What are we waiting for?

di Nevermindk
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Give me something to belive ***
Capitolo 2: *** I need something more ***
Capitolo 3: *** The faces all around me they don't smile they just crack ***
Capitolo 4: *** Ask for answers ***
Capitolo 5: *** Things aren't what they seem, makes no sense at all ***
Capitolo 6: *** Pure morning ***
Capitolo 7: *** Just smile and breath fresh air ***
Capitolo 8: *** That I am just nothing,its just what I've become ***



Capitolo 1
*** Give me something to belive ***


I polpastrelli sporchi d’inchiostro e i crampi alle dita.
“Hey,  io ho un po’ fame, tu?”
Non rispondo, con la testa china sulla tavola da completare continuo a cancellare quella mano che non riesco mai a proporzionare al resto del braccio. La scadenza è tra sei giorni, e ho ancora sei tavole da mettere in bella, non ho tempo da perdere.
“Va bé, ti prendo un pacchetto di patatine ok? Esco.”
Diamine quella mano, quella dannata mano. Ecco, il polso un po’ più stretto, e devo arrotondare la punta del pollice, devo far sì che le dita dei due personaggi si incrocino, sembrino morbide. Ecco, forse ho bisogno di cambiare matita, provo con una con la mina più dura. Il rumore che produce sulla carta mi fa sentire bene, e il profumo mi rende ebbro.
È faticoso, ma vorrei provare queste sensazioni per tutta la vita. Vorrei poter ridere di me guardandomi allo specchio, per colpa di quella guancia sporca di nero, e avere i jeans sempre pieni di trucioli di matita e di pezzi di gomma per cancellare.  
Avere i crampi e i calli alle dita fa male, ma amo la sensazione di sollievo quando si lascia la matita e ci si asciuga la mano sudata sulla maglia o sui pantaloni.
E poi le figure che prendono forma sul foglio, quegli occhi profondi che a volte disegno, e quel petto, o quel bacino davvero perfetti, che però guardati dopo un po’ di ore ti mettono in imbarazzo per la loro asimmetria. Sì, penso proprio che sia questa la mia strada.
Lascio cadere la matita sul foglio e mi stiracchio. Sgrano un po’ gli occhi osservando il caos che mi circonda. La scrivania piena di cianfrusaglie, avanzi di cibo, boccette di china vuote, fazzoletti sporchi di nero… non c’è un angolo libero. Poggio i piedi per terra. Mi si era addormentato il piede destro, e ora sento il sangue che ricomincia a scorrere verso il basso, e che mi procura un forte crampo.
Mi alzo e aggiusto i fogli di brutta in bilico sullo spigolo del tavolo, e poi mi sgranchisco un po’ le gambe, andando verso gli scaffali dei manga.
Prendo il primo volume che mi capita sott’occhio “La leggenda dei super eroi vol. 2 di Kawaguchi Taro”. Accarezzo la copertina liscia, e osservo i colori abbaglianti che la ricoprono, che riempiono quelle linee nere. Poi faccio scorrere le pagine sotto il naso, velocemente, così da farmi un po’ di vento. E il profumo di inchiostro e carta stampata, tipico dei fumetti, mi riempie le narici e mi manda in estasi.
Riesco a capire cosa mio zio provasse, riesco a capire perché nonostante i fallimenti riusciva sempre ad andare avanti, e un giorno anche io avrò una serie famosa come la sua.
Voglio vedere il personaggio su cui ho buttato sangue e sudore su un teleschermo. Voglio sentire i bambini cantarne la sigla, voglio vedere i giovani impiegati leggerne il manga in metropolitana, e voglio vedere i cosplayer che si sforzano per assomigliarvi, gli otaku pieni di gadget e le fujoshi scrivere fan fiction e disegnarci doujinshi.
Voglio sentire la voce della mia Miho in sincronia con i movimenti della bocca della protagonista femminile, e voglio guardare il primo episodio seduto sul divano con del ramen istantaneo tra le mani e  in compagnia di Shujin e di Kaya che fanno commenti divertenti.
Ecco, questo mi renderebbe felice, e mi rende felice il solo fatto che io abbia qualcosa in cui credere, e che non abbia più la testa vuota, fissata sull’idea di seguire una vita completamente normale.
Lascio il manga sullo scaffale e mi avvio verso la porta che conduce nell’anticamera dell’ingresso, ormai intasata da scaffali divisi solo da uno stretto corridoio che conduce alla porta principale. Osservo le varie action figures degli eroi che mio zio aveva comprato e che aveva osservato tante volte, cercando di trovare la tuta perfetta per il suo personaggio.
Striscio tra due scaffali e cammino in penombra fino a raggiungere il muro, ci poggio una spalla contro, e con la schiena rivolta verso modellini vari, comincio a fissare i vecchi numeri di Shonen Jump nascosti dietro le scatole di plastica.
Tolgo una scatola, e prendo un massiccio Jump del 1995. Chissà quante volte mio zio avrà letto questo volume, quante volte ha riletto una battuta divertente, e quante volte si sarà soffermato sulle immagini come faccio io. Mi porta in paradiso guardare le linee che si incrociano e si arrotolano e che non finiscono mai…
“Saiko, cavolo, mi hai fatto prendere un colpo!!”
Shujin mi fissa dal fondo del cunicolo nel quale mi sono infilato, illuminato dalla luce che proviene dall’altra stanza, con la sua solita tuta rossa e una busta di plastica in mano.
“Che stai facendo laggiù?” molla la busta per terra, e anche lui, a mo’ di serpe, striscia tra gli scaffali e mi raggiunge. Sento il suo odore misto a smog della città sulla sua felpa. Ripongo la rivista nello scaffale e lascio che le mie dita accarezzino il dorso della copertina.
“Nulla…sfogliavo vecchi volumi di Shonen Jump e pensavo a mio zio…”
Shujin mi sorride come fa sempre, posando la sua grande mano sulla mia testa piccina.
Io e lui siamo come una di quelle collane che si scambiano gli innamorati. Due metà che si completano. Lui è tutto quello che non sono io, e io sono tutto quello che non è lui.
“Ti ho comprato le patatine alla paprika, le vendevano a metà prezzo.” Sghignazza.
“Grazie…ma non ho molta fame…” dico guardandomi le calze.
“Oh dai, io proprio non ce la faccio a vederti così, dovresti dormire un po’ sai? E magari farti un bagno!” dice avvicinando il naso al mio collo e annusandomi. Lo scaccio via con uno schiaffetto sulla nuca.
“F-fermo scemo! Senti chi parla!” iniziamo a prenderci a sberle e finiamo catapultati sulla moquette, facendo crollare la scatola che avevo posato per terra. Io sono sopra di lui, le mie gambe sono incrociate alle sue, e sento nel mio petto il cuore che inizia a battere più forte. I nostri visi vicini. Percepisco qualcosa di magnetico. No, non può succedere di nuovo. Mi afferra i polsi, e in un istante mi ritrovo con la schiena sul pavimento, e con il suo viso sopra il mio, l’unica cosa che noto sono le sue labbra e la luce nei suoi occhi. Il resto è avvolto dal buio
“Me lo avevi promesso, Shujin.” Sussurro con il poco fiato che ho in gola, a causa della troppa agitazione “Mi avevi promesso che… non sarebbe più successo.” Penso.
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Bene, come ho scritto nell'intro questa è la mia prima fan fiction, non in assoluto, ma la prima di questo genere °A° spero di non aver commesso errori stupidi, e se sì mi auguro che qualche povero mal capitato me li faccia notare >.>"" Più di ogni altra cosa spero di far finire bene questa storia e di non liquidarla con un finale affrettato xD. Spero leggerete il seguito! Grazie =3= <3

