Compagni di Sventura - Across Middle-Earth

di Martin Eden
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'agguato ***
Capitolo 2: *** Non più nove... ***
Capitolo 3: *** Presagi ***
Capitolo 4: *** Nelle Rovine di Moria ***
Capitolo 5: *** Ciò che non si dimentica ***
Capitolo 6: *** Uniti ***
Capitolo 7: *** La caccia selvaggia ***



Capitolo 1
*** L'agguato ***




1 – L’agguato

Era da quando avevano lasciato Gran Burrone che Legolas si sentiva costantemente osservato.
Anche durante il Consiglio segreto, durante l'accesa discussione sull'Anello, prima di partire, l'elfo aveva sempre avuto la sensazione che Merry e Pipino non fossero stati gli unici ad ascoltare di nascosto.
Un'altra presenza vagava sicuramente fra i cespugli della Reggia, si nascondeva dal sole, ascolta-va ogni singola parola con attenzione: si muoveva fra le piante sotto al terrazzo, dietro il trono del Re...
Un essere, una presenza che non si dimentica facilmente: forse più grande di un hobbit, più pic-cola di un mago come Gandalf, più agile di un elfo, meno tozza di un nano, occhi appuntiti...sì.. doveva essere così.
Un essere con gli occhi che pungevano e scrutavano come punte di spillo.
La vista acutissima di Legolas non poteva certo fare miracoli: se chi li aveva spiati al Consiglio, se chi ora li stava seguendo confondendosi tra le fronde degli alberi avesse deciso di attaccarli avrebbe avuto buone speranze di riuscita.
A tratti, all'elfo pareva di sentire pure il respiro irregolare dell'essere, vedere i suoi occhi apparire ora qua ora là tra le foglie delle piante che costeggiavano la strada.
Un Nàzgul? Era forse un Nàzgul? No...i Nàzgul non avrebbero lasciato quel sottile odore di orco...
- Amico, va tutto bene?- Aragorn riportò l'elfo alla realtà.
Legolas si era fermato istintivamente davanti a un'enorme quercia che si protendeva in avanti: qualcosa si stava muovendo tra le sue fittissime fronde.
- E' soltanto un picchio...- borbottò il nano Gimli mentre li superava. Invece no.. non c'era sol-tanto un picchio: qualcos'altro si nascondeva, pronto a scagliare un attacco nel momento propi-zio. E stava guardando l'elfo, sospettoso:
- Legolas!!- ora era Gandalf che stava notevolmente innervosendosi.
L'interpellato ricominciò a seguire la Compagnia, pensando: chissà, forse era solo la sua immagi-nazione..
- Che cosa c'è? Senti qualcuno?- gli domandò Pipino tirandolo per la manica.
- No, no, non ho visto nè sentito niente...- rispose Legolas, ma era chiaro che mentiva.
La fastidiosa sensazione di essere osservato non era diminuita, anzi era aumentata man mano che si allontanavano da Gran Burrone.
La strana presenza stava torturando la mente dell'elfo, sembrava fosse capace di percepirne i pensieri, e si divertiva a confonderli: era troppo, troppo...troppo inquietante.
Ma perchè non usciva allo scoperto? Che aspettava?
- Che hai figliolo?- chiese Gandalf a Legolas quando gli si avvicinò.
- Non lo so..non lo so proprio. E' da quando abbiamo lasciato Imladris che...-
- Non ti senti tranquillo?-
- Ecco...sì.-
Il mago non fece in tempo a dire altro: in lontananza erano rieccheggiati sonori nitriti di cavalli. Ora anche gli altri erano all'erta, soprattutto Frodo: stringeva l'Anello al suo petto, aveva intuito che qualcosa non andava.
Aragorn aveva sguainato la spada, il nano Gimli l'ascia; i piccoli hobbit si erano rifugiati dietro le loro gambe.
Anche Legolas sfoderò l'arco, pronto a scoccare le frecce: il nemico si avvicinava. Sempre più... sempre di più..ancora più vicino...più vicino...
D'un tratto l'elfo lanciò una freccia nei cespugli vicini: un Nàzgul cadde a terra, rialzandosi poco dopo e sguainando la sua spada affilata.
Aragorn partì all'attacco contro il cavallo di un altro Nàzgul, apparso dietro la sua schiena; altri sette spettri li avevano circondati.
Eppure non era quello che preoccupava Legolas: la fastidiosa sensazione che i suoi movimenti fossero spiati non era scomparsa.
La presenza c'era ancora. Fissava la scena sorpresa. Non osava buttarsi nella mischia.
Gandalf e i quattro hobbit stavano tentando di allontanarsi deviando tra gli alberi ai lati del sen-tiero; ma con i Nàzgul non sarebbero andati lontano.
L'elfo scoccò altre frecce contro un nemico vicino, rallentando la sua corsa verso Frodo: non lo poteva uccidere, ma almeno si era reso utile in un qualche modo.
Legolas si girò con uno scatto verso un altro spettro: tese l'arco, si preparò a nuovo tiro da non sbagliare...solo che...:
- Ma che diamine...?- qualcosa lo colpì sulla testa. Un rametto forse, lasciato cadere da una mano distratta, che comunque lo distrasse il tempo sufficiente per permettere a un Nàzgul di tentare quello che pochi minuti prima sarebbe stato impossibile fare.
Giungendo a cavallo rapido come una scintilla davanti all'elfo, proprio mentre quest'ultimo guardava in alto, una della nove figure incappucciate lasciò vibrare la spada nell'aria: e fu una fortuna che questa colpisse solamente la spalla sinistra di Legolas, e non il suo cuore.
Il Nàzgul fu subito allontanato mentre il corpo dell'elfo si afflosciava lentamente a terra: dilaniate dalla lama della spada, le membra perdevano velocemente vigore.
- LEGOLAS!!- Aragorn raggiunse l'amico in tempo per afferrarlo prima che cadesse del tutto a terra- Legolas..cosa..?-
L'elfo socchiuse gli occhi, la vista si annebbiava progressivamente, le energie scivolavano via co-me l'acqua.
Come avrebbe potuto tendere ancora una volta l'arco, scoccare le frecce contro i nemici, aiutare la Compagnia a riuscire nel suo intento?
Un altro Nàzgul si avvicinò ad Aragorn per infliggergli la stessa sorte del suo amico, senonchè... d'un tratto si fermò, con la spada a mezz'aria: era rieccheggiato uno strano suono, simile all'urlo di rabbia di un orco, ma più potente, il più pauroso rumore di guerra che tutti i presenti avessero mai udito.
Il Nàzgul si allontanò da Aragorn e Legolas, indietreggiando, guardandosi attorno, coprendosi le orecchie con le mani: ripose la spada, saltò in groppa al suo cavallo e se la svignò in gran fretta, seguito dagli altri suoi compagni.
In men che non si dica sul sentiero rimasero solo i membri della Compagnia, ancora troppo spa-ventati per parlare.
Ora l'avevano anche loro il presentimento di Legolas: c'era qualcosa tra gli alberi, qualcosa che era persino riuscito a mettere in fuga gli scagnozzi di Sauron.
Aragorn scosse il corpo dell'amico che teneva fra le braccia:
- Legolas, mi senti?-
Ma l'elfo aveva chiuso gli occhi.
- Oh no, non starà per morire?!- esclamò Merry mentre lui e gli altri hobbit si avvicinavano; an-che Gandalf prese a muoversi verso Aragorn.
Proprio in quel momento, tuttavia, la presenza che tanto si era tenuta in disparte, mostrò il suo vero volto: l'ignoto essere, anzi, gli ignoti esseri saltarono giù dagli alberi ai lati della strada, ar-chi tesi, spade corte pronte a colpire.
La Compagnia si ritrovò di nuovo circondata, ma ora che veniva a mancare Legolas e gli attac-canti erano come minimo una trentina, le speranze di riprendere il cammino erano decisamente poche.
- Perbacco, sono elfi!- esclamò Gimli appena ebbe modo di vedere più chiaramente i nuovi arri-vati.

In effetti non aveva tutti i torti: gli esseri che ora li circondavano minacciando di ucciderli al mi-nimo passo falso assomigliavano terribilmente a degli elfi.
Avevano le stesse orecchie a punta di Legolas, impugnavano l'arco come veri professionisti, i loro occhi sembravano di penetrare pure nei pensieri più segreti della gente.
Ma non erano veri elfi, no, non lo erano affatto: in loro era presente una parte malvagia, oscura ed indomita.
Confabulavano all'inizio, emettendo suoni ora gutturali ora in una lingua simile all'elfico antico: non rivolgevano ancora parola ai loro prigionieri.
E questo accresceva ulteriormente il clima di tensione.
Qualcuno si staccò dal cerchio camminando lentamente verso la Compagnia: era una donna, una ragazza dagli sfavillanti capelli bruni e i profondi occhi azzurri. Sembravano ghiaccio. E il loro sguardo gelido incuteva davvero terrore.
Pose una domanda in elfico antico, mentre teneva a portata di mano una lunga asta.
- Ha chiesto che ci facciamo nelle loro terre...- comunicò Gandalf agli altri compagni.
- Dille che dobbiamo andare a est, e se ci possono aiutare: Legolas non resisterà ancora per mol-to...- rispose Aragorn mentre l'elfo fra le sue braccia emetteva un lungo, faticoso sospiro.
Il mago provvide a spiegare alla ragazza quello che gli aveva detto l'uomo; fu incredibilmente sorpreso quando lei gli si rivolse parlando nella lingua corrente:
- Non potete passare di qui: abbiamo già abbastanza guai, non ne vogliamo altri. Andatevene voi e quell'Anello maledetto!!-
Sapeva dunque dell'Anello? Frodo strinse l'oggetto in questione fra le mani, preso da un improv-viso e incontrollabile terrore.
- Non potete almeno aiutare il nostro amico?- domandò Aragorn- E' stato colpito dalla spada di un Nazgùl, non resisterà a lungo!-
- Noi non aiutiamo gli Elfi Puri....-
- CHE COSA? Che significa??-
- Calmati Aragorn..hanno ragione: sarebbe contro i loro princìpi..- Gandalf posò una mano sulla spalla del compagno.
Ora aveva capito chi erano esattamente gli esseri davanti a lui: elfi sì, ma elfi mezzani. Si ricordò di averne sentito parlare, o di avere letto qualcosa sulla storia della loro stranissima stirpe: erano nati dall'unione di Elfi e Orchi, perciò possedevano molti poteri, sia oscuri che non.
Alcuni assomigliavano molto alle creature malvagie agli ordini di Sauron, altri erano più simili agli elfi; ma avevano da tempo rinnegato le loro origini, e le leggende dicevano che si nascon-devano tra i boschi, pronti a scagliare attacchi a sorpresa contro i re elfici che li avevano segre-gati e discriminati.
Da tampo continuavano imperterriti a saccheggiare, distruggere per la sete di vendetta; e non volevano avere contatti con nessuno.
- Non avete visto i segnali poco distanti da qui? Segnano il confine della nostra Contea. Andatevene immediatamente..- sibilò ancora una volta la ragazza, af-ferrando l'arco splendente e ricurvo.
- Non c'erano segnali, e dobbiamo passare di qui, è la via più breve per Mordor..- tentò di dire Gimli, ma una freccia ornata da piume brune si conficcò ai suoi pie-di, mancando di poco il bersaglio.
- Allora non mi sono spiegata bene...vorrà dire che se siete così decisi a passare attraverso la nostra Contea, conoscerete per un po' le prigioni. Vediamo se vi si chiariscono le idee..-
Comandò a un arciere che pareva un orco qualcosa in elfico antico: il mezzano li bendò, e gli altri iniziarono a spingere con le punte delle frecce i membri della Compagnia verso gli alberi ai lati del sentiero.
La ragazza con gli occhi azzurri, in testa alla fila, balzava da un ramo all'altro come se si trat-tasse di un gioco: forse per lei lo era, ma per Gandalf, che in un qualche modo era riuscito a in-travedere attraverso il fazzoletto che gli bendava gli occhi, fu solo un'altra meraviglia.
Un elfo non sarebbe stato capace di fare tutte quelle acrobazie.



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Capitolo 2
*** Non più nove... ***


2 – Non più nove...

