Nella sua pelle

di White_Oleander
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Vorrei essere un re ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Lei, lui…noi? ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Tacchi, cuori e l’inizio dei guai. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: E la doccia? ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Non esiste solo la vista...c’è anche il tatto ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: patti ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6:e ora quanto resisti? ***



Capitolo 1
*** Prologo: Vorrei essere un re ***


Nella sua pelle I personaggi di One Piece non sono miei ma di Oda-sensei. Io li uso solo per diletto.



Nella sua pelle



Prologo: Vorrei essere un re


“Dicono che sia magica.” Fu Robin la prima ad interrompere il silenzio che si era venuto a creare, ma servì a gran poco anzi, se possibile, le espressioni del resto della ciurma divennero ancora più luccicanti.
Per uno degli abitanti di quell’isoletta, sperduta in mezzo al nulla, quello che aveva appena affermato la bella archeologa sarebbe solo apparsa come un frase già sentita. Ma di certo non sarebbero stati meno interessati, all’archeologa sia chiaro. Per loro, quel ritratto, o forse murales, equivaleva ad un vecchio pezzo da museo. Bhè, più che il murales, la statua raffigurata.
Uno dei loro Dei, o forse uno stregone. Nemmeno loro lo sapevano con certezza, però, fin da quando erano in fasce era stato loro insegnato di rispettare tale Dio. Il perché? Qualcosa che aveva a che vedere con le maledizioni.
“Per me sono solo vecchie leggende.” E Roronoa di certo non badava a tali cose da niente. Leggende dice lui.
“Zoro è più forte di un Dio.” E di certo il piccolo Chopper non si era scordato l’avventura a Skypiea, ne quanto detto dallo spadaccino in quell’occasione.
Ma il ghigno che Zoro aveva sul viso di certo non durò molto. Bastò un solo colpo alla navigatrice per rimetterlo al suo posto e cioè disteso a terra in mezzo a chili di polvere. E si sarebbero scannati si santa ragione se Robin non fosse opportunamente intervenuta. Non di certo per salvare lo spadaccino, sia chiaro, a lei poco interessava come decidesse di farla finita.
“Il Dio in questione.” Iniziò a recitare. “Si chiama Ashalla ed è una donna.” Badò poco al biondo cuoco che a quelle parole cominciò a svolazzare leggiadro cospargendo cuori ovunque. “Dicono che fosse la dea protettrice dell’armonia di quest’isola e che fosse particolarmente sadica con chi trasgrediva alle sue regole.”
Un silenzio improvviso calò nell’enorme stanza del castello nel quale si trovavano. Un silenzio non troppo silenzioso visto che Sanji, oltre a piroettare aveva iniziato pure a snocciolare frasi smielate e praticamente senza capo né coda.
“Che regole?” Usop fu il primo a chiederlo, forse più per paura che per curiosità vera e propria. Eppure tutti, anche l’improvvisato ballerino ed il tappeto dalla zazzera verde, rivolsero la loro più assoluta attenzione a Nico Robin che di tutta risposta si strinse nelle spalle.
“Rispettare la pace e l’armonia?” Chiese con la voce più angelica che possedesse nel suo repertorio.
“No, aspetta.” Nami, la prima ad essere riuscita a riprendersi dopo quell’infelice uscita, si avvicinò alla mora puntando un dito verso la figura incisa nel muro. “Fai tutta quella tirata e poi mi vieni a dire che non sai quali siano le sue regole? E STAI ZITTO TU.” Brecciò infine verso, devo proprio dirlo?
Roronoa, che ancora non si era alzato da terra, si puntò un dito contro autoindicandosi. Ma che centrava lui? Intercettò per puro sbaglio Rufy e questi alzò le spalle rispondendo alla muta domanda dell’amico.
“Non c’è scritto.” Si scusò Robin elargendo un lieve sorriso ed alzando ancora le spalle. Che colpa ne aveva lei se quella parte non era scritta.
Un attimo, scritta?
”Scritta?”
“Sì, nella targhetta.” E fece apparire un paio di graziose manine sul muro indicando così quella targhetta placcata in oro che portava quanto detto qualche minuto prima dall’archeologa.
“Vedi?” Sibilò sarcastico lo spadaccino finalmente rialzatosi da terra. “Ho ragione io. Leggende.” Finì ghignando non sazio delle batoste ricevute dalla rossa nell’arco della giornata. Anzi, in questa maniera si era guadagnato l’ennesimo viaggio sul pavimento questa volta però condito da improperi che è meglio non descrivere. Sapete ci sono i bambini. Basti sapere che il piccolo Chopper si era nascosto dietro le gambe dell’archeologa tappandosi le orecchi.
“E se la storia fosse vera?” Ci mise poco Rufy a dimenticarsi dei due. Rivolse ancora la sua attenzione verso Robin che di tutta risposta alzò le spalle.
“Parlavano di una maledizione al villaggio.”
Usop ricordava vagamente le parole del vecchio signore. Aveva blaterato di una maledizione terribile. Maledizione che però non sapeva quale potesse essere.
“Baggianate.” Di certo Zoro non era ancora stufo di buscarle, eppure quella volta Nami non lo pestò, troppo intenta a pensare. Fu Sanji a pensarci.
“Tu marimo. Taci.”
E lo scontro avrebbe avuto inizio se Rufy, colto da un improvviso lampo di genio, o forse solo per pura fortuna, non avesse ricordato l’ultima parola del discorso del vecchio. “Non aveva parlato di uno scambio?”
Tutti, chi più e chi meno, si ritrovarono d’accordo col capitano.
“Ah, ecco cos’era.” Nami, che a quanto pare sembra essere l’unica, oltre a Robin logico, ad avere un briciolo di buon senso in quella ciurma, ricordò perfettamente quell’ultima frase. “Uno scambio di persona.” Ma non è che aveva concluso poi molto nemmeno così.
“Vabbè, non importa. Andiamo a mangiare?” Era fatto così Rufy, in pochi istanti si era completamente dimenticato tutto. Ma la sua domanda fu accolta di buon grado. Solo Roronoa borbottò qualcosa.
“Se fosse vero allora vorrei essere un re.”
Di certo si sarebbe rimangiato ogni singola parola il giorno dopo.


