When they weren’t the Masters

di kymyit
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In principio c’era il dolore… (Apokalymon) ***
Capitolo 2: *** Ordine Angelico, Parte I: Fretta, dannata fretta ***
Capitolo 3: *** Ordine Angelico, Parte II: Psicopatico ***
Capitolo 4: *** Ordine Angelico, Parte III: L'angelo e l'assassino. ***
Capitolo 5: *** Ordine Angelico, Parte IV: I fuochi della ribellione - Invito ***



Capitolo 1
*** In principio c’era il dolore… (Apokalymon) ***


In principio c’era il dolore…



In principio c’era il dolore.
Dopo il dolore, la tristezza e infine l’odio, il rancore.
Lui era Apokalymon.
Quando il mondo digitale era solo agli albori, si trovò ad affrontare forse la peggiore crisi mai vissuta.
I digimon erano divisi e intolleranti. Chi era stato contaminato dal Virus era emarginato o ucciso. Molti erano morti, stroncati ai primi stadi di vita e la loro tristezza si concretizzò in un agglomerato informe di oscurità.
Poi l’agglomerato divenne cosciente di sé. Di loro.
E odiò.
Si disperò.
Volle vendetta per tutti loro.
Finché non comprese che non valeva la pena odiare chi non merita il proprio odio.
Apokalymon decise di cambiare l’ordine delle cose.
E capitò un dì che l’essere digitale incontrasse due giovani Virus e che entrambi bramassero vendetta come un tempo anche lui, anzi, loro. Perché Apokalymon non era uno. Era l’insieme di tutto il misero essere d’innumerevoli creature incomprese.
Apokalymon li prese sotto la sua ala protettrice e tanti anni dopo, BlueMeramon gli fece questa richiesta. –Padre, conferiteci il vostro potere. Solo così potremmo porre fine a questa situazione.-
-Figlio…- rispose –riceverete il nostro potere nel momento in cui scorderete la ragione del suo bisogno.-
BlueMeramon non capì. Non subito.
Ma solo perché lui non voleva reprimere il suo odio nei confronti di quei dannati angeli.
Passarono, però, gli anni e il digimon evolse, contando solo sulle sue forze e radunando intorno ad Apokalymon altri figli, da indirizzare verso la vera vendetta.
La felicità, che non consuma anima e cuore, ma li eleva al disopra di ogni offesa.



°°°


Ecco, lo so che è corta. La scrissi tempo fa al mare per passare il tempo, la nascita di Apokalymon. Così poi ho iniziato a pianificare il resto delle fic sui Dark Masters.
Quelle su di loro saranno più lunghette e molte collegate. Per esempio, dopo questa c'è una sorta di mini saga di quattro cap con protagonisti Piemon, Pinocchimon, Devimon e Lady Devimon. E questo perché hanno parecchie cose in comune, tutto secondo la mia povera testa. Dopo ci saranno i due capitoli su Mugendramon e Metalseadramon. Mentre quello di Vamdemon sarà una one shot.
Ora come ora potrei trattare prima lui dei due draghi, dipende. Non vedo l'ora di scrivere su Mugen, perché sarà un robottone malefico ma... lo amoooo!
Mi spavento da sola U________U
Ho messo missing moments perché non sapvo cosa mettere XP e inoltre beh, può considerarsi tale. Sappiamo com'è nato Apokalymon ma non ci è stato fatto vedere U_U

Vamde: Non cercare scuse del cavolo.
Kym: E tu mangia meno limone! *schiocca le dita*
Ylenia: Dove sono? Ero al mare con Taichino mio... e ora chi mi spalma la crema solare?
Kym: *porge flaccone a Vamde*
Vamde: Ehm... ok, hai ragione tu. Ora dammi il flaccone!

Perdonatemi U_U Non ho saputo resistere.


Avvertenza: Dato che ho in corso questa, Pairings Project si prende una piccola pausa. Così ho il tempo di riordinare le idee per altre One Shot ^_^


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Capitolo 2
*** Ordine Angelico, Parte I: Fretta, dannata fretta ***


 Ordine Angelico, Parte I: Fretta, dannata fretta


Il cimitero di Overdell all’epoca era un piccolo villaggio nascosto fra la foresta e l’oceano, in un’area dal clima tipico tropicale. Non era un cimitero, all’inizio, ma lo divenne in una notte soltanto, arso dalle fiamme della presunta giustizia.
Fra il dolore e la disperazione, fra gli stendardi lucenti dell’Ordine e gli strali di luce che schiarivano di tanto in tanto il cielo sulfureo ed incandescente, si ergeva fiero ed impettito un digimon. I suoi riccioluti capelli dorati danzavano al vento come fossero dotati di vita propria. I suoi occhi di gelo erano assorti nella contemplazione della crociata che si combatteva innanzi ad essi. Ma lui non vedeva davvero ciò che accadeva. Ciò che guardava era un lontano ed utopico futuro ripulito dalla minaccia dei Virus. Ma il presente non lo riusciva a scorgere.
Mikerumon, l’Angelo che Non Vede, così veniva chiamato con profondo rispetto e timore.
Dagli abiti immacolati e i decori d’oro, Mikeru portava degli occhiali azzurri a coprire lo sguardo estasiato dalla sua stessa utopia.
I Virus di ogni stadio fuggivano invano alle schiere degli Angemon, finendo brutalmente uccisi.

-Devimon! Devimon!-
Lady Devimon, esausta e ferita si era trascinata sulla soglia della chiesa, guidando i pochi disperati riusciti a scampare al massacro, ma nella confusione aveva perso di vista suo fratello Devimon ed era assai preoccupata per lui. -Devimooooon!- gridò, senza la forza di poter fare altro.
Aveva ostacolato il cammino di Mikerumon, ma era dovuta fuggire. Era fortunata ad essere ancora viva, ma consapevole di essere stata anche piuttosto avventata. Era una digimon Evoluta. Fra il suo livello e un Mega c’era una sorta di abisso. In più quello era un angelo, letale per loro, piccoli esseri di tenebra.
-Devimon…- sospirò dopo diversi colpi di tosse.
-Sorella!-
Alzò gli occhi di rubino. Lui era lì, con dei piccoli Pagumon e PicoDevimon fra le braccia. Tutto intero.
Le si avvicinò di corsa, facendo entrare i bambini nella cappella. Quelli lo ringraziarono accoratamente, ma lui in quel momento aveva occhi solo per lei.
-Va tutto bene?- le chiese posandole la mano sulla spalla.
Lei sorrise –Adesso sì.-

-Esseri reietti, come osate insudiciare la casa di Nostra Signora?-
I due si voltarono spaventati e lo videro.
-Metatromon…- sospirò Devimon.

Metatromon era definito “L’Angelo che Non Sente”.
Le sue principali tecniche erano dovute al libro sacro che portava con sé e che a suo dire riportava la Storia. Ma in realtà era solo la storia di un Mondo visto con gli occhi di un angelo cieco raccontata ad un angelo che sente una sola voce a dispetto delle grida di dolore.
Era massiccio di corporatura, dalla pelle scura e i lunghi capelli blu notte. Indossava come delle cuffie sulle orecchie, sulle quali era intarsiata una croce, simbolo dell’ordine. Il suo soprannome era dovuto anche a quelle cuffie. Per il resto, così come Mikerumon, i suoi abiti erano simili a quelli degli Angemon, ma aveva un lungo drappo blu notte in vita e un mantello dorato sulle spalle. Pietre preziose gli ornavano i capelli e il pizzetto scuro.

-Questo non è un santuario per quella vostra malefica dea!- ringhiò Lady Devimon, avanzando tentoni verso di lui, ma non superò il digimon diavolo, che la trattenne.
-Ferma!- le ordinò apprensivo.
-Hai ragione.- convenne il digimon angelo avanzando fulgido fra le fiamme –Questo posto non è degno di esistere. Lo purificherò affinché le sue ceneri fungano da concime al Nuovo Mondo.-
-E questo vostro Nuovo Mondo quando arriverà?- domandò sarcastica una voce. Dalla foresta in fiamme emerse un digimon molto eccentrico, dagli abiti bizzarri e il passo dinoccolato.
-E tu chi saresti, di grazia?- chiese Metatromon, non senza una punta di stupore nella voce.
Il digimon compì un profondo inchino e si presentò –Il mio nome è Piemon, lieto di rivederti, Metatromon.- quando si rimise diritto, il digimon domandò –Allora, dov’è il Grande Pennuto?-
Avrebbe carpito la vita di Mikerumon con le sue stesse mani, il solo pensiero gli causava immensa goduria.
-Non mi pare di conoscerti.- disse Metatromon e non intendo dirti dove si trova Mikerumon…- fece una pausa e sfogliò il suo libro rapidamente –Piemon, eh? Sei un Virus…- chiuse di scatto il tomo e fece comparire un’enorme spada di luce bianca. –E questo chiude ogni discorso.-
Devimon e Lady Devimon indietreggiarono intimoriti.
-Quello è pazzo…- disse il digimon diavolo tirando sua sorella all’interno della chiesa –Non potrà mai vincere con…-
Ma Piemon sorrise e scattò in avanti con due delle sue quattro spade in pugno. Le sue lame incrociarono la spada lucente generando una miriade di scintille. Metatromon non si scompose e rimase saldo nella sua postazione, mentre il digimon clown attaccava con euforia, apparentemente senza lasciargli tempo di reagire.
Lady Devimon esitò ancora sulla porta e si rivolse a suo fratello.
-Non siamo al sicuro qui… fai scappare tutti di nascosto, attraverso il passaggio segreto.-
-E tu, sorella?- domandò quello preoccupato.
-Non posso lasciare qui quell’invasato, dopotutto se abbiamo una possibilità di cavarcela è perché è intervenuto lui.- disse seria.
-Lascia perdere.- insistette Devimon –Lascia che ci pensi io, tu sei troppo debole per combattere ancora, mentre io posso ancora fare qualcosa.-
Lei scosse la testa.
-Scordatelo, sei un Campione, Devimon, non hai la minima speranza.-
Il diavolo socchiuse gli occhi e afferrò sua sorella per le spalle, strattonandola –Sono stufo di questo tuo dire che non ho speranza. Non dico che posso vincere, sorella, ma posso almeno fare qualcosa. Inizia ad andare, vi faccio guadagnare un po’ di tempo, prendo quell’invasato e vi raggiungiamo.-
Lei non ne era convinta, per niente, ma Devimon la spinse dentro la chiesa con forza, chiuse il portone e lo sigillò col suo potere oscuro. Metatromon e Piemon non si erano accorti di nulla, presi dal loro scontro, per cui il diavolo tirò un profondo sospiro di sollievo. Ignorò Lady Devimon che batteva sulla porta e sulle finestre per uscire e si gettò nella mischia.

