High School Never Ends di esmeralda92 (/viewuser.php?uid=71176)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** You don't own me! ***
Capitolo 2: *** I'll hurt you! ***
Capitolo 3: *** You spine me around ***
Capitolo 4: *** Lay all your love on me ***
Capitolo 5: *** Never felt this way ***
Capitolo 6: *** Lies ***
Capitolo 7: *** Falling ***
Capitolo 8: *** Sweet Sacrifice ***
Capitolo 9: *** It's the final countdown ***
Capitolo 10: *** So Scandaluous! ***
Capitolo 11: *** I'm a loser. ***
Capitolo 12: *** With or without you ***
Capitolo 13: *** Left outside alone ***
Capitolo 14: *** Halo ***
Capitolo 15: *** Give it to me. ***
Capitolo 16: *** Missing ***
Capitolo 17: *** I'll be there for you!! ***
Capitolo 18: *** Hello, is it me you're looking for? ***
Capitolo 19: *** Girls just wanna have fun! ***
Capitolo 20: *** The winner takes it all ***
Capitolo 21: *** Help ***
Capitolo 22: *** Haunted ***
Capitolo 23: *** You Found Me ***
Capitolo 24: *** I Love You ***
Capitolo 25: *** Togheter ***
Capitolo 26: *** I Will Always Love You ***
Capitolo 1 *** You don't own me! ***
High School Never Ends
Un
filo
di luce penetrò attraverso le persiane della stanza di
Arthur. Illuminò
lievemente, quasi come fosse una carezza, quel viso angelico. I capelli
dorati
rifulgevano della luce del Sole, che formava un’aureola
intorno a lui.
Stancamente Arthur aprì gli occhi che subito disegnarono un
filo d’oro intorno
alle iridi color zaffiro. Spense la sveglia che non era ancora suonata
e
stiracchiandosi, si alzò dal letto. Si diresse in bagno:
stranamente era
libero; suo padre non si era ancora svegliato. Entrò, si
fece una doccia
veloce, si profumò, si vestì con la maglietta che
gli aveva regalato Morgana,
la sua ragazza, un paio di jeans con cintura comprata rigorosamente da
jaggy,
giubbotto di pelle, scarpe di Prada, insomma, si vestì come
sempre. Prese la
cartella e dopo aver fatto una veloce colazione, uscì da
casa e andò a scuola.
Sua sorella quel giorno aveva una visita medica e non sarebbe venuta a
scuola.
Maledetta Ginevra! Menomale che Morgana c’era. Aveva bisogno
di stare un po’ da
solo con lei. Essere il ragazzo più desiderato da tutte le
ragazze e il più
invidiato da tutti i ragazzi per stare con la ragazza più
bella della scuola,
non era il massimo: lì non trascorrevano tanto tempo
insieme, e al pomeriggio
invece dovevano entrambi prendersi cura di se stessi e studiare.
Ultimamente
poi, non era proprio possibile! I professori li caricavano di compiti e
verifiche, e più volte Arthur aveva trascurato se stesso per
studiare due o tre
materie fino all’una. Non vedeva l’ora che finisse
la scuola per rimanere solo
con la sua ragazza e fare magari una vacanza studio con lei. Si mise a
correre
per arrivare a scuola in tempo per vedere Morgana. Come tutte le
mattine era
lì, ad aspettarlo. Stava benissimo.
“Ciao
amore!” esclamò Morgana nel vederlo.
“Ciao”
disse baciandola.
"Ieri
sera non mi hai chiamato!” lui chinò la testa,
rendendo irresistibile la sua
espressione.
“Lo
so,
ma ho finito di studiare all’una.” Lei gli
depositò un tenero baciò sulle
labbra. Istintivamente lui la attrasse a sé e la
baciò. In quel momento
l’atmosfera magica che si era creata intorno a loro si
frantumò con il suono
della campanella. Lui la tenne stretta a sé cingendole i
fianchi con il braccio
sinistro.
"Dov’è
Gwen?”
“Ha una
visita medica: entra tra due ore.”
"Beata
lei!”
“Vorresti
per caso dirmi che preferiresti dormire due ore in più ed
entrare con mia
sorella che stare vicino a me di banco soli per due ore?”
“Certo
che no! Non ho mica detto questo, però sono convinta che
concedersi due ore in
più di sonno non farebbe male a nessuno.”
“Hai
ragione, quasi dormo.” Disse entrando in classe. In classe
c’era quasi nessuno.
:Lancillotto, Pellinor, Merlin, suo malgrado, Eilan, una ragazza del
gruppo di
Morgana, Laura, e altre tre ragazze.
“E gli
altri dove sono?”
“Non lo
so.”
“E chi
passa oggi di greco?”
“Morgana
ed io.” Affermò Lancillotto.
“Ginevra?”
“Il tuo
amore è andato a fare una visita medica… non
credo che entrerà prima delle
dieci.”
“Ah, ok.”
“La prof
di storia ci farà il cazziatone… siamo
pochissimi.”
“Almeno
non interrogherà quattro persone.”
Affermò Eilan.
“Non ne
sarei tanto convinta. Sarebbe capace di tenerti anche tutto
l’intervallo e
rubare dieci minuti dell’ora successiva, pur di
interrogare.”
“Stronza.”
“Già.”
Si
sistemarono ai propri banchi, e dopo pochi istanti arrivò la
professoressa di
latino e greco.
“Come
mai
tutti questi assenti?”
“Ginevra
ha una visita medica e non entrerà prima delle
dieci.” Annunciò Morgana.
“E gli
altri?” nessuno rispose. In quella classe erano pochi, questo
si sapeva, ma
quelli che ora la professoressa aveva davanti erano solo dieci alunni
su
quindici.
“Bene,
allora… chi vuole farsi interrogare?” Morgana e
Lancillotto si alzarono. La
versione sulla quale erano interrogati era facile,
tant’è che entrambi presero
otto, il voto più alto nelle interrogazioni.
L’ora
successiva ebbero storia. Come aveva previsto Arthur, la professoressa
fece
loro il cazziatone. Più di una volta Arthur aveva lanciato
occhiate in giro
guardando i banchi vuoti, e a un certo punto il suo sguardo si
soffermò su
Merlin. Era da solo nel banco perché il numero della classe
era dispari e
nessuno voleva stare con lui in banco. Era sicuramente taciturno e
introverso,
non doveva avere tanti amici a scuola perché era sempre
indicato come “lo
sfigato”. In effetti, lo era: aveva un aspetto trasandato,
come se non gli
importasse tanto del suo aspetto e dell’apparenza. Si vestiva
normalmente,
senza alcun particolare che lo potesse distinguere. Era un elemento
inutile per
la classe. No, non del tutto inutile… era sempre utile per
studiare. E lui, ben
presto, avrebbe usato Merlin per l’esame della
maturità. Distolse lo sguardo
appena in tempo. Merlin si girò un secondo dopo verso di
lui. Che noia però stare
ad ascoltare i vari scazzamenti della professoressa. Nonostante tutto,
quella
strega interrogò, sapendo di poter contare
sull’ora successiva, anche se di
mezzo c’era l’intervallo. Arthur fu interrogato con
Merlin, e si meravigliò
della sua bravura a scuola. Non aveva mai ascoltato un'interrogazione
alla
quale avesse partecipato anche Merlin, ma questa volta era obbligato.
Merlin
sembrava essere un pozzo di conoscenza, e in un certo senso si
sentì inferiore.
Per una volta era stato sconfitto, anche se non voleva ammetterlo. Il
suo
orgoglio era troppo, a volte si meravigliava lui stesso di quanto ne
avesse, ma
questa volta non c’era scusante. Lui era stato sconfitto e
avrebbe dovuto
ammetterlo. Lo stava ammettendo. Aveva sottovalutato Merlin e le sue
capacità
oratorie durante le interrogazioni, e mentre la campanella suonava e la
professoressa di storia li lasciava andare con un otto a tutti e due,
capì che
era davvero il caso di studiare con Merlin. In quel momento
arrivò Ginevra.
“Allora,
signorina… sa che non si taglia alle
interrogazioni?”
“Arthur
non gliel’ha detto? Sono andata a una visita
medica.”
“Ah, sì,
scusami. Hai la giustificazione?”
“Sì,
certo.” E gliela porse prontamente. La professoressa
firmò il libretto, segnò
sul registro, Ginevra andò a posto e si gettò
quasi tra le braccia di
Lancillotto. Arthur, Lancillotto e Pellinor si dileguarono nei corridoi
per
salutare le ragazze del liceo. Per un attimo pensò a come
dovesse trascorrere
gli intervalli Merlin. Da solo in classe, magari ascoltando la musica
del
proprio i-pod, sempre che ce l’avesse. Gli intervalli,
secondo Arthur, non
duravano mai abbastanza. Tornò in classe proprio mentre la
professoressa di
Inglese, a nome di tutti i professori, stava facendo i cambi di posto.
“Bene,
Arthur Pendragon, le dispiacerebbe andare in seconda fila con
Merlin?” i due ragazzi si
guardarono. Non dissero niente, ma dai loro sguardi si poteva benissimo
capire
che la battaglia era aperta e che non sarebbe stata una felice
convivenza. Si
sedettero ai propri posti, e con disappunto, il biondo notò
che Morgana e
Ginevra erano capitate in prima fila davanti a lui, Lancillotto e
Pellinor
dietro. Will invece, dato che i professori non volevano che ci fosse un
alunno
da solo, attaccò il proprio banco a quello di Merlin.
Fortuna che lui era
attaccato al muro, così avrebbe potuto parlare con i suoi
amici senza sentirsi
in colpa di escludere Merlin. Escludere Merlin?! Non sentirsi in
colpa?! Oddio,
ma che gli stava accadendo? Stava dando i numeri? Di Merlin, in cinque
anni di
liceo, non gliene era mai importato niente, com’era che da un
giorno all’altro
pensava a lui? Al massimo poteva sentirlo o parlarci per lo studio, ma
da lì a
preoccuparsi per lui, ce ne voleva parecchio. Inoltre i suoi amici non
gliel’avrebbero mai perdonato.
Will e
Merlin iniziarono subito a parlare, mentre lui cercava di prendere
contatto
Morgana, che, essendo in prima fila, non poteva più girarsi
tanto. L’ora di
Inglese passò e tutti e dieci fecero finta di stare attenti.
In realtà
pensavano agli spostamenti appena avvenuti e molti commiseravano Arthur
per il
posto che gli era capitato. Quando finalmente Morgana decise di
girarsi, Arthur
le confermò la giornata libera. La ragazza sorrise.
Finalmente poteva
trascorrere un pomeriggio con il suo principe. Sì, il suo
principe: era così
che lo chiamava, come lui la chiamava…
com’è che la chiamava? Morgana gli
sorrise comunque, mettendo in bella mostra i suoi denti perfetti e
bianchi. Si
rigirò e riprese a parlare con Ginevra.
Dopo
l’ora di Inglese arrivò Chimica. Al termine di
quell’ora ci sarebbe stata
educazione fisica. Pellinor e un altro loro compagno furono
interrogati. Non
potevano credere di essere così pieni d'interrogazioni ogni
giorno. Mentre la
professoressa parlava e interrogava, il biondo si mise a disegnare.
Usò le
matite e i tratto pen colorati. Quando c’erano delle
interrogazioni o si
annoiava, disegnare lo rilassava e divertiva allo stesso tempo.
Quand’ebbe
finito Merlin notò il disegno.
“Bello.”
“Non
avevo dubbi.” Gli rispose secco Arthur, dimostrando di non
voler intraprendere
alcun dialogo.
Merlin lo
guardò un po’ sorpreso, ma poi tornò a
parlare con Will. Certo che lui era
proprio stronzo. Come facevano gli altri a sopportarlo? Era odioso!
Fare il
falso no, ma almeno sopportarlo! O fingere. Poi si ricordò
che il suo vicino di
banco non era un ragazzo qualsiasi, ma era il più bello di
tutta la scuola, il
vip della situazione, abituato a non essere contraddetto e avere tutti
ai
propri piedi. Così almeno era stato fino a quel giorno. Lui
avrebbe dimostrato
di essere forte quanto lui. Si guardò. Il suo corpicino era
troppo esile per
competere con quello atletico di Arthur. Se non poteva però
competere
fisicamente, lo avrebbe fatto caratterialmente. Ad Arthur sicuramente
non
sarebbe sfuggito. Avrebbe avuto la rivincita nelle due ore seguenti.
Come si
permetteva quel moscerino che non era altro di ficcare il naso dove non
doveva,
mettere anche solo per una frazione di secondo in dubbio il fatto che
qualcosa
gli fosse riuscito? E voler intraprendere un dialogo… che
era preso a tutti
quanti? Non erano più loro stessi! E poi Merlin…
perché aveva come
l’impressione che volesse iniziare a sopportarlo, o
instaurare un rapporto? Con
lui poi, il ragazzo più figo del liceo, riconosciuto tale
dalla quarta ginnasio
fino alla terza liceo? Avrebbe avuto la rivincita nelle due ore
seguenti. Suonò
la campanella. Intervallo. Arthur si girò verso Lancillotto
e Pellinor, e
decise di andare prima in palestra. Si avviarono subito e si
cambiarono. Gli
altri arrivarono alla fine dell’intervallo. Loro tre si
appoggiarono al muro
del bagno e aspettarono che gli altri uscissero e poi giunsero mentre
arrivavano anche Morgana e Ginevra. Arthur guardò il resto
della classe e
ancora una volta il suo sguardo si posò su Merlin: era
troppo esile per pesare
qualcosa. Ebbe come l’impressione di avere un fantasma in
classe, invece di un
ragazzo. La sua fragile ossatura era evidenziata da una magrezza
davvero
insolita e una carnagione lattea, quasi nivea. In netto contrasto
c’erano i
capelli corti e corvini e due oceani al posto degli occhi e…
ma che cosa gli
stava accadendo? Perché guardava Merlin e pensava a queste
cose? Non era mai
significato niente per lui… e poi aveva la sua ragazza che
amava e dalla quale
era amato. A un certo punto della lezione, Arthur vide Will da solo, e
sapeva
che Merlin sarebbe arrivato se avesse visto l’amico in
difficoltà. Allora
avrebbe avuto la rivincita. In quel preciso istante il professore
decretò che
in quella giornata si sarebbero dedicati all’uso delle armi
antiche, tra cui la
spada.
“Ehi
Will! Mi serve un avversario: ti andrebbe di combattere contro di
me?” il
ragazzo, ingenuo, annuì. Ancora non sapeva a cosa andava
incontro. Il
professore diede un arma di legno a ciascuno e, dopo aver fatto formare
le altre
coppie, diede le istruzioni e l’avvio agli scontri.
Arthur
iniziò a far roteare la spada in mano almeno due volte e
fece altrettante
finte, prima di iniziare a colpire davvero il ferro di Will. Quello,
molto più
inesperto di lui, indietreggiò a ogni colpo.
“Dai
Will! Puoi fare di meglio, lo so.”
“Ma
io…”
cercò di ribattere, ma Arthur non gli diede il tempo di
rispondere che lo aveva
immobilizzato contro una parete e che stava facendo in modo di farlo
cadere. La spada
del biondo continuava a
scagliarsi contro quella di Will, che ormai spaventato, era finito a
terra e
cercava di difendersi parando i colpi con la sua spada. A un certo
punto
s’intromise una terza spada tra lui e Will e Arthur sorrise.
Si alzò e lasciò
che Will si tirasse in piedi.
“Basta.”
“Cosa?”
disse guardandolo interrogativamente.
“Non
credi che sia abbastanza, amico?” lui lo guardò e
Merlin indietreggiò di
qualche metro. Arthur s’avvicinò.
“Come? Mi
hai chiamato amico?” con lo sguardo per fargli capire di aver
detto qualcosa di
sbagliato.
“Credo di
aver commesso un errore.” Lui sorrise e gli disse con il
sorriso sulle labbra.
“Lo credo
anch’io.” Merlin fece per andarsene.
“Aspetta,
Merlin. Credi di essere più bravo di lui?” lui si
voltò.
“Non ho
detto questo.”
“Dimostrami
cosa sai fare.”
“No.”
"Perché
no?”
“Perché
io non sono il tuo servo che obbedisce ai tuoi ordini; se vuoi qualcuno
che ti
obbedisca, guardati intorno: ci sono tanti ragazzi che farebbero di
tutto per
avere un millesimo delle attenzioni che tu in questo momento rivolgi a
me;
vogliamo parlare delle ragazze? Perché tormentarmi? Hai
tutta la scuola ai tuoi
piedi: bada alla gente che conta, non a uno sfigato come me.”
Arthur per un po’
non rispose.
“Beh… ho
tutta la scuola ai miei piedi, tranne te.”
“Fattela
bastare.”
“Come
preferisci, ma sappi che non finisce qui, e non oggi.”
“Mi
tremano le gambe.”
“Fai
bene: la tua ora è vicina.”
“Cazzo
che paura, Arthur! Non so se riuscirò a dormire
stanotte.” La classe scoppiò a
ridere.
“Ragazzi,
adesso basta.” Intervenne il professore. Li separò
e fece continuare gli
esercizi.
Merlin
aveva ragione. Perché continuava a ostinarsi con lui, quando
in cinque anni di
scuola nei suoi confronti aveva solo provato
dell’indifferenza. Era una strana
sensazione quella che provava nei suoi confronti. Non sapeva ancora
come
spiegarla, ma… non era amicizia, non era indifferenza, cosa
mai poteva essere?
Ti
detesto, ti detesto, ti detesto. Perché se l’era
presa tanto con Will, se poi
quello con cui ce l’aveva davvero era lui? Non aveva senso.
Beh… non che le
cose che facesse Arthur avessero tutto quel senso!
Il
resto della lezione passò tranquillamente e
Arthur, uscito dall’edificio, trascorse l’intero
pomeriggio con Morgana. Era da
tanto che non passavano del tempo insieme, ed entrambi non ne vedevano
l’ora.
“Ti amo,
Morgana.” E le diede il baciò più
rovente che esista.
“Da
quanto tempo è che non me lo dici?”
“Troppo.”
“Sì.
Mi
mancano questi pomeriggi.”
“Presto
potremo passare molti pomeriggi così, se tu ancora lo
vorrai.” Lei lo guardò
interrogativamente. “All’università,
intendo, oltre che quest’estate.” Lei
sorrise.
“Sicuro.”
E lo baciò.
I giorni
passavano e gli esami della maturità si avvicinavano sempre
di più. Arthur
aveva paura per Filosofia. Gli venne in mente Merlin. Durante un
intervallo,
mentre Lancillotto e Pellinor erano in giro, lui gli
s’avvicinò.
“Merlin.”
“Sì, che
vuoi?”
“Mi
potresti dare una mano per studiare Filosofia?”
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Capitolo 2 *** I'll hurt you! ***
ma anche no!
“Ma
anche no!!!”
“Come scusa???!!! Perché non mi vuoi
aiutare???!!!”
“Perché la mia filosofia di vita non prevede di
aiutare gli
idioti….come te!!!!”
Arthur diventò paonazzo,come poteva quel pusillanime
insultarlo in quel modo? Chi si credeva di essere?! Era e rimaneva lo
sfigato
della scuola, mentre lui era il ragazzo più desiderato della
scuola, quello in
cui tutti riponevano le sue speranze (anche se lui non sapeva che lo
facevano
per acquistare la sua fiducia.).
“Non puoi rivolgerti a me così.”
“Oh scusa… la mia filosofia non prevede di aiutare
i signori
idioti come te!” Will, che era entrato in quel momento,
scoppiò a ridere.
Arthur si voltò di scatto verso quella risata che aveva
oltraggiato la sua
persona.
“Che ci trovi di tanto divertente, botolo
ringhioso?!” Will
lo guardò in cagnesco (notare il gioco di parole!!)( scusate
la mia demenza!) e
rispose:
“Niente se si apprezza il fatto che un chihuaua da salotto
come te non riesce,
per natura ovviamente, a raggiungere neanche lo stadio di
australopiteco!” a
questo punto fu Merlin a scoppiare a ridere. Arthur a quel punto,
sentendosi
ferito nel profondo, uscì dall’aula.
“Me la pagherete cara.” Disse molto convinto
(almeno credeva
di esserlo in quel momento). Appena aprì la porta
dell’aula suonò la campanella
e un’orda di studenti annoiati (tra i quali anche Morgana) si
riversò nella
stanza travolgendo il povero Arthur. Quel giorno la fortuna non era
proprio
dalla sua parte (poverino sighsob : ( …). Per ultimo
entrò il professore di
italiano che vedendo lo sventurato principe per terra disse:
“Non crede di essere un po’ cresciuto per camminare
a
gattoni?”
“Non è colpa mia!!! Sono stati
loro”disse indicando l’idiota
coraggioso ed il botolo ringhioso. (Stile bambino frignone che batte i
pugni
per terra… la mia demenza aumenta a ogni minuto che passa!)
i due ragazzi
chiamati in causa mostrarono il sorriso più innocente del
repertorio e
convinsero il professore ad accusare il principino
dell’accaduto. Arthur,
infuriato come non mai, tornò al posto. Il suo istinto
omicida nei confronti
dei suoi due compagni di banco ora non aveva limiti ed era convinto che
se
gliene avessero combinata un’altra delle loro, non si sarebbe
ritenuto
responsabile delle proprie azioni! Il professore iniziò a
spiegare e Arthur,
fingendo di prendere appunti, escogitò una maniera per
vendicarsi: chiese a
Morgana e Gwen di fare gli occhi dolci ai suoi compagni di banco.
“Cosa?!” gli rispose sottovoce Morgana.
“Fidati: ho i miei piani.” Lei lanciò
un’occhiata perplessa
a Gwen che ricambiò, ma alla fine cedette alla proposta di
Arthur.
“Merlin, lascia perdere quell’idiota del mio
ragazzo, non è
mai stato molto sveglio… non possiede neanche tutta questa
bellezza che le
altre dicono… è troppo banale; le altre sono
proprio delle oche giulive, che seguono
la massa e non si rendono conto dei ragazzi che sono molto
più belli e
intelligenti di altri.” Disse accennando col capo ad Arthur,
ormai incazzato
nero con il mondo! No la fortuna era decisamente contraria a lui!
“Invece tu
sei così… dolce, sensibile, carino….e
poi hai quegli occhioni blu che sono così
intensi e profondi…potrei perdermi
nell’immensità del mare che
racchiudono…” (
cari lettori dovete sapere che Morgana è un
‘ottima attrice). Merlin la guardò
stranito e le rispose con voltandosi verso Arthur, che per la
disperazione e la
rabbia stava incidendo cerchi nel banco con la matita:
“Scusa Morgana ma cosa hai bevuto questa mattina? Sicura di
stare bene? E poi non prendertela…ma, ho altre
preferenze…” Morgana lo guardò
con aria interrogativa (poverina non poteva ancora capire quel che
sarebbe
stato), e lanciò un’ occhiata a Gwen, che anche
lei era tutta intenta a fare
gli occhi dolci a Will. Morgana riprese con più successo a
flirtare con Merlin.
“Merlin, davvero, so che magari t’imbarazza un
po’ questa
situazione, avendo vicino Arthur, ma se preferisci possiamo anche
parlarne da
soli durante il prossimo intervallo, sai io non vorrei che tu credessi
che io
sia una traditrice nei confronti di quello che fino a pochi minuti fa
era il
mio ragazzo ma devo affrontare la realtà, e la
realtà è…. Che
io….”
“Allora signorini Merlin e Will, si può sapere che
cosa ci
sia di così importante da distrarvi dalla mia
spiegazione?” Arthur si risvegliò
dal coma sfoggiando un ghigno di trionfo… si sentiva
finalmente realizzato e il
mondo aveva ripreso a girare dal verso giusto.
“Ehm, ecco, vede professore..”
“Non voglio sentire altro.. non c’è
altro rimedio se non quello di invitarvi
molto caldamente a tener compagnia al signorino Pendragon nelle
prossime due
ore in detenzione nell’ufficio del preside.”
“Ma professore, vede, loro non c’entrano niente,
siamo state noi a parlare..
non devono essere puniti per una nostra mancanza.” Dissero in
coro facendo il
viso più angelico e il sorriso più innocente al
professore.
“Non dovete temere, non dovete tentare di coprire i vostri
compagni, sono loro ad avere sbagliato; il vostro moto di altruismo
verso di
loro verrà tenuto in gran conto in consiglio di
classe.”
I colpevoli si scambiarono un occhiata d’intesa mista ad una
buona dose di delusione: avevano finalmente capito il piano per
vendicarsi del
piccolo principe che non era riuscito a difendersi da solo, non
c’era più
niente da fare se non dichiarare guerra aperta!
Campanella = Intervallo. Intervallo = piano per prendere in
giro Merlin fino alla fine degli esami. Arthur finalmente
s’alzò e si catapultò
nei corridoi, dove lo aspettavano i suoi fidati compari.
"Tu, prendi carta e penna” disse a Gwen. “Tu,
allontana le
orecchie indiscrete.” Disse invece rivolto a Lancillotto.
“Tu chiudi la porta.”
Disse a Pellinor. “E tu Morgana prendi il ventaglio e fammi
aria… lo sai che
così mi concentro di più!” lei puntò le
mani sui fianchi. Nessuno poteva darle ordini, neanche Arthur.
“Scordatelo! Prima mi fai fare la civetta con Merlin solo
per un tuo tornaconto! Poi mi ordini anche di farti aria, come fossi la
tua
serva! Ma che ti frulla in quella testa vuota!” allora lui
tirò fuori la sua
arma segreta: gli occhioni da cucciolo spaurito che avevano sempre il
potere di
piegare Morgana al suo volere. E così fu.
“A cosa dobbiamo questa riunione in via del tutto
speciale?”
chiese Pellinor incuriosito.
“Ditemi, come siete messi con lo studio
quest’anno?”
“Io sono sotto di greco.”
“No, no, io di greco vado bene, io sono messo male di
Chimica.”
“Io invece ho problemi con Matematica.”
“Sì, è vero! Per non parlare di
Italiano!”
“Io invece ho Filosofia.” Concluse Arthur.
“E a che cosa ti serve sapere le nostre materie?”
“Diciamo che ho in mente un piano per farvi passare tutti
senza debiti e farci divertire un botto.” Tutti si guardarono
incuriositi.
“ Che hai in mente?” chiese Gwen.
“In queste due ore voglio farmi amico Merlin,
così… ci darà
una mano per le nostre difficoltà!”
“Ma sei sicuro? Guarda che da quanto mi ha detto, mi sa che
è… come dire… dell’altra
sponda?” Arthur pensò ancora un attimo prima che
gli
venisse un’ idea.
“Allora lo sedurrò io e poi…quando a
scuola sarà finita e
noi avremo passato gli esami con un ottimo risultato….beh,
allora….lui si
pentirà di aver preso in giro l’unico ed
inimitabile principe Arthur
Pendragon!!! Nessuno può anche solo pensare di poter ridere
alle mie spalle
senza essere severamente punito!!! Dopo aver ottenuto grandi vantaggi
da lui io
lo umilierò davanti a tutti voi!!!” disse
scoppiando in una fragorosa risata
stile film di serie B. seguito da tutti gli altri.
Campanella = Fine dell’Intervallo = Inizio Detenzione =
Attuazione del diabolico piano.
Angolo Autrice: ehi ragazze ciao!!!!!!!!
scusate l'immenso ritardo, ma ho avuto tanti problemi con la scuola e
pochi momenti liberi... per non parlare dei problemi con l'HTML!
innanzitutto ringrazio chiunque abbia letto la storia, chi l'ha messa
tra i preferiti, chi l'ha messa tra i seguiti, ma soprattutto chi ha
recensito! Grazie ad Antote, Nanako, Suicidal love e a Fedefashion
(grazie davvero fede!) che con le loro recensioni mi hanno dato un
motivo in più per continuare in questa follia!
bacioni!
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Capitolo 3 *** You spine me around ***
Ce
l’ho fatta! Merlin
è finalmente caduto nella mia trappola: adesso non ha
più via di scampo!
Finalmente potrò attuare il mio ingegnoso stratagemma e
ottenere la mia atroce
VENDETTA!!!
Ingannare
Merlin è
stato così semplice, è così ingenuo e
idiota. Probabilmente se gli dicessi che
gli asini volano lui alzerebbe lo sguardo con curiosità per
cercare gli
strabilianti animali. E adesso viene il bello!
Ma come ho
fatto ad
essere così stupido! Come ha fatto a portarmi qui?
Chissà cosa mi succederà
adesso? Che cosa ci sarà dietro a questo
bel portone? Una sedie
elettrica? Un drago? Un armata di guerrieri in terracotta inferociti
arrivati
direttamente dalla Cina? Oppure, cosa ancora più spaventosa,
suo padre, l’uomo
più temuto, con buone ragioni vista la sua
impulsività e aggressività, da tutta
la città???
Arthur aveva appena girato la chiave
nella toppa, la porta
si era socchiusa con un leggero scricchiolio lasciando intravvedere dal
piccolo
spiraglio di luce il suo interno. Il moretto non appena quel lieve spiraglio di luce lo
illuminò ebbe il
batticuore.
“Siamo arrivati entra
pure” disse Arthur aprendogli la porta
e facendolo passare.
“G-grazie.”
Rispose Merlin leggermente imbarazzato e
arrossendo.
“Padre, sono tornato a casa
con un mio caro amico, Merlin…
ti ricordi di lui? Te ne ho parlato tanto in questi giorni!”
Uther posò il
giornale che stava leggendo sul posto accanto a lui sul divano e
aiutandosi con
i braccioli, si alzò per andare incontro al figlio e al
nuovo ospite.
Oddio si sta
avvicinando. Oddio si sta avvicinando! Oddio si sta avvicinandoo!!!
Avrei
preferito di gran lunga un dragone o l’esercito di
terracotta, o addirittura la
sedia elettrica, ma non lui! Tutto tranne che lui! Oddio non sarei mai
dovuto
venire qui! Lo sapevo! Ma aspetta, come cavolo ha fatto a convincermi?
12.00
Inizio detenzione. Arthur prese la
cartella e si diresse
nell’ufficio del preside. Merlin e Will erano già
arrivati.
“Si sieda pure con i suoi
amici, Pendragon.” Il
biondino obbedì e si sedette cheto cheto,
vicino a Merlino.
“Sei arrivato da
tanto?”
“No, neanche un
minuto.”
“Ah, bene.”
“Posso sapere il motivo
della vostra conversazione? Voglio
essere reso partecipe..”
“Signore, gli stavo
semplicemente chiedendo se erano
arrivati da molto.”
“Qui le domande devono
essere rivolte a me, e a me soltanto,
altrimenti che cosa ci starei a fare qua?!”
“Forse a poltrire sulla
sedia e controllare che ci sia un
silenzio tombale ancora peggiore di quello dei cimiteri?”
chiese con un tono
che sottolineava l’ovvietà della risposta.
“Spiritoso, davvero
spiritoso: ora però si sieda e si trovi
qualche occupazione che preveda il silenzio, se non vuole rimanere
dieci minuti
in più del dovuto.”
“Sì,
signore.” Posò la cartella tirando fuori il libro
di
filosofia. Guardò
Merlin e vide che
anche lui stava studiando quella materia. “Merlin, che
studi?”
“Filo, che vuoi?”
“E sta calmo! Volevo solo
sapere! Che hai bevuto oggi
all’intervallo? Caffè?”
“Ti crea
qualche
problema?!”
“O ma la finisci, che
altrimenti dobbiamo stare dieci minuti
in più e il tuo povero amichetto se ne deve andare prima
tutto solo soletto;
non è questo che vuoi, vero?” Merlin stava
perdendo la pazienza, ma si contenne
per la presenza del preside.
“Siamo sicuri che a te dia
fastidio rimanere solo con me… lo
sai che chi dice delle scemenze per far innervosire la gente lo fa come arma di
difesa?”
“O.O
Ma ti sei bevuto
il cervello???” Inizio a pensare
che
Morgana avesse ragione! Questo è proprio cotto di me!!!!!
“No non ancora,
però se vuoi
insegnarmelo sono sicuro che saresti un ottimo
maestro!”
“Ma come osi!!! Ma chi ti
credi di essere!!! Io sono Arthur
Pendragon, principe e futuro re di Camelot!!! Fra qualche anno tu
dovrai anche
pagarmi le tasse” sbraitò diventando rosso in
faccia.
“Certo, hai ragione.
Pagherò le tasse così tu avrai
l’opportunità di guarire dalla tua
infermità mentale!!”
“Uffa sei….
CATTIVO!!! Nessuno mi può parlare così, nemmeno
mio padre mi tratta così male!!!” il piccolo
principe non poteva trattenere
insieme alle lacrime la tristezza e la rabbia che gli avevano reso gli
occhi
lucidi.
“Ma stai piangendo? Scusa
non volevo”
“No!!! Io non so cosa
significhi piangere!!!”
“Dai con me non devi
fingere… dai per farmi perdonare puoi
chiedermi quello che vuoi.”
“Non sto
piangendo!!!”
“Prendere o
lasciare!”
“Tutto quello che
voglio?”
“Si tutto.”
“Ma tutto, tutto,
tutto?”
“Si!”
“Non vorrei approfittare
della tua gentilezza, ma una cosa
ci sarebbe….”
“Voi due signorini, cosa
state facendo? Volete rendermi
partecipe?”
“Ci scusi professore,
stavamo studiando filosofia, e poi…..
Merlin ha promesso di venire a casa mia per aiutarmi nello studio
questo Sabato
dopo la scuola.”
“Va bene allora per questa
volta non vi sgriderò.”
Merlin si girò infuriato
contro il compagno puntando contro
di lui il senso di accusa.
Arthur lo guardò e gli
sussurrò:”Se te lo avessi detto, tu
mi avresti detto di no.”
Ah, ecco
come ha fatto
ad incastrarmi. Non ci posso ancora credere sono stato così
cieco!!! Come ho
potuto essere così stupido. E poi adesso suo padre si sta
avvicinando! Ora mi
scuoierà vivo, poi userà la mia pelle per cucire
i suoi nuovi tappeti. Sono
sicuro che mi ammazzerà, mi taglierà la tasta e
la infilzerà ad un palo. Ecco,
è arrivata la mia ora! Non posso più scampare al
mio destino! Non posso più
resistere, arrivati a questo punto… L’unica cosa
che posso fare
è chiudere gli occhi. Non voglio
vedere! Non voglio vedere! Non voglio vedere!
……………………….
Ma….
Non è ancora
successo niente. Forse posso aprire gli occhi. Ma mi sta porgendo la
mano?!,
“Piacere io sono il padre
di Arthur, spero che tu possa aiutarlo
e sentirti a tuo agio con lui oggi.”
“Non vi fermate,
signore?”
“No, purtroppo ho un pranzo
di lavoro, ma credo che sia
meglio per tutti e tre se me ne vado, così lui non si sente
tanto in
soggezione.”
“Ah, come preferite,
padre.”
“Non è un
problema per te, ragazzo, vero?”
“Assolutamente.”
“Questa sì che
è una risposta, mi piaci ragazzo.” Merlino
imbarazzato sorrise. Uther salutò freddamente Arthur e si
chiuse la porta
dietro. Tra i due ragazzi calò il silenzio. Arthur non
sapeva da che parte
girarsi per provarci con Merlin, il che era strano perché
lui per questo non si
era mai posto tanti problemi. Va beh che ci aveva provato solo con
delle
ragazze, ma restava sempre il punto che a lui era sempre riuscito
tutto, e
doveva continuare a essere così.