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Capitolo 2
*** Capitolo 1: Lei, lui…noi? ***


Nella sua pelle2 Che posso dire? Grazie a chi legge e commenta. A dire il vero non so se metterla come ff comica o meno XD



Capitolo 1: Lei, lui…noi?

Avrebbe dovuto prestare più attenzione Nami. Se solo la sera prima si fosse guardata attorno invece di picchiare a sangue lo spadaccino, si sarebbe accorta di come gli indigeni fossero attratti da loro.
Ma non aveva il tempo materiale per farlo, no, l’idea di uccidere a suon di pugni Roronoa era stata molto più allettante. Su quella nave c’era poco da fare e doveva pur trovarsi un hobby.
Ma quella mattina non era certo iniziata col piede giusto. Non che la notte fosse passata molto meglio, aveva sprecato ore a rigirarsi nel suo comodo letto mentre una strana sensazione le attanagliava lo stomaco. La classica nottataccia in poche parole. In più si era svegliata ad un orario assurdo quando qualcosa di pesante le era finita sullo stomaco. Per non dire che borbottante come pochi, alzandosi, era andata a sbattere la sua graziosa testolina contro un’amaca. Eppure lei non ricordava che fosse lì quell’amaca.
Qualche segno di lucidità lo ebbe quando rischiò di uccidersi inciampando in un paio di sandali. Sandali che di certo non erano i suoi anzi, la forma le ricordava vagamente le calzature del suo capitano. Guardandosi attorno, con ancora un occhio chiuso, si accorse d’essere finita nella stanza dei maschietti della ciurma. E fu solo allora che il sonno passò lasciandole addosso solo un immensa sensazione di panico. Che fosse diventata sonnambula da un giorno all’altro?
Si passò le mani tra i capelli lasciandosi sfuggire un sospiro di sollievo quando si accorse che Sanji non c’era. Se l’avesse vista allora sì che sarebbero stati guai grossi. Ma qualcos’altro attirò di nuovo la sua attenzione, i capelli. Tastò con forza la zazzera corta che si ritrovava perché sì, i suoi capelli nell’arco di una nottata sembravano essersi accorciati e non di un paio di centimetri.
Scappò come un fulmine verso il bagno facendo un rumore assurdo, tanto che Usop aprì un occhio giusto in tempo per vedere un ciclone sparire dietro all’angolo.
“Ma che diavolo prende a quello di prima mattina?”
Ma nessuno rispose alla sua domanda biascicata e per sua fortuna nemmeno il tornado umano lo sentì, altrimenti le possibilità di ritrovarsi sotto ad un paio di metri di terra si alzavano di parecchio.
Fu un urlo però a raggiungerlo. Strozzato ed animalesco quasi.
E a ragione il cecchino pensò bene di tornarsene a dormire. Ci teneva alla pelle lui.


