When they weren’t the Masters di kymyit (/viewuser.php?uid=36835)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In principio c’era il dolore… (Apokalymon) ***
Capitolo 2: *** Ordine Angelico, Parte I: Fretta, dannata fretta ***
Capitolo 3: *** Ordine Angelico, Parte II: Psicopatico ***
Capitolo 4: *** Ordine Angelico, Parte III: L'angelo e l'assassino. ***
Capitolo 5: *** Ordine Angelico, Parte IV: I fuochi della ribellione - Invito ***
Capitolo 1 *** In principio c’era il dolore… (Apokalymon) ***
In
principio c’era il dolore…
In principio
c’era il dolore.
Dopo il dolore, la
tristezza e infine l’odio, il rancore.
Lui era Apokalymon.
Quando il mondo
digitale era solo agli albori, si trovò ad affrontare forse
la peggiore crisi mai vissuta.
I digimon erano divisi
e intolleranti. Chi era stato contaminato dal Virus era emarginato o
ucciso. Molti erano morti, stroncati ai primi stadi di vita e la loro
tristezza si concretizzò in un agglomerato informe di
oscurità.
Poi
l’agglomerato divenne cosciente di sé. Di loro.
E odiò.
Si disperò.
Volle vendetta per
tutti loro.
Finché non
comprese che non valeva la pena odiare chi non merita il proprio odio.
Apokalymon decise di
cambiare l’ordine delle cose.
E capitò un
dì che l’essere digitale incontrasse due giovani
Virus e che entrambi bramassero vendetta come un tempo anche lui, anzi,
loro. Perché Apokalymon non era uno. Era l’insieme
di tutto il misero essere d’innumerevoli creature incomprese.
Apokalymon li prese
sotto la sua ala protettrice e tanti anni dopo, BlueMeramon gli fece
questa richiesta. –Padre, conferiteci il vostro potere. Solo
così potremmo porre fine a questa situazione.-
-Figlio…-
rispose –riceverete il nostro potere nel momento in cui
scorderete la ragione del suo bisogno.-
BlueMeramon non
capì. Non subito.
Ma solo
perché lui non voleva reprimere il suo odio nei confronti di
quei dannati angeli.
Passarono,
però, gli anni e il digimon evolse, contando solo sulle sue
forze e radunando intorno ad Apokalymon altri figli, da indirizzare
verso la vera vendetta.
La
felicità, che non consuma anima e cuore, ma li eleva al
disopra di ogni offesa.
°°°
Ecco, lo so che
è corta. La scrissi tempo fa al mare per passare il tempo,
la nascita di Apokalymon. Così poi ho iniziato a pianificare
il resto delle fic sui Dark Masters.
Quelle su di loro
saranno più lunghette e molte collegate. Per esempio, dopo
questa c'è una sorta di mini saga di quattro cap con
protagonisti Piemon, Pinocchimon, Devimon e Lady Devimon. E questo
perché hanno parecchie cose in comune, tutto secondo la mia
povera testa. Dopo ci saranno i due capitoli su Mugendramon e
Metalseadramon. Mentre quello di Vamdemon sarà una one
shot.
Ora come ora potrei
trattare prima lui dei due draghi, dipende. Non vedo l'ora di scrivere
su Mugen, perché sarà un robottone malefico ma...
lo amoooo!
Mi spavento da sola
U________U
Ho messo missing moments perché non sapvo cosa mettere XP e
inoltre beh, può considerarsi tale. Sappiamo
com'è nato Apokalymon ma non ci è stato fatto
vedere U_U
Vamde: Non cercare scuse del cavolo.
Kym: E tu mangia meno limone! *schiocca le dita*
Ylenia: Dove sono? Ero al mare con Taichino mio... e ora chi mi spalma
la crema solare?
Kym: *porge flaccone a Vamde*
Vamde: Ehm... ok, hai ragione tu. Ora dammi il flaccone!
Perdonatemi U_U Non ho saputo resistere.
Avvertenza:
Dato che ho in corso questa, Pairings Project si prende una piccola
pausa. Così ho il tempo di riordinare le idee per altre One
Shot ^_^
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Capitolo 2 *** Ordine Angelico, Parte I: Fretta, dannata fretta ***
Ordine
Angelico, Parte I: Fretta, dannata fretta
Il cimitero di Overdell
all’epoca era un piccolo villaggio nascosto fra la foresta e
l’oceano, in un’area dal clima tipico tropicale.
Non era un cimitero, all’inizio, ma lo divenne in una notte
soltanto, arso dalle fiamme della presunta giustizia.
Fra il dolore e la disperazione, fra gli stendardi lucenti
dell’Ordine e gli strali di luce che schiarivano di tanto in
tanto il cielo sulfureo ed incandescente, si ergeva fiero ed impettito
un digimon. I suoi riccioluti capelli dorati danzavano al vento come
fossero dotati di vita propria. I suoi occhi di gelo erano assorti
nella contemplazione della crociata che si combatteva innanzi ad essi.
Ma lui non vedeva davvero ciò che accadeva. Ciò
che guardava era un lontano ed utopico futuro ripulito dalla minaccia
dei Virus. Ma il presente non lo riusciva a scorgere.
Mikerumon, l’Angelo che Non Vede, così veniva
chiamato con profondo rispetto e timore.
Dagli abiti immacolati e i decori d’oro, Mikeru portava degli
occhiali azzurri a coprire lo sguardo estasiato dalla sua stessa utopia.
I Virus di ogni stadio fuggivano invano alle schiere degli Angemon,
finendo brutalmente uccisi.
-Devimon! Devimon!-
Lady Devimon, esausta e ferita si era trascinata sulla soglia della
chiesa, guidando i pochi disperati riusciti a scampare al massacro, ma
nella confusione aveva perso di vista suo fratello Devimon ed era assai
preoccupata per lui. -Devimooooon!- gridò, senza la forza di
poter fare altro.
Aveva ostacolato il cammino di Mikerumon, ma era dovuta fuggire. Era
fortunata ad essere ancora viva, ma consapevole di essere stata anche
piuttosto avventata. Era una digimon Evoluta. Fra il suo livello e un
Mega c’era una sorta di abisso. In più quello era
un angelo, letale per loro, piccoli esseri di tenebra.
-Devimon…- sospirò dopo diversi colpi di tosse.
-Sorella!-
Alzò gli occhi di rubino. Lui era lì, con dei
piccoli Pagumon e PicoDevimon fra le braccia. Tutto intero.
Le si avvicinò di corsa, facendo entrare i bambini nella
cappella. Quelli lo ringraziarono accoratamente, ma lui in quel momento
aveva occhi solo per lei.
-Va tutto bene?- le chiese posandole la mano sulla spalla.
Lei sorrise –Adesso sì.-
-Esseri reietti, come osate insudiciare la casa di Nostra Signora?-
I due si voltarono spaventati e lo videro.
-Metatromon…- sospirò Devimon.
Metatromon era definito “L’Angelo che Non
Sente”.
Le sue principali tecniche erano dovute al libro sacro che portava con
sé e che a suo dire riportava la Storia. Ma in
realtà era solo la storia di un Mondo visto con gli occhi di
un angelo cieco raccontata ad un angelo che sente una sola voce a
dispetto delle grida di dolore.
Era massiccio di corporatura, dalla pelle scura e i lunghi capelli blu
notte. Indossava come delle cuffie sulle orecchie, sulle quali era
intarsiata una croce, simbolo dell’ordine. Il suo soprannome
era dovuto anche a quelle cuffie. Per il resto, così come
Mikerumon, i suoi abiti erano simili a quelli degli Angemon, ma aveva
un lungo drappo blu notte in vita e un mantello dorato sulle spalle.
Pietre preziose gli ornavano i capelli e il pizzetto scuro.
-Questo non è un santuario per quella vostra malefica dea!-
ringhiò Lady Devimon, avanzando tentoni verso di lui, ma non
superò il digimon diavolo, che la trattenne.
-Ferma!- le ordinò apprensivo.
-Hai ragione.- convenne il digimon angelo avanzando fulgido fra le
fiamme –Questo posto non è degno di esistere. Lo
purificherò affinché le sue ceneri fungano da
concime al Nuovo Mondo.-
-E questo vostro Nuovo Mondo quando arriverà?-
domandò sarcastica una voce. Dalla foresta in fiamme emerse
un digimon molto eccentrico, dagli abiti bizzarri e il passo
dinoccolato.
-E tu chi saresti, di grazia?- chiese Metatromon, non senza una punta
di stupore nella voce.
Il digimon compì un profondo inchino e si
presentò –Il mio nome è Piemon, lieto
di rivederti, Metatromon.- quando si rimise diritto, il digimon
domandò –Allora, dov’è il
Grande Pennuto?-
Avrebbe carpito la vita di Mikerumon con le sue stesse mani, il solo
pensiero gli causava immensa goduria.
-Non mi pare di conoscerti.- disse Metatromon e non intendo dirti dove
si trova Mikerumon…- fece una pausa e sfogliò il
suo libro rapidamente –Piemon, eh? Sei un Virus…-
chiuse di scatto il tomo e fece comparire un’enorme spada di
luce bianca. –E questo chiude ogni discorso.-
Devimon e Lady Devimon indietreggiarono intimoriti.
-Quello è pazzo…- disse il digimon diavolo
tirando sua sorella all’interno della chiesa –Non
potrà mai vincere con…-
Ma Piemon sorrise e scattò in avanti con due delle sue
quattro spade in pugno. Le sue lame incrociarono la spada lucente
generando una miriade di scintille. Metatromon non si scompose e rimase
saldo nella sua postazione, mentre il digimon clown attaccava con
euforia, apparentemente senza lasciargli tempo di reagire.
Lady Devimon esitò ancora sulla porta e si rivolse a suo
fratello.
-Non siamo al sicuro qui… fai scappare tutti di nascosto,
attraverso il passaggio segreto.-
-E tu, sorella?- domandò quello preoccupato.
-Non posso lasciare qui quell’invasato, dopotutto se abbiamo
una possibilità di cavarcela è perché
è intervenuto lui.- disse seria.
-Lascia perdere.- insistette Devimon –Lascia che ci pensi io,
tu sei troppo debole per combattere ancora, mentre io posso ancora fare
qualcosa.-
Lei scosse la testa.
-Scordatelo, sei un Campione, Devimon, non hai la minima speranza.-
Il diavolo socchiuse gli occhi e afferrò sua sorella per le
spalle, strattonandola –Sono stufo di questo tuo dire che non
ho speranza. Non dico che posso vincere, sorella, ma posso almeno fare
qualcosa. Inizia ad andare, vi faccio guadagnare un po’ di
tempo, prendo quell’invasato e vi raggiungiamo.-
Lei non ne era convinta, per niente, ma Devimon la spinse dentro la
chiesa con forza, chiuse il portone e lo sigillò col suo
potere oscuro. Metatromon e Piemon non si erano accorti di nulla, presi
dal loro scontro, per cui il diavolo tirò un profondo
sospiro di sollievo. Ignorò Lady Devimon che batteva sulla
porta e sulle finestre per uscire e si gettò nella mischia.
Quando d’improvviso Metatromon reagì a Piemon e la
sua spada di luce lo privò delle sue armi, fu la prontezza
di riflessi di Devimon a salvare la pelle al clown. Il diavolo,
infatti, generò dalle sue mani un raggio oscuro, dalla forma
molto simile a quella di una spada, e con questa deviò la
traiettoria dell’arma di luce dell’angelo.
-Pensavo foste scappati con la coda fra le gambe.- commentò
sorpreso Metatromon.
-Non ho bisogno del tuo aiuto.- disse invece Piemon.
Devimon alzò le spalle.
-Neppure io ce l’avevo, ma
tant’è…-
Lady Devimon si arrese all’evidenza. Sperò con
tutto il cuore che suo fratello uscisse vivo dallo scontro. Si
voltò. C’erano i bambini terrorizzati che
piangevano vicino all’altare e tanti altri digimon ormai nel
panico. C’erano anche degli Anti-Virus e dei Dati, troppo
deboli per combattere e colpevoli solo di aver
“familiarizzato” coi Virus. Lady Devimon
batté le mani, attirando l’attenzione su di
sé.