Quando d’improvviso Metatromon reagì a Piemon e la sua spada di luce lo privò delle sue armi, fu la prontezza di riflessi di Devimon a salvare la pelle al clown. Il diavolo, infatti, generò dalle sue mani un raggio oscuro, dalla forma molto simile a quella di una spada, e con questa deviò la traiettoria dell’arma di luce dell’angelo.
-Pensavo foste scappati con la coda fra le gambe.- commentò sorpreso Metatromon.
-Non ho bisogno del tuo aiuto.- disse invece Piemon.
Devimon alzò le spalle.
-Neppure io ce l’avevo, ma tant’è…-

Lady Devimon si arrese all’evidenza. Sperò con tutto il cuore che suo fratello uscisse vivo dallo scontro. Si voltò. C’erano i bambini terrorizzati che piangevano vicino all’altare e tanti altri digimon ormai nel panico. C’erano anche degli Anti-Virus e dei Dati, troppo deboli per combattere e colpevoli solo di aver “familiarizzato” coi Virus. Lady Devimon batté le mani, attirando l’attenzione su di sé.
-Ascoltate.- disse –Dobbiamo andarcene da qui.- Tutti gli occhi erano puntati su di lei. -Fra poco Metatromon brucerà la cappella.-
Nell’aria si sollevarono gemiti di smarrimento, ma la digimon li stroncò sul nascere –Non fatevi prendere dal panico.- disse –C’è un passaggio segreto che porta ad una caverna sulla spiaggia, lì saremo al sicuro, ma dobbiamo sbrigarci, non ci resta molto tempo.-
La speranza si ridipinse sui volti di tutti e, rincuorata da ciò, Lady Devimon si avviò verso l’altare, fece cenno a due Goburimon e un Dark Lizarmon di aiutarla e in quattro riuscirono a spostare il pesante tavolo di pietra, mostrando così una botola nel pavimento.
All’esterno infuriava la battaglia.
-Prima le donne e i bambini.- ordinò aprendo il passaggio. Una marea di digimon si accalcò disordinata, ma lei li rimise in riga.
-Smettetela!- esclamò –Entreremo tutti, ma prima i bambini!- e ciò detto fece entrare i piccoli Pico Devimon e Pagumon nell’oscura apertura. Fu poi il turno delle donne e infine degli uomini. Lady Devimon rimase sempre fuori della botola, in attesa di un segnale che le annunciasse la fine della battaglia.
Ma ciò che sentiva erano solo spade e flussi d’energia.
-Andiamo!- esclamò qualcuno. Volevano chiudere la botola. Devimon sarebbe rimasto fuori. Non poteva abbandonarlo! Però non poteva neppure uscire dalla chiesa, perciò optò per chiudere la botola, raggiungere la spiaggia e tornare indietro. Sapeva che era rischioso, ma non aveva altre possibilità.
Lasciò un segnale al fratello e s’infilò nel passaggio anche lei, riuscendo con un po’ di fortuna a richiudersi la botola sopra la testa e a spostare l’altare (usò dei pipistrelli per aiutarsi in questo.)

Devimon vide i piccoli volatili di sua sorella volteggiare dentro la cappella. Gli comunicarono che era fuggita con gli altri, perciò bastava distrarre Metatromon e darsela a gambe. Piemon non era affatto male, ma il dislivello fra lui e l’angelo era evidente. Solo che lui, il diretto interessato, pareva non rendersene conto. Devimon era quasi estraneo allo scontro, perché il clown non conosceva proprio il lavoro di squadra, e giudicando oggettivamente i contendenti, si rese conto che Metatromon giocava e Piemon si esaltava come un bambino.
-Che stai facendo?-
Il digimon diavolo sentì il terrore pervadergli il corpo. La voce che aveva appena udito era quella di Mikerumon.
Alzò lo sguardo e vide, infatti, l’angelo intento ad osservare lo scontro con fare accigliato.
Piemon sorrise, invece.
-Oh, mi hai risparmiato il tempo di venirti a cercare.- commentò.
Mikerumon non si degnò di rispondergli, ma si rivolse a Metatromon gelido come il ghiaccio.
-Smettila di giocare, abbiamo una tabella di marcia da seguire.-
Ciò detto, volse le spalle allo scontro e volò via, nel cielo tinto di fumo.
-Ehi, aspetta! Non ho neppure iniziato con te!- urlò Piemon furente.
Fretta, dannata fretta…

Il digimon clown seguì istintivamente Mikerumon in volo e offrì così la sua schiena come facile bersaglio a Metatromon. L’Angelo che non Sente caricò il fendente di luce e con forza si abbatté su di lui, inesorabile.




Quella notte, Overdell divenne il Cimitero odierno, dimora di quei digimon che persero la vita nel massacro e che mai trovarono pace, costretti dopo la morte a vivere come fantasmi colmi di rancore.



°




Fretta dannata fretta... diciamo che sono parecchio legata a  quest'espressione, da quando la lessi su Jojo, tanto tempo fa. Infatti, l'ho scelta apposta perché Piemon, così come Caesar, il personaggio a cui si riferiva in origine, commette un grosso errore di leggerezza, infatti è ancora troppo immaturo per combattere. Non è il Padrone delle Tenebre che tutti (ok, forse solo io XD) amiamo, è come un ragazzino appena maggiorenne o appena adolescente, il che è ancora peggio.
Dato che questa è una mini serie, nel prossimo capitolo si spiegheranno un po' di cosette, quindi non preoccupatevi. In realtà volevo far combattere Pie e Lady insieme, per sancire la loro unione (che romantica XDD) ma lei ferita gli sarebbe stata di peso e Devimon ha bisogno di spazio, poveretto. Anche per lui, ho in mente graaaandi cose.
Ed infine, Mikerumon e Metatromon sono ispirati agli angeli Michele e Metatron, e anche alle famose tre scimmie del detto "Non vedo, non sento, non parlo". Ah, giusto. La Nostra Signora, non è la Madonna XDDD Avete presente Digimon Xros Wars? Beh, in effetti il primo pensiero è andato a quella dea, ma di fatto, le due vicende non sono collegate e in ogni caso, Mikerumon è un fanatico che per dirla in termini amorevoli non capisce un fico secco. Il nuovo Mondo sa tanto di One Piece, lo so, ma chiamarlo Terra Promessa mi suonava male, perché qui si parla di rigenerare il mondo, non di andare verso un mondo di pace. E' una cosa che va conquistata col sangue.

Vi lascio al prossimo capitolo e ringrazio vivamente Eden89 per aver messo la fic fra le preferite e le seguite ^_^

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Capitolo 3
*** Ordine Angelico, Parte II: Psicopatico ***


Ordine Angelico, Parte II: Psicopatico

Quando Piemon aprì gli occhi, si sentì confuso e spaventato. Il luogo in cui si trovava era buio e polveroso, ma tutto sommato era tranquillo. Troppo.
Dov’erano le fiamme e l’odore acre del fumo? Dov’erano gli angeli e la carneficina? Tentò di alzarsi, ma si ritrovò immobile. Ad un attento esame si scoprì nudo, coperto di bende e dolorante. Riuscì a mettersi seduto con molti sforzi e sudore, lasciandosi scappare gemiti strozzati ed imprecazioni. La sua schiena implorava pietà, ma lui non l‘ascoltò.
Quando Devimon entrò nella stanza adattata a ricovero, lo trovò mezzo vestito, sul pavimento, nel fallito tentativo di mettersi in piedi. Il sangue aveva ripreso a fuoriuscire copiosamente dalla ferita.
-Ti sei svegliato, vedo.- disse calmo.
Piemon gli lanciò un’occhiata scura.
-Cos’è successo?- domandò.
Temeva di conoscere la verità, anche se la sospettava.
-Metatromon ti ha quasi ucciso, idiota.- rispose il diavolo, con un tono di rimprovero e commiserazione che all’altro non garbava per nulla.
Piemon fissò il muro alla sua destra e schioccò la lingua.
-Com’è possibile?- si chiese fra sé e Devimon lo sentì, perciò gli disse
–Perché sei ancora inesperto, cretino.-
-Quanti bei complimenti, diavolo. Hai la lingua tagliente per compensare la tua forza?-
Devimon s’irrigidì, ma poi ribatté –Se non fosse stato per la mia forza, con la tua ti saresti fatto ammazzare.-
E Piemon si morse il labbro inferiore. Si alzò in piedi a fatica, per poi rovinare sopra Devimon che, alzando gli occhi al cielo, lo afferrò per la spalla e lo rigettò sul giaciglio senza grazia.
Il clown gemette per il dolore lancinante.
-Ti si è riaperta la ferita, stupido.- lo rimproverò il diavolo –Ora mi tocca suturarla di nuovo.-
Piemon tentò di nuovo di alzarsi, ma dopo pochi secondi rinunciò.
Non aveva forze.
Devimon allora prese dei bendaggi e dell’ago e del filo da una sacca vicino al letto e glieli mostrò come si farebbe con un bambino.
-Vado a sterilizzarli, tu non muoverti di qui.-
Quando rientrò, Piemon era ancora lì, visibilmente imbarazzato e di cattivo, pessimo, umore.
Lo fece distendere e quello obbedì, lasciandosi medicare.
Non emise un fiato nonostante il dolore per l’ago che perforava la pelle e il filo che la tirava. Devimon lavorava spedito, come un sarto. Come se lui fosse stato un vestito da risistemare a nuovo.
–Comunque…- disse il digimon Campione quando terminò -Se non fosse stato per te saremmo tutti morti. Perciò, grazie.-
Il clown tenne fisso lo sguardo sulla porta, senza accennare a muoversi.
-E’ stato un disastro.- affermò.
-Completo.- concordò l’altro.
-Il dislivello di energia era elevato?- quella domanda gli costò parecchio, ma Devimon rispose come se nulla fosse.
-Enorme.-
Piemon strinse i pugni.
-Ma credo sia dovuto dall’inesperienza.- lo rassicurò -Quando ti sei evoluto?-
Piemon ci pensò su.
-Da una settimana circa.-
Devimon scosse la testa.
-Ecco, appunto. E’ stato troppo azzardato.-
-Ma se non ci fossi stato io, sareste tutti morti.- lo beccò il clown sogghignando nel rimettersi a sedere.
Devimon glielo concesse.
-Cos’è successo dopo?-
Il diavolo gli illustrò la situazione.
-Metatromon ti ha colpito in pieno. La ferita era piuttosto grande e profonda e hai perso subito i sensi. Ti ho preso e trascinato sottoterra e sono scappato muovendomi nel sottosuolo. Mi hanno inseguito per ore, ma alla fine sono riuscito a seminarli e abbiamo raggiunto la spiaggia. Gli angeli hanno finito di dar fuoco ad Overdell e sono andati verso la montagna.-
Il clown quasi si strozzò con la saliva.
-Quale montagna?- chiese.
Devimon scosse la testa –Quante montagne conosci?- chiese –Il monte Mugen, no? Si sono ritirati.-
D’improvviso il Mega tentò nuovamente di alzarsi, ma Devimon lo trattenne.
-Fermo!- esclamò –Se ti agiti ti si riaprirà, non posso starti appresso!-
-Nessuno te l’ha chiesto!- esclamò Piemon, testardo -Non posso rimanere qui.-
-Invece ci resterai.- ribatté Devimon, faccendo peso col suo corpo per contrastare la forza dell’evoluto.
-Levati di torno!-
-Stai giù, idiota!-
-Non ho tempo per stare immobile!-
LadyDevimon entrò nella stanza con fare sensuale e deciso e sbottò acida -Allora trovalo, il tempo.-
Piemon riuscì a liberarsi di Devimon e barcollò verso di lei.
-Grazie per avermi medicato.- disse –Ora devo proprio andare.-
-Se riesci.- gli rispose lei lasciandosi superare senza battere ciglio per poi colpire il Mega alla schiena, proprio sulla ferita.
Piemon urlò straziato dal dolore e Devimon, che capì che aria tirava, uscì lasciandosi alle spalle le imprecazioni di quello strano digimon e i rimproveri di sua sorella. Faceva tanto la dura, ma era così premurosa nei confronti di chiunque. Le sue ammonizioni sarebbero rimaste sulla pelle di Piemon per una settimana.

