualsiasi momento, soprattutto quando era caldo. Matteo e Fra andarono al bar, lasciando me e Athe da sole. Oi Soteria non perse l’occasione

-Sister! Hai visto Matteo che gentile che è stato? Poi lui non è cotto di te…- cominciò, ma io non la feci finire.

-Si, è stato molto gentile, va bene, ma è la stessa cosa che avrei fatto io con un amico. Punto. Scommetto che se fosse stato Fra avrebbe fatto la stessa cosa.- minimizzai. Io non piacevo a Matteo, era un dato di fatto. La cosa poi era reciproca.

-Non ti sei divertita con lui adesso?- mi chiese. Non risposi ed in quel momento i ragazzi tornarono. Sister continuò a squadrarmi ma non disse nulla. Si, indubbiamente mi ero divertita molto con Matteo, ma anche tra amici ci si divertiva no? Forse quello che era successo l’altra sera… era stato solo un terribile equivoco. Forse se n’era già dimenticato. Magari non si era reso conto di quello che faceva, ed era meglio così. Restava comunque la domanda che da giorni mi martellava in testa. Perchè l’aveva fatto? Non… non riuscivo a capirlo. Forse era meglio far finta di nulla e non pensarci. Capita a tutti di fare qualcosa che non vorremmo no? Un’altra cosa che non riuscivo a spiegarmi era la reazione che avevo quando gli stavo vicino e quando lo toccavo. La spiegazione più logica era perchè lui era davvero… bello. Si probabilmente era solo per questo. Scommetto che mi sarebbe successa la stessa cosa se avessi abbracciato Taylor Lautner o Kellan Lutz.

Verso l’ora di pranzo Sister si mise in testa che voleva andare al Mc Donald.

-Dai ragazzi, ci prendiamo un bel Big Mc e pi andiamo a prendere il gelato!- esclamò. Io, contrariamente a tutti i ragazzi, odiavo il Mc Donald, non mi piaceva affatto. Detestavo anche il Ketch-up e la maionese. E qualsiasi altra salsa. Per di più, il cibo del Mc Donald non era affatto salutare.

-Ma no dai andiamoci a prendere una pizza. Per di più ci vorrà almeno mezzora per arrivare là. Non mi va di camminare sotto il sole cocente.- affermai. Di certo una pizza era cento volte migliore di quello che si mangiava là. Matteo annuì

-Concordo.-disse solamente. Fra non fu d’accordo, anche lui voleva andare con Athe. Ma si trovavano sempre d’accordo su tutto quei due?

-Allora facciamo così-cominciò Sister –Io e Fra andiamo al Mc, tu e Matteo andate a prendere quello che volete e ci ritroviamo qui allo chalet.- sogghignò lanciando un’occhiata d’intesa a Fra. Mi sembrò una proposta ragionevole, tanto ormai tutti i miei tentativi di ignorare Matteo erano andati al diavolo. Cosa mi cambiava passare un altro po’ di tempo con lui? Niente. Anche Matteo si trovò d’accordo, per cui ci separammo. Mentre mettevo dentro alla borsa le cose e mi rivestivo, Matteo disse

-Conosco un’ottima pizzeria qui in centro, se ti va possiamo andarci.-

-Si, buona idea, ho proprio voglia di pizza.- sorrisi. Camminammo un po’ in silenzio finchè non arrivammo in pizzeria. Mi venne da ridere quando ricordai cos’era successo l’ultima volta che io e lui eravamo andati a comprare un pezzo di pizza. Dopo averle prese, tornammo allo chalet e ci sedemmo all’ombra sotto l’ombrellone a mangiare.

-Come va?- mi chiese Matteo mentre stavo addentando la pizza, che era davvero ottima. Ci pensai su un attimo.

-Mhh… direi che va abbastanza bene. Anche se la scuola mi sta distruggendo!- esclamai infine. Non dissi che avevo una gran confusione in testa, come mai prima. –E tu?- chiesi di rimando. Anche lui ci pensò su per qualche secondo

-Anche io direi abbastanza bene, a parte il fatto che sono in punizione e che per mio padre ufficialmente sono a studiare a casa di Fra. Mamma invece sa tutto, e mi dovrebbe coprire. E se papà mi scopre non uscirò più di casa.- scoppiò a ridere. Evidentemente la cosa lo divertiva.

-Come mai sei in punizione? Per… quella cosa dell’altro giorno? Che avevi combinato?- chiesi. Lui tacque -Cioè, se non vuoi non sei obbligato a dirmelo…- precisai. Non volevo essere invadente, glie lo avevo chiesto solo per curiosità, null’altro.

-Ho spaccato il setto nasale ad un mio compagno di classe con un pungo- disse alla fine. Spalancai al bocca. –Non intendere male…- continuò –Non sono un tipo manesco ma… quando ci vuole ci vuole.- concluse. Non potevo giudicarlo, io che in spiaggia avevo fatto scoppiare una rissa. Mi venne da ridere. Io contro cinque miei coetanei. Avevo undici anni. Alla fine avevo vinto io.

-E… come mai lo hai picchiato?- chiesi ancora. Lui sembrò esitare, ma poi rispose

-Io e lui non ci sopportiamo dalla prima media, e… quello che ha fatto e detto è stata la ciliegina sulla torta.- concluse. Non sembrò volesse continuare, così non chiesi altro.

-Mamma mia questa pizza e squisita!- esclamai cambiando argomento. Lui sorrise. Poi tornò di nuovo serio

-Senti ma… tu ce l’hai il ragazzo?- chiese. Quasi mi strozzai con il pezzo che avevo addentato. Tossii per farlo andare giù e ci bevvi dietro un bel sorso d’acqua. Sperai che non si fosse accorto del mio sgomento. Riflettei un attimo. Sicuramente lui aveva avuto migliaia di ragazze, non volevo farmi sfottere dato che non avevo mai avuto un fidanzato, quindi…

-Non attualmente. Ho lasciato il mio ultimo ragazzo- e sottolineai la parola ultimo, giusto per far intendere che ne avevo avuti altri –diciamo… qualche mese fa- inventai. Non sembrò stupito. Brava bugiarda come sempre.

-E tu ce l’hai la ragazza?- chiesi io con non calanche. Lui rispose subito, non sembrò imbarazzato

-Ho la sciato la mia ultima ragazza due mesi fa.- Me lo aspettavo, non rimasi stupita. Era a dir poco ovvio che uno come lui avesse già avuto la ragazza. Guardai le onde che si infrangevano sulla riva, e senza pensarci dissi

-Quando ero piccola adoravo fare i castelli di sabbia, ma quando il sole asciugava la sabbia o il mare distruggeva tutto, mi dispiaceva sempre. Quando li facevo con mio fratello però non era facile buttarli giù.- conclusi, finendo anche la pizza. Matteo mi guardò per un attimo

-Se vuoi possiamo farne uno adesso.- propose. Scommetto che mi si illuminarono gli occhi

-Davvero?- chiesi speranzosa. Lui sorrise incoraggiante. Lo so che era un po’ da bambini, ma per me era troppo bello fare castelli di sabbia. Prendemmo in prestito dallo chalet paletta, secchiello ed innaffiatoio, andammo in riva e ci mettemmo all’opera. La gente ci guardava in modo strano, ma a me non importava. Matteo era proprio bravo, e glie lo dissi.

-Che rimanga tra noi ma… quando porto mia sorella al mare vuole sempre che io giochi con lei. E il brutto è che non posso rifiutarmi.- Scoppiammo entrambi a ridere. Continuammo a impiastricciare con la sabbia e devo dire che il risultato fu davvero sorprendente. Mi ripuliidalla sabbia soddisfatta

-E’ fantastico!- esclamai-qui ci vuole una foto!- presi il mio iPhone4 e lo diedi a Matteo. Mi misi in ginocchio davanti al castello e sorrisi raggiante. Guardai la foto che era venuta proprio bene.

-Aspetta, facciamoci una foto insieme, dato che l’abbiamo costruito in due- affermai. Chiesi gentilmente ad un passante se ci poteva fare la foto, così ci posizionammo dietro al castello. Ci guardammo e ci abbracciamo come due amici per la pelle. Sentii di nuovo quel calore, ma cercai di ignorarlo. Inutile negarlo, ma tra le sue braccia mi sentivo… felice e a casa. Il tipo mi restituì il cellulare e misi la foto come sfondo. Io e Matteo ridemmo insieme. Mi specchiai nei suoi occhi verdi e mi vidi davvero serena. Forse avevo trovato un nuovo amico?

Pov Athena

Quando vidi Dile e Matteo che si rincorrevano per la spiaggia, quasi non ci credetti. Lui l’acchiappò e la butto in mare, e lei invece di incavolarsi scoppiò a ridere. Andarono avanti così finchè non uscirono e Matteo non la buttò sulla sabbia. Per non parlare di quando si avvolsero insieme nell’asciugamano. Nessuno dei due si accorgeva che gli occhi dell’altro brillassero, e per quanto Dile cercasse di nasconderlo, io fui sicura che si sentiva felice. All’ora di pranzo mi venne quella fantastica idea di lasciarli completamente soli. Io e Fra ci avviamo mano nella mano verso il Mc Donald

-Sai che sei un genio?- mi chiese quando fummo abbastanza lontani da loro due, baciandomi.

-Diciamo che era da un po’ che rimuginavo sopra a questa faccenda. Io so che a Dile non piace il Mc…- cominciai con un sorriso furbo. E… si, avevo programmato tutto, in modo che Dile non si accorgesse che stavo ancora interferendo. Non avevo alcuna intensione di prestare fede a ciò che le avevo promesso, soltanto sarei stata più attenta a quello che facevo. All’inizio avevo avuto paura che Dile decidesse di venire con noi, ma poi fortunatamente non era stato così. Avevo tirato un sospiro di sollievo. Fra mi guardò con gli occhi che gli brillavano

-Tu hai macchinato tutto questo piano?- mi chiese, incredulo. Io sorrisi ed annuii. Si, direi che era stato un ottimo piano. Lui sorrise e mi baciò di nuovo, le nostre lingue si intrecciarono. Mamma mia come baciava bene! Mi passò una domanda per la mente

-Senti ma… tu hai avuto altre ragazze oltre a me?- chiesi. Lui tacque per un po’, poi mi strinse la mano e disse

-No, tu sei la prima- ne fui davvero felice, anche se la cosa mi sembrò alquanto strana. Comunque ci credetti, mi fidavo ciecamente di lui.

-Vale anche per me!- esclamai. Era vero, non avevo mai avuto un ragazzo prima d’ora. Arrivammo al Mc e non ci risparmiammo: prendemmo due toast, due Big Mc e un hamburger con il pollo che non mi ricordo come si chiamava, ma era così grande che ne prendemmo uno in due. Dentro al locale vidi Giulio, il compagno di classe di Fra e Matteo. Aveva una grossa benda che gli copriva il naso. Cosa ci faceva lui li a quell’ora?

-Oi Fra ma che ha fatto Giulio l’amico vostro?- chiesi curiosa. Fra precisò che non erano amici, e poi mi raccontò di ciò che era successo con Matteo. Mi disse anche che era stato sospeso per cinque giorni. Quando seppi tutta la storia mi alzai dal tavolo e cominciai a saltare, e a urlare “yuppiii”. La gente mi guardò come se fossi una matta. Mi risedetti al tavolo ed esclamai

-E poi Matteo non è cotto di Dile?- sogghignai.

-L’impresa con Matteo forse sarà meno ardua del previsto. Già quello che ha fatto è un passo avanti… magari tra un po’ di tempo ammetterà che Dile gli piace davvero…- sperò Fra. Io invece sospirai

-Invece con Dile è difficile come lo aspettavo. L’altro giorno mi ha fatto una scenata perchè non valeva che io mi intromettessi nelle sue faccende personali. E’ ostinata a dire che lei e Matt non staranno mai insieme. E ti assicuro che se lo dice un motivo ci sarà… Può essere un problema.- conclusi.

Quando tornammo in spiaggia quasi mi venne un colpo. Diletta e Matteo stavano abbracciati in riva al mare dietro un castello di sabbia a farsi fare una foto. Spalancai la bocca. Fra non era rimasto meno basito di me. Non avrei mai creduto di vivere così a lungo da vedere un momento del genere. Mi vennero le lacrime agli occhi.

Fra mi disse

-Mi raccomando, non fare commenti. Non dire a Dile “che carini” o cose del genere altrimenti ricomincerà ad essere fredda come prima. Mi raccomando, fai finta di niente.- Io feci come lui diceva, era la cosa migliore. Mi trattenni dal fare commentati e il pomeriggio passò tranquillamente. Nessuno dei due fece parola di ciò che era successo, anche se morivo dalla voglia di sapere perchè si stavano facendo una foto con un castello di sabbia. Ogni tanto i due si scambiavano qualche battutina scherzosa, ma era troppo chiedere che non lo facessero. Quando andammo via Dile incolpò ancora Matteo perchè le aveva fatto bagnare i capelli:

-Adesso come faccio a tornare a casa? I capelli non mi si sono ancora asciugati, è tutta colpa tua- fece, dando una gomitata a Matteo, che le camminava a fianco. Risero insieme e lui controbatté

-E io ho i capelli ancora insabbiati per colpa tua!-. Sembravano una dolce coppietta. Peccato che non fosse ancora così.

-Guarda che hai cominciato tu! Io mi dichiaro innocente- continuò Dile alzando le mani –Quindi questa volta è colpa tua. E non si discute.- disse annuendo. Matteo fece la faccia da cucciolo bastonato

-Scusami… non volevo mi perdoni?- cominciò.

-Mhh… non so se perdonarti…- fece con faccia dubbiosa. Matteo sgranò gli occhi

-Tu non mi perdoni? E io ti faccio il solletico!- disse cominciando a farle il solletico sulla pancia. Dile cominciò a ridere come una matta. Poi, non avendo più fiato, si staccò da lui

-Oh mamma mia hai scoperto il mio punto debole! Non è giusto!- fece, sbuffando scherzosamente. Matteo le si avvicinò di nuovo ma lei si scostò, stringendosi la pancia

-Stammi alla larga- disse guardandolo con sguardo da killer.

Tornammo a Bologna e ci salutammo. Dile venne a casa mia, così si sarebbe potuta asciugare i capelli. Per tutto il tragitto fino a casa non chiesi nulla. Dile era assorta nei suoi pensieri. Sicuramente stava ripensando a quello che era successo, lei era una che rimuginava sempre sul quello che faceva. Certo era che non l’avevo mai vista così raggiante.

 



 

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Capitolo 21
*** The nightmare ***


Ragazze non ci crederete mai!!! Ho di nuovo internettt!!! *We are the champion* non la faccio tanto lunga, vi lascio al capitolo bomba come quell'altro, ringrazio tutte quelle che hanno recensito, e vi informo che da oggi posterò almeno due volte a settimana se non di più ciao ciaooo e buona letturaa

Capitolo 21 The Nightmare

Pov Diletta

Sono a casa mia, nel corridoio vicino alla mia camera. Da un lato ci sono tutti armadi a specchio. Io do le spalle alle scale, e parlo con una voce che viene dagli specchi. Mi sta dicendo qualcosa di importante, qualcosa che assolutamente non devo scordare. Ma poi mamma dalla cucina mi chiama, e mi dice che è arrivata la mia vicina di casa, una ragazzina che spesso viene da me. Non le sto particolarmente simpatica, e per me lei è una persona senza infamia ne lode, forse un po’ rompipalle. Viene da me per giocare con le mie cose. Dico alla voce che devo andare ma la voce insiste nel dire che dobbiamo parlare urgentemente. Alla fine ci mettiamo d’accordo. Mi appunto il suo numero di telefono e prometto di chiamarla appena posso. Scendo le scale ma non mi accorgo che il foglietto mi è scivolato e ora è caduto in un’altra camera. Vado da questa mia amica ed insieme saliamo la prima rampa di scale che porta alle camere. Iniziamo a salire la seconda, che porta al quarto paino, dove c’è anche la mia terrazza gigantesca. Saliamo i primi quattro gradini, ma io mia accorgo di aver fatto cadere il foglio. Sto per scendere a riprenderlo quando lei mi prende per il polso dice “No, aspetta, indietro non puoi tornare.” Io vedo che nell’oscurità del corridoio due occhi gialli mi scrutano. Guardo quella ragazza, dietro la quale c’è la luce. Mi volto di nuovo, una mano nera e ossuta esce dall’armadio emi porta con se nell’oscurità. Urlo.
Mi svegliai di soprassalto urlando. Ero tutta sudata. Era Lunedì notte, ed io stavo da sola in casa, mamma e papà erano stati invitati da un cliente di papà in un agriturismo, e non sarebbero tornati prima di domani mattina. Rimasi sul letto, immobile, senza il coraggio di muovermi. Quel sogno mia aveva terrorizzata. Solitamente non facevo incubi, ma quando mi capitava erano degni di un film horror. Non avevo neanche il coraggio di accendere la luce. Tenevo gli occhi chiusi, impaurita, e restavo immobile. Non sapevo cosa fare, ma alla fine mi decisi: accesi la luce, e mai come quella volta la mia camera mia apparve così ostile, ogni ombra sembrava celare qualcosa di losco. Il respiro si fece affannoso. Alla fine mi decisi, presi il telefono, rovistai sulle chiamate fatte in precedenza e chiamai la prima persona che mi venne in mente. L’unica che mi avrebbe davvero capita, ne ero sicura. L’unica che avrebbe potuto aiutarmi.
-Pronto? Ma chi è a quest’ora?- chiese una voce assonnata. Guardai l’orologio, erano le due di notte.
-Pronto? Scusa… sono Diletta. So che è tardi ma… ho fatto un sogno orribile… ho paura, per di più sono sola in casa, non c’è nessuno. Forse non è un buon motivo per chiamarti ma… non so che diavolo fare. Ho acceso la luce ma la mia camera mia pare… una prigione.- ok, dal mio tono si capiva che ero un po’ disperata. Forse era esagerato stare così per un semplice incubo ma… spesso i sogni  che facevo si avveravano. So che era impossibile che succedesse con questo ma… era stato così reale che quasi lo avevo confuso con la realtà.
-Aspettami, vengo subito da te!- esclamò Matteo, riscossosi completamente dal torpore.
-Cosa? Davvero?- chiesi, speranzosa. Non avrei mai preteso una cosa del genere, ma mi avrebbe fatto davvero piacere poterci parlare di persona.
-Si, ma tu devi venirmi ad aprire. Non posso entrare da solo.- constatò. Ecco, questa si preludeva già un’impresa. Non volevo scendere sotto, passando poi per il corridoio con gli specchi. Tutti i brutti sogni che facevo erano sempre ambientati li, chissà perchè.
-I-io non posso… ho paura- detestavo farmi vedere così… debole solo per un sogno. Ma non potevo evitarlo, era più forte di me.
-Ascoltami, accendi tutte le luci di casa, scendi le scale e quando ti suono aprimi. Vengo li in un attimo, dammi il tempo di vestirmi e prendere le chiavi. Stai tranquilla, arrivo subito. E ricorda che i fantasmi non esistono- disse così e poi riattaccò. Mi alzai dal letto, misi le mie belle pantofole e mi avviai verso la porta della camera. Mi guardai allo specchio, l’avrei accolto in pigiama, non mi sembrava di essere poi tanto scandalosa.

Vestiti Diletta http://www.polyvore.com/cgi/set?id=31138690&.locale=it

Presi velocemente la spazzola e pettinai i capelli giusto per non sembrare una scienziata pazza. Presi un respiro profondo e misi la mano sulla maniglia della porta. I fantasmi non esistono. Non avevo mai avuto paura del buio proprio perchè sapevo che i fantasmi non esistono. Punto. La aprii, accessi subito tutte le luci, e senza guardare quegli specchi, scesi di corsa le scale, e quando arrivai all’atrio mi gettai sulla porta. Non dovetti aspettare neanche cinque minuti che il campanello suonò.

Pov Matteo

Stavo dormendo molto tranquillamente quando sentii squillare il cellulare. Riluttante guardai sullo schermo del telefono e vidi un numero che non conoscevo. Chi poteva essere? Qualcuno che faceva uno scherzo? Ma no, avrebbe sicuramente chiamato con il privato. Sperai non fosse successo qualcosa di grave a qualcuno.  Risposi. Era Diletta. Dalla sua voce capii che era terrorizzata. Non la biasimavo per avermi chiamato a quest’ora, sapevo quanto potessero terrorizzare alcuni sogni. Da piccolo a volte mi svegliavo urlando, ma non c’era nessuno da cui potessi andare per consolarmi. Non ci pensai due volte e le dissi che sarei andato da lei. Probabilmente si era già scordata di quello che avevo fatto… quella sera. Per fortuna, direi, dato che non ero in me. Dopo la nostra uscita al mare avevo capito cosa provavo per Diletta. Lei per me non era nulla di più che una buona amica, con cui ridere e scherzare. Ero rimasto soddisfatto di quello che avevo scoperto. E un buon amico aiuta sempre l’altra se è in difficoltà. Mi vestii e presi le chiavi di casa. Presi dei cuscini e sotto il lenzuolo feci la sagoma di me che dormivo. Se mamma o papà si fossero accorti che non c’ero sarebbe successa una catastrofe. Non dovevo neanche pensarci. Non volevo nemmeno che Anita si accorgesse che non c’ero, altrimenti sarebbe andata subito dai miei. Poteva succedere che si svegliasse nel cuore della notte e mi venisse a cercare perchè aveva paura dei mostri, e se non mi avesse trovato sarebbe sicuramente corsa da mamma e papà a dire che i mostri mi avevano mangiato. Così entrai piano nella sua stanza.
-Anita, svegliati un secondo.- le dissi. Lei si scosse subito dato che aveva un sonno molto leggero –Devo uscire e non so quando torno. E’ importante che mamma e papà non sappiano che sono andato via, lo sai che sto in punizione. Se per domani mattina non sono tornato, di loro che sono andato a scuola in anticipo. Se si svegliano durante la notte tu non dire niente e fai finta di nulla ok?- cercai di essere il più chiaro e sintetico possibile.
-Dove vai?- mi chiese Anita, curiosa come sempre. Non potevo risponderle adesso. E sinceramente non avevo alcuna voglia di dirle che andavo da Diletta. Altrimenti avrebbe cominciato a dire che stavamo insieme e che io non mi fidavo abbastanza di lei per dirglielo.
-Domani te lo dico, adesso non ho tempo…- dissi secco, uscendo dalla porta della sua stanza.
-Ma se vengono i mostri?- chiese lei fermandomi, un po’ impaurita –Come faccio se tu non ci sei?- ci pensai un attimo
-Questa notte i mostri non verranno, te lo prometto- fu l’unica cosa che mi venne in mente, e con questo me e andai. I mostri erano andati da Dile quindi non c’era pericolo che andassero a rompere alla mia sorellina. O almeno speravo così. Corsi fino a casa di Dile e poi suonai il campanello. Quando mi aprì era terrorizzata. Aveva gli occhi marroni spalancati e le labbra che le tremavano, nonostante facesse un caldo infernale. Mi guardò e mi buttò le braccia al collo. Rimasi un attimo stupito dal suo gesto ma la strinsi forte a me. Non sembrò dispiacerle, ma in quel momento mi sembrò che le temperature raddoppiassero.
-Stai tranquilla, era solo un brutto sogno.- dissi tranquillamente. Lei mi guardò ancora con quei suoi occhioni da cucciolo.
-Grazie di essere venuto… scusa se ti ho chiamato a quest’ora ma non sapevo a chi altro rivolgermi… Athe non sarebbe potuta venire e… ho pensato a te.- mi disse, un po’ in imbarazzo. Ci sedemmo sul divano del suo soggiorno.
-Vuoi un po’ di coca cola?- mi chiese mentre andava in cucina accendendo accuratamente tutte le luci.
-Si grazie, ma non ti fa peggio?- chiesi. Pensavo che la coca cola non calmasse, anzi…
-Fidati, per me è la cura ad ogni male.- fece, tornando in soggiorno con due bicchieri colmi. Sorseggio lentamente la sua bibita. Non l’avevo mai vista così impaurita. Ma a volte i sogni possono essere così reali che si possono confondere con la realtà.
-Raccontami il sogno- dissi infine. Lei sgranò gli occhi. Sapevo che non era piacevole raccontare cose paurose, ma era necessario. Cominciò a dirmi tutto dall’inizio, della voce, del foglio, e infine di quegli occhi e della mano. Li per li rimasi un po’ basito: quel sogno era davvero inquietante. Ma cosa guardava la sera prima di andare a dormire?
-Tu guardi film horror dopo cena?- chiesi. Quale altra spiegazione c’era altrimenti? Lei sgranò gli occhi
-Assolutamente no, odio gli horror, ed è per questo che i brutti sogni mi terrorizzano.- concluse. Mi stupii: la sua mente doveva essere contorta un bel po’ allora, per elaborare quella sottospecie di film.
-Sono sicuro che se vai a proporre la trama ad Hollywood ne faranno un film. Penso che potresti vincere un Oscar.- constatai scherzosamente. Le strappai un sorriso, ma vidi dai suoi pozzi marroni che aveva ancora paura.
-Ascolta, da piccolo quando facevo brutti sogni usavo uno stratagemma davvero divertente per cercare di sdrammatizzare- cominciai. Lei mi guardò curiosa scolandosi tutto il bicchiere di coca.
-Allora: immagina di tornare nel sogno e di accendere la luce. Potrai vedere che quegli occhi sono di un chihuaua piccolissimo, tipo un topo. Immagina poi di sferrare un calcio a quella mano di farla ritrarre. Dopo aver aperto l’armadio, scopri un folletto minuscolo che piange  con un bambino perchè l’hai spaventato, dicendo che si guadagna da vivere soltanto andando nei sogni della gente e spaventando.- conclusi. Cercavo sempre di ridicolizzare i miei incubi. Diletta scoppiò a ridere
-Si, aggiungiamoci anche che la mia amica fa parte del complotto e che appena mi giro verso di lei dice che sono in una candid camera- aggiunse. Scoppiammo a ridere entrambi.
-Si, non è male come idea.- sorrisi. Bene, a distanza di anni il mio stratagemma funzionava ancora. Ne andavo fiero.
-Io ho fame, ti va una piadina con la nutella?- chiese Dile. Non sarebbe stata una cattiva idea, più che altro non mi era mai capitato di mangiare alle tre di notte Era… strano.
-Si ma non mi fido se la prepari tu, c’è il rischio che mi avveleni. Sai non ti vedo molto come cuoca.- scherzai. Lei fece una faccia fintamente indignata
-Ah si?- chiese alzando le sopracciglia –Io non sono un asso in cucina, ma le uniche cose che sono capace di fare senza distruggere il piano cottura e senza avvelenare qualcuno sono le piadine, la frittata, e le penne con aglio olio e peperoncino. E per la cronaca, the e caffè li faccio meglio di una barista!- precisò. Io scoppiai a ridere. Una principessina come lei che cucinava? Non ci avrei creduto nemmeno se l’avessi visto.
-Perchè tu sai cucinare?- chiese poi in tono beffardo. Io scossi la testa
-Assolutamente no, però so mettere a bollire l’acqua della pasta e il mio cappuccino è fantastico.- dissi annuendo. Non precisai che una volta, provando a cucinare, avevo quasi intossicato mamma. Ma la cucina non è fatta per gli uomini.
-Allora che fai ti fidi di me o no?- chiese Dile –Se non ti fidi vieni con me in cucina, così ti assicurerai che non avvelenerò nulla.- aggiunse. A quel punto fece una faccia che inspiegabilmente mi mandò il sangue al cervello: sporse leggermente in fuori le labbra e le dischiuse, come a voler baciare qualcuno, e mi guardò con gli occhioni marroni in modo… disarmante. Distolsi lo sguardo per non fare cazzate e reputai la sua offerta accettabile. In cucina cominciò a rovistare tra le credenze, e prese una pentola piatta. La cucina era davvero immensa, come tutta la casa d’altronde. Si vedeva che era la figlia di un notaio. Prese dal frigo due piadine e ne mise una sulla padella, accendendo il fornello, poi si voltò verso di me
-Visto? fin’ora tutto bene!- esclamò. Ma, non l’avesse mai detto, dopo aver preso la nutella fece una storta. Mi cadde praticamente addosso, ma per fortuna io non rovinai a terra. La presi per non rischiare che cadesse e la rimisi in piedi.
-Mamma mia vorrei capire come diavolo fai ad inciamparti e a fare storte ogni volta che cammini!- sbottai. Avevo seriamente paura che prima o poi si potesse rompere qualcosa.
-Ma che ne so, io guardo dove cammino, ma il mio equilibrio fa davvero pena- esclamò contrariata a sua volta. Ci guardammo e scoppiammo a ridere.
-E per di più a volte sono anche maldestra.- aggiunse. E questa era la ciliegina sulla torta. La guardai mentre continuava a “cucinare” *mima le virgolette*, e dovetti ammettere che, anche in pigiama, non era davvero niente male, anzi era bellissima lo stesso… deglutii e cercai di pensare ad altro.
Dopo mille avventure riuscì finalmente a terminare quelle due sottospecie di cose. Alla fine erano venute un po’ bruciacchiate, ma tutto sommato erano davvero buone.
-Devo ammettere che è buona- dissi dopo averla addentata. Dile si sedette sul divano vicino a me
-Lo so. Te l’avevo detto! Certo mio madre cucina molto meglio di me, ma lei ha alle spalle anni di pratica!- esclamò convinta. -Penso che per una debuttante possa essere un buon risultato.- concluse infine.
-Vuoi dire che non avevi mai cucinato in vita tua?- chiesi stupito –Io avevo capito che tu avessi già provato a combinare qualcosa prima di sta notte.- constatai infine. Lei sogghignò
-La teoria c’era ma la pratica no. Però il thè e il caffè li faccio tutte le domeniche mattine.- disse annuendo.
-Allora direi che è un risultato più che soddisfacente- conclusi. Ridemmo di nuovo insieme. Finimmo le piadine, e Dile si sporcò praticamente tutta la faccia.
-Mi spieghi come fai a impiastricciarti come una bambina di due anni?- chiesi sorpreso. Lei fece spallucce.
-Mha, non lo so, è che quando ho sonno dimentico le regole del galateo.- scherzò. Prese un fazzoletto e cercò di levarsi la nutella dalla faccia.
-Va bene adesso?- chiese infine. La scrutai un attimo e poi con la punta del pollice le levai una mollica che aveva al lato della bocca. Lei rimase un attimo sorpresa e poi balbettò che andava a mettere i piatti a posto. Quando tornò mi guardò e scoppiò di nuovo a ridere
-Guarda che anche tu ti sei sporcato!- esclamò divertita additandomi.
-Davvero?- feci. Impossibile. Lei annuì ancora
–Il bagno è di la- mi indicò infine anticipando la mia domanda. Mi guardai allo specchio e in effetti mi accorsi di essermi impiastricciato per bene anche io. Sempre meno di lei però. Quando tornai di la vidi Dile stesa sul divano che dormiva. Si era già addormentata, chissà quanto era stanca e snervata. Non potevo lasciarla li così, avrebbe dormito tutta scomoda, così la presi in braccio e salii le scale. C’era una porta aperta ed entrai. Porta giusta, dato che era la sua stanza. La adagiai piano nel letto per non svegliarla e la coprii con il lenzuolo. Dopo aver spento tutte le luci me ne andai. Sperai che nella restante parte della notte facesse dei sogni d’oro.

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Capitolo 22
*** Messa in scena ***


Salve ragazze!! Si, non mi sono dimenticata di voi!! So cosa starete pensando: vi avevo promesso che avrei postato più spesso e non ho mantenuto la parola, lo so potete solo rimproverarmi.... ma scusatemi, ho dovuto sostenere un esame importante la scorsa settiman e fino ad allora era stata impegnatissima. In verità, poi, durante questa estate in cui sono sparita per colpa del pc rotto, ho scritto un sacco di capitoli, ma tutti a penna, e non avevo il tempo di ricopiarli, perchè sono lunghi.
Adesso, bando alle ciance, ringrazio tutte le ragazze che hanno rencensito l'altro capitolo e che mi seguono in questa storia. Il capitolo direi che è abbastanza lungo e anche moooolto interessante XDXD.
Bene non aggiungo altro, spero che il capitolo vi piaccia, recensite in molte. Un'ultima cosa per Memmi: spero davvero che in questo capitolo troverai ciò che manca, altrimenti fammelo sapere, sarò contenta di impegnarmi di più.
kiss kiss


Capitolo 22 Messa in scena.

Pov Matteo

Stavo cercando inutilmente di fare i compiti mentre Anita giocava con le bambole e mi disturbava, quando ad un tratto mi squillò il cellulare, che avevo lasciato in soggiorno. Anita corse come una scheggia a rispondere, anche se sapeva che io destavo quando si faceva gli affari miei.
-Pronto chi è?- chiese. Le feci gesto di ridarmi il telefonino ma lei scappò in cucina.
-Si Matteo c’è, ma tu chi sei? Sei Diletta?- chiese di nuovo sorridente. Ok, appena avrei chiuso quella chiamata avrei messo il mio telefono sotto chiave. Oppure me lo sarei sempre portato dietro. Era ridicolo che io dovessi essere in balia di una bambina di neanche sei anni! Mi condizionava la vita!
-Ah ok, ho capito. Diletta è la sua fidanzata, comunque adesso te lo passo, ciao ciao- ripresi bruscamente il cellulare. Questa volta quella ficcanaso le avrebbe prese, e di brutto anche. Quel rompi scatole di mio padre non le aveva ancora insegnato che non bisognava impicciarsi degli affari altrui. Rimbeccava tanto me che ero mal educato quando non era vero, e poi la figlioletta adorata però… vabbhe lasciamo perdere.
-Pronto?- chiesi, ansioso di sapere chi fosse e volendo ritirare la stupidaggine che aveva detto la nana, e riparare il casino combinato.
-Ciao Matteo sono Sofia.- e la sua voce stridula era inconfondibile. Strabuzzai gli occhi. Che voleva adesso questa qua? Perchè doveva continuare a rompermi i coglioni? Probabilmente non si era ancora data per vinta… Detestavo ammetterlo, ma in quel caso Anita aveva fatto bene a dire… ciò che aveva detto. Certo, avrei preferito che non avesse menzionato proprio Diletta ma a caval donato…
 -Che vuoi?- chiesi in tono forse un po’ brusco. La sua vocetta odiosa mi irritava.
-Questo Sabato organizzo una festa a casa mia, ho invitato tutti i nostri compagni delle medie, così ci ritroviamo.- esclamò. Questa cosa non mi piaceva affatto. La cosa puzzava di bruciato, avevo un brutto presentimento…
-E ovviamente sei invitato anche tu. Perchè non porti anche la tua ragazza? - chiese, in modo forse un po’ troppo eloquente. Io strabuzzai gli occhi. E adesso come facevo? Cosa diavolo le raccontavo? Cercai di mantenere la calma e di non mostrarmi nervoso.
-Ehm… non so se Sabato possiamo… magari un altro giorno…- cercai di arrampicarmi sugli specchi e di cercare una scusa plausibile. In che guaio mi ero cacciato! E poi dicono che non è vero che le bugie hanno le gambe corte.
-Bhe, se vuoi posso fare la festa un altro giorno… preferirei che ci fossimo tutti.- propose lei. Sicuramente quella vipera di Sofia aveva organizzato la festa non solo per ritrovarci con i nostri vecchi compagni, ma anche perchè voleva controllare se io le avessi detto la verità quando l’avevo rifiutata. Quella ragazza era un belva. Merda cazzuta. Non potevo di certo dire di no, avrei implicitamente ammesso che non avevo la ragazza… e io non mi sarei mai umiliato in questo modo! Non potevo fare la figura dello sfigato bugiardo. E di certo non avrei fatto vedere a Sofia che le avevo mentito. Ci avrebbe goduto troppo.
-Ok… a che ora?- chiesi riluttante. Dovevo assolutamente trovare una soluzione a quel maledettissimo problema, e al più presto anche!
-Ci vediamo verso le 23:00. Tanto lo sai dov’è casa mia. Ciao ciao.- e con questo ci salutammo. Mi buttai sulla sedia del soggiorno.
-Fratellone che c’è?- mi chiese quell’impicciona di mia sorella. Non mi arrabbiai neanche, non ne avevo voglia.
-Anita… smettila di rispondere al mio cellulare. E smettila di dire che Diletta è la mia ragazza.- ringhiai appena. Lei non si fece impressionare.
-Ok ok scusa. Ma che hai?-chiese di nuovo. Ecco, sapevo che erano state parole buttate, tanto finchè non glie le avrei suonate non avrebbe imparato, ma adesso non ne avevo proprio il tempo.
-Sono nella merda.- conclusi. E al diavolo tutti.

Pov Diletta

-Che cosa?- quasi urlai, con la faccia rossa e gli occhi fuori dalle orbite per lo stupore. Eravamo nel giardino davanti casa mia. Mi ero alzata di scatto, quindi tornai a sedere sulla panchina cercando di ignorare le occhiate indagatrici delle persone che ci circondavano. –Stai scherzando spero!- esclamai concitatamente. A quanto pareva non ero l’unica che si cacciava sempre nei guai.
-No, purtroppo no.- constatò infine Matteo. Era pomeriggio, qualche minuto fa mi aveva chiamato urgentemente, dicendomi che mi doveva parlare. Avevo temuto il peggio, e quello che mi aveva detto, era anche più terribile di ciò che mi ero immaginata.
-E perchè le avresti mentito?- chiesi incredula. Non riuscivo proprio a capirlo. Non mi aveva spiegato praticamente nulla. Mi aveva chiesto di far finta di essere la sua ragazza per una sera e poi pensava di cavarsela senza rispondere a nessuna delle mie domande? Assurdo.
-Ehm… è una storia lunga…- biascicò. Ok, non mi convinceva. Non potevo dirgli di si senza avere una spiegazione. D’altronde, se non voleva raccontarmi cosa era successo, come potevo aiutarlo?
-Ho tutto il tempo per ascoltarla.- affermai sicura e curiosa. Lui ebbe un moto di stizza
-Non ho molta voglia di parlarne ok? Lei stava in classe con me alle medie e… diciamo che non mi sta molto simpatica. E’ una molto boriosa e non volevo darle la soddisfazione di farle sapere che non ho una ragazza…- disse a grandi linee. Anche io a volte avevo detto di avere il ragazzo, ma solo alle persone che davano per scontato il contrario. Forse era stato lo stesso per lui. Mi sarebbe piaciuto avere più dettagli, ma Matteo sembrava convinto a starsene zitto.
-E’ la tua ex?- chiesi, cercando di arrivare piano piano alla verità, e volendo racimolare qualche indizio in più. Secondo me era così, non c’era altra spiegazione. I due erano stati insieme ma lei lo aveva lasciato perchè casualmente lo trovava insopportabile, e quando si erano rivisti lei era stata convinta che Matteo fosse solo. E in effetti era così… ma lui non voleva darle la soddisfazione e quindi aveva messo in gioco tutta quella storia.
-Assolutamente no!- esclamò velocemente. Ma secondo me c’era qualcos’altro sotto allo sguardo da duro che faceva. Rimasi perplessa, a quel punto non seppi davvero cosa dire, così rimasi in silenzio. Lui parve accorgersi della mia titubanza.
-Allora?- chiese. Non poteva pretendere che lo aiutassi senza sapere nulla di più su quella faccenda, per cui non risposi –Senti anche a me non piace questa situazione, scusa se ti ho chiamato ma… non sapevo a chi altro rivolgermi…- concluse. Mi riscossi. Erano le stese parole che avevo detto io la notte in cui avevo fatto quell’incubo. Ricordai che lui, nel cuore della notte, non aveva esitato neanche un attimo a venire ad aiutarmi. E chissà a quanti rischi era andato incontro. Odiavo avere conti in sospeso, dovevo ricambiare il favore.
-Dimmi dove e quando.- fu l’unica cosa che riuscii a dire, riluttante. Lui sorrise e gli occhi verdi gli brillarono.
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Sabato

Mi guardai allo specchio e sorrisi sorniona e compiaciuta. Di certo avrei fatto fare una bella figura a Matteo. A dire il vero non ero vestita in modo particolarmente elegante, dato che la festa sarebbe stata a casa di quella tale, Sofia, e non in una discoteca. Mi ero truccata appena e avevo deciso di arrischiarmi indossando i tacchi ed una maglietta un po’ scollata. Non che volessi sembrare una PPTMZ, ma volevo fare la mia figura dato che Matteo mi aveva detto che la sua amichetta era davvero carina.