-Ascoltate.- disse –Dobbiamo andarcene da qui.- Tutti gli
occhi erano puntati su di lei. -Fra poco Metatromon brucerà
la cappella.-
Nell’aria si sollevarono gemiti di smarrimento, ma la digimon
li stroncò sul nascere –Non fatevi prendere dal
panico.- disse –C’è un passaggio segreto
che porta ad una caverna sulla spiaggia, lì saremo al
sicuro, ma dobbiamo sbrigarci, non ci resta molto tempo.-
La speranza si ridipinse sui volti di tutti e, rincuorata da
ciò, Lady Devimon si avviò verso
l’altare, fece cenno a due Goburimon e un Dark Lizarmon di
aiutarla e in quattro riuscirono a spostare il pesante tavolo di
pietra, mostrando così una botola nel pavimento.
All’esterno infuriava la battaglia.
-Prima le donne e i bambini.- ordinò aprendo il passaggio.
Una marea di digimon si accalcò disordinata, ma lei li
rimise in riga.
-Smettetela!- esclamò –Entreremo tutti, ma prima i
bambini!- e ciò detto fece entrare i piccoli Pico Devimon e
Pagumon nell’oscura apertura. Fu poi il turno delle donne e
infine degli uomini. Lady Devimon rimase sempre fuori della botola, in
attesa di un segnale che le annunciasse la fine della battaglia.
Ma ciò che sentiva erano solo spade e flussi
d’energia.
-Andiamo!- esclamò qualcuno. Volevano chiudere la botola.
Devimon sarebbe rimasto fuori. Non poteva abbandonarlo! Però
non poteva neppure uscire dalla chiesa, perciò
optò per chiudere la botola, raggiungere la spiaggia e
tornare indietro. Sapeva che era rischioso, ma non aveva altre
possibilità.
Lasciò un segnale al fratello e
s’infilò nel passaggio anche lei, riuscendo con un
po’ di fortuna a richiudersi la botola sopra la testa e a
spostare l’altare (usò dei pipistrelli per
aiutarsi in questo.)
Devimon vide i piccoli volatili di sua sorella volteggiare dentro la
cappella. Gli comunicarono che era fuggita con gli altri,
perciò bastava distrarre Metatromon e darsela a gambe.
Piemon non era affatto male, ma il dislivello fra lui e
l’angelo era evidente. Solo che lui, il diretto interessato,
pareva non rendersene conto. Devimon era quasi estraneo allo scontro,
perché il clown non conosceva proprio il lavoro di squadra,
e giudicando oggettivamente i contendenti, si rese conto che Metatromon
giocava e Piemon si esaltava come un bambino.
-Che stai facendo?-
Il digimon diavolo sentì il terrore pervadergli il corpo. La
voce che aveva appena udito era quella di Mikerumon.
Alzò lo sguardo e vide, infatti, l’angelo intento
ad osservare lo scontro con fare accigliato.
Piemon sorrise, invece.
-Oh, mi hai risparmiato il tempo di venirti a cercare.-
commentò.
Mikerumon non si degnò di rispondergli, ma si rivolse a
Metatromon gelido come il ghiaccio.
-Smettila di giocare, abbiamo una tabella di marcia da seguire.-
Ciò detto, volse le spalle allo scontro e volò
via, nel cielo tinto di fumo.
-Ehi, aspetta! Non ho neppure iniziato con te!- urlò Piemon
furente.
Fretta, dannata fretta…
Il digimon clown seguì istintivamente Mikerumon in volo e
offrì così la sua schiena come facile bersaglio a
Metatromon. L’Angelo che non Sente caricò il
fendente di luce e con forza si abbatté su di lui,
inesorabile.
Quella notte, Overdell divenne il Cimitero odierno, dimora di quei
digimon che persero la vita nel massacro e che mai trovarono pace,
costretti dopo la morte a vivere come fantasmi colmi di rancore.
°
Fretta dannata fretta... diciamo che sono parecchio legata a
quest'espressione, da quando la lessi su Jojo, tanto tempo
fa. Infatti, l'ho scelta apposta perché Piemon,
così come Caesar, il personaggio a cui si riferiva in
origine, commette un grosso errore di leggerezza, infatti è
ancora troppo immaturo per combattere. Non è il Padrone
delle Tenebre che tutti (ok, forse solo io XD) amiamo, è
come un ragazzino appena maggiorenne o appena adolescente, il che
è ancora peggio.
Dato che questa è una mini serie, nel prossimo capitolo si
spiegheranno un po' di cosette, quindi non preoccupatevi. In
realtà volevo far combattere Pie e Lady insieme, per sancire
la loro unione (che romantica XDD) ma lei ferita gli sarebbe stata di
peso e Devimon ha bisogno di spazio, poveretto. Anche per lui, ho in
mente graaaandi cose.
Ed infine, Mikerumon e Metatromon sono ispirati agli angeli Michele e
Metatron, e anche alle famose tre scimmie del detto "Non vedo, non
sento, non parlo". Ah, giusto. La Nostra Signora, non è la
Madonna XDDD Avete presente Digimon Xros Wars? Beh, in effetti il primo
pensiero è andato a quella dea, ma di fatto, le due vicende
non sono collegate e in ogni caso, Mikerumon è un fanatico
che per dirla in termini amorevoli non capisce un fico secco. Il nuovo
Mondo sa tanto di One Piece, lo so, ma chiamarlo Terra Promessa mi
suonava male, perché qui si parla di rigenerare il mondo,
non di andare verso un mondo di pace. E' una cosa che va conquistata
col sangue.
Vi lascio al prossimo capitolo e ringrazio vivamente Eden89 per aver
messo la fic fra le preferite e le seguite ^_^
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Capitolo 3 *** Ordine Angelico, Parte II: Psicopatico ***
Ordine
Angelico, Parte II: Psicopatico
Quando Piemon
aprì gli occhi, si sentì confuso e spaventato. Il
luogo in cui si trovava era buio e polveroso, ma tutto sommato era
tranquillo. Troppo.
Dov’erano le
fiamme e l’odore acre del fumo? Dov’erano gli
angeli e la carneficina? Tentò di alzarsi, ma si
ritrovò immobile. Ad un attento esame si scoprì
nudo, coperto di bende e dolorante. Riuscì a mettersi seduto
con molti sforzi e sudore, lasciandosi scappare gemiti strozzati ed
imprecazioni. La sua schiena implorava pietà, ma lui non
l‘ascoltò.
Quando Devimon
entrò nella stanza adattata a ricovero, lo trovò
mezzo vestito, sul pavimento, nel fallito tentativo di mettersi in
piedi. Il sangue aveva ripreso a fuoriuscire copiosamente dalla ferita.
-Ti sei svegliato,
vedo.- disse calmo.
Piemon gli
lanciò un’occhiata scura.
-Cos’è
successo?- domandò.
Temeva di conoscere la
verità, anche se la sospettava.
-Metatromon ti ha
quasi ucciso, idiota.- rispose il diavolo, con un tono di rimprovero e
commiserazione che all’altro non garbava per nulla.
Piemon
fissò il muro alla sua destra e schioccò la
lingua.
-Com’è
possibile?- si chiese fra sé e Devimon lo sentì,
perciò gli disse
–Perché
sei ancora inesperto, cretino.-
-Quanti bei
complimenti, diavolo. Hai la lingua tagliente per compensare la tua
forza?-
Devimon
s’irrigidì, ma poi ribatté
–Se non fosse stato per la mia forza, con la tua ti saresti
fatto ammazzare.-
E Piemon si morse il
labbro inferiore. Si alzò in piedi a fatica, per poi
rovinare sopra Devimon che, alzando gli occhi al cielo, lo
afferrò per la spalla e lo rigettò sul giaciglio
senza grazia.
Il clown gemette per
il dolore lancinante.
-Ti si è
riaperta la ferita, stupido.- lo rimproverò il diavolo
–Ora mi tocca suturarla di nuovo.-
Piemon
tentò di nuovo di alzarsi, ma dopo pochi secondi
rinunciò.
Non aveva forze.
Devimon allora prese
dei bendaggi e dell’ago e del filo da una sacca vicino al
letto e glieli mostrò come si farebbe con un bambino.
-Vado a sterilizzarli,
tu non muoverti di qui.-
Quando
rientrò, Piemon era ancora lì, visibilmente
imbarazzato e di cattivo, pessimo, umore.
Lo fece distendere e
quello obbedì, lasciandosi medicare.
Non emise un fiato
nonostante il dolore per l’ago che perforava la pelle e il
filo che la tirava. Devimon lavorava spedito, come un sarto. Come se
lui fosse stato un vestito da risistemare a nuovo.
–Comunque…-
disse il digimon Campione quando terminò -Se non fosse stato
per te saremmo tutti morti. Perciò, grazie.-
Il clown tenne fisso
lo sguardo sulla porta, senza accennare a muoversi.
-E’ stato un
disastro.- affermò.
-Completo.-
concordò l’altro.
-Il dislivello di
energia era elevato?- quella domanda gli costò parecchio, ma
Devimon rispose come se nulla fosse.
-Enorme.-
Piemon strinse i pugni.
-Ma credo sia dovuto
dall’inesperienza.- lo rassicurò -Quando ti sei
evoluto?-
Piemon ci
pensò su.
-Da una settimana
circa.-
Devimon scosse la
testa.
-Ecco, appunto.
E’ stato troppo azzardato.-
-Ma se non ci fossi
stato io, sareste tutti morti.- lo beccò il clown
sogghignando nel rimettersi a sedere.
Devimon glielo
concesse.
-Cos’è
successo dopo?-
Il diavolo gli
illustrò la situazione.
-Metatromon ti ha
colpito in pieno. La ferita era piuttosto grande e profonda e hai perso
subito i sensi. Ti ho preso e trascinato sottoterra e sono scappato
muovendomi nel sottosuolo. Mi hanno inseguito per ore, ma alla fine
sono riuscito a seminarli e abbiamo raggiunto la spiaggia. Gli angeli
hanno finito di dar fuoco ad Overdell e sono andati verso la montagna.-
Il clown quasi si
strozzò con la saliva.
-Quale montagna?-
chiese.
Devimon scosse la
testa –Quante montagne conosci?- chiese –Il monte
Mugen, no? Si sono ritirati.-
D’improvviso
il Mega tentò nuovamente di alzarsi, ma Devimon lo trattenne.
-Fermo!-
esclamò –Se ti agiti ti si riaprirà,
non posso starti appresso!-
-Nessuno te
l’ha chiesto!- esclamò Piemon, testardo -Non posso
rimanere qui.-
-Invece ci resterai.-
ribatté Devimon, faccendo peso col suo corpo per contrastare
la forza dell’evoluto.
-Levati di torno!-
-Stai giù,
idiota!-
-Non ho tempo per
stare immobile!-
LadyDevimon
entrò nella stanza con fare sensuale e deciso e
sbottò acida -Allora trovalo, il tempo.-
Piemon
riuscì a liberarsi di Devimon e barcollò verso di
lei.
-Grazie per avermi
medicato.- disse –Ora devo proprio andare.-
-Se riesci.- gli
rispose lei lasciandosi superare senza battere ciglio per poi colpire
il Mega alla schiena, proprio sulla ferita.
Piemon urlò
straziato dal dolore e Devimon, che capì che aria tirava,
uscì lasciandosi alle spalle le imprecazioni di quello
strano digimon e i rimproveri di sua sorella. Faceva tanto la dura, ma
era così premurosa nei confronti di chiunque. Le sue
ammonizioni sarebbero rimaste sulla pelle di Piemon per una settimana.