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Capitolo 2
*** I need something more ***


 Ricordo l’imbarazzo che provai quel giorno, quando eravamo stesi per terra, con le camice della divisa scolastica appiccicate alle nostre schiene a causa del sudore, mentre lui posava le sue labbra sulle mie.
Non volevo, avevo opposto resistenza, mi faceva schifo. Esattamente. Mi faceva schifo.

Fino  a pochi minuti prima eravamo con le gambe incrociate sotto il tavolino posizionato tra i due divani, che pensavamo a come strutturare due tavole di Trap  contenenti troppe scene d’azione. Le uniche cose che si toccavano erano i nostri avambracci.
Ho voltato un attimo le spalle verso la mia cartellina, per prendere   i name che Shujin mi aveva passato qualche giorno prima, e ho sentito le sue braccia che mi avvolgevano, e il suo fiato sul lobo del mio orecchio.
“C-c-cosa diamine stai facendo?” Dissi arrossendo.
Sentivo il mio viso in fiamme, molto probabilmente ero diventato rosso quanto un semaforo, come quando Miho mi sorrise, quella volta, prima del diploma.
“Davvero, credimi, non lo so.” Disse Shujin, continuando a stringermi a sé. Sentivo il suo cuore che batteva più forte del mio, i battiti attraversavano la sua gabbia toracica, passavano alla mia colonna vertebrale, e seguendo  un percorso, quasi come per un groviglio di cavi elettrici, si univano ai miei, formando un dolce ritmo discontinuo.
“Mi piace così tanto la tua pelle, Saiko.” Disse mentre passava la punta del suo naso sul mio collo.
Cercando di trattenere le risate nervose, cercavo di divincolarmi, riuscendo finalmente a liberarmi dalla morsa di quella piovra bionda e alzandomi in piedi, sulle mie gambe tremolanti.
“Ma tu sei proprio scemo!!” Già, urlai proprio questo dandogli le spalle e fissando un qualche punto indefinito della stanza.  Lui invece si butto sul divano, passandosi una mano sul viso, strofinandoselo, quasi come per mandare via l’imbarazzo.
Giacché non riuscivo più a stare in piedi a causa delle mie gambine( solo per questo eh) andai a sedermi di fianco a lui sul divano, cercando di tenermi a distanza, quasi come il mio migliore amico fosse un appestato.
A ripensarci mi sento davvero tanto stupido. Ero lì nell’angolo del divano, e avevo scritto sulla fronte “Fai di nuovo quello che ti ho appena impedito di fare”.