Fu svegliato da un lieve scrollare e ne fu infastidito. Se fosse stato svegliato di soprassalto da uno dei calci del cuoco, non avrebbe impiegato più di tre secondi netti ad afferrare le sue spade pronto ad affettare il biondino, però era stato svegliato dolcemente e senza urli, poteva anche lasciar correre.
Mugugnò qualcosa di incomprensibile, senza aprire gli occhi, ma questo bastò a far intuire che fosse sveglio, o almeno in grado di ascoltare poche semplici parole.
“Ti conviene svegliarti prima che il cuoco arrivi.”
Borbottando qualche altra parola incomprensibile, voltò le spalle a quella voce nascondendo la testa sotto al cuscino. Cosa gli importava a lui del cuoco? Di certo non sarebbe mai e poi mai andato a svegliarlo, lo avrebbe lasciato morire di fame quel cuoco balordo, altro che premurarsi di svegliarlo.
Però, se avesse fatto un po’ d’attenzione si sarebbe accorto che quella voce, la voce di chi lo aveva svegliato, assomigliava in maniera paurosa a quella di una delle due ragazze. Ma si sa, se aveva sonno aveva sonno e poco gli importava chi andasse a svegliarlo.
Di certo non fu più fortunato col secondo tentativo.
“ZORO!”
Soprattutto le sue povere orecchie.
Imprecante come pochi si alzò a sedere solo per scoprire che stava fissando se stesso.
“CHE DIAMINE È SUCCESSO?”
Pure la voce era la sua, anche se al momento sembrava toccare i picchi del terrore. Anzi, a ben pensarci sembrava furente e prossima all’omicidio.
Eppure qualcosa stonava. Lui era lì, seduto sul suo letto a fissare se stesso.
“Che ci faccio su di un letto?” Fu quella la prima cosa che disse con una vocina praticamente identica a quella della navigatrice.
Non era molto sveglio il nostro spadaccino se per prima cosa chiedeva perché fosse su di un comodo letto e Nami, cioè Zoro, cioè quella figura identica al caro Roronoa quasi lo avrebbe preso a sberle se non fosse stato che davanti c’era lei, Nami, insomma il corpo della navigatrice.
“Imbecille.”
Roronoa tornò a prestare attenzione alla propria figura mentre questa, a colpo sicuro come se sapesse dove cercare, rovistava in un cassetto tornando dopo pochi istanti.
“Ora non urlare.” Disse calmo Zoro, o forse Nami, ok, quella figura sedendosi sul letto e portando il piccolo specchio all’altezza degli occhi dell’altra figura.
Quello che trovò riflesso nello specchio non piacque per niente allo spadaccino. Si portò le mani al viso tastandone i lineamenti, poi i capelli più lunghi del solito.
“MA CHE CAZZO È STA STORIA?”
“MA CHE NE SO!”
Si tapparono in sincrono la bocca sentendo dei rumori fuori dalla porta. Alla velocità della luce il corpo di Roronoa scattò verso la maniglia sigillando la stanza e poggiando un orecchio al legno si assicurò che chiunque fosse se ne andasse senza porre domande.
“Che mi hai fatto strega?”
A quella frase Nami si girò di scatto pronta a massacrarlo, ma dovette trattenersi per la prima volta in tuta la sua vita. Imprecante strinse i pugni cercando di mantenere la calma.
“Ma che vuoi che ne sappia io.” Era sull’orlo di una crisi di nervi la navigatrice. Mai in tutta la sua vita aveva avuto risveglio peggiore.
Si fissarono per qualche istante negli occhi, non sapendo bene se mettersi a ridere o a piangere.
Poi un’illuminazione, o forse solo la consapevolezza di essersi ficcati in un guaio enorme.
“LA DEA!”
Se era vera quella maledetta targhetta, la dea in questione era davvero sadica.
“E ora?” Sbuffante Zoro incrociò le braccia al petto per poi lasciarle cadere lungo i fianchi. C’era un piccolo impedimento.
Nami aprì la porta lanciando un occhiata furtiva nel piccolo corridoio. Non voleva di certo trovarsi davanti qualcuno della ciurma. Appurato che nessuno sembrava essere in giro si voltò verso la propria figura ritrovandosi di nuovo sull’orlo delle lacrime.
“Cambiati e andiamo da quel vecchio. Di sicuro lui saprà qualcosa.” Scaltra come una volpe aveva trovato la soluzione in pochi istanti. In fin dei conti gli abitanti dovevano pur saperne qualcosa. Con un piede già fuori dalla porta pensò bene di fermarsi. “Vedi di non sbirciare.” Detto questo, con un’occhiata di fuoco, la navigatrice sparì richiudendo la porta della sua cabina.
Roronoa non se lo fece ripetere due volte. Guardò sotto la maglia.



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Capitolo 3
*** Capitolo 2: Tacchi, cuori e l’inizio dei guai. ***


nella sua pelle3 Capitolo 2: Tacchi, cuori e l’inizio dei guai.

