High School Never Ends

di esmeralda92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** You don't own me! ***
Capitolo 2: *** I'll hurt you! ***
Capitolo 3: *** You spine me around ***
Capitolo 4: *** Lay all your love on me ***
Capitolo 5: *** Never felt this way ***
Capitolo 6: *** Lies ***
Capitolo 7: *** Falling ***
Capitolo 8: *** Sweet Sacrifice ***
Capitolo 9: *** It's the final countdown ***
Capitolo 10: *** So Scandaluous! ***
Capitolo 11: *** I'm a loser. ***
Capitolo 12: *** With or without you ***
Capitolo 13: *** Left outside alone ***
Capitolo 14: *** Halo ***
Capitolo 15: *** Give it to me. ***
Capitolo 16: *** Missing ***
Capitolo 17: *** I'll be there for you!! ***
Capitolo 18: *** Hello, is it me you're looking for? ***
Capitolo 19: *** Girls just wanna have fun! ***
Capitolo 20: *** The winner takes it all ***
Capitolo 21: *** Help ***
Capitolo 22: *** Haunted ***
Capitolo 23: *** You Found Me ***
Capitolo 24: *** I Love You ***
Capitolo 25: *** Togheter ***
Capitolo 26: *** I Will Always Love You ***



Capitolo 1
*** You don't own me! ***


High School Never Ends

Un filo di luce penetrò attraverso le persiane della stanza di Arthur. Illuminò lievemente, quasi come fosse una carezza, quel viso angelico. I capelli dorati rifulgevano della luce del Sole, che formava un’aureola intorno a lui. Stancamente Arthur aprì gli occhi che subito disegnarono un filo d’oro intorno alle iridi color zaffiro. Spense la sveglia che non era ancora suonata e stiracchiandosi, si alzò dal letto. Si diresse in bagno: stranamente era libero; suo padre non si era ancora svegliato. Entrò, si fece una doccia veloce, si profumò, si vestì con la maglietta che gli aveva regalato Morgana, la sua ragazza, un paio di jeans con cintura comprata rigorosamente da jaggy, giubbotto di pelle, scarpe di Prada, insomma, si vestì come sempre. Prese la cartella e dopo aver fatto una veloce colazione, uscì da casa e andò a scuola. Sua sorella quel giorno aveva una visita medica e non sarebbe venuta a scuola. Maledetta Ginevra! Menomale che Morgana c’era. Aveva bisogno di stare un po’ da solo con lei. Essere il ragazzo più desiderato da tutte le ragazze e il più invidiato da tutti i ragazzi per stare con la ragazza più bella della scuola, non era il massimo: lì non trascorrevano tanto tempo insieme, e al pomeriggio invece dovevano entrambi prendersi cura di se stessi e studiare. Ultimamente poi, non era proprio possibile! I professori li caricavano di compiti e verifiche, e più volte Arthur aveva trascurato se stesso per studiare due o tre materie fino all’una. Non vedeva l’ora che finisse la scuola per rimanere solo con la sua ragazza e fare magari una vacanza studio con lei. Si mise a correre per arrivare a scuola in tempo per vedere Morgana. Come tutte le mattine era lì, ad aspettarlo. Stava benissimo.
“Ciao amore!” esclamò Morgana nel vederlo.

“Ciao” disse baciandola.
"Ieri sera non mi hai chiamato!” lui chinò la testa, rendendo irresistibile la sua espressione.

“Lo so, ma ho finito di studiare all’una.” Lei gli depositò un tenero baciò sulle labbra. Istintivamente lui la attrasse a sé e la baciò. In quel momento l’atmosfera magica che si era creata intorno a loro si frantumò con il suono della campanella. Lui la tenne stretta a sé cingendole i fianchi con il braccio sinistro. 
"Dov’è Gwen?”
“Ha una visita medica: entra tra due ore.”
"Beata lei!”
“Vorresti per caso dirmi che preferiresti dormire due ore in più ed entrare con mia sorella che stare vicino a me di banco soli per due ore?”

“Certo che no! Non ho mica detto questo, però sono convinta che concedersi due ore in più di sonno non farebbe male a nessuno.”

“Hai ragione, quasi dormo.” Disse entrando in classe. In classe c’era quasi nessuno. :Lancillotto, Pellinor, Merlin, suo malgrado, Eilan, una ragazza del gruppo di Morgana, Laura, e altre tre ragazze.

“E gli altri dove sono?”

“Non lo so.”

“E chi passa oggi di greco?”

“Morgana ed io.” Affermò Lancillotto. “Ginevra?”

“Il tuo amore è andato a fare una visita medica… non credo che entrerà prima delle dieci.”

“Ah, ok.”

“La prof di storia ci farà il cazziatone… siamo pochissimi.”

“Almeno non interrogherà quattro persone.” Affermò Eilan.

“Non ne sarei tanto convinta. Sarebbe capace di tenerti anche tutto l’intervallo e rubare dieci minuti dell’ora successiva, pur di interrogare.”

“Stronza.”

“Già.” Si sistemarono ai propri banchi, e dopo pochi istanti arrivò la professoressa di latino e greco.
“Come mai tutti questi assenti?”
“Ginevra ha una visita medica e non entrerà prima delle dieci.” Annunciò Morgana.

“E gli altri?” nessuno rispose. In quella classe erano pochi, questo si sapeva, ma quelli che ora la professoressa aveva davanti erano solo dieci alunni su quindici.

“Bene, allora… chi vuole farsi interrogare?” Morgana e Lancillotto si alzarono. La versione sulla quale erano interrogati era facile, tant’è che entrambi presero otto, il voto più alto nelle interrogazioni.

L’ora successiva ebbero storia. Come aveva previsto Arthur, la professoressa fece loro il cazziatone. Più di una volta Arthur aveva lanciato occhiate in giro guardando i banchi vuoti, e a un certo punto il suo sguardo si soffermò su Merlin. Era da solo nel banco perché il numero della classe era dispari e nessuno voleva stare con lui in banco. Era sicuramente taciturno e introverso, non doveva avere tanti amici a scuola perché era sempre indicato come “lo sfigato”. In effetti, lo era: aveva un aspetto trasandato, come se non gli importasse tanto del suo aspetto e dell’apparenza. Si vestiva normalmente, senza alcun particolare che lo potesse distinguere. Era un elemento inutile per la classe. No, non del tutto inutile… era sempre utile per studiare. E lui, ben presto, avrebbe usato Merlin per l’esame della maturità. Distolse lo sguardo appena in tempo. Merlin si girò un secondo dopo verso di lui. Che noia però stare ad ascoltare i vari scazzamenti della professoressa. Nonostante tutto, quella strega interrogò, sapendo di poter contare sull’ora successiva, anche se di mezzo c’era l’intervallo. Arthur fu interrogato con Merlin, e si meravigliò della sua bravura a scuola. Non aveva mai ascoltato un'interrogazione alla quale avesse partecipato anche Merlin, ma questa volta era obbligato. Merlin sembrava essere un pozzo di conoscenza, e in un certo senso si sentì inferiore. Per una volta era stato sconfitto, anche se non voleva ammetterlo. Il suo orgoglio era troppo, a volte si meravigliava lui stesso di quanto ne avesse, ma questa volta non c’era scusante. Lui era stato sconfitto e avrebbe dovuto ammetterlo. Lo stava ammettendo. Aveva sottovalutato Merlin e le sue capacità oratorie durante le interrogazioni, e mentre la campanella suonava e la professoressa di storia li lasciava andare con un otto a tutti e due, capì che era davvero il caso di studiare con Merlin. In quel momento arrivò Ginevra.

“Allora, signorina… sa che non si taglia alle interrogazioni?”

“Arthur non gliel’ha detto? Sono andata a una visita medica.”

“Ah, sì, scusami. Hai la giustificazione?”

“Sì, certo.” E gliela porse prontamente. La professoressa firmò il libretto, segnò sul registro, Ginevra andò a posto e si gettò quasi tra le braccia di Lancillotto. Arthur, Lancillotto e Pellinor si dileguarono nei corridoi per salutare le ragazze del liceo. Per un attimo pensò a come dovesse trascorrere gli intervalli Merlin. Da solo in classe, magari ascoltando la musica del proprio i-pod, sempre che ce l’avesse. Gli intervalli, secondo Arthur, non duravano mai abbastanza. Tornò in classe proprio mentre la professoressa di Inglese, a nome di tutti i professori, stava facendo i cambi di posto.

“Bene, Arthur Pendragon, le dispiacerebbe andare in seconda fila con Merlin?” i due ragazzi si guardarono. Non dissero niente, ma dai loro sguardi si poteva benissimo capire che la battaglia era aperta e che non sarebbe stata una felice convivenza. Si sedettero ai propri posti, e con disappunto, il biondo notò che Morgana e Ginevra erano capitate in prima fila davanti a lui, Lancillotto e Pellinor dietro. Will invece, dato che i professori non volevano che ci fosse un alunno da solo, attaccò il proprio banco a quello di Merlin. Fortuna che lui era attaccato al muro, così avrebbe potuto parlare con i suoi amici senza sentirsi in colpa di escludere Merlin. Escludere Merlin?! Non sentirsi in colpa?! Oddio, ma che gli stava accadendo? Stava dando i numeri? Di Merlin, in cinque anni di liceo, non gliene era mai importato niente, com’era che da un giorno all’altro pensava a lui? Al massimo poteva sentirlo o parlarci per lo studio, ma da lì a preoccuparsi per lui, ce ne voleva parecchio. Inoltre i suoi amici non gliel’avrebbero mai perdonato.
Will e Merlin iniziarono subito a parlare, mentre lui cercava di prendere contatto Morgana, che, essendo in prima fila, non poteva più girarsi tanto. L’ora di Inglese passò e tutti e dieci fecero finta di stare attenti. In realtà pensavano agli spostamenti appena avvenuti e molti commiseravano Arthur per il posto che gli era capitato. Quando finalmente Morgana decise di girarsi, Arthur le confermò la giornata libera. La ragazza sorrise. Finalmente poteva trascorrere un pomeriggio con il suo principe. Sì, il suo principe: era così che lo chiamava, come lui la chiamava… com’è che la chiamava? Morgana gli sorrise comunque, mettendo in bella mostra i suoi denti perfetti e bianchi. Si rigirò e riprese a parlare con Ginevra.

Dopo l’ora di Inglese arrivò Chimica. Al termine di quell’ora ci sarebbe stata educazione fisica. Pellinor e un altro loro compagno furono interrogati. Non potevano credere di essere così pieni d'interrogazioni ogni giorno. Mentre la professoressa parlava e interrogava, il biondo si mise a disegnare. Usò le matite e i tratto pen colorati. Quando c’erano delle interrogazioni o si annoiava, disegnare lo rilassava e divertiva allo stesso tempo. Quand’ebbe finito Merlin notò il disegno.

“Bello.”

“Non avevo dubbi.” Gli rispose secco Arthur, dimostrando di non voler intraprendere alcun dialogo.

Merlin lo guardò un po’ sorpreso, ma poi tornò a parlare con Will. Certo che lui era proprio stronzo. Come facevano gli altri a sopportarlo? Era odioso! Fare il falso no, ma almeno sopportarlo! O fingere. Poi si ricordò che il suo vicino di banco non era un ragazzo qualsiasi, ma era il più bello di tutta la scuola, il vip della situazione, abituato a non essere contraddetto e avere tutti ai propri piedi. Così almeno era stato fino a quel giorno. Lui avrebbe dimostrato di essere forte quanto lui. Si guardò. Il suo corpicino era troppo esile per competere con quello atletico di Arthur. Se non poteva però competere fisicamente, lo avrebbe fatto caratterialmente. Ad Arthur sicuramente non sarebbe sfuggito. Avrebbe avuto la rivincita nelle due ore seguenti.

Come si permetteva quel moscerino che non era altro di ficcare il naso dove non doveva, mettere anche solo per una frazione di secondo in dubbio il fatto che qualcosa gli fosse riuscito? E voler intraprendere un dialogo… che era preso a tutti quanti? Non erano più loro stessi! E poi Merlin… perché aveva come l’impressione che volesse iniziare a sopportarlo, o instaurare un rapporto? Con lui poi, il ragazzo più figo del liceo, riconosciuto tale dalla quarta ginnasio fino alla terza liceo? Avrebbe avuto la rivincita nelle due ore seguenti. Suonò la campanella. Intervallo. Arthur si girò verso Lancillotto e Pellinor, e decise di andare prima in palestra. Si avviarono subito e si cambiarono. Gli altri arrivarono alla fine dell’intervallo. Loro tre si appoggiarono al muro del bagno e aspettarono che gli altri uscissero e poi giunsero mentre arrivavano anche Morgana e Ginevra. Arthur guardò il resto della classe e ancora una volta il suo sguardo si posò su Merlin: era troppo esile per pesare qualcosa. Ebbe come l’impressione di avere un fantasma in classe, invece di un ragazzo. La sua fragile ossatura era evidenziata da una magrezza davvero insolita e una carnagione lattea, quasi nivea. In netto contrasto c’erano i capelli corti e corvini e due oceani al posto degli occhi e… ma che cosa gli stava accadendo? Perché guardava Merlin e pensava a queste cose? Non era mai significato niente per lui… e poi aveva la sua ragazza che amava e dalla quale era amato. A un certo punto della lezione, Arthur vide Will da solo, e sapeva che Merlin sarebbe arrivato se avesse visto l’amico in difficoltà. Allora avrebbe avuto la rivincita. In quel preciso istante il professore decretò che in quella giornata si sarebbero dedicati all’uso delle armi antiche, tra cui la spada.

“Ehi Will! Mi serve un avversario: ti andrebbe di combattere contro di me?” il ragazzo, ingenuo, annuì. Ancora non sapeva a cosa andava incontro. Il professore diede un arma di legno a ciascuno e, dopo aver fatto formare le altre coppie, diede le istruzioni e l’avvio agli scontri.

Arthur iniziò a far roteare la spada in mano almeno due volte e fece altrettante finte, prima di iniziare a colpire davvero il ferro di Will. Quello, molto più inesperto di lui, indietreggiò a ogni colpo.

“Dai Will! Puoi fare di meglio, lo so.”

“Ma io…” cercò di ribattere, ma Arthur non gli diede il tempo di rispondere che lo aveva immobilizzato contro una parete e che stava facendo in modo di farlo cadere.  La spada del biondo continuava a scagliarsi contro quella di Will, che ormai spaventato, era finito a terra e cercava di difendersi parando i colpi con la sua spada. A un certo punto s’intromise una terza spada tra lui e Will e Arthur sorrise. Si alzò e lasciò che Will si tirasse in piedi.
“Basta.”
“Cosa?” disse guardandolo interrogativamente.

“Non credi che sia abbastanza, amico?” lui lo guardò e Merlin indietreggiò di qualche metro. Arthur s’avvicinò.

“Come? Mi hai chiamato amico?” con lo sguardo per fargli capire di aver detto qualcosa di sbagliato.

“Credo di aver commesso un errore.” Lui sorrise e gli disse con il sorriso sulle labbra.

“Lo credo anch’io.” Merlin fece per andarsene.

“Aspetta, Merlin. Credi di essere più bravo di lui?” lui si voltò.

“Non ho detto questo.”

“Dimostrami cosa sai fare.”

“No.”
"Perché no?”
“Perché io non sono il tuo servo che obbedisce ai tuoi ordini; se vuoi qualcuno che ti obbedisca, guardati intorno: ci sono tanti ragazzi che farebbero di tutto per avere un millesimo delle attenzioni che tu in questo momento rivolgi a me; vogliamo parlare delle ragazze? Perché tormentarmi? Hai tutta la scuola ai tuoi piedi: bada alla gente che conta, non a uno sfigato come me.” Arthur per un po’ non rispose.

“Beh… ho tutta la scuola ai miei piedi, tranne te.”
“Fattela bastare.”
“Come preferisci, ma sappi che non finisce qui, e non oggi.”
“Mi tremano le gambe.”
“Fai bene: la tua ora è vicina.”

“Cazzo che paura, Arthur! Non so se riuscirò a dormire stanotte.” La classe scoppiò a ridere.

“Ragazzi, adesso basta.” Intervenne il professore. Li separò e fece continuare gli esercizi.

Merlin aveva ragione. Perché continuava a ostinarsi con lui, quando in cinque anni di scuola nei suoi confronti aveva solo provato dell’indifferenza. Era una strana sensazione quella che provava nei suoi confronti. Non sapeva ancora come spiegarla, ma… non era amicizia, non era indifferenza, cosa mai poteva essere?

Ti detesto, ti detesto, ti detesto. Perché se l’era presa tanto con Will, se poi quello con cui ce l’aveva davvero era lui? Non aveva senso. Beh… non che le cose che facesse Arthur avessero tutto quel senso!

 Il resto della lezione passò tranquillamente e Arthur, uscito dall’edificio, trascorse l’intero pomeriggio con Morgana. Era da tanto che non passavano del tempo insieme, ed entrambi non ne vedevano l’ora.

“Ti amo, Morgana.” E le diede il baciò più rovente che esista.

“Da quanto tempo è che non me lo dici?”

“Troppo.”
“Sì. Mi mancano questi pomeriggi.”
“Presto potremo passare molti pomeriggi così, se tu ancora lo vorrai.” Lei lo guardò interrogativamente. “All’università, intendo, oltre che quest’estate.” Lei sorrise.
“Sicuro.” E lo baciò.

I giorni passavano e gli esami della maturità si avvicinavano sempre di più. Arthur aveva paura per Filosofia. Gli venne in mente Merlin. Durante un intervallo, mentre Lancillotto e Pellinor erano in giro, lui gli s’avvicinò.

“Merlin.”

“Sì, che vuoi?”

“Mi potresti dare una mano per studiare Filosofia?”

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Capitolo 2
*** I'll hurt you! ***


ma anche no!

“Ma anche no!!!”
“Come scusa???!!! Perché non mi vuoi aiutare???!!!”
“Perché la mia filosofia di vita non prevede di aiutare gli idioti….come te!!!!”
Arthur diventò paonazzo,come poteva quel pusillanime insultarlo in quel modo? Chi si credeva di essere?! Era e rimaneva lo sfigato della scuola, mentre lui era il ragazzo più desiderato della scuola, quello in cui tutti riponevano le sue speranze (anche se lui non sapeva che lo facevano per acquistare la sua fiducia.).
“Non puoi rivolgerti a me così.”
“Oh scusa… la mia filosofia non prevede di aiutare i signori idioti come te!” Will, che era entrato in quel momento, scoppiò a ridere. Arthur si voltò di scatto verso quella risata che aveva oltraggiato la sua persona.
“Che ci trovi di tanto divertente, botolo ringhioso?!” Will lo guardò in cagnesco (notare il gioco di parole!!)( scusate la mia demenza!) e rispose:
“Niente se si apprezza il fatto che un chihuaua da salotto come te non riesce, per natura ovviamente, a raggiungere neanche lo stadio di australopiteco!” a questo punto fu Merlin a scoppiare a ridere. Arthur a quel punto, sentendosi ferito nel profondo, uscì dall’aula.
“Me la pagherete cara.” Disse molto convinto (almeno credeva di esserlo in quel momento). Appena aprì la porta dell’aula suonò la campanella e un’orda di studenti annoiati (tra i quali anche Morgana) si riversò nella stanza travolgendo il povero Arthur. Quel giorno la fortuna non era proprio dalla sua parte (poverino sighsob : ( …). Per ultimo entrò il professore di italiano che vedendo lo sventurato principe per terra disse:
“Non crede di essere un po’ cresciuto per camminare a gattoni?”
“Non è colpa mia!!! Sono stati loro”disse indicando l’idiota coraggioso ed il botolo ringhioso. (Stile bambino frignone che batte i pugni per terra… la mia demenza aumenta a ogni minuto che passa!) i due ragazzi chiamati in causa mostrarono il sorriso più innocente del repertorio e convinsero il professore ad accusare il principino dell’accaduto. Arthur, infuriato come non mai, tornò al posto. Il suo istinto omicida nei confronti dei suoi due compagni di banco ora non aveva limiti ed era convinto che se gliene avessero combinata un’altra delle loro, non si sarebbe ritenuto responsabile delle proprie azioni! Il professore iniziò a spiegare e Arthur, fingendo di prendere appunti, escogitò una maniera per vendicarsi: chiese a Morgana e Gwen di fare gli occhi dolci ai suoi compagni di banco.
“Cosa?!” gli rispose sottovoce Morgana.
“Fidati: ho i miei piani.” Lei lanciò un’occhiata perplessa a Gwen che ricambiò, ma alla fine cedette alla proposta di Arthur.
“Merlin, lascia perdere quell’idiota del mio ragazzo, non è mai stato molto sveglio… non possiede neanche tutta questa bellezza che le altre dicono… è troppo banale; le altre sono proprio delle oche giulive, che seguono la massa e non si rendono conto dei ragazzi che sono molto più belli e intelligenti di altri.” Disse accennando col capo ad Arthur, ormai incazzato nero con il mondo! No la fortuna era decisamente contraria a lui! “Invece tu sei così… dolce, sensibile, carino….e poi hai quegli occhioni blu che sono così intensi e profondi…potrei perdermi nell’immensità del mare che racchiudono…” ( cari lettori dovete sapere che Morgana è un ‘ottima attrice). Merlin la guardò stranito e le rispose con voltandosi verso Arthur, che per la disperazione e la rabbia stava incidendo cerchi nel banco con la matita:
“Scusa Morgana ma cosa hai bevuto questa mattina? Sicura di stare bene? E poi non prendertela…ma, ho altre preferenze…” Morgana lo guardò con aria interrogativa (poverina non poteva ancora capire quel che sarebbe stato), e lanciò un’ occhiata a Gwen, che anche lei era tutta intenta a fare gli occhi dolci a Will. Morgana riprese con più successo a flirtare con Merlin.
“Merlin, davvero, so che magari t’imbarazza un po’ questa situazione, avendo vicino Arthur, ma se preferisci possiamo anche parlarne da soli durante il prossimo intervallo, sai io non vorrei che tu credessi che io sia una traditrice nei confronti di quello che fino a pochi minuti fa era il mio ragazzo ma devo affrontare la realtà, e la realtà è…. Che io….”
“Allora signorini Merlin e Will, si può sapere che cosa ci sia di così importante da distrarvi dalla mia spiegazione?” Arthur si risvegliò dal coma sfoggiando un ghigno di trionfo… si sentiva finalmente realizzato e il mondo aveva ripreso a girare dal verso giusto.
“Ehm, ecco, vede professore..”
“Non voglio sentire altro.. non c’è altro rimedio se non quello di invitarvi molto caldamente a tener compagnia al signorino Pendragon nelle prossime due ore in detenzione nell’ufficio del preside.”
“Ma professore, vede, loro non c’entrano niente, siamo state noi a parlare.. non devono essere puniti per una nostra mancanza.” Dissero in coro facendo il viso più angelico e il sorriso più innocente al professore.
“Non dovete temere, non dovete tentare di coprire i vostri compagni, sono loro ad avere sbagliato; il vostro moto di altruismo verso di loro verrà tenuto in gran conto in consiglio di classe.”
I colpevoli si scambiarono un occhiata d’intesa mista ad una buona dose di delusione: avevano finalmente capito il piano per vendicarsi del piccolo principe che non era riuscito a difendersi da solo, non c’era più niente da fare se non dichiarare guerra aperta!
Campanella = Intervallo. Intervallo = piano per prendere in giro Merlin fino alla fine degli esami. Arthur finalmente s’alzò e si catapultò nei corridoi, dove lo aspettavano i suoi fidati compari.
"Tu, prendi carta e penna” disse a Gwen. “Tu, allontana le orecchie indiscrete.” Disse invece rivolto a Lancillotto. “Tu chiudi la porta.” Disse a Pellinor. “E tu Morgana prendi il ventaglio e fammi aria… lo sai che così mi concentro di più!”  lei puntò le mani sui fianchi. Nessuno poteva darle ordini, neanche Arthur.
“Scordatelo! Prima mi fai fare la civetta con Merlin solo per un tuo tornaconto! Poi mi ordini anche di farti aria, come fossi la tua serva! Ma che ti frulla in quella testa vuota!” allora lui tirò fuori la sua arma segreta: gli occhioni da cucciolo spaurito che avevano sempre il potere di piegare Morgana al suo volere. E così fu.
“A cosa dobbiamo questa riunione in via del tutto speciale?” chiese Pellinor incuriosito.
“Ditemi, come siete messi con lo studio quest’anno?”
“Io sono sotto di greco.”
“No, no, io di greco vado bene, io sono messo male di Chimica.”
“Io invece ho problemi con Matematica.”
“Sì, è vero! Per non parlare di Italiano!”
“Io invece ho Filosofia.” Concluse Arthur.
“E a che cosa ti serve sapere le nostre materie?”
“Diciamo che ho in mente un piano per farvi passare tutti senza debiti e farci divertire un botto.” Tutti si guardarono incuriositi.
“ Che hai in mente?” chiese Gwen.
“In queste due ore voglio farmi amico Merlin, così… ci darà una mano per le nostre difficoltà!”
“Ma sei sicuro? Guarda che da quanto mi ha detto, mi sa che è… come dire… dell’altra sponda?” Arthur pensò ancora un attimo prima che gli venisse un’ idea.
“Allora lo sedurrò io e poi…quando a scuola sarà finita e noi avremo passato gli esami con un ottimo risultato….beh, allora….lui si pentirà di aver preso in giro l’unico ed inimitabile principe Arthur Pendragon!!! Nessuno può anche solo pensare di poter ridere alle mie spalle senza essere severamente punito!!! Dopo aver ottenuto grandi vantaggi da lui io lo umilierò davanti a tutti voi!!!” disse scoppiando in una fragorosa risata stile film di serie B. seguito da tutti gli altri.
Campanella = Fine dell’Intervallo = Inizio Detenzione = Attuazione del diabolico piano.

Angolo Autrice: ehi ragazze ciao!!!!!!!! scusate l'immenso ritardo, ma ho avuto tanti problemi con la scuola e pochi momenti liberi... per non parlare dei problemi con l'HTML! innanzitutto ringrazio chiunque abbia letto la storia, chi l'ha messa tra i preferiti, chi l'ha messa tra i seguiti, ma soprattutto chi ha recensito! Grazie ad Antote, Nanako, Suicidal love e a Fedefashion (grazie davvero fede!) che con le loro recensioni mi hanno dato un motivo in più per continuare in questa follia! bacioni! 

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Capitolo 3
*** You spine me around ***


Ce l’ho fatta! Merlin è finalmente caduto nella mia trappola: adesso non ha più via di scampo! Finalmente potrò attuare il mio ingegnoso stratagemma e ottenere la mia atroce VENDETTA!!!

Ingannare Merlin è stato così semplice, è così ingenuo e idiota. Probabilmente se gli dicessi che gli asini volano lui alzerebbe lo sguardo con curiosità per cercare gli strabilianti animali. E adesso viene il bello!

 

Ma come ho fatto ad essere così stupido! Come ha fatto a portarmi qui? Chissà cosa mi succederà

 adesso? Che cosa ci sarà dietro a questo bel portone? Una sedie elettrica? Un drago? Un armata di guerrieri in terracotta inferociti arrivati direttamente dalla Cina? Oppure, cosa ancora più spaventosa, suo padre, l’uomo più temuto, con buone ragioni vista la sua impulsività e aggressività, da tutta la città???

 

 

Arthur aveva appena girato la chiave nella toppa, la porta si era socchiusa con un leggero scricchiolio lasciando intravvedere dal piccolo spiraglio di luce il suo interno. Il moretto non appena quel  lieve spiraglio di luce lo illuminò ebbe il batticuore.

“Siamo arrivati entra pure” disse Arthur aprendogli la porta e facendolo passare.

“G-grazie.” Rispose Merlin leggermente imbarazzato e arrossendo.

“Padre, sono tornato a casa con un mio caro amico, Merlin… ti ricordi di lui? Te ne ho parlato tanto in questi giorni!” Uther posò il giornale che stava leggendo sul posto accanto a lui sul divano e aiutandosi con i braccioli, si alzò per andare incontro al figlio e al nuovo ospite. 

Oddio si sta avvicinando. Oddio si sta avvicinando! Oddio si sta avvicinandoo!!! Avrei preferito di gran lunga un dragone o l’esercito di terracotta, o addirittura la sedia elettrica, ma non lui! Tutto tranne che lui! Oddio non sarei mai dovuto venire qui! Lo sapevo! Ma aspetta, come cavolo ha fatto a convincermi?

 

 

12.00

Inizio detenzione. Arthur prese la cartella e si diresse nell’ufficio del preside. Merlin e Will erano già arrivati.

“Si sieda pure con i suoi amici, Pendragon.”  Il biondino obbedì e si sedette cheto cheto, vicino a Merlino.

“Sei arrivato da tanto?”

“No, neanche un minuto.”

“Ah, bene.”

“Posso sapere il motivo della vostra conversazione? Voglio essere reso partecipe..”

“Signore, gli stavo semplicemente chiedendo se erano arrivati da molto.”

“Qui le domande devono essere rivolte a me, e a me soltanto, altrimenti che cosa ci starei a fare qua?!”

“Forse a poltrire sulla sedia e controllare che ci sia un silenzio tombale ancora peggiore di quello dei cimiteri?” chiese con un tono che sottolineava l’ovvietà della risposta.

“Spiritoso, davvero spiritoso: ora però si sieda e si trovi qualche occupazione che preveda il silenzio, se non vuole rimanere dieci minuti in più del dovuto.”

“Sì, signore.” Posò la cartella tirando fuori il libro di filosofia.  Guardò Merlin e vide che anche lui stava studiando quella materia. “Merlin, che studi?”

“Filo, che vuoi?”

“E sta calmo! Volevo solo sapere! Che hai bevuto oggi all’intervallo? Caffè?”

“Ti crea  qualche problema?!”

“O ma la finisci, che altrimenti dobbiamo stare dieci minuti in più e il tuo povero amichetto se ne deve andare prima tutto solo soletto; non è questo che vuoi, vero?” Merlin stava perdendo la pazienza, ma si contenne per la presenza del preside.

“Siamo sicuri che a te dia fastidio rimanere solo con me… lo sai che chi dice delle scemenze per far innervosire la gente  lo fa come arma di difesa?”

“O.O  Ma ti sei bevuto il cervello???” Inizio a pensare che Morgana avesse ragione! Questo è proprio cotto di me!!!!!   

“No non ancora, però se vuoi  insegnarmelo sono sicuro che saresti un ottimo maestro!”

“Ma come osi!!! Ma chi ti credi di essere!!! Io sono Arthur Pendragon, principe e futuro re di Camelot!!! Fra qualche anno tu dovrai anche pagarmi le tasse” sbraitò diventando rosso in faccia.

“Certo, hai ragione. Pagherò le tasse così tu avrai l’opportunità di guarire dalla tua infermità mentale!!”

“Uffa sei…. CATTIVO!!! Nessuno mi può parlare così, nemmeno mio padre mi tratta così male!!!” il piccolo principe non poteva trattenere insieme alle lacrime la tristezza e la rabbia che gli avevano reso gli occhi lucidi.

“Ma stai piangendo? Scusa non volevo”

“No!!! Io non so cosa significhi piangere!!!”

“Dai con me non devi fingere… dai per farmi perdonare puoi chiedermi quello che vuoi.”

“Non sto piangendo!!!”

“Prendere o lasciare!”

“Tutto quello che voglio?”

“Si tutto.”

“Ma tutto, tutto, tutto?”

“Si!”

“Non vorrei approfittare della tua gentilezza, ma una cosa ci sarebbe….”

“Voi due signorini, cosa state facendo? Volete rendermi partecipe?”

“Ci scusi professore, stavamo studiando filosofia, e poi….. Merlin ha promesso di venire a casa mia per aiutarmi nello studio questo Sabato dopo la scuola.”

“Va bene allora per questa volta non vi sgriderò.”

Merlin si girò infuriato contro il compagno puntando contro di lui il senso di accusa.

Arthur lo guardò e gli sussurrò:”Se te lo avessi detto, tu mi avresti detto di no.”

 

Ah, ecco come ha fatto ad incastrarmi. Non ci posso ancora credere sono stato così cieco!!! Come ho potuto essere così stupido. E poi adesso suo padre si sta avvicinando! Ora mi scuoierà vivo, poi userà la mia pelle per cucire i suoi nuovi tappeti. Sono sicuro che mi ammazzerà, mi taglierà la tasta e la infilzerà ad un palo. Ecco, è arrivata la mia ora! Non posso più scampare al mio destino! Non posso più resistere, arrivati a questo punto… L’unica cosa che  posso fare è chiudere gli occhi. Non voglio vedere! Non voglio vedere! Non voglio vedere!

……………………….

Ma…. Non è ancora successo niente. Forse posso aprire gli occhi. Ma mi sta porgendo la mano?!,

“Piacere io sono il padre di Arthur, spero che tu possa aiutarlo e sentirti a tuo agio con lui oggi.”

“Non vi fermate, signore?”

“No, purtroppo ho un pranzo di lavoro, ma credo che sia meglio per tutti e tre se me ne vado, così lui non si sente tanto in soggezione.”

“Ah, come preferite, padre.”

“Non è un problema per te, ragazzo, vero?”
“Assolutamente.”

“Questa sì che è una risposta, mi piaci ragazzo.” Merlino imbarazzato sorrise. Uther salutò freddamente Arthur e si chiuse la porta dietro. Tra i due ragazzi calò il silenzio. Arthur non sapeva da che parte girarsi per provarci con Merlin, il che era strano perché lui per questo non si era mai posto tanti problemi. Va beh che ci aveva provato solo con delle ragazze, ma restava sempre il punto che a lui era sempre riuscito tutto, e doveva continuare a essere così.

“Dai, vieni di là a posare la roba, così poi cuciniamo qualcosa.” Dall’immenso soggiorno si srotolava un lungo corridoio ampio dal quale si accedeva a tutte le stanze. La terza era quella di Arthur. Quando questo aprì la porta, la camera che gli si presentò era molto ampia e sobria, con scaffali pieni di libri che Merlin dubitò il principe avesse mai letto. Il letto era almeno a due piazze e gli armadi erano a specchio ed erano davvero tanti. Merlin venne preso da un attacco di soggezione nei confronti di quel ragazzo, quel dio vivente. Il biondino scaraventò la cartella per terra e subito venne imitato da Merlin. Si tolse le scarpe e fece fare un breve giro della casa alla sua vittima. Il punto di arrivo del tour fu la cucina, dove il principino per la prima volta cercò di cucinare senza troppo successo. Merlin gli s’avvicinò.

“Non devi far bollire la pasta con l’acqua: questa prima deve essere bollita.”

“E io che ho fatto?” chiese scherzando. Merlin sorrise. “M’insegni?”

“Se proprio insisti…”

“Insisto.”

“Bene… vogliamo fare anche il sugo?”

“Per me è ok.” Merlin tutto soddisfatto cercò la salsa al pomodoro e si mise a preparare il pranzo sotto gli occhi pieni di ammirazione di Arthur. Mentre aspettavano che l’acqua bollisse, Arthur si comportò molto gentilmente, convinto che comportandosi così Merlin sarebbe caduto ai suoi piedi. Merlin nel frattempo si meravigliava sempre più del comportamento di Arthur e non riusciva a capire a che cosa fosse dovuto il suo cambiamento nei suoi confronti.

Dopo aver mangiato si misero subito a studiare e Merlin si meravigliò di quanto s’impegnasse, o almeno ci provasse, anche se le sue idiozie naturalmente non potevano mancare all’appello. Merlin trovò anche un modo per aiutarlo a studiare memorizzando bene quello che c’era scritto e Arthur gliene fu davvero grato. Non pensava che ci potesse essere qualcuno che potesse spiegargli le cose così bene.

“Scusa la domanda.. mai pensato di fare l’insegnante.”

“E per fare cosa? Trovarmi a insegnare in una classe con ragazzi presuntuosi e arroganti come te? No grazie.”

“Così mi offendi: è vero, sono stato uno stronzo e tutto quello che vuoi, ma adesso ho capito che non mi porta a niente e volevo… ecco… chiederti scusa.”

“C-come?” chiese Merlin sgranando gli occhi.

“Sì, ho capito che sbaglio a prenderti in giro e che ormai non mi da nessuna soddisfazione, quindi… perché continuare? Perché non provare a migliorare il nostro rapporto da buoni compagni di classe? Ti va?”

“Sì, per me non c’è alcun problema, anzi… temevo che orgoglioso come sei non me l’avresti mai detto.”

 Ok, è innamorato di me e devo controllarmi per non rispondergli a tono. Respira, Arthur, respira.

“I cambiamenti della vita.” disse Arthur sorridendo. “Dai riprendiamo.. allora, dove eravamo rimasti?”

Il pomeriggio volò tra lo studio e un breve intervallo per staccare un po’ la mente da tutti quei filosofi che non facevano altro che far arrovellare il cervello a entrambi. Quando ebbero finito, erano le sei.

“E’ tardi, devo andare a casa..”

“Vuoi che ti accompagni in macchina? A piedi ci metterai troppo.”

“Non voglio crearti un disturbo…”

“Macché! Figurati.. quale disturbo.. lo faccio volentieri.”

“Allora va bene.” Arthur gli sorrise e dopo aver lasciato un biglietto al padre prese le chiavi della macchina, di casa e uscì seguito dal compagno.

Dopo mezz’oretta arrivarono e Arthur parlò.

“Grazie davvero, per oggi.”

“Figurati.”

“Allora a lunedì.”

“Ok, a lunedì.. ah e se hai bisogno di qualcosa, chiedi, non ti preoccupare.”

“Grazie, Merlin.” Disse con il sorriso più sincero che avesse. Merlin aprì la portiera, scese dalla macchina e mentre chiudeva il portone, salutò ancora con la mano Arthur che aveva deciso di stare fermo davanti al portone fino a quando non l’avesse visto entrare. Appena il portone si chiuse, mandò un messaggio agli altri.

 

Fatta!

 

Merlino era un bravo ragazzo, dopotutto, ma non per questo doveva passarla liscia..

 

Lunedì ore 10.00 a.m.

 

Era l’ora di andare a fare ginnastica. Tutti presero la propria sacca e scesero. Arthur disse ai suoi amici di iniziare pure ad andare, che li avrebbe raggiunti subito. Si avvicinò a Merlin.

“Vuoi che ti aiuti?”

“No, grazie Arthur.”

“Così facciamo prima.” Ma non ebbe il tempo di convincerlo che il moretto aveva già finito. Uscirono di classe insieme e raggiunsero gli altri in palestra.

“Bene ragazzi, fate cinque minuti di corsa e poi dividetevi in due squadre.. oggi si gioca a pallavolo.”

“Che novità!” sussurrò Arthur a Merlin.

“Già.”

“Allora, iniziate.” Disse con tono perentorio. Arthur, Merlin, Lancillotto e Pellinor iniziarono subito a correre, seguiti a ruota dagli altri. Arthur non ebbe problemi a sostenere quei cinque minuti, ma alternandosi a Lancillotto, più di una volta rallentò per incoraggiare e tenere il passo con Merlin. Alla fine di quei cinque minuti Merlin si reggeva a malapena sulle gambe. Arthur lo fece sedere e gli diede la sua acqua.

“Grazie.”

“Non c’è di che.” Merlin gli sorrise ricambiato.

“Arthur, Merlin! Fate le squadre.” I due giovani si guardarono. Erano entrambi, chi veramente chi no, dispiaciuti.

 

Iniziò la partita che ben presto raggiunse un livello di parità nonostante i grandi colpi di scena. Era il momento della battuta di Arthur.

“Batti su Merlin.”

“Professore non posso! Si farebbe male se battessi su di lui.”

“Fa’ quello che ti ho detto!”

“Sì signore.” E guardò Merlin con lo sguardo che diceva: almeno ci ho provato. Prese bene la mira, pesò bene il pallone, guardò Merlin e dopo il fischio lanciò la palla in aria per poi colpirla con violenza. La palla roteò in aria fino a superare la rete per poi ricadere. Merlin la prese di palleggio e la passò a Morgana, la quale la fece andare nell’altro campo senza però riuscire a fare punto. Anzi, fu proprio Arthur a segnare. Quindi doveva battere di nuovo. Vide che Merlin si massaggiava i polsi. Evidentemente gli facevano male. Ripeté la battuta con la stessa violenza, ma questa volta Merlin non la parò perché la battuta lo prese in pieno petto. Immediatamente Arthur si lanciò dall’altra parte del campo.

“Merlin, sei ancora tutto intero? Mi dispiace tantissimo, non volevo colpirti, scusami tanto.”

“Non.. è.. niente, davvero, sto bene.”

“E i polsi? Ho visto che te li massaggiavi.”

“Non ti preoccupare, sto bene.”
“Ne sei sicuro?”

“Sì.”

“Allora non sarà di certo un problema riprendere a giocare.” Disse alzandosi e tornando nella sua metà campo. Lancillotto e Pellinor lo guardarono incuriositi, ma appena videro il sorriso diabolico sulle labbra di Arthur compresero. Faceva tutto parte del piano. La partita continuò ancora per diverso tempo, ma Merlin peggiorava ogni punto sempre di più. Arthur iniziò a preoccuparsi seriamente: forse aveva tirato troppo forte… aspetta un attimo! Lui doveva provarci con Merlin, ma questo non significava che se si preoccupava anche il sentimento era vero! Lui era pur sempre il principe. Non poteva permettersi di preoccuparsi per uno come lui.. cosa gli stava capitando?

 

“Allora, come procedono le cose con Merlin?” gli chiese Morgana quel pomeriggio al telefono.

“Bene, me lo sono fatto amico, ora è solo questione di sapercelo lavorare.”

“Invitalo un altro paio di pomeriggi a casa tua, e poi invitalo alla mia festa di compleanno, così penserà che siamo tutti suoi amici e si confiderà con noi.”

“Scimmietta, te l’ho mai detto che sei un genio?”

“Grazie, amore, lo so. Però smettila di chiamarmi scimmietta!!!”

“Ma è così… intimo.”

“Non credo proprio!!!” il tono della ragazza non accettava repliche.

Tu tu tu tu tu tu tu

“Scimmietta mia hai per caso riattaccato il telefono? Non ti sarai mica arrabbiata o offesa, vero?” il rumore regolare della cornetta confermò al biondino che le sue erano state parole al vento…. Se l’era presa eccome! Come al solito del resto…

 

Adesso si trattava di aspettare una reazione da parte di Merlin. Chissà che cosa avrebbe detto tornato a casa.

 

Baci e baciotti. Gentilezza quasi  stucchevole. Quello di oggi era davvero Arthur? Mi ha fatto gli occhi dolci per tutto il tempo. Forse non aveva mai esagerato così tanto neanche  con Morgana, la sua ragazza. Forse aveva assunto qualche sostanza non proprio lecita…. Ma cosa vado a pensare. Il mio Arthur non farebbe mai una cosa simile! Ma da quando in qua è diventato il mio Arthur? In quella casa ci deve essere qualcosa che non va perché anch’io mi sento alquanto strano. No, devo aver preso il raffreddore, non può essere successo altro! O forse mi ha avvelenato con il suo cibo! Si deve essere così, in fondo avrebbe potuto benissimo mettere qualcosa nel mio piatto in qualsiasi momento! Domani gli chiederò spiegazioni assolutamente, un comportamento simile da lui non è immaginabile. Doveva per forza esserci dietro qualcosa, non poteva essere così gentile e solare nei miei confronti senza avere qualche piano tipico da asino!!!!!!! Ho deciso non vivrà un attimo in più! Appena lo vedo mi vendico!... in fondo sono o non sono il più grande stregone di tutti i tempi?!

 

 

 Il giorno dopo arriva DOMANI.

“Ciao Merlin, ti volevo ancora ringraziare per l’aiuto che mi hai dato ieri… davvero non so proprio come sdebitarmi.”

Il bruno finse di non accorgersi del caloroso saluto del principino e passò dritto senza degnarlo di uno sguardo.

Non mi avrà sentito ,pensò il biondo.”Merlin ciao” il pudore ormai era scomparso del tutto, nemmeno il forte orgoglio gli impedì di sbracciarsi senza ritegno davanti a tutti.

Questa volta la sua ricompensa fu un gelido e fugace sguardo infuriato.  ( O.O  N.A. espressione pietrificata di Arthur)

“Allora, seduttore di prima categoria, come procede con Dumbo?” chiese Pellinor.

“Magnificamente.” Rispose tutto convinto di essere stato completamente frainteso da Merlin. La sua convinzione venne smontata quando entrò in aula. Lui era in compagnia di Will e non sembrò neanche notare il suo arrivo.

 

Il professore non la smetteva di parlare, era un disco rotto… ma Arthur non lo stava minimamente ascoltando, la sua attenzione era rivolta verso Merlin che da quella mattina non lo aveva degnato di uno sguardo. Il suo volto di solito così aperto e solare era oscurato da una nube nera, anzi temporalesca. La monotona voce del professore smise di riempire l’aria della classe per qualche minuto permettendo al principino di sentire i propri pensieri e di agire, come al solito, senza pensare.