“Dai, vieni di
là a posare la roba, così poi cuciniamo
qualcosa.”
Dall’immenso soggiorno si srotolava un lungo corridoio ampio
dal quale si
accedeva a tutte le stanze. La terza era quella di Arthur. Quando
questo aprì
la porta, la camera che gli si presentò era molto ampia e
sobria, con scaffali
pieni di libri che Merlin dubitò il principe avesse mai
letto. Il letto era
almeno a due piazze e gli armadi erano a specchio ed erano davvero
tanti.
Merlin venne preso da un attacco di soggezione nei confronti di quel
ragazzo,
quel dio vivente. Il biondino scaraventò la cartella per
terra e subito venne
imitato da Merlin. Si tolse le scarpe e fece fare un breve giro della
casa alla
sua vittima. Il punto di arrivo del tour fu la cucina, dove il
principino per
la prima volta cercò di cucinare senza troppo successo.
Merlin gli s’avvicinò.
“Non devi far bollire la
pasta con l’acqua: questa prima
deve essere bollita.”
“E io che ho
fatto?” chiese scherzando. Merlin sorrise.
“M’insegni?”
“Se proprio
insisti…”
“Insisto.”
“Bene… vogliamo
fare anche il sugo?”
“Per me è
ok.” Merlin tutto soddisfatto cercò la salsa al
pomodoro e si mise a preparare il pranzo sotto gli occhi pieni di
ammirazione
di Arthur. Mentre aspettavano che l’acqua bollisse, Arthur si
comportò molto
gentilmente, convinto che comportandosi così Merlin sarebbe
caduto ai suoi
piedi. Merlin nel frattempo si meravigliava sempre più del
comportamento di
Arthur e non riusciva a capire a che cosa fosse dovuto il suo
cambiamento nei
suoi confronti.
Dopo aver mangiato si misero subito a
studiare e Merlin si
meravigliò di quanto s’impegnasse, o almeno ci
provasse, anche se le sue
idiozie naturalmente non potevano mancare all’appello. Merlin
trovò anche un
modo per aiutarlo a studiare memorizzando bene quello che
c’era scritto e
Arthur gliene fu davvero grato. Non pensava che ci potesse essere
qualcuno che
potesse spiegargli le cose così bene.
“Scusa la domanda.. mai
pensato di fare l’insegnante.”
“E per fare cosa? Trovarmi
a insegnare in una classe con
ragazzi presuntuosi e arroganti come te? No grazie.”
“Così mi
offendi: è vero, sono stato uno stronzo e tutto
quello che vuoi, ma adesso ho capito che non mi porta a niente e
volevo… ecco…
chiederti scusa.”
“C-come?” chiese
Merlin sgranando gli occhi.
“Sì, ho capito
che sbaglio a prenderti in giro e che ormai
non mi da nessuna soddisfazione, quindi… perché
continuare? Perché non provare
a migliorare il nostro rapporto da buoni compagni di classe? Ti
va?”
“Sì, per me non
c’è alcun problema, anzi… temevo che
orgoglioso come sei non me l’avresti mai detto.”
Ok, è innamorato di me e devo
controllarmi per non rispondergli a tono.
Respira, Arthur, respira.
“I cambiamenti della
vita.” disse Arthur sorridendo. “Dai
riprendiamo.. allora, dove eravamo rimasti?”
Il pomeriggio volò tra lo
studio e un breve intervallo per
staccare un po’ la mente da tutti quei filosofi che non
facevano altro che far
arrovellare il cervello a entrambi. Quando ebbero finito, erano le sei.
“E’ tardi, devo
andare a casa..”
“Vuoi che ti accompagni in
macchina? A piedi ci metterai
troppo.”
“Non voglio crearti un
disturbo…”
“Macché!
Figurati.. quale disturbo.. lo faccio volentieri.”
“Allora va bene.”
Arthur gli sorrise e dopo aver lasciato un
biglietto al padre prese le chiavi della macchina, di casa e
uscì seguito dal
compagno.
Dopo mezz’oretta arrivarono
e Arthur parlò.
“Grazie davvero, per
oggi.”
“Figurati.”
“Allora a
lunedì.”
“Ok, a lunedì..
ah e se hai bisogno di qualcosa, chiedi, non
ti preoccupare.”
“Grazie, Merlin.”
Disse con il sorriso più sincero che
avesse. Merlin aprì la portiera, scese dalla macchina e
mentre chiudeva il
portone, salutò ancora con la mano Arthur che aveva deciso
di stare fermo
davanti al portone fino a quando non l’avesse visto entrare.
Appena il portone
si chiuse, mandò un messaggio agli altri.
Fatta!
Merlino era un bravo ragazzo,
dopotutto, ma non per questo
doveva passarla liscia..
Lunedì ore 10.00 a.m.
Era l’ora di andare a fare
ginnastica. Tutti presero la
propria sacca e scesero. Arthur disse ai suoi amici di iniziare pure ad
andare,
che li avrebbe raggiunti subito. Si avvicinò a Merlin.
“Vuoi che ti
aiuti?”
“No, grazie
Arthur.”
“Così facciamo
prima.” Ma non ebbe il tempo di convincerlo
che il moretto aveva già finito. Uscirono di classe insieme
e raggiunsero gli
altri in palestra.
“Bene ragazzi, fate cinque
minuti di corsa e poi dividetevi
in due squadre.. oggi si gioca a pallavolo.”
“Che
novità!” sussurrò Arthur a Merlin.
“Già.”
“Allora,
iniziate.” Disse con tono perentorio. Arthur,
Merlin, Lancillotto e Pellinor iniziarono subito a correre, seguiti a
ruota dagli
altri. Arthur non ebbe problemi a sostenere quei cinque minuti, ma
alternandosi
a Lancillotto, più di una volta rallentò per
incoraggiare e tenere il passo con
Merlin. Alla fine di quei cinque minuti Merlin si reggeva a malapena
sulle
gambe. Arthur lo fece sedere e gli diede la sua acqua.
“Grazie.”
“Non
c’è di che.” Merlin gli sorrise
ricambiato.
“Arthur, Merlin! Fate le
squadre.” I due giovani si
guardarono. Erano entrambi, chi veramente chi no, dispiaciuti.
Iniziò la partita che ben
presto raggiunse un livello di
parità nonostante i grandi colpi di scena. Era il momento
della battuta di
Arthur.
“Batti su
Merlin.”
“Professore non posso! Si
farebbe male se battessi su di
lui.”
“Fa’ quello che
ti ho detto!”
“Sì
signore.” E guardò Merlin con lo sguardo che
diceva:
almeno ci ho provato. Prese bene la mira, pesò bene il
pallone, guardò Merlin e
dopo il fischio lanciò la palla in aria per poi colpirla con
violenza. La palla
roteò in aria fino a superare la rete per poi ricadere.
Merlin la prese di
palleggio e la passò a Morgana, la quale la fece andare
nell’altro campo senza
però riuscire a fare punto. Anzi, fu proprio Arthur a
segnare. Quindi doveva
battere di nuovo. Vide che Merlin si massaggiava i polsi. Evidentemente
gli
facevano male. Ripeté la battuta con la stessa violenza, ma
questa volta Merlin
non la parò perché la battuta lo prese in pieno
petto. Immediatamente Arthur si
lanciò dall’altra parte del campo.
“Merlin, sei ancora tutto
intero? Mi dispiace tantissimo,
non volevo colpirti, scusami tanto.”
“Non.. è..
niente, davvero, sto bene.”
“E i polsi? Ho visto che te
li massaggiavi.”
“Non ti preoccupare, sto
bene.”
“Ne sei sicuro?”
“Sì.”
“Allora non sarà
di certo un problema riprendere a giocare.”
Disse alzandosi e tornando nella sua metà campo. Lancillotto
e Pellinor lo
guardarono incuriositi, ma appena videro il sorriso diabolico sulle
labbra di
Arthur compresero. Faceva tutto parte del piano. La partita
continuò ancora per
diverso tempo, ma Merlin peggiorava ogni punto sempre di
più. Arthur iniziò a
preoccuparsi seriamente: forse aveva tirato troppo forte…
aspetta un attimo!
Lui doveva provarci con Merlin, ma questo non significava che se si
preoccupava
anche il sentimento era vero! Lui era pur sempre il principe. Non
poteva
permettersi di preoccuparsi per uno come lui.. cosa gli stava capitando?
“Allora, come procedono le
cose con Merlin?” gli chiese
Morgana quel pomeriggio al telefono.
“Bene, me lo sono fatto
amico, ora è solo questione di
sapercelo lavorare.”
“Invitalo un altro paio di
pomeriggi a casa tua, e poi
invitalo alla mia festa di compleanno, così
penserà che siamo tutti suoi amici
e si confiderà con noi.”
“Scimmietta, te
l’ho mai detto che sei un genio?”
“Grazie, amore, lo so.
Però smettila di chiamarmi
scimmietta!!!”
“Ma è
così… intimo.”
“Non credo
proprio!!!” il tono della ragazza non accettava
repliche.
Tu tu tu tu tu tu tu
“Scimmietta mia hai per
caso riattaccato il telefono? Non ti
sarai mica arrabbiata o offesa, vero?” il rumore regolare
della cornetta
confermò al biondino che le sue erano state parole al
vento…. Se l’era presa
eccome! Come al solito del resto…
Adesso si trattava di aspettare una
reazione da parte di
Merlin. Chissà che cosa avrebbe detto tornato a casa.
Baci e baciotti. Gentilezza quasi stucchevole. Quello di
oggi era davvero
Arthur? Mi ha fatto gli occhi dolci per tutto il tempo. Forse non aveva
mai
esagerato così tanto neanche
con
Morgana, la sua ragazza. Forse aveva assunto qualche sostanza non
proprio
lecita…. Ma cosa vado a pensare. Il mio Arthur non farebbe
mai una cosa simile!
Ma da quando in qua è diventato il mio Arthur? In quella
casa ci deve essere
qualcosa che non va perché anch’io mi sento
alquanto strano. No, devo aver
preso il raffreddore, non può essere successo altro! O forse
mi ha avvelenato
con il suo cibo! Si deve essere così, in fondo avrebbe
potuto benissimo mettere
qualcosa nel mio piatto in qualsiasi momento! Domani gli
chiederò spiegazioni
assolutamente, un comportamento simile da lui non è
immaginabile. Doveva per
forza esserci dietro qualcosa, non poteva essere così
gentile e solare nei miei
confronti senza avere qualche piano tipico da asino!!!!!!! Ho deciso
non vivrà
un attimo in più! Appena lo vedo mi vendico!... in fondo
sono o non sono il più
grande stregone di tutti i tempi?!
Il
giorno dopo arriva
DOMANI.
“Ciao Merlin, ti volevo
ancora ringraziare per l’aiuto che
mi hai dato ieri… davvero non so proprio come
sdebitarmi.”
Il bruno finse di non accorgersi del
caloroso saluto del
principino e passò dritto senza degnarlo di uno sguardo.
Non mi avrà sentito
,pensò il biondo.”Merlin ciao” il pudore
ormai era scomparso del tutto, nemmeno il forte orgoglio gli
impedì di
sbracciarsi senza ritegno davanti a tutti.
Questa volta la sua ricompensa fu un
gelido e fugace sguardo
infuriato. ( O.O N.A. espressione
pietrificata di Arthur)
“Allora, seduttore di prima
categoria, come procede con
Dumbo?” chiese Pellinor.
“Magnificamente.”
Rispose tutto convinto di essere stato
completamente frainteso da Merlin. La sua convinzione venne smontata
quando
entrò in aula. Lui era in compagnia di Will e non
sembrò neanche notare il suo
arrivo.
Il professore non la smetteva di
parlare, era un disco
rotto… ma Arthur non lo stava minimamente ascoltando, la sua
attenzione era
rivolta verso Merlin che da quella mattina non lo aveva degnato di uno
sguardo.
Il suo volto di solito così aperto e solare era oscurato da
una nube nera, anzi
temporalesca. La monotona voce del professore smise di riempire
l’aria della
classe per qualche minuto permettendo al principino di sentire i propri
pensieri e di agire, come al solito, senza pensare.
Arthur si alzò di scatto,
prese Merlin per un braccio e lo
attirò vicino a sé. Erano faccia a faccia.
“Che cavolo ti ho fatto? Ti
ho trattato come un degno ospite
anzi, come un principe! Avrei dovuto lasciarti sulla porta della mia
casa senza
lasciarti entrare! Ma chi ti credi di essere?”
Il brunetto cambiò colore
in viso, prima impallidì e poi
diventò più rosso di una mela matura. Non poteva
sopportare le parole del’altro
era lui ad essere infuriato. La sua rabbia lo rese più
imponente del principe
nonostante fosse molto più basso.
“Tu mi hai avvelenato!!!
Dovresti chiedermi scusa invece di
insultarmi.”
“Io chiederti scusa, ma ti
sei ammattito per caso? Pensi davvero
che io avveleni la gente a casa mia?! Ma che ti sei bevuto stamattina
al posto
del latte? Non mi sembra proprio di essermi comportato male nei tuoi
confronti,
quindi vedi di darti una calmata, perché se
c’è uno che ha perso la ragione
quello sei tu”
“Come diavolo ti permetti
di darmi dell’ammattito e
ordinarmi di darmi una calmata?! Chi sei tu per ordinarmi qualcosa?
Abbassa la
cresta, biondino!” la reazione di Arthur fu istintiva e si
pentì subito di
quello che fece, senza farlo trasparire. Gli tirò uno
schiaffo. Le sue cinque
dita gli si stamparono sulla guancia lasciando una bella chiazza rossa.
“Quando avete intenzione di
farmi proseguire con la lezione,
signorini, non avete che da avvisare.” Li canzonò
il professore di fisica.
Arthur si voltò verso l’insegnante diventando
rosso e sedendosi, mentre Merlin
guardava ancora in piedi la scena un po’ spaesato. Il
principe si sedette e
riprese a fare cerchi concentrici sul banco con la matita. In quel
momento
entrò Morgana che guardò curiosa la scena e,
appena tornata a posto, interrogò
gli altri sull’accaduto senza però aver successo.
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Capitolo 4 *** Lay all your love on me ***
Lay all your love
on me
La missione aveva assunto per lei
un’importanza
mondiale:doveva scoprire cosa era successo, e per farlo doveva trovare
gli
abiti adatti. All’inizio aveva pensato che una tuta mimetica,
naturalmente
molto scollata, avrebbe fatto al caso suo, poi aveva capito che il
vestito
adatto doveva al
più grande detective di
tutti i tempi: Sherlock Holmes. Dopo aver vagato per un intero
pomeriggio studiando
con attenzione le vetrine dei più rinomati negozi lo aveva
trovato. Un vestito
a quadri scozzesi verde con la gonna che arrivava sopra la ginocchia
era
semi-coperto da una mantellina della stessa fantasia, ma di un tessuto
più
pesante, naturalmente bordata da una folta pelliccia bianca (anche se
in quei
giorni faceva caldo:lei non riesce a rinunciare alla pelliccia).
L’omaggio al
famoso investigatore era accentuato dalla presenza del suo tipico
cappello in
versione rosa shocking e da che
produceva bolle di sapone. A tutto ciò aggiunse un paio di
stivali in pelle con
tacco a spillo.
Ok.
Finalmente sono
pronta per investigare sul mistero di Arthur!!!
Il sole stava già
tramontando, ma lei non poteva rinunciare
alla sua missione. In pochi minuti, grazie all’ausilio della
sua limousine, si
trovava già davanti al portone del suo ragazzo.
Toc toc.
Dopo qualche istante la porta si
aprì e davanti ai suoi
occhi si materializzo la più orrenda e spaventosa immagine
della sua vita:
Arthur, il suo splendido e perfetto ragazzo, il biondino più
desiderato della
scuola, indossava un umilissimo e vergognoso vestito da cameriere.
“Desidera,
signorina…. Ehm, lei chi è?”
“Oh
my
gold. Ma come ti sei conciato?”
“Ci conosciamo?”
“Come osi, brutto
idiota?!?! Sono la tua magnifica,
splendida…”
“Maga
Magò” il suo viso si illumino di un innocente
sorriso,
non sapeva le conseguenze che le sue innocenti parole avrebbero
scatenato.
“Ma brutto imbecille!!!
Sono Morgana!!! Dovrei farti
fustigare per questo.”
“Se lo fai tu di persona,
non mi lamento, anzi…” Il sorriso
beota sulla sua faccia diceva tutto.
“Ma ti sei bevuto il
cervello!???!”
“Ma come adesso fai tanto
la santarellina? E allora perché
saresti venuta vestita in quel modo assurdo.?”
“Va beh, lasciamo
perdere.” Nel frattempo però ci aveva
fatto un pensierino…
“Allora perché
sei venuta?”
“Devi dirmi assolutamente
cosa è successo fra te e Merlin!
Non puoi più nascondermelo!”
“Ma ti sei ammattita, cosa
dovrebbe essere successo?”
“Questo devi dirmelo tu!”
“Non è successo niente, per questo non ti ho detto
niente.”
“No, non è vero!
Mi stai nascondendo qualcosa, non può non
essere successo niente!”
“Ma te lo giuro, amore mio,
scimmietta cara!” appena la
ragazza udì quelle nefaste parole, gli saltò
addosso ( e certamente non nel senso
positivo della parola!) decidendo che quelle sarebbero state le sue
ultime
parole.
Due ore dopo…
“Arthur, ma che cosa ti
è successo che hai un occhio nero?”
gli chiese Lancillotto.
“Niente, ho deciso di
entrare ancora di più nella parte… non
avevi capito che sono un cameriere con dei padroni violenti?”
Lancillotto lo
guardò come fosse un alieno. Dopo cinque minuti il cellulare
del principe suonò
.
“Pronto?”
“Ciao amore, sono io… volevo chiederti scusa per
questo pomeriggio.. non avrei
dovuto cercare di ucciderti, solo mandarti
all’ospedale!”
“Ah, non ti preoccupare,
tesoro” Arthur finalmente aveva
imparato la lezione! “Anzi.. ti devo ringraziare.”
“Perché?”
chiese un tantino perplessa per la sanità mentale
del suo adorato principe azzurro.
“Perché
così mi hai fatto entrare ancora di più nella
parte
del cameriere con padroni violenti.”
“Ma… dove
sei?”
“Ah, ma non te
l’avevo detto che stasera andavo da Pellinor
e che c’era una festa in maschera?”
“Cosa?!
C’è una festa e tu non m’inviti? Non me
lo dici
neanche?! Aspetta un attimo, che arrivo.”
La chiamata s’interruppe
lì e Arthur iniziò a preoccuparsi
seriamente per la sua incolumità fisica e mentale.
Naturalmente, e
sfortunatamente per lui, aveva ragione di temere per la sua persona. In
meno di
un minuto una limousine nera con le luci blu aveva sterzato davanti al
locale
attirando l’attenzione degli ignari passanti. La musica a
tutto volume che
rimbombava nel locale non riuscì a sovrastare
l’urlo disumano della ragazza.
“Come hai potuto Arthur
Pendragon?!” Ma
il biondino non ebbe il tempo necessario
per rispondere. Un gancio destro dalla spropositata potenza gli
impedì di aprir
bocca e lo fece barcollare.
“Ahi!!!”
Non ebbe risposta.
“Che cosa ho
fatto?”
“Non riesci proprio a
capire? Possibile che dopo tutto
questo tempo tu non capisca ancora l’amore della tua vita?
fatti un esame di
coscienza!” e senza aggiungere nulla si precipitò
sulla pista da ballo,
lasciando il principino basito.
Nda: ringrazio tutti
coloro che l'hanno aggiunta ai preferiti, a chi l'ha messa tra le
seguite, o chi è semplicemete passato di qui e ha letto la
storia......... sono lentissima a scrivere, lo so,
sono imperdonabile, ma il problema è che l'ispirazione per
scriver mi viene ogni morte di papa, così recensisco ogni
tre mesi!!!!!!! però adesso che mi è
venuta voglia e ho trovato un filo conduttore serio in questa storia (
sto scrivendo la fine, pensate 1 po'!!!!!!!!!!) recensirò
moooooooolto più spesso così da farmi
perdonare!!!!!!!!! ihihihih!!!!!!
Love
90: anch'io vorrei evitare di fare Arthur troppo stronzo, e in questo
capitolo anzi è quello che se le prende dalla perfida
Morgana... però non preoccuparti.. da adesso in poi ci
saranno dei cambiamenti nel nostro bellissimo principe!!!!! anche se
finirà per rivelarsi per quello che è... ma se ti
dico troppo poi non leggi!!!!!!!!! ahhaha grazie per aver
commentato!!!!!!!! un bacione a presto!!!!!!!!!!!!!!!
|
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Capitolo 5 *** Never felt this way ***
Never felt
this way
Driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin!!!!!!
La campanella era appena suonata e
tutti gli studenti del
liceo si stavano dirigendo velocemente e letteralmente catapultando
giù dalle
scale per uscire da quello che era oramai considerato da tutti
l’Inferno in
terra! Peccato che l’ingorgo di studenti ostruisse il
traffico rendendo quindi
invivibili agli studenti quei pochi minuti che trascorrevano
all’interno delle
antiche mura scolastiche, alle quali, prima o poi qualcuno avrebbe dato
sicuramente fuoco. All’uscita tutti gridavano esultanti:
questo però non valeva
per coloro che si sarebbero visti costretti a entrare di nuovo a scuola
per le
due e mezza, per trascorrere due noiosissime ore ai vari laboratori
pomeridiani.
Arthur e Merlin si stavano preparando
lo zaino con calma e
chiacchierando per non beccare l’ingorgo degli studenti.
Poi a Merlino venne in mente una
maniera per trascorrere più
tempo con il principe e per fargli guarire i suoi due lividi che lo
facevano
sembrare a un panda e dei quali non faceva altro che lamentarsi. Appena
il
principe prese il proprio zaino e gli passò accanto, lo
afferrò per un braccio.
E lo guidò verso uno dei tanti stanzini inutilizzati dalla
scuola. Il principe
rimase perplesso e preoccupato al contempo da sì tanta
determinazione di Merlin.
“Merlin.. ehm.. che diamine
stai facendo?” chiese senza aver
ricevuto alcuna risposta. Si guardò intorno. Quello stanzino
lo conosceva bene.
Cera stato l’ultima volta un paio di settimane prima con
Morgana, e di certo
non per parlare della gelosia della sua ragazza, come tutti avevano
pensato.
Lo stanzino era un luogo molto
angusto, che permetteva una
certa intimità agli occupanti, una luce molto fioca, le
pareti erano nude e
fredde. L’arredo consisteva in un tavolino di legno e una
vecchia sedia. Solo
quando venne fatto sedere dal moro dagli occhi color oceano si accorse
che
indossava un completino da infermierino sexy, che gli stava molto bene,
si
ritrovò a pensare Arthur, anche se non era dotato di
attributi superiori..
eppure in quel momento, Arthur sentì che Merlino era
desiderabile, molto
desiderabile e non riusciva a capire come mai non avesse mai avuto una
ragazza,
come mai… aspetta una attimo!!!! Merlino desiderabile?? Cosa
stava accadendo ad
Arthur Pendragon, il ragazzo più bello e desiderato dalle
ragazze?? Trovare un
ragazzo desiderabile non era nel suo stile, nel suo genere. Pur di
ammettere
che Merlin era desiderabile, fino a un paio di mesi fa, sarebbe stato
disposto
a dire di trovare affascinante la ragazza più brutta di
tutta la scuola.
Però adesso, Merlino era
affascinante ai suoi occhi, e
questo lo terrorizzava.
“Merlin, che stai
facendo?”
“Arthur, stai calmo, fidati
di me.”
“Ehm, non vorrei che tu… ecco… pensassi
che non mi fido, però… preferisco
sapere ora di che morte sto morendo.”
“Come? Non ti fidi di me?!”
“No, Merlino.. come potrei?
Certo che mi fido di te.”
Rispose con il tono più credibile che gli uscì in
quel momento. D’altronde quei
due occhioni blu mare con l’aria da cucciolo indifeso non
potevano certo essere
delusi in tal modo. Non da Arthur Pendragon, almeno.
Il visetto furbo del moro riacquistò subito
il proprio splendore e Arthur non poté limitarsi dal pensare
quanto poco
bastasse per rendere felice il ragazzo.
“Adesso vediamo se ti fidi
davvero di me.. chiudi gli
occhi!” lui fece quanto ordinato per poi riaprirli appena
ebbe capito e
reinterpretato l’ordine.
“Come??!! Merlin che hai in
mente?”
“Niente, non ti
preoccupare, ci sono qua io ad accudirti.” A
quella frase il biondo non poté trattenere uno sguardo
oltremodo terrorizzato.
“Ehm..
Merlin…”
“Dai, tranquillizzati, ci sono qua io ad
accudirti!” ripeté con calma il
moretto.
“Non scomodarti, Merlin
davvero.. non ce n’è bisogno..”
disse allontanandosi sempre di iù da Merlin.
“Dannazione, Arthur
Pendragon, ti vuoi stare fermo??!!” a
quel punto il principino non ebbe altra opzione, se non quella di farsi
curare
gli occhi da quel ragazzo eccitante. Eccitante??????!!!!!!!!!!! Merlin
ragazzo
eccitante????? Ma che aveva bevuto al mattino????? Non poteva trovare a
distanza
di pochi minuti Merlin sexy ed eccitante. C’era qualcosa che
non quadrava, era
poco ma sicuro. Tornato a casa avrebbe chiesto spiegazioni a Gaius, il
medico
di famiglia.
“Ora chiudi gli
occhi!” ordinò quasi scocciato.
“Scusa.”
Sussurrò in un flebile bisbiglio, così da non
poter
essere sentito. O almeno così credeva; perché
Merlin registrava tutto, e poi
metabolizzava. Quindi non appena sentì le scuse del
principe, arrossì
violentemente. Menomale che Arthur teneva gli occhi chiusi, altrimenti
avrebbe continuato
a sfotterlo a vita.
Prese dalla borsa frigo (da dove
salta fuori non si sa!!!!!)
un paio di bistecche e le spiaccicò proprio non
delicatamente sulle due
palpebre del principino. Il quale si preoccupò sempre di
più per la sua
incolumità. Glom.
Ora iniziava a
preoccuparsi seriamente. Sentì qualcosa di soffice e
profumato sfiorargli la
guancia. Sentì un caldo pervadergli tutto il corpo e Arthur
pregò tutti gli dei
esistenti che Merlin non vedesse il suo stato.
“Merlin, che stai facendo?
Mi fai il solletico.”
“Oh niente di cui preoccuparsi, mi sto solo prendendo cura di
te, Arthur.” Gli
sussurrò all’orecchio. A quelle parole, ne era
convinto, il suo viso era
diventato paonazzo, e lo divenne ancora di più quando
sentì il tipico SLAM,
della porta che si apre e Merlino, terrorizzato, che si era trascinato
lui e la
sedia per terra. Ora Merlin teneva in mano la bandana rossa che stava
legando
fino a dieci secondi fa, si trovava a cavalcioni sul principe e nessuno
dei due
accennava a spostarsi.
“Amore, che stai facendo
qui con questa… sottospecie di
essere?” gli chiese schifata.
“Noi? Ehm.. niente.. Merlin
stava solo..” balbettò cercando
l’appoggio del moro che non tardò ad arrivare.
“Prendendosi cura di
lui.” Rispose questo salvandolo
dall’imbarazzo.
“Oh, beh. Allora.. vi
lascio.. a stasera amore!!!!!!!” e
trotterellando felice se ne andò lasciando mooolto perplesso
il suo ragazzo.
Quel genio oltretutto aveva lasciato la porta aperta, ed entrambi,
schiacciati
dalla sedia e con gambe e braccia aggrovigliate, non potevano andare ad
aprire.
Dopo pochi istanti dall’aver realizzato quella situazione,
Ginevra e
Lancillotto fecero la propria comparsa.
“Oh, caro, guarda un
po’ chi c’era nello stanzino affianco
al nostro! Non ci posso credere!!!!!!! Anche voi qui??!!”
Lancillotto lanciò
uno sguardo interrogativo al principe, per poi appoggiare fortemente la
fronte
alla mano destra,m come segno di rassegnazione e incredulità
nei confronti
della stupidaggine della ragazza.
“Ehm.. a quanto
pare.” Rispose Arthur, scoccato di essere
stato interrotto e beccato in quella posizione compromettente dalla
sorella e
dal suo migliore amico.
“Pensate che noi eravamo
nello stanzino qui affianco!”
Lancillotto si rassegnò. Che cosa
mi
tocca fare per essere amico di Arthur!! Esclamò
dentro di sé disperato.
“Beh, ecco.. noi dobbiamo
andare… vi lasciamo soli.”
Pronunciò quest’ultimo tutto d’un fiato.
“Grazie e chiudete la
porta.” Ribatté Arthur. La coppia di
fidanzatini abbandonò la scena e adesso nello scuro stanzino
si ritrovarono
Arthur e Merlin, da soli. Adesso che ci pensava, Merlin si trovava
letteralmente seduto a cavalcioni su di lui, leggermente sporto in
avanti per
la sedia che si era trascinato dietro. Le mani di Merlin,
notò, si trovavano
all’altezza delle sue spalle vicine al viso. Istintivamente
pose le sue mani
sui fianchi dell’esile ragazzo. I loro occhi si incatenarono.
Cielo contro
oceano. Nessuno dei due si mosse o disse niente, semplicemente rimasero
a
guardarsi, come se potessero scrutare fino al profondo
dell’anima. Liberando
una mano dalla presa per un istante che parve infinito a entrambi,
Arthur
riuscì a togliere la sedia dai piedi e a ribaltare le
posizioni. Piantò i
gomiti contro il pavimento freddo così da no gravare troppo
con il proprio peso
sull’altro.
“Ti faccio male?”
“No.” Nuovo
silenzio. Lungo eterno. Bellissimo. Non avevano
bisogno di parole per comunicare.
“Forse.. sarebbe meglio..
andare.” Disse il principe per
nulla convinto.
“Sì.. hai
ragione.” Rispose l’altro. Nessuno si mosse.
Sarebbero rimasti lì tutto il pomeriggio.
All’improvviso sentirono i passi di
una donna. Il rumore fastidioso dei tacchi sembrava volersi dirigere
proprio
verso quello stanzino. I due si guardarono e si alzarono come spinti da
una
forza maggiore, un energia improvvisa scatenatasi dai meandri
più remoti del
proprio fisico. Si nascosero dietro la porta. I passi si avvicinavano,
erano
sempre più vicini. Arthur e Merlin si guardarono confusi e
spaventati, leggendo
ognuno negli occhi dell’altro che nessuno aveva in mente una
spiegazione per
quella situazione nel caso ce ne fosse stato bisogno. Il rumore dei
passi si
fermò proprio davanti alla porta del loro stanzino.
Indugiò qualche secondo
durante i quali entrambi fissarono la maniglia, temendo che la donna
aprisse la
porta e potesse scoprire Merlin in veste di infermierino sexy e Arthur
in veste
di ciò che era: il regale paziente attratto dal proprio
assistente e rosso in
volto per l’eccitazione. I passi terminarono e lui, non
appena il ticchettio
dei tacchi svanì ordinò all’amico di
prendere la roba e uscire da lì. Prese le
cartelle e la borsa frigo, si allontanarono dalla stanza facendo molta
attenzione a non farsi beccare.
Quando furono usciti, solo allora si
dissero finalmente
liberi. Si guardarono. Arthur notò che non indossava
più il completino, e
Merlin si disse soddisfatto, considerando che adesso cerano intorno
agli occhi
solo più due insignificanti lividi che in un paio di giorni
sarebbero
scomparsi. Tutto grazie alla sua magia. Eheh! I trucchi del mestiere.
“Dove è finito
il completino da infermierino sexy che
indossavi prima?”
“Non so di che completino
stai parlando, Arthur Pendragon.”
“Peccato, perché ti stava benissimo.”
Disse passandogli accanto e
sussurrandogli all’orecchio “Abbiamo un conto in
sospeso, noi due.” E
lasciando un Merlin molto confuso ma allo
stesso tempo felice oltre ogni misura.
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Capitolo 6 *** Lies ***
Lies
Erano passati due giorni
dall’episodio dello stanzino e non
era scoppiato ancora nessuno scandalo o scoop. Cosa molto gradita a
entrambi,
soprattutto ad Arthur Pendragon, che aveva una reputazione da difendere
e che
preferiva non venisse intaccata da scandali del genere.. non
l’ultimo anno. Era
inconcepibile per lui terminare l’anno con uno scoop del
genere: perché lui e
gli altri suoi amici conoscevano il motivo di quell’azione,
ma il resto della
scuola no, e lui, Arthur Pendragon, futuro re di Camelot, non poteva
permetterselo. Ne sarebbe andato non solo del suo onore infangato da un
popolano, ma anche di quello di suo padre e dell’intera
casata dei Pendragon, e
questo per lui e suo padre soprattutto era intollerabile. Un membro dei
Pendragon non poteva permettere che una cosa del genere ricadesse sulla
famiglia. Lui era un nobile, doveva trovare una nobildonna (Morgana) da
sposare
per avere un erede maschio e far sì che la stirpe reale dei
Pendragon
continuasse a vivere. E tutta questa responsabilità giaceva
sulle spalle di
Arthur. Ma fino a qualche mese fa non gli aveva procurato alcun tipo di
fastidio. Anzi, quasi non ne sentiva il peso. Ora invece, per qualche
inspiegabile ragione, era diventato un fardello troppo pesante, non era
più in
grado di sopportarlo. Non ci voleva molto per capirlo; ma la cosa
ancora più
strana era che il dovere aveva iniziato a essere insopportabile per lui
da
quando aveva iniziato ad attuare il suo “diabolico”
piano per rovinare Merlin e
la sua reputazione. Già.. ma per cosa era iniziato tutto?
Mmh.. l’ennesima
litigata, forse. O forse era iniziato molto tempo prima solo che lui
non se ne
era mai accorto finché Morgana non aveva detto che Merlino
era dell’altra
sponda. E gli era sembrato ovvio e naturale dire che ci avrebbe provato
con
lui, come stesse dicendo a Morgana quanto era bella.
No nonononono!!!!!!!!!! Lui non
poteva essersi abbassato a
tanto per una scommessa! C’erano modi molto meno imbarazzanti
e dignitosi di
provarci e lui li conosceva, ma il piccolo, insignificante,
problemuccio era
che Merlino NON era una ragazza!!!!!!!!!!!!!!!! Era stato forse questo
a
deviarlo dalla pista giusta. Forse era solo per questo. Sì,
decisamente era per
questo. SOLO, ESCLUSIVAMENTE per questo.
Era appena suonata la campanella
dell’intervallo, e Arthur
decise di consultarsi con Lancillotto.
“Ti posso
parlare?” chiese prendendo l’amico per il braccio.
Quello, sorpreso, annuì. Si diressero in cortile e cercarono
un posto non
troppo frequentato, sotto le scale anti-incendio dove effettivamente
cerano
meno ragazzi.
“Che cosa succede Arthur?
Sembri sconvolto!”
“Tu.. pensi che io mi stia
comportando bene, cioè.. seguo i
piani e basta, giusto?” Lancillotto ci rifletté un
momento.
“Sì, credo di
sì.”
“Sii sincero, ho bisogno
che tu lo sia.”
“Sì, poi non so bene che cosa facciate il
pomeriggio, ma a scuola è tutto
normale, si vede che ci provi ma non spudoratamente.”
“Si vede che ci provo?!!” chiese con voce alterata
e preoccupata il principe di
Camelot.