 
La Compagnia camminò con le mani in alto per un lungo tratto; Aragorn aveva sulle spalle Lego-las, che ancora non era riuscito a rendersi conto della brutta situazione: intuiva solo il fatto di avere incontrato qualcuno che assomigliava alla sua gente.
Dopo un paio di miglia, la ragazza con gli occhi azzurri si fermò e balzò giù dai rami: spostò due cespugli che nascondevano un passaggio e ordinò di sbendare i prigionieri: e davanti agli occhi di tutti apparve un villaggio costruito sugli alberi.
- Benvenuti a Starlight!- esclamò la sconosciuta: solo allora Gimli ebbe modo di osservare un sorriso ironico che mostrava due acuminati canini da orco.
- Benvenuti?! Non ne usciremo vivi!- borbottò il nano tra sè e sè.
I combattenti li condussero davanti a un albero che aveva una scala: quindi dis- sero alla Com-pagnia di salire. Nessuno oppose resistenza.
La ragazza con gli occhi azzurri fu l'unica a non usare i comodi pioli: si arrampicò in un battibale-no fino alla cima dell'albero, per poi aspettare pazientemente i prigionieri.
Una volta che li ebbe condotti nella prigione, li sistemò in una cella qualunque, aiutata da alcune robuste guardie; ma prima di chiudere la porta, ordinò di togliere Legolas dalla schiena di Ara-gorn. L'elfo fu chiuso nella cella di fronte a quella della Compagnia, e posto su una spacie di letto fatto con foglie larghissime.
Ci volle l'intervento di Gandalf per tenere calmo Aragorn:
- Che cosa vorranno mai fargli?- domandò l'uomo una volta che le guardie si furono allontanate  - Non sembrano gente capace di pietà.-
- Io non direi..- disse Boromir- ho notato come quella ragazza guardava Legolas: c'era odio nei suoi occhi, ma...-
Attimo di pausa:
-..non so...mi è sembrato che lo guardasse anche con una punta di commozione..forse di pietà.-
- Sì, certo...un mezzano che prova un sentimento diverso dalla rabbia per elfo di pura razza! Sa-rebbe come un gatto e un topo che si danno la mano.- Gandalf si sedette per terra osservando cupo la cella di fronte alla propria. Legolas respirava a fatica:
- Non possono lasciarlo morire così!- Aragorn prese a passeggiare su e giù- Non possono..-
- Possono purtroppo: in questa situazione hanno loro il coltello dalla parte del manico. Siamo in una loro città: possono fare tutto ciò che vogliono...-
Era una crudele verità e non c'era nulla da fare. Gandalf sapeva quanto erano amici Aragorn e Legolas (decenni, forse?), tuttavia non poteva alleviargli la pena, e si limitava a osservare gli e-venti, impotente.
D'un tratto si sentì aprire una porta, molto probabilmente quella d'ingresso: la stessa ragazza che li aveva condotti nella prigione apparve nel corridoio assieme ad altre due guardie.
Queste ultime si portarono via le armi dei prigionieri, ammassate in un angolo, mentre la ragazza entrò nella cella di Legolas:
- Ehi, che diamine vuol fargli?- Aragorn s'infervorò ancora di più vedendo la sconosciuta inginoc-chiarsi vicino all'elfo. Ma Gandalf gli posò ancora una volta la mano sulla spalla:
- Aspetta un secondo: non è detto che abbia cattive intenzioni. L'avrebbe già ucciso se così fos-se...-
Infatti la ragazza non aveva con sè niente che potesse ferire Legolas: per un po' studiò il prigio-niero, poi chiuse gli occhi, la sua mano si appoggiò dolcemente sulla ferita.
L'elfo tentò di allontanarla, ma una strana forza lo immobilizzava; dal medaglione a forma di stella che la ragazza aveva al collo scaturì una potente luce azzurrognola. La stessa luce com-parve anche sotto la mano della sconosciuta; quando lei tolse la mano, al posto della ferita restò un'impronta azzurra del palmo, che piano piano scomparve, e con essa il taglio sulla spalla del-l'elfo. Legolas si ritrovò a respirare di nuovo normalmente, si sentiva bene, come se nessuna spada l'avesse mai colpito: aprì gli occhi, mentre lo trascinavano e lo scagliavano in un'altra cel-la.
- Legolas, ma che ti ha fatto?- Sam fu in un attimo vicino all'elfo.
- Credevo mi volesse uccidere, invece non l'ha..non...-
- Guarda! La tua ferita è scomparsa!-
Infatti sulla spalla sinistra di Legolas non c'era più nessun graffio, nessuna cicatrice:
- Ha usato i poteri curativi di cui è dotata per guarirti...- disse con calma Gandalf dal suo angolo.
- Come? Perchè? Da quello che ho potuto sentire sembrava un mezzano. Non odia forse anche lei gli Elfi di pura razza?-
- Sì, penso li odi...però ricordo di aver letto da qualche parte che, secondo le loro leggi, non si può uccidere un prigioniero ferito..o una cosa del genere..-
- Allora è solo questione di tempo, è così che vuoi dirci Gandalf? Ci ammazzeranno lo stesso?- domandò Sam.
- A meno che non possiamo tornare loro utili..-
- E come? Ci hanno tolto persino le armi!-
Mentre nella cella dov'era rinchiusa la Compagnia si accendeva una discussione, in una stanza poco distante la ragazza dagli occhi azzurri era piegata su una spacie di tavolo decorato: si stava mangiando le unghie dei pollici.
Pensava che cosa dovesse farsene dei prigionieri: ucciderli, sì l'avrebbe fatto, forse..ma prima doveva ottenere da loro una qualche informazione.
Non era possibile che avessero varcato i confini di Starlight senza sapere a cosa andassero in-contro: con loro c'era un elfo, e ogni elfo che si rispetti conosceva la situazione dei Mezzani. Erano stati messi segnali di avvertimento ai confini, perchè l'elfo non aveva avvisato i propri amici del pericolo? Perchè quella gente dovevano recarsi a est, a Mordor con un Anello carico di energia o-scura?
- Portami qui un prigioniero per favore..- chiese alla fine la ragazza a una guardia: glielo chiese gentilmente, nessuno era un vero capo a Starlight.
- Te ne porto uno subito..- la sentinella si stava già dirigendo verso la prigione, ma la ragazza la fermò:
- No, aspetta...: portami l'elfo puro..- le disse.
La guardia obbedì: si diresse verso la cella dove era rinchiusa la Compagnia, prese le chiavi e prese Legolas per le braccia, conducendolo fuori. Aragorn tentò di impedirlo, ma fu fermato da altre due guardie ancora prima di essere riuscito a muoversi.
La sentinella, con le possenti braccia da orco, condusse Legolas nella stanza dove la ragazza lo stava pazientemente aspettando: qui, lo costrinse a sedere su una sedia davanti al tavolo e si allontanò, brandendo l'arco e puntandolo dritto alla gola del prigioniero.
L'elfo si fece piccolo piccolo, senza armi si sentiva davvero perduto:
- Dunque, tu saresti uno dei componenti di quella bizzarra Compagnia, vero?- gli domandò la ragazza con gli occhi azzurri.
Legolas annuì, senza parlare, anche se sapeva che prima o poi avrebbe dovuto farlo:
- E se ho capito bene sareste diretti a Mordor, con un Anello carico di malvagità, giusto?-
L'elfo annuì di nuovo:
- Non avete visto dunque segnali prima di incontrare noi?-
Questa volta Legolas rispose di no:
- COME NO?!!- la ragazza puntellò la mani sul tavolo, ergendosi in tutta la sua statura- Non li a-vete visti? Dovete essere proprio ciechi!!-
L'elfo si preoccupò: la cose stavano mettendosi male per lui e per gli altri.
Proprio in quel momento, dalla porta entrò un mezzano che assomigliava a un orco:
- Lilian, devo dirti una cosa..- esordì guardando l'elfo con disprezzo- il Salice Magico è stato di nuovo divorato dai tarli..-
- Cosa? Ma è il terzo anno!!! Allora anche questa volta..-
- Sì, non abbiamo potuto costruire segnali indistruttibili per il confine Ovest..-
Ora Lilian capiva un po' di più: ecco perchè la Compagnia che aveva catturato  da quelle parti non si era accorta di essere entrata nel territorio dei Mezzani!
- Ehi tu..- la ragazza si rivolse di nuovo a Legolas- Sei sicuro di non esserti accorto di aver var-cato i nostri confini?-
L'elfo rispose ancora una volta di no, nonostante la freccia della guardia fosse ancora puntata alla sua giugulare. La ragazza disse alla sentinella di lasciare perdere, ma il mezzano che assomiglia-va ad un orco prese Legolas per il bavero:
- Come fai a fidarti di un miserabile elfo? Hanno le lingue biforcute come non mai!!-
- Mettilo giù Syrio. Questa volta, abbiamo torto noi...-
Per un attimo a Legolas parve che negli occhi del mezzano comparissero due tizzoni ardenti, ma quello lo lasciò andare, e se ne andò sbattendo la porta:
- Syrio non ha molta pazienza con gli ospiti indesiderati...- spiegò Lilian all'elfo mentre lo accom-pagnava alla cella dei suoi amici.
Una volta giunta davanti ad essa, prese le chiavi e aprì la porta:
- Noi Mezzani abbiamo commesso un deplorevole errore. Siete liberi con tante scuse...- si fece da parte per lasciare passare Gandalf e gli altri.
- Siete perdonati: piccoli errori capitano a tutti...- affermò il mago.
- Ma devo chiedervi comunque di lasciare subito Starlight; se volete andare a Mordor prendete la via a sinistra al primo incrocio fuori dai cancelli della città..- la ragazza diresse uno sguardo elo-quente a Frodo; poi condusse la Compagnia verso la stanza dove erano state riposte le loro armi.
Problema: bisognava convincere Syrio, era lui il custode.
- Questi signori devono andare a Mordor: penso che sia giusto restituire loro le armi, Syrio...- Lilian parlò con una voce grave ed insolita.
- E chi ti dice che invece non le usino contro di noi? Sai quante vittime per il nostro popolo po-trebbe fare un arco nelle mani di un elfo puro?- il custode lanciò un'occhiataccia a Legolas- E' meglio non ridargliele; e poi andremmo anche contro le regole..-
- Ma le regole non parlano di casi come questo: fatti da parte, Syrio..-
Il mezzano si alzò dalla sedia e si avvicinò a Lilian: la guardò come se dovesse incenerirla da un momento all'altro, poi si avviò a prendere una spada e due pugnaletti.
- Questa è la spada che abbiamo trovato addosso a quell'uomo..- Syrio indicò Aragorn- e questi sono per i piccoletti; il vecchio ha il suo bastone magico. Credo bastino...-
- No, per un viaggio a Mordor occorre anche tutto il resto..-
- No, Lilian, nessuno darà altre cose agli stranieri...-
- Syrio, dammi quelle armi...- la ragazza ora sibilava dalla rabbia. La situazione stava diventando pericolosa per tutti quanti: infatti dopo avere preso la spada di Aragorn e i due pugnaletti, Gan-dalf e gli amici si allontanarono in fretta.
Anche Lilian indietreggiò, uscì dalla stanza senza distogliere lo sguardo da Syrio; poi chiuse la porta e si allontanò immediatamente, in tempo per schivare due asce conficcatesi nella porta.
La Compagnia, sbalordita nel vedere tanta destrezza, non indugiò a seguire la ragazza quando lei li condusse fuori dalla prigione:
- Non posso fare di più: con Syrio è quasi impossibile parlare o ottenere qualcosa. Addio!- tirò una corda e la Compagnia scivolò giù fino alla base dell'albero.
- Che modi, accidenti!- borbottò Gimli mentre tentava di rimettersi in piedi.
Gandalf non perse tempo a chiaccherare: s'incamminò con andatura sostenuta verso i cancelli di Starlight, seguito da tutto il resto del gruppo.
Si sentirono degli schiamazzi provenire dalla prigione, ma nessuno ci fece tanto caso: evidente-mente, Lilian e Syrio stavano ancora litigando.
Dopo poco la Compagnia superò i cancelli, al primo bivio voltò a sinistra; ma l'umore dei compo-nenti non era certo dei migliori:
- Come si fa a lasciare disarmati dei viaggiatori diretti a Mordor?- si lamentò Boromir- Sono si-curo che nemmeno un elfo mezzano s'incamminerebbe verso quel luogo senza un adeguato e-quipaggiamento!-
- Me ne rendo conto, ma devi capire che non potevamo fare altro; e nemmeno quella ragazza po-teva fare altro..- disse con aria stanca Gandalf.
- Sì, ma...- e Boromir sparì inghiottito dalla terra.
Il resto del gruppo si avvicinò, e vide, dentro una larga buca, il povero uomo che si dimenava come pochi:
- Lo sapevo, lo sapevo che non dovevamo fidarci dei Mezzani! Fatemi uscire di qui!!- urlava iste-ricamente.
Aragorn e Legolas cercarono di aiutarlo: calarono una fune che Sam aveva portato con sè, e così Boromir potè finalmente ricorrere a un comodo appiglio.
Proprio a metà della sua "scalata", si udì uno scalpiccìo di zoccoli e poco dopo si avvicinò una bel-la ragazza in groppa a un destriero: non era la stessa che li aveva fatti uscire dalla prigione; era veramente carina.
Legolas, affascinato, lasciò improvvisamente la corda; Aragorn non riuscì a controbilanciare da solo il peso di Boromir, e cadde nel buco con l'altro suo amico, con un grido di sorpresa.
L'elfo non se ne curò affatto; anzi, si avvicinò deciso alla sconosciuta e le chiese gentilmente di cosa avesse bisogno.
Lei non rispose: spinse un sacco giù dalla groppa del cavallo e gli consegnò una piccola lettera. Poi si allontanò, così com'era arrivata.
- LEGOLAS!!! MA DOVE DIAVOLO TI SEI CACCIATO?? VIENI A TIRARCI SU!! TI SEI RIMBAMBITO PER CASO??- solo allora l'elfo si accorse delle grida di Aragorn e Boromir e, aiutato dagli altri compagni, si affrettò a farli risalire, mormorando un paio di scuse confuse e imbarazzate.
- E' che quella ragazza...-
- Legolas...- ribattè Aragorn, cercando di mantenere la calma- renditi conto che questo non è il momento più opportuno per guardare le belle ragazze....d'accordo?-
L'elfo diventò tutto rosso:
- Guardare?- ripetè- Io non la stavo guardando! Ero solo incuriosito..-
Aragorn scosse la testa, mormorando tra sè e sè che era meglio lasciare perdere.
- Nel sacco ci sono le nostre armi!- gioì Merry- Qualcuno deve avere convinto il custode a resti-tuircele!-
- Tenace la ragazza...- pensò Gandalf, ricordandosi le urla provenienti dalla prigione.
Legolas si rammentò della lettera, che nella confusione non era ancora stata aperta. Diceva:
Queste vi appartengano e spero non le usiate contro di noi. Buona fortuna per la vostra missione a Mordor: in un certo senso, anche noi ve ne saremo riconoscenti.
 
                                                                                                            Lilian
 
La ragazza con gli occhi azzurri, in un qualche modo, era riuscita a convincere Syrio:
- Vorrei tanto ringraziarla di persona..- mormorò Legolas.
- Forse ne avrai l'occasione: aspetta e...spera!- disse allusivo Gandalf mentre si rimetteva in marcia.
 
La Compagnia viaggiò tre giorni e tre notti per le terre sconfinate della Contea dei Mezzani: non incontrò altre brutte sorprese ad attenderla fra i boschi, anche se, ora che erano armati, gli amici non avevano grandi timori per la loro incolumità.
Quando il mezzodì del quarto giorno fu passato da un pezzo, i componenti della Compagnia s'im-batterono in quello che mai si sarebbero aspettati: stavano percorrendo tranquillamente il sen-tiero, quando, sulla destra di esso, udirono dei fruscii.
- Ah no! Questa volta i Mezzani non mi coglieranno impreparato!- esclamò il nano Gimli sfoderan-do la sua ascia.
Ma i rumori sommessi non tacquero, anzi aumentarono: non potevano essere mezzani, non si sa-rebbero mai fatti scoprire così incautamente.
- Abbiamo tempo per dare un'occhiata, Gandalf?- domandò Legolas al vecchio stregone.
- Perchè, che ti aspetti di vedere?-
L'elfo non rispose, si stava già avviando in mezzo ai cespugli con Aragorn alle calcagna: spostando un po' le fronde lì attorno, si poteva accedere a una piccola radura.
- Ehi, ma è....- esclamò Pipino nel vedere la sagoma della ragazza con gli occhi azzurri divinco-larsi per terra- Che cosa ci fai qui?-
D'un tratto Lilian alzò la testa piena di foglie per guardare gli indesiderati visitatori: ma invece di calmarsi nel vedere persone che già un po' conosceva s'im- paurì ancora di più e tentò di allon-tanarsi.
Fu allora che i membri della Compagnia poterono constatare che la gamba destra di lei, sangui-nante, era intrappolata tra i denti di una tagliola:
- E' ferita!- esclamò Legolas- Come avrà fatto a non accorgersi del pericolo? La sua vista dovreb-be consentirle di accorgersi di trappole come quella!-
Si avvicinò lentamente a Lilian, seguito da Aragorn; tentò di afferrare la tagliola, ma la ragazza non era del parere:
- Non avvicinatevi! Non avvicinarti!!- ruggì lei sguainando la spada corta che teneva alla cintura e agitandola. La sua voce era spaventata:
- Non temere, non ti vogliamo fare del male..- le disse Legolas avvicinandosi un po' di più: ma fu inutile, la ragazza lo costrinse a tornare sui suoi passi.
- Non mi fido di voi elfi puri, non mi fido di voi!!- continuava ad urlare lei- Allontanatevi, non ho bisogno di aiuto!!!- continuava imperterrita ad agitare la spada.
Prima che Legolas o Aragorn potessero avere il tempo di pensare qualcosa, da dietro i cespugli apparve Gandalf:
- Che è tutto questo chiasso? Che succede qui?- tuonò dirigendosi a grandi passi verso Lilian.
- Stai indietro! Non avvicinarti, o dovrò ricorrere alla forza!- gli gridò il mezzano, sfoderando la lunga asta che teneva legata alla faretra.
Il vecchio stregone la guardò negli occhi:
- Non lo faresti...non sei come tutti gli altri della tua razza. Non lo faresti...- la sfidò avvicinando-si ancora.
- Non un altro passo! Questa volta giuro che ti mando all'altro mondo!!-
- Calmati, vogliamo solo aiutarti, come hai fatto tu...-
- Non ho bisogno d'aiuto, faccio da sola. Andatevene tutti via!!-
Mentre la ragazza discuteva con Gandalf, distolse per un attimo l'attenzione dalle mosse di Lego-las.
L'elfo cercò gli occhi di Aragorn, che capì al volo le sue intenzioni e si avvicinò furtivamente alla ragazza ancora occupata a fermare l'avanzata di Gandalf.
In un attimo le fu alle spalle e la immobilizzò mentre Legolas apriva la tagliola e liberava la gam-ba della malcapitata.
Lilian strattonò la gamba dalla trappola e si trascinò indietro continuando a fissare spaventata la Compagnia, ma dopo aver percorso malamente circa una ventina di passi, andò a sbattere contro una parete rocciosa.
I nove sconosciuti continuavano ad avanzare verso di lei: non aveva più scampo.
- Pietà!! Pietà!- gridò appena vide con chiarezza che era perduta- Non fatemi del male, vi prego, pietà!!-
- Te lo ripeto ancora una volta, non vogliamo farti del male..- disse Aragorn con cautela- Non lo faremmo mai..- s'inginocchiò a pochi passi da lei.
- E' vero...stai tranquilla- anche Pipino s'avvicinò con cautela alla ragazza.
Lei nascose il viso fra le mani, fra le sue lunghe ciocche castane, implorando; la gamba le feceva male, molto male, e sanguinava abbondantemente.
- Stai tranquilla Lilian, vogliamo solo aiutarti: dimmi, preferiresti tornare alla tua città? Se vuoi uno di noi può accompagnarti..- le propose Gandalf, anche se sperava in cuor suo che lei rifiutas-se: in verità, non aveva tempo da perdere.
- Starlight? Starlight non esiste più..- piagnucolò la ragazza. I componenti della Compagnia la guardarono increduli:
- Sono venuti tanti orchi, tanti...e anche molte creature che noi non conoscevamo, un Nàzgul e lupi selvaggi. Hanno distrutto tutto..noi mezzani ci siamo salvati fuggendo e rinunciando all'onore del combattimento. Io ero inseguita da un orco, ma sono riuscita a liberarmi di lui: l'ho colpito nel collo con una freccia e lui si è accasciato a terra. Ma poi ho sentito delle altre voci, e ho avuto paura: ho cominciato a scappare e sono finita qui. I nemici non si sono accorti di me, per fortu-na...-
Mentre parlava, la ragazza tremava: faceva forse bene a raccontare la sua triste storia a quegli estranei?
- Capisco cosa provi...hai paura..anche di noi.- Gandalf le si avvicinò ancora di più- Gli orchi so-no stupidi e obbediscono agli ordini senza pensare. Ma noi non siamo orchi...-
Le poggiò una mano sulla spalla:
- Possiamo fare qualcos'altro per te? Ad esempio curarti?-
- No!!- la ragazza si sottrasse al suo gesto amichevole- Io non vi conosco, non mi fido!-
- Potrebbe venire con noi...- s'intromise Frodo mentre stringeva l'Anello al cuore: sapeva che lei sapeva.- Tanto è al corrente di tutto: dove andiamo e perchè ci andiamo. Non è così, Lilian?-
La ragazza accennò un sì con la testa ancora tremante. Frodo lanciò un'occhiata incerta a Gan-dalf e il vecchio mago rispose con un cenno d'assenso: pensava che un viaggiatore in più non poteva fare molta differenza; la ragazza, inoltre sembrava robusta e abituata ai lunghi viaggi, e poi, chissà, poteva addirittura tornare utile.
- Allora verrai con noi..- acconsentì lo stregone- Ma non puoi camminare per ora. Chi...?-
- Mi offro io!- propose Aragorn con cautela- Sempre che Lilian sia d'accordo...-
La ragazza annuì di nuovo: ripensandoci, era meglio non essere schizzinosi in situazioni di quel tipo. E poi...non sapeva perchè, ma si sentiva vagamente rassicurata da quell'uomo.
Aragorn l'aiutò ad alzarsi e se la caricò sulla schiena, in modo che lei non potesse toccare terra: ripartirono.
 
