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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Via del Campo c’è una puttana, gli occhi grandi color di foglia *** Capitolo 2: *** Quando scadrà l'affitto di questo corpo idiota? *** Capitolo 3: *** Ora aspettami fuori dal sogno, ci vedremo davvero *** Capitolo 4: *** 13.01.1999 + [Epilogo] ***
Capitolo 1 *** Via del Campo c’è una puttana, gli occhi grandi color di foglia ***
Se non sono
gigli son pur sempre figli, vittime di questo mondo
Capitolo 1: Via del Campo c’è una puttana, gli occhi
grandi color di foglia
Delle volte era profondamente convinta di aver
incontrato De André, in una vita passata, e che la puttana di Via del Campo fosse sicuramente un
personaggio ispirato alla sua carriera lavorativa: Bocca di Rosa no, era troppo poetica, troppo spirituale.
La puttana di Via
del Campo, invece, rispecchiava alla perfezione il suo status: grandi occhi
verdi, la mano tesa gentilmente verso qualunque individuo di sesso maschile che
le si avvicinasse, attirato dalla malinconia del suo sguardo, o forse più
probabilmente dal miniabito succinto che indossava, Alice rimuginava su quel
che aveva fatto della sua vita.
Arrivò alla conclusione che la sua esistenza
consisteva solamente in un giacere sugli scalini del vecchio palazzo, perennemente
abbandonata come uno straccio, in attesa di uno dei tanti uomini che il suo
letto aveva visto passare di sfuggita, uno dietro l’altro, come quando si è in
coda alla pescheria della Coop.
Alice non guardava i gatti: Alice guardava coloro
che aveva adescato con un sorriso, quelli che aveva chiamato “micio, bello e bamboccione”
rotolare con lei tra le lenzuola prima e scappar via con la coda tra le gambe
dopo, attenti a non farsi riconoscere da qualche vecchiaccia, che magari era
perfino amica della donna che li stava aspettando a casa.
Loro non sapevano che il puzzo da borghese si
sente da lontano.
Continuerai a farti scegliere o finalmente sceglierai?
-Non c’è la domanda di riserva, Fabrì?- borbottò lei rassegnata, asciugandosi con una mano
il volto e stringendo nell’altra quella di uno sconosciuto, un giovane dai
lineamenti gentili, ancora incredulo per il fatto che il Paradiso fosse solo lì al primo piano.
Angolino
autrice:
Titolo del capitolo: citazione tratta da Via Del Campo, Volume I, 1967
Canzoni citate esplicitamente:
·“Continuerai
a farti scegliere o finalmente sceglierai?” (Verranno A Chiederti Del Nostro Amore, Storia Di Un Impiegato,
1973)
·Via Del Campo, Volume I,
1967
·Bocca Di Rosa, Volume I,
1967
Canzoni citate implicitamente:
·“Alice non
guardava i gatti” (Alice, Francesco
De Gregori, Alice/I Musicanti, 1973)
·“Micio,
bello e bamboccione” (La Città Vecchia, La Città Vecchia/Delitto Di Paese, 1965)
·“Il Paradiso
fosse solo lì al primo piano” (Via Del
Campo, Volume I, 1967)
Questo
è solo il primo dei quattro capitoli di una breve long-fic
che ho scritto per il Contest
che Ray08 ha dedicato a Fabrizio De Andrè. (:
Saranno
tutti molto brevi, e quindi complessivamente sarà una cosa indolore LOL
Beh,
che dire?
Ringrazio
anticipatamente chi spenderà un briciolo del proprio tempo per lasciare un
commento (:
Capitolo 2 *** Quando scadrà l'affitto di questo corpo idiota? ***
Capitolo 2: Quando scadrà l’affitto di questo corpo
idiota?
Quando ti eri
laureato non ti avevano avvertito che avresti fatto questa fine, vero?
Roberto scosse il capo: la sua coscienza stava
ricominciando a fargli la paternale.
Guardati:
cinquant’anni e passa, una Laurea in Lettere e non hai nemmeno i soldi per
comprarti la carta igienica? Che pena, mi fai.