“Beh.. per noi che lo
sappiamo sì.. gli altri hanno solo
notato che hai cambiato leggermente atteggiamento nei suoi confronti,
ma niente
di più.” A quelle parole il suo animo si
tranquillizzò: non poteva dare
quell’impressione agli altri studenti, lui, futuro re di
Camelot. Non se lo
poteva permettere, non lui. Fosse stato un ragazzo comune come tutti
gli altri,
ma non era così. Lui non era come tutti gli altri, anche
solo per il suo titolo
di nascita. Senza contare i mille campi in cui eccelleva. Dalla caccia
alla
scherma, dal tennis al golf, senza contare tutte le lingue che sapeva
parlare.
Italiano, inglese, francese,
portoghese,
spagnolo, tedesco, latino (non lo parlava mai però il padre,
uomo all’antica,
aveva voluto che lui imparasse a parlarlo!).
“Ok, grazie mille
Lancillotto, avevo proprio bisogno del tuo
sostegno morale!!” il cavaliere sorrise.
“Quando posso essere
utile!” e si allontanò in cerca di
Ginevra, la sua vittima preferita.
Lui invece cercò e
trovò Merlin.
“Ciao Merlin, come
stai?”
“Non sono ancora morto..
credo di star bene.” Sorrise.
Quel ragazzo aveva il potere di
fargli sparire tutte le sue preoccupazioni.
“Senti.. ti volevo chiedere
una cosa.. ti andrebbe questo
pomeriggio di.. andare a fare shopping in centro? Credo che tu debba
proprio
rifarti il guardaroba.” Merlin capì che con Arthur
non era proprio possibile
fare un discorso serio, anche adesso, lui aveva sperato che gli
chiedesse
qualcosa che avesse un senso e che non riguardavano soltanto lo
shopping, la
caccia alle ragazze, e l’addestramento a scherma, le sue tre
attività
preferite. Nonostante tutto non fece tardare la sua risposta.
“Certo, credo che
andrà bene a mia madre.. sì, posso.”
“Perfetto, allora.. oggi andiamo a mangiare fuori e poi
andiamo a fare
shopping.. per te.” Arthur non aveva mai avuto spicchi di
altruismo, ma voleva
che non si sentisse a disagio a stare con lui e poi ultimamente si era
ritrovato a pensare che lui si meritasse il meglio. Oltre a
considerarlo un
modo per entrare nelle grazie di Merlin, quindi parte integrante del
piano.
Dopo di ché
andò a cercare Morgana, la sua ragazza armata di
una pazienza infinita.
“Allora, come vanno le
cose?”
“Bene, oggi andiamo a mangiare fuori e poi un giro in
centro.”
“Che carini!” disse sarcastica.
“Ricordati soltanto, amore, che non per questo
devi tralasciare lo studio e soprattutto me!!!!!!!!”
“No, tesoro, non me lo sto
dimenticando, sto solo cercando
di velocizzare i tempi, dato che alla maturità manca meno di
un mese.” Gli
diede un bacio.
“Eccolo qui il mio
ragazzo!” in quel momento Arthur avrebbe
voluto incenerirla! Detestava essere trattato da bambino, da una donna
poi!
C’era già il padre che provvedeva a farlo sentire
piccolo e insignificante nelle
sue sfuriate, non cera bisogno anche della propria ragazza. E poi
adesso quei
baci.. non sapevano più di niente.. magari mi stavo facendo
condizionare troppo
dalla situazione, forse stavo perdendo la testa. Forse esageravo.
Sì era
sicuramente così.
Dopo due esilaranti ore con la
professoressa di latino e
greco con la quale le battute e le risate erano assicurate, la scuola
era
finita.
“ Allora, dove si va a
mangiare?”
“Ti va il
giapponese?” a Merlin s’illuminarono gli occhi,
Morgana, Ginevra, Lancillotto, Pellinor si girarono meravigliati verso
di lui.
Ad Arthur il pesce non piaceva per niente.
Nonostante ciò, uscirono
dalla classe come non fosse
successo niente.
Andarono nel giapponese
più vicino alla scuola e ordinarono
sushi. Si sedettero a un tavolo da due, uno di fronte
all’altro. E parlarono.
Della professoressa svampita di latino e greco, della figuraccia che si
era
fatta la supplente di astronomia e scienze della Terra, di quanto
fossero
noiose le spiegazioni della professoressa di filosofia.
“Allora, hai capito
Kant?”
“Tu l’hai capito?”
“Più o
meno..”
“Bene, io neanche
quello.” Scoppiarono una fragorosa risata
per la quale tutto il locale si girò verso di loro.
“Ma possibile che tu
filosofia non la capisca?”
“Se ti da fastidio spiegarmela..”
“No, solo che.. a parte
Kant non è molto difficile.”
“Beh.. io non
ho una mente filosofica!”
“Tu
non hai una mente
e basta!” disse scherzando. Arthur fece il finto offeso il
che gli servì molto.
Infatti Merlin fece finta di preoccuparsi prendendolo in giro.
“Non ci caschi
più.”
“No,
evidentemente.” Sorrisero entrambi e ricordarono tutto
ciò che Arthur gli aveva fatto passare per quei quattro
anni. Erano in
elencabili, davvero, ogni tanto Arthur stesso non riusciva a credere a
quello
che l’altro gli diceva. Ma Merlin non sapeva che
ciò che sarebbe successo nel
giro di qualche settimana avrebbe cambiato le cose tra loro per sempre.
Arthur faticò a mangiare
il sushi considerando che detestava
il pesce. Però pur di far colpo su Merlin era disposto a
tutto.
Finirono di mangiare abbastanza in
fretta e così andarono a
far un lungo giro in centro durante il quale Merlin provò
abiti di qualsiasi
genere. Nell’ennesimo negozio, Merlin si provò gli
ennesimi jeans con grande
soddisfazione di Arthur. Se non si fossero trovati in un negozio, molto
probabilmente Arthur gli sarebbe saltato addosso almeno da un paio
d’ore.
“Allora, come mi vanno
questi?” gli chiese per nulla
convinto.
“Mmh.. no, preferivo gli
altri, questi ti sono davvero
troppo larghi.”
“Uhm.. hai ragione. Riprovo
gli altri.” Arthur annuì. Dopo un
paio di minuti Merlin fece la sua ricomparsa. Con pantaloni decisamente
più
decenti. Certo che però non era messo male in quanto a
fondoschiena!!!!!!!!!
“Sì, decisamente
meglio questi.” L’unica ragione per cui li
preferiva era che gli facevano un bel sedere.
“Ok, mi arrendo, mi hai
convinto. Prendo questi.” Arthur non
poté trattenere un sorrisetto diabolico. Merlin
però non se ne accorse o più
semplicemente non lo diede a vedere e tornò a cambiarsi.
Sì, gli stavano
proprio bene quei jeans. Pagò e uscirono da quel negozio.
“Arthur, sono tre ore che
giriamo per negozi, possiamo
fermarci?”
“E va bene! Ma solo per sta
volta!” Merlin rimase a bocca
aperta. “Eddai che stavo scherzando! Comunque se sei
così stanco, possiamo fare
un salto a casa mia per una pausa, tanto siamo vicini.”
“Sicuro che
non…?”
“Sì, non disturbi, non c’è
nessuno tanto.”
“Allora ok.”
Casa di Arthur in effetti non era
molto lontana, ma era
tutta una questione di punti di vista. Per Merlino quei quattro isolati
parvero
quattro chilometri, troppo per un ragazzo che non abituato allo
shopping veniva
portato per tre ore consecutive a girare per negozi e costretto a
provare di
tutto e di più.
Casa Pendragon ormai la conosceva
come le sue tasche, ma non
gli era mai sembrata così dispersiva e immensa come quel
pomeriggio. Il cancello
troppo alto il giardino era troppo vasto, le scale erano troppe, il
portone in
bronzo erano troppo immenso nella sua immensità, e il
salone, era troppo
distante dall’entrata. E fuori faceva troppo caldo. E dentro
troppo freddo. La testa
di Merlin iniziò a girare, tutto si confuse davanti ai suoi
occhi, ebbe appena
il tempo di pronunciare il nome Arthur prima di crollare a terra.
Quando si risvegliò era
sdraiato su un letto soffice, troppo
soffice perché fosse il proprio. Si guardò
intorno e la prima cosa che vide fu
un Arthur “leggermente” ansioso che camminava
avanti e indietro per la stanza.
“Arthur..” a quel
debole sussurro, il
principe si voltò di scatto. I muscoli
del viso erano tirati, preoccupati, tesi, nervosi. Non era mai stato
così in
ansia per una persona.
“Merlin, come ti
senti?” il ragazzo lentamente si sedette
sul bordo del letto. Il giovane Pendragon gli porse un bicchiere
d’acqua.
“Grazie.”
“Prego.” Quando
finì di ingollare anche l’ultima goccia
d’acqua,
cercò di alzarsi lentamente. La prima e la seconda volta
fallì e in entrambe le
volte, Arthur era pronto lì a sorreggerlo.
“Che fai? Non
sfotti?” chiese quasi preoccupato il maghetto,
che conosceva bene il principe e sapeva che in un’altra
occasione, questa non
se la sarebbe fatta scappare.
“ Ne avrò tutto
il tempo, non preoccuparti.” Sorrisero e
Merlin si avvinghiò al braccio di Arthur ancora
più forte. La testa girava
ancora. Decise di fare qualche passo senza l’aiuto del
principe, ma se non
fosse stato che Arthur era a meno di un metro da lui, sarebbe caduto
rovinosamente a terra.
Fu in quel momento che Arthur non
riuscì più a trattenersi e
fece ciò che non rientrava nei piani. Lo guardò
intensamente, incatenando i
suoi occhi con quelli del mago. Come aveva fatto due giorni prima, egli
agì d’istinto,
facendo quello che aveva desiderato da un paio di mesi a quella parte.
Lo aiutò
a sollevarsi in modo che potesse reggersi sulle proprie gambe, poi gli
prese
dolcemente il viso fra le mani e lentamente accostò il suo
viso a quello del
ragazzo che più lo aveva fatto dannare, con il quale aveva
avuto più scontri in
quei quattro anni e mezzo, ma che aveva anche desiderato di
più, senza il quale
era sicuro di non poter stare. Sfiorò le labbra carnose del
moro con un bacio,
poi quello sfiorarsi diventò sempre più reale,
finché non diventò un vero e
proprio bacio mosso da dolcezza e tenerezza. Baciare un ragazzo non era
poi
neanche così tremendo come aveva sempre immaginato. Almeno,
baciare Merlin. In seguito,
quasi fosse timoroso di un rifiuto, delineò i contorni delle
labbra del ragazzo
con la lingua, che strappò al maghetto un gemito di piacere,
permettendo alla
lingua di Arthur di penetrare all’interno di quella bocca che
prometteva
dolcezza e tanto bisogno di attenzioni. Merlin rispose al bacio
incatenando la
propria lingua con quella del principe. Arthur non aveva mai provato
una
sensazione forte come quella neanche con Morgana. Era brava a baciare,
ma c’era
qualcosa nel come baciava Merlin che rendeva tutto ciò che
li circondava e il
bacio stesso, magico. Gli cinse i fianchi con le braccia.
“Promettimi che non mi
lascerai.” Gli disse il mago una vota
che il bacio ebbe fine. Ora erano fronte contro fronte.
“Te lo prometto.”
Disse nascondendo subito il proprio viso
nella spalla di Merlin. Una lacrima leggera, amara, gli aveva solcato
il viso,
e Arthur Pendragon non poteva mostrarsi debole a nessuno. Neanche a
Merlin. Non
avrebbe retto il confronto con quegli occhi color oceano. Detestava
mentire,
anche se gli riusciva bene; ma non con lui, non con Merlin. Lui era
stato l’unica
persona con il quale non aveva dovuto mentire, mostrarsi per quello che
gli
altri volevano che fosse, non avrebbe avuto il coraggio di dire una
menzogna
tanto grande a Merlin guardandolo dritto negli occhi. Temeva quegli
occhi, quel
colore, avevano qualcosa che lo inquietava. Sì, anche Arthur
Pendragon aveva
paura. Ma non era qualcosa che si poteva eliminare fisicamente, come un
ragno,
un serpente, o la claustrofobia, che si riuscivano a eliminare seguendo
delle
visite dallo psicologo, che ti aiutava a trovare ciò che ti
aveva bloccato da
bambino e con il tempo quella paura terminava.
No, non era quella. Era la paura di
poter essere scrutato
nel profondo dell’animo, e del loro giudizio. E per quella
paura non cera che
una cura: raccontare tutta la verità, anche se significava
perderlo. E questo
non era ciò che voleva, quindi, per il momento, si sarebbe
accontentato di lui,
di godersi ogni singolo attimo della loro esistenza insieme.
“Amore, come stai? Come
è andata oggi?”
“Bene, sto bene grazie..
oggi? È andato tutto secondo i
piani.”
“L’hai
baciato?”
“Sì.”
“Dimmi che hai provato
ribrezzo!” No.
“Sì, tanto, mi
sei mancata da morire oggi, avrei voluto ci
fossi stata tu al suo posto.”
“Mi ami?” No, mi
dispiace Morgana.
“Sì, amore,
certo che ti amo.” Un’altra lacrima, questa
volta per quanto sia crudele il mondo e per quanto si aspetti da ogni
singolo
individuo cose che non si direbbero mai o che il Destino vuole cambiare
e per
quanto la facciata sia tenuta in maggior conto rispetto la vita
privata. E per
quanto tutto si aspettino qualcosa di grande, glorioso, maestoso da
quell’
Arthur Pendragon che ha cessato di esistere. E per quanto tutte le
persone “care
siano ceche di fronte all’evidenza. Arthur riesce solo a
pensare quanto le
bugie siano alla base della società.
Odio
il mio mondo, la società in cui vivo, fatta di ipocrisia e
scandali malcelati
che fanno gola a tutti e che tutti sono pronti a rinfacciarti a ogni
singolo
errore.
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Capitolo 7 *** Falling ***
Falling
Ps: ho
scritto questo
capitolo in prima persona perché scriverlo in 3° mi
sembrava di trattarlo
troppo freddamente, considerando che è un capitolo
abbastanza importante…
6.00 a.m.
Fa freddo, è
l’alba e Arthur non riusciva a chiudere occhio:
era stata una nottata insonne e non avevo fatto altro che pensare.
Pensare a
lui. Pensare a Merlin. Alle sue labbra carnose e vermiglie, alla sua
pelle
candida, ai suoi oceani che aveva per occhi, al bacio che gli avevo
dato e a
quanto anche solo il suo pensiero mi facesse eccitare, a quanto
sentissi il
bisogno di averlo con me, sotto di me.. a lui e a come avrei voluto
desiderare
farlo con lui in quel momento, quanto avrei voluto farlo mio tutta la
notte. Ma
farlo subito sarebbe equivalso a perderlo. E io non volevo. Non so
esattamente
da quando Merlin abbia iniziato a diventare il soggetto preferito delle
mie
fantasie erotiche, però ormai quando lo vedo non posso non
pensare a me e a lui
rinchiusi a chiave in una stanza. Eh già… se solo
potessi…
Intanto però nessuno
sarebbe dovuto venire a conoscenza di
questi miei pensieri. Nessuno. Anche perché
non ci sarebbe stato nessuno che sarebbe stato disposto ad
ascoltarlo.
Infatti come sempre, tutti coloro che
avevano avuto dei
problemi in quel pomeriggio, aveva cercato conforto da lui: Morgana
aveva
litigato con la cugina Viviana, e con Morgause
l’ennesima ragazza del liceo, nostra
coetanea, che andava farneticando qualcosa riguardo a mio padre e al
male che li
aveva creato in Camelot e nel suo regno e di quanto presto sarebbe
arrivata la
vendetta da parte di un componente della famiglia reale. Ginevra aveva
litigato
pesantemente con Lancillotto e aveva sequestrato il fratello (ovvero il
sottoscritto!) per quasi l’intero pomeriggio. Poi
l’aveva chiamato anche
Lancillotto, così mi ero dovuto sorbire tutta la storia per
la seconda volta,
totalmente differente da quella di mia sorella, cosicché al
termine della
chiamata avevo il cervello fuso.
Dulcis in fundo poi con mio padre,
Uther che era tornato a
casa per cena alle nove e poi mi aveva rinchiuso in salone vietandomi
di uscire
finché non si fosse sfogato. E già
perché anche un sovrano, soprattutto
un sovrano, ha le giornate no, e purtroppo per me e i suoi consiglieri,
“esseri
inutili e incapaci”, come li aveva definiti egli stesso,
questa era una di
quelle no.
Non aveva fatto altro che camminare
avanti e indietro per il
salone gesticolando vigorosamente con le mani in aria e sbraitando
insulti
contro i consiglieri, mentre io avevo preso una sedia e mi ero seduto
al
contrario, così da appoggiare le braccia sullo schienale e i
due pugni uno
sull’altro come appoggio al mio viso. I miei occhi guardarono
sempre più
preoccupati mio padre. Temevo gli venisse un infarto da un momento
all’altro, e
invece alla fine mi congedò senza dire altro.
Proprio tutti si aspettavano qualcosa
da me, riponevano in
me tutte le loro speranze, in me, principe ereditario di Camelot,
Arthur
Pendragon. Già, ma a volte sembravano dimenticare che io ero
prima di tutto un
ragazzo di diciannove anni e che avevo il diritto di godere della mia
libertà
senza dover sempre incentrare tutta la mia vita intorno ai miei doveri
di
principe. So che già solo il fatto di avere come padre Uther
Pendragon sicuramente
non aiutava a crescere un figlio esattamente come tutti gli altri,
però io
rivendicavo la vita normale e tranquilla che tutte le persone comuni
vivevano,
comuni come Merlin. Eh no, che cavolicchio!!!!!!!!!!! Non potevo
ridurmi a
pensare a lui sempre e così tanto da renderlo
n’ossessione! Non era
accettabile. Non da me, e sinceramente anche solo il fatto che io
pensassi solo
a lui, mi stava facendo indiavolare. Non era possibile che da un giorno
all’altro la mia vita e il mio atteggiamento nei suoi
confronti, fosse cambiato
così determinatamente.
Avrei dovuto parlare con…
no, me la sarei cavata da solo.
Non avevo bisogno dell’aiuto di nessuno.
Per scacciare questi miei pensieri
decisi di farmi una
doccia. Rigorosamente fredda. Dopo essere uscito tornai in camera,
indossai una
maglietta a girocollo e a maniche corte aderente nera, dei jeans scuri
e dopo
aver fatto colazione con Gwen che nel frattempo si era vestita e
truccata, mi
finii di lavare, mi profumai, mi sistemai il ciuffo biondo e presa la
cartella,
infilato il giubbotto di pelle nera, uscii di casa con Ginevra.
“Oggi sei più in
tiro del solito, Ginevra.”
“Voglio che capisca che cosa ha perso.”
“Non ti sembra di esagerare un po’? ok, ha
sbagliato, ma non può avere lui
tutta la colpa, no?”
“Mica è colpa
mia se lui riesce solo a combinare casini, nes
pa’?”
“Prova a parlarci, magari
è stato solo un malinteso.”
“Ci
proverò.” Le
diedi un bacio sulla guancia. “E tu? Come mai
così in tiro?”
“Trovi?”
“Sì”
“Beh… forse è il colpo di grazia che ci
vuole per farlo cadere
incondizionatamente ai miei piedi.” Lei rise.
“Che cosa vuoi di
più? Mi è giunta voce che l’altro ieri
vi
siete baciati.”
“Sì, ma non è sufficiente.”
Risposi. La verità era che volevo averlo mio, e al
diavolo quel piano idiota che
avevo
avuto un mese e mezzo fa.
Infatti, come avevo previsto, Merlin
comparve poco dopo in
compagnia di Lancillotto davanti a noi. Io e Gwen li raggiungemmo.
“Buongiorno
ragazzi.”
“Ehi, Arthur, Ginevra,
ciao!” rispose raggiante Merlin.
Anche Lancillotto mi salutò calorosamente, ma
evitò lo sguardo di mia sorella.
“Be, Merlin, che ne dici se
li lasciamo soli? Forse hanno
bisogno di parlare.” Dissi. Lui non obbiettò. E mi
seguì. Arrivammo a scuola
prima degli altri e io ne approfittai per portarlo nello stanzino della
volta
precedente.
“Ehi, Arthur, che
stai…?” in tutta risposta, gli diedi un
bacio.
“Ti basta come
risposta?” Merlin si staccò violentemente dal
principe.
“No, Arthur, lasciami in
pace, ti prego.”
“Che è
successo?”
“Non è giusto,
non può funzionare, e poi… tu hai Morgana:
non vorrai farmi credere che saresti disposto a lasciarla.”
“È quello che
vuoi? Vuoi che io lasci Morgana? Se è quello
che vuoi… lo farò, sarò felice di
farlo se questo significa non perderti.”
Merlin a tali parole mi saltò letteralmente addosso e mi
baciò. Mi baciò e io
non seppi resistergli. Ricambiai il bacio con molta passione e lo
strinsi a me.
Sapevo che non avremmo avuto molto tempo per stare insieme, proprio per
questo
volevo godermi ogni istante con lui. Sapevo bene che questo andava
contro tutti
i progetti di mio padre, però era la mia vita. E lui non
poteva decidere per
me. Io lo amavo, io… no, non potevo essermi ridotto ad
andare dietro davvero a
li, a Merlin.. lui era n ragazzo, lui poteva essere un amico, ma niente
di più…
Morgana poteva anche essere strana ed esagerare un po’, ma in
fin dei conti era
una brava ragazza, ci tenevo molto, eravamo praticamente cresciuti
insieme..
non potevo farle questo, no, non a lei… fosse stata
n’altra ragazza, ma lei no.
Mentire a Morgana sarebbe equivalso a
tradirla nella fiducia. Tradire Merlin sarebbe equivalso a
perderlo. Mi
ero fregato con le mie stesse mani, Merlin aveva proprio ragione quando
diceva
che ero un asino e uno stupido. Amavo entrambi, ma in due modi
differenti. Lei
era la mia migliore amica, la sorella che non avevo mai avuto; lui era
la
persona senza la quale non potevo vivere. Dovevo capire a chi tenessi
di più
dei due. Se avessi lasciato Morgana, non solo lei non mi avrebbe
più rivolto la
parola, ma mio padre mi avrebbe fatto una scenata per aver lasciato e
compromesso la sua amicizia con il padre di lei. E così
avrei compromesso anche
il nostro fidanzamento, per chi? Merlin: no, mio padre non
l’avrebbe mai
accettato. Non potevo lasciare Morgana, né mentire a Merlin.
Solo il tempo mi
avrebbe portato buon consiglio.
Diedi un ultimo bacio a Merlin e poi
uscii trovando la scusa
della campanella che era già suonata.
“Bene ragazzi..”
disse il professore di italiano appena
entrato in classe. “Oggi vi farò qualche domanda
dal posto per vedere quanto
siete preparati in vista dell’esame.” Noi alunni ci
guardammo l’un l’altro.
Il professore decise di andare in
ordine alfabetico, e
quando arrivò il turno di Arthur, questi rispose
brillantemente, così che il
professore non poteva dirsi altro che sorpreso, considerando che il
principe
non aveva mai prestato ascolto alle sue lezioni.
Lo
stesso Arthur era
sorpreso e meravigliato di se stesso. Studiare con Merlin e continuare
con il
gruppo di studio era stato molto positivo per il mio impegno e la mia
resa
scolastica.
Guardai al banco di fronte a me:
Morgana si stava girando
verso di me e mai il suo viso mi era parso così bello:
quegli occhi verdi
smeraldo truccati con un filo leggero di matita nera, erano
incorniciati da quei
capelli neri corvini che erano così soffici da tentarmi ogni
volta di tuffarci
dentro il viso per respirarne il profumo. A ciò si univano
labbra carnose che
coprivano una schiera di denti bianchi e perfetti. E poi
c’era la sua pelle
candida. Semplicemente era la ragazza perfetta che chiunque avrebbe
voluto
avere al proprio fianco, ma che solo io potevo concretamente avere. E
io
davvero avrei perso Morgana, lasciato lei per Merlin? Lui era un
ragazzo molto
carino, era l’unico che non mi temesse, che si sentisse
libero di esprimersi
con me, però… Morgana era Morgana e con lei non
si poteva di certo competere.
Forse per lei provavo più di un semplice affetto e forse, il
fatto che io
avessi intrapreso questa pazzia nei confronti di Merlin, aveva
semplicemente cercato
di mettere in dubbio il nostro rapporto, ma adesso che avevo le idee
chiare,
niente mi avrebbe dissuaso dal fatto che io amavo Morgana e che quello
che
stava succedendo con Merlin era pura follia. Sentivo il bisogno di lui
forse
solo per sfogare i miei ormoni, considerando che Morgana e io negli
ultimi due
mesi eravamo usciti pochissime volte.
Mi fece un sorriso e si
voltò. Ero rimasto a dir poco
sorpreso a pensare quanto poco ci volesse a mandarmi in tilt e quanto
Morgana
lo trovasse facile. Morgana non si poteva sostituire, era a dir poco
unica.
“Arthur?”
“Sì?” chiesi quasi mi fossi riscosso
da un sogno.
“Tutto bene?” mi
chiese leggermente preoccupato.
“Sì, tutto a
posto.”
“Bene.”
Tornò a prendere appunti. E io lo imitai guardando
sempre nella sua direzione. Che cosa poteva mai avermi spinto a
baciarlo quel
pomeriggio a casa mia? Che cosa mi stava succedendo? Non ero
più me stesso con
lui, questo ormai era noto, chiaro a tutti, ma… io proprio
non riuscivo a
capire che cosa mi poteva essere successo. Era stato tutto
così strano… avrei
dovuto scoprirlo… non potevo essere diventato…
nono!!!!! Non se ne parlava
nemmeno! Era fuori discussione! Io, principe ereditario di
Camelot, non
potevo essere deviato!!!!!! Beh… avrei verificato di persona
tra tre settimane
e mezzo se ero davvero diventato quello che temevo oppure no. Alla
festa di
Morgana. Già.. tra cinque sarebbe finita la scuola e avremmo
dovuto metterci a
studiare come dei pazzi e saremmo stati assaliti dall’ansia,
la nostra peggior
nemica. E alla fine di quelle due settimane saremmo tutti andati alla
festa di
Morgana per i suoi diciannove anni. E per la fine della scuola. Tutti
stavamo
aspettando con ansia quel momento, chi per un motivo, chi per un altro.
A distogliere il principe da quei
pensieri molto
disdicevoli, ci pensò la sorella.
“Arthur?
Stai bene? Sei strano oggi.”
“ Sì, Gwen, sto
bene, perché tutti pensate che stia male?”
“Ti conosco troppo bene
perché tu possa anche solo pensare
di potermi mentire…allora, che cosa
c’è?”
“Non lo so
neanch’io… temo di essermi lasciato andare
troppo.” Dissi guardando Merlin. Lei seguì il mio
sguardo e sorrise.
“Che
c’è da sorridere?”
“Niente è che.. ti stai affezionando a lui e
neanche te ne accorgi.”
“Io non mi sto affezionando
proprio a nessuno! Non so cosa
mi sia preso, e poi perché ne sto parlando con
te?” dissi riscuotendomi da quel
momento di estrema confidenza con mia sorella e allontanandomi da lei.
Che diamine mi era preso?
Perché poi mi ero confidato con
lei? Sicuramente sarebbe andata a parlarne con lei e io sarei stato
letteralmente fottuto.
Oggi oltretutto sarei dovuto uscire a
pranzo con Morgana e
poi avrei dovuto raggiungere gli altri nella piazza principale. Saremmo
andati
tutti a casa di Lance per studiare. E ci saremmo trovati bene come al
solito.
A un tratto mi tornò in
mente quello che al mattino avevo
promesso a Merlin: avrei dovuto lasciare Morgana per renderlo felice e
fargli
credere che lo amassi. Quanto mi sarebbe venuto a costare? Sarebbe
stato
davvero un sacrificio lasciare Morgana? O sarebbe stato peggio perdere
lui? A
queste domande non avevo ancora una risposta, ma sapevo che dovevo
parlare con
qualcuno… con Morgana stessa, magari sfottendo Merlin,
così da prendere la
richiesta di Merlin in maniera serena.
La campanella della scuola era appena
suonata e io avevo
preparato la cartella. Andai da Morgana e le diedi un bacio.
“Allora, amore, andiamo a
magiare?” chiesi.
“Sì,
ok.” Le cinsi i fianchi con un braccio e dopo aver
salutato gli altri (Merlin compreso!), uscii dalla classe stringendo
Morgana a
me.
“Allora, Arthur, come sta
andando? Oggi Gwen mi ha detto che
siete arrivati prima di lei e Lance a scola, ma siete entrati per
ultimi, o
quasi.”
“Abbiamo parlato.”
“Oh, e che cosa ti dice il nostro caro Merlin?”
“Niente di che.”
“Sei sicuro?” mi
chiese con aria indagatrice.
“Beh, ecco.. in
realtà..
mi ha chiesto di lasciarti; pensa a quanto è
arrivato! Avevi proprio
ragione tu! È perdutamente innamorato di te.”
“E chi non lo
sarebbe?” disse lei di rimando, ricevendo n bacio
a stampo da parte del sottoscritto.
“No, dai,
seriamente… che pensi che debba fare?”
“Lasciami, e poi svelagli
tutto alla mia festa.. non credo
che ci sia modo migliore per finire ciò che abbiamo
iniziato.” La guardai e
ancora una volta non riuscii a meravigliarmi di quanto la mia Morgana
fosse
determinata e fredda quando si trattava di portare a termine un piano.
Era
unica nel suo genere. E per questo aveva tutta la mia ammirazione.
Andammo a mangiare in un posto un
po’ dislocato dal centro e
abbastanza vicino a casa di Lancillotto, in un chiosco al parco. Era il
so
posto preferito, dove mi aveva portato la prima volta che eravamo
usciti
insieme. Diceva di sentirsi a proprio agio lì. Era pieno di
ricordi di entrambi
e di certo tutti belli, riguardando entrambi.
Fin da piccoli infatti i nostri
genitori ci avevano
cresciuti insieme nella speranza che da grandi ci potessero promettere
e unire
così i loro interessi.
“
Arthur,
che hai?” mi chiese Morgana.
“Niente… stavo
solo pensando a tutto ciò che questo posto ha
significato e continua a significare per noi.” Mi diede un
bacio a fior di
labbra.
“Lo sai che ti adoro quando
dici così.” Le sorrisi. “Quando
pensi di lasciarmi?”
“Non so… dimmi
tu… sei tu la vera protagonista di
quest’episodio.”
“Mah… fosse per me… lasciami oggi, dopo
lo studio.”
“Ok.”
“Così Merlin vedrà quanto tu tenga a
lui.”
“Per finta
spero.”
“Ma certo. Per
finta.” Mi rilassai a quel pensiero, ma non
del tutto. Amavo Morgana… forse era
così… forse non avrei sofferto nel
lasciarlo. Forse ero semplicemente condizionato dagli eventi. Forse era
solo un
incubo e quando mi fossi risvegliato, tutto sarebbe tornato alla
normalità,
come sempre.
A un certo punto squillò
il mio cellulare.
“Pronto?”
“Dove siete finite?! Vi
stiamo aspettando…”
“Ok,
Gwen… arriviamo.” Guardai
l’ora. In effetti
eravamo leggermente in ritardo. Se non altro Merlin avrebbe pensato che
avessi
parlato con lei del fatto che volevo lasciarla.
C’indirizzammo verso di loro e
quando arrivammo, i ragazzi ci stavano aspettando da dieci minuti.
C’erano già
tutti, Merlin compreso. Gli lanciai un’occhiata
per fargli capire che Morgana aveva inteso e poi ci indirizzammo in
sala, dove
prendemmo posto al tavolo.
Studiammo tutti insieme e senza
grandi problemi, anzi,
sembrava quasi che il tempo passasse troppo in fretta, e io sapevo di
avere lo
sguardo di Merlin che mi guardava, sapevo anche il motivo, solo che non
potevo
farlo in quel momento, mentre tutti stavamo studiando senza altre
preoccupazioni in testa se non appunto le interrogazioni e le
verifiche. Era troppo
lasciarla lì, a casa di Lance, mentre stavamo studiando. Non
sarei neanche
riuscito a fare a me una cosa del genere. L’avrei lasciata,
questo sì, ma dopo
lo studio, mentre tutti ci saremmo diretti a casa.. non avevo il
coraggio di
farle così male, ma neanche di perdere Merlin. Lei credeva
che l’avrei lasciata
solo per finta, mentre ormai io avevo capito che per quanto potessi
tenere a
lei, io mi ero… innamorato? No forse dire innamorato era
troppo… preso una
cotta per Merlin, e a niente sarebbero valse le sue preghiere,
l’avrei lasciata
senza scrupolo alcuno.
Fu così che quando tutti
decidemmo di tornare ognuno a casa
propria, decisi di lasciarla.
“Morgana, ti posso parlare?
C’è una cosa importante che ti
devo dire.”
“Certo, Arthur dimmi pure,
che cosa c’è?”
“Io…
ecco… non so come dirtelo…”
“Dai, Arthur parla, tanto lo sai che mi puoi dire
tutto.”
“Ecco, io volevo dirti
che… noi… non possiamo più stare
insieme.” Sputai tutto d’un fiato.
Angolo Autrice:
Graaaaaaaaaaaaaaaaazieeeeeeeeeeeeeeeee
a tutti quelli che hanno recensito, mi fa sempre piacere leggere i
vostri commenti...
Kiroandstrifyforever:
sono contenta che ti sia piaciuta molto, grazie per il tuo bellissimo
commento... lo so, anche a me fa pena Merlin, però ti
assicuro che nella seconda parte della storia Arthur saprà
farsi perdonare... non ti deluderò (spero!)
Saruwatari. ecco qui
il continuo... spero che ti piaccia..
Ringrazio tutti
coloro che sono passati e hanno letto, hanno messo la storia tra i
preferiti e chi tra le seguite e auguro a tutte...
Buon
Natale !!!!!!!!!!!!!
&
Buon Ann0!!
|
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Capitolo 8 *** Sweet Sacrifice ***
Sweet
Sacrifice
“Come scusa? Arthur sei
sicuro di stare bene? Insomma, non
puoi fare questo a me! Non puoi lasciarmi, non ha senso…
cosa dirà Uther
Pendragon? E pensi davvero di potermi lasciare come lasci una qualsiasi
sciacquetta che ti porti a letto? Eh no, caro il mio Arthur, non ti
permetterò
di piantarmi così, in asso, come faresti con chiunque altra.
Tu non ne hai il
diritto e ti devo ricordare chi è la tua ragazza, o ce la
fai? Ti assicuro che
se stai dicendo sul serio, non te la farò passare liscia e
lo sai che io faccio
sul serio, Arthur Pendragon. Pensaci bene.”
Calò il silenzio nella
stanza. Nessuno tranne Arthur e
Morgana sapeva che cosa stava succedendo. Nessuno si aspettava un
esploix da
parte di nessuno dei due. Neanche Ginevra, sorella del principe,
immaginava che
Arthur fosse arrivato addirittura a lasciarla, non se ne capacitava e
molto
probabilmente se ciò le fosse stato riferito non avrebbe
creduto a una singola
parola, neanche se fosse stato lo stesso Arthur a dirglielo, o il suo
amore,
Lancillotto. Ma lei era lì, presente e aveva visto e udito
ciò che era stato
visto e udito da tutti, non poteva essersi sbagliata. Tutti avevano
visto la
stessa scena che le era stata proposta, non poteva assolutamente
sbagliarsi.