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Ero un po’ nervosa, lo ammetto, fingere di essere la ragazza di quel soggetto là non sarebbe stato facile per me. Feci un respiro profondo per ossigenare bene il cervello e dopo aver preso la mia borsetta di Chanel uscii calma di casa. Io e Matteo avevamo convenuto che saremmo arrivati alla festa insieme, con la sua moto, ma dato che i miei non avrebbero dovuto vederci, lui mi avrebbe aspettato davanti casa sua. Guardai l’orologio, erano le 22:50 ed io ero puntuale come al mio solito. A mamma avevo detto che sarei andata alla festa di una mia compagna di classe che abitava poco distante da casa nostra e papà non aveva protestato, finchè si trattava di stare in una “casa” per lui significava di conseguenza che ci sarebbero stati anche i proprietari, quindi adulti. Ovvero genitori. Quel giorno le bugie che avevo detto si erano sprecate. Mi venne da ridere, sicuramente a quella festa non ci sarebbe stato nessun genitore, ne ero più che convinta. Mi dispiaceva un po’ aver raccontato una balla a mamma, ma di certo non mi avrebbe mai mandata in moto con un ragazzo, a casa di una sconosciuta. Matteo già mi aspettava sul lato della strada, in mano teneva due caschi. Indossava una camicia nera e dei jeans blu avio, con le All Star dello stesso colore della camicia. I suoi occhi verdi spiccavano sull’abbigliamento scuro e sulla notte stellata. Devo ammettere che anche lui non era niente male.
-Ciao- salutò porgendomi un casco. Io ricambiai il saluto ma Matteo non mi fece aggiungere altro
-Grazie davvero… per ciò che stai facendo- affermò subito prendendomi una mano tra le sue. Mi guardò negli occhi e io arrossii di colpo ed abbassai lo sguardo fissandomi la punta delle scarpe.
-Stai tranquillo… anche tu quando ne ho avuto bisogno mi hai aiutato. Sai che non mi piace avere delle questioni in sospeso.- sdrammatizzai biascicando. Incrociai di nuovo i suoi occhi e lui mi guardò intensamente. In realtà non capivo perchè avesse chiesto proprio a me quel favore. Con tutte le ragazze che sicuramente gli sbavavano dietro, avrebbe anche potuto trovarsi una vera ragazza. Penso che le oche avrebbero pagato per passare una sera così con lui. Allora forse io… gli piacevo? Scacciai il pensiero dalla mia mente scuotendo testa: non dovevo illudermi, dato che era categoricamente impossibile. Noi eravamo solo amici, anche se spesso non capivo il perchè di certe sue decisioni, tanto che rimanevo perplessa. Mi socsse un pensiero orribile: sperai che non l’avesse fatto solo per levarsi uno sfizio… dato che aveva fatto colpo su tutte ma non su di me, adesso si voleva rifare…
Sorrise poi mi aiutò ad infilare il casco, in silenzio. Salimmo in moto ed io mi strinsi a lui per non cadere. Appoggiai la testa alla sua schiena muscolosa e sospirai. Sperai vivamente che Matteo non pretendesse che ci baciassimo. Ma mi ero già ripromessa che se lui avesse voluto farlo me ne sarei andata con una scusa. Forse per lui un bacio valeva l’altro… ma per me non era assolutamente così. Scacciai il pensiero. Non dovemmo poi viaggiare  a lungo, dato che dopo circa dieci minuti arrivammo davanti casa della famosa e già odiata Sofia. Scendemmo dalla moto insieme e io mi guardai intorno: casa di Sofia non era certo molto grande ma la festa si stava tenendo nel giardino, che era abbastanza spazioso. Matteo mi guardò titubante e imbarazzato, ma, davvero, io lo ero almeno quanto lui.
-Sei pronta?- chiese. Io annuii senza proferire alcuna parola e deglutii rumorosamente. Prima di suonare il campanello, però, mi prese per mano, intrecciando le sue dita alle mie. Sussultai sorpresa.
-Ma cosa…?- biascicai appena. Non riuscivo a credere a ciò che aveva appena fatto. Lui mi guardò colpevole e cercò di fare un sorriso, che gli riuscì abbastanza tirato
-Lo so- rispose in un soffio accorgendosi del mio sgomento. Ci mancava solo che prendesse la faccia “x’D”. –Ma se vogliamo andare fino in fondo…- continuò lasciando la frase in sospeso. Io distolsi lo sguardo da lui, tirai su il mento e raddrizzai le spalle. Se le cose si fanno, si fanno bene, quindi…
-E allora facciamolo- dissi, suonando il campanello con decisione. Diletta Rossi stava per andare all’attacco. Venne ad aprirci una ragazza non troppo alta, con capelli castani boccolosi ed occhi azzurri. Mi stava sul cazzo solo a guardare la sua espressione. Evviva i pregiudizi.
-Salve ragazzi!- esclamò con voce stridula. Se quella era Sofia, cosa che temevo, dovevo ammettere che non era brutta. Per di più era secca come un chiodo, anche se devo dire che la sua voce faceva davvero pena. La guardai dall’alto in basso e storsi il naso, dandomi un po’ di arie. Poi sorrisi in modo volutamente falso, del tipo “Perchè mi hai dovuto rompere le scatole proprio oggi con questa maledetta festa?”
-Ciao Sofia- fece Matteo confermando la mia supposizione. Si vedeva che lei era un po’ sorpresa di vederci insieme, ed io mi trattenni dal sogghignare. Mi studiò attentamente e in modo scettico per un po’, fin quando vide le nostre dita intrecciate e si trattenne visibilmente dallo sbruffare
-Non pensavo che sareste venuti- esclamò in modo a dir poco odioso, non avendo altro da dire e congiungendo le mani come per fare un applauso. Cara non ne abbiamo bisogno, perchè contrariamente a quanto pensavi, tu siamo qui! Pensai, ma mi trattenni dal dirlo mordendomi la lingua. Matteo alzò un sopracciglio visibilmente compiaciuto.
-Ti avevo detto che non saremmo mancati, e come sai, io mantengo sempre le promesse- constatò scandendo bene ogni parola. Pensai che alludesse a qualche episodio passato. Mi incuriosii. Sofia non rispose, ma si rivolse la sua attenzione a me, quale onore, e si presentò mentre ci conduceva in giardino.
-Ciao io sono Sofia- disse porgendomi la mano, come se non l’avessi già capito. Pensava che fossi tarda? Io la strinsi, non curante dell’occhiata obliqua che mi lanciò.
-Io sono Diletta, la ragazza di Matteo- sottolineai e sorrisi sorniona, con uno sguardo di una che la sapeva lunga sull’argomento.
-Matteo deve averti parlato molto di me- affermò poi. Io alzai le sopracciglia e assunsi un’espressione mortificata ed interrogativa
-Ti sbagli. Avrebbe dovuto?- chiesi in modo beffardo. Sofia rimase un po’ stupita ma si riprese
-Bhe si… perchè io gli piacevo alle medie!- esclamò come se nulla fosse scuotendo i capelli come se fosse stata una Star. Cocca qui la Star sono io chiaro? Mi interessai di più a ciò che diceva: avevo l’occasione di ricostruire i pezzi del puzzle, ma capii che, purtroppo, non era il momento adatto. Cominciai ad intuire perchè Matteo detestasse tanto Sofia…
-Bene!- esclamai fingendomi, se non contenta, quanto meno entusiasta. Lei ci rimase un po’ male: pensava forse che mi sarei messa a fare una scenata di gelosia? Pff
-Non sei gelosa?- chiese confermando la mia teoria. Che idiota, e me lo chiedeva pure! Quella il cervello proprio non ce lo aveva! Io scoppiai a ridere
-E perchè dovrei?- chiesi a mia volta – Il passato è passato e io so che adesso Matteo guarda solo me.- continuai sorridendo. Matteo mi avvolse in un caldo abbraccio e la mia pelle si scaldò. Sentii Sofia che balbettava
-V-vado ad accogliere altri ospiti.- si si, vai vai. Appena vidi che Sofia se n’era andata, io e Matteo ci staccammo, scoppiammo a ridere e ci battemmo il cinque. Uno a zero per noi ciccia!
-Sembra che ci creda!- esclamai compiaciuta e soddisfatta di me. Matteo sorrise
-Sei un’ottima attrice.- esclamò mentre gli brillavano gli occhi. Rimasi lusingata dalle sue parole e sorrisi. In seguito ballammo sempre appiccicati come due ventose e mi sembrò che la temperatura si alzasse leggermente di qualche grado. Era una giornata davvero molto calda e movimentata. I nostri corpi aderivano perfettamente e io, per non correre rischi, tenevo la testa appoggiata al suo petto muscoloso o alla sua spalla. A volte sentivo il cuore che sussultava un poco, ma il respiro era perfettamente regolare… Dopo un po’ decidemmo di metterci seduti, e notai che Sofia ci stava osservando in modo indagatore, così con straordinaria nonchalance, invece di sedermi sulla sedia vicino a Matteo, mi sedetti letteralmente sopra di lui, circondandogli il collo con le braccia. Non credevo che sarei stata capace di fare una cosa del genere. Lui sussultò stupito
-Ci sta guardando vero?- mi chiese piano. Io annuii impercettibilmente. Lui sorrise irritato –E’ peggio di un segugio… sta sera ci è sempre stata addosso, salvo quando suonava il campanello- sbuffò. Anche io me ne ero accorta, purtroppo. Ero sicura che Sofia fosse cotta di Matteo, si vedeva che gli faceva la cascamorta, ma non riuscivo ancora a capire il perchè del comportamento di lui. Non gli piaceva, l’avevo capito, ma lui non era il tipo che andava con tutte? Doveva esserci qualcosa di più… Cercai di riflettere, ma avevo scarse informazioni, così decisi che era inutile starmi a scervellare.
-Ma perchè..?- tentai un’ultima volta, sperando che infine mi desse qualche spiegazione in più.
-Che importanza ha?- rispose, poi tacque ed io non feci altre domande, dato che i nostri volti si stavano avvicinando troppo. Cercai di mantenere la distanza di sicurezza scansandomi e Matteo per fortuna mi assecondò. Tirai un sospiro di sollievo.
-Vuoi qualcosa da bere?- mi chiese poi, mentre ci alzavamo dalla sedia
-Si grazie, una…- cominciai, ma mi interruppe
-Coca cola, lo so- disse sorridendo. Wow, allora mi conosceva davvero bene. Risi. Mentre lo aspettavo, per mia sfortuna, Sofia venne a rovinarmi l’umore. Feci la faccia più antipatica ma accondiscendente che sapessi fare. Mi preparai a recitare
-Ti stai divertendo?- chiese, facendo la finta interessata, e guardando di qua e di là con gli occhi, probabilmente alla ricerca di Matteo. Io sorrisi cercando di sembrare sincera
-Certo! E’ una festa fantastica!- esclamai con finto entusiasmo. In realtà non vedevo l’ora di andarmene e di finire quella buffonata. Non sapevo quanto avrei retto ancora, dato che ogni volta che Matteo mi toccava era come sentire del fuoco sulla pelle, ed ogni volta era sempre peggio. Era un calore rassicurante, però, che mi spingeva in un mondo ovattato dove c’eravamo solo io e lui. Per questo non sapevo quanto avrei resistito ancora a sentire tutta quella scarica di sensazioni. Al diavolo quella confusione.
-Siete proprio carini!- esclamò con voce stridula l’ochetta, riferendosi evidentemente a me e Matteo. Mi distolse dai miei pensieri. Io sorrisi senza considerarla troppo e non risposi. Non mi andava di sprecare il fiato.
-Ma… se posso farti una domanda un po’ privata…- cominciò ed io deglutii aspettandomi di tutto. –Come mai non vi siete mai baciati?- chiese con fare angelico. Io cercai di non strabuzzare gli occhi e di non stramazzare a terra o boccheggiare. E adesso cosa diamine rispondevo? Saprai la prima stupidaggine che mi venne in mente, mentre Sofia sorrideva come un’ebete. Quanto avrei voluto levarle quell’espressione dalla faccia… pensava di vincere? Bhe, si sbagliava, io vincevo sempre.
-Non sei stata con noi tutta la sera…- constatai sperando vivamente che fosse così. Poi sorrisi e feci quello che solitamente faceva Athena quando parlava di lei e Fra: sorrisi ancora di più, poi mi passai la punta della lingua sul labbro superiore. Conclusi il tutto con una bella scrollata di spalle mimando un brivido. Sofia mi guardò e sorrise in modo falso, dopo di che, senza aggiungere altro, se ne andò. Senza pensarci un attimo andai di corsa a cercare Matteo per riferirgli ciò che era accaduto e quando lo vidi non gli diedi il tempo di dire nulla, che lo assalii prendendolo per un braccio e trascinandolo in un angolo del giardino lontano da occhi indiscreti.
-Siamo nella merda- esclamai. O meglio, lui ci stava, io no… Mi guardò incredulo così continuai –stava andando tutto bene, ma prima Sofia è venuta da me e ha fatto: “come mai non vi baciate mai voi due?”- cercai di rifare la vocetta odiosa di Sofia, mi riuscì piuttosto bene e Matteo strabuzzo stupito gli occhi –Io le ho detto che non è stata con noi tutta la sera ma credo che da ora in poi non ci leverà più gli occhi di dosso e addio messa in scena credibile!- conclusi infine concitatamente, tralasciando gli altri particolari, troppo imbarazzanti. Ma guarda tu che mi toccava fare per quello là. Matteo tacque per un attimo poi mi mise con le spalle al muro, avvolgendomi la vita ed insinuando le sue mani calde sotto la mia maglietta. Fui scossa da un brivido e Matteo se ne accorse. Mi vergognai di me stessa, ma non ero riuscita a trattenermi: era stato un gesto involontario, e non riuscivo a spiegarne il motivo. Forse era stata la sorpresa… non mi sarei mai aspettata un gesto simile.
-Non approfittartene!- esclamai con il fiato corto, dicendo la prima cosa che mi veniva in mente. Mi diedi della stupida.
-Scusami, non lo sto facendo- constatò deciso. Gli credetti, cosa altro potevo fare? Niente, ecco. Rimasi basita ancora per un attimo ma gli avvolsi il collo con le braccia: faceva tutto parte della recita no? Sentivo le sue mani sulla pelle nuda e capii che il sangue mi stava salendo al cervello. Il cuore accellerò i battiti. Questo fatto non mi piaceva per niente.  Si avvicinò pericolosamente al mio viso
-Che fai?- chiesi cercando di racimolare un po’ di buon senso, per poco che ne avessi. Lui mi guardò e sussurrò
-Ti fidi di me?- le sue labbra erano a pochi centimetri dal mio viso. Strabuzzai gli occhi e dietro le sue spalle vidi Sofia che ci fissava.
-Si- feci in un soffio. Sperai di aver detto la cosa giusta perchè vidi le sue labbra carnose che si avvicinava nodi nuovo. Matteo si avvicinò ancora, tanto che temetti che mi baciasse per davvero, ma alla fine posò le sue labbra sotto il mio labbro inferiore. Mi uscì un sospiro di sollievo: avevo temuto il peggio.

Pov Matteo

Insinuai le mani sotto la sua maglietta. Sapevo che non le avrebbe fatto piacere, ma ero sicuro che mi avrebbe perdonato. Era stato necessario, e poi era sempre lei che diceva che quando ci voleva ci voleva. Sussultò, evidentemente scocciata. Mi sentii in colpa quando fu scossa da un brivido. Dovevo farle proprio schifo… non che me ne importasse qualcosa, ma di certo non mi faceva nemmeno piacere. Per di più non me ne stavo approfittando, davvero, non l’avrei mai fatto, non ero quel tipo di ragazzo, non lo ero mai stato. Poi mi venne in mente la più che brillante idea, per darla a bere a Sofia, di appoggiare le labbra sotto la sua bocca, quindi mi avvicinai. Lessi nei suoi occhi la paura che la baciassi davvero e, in effetti, ad essere sincero, ero stato tentato di farlo, ma non potevo farle questo. Non volevo farmi odiare, soprattutto non dopo che era stata così gentile con me. Non capivo perchè le sue labbra mi sembrassero tanto invitanti, così rosee e piene…  Ora ero lì, ed era anche peggio delle altre volte, dato che le sue labbra erano proprio a pochissima distanza dalle mie… bastava che mi fossi spostato di qualche millimetro e… mi scossi quando mi accorsi di cosa stavo per fare. Non avrei mai dovuto lasciare libera la parte irrazionale ed impulsiva della mia mente. Ok, spesso lo facevo, ma quel giorno dovevo assolutamente evitarlo. Diletta non me lo avrebbe mai perdonato, e poi non volevo rovinare la nostra amicizia per una stupidaggine, solo per levarmi uno sfizio. Non sarebbe stato giusto nei suoi confronti… Quando fu passato un po’ di tempo mi staccai, sperando che la nostra messa in scena fosse stata credibile. La guardai e mi sorrise sollevata: era stata un’attrice davvero fantastica, meritava tutta la mia approvazione, e proprio per questo le avevo chiesto quel favore. Era una bugiarda di prima categoria, sapeva bleffare in modo fantastico. Non glie lo avevo chiesto perchè mi piaceva, vorrei precisare, assolutamente no! L’avevo fatto solo per convenienza, non per altro. Me lo ripetevo come un mantra, e in fondo sapevo e speravo che fosse vero. Dopo quest’ultima sceneggiata, sperando di essere riuscito a mettere a tacere Sofia, la riaccompagnai a casa: ne io ne lei saremmo più riusciti a reggere quella buffonata, ne ero certo. Quando arrivai davanti casa sua con la moto erano le due di notte. Sicuramente i suoi stavano dormendo, quindi non c’era alcun pericolo che la scoprissero con me. Appena scese dalla moto mi sentii in dovere di ringraziarla: mi aveva aiutato, e non aveva preteso da me alcuna spiegazione. Per fortuna, che imbarazzo sarebbe stato doverle spiegare tutto… non l’avrei mai fatto.
-Senti io… grazie davvero per tutto quello che hai fatto oggi… nessuno ti obbligava eppure… - cominciai. Ma lei mi interruppe imbarazzata e sorrise
-Va tutto bene. Sono…- esitò un istante –contenta di averti aiutato.- concluse. A quelle parole non mi trattenni dallo spalancare la bocca e la abbraccia. Diletta Rossi… mi aveva fatto un favore, e senza farmelo pesare. Era stato un giorno epico. Lei sussultò sotto la mia stretta ma si strinse lo stesso a me. Sentii che il calore che provavo sulla pelle quando la toccavo non era mai stato forte come in quel momento.
 

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Capitolo 23
*** Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi ***


Salve ragazze!! Eccomi qua con questo nuovo capitolo. Confesso, è un capitolo un po' strano, non è necesasrio per l'intreccio dellla storia, ma l'ho scritto per alleggerire un po' tutto il malloppo. E' un capitolo non troppo lungo, lo ammetto, ma per il prossimo ci sarà da aspettare un po' perchè devo ancroa copiare tutto il manoscritto, quindi ho preferito non farvi asepttare troppo. Il capitolo è abbastanza divertente, e strano, è composto da vari pov. Spero che non vi deluderà. Vi anticipo che il prossimo sarà più lungo e importante.
Saluti a tutti e garzie a chi recensisce.


Capitolo 23 Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi

Pov Diletta

Entrai in casa non fregandomene estremamente di essere silenziosa, dato che avevo la testa giusto un po’ tra le nuvole. Rischiai di inciampare con il tappeto arabescato dell’ingresso, e mi risparmiai un’imprecazione. Stavo rimuginando su ciò che era successo. Sembrava tutto così strano e surreale… come in una favola dal senso incomprensibile ed un po’ distorto. Forse era impossibile, ma in fondo (proprio in fondo) ero contenta di aver aiutato Matteo a dare una lezione a quella. Dopo tutto, non potevo negare che era diventato un mio caro amico…  e gli amici si aiutano sempre no? Io e Matteo eravamo diventati amici? Cavolo, non l’avrei mai detto. Ero sicura che lui avrebbe fatto lo stesso per me, e in parte già era stato così, per questo non mi ero pentita di ciò che avevo fatto. Accesi la luce, ma dovetti strizzare gli occhi per capacitarmi di ciò che stava succedendo. O meglio, di ciò che stavo vedendo. Mammina e papino erano svegli e mi aspettavano in soggiorno. Merda. Non era possibile, che mi avessero visto scendere dalla moto di Matteo? Ero sicura che stessero dormendo!
-Dove sei stata?- cominciò mio padre con fare autoritario. Cercai di riprendermi dallo stupore iniziale
-Ero… a una festa, lo sai.- biascicai, ed era vero, perchè sapeva che sarei andata ad una festa, glie lo avevo detto. Pensai che non potevano rimproverarmi per l’orario, dato che il copri fuoco era alle due e mezza. Ero arrivata con mezz’ora di anticipo. Si, il punto era un altro, Tremai per la paura, perchè ebbi la vaga sensazione di aver afferrato il motivo.
-Mi dici chi diavolo era il ragazzo che ti ha riaccompagnato in moto?- chiese infine mamma. Si stava scaldando. E ora cosa mi inventavo? Cercai di tirarla per le lunghe, rispondendo a domande che non mi erano state poste. Cominciai a strofinarmi le mani sulle gambe: gesto sbagliatissimo, poiché segnalava che ero nervosa o a corto di bugie. Ma questo i miei genitori, per fortuna non potevano saperlo.
-Mi sono fatta riaccompagnare perchè… ho perso l’autobus delle due e non volevo prendere quello delle due e venti- e su questo non potevano sindacare, perchè era vero che l’autobus passava ogni venti minuti –e  poi non c’era nessuno in giro e avevo paura…- conclusi. Ovviamente era una cazzata stratosferica, dato che io non avevo paura di niente e di nessuno. Presi l’aria di una ragazza innocente, ma purtroppo capii che quella spiegazione non glie era bastata, lo leggevo negli occhi di mamma.
-Chi era quel ragazzo?- domandò di nuovo papà, secco e lapidario, scandendo bene ogni singola parola. None ro mica sorda! E neanche stupida se è per questo. Pensai in fretta a trovare un’altra soluzione.
-Era… Jhonny- fu la prima idea che mi venne in mente. Jhonny era mio fratello maggiore, in realtà quello non era il suo vero nome, ma quando ero piccola l’avevo soprannominato così, in ricordo di uno dei miei cartoni preferiti, e ormai molti si erano dimenticati il suo vero nome. Abitava in un quartiere vicino il mio, e lo avevo nominato perchè anche lui aveva una moto, una Suzuki per altro, ed era alto con i capelli scuri. Per di più Matteo non si era levato il casco, per cui la mia bugia poteva non notarsi, per fortuna. Trattenni il fiato in attesa di una risposta. Mia mamma aveva un’ottima memoria come la mia, ma guarda tu, ed avevo paura che si sarebbe ricordata che la Suzuki di mio fratello era grigia, e non nera.

http://www.google.it/imgres?q=suzuki+moto+2011&um=1&hl=it&biw=1024&bih=605&tbm=isch&tbnid=6Sv7yQosmjaD-M:&imgrefurl=http://digipictures.wordpress.com/2011/01/&docid=ZUZuXkZU40WvCM&w=1024&h=768&ei=-zyQTv-TD8rKsgbb0-wb&zoom=1&iact=hc&vpx=555&vpy=212&dur=391&hovh=194&hovw=259&tx=164&ty=103&page=4&tbnh=111&tbnw=151&start=43&ndsp=15&ved=1t:429,r:8,s:43


Ma non successe, grazie al cielo; allora qualcuno che a questo mondo non mi voleva del male c’era! Mia mamma odiava le moto, e per lei erano sempre tutte uguali, e da quando mio fratello aveva comprato la sua, l’aveva guardata massimo  tre volte. Purtroppo pensai troppo presto di averla scampata.
-Non c’è problema, adesso lo chiamiamo.- constatò con molta calma papà. Mio padre era un uomo che, beato lui, non si infuriava mai, raramente accadeva. Di certo io non gli assomigliavo per niente, e spesso la sua calma mi metteva i nervi. Sussultai ma non cercai di controbattere. Avrei soltanto compromesso la mia situazione già orribile. Sperai vivamente che Johnny mi avrebbe retto il gioco. Ma proprio quel giorno papà doveva rimanere sveglio fino a tardi? E’ proprio vero, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi! Non avrei mai pensato che mi sarebbe potuta accadere una cosa simile. E mamma non lo aveva persuaso a fare il contrario! Anche lei sospettava qualcosa? Dovevo scoprirlo! In caso in cui mio fratello non mia avesse appoggiato, mi sarei dovuta preparare a rimanere imprigionata in casa per il resto della vita. In quel momento, come in poche altre situazioni in vita mia, ero impotente.

Pov Papà

Mi svegliai nel pieno della notte per andare a bere un bicchiere d’acqua. Prima di tutto, però, andai a controllare se Diletta fosse tornata. In camera sua ancora non c’era. Guardai l’orologio: erano appena le due. Aveva ancora mezz’ora di tempo per tornare. In realtà avrei preferito che il copri fuoco fosse rimasto all’una, ma non so davvero come era riuscita ad estorcermi un’altra ora e mezza. Anche mia moglie si svegliò, così scendemmo in cucina insieme. Ad un certo punto sentimmo il rombo assordante del motore di una moto. Chi diavolo poteva essere che disturbava la quiete pubblica a quell’ora? Mi affacciai alla finestra e quello che vidi mi lasciò basito, e con dell’amaro in bocca. Diletta stava scendendo da una moto, e in seguito il tipo con il casco la abbracciò. Fui leggermente tentato di prendere il fucile da collezione che avevo nel mio studio ed usarlo per la prima volta per altri scopi… Mi trattenni ed aspettai che la bambina rientrasse. Mi arrabbiai veramente: chi era quel ragazzo? E che ci faceva con lui la mia bambina? Quando Diletta rincasò cercai di incastrarla: questa bravata le sarebbe costata come minimo tre mesi di segregazione in casa. Non sapeva quanto fossero pericolose le moto. E se quel ragazzo avesse avuto delle cattive intensioni? Se fosse stato un teppista drogato? Non potevo nemmeno pensarci. Sperai vivamente che quel cocco non fosse stato il suo fidanzato segreto. Sarebbe stato meglio per entrambi. La mia bambina era troppo piccola per certe cose. Ed era troppo piccola anche per avere dei corteggiatori! In seguito, mentre la interrogavo, continuava a dire che il motociclista era suo fratello Jhonny, ma io non ci credevo: saremmo stati a vedere. Composi il numero e mi accorsi che Diletta era leggermente impallidita.

Pov Jhonny

Mi svegliai di soprassalto verso le due e un quarto di notte: il telefono di casa stava squillando. Chi poteva essere a quell’ora? Era successo qualcosa di grave? Cercai di non preoccuparmi prima di sentire cosa fosse successo. Mai fasciarsi la testa prima di aversela rotta. Forse era uno di quei ragazzini idioti del piano di sopra che facevano scherzi telefonici durante la notte. Pessimi giochi.
-Pronto?- risposi con voce assonnata.
-Jhonny sono papà- rispose dall’altro capo della cornetta la voce riconoscibilissima di mio padre. E adesso cosa era successo?
-Dimmi tutto!- esclamai, cercando di non tirarla per le lunghe. Era meglio se fosse arrivato dritto al punto.
-E’ vero che questa notte hai riaccompagnato tu tua sorella a casa?- chiese. What the fuck? Che diavolo aveva detto? Non sapevo nemmeno che Diletta fosse uscita quella sera… e che c’entravo io? Non sapevo cosa rispondere, sicuramente quella bugiarda della mia sorellina aveva detto qualcosa a papà di non vero per giustificarsi, tanto per cambiare… mentiva con tutti quando le pareva, ma con me no, quando sparava cazzate si vedeva un lampo che le passava sugli occhi. Non m’ingannava mai. Cercai di capire qualcosa di più sulla faccenda.
-Perchè?- chiesi io di rimando. Papà non rispose, sperai di non cacciare nei guai Dile, anche se mi avrebbe dovuto dare un mare di spiegazioni…
-Questa sera, come sai- se come no, rimasi in silenzio ad ascoltare –E’ andata a una festa. E’ tornata poco fa-  spiegò. Poco fa? Ma erano le due e un quarto di notte. I miei genitori la lasciavano tornare così tardi? La mia piccola sorellina… c’erano tanti pericoli in giro! L’avrei sgozzata quella ragazza, anche se di certo non potevo mettermi a fare il fratellone apprensivo, aveva quindici anni, doveva imparare a muoversi nel mondo… anche se per me, come per il resto della mia famiglia rimaneva sempre la “piccola” di casa. Comunque non dissi niente e lasciai che papà continuasse –Accompagnata da un ragazzo in moto. Una Suzuki, per essere precisi. E lei ha detto che eri tu. E’ vero?- chiese infine. Ora avevo capito la faccenda. Così quella sconsiderata di mia sorella si era fatta accompagnare a casa alle due di notte da… un tizio? E soprattutto: CHI era quel tizio? Il suo ragazzo? Dile non sarebbe mai stata tanto incosciente da salire in moto con uno sconosciuto. O forse si? No, non potevo crederci, mi rifiutavo categoricamente di dar credito a questa ipotesi. Probabilmente era il suo ragazzo, e io che non ne sapevo niente. O se non il fidanzato, di certo un amico STRETTO di cui si poteva fidare. Era una persona molto diffidente di solito. In conclusione: le avrei tagliato la lingua, così le avrei tolto la loquela e molto altro… Tutta via avrei pensato più tardi a chi potesse essere il ragazzo con la Suzuki e un modo per farla pagare alla bambina. Adesso dovevo pensare a rispondere a papà. Non potevo mettere nei guai Dile, dopotutto ero stato un ragazzino sconsiderato anch’io e ne avevo combinate di marachelle, forse anche peggiori delle sue, per cui non me la sentii proprio di lasciarla in balia delle punizioni di papà.
-Si, certo. E chi pensavi che fosse?- dissi, cercando di far sembrare il mio tono il più naturale possibile. Non mi piaceva mentire, ma se era necessario… di certo questo era un tratto che non avevo in comune con mia sorella! Per evitare altri guai diedi la buona notte a papà e misi giù la cornetta. Appena mi rimisi a letto non riuscii a riaddormentarmi, pensavo in continuazione a chi potesse essere quel ragazzo con la moto. Cominciai a riflettere: di certo aveva più di sedici anni, dato che a quattordici o quindici si poteva usare solo in cinquantino… mia sorella usciva con uno di sedici anni o di più? Si, l’avrei uccisa e di lei non sarebbe rimasto più niente, prima lei e poi il suo amichetto. Era troppo piccola per queste cose!? Continuai con i miei ragionamenti cercando di non pensare al resto. Una Suzuki… mi si accese una lampadina. A pochi metri da casa di mio papà abitava un ragazzo, il padre era avvocato, un tale… Santarelli, ecco come si chiamava! Quando era più piccolo mi aveva visto con la vecchia Honda che avevo e aveva detto che adorava le moto… tombola! Certo, non ne ero del tutto sicuro che fosse lui, ma c’erano buone possibilità che io ci avessi azzeccato. Tirai un sospiro di sollievo, era una bella famiglia quella, anche se il padre, che avevo visto poco, mi sembrava una persona alquanto fredda e rigida. Il figlio di certo non poteva essere un mal intenzionato… altrimenti avrei dovuto usare le mie tecniche di karate che non avevo più utilizzato da tanto tempo… i
miei ottanta chili mi sarebbero tornati utili. Un po’ risollevato, mi addormentai, ma mia sorella non l’avrebbe scampata così!

Pov Diletta.

Dopo aver tirato un luuungo sospiro di sollievo mi misi tranquillamente a dormire. Per fortuna il mio adorato fratellone mi aveva retto il gioco, altrimenti sarei invecchiata dentro la mia camera. Dormii tranquilla e profondamente, sognando tante avventure in un mondo fantastico, popolato di draghi, elfi e creature magiche, le creature dei miei libri preferiti. La mattina dopo mi alzai tardi, proprio all’ora di pranzo. Scesi in cucina in pigiama, ma mi accorsi troppo tardi che non c’era nessuno, solo… mio fratello con uno sguardo che non prometteva nulla di buono.
-Oh merda- riuscii a biascicare, prima di voltarmi di scatto e correre in camera mia. Lui mi rincorse ma io chiusi la porta in tempo. Volevo sopravvivere ancora per un po’, ero ancora giovane in fondo!
-Apri la porta- disse in tono perentorio di accusa.
-No!- Esclamai di rimando –Voglio vivere ancora per un po’- continuai. Sperai che non fosse veramente incazzato. In realtà non avevo mai visto Jhonny davvero arrabbiato, la tranquillità era una virtù che aveva ripreso da mio padre.
-Non ti ucciderò se risponderai alle mie domande.- concluse, conciliante. Un compromesso, ecco cosa voleva. Risvegliata del tutto dal torpore del letto aprii piano la porta e la lasciai aperta quel tanto che bastava per vedere gli occhi di mio fratello. Per fortuna la sua espressione era soltanto molto divertita, non c’era traccia di incazzature. Tirai un altro sospiro di sollievo.
-Chi era il tipo?- chiese senza tanti complimenti. Era molto diretto, come me.
-Un amico.- feci, vaga
-Dammi nome, cognome, data di nascita, codice fiscale, cittadinanza e stato civile.- cominciò a tempestarmi con le sue pretese. Volli accontentarlo, giusto per non avere rogne.
-Si chiama Matteo Santarelli, è nato il…- cercai di ricordare -27 Aprile mi pare… e ha diciotto anni.- scherzai, giusto per stuzzicarlo –per il resto, non posso risponderti- ma Jhonny non ascoltò la mia ultima frase dato che si era fermato alle parole “diciotto anni”.
-Tu esci con un maggiorenne?- chiese. Entrò di scatto nella stanza senza che io lo potessi fermare, non riuscii neanche a respirare che mi ritrovai il braccio destro dietro al schiena.
-Da quanto va avanti questa storia? Cosa avete fatto ieri sera? Sei uscita con lui invece di andare ad una festa come avevi detto?- fece con tono fintamente imbufalito. Io scoppiai a ridere
-Ti stavo prendendo in giro, non ha diciotto anni, ne ha sedici, e non è il mio ragazzo, non ci esco insieme! Mi ha riaccompagnato a casa perchè… non voleva che prendessi il bus delle due da sola.- inventai. Il braccio mi serviva per suonare il pianoforte, meglio salvaguardare la mia salute personale.
-Molto premuroso il ragazzo…- commentò, ma io feci finta di nulla: dovevo dimostrare di essere innocente. Il mio era un processo ingiusto…
-Non mi piace, io non gli piaccio, finita qui, siamo solo buoni amici.- Precisai.
-Meglio per te.- sottolineò Jhonny –perchè prima di avere un ragazzo, il tizio deve passare sotto il mio ceck-up… e deve essere promosso. E ti assicuro che non è facile!- concluse, facendo la faccia da sapientone. Io lo abbracciai: cosa avrei fatto senza il mio orsacchiotto?

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Capitolo 24
*** Ricerca ***


Buonasera atutti! Non vi ho fatto aspettare mkolto per questo nuovo capitolo vero? Si, confesso che anche io come voi, credo, nonv edo l'ora di arrivare al punto saliente della storia... allora, direi che questo capitolo è abbastanza interessante, e neanche breve. Volevo informarvi, però, che il prossimo capitolo (il 25) sarà quello che tutti stiamo aspettando, ma non pensato che sarà tutto facile per i nostri protagonisti... basta basta, mi devo cucire la bocca con una zip, parlo troppo!
Bene. Vi lascio al capitolo, spero come al solito che vi piacerà, mi raccomando recensite in molti. Buona lettura.


Capitolo 24 Ricerca

Pov Francesco

Durante l’ora di greco Matteo mi raccontò cosa era successo Sabato sera, di Diletta che l’aveva aiutato e di ciò che avevano combinato. Darla a bere a quella vipera di Sofia non era facile, ma loro ce l’avevano fatta. Avevo stuzzicato un po’ Matteo così che gli cavai fuori dalla bocca anche i particolari più hot. Quella messa in scena li aveva fatti avvicinare molto, ne ero convinto e la cosa mi faceva sorridere alquanto. L’avrei subito detto ad Athena, ma dovevo fare le cose con calma e non farmi scoprire: i due piccioncini non dovevano sapere che stavamo ancora complottando “contro” di loro. Mi venne un’idea geniale, un delle migliori che mi fosse mai venuta.
-Non credi sia il caso di ringraziarla?- chiesi sottovoce mentre la Marinelli spiegava il presente di un verbo strambo.
-L’ho già fatto. E poi se le serve qualcosa sa che ci sono- concluse in modo repentino. Non gli piaceva molto parlare dell’argomento “io e Diletta”. Il ragazzo non voleva collaborare con il mio piano? Bene, avrei dovuto usare le maniere forti.
-Matt ho lasciato il cellulare a casa, me lo puoi prestare per piacere? Dovrei fare un sms ad Athena, sono tre giorni che non ci vediamo.- chiesi. In parte era vero, non sentivo Athe da tre gironi, dato che ero stato indaffaratissimo con il torneo di basket e lei con la sua danza classica, e mi mancava molto. Ma il cellulare ce l’avevo, eccome! Non lo dimenticavo mai! Meglio, avrei risparmiato sedici centesimi, e Matt si sarebbe così sdebitato del favore che stavo per fargli.
-Si, tieni- fece senza indugi, porgendomi il telefono. Matt sapeva che ero un ragazzo molto sbadato e dalla memoria corta, ma non lo facevo allocco fino a quel punto… a l’amour l’amour, gli era andato in tilt il cervello, ne ero sicuro.
Chiesi il permesso di uscire alla Marinelli. Dato che mi adorava perchè le ricordavo il fratello da giovane (era zitella, chi se la sarebbe presa a quella!?) non fece storie e io uscii, dirigendomi in bagno. Entrai e mi richiusi la porta alle spalle. Prima di tutto misi in atto il mio piano:

Buon giorno bellissima, volevo ringraziarti ancora per avermi aiutato l’altra sera, non ho avuto l’occasione di sdebitarmi con te come si deve, ma ti sarò debitore per tutta la vita. Chiedimi ciò che vuoi e l’avrai.
Un abbraccio forte dal tuo Matteo.

Scrissi così, poi inviai l’sms dal telefono di Matteo, che si era salvato in rubrica il numero di Diletta. Muahahah! Stava andando tutto secondo i piani. Poi mandai un sms ad Athe

Tesoro mio posso chiamarti?

Dovevo spiegarle assolutamente tutto! Non passò che un minuto, quando mi chiamò lei.
-Tesoro! Non ho molto tempo, è già da un po’ che sto rinchiuso qui in bagno! Penseremo ai convenevoli all’uscita, ti aspetto al solito posto.- cominciai subito. Impazzivo dalla voglia di vederla! Ieri ci eravamo scambiati un bacio fin troppo fugace all’uscita, e dovevo ammettere che mi mancava.
-Dimmi tutto, ti ascolto- disse lei sottovoce. Le spiegai ciò che avevo fatto, intanto arrivò il messaggio di Dile in risposta.
-Ma tu sei semplicemente un genio! Ne parliamo dopo, hai fatto un lavoro fantastico! Che bella coppia che siamo! A dopo- e con questo finimmo la conversazione. Aprii il messaggio, curioso di sapere cosa avesse risposto Dile. Sperai di aver fatto la cosa giusta e di non aver fatto in modo che il loro rapporto già precario si guastasse.
Ciao! Figurati, anche tu mi hai aiutato senza esitare l’altra notte… ti devo questo e molto altro, quindi direi che siamo pari :D
A presto dal tuo Scricciolo (non azzardarti a chiamarmi così)
Strabuzzai gli occhi quando lessi il tutto. Il mio piano aveva funzionato, li avevo fatti avvicinare di più e magari avrei cambiato l’opinione che Diletta aveva di Matt. Almeno un pochino, così non avrebbe pensato che era soltanto un maleducato egoista, ma anche un ragazzo che sapeva ringraziare. Tutta via mi aveva lasciato molto perplesso la parte che diceva “anche tu mi hai aiutato senza esitare l’altra notte”. Cosa non mi aveva detto Matteo? Cosa era successo? Tornai in classe dopo aver cancellato con cura tutte le prove e pensai ad un modo per estorcere a Matteo delle informazioni.

Pov Diletta

 Il Martedì a scuola forse era anche peggio del Giovedì. Due ore di matematica e due di greco, in conclusione, una di storia con quella matta della Marinelli, che dalla faccenda del compito in classe mi detestava ancora di più. Per fortuna non mancava poi molto alla fine della scuola. Non vedevo l’ora che quel giorno arrivasse. Ero impegnata a risolvere un’equazione di matematica, quando mi arrivò un sms sul cellulare. Vidi il mittente: Matteo. Avevo memorizzato il suo numero nel telefono per… sicurezza, ecco tutto, non per altro. La cosa mi lasciò alquanto sorpresa.