Arthur si alzò di scatto, prese Merlin per un braccio e lo attirò vicino a sé. Erano faccia a faccia.

“Che cavolo ti ho fatto? Ti ho trattato come un degno ospite anzi, come un principe! Avrei dovuto lasciarti sulla porta della mia casa senza lasciarti entrare! Ma chi ti credi di essere?”

Il brunetto cambiò colore in viso, prima impallidì e poi diventò più rosso di una mela matura. Non poteva sopportare le parole del’altro era lui ad essere infuriato. La sua rabbia lo rese più imponente del principe nonostante fosse molto più basso.

“Tu mi hai avvelenato!!! Dovresti chiedermi scusa invece di insultarmi.”

“Io chiederti scusa, ma ti sei ammattito per caso? Pensi davvero che io avveleni la gente a casa mia?! Ma che ti sei bevuto stamattina al posto del latte? Non mi sembra proprio di essermi comportato male nei tuoi confronti, quindi vedi di darti una calmata, perché se c’è uno che ha perso la ragione quello sei tu”

“Come diavolo ti permetti di darmi dell’ammattito e ordinarmi di darmi una calmata?! Chi sei tu per ordinarmi qualcosa? Abbassa la cresta, biondino!” la reazione di Arthur fu istintiva e si pentì subito di quello che fece, senza farlo trasparire. Gli tirò uno schiaffo. Le sue cinque dita gli si stamparono sulla guancia lasciando una bella chiazza rossa.

“Quando avete intenzione di farmi proseguire con la lezione, signorini, non avete che da avvisare.” Li canzonò il professore di fisica. Arthur si voltò verso l’insegnante diventando rosso e sedendosi, mentre Merlin guardava ancora in piedi la scena un po’ spaesato. Il principe si sedette e riprese a fare cerchi concentrici sul banco con la matita. In quel momento entrò Morgana che guardò curiosa la scena e, appena tornata a posto, interrogò gli altri sull’accaduto senza però aver successo.

 

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Capitolo 4
*** Lay all your love on me ***


                     


           Lay  all your  love on me

 

La missione aveva assunto per lei un’importanza mondiale:doveva scoprire cosa era successo, e per farlo doveva trovare gli abiti adatti. All’inizio aveva pensato che una tuta mimetica, naturalmente molto scollata, avrebbe fatto al caso suo, poi aveva capito che il vestito adatto doveva  al più grande detective di tutti i tempi: Sherlock Holmes. Dopo aver vagato per un intero pomeriggio studiando con attenzione le vetrine dei più rinomati negozi lo aveva trovato. Un vestito a quadri scozzesi verde con la gonna che arrivava sopra la ginocchia era semi-coperto da una mantellina della stessa fantasia, ma di un tessuto più pesante, naturalmente bordata da una folta pelliccia bianca (anche se in quei giorni faceva caldo:lei non riesce a rinunciare alla pelliccia). L’omaggio al famoso investigatore era accentuato dalla presenza del suo tipico cappello in versione rosa shocking e da  che produceva bolle di sapone. A tutto ciò aggiunse un paio di stivali in pelle con tacco a spillo.

Ok. Finalmente sono pronta per investigare sul mistero di Arthur!!!

Il sole stava già tramontando, ma lei non poteva rinunciare alla sua missione. In pochi minuti, grazie all’ausilio della sua limousine, si trovava già davanti al portone del suo ragazzo.

Toc toc.

Dopo qualche istante la porta si aprì e davanti ai suoi occhi si materializzo la più orrenda e spaventosa immagine della sua vita: Arthur, il suo splendido e perfetto ragazzo, il biondino più desiderato della scuola, indossava un umilissimo e vergognoso vestito da cameriere.

“Desidera, signorina…. Ehm, lei chi è?”

“Oh my gold. Ma come ti sei conciato?”

“Ci conosciamo?”

“Come osi, brutto idiota?!?! Sono la tua magnifica, splendida…”

“Maga Magò” il suo viso si illumino di un innocente sorriso, non sapeva le conseguenze che le sue innocenti parole avrebbero scatenato.

“Ma brutto imbecille!!! Sono Morgana!!! Dovrei farti fustigare per questo.”

“Se lo fai tu di persona, non mi lamento, anzi…” Il sorriso beota sulla sua faccia diceva tutto.

“Ma ti sei bevuto il cervello!???!”

“Ma come adesso fai tanto la santarellina? E allora perché saresti venuta vestita in quel modo assurdo.?”

“Va beh, lasciamo perdere.” Nel frattempo però ci aveva fatto un pensierino…

“Allora perché sei venuta?”

“Devi dirmi assolutamente cosa è successo fra te e Merlin! Non puoi più nascondermelo!”

“Ma ti sei ammattita, cosa dovrebbe essere successo?”
“Questo devi dirmelo tu!”
“Non è successo niente, per questo non ti ho detto niente.”

“No, non è vero! Mi stai nascondendo qualcosa, non può non essere successo niente!”

“Ma te lo giuro, amore mio, scimmietta cara!” appena la ragazza udì quelle nefaste parole, gli saltò addosso ( e certamente non nel senso positivo della parola!) decidendo che quelle sarebbero state le sue ultime parole.

 

Due ore dopo…

 

“Arthur, ma che cosa ti è successo che hai un occhio nero?” gli chiese Lancillotto.

“Niente, ho deciso di entrare ancora di più nella parte… non avevi capito che sono un cameriere con dei padroni violenti?” Lancillotto lo guardò come fosse un alieno. Dopo cinque minuti il cellulare del principe suonò .

“Pronto?”
“Ciao amore, sono io… volevo chiederti scusa per questo pomeriggio.. non avrei dovuto cercare di ucciderti, solo mandarti all’ospedale!”

“Ah, non ti preoccupare, tesoro” Arthur finalmente aveva imparato la lezione! “Anzi.. ti devo ringraziare.”

“Perché?” chiese un tantino perplessa per la sanità mentale del suo adorato principe azzurro.

“Perché così mi hai fatto entrare ancora di più nella parte del cameriere con padroni violenti.”

“Ma… dove sei?”

“Ah, ma non te l’avevo detto che stasera andavo da Pellinor e che c’era una festa in maschera?”

“Cosa?! C’è una festa e tu non m’inviti? Non me lo dici neanche?! Aspetta un attimo, che arrivo.”

La chiamata s’interruppe lì e Arthur iniziò a preoccuparsi seriamente per la sua incolumità fisica e mentale. Naturalmente, e sfortunatamente per lui, aveva ragione di temere per la sua persona. In meno di un minuto una limousine nera con le luci blu aveva sterzato davanti al locale attirando l’attenzione degli ignari passanti. La musica a tutto volume che rimbombava nel locale non riuscì a sovrastare l’urlo disumano della ragazza.

“Come hai potuto Arthur Pendragon?!”  Ma il biondino non ebbe il tempo necessario per rispondere. Un gancio destro dalla spropositata potenza gli impedì di aprir bocca e lo fece barcollare.

“Ahi!!!”

Non ebbe risposta.

“Che cosa ho fatto?”

“Non riesci proprio a capire? Possibile che dopo tutto questo tempo tu non capisca ancora l’amore della tua vita? fatti un esame di coscienza!” e senza aggiungere nulla si precipitò sulla pista da ballo, lasciando il principino basito.

Nda: ringrazio tutti coloro che l'hanno aggiunta ai preferiti, a chi l'ha messa tra le seguite, o chi è semplicemete passato di qui e ha letto la storia.........    sono lentissima a scrivere, lo so, sono imperdonabile, ma il problema è che l'ispirazione per scriver mi viene ogni morte di papa, così recensisco ogni tre mesi!!!!!!!  però adesso che mi è venuta voglia e ho trovato un filo conduttore serio in questa storia ( sto scrivendo la fine, pensate 1 po'!!!!!!!!!!) recensirò moooooooolto più spesso così da farmi perdonare!!!!!!!!! ihihihih!!!!!!

Love 90: anch'io vorrei evitare di fare Arthur troppo stronzo, e in questo capitolo anzi è quello che se le prende dalla perfida Morgana... però non preoccuparti.. da adesso in poi ci saranno dei cambiamenti nel nostro bellissimo principe!!!!! anche se finirà per rivelarsi per quello che è... ma se ti dico troppo poi non leggi!!!!!!!!! ahhaha grazie per aver commentato!!!!!!!! un bacione a presto!!!!!!!!!!!!!!!

 

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Capitolo 5
*** Never felt this way ***


                                                                  Never felt this way

Driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin!!!!!!

La campanella era appena suonata e tutti gli studenti del liceo si stavano dirigendo velocemente e letteralmente catapultando giù dalle scale per uscire da quello che era oramai considerato da tutti l’Inferno in terra! Peccato che l’ingorgo di studenti ostruisse il traffico rendendo quindi invivibili agli studenti quei pochi minuti che trascorrevano all’interno delle antiche mura scolastiche, alle quali, prima o poi qualcuno avrebbe dato sicuramente fuoco. All’uscita tutti gridavano esultanti: questo però non valeva per coloro che si sarebbero visti costretti a entrare di nuovo a scuola per le due e mezza, per trascorrere due noiosissime ore ai vari laboratori pomeridiani.

Arthur e Merlin si stavano preparando lo zaino con calma e chiacchierando per non beccare l’ingorgo degli studenti.

Poi a Merlino venne in mente una maniera per trascorrere più tempo con il principe e per fargli guarire i suoi due lividi che lo facevano sembrare a un panda e dei quali non faceva altro che lamentarsi. Appena il principe prese il proprio zaino e gli passò accanto, lo afferrò per un braccio. E lo guidò verso uno dei tanti stanzini inutilizzati dalla scuola. Il principe rimase perplesso e preoccupato al contempo da sì tanta determinazione di Merlin.

“Merlin.. ehm.. che diamine stai facendo?” chiese senza aver ricevuto alcuna risposta. Si guardò intorno. Quello stanzino lo conosceva bene. Cera stato l’ultima volta un paio di settimane prima con Morgana, e di certo non per parlare della gelosia della sua ragazza, come tutti avevano pensato.

Lo stanzino era un luogo molto angusto, che permetteva una certa intimità agli occupanti, una luce molto fioca, le pareti erano nude e fredde. L’arredo consisteva in un tavolino di legno e una vecchia sedia. Solo quando venne fatto sedere dal moro dagli occhi color oceano si accorse che indossava un completino da infermierino sexy, che gli stava molto bene, si ritrovò a pensare Arthur, anche se non era dotato di attributi superiori.. eppure in quel momento, Arthur sentì che Merlino era desiderabile, molto desiderabile e non riusciva a capire come mai non avesse mai avuto una ragazza, come mai… aspetta una attimo!!!! Merlino desiderabile?? Cosa stava accadendo ad Arthur Pendragon, il ragazzo più bello e desiderato dalle ragazze?? Trovare un ragazzo desiderabile non era nel suo stile, nel suo genere. Pur di ammettere che Merlin era desiderabile, fino a un paio di mesi fa, sarebbe stato disposto a dire di trovare affascinante la ragazza più brutta di tutta la scuola.

Però adesso, Merlino era affascinante ai suoi occhi, e questo lo terrorizzava.

“Merlin, che stai facendo?”

“Arthur, stai calmo, fidati di me.”
“Ehm, non vorrei che tu… ecco… pensassi che non mi fido, però… preferisco sapere ora di che morte sto morendo.”
“Come? Non ti fidi di me?!”

“No, Merlino.. come potrei? Certo che mi fido di te.” Rispose con il tono più credibile che gli uscì in quel momento. D’altronde quei due occhioni blu mare con l’aria da cucciolo indifeso non potevano certo essere delusi in tal modo. Non da Arthur Pendragon, almeno.  Il visetto furbo del moro riacquistò subito il proprio splendore e Arthur non poté limitarsi dal pensare quanto poco bastasse per rendere felice il ragazzo.

“Adesso vediamo se ti fidi davvero di me.. chiudi gli occhi!” lui fece quanto ordinato per poi riaprirli appena ebbe capito e reinterpretato l’ordine.

“Come??!! Merlin che hai in mente?”

“Niente, non ti preoccupare, ci sono qua io ad accudirti.” A quella frase il biondo non poté trattenere uno sguardo oltremodo terrorizzato.

“Ehm.. Merlin…”
“Dai, tranquillizzati, ci sono qua io ad accudirti!” ripeté con calma il moretto.

“Non scomodarti, Merlin davvero.. non ce n’è bisogno..” disse allontanandosi sempre di iù da Merlin.

“Dannazione, Arthur Pendragon, ti vuoi stare fermo??!!” a quel punto il principino non ebbe altra opzione, se non quella di farsi curare gli occhi da quel ragazzo eccitante. Eccitante??????!!!!!!!!!!! Merlin ragazzo eccitante????? Ma che aveva bevuto al mattino????? Non poteva trovare a distanza di pochi minuti Merlin sexy ed eccitante. C’era qualcosa che non quadrava, era poco ma sicuro. Tornato a casa avrebbe chiesto spiegazioni a Gaius, il medico di famiglia.

“Ora chiudi gli occhi!” ordinò quasi scocciato.

“Scusa.” Sussurrò in un flebile bisbiglio, così da non poter essere sentito. O almeno così credeva; perché Merlin registrava tutto, e poi metabolizzava. Quindi non appena sentì le scuse del principe, arrossì violentemente. Menomale che Arthur teneva gli occhi chiusi, altrimenti avrebbe continuato a sfotterlo a vita.

Prese dalla borsa frigo (da dove salta fuori non si sa!!!!!) un paio di bistecche e le spiaccicò proprio non delicatamente sulle due palpebre del principino. Il quale si preoccupò sempre di più per la sua incolumità.  Glom. Ora iniziava a preoccuparsi seriamente. Sentì qualcosa di soffice e profumato sfiorargli la guancia. Sentì un caldo pervadergli tutto il corpo e Arthur pregò tutti gli dei esistenti che Merlin non vedesse il suo stato.

“Merlin, che stai facendo? Mi fai il solletico.”
“Oh niente di cui preoccuparsi, mi sto solo prendendo cura di te, Arthur.” Gli sussurrò all’orecchio. A quelle parole, ne era convinto, il suo viso era diventato paonazzo, e lo divenne ancora di più quando sentì il tipico SLAM, della porta che si apre e Merlino, terrorizzato, che si era trascinato lui e la sedia per terra. Ora Merlin teneva in mano la bandana rossa che stava legando fino a dieci secondi fa, si trovava a cavalcioni sul principe e nessuno dei due accennava a spostarsi.

“Amore, che stai facendo qui con questa… sottospecie di essere?” gli chiese schifata.

“Noi? Ehm.. niente.. Merlin stava solo..” balbettò cercando l’appoggio del moro che non tardò ad arrivare.

“Prendendosi cura di lui.” Rispose questo salvandolo dall’imbarazzo.

“Oh, beh. Allora.. vi lascio.. a stasera amore!!!!!!!” e trotterellando felice se ne andò lasciando mooolto perplesso il suo ragazzo. Quel genio oltretutto aveva lasciato la porta aperta, ed entrambi, schiacciati dalla sedia e con gambe e braccia aggrovigliate, non potevano andare ad aprire. Dopo pochi istanti dall’aver realizzato quella situazione, Ginevra e Lancillotto fecero la propria comparsa.

“Oh, caro, guarda un po’ chi c’era nello stanzino affianco al nostro! Non ci posso credere!!!!!!! Anche voi qui??!!” Lancillotto lanciò uno sguardo interrogativo al principe, per poi appoggiare fortemente la fronte alla mano destra,m come segno di rassegnazione e incredulità nei confronti della stupidaggine della ragazza.

“Ehm.. a quanto pare.” Rispose Arthur, scoccato di essere stato interrotto e beccato in quella posizione compromettente dalla sorella e dal suo migliore amico.

“Pensate che noi eravamo nello stanzino qui affianco!” Lancillotto si rassegnò. Che cosa mi tocca fare per essere amico di Arthur!! Esclamò dentro di sé disperato.

“Beh, ecco.. noi dobbiamo andare… vi lasciamo soli.” Pronunciò quest’ultimo tutto d’un fiato.

“Grazie e chiudete la porta.” Ribatté Arthur. La coppia di fidanzatini abbandonò la scena e adesso nello scuro stanzino si ritrovarono Arthur e Merlin, da soli. Adesso che ci pensava, Merlin si trovava letteralmente seduto a cavalcioni su di lui, leggermente sporto in avanti per la sedia che si era trascinato dietro. Le mani di Merlin, notò, si trovavano all’altezza delle sue spalle vicine al viso. Istintivamente pose le sue mani sui fianchi dell’esile ragazzo. I loro occhi si incatenarono. Cielo contro oceano. Nessuno dei due si mosse o disse niente, semplicemente rimasero a guardarsi, come se potessero scrutare fino al profondo dell’anima. Liberando una mano dalla presa per un istante che parve infinito a entrambi, Arthur riuscì a togliere la sedia dai piedi e a ribaltare le posizioni. Piantò i gomiti contro il pavimento freddo così da no gravare troppo con il proprio peso sull’altro.

“Ti faccio male?”

“No.” Nuovo silenzio. Lungo eterno. Bellissimo. Non avevano bisogno di parole per comunicare.

“Forse.. sarebbe meglio.. andare.” Disse il principe per nulla convinto.

“Sì.. hai ragione.” Rispose l’altro. Nessuno si mosse. Sarebbero rimasti lì tutto il pomeriggio. All’improvviso sentirono i passi di una donna. Il rumore fastidioso dei tacchi sembrava volersi dirigere proprio verso quello stanzino. I due si guardarono e si alzarono come spinti da una forza maggiore, un energia improvvisa scatenatasi dai meandri più remoti del proprio fisico. Si nascosero dietro la porta. I passi si avvicinavano, erano sempre più vicini. Arthur e Merlin si guardarono confusi e spaventati, leggendo ognuno negli occhi dell’altro che nessuno aveva in mente una spiegazione per quella situazione nel caso ce ne fosse stato bisogno. Il rumore dei passi si fermò proprio davanti alla porta del loro stanzino. Indugiò qualche secondo durante i quali entrambi fissarono la maniglia, temendo che la donna aprisse la porta e potesse scoprire Merlin in veste di infermierino sexy e Arthur in veste di ciò che era: il regale paziente attratto dal proprio assistente e rosso in volto per l’eccitazione. I passi terminarono e lui, non appena il ticchettio dei tacchi svanì ordinò all’amico di prendere la roba e uscire da lì. Prese le cartelle e la borsa frigo, si allontanarono dalla stanza facendo molta attenzione a non farsi beccare.

Quando furono usciti, solo allora si dissero finalmente liberi. Si guardarono. Arthur notò che non indossava più il completino, e Merlin si disse soddisfatto, considerando che adesso cerano intorno agli occhi solo più due insignificanti lividi che in un paio di giorni sarebbero scomparsi. Tutto grazie alla sua magia. Eheh! I trucchi del mestiere.

“Dove è finito il completino da infermierino sexy che indossavi prima?”

“Non so di che completino stai parlando, Arthur Pendragon.”
“Peccato, perché ti stava benissimo.” Disse passandogli accanto e sussurrandogli all’orecchio “Abbiamo un conto in sospeso, noi due.”  E lasciando un Merlin molto confuso ma allo stesso tempo felice oltre ogni misura.   

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Capitolo 6
*** Lies ***


                                     Lies

Erano passati due giorni dall’episodio dello stanzino e non era scoppiato ancora nessuno scandalo o scoop. Cosa molto gradita a entrambi, soprattutto ad Arthur Pendragon, che aveva una reputazione da difendere e che preferiva non venisse intaccata da scandali del genere.. non l’ultimo anno. Era inconcepibile per lui terminare l’anno con uno scoop del genere: perché lui e gli altri suoi amici conoscevano il motivo di quell’azione, ma il resto della scuola no, e lui, Arthur Pendragon, futuro re di Camelot, non poteva permetterselo. Ne sarebbe andato non solo del suo onore infangato da un popolano, ma anche di quello di suo padre e dell’intera casata dei Pendragon, e questo per lui e suo padre soprattutto era intollerabile. Un membro dei Pendragon non poteva permettere che una cosa del genere ricadesse sulla famiglia. Lui era un nobile, doveva trovare una nobildonna (Morgana) da sposare per avere un erede maschio e far sì che la stirpe reale dei Pendragon continuasse a vivere. E tutta questa responsabilità giaceva sulle spalle di Arthur. Ma fino a qualche mese fa non gli aveva procurato alcun tipo di fastidio. Anzi, quasi non ne sentiva il peso. Ora invece, per qualche inspiegabile ragione, era diventato un fardello troppo pesante, non era più in grado di sopportarlo. Non ci voleva molto per capirlo; ma la cosa ancora più strana era che il dovere aveva iniziato a essere insopportabile per lui da quando aveva iniziato ad attuare il suo “diabolico” piano per rovinare Merlin e la sua reputazione. Già.. ma per cosa era iniziato tutto? Mmh.. l’ennesima litigata, forse. O forse era iniziato molto tempo prima solo che lui non se ne era mai accorto finché Morgana non aveva detto che Merlino era dell’altra sponda. E gli era sembrato ovvio e naturale dire che ci avrebbe provato con lui, come stesse dicendo a Morgana quanto era bella.

No nonononono!!!!!!!!!! Lui non poteva essersi abbassato a tanto per una scommessa! C’erano modi molto meno imbarazzanti e dignitosi di provarci e lui li conosceva, ma il piccolo, insignificante, problemuccio era che Merlino NON era una ragazza!!!!!!!!!!!!!!!! Era stato forse questo a deviarlo dalla pista giusta. Forse era solo per questo. Sì, decisamente era per questo. SOLO, ESCLUSIVAMENTE per questo.

 

Era appena suonata la campanella dell’intervallo, e Arthur decise di consultarsi con Lancillotto.

“Ti posso parlare?” chiese prendendo l’amico per il braccio. Quello, sorpreso, annuì. Si diressero in cortile e cercarono un posto non troppo frequentato, sotto le scale anti-incendio dove effettivamente cerano meno ragazzi.

“Che cosa succede Arthur? Sembri sconvolto!”

“Tu.. pensi che io mi stia comportando bene, cioè.. seguo i piani e basta, giusto?” Lancillotto ci rifletté un momento.

“Sì, credo di sì.”

“Sii sincero, ho bisogno che tu lo sia.”
“Sì, poi non so bene che cosa facciate il pomeriggio, ma a scuola è tutto normale, si vede che ci provi ma non spudoratamente.”
“Si vede che ci provo?!!” chiese con voce alterata e preoccupata il principe di Camelot.

“Beh.. per noi che lo sappiamo sì.. gli altri hanno solo notato che hai cambiato leggermente atteggiamento nei suoi confronti, ma niente di più.” A quelle parole il suo animo si tranquillizzò: non poteva dare quell’impressione agli altri studenti, lui, futuro re di Camelot. Non se lo poteva permettere, non lui. Fosse stato un ragazzo comune come tutti gli altri, ma non era così. Lui non era come tutti gli altri, anche solo per il suo titolo di nascita. Senza contare i mille campi in cui eccelleva. Dalla caccia alla scherma, dal tennis al golf, senza contare tutte le lingue che sapeva parlare. Italiano, inglese,  francese, portoghese, spagnolo, tedesco, latino (non lo parlava mai però il padre, uomo all’antica, aveva voluto che lui imparasse a parlarlo!).

“Ok, grazie mille Lancillotto, avevo proprio bisogno del tuo sostegno morale!!” il cavaliere sorrise.

“Quando posso essere utile!” e si allontanò in cerca di Ginevra, la sua vittima preferita.

Lui invece cercò e trovò Merlin.

“Ciao Merlin, come stai?”

“Non sono ancora morto.. credo di star bene.”  Sorrise. Quel ragazzo aveva il potere di fargli sparire tutte le sue preoccupazioni.

“Senti.. ti volevo chiedere una cosa.. ti andrebbe questo pomeriggio di.. andare a fare shopping in centro? Credo che tu debba proprio rifarti il guardaroba.” Merlin capì che con Arthur non era proprio possibile fare un discorso serio, anche adesso, lui aveva sperato che gli chiedesse qualcosa che avesse un senso e che non riguardavano soltanto lo shopping, la caccia alle ragazze, e l’addestramento a scherma, le sue tre attività preferite. Nonostante tutto non fece tardare la sua risposta.

“Certo, credo che andrà bene a mia madre.. sì, posso.”
“Perfetto, allora.. oggi andiamo a mangiare fuori e poi andiamo a fare shopping.. per te.” Arthur non aveva mai avuto spicchi di altruismo, ma voleva che non si sentisse a disagio a stare con lui e poi ultimamente si era ritrovato a pensare che lui si meritasse il meglio. Oltre a considerarlo un modo per entrare nelle grazie di Merlin, quindi parte integrante del piano.

Dopo di ché andò a cercare Morgana, la sua ragazza armata di una pazienza infinita.

“Allora, come vanno le cose?”
“Bene, oggi andiamo a mangiare fuori e poi un giro in centro.”
“Che carini!” disse sarcastica. “Ricordati soltanto, amore, che non per questo devi tralasciare lo studio e soprattutto me!!!!!!!!”

“No, tesoro, non me lo sto dimenticando, sto solo cercando di velocizzare i tempi, dato che alla maturità manca meno di un mese.” Gli diede un bacio.

“Eccolo qui il mio ragazzo!” in quel momento Arthur avrebbe voluto incenerirla! Detestava essere trattato da bambino, da una donna poi! C’era già il padre che provvedeva a farlo sentire piccolo e insignificante nelle sue sfuriate, non cera bisogno anche della propria ragazza. E poi adesso quei baci.. non sapevano più di niente.. magari mi stavo facendo condizionare troppo dalla situazione, forse stavo perdendo la testa. Forse esageravo. Sì era sicuramente così.

Dopo due esilaranti ore con la professoressa di latino e greco con la quale le battute e le risate erano assicurate, la scuola era finita.

“ Allora, dove si va a mangiare?”

“Ti va il giapponese?” a Merlin s’illuminarono gli occhi, Morgana, Ginevra, Lancillotto, Pellinor si girarono meravigliati verso di lui. Ad Arthur il pesce non piaceva per niente.

Nonostante ciò, uscirono dalla classe come non fosse successo niente.

Andarono nel giapponese più vicino alla scuola e ordinarono sushi. Si sedettero a un tavolo da due, uno di fronte all’altro. E parlarono. Della professoressa svampita di latino e greco, della figuraccia che si era fatta la supplente di astronomia e scienze della Terra, di quanto fossero noiose le spiegazioni della professoressa di filosofia.

“Allora, hai capito Kant?”
“Tu l’hai capito?”

“Più o meno..”

“Bene, io neanche quello.” Scoppiarono una fragorosa risata per la quale tutto il locale si girò verso di loro.

“Ma possibile che tu filosofia non la capisca?”
“Se ti da fastidio spiegarmela..”

“No, solo che.. a parte Kant non è molto difficile.”
“Beh.. io  non ho una mente filosofica!”

“Tu  non hai una mente e basta!” disse scherzando. Arthur fece il finto offeso il che gli servì molto. Infatti Merlin fece finta di preoccuparsi prendendolo in giro.

“Non ci caschi più.”

“No, evidentemente.” Sorrisero entrambi e ricordarono tutto ciò che Arthur gli aveva fatto passare per quei quattro anni. Erano in elencabili, davvero, ogni tanto Arthur stesso non riusciva a credere a quello che l’altro gli diceva. Ma Merlin non sapeva che ciò che sarebbe successo nel giro di qualche settimana avrebbe cambiato le cose tra loro per sempre.

Arthur faticò a mangiare il sushi considerando che detestava il pesce. Però pur di far colpo su Merlin era disposto a tutto.

Finirono di mangiare abbastanza in fretta e così andarono a far un lungo giro in centro durante il quale Merlin provò abiti di qualsiasi genere. Nell’ennesimo negozio, Merlin si provò gli ennesimi jeans con grande soddisfazione di Arthur. Se non si fossero trovati in un negozio, molto probabilmente Arthur gli sarebbe saltato addosso almeno da un paio d’ore.

“Allora, come mi vanno questi?” gli chiese per nulla convinto.

“Mmh.. no, preferivo gli altri, questi ti sono davvero troppo larghi.”

“Uhm.. hai ragione. Riprovo gli altri.” Arthur annuì. Dopo un paio di minuti Merlin fece la sua ricomparsa. Con pantaloni decisamente più decenti. Certo che però non era messo male in quanto a fondoschiena!!!!!!!!!

“Sì, decisamente meglio questi.” L’unica ragione per cui li preferiva era che gli facevano un bel sedere.

“Ok, mi arrendo, mi hai convinto. Prendo questi.” Arthur non poté trattenere un sorrisetto diabolico. Merlin però non se ne accorse o più semplicemente non lo diede a vedere e tornò a cambiarsi. Sì, gli stavano proprio bene quei jeans. Pagò e uscirono da quel negozio.

“Arthur, sono tre ore che giriamo per negozi, possiamo fermarci?”

“E va bene! Ma solo per sta volta!” Merlin rimase a bocca aperta. “Eddai che stavo scherzando! Comunque se sei così stanco, possiamo fare un salto a casa mia per una pausa, tanto siamo vicini.”

“Sicuro che non…?”
“Sì, non disturbi, non c’è nessuno tanto.”

“Allora ok.”

Casa di Arthur in effetti non era molto lontana, ma era tutta una questione di punti di vista. Per Merlino quei quattro isolati parvero quattro chilometri, troppo per un ragazzo che non abituato allo shopping veniva portato per tre ore consecutive a girare per negozi e costretto a provare di tutto e di più.

Casa Pendragon ormai la conosceva come le sue tasche, ma non gli era mai sembrata così dispersiva e immensa come quel pomeriggio. Il cancello troppo alto il giardino era troppo vasto, le scale erano troppe, il portone in bronzo erano troppo immenso nella sua immensità, e il salone, era troppo distante dall’entrata. E fuori faceva troppo caldo. E dentro troppo freddo. La testa di Merlin iniziò a girare, tutto si confuse davanti ai suoi occhi, ebbe appena il tempo di pronunciare il nome Arthur prima di crollare a terra.

 

Quando si risvegliò era sdraiato su un letto soffice, troppo soffice perché fosse il proprio. Si guardò intorno e la prima cosa che vide fu un Arthur “leggermente” ansioso che camminava avanti e indietro per la stanza.

“Arthur..” a quel debole  sussurro, il principe si voltò di scatto. I muscoli del viso erano tirati, preoccupati, tesi, nervosi. Non era mai stato così in ansia per una persona.

“Merlin, come ti senti?” il ragazzo lentamente si sedette sul bordo del letto. Il giovane Pendragon gli porse un bicchiere d’acqua.

“Grazie.”

“Prego.” Quando finì di ingollare anche l’ultima goccia d’acqua, cercò di alzarsi lentamente. La prima e la seconda volta fallì e in entrambe le volte, Arthur era pronto lì a sorreggerlo.

“Che fai? Non sfotti?” chiese quasi preoccupato il maghetto, che conosceva bene il principe e sapeva che in un’altra occasione, questa non se la sarebbe fatta scappare.

“ Ne avrò tutto il tempo, non preoccuparti.” Sorrisero e Merlin si avvinghiò al braccio di Arthur ancora più forte. La testa girava ancora. Decise di fare qualche passo senza l’aiuto del principe, ma se non fosse stato che Arthur era a meno di un metro da lui, sarebbe caduto rovinosamente a terra.

Fu in quel momento che Arthur non riuscì più a trattenersi e fece ciò che non rientrava nei piani. Lo guardò intensamente, incatenando i suoi occhi con quelli del mago. Come aveva fatto due giorni prima, egli agì d’istinto, facendo quello che aveva desiderato da un paio di mesi a quella parte. Lo aiutò a sollevarsi in modo che potesse reggersi sulle proprie gambe, poi gli prese dolcemente il viso fra le mani e lentamente accostò il suo viso a quello del ragazzo che più lo aveva fatto dannare, con il quale aveva avuto più scontri in quei quattro anni e mezzo, ma che aveva anche desiderato di più, senza il quale era sicuro di non poter stare. Sfiorò le labbra carnose del moro con un bacio, poi quello sfiorarsi diventò sempre più reale, finché non diventò un vero e proprio bacio mosso da dolcezza e tenerezza. Baciare un ragazzo non era poi neanche così tremendo come aveva sempre immaginato. Almeno, baciare Merlin. In seguito, quasi fosse timoroso di un rifiuto, delineò i contorni delle labbra del ragazzo con la lingua, che strappò al maghetto un gemito di piacere, permettendo alla lingua di Arthur di penetrare all’interno di quella bocca che prometteva dolcezza e tanto bisogno di attenzioni. Merlin rispose al bacio incatenando la propria lingua con quella del principe. Arthur non aveva mai provato una sensazione forte come quella neanche con Morgana. Era brava a baciare, ma c’era qualcosa nel come baciava Merlin che rendeva tutto ciò che li circondava e il bacio stesso, magico. Gli cinse i fianchi con le braccia.

 

“Promettimi che non mi lascerai.” Gli disse il mago una vota che il bacio ebbe fine. Ora erano fronte contro fronte.

“Te lo prometto.” Disse nascondendo subito il proprio viso nella spalla di Merlin. Una lacrima leggera, amara, gli aveva solcato il viso, e Arthur Pendragon non poteva mostrarsi debole a nessuno. Neanche a Merlin. Non avrebbe retto il confronto con quegli occhi color oceano. Detestava mentire, anche se gli riusciva bene; ma non con lui, non con Merlin. Lui era stato l’unica persona con il quale non aveva dovuto mentire, mostrarsi per quello che gli altri volevano che fosse, non avrebbe avuto il coraggio di dire una menzogna tanto grande a Merlin guardandolo dritto negli occhi. Temeva quegli occhi, quel colore, avevano qualcosa che lo inquietava. Sì, anche Arthur Pendragon aveva paura. Ma non era qualcosa che si poteva eliminare fisicamente, come un ragno, un serpente, o la claustrofobia, che si riuscivano a eliminare seguendo delle visite dallo psicologo, che ti aiutava a trovare ciò che ti aveva bloccato da bambino e con il tempo quella paura terminava.

No, non era quella. Era la paura di poter essere scrutato nel profondo dell’animo, e del loro giudizio. E per quella paura non cera che una cura: raccontare tutta la verità, anche se significava perderlo. E questo non era ciò che voleva, quindi, per il momento, si sarebbe accontentato di lui, di godersi ogni singolo attimo della loro esistenza insieme.

 

“Amore, come stai? Come è andata oggi?”

“Bene, sto bene grazie.. oggi? È andato tutto secondo i piani.”

“L’hai baciato?”

“Sì.”

“Dimmi che hai provato ribrezzo!” No.

“Sì, tanto, mi sei mancata da morire oggi, avrei voluto ci fossi stata tu al suo posto.”

“Mi ami?” No, mi dispiace Morgana.

“Sì, amore, certo che ti amo.” Un’altra lacrima, questa volta per quanto sia crudele il mondo e per quanto si aspetti da ogni singolo individuo cose che non si direbbero mai o che il Destino vuole cambiare e per quanto la facciata sia tenuta in maggior conto rispetto la vita privata. E per quanto tutto si aspettino qualcosa di grande, glorioso, maestoso da quell’ Arthur Pendragon che ha cessato di esistere. E per quanto tutte le persone “care siano ceche di fronte all’evidenza. Arthur riesce solo a pensare quanto le bugie siano alla base della società. Odio il mio mondo, la società in cui vivo, fatta di ipocrisia e scandali malcelati che fanno gola a tutti e che tutti sono pronti a rinfacciarti a ogni singolo errore.

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Capitolo 7
*** Falling ***


              

               Falling

 

Ps: ho scritto questo capitolo in prima persona perché scriverlo in 3° mi sembrava di trattarlo troppo freddamente, considerando che è un capitolo abbastanza importante…

6.00  a.m.

Fa freddo, è l’alba e Arthur non riusciva a chiudere occhio: era stata una nottata insonne e non avevo fatto altro che pensare. Pensare a lui. Pensare a Merlin. Alle sue labbra carnose e vermiglie, alla sua pelle candida, ai suoi oceani che aveva per occhi, al bacio che gli avevo dato e a quanto anche solo il suo pensiero mi facesse eccitare, a quanto sentissi il bisogno di averlo con me, sotto di me.. a lui e a come avrei voluto desiderare farlo con lui in quel momento, quanto avrei voluto farlo mio tutta la notte. Ma farlo subito sarebbe equivalso a perderlo. E io non volevo. Non so esattamente da quando Merlin abbia iniziato a diventare il soggetto preferito delle mie fantasie erotiche, però ormai quando lo vedo non posso non pensare a me e a lui rinchiusi a chiave in una stanza. Eh già… se solo potessi…

Intanto però nessuno sarebbe dovuto venire a conoscenza di questi miei pensieri. Nessuno. Anche perché  non ci sarebbe stato nessuno che sarebbe stato disposto ad ascoltarlo.

Infatti come sempre, tutti coloro che avevano avuto dei problemi in quel pomeriggio, aveva cercato conforto da lui: Morgana aveva litigato con la cugina Viviana, e con  Morgause l’ennesima ragazza del liceo, nostra coetanea, che andava farneticando qualcosa riguardo a mio padre e al male che li aveva creato in Camelot e nel suo regno e di quanto presto sarebbe arrivata la vendetta da parte di un componente della famiglia reale. Ginevra aveva litigato pesantemente con Lancillotto e aveva sequestrato il fratello (ovvero il sottoscritto!) per quasi l’intero pomeriggio. Poi l’aveva chiamato anche Lancillotto, così mi ero dovuto sorbire tutta la storia per la seconda volta, totalmente differente da quella di mia sorella, cosicché al termine della chiamata avevo il cervello fuso.

Dulcis in fundo poi con mio padre, Uther che era tornato a casa per cena alle nove e poi mi aveva rinchiuso in salone vietandomi di uscire finché non si fosse sfogato. E già perché anche un sovrano, soprattutto un sovrano, ha le giornate no, e purtroppo per me e i suoi consiglieri, “esseri inutili e incapaci”, come li aveva definiti egli stesso, questa era una di quelle no.

Non aveva fatto altro che camminare avanti e indietro per il salone gesticolando vigorosamente con le mani in aria e sbraitando insulti contro i consiglieri, mentre io avevo preso una sedia e mi ero seduto al contrario, così da appoggiare le braccia sullo schienale e i due pugni uno sull’altro come appoggio al mio viso. I miei occhi guardarono sempre più preoccupati mio padre. Temevo gli venisse un infarto da un momento all’altro, e invece alla fine mi congedò senza dire altro.

Proprio tutti si aspettavano qualcosa da me, riponevano in me tutte le loro speranze, in me, principe ereditario di Camelot, Arthur Pendragon. Già, ma a volte sembravano dimenticare che io ero prima di tutto un ragazzo di diciannove anni e che avevo il diritto di godere della mia libertà senza dover sempre incentrare tutta la mia vita intorno ai miei doveri di principe. So che già solo il fatto di avere come padre Uther Pendragon sicuramente non aiutava a crescere un figlio esattamente come tutti gli altri, però io rivendicavo la vita normale e tranquilla che tutte le persone comuni vivevano, comuni come Merlin. Eh no, che cavolicchio!!!!!!!!!!! Non potevo ridurmi a pensare a lui sempre e così tanto da renderlo n’ossessione! Non era accettabile. Non da me, e sinceramente anche solo il fatto che io pensassi solo a lui, mi stava facendo indiavolare. Non era possibile che da un giorno all’altro la mia vita e il mio atteggiamento nei suoi confronti, fosse cambiato così determinatamente.

Avrei dovuto parlare con… no, me la sarei cavata da solo. Non avevo bisogno dell’aiuto di nessuno.

Per scacciare questi miei pensieri decisi di farmi una doccia. Rigorosamente fredda. Dopo essere uscito tornai in camera, indossai una maglietta a girocollo e a maniche corte aderente nera, dei jeans scuri e dopo aver fatto colazione con Gwen che nel frattempo si era vestita e truccata, mi finii di lavare, mi profumai, mi sistemai il ciuffo biondo e presa la cartella, infilato il giubbotto di pelle nera, uscii di casa con Ginevra.

“Oggi sei più in tiro del solito, Ginevra.”
“Voglio che capisca che cosa ha perso.”
“Non ti sembra di esagerare un po’? ok, ha sbagliato, ma non può avere lui tutta la colpa, no?”

“Mica è colpa mia se lui riesce solo a combinare casini, nes pa’?”

“Prova a parlarci, magari è stato solo un malinteso.”

“Ci  proverò.” Le diedi un bacio sulla guancia. “E tu? Come mai  così in tiro?”
“Trovi?”

“Sì”
“Beh… forse è il colpo di grazia che ci vuole per farlo cadere incondizionatamente ai miei piedi.” Lei rise.

“Che cosa vuoi di più? Mi è giunta voce che l’altro ieri vi siete baciati.”
“Sì, ma non è sufficiente.” Risposi. La verità era che volevo averlo mio, e al diavolo quel piano idiota  che avevo avuto un mese e mezzo fa.

Infatti, come avevo previsto, Merlin comparve poco dopo in compagnia di Lancillotto davanti a noi. Io e Gwen li raggiungemmo.

“Buongiorno ragazzi.”

“Ehi, Arthur, Ginevra, ciao!” rispose raggiante Merlin. Anche Lancillotto mi salutò calorosamente, ma evitò lo sguardo di mia sorella.

“Be, Merlin, che ne dici se li lasciamo soli? Forse hanno bisogno di parlare.” Dissi. Lui non obbiettò. E mi seguì. Arrivammo a scuola prima degli altri e io ne approfittai per portarlo nello stanzino della volta precedente.

“Ehi, Arthur, che stai…?” in tutta risposta, gli diedi un bacio.

“Ti basta come risposta?” Merlin si staccò violentemente dal principe.

“No, Arthur, lasciami in pace, ti prego.”

“Che è successo?”

“Non è giusto, non può funzionare, e poi… tu hai Morgana: non vorrai farmi credere che saresti disposto a lasciarla.”

“È quello che vuoi? Vuoi che io lasci Morgana? Se è quello che vuoi… lo farò, sarò felice di farlo se questo significa non perderti.” Merlin a tali parole mi saltò letteralmente addosso e mi baciò. Mi baciò e io non seppi resistergli. Ricambiai il bacio con molta passione e lo strinsi a me. Sapevo che non avremmo avuto molto tempo per stare insieme, proprio per questo volevo godermi ogni istante con lui. Sapevo bene che questo andava contro tutti i progetti di mio padre, però era la mia vita. E lui non poteva decidere per me. Io lo amavo, io… no, non potevo essermi ridotto ad andare dietro davvero a li, a Merlin.. lui era n ragazzo, lui poteva essere un amico, ma niente di più… Morgana poteva anche essere strana ed esagerare un po’, ma in fin dei conti era una brava ragazza, ci tenevo molto, eravamo praticamente cresciuti insieme.. non potevo farle questo, no, non a lei… fosse stata n’altra ragazza, ma lei no. Mentire a Morgana sarebbe equivalso a  tradirla nella fiducia. Tradire Merlin sarebbe equivalso a perderlo. Mi ero fregato con le mie stesse mani, Merlin aveva proprio ragione quando diceva che ero un asino e uno stupido. Amavo entrambi, ma in due modi differenti. Lei era la mia migliore amica, la sorella che non avevo mai avuto; lui era la persona senza la quale non potevo vivere. Dovevo capire a chi tenessi di più dei due. Se avessi lasciato Morgana, non solo lei non mi avrebbe più rivolto la parola, ma mio padre mi avrebbe fatto una scenata per aver lasciato e compromesso la sua amicizia con il padre di lei. E così avrei compromesso anche il nostro fidanzamento, per chi? Merlin: no, mio padre non l’avrebbe mai accettato. Non potevo lasciare Morgana, né mentire a Merlin. Solo il tempo mi avrebbe portato buon consiglio.

Diedi un ultimo bacio a Merlin e poi uscii trovando la scusa della campanella che era già suonata.

“Bene ragazzi..” disse il professore di italiano appena entrato in classe. “Oggi vi farò qualche domanda dal posto per vedere quanto siete preparati in vista dell’esame.” Noi alunni ci guardammo l’un l’altro.

Il professore decise di andare in ordine alfabetico, e quando arrivò il turno di Arthur, questi rispose brillantemente, così che il professore non poteva dirsi altro che sorpreso, considerando che il principe non aveva mai prestato ascolto alle sue lezioni.

 Lo stesso Arthur era sorpreso e meravigliato di se stesso. Studiare con Merlin e continuare con il gruppo di studio era stato molto positivo per il mio impegno e la mia resa scolastica.