Shujin forse l’aveva capito. Sì, l’aveva capito. Altrimenti non mi sarei mai spiegato perché si fosse riavvicinato, e senza incontrare resistenze questa volta, mi avesse preso il viso tra le mani e esitando qualche secondo mi avesse baciato.
Quel tocco leggero mi mandò in tilt il cervello. Non sapevo davvero che cosa pensare. Sapevo di essere arrossito di nuovo, e sapevo che quello era il mio primo bacio.
Il mio primo bacio… con un ragazzo!?!
Rilassai un po’ tutti i muscoli, e lasciai che cominciasse a far scendere le mani lentamente sul mio petto, sbottonando man mano la camicia.
Ero in lotta con me stesso. Una parte di me diceva di fermarlo. L’altra parte urlava su questo pensiero, incitandomi a rimanere lì fermo e immobile, con le mani sulle ginocchia.
A quel punto staccò le sue labbra dalle mie. Che cosa orrenda. Mi sentivo così vuoto ora.
 Aprii gli occhi per un istante e vidi che si stava togliendo gli occhiali.
Davvero non so per quale motivo, ma trovai la forza di sollevarmi sulle ginocchia e raggiungere di nuovo il suo viso. Questa volta fui io a baciarlo, stendendomi su di lui.
Mentre avevo le labbra posate sulle sue, le sentii aprirsi, tipico di Shujin, non sapeva aspettare!
Le nostre lingue si incontrarono, e da quel momento persi completamente la ragione.
Ricordo che finimmo sul pavimento, e che lui sbatté la mano contro il tavolino, gettando per terra alcune tavole.
La mia schiena poggiata sul parquet, lui sopra di me che divorava le mie labbra. Posai una mano sulla sua nuca, e la sentii già sudata.
Ricordo che  finì di sbottonarmi la camicia e cominciò a scendere giù, sempre sempre più giù.
E  proprio in quell’istante, una sensazione di paura mista al terrore più assoluto mi assalì. Immaginai il volto di Miho, e immaginai i suoi occhi che mi guardavano dietro le sbarre del cancello di casa sua, la sera in cui la mia vita cambiò.

“S-Shuj-Shujin…!!” Sussurrai “Fermati ti prego…”
Non fui costretto a ripetermi. Si staccò subito da me, cercando di guardarmi negli occhi. Ma io avevo il viso rivolto verso le gambe del tavolino, ero pieno d’imbarazzo, e non avevo la minima intenzione di guardarlo.
“P…promettimi…promettimi che… non lo farai mai più… e che… e che dimenticherai tutto…”
Lui si alzò, dandomi le spalle. Abbottonò di nuovo la sua camicia, pulì le lenti degli occhiali, e li rimise sul naso.
“Te lo prometto amico mio.” Disse a bassa voce, guardando per terra. Era evidentemente imbarazzato anche lui.
Quel pomeriggio continuò come tanti altri, continuammo a controllare le tavole come se nulla fosse, e dopo, per svagarci un po’, facemmo anche una partita ad un video game. Poi alle 2 di notte, uscimmo dallo studio esausti come al solito, e tornammo a casa, salutandoci, come se nulla fosse.

Ecco cosa mi aveva promesso.
Il nostro giuramento.
Ma ora era di nuovo sopra di me, esattamente nella stessa posizione di quella volta.
E mi guardava negli occhi. E io lo guardavo negli occhi.
“Tu mi vuoi, Saiko.”
Hmpf, come sei presuntuoso amico mio.
“Stà zitto, e alzati!” Dico, mentre cerco disperatamente di fare peso sul suo petto per farlo sollevare.
“Io non ci riesco, non so proprio perché hai questo effetto su di me, davvero. Spiegamelo dannazione, Saiko. Cosa mi hai fatto?”
“Sei completamente fuori di testa!” Perché, perché non vai via dal mio corpo!? Non deve succedere! Ti prego, ti prego alzati!
Shujin poggia l’indice sulle mie labbra, e lentamente ne traccia il contorno, come faccio io sul foglio con la mia matita. Poi passa ad accarezzare la mia guancia; dopo avervi tracciato una specie di spirale con il polpastrello la bacia, senza far rumore, senza schiudere le labbra.
Sposto il viso verso il suo.
Sono davvero uno scemo.
Cosa sto facendo?!

Lo bacio.
E rimaniamo lì incollati per un’eternità, o forse per pochi secondi, tempo necessario a spazzare via dalla mia mente qualsiasi critica negativa verso questo atto frettoloso compiuto dal mio cuore.
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Ok ecco il secondo capitolo >_> ho fatto tipo un casino con i tempi verbali, davvero non sapevo come cacchio aggiustare xD poi ho scritto di getto, dunque nevermind =3=. Che noia, è ancora una volta troppo lungo, lo so.
Alla prossima!