Buon giorno bellissima, volevo ringraziarti ancora per avermi aiutato l’altra sera, non ho avuto l’occasione di sdebitarmi con te come si deve, ma ti sarò debitore per tutta la vita. Chiedimi ciò che vuoi e l’avrai.
Un abbraccio forte dal tuo Matteo.
Strabuzzai gli occhi. Questa proprio non me l’aspettavo. Stavo per far leggere l’sms a Sister quando chiese il permesso di uscire. Pazienza, glie lo avrei fatto vedere dopo. Intanto che l’aspettavo risposi:
Ciao! Figurati, anche tu mi hai aiutato senza esitare l’altra notte… ti devo questo e molto altro, quindi direi che siamo pari :D
A presto dal tuo Scricciolo (non azzardarti a chiamarmi così)

Inviai. Avevo messo l’epiteto “Scricciolo” perchè sapevo che l’avrei fatto ridere. Sotto sotto non mi offendevo così tanto quando mi chiamava così. In fondo, rispetto a lui ero davvero uno scricciolo. L’avevo iniziato a prendere come un nomignolo affettuoso e non mi aveva più fatto arrabbiare, così lui aveva perso il gusto a chiamarmici.
Quando Sister tornò, con dipinta sul viso un’espressione alquanto compiaciuta, le feci vedere il messaggio. Lei sorrise sorniona, null’altro, e io rimasi sbalordita per un po’, nel vedere che Athena non sembrava essere stupita, anzi mi pareva che fosse a conoscenza di tutto. Conoscendola, infatti, era un fatto estremamente strano. Dopo un po’ di riflessioni lasciai perdere, non aveva senso arrovellarsi, tanto prima o poi avrei trovato le risposte che cercavo. Prestai ascolto alla lezione, che non sembrava più così noiosa. Dopo l’intervallo, accadde un fatto che più che lasciarmi perplessa, mi fece restare davvero molto scioccata, in modo negativo, s’intende Andai in bagno per lavarmi le mani sporche del blu della penna e mentre passavo davanti a una delle porte delle toilet, sentii dei risolini emozionati. Probabilmente era qualcuno che organizzava qualcosa al telefono o chissà cos’altro. Cercai di non immaginarmi nulla, ma ciò che sentivo poteva far pensare soltanto ad una cosa… scossi la testa e mi lavai le mani, e stavo per tornarmene in classe quando una porta si aprì. Vinta dalla curiosità di vedere di chi fossero quei risolini, entrai in una toilet ed accostai la porta. Ok, forse non avrei dovuto, ma ero davvero troppo curiosa… quello che vidi, però, mi fece strabuzzare gli occhi ne rizzare i capelli in testa. C’erano Claudia e quel tale Ludovico che si stavano baciando, ma la cosa che più mi lasciò scioccata, era che lei non portava la maglietta e, ad aggravare la cosa, mi accorsi ch i suoi jeans erano slacciati. Cristoforo Colombo, non avevano neanche diciassette anni! Non si vergognavano nemmeno un po’? Mi voltai per non guardare altro ed aspettai che se ne andassero. Quanto mi sarebbe piaciuto se qualcuno (leggete preside) li avesse beccati, Mi chiesi quanto cavolo erano incoscienti, io di certo non l’avrei mai fatto. Chiunque avrebbe potuto vederli poi, e i guai che avrebbero passato sarebbero stati irreparabili… affari loro, conclusi. Me ne ritornai in classe tenendo la cosa per me. Pensai a Ludovico che ci aveva provato con Francy in discoteca mi dispiacque per lei, che forse aveva pensato di aver trovato un bravo ragazzo. Per fortuna, sapevo che non si era illusa, era una che rimaneva con i piedi per terra, beata lei. Io invece mi illudevo ogni volta che succedeva qualcosa che mi faceva piacere… ma non sarebbe più successo, Cribbio, l’avevo giurato. A fine lezione tornai svogliatamente a casa a piedi. Il sole era così caldo che prima di arrivare mi ero già scolata due bottiglie d’acqua. Entrai in casa stanca morta e trovai un bigliettino sul tavolo:

Abbiamo un incontro con il sindaco per un affare importante. Ti abbiamo lasciato la carne sulla padella, non serve che la scaldi. Se vuoi la pasta, arrangiati. Torniamo questa sera prima di cena. Per qualsiasi cosa chiama Jhonny, noi abbiamo il cellulare spento
mamma e papà

Sospirai: in questi ultimi giorni rimanevo sempre da sola, anche se sapevo che per i miei genitori al fine del mese, era sempre un corri corri da un appuntamento a un altro. Spesso però era un sollievo rimanere da sola, almeno mi veniva concessa un po’ di tregua dalle loro fisse e dalle loro pretese, e potevo fare quello che mi pareva. Sorrisi, contenta della mia libertà e apparecchiai per me soltanto. Aprii la credenza per prendere il pane, quando vidi i croccantini del mio gatto. Ora che ci ripensavo, mi accorsi che erano tre giorni che non tornava a casa: non era mai stato lontano da me per così tanto tempo. Il mio gatto si chiamava Wladimiro, detto Waldo, nome alquanto strambo, datogli in ricordo di un gatto molto intelligente che portava il suo stesso nome. Aveva quasi sei anni, precisamente li compiva l’11 di Luglio. Era di razza europea e aveva gli occhi verdi smeraldo come quelli di Matteo. Era tanto, tanto buono, soprattutto con me, e lo consideravo come un secondo fratello. Eravamo praticamente cresciuti insieme, quando ero piccola era il mio unico amico e gli confidavo i miei segreti perchè sembrava capisse davvero tutto ciò che gli dicevo. Un anno l’avevo portato a scuola ed era stato bravissimo. Gli piaceva ascoltarmi suonare il pianoforte e in famiglia lo consideravamo come una persona. Lui era il mio amore. Non ricordavo neanche tutti i nomignoli affettuosi che gli avevo appioppato da quando mio fratello me lo aveva portato, ancora cucciolo e malaticcio. Mi seguiva ovunque andassi, sembrava un cagnolino invece che un micio. In estate, quando era più caldo, dormiva in giardino e stava più spesso fuori, ma all’ora dei pasti tornava sempre a mangiare. Innumerevoli erano le avventure che avevamo passato io e lui, non basterebbero cento pagine per raccontarle tutte. Gli dovevo davvero tanto. So che sembra strano ciò che scrivo, so che mi fa passare da matta, ma quello che c’era tra me e lui era qualcosa di veramente speciale. Uscii di corsa si casa
-Waldo! Waldo! Tesoro dove sei?- cominciai a chiamare. Niente. Mi preoccupai ancora di più, dato che ogni volta che lo chiamavo correva subito da me. Mi allontanai da casa e continuai ad urlare il suo nome. Nulla. Gli occhi mi si riempirono di lacrime: era tutta colpa mia! Avrei dovuto stare più attenta a lui, avrei dovuto accorgermi che non era tornato già due giorni fa. Ma era meglio non fasciarsi la testa prima di averla rotta… magari si era solo allontanato un po’.
-Ciao Dile- mi voltai si scatto quando sentii pronunciare il mio nome. Era Matteo, ma io lo salutai appena, senza dargli molta considerazione, continuando a chiamare Waldo. Se l’avessi perso non me lo sarei mai perdonato.
-Chi stai chiamando?- mi chiese, curioso. Mi fermai e, disperata, mi gettai tra le sue braccia. La paura mi aveva levato la capacità di pensare con razionalità. Lui mi strinse forte, come sempre d’altronde, e il mio cuore sussultò. Lo ignorai.
-Ehi, cosa c’è? Che è successo?- chiese ancora, premuroso. Tirai su col naso, cercando di trattenere le lacrime. Non avrei pianto, non davanti a lui. Mi rimaneva ancora un po’ di orgoglio.
-Sto chiamando il mio gatto, sono tre giorni che non torna, ho paura che…- ma non riuscii a terminare la frase perchè la voce, da ferma che era, si incrinò; così rimasi in silenzio.
-Ti aiuterò io, e lo troveremo, te lo giuro!- esclamò deciso. E io volli credergli.
-Come si chiama?- continuò.
-Wladimiro, ma tu chiamalo Waldo- feci, con la voce di nuovo ferma. Questa volta cominciammo a cercarlo con criterio, prima nel mio giardino, poi allontanandoci sempre di più da casa mia. Matteo era molto paziente, non si perdeva mai d’animo e ogni volta che lo guardavo mi sorrideva. Dopo un’ora di ricerche inutili gli dissi
-Grazie di tutto, ma torna a casa, sono le due e mezza, dovrai ancora fare pranzo, e tua madre si starà preoccupando. E poi… non voglio disturbarti oltre.- conclusi. Avrei capito se ne fosse voluto andare, anche io stavo morendo di fame, ma non mi importava. Lui strabuzzò gli occhi e mi prese le mani tra le sue.
-Non devi dirlo neanche per scherzo- sussurrò. Vampate di caldo mi percorsero il corpo, non solo le mani. La situazione stava degenerando più in fretta di quanto pensassi, solitamente sentivo caldo solo nel punto in cui lo toccavo, questa volta in tutto il corpo. Tutto ciò mi confuse, ma cercai di mettere da parte i miei pensieri, dovevo solo pensare a trovare Waldo.
-Ti aiuto con piacere, lo sai, è questo che fanno gli amici. Ho tutto il tempo del mondo… per te. E’ il minimo che possa fare dopo il favore che mi hai fatto- concluse. Mi spostò una ciocca di capelli dal viso e restammo in silenzio. In quel momento capii che niente era più come prima e nonostante tutto, nonostante avessi cercato con tutte le mie forze e con tutta la mia volontà di allontanarlo da me, non ero riuscita ad impedire tutte le cose che erano successe. A volte penso che il nostro destino non dipenda del tutto da noi. Me ne rammarico spesso.
-Ti ho promesso che lo troveremo, e ti assicuro che sarà così, perchè come ho detto a Sofia, io mantengo sempre le promesse!- esclamò convinto. Così, animati da una nuova speranza, continuammo a cercare il cucciolo. Dopo altri tre quarti d’ora  di ricerche vane, ci sedemmo sfiniti sulla prima panchina che ci capitò di vedere. A quell’ora era così caldo che non si riusciva a respirare. Bevvi tantissima acqua da una fontanella e dissi
-Se tu fossi un gatto trattato da re, amato come un fratello, mi dici quale diavolo sarebbe il motivo per cui dovresti scappare di casa?- chiesi stremata. Non riuscivo a pensare ad altro: la fuga. In questi ultimi giorni gli impegni mi avevano tenuta lontana da lui e forse se n’era andato per questo.
-Bhe- cominciò Matteo pensieroso e detergendosi il sudore dalla fronte -se è vero quello che mi hai detto io…- poi si illuminò – non scapperei! Forse potrei rimanere rinchiuso da qualche parte…- concluse titubante. Si levò la maglietta e rimase con la canottiera: quanto era sexy in quel momento lo sapevo solo io… Distolsi lo sguardo dal suo fisico scolpito per riflettere: nel nostro piccolo quartiere, dove non c’era l’ombra di un apparecchio elettronico, di un bar o di un cinema e quant’altro, dove poteva rimanere incastrato un gatto di tre chili e mezzo? Era esclusa l’ipotesi dell’avvelenamento, dato che tutti nel nostro quartiere tutti adoravano, o quantomeno tolleravano gli animali. E se qualcuno me l’avesse preso?
-Ma… l’hai cercato in casa?- mi chiese Matteo, dando per scontato che l’avessi fatto. Strabuzzai gli occhi e compresi tutto
-La cantina!- urlai di colpo battendomi una mano sulla fronte. Quanto ero stata idiota… Matteo mi guardò interrogativo e io spiegai velocemente
-Io non ho cercato Waldo in casa! Ho dato per scontato che fosse uscito fuori, ma può darsi che, con questo caldo, si sia rifugiato in cantina, dove è fresco, e li ci sono le buste dei suoi croccantini!- Ci fiondammo di corsa a casa mia, lungo il tragitto feci una storta e caddi sull’asfalto, sbucciandomi un ginocchio. Me ne infischiai, e sebbene la ferita mi tirasse mi rialzai da sola e continuai a correre.
-Tutto bene?- mi chiese Matteo. Io annuii senza aggiungere altro. Entrai in casa, scesi al piano terra e spalancai la porta della cantina: vidi che un batuffolo di pelo era rannicchiato dentro uno scatolone vuoto, i croccanti erano sparsi per terra, e anche altre cose. C’era una puzza terribile. Me ne infischiai dello sporco, avrei pulito tutto più tardi, e presi di slancio in braccio il mio gattino, raggiante di felicità. Come diavolo aveva fatto mamma a non accorgersi della sua presenza? Era vero che la cantina d’estate veniva aperta raramente, ma…
-Eccolo il mio Fusalento!- esclamai con voce dolce. Il soprannome idiota glie lo avevo appioppato qualche tempo prima, perchè era un gatto che faceva molte fusa senza mai fermarsi e quando il veterinario cercava di oscultarlo, doveva sempre tappargli la bocca. Lo accarezzai ripetutamente: sicuramente, più che affamato, era molto assetato. Saliti di sopra diedi subito dell’acqua a Waldo, che assetato, bevette come un cammello. Lo accarezzai ripetutamente mentre Matteo mi guardava intenerito.
-Non credi sia il caso di disinfettare quella ferita?- mi disse. Mi guardai il ginocchio: di sbucciature come quella ne avevo avute a centinaia; potevo aspettare.
-Lo farò- promisi. Erano quasi le quattro, e Matteo doveva tornare a casa. Sperai di non averlo messo nei guai, così gli saltai praticamente addosso per ringraziarlo. Lui mi sollevò sorprendentemente da terra e mi fece girare.
-Grazie di tutto, davvero, grazie.- esclamai euforica. Lui sorrise calorosamente.
-Sono contento per te, e sono felice di averti aiutato- disse, tenendomi ancora stretta e non lasciandomi andare. Mi scaldai, ma ero troppo felice per accorgermene.
-Se non fosse stato per te… non so dove sarebbe il micio ora, grazie davvero-  dissi. Ridemmo insieme. –Spero di non averti messo nei guai…- continuai, ma lui mi mise un dito sulle labbra facendomi inspiegabilmente avvampare.
-Oggi a casa mia non c’era nessuno, stai tranquilla- mi rassicurò. Gli schioccai un bacio sulla guancia ed infine se ne andò. Guardai Waldo, e pensai che, se non volevo che mamma mi uccidesse, era ora di andare a pulire il macello che il Fusalento aveva combinato.

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Capitolo 25
*** Sorpresa! ***


Salve ragazze!! Si, lo so che sono in terribile ritardo, ma sono stata troppo impegnata in questi giorni, me ne succedono di tutti i colori, e sebbene avessi il capitolo già scritto, non ho trovato un minuto per ricopiarla al pc.
Ma adesos mi faccio perdonare, con questo vcapitolo atteso da tutti suppongo, anche molto lungo. PEnso che dopo 24 capitoli di agonia, sarete tutte contente si sapere quello che succederà, ma vi avevrto: la storia non è finita qui e ci saranno ancora moltissimi capitoli da postare, quindi continuate a seguirmi
Ringrazio tutte le persone che mi recensiscono e solo quelle che mi seguono (86 *____*) garzie davvero di tutto
Saluti


Capitolo 25 Sorpresa!

PoV Diletta

Due giorni dopo. (Giovedì 26 Maggio)
-
Oi Sister oggi pomeriggio andiamo a fare Shopping in centro?- mi propose Athena a fine delle lezioni entusiasta. Io non esitai
-Certo che si!- risposi. Anche se il mio guardaroba era più che ben fornito, mi avrebbe fatto piacere passare un pomeriggio con lei.  E poi… di fare shopping non ne avrei mai avuto abbastanza. Per di più sarebbe stato un peccato rimanere in casa durante quella stupenda giornata do fine Maggio. Decidemmo di incontrarci nella piazza centrale alle 16:00 del pomeriggio e al diavolo i compiti, tutte e due eravamo stremate dalla scuola, e non ce la facevamo più. In quei giorni, poi, Sister era particolarmente giù di corda dato che Francesco si era preso una “settimana Sabbatica”: era partito con la sua famiglia in traghetto e avrebbero visitato la Croazia e la Grecia. Che fortuna, i miei genitori non mi avrebbero mai fatto saltare una settimana di scuola così, di punto in bianco. Sarebbe stato troppo bello per essere vero. Per questo dovevo stare particolarmente vicina ad Athe. Ieri Fra era partito e lei già ne sentiva terribilmente la mancanza. Per quanto riguardava me, bhe, non c’erano molte novità da raccontare riguardo a quello che era successo durante due giorni: era rilevante solo il fatto che da quando Matteo mia aveva aiutata con Waldo, ogni volta che ci incontravamo, sia per i corridoi della scuola sia per la strada, ci salutavamo sorridendo. Non avevo avuto più modo di parlarci faccia a faccia… ma avevo accettato di buon grado la seconda richiesta di amicizia che mi aveva inviato su face book. Per i resto, era tutto dannatamente monotono.
Mi vestii in fretta, dato che mi ero appisolata come una pera cotta sul letto.

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Mancavano soltanto dieci minuti alle 16:00 ed io ero in orribile ritardo. Presi il cellulare e il portafoglio ed uscii di casa. Tanto per complicare le cose, l’autobus era anche in ritardo. Volendo mi sarei potuta far accompagnare da Mauro, il mio autista, ma non volevo che la gente mi vedesse mentre scendevo da una macchina oltremodo costosa, accompagnata dal mio autista personale. Non volevo darmi arie, e non volevo attirare l’attenzione su di me, ecco. Arrivai dieci minuti dopo l’orario prestabilito, tuttavia il mondo non finì, dato che Sister arrivò cinque minuti dopo di me. Tanto per cambiare.
-Siser Uccia!- la salutai sorridente. Lei mise il labbro inferiore all’infuri, sconsolata.
-Sister abbracciami, sono triste!- fece con voce piagnucolosa. Io la abbracciai, anche se sinceramente cominciava un po’ ad abbottarmi con la storia che era depressa. Capivo che Fra le mancasse, ma l’avrebbe rivisto tra qualche giorno, non tra anni, e poi si messaggiavano in continuazione, quindi a nessuno dei due mancava modo di sentire l’altro. Per di più, Fra era molto premuroso con lei, e di certo non le faceva mancare l’affetto di cui aveva bisogno. Comunque non dissi nulla. Passammo per qualche negozio, ma vedevo Athena annoiata ed assente, tutto quello che le facevo vedere non le piaceva, ed era piuttosto silenziosa e di poca compagnia. Infine, davanti ad un negozio di Liu Jo mi fermai, scocciata, e sbuffai
-Sister scusa se te lo dico, ma che palle! Mi dici che diavolo hai?- lei si riscosse dai suoi pensieri al suono della mia voce poco amichevole.
-Che ho? Nulla, a parte il fatto che Fra mi manca in modo impressionante… non posso pensare di stare senza di lui per sette giorni…!- cominciò. Io mi alterai un poco
-Lo so, ma io ce la sto mettendo tutta per farti divertire, quindi mettici almeno un po’ di finto entusiasmo, giusto per farmi contenta.- controbattei. Era una questione di principio.
-Lo so, lo so…- continuò, ma io la interruppi
-E poi me lo hai chiesto tu di venire con te a fare shopping, quando sarei potuta andare a studiare greco con Francy. Dimostrami almeno che quello che faccio non ti è indifferente. Per di più un “grazie” non fa mai male. Spero che domani io non venga interrogata, altrimenti sono guai, non ho studiato. E ho fatto tutto per te, quindi…- lasciai la frase in sospeso per fare più effetto, rincarando la dose. Oltre a tutto, mi veniva anche a fare la scocciata? Eh no cara!
-Hai ragione ma… innanzi tutto nessuno ti ha obbligato a venire, potevi rintanarti benissimo a studiare- cominciò e io mi morsi la lingua per tacere, cercando di ricordarmi che era triste –e poi… lascia perdere, tu non puoi capire.- concluse con occhi trasognanti. Questa volta mi inviperii davvero
-Io non ti capisco eh?- cominciai, cercando di non gridare –hai ragione, ti capisco solo quando devo aiutarti a studiare latino e greco, quando devo tirarti su di morale o quando devo pararti il culo perchè ti sei andata ad infrattare con il tuo amichetto! Ti capisco solo quando ti fa comodo!- sbottai. Questa volta non la passava liscia proprio per niente. Non era aria, la monotonia mi metteva di cattivo umore, poi io ce la mettevo tutta per farla divertire e a lei non andava nemmeno bene. Che scocciatura.
Lei mi guardò
-Non volevo dire questo, ma intendevo che se anche tu avessi un ragazzo, allora potresti capire quanto mi manca- spiegò paziente, con tono di condiscendenza, come si fa con una bambina sciocca e capricciosa che non capisce come vada il mondo.
Il suo tono di voce mi stava facendo venire i nervi.
-Già. Ma il ragazzo non ce l’ho, quindi dovrai essere piuttosto comprensiva con me.- dissi sarcastica e con un tono acido. Lei sospirò spazientita: ah, era lei quella che doveva sentirsi in dovere di essere offesa vero?
-Bhe, questo dipende solo da te, Matteo ti sbava dietro e tu ricambi, ma hai i prosciutti sugli occhi e fai come se nulla fosse… sei senza speranza.- concluse scrollando la testa e le spalle.
Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso
-La vuoi smettere di ripetere che io e Matteo ci piacciamo? Lo fai solo perchè ti sei fissata sul fatto che dobbiamo metterci insieme- alzai la voce – ma non lo farò! Non perchè me lo dici tu!- esclamai decisa. Era ora di farla finita con questa farsa, con questa storia assurda.
-Guarda che io lo faccio solo per il tuo bene!- disse Athena sbattendo i piedi per terra stizzita
-Il mio bene?- sbraitai, incapace di trattenere le mie emozioni, perchè ormai ero esplosa –Cosa ne vuoi sapere tu – e sputai quel “tu” –di quello che è bene o no per me?- cominciò a tremarmi leggermente il labbro inferiore –e se davvero volessi il mio bene, la smetteresti di rompere le scatole con questo affare!- esclamai, sicuramente rossa in volto. Lei cominciò a lisciarsi le pieghe della maglietta. Aria, che si incavolasse pure, non mi faceva paura e poi, ero io ad aver ragione.
-E invece io non la smetto!- sbraitò a sua volta –Perché tu hai la testa talmente dura, e sei così orgogliosa, che senza il mio aiuto non ammetteresti mai che Matteo ti piace!- concluse così il suo monologo.
Io non mi scomposi, ma cominciarono a tremarmi le dita della mano destra. Brutto segno, significava che stavo per diventare una persona poco civile, e se non fosse stata Athena, mi sarei messa a picchiarla.
-Ah, ho visto come mi è servito il tuo aiuto! Per me potresti anche risparmiarti la fatica di farti i cazzi miei!- esclamai convinta e furibonda. Affondata.
-Sai che ti dico? Hai ragione- cominciò lei sorridendo. Ovvio che avevo ragione, dubitava? –L’idiota che ti ha sempre aiutata sono stata io, dovevo lasciarti stare anche quando stavi triste… per i fatti tuoi, e avrei dovuto fregarmene. Si, credo che mi risparmierò la noia di starti dietro e di ascoltarti la prossima volta!- concluse credendo infine di aver vinto. Ma si sbagliava
-Farai un piacere a tutti.- constatai compiaciuta, con voce finalmente calma.
Lei alzò un sopracciglio
-Sei solo una bambina, una bambina non matura che non sa accettare ciò che le accade intorno.- Mi insultò. La rabbia che avevo covato dentro rischiava di tornare di nuovo a galla: detestavo che mi si desse della bambina, non a me, non dopo tutto quello che avevo passato. Strinsi i pugni per non dimostrarmi ferita sia nell’animo sia nell’orgoglio e le labbra e i denti continuarono a tremare convulsamente.
-Comunque meglio essere una bambina piuttosto che una persona ipocrita e sciocca come te- sputai sprezzante, con le dita percorse da scosse elettriche, e con questa ultima uscita che mi fece guadagnare parecchi punti, ma furente, voltai le spalle a quella non riconoscevo più come mia migliore amica.
Cominciai a camminare veloce senza guardare dove andassi e mettessi i piedi, finchè qualcuno mi salutò.
-Oi Dile!- mi voltai verso la voce che non avevo voglia di identificare: era Matteo. Venne verso di me con un sorriso raggiante ma si accorse del mio stato d’animo e mi guardò dubbioso e preoccupato. Io senza preavviso, e indubbiamente, senza pensarci o fornirgli alcuna spiegazione, appena mi fu vicino, mi buttai su di lui gettandogli le braccia al collo e stringendomi a lui. Matteo rimase stupito dal mio gesto, così come io stessa, ma non avevo saputo che altro fare. Constatai che ultimamente lo stavo abbracciando un po’ troppo volte, non volevo diventasse un’abitudine…
Lui mi stinse a se in silenzio senza fare domande: sapevo che mi avrebbe capita.
Le labbra e i denti continuarono a tremarmi ancora per un po’, e tra le scosse causate dal nervosismo per quello che era successo e il calore del corpo di Matteo contro il mio, lo ammetto, mi andò un po’ in tilt il cervello. Tuttavia dopo aver ascoltato per un po’ il battito regolare del suo cuore mi calmai abbastanza da poter riuscire a da articolare in discorso coerente e sensato. Alla fine mi staccai da lui che mi guardò negli occhi: i suoi verdi catturarono inevitabilmente i miei.
-Che cosa è successo?- mi chiese. Fui sul punto di rispondergli dicendo tutta la verità, accorgendomi del potere che i suoi occhi avevano su di me. Rimasi davvero sbigottita da questa consapevolezza, così abbassai lo sguardo per non rischiare e tacqui. Lui non si diede per vinto, e mi tirò su il mento con una mano, in modo deciso. Rimasi oltremodo stupita da quel gesto.
-Guardami e rispondi- mi intimò. Io sospirai e lo guardai: era bello come non l’avevo mai visto.
-Ho litigato con Athena e di brutto anche… non credo che faremo pace, non tanto presto almeno. O forse per niente…- cominciai pessimista, ma lui non mi lasciò concludere.
-Non dire così. La vostra è una bella amicizia. Sarebbe un peccato romperla.- constatò saggio. Ma se era per questo, ci ero arrivata anche io.
-Già… era…- sorrisi triste. Lui mi sorrise incoraggiante.
-Se posso chiedere… come mai avete litigato?- fece, cominciando a passeggiare. No tesoro, era meglio se non mi avessi chiesto nulla. Non potevo di certo dirgli che uno dei motivi del nostro litigio era proprio lui, ma non potevo nemmeno starmene zitta, per cui raccontai  una semi verità.
-Lei mi usa per quello che le fa comodo. Ma non è solo per questo, sono vari i motivi- cercai di spiegarmi andando sul vago.
-Non credo che sia così.- disse – Spero che farete pace in fretta.- mi augurò in fine, ma non sapevo se sarebbe stato lo stesso per me… ero stata ferita nell’orgoglio, e quella ferita non si sarebbe rimarginata in fretta, e la cicatrice sarebbe sempre rimasta.
-Ehi ma perchè tremi? Hai freddo? Hai bisogno di qualcosa?- mi chiese Matteo un po’ preoccupato accorgendosi dei miei tremolii. Mi riscossi dai miei pensieri
-E’ solo il nervosismo…- spiegai un po’ imbarazzata: era una mia debolezza. Lui sorrise furbo, ed ebbi un brutto presentimento.
-Vieni, ti porto in un posto davvero rilassante- mi invitò. Io non riuscii a protestare perchè in fretta mi prese per mano e mi condusse con se. Arrossii violentemente ma non dissi nulla.
Camminammo per un po’ fino a quando alla nostra destra apparve un parco con molti alberi. Mi guardai attorno e subito il posto mi sembrò bellissimo: c’erano piante ovunque, tutto il prato era verde ed incontaminato. C’era poca gente. Sorrisi: eravamo nel luogo giusto. Ci inoltrammo un poco nella boscaglia e quando entrammo in una piccola radura baciata dal sole, io mi gettai a terra sull’erba ed allargai le braccia. Chiusi gli occhi, inspirando profondamente l’aria fresca, contenta. Mi sembrava di stare nella foresta di cui spesso si narra nelle fiabe. Il sole mi illuminò il viso e sorrisi: era una sensazione che adoravo. Aprii gli occhi e guardai Matteo che si era steso su un fianco vicino a me. Mi stava guardando.
-Grazie per avermi portato qui. Questo posto è… davvero stupendo.- conclusi. Matteo si avvicinò al mio viso, titubante. Sembrò perplesso, aprì la bocca per dire qualcosa, ma  tacque per un po’, finchè si decise:
-Già, stupendo… come lo sei tu.- disse. Le sue prole mi colpirono nel profondo, lasciandomi annichilita, e lusingandomi al tempo stesso.
Matteo si avvicinò e posò una mano sulla mia guancia. Sussultai leggermente, ma lui non se ne accorse. Il mio buon senso se ne stava andando piano piano… 
Spostati Diletta! Sai che è la cosa giusta da fare! Dai retta al tuo cervello!
Vocine inutili mi rimbombarono in mente. Sapevo di doverlo rifiutare, di dovermi scansare, ma quel giorno, quel maledetto Giovedì 26 Maggio, qualcosa mi inchiodò lì, stesa a terra ed immobile sul prato. Matteo si avvicinò ancora, finchè le nostre labbra quasi si sfiorarono. Non avevo la capacità intellettuale di muovermi, solo chiusi gli occhi.
Ti prego, non farlo… ma le mie suppliche silenziose vennero trasportate via dal vento, dato che infine Matteo appoggiò le sue labbra sulle mie. Fui percorsa da un brivido, ma non riuscivo davvero a rendermi conto di ciò che stava succedendo.
Matteo dischiuse le labbra e così feci anche io, sentendo in bocca tutto il suo profumo. Presa da un’inspiegabile voglia nuova e desiderosa di sentirlo più vicino, gli presi due lembi della maglietta e lo attirai a me. Non so cosa capì lui, ma dopo neanche un secondo me lo ritrovai sopra mentre mi circondava la vita con le sue braccia muscolose. I nostri corpi aderivano in modo perfetto. Gli infilai le mani tra i morbidi capelli, le nostre bocche cominciarono a muoversi all’unisono. Non mi sembrava vero, tutto questo non poteva essere reale. Il mio corpo era caldo e dentro di me sentivo uno strano calore, strano si, ma rassicurante. Ad un certo punto Matteo mi passò la punta della lingua sul labbro inferiore alla ricerca di baci più profondi. Io, stupida, stavo per assecondarlo quando, inaspettatamente, gli squillò il cellulare.
Fu come svegliarsi da un sogno (o incubo): appena i nostri corpi si staccarono, il mondo tornò ad essere nitido, e con esso, anche il pentimento per quello che avevo fatto.
Realizzai in un istante cosa fosse successo, e lo stupore mi lasciò senza parole. Non avrei mai dovuto lasciarmi trasportare dal mio istinto. Non riuscii a dire nulla, solo mi alzai a sedere ed osservai Matteo che rispondeva. Tutto d’un tratto mi accorsi di stare trattenendo il fiato. Sentii le guancie rosse e la gola secca, e respirai di nuovo. Ero come in trance, ero rimasta troppo sorpresa dopo aver realizzato quello che… era successo. Non ci credevo, ma… perchè? Il punto, soprattutto, era che tutto questo era nuovo per me, che non avevo neanche mai dato il mio primo bacio. Certo, ciò che c’era stato tra me e Matteo non era stato davvero un bacio, ma tanto era bastato a lasciarmi stupefatta. Lo guardai: lui non sembrava molto turbato… chissà quante ragazze aveva baciato lui… sperai vivamente che non avesse fatto tutto questo solo per levarsi uno sfizio. Era l’ipotesi che cercavo di scacciare dalla mia mente. Gli piacevo? Forse… forse provava qualcosa per me. Ma il punto su cui dovevo fare chiarezza era: caduto ogni travestimento, gettata via ogni maschera stupida, io, cosa provavo?

Pov Matteo

Non pensai mai così tante parolacce come quando mi squillò quel maledetto non che fottutissimo telefono mentre io e Diletta… bhe, avete capito, mi costa ripeterlo. Mi staccai di colpo non appena sentii il cellulare squillare e grazie al cielo, in quel momento non ebbi molto tempo per rimpiangere ciò che avevo fatto. Risposi in fretta, col fiato corto per la sfilza di emozioni che stavo provando, e che avevo provato poco prima. Cercai di lasciare i rimpianti per dopo.
-P-pronto?- riuscii appena a balbettare come un emerito coglione. Non avevo nemmeno visto il numero di chi mi stava chiamando sul display del telefono. Cercai di regolarizzare il respiro, ma con scarsi risultati: non dovevo dare a vedere che ero sorpreso.
-Oi Matt sono Alessio. Spero non sia un momento poco opportuno per chiamarti ma… è importante- fece Alessio, un mio caro compagno di scuola con voce preoccupata. Cominciai ad incupirmi anche io: avevo un brutto presentimento.
-Scusa davvero se ti ho chiamato, ma non sapevo a chi altro rivolgermi. Ludovico…- cominciò, ma io lo bloccai non facendolo finire
-Cosa? Cosa cazzo ha combinato questa volta?- chiesi, cominciando a scaldarmi. Quel giorno avevo provato troppo emozioni: non avevo bisogno anche di un’incazzatura.
-E’ qui con me e… sta piangendo a dirotto- a quelle parole sussultai. Cosa? Impossibile.
-Dove sei? Sono subito da voi!- esclamai concitatamente.
-A casa mia. Vieni appena puoi. Quando arrivi ti spiego tutto.- concluse. Io riattaccai senza neanche salutarlo.
Guardai Diletta che aveva lo sguardo perso nel vuoto. Le misi una mano sulla spalla e sussultò. Cosa avevo fatto?! Non mi lasciai il tempo per pensare, era meglio così. I rimpianti lasciali per dopo!
-Scusami ma c’è un’emergenza… non so cosa sia successo a Ludovico, ma devo scappare via… ti chiamo sta sera e… parliamo. Ciao- dissi tutto d’un fiato. Lei non mi salutò ma sperai avesse capito. Era rimasta così turbata… cercai ancora di non pensare, ma l’impresa si stava rivelando più ardua del previsto.
Ludo era uno dei miei migliori amici, e gli amici vengono prima di tutto, anche prima delle ragazze. Cominciai a correre verso casa di Alessio, lasciandomi Diletta e ciò che era stato… per dopo.
Corsi velocemente per arrivare prima e quando arrivai davanti casa di Ale, che non era lontana dal famoso parco, stremato e con il fiatone per non aver potuto prender l’autobus, citofonai ripetutamente. Alessio mi aprì la porta allarmato. In casa non c’era nessuno, solo, sul tavolo della cucina, Ludovico singhiozzava. Non avevo mai visto un maschio piangere così, e la cosa mi turbò profondamente. Singhiozzava come una femminuccia. Cosa poteva essergli successo?
Non si accorse nemmeno della mia presenza. Alessio mi si avvicinò, non aspettò neanche che gli facessi qualche domanda, e cominciò a parlare.
-Claudia l’ha lasciato, dicendo che tu e lei stavate per mettervi insieme. E lui è disperato perchè si è innamorato davvero, e perchè non riesce a credere che tu lo possa tradire in questa maniera. Loro sono stati molto… affiatati, infatti si sono spinti oltre… un certo limite, e lui pensava che anche lei facesse sul serio…- concluse Alessio. In un primo momento mi imbufalii, ma dopo mi dispiacque per lui. In fondo, penso che non doveva essere stato bello per lui credere che uno dei suoi migliori amici l’avesse tradito in quel modo. In fondo, poi, non era stato come le altre volte, quindi non aveva colpe… in parte. Gli misi una mano sulla spalla
-Ascoltami. Innanzi tutto devi sapere che io con Claudia non c’entro niente. Non so perchè mi abbia messo in gioco, ma io con lei mi sono appena scambiato un “Buon giorno”, nemmeno “Buona sera”. E comunque dovresti conoscermi abbastanza bene per sapere che non ti tradirei mai in questo modo subdolo. E poi… non voglio farti la predica, ma… io e Francesco cosa ti avevamo detto?- chiesi, concludendo il mio breve monologo. Lui continuò a singhiozzare
-Matteo, mi fido di te, sei come un fratello per me e non ho dubbi su quanto mi dici, so che è stata solo colpa mia, ma mi sono innamorato per davvero. Non è infatuazione! Ma mi sta bene. Non lo farò più, lo giuro!- esclamò. Non risposi, quante volte aveva già giurato inutilmente? Tuttavia non dissi nulla.
Fosse stato in un altro momento, l’avrei mandato a quel paese, ma in quel momento, un po’ intontito e rincitrullito, Ludo mi fece soltanto pena. Decisi per l’ennesima volta che sarei andato a parlare con Claudia. Per due motivi: primo, perchè mi aveva messo in gioco in una faccenda in cui non cui non c’entravo nulla, e doveva pagarmela, secondo, perchè mi dispiaceva vedere Ludo in quello stato. Che brutta cosa.
Lasciai Ludo alle cure di Alessio, e mi avviai verso casa, non prendendo volutamente l’autobus per riflettere e riprendere argomenti che prima avevo pensato di lasciare indietro. Comincia dal fondo, e dalla parte più dolorosa del mio ragionamento. Era un dato di fatto: avevo baciato Diletta Rossi. E lei non aveva colpe, se non quella di aver ricambiato il bacio, perchè, e se volevo capirci qualcosa in quella faccenda, dovevo ammetterlo, ero stato io a fare il primo passo. Lei di certo non c’entrava nulla nella mia decisione. In realtà non so cosa mi fosse preso, ma in quel momento mi sembrava la cosa giusta da fare. Perchè ormai, inutile negarlo, avevo capito che Diletta mi piaceva. Mi piacevano i suoi profondi occhi scuri che sembravano due pozzi di cui non si vedeva il fondo, mi piaceva lei, perchè era bellissima, e mi piaceva il suo carattere, perchè non era come le solite ragazze della nostra età, non era superficiale e stupida, ma si vedeva che ne aveva passate tante, e dai suoi occhi furbi si vedeva una certa maturità di pensieri e sentimenti. Ero rimasto fregato. Inutile dire che era solo un’amica: a lungo avevo mentito a me stesso e soprattutto agli altri per cercare di non finire nella situazione in cui ero ora.
Avevo… paura, si, paura perchè non sapevo se le piacevo. Forse… o forse no. Di certo se lei mi avesse fatto capire di non provare nulla per me, non le avrei confessato niente, e avrei di certo preso le distanze. Quando l’avevo baciata avevo sentito di essere così felice, oltre che super accaldato, come non lo ero mai stato in vita mia. Tuttavia non potevo far diventare questa sottospecie di sentimento qualcosa di più forte. Assolutamente no. Mi preparai per il giorno dopo, sperando vivamente di avere almeno una possibilità con lei, perchè, di certo, non mi sarei umiliato ricevendo un rifiuto.

Pov Diletta (breve monologo interiore)

Tornai a casa come in trance, guardando fisso davanti a me. Ormai non me ne importava nulla del litigio con Athena, nella mia mente era solo un ricordo lontano. Il mio cervello si era fissato su quello che era successo tra me e Matteo. Ma perchè? Perchè l’aveva fatto? Non capivo: se non gli piacevo, che motivo avrebbe avuto per… fare quello che aveva fatto? L’unica spiegazione che riuscivo a darmi era perchè voleva levarsi uno sfizio. Ma non poteva essere per questo, poi con me non l’avrebbe mai fatto. O almeno così speravo. Avevo creduto che nei miei confronti lui nutrisse un affetto sincero… da vero amico. Forse la risposta era più semplice di quanto immaginassi, forse gli piacevo. Si… magari era per quello, ma io, a chi potevo piacere? Con il carattere orribile che mi ritrovavo poi… ma forse… per lui era diverso.
E a me? A me lui piaceva? Indubbiamente era un bel ragazzo, il più bel ragazzo che avessi mai visto in vita mia, più di un attore o di un cantante. Fisicamente… si mi piaceva, l’avevo sempre saputo, e non potevo nasconderlo. 
La prima impressione che avevo avuto di lui, però, non era stata buona. Avevo pensato che fosse orgoglioso, egocentrico, il solito stronzo nonché oltremodo mal educato. Ma conoscendolo a fondo avevo scoperto tante sue buone qualità. Rimaneva sempre orgoglioso e cocciuto, ma in fondo, e in parte, non ero anche io così? Io per di più non avevo chissà quale encomiabile qualità, mentre lui era stato spesso dolce e comprensivo con me. Ero così confusa… avevo conosciuto il vero “Io” di Matteo, ma poteva essere solo una maschera per apparire ciò che non era ai miei occhi. Ma a quale scopo essere gentile se alla fine sotto sotto non lo era? Oppure, e questa era l’ipotesi che più accreditavo. Quando l’avevo conosciuto si era messo addosso una maschera fredda e ostile.
Tutte queste supposizioni mi fecero girare la testa, così mi appoggiai un attimo sul divano del soggiorno, sorseggiando un bicchiere d’acqua.
Di una sola cosa ero certa: sebbene avessi cercato di nasconderlo al mondo e soprattutto, a me stessa, quando Matteo mi aveva baciata avevo sentito qualcosa. Non sapevo spiegare bene “cosa” in particolare, ma “qualcosa” c’era stato e non potevo ignorarlo.
Quindi a conclusione delle mie constatazione, avevo capito che lui non mi era indifferente. Come spiegare altrimenti tutto il calore che sentivo dentro quando gli ero vicino? Comunque sia la faccenda non era finita lì. Matteo aveva detto che mi avrebbe chiamata, dato il modo strano in cui se n’era andato, Magari aveva fatto partire la chiamata simulata dal suo cellulare per togliersi dagli impicci, come a volte facevo anche io. Ma no, non poteva essere questo, perchè, mi costava ripensarci, per tutto il tempo in cui ci eravamo baciati, Matteo aveva tenuto le sue mani avvinghiate ai miei fianchi. E poi… mentre aveva parlato mi era sembrato davvero preoccupato, per cui…
Entrai in camera e mi sedetti sul letto, con il telefonino davanti alle gambe incrociate, aspettando la sua telefonata. Rimasi in attesa a fissare il telefono per mezz’ora, poi tre quarti d’ora. Nulla. Quella situazione era molto frustrante. IO rimanevo là, immobile, troppo ansiosa per pensare o fare altro. Ad un certo punto Waldo salì sopra il letto, facendo le fusa. Mi si strusciò addosso alla ricerca di affetto, e io lo coccolai un po’.
Proprio quando mi passò di mente, il telefono squillò: risposi al volo
-Pronto?- chiesi subito. Sapevo che fosse Matteo, perchè avevo visto il numero sul display dell’ iPhone.
-Ciao sono io- fece con voce pacata dall’altro capo della cornetta. SI ok, non tiriamola per le lunghe però.
-D-dimmi tutto.- dissi, decisamente imbarazzata. Non aiutava il fatto che sentissi ancora sulla pelle il suo profumo.
-Penso che io te dobbiamo chiarirci, riguardo a quello che… ehm… è successo oggi.- cominciò, imbarazzato anche lui allo stesso modo.
-Già- fu l’unica cosa che seppi dire.
-Allora… ci vediamo domani nell’aula di fisica all’una?.- propose. Io confermai
-Certo, per me va bene.- mi venne da sorridere. Dentro quell’aula ne erano successi di tutti i colori, e quelle quattro mura, secondo me, ne avevano viste di cotte e di crude. Chissà quanti segreti celavano.
-Allora a domani, buona cena- concluse in fretta Matteo
-Grazie, altrettanto- dissi a mia volta. Chiusi il telefono e mi buttai su i cuscini, mentre Waldo mi si accoccolava sulla pancia. Sospirai, e mi resi conto che purtroppo, non si sfugge al proprio destino, e se una cosa deve accadere, bisogna star certi che sebbene facciamo qualsiasi cosa per evitarla, accadrà.
Domani sarebbe stata la resa dei conti, per me sarebbe stato come “The Day After Tomorrow”.

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Capitolo 26
*** Saltami addosso! ***


Salve ragazze!! Innanzi tutto auguri di Buon Natale e felice anno nuovo a tutte!!! Finalmente ce l'ho fatto a postare quest'altro capitolo bomboso. Mi sa che sono troppo dolce in questo periodo... mhh.... scusate se posto così tardi, ma soloa desso ho avuto tempo di scrivere. Vi assicuro che le idee ci sono tutte, non ho preblemi di scrittura, l'unico mio nemico è il tempo.... vabbhe smetto di annoiarvi con queste rifelssioni. Dedico decisamente il capitolo a rainbowcomet che se non era per lei oggi veramente sarebbe finita male, e vi assicuro che cercherò di postare il rpima possibile. Speroc he il capitolo vi paiccia, recensite in molte, ciao ciao

Capitolo 26 Saltami addosso!