Guardai al banco di fronte a me: Morgana si stava girando verso di me e mai il suo viso mi era parso così bello: quegli occhi verdi smeraldo truccati con un filo leggero di matita nera, erano incorniciati da quei capelli neri corvini che erano così soffici da tentarmi ogni volta di tuffarci dentro il viso per respirarne il profumo. A ciò si univano labbra carnose che coprivano una schiera di denti bianchi e perfetti. E poi c’era la sua pelle candida. Semplicemente era la ragazza perfetta che chiunque avrebbe voluto avere al proprio fianco, ma che solo io potevo concretamente avere. E io davvero avrei perso Morgana, lasciato lei per Merlin? Lui era un ragazzo molto carino, era l’unico che non mi temesse, che si sentisse libero di esprimersi con me, però… Morgana era Morgana e con lei non si poteva di certo competere. Forse per lei provavo più di un semplice affetto e forse, il fatto che io avessi intrapreso questa pazzia nei confronti di Merlin, aveva semplicemente cercato di mettere in dubbio il nostro rapporto, ma adesso che avevo le idee chiare, niente mi avrebbe dissuaso dal fatto che io amavo Morgana e che quello che stava succedendo con Merlin era pura follia. Sentivo il bisogno di lui forse solo per sfogare i miei ormoni, considerando che Morgana e io negli ultimi due mesi eravamo usciti pochissime volte. 

Mi fece un sorriso e si voltò. Ero rimasto a dir poco sorpreso a pensare quanto poco ci volesse a mandarmi in tilt e quanto Morgana lo trovasse facile. Morgana non si poteva sostituire, era a dir poco unica.

“Arthur?”

?” chiesi  quasi mi fossi riscosso da un sogno.

“Tutto bene?” mi chiese leggermente preoccupato.

“Sì, tutto a posto.”

“Bene.” Tornò a prendere appunti. E io lo imitai guardando sempre nella sua direzione. Che cosa poteva mai avermi spinto a baciarlo quel pomeriggio a casa mia? Che cosa mi stava succedendo? Non ero più me stesso con lui, questo ormai era noto, chiaro a tutti, ma… io proprio non riuscivo a capire che cosa mi poteva essere successo. Era stato tutto così strano… avrei dovuto scoprirlo… non potevo essere diventato… nono!!!!! Non se ne parlava nemmeno! Era fuori discussione! Io, principe ereditario di Camelot, non potevo essere deviato!!!!!! Beh… avrei verificato di persona tra tre settimane e mezzo se ero davvero diventato quello che temevo oppure no. Alla festa di Morgana. Già.. tra cinque sarebbe finita la scuola e avremmo dovuto metterci a studiare come dei pazzi e saremmo stati assaliti dall’ansia, la nostra peggior nemica. E alla fine di quelle due settimane saremmo tutti andati alla festa di Morgana per i suoi diciannove anni. E per la fine della scuola. Tutti stavamo aspettando con ansia quel momento, chi per un motivo, chi per un altro.

A distogliere il principe da quei pensieri molto disdicevoli, ci pensò la sorella.

“Arthur? Stai bene? Sei strano oggi.”

“ Sì, Gwen, sto bene, perché tutti pensate che stia male?”

“Ti conosco troppo bene perché tu possa anche solo pensare di potermi mentire…allora, che cosa c’è?”

“Non lo so neanch’io… temo di essermi lasciato andare troppo.” Dissi guardando Merlin. Lei seguì il mio sguardo e sorrise.

“Che c’è da sorridere?”
“Niente è che.. ti stai affezionando a lui e neanche te ne accorgi.”

“Io non mi sto affezionando proprio a nessuno! Non so cosa mi sia preso, e poi perché ne sto parlando con te?” dissi riscuotendomi da quel momento di estrema confidenza con mia sorella e allontanandomi da lei.

Che diamine mi era preso? Perché poi mi ero confidato con lei? Sicuramente sarebbe andata a parlarne con lei e io sarei stato letteralmente fottuto.

Oggi oltretutto sarei dovuto uscire a pranzo con Morgana e poi avrei dovuto raggiungere gli altri nella piazza principale. Saremmo andati tutti a casa di Lance per studiare. E ci saremmo trovati bene come al solito.

A un tratto mi tornò in mente quello che al mattino avevo promesso a Merlin: avrei dovuto lasciare Morgana per renderlo felice e fargli credere che lo amassi. Quanto mi sarebbe venuto a costare? Sarebbe stato davvero un sacrificio lasciare Morgana? O sarebbe stato peggio perdere lui? A queste domande non avevo ancora una risposta, ma sapevo che dovevo parlare con qualcuno… con Morgana stessa, magari sfottendo Merlin, così da prendere la richiesta di Merlin in maniera serena.

La campanella della scuola era appena suonata e io avevo preparato la cartella. Andai da Morgana e le diedi un bacio.

“Allora, amore, andiamo a magiare?” chiesi.

“Sì, ok.” Le cinsi i fianchi con un braccio e dopo aver salutato gli altri (Merlin compreso!), uscii dalla classe stringendo Morgana a me.

“Allora, Arthur, come sta andando? Oggi Gwen mi ha detto che siete arrivati prima di lei e Lance a scola, ma siete entrati per ultimi, o quasi.”

“Abbiamo parlato.”
“Oh, e che cosa ti dice il nostro caro Merlin?”

“Niente di che.”

“Sei sicuro?” mi chiese con aria indagatrice.

“Beh, ecco.. in realtà..  mi ha chiesto di lasciarti; pensa a quanto è arrivato! Avevi proprio ragione tu! È perdutamente innamorato di te.”

“E chi non lo sarebbe?” disse lei di rimando, ricevendo n bacio a stampo da parte del sottoscritto.

“No, dai, seriamente… che pensi che debba fare?”

“Lasciami, e poi svelagli tutto alla mia festa.. non credo che ci sia modo migliore per finire ciò che abbiamo iniziato.” La guardai e ancora una volta non riuscii a meravigliarmi di quanto la mia Morgana fosse determinata e fredda quando si trattava di portare a termine un piano. Era unica nel suo genere. E per questo aveva tutta la mia ammirazione.

Andammo a mangiare in un posto un po’ dislocato dal centro e abbastanza vicino a casa di Lancillotto, in un chiosco al parco. Era il so posto preferito, dove mi aveva portato la prima volta che eravamo usciti insieme. Diceva di sentirsi a proprio agio lì. Era pieno di ricordi di entrambi e di certo tutti belli, riguardando entrambi.

Fin da piccoli infatti i nostri genitori ci avevano cresciuti insieme nella speranza che da grandi ci potessero promettere e unire così i loro interessi.

“ Arthur, che hai?” mi chiese Morgana.

“Niente… stavo solo pensando a tutto ciò che questo posto ha significato e continua a significare per noi.” Mi diede un bacio a fior di labbra.

“Lo sai che ti adoro quando dici così.” Le sorrisi. “Quando pensi di lasciarmi?”

“Non so… dimmi tu… sei tu la vera protagonista di quest’episodio.”
“Mah… fosse per me… lasciami oggi, dopo lo studio.”

“Ok.”
“Così Merlin vedrà quanto tu tenga a lui.”

“Per finta spero.”

“Ma certo. Per finta.” Mi rilassai a quel pensiero, ma non del tutto. Amavo Morgana… forse era così… forse non avrei sofferto nel lasciarlo. Forse ero semplicemente condizionato dagli eventi. Forse era solo un incubo e quando mi fossi risvegliato, tutto sarebbe tornato alla normalità, come sempre.

A un certo punto squillò il mio cellulare.

“Pronto?”

“Dove siete finite?! Vi stiamo aspettando…”
“Ok, Gwen… arriviamo.” Guardai l’ora. In effetti eravamo leggermente in ritardo. Se non altro Merlin avrebbe pensato che avessi parlato con lei del fatto che volevo lasciarla. C’indirizzammo verso di loro e quando arrivammo, i ragazzi ci stavano aspettando da dieci minuti.

C’erano già tutti, Merlin compreso. Gli lanciai un’occhiata per fargli capire che Morgana aveva inteso e poi ci indirizzammo in sala, dove prendemmo posto al tavolo.

Studiammo tutti insieme e senza grandi problemi, anzi, sembrava quasi che il tempo passasse troppo in fretta, e io sapevo di avere lo sguardo di Merlin che mi guardava, sapevo anche il motivo, solo che non potevo farlo in quel momento, mentre tutti stavamo studiando senza altre preoccupazioni in testa se non appunto le interrogazioni e le verifiche. Era troppo lasciarla lì, a casa di Lance, mentre stavamo studiando. Non sarei neanche riuscito a fare a me una cosa del genere. L’avrei lasciata, questo sì, ma dopo lo studio, mentre tutti ci saremmo diretti a casa.. non avevo il coraggio di farle così male, ma neanche di perdere Merlin. Lei credeva che l’avrei lasciata solo per finta, mentre ormai io avevo capito che per quanto potessi tenere a lei, io mi ero… innamorato? No forse dire innamorato era troppo… preso una cotta per Merlin, e a niente sarebbero valse le sue preghiere, l’avrei lasciata senza scrupolo alcuno.

Fu così che quando tutti decidemmo di tornare ognuno a casa propria, decisi di lasciarla.

“Morgana, ti posso parlare? C’è una cosa importante che ti devo dire.”

“Certo, Arthur dimmi pure, che cosa c’è?”

“Io… ecco… non so come dirtelo…”
“Dai, Arthur parla, tanto lo sai che mi puoi dire tutto.”

“Ecco, io volevo dirti che… noi… non possiamo più stare insieme.” Sputai tutto d’un fiato.

Angolo Autrice:

Graaaaaaaaaaaaaaaaazieeeeeeeeeeeeeeeee a tutti quelli che hanno recensito, mi fa sempre piacere leggere i vostri commenti...

Kiroandstrifyforever: sono contenta che ti sia piaciuta molto, grazie per il tuo bellissimo commento... lo so, anche a me fa pena Merlin, però ti assicuro che nella seconda parte della storia Arthur saprà farsi perdonare... non ti deluderò (spero!)

Saruwatari. ecco qui il continuo... spero che ti piaccia..

Ringrazio tutti coloro che sono passati e hanno letto, hanno messo la storia tra i preferiti e chi tra le seguite e auguro a tutte...


Buon  Natale !!!!!!!!!!!!! 

                 &                                                    Buon Ann0!!

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Capitolo 8
*** Sweet Sacrifice ***


   

  Sweet   Sacrifice

“Come scusa? Arthur sei sicuro di stare bene? Insomma, non puoi fare questo a me! Non puoi lasciarmi, non ha senso… cosa dirà Uther Pendragon? E pensi davvero di potermi lasciare come lasci una qualsiasi sciacquetta che ti porti a letto? Eh no, caro il mio Arthur, non ti permetterò di piantarmi così, in asso, come faresti con chiunque altra. Tu non ne hai il diritto e ti devo ricordare chi è la tua ragazza, o ce la fai? Ti assicuro che se stai dicendo sul serio, non te la farò passare liscia e lo sai che io faccio sul serio, Arthur Pendragon. Pensaci bene.”

Calò il silenzio nella stanza. Nessuno tranne Arthur e Morgana sapeva che cosa stava succedendo. Nessuno si aspettava un esploix da parte di nessuno dei due. Neanche Ginevra, sorella del principe, immaginava che Arthur fosse arrivato addirittura a lasciarla, non se ne capacitava e molto probabilmente se ciò le fosse stato riferito non avrebbe creduto a una singola parola, neanche se fosse stato lo stesso Arthur a dirglielo, o il suo amore, Lancillotto. Ma lei era lì, presente e aveva visto e udito ciò che era stato visto e udito da tutti, non poteva essersi sbagliata. Tutti avevano visto la stessa scena che le era stata proposta, non poteva assolutamente sbagliarsi. Ciò che aveva visto era quello che avevano visto tutti e adesso, tutti erano tesi e ansiosi di conoscere la risposta di Arthur, sapere se era uno dei suoi scherzi idioti o se c’era del vero in quello che aveva detto.

“Mi dispiace davvero, Morgana, non avrei voluto arrivare fino a questo, credimi, ma… non ho altra scelta.”

“Si ha sempre un’altra scelta, quella giusta.”

“E in questo caso è lasciarti.”
“Perché?”

“Perché io non provo più niente per te, non ti amo e mi sembra più giusto per entrambi finirla qui… continuassimo ti illuderesti e ti prenderei solo in giro.”
“Uther lo sa?”

“No, ma non importa, troverò sicuramente qualcun'altra che si meriterà più di te di stare al mio fianco.”

“Bene, Arthur Pendragon, ricordati di questo giorno perché sarà l’ultimo in cui io ti rivolgerò la parola.” Disse e uscì dall’abitazione lasciando tutti i presenti di stucco. Istintivamente i volti iù che sconcertati dei compagni e degli amici si voltarono increduli verso il principe.

“Beh, che avete da guardare?” Ginevra stava per parlare, ma il fratello con n movimento perentorio della mano, la zittì.

“Ne parliamo a casa.” E detto questo salutò gli altri e tornò a casa con Ginevra.

“Arthur, che diamine ti è preso? Sai che cosa significa lasciare Morgana? Oltre a scatenare le ire di nostro padre e far sì che l’amicizia tra i nostro padre e quello di Morgana si dissolvi?!”

“ Sì, tanto divertimento, perché, vedi, io Morgana non l’ho lasciata…”
“Come no? Ti abbiamo visto tutti!”

“No, invece… fa tutto parte del piano, ne ho parlato con Morgana a pranzo perché Merlin mi aveva chiesto di farlo altrimenti sarebbe tutto finito, così.. ho voluto fargli credere che io l’ami al punto tale da lasciare la ragazza ci tengo di più.” Ginevra inarcò un sopracciglio. “Dopo di te, logico.. sei mia sorella.”

“Quindi.. era tutta una finta?!”

“Oh sì, e non sai quanto mi sono divertito a far finta con voi tutti che ci avete creduto davvero. Dovevate vedere le vostre facce. Increduli come non mai.”

“Sai il male che stai facendo a Merlin?”

“E allora?” chiese il principe fintamente disinteressato.

“Credi che se lo meriti davvero?”

“Sì, perché, tu no?”

“No: va bene prenderlo in giro, fargli stupidi scherzi, come hai fatto per quattro anni e mezzo, ma adesso non pensi di stare esagerando un po’… giocare con i sentimenti altrui… non è troppo ersino per te, Arthur Pendragon.”
“Ti ho già detto che con Morgana…”

“Non mi stavo riferendo a lei, infatti, ma a Merlin: credi davvero che giocare con i suoi sentimenti ti aiuti a sentirti migliore? Secondo me non ricordi neanche tu bene da che cosa è partito tutto questo,”

“Oh sì invece.”
“Da che cosa allora?” Arthur rimase a pensare. In effetti non aveva un inizio preciso, poi si ricordò dell’ultima litigata.

“Dall’ultima litigata.”

“E cosa è successo di così diverso dalle altre volte?” il principe non rispose. “Vedi, non lo sai neanche tu. Arthur pensaci bene rima di affezionarti a lui e farvi del male.”
“Io non mi farò del male a causa sua, questa è una promessa.”

“Lo spero, per entrambi.” E detto ciò lasciò la camera del fratello.

Arthur rimase in camera a pensare a quello che Ginevra gli aveva detto e al suo futuro dopo la fine del liceo e la festa di Morgana.

Avrebbe detto a Merlin che non c’era mai stato niente, non l’avrebbe mai più rivisto tutti i giorni a scuola, non l’avrebbe più sentito, avrebbe continuato a frequentare Morgana finché un giorno Uther non l’avrebbe costretto a chiedere a Gorlois* la mano di Morgana e si sarebbero sposati. Avrebbero avuto dei figli, lui alla morte di Uther avrebbe regnato e avrebbe assunto il ruolo di re, avrebbe indossato quella corona che tanto sembrava pesare sul capo di Uther Pendragon. Un giorno quella corona sarebbe stata sua.

Da allora avrebbe smesso di essere il ragazzo liceale che tutti conoscevano per sempre.

Da allora tutto ciò che riguardava lui, sentimenti compresi sarebbe uscito dalla sua vita, per sempre.

Da allora Merlin non sarebbe stato più suo, sarebbe uscito dalla sua vita, per sempre.

Da allora tutto ciò che aveva fatto e provato in quegli anni sarebbe stato sacrificato, per sempre.

Da allora Merlin sarebbe stato il suo sacrificio, per sempre.

Da allora qualsiasi cosa lui avesse provato a fare non sarebbe valso a niente, non avrebbe più potuto tornare indietro.

Da allora sarebbe stato non più il principe Arthur Pendragon, non sarebbe stato il principe ereditario Arthur Pendragon, non sarebbe stato neanche Arthur Pendragon o il re Arthur Pendragon: sarebbe stato solo il re, un titolo che lo avrebbe svuotato di tutto il resto che l’avrebbe circondato. L’avrebbe spogliato di tutto. Sarebbe stato semplicemente il figlio che segue le orme del padre tiranno e anche lui, come Uther, sarebbe morto odiato e disprezzato da tutti.

Questo era il suo Destino, quello che ogni tanto Merli citava. Questo era ciò che lo attendeva e lui Arthur Pendragon, pur di non disonorare la stirpe, sarebbe stato disposto a sacrificare tutto, persino se stesso.

Lo avrebbe fatto per l’approvazione del padre che tanto sperava di ottenere, per sé e per il proprio orgoglio.

Lo avrebbe fatto per dimostrare che lui valeva qualcosa, che era degno del titolo che un giorno avrebbe ricoperto.

Lo avrebbe fatto per dimostrare a Merlin che il Destino è soggiogato al volere degli uomini, che lui, Arthur Pendragon era superiore a tutti e che non ci sarebbe stato niente, in questo o nell’altro mondo, che avrebbe dominato su di lui.

 

“Arthur, allora, come pensi che sia andata con Merlin?”
“Anche Ginevra ci è cascata; tornata a casa mi ha fatto la ramanzina e solo quando si è fermata e aveva ormai finito, le ho detto tutto.”

“Quindi lui ci sarà cascato.”
“Sì, sicuramente.”

“Sai, per n momento ho davvero che tu mi stessi lasciando.”
“No, Morgana, non ti lascerò.” Arthur la sentì sorridere.

“Arthur, grazie.”

“Prego, anzi.. di niente.”

“Ti amo.”
“Anch’io.” Penso.

 

Sì, sarebbe sicuramente riuscito a sopportare tutto se al suo fianco avesse avuto Morgana, l’unica ragazza con la quale fosse mai stato e alla quale avesse tenuto. Lei gli avrebbe reso tutto  più facile, tutto più leggero… con lei al suo fianco non avrebbe più sentito il peso dei doveri. Con Morgana al fianco sarebbe riuscito a sopportare qualsiasi cosa.

Merlin sarebbe risultato solo un vago e lontano ricordo. Forse piacevole o forse no, ma l’avrebbe dimenticato, avrebbe ripreso a essere quello che era sempre stato. Il principe borioso e arrogante di sempre.

 

 

 

 

*Gorlois nella leggenda reale è il vero padre di Morgana di cui Uther rende le sembianze per giacere con Ygraine. Nella fiction non viene pronunciato il suo nome, così ho riportato quello della leggenda lo so che anche nella fiction lui muore quando Morgana aveva dieci anni, ma più avanti capirete perché l’ho tenuto ancora in vita…  

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Capitolo 9
*** It's the final countdown ***


  

It’s the final countdown

 

La prossima settimana avrebbero avuto gli scritti e quella successiva gli orali. Tra due settimane Morgana avrebbe dato la festa a casa sua e lui avrebbe lasciato Merlin. Tra due settimane sarebbe finito tutto.

Devo vederlo prima che tutto finisca.

“Merlin, sei impegnato oggi?”
“No, a parte studiare.”

“Allora… se ci vediamo va bene?”

“Sì, vieni tu a casa mia?”

“Non so..”
“Ho casa libera.”
“Ok.” Rispose. Aveva bisogno di vederlo. Aveva bisogno di toccarlo, di baciarlo. Di sentire le sue labbra a contatto con le sue. Aveva bisogno di lui, del suo profumo, di sentire il suo corpo esile premuto al mio. Dopo aver fatto una doccia ed essersi cambiato, andò a casa dell’amico.

Trovò la porta semi aperta ed entrò.

“Merlin?”

“Sì, sì, ci sono.. entra pure.”  Rispose dalla cucina l’interpellato.

“Che stai…?”

“Niente, stavo solo finendo di…” il maghetto non ebbe neanche il tempo di giustificarsi che le labbra di Arthur intrappolarono tra le loro quelle del moro.

“Merlin, taci, ti prego.” L’altro sorrise. Arthur allora lo sollevò e lo fece sedere sul tavolo della cucina senza staccare mai la sua bocca da quella dell’amante.

“No, Arthur, non qui.” Arthur allora iniziò a baciarlo sul collo. “Ti prego…”

 “Allora sul divano.” Disse riappropriandosi delle sue labbra e direzionandosi verso il  suo salone. Lo fece sdraiare sul divano facendo appoggiare la testa del ragazzo che stava per avere sul bracciolo. Incatenò il suo sguardo con quello blu zaffiro di Merlin e si chinò su di esso in modo tale che le loro labbra né si sfiorassero soltanto, né impedissero ai due ragazzi di parlare.

“E adesso… sei mio.”

“Arthur…” sul volto del principe si disegnò un sorriso molto malizioso che prometteva niente di buono. Sicuramente qualcosa di bello, eccitante, meraviglioso, unico, ma niente di buono.

Il principe catturò le labbra di Merlin, ne disegnò i contorni con la lingua strappando al maghetto un gemito che permise alla lingua regale di penetrare e incatenare a sé quella di Merlin, rendendolo prigioniero, come era già lui da lungo tempo ormai, del Desiderio, della Lussuria.

Improvvisamente il principe staccò le proprie labbra da quelle del moro  lasciando una scia calda e umida di baci lungo tutto il collo fino a impossessarsi, scostando un lembo della maglietta, dell’incavo tra il collo e la spalla. Pose le sue mani sui fianchi esili del ragazzo e attirò il bacino del ragazzo contro il suo.

“Merlin, sei troppo vestito per i miei gusti.”  L’altro sorrise e si fece aiutare dal nobile a togliere la maglietta. Rimase a guardare quel corpo così esile e fragile. Percorse quel corpo prima con lo sguardo, poi lo tastò con le mani, avvolgendolo con le braccia possenti, poi lo torturò ricoprendo ogni centimetro di quella pelle con le sue labbra. Si soffermò su un capezzolo, mordendolo e delineandone i contorni con la lingua mentre con una mano era impegnato a inturgidire l’altro. Lentamente percorse il torace con la mano libera fino a sfiorare l’orlo dei pantaloni. Da un capezzolo passò all’altro, invertendo le azioni e procurando ancora gemiti all’amante. Sempre con molta lentezza, ripercorse l’intero torace con baci roventi fino ad arrivare al bordo dei pantaloni.

Merlin stava ansimando e avrebbe continuato a lungo, pensò Arthur.

“Arthur… ti prego… muoviti.”
“Tutto a suo tempo.” Disse tornando a baciare le labbra di Merlin e a sfiorare dapprima, per poi prendere fra le mani sempre più saldamente, l’erezione del moro. Iniziò a massaggiare sempre più velocemente, rendendo sempre più ardenti e roventi e sensuali i baci che si scambiavano. Merlin finalmente lo privò della maglietta avvinghiandosi alle forti spalle di Arthur per sentirsi parte di lui. Arthur, a quel punto slacciò i propri pantaloni e quelli di Merlin iniziando a simulare l’azione stessa della penetrazione, non riuscendo più ormai a controllare i propri movimenti; infatti era talmente alto il grado dell’eccitazione che il suo bacino involontariamente richiedeva quello dell’amante.

“Arthur…” pronunciò il moro ormai all’apice del piacere mordendo la spalla di Arthur per soffocare i gemiti. 

“Merlin…” rispose il principe senza smettere. “Non ho ancora finito.” Arthur stava per baciarlo nuovamente quando il suo cellulare squillò. Guardò svogliatamente sul display: Uther.

Si schiarì la voce e rispose:

“Pronto?”
“Arthur, non m’interessa dove tu sia o che cosa tu stia facendo… ti voglio a casa entro mezz’ora, c’è una questione importante di cui dobbiamo discutere.”
“Sì, signore. Arrivo subito.” La chiamata s’interruppe.

“Chi era?” gli chiese Merlin.

“Mio padre, mi vuole a casa, c’è una questione importante di cui mi vuole parlare.”
“Ah…” Arthur iniziò a rivestirsi e rivolse poi al suo… amante un sorriso.

“Beh… io vado.” Disse una volta che ebbe finito di vestirsi.

“Ok.” Rispose semplicemente l’altro. Arthur si sporse e diede ancora un bacio rovente a Merlin, prima di scomparire.

 

Arrivò dopo una ventina di minuti a casa.

“Padre, avevi bisogno di parlarmi?” chiese l’erede una volta entrato nello studio paterno.

“Sì, stavo considerando la rendita del nostro regno… e devo dire che sono largamente deluso, il regno a nord produce molto di più del nostro e…”

“Di quale regno stai parlando?”

“Della cugina di Morgana… Vi…”
“Viviana?”

“Esattamente.. suo padre ha possedimenti più ampi, Camelot ha bisogno di accrescere le ricchezze, non di essere schiacciato dagli altri regni vicini.”

“Che cosa intendi fare?”
“Ho intenzione di sciogliere la promessa di matrimonio con Morgana la figlia di…”
“So benissimo di chi è la figlia!”
“Lo so che ti chiedo molto, ormai avete instaurato un bellissimo rapporto, però..”

“No!”

“Arthur, mostrami rispetto… sono sempre tuo padre e re.” Arthur si zittì all’istante.

“Non c’è un altro modo per non soccombere?”
“No, Arthur.”
“Vuoi davvero ridurti a chiedere la mano di una principessa straniera e rendere Camelot serva di un altro regno? Vai sempre predicando che siamo noi a dover tenere alto l’onore, siamo i primi a non dover soccombere e combattere per essere indipendenti… e poi al primo problema mi chiedi di rinunciare a Morgana per fidanzarmi con.. la cugina?! È una cosa che non posso fare, padre, mi dispiace.”

“Arthur, davvero credi che io non abbia pensato a questo? Certo lo so cosa significa, ma ci sono dei sacrifici che vanno affrontati.”

“Sì, padre.” Rispose il principe chinando il capo sconfitto.

“Arthur, tra due settimane, se la situazione non migliora, sia tu che Ginevra lascerete i vostri attuali fidanzati e fidanzate e farete ciò che vi ordino.

“Sì.”

“E sarete voi a dare la notizia.”

“Sì.” Ribatté uscendo il principe ereditario.

Adesso come avrebbe fatto a dirlo a Morgana? E a Merlin? Dei, non bastavano i problemi dei ragazzi, adesso ci volevano anche quelli politici.

Mancavano cinque giorni alla fine della scuola.

Mancavano due settimane alla rottura ufficiale tra Arthur e Morgana.

Mancavano tre settimane alla festa della sua ragazza.

Mancavano tre settimane anche alla chiusura del rapporto con Merlin.

 

In meno di un mese tutto sarebbe finito, sarebbe crollato l’intero mondo che lui credeva di appartenere. Sarebbe tutto finito e lui non sarebbe stato più lo stesso. Sarebbe cambiato tutto, lui compreso. Niente sarebbe stato lo stesso dopo la festa di Morgana, tutto sarebbe stato diverso.

 

“Allora, vieni a casa mia questo pomeriggio a studiare?” gli chiese Merlin.

“Sì, penso di sì, così metto a punto tutto il programma per la tesina.”

“Ok, allora a questo pomeriggio, Arthur.”

 

Quel pomeriggio Arthur sentì che c’era qualcosa di sbagliato in quello che stava facendo. Infatti quando entrò non ricercò le labbra  di Merlin, né fece qualcosa che facesse capire a Merlin che aveva intenzione di continuare. Semplicemente preparò i vari argomenti della tesina in modo che fossero tutti concatenati tra loro e poi, una volta che entrambi ebbero finito, se ne andò con un ciao a domani pronunciato con un flebile sussurro.

Quel pomeriggio non era in vena di ridere e scherzare, gli stavano accadendo troppe cose una di seguito all’altra. Non aveva né tempo né voglia di raccontare a Merlin cosa gli stava accadendo anche perché non poteva parlargli del suo problema con Morgana, lui non avrebbe capito. Per Merlin, lui Morgana l’aveva già lasciata, quindi quello era un problema che non sussisteva.

Quel pomeriggio era un pomeriggio no. Quando tornò a casa, tuttavia, si finse allegro e spontaneo come sempre, come se non fosse successo niente. Sua sorella non avrebbe dovuto sapere niente fino all’annuncio ufficiale di suo padre che cosa gli stava accadendo. Lei, come sempre d’altronde, capì che qualcosa non andava, ma non chiese niente perché niente sarebbe stata la risposta.   

 

Mancavano due giorni alla fine della scuola e Arthur non aveva ancora detto niente a nessuno.

Un giorno alla fine della scuola.

Tre ore.

Due.

Un’ora.

Mezz’ora.

Un quarto d’ora.

Cinque minuti.

Un minuto.

Trenta secondi.

Dieci.

Nove.

Otto.

Sette.

Sei.

Cinque.

Quattro.

Tre.

Due.

Uno.

Driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 

 

 

Finalmente la scuola, i liceo, quel dannato liceo, era finito!!!

Non avrebbe rivisto più nessuno di quei ragazzi che per cinque anni erano stati in classe con lui. Non più ragazzine senza un briciolo di cervello che necessitavano di Gossip per parlare. Non più novellini e bulletti che si credevano padroni della scuola. Più nessuno da sedurre, più nessuno da sottomettere. Ma Arthur Pendragon sicuramente avrebbe trovato sicuramente un altro divertimento, un altro modo per passare il tempo. Avrebbe sicuramente fatto qualcosa, non se ne sarebbe stato con le mani in mano. 

Arthur vide Merlin scostante. Non gli aveva rivolto la parola per quasi tutto il giorno. Cercò di non perderlo di vista e uscì con gli altri spensierati. Tutti parlavano già di vacanze e sembrava che per loro la scuola fosse davvero finita. Non riuscì a trattenersi. Andò da Merlin che parlava tranquillamente con Will. Il principe notò il cambiamento del maghetto quando lo notò avvicinarsi a lui.

Si sentì preso per un braccio. Ora erano uno di fronte all’altro.

“Si può sapere che diamine ti prende che è dalla scorsa settimana che non mi rivolgi la parola?!”

“Pensi davvero che non abbia capito che io… non valgo niente per te? Che tu mi stai mentendo?!”

“Non è vero!”

“Allora dimostramelo!” ti guarda sfidandoti. Senza pensarci due volte, davanti a tutti li studenti, Arthur lo prese e lo baciò, incurante di quello che li altri possono pensare. Lo baciò con una passione sfrenata, da troppo (una settimana) tenuta dentro. Lo attrasse a sé approfondendo il contatto delle labbra imprigionando la sua lingua con quella del maghetto. È un bacio che dura troppo poco per i gusti di Arthur. Giusto qualche minuto, durante i quali tutti rimangono muti e realizzano che quello che vedono è reale. Persino Morgana e Ginevra e tutti gli altri, finalmente, capiscono che Arthur in quel periodo, non ha fatto che prendersi gioco di loro e che quel che prova per Merlin è più che reale.

Al diavolo quell’assurdo piano idiota che si era proposto.  Lui amava Merlin e aveva deciso di non doversene vergognare e che non avrebbe lasciato che suo padre si intromettesse tra lui e l’oggetto del suo amore. Succeda quel che deve succedere, ma tu Merlin non lo lascerai mai.

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Capitolo 10
*** So Scandaluous! ***


        So scandaluous!

Erano passati  pochi giorni dal più che plateale bacio che Arthur aveva dato a Merlin, e Uther aveva già saputo tutto.

Arthur aveva passato l’ennesimo pomeriggio a casa del suo adorato Merlin ed era tornato a casa tranquillo, non sapendo l’ira del padre che avrebbe incontrato una volta varcata la soglia.

“Ciao, Uther.” Lo salutò Arthur.  

“Dove sei  stato?”

“A studiare a casa di Merlin.” Rispose il principe con ovvietà. E questa volta, con gli esami in vista, avevano davvero studiato. Avevano deciso che tempo per loro lo avrebbero ricavato dopo gli esami, quando ormai era tutto finito.

“Arthur, non voglio che tu ti veda più con quel ragazzo.” Arthur lo guardò confuso. “Sai benissimo a cosa mi riferisco, non far finta di non saperlo.”

“Ma padre…”
“Niente ma.. ti rendi conto della gravità delle tue azioni? Baciare un ragazzo come lui.. davanti a tutti.. è uno scandalo, Arthur, uno scandalo che infanga il tuo onore, il mio e quello di tuo nonno, Aureliano Ambrosio *. Se siamo ciò che siamo lo dobbiamo solo a lui. Tu non ti rendi conto di quanto tuo padre e tuo nonno abbiano impiegato per far sì che Camelot diventi la potenza che è adesso. E tu vorresti mandare tutto questo all’aria, distruggere tutto quello che abbiamo costruito per un ragazzo? Neanche nobile per giunta! No, Arthur, non te lo permetto. Adesso tu spiegherai che è stata solo una ragazzata, una scommessa. Inventati quello che vuoi, ma non infangare oltre la casata dei Pendragon. E per dimostrarlo, esilierai questo Merlin e renderai ufficiale il tuo fidanzamento con Morgana. Sono stato chiaro?!”

“Avevi detto che il mio fidanzamento era saltato.”
“Ci ho ripensato: d’altronde Gorlois è un uomo potente ed è un mio caro amico. Non posso fargli questo torto.”

“Sì, padre, farò come desideri.” Proferì Arthur sconfitto. Per quanto ne dicesse, non avrebbe mai avuto il coraggio di opporsi al padre, perché suo padre era tutto per lui, non aveva nessun altro che valesse quanto lui, e per quanto l’amore che provava per Merlin fosse immenso, non avrebbe mai disobbedito al padre. Forse ci era troppo legato, però lui era la sua famiglia. Ginevra sì, era la sorella, ma non erano mai andati d’accordo più di tanto e lei non aveva il coraggio di opporsi, perché le sue sarebbero state solo parole al vento.   

Rabbia era quello che provava. Rabbia verso il padre, che proprio non voleva capire e non avrebbe mai capito, rabbia per se stesso, che da idiota com’era (eh sì, doveva ammetterlo… Merlin su questo, MA SOLO SU QUESTO!!, aveva ragione..) non aveva il coraggio di disobbedire al padre. In realtà su questioni importanti non gli aveva mai disobbedito, neanche da bambino. Aveva sempre cercato di renderlo orgoglioso, aveva sempre cercato la sua approvazione. Era tutto quello che desiderava. Oltre a Merlin, logico.

Nessuno lo aveva fatto sentire a proprio agio, libero di mostrarsi senza alcuna restrizione per quello che era. Nessuno aveva cercato di capirlo, di accettarlo nel bene e nel male, di saperlo prendere nei momenti buoni e in quelli bui. Nessuno lo aveva accettato anche per i difetti che aveva. E neanche aveva cercato di mostrarsi disponibile quando era lui ad aver bisogno di lui. Nessuno li aveva mai chiesto che cosa provasse o cosa volesse. Nessuno tranne Merlin.

Lo aveva cambiato, era obbligato ad ammetterlo, però, stranamente, non era una cosa che gli dava fastidio, anzi, si sentiva persino più leggero. Peccato solo che tutto queste avrebbe portato a una fine. Tutto sarebbe finito. E questo era ciò che più lo tormentava. Tutto sarebbe finito e non per la fine della scuola, ma per ciò che il padre, fin da quando era stato un bambino, ma per il suo dovere di futuro sovrano di prendere moglie e permettere alla stirpe dei Pendragon di esistere.

Avrebbe dovuto esiliare Merlin, lasciare che tornasse al suo paese di origine, Ealdor. Per non tornare mai più. Non avrebbe più rivisto Merlin. E se questo fosse successo, sarebbe avvenuto solo per giustiziarlo. Per ucciderlo. Ucciderlo nell’anima ancora prima di ucciderlo nel fisico. Lui, Arthur Pendragon non si sarebbe macchiato del suo sangue, no; non ne avrebbe avuto il coraggio. Avrebbe lasciato che qualcun altro lo tenesse in custodia, che lo tenesse nelle segrete, che lo conducesse nella piazza principale, e, a un suo ordine, lo privasse della vita.

Il principe era in stanza, appoggiato con l’intero avambraccio al vetro della finestra. Stava guardando in basso, in un punto vuoto del giardino, quando sentì il rumore di un paio di tacchi avvicinarsi a lui. Non si girò nemmeno.

“Arthur, ti stai facendo male, lo sai questo, vero?”
“Non è vero.”

“Arthur, lo sai che ho ragione.”
“Non m’importa niente di lui. È solo un passatempo, non ha alcuna importanza ai miei occhi.” “Arthur.” Pronunciò in tono duro. Il principe cedette.

“Non sono io a volerlo.”

 “Devi reagire…”
“Ginevra, non mi aspetto che tu capisca: tu non sei l’erede al trono, tu non diventerai re, tu non sentirai il peso di tutte le responsabilità gravarti sulle spalle. Tu… non sei me.” (Ma  non mi dire Arthur!). Ginevra tacque: sapeva che Arthur aveva ragione, lei non poteva capire.

“Forse non saprò che cosa si prova a sentirsi così pressati da tutti i doveri e le aspettative del regno, ma capisco quando una persona soffre.” Arthur si voltò di scatto. La guardò per lunghi istanti perdendosi negli occhi color nocciola della sorella. Poi chinò il capo.

“Dovrò esiliare Merlin, finiti gli esami.”
“E dove sta il problema, se davvero non te ne importa niente di lui? Devi già dirgli che gli hai mentito, che l’hai preso in giro per tutto questo tempo… non vedo che problema ci sia, Arthur Pendragon.” Dice con il dente avvelenato. A lei Merlin stava simpatico dopotutto. Ed esce.

Arthur rimase lì, solo a pensare a sé e a Merlin. Esiliarlo. Avrebbe potuto davvero farlo in serenità, a cuor leggero? A quella domanda Arthur sentiva dentro di sé che vi erano due vie: una illuminata dal fuoco domestico, dal focolare della ragione, dalla razionalità; l’altra illuminata dal fuoco selvaggio e incontenibile del cuore.  La ragione gli imponeva di considerare quella per Merlin come una sbandata, di ignorarla, di lasciare che il tempo e le persone che davvero tenevano a lui lo aiutassero a dimenticarlo. Gli diceva che il suo posto era al fianco di Morgana, che alla morte di suo padre, con una regina forte e intelligente come Morgana, avrebbe donato pace e prosperità a Camelot e ai suoi sudditi. Che le giornate non sarebbero più state tetre e buie. Il cuore, invece gli suggeriva di ribellarsi al volere di suo padre, che anche lui avrebbe dovuto stare con la persona che amava. Gli diceva di ignorare la ragione perché i giorni passati lontano da Merlin sarebbero valsi un’eternità, che l’amore celato nel suo animo per Merlin sarebbe arso finché non l’avesse consumato, che la ragione presto si sarebbe arresa comunque e l’avrebbe lasciato in balìa della pazzia.

Ribellarsi a suo padre, ma per fare cosa? Fuggire come un dannato braccato dalle stesse guardie che fino al giorno prima avrebbero dato la propria vita per salvarlo? Per sentirsi straniero nella propria terra? Per allontanarsi, da Camelot, la città in cui era nato e per la quale aveva messo a servizio la propria lealtà e la propria vita e spada? No, era fuori questione. Non avrebbe rinunciato mai alla propria città. Aveva giurato di servirla ed eseguire ogni suo ordine, e se questa era la prova cui era stato sottoposto per provare la propria lealtà, l’avrebbe fatto. Avrebbe sofferto, avrebbe sofferto per la perdita del suo amore, ma l’avrebbe fatto per un bene superiore. Per una giusta causa.

Aveva deciso infine: avrebbe lasciato Merlin.

 

*Aureliano Ambrosio è un personaggio di cui si fa menzione nel De exicidio Britanniae di Gildas, un. Si dice che fosse l’ultimo dei romani giunto in Britannia e che guidò i Bretoni  contro i sassoni, uccidendo il loro capo Vortigern. Da lui, ultimo dei romani, nascerà poi Uther, il padre di Arthur. Ma le versioni su di lui e sulla sua figura sono talmente contrastanti che non si sa quale scegliere. A me piaceva l’idea di vederlo come il capostipite della famiglia Pendragon, ma questa è solo una mia fantasia, siate liberi d’interpretarla come meglio credete!!!!!

 

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Capitolo 11
*** I'm a loser. ***


     I’m a loser.

“Allora, Arthur Pendragon, è vero quello che si vocifera?” gli domandò una giornalista.

“Dipende: che cosa si dice?”

“Che Voi e Merlin, il ragazzo che ha baciato l’ultimo giorno di scuola, avete una relazione?” ribatte la stessa giornalista.

“No, non ho mai avuto relazioni con ragazzi per il momento, e mi auguro di non averne…d’altronde al liceo ero famoso per le ragazze che frequentavo, di certo non per i ragazzi che mi portavo a letto.”

“Grazie.”
“Ma allora il bacio di qualche giorno fa??” chiede un altro giornalista, uomo questa volta.

“Quello era solo… una scommessa che avevamo fatto: aveva scommesso che non avrei mai avuto il coraggio di baciarlo, e ho vinto.”

“Sembrava piuttosto appassionato.” Arg! Era così evidente??

“Consideratelo come… un marchio: per fargli capire che nessuno può sfidarmi e pensare di passarla liscia.” Pronunciò in risposta, tornando a essere il principe borioso che era sempre stato. Il cuore, quello che ha deciso di abbandonare, accantonare, sembrò quasi dirgli: “Dovresti sentirsi a tuo agio, finalmente libero dal suo pensiero che ti tormenta, dovresti non pensare più a lui. Invece la sua immagine ti perseguita, si fa largo nella tua mente, s’impadronisce di te, ti governa, ti domina, ti annebbia la mente. E poi, ti vince ricordandoti quale piacere provi stando anche solo vicino a lui, quanto tu desideri toccarlo, farlo tacere imprigionando le sue labbra piene con le tue. Quanto vorresti soffocarlo a furia di baci, quanto senti il bisogno della sua pelle a contatto con la tua, del tuo corpo sopra il suo, di sentire i suoi ansiti tramutarsi in gemiti, della sua bocca semiaperta mentre pronuncia il tuo nome facendo infiammare ogni singolo millimetro di pelle di bruciante e insaziabile desiderio. Ti accorgi che ciò che hai non ti basta, che lo vorresti ancora, ancora e ancora. Hai deciso di lasciare Merlin al suo destino, ma sappi che questa è la pena che dovrai scontare, finché quella tua zucca vuota non capirà che non puoi lasciarlo.” Gli sembrò di sragionare in quel momento. Iniziò a rispondere a macchinetta alle domande che gli venivano poste. Per sua fortuna non durò a lungo. Infatti dopo dieci minuti i giornalisti si dissero soddisfatti e lasciarono il sovrano e il principe ereditario liberi di andare.

Quando tornarono il padre afferrò Arthur per un braccio e gli sussurrò con voce dura.

“Spero di non dover ripetere esperienza.”
“Non capiterà più, padre: è una promessa.” Rispose gelido il principe senza alcuna inflessione particolare della voce.

Bene.” E il sovrano si congedò.  

Tornò nella propria stanza e si sdraiò sul letto stanco. Non pensava che un intervista potesse essere così devastatrice. Inspirò ed espirò profondamente. Aveva bisogno di rimanere da solo. Aveva appena rinnegato l’amore che provava per Merlin.

 

Ti ci devi abituare.

 

Gli ricordò la ragione. Pensi che in fin dei conti hai affrontato di peggio che qualche pensiero erotico su Merlin e che quindi, tutto sommato, ce la puoi fare.

Chiami Merlin; d'altronde il sipario non è ancora calato sulla scena, e tu devi rimanere in scena fino alla fine della recita.

“Pronto”
“Ciao, Merlin, sono io Arthur.”

“Ciao.”

“Come va?”

“Bene grazie, a parte lo studio.”

“Beh, sì, quello anch’io… domani sei libero”

“No, ho gente a pranzo.”
“Ah. Da quando in qua tua madre invita gente a pranzo”

“Sono arrivate delle sue amiche che non vede da tanto e vuole che io resti con lei.”

“Buona fortuna.”
“Grazie, ne ho bisogno.” Sorridete.

“Beh, allora ci sentiamo.”
“Sì, d’accordo a presto.”
“A presto.” Lui chiude la chiamata. Tu rimani ancora con il cellulare vicino all’orecchio; l’hai sentito, ma non era felice come sempre. Non come le altre volte. Continui a ripercorrere con la mente cosa può averlo disturbato. Forse ha saputo dell’intervista. Forse lasciarlo sarà meno doloroso perché lui se ne sarà reso conto. Forse sarà lui a lasciarti. E se così fosse, cosa faresti? Lo lasceresti, oppure gli diresti che lo ami, che è partito come uno stupido scherzo ma che in fondo e ne sei innamorato realmente? E lui, i crederebbe? E cosa faresti, considerando che tuo padre lo ha esiliato?? Non potrebbe restare qui, perché Uther lo ammazzerebbe. Sei perso nei tuoi pensieri quando tuo padre arriva in camera tua.