Nami non aveva dovuto aspettare molto. Nemmeno cinque minuti che Zoro, cioè il suo corpo, le era apparso davanti agli occhi. E li aveva sbarrati quando aveva visto come si era conciato quel disgraziato.
Non che avesse qualche problema ad indossare jeans, ma quei pantaloncini erano troppo corti pure per lei, almeno la maglietta era una comunissima t-shirt bianca. Già s’immaginava i commenti degli abitanti di quell’isola.
C’è da precisare che normalmente se ne sarebbe infischiata, ci aveva pur fatto il callo nel corso degli anni, ma sapere che era Roronoa ad andare in giro col suo corpo non era di certo rassicurante, anzi, casomai tutto il contrario.
Spiattellandosi una mano sulla fronte pensò bene di fermare lo spadaccino che, in quinta, era partito verso il ponte. “E le scarpe?”
Roronoa produsse una risata altamente sarcastica prima di fulminare l’altra con lo sguardo. Cioè fulminò se stesso. “Non penserai davvero che io mi muova con quei trampoli.”
Il tono lugubre usato da Zoro avrebbe impietosito chiunque. Certo, sempre se la persona con cui stava parlando non fosse stata la navigatrice, che in barba a tutto lo afferrò per un polso trascinandolo in camera per poi indicargli le calzature.
“Non ci penso nemmeno.” Zoro provò di nuovo ad incrociare le braccia al petto trovando di nuovo l’impedimento che, solo dieci minuti prima, lo aveva costretto a portare le braccia lungo i fianchi. Cosa che per altro fece anche questa volta.
Ma Nami, che già si era immaginata una scenata simile, sorrise facendo sudare freddo a Zoro.
“Potrei sempre andare a fare qualche moina a Sanji-kun.” E mai frase fu più azzeccata. Non ci aveva impiegato molto Roronoa ad infilarsi quelle trappole ai piedi imprecando contro qualche dea, di cui è meglio non fare nome, tanto si sa qual è.
Con un ghigno di vittoria stampato sul volto, lo spadaccino, pardon, volevo dire Nami, nel corpo dello spadaccino, si apprestò a raggiungere la porta che li avrebbe condotti al ponte. Sbirciò velocemente appurando che tutti erano in cucina e si fiondò all’aria aperta intimando al compagno di muoversi.
Questo, sotto lo sguardo divertito di Nami, si apprestò bestemmiante a mettere un piede sul ponte rischiando di sfracellarsi al suolo a causa di quei piccoli tacchi che portava. Maledisse le navi, le scarpe, i tacchi, gli dei e pure le maledizioni stesse. Non era certo abituato a portare simili diavolerie lui, per tutti gli dei, era un uomo lui. O una donna?
“Non è difficile.” Nami di certo non badò alle maledizioni che Zoro le lanciava, anzi, cominciava a divertirsi a vederlo in difficoltà. Lei, al contrario di lui, si trovava a suo agio in quegli abiti, forse le spade erano un ingombro. Sentiva un peso alla parte destra del corpo, ma pochi minuti e sarebbe tornata nel suo di corpo, poteva sopportare. Poteva sopportare anche quella ridicola pancera verde.
S’incamminò a passo spedito verso la passerella che l’avrebbe portata a terra. Solo quando fu giunta a metà di essa si accorse di non sentire il ticchettio dei tacchi. Tornò velocemente indietro più che intenzionata a dine quattro al tonto di Roronoa, ma quando lo vide, attaccato come un polipo allo stipite della porta e con nessuna intenzione di staccarsi, provò pietà per lui. Anche se la sua vena sadica ululava di gioia.
“Va bene ho capito.” Alzando gli occhi al cielo gli porse la mano. “Attaccati a me, almeno così non cadi.”
Non se lo fece ripetere due volte Zoro. In men che non si dica si attaccò al braccio che la navigatrice gli porgeva, ignaro della strana sensazione che questa provò a quel contatto.
Titubante mosse i primi passi cercando in tutti i modi di rimanere in equilibrio. Impresa per nulla semplice, ma il sostegno di Nami, cioè del suo corpo, aiutarono l’impresa e dopo quasi venti minuti si ritrovarono a percorrere le vie della città cercando, l’uno di tenersi in piedi, l’altra di scorgere il vecchio. L’impresa fu fruttuosa per entrambi.
Trovarono il vecchio nello stesso punto del giorno prima e miracolosamente, Roronoa riuscì a non slogarsi una caviglia.
Si fissarono negli occhi per qualche minuto, poi il vecchio si decise a parlare. “Per tutti gli dei.” Sbottò alzando gli occhi al cielo cercando di trattenere le risate. Cosa impossibile dato che si mise a ridere come un pazzo attirando l’attenzione di tutti, anche di quelli all’interno delle case.
“FINISCILA DI RIDERE!” Solo su di una cosa, navigatore e spadaccino, si trovavano d’accordo. Non ne potevano più di quella situazione.
Quello cercò di trattenersi e ci riuscì per qualche secondo. Poi ristoppiò a ridere additandoli entrambi e tenendosi lo stomaco.
Si bloccò quando vide i due davanti a se lividi di rabbia.
“Perdonatemi.” Cercò di asciugarsi le lacrime con un fazzoletto. “Non credevo esistesse davvero qualcuno così stupido da beccarsi la maledizione.” E con questa infelice uscita rischiò davvero d’essere ucciso a colpi di lama. La ma che prontamente Nami levò dalle mani dello spadaccino.
“Ti ricordo che ci serve vivo.” Soffiò velenosa strappando dalle mani dell’altro la spada e riponendola nel suo fodero.
Zoro borbottò qualcosa stringendo i pugni, dato che non se ne parlava di incrociare le braccia al petto. Questione di qualche secondo e si riappiccicò alla navigatrice. Lui ed i tacchi non andavano per nulla d’accordo.
Alzò gli occhi al cielo Nami per poi puntarli sul vecchietto che ora li fissava affascinato.
“Come si fa a togliere sta roba?” Ma fu Zoro a parlare, producendo una vocina molto vicina all’isteria.
Ancora una volta la navigatrice preferì soprassedere, di certo non poteva prendere a pugni il proprio corpo anche se doveva dare ragione allo spadaccino. Anche lei era sulla soglia di una crisi di nervi. Fissò speranzosa il vecchietto.
“E che ne so io?” Proruppe quello stringendosi nelle spalle.
Fu Zoro questa volta a fermare Nami dal commettere un omicidio.
“Sentite.” Continuò poi cercando di calmarli. “La dea vuole solo la pace e l’armonia. Voi due invece avete passato tutto il tempo a litigare, ci credo che la maledizione vi abbia colpiti.” Si accorse, dallo sguardo di fuoco che i due gli lanciarono, che quella era l’ultima cosa che non avrebbe dovuto dire. “Ehm, facciamo così…” Sparì in una nuvola di fumo ricomparendo pochi secondi dopo, un libricino in una mano. “Un mio antenato diceva che per interrompere la maledizione.” E qui sfogliò velocemente le pagine fino a fermarsi su una. “Basta imparare ad andare d’accordo.” Lo disse come se fosse la cosa più semplice di questo mondo.
Di certo Nami e Zoro non la pensavano così.