Legolas restò zitto sia quando Aragorn si offrì di aiutare Lilian sia durante il resto del viaggio: te-meva di spaventare la nuova compagna, sapeva di terrorizzarla semplicemente con la sua pre-senza.
Lei non gli toglieva mai gli occhi di dosso, lo osservava circospetta, e il suo sguardo non era certo amichevole: era una sensazione fastidiosa, ma era meglio non aggravare la situazione. Forse, se lui avesse provato a farle capire che non era come gli altri elfi, quelli che odiavano i mezzani, Li-lian sarebbe stata più propensa a diventare un'amica: ma come fare?
Le ore passarono lente e pesanti: verso le cinque del pomeriggio tutti erano esausti per l'intero giorno di viaggio, soprattutto Aragorn. La ragazza si era addormentata sulle sue spalle, e anche se questa era stata una buona occasione per curarle la gamba con la magia di Gandalf, ora il suo peso gravava più che mai unito a quello delle armi che lei portava sulla schiena:
- Legolas..vieni qua un secondo..- pregò l'uomo, ansimando dalla fatica.
L'elfo gli si avvicinò:
- Senti, non è che potresti darmi un piccolo cambio? Il peso di Lilian comincia a farmi a pezzi.. Potremmo approfittarne adesso che dorme..-
Legolas sorrise, delicatamente tolse la ragazza dalla schiena di Aragorn e la tenne stretta al suo petto, lasciando che lei lo abbracciasse, anche se si sentiva imbarazzato; il suo amico si stirac-chiò, finalmente un po' di respiro...
Lei si mosse nel sonno: strofinò il viso contro quello dell'elfo senza accorgersi dello scambio, e strinse più forte le braccia attorno al suo collo. Legolas si sentì avvampare.
Passarono altre quattro ore di cammino, poi la Compagnia decise di accamparsi: erano ancora nella Contea dei Mezzani, girare di notte avrebbe potuto rivelarsi molto pericoloso per il portatore dell'Anello, e comunque tutti erano troppo stanchi per proseguire.
Quando Legolas adagiò a terra la ragazza, Lilian si svegliò di colpo e si accorse dello scambio:
- E' inutile che tenti di farmi piacere: io non mi fido comunque di te, elfo puro..- sbottò quando lui si sedette accanto a lei.
- Il mio nome non è "elfo puro", mi chiamo Legolas, e gradirei parecchio che tu mi chiamassi co-sì...-
- Ma..la mia gamba..è guarita.. Potevo farcela da sola, comunque..grazie..-
- Guarda che di colpe me ne dai già abbastanza. Non sono stato io, ma Gandalf..-
Gli hobbit accesero il fuoco; Aragorn, che poco prima si era allontanato, tornò con un cerbiatto per la cena: era abbastanza grosso, ma non si poteva calcolare se bastasse per tutti.
Boromir lo tagliò in parti uguali e le mise ad arrostire sul fuoco; Lilian guardava la scena con un tocco di stupore:
- Qualcosa non va?- le chiese Legolas, afferrando uno stecco con della carne infilzata.
- No, è che...noi mezzani non siamo abituati a mangiare quel tipo di carne.-
- Ah no? E che mangiate di solito?-
Lei non rispose: battè forte le mani e subito dagli alberi vicini sbucarono uccelli grossi quanto a-natre, con uno schiamazzo terribile: la ragazza scoccò cinque frecce per aria, e poco dopo quelle ricaddero lì intorno, ognuna con un uccello infilzato.
Tutti guardarono sbalorditi Lilian; lei rimise l'arco nella faretra e afferrò la prima freccia:
- Non è molto, ma...è per contribuire.- borbottò.
La cena fu tutt'altro che frugale, e, per la prima volta, apparve evidente che la ragazza comincia-va a inserirsi.
Poi fu il momento delle presentazioni vere e proprie: Lilian riuscì addirittura a stringere la mano a Legolas, seppur con riluttanza, cosa che mai avrebbe fatto in altre circostanze; ma si rifiutò di stringerla a Frodo.
Temeva troppo l'Anello al collo dell'hobbit, sentiva che la sua malvagità rappresentava una tenta-zione troppo forte: non ne odiava il portatore, ma cercò ogni espediente per non avvicinarsi a lui, nemmeno per presentarsi.
La Compagnia non restò sveglia a lungo: tutti erano talmente stanchi che se non si fossero cori-cati in fretta, si sarebbero addormentati lì per lì.
Lilian si trascinò in un cantuccio accanto al fuoco, ormai prossimo a spegnersi; la notte si prean-nunciava fredda, e lei non aveva con sè nemmeno una coperta, al contrario degli altri.
Nonostante fosse preoccupata per la sua incolumità, si addormentò poco dopo; le armi le aveva al sicuro sotto il suo braccio.
La notte passò tranquilla fino al primo albeggiare: quando l'aurora cominciò a dorare i colli lon-tani, arrivò il tempo di ripartire.
Lilian aprì gli occhi pigramente, con il caldo tepore del sole sul suo viso: ma quando si alzò a sedere si accorse di essere stata avvolta in una coperta che non le apparteneva. Chi gliel'avesse data proprio non riusciva a capirlo, chi poteva avere avuto un'attenzione del genere per lei?
Si alzò in piedi, si mise le armi in spalla e tenne la coltre in mano per un momento; quindi si guardò attorno, ma non capì a chi mancasse il bagaglio.
- Ehilà, buongiorno!- la salutò Legolas dandole una pacca affettuosa sulla spalla.
Lei rimase sorpresa, nessun elfo puro si sarebbe mai comportato così...
(che sia diverso dagli altri?)
Lilian accostò la coperta al viso: l'annusò, e il suo acuto olfatto le permise di capire finalmente chi ne fosse il possessore.
- Questa penso sia tua.- dichiarò con tono stizzito a Legolas, tendendogli la coltre.
- Grazie. Comunque puoi anche tenerla....-
- Si può sapere di che t'impicci? Ti ho chiesto niente, io?-
- Stavi tremando dal freddo: ti dovevo lasciar congelare?- la guardò con aria divertita- Suvvia, sorridi! Non fa bene essere arrabbiati già di prima mattina..-
Lei non credeva alle proprie orecchie: ma che razza di elfo era??
- Dov'è il trucco?- gli chiese più seria che mai.
- Il trucco? Che trucco? Non c'è nessun trucco!-
- Non è possibile, ci deve essere..-
- Oh, non farti problemi dove non ce ne sono! Dai, vieni, che perdiamo gli altri!-
La prese per mano trascinandola verso il resto della Compagnia, nonostante lei non gradisse affatto tutta quella confidenza:
- Ma cosa fai?? Toglimi le mani di dosso!!- gridava arrabbiata mentre cercava di liberarsi da quella stretta.
Legolas la lasciò, pur non allontanandosi da lei, e poco dopo a loro si affiancò Aragorn.
Lilian si sentiva un po' imbarazzata, ma le cinque ore di cammino che seguirono l'aiutarono ad apprezzare la buona compagnia. Anche quella dell'elfo.
  

 

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Capitolo 3
*** Presagi ***


3 - Presagi
 

Dopo essersi arrampicati su un'ardua collina, i compagni si fermarono sulla cima  per riposare un po' e per permettere a Gandalf di trovare un passaggio verso le montagne. Lilian scrutava il cielo, preoccupata: qualcosa di terribile era in arrivo. Se lo sentiva addosso.
Si accoccolò in cima a una roccia a guardare pensosa l'orizzonte: una nuvola ne-ra avanzava, ma non era una vera e propria nuvola carica di pioggia. Andava controvento ed era troppo grossa per essere una normale nube.
Boromir, Aragorn e i quattro hobbit non sembravano preoccuparsene: stavano duellando per gioco, anzi, stavano litigando per un colpo sleale di Boromir.
Anche Legolas aveva capito che qualcosa di strano era in arrivo, e pure Gan-dalf... se ne stavano seduti a scrutare il cielo, perlessi e indecisi sul da farsi. Quando la strana nuvola fu a un paio di miglia da loro, Lilian capì: non era pioggia, ma un enorme stormo di corvi, e non semplici corvi, ma i corvi di Mor-dor.
- Al riparo!- urlò agli altri della Compagnia.
Subito ci fu un gran fuggi-fuggi: in un battibaleno tutti scomparirono tra le fen-diture delle rocce o in mezzo ai cespugli. I corvi arrivavano veloci come il vento.
Lilian rimase per un attimo a fissarli avanzare, senza riuscire a muoversi: bran-diva l'arco, ma non sarebbe servito a niente usarlo.
Una mano l'afferrò da dietro la schiena e la trascinò tra le fronde di un cespu-glio:
- Resta qui, è più sicuro..- la voce di Legolas giunse alle sue orecchie poco prima che lei si rannicchiasse accanto a lui.
Il nugolo di uccelli arrivò sulla collina in pochi minuti: fece tre ampi giri, sfioran-do la terra e lanciando grida acute e penetranti. Poi sparì nell'aria proprio com'era arrivato.
- Guardiani di Mordor..- mormorò Gandalf, uscito dal suo nascondiglio - Eviden-temente il confine sud è sorvegliato. Allora l'unica via che ci resta è il passo di Caradhras..- indicò la montagna - E il cancello Cornorosso..-
- O attraverso le Miniere di Moria!- propose il nano- Mio cugino Balin sarebbe fe-lice di ospitarci..-
- No Gimli, non passeremo per le Miniere: da tempo non sono più un luogo sicu-ro...-
- Che storie sono mai queste? Moria è un posto sicurissimo!-
- Io non ne sarei tanto certa..- sussurrò Lilian. Aragorn, accanto a lei, la guardò incuriosito: colse lo sguardo triste della compagna, era chiaro che sapeva qual-cosa di terribile ma non aveva il coraggio di dirlo apertamente.
Gandalf s'incamminò verso la montagna, appoggiandosi al vecchio bastone ma-gico: i quattro hobbit lo seguivano incespicando.
Percorsero un grande tratto a piedi, poi il Caradhras si presentò con le sue alte e ripidissime pareti rocciose da scalare. Lilian si offrì di andare per prima e trovare così appigli sicuri per superarle: due volte rischiò di cadere da un'altezza vertigi-nosa, ma non conosceva la paura, era abituata a fare cose di quel genere.
Man mano che salivano il clima iniziò a farsi sempre più freddo.
Dopo molte ore erano ai piedi del ghiacciaio: la neve cominciò a cadere fitta e a ricoprire quella minima traccia di sentiero che portava al valico e verso Mordor. Lilian camminava facilmente sulla neve e ora era lei a guidare la Compagnia.
La seguiva Legolas, che come la ragazza aveva la capacità di non sprofondare.
Gli altri avanzavano faticosamente, stretti nei loro mantelli.
Il vento iniziò a soffiare forte, e tra gli ululati, si potè distinguere una voce: quella di Saruman, il mago supremo che si era schierato dalla parte di Sauron, il signore del male.
Gandalf iniziò a parlare in una lingua strana, anzi, a gridare contro un nemico che purtroppo era distante molte miglia: Lilian era sicura che si stessero af-frontando, in un certo senso.
- Non arriverete mai a Mordor!- concluse la voce tenebrosa.
La bufera sembrava aumentare: Lilian fu costretta a fermarsi.
D'un tratto, dalle rocce soprastanti, si staccarono grossi blocchi di neve, e in men che non si dica seppellì Gandalf e tutti gli altri; la voce ghignava soddi-sfatta.
Legolas non perse tempo: aiutandosi con le mani, si creò una via di uscita e poco dopo respirava di nuovo fuori dalla coltre di neve.
Uscì in fretta da quella che sarebbe dovuta essere la sua tomba, e Lilian fece lo stesso poco dopo: entrambi andarono ad aiutare gli altri a liberarsi.
- Maledetti elfi!- tuonò ancora una volta Saruman, e altre pietre si staccarono dall'alto.
Lilian sfoderò l'asta e riuscì a mandare in frantumi molte delle rocce che le cade-vano addosso, utilizzando magie tipiche della sua gente e lasciando tutti di stuc-co per qualche minuto.
Ma nemmeno lei poteva contrastare la forza di Saruman: altre pietre piombava-no con troppa violenza, ed erano molte.
Quando tutti furono liberi dalla neve, si appiattirono contro la parete rocciosa della montagna, per evitare almano i massi più grandi che continuavano a ca-dere come pioggia.
Frodo stringeva la vita di Aragorn: nelle mani serrava l'Anello, spaventato.
Non potevano resistere a lungo in quelle condizioni, Gandalf lo sapeva meglio di tutti; nonostante ciò continuava a combattere, non si voleva arrendere.
Frodo tentò di avvicinarsi a lui..; si staccò da Aragorn, e quello fu il suo sbaglio più grande.
Una pietra gli sbarrò il passo,...un'altra gli cadde addosso.
L'hobbit fu spinto verso il ciglio del burrone, dove si accasciò incapace di capire che fosse accaduto: in quel momento, una grande massa di neve lo travolse, e lo trascinò con sè oltre la fine la fine del pendio.
Aragorn cercò di afferrarlo, ma Frodo stava era già fuori dalla sua portata; anche gli altri si affacciarono allo strapiombo, ormai Saruman aveva esaurito la sua collera.                                                         
- Frodo!!- stava urlando Sam, quando un'ombra gli passò accanto, legò qualcosa a una roccia e si calò oltre il burrone....Lilian!
- Ma che fa? E' impazzita?- si lasciò sfuggire Boromir mentre osservava il corpo affusolato della ragazza sparire più in basso, assicurato alla corda.
Lei si lasciò cadere finchè la fune non raggiunse la sua massima lunghezza: poi, dopo aver abbandonato la corda, ora troppo corta, cercò appigli sicuri per scendere un altro po'.
La parete rocciosa era irta di speroni e sporgenze. Lilian sperò ardentemente che Frodo si fosse impigliato lì, da qualche parte, e che si fosse salvato.
Scese ancora, e si fermò su uno sperone abbastanza robusto: si guardò attorno.
Poco più in basso una massa scura penzolava inerte. Lilian la raggiunse a fatica: la figura si muoveva appena, e le pareva di sentirla gemere.
- Frodo? Non ti muovere!-
La sagoma oscillò pericolosamente. La ragazza l'afferrò, tenendosi ben aggrap-pata alla roccia; poi la tirò su, faticosamente.
Frodo le si abbarbicò alla vita e Lilian, lentamente, cominciò a risalire:
- Non sai quanto sei fortunato!- disse all'hobbit- Non sempre sono in vena di simili esibizioni..-
Muovendosi cautamente, trovò lo sperone dove prima si era fermata: riprese fia-to e poi salì ancora. Finalmente raggiunse la fune.
Sempre con Frodo aggrappato alla vita, la ragazza si assicurò ad essa.
Gandalf e gli altri, sul bordo del precipizio, videro la corda oscillare: ne rimasero stupefatti.
- Ma che diamine sta succedendo?- domandò Pipino avvicinandosi di più.
Legolas capì al volo: iniziò a tirare la fune con quanta forza aveva nelle braccia, trascinando tutti nell'impresa: Lilian e Frodo, più in basso, avvertirono l'aiuto dei compagni, che rendeva più facile la loro salita.
L'hobbit pensava: ma che strana ragazza è mai questa? Mi fa sentire il suo odio e poi mi salva la vita?
Una volta che tutti e due furono arrivati sul ciglio del burrone, Aragorn li aiutò a mettersi al sicuro: Sam, Merry e Pipino abbracciarono Frodo, contenti di riaverlo con loro, mentre gli altri ringraziavano Lilian e si complimentavano con lei per la coraggiosa prontezza d'animo.
- Non fateci l'abitudine....- si limitò a dire la ragazza mentre recuperava la sua corda.
- Forza, se stiamo tutti bene rimettiamoci in marcia!- gridò Gandalf mentre ri- prendeva il cammino.
- Ma hai visto anche tu cos'è successo! Se continuiamo per questo sentiero mori- remo di certo per le magie di Saruman: passiamo per le Miniere di Moria!- Gimli riprese a parlare delle sue amate grotte da nano.
- No, è più sicuro sfidare la montagna che andare sotto terra!-
Gimli insisteva, e per Gandalf era solo una perdita di tempo stare lì a discutere: chiese a Frodo che volesse fare. Dopotutto, era il Portatore dell'Anello che do-veva decidere il da farsi.
L'hobbit strinse ancora una volta l'oggetto che teneva al collo: perchè doveva decidere lui la sorte della Compagnia? Era forse saggio quanto Gandalf?
Non ne era convinto, ma sapeva che il luogo dove si trovavano non era affatto sicuro: forse Gimli non aveva tutti torti...
- Passeremo per le Miniere!- esordì dopo alcuni minuti di riflessione.
Il mago lo guardò esterrefatto, ma poi si convinse che Frodo avrebbe potuto a-vere anche ragione: era comprensibile che volesse tentare l'altra strada, dato che quella che serpeggiava sulla montagna stava diventando troppo rischiosa.
Il vecchio stregone invertì la marcia, senza guardare negli occhi il suo piccolo amico; poco dopo gli altri lo seguirono e tutti scomparvero nel turbinìo dei fiocchi di neve.
Lilian si avviò con riluttanza, Frodo incrociò di sfuggita il suo sguardo severo: eb-be l'impressione che, per quella decisione, lei lo odiasse ancora di più.
Il vero perchè, tuttavia, lo ignorava.
 