°

Quando il clown lasciò il rifugio che condivideva con Pinocchimon suo fratello e il loro padre Apokalymon, il piccolo burattino era rimasto a ciondolare senza far nulla per ore e ore. Infine, vinto dalla noia e dalla rabbia di essere rimasto solo senza poter combattere anche lui, afferrò il suo martello a tamburo e sgattaiolò via. Camminò per molto tempo, cercando tracce del fratello e della città in cui aveva detto che si sarebbe dovuto recare.
-Ha detto ad est, eh? E allora andiamo ad est!- esclamò dirigendosi alla sua sinistra, ovvero il nord, e finendo inesorabilmente per smarrire la via.
Dopo ore ed ore di cammino inconcludente, Pinocchimon si fermò al fiume che scorreva da quelle parti. E lì lo vide.
Aveva la pelle rosea e i capelli fulvi corti e rialzati sulla nuca e lunghi ai lati del capo. Sulla sua schiena s’aprivano due grandi ali bianche che emettevano un soffuso bagliore verde chiaro. Faceva il bagno, i suoi abiti erano ripiegati con cura su un masso poco distante.
Pinocchimon caricò in silenzio la sua pistola. Gli piaceva quell’oggetto.
“Piantagli un bel proiettile in fronte.” pensò.
“Si, farò così. E poi vediamo, Piemon, se sono così debole.” gesticolò “D’altro canto lui vuole proteggermi…”
“Ma non è che puoi sempre fare affidamento su di lui, eh!”
Annuì “Giusto! Adesso lo sparo e…”
E l’angelo non c’era più.
Scomparso, nella soffusa luce del chiaro di luna.
Il burattino si guardò intorno.
“Ecco!” pensò “Hai visto? Me l’hai fatto scappare!”
“Io?! Sei tu che non hai sparato quando dovevi!”
Incrociò le braccia al petto, rabbiosamente.
“Accidenti! Proprio adesso che potevo dimostrare a Piemon che non ho bisogno di essere protetto!”
Si diede poi dei colpetti sulla guancia legnosa.
-Che vuoi!- sbottò, incurante che l’angelo potesse trovarsi ancora da quelle parti. Saltò fuori dal cespuglio, pistola in pugno e s’avvicinò all’acqua. Si era persino portato via i vestiti. Era stato veloce…
Altri colpetti.
-Ehi, che vuoi?!- sbottò rivolto al suo riflesso che ribatté –Ho appena avuto un’idea geniale!-
Gli brillarono gli occhi.
-Dimmi tutto!- ordinò saltellando da una gamba all’altra.
Il suo riflesso ammiccò fiero di se e gli scosse l’indice davanti al viso.
-Quegli stupidi angeli perdono tempo a farsi belli e profumati. Se abbassano la guardia così facilmente sai che possiamo fare noi?-
Ci pensò su.
-Lanciargli una saponetta?-
Si batté la mano sulla fronte.
-Ma no, cretino!- esclamò, poi si coprì la bocca con la mano e bisbigliò qualcosa che mandò se stesso in brodo di giuggiole.

°

-Capisci perché devo tornare?-
Lady Devimon annuì.
-Ma così finirai solo per farti altro male.
Il clown si rimise a sedere, piano questa volta.
-Io imparo in fretta.- sorrise –Non li affronterò di nuovo, non subito. Ma mio fratello che ho lasciato a casa potrebbe commettere il mio stesso errore. O far peggio.-
Si rigirò nervosamente un pugnale fra le dita.
-In che senso?- chiese la digimon.
Piemon le lanciò un’occhiata veloce.
-Devimon, per quanto sia una seccatura immensa e non abbia un minimo di educazione e tatto, è una persona affidabile.- scosse la testa –Pinocchimon… lui è rimasto molto scosso dalla distruzione del nostro villaggio e anche se è a livello Mega… è rimasto indietro con gli anni e coi livelli.-
-Vuoi dire che è impazzito?- chiese lei.
Piemon sospirò.
-Sempre dritti al punto voi diavoli, eh?-
-Non mi piace girarci intorno.- rispose, fiera.
-Mia cara, tu mi piaci.- le disse Piemon, altrettanto diretto, faccendola arrossire terribilmente.
-I-in che senso?!- chiese, sul chi vive.
Piemon stava per rispondere quando -Sorella!- Devimon entrò di corsa nel vecchio soggiorno dell’antica casa in cui si erano rifugiati diversi giorni dopo che Piemon era riuscito a rimettersi in piedi.
Li trovò uno seduto sul letto di fortuna, lei in piedi accanto alla finestra rotta. Non fece molto caso al fatto che sua sorella fosse in imbarazzo, né aveva sentito né avrebbe sentito nulla.
Era troppo agitato.
-Che c’è?- domandò la digimon, contenta di avere una scusa per far cadere il discorso.
Il diavolo allora sorrise, emozionato da quanto stava per comunicare. Boccheggiò. Non aveva parole per dirlo, per spiegare la novità.
-Dovreste venire a vedere!- esclamò soltanto.
I due si guardarono e lo seguirono curiosi.

C’era sangue lì intorno. E un elmo angelico.
Devimon lo raccolse e lo mostrò ai due.
-E’ di un Angemon, capite?-
Piemon e Lady Devimon guardarono l’elmo, poi Devimon, poi tutto intorno.
C’erano segni di lotta ovunque. Piume, sangue, terra scavata, pezzi di stoffa stracciata. Non c’era un corpo, ma c’erano numerosi bossoli sparsi tutti intorno. E dire che non avevano sentito nulla di nulla, nonostante il loro rifugio si trovasse a poca distanza da lì.
Erano rimasti solo loro tre, perché nessuno voleva restare nelle vicinanze del luogo in cui aveva perso tutto. Piemon era ferito e Lady Devimon non aveva voluto abbandonarlo per correttezza.
Devimon non aveva voluto abbandonare lei, perciò non seguì i digimon di Overdell in viaggio verso un nuovo nascondiglio sicuro.

-Vi rendete conto…- iniziò il diavolo –Che qualcuno ha iniziato a ribellarsi a quei pazzi?-
Piemon prese l’elmo fra le mani.
Era stato forato da un proiettile ed era incrostato di sangue relativamente fresco.
-Io non ci conterei molto.- disse.
Devimon alzò le spalle –E perché?-
-Di Mikerumon si dice che abbia un caratterino…-
Il diavolo scosse la testa –Se avesse giustiziato uno dei suoi, non avrebbe usato questo metodo.-
-Come fai a dirlo?-
Lady Devimon s’intromise.
-Si dice che uccida i traditori in pubblico, per dare una punizione esemplare. Ma prima li sottopone ad inquisizione là sulla montagna. Quel luogo è terribile. Nessuno lascia l’Ordine, nessuno gli sfugge. L’unico modo è morire, capisci?-
Piemon annuì.
-Ok, mettiamo che qualcuno esterno all’Ordine abbia ucciso questo Angemon. La cosa non passerà inosservata.-
Gli altri due intuirono al volo dove voleva arrivare.
-Dobbiamo andarcene di qui.- disse Lady Devimon.
-Venite con me.- propose Piemon –Conosco un posto inaccessibile a quei dannati pennuti.-

°

-Heaven’s Knuckle!-
Schivò il raggio d’energia sacra e aprì il palmo della mano.
Angemon allargò le braccia, la sua bocca si spalancò in un forte grido.
Uno sparo silenzioso sibilò nell’aria e una pallottola rovente sfondò il cranio dell’angelo, uccidendolo all’istante.
Un bossolo tintinnò al suolo e l’assassino sogghignò compiaciuto, per poi ricaricare l’arma con uno scatto deciso e sicuro.
-Con questo fanno diciassette.-

°

Sul Monte Mugen, Mikerumon dava evidenti segni di insofferenza.
Tamburellava con le dita il bracciolo del suo scranno e lanciava occhiate omicide qua e là, intimorendo i presenti. Metatromon, seduto al suo fianco, gli comunicò la notizia dell’ultimo minuto, che fu la goccia che fece traboccare il vaso.
L’angelo di livello Mega sbatté le mani sul tavolo, alzandosi in piedi.
-Trovate quel verme che si diverte alle nostre spalle e portatelo qui.-
E poiché nessuno dava segno di voler agire, più per lo stupore che per l’indecisione, Mikerumon sbottò –Adesso!-
Gli Antivirus allora si precipitarono fuori dalla stanza.
Legioni di Angemon ed Angewomon s’alzarono in volo e discesero dalla cima della montagna, dividendosi in plotoni per ogni settore dell’isola di File.
Metatromon e Mikerumon rimasero soli, finché un terzo angelo non si unì a loro. Aveva capelli rossicci e vesti verdi, completamente differenti in fatto di stile da quelle degli altri due.
Accennò un saluto col capo.
-Sei arrivato, Gabriemon.-
Quello annuì.
-Hai qualcosa da comunicare?- domandò ancora Mikerumon.
Gabriemon annuì e toccò le pagine del libro di Metatromon. I suoi pensieri si formularono in esse, vergati d’inchiostro dorato.
-Si, questo lo sapevamo già.- disse ancora l’Angelo che non Vede –Ma cosa mi dici del settore che ti avevo affidato?-
Gabriemon toccò nuovamente il libro, poi si sedette e intrecciò le dita, posando il mento sulle mani sottili.
“Ho purificato quello e i settori adiacenti, Mikerumon.”
Le vesti morbide dell’angelo dai capelli rossi presentavano numerose macchie ematiche ed erano impregnate dell’acre odor del fumo.
Mikerumon allora lo congedò.
-Vai a riposarti, avremo bisogno di te per trovare un infido scarafaggio ed insegnarli il suo posto nel mondo.-
Lui annuì e si alzò in piedi.
Mikerumon avanzò per la sala affrescata di stupendi dipinti, illuminata a giorno dalla potente luce del sole riflessa nel bianco e nell’oro delle decorazioni. I pavimenti marmorei rilucevano in tutta la loro bellezza e i passi leggeri dell’angelo riecheggiarono come sottile pioggia per qualche secondo.
-Nostra Signora sarà fiera del tuo operato, Gabriemon.-
Quello annuì, poco convinto.
-Potrebbe anche perdonarti, se tutto andrà così fino alla fine.-
Il piccolo angelo annuì ancora, senza emettere un fiato.
Neppure trasmise i suoi pensieri.
Era stanco, voleva solo dormire.
Quella crociata lo sfiancava nel corpo e nello spirito, ma andava combattuta.
Lasciò la sala, in silenzio come vi era entrato, l’Angelo che non Parla.


°

-Sssst!- esclamò Devimon.
Si fermarono.
I tre Virus rimasero in silenzio e s’accorsero appena in tempo del rischio che correvano. Gli angeli sfrecciarono sulla radura che stavano percorrendo, ma non li scorsero dall’alto. I tre rimasero immobili dietro i robusti tronchi degli alberi, senza fiatare. Attesero che la legione s’allontanasse quanto bastava per poi fare retrofront.
-Merda!- sbottò Lady Devimon –Sono tre giorni che camminiamo e non arriviamo mai!-
-Siamo quasi arrivati.- disse Piemon.
-Quante altre deviazioni dovremo fare?-
Il clown scosse il capo.
-Senti, cara, non è colpa mia. Sono stanco e ferito. Vorrei arrivare anch’io, ma non ci tengo a farmi ammazzare da quelli.- sospirò e poi aggiunse –Voglio la testa di Mikerumon.-
-Tutti la vorrebbero.- disse Devimon, per poi voltarsi.
Piemon stava per ribattere, ma lui non lo ascoltava già più.
-C’è qualcosa là.- disse il diavolo.
A confermare la sua percezione, un coro di grida strazianti risuonò per la foresta. Proveniva dalla direzione in cui si erano recati gli Angemon.
I tre si precipitarono con molta attenzione a dare un’occhiata.
Ma arrivarono troppo tardi per capire cosa fosse accaduto.