“E ora?” Lo domandò più a se stesso che a Nami, Zoro.
“Non ne ho idea.” Nami guardò il compagno che con un ghigno si liberava dei graziosi sandali, graziosi solo per lei logico. “Dove vai?” Gli chiese poi vedendolo allontanarsi.
“A fare colazione, ho fame.” Rispose l’altro salendo gli scalini a piedi scalzi.
La porta della cucina si aprì all’improvviso rivelando una cascata di cuoricini rosa ed il biondo cuoco fece la sua comparsa, magicamente comparendo di fronte a Zoro, che ancora stava salendo gli scalini, esibendosi in un inchino galante.
“Mia dolce Nami-san!”
Nami, ancora all’inizio della scala, si schiaffò una mano sul volto.
Ora sì che iniziavano i guai.



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Capitolo 4
*** Capitolo 3: E la doccia? ***


e la doccia Piccolo capitolo, ma sempre meglio di niente direi XD




Capitolo 3: E la doccia?


Mai in tutta la sua vita Zoro aveva provato un simile disgusto, orrore, terrore, rivoltamento di stomaco e incriccamenti di budella ed altre varie cose.
Finché il biondo cuoco, tutto fumo e cuoricini rosa, si fosse limitato a frasi stucchevoli avrebbe anche potuto sopportarlo. Chiudeva il cervello e faceva finta che non esistesse, cosa che gli riusciva fin troppo bene. Ma che volesse fargli il baciamano, no, quello non lo avrebbe sopportato.
Però poteva asserire con assoluta certezza che il corpo della navigatrice era agile.
In un nano secondo si era ritrovato dietro a se stesso e mai come in quel momento avrebbe voluto affettare, in mille e più pezzi, quel cuoco da strapazzo.
“Stupido marimo!” Sbraitò irritato Sanji a quella scena. “Togli subito le tue zampacce dalla mia dolce Nami.”
“TUA UN CORNO!” Sbottarono in coro i due.
“Ma-ma…” Piagnucolò l’altro vedendo i due fin troppo affiatati e attaccati.
Ma era Zoro, nel corpo di Nami logico, ad essere attaccato al corpo dello spadaccino. Nami si limitava semplicemente a tenere le mani nelle tasche dei pantaloni e sembrava più divertita che altro. Soprattutto perché sentiva le mani di Zoro agguantate alla sua maglia in una presa ferrea.
Di certo quello che si trovava più a disagio era lo spadaccino. A volte la corte spietata del biondo era esasperante e vederlo alle prese, e soprattutto pretese, con Sanji era uno spasso.
“Che succede?” Chiese Rufy uscendo dalla cucina per controllare, aveva perso a morra cinese contro Usop.
“Niente!” Risposero in coro i due mentre Sanji lentamente scivolava verso la depressione.
“Allora venite a mangiare.” Ribatté angelico il moro.
“Ma anche no!” Sbottò Zoro, se avesse messo piede in cucina Sanji non lo avrebbe mollato nemmeno per un secondo. Conosceva a memoria le manfrine dell’altro e ne faceva volentieri a meno.
“Non dire cavolate.” Lo riprese Nami agguantandolo per un polso, visto che l’altro stava cercando di squagliarsela alla chetichella. “Tu vieni a mangiare.” Ordinò infine trascinandosi dietro uno spadaccino recalcitrante.
Nemmeno dirlo che Sanji a quella visione cadde del tutto nella depressione più nera.

Era sopravvissuto e questo era già un buon inizio.
Per sua fortuna il biondo cuoco era rimasto in una sorta di trance per tutta la durata della colazione, colazione che per di più era durata assai molto poco. Non era resistito più di dieci minuti in quella stanza. Cominciava ad avere il terrore che qualcuno di loro potesse capire. E la cosa non gli faceva per nulla piacere.
Imprecante entrò nel piccolo bagno con tutta l’intenzione di farsi una doccia rilassante.
Doccia rilassante un corno! Imprecando ancora una volta, contro una qual certa dea, si passò le mani tra i capelli per poi imprecare ancora.
Di certo non poteva farsi la doccia visto che quello non era il suo di corpo e nemmeno andare in bagno, se la sarebbe fatta addosso piuttosto.
Ah già, l’ho già detto che imprecò?
Provò il forte impulso di prendere e sfasciare qualcosa, ma si trattenne. In fin dei conti non aveva la sua forza e se n’era accorto quando Nami l’aveva praticamente trascinato in cucina.
Si guardò allo specchio analizzandosi con occhio critico.
Non poteva certo dire che l’immagine riflessa facesse schifo, ma la situazione si stava facendo alquanto pesante.
Non aveva più il suo corpo, non aveva più le sue amate spade e di certo non poteva pretendere di portarsele a presso, non finchè era la navigatrice. Almeno si fosse ritrovato nel corpo di uno dei ragazzi.
Ci pensò per un attimo immaginandosi nei panni di qualcun altro.
Scosse il capo rabbrividendo. Non si vedeva nel corpo di qualcun altro, figurarsi magari trovarsi nel corpo di quello scemo col sopracciglio a ricciolo.
“Ehi, sei caduto nel cesso?”
Non gli ci volle molto per identificare la voce. Era la sua. Demoralizzato al massimo aprì la porta chiusa a chiave permettendo così a Nami di entrare.
“Non te la sarai presa perché ti ho trascinato in cucina.” Chiese quella dopo essersi richiusa la porta alle spalle. “Non me ne fregherebbe un accidenti, se tu fossi nel tuo corpo, se mangi o no. Ma quello è il mio di corpo.” Spiegò però lo spadaccino non la stava ascoltando. Fissava la doccia con aria demoralizzata. “Che ti prende?”
Zoro rimase a fissare ancora la doccia sospirando pesantemente.
“Nami.” Parlò infine voltando il capo ed incrociando così gli occhi neri del suo corpo. “Se io sono nel tuo corpo e tu sei nel mio, mi spieghi come facciamo a lavarci?”
E a questo quesito Nami sbiancò.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4: Non esiste solo la vista...c’è anche il tatto ***