Per i giorni di cammino che seguirono l'hobbit si chiese incessantemente che cosa rimuginasse quella ragazza nei suoi fitti pensieri: l'aveva salvato da una morte sicura, rischiando anche la propria vita...eppure lui sapeva che per un'o-scura, strana ragione, lei non poteva sopportarlo.
Nella tarda sera del quinto giorno, finalmente raggiunsero la loro meta:
- Eccoci qua, finalmente siamo arrivati a Moria!- comunicò Gandalf ai compagni quando raggiunsero un'alta parete rocciosa.
In quello spoglio paesaggio non esistevano alberi, l'acqua del lago che costeggia-va la roccia era scura quanto la notte che era sopraggiunta. Nell'aria aleggiava un odore di morte.
Gimli sembrava contento: si sentiva finalmente a casa, anche se non lo era nel vero senso della parola.
Il portone per accadere alla Reggia dei Nani era davanti a loro, illuminato dalla luna.
Mentre la Compagnia si riposava, Gandalf decifrò i caratteri in elfico antico incisi nella roccia: c'era scritto di pronunciare una parola amica e passare. Ma quale parola? Un enigma.. ..ci mancava solo quello per degli stanchi viaggiatori!
Lo stregone si sedette su una pietra a pensare come entrare nelle Miniere; pro-
vò anche a fare qualche incantesimo, ma fu tutto inutile.
Gli hobbit si annoiavano a morte: Sam iniziò a tirare sassi nelle acque scure del lago, Merry e Pipino confabulavano.
Aragorn e Boromir non si sentivano affatto tranquilli: quel posto aveva un qual-cosa di sinistro.
- Non saremmo mai dovuti venire qui...- mormorò Lilian mentre accarezzava il suo arco.
- Perchè dici così? Avresti preferito congelarti lassù?- ribattè Legolas.
- Non sei affatto divertente, elfo. Io sto parlando di cose serie.-
- Anch'io...-
La loro discussione si fece più accesa: entrambi cominciarono a parlare veloce-mente in elfico antico. Gli altri non riuscivano più a capire un'acca.
Poi, all'improvviso, il portone di Moria si aprì con fragore: la luce filtrò un poco nel primo salone.
I quattro hobbit, Gandalf e i due uomini si voltarono verso gli altri due com-pagni:
- Ho solo detto " Senti, amico!"...- si giustificò Lilian con tono imbarazzato.
-...sei grande, ragazza! Hai indovinato la parola giusta! Sei proprio uno scrigno di sorprese..-
Lei si girò a guardare Legolas, che la stava osservando sorpreso e compiaciuto.
La Compagnia oltrepassò veloce la soglia di Moria; lo stregone accese magica-mente una pietra che usò per illuminare il cammino.
Lilian afferrò l'asta magica, mormorando poche parole in elfico, ed essa si accese come una piccola torcia: ma quale fu la terribile sorpresa!
- Ma, ma...che è successo qui?- esclamò Gimli appena ebbe modo di guardarsi un po' attorno...atterrito.
L'interno della Reggia era come caduto in rovina, le ragnatele stavano oramai ricroprendo tutto; nugoli di polvere si alzavano qua e là ad ogni minimo movi-mento della Compagnia.
Per terra, decine di scheletri in armatura giacevano inermi sulle lastre grigie del pavimento, infilzati da frecce: le luci delle torce illuminavano i loro volti privi di ogni espressione.
- Queste sono frecce di orchi..- constatò Legolas, estraendo da uno dei cadaveri un lungo bastoncino appuntito.
- Come è possibile? Gli orchi non si spingerebbero mai fin qui, a combattere con-tro dei Nani..- replicò Lilian.
Stava anche per aggiungere altro, ma preferì non continuare: il volto attonito di Gimli la fissava come se le chiedesse di dirgli che era solo un incubo.
Una pietra caduta mandò tutti nel panico: la Compagnia si ritirò in gran fretta al di là del portone dal quale erano entrati con un grido di terrore a malapena sof-focato nella notte.
Senza che nessuno se ne accorgesse, una misteriosa creatura si mosse.
Poi, dopo poco, Frodo si sentì afferrare per la vita e trascinare indietro: si voltò, un'orribile specie di polpo gigante guardava l'hobbit come se si trattasse della sua cena.
Aragorn sfoderò la spada, ed iniziò a recidere il tentacolo del mostro; Merry, Pipino e Sam lanciavano sassi a non finire contro l'orribile creatura.
Gimli cominciò a far roteare la possente ascia, e la fece cadere dritta sui tenta-coli della creatura: ma quella non aveva la minima intenzione di lasciare andare Frodo.
Mentre Legolas lanciava frecce per coprire le spalle ai propri amici, Lilian si piaz-zò in un posto dove il mostro potesse vederla bene, e iniziò a beffeggiarlo, sotto gli occhi sorpresi di tutti.
La creatura s'infervorò, afferrò l'"indisponente" ragazza con un tentacolo e la sol-levò per aria: nonostante Legolas continuasse a colpirlo, continuò a stringere la presa.
Era proprio quello che Lilian voleva: mentre il mostro l'avvicinava alla bocca, lei estrasse l'arco e puntò una freccia verso gli occhi del nemico.
L'accecò; la creatura, rabbiosa, l'avvicinò ancora di più alla bocca, ma...:
- Ecco, bravo, aprila...- mormorò Lilian.
Appena fu abbastanza vicina, la ragazza scoccò un'altra freccia nella gola del nemico, che la catapultò contro Aragorn; insieme capitombolarono poco lontano; ora Frodo era libero, ma il mostro era più infuriato che mai.
- Non ce la farete, è troppo forte!- urlò Gandalf- Per salvarci dobbiamo entrare a Moria!-
Si diresse dentro la Reggia in rovina, poco dopo gli altri lo seguirono; ma il mo-stro fece altrettanto. Con i tentacoli che gli rimanevano si mosse fino al portone di Moria e tentò di entrare; Lilian non glielo permise.
Agitò l'asta magica, causando un raggio di luce azzurra che fece crollare l'en-trata: una nube di fumo scuro invase il macabro salone per parecchi minuti.
- Ma che diamine ha combinato quella ragazza?- esclamò Gimli, tossendo rumo- rosamente.
- Ha fermato il nemico, penso..- rispose Gandalf mentre la nebbia di polvere si diradava.
Ora l'entrata per Moria non esisteva più: al suo posto c'era un cumulo di pietre che aveva inghiottito il mostro come se niente fosse.
Dei chiari colpi di tosse rauca ruppero il silenzio tombale.
Fra le rocce, poco dopo, la figura slanciata di Lilian fece capolino, strisciando tra i massi:
- Ecco dov'eri finita..- disse Pipino avvicinandosi- Cominciavo a credere che fossi morta là sotto!-
- Siamo a corto di ottimismo a quanto vedo..- replicò lei sgusciando fuori dai massi fino alla vita, poi la ragazza fu obbligata a fermarsi: non ci passava più.
- Allora, che aspetti? Vieni!- la esortò Legolas.
- Non so se l'hai notato, ma...avrei un problema.-
L'elfo le si avvicinò:
- Non riesci più a venire fuori?-
- Tu cosa ne dici?-
Lui la prese per le braccia e iniziò a tirare:
- Lo sapevo, avrei dovuto dimagrire...- mormorò la ragazza mentre tentava di disincastrarsi.
- Non dire sciocchezze, per me tu stai benissimo così! E' solo questione di tem-po, vedrai che ti faremo uscire..-
Dietro a Legolas apparvero anche i quattro hobbit e i due uomini, che comincia-rono a rimuovere i massi intorno alla ragazza.
Lilian avvertiva qualche miglioramento: di lì a poco avrebbe dovuto liberarsi.... Ed infatti, improvvisamente, finì a capofitto addosso a Legolas, che la stava ancora tirando:
- Scusa, non l'ho fatto apposta...- sussurrò lei, togliendosi da quella imbarazzante posizione 

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Capitolo 4
*** Nelle Rovine di Moria ***


4 – NELLE ROVINE DI MORIA




Finalmente uniti ripresero il cammino attraverso quelle che ormai erano diventa-te le Rovine di Moria.
Gimli, il nano, osservava ogni cosa come se non credesse ai suoi occhi: tutto il suo mondo...distrutto così...c'era rimasto qualche superstite? Lo sperava tanto.
Come Lilian sperava tanto di andarsene al più presto di lì: gli scheletri le faceva-no terribilmente schifo. E tremava dalla paura, nonostante avesse l'asta che bril- lava come una torcia.
Aveva bisogno di qualcuno che le infondesse un po' di coraggio; doveva solo su-perare tutti i suoi pregiudizi e farglielo capire.
Si avvicinò a Legolas:
- Tu..tu non ti offendi, vero?- gli disse mentre cominciava a camminargli a fian-co, spalla contro spalla.
Lui le sorrise: intuì immediatamente lo stato d'animo di Lilian, finalmente la bar-riera che da tempo la teneva prigioniera delle sue origini si stava lentamente sgretolando.
Già il fatto che si fosse rivolta a lui, in cerca di aiuto, era un buon segno.
Avrebbe voluto cingerle la spalle con un braccio, ma non osò farlo: era ancora troppo presto.
Le Miniere di Moria si aprivano come lunghi anfratti nella roccia, la strada dan-neggiata dagli anni serpeggiava fra saloni e stretti cunicoli: tutti si chiesero, tranne Gimli, come si potesse vivere in un posto così abbandonato, benchè im-maginassero che qualcosa di terribile aveva peggiorato le cose.
Gandalf procedeva imperterrito, sembrava conoscesse la strada a memoria: con il vecchio bastone stretto nelle mani raggrinzite, si arrampicava tra massi senza dare segni di fatica.
Gli echi dei suoi passi rimbombavano.
Il vecchio stregone risalì lungo alcune file di massi fino a un ampio spazio che fa-ceva da piazzale: davanti a sè aveva tre gallerie.
- Non ho memoria di questo posto..- sussurrò quasi a se stesso mentre osserva-va dubbioso le tre vie.
Si sedette su una roccia, lo sguardo fisso, assorto.
Gli altri ne approfittarono per riposarsi un po', erano tutti molto stanchi: l'aria era pesante, irrespirabile, sembrava dovesse soffocarli da un momento all'altro.
- Spero che decida in fretta quale via prendere..- mormorò Lilian mentre rigi- rava l'asta fra le mani- ho come l'impressione che non siamo soli..-
- E chi mai potrebbe esserci qui sotto?- le domandò Aragorn.
La ragazza fiutò l'aria:
- Qualcuno c'è...- disse voltandosi improvvisamente verso il buio crepaccio che costeggiava il sentiero. Lontano, una figura stava strisciando tra rocce, un at-timo dopo era scomparsa.
Anche Frodo si era accorto della strana presenza, ne era riuscito a scorgere la sagoma luccicante prima che questa scomparisse in fondo alla gola; terrorizzato, andò ad avvertire Gandalf, che più di tanto non si scompose.
Lilian continuava a sentire quell'odore acre, una sottile scia che proveniva dal crepaccio; la ragazza si mosse cercando di non destare sospetti: la curiosità era troppo forte, doveva saperne di più.
Forse ce l'avrebbe fatta ad allontanarsi, se qualcuno non l'avesse trattenuta per il braccio:
- Non è saggio andarsene alla chetichella per questi luoghi: se vogliamo uscirne vivi dobbiamo restare uniti...- le intimò Legolas- Lascia perdere, per ora...-
Lilian si liberò con uno strattone, ma prima che potesse dire qualcosa per contro-battere, Gandalf annunciò di avere scelto la via da prendere: la ragazza decise quindi di seguire il consiglio dell'elfo: andarsene in giro da soli sarebbe stato, ef-fettivamente, un po' troppo rischioso.
Imboccarono la galleria centrale, che conduceva ad un ampio salone, rischiarato da una fioca luce: il paesaggio non era cambiato di tanto, ovunque si posasse lo sguardo uno scheletro marcito dormiva il suo sonno senza risveglio.
Gimli sembrava conoscere bene quel luogo, infatti, appena vide la luce si precipi-tò verso di essa, scomparendo dietro un portale; quando anche gli altri furono riusciti a raggiungerlo, lo trovarono che gemeva, in ginocchio.
Davanti a lui era illuminata una tomba. Sul coperchio Gandalf lesse il nome del re di Moria, nonchè cugino di Gimli.
- Mi dispiace amico..- lo stregone tentò di calmare il compagno, ma lui piangeva sempre più forte.
Lilian e Legolas si guardarono attorno: il posto non piaceva a nessuno dei due.