Ciò che aveva visto era quello che avevano visto tutti e
adesso, tutti erano
tesi e ansiosi di conoscere la risposta di Arthur, sapere se era uno
dei suoi
scherzi idioti o se c’era del vero in quello che aveva detto.
“Mi dispiace davvero,
Morgana, non avrei voluto arrivare
fino a questo, credimi, ma… non ho altra scelta.”
“Si ha sempre
un’altra scelta, quella giusta.”
“E in questo caso
è lasciarti.”
“Perché?”
“Perché io non
provo più niente per te, non ti amo e mi
sembra più giusto per entrambi finirla qui…
continuassimo ti illuderesti e ti
prenderei solo in giro.”
“Uther lo sa?”
“No, ma non importa,
troverò sicuramente qualcun'altra che
si meriterà più di te di stare al mio
fianco.”
“Bene, Arthur Pendragon,
ricordati di questo giorno perché
sarà l’ultimo in cui io ti rivolgerò la
parola.” Disse e uscì dall’abitazione
lasciando tutti i presenti di stucco. Istintivamente i volti
iù che sconcertati
dei compagni e degli amici si voltarono increduli verso il principe.
“Beh, che avete da
guardare?” Ginevra stava per parlare, ma
il fratello con n movimento perentorio della mano, la zittì.
“Ne parliamo a
casa.” E detto questo salutò gli altri e
tornò a casa con Ginevra.
“Arthur, che diamine ti
è preso? Sai che cosa significa
lasciare Morgana? Oltre a scatenare le ire di nostro padre e far
sì che
l’amicizia tra i nostro padre e quello di Morgana si
dissolvi?!”
“ Sì, tanto
divertimento, perché, vedi, io Morgana non l’ho
lasciata…”
“Come no? Ti abbiamo visto tutti!”
“No, invece… fa
tutto parte del piano, ne ho parlato con
Morgana a pranzo perché Merlin mi aveva chiesto di farlo
altrimenti sarebbe
tutto finito, così.. ho voluto fargli credere che io
l’ami al punto tale da
lasciare la ragazza ci tengo di più.” Ginevra
inarcò un sopracciglio. “Dopo di
te, logico.. sei mia sorella.”
“Quindi.. era tutta una
finta?!”
“Oh sì, e non
sai quanto mi sono divertito a far finta con
voi tutti che ci avete creduto davvero. Dovevate vedere le vostre
facce.
Increduli come non mai.”
“Sai il male che stai
facendo a Merlin?”
“E allora?”
chiese il principe fintamente disinteressato.
“Credi che se lo meriti
davvero?”
“Sì,
perché, tu no?”
“No: va bene prenderlo in
giro, fargli stupidi scherzi, come
hai fatto per quattro anni e mezzo, ma adesso non pensi di stare
esagerando un
po’… giocare con i sentimenti altrui…
non è troppo ersino per te, Arthur
Pendragon.”
“Ti ho già detto che con
Morgana…”
“Non mi stavo riferendo a
lei, infatti, ma a Merlin: credi
davvero che giocare con i suoi sentimenti ti aiuti a sentirti migliore?
Secondo
me non ricordi neanche tu bene da che cosa è partito tutto
questo,”
“Oh sì
invece.”
“Da che cosa allora?” Arthur rimase a pensare. In
effetti non aveva un inizio
preciso, poi si ricordò dell’ultima litigata.
“Dall’ultima
litigata.”
“E cosa è
successo di così diverso dalle altre volte?” il
principe non rispose. “Vedi, non lo sai neanche tu. Arthur
pensaci bene rima di
affezionarti a lui e farvi del male.”
“Io non mi farò del male a causa sua, questa
è una promessa.”
“Lo spero, per
entrambi.” E detto ciò lasciò la camera
del
fratello.
Arthur rimase in camera a pensare a
quello che Ginevra gli
aveva detto e al suo futuro dopo la fine del liceo e la festa di
Morgana.
Avrebbe detto a Merlin che non
c’era mai stato niente, non
l’avrebbe mai più rivisto tutti i giorni a scuola,
non l’avrebbe più sentito,
avrebbe continuato a frequentare Morgana finché un giorno
Uther non l’avrebbe
costretto a chiedere a Gorlois* la mano di Morgana e si sarebbero
sposati.
Avrebbero avuto dei figli, lui alla morte di Uther avrebbe regnato e
avrebbe
assunto il ruolo di re, avrebbe indossato quella corona che tanto
sembrava
pesare sul capo di Uther Pendragon. Un giorno quella corona sarebbe
stata sua.
Da allora avrebbe smesso di essere il
ragazzo liceale che
tutti conoscevano per sempre.
Da allora tutto ciò che
riguardava lui, sentimenti compresi
sarebbe uscito dalla sua vita, per sempre.
Da allora Merlin non sarebbe stato
più suo, sarebbe uscito
dalla sua vita, per sempre.
Da allora tutto ciò che
aveva fatto e provato in quegli anni
sarebbe stato sacrificato, per sempre.
Da allora Merlin sarebbe stato il suo
sacrificio, per
sempre.
Da allora qualsiasi cosa lui avesse
provato a fare non
sarebbe valso a niente, non avrebbe più potuto tornare
indietro.
Da allora sarebbe stato non
più il principe Arthur
Pendragon, non sarebbe stato il principe ereditario Arthur Pendragon,
non
sarebbe stato neanche Arthur Pendragon o il re Arthur Pendragon:
sarebbe stato
solo il re, un titolo che lo avrebbe svuotato di tutto il resto che
l’avrebbe
circondato. L’avrebbe spogliato di tutto. Sarebbe stato
semplicemente il figlio
che segue le orme del padre tiranno e anche lui, come Uther, sarebbe
morto
odiato e disprezzato da tutti.
Questo era il suo Destino, quello che
ogni tanto Merli
citava. Questo era ciò che lo attendeva e lui Arthur
Pendragon, pur di non
disonorare la stirpe, sarebbe stato disposto a sacrificare tutto,
persino se
stesso.
Lo avrebbe fatto per
l’approvazione del padre che tanto
sperava di ottenere, per sé e per il proprio orgoglio.
Lo avrebbe fatto per dimostrare che
lui valeva qualcosa, che
era degno del titolo che un giorno avrebbe ricoperto.
Lo avrebbe fatto per dimostrare a
Merlin che il Destino è
soggiogato al volere degli uomini, che lui, Arthur Pendragon era
superiore a
tutti e che non ci sarebbe stato niente, in questo o
nell’altro mondo, che avrebbe
dominato su di lui.
“Arthur, allora, come pensi
che sia andata con Merlin?”
“Anche Ginevra ci è cascata; tornata a casa mi ha
fatto la ramanzina e solo
quando si è fermata e aveva ormai finito, le ho detto
tutto.”
“Quindi lui ci
sarà cascato.”
“Sì, sicuramente.”
“Sai, per n momento ho
davvero che tu mi stessi lasciando.”
“No, Morgana, non ti lascerò.” Arthur la
sentì sorridere.
“Arthur, grazie.”
“Prego, anzi.. di
niente.”
“Ti amo.”
“Anch’io.” Penso.
Sì, sarebbe sicuramente
riuscito a sopportare tutto se al
suo fianco avesse avuto Morgana, l’unica ragazza con la quale
fosse mai stato e
alla quale avesse tenuto. Lei gli avrebbe reso tutto
più facile, tutto più
leggero… con lei al suo
fianco non avrebbe più sentito il peso dei doveri. Con
Morgana al fianco
sarebbe riuscito a sopportare qualsiasi cosa.
Merlin sarebbe risultato solo un vago
e lontano ricordo.
Forse piacevole o forse no, ma l’avrebbe dimenticato, avrebbe
ripreso a essere
quello che era sempre stato. Il principe borioso e arrogante di sempre.
*Gorlois
nella leggenda reale è il vero padre di Morgana di
cui Uther rende le sembianze per giacere con Ygraine. Nella fiction non
viene
pronunciato il suo nome, così ho riportato quello della
leggenda…
lo so che
anche nella fiction lui muore quando Morgana aveva dieci anni, ma
più avanti capirete
perché l’ho tenuto ancora in vita…
|
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Capitolo 9 *** It's the final countdown ***
It’s the
final countdown
La prossima settimana avrebbero avuto
gli scritti e quella
successiva gli orali. Tra due settimane Morgana avrebbe dato la festa a
casa
sua e lui avrebbe lasciato Merlin. Tra due settimane sarebbe finito
tutto.
Devo vederlo
prima che
tutto finisca.
“Merlin, sei impegnato
oggi?”
“No, a parte studiare.”
“Allora… se ci
vediamo va bene?”
“Sì, vieni tu a
casa mia?”
“Non so..”
“Ho casa libera.”
“Ok.” Rispose. Aveva bisogno di vederlo. Aveva
bisogno di toccarlo, di
baciarlo. Di sentire le sue labbra a contatto con le sue. Aveva bisogno
di lui,
del suo profumo, di sentire il suo corpo esile premuto al mio. Dopo
aver fatto
una doccia ed essersi cambiato, andò a casa
dell’amico.
Trovò la porta semi aperta
ed entrò.
“Merlin?”
“Sì,
sì, ci sono.. entra pure.” Rispose
dalla cucina l’interpellato.
“Che
stai…?”
“Niente, stavo solo finendo
di…” il maghetto non ebbe
neanche il tempo di giustificarsi che le labbra di Arthur
intrappolarono tra le
loro quelle del moro.
“Merlin, taci, ti
prego.” L’altro sorrise. Arthur allora lo
sollevò e lo fece sedere sul tavolo della cucina senza
staccare mai la sua
bocca da quella dell’amante.
“No, Arthur, non
qui.” Arthur allora iniziò a baciarlo sul
collo. “Ti prego…”
“Allora
sul divano.”
Disse riappropriandosi delle sue labbra e direzionandosi verso il suo salone. Lo fece
sdraiare sul divano
facendo appoggiare la testa del ragazzo che stava per avere sul
bracciolo.
Incatenò il suo sguardo con quello blu zaffiro di Merlin e
si chinò su di esso
in modo tale che le loro labbra né si sfiorassero soltanto,
né impedissero ai
due ragazzi di parlare.
“E adesso… sei
mio.”
“Arthur…”
sul volto del principe si disegnò un sorriso molto
malizioso che prometteva niente di buono. Sicuramente qualcosa di
bello,
eccitante, meraviglioso, unico, ma niente di buono.
Il principe catturò le
labbra di Merlin, ne disegnò i
contorni con la lingua strappando al maghetto un gemito che permise
alla lingua
regale di penetrare e incatenare a sé quella di Merlin,
rendendolo prigioniero,
come era già lui da lungo tempo ormai, del Desiderio, della
Lussuria.
Improvvisamente il principe
staccò le proprie labbra da
quelle del moro lasciando
una scia calda
e umida di baci lungo tutto il collo fino a impossessarsi, scostando un
lembo
della maglietta, dell’incavo tra il collo e la spalla. Pose
le sue mani sui
fianchi esili del ragazzo e attirò il bacino del ragazzo
contro il suo.
“Merlin, sei troppo vestito
per i miei gusti.” L’altro
sorrise e si fece aiutare dal nobile
a togliere la maglietta. Rimase a guardare quel corpo così
esile e fragile.
Percorse quel corpo prima con lo sguardo, poi lo tastò con
le mani,
avvolgendolo con le braccia possenti, poi lo torturò
ricoprendo ogni centimetro
di quella pelle con le sue labbra. Si soffermò su un
capezzolo, mordendolo e
delineandone i contorni con la lingua mentre con una mano era impegnato
a
inturgidire l’altro. Lentamente percorse il torace con la
mano libera fino a
sfiorare l’orlo dei pantaloni. Da un capezzolo
passò all’altro, invertendo le
azioni e procurando ancora gemiti all’amante. Sempre con
molta lentezza,
ripercorse l’intero torace con baci roventi fino ad arrivare
al bordo dei
pantaloni.
Merlin stava ansimando e avrebbe
continuato a lungo, pensò
Arthur.
“Arthur… ti
prego… muoviti.”
“Tutto a suo tempo.” Disse tornando a baciare le
labbra di Merlin e a sfiorare
dapprima, per poi prendere fra le mani sempre più
saldamente, l’erezione del
moro. Iniziò a massaggiare sempre più
velocemente, rendendo sempre più ardenti
e roventi e sensuali i baci che si scambiavano. Merlin finalmente lo
privò
della maglietta avvinghiandosi alle forti spalle di Arthur per sentirsi
parte
di lui. Arthur, a quel punto slacciò i propri pantaloni e
quelli di Merlin
iniziando a simulare l’azione stessa della penetrazione, non
riuscendo più
ormai a controllare i propri movimenti; infatti era talmente alto il
grado
dell’eccitazione che il suo bacino involontariamente
richiedeva quello
dell’amante.
“Arthur…”
pronunciò il moro ormai all’apice del piacere
mordendo la spalla di Arthur per soffocare i gemiti.
“Merlin…”
rispose il principe senza smettere. “Non ho ancora
finito.” Arthur stava per baciarlo nuovamente quando il suo
cellulare squillò.
Guardò svogliatamente sul display: Uther.
Si schiarì la voce e
rispose:
“Pronto?”
“Arthur, non m’interessa dove tu sia o che cosa tu
stia facendo… ti voglio a
casa entro mezz’ora, c’è una questione
importante di cui dobbiamo discutere.”
“Sì, signore. Arrivo subito.” La
chiamata s’interruppe.
“Chi era?” gli
chiese Merlin.
“Mio padre, mi vuole a
casa, c’è una questione importante di
cui mi vuole parlare.”
“Ah…” Arthur iniziò a
rivestirsi e rivolse poi al suo… amante un sorriso.
“Beh… io
vado.” Disse una volta che ebbe finito di vestirsi.
“Ok.” Rispose
semplicemente l’altro. Arthur si sporse e
diede ancora un bacio rovente a Merlin, prima di scomparire.
Arrivò dopo una ventina di
minuti a casa.
“Padre, avevi bisogno di
parlarmi?” chiese l’erede una volta
entrato nello studio paterno.
“Sì, stavo
considerando la rendita del nostro regno… e devo
dire che sono largamente deluso, il regno a nord produce molto di
più del
nostro e…”
“Di quale regno stai
parlando?”
“Della cugina di
Morgana… Vi…”
“Viviana?”
“Esattamente.. suo padre ha
possedimenti più ampi, Camelot
ha bisogno di accrescere le ricchezze, non di essere schiacciato dagli
altri
regni vicini.”
“Che cosa intendi
fare?”
“Ho intenzione di sciogliere la promessa di matrimonio con
Morgana la figlia
di…”
“So benissimo di chi è la figlia!”
“Lo so che ti chiedo molto, ormai avete instaurato un
bellissimo rapporto,
però..”
“No!”
“Arthur, mostrami
rispetto… sono sempre tuo padre e re.”
Arthur si zittì all’istante.
“Non
c’è un altro modo per non soccombere?”
“No, Arthur.”
“Vuoi davvero ridurti a chiedere la mano di una principessa
straniera e rendere
Camelot serva di un altro regno? Vai sempre predicando che siamo noi a
dover
tenere alto l’onore, siamo i primi a non dover soccombere e
combattere per essere
indipendenti… e poi al primo problema mi chiedi di
rinunciare a Morgana per
fidanzarmi con.. la cugina?! È una cosa che non posso fare,
padre, mi
dispiace.”
“Arthur, davvero credi che
io non abbia pensato a questo?
Certo lo so cosa significa, ma ci sono dei sacrifici che vanno
affrontati.”
“Sì,
padre.” Rispose il principe chinando il capo sconfitto.
“Arthur, tra due settimane,
se la situazione non migliora,
sia tu che Ginevra lascerete i vostri attuali fidanzati e fidanzate e
farete
ciò che vi ordino.
“Sì.”
“E sarete voi a dare la
notizia.”
“Sì.”
Ribatté uscendo il principe ereditario.
Adesso come avrebbe fatto a dirlo a
Morgana? E a Merlin?
Dei, non bastavano i problemi dei ragazzi, adesso ci volevano anche
quelli
politici.
Mancavano cinque giorni alla fine
della scuola.
Mancavano due settimane alla rottura
ufficiale tra Arthur e
Morgana.
Mancavano tre settimane alla festa
della sua ragazza.
Mancavano tre settimane anche alla
chiusura del rapporto con
Merlin.
In meno di un mese tutto sarebbe
finito, sarebbe crollato
l’intero mondo che lui credeva di appartenere. Sarebbe tutto
finito e lui non
sarebbe stato più lo stesso. Sarebbe cambiato tutto, lui
compreso. Niente
sarebbe stato lo stesso dopo la festa di Morgana, tutto sarebbe stato
diverso.
“Allora, vieni a casa mia
questo pomeriggio a studiare?” gli
chiese Merlin.
“Sì, penso di
sì, così metto a punto tutto il programma per
la tesina.”
“Ok, allora a questo
pomeriggio, Arthur.”
Quel pomeriggio Arthur
sentì che c’era qualcosa di sbagliato
in quello che stava facendo. Infatti quando entrò non
ricercò le labbra di
Merlin, né fece qualcosa che facesse
capire a Merlin che aveva intenzione di continuare. Semplicemente
preparò i
vari argomenti della tesina in modo che fossero tutti concatenati tra
loro e
poi, una volta che entrambi ebbero finito, se ne andò con un
ciao a domani
pronunciato con un flebile sussurro.
Quel pomeriggio non era in vena di
ridere e scherzare, gli
stavano accadendo troppe cose una di seguito all’altra. Non
aveva né tempo né
voglia di raccontare a Merlin cosa gli stava accadendo anche
perché non poteva
parlargli del suo problema con Morgana, lui non avrebbe capito. Per
Merlin, lui
Morgana l’aveva già lasciata, quindi quello era un
problema che non sussisteva.
Quel pomeriggio era un pomeriggio no.
Quando tornò a casa,
tuttavia, si finse allegro e spontaneo come sempre, come se non fosse
successo
niente. Sua sorella non avrebbe dovuto sapere niente fino
all’annuncio
ufficiale di suo padre che cosa gli stava accadendo. Lei, come sempre
d’altronde, capì che qualcosa non andava, ma non
chiese niente perché niente
sarebbe stata la risposta.
Mancavano due giorni alla fine della
scuola e Arthur non
aveva ancora detto niente a nessuno.
Un giorno alla fine della scuola.
Tre ore.
Due.
Un’ora.
Mezz’ora.
Un quarto d’ora.
Cinque minuti.
Un minuto.
Trenta secondi.
Dieci.
Nove.
Otto.
Sette.
Sei.
Cinque.
Quattro.
Tre.
Due.
Uno.
Driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Finalmente la scuola, i liceo, quel
dannato liceo, era
finito!!!
Non avrebbe rivisto più
nessuno di quei ragazzi che per
cinque anni erano stati in classe con lui. Non più ragazzine
senza un briciolo
di cervello che necessitavano di Gossip per parlare. Non più
novellini e
bulletti che si credevano padroni della scuola. Più nessuno
da sedurre, più
nessuno da sottomettere. Ma Arthur Pendragon sicuramente avrebbe
trovato
sicuramente un altro divertimento, un altro modo per passare il tempo.
Avrebbe
sicuramente fatto qualcosa, non se ne sarebbe stato con le mani in mano.
Arthur vide Merlin scostante. Non gli
aveva rivolto la
parola per quasi tutto il giorno. Cercò di non perderlo di
vista e uscì con gli
altri spensierati. Tutti parlavano già di vacanze e sembrava
che per loro la
scuola fosse davvero finita. Non riuscì a trattenersi.
Andò da Merlin che
parlava tranquillamente con Will. Il principe notò il
cambiamento del maghetto
quando lo notò avvicinarsi a lui.
Si sentì preso per un
braccio. Ora erano uno di fronte
all’altro.
“Si può sapere
che diamine ti prende che è dalla scorsa
settimana che non mi rivolgi la parola?!”
“Pensi davvero che non
abbia capito che io… non valgo niente
per te? Che tu mi stai mentendo?!”
“Non è
vero!”
“Allora
dimostramelo!” ti guarda sfidandoti. Senza pensarci
due volte, davanti a tutti li studenti, Arthur lo prese e lo
baciò, incurante
di quello che li altri possono pensare. Lo baciò con una
passione sfrenata, da
troppo (una settimana) tenuta dentro. Lo attrasse a sé
approfondendo il
contatto delle labbra imprigionando la sua lingua con quella del
maghetto. È un
bacio che dura troppo poco per i gusti di Arthur. Giusto qualche
minuto,
durante i quali tutti rimangono muti e realizzano che quello che vedono
è
reale. Persino Morgana e Ginevra e tutti gli altri, finalmente,
capiscono che Arthur
in quel periodo, non ha fatto che prendersi gioco di loro e che quel
che prova
per Merlin è più che reale.
Al diavolo quell’assurdo
piano idiota che si era proposto. Lui
amava Merlin e aveva deciso di non
doversene vergognare e che non avrebbe lasciato che suo padre si
intromettesse
tra lui e l’oggetto del suo amore. Succeda quel che deve
succedere, ma tu
Merlin non lo lascerai mai.
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Capitolo 10 *** So Scandaluous! ***
So scandaluous!
Erano passati
pochi
giorni dal più che plateale bacio che Arthur aveva dato a
Merlin, e Uther aveva
già saputo tutto.
Arthur aveva passato
l’ennesimo pomeriggio a casa del suo
adorato Merlin ed era tornato a casa tranquillo, non sapendo
l’ira del padre
che avrebbe incontrato una volta varcata la soglia.
“Ciao,
Uther.” Lo salutò Arthur.
“Dove sei
stato?”
“A studiare a casa di
Merlin.” Rispose il principe con
ovvietà. E questa volta, con gli esami in vista, avevano
davvero studiato.
Avevano deciso che tempo per loro lo avrebbero ricavato dopo gli esami,
quando
ormai era tutto finito.
“Arthur, non voglio che tu
ti veda più con quel ragazzo.”
Arthur lo guardò confuso. “Sai benissimo a cosa mi
riferisco, non far finta di
non saperlo.”
“Ma
padre…”
“Niente ma.. ti rendi conto della gravità delle
tue azioni? Baciare un ragazzo
come lui.. davanti a tutti.. è uno scandalo, Arthur, uno
scandalo che infanga
il tuo onore, il mio e quello di tuo nonno, Aureliano Ambrosio *. Se
siamo ciò
che siamo lo dobbiamo solo a lui. Tu non ti rendi conto di quanto tuo
padre e
tuo nonno abbiano impiegato per far sì che Camelot diventi
la potenza che è
adesso. E tu vorresti mandare tutto questo all’aria,
distruggere tutto quello
che abbiamo costruito per un ragazzo? Neanche nobile per giunta! No,
Arthur,
non te lo permetto. Adesso tu spiegherai che è stata solo
una ragazzata, una
scommessa. Inventati quello che vuoi, ma non infangare oltre la casata
dei
Pendragon. E per dimostrarlo, esilierai questo Merlin e renderai
ufficiale il
tuo fidanzamento con Morgana. Sono stato chiaro?!”
“Avevi detto che il mio
fidanzamento era saltato.”
“Ci ho ripensato: d’altronde Gorlois è
un uomo potente ed è un mio caro amico.
Non posso fargli questo torto.”
“Sì, padre,
farò come desideri.” Proferì Arthur
sconfitto.
Per quanto ne dicesse, non avrebbe mai avuto il coraggio di opporsi al
padre,
perché suo padre era tutto per lui, non aveva nessun altro
che valesse quanto
lui, e per quanto l’amore che provava per Merlin fosse
immenso, non avrebbe mai
disobbedito al padre. Forse ci era troppo legato, però lui
era la sua famiglia.
Ginevra sì, era la sorella, ma non erano mai andati
d’accordo più di tanto e
lei non aveva il coraggio di opporsi, perché le sue
sarebbero state solo parole
al vento.
Rabbia era quello che provava. Rabbia
verso il padre, che
proprio non voleva capire e non avrebbe mai capito, rabbia per se
stesso, che
da idiota com’era (eh sì, doveva
ammetterlo… Merlin su questo, MA SOLO SU
QUESTO!!, aveva ragione..) non aveva il coraggio di disobbedire al
padre. In
realtà su questioni importanti non gli aveva mai
disobbedito, neanche da
bambino. Aveva sempre cercato di renderlo orgoglioso, aveva sempre
cercato la
sua approvazione. Era tutto quello che desiderava. Oltre a Merlin,
logico.
Nessuno lo aveva fatto sentire a
proprio agio, libero di
mostrarsi senza alcuna restrizione per quello che era. Nessuno aveva
cercato di
capirlo, di accettarlo nel bene e nel male, di saperlo prendere nei
momenti
buoni e in quelli bui. Nessuno lo aveva accettato anche per i difetti
che
aveva. E neanche aveva cercato di mostrarsi disponibile quando era lui
ad aver
bisogno di lui. Nessuno li aveva mai chiesto che cosa provasse o cosa
volesse.
Nessuno tranne Merlin.
Lo aveva cambiato, era obbligato ad
ammetterlo, però,
stranamente, non era una cosa che gli dava fastidio, anzi, si sentiva
persino
più leggero. Peccato solo che tutto queste avrebbe portato a
una fine. Tutto
sarebbe finito. E questo era ciò che più lo
tormentava. Tutto sarebbe finito e
non per la fine della scuola, ma per ciò che il padre, fin
da quando era stato
un bambino, ma per il suo dovere di futuro sovrano di prendere moglie e
permettere alla stirpe dei Pendragon di esistere.
Avrebbe dovuto esiliare Merlin,
lasciare che tornasse al suo
paese di origine, Ealdor. Per non tornare mai più. Non
avrebbe più rivisto
Merlin. E se questo fosse successo, sarebbe avvenuto solo per
giustiziarlo. Per
ucciderlo. Ucciderlo nell’anima ancora prima di ucciderlo nel
fisico. Lui,
Arthur Pendragon non si sarebbe macchiato del suo sangue, no; non ne
avrebbe
avuto il coraggio. Avrebbe lasciato che qualcun altro lo tenesse in
custodia,
che lo tenesse nelle segrete, che lo conducesse nella piazza
principale, e, a un
suo ordine, lo privasse della vita.
Il principe era in stanza, appoggiato
con l’intero avambraccio
al vetro della finestra. Stava guardando in basso, in un punto vuoto
del
giardino, quando sentì il rumore di un paio di tacchi
avvicinarsi a lui. Non si
girò nemmeno.
“Arthur, ti stai facendo
male, lo sai questo, vero?”
“Non è vero.”
“Arthur, lo sai che ho
ragione.”
“Non m’importa niente di lui. È solo un
passatempo, non ha alcuna importanza ai
miei occhi.” “Arthur.”
Pronunciò in tono duro. Il principe cedette.
“Non sono io a
volerlo.”
“Devi
reagire…”
“Ginevra, non mi aspetto che tu capisca: tu non sei
l’erede al trono, tu non
diventerai re, tu non sentirai il peso di tutte le
responsabilità gravarti
sulle spalle. Tu… non sei me.” (Ma
non
mi dire Arthur!). Ginevra tacque: sapeva che Arthur aveva ragione, lei
non
poteva capire.
“Forse non saprò
che cosa si prova a sentirsi così pressati
da tutti i doveri e le aspettative del regno, ma capisco quando una
persona
soffre.” Arthur si voltò di scatto. La
guardò per lunghi istanti perdendosi
negli occhi color nocciola della sorella. Poi chinò il capo.
“Dovrò esiliare
Merlin, finiti gli esami.”
“E dove sta il problema, se davvero non te ne importa niente
di lui? Devi già
dirgli che gli hai mentito, che l’hai preso in giro per tutto
questo tempo… non
vedo che problema ci sia, Arthur Pendragon.” Dice con il
dente avvelenato. A
lei Merlin stava simpatico dopotutto. Ed esce.
Arthur rimase lì, solo a
pensare a sé e a Merlin. Esiliarlo.
Avrebbe potuto davvero farlo in serenità, a cuor leggero? A
quella domanda
Arthur sentiva dentro di sé che vi erano due vie: una
illuminata dal fuoco
domestico, dal focolare della ragione, dalla razionalità;
l’altra illuminata
dal fuoco selvaggio e incontenibile del cuore.
La ragione gli imponeva di considerare quella per Merlin
come una
sbandata, di ignorarla, di lasciare che il tempo e le persone che
davvero
tenevano a lui lo aiutassero a dimenticarlo. Gli diceva che il suo
posto era al
fianco di Morgana, che alla morte di suo padre, con una regina forte e
intelligente come Morgana, avrebbe donato pace e prosperità
a Camelot e ai suoi
sudditi. Che le giornate non sarebbero più state tetre e
buie. Il cuore, invece
gli suggeriva di ribellarsi al volere di suo padre, che anche lui
avrebbe dovuto
stare con la persona che amava. Gli diceva di ignorare la ragione
perché i
giorni passati lontano da Merlin sarebbero valsi
un’eternità, che l’amore
celato nel suo animo per Merlin sarebbe arso finché non
l’avesse consumato, che
la ragione presto si sarebbe arresa comunque e l’avrebbe
lasciato in balìa
della pazzia.
Ribellarsi a suo padre, ma per fare
cosa? Fuggire come un
dannato braccato dalle stesse guardie che fino al giorno prima
avrebbero dato
la propria vita per salvarlo? Per sentirsi straniero nella propria
terra? Per
allontanarsi, da Camelot, la città in cui era nato e per la
quale aveva messo a
servizio la propria lealtà e la propria vita e spada? No,
era fuori questione.
Non avrebbe rinunciato mai alla propria città. Aveva giurato
di servirla ed
eseguire ogni suo ordine, e se questa era la prova cui era stato
sottoposto per
provare la propria lealtà, l’avrebbe fatto.
Avrebbe sofferto, avrebbe sofferto
per la perdita del suo amore, ma l’avrebbe fatto per un bene
superiore. Per una
giusta causa.
Aveva deciso infine: avrebbe lasciato
Merlin.
*Aureliano
Ambrosio è un personaggio di cui si fa menzione
nel De exicidio Britanniae di Gildas, un. Si dice che fosse
l’ultimo dei romani
giunto in Britannia e che guidò i Bretoni
contro i sassoni, uccidendo il loro capo Vortigern. Da
lui, ultimo dei
romani, nascerà poi Uther, il padre di Arthur. Ma le
versioni su di lui e sulla
sua figura sono talmente contrastanti che non si sa quale scegliere. A
me
piaceva l’idea di vederlo come il capostipite della famiglia
Pendragon, ma
questa è solo una mia fantasia, siate liberi
d’interpretarla come meglio
credete!!!!!
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Capitolo 11 *** I'm a loser. ***
I’m a loser.
“Allora, Arthur Pendragon,
è vero quello che si vocifera?” gli
domandò una giornalista.
“Dipende: che cosa si
dice?”
“Che Voi e Merlin, il
ragazzo che ha baciato l’ultimo giorno
di scuola, avete una relazione?” ribatte la stessa
giornalista.
“No, non ho mai avuto
relazioni con ragazzi per il momento,
e mi auguro di non averne…d’altronde al liceo ero
famoso per le ragazze che
frequentavo, di certo non per i ragazzi che mi portavo a
letto.”
“Grazie.”
“Ma allora il bacio di qualche giorno fa??” chiede
un altro giornalista, uomo
questa volta.
“Quello era
solo… una scommessa che avevamo fatto: aveva scommesso
che non avrei mai avuto il coraggio di baciarlo, e ho vinto.”
“Sembrava piuttosto
appassionato.” Arg! Era
così evidente??
“Consideratelo
come… un marchio: per fargli capire che
nessuno può sfidarmi e pensare di passarla
liscia.” Pronunciò in risposta,
tornando a essere il principe borioso che era sempre stato. Il cuore,
quello
che ha deciso di abbandonare, accantonare, sembrò quasi
dirgli: “Dovresti
sentirsi a tuo agio, finalmente libero dal suo pensiero che ti
tormenta,
dovresti non pensare più a lui. Invece la sua immagine ti
perseguita, si fa
largo nella tua mente, s’impadronisce di te, ti governa, ti
domina, ti annebbia
la mente. E poi, ti vince ricordandoti quale piacere provi stando anche
solo
vicino a lui, quanto tu desideri toccarlo, farlo tacere imprigionando
le sue
labbra piene con le tue. Quanto vorresti soffocarlo a furia di baci,
quanto
senti il bisogno della sua pelle a contatto con la tua, del tuo corpo
sopra il
suo, di sentire i suoi ansiti tramutarsi in gemiti, della sua bocca
semiaperta
mentre pronuncia il tuo nome facendo infiammare ogni singolo millimetro
di pelle
di bruciante e insaziabile desiderio. Ti accorgi che ciò che
hai non ti basta,
che lo vorresti ancora, ancora e ancora. Hai deciso di lasciare Merlin
al suo
destino, ma sappi che questa è la pena che dovrai scontare,
finché quella tua
zucca vuota non capirà che non puoi lasciarlo.”
Gli sembrò di sragionare in
quel momento. Iniziò a rispondere a macchinetta alle domande
che gli venivano
poste. Per sua fortuna non durò a lungo. Infatti dopo dieci
minuti i
giornalisti si dissero soddisfatti e lasciarono il sovrano e il
principe
ereditario liberi di andare.
Quando tornarono il padre
afferrò Arthur per un braccio e
gli sussurrò con voce dura.
“Spero di non dover
ripetere esperienza.”
“Non capiterà più, padre: è
una promessa.” Rispose gelido il principe senza
alcuna inflessione particolare della voce.
“Bene.” E il
sovrano si congedò.
Tornò nella propria stanza
e si sdraiò sul letto stanco. Non
pensava che un intervista potesse essere così devastatrice.
Inspirò ed espirò
profondamente. Aveva bisogno di rimanere da solo. Aveva appena
rinnegato
l’amore che provava per Merlin.
Ti ci devi
abituare.
Gli ricordò la ragione.
Pensi che in fin dei conti hai
affrontato di peggio che qualche pensiero erotico su Merlin e che
quindi, tutto
sommato, ce la puoi fare.
Chiami Merlin;
d'altronde
il sipario non è ancora calato sulla scena, e tu devi
rimanere in scena fino
alla fine della recita.
“Pronto”
“Ciao, Merlin, sono io Arthur.”
“Ciao.”
“Come
va?”
“Bene
grazie, a parte lo
studio.”
“Beh,
sì, quello anch’io…
domani sei libero”
“No, ho
gente a pranzo.”
“Ah. Da quando in qua tua madre invita gente a
pranzo”
“Sono
arrivate delle sue
amiche che non vede da tanto e vuole che io resti con lei.”
“Buona
fortuna.”
“Grazie, ne ho bisogno.” Sorridete.
“Beh,
allora ci sentiamo.”
“Sì, d’accordo a presto.”
“A
presto.” Lui chiude
la chiamata. Tu rimani ancora con il cellulare vicino
all’orecchio; l’hai
sentito, ma non era felice come sempre. Non come le altre volte.
Continui a
ripercorrere con la mente cosa può averlo disturbato. Forse
ha saputo
dell’intervista. Forse lasciarlo sarà meno
doloroso perché lui se ne sarà reso
conto. Forse sarà lui a lasciarti. E se così
fosse, cosa faresti? Lo lasceresti,
oppure gli diresti che lo ami, che è partito come uno
stupido scherzo ma che in
fondo e ne sei innamorato realmente? E lui, i crederebbe? E cosa
faresti,
considerando che tuo padre lo ha esiliato?? Non potrebbe restare qui,
perché
Uther lo ammazzerebbe. Sei perso nei tuoi pensieri quando tuo padre
arriva in
camera tua.