°
Quando il clown
lasciò il rifugio che condivideva con Pinocchimon suo
fratello e il loro padre Apokalymon, il piccolo burattino era rimasto a
ciondolare senza far nulla per ore e ore. Infine, vinto dalla noia e
dalla rabbia di essere rimasto solo senza poter combattere anche lui,
afferrò il suo martello a tamburo e sgattaiolò
via. Camminò per molto tempo, cercando tracce del fratello e
della città in cui aveva detto che si sarebbe dovuto recare.
-Ha detto ad est, eh?
E allora andiamo ad est!- esclamò dirigendosi alla sua
sinistra, ovvero il nord, e finendo inesorabilmente per smarrire la via.
Dopo ore ed ore di
cammino inconcludente, Pinocchimon si fermò al fiume che
scorreva da quelle parti. E lì lo vide.
Aveva la pelle rosea e
i capelli fulvi corti e rialzati sulla nuca e lunghi ai lati del capo.
Sulla sua schiena s’aprivano due grandi ali bianche che
emettevano un soffuso bagliore verde chiaro. Faceva il bagno, i suoi
abiti erano ripiegati con cura su un masso poco distante.
Pinocchimon
caricò in silenzio la sua pistola. Gli piaceva
quell’oggetto.
“Piantagli
un bel proiettile in fronte.” pensò.
“Si, farò
così. E poi vediamo, Piemon, se sono così
debole.” gesticolò “D’altro
canto lui vuole proteggermi…”
“Ma
non è che puoi sempre fare affidamento su di lui,
eh!”
Annuì
“Giusto! Adesso lo sparo e…”
E l’angelo
non c’era più.
Scomparso, nella
soffusa luce del chiaro di luna.
Il burattino si
guardò intorno.
“Ecco!”
pensò “Hai visto? Me l’hai fatto
scappare!”
“Io?!
Sei tu che non hai sparato quando dovevi!”
Incrociò le
braccia al petto, rabbiosamente.
“Accidenti!
Proprio adesso che potevo dimostrare a Piemon che non ho bisogno di
essere protetto!”
Si diede poi dei
colpetti sulla guancia legnosa.
-Che vuoi!-
sbottò, incurante che l’angelo potesse trovarsi
ancora da quelle parti. Saltò fuori dal cespuglio, pistola
in pugno e s’avvicinò all’acqua. Si era
persino portato via i vestiti. Era stato veloce…
Altri colpetti.
-Ehi, che vuoi?!-
sbottò rivolto al suo riflesso che ribatté –Ho appena avuto
un’idea geniale!-
Gli brillarono gli
occhi.
-Dimmi tutto!-
ordinò saltellando da una gamba all’altra.
Il suo riflesso
ammiccò fiero di se e gli scosse l’indice davanti
al viso.
-Quegli
stupidi angeli perdono tempo a farsi belli e profumati. Se abbassano la
guardia così facilmente sai che possiamo fare noi?-
Ci pensò su.
-Lanciargli una
saponetta?-
Si batté la
mano sulla fronte.
-Ma no, cretino!-
esclamò, poi si coprì la bocca con la mano e
bisbigliò qualcosa che mandò se stesso in brodo
di giuggiole.
°
-Capisci
perché devo tornare?-
Lady Devimon
annuì.
-Ma così
finirai solo per farti altro male.
Il clown si rimise a
sedere, piano questa volta.
-Io imparo in fretta.-
sorrise –Non li affronterò di nuovo, non subito.
Ma mio fratello che ho lasciato a casa potrebbe commettere il mio
stesso errore. O far peggio.-
Si rigirò
nervosamente un pugnale fra le dita.
-In che senso?- chiese
la digimon.
Piemon le
lanciò un’occhiata veloce.
-Devimon, per quanto
sia una seccatura immensa e non abbia un minimo di educazione e tatto,
è una persona affidabile.- scosse la testa
–Pinocchimon… lui è rimasto molto
scosso dalla distruzione del nostro villaggio e anche se è a
livello Mega… è rimasto indietro con gli anni e
coi livelli.-
-Vuoi dire che
è impazzito?- chiese lei.
Piemon
sospirò.
-Sempre dritti al
punto voi diavoli, eh?-
-Non mi piace girarci
intorno.- rispose, fiera.
-Mia cara, tu mi
piaci.- le disse Piemon, altrettanto diretto, faccendola arrossire
terribilmente.
-I-in che senso?!-
chiese, sul chi vive.
Piemon stava per
rispondere quando -Sorella!-
Devimon entrò di corsa nel vecchio soggiorno
dell’antica casa in cui si erano rifugiati diversi giorni
dopo che Piemon era riuscito a rimettersi in piedi.
Li trovò
uno seduto sul letto di fortuna, lei in piedi accanto alla finestra
rotta. Non fece molto caso al fatto che sua sorella fosse in imbarazzo,
né aveva sentito né avrebbe sentito nulla.
Era troppo agitato.
-Che
c’è?- domandò la digimon, contenta di
avere una scusa per far cadere il discorso.
Il diavolo allora
sorrise, emozionato da quanto stava per comunicare.
Boccheggiò. Non aveva parole per dirlo, per spiegare la
novità.
-Dovreste venire a
vedere!- esclamò soltanto.
I due si guardarono e
lo seguirono curiosi.
C’era sangue
lì intorno. E un elmo angelico.
Devimon lo raccolse e
lo mostrò ai due.
-E’ di un
Angemon, capite?-
Piemon e Lady Devimon
guardarono l’elmo, poi Devimon, poi tutto intorno.
C’erano
segni di lotta ovunque. Piume, sangue, terra scavata, pezzi di stoffa
stracciata. Non c’era un corpo, ma c’erano numerosi
bossoli sparsi tutti intorno. E dire che non avevano sentito nulla di
nulla, nonostante il loro rifugio si trovasse a poca distanza da
lì.
Erano rimasti solo
loro tre, perché nessuno voleva restare nelle vicinanze del
luogo in cui aveva perso tutto. Piemon era ferito e Lady Devimon non
aveva voluto abbandonarlo per correttezza.
Devimon non aveva
voluto abbandonare lei, perciò non seguì i
digimon di Overdell in viaggio verso un nuovo nascondiglio sicuro.
-Vi rendete
conto…- iniziò il diavolo –Che qualcuno
ha iniziato a ribellarsi a quei pazzi?-
Piemon prese
l’elmo fra le mani.
Era stato forato da un
proiettile ed era incrostato di sangue relativamente fresco.
-Io non ci conterei
molto.- disse.
Devimon
alzò le spalle –E perché?-
-Di Mikerumon si dice
che abbia un caratterino…-
Il diavolo scosse la
testa –Se avesse giustiziato uno dei suoi, non avrebbe usato
questo metodo.-
-Come fai a dirlo?-
Lady Devimon
s’intromise.
-Si dice che uccida i
traditori in pubblico, per dare una punizione esemplare. Ma prima li
sottopone ad inquisizione là sulla montagna. Quel luogo
è terribile. Nessuno lascia l’Ordine, nessuno gli
sfugge. L’unico modo è morire, capisci?-
Piemon
annuì.
-Ok, mettiamo che
qualcuno esterno all’Ordine abbia ucciso questo Angemon. La
cosa non passerà inosservata.-
Gli altri due
intuirono al volo dove voleva arrivare.
-Dobbiamo andarcene di
qui.- disse Lady Devimon.
-Venite con me.-
propose Piemon –Conosco un posto inaccessibile a quei dannati
pennuti.-
°
-Heaven’s
Knuckle!-
Schivò il
raggio d’energia sacra e aprì il palmo della mano.
Angemon
allargò le braccia, la sua bocca si spalancò in
un forte grido.
Uno sparo silenzioso
sibilò nell’aria e una pallottola rovente
sfondò il cranio dell’angelo, uccidendolo
all’istante.
Un bossolo
tintinnò al suolo e l’assassino
sogghignò compiaciuto, per poi ricaricare l’arma
con uno scatto deciso e sicuro.
-Con questo fanno
diciassette.-
°
Sul Monte Mugen,
Mikerumon dava evidenti segni di insofferenza.
Tamburellava con le
dita il bracciolo del suo scranno e lanciava occhiate omicide qua e
là, intimorendo i presenti. Metatromon, seduto al suo
fianco, gli comunicò la notizia dell’ultimo
minuto, che fu la goccia che fece traboccare il vaso.
L’angelo di
livello Mega sbatté le mani sul tavolo, alzandosi in piedi.
-Trovate quel verme
che si diverte alle nostre spalle e portatelo qui.-
E poiché
nessuno dava segno di voler agire, più per lo stupore che
per l’indecisione, Mikerumon sbottò –Adesso!-
Gli Antivirus allora
si precipitarono fuori dalla stanza.
Legioni di Angemon ed
Angewomon s’alzarono in volo e discesero dalla cima della
montagna, dividendosi in plotoni per ogni settore dell’isola
di File.
Metatromon e Mikerumon
rimasero soli, finché un terzo angelo non si unì
a loro. Aveva capelli rossicci e vesti verdi, completamente differenti
in fatto di stile da quelle degli altri due.
Accennò un
saluto col capo.
-Sei arrivato,
Gabriemon.-
Quello
annuì.
-Hai qualcosa da
comunicare?- domandò ancora Mikerumon.
Gabriemon
annuì e toccò le pagine del libro di Metatromon.
I suoi pensieri si formularono in esse, vergati d’inchiostro
dorato.
-Si, questo lo
sapevamo già.- disse ancora l’Angelo che non Vede
–Ma cosa mi dici del settore che ti avevo affidato?-
Gabriemon
toccò nuovamente il libro, poi si sedette e
intrecciò le dita, posando il mento sulle mani sottili.
“Ho
purificato quello e i settori adiacenti, Mikerumon.”
Le vesti morbide
dell’angelo dai capelli rossi presentavano numerose macchie
ematiche ed erano impregnate dell’acre odor del fumo.
Mikerumon allora lo
congedò.
-Vai a riposarti,
avremo bisogno di te per trovare un infido scarafaggio ed insegnarli il
suo posto nel mondo.-
Lui annuì e
si alzò in piedi.
Mikerumon
avanzò per la sala affrescata di stupendi dipinti,
illuminata a giorno dalla potente luce del sole riflessa nel bianco e
nell’oro delle decorazioni. I pavimenti marmorei rilucevano
in tutta la loro bellezza e i passi leggeri dell’angelo
riecheggiarono come sottile pioggia per qualche secondo.
-Nostra Signora
sarà fiera del tuo operato, Gabriemon.-
Quello
annuì, poco convinto.
-Potrebbe anche
perdonarti, se tutto andrà così fino alla fine.-
Il piccolo angelo
annuì ancora, senza emettere un fiato.
Neppure trasmise i
suoi pensieri.
Era stanco, voleva
solo dormire.
Quella crociata lo
sfiancava nel corpo e nello spirito, ma andava combattuta.
Lasciò la
sala, in silenzio come vi era entrato, l’Angelo che non Parla.
°
-Sssst!-
esclamò Devimon.
Si fermarono.
I tre Virus rimasero
in silenzio e s’accorsero appena in tempo del rischio che
correvano. Gli angeli sfrecciarono sulla radura che stavano
percorrendo, ma non li scorsero dall’alto. I tre rimasero
immobili dietro i robusti tronchi degli alberi, senza fiatare. Attesero
che la legione s’allontanasse quanto bastava per poi fare
retrofront.
-Merda!-
sbottò Lady Devimon –Sono tre giorni che
camminiamo e non arriviamo mai!-
-Siamo quasi
arrivati.- disse Piemon.
-Quante altre
deviazioni dovremo fare?-
Il clown scosse il
capo.
-Senti, cara, non
è colpa mia. Sono stanco e ferito. Vorrei arrivare
anch’io, ma non ci tengo a farmi ammazzare da quelli.-
sospirò e poi aggiunse –Voglio la testa di
Mikerumon.-
-Tutti la vorrebbero.-
disse Devimon, per poi voltarsi.