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Capitolo 3
*** The faces all around me they don't smile they just crack ***


“Heeeeey Takagi, Mashiro, siete qui?” una vocina stridula seguita dal campanello della porta ci fa riprendere. Shujin si alza come un razzo e barcollando si appoggia a uno scaffale, facendo cadere un Mecha, rompendolo in mille pezzi.
“Ahah! Vi ho sentiti miei cari, dai aprite, vi ho portato del ramen istantaneo!”
È la voce di Kaya.
Shujin si aggiusta i capelli, e mi porge la mano. La afferro, imbarazzatissimo.
Dopo avermi aiutato, mi pulisco un po’ i jeans e la camicia e mentre lui si avvia verso la porta, comincio a raccogliere i pezzi del robot sparsi sul pavimento, rimetto i pezzi nella scatola  e li raggiungo, bloccandomi però alla fine del corridoio.
“Ciao, come mai ci hai messo tanto ad aprirmi?”  Kaya avvolge le braccia intorno al collo di Shujin, si solleva sulle punte e lo bacia. Shujin è restio e la allontana, tenendola per i fianchi.
A quel punto la ragazza mi vede, mi sorride e staccandosi da Takagi ci precede nel corridoio andando verso lo studio : “ Su, che ho fame!” Osserviamo Kaya appoggiati alla porta, Shujin raccoglie la busta che aveva fatto cadere per terra e la posa su uno scaffale mezzo vuoto. Mangeremo dopo quelle patatine. Kaya ci porge le nostre ciotole di ramen. Non ho fame.
Entriamo nello studio, io vado di nuovo dietro la scrivania, inzuppo il pennino nell’inchiostro e cerco di levare via gli eccessi con un fazzoletto.
Akito e Kaya sono sul divano seduti vicini, qualche volta lei blocca una manciata di noodles con le due bacchette e facendo gocciolare il brodo sul pavimento, imbocca il suo amato. Lui le sorride e si lascia imboccare.
Io li guardo, li guardo con il pennino sospeso a mezz’aria, sento qualcosa di strano allo stomaco. No, non è fame.
“OH MERDA…” mi sono distratto per un attimo e l’inchiostro ha cominciato a sgocciolare imbrattando tutta la tavola. Colto dal panico mi alzo di scatto e nell’azione di prendere un fazzoletto dalla confezione colpisco per sbaglio l’intera boccetta che inevitabilmente si riversa su tutta la scrivania.
“Ma che cazzo fai!” Shujin molla il suo ramen sul tavolino e corre verso la scrivania, prende una manciata di fazzoletti e inizia ad asciugare. L’inchiostro è finito anche sui bordi di alcune tavole già finite.
Con le mani nei capelli osservo il casino che ho combinato, gli occhi mi si riempiono di lacrime mentre sento Kaya ridere a crepapelle sul divano.
Mi copro la faccia con le mani.
“Vuoi darmi una mano miseriaccia!?!” con il sudore sulle tempie Shujin continua a tamponare la scrivania con i fazzoletti, come si fa quando esce il sangue dal naso.
Il cuore mi rimbomba in testa, e in uno scatto d’ira, urlando, getto per terra tutto quello che prima incasinava la scrivania.
Tutto si ferma, Kaya smette di ridere, Shujin smette di tamponare, mi fissano. Io li fisso, le lacrime negli occhi bruciano, così supero le torri di fogli che ho gettato sul pavimento e corro via; infilo le scarpe velocemente e sbatto la porta alle mie spalle.
Corro per le scale. Ho il fiatone, e non riesco a vedere bene dove sto andando per colpa delle lacrime che mi coprono gli occhi.
Davvero non lo so perché a volte ho queste reazioni esagerate. Mi pento ogni volta che faccio una scenata del genere, ma non posso farci niente.
Corro per la strada, ho il fiatone e mi fa male la milza. Dopo cinque minuti rallento e mi fermo. Sono piegato in due e fisso l’asfalto. Mi stringo le braccia intorno al petto e cerco di respirare. Le lacrime continuano a scendermi.
Mi rialzo, non vale la pena stare ancora male per stupidaggini. Asciugo le lacrime da viso e mi avvio verso casa.
Ma per cosa sto male poi? Per il fatto che il mio migliore amico mi ha baciato? Per il fatto che mi è addirittura piaciuto? Per il fatto che sto dubitando su tutto ciò che c’era di solido fino a poco tempo fa nel mio cuore?
Intravedo il tetto di casa mia in lontananza, dietro le chiome di qualche albero, giro a destra poi a sinistra e sono a casa. Le luci nella cucina sono accese, è ora di cena. Molto probabilmente la mamma e il nonno stanno aspettando che il riso finisca di cuocere prima che arrivi il papà.
Apro la porta ed entro.
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Ok questa volta è un pò più corto xD e forse anche un pò confuso, ma cercherò di rendere più chiaro tutto nel prossimo capitolo, che (spero) arriverà entro il week end, mi dovete scusare ma sono impegnatissima con la scuola e in più non sapevo come andare avanti .__. ma ora ho di nuovo parecchie idee in testa èwé.
Comunque vorrei ringraziarvi per le recensioni, mi hanno tirato un pò su di morale ^^. Grazie ancora, alla prossima!