I pochi Angemon ancora vivi rantolavano doloranti con le ossa spezzate e i corpi bruciati o trafitti dalle loro stesse armi.
Uno sembrava in condizioni di potersi rimettere in piedi, anche se solo aiutandosi con la sua verga dorata.
Piemon uscì dalla boscaglia a passo svelto e deciso e quando quello lo vide s’agitò.
-Chi sei tu?!- gli gridò contro.
-Cos’è successo qui?-
L’Angemon squadrò prima lui, poi i due digimon diavoli alle sue spalle e sorrise in segno di scherno.
-Perché dovrei dirlo a dei Virus?-
Devimon pensò di doversi preparare a tenere ferma sua sorella, ma a reagire alla provocazione fu Piemon, non lady Devimon.
Il clown afferrò l’Angemon per la gola.
-Chi è stato?- chiese.
Quello si ostinava a tenere la bocca serrata.
-Sei pronto a morire pur di non dirmi nulla?- chiese beffardo Piemon –Sei proprio stupido.- strinse la presa faccendogli emettere un gemito strozzato.
-Allora, chi è stato a combinare questo bel disastro?- chiese divertito.
Angemon annaspò.
-No..non.. so… non… visto nie… nte…-
Con un colpo secco, gli strappò l’elmo e lo fissò dritto negli occhi cerulei.
-E’ stato un Virus?- domandò ancora.
Angemon boccheggiò: era al limite.
-…on.. so…-
Piemon socchiuse gli occhi e senza battere ciglio, strinse la presa, finché del digimon angelico non restarono che dati.
Tacque per qualche secondo, riflettendo sul gesto appena compiuto.
Aveva appena commesso un omicidio.
-I pesci piccoli non danno neppure soddisfazione.- commentò aspramente.
Gli altri due si guardavano intorno, confusi.
Alla fine non sapevano nulla di nulla.
Ma poi Piemon vide qualcosa luccicare fra l’erba e quando lo raccolse iniziò a comprendere.
“Un filo?” pensò.
Non sapeva se essere felice o meno della cosa.

°

Gabriemon era disceso nuovamente dalla montagna.
Da solo anche questa volta.
Se fosse morto, poco gli importava. Non che volesse morire, ma non aveva neppure tanta voglia di vivere.
E dire che tutto era così perfetto all’inizio, quando doveva solo difendere i deboli e gli oppressi dai Virus.
Scese a terra, sulle rive del lago e si spogliò nuovamente. Prese poi a camminare sulle acque placide dello specchio acquatico. L’acqua gli carezzava i piedi, il vento rivestiva il suo corpo e rigenerava le sue ali dalla spossatezza, la pallida luna luccicava fra i suoi capelli di fiamma e sul suo candido viso coperto di lentiggini.
Un fruscio alle sue spalle richiamò la sua attenzione verso la riva. Vi era una sagoma minuta che trafficava coi suoi vestiti.
L’angelo fece per gridargli “Ehi, tu! Che stai faccendo?!”
Ma non poté.
Rimase in silenzio, come sempre, con le mani sulla gola.
Qualcosa sfrecciò sulla sua pelle, tracciando strisce rosse e dolenti su braccia, gambe e viso.
Gabriemon perse l’equilibrio per un attimo, ma si mantenne in volo e quando alzò lo sguardo, lo vide bene.

“E’ il tizio dell’altra volta.” pensò l’assassino, vedendo l’angelo volteggiare sulla superficie lacustre.
“Rubiamogli i vestiti!”
“Si!”
E mentre si accingeva a farlo, si accorse che il pennuto si era reso conto della sua presenza.
“Oh, mi sa ci ha visto…”
“E allora? Facciamolo danzare come diciamo noi!”
Alzò allora il braccio e sparò nella sua direzione diversi colpi.
Il corpo dell’angelo barcollò per qualche secondo.
-Ahahaha!- rise sguaiatamente e si alzò in volo verso di lui.

Gabriemon sussultò, ma ritrovò la calma e afferrò il pendente del suo diadema smeraldino. La piccola goccia di smeraldo mutò in uno scudo enorme, senza però perdere la forma ovoidale che la caratterizzava.
L’assassino allora sogghignò e tese le mani verso di lui.
-Così non vale!- esclamò infantile –Se ti copri con lo scudo, poi mi spieghi che gusto c’è?-
Gabriemon tentò di resistergli, ma il suo braccio si allontanò da lui, di lato, rendendolo scoperto ad altri eventuali attacchi.
Il digimon gli sparò e il proiettile gli perforò l’addome.
Gabriemon si piegò su se stesso.
Faceva così male!
Era quello che provavano le loro vittime? Tutto quel dolore?
L’assassino si gettò su di lui e gli infilò la canna della pistola in bocca. Sollevando il braccio lo costrinse a mettersi dritto.
-Dai, urla!- gli propose divertito.
Gabriemon tremò, ma non emise alcun suono.
L’altro lo squadrò confuso.
-Perché non urli?-
Nessuna risposta, neppure un gemito.
L’assassino era perplesso. Ritirò l’arma e si agitò.
-Devi urlare, hai capito!- gridò –Non è divertente.-
Gabriemon allora si toccò la gola e fece un gesto con la mano.
-Come non te ne frega niente?!- sbottò l’altro.
L’Angelo che non Parla agitò le mani.
-Non ti capisco, se non parli.- fece confuso l’altro.
Ripetè il gesto.
-Ah!- esclamò l’altro –Sei senza voce!-
L’angelo annuì.
-Eh, ma che noia…- scosse la testa deluso –Devono capitare tutte a me!-
“E’ perché dici troppe bugie.”
-Non è vero!-
Il suo naso s’allungò e lui finì con l’agitarsi ed imprecare contro qualcuno d’invisibile.
La cosa divertì in qualche modo Gabriemon che accennò ad un sorriso, ma poi l’assassino puntò nuovamente la canna della pistola verso di lui.
Cercò di sfuggirgli, ma non vi riuscì.
Era finita.
Chiuse gli occhi.
L’arma sparò quattro colpi.

°

-Padre!-
Piemon e gli altri due digimon erano giunti finalmente a destinazione.
Fu strano per i diavoli attraversare l’entrata per quella dimensione parallela, e fu ancora più strano quando incontrarono quel digimon mai visto prima.
-Sei tornato.- disse quello, sollevato. Osservò i due da capo a piedi, incutendo in loro un certo timore.
-Stanno con me.- spiegò il clown e raccontò avvilito ogni cosa.
Apokalymon tacque per tutto il tempo del racconto, poi, senza battere ciglio, schiaffeggiò Piemon, gettandolo sul pavimento.
-Sei uno stupido!- lo sgridò.
-Si, ma…-
Apokalymon gli impose il silenzio con un dito.
-Potevi farti ammazzare, te ne rendi conto?!-
Il clown annuì.
Devimon e Lady Devimon rimasero in silenzio per tutta la durata della ramanzina. La digimon trovò la cosa piuttosto divertente. Grande e grosso com’era, quel Piemon stava venendo sgridato come un bambino dal suo papà. Se quel digimon bizzarro non le avesse fatto quasi paura non avrebbe esitato a ridere come una pazza.
-Ad ogni modo…- fece Apokalymon –La tua incoscienza ha permesso a questo Devimon e a questa bella Lady Devimon di salvarsi. Perciò non ho altro da aggiungere.-
Piemon roteò gli occhi.
Già faceva le parti. Tutti uguali i genitori…
-Ok, ok… Ho sbagliato.- ammise, poi si guardò intorno –Dov’è Pinocchimon?-
Apokalymon chinò il capo.
-Perciò non l’hai incontrato?-
Piemon scosse il capo.
-No, ma si è cacciato in un guaio più grande di lui.-
Ormai non aveva più dubbi.

Era suo fratello lo sterminatore di angeli.




*



Nuovo capitolo, nuove cretinate, altra carne sul fuoco XDD Gabriemon... beh, di fatto gli angeli per cui ho simpatia sono Michele, Metatron, Gabriele e Raffaele, anche se qui ho tirato fuori il peggio dal mio Michele (che è si dedito alla giustizia, ma non fanatico). Che altro dire? Non lo so, spero di riuscire a rientrare nei quattro capitoli previsti dalla saga (stavolta ho meditato a lungo per scriverla). L'ultimo capitolo sarà pienotto in effetti. Secondo come sarà lo dividerò in due, ora vedremo, ma tanto prima devo scrivere il prossimo. Spero vi sia piaciuto questo intanto ^_-

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Capitolo 4
*** Ordine Angelico, Parte III: L'angelo e l'assassino. ***


Ordine Angelico, Parte III: L'angelo e l'assassino.


Quando Gabriemon, l’Angelo che non Parla, aprì gli occhi, era ormai pomeriggio inoltrato.
Il cielo era un manto plumbeo tracimante di fitta pioggia le cui stille trafiggevano il suolo come aculei. Ad un ulteriore esame, poiché era ancora molto stordito, appurò di trovarsi all’interno di un riparo di fortuna nella cavità di un qualche albero, ma il come ci fosse arrivato restava un mistero. Si accorse quasi subito, però, di essere legato tramite quattro corde rosse a una croce di legno incastrata nel tronco cavo. Era ferito a braccia e gambe e rammentò i quattro proiettili che l’avevano colpito agli arti di striscio. Aggrottò le sopraciglia nel rendersi conto che non solo le ferite superficiali erano state medicate alla bene e meglio, ma anche quella più profonda all’addome. Il senso di tutto ciò gli sfuggiva, si guardò intorno circospetto ma non vide nessuno per cui, con cautela, tentò di liberarsi tirando le funi, senza però riuscirvi. Erano più resistenti del previsto e anche faccendo leva col corpo per disincastrare la croce, non riuscì neppure a smuoverla di un millimetro. Non aveva più il diadema e sentiva di non avere energie per effettuare nessun attacco. Poiché però si sentiva relativamente in forze, la causa di ciò dovevano essere proprio quei legacci. Insistette per interminabili minuti finché, esausto e dolorante, dovette desistere. Non vi era nulla di tagliente che potesse tornargli utile e i suoi vestiti erano abbandonati in un angolo di quel tugurio che non poteva raggiungere.Solo quando si rese conto di non avere altre alternative, ritenne opportuno chiedere aiuto. Inspirò ed espirò per ritrovare la calma dentro di sé, tentando di visualizzare la sua posizione, di ricercare le menti di Mikerumon o Metatromon per contattarli e, quando fu sul punto di riuscire a sintonizzarsi, un vocio chiassoso lo deconcentrò.
-Io dico che dobbiamo farlo fuori.-
-E io ti dico di no.-
-E io ti dico che non c’è gusto, quindi lo facciamo fuori!-
-E siccome il corpo è mio, decido io!-
Col cuore in gola rimase in attesa finché l’assassino fece la sua comparsa, Gabriemon avvertì un brivido di terrore percorrergli la spina dorsale. Era armato con il martello a tamburo e una pistola che agitava qua e là senza curarsi se ci fosse o meno la sicura. In cuor suo, l’angelo sperò di sì.
-Oh, si è svegliato!- esclamò il burattino, ingenuamente.
-Bene, uccidilo.-
-Non rompere!- chiuse il discorso e smise di ascoltare la voce petulante nella sua testa. Si avvicinò alla creatura sacra con crescente curiosità e infilò un proiettile nel tamburo canticchiando fra sé e sé. Poi, senza smettere di canterellare gli puntò la canna della pistola alla tempia e l’angelo s’irrigidì. Indietreggiò fino a trovarsi spalle al muro e senza possibilità di difendersi. Pinocchimon continuava a canticchiare quella nenia sconnessa, divertito. S’inginocchiò curioso davanti a lui, agitando ancora l’arma, scrutandolo con gli occhi scarlatti carichi d’innocenza contorta.
-Perché non puoi urlare?- gli domandò.
Gabriemon non rispose, si limitò a distogliere lo sguardo. Indispettito, il burattino gli premette la canna sulla tempia con così tanta foga da sbattergli la testa alla parete. Gabriemon si morse le labbra, per sopportare meglio il dolore. Cercò di concentrarsi, di isolarsi per invocare l’aiuto di Metatromon o di Mikerumon, ma la nenia stonata del burattino lo deconcentrava e il suo continuo premergli la pistola alla testa non era da meno.
-Perché non puoi urlare?- ripetè la domanda.
Schiuse le labbra formulando una frase semplice che di per sé voleva dire molto poco.
-Ti hanno fatto un incantesimo?- fu la seguente, immediata domanda. Pinocchimon allontanò l’arma.
-E chi?- chiese con infantile curiosità.
Gabriemon rispose, sempre senza riuscire ad emettere alcun suono.
-Chi è questa digimon?- esclamò incuriosito il burattino, sedendosi di fronte a lui, pronto ad ascoltare quella che presagiva fosse una storiella interessante. L’angelo, guardingo, decise di accontentarlo, almeno per tenerselo buono, sperando di poter approfittare al più presto di una sua minima distrazione.