Piemon stava per
ribattere, ma lui non lo ascoltava già più.
-C’è
qualcosa là.- disse il diavolo.
A confermare la sua
percezione, un coro di grida strazianti risuonò per la
foresta. Proveniva dalla direzione in cui si erano recati gli Angemon.
I tre si precipitarono
con molta attenzione a dare un’occhiata.
Ma arrivarono troppo
tardi per capire cosa fosse accaduto.
I pochi Angemon ancora
vivi rantolavano doloranti con le ossa spezzate e i corpi bruciati o
trafitti dalle loro stesse armi.
Uno sembrava in
condizioni di potersi rimettere in piedi, anche se solo aiutandosi con
la sua verga dorata.
Piemon uscì
dalla boscaglia a passo svelto e deciso e quando quello lo vide
s’agitò.
-Chi sei tu?!- gli
gridò contro.
-Cos’è
successo qui?-
L’Angemon
squadrò prima lui, poi i due digimon diavoli alle sue spalle
e sorrise in segno di scherno.
-Perché
dovrei dirlo a dei Virus?-
Devimon
pensò di doversi preparare a tenere ferma sua sorella, ma a
reagire alla provocazione fu Piemon, non lady Devimon.
Il clown
afferrò l’Angemon per la gola.
-Chi è
stato?- chiese.
Quello si ostinava a
tenere la bocca serrata.
-Sei pronto a morire
pur di non dirmi nulla?- chiese beffardo Piemon –Sei proprio
stupido.- strinse la presa faccendogli emettere un gemito strozzato.
-Allora, chi
è stato a combinare questo bel disastro?- chiese divertito.
Angemon
annaspò.
-No..non..
so… non… visto nie… nte…-
Con un colpo secco,
gli strappò l’elmo e lo fissò dritto
negli occhi cerulei.
-E’ stato un
Virus?- domandò ancora.
Angemon
boccheggiò: era al limite.
-…on..
so…-
Piemon socchiuse gli
occhi e senza battere ciglio, strinse la presa, finché del
digimon angelico non restarono che dati.
Tacque per qualche
secondo, riflettendo sul gesto appena compiuto.
Aveva appena commesso
un omicidio.
-I pesci piccoli non
danno neppure soddisfazione.- commentò aspramente.
Gli altri due si
guardavano intorno, confusi.
Alla fine non sapevano
nulla di nulla.
Ma poi Piemon vide
qualcosa luccicare fra l’erba e quando lo raccolse
iniziò a comprendere.
“Un filo?”
pensò.
Non sapeva se essere
felice o meno della cosa.
°
Gabriemon era disceso
nuovamente dalla montagna.
Da solo anche questa
volta.
Se fosse morto, poco
gli importava. Non che volesse morire, ma non aveva neppure tanta
voglia di vivere.
E dire che tutto era
così perfetto all’inizio, quando doveva solo
difendere i deboli e gli oppressi dai Virus.
Scese a terra, sulle
rive del lago e si spogliò nuovamente. Prese poi a camminare
sulle acque placide dello specchio acquatico. L’acqua gli
carezzava i piedi, il vento rivestiva il suo corpo e rigenerava le sue
ali dalla spossatezza, la pallida luna luccicava fra i suoi capelli di
fiamma e sul suo candido viso coperto di lentiggini.
Un fruscio alle sue
spalle richiamò la sua attenzione verso la riva. Vi era una
sagoma minuta che trafficava coi suoi vestiti.
L’angelo
fece per gridargli “Ehi,
tu! Che stai faccendo?!”
Ma non poté.
Rimase in silenzio,
come sempre, con le mani sulla gola.
Qualcosa
sfrecciò sulla sua pelle, tracciando strisce rosse e dolenti
su braccia, gambe e viso.
Gabriemon perse
l’equilibrio per un attimo, ma si mantenne in volo e quando
alzò lo sguardo, lo vide bene.
“E’
il tizio dell’altra volta.” pensò
l’assassino, vedendo l’angelo volteggiare sulla
superficie lacustre.
“Rubiamogli
i vestiti!”
“Si!”
E mentre si accingeva
a farlo, si accorse che il pennuto si era reso conto della sua presenza.
“Oh, mi sa
ci ha visto…”
“E
allora? Facciamolo danzare come diciamo noi!”
Alzò allora
il braccio e sparò nella sua direzione diversi colpi.
Il corpo
dell’angelo barcollò per qualche secondo.
-Ahahaha!- rise
sguaiatamente e si alzò in volo verso di lui.
Gabriemon
sussultò, ma ritrovò la calma e
afferrò il pendente del suo diadema smeraldino. La piccola
goccia di smeraldo mutò in uno scudo enorme, senza
però perdere la forma ovoidale che la caratterizzava.
L’assassino
allora sogghignò e tese le mani verso di lui.
-Così non
vale!- esclamò infantile –Se ti copri con lo
scudo, poi mi spieghi che gusto c’è?-
Gabriemon
tentò di resistergli, ma il suo braccio si
allontanò da lui, di lato, rendendolo scoperto ad altri
eventuali attacchi.
Il digimon gli
sparò e il proiettile gli perforò
l’addome.
Gabriemon si
piegò su se stesso.
Faceva così
male!
Era quello che
provavano le loro vittime? Tutto quel dolore?
L’assassino
si gettò su di lui e gli infilò la canna della
pistola in bocca. Sollevando il braccio lo costrinse a mettersi dritto.
-Dai, urla!- gli
propose divertito.
Gabriemon
tremò, ma non emise alcun suono.
L’altro lo
squadrò confuso.
-Perché non
urli?-
Nessuna risposta,
neppure un gemito.
L’assassino
era perplesso. Ritirò l’arma e si agitò.
-Devi urlare, hai
capito!- gridò –Non è divertente.-
Gabriemon allora si
toccò la gola e fece un gesto con la mano.
-Come non te ne frega
niente?!- sbottò l’altro.
L’Angelo che
non Parla agitò le mani.
-Non ti capisco, se
non parli.- fece confuso l’altro.
Ripetè il
gesto.
-Ah!-
esclamò l’altro –Sei senza voce!-
L’angelo
annuì.
-Eh, ma che
noia…- scosse la testa deluso –Devono capitare
tutte a me!-
“E’
perché dici troppe bugie.”
-Non è
vero!-
Il suo naso
s’allungò e lui finì con
l’agitarsi ed imprecare contro qualcuno
d’invisibile.
La cosa
divertì in qualche modo Gabriemon che accennò ad
un sorriso, ma poi l’assassino puntò nuovamente la
canna della pistola verso di lui.
Cercò di
sfuggirgli, ma non vi riuscì.
Era finita.
Chiuse gli occhi.
L’arma
sparò quattro colpi.
°
-Padre!-
Piemon e gli altri due
digimon erano giunti finalmente a destinazione.
Fu strano per i
diavoli attraversare l’entrata per quella dimensione
parallela, e fu ancora più strano quando incontrarono quel
digimon mai visto prima.
-Sei tornato.- disse
quello, sollevato. Osservò i due da capo a piedi, incutendo
in loro un certo timore.
-Stanno con me.-
spiegò il clown e raccontò avvilito ogni cosa.
Apokalymon tacque per
tutto il tempo del racconto, poi, senza battere ciglio,
schiaffeggiò Piemon, gettandolo sul pavimento.
-Sei uno stupido!- lo
sgridò.
-Si, ma…-
Apokalymon gli impose
il silenzio con un dito.
-Potevi farti
ammazzare, te ne rendi conto?!-
Il clown
annuì.
Devimon e Lady Devimon
rimasero in silenzio per tutta la durata della ramanzina. La digimon
trovò la cosa piuttosto divertente. Grande e grosso
com’era, quel Piemon stava venendo sgridato come un bambino
dal suo papà. Se quel digimon bizzarro non le avesse fatto
quasi paura non avrebbe esitato a ridere come una pazza.
-Ad ogni
modo…- fece Apokalymon –La tua incoscienza ha
permesso a questo Devimon e a questa bella Lady Devimon di salvarsi.
Perciò non ho altro da aggiungere.-
Piemon
roteò gli occhi.
Già faceva
le parti. Tutti uguali i genitori…
-Ok, ok… Ho
sbagliato.- ammise, poi si guardò intorno
–Dov’è Pinocchimon?-
Apokalymon
chinò il capo.
-Perciò non
l’hai incontrato?-
Piemon scosse il capo.
-No, ma si
è cacciato in un guaio più grande di lui.-
Ormai non aveva
più dubbi.
Era suo fratello lo
sterminatore di angeli.
*
Nuovo capitolo, nuove cretinate, altra carne sul fuoco XDD
Gabriemon... beh, di fatto gli angeli per cui ho simpatia sono Michele,
Metatron, Gabriele e Raffaele, anche se qui ho tirato fuori il peggio
dal mio Michele (che è si dedito alla giustizia, ma non
fanatico). Che altro dire? Non lo so, spero di riuscire a rientrare nei
quattro capitoli previsti dalla saga (stavolta ho meditato a lungo per
scriverla). L'ultimo capitolo sarà pienotto in effetti.
Secondo come sarà lo dividerò in due, ora
vedremo, ma tanto prima devo scrivere il prossimo. Spero vi sia
piaciuto questo intanto ^_-
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Capitolo 4 *** Ordine Angelico, Parte III: L'angelo e l'assassino. ***
Ordine Angelico, Parte
III: L'angelo e l'assassino.
Quando Gabriemon, l’Angelo che non Parla, aprì gli
occhi, era ormai pomeriggio inoltrato.
Il cielo era un manto plumbeo tracimante di fitta pioggia le cui stille
trafiggevano il suolo come aculei. Ad un ulteriore esame,
poiché era ancora molto stordito, appurò di
trovarsi all’interno di un riparo di fortuna nella
cavità di un qualche albero, ma il come ci fosse arrivato
restava un mistero. Si accorse quasi subito, però, di essere
legato tramite quattro corde rosse a una croce di legno incastrata nel
tronco cavo. Era ferito a braccia e gambe e rammentò i
quattro proiettili che l’avevano colpito agli arti di
striscio. Aggrottò le sopraciglia nel rendersi conto che non
solo le ferite superficiali erano state medicate alla bene e meglio, ma
anche quella più profonda all’addome. Il senso di
tutto ciò gli sfuggiva, si guardò intorno
circospetto ma non vide nessuno per cui, con cautela, tentò
di liberarsi tirando le funi, senza però riuscirvi. Erano
più resistenti del previsto e anche faccendo leva col corpo
per disincastrare la croce, non riuscì neppure a smuoverla
di un millimetro. Non aveva più il diadema e sentiva di non
avere energie per effettuare nessun attacco. Poiché
però si sentiva relativamente in forze, la causa di
ciò dovevano essere proprio quei legacci. Insistette per
interminabili minuti finché, esausto e dolorante, dovette
desistere. Non vi era nulla di tagliente che potesse tornargli utile e
i suoi vestiti erano abbandonati in un angolo di quel tugurio che non
poteva raggiungere.Solo quando si rese conto di non avere altre
alternative, ritenne opportuno chiedere aiuto. Inspirò ed
espirò per ritrovare la calma dentro di sé,
tentando di visualizzare la sua posizione, di ricercare le menti di
Mikerumon o Metatromon per contattarli e, quando fu sul punto di
riuscire a sintonizzarsi, un vocio chiassoso lo deconcentrò.
-Io dico che dobbiamo
farlo fuori.-
-E io ti dico di no.-
-E io ti dico che non
c’è gusto, quindi lo facciamo fuori!-
-E siccome il corpo è mio, decido io!-
Col cuore in gola rimase in attesa finché
l’assassino fece la sua comparsa, Gabriemon
avvertì un brivido di terrore percorrergli la spina dorsale.
Era armato con il martello a tamburo e una pistola che agitava qua e
là senza curarsi se ci fosse o meno la sicura. In cuor suo,
l’angelo sperò di sì.
-Oh, si è svegliato!- esclamò il burattino,
ingenuamente.