L’uomo accelerò il passo, convinto che, così
facendo, sarebbe riuscito a sfuggire alle parole che quel cazzo di ometto
asfissiante gli stava rivolgendo da ormai un buon annetto a questa parte.
“Depressione”, recitava la diagnosi; ma loro non
potevano capirlo, oh no! Loro non sapevano che cosa volesse dire avere un
dannatissimo folletto di vetro che ti
trapana le tempie giorno e notte, notte e giorno, un tarlo che ti rode il
cervello senza sosta, mai una cazzo di pausa per riposarsi.
-“Depressione” un cazzo.- borbottò l’uomo,
piantandosi meglio il cappello in testa per non farselo rubare dal vento.
Fallito.
Roberto prese a correre con foga, così da far
voltare molti passanti, che non sapevano spiegarsi il motivo per cui quell’uomo
affascinante dai capelli brizzolati avesse così tanta fretta e non si curasse
nemmeno di essere andato addosso ad un bel po’ di persone.
Si appoggiò ad una statua e inspirò a pieni
polmoni l’aria grigiastra, il fiatone che scandiva i secondi.
Professor Santolini, di quante colonne dev’essere
il tema, al massimo? Professor Santolini, in che
girone ha detto che siamo? Professor Santolini, cosa
succede quando Renzo entra a Milano?
L’omino era sempre più simpatico, con le sue
imitazioni degli alunni che lo interpellavano in qualsiasi lezione.
Alzò lo sguardo e incontrò quello perentorio di
Nettuno, che troneggiava dall’alto dei suoi tre metri e passa: -Beh, cazzo hai
da guardare?- brontolò, per poi scuotere le spalle e ricominciare a camminare,
ostentando una calma apparente; passò davanti al portone di un vecchio palazzo,
dove incrociò gli occhi di una giovane che gli tendeva la mano.
Per un attimo fu tentato di stringergliela e
seguirla sulle scale ma, giusto per auto-convincersi che quello che stava per
fare non rientrava in ciò che la società generalmente definiva come “etico”,
canticchiò tra se e se: -Vecchio professore, cosa vai cercando in quel portone?
Forse quella che, sola, ti può dare una lezione?-
Si rintanò ancor di più nel cappotto e tirò dritto
verso casa.
La luce che filtrava dalle persiane faceva
brillare la polvere che danzava in tutto il vecchio appartamento.
Roberto spalancò completamente la finestra per
cambiare l’aria e si diresse in cucina, in cerca di qualcosa da mettere sotto i
denti.
Tornò con una mela in mano e si mise ad ammirare
il panorama, quando si rese conto che ci voleva un sottofondo musicale per
gustarsi meglio il paesaggio.
Poggiò il frutto sul tavolino e si avvicinò al
grande armadio che conteneva tutti i dischi in suo possesso: Creedence Clearwater Revival, King Crimson,
The Jimi Hendrix Experience… Ne guardò qualcuno
finché vide quel che gli interessava, dopodiché andò verso il giradischi e, una
volta posizionato il disco, sistemò con cura la puntina e la lasciò scorrere
sul solco.
La prima traccia cominciò e gli fece increspare le
labbra in un sorriso tirato, mentre si dirigeva nuovamente alla finestra.
Ogni tanto, mentre guardava la Torre degli
Asinelli, il desiderio di fare la fine del pendolo di Galileo, magari senza
filo, lo assaliva; bastava però che si voltasse verso la libreria perché quella
marea di brutti pensieri se ne andasse.
Le uniche ragioni di vivere che aveva erano solo i
libri e la musica.
Perché non hanno fatto delle grandi pattumiere per i
giorni già usati,
per queste ed altre sere?
Peccato, però, che con i dischi e i romanzi non
potesse campare, ammesso che li avesse venduti.
Ma Roberto non ne aveva la forza, non ce l’avrebbe
mai fatta a separarsi da tutti quei ricordi.
Così trascorse l’ennesimo pomeriggio a suon di
giradischi, temi da correggere e pensieri infelici, uno dei tanti pomeriggi
vuoti della sua seconda età.