°

-E questo?- domandò Devimon.
-Questo…- iniziò Piemon, tronfio d’orgoglio –E’ il mio telescopio!-
I due diavoli si scambiarono un’occhiata e poi alzarono le spalle. Il clown non se la prese, anzi, rise sommessamente, quasi compatendo i due poveri stolti.
-Mia cara, non ne hai mai visto uno in vita tua?-
-So benissimo cos’è.- rispose secca –Solo non capisco a cosa può servire adesso.-
-Tsk tsk…- il clown scosse il dito sogghignando –Guarda e stupisciti, cara.-
Il telescopio era un vecchio modello recuperato da un laboratorio astronomico distrutto dagli angeli, al quale Piemon aveva collegato dei vecchi televisori.
Con fare scenico ruotò la rotella d’accensione di uno di questi e sullo schermo si visualizzò l’immagine del muro del rifugio.
-Davvero bella quella crepa.- commentò Devimon.
-Sempre a cercare il pelo nell’uovo, eh?- si finse offeso quello, ma sorrise quando, pochi secondi dopo, l’immagine cambiò lasciando di stucco i due fratelli. La crepa sul muro era scomparsa, per lasciar spazio a una fitta foresta alle pendici d’una ripida montagna che Devimon identificò immediatamente col Monte Mugen, ma lo stupore crebbe maggiormente quando sullo sfondo del paesaggio comparve una figura ben nota.
-Ma quello…- Lady Devimon era meravigliata, in vita sua non aveva mai visto una cosa del genere. E dire che di digimon maghi e diavoli ne aveva conosciuti assai tanti da poter scrivere un’enciclopedia – non che ne avesse intenzione – ma quel trucchetto ancora le mancava.
-Salutatemi.- disse il clown, divertito dallo sbalordimento che la visione di un se stesso oltre lo schermo a molti, moltissimi, kilometri di distanza, aveva arrecato ai due.
L’altro Piemon salutò dall’altro lato del tubo catodico e lui ricambiò.
-Su non siate maleducati…- protestò appena prima di sentire il tacco dello stivale della donna premere contro la ferita in via di guarigione.
-Aaaaaagh!- urlò di dolore.
-Muoviti!- sbraitò Lady Devimon –Non sopporto queste perdite di tempo!-
E Devimon… beh, lui rimase impassibile, c’era abituato a questo genere di cose e certo non aveva voglia di subire lo stesso trattamento da parte di quella furia scatenata. Neppure Apokalymon intervenne e non perché fosse felice di avere finalmente una figura femminile in giro per casa, ma quanto perché la suddetta, insieme a Devimon, poteva bilanciare l’evidente squilibrio mentale degli altri due figli. Non era solo Pinocchimon ad avere subito dei danni psicologici, ma anche Piemon stesso, solo che li mascherava meglio. Chissà se la presenza di Lady Devimon avrebbe aiutato quella testa calda a riflettere prima di buttarsi a capofitto nelle cose.
A volte si pentiva di avergli conferito quei poteri, perché certo non era stato un piano brillante andare a Overdell a combattere contro Metatromon.
-Allora, l’hai trovato?- domandò spazientita la digimon.
-Un attimo di pazienza!- esclamò Piemon –Non ho la sfera di cristallo, devo andare per tentativi!-
Il clown si concentrò sullo schermo, dove l’altro se stesso batteva la zona con circospezione. Trascorsero interminabili minuti e la situazione non variava. Solo vegetazione e silenzio. Piemon accese anche gli altri televisori e altri due pagliacci variopinti comparvero all’altro lato dello schermo, in zone diverse alle pendici della montagna.
Sudava copiosamente, notò Devimon, tanto che si azzardò a domandare.
-Tutto bene?-
Piemon lo zittì con un sibilo –Non riesco a concentrarmi.- spiegò corrugando le sopraciglia in una smorfia concentrata. A un certo punto gli parve di scorgere qualcosa sulla sinistra dello schermo centrale e il suo doppio si voltò per dare un’occhiata. Frugò fra i fitti arbusti del sottobosco, fino a che non vide chiaramente una sagoma minuta schizzare alla sua sinistra.
Per lo scatto improvviso, rischiò di perdere la concentrazione e per un attimo le sue copie tremarono come vecchi ologrammi. La creatura fuggiva sollevando una cresta di foglie lungo il suo passaggio. Poteva avvertirne la disperazione dal disordine inconsulto della sua fuga e non gli ci volle molto per raggiungerla.
-Che sia un angelo?- disse piano Lady Devimon.
-Non credo…- rispose Devimon.
Entrambi restarono con gli occhi incollati allo schermo, senza fiatare, quasi un solo soffio di fiato potesse togliere la concentrazione a Piemon. Anche Apokalymon taceva e dal canto suo sperava non si trattasse affatto di uno di quei dannati pennuti.
La creatura si fermò. Restò immobile, il suo cuore batteva all’impazzata quasi volesse essere rigurgitato fuori, i brividi di sudore freddo le scuotevano le membra e dovette mordersi la lingua per non far cozzare fra loro i denti.
Tutto taceva.
Poteva rifugiarsi in quella cavità nella roccia, sembrava molto profonda, non sarebbe riuscito a raggiungerla.
Contò fino a tre con una lentezza estenuante, poi, con la foga che solo la disperazione conferisce, si lanciò verso la salvezza. Due mani l’afferrarono proprio a pochi centimetri dalla piccola cava. Avrebbe urlato per la sorpresa e il terrore se una mano guantata non le avesse chiuso saldamente la bocca.


°


-E’ stata molto cattiva…- commentò Pinocchimon seduto a terra con le gambe incrociate infantilmente, proteso all’ascolto, ma con la pistola sempre in pugno.
Gabriemon scosse la testa.
-Tu le vuoi dare ragione?!- sbottò il burattino, sconvolto -Sei diventato scemo oltre che muto?!-
L’angelo alzò le spalle in un gesto che poteva sembrare indecisione, in realtà stava semplicemente rassegnandosi al fatto che era davvero uno stupido. Ma non poteva farci nulla.
-Una volta…- il Virus si avvicinò a lui parlottando sommessamente, come a renderlo complice di un segretissimo complotto dal quale dipendevano le sorti del mondo intero. -Mio fratello ed io eravamo in una vecchia villa polverosa col suo amico vampiro e non c’era niente da mangiare, così ci ha detto lui, ma sai cos’ho scoperto?-
Gabriemon aggrottò le sopraciglia sottili e scosse il capo.
-Che suo fratello aveva un frigorifero pieno di roba e così mi sono detto “Se mangio qualcosa, non se ne accorgerà…” e ho preso della carne… ce n’era tanta ed era squisita. Poi è tornato suo fratello e si è accorto che qualcuno aveva mangiato la sua carne e si è incavolato tantissimo. Io e mio fratello siamo scappati dalla finestra per non farci scoprire e non abbiamo rivisto quel succiasangue per una settimana, fino a quando non ci è apparso davanti tutto pieno di lividi e bende e sai cosa ci ha detto?!-
Gabriemon scosse la testa, deglutendo.
-Ha detto che non avrei dovuto prendere quella carne e quando mio fratello gli ha detto che suo fratello era un maledetto bastardo, lui si è incazzato e da allora non l’abbiamo più rivisto. Che coglione…- sospirò e lanciò un’occhiata interrogativa verso l’angelo –E tu? Sei un coglione anche tu?-
A quel punto Gabriemon non rispose neppure col minimo gesto, consapevole di essere, ebbene sì, un gran coglione.


°

-Un Lalamon?!- fu l’esclamazione sbigottita di Lady Devimon -Hai fatto tutto questo casino per un Lalamon?!-
Piemon si voltò appena verso di lei -Una Lalamon. Nel caso non ti fossi accorta, è una femmina.-
-Oh, scusa tanto se non sto a pensare a questi piccoli particolari!-
-E fai male, mia cara.- ribatté quello, annuendo -Sono i piccoli dettagli che fanno la differenza.-
Lady Devimon fece per rispondere con astio, ma lasciò correre quando il Piemon al di là dello schermo iniziò a discorrere con la piccola digimon intermedia che, tremante e terrorizzata, non accennava a reagire. Era paralizzata dal terrore.
-Non voglio farti del male.- le disse, calmo -Perciò, non urlare…- esitò titubante, erano pur sempre alle pendici del monte Mugen, praticamente sotto casa di Mikerumon e compagnia bella.
Le lasciò piano la bocca, sperando che non chiamasse aiuto e fu davvero una fortuna che questa fosse tanto terrorizzata, perché non emise un fiato.
-Non volevo spaventarti…- disse ancora Piemon -Ma stavo cercando una persona. E’ un burattino, alto più o meno così, l’hai visto?-
Quella lo fissò dal basso, intimorita, ma speranzosa al tempo stesso. Forse sarebbe riuscita a portare a casa la pelle.
-E parla da solo.- concluse Piemon, non certo per infangare l'onore dello svitato fratello, ma quanto perché non capita tutti i giorni di incontrare uno psicopatico, se Lalamon l’aveva visto, di certo non l’avrebbe scordato.
Infatti, la piccola guardò alla sua destra e poi di nuovo verso la punta dello stivale del pagliaccio, poi verso la sua giacca cangiante e di nuovo allo stivale. Tremante balbettò -Ho… ho visto un burattino… io… io… qualche giorno fa stavo andando a cercare qualcosa da mettere sotto i denti quando… quando degli angeli sono scesi dalla montagna.-
Piemon corrucciò la fronte.
-E poi… loro mi hanno scansionato e… e hanno visto che non sono pura così… hanno… hanno cercato di uccidermi.- aveva la voce sottile rotta dal pianto e tremava visibilmente per quel ricordo combinato alla paura presente.
-E poi?- domandò speranzoso il clown, chiedendosi cosa c’entrasse con Pinocchimon, ma intuendolo.
-Credevo di morire…- pigolò la digimon -Quando lui è arrivato… li ha uccisi tutti e mi ha salvato…-
Il clown annuì.
-E sai dov’è andato dopo?-
La piccola alzò la zampina alla sua sinistra -Da quella parte… diceva di avere tanto da fare…-
-Grazie.- disse semplicemente Piemon, incamminandosi nella direzione indicata, poi si fermò, ad un certo punto, e si voltò verso Lalamon, che ancora stava ferma dov’era, a fissarlo.
-Non perdere tempo e nasconditi.- le disse, poi borbottò -Quelli non guardano in faccia a nessuno.-
Riaffiorò, maledetto, alla sua mente il ripugnante ricordo di quella notte di fuoco. Dovette combattere con tutto se stesso per non sprofondare fra le spire della malinconia, in quel momento. Per quanto volesse ricordare, non doveva, perché ne avrebbe sofferto terribilmente e non aveva tempo per crogiolarsi nel dolore.
-Quando lo rivedrà…- disse la vocina tremula alle sue spalle –Gli dica grazie di cuore…-
Quando Piemon si voltò di nuovo, Lalamon era già scomparsa.