“Arthur, dì a tua sorella di tornare a casa perché stasera renderemo ufficiali i vostri fidanzamenti.”

“Perfetto, va bene, padre,.” Lui sparisce chiudendosi la porta dietro. Mandi il messaggio e apri le immense ante del tuo armadio per scegliere i vestiti che indosserai.

Li tiri quasi tutti fuori e alla fine scegli per qualcosa di classico che però non ti faccia sembrare troppo il damerino figlio di papà che tutti credono che tu sia.: camicia bianca, un po’ aperta, pantaloni neri sempre in jeans e una giacca nera. Lasciò gli abiti fuori e poi si prenotò la doccia, sotto la quale rimase un po’ più del dovuto. “Devi smetterla di pensare a lui, al suo viso, alle sue espressioni, alle sue labbra che si fondono in un bacio con le tue.” Cercò di convincersi Arthur.

Appena uscì, si asciugò i capelli sistemando quel ciuffo che tanto adorava, e vestito solo di un asciugamano legato in vita, tornò in camera salutando Ginevra che, da quanto hai capito, è fuori dal bagno da un po’.

Si vestì, si profumò e poi andò dal padre in camera, che approva.

Dopo dieci minuti Ginevra uscì dal bagno e andò in camera a vestirsi. Quando riapparve al fratello, questi quasi non la riconobbe. I capelli erano raccolti con fili d’oro. Portava una collana dello stesso metallo e una veste color grano, sopra la quale era chiusa una gamorra color zafferano, che risaltava la carnagione della ragazza. Ai piedi portava delle scarpette con un tacco abbastanza alto da permetterle di slanciare la propria immagine.

“Allora? Che ne dici?”

“Stai.. benissimo.” Lei fece un debole sorriso. “Ce l’hai ancora con me?”
“Sono affari tuoi, però sappi che se lo lasci ti fai del male, e io non voglio vederti soffrire.” Arthur sorrise e, dopo averle dato un bacio sulla guancia, si allontanò lasciando la sorella e tornando a incupirsi con i suoi pensieri.

Intanto Ginevra mandò un messaggio:

 

Uther annuncerà il fidanzamento di Arthur con Morgana stasera, se te la senti puoi venire e cercare di fermarlo.

 

L’immensa sala era tutta addobbata per occasione, si stavano tutti preparando per la grande serata ed erano stati invitati tutti i nobili della città. L’immenso giardino era stato costellato da luci, piante esotiche, fontane. Addobbi di ogni genere testimoniavano la presenza del grande evento che di lì a poco si sarebbe manifestato a tutti. Uther attendeva quel giorno da anni. Poter vedere i propri figli fidanzati, era la cosa che più lo rendeva orgoglioso. E doveva tutto ciò a Ygraine, la sua adorata moglie. Quanto avrebbe voluto poterla riavere lì, al suo fianco. Di sicuro il distacco dai propri figli gli sarebbe pesato di meno. Ne era sicuro. Sicuramente avrebbe indossato gli abiti migliori e sarebbe apparsa come una vera regina, altera e orgogliosa. Avrebbe superato chiunque in bellezza, persino Morgana. Con quei suoi riccioli tinti di sangue, quella pelle chiara e quegli occhi color nocciola, caldi. Era stata l’unica donna che avesse mai amato e che avrebbe trovato difficilmente un rimpiazzo, anzi, non l’avrebbe mai trovato, perché lei era dolce e generosa, ma allo stesso tempo dura e    temeraria: era stata infatti l’unica donna che non lo avesse mai temuto e che non si fosse fatta corrompere dalla sua ricchezza e dal suo potere. Era sempre stata se stessa, ed era proprio questo che aveva fatto capire al sovrano che lei sarebbe stata la ragazza ideale. Sfortuna volle però che fosse morta poco dopo il parto. Aveva fatto in tempo a sussurrare i nomi dei bambini che aveva spirato. E quelli , aveva deciso il sovrano, erano stati i nomi dei bambini. Una maledizione. Perché anche solo pronunciare il loro nome recava in lui un dolore indicibile. Soprattutto pronunciare il nome della figlia, che più incarnava lo spirito della madre. Sia nel carattere che nel fisico. Uther non guardava mai negli occhi la figlia. Quel marrone così caldo, una volta che si era fermato a guardarla negli occhi, gli aveva fatto pronunciare quel nome, quelle sette lettere che componevano quel nome tanto amato. Sette lettere quante erano quelle del nome della figlia.

Adesso li vedeva lì, ordinare ai servitori dove posizionare i fiori, come sistemare i tavoli, impartire i posti a tavola. Erano tutto sua madre, ma loro non lo sapevano. Loro non potevano immaginare quanto in fondo Uther volesse loro bene. Tirò fuori dal aschino della sua camicia scura un piccola foto della moglie e le fece vedere i due figli poco lontani.

“Vedi, questi sono i nostri bambini. I tuoi bambini. Guardali.” Poi ripose nel taschino, vicino al cuore, l’immagine della moglie.

 

In breve il rumore dei motori delle auto iniziarono a riecheggiare sulla ghiaia e allora, Uther con Arthur alla sinistra e Ginevra alla sua destra, si stanziarono davanti ai portoni spalancati pronti a ricevere gli ospiti. I primi ad arrivare furono Gorlois e Morgana.

Arthur in quel momento non poté non pensare quanto la sua ragazza fosse meravigliosa e splendente.

Aveva indossato un abito lungo, rosso chiaro, coperto da una gamorra rosso ciliegia, con dei bracciali d’oro alle braccia. Al collo portava la sua collana preferita, quella che sua madre, prima di morire, le aveva regalato. Portava dei piccoli orecchini d’oro e i suoi lucidi e splendidi capelli castani scuri con i riflessi rossi erano raccolti da un diadema d’oro e pietre preziose che con il tramonto iniziavano un gioco di riflessi e luci e ombre da lasciare incantati. Nonostante tutto, alcune ciocche venivano lasciate cadere ribelli a contornare quel viso apparentemente innocente.

Lei e il padre salirono lentamente le gradinate in marmo e poi salutarono gli ospiti.

“Finalmente, Gorlois, il gran giorno è arrivato.”

, Uther, finalmente.” Dissero sorridendo e scambiandosi un paio di pace sulle spalle. Morgana salutò calorosamente Ginevra, per poi salutare Uther e giungere così finalmente al suo ragazzo, che da quando l’aveva vista posare piede a terra, aveva desiderato.

“Arthur.”
“Morgana.”
Il principe le depositò due affettuosi baci sulle guance e poi le porse il braccio. Tutti entrarono nel palazzo che ben presto si sarebbe riempito di convitati. Cosa che accadde.

Uther aveva proprio pensato a tutto e fu così che in meno di un quarto d’ora, i convitati si dispersero nel giardino. Morgana non era mai stata così felice. Tutti le stavano intorno e non facevano che lodarla per la sua bellezza, eleganza e avvenenza, commentando liberamente con lei il fascino del principe. Lei era cresciuta per quell’ambiente, lo si notava. Per questo Ginevra le stava sempre al fianco, per poter apprendere sempre di più come si doveva comportare una regina. Perché lei sarebbe diventata regina, ne era certa. Qualche anno e il loro matrimonio sarebbe stato celebrato. Quel giorno però anche Ginevra era al centro delle attenzioni e finalmente poteva affermare di sentirsi a proprio agio. Aveva finalmente appreso l’arte di essere una buona padrona di casa.

A breve arrivò anche Lancillotto che prese posto al fianco della sua amata Ginevra.

Anche lui vestito elegante, faceva la sua figura.

Arthur nel frattempo si dilettava a intrattenere gli ospiti che di tanto in tanto incontrava lungo il cammino. Voleva trovare Morgana e baciarla. No, in realtà era Merlin che voleva, ma sapeva che lui non sarebbe mai venuto.

 

Merlin nel frattempo, aveva ricevuto il messaggio, si era lavato e vestito con i migliori abiti che avesse ed era uscito per raggiungere Arthur. Aveva corso a perdifiato per tutta la strada che distanziava la sua abitazione e quella di Arthur, sapendo che se avesse perso tempo ad aspettare i tram, anche fosse riuscito a beccarne uno al volo, non gli sarebbe mai sembrato più lento. Era davvero indescrivibile la sensazione che provava in quel momento.

Attraversò corsi, isolati, semafori con il rosso, rischiò di farsi mettere sotto almeno un centinaio di volte, ma non gli interessava niente, aveva solo un pensiero in testa. Arthur, Arthur, Arthur, Arthur. Avrebbe anche potuto rompersi una gamba, essere investito da un tir prima  e da un pullman poi, gli sarebbe potuto capitare tutto, ma niente l’avrebbe distolti dal suo unico obiettivo: andare da Arthur.

Arrivò davanti alla cancellata con il fiato corto, la gola secca e il respiro strozzato. Aveva corso per mezz’ora di fila, cosa cui lui non era abituato e che non era per niente bravo a nascondere. Appena prese fiato, alzò il capo e vide tutti li invitati alla festa. E poi scorse Arthur in compagnia di Morgana, bella come non mai. La vedeva felice, sinceramente felice. Gli occhi irradiavano una luminosità d’animo e una gioia che in cinque anni di scuola, lui non aveva mai visto sul suo volto. E poi guardò il suo principe, quanto fosse bello e come stesse bene con Morgana, quanto si sentisse a proprio agio in mezzo a tutti quei nobili, a quanto fossero adeguati l’uno all’altra e quanto fosse stato egoista a pensare che lui avrebbe lasciato Morgana per lui.

E così come era arrivato, se ne tornò a casa. Qualcosa dentro di sé gli aveva detto che non era giusto, che era inutile, che non era Destino. Che loro non erano fatti per stare insieme e che non avrebbe rovinato la festa ad Arthur.

 

“Allora, Arthur, a quando le nozze?” gli domandò uno dei tanti invitati. In quel momento si sentì morire. Non ci aveva ancora pensato. Non era pronto a una domanda del genere, anche se se la sarebbe dovuta immaginare. Idiota. Idiota, idiota.

“Presto, se la mia dama è d’accordo.”
“Dipende da quanto intendi tu per presto; io sinceramente volevo lasciar passare qualche anno, da poter terminare gli studi.”

“E sia.” Disse baciandole le mani. Lei chinò il capo.

“Non sapete quanto mi scaldi il cuore vedere ancora giovani così innamorati.” Entrambi sorrisero. In quel momento Uther si avvicinò a loro.

“La cena è pronta per essere servita, Arthur, conduci i nostri invitati al salone delle cerimonie.”

“Sì padre.” E detto questo, Uther sparì. Arthur intercettò Ginevra e le fece segno di dirigere li convitati nella sala delle cerimonie. Quando si girò vide che Morgana era già partita ad annunciare la notizia in giro e così fecero anche il principe, Ginevra e Lancillotto. Nel giro di pochi istanti tutti i commensali si rovesciarono nella sala a loro indicata.

Questa era ampia e con una tavolata disposta a ferro di cavallo che sembrava quasi abbracciare i commensali che entravano. I tavoli erano ricoperte da tovaglie di seta bianche che ricadeva flessuose sul pavimento lucidato a regola d’arte.

“Adesso, miei cari e illustri ospiti, avremo l’onore di veder celebrato il fidanzamento tra i nostri cari quattro giovani.” Seguii uno scroscio di applausi. Entrò il sacerdote e le due coppie si sistemarono di fronte a lui, una di fianco all’altra.

Con l’olio e l’acqua benedetta segnò una croce sulla fronte di ognuno, poi li fece mettere di profilo cosicché li ospiti potessero vedere, uno di fronte all’altra con le mani le une in quelle degli altri.

“Giurate, voi, Arthur Pendragon, figlio di Uther Pendragon principe ereditario di Camelot, di impegnarvi seriamente con questa fanciulla, Morgana figlia di Gorlois, duchessa di Cornovaglia e di non tradirla fino a nuovo giuramento?”

“Io Arthur Pendragon, principe ereditario di Camelot, giuro solennemente di non tradirti e di dimenticare tutto ciò che fino a oggi, e di esserti fedele fino al giuramento del sacro vincolo del matrimonio.” Lei chinò il capo. Aveva guadagnato un’altra vittoria, contro tutte e contro Merlin. Arthur aveva giurato che sarebbe stato solo suo.

“E voi, Morgana, figlia di Gorlois e duchessa di Cornovaglia, giurate di impegnarvi seriamente con il principe ereditario di Camelot Arthur Pendragon, e di essergli fedele fino a nuovo giuramento?”
“Io, Morgana, figlia di Gorlois, duchessa di Cornovaglia, giuro solennemente e di non avere altro uomo se non te, e di restarti fedele fino al giuramento del sacro vincolo del matrimonio.”

Il sacerdote quindi si spostò verso l’altra coppia che ripeté il giuramento. Allora, il sacerdote prese due ghirlande vere, di quelle che si vedono solo a natale, e ne posò una per ciascuna coppia e le legò.

“Legando questa ghirlanda, io non solo lego due casate, ma anche due anime. Io vi dichiaro ufficialmente fidanzati. Il principe può baciare la duchessa.”
“Lo so.” Rispose Arthur provocando il sorriso della sua amata e dei convitati.

“Il cavaliere può baciare la principessa.” Lancillotto non rispose nulla.

Arthur allora, per quanto poteva, attrasse a sé Morgana e le donò il bacio più dolce e sensuale che potesse mai dare.

D’altronde lui aveva Merlin davanti, continuava a pensare. O sperava. Quando anche Lancillotto baciò, seppur con meno trasporto, Ginevra, uno scroscio di applausi invase la sala e il prete slegò a entrambe le coppie, la ghirlanda. Arthur, finalmente libero, ghermì Morgana trasportandola in un bacio che non voleva terminare. Era accecato dalla passione che provava per Merlin che semplicemente non riuscì a trattenersi. La baciò. Quando si staccarono, lei era felice. Aveva sentito che l’amava. Poi, come se niente fosse, le due coppie si diressero verso i loro posti. Al centro del tavolo orizzontale c’era Uther, alla destra del quale si sedette Arthur con Morgana al fianco, la quale aveva il padre vicino a lei, e dall’altro sedeva Ginevra, seguita da Lancillotto e dalla madre di quest’ultimo.

Il banchetto fu squisito e anche l’intrattenimento. I giullari di corte riuscirono a stupire persino lo stesso re con i trucchi di “magia” e con i loro spettacoli da lasciare senza fiato. Arthur più di una volta pensò a Merlin che aveva sempre adorato i banchetti e poter partecipare a uno di corte, con tutti i nobili della città. E ogni volta cercò la mano do Morgana, liscia, morbida, ben curata. Semplicemente perfetta.

Una volta terminato il banchetto, si aprirono le danze. E furono proprio le due coppie ad aprirle.

Le due coppie danzarono tutta la notte. Arthur non poteva credere di aver partecipato alla cerimonia davvero e che davvero il suo… amante non fosse venuto a cercarlo. Contava sul fatto che Merlin sarebbe venuto e gli avrebbe impedito di fidanzarsi. Invece… eccolo lì, solo, con Morgana che danzava stretta a lui e che aveva aspettato quel momento tutta una vita. era davvero frustante trovarsi lì in mezzo a tutta quella gente che condivideva una gioia comune e lui, che era uno deiu principali oggetti di ammirazione e che avrebbe dovuto essere più felice degli altri, in realtà volesse sparire, chiudersi in camera fino alla fine del ricevimento. Voleva sentire il profumo di una pelle sotto la sua, voleva inebriarsi di baci, voleva rimanere solo con la persona che più gli era stato vicino. Terminata l’ennesima danza, Arthur portò Morgana fuori dal cerchio dei danzatori, per poi condurla nelle proprie stanze.  

“Arthur.. dove mi stai portando?”

“Nell’unico luogo in cui possiamo stare soli indisturbati.” Lei sorrise. Quando furono davanti alla porta della camera principesca, lui si girò verso la propria ragazza, le prese le mani e la fece entrare. Poi chiuse la porta. Lei gli passò una mano sulla guancia accarezzandolo. Lui la prese con la sua e la fermò. Le depositò un bacio sul palmo e poi, con la mano libera , la cinse per i fianchi e l’attrasse a sé. Lei gli depositò un bacio sulle labbra.

“È tutta la sera che aspetto questo momento.” Le confessò il principe. Lei sorrise maliziosa e lo baciò nuovamente: il principe però,questa volta, incatenò le proprie labbra con quelle della fanciulla.

“Già… stasera non abbiamo avuto modo di salutarci come si conviene.” Egli sorrise e riprese a baciarla. Poi Morgana si staccò e appoggiò il suo capo contro la spalla del principe.

“Sei meravigliosa stasera, tutte ti invidiano.” Disse stringendola dolcemente.
“E di certo non solo per il vestito.”

“Quanto siamo modeste, oggi.” Lei alzò il capo esasperata ma con un dolce sorriso.

“Guarda che era riferito a te, non alla mia beltà.” Lui le diede un bacio in fronte. A rompere quel momento magico, fu la suoneria del cellulare di Arthur.

“Pronto?”
“Sono Uther, dove siete finiti??”
“Ci siamo allontanati un po’… cera troppa confusione”
“Adesso però vedete di tornare.”
“Sì padre.” Non ci furono altre parole. Semplicemente uscirono e tornarono nel salone delle cerimonie.

“Bene, eccovi! Alcuni ospiti se ne stanno andando, dovete…”
“Fare i padroni di casa, Uther, lo sappiamo.” Concluse dolcemente Morgana. Lui le sorrise. I quattro ragazzi si sistemarono nelle loro postazioni che oramai ricoprivano da anni e salutarono i vari ospiti pregandoli di tornare quando più li aggradasse.

La festa finì verso le quattro del mattino e le famiglie dei fidanzati dei fratelli Pendragon furono invitati a fermarsi a dormire per quelle poche ore che avesse fatto ancora buio. Invito che fu di gran lunga gradito agli ospiti. Ginevra ospitò Morgana nella sua camera per parlarle di tutte le sue impressioni, e lo stesso fecero i ragazzi. Per i genitori invece erano già state fatte preparare due camere.

“Ginevra, stasera eri davvero bellissima: sei riuscita a colpire tutti i convitati.”

“Oh, grazie Morgana. Di te non è neanche il caso di ribadirlo: sei sempre stupenda.” Lei sorrise.

“Grazie, tesoro.” Morgana si sfilò la collana, che destò subito la curiosità di Ginevra.

“Bella quella collana.”

“È un dono di mia madre: me l’ha regalata poco prima della sua morte. È la mia preferita.”

“Scusa, non lo sapevo.”
“Non potevi saperlo.” E le diede un bacio sulla guancia.

                                                                                 §§§

 

Allora.. tra neanche una settimana ci sarà la festa di Morgana… sei sicuro di quello che vuoi fare  a Merlin?”  

“Devo farlo, Lancillotto.”
“Ma lo vuoi?” Arthur non rispose. “Se non vuoi non farlo, non sei obbligato.”
“Invece lo devo fare… cosa penserebbe Morgana di me?”

“Che sei maturato.”
“Lancillotto, ti proibisco di parlarmi così: c’è solo una persona che può farlo, e non sei tu.”

“Merlin.” A quel nome, il principe si sentì come trafitto da mille lame e chiuse gli occhi.

“Sì:”
“Non era una domanda, Arthur. Era un’affermazione.”

“Il punto è che non so che fare: mio padre mi ha ordinato di esiliarlo da Camelot per il bacio che gli ho dato l’ultimo giorno di scuola.” Lancillotto rifletté poi riprese a parlare.

“Allora temo che poco cambi: se devi fargli del male, fa glielo fino in fondo.”
“Era quello che pensavo anch’io.”

“Quindi glielo dirai?”

“Cosa?”

“Che era tutto uno scherzo?”
“Sì” non gli rispose, ma si cambiò e si mise a dormire. Arthur fece lo stesso. Fottiti, Arthur, fottiti! Sei solo un perdente! Fu l’ultimo pensiero del principe ereditario di Camelot prima di cedere alla corte di Morfeo e abbandonarsi al suo abbraccio e sognare. Sognare Merlin.

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Capitolo 12
*** With or without you ***


  

      With or without you

Era la mattina degli esami. Tutti si stavano preparando per dare il meglio di sé. C’era chi   ripassava a mente, chi a voce alta, chi si ascoltava la sua canzone preferita per darsi coraggio, chi si ritoccava e si sistemava.

Arthur invece era ansioso perché non aveva ancora visto Merlin e insolitamente, non voleva vederlo gli avrebbe fatto troppo male. Gli avrebbe ricordato di essere ufficialmente fidanzato con Morgana, e gli avrebbe ricordato ciò che era successo alla cerimonia. Quella voglia di baciare Morgana, di stringerla a sé, di averla sua. E non perché l’amasse, ma per dare sfogo a quel sentimento chiamato amore che provava per Merlin, il ragazzo che non avrebbe mai potuto avere completamente, come invece avrebbe potuto qualsiasi altro ragazzo. Non avrebbe potuto averlo a causa di quello che era. Fosse stato un ragazzo comune, come Will, allora non avrebbe avuto nessun problema, ma non era così: lui era Arthur Pendragon, futuro re di Camelot, e una relazione con un altro ragazzo non avrebbe potuto mai averla. Sarebbe terminata ancora prima di iniziare.  

Poi, a dieci minuti dall’ inizio degli esami orali, lo vide comparire di corsa. La cartella a tracolla e il viso rosso. Non lo guardò subito, voleva aspettare che si riprendesse. Poi, quando finalmente il moro alzò il suo viso, Arthur gli si avvicinò.

“Temevo non arrivassi più.”  Gli sussurrò il principe preoccupato.

“Ma ti pare? C’è l’esame e sinceramente non voglio perdermelo per nulla al mondo.” Gli rispose l’altro. In quel momento il principe ereditario non si trattenne dal darsi dell’idiota.

Videro tutti gli altri studenti delle terze sfilare vicino a loro e guardarli: l’intervista della settimana precedente evidentemente non gli aveva convinti. Nessuno però osò proferire parola. Si diressero con gli altri studenti nelle classi cui erano destinati per essere sentiti agli orali. Si affiancarono a Lancillotto e Ginevra. Loro salutarono calorosamente il moro. Loro. Morgana invece passò loro accanto senza salutarli. Merlin si girò verso il principe.

“Perché non ti saluta? Non siete ufficialmente fidanzati?”
“Sì, ma sa che non la amo: non ho potuto contestare mio padre quando mi ha dato la notizia, altrimenti l’avrei già fatto.”

“Davvero?”

“Sì, davvero.”

I professori arrivarono in quel momento. Erano stanchi, probabilmente avevano finito di correggere i compiti il giorno prima, ma nonostante tutto loro mantenevano la loro austerità e riuscivano ancora a incutere timore negli alunni che si zittivano al loro passaggio. Tutti vestiti di grigio e nero, sembrava che indossassero una divisa.

I professori entrarono nelle aule. Aprirono i registri di classe, presero i fogli per i verbali dell’orale e fecero entrare gli alunni. Questi terrorizzati più che mai, temevano soprattutto i due membri esterni che erano passati e che avevano destato la curiosità dei presenti.

Si iniziò in ordine alfabetico e Merlin fu uno dei primi a passare. Era agitato, aveva bisogno di un sostegno, e in quel momento non c’era nessuno, se non Arthur. Questi infatti lo guardò e gli sorrise. Quando il maghetto gli passò accanto, gli sussurrò all’orecchio:

“Non temere, andrà tutto bene.” E il moro gli rispose con un sorriso sincero. Il ragazzo si accomodò, firmò e poi tirò fuori dalla cartella il materiale per l’orale.

L’interrogazione non durò a lungo. Merlin era preparato. Dopo una decina di minuti infatti venne mandato a posto e vennero fatti uscire tutti per discutere la sua valutazione. Fuori dall’aula, Merlin iniziò a saltare dalla gioia. Arthur lo guardò sorridente. Era felice per lui. Almeno questo se lo meritava. Lui ne era ignaro, ma ben presto il maghetto si sarebbe trovato una bella sorpresa. Anche se lui, Arthur Pendragon, che era il promotore di tutta quella faccenda, non ne era entusiasta.

Dopo pochi minuti i professori fecero rientrare gli studenti. Gli esami ripresero e continuarono ancora per un paio d’orette.

La ragazza che interrogarono subito dopo, fu Morgana. Lei si sedette e appena vide entrare il presidente della commissione, i suoi occhi furono lo specchio della paura. All’improvviso si era sentita vuota e fragile, come se avesse passato il tempo a piangere e adesso non avesse più lacrime da versare. 

Lui prese posto e con una cura quasi maniacale tirò fuori il registro. La penna rigorosamente stilografica per segnare il suo nome.

“Nome?”

“Morgana.” Emise in un sussurro che il presidente non riuscì a sentire.

“Potresti parlare un po’ più forte? Non..” disse facendo il gesto che indicava che aveva l’orecchio duro.

“Morgana di Cornovaglia.” Disse a voce un po’ più alta e facendo un sorriso flebile. Lui annuì e scrisse il nome sul registro.

“Potrebbe illustrare a me e ai miei colleghi la sua tesi?”

“Certo” rispose con la stessa sensazione di inferiorità e fragilità che il presidente riusciva a trasmetterle. Espose la sua tesina. Consisteva in una esposizione sulle più importanti rivoluzioni della Storia. L’illuminismo e il pensiero di Hegel e Marx come programma di Filosofia; Lucrezio e Catullo come programma di letteratura latina.

Il presidente ebbe da ridire su tutto il suo programma finché la professoressa di Storia e Filosofia non lo interruppe:

“Aridian, la stai terrorizzando.” A quelle parole la ragazza si riprese e alzando il capo si riferì alla professoressa.

“Non si preoccupi, non mi terrorizza, ci vuole ben altro.” E riprese a parlare inchiodando i suoi occhi verdi in quelli di Aridian e pronunciando il resto del discorso guardandolo con tono di sfida.

Dopo un quarto d’ora interminabile, fu fatta accomodare. Mentre tornava al suo posto, Aridian le fece un’ultima domanda.

“Posso chiederle un’ultima cosa, Morgana di Cornovaglia?”
“Certo.”

“Che cosa pensa della magia?”

“Non posso giudicare.. mia madre l’aveva nel sangue, è risaputo.”
“Certo.” E le sorrise. Lei fece altrettanto. E uscì seguita da tutti gli altri compagni. Arthur le si fece vicino.

“Tutto bene?”

“Sì, non preoccuparti. Sto bene.” Ma Arthur non era l’unica persona a essersi preoccupata. Nessuno aveva mai visto Morgana così turbata, per niente. Ma nessuno sapeva il perché lei si fosse spaventata così tanto. Solo Merlin poteva capirla. Infatti le si avvicinò e dopo averle fatto intendere che sapeva cosa provava.

“Sei stata coraggiosa.” Lei gli sorrise sinceramente. Aveva capito tutto. Aveva capito che Merlin era un mago.

“Qualunque cosa succeda, manterrò il segreto. Non temere.” Disse e poi si allontanò con Gwen, lasciando il ragazzo sollevato e sorpreso allo stesso momento.

Gli alunni rimasero più tempo fuori di quanto era successo o successe poi in seguito. Gli esami terminarono nel giro di un paio d’ore.   

Non appena finì anche l’ultimo alunno della 3D, gli alunni salutarono i professori e uscirono felici da quell’edificio che per cinque lunghi anni era stato il loro tormento. Era così bella la sensazione di libertà che si provava che a quel punto non importava più la valutazione, l’unica cosa che importava in quel momento era essere fuori finalmente da quell’incubo.

All’uscita Arthur si avvicinò a Merlin e facendo in modo che nessuno li vedesse, si avvicinò a Merlin.

“Stasera c’è la festa di Morgana. Vieni?”

“Non ne sono sicuro.. forse.”
“Ti prego, senza di te non c’è divertimento e mi devo sorbire Morgana per tutta la sera.” Merlin ci pensò un attimo, poi il suo viso si allargò in un sorriso.

“Certo che vengo.”
“Sono contento! Ti vengo a prendere allora alle sette e mezza a casa, ok?”
“Ok.” Arthur gli diede un bacio veloce e poi raggiunse Morgana. Non si curò di Merlin, di tutto quello che provava per lui. Pensava che fosse semplicemente una cotta e che quindi tutto sarebbe passato. Tutto. E anche abbastanza in fretta. Non aveva motivo di preoccuparsi del male che avrebbe fatto al moro. Certo, in quei due mesi gli si era affezionato molto e aveva provato anche attrazione fisica nei suoi confronti, ma come si faceva a dire che quello fosse amore? Aveva sempre saputo che l’amore non era composto solo da attrazione fisica, ma anche di un sentimento che ti logora quando si è lontani e che ti esalta, ti fa perdere la testa quando si è insieme.

Finora lui, Arthur Pendragon non aveva mai provato nulla di tutto ciò. E ne era convinto, non l’avrebbe mai provato. Perché non provava queste sensazioni nei confronti di Morgana, ed essendo lei la donna che avrebbe sposato, non avrebbe provato niente di simile con nessun altro o altra. Ne era più che convinto. Come diceva il suo professore di italiano, era una delle poche certezze della vita. anche se detestava che queste fossero le sue.

Tornò a casa con la propria ragazza, la sorella e il ragazzo di quest’ultima.

“Morgana si può sapere cosa ti sia successo?” le chiese Arthur non appena furono entrati.

“Niente, assomigliava terribilmente all’uomo presente nei miei incubi.” Lui allora la strinse dolcemente.

“È tutto finito, amore, non pensarci più.”  Lei gli sorrise e lo baciò.

“D’accordo.” L’intero pomeriggio passò tranquillamente nella preparazione e organizzazione della festa che tra pochi giorni si sarebbe svolta a casa della ragazza.

Quella sera uscirono a cena per la pizzata di classe.

Non appena Arthur lo vide, si sentì in colpa come mai avrebbe creduto potesse sentirsi . non sopportava il fatto di dovergli mentire. Non in quel modo. Ma ormai si era preso un impegno che doveva mantenere.  

Anche se avrebbe preferito non dovere mai arrivare a fare una cosa del genere. Non c’era niente da fare. Merlin aveva ragione: era proprio un idiota.

 

 

Arthur tornò a casa con la sorella per cambiarsi e rendersi presentabile per la festa.

Mentre tornavano, sentì una certa agitazione crescergli, scorrergli nelle vene e farlo sentire a disagio come non era mai stato. Ciò che lo preoccupava di più era che non sapeva per quale motivo. Più si avvicinavano a casa loro, più si innervosiva. Sentiva quest’ansia crescergli e restare con lui, quasi si fosse affezionata a lui e lo volesse accompagnare per tutta la sera. I suoi muscoli li sentì tendersi. Era tutto così strano. E i pensieri iniziarono a occupare la sua mente. Tanto che non si preoccupò neanche di fingere di ascoltare cosa Ginevra stava dicendo.

“Arthur, fai attenzione!” disse mentre passavano con il rosso. Lui continuò ad accelerare finché non superarono l’incrocio. “Ma che ti prende?!”

“N-niente.” Rispose quello scosso. A Ginevra però ci voleva poco per capire quello che passava per la testa del ragazzo.

“Non sei costretto.”
“Non so di cosa tu stia parlando.” Lei sospirò rassegnata. Non poteva costringerlo, ma a volte sapeva essere davvero irritante, soprattutto quando la trattava come se fosse una stupida, cosa che non era. Lei non aveva iniziato una scommessa e poi si era fatta trascinare da questa. Non si era innamorata di una persona per poi imporsi di umiliarla davanti a tutti, spezzando il suo cuore e quello della persona che amava. Finse comunque di accettare la risposta del fratello.

Arthur si riprese dal momento di confusione che lo aveva attanagliato e riuscì a guidare e tornare a casa sano e salvo. La sorella pure.

Entrò, si fiondò sotto la doccia con l’acqua fredda nella speranza che i pensieri che lo tormentavano terminassero. Così non fu. Anzi non fecero che aumentare, quasi come se l’acqua fredda avesse risvegliato lo spirito ribelle che risiedeva nel loro animo. Le tempie iniziarono a martellargli, segno di un forte mal di testa. Uscì dalla doccia e si diresse verso la propria camera, lasciando il bagno libero a Ginevra che ci si fiondò dentro con fare molto precipitoso.

Entrato in camera, aprì tutte le ante di tutti gli armadi. Doveva essere perfetto quella sera.

“Cosa mi metto?” pensò Arthur. E iniziò un lungo processo di “ prendi abiti, alla rinfusa categoricamente, guardali, scartali e gettali all’indietro.” Nessuno sembrava andare bene davvero e quello era un vero problema. Tra tutti quei vestiti, possibile che non ce ne fosse uno che andasse bene?! Scosse il capo rassegnato e riprese. Alla fine decise una maglietta nera aderente, coperta da una camicia bianca, pantaloni scuri in jeans. Si vestì, rimise tutto in ordine, profumo, ciuffo, giacca di pelle, chiavi della macchina e si sedette sul divano in sala. Dopo neanche mezzo minuto però si vide costretto ad alzarsi e camminare avanti e indietro per la stanza. L’ansia e il nervosismo era tornati a fargli visita. Avevano trafitto quella corazza di orgoglio e avevano varcato trionfalmente l’arco che permetteva l’entrata al suo cuore. Lo avevano trafitto, ferito a morte, a tradimento. E lui si era lasciato vincere, troppo debole per opporsi: era stato vinto e adesso la ferita sanguinava. Non sapeva che la ferita avrebbe continuato a sanguinare per lungo tempo..no, non lo sapeva.

Solo dopo pochi istanti si accorse di essere osservato. Alzò il capo e incrociò lo sguardo di Ginevra. Era molto bella e indossava lo stesso vestito della sera del suo fidanzamento.

“Ti viene a prendere Lancillotto?”
“Sì dovrebbe arrivare da un momento all’altro.” In quel momento suonò il citofono. “Vieni con noi?”
“No. Vado a prendere Merlin a casa.. ci vediamo direttamente lì.”   

“Va bene.” Lui le passò accanto e le diede un bacio sulla guancia.

“A dopo.” E uscì. Prese la macchina e si diresse a casa di Merlin. Arrivò dopo un quarto d’ora circa.

Suonò al citofono. Subito gli venne aperta la porta dalla madre.

“Arrivo subito!” fu la risposta di Merlin alla domanda implicita di Arthur.

Entra pure.” Gli fece Unith.

“No, grazie lo stesso signora.” Unith non ebbe il tempo di ribattere che Merlino la superò facendo sorridere Arthur.

“Ci vediamo dopo ma.”

“Va bene, vedi di tornare tutto intero.”

“Sì, va bene.” E al fianco di Arthur se ne andò. Lei li salutò e chiuse la porta. Loro due salirono in macchina e, finalmente, dopo un tempo che a lui parve fosse stato infinito. S’impossessò delle labbra di Merlin. Lo baciò con foga, con tutta la passione. Sapeva che quella sarebbe stata l’ultima sera che avrebbe baciato Merlin. Quindi doveva approfittarne finché poteva.

“Arthur..”
“Taci! Merlin. Sta zitto e baciami.” L’altro sorrise e continuò a fare quello che l’altro voleva. Arthur chiuse gli occhi e si assaporò ogni singolo istante, ogni bacio. Mai come in quel momento le labbra di Merlin gli erano parse più desiderabili e dolci in quel momento. Erano diventate una droga per lui, non poteva farne a meno. E il pensiero che quello sarebbe stato l’ultimo giorno in cui lui avrebbe potuto baciare quelle labbra, lo fece sentire male. A un tratto sentì il suo cellulare suonare e si staccò dal ragazzo per rispondere.

“Pronto?”
“Arthur dove sei?”

“Arriviamo, Morgana, cinque minuti e siamo da te.”

“Ok.” E lui attaccò. Guardò Merlin. Quegli occhi oceano gli sarebbero mancati molto.

“Forse è meglio andare.” Il mago annuì e dopo essersi entrambi sistemati, Arthur fece partire la macchina.

Per tutta la durata del viaggio lui non fece che pensare quanto fosse ingiusto dover essere costretto a indossare più maschere contemporaneamente per soddisfare gli altri e senza però poter realizzare ciò che davvero voleva.

Dopo neanche dieci minuti erano arrivati. Arthur parcheggiò e chiuse la macchina. Voleva un ultimo bacio. Bloccò Merlin sul suo sedile e imprigionò la sua bocca con quella del maghetto, incatenando le loro lingue che iniziarono una danza antica come il mondo. Le sue mani vagarono sopra e sotto i vestiti del moro, il quale non fece altro che rispondere alle sue attenzioni cingendo con le sue braccia il collo del principe e attraendolo ancora di più a sé. Arthur sentì un’improvvisa vampata di caldo percorrergli tutto il corpo. Sentì la sua intimità pulsare come non mai. Baciò con ancora maggiore foga Merlin. Si ritrovò a pensare a quante avrebbe desiderato farlo suo, prenderlo lì, in macchina, baciarlo sulle labbra, sul collo, poter accarezzare quel corpo così minuto, esile eppure così dannatamente erotico per lui. L’avrebbe preso, si sarebbe sentito una cosa sola (questo è per kinderbuena89!) con lui, l’avrebbe sentito gemere dal piacere provocato dalle sue spinte, l’avrebbe sentito pronunciare il suo nome. Sarebbe stato marchiato come sua proprietà. Avrebbe potuto prenderlo lì e poi andare alla festa e seguire il piano. A un certo punto però, come se si fosse svegliato da un incubo, si scostò da Merlin che lo guardò confuso.

“No, non posso.. scusa.”
“Niente, non importa.”  Disse l’altro con un sorriso. Innocente. Come era sempre stato. E l’idea che lo avrebbe perso quella sera, lo uccideva. E magari non fossero state solo parole. Non poteva prenderlo in giro così tanto. Non se la sentiva. Si sarebbe fatto del male più di quanto fosse opportuno, e non voleva. Avrebbe già sofferto abbastanza.

Scesero dalla macchina e suonarono al campanello. Venne loro ad aprire una Morgana bella come non mai.

“Finalmente siete arrivati!” disse lei raggiante.

“Già.” Rispose Arthur baciandola solo sulla guancia. Entrarono e tutti si accorsero subito del loro arrivo. Era tutto il pomeriggio che aspettavano la festa di Morgana solo per vedere che cosa avrebbe fatto il principe, se avesse lasciato Merlin(cosa che comunque tutti si auguravano), o se avesse mandato tutti al diavolo e avesse dichiarato i suoi sentimenti per Merlin (cosa che risultava comunque impossibile, se non per Ginevra e Lancillotto).

Il cavaliere, amico di entrambi, si avvicinò a Merlin e lo coinvolse in una amichevole chiacchierata. Arthur invece si diresse in un luogo abbastanza appartato con Morgana.

“Arthur, stai bene? Sembri sconvolto.”
“Sto bene, non ti preoccupare, tesoro.” Dei quanto detestava quando tutti pensavano che stesse male.  Lei gli sorrise e gli diede un bacio. Lui accolse non molto volentieri quel bacio. Avrebbe preferito di gran lunga le labbra di Merlin. Comunque la attrasse a sé e continuò a baciarla ancora per un po’.

Poi si unì agli altri e dopo i vari convenevoli, venne messa la musica e lì diede proprio il meglio di sé. Per tutto il tempo non fece che cercare lo sguardo di Merlin, che però era sempre occupato a parlare con qualcuno. E comunque ora lui era il principe e non doveva mostrare i propri sentimenti, così continuò a ballare.

Verso l’una la maggior parte dei compagni di classe e amici di Morgana iniziarono ad andare via.

Tra questi c’era anche Merlin. Iniziò a salutare tutti e questo non poté sfuggire ad Arthur che si sentì aumentare maggiormente l’ansia e il nervosismo che quel giorno lo avevano accompagnato. Forse sono ancora in tempo, posso ancora salutarlo e fare finta che tutto sia a posto. Posso ancora lasciare davvero Morgana, e mettermi con lui.. no, non posso. Mio padre non approverebbe e poi mi ucciderebbe se sapesse che io voglio lasciarla per un ragazzo!!! No, non posso farlo. Mi dispiace.   

Merlin si avvicinò al principe che cercò lo sguardo di Morgana per farsi coraggio. Altrimenti non ce l’avrebbe fatta, non avrebbe retto il confronto con quegli occhi.

Merlin lo raggiunse e fece per baciarlo. Arthur in quel momento indossò la propria maschera di principe borioso e arrogante. E lo scostò di malo modo.

“Merlin?! Che diamine hai bevuto oggi per colazione? È tutta la giornata che cerchi di sedurmi!”

“Adesso sarei io quello che vi vuole sedurre??!!”
“C’è forse un altro Merlin qui?” disse mostrandogli gli altri. Merlin chinò il capo.

“Pensavo che t’importasse di me.” Sussurrò il maghetto. La reazione di Arthur lo spiazzò completamente. Infatti il principe scoppiò a ridergli in faccia tirando la testa indietro e con un sorriso canzonatore che in diciannove anni nessuno era riuscito a togliergli definitivamente.

“Quanto sei idiota Merlin! La tua idiozia mi sorprende ogni giorno di più; credevi davvero che io, il ragazzo più invidiato e desiderato di tutta la scuola, fidanzato con la ragazza più bella e popolare di tutta la scuola, potessi rinunciare a tutto questo solo per te?? Un ragazzo inutile, sfigato e idiota come te? E neanche nobile! Sei solo un illuso Merlin! Ti facevo più sveglio!!”
“Quindi è stata tutta una… menzogna?” No, Merlin no. Il principe girò il capo sorridendo per poi tornarlo a guadare. Sempre con il sorriso stampato in faccia.

“Che ti aspettavi? Che facessi la parte del principe azzurro che in sella al bianco destriero ti portava via nel suo regno lontano??” a quel punto tutti risero. Arthur compreso.

“No, non sono così stolto!”
“Avrei detto l’esatto contrario.” Continuò. L’altro affranto non rispose. Si limitò a fare un leggero inchino.

“Buona serata, Sire.” E si avviò all’uscita.

“Dove credi di andare? Non ho ancora finito.”

“Desideravate dirmi altro, Sire?”
“I tuoi servigi nei confronti di Camelot e del regno si possono definire terminati.”

“Come?”
“Sei stato esiliato.”

“Grazie Sire.” E dicendo questo uscì. Arthur appena la porta di casa si fu richiusa si girò verso Morgana. E notò che tutti lo guardavano allibiti, lei compresa.

“Non mi avevi detto di volerlo esiliare.”
“L’ha voluto mio padre.”
“Perché?”
“Per il bacio che gli ho dato l’ultimo giorno di scuola.” Morgana non rispose.

La serata terminò un ora dopo. Finalmente Arthur poteva tornare a casa. Cosa che fece sollevato. Si sentiva sollevato perché era finito tutto. Però era stato spaventoso dover mentire a Merlin. Sì mentirgli perché oramai si era innamorato di lui, ne era certo. E il punto era che si era fregato da solo e per questo non aveva fatto altro che imprecare per la sua stessa stupidità. Il piano era quello di illudere Merlin ma lasciare i propri sentimenti fuori. Ma come capitava spesso, i suoi piani andavano in frantumi ed era la maggior parte delle volte perché lui si lasciava coinvolgere. E anche questa era stato lui stesso a rimetterci. Oltretutto in modo del tutto stupido, perché avrebbe potuto benissimo mandare a monte tutto e mettersi con Merlin. Invece no, stupido com’era aveva preferito sacrificare se stesso pur di dimostrare a se stesso e agli altri che lui era superiore. Già, ma superiore a chi? Sinceramente non lo sapeva neppure lui. In quel momento avrebbe voluto poter sbattere la testa e risvegliarsi senza che nessuno ricordasse niente e lasciare Morgana per Merlin. Non poteva credere di averlo lasciato sul serio. Insomma lui… era innamorato di Merlin ed era più che corrisposto.. chi glielo aveva fatto fare di commettere un errore del genere?

Sommerso da questi pensieri, salutò gli altri e andò in macchina. La stanchezza e tensione di quei giorni l’avevano sfiancato. Ma per fortuna il liceo era finito e ora poteva fare quello che doveva. Già ma la stanchezza non era motivata solo dall’esame della maturità. C’era anche il fatto che lui aveva rinunciato a Merlin, e la tensione che lo aveva preoccupato in tutti quei giorni, non era che  aumentata.

Era finita senza una motivazione che avesse un senso. E non lo avrebbe rivisto mai più. E gli sarebbe mancato molto. E anche se avesse cercato di rivederlo, Merlin non l’avrebbe più voluto, non l’avrebbe più perdonato. E questo faceva male, più di tutto il resto. Non avrebbe mai potuto essere davvero felice. Avrebbe condotto una vita inutile, vuota, se Merlin non fosse rimasto al suo fianco. Morgana, per quanto potesse provarci, non avrebbe mai sostituito quel ragazzo impertinente ma adorabile quale era il maghetto.