“Arthur,
dì a tua sorella
di tornare a casa perché stasera renderemo ufficiali i
vostri fidanzamenti.”
“Perfetto,
va bene,
padre,.” Lui sparisce chiudendosi la porta dietro. Mandi il
messaggio e apri le
immense ante del tuo armadio per scegliere i vestiti che indosserai.
Li tiri quasi tutti
fuori
e alla fine scegli per qualcosa di classico che però non ti
faccia sembrare
troppo il damerino figlio di papà che tutti credono che tu
sia.: camicia bianca,
un po’ aperta, pantaloni neri sempre in jeans e una giacca
nera. Lasciò gli
abiti fuori e poi si prenotò la doccia, sotto la quale
rimase un po’ più del
dovuto. “Devi smetterla di pensare a lui, al suo viso, alle
sue espressioni,
alle sue labbra che si fondono in un bacio con le tue.”
Cercò di convincersi
Arthur.
Appena
uscì, si asciugò i
capelli sistemando quel ciuffo che tanto adorava, e vestito solo di un
asciugamano legato in vita, tornò in camera salutando
Ginevra che, da quanto
hai capito, è fuori dal bagno da un po’.
Si vestì,
si profumò e poi
andò dal padre in camera, che approva.
Dopo dieci minuti
Ginevra
uscì dal bagno e andò in camera a vestirsi.
Quando riapparve al fratello,
questi quasi non la riconobbe. I capelli erano raccolti con fili
d’oro. Portava
una collana dello stesso metallo e una veste color grano, sopra la
quale era
chiusa una gamorra color zafferano, che risaltava la carnagione della
ragazza.
Ai piedi portava delle scarpette con un tacco abbastanza alto da
permetterle di
slanciare la propria immagine.
“Allora?
Che ne dici?”
“Stai..
benissimo.” Lei
fece un debole sorriso. “Ce l’hai ancora con
me?”
“Sono affari tuoi, però sappi che se lo lasci ti
fai del male, e io non voglio
vederti soffrire.” Arthur sorrise e, dopo averle dato un
bacio sulla guancia,
si allontanò lasciando la sorella e tornando a incupirsi con
i suoi pensieri.
Intanto Ginevra
mandò un
messaggio:
Uther
annuncerà il fidanzamento di Arthur con Morgana stasera, se
te la senti puoi
venire e cercare di fermarlo.
L’immensa
sala era tutta
addobbata per occasione, si stavano tutti preparando per la grande
serata ed
erano stati invitati tutti i nobili della città.
L’immenso giardino era stato
costellato da luci, piante esotiche, fontane. Addobbi di ogni genere
testimoniavano
la presenza del grande evento che di lì a poco si sarebbe
manifestato a tutti.
Uther attendeva quel giorno da anni. Poter vedere i propri figli
fidanzati, era
la cosa che più lo rendeva orgoglioso. E doveva tutto
ciò a Ygraine, la sua
adorata moglie. Quanto avrebbe voluto poterla riavere lì, al
suo fianco. Di
sicuro il distacco dai propri figli gli sarebbe pesato di meno. Ne era
sicuro.
Sicuramente avrebbe indossato gli abiti migliori e sarebbe apparsa come
una
vera regina, altera e orgogliosa. Avrebbe superato chiunque in
bellezza,
persino Morgana. Con quei suoi riccioli tinti di sangue, quella pelle
chiara e
quegli occhi color nocciola, caldi. Era stata l’unica donna
che avesse mai
amato e che avrebbe trovato difficilmente un rimpiazzo, anzi, non
l’avrebbe mai
trovato, perché lei era dolce e generosa, ma allo stesso
tempo dura e temeraria:
era stata infatti l’unica donna
che non lo avesse mai temuto e che non si fosse fatta corrompere dalla
sua
ricchezza e dal suo potere. Era sempre stata se stessa, ed era proprio
questo
che aveva fatto capire al sovrano che lei sarebbe stata la ragazza
ideale.
Sfortuna volle però che fosse morta poco dopo il parto.
Aveva fatto in tempo a
sussurrare i nomi dei bambini che aveva spirato. E quelli , aveva
deciso il sovrano,
erano stati i nomi dei bambini. Una maledizione. Perché
anche solo pronunciare
il loro nome recava in lui un dolore indicibile. Soprattutto
pronunciare il
nome della figlia, che più incarnava lo spirito della madre.
Sia nel carattere
che nel fisico. Uther non guardava mai negli occhi la figlia. Quel
marrone così
caldo, una volta che si era fermato a guardarla negli occhi, gli aveva
fatto
pronunciare quel nome, quelle sette lettere che componevano quel nome
tanto
amato. Sette lettere quante erano quelle del nome della figlia.
Adesso li vedeva
lì,
ordinare ai servitori dove posizionare i fiori, come sistemare i
tavoli,
impartire i posti a tavola. Erano tutto sua madre, ma loro non lo
sapevano.
Loro non potevano immaginare quanto in fondo Uther volesse loro bene.
Tirò
fuori dal aschino della sua camicia scura un piccola foto della moglie
e le
fece vedere i due figli poco lontani.
“Vedi,
questi sono i
nostri bambini. I tuoi bambini. Guardali.” Poi ripose nel
taschino, vicino al
cuore, l’immagine della moglie.
In breve il rumore dei motori delle
auto iniziarono a
riecheggiare sulla ghiaia e allora, Uther con Arthur alla sinistra e
Ginevra
alla sua destra, si stanziarono davanti ai portoni spalancati pronti a
ricevere
gli ospiti. I primi ad arrivare furono Gorlois e Morgana.
Arthur in quel momento non
poté non pensare quanto la sua
ragazza fosse meravigliosa e splendente.
Aveva indossato un abito lungo, rosso
chiaro, coperto da una
gamorra rosso ciliegia, con dei bracciali d’oro alle braccia.
Al collo portava
la sua collana preferita, quella che sua madre, prima di morire, le
aveva
regalato. Portava dei piccoli orecchini d’oro e i suoi lucidi
e splendidi
capelli castani scuri con i riflessi rossi erano raccolti da un diadema
d’oro e
pietre preziose che con il tramonto iniziavano un gioco di riflessi e
luci e
ombre da lasciare incantati. Nonostante tutto, alcune ciocche venivano
lasciate
cadere ribelli a contornare quel viso apparentemente innocente.
Lei e il padre salirono lentamente le
gradinate in marmo e
poi salutarono gli ospiti.
“Finalmente, Gorlois, il
gran giorno è arrivato.”
“Sì, Uther, finalmente.” Dissero
sorridendo e
scambiandosi un paio di pace sulle spalle. Morgana salutò
calorosamente
Ginevra, per poi salutare Uther e giungere così finalmente
al suo ragazzo, che
da quando l’aveva vista posare piede a terra, aveva
desiderato.
“Arthur.”
“Morgana.” Il principe le
depositò due affettuosi baci sulle guance e
poi le porse il braccio. Tutti entrarono nel palazzo che ben presto si
sarebbe
riempito di convitati. Cosa che accadde.
Uther aveva proprio pensato a tutto e
fu così che in meno di
un quarto d’ora, i convitati si dispersero nel giardino.
Morgana non era mai
stata così felice. Tutti le stavano intorno e non facevano
che lodarla per la
sua bellezza, eleganza e avvenenza, commentando liberamente con lei il
fascino
del principe. Lei era cresciuta per quell’ambiente, lo si
notava. Per questo
Ginevra le stava sempre al fianco, per poter apprendere sempre di
più come si
doveva comportare una regina. Perché lei sarebbe diventata
regina, ne era
certa. Qualche anno e il loro matrimonio sarebbe stato celebrato. Quel
giorno
però anche Ginevra era al centro delle attenzioni e
finalmente poteva affermare
di sentirsi a proprio agio. Aveva finalmente appreso l’arte
di essere una buona
padrona di casa.
A breve arrivò anche
Lancillotto che prese posto al fianco
della sua amata Ginevra.
Anche lui vestito elegante, faceva la
sua figura.
Arthur nel frattempo si dilettava a
intrattenere gli ospiti
che di tanto in tanto incontrava lungo il cammino. Voleva trovare
Morgana e
baciarla. No, in realtà era Merlin che voleva, ma sapeva che
lui non sarebbe
mai venuto.
Merlin nel frattempo, aveva ricevuto
il messaggio, si era
lavato e vestito con i migliori abiti che avesse ed era uscito per
raggiungere
Arthur. Aveva corso a perdifiato per tutta la strada che distanziava la
sua
abitazione e quella di Arthur, sapendo che se avesse perso tempo ad
aspettare i
tram, anche fosse riuscito a beccarne uno al volo, non gli sarebbe mai
sembrato
più lento. Era davvero indescrivibile la sensazione che
provava in quel
momento.
Attraversò corsi, isolati,
semafori con il rosso, rischiò di
farsi mettere sotto almeno un centinaio di volte, ma non gli
interessava
niente, aveva solo un pensiero in testa. Arthur, Arthur, Arthur,
Arthur.
Avrebbe anche potuto rompersi una gamba, essere investito da un tir
prima e da un
pullman poi, gli sarebbe potuto
capitare tutto, ma niente l’avrebbe distolti dal suo unico
obiettivo: andare da
Arthur.
Arrivò davanti alla
cancellata con il fiato corto, la gola
secca e il respiro strozzato. Aveva corso per mezz’ora di
fila, cosa cui lui
non era abituato e che non era per niente bravo a nascondere. Appena
prese
fiato, alzò il capo e vide tutti li invitati alla festa. E
poi scorse Arthur in
compagnia di Morgana, bella come non mai. La vedeva felice,
sinceramente
felice. Gli occhi irradiavano una luminosità
d’animo e una gioia che in cinque
anni di scuola, lui non aveva mai visto sul suo volto. E poi
guardò il suo principe,
quanto fosse bello e come stesse bene con Morgana, quanto si sentisse a
proprio
agio in mezzo a tutti quei nobili, a quanto fossero adeguati
l’uno all’altra e
quanto fosse stato egoista a pensare che lui avrebbe lasciato Morgana
per lui.
E così come era arrivato,
se ne tornò a casa. Qualcosa
dentro di sé gli aveva detto che non era giusto, che era
inutile, che non era
Destino. Che loro non erano fatti per stare insieme e che non avrebbe
rovinato
la festa ad Arthur.
“Allora, Arthur, a quando
le nozze?” gli domandò uno dei
tanti invitati. In quel momento si sentì morire. Non ci
aveva ancora pensato.
Non era pronto a una domanda del genere, anche se se la sarebbe dovuta
immaginare. Idiota. Idiota, idiota.
“Presto, se la mia dama
è d’accordo.”
“Dipende da quanto intendi tu per presto; io sinceramente
volevo lasciar
passare qualche anno, da poter terminare gli studi.”
“E sia.” Disse
baciandole le mani. Lei chinò il capo.
“Non sapete quanto mi
scaldi il cuore vedere ancora giovani
così innamorati.” Entrambi sorrisero. In quel
momento Uther si avvicinò a loro.
“La cena è
pronta per essere servita, Arthur, conduci i
nostri invitati al salone delle cerimonie.”
“Sì
padre.” E detto questo, Uther sparì. Arthur
intercettò
Ginevra e le fece segno di dirigere li convitati nella sala delle
cerimonie.
Quando si girò vide che Morgana era già partita
ad annunciare la notizia in
giro e così fecero anche il principe, Ginevra e Lancillotto.
Nel giro di pochi
istanti tutti i commensali si rovesciarono nella sala a loro indicata.
Questa era ampia e con una tavolata
disposta a ferro di
cavallo che sembrava quasi abbracciare i commensali che entravano. I
tavoli
erano ricoperte da tovaglie di seta bianche che ricadeva flessuose sul
pavimento lucidato a regola d’arte.
“Adesso, miei cari e
illustri ospiti, avremo l’onore di
veder celebrato il fidanzamento tra i nostri cari quattro
giovani.” Seguii uno
scroscio di applausi. Entrò il sacerdote e le due coppie si
sistemarono di
fronte a lui, una di fianco all’altra.
Con l’olio e
l’acqua benedetta segnò una croce sulla fronte
di ognuno, poi li fece mettere di profilo cosicché li ospiti
potessero vedere,
uno di fronte all’altra con le mani le une in quelle degli
altri.
“Giurate, voi, Arthur
Pendragon, figlio di Uther Pendragon
principe ereditario di Camelot, di impegnarvi seriamente con questa
fanciulla,
Morgana figlia di Gorlois, duchessa di Cornovaglia e di non tradirla
fino a
nuovo giuramento?”
“Io Arthur Pendragon,
principe ereditario di Camelot, giuro
solennemente di non tradirti e di dimenticare tutto ciò che
fino a oggi, e di
esserti fedele fino al giuramento del sacro vincolo del
matrimonio.” Lei chinò
il capo. Aveva guadagnato un’altra vittoria, contro tutte e
contro Merlin.
Arthur aveva giurato che sarebbe stato solo suo.
“E voi, Morgana, figlia di
Gorlois e duchessa di
Cornovaglia, giurate di impegnarvi seriamente con il principe
ereditario di
Camelot Arthur Pendragon, e di essergli fedele fino a nuovo
giuramento?”
“Io, Morgana, figlia di Gorlois, duchessa di Cornovaglia,
giuro solennemente e
di non avere altro uomo se non te, e di restarti fedele fino al
giuramento del
sacro vincolo del matrimonio.”
Il sacerdote quindi si
spostò verso l’altra coppia che
ripeté il giuramento. Allora, il sacerdote prese due
ghirlande vere, di quelle
che si vedono solo a natale, e ne posò una per ciascuna
coppia e le legò.
“Legando questa ghirlanda,
io non solo lego due casate, ma
anche due anime. Io vi dichiaro ufficialmente fidanzati. Il principe
può
baciare la duchessa.”
“Lo so.” Rispose Arthur provocando il sorriso della
sua amata e dei convitati.
“Il cavaliere
può baciare la principessa.” Lancillotto non
rispose nulla.
Arthur allora, per quanto poteva,
attrasse a sé Morgana e le
donò il bacio più dolce e sensuale che potesse
mai dare.
D’altronde lui aveva Merlin
davanti, continuava a pensare. O
sperava. Quando anche Lancillotto baciò, seppur con meno
trasporto, Ginevra,
uno scroscio di applausi invase la sala e il prete slegò a
entrambe le coppie,
la ghirlanda. Arthur, finalmente libero, ghermì Morgana
trasportandola in un
bacio che non voleva terminare. Era accecato dalla passione che provava
per
Merlin che semplicemente non riuscì a trattenersi. La
baciò. Quando si
staccarono, lei era felice. Aveva sentito che l’amava. Poi,
come se niente fosse,
le due coppie si diressero verso i loro posti. Al centro del tavolo
orizzontale
c’era Uther, alla destra del quale si sedette Arthur con
Morgana al fianco, la
quale aveva il padre vicino a lei, e dall’altro sedeva
Ginevra, seguita da
Lancillotto e dalla madre di quest’ultimo.
Il banchetto fu squisito e anche
l’intrattenimento. I
giullari di corte riuscirono a stupire persino lo stesso re con i
trucchi di
“magia” e con i loro spettacoli da lasciare senza
fiato. Arthur più di una
volta pensò a Merlin che aveva sempre adorato i banchetti e
poter partecipare a
uno di corte, con tutti i nobili della città. E ogni volta
cercò la mano do
Morgana, liscia, morbida, ben curata. Semplicemente perfetta.
Una volta terminato il banchetto, si
aprirono le danze. E furono
proprio le due coppie ad aprirle.
Le due coppie danzarono tutta la
notte. Arthur non poteva
credere di aver partecipato alla cerimonia davvero e che davvero il
suo… amante
non fosse venuto a cercarlo. Contava sul fatto che Merlin sarebbe
venuto e gli
avrebbe impedito di fidanzarsi. Invece… eccolo
lì, solo, con Morgana che
danzava stretta a lui e che aveva aspettato quel momento tutta una
vita. era
davvero frustante trovarsi lì in mezzo a tutta quella gente
che condivideva una
gioia comune e lui, che era uno deiu principali oggetti di ammirazione
e che
avrebbe dovuto essere più felice degli altri, in
realtà volesse sparire,
chiudersi in camera fino alla fine del ricevimento. Voleva sentire il
profumo
di una pelle sotto la sua, voleva inebriarsi di baci, voleva rimanere
solo con
la persona che più gli era stato vicino. Terminata
l’ennesima danza, Arthur
portò Morgana fuori dal cerchio dei danzatori, per poi
condurla nelle proprie
stanze.
“Arthur.. dove mi stai
portando?”
“Nell’unico luogo
in cui possiamo stare soli indisturbati.”
Lei sorrise. Quando furono davanti alla porta della camera principesca,
lui si
girò verso la propria ragazza, le prese le mani e la fece
entrare. Poi chiuse
la porta. Lei gli passò una mano sulla guancia
accarezzandolo. Lui la prese con
la sua e la fermò. Le depositò un bacio sul palmo
e poi, con la mano libera ,
la cinse per i fianchi e l’attrasse a sé. Lei gli
depositò un bacio sulle
labbra.
“È tutta la sera
che aspetto questo momento.” Le confessò il
principe. Lei
sorrise maliziosa e lo baciò nuovamente: il principe
però,questa volta,
incatenò le proprie labbra con quelle della fanciulla.
“Già…
stasera non abbiamo avuto modo di salutarci come si
conviene.” Egli sorrise e riprese a baciarla. Poi Morgana si
staccò e appoggiò
il suo capo contro la spalla del principe.
“Sei meravigliosa stasera,
tutte ti invidiano.” Disse stringendola
dolcemente.
“E di certo non solo per il vestito.”
“Quanto siamo modeste,
oggi.” Lei alzò il capo esasperata ma
con un dolce sorriso.
“Guarda che era riferito a
te, non alla mia beltà.” Lui le
diede un bacio in fronte. A rompere quel momento magico, fu la suoneria
del
cellulare di Arthur.
“Pronto?”
“Sono Uther, dove siete finiti??”
“Ci siamo allontanati un po’… cera
troppa confusione”
“Adesso però vedete di tornare.”
“Sì padre.” Non ci furono altre parole.
Semplicemente uscirono e tornarono nel
salone delle cerimonie.
“Bene, eccovi! Alcuni
ospiti se ne stanno andando, dovete…”
“Fare i padroni di casa, Uther, lo sappiamo.”
Concluse dolcemente Morgana. Lui
le sorrise. I quattro ragazzi si sistemarono nelle loro postazioni che
oramai
ricoprivano da anni e salutarono i vari ospiti pregandoli di tornare
quando più
li aggradasse.
La festa finì verso le
quattro del mattino e le famiglie dei
fidanzati dei fratelli Pendragon furono invitati a fermarsi a dormire
per
quelle poche ore che avesse fatto ancora buio. Invito che fu di gran
lunga
gradito agli ospiti. Ginevra ospitò Morgana nella sua camera
per parlarle di
tutte le sue impressioni, e lo stesso fecero i ragazzi. Per i genitori
invece
erano già state fatte preparare due camere.
“Ginevra, stasera eri
davvero bellissima: sei riuscita a
colpire tutti i convitati.”
“Oh, grazie Morgana. Di te
non è neanche il caso di
ribadirlo: sei sempre stupenda.” Lei sorrise.
“Grazie, tesoro.”
Morgana si sfilò la collana, che destò
subito la curiosità di Ginevra.
“Bella quella
collana.”
“È un dono di
mia madre: me l’ha regalata poco prima della
sua morte. È la mia preferita.”
“Scusa, non lo
sapevo.”
“Non potevi saperlo.” E le diede un bacio sulla
guancia.
§§§
“Allora.. tra neanche
una settimana
ci sarà la festa di Morgana… sei sicuro di quello
che vuoi fare a
Merlin?”
“Devo farlo,
Lancillotto.”
“Ma lo vuoi?” Arthur non rispose. “Se non
vuoi non farlo, non sei obbligato.”
“Invece lo devo fare… cosa penserebbe Morgana di
me?”
“Che sei
maturato.”
“Lancillotto, ti proibisco di parlarmi così:
c’è solo una persona che può
farlo, e non sei tu.”
“Merlin.” A quel
nome, il principe si sentì come trafitto da
mille lame e chiuse gli occhi.
“Sì:”
“Non era una domanda, Arthur. Era
un’affermazione.”
“Il punto è che
non so che fare: mio padre mi ha ordinato di
esiliarlo da Camelot per il bacio che gli ho dato l’ultimo
giorno di scuola.” Lancillotto
rifletté poi riprese a parlare.
“Allora temo che poco
cambi: se devi fargli del male, fa
glielo fino in fondo.”
“Era quello che pensavo anch’io.”
“Quindi glielo
dirai?”
“Cosa?”
“Che era tutto uno
scherzo?”
“Sì” non gli rispose, ma si
cambiò e si mise a dormire. Arthur fece lo stesso. Fottiti,
Arthur, fottiti! Sei solo un perdente! Fu l’ultimo pensiero
del principe
ereditario di Camelot prima di cedere alla corte di Morfeo e
abbandonarsi al
suo abbraccio e sognare. Sognare Merlin.
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Capitolo 12 *** With or without you ***
With
or without you
Era la mattina degli esami. Tutti si
stavano preparando per
dare il meglio di sé. C’era chi
ripassava
a mente, chi a voce alta, chi si
ascoltava la sua canzone preferita per darsi coraggio, chi si ritoccava
e si
sistemava.
Arthur invece era ansioso
perché non aveva ancora visto
Merlin e insolitamente, non voleva vederlo gli avrebbe fatto troppo
male. Gli
avrebbe ricordato di essere ufficialmente fidanzato con Morgana, e gli
avrebbe
ricordato ciò che era successo alla cerimonia. Quella voglia
di baciare
Morgana, di stringerla a sé, di averla sua. E non
perché l’amasse, ma per dare
sfogo a quel sentimento chiamato amore che provava per Merlin, il
ragazzo che
non avrebbe mai potuto avere completamente, come invece avrebbe potuto
qualsiasi
altro ragazzo. Non avrebbe potuto averlo a causa di quello che era.
Fosse stato
un ragazzo comune, come Will, allora non avrebbe avuto nessun problema,
ma non
era così: lui era Arthur Pendragon, futuro re di Camelot, e
una relazione con
un altro ragazzo non avrebbe potuto mai averla. Sarebbe terminata
ancora prima
di iniziare.
Poi, a dieci minuti dall’
inizio degli esami orali, lo vide
comparire di corsa. La cartella a tracolla e il viso rosso. Non lo
guardò
subito, voleva aspettare che si riprendesse. Poi, quando finalmente il
moro alzò
il suo viso, Arthur gli si avvicinò.
“Temevo non arrivassi
più.” Gli
sussurrò il principe preoccupato.
“Ma ti pare?
C’è l’esame e sinceramente non voglio
perdermelo per nulla al mondo.” Gli rispose
l’altro. In quel momento il
principe ereditario non si trattenne dal darsi dell’idiota.
Videro tutti gli altri studenti delle
terze sfilare vicino a
loro e guardarli: l’intervista della settimana precedente
evidentemente non gli
aveva convinti. Nessuno però osò proferire
parola. Si diressero con gli altri
studenti nelle classi cui erano destinati per essere sentiti agli
orali. Si
affiancarono a Lancillotto e Ginevra. Loro salutarono calorosamente il
moro.
Loro. Morgana invece passò loro accanto senza salutarli.
Merlin si girò verso
il principe.
“Perché non ti
saluta? Non siete ufficialmente fidanzati?”
“Sì, ma sa che non la amo: non ho potuto
contestare mio padre quando mi ha dato
la notizia, altrimenti l’avrei già
fatto.”
“Davvero?”
“Sì,
davvero.”
I professori arrivarono in quel
momento. Erano stanchi,
probabilmente avevano finito di correggere i compiti il giorno prima,
ma
nonostante tutto loro mantenevano la loro austerità e
riuscivano ancora a
incutere timore negli alunni che si zittivano al loro passaggio. Tutti
vestiti di
grigio e nero, sembrava che indossassero una divisa.
I professori entrarono nelle aule.
Aprirono i registri di
classe, presero i fogli per i verbali dell’orale e fecero
entrare gli alunni.
Questi terrorizzati più che mai, temevano soprattutto i due
membri esterni che
erano passati e che avevano destato la curiosità dei
presenti.
Si iniziò in ordine
alfabetico e Merlin fu uno dei primi a
passare. Era agitato, aveva bisogno di un sostegno, e in quel momento
non c’era
nessuno, se non Arthur. Questi infatti lo guardò e gli
sorrise. Quando il
maghetto gli passò accanto, gli sussurrò
all’orecchio:
“Non temere,
andrà tutto bene.” E il moro gli rispose con un
sorriso sincero. Il ragazzo si accomodò, firmò e
poi tirò fuori dalla cartella
il materiale per l’orale.
L’interrogazione non
durò a lungo. Merlin era preparato.
Dopo una decina di minuti infatti venne mandato a posto e vennero fatti
uscire
tutti per discutere la sua valutazione. Fuori dall’aula,
Merlin iniziò a
saltare dalla gioia. Arthur lo guardò sorridente. Era felice
per lui. Almeno
questo se lo meritava. Lui ne era ignaro, ma ben presto il maghetto si
sarebbe
trovato una bella sorpresa. Anche se lui, Arthur Pendragon, che era il
promotore di tutta quella faccenda, non ne era entusiasta.
Dopo pochi minuti i professori fecero
rientrare gli
studenti. Gli esami ripresero e continuarono ancora per un paio
d’orette.
La ragazza che interrogarono subito
dopo, fu Morgana. Lei si
sedette e appena vide entrare il presidente della commissione, i suoi
occhi furono
lo specchio della paura. All’improvviso si era sentita vuota
e fragile, come se
avesse passato il tempo a piangere e adesso non avesse più
lacrime da
versare.
Lui prese posto e con una cura quasi
maniacale tirò fuori il
registro. La penna rigorosamente stilografica per segnare il suo nome.
“Nome?”
“Morgana.” Emise
in un sussurro che il presidente non riuscì
a sentire.
“Potresti parlare un
po’ più forte? Non..” disse facendo il
gesto che indicava che aveva l’orecchio duro.
“Morgana di
Cornovaglia.” Disse a voce un po’ più
alta e
facendo un sorriso flebile. Lui annuì e scrisse il nome sul
registro.
“Potrebbe illustrare a me e
ai miei colleghi la sua tesi?”
“Certo” rispose
con la stessa sensazione di inferiorità e
fragilità che il presidente riusciva a trasmetterle. Espose
la sua tesina.
Consisteva in una esposizione sulle più importanti
rivoluzioni della Storia.
L’illuminismo e il pensiero di Hegel e Marx come programma di
Filosofia; Lucrezio
e Catullo come programma di letteratura latina.
Il presidente ebbe da ridire su tutto
il suo programma
finché la professoressa di Storia e Filosofia non lo
interruppe:
“Aridian, la stai
terrorizzando.” A quelle parole la ragazza
si riprese e alzando il capo si riferì alla professoressa.
“Non si preoccupi, non mi
terrorizza, ci vuole ben altro.” E
riprese a parlare inchiodando i suoi occhi verdi in quelli di Aridian e
pronunciando il resto del discorso guardandolo con tono di sfida.
Dopo un quarto d’ora
interminabile, fu fatta accomodare.
Mentre tornava al suo posto, Aridian le fece un’ultima
domanda.
“Posso chiederle
un’ultima cosa, Morgana di Cornovaglia?”
“Certo.”
“Che cosa pensa della
magia?”
“Non posso giudicare.. mia
madre l’aveva nel sangue, è
risaputo.”
“Certo.” E le sorrise. Lei fece altrettanto. E
uscì seguita da tutti gli altri
compagni. Arthur le si fece vicino.
“Tutto bene?”
“Sì, non
preoccuparti. Sto bene.” Ma Arthur non era l’unica
persona a essersi preoccupata. Nessuno aveva mai visto Morgana
così turbata,
per niente. Ma nessuno sapeva il perché lei si fosse
spaventata così tanto.
Solo Merlin poteva capirla. Infatti le si avvicinò e dopo
averle fatto
intendere che sapeva cosa provava.
“Sei stata
coraggiosa.” Lei gli sorrise sinceramente. Aveva
capito tutto. Aveva capito che Merlin era un mago.
“Qualunque cosa succeda,
manterrò il segreto. Non temere.”
Disse e poi si allontanò con Gwen, lasciando il ragazzo
sollevato e sorpreso
allo stesso momento.
Gli alunni rimasero più
tempo fuori di quanto era successo o
successe poi in seguito. Gli esami terminarono nel giro di un paio
d’ore.
Non appena finì anche
l’ultimo alunno della 3D, gli alunni
salutarono i professori e uscirono felici da quell’edificio
che per cinque
lunghi anni era stato il loro tormento. Era così bella la
sensazione di libertà
che si provava che a quel punto non importava più la
valutazione, l’unica cosa
che importava in quel momento era essere fuori finalmente da
quell’incubo.
All’uscita Arthur si
avvicinò a Merlin e facendo in modo che
nessuno li vedesse, si avvicinò a Merlin.
“Stasera
c’è la festa di Morgana. Vieni?”
“Non ne sono sicuro..
forse.”
“Ti prego, senza di te non c’è
divertimento e mi devo sorbire Morgana per tutta
la sera.” Merlin ci pensò un attimo, poi il suo
viso si allargò in un sorriso.
“Certo che vengo.”
“Sono contento! Ti vengo a prendere allora alle sette e mezza
a casa, ok?”
“Ok.” Arthur gli diede un bacio veloce e poi
raggiunse Morgana. Non si curò di
Merlin, di tutto quello che provava per lui. Pensava che fosse
semplicemente
una cotta e che quindi tutto sarebbe passato. Tutto. E anche abbastanza
in
fretta. Non aveva motivo di preoccuparsi del male che avrebbe fatto al
moro.
Certo, in quei due mesi gli si era affezionato molto e aveva provato
anche
attrazione fisica nei suoi confronti, ma come si faceva a dire che
quello fosse
amore? Aveva sempre saputo che l’amore non era composto solo
da attrazione
fisica, ma anche di un sentimento che ti logora quando si è
lontani e che ti
esalta, ti fa perdere la testa quando si è insieme.
Finora lui, Arthur Pendragon non
aveva mai provato nulla di
tutto ciò. E ne era convinto, non l’avrebbe mai
provato. Perché non provava
queste sensazioni nei confronti di Morgana, ed essendo lei la donna che
avrebbe
sposato, non avrebbe provato niente di simile con nessun altro o altra.
Ne era
più che convinto. Come diceva il suo professore di italiano,
era una delle
poche certezze della vita. anche se detestava che queste fossero le
sue.
Tornò a casa con la
propria ragazza, la sorella e il ragazzo
di quest’ultima.
“Morgana si può
sapere cosa ti sia successo?” le chiese
Arthur non appena furono entrati.
“Niente, assomigliava
terribilmente all’uomo presente nei
miei incubi.” Lui allora la strinse dolcemente.
“È tutto finito,
amore, non pensarci più.” Lei
gli sorrise e lo baciò.
“D’accordo.”
L’intero pomeriggio passò tranquillamente nella
preparazione e organizzazione della festa che tra pochi giorni si
sarebbe
svolta a casa della ragazza.
Quella sera uscirono a cena per la
pizzata di classe.
Non appena Arthur lo vide, si
sentì in colpa come mai
avrebbe creduto potesse sentirsi . non sopportava il fatto di dovergli
mentire.
Non in quel modo. Ma ormai si era
preso un
impegno che doveva mantenere.
Anche se avrebbe preferito non dovere
mai arrivare a fare
una cosa del genere. Non c’era niente da fare. Merlin aveva
ragione: era
proprio un idiota.
Arthur tornò a casa con la
sorella per cambiarsi e rendersi
presentabile per la festa.
Mentre tornavano, sentì
una certa agitazione crescergli,
scorrergli nelle vene e farlo sentire a disagio come non era mai stato.
Ciò che
lo preoccupava di più era che non sapeva per quale motivo.
Più si avvicinavano
a casa loro, più si innervosiva. Sentiva
quest’ansia crescergli e restare con
lui, quasi si fosse affezionata a lui e lo volesse accompagnare per
tutta la
sera. I suoi muscoli li sentì tendersi. Era tutto
così strano. E i pensieri
iniziarono a occupare la sua mente. Tanto che non si
preoccupò neanche di
fingere di ascoltare cosa Ginevra stava dicendo.
“Arthur, fai
attenzione!” disse mentre passavano con il
rosso. Lui continuò ad accelerare finché non
superarono l’incrocio. “Ma che ti
prende?!”
“N-niente.”
Rispose quello scosso. A Ginevra però ci voleva
poco per capire quello che passava per la testa del ragazzo.
“Non sei
costretto.”
“Non so di cosa tu stia parlando.” Lei
sospirò rassegnata. Non poteva
costringerlo, ma a volte sapeva essere davvero irritante, soprattutto
quando la
trattava come se fosse una stupida, cosa che non era. Lei non aveva
iniziato
una scommessa e poi si era fatta trascinare da questa. Non si era
innamorata di
una persona per poi imporsi di umiliarla davanti a tutti, spezzando il
suo
cuore e quello della persona che amava. Finse comunque di accettare la
risposta
del fratello.
Arthur si riprese dal momento di
confusione che lo aveva
attanagliato e riuscì a guidare e tornare a casa sano e
salvo. La sorella pure.
Entrò, si
fiondò sotto la doccia con l’acqua fredda nella
speranza che i pensieri che lo tormentavano terminassero.
Così non fu. Anzi non
fecero che aumentare, quasi come se l’acqua fredda avesse
risvegliato lo
spirito ribelle che risiedeva nel loro animo. Le tempie iniziarono a
martellargli, segno di un forte mal di testa. Uscì dalla
doccia e si diresse
verso la propria camera, lasciando il bagno libero a Ginevra che ci si
fiondò
dentro con fare molto precipitoso.
Entrato in camera, aprì
tutte le ante di tutti gli armadi.
Doveva essere perfetto quella sera.
“Cosa mi metto?”
pensò Arthur. E iniziò un lungo processo di
“ prendi abiti, alla rinfusa categoricamente, guardali,
scartali e gettali
all’indietro.” Nessuno sembrava andare bene davvero
e quello era un vero
problema. Tra tutti quei vestiti, possibile che non ce ne fosse uno che
andasse
bene?! Scosse il capo rassegnato e riprese. Alla fine decise una
maglietta nera
aderente, coperta da una camicia bianca, pantaloni scuri in jeans. Si
vestì,
rimise tutto in ordine, profumo, ciuffo, giacca di pelle, chiavi della
macchina
e si sedette sul divano in sala. Dopo neanche mezzo minuto
però si vide
costretto ad alzarsi e camminare avanti e indietro per la stanza.
L’ansia e il
nervosismo era tornati a fargli visita. Avevano trafitto quella corazza
di
orgoglio e avevano varcato trionfalmente l’arco che
permetteva l’entrata al suo
cuore. Lo avevano trafitto, ferito a morte, a tradimento. E lui si era
lasciato
vincere, troppo debole per opporsi: era stato vinto e adesso la ferita
sanguinava. Non sapeva che la ferita avrebbe continuato a sanguinare
per lungo
tempo..no, non lo sapeva.