-Senti, mi spieghi perché non ci possiamo aiutare con le tue copie?- chiese Lady Devimon, esausta e affamata.
Piemon abbozzò un sorriso compunto con le labbra scarlatte.
-Quelle non erano copie.- disse -Ero io… è un po’ complicato da spiegare ma, in pratica, hai mai sentito parlare di ubiquità? Non possono coesistere due me stesso nel medesimo posto.-
-Ho, capito, sei perfettamente inutile…- commentò la digimon accarezzando uno dei piccoli pipistrelli che le svolazzavano intorno.
Devimon alzò gli occhi al cielo, si sarebbero battibeccati di nuovo e lui se li sarebbe dovuti sorbire. Se non fosse stato intelligente, avrebbe pensato che si odiassero a morte, ma lo era e quei due si stavano corteggiando nel loro personalissimo modo zuccheroso e melenso.
-Bleah…- commentò appoggiandosi a un albero in attesa che finissero. Si era ormai fatto buio e benché questo non influisse nelle ricerche, con la luna sorgeva anche la preoccupazione. Erano digimon di tenebra, in fondo, ma come loro vi erano molti altri Virus che non erano propriamente desiderosi di un piacevole quieto vivere e neppure erano propensi a fare distinzioni fra i propri simili e gli altri. In particolare, si diceva che in quella zona vivesse un fuorilegge di nome MadLeomon, una spina nel fianco non indifferente per qualsiasi digimon a prescindere dalla tipologia. Devimon sperava di non incontrarlo affatto, perché non aveva voglia di perdere tempo con un idiota del suo stampo.

°

Gabriemon si svegliò di soprassalto, terrorizzato dalla consapevolezza di essersi addormentato placidamente ancora prigioniero del nemico. Si riscoprì adagiato su un tappeto di foglie e protetto dal freddo della notte grazie ai suoi stessi vestiti e da una coperta di foglie. Era ancora legato, ma le sue ferite erano state ripulite e medicate con delle fasciature nuove, anche se di fortuna. Non c’era traccia del misterioso burattino, tutto taceva, eccetto che per il vento che ululava fra le pareti, filtrando da ogni minuscola fessura nel legno. In lontananza il fruscio dell’erba era un continuo grattare nell’aria gelida. Tendendo le orecchie, poteva udire questo continuo e sinuoso grattugio avvicinarsi, circospetto. Probabilmente era Pinocchimon, come aveva detto di chiamarsi, che faceva la guardia, oppure che passeggiava liberamente a mano armata nei dintorni, ma più il rumore si faceva vicino, più i piedi che affondavano nell’erba parevano pesanti. Sconcertato, fissava ancora l’entrata, quando un muso ferino s’affacciò da essa e due occhi febbrili iniettati di sangue vagarono nel buio sino ad incrociare la sua figura. Vide il bianco dei suoi denti scintillare maligno e udì il suo respiro rantolante sferzare l’aria. La risata gutturale del digimon provocò in lui un insano terrore e s’appiattì alla parete per ricavarne un ingenuo ed irrazionale conforto.
Il digimon entrò a passo pesante nel rifugio senza staccargli gli occhi di dosso e avanzò verso di lui lentamente, ostentando la propria mole e la terrificante motosega che si portava appresso. L’angelo se ne accorse solo quando la vide rischiarata appena dalla luce flebile della luna.
-Guarda guarda, cosa abbiamo qui…- ringhiò divertito il digimon -Un angioletto tutto solo caduto dal cielo…- fu solo in un secondo momento che il digimon si accorse delle fasce rosse che legavano mani e piedi dell’angelo e ne fu compiaciuto.
-Qualcuno ti ha smarrito forse?- domandò –O ti ha abbandonato qui di proposito?-
Gabriemon era terrorizzato, ma riuscì a trovare la concentrazione necessaria per invocare l’aiuto di Metatromon o di Mikerumon, insomma, di chiunque avesse potuto sentirlo. Prima che qualcuno giungesse in suo soccorso, però, sarebbe passato del tempo, per cui doveva difendersi da solo col poco potere che possedeva. Probabilmente con la sola forza del suo gracile corpo.
“E’ MadLeomon.” si disse “Il berserkr…. Livello indefinito, tipologia Virus… equipaggiamento… oh Binahmon, ho peccato, ho peccato e ti chiedo perdono, ma ti prego, assistimi…”
Se ne dicevano tante sul conto di MadLeomon e se c’era un digimon che il Mondo Digitale non avrebbe certamente rimpianto, era lui.
Il braccio armato si levò ruggente nell’aria, la motosega ululava rabbiosa reclamando sangue.
L’angelo riuscì ad evitare le lamelle rotanti per un soffio, gettandosi di lato quanto i legacci permettevano. L’arma gli passò sopra la testa e strisciò sulla parete legnosa incurante dell’attrito, lasciando un profondo solco lineare. I legacci si ruppero, fortuna nella sfortuna, e Gabriemon sgusciò via, tentando di recuperare il proprio diadema dall’altra parte della stanza naturale. Non fu veloce come sperava, era ancora debole e ferito, e non completamente libero dalle sue catene. Una zampa possente lo schiacciò al suolo con rabbia.
-Vai già via, angioletto?- gli domandò beffardo MadLeomon sollevandolo dal suolo per le ali e strattonandolo con forza. Gabriemon gemette in silenzio e boccheggiò penosamente in cerca d’aria. –Non vorrai lasciarmi a mani vuote! Porterò la tua testa a quel bastardo di Mikerumon!-
“Binahmon, dammi la forza, ti prego!” urlò interiormente, le mani strette a pugno nel vano tentativo di contenere il dolore. Poteva quasi percepire il lezzo della morte avvolgerlo. Era certo l’odore di quell’ammasso di dati vomitato dall’inferno, ma aveva poca importanza, era lui la sua morte, la nera signora. La vista offuscata gli giocava strani scherzi al cervello, perché la roboante motosega era appena divenuta una silente falce, sibilante e letale. Il respiro roco e affannato della bestia impregnava le sue orecchie, isolandolo dall’ambiente circostante, imprigionandolo in una bolla funebre.
“E’ questo che si prova?” si disse “E’ questo ciò che abbiamo causato per tutto questo tempo?
Avrebbe potuto forse adoperare il suo sacro scudo, ma la propria coscienza gli impedì di farlo. Il diadema tintinnò al suolo, segnale di resa. La risata della bestia compiaciuta sferzò l’aria ancora una volta per culminare in un acuto strepito di dolore. I suoi dati si dispersero nell’aria strisciando lungo le membra spossate dell’angelo che cadde inerme al suolo, confuso.
Sull’orlo della perdita di conoscenza, intravide una sagoma minuta e un tamburo di metallo fumante fresco d’esplosione.
-Ma guarda questo!- borbottò indispettito, Pinocchimon, raccogliendolo da terra e sollevandolo di peso per adagiarlo, con grazia discutibile, sul giaciglio di foglie -Ehi!- lo scosse -Ehi mi senti?-
Gabriemon aprì piano gli occhi e scorse alle spalle del burattino una sagoma familiare e maestosa seminascosta nel silenzio dell'oscurità.
Metatromon.




Note: Finalmente sono riuscita a scriverlo, perdonatemi, forse è più lungo del previsto e il prossimo, che doveva essere l'ultimo, forse lo dividerò in due parti. L'ultimo della mini saga. Relativamente, non succede poi molto, ma ritengo siano cose assai importanti e l'essere riuscita a mettere tutto e a scriverlo così, beh, mi rende fiera. Certo NVU rompe un po' le palle...

Vediamo un po': Binahmon, è la dea. Alla fine ho deciso di inventarla e mi sono messa a caccia di una figura angelica femminile (si, lo so, gli angeli sono asessuati in teoria xD) In realtà Binah non è proprio un angelo, ma una delle tre Sephirah che costituiscono il Triangolo Supremo nella Cabala. Un principio femminile, comunque, magari vi do delucidazioni nel prossimo capitolo, anche perché altrimenti vi svelo i suoi poteri ecc... e visto che ancora non è apparsa non sarebbe il caso. In realtà c'è anche un angelo che si chiama Binael, solo che viene considerato al maschile, ma Vabbè... Oggi internet mi ha aiutato davvero assai per l'ispirazione, ma saprete tutto a tempo debito, kukuku

Berserkr, immagino sappiate cosa significhi.I berserkir erano guerrieri di Odino che prima delle battaglia entravano in uno stato di furia cieca e combattiva, altamente pericolosi. Sulla wikipedia dei digimon, ho appunto letto che MadLeomon è un digimon berserkr. Appare nella serie Xros Wars e, sì, anche lì il suo carattere non è dei migliori. Ah, comunque, là immagino la motosega ce l'abbia per assemblaggio con un altro digimon, qua invece, poiché siamo nei tempi antichi, dubito che conoscesse una tecnica così sofisticata, per cui, era solo una normale motosega e il suo corpo non era corazzato.

Lalamon: ok, qui forse molti di voi non gliene fregherà nulla, ma l'ho voluta mettere per un motivo. Nella mia fic (pubblicità non tanto occulta) Twins' War, Pinocchimon è affiancato da una Lilamon. Beh, è lei dopo che è riuscita ad evolvere, ecco perché è così devota (cottaaaaa) di lui. *^*

L'amico vampiro: beh, spero si sia capito a chi mi riferivo e a chi mi riferisco con "fratello" *cough* Phelesmon *cough*

Pubblicitààààà: Ho indetto una challenge su digimon "Luci del paradiso, fiamme dell'inferno" , se avete tempo, dateci un'occhiata ^^  

Non ho altro da dire, grazie per aver letto, fatemi sapere che ne pensate *^*

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Capitolo 5
*** Ordine Angelico, Parte IV: I fuochi della ribellione - Invito ***


Note: Questa parte sta uscendo più lunga del previsto, perciò la parte quattro si divide almeno in tre parti. Poi possono diventare anche due, dipende da quante parole mi verranno. In realtà volevo scrivere ancora di più qui, ma era davvero troppo lunga, poi mi avreste lapidato ^^''
Vi lascio alla lettura, sperando che ci sia ancora qualcuno che segue questa serie, i miei tempi sono spaventosamente lunghi, perdonatemi!!
Il capitolo di Twins' War (per la cronaca) è in stesura, spero di riuscire a finirlo presto, l'ispirazione sta facendo di nuovo le bizze, quindi non so quanto ci vorrà, nonostante le idee ci siano (sapete come funziona quella stronza, no?).