La ragazza iniziò ad esplorare la stanza, facendo attenzione agli scheletri che impedivano il passaggio: i suoi piccoli piedi non facevano il minimo rumore.
Gandalf stava leggendo un vecchio diario, trovato accanto alla tomba, ma a Lilian poco importava: qualcosa era in agguato. Se lo sentiva addosso. Troppo silenzio intorno a lei, oltre il portale rimasto aperto.
D'un tratto, nell'aria si udì un fragore terribile: Lilian sobbalzò, la freccia pronta da scoccare.
Ebbe appena il tempo di vedere una lunga catena sparire in un enorme buco, ed accanto ad esso uno dei quattro hobbit che strizzava gli occhi ad ogni schianto prodotto dall'eco:
- PEREGRINO TUC!!- gridarono assieme lei e Gandalf- Ti sembra questo il momento di metterti a combinare guai?-
Le loro voci rimbombarono per la stanza; e non solo quelle.
Crescendo pian piano d'intensità, un rumore di rulli di tamburi pervase le Rovine di Moria: provenivano proprio da dietro la porta di quella camera.
La Compagnia si guardò attorno, e per un attimo fu presa dal panico: qualcuno stava arrivando...per farli sparire come i nani delle Miniere.
- Sono tamburi di orchi!- gridò Legolas, e si precipitò verso la porta: la chiuse con qualsiasi cosa gli capitasse fra le mani: asce, spade, armi appartenenti agli scheletri abbandonati.
Lilian si arrampicò in cima a una colonna, le frecce pronte a essere scoccate: nessun nemico si sarebbe accorto di lei.
- Lasciate pure che vengano da me!- urlò Gimli, in piedi sulla bara di suo cugino - Scopriranno che qui a Moria c'è ancora un nano che combatte..-
Legolas scosse la testa bionda prima di mettersi in posizione d'attacco assieme agli hobbit e i due uomini: la porta cominciava a cedere sotto i potenti colpi d'a-scia degli orchi.
Poi il portale si ruppe in mille pezzi: gli orchi entrarono con grida stridenti di ec- citazione e di rabbia.
Anche gli hobbit scesero in campo con quello che avevano, diedero il meglio di sè: Merry e Pipino preferirono atterrare i nemici con una pioggia di sassi.
Aragorn e Boromir facevano vibrare le loro spade nell'aria, infliggendo notevoli danni all'esercito di mostri; Gimli tentava di aiutarli, ma la rabbia era tale da non permettergli di coordinare bene i movimenti. Furono molte di più le volte in cui dovette essere salvato, che non lui salvare gli altri.
Legolas stava lanciando più frecce che poteva a destra e a manca, quando una mano gli si posò sulla spalla:
- Lascia perdere gli orchi per ora: abbiamo a che fare con qualcosa di più gros-so...- Lilian gli fece notare l'avanzata minacciosa di un Troll delle Caverne all'in-terno della stanza.
L'elfo si voltò per un attimo:
- Non mi piace quell'affare...- mormorò osservando il mostro che avanzava bran-dendo la sua clava di legno.
- Non gli devi fare una proposta di matrimonio, sai, devi aiutarmi a toglierlo di mezzo!-
Lui la guardò con un misto di sorpresa e contentezza: finalmente una battuta amichevole, anche se non nel momento più adatto.
Il troll incombeva su di loro; ed era chiaro che a Lilian non era ancora venuta un'idea decente.
Prima che la clava del mostro provvedesse a mietere vittime, Legolas spinse da un lato la ragazza, evitando il peggio: lei, svelta, si arrampicò su una colonna e scoccò una freccia contro il cordone che teneva il vecchio lampadario appeso al soffitto.
Lo centrò in pieno e il lampadario cadde con fragore sulla testa del troll; le ca-tene ornamentali per poco non schiacciarono Frodo: ora, però, il mostro aveva un collare di ferro, ed era semibloccato.
- Ora, Legolas!- urlò Lilian mentre, assieme all'elfo, lanciava una infinità di frec-ce contro il mostro.
Esso non sembrò soffrirne: si voltò verso la ragazza appollaiata sulla colonna, e e le lanciò contro la clava.
Intanto i quattro hobbit lo stavano notevolmente infastidendo tirandogli addosso delle pietre.
Il troll si girò e con un urlo si gettò su Sam, che si salvò solo grazie alla prontez-za di schivare il colpo.
Gli orchi continuavano ad entrare inferociti.
Aragorn e Boromir ne abbattevano a dozzine, mentre Legolas tentava di sconfig-gere il nemico più grosso: lo aveva immobilizzato con le catene ornamentali del lampadario, ma anche se ora era riuscito a tirargli qualche freccia in testa, non sembrava averne ricavato un gran vantaggio.
D'un tratto si trovò scaraventato sul pavimento, stordito: l'elfo riusciva a sentire i passi del nemico, ma non capiva da che parte provenissero.
Capiva solo che le catene si dovevano essere spezzate.
Quando Legolas riacquistò completamente i sensi, il troll incombeva su di lui e roteava per aria la clava: di sicuro l'avrebbe calata entro pochi secondi.
L'elfo si rese conto che non aveva più via di scampo.
Poco prima che la pesante arma del mostro si abbattesse su di lui, una figura slanciata si parò davanti a Legolas: alzò un'asta, e la clava del troll si fermò a due braccia da terra.
- Tornatene fra le tenebre!- tuonò la voce di Lilian.
Ci fu un lampo azzurrognolo, che accecò il mostro e tutti gli orchi: il troll bracol-lò, coprendosi gli occhi ed indietreggiò.
- Ora!- gridò ancora una volta la ragazza puntando con l'arco la gola del mostro.
Legolas, rimessosi in piedi, fece altrettanto: poco dopo due frecce aguzze vibra-rono nell'aria, conficcandosi nel collo flaccido del troll.
Il mostro barcollò ancora una volta, in avanti, fece due o tre passi e poi si river-sò sul pavimento, ai piedi di Lilian: finalmente era morto.
Gli orchi erano scappati terrorizzati; ma il rumore dei loro tamburi di guerra sembrava dovesse svegliare anche i morti di Moria.
- Andiamocene prima che ne arrivino altri!- gridò Gandalf, e la Compagnia corse fuori dalla stanza.
Riattraversarono il salone in un battibaleno...ma un esercito di orchi sbarrò loro la strada: ora i nemici erano troppi per riuscire ad ucciderli tutti.

La Compagnia voltò verso Ovest, dove si scorgeva un cunicolo pieno di fenditu-re: lo imboccò, piegandosi faticosamente poichè era molto basso.
Dopo pochi passi scoprirono che era un vicolo cieco: ai lati del tunnel si aprivano due spaccature scure, ma anch'esse non portavano ad alcuna via d'uscita. Erano per fortuna abbastanza larghe per passarci.
Gandalf ordinò di dividersi, poichè non si poteva certo tornare indietro: gli orchi stavano arrivando.
Il mago andò a incastrarsi nell'anfratto alla sua destra, assieme ad Aragorn, Bo-romir, Gimli e Frodo; gli altri si affrettarono ad entrare nella spaccatura alla loro sinistra.
Si accovacciarono all'estremo capo dei loro nascondigli, stringendosi gli uni agli altri: nel cunicolo rimbombavano già passi di orchi. E il loro odore avvertiva che si stavano avvicinando guidati da un istinto infallibile.
Ispezionarono prima la parete di destra: graffiarono la roccia, la perlustrarono in tutto e per tutto; con le mani munite di artigli cercarono di tastare ogni centime- tro della spaccatura in cui Gandalf e una parte della Compagnia si era nascosta.
Gli orchi raspavano le rocce, scheggiandole selvaggiamente, ma non riuscirono comunque a toccare nessuno dei loro nemici: si erano nascosti fuori dalla loro portata, dove le loro braccia non arrivavano e dove i loro corpi robusti e tozzi non potevano infilarsi.
Grugnendo insoddisfatti, tornarono all'imboccatura del cunicolo e cominciarono a ispezionare la parete di sinistra: per un po' rimasero girati di schiena.
Lilian e Legolas pensarono che avrebbero avuto un po' di tempo per mettersi in un posto più sicuro: dovevano andare nell'altra spaccatura, dove sicuramente i nemici non avrebbero più cercato.
Spiegarono il più brevemente possibile il loro piano ai tre hobbit, i quali furono ben lieti di accettare la proposta: mentre gli orchi erano occupati altrove, Merry e Pipino sgattaiolarono furtivi nell'altro nascondiglio.
Lilian andò per terza: si acquattò a terra, e leggera come l'aria allungò le gambe una alla volta, spostando il peso da una parte all'altra, aiutandosi con le mani, finchè non arrivò a destinazione.
Non fece rotolare un solo sasso.
Sam volle andare prima di Legolas, impaziente di ritornare al fianco di Frodo: controllò le mosse degli orchi, poi si mosse goffamente, abbozzando una corsa disperata verso la salvezza.
Legolas aspettava pazientemente il suo turno: anzi, stava per intraprendere la strada quando Sam inciampò provocando un rumore sordo e di certo percettibile.
Lui e il resto della Compagnia si rinascosero nel fondo della spaccatura, gli orchi tornarono indietro tastando frettolosamente la parete di sinistra; Legolas si ritirò nel nascondiglio, ma non andò troppo lontano: ora che i nemici erano così vicini, era meglio restare dove si era e aspettare.
L'elfo si appiattì contro la parete interna, mentre la fioca luce proveniente dal cunicolo veniva spenta da due losche figure.
Poco dopo un braccio munito di artigli invase il rifugio, graffiando il muro che ca-pitava sotto le sue dita appuntite: a Legolas sembrò di impazzire, il suo fine udi-to non era abituato a simili suoni così stridenti.
La mano dell'orco continuava a tastare: mancò di poco i capelli di Legolas.
- Forse ho trovato qualcosa!- grugnì la voce del mostriciattolo a cui apparteneva la mano: aveva avvertito il debole calore emesso dalla bocca dell'elfo.
Quest'ultimo trattenne il fiato e si abbassò senza fare rumore: il braccio del ne-mico toccava e scalfiva la parete sopra la sua testa. Ancora poco e l'avrebbe scoperto: era la fine.
Tuttavia, gli amici rimasti al sicuro non permisero che gli eventi precipitassero.
Lilian, anche se contro la volontà di Aragorn, che tentava inutilmente di tenerla ferma, riuscì ad afferrare un piccolo sasso e a scagliarlo fuori dalla spaccatura: esso rimbalzò sulla parete del cunicolo, provocando un sonoro tonfo.
Gli orchi rizzarono le orecchie, e la mano che stava per toccare la chioma bionda di Legolas si fermò a mezz'aria; il tempo sembrò fermarsi.
Nessuno osò muovere un dito in quei terribili, lunghissimi secondi.
Gli orchi rimasero in ascolto per un po': poi, anche se non del tutto convinti, si incamminarono verso l'uscita del cunicolo, sparendo.
Legolas ricominciò a respirare, le sue gambe cedettero, facendolo scivolare lungo il muro e sedere per terra, ansimante.
Il resto della Compagnia uscì di soppiatto dal nascondiglio, eccetto Aragorn, che proprio di calma non ne voleva sapere: si precipitò subito nell'altro anfratto, ac-covacciandosi vicino al corpo dell'amico.
Posò una mano sul petto dell'elfo, scuotendolo un po': il suo cuore batteva anco-ra all'impazzata.
- E' ancora vivo, non vi preoccupate..- mormorò Aragorn agli altri membri della Compagnia. Lilian tirò finalmente un sospiro di sollievo.
L'uomo aiutò l'amico ad alzarsi, trascinandolo fuori dalla spaccatura: gli occhi di Legolas erano due fessure.
- Vero che sei vivo?- scherzò Aragorn.
- Si...credo...- gli rispose l'elfo tra un respiro e l'altro, mentre si reggeva final-mente in piedi. Sam gli si avvicinò guardando in basso e mordendosi le nocche:
- Mi dispiace, non l'ho fatto apposta, davvero! E' che sono così imbranato...un autentico scemo, un perfetto scellerato. Lo diceva sempre mio padre il Gaffiere....-
L'elfo s'inginocchiò, posando una mano sulla spalla di Sam:
- Non tormentatevi più di tanto Sam Gamgee: non è successo niente di irrepa-rabile. Sono ancora vivo dopotutto...-
Si rialzò, e fece cenno di andare: la Compagnia si accinse ad uscire furtivamente dal cunicolo.
- Lilian...?- disse Legolas alla ragazza, sperando vivamente di non essere udito- Sei stata tu a tirare quel sasso, vero? A salvarmi ancora una volta...-
Lei lo guardò con occhi eloquenti: si domandava dove volesse arrivare.
- Non guardarmi così...io volevo solo dirti..grazie, spero di riuscire a ricambiare, un giorno..-
La superò uscendo dal cunicolo: ma come poteva pensare di poter ricambiare? C'erano troppe cose che lo dividevano da quella ragazza, tanti, troppi piccoli o-stacoli: forse lui sarebbe stato in grado di passarci sopra. Lilian no.

La Compagnia riprese il cammino nella direzione opposta all'esercito di orchi, correndo come se fossero davvero inseguiti; i tamburi del nemico rullavano.
Dei corni echeggiarono. Le grida di quei piccoli mostriciattoli si fecero man mano più vicine: la loro lingua era incomprensibile, ma una cosa era certa: non parla-va di salvezza.
- Ero convinto che fossimo riusciti ad evitarli!- disse Aragorn mentre si voltava indietro: una freccia gli sibilò accanto.
- E' difficile sfuggire agli echi delle Miniere di Moria, la sola cosa che ci resta è correre all'uscita. Venite!- Gandalf curvò improvvisamente a destra.
Gli orchi dietro di loro sembravano esultare.
- Oh no..siamo in trappola!-
La Compagnia si fermò al centro dell'enorme salone che stava percorrendo: da- vanti ai suoi membri stava arrivando un altro battaglione di mostriciattoli.
Dalle cime delle colonne scendevano ancora nemici. Dovunque Gandalf e gli altri si girassero non c'era che un'immensa marea nera.
- Ora sì che siamo nei guai!- gridò Lilian mentre lei e i suoi compagni si stringe-vano sfoderando le armi.
- Be', se dobbiamo morire, almeno moriremo da eroi!!- urlò Boromir- Uccidiamo- li, avanti!!-
Stava già per atterrare il primo orco vicino a lui quando i tamburi tacquero im-provvisamente; i mostriciattoli si guardarono attorno impauriti; alcuni di loro si rifugiarono di nuovo in cima alla colonne.
La Compagnia, archi tesi e spade pronte, assisteva meravigliata alla ritirata dei propri nemici: in pochi minuti il salone fu di nuovo deserto.
- Ma che diamine...?- sussurrò Sam, ma ancora prima che potesse finire la do-manda, lo stregone gli fornì la risposta.
- E' un Balrog, il Flagello di Durin, le vostre armi non servono più a niente ora!-
L'entrata della sala s'illuminò di una luce arancione e potentissima: si udirono chiari e distinti nell'aria pesanti passi da mostro, benchè esso non si vedesse ancora.
Gandalf iniziò a correre, seguito dalla Compagnia: i passi si avvicinavano e si facevano via via più forti, la luce illuminava loro la strada.
Presero le scale che portavano giù, nelle viscere di Moria: il caldo aumentò, intorno a loro cominciarono ad innalzarsi vapori bollenti.
Legolas abbatteva gli orchi che tentavano di ostacolarli, mentre correva: anche se nascosti dall'ombra, lontani dal loro cammino, lui poteva comunque vederli grazie alla sua vista.
Il Balrog continuava imperterrito ad avvicinarsi.
La Compagnia imboccò un ponte, ma dovette percorrerlo fino a metà, perchè, in-fatti,...:
- E' crollato!!- urlò Boromir mentre scivolava sul ciglio.
Sarebbe stata la fine per lui, se Legolas non avesse avuto la prontezza di tirarlo per il mantello ed evitare così una tragedia.
- E ora come facciamo a passare?- chiese Sam a Gandalf.
Lo stregone stava per rispondere con un "non lo so", dato che il baratro gli sem-brava abbastanza largo, ma non fece in tempo a dirlo: Lilian aveva già preso la rincorsa e, con un salto mortale, era riuscita ad atterrare dall'altra parte del pon-te sana e salva.
- Non è molto ampio, potete farcela benissimo anche voi!- urlò agli altri.
- Oh certo, è facile per te dire così. Ma ti ricordo che noi non siamo elfi mezzani!!- ribattè Gimli: l'idea di lanciarsi nel vuoto non gli piaceva neanche un po'.
- Se vuoi farti arrostire dal Balrog per me fa lo stesso, sai?- lo rimbeccò Lilian.
Gimli diventò rosso di rabbia, stava per lanciarsi per poter dirgliene quattro; ma si fermò sul ciglio, sussultando a causa del salto che fece Legolas, accanto a lui: pure l'elfo arrivò sano a salvo dall'altra parte, e fece segno agli altri di sbrigarsi.
Gandalf prese la rincorsa e si buttò senza neppure pensarci un secondo, chiu-dendo gli occhi; Legolas lo afferrò per la vita, appena lo stregone gli fu vicino.
Uno alla volta Aragorn e Boromir lanciarono gli hobbit dall'altra parte del ponte: erano troppo piccoli per farcela da soli.
Gimli non ne volle sapere di essere aiutato: ci teneva troppo al suo onore e non voleva assolutamente che due elfi lo vedessero valere meno di loro.
Prima che uno dei due uomini potesse fermarlo, si lanciò nel vuoto, toccando a malapena il bordo dall'altra parte del ponte: oscillò per un attimo, ma poi il suo corpo prese ad andare indietro, verso il vuoto del burrone.
- Ahi, no! La barba no!!- gemette il nano poco prima di fermarsi a metà strada tra la salvezza e la morte sicura: Lilian l'aveva afferrato per l'ispida barba rossa e ora stava tentando in tutti i modi di controbilanciare il peso.
Nemmeno lei sapeva il perchè di quel gesto: anche se i nani avrebbe dovuto o-diarli a causa di antichissime discordie, in quel momento tutto le pareva una so- la stupida sciocchezza.
Ma Gimli era troppo pesante da tirare su, anzi, ogni secondo che passava il figlio di Glòin la tirava più verso il basso, gemendo per il dolore; ma lei non mollava la presa.
Sembrava tutto perduto, quando un possente braccio cinse la ragazza, fermando la sua caduta nel baratro, e poi la tirò su, e con lei anche Gimli:
- Tu...- Lilian si girò appena le fu possibile lasciare il nano senza ch'egli potesse correre pericoli.
Legolas la stava guardando:
- Sì, io...- le sussurrò.
- Allora avevo ragione sul tuo conto...: tu...non sei un elfo come tutti gli altri..-
- Di certo non ti voglio male: mi hai salvato la vita, o sbaglio?-
Un boato interruppe la loro conversazione; poco prima che l'altra parte del ponte crollasse Aragorn e Boromir saltarono.
Il Balrog era ormai vicino, troppo vicino:
- Andiamocene da qui!- urlò Gandalf, e riprese a correre.
Il caldo della Miniere di Moria si faceva sempre più pesante, le strade sempre più strette ed assurde; poco dopo la Compagnia aveva davanti un altro ponte, intero questa volta.
Lo stegone però era stanco di essere inseguito da un demone del fuoco: doveva sbarazzarsene, o Frodo e l'Anello non sarebbero mai giunti a destinazione.
Aspettò che tutti fossero arrivati dall'altra parte dl ponte, oltre il quale li aspetta- va la salvezza, poi tornò indietro, parandosi davanti al Balrog e sfidandolo:
- Tu non puoi passare!- gli urlò contro alzando il bastone magico.
Il mostro si fermò per un momento, ruggendo di rabbia: trasse una spada di fuo-co, cominciò a colpire. Ma Gandalf si era già costruito una barriera.
Aragorn incaricò Legolas di portare fuori i tre hobbit che furono disposti ad an-darsene da Moria: Frodo rimase, impietrito nel vedere quel che Gandalf stava fa-cendo, o cercando di fare.
Il mago alzò il bastone magico, urlò ancora una volta al Balrog la frase di sfida: aspettò che il mostro fosse proprio davanti a lui, sfoderando una gigantesca fru-sta di fuoco, e poi colpì il ponte.
Un altro boato si vibrò nell'aria: la terra sotto i piedi del Balrog tremò, si frantu-mò, ed infine sparì sotto i piedi del mostro, facendolo cadere nelle più scure te-nebre di Moria.
Gandalf rimase per un po' chino a guardare nello strapiombo, con aria stanca ma trionfante; infine si girò, deciso a tornare con il resto della Compagnia.
Non immaginava di certo che il Balrog aveva in serbo per lui ancora una terribile sorpresa...
Prima lo stregone potesse allontanarsi abbastanza dal baratro, la frusta infuocata del mostro si allungò talmente da afferrargli il ginocchio: Gandalf cadde in avan-ti, il bastone gli sfuggì di mano, e cominciò a essere trascinato oltre il ciglio del burrone.
Aragorn e Frodo tentarono di raggiungere il loro amico, ma Boromir li fermò pri-ma che potessero farlo; Lilian sfidò la sorte.
Nonostante alcune pesanti pietre avessero cominciato a cadere sul ponte, la ra-gazza raggiunse velocemente lo stregone, rimasto aggrappato solo con le braccia e ormai prossimo a cadere:
- Lilian, che ci fai tu qui? Mettiti in salvo!- le ordinò mentre lei gli afferrava i pol-si.
- Non ci puoi lasciare Gandalf, abbiamo bisogno di te! Frodo ha bisogno di te!!-
Il mago le stava sfuggendo dalle mani:
- Non mollare!-
Una pietra cadde molto vicino a loro; Gandalf sfuggì dalla presa di Lilian:
- Fuggite, sciocchi!- sussurrò; e sparì nelle tenebre.