Pov Diletta

Sbattevo il piede per terra a ritmo di una musica immaginaria già da un’ora. Non ero matta, questa era solo una conseguenza del mio stato d’animo: l’irrequietezza. Mancava mezz’ora all’intervallo, poi avrei dovuto attendere altre due maledettissime ore di latino prima della resa dei conti. Ciliegina sulla torta, quel giorno avevamo pure il compito. Sarebbe stato come “The Day After Tomorrow”, me lo sentivo. Calma saltami addosso!
Finalmente suonò l’intervallo, impossibile ma vero, e adesso sarebbe cominciato il vero conto alla rovescia. -2h. Panico. NO, meglio mettere il panico sotto le scarpe, dovevo solo rilassarmi. Insieme  a Francesca andai a fare un giro per la scuola, per sgranchirmi un po’ le gambe, curiosare in giro e raccontarle tutto ciò che mi era successo nelle ultime dodici ore. Rimanevo stupita se pensavo che ventiquattro ore fa non mi sarei mai immaginata che potesse accadere una cosa del genere. Lasciamo stare che è meglio.
Non so per quale motivo, ma quel giorno Athena non era venuta a scuola… meglio così; avevo già troppe rogne da affrontare, ci mancava pure lei, e veramente mi sarei buttata da una finestra.
Stavo cominciando a dire tutto a Francy, ed ero appena arrivata al punto clou  della storia quando vidi qualcosa che mi prosciugò di ogni energia, mi levò la capacità di elaborare un qualsiasi pensiero pressoché coerente. Erano loro, non c’era ombra di dubbio: davanti al termosifone in fondo al corridoio Claudia e Matteo si stavano baciando. Il sogno (nda: vedi capitolo 4) aveva finalmente senso.

Pov Matteo

Non vedevo l’ora che quella maledetta lezione di matematica finisse. Anzi, volevo proprio che arrivasse l’una. Il perchè non è difficile da immaginare. Prima di questo, però, dovevo mettere a posto alcune cose, prima tra tutte dovevo chiarire con quell’oca di Claudia che io non c’entravo nulla con lei, e poi dovevo assolutamente parlarle di Ludovico. Indubbiamente io non avevo un grande confidenza con quella là, e per questa situazione sarebbe stato più indicato Francesco, ma quel briccone era in Croazia a fottersene dei problemi suoi e altrui, quindi io mi dovevo arrangiare.
Ludovico non voleva venire a scuola questa mattina, ma io e Alessio ce l’avevamo trascinato a forza, e non sto scherzando. Aveva una pessima cera, probabilmente non aveva dormito molto quella notte, e aveva delle occhiaie che gli arrivavano fino ai piedi, neanche fosse stato il vampiro Edward Cullen. Mi dispiaceva vederlo così, avrei fatto del mio meglio per farlo tirare su. Anche se, e l’avevo giurato sui miei gioielli di famiglia, quella sarebbe stata l’ultima volta che poteva contare su di me per quel genere di faccende.

*DRIIIN*

Quando suonò l’intervallo mi avviai verso il piano di sotto, per parlare con Claudia. La vidi mentre scendeva le scale, così andai dritto dritto da lei assumendo un cipiglio combattivo. Lei mi guardò e sorrise civettuola. Calma saltami addosso!
-Ciao!- mi salutò un po’ tropo calorosamente e spostandosi una ciocca di capelli dal viso magro e affilato.
-Perchè hai detto a Ludovico che io e te stiamo insieme? Non ti conosco nemmeno- cominciai subito senza preamboli: non volevo tirarla per le lunghe, perchè dovevo prepararmi psicologicamente a parlare con Diletta. Già da ora sentivo lo stomaco in subbuglio. Perfetto.
Claudia alzò gli occhi al cielo e scosse la testa. Calma saltami addosso, devo mantenere la calma!
-Ma dai… non volevo metterti nei guai… ma sai com’è, volevo trovare qualcosa ad effetto per spiccicarmelo di dosso…- sbuffò. Mi irritai ancora di più. Ma come si era permessa? Di mettere in mezzo ME? Che nemmeno sapeva chi fossi…
-Non è una buona ragione per fare il mio nome.- dissi digrignando i denti.
-E Scusa, scusa!- cominciò con voce lagnosa. Non vedevo l’ora di mettere a posto quella storia – Mi dispiace ok? Puoi dirglielo che l’ho fatto solo per levarmelo dalle scatole. Tanto ormai la gente ci ha fatto l’abitudine a scaricare le colpe altrui su di me…- continuò con voce piagnucolosa facendo finta di asciugarsi una lacrima dagli occhi. Non era nemmeno una brava attrice se per questo, si vedeva lontano un miglio che stava fingendo. Non mi feci intenerire: io non volevo avere nulla a che fare con lei.
-Senti, non sparare balle con me ok? So che non te ne frega più nulla di lui, ma vuoi dirmi, di grazia, perchè sei stata con lui?- sbottai infine. Lei fece cadere ogni maschera e si mostrò per quello che era veramente.
-Per il semplice motivo che ero rimasta single, e dato che Ludovico mi veniva ancora dietro nonostante l’avessi già fatto soffrire, ho pensato che sarebbe stato divertente tornare con lui.- finì con calma. Forse non capiva la gravità delle parole che aveva detto. Aveva… giocato con i suoi sentimenti?!
-T-tu…- cominciai. Lei mi guardò con faccia da angioletto –l’hai solo preso in giro… e per cosa? Per... divertirti? Non ti fai schifo da sola?- quest’ultima domanda non volevo fargliela, ma scappò senza che potessi fare nulla. Lei non apparve minimamente turbata dalle mie parole, molto offensive per altro, e controbattè, facendo uno o due passi verso di me
-Vuoi la verità? Io… ho fatto tutto per avvicinarmi a te. Anche per divertirmi, non lo nego, ma perchè è da qualche tempo che… mi interessi tu…-disse inaspettatamente. Rimasi di sasso. Cosa? Forse non avevo capito bene. Il mondo stava per crollarmi addosso: ai miei numerosi problemi si aggiungeva il fatto che una zoccola depravata, ex del mio migliore amico, veniva a dirmi che era andata proprio con lui per avvicinarsi a me. Mi veniva voglia di urlare. Perchè la mia vita era così complicata? Guardò oltre la mia spalla e poi si avvicinò ancora; pensai che volesse baciarmi, ma non lo fece, per fortuna. Non vedevo la necessità di parlarmi a un nulla dal viso, ma, per infondere veridicità alle mie parole non mi mossi e dissi, con voce perentoria
-Tu a me non piaci, non mi piacerai mai, per quello che hai fatto a Ludovico prima di tutto. Quindi vedi di non importunarmi più e di lasciare perdere il mio amico, altrimenti me la pagherai cara.- detto questo me ne andai lasciandola basita. Ero molto soddisfatto di me, non c’era dubbio. Un bel discorso epico. Tornai in classe e, confesso, non ebbi il coraggio di dire la verità a Ludo, quando me lo chiese.
-Cosa ti ha detto?- disse appena mi vide, con occhi speranzosi. Io abbassai lo sguardo e inventai
-Ehm… mi dispiace ma ha detto che non se la sente di continuare a stare con te perchè è… molto confusa. Mi ha messo di mezzo pensando di farti soffrire di meno… non so per quale motivo, ma ha detto che comunque gli sei piaciuto davvero…- ecco, la mia bugia era poco credibile, e per nulla ben formulata, ma non potevo faci nulla, non avevo trovato null’altro da dirgli. Abbassai lo sguardo in modo colpevole, sperando che Ludo non si fosse accorto della bugia, anche se lo dubitavo…

Due ore dopo

Mi avviai esitante vero l’aula di fisica. Era il momento, io e Diletta ci saremmo chiariti. Sentivo che non sarebbe più capitata un’occasione simile… avrei saputo la verità, verità che in quasi due mesi che ci conoscevamo era rimasta celata, sempre. Entrai nell’aula, ma non c’era nessuno ancora, per fortuna. Dovevo calmarmi prima di parlare con lei. Presi un respiro profondo e mi sedetti su un banco. Aspettai dieci minuti ma non venne nessuno: forse Diletta aveva avuto un compito importante e si stava attardando. Passò un altro quarto d’ora e pensai di chiamarla, ma forse era meglio non fare nulla.
Dopo un’ora ero ancora lì, ma non era arrivato nessuno. Con la testa bassa e piena di pensieri me ne andai sbattendo la porta e facendo cigolare i cardini.
 
Pov Diletta

Lo sapevi, che ti aspettavi? Lui è Matteo Santarelli, non è il ragazzo dolce che ti piaceva. Era solo un maschera. E’ solo un bastardo. Ma in fondo te lo aspettavi, non ti eri mai illusa per davvero.
Queste le vane parole che mi ripetevo mentre tornavo in classe a passo svelto. Già, peccato che non ci credessi nemmeno io. Tutte cazzate. Tutte enormi cazzate per non scoppiare a piangere. Volevo farmi una corazza, volevo riuscire a rimanere senza sentimenti. In quel momento volevo solo trasformarmi in una macchina. Urtai la gamba contro un termosifone, e digrignando i denti, buttai fuori tutta la mia frustrazione
-Porco cazzo!- una bidella si girò a guardarmi insospettita e contrariata, ma continuai a camminare spedita.
Per un attimo… uno soltanto avevo creduto, sperato che forse tra me e lui poteva esserci qualcosa di più. Ma era stato un momento soltanto, e indubbiamente mi ero sbagliata. Eccome. Quell’attimo era bastato a farmi rimanere fregata come un pesciolino in una rete. Io non ero nulla di più che un passatempo per lui, mi aveva baciata per levarsi uno stupido sfizio, ecco per cosa. Io… ero stata così stupida.
-Dile, Dile, tutto bene?- mi chiese Fra correndomi dietro, preoccupata.
-Mai stata meglio- dissi calma, liquidandola e sedendomi infine sul banco e prendendo il libro di latino per ripassare, visto che avremmo subito dovuto fare il compito. Tuttavia non riuscii a leggere nemmeno una riga del testo, ma rimuginai: come avevo potuto essere così deficiente? Le bambine minchia solo potevano credere di piacere a uno come Matteo. A già, mi sa che lo ero diventata anche io. Come avevo potuto pensare solo un attimo di poter piacere a… lui. Lui, il puttaniere, bellissimo e… fottutamente irraggiungibile per me. Ma in fondo non me ne importava un gran che di lui, perchè sotto sotto l’avevo sempre saputo che per noi due non c’era futuro. E non ci sarebbe mai stato, a prescindere. Avevo fatto male ad illudermi, non avevo ancora imparato… non mi era bastato una volta, ecco la seconda batosta. Per fortuna che ero rimasta sempre con i piedi abbastanza per terra e non mi ero mai fatta film mentali. Altrimenti sarebbe stata davvero la fine. Confesso, un po’ ci ero rimasta male per quello che avevo visto, ma me lo sarei dovuto aspettare…
Emozioni contrastanti si agitavano dentro di me. Da una parte non volevo ammettere il fatto che ci ero rimasta di merda e che mi ero illusa; dall’altra stavo cercando di scacciare via il risentimento ed il dolore
La professoressa entrò, tutti ci alzammo. Non era di buon umore quel giorno probabilmente, perchè ci fece subito staccare i banchi gli uni dagli altri, e poi cominciò a distribuire i compiti. Ero abbastanza preoccupata, dato che latino era una materia che detestavo.
Perfetto, versione di Tacito, mai tradotto in vita mia o a scuola… oggi la professoressa doveva essere proprio imbestialita, fantastico.
Cominciai a tradurre, ma non ci capivo niente: il testo era completamente privo di senso, per me. Può un uomo parlare con un cammello che sta sopra ad una rupe mentre si sta lui stesso per buttare nel lago di fuoco? Penso di no. La versione era facile, lo ammetto, ma io non la sapevo fare, avevo la mente bloccata non riuscivo a riconoscere ne verbi ne nomi.
Mi rifiutavo di credere che fosse tutta colpa... sua. E invece era così, perchè se non avessi visto quella scena che mi aveva lasciato così perplessa, a quell’ora avrei saputo fare quel maledetto compito! MATTEO SANTARELLI TI ODIO CON TUTTE LE MIE FORZE!!
Passate quasi due ore, arrivai alla fine del testo, dopo aver saltato qualche parola e una frase. Guardai l’ultimo discorso diretto, e spalancai gli occhi:
-I Vitelli, dei romani sono belli.-
Cosa? Ma era un errore di stampa? Quella era una frase in italiano, senza dubbio. Forse la professoressa si era sbagliata. Mi guardai intorno, ma nessuno, neanche chi aveva già consegnato, aveva chiesto nulla alla professoressa. Era una frase in latino? Suonò la fine dell’ora, e la professoressa volle che le riconsegnassimo i compiti.
Esitai, e alla fine lasciai la frase così com’era. Sbattei volutamente la testa sul banco. Sarei voluta sparire in quel preciso istante. Stava andando tutto storto, porca merda. Con lentezza disarmante infilai il giubbetto e presi lo zaino, senza salutare nessuno, neanche la povera Francy che mi guardava sconcertata. Mi avviai a passo lento verso l’aula di fisica, come in trance. Non sapevo cosa avrei detto a Matteo, non sapevo se l’avrei insultato o se avrei pianto. Bhe, pianto forse no.
La porta dell’aula era socchiusa e da uno spiraglio intravidi Matteo seduto su un banco, mentre sospirava. Era così bello… la rabbia, l’orgoglio e, in parte, la codardigia, ebbero la meglio: girai i tacchi e me ne andai, desiderando di proposito di lasciarlo di merda.
Tornai a casa a passo lento, senza prendere l’autobus. Rischiai anche di essre investita da un taxi, e quando il conducente dell’automobile mi insultò non dissi nulla. Aveva più che ragione. Arrivata davanti alla porta di casa mi fermai, ed ebbi un flash-back, e ricordai quello che una volta ci aveva detto la professoressa, ma che, in quel turbine di emozioni, non mi ero ricordata:

I Vitelli
Vai oh Vitellio
sono belli
al suono della guerra
dei romani
del dio romano.

Strabuzzai gli occhi  e, caduta in ginocchio, urlai al mondo tutta la mia rabbia.
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-Diletta scendi dal letto- mi disse per l’ennesima volta Francy, venuta a bussare alla porta della mia camera alle 16:30 del pomeriggio
-No. Ho sonno, voglio dormire.- controbattei, con la voce resa flebile dal cuscino, dove avevo affondato il viso. La porta della camera era chiusa a chiave.
-Diletta giuro che sfondo la porta!- sbraitò Francesca, irritata. Stava avendo la stessa reazione che aveva avuto mamma quando ero tornata a casa: dato che avevo gli occhi gonfi e il naso che colava, mi ero rinchiusa in camera. Ovviamente non una lacrima era uscita dal mio viso, ma lo stato catatonico in cui ero caduta non aveva tranquillizzato mia madre che, non sentendo muoversi nulla nella stanza, aveva cominciato ad urlarmi di aprirle, minacciando anche punizioni interminabili.
Io l’avevo ignorata e dopo poco mammy aveva chiamato Francesca, ed ora erano entrambe lì, che minacciavano di buttar giù la porta della camera. Stanca dei loro urli e con la testa che rimbombava, mi alzai ed andai ad aprire. Dalle facce preoccupate che avevano, tutte e due immaginavano di trovarmi rossa in viso, con le lacrime che scendevano copiose sulle guancie. Invece il mio sguardo era duro, solo un po’ assonnato, e gli occhi erano gonfi si, ma perchè trattenevo le lacrime. Mamma si dileguò all’istante, capendo bene che volevo stare sola con Francy. A volte la mia mamma era proprio un genio.
Mi ributtai sul letto svogliatamente.
-Ecco, lo sapevo, ci sei rimasta male.- fece Francy. E non era una domanda, ma una constatazione.
-No.- biascicai con la voce soffocata ancora una volta dai cuscini
-Si- disse Francesca tra i denti. Io sbuffai e mi alzai di scatto dal letto, gesticolando
-Si, si, mi dispiace va bene? Ci sono rimasta di merda! Sei contenta adesso? Cosa hai ottenuto facendomelo confessare?- sbraitai ancora, ricadendo dopo poco sul letto. Fra si mise vicino a me.
-Puoi piangere se vuoi…- disse con un sorriso incoraggiante. Per un attimo presi in considerazione l’idea, voltando la faccia dall’altra parte, ma dopo mi girai verso di lei e con voce decisa dissi
-Io NON piango.- e incrociai le braccia la petto, arrabbiata.
-Ti farebbe bene…- fece Francy, ma visto il mio cipiglio lasciò perdere le sue idee, e cambiò argomento –In piazza oggi c’è la guerra di gavettoni, sembra divertente, che ne dici di andare?- chiese. Strabuzzai gli occhi: Francy che mi chiedeva una cosa del genere? Impossibile! Non era lei, non poteva essere. Era sempre così calma e pacata, e non le piaceva stare in mezzo alla folla, piuttosto prediligeva rimanere a casa a leggere un buon libro
-Ma tu odi questo genere di cose..!?- biascicai e lei sorrise con sguardo rimproverante
-Si, ma per te ci verrei.- annuì ripetutamente. Io la abbracciai di slancio
-Grazie…- e quella parola veniva proprio dal cuore. Così, Fra mi trascinò in piazza con quello che avevo addosso, senza nemmeno darmi l’opportunità di cambiarmi. Riuscii appena a spazzolarmi i capelli.
 
Vestiti Diletta: http://www.polyvore.com/gavettoni/set?id=41079716

Arrivammo in piazza e Fra, senza tanti preamboli, mi lasciò in mezzo alla folla che si lanciava palloncini o secchi con l’acqua, per tornare subito dopo con tutti i rifornimenti necessari. Dopo aver pattuito che non avremmo fatto guerra tra di noi, ci buttammo in mezzo alla marmaglia. Il primo palloncino mi arrivò dritto dritto sulla schiena, e mi voltai di scatto per vedere chi fosse stato e contraccambiarlo con la stessa moneta, ma siccome tutti sembravano colpevoli, tirai a casaccio in mezzo alla massa di ragazzi. Cominciai a divertirmi. Mi arrivò un nuovo gavettone, questa volta sul petto, mi stropicciai gli occhi per vedere chi fosse stato, e non ci credetti quando lo vidi: era Gabriele! Era da un po’ che non lo vedevo, e mi fece davvero piacere incontrarlo.
-Ciao!- mi disse calorosamente
-Ciao!- risposi con altrettanto trasporto. Gabriele mi guardò ancora incredulo
-Come stai? E’ da un po’ che non ci vediamo…- mi sorrise solare.
–Vero…- cominciai, contenta –Come sto? Bhe, si tira avanti…- fui sincera, con Gabriele mi sentivo a mio agio, eravamo amici ed ero sicura che mi avrebbe capita. Non volevo mentirgli. Senza fare domande indiscrete, cercò di farmi sorridere:
-Bhe, allora è il caso che tu ti tiri un po’ su…- e così dicendo, mi tirò un altro gavettone in faccia. Rimasi basita per un momento, poi mi ripresi e glie ne tirai uno a mia volta. Lo presi sulla maglietta, e lo bagnai tutto, dato che prima era ancora asciutto. Scoppiammo entrambi a ridere, contenti, poi ad un tratto Gabriele smise, si guardò la punta delle scarpe ed arrossì violentemente.
-Che c’è?- chiesi perplessa. Lui si mise una mano dietro la testa e biascicò
-Ehm… non vorrei sembrare maleducato, ma ehm… la tua… maglietta ehm…- abbassai gli occhi e arrossi di colpo anche io: la mia maglietta, che era bianca, essendo bagnata, era diventata trasparente, mostrando quindi il mio reggiseno e la mia prosperosa quarta. Mi guardai intorno imbarazzata, non sapendo che fare: non avevo pensato a portarmi un cambio. Bella idea portare una maglietta bianca nel bel mezzo di una guerra di gavettoni. Gabriele mi guardò ancora  e scoppiò a ridere.
-Non l’ho mica fatto apposta!- precisai. Non volevo che pensasse che l’avessi fatto per farmi notare. Lui continuò a ridere, poi si sfilò la maglietta che portava e me la porse. Rimase solo con una canottiera bianca, che faceva risaltare il suo fisico asciutto. Arrossii anche io, quel ragazzo aveva proprio un bel fisico, ma presi la maglietta e la infilai. Sebbene ci galleggiassi dentro per quanto mi stesse, più che larga, lunga, mi sentii più tranquilla.
-Grazie- sorrisi a Gabriele, che aveva sempre una soluzione ai miei problemi,
-Non c’è di che. Mica potevi girare per la piazza mezza nuda- rise, ma poi alzò un sopracciglio e continuò –anche se devo ammettere che non mi dispiacerebbe affatto…- e rise ancora. Quella constatazione mi lasciò basita e spalancai gli occhi. Gabri si rese conto del mio sgomento, e rise ancora di più:
-Stavo scherzando- anche se il suo tono di voce, sebbene scherzoso, non mi sembrava tanto convincente. Mi guardai: quella maglietta mi stava proprio grande
-Grazie davvero, non avrei saputo come fare… mica potevo fare tutto il tragitto verso casa conciata in quel modo…- ringraziai ancora e ui fece un gesto di non curanza con la mano.
–Ci entro due volte dentro a questa maglietta…- scherzai, sentendomi buffa. Gabri mi guardò e si avvicinò, diventando d’un tratto serio. Mi accigliai anche io.
-Sei bellissima lo stesso- sussurrò. Non mi diede il tempo di controbattere, e mi prese il viso tra le mani, appoggiando le sue labbra sulle mie. Rimasi stupita, ma mi staccai prima di commettere qualche stupidaggine
-Cosa…?- chiesi incredula. Non potevo nemmeno immaginare che…
-Diletta,- e quando mi chiamò con il mio nome intero, capii che stava per dirmi qualcosa di importante -è un po’ che volevo dirtelo… tu mi piaci molto…- fece, serio. Ecco, perfetto. Quello era il genere di situazione che io odiavo. Non mi piaceva far soffrire la gente, mi dispiaceva non ricambiare i sentimenti delle persone a cui volevo bene. Ma non potevo illuderle, sarebbe stato crudele da parte mia, quindi dovevo sempre cercare di essere sincera, ma senza offendere nessuno.
-Senti io… - cominciai titubante, ma poi mi feci coraggio -tu sei un bravissimo ragazzo, sei anche gradevole d’aspetto ma….- e qui non riuscii a finire la frase piena di rimorso. Lui mi aiutò
-Ma no…- concluse, dicendo le parole che non avevo coraggio di pronunciare.
-Io… scusa… ma ti ho visto sempre come un amico… un fratello oserei dire…- biascicai. Lui abbassò gli occhi, era come se il tempo si fosse fermato, e noi non stessimo in mezzo a una piazza tra gente completamente inzuppata d’acqua.
-Mi dispiace, ma non mi sembrava giusto non dirtelo…- si giustificò, ma non lo biasimai, aveva fatto bene a dirlo… -Spero però che rimarremo amici, ci tengo tanto…- io sorrisi
-Certo che resteremo amici, io ti voglio un gran bene- constatai e sorrisi. Anche lui lo fece, ma tristemente
-Ma non c’è amore…- non era una domanda, ma una semplice verità. Gabriele aveva capito, non c’era bisogno che gli spiegassi nulla, era così maturo, al contrario di… scossi la testa per scacciare il pensiero.
-Stai pensando a lui non è vero?- mi chiese con sguardo lievemente scettico, ma non accusatorio. Inizialmente non capii
-Chi? Io?- feci, ma sotto sotto sapevo a chi si stesse riferendo. Lui fissò i suoi occhi nocciola sui miei, cercando di scavarmi dentro
-Stai pensando a Matteo vero?- chiese ancora lui. Penso che come mi capisse Gabriele, non riusciva nessun altro.
-Si…- mormorai, incapace di mentirgli. Ed era maledettamente vero.
-Il tuo cuore appartiene a lui, lo so.- continuò. Come faceva ad esserne così sicuro? Non lo ero io…
-No… non credo, per lo meno… non credo di amarlo….-  abbassai lo sguardo. Quanto mi dispiaceva dover dire quelle cose a Gabriele, ma non ne potevo fare a meno. Lui sorrise ancora
-Non mi sorprende il fatto che si sia innamorato di te… sei così bella…- mi accarezzò una guancia con la mano calda. Mi scostai, terribilmente in imbarazzo
-Non sai quanti difetti io abbia…- biascicai, ed era la verità. Gabriele abbassò gli occhi
-Sarà anche vero, ma i pregi compensano tutti i difetti…- sorrise, ma poi si accigliò di nuovo –Cosa ci trovi in Matteo? Scusa se te lo chiedo, ma sono un po’ curioso. E’ un bel ragazzo indubbiamente, ma è un tale coglione…- lasciò la frase in sospeso. Lui conosceva bene Matteo, altrimenti non si sarebbe mai azzardato a dire una cosa del genere. Cosa era successo? Forse era meglio non saperlo.
Non sapevo cosa dire, così rimasi zitta, ma poi mormorai qualcosa che davvero sentivo
-N-non lo so neanche io cosa provo…- e questo fatto mi faceva venire i lucciconi agli occhi. Gabriele non disse nulla, aveva capito non volevo continuare il discorso. Mi riaccompagnò gentilmente a casa  a piedi e giunti a destinazione gli ridiedi la maglietta. Non sapeva quanto gli ero stata grata per quel gesto. Ci salutammo con un bacio sulla guancia. A casa rimasi sola, con un grosso macigno sul petto.
 
 
 

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Capitolo 27
*** La verità!? ***


Ragazze!! So che sono in ritardo, ogni giono dicevo "adesso scrivo le ultime 10 righe" invece non l'ho mai fatto -.-" scusate davvero.... tra la scuola e gli altri hobby non ho trovato mai neache dieci minuti di tempo, In realtà volevo postare ieri sera, ma non so perchè ma Firefox non mi rispondeva O.O
Spero che anche questo capitolo vi piacerà, e che mi lascerete qualche bella recensioncina.
Ringrazio particolarmente Cleppy_Ds per le sue recensioni :D
Un'ultima cosa poi vi lasico al sux capitolo: mi farebbe piacere se poteste andare a dare un'occhiata alla sotira di _lory_ che si chiama la gazzetta degli intrighi, grazie mille!!!! COn la promessa di postare presto (anche se penso che ormai non mi crederete più) me en vado
kiss kiss


Capitolo 27 La verità!?

Pov Matteo

Andare o non andare? Sputtanarmi o lasciare tutto così com’è? Tentare o mandarla a quel paese? Smettere di farmi tutte queste domande del cazzo o continuare?

Bhe, confesso che questi ragionamenti non mi aiutavano di certo. Il mio dilemma? Non sapevo se andare a chiedere spiegazioni a Diletta oppure no. Era tutta la notte che ci stavo rimuginando, e adesso, a scuola, non potendo e non volendo chiedere il consiglio di nessuno, mentre ignoravo il professore di chimica, ero quasi arrivato alla conclusione dei miei ragionamenti. Quasi, perchè rimaneva un solo fattore da mettere a posto: il mio orgoglio. Si, perchè non mi volevo umiliare andando a parlare con Diletta… di certo, anche se non capivo quale, se non era venuta al nostro appuntamento, un motivo c’era e volevo scoprirlo a qualunque costo. Non riuscivo proprio a spiegarmi quale… Non l’avevo offesa, non avevo fatto nulla per turbarla… magari le era successo qualcosa di grave. Fatto sta che avrebbe almeno potuto avvertirmi, lei che parlava sempre di buona educazione. Sotto la mia stizza, si nascondeva anche il dispiacere: se per un attimo avevo pensato di poter avere qualche possibilità con lei, adesso era tutto andato in fumo. O quasi…
Destando molti sospetti, ma utilizzando la scusa che non mi sentivo bene, chiesi al professore di chimica il permesso di uscire. Molto dubbioso della veridicità delle mie parole me lo diede. Era la quarta ora, durante l’intervallo mi ero già informato dove fosse la classe di Diletta in quel momento. Non potevo più aspettare, dovevo assolutamente parlarle, costasse quel che costasse. Arrivai davanti all’aula computer, dispersa tra gli angusti corridoi della scuola, presi un grande respiro e bussai. Me ne pentii qualche minuto dopo.

Pov Diletta

Quella notte rimasi insonne, salvo una o due ore in cui feci incubi che mi astengo dal raccontare per l’incolumità mentale dei lettori. Mi rigiravo nel letto senza trovare pace, pensando a Matteo, alla mia vita ingarbugliata. Ci si era aggiunto anche il fatto di aver fatto soffrire Gabriele, il litigio con Athena che ancora non si era risolto…
Tutto questo rendeva il mio breve sonno tormentato e le immagini di ciò che era stato mi sfrecciavano nella mente in continuazione. Cosa avrei fatto? Nulla, potevo solo restare a guardare il mondo che andava avanti. Ma non era da me. Non potevo rimanere immobile, dovevo mettere le cose a posto, come avevo sempre fatto e dovevo chiarire ogni equivoco. C’era solo un inconveniente: non ne avevo voglia. Questa volta sarebbero stati gli altri a mettere in ordine tutti quei macelli, questa volta io non avrei fatto nulla. Ero stanca di essere presa in giro dalle persone che mi erano più a cuore. Se davvero ci tenevano a me, allora sarebbero venute loro a cercarmi. Altrimenti le cose sarebbero rimaste come erano. Io non ci perdevo più nulla ormai.
La mattina dopo ero praticamente uno Zombie, con le occhiaie che mi scendevano fino ai piedi e gli occhi rossi per il poco sonno. In realtà non sarei voluta andare a scuola, ma mi costrinsi ad alzarmi. Non volevo far capire a nessuno quello che mi passava per la testa. Uscii di casa con tre chili di correttore e fard, che avevo messo per riportare il mio viso alla normalità.

Vestiti Diletta:http://www.polyvore.com/la_verit%C3%A0/set?id=41661423 

Mamma sembrò non accorgersi di nulla, e anche quando andai a scuola nessuno mi fece domande, grazie al cielo. Mi sedetti al mio banco, quel giorno Athena c’era e non ci scambiammo una parola: lei continuò a copiare i compiti di inglese da Francesca, io misi le mie cose in ordine sul banco. Non mi andava di litigare con Athena, e nemmeno di parlarle: se c’era qualcuno che doveva chiedere scusa, quella era lei. Le lezioni cominciarono lente e monotone come al solito. Alla quarta ora, per fortuna, la professoressa di inglese ebbe la brillantissima di farci andare all’aula computer per farci eseguire gli esercizi d’ascolto. Contenta di poter finalmente avere un’ora di tranquillità, mi sedetti in coppia con mia cugina Lucia. Avevamo appena cominciato ad ascoltare una conversazione quando qualcuno bussò alla porta.
-Avanti- disse la professoressa. Trattenni il fiato, non so perchè ma avevo un brutto presentimento…
Invece era soltanto la bidella. Fece di corsa cenno di uscire alla professoressa, porgendole un telefono. Prima di uscire, la Prof si rivolse ad Athena, che stava in coppia con Francesca dall’altro lato dell’aula rispetto a me
-Athena, visto che sei rappresentante di classe, potresti controllare che tutti facciano i compiti in silenzio? Se c’è qualcosa vienimi a chiamare.- Athena, estremamente lusingata, fece cenno di si con la testa. Stizzita, abbassai lo sguardo sullo schermo del pc. L’anno prossimo mi sarei candidata io come rappresentante di classe, questo era certo…
Dopo poco qualcuno bussò di nuovo alla porta, e questa volta, con non curanza, alzai gli occhi, ma quando vidi chi era, mi si gelò il sangue nelle vene.
-Ehm… scusate, potrebbe uscire un secondo Diletta?- chiese Matteo con voce incerta. Io cercai di nascondermi dietro lo schermo del computer: troppo tardi, Matteo già mi aveva vista, e mi stava lanciando un’occhiata densa di significato. Volli sotterrarmi, l’unico inconveniente era che non avevo una pala. Guardai Athena con sguardo supplichevole: in quel momento il mio destino era nelle sue mani; ecco la classica situazione che non sopportavo. Se avesse detto di no, sarei stata salva, anche se le avrei dovuto un favore; altrimenti mi sarebbe toccato uscire, soprattutto per non fare una figuraccia davanti a tutti i miei compagni. Confesso che, dopo tutto quello che ci eravamo dette, non sperai neanche per un attimo che Athena potesse capirmi, infatti…
-Si, certo che può venire- fece, con la voce già acuta che le era salita di un’ottava. Io la guardai male, e cercai di temporeggiare, così, almeno sarebbe rientrata la professoressa, e forse lei sola mi poteva salvare.
-Ma non credi che la professoressa si arrabbierà?- lo dissi così piano che penso non tutti l’avessero sentito. Athena sogghignò
-Macché, macché. Prima vai prima torni no? Dai.- spalancai gli occhi. Bene, quella ragazza mi odiava, alla faccia dell’amicizia che ci aveva legate per tanto tempo… dovevo aggiungere un’altra persona alla lista di quelle che già mi odiavano. Titubante, mi alzai dalla sedia. Sentii le gambe che mi tremavano, ma mi feci coraggio, perchè io ne avevo da vendere: non volevo dare né la soddisfazione ad Athena di farmi vedere spiazzata ed impaurita, né a Matteo di farmi vedere codarda e incapace di affrontarlo. Io potevo fare tutto. Con fare altezzoso e, confesso, sculettando un po’, uscii, chiudendomi la porta alle spalle. Guardai Matteo dritto negli occhi verdi per qualche istante, e restammo così in silenzio, finchè io per prima mi decisi a parlare. Gli tenni gli occhi piantati addosso, cercando di evitare di farmi ipnotizzare da quel verde smeraldo.
-Che cosa vuoi?- chiesi con voce più fredda e più brusca di quanto in realtà volessi.
-Perché non sei venuta ieri?- controbattè, brusco anche lui. Ma poi la sua voce si addolcì –E’ forse successo qualcosa a te o a qualcuno della tua famiglia…?- i suoi tentativi di essere gentile mi facevano andare sui nervi per due motivi: uno, perchè faceva il finto tonto, quando sapeva benissimo quello che stavo dicendo; due, perchè mi stava pure portando sfiga. Avrei voluto rispondergli che andava tutto male, malissimo, come pensava che mi fossi sentita a vederlo baciare un’altra, dopo che ventiquattro ore prima, neanche, stava baciando me? Ma non potevo lasciare liberi i miei sentimenti, non io, orgogliosa com’ero. Non avrei mai ammesso tutto il dispiacere e la rabbia che covavo dentro. Risposi dunque con un’aria di rabbia repressa
-Sto benissimo, grazie- e quel grazie lo sputai – ma non avevo nulla da dirti.- e feci per andarmene, ma Matteo mi fermò per un polso. Io mi divincolai
-Non mi toccare- sussurrai. Non so se mi sentì, ma rimase comunque basito, e mi lasciò andare il polso.
-Cosa? Ma ci eravamo messi d’accordo… io pensavo che tu volessi chiarire…- lui sembrava disorientato, e allora, sentendo le lacrime che mi pungevano gli occhi, tirai fuori solo tutta la rabbia che sentivo in corpo.
-Mi dici cosa diavolo vuoi da me? Vuoi lasciarmi stare?- alzai un poco la voce, per farlo impressionare e sperando che così mi lasciasse in pace. Sentivo che da un momento all’altro sarei scoppiata a piangere, ma non potevo. Matteo era ancora sconcertato, ma non aveva alcuna intenzione di andarsene
-Ma perchè…? Non capisco…- fece ancora, incredulo. Allora sputai fuori il vero motivo per cui ero indiavolata
-Non capisci? Bene, sarò chiara: perchè non te ne torni a pomiciare con quella puttana della tua amichetta invece di stare a rompere il cazzo a me?- urlai, questa volta a pieni polmoni. So che tutti voi penserete come mai nessuno mi rimproverò, ma l’aula computer dove stavamo noi, la seconda, stava nella parte vecchia della scuola, quella più isolata e fuori dal mondo, quindi non poteva sentirmi nessuno. Confesso che se anche mi fossi trovata davanti all’ufficio del preside, ero così fuori di testa che avrei imprecato in quel modo comunque. E addio i buoni propositi di contare fino a dieci prima di fare cazzate.
Negli occhi di Matteo lessi la rabbia che saliva, infatti si infuriò anche lui, ma non urlò, quel giorno era più controllato di me. Parlò con voce rabbiosa
-Ma cosa cazzo dici? Da dove la tiri fuori questa adesso?-
Io strabuzzai gli occhi: non potevo credere alle mie orecchie!
-Dove la tiro fuori? Io ti ho visto, brutto stronzo che non sei altro, quindi non fare il finto tonto con me. Non pensare che io sia stupida solo perchè non sono una puttana come le ragazze che frequenti.- abbassai la voce di qualche ottava per non sembrare una psicopatica, anche se in quel momento me ne importava ben poco.
Mi sorpresi quando fu Matteo a mettersi ad urlare
-Quale ragazze? Sei talmente stupida da non esserti accorta nemmeno che quello che hai visto non è vero? O vedi solo quello che ti fa comodo?- rimasi un secondo basita dal suo comportamento, ma poi mi ripresi
-Al contrario di qualcuno che pensavo di conoscere bene, io non invento ciò che dico, soprattutto in certe occasioni- poi continuai –per cui ti prego di smetterla di giocare con me, di smetterla di rompermi i coglioni e di andare a fare il puttaniere da un’altra parte!- conclusi. Lui abbassò la voce, sperando forse che io non lo sentissi
-Io non ti ho mai preso in giro- sussurrò.
-Ma per favore, prendi per il culo qualcun altro.- controbattei io, tutt’altro che calma. Feci per andarmene, ma Matteo non aveva ancora finito di farmi innervosire
-Sai, è proprio vero: la prima impressione è quella che conta… pensavo di essermi sbagliato la prima volta che ci siamo visti… invece è tutto vero, sei solo una bambina che non vuole accettare la realtà. E sei pure una grandissima stronza.- lo disse così piano che sembrò un sibilo. Io rimasi sconcertata: ma come si permetteva? Non gli feci attendere la mia risposta
-E io non mi ero sbagliata quando avevo pensato che tu eri soltanto una grandissima testa di cazzo.- detto questo in maniera molto naturale, girai i tacchi, aprii la porta dell’aula e tornai dentro, mentre vidi con la coda nell’occhi Matteo che tirava un pugno sul muro. Sperai che si fosse fatto male.
Al mio ritorno in aula c’era silenzio, rotto soltanto dagli uccellini che cinguettavano fuori dalla finestra aperta. Ero sicura, i miei compagni avevano sentito tutto, ma non me ne importava nulla. Grazie al cielo avevo avuto il buon senso di non menzionare Claudia, altrimenti avrei fatto davvero una grandissima figuraccia. Continuarono tutti a guardarmi, così digrignai i denti e feci
-Cosa avete da guardare?- chiesi in tono beffardo. Ero sicura che se fosse successo qualcos’altro sarei scoppiata a piangere. Per fortuna nessuno disse o fece nulla, ma tornarono tutti a svolgere degli esercizi sui computer. Mi sedetti vicino a Lucy, che discreta come sempre non fece domande, e tirai un sospiro di sollievo. Rivolsi solo un’occhiata colma di odio ad Athena.

Cosa ci hai guadagnato, brutta deficiente?

La distanza tra di noi crebbe ancora di più.