Angolino
autrice:
Titolo del capitolo: citazione tratta da Cantico Dei Drogati, Tutti Morimmo A Stento, 1968
Canzoni citate esplicitamente:
·“Perché non
hanno fatto delle grandi pattumiere per i giorni già usati, per queste ed altre
sere?” (Cantico Dei Drogati, Tutti
Morimmo A Stento, 1968)
·“Vecchio professore, cosa vai cercando
in quel portone? Forse quella che, sola, ti può dare una lezione?”(La Città Vecchia, La Città
Vecchia/Delitto Di Paese, 1965)
Canzoni citate implicitamente:
·“Folletto di
vetro” (Cantico Dei Drogati, Tutti
Morimmo A Stento, 1968)
·“Una giovane
che gli tendeva la mano” (Via Del Campo,
Volume I, 1967)
Ecco
finalmente il secondo capitolo, in cui compare un nuovo personaggio :3
Ringrazio
anticipatamente chi spenderà un briciolo del proprio tempo per lasciare un
commento (:
Capitolo 3 *** Ora aspettami fuori dal sogno, ci vedremo davvero ***
Capitolo 3: Ora aspettami fuori dal sogno, ci vedremo davvero
I residui del buonismo natalizio se n’erano
andati, finalmente: le comete avevano smesso di splendere e giacevano inermi
negli scatoloni, mentre le persone l’avevano finalmente piantata con quelle
paresi che dovevano sembrare sorrisi e tutti quei -Buongiorno, buongiorno!-
esclamati con falsa cordialità.
Nicola ripensò al ciondolo che le aveva regalato a Natale, e ringraziò
il cielo per la tempesta scatenatasi molto prima di S. Valentino, che gli
avrebbe permesso di risparmiare soldi.
Le persone si chiedevano cosa ci facesse quel bel
ragazzo dagli occhi scuri con un borsone che aveva tutta l’aria di essere
davvero pesante e uno scatolone, da cui spuntavano dei cd, alcune magliette e
fumetti.
Non potevano sapere che Nicola, tornato in
anticipo da una conferenza universitaria a Ginevra, voleva fare una sorpresa
alla sua Viviana, e che invece la sorpresa se l’era beccata lui, trovandola fra
le braccia di un altro.
A nulla erano valse le suppliche di lei: il
ragazzo aveva ficcato meccanicamente le sue poche cose nella prima scatola che
aveva intravisto e si era chiuso la porta alle spalle, la bocca cucita.
Tirò fuori l’iPod dalla
tasca del chiodo e s’infilò in fretta e furia le cuffie, senza nemmeno
sciogliere i nodi del cavo: la sola cosa che desiderava in quel momento era
estraniarsi e non pensare a tutti i ficcanaso che continuavano a fissarlo
insistentemente.
Le prime note di De Do DoDo, De Da DaDadei Police lo
fecero sorridere compiaciuto: Sting e soci avevano sempre avuto il potere di
infondergli una certa serenità, senza contare il fatto che le loro canzoni
riuscivano a coprire alla perfezione il casino dei mezzi pubblici.
Si dice che ci siano cose che capitano nel posto
giusto al momento giusto: Nicola non c’aveva mai creduto molto, ma quella volta
dovette ricredersi.
Nell’esatto momento in cui la riproduzione random scelse Le
Passanti di De Andrè, sul tram salì una ragazza, anzi, la ragazza.
Aveva un viso tondo, incorniciato da un taglio
scalato, e un ciuffo sbarazzino tinto di blu che le cadeva dispettoso
sull’occhio; portava una felpa piuttosto larga e sformata e una custodia per
chitarra sulle spalle, che quasi la schiacciava.
Nicola avrebbe tanto voluto aiutarla, ma la sua
solita timidezza acuta lo costrinse a starsene seduto, le mani in mano.
Non per niente era stata Viviana a chiedergli il
numero, dopo quella festa trascorsa tra sguardi e occhiatine varie…
Oddio, Viviana!