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Capitolo 5
*** Ciò che non si dimentica ***


5 – Ciò che non si dimentica




La ragazza tentò di riacchiapparlo prima che fosse troppo lontano, ma la polvere del ponte la tradì, rallentando i suoi movimenti: prima che potesse di nuovo toc-care Gandalf, il mago era già fuori dalla sua portata.
Le pareti di Moria tremarono. Il ponte cominciò a sgretolarsi.
Lilian si alzò velocemente, tornò indietro, imboccando l'uscita: ormai tutti erano fuori, in salvo.
Il fragore era tale da impedirle di pensare, reagì solo d'istinto: poco prima che la fessura della salvezza crollasse, la ragazza si buttò oltre la breccia, che sparì alle sue spalle.
Fece ancora due o tre passi, poi cadde in ginocchio come colpita improvvisamen-te da una freccia: ma era il dolore per la perdita dello stregone che non le per-metteva di muoversi.
Gli altri capirono che Gandalf oramai era perso.
Alcuni membri della Compagnia cercarono di essere forti, evitarono per un atti-mo di guardarono le Rovine di Moria dietro di loro; altri, incapaci di trattenersi, iniziarono a versare calde lacrime sull'erba.
Legolas si avvicinò a Lilian, ancora per terra, immobile in preda alla disperazione:
- Avrei potuto salvarlo...avrei potuto farlo..- singhiozzava mentre l'elfo le si inginocchiava davan-ti- Perchè non l'ho fatto? Perchè??-
Si buttò fra le braccia di Legolas, colpendogli il petto con pugni privi di forza, per sfogarsi; lui la cinse con le braccia, sussurrandole:
- Non è stata colpa tua, Lilian, ma di quel Balrog...hai fatto quel che era giusto fare..-
Le accarezzò i capelli, voltandosi verso Aragorn: l'uomo distolse lo sguardo, dicendogli di fare al-zare il resto della Compagnia.
L'elfo obbedì: fece alzare Lilian, cercando ancora invano di consolarla: le asciugò le lacrime che scorrevano a dirotto sulle sue guance. Ma anche i suoi occhi luccicavano dal dolore.
Uno a uno tutti i membri della Compagnia furono pronti a ripartire, benchè Boro-mir desiderasse aspettare che la stretta al cuore per la scomparsa di Gandalf si allentasse un po'; ma ora era Aragorn a guidare, e lui voleva andarsene da quel luogo, al più presto.
Si mise in marcia scendendo per la collina, seguito dagli altri, un po' riluttanti, stanchi e spaventati.
Lilian rimase per un attimo sul ciglio di un burrone, a fissare il vuoto sotto di sè: che ne sarebbe stato della Compagnia, ora?
- Se solo avessi avuto più coraggio...- si disse mentre prendeva la lunga asta magica e la osservava. Forse, se avesse usato quella...
Come presa da un'improvviso attacco di collera, la alzò al cielo, stringendola sel-vaggiamente, e poi la scaraventò contro la rocce aguzze della collina, rompendo-la in mille pezzi, che caddero giù, nello strapiombo.
La ragazza udì la voce di Aragorn che la chiamava. Quindi si allontanò dal burro-ne, si arrampicò su alcune rocce: vista la Compagnia, in quattro balzi la raggiun-se.
Non parlò per tutto il viaggio che la separò dalle Rovine di Moria.
Le ore passarono lente sotto il sole cocente del primo pomeriggio, i quattro hob-bit davano già segni di stanchezza (e non avevano tutti i torti...):
- Resistete ancora un po', quando saremo giunti nel reame elfico di Lòrien potre-te riposarvi..- li rassicurò Aragorn.
Ma Lilian si sentì come punta da un ago:
- Che cosa, dobbiamo andare a Lòrien?!- gridò incredula- Scordatevelo, io là dentro non ci vengo!!-
Il fatto di dover avere a che fare con degli elfi diversi da Legolas la scombussolava, anzi, la terrorizzava: non voleva di certo rinnegare le proprie origini, dimenticando il suo odio per quelle creature!
- Senti, Lilian, lo so che per te è una cosa inconcepibile, ma questa volta abbia-mo assolutamente bisogno di andare a Lòrien. Siamo stanchi, e forse gli elfi sa-pranno darci consigli sulla via da prendere, ora che Gandalf ci ha lasciati..-
- Non mi fido degli elfi puri, te l'ho detto e ripetuto; e niente mi farà cambiare idea... Il mio popolo ha sofferto a causa loro, e non vedo perchè io debba avere un rap-porto amichevole... E poi non ne vorranno sapere di aver mezzani nel loro terri-torio!-
- Questa volta dobbiamo assolutamente fermarci lì! Ce ne andremo al più presto, te lo prometto..-
- Non ti faranno niente gli elfi di Lòrien, te lo garantisco..- intervenne Legolas - Nel caso non fossero d'accordo su qualcosa, provvederò io a dar loro tutte le dovute spiegazioni..-
- Non ti faranno niente, Lilian, fidati!-
Attimo di pausa:
- Senti Aragorn, l'avevo capito dal principio che eri pazzo, ma ora capisco che siete pazzi tutti e due! Ma lo volete capire che non vi ascolteranno? Quando mai si è visto un elfo mezzano stringere la mano a un elfo puro??-
- Adesso...- rispose con calma Legolas- Con me l'hai fatto, no?-
Era vero. Con lui aveva accettato un compromesso. Come negare ora di farne un altro?
- Ti prego, Lilian...so che in fondo sei disposta a conoscerci..- cercò di persuaderla l'elfo- E non puoi abbandonarci così..-
- Dammi un buon motivo per non farlo.-
- Perchè siamo...amici?-
-....Addio!-
Lilian fece atto di andarsene, ma Aragorn la trattenne per un braccio: la guarda-va come per supplicarla.
La ragazza si guardò attorno: i quattro hobbit la fissavano anch'essi con sguardi pieni di speranza. Soprattutto Frodo. Stringeva in mano l'Anello.
Lilian stava duramente lottando con se stessa: da una parte il ricordo tramanda-to per generazioni, tutte le leggende sulla crudeltà degli elfi puri, dall'altra le pa-role di Legolas. L'aveva colpita nel punto giusto.
Distogliendo lo sguardo dal resto della Compagnia, si rimise in marcia, salendo su un albero e osservare il cammino davanti a sè: pian piano gli altri capirono che si trattava di un sì.

Aragorn e il resto del gruppo s'inoltrarono nel bosco, armi pronte a colpire: qual-cosa in effetti c'era di strano, e non era solo il fatto di essere seguiti da un mezzano dall'alto di un albero...
La foresta s'infittiva; Lilian saltò giù dai rami più alti.
- Qualcosa si sta muovendo..- sussurrò ad Aragorn il più piano possibile- Tornia-mo indietro...-
- Non possiamo, ormai abbiamo preso questa strada, e continueremo...-
Gli alberi si fecero ancora più silenziosi di quanto non lo fossero stati prima; l'a-ria si fece ancora più pesante e ricca di sospetti.
- Aragorn, il pericolo sta diventando troppo vicino...andiamocene!- Lilian stava tentendo in tutti i modi di persuadere l'uomo a cambiare strada. Ma nè lui nè Le- golas ne vollero sapere di tornare sui propri passi.
Gimli, spaventato a morte dal silenzio soprannaturale del luogo, parlava per to-gliersi di dosso la strizza:
- Statemi vicini piccoli hobbit, dicono che da queste parti vive una fattucchiera elfo!- si raccomandò-....beh, ecco un nano che non riuscirà a scovare facilmente: ho gli occhi di un falco e un udito finissimo, io...-
Non aveva ancora finito di terminare la frase che si vide puntare contro una frec-cia: e non era certo Legolas che si nascondeva nella nebbia...
- Il nano respirava così forte che avremmo potuto colpirlo anche al buio...- disse una voce grave al di sopra della sua testa.
Gimli si guardò attorno: in men che non si dica un esercito li aveva circondati e divisi nella nebbia. Erano elfi, ne era sicuro.
Si potevano chiaramente distinguere le alte figure di Lilian e Legolas, schiena contro schiena, osservare guardinghi le losche figure intorno a loro; Aragorn e Boromir che tentavano di proteggere gli indifesi hobbit.
L'arco di Lilian sembrava sul punto di scoccare una freccia: ma la gente che pun-tava alla gola i prigionieri fermava la mano del mezzano ogni volta che voleva at-taccare.
Gli elfi si avvicinarono, pungendo la Compagnia con le frecce: la spingevano ver-so la direzione da prendere.
Aragorn e gli altri ubbidirono abbassando le armi: gli elfi li fecero addentrare an-cora di più nella foresta.
Nessuno fiatava. Nessun cenno di amicizia negli occhi degli sconosciuti; forse un po' di simpatia per Legolas. Niente di più.
La Compagnia percorse un buon tratto a piedi senza rendersi bene conto di dove andasse, finchè, dopo un'ultima fitta macchia di alberi, non videro coi loro occhi alcune piattaforme sugli alberi: gli elfi li fecero salire, e quando furono in cima si ritrovarono davanti quello che doveva essere il capo.
Quest'ultimo salutò cordialmente Legolas, e parlò con lui in elfico: a parte Ara-gorn e Lilian nessuno capì quel che si stavano dicendo.
- Alla faccia della cortesia degli elfi, dite qualcosa che possiamo capire!- esclamò Gimli quando si stancò di aspettare.
- Non usiamo trattare con voi, nano...- chi stava parlando con Legolas si volse verso Gimli, che, indispettito, gli sibilò alcune parole in una lingua strana, ma che lo sconosciuto sembrò capire fin troppo bene.
Aragorn diede uno scappellotto al suo amico:
- Non sei stato molto gentile..- lo rimproverò sottovoce.
- E ha fatto bene a non esserlo..- approvò Lilian, le braccia incrociate sul petto in segno d'approvazione.
Legolas le schiacciò un piede prima che potesse dire altro e li mettesse nei guai; la ragazza si lasciò sfuggire un soffocato grido di dolore.
Il capo degli elfi non li fece comunque passare, e si allontanò: ci volle l'interven-to di Aragorn perchè gli spiegasse l'intera faccenda e lo convincesse a farli pro-seguire.
Ma intanto le ore passarono lente, e logorarono i nervi della Compagnia: era sera quando l'elfo che aveva discusso con Aragorn fece loro segno di seguirli.
Camminarono per molto tempo, ma alla fine eccola là, la maravigliosa città di Lòrien: costruita per metà sugli alberi, riluceva di una potente fonte luminosa azzurrognola.
Dei canti si innalzavano nell'aria. Della fiaccole si muovevano come danzando in mezzo alle scale che portavano ai piani più alti.
Gli elfi, vestiti di bianco, si muovevano lenti sulle scalinate; ma due di loro erano seduti, fermi immobili come se stessero proprio aspettando i nuovi ospiti.
Una di loro era una donna, con una chioma bionda che contornava un viso ete-reo e illuminato da chissà quale luce e due occhi azzurri come quelli di Lilian: scrutavano i nuovi arrivati, non troppo convinti.
Il suo compagno, accanto a lei, fissava la Compagnia; quando le guardie porta-rono Aragorn e gli altri al suo cospetto, fu lui il primo a parlare:
- E così questa sarebbe la Compagnia partita da Gran Burrone, vero Haldir?- si rivolse al capo del battaglione- Sapevamo già della vostra venuta. Io sono re Ce-leborn, e questa, è Dama Gala-driel..-
Tutti s'inchinarono tranne Lilian e Gimli, che si beccarono occhiatacce di sbieco.
- Benvenuti a Lòrien- riprese la Dama- nonostante veda che la vostra Compagnia è alquanto eterogenea. E' da tempo che non si vede un nano camminare fianco a fianco a un elfo..-
Osservò attentamente Gimli e Legolas, poi fece segno a quest'ultimo di alzarsi; Lilian si stava notevolmente innervosendo.
- Ed è anche molto tempo..- proseguì Galadriel- che non vedo girovagare mezzani liberi nelle nostre terre. Che cosa ci fai dunque tu qui, elfo dal sangue di orco?- si rivolse a Lilian.
La ragazza incrociò le braccia:
- Vi assicuro che non è stata una mia idea. E comunque, io non mi chiamo "elfo dal sangue di orco": il mio nome è Lilian, cercate di ricordarvelo, almeno questo!-
- Non vedo perchè tu debba stare qui: non è permesso agli elfi mezzani scor- razzare liberi provocando altri guai. Non so nemmeno come tu abbia fatto a con-vincere la Compagnia ad accettarti..-
Fece segno a delle guardie di catturare la ragazza, ma Legolas si oppose, proteggendo con il suo corpo la compagna:
- Posso spiegare io, se me lo permettete.-
Galadriel lo fissò sospettosa; con un altro cenno fermò le guardie:
- Spiegare?- chiese- E va bene. Voglio proprio sentire come ha fatto questo me-ticcio a imbrogliarvi...-
Lilian strinse i pugni così forte da farli sanguinare:
- Bugiarda!- sibilò.
Legolas le strinse una spalla:
- Non ci ha imbrogliati; ha tentato di salvare la vita a Gandalf il Grigio, che purtroppo è caduto a Moria..- si presentò, ed iniziò a raccontare le peripezie della Compagnia.
Gli altri facevano solamente cenni affermativi; Galadriel sembrava capire, e sia lei sia Celeborn rimasero di stucco nel sentire tutte le buone azioni attribuite a Lilian.
La ragazza si era intanto un po' calmata, ma la rabbia le stringeva ancora il cuo-re in una morsa che era difficile da tenere a bada: meno male che Legolas alleg-geriva le cose!
- E' strano sentire così tante belle cose sul tuo conto, mezzano...- disse Galadriel lentamente- Se tutto è vero, potrai restare per un po' qui con i tuoi amici.... Ma non t'illudere: esseri mortali come te non sono i benvenuti a Lòrien.-
Invece di calmarla, quella concessione aizzò i più profondi e orgogliosi sentimenti di Lilian: chiamarla essere mortale, per lei, era la peggiore delle offe-se.
- Cerchi forse guai, Dama dei miei stivali?- avanzò minacciosamente verso Gala-driel. Se non ci fossero stati Legolas e Aragorn a fermarla, molto probabilmente le guardie di Celeborn l'avrebbero uccisa in un batter d'occhio:
- Lasciatemi! LASCIATEMI!- Lilian si divincolò dalla presa dei suoi compagni- Non voglio più restare qui! Voglio andarmene!!-
Una volta libera si allontanò velocemente dalla Compagnia:
- Me ne vado!- fece per andarsene, ma subito dopo si voltò indicando la Dama- E ricordate che quella donna è falsa!- girò di nuovo sui tacchi e sparì in mezzo agli alberi.
Aragorn era sul punto di seguirla, ma Boromir lo trattenne appena in tempo: nemmeno una guardia si era messa a cercarla ed era meglio lasciarla stare per un po'.
I compagni si avviarono, scortati da alcune guardie elfiche, verso gli alloggi che erano stati a loro concessi.
Legolas non potè muoversi: aveva osservato la scena, e ne era rimasto più che sorpreso. Perchè Lilian se l'era presa così tan-to? Chiamarla "essere mortale" era un'offesa, sicuro, ma perchè si era tanto ar-rabbiata solo per quell'insulto? L'avevano chiamata con altri nomi non peggiori di quello; e poi...perchè tutta quell’ostilità contro di lei? Non si era macchiata mai di nessuna colpa, se non quella di non essere nata pura.
- Sire..- si rivolse a Celeborn quasi sussurrando- capisco che per voi è inammissibile, ma...è proprio necessario essere così duri con lei? Non ha ucciso nessuno di noi...in fondo.-
- Mio caro ragazzo..- disse adagio il signore di Lòrien, poggiandogli una mano sulla spalla- Forse, a Bosco Atro, di elfi mezzani non ce ne sono più, e di conseguenza tu non puoi immaginare che cosa sono capaci di fare: magari non te ne hanno mai nemmeno parlato. Ma è giusto che tu sappia che non hanno animi buoni come i nostri: dentro di loro hanno una piccola parte oscura, indomabile, che li porta inevi-tabilmente a comportarsi come creature malvagie. In passato hanno provocato gravi danni alla nostra società, e non possiamo permettere che questo riaccada.
Per nessuna ragione. Non agiscono per il bene, ma per puro interesse.-
- Ma..- tentò di dire Legolas- ma Lilian mi ha salvato la vita. Più volte! Non può agire sempre per interesse..-
- Oh, sì che può...- glielo disse quasi sussurrando- e quasi probabilmente l'ha fatto, per garantirsi un appoggio sicuro e così proteggersi..e forse..- stava per aggiungere qualcos’altro, e Legolas era già tutto orecchi per afferrarlo al volo.
Ma Celeborn si fermò appena in tempo, lasciò la spalla del principe e si avviò dietro ad Aragorn e agli altri:
- Io non vi credo...- affermò ad un tratto l'elfo di Bosco Atro- Io non ci credo.-
Era vero, non credeva a tutte quelle fandonie su Lilian, gli sembravano pazzie, a lui, che poteva dire di conoscerla almeno quel tanto che bastava per averne un’idea.
- Sei libero di pensare quel che vuoi..- gli rispose il signore di Lòrien- ma te ne accorgerai, a mio parere...-
Celeborn se ne andò, lasciando Legolas solo con i suoi pensieri: Lilian era davve-ro così malvagia in fondo al cuore? O poteva rappresentare un’eccezione alla re- gola?
Quel che aveva detto il signore di Lòrien non lo convinceva del tutto. Si voltò an-cora una volta verso la macchia di alberi dov'era scomparsa la ragazza; poi rag-giunse Celeborn e gli altri.