Buona lettura!
Mi farebbe tanto piacere sapere cosa ne pensate ^_-




Parte IV: I fuochi della ribellione - Invito






Gabriemon avanzò silenziosamente nella sala.
Mikerumon lo attendeva per il rapporto e, purtroppo, sapeva che non sarebbe stato piacevole per nessuno dei due.
-Ti sei ripulito?- gli domandò, infatti, quello, senza neppure guardarlo in faccia.
Annuì.
Metatromon gli aveva quasi strappato le fasciature di dosso (quelle sudice fasciature fattegli da uno schifoso Virus), quando l’aveva riaccompagnato sul monte Mugen. Poteva ancora percepire il disgusto che trapelava dai gesti dell'Angelo che Non Sente nel tenerlo fra le braccia.
Certo non poteva pretendere che volasse con le sue inesistenti forze, visto com'era conciato. Fortuna che ancora godeva di un minimo di autorità fra i suoi parigrado, perché con un'occhiata aveva fatto intuire all'altro di essere ancora capace di cambiarsi da solo. “Mammina”, avrebbe aggiunto, se avesse potuto parlare. Non che facesse differenza, tanto, che lui avesse o meno la voce, quei due non l'avrebbero ascoltato. La sua autorità si limitava alla cosa dei vestiti, a quanto pareva.
Ripulitosi dallo sporco e dal sangue, si era fatto medicare da un servitore e aveva indossato degli abiti nuovi. Quelli vecchi ordinò che fossero bruciati, perché, come diceva Mikerumon, il male andava purificato col fuoco.
A volte Gabriemon si chiedeva se non sarebbe stato il caso di dar fuoco anche a lui, ma poi distoglieva la mente da quel pensiero sacrilego: Mikerumon era la spada della Dea, i suoi occhi il Suo giudizio, come poteva solo pensare cose simili?
-Gabriemon.- l'aveva richiamato Metatromon, intimandolo con lo sguardo a rispondere e bene. -Non rovinare tutto il lavoro fatto finora.-
Era ancora notte fonda, la luce lunare si rifletteva tenuemente sul marmo della sala, dando l’impressione di una landa innevata, sovrannaturale, suggestiva, eppure sempre così desolata. Neppure la luce delle stelle riusciva a scaldare la sensazione di gelo che si provava nel varcare quella soglia. Da tempo il rumore dei passi che risuonavano fra quelle mura erano diventati estranei, quasi ostili alle sue orecchie.
L’Angelo che Non Parla sfiorò il libro che Metatromon aveva fatto levitare accanto a lui e le parole che pensava, si vergarono su quelle pagine.
“Sì, naturalmente.”
-Bene.- rispose l’Angelo che Non Vede, accomodandosi sul suo scranno. Niente che appartenesse ad un Virus era ammesso alla sua vista. Le volte in cui aveva fatto rapporto prima della prassi di pulizia e purificazione si era sorbito lunghe ramanzine su come il germe del male si diffondesse sfruttando i minimi spiragli nelle difese dei giusti.
Forse era vero, forse…
-Sono lieto che tu stia bene, Gabriemon.- la voce di Mikerumon suonava pacata alle sue orecchie, eppure così distaccata.
-Anche se non sei stato tu ad occuparti di MadLeomon, giusto?-
“No, infatti.” ammise “Ma almeno un grosso problema è stato risolto.”
Se avesse potuto vedere gli occhi di Mikerumon, Gabriemon era certo che si fossero appena assottigliati.
-Il problema è che ti sei fatto catturare e poi salvare da un Virus. Due indegne creature hanno insozzato la nostra sacra immagine e questo è tutto quello che sai dire?!-
“Che direi.” pensò l’angelo dai capelli rossi, senza sfiorare il libro. Abbassò lo sguardo, pronto a sorbirsi il solito supplizio, la solita manfrina.
Ormai gli entrava da un orecchio e gli usciva da un altro.
Un tempo rispettava Mikerumon, ma poi… poi qualcosa era cambiato, la sintonia che c’era fra lui e gli altri due Angeli era stata cancellata, anche quella lavata nel sangue. Alzò gli occhi al cielo, tristemente, nel pensare a quella persona, per poi tornare a concentrarsi sulla discussione.
“Non ho scusanti per ciò che è successo.” concesse, premurandosi di assicurare: “Non accadrà più.”
Mikerumon parve soppesare quelle parole, poi concesse il suo benestare, perché c’era qualcos’altro che gli premeva.
-C’è un’altra cosa… - disse, infatti, -Quando abbiamo purificato Overdell da quella feccia, c’era un clown che affermava di conoscere me e Metatromon.-
-Facendo delle ricerche nel suo ramo evolutivo e analizzando il suo sangue,- continuò l’Angelo che Non Sente -ho appurato che si tratta di uno dei superstiti della Selva Nera di Layer. E anche il Virus che ti ha catturato.-
-Perciò ci sono diversi di quegli esseri reietti che credevamo di aver purificato e che, invece, ancora respirano e insudiciano questo mondo!- riprese l’Angelo che Non Vede, alterandosi ad ogni parola. Gabriemon immaginò immediatamente dove volessero andare a parare.
-Dobbiamo sapere dove si nascondono e cancellarli dalla faccia di Digiworld!-


°




Piemon guardò con disappunto l’interno devastato dell’albero cavo nel quale, era sicuro, Pinocchimon si era nascosto. Camminò silenziosamente fra i frammenti di legno, chiazze di sangue rappreso e piume, facendo scorrere la mano lungo la striscia scavata dalle lame rotanti di una motosega. Raccolse le piume e le esaminò attentamente, per un attimo il suo sguardo si fece vacuo, mentre apriva i cassetti della memoria per rammentare qualsiasi dettaglio potesse essergli utile per venire a capo del mistero. Chi c’era lì dentro assieme a suoi fratello e agli angeli?
Come si erano consumati gli scontri?
Decise di esporre le sue perplessità ai due fratelli diavoli che l’avevano accompagnato fin lì.
-Perché così conciato sei inutile.- gli aveva detto Lady Devimon.
Che cara ragazza...
Ormai l’aveva inquadrata e, nonostante avesse un carattere discutibilissimo, poteva non trovarla adorabile, per non dire splendida?
-Non sono le piume di Mikerumon.- disse, distogliendo la mente dal dolce ricordo di quella pedata alla schiena che gli aveva fatto vedere tutte le stelle della galassia. Non poteva dimenticare quelle piume, non avrebbe mai voluto farlo perché voleva averle fra le mani e strapparle a mazzi con tutta la rabbia e il sadismo che albergavano nel suo cuore.
-Sono di Metatromon.- concordò Devimon. -C’erano due angeli qui.- disse mostrandogli due differenti piume. Quelle di Metatromon lunghe e quasi affilate, le altre delicate, come tondeggianti, e più piccole.
-Nessuno di loro porta armi così pesanti e grezze.- disse Lady Devimon, osservando anche lei la strisciata lasciata dalla motosega di MadLeomon.
-E fuori ci sono molte tracce pesanti, non ci sono angeli così.-
-Sembra quasi...- Devimon si fece pensieroso -Il segno che lascerebbe una motosega...-
-A cosa stai pensando?- gli domandò la sorella.
-Ho sentito che in questa zona c’è un pazzo che si diverte a squartare chiunque gli capiti a tiro con uno di quegli affari.-
-Stai parlando del berserkr?- chiese la diavolessa.
-Proprio lui. Potrebbe essere stato qui, spiegherebbe le impronte pesanti e le tracce di lotta. Però... non se n’è mai andato, a quanto pare.-  rispose Devimon, constatando che all’esterno non ci fossero tracce che si allontanavano dall’albero. Il diavolo camminò su e giù con fare pensieroso.
-Ho un’idea approssimativa di quello che è successo. Il nano malefico era qui, è arrivato MadLeomon, il nano malefico uccide MadLeomon, arrivano gli angeli e il nano… - lasciò intendere cosa pensava fosse accaduto con un silenzio rispettoso. Normalmente non si sarebbe preoccupato di addolcire la pillola a qualcuno, ma se c’era qualcosa che lo accomunava a quell’eccentrico digimon clown, quella era la famiglia.
Piemon gli lanciò un’occhiata in tralice.
-Come investigatore non farai molta strada. E per favore, non chiamare mio fratello nano, è molto sensibile al riguardo.- disse per poi raccogliere uno dei legacci rossi che appartenevano al burattino.
-Secondo me, uno degli angeli era qui con lui dall’inizio. Poi è arrivato MadLeomon e hanno combattuto, Pinocchimon l'ha ucciso, poi, per ultimo è arrivato Metatromon. Sembra che qui ci siano state almeno due persone per diverso tempo, ci sono tracce di cibo… ma c’è qualcosa che non mi torna… -
-Ovvero?- domandò Lady Devimon.
-Non ci sono altri segni di lotta, perciò Metatromon ha sorpreso Pinocchimon, a questo punto poteva ucciderlo e purificare tutto. O purificare tutto direttamente. Perché non l'ha fatto?-
I due diavoli ci pensarono un po’ su, poi entrambi giunsero alla medesima conclusione del clown.
-Perché noi sapessimo cos’è accaduto qua dentro.- disse Devimon.
-Suona come un invito.- aggiunse LadyDevimon, Piemon annuì. Sul suo viso era dipinto il sollievo, ma anche una certa apprensione. Pinocchimon era vivo, molto probabilmente.
E stava sicuramente dando di matto.
Bisognava proprio andare a recuperarlo e in grande stile, sembrava proprio un segno del destino.
-E' finito il tempo di giocare a nascondino, eh, Mikerumon?- disse, con un sorriso che prometteva tutto il male del mondo.



°



-Pennuti bastardi!!- urlò Pinocchimon agitandosi dietro le sbarre -Non avete il coraggio di combattere?! Cagasotto! Cagasotto!-
“Oh, ti prego, tanto non ci faranno uscire da qui, smetti di fare figure pietose.”
-Smettila tu.-
“Se non stai zitto ci faranno fuori. In questo momento sono la tua sola compagnia, vuoi litigare prima di morire?”
-Chiudi il becco.-
“Lalalalalalà! Posso parlare finché voglio e tu non puoi far nulla per impedirmelo!”
Pinocchimon si sarebbe volentieri sparato pur di mettere a tacere quell’idiota nella sua testa! Diamine, non era incazzato neppure un pochino?!
Aveva quei maledetti pennuti davanti e non poteva far nulla per strappargli le piume una ad una! Aveva provato a lanciargli contro i suoi fili invisibili, ma, ovviamente, la cella in cui era stato rinchiuso era a prova di magia, a prova di attacco e, peggio di ogni altra cosa, a prova di Virus. La rabbia gli aveva impedito di pensarci troppo, ma il suo corpo iniziava a risentire della permanenza in quella prigione. Strinse le sbarre con forza e serrò i denti fino a sentirli scricchiolare.
-Fa' silenzio.- ordinò Metatromon, seccato dalle sue urla.
La luce sacra emanata dalle pareti e dalle sbarre illuminò a giorno la cella, investendo in pieno il burattino che urlò in preda al dolore lancinante. L'angelo si fece avanti per accomodarsi su una sedia di fronte alla cella, col suo libro sacro posato su un piccolo tavolo dalle lunghe gambe metalliche.
-Ora, tu mi dirai dove si nasconde tuo fratello e i digimon che avete fatto fuggire da Overdell.- ordinò.
Pinocchimon si sollevò a fatica da terra.
-Eh, chissà...- ciondolò menefreghista. -Forse se ti ficchi due dita in culo te lo posso pure dire.-
La stanza s'illuminò nuovamente e il burattino soffrì le pene dell'inferno per interminabili secondi, mentre l'angelo scriveva con fare certosino, senza degnarlo di uno sguardo.
-Come avete fatto a fuggire al rogo di Layer?-
La risposta volgare morì in bocca a Pinocchimon. Le immagini del terribile incendio gli sconvolsero la mente, precipitandolo in un mosaico di ricordi confusi, dolorosi, angoscianti, terrificanti.
-La... Lay...er... - biascicò con gli occhi sbarrati, persi nel vuoto.