Tornò a casa. Era talmente spossato che s’infilò nel letto senza riuscire neanche a spogliarsi definitivamente. Ma una volta toccato il materasso, non trovò la pace che cercava, anzi, non fece altro che trovare ulteriore tormento.

La notte era afosa, i suoi pensieri lo tormentavano e il dolore chiedeva al principe di potersi esprimere in tutta la sua violenza. Infatti come un mare burrascoso s’infrange ripetutamente sulla scogliera e ogni volta con maggiore forza, così le lacrime si comportarono con gli occhi cerulei del principe che tutto desiderava tranne che piangere. Perché sapeva che non avrebbe più smesso, e lui non poteva permetterselo. Non lui, Arthur Pendragon, principe ereditario di Camelot. Lui aveva delle regole e un orgoglio. Peccato che le lacrime siano ribelli, non sottostiano a nessuna regola e a nessun orgoglio. Bruciarono gli occhi di Arthur Pendragon. Tanto che a un certo punto lui li chiuse. E fu così che iniziarono a sgorgare lacrime cocenti e a solcare le guance principesche. Iniziò inoltre a gemere dal dolore. Gli sembrava che una lama lo avesse ferito dritto al cuore e che l’esecutore si fosse divertito a rigirare la lama più volte.

Per soffocare i gemiti tuffò la testa nel cuscino e a stringere le lenzuola. Cosa del tutto inutile perché i gemiti non fecero che aumentare di volume. Sembrava che non ci fosse una cura per tutto quel dolore.

Ragazze, grazie a tutte coloro che hanno letto la ff, l'hanno messa tra i preferiti e chei tra le seguite... sono davvero contenta!!!! un ringraziamento particolare a kinderbuena89: grazie per il tuo sostegno!!! sei unica come sempre!!!! tra poco caricherò l'ultimo capitolo... di questa prima parte!!!! a presto con le mie chilometriche recensioni con la tua stupenda storia!!!!

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Capitolo 13
*** Left outside alone ***


       Left outside alone

 

Erano passati tre giorni da quando aveva lasciato Merlin. E in quei tre giorni non aveva voluto vedere nessuno. All’ora di pranzo e cena aveva ordinato che il cibo gli fosse portato in camera, anche se quando il piatto veniva riportato nelle cucine, il piatto sembrava intatto.

Arthur aveva gli occhi gonfi, rossi e per tre giorni erano stati il palcoscenico dove le lacrime avevano dato mostra di sé. Il dolore non era diminuito, anzi, solo che ormai il ragazzo aveva imparato a sopportare, soffrire in silenzio. Non faceva altro che pensare a quello che aveva detto a Merlin e voleva trovare un pretesto per poterlo rivedere. Un ultima volta prima che iniziassero le vacanze  e Merlin partisse senza più fare ritorno.

Poi gli venne in mente che poteva dirgli dell’esilio, che lui non l’aveva voluto. Non sarebbe servito a molto, ma almeno Merlin avrebbe saputo tutta la verità. Si alzò di scatto, prese le chiavi di casa e uscì catapultandosi fuori, nella fresca aria estiva. Corse più veloce che poteva con un unico pensiero in testa. Rivedere Merlin e dirgli che l’esilio lui non l’ha voluto.

Arrivò davanti a casa sua che i polmoni sembravano sul punto di scoppiare. Riprese un attimo fiato e poi suonò il campanello. Dopo pochi ma interminabili istanti, la madre gli aprì la porta e gli lanciò uno sguardo tra il sorpreso e uno sguardo assassino.

“Che cosa vi porta qui, Arthur?”
“Vorrei parlare con Merlin.”
“Non è in casa.”

“È importante.”

“Se vuoi gli dico che sei passato.”
“Non si disturbi, aspetterò.” Unith, meravigliata da tanta determinazione, lo fece aspettare.

“Entra pure.” Gli disse dopo pochi istanti. “Merlin è in camera.” Arthur le fece un sorriso come er ringraziarla. E si diresse a passi veloci verso la camera del ragazzo. Aprì la porta.

“È permesso?” non ottenne risposta. Entrò. La stanza era piccola, con le persiane chiuse e il letto sistemato con la testiera del letto contro la stessa parete che ospitava la porta. Merlin era sdraiato sul letto sfatto dandogli le spalle raggomitolato su se stesso. Ad Arthur si strinse il cuore vedendolo in quelle condizioni.

“È tornato in questo stato dalla festa e da allora non è più uscito dalla sua stanza.” Disse Unith. Arthur sentì le lacrime chiedere di uscire. Unith li lasciò soli.

“Merlin…”
“Vattene via!”

“Ti volevo parlare.”
“Non vi è bastato quello che mi avete detto tre giorni fa, Sire?” ribatté il mago, sottolineando con un tono disprezzante l’appellativo.

“No.”
“Se siete venuto per insultarmi ancora, Sire, potete anche andarvene. Non ho voglia di soffrire ulteriormente a causa vostra.”
“Merlin, volevo che tu sapessi che… l’esilio… non l’ho voluto io! È stato mio padre a volerlo e io non sono riuscito a distoglierlo dalla sua volontà.”
“Perché tuo padre avrebbe voluto il mio esilio?”
“Per il bacio più che plateale che ti ho dato l’ultimo giorno di scuola.”

“Questo non cambia niente.”
“Lo so, Merlin.”
“E allora perché siete venuto da me?”
“Volevo vederti un’ultima volta: mi mancheranno le tue risposte insolenti.” Merlin non rispose. Calò il silenzio. Arthur piangeva in piedi, in silenzio e vedeva la schiena di Merlin sussultare. Il moro si sedette sul bordo del letto sempre dandogli le spalle e si prese la testa tra le mani.

“Merlin..”
“Vattene via!” disse il moro girandosi e mostrando un volto che era in tutto e per tutto identico a quello di Arthur: occhi gonfi, rossi, occhiaie profonde, lacrime che violente sgorgavano dai suoi occhi. Arthur indietreggiò e dopo averlo guardato un’ultima volta, aprì la porta e uscì lentamente dalla stanza. Sperava in un richiamo. Sperava che Merlin lo richiamasse e gli dicesse ancora un’ultima volta che lo amava. Quando ebbe chiuso la porta ebbe l’istinto di tornare indietro e baciarlo, dirgli quanto lo amava, quanto volesse aver la possibilità di tornare indietro e cancellare la sera della festa, quanto lo desiderasse. Ma tutto questo non sarebbe accaduto. E infatti non avvenne. C’era una parte di lui che gli gridava di tornare indietro, e un’altra che gli diceva che era giusto così.

Naturalmente, come ogni volta che non sapeva che cosa fare, seguì la ragione e si diresse verso la porta d’ingresso. Salutò Unith che rimase quasi allibita quando vide le lacrime rigare il volto di Arthur Pendragon, e uscì. Corse. Lontano da lui, dalla casa, dall’unica persona che amasse e che avesse fatto soffrire così tanto.

 

Fine prima parte.

 

Ragazze, non ammazzatemi, come potete vedere la storia non è completa.. qui finisce la prima parte. Spero che mi perdonerete.

E ora, giunta ormai al capitolo dodici, volevo spiegare il nome dei titoli.

Iniziamo dal titolo della storia.

Ø      High School Never Ends (Bowling for Soup). Il titolo e la storia mi sono venuti in mente guardando l’omonimo video su Youtube (dovrò fare una statua a chi l’ha inventato!!!) di cui vi metto il link:  http://www.youtube.com/watch?v=hgria9qKDVg

Ø      You don’t own me (Blow Monkeys). Invece l’ho nominato così per un altro video sempre sui nostri due beniamini,  per sottolineare la ritrosia di Merlin a sottostare all’arroganza del nostro principe. Questo è il link: http://www.youtube.com/watch?v=Bf78Gw-2Atk

Ø      I’ll hurt you (Eminem feat. Busta Ryhmes), invece l’ho voluto perché per me ha un valore affettivo. Infatti è stata la prima canzone che ho ballato a hip hop grazie al mio maestro Simon che devo ringraziare con tutto il cuore!!!

Ø      You spine me around (Dead or Alive), l’ho scelto per cercare di sottolineare il fatto che Arthur, pur di farlo cedere al suo volere, gli stia sempre intorno, anche se nel video (sì, c’è il video anche su questa canzone!!!) credo sia Arthur che si lamenti di Merlin e non viceversa. Eccovi il link: http://www.youtube.com/watch?v=FoHZtLDh884

Ø      Lay all your love on me (Abba). Mi sembrava che ci stesse, come richiesta di Morgana di non perdere inutile tempo dietro a Merlin. A me oltretutto piace anche per il film “Mamma mia!” dove recita il mio adorato Colin Firth, un altro attore che a me piace molto.

Ø       Never felt this way(Alicia Keys) per esprimere lo stato di confusione di Arthur.

Ø      Lies (Evanescence), in onore del gruppo che io più adoro al momento. Sono un po’ tragici, ma la loro grinta e la voce di lei le trovo uniche.

Ø      Falling (Alicia Keys) per la confusione di entrambi, e anche in ricordo per fede fashion di tutte le volte che l’abbiamo cantata a casa sua con il sing star!!!

Ø      Sweet Sacrifice (Evanescence) perché è una delle prime canzoni che ho ascoltato di questo grandioso gruppo. Ecco il link: http://www.youtube.com/watch?v=k1WqmTQMw_k

Ø      It’s the final countdown ( Europe) devo per forza commentare?? Eccovi il link: http://www.youtube.com/watch?v=tt_ro2aerQg

Ø      So scandaluous ( Mis Teeq) perché era una canzone che mi piaceva molto, e ogni tanto la canto ancora, ma quando ho visto il video sono rimasta traumatizzata. Il link del video ufficiale: http://www.youtube.com/watch?v=0AmjhX3dHy0&feature=related

Ø      I’m a loser (Beatles) in onore della band rock anni ’60 con la quale sono cresciuta.

Ø      Left outside alone (Anastascia) per la cantante che ancora oggi, se ascolto quella canzone, mi fa venire i brividi. Ecco il link:  http://www.youtube.com/watch?v=iS7YCPKbSvw

 

Ditemi che ne pensate!!!!! Un bacio a tutte e a presto!!!!!!!

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Capitolo 14
*** Halo ***


                     Halo

 

Un anno. Dodici mesi. Era passato un anno dalla maturità. E lui non aveva ancora dimenticato Merlin. Aveva provato, aveva tentato di tutto.. persino farsi piacere Morgana. Ma niente. Niente aveva funzionato. Sembrava che qualcuno ce l’avesse con lui e lo desiderasse straziato. Poi si ritrovò a pensare che se adesso Merlin non era vicino a lui, se su quella barca era in compagnia di Morgana, Ginevra, Lancillotto, Pellinor ed Elaine ma non c’era l’unica persona che volesse al fianco, era tutta colpa sua.

Sì, colpa sua per quello che aveva fatto al ragazzo, l’unica persona che l’avesse trattato come un ragazzo normale, che non avesse cercato di ingraziarlo solo per la propria posizione e grado sociale. Merlin con lui era sempre stato se stesso e molte volte l’aveva spinto a fare la cosa giusta, anche se lui non l’aveva mai riconosciuto davanti a nessuno. Un Pendragon non può ammettere certe cose. Alcune faccende non dovevano essere ammesse. Come i propri sentimenti per una persona. Soprattutto se non è la persona che ti è stata destinata fin da pria che si nascesse, e soprattutto se appartiene al tuo stesso sesso.

Arthur non avrebbe mai potuto accettare a cuor leggero la sua scelta, non avrebbe mai potuto gridarlo al mondo, come invece avrebbe preferito poter fare. Si sarebbe sentito male. Colpevole. Avrebbe tradito le aspettative di suo padre, il Re, e sarebbe vissuto nel terrore di essere scoperto e creare uno scandalo. Che cosa ci aveva guadagnato però in quell’anno e mezzo? Che cosa aveva fatto? Niente. Era la risposta a entrambe le domande. Non si sentiva colpevole nei confronti del padre, no. Si sentiva colpevole nei confronti di se stesso. Perché fin dal giorno in cui l’aveva lasciato, il suo cuore (che se avesse potuto parlare gli avrebbe tirato dietro tanti di quegli insulti!) non aveva smesso di sanguinare un attimo. Il dolore che provava era aumentato sempre di più da quella sera in cui era tornato distrutto dalla casa di Merlin.

Aveva fatto del male a se stesso, lasciandolo. Ma ciò che più lo faceva soffrire, era di aver fatto tormentare Merlin, la persona che amava ma che non era stato in grado di proteggere e difendere. Mai avrebbe voluto farlo penare, e se gli avessero chiesto se ne sarebbe stato capace, Arthur avrebbe risposto di no. Eppure eccolo lì, a soffrire per la perdita dell’unica persona che avesse mai amato. E lui sapeva che la parola amore non si deve usare con leggerezza, ma sinceramente non sapeva come altro esprimere il suo legame che lo univa a quel ragazzo.

Era stato tutta la sua vita, il suo soffio vitale, e da un anno a questa parte Arthur non aveva fatto altro che chiudersi e allontanarsi sempre di più dagli altri.. persino da Morgana e dalla stessa Ginevra che tante volte aveva cercato di fermarlo, ma che lui non aveva mai ascoltato.

La brezza di fine Giugno gli scompigliò leggermente i capelli biondi. Cercò di sistemarli, poi tornò ad appoggiarsi al parapetto della barca a vela. Erano fermi lontano dalla costa. La giornata era stupenda. Sole, cielo terso, mare blu con scie dorate che testimoniavano la presenza splendente dei raggi solari. Lui, Arthur, aveva lo sguardo fisso nell’immensa distesa blu. Blu come gli occhi di Merlin, che non poteva rivedere. Non l’avrebbe più rivisto. A causa del suo esilio. Non c’era niente da fare. Tutto era finito un anno fa, e niente sarebbe cambiato, dato che Merlin ormai era stato esiliato.

Morgana gli si avvicinò.

“È pronto.” Disse in un sussurro, quasi non volesse disturbare i pensieri di Arthur. Lui girò lievemente il capo e rispose:

“Arrivo.” Lei fece un flebile sorriso e tornò sottocoperta.

Arthur sapeva di far del male a Morgana, ne era consapevole, ma non lo faceva apposta: semplicemente non riusciva a non pensare a Merlin e quindi estraniarsi da tutti. Non ci riusciva. Avrebbe voluto anche lui tornare a essere il ragazzo di sempre, ma non era    possibile, perché Merlin non era con lui.

Scese in coperta e mangiò con gli altri. Miracolosamente riuscì a ridere a un paio di battute degli altri. Ma ben presto la tristezza tornò a impossessarsi di lui. E tornò nella cabina che condivideva con Morgana.

Ciò non sfuggì a quest’ultima che, fatto passare un po’ di tempo, lo raggiunse. Era sdraiato sul letto con gli occhi fissi sul soffitto. Alzò lo sguardo e la guardò deluso.

“Scusa Morgana, ma non me la sento di parlare con nessuno.”
“Questo lo so.”
“Allora che vuoi?”

“Perché non mi parli più? Una volta non era così.”

“Una volta era diverso, è vero; ma adesso non ho nessuna voglia di sentire le tue lamentele e le tue crisi esistenziali.” Lei lo guardò furente e gli rispose.

“Arthur Pendragon, ti consiglio di ritirare subito ciò che hai detto. Solo perché sei il principe non hai alcun diritto di trattare a tuo piacimento le persone, soprattutto chi ti vuole davvero bene. Non ti permetto di parlarmi così.”
“A te non è mai importato niente di me! Non ti sei mai minimamente interessata a me, mai! Il tuo affetto, il tuo amore è sempre stato solo di parole!”
“Questo non è assolutamente vero! Se non me ne fosse importato niente a quest’ora tutto il tuo regno saprebbe di te e Merlin nei minimi dettagli, saresti stato screditato davanti all’intero popolo. Ma questo non è successo, e sai perché?? Perché io ti voglio bene.. sei la persona più importante per me; e in questi ultimi anni ho cercato di starti vicino, ho provato ad aiutarti, ma tu ogni volta ti sei chiuso in te stesso e ti sei allontanato da me. Cosa credi? Che non mi sia accorta di quello che provavi per Merlin? Credevi davvero che non avessi capito quanto l’amavi?! Pensavi davvero che fossi così stupida??! Lo sapevo benissimo che ogni bacio, ogni carezza che mi davi era per Merlin. So che avresti voluto avere lui al mio posto. Ma nonostante tutto ho cercato di farmi forza per non crollare, per fingere di stare bene, per mio padre, per Uther, per quello che avevano pensato: ma più di tutto il resto l’ho fatto per te.”

“Per me?”
“Sì, per te, perché che tu lo voglia ammettere o meno. Non puoi farcela da solo. Hai bisogno di qualcuno che..”
“Qualcuno che non sei tu! Quindi per favore smettila di blaterare ed esci!” lei fece un leggero passo indietro quasi spaventata e s’indirizzò alla porta. Prima di uscire però girò lievemente il viso.

“Arthur.. prenditela con me quanto vuoi, non m’importa. Passerà. Ma per quanto ancora ti ci vorrà per capire che Merlin ha bisogno di te, che è arrivato il momento che tu agisca di testa tua senza ascoltare Uther?”

“Non so di che cosa tu stia parlando.”

“Può darsi: ricordati solo che è inutile combattere contro l’amore: vince sempre. E ascoltando tuo padre stai sacrificando il tuo cuore. Per quanto credi che possa continuare in questo stato? Ricordati che l’amore ti consuma lentamente, fino a logorarti l’anima. Fa quello che ritieni più giusto.” E detto ciò silenziosamente uscì.  

Arthur rimase a lungo ancora in cabina meditando sulle parole di Morgana. E ripensò a quello che aveva fatto negli ultimi anni. E si ricordò che tutto ciò che aveva fatto, lo aveva fatto solo per suo padre, per compiacerlo, per la sua approvazione, senza mai pensare a se stesso, alle conseguenze che avrebbero potuto portare le sue azioni: non si era mai curato di nulla. Aveva semplicemente eseguito gli ordini paterni meccanicamente, come fosse un robot. Anche quando il padre gli aveva ordinato di esiliare Merlin, lui non aveva cercato di opporsi e non si era nemmeno chiesto come avrebbe passato i giorni seguenti.

E Morgana: forse era stato troppo duro con lei. Il dolore che aveva provato per Merlin lo aveva straziato così tanto da fargli dimenticare che comunque c’erano anche altre persone che gli volevano bene e che erano state allontanate ingiustamente. Morgana era tra quelle persone. Lei lo amava davvero, l’aveva sottovalutata troppo. E ogni volta che aveva cercato di aiutarlo si era vista trattata male, come fosse un’estranea impicciona. Doveva rimediare con lei. D’altronde in quel momento era l’unica persona che gli avesse detto esplicitamente che cosa provava, che si fosse accorta della sua situazione. Era l’unica persona con la quale poteva parlare.

Poi avrebbe pensato anche a cosa fare per Merlin. Magari la stessa Morgana avrebbe cercato di aiutarlo. Magari gli avrebbe dato anche dei consigli.

“Arthur… Noi facciamo un bagno, tu che fai?”

“Arrivo, Ginevra, arrivo.” Disse secco. La ragazza uscì e lui fece altrettanto. Appena salì, incontrò lo sguardo di Morgana. Si guardarono a lungo, poi lui le sorrise e lei ricambiò. Le si avvicinò.

“Morgana, io..”

“Ne parliamo dopo, se vuoi.” E si spogliò rimanendo in costume. Gli altri la imitarono e si buttarono.

“Dai, Arthur non fare il difficile.. mettiti in costume!”

“No, non ne ho voglia.” Lei alzò gli occhi al cielo, poi presa una brocca d’acqua, si avvicinò e gli rovesciò il contenuto in testa. Lui chiuse gli occhi e rimase in silenzio. Quando li riaprì, lei gli fece un sorriso innocente e gli disse ancora più innocentemente

“Ops, mi è scivolata dalle mani.” A quelle parole lui la guardò male e lei iniziò ad arretrare per poi mettersi a correre. Lui allora la inseguì finché non la prese. La prese in braccio e poi la buttò in mare, provocando le risa di tutti. Quando lei riemerse ribatté.

“Ops, mi sei scivolata dalle mani:”  tutti risero. Lei inclusa.

“Ora ti tocca buttarti.” Lui allora come gli altri si spogliò e si buttò.

 

La sera dopo cena, Arthur entrò in cabina e la trovò vuota. Morgana non era a dormire. Non nella loro cabina, almeno. Non voleva che pensasse che lei aveva già dimenticato tutto, che un bagno insieme avesse risolto tutto. Infatti, poco dopo, Lancillotto entrò.

“Posso dormire qui? Morgana si è messa a dormire nella nostra cabina e Gin mi ha detto di venire qui.”
“Sì, non preoccuparti. Me lo immaginavo dopo la litigata che abbiamo avuto.”
“Bella litigata.” Arthur sorrise.

“Lancillotto.. volevo scusarmi per come mi sono comportato in quest’ultimo anno, io..”
“Non preoccuparti, Arthur. So quanto ti sia costato lasciare Merlin. Non ho mai avuto motivo di prendermela con te, e non è certo per questo che lo farò.”

“Grazie Lance. Buonanotte.”
“Buonanotte.”

 

 

Arthur si svegliò verso l’alba. Non riusciva a dormire. Prese una felpa e salì sul ponte, dove vi trovò Morgana.

“Che ci fai sveglia a quest’ora?”

“Aspetto l’alba. Tu?” chiese atona.

“Non riuscivo a dormire.” Seguì un lungo momento di silenzio durante il quale lui si avvicinò a lei e guardò l’orizzonte in attesa, anche lui, dell’alba.

“Spero che non te la sia presa per ieri sera.”
“No, dovevo immaginarlo.”

“Mi hai fatto male.”
“Lo so. Però non sopportavo l’idea che tu t’intromettessi un’altra volta nel mio rapporto con Merlin.”

“Volevo cercare di alleviarti il dolore, non volevo aumentarlo, mi dispiace.”

“Perdonami.”
“Per cosa?”
“Per averti allontanata da me.”
“Perdono ma non dimentico, Arthur: non so però come andrà a finire tra di noi.”

“Ti sposerò: non romperò certo il nostro fidanzamento per poi trovarmi con una ragazza viziata che non sopporto.”

“Romperai con me, e molto presto: sarai obbligato. Ma voglio che tu ti ricorda ciò che ti ho detto ieri prima di uscire dalla cabina.” E sorridendogli tornò a guardare l’orizzonte.

Il cielo blu cina iniziò a schiarirsi e  la Luna declinò lasciando il posto al pallido Sole. I raggi solari illuminarono il ponte, donando una luce che Arthur non aveva mai avuto l’onore di vedere. Si girò verso Morgana, che invece si trovava a suo agio e sorrideva.

Purtroppo l’alba non durò a lungo. Pochi minuti e il sole riprese la sua luce e il suo corso.

Quando lui si rigirò nuovamente verso di lei, Morgana non c’era. Si guardò in giro e poi tornò in coperta sperando di trovarla in cabina, ma nel letto c’era ancora Lance che dormiva come se niente fosse. Si mise a dormire. Ma non ci riuscì. Allora decise di dirigere la barca al porto di Tintagel e di scendere lì.

Per un momento sperò che a Tintagel ci fosse Merlin. D’altronde Tintagel si trovava in Cornovaglia e non faceva ancora parte del suo regno, quindi le possibilità di incontrarlo erano alte.

Pensò a Merlin lungo tutto il tragitto.  Gli mancava terribilmente. Se l’avesse rivisto, probabilmente, non sarebbe riuscito a contenersi. L’avrebbe baciato davanti a tutti, come aveva fatto l’ultimo giorno di scuola; solo che questa volta non avrebbe obbedito al volere del padre. Avrebbe fatto di testa sua.

 

Quando il porto di Tintagel comparve alla sua vista, ovvero verso le nove del mattino, Morgana e gli altri iniziarono a fare la propria presenza e vestirsi per la giornata che li avrebbe attesi. Tutti erano felici, contenti di toccare di nuovo terra. Arthur sperava che le sue speranze fossero fondate e che Merlin si trovasse a Tintagel.

Il sole era alto nel cielo e la città portuale era vivacissima di colori; sempre caratterizzata da bancarelle etniche, botteghe di manufatti le stradine tortuose secondarie e naturalmente i grandi negozi di moda lungo le vie principali. Ma ciò che rendeva tutto ancor più magico erano i vestiti colorati degli abitanti.

Attraccarono al porto e scesero. Entrarono in un bar sul porto a fare colazione. La giornata era bella e prometteva bene. Morgana, notò Arthur, aveva n sorriso come gliene aveva visti pochi. Era entusiasta, ma nessuno sapeva il perché.

Lei si preoccupò di svelare il mistero al diretto interessato.

“Arthur, ti fidi di me?”

“S-sì, Morgana.”
“Oggi ti accadrà qualcosa di veramente bello, cogli l’occasione.” E detto ciò si allontanò con Ginevra e Elaine verso il primo negozio a portata.

Arthur invece iniziò a girare con Lance e Pellinor. Rimasero nella zona del porto, perché Arthur se lo sentiva che quel giorno avrebbe incontrato Merlin.

 

All’ora di pranzo si riunirono tutti e mangiarono. Arthur guardò interrogativo Morgana. Lei capì al volo e rispose alla domanda implicita.

“Fidati: entro la mezzanotte.” Lui annuì e continuò a mangiare con gli altri come se niente fosse.

 

Il pomeriggio trascorse troppo velocemente per i gusti di Arthur. Tutti insieme erano andati al castello di Morgana e avevano disfatto i bagagli e si erano resi presentabili per la sera,dato che sarebbero andati fuori a cena, come accadeva sempre ogni volta che sbarcavano a Tintagel. Era il loro modo per inaugurare il loro soggiorno lì.

 

Si prepararono per uscire e Arthur, dopo essersi fatto una doccia, si vestì con camicia blu a righe azzurre infilata dentro a un paio di bermuda bianchi.

Morgana invece quella sera indossò dei pantaloni neri aderenti, scarpe con tacco aperte, e una camicetta nera chiusa fino al secondo bottone. I capelli erano lasciati sciolti, a parte due ciocche tirate indietro. I raggi del sole inoltre lasciavano dei riflessi rossi ai suoi capelli neri corvini.

Andarono a finire nel solito ristorante, dove vennero accolti dal proprietario col solito fare amichevole, essendo questi amico di Uther e Gorlois.

“Ragazzi, che piacere rivedervi! Quest’anno siete arrivati in anticipo!”
“Già, abbiamo deciso di fare tre settimane invece di due, così da avere poi più tempo per iniziare l’università.”
“Mi fa piacere rivedervi: ogni anno siete sempre più belli e sempre più giovani.” I ragazzi scoppiarono a ridere. E ringraziarono. Il proprietario li accompagnò al solito tavolo.

“E ditemi: come stanno Uther e Gorlois? È da un po’ che non li vedo.”

“Bene, loro stanno bene.. non cambiano mai.” Questa volta fu l’oste a ridere. “E la tua famiglia?”
“Bene.. mia moglie adesso è partita; è andata a fare un viaggio non so dove..”
“beh, allora va alla grande!” ribatté Arthur.

“Vedo che già hai capito come gira il mondo, eh, giovane Pendragon.” Tutti al tavolo risero.

“E Vivian? È un po’ che non ho sue notizie.” Riprese Arthur. Morgana e Ginevra si freddarono un pochino: a loro Vivian non piaceva per niente.

“Oh, lei sta bene.. è a fare un erasmus in America.. non te l’ha detto?”
“No, è da molto che non la sento.”
“Ah. “ poi si rivolse agli altri. “Il solito?

“Sì, grazie.”

La serata sembrò non migliorare, finché delle guardie di Camelot capeggiate da un losco individuo entrarono nel locale e si diressero verso un tavolo vicino a loro. L’uomo afferrò il ragazzo seduto al tavolo con una ragazza e un signore anziano e una donna sulla quarantina.

“È lui, ne sono sicuro. Portatelo via.”
“Non so di che cosa state parlando.”

“Sei stato accusato di praticare magia e per ordine del re verrai giustiziato.” Il ragazzo cercò con lo sguardo l’uomo anziano, che però gli fece segno che non poteva fare niente. A quel punto gli fu tutto chiaro. Il ragazzo erra Merlin, l’anziano Gaius, la donna Unith.

Si alzò dal tavolo e si mise dietro l’uomo che aveva accusato Merlin di stregoneria.

“Che succede?”
“Questo ragazzo è uno stregone: da quando l’ho ospitato a casa mia, mi sono capitate tutte le maggiori disgrazie, come avesse lanciato una maledizione.”
“E le tue disgrazie aumenteranno se non lo lasci andare.”

“Sire, vostro padre, il Re, ha ordinato la sua cattura.” Rispose una guardia di Camelot.

“Lui pratica la magia!” riprese l’uomo indicando lo sventurato. Poi fece per tirare un pugno a Merlin. Arthur però fu più veloce e gli bloccò il polso.

“Giù le mani: Merlin lo conosco, gode della mia totale fiducia. Non pratica la magia. Se avete un problema con lui, venite a riferirlo a me. Sono stato chiaro?” Tutti annuirono. “Bene, e adesso lasciatelo andare.”
“Ma Sire, eseguiamo gli ordini del Re..”
“Adesso eseguite i miei: ci penserò io a mio padre, me ne assumo la responsabilità.” Le guardie confuse annuirono  e se ne andarono. Arthur si voltò verso Merlin che lo guardava riconoscente, seppur mantenendosi molto distaccato.

“Non una parola.” Disse Arthur in risposta.

“Non ho detto niente, Sire.” Arthur lo guardò sorpreso: dopo tutto quello che aveva fatto, lo chiamava ancora Sire? Chinò il capo e poi sorrise.

“Sai Merlin, non ho ancora capito se sei tu a cercarti i guai o se sono loro a venire da te.”

“Me lo chiedo anch’io.” Si guardarono e risero. Era da tanto che lui non rideva così. Da troppo. Quei dodici mesi errano stati i più lunghi di tutta la sua vita.

Poi Arthur si voltò verso Gaius.

“Gaius: mio padre temeva che fossi scomparso!”
“Mi spiace non aver potuto avvisare, ma avevo degli impegni urgenti.”
“Non ti preoccupare... Signora Unith,:”
“Principe Arthur.” Disse freddamente. Il ragazzo si girò verso la ragazza che era seduta accanto al suo Merlin.

“Conosci già Freya?”
“No.”

“È la mia ragazza.” Ad Arthur si gelò il sangue nelle vene. Merlin aveva la ragazza??!! Questo significava che Merlin era… etero e che quindi.. era stata solo una cotta passeggera quella che aveva provato per lui. Mentre lui, che lo aveva deriso e preso in giro per tutto il liceo.. se ne era innamorato senza via d’uscita. Che… idiota che era stato!!! Farsi giocare così in questo modo da Merlin.

Nonostante tutto esibì il sorriso più smagliante che avesse alla ragazza.

“Piacere Freya.”
“Il piacere è tutto mio:” rispose lei con un sorriso tanto largo quanto falso, come lo era stato quello del principe.

Questi poi si girò verso Merlin.

“Beh.. buona serata e buon proseguimento.”
“Grazie, Sire.” A quelle parole il ragazzo s’intristì. Merlin non lo aveva mai chiamato “Sire” se non per deriderlo, e quello che agli altri poteva sembrare un normale segno di rispetto, per Arthur aveva tutto un altro significato: era il suo modo per prendere le distanze.

Nonostante tutto gli sorrise e tornò al suo tavolo. Tutti lo stavano aspettando. Morgana gli sorrise. E lui le diede un bacio.  

Quando la cena finì, si alzarono e dopo aver salutato ancora una volta il tavolo di Merlin, uscirono. Per tutto il tempo in cui gli altri avevano salutato Merlin e avevano parlato con lui, Arthur aveva cinto il fianco di Morgana, come a sottolineare che anche lui era andato avanti.

Di certo non era stato esattamente il ritrovo che si era immaginato, ma se non altro l’aveva visto felice, con una ragazza al fianco. E se Merlin era felice, lo era anche lui.

I sei ragazzi trascorsero la serata sul lungo mare, tra le bancarelle serali illuminate. Poi verso mezzanotte, Elaine fece una proposta.

“Ragazzi, vi va di fare il bagno di mezzanotte nella spiaggia qui dietro, che è sempre la meno affollata?”
“Buona idea, Elaine.”Le rispose Pellinor dandole un bacio. Gli altri si dissero d’accordo e scesero in spiaggia. Era la più piccola e la più riparata dal vento. Era l’unica spiaggia libera di tutta Tintagel. Arrivarono e accesero un falò. Poi Pellinor andò a una baracchetta lì vicino per prendere delle birre.

Quando tornò era in compagnia.

“Guardate un po’ chi ho incontrato alla baracchetta?”

“Ma non mi dire! Due volte in una serata è troppo!” disse Ginevra scherzando. Merlin rise al suo scherzo.

Gli sguardi di Arthur e Merlin s’incrociarono e il principe fu il primo a distoglierlo. Non riusciva e non voleva neanche guardare Merlin negli occhi, perché sapeva che non avrebbe retto il confronto con quei due oceani.

Prese la birra che Pellinor gli aveva offerto e la bevve.

La mezzanotte tanto attesa dai ragazzi, sembrava non arrivare mai. E Arthur era inquieto, quasi quanto il giorno della festa di Morgana: solo che allora aveva dovuto lasciare Merlin; adesso invece si erano ritrovati dopo un anno e Arthur non sapeva che dire, come comportarsi. Avrebbe voluto poter cancellare tutto, quel periodo passato senza di lui. Ma purtroppo ciò non era possibile. Lui l’aveva lasciato e il passato non si poteva cambiare.

“Ragazzi, è mezzanotte!”

“Dai andiamo a fare il bagno!” esclamò Morgana di rimando.

“Voi andate, io vi raggiungo.” Rispose Arthur, imitato da Merlin. Alzò lo sguardo: Merlin, di fronte a lui, lo guardava come se stesse aspettando qualcosa dal principe. Gli altri, ormai persi per l’eccessivo tasso alcolico, andarono a farsi il bagno, lasciando Arthur e Merlin da soli.

Si guardarono a lungo senza proferire una sola parola, un solo suono. L’aria era molto tesa. Poi Merlin si sedette accanto al principe.

“Quanto avete bevuto? Puzzate d’alcool”
“Nessuno ti ha detto di metterti vicino a me, Merlin, sei stato tu a venire qui: se non ti va, puoi tornartene al tuo posto.”
“Non siamo a scuola, non abbiamo i banchi, Sire: il mio posto è dove decido di stare.”

“Vicino a me?”

“Lo è sempre stato.” Arthur lo guardò: era intento a ravvivare il fuoco del falò. Sorrise. “Vi trovo bene.”
“Cosa?”

“Vi trovo bene.. tutti quanti. Evidentemente siete a posto con la vostra coscienza. Mi fa piacere constatarlo.”
“Anche tu non hai perso tempo, a quanto vedo.”
“Avevo il diritto di rifarmi una vita, o no?” Arthur non rispose.

“Mi dispiace, Merlin, io..”
“Non me ne faccio niente delle vostre scuse, Sire. Preferisco che tacciate.” E Arthur obbedì. Rimase zitto per un po’. Pensò a Merlin che si era trovato una ragazza e abbastanza in fretta pure, se si pensa che era passato solo un anno. Freya era carina, simpatica, lo amava e sicuramente gli era stata vicina più di quanto lui stesso potesse fare. Ma una cosa, sicuramente, non era in grado di farla bene quanto lui.

“Sembra una brava ragazza, Freya.”
“Lo è.”

“La ami?” Merlin indugiò un attimo.

“Sì: mi è stata molto vicino, e mi ha..”
“Dire che ti è stata vicino, non significa che tu la ami.”
“La amo.”

“Tua madre approverà.”
“Sì, la approva, è contenta per me.”

“E Freya… ti fa sentire amato, giusto?”
“Sì.”
“Anche quando ti bacia?”
“Dove vuoi arrivare?” Arthur sospirò.

“Voglio sapere se c’è almeno qualcosa in cui la supero: è così.. pura.. come te, d’altronde.”
“Oh beh.. di sicuro la superate in idiozia: sapete, credo che sia impossibile trovare qualcuno che sia più asino di voi.” Arthur si girò fintamente indignato.

“Rimangiati subito quello che hai detto, Merlin.”

“Altrimenti?” disse con aria di sfida. Arthur si girò di scatto verso di lui.

“Inizia a correre.” Merlin per la prima volta nella sua vita obbedì ad Arthur. Iniziò a correre. E Arthur gli andò dietro. Non ci volle molto a raggiungerlo. Lo raggiunse e lo strinse, in modo che la schiena del mago aderisse contro il suo petto. Il moro, nonostante tutto, cercò di divincolarsi, anche se il risultato che ottenne fu “leggermente” diverso. Entrambi finirono sulla sabbia uno sopra l’altro. Arthur con la schiena che poggiava sulla sabbia e Merlin sopra di lui. Si guardarono: non era la prima volta che accadeva. Entrambi si ricordarono del pomeriggio trascorso nello stanzino della scuola durante il quale erano stati interrotti da Morgana prima e Ginevra e Lancillotto poi. E come allora le mani di Arthur si posarono sui fianchi di Merlin che non fece niente per impedirlo. Negli occhi si leggeva lo stesso desiderio che aveva dominato il loro animo in quei tre mesi finali di scuola e che avevano coltivato segretamente in quei dodici mesi.

Arthur lentamente ribaltò le posizioni e si sistemò sopra di lui appoggiando i gomiti sulla sabbia per non gravare troppo con il suo peso. E tornò a perdersi nello sguardo di Merlin, come aveva sempre fatto dal primo giorno in cui i suoi occhi avevano incontrato quelli del maghetto.

“Arthur, che stai..?” la frase si fermò sospesa lì: Arthur sfiorò le labbra di Merlin con le proprie. E questo si ritrovò a rispondere, attirando a sé il viso del principe.

Il bacio fu tenero, lungo e calmo, come se avessero tutto il tempo a loro disposizione. Quando Arthur si staccò, fu chiaro a entrambi che, pur non essendo cambiato una virgola dei sentimenti che provavano l’un per l’altro, non sarebbe durata. Era una cosa senza alcun futuro. E dovevano godersi quel momento perché sarebbe stato l’ultimo.

Il principe lo guardò e gli sorrise.

“Merlin… io.”
“Non una parola.” Arthur chinò il capo e sorrise.

“Copi le battute?”

“Non oserei mai!”rispose quello. Arthur si avvicinò per baciarlo, ma questa volta Merlin lo allontanò. “Scusa, ma non voglio.” Disse sedendosi.
“Perché?” chiese tirandosi a sua volta seduto.
“Fa troppo male.”

E detto ciò si alzò e raggiunse gli altri a fare il bagno.

 

 

La sera precedente aveva dormito tre ore per dire tanto. Errano rientrati per le cinque e poi lui aveva pensato a Merlin tutto il tempo.

E ora erano le nove e mezza, e moriva dalla voglia di vederlo. Decise che sarebbe andato da lui all’istante: si alzò, si lavò si vestì e poi, passando per la cucina, salutò gli altri che stavano iniziando a fare colazione. Poi aprì la porta e venne inghiottito dal resto della popolazione. Sballottato da tutte le parti, infine riuscì ad arrivare a casa di Gaius dove era certo che si trovasse, e citofonò.

“Chi è?”

“Sono Arthur Pendragon.”
“Entra pure, Arthur.” Gli rispose il vecchio cerusico.

Aprì la porta e salì le scale a tre gradini alla volta fino al quarto piano. Quando arrivò su, suonò il campanello.

Dopo qualche istante Gaius gli aprì la porta e gli fece segno di entrare.

“In cosa ti posso aiutare, Arthur?”
“Sai dov’è Merlin? Devo parlargli.”
“No, mi dispiace… è passato con Unith e Freya a salutarmi stamattina: è partito.”
“Per dove? Sai almeno dove è andato?”
“No, non me l’ha voluto dire, però…” disse allontanandosi e andando al piano da cucina. “Mi ha detto di darti questa.” Disse porgendogli una lettera.

Arthur quasi la strappò di mano al medico e la aprì.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed ecco che inizia un nuovo capitolo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Volevo ringraziare di cuore kinderbuena89 che mi tiene sempre tanta compagnia anche da lontano, che mi fa impazzire con le sue storie bellissime.. che ho scoperto essere pazza quanto me.. ahahah!! Grazie per l’immenso supporto che mi dai e per aver aggiornato sabato invece di aggiornare domani!!!

 

Come avete potuto leggere, c’è stato un riavvicinamento tra i nostri due beniamini, ma quanto durerà? E che cosa ci sarà scritto nella lettera? Morgana e Ginevra: chi delle due si rivelerà vera amica di Arthur? Chi lo aiuterà? La domanda non è così banale, e per chi lo pensa ci sarà un colpo di scena… mmuuuuuuaaaaaaaaahhhhhhhhh!!!

 

 

 

 

Ringrazio di cuore anche chi ha letto e chi ha messo tra i preferiti e ShadowMix33 per avermi messo tra gli autori preferiti… grazie mille!!!!!!!!!!

 

 

 

 

 

 

Ecco il link del video che mi ha ispirato per questo capitolo:

http://www.youtube.com/watch?v=X99YkKYCJeM

 

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Capitolo 15
*** Give it to me. ***


                                                            

       Give it to me.

 

Passavano i mesi e la sanità mentale stava preparando le valigie in silenzio per una vacanza che si sarebbe preannunciata molto lunga, lontano dalla testa di Arthur. C’erano proprio tutti. Cervello rigorosamente messo in stand-by per l’occasione, il cervelletto che piangeva, le meningi che si strizzavano dal dolore, i neuroni che pur di arrivare primi e non perdersi la partenza creavano incidenti stradali a ogni angolo e causando un numero spropositato di feriti e morti. Persino le ossa della scatola cranica non volevano saperne di far partire la ragione, quel poco di razionalità che per vent’anni aveva abitato nel corpo del giovane principe.

Ma c’era un’ultima cosa che la ragione doveva fare, ed era chiamare il cuore. Tu-tu-tu.

“Questa è la segreteria di Cuore: lasciate un messaggio dopo il segnale acustico.” La ragione scrollò il capo.

“Ehi cuore! Lo so, sono le tre di mattina, dovrei stare a dormire secondo te, ma che ci vuoi fare, mica posso dormire!! Beh, se è per questo non dovresti farlo neanche tu.. comunque volevo dirti che parto e non so quando ritornerò e che..”
“Cosa?!”
“Ma allora ci sei!!”
“Certo che ci sono, idiota! Che vuoi alle tre di mattina, si può sapere?”
“Parto, non so tu, ma io mi sono stancato di questo qui!”
“Beh, se qualcuno, a caso eh, non gli avesse imposto di lasciare quel povero ragazzo, ora quel qualcuno, vivrebbe in pace e non mi avrebbe buttato giù dal letto alle tre di mattina!”

“Quanto la fai lunga, però! Ok, ho sbagliato, e allora? Tu sei il cuore, tocca a te occupartene”
“Tu sei la mente, io sono il corpo.”
“Vado in vacanzaa!! Lascio il comando a te.”
“Ok, ma poi non lamentarti del risultato.”

 

Questo era il conflitto interiore che più o meno si sarebbe presentato a chi avesse voluto vedere come si sentisse Arthur nei giorni che seguirono a quel fugace e breve incontro.

Tutto ciò che si diceva sul mare non era vero: bello, rilassante e importante per riacquistare la salute. Era tutta una bugia: bello non era di sicuro, considerando che guardando il suo colore gli venivano in mente gli occhi di Merlin; rilassante? Proprio per niente! Pensare a Merlin e tormentarsi non era per niente rilassante! Importante per riacquistare la salute? Men che meno. Pensare al bacio ricevuto da Merlin, la sua reazione più che gratificante allo loro sfiorarsi di labbra, era tutto tranne che benefico. Di quella sera, ormai gli era rimasto impresso solo il momento del bacio, il momento in cui si era sentito incendiare, aveva sentito il desiderio martellargli la testa e implorare di manifestarsi. Ma lui, pur di fare felice il suo Merlin, aveva cercato di contenersi, fargli capire che lui sapeva controllarsi. Già, peccato che il bacio fosse stato uno, e uno soltanto. La seconda volta l’aveva respinto, faceva troppo male.