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Capitolo 4
*** Ask for answers ***


Quando si torna a casa si sente sempre un profumo particolare. Magari a volte pare anche sgradevole, altre volte ti fa sentire al sicuro.
Dalla cucina proviene la voce di una giornalista che conclude il tg dicendo che non ci sono aggiornamenti, e come sospettavo la mamma e il nonno aspettano che il riso sia pronto. Sono entrambi seduti al tavolo quadrato, apparecchiato per quattro.
Mi chiedo quante sere la mamma apparecchi per quattro e poi si ritrovi a lavare i piatti utilizzati da sole due persone.
“Mamma sono a casa…” dico mostrandomi in cucina.
La mamma e il nonno si girano, la mamma mi sorride e mi chiede teneramente se voglio cenare con loro, il nonno  invece si limita a sorridermi e poi ritorna a guardare la televisione.
“No, non ho fame, prendo solo una lattina di tè dal frigo e poi vado in camera a studiare.” Dico. Lei è sicuramente delusa. È da secoli che non ceno più con loro.
Di solito quando esco da scuola vado direttamente in ufficio e resto lì fino a notte fonda, se non fino alla mattina seguente. Con lo studio è ovviamente tutto più difficile. Quando arriva la fine del trimestre e gli esami sono alle porte io e Shujin abbiamo mille problemi in più. Di solito dividiamo la settimana. Per esempio quattro giorni di lavoro e tre giorni di studio o viceversa. Oltre al fatto che Shujin è un genio e quindi non ha bisogno di studiare eccessivamente, dunque ha anche un po’ di tempo da spendere aiutandomi un po’.
Ecco, finisco sempre  col pensare a lui. Ma io proprio non mi capisco.
Prendo la mia lattina dal frigo, e mi trascino barcollante verso il piano di sopra. Arrivato in camera metto la lattina da parte e mi butto come un peso morto sul letto.
Vorrei soffocare, chissà cosa si prova. Sento il cellulare che vibra nella tasca, lo prendo, è una mail di Shujin:
“Hey, è tutto apposto, abbiamo asciugato l’inchiostro, e passato il bianchetto sul bordo delle tavole sporche, ora è tutto ok, davvero. Devi solo rifare la tavola che avevi iniziato perché la macchia era troppo grande…
Dai, non te la prendere così tanto e torna in ufficio, dove sei andato?”
Chiudo lo sportellino del telefono e lo getto via. Allora è questo quello a cui è interessato? Non come sto, eh no, a lui interessa farmi sapere che ha aggiustato le tavole e che devo solo rifare la tavola che avevo iniziato.
Faccio sprofondare la faccia tra i cuscini e ricomincio a piangere come un poppante. Che mi succede?
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Ok mi scuso IMMENSAMENTE per il ritardo >__> ma é Maggio e tra scuola e internet che non va non ho fatto in tempo ad aggiornare! Comunque ora posterò subito altri capitoli, anche perché li ho già scritti, dunque buona continuazione di lettura :D

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Capitolo 5
*** Things aren't what they seem, makes no sense at all ***


Le mie mani tremano, la folla davanti a me vuole sentirmi parlare. Ci sono un sacco di ragazze con delle orecchie da gatto e ragazzi con la gonna.
Ho lo smalto blu alle mani. Woh. Tutto gira ed è confuso, le luci viola e rosa mi accecano. Qualcuno mi da una pacca sulla spalla. È la mano di Takagi, ha i capelli alzati, tirati su con gel e piastra, io l’ho aiutato prima in camerino a fare quella pettinatura antigravitazionale. E mi sono accorto per la prima volta che ha delle sopracciglia davvero strane, mi ricordano molto un fiume, non so quale, forse non ho mai visto un fiume in vita mia.
Tossisco. La folla impazzisce, sto per parlare?
Tocco il microfono, è un buffo camaleonte, lo chiamerò Leon. Uh mi guarda.
“Ciao, siamo i Muto Ashirogi, piacere di conoscervi” dico. La folla impazzisce i ragazzi con le orecchie da gonna e le ragazze con la gonna da gatto urlano e saltano. Mi giro verso di lui e ride, ride, ride, ride. Cade per terra dalle risate, e il palco diventa sabbia, uh, un granchio.
Mi chino e lo raccolgo. Ed è la calma. C’è il mare. E in acqua c’è Miho che corre. Il seno le si muove su e giù, su e giù. Si gira verso di me. Mi sorride, quant’è bella. Ha un nastro rosso tra i capelli.  A lei non importa di noi. No. A lei piace. Sì è per questo che porta il fiocco rosso.
Anche io voglio correre in acqua e divorarti di baci mia amata. Così lascio il granchio e corro verso di lei. Hey, la sabbia è un po’ troppo pesante per i miei piedi, che fai? Dove mi trascini? Una mano.
Takagi mi butta per terra. È in costume da bagno, e sicuramente è molto meno attraente di Miho. Non ha il seno, credo.
Sarà masturbazione mentale.
Comunque lui continua a gattonare sopra di me. E mi sono accorto di essere in costume anche io, sto sudando per il caldo sicuramente, e la sabbia mi si appiccica alla schiena.
Oh, è arrivato sulla mia faccia, con la sua faccia. La pettinatura è tornata normale, sarà per il caldo.
“Ahaha, ragazzi, adoro lo yaoi!” è Miho che urla con un bicchiere di succo di mela azzurra in mano. Si siede su una palma e con le gambe incrociate inizia a fissarci.
Shujin mi bacia, e io ho gli occhi aperti, e quindi posso vedere tutte le strane rughette che compaiono sulla sua fronte e agli angoli dei suoi occhi. Mi piace tanto quando mi baci.
Ma ora non credo di essere sudato per il caldo, anzi, non fa più caldo. Perché siamo di nuovo sul palco. E le ragazze con le orecchie da ragazzo gatto con la gonna ci deridono. E io ho vergogna. Una vergogna tremenda. Soprattutto perché in prima fila c’è mio zio che mi fissa. È serio.
“Devi prendere il lavoro seriamente.” Dice piangendo.
Non volevo farti piangere zio. Non volevo. Io ti voglio bene. Ma non riesco a scollarmi le labbra del mio collega da dosso. Così lo spingo via. E sbatte contro il pavimento. L’ho ucciso. Il suo sangue è nero come l’inchiostro. Ora anche i miei pantaloni e la mia cravatta sono neri.
Non avevo una cravatta prima.
C’è mia madre che piange. E davanti a me l’altare con su la bara dove giace il cadavere di mio zio. Ma non è mio zio, è Shujin. E quella che piange è Kaya. Ma io sono piccolo.
Corro verso la bara. Piango sulle sue mani coperte di un liquido nero, sì inchiostro.
La sua faccia pallida si muove, e gli occhi si aprono. Mi spavento. Non so se essere felice. Il mio amico è risorto.
Ha il viso viola e non ha gli occhi, e metà collo è marcio. Vermi bianchi escono dalle narici.
Una luce mi impedisce di vedere di più e una mano mi cinge il petto.
E poi BOOM.