-Piano, mangia piano, Mashroomon!- la voce di sua madre che rideva cristallina.
-Più su quella gamba, più su!- e quella di suo padre. Poteva ancora ricordare il profumo dell'arrosto di quel giorno in cui aveva riso tanto mentre papà BlueMeramon cercava di insegnare a lui e Piemon, allora un BlueMeramon anche lui, dei passi di danza. Fu esilarante vedere suo fratello cadere di fondo schiena e di riflesso incendiare mezzo prato. Poi l'incendio assunse i toni scarlatti della morte e le risa di giubilo divennero grida di disperazione.
-Mamma! Papà! Fratellone, dobbiamo cercarli!-
BlueMeramon non lo guardava, ma era sicuro che le sue spalle tremassero. Sentiva le sue guance di fuoco sfrigolare mentre piangeva in silenzio.

“Non farti schiacciare da questo qui!” gli urlò la sua piaga personale. Ma Pinocchimon ancora non reagiva, perciò, il suo coinquilino di cervello decise di prendere in mano la situazione.
-Non ho ancora visto quelle dita.- sogghignò mostrando il medio a Metatromon.
L'angelo lo degnò d'uno sguardo e...
Non si scompose, ovvio. Le parole dei Virus gli entravano da un orecchio e uscivano dall'altro. Ciò non voleva dire che non andassero punite.
La cella brillò d'una luce sacra così pura ed intensa, che un digimon un po' meno coriaceo sarebbe andato al creatore all'istante.
Pinocchimon urlò ancora di dolore, contorcendosi mentre l'energia sacra aggrediva i suoi dati Virus, distruggendoli. Si sentì letteralmente fare a pezzi.



°


Nel frattempo che Metatromon torturava Pinocchimon, Piemon, Devimon e LadyDevimon avevano discusso a lungo su come comportarsi con l'eloquente invito degli Angeli.
E non si erano trovati d'accordo.
Devimon era dell'idea che fosse meglio aspettare e cercare di avere degli alleati, almeno più informazioni  e  possibilmente un piano non suicida.
LadyDevimon era contraria all'attesa, per lei l'idea di mettere fine a tutto era una prospettiva troppo golosa per attendere. Se non fosse stato per il fratello, sarebbe andata di volata a prendere a calci in culo Mikerumon e compagnia bella di persona. E i due compagni erano dell'idea che fosse capacissima almeno di provarci.
Piemon voleva assolutamente uccidere Mikerumon, lo mise in chiaro più di una volta. L'Angelo che Non Vede era suo.
Ci mise un bel po' a rassicurare Devimon circa il suo piano d'assalto al monte Mugen, un piano che aveva in mente da tanto di quel tempo da aver scordato di contarlo.
Un piano certosino, che, il diavolo, dovette ammettere fosse eccezionale nella sua semplicità.
-Ma se anche riuscissimo ad entrare nel Tempio della Dea, siamo in TRE, quattro se tuo fratello è ancora vivo. Loro sono un esercito!-
Piemon non vide il problema.
-Ma anche noi possiamo avere un esercito, o sbaglio?-
-Tu vorresti?- Devimon intuì la trovata del clown e per un attimo ebbe un brivido. Cos'era, eccitazione?
-Tu sei pazzo.- tagliò corto.
-Allora, ce la fai?- gli domandò.
-Certo che ci riesco.- rispose orgoglioso, il diavolo. -Ma non so quanto passerà prima che se ne accorgano, perciò dovremo trovare anche il modo di bloccare loro l'ingresso al Tempio per tutto il tempo necessario.-
-Nel momento in cui si accorgeranno dell'attacco,- intervenne LadyDevimon -inizierà il conto alla rovescia.-
-Non voglio partecipare a una missione suicida.- le fece eco il fratello. -Salviamo il nanerottolo come prima priorità.-
-Ovvio.- asserì Piemon.
-Se la situazione sarà critica, fuggiremo.-
-D'accordo.- risposero gli altri due.
-Bene, allora,- un sospiro -che i Supremi ci proteggano... -
Nonostante quella risposta, Devimon sapeva che né sua sorella, né Piemon, avevano intenzione di fuggire a quella battaglia. Se per ossessione od orgoglio non lo sapeva. Sapeva solo che, qualunque cosa fosse accaduta sul monte Mugen, lui avrebbe dovuto farsi trovare pronto.
E che quei due gli avrebbero fatto venire i capelli dritti (non bianchi, a quello ci aveva già pensato Madre Natura).



°



Quella notte non soffiava un alito di vento e delle tre lune di Digiworld ne brillava una soltanto. Piena e pallida era sorta oltre l'orizzonte per vegliare sui digimon Dati e AntiVirus, per stanare i Virus e riportare il Mondo Digitale alla sua originale purezza. Una luna propizia che sapeva di pace, troppo lontana per macchiarsi del sangue innocente, troppo bianca per incutere timore nelle vedette che scrutavano cielo, terra e mare. Troppo per lasciare intendere loro la fine ormai prossima.
D'un tratto, un alto grido ferino si levò nella notte e gli Angemon si voltarono verso la grande foresta di File sottostante il Tempio per scorgere, con orrore, orde scure di digimon Virus risalire rapide i fianchi ripidi del monte Mugen. Dall'altro lato, orde di digimon solcavano i mari e ancora, persino l'aria era battuta dalle robuste ali di centinaia di Devimon, Evilmon, LadyDevimon...
Orde di reietti all'assalto.
Gli angeli di vedetta diedero subito l'allarme e presto anche le truppe all'interno del Tempio si mossero, rapide ed efficaci, per respingere quell'attacco.
 
E mentre il grosso delle truppe lasciava incustodito l'edificio sacro, tre figure angeliche s'intrufolavano da un'entrata secondaria alla chetichella.
-Mi sta già venendo l'orticaria.- commentò la prima.
-Fa' meno il razzista, clown, o ci scoprono.- commentò la seconda.
-Ragazze, non litigate.- le beccò la terza -Abbiamo meno di dieci minuti per trovare il nanerottolo, non sprecateli facendovi ammazzare.- sogghignò mostrando poi un artiglio che di angelico non aveva nulla.
-Dolcezza...- iniziò il primo “angelo” con un sogghigno -Quando saremo fuori di qui spero vorrai celebrare adeguatamente la nostra vittoria.-
-Cerca di portare il culo fuori di qui e se ne riparlerà.- rispose per le rime lei.
-Sto per vomitare...- fece l'altro “angelo” -Basta fare i piccioncini, cerchiamo il nano da giardino psicotico.-



°


Pinocchimon era sicuro che sarebbe morto.
O forse lo era davvero, galleggiava nella luce senza provare dolore...
Forse esisteva il paradiso anche per i Virus, quindi. Che cazzate che sparavano gli angeli, avrebbe voluto tornare indietro e raccontarglielo per vedere che faccia facevano. Ma forse avrebbe dovuto fotografare tutta quella pace per avere una prova. Come fotografare, però, una grande sensazione senza nome immersa in tutto quel bianco? Come imprimerla se a stento riusciva a comprenderla?
A pensarci bene, i suoi ingranaggi giravano tutti, quindi non era morto, allora cosa...
Un mormorio indistinto attirò la sua attenzione e due sagome confuse apparvero nella luce. Diventavano pian piano più definite, ma ancora non riusciva a metterle a fuoco, nonostante le avesse comunque identificate come angeliche per via delle ali. Erano agitate e una delle due lo era ancora di più e si ostinava a frapporsi fra lui e l'altra ombra. Gli giunse una sola parola alle orecchie.
Rafiemon.
La figura con le braccia spalancate s'agitò, parve indicarlo, poi si scagliò verso l'altra.
Pinocchimon iniziò a vedere meglio e, solo quando il corpo dell'angelo che gli aveva fatto da scudo cadde a terra con un tonfo sordo, capì cos'era successo.
La luce intorno a lui non faceva più male e Metatromon osservava irritato ora lui, ora l'angelo a terra: Gabriemon.
-Mikerumon non aveva poi tutti i torti a volerti condannare a morte.- disse -La nostra Dea è stata fin troppo clemente con te, traditore.-
-Che sta succedendo qui?!- sbraitò il burattino, alzandosi in piedi, totalmente rinvigorito.
-Taci, nessuno ti ha interpellato.- rispose Metatromon, per poi rivolgersi nuovamente a Gabriemon -La tua idea che i Virus possano convivere con gli altri digimon è assolutamente assurda, fuori luogo e sacrilega. Sono esseri immondi e malvagi.-
-Ehi!- sbottò Pinocchimon -Grazie tante, quattrocchi! Ma ti sei visto?-
Metatromon lo fulminò con lo sguardo e fu lì lì per colpirlo con un qualche attacco, quando Gabriemon gli fu nuovamente addosso e gli urlò contro, telepaticamente lasciandolo di stucco ad ogni parola.
Da quanto Gabriemon non faceva sentire la sua voce?
“Ma lo vuoi capire, o no, che quello che fa la Dea è ingiusto?! Perché, se i Virus sono impuri li assorbe?!”
-Per cancellare la loro essenza dal mondo!-
“Non è vero! Tu non lo vuoi capire! Ti sta bene stare dalla parte del più forte, sei solo un opportunista vigliacco!” sbottò telepaticamente l'Angelo che Non Parla. “Credevo che fosse vero, che fosse giusto, ma allora... ALLORA PERCHÉ PROVO TANTO DOLORE PER DEGLI ESSERI IMMONDI E SENZ'ANIMA?!”
Stava piangendo, roba da pazzi! Pinocchimon avrebbe voluto dei popcorn.
-Quel maledetto Virus deve averti fatto qualcosa mentre eri suo prigioniero, non c'è altra soluzione, credevo che quello che è successo con Rafiemon fosse solo la conseguenza di un atto di ingenua follia. Oppure... anche tu sei un impuro!- gli occhi di Metatromon si spalancarono nel comprendere quella verità orripilante.
Gabriemon sbuffò.
“No, sono puro come te e Mikerumon, altrimenti non sarei qui.” rispose lui. “Ma non ti permetterò più di fare del male a digimon innocenti. Dovremmo servire la Giustizia, noi Angeli, non essere la Giustizia!”
-BLASFEMIA!-
Metatromon gli sferrò un potente pugno che lo scagliò contro la parete.
Gabriemon tossì e sputò sangue, il labbro inferiore era spaccato, ma non sembrò curarsene. Alzò un braccio verso Pinocchimon, ancora nella sua cella, e le sbarre scomparvero dissolvendosi nella luce.
“Vaffanculo, Metatromon.” comunicò l'Angelo che Non Parla al suo parigrado.




Fine Parte IV- I




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