Arthur questo lo sapeva, ma non era stato facile neanche per lui. Dover mantenere una maschera per dodici mesi, in continuazione, senza potersi sfogare con nessuno. Nessuno con cui condividere il dolore. Era frustrante. Che Merlin era riuscito a trovare qualcuno, si era rifatto una vita; Arthur invece aveva finto ogni giorno: con il padre, con la sorella, con il suo migliore amico, con la propria ragazza. E inoltre aveva dovuto fingere con gli estranei, con tutta quella brodaglia di nobili che non sopportava. Non che fosse la prima volta, che non l’avesse mai fatto, ma tutto era diventato più pesante, più gravoso. L’aria di quell’ambiente era diventata insostenibile: tutti che concordavano con lui solo per ingraziarselo. Gli mancavano le risposte sempre pronte di Merlin, le sue frecciatine. Gli mancava il suo odore, il suo corpo gracile contro il suo, quel senso di appartenenza e completezza che solo Merlin era in grado di offrirgli. Gli mancava così tanto che a volte aveva creduto di impazzire. Ma poi, dalle tenebre era sorta la luce. Il giorno del loro incontro. Lui, nel ristorante, ancora incapace di tenersi lontano dai guai. La stessa espressione innocente e spensierata con lei, con Freya. Accusatrice e fredda con lui. E poi di nuovo. Loro due, da soli, sulla spiaggia, sul falò. Le battute, il ricordo di quel giorno fatale. La rincorsa sulla sabbia. La sua vittoria su Merlin.  L’intesa e il bacio.

Era stato solo un abbaglio, perché dopo quell’unico bacio, Merlin l’aveva allontanato da sé, e il giorno dopo erra partito lasciando solo una lettera per lui. Neanche uno straccio di indirizzo, nemmeno a Gaius. E di sicuro era inutile cercare nel suo regno. Non l’avrebbe trovato: era stato esiliato dal regno di Camelot;Merlin non si sarebbe mai permesso di tornare. E poi non lo voleva neanche, l’aveva espresso chiaramente nella lettera. Non sarebbe tornato. E lui non avrebbe dovuto cercarlo.

Il cervello stava andando in fumo. Lo sentiva. Ma pensare a Merlin era inevitabile, umanamente impossibile. Rilesse ancora una volta la lettera, poi la poggiò sulla scrivania, lasciando cadere la testa all’indietro.

“Arthur, che hai?”
“Niente, sono stanco, Gin.”

“Sei sicuro?”

“Sì, vado a farmi una doccia, magari passa.” Disse uscendo dalla stanza e lasciando la lettera aperta sulla scrivania.

 

La doccia non aveva funzionato. Si sentiva ancora più stanco di prima. Non era servita a niente.

Quando tornò,fu accolto nella sua stanza da una Ginevra oltremodo delusa e disgustata.

“Non me lo aspettavo da te.”
“Di che diamine stai parlando? Non..”
“Non capisci? Sto parlando di questa.” Disse mostrandogli la lettera.

“Ehi! Quella lettera è mia! Ridammela! Nessuno ti ha dato il permesso di leggerla.”  

“Ringrazia che l’ho letta io e non Uther.”

“Bella consolazione!”
“Come hai potuto fare questo a me, a tuo padre e a Morgana?!”

“come ho potuto fare cosa?”

“Baciare Merlin, difenderlo in quel modo.. non ti riconosco! Una volta eri innamorato di Morgana. L’anno scorso eri perdutamente innamorato di..”
“Merlin!”lei lo guardò sconvolta.

“No, non è vero.. non può essere vero! Tu non sei l’Arthur Pendragon che conosco. Lui non avrebbe mai fatto una cosa del genere.”
“L’anno scorso approvavi,  mi stimolavi a seguire il mio istinto.”
“Pensavo che fosse un gioco per te, che fosse una finta: stavo al gioco. Ma evidentemente mi sbagliavo.”
“Di tanto, anche.”

“Dimmi che non è vero, Arthur, ti prego.”

“Io.. io lo amo, Ginevra.” Piantò un urlo senza paragoni e uscì dalla stanza correndo con la lettera in mano.

No. Ginevra con la lettera in mano no! Arthur la seguì lungo l’intero corridoio, scendendo le scale di corsa e cercando di fermarla. Incontrò Morgana.

“Arthur che sta succedendo.. ho sentito delle grida e Ginevra correre via con una lettera.”
“Era mia sorella: ha letto la lettera di Merlin e sta andando non so dove.” Disse riprendendo a correre. Lei gli andò dietro: questa volta, però, facilitata dai jeans, riuscì a correre più velocemente del solito e tenne testa ad Arthur. Seguirono Ginevra, finché non la videro entrare nella stanza di Elaine.

“Perfetto! Ci mancava solo questa! Elaine non sa stare zitta in queste cose.”

“Ci penso io.” Disse Morgana andando verso la stanza. Ne uscì poco dopo con la lettera e la promessa da parte di Elaine di non dire niente.

“Ha promesso anche Ginevra?”
“Cosa doveva promettere.”
“Di stare zitta, Uther.” Rispose Morgana.

“Riguardo a cosa?”   

“Affari tra ragazzi che non ti riguardano.” Continuò lei. In quel momento arrivò Ginevra.

“Cara, ho saputo che avete un problema.”
“Un grande problema.” Arthur e Morgana si guardarono e chinarono il capo.

“Venite, ne parliamo nella sala delle riunioni.”

 

“Arthur, di che problema si tratta?”

“Non c’è alcun problema.”
“Padre, non è vero.” S’intromise Ginevra.
“Che cos’è ciò che tieni in mano?”

“Ehm.. niente, padre, niente.”

“Dammela.”
“No.”
“Se non è niente..” Ginevra sorrise. Arthur fu costretto dallo sguardo insistente del Re a consegnargli la lettera.

“Bene, adesso vediamo di leggerla.” Arthur stava per scoppiare: quella era la sua lettera, scritta dal suo Merlin! Nessuno tranne lui aveva il diritto di leggerla!

“Oh, vedo che abbiamo un ammiratore, direi dalla calligrafia.”

Mi dispiace Arthur, ma non era Destino. È stato tutto uno sbaglio. Un piacevole sbaglio, ma pur sempre uno sbaglio. Non sarebbe dovuto accadere. Non avrei dovuto lasciarmi baciare ieri notte. Non hai fatto che riaprire una ferita non rimarginata che ha ripreso a sanguinare.”

“Padre, ti prego..” implorò Arthur, che oramai voleva che un fulmine colpisse il Re. L’amore che Merlin provava per lui era già stato umiliato abbastanza a causa sua e ne aveva sofferto, non era il caso di aumentare ancora di più il dolore che provava. Uther lo ignorò.

“È stato un mio errore: nei confronti miei, tuoi, di Freya, di Morgana, Ginevra; ma soprattutto nei confronti tuoi e di quello che un giorno diventerai: un re amato e stimato da tutti. È stato un errore nei confronti della tua futura sposa, dell’erede che nascerà dalla vostra unione e di tuo padre, che lascerà il mondo nella consapevolezza di non aver faticato per nulla. E io, da lontano, continuerò a stimarti e amarti in segreto, come ho sempre fatto. Continuerò la mia vita al fianco di Freya. La sposerò. Magari avremo anche dei figli. La amo, e sono certo che lei corrisponde. Questo è l’amore giusto. Il mio destino è stare al fianco di Freya; il tuo è diventare re e avere una regina bella e intelligente come Morgana. So che con lei al tuo fianco riuscirai a dimenticarmi, come io ho fatto con te grazie a Freya. Quello di ieri notte è stato uno sbaglio. Perdonami. Merlin.”

Uther guardò il figlio, che ormai teneva il viso tra le mani. Arthur gli disse solo due parole.

“Ti odio.”

“Odiami pure quanto vuoi, non importa. Sappi però che non lo rivedrai più.”
“Non puoi impedirmelo!”

“Certo che posso.  Guardie! Scortate i principe nelle segrete e fate in modo che ci resti.”

“Ma… Uther!”
“Taci Morgana se non vuoi tenergli compagnia.” Lei si zittì e guardò Ginevra che non mostrava segni di turbamento in viso. Arthur all’avvicinarsi delle guardie sbraitò.

“So dove sono le segrete, so camminare da solo! Lasciatemi!” le guardie però lo ignorarono e lo accompagnarono nelle segrete. Durante il tragitto incontrò Lancillotto che preoccupato gli chiese che cosa fosse successo.

“Chiedilo a quella stronza di mia sorella: è per colpa sua se vengo rinchiuso nelle segrete.” Rispose acidamente il principe.

Poi la camminata riprese. E venne fatto entrare nella cella. Si sdraiò sul giaciglio di paglia e cercò di pensare a Merlin: sicuramente in quell’occasione, sarebbe stato in grado di alleviare il dolore, magari con una delle sue solite battute.

Ce l’aveva a morte con Ginevra. Come aveva potuto fargli una cosa del genere? Leggere la lettera indirizzata a lui! Negarlo e guardarlo disgustata neanche fosse una malattia contagiosa! Neanche fosse un verme! Proprio lei che gli era sempre stata vicino, che l’aveva sostenuto in quella relazione l’anno precedente.

Ma anche solo per amore fraterno avrebbe dovuto aiutarlo: magari non approvare, non era costretta. Ma aiutarlo invece di dargli contro. D’altronde Arthur era sempre suo fratello, non un estraneo. Cosa aveva lui che a lei mancava? Niente, erano sempre stati trattati nello stesso modo dal padre: Uther aveva persino permesso che si fidanzassero con la persona che amavano e aveva approvato le loro scelte: non era mai stata trattata in maniera diversa da lui. Perché? Perché fargli questo? Una reazione del genere se la sarebbe aspettata da Morgana e di certo non l’avrebbe biasimata: scoprire che il ragazzo che ti è stato predestinato fin dalla nascita, non era proprio una notizia da accogliere con un sorriso. Invece colei che più aveva risentito di questa scelta era stata la sorella. Che a questo punto tutto era tranne che buona e gentile come invece dicevano tutti. Gli aveva tirato proprio un brutto scherzo. E lui sicuramente non l’avrebbe perdonata tanto facilmente.  Questo era poco ma sicuro.

In preda a questi pensieri, si addormentò sfinito.

Quando si risvegliò, era notte fonda e aveva freddo. Accanto alla brandina vide che su una sedia v’era una cesta con coperte e vestiti all’interno e accanto un biglietto:

 

                                                                    sarei venuta prima ma ho avuto una piccola discussione con Uther.

                                                                                                  Non ti ho svegliato perché dormivi.

                                                                                       Ci ho messo anche un ricambio. Tornerò presto.

                                                                                                                                                                           Morgana.

 

 

Sorrise. Morgana era sempre stata gentile nei suoi confronti, soprattutto negli ultimi mesi, da quando Arthur aveva rincontrato Merlin. A volte si era chiesto perché non si fosse innamorato di lei, come doveva essere. Poi gli veniva sempre in mente il modo in cui Merlin lo facesse sentire unico e amato. E poi tornava a pensare a Morgana con ancora maggior affetto di prima, perché lei era la sua ragazza, la sua migliore amica e la sua sorella. Lei ci sarebbe sempre stata. Ne era sicuro. Ma non come futura moglie, ma bensì come amica. Che era molto meglio.

All’improvviso ripensò al gesto e pensò che anche Unith avrebbe fatto così se ci fosse stato Merlin in prigione. Il gesto più che fraterno o dettato da affetto, era dettato quasi da un amore materno. Cosa insolita in Morgana. Non era la ragazza da fare gesti d’amore di questo genere, non con lui.

Prese le coperte e si rimise a dormire.

 

“Arthur..” una voce lo svegliò aprì gli occhi. Lentamente. Vide inizialmente solo i contorni di una figura snella, con i capelli neri e occhi chiari.

“Merlin.” La figura scosse il capo.

“No, sono Morgana.” Rispose la dolce voce. Arthur si alzò e la riconobbe.

“Scusa Morgana, è solo che..”
“Non preoccuparti: ti ho portato la colazione, così puoi mettere qualcosa sotto i denti; mi è giunta voce che ieri tu non abbia toccato cibo.”
“No, ho solo dormito.”

“Vedo che hai utilizzato le coperte.”

“Oh sì, grazie Morgana.” Disse dandole un bacio sulla guancia.

“Ci tieni davvero tanto a lui, vero?”

“Sì.” Rispose con un sospiro. Lei sorrise.

“Bene, perché se ce la faccio, nei prossimi giorni riceverai visite.” Disse con un sorrisetto furbo.

“Perché ho paura?” lei scoppiò a ridere.

“Vedrai che ti farà piacere, molto piacere.”

“Se lo dici tu.” Lei gli sorrise ancora una volta e dopo avergli dato un bacio uscì. “Dammi la tua parola che tornerai.”

“Lo farò Arthur, prima di quanto tu possa immaginare.” E detto questo sparì nel corridoio lasciando un Arthur molto perplesso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve ragazze!!!!!! Allora avete visto la nostra carissima Ginevra cosa ha combinato?? Personalmente la vorrei uccidere!!! Voi che ne dite? In compenso il contenuto della lettera è stato svelato. Uther.. evitiamo di commentare, sennò non finisco più!!!!!!

Che cosa avrà in mente la nostra Morghy? Quale sarà la sorpresa che tiene in serbo per lui? E soprattutto, riuscirà a fargliela??

 

E adesso passo a ringraziare chi ha letto, messo tra i preferiti e chi ha recensito!!!

 

Kinderbuena89: grazie tesoro per la tua recensione!!! Posso sempre contare su di te… grazie mille!!  Beh che fosse Morghy l’amica, sapendo quanto io l’adori.. era ovvio.. e poi non mi piaceva l’idea che solo Morghy sia la cattiva della serie mentre Ginevra è una santa!!!

Visto che ho aggiornato presto questa volta??? Sono stata brava!!!

 

_Valux_: un grazie enorme anche a te!!! Sono contenta che abbia recensito e come puoi vedere, ho aggiornato anche  in fretta!!! Spero di non averti delusa con questo cap…. fammi sapere..

 

Un bacione a tutte e a presto!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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Capitolo 16
*** Missing ***


                       Missing

 

Dopo essersi recata da Arthur,  Morgana si recò nelle proprie stanze. Incrociò Ginevra che però non salutò. Era troppo quello che aveva fatto ad Arthur, e lei non l’avrebbe perdonata. Avrebbe dovuto pagare caro per la sua colpa. Un sorriso malefico le si stampò sul viso.

Si fece una doccia, e si vestì con pantaloni in pelle neri, maglia nera aderente, giubbotto in pelle nero, stivali da cavallerizza e, legatasi i capelli, andò da Uther.

“Oh, Morgana!” disse sorridendole.

“Uther.” Disse con un tono glaciale. “sono passata per informarti che parto.”
“Dove vai?”
“In Cornovaglia.”

“Quanto resterai via?”

“Non molto, un paio di settimane al massimo.”

“Vedi di tornare presto.” Lei sorrise e uscì. In realtà non sapeva bene dove andare, ma era sicura che le sarebbe apparsa nei sogni la via giusta da prendere.

Prese la moto, il casco e partì. Si direzionò verso la casa di suo padre, il quale abitava in una casa di campagna fuori Camelot.

L’asfalto tremolava, le gomme stridevano a contatto con l’asfalto, ma nulla poteva fermarla. L’avrebbe fatto per Arthur e per l’amore che questi provava per Merlin. Un amore così bello e puro e genuino che meritava di essere preso in considerazione.

Arrivò in vista della dimora di suo padre verso le quattro e mezza del mattino. In effetti, dire che suo padre viveva poco distante da Camelot era un eufemismo.

Lo scoppiettio del motore della moto di Morgana aveva dovuto reclamare l’attenzione dovuta. Perché quando arrivò nel cortile i cancelli erano già stati aperti e Carot, il servitore di suo padre, quello più giovane e che più s’intendeva di motori e tecnologia, era già pronto per occuparsi del mezzo di Morgana.

“Benvenuta, my Lady.” Le disse mentre lei spegneva il motore e si toglieva il casco.
“Carot, quante volte ti ho detto di chiamarmi Morgana?” disse sistemandosi i capelli sciolti e smontando dalla moto.

“Un migliaio di volte, almeno.”

“Solo?” disse scherzosamente.

“Già.” Gli si avvicinò e gli consegnò le chiavi.

“Fammela avere pronta per domani.”

“Vi fermate solo per stanotte?”
“Sì, sono solo di passaggio.” Lui chinò il capo. “Tornerò presto.” Ed entrò. Il servitore personale di Gorlois le andò incontro.

“My Lady, non ci aspettavamo il suo arrivo.”
“Lo so: dov’è mio padre?”

“È in riunione con il re Odin. Sta cercando di stipulare un accordo di pace.”

“Oh, molto bene. Annunciagli del mio arrivo, io intanto vado in camera.”

“Sì, my lady.” Congedò il servitore e andò in camera. Ricevette una chiamata da parte di Ginevra. La ignorò. Non aveva tempo da perdere con lei. Avrebbe fatto i conti con l’amica quando fosse tornata a Camelot. Ora doveva occuparsi di Arthur e Merlin, che erano ben più importanti!!!

Si diede una sistemata e poi scese di nuovo.

Gorlois la vide scendere le scale e le andò incontro.

“Morgana, tesoro! Da quanto tempo non ci vediamo.”
“Sono solo due mesi, padre.. da fine giugno.”
“Lo so, cara.. però ormai divento sempre più vecchio e ogni volta temo che sia l’ultima in cui ti posso vedere.”

“Padre, per favore, non fare tanto il melodrammatico. Godi di ottima salute e sono certa che l’aria di campagna non possa farti che bene.” Rispose prendendo le mani del padre tra le sue. Lui le diede un bacio in fronte.

“Cosa farei se non ti avessi?” Morgana alzò gli occhi al cielo. “D’accordo, è ora di smetterla con queste smancerie. Cosa ti porta qui?”

“Sono solo di passaggio, padre, domani riparto. Vado a trovare un vecchio compagno di scuola.”
“Arthur lo sa?”
“Sì.. ma lui non è il tipo da ingelosirsi per qualsiasi cosa. Per fortuna, oserei dire.” Il padre sorrise. Stasera avremo come ospite Re Odin. Voglio che tu presenzi alla cena.”

“D’accordo, lo farò.”
“Non avevo dubbi.” Il padre si congedò e lei rimase sola in sala. Si recò in libreria e lesse un libro che l’aveva sempre appassionata e che ogni volta che lo leggeva, le faceva dimenticare qualsiasi problema. “Orgoglio e pregiudizio”. Il suo libro preferito. Cosa strana per una ragazza che andava a scherma, equitazione, andava in moto, adorava andare a vedere le corse delle macchine clandestine, e s’intendeva di motori. E appassionata delle gare di moto.

Però quello era stato l’unico libro che l’avesse aiutata a dimenticare tutti i problemi. Forse perché era stato un libro che sua madre le aveva donato, uno dei pochi, oltre a “Piccole Donne”, in cui i suo personaggio preferito era Joe.

Poteva anche sembrare strano, però lei, dietro alla passione per la moda e quell’atteggiamento da ragazza per bene, barbie bellissima e regina incontrastata della scuola, nascondeva un carattere totalmente diverso che però nessuno aveva mai conosciuto fino in fondo. Nemmeno Arthur.

Quando si staccò dalle pagine vissute del libro, era il tramonto. Lei adorava quel momento della giornata. Era la fine del giorno. La fine di tutto. Ma dalle ceneri, poi, sorgeva sempre il sole, come la fenice.

Tornò in camera e dopo essersi fatta un bagno caldo molto lungo, cercò tra i vari vestiti quello che più si addiceva per ricevere un re. Non amico di Camelot, ma pur sempre di rango nobile. Avrebbe voluto morire. Scomparire. Detestava presenziare a queste cene senza nessuno che le tenesse compagnia se non il padre e la corte dell’ospite.

Tra i vestiti che aveva, decise che ne avrebbe indossato uno color bordeaux, con una fascia d’oro in vita. Raccolse i capelli e prese un leggero scialle sempre color bordeaux.

Indossò una collana d’oro e scese.

Il primo che incontrò fu Carot.

“S- siete bellissima, my lady.”

“Grazie, Carot. Dove si trova mio padre?”

“È con il re Odin in giardino: vi stanno aspettando.”

“Grazie.” Disse dirigendosi verso la sala.

Carot la accompagnò e aprì le porte. Tutti immediatamente si girarono verso di lei. Chi con orgoglio, chi con ammirazione, chi con stupore e invidia.

A testa alta camminò fiera e altera fra i vari convitati. Tutti si aprirono al suo passare. Si diresse dal padre.

“Padre.”
“Figlia, ho l’onore di presentarti il nostro regale ospite, re Odin.”
“Ho sentito molto parlare di voi.”

“Anch’io. Circolavano voci sulla vostra beltà; almeno una volta, le voci erano vere.”

“Mi lusingate, re Odin. E se aveste sentito parlare di me, dovreste sapere che non è con le lusinghe che si conquistano i miei favori.”

“Voi siete la promessa sposa di Arthur Pendragon; nutrite anche voi dei rancori verso di me.”
“Per il momento non ne ho motivo, Odin. Ma non si può mai sapere che cosa ci serbi il futuro.”

Il re si girò soddisfatto verso il padre di lei.

“L’hai educata bene, Gorlois. È difficile trovare ai giorni nostri una ragazza così giovane che sia bella e intelligente allo stesso momento.” Tutti si sedettero a tavola e Morgana fu coinvolta dalla figlia e dalla moglie di Odin in discorsi totalmente assurdi e noiosi. La sera sembrava non voler trascorrere mai.

Era davvero insopportabile dover stare seduta a tavola con gente che non si conosceva e che avrebbe visto una volta sola nella vita.

La sua mente oltretutto vagava e fantasticava. Su Arthur e Merlin naturalmente. Lei era partita con l’intento di andare da Merlin, non di essere coinvolta in una cena diplomatica, in cui era assolutamente vietato sbilanciarsi.

 

Verso mezzanotte, Morgana trovò il pretesto per andare a dormire. Si coricò nel letto e si addormentò.

 

Un palazzo anni sessanta. Un portone vecchio, un citofono distrutto. Scale ripide e buie. Appartamento piccolo ma sobrio. Merlin e Freya. Lei che si avvicinava. Merlin che la respingeva. Lei che tornava da Arthur. Arthur che dormiva e Uther che si disperava. Arthur non dormiva. Aveva cessato di esistere.

 

Si svegliò urlando, il sudore freddo che le imperlava la fronte. Il respiro affannato. Fece dei respiri profondi e si coricò di nuovo. Cercò di riaddormentarsi, ma non ci riuscì. Non poteva permettere che Arthur si uccidesse. Arthur doveva vivere, al fianco di Merlin.

Si alzò, si lavò, si vestì e scese. Carot, che era sveglio (poverino, nell’ultimo periodo soffriva d’insonnia!) le andò incontro.

“Che ci fate sveglia e vestita, my lady, a quest’ora?”

“Parto. Salutami tutti, e di’ che c’è stata un emergenza e che non potevo restare.”

“Sì, my lady. La moto è fuori.”

“Grazie, Carot.” Uscì e con l’aiuto del ragazzo, uscì silenziosamente dalla proprietà e poi mise in moto. Salutò il ragazzo e ripartì. Il blu della notte, la Luna al suo fianco che illuminava con i suoi argentei raggi il sentiero, lei, la moto. Un viaggio liberatorio, lontano da tutti e da tutto.

Sollevò il vetro del casco e respirò a pieni polmoni l’aria. Pulita di campagna, fresca di mattina.

 

Arrivò a Ealdor nella tarda mattinata. Non sapeva neanche lei bene dove cercare, ma semplicemente seguiva l’istinto. E il suo istinto non sbagliava mai. Anche se questa volta, forse per la troppa agitazione, ci mise un po’ più del solito a trovare la strada. Forse anche perché era fuori allenamento.

Cercò di ricordare la via che le era apparsa in sogno, ma non fu facile trovarla. Infatti la individuò solo dopo un’ora di cerca.

Era proprio come nel sogno. Un po’ malandata e decadente. Piccola, in una via secondaria.

Cercò un posto abbastanza sicuro per la moto e lì la lasciò.

Suonò il citofono con ancora il casco appeso al braccio.

“Chi è?”
“Sono Morgana, vorrei…”
“Oh, Morgana! Sali.” Rispose la madre di Merlin. Uno scatto meccanico e il portone si aprì. Spinse la porta ed entrò nel piccolo androne che portava alle scale. Quando vi arrivò, iniziò a salirle, presa sempre più da una agitazione fuori misura. In realtà non sapeva neanche lei cosa dire.

Arrivò al primo piano e suonò il campanello. Dopo pochi istanti le venne ad aprire Unith.

“Oh, Morgana, che piacere vederti! Merlin, vieni a vedere chi ti è venuto a trovare!!” disse rivolta alla sala. “Scusa cara se sono un po’ indaffarata, ma sto preparando il pranzo.”

“Si figuri signora Unith.” Merlin apparve in quel momento in cucina. Morgana si girò e incontrò lo sguardo di Merlin.

“Ciao, Morgana.”

“Merlin, ciao! Come stai?”
“Bene, non mi lamento, voi?”

“Potremmo stare meglio.” Merlin la guardò incuriosita.

“Perché?”

“Problemi in famiglia.”

“Ah.”

“E Freya, come sta?” chiese non vedendo la ragazza. Merlin si fece cupo in volto.

“Penso bene: ci siamo lasciati.”

“Mi.. dispiace davvero tanto, non lo sapevo.”

“E Arthur sta bene?”
“Ha visto momenti migliori: è rinchiuso nelle segrete.” Merlin trattenne una risata.

“E perché mai?”
“A Uther non piace essere contraddetto.”

“Questo si era capito.” Lei sorrise.

“Ti fermi a pranzo con noi?”

“Signora unith, non voglio disturbare, ero solo passata per vedere come stesse Merlin.”
“Cara, davvero.. non disturbi.”

“Se insiste tanto, resto volentieri.” Così magari riesco convincerlo a tornare.

Dove, a Camelot? Mi spiace, ma devo ricordarti che il tuo caro Arthur Pendragon mi ha esiliato dal suo regno.

Morgana, che non si aspettava di ricevere una risposta silenziosa da parte di Merlin, lo guardò stranita.

È la capacità di noi maghi, non devi spaventarti. Così riusciamo a comunicare senza dover parlare.

Grazie Merlin. Potrei aiutarti a tornare da lui, se tu lo desiderassi.

No, con lui ho chiuso.

Ti prego, Merlin. Sei l’unico che possa aiutarlo.

E te?

Io? Cosa c’entro io? Non è me che ama.

Ah no?

No. È completamente perso di te. Da quando ti ha lasciato, non l’ho mai visto ridere neanche una volta, se non con te. Si è allontanato da tutti. Persino da me e da.. Ginevra. Non parla più con nessuno. Non è l’Arthur del liceo, aperto solare e strafottente di allora. Se non quando ci sei tu.

E quindi io dovrei aiutarlo a farmi soffrire??

Soffrire? Ti sto dando una mano per tornare!!

Sì, ma mi farebbe solo male rivederlo. Ho sofferto troppo a causa sua.

Anche lui ha sofferto, credimi.

Tanto non mi farai cambiare idea.

D’accordo, allora fammi un favore: da un’occhiata e vedi come sta!

Te l’ho già detto io non mi muovo da Ealdor.

Nessuno ti dice di farlo.

Rispose Morgana con uno sguardo furbo.

“Ci penserò.”

“Grazie, Merlin.” Lui timidamente sorrise.

“Ragazzi, a tavola!”

“Arriviamo.” Risposero in coro Merlin e Morgana.

Il pranzo fu molto tranquillo e Merlin scoprì dei lati di Morgana che mai si sarebbe aspettato di vedere in lei. Dopo pranzo, uscirono e andarono a fare un giro in paese, per poi allontanarsi e fare una gita in moto nei dintorni di Ealdor, senza allontanarsi troppo. Rientrarono la sera al crepuscolo.

“Come è andata la giornata?”
“Bene, era da molto che non mi divertivo così tanto.”
“Ti fermi a dormire?”
“Fuori è buoi ormai..”
“Grazie signora unith.”

La sera i due ragazzi erano tanto stanchi che finita la cena, si cambiarono e si addormentarono.

Buonanotte Morgana.

Buonanotte Merlin.

 

Intanto a Camelot…

 

 

Erano due giorni che Morgana era partita e Arthur non aveva più notizie di lei.

Ginevra era andata a trovarlo, ma lui non aveva prestato minimamente ascolto  a lei. Aveva sentito solo un bla bla bla di sottofondo.

E adesso era circa mezzanotte e si sentiva stanco. Si sdraiò e si addormentò pensando a Merlin, come faceva sempre, ormai.

 

Sentì la porta della cella aprirsi e vide una figura esile, con la pelle bianca e capelli neri corvini corti avvicinarsi. Arthur si alzò seduto sul letto e osservò la figura.

Era Merlin. Era tornato da lui. Aprì la bocca per parlare, ma non ne uscì alcun suono. E Merlin si avvicinò ulteriormente a lui, fino a fermarsi di fronte al letto.

“Merlin.”
“Sì, sono io, Arthur.”
“Merlin, mi ..”
“Non una parola, ricordi?” Arthur chinò il capo e sorrise. Poi tornò a guardarlo. Non lo baciava, aveva paura che tutto potesse finire.

Poi, preso coraggio, lo accarezzò e Merlin iniziò a baciare il palmo della mano. I sensi di Arthur improvvisamente si risvegliarono. Attrasse il suo viso a sé e gli sfiorò le labbra con un bacio. Poi lo sfiorarsi divenne sempre più concreto, finché entrambi non si lasciarono andare alla passione. Arthur lo fece sdraiare sotto di sé sulla brandina e divorò quelle labbra piene che aveva desiderato per tanto e che continuava a desiderare.

Le sue mani percorrevano quel corpo esile, le sue labbra finalmente si erano congiunte con quelle di Merlin e niente sembrava potesse essere più desiderabile al momento, ma poi Merlin, dopo avergli dato un ultimo bacio, si alzò e se ne andò.

 

Arthur si svegliò all’alba, il sudore che gli imperlava la fronte. Si passò le dita sulle labbra, per vedere se fosse rimasta qualche traccia del sogno.

Le sentì calde, come se fosse accaduto davvero. Rimase nel letto a rigirarsi maledicendo se stesso e il suo sogno così vivido da ingannarlo.

 

Da un’altra parte, anche qualcun altro si svegliò all’alba. Più felice  che mai: Morgana aveva ragione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ciao ragazzuoleeeeeee!!!!

Vedete, ho postato più in fretta di quanto pensassi anche io stessa!!!

Grazie per le vostre recensioni sono sempre bellissime!!!!!!!!!

 

Kinderbuena89: visto che ho postato in fretta?? Eheheh.. beh, sì Ginevra la vorrei al patibolo subito, ma vedrai che ci sarà un allontanamento tra lei e il resto della comunità. Perfida sono!!!!

 

_Valux_: sono contenta di non averti delusa e spero che ti sia piaciuto anche questo chappy!!

Grinpow: sono contenta che tu abbia trovato avvincente la storia, spero che continui a pacerti!!! A presto!!!!!!!!!

Sumire01: ciao!! Devi averne avuta di pazienza allora se è dal’inizio che mi segui… considerando che all’inizio postavo ogni morte di papa… ahahah.. non ti preoccupare, anzi mi fa piacere sapere che ci sarai fino alla fine, mi ha fatto tanto felice la tua rec… confido in un’altra recensione… a presto..

 

E adesso un messaggio a tutte, e che sia chiaro: A MORTE GINEVRA !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! mwaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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Capitolo 17
*** I'll be there for you!! ***


                                                                                   

I'll be there for you!!

Morgana fece ritorno a Camelot tre giorni dopo la visione che ebbe Arthur.  Senza neanche cambiarsi si diresse verso la sala del trono. Un paio di guardie cercarono di fermarla, ma lei, determinata più che mai, tirò dritto e spalancò le porte della sala con irruenza.

Il re era in riunione. Con i consiglieri e degli strateghi.

“Morgana! Che cosa ti porta a irrompere nella sala del trono durante una riunione?! Scusa ma adesso ho da fare.”
“E che cosa devi fare di tanto importante?”
“Trovare un modo per debellare la magia dal mio regno una volta per tutte.”
“E non pensi che Arthur dovrebbe essere presente?”

“Arthur ha di meglio da fare, questa è una questione mia, che devo risolvere da solo.”
“immagino quanto si stia divertendo a soggiornare nelle segrete del castello.”
“Morgana, non t’intromettere.”
“Come puoi pensare che diventi un bravo re, se lo tieni rinchiuso nelle segrete nei momenti più importanti?”

“Morgana, ti ordino di stare in silenzio. Se non eri venuta solo per questo, puoi anche andartene.”

“Liberalo, Uther! Non ha fatto niente di male.”

“Mi manca di rispetto.”
“Non lo farebbe, se tu non gli dessi un motivo per ribellarsi ai tuoi stupidi voleri.”
“Non ti permetto di parlarmi così.”

“Liberalo, Uther. Ti prego. Non posso vederlo in quello stato.” Uther si girò. E la vide preoccupata.

“Liberatelo.” Ordinò a un paio di guardie. Le quali partirono subito a eseguire subito l’ordine impartito loro.

Lei sorrise al sovrano.

“Non te ne pentirai Uther.” E detto ciò se ne andò, catturando l’attenzione di tutti i presenti.

 

Tornò in camera, dove vi trovò Arthur, felice come non mai.

“Morgana!” disse abbracciandola forte.

“Arthur, a cosa devo questo abbraccio?”
“Grazie, Morghy!! Ho saputo che è grazie a te se sono fuori.”
“Modestia a parte.” Disse guardandosi intorno con fare innocente. “Come sono stati questi giorni in cella?”

“Strani: ecco in realtà.. ho fatto un sogno strano.”
“Di che sogno stai parlando?”
“Tu eri partita da un paio di giorni, e la notte del secondo giorno ho sognato… Merlin.”
“Lo sogni sempre.”

“Sì, ma stavolta mi parlava e mi baciava… era  così vivido, sembrava fosse davvero con me.”

“Davvero?”  Ma non mi dire, si ritrovò a pensare per nulla sorpresa: se l’aspettava. D’altronde era stata lei a dirlo al maghetto.

“Sì.” Lei sorrise e se ne andò.

Arthur rimase perplesso. Insomma, Merlin gli appariva in sogno, Morgana, dopo una settimana passata chissà dove, tornava e lo liberava. E Uther non diceva niente? E Ginevra non si faceva neanche vedere?? Cosa stava succedendo a tutti quanti? Stava forse uscendo pazzo? Probabilmente sì. E la colpa era di una persona sola: Merlin. Se non si fosse innamorato di Merlin, probabilmente.. non avrebbe imparato a vivere.

Già… doveva tutto a quel ragazzo eppure l’aveva allontanato da lui: avrebbe dato di tutto per poter tornare indietro, per riaverlo suo, anche solo per un’ora. Il calore del suo corpo, le loro labbra unite in un bacio, le loro solite chiacchierate. Gli mancavano. Da morire. A volte il dolore era talmente lancinante che credeva che il cuore gli scoppiasse nel petto, di non riuscire a sopravvivere. Il viso di Merlin in quell’anno si era fatto più maturo, i lineamenti più  da ventenne, anche se la dolcezza non aveva lasciato  il suo viso. Sorrise  al ricordo della serata passata insieme.

Poi sentì bussare alla porta.

“Avanti!” rispose non curante, felice come non mai e voltandosi verso la porta. Il sorriso scomparve quando vide entrare Ginevra.

“Uther ti ha liberato.”
“Di certo non grazie al tuo intervento.” Rispose acido.

“Morgana tiene troppo a te. È innamorata di te da sempre. Farebbe di tutto per vederti felice.”
“Una cosa che di certo non ti ha trasmesso: una reazione del genere me la aspettavo da lei, ma non da te. Tu hai tradito la mia fiducia, Ginevra. Mi fidavo di te.”
“Non può avere un futuro, te ne rendi conto?! Sarà stroncata sul nascere da Uther, prima o poi.”

“Tu avresti dovuto sostenermi, cercare di farlo ragionare, non appoggiare la sua follia!” le gridò contro Arthur.

“Non è folle nostro padre! È semplicemente realista”
“Perché lo difendi?”
“Te l’ha scritto pure Merlin: tu diventerai re, avrai bisogno di una regina e un erede; Merlin, per quanto possa amarti, non potrà darti mai un erede, né essere la tua regina! Inoltre.. non approvo questo rapporto, lo sai.”
“Lui mi piace, Ginevra. È l’unica persona che possa rendermi felice in questa o nell’altra vita! Io non sono niente senza di lui! Ti prego… cerca di capire.” Lei negò col capo e con le lacrime agli occhi, corse nella sua stanza.

 

Arthur si lavò e cambiò. E poi si recò a casa dell’amico, Lancillotto.

Era tremendamente agitato: avrebbe messo in chiaro i sentimenti che provava per Merlin, e non sapeva bene come l’amico l’avrebbe presa.

Suonò al campanello due volte, tanto era agitato.

Lui gli andò ad aprire.

“Arthur, finalmente sei stato liberato!”
“A quanto pare le voci corrono.”

“Già.. entra pure.”

“Grazie.” Rispose titubante. Era agitato, sudava freddo. Non sapeva come iniziare il discorso. Non era semplice. “Come hai saputo del mio arresto?”
“Ginevra.”
“E che cosa ti ha detto di preciso.”
“Semplicemente che hai avuto da ridire con tuo padre.” Arthur alzò gli occhi al cielo imprecando mentalmente.

“Ti ha detto il perché?”
“No.” Arthur iniziò a insultare la sorella.

“Facile così!”
“Che intendi dire?”

“ È a causa sua se sono finito dentro! Perché ha letto una lettera che .. mi aveva scritto Merlin e.. ha fatto in modo che mio padre lo sapesse. Quando l’ha presa, mio padre ha avuto la bella idea di leggerla davanti all’intera corte: mancavi solo tu, davvero. Io me la sono presa con lui e il Re mi ha sbattuto in cella. Sono uscito grazie a Morgana.” Disse tutto d’un fiato.

“Non.. lo sapevo.” Arthur non rispose. “Posso chiederti una cosa a questo punto?”
“Certo.”
“Cosa provi per Merlin? Sinceramente.”

“Io.. mi piace da morire. Credo di non aver mai provato una cosa del genere per nessuno, neanche per Morgana. È indispensabile per me: non riesco a pensare a un’esistenza senza di lui. È l’aria che respiro, l’acqua di cui necessito per vivere, ed è ciò per cui ogni giorno lotto nella speranza di diventare un re migliore di mio padre.” Poi riscuotendosi, continuò. “Scusa, sto diventando più sdolcinato e smielato di Morgana, il che è grave.” L’altro scoppiò a ridere.

“No, è.. bellissimo ciò che hai detto. Peccato che lui non sia qui.” A quel punto Arthur sollevò lo sguardo e incontrò quello dell’amico, sincero.

“Grazie, Lance.”

“Prego, e ora scusa, ma credo di dover parlare con Ginevra.” Disse uscendo con il principe di casa e avviandosi verso la dimora dei Pendragon.

 

Arthur subito si recò da Ginevra, e la vide piangere sommessamente. Quando infatti entrò, lei si voltò e riprese a piangere.

“C’è lance che ti vuole parlare.”
“Sparisci.”
“Non ti preoccupare, lo faccio molto volentieri.” Disse uscendo e lasciando i due ragazzi soli.

Lancillotto si avvicinò alla ragazza e si sedette sul letto vicino a lei.

“Ginevra, che ti prende?”
“Niente.”
“Lo sai che non puoi nascondermi niente.”

“Arthur.. è innamorato di Merlin.”
“Qual è il problema?”
“Come qual è il problema?! Arthur è un ragazzo, Merlin anche.”
“E allora?”
“E allora?! Lancillotto, stai forse perdendo il lume della ragione? Ti rendi conto di che cosa significa?”
“Se qui c’è una persona che sta perdendo il lume della ragione, sei tu! Non ti facevi problemi l’anno scorso! Non te li sei mai fatti! E ora, perché Arthur ha avuto il coraggio di esternare i propri sentimenti per Merlin, tu lo abbandoni?! Lui ha bisogno di te, quanto di tutti noi. Possibile che tu non lo voglia capire?!”
“Io lo faccio per lui, perché ci tengo a lui. Più di tutti voi messi insieme.” Lancillotto per un momento indugiò. L’aveva spiazzato. Non si aspettava una reazione del genere da parte della sua ragazza.

“Che cosa ti è successo? Non sei la Ginevra che conosco, né tantomeno la Ginevra di cui io mi sono innamorato. Mi dispiace, Ginevra, ma non ho intenzione di continuare a stare con te, se la ragazza che ho di fronte in questo momento è la Ginevra che dovrò sposare, un giorno.” E detto questo abbandonò la stanza.”

 

Arthur vide uscire Lancillotto dalla stanza della sorella e avvicinarsi a lui.

“Mi dispiace, Arthur.” Fece per allontanarsi, poi si girò e gli disse “Ah, Arthur: sappi che per qualsiasi problema, ci sarò.” E sorridendo se ne andò definitivamente, lasciando Arthur felice per aver scoperto in Lancillotto un amico vero, leale, sincero.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Salve a tutte!!!!!!!!! Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo, anche se come avete letto, non è stato incentrato troppo sui pensieri di Arthur riguardo a Merlin, ma sull’amicizia, perché penso che gli amici siano importanti quanto i propri amanti. E poi un capitolo sull’amicizia, credevo ci stesse: spero solo di non avervi annoiate!! Dal prossimo ci sarà il riscatto di Arthur e la sua lotta contro la tirannia paterna.. eheheh.. sìsì!!!

 

Questo capitolo lo voglio dedicare a kinderbuena89, perché oggi potrà smettere di auto commiserarsi e riscattare la propria autostima. (io te l’avevo detto che ce l’avresti fatta!!! Ihihih!!!) complimenti ancora per aver guadagnato la patente!!!

 

 

Ringrazio ancora chi legge, chi inserisce tra preferiti/seguiti e chi recensisce!!

 

 

Suremi01: certo f a sempre piacere una nuova fan.. spero che ti piaccia anche questo chappy!!!

Kinderbuena89: innanzitutto ancora complimenti x la patente… seconda cosa… sono d’accordo anch’io con te: si può amare da morire, ma morire per amore no!!! Però sai.. un asino reale come Arthur.. era anche scontato che facesse di questi pensieri!!! 

_Valux_: sono contenta che ti sia piaciuto il chappy!!! Eh beh… Arthur non poteva non sognare che Merlin.. che è entrato nei suoi sogni grazie ai propri poteri sotto consiglio di Morghy!!! Spero che ti sia piaciuto anche questo chappy!!! A pressto!!!!!!!!!!!

 

 

Un bacione a tutte e al prossimo capitolo!!!!!!

 

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Capitolo 18
*** Hello, is it me you're looking for? ***


Hello, is it me you’re looking for?

 

Merlin, ho saputo che hai seguito il mio consiglio..
Sì, Morgana, e allora?
Dimmi tu.. che ne pensi? Avevo o non avevo ragione?
Questo non cambia niente.
Non puoi mentirmi!
Non sto mentendo
Sì.
No.
No.
Sì.
Visto, avevo ragione.
Me la paghi.
Arthur tiene a te, più di qualsiasi altra cosa.
Sarebbe bello se me lo dimostrasse.
Lo farà, abbi fede.

 

“Morgana, Morgana!”

“Sì, Arthur?” rispose preoccupata vedendo il ragazzo sconvolto.

“Ho deciso, andrò da Merlin, gli dirò tutto!”

“E allora che stai aspettando??”

Cosa sta succedendo?
Arthur viene da te
No, no e poi no!
Sì, sì e poi sì.

“Credi che faccia bene?”
“Sì.”
No, ti prego, non farlo venire da me, no!
Perché?

Ci starei male!

“Non essere idiota!” rispose a voce alta.

“Come?” le chiese Arthur perplesso.

Beccata!disse ridendo
Con te faccio i conti dopo! “Dicevo.. cerca di comportarti bene con lui, non fare l’idiota come sei solito fare.”
“Ah, ok.” Fece per andarsene, ma lei lo richiamò: si fermò e si voltò.

Visto? Chi è che adesso ride? Non le arrivò risposta e sorrise. Ancora una volta aveva vinto lei.

“Arthur.. sii prudente.”

“Sì, Morgana.” E sorridendole uscì.

 

Cercando di fare meno rumore possibile, Arthur si diresse verso l’uscita. Non ebbe problemi ad arrivare nel giardino, dal quale, si accedeva al cancello e che gli avrebbe permesso di uscire e andare da Merlin.

Silenziosamente uscì e corse verso la stazione. Voleva prendere il primo treno diretto a Ealdor. Aveva voglia di vederlo. Non poteva resistere oltre.

Il treno sarebbe partito tra mezz’ora. Chiamò Lancillotto.

“Ehi, Arthur!”
“Lance, io tra un po’ parto, vado a Ealdor.”

“Da Merlin?”

“Sì.”
“Buona fortuna.. e salutamelo.”
“D’accordo… se mio padre dovesse chiederti..”
“Io non ne so niente. Stai tranquillo.” Arthur chiuse la chiamata e salì sul treno. Classe economica. Non appena trovò un sedile vuoto, vi si sedette. Il posto era quello vicino al finestrino. Appoggiò la testa al finestrino e si soffermò a guardare il panorama.