Pov Matteo

Appena Diletta se ne andò, tirai un pugno sul muro. Mi feci male alle nocche della mano, ma non me ne importò nulla. Cosa avevo fatto? Avevo rovinato tutto, avevo buttato tutto nel cesso. Due mesi di lavoro per cercare di essere amici, o forse anche qualcosa di più… buttati dritti dritti nel cesso. Ed era colpa mia. O per lo meno, in parte. Non riuscivo a credere di aver detto quelle cose a Diletta, ma anche lei non ci era andata leggera. Non riuscivo proprio a capire cosa intendesse quando mi aveva detto di una mia “amichetta”. Giuro, non avevo baciato nessun’ altra oltre a lei, mai in vita mia. Quello era stato… bhe si, il mio primo bacio. Che cavolata vero? Chissà, a lei sicuramente non aveva fatto ne caldo ne freddo. Per me invece, qualcosa era cambiato. L’unica cosa che mi veniva da pensare era: cazzo! Diletta era stata crudele con me quel giorno, e di certo, l’appellativo “testa di cazzo” non mi aveva fatto piacere. Cominciavo a credere che si fosse comportata così per il semplice motivo che non voleva avere nulla a che fare con me… io non le piacevo, era questo il punto, e lei si era pentita di quello che era successo, quindi mi aveva liquidato, così. Ma no, non poteva essere: conoscevo più che bene Diletta, ed ero sicuro che se avesse voluto chiudere ogni contatto con me, me lo avrebbe detto. Era una persona diretta, e di certo non aveva problemi di timidezza. Rimaneva il fatto che lei pensava qualcosa che non era. Ma, essendo molto testarda, non mi aveva creduto quando le avevo detto che io non avevo fatto nulla. Il pensiero che non volesse che ci vedessimo mai più mi colpì in modo fortissimo. No, non poteva andare così, non potevo e non volevo darmi per vinto. Sentii un peso che mi opprimeva il petto e un groppo in gola, e fu in quell’istante che capii che l’idea di perderla probabilmente mi avrebbe distrutto. Perchè non era semplice infatuazione… io amavo quella ragazza

Pov Athena

Quando vidi Diletta tornare in classe, ebbi due impulsi: il primo, quello di massacrarla di botte, il secondo, quello di abbracciarla. Non feci nessuna delle due cose, ma rimasi basita ed immobile. Del poco che avevo capito, era successo qualcosa di grosso tra Diletta e Matteo, qualcosa di cui io ero all’oscuro. Quando la professoressa tornò in classe, ignara di tutto, cominciai a confabulare con Francy, anche se sembrava che anche lei sapesse ben poco.
-Cosa è successo tra Diletta e Matteo?- chiesi, incuriosita. Fra non sapeva se dirmi ciò che aveva capito di tutta quella storia
-Senti, so del litigio tra te e Dile, e mi dispiace, ma credo proprio di non poterti dire nulla. Per rispetto a lei per prima cosa, e poi perchè da parte mia non sarebbe corretto…- concluse. Io non insistetti: di certo non mi sarei data per vinta: avrei scoperto quello che era accaduto, e perchè Diletta e Matteo avevano cominciato di nuovo a litigare come ai vecchi tempi. Io e Francesco avevamo lavorato troppo per farli arrivare al punto dove stavano prima che quella testa dure di Diletta guastasse tutto. Non ostante avessimo litigato, io volevo ancora bene a Dile, e ci tenevo che fosse felice, anche se questo lei ancora non l’aveva capito. Avrei messo le cose apposto, e sebbene adesso Dile mi odiasse, un giorno mi avrebbe ringraziato. Guardai Dile e vidi di nuovo i suoi occhi farsi più scuri di come erano normalmente: questo voleva dire che era molto arrabbiata,e, anche se sicuramente non l’avrebbe ammesso, dispiaciuta.
A fine lezioni decisi di prendere una soluzione drastica: sarei andata a parlare con Matteo. Lo aspettai pazientemente fuori dal portone principale della scuola, tranquilla di non essere vista da Diletta, che era letteralmente fuggita via al suono dell’ultima campanella. Quando Matteo uscì con gli occhi bassi e lo sguardo perso, mi gli parai di fronte. Lui alzò appena gli occhi
-Ciao Athena- fece evidentemente non interessato a me.
-Matteo dobbiamo parlare- cominciai imperterrita. I suoi occhi si accesero
-Sai per caso quello che passa per la testa a Diletta?- chiese speranzoso. Io abbassai la testa
-Purtroppo non so nulla, nemmeno quello che è successo tra voi due…- confessai.
-Ah, già,  mi ha accennato che avevate litigato…- fece. Bene, allora non dovevo spendere parole inutili per spiegargli la mia ignoranza totale dei fatti. Mi feci coraggio e glie lo chiesi
-Perchè tu e Diletta avete litigato?- lo dissi di geto. Non mi importava di sembrare indiscreta, in questo caso ce n’era bisogno. Matteo sembrava indeciso se rivelarmi la verità o no. Alla fine vuotò il sacco, mentre ci incamminavamo verso la piazza. Mi disse di quando si erano baciati, e io ci rimasi davvero basita; di come si fossero messi d’accordo per vedersi e di come Diletta invece non fosse andata. Infine mi disse del litigio, e di tutto ciò che si erano detti.
-Ma c’è una cosa che non capisco…- cominciò Matteo –Perché mi ha detto “tornatene a pomiciare con quella puttana della tua amichetta”?- chiese, sperando che potessi trovare una soluzione al suo problema. Oh, se Francesca avesse vuotato il sacco… cercai di non pensarci
-Bhe, questo è abbastanza facile… tu lo sai che lei pensa che tu sia un… bhe hai capito, e penso che l’abbia detto per liquidarti… per insultarti suppongo…- non trovavo altra spiegazione logica –Ma tu sei proprio sicuro di non aver baciato nessun’altra e che lei ti abbia visto?- dissi in tono di voce forse un po’ troppo accusatorio. Matteo si stizzì
-Senti Athena, forse Francesco te l’ha già detto, ma io non ho mai baciato una ragazza in vita mia, fuorché Diletta… quindi non vedo come possa essere…- disse digrignando i denti.
-Ma allora perchè Diletta non è venuta? E non ti ha detto nemmeno il motivo della sua azione…- rimuginai. Matteo brontolò:
-Perché non fai pace con lei e le chiedi cosa diavolo le passa per la testa?- Io strabuzzai gli occhi
-Perchè io ho ragione e lei ha torto, per quanto le voglia bene non metterò da parte il mio orgoglio, e poi…- continuai,con voce più triste, sapendo che la verità era quella –è così arrabbiata per quello che ho fatto oggi, anche se l’ho fatto in buona fede, che, la conosco bene, non mi perdonerà mai.- conclusi. Poi mi venne un lampo di genio
-La festa di fine anno!- esclamai. Si, esattamente quella! Ieri non ero andata a scuola proprio perchè ero andata con mia mamma a scegliere il vestito adatto: la festa di fine anno, era la sicuramente quella più ambita di tutta la nostra scuola. Generalmente si svolgeva l’ultimo giorno di scuola, in un locale molto chic. Di solito alla festa si andava vestiti molto eleganti, e si indossava una maschera, per rendere il tutto più movimentato. Matteo mi guardò e strabuzzò gli occhi
-Cosa?- biascicò. Io continuai, eccitata
-Alla festa di fine anno, dato che ci si va in maschera, tu le chiederai di ballare, lei accetterà, poi la bacerai e le dichiarerai il tuo amore per lei! Vedrai che non si rifiuterà. Ovviamente ci sono da mettere a punto alcuni particolari…- dissi. Matteo mi guardò dubbioso
-Ho due domande da farti: uno, perchè dici che io la ami? Due: come sai che lei dirà di si?-
Io lo guardai in modo furbo
-E’ molto più facile di quanto pensi, caro mio: rispondo alla prima dicendo che se non te ne importasse nulla di lei non saresti così depresso. E la seconda è facile da indovinare, perchè Diletta accetta sempre di ballare con tutti i bei ragazzi per non essere scortese.- sogghignai. Matteo sorrise e mi batté il cinque. Decidemmo di disturbare la vacanza di Francesco per raccontargli del piano, di certo lui avrebbe avuto qualche altra brillante idea per far filare il piano liscio: quel giorno infatti, finalmente avremmo potuto contare anche sul suo appoggio.
Facemmo squillare a lungo il cellulare, e alla fine Fra si decise a rispondere.
-Salve ragazzi, come butta?- la voce del mio tesoro sembrava alquanto rilassata
-Bene- rispondemmo all’unisono io e Matteo con voci che sembravano venire dall’oltretomba.
-Ragazzi che c’è? Cosa è successo?- chiese lui ancora, un po’ preoccupato. Sentimmo dell’acqua che scendeva.
-Dove stai, brutto paraculo?- lo insultò scherzosamente Matteo. Sentimmo Fra ridere
-Sono alle terme, esattamente sotto un getto d’acqua… è da favola…- fece, poi continuò –oh, scusate, dimenticavo che voi siete appena usciti da cinque stressanti ore di scuola ahahah- rise ancora.
-Tesoro mio sei uno stronzo- dissi, allo stesso tempo invidiosa e contenta per lui.
-Grazie del complimento amore, ti adoro anche io- disse lui con fare non curante.
-Adesso passiamo alle questioni serie, che sto spendendo una catasta di soldi- disse Matteo. Spiegammo in quattro e quattr’otto la situazione a Fra dicendogli che Diletta ce l’aveva senza motivo con Matteo, e che io non potevo in alcun modo indagare perchè ci avevo litigato. Gli dicemmo anche del piano per la festa e lui ne fu davvero entusiasta:
-Si può fare ragazzi, si può fare! Vedi caro Matteuccio… com’era? “A me Diletta non piace gne gne gne…”- gli rifece il verso Fra –Raga vi assicuro che sarà tutto perfetto, si si, non vedo l’ora… comunque quando torno in Italia ci dobbiamo incontrare subito, adesso vi lascio che vi faccio finire il credito, ciao ciao e rosicate.- Chiudemmo il telefono ridendo. Sembrava che Matteo fosse un po’ più sereno di prima.









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Capitolo 28
*** Stupida ***


Salve a tutte! Eccomi con questo nuovo capitolo, E' molto lungo per questo ci ho messo un po' a scriverlo, e ad un certo punto sono stata molto indecisa su due diverse opsioni, ma spero di aver scelto quella giusta...
Ringrazio tutte le ragazze che mi hanno recensito, e dedico questo capitolo a Cleppy_Ds . Vi consiglio di leggere le sue storie che sono davvero fenomenali *_*
Spero che questo capitolo vi piacerà e che recensirete in molte. Ho avuto 3200 cliccate per il primo capitolo *_* e 98 persone hanno messo la sotria tra le seguite!! Nona vrei mai pensato di arrivare a questo risultato
Mi scuso se non ci sono i link, ma basta che selezionate i siti e premete con il tasto destro su apri link e ve lo fa vedere
garzie a tutte!!!! Posto presto
kiss kiss


Capitolo 28 Stupida

Pov Diletta

Ecco l’unica certezza che avevo in quel momento: di certo non mi sarei fatta rovinare la festa del 29 Maggio da… lui!
La festa si teneva quella Domenica perchè il 30 e il 31e l’1 sarebbe stata vacanza e non si andava a scuola.
Era una tradizione, un rito di passaggio, ed era una delle feste più famose di tutta la città, ed io non sarei mai mancata, nemmeno per tutto l’oro del mondo. Almeno ballando, avrei svuotato la mente e mi sarei dimenticata degli affari inutili…
Chiusa dentro la mia camera pensavo a tutto questo, e con i vestiti sparsi sopra il letto cercavo di scegliere il vestito adatto per quella sera stessa. Avevo svuotato tutte le ante dove c’erano dei vestiti quanto meno eleganti. La mia camera non era mai stata così in disordine. Se mamma avesse visto quel pandemonio si sarebbe inquietata davvero molto… ma meglio non pensarci, avrei messo tutto a posto, prima o poi.
Finalmente, dopo ore e ore di rimuginamenti, mi decisi: scelsi un vestito della Pinko, che non avevo mai indossato e aveva ancora l’etichetta attaccata. Si quello era proprio adatto. Guardai poi tutte le mie scarpe, ed optai per dei trampoli da dieci centimetri. Ero stanca di fare la brava ragazza, non ci guadagnavo nulla, solo insulti. Tanto valeva che mi comportasi in modo stupido: quella sera, con la maschera in dosso, non sarei più stata me stessa, ma un’altra. Sinceramente non sapevo cosa io stessa avessi in testa di preciso, ma volevo che al ballo, la solita Diletta che ero, non esistesse più e venisse rimpiazzata. Cominciai a prepararmi in largo anticipo per fare tutto con calma: mi feci un bel bagno rilassante, poi mi infilai i bigodini tra i capelli. Controllai se mi dovessi fare la ceretta sulle gambe, ma era tutto in ordine. Alla festa non sarei andata accompagnata, come molte altre invece facevano. Avrei potuto chiedere quel favore a Gabriele ma forse lui, giustamente, non aveva voglia di vedermi.  In più non aveva senso che io lo illudessi, sarebbe stato stupido e crudele. Non potevo fargli passare quello che avevo provato io…
Non mi importava se alla festa ci sarebbe stato Matteo o no: lui per me non esisteva più. Infilai il vestito e scelsi dai miei cassetti i gioielli: anello, bracciale, collana orecchini e immancabilmente, presi una tiara. Si, lo so, forse tutti quegli Swarovski erano un po’ esagerati, ma quella sarebbe stata ma mia serata, e volevo sentirmi una principessa.

Vestiti Diletta: http://www.polyvore.com/cgi/set?id=41759431&.locale=it 

Uscii di casa salutando mamma, con la promessa che alle tre mi sarei trovata davanti alla discoteca per farmi venire a prendere da papà. All’andata mi accompagnò il mio autista in limousine. Ogni volta cercavo di passare inosservata, sebbene stessi in delle automobili costose. Quella sera invece, volevo che tutti mi guardassero, che guardassero me, la super star.

Pov Matteo

Ero terribilmente in ansia. Erano le 17:00 del pomeriggio e stavo aspettando Francesco e Athena: sebbene io avessi decisamente protestato, quella sera avrebbero aiutato a prepararmi per la festa. Francesco era tornato Sabato dalla Croazia, e da quel momento era sempre rimasto con Athena, non si erano staccati nemmeno un attimo. Finalmente qualcuno suonò al citofono. Ovviamente, non feci in tempo ad andare ad aprire, che Anita si fiondò alla porta.
-Ciao siete gli amici di Matteo?- cominciò dopo aver aperto. Io sbucai da dietro l’angolo
-Ciao ragazzi- feci. I due piccioncini, appiccicati come delle calamite, contraccambiarono il saluto e mi guardarono terrorizzati dall’idea che la marmocchia potesse rimanere con noi.
-Anita, perchè non te ne vai a giocare con le bambole?- le chiesi. Di solito, quando mamma e papà uscivano, come quella Domenica, si portavano dietro la piccola peste, ma siccome quel giorno sarebbero tornati troppo tardi, preferivano che restasse con me. Quando loro sarebbero tornati io sarei potuto andare alla festa. Della serie: sedicenne schiavo della sorellina di sei anni.
Anita mi guardò:
-Posso restare con voi? Dai dai dai!- cominciò a lagnarsi.
-No, dobbiamo parlare di questioni da grandi.- dissi perentorio.
-E allora dopo io dico a papà che sei stato cattivo con me!- fece. Ci mancava solo questa: mio padre diceva sempre che dovevo essere un fratello responsabile e accondiscendente. Più volete Anita era andata a dire a nostro padre che ero cattivo, solo perchè non la facevo giocare con la Wii o con il computer per paura che li rompesse. Lui si alterava sempre, e mi diceva che ero egoista, aggiungendo che un bravo fratello non doveva dare motivo alla sorellina più piccola di dire certe cose. Esitai ancora
-E non vi lascerò un minuto da soli!- continuò imperterrita. Quella bambina era il mio flagello. Sospirai
-Se vai a giocare con le bambole, dopo ti faccio giocare con la Wii quanto ti pare…- le dissi rassegnato. Lei sorrise e saltellando se ne andò in camera sua. Ecco cosa mi toccava fare per avere un po’ di privacy.
Athena sogghignò:
-A quanto pare tua sorella ha molta più grinta e carattere di te.- Non so perchè ma suonava tanto come un insulto…
Non risposi e per evitare che qualcuno potesse dire qualcosa’altro di… inappropriato, Francesco mi venne incontro e mi diede una vigorosa pacca sulle spalle
-Come va Mattè? Tutto a posto?- chiese. Era da una settimana che non ci vedevamo. Io sorrisi
-Il signorino qui mi sembra un po’ troppo rilassato…- cominciai alzando un sopracciglio in modo eloquente. Fra, tutto abbronzato, sorrise e sogghignò
-Sapeste che paradiso ragazzi… darei qualunque cose per tornarci…- perchè il mio migliore amico era oltremodo dispettoso? Athena sbuffò
-Non ti sono mancata per niente vero?- chiese dispiaciuta. Lui la guardò e la baciò teneramente. Distolsi lo sguardo, forse un po’ invidioso che quei due si adorassero in quel modo. Feci loro strada verso la mia camera, entrammo e chiusi la porta. Sapevo che quel piccolo ostacolo non avrebbe fermato Anita che tra poco sarebbe venuta a disturbarci, ma era già qualcosa….
-Molto bene- iniziò Athena molto più entusiasta di quanto fossi in realtà io –Cosa pensavi di indossare questa sera?- mi chiese con uno sguardo ricco di pretese. Io strabuzzai gli occhi
-Ehm… veramente questo era il mio ultimo pensiero, prima perchè non decidiamo il piano…- cominciai, ma Athena mi interruppe con un gesto della mano.
-Stai scherzando vero? L’abbigliamento è la cosa principale! Per far davvero colpo su Diletta devi essere più che affascinante.- riprese fiato –Cosa hai di decente nel tuo armadio da energumeno?- concluse. Fra scoppiò a ridere e io risposi, stizzito
-Guarda che i miei capi d’abbigliamento sono tutti firmati, e io mi vesto bene!.-
Athena sospirò rassegnata
-Ma quanto siete idioti voi maschi? Non intendevo dire che ti vesti male, semplicemente che io so come siete fatti voi maschi, vi vestiti sempre sportivi, pure alle feste, invece dovrai essere elegante come un damerino.- riprese. Strabuzzai gli occhi: non mi sarei vestito da frocetto, questo era poco ma sicuro.
-Forse potremmo cominciare con il farti provare uno smoking….- iniziò Athena, ma Francesco la interruppe gentilmente, rispondendo all’appello silenzioso che gli avevo lanciato con gli occhi.
-Tesoro… scusas e ti interrompo, ma non credi che serva anche il mio parere di maschio in questo momento?- la ragazza abbassò la testa ed annuì, lasciando spazio a Fra che cominciò ad espormi le sue idee, che di certo sarebbero state migliori di quelle di Athena.
-Allora, io direi di puntare su qualcosa di classico, come jeans blu eleganti e una camicia di seta arrotolata sui gomiti…- iniziò Fra: quell’idea era decisamente migliore della prima.
Cominciammo a rovistare per l’armadio, e Fra e Athena mi fecero prendere un paio di jeans blu di Enrico Coveri e una camicia di seta della Tommy Hilfiger. Scelsi un paio di scarpe altrettanto blu. A me e a Fra sembrò abbastanza ma per Athena era tutto il contrario
-Non ditemi che per voi basta… questo?!- disse incredula. Io e Francesco ci guardammo senza capire. Athena scosse la testa energicamente
-Devo proprio spiegarvi tutto io vero?- iniziò. Eccola che cominciava a fare la saccentona.
-Cosa altro dovrei mettermi? Non sono mica una ragazza!- esclamai. Se si aspettava che avrei infilato orecchini o anelli, si sbagliava di grosso.
-Innanzi tutto devi metterti un bell’orologio al polso, non so perchè ma i ragazzi che lo portano a Diletta piacciono un sacco.- spiegò. Questa era nuova: da quando in qua i ragazzi con gli  orologi facevano colpo? Ma a pensarci bene, Diletta era diversa dalle altre, era speciale… scaccia il pensiero e tornai a rivolgere la mia attenzione su Athena.
Francesco annuì, d’accordo con lei.
-Poi ci vuole che scegliamo un buon profumo, è un’altra cosa per cui lei va matta… cosa ci offre il repertorio?- si rivolse a me. Ci pensai su un attimo poi risposi
-Ho Gucci, Giorgio Armani, e mi pare anche qualcosa di Dolce e Gabbana…-. Ad Athena si illuminarono gli occhi
-Assolutamente quello di Armani!- esclamò. Bhe, devo ammettere che ero d’accordo con lei. Posizionammo tutto sopra il mio letto e Athena guardò l’insieme in modo inquisitorio, poi si rilassò
-Direi che… può andare… ma manca ancora qualcosa…- disse. Mamma mia, le ragazze non si accontentavano mai… Mi guardò in faccia in modo scettico
-Vediamo che si può fare per quei capelli…- cominciò. I miei capelli non avevano nulla che non andasse, non erano ne cortissimi ne lunghi. Di solito li portavo o spettinati (anche perchè la mattina non avevo tempo di aggiustarli) o con la cresta. Non ero aperto ad altri orizzonti.
-No perchè se ti facessi il ciuffo…- ma io la bloccai
-No no no, i miei capelli rimangono così come sono- e mi toccai la cresta –e non intendo passare da deficiente con la calata sulla faccia, che per altro mi da pure fastidio.- e non avrei sentito storie. Athena sbuffò spazientita come se fosse lei quella che doveva sentirsi frustrata. Parlando di faccia mi venne in mente che non avevamo scelto la cosa più importante: una maschera.
-Ehm… penso che non abbiamo ancora scelto una maschera… e io non credo di averne…- precisai titubante. Sembrò che Athena mi volesse saltare al collo
-Cioè… tu vai a una festa in maschera… senza una maledetta maschera? Mi dici dove la andiamo a trovare una maschera adesso?- cominciò a sbraitare. Quella ragazza era impazzita. Fra provvedette a risolvere il problema
-Ne ho una io blu a casa che penso faccia al caso nostro, prima di entrare in discoteca te la darò.- disse calmo. In quel momento avrei voluto abbracciarlo…
Dopo aver messo a punto il piano ed averne precisato i dettagli, Fra e Athena se ne andarono: l’appuntamento era per le 23:00 davanti al locale.

Pov Diletta

La Limousine mi lasciò proprio davanti alla discoteca e io scesi. Erano le 23:30 e la festa era da poco cominciata. Diedi il mio biglietto ed entrai. Lasciai la giacca a la borsa dentro il guardaroba, trovai il tavolo della mia classe e mi sedetti un istante aspettando Francesca. Dopo poco arrivò
-Sei Diletta?- mi chiese. Io levai la maschera e sorrisi
-Ciao Francy, ovvio che sono io.- dissi rimettendomela
-Ah no perchè non ti si riconosce più di tanto…- sorrise. Lei invece era riconoscibilissima: la sua maschera era sottile sottile e molto lavorata, quindi si poteva benissimo distinguere il suo viso.
-Senti…- iniziò titubante sedendosi vicino a me –Non sapevo se fosse il caso di dirtelo, ma… penso che Matteo sia qui…-  il mio sguardo diventò di ghiaccio
-E cosa te lo fa pensare?- chiesi in un sussurro
-Bhe… ho visto Athena con Francesco seguiti da un altro ragazzo… ma non so se era Matteo, era irriconoscibile con la maschera… forse era Ludovico….- ipotizzò
-Non me ne importa nulla di quello che fa Matteo… per me l’unico luogo in cui può stare è a fanculo!- esclamai e mi gettai in pista.
Cominciai a ballare senza farmi tanti problemi e vidi che in molti mi guardavano. Pensai per un secondo di andare a ballare sul cubo, ma poi pensai che non essere più me stessa non voleva dire sputtanarmi davanti a centinaia di persone.
Cominciai a muovermi a ritmo su quei tacchi vertiginosi, riuscendo a mantenere l’equilibrio… che bello, non essere me stessa voleva dire che abbandonavo il mio equilibrio da bradipo?
Si avvicinò a me un ragazzo che però non portava la maschera, alto e di bell’aspetto.
-Balli?- mi chiese senza  esitazioni. Io accettai di buon grado. Subito mi cinse i fianchi con un braccio… ecco uno di quei tipi che non si facevano mai scrupoli. Ballammo ma lo guardai in modo truce per scoraggiare una qualsiasi cattiva intenzione. Ad un certo punto cominciò ad avvicinarsi pericolosamente a me. lo scansai
-… un bacio…- iniziò –dai me lo lasci un bacio?- chiese. Rimasi interdetta: ma perchè non accettare? Mi accostai e gli posai un bacio a stampo sulle labbra, poi me ne andai sculettando, lasciandolo basito. Pensava che mi sarei messa a slinguazzare con lui li in mezzo? Sbagliava. In realtà in quel bacio rapido non avevo sentito nulla, al contrario di quando… scacciai il pensiero scuotendo la testa. Tornai velocemente in pista evitando il tipo di prima. Un altro mi si accostò, e fu lo stesso, stessa storia, stessa mia reazione. Andai avanti ancora così con quattro ragazzi, senza farmi scrupoli, quando ad un certo punto si avvicinò a me un ragazzo alto e mascherato, vestito in modo elegante. Mi guardò per un attimo, come se già mi conoscesse,
-Hai voglia di ballare?- mi chiese. Io sussultai: il suono della sua voce… mi era estremamente familiare. Annuii sospettosa… il ragazzo mi cinse i fianchi delicatamente ed io sussultai… quel contatto mi era familiare…. Che fosse Matteo? Impossibile, orgoglioso com’era, Matteo non avrebbe mai potuto chiedermi di ballare… no, era escluso, non poteva essere lui. Per di più, Matteo non aveva gli occhi azzurri… e quelli, sebbene ci fossero le luci che ingannavano gli occhi, non sembravano verde acceso… chissà chi era quel ragazzo misterioso…
Continuammo a ballare sulle note di una canzone house a me sconosciuta. Sentivo caldo, tanto caldo, ma quelle sensazioni non mi erano nuove… che fosse Gabriele il ragazzo misterioso? No, impossibile, lui aveva gli occhi marroni chiaro…
Il ragazzo continuava a guardarmi senza staccare gli occhi da me, senza abbassarli mai e reggendo il mio sguardo profondo. Ad un certo punto con una leggera spinta mi accostò ancora di più a se. Sussultai… io lo conoscevo… che fosse…? No, impossibile. Continuammo a ballare per un po’, finchè il tipo disse
-Posso offrirti qualcosa?-. Io non sapevo che dire… si o no? Qualcosa mi diceva che dovevo andarmene, ma per non sembrare scortese o bimba minchia, annuii.
Andammo al bancone e ci sedemmo su uno sgabello. Il cameriere mi guardò in modo lascivo, così io alzai un sopracciglio
-Come posso aiutarvi?- chiese allora, capendo il mio disappunto
-Io vorrei un Martini– disse il ragazzo. Poi si rivolse a me –E tu cosa gradisci?- io strabuzzai gli occhi da sotto la maschera. Inizialmente volevo prendere una coca cola, ma dopo decisi che quella sera avrei rotto ogni schema
-Anche per me grazie.- dissi titubante. Sperai che il ragazzo non volesse farmi ubriacare per poi portarmi chissà dove, ma io non mi sarei fatta fregare.
Quando il barista ci portò il bicchiere riempito fino all’orlo, esitai ancora: non avevo mai bevuto alcool, quindi avrei potuto ubriacarmi con niente… pensai che in realtà io ero ubriaca anche da sobria, quindi, perchè non provare?
Bevvi soltanto metà del bicchiere per non rischiare, mentre il ragazzo lo finì tutto. Lo ringraziai ed aspettai cinque minuti prima di rialzarmi. Sembravo sobria e con la mente lucida. Ripetei il sabato del villaggio di Leopardi a memoria e tornai a ballare con il ragazzo, vedendo che era tutto a posto.
Continuammo a ballare, quando fu messa “Stupida” di Alessandra Amoroso. E allora sentendo quelle parole, qualcosa in me cambiò

http://www.youtube.com/watch?v=FDtv9wT08Gw 

“Che stupida che sei  tu non impari mai” già, non ci voleva una canzone per dirmelo.
“e più stupida di te sappi non ne troverai” sembrava che quella canzone fosse diretta proprio a me, sembrava che volesse spingermi a riflettere mentre stavo tra le braccia di quel ragazzo sconosciuto, che pure sembrava conoscermi da tempo.
“Ma che stupida che sei stupida un'altra volta che parli ad uno specchio e mai alla persona giusta e da stupida che sei  tu non farai mai niente” voleva forse dire che dovevo andare a chiarirmi con Matteo?
“e non capirai niente hai sbagliato da sempre ed è inutile adesso che ti guardi a uno specchio che non sa chi sei” quelle parole mi si scolpirono dentro la testa: e se davvero avessi sbagliato tutto dall’inizio? Avevo sbagliato a giudicare Matteo… in quel modo? Ma no, io l’avevo visto, avevo avuto delle prove per confermare le mie ipotesi…
“Hai sbagliato da sempre ed è inutile adesso che ti guardi a uno specchio che non sa chi sei a uno specchio che non sa chi sei.. .
una stupida.” Si, io ero proprio stupida, perchè non avevo voluto sentire ragioni, non avevo voluto parlare con Matteo. Era da bambini, non gli avevo nemmeno dato la possibilità di spiegarsi, accecata dalla rabbia e dalla… gelosia. Decisi: tornata a scuola avrei parlato con quell’idiota di Matteo: se dovevo odiarlo, meglio odiarlo con delle buone ragioni, anche se averlo visto baciare Claudia mi era sembrata un’argomentazione sufficiente a…
Non riuscii a concludere il pensiero, che il ragazzo mi sollevò il mento per guardarmi dritto negli occhi. Sussultai: conoscevo quello sguardo, quegli occhi che adesso, da vicino, vedevo verdi, non poteva essere che… il ragazzo accostò il mio volto al suo, e non potei fare a meno di chiudere gli occhi. Non mi interessava, anche se in teoria non sapevo chi fosse, volevo baciarlo, così non mi ribellai… Lui appoggiò le sue labbra sulle mie, le dischiuse e così feci anche io.
In quell’istante. Con la sua bocca incollata sulla mia, capii: io lo conoscevo, era Matteo. Mi ritrovai nella stessa situazione per la seconda volta, e di nuovo non sapevo cosa fare. Mi piaceva il fatto che lui mi baciasse, mi piaceva la sensazione che sentivo dentro quando le sue labbra erano appoggiate alle mie. Stavamo per andare più a fondo, sapevo che era da folli, ed infatti con un grande sforzo di volontà mi staccai e corsi via. Matteo, forse avendo compreso che io avevo scoperto tutto, cercò di corrermi dietro, ma io ormai ero sparita. Mi andai a sedere al bancone, per fare il punto della situazione: dieci minuti prima avevo deciso di chiarire tutto con Matteo, ma adesso che era il momento di farlo, e soprattutto dopo averlo baciato, mi mancò il coraggio di affrontarlo. Si, è vero, avrei dovuto, ma non adesso. Quando sarei tornata a scuola avrei racimolato il coreggio e…
mi alzai, decisa ad uscire, ma sentii le gambe molli, e, non reggendomi sui tacchi alti, rischiai di inciampare. Mi girava immensamente la testa, forse per l’alcool di prima, per la musica alta, per la confusione che avevo in testa; fatto sta che non riuscii a reggermi in piedi. Stavo per cadere, non trovando un posto per aggrapparmi, quando qualcuno mi afferrò. Era di nuovo lui, era sempre lui. Matteo mi prese premurosamente in braccio, facendosi strada tra la folla. Che figura, dovevano pensare che fossi ubriaca fradicia da non riuscire a reggermi in piedi. Grazie al cielo che portavo una maschera. Mi adagiò su una panchina nel giardino, si inginocchiò davanti a me e mi guardò. Io ero stesa sul freddo marmo della panchina, con la testa che rischiava di esplodermi. Guardandolo non riuscivo a credere di non averlo riconosciuto… che cretina…
Matteo mi guardò
-Come ti senti?- mi chiese avvicinandosi ancora di più al mio viso. Ero sicura che se mi avesse baciato di nuovo sarei svenuta.
-Di merda- biascicai. –Io so chi sei…- cominciai, ma mi assopii. Nel sonno mi accorsi di stare tenendo la mano di Matteo e di non averla mai lasciata da quando mi aveva lasciata sulla panchina. Sorrisi e sentii che mi accarezzava il volto.

Pov Matteo

Non resistetti al mio istinto, e si, la baciai. Fu come la prima volta, anzi, forse fu meglio. Non avrei mai voluto staccarmi da lei, avrei voluto baciarla all’infinito, ma purtroppo, lei si staccò allarmata, prima di arrivare al punto di non ritorno. Quanto auto controllo aveva quella ragazza? Mi guardò come se avesse capito chi fossi, e infatti scappò via senza lasciarmi il tempo di dire nulla. Cercai di seguirla, ma dopo poco non la vidi più. Cominciai a cercarla, dovevo scoprire se aveva capito tutto… dopo poco, la intravidi che si stava dirigendo verso l’uscita mentre barcollava. Impossibile che si fosse già ubriacata, per due motiv, uno: non era da Diletta, due: non poteva essersi ubriacata in cinque minuti. Probabilmente non si sentiva bene. Arrivai da lei appena in tempo, giusto per prenderla in braccio e condurla fuori. La appoggiai su una panchina, e lei si stese, prendendomi una mano e stringendola forte. Ormai non c’erano dubbi, aveva capito chi fossi. Le mie idee furono confermate, perchè Diletta a un certo punto biascicò
-Io so chi sei…- mi si rizzarono i capelli dietro la nuca. Stavo per controbattere ma vidi che lei si era addormentata. In realtà ero un po’ preoccupato per Diletta, ma forse era solo stanca. Cominciai a sentirmi in colpa: forse non avrei dovuto baciarla, ma quegli idioti di Francesco e Athena mi avevano assicurato che ero irriconoscibile… Feci uno squillo a Francesco, sperando che nel marasma sentisse il telefono vibrare. Dopo qualche tentativo mi rispose
-Mattè che c’è?- chiese ridacchiando. Non si sentiva il fracasso della musica, quindi forse non era dentro il locale.
-Tu e Athena venite qua in giardino, subito!- feci, e riattaccai. Da dietro un cespuglio sbucarono subito Athena e Fra, che probabilmente si erano andati ad infrattare lì.
Quando mi videro con Diletta sulla panchina, strabuzzarono entrambi gli occhi. Athena si avvicinò
-Dimmi che non l’hai fatta ubriacare…- disse preoccupata. Io la guardai e alzai un sopracciglio
-Secondo te? Ha solo bevuto mezzo bicchiere di Martini. E poi adesso sta solo dormendo, penso che sia stanca…- cominciai. Athena mi interruppe
-Avete concluso qualcosa?- chiese indagatrice. Io sorrisi ed arrossii
-Bhe in realtà si, non abbiamo parlato, però…- poi mi venne in mente una questione importante –Voi due siete due idioti!- esclamai concitatamente. Fra mi guardò interrogativo
-Perchè? Abbiamo fatto un ottimo lavoro.- constatò. Io alzai le sopracciglia
-Com’era? “Non ti riconoscerà mai” e invece sapete cosa mi ha detto? Che sa chi sono! E sono più che sicuro che è così, glie lo ho letto in faccia…- tralasciai che l’avevo capito perchè era scappata via dopo che l’avevo baciata… Athena non sembrò sorpresa più di tanto
-E Diletta ci ha sorpreso ancora… mh, è da lei indovinare sempre gli inganni.- rifletté ancora per un attimo
-In realtà non mi aspettavo che ti riconoscesse, ma lei è così, ha fiuto per questo genere di cose…- fece una pausa –poco male, almeno le abbiamo dato un motivo per venirti a parlare…- sperai vivamente che lo avrebbe fatto.
Decidemmo tutti insieme di chiamare Francesca, che intanto stava ballando con Ludovico, per svegliare Diletta e accompagnarla al parcheggio, dato che suo padre le stava aspettando lì fuori. Io Francesco e Athena ci dileguammo. Da lontano vidi Diletta che si alzava assonnata e si appoggiava a Francesca. Quando si voltò lessi nei suoi occhi tanti interrogativi. Sperai di avere la possibilità di parlarle molto presto.







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Capitolo 29
*** Sensi di colpa ***


Salve a tutte ragazze!! Si, è vero, non ho postato tanto presto, ma mi farò perdonare con questo capitolo che è lunghissimo... anzi è il più lungo di tutti quelli che ho scritto, me ne sono stupita anche io.
Confesso che quello che accade qui è un po' da film, ma spero che vi piacerà lo stesso.
In questo capitolo verranno svelati molti misteri che nel corso della storia sono rimasti seminascosti.
Sono contentissima di essere arrivata ad avere 267 cliccate per ll'ultimo capitolo e quasi 4000 per il primo.
105 di voi hanno messo questa storia tra le seguite, e mi farebbe davvero piacere sapere anche il parere di chi solitamente non recensisce, soprattutto in questo capitolo.
Mi raccomnado recensite
Saluti!!!


Capitolo 29 Sensi di colpa

Pov Francesca


Dile se ne andò infuriata. Mi dispiaceva che pensasse quelle cose di Matteo... mi sembrava un ragazzo a posto, e sinceramente non credevo che, conoscendo Claudia, fosse stata tutta sua la colpa di quel bacio. Dile avrebbe potuto dargli almeno la possibilità di spiegarsi... ma a quanto sembrava non ne aveva alcuna voglia. Non credevo che avrebbe cambiato idea.
Rimasi seduta silenziosa al tavolo. Chiacchierai un po’ con Lucia e quando arrivò Athena seguita da Francesco si sedettero al tavolo con noi
-Ciao Athe, ciao Francesco.- salutai tranquillamente.
Diletta mi aveva trascinato a quella festa, quando io sarei potuta benissimo rimanere a casa a leggere qualcosa. Ma avevo voluto far contenta Dile che era furiosa e, anche se cercava di nasconderlo, decisamente triste e gelosa. Glie lo leggevo negli occhi.
-Ciao Francy.- disse Athe, che quella sera era proprio carina. Non mi trattenni e curiosai un po’
-Scusate se ve lo chiedo, ma Matteo non è con voi?- chiesi tranquillamente, cercando di non mostrarmi curiosa. Fra e Athe si guardarono e cominciarono a mugugnare parole senza senso.
-Guardate che non è un problema, se non me lo volete dire mica mi offendo- non ero una bambina che se non sapeva delle cose sbraitava o piagnucolava.
-No no non è questo…- cominciò Athe e mi spiegò che Matteo stava cercando Diletta per attuare il loro piano. Mi spiegò anche quello e sorrisi. Athena non si dava per vinta… non ostante avesse litigato con Diletta per tutta quella faccenda, e non ostante lei le avesse detto chiaro e tondo che no voleva interferenze, Athe continuava a fare come voleva. Era proprio determinata. Sicuramente faceva tutto questo perchè voleva molto bene a Dile, ma a volte le intenzioni migliori possono causare i danni più gravi…
Scacciai il pensiero e mi congratulai con i due innamorati per il piano
-Siete stati proprio bravi ad inventare una cosa del genere… speriamo solo che funzioni…- dissi speranzosa. Athena sogghignò
-Deve funzionare! Adesso scusaci ma andiamo un po’ a scatenarci.- rispose, prendendo per mano Francesco; quanto erano graziosi insieme quei due!
Rimasi seduta tranquillamente: non avevo bisogno di andarmi a “scatenare”, come aveva detto Athena. Mi guardai annoiata in torno con la testa che cominciava a dolere a causa della musica alta. Mh… la discoteca non faceva per me. Non mi piaceva, non mi divertivo quando ero là, la contrario di Diletta, che sembrava rinascesse ogni volta che ci metteva piede.
-Ciao.- mi salutò qualcuno. Mi voltai e vidi Ludovico, l’amico di Francesco e Matteo. I suoi occhi grigi spiccavano nella penombra della sala. Sorrisi e salutai a mia volta
-Ciao- in realtà non avevo mai scambiato più di quattro parole con lui, mi ricordavo di averci ballato in discoteca una volta. Sembrava un tipo simpatico e dolce, peccato per la fama che si portava dietro. Certo, non che fosse colpa sua che si innamorava delle ragazzacce, però a quanto avevo capito non imparava mai dai suoi errori. Non avevo bisogno di cacciarmi nei guai, ma in fondo, non avrebbe potuto nuocermi il fatto di conoscerlo meglio.
-Ti va di ballare?- chiese speranzoso. Non ero molto entusiasta di questa idea. Non mi piaceva ballare, non mi andava che mi guardassero tutti. In più, se pensava che io fossi solo un passatempo finchè non trovava un’altra... ragazzaccia che se lo filava, si sbagliava di grosso.
-Ok...- dissi titubante, e mi prese la mano. Andammo in pista e cominciammo a ballare, ma a debita distanza. Non volevo che mi si appiccicasse come una ventosa. Piano piano mi accorsi che ci stavamo avvicinando sempre di più. Nonostante tutto non feci nulla per evitarlo, e dopo poco mi ritrovai stretta tra le sue braccia. Ballammo ancora a lungo, scambiandoci qualche parola sul più e il meno. Dopo un po’ arrivò Athena abbastanza trafelata al nostro tavolo: io, che non mi ero allontanata molto da li, la vidi guardarsi intorno. Lasciai Ludovico scusandomi e andai da lei
-Athe che c’è?- chiesi preoccupata.
-Ehm… diciamo che Dile è… si è addormentata su una panchina di fuori.- fece. Io strabuzzai gli occhi
-Cosa? Non mi dire che l’avete fatta ubriacare…- dissi, indignata. Athena non mi fece finire di parlare
-Non si è ubriacata, era solo stanca…- e mi raccontò velocemente ciò che era successo mentre ci avviavamo verso l’uscita del locale. Andammo da Diletta che stava ancora dormendo, e vidi Francesco e Matteo che la stavano sorvegliando. Negli occhi di quest’ultimo lessi davvero molta preoccupazione e apprensione. Sorrisi: come si vedeva che il cuore di quel ragazzo apparteneva esclusivamente a Diletta…
-Francesca puoi riaccompagnare Diletta a casa?- mi chiese Matteo premuroso –Lo fari io ma… - feci un cenno di assenso precedendolo
-Non preoccupatevi per Diletta, in realtà io devo tornare con lei comunque perchè tra poco il padre ci viene a prendere. Voi andate, adesso la sveglio, è tutto a posto.- dissi tranquillamente, cercando di far calmare tutti. I ragazzi se ne andarono senza voltarsi, solo Matteo mi lanciò un’occhiata colma di tristezza. Poveraccio, sapevo che non era facile avere a che fare con Diletta. Aveva un carattere davvero molto particolare, ed un modo di pensare tutto suo.
Andai a svegliarla scuotendola leggermente. Appena mi vide sussultò.
-E’ ora di andare- le dissi. Lei si guardò sperduta intorno. Mi fissò
-Che diavolo è successo? Cosa ci faccio qui? E dov’è Matteo? Io…- cominciò. Era davvero confusa e spaesata. La feci appoggiare a me mentre ci avviavamo verso il parcheggio. Non sapevo se dirle tutta la verità, così rimasi cauta
-Tu cosa ti ricordi?- chiesi lentamente. Lei si premette una mano sugli occhi
-Quasi tutto, mi ricordo di aver ballato con Matteo, poi stavo andando a cercare l’uscita perchè mi serviva una boccata d’aria… poi non ricordo più nulla- disse incerta. Come non detto, speravo che si fosse dimenticata del ragazzo mascherato, ma il cervello di Diletta memorizzava tutto e non dimenticava niente.
-Bhe, io ti stavo cercando a un certo punto perchè era un po’ che non ti vedevo... ti ho trovata barcollante, allora siamo uscite insieme e ti ho aiutata a metterti sulla panchina. Ti sei appisolata e poco fa ti ho svegliata.- spiegai. Lei mi guardò dubbiosa, sapevo che non ci credeva fino in fondo, ma non mi disse niente. Il papà di Diletta ci aspettava in macchina, salimmo e lui ci riportò a casa. Durante il tragitto Dile guardò sempre fuori dalla finestra, e non spiccicò parola.