-Bene, uccidilo.-
-Non rompere!- chiuse il discorso e smise di ascoltare la voce
petulante nella sua testa. Si avvicinò alla creatura sacra
con crescente curiosità e infilò un proiettile
nel tamburo canticchiando fra sé e sé. Poi, senza
smettere di canterellare gli puntò la canna della pistola
alla tempia e l’angelo s’irrigidì.
Indietreggiò fino a trovarsi spalle al muro e senza
possibilità di difendersi. Pinocchimon continuava a
canticchiare quella nenia sconnessa, divertito.
S’inginocchiò curioso davanti a lui, agitando
ancora l’arma, scrutandolo con gli occhi scarlatti carichi
d’innocenza contorta.
-Perché non puoi urlare?- gli domandò.
Gabriemon non rispose, si limitò a distogliere lo sguardo.
Indispettito, il burattino gli premette la canna sulla tempia con
così tanta foga da sbattergli la testa alla parete.
Gabriemon si morse le labbra, per sopportare meglio il dolore.
Cercò di concentrarsi, di isolarsi per invocare
l’aiuto di Metatromon o di Mikerumon, ma la nenia stonata del
burattino lo deconcentrava e il suo continuo premergli la pistola alla
testa non era da meno.
-Perché non puoi urlare?- ripetè la domanda.
Schiuse le labbra formulando una frase semplice che di per
sé voleva dire molto poco.
-Ti hanno fatto un incantesimo?- fu la seguente, immediata domanda.
Pinocchimon allontanò l’arma.
-E chi?- chiese con infantile curiosità.
Gabriemon rispose, sempre senza riuscire ad emettere alcun suono.
-Chi è questa digimon?- esclamò incuriosito il
burattino, sedendosi di fronte a lui, pronto ad ascoltare quella che
presagiva fosse una storiella interessante. L’angelo,
guardingo, decise di accontentarlo, almeno per tenerselo buono,
sperando di poter approfittare al più presto di una sua
minima distrazione.
°
-E questo?- domandò Devimon.
-Questo…- iniziò Piemon, tronfio
d’orgoglio –E’ il mio telescopio!-
I due diavoli si scambiarono un’occhiata e poi alzarono le
spalle. Il clown non se la prese, anzi, rise sommessamente, quasi
compatendo i due poveri stolti.
-Mia cara, non ne hai mai visto uno in vita tua?-
-So benissimo cos’è.- rispose secca
–Solo non capisco a cosa può servire adesso.-
-Tsk tsk…- il clown scosse il dito sogghignando
–Guarda e stupisciti, cara.-
Il telescopio era un vecchio modello recuperato da un laboratorio
astronomico distrutto dagli angeli, al quale Piemon aveva collegato dei
vecchi televisori.
Con fare scenico ruotò la rotella d’accensione di
uno di questi e sullo schermo si visualizzò
l’immagine del muro del rifugio.
-Davvero bella quella crepa.- commentò Devimon.
-Sempre a cercare il pelo nell’uovo, eh?- si finse offeso
quello, ma sorrise quando, pochi secondi dopo, l’immagine
cambiò lasciando di stucco i due fratelli. La crepa sul muro
era scomparsa, per lasciar spazio a una fitta foresta alle pendici
d’una ripida montagna che Devimon identificò
immediatamente col Monte Mugen, ma lo stupore crebbe maggiormente
quando sullo sfondo del paesaggio comparve una figura ben nota.
-Ma quello…- Lady Devimon era meravigliata, in vita sua non
aveva mai visto una cosa del genere. E dire che di digimon maghi e
diavoli ne aveva conosciuti assai tanti da poter scrivere
un’enciclopedia – non che ne avesse intenzione
– ma quel trucchetto ancora le mancava.
-Salutatemi.- disse il clown, divertito dallo sbalordimento che la
visione di un se stesso oltre lo schermo a molti, moltissimi, kilometri
di distanza, aveva arrecato ai due.
L’altro Piemon salutò dall’altro lato
del tubo catodico e lui ricambiò.
-Su non siate maleducati…- protestò appena prima
di sentire il tacco dello stivale della donna premere contro la ferita
in via di guarigione.
-Aaaaaagh!- urlò di dolore.
-Muoviti!- sbraitò Lady Devimon –Non sopporto
queste perdite di tempo!-
E Devimon… beh, lui rimase impassibile, c’era
abituato a questo genere di cose e certo non aveva voglia di subire lo
stesso trattamento da parte di quella furia scatenata. Neppure
Apokalymon intervenne e non perché fosse felice di avere
finalmente una figura femminile in giro per casa, ma quanto
perché la suddetta, insieme a Devimon, poteva bilanciare
l’evidente squilibrio mentale degli altri due figli. Non era
solo Pinocchimon ad avere subito dei danni psicologici, ma anche Piemon
stesso, solo che li mascherava meglio. Chissà se la presenza
di Lady Devimon avrebbe aiutato quella testa calda a riflettere prima
di buttarsi a capofitto nelle cose.
A volte si pentiva di avergli conferito quei poteri, perché
certo non era stato un piano brillante andare a Overdell a combattere
contro Metatromon.
-Allora, l’hai trovato?- domandò spazientita la
digimon.
-Un attimo di pazienza!- esclamò Piemon –Non ho la
sfera di cristallo, devo andare per tentativi!-
Il clown si concentrò sullo schermo, dove l’altro
se stesso batteva la zona con circospezione. Trascorsero interminabili
minuti e la situazione non variava. Solo vegetazione e silenzio. Piemon
accese anche gli altri televisori e altri due pagliacci variopinti
comparvero all’altro lato dello schermo, in zone diverse alle
pendici della montagna.
Sudava copiosamente, notò Devimon, tanto che si
azzardò a domandare.
-Tutto bene?-
Piemon lo zittì con un sibilo –Non riesco a
concentrarmi.- spiegò corrugando le sopraciglia in una
smorfia concentrata. A un certo punto gli parve di scorgere qualcosa
sulla sinistra dello schermo centrale e il suo doppio si
voltò per dare un’occhiata. Frugò fra i
fitti arbusti del sottobosco, fino a che non vide chiaramente una
sagoma minuta schizzare alla sua sinistra.
Per lo scatto improvviso, rischiò di perdere la
concentrazione e per un attimo le sue copie tremarono come vecchi
ologrammi. La creatura fuggiva sollevando una cresta di foglie lungo il
suo passaggio. Poteva avvertirne la disperazione dal disordine
inconsulto della sua fuga e non gli ci volle molto per raggiungerla.
-Che sia un angelo?- disse piano Lady Devimon.
-Non credo…- rispose Devimon.
Entrambi restarono con gli occhi incollati allo schermo, senza fiatare,
quasi un solo soffio di fiato potesse togliere la concentrazione a
Piemon. Anche Apokalymon taceva e dal canto suo sperava non si
trattasse affatto di uno di quei dannati pennuti.
La creatura si fermò. Restò immobile, il suo
cuore batteva all’impazzata quasi volesse essere rigurgitato
fuori, i brividi di sudore freddo le scuotevano le membra e dovette
mordersi la lingua per non far cozzare fra loro i denti.
Tutto taceva.
Poteva rifugiarsi in quella cavità nella roccia, sembrava
molto profonda, non sarebbe riuscito a raggiungerla.
Contò fino a tre con una lentezza estenuante, poi, con la
foga che solo la disperazione conferisce, si lanciò verso la
salvezza. Due mani l’afferrarono proprio a pochi centimetri
dalla piccola cava. Avrebbe urlato per la sorpresa e il terrore se una
mano guantata non le avesse chiuso saldamente la bocca.
°
-E’ stata molto cattiva…- commentò
Pinocchimon seduto a terra con le gambe incrociate infantilmente,
proteso all’ascolto, ma con la pistola sempre in pugno.
Gabriemon scosse la testa.
-Tu le vuoi dare ragione?!- sbottò il burattino, sconvolto
-Sei diventato scemo oltre che muto?!-
L’angelo alzò le spalle in un gesto che poteva
sembrare indecisione, in realtà stava semplicemente
rassegnandosi al fatto che era davvero uno stupido. Ma non poteva farci
nulla.
-Una volta…- il Virus si avvicinò a lui
parlottando sommessamente, come a renderlo complice di un segretissimo
complotto dal quale dipendevano le sorti del mondo intero. -Mio
fratello ed io eravamo in una vecchia villa polverosa col suo amico
vampiro e non c’era niente da mangiare, così ci ha
detto lui, ma sai cos’ho scoperto?-
Gabriemon aggrottò le sopraciglia sottili e scosse il capo.
-Che suo fratello aveva un frigorifero pieno di roba e così
mi sono detto “Se
mangio qualcosa, non se ne accorgerà…”
e ho preso della carne… ce n’era tanta ed era
squisita. Poi è tornato suo fratello e si è
accorto che qualcuno aveva mangiato la sua carne e si è
incavolato tantissimo. Io e mio fratello siamo scappati dalla finestra
per non farci scoprire e non abbiamo rivisto quel succiasangue per una
settimana, fino a quando non ci è apparso davanti tutto
pieno di lividi e bende e sai cosa ci ha detto?!-
Gabriemon scosse la testa, deglutendo.
-Ha detto che non avrei dovuto prendere quella carne e quando mio
fratello gli ha detto che suo fratello era un maledetto bastardo, lui
si è incazzato e da allora non l’abbiamo
più rivisto. Che coglione…- sospirò e
lanciò un’occhiata interrogativa verso
l’angelo –E tu? Sei un coglione anche tu?-
A quel punto Gabriemon non rispose neppure col minimo gesto,
consapevole di essere, ebbene sì, un gran coglione.
°
-Un Lalamon?!- fu l’esclamazione sbigottita di Lady Devimon
-Hai fatto tutto questo casino per un Lalamon?!-
Piemon si voltò appena verso di lei -Una Lalamon. Nel caso
non ti fossi accorta, è una femmina.-
-Oh, scusa tanto se non sto a pensare a questi piccoli particolari!-
-E fai male, mia cara.- ribatté quello, annuendo -Sono i
piccoli dettagli che fanno la differenza.-
Lady Devimon fece per rispondere con astio, ma lasciò
correre quando il Piemon al di là dello schermo
iniziò a discorrere con la piccola digimon intermedia che,
tremante e terrorizzata, non accennava a reagire. Era paralizzata dal
terrore.
-Non voglio farti del male.- le disse, calmo -Perciò, non
urlare…- esitò titubante, erano pur sempre alle
pendici del monte Mugen, praticamente sotto casa di Mikerumon e
compagnia bella.
Le lasciò piano la bocca, sperando che non chiamasse aiuto e
fu davvero una fortuna che questa fosse tanto terrorizzata,
perché non emise un fiato.
-Non volevo spaventarti…- disse ancora Piemon -Ma stavo
cercando una persona. E’ un burattino, alto più o
meno così, l’hai visto?-
Quella lo fissò dal basso, intimorita, ma speranzosa al
tempo stesso. Forse sarebbe riuscita a portare a casa la pelle.
-E parla da solo.- concluse Piemon, non certo per infangare l'onore
dello svitato fratello, ma quanto perché non capita tutti i
giorni di incontrare uno psicopatico, se Lalamon l’aveva
visto, di certo non l’avrebbe scordato.
Infatti, la piccola guardò alla sua destra e poi di nuovo
verso la punta dello stivale del pagliaccio, poi verso la sua giacca
cangiante e di nuovo allo stivale. Tremante balbettò
-Ho… ho visto un burattino… io…
io… qualche giorno fa stavo andando a cercare qualcosa da
mettere sotto i denti quando… quando degli angeli sono scesi
dalla montagna.-
Piemon corrucciò la fronte.
-E poi… loro mi hanno scansionato e… e hanno
visto che non sono pura così… hanno…
hanno cercato di uccidermi.- aveva la voce sottile rotta dal pianto e
tremava visibilmente per quel ricordo combinato alla paura presente.