Gettala subito nella zona dei ricordi infantili, ti prego! lo supplicò la voce della coscienza, e lui decise ben volentieri di
accontentarla.
Prese a fissarla per un paio di minuti, mentre lei
se ne stava in piedi, tenendosi con una mano al palo e reggendo lo strumento
con l’altra.
D’improvviso la tipa si accorse di essere osservata
e lo guardò, così Nicola fu costretto a voltarsi verso il finestrino,
accorgendosi con orrore che era quasi giunto alla sua fermata.
Premette il pulsante e si precipitò davanti alle
porte, non prima di aver degnato di un ultimo sguardo la ragazza, per
imprimersi nella mente quei lineamenti delicati, mentre Faber
cantava:
E ti piace ricordarne il sorriso che non ti ha fatto e
che tu le hai deciso, in un vuoto di felicità.
Sospirò e scese al volo dal mezzo, mandando a fanculo le sue convinzioni di aver chiuso definitivamente
con -l’amore e tutte quelle stronzate lì-, come aveva
borbottato prima, salendo sul tram e, già che c’era, fanculizzò
anche se stesso per non aver saputo cogliere l’occasione.
Una volta sceso, però, qualcosa gli fece
rabbrividire la schiena: si voltò e vide, nel posto che fino a qualche secondo
prima era stato suo, la ragazza.
Gli stava sorridendo delicatamente, salutandolo
con un cenno della mano.
Lui ricambiò timido e, non appena il tram fu
lontano, urlò a squarciagola:
-Ma sai che ti dico? L’unica che si merita di
essere mandata affanculo sei tu, brutta troia! VAFFANCULO, VIVIANAAA!-, facendo
voltare degli anziani esterrefatti.
Nicola si profuse in infinite scuse e sgusciò via,
verso casa sua, ripromettendosi di prendere quel tram tutti i giorni per
chiederle di uscire con lui.
Angolino
autrice:
Titolo del capitolo: citazione tratta da Canzone Del Padre, Storia Di Un Impiegato, 1973
Canzoni citate esplicitamente:
·“E ti piace
ricordarne il sorriso che non ti ha fatto e che tu le hai deciso, in un vuoto
di felicità.”
(Le Passanti, Canzoni, 1974)
·De Do DoDo, De Da DaDa, The Police, ZenyattaMondatta, 1980
E rieccomiiii!
Muybien, siamo ormai giunti al capolinea: il prossimo sarà l’ultimo
capitolo :3
Anche
in questo è comparso un nuovo personaggio, Nicola, che, come modo di fare, mi
ricorda un sacco la sottoscritta (:
Anyway, ringrazio davvero
di cuore chi ha recensito (vedrò di rispondervi privatamente al più presto, lo
giuro!), ma anche chi si è limitato a leggere e basta ^^
Solitamente Nicola ad un funerale non era una di
quelle persone invasive, che si sprecano in abbracci e frasi consolatorie fatte
tutte con lo stesso stampino, no: solitamente si limitava a stringere la mano
ai familiari e starsene zitto, quasi fosse una scena distante da lui.
Ma quel giorno non ci riusciva: come poteva
considerare il funerale di De André come quello di una persona qualsiasi?
Si sentiva solo come un cane, e in quel momento
gli ritornò alla mente il bel viso della ragazza che aveva incontrato appena
tre giorni prima; solo a ripensare al fatto che l’avesse vista mentre stava
ascoltando quella canzone le lacrime
cercarono di salirgli agli occhi, ma con una forza immane riuscì a ricacciarle
indietro.
Si morse il labbro inferiore e chiuse gli occhi,
un silenzio irreale attorno.
Roberto si reputava un uomo forte: ne aveva dovute
passare tante, nel corso della sua vita, che ormai c’aveva fatto il callo, ma
la morte di De Andrè lo aveva scosso profondamente.
Era come se qualcuno gli avesse spezzato tutti i
dischi in suo possesso uno ad uno, o se avesse strappato ogni singola pagina
dei volumi che albergavano sugli scaffali di casa sua.