Apro gli occhi. Sono sudatissimo, ho la gola secca. Il cuscino è umido, non so se per colpa delle lacrime o del sudore.
Una mano mi cinge davvero il petto, ed è quella di Akito.
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Mi piace scrivere cose senza senso, mi liberano xDDD. Poi ho scritto questo pezzo sentendo un album dei Placebo che sono una colonna sonora ideale per scrivere cose surreali.
Mi scuso ancora per avervi fatto attendere, e soprattutto vi ringraaaazio tantissimo per le recensioni! <3 Siete troppo buoni xD
Continuo ad aggiornare èOé

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Capitolo 6
*** Pure morning ***


Mi sono un sacco spaventato per colpa del sogno. E come mi succedeva ogni volta che facevo un brutto sogno quando ero piccolo, continuo a tremare e a sudare freddo. Mi giro verso di lui e lo abbraccio fortissimo, ho tanta paura. Non mi interessa quanto puzzo.
Respiro l’odore della sua pelle e mi sento un po’ più tranquillo. La luce che mi accecava era quella della finestra, è rossa e viola, come quella del mio sogno.
Sembra il tramonto, ma non può essere possibile che io abbia dormito per un giorno intero. Ma non voglio lasciare l’abbraccio. Ho troppa paura. Sento il suo respiro che diventa irregolare, e lo vedo riaprire gli occhi lentamente.
“Hey, buongior…buonasera…” sussurra. Ha l’alito del sonno, ma lui starà sopportando la puzza del mio corpo sudato, quindi posso reggere.
“Che giorno è?” spiccico a fatica. “La sera successiva a quando sei scappato dall’ufficio”
“Non ci credo” “Hai dormito per un giorno, nuovo record.”
Ridacchia lui. Trovo il coraggio di staccarmi e mi metto seduto sul letto. La testa mi gira, ma quello di cui ho più bisogno ora è un bicchiere d’acqua. Devo introdurre liquidi nel mio corpo. Vedo la lattina di tè sulla scrivania, mi precipito lì, la prendo e bevo tutto d’un sorso. È caldo e dolce, però non me ne frega. Dopo aver finito mi sento meglio. Riesco quanto meno a parlare senza la voce rauca.
“Devo farmi una doccia…” dico.
“Ti aspetto qua. Tanto sono arrivato da neanche due ore…credo” fa guardando l’orologio.
“Ok.” Esco dalla camera mentre lui si stiracchia. Tra un po’ sarà buio. E io ho perso un giorno di lavoro.
Penso che dopo la doccia andrò in ufficio e recupererò per tutta la notte il tempo perduto. Come spesso mi capita quando faccio incubi, mi lavo con l’acqua fredda.
Quella calda mi da la sensazione di appiccicarsi al sudore. Con il sapone cerco di spazzare via la paura e le immagini terribili dell’incubo. Quando finisco mi asciugo per bene e mi pettino i capelli, li lascio bagnati però.
Ho dimenticato di prendere i vestiti di ricambio dalla camera. Ciò significa che devo tornare lì in accappatoio.
La fatina che mi ha fottuto il cervello me lo avrà fatto fare apposta. Nel tragitto dal bagno alla camera non sento nessuna giornalista. Quindi o l’ora di cena è passata o deve ancora arrivare. Entro in camera e richiudo la porta alle mie spalle. A chiave.
Lui sta guardando fuori dalla finestra. Lo raggiungo e lo abbraccio. La mia testa bagnata tocca il suo collo.
Sento che un brivido gli percorre la schiena. Sarà la sorpresa.
Lo stringo forte a me. Lui si libera e con uno scatto chiude le tende. Ora la luce che entra è pochissima. Una leggera luce marroncina. Le nostre facce sono piene di ombre. Se dovessi disegnare questa scena sarei costretto ad usare un sacco di retini e a sprecare un sacco di inchiostro. Afferra la cinta del mio asciugamano e la slega con facilità. Lascio che mi scivoli via dalle braccia e che cada per terra. Lui si toglie gli occhiali, li poggia per terra.
Poi sbottona la giacca e sfila la maglietta. Fa tutto con estrema calma.
E dopo mi assale.
Finiamo sul letto, il silenzio è assoluto. Sento solo il battito del mio cuore e del suo. Un po’ più accelerato del mio.
Strano.
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Ok siamo arrivati a questo punto, forse ho descritto la scena un po' velocemente? Quando la rileggo dura un secondo xD
Comunque non conosco bene il mondo il mondo del Giappone, è che ho una compagna di banco che è ossessionata e quindi mi insegna qualcosa, infatti mi ha anche corretto per il fatto che i modellini sono gunpla e non mecha °A°(questo per rispondere al commento adorabile di _Misa_, grazie *-*)
Continuo ~