nella sua pelle 4 Lo so, lo so. Ritardo pazzesco, ma sinceramente ho poco tempo per scrivere ma spero di essere più regolare ora (:
In ogni caso questo capitolo è un po' un capitolo di passaggio. Bisogna pur far fare cose assurde ai personaggi XD



Capitolo 4: Non esiste solo la vista...c’è anche il tatto



Non era di certo quella che si poteva definire una santerellina Nami. Non era di certo vergine lei, e non solo di segno zodiacale. Ehi, aveva 18 anni compiuti da un pezzo ormai, era grande e vaccinata lei, e di certo non era stupida.
Eppure, quel quesito le era proprio sfuggito.
"Non la fai logico." Sbottò incazzosa pestando i piedi a terra.
"Allora puzzerò." Le diede corda Zoro.
Non perchè lei avesse realmente ragione, più che altro voleva vedere la reazione della navigatrice alle sue parole. Sorrise mentalmente, e quel sorriso, se Nami lo avesse potuto vedere, avrebbe giurato che avesse qualcosa di strano, come ricolmo di puro sadismo.
"Giusto." Annuì convinta Nami. "No, aspetta..." La vasta gamma di colori che riuscì a passare per il volto del corpo di Roronoa, in cui si trovava Nami, fu impressionante. "No-no. Tu vai a farti sta benedetta doccia." Tuonò infine e probabilmente la sentirono fino ad Alabasta.
"Ok." Si limitò a replicare lo spadaccino per poi cominciare a togliersi la maglia bianca.
Questa volta, il colore sul viso di Nami, cioè dello spadaccino, sì insomma, si accentuò. Da bianco-ho-visto-un-fantasma a bianco-oddio-mi-sento-morire. Non saprei però spiegarvi la reale differenza.
“Fermo.” Ululò bloccando le braccia del proprio corpo Nami.
L’alzata della maglietta si era miracolosamente bloccata ad altezza ombelico.
“Deciditi per favore…” La prese in giro Roronoa e vide il suo volto assumere una leggera sfumatura rossa ad altezza gote.
Stava arrossendo?
Mentalmente imprecò sonoramente ma mantenne una facciata composta. Non era lui che arrossiva veramente, era il suo corpo però quello.
Di certo Nami non era in grado di ragionare lucidamente, o forse non era in grado di trovare una via d’uscita a quel problema. Non quando significava dover far vedere il proprio corpo a Roronoa.
Però di certo non poteva far rimanere Roronoa zozzo e lurido, non quando era dentro al suo corpo per lo meno.
“Tu…” Cominciò con tono leggermente isterico. “Ti fai questa cavolo di doccia. Non andrai in giro col mio corpo puzzando come un caprone.” Ci pensò un attimo prima di continuare. “Terrai gli occhi chiusi e la luce spenta.”
Roronoa mollò la presa sulla maglietta bianca che indossava guardandola con occhi sbarrati.
“Ma sei scema? Così rischio di ammazzarmi.” Sbottò liberando i polsi dalla presa ferrea del suo corpo.
“Hai un idea migliore?” Borbottò quella incrociando le braccia al petto ed alzando un sopracciglio con fare scettico.
Sbuffante ed imprecante Zoro si ritrovò a darle ragione.
Non aveva un’idea migliore, ma doveva pur vedere dove metteva i piedi.
“Non saresti la prima donna che vedo nuda.” Biascicò leggermente impacciato e le diede le spalle risentito.
Quel corpo non sapeva proprio comandarlo e la cosa lo metteva a disagio.
“Non mi interessa un accidenti.” Sibilò furiosa Nami restringendo gli occhi. “TU non mi vedrai NUDA.” Scandì bene quelle parole tentando in tutti i modi di far capire a Roronoa il concetto che a lei era tanto chiaro: non l’avrebbe mai vista nuda.
“Anche tu allora ti farai la doccia al buio?” La stuzzicò l’altro tornando a fronteggiarla. Le mani riposte sui fianchi.
Fu come un fulmine a ciel sereno quella frase.
“Merda.” Sbottò rabbiosa Nami passandosi le mani tra i capelli corti.
Il quesito le era proprio passato di mente e la soluzione che prima aveva trovato geniale, in quel momento le parve stupida ed inutile. Anche se al buio, gli altri sensi rimanevano attivi, soprattutto il tatto.
Si fissarono per qualche secondo negli occhi, poi Nami sospirò pesantemente.
“Tentiamo di non…” Indugiò un po’ sulla parola. “…toccare troppo allora.”
“E che vuoi che tocchi.” Borbottò ironico Roronoa. Aveva capito che in quella situazione Nami non si sarebbe mai azzardata ad alzare le mani sul suo corpo. “Mocciosa…”
Ancora una volta Nami riuscì a trattenersi dal gettare quell’idiota di Roronoa in pasto ai pesci.
Quel cretino aveva capito e lei ora poteva fare gran poco, ma qualcosa avrebbe trovato per fargliela pagare prima o poi.
Gli diede le spalle ma prima di richiudersi la porta alle spalle tornò a guardarlo.
“Vedi di non fare cose di cui potresti pentirti in futuro.” Sibilò fredda per poi chiudersi la porta alle spalle lasciando finalmente Zoro al suo bagno.
“Merda!” Sbottò lo spadaccino cacciandosi le mani tra i capelli.
Lentamente si liberò di maglia e pantaloncini rimanendo semplicemente con l’intimo con cui si era svegliato quella mattina. Altro che mocciosa si ritrovò a pensare sentendo le guance infiammarsi.
Chiuse gli occhi e si liberò delle ultime cose per poi dirigersi il più velocemente possibile sotto il getto di acqua gelida.
Altro che doccia rilassante.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5: patti ***