Solo dopo pochi istanti si accorse di
essere osservato. Alzò
il capo e incrociò lo sguardo di Ginevra. Era molto bella e
indossava lo stesso
vestito della sera del suo fidanzamento.
“Ti viene a prendere
Lancillotto?”
“Sì dovrebbe arrivare da un momento
all’altro.” In quel momento suonò il
citofono. “Vieni con noi?”
“No. Vado a prendere Merlin a casa.. ci
vediamo direttamente
lì.”
“Va bene.” Lui le
passò accanto e le diede un bacio sulla
guancia.
“A
dopo.”
E uscì.
Prese la macchina e si diresse a casa
di Merlin. Arrivò dopo un quarto d’ora circa.
Suonò al citofono. Subito
gli venne aperta la porta dalla
madre.
“Arrivo subito!”
fu la risposta di Merlin alla domanda
implicita di Arthur.
“Entra pure.” Gli fece Unith.
“No,
grazie
lo stesso signora.” Unith non ebbe il tempo di ribattere che Merlino la
superò facendo sorridere Arthur.
“Ci vediamo dopo
ma.”
“Va bene, vedi di tornare
tutto intero.”
“Sì, va
bene.” E al fianco di Arthur se ne andò. Lei li
salutò e chiuse la porta. Loro due salirono in macchina e,
finalmente, dopo un
tempo che a lui parve fosse stato infinito.
S’impossessò delle labbra di
Merlin. Lo baciò con foga, con tutta la passione. Sapeva che
quella sarebbe
stata l’ultima sera che avrebbe baciato Merlin. Quindi doveva
approfittarne
finché poteva.
“Arthur..”
“Taci! Merlin. Sta zitto e baciami.”
L’altro sorrise e continuò a fare quello
che l’altro voleva. Arthur chiuse gli occhi e si
assaporò ogni singolo istante,
ogni bacio. Mai come in quel momento le labbra di Merlin gli erano
parse più
desiderabili e dolci in quel momento. Erano diventate una droga per
lui, non
poteva farne a meno. E il pensiero che quello sarebbe stato
l’ultimo giorno in
cui lui avrebbe potuto baciare quelle labbra, lo fece sentire male. A
un tratto
sentì il suo cellulare suonare e si staccò dal
ragazzo per rispondere.
“Pronto?”
“Arthur dove sei?”
“Arriviamo, Morgana, cinque
minuti e siamo da te.”
“Ok.” E lui
attaccò. Guardò Merlin. Quegli occhi oceano gli
sarebbero mancati molto.
“Forse è meglio
andare.” Il mago annuì e dopo essersi
entrambi sistemati, Arthur fece partire la macchina.
Per tutta la durata del viaggio lui
non fece che pensare
quanto fosse ingiusto dover essere costretto a indossare più
maschere
contemporaneamente per soddisfare gli altri e senza però
poter realizzare ciò
che davvero voleva.
Dopo neanche dieci minuti erano
arrivati. Arthur parcheggiò
e chiuse la macchina. Voleva un ultimo bacio. Bloccò Merlin
sul suo sedile e
imprigionò la sua bocca con quella del maghetto, incatenando
le loro lingue che
iniziarono una danza antica come il mondo. Le sue mani vagarono sopra e
sotto i
vestiti del moro, il quale non fece altro che rispondere alle sue
attenzioni
cingendo con le sue braccia il collo del principe e attraendolo ancora
di più a
sé. Arthur sentì un’improvvisa vampata
di caldo percorrergli tutto il corpo.
Sentì la sua intimità pulsare come non mai.
Baciò con ancora maggiore foga
Merlin. Si ritrovò a pensare a quante avrebbe desiderato
farlo suo, prenderlo
lì, in macchina, baciarlo sulle labbra, sul collo, poter
accarezzare quel corpo
così minuto, esile eppure così dannatamente
erotico per lui. L’avrebbe preso,
si sarebbe sentito una cosa sola (questo è per
kinderbuena89!) con lui,
l’avrebbe sentito gemere dal piacere provocato dalle sue
spinte, l’avrebbe
sentito pronunciare il suo nome. Sarebbe stato marchiato come sua
proprietà. Avrebbe
potuto prenderlo lì e poi andare alla festa e seguire il
piano. A un certo
punto però, come se si fosse svegliato da un incubo, si
scostò da Merlin che lo
guardò confuso.
“No, non posso..
scusa.”
“Niente, non importa.”
Disse l’altro con
un sorriso. Innocente. Come era sempre stato. E l’idea che lo
avrebbe perso
quella sera, lo uccideva. E magari non fossero state solo parole. Non
poteva
prenderlo in giro così tanto. Non se la sentiva. Si sarebbe
fatto del male più
di quanto fosse opportuno, e non voleva. Avrebbe già
sofferto abbastanza.
Scesero dalla macchina e suonarono al
campanello. Venne loro
ad aprire una Morgana bella come non mai.
“Finalmente siete
arrivati!” disse lei raggiante.
“Già.”
Rispose Arthur baciandola solo sulla guancia.
Entrarono e tutti si accorsero subito del loro arrivo. Era tutto il
pomeriggio
che aspettavano la festa di Morgana solo per vedere che cosa avrebbe
fatto il
principe, se avesse lasciato Merlin(cosa che comunque tutti si
auguravano), o
se avesse mandato tutti al diavolo e avesse dichiarato i suoi
sentimenti per
Merlin (cosa che risultava comunque impossibile, se non per Ginevra e
Lancillotto).
Il cavaliere, amico di entrambi, si
avvicinò a Merlin e lo
coinvolse in una amichevole chiacchierata. Arthur invece si diresse in
un luogo
abbastanza appartato con Morgana.
“Arthur, stai bene? Sembri
sconvolto.”
“Sto bene, non ti preoccupare, tesoro.” Dei quanto
detestava quando tutti
pensavano che stesse male. Lei
gli
sorrise e gli diede un bacio. Lui accolse non molto volentieri quel
bacio.
Avrebbe preferito di gran lunga le labbra di Merlin. Comunque la
attrasse a sé
e continuò a baciarla ancora per un po’.
Poi si unì agli altri e
dopo i vari convenevoli, venne messa
la musica e lì diede proprio il meglio di sé. Per
tutto il tempo non fece che
cercare lo sguardo di Merlin, che però era sempre occupato a
parlare con
qualcuno. E comunque ora lui era il principe e non doveva mostrare i
propri
sentimenti, così continuò a ballare.
Verso l’una la maggior
parte dei compagni di classe e amici
di Morgana iniziarono ad andare via.
Tra questi c’era anche
Merlin. Iniziò a salutare tutti e
questo non poté sfuggire ad Arthur che si sentì
aumentare maggiormente l’ansia
e il nervosismo che quel giorno lo avevano accompagnato. Forse
sono ancora in tempo, posso ancora salutarlo e fare finta che
tutto sia a posto. Posso ancora lasciare davvero Morgana, e mettermi
con lui..
no, non posso. Mio padre non approverebbe e poi mi ucciderebbe se
sapesse che
io voglio lasciarla per un ragazzo!!! No, non posso farlo. Mi dispiace.
Merlin si avvicinò al
principe che cercò lo sguardo di
Morgana per farsi coraggio. Altrimenti non ce l’avrebbe
fatta, non avrebbe
retto il confronto con quegli occhi.
Merlin lo raggiunse e fece per
baciarlo. Arthur in quel
momento indossò la propria maschera di principe borioso e
arrogante. E lo
scostò di malo modo.
“Merlin?! Che diamine hai
bevuto oggi per colazione? È tutta
la giornata che cerchi di sedurmi!”
“Adesso sarei io quello che
vi vuole sedurre??!!”
“C’è forse un altro Merlin
qui?” disse mostrandogli gli altri. Merlin chinò
il
capo.
“Pensavo che
t’importasse di me.” Sussurrò il
maghetto. La
reazione di Arthur lo spiazzò completamente. Infatti il
principe scoppiò a
ridergli in faccia tirando la testa indietro e con un sorriso
canzonatore che
in diciannove anni nessuno era riuscito a togliergli definitivamente.
“Quanto sei idiota Merlin!
La tua idiozia mi sorprende ogni
giorno di più; credevi davvero che io, il ragazzo
più invidiato e desiderato di
tutta la scuola, fidanzato con la ragazza più bella e
popolare di tutta la
scuola, potessi rinunciare a tutto questo solo per te?? Un ragazzo
inutile,
sfigato e idiota come te? E neanche nobile! Sei solo un illuso Merlin!
Ti
facevo più sveglio!!”
“Quindi è stata tutta una…
menzogna?” No, Merlin no. Il principe girò il capo
sorridendo per poi tornarlo a guadare. Sempre con il sorriso stampato
in
faccia.
“Che ti aspettavi? Che
facessi la parte del principe azzurro
che in sella al bianco destriero ti portava via nel suo regno
lontano??” a quel
punto tutti risero. Arthur compreso.
“No, non sono
così stolto!”
“Avrei detto l’esatto contrario.”
Continuò. L’altro affranto non rispose. Si
limitò a fare un leggero inchino.
“Buona serata,
Sire.” E si avviò all’uscita.
“Dove credi di andare? Non
ho ancora finito.”
“Desideravate dirmi altro,
Sire?”
“I tuoi servigi nei confronti di Camelot e del regno si
possono definire
terminati.”
“Come?”
“Sei stato esiliato.”
“Grazie Sire.” E
dicendo questo uscì. Arthur appena la porta
di casa si fu richiusa si girò verso Morgana. E
notò che tutti lo guardavano
allibiti, lei compresa.
“Non mi avevi detto di
volerlo esiliare.”
“L’ha voluto mio padre.”
“Perché?”
“Per il bacio che gli ho dato l’ultimo giorno di
scuola.” Morgana non rispose.
La serata terminò un ora
dopo. Finalmente Arthur poteva
tornare a casa. Cosa che fece sollevato. Si sentiva sollevato
perché era finito
tutto. Però era stato spaventoso dover mentire a Merlin.
Sì mentirgli perché
oramai si era innamorato di lui, ne era certo. E il punto era che si
era
fregato da solo e per questo non aveva fatto altro che imprecare per la
sua
stessa stupidità. Il piano era quello di illudere Merlin ma
lasciare i propri
sentimenti fuori. Ma come capitava spesso, i suoi piani andavano in
frantumi ed
era la maggior parte delle volte perché lui si lasciava
coinvolgere. E anche
questa era stato lui stesso a rimetterci. Oltretutto in modo del tutto
stupido,
perché avrebbe potuto benissimo mandare a monte tutto e
mettersi con Merlin.
Invece no, stupido com’era aveva preferito sacrificare se
stesso pur di
dimostrare a se stesso e agli altri che lui era superiore.
Già, ma superiore a
chi? Sinceramente non lo sapeva neppure lui. In quel momento avrebbe
voluto
poter sbattere la testa e risvegliarsi senza che nessuno ricordasse
niente e
lasciare Morgana per Merlin. Non poteva credere di averlo lasciato sul
serio.
Insomma lui… era innamorato di Merlin ed era più
che corrisposto.. chi glielo
aveva fatto fare di commettere un errore del genere?
Sommerso da questi pensieri,
salutò gli altri e andò in
macchina. La stanchezza e tensione di quei giorni l’avevano
sfiancato. Ma per
fortuna il liceo era finito e ora poteva fare quello che doveva.
Già ma la
stanchezza non era motivata solo dall’esame della
maturità. C’era anche il
fatto che lui aveva rinunciato a Merlin, e la tensione che lo aveva
preoccupato
in tutti quei giorni, non era che
aumentata.
Era finita senza una motivazione che
avesse un senso. E non
lo avrebbe rivisto mai più. E gli sarebbe mancato molto. E
anche se avesse
cercato di rivederlo, Merlin non l’avrebbe più
voluto, non l’avrebbe più
perdonato. E questo faceva male, più di tutto il resto. Non
avrebbe mai potuto
essere davvero felice. Avrebbe condotto una vita inutile, vuota, se
Merlin non
fosse rimasto al suo fianco. Morgana, per quanto potesse provarci, non
avrebbe
mai sostituito quel ragazzo impertinente ma adorabile quale era il
maghetto.
Tornò a casa. Era talmente
spossato che s’infilò nel letto
senza riuscire neanche a spogliarsi definitivamente. Ma una volta
toccato il
materasso, non trovò la pace che cercava, anzi, non fece
altro che trovare
ulteriore tormento.
La notte era afosa, i suoi pensieri
lo tormentavano e il
dolore chiedeva al principe di potersi esprimere in tutta la sua
violenza.
Infatti come un mare burrascoso s’infrange ripetutamente
sulla scogliera e ogni
volta con maggiore forza, così le lacrime si comportarono
con gli occhi cerulei
del principe che tutto desiderava tranne che piangere.
Perché sapeva che non
avrebbe più smesso, e lui non poteva permetterselo. Non lui,
Arthur Pendragon,
principe ereditario di Camelot. Lui aveva delle regole e un orgoglio.
Peccato
che le lacrime siano ribelli, non sottostiano a nessuna regola e a
nessun
orgoglio. Bruciarono gli occhi di Arthur Pendragon. Tanto che a un
certo punto
lui li chiuse. E fu così che iniziarono a sgorgare lacrime
cocenti e a solcare
le guance principesche. Iniziò inoltre a gemere dal dolore.
Gli sembrava che
una lama lo avesse ferito dritto al cuore e che l’esecutore
si fosse divertito
a rigirare la lama più volte.
Per soffocare i gemiti
tuffò la testa nel cuscino e a
stringere le lenzuola. Cosa del tutto inutile perché i
gemiti non fecero che
aumentare di volume. Sembrava che non ci fosse una cura per tutto quel
dolore.
Ragazze, grazie a tutte
coloro che hanno letto la ff, l'hanno messa tra i preferiti e chei tra
le seguite... sono davvero contenta!!!! un ringraziamento particolare a
kinderbuena89: grazie per il tuo sostegno!!! sei unica come sempre!!!!
tra poco caricherò l'ultimo capitolo... di questa prima
parte!!!! a presto con le mie chilometriche recensioni con la tua
stupenda storia!!!!
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Capitolo 13 *** Left outside alone ***
Left outside alone
Erano passati tre giorni da quando
aveva lasciato Merlin. E
in quei tre giorni non aveva voluto vedere nessuno. All’ora
di pranzo e cena
aveva ordinato che il cibo gli fosse portato in camera, anche se quando
il
piatto veniva riportato nelle cucine, il piatto sembrava intatto.
Arthur aveva gli occhi gonfi, rossi e
per tre giorni erano
stati il palcoscenico dove le lacrime avevano dato mostra di
sé. Il dolore non
era diminuito, anzi, solo che ormai il ragazzo aveva imparato a
sopportare,
soffrire in silenzio. Non faceva altro che pensare a quello che aveva
detto a
Merlin e voleva trovare un pretesto per poterlo rivedere. Un ultima
volta prima
che iniziassero le vacanze e
Merlin
partisse senza più fare ritorno.
Poi gli venne in mente che poteva
dirgli dell’esilio, che
lui non l’aveva voluto. Non sarebbe servito a molto, ma
almeno Merlin avrebbe
saputo tutta la verità. Si alzò di scatto, prese
le chiavi di casa e uscì catapultandosi
fuori, nella fresca aria estiva. Corse più veloce che poteva
con un unico
pensiero in testa. Rivedere Merlin e dirgli che l’esilio lui
non l’ha voluto.
Arrivò davanti a casa sua
che i polmoni sembravano sul punto
di scoppiare. Riprese un attimo fiato e poi suonò il
campanello. Dopo pochi ma
interminabili istanti, la madre gli aprì la porta e gli
lanciò uno sguardo tra
il sorpreso e uno sguardo assassino.
“Che cosa vi porta qui,
Arthur?”
“Vorrei parlare con Merlin.”
“Non è in casa.”
“È
importante.”
“Se vuoi gli dico che sei
passato.”
“Non si disturbi, aspetterò.” Unith,
meravigliata da tanta determinazione, lo
fece aspettare.
“Entra pure.” Gli
disse dopo pochi istanti. “Merlin è in
camera.” Arthur le fece un sorriso come er ringraziarla. E si
diresse a passi
veloci verso la camera del ragazzo. Aprì la porta.
“È
permesso?” non ottenne risposta. Entrò. La stanza
era piccola,
con le persiane chiuse e il letto sistemato con la testiera del letto
contro la
stessa parete che ospitava la porta. Merlin era sdraiato sul letto
sfatto
dandogli le spalle raggomitolato su se stesso. Ad Arthur si strinse il
cuore
vedendolo in quelle condizioni.
“È tornato in
questo stato dalla festa e da allora non è più
uscito dalla sua stanza.” Disse Unith. Arthur
sentì le lacrime chiedere di
uscire. Unith li lasciò soli.
“Merlin…”
“Vattene via!”
“Ti volevo
parlare.”
“Non vi è bastato quello che mi avete detto tre
giorni fa, Sire?” ribatté il
mago, sottolineando con un tono disprezzante l’appellativo.
“No.”
“Se siete venuto per insultarmi ancora, Sire, potete anche
andarvene. Non ho
voglia di soffrire ulteriormente a causa vostra.”
“Merlin, volevo che tu sapessi che…
l’esilio… non l’ho voluto io!
È stato mio
padre a volerlo e io non sono riuscito a distoglierlo dalla sua
volontà.”
“Perché tuo padre avrebbe voluto il mio
esilio?”
“Per il bacio più che plateale che ti ho dato
l’ultimo giorno di scuola.”
“Questo non cambia
niente.”
“Lo so, Merlin.”
“E allora perché siete venuto da me?”
“Volevo vederti un’ultima volta: mi mancheranno le
tue risposte insolenti.” Merlin
non rispose. Calò il silenzio. Arthur piangeva in piedi, in
silenzio e vedeva
la schiena di Merlin sussultare. Il moro si sedette sul bordo del letto
sempre
dandogli le spalle e si prese la testa tra le mani.
“Merlin..”
“Vattene via!” disse il moro girandosi e mostrando
un volto che era in tutto e
per tutto identico a quello di Arthur: occhi gonfi, rossi, occhiaie
profonde,
lacrime che violente sgorgavano dai suoi occhi. Arthur
indietreggiò e dopo
averlo guardato un’ultima volta, aprì la porta e
uscì lentamente dalla stanza. Sperava
in un richiamo. Sperava che Merlin lo richiamasse e gli dicesse ancora
un’ultima
volta che lo amava. Quando ebbe chiuso la porta ebbe
l’istinto di tornare
indietro e baciarlo, dirgli quanto lo amava, quanto volesse aver la
possibilità
di tornare indietro e cancellare la sera della festa, quanto lo
desiderasse. Ma
tutto questo non sarebbe accaduto. E infatti non avvenne.
C’era una parte di
lui che gli gridava di tornare indietro, e un’altra che gli
diceva che era
giusto così.
Naturalmente, come ogni volta che non
sapeva che cosa fare,
seguì la ragione e si diresse verso la porta
d’ingresso. Salutò Unith che
rimase quasi allibita quando vide le lacrime rigare il volto di Arthur
Pendragon,
e uscì. Corse. Lontano da lui, dalla casa,
dall’unica persona che amasse e che
avesse fatto soffrire così tanto.
Fine prima parte.
Ragazze, non ammazzatemi, come potete
vedere la storia non è
completa.. qui finisce la prima parte. Spero che mi perdonerete.
E ora, giunta ormai al capitolo
dodici, volevo spiegare il
nome dei titoli.
Iniziamo dal titolo della storia.
Ø
High
School Never Ends (Bowling for Soup). Il titolo
e la storia mi sono venuti in mente guardando l’omonimo video
su Youtube (dovrò
fare una statua a chi l’ha inventato!!!) di cui vi metto il
link: http://www.youtube.com/watch?v=hgria9qKDVg
Ø
You
don’t own me (Blow Monkeys). Invece l’ho
nominato così per un altro video sempre sui nostri due
beniamini, per
sottolineare la ritrosia di Merlin a
sottostare all’arroganza del nostro principe. Questo
è il link: http://www.youtube.com/watch?v=Bf78Gw-2Atk
Ø
I’ll
hurt you (Eminem feat. Busta Ryhmes),
invece l’ho voluto perché per me ha un valore
affettivo. Infatti è stata la
prima canzone che ho ballato a hip hop grazie al mio maestro Simon che
devo ringraziare
con tutto il cuore!!!
Ø
You
spine me around (Dead or Alive), l’ho scelto
per cercare di sottolineare il fatto che Arthur, pur di farlo cedere al
suo
volere, gli stia sempre intorno, anche se nel video (sì,
c’è il video anche su
questa canzone!!!) credo sia Arthur che si lamenti di Merlin e non
viceversa. Eccovi
il link: http://www.youtube.com/watch?v=FoHZtLDh884
Ø
Lay
all your love on me (Abba). Mi sembrava che
ci stesse, come richiesta di Morgana di non perdere inutile tempo
dietro a
Merlin. A me oltretutto piace anche per il film “Mamma
mia!” dove recita il mio
adorato Colin Firth, un altro attore che a me piace molto.
Ø
Never
felt this way(Alicia Keys) per esprimere lo stato di confusione di
Arthur.
Ø
Lies
(Evanescence), in onore del gruppo che io
più adoro al momento. Sono un po’ tragici, ma la
loro grinta e la voce di lei
le trovo uniche.
Ø
Falling
(Alicia Keys) per la confusione di
entrambi, e anche in ricordo per fede fashion di tutte le volte che
l’abbiamo
cantata a casa sua con il sing star!!!
Ø
Sweet
Sacrifice (Evanescence) perché è una delle
prime canzoni che ho ascoltato di questo grandioso gruppo. Ecco il
link: http://www.youtube.com/watch?v=k1WqmTQMw_k
Ø
It’s
the final countdown ( Europe) devo per
forza commentare?? Eccovi il link: http://www.youtube.com/watch?v=tt_ro2aerQg
Ø
So
scandaluous ( Mis Teeq) perché era una
canzone che mi piaceva molto, e ogni tanto la canto ancora, ma quando
ho visto
il video sono rimasta traumatizzata. Il link del video ufficiale: http://www.youtube.com/watch?v=0AmjhX3dHy0&feature=related
Ø
I’m
a loser (Beatles) in onore della band rock
anni ’60 con la quale sono cresciuta.
Ø
Left
outside alone (Anastascia) per la cantante
che ancora oggi, se ascolto quella canzone, mi fa venire i brividi.
Ecco il
link: http://www.youtube.com/watch?v=iS7YCPKbSvw
Ditemi che ne pensate!!!!! Un bacio a
tutte e a presto!!!!!!!
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Capitolo 14 *** Halo ***
Halo
Un
anno. Dodici mesi. Era passato un anno dalla maturità. E lui
non aveva ancora
dimenticato Merlin. Aveva provato, aveva tentato di tutto.. persino
farsi
piacere Morgana. Ma niente. Niente aveva funzionato. Sembrava che
qualcuno ce
l’avesse con lui e lo desiderasse straziato. Poi si
ritrovò a pensare che se
adesso Merlin non era vicino a lui, se su quella barca era in compagnia
di
Morgana, Ginevra, Lancillotto, Pellinor ed Elaine ma non
c’era l’unica persona
che volesse al fianco, era tutta colpa sua.
Sì,
colpa sua per quello che aveva fatto al ragazzo, l’unica
persona che l’avesse
trattato come un ragazzo normale, che non avesse cercato di ingraziarlo
solo
per la propria posizione e grado sociale. Merlin con lui era sempre
stato se
stesso e molte volte l’aveva spinto a fare la cosa giusta,
anche se lui non
l’aveva mai riconosciuto davanti a nessuno. Un Pendragon non
può ammettere
certe cose. Alcune faccende non dovevano essere ammesse. Come i propri
sentimenti per una persona. Soprattutto se non è la persona
che ti è stata
destinata fin da pria che si nascesse, e soprattutto se appartiene al
tuo
stesso sesso.
Arthur
non avrebbe mai potuto accettare a cuor leggero la sua scelta, non
avrebbe mai
potuto gridarlo al mondo, come invece avrebbe preferito poter fare. Si
sarebbe
sentito male. Colpevole. Avrebbe tradito le aspettative di suo padre,
il Re, e
sarebbe vissuto nel terrore di essere scoperto e creare uno scandalo.
Che cosa
ci aveva guadagnato però in quell’anno e mezzo?
Che cosa aveva fatto? Niente.
Era la risposta a entrambe le domande. Non si sentiva colpevole nei
confronti
del padre, no. Si sentiva colpevole nei confronti di se stesso.
Perché fin dal
giorno in cui l’aveva lasciato, il suo cuore (che se avesse
potuto parlare gli
avrebbe tirato dietro tanti di quegli insulti!) non aveva smesso di
sanguinare
un attimo. Il dolore che provava era aumentato sempre di più
da quella sera in
cui era tornato distrutto dalla casa di Merlin.
Aveva
fatto del male a se stesso, lasciandolo. Ma ciò che
più lo faceva soffrire, era
di aver fatto tormentare Merlin, la persona che amava ma che non era
stato in
grado di proteggere e difendere. Mai avrebbe voluto farlo penare, e se
gli
avessero chiesto se ne sarebbe stato capace, Arthur avrebbe risposto di
no.
Eppure eccolo lì, a soffrire per la perdita
dell’unica persona che avesse mai
amato. E lui sapeva che la parola amore non si deve usare con
leggerezza, ma
sinceramente non sapeva come altro esprimere il suo legame che lo univa
a quel
ragazzo.
Era
stato tutta la sua vita, il suo soffio vitale, e da un anno a questa
parte
Arthur non aveva fatto altro che chiudersi e allontanarsi sempre di
più dagli
altri.. persino da Morgana e dalla stessa Ginevra che tante volte aveva
cercato
di fermarlo, ma che lui non aveva mai ascoltato.
La
brezza di fine Giugno gli scompigliò leggermente i capelli
biondi. Cercò di
sistemarli, poi tornò ad appoggiarsi al parapetto della
barca a vela. Erano
fermi lontano dalla costa. La giornata era stupenda. Sole, cielo terso,
mare
blu con scie dorate che testimoniavano la presenza splendente dei raggi
solari.
Lui, Arthur, aveva lo sguardo fisso nell’immensa distesa blu.
Blu come gli
occhi di Merlin, che non poteva rivedere. Non l’avrebbe
più rivisto. A causa
del suo esilio. Non c’era niente da fare. Tutto era finito un
anno fa, e niente
sarebbe cambiato, dato che Merlin ormai era stato esiliato.
Morgana
gli si avvicinò.
“È
pronto.” Disse in un sussurro, quasi non volesse disturbare i
pensieri di
Arthur. Lui girò lievemente il capo e rispose:
“Arrivo.”
Lei fece un flebile sorriso e tornò sottocoperta.
Arthur
sapeva di far del male a Morgana, ne era consapevole, ma non lo faceva
apposta:
semplicemente non riusciva a non pensare a Merlin e quindi estraniarsi
da
tutti. Non ci riusciva. Avrebbe voluto anche lui tornare a essere il
ragazzo di
sempre, ma non era possibile,
perché Merlin non era con lui.
Scese
in coperta e mangiò con gli altri. Miracolosamente
riuscì a ridere a un paio di
battute degli altri. Ma ben presto la tristezza tornò a
impossessarsi di lui. E
tornò nella cabina che condivideva con Morgana.
Ciò
non sfuggì a quest’ultima che, fatto passare un
po’ di tempo, lo raggiunse. Era
sdraiato sul letto con gli occhi fissi sul soffitto. Alzò lo
sguardo e la
guardò deluso.
“Scusa
Morgana, ma non me la sento di parlare con nessuno.”
“Questo lo so.”
“Allora che vuoi?”
“Perché
non mi parli più? Una volta non era
così.”
“Una
volta era diverso, è vero; ma adesso non ho nessuna voglia
di sentire le tue
lamentele e le tue crisi esistenziali.” Lei lo
guardò furente e gli rispose.
“Arthur
Pendragon, ti consiglio di ritirare subito ciò che hai
detto. Solo perché sei
il principe non hai alcun diritto di trattare a tuo piacimento le
persone,
soprattutto chi ti vuole davvero bene. Non ti permetto di parlarmi
così.”
“A te non è mai importato niente di me! Non ti sei
mai minimamente interessata
a me, mai! Il tuo affetto, il tuo amore è sempre stato solo
di parole!”
“Questo non è assolutamente vero! Se non me ne
fosse importato niente a
quest’ora tutto il tuo regno saprebbe di te e Merlin nei
minimi dettagli,
saresti stato screditato davanti all’intero popolo. Ma questo
non è successo, e
sai perché?? Perché io ti voglio bene.. sei la
persona più importante per me; e
in questi ultimi anni ho cercato di starti vicino, ho provato ad
aiutarti, ma
tu ogni volta ti sei chiuso in te stesso e ti sei allontanato da me.
Cosa
credi? Che non mi sia accorta di quello che provavi per Merlin? Credevi
davvero
che non avessi capito quanto l’amavi?! Pensavi davvero che
fossi così
stupida??! Lo sapevo benissimo che ogni bacio, ogni carezza che mi davi
era per
Merlin. So che avresti voluto avere lui al mio posto. Ma nonostante
tutto ho
cercato di farmi forza per non crollare, per fingere di stare bene, per
mio
padre, per Uther, per quello che avevano pensato: ma più di
tutto il resto l’ho
fatto per te.”
“Per
me?”
“Sì, per te, perché che tu lo voglia
ammettere o meno. Non puoi farcela da
solo. Hai bisogno di qualcuno che..”
“Qualcuno che non sei tu! Quindi per favore smettila di
blaterare ed esci!” lei
fece un leggero passo indietro quasi spaventata e
s’indirizzò alla porta. Prima
di uscire però girò lievemente il viso.
“Arthur..
prenditela con me quanto vuoi, non m’importa.
Passerà. Ma per quanto ancora ti
ci vorrà per capire che Merlin ha bisogno di te, che
è arrivato il momento che tu
agisca di testa tua senza ascoltare Uther?”
“Non
so di che cosa tu stia parlando.”
“Può
darsi: ricordati solo che è inutile combattere contro
l’amore: vince sempre. E
ascoltando tuo padre stai sacrificando il tuo cuore. Per quanto credi
che possa
continuare in questo stato? Ricordati che l’amore ti consuma
lentamente, fino a
logorarti l’anima. Fa quello che ritieni più
giusto.” E detto ciò
silenziosamente uscì.
Arthur
rimase a lungo ancora in cabina meditando sulle parole di Morgana. E
ripensò a
quello che aveva fatto negli ultimi anni. E si ricordò che
tutto ciò che aveva
fatto, lo aveva fatto solo per suo padre, per compiacerlo, per la sua
approvazione, senza mai pensare a se stesso, alle conseguenze che
avrebbero
potuto portare le sue azioni: non si era mai curato di nulla. Aveva
semplicemente eseguito gli ordini paterni meccanicamente, come fosse un
robot.
Anche quando il padre gli aveva ordinato di esiliare Merlin, lui non
aveva
cercato di opporsi e non si era nemmeno chiesto come avrebbe passato i
giorni
seguenti.
E
Morgana: forse era stato troppo duro con lei. Il dolore che aveva
provato per
Merlin lo aveva straziato così tanto da fargli dimenticare
che comunque c’erano
anche altre persone che gli volevano bene e che erano state allontanate
ingiustamente. Morgana era tra quelle persone. Lei lo amava davvero,
l’aveva
sottovalutata troppo. E ogni volta che aveva cercato di aiutarlo si era
vista
trattata male, come fosse un’estranea impicciona. Doveva
rimediare con lei.
D’altronde in quel momento era l’unica persona che
gli avesse detto
esplicitamente che cosa provava, che si fosse accorta della sua
situazione. Era
l’unica persona con la quale poteva parlare.
Poi
avrebbe pensato anche a cosa fare per Merlin. Magari la stessa Morgana
avrebbe
cercato di aiutarlo. Magari gli avrebbe dato anche dei consigli.
“Arthur…
Noi facciamo un bagno, tu che fai?”
“Arrivo,
Ginevra, arrivo.” Disse secco. La ragazza uscì e
lui fece altrettanto. Appena
salì, incontrò lo sguardo di Morgana. Si
guardarono a lungo, poi lui le sorrise
e lei ricambiò. Le si avvicinò.
“Morgana,
io..”
“Ne
parliamo dopo, se vuoi.” E si spogliò rimanendo in
costume. Gli altri la
imitarono e si buttarono.
“Dai,
Arthur non fare il difficile.. mettiti in costume!”
“No,
non ne ho voglia.” Lei alzò gli occhi al cielo,
poi presa una brocca d’acqua,
si avvicinò e gli rovesciò il contenuto in testa.
Lui chiuse gli occhi e rimase
in silenzio. Quando li riaprì, lei gli fece un sorriso
innocente e gli disse
ancora più innocentemente
“Ops,
mi è scivolata dalle mani.” A quelle parole lui la
guardò male e lei iniziò ad
arretrare per poi mettersi a correre. Lui allora la inseguì
finché non la
prese. La prese in braccio e poi la buttò in mare,
provocando le risa di tutti.
Quando lei riemerse ribatté.
“Ops,
mi sei scivolata dalle mani:”
tutti
risero. Lei inclusa.
“Ora
ti tocca buttarti.” Lui allora come gli altri si
spogliò e si buttò.
La
sera dopo cena, Arthur entrò in cabina e la trovò
vuota. Morgana non era a
dormire. Non nella loro cabina, almeno. Non voleva che pensasse che lei
aveva
già dimenticato tutto, che un bagno insieme avesse risolto
tutto. Infatti, poco
dopo, Lancillotto entrò.
“Posso
dormire qui? Morgana si è messa a dormire nella nostra
cabina e Gin mi ha detto
di venire qui.”
“Sì, non preoccuparti. Me lo immaginavo dopo la
litigata che abbiamo avuto.”
“Bella litigata.” Arthur sorrise.
“Lancillotto..
volevo scusarmi per come mi sono comportato in quest’ultimo
anno, io..”
“Non preoccuparti, Arthur. So quanto ti sia costato lasciare
Merlin. Non ho mai
avuto motivo di prendermela con te, e non è certo per questo
che lo farò.”
“Grazie
Lance. Buonanotte.”
“Buonanotte.”
Arthur
si svegliò verso l’alba. Non riusciva a dormire.
Prese una felpa e salì sul
ponte, dove vi trovò Morgana.
“Che
ci fai sveglia a quest’ora?”
“Aspetto
l’alba. Tu?” chiese atona.
“Non
riuscivo a dormire.” Seguì un lungo momento di
silenzio durante il quale lui si
avvicinò a lei e guardò l’orizzonte in
attesa, anche lui, dell’alba.
“Spero
che non te la sia presa per ieri sera.”
“No, dovevo immaginarlo.”
“Mi
hai fatto male.”
“Lo so. Però non sopportavo l’idea che
tu t’intromettessi un’altra volta nel
mio rapporto con Merlin.”
“Volevo
cercare di alleviarti il dolore, non volevo aumentarlo, mi
dispiace.”
“Perdonami.”
“Per cosa?”
“Per averti allontanata da me.”
“Perdono ma non dimentico, Arthur: non so però
come andrà a finire tra di noi.”
“Ti
sposerò: non romperò certo il nostro fidanzamento
per poi trovarmi con una
ragazza viziata che non sopporto.”
“Romperai
con me, e molto presto: sarai obbligato. Ma voglio che tu ti ricorda
ciò che ti
ho detto ieri prima di uscire dalla cabina.” E sorridendogli
tornò a guardare
l’orizzonte.