-E poi?- domandò speranzoso il clown, chiedendosi cosa
c’entrasse con Pinocchimon, ma intuendolo.
-Credevo di morire…- pigolò la digimon -Quando
lui è arrivato… li ha uccisi tutti e mi ha
salvato…-
Il clown annuì.
-E sai dov’è andato dopo?-
La piccola alzò la zampina alla sua sinistra -Da quella
parte… diceva di avere tanto da fare…-
-Grazie.- disse semplicemente Piemon, incamminandosi nella direzione
indicata, poi si fermò, ad un certo punto, e si
voltò verso Lalamon, che ancora stava ferma
dov’era, a fissarlo.
-Non perdere tempo e nasconditi.- le disse, poi borbottò
-Quelli non guardano in faccia a nessuno.-
Riaffiorò, maledetto, alla sua mente il ripugnante ricordo
di quella notte di fuoco. Dovette combattere con tutto se stesso per
non sprofondare fra le spire della malinconia, in quel momento. Per
quanto volesse ricordare, non doveva, perché ne avrebbe
sofferto terribilmente e non aveva tempo per crogiolarsi nel dolore.
-Quando lo rivedrà…- disse la vocina tremula alle
sue spalle –Gli dica grazie di cuore…-
Quando Piemon si voltò di nuovo, Lalamon era già
scomparsa.
-Senti, mi spieghi perché non ci possiamo aiutare con le tue
copie?- chiese Lady Devimon, esausta e affamata.
Piemon abbozzò un sorriso compunto con le labbra scarlatte.
-Quelle non erano copie.- disse -Ero io… è un
po’ complicato da spiegare ma, in pratica, hai mai sentito
parlare di ubiquità? Non possono coesistere due me stesso
nel medesimo posto.-
-Ho, capito, sei perfettamente inutile…- commentò
la digimon accarezzando uno dei piccoli pipistrelli che le svolazzavano
intorno.
Devimon alzò gli occhi al cielo, si sarebbero battibeccati
di nuovo e lui se li sarebbe dovuti sorbire. Se non fosse stato
intelligente, avrebbe pensato che si odiassero a morte, ma lo era e
quei due si stavano corteggiando nel loro personalissimo modo
zuccheroso e melenso.
-Bleah…- commentò appoggiandosi a un albero in
attesa che finissero. Si era ormai fatto buio e benché
questo non influisse nelle ricerche, con la luna sorgeva anche la
preoccupazione. Erano digimon di tenebra, in fondo, ma come loro vi
erano molti altri Virus che non erano propriamente desiderosi di un
piacevole quieto vivere e neppure erano propensi a fare distinzioni fra
i propri simili e gli altri. In particolare, si diceva che in quella
zona vivesse un fuorilegge di nome MadLeomon, una spina nel fianco non
indifferente per qualsiasi digimon a prescindere dalla tipologia.
Devimon sperava di non incontrarlo affatto, perché non aveva
voglia di perdere tempo con un idiota del suo stampo.
°
Gabriemon si svegliò di soprassalto, terrorizzato dalla
consapevolezza di essersi addormentato placidamente ancora prigioniero
del nemico. Si riscoprì adagiato su un tappeto di foglie e
protetto dal freddo della notte grazie ai suoi stessi vestiti e da una
coperta di foglie. Era ancora legato, ma le sue ferite erano state
ripulite e medicate con delle fasciature nuove, anche se di fortuna.
Non c’era traccia del misterioso burattino, tutto taceva,
eccetto che per il vento che ululava fra le pareti, filtrando da ogni
minuscola fessura nel legno. In lontananza il fruscio
dell’erba era un continuo grattare nell’aria
gelida. Tendendo le orecchie, poteva udire questo continuo e sinuoso
grattugio avvicinarsi, circospetto. Probabilmente era Pinocchimon, come
aveva detto di chiamarsi, che faceva la guardia, oppure che passeggiava
liberamente a mano armata nei dintorni, ma più il rumore si
faceva vicino, più i piedi che affondavano
nell’erba parevano pesanti. Sconcertato, fissava ancora
l’entrata, quando un muso ferino
s’affacciò da essa e due occhi febbrili iniettati
di sangue vagarono nel buio sino ad incrociare la sua figura. Vide il
bianco dei suoi denti scintillare maligno e udì il suo
respiro rantolante sferzare l’aria. La risata gutturale del
digimon provocò in lui un insano terrore e
s’appiattì alla parete per ricavarne un ingenuo ed
irrazionale conforto.
Il digimon entrò a passo pesante nel rifugio senza
staccargli gli occhi di dosso e avanzò verso di lui
lentamente, ostentando la propria mole e la terrificante motosega che
si portava appresso. L’angelo se ne accorse solo quando la
vide rischiarata appena dalla luce flebile della luna.
-Guarda guarda, cosa abbiamo qui…- ringhiò
divertito il digimon -Un angioletto tutto solo caduto dal
cielo…- fu solo in un secondo momento che il digimon si
accorse delle fasce rosse che legavano mani e piedi
dell’angelo e ne fu compiaciuto.
-Qualcuno ti ha smarrito forse?- domandò –O ti ha
abbandonato qui di proposito?-
Gabriemon era terrorizzato, ma riuscì a trovare la
concentrazione necessaria per invocare l’aiuto di Metatromon
o di Mikerumon, insomma, di chiunque avesse potuto sentirlo. Prima che
qualcuno giungesse in suo soccorso, però, sarebbe passato
del tempo, per cui doveva difendersi da solo col poco potere che
possedeva. Probabilmente con la sola forza del suo gracile corpo.
“E’
MadLeomon.” si disse “Il
berserkr…. Livello indefinito, tipologia Virus…
equipaggiamento… oh Binahmon, ho peccato, ho peccato e ti
chiedo perdono, ma ti prego, assistimi…”
Se ne dicevano tante sul conto di MadLeomon e se c’era un
digimon che il Mondo Digitale non avrebbe certamente rimpianto, era lui.
Il braccio armato si levò ruggente nell’aria, la
motosega ululava rabbiosa reclamando sangue.
L’angelo riuscì ad evitare le lamelle rotanti per
un soffio, gettandosi di lato quanto i legacci permettevano.
L’arma gli passò sopra la testa e
strisciò sulla parete legnosa incurante
dell’attrito, lasciando un profondo solco lineare. I legacci
si ruppero, fortuna nella sfortuna, e Gabriemon sgusciò via,
tentando di recuperare il proprio diadema dall’altra parte
della stanza naturale. Non fu veloce come sperava, era ancora debole e
ferito, e non completamente libero dalle sue catene. Una zampa possente
lo schiacciò al suolo con rabbia.
-Vai già via, angioletto?- gli domandò beffardo
MadLeomon sollevandolo dal suolo per le ali e strattonandolo con forza.
Gabriemon gemette in silenzio e boccheggiò penosamente in
cerca d’aria. –Non vorrai lasciarmi a mani vuote!
Porterò la tua testa a quel bastardo di Mikerumon!-
“Binahmon,
dammi la forza, ti prego!” urlò
interiormente, le mani strette a pugno nel vano tentativo di contenere
il dolore. Poteva quasi percepire il lezzo della morte avvolgerlo. Era
certo l’odore di quell’ammasso di dati vomitato
dall’inferno, ma aveva poca importanza, era lui la sua morte,
la nera signora. La vista offuscata gli giocava strani scherzi al
cervello, perché la roboante motosega era appena divenuta
una silente falce, sibilante e letale. Il respiro roco e affannato
della bestia impregnava le sue orecchie, isolandolo
dall’ambiente circostante, imprigionandolo in una bolla
funebre.
“E’
questo che si prova?” si disse “E’ questo
ciò che abbiamo causato per tutto questo tempo?”
Avrebbe potuto forse adoperare il suo sacro scudo, ma la propria
coscienza gli impedì di farlo. Il diadema
tintinnò al suolo, segnale di resa. La risata della bestia
compiaciuta sferzò l’aria ancora una volta per
culminare in un acuto strepito di dolore. I suoi dati si dispersero
nell’aria strisciando lungo le membra spossate
dell’angelo che cadde inerme al suolo, confuso.
Sull’orlo della perdita di conoscenza, intravide una sagoma
minuta e un tamburo di metallo fumante fresco d’esplosione.
-Ma guarda questo!- borbottò indispettito, Pinocchimon,
raccogliendolo da terra e sollevandolo di peso per adagiarlo, con
grazia discutibile, sul giaciglio di foglie -Ehi!- lo scosse -Ehi mi
senti?-
Gabriemon aprì piano gli occhi e scorse alle spalle del
burattino una sagoma familiare e maestosa seminascosta nel silenzio
dell'oscurità.
Metatromon.
Note:
Finalmente
sono riuscita a scriverlo, perdonatemi, forse è
più lungo del previsto e il prossimo, che doveva essere
l'ultimo, forse lo dividerò in due parti. L'ultimo della
mini saga. Relativamente, non succede poi molto, ma ritengo siano cose
assai importanti e l'essere riuscita a mettere tutto e a scriverlo
così, beh, mi rende fiera. Certo NVU rompe un po' le palle...
Vediamo un po': Binahmon, è la dea. Alla fine ho deciso di
inventarla e mi sono messa a caccia di una figura angelica femminile
(si, lo so, gli angeli sono asessuati in teoria xD) In
realtà Binah non è proprio un angelo, ma una
delle tre Sephirah che costituiscono il Triangolo Supremo
nella Cabala. Un principio femminile, comunque, magari vi do
delucidazioni nel prossimo capitolo, anche perché altrimenti
vi svelo i suoi poteri ecc... e visto che ancora non è
apparsa non sarebbe il caso. In realtà c'è anche
un angelo che si chiama Binael, solo che viene considerato al maschile,
ma Vabbè... Oggi internet mi ha aiutato davvero assai per
l'ispirazione, ma saprete tutto a tempo debito, kukuku
Berserkr, immagino sappiate cosa significhi.I berserkir erano guerrieri
di Odino che prima delle battaglia entravano in uno stato di furia
cieca e combattiva, altamente pericolosi. Sulla wikipedia dei digimon,
ho appunto letto che MadLeomon
è un digimon berserkr. Appare nella serie Xros Wars e,
sì, anche lì il suo carattere non è
dei migliori. Ah, comunque, là immagino la motosega ce
l'abbia per assemblaggio con un altro digimon, qua invece,
poiché siamo nei tempi antichi, dubito che conoscesse una
tecnica così sofisticata, per cui, era solo una normale
motosega e il suo corpo non era corazzato.
Lalamon: ok, qui forse molti di voi non gliene fregherà
nulla, ma l'ho voluta mettere per un motivo. Nella mia fic
(pubblicità non tanto occulta) Twins' War, Pinocchimon
è affiancato da una Lilamon. Beh, è lei dopo che
è riuscita ad evolvere, ecco perché è
così devota (cottaaaaa) di lui. *^*
L'amico vampiro: beh, spero si sia capito a chi mi riferivo e a chi mi
riferisco con "fratello" *cough* Phelesmon *cough*
Pubblicitààààà:
Ho indetto una challenge su digimon "Luci
del paradiso, fiamme dell'inferno" , se avete tempo, dateci
un'occhiata ^^
Non ho altro da dire, grazie per aver letto, fatemi sapere che ne
pensate *^*
|
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Capitolo 5 *** Ordine Angelico, Parte IV: I fuochi della ribellione - Invito ***
Note: Questa
parte sta uscendo più lunga del previsto, perciò
la parte quattro si divide almeno in tre parti. Poi possono diventare
anche due, dipende da quante parole mi verranno. In realtà
volevo scrivere ancora di più qui, ma era davvero troppo
lunga, poi mi avreste lapidato ^^''
Vi
lascio alla lettura, sperando che ci sia ancora qualcuno che segue
questa serie, i miei tempi sono spaventosamente lunghi, perdonatemi!!