Pov Matteo

Ero così preoccupato per Diletta che decisi di fare una cosa davvero stupida: senza spiegare niente a nessuno, uscii dal locale, andai nel parcheggio, mi levai la maschera e la misi in tasca, infilai il casco e partii a tutto gas con la moto. Senza nemmeno sapere dove stessi andando, presi la strada di casa mia. Arrivato davanti casa di Diletta, però, nella mia testa prese forma un’idea suicida e decisamente da film: la terrazza della sua camera, che era al terzo piano della casa, si affacciava in parte sulla strada. Ma visto che il primo piano era un seminterrato, la sua camera era al secondo piano rispetto il livello del suolo. Ragionai un po’ dato che era accaduto tutto molto velocemente e poi mi guardai intorno. No, non potevo farlo, sarebbe stato troppo stupido.
Scesi dalla moto titubante. Diciamocelo, io ero il genio delle azioni stupide… perchè non provare? In fondo, non ci avrei perso nulla, peggio di così non poteva andare, per cui…
Appoggiai il casco sul manubrio della moto e riflettei. Proprio di fianco al cancello, ma fuori dal giardino della casa, c’era un albero robusto. Da bravo scout quale ero stato fino a due anni prima, mi arrampicai sul tronco dell’albero. Siccome il tronco era molto grande, non riuscivo ad abbracciarlo tutto, per cui mi sbucciai le dita delle mani. Non me ne importò nulla e continuai a salire. Sperai che nessuno mi vedesse, dato che non era normale trovare un ragazzo avvinghiato ad un albero alle due di notte in una posizione compromettente. Qualcuno avrebbe potuto pensare che fossi un ladro… per evitare spiacevoli incidenti mi sbrigai a salire. Ero quasi arrivato a destinazione quando misi le mani su un rametto che si ruppe sotto il mio peso. Mi aggrappai con tutto il corpo sull’albero e il viso strofinò sul tronco. Repressi un grido, non volevo rovinare tutto e svegliare il quartiere intero. Ci mancava solo che Diletta mi beccasse e davvero, mi sarei lasciato cadere dall’albero di mia spontanea volontà. Sempre se non l’avesse fatto lei per prima. Non ebbi tempo di toccarmi la guancia, ma sentii che mi bruciava. Feci una smorfia e finalmente dopo aver schiacciato rigorosamente i fiori del davanzale, arrivai sul balcone. Feci un respiro profondo: bastava che girassi l’angolo, e mi sarei trovato davanti alla finestra della sua camera. Potevo ancora tornare indietro, non era troppo tardi, non mi avrebbe visto nessuno...
Dovetti abbassarmi di scatto perchè proprio davanti alla casa di Diletta arrivò una macchina piena zeppa di gente che si mise a conversare fuori dalla porta dell’abitazione. Non sarei potuto scende neanche se l’avessi voluto, perchè mi avrebbero visto. Feci un respiro profondo e voltai l’angolo. La finestra era spalancata, e da fuori si sentiva il respiro di Diletta, che non sembrava però tanto calmo. Preso da un moto di pura follia entrai nella sua stanza. Diletta dormiva spaparanzata sul letto gigante supina, con la bocca semi aperta e un viso da angioletto. Il lenzuolo era buttato completamente di lato. La vista del  suo “pigiama” non mi aiutò a pensare lucidamente.

Vestiti Diletta:  http://www.polyvore.com/pigiama/set?id=44184863 

Cominciai a sudare e, davvero, non solo per il caldo dell’estate. Mi concentrai sul suo viso, cercando di “ignorare” il resto. Non fu molto facile. Non sembrava che Diletta stesse dormendo un sonno tranquillo, voltava la testa a destra e a sinistra ripetutamente, come in preda al delirio. Avrei voluto svegliarla e chiederle se stava bene, ma non potevo, sarebbe stato come tagliarmi i piedi da solo. Ad un tratto Diletta si voltò da un lato dandomi la schiena e in quel momento rischiai seriamente di saltarle addosso. Cosa mai avevo fatto di male nella mia vita per meritarmi questo?
Non riuscivo a staccare gli occhi dal suo ehm... fondo schiena, e quella sottospecie di pigiama non aiutava di certo. Mi voltai e uscii per prendere una boccata d’aria fresca, anche se questo non mi aiutò gran che. Chiusi gli occhi, ma ci rinunciai perchè davanti mi ritrovavo solo quell’ immagine, così respirai profondamente di nuovo. Mi voltai e rientrai nella stanza. Diletta aveva cominciato a mugugnare cose senza senso,
-No... no...- diceva nel sonno. Non parlava già tanto da sveglia, ci voleva pure che chiacchierasse nel sonno? Ma Diletta era una persona rara, su questo non c’erano dubbi. La guardai ancora dormire senza riuscire a staccare gli occhi dal suo viso. Ad un certo punto mi spaventai: il suo respiro era diventato irregolare e mi chiamò ad alta voce, come se fosse sveglia
-Matteo! Dove sei?-. Pensai per un attimo che si fosse svegliata, ma continuava a tenere gli occhi chiusi, quindi ipotizzai che mi stesse sognando. Chissà cosa si stava svolgendo adesso nella sua mente...
Continuò a chiamarmi, e fui di nuovo tentato di svegliarla, ma non lo feci. Mi sedetti anzi sul bordo del letto e le strinsi la mano forte. Sperai che non si svegliasse. Lei ricambiò la stretta e sembrò acquietarsi. Dopo un po’ lasciai la mano e mi avviai alla finestra cercando di sgattaiolare via indisturbato, ma mi bloccai
-No! Non te ne andare, ti prego...- sentii. Non avevo il coraggio di voltarmi... si era svegliata! Sapevo che sarebbe accaduto! Stupido! Matteo sei un emerito idiota! Mi preparai psicologicamente ad affrontarla, a prendermi insulti, a sentirmi urlare contro il mio errore, anche se pensare che mi aveva detto di restare era un buon segno...
Mi voltai, ma Diletta era nella stessa posizione di prima, a occhi chiusi, e biascicò di nuovo, con voce quasi spezzata dal pianto
-Ti prego…- non sapevo che fare, mi si spezzava il cuore a lasciarla li...
Tornai sul bordo del letto e le strinsi di nuovo la mano. Di nuovo si acquietò e il respiro si fece pesante e regolare. Non mi trattenni
-Ti amo... e non hai la più pallida idea di quanto...- e purtroppo per me quella era la verità.

Pov Diletta

Matteo è li davanti a me. Lo guardo e cerco di parlargli, di dirgli che voglio sentire cosa è successo in realtà, che sono una stupida a non avergli dato la possibilità di spiegarsi. Non voglio perdere la sua amicizia, significa molto per me. Lui non mi parla. Sta zitto, e quando apre la bocca comincia a ridere.
-No... no- dico. Ho rovinato tutto quello che c’era tra noi. E perchè poi? Perchè sono stupida, orgogliosa. Non voglio che se ne vada, dobbiamo parlare.
Mi da le spalle, fa di nuovo per andarsene, e so che se non farò qualcosa lo perderò per sempre. Vinco le mie paure e gli prendo una mano.
Lui si volta e me la stringe, è serio ma non sembra arrabbiato. Mi tranquillizzo.
Dopo poco però me la lascia e capisco che vuole andarsene. Non posso permetterlo
-No! Non te ne andare, ti prego...- lui mi guarda, ma senza avvicinarsi.
-Ti prego...- biascico disperata. Non so cosa altro fare. Ad un tratto mi abbraccia di slancio, e io sono felice, sono felice tra le sue braccia, mi sento protetta e al sicuro. Matteo mi bacia i capelli e parla, è la prima volta che lo sento parlare, ma la sua voce sembra più reale di quello che in realtà potrebbe essere
-Ti amo... e non hai la più pallida idea di quanto...- quelle parole mi arrivano nel profondo del cuore e anche se mi costa ammetterlo mi fanno piacere, sono felice. Voglio che le ripeta ancora. Invece continua ad abbracciarmi.
Non voglio che mi lasci mai.

Mi svegliai con il sole che mi baciava il viso, e la finestra che era rimasta spalancata dalla notte precedente. Mi sentivo bene, riposata. Guardai l’orologio: erano quasi le due del pomeriggio. Quella dormita mi aveva fatto bene. Non mi sembrava di aver sognato, per fortuna, o se l’avevo fatto, non lo ricordavo. Quando dormivo profondamente mi svegliavo sempre allegra. Misi i piedi fuori dal letto e mi alzai. Non mi accorsi di avere appoggiato il piede su qualcosa, così che scivolai e caddi in avanti, sui gomiti. Mugugnai per il disappunto ma mi alzai stranamente incolume. Afferrai l’oggetto non identificato che mi aveva fatto fare il capitombolo, pronta ad insultarlo o distruggerlo, ma quando vidi cosa avevo tra le mani sussultai. Una maschera blu. Subito mi tornarono in mente i ricordi della sera prima, che con il sonno prolungato si erano inizialmente dileguati. Di botto ricordai tutto. Per la violenza del ricordo mi sedetti sul letto a pensare: io avevo già visto quella maschera. Non mi ricordavo assolutamente dove, ma ero sicura che non la stavo guardando per la prima volta. Di chi era? Forse era del ragazzo mascherato, o meglio, di Matteo, ma esclusi l’ipotesi perchè la sua maschera non mi sembrava fosse così grande, e soprattutto non era blu... non ricordavo il colore preciso, ma mi sembrava viola o nera...
Mi guardai intorno, e  mi diedi della stupida per aver lasciato la finestra della camera spalancata: sarebbe potuto entrare chiunque. Ecco cosa si otteneva a non ragionare quando facevo qualcosa. Mi agitai: chi era entrato nella mia stanza?
Mi spaventai: forse uno di quelli che stavano alla festa era un cleptomane e dato che si era ubriacato mi aveva seguito perchè aveva visto che ero tutta ingioiellata, ed era entrato nella mia stanza attraverso la finestra. In fondo, non ci voleva poi molto a scalare l’albero che stava davanti alla mia terrazza. Mi irrigidii: forse quel qualcuno era ancora in casa mia. No, impossibile, i miei genitori se ne sarebbero accorti. E poi… non mancava nulla dentro la stanza… era tutto in ordine. Se era entrato qualcuno, di certo non era un ladro. Ma chi allora?
Scesi cautamente le scale guardandomi intorno. In cucina non c’era nessuno, e non si sentivano rumori sospetti. Sul tavolo c’era un foglietto, tanto per cambiare, come in quel periodo trovavo spesso: quando si avvicinava l’estate mamma e papà erano sempre molto indaffarati.

Ho dimenticato di fare la spesa, falla tu, oggi pomeriggio non faccio in tempo. Non c’è niente da mangiare, arrangiati in qualche modo, io e tuo padre siamo a pranzo fuori. Per qualsiasi cosa chiama

Mamma

p.s. annaffia i fiori del tuo terrazzo che sono tutti appassiti.

Strabuzzai gli occhi e corsi di sopra, aprendo la finestra: non c’era dubbio, quella sera qualcuno era stato in camera mia: i gigli che stavano sulla fioriera erano tutti acciaccati, come se qualcuno ci fosse passato sopra. Mamma stava sempre attenta alle nostre piante dato che aveva il pollice verde, quindi quella era l’unica spiegazione plausibile. Fui tentata di chiamare i miei perchè non volevo rimanere da sola, ma non avevo più sette anni, potevo resistere alla paura.
Dopo essermi vestita, aver chiuso tutte le finestre ed aver messo l’allarme per evitare qualsiasi episodio spiacevole, uscii di casa.

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Andai al supermercato nel quartiere vicino. Volevo farmi una bella passeggiata per cercare di fare ordine tra i miei pensieri. Più di tutti, ce n’era uno che non riuscivo a scacciare: il senso di colpa. In discoteca mi ero comportata in modo davvero stupido, accecata dalla gelosia e dalla mia stupidità. Mi ero comportata da ragazzaccia, avevo baciato tutti quelli che mi erano capitati a tiro (compreso Matteo) e avevo anche bevuto. Se non mi avesse trovato Matteo, quella serata sarebbe potuta andare a finire davvero molto male.
Mi scocciava il fatto che avessi voluto più che potuto, non essere me stessa. Ero consapevole di quello che stavo facendo, eppure continuavo a farlo, imperterrita, ignorando che fosse sbagliato.
Le parole della canzone “Stupida” di Alessandra Amoroso mi rimbombavano in testa, ricordandomi quanto fossi stata idiota e... bimbaminchiosa. Che cos’erano un ossimoro? Detestavo quando la gente mi dava della bambina, e adesso lo facevo io stessa. Sorrisi tristemente: stavo solo cercando di non dire bugie a me stessa.
Mi stavo avviando al supermercato rimuginando, e non mi accorsi che stavo per sbattere contro qualcuno. Alzai la testa da terra appena in tempo, e quando vidi chi avevo davanti mi si gelò il sangue nelle vene. Giulio mi guardò sorridendo sornione
-Ciao Diletta- disse sottolineando il mio nome in modo strano. Mi spaventai: non prometteva nulla di buono. Ricambiai appena e feci per andarmene, ma prima che potessi superarlo, mi fermò prendendomi per un braccio. Oh, no, per favore. Perchè adesso gli dovevano prendere gli attacchi da maniaco omicida? Ricordai la figuraccia che gli avevo fatto fare davanti a tutta la scuola, rifiutandolo senza farmi problemi. Mi aveva giurato che glie l’avrei pagata. In quel momento, nella strada dove non passava nessuno, sotto il sole cocente delle due del pomeriggio, ebbi davvero paura. Mi guardai intorno: le case, che stavano sul bordo opposto della strada rispetto a me, avevano tutte le persiane chiuse. Non c’era un’automobile in giro. Quella era l’ora in cui tutti dormivano per via del caldo e per ristorarsi prima di tornare al lavoro. Guardai Giulio in faccia, mentre sorrideva in maniera ambigua. Digrignai i denti: non potevo avere paura di lui io. Mi spaventava soltanto il fatto che, sebbene io fossi forte, Giulio era anche il doppio di quel muscoloso di Matteo. Deglutii
-Dove vai?- mi chiese curioso. Sono Cappuccetto Rosso e vado a casa della nonna caro Lupo!
-Da un’amica.- dissi, sperando che capendo che qualcuno mi stava aspettando, cambiasse idea e mi lasciasse andare. Purtroppo mi circondò la vita con le sue braccia obbligandomi a guardarlo, e disse, minacciosamente
-Io e te abbiamo un conto in sospeso.- strabuzzai gli occhi capendo quello che voleva dire e cominciai a dimenarmi. Lui avvicinò il viso al mio. Cominciai a tirare i pugni contro il suo petto. Non volevo farmi baciare da lui. Ci mancava solo quello. Gli uscirono fuori dei mugolii ma non mi lasciò. Gli diedi un pugno in pieno volto, strappandogli un’imprecazione, ma le sue braccia rimasero lì
-Lasciami, brutto pezzo di merda o me la pagherai.- dissi forte con voce stridula. Nulla. Stavo per mettermi ad urlare, quando arrivò un pugno in pieno volto a Giulio, che, cadendo a terra, mi lasciò la vita. Mi voltai per vedere chi fosse il mio salvatore, e quando lo vidi, mi si scaldò il cuore. Gabriele mi sorrise rassicurante, e quando Giulio si alzò da terra massaggiandosi una mascella, mi spinse dietro di se, facendomi scudo con il suo corpo.
Prima che Giulio potesse dire qualsiasi cosa, Gabriele ringhiò
-Vattene. E non farti più vedere, altrimenti ti giuro che non risponderò delle mie azioni-. Giulio lo guardò indignato, ma vedendo che Gabriele era il doppio più alto di lui, non volle rischiare. Appena voltò l’angolo, Gabriele si voltò verso di me preoccupato. Io ero abbastanza nervosa, così non mi trattenni e gli caddi letteralmente tra le braccia. Lui mi strinse forte e mi accarezzò i capelli. Rimasi aggrappata al suo petto, poi mugugnai
-Grazie Gabb... grazie davvero... io... non so quello che sarebbe potuto accadere se non ci fossi stato tu. Io...- lui non mi fece finire
-Stai tranquilla, è tutto a posto. Stai bene? Vuoi qualcosa...? Ti posso riaccompagnare a casa...?- mi chiese gentile. Io lo interruppi
-Grazie mille, sto più che bene ma stavo andando a comprare qualcosa al supermercato perchè sono sola e a casa non c’è niente dentro il frigorifero.- dissi. Lui sorrise
-Bhe, allora posso portarti a mangiare un pezzo di pizza? Neanche io ho fatto in tempo a fare pranzo ancora...- chiese di nuovo premuroso. Io sorrisi ed annuii.
Andammo in una pizzeria poco lontana, ci sedemmo ad un tavolo e dopo aver ordinato cominciammo a parlare
-Come va la vita?- chiese cauto, cercando di non essere inopportuno.
-Va di merda, ecco come va... ci mancava solo quel coglione di Giulio poi- mi uscì spontaneo dirlo, e fui sincera. Avevo proprio bisogno di parlare con qualcuno, e Gabriele mi sembrava la persona adatta. Sempre che avesse voluto sopportare la lappa umana che sarei stata quel giorno.
-Che è successo? Vuoi parlare? Cioè, se non vuoi sto zitto, però…- iniziò. Sorrisi e cominciai a raccontare tutto sfogandomi.
-Gabb io sono contentissima di parlare con te, per fortuna che ci siamo incontrati oggi, senno penso che ti avrei chiamato...-iniziai, addentando un pezzo della pizza che mi avevano appena portato. Il mio stomaco affamato si placò
-Hai presente quando fai un cavolata assurda ma non puoi tornare indietro?- chiesi. Lui annuì sconsolato, ero sicura che mi avrebbe capita, così continuai
-Ecco, ieri è stata una di quelle volte. Io... non so cosa mi sia preso ma... in discoteca mi sono comportata da vera stupida...- così gli dissi quello che era successo con tutti quei ragazzi, del fatto che non mi fosse importato che tutto ciò era sbagliato. In particolare, non tacqui quello che era accaduto con Matteo. Gli dissi che mi ero sentita stupida a non avergli dato la possibilità di spiegarsi, ma che quando avevo capito che il ragazzo mascherato era lui, non avevo più avuto il coraggio di fare nulla.
-Io mi... mi sono pentita davvero di ciò che ho fatto. Non capita che io mi penta delle mie azioni. Ti assicuro che se tornassi indietro cambierei tutto, ma... non posso, non posso...- a quel punto la mia voce si incrinò ma trattenni le lacrime.
Gabriele finì di masticare con calma, poi mi fissò con gli occhi castani
-Sai, anche sono una persona abbastanza prudente, ma c’è stata una volta in cui... bhe, una volta in cui ho fatto qualcosa di molto più grave di quello che mi hai raccontato tu. Io non sono venuto alla festa ma… non credo che tu ti sia comportata male come dici- io non dissi nulla, non sapevo se avesse voglia di continuare a parlare o no, così rimasi in silenzio.
Una cameriera ci portò il conto, Gabriele fu gentilissimo e mi offrì tutto, così, ancora in silenzio, ci avviammo con calma verso casa mia. Ad un certo punto, dopo qualche minuto di silenzio, Gabriele ricominciò a parlarmi
-Sai perchè Matteo mi odia così tanto?- mi chiese triste.
-Bhe... io...- in realtà non lo sapevo, me lo ero sempre chiesto, ma pensavo che fosse per quei soliti motivi stupidi da maschi. –Pensavo che l’odio fosse reciproco...- dissi piano. Gabriele sorrise
-Io non lo odio affatto. Sono due anni che cerco di tornare ad essere amici come prima ma... lui non vuole perdonarmi. E penso che abbia ragione.- tacque, poi riprese –Sai, io e Matteo ci consideravamo cugini, per tutte quelle che abbiamo passato insieme... noi siamo cresciuti insieme e ci siamo sempre voluti un gran bene fin da bambini.- io strabuzzai gli occhi. Chi avrebbe mai potuto dire che Matteo e Gabriele un tempo erano stati amici. Ma perchè non più? Non volevo essere impicciona, ma per fortuna non ci fu bisogno che io dicessi niente, perchè Gabriele continuò
-Quando avevo sedici anni, trovai la mia ragazza, della quale ero perdutamente innamorato e con cui stavo insieme da quasi tre anni...- e li si bloccò, chiuse gli occhi e poi continuò –bhe, la trovai mezza nuda a baciarsi con uno più grande, proprio nel giardino davanti a casa sua, nel giorno del nostro anniversario. Infatti ero andato a prenderla per portarla a cena fuori, invece...- si bloccò. Io gli misi una mano sul braccio, per fargli capire che non serviva che continuasse se non se la sentiva, ma lui scosse la testa e riprese
-Ci rimasi talmente tanto male, che diventai taciturno e triste. Il cuore mi era andato in frantumi.
Un mio compagno di classe poco raccomandabile, un giorno che ero particolarmente depress0 venne a parlarmi e mi propose di andare con lui e dei suoi amici a divertirsi davvero. Inizialmente pensai che volesse offrirmi della droga, invece mi sbagliavo.
Durante quel periodo grigio Matteo era sempre stato con me, aveva cercato di tirarmi su di morale, di confortarmi, di comprendermi. Quando cominciai a frequentare quei ragazzi, lui mi disse che non era opportuno, e che non mi avrebbe fatto bene, che mi sarei cacciato nei guai. Ma io non gli diedi retta, e feci di testa mia.
Cominciai ad uscire con quei ragazzi e a fare cose stupide, come abbozzare le macchine, rompere i finestrini delle auto, tirare sassi contro i vetri delle finestre... cosa del genere. Matteo era a conoscenza di tutto, e mi diceva ripetutamente che dovevo smetterla di frequentare quelle persone che mi avrebbero portato sulla cattiva strada, e che se continuavo così un giorno sarebbe successo qualcosa di grave. Mi allontanai da lui, non gli diedi retta, ma successe quello che aveva predetto.
Un giorno, in cui ero particolarmente di cattivo umore, i miei “amici” mi proposero di andare a tirare le pietre dai cavalca via delle autostrade. Non me lo feci ripetere due volte; ormai ci avevo preso gusto a commettere quel genere di crimini: stavo diventando ciò che non avrei mai voluto.
Andammo nel posto prefissato, e cominciammo a tirare appunto le pietre sulla strada. Tante macchine le evitammo, tante altre le beccammo, abbozzandone la carrozzeria o facendole sbandare. Ad un certo punto, io, proprio io, ne tirai uno piuttosto violentemente su una macchina vecchia, colpii il vetro davanti in pieno: l’automobile sbandò ed andò a sbattere contro la palizzata che separava la corsia dal vuoto. Successe un incidente, un’altra macchina si scontrò con quella che io avevo colpito, l’auto rischiò di cadere di sotto, ma per un pelo non accadde. Altre macchine rischiarono di scontrarsi, ma per fortuna non successe.
Furono chiamate l’ambulanza e la polizia. I miei amici scapparono, ma io rimasi li sopra, troppo scioccato per quello che sarebbe potuto accadere. Quando arrivò l’ambulanza e riuscirono ad aprire la macchine che avevo colpito, ne uscì fuori una donna ferita che gridava aiuto per il figlio di due anni che era svenuto e non si risvegliava.
Per fortuna i medici lo rianimarono e videro che nessuno dei due aveva riportato dei danni gravi. Rimasi imbambolato su quel maledetto cavalca via. Quando venne la polizia a chiedermi cosa fosse successo se sapessi qualcosa, io dissi tutto tra le lacrime prendendomi la maggior parte della colpa, dato che era la verità… era solo colpa mia. Quella fu l’unica volta da quando avevo dieci anni che piansi disperatamente. Ma giustamente nessuno mi compatì, non c’erano scusanti per quello che avevo fatto. Ancora minorenne, la legge non prevedeva nessuna sanzione per me, ma i miei genitori dovettero pagare un’ingente quantità di denaro. Rimasi in punizione per un anno intero, non so, forse di più, ma non ne volli ai miei genitori, avevano ragione. Per un anno rimasi confinato in casa, uscivo solo per andare a scuola. Andai a chiedere personalmente scusa alla signora a cui avevo fatto passare quell’orrendo momento, e lei mi sorrise dicendo che se mi ero pentito davvero, allora poteva scusarmi.
Non uscii più con quella compagnia che mi aveva portato sulla cattiva strada, e tornai quello di sempre. Dopo l’incidente vidi Matteo una sola volta, e gli dissi che aveva avuto ragione su tutto, gli chiesi di scusarmi. Non mi perdonò mai per quello che avevo fatto, e da allora, sebbene io stia ancora cercando di riappacificarmi con lui, sebbene mi abbiano perdonato anche i miei genitori, non mi ha ancora scusato. Ogni notte da quel giorno mi sogno quello che è successo o quello che sarebbe potuto accadere, ma da quando conosco te… bhe ti sogno molto spesso.- sorridendo tristemente Gabriele finì il suo racconto.
Cercai di ignorare la sua ultima frase e rimasi un po’ in silenzio davanti alla porta di casa mia, inizialmente stupita. Poi però fissai Gabriele negli occhi, in quegli occhi in cui tante volte avevo trovato maturità e comprensione. Nei suoi occhi si leggevano bontà ed altruismo. Non potevo volergliene per ciò che era successo in un momento buio del suo passato.
-Matteo ti perdonerà quando anche tu saprai perdonarti… so che ancora non l’hai fatto.- constatai. Gabriele strinse i pugni e contrasse la mascella: non l’avevo mai visto fare una cosa del genere
-Tu non ti rendi conto... quelle due persone potevano morire a causa della mia stupidità. Io… io non posso perdonarmi, lo capisci?- chiese con voce leggermente rabbiosa. Io lo abbracciai forte
-Non si vive con i se e con i ma. C’è differenza tra le intenzioni e ciò che accade sul serio. Non ha senso vivere nel passato. Purtroppo non si può tornare indietro nel tempo… altrimenti l’avrei già fatto troppe volte.- dissi con calma. Lui mi strinse forte a se
-Forse arriverà il giorno in cui anche io mi perdonerò- sussurrò
-Sono sicura che arriverà molto presto. Per quanto riguarda me, io l’avrei già fatto.- dissi sicura fissandolo negli occhi.
-Anche tu devi averne passate tante vero?- mi chiese di nuovo calmo.
-Molte più di quanto tu possa immaginare…- sorrisi.
-Si sente dai tuoi pensieri...- continuò Gabriele dandomi un bacio tra i capelli. Sussultai leggermente e restammo in silenzio.
-Da quella volta non mi sono innamorato più di nessuna, poi sei arrivata tu…- iniziò. Io mi preoccupai e feci per interromperlo ma lui mi fermò con un gesto
-Ma so che il tuo cuore appartiene giustamente ad un altro, e non ho alcuna intenzione di farti cambiare idea... non posso fare anche questo torto a Matteo. Anche se tu mi piaci veramente.- concluse. Che ragazzo altruista che era. Beato lui, io non sarei mai stata così matura da ragionare in quel modo…
-Cosa ti fa pensare che io sia innamorata di Matteo?- chiesi leggermente stizzita.
-Te lo ripeto, tutto. E penso che starete davvero bene insieme…- continuò tristemente. Mi accorsi di volere un gran bene a Gabriele, ma non abbastanza…
Cambiai argomento per parlare qualcosa di più allegro, e gli raccontai della maschera che avevo trovato per terra davanti al mio letto. Lui mi guardò sospettoso, poi cominciò a biascicare, come se volesse coprire qualcuno...
-Ehm… forse è una maschera che avevi tirato fuori tu e non te ne ricordi…- cominciò e io lo guardai sospettosa -Ehm… non so che dirti…- e troncò l’argomento così.
Non ne ero certa ma secondo me Gabriele sapeva, o immaginava, e mi stava nascondendo i suoi pensieri. Perchè lui aveva intuito qualcosa ne ero certa. Lo guarda sospettosamente, ma poi lo abbracciai per salutarlo: era ora di tornare a casa.
-Grazie di tutto Gabb... sei un vero amico- dissi sincera. Lui mi strinse forte
-Sono io che dovrei ringraziare te… comunque sai che è sempre un piacere aiutarti, per te ci sarò sempre...- mi baciò di nuovo la testa e quando mi staccai mi accarezzò dolcemente una guancia. Io arrossii e sparii dietro il cancello di casa.

Pov Matteo

Uscii di casa per andare a prendere Anita all’asilo, dato che quel giorno aveva avuto mensa. E fu così che li vidi. Diletta abbracciò Gabriele, lui le baciò la testa  e sentii una parte di ciò che le disse
-…comunque sai che è sempre un piacere aiutarti, per te ci sarò sempre…- le carezzò un guancia. E così quel bastardo ci provava con Diletta. Maledetto. Diletta rientrò in casa. Andai incontro a Gabriele digrignando i denti.

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Capitolo 30
*** Sono solo parole ***


 

 Salve a tutte ragazze!!
Scusate il ritardo, ormai non so più cosa dire per giustificarmi...... mi scoccia usare la solita scusa "la scuola mi sta uccidendo" ma purtroppo è la verità... sto facendo una cosa come mai in vita mia: non esco il Sabato per stare a studiare O.O
Ok la smetto di rompervi con i miei monologhi (scritti con il fine di non farmi ammazzare da voi) e passiamo alle cose serie.
Questo è il 30° capitolo della mia fan fiction, e vi assicuro che mai avrei mai pensato di poter arrivare a raggiungere questo traguardo, e con tutte queste recensioni poi....
Sono davvero contentissima che la mia storia vi piaccia, è solo grazie a voi, lettrici, che con le vostre recensioni mi avete fatto ricordare ogni volta di non smettere di scrivere per non deludervi.
Vi anticipo che questo capitolo sarà molto articolato, composto da vari pov... è forse il capitolo motore di tutta la storia... spero di non deludervi.
Quindi questo capitolo è dedicato a tutte coloro che hanno seguito la mia fan fiction fin dal primo capitolo.
Un ringraziamento speciale a Cleppy_Ds che mi ha aiutato molto nel problemi di tutti i giorni... è anche grazie a lei se ora sono qui
Spero che il capitolo vi piaccia, recensite in molte!!!
Tutti i personaggi di "Chi l'avrebbe mai detto" vi ringraziano di cuore per la pazienza e il sostegno.
Un abbraccio.<3

Capitolo 30 Sono solo parole

Pov Matteo

Andai incontro a Gabriele digrignando i denti sebbene la ferita sulla guancia mi prudesse. Non avevo più il controllo di me. Lui stava passeggiando tranquillo dandomi la schiena. Quando gli fui vicino lo afferrai per una spalla e lo voltai verso di me. Non gli diedi il tempo di spiccicare parola, perchè gli tirai un pugno in pieno volto, facendolo cadere a terra.
-Matteo…- iniziò Gabriele con voce conciliante. Non volli ragionare, e lo guardai in modo truce. Appena si tirò su, lo presi per il colletto della maglietta e lo sbattei contro il muro.
-Ci provi anche con Diletta, brutto bastardo?- quasi urlai. La faccia di Gabriele diventò d’un tratto rossa, e mi accorsi che quasi non riusciva a respirare. Lo mollai, non ero mica un assassino.
-Ma cosa…?- iniziò Gabriele, sconvolto. Non mi trattenni
-Guarda che ti ho visto mentre ci provavi spudoratamente con lei… ma non permetterò che la inganni come hai fatto con me!- ringhiai.
Lui strabuzzò gli occhi ma comprese
-Lascia che ti spieghi…- iniziò, per riparare al malinteso, venendomi vicino. Io mi scansai e lo guardai male
-Spiegare cosa? Cosa cazzo hai da dire ancora?- chiesi di rimando, alzando la voce senza riuscire a contenermi. Lo guardai dritto negli occhi.
-Io non ci provo con Diletta. Lei sa quello che provo per lei, glie l’ ho detto qualche giorno fa…- cominciò. Strabuzzai gli occhi. Ecco, stavano insieme. Lo sapevo, lo sapevo. Era così evidente che quei due si piacevano… come avevo fatto a credere che...
-Ma lei mi ha detto che per me non prova nulla, se non un grande affetto.- concluse. Mi accorsi di stare trattenendo il respiro, e di essermi fasciato la testa prima di averla rotta. Male, molto male. Continuai a guardare Gabriele, incapace di dire nulla. Avevo agito come uno stupido, l’avevo assalito senza conoscere la verità. Non mi scusai, dopo tutto quello che aveva fatto a me e ad altri, cos’era un pugno in faccia? Lui continuò a guardarmi
-Sapevo che provavi qualcosa per lei, ma mai, ti giuro, mai fino a questo punto.- iniziò a stuzzicarmi. O per lo meno, io lo presi come una provocazione. Gli andai vicino
-E cosa te lo fa pensare? Tu non sai cosa mi frulla per la testa, non sai cosa sia successo tra me e lei. Quindi taci.- controbattei. Di certo non avrei detto il segreto al quale tenevo di più in assoluto a… lui.
-Cosa me lo fa pensare eh?- chiese Gabriele retoricamente. Avevo paura della risposta –Innanzi tutto le tue reazioni- mh, avevo previsto che l’avrebbe detto
–E soprattutto, l’ho capito dal modo in cui ti brillano gli occhi quando pensi a lei.-
Quest’ultima constatazione mi lasciò basito. Non mi brillavano gli occhi quando pensavo a lei! Suppongo. Anche se non era la prima persona che me lo diceva…
-Devi dirle tutto Matteo, devi dirle tutta la verità. Non ha senso che continui a nasconderle quello che provi. Smettila di essere ipocrita con te stesso e con gli altri- consigliò. Mi incazzai seriamente: da che pulpito arrivava questo “consiglio”
-Proprio tu mi vieni a parlare di ipocrisia? Di rivelare la verità? Non ne hai alcun diritto- sputai –E poi…- continuai sibilando –scommetto che non le hai detto quello hai fatto. Dubito che sarebbe ancora tua “amica” se lo sapesse.- Pensai di farlo arrabbiare, ma Gabriele sorrise vittorioso
-Ed è qui che ti sbagli, mio caro Matteo. Io le ho raccontato tutto, sa ogni cosa stupida che ho fatto in vita mia.- concluse, e non sembrava nemmeno rammaricato. Strabuzzai gli occhi e spalancai la bocca.
-Ecco perchè non si è messa con te. Non ti perdonerà mai.- non trovavo altra risposta a tono da dargli.
-E sei in errore anche qui. Mi ha detto che se il mio pentimento era stato vero, lei mi avrebbe già perdonato…- si interruppe e mi guardò –e ha detto che dovresti farlo anche tu ora mai.- concluse con un sospiro.
Lo guardai sprezzante
-Ci sono cose senza perdono.- dissi questa frase in modo perentorio. Non avrei mai, mai perdonato Gabriele per quello che aveva fatto e, soprattutto, per non avermi dato retta. A me, che ero il suo migliore amico, quasi un fratello. Aveva preferito andare dietro agli altri teppisti. E adesso ne avrebbe pagato le conseguenze.
-Matteo… cazzo per un momento metti via quello che è successo tra me e te, e accetta il mio consiglio.- ahahaha il ragazzo cominciava a dire le parolacce… ero sulla buona strada per farlo incazzare. Bene. Non lo interruppi, volevo sentire cosa altro aveva da biascicare
-Anche Diletta prova qualcosa per te. Non l’ha ancora capito a fondo, non lo nego, non dopo ciò che le hai fatto, ma...- iniziò. Lo interruppi
-E cosa avrei fatto scusa?- questa volta ero io ad essere sorpreso. Gabriele esitò. Sembrava sul punto di dire qualcosa, ma invece se ne rimase zitto.
-Non sta a me dirtelo.- sussurrò in fine. Sentii salire la rabbia
-Prima ti metti ad insinuare cose senza senso e poi ti rifiuti di darmi una qualsiasi spiegazione?- inveii. Gabriele parve ancora indeciso, ma alla fine disse
-Io non posso intromettermi fra voi due… e poi… Diletta mi ha fatto una confidenza, non voglio tradirla…- concluse. Non riuscii a cavargli dalla bocca null’altro. Gabriele rimase in silenzio e fece per andarsene, ma quando mi passò vicino, mi mise una mano sulla spalla e disse
-Non sprecare l’occasione che hai Mattè. Non buttare tutto nel cesso per il tuo cazzo di orgoglio.- detto questo se ne andò lasciandomi solo con i miei pensieri.

Pov Diletta

La mattina dopo, quando uscii di casa per andare a scuola, ebbi una bella sorpresa che mi aspettava davanti al cancello.
-Ciao bellissima- disse Gabriele scendendo dalla moto. Io gli sorrisi e, ancora assonnata. Gli diedi un bacio sulla guancia. Lui sorrise e mi squadrò da capo a piedi.

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-Direi che oggi sei proprio…- cercò le parole –uno schianto.- fece sorridendo. Io arrossii
-Grazie…- mugugnai, e poi cambiai argomento –come mai da queste parti?- chiesi curiosa
-Bhe, che ne dici se ti do un passaggio in moto a scuola?- chiese gentilmente. Io sorrisi ed annuii
-Bhe, si grazie mi faresti un piacere enorme…- risposi. Gabriele mi porse il suo casco, salii in moto e partimmo a tutto gas alla volta della scuola.
Arrivati al parcheggio, scesi dalla moto e ringraziai Gabriele. Lui sorrise, poi si fece pensieroso
-Senti…- iniziò, come se fosse indeciso sul dirmi qualcosa o meno.
-Dimmi- lo esortai incoraggiante.
-Ieri… ho parlato con Matteo.- disse. Cercai di rimanere impassibile al sentire quel nome.
-E… cosa ti ha detto?- chiesi, curiosissima. In quel momento sarei stata capace di uccidere pure di sapere quello che si erano detti Gabb e Matteo. Cercai di non darlo a vedere, ma con scarsi risultati penso.
-Ecco… lui mi voleva picchiare (e in parte l’ha fatto)- iniziò. Strabuzzai gli occhi, e quasi inciampai mentre ci dirigevamo verso la scuola
-E p-perchè…?- non riuscivo a credere a quello che avevo sentito
-Bhe… lui ha visto che ci abbracciavamo e ha pensato che io e te… ehm…- tossicchiò, imbarazzato. Spalancai la bocca e rimasi basita. Cosa? Non potevo crederci! Era assurdo! Matteo credeva di avere il diritto di sindacare su quello che facevo o meno? E se anche mi fossi messa con Gabriele? Cosa avrebbe voluto fare? Non aveva il diritto di starmi con il fiato sul collo.
-Ma come si è permesso quel bastardo?- cominciai a sbraitare in mezzo alla strada. Tutti si voltarono verso di me ma non me ne curai. Mi dispiaceva soprattutto il fatto che fosse stato Gabriele ad andare di mezzo a quella faccenda… Matteo non aveva il coraggio di venire da me, vero? Pure vigliacco, oltre che impiccione.
-Dile, io non ti ho detto questo per farti arrabbiare o metterti contro di lui…- iniziò conciliante Gabriele
-Io la gelosia non la tollero!- quasi urlai –Soprattutto da chi per me non è niente, da chi mi ha fatto soffrire…- mi interruppi. Avevo appena detto che Matteo mi aveva fatto soffrire? E si, purtroppo era la verità, ma non l’avevo mai ammessa. Matteo mi aveva fatto stare male, avevo pensato una notte antera a lui, e non ero riuscita a dormire dopo quello che era successo… Volli riuscire a tornare indietro nel tempo per cancellare ciò che avevo detto. Purtroppo però non potevo.
-Dile… ascoltami. Quello che ti voglio dire, è che Matteo è geloso di te perchè ti vuole bene davvero, il suo è un affetto sincero…- spiegò Gabriele. Pensai a tutto quello che era successo, e credetti che Gabb si sbagliasse. Io… forse ero stata fregato dal fatto che per un attimo avevo davvero sperato che ci potesse essere qualcosa tra di noi… ma non era stato così. Adesso non potevo correre il rischio di illudermi ancora. Rimasi zitta, e Gabriele continuò
-Devi parlarci, dovete chiarirvi…-
Dopo quella sera in discoteca, in effetti, avevo deciso di provare a parlarci, ma dopo di questo… se l’era presa con Gabriele che non aveva colpa di nulla…
-Adesso sono troppo arrabbiata per parlarci…- dissi digrignando i denti, ed era vero. Se mi fossi trovata Matteo li davanti, penso che l’avrei strangolato con le mie mani.
-Ma Dile io volevo solo…- Gabriele mi corse dietro mentre mi avviavo a passo svelto verso l’entrata della scuola. Mi voltai verso di lui
-Lo so cosa volevi fare, e non è colpa tua se sono arrabbiata. E’ colpa di quell’idiota di Matteo.-
E con questo mi affrettai verso le scale che portavano al piano di sopra, per evitare di sentire altro.

Pov Athena

Dopo aver riflettuto a lungo, presi una decisione drastica. Avevo tentato in tutti i modi di farli parlare, prima di tutto con la discoteca, ma come mi aveva anche detto Francesco, era stato tutto inutile. Ripeto, dovevo aspettarmelo, Diletta era una ragazza estremamente imprevedibile, capace di fare qualsiasi cosa che uno normalmente non si aspetta.
Guardai Fra che mi stava davanti negli occhi, lui sorrise e mi baciò. Lo abbracciai forte e mi sedetti sopra di lui. A casa sua non c’era nessuno, c’eravamo solo io e lui, e devo dire che la cosa mi piaceva molto.
-Ho un’idea- dissi sorridendo in modo furbo. Fra mi guardò e alzò le sopracciglia, poi mi baciò di nuovo e mi strinse forte a se
-Sono sicuro che sarà un’idea fantastica.-
Il mio sorriso si allargò
-Oh, lo è, fidati.- ed iniziai a spiegargli quello che avevo in mente.