Mentre alla Compagnia veniva gentilmente presentata la stanza dove avrebbero passato la notte, Lilian non si diede pace un solo momento per le offese ricevu-te: non le era mai capitato di trovarsi davanti a una situazione del genere, i Saggi di Starlight non l'avevano mai messa alla prova sotto questo punto di vista.
E ora lei era in preda allo sconforto.
Si sentiva come un cane braccato (e non solo perchè le guardie elfiche la sta- vano tenendo d'occhio da più di un'ora...).
Dopo essere saltata da un albero all'altro per un buon tratto di strada, Lilian si fermò sedendosi su un ramo: la foresta finiva di fronte a lei, e con essa Lòrien.
Avvertiva il desiderio indomabile di andarsene via, lontano da quel luogo male-detto, ritornando di nuovo alla sua vita selvaggia, nelle sue terre nei pressi di Gran Burrone; ma qualcosa la tratteneva.
Qualcuno la aspettava. La Compagnia. Legolas.
Non se la sentiva di addentrarsi in un'altra avventura per tornare a casa: ne aveva già abbastanza di quella che stava vivendo. Forse sarebbe rimasta l'u-nica.
Il vento frusciava tra le foglie; il sole era sul punto di scomparire all'orizzonte: rimaneva solo il suo cerchio d'oro ad ornare le lontane montagne e a disegnare ombre strane e cangianti sull'erba.
Lentamente, Lilian scese dall'albero, osservando rapita il tramonto: era bellissi-mo a dir poco, veniva voglia di tuffarcisi dentro.
Ma lei rientrò nel bosco, trascinandosi stanca e avvilita; senza una meta precisa, andò avanti, incespicando e non preoccupandosene.
Il sole scomparì pian piano alle sue spalle: gli alberi inghiottirono quel poco tra- monto che era rimasto.
Lilian inciampò, e si lasciò cadere: si trovava sulla sponda di un lago, con il vento che sussurrava tra le fronde tutt'intorno a lei.
Le acque scure bagnavano la riva e mandavano dei bei riflessi nella foresta.
Quanto era mai lontana dalla dimore di quei due signori elfici? Aveva perso il conto.
La ragazza si sdraiò composta sull'erba, osservando la notte che s'incupiva sopra la sua testa; calde lacrime le scorrevano sul viso.
Aveva sentito dire da Gandalf, una volta, che sarebbe stato un viaggio terribil-mente pericoloso, poichè il pericolo non sarebbe venuto solo fuori dalla Compa-gnia, ma anche da dentro: lo stregone si riferiva forse a una divisione come era successo quel giorno?
- Non è colpa mia..- pensò Lilian- questa volta sono loro che hanno troppi pre-giudizi, loro!- si riferiva agli elfi di Lòrien.
Ma era forse giusto abbandonare tutto il resto per simili odii fra razze? Doveva abbandonare Frodo, l'Anello, la speranza di ritrovare la pace?
Gandalf non l'avrebbe voluto.
La ragazza si alzò, e lentamente s'incamminò verso la reggia dei re elfici: anche se la sua testa le diceva di non andare, Lilian aveva preferito ascoltare il cuore.
Si arrampicò su un albero lì vicino, e percorse lo stretto sentiero dall'alto.
Stavano spuntando le prime stelle quando la ragazza sentì un triste canto innal-zarsi nell'aria: era arrivata a destinazione.
Saltò giù dagli alberi, e davanti a lei si aprì di nuovo la città elfica nel suo splen-dore notturno: piccole fiammelle azzurre sembravano danzare sulle scalinate in-tagliate nel legno.
Evitò di avvicinarsi troppo, si mosse furtiva tra le fronde dei cespugli; percepiva un miscuglio di odori che avrebbe riconosciuto tra mille.
Infatti, eccoli là, i suoi amici: quattro hobbit, due uomini, un elfo e un nano che ora dormivano profondamente in una specie di grotta decorata dalle fiammelle azzurrognole di Lòrien.
Lilian si avvicinò nascondendosi nell'ombra, fino a quando non fu costretta ad entrare in quella spelonca; notò con piacere che un letto in più era vuoto.
Gli altri non si erano dimenticati di lei...
Si sedette, e come d'un tratto le sue palpebre divennero pesanti; sbadigliò os- servando i suoi compagni mentre sognavano beati; si accorse che Frodo non c'era.
Non fece neanche in tempo a chiedersi dove fosse:
- Mi domandavo quando saresti tornata...- una voce alle sue spalle la fece sob-balzare.
Si voltò spaventata, ma ben presto si rese conto che aveva preso un granchio:
- Non dovresti essere sveglio a quest'ora, Legolas..- ammonì la ragazza vedendo l'elfo fissarla divertito con il gomito sul cuscino e la testa appoggiata alla mano - E' stata una giornata faticosa, dovresti riposarti!-
- Anche tu, se è per questo.-
Lilian abbassò lo sguardo, giocherellando con il suo ciondolo appeso al collo:
- Eravamo molto preoccupati per te, credevamo che gli elfi di re Celeborn ti aves-sero preso e interrogato..-
- No, i suoi elfi puri non li ho nemmeno visti. Meglio così... Ora, scusa, ma vorrei dormire un po'...-
Si sdraiò sul letto e chiuse gli occhi:
- Sei ancora arrabbiata per quelle offese, vero?- la punzecchiò Legolas.
- Be', non penso che siano stati molto gentili..-
- Oh no, non lo sono stati affatto. Tu non sai quanta vergogna ho dovuto patire, di fronte a tanta cattiveria..da parte della mia gente, poi! Ma c'è una cosa che non mi è chiara..-
Lilian si sedette di nuovo e guardò il suo compagno:
- Ho sentito che Dama Galadriel ti ha chiamata anche "essere mortale": ma com'è possibile che tu sia un essere mortale? Anche se sei un elfo mezzano sei sempre un elfo, e ogni elfo è im-mortale, se non erro...-
Lilian sospirò: temeva che prima o poi qualcuno le avrebbe posto quella doman-da....
- No, Galadriel ha ragione.- disse lentamente, sbirciando l'espressione attonita di Legolas- Noi elfi mezzani siamo...davvero esseri mortali. Devi sapere, che molto tempo fa, quando è stata scoperta la nostra civiltà, alcuni elfi puri hanno temuto la nostra diversità senza rendersi conto che eravamo proprio come loro, in fondo. Essendo molto potenti, hanno tentato prima di eliminarci, ma noi eravamo trop-po forti e troppo astuti persino per loro; e così hanno deciso di colpirci indirettamente. Vedi, non tutti gli elfi mezzani sono come me, alcuni propendono a tradire, ad ascoltare le loro parti oscure e indomabili: molto tempo fa so che elfi di questo genere combi-narono parecchi guai. Pare che avessero contatti anche con Mordor, anche se nulla è sicuro. Comunque, gli elfi puri hanno deciso di toglierci il bene più prezioso: la vita, che ci spettava di diritto, in modo da neutralizzare prima o poi gli elfi mezzani malvagi. Ma così l'hanno tolta anche a chi non c'entrava niente... Ora gli elfi mezzani portano addosso solo medaglioni a forma di stella come questo, per essere riconosciuti e per poter utilizzare la loro magia, sebbene questa sia parecchio indebolita proprio a causa di questo gingillo...-
-...cosa? Ma questa è un'INGIUSTIZIA!!- esclamò Legolas ad alta voce- Noi elfi non possiamo togliervi un bene così prezioso! Anche se alcuni di voi sono malva-gi, siete tutti elfi, figli di ELFI!! Anche gli orchi erano elfi una volta, voi non siete diversi!!-
Per la prima volta si ritrovava a parlare degli esseri che odiava di più, gli orchi, come se fossero creature come le altre: e in fondo capiva che era proprio così.
- Parla piano, sveglierai tutti!- Lilian lo zittì mettendogli una mano sulla bocca- Anche se ti arrabbi, urli e strepiti, nessuno ti darà ascolto. E' stato deciso così dai più grandi capi della tua gente, non puoi farci niente.-
- Sì che posso..- Legolas le si avvicinò- Mio padre è Thranduil, re di Bosco Atro: e io sono il principe, l’erede al trono! La mia opinione ha sempre un certo peso, nel consiglio...se riesco a convincere mio padre forse ho buone speranze di cambiare qualcosa..-
- E come? Non ti ascolterà, e poi ricordati che rischi di non tornarci più a Bosco Atro, la guerra con Mordor incombe. Non fare troppi sogni, rimarresti deluso... Ora scusami, ma voglio proprio dormire.-
Lilian si sdraiò ancora una volta e si girò dall'altra parte:
- Tu non ci credi più, vero?- continuò Legolas.
- Io e il mio popolo abbiamo perso le speranze da molto tempo: abbiamo provato a convincervi, con le buone e con le cattive. Non ti meravigliare se ora la mia gente odia gli elfi puri al punto di ucciderli a vista.-
- E se potesse cambiare ancora qualcosa?-
- Non illudermi, elfo. Ormai è tutto tempo perso.-
- Io non credo..- Legolas la fissò, anche se lei gli voltava la schiena- Se usciremo vivi da tutto questo, giuro che farò qualcosa per cambiare la situazione degli elfi mezzani. In qualunque modo, tenterò....-
- Dormi, e lasciamo perdere questi discorsi...-
- Lilian..te lo prometto.-