Il
capitolo di Twins' War (per la cronaca) è in stesura, spero
di riuscire a finirlo presto, l'ispirazione sta facendo di nuovo le
bizze, quindi non so quanto ci vorrà, nonostante le idee ci
siano (sapete come funziona quella stronza, no?).
Buona
lettura!
Mi
farebbe tanto piacere sapere cosa ne pensate ^_-
Parte IV: I fuochi della
ribellione - Invito
Gabriemon
avanzò silenziosamente nella sala.
Mikerumon
lo attendeva per il rapporto e, purtroppo, sapeva che non sarebbe stato
piacevole per nessuno dei due.
-Ti
sei ripulito?- gli domandò, infatti, quello, senza neppure
guardarlo in faccia.
Annuì.
Metatromon
gli aveva quasi strappato le fasciature di dosso (quelle sudice
fasciature fattegli da uno schifoso Virus), quando l’aveva
riaccompagnato sul monte Mugen. Poteva ancora percepire il disgusto che
trapelava dai gesti dell'Angelo che Non Sente nel tenerlo fra le
braccia.
Certo
non poteva pretendere che volasse con le sue inesistenti forze, visto
com'era conciato. Fortuna che ancora godeva di un minimo di
autorità fra i suoi parigrado, perché con
un'occhiata aveva fatto intuire all'altro di essere ancora capace di
cambiarsi da solo. “Mammina”, avrebbe aggiunto, se
avesse potuto parlare. Non che facesse differenza, tanto, che lui
avesse o meno la voce, quei due non l'avrebbero ascoltato. La sua
autorità si limitava alla cosa dei vestiti, a quanto pareva.
Ripulitosi
dallo sporco e dal sangue, si era fatto medicare da un servitore e
aveva indossato degli abiti nuovi. Quelli vecchi ordinò che
fossero bruciati, perché, come diceva Mikerumon, il male
andava purificato col fuoco.
A
volte Gabriemon si chiedeva se non sarebbe stato il caso di dar fuoco
anche a lui, ma poi distoglieva la mente da quel pensiero sacrilego:
Mikerumon era la spada della Dea, i suoi occhi il Suo giudizio, come
poteva solo pensare cose simili?
-Gabriemon.-
l'aveva richiamato Metatromon, intimandolo con lo sguardo a rispondere
e bene. -Non rovinare tutto il lavoro fatto finora.-
Era
ancora notte fonda, la luce lunare si rifletteva tenuemente sul marmo
della sala, dando l’impressione di una landa innevata,
sovrannaturale, suggestiva, eppure sempre così desolata.
Neppure la luce delle stelle riusciva a scaldare la sensazione di gelo
che si provava nel varcare quella soglia. Da tempo il rumore dei passi
che risuonavano fra quelle mura erano diventati estranei, quasi ostili
alle sue orecchie.
L’Angelo
che Non Parla sfiorò il libro che Metatromon aveva fatto
levitare accanto a lui e le parole che pensava, si vergarono su quelle
pagine.
“Sì,
naturalmente.”
-Bene.-
rispose l’Angelo che Non Vede, accomodandosi sul suo scranno.
Niente che appartenesse ad un Virus era ammesso alla sua vista. Le
volte in cui aveva fatto rapporto prima della prassi di pulizia e
purificazione si era sorbito lunghe ramanzine su come il germe del male
si diffondesse sfruttando i minimi spiragli nelle difese dei giusti.
Forse
era vero, forse…
-Sono
lieto che tu stia bene, Gabriemon.- la voce di Mikerumon suonava pacata
alle sue orecchie, eppure così distaccata.
-Anche
se non sei stato tu ad occuparti di MadLeomon, giusto?-
“No,
infatti.” ammise “Ma almeno un grosso problema
è stato risolto.”
Se
avesse potuto vedere gli occhi di Mikerumon, Gabriemon era certo che si
fossero appena assottigliati.
-Il
problema è che ti sei fatto catturare e poi salvare da un
Virus. Due indegne creature hanno insozzato la nostra sacra immagine e
questo è tutto quello che sai dire?!-
“Che
direi.” pensò l’angelo dai capelli
rossi, senza sfiorare il libro. Abbassò lo sguardo, pronto a
sorbirsi il solito supplizio, la solita manfrina.
Ormai
gli entrava da un orecchio e gli usciva da un altro.
Un
tempo rispettava Mikerumon, ma poi… poi qualcosa era
cambiato, la sintonia che c’era fra lui e gli altri due
Angeli era stata cancellata, anche quella lavata nel sangue.
Alzò gli occhi al cielo, tristemente, nel pensare a quella
persona, per poi tornare a concentrarsi sulla discussione.
“Non
ho scusanti per ciò che è successo.”
concesse, premurandosi di assicurare: “Non accadrà
più.”
Mikerumon
parve soppesare quelle parole, poi concesse il suo benestare,
perché c’era qualcos’altro che gli
premeva.
-C’è
un’altra cosa… - disse, infatti, -Quando abbiamo
purificato Overdell da quella feccia, c’era un clown che
affermava di conoscere me e Metatromon.-
-Facendo
delle ricerche nel suo ramo evolutivo e analizzando il suo sangue,-
continuò l’Angelo che Non Sente -ho appurato che
si tratta di uno dei superstiti della Selva Nera di Layer. E anche il
Virus che ti ha catturato.-
-Perciò
ci sono diversi di quegli esseri reietti che credevamo di aver
purificato e che, invece, ancora respirano e insudiciano questo mondo!-
riprese l’Angelo che Non Vede, alterandosi ad ogni parola.
Gabriemon immaginò immediatamente dove volessero andare a
parare.
-Dobbiamo
sapere dove si nascondono e cancellarli dalla faccia di Digiworld!-
°
Piemon
guardò con disappunto l’interno devastato
dell’albero cavo nel quale, era sicuro, Pinocchimon si era
nascosto. Camminò silenziosamente fra i frammenti di legno,
chiazze di sangue rappreso e piume, facendo scorrere la mano lungo la
striscia scavata dalle lame rotanti di una motosega. Raccolse le piume
e le esaminò attentamente, per un attimo il suo sguardo si
fece vacuo, mentre apriva i cassetti della memoria per rammentare
qualsiasi dettaglio potesse essergli utile per venire a capo del
mistero. Chi c’era lì dentro assieme a suoi
fratello e agli angeli?
Come
si erano consumati gli scontri?
Decise
di esporre le sue perplessità ai due fratelli diavoli che
l’avevano accompagnato fin lì.
-Perché
così conciato sei inutile.- gli aveva detto Lady Devimon.
Che
cara ragazza...
Ormai
l’aveva inquadrata e, nonostante avesse un carattere
discutibilissimo, poteva non trovarla adorabile, per non dire splendida?
-Non
sono le piume di Mikerumon.- disse, distogliendo la mente dal dolce
ricordo di quella pedata alla schiena che gli aveva fatto vedere tutte
le stelle della galassia. Non poteva dimenticare quelle piume, non
avrebbe mai voluto farlo perché voleva averle fra le mani e
strapparle a mazzi con tutta la rabbia e il sadismo che albergavano nel
suo cuore.
-Sono
di Metatromon.- concordò Devimon. -C’erano due
angeli qui.- disse mostrandogli due differenti piume. Quelle di
Metatromon lunghe e quasi affilate, le altre delicate, come
tondeggianti, e più piccole.
-Nessuno
di loro porta armi così pesanti e grezze.- disse Lady
Devimon, osservando anche lei la strisciata lasciata dalla motosega di
MadLeomon.
-E
fuori ci sono molte tracce pesanti, non ci sono angeli così.-
-Sembra
quasi...- Devimon si fece pensieroso -Il segno che lascerebbe una
motosega...-
-A
cosa stai pensando?- gli domandò la sorella.
-Ho
sentito che in questa zona c’è un pazzo che si
diverte a squartare chiunque gli capiti a tiro con uno di quegli
affari.-
-Stai
parlando del berserkr?- chiese la diavolessa.
-Proprio
lui. Potrebbe essere stato qui, spiegherebbe le impronte pesanti e le
tracce di lotta. Però... non se n’è mai
andato, a quanto pare.- rispose Devimon, constatando che
all’esterno non ci fossero tracce che si allontanavano
dall’albero. Il diavolo camminò su e
giù con fare pensieroso.
-Ho
un’idea approssimativa di quello che è successo.
Il nano malefico era qui, è arrivato MadLeomon, il nano
malefico uccide MadLeomon, arrivano gli angeli e il nano… -
lasciò intendere cosa pensava fosse accaduto con un silenzio
rispettoso. Normalmente non si sarebbe preoccupato di addolcire la
pillola a qualcuno, ma se c’era qualcosa che lo accomunava a
quell’eccentrico digimon clown, quella era la famiglia.
Piemon
gli lanciò un’occhiata in tralice.
-Come
investigatore non farai molta strada. E per favore, non chiamare mio
fratello nano, è molto sensibile al riguardo.- disse per poi
raccogliere uno dei legacci rossi che appartenevano al burattino.
-Secondo
me, uno degli angeli era qui con lui dall’inizio. Poi
è arrivato MadLeomon e hanno combattuto, Pinocchimon l'ha
ucciso, poi, per ultimo è arrivato Metatromon. Sembra che
qui ci siano state almeno due persone per diverso tempo, ci sono tracce
di cibo… ma c’è qualcosa che non mi
torna… -
-Ovvero?-
domandò Lady Devimon.
-Non
ci sono altri segni di lotta, perciò Metatromon ha sorpreso
Pinocchimon, a questo punto poteva ucciderlo e purificare tutto. O
purificare tutto direttamente. Perché non l'ha fatto?-
I
due diavoli ci pensarono un po’ su, poi entrambi giunsero
alla medesima conclusione del clown.
-Perché
noi sapessimo cos’è accaduto qua dentro.- disse
Devimon.
-Suona
come un invito.- aggiunse LadyDevimon, Piemon annuì. Sul suo
viso era dipinto il sollievo, ma anche una certa apprensione.
Pinocchimon era vivo, molto probabilmente.
E
stava sicuramente dando di matto.
Bisognava
proprio andare a recuperarlo e in grande stile, sembrava proprio un
segno del destino.
-E'
finito il tempo di giocare a nascondino, eh, Mikerumon?- disse, con un
sorriso che prometteva tutto il male del mondo.
°
-Pennuti
bastardi!!- urlò Pinocchimon agitandosi dietro le sbarre
-Non avete il coraggio di combattere?! Cagasotto! Cagasotto!-
“Oh,
ti prego, tanto non ci faranno uscire da qui, smetti di fare figure
pietose.”
-Smettila
tu.-
“Se
non stai zitto ci faranno fuori. In questo momento sono la tua sola
compagnia, vuoi litigare prima di morire?”
-Chiudi
il becco.-
“Lalalalalalà!
Posso parlare finché voglio e tu non puoi far nulla per
impedirmelo!”
Pinocchimon
si sarebbe volentieri sparato pur di mettere a tacere
quell’idiota nella sua testa! Diamine, non era incazzato
neppure un pochino?!
Aveva
quei maledetti pennuti davanti e non poteva far nulla per strappargli
le piume una ad una! Aveva provato a lanciargli contro i suoi fili
invisibili, ma, ovviamente, la cella in cui era stato rinchiuso era a
prova di magia, a prova di attacco e, peggio di ogni altra cosa, a
prova di Virus. La rabbia gli aveva impedito di pensarci troppo, ma il
suo corpo iniziava a risentire della permanenza in quella prigione.
Strinse le sbarre con forza e serrò i denti fino a sentirli
scricchiolare.
-Fa'
silenzio.- ordinò Metatromon, seccato dalle sue urla.
La
luce sacra emanata dalle pareti e dalle sbarre illuminò a
giorno la cella, investendo in pieno il burattino che urlò
in preda al dolore lancinante. L'angelo si fece avanti per accomodarsi
su una sedia di fronte alla cella, col suo libro sacro posato su un
piccolo tavolo dalle lunghe gambe metalliche.