Confesso che far spargere la notizia fu piuttosto facile. Era bastato averlo detto a Michela, e ero sicura che tutta la scuola entro l’intervallo avrebbe già saputo tutto. Certo, avrebbe sicuramente creato scalpore, ma era quello che io e Fra volevamo.
Sapere che uno dei ragazzi più ambiti della scuola era fidanzato non avrebbe fatto di certo piacere alla maggior parte delle ragazze, per questo se ne sarebbe parlato a lungo. E tutte avrebbero voluto sapere chi fosse stata la fortunata. Ovviamente, tutto questo trambusto sarebbe sicuramente arrivato alle orecchie di Diletta, che veniva a sapere sempre qualsiasi cosa. Conoscendola, questo l’avrebbe spinta ad andare a chiedere spiegazioni a Matteo. Il resto poi sarebbe venuto da solo, si sarebbero chiariti e poi messi insieme, ne ero convinta.
Peccato che, di nuovo, non avessi tenuto conto del carattere imprevedibile di Diletta.

Pov Diletta

Seduta al banco, non facevo altro che pensare a quello che mi aveva detto Gabriele. La cosa peggiore, era che la rabbia non sbolliva. Riassumendo tutti i pensieri che avevo per la testa, il punto fondamentale era questo: dopo quello che mi aveva fatto, come si permetteva Matteo ad intromettersi in affari che non lo riguardavano affatto? Quando lui si era messo a sbaciucchiarsi con Claudia, io non ero andata da lei a minacciarla di morte, ma mi ero incazzata con chi di dovere. Ma io avevo ragione, e lui no. Io non l’avevo baciato dodici ore prima, per esempio. Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale.
Durante la terza ora la professoressa di italiano cominciò ad interrogare
-Interroghiamo… Diletta, Riccardo, Francesca e Lucia- disse la prof.
Anche se era Lunedì, il giorno prima avevo studiato come una forsennata, dato che mi aspettavo di essere interrogata. Quindi, sebbene ancora su di giri per quello che mi aveva detto Gabriele, ma pronta e senza paura, presi la mia sedia e mi sedetti vicino alla cattedra.
La prof iniziò con le domande, ed io sapevo rispondere a tutte. La poetica di Pirandello era un argomento che mi piaceva molto, e l’avevo studiata con piacere. Quel giorno, benché stessi andando bene all’interrogazione, sentivo che sarebbe successo qualcosa. Mi sentivo un poco inquieta, e non era solo per il fatto di Matteo…
Cominciammo a correggere anche i compiti per casa, quando Michela cominciò a sindacare su una risposta che avevo dato. Il sangue mi salì al cervello: ma cavolo, vedeva che ero interrogata, non poteva starsene zitta?
-Ma professoressa, la consegna dell’esercizio diceva di fare così mentre Diletta ha fatto in quest’altro modo…- Ecco, cominciai ad alterarmi. Come si permetteva? Non era lei la professoressa! Quest’ultima, per mia fortuna, la ignorò, ma Michela non demorse e continuò. Ad un certo punto sbuffai così forte che avrebbero potuto sentirmi anche quelli delle classi vicine.
-Ignoratela- esclamò infine la professoressa. Michela continuò a borbottare, contrariata. Mi trattenni dall’urlarle contro. La prof finì di interrogare e ci rimandò a posto. Poco dopo suonò la campanella dell’intervallo, e io diedi sfogo a tutto il mio astio contro Michela. Stava uscendo dalla classe, ma io la bloccai.
-Sentimi bene- iniziai -smettila di sindacare quando uno è interrogato!- Lei strabuzzò gli occhi
-Ma no, perchè io se non capisco qualcosa devo chiederlo…- Diletta trattieniti, Diletta trattieniti.
-Bhe, allora datti una regolata! Non capisci che il tuo atteggiamento scoccia? E a me personalmente le domande che fai mettono a disagio. Prova a metterti nei panni di chi è interrogato!- Lei fece un gesto di stizza
-No invece, non mi rompere le scatole, se le cose non le capisco devo chiederle- strinsi i pugni per non saltarle addosso. Se avessi voluto avrei potuto ridurre a brandelli quella tappetta di merda.
-Bhe potresti tenerti le domande e farle alla fine dell’ora non credi?- chiesi piccata.
Lei sbuffò. Avevo ragione io, era ora che se la smettesse di sindacare sempre su quello che facevano o non facevano gli altri, brutta impicciona del cazzo!
-No- mugolò Poi girò i tacchi e se ne andò dall’aula. Due ragazze della mia classe mi passarono vicino
-Secondo me ha ragione lei- dissero all’unisono Mi voltai verso di loro come una sottospecie di furia.
-Nessuno ha chiesto il vostro parere- sibilai. Mi guardarono allibite ma non aggiunsero altro. Penso che la mia faccia fosse più intimidatoria di qualsiasi altra parola.
Lucy mi si avvicinò
-Ehi Dile calma che te ne frega?- disse tranquilla.
-No, ha scassato!- Lucy sempre tutta pace e amore fece
-Mi accompagni a prendere l’acqua?- io annuii
Accompagnai Lucia a prendere una bottiglietta d’acqua dal distributore che stava in corridoio, davanti alla sala professori. Stavamo per tornarcene in classe, quando una biondina nana mi fermò.
-Scusa…- iniziò con voce stridula. Io la guardai e non dissi niente, facendo segno di continuare
-Tu sei Diletta Rossi?- Quel giorno non era aria, così guardai la tipa da dall’alto in basso
-Si, ma tu chi sei? Non usa presentarsi?- chiesi di rimando. Lei mi guardò come se non le avessi detto nulla, e continuò imperterrita:
-E’ vero che sei la ragazza di quel figo Matteo Santarelli?- chiese con fare inquisitorio. Mi si gelò il sangue nelle vene e ci misi un po’ per recepire il messaggio. Intanto che io assimilavo il tutto, la biondina continuò
-Cioè, beata te, non sai cosa farei per essere te…- continuò. La interruppi con un gesto della mano e lei si bloccò, stupefatta.
-Cosa cazzo hai detto?- sputai.
La tipa non rispose e mi guardò eloquentemente.
Come diamine aveva osato Matteo andare a dire in giro che io ero la sua ragazza? Già quel giorno ero arrabbiata con lui, e questa fu la ciliegina sulla torta. Parli del diavolo che spuntano le corna, ed eccolo sbucare da dietro l’angolo,mentre veniva dal piano di sopra. Appena lo vidi gli lanciai un’occhiata furente.
Mi avvicinai a lui inferocita, sbraitando come un’ossessa.
-Perché diavolo vai dicendo in giro che stiamo insieme?- dissi ad alta voce, ancor prima di arrivargli facci a faccia. Scommetto che il mio viso era a dir poco paonazzo.
Matteo fece una faccia stravolta; faceva finta di non capire cosa stessi dicendo, il bastardo, pensava che essendo più piccola fossi deficiente? Mi avvicinai ancora a lui a grandi passi e quasi urlai:
-Bhe sai che ti dico? Mettiti bene in testa queste parole, perché non ho voglia di ripetertele: per il tuo carattere, per la tua arroganza, per i tuoi modi e per quello che ti credi di essere, tu saresti l'ultimo ragazzo sulla faccia della Terra con cui mi metterei, anzi, non mi ci metterei proprio!- e sebbene non pensassi davvero ciò che avevo detto, ma troppo arrabbiata per ragionare, mi voltai, lasciandolo senza parole, con uno sguardo che sembrava quasi sofferente; ma non me l’avrebbe data a bere, non una seconda volta. Non gli avrei permesso ne di illudermi di nuovo, ne di prendersi gioco di me. E dopo averlo umiliato davanti a più di metà della scuola, sparii nei corridoi.

Pov Matteo

Era già da un po’ che ci rimuginavo sopra, lo ammetto, ma ormai mi ero deciso: le avrei detto quello che provavo.
Io, Matteo Santarelli, avrei messo da parte il mio orgoglio e avrei dichiarato a lei quello che sentivo. Senza più finzioni.
Probabilmente lei mi avrebbe preso per matto, e mi avrebbe riso in faccia, o semplicemente mi avrebbe mandato a quel paese, come aveva fatto qualche giorno prima. Ma non mi importava.
Ormai avevo deciso, non sarei più riuscito a tacere la verità. L’avevo negata a me stesso per davvero troppo tempo.
Tre anni prima mi ero ripromesso che non mi sarei mai più dichiarato ad una ragazza… invece ora eccomi qua, durante l’ora di latino, dopo aver deciso definitivamente di sputtanarmi da solo. Ero masochista. La vita a volte ti mette davanti a decisioni che pensavi non avresti mai preso. Chi l’avrebbe mai detto che tutto ciò che avevo sempre negato a me stesso si era avverato? Chi avrebbe mai detto che mi sarei innamorato perdutamente di una ragazza che mi detestava? E in fine, ma non meno importante degli altri, chi l’avrebbe mai detto che mi sarei dichiarato a lei?
Sorrisi malinconico: ero pronto a fare tutto quello che non avrei mai fatto per nessun’altra ragazza al mondo.

La campanella dell’intervallo suonò.
Ora che avevo preso quella decisione mi sentivo davvero molto meglio. Chiesi a Fra di accompagnarmi a prendere un caffè ma disse che aveva da fare. Al suo posto si offrì Ludo.
Ci avviammo verso le macchinette del nostro piano, quando nella speranza di incontrare Diletta, scesi al piano di sotto. Ludo mi seguì senza proferire parola.
Non facemmo neanche in tempo a prendere il caffè che Diletta mi venne incontro con il volto rosso di rabbia. Non capivo cosa volesse, e la guardai intensamente, ma lei prese fiato e sbraitò
-Perché diavolo vai dicendo in giro che stiamo insieme- non risposi, troppo basito per capire davvero la sua domanda. Cosa avevo fatto? Poi continuò, sempre più arrabbiata
-Bhe sai che ti dico? Mettiti bene in testa queste parole, perché non ho voglia di ripetertele: per il tuo carattere, per la tua arroganza, per i tuoi modi e per quello che ti credi di essere, tu saresti l'ultimo ragazzo sulla faccia della Terra con cui mi metterei, anzi, non mi ci metterei proprio!- detto questo se ne andò lasciandomi sbalordito in mezzo al corridoio, mentre tutti mi fissavano. Sorrisi amaramente.
Sebbene non avessi capito davvero quello di cui stesse parlando, mi ero fissato in mente ciò che aveva detto alla fine del suo spiacevole discorso.
In quel momento, anche la mia ultima speranza di stare con lei scomparve nel baratro in cui io stesso ero caduto ormai troppe volte.

Pov Athena

Scesi le scale con Francesco che mi teneva per mano. Stavamo per scendere ancora per fare una passeggiata, quando vidi quella scena.
Diletta si diresse verso Matteo tenendo i pugni stretti, e con le guancie, già rosse in generale, che erano diventate color porpora. Matteo la guardò avvicinarsi senza dire nulla, ma il suo sguardo valeva più di mille parole. Cosa cavolo frullava per la testa di Matteo?
Quando disse quelle cose avrei voluto sotterrarmi. Io avevo creduto che, mettendo in giro quella voce, avrei dato ai due innamorati un’occasione per parlare… invece avevo soltanto peggiorato la situazione.
Perchè, nonostante io avessi cercato di pianificare ogni minimo dettaglio, Diletta aveva fatto l’opposto di quello che io avevo sperato. E sarebbe stato sempre così: Diletta era una persona troppo imprevedibile per cercare di farle fare quello che volevo. Sebbene la conoscessi da anni, mi aveva stupita ancora.

 

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Capitolo 31
*** Sotterfugi? ***


Ragazze!! Buon giorno a tutte!!
Innanzi tutto, Buona Pasqua in anticipo xD
Non mi scuso per il ritardo con cui posto non per insolenza (xD) ma per il fatto che ho voluto postare oggi perchè, se ci fate caso, oggi la mia fan fiction compie un anno.
Non avrei mai creduto di riuscire ad arrivare al punto dove sono ora, e quindi per tutto questo posso ringraziare solo voi, care lettrici. Mi avete dato il sostegno giusto per mandare avanti questa storia e ve ne sono davvero grata *___*
Per premiare tutte voi, alla fine di questo capitolo ho messo uno Spoiler del prossimo, uno Spoiler mooolto interessante xDxD
Sarò sincera: non so quando posterò. Sapete, in questo ultimo periodo sono successe tante cose, e diciamo che queste ultime settimane non sono state molto... facili, ecco.
Per cui non uccidetemi se poseterò un po' in ritardo xDxD
Molte di voi mi avevano chiesto un riassunto della mia ff, e in fatti l'ho postato, ecco il link ------>
http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=999219&i=1
se potete recensite anche questo, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate.
Bene, finiti tutti i miei monologhi, ringrazio particolarmente Cleppy_Ds  e _lory_ che oltre a recensire puntualmente la mia ff, mi aiutano moltissimo, soprattutto adesso che ne ho più bisogno
Detto questo, vi lascio al capitolo e spero che vi piaccia
Recensite in molte!!
kiss kiss


Capitolo 31 Sotterfugi?

Pov Diletta

Pentita? Neanche un po’. Scocciata? Estremamente. Con la voglia di distruggere tutto quello che mi passava davanti? Fino alla fine. Con la voglia straziante di rivedere Matteo e farci pace? Bhe si, forse un po’ c’era anche quel sentimento nella mia testa che brulicava di emozioni, contrastanti e non. La professoressa aveva appena finito di dirci che durante le vacanze estive avremmo dovuto studiare, e non lasciare che la mente perdesse l’esercizio. Ciò che diceva mi entrava da un orecchio e mi usciva dall’altro. Quell’estate avrei poltrito e basta. Ero così frustrata da tutto, che penso sarei stata capace di bruciare i libri.
La campanella di mezzogiorno suonò. Aspettai che arrivasse la professoressa, dato che quel giorno avevo cinque ore a scuola, ma dopo dieci minuti non se ne vedeva l’ombra. Sperai davvero che non ci fosse…
Dopo poco arrivò una bidella ad avvisarci: la professoressa di scienze non c’era. Euforica come non mai, e sprizzando felicità da tutti i pori, andai da Francesca, ed insieme decidemmo di andare a fare una passeggiata per i corridoi, per sgranchirci un po’ le gambe.
-Dile…- iniziò Fra lasciando la frase in sospeso. Sapevo già cosa volesse dire, o meglio, lo immaginavo, per cui, insolente più che mai, non la lasciai terminare e quasi le urlai contro
-No Fra, non metterti a farmi la predica su ciò che ho fatto, io penso che sia stata la cosa giusta, e scusa se lo dico, ma penso che l’importante sia questo. Matteo aveva torto, non mi importa quello che pensano gli altri.- sbottai, troppo piccata e su di giri per cercare di parlare civilmente. Si, lo so, ero stata davvero troppo presuntuosa a dire quelle cose, ma in quel momento, era solo ciò che pensavo.
Fra scoppiò a ridere, allora la guardai sconcertata
-Dì non mi permetterei mai di sindacare su ciò che hai fatto a Matteo…- continuò a ridere, senza che io capissi quello che volesse dire –Ci tengo alla mia vita…- rise ancora, ma poi si ricompose, vedendo che non la capivo
-Ludovico mi ha fatto un messaggio…- cominciò. Ehi, da quando Francy aveva il numero dell’amico di Matteo? Prima di tempestarla di domande la lasciai concludere –E mi ha chiesto se mi andava di andare in classe da lui perchè loro adesso hanno assemblea di classe, ma siccome l’hanno chiesta solo per perdere tempo, e non sanno cosa fare… allora… ma io mi vergogno ad andarci da sola… ti prego mi puoi accompagnare?- chiese supplichevole. Ecco cosa stava cercando di dirmi prima!
Quasi quasi avrei preferito che si fosse messa a farmi la predica su me e Matteo… ci pensai su un bel po’: se fossi andata in classe di Ludovico, avrei automaticamente incontrato Matteo, e questo lo volevo evitare. Mi preparai a rifiutare la sua richiesta, ma poi pensai che Francy mi aveva aiutata più di una volta, e spesso mi era stata vicina in momenti difficili, così ci ripensai
-Mh… solo se prima mi dici come hai fatto ad avere il suo numero di telefono- chiesi maliziosa alzando le sopracciglia in modo molto eloquente. Lei sorrise
-Sai… su face book mi ha mandato da poco la richiesta da amicizia (che io ho ovviamente accettato) allora abbiamo iniziato a parlare e… tra una cosa e l’altra…- ammiccò arrossendo.
Fui davvero felice per lei, la vedevo così contenta! Peccato che Ludovico, da quanto sapevamo sia io che lei, non era una ragazzo molto raccomandabile… (Era amico di Matteo) Ma in fondo, Francesca era un persona prudente e razionale, era una delle poche persone di cui mi fidassi ciecamente, ed ero sicura che qualunque cosa avesse fatto, sarebbe stata quella giusta.
Pensando a questo, non mi resi conto che, andando in classe di Matteo, ovvero nella tana del lupo, mi stavo dando la zappa sui piedi da sola.

Pov Matteo

Dopo il grande dispiacere arrivò la rabbia. Perchè in fondo, io non avevo fatto nulla a Diletta per farmi odiare in quel modo, e quindi se lei si comportava così, era perchè di me non le fregava un emerito cazzo. Avevo capito la sua strategia: dato che non le piacevo, lei FINGEVA di avercela con me, così non avrebbe dovuto dirmi in faccia che non le interessavo e che con me non voleva averci nulla a che fare. Bene, l’avevo capito da solo, se era questo che voleva! E con questo, avevo compreso che lei era come le altre, esattamente come tutte le altre ragazze che si vedono in giro ogni giorno, e io ero caduto nella sua trappola proprio come un idiota. Più di tutto il resto mi dava fastidio il fatto che non aveva avuto il coraggio di dirmelo in faccia! E quella dell’intervallo poi? Mi aveva umiliato davanti a tutta la scuola, mi aveva reso ridicolo davanti al mondo intero, mi aveva insultato senza farsi alcun problema! Ma perchè? Se non le piacevo, non bastava rimanere arrabbiata con me? Perchè inventarsi che io avevo detto che stavamo insieme? Se mi avesse conosciuto davvero, non avrebbe mai pensato una cosa del genere. Ma era certamente meglio mettersi l’anima in pace: tra me e lei non ci sarebbe stato mai nulla, io non le piacevo, e di certo, avrei dovuto farmi passare tutto quello che provavo per lei. Non avrei mai voluto conoscerla, era meglio se quel maledetto giorno al concerto di primavera noi non ci fossimo mai visti.(nda: vedi cap 1) Ma tanto, se una cosa deve accadere, purtroppo bisogna stare certi che accadrà. Dovevo dimenticare Diletta Rossi, per il mio bene, e anche per il suo.
Dopo essere andato in bagno, ed esserci rimasto per quasi un quarto d’ora, dato che c’era assemblea, rientrai in classe. Appena arrivai sulla soglia della porta, però, mi si gelò il sangue nelle vene, e rimasi lì impalato senza muovermi: cosa ci faceva Diletta nella mia classe?

Pov Diletta

Mi sembrava troppo bello per essere vero: quando ero entrata nella classe di Matteo, lui non c’era! Non so come, ma non c’era! Forse glie era preso un mal di pancia lancinante e sarebbe rimasto in bagno finchè non me ne fossi andata!? Me lo auguravo tanto, ma sarebbe stato davvero troppo bello per essere vero.
Mentre Francy parlava animatamente con Ludovico, che sembrava non avere occhi che per lei, tutte le mie speranze vennero infrante quando lui varcò la soglia dell’aula. Matteo si bloccò appena mi vide, e automaticamente lo feci anche io. I nostri sguardi si incrociarono per lunghissimi istanti. C’era tanto odio nel suo sguardo, si vedeva, e di certo anche molto risentimento. Ma cosa pretendeva? Dopo che era andato a dire al mondo intero che stavamo insieme quando non era vero, come pensava che avessi reagito? Non potevo di certo fare finta di nulla. Ricambiai con lo stesso sguardo pieno di astio e il tempo rallentò finchè non vidi una sagoma familiare dietro le spalle di Matteo: era Gabriele che era venuto a salvarmi la vita.
-Ciao Dile!- mi salutò. Matteo si voltò a guardarlo con astio, e in quello stesso istante io lo superai con nonchalance senza degnarlo di uno sguardo, sebbene il mio cuore stesse battendo fortissimo.
-Gabriele!- dissi, con la voce che mi era salita di un’ottava per il nervosismo. Lui mi sorrise, e non curante delle occhiate che gli lanciava Matteo, mi diede un bacio sulla guancia e mi prese per mano, trascinandomi lontano dal suo sguardo, senza darmi spiegazioni. Io arrossii.
-Ti stavo cercando.- mi sorrise Gabriele –Ero venuto a cercarti in classe, ma ho visto che non c’eri, e ho immaginato subito che tu fossi qui…- iniziò. Pensava che fossi andata da Matteo per riconciliarci, chiarirci o cose del genere? Non era affatto così.
-Guarda che non sono venuta per Matteo, è che una mai amica mi ha chiesto…- ma non mi fece finire, che sorrise e controbattè
-Lo immaginavo che non eri venuta qui per lui… non dopo quello che gli hai detto almeno…-  fece, alzando le sopracciglia. Rimasi oltremodo sbalordita
-Come fai a sapere quello che…- ma quasi mi risposi da sola
-Ehm.. all’intervallo ero li e vi ho visti…- sussurrò. Io mi coprii il viso con le mani: non volevo guardare Gabriele in faccia.
-Ti prego, non farmi la predica anche tu, per favore…- dissi, con la voce quasi rotta dal pianto. Gabriele mi abbracciò calorosamente e io mi strinsi forte al suo petto.
-Non voglio farti la predica, so che hai tutte le ragioni del mondo per fare ciò che hai fatto, e non ti giudico, però…- cosa stava cercando di dirmi? Non riuscivo a capirlo.
-Dile… basta fingere, io ti conosco… tu ami Matteo, e facendo così stai solo peggiorando la situazione, stai male tu e sta male lui. Cosa te ne viene a comportarti così?- fece una pausa, in cui lo guardai diritto in faccia e vidi un sorriso dolce dipinto sul suo volto da foto modello.
-Parlaci… e vedrai che tutto si risolverà. Non ha senso continuare a fare tutto questo solo per non ammettere a te stessa che lui è importante per te. Lasciate cadere ogni maschera, e vedrete che rimarrete sorpresi l’uno dall’altra. Anche Matteo ti ama, perchè vi negate la felicità?- concluse. In quel momento mi venne da piangere: nessuno aveva mai detto delle parole così confortanti per me, e sebbene non lo capii subito, il discorso di Gabriele mise le sue radici nella mia mente. Non sapevo che presto avrebbe dato i suoi frutti. Rimasi ancora più sbalordita del fatto che, sebbene io piacessi a Gabriele, lui non stava cercando di allontanarmi da Matteo, ma pur di vedermi felice, si stava facendo del male da solo. In questo ambito era molto bravo anche lui… lo pensai, ma per rispetto non lo dissi.
-Grazie Gabb… grazie di tutto…- dissi, e stavo per scoppiare a piangere. Lui era l’unica persona davanti alla quale avrei avuto il coraggio di piangere.
-Dile… non posso vederti triste, farei qualsiasi cosa per vederti felice…- ma non riuscì a finire la frase che arrivò Lia, una bidella davvero molto stronza e insensibile, che vigilava sul terzo piano
-Cosa ci fate qui?- chiese aggressiva. Cercai di rispondere, asciugandomi una lacrima che mi era accidentalmente uscita,ma quella vecchia zitellona non me ne diede l’occasione
-Andate in classe, subito! Volete che chiami il preside?- sbraitò ancora. Io e Gabriele, senza proferire parola e in tacito accordo, ci recammo nella classe di Matteo. All’improvviso mi ero ricordata  che avevo lasciato Francy da sola con Ludovico …ops! Sperai che non fosse arrabbiata con me… Quando entrammo, però, rimasi più basita di prima: Athena, Francesco, Matteo, Ludovico e Francesca, erano seduti tutti insieme intorno a dei banchi, mentre ridevano e scherzavano. All’improvviso mi sentii estremamente fuori luogo, guardai Gabriele negli occhi e gli sussurrai
-Ce ne andiamo?- il mio tono di voce era supplichevole. In fondo, Francesca aveva trovato altra compagnia, e non aveva più bisogno di me. Lui mi sorrise furbo
-Ricordi cosa ti ho detto prima? Dai, andiamo da loro!- esclamò, e quasi mi tirò per un polso. Sembrava una di quelle scenette dei cartoni animati.
L’atmosfera si fece elettrizzata, dato che ne io ne Gabriele eravamo in buoni rapporti non solo con Matteo. Francesco cercò di alleggerire l’atmosfera
-Ragazzi! Come va, vi unite a noi?- chiese calorosamente. Non sapevo se saltargli addosso per ucciderlo per quella proposta, o per abbraccialo per aver cercato di levarmi dagli impicci. Non feci nulla, ma guardai Gabriele.
-Certo, perchè no?- disse, e prendemmo due sedie. Io mi misi tra Gabb e Francesca, giusto per non correre pericoli.
-Che facciamo ragazzi? Sto iniziando ad annoiarmi- Iniziò Athena. Avevo un brutto presentimento… quando Athena apriva la bocca la maggior parte delle volte portava guai…
Francesco la guardò in modo (oserei dire) ambiguo e propose:
-Perchè non giochiamo ad obblig0 o verità?- propose, con aria innocente. Entrai in panico: cosa volevano farmi confessare facendomi giocare? Quali domande aveva in serbo per me? Decisi che me ne sarei andata, non volevo partecipare a quel gioco bimba minchioso, così feci per andarmene.
-Io devo andare a… a…- ok non potevo dire a ripassare, perchè tra pochi giorni la scuola sarebbe finita, e in pratica in questo ultimo periodo si cazzeggiava e basta a scuola, quindi… - a fare una cosa.- e mi alzai.
-Non vuoi giocare perchè hai qualcosa da nascondere?- mi disse Athena con voce tagliente. Alzai un sopracciglio. Mi dispiace, ma non potevo non rispondere alla provocazione
-No cara. Adesso che mi ci fai pensare, posso rimandare a dopo quello che devo fare…- e mi rimisi seduta vicino a Gabriele. Athena sorrise sotto i baffi, ed iniziammo il gioco.
Le domande di apertura furono le solite cavolate: come ti chiami, hai il ragazzo, cosa vorresti fare da grande, chi è la persona che odi di più al mondo… tutte domande idiote a cui nessuno ebbe difficoltà a rispondere. Poi, però, Athena iniziò con le domande antipatiche, proprio rivolte verso Matteo.
-Di un po’, Mattè, ti piace Diletta? Obbligo o verità?- gli chiese come se nulla fosse. Mai come in quel momento mi venne voglia di strozzare Athena. Ma non per scherzo, per davvero. La guardai male: perchè mi stava facendo questo? E’ vero, avevamo litigato tanto, ma non pensavo che sotto covasse tutto quell’odio nei miei confronti. Matteo si immobilizzò sul posto e io mi misi a tossire in modo convulso, dato che mi era andata per traverso la saliva. Guardai Matteo intensamente, aspettando e temendo la sua risposta.

Pov Matteo.

Mi pietrificai, incapace di fare altro. Tutti gli altri mi guardarono intensamente, in attesa della mia risposta. Ragionai: non potevo alzarmi ed andarmene, sarebbe stata troppo palese la risposta. Non potevo nemmeno dire “verità” e poi mentire (come facevo spesso) perchè Francesco e Athena sapevano la verità, e di certo non me l’avrebbero fatta passare liscia in quel modo, e avrebbero fatto di tutto affinché io confessassi, per cui…
-Obbligo- dissi piano. So anche io che non era stata la cosa giusta da dire ma che scelta avevo? Almeno in quel modo, Diletta avrebbe potuto pensare che non volevo rispondere “no” per non essere scortese. Ma perchè pensavo che non ci sarebbe cascata?
Athena mi guardò in modo ambiguo, con la faccia del tipo “ehi, ti sto aiutando”, anche se mi sembrava che stesse solo complicando la situazione.
-Ohoho, obbligo eh?- chiese Francesco dandomi una gomitata sulla spalla.
-Cosa ti passa per la testa Matteuccio?- quasi non lo sentii, perchè mi colpì profondamente il viso di Diletta, che diventò paonazzo: non capivo perchè, ma si stava arrabbiando. Ormai mi bastava guardarla in faccia per capire cosa provasse. Io annuii distrattamente all’esclamazione di Francesco, e continuai a guardare Diletta in faccia, sperando di capire il perchè della sua rabbia muta. Lei cercò ripetutamente lo sguardo di Athena, e quando quest’ultima le fece un sorrisetto, capii anche io che mi ero appena dato la zappa sui piedi da solo.
-Obbligo obbligo…- iniziò Athena, perchè dato che era stata lei a porre la domanda, doveva anche sceglierla mia penitenza–Direi che devi… mh… devi dare un bacio a Diletta.- concluse. Tutti sapevamo che genere di bacio.

Pov Diletta

What!? Forse non avevo capito bene. Guardai Matteo, furente. Come diavolo gli era venuto in mente di dire obbligo? Non poteva dire semplicemente la verità e dire di no? Perchè era la verità, vero!? Scossi la testa, e mi alzai dalla sedia
-Dove stai andando Diletta?- mi chiese Athena, con tono autoritario
-Bacialo tu Matteo Sister perchè io non ne ho proprio voglia.- dissi in tono tagliente ed accusatorio. Athena si alzò a sua volta dalla sedia
-Tu non andrai proprio da nessuna parte e rispetterai le regole del gioco.- iniziò a sbraitare. Mi voleva dare un ordine per caso?
-Gabriele, ce ne andiamo?- gli chiesi. Lui mi guardò terrorizzato, e fece passare lo sguardo da me ad Athena, entrambe in “assetto da combattimento” Aveva paura di me? Si alzò titubante anche lui.
-Non lo farai!- esclamò Athena
-Questo lo dici tu- ribattei io, e mi voltai. Non feci in tempo a girare la testa, che Athena fece un gemito e si accasciò al suolo. Mi precipitai da lei senza perdere tempo: in fondo, rimaneva sempre una mia amica…
-Athè, Athèè che ti succede?- le chiesi. Lei aprì appena gli occhi.
-I miei poveri nervi… - biascicò. –Lo sai che quando mi agito mi succede così…- continuò. No, in realtà non lo sapevo, mi sembrava nuova questa… E non sapevo perchè ma mi puzzava tutto di bruciato…
Francesco, premuroso, la prese in braccio. Non sembrava tanto preoccupato, e il mio sesto senso continuava a dirmi che in tutto questo ce’era qualcosa di sbagliato.
-Portiamola in infermeria- proposi incerta. Francesco annuì tranquillo. Fece cenno agli altri di rimanere in classe, altrimenti l’infermiera si sarebbe arrabbiata se ci fossimo presentati in massa, dato che avrebbe creduto che ci eravamo andati solo per saltare la lezione.
-Tesoro come ti senti?- le chiese allora dolcemente, mentre lei si accoccolava sul suo petto come un orsetto.
-Male- disse Athena, con voce nasale. Da dove le usciva la voce nasale adesso? Non era mica raffreddata!
-Matteo, aiutami a portare Athena.- se ne uscì Fra ad un certo punto. La faccenda mi puzzò ancora di più: Francesco era perfettamente in grado di portare Athena da solo, dato che lei era piccolina e magrolina. E lui alto e muscoloso
Tuttavia Matteo lo aiutò senza fare storie, e tutti e quattro andammo in infermeria.
L’infermiera ci fece entrare incerta, sentendo che nell’aria c’era qualcosa che non andava, ma quando vide Athena in “quelle condizioni” la fece stendere su un lettino e le mise sulla fronte una pezzuola bagnata, cominciandole a chiedere come stesse
-Cosa ti è successo cara?- La diretta interessata biascicò qualcosa, ma nessuno comprese propriamente cosa, così parlò Francesco per lei
-Ehm… vede Signora, la ragazza si è agitata molto, e quindi penso abbia avuto un calo di zuccheri o qualcosa del genere.- spiegò in modo convincente.
-Ma ti succede spesso cara?- indagò ancora la donna, ben pasciuta e piuttosto bassina. Athena scosse la testa, assente.
-Penso proprio che andrò a prenderti un ricostituente.- fece. Athena strabuzzò di colpo gli occhi: l’infermiera della nostra scuola era famosa per i suoi “ricostituenti” che non erano altro che erbe mescolate a degli strani sciroppi. Indubbiamente efficienti, ma andava per nomea per quanto fossero vomitevoli. A volte avevo dubitato che il loro commercio fosse del tutto legale.
E Athena lo sapeva.
Si guardò intorno, ma non disse nulla, e se si impaurì di certo non lo diede a vedere. Dopo un po’, però, sbiancò davvero, e chiuse gli occhi. Mi preoccupai seriamente, pensando che forse lei non aveva fatto nessuna messa in scena, e me la presi con chi di dovere.
-E’ tutta colpa tua!- esclamai rivolta a Matteo.
-Mia?- chiese sconvolto, battendosi una mano sul petto.
-Si tua, chiaro? Tanto ci stai sempre tu in mezzo in qualche modo- sbuffai. Si, questa era una frecciatina va bene?
-E cosa avrei fatto io, di grazia!?- sbuffò a sua volta. Sinceramente come aveva anche solo il coraggio di rivolgermi la parola, non lo sapevo! Doveva avere una bella faccia tosta!
-Se tu avessi semplicemente detto la verità non sarebbe accaduto tutto ciò. Cos’è, hai paura che io mi offenda?- chiesi, alzando di poco il tono di voce.
-Ragazzi per favore… biascicò Athena- ma nessuno le diede retta
-E quale sarebbe la verità secondo te?- controbattè Matteo, questa volta in tono più sommesso. Io non esitai a rispondere
-So che non ti piaccio,anche se non capisco per quale motivo vai a dire in giro che stiamo insieme quando NON E’ VERO e soprattutto quando NON TI PIACCIO, ma…- e qui non mi fece finire
-Io non ho fatto niente, come te lo faccio capire? O forse sei tu che ti sei inventata tutto perchè non hai il coraggio di dire ciò che pensi?- alzò la voce, ma non mi guardò.
-Io non ho paura di niente, meno che mai di te! E poi non è colpa mia se tu vai in giro a sparare cazzate! Io so cosa tu pensi di me!- esclamai concitatamente.
-Cosa ne sai tu di quello che provo io? Tu non hai mai capito niente…- continuò. Questa affermazione mi lasciò basita. Cosa non avevo mai capito? Non sapendo cosa rispondere, dissi la prima cavolata che mi passò per la testa
-Bhe, me lo dice il mio sesto senso.- sussurrai. Lui mi fissò negli occhi e le guance gli divennero rosse.
-Questa volta il tuo sesto senso sbaglia.- e con questo se ne andò, senza lasciarmi il tempo di dire altro.

SPOILER Cap 32

Pov Diletta

Mi abbracciò affettuosamente, e allora io mi strinsi al suo petto
-Puoi piangere se vuoi- mi sussurrò all’orecchio. Ormai sull’orlo di cedere alle lacrime feci
-Così mi prenderai in giro a vita.- Sentii che sorrise
-Sai che non lo farei mai.- mi disse. E dal suo tono di voce, non avrei mai potuto dubitare delle sue parole.
E allora piansi, piansi disperatamente, come solo una volta avevo fatto in vita mia.

  

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Capitolo 32
*** All this Time ***


Salve ragazze!! Lo so, è passato un sacco di tempo da quando ho postato l'ultima volta, ma non ho avuto mai tempo di scrivere, per la scuola, per la stanchezza e per tante altre faccende personali con cui non vi sto a rompere le scatole. Diciamo che il periodo non dico triste, ma stancante, ancora non è passato... tuttavia eccomi qua con l'ultimo capitolo della mia storia.,,
Non sto a dirvi molto perchè troverete i miei commenti anche alla fine, posso solo dirvi che spero con tutto il cuore di non deludervi... ce l'ho messa tutta e ho dato del mio melgio mentre scrivevo questo capitolo....
Ci vediamo di sotto!


Capitolo 32 All this Time

Pov Diletta

Rimasi con la bocca spalancata per circa una decina di minuti. Ero rimasta talmente sbalordita che non riuscivo a formulare un pensiero pressoché comprensibile o coerente. Rimasi zitta e immobile per ancora un bel po’.
Dopo un po’ realizzai che l’infermiera aveva sentito tutto il nostro diverbio, e mi stizzii. Sicuramente si era fatta un’idea sbagliata di noi… chissà cosa era andata a pensare! Perchè le figuracce peggiori le dovevo sempre fare io?
Athena, ancora sdraiata sul lettino non sembrava messa poi così male; mentre Francesco stava rintanato in un angolo, zitto zitto. Entrambi sembravano abbastanza stupiti di quello che era successo, soprattutto Athena, che non fu affatto brava a nascondere quello che pensava.
L’infermiera guardò il nostro strano trio in modo obliquo, ma poi mi fissò negli occhi e sorrise. Sperai che non fosse uno di quei sorrisetti sadici che di solito hanno certe infermiere, soprattutto quelle zitelle, nei film, quelli della serie “ah ah ho scoperto quello che volevi fare e adesso ti mando dal Preside!”
-Ah… l’amore, l’amore…- disse a mezza voce, con sguardo molto eloquente. Io la guardai sconcertata. Molto probabilmente non avevo capito bene la sua esclamazione…
-Co-cosa?- chiesi balbettando. Si, sicuramente non avevo capito bene… L’infermiera mi guardò di sottecchi, sogghignò e poi aggiunse
-Fino a quando ancora credi di poter evitare di confessargli i tuoi sentimenti? Fino a quanto pensi di poter nasconderli a te stessa?- mi domandò, come se ciò che aveva detto non avesse nessuna importanza, e soprattutto, come se mi conoscesse da sempre. Io rimasi sbalordita, e indignata: come si permetteva quella donna, che non avevo mai visto in vita mia, di fare quelle considerazioni?
-Signora mi scusi… ma come può dire questo…? Io non… Lui…- tuttavia nel mio balbettare non riuscii a finire la frase che la tipa, come se non le avessi detto nulla, mi voltò le spalle e disse
-La ragazza sta bene, ha avuto solo un calo di zuccheri, potete andare.- naturalmente si riferiva ad Athena
-Ma… io…- cominciò quest’ultima. La donna la mise a tacere con la sua voce roca e affatto affabile.
-Potete andare.- e scandì bene quelle parole. Athena si zittì e si alzò dal lettino: con questo potevamo ritenerci congedate. Io, ancora più sbalordita di prima, non riuscii a spiccicare parola, e mi lasciai trascinare fuori dalla stanza da Francesco e Athena, che magicamente sembrava essersi ristabilita del tutto. Già, che incantesimo… Per tutto il trambusto, neanche mi passò per la testa di sospettare ciò che aveva fatto.
Ciò che aveva detto quella sconosciuta, sembravano le stesse parole che mi aveva detto Gabriele poco prima… ma cos’era, stavano macchinando una congiura contro di me? Perchè tutti mi dicevano ( e in questo periodo più del solito) che io e Matteo… ci piacevamo? Forse perchè era la verità? E cosa intendeva Matteo con quella frase? Voleva dirmi che io gli piacevo? Non riuscivo a credere che io, che aiutavo sempre gli altri a conoscere se stessi, avevo bisogno di qualcuno che aiutasse me a capire ciò che provavo. Io mi conoscevo, sapevo cosa mi passava per la testa… anche se in questo ultimo periodo, sembrava che tutto quello che avevo passato, soprattutto con Matteo, fosse riuscito a sradicare tutte le mie certezze più assolute. Non riuscivo a capire il comportamento di Matteo, e sentivo che la testa stava per esplodermi. Non sapevo neanche io cosa volessi, cosa mi aspettassi dal futuro, e questo mi confondeva e mi metteva in grande agitazione. Forse l’unica cosa di cui avevo davvero bisogno, era di chiarire le cose con Matteo… ma c’erano quell’orgoglio e puntiglio che me lo impedivano. La convinzione di stare nella ragione, mi spingeva a prendere una strada diversa dall’unica percorribile in quel momento.
Athena, per fortuna, arrivando una buona volta con un tempismo perfetto, mi distolse dai miei pensieri.
-Ta Mella…- disse, appena arrivammo al piano della nostra classe (nda: 1 D). Sorrisi. Era da tempo immemore che non mi chiamava così…
-Senti io non ce la faccio più a sopportare questa situazione…- iniziò, con voce sofferente e anche un po’ petulante. Ah, era lei? –Mi… mi dispiace per tutto quello che ti ho fatto, da quando abbiamo litigato soprattutto ma anche prima, ma devi sapere che l’ho fatto solo perchè ti voglio un mondo di bene, e perchè voglio che tu sia felice…  però voglio continuare ad essere la tua Sister…- la voce le si incrinò e le si velarono gli occhi di lacrime. No, per favore, se avesse incominciato a piangere o avrei avuto un attacco isterico, o me ne sarei andata.
Un attacco isterico innanzi tutto perchè non sopportavo le persone che piangevano per qualsiasi cosa, e questo lei lo sapeva bene, anche perchè avevo già accumulato troppa tensione… e poi me ne sarei andata anche perchè io per prima avevo tanta voglia di piangere, e se lei l’avesse fatto io l’avrei seguita a ruota, ma se questo mi irritava non potevo di certo farlo, o almeno non potevo lì davanti a tutti… perchè ero una persona così complicata? Ah già erano quindici anni che cercavo di spiegarmelo…
Per evitare tutte queste conseguenze disastrose, decisi di intraprendere la strada più semplice: perdonarla. In fondo, ero stata arrabbiata con lei a sufficienza, e tutti siamo esseri umani, tutti possiamo sbagliare. La abbracciai con affetto. 
-Bhe… di certo non è facile essere mia amica…- iniziai, non trovando stranamente le parole per scusarmi. Non era molto brava in quelle cose… mi capitava raramente di dover chiedere scusa. Ma poi misi da parte l’orgoglio, come era giusto che fosse, e dissi davvero quello che pensavo
-Anche a me dispiace per le cose che ti ho detto…- e non mentivo.
La tappetta mi abbracciò forte
-Amiche come prima?- mi chiese, porgendomi il mignolo come fanno i bambini piccoli per fare pace. Io le diedi il mio
-Come prima…- in realtà mi ci sarebbe voluto un po’ per dimenticare le cose che erano successe, “io non dimentico” tanto facilmente, ma di certo avrei provato a mettere una pietra sopra a tutte le cose spiacevoli che erano successe. Anche se, a detta sua, le aveva fatte tutte per il mio bene. E’ proprio vero, quando si pensa di fare meglio, il più delle volte si fa peggio.
Le sorrisi. A quel punto suonò la campanella che finalmente segnava la fine delle lezioni. Ci incamminammo verso l’uscita della scuola: vidi Matteo che si dirigeva verso un vicolo, e cercai di non farmi vedere da lui. Più lo evitavo, meglio era. Inciampai tra i miei piedi e sperai che presto tutto sarebbe tornato come prima.
Speranza estremamente vana

Pov Matteo

Soltanto dopo che me n’ero andato avevo realizzato ciò che avevo detto. Non so perchè, ma avevo la sensazione di aver fatto una cazzata… ma no Matteo, sei perspicace! Non potevo averlo fatto sul serio. Mi era partito letteralmente il cervello. Si, mi era partito il cervello per colpa sua, per colpa di Diletta. Perchè l’amore doveva essere così complicato? Perchè tutte quelle cose dovevano capitare proprio a me? Non ne avevo già passate abbastanza? A volte, sentivo le storie di tanti miei amici e, confesso, li invidiavo a morte: “Ho conosciuto una ragazza, siamo usciti qualche volta e poi ci siamo messi insieme” perchè non era successo anche a me così? Perchè mi ero proprio innamorato di Diletta? Anzi, questo lo sapevo: lei era come me. In certe cose eravamo diversissimi era vero, ma in altre la vedevamo esattamente allo stesso modo. E forse proprio per questo non saremmo mai potuti stare insieme…
Fatta stava che, in buona o in cattiva fede, non avrei mai dovuto espormi così tanto con Diletta. In pratica le avevo implicitamente (ma neanche tanto poi) rivelato quello che provavo.
Mi aveva stupito moltissimo il fatto che avesse ripetuto la stessa affermazione che aveva detto la prima volta che ci eravamo incontrati al Concerto di Primavera, due mesi e mezzo prima. Se quella volta il suo “Sesto Senso” aveva avuto ragione, adesso si era sbagliato (nda: vedi capitolo 1). Quanto tempo era passato da quel giorno… non sapevo se l’aver incontrato Diletta era stata la fortuna della mia vita o tutto il contrario. Bhe, se pensavo che quello che provavo per lei non era ricambiato, direi che la seconda opzione era quella corretta. Se quel giorno non avessi dovuto aiutare Francesco con i fili e gli amplificatori della sua chitarra, dietro le quinte, non l’avrei mai conosciuta… Tuttavia non si vive con i se e con i ma… e di certo, se il destino aveva detto che avrei dovuto conoscere Diletta e stare male per lei, dovevo stare certo che sarebbe successo comunque. Da quando l’avevo incontrata erano mutate molte cose: ero cambiato io per primo, che dopo aver giurato di non stare più male per una ragazza ero tornato da capo a piedi; ed era cambiato il rapporto che avevo con Diletta stessa. Non riuscii a fare a meno di pensare che se Diletta avesse continuato ad essere diffidente con me come lo era all’inizio tutto questo non sarebbe mai successo… Ma in fondo, nei guai mi ci ero voluto cacciare di mia spontanea volontà, quindi… chi è causa del suo mal pianga se stesso.
Ma in tutte le cose bisogna trovare il lato positivo giusto? Bene, allora potevo dire che se io e Diletta non fossimo diventati amici, non avrei mai potuto baciarla, e giuro, fin dall’inizio era una cosa che morivo dalla voglia di fare.
Comunque, magra consolazione.
Uscito da scuola me ne andai verso un vicoletto con la musica a palla sparata nelle cuffiette. Inutile stare in ansia per ciò che avevo detto, ormai era fatta, e dopo tutte quelle che mi erano capitate avevo imparato a non piangere sul latte versato.
“Aspetto quel che succederà”.