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Capitolo 7
*** Just smile and breath fresh air ***


 Non ho sonno. Ho dormito per un giorno.
Più che altro ho fame. Shujin dorme vicino a me. È stato così strano. Per intenderci, non abbiamo fatto niente di esagerato. Nessuno dei due era “pronto” per quello. Ma è stato tutto così bello lo stesso. Non sono mai stato così bene in vita mia come quando dopo aver finito ci siamo abbracciati. Lui è crollato di nuovo in un sonno profondo. Non avrà chiuso occhio tutta la scorsa notte, al contrario mio. Lo osservo e gli carezzo la guancia. Ha una faccia così dolce.
Mi alzo, ho davvero tanta fame. Mi vesto e scendo di sotto. Ho lasciato la porta chiusa a chiave per troppo tempo, non vorrei che qualcuno sospettasse di qualcosa. Esco richiudendo la porta alle mie spalle. Previsioni del tempo. Saranno circa le otto allora. Scendo le scale, nonno è sul divano e mamma lava i piatti. Papà come al solito non c’è.
“Mamma…” faccio, non vorrei accennare un sorriso, anche se è l’unica sensazione che provo ora, perché poi sarebbe causa di troppe domande. “Ho fame” dico.
“Oh santo cielo, grazie al cielo ti sei svegliato. Sta mattina ho provato a farti alzare ma stavi dormendo così profondamente… ho pensato ti saresti svegliato nel pomeriggio e invece neanche quando alle cinque circa è arrivato Takagi ti sei alzato! Ha detto che avrebbe fatto un sonnellino anche lui. Io ho proposto di tirare fuori il futon degli ospiti… ma lui ha detto e ripetuto che la poltroncina in camera tua gli sarebbe andata bene e dunque non ho insistito più dopo mezz’ora di lotte!!” dice ridacchiando.
Certo, la poltroncina.
Prendo dal frigo quello che è avanzato dalla cena, è ancora abbastanza caldo. Divoro tutto fino all’ultimo chicco di riso, mi sento davvero bene.
“Sai, è da tanto che non ti vedo mangiare così, è successo qualcosa di bello?” cavoli, non posso nasconderle proprio niente. Quando mi fa quella domanda arrossisco. Ma subito ripenso al mio incubo. Ripenso alla faccia di mio zio che piange mentre mi guarda.
“No…” dico lasciando le bacchette nel piatto. “Niente di così bello...credo che comunque ora andrò in ufficio, sai ho lasciato un sacco di lavoro in sospeso…”
“Uff, va bene.” Sbuffa lei. Ormai è abituata.
Mi alzo da tavola e corro di sopra. Se faccio in tempo riesco a prendere il treno delle nove. Accendo la luce in camera, sperando che Shujin si svegli. È ancora nudo nel mio letto, e non sarebbe una bella scena se mia madre entrasse e lo vedesse. Ma la luce della lampada non sembra dargli alcun fastidio. Infilo una giacca e prendo il cellulare, cavoli, dieci messaggi non letti. Li guarderò dopo. Tanto presumo siano tutti di questo stupido qui. Lo bacio sulla guancia. Non si accorge di niente eh. In appoggio con le mani sul letto lo ribacio.
“Svegliati.” Dico ridendo.
Un altro bacio sulla guancia. Questa volta vedo un sorriso accennato. Tira fuori una mano da sotto le coperte e tira la mia testa verso la sua, baciandomi sulle labbra.
“Sto andando in ufficio.”
“…posso raggiungerti dopo?” fa lui assonnato, non apre gli occhi.
“Pfff, ok, ma rivestiti” dico io alzandomi e tirandogli addosso i suoi pantaloni e le sue mutande. Con un movimento abile  e sempre tenendo gli occhi chiusi li infila, e sempre rimanendo così immobile infila anche la maglia che gli lancio dopo.
Spengo la luce e prima di uscire di casa avverto mamma della presenza di Shujin in camera. Lei dice di non preoccuparmi, mi da qualche spicciolo per il treno, mi dice di fare attenzione, e io esco di casa, con il vento tra i capelli e il sorriso sulle labbra.
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Ho scritto fin qua nel periodo in cui ero senza internet. Il mio router impazzisce.
Ora, sono ad un bivio, ho già pensato a come continuarla, ma se la continuo ho paura di non avere ispirazione e quindi lasciarla in sospeso, quindi vi chiedo, la interrompo qua?D: Boh, magari un altro capitolo che sembra un po' più conclusivo lo scrivo xD
Quando finirà la scuola spero di riuscire ad aggiornare più spesso!
A presto ^^