-Ora,
tu mi dirai dove si nasconde tuo fratello e i digimon che avete fatto
fuggire da Overdell.- ordinò.
Pinocchimon
si sollevò a fatica da terra.
-Eh,
chissà...- ciondolò menefreghista. -Forse se ti
ficchi due dita in culo te lo posso pure dire.-
La
stanza s'illuminò nuovamente e il burattino
soffrì le pene dell'inferno per interminabili secondi,
mentre l'angelo scriveva con fare certosino, senza degnarlo di uno
sguardo.
-Come
avete fatto a fuggire al rogo di Layer?-
La
risposta volgare morì in bocca a Pinocchimon. Le immagini
del terribile incendio gli sconvolsero la mente, precipitandolo in un
mosaico di ricordi confusi, dolorosi, angoscianti, terrificanti.
-La...
Lay...er... - biascicò con gli occhi sbarrati, persi nel
vuoto.
-Piano,
mangia piano, Mashroomon!- la voce di sua madre che rideva cristallina.
-Più
su quella gamba, più su!- e quella di suo padre. Poteva
ancora ricordare il profumo dell'arrosto di quel giorno in cui aveva
riso tanto mentre papà BlueMeramon cercava di insegnare a
lui e Piemon, allora un BlueMeramon anche lui, dei passi di danza. Fu
esilarante vedere suo fratello cadere di fondo schiena e di riflesso
incendiare mezzo prato. Poi l'incendio assunse i toni scarlatti della
morte e le risa di giubilo divennero grida di disperazione.
-Mamma!
Papà! Fratellone, dobbiamo cercarli!-
BlueMeramon
non lo guardava, ma era sicuro che le sue spalle tremassero. Sentiva le
sue guance di fuoco sfrigolare mentre piangeva in silenzio.
“Non
farti schiacciare da questo qui!” gli urlò la sua
piaga personale. Ma Pinocchimon ancora non reagiva, perciò,
il suo coinquilino di cervello decise di prendere in mano la situazione.
-Non
ho ancora visto quelle dita.- sogghignò mostrando il medio a
Metatromon.
L'angelo
lo degnò d'uno sguardo e...
Non
si scompose, ovvio. Le parole dei Virus gli entravano da un orecchio e
uscivano dall'altro. Ciò non voleva dire che non andassero
punite.
La
cella brillò d'una luce sacra così pura ed
intensa, che un digimon un po' meno coriaceo sarebbe andato al creatore
all'istante.
Pinocchimon
urlò ancora di dolore, contorcendosi mentre l'energia sacra
aggrediva i suoi dati Virus, distruggendoli. Si sentì
letteralmente fare a pezzi.
°
Nel
frattempo che Metatromon torturava Pinocchimon, Piemon, Devimon e
LadyDevimon avevano discusso a lungo su come comportarsi con
l'eloquente invito degli Angeli.
E
non si erano trovati d'accordo.
Devimon
era dell'idea che fosse meglio aspettare e cercare di avere degli
alleati, almeno più informazioni e
possibilmente un piano non suicida.
LadyDevimon
era contraria all'attesa, per lei l'idea di mettere fine a tutto era
una prospettiva troppo golosa per attendere. Se non fosse stato per il
fratello, sarebbe andata di volata a prendere a calci in culo Mikerumon
e compagnia bella di persona. E i due compagni erano dell'idea che
fosse capacissima almeno di provarci.
Piemon
voleva assolutamente uccidere Mikerumon, lo mise in chiaro
più di una volta. L'Angelo che Non Vede era suo.
Ci
mise un bel po' a rassicurare Devimon circa il suo piano d'assalto al
monte Mugen, un piano che aveva in mente da tanto di quel tempo da aver
scordato di contarlo.
Un
piano certosino, che, il diavolo, dovette ammettere fosse eccezionale
nella sua semplicità.
-Ma
se anche riuscissimo ad entrare nel Tempio della Dea, siamo in TRE,
quattro se tuo fratello è ancora vivo. Loro sono un
esercito!-
Piemon
non vide il problema.
-Ma
anche noi possiamo avere un esercito, o sbaglio?-
-Tu
vorresti?- Devimon intuì la trovata del clown e per un
attimo ebbe un brivido. Cos'era, eccitazione?
-Tu
sei pazzo.- tagliò corto.
-Allora,
ce la fai?- gli domandò.
-Certo
che ci riesco.- rispose orgoglioso, il diavolo. -Ma non so quanto
passerà prima che se ne accorgano, perciò dovremo
trovare anche il modo di bloccare loro l'ingresso al Tempio per tutto
il tempo necessario.-
-Nel
momento in cui si accorgeranno dell'attacco,- intervenne LadyDevimon
-inizierà il conto alla rovescia.-
-Non
voglio partecipare a una missione suicida.- le fece eco il fratello.
-Salviamo il nanerottolo come prima priorità.-
-Ovvio.-
asserì Piemon.
-Se
la situazione sarà critica, fuggiremo.-
-D'accordo.-
risposero gli altri due.
-Bene,
allora,- un sospiro -che i Supremi ci proteggano... -
Nonostante
quella risposta, Devimon sapeva che né sua sorella,
né Piemon, avevano intenzione di fuggire a quella battaglia.
Se per ossessione od orgoglio non lo sapeva. Sapeva solo che, qualunque
cosa fosse accaduta sul monte Mugen, lui avrebbe dovuto farsi trovare
pronto.
E
che quei due gli avrebbero fatto venire i capelli dritti (non bianchi,
a quello ci aveva già pensato Madre Natura).
°
Quella
notte non soffiava un alito di vento e delle tre lune di Digiworld ne
brillava una soltanto. Piena e pallida era sorta oltre l'orizzonte per
vegliare sui digimon Dati e AntiVirus, per stanare i Virus e riportare
il Mondo Digitale alla sua originale purezza. Una luna propizia che
sapeva di pace, troppo lontana per macchiarsi del sangue innocente,
troppo bianca per incutere timore nelle vedette che scrutavano cielo,
terra e mare. Troppo per lasciare intendere loro la fine ormai prossima.
D'un
tratto, un alto grido ferino si levò nella notte e gli
Angemon si voltarono verso la grande foresta di File sottostante il
Tempio per scorgere, con orrore, orde scure di digimon Virus risalire
rapide i fianchi ripidi del monte Mugen. Dall'altro lato, orde di
digimon solcavano i mari e ancora, persino l'aria era battuta dalle
robuste ali di centinaia di Devimon, Evilmon, LadyDevimon...
Orde
di reietti all'assalto.
Gli
angeli di vedetta diedero subito l'allarme e presto anche le truppe
all'interno del Tempio si mossero, rapide ed efficaci, per respingere
quell'attacco.
E
mentre il grosso delle truppe lasciava incustodito l'edificio sacro,
tre figure angeliche s'intrufolavano da un'entrata secondaria alla
chetichella.
-Mi
sta già venendo l'orticaria.- commentò la prima.
-Fa'
meno il razzista, clown, o ci scoprono.- commentò la seconda.
-Ragazze,
non litigate.- le beccò la terza -Abbiamo meno di dieci
minuti per trovare il nanerottolo, non sprecateli facendovi ammazzare.-
sogghignò mostrando poi un artiglio che di angelico non
aveva nulla.
-Dolcezza...-
iniziò il primo “angelo” con un
sogghigno -Quando saremo fuori di qui spero vorrai celebrare
adeguatamente la nostra vittoria.-
-Cerca
di portare il culo fuori di qui e se ne riparlerà.- rispose
per le rime lei.
-Sto
per vomitare...- fece l'altro “angelo” -Basta fare
i piccioncini, cerchiamo il nano da giardino psicotico.-
°
Pinocchimon
era sicuro che sarebbe morto.
O
forse lo era davvero, galleggiava nella luce senza provare dolore...
Forse
esisteva il paradiso anche per i Virus, quindi. Che cazzate che
sparavano gli angeli, avrebbe voluto tornare indietro e raccontarglielo
per vedere che faccia facevano. Ma forse avrebbe dovuto fotografare
tutta quella pace per avere una prova. Come fotografare,
però, una grande sensazione senza nome immersa in tutto quel
bianco? Come imprimerla se a stento riusciva a comprenderla?
A
pensarci bene, i suoi ingranaggi giravano tutti, quindi non era morto,
allora cosa...
Un
mormorio indistinto attirò la sua attenzione e due sagome
confuse apparvero nella luce. Diventavano pian piano più
definite, ma ancora non riusciva a metterle a fuoco, nonostante le
avesse comunque identificate come angeliche per via delle ali. Erano
agitate e una delle due lo era ancora di più e si ostinava a
frapporsi fra lui e l'altra ombra. Gli giunse una sola parola alle
orecchie.
Rafiemon.
La
figura con le braccia spalancate s'agitò, parve indicarlo,
poi si scagliò verso l'altra.
Pinocchimon
iniziò a vedere meglio e, solo quando il corpo dell'angelo
che gli aveva fatto da scudo cadde a terra con un tonfo sordo,
capì cos'era successo.
La
luce intorno a lui non faceva più male e Metatromon
osservava irritato ora lui, ora l'angelo a terra: Gabriemon.
-Mikerumon
non aveva poi tutti i torti a volerti condannare a morte.- disse -La
nostra Dea è stata fin troppo clemente con te, traditore.-
-Che
sta succedendo qui?!- sbraitò il burattino, alzandosi in
piedi, totalmente rinvigorito.
-Taci,
nessuno ti ha interpellato.- rispose Metatromon, per poi rivolgersi
nuovamente a Gabriemon -La tua idea che i Virus possano convivere con
gli altri digimon è assolutamente assurda, fuori luogo e
sacrilega. Sono esseri immondi e malvagi.-
-Ehi!-
sbottò Pinocchimon -Grazie tante, quattrocchi! Ma ti sei
visto?-
Metatromon
lo fulminò con lo sguardo e fu lì lì
per colpirlo con un qualche attacco, quando Gabriemon gli fu nuovamente
addosso e gli urlò contro, telepaticamente lasciandolo di
stucco ad ogni parola.
Da
quanto Gabriemon non faceva sentire la sua voce?
“Ma
lo vuoi capire, o no, che quello che fa la Dea è ingiusto?!
Perché, se i Virus sono impuri li assorbe?!”
-Per
cancellare la loro essenza dal mondo!-
“Non
è vero! Tu non lo vuoi capire! Ti sta bene stare dalla parte
del più forte, sei solo un opportunista
vigliacco!” sbottò telepaticamente l'Angelo che
Non Parla. “Credevo che fosse vero, che fosse giusto, ma
allora... ALLORA PERCHÉ PROVO TANTO DOLORE PER DEGLI ESSERI
IMMONDI E SENZ'ANIMA?!”
Stava
piangendo, roba da pazzi! Pinocchimon avrebbe voluto dei popcorn.
-Quel
maledetto Virus deve averti fatto qualcosa mentre eri suo prigioniero,
non c'è altra soluzione, credevo che quello che è
successo con Rafiemon fosse solo la conseguenza di un atto di ingenua
follia. Oppure... anche tu sei un impuro!- gli occhi di Metatromon si
spalancarono nel comprendere quella verità orripilante.
Gabriemon
sbuffò.
“No,
sono puro come te e Mikerumon, altrimenti non sarei qui.”
rispose lui. “Ma non ti permetterò più
di fare del male a digimon innocenti. Dovremmo servire la Giustizia,
noi Angeli, non essere la Giustizia!”
-BLASFEMIA!-
Metatromon
gli sferrò un potente pugno che lo scagliò contro
la parete.
Gabriemon
tossì e sputò sangue, il labbro inferiore era
spaccato, ma non sembrò curarsene. Alzò un
braccio verso Pinocchimon, ancora nella sua cella, e le sbarre
scomparvero dissolvendosi nella luce.
“Vaffanculo,
Metatromon.” comunicò l'Angelo che Non Parla al
suo parigrado.
Fine Parte IV- I
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