Capitolo 5 patti Capitolo corto, ma qua ci vogliono dei patti XD
Ora, credo che la ff scorrerà un po’ più veloce, o almeno spero di aggiornare più regolarmente XD
Ringrazio chi legge, recensisce e fioppa questa ff nelle preferite, seguite, da ricordare.

White_Oleander




Capitolo 5: patti

Guardaroba: stanza o grande armadio dove si conservano i vestiti e la biancheria, oppure, luogo in cui nei locali pubblici si depositano, entrando, il soprabito, il cappello e simili, o ancora, l’insieme degli abiti e degli accessori posseduti da una persona.
Di certo quello di Roronoa non era un armadio.
A Nami venne da piangere ripensando ai suoi cari e dolci vestiti.

“Roronoa!” Tuonò leggiadra la voce bassa e roca di Zoro.
Zoro, nel corpo della navigatrice si schiaffò un mano sulla fronte.
“MA SEI SCEMA?” Urlò di rimando quello andando a chiudere la porta della stanza delle ragazze dopo aver guardato freneticamente lungo il corridoio che nessuno fosse nei paraggi. Fortuna volle che tutti fossero altrove e sembrava che nessuno si fosse accorto di loro. “Bhè? Che hai da urlare ora?” Sbottò infine nervoso.
“Il tuo guardaroba fa schifo.” Soffiò l’altra tranquilla riservandogli però un’occhiataccia.
“Il mio guardaroba? E il tuo? Non ho mai visto così tanti vestiti in un colpo solo, lo credo che poi siamo sempre a corto di soldi.” Fu un miracolo a salvare Roronoa dallo spiaccica mento al suolo, o per meglio dire fu il fattore scambio di corpi a salvarlo da morte certa.
“Io almeno ho dei ricambi. TU hai solo maglie e pantaloni simili.” Sottolineò quel tu Nami indicando i vestiti incriminati con la mano. “Ti sembra possibile?”
Lo spadaccino si strinse nelle spalle. “Sono comodi.” Mormorò imbarazzato maledicendosi mentalmente. Davvero, in quel corpo non riusciva nemmeno a dominare le proprie emozioni. “Tu invece…” lasciò in sospeso la frase ma lanciò un’occhiata all’armadio enorme alle sue spalle.
“Che hai contro i miei vestiti?” Sbottò facendo sospirare pesantemente l’altro.
“Niente.” Rimbrottò infine scuotendo pesantemente il capo, anche se l’idea di prendere a testate qualcosa sembrava molto più allettante.
Ne seguì un silenzio simile al silenzio del far west. Ad entrambi un pensiero solcò la mente nello stesso momento, ma Zoro si ritrovò suo malgrado ad esprimersi ad alta voce.
“Nami, ma tra quanto dovremo lasciare l’isola?”
Domanda da migliaia di berry si ritrovò a pensare la navigatrice.
“Più che altro mi chiedo come farai a dare ordini, se non hai il minimo senso dell’orientamento.” Puntò sul sarcasmo, anche se la voglia di urlare e piangere era forte. “Domani mattina dobbiamo finire di fare i rifornimenti, poi nel primo pomeriggio si salpa.” Spiegò con calma pensando al contempo ad una soluzione. Di certo non potevano scambiarsi i ruoli, sarebbe suonato troppo strano. E loro di certo non volevano che gli altri della ciurma sapessero cosa stesse succedendo.
Insomma, era già abbastanza imbarazzante così.
Fu Roronoa però a trovare la soluzione. “Mi sa che dovrai darmi indicazioni.” La rossa annuì velocemente. “E tu dovrai prendere almeno un paio di lezioni di scherma.”
Quella le piaceva un po’ meno come cosa. A cosa le serviva?
“Non provare nemmeno a dire a.” Sbottò lo spadaccino posizionando le mani sui fianchi.
“Devo proprio?” Si lamentò l’altra, ma la domanda rimase senza risposta. O almeno bastò lo sguardo di Roronoa a risponderle.
Se volevano sopravvivere dovevano cooperare.
E già Nami sudava freddo al pensiero delle conseguenze di quel patto silenzioso.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6:e ora quanto resisti? ***


Sono da fustigare a vita!