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Capitolo 8
*** That I am just nothing,its just what I've become ***


Faccio una bella camminata fino in stazione, mi schiarisco un po’ le idee, ripenso a quello che è successo in questi ultimi giorni, e ancora una volta mi chiedo se sia giusto.
Non mi sento in colpa, questo per niente, ma nello stomaco ho una strana sensazione, che non ho mai provato prima.
Non so chi me lo disse, che lo stomaco è l’organo del nostro corpo in più partecipe con la nostra psiche. Nello stomaco si riflettono tutti i nostri sentimenti e le nostre sensazioni. Rendetevene conto, per esempio prima di qualcosa di importante fa sempre un po’ male la pancia, quando ti innamori senti le farfalle nello stomaco, quando stai male senti il bisogno di cibo, di riempire lo stomaco, quasi come se potesse colmare il dolore che ti affligge.
Io non amo Shujin, gli voglio solo bene. E non credo rifarei quello che ho fatto oggi pomeriggio, perché mi sembrerebbe una specie di tradimento verso Azuki (e lo è a tutti gli effetti).
So che lui pensa le stesse cose. Non potremmo mai stare …insieme? Insomma formare una coppia; fa troppo shonen-ai quello che è successo oggi pomeriggio. Ma ne sentivo il bisogno. Mi sono lasciato andare.
Ho pensato con il cuore e non con la testa, ho soddisfatto la libidine che mi possedeva da un po’ di tempo.
Ora voglio solo concentrarmi sui manga. Concentrarmi sui manga e tirare fuori una storia che mi soddisfi, che ci soddisfi.
E quando avrò realizzato il mio sogno voglio sposare Miho.
Le racconterò quello che è successo oggi? Sinceramente non lo so.
Non credo le farebbe piacere saperlo. Magari un giorno, quando saprà tutto di me. Quando conoscerà ogni minimo particolare del mio corpo, del mio pensiero. Quando saprà come mi piace che sia cucinato il pesce, che non mi piace il riso troppo scotto, e che dopo due bicchieri di qualcosa di alcolico crollo sul pavimento senza forze.
Shujin queste cose le sa già. Perché è il mio migliore amico.
Scendo dal treno che sono le dieci passate, in giro non c’è più quasi nessuno. Vedo solo coppiette di innamorati che si abbracciano e si scambiano baci, o poveri solitari come me, che camminano con le mani in tasca e le cuffie nelle orecchie, per isolarsi dal mondo esterno.
Giungo in ufficio, tolgo le scarpe e mollo le chiavi su uno scaffale; mi fermo ad osservare il vicoletto stretto dove mi ero infilato qualche giorno fa.
E sorrido, sorrido e passo avanti, verso la mia scrivania tutta in disordine .
Rifaccio la tavola che avevo sporcato. Con la matita in mano mi sento meglio, ma ancora non ho le idee chiare, ancora non so perché mi sono lasciato andare così, ma credo non abbia bisogno di rifletterci ancora su. È accaduto, se è accaduto non vale la pena piangerci sopra, e non voglio neanche piangerci sopra!
Voglio andare avanti con la mia vita e non rimpiangere il passato.
Mentre penso e disegno mi arriva una mail da Shujin, dice che si è svegliato e sta venendo in studio anche  lui, e che ha avuto un’idea per dare una svolta all’ultimo capitolo.
Una svolta eh?  Penso di averne date abbastanza di svolte alla mia vita, in questi ultimi giorni.
Ma comunque continuo a disegnare, cercando di imprimere le mie emozioni su quel dannato foglio di carta. -----------------------------------------------------
Ecco, l'ultimo capitolo, spero di non avervi annoiato troppo con questa storiella, e lo so che non ho definito bene i sentimenti dei due protagonisti e sono stata molto confusa, ho cercato di rendere Saiko più vicino a me, e la mia mente è sempre un gran casino senza risposte, dunque ecco quello che ne viene fuori xD Vi ringrazio ancora per le recensioni, non mi aspettavo di riceverne così tante OwO farò tesoro dei consigli che mi avete dato! Siete stati fantastici! Alla prossima ff magari çAç Grazie a tutti!

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