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Capitolo 6
*** Uniti ***


6 - Uniti



Quando Legolas si svegliò, la mattina seguente, il letto accanto al suo era vuoto: Lilian doveva essersi svegliata prima di lui, uscendo senza farsi sentire da anima viva. Nessuno a parte lui l'aveva vista più dall'incontro con i signori di Lòrien.
La mattina sembrava favorevole ai lunghi viaggi: la Compagnia si apprestava a ripartire per le cascate di Rauros, e poi dritti fino a Mordor.
Gli elfi di Celeborn avevano preparato tre barche per l'attraversata del fiume: A- ragorn si era già posizionato in una di esse.
Poco prima Dama Galadriel aveva fatto loro doni utili per il viaggio: a Sam corda elfica, agli altri due hobbit due pugnali lucenti e a Frodo una fiala di acqua lucente. Ai due uomini solo consigli; al nano, ormai abbagliato dalla bellezza della Dama, tre ciocche dei suoi capelli luminosi e uno sguardo pieno di tenerezza.
Legolas aveva ricevuto un arco più grande di quello di Bosco Atro, ma più ma-neggievole, accompagnato da una faretra finalmente piena di frecce:
- Questa credo sia giusto darlo alla tua compagna di avventure..- gli aveva detto poi Galadriel porgendogli un'asta - Dagliela tu, ormai di te si fida abbastanza. E' per tutto il bene che, spero, ha regalato alla vostra Compagnia.- e si era allontanata subito.
Celeborn provvide a donare a tutti mantelli elfici, in grado di proteggerli da occhi indiscreti, prima che Aragorn e gli altri si sistemassero sulle barche.
Boromir, Merry e Pipino si erano sistemati nella prima, Aragorn, Frodo e Sam nella seconda; Legolas fu obbligato a restare solo con Gimli nella terza. Lilian non si vedeva ancora, nè sulle rive di Lòrien, nè sugli alberi.
- Credi che verrà?- chiese timidamente al nano.
- Non lo so, capire quella ragazza è a dir poco impossibile. Non ti consiglio di tentare..-
Le barche iniziavano a muoversi, Aragorn aveva già preso il largo.
Ecco, cominciava un altro viaggio: le provviste non mancavano, gli elfi di Lòrien avevano riempito i sacchi della Compagnia con preziosissimo lembas, il loro pan di via. Ma era qualcos'altro a mancare...
- Ehi, voi, fermatevi immediatamente!!- rieccheggiò un urlo nell'aria mattutina.
Le barche ondeggiarono sull'acqua del fiume, mentre tutti si giravano per vedere chi gridava come un pazzo; anche gli elfi di Lòrien parevano sorpresi di tutto quel chiasso.
Legolas smise di remare, e si guardò attorno puntellandosi ai bordi della barca: meno male che lo fece! Poco dopo un'ombra gli piombò addosso, facendo oscilla-re pericolosamente la barca fino a farla quasi capovolgere: era arrivata l'assente.
- Altre due braccia e non vi avrei più raggiunto.- bofonchiò Lilian mentre si siste-mava comodamente nel posto vuoto fra Legolas e Gimli.
- E tu hai mai pensato di essere in ritardo?- le chiese il nano senza voltarsi a guardarla.
- Sì, che ci ho pensato, ma ero...occupata.-
- A far cosa di così importante?-
Una pesante mano si abbattè sul capo di Gimli:
- Fatti gli affaracci tuoi!!- gli gridò nelle orecchie Lilian, mentre Legolas riprende-va a remare.
La verità era che la ragazza aveva perso tempo a pensare e ripensare: qualcosa le diceva che il suo amico elfo non le aveva mentito riguardo all'aiutarla e all'aiutare la sua gente.
Ma aveva veramente detto la verità? Era questo il problema: non era possibile. Che lui, un elfo..! Non aveva chiuso occhio per tutta la notte a causa di questo.
- Lilian, dopotutto Gimli ha ragione: dov'eri finita, ancora un po' e ti avremmo lasciato a Lòrien!- le disse Legolas dopo qualche minuto.
La ragazza non rispose:
- Lilian? Mi ascolti?- ripetè la domanda abbassando lo sguardo. Lilian giaceva im-mobile sulla sua spalla, rendendogli più difficile remare.
- Lilian, che cosa...?- non terminò la frase: ora la sentiva chiaramente ronfare.
(oh non adesso!!!)
La barca stava rimanendo indietro rispetto alle altre: prese a remare con più voga, e come me-glio poteva.
- Gimli,- sussurrò al nano- Gimli, non potresti aiutarmi? Stiamo perdendo gli al-tri, e non voglio svegliarla! L'appoggieresti da un'altra parte? Non riesco a muovermi..!-
- Non mi hanno mandato con voi solo per fare da balia a una ragazza.-
- Gimli, ti prego!! Nei guai poi ci andrò io!-
Il nano si girò controvoglia, e pian piano levò Lilian dalla spalla di Legolas, appoggiandogliela sulle gambe:
- Ecco, accontentati..- disse voltandosi di nuovo a guardare il fiume scorrere lento sotto di lui.
- Scusa la domanda, ma ti sembra di averla SPOSTATA?!- lo richiamò subito Legolas.
- Hai detto tu che non bisogna svegliarla...e io non voglio rischiare di farlo. E poi mi sembra che stia dormendo su un ottimo e morbido giaciglio, e non farebbe di certo cambio con il fondo duro della barca...o sbaglio?-
L’elfo non capì mai se stesse facendo apposta per irritarlo o avesse semplicemente la testa da un’altra parte, e non avesse voglia di occuparla con altri pensieri nemmeno per un secondo: da quando aveva incontrato Galadriel, Gimli non sembrava voler smettere di riempirsi gli occhi della sua luce. Persino adesso, che non poteva vederla di persona, preferiva di gran lunga ricordarla che aiutare un compagno in difficoltà!
- Se non avessi le mani e le gambe occupate, solo i Valar (=dèi) sanno cosa ti farei, Gimli!- lo rimbeccò Legolas.
- Risparmiati, allora...tanto non puoi muoverti da lì.-
Verso metà pomeriggio la Compagnia aveva già percorso parecchie miglia, e il sole iniziava a scendere lentamente; Lilian non dava segno di svegliarsi.
Tra gli alberi, tuttavia, regnava una calma alquanto inquietante: le sponde del fiume erano silenziose ed immobili come tanti fantasmi addormentati.
Giungeva da lontano la voce roca di una cornacchia; nient'altro turbava la quiete della sera.
Ma qualcosa c'era, in mezzo agli alberi: persino gli elfi di Lòrien avevano messo in guardia la Compagnia contro le strane creature che vagavano da poco tempo in quelle terre. Erano bestie grandi il doppio degli orchi, più potenti e veloci, più feroci persino dei goblin che abitavano a Mordor tempo addietro.
Sembrava, secondo le vedette elfiche, che portassero la mano bianca di Saru-man, il mago traditore, su elmi e scudi.
Legolas si era già accorto dei loro spostamenti da più di un'ora: erano in molti, e sembrava che li stessero seguendo instancabilmente da Lòrien.
L'elfo aveva preferito non parlare, limitarsi a fissare il fiume scorrere davanti a lui come un enorme serpente argentato: ma non per questo si sentiva tranquillo.
Poco prima che Aragorn desse l'alt per accamparsi, chiuse gli occhi per cercare di evitare i terribili pensieri; ma Lilian scelse proprio quel momento per svegliarsi, anzi, per svegliarsi di soprassalto.
Prima che potesse anche rendersi conto di che cosa l'aveva destata, la sua testa sbattè contro la fronte di Legolas, facendolo sobbalzare:
- Ahi, che cosa succede??- chiese la ragazza massaggiandosi il punto colpito.
- Non pensi che questa domanda dovrei fartela io?- ribattè Legolas mentre si ap- prestava ad attraccare.
- Mi dispiace, non mi sono nemmeno accorta di te..-
- Molto confortante..- concluse l'elfo scendendo dalla barca con alcuni fagotti, tenendosi la fron-te. Aragorn lo notò mentre stordito barcollava senza meta tra i bagagli:
- Che ti è successo?- colse l’occasione di chiedere appena scorse il livido dell’elfo.
- Oh niente.. Lilian ha semplicemente voluto ricordarmi che non mi devo distrarre prima di trova-re un riparo per le barche. Ora, se vuoi scusarmi, vado a cercare qualcosa di fresco, prima che mi accada qualcosa di peggio... Con permesso.- e se ne andò.
Lilian scese dall'imbarcazione guardandosi attorno: anche se la spiaggetta dove si erano accam-pati sembrava abbastanza riparata, lei non si sentiva sicura, affatto.
Si avvicinò al fuoco acceso da Aragorn, e sgranocchiò un pezzo di lembas con gli occhi persi nel vuoto del crepuscolo. Legolas le si avvicinò poco dopo, massaggiandosi la fronte con un fazzolet-to bagnato:
- Mi dispiace di averti fatto male..- gli sussurrò lei.
- Non ti preoccupare, è niente in confronto a quello che ci può capitare qui intorno..- la sua voce era straordinariamente calma, nonostante il dolore che doveva provare, per quella terribile botta.
Lilian lo studiò mentre si passava il fazzoletto bagnato sul punto colpito e si vergognò tanto del suo comportamento che si sentì obbligata a offrirgli un aiuto, se mai le avesse rivolto ancora la parola:
- Posso...fare qualcosa?- domandò, titubante.
- Lascia stare. Faccio da me..- si sforzava di essere gentile, lui, ma non poteva ingannare Lilian.
- Aspetta, fammi vedere.- ne sapeva qualcosa, la ragazza, di arte medicinale, e si era convinta che quella sera doveva metterla in pratica con la fronte di Legolas.
Il quale, però, non sembrava altrettanto persuaso:
- Che vuoi fare?- fece in tempo a dire, prima che Lilian lo costringesse a guardarla, scoprisse il suo livido e cominciasse a tamponarlo meglio di prima. Più dolcemente.
Legolas avrebbe voluto spostarsi, allontanarsi, ma gli occhi di lei lo tenevano lì, inchiodato al suo posto, lo fissavano e vi si leggeva la sincera preoccupazione di una ragazza per un suo amico:
- Mi dispiace davvero, Legolas..- mormorò, un po’ afflitta.
- Cos’è che ti tormenta, Lilian? Non me la sono presa, non ce l’ho affatto con te...sei..va tutto bene..non..-
Oh dèi, perchè lei ci sapeva così dannatamente fare e lui no? Stava facendoci una pessima figu-ra!
- Ahi!- esclamò poi l’elfo, ad un tratto, scattando all’indietro: non sapeva più nemmeno lui se era vero dolore o una scusa qualunque per staccarsi da lei..prima che qualcuno che lui conosceva fin troppo bene potesse sparlare di quella situazione.
Lilian lo guardò sorpresa, poi un po’ più triste
(oh no! che diamine sto facendo??!! lilian ti prego non te la prendere tu non c’entri!)
- Perdonami..- si scusò lei- a quanto pare non so fare nemmeno ad aiutarti...così ti faccio solo più male... Forse... Aspetta, stai fermo.-
Gli si avvicinò con la leggerezza di un gatto dagli occhi di un blu immenso, e prima che Legolas potesse capire le sue intenzioni lei gli prese il viso fra le mani e soffiò dolcemente sul livido che aveva sulla fronte.
- Va meglio?- chiese poi.
Le dita di lei toccarono inavvertitamente le orecchie sensibili dell’elfo e per Legolas fu il caos: un turbine di emozioni, sensazioni, paura e indecisione lo sommerse del tutto, come un’onda che di infrange sulla spiaggia.
Non aveva mai provato una cosa del genere. Ne fu sorpreso e spaventato, non potè resistere: tolse le mani di Lilian dalle sue orecchie il più in fretta possibile, allontanandole.
Doveva avere una faccia terribile, perchè Lilian lo squadrò con uno sguardo indagatore:
- Legolas...cos’hai? Stai bene?-
Solo allora l’elfo si accorse che le mani della ragazza erano ancora fra le sue, o meglio, strette tra le sue, come se lui non volesse lasciarle andare: le liberò con un gesto scattoso, imbarazzato.
- Sì..sto bene..credo.- ma in verità non sapeva più nulla-..ti devo però chiedere di..-
- Ti ho fatto male?- domandò ingenuamente Lilian, con quei suoi occhi di ragazza, senza macchia e senza paura.
- NO! Non è quello! E’ che...- e si fermò, perchè Aragorn l’aveva chiamato dall’altra parte del campo e aveva bisogno di lui, perchè ora poteva togliersi d’impiccio senza peggiorare la situazio-ne.
E’ che aveva sentito qualcosa, qualcosa di strano, di dolce, di grande, prima, le sue orecchie l’avevano avvertito di una cosa: ma non riusciva a ricordarsi cosa fosse, forse non l’aveva mai saputo.
Grazie ad Aragorn, ad un sorriso e un saluto frettoloso, Legolas potè avere tutto il tempo per recuperare la calma, sbollire il rossore che gli era salito alle gote e raggiungere comodamente Lilian più tardi, a cena.
Quando lo vide arrivare, lei non tentò di avvicinarlo, se ne stette al suo posto, pensierosa: troppo pensierosa.
- Che c’è?- volle sapere Legolas, sedendole accanto.
- Ho sentito...oggi ho sentito qualcuno avvicinarsi. Non hai sentito anche tu i passi di quelle stra-ne creature? Quelle che ci inseguivano quando eravamo sul fiume?-
- Sì..- confessò Legolas, ricordando le brutte sensazione che l’avevano assalito durante il viag-gio sulle barche- e spero vivamente che abbiano cambiato strada..-
- Io spero solo che non ci colgano impreparati..-
- Non penso proprio.. A proposito, questa è per te.-
Le porse l'asta che gli aveva dato Galadriel, che aveva tenuto nascosta nel mantello lì accanto fino a quel momento:
- Dopo che hai perso la tua, credo ti sarà utile.-
Lilian afferrò l'arma come se fosse di vetro; la girò e la rigirò fra le mani, splen-deva di un chiarore pallidissimo.
- Dove...?- cominciò.
- Non me lo chiedere; non potrei dirtelo...-
Silenzio. Imbarazzante silenzio.
- Per prima...volevo dirti che non volevo..- si scusò ancora Lilian, sbirciando l’espressione del compagno.
Ed era così triste vederla così, insicura, spaurita, che Legolas non potè più trattenersi: la prese per le spalle e la costrinse a guardarlo:
- Non è successo niente.- le disse nel modo più convincente possibile- Non mi hai fatto nè male nè altro. Non ti preoccupare per me, chiaro? Siamo amici o no?-
- Sì...spero..-
- Non “spero”. Sì. E basta. D’accordo?-
-...d’accordo.- Lilian gli sorrise grata: ed era così bella, quando sorrideva...Legolas potè solo am-mirarla, certo che quella meraviglia della Terra-di-Mezzo fosse per pochi, e per lui fra di essi.
Dopo cena si coricarono; il primo turno di guardia spettava a Gimli, ma tutti in un certo senso rimasero all'erta, nonostante la notte si presentasse più tranquil-la delle altre.

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Capitolo 7
*** La caccia selvaggia ***


7 - La caccia selvaggia




Quando il sole sorse, il mattino dopo, alcuni membri della Compagnia erano già in piedi: una di questi era Lilian, che osservava seria le sponde dall'altra parte del fiume, come un predatore in ascolto.
Le orecchie l'avvertivano di un pericolo, e non si liberò di quella sensazione nem-meno quando ripartirono: rimaneva seduta con il viso appoggiato alla mano nel primo posto della barca, guardando di tanto in tanto sulle due sponde.
Le cascate di Rauros erano vicine quando Aragorn decise di fermarsi di nuovo: o-ra era impossibile continuare a navigare, per raggiungere Mordor dovevano an-dare con le barche dall'altra parte del fiume per poi continuare a piedi, quando sarebbe giunto il crepuscolo.
- Partiamo subito..- propose Legolas all'uomo appena gli fu possibile.
- Non possiamo: per i quattro hobbit sarebbe troppo pericoloso avviarsi sulla sponda orientale in pieno giorno.-
- Non è la sponda orientale che mi preoccupa... Aragorn, c'è qualcosa di peggio fra questi alberi, credimi, non sono l'unico a dirlo..lo sento..-
- Dov'è Frodo?- domandò Lilian ad un tratto.
Aveva notato i fagotti dell'hobbit abbandonati; e anche quelli di Boromir.
- Dove saranno mai finiti quei due?- borbottò Gimli lucidando la sua ascia.
Lilian si appostò su una roccia alquanto alta, per scrutare fra gli alberi: sapeva perchè Boromir mancava, se lo immaginava: da quando lei li aveva incontrati, si era accorta che lui non toglieva mai gli occhi di dosso a Frodo.
Voleva l'Anello. Lo voleva per sè o per Gondor, la sua terra. Questa era la verità.
Poi..il panico; una voglia matta di scappare via e non tornare mai più.
La ragazza cominciò a essere irrequieta, a tamburellare le dita contro la roccia: ecco, qualcosa si stava avvicinando.
- Sono loro..- mormorò appena le sue orecchie poterono sentire l'avanzata deci-sa di un esercito.
Legolas avvertì gli altri mentre Lilian già stava sparendo nel bosco sulla sponda; poco dopo udì urla selvagge e strepiti disumani provenire da sud ed esplodere potentissimi poco più in là.
Saltò sugli alberi per avanzare più velocemente: e poco dopo si ritrovò nel bel mezzo di una battaglia.
Boromir tentava di difendere Frodo, mentre almeno un centinaio di enormi orchi si ammassavano contro di lui: erano forse quelli gli uruk-hai, di cui Lilian aveva sentito parlare dagli altri membri della Compagnia?
Poco importava: la ragazza iniziò a tirare le frecce, fecendo cadere molti mostri in poco tempo; Aragorn e gli altri sopraggiunsero ad aiutare Boromir.
Ma gli uruk-hai aumentavano sempre , sembravano non finire, nonostante la Compagnia ne facesse fuori a dozzine.
Merry e Pipino lanciavano pietre; Gimli faceva roteare la sua ascia. Frodo rimase in disparte dietro ad un albero mentre i nemici lo sorpassavano: sapeva che ora non poteva più sottrarsi al destino.
Anche quando gli altri due hobbit tentarono di persuaderlo a nascondersi con lo-ro lui rifiutò: doveva andare a Mordor, con o senza Compagnia.
Merry e Pipino lo capirono al volo, ma vollero comunque dargli una mano: spun-tarono fuori dal nascondiglio, e attirarono gli uruk-hai in un'altra direzione, per permettere a Frodo di fuggire.
Il portatore dell'Anello, appena fu sicuro di non essere visto, uscì da dietro l'al-bero e si diresse alle barche; non sapeva che, dietro di lui, Sam lo stava seguen-do assiduamente.
- Boromir, fa’ qualcosa!- implorarono Merry e Pipino quando si videro circondati.
L'uomo di Gondor spuntò da dietro una macchia, si parò davanti a loro trafiggen-do due nemici con la sua spada: si batteva con tanta furia che non si accorse di essere pure lui un bersaglio.
O se ne accorse troppo tardi: quando era sul punto di uccidere altri due nemici una freccia lo colpì in pieno petto.
Boromir si fermò un secondo, mentre una seconda freccia lo centrava in pieno: sentiva le forze abbandonarlo.
Un terzo dardo lo fece inginocchiare, anche se lui tenne testa ancora per pochi minuti; Merry e Pipino tentarono di aiutarlo, ma furono presi e portati via dal-l'orda di uruk-hai.
Lo stesso mostro scoccò l'ultima freccia ad un Boromir esausto, piegato in avanti dal dolore della morte, facendolo scivolare nelle tenebre più scure. Poi se ne an-dò assieme agli altri compagni.
Quando Aragorn lo scoprì, per Boromir era troppo tardi: riuscì a dire solo alcune parole, prima di lasciare la Terra di Mezzo, per sempre.
Lilian, Legolas e Gimli giunsero in tempo solo per vedere la morte di un valoroso uomo di Gondor, e nient'altro: gli uruk-hai se n'erano andati.
Aiutarono Aragorn a trasportare l'amico morto fino alle barche, prendendo anche le sue armi: lo deposero in una delle imbarcazioni, e lo lasciarono in mano al fiu-me, che se lo portò via nelle cascate di Rauros.
Anche se non era un funerale a tutti gli effetti, i quattro amici rimasti recitarono un paio di preghiere: pure Lilian si sentiva in un certo senso colpita.
Ma quando il dispiacere lasciò il posto alla ragione, Aragorn non volle seguire l'ultima barca, quella che Frodo e Sam avevano deciso di utilizzare per raggiun-gere la sponda orientale:
- Non intendi seguirli?- chiese Legolas.
- No, il destino di Frodo non è più nelle nostre mani..- rispose l'uomo- Ora noi abbiamo un altro compito da svolgere.- strinse le spalle all'elfo ed al nano, ma guardò Lilian negli occhi - Non vorrete lasciare Merry e Pipino in balìa di quegli uruk-hai, vero?-
I quattro amici si guardarono sospettosi per un po', riflettendoci: Aragorn non aveva tutti i torti...
L'uomo si avviò, ma dopo esser salito su una roccia si voltò di nuovo a fissare gli altri con un sorriso sulle labbra:
- Andiamo a spaccare le ossa a qualche altro mostriciattolo, ragazzi!!- gridò Li-lian raggiungendo di corsa Aragorn, seguita anche dell'altro elfo e dal nano.
Sparirono in mezzo alla macchia di alberi, e le rive del fiume si fecero di nuovo silenziose, come ad aspettare un ennesimo imprevisto.


FINE (sicuri?)

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