Il
cielo blu cina iniziò a schiarirsi e
la
Luna declinò lasciando il posto al pallido Sole. I raggi
solari illuminarono il
ponte, donando una luce che Arthur non aveva mai avuto
l’onore di vedere. Si
girò verso Morgana, che invece si trovava a suo agio e
sorrideva.
Purtroppo
l’alba non durò a lungo. Pochi minuti e il sole
riprese la sua luce e il suo
corso.
Quando
lui si rigirò nuovamente verso di lei, Morgana non
c’era. Si guardò in giro e
poi tornò in coperta sperando di trovarla in cabina, ma nel
letto c’era ancora
Lance che dormiva come se niente fosse. Si mise a dormire. Ma non ci
riuscì.
Allora decise di dirigere la barca al porto di Tintagel e di scendere
lì.
Per
un momento sperò che a Tintagel ci fosse Merlin.
D’altronde Tintagel si trovava
in Cornovaglia e non faceva ancora parte del suo regno, quindi le
possibilità
di incontrarlo erano alte.
Pensò
a Merlin lungo tutto il tragitto.
Gli
mancava terribilmente. Se l’avesse rivisto, probabilmente,
non sarebbe riuscito
a contenersi. L’avrebbe baciato davanti a tutti, come aveva
fatto l’ultimo
giorno di scuola; solo che questa volta non avrebbe obbedito al volere
del
padre. Avrebbe fatto di testa sua.
Quando
il porto di Tintagel comparve alla sua vista, ovvero verso le nove del
mattino,
Morgana e gli altri iniziarono a fare la propria presenza e vestirsi
per la
giornata che li avrebbe attesi. Tutti erano felici, contenti di toccare
di
nuovo terra. Arthur sperava che le sue speranze fossero fondate e che
Merlin si
trovasse a Tintagel.
Il
sole era alto nel cielo e la città portuale era vivacissima
di colori; sempre
caratterizzata da bancarelle etniche, botteghe di manufatti le stradine
tortuose secondarie e naturalmente i grandi negozi di moda lungo le vie
principali. Ma ciò che rendeva tutto ancor più
magico erano i vestiti colorati
degli abitanti.
Attraccarono
al porto e scesero. Entrarono in un bar sul porto a fare colazione. La
giornata
era bella e prometteva bene. Morgana, notò Arthur, aveva n
sorriso come gliene
aveva visti pochi. Era entusiasta, ma nessuno sapeva il
perché.
Lei
si preoccupò di svelare il mistero al diretto interessato.
“Arthur,
ti fidi di me?”
“S-sì,
Morgana.”
“Oggi ti accadrà qualcosa di veramente bello,
cogli l’occasione.” E detto ciò
si allontanò con Ginevra e Elaine verso il primo negozio a
portata.
Arthur
invece iniziò a girare con Lance e Pellinor. Rimasero nella
zona del porto,
perché Arthur se lo sentiva che quel giorno avrebbe
incontrato Merlin.
All’ora
di pranzo si riunirono tutti e mangiarono. Arthur guardò
interrogativo Morgana.
Lei capì al volo e rispose alla domanda implicita.
“Fidati:
entro la mezzanotte.” Lui annuì e
continuò a mangiare con gli altri come se
niente fosse.
Il
pomeriggio trascorse troppo velocemente per i gusti di Arthur. Tutti
insieme
erano andati al castello di Morgana e avevano disfatto i bagagli e si
erano
resi presentabili per la sera,dato che sarebbero andati fuori a cena,
come
accadeva sempre ogni volta che sbarcavano a Tintagel. Era il loro modo
per
inaugurare il loro soggiorno lì.
Si
prepararono per uscire e Arthur, dopo essersi fatto una doccia, si
vestì con
camicia blu a righe azzurre infilata dentro a un paio di bermuda
bianchi.
Morgana
invece quella sera indossò dei pantaloni neri aderenti,
scarpe con tacco
aperte, e una camicetta nera chiusa fino al secondo bottone. I capelli
erano
lasciati sciolti, a parte due ciocche tirate indietro. I raggi del sole
inoltre
lasciavano dei riflessi rossi ai suoi capelli neri corvini.
Andarono
a finire nel solito ristorante, dove vennero accolti dal proprietario
col
solito fare amichevole, essendo questi amico di Uther e Gorlois.
“Ragazzi,
che piacere rivedervi! Quest’anno siete arrivati in
anticipo!”
“Già, abbiamo deciso di fare tre settimane invece
di due, così da avere poi più
tempo per iniziare l’università.”
“Mi fa piacere rivedervi: ogni anno siete sempre
più belli e sempre più giovani.”
I ragazzi scoppiarono a ridere. E ringraziarono. Il proprietario li
accompagnò
al solito tavolo.
“E
ditemi: come stanno Uther e Gorlois? È da un po’
che non li vedo.”
“Bene,
loro stanno bene.. non cambiano mai.” Questa volta fu
l’oste a ridere. “E la tua
famiglia?”
“Bene.. mia moglie adesso è partita; è
andata a fare un viaggio non so dove..”
“beh, allora va alla grande!” ribatté
Arthur.
“Vedo
che già hai capito come gira il mondo, eh, giovane
Pendragon.” Tutti al tavolo
risero.
“E
Vivian? È un po’ che non ho sue
notizie.” Riprese Arthur. Morgana e Ginevra si
freddarono un pochino: a loro Vivian non piaceva per niente.
“Oh,
lei sta bene.. è a fare un erasmus in America.. non te
l’ha detto?”
“No, è da molto che non la sento.”
“Ah. “ poi si rivolse agli altri. “Il
solito?
“Sì,
grazie.”
La
serata sembrò non migliorare, finché delle
guardie di Camelot capeggiate da un
losco individuo entrarono nel locale e si diressero verso un tavolo
vicino a
loro. L’uomo afferrò il ragazzo seduto al tavolo
con una ragazza e un signore
anziano e una donna sulla quarantina.
“È
lui, ne sono sicuro. Portatelo via.”
“Non so di che cosa state parlando.”
“Sei
stato accusato di praticare magia e per ordine del re verrai
giustiziato.” Il
ragazzo cercò con lo sguardo l’uomo anziano, che
però gli fece segno che non
poteva fare niente. A quel punto gli fu tutto chiaro. Il ragazzo erra
Merlin,
l’anziano Gaius, la donna Unith.
Si
alzò dal tavolo e si mise dietro l’uomo che aveva
accusato Merlin di
stregoneria.
“Che
succede?”
“Questo ragazzo è uno stregone: da quando
l’ho ospitato a casa mia, mi sono
capitate tutte le maggiori disgrazie, come avesse lanciato una
maledizione.”
“E le tue disgrazie aumenteranno se non lo lasci
andare.”
“Sire,
vostro padre, il Re, ha ordinato la sua cattura.” Rispose una
guardia di
Camelot.
“Lui
pratica la magia!” riprese l’uomo indicando lo
sventurato. Poi fece per tirare
un pugno a Merlin. Arthur però fu più veloce e
gli bloccò il polso.
“Giù
le mani: Merlin lo conosco, gode della mia totale fiducia. Non pratica
la
magia. Se avete un problema con lui, venite a riferirlo a me. Sono
stato
chiaro?” Tutti annuirono. “Bene, e adesso
lasciatelo andare.”
“Ma Sire, eseguiamo gli ordini del Re..”
“Adesso eseguite i miei: ci penserò io a mio
padre, me ne assumo la responsabilità.”
Le guardie confuse annuirono e
se ne
andarono. Arthur si voltò verso Merlin che lo guardava
riconoscente, seppur
mantenendosi molto distaccato.
“Non
una parola.” Disse Arthur in risposta.
“Non
ho detto niente, Sire.” Arthur lo guardò sorpreso:
dopo tutto quello che aveva
fatto, lo chiamava ancora Sire?
Chinò
il capo e poi sorrise.
“Sai
Merlin, non ho ancora capito se sei tu a cercarti i guai o se sono loro
a
venire da te.”
“Me
lo chiedo anch’io.” Si guardarono e risero. Era da
tanto che lui non rideva
così. Da troppo. Quei dodici mesi errano stati i
più lunghi di tutta la sua
vita.
Poi
Arthur si voltò verso Gaius.
“Gaius:
mio padre temeva che fossi scomparso!”
“Mi spiace non aver potuto avvisare, ma avevo degli impegni
urgenti.”
“Non ti preoccupare... Signora Unith,:”
“Principe Arthur.” Disse freddamente. Il ragazzo si
girò verso la ragazza che
era seduta accanto al suo
Merlin.
“Conosci
già Freya?”
“No.”
“È
la mia ragazza.” Ad Arthur si gelò il sangue nelle
vene. Merlin aveva la
ragazza??!! Questo significava che Merlin era… etero e che
quindi.. era stata
solo una cotta passeggera quella che aveva provato per lui. Mentre lui,
che lo
aveva deriso e preso in giro per tutto il liceo.. se ne era innamorato
senza
via d’uscita. Che… idiota
che era
stato!!! Farsi giocare così in questo modo da Merlin.
Nonostante
tutto esibì il sorriso più smagliante che avesse
alla ragazza.
“Piacere
Freya.”
“Il piacere è tutto mio:” rispose lei
con un sorriso tanto largo quanto falso,
come lo era stato quello del principe.
Questi
poi si girò verso Merlin.
“Beh..
buona serata e buon proseguimento.”
“Grazie, Sire.” A quelle parole il ragazzo
s’intristì. Merlin non lo aveva mai
chiamato “Sire” se non per deriderlo, e quello che
agli altri poteva sembrare
un normale segno di rispetto, per Arthur aveva tutto un altro
significato: era
il suo modo per prendere le distanze.
Nonostante
tutto gli sorrise e tornò al suo tavolo. Tutti lo stavano
aspettando. Morgana
gli sorrise. E lui le diede un bacio.
Quando
la cena finì, si alzarono e dopo aver salutato ancora una
volta il tavolo di
Merlin, uscirono. Per tutto il tempo in cui gli altri avevano salutato
Merlin e
avevano parlato con lui, Arthur aveva cinto il fianco di Morgana, come
a
sottolineare che anche lui era andato avanti.
Di
certo non era stato esattamente il ritrovo che si era immaginato, ma se
non
altro l’aveva visto felice, con una ragazza al fianco. E se
Merlin era felice,
lo era anche lui.
I
sei ragazzi trascorsero la serata sul lungo mare, tra le bancarelle
serali
illuminate. Poi verso mezzanotte, Elaine fece una proposta.
“Ragazzi,
vi va di fare il bagno di mezzanotte nella spiaggia qui dietro, che
è sempre la
meno affollata?”
“Buona idea, Elaine.”Le rispose Pellinor dandole un
bacio. Gli altri si dissero
d’accordo e scesero in spiaggia. Era la più
piccola e la più riparata dal
vento. Era l’unica spiaggia libera di tutta Tintagel.
Arrivarono e accesero un
falò. Poi Pellinor andò a una baracchetta
lì vicino per prendere delle birre.
Quando
tornò era in compagnia.
“Guardate
un po’ chi ho incontrato alla baracchetta?”
“Ma
non mi dire! Due volte in una serata è troppo!”
disse Ginevra scherzando.
Merlin rise al suo scherzo.
Gli
sguardi di Arthur e Merlin s’incrociarono e il principe fu il
primo a
distoglierlo. Non riusciva e non voleva neanche guardare Merlin negli
occhi,
perché sapeva che non avrebbe retto il confronto con quei
due oceani.
Prese
la birra che Pellinor gli aveva offerto e la bevve.
La
mezzanotte tanto attesa dai ragazzi, sembrava non arrivare mai. E
Arthur era
inquieto, quasi quanto il giorno della festa di Morgana: solo che
allora aveva
dovuto lasciare Merlin; adesso invece si erano ritrovati dopo un anno e
Arthur
non sapeva che dire, come comportarsi. Avrebbe voluto poter cancellare
tutto,
quel periodo passato senza di lui. Ma purtroppo ciò non era
possibile. Lui
l’aveva lasciato e il passato non si poteva cambiare.
“Ragazzi,
è mezzanotte!”
“Dai
andiamo a fare il bagno!” esclamò Morgana di
rimando.
“Voi
andate, io vi raggiungo.” Rispose Arthur, imitato da Merlin.
Alzò lo sguardo:
Merlin, di fronte a lui, lo guardava come se stesse aspettando qualcosa
dal
principe. Gli altri, ormai persi per l’eccessivo tasso
alcolico, andarono a
farsi il bagno, lasciando Arthur e Merlin da soli.
Si
guardarono a lungo senza proferire una sola parola, un solo suono.
L’aria era
molto tesa. Poi Merlin si sedette accanto al principe.
“Quanto
avete bevuto? Puzzate d’alcool”
“Nessuno ti ha detto di metterti vicino a me, Merlin, sei
stato tu a venire
qui: se non ti va, puoi tornartene al tuo posto.”
“Non siamo a scuola, non abbiamo i banchi, Sire: il mio posto
è dove decido di
stare.”
“Vicino
a me?”
“Lo
è sempre stato.” Arthur lo guardò: era
intento a ravvivare il fuoco del falò.
Sorrise. “Vi trovo bene.”
“Cosa?”
“Vi
trovo bene.. tutti quanti. Evidentemente siete a posto con la vostra
coscienza.
Mi fa piacere constatarlo.”
“Anche tu non hai perso tempo, a quanto vedo.”
“Avevo il diritto di rifarmi una vita, o no?”
Arthur non rispose.
“Mi
dispiace, Merlin, io..”
“Non me ne faccio niente delle vostre scuse, Sire. Preferisco
che tacciate.” E
Arthur obbedì. Rimase zitto per un po’.
Pensò a Merlin che si era trovato una
ragazza e abbastanza in fretta pure, se si pensa che era passato solo
un anno.
Freya era carina, simpatica, lo amava e sicuramente gli era stata
vicina più di
quanto lui stesso potesse fare. Ma una cosa, sicuramente, non era in
grado di
farla bene quanto lui.
“Sembra
una brava ragazza, Freya.”
“Lo è.”
“La
ami?” Merlin indugiò un attimo.
“Sì:
mi è stata molto vicino, e mi ha..”
“Dire che ti è stata vicino, non significa che tu
la ami.”
“La amo.”
“Tua
madre approverà.”
“Sì, la approva, è contenta per
me.”
“E
Freya… ti fa sentire amato, giusto?”
“Sì.”
“Anche quando ti bacia?”
“Dove vuoi arrivare?” Arthur sospirò.
“Voglio
sapere se c’è almeno qualcosa in cui la supero:
è così.. pura.. come te,
d’altronde.”
“Oh beh.. di sicuro la superate in idiozia: sapete, credo che
sia impossibile
trovare qualcuno che sia più asino di voi.” Arthur
si girò fintamente
indignato.
“Rimangiati
subito quello che hai detto, Merlin.”
“Altrimenti?”
disse con aria di sfida. Arthur si girò di scatto verso di
lui.
“Inizia
a correre.” Merlin per la prima volta nella sua vita
obbedì ad Arthur. Iniziò a
correre. E Arthur gli andò dietro. Non ci volle molto a
raggiungerlo. Lo
raggiunse e lo strinse, in modo che la schiena del mago aderisse contro
il suo
petto. Il moro, nonostante tutto, cercò di divincolarsi,
anche se il risultato
che ottenne fu “leggermente” diverso. Entrambi
finirono sulla sabbia uno sopra
l’altro. Arthur con la schiena che poggiava sulla sabbia e
Merlin sopra di lui.
Si guardarono: non era la prima volta che accadeva. Entrambi si
ricordarono del
pomeriggio trascorso nello stanzino della scuola durante il quale erano
stati
interrotti da Morgana prima e Ginevra e Lancillotto poi. E come allora
le mani
di Arthur si posarono sui fianchi di Merlin che non fece niente per
impedirlo.
Negli occhi si leggeva lo stesso desiderio che aveva dominato il loro
animo in
quei tre mesi finali di scuola e che avevano coltivato segretamente in
quei
dodici mesi.
Arthur
lentamente ribaltò le posizioni e si sistemò
sopra di lui appoggiando i gomiti
sulla sabbia per non gravare troppo con il suo peso. E tornò
a perdersi nello
sguardo di Merlin, come aveva sempre fatto dal primo giorno in cui i
suoi occhi
avevano incontrato quelli del maghetto.
“Arthur,
che stai..?” la frase si fermò sospesa
lì: Arthur sfiorò le labbra di Merlin con
le proprie. E questo si ritrovò a rispondere, attirando a
sé il viso del
principe.
Il
bacio fu tenero, lungo e calmo, come se avessero tutto il tempo a loro
disposizione. Quando Arthur si staccò, fu chiaro a entrambi
che, pur non
essendo cambiato una virgola dei sentimenti che provavano
l’un per l’altro, non
sarebbe durata. Era una cosa senza alcun futuro. E dovevano godersi
quel
momento perché sarebbe stato l’ultimo.
Il
principe lo guardò e gli sorrise.
“Merlin…
io.”
“Non una parola.” Arthur chinò il capo e
sorrise.
“Copi
le battute?”
“Non
oserei mai!”rispose quello. Arthur si avvicinò per
baciarlo, ma questa volta Merlin
lo allontanò. “Scusa, ma non voglio.”
Disse sedendosi.
“Perché?” chiese tirandosi a sua volta
seduto.
“Fa troppo male.”
E
detto
ciò si alzò e raggiunse gli altri a fare il bagno.
La
sera precedente aveva dormito tre ore per dire tanto. Errano rientrati
per le
cinque e poi lui aveva pensato a Merlin tutto il tempo.
E
ora
erano le nove e mezza, e moriva dalla voglia di vederlo. Decise che
sarebbe
andato da lui all’istante: si alzò, si
lavò si vestì e poi, passando per la
cucina, salutò gli altri che stavano iniziando a fare
colazione. Poi aprì la
porta e venne inghiottito dal resto della popolazione. Sballottato da
tutte le
parti, infine riuscì ad arrivare a casa di Gaius dove era
certo che si
trovasse, e citofonò.
“Chi
è?”
“Sono
Arthur Pendragon.”
“Entra pure, Arthur.” Gli rispose il vecchio
cerusico.
Aprì
la porta e salì le scale a tre gradini alla volta fino al
quarto piano. Quando arrivò
su, suonò il campanello.
Dopo
qualche istante Gaius gli aprì la porta e gli fece segno di
entrare.
“In
cosa ti posso aiutare, Arthur?”
“Sai dov’è Merlin? Devo
parlargli.”
“No, mi dispiace… è passato con Unith e
Freya a salutarmi stamattina: è
partito.”
“Per dove? Sai almeno dove è andato?”
“No, non me l’ha voluto dire,
però…” disse allontanandosi e andando
al piano da
cucina. “Mi ha detto di darti questa.” Disse
porgendogli una lettera.
Arthur
quasi la strappò di mano al medico e la aprì.
Ed
ecco che inizia un nuovo capitolo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Volevo
ringraziare di cuore kinderbuena89 che mi tiene sempre tanta compagnia
anche da
lontano, che mi fa impazzire con le sue storie bellissime.. che ho
scoperto
essere pazza quanto me.. ahahah!! Grazie per l’immenso
supporto che mi dai e
per aver aggiornato sabato invece di aggiornare domani!!!
Come
avete potuto leggere, c’è stato un riavvicinamento
tra i nostri due beniamini,
ma quanto durerà? E che cosa ci sarà scritto
nella lettera? Morgana e Ginevra:
chi delle due si rivelerà vera amica di Arthur? Chi lo
aiuterà? La domanda non
è così banale, e per chi lo pensa ci
sarà un colpo di scena…
mmuuuuuuaaaaaaaaahhhhhhhhh!!!
Ringrazio
di cuore anche chi ha letto e chi ha messo tra i preferiti e
ShadowMix33 per
avermi messo tra gli autori preferiti… grazie mille!!!!!!!!!!
Ecco
il link del video che mi ha ispirato per questo capitolo:
http://www.youtube.com/watch?v=X99YkKYCJeM
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Capitolo 15 *** Give it to me. ***
Give it to me.
Passavano
i mesi e la sanità mentale stava preparando le valigie in
silenzio per una
vacanza che si sarebbe preannunciata molto lunga, lontano dalla testa
di
Arthur. C’erano proprio tutti. Cervello rigorosamente messo
in stand-by per
l’occasione, il cervelletto che piangeva, le meningi che si
strizzavano dal
dolore, i neuroni che pur di arrivare primi e non perdersi la partenza
creavano
incidenti stradali a ogni angolo e causando un numero spropositato di
feriti e
morti. Persino le ossa della scatola cranica non volevano saperne di
far
partire la ragione, quel poco di razionalità che per
vent’anni aveva abitato
nel corpo del giovane principe.
Ma
c’era un’ultima cosa che la ragione doveva fare, ed
era chiamare il cuore.
Tu-tu-tu.
“Questa
è la segreteria di Cuore: lasciate un messaggio dopo il
segnale acustico.” La
ragione scrollò il capo.
“Ehi
cuore! Lo so, sono le tre di mattina, dovrei stare a dormire secondo
te, ma che
ci vuoi fare, mica posso dormire!! Beh, se è per questo non
dovresti farlo
neanche tu.. comunque volevo dirti che parto e non so quando
ritornerò e che..”
“Cosa?!”
“Ma allora ci sei!!”
“Certo che ci sono, idiota! Che vuoi alle tre di mattina, si
può sapere?”
“Parto, non so tu, ma io mi sono stancato di questo
qui!”
“Beh, se qualcuno, a caso eh, non gli
avesse imposto di lasciare quel
povero ragazzo, ora quel qualcuno, vivrebbe in
pace e non mi avrebbe
buttato giù dal letto alle tre di mattina!”
“Quanto
la fai lunga, però! Ok, ho sbagliato, e allora? Tu sei il
cuore, tocca a te
occupartene”
“Tu sei la mente, io sono il corpo.”
“Vado in vacanzaa!! Lascio il comando a te.”
“Ok, ma poi non lamentarti del risultato.”
Questo
era il conflitto interiore che più o meno si sarebbe
presentato a chi avesse
voluto vedere come si sentisse Arthur nei giorni che seguirono a quel
fugace e
breve incontro.
Tutto
ciò che si diceva sul mare non era vero: bello, rilassante e
importante per
riacquistare la salute. Era tutta una bugia: bello non era di sicuro,
considerando che guardando il suo colore gli venivano in mente gli
occhi di
Merlin; rilassante? Proprio per niente! Pensare a Merlin e tormentarsi
non era
per niente rilassante! Importante per riacquistare la salute? Men che
meno.
Pensare al bacio ricevuto da Merlin, la sua reazione più che
gratificante allo
loro sfiorarsi di labbra, era tutto tranne che benefico. Di quella
sera, ormai
gli era rimasto impresso solo il momento del bacio, il momento in cui
si era
sentito incendiare, aveva sentito il desiderio martellargli la testa e
implorare di manifestarsi. Ma lui, pur di fare felice il suo Merlin,
aveva
cercato di contenersi, fargli capire che lui sapeva controllarsi.
Già, peccato
che il bacio fosse stato uno, e uno soltanto. La seconda volta
l’aveva
respinto, faceva troppo male.
Arthur
questo lo sapeva, ma non era stato facile neanche per lui. Dover
mantenere una
maschera per dodici mesi, in continuazione, senza potersi sfogare con
nessuno.
Nessuno con cui condividere il dolore. Era frustrante. Che Merlin era
riuscito
a trovare qualcuno, si era rifatto una vita; Arthur invece aveva finto
ogni
giorno: con il padre, con la sorella, con il suo migliore amico, con la
propria
ragazza. E inoltre aveva dovuto fingere con gli estranei, con tutta
quella
brodaglia di nobili che non sopportava. Non che fosse la prima volta,
che non
l’avesse mai fatto, ma tutto era diventato più
pesante, più gravoso. L’aria di
quell’ambiente era diventata insostenibile: tutti che
concordavano con lui solo
per ingraziarselo. Gli mancavano le risposte sempre pronte di Merlin,
le sue frecciatine.
Gli mancava il suo odore, il suo corpo gracile contro il suo, quel
senso di
appartenenza e completezza che solo Merlin era in grado di offrirgli.
Gli
mancava così tanto che a volte aveva creduto di impazzire.
Ma poi, dalle
tenebre era sorta la luce. Il giorno del loro incontro. Lui, nel
ristorante,
ancora incapace di tenersi lontano dai guai. La stessa espressione
innocente e
spensierata con lei, con Freya. Accusatrice e fredda con lui. E poi di
nuovo.
Loro due, da soli, sulla spiaggia, sul falò. Le battute, il
ricordo di quel
giorno fatale. La rincorsa sulla sabbia. La sua vittoria su Merlin. L’intesa e il
bacio.
Era
stato solo un abbaglio, perché dopo quell’unico
bacio, Merlin l’aveva
allontanato da sé, e il giorno dopo erra partito lasciando
solo una lettera per
lui. Neanche uno straccio di indirizzo, nemmeno a Gaius. E di sicuro
era
inutile cercare nel suo regno. Non l’avrebbe trovato: era
stato esiliato dal
regno di Camelot;Merlin non si sarebbe mai permesso di tornare. E poi
non lo
voleva neanche, l’aveva espresso chiaramente nella lettera.
Non sarebbe
tornato. E lui non avrebbe dovuto cercarlo.
Il
cervello stava andando in fumo. Lo sentiva. Ma pensare a Merlin era
inevitabile, umanamente impossibile. Rilesse ancora una volta la
lettera, poi la
poggiò sulla scrivania, lasciando cadere la testa
all’indietro.
“Arthur,
che hai?”
“Niente, sono stanco, Gin.”
“Sei
sicuro?”
“Sì,
vado a farmi una doccia, magari passa.” Disse uscendo dalla
stanza e lasciando
la lettera aperta sulla scrivania.
La
doccia non aveva funzionato. Si sentiva ancora più stanco di
prima. Non era
servita a niente.
Quando
tornò,fu accolto nella sua stanza da una Ginevra oltremodo
delusa e disgustata.
“Non
me lo aspettavo da te.”
“Di che diamine stai parlando? Non..”
“Non capisci? Sto parlando di questa.” Disse
mostrandogli la lettera.
“Ehi!
Quella lettera è mia! Ridammela! Nessuno ti ha dato il
permesso di leggerla.”
“Ringrazia
che l’ho letta io e non Uther.”
“Bella
consolazione!”
“Come hai potuto fare questo a me, a tuo padre e a
Morgana?!”
“come
ho potuto fare cosa?”
“Baciare
Merlin, difenderlo in quel modo.. non ti riconosco! Una volta eri
innamorato di
Morgana. L’anno scorso eri perdutamente innamorato
di..”
“Merlin!”lei lo guardò sconvolta.
“No,
non è vero.. non può essere vero! Tu non sei
l’Arthur Pendragon che conosco.
Lui non avrebbe mai fatto una cosa del genere.”
“L’anno scorso approvavi,
mi stimolavi a
seguire il mio istinto.”
“Pensavo che fosse un gioco per te, che fosse una finta:
stavo al gioco. Ma
evidentemente mi sbagliavo.”
“Di tanto, anche.”
“Dimmi
che non è vero, Arthur, ti prego.”
“Io..
io lo amo, Ginevra.” Piantò un urlo senza paragoni
e uscì dalla stanza correndo
con la lettera in mano.
No.
Ginevra con la lettera in mano no! Arthur la seguì lungo
l’intero corridoio,
scendendo le scale di corsa e cercando di fermarla. Incontrò
Morgana.
“Arthur
che sta succedendo.. ho sentito delle grida e Ginevra correre via con
una
lettera.”
“Era mia sorella: ha letto la lettera di Merlin e sta andando
non so dove.”
Disse riprendendo a correre. Lei gli andò dietro: questa
volta, però,
facilitata dai jeans, riuscì a correre più
velocemente del solito e tenne testa
ad Arthur. Seguirono Ginevra, finché non la videro entrare
nella stanza di
Elaine.
“Perfetto!
Ci mancava solo questa! Elaine non sa stare zitta in queste
cose.”
“Ci
penso io.” Disse Morgana andando verso la stanza. Ne
uscì poco dopo con la
lettera e la promessa da parte di Elaine di non dire niente.
“Ha
promesso anche Ginevra?”
“Cosa doveva promettere.”
“Di stare zitta, Uther.” Rispose Morgana.
“Riguardo
a cosa?”
“Affari
tra ragazzi che non ti riguardano.” Continuò lei.
In quel momento arrivò
Ginevra.
“Cara,
ho saputo che avete un problema.”
“Un grande problema.” Arthur e Morgana si
guardarono e chinarono il capo.
“Venite,
ne parliamo nella sala delle riunioni.”
“Arthur,
di che problema si tratta?”
“Non
c’è alcun problema.”
“Padre, non è vero.”
S’intromise Ginevra.
“Che cos’è ciò che tieni in
mano?”
“Ehm..
niente, padre, niente.”
“Dammela.”
“No.”
“Se non è niente..” Ginevra sorrise.
Arthur fu costretto dallo sguardo
insistente del Re a consegnargli la lettera.
“Bene,
adesso vediamo di leggerla.” Arthur stava per scoppiare:
quella era la sua lettera,
scritta dal suo Merlin! Nessuno
tranne lui aveva il diritto di
leggerla!
“Oh,
vedo che abbiamo un ammiratore, direi dalla calligrafia.”
“Mi dispiace Arthur, ma non era Destino.
È
stato tutto uno sbaglio. Un piacevole sbaglio, ma pur sempre uno
sbaglio. Non
sarebbe dovuto accadere. Non avrei dovuto lasciarmi baciare ieri notte.
Non hai
fatto che riaprire una ferita non rimarginata che ha ripreso a
sanguinare.”
“Padre,
ti prego..” implorò Arthur, che oramai voleva che
un fulmine colpisse il Re.
L’amore che Merlin provava per lui era già stato
umiliato abbastanza a causa
sua e ne aveva sofferto, non era il caso di aumentare ancora di
più il dolore
che provava. Uther lo ignorò.
“È
stato un mio errore: nei confronti
miei, tuoi, di Freya, di Morgana, Ginevra; ma soprattutto nei confronti
tuoi e
di quello che un giorno diventerai: un re amato e stimato da tutti.
È stato un
errore nei confronti della tua futura sposa, dell’erede che
nascerà dalla
vostra unione e di tuo padre, che lascerà il mondo nella
consapevolezza di non
aver faticato per nulla. E io, da lontano, continuerò a
stimarti e amarti in
segreto, come ho sempre fatto. Continuerò la mia vita al
fianco di Freya. La
sposerò. Magari avremo anche dei figli. La amo, e sono certo
che lei
corrisponde. Questo è l’amore giusto.
Il mio destino è stare al fianco
di Freya; il tuo è diventare re e avere una regina bella e
intelligente come
Morgana. So che con lei al tuo fianco riuscirai a dimenticarmi, come io
ho
fatto con te grazie a Freya. Quello di ieri notte è stato
uno sbaglio.
Perdonami. Merlin.”
Uther
guardò il figlio, che ormai teneva il viso tra le mani.
Arthur gli disse solo
due parole.
“Ti
odio.”
“Odiami
pure quanto vuoi, non importa. Sappi però che non lo
rivedrai più.”
“Non puoi impedirmelo!”
“Certo
che posso. Guardie!
Scortate i principe
nelle segrete e fate in modo che ci resti.”
“Ma…
Uther!”
“Taci Morgana se non vuoi tenergli compagnia.” Lei
si zittì e guardò Ginevra che
non mostrava segni di turbamento in viso. Arthur
all’avvicinarsi delle guardie
sbraitò.
“So
dove sono le segrete, so camminare da solo! Lasciatemi!” le
guardie però lo
ignorarono e lo accompagnarono nelle segrete. Durante il tragitto
incontrò
Lancillotto che preoccupato gli chiese che cosa fosse successo.
“Chiedilo
a quella stronza di mia sorella: è per colpa sua se vengo
rinchiuso nelle
segrete.” Rispose acidamente il principe.
Poi
la camminata riprese. E venne fatto entrare nella cella. Si
sdraiò sul
giaciglio di paglia e cercò di pensare a Merlin: sicuramente
in quell’occasione,
sarebbe stato in grado di alleviare il dolore, magari con una delle sue
solite
battute.
Ce
l’aveva a morte con Ginevra. Come aveva potuto fargli una
cosa del genere? Leggere
la lettera indirizzata a lui! Negarlo e guardarlo disgustata neanche
fosse una
malattia contagiosa! Neanche fosse un verme! Proprio lei che gli era
sempre
stata vicino, che l’aveva sostenuto in quella relazione
l’anno precedente.
Ma
anche solo per amore fraterno avrebbe dovuto aiutarlo: magari non
approvare,
non era costretta. Ma aiutarlo invece di dargli contro.
D’altronde Arthur era
sempre suo fratello, non un estraneo. Cosa aveva lui che a lei mancava?
Niente,
erano sempre stati trattati nello stesso modo dal padre: Uther aveva
persino
permesso che si fidanzassero con la persona che amavano e aveva
approvato le
loro scelte: non era mai stata trattata in maniera diversa da lui.
Perché? Perché
fargli questo? Una reazione del genere se la sarebbe aspettata da
Morgana e di
certo non l’avrebbe biasimata: scoprire che il ragazzo che ti
è stato
predestinato fin dalla nascita, non era proprio una notizia da
accogliere con
un sorriso. Invece colei che più aveva risentito di questa
scelta era stata la
sorella. Che a questo punto tutto era tranne che buona e gentile come
invece
dicevano tutti. Gli aveva tirato proprio un brutto scherzo. E lui
sicuramente
non l’avrebbe perdonata tanto facilmente. Questo
era poco ma sicuro.
In
preda a questi pensieri, si addormentò sfinito.
Quando
si risvegliò, era notte fonda e aveva freddo. Accanto alla
brandina vide che su
una sedia v’era una cesta con coperte e vestiti
all’interno e accanto un
biglietto:
sarei
venuta prima ma ho avuto una piccola discussione
con Uther.
Non
ti ho svegliato perché dormivi.
Ci ho messo anche un
ricambio. Tornerò presto.
Morgana.
Sorrise.
Morgana era sempre stata gentile nei suoi confronti, soprattutto negli
ultimi
mesi, da quando Arthur aveva rincontrato Merlin. A volte si era chiesto
perché
non si fosse innamorato di lei, come doveva essere. Poi gli veniva
sempre in
mente il modo in cui Merlin lo facesse sentire unico e amato. E poi
tornava a
pensare a Morgana con ancora maggior affetto di prima,
perché lei era la sua
ragazza, la sua migliore amica e la sua sorella. Lei ci sarebbe sempre
stata. Ne
era sicuro. Ma non come futura moglie, ma bensì come amica.
Che era molto
meglio.
All’improvviso
ripensò al gesto e pensò che anche Unith avrebbe
fatto così se ci fosse stato Merlin
in prigione. Il gesto più che fraterno o dettato da affetto,
era dettato quasi
da un amore materno. Cosa insolita in Morgana. Non era la ragazza da
fare gesti
d’amore di questo genere, non con lui.
Prese
le coperte e si rimise a dormire.
“Arthur..”
una voce lo svegliò aprì gli occhi. Lentamente.
Vide inizialmente solo i
contorni di una figura snella, con i capelli neri e occhi chiari.
“Merlin.”
La figura scosse il capo.
“No,
sono Morgana.” Rispose la dolce voce. Arthur si
alzò e la riconobbe.
“Scusa
Morgana, è solo che..”
“Non preoccuparti: ti ho portato la colazione,
così puoi mettere qualcosa sotto
i denti; mi è giunta voce che ieri tu non abbia toccato
cibo.”