Era veramente la fine: se un uomo del calibro del
cantautore genovese non era riuscito ad arrivare al nuovo millennio, che ne
sarebbe stato di un poveraccio come lui?
Aveva perfino fatto quasi fatica a racimolare quelle
poche lire che gli occorrevano per il biglietto del treno, figuriamoci
continuare a tirare avanti!
Maledisse il Signore per essersi preso colui che
aveva sempre cantato le tristi storie della gente abbandonata dal mondo, colui
che gli aveva dato la forza per continuare a stringere denti e cinghia, e lo
maledisse anche per aver lasciato vivere quei disgraziati che stavano al
Governo.
Il cielo plumbeo sembrava rispecchiare
perfettamente lo stato d’animo di tutti i presenti, ma il signor Santolini imprecò perché aveva paura che cominciasse a
piovere.
Ci mancava solo quello!
Si fermò un attimo a riflettere e, pensandoci
bene, si rese conto di essere sul serio come i vecchi che Faber
dipingeva ne La Città Vecchia: a stramaledir le donne, il tempo ed il
governo.
-Tempo e governo fatti, a mia moglie ho dato della
puttana stamattina, quindi siamo perfettamente sulla tabella di marcia.-
borbottò tra i denti, sorridendo.
Dopo poco cacciò fuori un fazzoletto dalla tasca e
si soffiò il naso, tentando di nascondere le lacrime che gli stavano correndo
veloci sulle guance.
Alice aveva sempre sperato di poterlo incontrare,
un giorno.
Sognava di prendere il primo treno per Genova e
andare a cercarlo per tutta la città, e magari beccarlo al porto, in compagnia
di qualche pescatore e della sua fidata chitarra.
Sognava di chiedergli un autografo e di vederlo
suonarle Bocca di Rosa, un sorriso
sghembo sulle labbra.
Ma tutto questo non era possibile: due giorni fa Fabrì, come lo chiamava lei, se n’era andato per sempre, e
con lui tutti i suoi sogni.
Niente Via del Campo, né tantomeno improbabili
serenate: solo un fiume immenso di gente che si snodava per tutta la città, in
pellegrinaggio silenzioso verso la salma dell’uomo che aveva saputo rivalutare
il popolo dei dimenticati da Dio.
Alice si guardò un attimo intorno e fu lì che lo
vide: un signore dai capelli brizzolati si stava soffiando il naso, tentando di
mascherare goffamente le lacrime che gli uscivano copiose dagli occhi.
Restò un attimo a fissarlo, e venne travolta da
un’ondata di emozioni: assomigliava in modo pauroso a suo padre, il suo amato
padre, l’uomo che era venuto a mancare ormai da quattro anni.
Il tumore ai polmoni era forse la principale causa
di morte negli uomini, e, a quanto pare, suo padre non aveva voluto fare
l’anticonformista, ma si era adeguato alla massa, lasciandosi andare al corso
inesorabile della malattia.
-Mi scusi, avrebbe una sigaretta?-
Alice si voltò in direzione della voce e si
ritrovò a pochi centimetri dall’uomo, che la fissava con uno sguardo
supplichevole; si affrettò ad annuire con forza e, cercando furiosamente nella
sua borsa, riuscì ad estrarne trionfante un pacchetto di Marlboro ormai
sgualcito, assieme ad un vecchio accendino.
Il signore che, doveva proprio ammetterlo, era
alquanto affascinante, si portò la sigaretta alle labbra e, dopo averla accesa,
sputò un paio di anelli di fumo in sua direzione.
Dopodiché la ringraziò sorridendole sincero e tornò
da dove se n’era venuto.
Alice rimase a fissarlo mentre se ne andava di
spalle, e sorrise malinconica: era proprio vero che nessuno se ne andava
veramente, anche dopo morto.
Ci sarebbe sempre stato qualcuno che avrebbe
conservato dentro di sé qualcosa che gli era appartenuto: un gesto casuale, uno
sguardo lanciato di sfuggita, un sorriso quasi impercettibile, una carezza…
Bastava veramente poco per rimanere impressi nei
ricordi di una persona, e lei lo sapeva: le ritornò alla mente il giovane dai
lineamenti gentili che l’aveva amata,
come nessuno aveva mai fatto, solo pochi giorni prima, e quel viso si andò a
mescolare con quello di un cantautore che conosceva molto bene.