Chiedo venia e perdono, ma (e questo è un segreto di stato) ho un bel po’ di casini da mandare avanti e mi stavo totalmente dimenticando di questa cosa…me si inginocchia davanti a voi tutti.

Ok, capitolo che fa pena, ma diciamo che ci vuole….

 

 

 

 

Capitolo 6:e ora quanto resisti?

 

Nami-chan hai bisogno di aiuto?” se non fosse stata per la situazione assai assurda, Nami si sarebbe anche divertita a vedere Roronoa alle prese con il biondo.

Ma la situazione era quello che era.

“Va al diavolo!” si spiaccicò per l’ennesima volta la mano sul volto nel sentire la sequela di bestemmie che lo spadaccino lanciava contro il cuoco.

Almeno avevano ripreso il mare. Quell’isola le dava il voltastomaco, ma soprattutto, erano i sorrisi idioti che le bruciavano. Tutti gli abitanti dell’isola sembravano essersi accorti del disastro avvenuto e ridevano come idioti ogni volta che li vedevano.

Alcuni, soprattutto giovani, arrivavano fino al porto per poter fissare loro, i due poveri idioti che si erano beccati la maledizione.

M-ma Nami-chan. Mia adorata…” aprendo le dita della mano guardò il grazioso siparietto che le si parava davanti al naso.

Sanji non si era accorto di nulla, ma anzi, continuava la sua corte spietata.

Sbuffando lievemente si chiese quanto tempo Zoro avrebbe impiegato a prenderlo a calci. Ma lo spadaccino era diverso da lei, lei lo avrebbe già steso al suolo a suon di pugni, o magari adulato riuscendo così a toglierselo dalle scatole.

Ma Zoro…

“Devi imparare ad adularlo” lo rimproverò non appena lo spadaccino la raggiunse.

“Fallo tu” le ringhiò contro l’altro andando a nascondersi dietro il suo corpo, aehm, scusate mi sono sbagliata, il corpo dello spadaccino. “Giuro che non appena torno ad essere me stesso lo affetto!” brontolò spiando il ponte sotto di loro.

La navigatrice sbuffò ancora.

“Guarda che per la prossima isola ci vorranno almeno due settimane di navigazione”  lo avvisò poi. Voltando di poco il capo guardò se stessa posarsi al suo fianco. Accidentaccio se era bassa.

“E col tempo?” Zoro si sedette a terra scivolando lentamente esausto.

“Per ora tutto tranquillo” rispose stringendosi nelle spalle.

Quella almeno era una cosa positiva. E con la scusa che Roronoa era sempre sul ponte poteva controllare la rotta ed i cambiamenti climatici.

Guardando la figura, che era Zoro nel corpo della navigatrice, seduta a terra, Nami si accorse che probabilmente quello a cui stava avendo più problemi era proprio lo spadaccino. Non se ne era mai accorta prima, forse era diventata immune alla corte di Sanji o forse era così abituata a stendere a suon di pugni il biondo, ma la corte del cuoco era davvero pesante.

Certo che quel babbeo poteva pure difendersi. E pensare che erano più le volte che menava le mani contro il cuoco che le volte che parlava.

“Perché non ti difendi?” chiese abbassandosi ai livelli di Zoro e guardandolo in faccia.

Zoro di tutta risposta scosse le spalle.

“Il tuo corpo è debole.” Mormorò poi atono facendo saltare una vena sulla fronte di Nami.

Maledetta Dea e maledetto il giorno che aveva conosciuto Rufy.

“Vedi di criticare di meno” sbottò risentita stringendo le mani sui pantaloni.

Picchiare lo spadaccino era il suo desiderio più grande al momento, probabilmente anche più grande del voler tornare nel suo corpo. Ma forse, no!

“E che intendi fare, scappare ogni volta che Sanji ti vede?” lo stuzzicò puntandogli un dito su di un braccio e continuando a premere divertita dalla situazione.

“Tu suggerisci qualcosa di diverso?” sbottò l’altro risentito.

Cercò di spintonare il proprio corpo, tanto, lui non era di certo fatto di carta velina, ma niente. Era fermo immobile nella stessa posizione di prima e sul suo volto vedeva spuntare un sorriso vittorioso.

Inalberato come una iena si alzò per poi andarsene come era arrivato. In silenzio per non farsi beccare dal cuoco.

Nami lo guardò andarsene e sospirò ancora.

Se fosse stata ancora nei suoi panni avrebbe messo su una scommessa: quanto ancora lo spadaccino avrebbe resistito prima di avere una crisi di nervi?

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