Il treno iniziò a prendere velocità, e partì da Camelot. Gli alberi ormai spogli, il cielo grigio e il pallido sole che illuminava la giornata, erano gli elementi principali del viaggio. Gli unici. La terra ben presto si bagnò dell’acqua piovana, rendendo l’atmosfera umida.

Il treno fece tante fermate. Troppe. Si fermava anche nei paesini in cui non c’erano più di mille abitanti, si fermò a pensare. Accanto a lui, e nell’intero vagone, per tutto il viaggio, i posti vennero liberati e occupati da un numero di persone spropositato. Quasi a ogni fermata saliva gente nuova e riusciva a trovare posto. Le persone che aveva intravisto erano di tutte le età, di tutti i ceti sociali, di ogni razza. Dallo studente universitario, alla casalinga con figli, al manager in carriera all’avvocato, al signore in pensione che leggeva il giornale aspettando di vedere i propri figli e i propri nipoti alla fermata.

Lui, invece, sarebbe sceso dopo una ventina di fermate. Il viaggio sarebbe stato decisamente lungo: quattro ore. Ed era partito verso l’una, il che significava che sarebbe arrivato lì per le cinque del pomeriggio.

Non parlò con nessuno. Nessuno sembrò intenzionato a farlo. Pensò. Solo a Merlin. A tutto quello che avevano passato insieme al liceo, e a ciò che sarebbe potuto succedere se Merlin avesse accettato le sue scuse. Cosa molto improbabile. Ma la speranza era l’ultima a morire.

A un tratto si sentì dare un colpo sulla spalla.

“Signore. Siamo a Ealdor: è il capolinea.”

“Grazie.” Disse soltanto. E scese.  Finalmente aria pulita. Aria di campagna. Anche a Ealdor aveva piovuto fino a poco tempo fa, perché l’odore della pioggia si sentiva. E a lui piaceva. La trovava rilassante.

Uscì dalla stazione e si guardò intorno. Sembrava proprio un paese: le strade ampie, la grande quantità di giardini pubblici, e di bar, tabaccherie e pub.

Sorrise al pensiero di Merlin in un pub. Non se lo immaginava proprio.

Entrò in un bar.

“Un caffè, per favore.”

“Come?”
“Normale.”

“Subito.” Arthur tirò fuori il portafoglio e si preparò i soldi. Ci metteva sempre troppo a trovare le monete. Gli arrivò dopo pochi istanti. Bevve e pagò. Un pound.

Fece per andarsene, poi tornò indietro e chiese al barista

“Scusi, sa per caso dove posso trovare  Merlin Emrys?”

“Certo: vada sempre dritto per questa strada, superi il monumento a Cornelius Sigan e alla seconda giri a destra. La riconosce, è una via secondaria, il palazzo è degli anni ’60.. non si può sbagliare.”

Seguì le indicazioni e dopo una decina di minuti riconobbe la via. E la casa. La vide e gli venne un groppo in gola.

Tutte le sue certezze crollarono. Non sapeva che cosa fare, se entrare o tornare indietro, prendere il treno e tornare a Camelot. Oramai però aveva fatto una strada troppo lunga per poter fermarsi proprio adesso. Aveva litigato con suo padre, passato un mese in prigione e adesso che poteva andare da Merlin e dirgli tutto quello che provava, si tirava indietro? Non se ne parlava. Respirò a lungo, poi si fece coraggio e suonò al citofono.

“Chi è?” rispose una voce femminile. Era la madre.

“Salve signora Unith, sono Arthur Pendragon.”

“Primo piano.”

La porta si aprì con uno scatto meccanico, e lui entrò. Salì le scale buie e quando arrivò al pianerottolo, vide la porta dischiusa. Bussò ed entrò.

“È permesso?”
“Entra pure.” Disse unith freddamente. Arthur chiuse la porta e si avviò verso la madre del ragazzo. La donna stava cucinando.

“Salve signora Unith.”
“Buon pomeriggio.”

“Merlin è in casa? Dovrei parlargli.” La donna si fermò a guardare il giovane con sospetto. Poi si ricordò del ragazzo che l’anno precedente, lasciando la loro casa, aveva pianto. Era lo stesso ragazzo che adesso aveva davanti.

“No, non è in casa: vuoi che lasci un messaggio?”

“No, grazie. Posso aspettarlo.” Lei annuì. Sì, era lo stesso ragazzo di allora.

Merlin non tardò molto ad arrivare. Dopo una mezz’oretta circa, infatti, Arthur poté distinguere il rumore delle chiavi che venivano girate nella toppa.

“Ciao mamma.”
“Ciao Merlin.”

“Com’è?”
“Bene; qui c’è una persona che vuole parlarti.”

“È tornata Morgana?”
“Non esattamente, ma se vuoi la prossima volta dico a lei di venire.” Rispose Arthur. Merlin rimase sorpreso.

“Non.. non importa.” Rispose.

“Ti.. posso parlare.. se hai tempo?” disse Arthur incerto come non lo era mai stato. Merlin notò la sua incertezza e poi gli fece segno di seguirlo in camera.

La casa era leggermente più grande di quella di Camelot, e la sua stanza pure. Appena entrato, notò i libri sulla scrivania.

“Studi medicina?”
“Sì.. tu?”

“Sto studiando un modo per ribellarmi a mio padre.”
“Mi è giunta voce che l’abbiate già fatto, Sire.”

“Sì, ma non basta. Voglio trovare un modo per fargli capire che non sono il figlio che pensa, che anch’io ho il diritto di farmi una vita mia e che..”
“Non mi sembrava molto difficile per voi accontentare vostro padre, fino all’anno scorso.”
“Fino all’anno scorso, appunto.”

“Sire, se siete venuto per umiliarmi ancora, potete anche tornarvene da dove siete venuto. Mi sembrava di essere stato anche abbastanza chiaro nella lettera. Perché siete venuto?”
“Voglio che mi ripeta cosa hai scritto nella lettera, voglio che tu me lo dica guardandomi negli occhi.”

“Io.. non voglio che tu mi cerchi più. Esci dalla mia vita, torna a Camelot e sposati Morgana. Non voglio più saperne niente di te. Tu non sei niente per me. Tutte quelle belle parole che ho scritto, erano false, le ho scritte solo per renderti la pillola meno amara, anche se me ne sono pentito subito: d’altronde tu mi hai umiliato davanti a tutti, dicendo chiaramente cosa provavi, o meglio, cosa non provavi. Non ti sei minimamente preoccupato di rendere la pastiglia meno amara di quanto non fosse già… perché avrei dovuto ricambiare il favore? Un favore oltretutto che tu a me non hai fatto?”

“Merlin..”
“Taci Arthur..”
“No, Merlin. Taci tu per una volta! È vero ti ho fatto soffrire, ho sbagliato. Lo ammetto. Non ho paura di dirlo. Purtroppo l’ho fatto e me ne pento. Ma voglio che adesso tu ti tolga dalla testa la convinzione che tu sia stato l’unico a soffrire. Perché anch’io ci sono stato male.”

“Non h intenzione di ascoltarti.”
“Tu.. tu eri tutto per me: eri l’unica persona che non si fosse interessata alla mia posizione, non mi hai mai elogiato solo per il terrore della mia reazione. Hai sempre detto quello che pensavi, fronteggiandomi, facendomi capire che non sempre ero nel giusto e che anche le altre persone sono esseri umani e che vanno trattati come tali.”
“Già, vi ho detto anche questo. Peccato che non l’abbiate recepito.”
“Io.. non avevo ancora compreso come mio padre manipolasse le vite altrui.. la mia vita in particolare. Credevo che fosse giusto così, che non ci fosse niente di sbagliato. Poi, quando mi sono visto costretto a esiliarti, ho capito che agiva solo per il suo interesse, che lui non lo faceva per il suo bene, ma per se stesso. Per l’Onore. Non ho mai odiato una parola quanto quella. E mi sono ritrovato a pensare a quante volte io pur di renderlo felice, pur di ottenere la sua approvazione, ero pronto a sacrificare una parte di me. Ma questa volta no. Questa volta..”
“Questa volta non dovrai sacrificare niente, perché io ti rispondo no.”
“Ti rendi conto che facendo così giochi al gioco di mio padre?”
“Quindi io ti servo solo per dimostrare a tuo padre che tu sei indipendente, che t possiedi una tua vita.”

“No.. io.. vorrei poterti dimostrare che..”
“Che cosa?”

“Che i sentimenti che provo per te sono sinceri.”
“Non sapevo che anche voi provaste dei sentimenti.” Arthur a quel punto distolse lo sguardo.

“Perché mi fai questo?”
“Perché voglio che capiate, sire, che non potete pretendere di ottenere tutto ciò che volete solo per la posizione che ricoprite. Che non basta farsi quattro ore di treno per venire da me, aspettarmi a casa e pensare che io vi possa perdonare così. Ho passato i dodici mesi peggiori a causa vostra e non saranno certo un paio di gesti e una giornata a farmi dimenticare l’Inferno che ho vissuto durante quest’anno.”   

 “Lo so, questo non cambia niente.”

“Se non avete nient’altro da dirmi.. potete anche andare, Sire.” Arthur non rispose. Semplicemente uscì dalla stanza e si diresse verso la porta. Unith lo intercettò.

“Non vi fermate a mangiare?”
“No, grazie, signora Unith.” Disse asciugandosi una lacrima. La donna ne era sempre più convinta: Arthur per quanto avesse fatto soffrire il suo ragazzo, non doveva aver avuto vita facile in quei mesi.

Il principe uscì. E chiamò Morgana.

“Pronto?”

“Ehi, Morgana.. Uther per caso ha già sguinzagliato qualcuno a cercarmi?”

“Sono domande da fare? Certo. E tu? Come stai?”
“Bene.”
“Con Merlin?”

“Meno bene. Mi fermerò qui per qualche giorno.”
“Ed è una brutta notizia?”

“Sì, perché devo metterci più del..”
“Non dirmi che se tu fossi al suo posto l’avresti già perdonato.”
“No, forse no.”
“Forse?”
“Ok, hai ragione, non l’avrei perdonato. Quindi?”
“Quindi, mio caro, dovrai trovare un modo per riconquistarlo.” Passò qualche istante di silenzio. “Ora devo andare Arthur, non voglio che mi becchino mentre parlo con te al telefono.”

“Ok, ci sentiamo presto.”

“Ciao.” E la chiamata terminò.

Arthur girovagò per il paese a lungo, fino a una locanda un po’ fuori mano, dove affittò una camera. Sarebbe rimasto a Ealdor fino a quando Merlin lo avesse perdonato.

La camera dell’albergo era spoglia e disadorna, l’arredamento era molto semplice, ma se non altro era pulito. Si sdraiò sul letto e aspettò l’ora di cena.

Merlin aveva ragione: con quale presunzione si era recato a casa sua e aveva pensato di essere perdonato! Merlin aveva ragione. Merlin aveva ragione su tutto. Già, ma come fare per fargli capire che lo amava, lo amava più di ogni altra cosa, più di chiunque altro? Poi si ricordò che aveva il numero di cellulare. Gli scrisse un messaggio:

 

A:mi dispiace per aver pensato di poter essere perdonato subito.. come posso rimediare?
M:Non cercarmi più.
A:Non posso.
M:Ti prego.
A:Merlin, io.. voglio trovare un modo per farmi perdonare.
M:Vieni a casa mia adesso.

 

Arthur non se lo fece ripetere due volte: dopo essersi dato una sistemata, uscì dall’albergo e si buttò a capofitto a casa di Merlin. Citofonò e salì. Gli venne ad aprire il ragazzo.

“Merlin.”
“Arthur.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ssalveee a tutte!!!!!!!!!!!!!

Come sempre mi fa piacere le vostre stupende recensioni!!

In particolare voglio ringraziare:

 

Grinpow: per un momento sono stata anch’io tentata di far sì che Lance la lasciasse sull’altare o davanti a tutti, poi però mi sono detta << se Lance facesse una cosa del genere, non sarebbe più lui, perché lui in fondo è un ragazzo troppo bravo per fare una bastardata del genere..>> quindi ho deciso che l’avrebbe lasciata nel suo stile. Sono contenta che comunque ti sia piaciuta la scena. ^.^

_Valux_: grazie mille per il tuo commento.. si vede che ti piace la storia, e non posso che gioirne.

Kinderbuena89: tesoro, visto che ho postato? Aspetto che posti tu!! Comunque sì, hai ragione.. la lady, che sarei io, gliela farà pagare, perché non riuscirà facilmente a farla franca. Dovrà struggersi dal dolore!! Mmmwwwwwaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhh!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

 

Secondo voi, che cosa vorrà Merlin dal principe?? Si accettano scommesse!!!!!!!!

 

A presto e un bacio a tutte!!!

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Capitolo 19
*** Girls just wanna have fun! ***


                                                                   Girls just wanna have fun!

“Entra pure.” Disse scostandosi e facendo passare Arthur.

“Come stai?”
“Bene.” Arthur annuì. Non aveva ancora capito perché Merlin l’avesse invitato a casa sua.

“C’è qualcuno?”

“No, siamo solo noi due.” Arthur sentì un brivido percorrergli la schiena e sperò di riuscire a contenersi. Comunque preferì non  rispondere.

Si diresse in sala e si tolse la giacca.

“Posso?”
“Sì, certo” rispose l’altro. Arthur era confuso: fino a quel pomeriggio, Merlin l’aveva respinto e si era arrabbiato con lui; adesso invece lo trattava come se non fosse successo niente. E quel che più lo sorprendeva, non sapeva cosa l’altro volesse da lui, come mai l’aveva invitato a casa propria dopo quello che si erano detti nel pomeriggio. A volte Merlin sapeva rendersi strano e misterioso quanto bastava per destare la propria curiosità. Decise di giocare sulla difensiva. E un Pendragon lo sa bene: non c’è miglior difesa dell’attacco.

“Sai, Merlin, sono sorpreso. Non mi aspettavo che tu mi volessi ancora tra i piedi: se non erro l’ultima volta che ci siamo visti mi hai detto di sparire, tornare a Camelot e sposarmi.”
“Sapevo che sareste venuto, tutto qui.”
“E se fossi partito, una volta uscito da casa tua?”
“Non era Destino.”
“Come fai a esserne sicuro?”
“Per il fatto che siete a casa mia e non in un vagone di terza classe in viaggio per Camelot, sire.”
“Smettila di chiamarmi Sire.”
“Ma è quel che siete, Sire.”

“È ciò che sono per gli altri: per te non ha mai avuto lo stesso significato; lo so bene.” Merlin si girò sorpreso: non credeva davvero che Arthur potesse dire una cosa del genere. Non credeva che quell’asino reale potesse capire che per lui era la maggior parte delle volte un modo per denigrarlo. “Pensi davvero che non mi sia accorto in questi cinque anni che usavi quei titoli per prendermi in giro? Quello che per altri era un segno di rispetto, per te non lo è mai stato. Tu non hai mai rispettato la mia posizione, il mio titolo, come non hai rispettato nessuna regola, persona che ti facesse scomodo; hai sempre detto la verità, ciò che pensavi senza pensare alle conseguenze. Semplicemente non t’importava. Mi criticavi quando sbagliavo: al diavolo se ero il principe di Camelot! E per questo ti ringrazio, perché se tu non mi avessi aperto gli occhi, adesso non sarei arrivato a questo punto, non ti avrei fatto soffrire né ti avrei esiliato. E questo per te è un bene. Però..”

“No, Arthur, non è per niente un bene: perché seppur sia lontano da te, so che sei affiancato da persone che ti vogliono bene: hai Ginevra, hai Lancillotto, hai Morgana..”
“Ma non ho te!”

“Lo so.. non è stata né una mia, né una tua scelta.”

“È colpa mia: se non fossi succube di mio padre, se avessi il coraggio di oppormi una volta tanto, magari adesso non..” gli si fermarono le parole in gola. Porca miseria! Amava Merlin, ma perché ogni volta che sembrava voler dire quelle due parole magiche, quest’ultime non volevano uscire? Lo amava con tutto se stesso, più della vita stessa, ma perché non riusciva a dirgli quel che provava? Si sentiva come se ci fosse qualcosa a frenarlo, una voce interiore che gli dicesse che non era il momento giusto.

Merlin gli accarezzò il viso per un po’. Poi, quando vide Arthur calmarsi, fermò la mano e avvicinò le proprie labbra  a quelle di Arthur. Il quale dapprima lo guardò sorpreso e dubbioso (davvero non si aspettava una reazione del genere!) e in seguito rispose al bacio. Era da giugno che desiderava possedere di nuovo quelle labbra morbide, carnose che sembravano non fare altro che richiedere attenzione. E lui avrebbe soddisfatto il desiderio di Merlin. Non era da lui non appagare il bisogno di qualcuno. Di chiunque fosse: in particolare di Merlin. Del suo Merlin. Questa volta non si sarebbe lasciato intimorire da un semplice rifiuto. Non se ne sarebbe andato così, solo perché Merlin glielo avrebbe ordinato.

Arthur baciò Merlin con dolcezza. Sentiva che l’avrebbe potuto baciare all’infinito, stando lì, seduto sul divano con lui accanto, con le mani del ragazzo sul proprio viso e accarezzando a sua volta quello dell’altro. All’improvviso un lampo squarciò il cielo della sera.

Entrambi ebbero un sussulto e guardarono fuori dalla finestra, tranquillizzandosi subito. La pioggia iniziò a ticchettare contro il vetro della finestra. Merlin lo guardò d nuovo negli occhi e gli sorrise. Forse non era così male averlo “invitato” a casa sua.

“Arthur..”

“Non una parola.” Gli rispose per poi tornare a baciare Merlin con più passione. Sentì il proprio cuore perdere un colpo quando sentì le mani di Merlin lasciare il proprio viso per scendere sul collo; sulle spalle; sul petto; sull’addome; sui fianchi; per poi insinuarsi sotto la felpa; e poi ancora sotto la maglietta; e toccare con le mani gelide il suo corpo, ardente e sempre più rovente a ogni tocco del giovane. Istintivamente, attrasse il bacino del moro al proprio, scatenando in sé un turbine di emozioni improvviso: mai si era sentito così eccitato con qualcuno, né con alcuna ragazza, se non con Merlin. E questi lo fece sdraiare sotto di sé, togliendogli la felpa. Arthur senza lasciare le labbra del ragazzo, lo privò della felpa, rivelando una maglietta a maniche corte troppo larga perché potesse essere sua.

Attirò il corpo di Merlin ancora di più a sé, lasciando le labbra e scese a baciare il collo, soffermandosi a lungo a mordicchiare, leccare e succhiare la candida pelle del collo, lasciando un’umida e calda scia di baci. Merlin iniziò ad ansimare. Il suo petto ormai si alzava e abbassava a scatti irregolari; le guance di Merlin si stavano arrossando.. e tutto ciò recava grande piacere al principe. Gli tolse la maglietta e ribaltò le posizioni. Ora avrebbe potuto impadronirsi di quel corpo esile che tanto lo faceva impazzire. Ti voglio. Ti voglio. Ti voglio.

Dal collo scese fino all’incavo tra collo e clavicola, fino al petto, ai capezzoli per poi tornare su e baciare quelle labbra gonfie di baci. I bacini sfregavano uno contro l’altro. Le erezioni sfregavano l’una contro l’altra. Ormai Arthur poteva distinguere il rigonfiamento nei propri pantaloni, la vampa di calore diffondersi dal basso ventre  in tutto il suo corpo e il desiderio accrescergli e scorrergli nel sangue. La stoffa dei pantaloni oramai era eccessiva, sentiva che doveva privarsi degli indumenti. Guardò Merlin e vide un lampo di malizia illuminargli gli occhi. Poi sentì la mano sinistra del ragazzo scendere, percorrere tutto il corpo statuario del principe per poi scendere fino all’orlo dei jeans. E poi passare sopra la stoffa, prendendo in mano l’erezione dapprima accarezzandola, poi rendendo il contatto sempre più reale.

Arthur stava provando piacere, un piacere immenso che non aveva provato con nessuna altra ragazza e tantomeno ragazzo, dato che aveva avuto solo Merlin. Se si fosse trattenuto ancora, sarebbe esploso. Di sicuro. Non si era neanche aspettato una cosa del genere. La litigata, i messaggi, il suo ritorno a casa del ragazzo, il bacio e quello che ne stava seguendo, semplicemente erano troppe emozioni e sensazioni tutte in un giorno.

La sua situazione non sfuggì al ragazzo, il quale continuò a baciarlo, a provocargli brividi di piacere, sorridendo ogni volta che riusciva nel suo intento. Ma non per il fatto di riuscire a suscitare simili sensazioni nell’altro, ma per quello che stava per fargli. O almeno, così credeva.  E fu proprio nel momento in cui il biondo stava per cedere, per venire che decise di attuare il suo piano. 

“Arthur, levati.” Disse secco e con la voce alterata levandosi di colpo.

“Ma.. perché?” chiese quello ancora sconvolto.

“Perché non voglio, perché per me non ha significato niente. Di te e dei tuoi sentimenti che dici di provare per me.” Arthur non si mosse ancora scosso. “Sparisci! Vattene via!” gli urlò contro senza osare guardarlo negli occhi. Il biondo allora si alzò e si rivestì.

“È sempre stato così?”

“Sì.” Rispose guardandolo finalmente nelle iridi cerulee. Arthur distolse lo sguardo e annuì, come per convincersene.

“Buona serata.” E uscì da quella casa.

Tornò in albergo. Sotto la pioggia. Prese le chiavi della camera dalla reception e salì in camera.

Chiuse la porta e si diresse in bagno: aveva bisogno di fare una doccia, di cancellare il profumo di Merlin, il suo odore sulla propria pelle.

No. Non sarebbe bastata una doccia. Lo sapeva bene, fin troppo bene. Poteva forse far scivolare via il suo odore, ma non poteva cancellare tutto il resto. Non poteva cancellare il ricordo. Quello, l’avrebbe accompagnato per tutto il resto della sua esistenza. Non stava esagerando, ma come tutti sanno, certe esperienze non si dimenticano.

E questa sarebbe stata una di queste.

 

Uscì dal bagno con solo un asciugamano legato in vita.

“Ciao Arthur.” Il ragazzo si girò verso il letto sorpreso.

“Morgana, per tutti gli dei.. che ci fai qui?”
“Facevo un salto.” Arthur sollevò un sopracciglio. “Ok, non è un caso che io sia qui.. volevo sapere come stesse.. andando.” Disse pronunciando l’ultima parola in un soffio, vedendo il volto del principe oscurarsi.

“Come credi che stia andando?” ribatté scontroso il principe.

“Cosa è successo?” Arthur le raccontò come erano andate le cose sorpassando su alcuni particolari trascurabili, per esempio cosa era successo esattamente quando era tornato la seconda volta a casa di Merlin.

“E quindi ti ha sbattuto fuori di casa?” chiese sorpresa Morgana.

“Sì.”
“Non è da lui.”
“Non lo conosci.”
“Questo è vero, però.. ti ama, non ti farebbe mai una cosa del genere.”

“Anch’io lo amavo e guarda cosa gli ho fatto: l’ho umiliato davanti a tutti, l’ho esiliato davanti a tutti. E non c’è giorno in cui non me ne penta, però.. di certo non lo biasimo. Oltretutto per lui non è mai stato niente, non ha mai significato niente per lui, quindi..”
“Te l’ha detto lui?”
“Sì.” Disse sedendosi accanto alla ragazza.

“Cambierà.”
“Morgana, no. È il momento di chiudere questa faccenda. Devo tornare alla mia vita, con o senza di lui.”

“E così al minimo problema, ti arrendi? Non ti facevo così debole, Arthur Pendragon, pensavo che ci tenessi a lui, che lottassi per ottenere ciò che volevi, che lottassi per riconquistare il suo amore. Credevo che lo amassi.”
“Io lo amo! Ma non posso obbligarlo ad amarmi, a perdonarmi. Deve sentirselo. E se per lui quello che c’è stato non ha mai significato niente, forse è meglio che io continui la mia vita al tuo fianco, e lui accanto a Freya.” Morgana non rispose niente. Semplicemente lo abbracciò.

“Scusa se insisto.. solo che io.. ti voglio bene e sto male a vederti soffrire per lui in questo modo.” Arthur rispose all’abbraccio.

“Ti voglio bene anch’io, Morgana.”

“Adesso meglio che io torni a casa.”

“Non ti fermi a dormire?”
“No.” Arthur si avvicinò alla finestra e guardò fuori.

“Morgana, diluvia. Non posso permetterti di tornare a casa mentre fuori c’è il Diluvio Universale.”
“Ma dai, cosa vuoi che sia?” in quel momento un lampo squarciò il celo e il tuono, dopo poco, si fece sentire in tutta la sua potenza.

“Vuoi ancora andartene?”
“No, grazie.. credo che accetterò volentieri la tua proposta.”  Rispose, provocando la risata di Arthur. La prima di tutta la giornata.

 

 

Eccoci con un altro capitolo!!!

Finalmente la storia sta prendendo una piega interessante!! Arthur dovrà trovare un modo concreto per far capire a quell’ idiota coraggioso che non è altro, che lo ama. Cosa pensate che farà??

 

 

Innanzitutto volevo ringraziare i lettori che leggono questa storia nell’ombra, che mi seguono e naturalmente quelli che recensiscono a partire da:

 

kinderbuena89: tesoro, scusa.. dovevo postare come te prima di Pasqua, ma per alcuni problemucci, non sono riuscita.. eccoti il capitolo ricorretto..  beh, inutile dire che ci azzecchi sempre.. sei o non sei autrice sadica come me?? Ahahah..spero che sia decente.. un bacione enorme.. Tvtb!!!

 

_Valux_: mi dispiace di non aver postato prima.. spero comunque che sia comprensibile e piacevole da leggere questo chappy!

 

Nel frattempo auguro a tutti i lettori, anche se in ritardo, di aver passato una

Buona Pasqua 

e delle Belle Vacanze!!!!!!

 

A presto!

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Capitolo 20
*** The winner takes it all ***


 

                                                                            The winner takes it all

 

 

Il mattino seguente, la pioggia aveva cessato di scrosciare lungo i sentieri e le strade di Ealdor. Arthur si svegliò nel proprio letto di prima mattina, con l’odore dell’aria ancora carica di umidità, dovuta alla pioggia appena cessata.

Si rigirò nel letto, e rimase sorpreso quando vide al proprio fianco la figura di Morgana. Dormiva beatamente. Sembrava che non fosse turbata. Sembrava una dea: la pelle chiara, distesa. I capelli corvini che elegantemente le incorniciavano il viso, le labbra appena dischiuse, e le palpebre che come uno scrigno, custodivano due smeraldi. Due gemme troppo preziose. Aveva dormito al suo fianco con solo l’intimo addosso, anche se facesse troppo freddo per dormire in quelle condizioni. Era dicembre inoltrato. Tra poco sarebbe giunto Natale. Anche lui indossava solo l’intimo, nonostante lui il necessario per dormire ce lo avesse dietro.

Non si ricordava niente della sera precedente, se non che Morgana infine aveva accettato di fermarsi a dormire da lui.

Si alzò e si vestì. Scese e fece colazione. Poi tornò in camera. Morgana si stava alzando in quel momento.

“Dormito bene?” le chiese.
“Sì, grazie.” Rispose lei di rimando sorridendogli.

“Bene. Credo che oggi tornerò con te a Camelot.”

“Perché?”

“Perché qui non ho più niente da fare.” Lei scosse la testa. Ma non disse niente. Sapeva che prima o poi Arthur sarebbe tornato da Merlin.

“Ok.. guidi tu allora?”

“Come sei venuta?”
“Con la tua macchina.”
“Passa le chiavi.” Lei gliele passò. “Ti aspetto sotto.”

“Va bene.”

 

Morgana non si fece aspettare molto. Dopo una decina di minuti scese e dopo aver fatto colazione, raggiunse il ragazzo in macchina. Arthur era già seduto al volante.

“Ci sei proprio affezionato.”
“Le faccio il filo da troppi anni.. come tu lo fai alla tua moto.”

“Fammi vedere che sai fare.” Arthur sorrise e mise in moto.

Ci fu un rumore sordo di motore, e poi il veicolo partì, come una saetta lasciando un polverone dietro di sé.

Arthur era sempre più frustato. Era sempre meno sicuro di quello che stava facendo. Merlin l’avrebbe fatto dannare. Ne era sicuro. Non poteva davvero credere che Merlin non avesse provato niente per lui. Insomma.. lui aveva amato Merlin, anche al liceo. Soprattutto al liceo. E invece lui non aveva provato niente?? Si ricordava gli sguardi che ogni tanto il moro gli aveva lanciato. Della sua reazione al loro primo bacio. Alle settimane in cui erano stati insieme, in cui si erano preparati per la maturità. Non era possibile che tutto quello non avesse significato niente per lui. Altrimenti perché lasciarsi baciare a giugno e poi a dicembre? Se non gliene fosse importato niente, non avrebbe permesso al principe di arrivare vicino all’orgasmo, semplicemente non avrebbe permesso che succedesse quello che era accaduto, o quasi, la sera prima.

Perché se non si prova attrazione per una persona, le avances di quest’ultima, non si lascia neanche avvicinare.

“Allora, Arthur, che hai in mente di fare appena tornato a Camelot?”

“Perché dovrei fare qualcosa?”
“Sei il principe.”
“Mi occuperò degli affari di stato con mio padre, come sempre.”

“Spero che ti mantengano abbastanza impegnato da farti dimenticare..”
“Taci, Morgana, ti prego.” Lei si zittì e guardò dritto davanti a sé.

Ciascuno ritornò ai propri pensieri, rimanendoci fino all’arrivo a Camelot.

Arthur parcheggiò la macchina nel garage ed entrò seguito da Morgana. Uther li vide tornare insieme e si tranquillizzò. Si recarono nella sala delle riunioni, dove già c’erano Gaius, Lancillotto e qualche altro cavaliere.

“Temevo che non tornaste più.” I due ragazzi si guardarono e scoppiarono a ridere.

“Che c’è di così divertente?” chiese Ginevra.

“Niente, strega.” Le rispose Arthur lanciandole uno sguardo di puro odio.

“Modera le parole con tua sorella, Arthur.”
“Da quando ti curi così tanto di lei?”
“Lei, rispetto a te, mi è stata sempre fedele, mi ha avvertito di te e Merlin. Mi ha fatto arrivare la lettera che ti aveva scritto, ha seguito sempre i miei ordini. Ho sbagliato con lei, la sottovalutavo, perché pensavo che tu fossi leale al tuo re.”

“Questo Uther non lo posso accettare! Arthur ha sempre cercato la tua approvazione, ha sempre fatto ciò che riteneva giusto, cercando sempre di renderti orgoglioso di lui. Lo ha fatto per vent’anni. E adesso, solo per un ragazzo, vorresti mandare tutto all’aria?” chiese furiosa Morgana.
“Un ragazzo che ha incantato mio figlio.”
“No, questo non è vero. Io me ne sono innamorato! È diverso.”

“Questo non cambia niente! Tu te ne sei innamorato perché lui ti ha stregato. Fino all’anno scorso eri innamorato di Morgana. Poi, da un giorno all’altro, sei cambiato, hai iniziato a frequentarlo, trovarlo simpatico.. lui ti tiene sotto un incantesimo.”

“No! E anche se fosse ne sono contento. Preferisco vivere una vita amando lui piuttosto che vivere cent’anni senza conoscerlo.” Dopo pochi istanti sentì un bruciore sulla guancia destra. E poi vide il re ritirare la mano.

“Non uscirai dalle tue stanze fino a nuovo ordine.”

“Ma..”

“E con questo l’argomento è chiuso. Per sempre. Non dovrai più pensare a quel ragazzo, Arthur. È un ordine.” Il ragazzo non rispose. Semplicemente andò in camera. Gli altri rimasero.

“Uther, ti prego.. ragiona.”
“Mi sorprende questo tuo accanimento nel difendere Arthur: è il tuo promesso sposo.”
“Io tengo a lui, Uther Pendragon. Immensamente. Conosco tuo figlio e in questi vent’anni ho potuto imparare a conoscerlo: Arthur è un uomo buono, ha dei sani principi, anche se difficilmente si mostra agli altri per quello che è. Perché lui è un Pendragon. È Arthur Pendragon,il  principe ereditario, il futuro re di Camelot. E ne va orgoglioso. Niente per lui è più importante di ciò. Sa quanto tu desideri un figlio impeccabile, in grado di compensare il dolore che tuttora provi per la perdita della regina Igraine;  quanto tu temi il giorno in cui non ci sarai più. E ogni giorno della sua vita ha lottato per dimostrarti che lui è vivo ed è in grado di supplire la morte della regina. Che lui vale qualcosa. Ogni giorno spera nella tua approvazione, spera di averti reso orgoglioso, in un tuo segno di affetto, qualsiasi cosa che possa ricordargli che oltre a essere re e sovrano sei anche suo padre. So quanto ha sofferto in silenzio quando non riusciva nei suoi doveri, lo vedevo piangere rinchiuso nella sua camera, lontano da tutto e da tutti, temendo di uscire dalle proprie stanze per non incrociare il tuo sguardo severo e deluso, per non soffrire. Ed è quello che probabilmente sta facendo anche adesso, in questo preciso istante. Sa di averti deluso, che non ti rende orgoglioso. E ne soffre. Inoltre, a ciò si aggiunge il rapporto con Merlin, sempre più sull’orlo del baratro. Ha bisogno di persone che gli stiano vicino, che lo amino e glielo facciano capire. In questo momento ha bisogno di tutto l’affetto possibile; gli sei stato vicino quando agiva correttamente. E l’hai sempre criticato quando ritenevi che stesse sbagliando. Ma entrambi sappiamo che tieni a lui, che tieni a tuo figlio. Dimostraglielo. Mai ha avuto più bisogno di te che in questo momento, Uther Pendragon. Ne vale davvero la pena di perdere tuo figlio per un amore ostacolato da parte tua? Capisco che sia difficile da accettare all’inizio, ma è del bene di Arthur che si sta parlando. Io per il suo bene sarei disposta a mettermi da parte, a rinunciare a lui, pur di vederlo felice al fianco della persona che egli ama. E tu?”

“Morgana, non fosse destinato a diventare re, potrei anche metterci una pietra sopra, accettarlo. Ma la stirpe dei Pendragon non può morire perché mio figlio preferisce i ragazzi alle ragazze. Arthur dovrà avere un erede.”
“E lo avrà, ma questo non è il momento di discutere di politica, mio signore.”

“Tu vaneggi, Morgana. Se approvassi, non potrebbe avere un erede.”

“Il sangue dei Pendragon fluirà ancora nelle vene di molte generazioni, ma adesso ti prego, mio re, di non logorare ulteriormente il rapporto con Arthur.”

“Ma come..”
“Fidati di me, Uther Pendragon.” Gli disse solennemente Morgana guardandolo negli occhi.

Ci furono istanti di silenzio durante i quali nessuno osò proferire parola.

Era evidente che le parole della ragazza avessero colpito profondamente il sovrano.

Morgana non distolse lo sguardo da quello del monarca, tenendo la testa alta e guardandolo con fiducia.

Infine, il re parlò.

“Stasera parlerò con mio figlio, se ciò ti può rallegrare.” Lei sorrise orgogliosa del monarca e gli sorrise.

“Io mi fido di voi, Uther. Non deludetemi.”

E detto ciò, fece un piccolo inchino e si diresse verso la porta, che le fu aperta, e uscì.

Un’altra vittoria.

 

Suo padre l’aveva nuovamente rinchiuso. Questa volta nelle proprie stanze. Se non altro, non faceva freddo e avrebbe potuto dormire comodamente.

Scacciò subito quei pensieri più che superficiali e si odiò per averli pensati.

Passarono diverse ore durante le quali non fece  altro che pensare, che novità!, a Merlin e al loro intero percorso insieme.

Dal liceo, fino ad allora. A tutte le volte in cui l’aveva ferito, e a quanto gli sembrasse vano il suo tentativo di farsi perdonare. E a quanto la sua punizione fosse insufficiente per mettere fine alle sofferenze del ragazzo. Si era ripromesso di non cascarci, di combattere per lui, e invece come sempre, aveva dato retta a suo padre. Maledizione! Ma sarebbe arrivato il momento in cui si sarebbe ribellato a suo padre, e anche molto presto.

Era l’ora di cena e tra poco gli avrebbero portato la cena. Questa volta avrebbe mangiato: aveva bisogno di forze per mettersi contro il padre.

“Principe, eccovi la cena.” Disse infatti una guardia pochi istanti dopo.

“Grazie.” Disse prendendo il cibo e mangiando alla scrivania.

Mangiò tranquillamente e poi fece portare tutto indietro.

 

Nel frattempo Morgana aveva cercato ripetutamente di parlare con Merlin.
Merlin

Merlin

So che ci sei, Merlin! Rispondi.

Oh, va al diavolo!

E con ciò i suoi tentativi finirono. Non aveva tempo da perdere con quel maghetto, aveva cose ben più importanti a cui pensare. Per esempio, a come riportare Merlin da Arthur e far in modo che Uther non lo venisse a sapere e si riappacificasse con il figlio.

Indossò un vestito blu notte, un mantello (adorava vestirsi di notte con abiti fantasy) e si recò da Lancillotto.

Camminò per le vie più nascoste e meno battute e frequentate, in modo che nessuno la potesse vedere. Erano le dieci di sera, ma l’ora ormai non importava: aveva una missione da svolgere, e l’avrebbe portata a termine.

Suonò e il ragazzo aprì la porta.

“Chi è?” la ragazza abbassò il cappuccio. “Morgana?!”
“Dobbiamo parlare.”

Saaaalveeeeeeee!!!!!!!!!! 

ringrazio tutti coloro che silenziosi leggono la storia!!!! e sopreattutto chi recensisce!!!!!!!!!!

kinderbuena89: grazie tesoro!!!! sei unica al mondo! sono contenta che abbia saputo scaturire reazioni forti!!! spero di non averti delusa!!!! un bacio grosso!!

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Capitolo 21
*** Help ***


“Dimmi pure, Morgana. Come posso aiutarti?”

“Dobbiamo far tornare Merlin.”

“Ma è esiliato.”
“Dobbiamo convincerlo a tornare, in modo tale che Uther non possa ignorare l’amore che entrambi provano l’uno verso l’altro e annulli l’esilio.”

“Sei pazza! Sai cosa vuol dire portare Merlin qui? Significa tradimento verso la corona.”

“Lo so. Saresti in grado di fare una cosa del genere per Arthur, il tuo migliore amico?” Lancillotto sospirò e rifletté.

“Se non lo fai tu, lo farò io.”

“Non puoi: ultimamente ti sei allontanata troppo da Camelot, il re se ne è accorto. Se ti dovessi allontanare un’altra volta, ti farebbe seguire e a quel punto neanche Arthur potrebbe sollevarti dall’accusa di tradimento.”

“È per questo che ho bisogno del tuo aiuto.” Lancillotto la guardò a lungo poi sorrise.

“Quando dovrei partire?” lei sorrise.

 

 

“Allora è tutto chiaro?”

“Partirò domani pomeriggio, arrivando così a Ealdor per la sera. Il mattino seguente mi recherò da Merlin e lo convincerò a tornare in modo da essere di ritorno per il calare della sera.”
“A quel punto entro in gioco io: fingerò di aver perdonato Ginevra tanto che vorrò festeggiare la nostra amicizia cenando con Uther e Ginevra, in modo tale che voi abbiate il via libera e possiate raggiungere le mie stanze.”
“Starà da te.”
“Nel caso Arthur lo venisse a cercare, saprei come sviarlo nella sua cerca.”

“Ma devi fare in modo che si incontrino, vero?”
“Sì, ma se Arthur lo scopre sarà costretto a catturarlo e non potrebbe poi restare insieme.”

“Mi fido di te.” Lei gli sorrise.

“A domani mattina, allora: non posso restare a lungo qui.”

“A domani.” Le rispose dandole un bacio sulla guancia e accompagnandola alla porta. Lei si tirò su il cappuccio e poi, sparì, come se non fosse mai apparsa.

 

Arthur nel frattempo era rimasto in camera a pensare a Merlin, Morgana e Lancillotto, le uniche persone che avesse a cuore in quel momento.

E a Ginevra, che l’aveva tradito nella fiducia .

In quel momento la porta si aprì. E Uther entrò nella stanza. Arthur girò appena il viso dalla sua parte.

“Ho parlato con Morgana.”

“Son contento per te.”
“Mi ha detto che sono stato assente come padre: è vero?” Arthur sorrise. Morgana aveva colpito nel segno: steso al primo round.

“Pensavo che ne fossi conscio, non credevo che necessitassi della mia ragazza per capirlo.”
“Ti ho fatto una domanda: esigo una risposta.”
“Sì, è vero.”

“Mi dispiace, Arthur io ero troppo…”
“Eri troppo occupato a svolgere il tuo dovere di re per accorgerti di avere un figlio? Che non era solo tuo suddito ma anche sangue del tuo sangue? So che vorresti che io non esistessi, che vorresti che mia madre fosse ancora viva. Però io esisto e devi accettarlo.”
“No, Arthur, questo non è vero: io sono stato sempre orgoglioso di te, e non vorrei avere un altro figlio, o non averti. Però tu e Morgana avete ragione: il dolore che provo per la morte di tua madre mi ha logorato così tanto che mi ha allontanato da te e Ginevra. Arthur, mi dispiace.”

Arthur guardò il padre. Sembrava sincero. Si avvicinò e gli sorrise.

“Grazie.” Uther, per la prima volta in vent’anni,  lo strinse a sé in un abbraccio. Arthur dapprima rigido e sorpreso, in seguito ricambiò l’abbraccio godendosi di quei primi istanti di affetto paterno. Dopo poco, padre e figlio si sciolsero dall’abbraccio.

“Domani ti voglio in sala delle riunioni per una questione urgente. Alle sette in punto.” Arthur annuì. E Uther uscì dalla stanza. E le guardie lo seguirono.

Era libero.

 

 

L’alba era appena sorta. Arthur si alzò, si lavò, si vestì e si presentò nella sala delle riunioni. Suo padre era appena arrivato. E stavano giungendo in quel momento i consiglieri e gli strateghi, tra cui Lancillotto. Pellinor e uno nuovo, Leon.

“Bene, signori, ci sono giunte notizie dai regni vicini?” chiese il sovrano.

“Uno stregone è stato avvistato praticare la stregoneria in Cornovaglia.”

“Come si chiama?”
“Si fa chiamare Emrys.”

“Era già stato intercettato qualche mese fa, se non sbaglio.”
“Sì, ma arrivati lì, era.. scomparso.” Rispose Sir Leon, lanciando un’occhiata a Lancillotto e ad Arthur.

“E avete abbandonato le ricerche?!” sbraitò Uther. La paura che provava nei confronti della magia lo stava logorando e temeva ormai di non vivere abbastanza a lungo per vedere la stirpe degli stregoni estinta per sempre.

“Abbiamo continuato a cercarlo, ma sembrava svanito nel nulla.” Ribatté il cavaliere.

“Bene, allora tornate a riprenderlo.. e guai se ve lo fate sfuggire.”

“Sì, Sire.” Rispose il cavaliere facendo un inchino. Arthur sorrise a quella scena: Merlin non gli avrebbe mai detto Sire con tono rispettoso e inchinandosi. Era il termine che utilizzava per allontanarlo da sé. E ultimamente l’aveva utilizzato molto spesso, ferendo il cuore del principe ogni volta con maggiore forza e violenza. Anche l’ultima volta che si erano visti, tre giorni prima, l’aveva utilizzato, prima di cacciarlo dalla sua dimora. Peccato che il moretto non sapesse che liberarsi di Arthur Pendragon non era affare da poco. Sir Leon si allontanò con un drappello di uomini al suo servizio. Ma sulla porta, venne fermato dal sovrano che disse guardando il figlio con un sorriso malvagio.

 “Partirete dopodomani all’alba, a seguito di mio figlio.” Dichiarò Uther poggiando la mano sulla spalla del figlio che annuì. Il quale non fu molto contento della decisione paterna. Sapeva che già una volta Merlin era stato accusato di magia, e il sorriso del padre non prometteva niente di buono. Perché aveva pronunciato quella frase guardandolo con un sorriso vittorioso in volto? Era capitato altre volte che Arthur fosse mandato a capo di una missione non particolarmente rischiosa. Eppure quel volto non gli era piaciuto proprio per niente.

La riunione non durò a lungo. Poco dopo infatti Uther dichiarò la seduta sciolta.

E finalmente avrebbe potuto iniziare la giornata. Rimase con il padre nella sala a far colazione.

“Padre, c’è speranza che voi.. ecco.. accettiate che io..”
“Vedi Arthur, non è tanto il fatto che tu sia innamorato di Merlin che mi preoccupa, quanto la posizione che un giorno ricoprirai. Sarai re e allora avrai bisogno di un erede. E di certo Merlin per quanto ti possa amare, non potrà dartelo. Sarai costretto a sposarti, stroncando la relazione con Merlin. E soffriresti. E io non voglio.”