Pov Athena

Dopo aver fatto finalmente pace con Diletta, andammo in piazza con Francesco e Francy a prendere un gelato, per suggellare la nostra nuova amicizia. Indubbiamente Dile aveva capito che io avevo fatto soltanto finta di stare male, ma non disse niente, e non fece commenti sagaci: evidentemente non voleva farmelo pesare e aveva capito che l’avevo fatto soltanto per il suo bene. Evviva la modestia.
Da questo quindi potevo dedurre che anche lei ci teneva che tornassimo in buoni rapporti come prima. Non mi insultò neanche perchè per colpa mia aveva dovuto bisticciare ancora con Matteo, mentre mi accompagnavano in infermeria. Anche se, a dirla tutta, da quello che avevo potuto capire non è che stessero nei migliori rapporti anche senza le mie interferenze. Leggevo nei suoi occhi che mi teneva nascoste molte cose, la conoscevo troppo bene, e sapevo che molto probabilmente prima che il nostro rapporto tornasse quello di una volta ci sarebbe voluto del tempo. Tuttavia avevo tutto il tempo del mondo. Nonostante fossi davvero molto felice di aver fatto pace con la mia migliore amica, avevo un grosso macigno sul petto: lei non sapeva che eravamo stati io e Fra (ma principalmente io) a mettere in giro la voce che lei e Matteo stavano insieme. E in pratica avevo soltanto peggiorato la loro situazione perchè adesso lei lo odiava più di prima, e lui non riusciva a capire il motivo del so comportamento. Il risultato era stato l’opposto di quello che avevo sperato. Si, avevo fatto proprio un bel casino, e non volevo ammetterlo ne a me stessa ne a Diletta. La cosa giusta da fare però era rimettere in ordine tutto: io avevo fatto il disastro, io dovevo ripararlo. Indubbiamente si sarebbe arrabbiata, forse anche più di prima, primo perchè mi ero già immischiata troppo, secondo perchè lei gli aveva detto un sacco di cattiverie, e sapendo che lui era innocente, se ne sarebbe pentita di certo. Mi avrebbe odiata perchè l’avevo buggerata. E lei detestava essere messa nel sacco. Si ricredeva troppo per ammettere di essere stata fregata. No, non potevo dirle che ero stata io, tuttavia la mia coscienza non mi dava pace: se era vero che Diletta era la mia migliore amica, come potevo non dirle quella cosa così grave e importante? Prenditi le tue responsabilità Athena! In realtà avrei potuto anche dirle che non era stato lui e basta, ma prima o poi lei sarebbe venuta a sapere la verità, dato che lei veniva sempre a sapere tutto, ma anche se così non fosse stato, come avrei potuto guardarla ancora in faccia se tra noi fosse rimasto quel segreto? Decisi: mi sarei presa le mie responsabilità e le avrei detto tutto, a scapito delle conseguenze.
Prendemmo il gelato e, arrivate al centro della piazza, presi un grande respiro. Forse stavo facendo la cavolata più grande di tutta la mia vita. O forse l’unica cosa giusta che avessi mai fatto nel tentativo di aiutare Diletta.
-Dile…- e il cuore mi batteva davvero forte, come mai prima di allora. Mi voltai verso di lei e mi guardò tranquillamente. Perchè, in fondo, avevo davvero paura di perdere di nuovo (e questa volta per sempre) la sua amicizia.
-Io… tu…- non riuscivo a trovare le parole per dirglielo, ma dovetti farmi coraggio e dissi quella frase tutta d’un fiato.
-Non è stato Matteo a dire in giro che tu e lui state insieme… sono stata io!-

Pov Diletta

Ero contenta di aver fatto pace con Athena anche se, a dire la verità, non capivo perchè avesse quel muso lungo.
Mentre andavamo in piazza a prendere il gelato, la vedevo pensierosa e taciturna. Che avesse pensato che era meglio se non si fosse riappacificata con me? Non l’avevo mica obbligata io, sia chiaro. Non le dissi nulla, non volevo di certo distoglierla dai suoi pensieri.
Dopo aver mangiato un gelato al cioccolato, arrivammo in piazza, ma a un certo punto Athena si fermò, strinse i pugni e si voltò verso di me.
-Dile…- iniziò. La sua faccia si era fatta bianca improvvisamente. Non mi passò neanche per l’anticamera del cervello che stesse fingendo. Senza sapere perchè, ebbi subito un brutto presentimento, ma non volli fasciarmi la testa prima di averla rotta. E quella fu l’unica volta in cui sbagliai ad essere così poco prudente.
-Io… tu…- sentii il panico crescere nella sua voce, ma sentii anche la mia ansia andare alle stelle. Alla fine si decise.
-Non è stato Matteo a dire in giro che tu e lui state insieme… sono stata io!-
Mi ci volle qualche secondo per realizzare ciò che aveva detto. La guardai dritto negli occhi, e non so come di preciso la guardai, perchè lei cominciò a piangere a dirotto come non l’avevo mai vista fare.
Mi crollò il mondo addosso.
Odio, rabbia, delusione, senso di colpa. Queste furono le principali sensazioni che provai dopo quella rivelazione. Ma, prima di tutto, un odio profondo, come avevo sentito poche volte in vita mia. Odiavo Athena perchè era solo per colpa sua che avevo detto delle cose terribili a Matteo, era solo per colpa sua se l’avevo umiliato davanti a tutta la scuola, era colpa sua se non avevo ammesso ancora a me stessa quello che davvero provavo per lui. Era stata anche colpa mia, è vero, ma in quel momento ero troppo accecata da tutte le mie emozioni per ammetterlo.
-Ti prego, ti scongiuro, non odiarmi…- disse tra le lacrime, mentre Francesco la abbracciava.
-Non solo mi hai delusa, ma hai perso tutta la fiducia che riponevo in te, riacquistata per altro da poco. Ti giuro che non riuscirai mai più a recuperarla.- sibilai con il cuore che era appena diventato di pietra. Athena pianse più forte
-Io… l’ho fatto solo perchè…- continuò. Ma non riuscivo ad ascoltarla e a crederle, perchè quello che provavo non era descrivibile a parole.
-Non mi interessa perchè lo hai fatto- sputai. E la cosa grave fu che in tutte le parole che dissi, rimasi immobile, senza urlare ne sbraitare. Ed era preoccupante, perchè questo dimostrava che ero furente, ma che mi tenevo tutto dentro. E Athena sapeva che quando mi comportavo così, non c’era più speranza di farmi ragionare.
-Non ho tempo per farti sapere tutto quello che penso…- continuai –ma posso dirti solo che non ostante tutto quello che abbiamo passato insieme, penso che tu sia la persona più spregevole che mi sia mai capitato di conoscere.- Lei pianse ancora ma ormai per me non esisteva più:  l’unica cosa che sapevo era che dovevo trovare Matteo e parlarci. Non sapevo esattamente cosa gli avrei detto, ma dovevo parlarci, dovevamo chiarirci, per troppo tempo il mio orgoglio mi aveva impedito di fare l’unica cosa davvero giusta in tutta quella faccenda. E poi si, anche se mi costava molto ammetterlo, dovevo scusarmi con lui per tutte le cattiverie che gli avevo detto senza motivo. Mi ricordai di averlo visto uscire dalla scuola e imboccare un vicolo, forse lo trovavo ancora lì… altrimenti chissà quando avrei trovato di nuovo il coraggio per fare quello che volevo. Mi gettai giù per i vicoli di pizza facendo storte a tutto spiano sui mattoni irregolari che stavano a posto dell’ asfalto. In teoria avrei potuto fare la strada lunga che era tutta in piano, ma era come se non avessi tempo. Mi rendevo conto solo i quel momento di essere stata davvero stronza ed idiota ad aver creduto alle dicerie e a non aver creduto a lui, che era stato sempre sincero con me. Più o meno. Ci aveva provato a dirmi che era tutta una bugia, ma non gli avevo dato retta… che stupida! Mi fiondai nel piazzale antistante la nostra scuola, non aspettandomi di trovarlo lì. Seduto sui gradini dell’atrio del Liceo Classico, stava ascoltando l’iPod. Probabilmente stava aspettando Francesco per fare una chiacchierata con lui. Il sole gli illuminava il viso e lo trovai bello, bello davvero. Appena mi vide si levò le cuffie, meditabondo, e mi guardò, in attesa che facessi qualcosa. Io avevo i piedi incollati alla fine della discesa. Mi feci coraggio e avanzai di uno o due passi, e allora anche lui mi venne incontro. Il cuore mi batteva già all’impazzata, quando ci trovammo faccia a faccia. In fine, di getto, senza pensare alle possibili conseguenze e a ciò che avrebbe potuto pensare lui, e ascoltando per la prima volta da tempo solo quello che mi diceva il mio cuore, dissi
-Scusami! Non mi sarei mai dovuta comportare così con te senza prima chiederti delle spiegazioni e senza sapere la verità. E non mi riferisco solo al fatto di oggi, io mi riferisco a… tutto… Io sono stata… io…- ma a quel punto la mia voce si incrinò senza che io potessi farci niente. Le lacrime mi salirono agli occhi, ma non volevo piangere, non davanti a lui almeno. Ma ad un tratto Matteo fece un gesto del tutto inaspettato: mi abbracciò affettuosamente, e allora io mi strinsi al suo petto.
-Puoi piangere se vuoi- mi sussurrò all’orecchio. Ormai sull’orlo di cedere alle lacrime feci
-Così mi prenderai in giro a vita.- Sentii che sorrise
-Sai che non lo farei mai.- mi disse. E dal suo tono di voce, non avrei mai potuto dubitare delle sue parole.
E allora piansi, piansi disperatamente, come solo una volta avevo fatto in vita mia. Piangevo perchè ero stata ingiusta e crudele nei suoi confronti, per l’anno pesante che avevo trascorso, per tutti gli equivoci, i litigi, e per tutte le volte che ci eravamo odiati solo per colpa della mia testardaggine e del mio orgoglio. In più, in quel momento, tutti i dispiaceri grandi e piccoli che avevo represso nei recessi della mia mente, tornarono a galla.
Mi ritornò in mente quando, tempo prima, Matteo mi era venuto a consolare dopo che avevo pianto nell’aula di fisica (nda: vedi capitolo 8). Se non fosse stato per lui, quel giorno sarebbe stato davvero terribile. Mi aveva spaventato il fatto che forse lui mi aveva vista piangere, perchè pensavo che avrebbe potuto prendermi in giro. Da tempo avevo giurato che non avrei mai più pianto davanti a qualcuno. Ed ora eccomi qua, a singhiozzare forse anche più di quella volta, tra le braccia di Matteo, in teoria il mio peggior nemico. Questo pensiero mi rinfrancò un poco.
-Da quanto tempo era che non lo facevi…?- mi chiese Matteo con voce dolce. Come risposta mi aggrappai di più al suo petto, e le lacrime sgorgarono più copiose di prima dai miei occhi.
-Piangi quanto vuoi, fa bene a volte… e io non ti lascerò sola… sono qui per te.- nella sua voce non c’era traccia di sarcasmo o rimprovero. Oh, Matteo…
Ad ogni mio singhiozzo lui mi stringeva più forte a se e mi accarezzava la testa. Non parlava, perchè sapeva che in quei momenti, quando uno ha solo bisogno di sfogarsi, non servono parole. E fece bene, perchè avevo solo bisogno di rimanere tra le sue braccia, dove mi sentivo al sicuro. Questo pensiero però, peggiorò soltanto la situazione: avevo fatto soffrire l’unica persona al mondo che riusciva veramente a capirmi. E oltre a far dispiacere lui, ero stata male anche io, senza averlo mai ammesso. Che bambina stupida ero stata. Piansi ancora per un bel po’ finchè non ebbi più lacrime da versare. Mi sentivo terribilmente stanca, svuotata ma in pace. Non volevo staccarmi da lui: mi sentivo così protetta tra le sue braccia…
Ma la realtà mi aspettava.
Dopo essermi staccata da lui, asciugata gli occhi con un fazzoletto e aver riacquistato un po’ contegno e lucidità dissi:
-Scusami, solo adesso ho capito che per colpa del mio caratteraccio non ci siamo mai potuti avvicinare davvero. Sono stata io che a causa della mia testardaggine ho eretto una barriera intorno a me senza lasciare entrare nessuno.- Negli occhi di Matteo leggevo una felicità che non mi spiegavo, e davvero molto sollievo. Lui sorrise, e disse parole che non mi sarei mai aspettata
-Già. Tu hai proprio un caratteraccio- bene, se voleva insultarmi era libero di farlo, me lo meritavo, e di certo non avrei potuto volergliene per questo. Strinsi i pugni per non rispondergli: era giusto così.
-Sei permalosa, orgogliosa, anche presuntuosa, spesso ti comporti da principessina- era tutto vero, tutto stramaledettamente vero. In un altro momento mi sarei arrabbiata: chi era lui per dirmi quelle cose? Ma sentivo che mi meritavo tutte le cattiverie che aveva da dirmi, per cui rimasi in silenzio, senza avere coraggio di guardarlo negli occhi. –perdonare non è nella tua indole e quando qualcuno ti fa un torto, ti leghi ciò che ha fatto al dito.- Mi accorsi di stare ancora a pochi centimetri di distanza da lui. Vidi che prima gli avevo bagnato e stropicciato tutta la camicia… poverino, avrei dovuto risarcirlo.
Mi feci forza e lo guardai negli occhi, ma non c’erano astio e voglia di offendere nel suo sguardo, ne sarcasmo.
-Sei vendicativa…- continuò, infierendo. Si, ero una ragazza piena di difetti. Stavo per ammetterlo (cosa impossibile fino a poco tempo prima) quando, inaspettatamente aggiunse
-Ma è per questo che mi sono perdutamente innamorato di te.- La sua voce era ferma e priva di incertezze, e non c’era traccia di scherno. Era serio, non mi stava prendendo in giro.
Spalancai gli occhi. Stavo sognando? O avevo capito bene? Io… gli piacevo? Le parole di Gabriele, che avevano messo radici, fecero effetto: si, anche io ero innamorata di lui, e me ne accorsi solo allora dopo mesi di bugie. Quanto tempo sprecato, quante occasioni perdute… Se n’erano accorti tutti tranne me, la diretta interessata. C’era stato bisogno di tanto tempo perchè lo capissi ma alla fine ce l’avevo fatta. Adesso non avevo più voglia di nascondermi dietro una maschera solo perchè avevo paura di ciò che sarebbe potuto accadere. Non sapevo casa dire, come spiegare tutto ciò che avevo dentro… era tutto troppo complicato… così mi buttai e dissi l’unica cosa che davvero sentivo in tutto quel turbine di emozioni.
-Anche io sono innamorata di te…- bisbigliai guardandolo fisso negli occhi. Lui ricambiò il mio sguardo, come se fossi stata soltanto un’illusione.
-Cosa?- chiese, incredulo. Sorrisi e ripetei
-Anche io sono innamorata di te.- questa volta con voce forte e chiara, scandendo bene le parole, ma lui restò basito. Ancora non ci credeva. Bhe, in realtà neanche io.
Incredulo quanto me per quello che stava succedendo, Matteo mi si avvicinò ancora di più, mi cinse la vita con le braccia muscolose e fece aderire i nostri corpi. Non riuscivo a distogliere gli occhi dai suoi. Gli avvolsi le braccia intorno al collo, e lui si avvicinò ancora di più. Chiusi gli occhi e Matteo posò le sue labbra sulle mie. Le dischiuse e così feci anche io. Accarezzò le mie labbra con la punta della lingua, io le aprii e le nostre lingue si incontrarono. Le nostre bocche cominciarono a muoversi all’unisono. Quel bacio durò a lungo, e dopo quel primo, ce ne furono molti, molti altri. Non ci credevo, era tutto troppo bello per essere vero, tutto questo non poteva essere reale… Ero così felice! Sentivo nello stomaco le farfalle che svolazzavano di qua e di là. Se non fossi stata troppo impegnata a baciarlo, mi sarei messa a saltare per la contentezza di quel momento. Direi che il mio primo vero bacio era stato qualcosa di davvero sensazionale.
Matteo mi prese il viso tra le mani e mi guardò dritto negli occhi. Questa volta non ebbi paura a perdermi dentro di essi. Sorrisi raggiante, e così fece anche lui.
-Non avrei mai creduto che sarebbe potuta succedere una cosa simile…- disse piano, prima di baciarmi di nuovo. Se non avessi pianto già a sufficienza prima, avrei quasi detto che mi veniva da farlo di nuovo per la felicità. Matteo mi abbracciò forte e io mi strinsi a lui con tanto trasporto come non avevo mai fatto.
-Ci è voluto così tanto tempo… ma alla fine siamo qui…- disse ancora lui accarezzandomi i capelli. Io alzai la testa e lo guardai
-Forse ci è voluto anche troppo tempo, io sono stata così…- iniziai subito a colpevolizzarmi, ma lui mi mise un dito sulle labbra per farmi tacere.
-Il tempo che ci è voluto ci è voluto… doveva andare così. E poi non colpevolizzarti, non sei stata tu l’unica stupida in questa faccenda…- disse Matteo con fare filosofico. Ridemmo insieme. Non mi sentivo così serena e felice da tempo ormai. Pensai ad Athena: in fondo e in parte, era stato anche per merito suo se ci eravamo messi insieme, forse senza le sue interferenze io e Matteo non saremmo mai riusciti a essere felici, ma adesso non mi sentivo ancora dell’umore adatto per fare pace con lei. Certo, non la odiavo più come poco prima, ma ci sarebbe voluto del tempo perchè non le rinfacciassi ciò che aveva fatto. Ma sentivo che presto o tardi, sarebbe tornato tutto come era prima. E questa volta ne ero più che sicura.
E oltre a questo, mi sentivo in pace con me stessa. Tuttavia, c’era una domanda che mi premeva dentro da tempo, ma che non avevo mai avuto il coraggio di formulare.
-P-perchè hai baciato Claudia?- mi uscì di getto, ad un certo punto. Matteo mi fissò con gli occhi strabuzzati. All’iniziò non rispose, probabilmente non capendo la domanda, ma poi biascicò
-Io? Ma quando…- ma non lo feci finire
-Ti prego non dirmi bugie… qualche giorno fa, all’intervallo, vicino al termosifone, io vi ho visti con i miei occhi… dimmi solo, perchè l’hai fatto? Il giorno dopo che… che avevi baciato me!?- continuai, con più foga. Lui si scostò da me per guardarmi negli occhi.
-Non posso credere che tu abbia davvero pensato che io… cioè… ecco perchè mi hai detto quelle cose! Ora capisco tutto! Vedi… noi stavamo solo parlando, riguardo a un affare di Ludovico, quando ad un tratto lei… ha detto che le piacevo e si è avvicinata per baciarmi, ma io l’ho spinta via…- spiegò. Boccheggiai. Non potevo credere che tutto il casino che avevo combinato era la conseguenza di… un equivoco. Non potevo essere stata così sciocca. Probabilmente Matteo prese lo stupore sulla mia faccia come incredulità, allora mi baciò di nuovo con foga e disse
-Ti giuro che… tu sei stata l’unica ragazza che io abbia mai baciato in vita mia… ti giuro che il mio cuore è stato sempre tuo, fin dall’inizio… e ti giuro che non avrei mai fatto una cosa simile…- concluse. Io lo guardai. Avevo rovinato tutto come al solito, ero riuscita a distruggere quello che avevo.
-Stava andando tutto così bene… noi stavamo per… potevamo essere felici prima, ma invece io ho peggiorato la situazione, perchè se fossi venuta subito a parlare con te… io…- e avevo voglia di piangere di nuovo. Quel giorno, la mia personalità si era rovesciata, ero dolce, avevo messo da parte l’orgoglio, riconoscevo di aver sbagliato… la mia autostima stava sotto le scarpe…forse era quella la mia vera me?
Ormai io e Matteo eravamo appiccicati come due ventose, e quando lui mi baciò di nuovo, mi sentii davvero in colpa. Se en accorse
-Non si vive con i se e con i ma… è andata così. Ti ripeto, forse era necessario che andasse così… in fondo, per ogni cosa bella ce ne devono stare almeno due brutte no? E io di certo non ce l’ho con te per come ti sei comportata…- concluse. Questo era il vero volto di Matteo, quello che io non avevo mai voluto vedere, ma adesso era tutto per me. Ricordai una cosa che aveva detto poco prima
-Hai detto che io sono la tua prima ragazza?- chiesi maliziosamente. Lui annuì interdetto.
-Ma… quella volta che eravamo andati al mare… non mi avevi detto che ne avevi già avute tante…?- chiesi. (nda: vedi capitolo 25) Lui sorrise, e quel sorriso valse più di mille parole.
-Alla faccia che tu eri quella che scopriva sempre le bugie…- cantilenò. Mi stizzii per finta
-Potrei dire lo stesso di te…- lo rimbeccai. Lui aggrottò le sopracciglia
-Vuoi dire che anche tu…- ma non lo feci finire, era alquanto imbarazzante da ammettere
-Già…- sussurrai solo. Lui sorrise, mi strinse forte i fianchi e mi baciò più e più volte.
-Sei così bella…- disse poi, guardandomi negli occhi –morivo dalla voglia di dirtelo.- sorrisi, lusingata. Mi baciò ancora, e quel bacio fu il meno casto di tutti gli altri…
-Mh… ma non staremo un po’ esagerando con tutti questi baci?- chiesi infine, trovandomi non so come con le spalle incollate al muro, e con Matteo che non voleva lasciarmi andare.
-Dobbiamo recuperare il tempo perso.- fece, e dopo di questo non potemmo più parlare.

Pov Matteo

Quello che provai dopo la sua rivelazione è indescrivibile. Confesso che inizialmente non ci credevo ma dopo quel bacio…
Non avrei mai creduto che alla fine sarebbe potuta andare così. Di certo, questo era il finale migliore di tutti, ma ero talmente incredulo, che per accertarmi che questa fosse la realtà, baciai Diletta più e più volte.
Quando riuscimmo a chiarirci su tutti gli equivoci che c’erano stati, mi sentii piuttosto sollevato. Avevamo ancora molte cose da dirci, ma sinceramente in quel momento non avevo affatto voglia di parlare. Diciamo che avevo altro per la testa. In quel momento, ero piacevolmente impegnato a fare altro.

Fine

Non so voi, ma a me viene da piangere. Non tanto per quello che è successo nel capitolo, perchè tutto sommato la storia è finita bene, ma perchè è finita... cavolo sono riuscita a portare a termine la mia prima fan fiction!! Certo, non è stato facile, ma alla fine ce l'ho fatta,,,, non potete capire quanto io sia contenta...
Ringrazio di cuore tutte le ragazze che mi hanno seguito durante questo percorso, è solo grazie a voi che "Chi l'avrebbe mai detto" è andata avanti... grazie davvero di cuore,,,, questo capitolo è dedicato a tutte voi lettrici,,, cavolo davvero, mi viene da piangere T____T
Comunque non ho ancora finito di rompervi, tra pochissimo (è una promessa) posterò l'Epilogo della storia... in realtà avevo altre idee per questa ff, nuovi capitoli da aggiungere, ma questa storia doveva finire così... ho pensato che se avessi aggiunto altri intrighi avrebbe perso molto....
vi anticipo che sono già all'opera con una nuova fan fiction, che posterò presto....
Mi aspetto molte recenzioni per questo capitolo u.u
Per qualsiasi domanda o chiarimento io sono qui per voi
grazie mille a tutte
un bacio e un abbraccio enormi
_Renesmee Cullen_

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Capitolo 33
*** EPILOGO ***


Salve ragazze! Eccomi qua con l'epilogo di questa storia. Sono davvero contenta di essere riuscita a concluderla... confesso che non avevo il coraggio di postare l'epilogo... mi viene quasi da piangere
ma adesso eccomi qui, e quindi smetto di rompere.
Scusate come al solito per il ritardo, am anche se è estate ho avuto molto da fare :(
Comunque non repoccupatevi, sto già lavorando a una nuova storia... non riuscirete a liberarvi di me xDxD
Se avete domande non esitate a farmele, sarò felice di rispondervi....
Bene. Dedico interamente questo capitolo a Cleppy_Ds che è un mito e mi ha fatto il Trailer di questa storia, e non riuscirò mia a ringraziarla abbastanza per questo!!! Ecco qua il link ( Trailer:
http://www.youtube.com/watch?v=aKP5GigayTI&feature=related ) spero che mi piaccia, a me personalmente è piaciuto ma morire *_*
Bene, e con questo ultimo capitolo vi auguro una buona estate e spero che la mia storia vi sia piaciuta...
ultima cosa: se votle pubblicherò anche dei missing moment... ditemi voi
grazie di tutto
kiss kiss
Nessie

 
EPILOGO

Pov Diletta

3 anni dopo

Guardai per la centesima volta l’orologio attaccato alla parete, sopra la lavagna.
Solo venti minuti. Mancavano solamente venti minuti a mezzogiorno. Potevano sembrare pochi, ma per me erano momenti di supplizio, perchè in realtà mi stavano sembrando un’eternità.
Quei giorni non erano mai passati, erano trascorsi lentamente, uno di seguito all’altro, sempre uguali, e dannatamente lenti Mi erano sembrati i gironi più lunghi mai passati in tutta la mia vita.
Era una settimana che non ci vedevamo ormai. Sette interminabili giorni. Chi l’avrebbe mai detto che un giorno io sarei potuta diventare così sdolcinata. Chi avrebbe mai pensato che una persona mi sarebbe mai potuta mancare così tanto. Ma, direi quasi purtroppo, era così.
Matteo era andato in gita con la sua classe, ed era tornato solo Venerdì notte, cioè ieri. In teoria lui oggi non sarebbe venuto a scuola... se non fosse stato per me. Anche lui non vedeva l’ora di rivedermi.
All’intervallo non ero potuta uscire dalla classe perchè avevo avuto un compito di Italiano; così ci eravamo dati appuntamento nell’aula di fisica per mezzogiorno. Nella solita aula di fisica, intendo. Oramai, quel posto era diventato il nostro covo segreto.
Al diavolo il professore che avrei avuto all’ultima ora, Matteo era di gran lunga più importante di questo. Non sarei riuscita ad aspettare un altro giorno senza vederlo.
In realtà l’avevo convinto io ad andare in gita, visto che lui non voleva andarci per restare con me. Chi è causa del suo mal pianga se stesso... me ne ero pentita amaramente, dato che avevo realizzato di non riuscire a stargli lontana troppo tempo, a causa del bisogno che avevo di lui.
Ci mancava solo che fosse venuto a vivere a casa mia, e poi saremmo stati sempre insieme. Stavo con lui in ogni momento della giornata in cui potevo, ed era così dal giorno lontano in cui, tre anni fa, ci eravamo messi insieme. Lui era la mia droga. Ma una droga benefica.
Non mi stancavo mai di stare con lui.
La settimana scorsa gli avevo detto che non era giusto che lui fosse rimasto con me, rinunciando a divertirsi, perchè se ne sarebbe pentito. Non volevo essere troppo appiccicosa nei suoi confronti, e non volevo impedirgli di fare ciò che gli piaceva. Io per esempio, adoravo andare in gita, e a me non sarebbe piaciuto che qualcuno mi negasse di andarci. Quella era stata una delle pochissime volte in cui, con la mia decisione, non avevo pensato per niente a me stessa. Lo avevo fatto per lui e basta. Non per trarne vantaggi (anzi, era il contrario) ma solo perchè il mio cuore diceva così.
Matteo era stato molto indeciso: non voleva lasciarmi da sola per una settimana. Alla fine, però, aveva ceduto: la mia capacità di persuasione aveva avuto la meglio ancora una volta. Diletta vince sempre.
Sebbene ci fossimo sentiti tutte le sere per telefono e ci fossimo scambiati messaggi durante il giorno, avevo paura che mi avrebbe lasciata perchè aveva conosciuto qualche ragazza migliore di me. Non sarebbe stata una cosa poi tanto difficile, con il carattere che mi ritrovavo... Era un pensiero stupido: era impossibile che Matteo avesse cambiato idea in una settimana... eppure mi perseguitava, soprattutto durante la notte. Non avrei mai pensato di poter diventare così paranoica a noiosa... per colpa di qualcuno. Ma se il “qualcuno” in questione era Matteo... bhe non c’era da stupirsi. Dove avrei mai trovato un ragazzo come lui?
In quei giorni avevo fatto degli incubi terribili. Avevo massima fiducia in Matteo, ma avevo davvero paura che mi abbandonasse...  e che cosa sarei stata io senza di lui? Non volevo neppure pensarci... mi arrivò un messaggio sul cellulare: era proprio Matteo.
Il mio viso si illuminò palesemente e Lucia, che mi stava vicina di banco, sogghignò.
Sto contando i minuti E sto per uccidere quel poveraccio di Ludovico per l’agitazione: non vedo l’ora di rivederti, questa settimana è stata un inferno per me. Non partirò mai più, mi sei mancata troppo. Non riuscirai più a liberarti di me. Ti amo.
Non riuscii a non sorridere: quelle parole mi avevano scaldato il cuore.
E, sia chiaro, non avevo mai avuto intenzione di liberarmi di lui.
Quando mi diceva quelle cose ed era così romantico mi faceva salire il sangue al cervello. Sapeva che ormai bastava poco per farmi scogliere.
Feci leggere l’sms ad Athena, che mi stava dietro, e sorrise a sua volta. Per quanto riguardava Francesco, lui in gita non ci era andato perchè si era ammalato, così Athena gli aveva fatto compagnia tutti i santi giorni fingendosi malata a sua volta e non venendo lei stessa a scuola... non ci credevo neanche un po’ che erano stati buoni e fermi per una settimana intera. A chi volevano darla a bere? A me no di certo. Che “soggetta” che era Athena. Dopo tre anni, non era cambiata di una virgola. Ma neanche io, se escludiamo il carattere divenuto forse un po’ più mesto e dolce da quando stavo con Matteo, non ero molto cambiata da quando avevo quindici anni. E adesso ne stavo per compiere diciotto... eravamo due casi disperati, non c’era via di scampo.
Solo oggi Athena era tornata per il compito... in compenso Francesco era guarito in fretta... chissà come mai? Meglio sorvolare su certi particolari. In verità però non potevo biasimarla, io avrei fatto di peggio...
Cominciai a tremare per il nervoso, senza riuscire a controllarmi. L’impazienza restava ancora uno dei miei difetti più grandi. Lucia si stava sbellicando dalle risate... facile per lei, pff...
Mancavano ancora cinque minuti. Avevo consegnato il mio tema circa mezzora fa, impaziente di correre da Matteo.
Risposi al messaggio non facendomi vedere dalla prof.
Anche tu mi sei mancato da morire. Non ho alcuna intenzione di scollarti di dosso... ti amo.
Di li a poco avrei tirato qualcosa a quell’idiota (e in più con la mente bacata) della professoressa di italiano. Stavo impugnando la colla quando... “Driiiin”. La campanella mi sorprese piacevolmente. Mi alzai di scatto dalla sedia, lanciai un’occhiata d’intesa ad Athena, che già sapeva tutto e, salutando appena la prof e con la scusa di andare in bagno, mi avviai verso l’aula di fisica.
Salii le scale: dato che orami facevo il quarto anno, la mia classe era stata spostava al piano terra, nella parte della scuola riservata ai “grandi”, e le scale da fare per arrivare di sopra erano davvero molte.
Passando per quei corridoi dove avevo passato ormai quattro anni,e ricordando l’importanza che quelle mura avevano avuto nella storia tra me e Matteo, non riuscii a fare a meno di ripensare a tutte le cose che erano successe da quando, quel bellissimo giorno, ci eravamo messi insieme.
Dopo quel giorno, non ero più riuscita a rimanere arrabbiata con Athena, sebbene le avessi detto un sacco di cose cattive. Era tassativo: se non fosse stato per i suoi intrighi, se non si fosse impicciata dei fatti miei, non mi sarei mai messa con Matteo, e non avrei mai capito quello che davvero sentivo per lui. Non era stato tutto facile: ci era voluto del tempo prima che fossimo tornate amiche come un tempo, ma ormai, era da molto che eravamo anche più unite di prima.
La sua storia con Francesco procedeva a gonfie vele: in tre anni non li avevo mai visti litigare, e molti credevano che finito il liceo, quei due si sarebbero addirittura sposati. Si amavano davvero molto. Francesco si era presentato ai genitori di Athena e viceversa, ed entrambe le famiglie erano state molto contente di questo.
Francesca, per ironia della sorte, durante l’estate di quel “fatidico anno” si era fidanzata con Ludovico: anche loro due si volevano molto bene, ma essendo molto diversi, battibeccavano su tutto. Erano davvero una coppia simpatica. Ludovico aveva perso il vizio di andare dietro alle persone sbagliate, ed era sempre rimasto fedele a Francesca, che da parte sua non l’aveva mai deluso.
Il destino inoltre aveva anche favorito la nascita di un’altra coppia: prima che Gabriele avesse dato la maturità, grazie a me aveva conosciuto Lucia. Era stato amore a prima vista e i due, entrambi sensibili, buoni e gentili, non avevano tardato a dichiararsi i loro sentimenti. Gabriele frequentava ormai da due anni l’Università ”Alma mater studiorum” qui a Bologna, e si vedeva spesso con Lucia, che abitava proprio vicino all’Università.
Poco dopo aver conosciuto Lucia, Gabriele aveva fatto pace con Matteo, e i due erano tornati ad essere molto amici. A breve avrebbero anche frequentato la stessa Università: Matteo infatti, quell’anno avrebbe dato gli esami di maturità. Per l’Università aveva scelto di prendere l’indirizzo di Giurisprudenza: aveva deciso di seguire le orme del padre e della madre e lo attendeva un lungo periodo di studio.
Persa nei miei pensieri, continuai a camminare, affrettandomi per i corridoi e cercando di non farmi notare dai professori e dai bidelli che si sarebbero sicuramente chiesti dove stessi andando. Vabbhe, chi se ne importava, per Matteo questo ed altro...
Accelerai ulteriormente il passo incurante delle occhiate che mi lanciava la gente vedendomi passare, impaziente di essere stretta tra le sue braccia. Quando giunsi davanti alla porta chiusa dell’aula esitai un attimo prima di aprirla. Forse tutto queste era soltanto un sogno? Bhe, se lo era non avevo alcuna voglia di svegliarmi. E se lui non fosse venuto? Se ci avesse ripensato? Basta con questi pensieri stupidi, erano idee che non stavano né in cielo né in terra. Mi feci coraggio, posai la mano sulla maniglia e spinsi.
La porta fece un lieve cigolio.
Entrai e me la richiusi alle spalle con gesti meccanici.
Mi voltai lentamente, quasi per ritardare quel momento che avevo atteso a lungo... e lui era lì! Appoggiato sulla cattedra con le braccia incrociate e con una maglietta aderente che metteva in risalto i pettorali scolpiti, non che da urlo. Era bellissimo, come sempre. Gli occhi verdi che brillavano e il solito sorrisino che mi faceva impazzire sulle labbra.
E dallo sguardo che mi rivolse capii che era con me che voleva stare e con nessun’altra. Non mi avrebbe mai tradito, perchè noi due ci completavamo. Non mi trattenni e gli corsi incontro, buttandogli le braccia al collo. Lui mi cinse i fianchi e mi fece girare. Poi tra i miei capelli disse:
-Non sai quanto mi sei mancata...- restammo così per un po’. Matteo mi strinse forte a se e assaporai lo dolcezza di quel momento. Poi alzai la testa, che era appoggiata al suo petto, e sussurrai
-Anche tu...- mi si avvicinò ancora e posò delicatamente le sue labbra sulle mie, e le dischiuse. Approfondimmo il bacio e continuammo a baciarci ancora e ancora. Mi strinse di più a lui e insinuò le sue mani sotto la mia maglietta, e me le appoggiò sulla vita.
Il contatto con le sue mani calde mi fece rabbrividire, e mi diede alla testa. Sentii che le mie guancie si infiammavano. Il sangue mi salì alla testa e non riuscii più a ragionare, come inebriata da ciò che stava succedendo. Ci baciammo ancora, sempre più con foga. Tutto questo stava seriamente compromettendo la mia sanità mentale. E penso anche la sua, dato che non sentimmo la porta dell’aula aprirsi.
-Wow, ci date dentro eh ragazzi!?- io e Matteo ci staccammo di scatto e arrossimmo violentemente. Io mi sentivo ancora intontita, come ubriaca. E lo ero... ubriaca di lui, dei suoi baci, delle sue carezze, solo che, mentre un ubriaco dopo aver bevuto si sentiva male, io stavo sempre meglio. E come un ubriaco ne volevo sempre di più.
Misi a posto la maglietta, cercando di non far notare quanto fossi imbarazzata.
-Ehm... non è come sembra...- cercò di farfugliare Matteo.
-Ohè ragà ve stimo!- disse uno, poi un altro
-Quanta passione...- qualcun altro ancora ribatté
-Eheheh le generazioni d’oggi- io cercai di aggiustare l’irreparabile
-E’... che... io... mi ero dimenticata... mi ero dimenticata le chiavi di casa proprio qui...- che scusa mediocre. I ragazzi, fortunatamente, non erano accompagnati dal professore, altrimenti ci saremmo ritrovati nell’ufficio del Preside. Si misero tutti a ridere come dei matti. Una ragazza esclamò
-E la chiave se l’era messa in bocca lui e tu dovevi riprenderla...- scoppiarono di nuovo a ridere. Io che facevo sempre passare la gente per fessa con le mie bugie, non riuscivo a mentire? Mi ero ridotta proprio male, e solo per colpa di quello là...
-Siete due grandi... comunque adesso andate, sta arrivando la nostra prof...- aggiunse qualcun altro, seguito subito da un altro
-E datevi un’aggiustata... potrebbe sembrare che... ahahahah- scoppiarono nuovamente a ridere.
Matteo, sfrontato come al solito, mi prese per mano ed io arrossii ancora. Oh cielo!
E così, imbarazzati ma veramente felici di esserci ritrovati, uscimmo da quella classe che ci aveva regalato tante stupende emozioni.

FINE

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