-Se non sono gigli son pur sempre figli, vittime di questo
mondo, eri solito dire: ebbene, sappi che tu sei stato
il giglio più profumato che nessuno è mai riuscito a cogliere, Faber.-
Osservò i palloncini bianchi stagliarsi contro il grigiore cupo delle
nuvole e poi si abbandonò in un applauso commosso, assieme a tutte le altre
persone accorse lì per omaggiare il Poeta dei poveri, il loro poeta.
Angolino
autrice:
Titolo del capitolo: data dei funerali di Fabrizio De Andrè
Canzoni citate esplicitamente:
·La Città Vecchia, La Città Vecchia/Delitto Di Paese, 1965
·Bocca Di Rosa, Volume I,
1967
·“Se non sono
gigli son pur sempre figli, vittime di questo mondo” (Via Del Campo, Volume I, 1967)
Epilogo
Alice
ha tentato di partecipare alle feste nella villa di Arcore ma non è stata
scelta in quanto “troppo vecchia”: è così riuscita a sfuggire allo Scandalo “BungaBunga” che ha coinvolto il
Premier e molte ragazze non proprio sante. Ora ha trovato un part-time e cresce
Fabrizio, il suo figlio dai lineamenti
gentili di poco più di 11 anni, anche grazie all’aiuto del suo vicino di
casa, un caro amico. Ha finalmente imparato che dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior.
Roberto
è stato costretto a vendere gran parte dei suoi averi per risanare i debiti, ma
un giorno non è più riuscito ad andare avanti e ha deciso di farla finita. Son già
passati due anni da quando si è gettato sotto un treno. Certe volte le persone,
in quel punto della Bologna-Vignola, giurano di
vedere un’ombra tirare calci al vento;
nel frattempo il professor Santolini è ben felice di
sentir imprecare Faber ogni volta che perde a
briscola contro di lui, e per il suo cinquantanovesimo compleanno ha ricevuto
una Treccani nuova di zecca, con la promessa di impararsela tutta a memoria.
Nicola,
dopo aver passato mesi e mesi innamorandosi
di tutto, un giorno ha incontrato, per l’ennesima volta, colei che sarebbe
potuta diventare l’amore della sua vita; altre volte avrebbe lasciato perdere e
si sarebbe limitato ad osservarla in silenzio, ma quel giorno qualcosa si è
mosso dentro di lui, spingendolo letteralmente verso la ragazza. Risultato? Le
è franato addosso e hanno parlato del più e del meno fino alla fermata di lei,
con la promessa di rincontrarsi per un caffè.
Ora
stanno solo aspettando che la loro piccola Titti venga al mondo.
Angolino
autrice:
Canzoni citate:
·“Dai diamanti
non nasce niente, dal letame nascono i fior” (Via Del Campo, Volume I, 1967)
·“Tirare calci al vento” (Ballata Degli Impiccati, Tutti Morimmo A
Stento, 1968)
·“Ha ricevuto
una Treccani nuova di zecca, con la
promessa di impararsela tutta a memoria”
(Un matto (dietro ad ogni scemo c’è un
villaggio), Non al denaro, non all'amore né al cielo, 1971)
·“Innamorandosi di tutto” (Coda Di Lupo, Rimini, 1978)
·Titti, Una Storia
Sbagliata/Titti, 1980
In ssssuper-ritardo, ma finalmente ce l’ho fatta!
Che
dire? Sono felicissima del mio terzo posto e del punteggio (91/100, un
bellissimo traguardo <3), e ci terrei davvero molto a ringraziare Ray08 per aver indetto il contest, e la
dolcissima SHUN DI
ANDROMEDA per avermi viziata e coccolata con i suoi complimenti. Grazie. <3
Anyway, ringrazio davvero
di cuore anche chi si è limitato a leggere e basta: sappiate che mi avete resa
felice ^^