“Padre, è solo questo che ti affligge? È vero, dovrò sposarmi e avere un erede, ma fino ad allora vorrei poter continuare a…”

“Proprio non capisci quanto soffrirete? Lo vuoi capire che lo faccio per il tuo bene? Finora ho agito solo per il tuo bene, per renderti felice.”
“Non so se hai notato il mio umore in quest’ultimo anno, da quando hai deciso di farlo esiliare. Non è di certo migliorato.”
“Arthur, sei ancora giovane e hai ancora tutto l’ardore della gioventù. Ma ti assicuro che quando avrai la mia età, allora capirai l’importanza di avere un erede. Un giorno mi ringrazierai.”

“Non credo proprio.” Disse alzandosi e andandosene.

“Dove vai?”
“A fare scherma!” disse aprendo le porte e dirigendosi verso la propria stanza.

Prese il necessario e andò in palestra, dove ci rimase tutta la mattinata ad allenarsi.

 

Intanto Morgana aveva raggiunto Lancillotto nelle stanze di quest’ultimo.

“Allora siamo d’accordo”
“Sì, Morgana. Domani però Arthur partirà alla volta della Cornovaglia per catturare uno stregone, un certo Emrys.” Morgana non fiatò. Sapeva che Emrys era il nome che Merlin aveva utilizzato presso i druidi. Erra il nome con il quale si era fatto conoscere come mago, per non destare alcun sospetto. Perché Arthur non s’insospettisse e non soffrisse per la sua sorte. Che dolce.
“Partirai stasera?”                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  

“Sì.”

“Grazie, Lancillotto. Arthur dov’è?”
“A scherma.”

“Con chi ce l’ha?”
“Credo con il re.”

“Parlano proprio due lingue diverse, allora!” sbottò Morgana.

“Può darsi. Ora devo andare a prepararmi per stasera, ti farò sapere.”
“D’accordo, a presto.” Disse allontanandosi dalle camere del ragazzo e andando da Arthur. Avrebbe dovuto parlare con lui e capire che diamine era successo con il padre.

O almeno, questa era la sua intenzione. Perché fu intercettata da Ginevra.

“Morgana.”
“Ginevra.”
“Posso parlarti?”
“Non ho molto tempo, sto andando da Arthur, quindi vedi di fare in fretta.” Disse aggiustandosi la maglietta e continuando a camminare con Ginevra dietro che quasi correva per starle al passo.

“Perché mi tratti come fossi un’estranea?”

“Perché? Perché tu tratti tuo fratello come se lo fosse!”

“Ora non si ha neanche più libertà di pensiero?! Non sono forse libera di non approvare questa relazione?” Morgana si fermò e si girò verso la ragazza.

“Certo che no! Sei libera di pensare quello che vuoi, non è per quello che ce l’abbiamo con te. Ce l’abbiamo con te perché invece di fare la sorella e tenere comunque questa storia per te, hai fatto sì che Uther lo venisse a sapere e rinchiudesse Arthur in cella.”

“Ah.” Disse chinando il capo. “Mi dispiace Morgana per quello che vi ho fatto.”

“Non è a me che devi chiedere scusa, Ginevra.”

“Lo so, però Arthur non vuole accettare il fatto che io lo stia facendo per il suo bene.”
“Se davvero tieni a tuo fratello, dimostraglielo facendogli capire che non vuoi abbandonarlo, che tu sei dalla sua parte. Perché è della sua felicità che si sta parlando.”

“Sai dirmi dov’è?”
“Lo sto raggiungendo a scherma. Vieni con me?”

“No, gli parlerò poi a pranzo.” Morgana annuì. E continuò a camminare verso la palestra.

Quando arrivò, il ragazzo aveva appena finito. La vide nel riflesso dello specchio.

“Ah, Morgana.”
“Cosa è successo?”
“Con chi?”
“Uther.”
“Mio padre sostiene che prima o poi dovrò sposarmi, avere un erede e che non approva la mia relazione, che tra l’altro non ho neanche, con Merlin perché qualora mi sposassi, soffriremmo, e lui non vuole.”
“Ancora con questa storia?” Arthur la guardò confuso. “Quando ho parlato con tuo padre gli ho garantito che avresti avuto un erede, ma lui non si fidava tanto, l’ho visto titubante.”
“Ne sei sicura?”
“Di cosa?”
“Del fatto che avrò un erede.”
“Sì.” Arthur non le chiese nient’altro. Riprese a fare scherma. Era l’unico modo che conosceva per sfogare la mente e la rabbia che coltivava nel proprio animo.

 

 

Quella sera, poco prima di cena, Uther  sedeva nel suo studio. La porta in legno scuro, liscio, dava l’accesso al suo regno privato, quello cui nessuno era consentito entrare, senza il suo permesso o a meno che non avesse un appuntamento. Solo lui deteneva la chiave di quella stanza. Neanche Arthur, il futuro re, sapeva quale fosse la chiave di accesso. Era l’unica chiave di cui non aveva ricevuto una copia. Perché in quella stanza il re dava sfogo al proprio dolore per la morte di Igraine, scriveva le e-mail più importanti, progettava i piani più diabolici. Quelli di cui nessuno era mai venuto a conoscenza, di cui nessuno sapeva l’esistenza, oltre ai diretti interessati.

Doveva sbarazzarsi di Merlin una volta per tutte. Al re non era di certo sfuggito che a giugno suo figlio e quel ragazzo si erano incontrati, che sulla spiaggia avevano suggellato una silenziosa promessa di  amore, abbandonandosi alla passione. Non gli era sfuggito che Morgana non era andata in Cornovaglia, ma da Merlin per convincerlo a tornare, a vivere con Arthur. E non gli era sfuggito neanche che il figlio tre giorni prima era andato a Ealdor, da Merlin e che dopo aver litigato, Arthur era tornato e Merlin l’aveva accolto tra le sue braccia.

Il solo pensiero lo faceva rabbrividire. Detestava quel ragazzo, l’aveva sempre detestato. Tuttavia si era sempre mostrato gentile con lui, non avendo un motivo per odiarlo. Ora che però ce l’aveva, non gliel’avrebbe fatta passare liscia.

E per punirlo avrebbe fatto scoppiare una vera e propria questione di stato. Suo figlio avrebbe recuperato il senno, si sarebbe sposato con Morgana e avrebbe avuto un erede.

Il pavimento in marmo, brillava della luce soffusa delle lampade a parete. La scrivania in legno di ciliegio, era ordinata. Quasi in modo maniacale. Al centro della quale, c’era una agenda. Da circa mezz’oretta, Uther fissava l’agenda e l’apparecchio telefonico.

Ne andava del bene del regno, non poteva sottrarsi. Fece un lungo sospiro. Poi prese l’agenda e iniziò a sfogliarla lentamente. Finché non trovò il numero che tanto desiderava. Prese il telefono e attese in linea. Dopo due squilli, una voce roca rispose.

“Cedric Jenkins:”

“Buonasera, sono Uther, Uther Pendragon.”

“Oh, mio magnanimo re, in cosa posso servirla?”

“Avrei bisogno di un lavoretto..”

“Di che cosa si tratta?”

“Dovresti rapire una persona.”
“Solo rapirla?” sbuffò l’uomo.

“Sì, Cedric: solo rapirla; mi serve vivo.”

“Dove si trova?”
“A Ealdor.”

“Lo consideri fatto: entro quando la consegna?”
“Il più presto possibile.”
“Nome della vittima.”
“Merlin.

Salve a tutte !!!!!!!!!!!!!!!!

eccoci con un altro capitolo... Morgana e Lancillotto si sono alleati e stanno progettando di far tornare Merlin a Camelot.. nel frattempo però anche qualcuno sta cercando un modo di far tornare Merlin a Camelot. anche se spinto da altri motivi e con altri fini.. Nel frattempo la caccia alle streghe e ai maghi continua... Chi sarà questo Cedric? che ruolo avrà nella vicenda??

ora passo a ringraziare chi ha recensito!!!

kinderbuena89: amore ti ringrazio per i complimenti.. sono contenta che il cap abbia rispettato le tue aspettative... grazie mille.. ho letto la rec al 1 cap.. grazie mille .. sono onorata!! ti voglio bene!! ..e vorrei tanto ringraziarti ancora .. ma accanto a me c'è una persona che nn vede l'ora di risponderti..
Morgana: mia Lady carissima!!!! Lady Fra mi ha parlato molto di te.. e dopo le varie conversazioni su msn. devo  ammettere che anche tu un giorno, come la mia Lady, diventerai una grandissima Strega! ti ringrazio per i complimenti e .. sì lo so.. se non ci fossi io Camelot sarebbe sottosopra a causa di Uther, ma.. com avrai sicuramente notato ho trovato un alleato molto prezioso e vicino ad Arthur.. ihih.. vedrai che presto quei due torneranno insieme..
Arthur: carissima Lady Merendina.. ti consiglio di moderare il tono perché io sono e resto un Principe!! (Morghy sbatte la testa contro il muro.. ma allora non ti ho insegnato niente!!) comunque.. è vero.. ho sbagliato lo ammetto.. lui è importantissimo per me.. però.. non può pensare anke lui di trattarmi così e farla franca.. che cacchio!! so che ce l'ha cn me.. però.. lo amo.. e questo, mi sa.. lo deve ancora capire!!
Merlin: senti so dei miei poteri e della loro potenza, cara Lady, ma lui l'ha fatta troppo grossa!! non posso eprdonarlo subito non trovi? comunque.. su con la vita.. sei giovane e avrai  tempo e modo di rifarti in amore!! ;)
Ginevra:  so di averla fatta grossa e mi dispiace.. vedrai che presto comprenderai anke i motivi per cui l'ho fatt. a presto!

_Valux_: grazie mille per la recensione!! a presto ^^...

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Capitolo 22
*** Haunted ***


 

           Haunted

 

Quella notte Cedric Jenkins insieme ad altri due compari, partì sotto la pioggia alla volta di Ealdor. Avevano una missione da compiere e non volevano di certo deludere il proprio signore. Non era il caso. Anche perché Uther Pendragon da dieci anni a quella parte li aveva presi sotto la propria custodia. Li incaricava dei lavori più sporchi, quelli di cui nessuno voleva sporcarsi le mani, e venivano ben retribuiti. Da dieci anni erano al soldo della casata Pendragon, ma nel cuore, sempre che ce l’avessero, erano mercenari. Eseguivano gli ordini meccanicamente. Perché era stato loro ordinato, non perché ci credessero. Loro non avevano una patria, non dovevano difendere alcun ideale. Erano immorali. Se avessero dovuto   ricordare quale fosse l’ultima azione buona commessa, avrebbero risposto- Azioni buone.. perché, esistono?- e sarebbero scoppiati a ridere.

Agivano per conto del proprio signore e basta. Se Camelot fosse bruciata e il regno fosse caduto in rovina, probabilmente il giorno stesso avrebbero offerto se stessi e la propria spada al miglior offerente in piazza. Per il momento, servivano Uther Pendragon.

La pioggia scrosciava lungo le strade. Tuoni e lampi rendevano ancora più tetra l’atmosfera. Solo una macchina percorreva i corsi della città per imboccare la strada giusta per Ealdor. La guida era sicura e l’automobile sfrecciava per le vie della città.

“Allora, che pennuto dobbiamo spennare?”
“Questa volta non dobbiamo spennare, ma dobbiamo solo riportare il pollo a casa.”
“Di chi si tratta?”
“Della sgualdrinella del principe, un certo Merlin.”

“Non sapevo che il principe se la facesse anche con gli uomini.” Cedric rise.

“Fino all’anno scorso se la faceva con quella troia di Morgana infatti: adesso però si è stancato ed è passato ad altro.”

Cedric continuò a guidare per tutta la notte. Voleva sbarazzarsi del ragazzo il più in fretta possibile. Voleva tornare a casa e riscuotere la paga. Che avrebbe speso nel giro di mezzo mese in gioco di carte e donne.

 

 

Intanto, anche qualcun altro si stava preparando a partire.

Lancillotto sarebbe andato a Ealdor, avrebbe convinto Merlin a tornare e sarebbe tornato con lui a Camelot, per vedere Arthur. Era felice che Arthur avesse finalmente capito cosa provasse e non avesse paura ad ammetterlo. Si vedeva quanto lo amava. E adesso avrebbe fatto un favore per il suo migliore amico: gli avrebbe portato l’amante.

Sì, l’avrebbe fatto: in nome dell’amicizia.

Sorrise all’idea.

Arthur e Merlin di nuovo insieme. Per sempre. E tutto il merito era di Morgana. Anche suo.. però lui aveva avuto una piccola parte. Il genio era della ragazza.

Mangiò, si lavò e vestitosi, uscì di casa. Sua madre non gli chiese niente. Si fidava di lui.

“Io esco.”

“Ok.”

Prese le chiavi della macchina, vi salì e partì. Era già un oretta che pioveva, e non aveva intenzione di smettere. Nonostante ciò guidò per tutta la notte, fino al sorgere del sole.

Verso le sette, cercò un posto isolato e lì si fermò a cercare di riposare. Dopo un’oretta neanche, però, ripartì. Giusto in tempo. Morgana lo chiamò.

“Ehi, Lancillotto.. ti ho disturbato?”
“No, tutto a posto, che c’è?” rispose forse un po’ troppo scocciato.

“Niente, volevo sapere come stava andando.. stanotte non ho chiuso occhio.”

“Scusa, Morgana, è che sono teso quanto te.. ho guidato tutta la notte e..”
“Riposati, allora.. e chiamami quando avrai notizie.”
“Contaci, Morgana, a presto.”
“Grazie.” Era nervosa, poverina. Come lo era lui. Forse anche di più.

Lancillotto riprese a guidare forte. Doveva arrivare a casa di Merlin, doveva convincerlo.. doveva.. portarlo a Camelot. Per Arthur, il suo migliore amico. Doveva farlo. Perché lui, a differenza della sua ragazza, sosteneva Arthur e la sua relazione con Merlin.

Già.. Ginevra.. la considerava ancora la sua ragazza. Sì perché anche se aveva litigato con lei e aveva detto di non riconoscerla più, la amava ancora. Questo niente e nessuno avrebbe potuto cambiarlo.

 

A Camelot il sole era sorto da poco quando il principe ereditario, seguito da un folto drappello di cavalieri, si stava armando e preparando per la caccia allo stregone. E anche questa volta avrebbe ubbidito agli ordini del padre. Avrebbe catturato lo stregone e l’avrebbe riportato a Camelot perché fosse giustiziato. Detestava quegli incarichi, ma suo padre era il re e di certo non poteva disubbidire ai suoi ordini. Non in un momento del genere, dato che di contrasti ce ne erano stati parecchi, forse troppi. E così, a una settimana esatta da Natale, Arthur Pendragon partì nella gelida mattina invernale di Dicembre alla cerca di questo misterioso Emrys.

 

 

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Capitolo 23
*** You Found Me ***


You found me.

ù

Tre ore dopo la partenza di Arthur, Cedric arrivò in vista di Ealdor. Era seduto sul sedile del passeggero, avendo chiesto il cambio a un suo compare. Conosceva la strada. Arrivò alla piazza e sorrise al monumento di Cornelius Sigan.

“Salve, nonno.” E poi superò la piazza per arrivare di fronte alla casa di Merlin. Sospirò e suonò al citofono.

“Sì?”

“Salve signora, mi chiamo Cedric, sono un amico di Merlin, posso entrare?”

“Sì certo.” Cedric sorrise trionfante e non appena il portone si aprì, entrò seguito dagli altri due. Salirono la rampa di scale e poi suonarono il campanello. Unith andò ad aprire.

“Sì?”
“Merlin è qui in casa?”

“No.. mi dispiace.. è partito la settimana scorsa. Per Tintagel, in Cornovaglia.”

“Oh. Grazie lo stesso signora.”

“Mi dispiace non potervi aiutare di più.”

“Si figuri, grazie ancora.”

Unith, non del tutto sicura che quei ceffi potessero essere reali amici di suo figlio,sorrise e poi chiuse la porta.

Cedric tornò irato alla macchina e si mise di nuovo al posto di guida. E partì a tutto gas.

“Dove andiamo?”
“A prendere il pollo da riportare al pollaio.. non mi interessa se dovrò girare l’intera Britannia, lo farò. Non ho alcuna intenzione di deludere Uther Pendragon.”

“Andiamo a Tintagel?”
“Ovvio.”

 

 

Lancillotto arrivò a Ealdor verso le dieci, poco dopo l’arrivo di Cedric.

E anch’egli suonò a Unith, sempre più sorpresa. Che avesse combinato qualcosa il suo adorabile figlioletto? No.. era troppo buono e speciale per combinare qualcosa.

Quando aprì la porta e riconobbe Lancillotto, tirò un sospiro di sollievo.

“Ah, Lancillotto sei tu.”
“Sì, signora Unith.”
“Prima sono arrivati tre ragazzi poco raccomandabili a chiedermi di Merlin e.. temevo fossero tornati.”
“Non ne so niente.” Unith gli sorrise.

“Non restare sulla porta. Entra. Ti preparo un caffè.. ne hai proprio bisogno.”

“Oh, grazie. Merlin c’è?”
“No, non è qui a Ealdor, la settimana scorsa è partito per Tintagel.” Lancillotto sorrise

“Ah.”
“Perché lo cerchi?”
“Io e Morgana vogliamo che torni a Camelot di nascosto e si riappacifichi con Arthur. È il mio migliore amico e non ho intenzione di vederlo soffrire per Merlin. Sapendo che comunque vostro figlio.. corrisponde.”

“Mi ha raccontato degli sviluppi con Arthur. L’unica cosa che non capisce è perché sia così insicuro.”
“Io, non voglio giustificarlo, signora Unith, ma.. ha trascorso tutta la sua vita a compiacere il padre, ha sempre cercato di renderlo orgoglioso di se stesso. Di non deluderlo mai. Ha cercato il suo assenso e appoggio per vent’anni.. e ora è in conflitto con se stesso. Ama vostro figlio follemente, ma una parte di lui cerca ancora di ubbidire al padre. Non è facile per lui.”

“So quanto Arthur tenga a lui, l’ho visto.” Disse ripensando a quelle due volte in cui Arthur aveva cercato Merlin con determinazione e aveva visto le lacrime rigare il volto del principe.

Lancillotto sorrise e bevve il caffè.

“Dove lo posso trovare?”

“È a Tintagel.”

“Giusto.. me l’avete già detto.”

“Tranquillo.. non importa.” Lancillotto sorrise e finito il caffè, ringrazio e si avviò alla porta.

“Torna pure a trovare, quando vuoi.”

“Grazie  signora Unith.” E detto ciò, uscì.  

 

Arthur e i suoi cavalieri si diressero, invece, sicuri  a Tintagel, il luogo dove era stato avvistato per l’ultima volta dalle spie di suo padre lo stregone. In realtà la Cornovaglia non faceva parte del regno di Camelot. Non ancora, almeno. Ma caso volle che Gorlois, il padre di Morgana, avesse dato a Uther Pendragon carta bianca per la cattura degli stregoni in quella regione.

E così Arthur si era ritrovato a partire a una settimana da Natale per la Cornovaglia.

Quando arrivarono in città, il sole emanava una luce fioca, pallida. L’aria gelida penetrava fin dentro le ossa e le strade erano deserta. Si avvicinarono a una locanda ed entrarono.

“Buongiorno”

“Buongiorno principe Arthur.” Il ragazzo si guardò intorno e notò che la locanda era molto buia, a parte per la luce centrale che illuminava la stanza. E in un angolo si trovava un ragazzo intento a mangiare la sua pietanza.

“Come posso esservi utile, Sire?”

“Sto cercando un certo Emrys, uno stregone.. lo avete visto?”

“No, mi dispiace.” Disse l’uomo sincero.

Arthur chinò il capo e poi si girò verso il ragazzo seduto in disparte il quale si stava avvicinando all’oste per pagare. Posò i soldi sul bancone e si avviò verso l’uscita. Sarebbe filato tutto liscio se una guardia di Camelot non l’avesse riconosciuto. “È lui!” esclamò. Il mago allora si diresse verso l’uscita posteriore correndo e uscendo per la strada senza mai smettere di correre a perdifiato, sperando che non lo trovassero.

Arthur si buttò subito all’inseguimento correndo senza perderlo mai di vista, superando con agili balzi gli ostacoli che si frapponevano tra lui e lo stregone. Che dopo un po’, stanco per lo scatto di velocità, iniziò a rallentare. E il principe aumentò la propria velocità raggiungendolo. Lo prese da dietro per poi bloccarlo contro il muro.

Gli tolse il cappuccio del cappotto e lo guardò tra l’infuriato il deluso e il ferito.

“M.. Merlin?” il ragazzo chinò il capo senza rispondere. “Eri tu anche quella volta l’anno scorso, vero?” Merlin annuì.

“Ero io.” Arthur sentì il suo cuore infrangersi in mille pezzi. Ma lo amava e non l’avrebbe catturato.

“Vattene da qui.. vattene da questa maledetta isola. Non voglio sentir più parlare di te.”

“Non me ne vado.”

“Mio padre mi ha ordinato di catturare Emrys, ma non posso.”

“Perché?”

“Perché per me tu sarai sempre Merlin, l’idiota del liceo che mi ha fatto innamorare di sé. Vattene.” Merlin lo guardò con amore e lo baciò. Bacio cui Arthur corrispose pienamente, stringendolo a sé, baciandolo con amore e passione. “Usa una delle tue magie e vattene da qui.” Disse mentre lo baciava. Dopo un po’ di minuti, che sembravano troppo pochi, si staccarono di malavoglia.

“Addio Arthur.” Disse carezzandogli il viso.

“Addio Merlin.”  

Poi Arthur si allontanò da lui e tornò camminando sui suoi passi. Senza voltarsi indietro. Avrebbe fatto troppo male. Quando ebbe il coraggio di farlo, Merlin era sparito. Chissà dove era adesso. E con questo pensiero si voltò per tornare a Camelot.


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Capitolo 24
*** I Love You ***


I Love   You


“COSA?!! Come hai potuto?!” Arthur lo guardò con lo stesso sorriso che il padre gli aveva rivolto qualche giorno prima alla partenza. Morgana, chinò il capo trattenendo le risate.

“Non potevo prenderlo, né tantomeno volevo.”
“Ormai fai un po’ troppo di testa tua, Arthur. È il momento che tu capisca chi è che comanda.”

“E per te, padre, è giunto il momento di capire che io lo amo. E che è inutile proibirmi di vederlo, o qualsiasi altra idea ti venga in mente. Io lo amo e continuerò ad amarlo. Non voglio nessun altro  o altra al mio fianco. Lui e solo lui voglio. E non m’importa se è un mago o non potrà darmi un erede. Lo amo e nessuno mi proibirà di amarlo. Nemmeno tu.”

“A quanto mi risulta è stato esiliato da Camelot e per giunta non si trova neanche in Britannia; come pensi di fare?”
“Se non rievochi il suo esilio e non la smetti con il perseguitare la magia, ponendo fine a questa insensata follia, tu non avrai più un erede.” Uther lo guardò sbalordito. E lui rise. “Non ho intenzione di togliermi la vita, se è questo che ti preoccupa tanto. Come potrei amarlo altrimenti? No, me ne vado io. Lo raggiungo. Non importa quanto ci metterò, ma andrò da lui anche in capo al mondo se è necessario. Ma me ne andrò lontano da qui, per amarlo.” Uther lo fulminò. Poi guardò le due ragazze. E poi Arthur.

“Sei sicuro di quello che dici?”
“Assolutamente.”

Ci fu un lungo minuto di silenzio poi il re prese un foglio, scrisse una lunga lettera e poi sigillò con il marchio reale.

“Arthur, va a Ealdor e consegna questa lettera alla madre di Merlin. Se lo ami così tanto, è giusto che tu sia libero di farlo. Sono stato troppo ottuso con te. perdonami.”

Arthur chinò il capo sorridendo e prese la lettera.

“Lo farò.” E si avviò alla porta. Poi si fermò. “E.. per quanto riguarda la magia?”

“È libero.” Arthur sorrise con le lacrime agli occhi e uscì dalla sala.

 

Morgana pochi minuti dopo uscì dalla sala e chiamò Lancillotto.

“Pronto Morgana?”

“Torna pure a Camelot: Uther ha revocato l’esilio di Merlin e ha intenzione di non giustiziarlo per il Dono.”

“Sapevo che Merlin era Speciale.. come anche te.. Va bene, torno.” E mise giù.

 

Nel frattempo, Uther, nel suo studio, chiamò Cedric.

“Sì, signore?”
“Non è più necessario che mi portiate Merlin. Ma vi pagherò anche il doppio per il disturbo.” Cedric, seppur scontento per il giro a vuoto, si rallegrò comunque per il raddoppio della paga.

“Come desidera, Uther Pendragon.”

“Bene.” Disse per poi riagganciare.

“Che ha detto?” chiese un compare a Cedric.

“Che non è più necessario il nostro intervento, ma che ci paga anche il doppio per il disturbo.”

“Bene..”

“Già.”

 

 

Arthur si diresse in garage verso la macchina. Aprì la portiera. Stava per montare quando gli si avvicinò Ginevra.

“Arthur.. Posso parlarti?”
“Sono di fretta, che vuoi?”
“Volevo dirti che ho sbagliato. Che ho sbagliato a dare quella lettera a Uther, così come a non rispettare te e il tuo amore. Ho sbagliato ad averti abbandonato quando avevi bisogno di me e degli altri. Lo facevo per il tuo bene ed ero convinta che quello fosse il modo giusto per dimostrartelo. Senza contare che ce l’avevo con te e Uther. Per avermi sempre messo da parte, per aver sempre considerato la mia opinione e il mio pensiero meno di zero. Per non avermi mai considerata davvero come figlia e sorella. Per avermi messo da parte. Ma ho capito di aver sbagliato, che non era il modo giusto. E per questo ti chiedo scusa.” Arthur la guardò per qualche istante. Poi le sorrise e la abbracciò a lungo.

“Son contento di riavere la mia vera e adorata sorellina..” poi la guardò serio “Ne riparliamo bene quando torno, ok?”
“Ok, Arthur.” Disse sorridendo. Arthur montò. “Ah e.. salutamelo.. davvero.”

“Lo farò.” Disse per poi darle un bacio in fronte e partire.

Partì alla velocità della luce, uscendo dalla città e dirigendosi sicuro a Ealdor. Sul sedile del passeggero la lettera da consegnare a Unith. Sorrise. Merlin sarebbe tornato a Camelot. E allora l’avrebbe potuto stringere di nuovo tra le sue braccia. Avrebbe potuto baciarlo, dirgli finalmente che l’amava. Finalmente avrebbe potuto fare ciò che si sentiva.

Sto arrivando, Merlin pensò felice. Felice davvero per la prima volta.

 

 

Erano le quattro e mezza di pomeriggio. In cucina Unith stava preparando un caffè per sé e il figlio tornato da poco.

“Pensavo ti fermassi di più.”

“Arthur ha scoperto il mio Dono.”
“Oddio.. e quindi?” chiese seriamente preoccupata. Arthur amava Merlin, ne era sicura, ma suo figlio gli aveva nascosto una grande cosa, quindi se per un po’ fosse stato arrabbiato con Merlin, visto il suo orgoglio smisurato, di certo non lo avrebbe biasimato. Per lui doveva essere stata una doccia fredda, non se l’aspettava.

“Ha detto che non voleva più sentir parlare di me, che non mi avrebbe catturato come invece voleva suo padre, ma che dovevo andarmene.”
“Lo ha fatto per il tuo bene, lo sai?”

“Sì, lo so.. sono esiliato e ricercato da Uther.. devo andarmene.” Unith non ebbe modo di rispondere perché suonarono al citofono.

“Oh.. Sali pure.” Rispose lei contenta.

“Chi è?” chiese Merlin. Unith socchiuse la porta e poi tornò a guardare il caffè aggiungendo una tazzina.

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Capitolo 25
*** Togheter ***


Together

 

“La porta era aperta e sono.. entrato.. Posso?” chiese Arthur chiudendo la porta e facendo capolino in cucina.
“Questo lo vedo.. e anche se non potessi, ormai ci sei.” Rispose Merlin. Arthur lo guardò sorpreso. Non si aspettava di vederlo a casa. Era anche casa sua, era normale fosse lì, ma credeva se ne fosse davvero andato.

“Non potevo andarmene senza salutare mia madre.” Disse come se gli avesse letto il pensiero.

“Non credevo che voi Maghi leggeste i pensieri altrui.” Disse guardandolo

“Quando vogliamo.” Rispose ricambiando lo sguardo.

“Posso aiutarti, Arthur?” chiese Unith sorridendo. Il ragazzo distolse lo sguardo dal moro.

“Ho questa lettera per voi.. da mio padre.”

Unith prese la lettera e la lesse. Poi guardò suo figlio con le lacrime agli occhi e poi guardò Arthur e lo abbracciò ringraziandolo tra le lacrime. Il ragazzo imbarazzato dapprima rimase un po’ rigido, poi la strinse dolcemente, come immaginava si stringesse una madre.

“Ehm.. mi dispiace interrompere questo bellissimo momento ma.. posso sapere cosa c’è scritto su quella lettera?”

“Indovina, maghetto dei miei stivali!” disse Arthur canzonatore. Poi gli porse la lettera.

Unith intanto si era sciolta dall’abbraccio ed era andata in bagno per sciacquarsi il viso.

Merlin lesse la lettera più volte come se non volesse credere a quello che c’era scritto. Poi guardò il biondo.

“Mi stai prendendo in giro.”

“No.”

“Uther Pendragon che si scusa?! Ma sei sicuro che sia lui?!”

“Sì, è lui.. ma.. non hai letto la seconda parte della lettera?!”

Merlin sorrise e gli si avvicinò, sfiorando le labbra di Arthur in un bacio.

“Sì.. l’ho letta.” Arthur sorrise e si appoggiò al piano cottura circondando i fianchi di Merlin con le proprie braccia e attirandolo a sé. E lo baciò con amore e calma. Senza pretese, come se il tempo fosse loro. Merlin corrispose al bacio circondando con le proprie braccia il collo di Arthur. Rimasero in cucina per un po’ a baciarsi, poi si staccarono.

“E ora, che cosa vuoi fare?” gli chiese Arthur.

“Tu?”

“Tornerai a Camelot prima o poi?” domandò serio.

“Sì, ci tornerò con te, prima o poi.”
“Mio padre ha detto che sei libero.. dall’accusa di stregoneria.”
“Lo so, ha scritto anche quello.”

“Quante cose che ti ha scritto.. non dovrò forse essere geloso, vero?” disse scherzando.

“Non geloso.. gelosissimo!” rispose l’altro a tono, fronte contro fronte con Arthur.

“Buono a sapersi.” Disse per poi baciarlo di nuovo.

“Ehm.. ragazzi.. io esco… solo.. non distruggetemi la casa, va bene?”
“Ok.”
“D’accordo signora Unith.”
“Solo Unith.” Rispose lei. Lui sorrise e la donna uscì.

E i due si guardarono. Arthur lo guardò con amore carezzandogli il viso. Poi gli sorrise.

“Ti va di ricominciare?”

“Non.. non lo so.” Disse per poi chinare il capo e appoggiarlo al petto d Arthur.

“Scusa.. forse sono io che corro troppo.. È presto.. è solo che ti amo alla follia e non vedo l’ora di poter stare con te.” Merlin lo guardò e gli diede un bacio.

“Se non corressi troppo.. non saresti tu.” Disse per poi dargli un bacio a stampo.

“Già, hai ragione.” Rispose sorridendo.

“Ti amo, Arthur Pendragon.” Lui sentì il proprio cuore esplodergli dalla gioia.

“Ti amo anch’io, Merlin Emrys.”

“Immagino che tu debba andare..”
“Solo se vuoi.” Merlin sorrise.

“Non andartene, ti prego.”

“No.. non me ne andrò.” Disse stringendolo dolcemente a sé. Merlin lo baciò. E Arthur corrispose pienamente.

“T andrebbe di.. restare a dormire da me?”

“Mh.. Non so se a tua madre vada bene.”

“Oh, le andrà benissimo.. stai tranquillo.”

“Beh, allora.. Sì.. mi va.” Disse per poi baciarlo con amore.

 

“Dormite nella tua stanza?” chiese Unith quella sera a suo figlio.

“Sì.” Rispose il moretto. La donna sorrise e andò nella propria stanza.

“Ti va se ci guardiamo un film?” propose Arthur. Merlin sorridendo annuì e lo baciò.

Si sedettero sul divano e accesero la televisione. C’era “Shining” su un canale, l’unico film decente di tutta la serata. Lo guardarono seriamente fino al momento in cui il bambino incontrava le gemelle la prima volta. Merlin a quel punto cercò di nascondere la sua paura. Più che vera e propria paura, la vista di tutto quel sangue gli faceva senso.

Arthur allora sorrise e lo tirò vicino a sé.

“Non credevo potessi aver paura di questo film.”
“Non ho paura infatti: mi fa senso solo tutto quel sangue.” Lui sorrise.

“Allora perché non guardi il bellissimo ragazzo che è seduto alla tua destra?”

“Non so. È un po’ troppo presuntuoso per i miei gusti.”

“Ah sì, eh? Peccato.. a quanto ho saputo gli devi piacere molto.”

“Dici?”
“Dico” Merlin gli sorrise. E lo baciò. Arthur colse l’occasione. Lo baciò stringendolo a sé. E il moretto corrispose. Attirò Arthur a sé e questi lo fece sdraiare sul divano. Senza smettere di baciarlo. Sulle labbra, sul collo, sull’incavo. Rimasero a baciarsi distesi sul divano a lungo. Poi, a un tratto, Merlin si tirò su. Aveva lasciato la finestra aperta, e ora faceva freddo. Quando tornò, Arthur era seduto sul divano. Gli circondò i fianchi con un braccio e lo attirò a sé, facendolo sedere sulle proprie gambe. E ripresero a baciarsi, senza preoccuparsi di lasciare segni evidenti.  Ogni segno era un marchio di appartenenza. Ogni marchio era la prova che ciò che stavano vivendo era reale. Che non era un sogno. Che ciò che avevano sognato per un anno e mezzo, anche se non era un rapporto completo, era vero.

Quando il film terminò, Arthur spense la TV e lo prese in braccio e lo portò in camera, trattenendo le risate ogni volta che andava a sbattere contro qualcosa.

“Fai piano..”

“Scusa, è che non vedo niente.” Merlin lo baciò sulla punta del naso, e dopo qualche minuto, arrivarono finalmente nella camera del maghetto. Si sdraiò sotto le coperte, per poi stringere Merlin a sé, in modo tale che entrambi fossero comodi.

“Buonanotte, Merlin”

“Buonanotte, Arthur”

E si addormentarono così, l’uno stretto all’altro. Sorridendo. Quella sarebbe stata solo la prima di una lunga serie.

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Capitolo 26
*** I Will Always Love You ***


I Will Always Love You!


Il mattino seguente Arthur si svegliò presto e si voltò. Merlin era lì, accanto a lui che dormiva beatamente e sognava. Aveva temuto fino alla fine di averlo perso, che non sarebbero mai stati insieme e di dover aver il rimorso di non averlo amato. E invece, eccolo lì con lui. La vigilia di Natale. I suoi occhi si soffermarono sul viso. La pelle lattea in contrasto con quei capelli color ebano lo facevano ancora impazzire. Così come quelle labbra vermiglie e quegli occhi blu zaffiro che non vedeva l'ora lui aprisse. Lo guardò ancora una volta e sorrise. Dei, quanto gli era mancato. Merlin dal canto suo si svegliò in quel momento. E la prima cosa che vide furono gli occhi di Arthur che lo guardavano con amore e tenerezza. E si sentì il cuore esplodere dalla gioia. Non si era mai sentito così con nessuno. Solo quel borioso e arrogante quanto amabile asino reale riusciva a farlo sentire amato e felice al tempo stesso. La seconda cosa che sentì furono le labbra di Arthur che si univano alle sue in un bacio pieno di tenerezza e amore, i loro respiri che si fondevano per diventare un solo respiro. E poi le braccia di Arthur che lo stringevano a sé. E un senso di protezione pervase l'animo del maghetto, che continuò a baciare il principe circondando il collo di lui con le sue braccia.

“Buongiorno, Merlin.” sussurrò al suo orecchio con tenerezza.

“Buongiorno, Arthur.”

“Dormito bene?”continuò a sussurrargli per poi passare a baciargli l'orecchio, scendere sul collo per poi baciarlo di nuovo sulle labbra.

“Sì, non male.” rispose fingendo un'aria di sufficienza. Lui lo guardò fingendosi indignato.

“Non male, eh?” poi prese un cuscino e glielo tirò addosso. Merlin sorrise e gliene tirò uno di rimando. Arthur gli tirò allora un'altra cuscinata e Merlin rispose anche a quella. Iniziò così una vera e propria lotta con i cuscini che durò per lungo tempo, finché Arthur non riuscì a immobilizzarlo.

“Ti amo.” disse guardandolo negli occhi per poi baciarlo.

“Anche io ti amo.” rispose il moro capovolgendo le posizioni e continuando sempre a baciarlo.

“Il mio maghetto ribelle.” fece scompigliandogli i capelli. Merlin sorrise, poi si alzò a sedere, rimanendo sempre sopra di lui.

“Sei sicuro che non sia un problema, vero? Il fatto che io sia... un mago.” Arthur si alzò a sedere anche lui e lo guardò serio.

“Non voglio che lo pensi, Merlin, mai più. Io ti amo per ciò che sei. La magia fa parte di te. E a me va bene. Tu sei una persona speciale, amore mio e..”

“Co.. Come mi hai chiamato?” Arthur sorrise.

“Amore mio, perché è ciò che sei. Non sono mai stato bravo a dimostrarlo, lo so. Ma io ti amo per ciò che sei. E non m'importa se sei un mago. Davvero, non importa. Anzi, forse proprio perché lo sei, ti amo ancora di più.” Merlin lo baciò con amore. E le lacrime di gioia agli occhi. Arthur dal canto suo lo strinse forte a sé e scese a baciarlo sul collo e poi sull'incavo con amore, passione e desiderio. Dei, l'aveva desiderato per così tanto tempo che ora non poteva credere che ora potesse essere suo. Merlin sorrise lasciandosi baciare e ricambiando.

“Arthur...” il biondo sorrise e lo stese sotto di sé mentre le sue mani percorrevano il corpo del moro e lo baciava.

Ma proprio in quel momento il cellulare di Arthur suonò. Lui chinò il capo, poi si sporse verso il comodino.

“Pronto?”

“Ciao, Arthur, sono Morgana. Disturbo?”
“Beh..” si voltò verso Merlin e sorrise. “Un po'.”

“Oh, scusa... va tutto bene lì?”
“Sì.. benissimo.”

“Senti, che programmi hai per stasera?”
“Stasera?”

“è la Vigilia di Natale, Arthur.”

“Di già?” lei rise.

“Sì, Arthur, di già.”

“Non.. lo so.”

“Perché non venite da noi stasera?”

“Non lo so. Sento Merlin e poi ti dico.”

“Ok, salutami tanto anche Unith.”

“Ok, a dopo, Morghy.”

“Ok, ciao.” la chiamata terminò. E Arthur tornò al fianco di Merlin.

“Morgana? Che cosa voleva?”
“Chiedeva se andavamo da loro stasera.”
“E tu che le hai detto?”
“Che dovevo sentire te e poi l'avrei richiamata. Che ne pensi?”

“Non lo so.. non posso lasciare mia madre sola la Vigilia.”
“Giusto.. e se venisse anche lei?”
“Sei sicuro che non sia un problema?”
“No figurati.. stai tranquillo. Non c'è problema.” disse per poi depositargli un bacio sul collo.

“Ah beh.. se lo dici tu..” disse per poi girarsi verso di lui e corrispondere.

Arthur corrispose e mai si sentì più felice. Il cuore gli esplose dalla gioia. Era felice e si chiese come avesse fatto a stare senza di lui. Merlin lo amava per ciò che era lui come persona, non per il suo rango. Quel ragazzo tanto impertinente che era entrato nella sua vita senza poi uscirne. Tanto da rendere invivibile ogni secondo trascorso senza di lui. Tutti quei mesi senza di lui gli erano sembrati non trascorrere mai. Arthur si staccò lievemente e lo guardò negli occhi. Quei due oceani che lui aveva visto felici, ridenti, ma anche tristi, delusi e afflitti. Li aveva visti anche gonfi di pianto, rossi. Con le dita sfiorò la guancia di Merlin. E poi le labbra vermiglie. E poi i capelli neri corvini. Le dita si insinuarono tra i capelli fino a stringere. Stringere forte. Merlin soffocò un gemito di dolore e inarcò la schiena. E Arthur lo baciò sul niveo collo e sull'incavo.

“Arthur.. No.. dobbiamo andare.. A colazione.” Arthur scese ancora sul petto. Lasciando baci caldi e roventi su tutto il petto. Scese ancora fino al capezzolo, lambendolo con le labbra. Leccandolo, suggendolo e baciandolo, mentre il moro ansimava. Arthur dolcemente gli aprì le gambe aderendo al bacino di Merlin con il proprio.

“Arthur.. Stringimi.” gli occhi del principe si illuminarono di uno sguardo malizioso. Poi si staccò.

“Credevo volessi andare a colazione.” fece sedendosi sul bordo del letto con un'aria beffarda.

“Beh, credevi male. Voglio te, solo te.” fece stringendolo da dietro. Arthur sorrise. Poi si voltò.

“Non voglio correre con te. Né bruciare le tappe. Ti amo e voglio viverti senza fretta.” lui chinò il capo e annuì. “Ma questo non significa che non ti voglia o desideri. Forse proprio perché so quanto ti desidero, preferisco aspettare.”
“Ehi, non preoccuparti. Lo so. So che mi ami e che mi vuoi. E ti amo anche io. È solo che ora dobbiamo tornare alla realtà e ho paura.”
“Perché?”

“Tu sei un Pendragon. Hai dei doveri verso il tuo popolo e so che è giusto così. So quanto ami il tuo popolo e so che sarai un ottimo re, quando verrà il tuo momento. Ma sai che... potrebbe portarti a compiere dei sacrifici. Lo sai. È di questo che ho paura. Ho paura di non poterti aiutare o che non sia sufficiente il mio sostegno; ma ciò di cui ho più paura è che un giorno.. Quel sacrificio possa essere io.”

“No, no mai. Lo so. Non sarà facile. Ma io ti amerò sempre. Non potrei esistere senza di te. Tu sei tutto ciò che ho di più importante. Davvero. Non permetterò mai che qualcosa si metta tra noi due. Niente potrà mai dividerci. Devi credermi. Io ti amo. Amo solo te.”
“Non lo metto in dubbio. Mi fido di te, amore mio. Ma non potrà sempre essere così facile tra di noi e..”
“Ehi, siamo in due. Qualunque problema lo affronteremo insieme. Credi che io non abbia paura di perderti ogni istante che passa? Ma ho fiducia in noi, amore mio. Non devi temere.” Merlin sorrise e si accoccolò a lui. “Non so che farei se non ti avessi, amore mio.”
“Lo stesso vale per me.”

“Allora... Andiamo a fare colazione? Sono quasi le dieci.”

“Ok.”



Sul pomeriggio tardi arrivò Unith e fu informata dei programmi. Naturalmente entrò nel panico e iniziò ad agitarsi.

“Mamma, stai calma..” disse Merlin cercando di tranquillizzarla il più possibile.

“Merlin ha ragione. Non c'è motivo per cui dobbiate preoccuparvi.” affermò Arthur. La donna sorrise.

“D'accordo, allora.. io vado a prepararmi e vi raggiungo tra un po'.”
“Ok, mamma. Ti aspettiamo.” fece il moro dirigendosi verso l'entrata seguito dal biondo.

“Allora.. si va?”

“Ma allora è genetico! Perché tanta paura di tornare a Camelot? Sembra che tu sia condannato..” Merlin si irrigidì.

“Effettivamente fino a qualche giorno fa sarei stato ucciso se fossi tornato a Camelot..”

“Ora non più! Quello è.. passato.”

“Sì ma fa ancora male. Sono stato bandito neanche fossi stato un criminale, allontanato dalla città in cui ho vissuto per anni. E ciò che mi fa più male è che in tutta questa storia ci è andata di mezzo anche mia madre. Che non se lo meritava.”

“Neanche tu te lo meritavi, se è per questo. Mi dispiace che tu .. la viva così male ora. Di certo hai ragione ma.. Ora non ti accadrà niente. Né a te né a tua madre. Devi fidarti di me.”

“Non è questo il punto, so che posso fidarmi. E che non ci accadrà niente. Questo non c'entra. Ti chiedo solo di comprenderla.. e di comprendere anche me.” Arthur sorrise e lo strinse dolcemente da dietro.

“oh beh.. allora non ci sono problemi..” sussurrò al suo orecchio sorridendo. Merlin sorrise e lo baciò dopo essersi voltato. E si strinse a lui. “Ti amo. E niente potrà mai dividerci. Niente e nessuno. Te lo giuro.”

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