“No, ho solo dormito.”
“Vedo
che hai utilizzato le coperte.”
“Oh
sì, grazie Morgana.” Disse dandole un bacio sulla
guancia.
“Ci
tieni davvero tanto a lui, vero?”
“Sì.”
Rispose con un sospiro. Lei sorrise.
“Bene,
perché se ce la faccio, nei prossimi giorni riceverai
visite.” Disse con un
sorrisetto furbo.
“Perché
ho paura?” lei scoppiò a ridere.
“Vedrai
che ti farà piacere, molto piacere.”
“Se
lo dici tu.” Lei gli sorrise ancora una volta e dopo avergli
dato un bacio
uscì. “Dammi la tua parola che tornerai.”
“Lo
farò Arthur, prima di quanto tu possa immaginare.”
E detto questo sparì nel
corridoio lasciando un Arthur molto perplesso.
Salve
ragazze!!!!!! Allora avete visto la nostra carissima Ginevra cosa ha
combinato?? Personalmente la vorrei uccidere!!! Voi che ne dite? In
compenso il
contenuto della lettera è stato svelato. Uther.. evitiamo di
commentare, sennò
non finisco più!!!!!!
Che
cosa avrà in mente la nostra Morghy? Quale sarà
la sorpresa che tiene in serbo
per lui? E soprattutto, riuscirà a fargliela??
E
adesso
passo a ringraziare chi ha letto, messo tra i preferiti e chi ha
recensito!!!
Kinderbuena89:
grazie tesoro per la tua recensione!!! Posso sempre contare su di
te… grazie
mille!! Beh che
fosse Morghy l’amica,
sapendo quanto io l’adori.. era ovvio.. e poi non mi piaceva
l’idea che solo
Morghy sia la cattiva della serie mentre Ginevra è una
santa!!!
Visto
che ho aggiornato presto questa volta??? Sono stata brava!!!
_Valux_:
un grazie enorme anche a te!!! Sono contenta che abbia recensito e come
puoi
vedere, ho aggiornato anche in
fretta!!!
Spero di non averti delusa con questo cap…. fammi sapere..
Un
bacione a tutte e a presto!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
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Capitolo 16 *** Missing ***
Missing
Dopo
essersi recata da Arthur, Morgana
si
recò nelle proprie stanze. Incrociò Ginevra che
però non salutò. Era troppo
quello che aveva fatto ad Arthur, e lei non l’avrebbe
perdonata. Avrebbe dovuto
pagare caro per la sua colpa. Un sorriso malefico le si
stampò sul viso.
Si
fece una doccia, e si vestì con pantaloni in pelle neri,
maglia nera aderente,
giubbotto in pelle nero, stivali da cavallerizza e, legatasi i capelli,
andò da
Uther.
“Oh,
Morgana!” disse sorridendole.
“Uther.”
Disse con un tono glaciale. “sono passata per informarti che
parto.”
“Dove vai?”
“In Cornovaglia.”
“Quanto
resterai via?”
“Non
molto, un paio di settimane al massimo.”
“Vedi
di tornare presto.” Lei sorrise e uscì. In
realtà non sapeva bene dove andare,
ma era sicura che le sarebbe apparsa nei sogni la via giusta da
prendere.
Prese
la moto, il casco e partì. Si direzionò verso la
casa di suo padre, il quale
abitava in una casa di campagna fuori Camelot.
L’asfalto
tremolava, le gomme stridevano a contatto con l’asfalto, ma
nulla poteva
fermarla. L’avrebbe fatto per Arthur e per l’amore
che questi provava per
Merlin. Un amore così bello e puro e genuino che meritava di
essere preso in
considerazione.
Arrivò
in vista della dimora di suo padre verso le quattro e mezza del
mattino. In
effetti, dire che suo padre viveva poco distante da Camelot era un
eufemismo.
Lo
scoppiettio del motore della moto di Morgana aveva dovuto reclamare
l’attenzione dovuta. Perché quando
arrivò nel cortile i cancelli erano già
stati aperti e Carot, il servitore di suo padre, quello più
giovane e che più
s’intendeva di motori e tecnologia, era già pronto
per occuparsi del mezzo di
Morgana.
“Benvenuta,
my Lady.” Le disse mentre lei spegneva il motore e si
toglieva il casco.
“Carot, quante volte ti ho detto di chiamarmi
Morgana?” disse sistemandosi i
capelli sciolti e smontando dalla moto.
“Un
migliaio di volte, almeno.”
“Solo?”
disse scherzosamente.
“Già.”
Gli si avvicinò e gli consegnò le chiavi.
“Fammela
avere pronta per domani.”
“Vi
fermate solo per stanotte?”
“Sì, sono solo di passaggio.” Lui
chinò il capo. “Tornerò
presto.” Ed entrò. Il
servitore personale di Gorlois le andò incontro.
“My
Lady, non ci aspettavamo il suo arrivo.”
“Lo so: dov’è mio padre?”
“È
in riunione con il re Odin. Sta cercando di stipulare un accordo di
pace.”
“Oh,
molto bene. Annunciagli del mio arrivo, io intanto vado in
camera.”
“Sì,
my lady.” Congedò il servitore e andò
in camera. Ricevette una chiamata da
parte di Ginevra. La ignorò. Non aveva tempo da perdere con
lei. Avrebbe fatto
i conti con l’amica quando fosse tornata a Camelot. Ora
doveva occuparsi di
Arthur e Merlin, che erano ben più importanti!!!
Si
diede una sistemata e poi scese di nuovo.
Gorlois
la vide scendere le scale e le andò incontro.
“Morgana,
tesoro! Da quanto tempo non ci vediamo.”
“Sono solo due mesi, padre.. da fine giugno.”
“Lo so, cara.. però ormai divento sempre
più vecchio e ogni volta temo che sia
l’ultima in cui ti posso vedere.”
“Padre,
per favore, non fare tanto il melodrammatico. Godi di ottima salute e
sono
certa che l’aria di campagna non possa farti che
bene.” Rispose prendendo le
mani del padre tra le sue. Lui le diede un bacio in fronte.
“Cosa
farei se non ti avessi?” Morgana alzò gli occhi al
cielo. “D’accordo, è ora di
smetterla con queste smancerie. Cosa ti porta qui?”
“Sono
solo di passaggio, padre, domani riparto. Vado a trovare un vecchio
compagno di
scuola.”
“Arthur lo sa?”
“Sì.. ma lui non è il tipo da
ingelosirsi per qualsiasi cosa. Per fortuna,
oserei dire.” Il padre sorrise. Stasera avremo come ospite Re
Odin. Voglio che
tu presenzi alla cena.”
“D’accordo,
lo farò.”
“Non avevo dubbi.” Il padre si congedò e
lei rimase sola in sala. Si recò in
libreria e lesse un libro che l’aveva sempre appassionata e
che ogni volta che
lo leggeva, le faceva dimenticare qualsiasi problema.
“Orgoglio e pregiudizio”.
Il suo libro preferito. Cosa strana per una ragazza che andava a
scherma,
equitazione, andava in moto, adorava andare a vedere le corse delle
macchine
clandestine, e s’intendeva di motori. E appassionata delle
gare di moto.
Però
quello era stato l’unico libro che l’avesse aiutata
a dimenticare tutti i
problemi. Forse perché era stato un libro che sua madre le
aveva donato, uno
dei pochi, oltre a “Piccole Donne”, in cui i suo
personaggio preferito era Joe.
Poteva
anche sembrare strano, però lei, dietro alla passione per la
moda e
quell’atteggiamento da ragazza per bene, barbie bellissima e
regina
incontrastata della scuola, nascondeva un carattere totalmente diverso
che però
nessuno aveva mai conosciuto fino in fondo. Nemmeno Arthur.
Quando
si staccò dalle pagine vissute del libro, era il tramonto.
Lei adorava quel
momento della giornata. Era la fine del giorno. La fine di tutto. Ma
dalle
ceneri, poi, sorgeva sempre il sole, come la fenice.
Tornò
in camera e dopo essersi fatta un bagno caldo molto lungo,
cercò tra i vari
vestiti quello che più si addiceva per ricevere un re. Non
amico di Camelot, ma
pur sempre di rango nobile. Avrebbe voluto morire. Scomparire.
Detestava presenziare
a queste cene senza nessuno che le tenesse compagnia se non il padre e
la corte
dell’ospite.
Tra
i vestiti che aveva, decise che ne avrebbe indossato uno color
bordeaux, con
una fascia d’oro in vita. Raccolse i capelli e prese un
leggero scialle sempre
color bordeaux.
Indossò
una collana d’oro e scese.
Il
primo che incontrò fu Carot.
“S-
siete bellissima, my lady.”
“Grazie,
Carot. Dove si trova mio padre?”
“È
con il re Odin in giardino: vi stanno aspettando.”
“Grazie.”
Disse dirigendosi verso la sala.
Carot
la accompagnò e aprì le porte. Tutti
immediatamente si girarono verso di lei.
Chi con orgoglio, chi con ammirazione, chi con stupore e invidia.
A
testa alta camminò fiera e altera fra i vari convitati.
Tutti si aprirono al
suo passare. Si diresse dal padre.
“Padre.”
“Figlia, ho l’onore di presentarti il nostro regale
ospite, re Odin.”
“Ho sentito molto parlare di voi.”
“Anch’io.
Circolavano voci sulla vostra beltà; almeno una volta, le
voci erano vere.”
“Mi
lusingate, re Odin. E se aveste sentito parlare di me, dovreste sapere
che non
è con le lusinghe che si conquistano i miei
favori.”
“Voi
siete la promessa sposa di Arthur Pendragon; nutrite anche voi dei
rancori
verso di me.”
“Per il momento non ne ho motivo, Odin. Ma non si
può mai sapere che cosa ci
serbi il futuro.”
Il
re si girò soddisfatto verso il padre di lei.
“L’hai
educata bene, Gorlois. È difficile trovare ai giorni nostri
una ragazza così
giovane che sia bella e intelligente allo stesso momento.”
Tutti si sedettero a
tavola e Morgana fu coinvolta dalla figlia e dalla moglie di Odin in
discorsi
totalmente assurdi e noiosi. La sera sembrava non voler trascorrere
mai.
Era
davvero insopportabile dover stare seduta a tavola con gente che non si
conosceva e che avrebbe visto una volta sola nella vita.
La
sua mente oltretutto vagava e fantasticava. Su Arthur e Merlin
naturalmente.
Lei era partita con l’intento di andare da Merlin, non di
essere coinvolta in
una cena diplomatica, in cui era assolutamente vietato sbilanciarsi.
Verso
mezzanotte, Morgana trovò il pretesto per andare a dormire.
Si coricò nel letto
e si addormentò.
Un
palazzo anni sessanta. Un portone
vecchio, un citofono distrutto. Scale ripide e buie. Appartamento
piccolo ma
sobrio. Merlin e Freya. Lei che si avvicinava. Merlin che la
respingeva. Lei
che tornava da Arthur. Arthur che dormiva e Uther che si disperava.
Arthur non
dormiva. Aveva cessato di esistere.
Si
svegliò urlando, il sudore freddo che le imperlava la
fronte. Il respiro
affannato. Fece dei respiri profondi e si coricò di nuovo.
Cercò di
riaddormentarsi, ma non ci riuscì. Non poteva permettere che
Arthur si
uccidesse. Arthur doveva vivere, al fianco di Merlin.
Si
alzò, si lavò, si vestì e scese.
Carot, che era sveglio (poverino, nell’ultimo
periodo soffriva d’insonnia!) le andò incontro.
“Che
ci fate sveglia e vestita, my lady, a quest’ora?”
“Parto.
Salutami tutti, e di’ che c’è stata un
emergenza e che non potevo restare.”
“Sì,
my lady. La moto è fuori.”
“Grazie,
Carot.” Uscì e con l’aiuto del ragazzo,
uscì silenziosamente dalla proprietà e
poi mise in moto. Salutò il ragazzo e ripartì. Il
blu della notte, la Luna al
suo fianco che illuminava con i suoi argentei raggi il sentiero, lei,
la moto.
Un viaggio liberatorio, lontano da tutti e da tutto.
Sollevò
il vetro del casco e respirò a pieni polmoni
l’aria. Pulita di campagna, fresca
di mattina.
Arrivò
a Ealdor nella tarda mattinata. Non sapeva neanche lei bene dove
cercare, ma
semplicemente seguiva l’istinto. E il suo istinto non
sbagliava mai. Anche se
questa volta, forse per la troppa agitazione, ci mise un po’
più del solito a
trovare la strada. Forse anche perché era fuori allenamento.
Cercò
di ricordare la via che le era apparsa in sogno, ma non fu facile
trovarla.
Infatti la individuò solo dopo un’ora di cerca.
Era
proprio come nel sogno. Un po’ malandata e decadente.
Piccola, in una via
secondaria.
Cercò
un posto abbastanza sicuro per la moto e lì la
lasciò.
Suonò
il citofono con ancora il casco appeso al braccio.
“Chi
è?”
“Sono Morgana, vorrei…”
“Oh, Morgana! Sali.” Rispose la madre di Merlin.
Uno scatto meccanico e il
portone si aprì. Spinse la porta ed entrò nel
piccolo androne che portava alle
scale. Quando vi arrivò, iniziò a salirle, presa
sempre più da una agitazione
fuori misura. In realtà non sapeva neanche lei cosa dire.
Arrivò
al primo piano e suonò il campanello. Dopo pochi istanti le
venne ad aprire
Unith.
“Oh,
Morgana, che piacere vederti! Merlin, vieni a vedere chi ti
è venuto a
trovare!!” disse rivolta alla sala. “Scusa cara se
sono un po’ indaffarata, ma
sto preparando il pranzo.”
“Si
figuri signora Unith.” Merlin apparve in quel momento in
cucina. Morgana si
girò e incontrò lo sguardo di Merlin.
“Ciao,
Morgana.”
“Merlin,
ciao! Come stai?”
“Bene, non mi lamento, voi?”
“Potremmo
stare meglio.” Merlin la guardò incuriosita.
“Perché?”
“Problemi
in famiglia.”
“Ah.”
“E
Freya, come sta?” chiese non vedendo la ragazza. Merlin si
fece cupo in volto.
“Penso
bene: ci siamo lasciati.”
“Mi..
dispiace davvero tanto, non lo sapevo.”
“E
Arthur sta bene?”
“Ha visto momenti migliori: è rinchiuso nelle
segrete.” Merlin trattenne una
risata.
“E
perché mai?”
“A Uther non piace essere contraddetto.”
“Questo
si era capito.” Lei sorrise.
“Ti
fermi a pranzo con noi?”
“Signora
unith, non voglio disturbare, ero solo passata per vedere come stesse
Merlin.”
“Cara, davvero.. non disturbi.”
“Se
insiste tanto, resto volentieri.” Così
magari riesco convincerlo a tornare.
Dove,
a Camelot? Mi spiace, ma devo
ricordarti che il tuo caro Arthur Pendragon mi ha esiliato dal suo
regno.
Morgana,
che non si aspettava di ricevere una risposta silenziosa da parte di
Merlin, lo
guardò stranita.
È
la capacità di noi maghi, non devi
spaventarti. Così riusciamo a comunicare senza dover parlare.
Grazie
Merlin. Potrei aiutarti a tornare
da lui, se tu lo desiderassi.
No,
con lui ho chiuso.
Ti
prego, Merlin. Sei l’unico che possa
aiutarlo.
E
te?
Io?
Cosa c’entro io? Non è me che ama.
Ah
no?
No.
È completamente perso di te. Da
quando ti ha lasciato, non l’ho mai visto ridere neanche una
volta, se non con
te. Si è allontanato da tutti. Persino da me e da.. Ginevra.
Non parla più con
nessuno. Non è l’Arthur del liceo, aperto solare e
strafottente di allora. Se
non quando ci sei tu.
E
quindi io dovrei aiutarlo a farmi
soffrire??
Soffrire?
Ti sto dando una mano per
tornare!!
Sì,
ma mi farebbe solo male rivederlo.
Ho sofferto troppo a causa sua.
Anche
lui ha sofferto, credimi.
Tanto
non mi farai cambiare idea.
D’accordo,
allora fammi un favore: da
un’occhiata e vedi come sta!
Te
l’ho già detto io non mi muovo da
Ealdor.
Nessuno
ti dice di farlo.
Rispose
Morgana con uno sguardo furbo.
“Ci
penserò.”
“Grazie,
Merlin.” Lui timidamente sorrise.
“Ragazzi,
a tavola!”
“Arriviamo.”
Risposero in coro Merlin e Morgana.
Il
pranzo fu molto tranquillo e Merlin scoprì dei lati di
Morgana che mai si
sarebbe aspettato di vedere in lei. Dopo pranzo, uscirono e andarono a
fare un
giro in paese, per poi allontanarsi e fare una gita in moto nei
dintorni di
Ealdor, senza allontanarsi troppo. Rientrarono la sera al crepuscolo.
“Come
è andata la giornata?”
“Bene, era da molto che non mi divertivo così
tanto.”
“Ti fermi a dormire?”
“Fuori è buoi ormai..”
“Grazie signora unith.”
La
sera i due ragazzi erano tanto stanchi che finita la cena, si
cambiarono e si
addormentarono.
Buonanotte
Morgana.
Buonanotte
Merlin.
Intanto
a Camelot…
Erano
due giorni che Morgana era partita e Arthur non aveva più
notizie di lei.
Ginevra
era andata a trovarlo, ma lui non aveva prestato minimamente ascolto a lei. Aveva sentito solo
un bla bla bla di
sottofondo.
E
adesso
era circa mezzanotte e si sentiva stanco. Si sdraiò e si
addormentò pensando a Merlin,
come faceva sempre, ormai.
Sentì
la porta della cella aprirsi e vide una figura esile, con la pelle
bianca e
capelli neri corvini corti avvicinarsi. Arthur si alzò
seduto sul letto e
osservò la figura.
Era
Merlin. Era tornato da lui. Aprì la bocca per parlare, ma
non ne uscì alcun
suono. E Merlin si avvicinò ulteriormente a lui, fino a
fermarsi di fronte al
letto.
“Merlin.”
“Sì, sono io, Arthur.”
“Merlin, mi ..”
“Non una parola, ricordi?” Arthur chinò
il capo e sorrise. Poi tornò a
guardarlo. Non lo baciava, aveva paura che tutto potesse finire.
Poi,
preso coraggio, lo accarezzò e Merlin iniziò a
baciare il palmo della mano. I sensi
di Arthur improvvisamente si risvegliarono. Attrasse il suo viso a
sé e gli
sfiorò le labbra con un bacio. Poi lo sfiorarsi divenne
sempre più concreto,
finché entrambi non si lasciarono andare alla passione.
Arthur lo fece sdraiare
sotto di sé sulla brandina e divorò quelle labbra
piene che aveva desiderato
per tanto e che continuava a desiderare.
Le
sue mani percorrevano quel corpo esile, le sue labbra finalmente si
erano
congiunte con quelle di Merlin e niente sembrava potesse essere
più
desiderabile al momento, ma poi Merlin, dopo avergli dato un ultimo
bacio, si
alzò e se ne andò.
Arthur
si svegliò all’alba, il sudore che gli imperlava
la fronte. Si passò le dita
sulle labbra, per vedere se fosse rimasta qualche traccia del sogno.
Le
sentì calde, come se fosse accaduto davvero. Rimase nel
letto a rigirarsi maledicendo
se stesso e il suo sogno così vivido da ingannarlo.
Da
un’altra parte, anche qualcun altro si svegliò
all’alba. Più felice
che mai: Morgana aveva ragione.
Ciao
ragazzuoleeeeeee!!!!
Vedete,
ho postato più in fretta di quanto pensassi anche io
stessa!!!
Grazie
per le vostre recensioni sono sempre bellissime!!!!!!!!!
Kinderbuena89:
visto che ho postato in fretta?? Eheheh.. beh, sì Ginevra la
vorrei al patibolo
subito, ma vedrai che ci sarà un allontanamento tra lei e il
resto della
comunità. Perfida sono!!!!
_Valux_:
sono contenta di non averti delusa e spero che ti sia piaciuto anche
questo
chappy!!
Grinpow:
sono contenta che tu abbia trovato avvincente la storia,
spero che continui a
pacerti!!! A presto!!!!!!!!!
Sumire01:
ciao!! Devi averne avuta di pazienza allora se è
dal’inizio che mi segui…
considerando che all’inizio postavo ogni morte di
papa… ahahah.. non ti
preoccupare, anzi mi fa piacere sapere che ci sarai fino alla fine, mi
ha fatto
tanto felice la tua rec… confido in un’altra
recensione… a presto..
E adesso
un messaggio a tutte, e che sia chiaro: A MORTE GINEVRA
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
mwaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
|
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Capitolo 17 *** I'll be there for you!! ***
I'll be there for you!!
Morgana
fece ritorno a Camelot tre giorni dopo la visione che ebbe Arthur. Senza neanche cambiarsi si
diresse verso la
sala del trono. Un paio di guardie cercarono di fermarla, ma lei,
determinata
più che mai, tirò dritto e spalancò le
porte della sala con irruenza.
Il
re era in riunione. Con i consiglieri e degli strateghi.
“Morgana!
Che cosa ti porta a irrompere nella sala del trono durante una
riunione?! Scusa
ma adesso ho da fare.”
“E che cosa devi fare di tanto importante?”
“Trovare un modo per debellare la magia dal mio regno una
volta per tutte.”
“E non pensi che Arthur dovrebbe essere presente?”
“Arthur
ha di meglio da fare, questa è una questione mia, che devo
risolvere da solo.”
“immagino quanto si stia divertendo a soggiornare nelle
segrete del castello.”
“Morgana, non t’intromettere.”
“Come puoi pensare che diventi un bravo re, se lo tieni
rinchiuso nelle segrete
nei momenti più importanti?”
“Morgana,
ti ordino di stare in silenzio. Se non eri venuta solo per questo, puoi
anche
andartene.”
“Liberalo,
Uther! Non ha fatto niente di male.”
“Mi
manca di rispetto.”
“Non lo farebbe, se tu non gli dessi un motivo per ribellarsi
ai tuoi stupidi
voleri.”
“Non ti permetto di parlarmi così.”
“Liberalo,
Uther. Ti prego. Non posso vederlo in quello stato.” Uther si
girò. E la vide
preoccupata.
“Liberatelo.”
Ordinò a un paio di guardie. Le quali partirono subito a
eseguire subito
l’ordine impartito loro.
Lei
sorrise al sovrano.
“Non
te ne pentirai Uther.” E detto ciò se ne
andò, catturando l’attenzione di tutti
i presenti.
Tornò
in camera, dove vi trovò Arthur, felice come non mai.
“Morgana!”
disse abbracciandola forte.
“Arthur,
a cosa devo questo abbraccio?”
“Grazie, Morghy!! Ho saputo che è grazie a te se
sono fuori.”
“Modestia a parte.” Disse guardandosi intorno con
fare innocente. “Come sono
stati questi giorni in cella?”
“Strani:
ecco in realtà.. ho fatto un sogno strano.”
“Di che sogno stai parlando?”
“Tu eri partita da un paio di giorni, e la notte del secondo
giorno ho sognato…
Merlin.”
“Lo sogni sempre.”
“Sì,
ma stavolta mi parlava e mi baciava… era
così vivido, sembrava fosse davvero con
me.”
“Davvero?”
Ma non mi dire,
si ritrovò a pensare per nulla sorpresa: se
l’aspettava. D’altronde era stata lei a dirlo al
maghetto.
“Sì.”
Lei sorrise e se ne andò.
Arthur
rimase perplesso. Insomma, Merlin gli appariva in sogno, Morgana, dopo
una
settimana passata chissà dove, tornava e lo liberava. E
Uther non diceva
niente? E Ginevra non si faceva neanche vedere?? Cosa stava succedendo
a tutti
quanti? Stava forse uscendo pazzo? Probabilmente sì. E la
colpa era di una
persona sola: Merlin. Se non si fosse innamorato di Merlin,
probabilmente.. non
avrebbe imparato a vivere.
Già…
doveva tutto a quel ragazzo eppure l’aveva allontanato da
lui: avrebbe dato di
tutto per poter tornare indietro, per riaverlo suo, anche solo per
un’ora. Il
calore del suo corpo, le loro labbra unite in un bacio, le loro solite
chiacchierate. Gli mancavano. Da morire. A volte il dolore era talmente
lancinante che credeva che il cuore gli scoppiasse nel petto, di non
riuscire a
sopravvivere. Il viso di Merlin in quell’anno si era fatto
più maturo, i
lineamenti più da
ventenne, anche se la
dolcezza non aveva lasciato il
suo viso.
Sorrise al ricordo
della serata passata
insieme.
Poi
sentì bussare alla porta.
“Avanti!”
rispose non curante, felice come non mai e voltandosi verso la porta.
Il
sorriso scomparve quando vide entrare Ginevra.
“Uther
ti ha liberato.”
“Di certo non grazie al tuo intervento.” Rispose
acido.
“Morgana
tiene troppo a te. È innamorata di te da sempre. Farebbe di
tutto per vederti
felice.”
“Una cosa che di certo non ti ha trasmesso: una reazione del
genere me la
aspettavo da lei, ma non da te. Tu hai tradito la mia fiducia, Ginevra.
Mi
fidavo di te.”
“Non può avere un futuro, te ne rendi conto?!
Sarà stroncata sul nascere da
Uther, prima o poi.”
“Tu
avresti dovuto sostenermi, cercare di farlo ragionare, non appoggiare
la sua
follia!” le gridò contro Arthur.
“Non
è folle nostro padre! È semplicemente
realista”
“Perché lo difendi?”
“Te l’ha scritto pure Merlin: tu diventerai re,
avrai bisogno di una regina e
un erede; Merlin, per quanto possa amarti, non potrà darti
mai un erede, né
essere la tua regina! Inoltre.. non approvo questo rapporto, lo
sai.”
“Lui mi piace, Ginevra. È l’unica
persona che possa rendermi felice in questa o
nell’altra vita! Io non sono niente senza di lui! Ti
prego… cerca di capire.”
Lei negò col capo e con le lacrime agli occhi, corse nella
sua stanza.
Arthur
si lavò e cambiò. E poi si recò a casa
dell’amico, Lancillotto.
Era
tremendamente agitato: avrebbe messo in chiaro i sentimenti che provava
per
Merlin, e non sapeva bene come l’amico l’avrebbe
presa.
Suonò
al campanello due volte, tanto era agitato.
Lui
gli andò ad aprire.
“Arthur,
finalmente sei stato liberato!”
“A quanto pare le voci corrono.”
“Già..
entra pure.”
“Grazie.”
Rispose titubante. Era agitato, sudava freddo. Non sapeva come iniziare
il
discorso. Non era semplice. “Come hai saputo del mio
arresto?”
“Ginevra.”
“E che cosa ti ha detto di preciso.”
“Semplicemente che hai avuto da ridire con tuo
padre.” Arthur alzò gli occhi al
cielo imprecando mentalmente.
“Ti
ha detto il perché?”
“No.” Arthur iniziò a insultare la
sorella.
“Facile
così!”
“Che intendi dire?”
“
È a causa sua se sono finito dentro! Perché ha
letto una lettera che .. mi
aveva scritto Merlin e.. ha fatto in modo che mio padre lo sapesse.
Quando l’ha
presa, mio padre ha avuto la bella idea di leggerla davanti
all’intera corte:
mancavi solo tu, davvero. Io me la sono presa con lui e il Re mi ha
sbattuto in
cella. Sono uscito grazie a Morgana.” Disse tutto
d’un fiato.
“Non..
lo sapevo.” Arthur non rispose. “Posso chiederti
una cosa a questo punto?”
“Certo.”
“Cosa provi per Merlin? Sinceramente.”
“Io..
mi piace da morire. Credo di non aver mai provato una cosa del genere
per
nessuno, neanche per Morgana. È indispensabile per me: non
riesco a pensare a
un’esistenza senza di lui. È l’aria che
respiro, l’acqua di cui necessito per
vivere, ed è ciò per cui ogni giorno lotto nella
speranza di diventare un re
migliore di mio padre.” Poi riscuotendosi,
continuò. “Scusa, sto diventando più
sdolcinato e smielato di Morgana, il che è grave.”
L’altro scoppiò a ridere.
“No,
è.. bellissimo ciò che hai detto. Peccato che lui
non sia qui.” A quel punto
Arthur sollevò lo sguardo e incontrò quello
dell’amico, sincero.
“Grazie,
Lance.”
“Prego,
e ora scusa, ma credo di dover parlare con Ginevra.” Disse
uscendo con il
principe di casa e avviandosi verso la dimora dei Pendragon.
Arthur
subito si recò da Ginevra, e la vide piangere sommessamente.
Quando infatti
entrò, lei si voltò e riprese a piangere.
“C’è
lance che ti vuole parlare.”
“Sparisci.”
“Non ti preoccupare, lo faccio molto volentieri.”
Disse uscendo e lasciando i
due ragazzi soli.
Lancillotto
si avvicinò alla ragazza e si sedette sul letto vicino a lei.
“Ginevra,
che ti prende?”
“Niente.”
“Lo sai che non puoi nascondermi niente.”
“Arthur..
è innamorato di Merlin.”
“Qual è il problema?”
“Come qual è il problema?! Arthur è un
ragazzo, Merlin anche.”
“E allora?”
“E allora?! Lancillotto, stai forse perdendo il lume della
ragione? Ti rendi
conto di che cosa significa?”
“Se qui c’è una persona che sta perdendo
il lume della ragione, sei tu! Non ti
facevi problemi l’anno scorso! Non te li sei mai fatti! E
ora, perché Arthur ha
avuto il coraggio di esternare i propri sentimenti per Merlin, tu lo
abbandoni?! Lui ha bisogno di te, quanto di tutti noi. Possibile che tu
non lo
voglia capire?!”
“Io lo faccio per lui, perché ci tengo a lui.
Più di tutti voi messi insieme.”
Lancillotto per un momento indugiò. L’aveva
spiazzato. Non si aspettava una
reazione del genere da parte della sua ragazza.
“Che
cosa ti è successo? Non sei la Ginevra che conosco,
né tantomeno la Ginevra di
cui io mi sono innamorato. Mi dispiace, Ginevra, ma non ho intenzione
di
continuare a stare con te, se la ragazza che ho di fronte in questo
momento è
la Ginevra che dovrò sposare, un giorno.” E detto
questo abbandonò la stanza.”
Arthur
vide uscire Lancillotto dalla stanza della sorella e avvicinarsi a lui.
“Mi
dispiace, Arthur.” Fece per allontanarsi, poi si
girò e gli disse “Ah, Arthur:
sappi che per qualsiasi problema, ci sarò.” E
sorridendo se ne andò
definitivamente, lasciando Arthur felice per aver scoperto in
Lancillotto un
amico vero, leale, sincero.
Salve
a tutte!!!!!!!!! Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo, anche
se come
avete letto, non è stato incentrato troppo sui pensieri di
Arthur riguardo a
Merlin, ma sull’amicizia, perché penso che gli
amici siano importanti quanto i
propri amanti. E poi un capitolo sull’amicizia, credevo ci
stesse: spero solo
di non avervi annoiate!! Dal prossimo ci sarà il riscatto di
Arthur e la sua
lotta contro la tirannia paterna.. eheheh..
sìsì!!!
Questo
capitolo lo voglio dedicare a kinderbuena89, perché oggi
potrà smettere di auto
commiserarsi e riscattare la propria autostima. (io te
l’avevo detto che ce
l’avresti fatta!!! Ihihih!!!) complimenti ancora per aver
guadagnato la
patente!!!
Ringrazio
ancora chi legge, chi inserisce tra preferiti/seguiti e chi recensisce!!
Suremi01:
certo
f a sempre piacere una nuova fan.. spero che ti piaccia anche questo
chappy!!!
Kinderbuena89:
innanzitutto
ancora complimenti x la patente… seconda cosa…
sono d’accordo
anch’io con te: si può amare da morire, ma morire
per amore no!!! Però sai.. un
asino reale come Arthur.. era anche scontato che facesse di questi
pensieri!!!
_Valux_:
sono contenta che
ti sia piaciuto il chappy!!! Eh beh… Arthur non poteva non
sognare che Merlin.. che è entrato nei suoi sogni grazie ai
propri poteri sotto
consiglio di Morghy!!! Spero che ti sia piaciuto anche questo chappy!!!
A
pressto!!!!!!!!!!!
Un
bacione a tutte e al prossimo capitolo!!!!!!
|
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Capitolo 18 *** Hello, is it me you're looking for? ***
Hello,
is it me you’re looking for?
Merlin,
ho saputo che hai seguito il mio
consiglio..
Sì, Morgana, e allora?
Dimmi tu.. che ne pensi? Avevo o non
avevo ragione?
Questo non cambia niente.
Non puoi mentirmi!
Non sto mentendo
Sì.
No.
No.
Sì.
Visto, avevo ragione.
Me la paghi.
Arthur tiene a te, più di qualsiasi
altra cosa.
Sarebbe bello se me lo dimostrasse.
Lo farà, abbi fede.
“Morgana,
Morgana!”
“Sì,
Arthur?” rispose preoccupata vedendo il ragazzo sconvolto.
“Ho
deciso, andrò da Merlin, gli dirò
tutto!”
“E
allora che stai aspettando??”
Cosa
sta succedendo?
Arthur viene da te
No, no e poi no!
Sì, sì e poi sì.
“Credi
che faccia bene?”
“Sì.”
No, ti prego, non farlo venire da me, no!
Perché?
Ci
starei male!
“Non
essere idiota!” rispose a voce alta.
“Come?”
le chiese Arthur perplesso.
Beccata!disse
ridendo
Con
te faccio i conti dopo!
“Dicevo.. cerca
di comportarti bene con lui, non fare l’idiota come sei
solito fare.”
“Ah, ok.” Fece per andarsene, ma lei lo
richiamò: si fermò e si voltò.
Visto?
Chi è che adesso ride?
Non le arrivò
risposta e sorrise. Ancora una volta aveva vinto lei.
“Arthur..
sii prudente.”
“Sì,
Morgana.” E sorridendole uscì.
Cercando
di fare meno rumore possibile, Arthur si diresse verso
l’uscita. Non ebbe
problemi ad arrivare nel giardino, dal quale, si accedeva al cancello e
che gli
avrebbe permesso di uscire e andare da Merlin.
Silenziosamente
uscì e corse verso la stazione. Voleva prendere il primo
treno diretto a
Ealdor. Aveva voglia di vederlo. Non poteva resistere oltre.
Il
treno sarebbe partito tra mezz’ora. Chiamò
Lancillotto.
“Ehi,
Arthur!”
“Lance, io tra un po’ parto, vado a
Ealdor.”
“Da
Merlin?”
“Sì.”
“Buona fortuna.. e salutamelo.”
“D’accordo… se mio padre dovesse
chiederti..”
“Io non ne so niente. Stai tranquillo.” Arthur
chiuse la chiamata e salì sul
treno. Classe economica. Non appena trovò un sedile vuoto,
vi si sedette. Il
posto era quello vicino al finestrino. Appoggiò la testa al
finestrino e si
soffermò a guardare il panorama.
Il
treno iniziò a prendere velocità, e
partì da Camelot. Gli alberi ormai spogli,
il cielo grigio e il pallido sole che illuminava la giornata, erano gli
elementi principali del viaggio. Gli unici. La terra ben presto si
bagnò
dell’acqua piovana, rendendo l’atmosfera umida.
Il
treno fece tante fermate. Troppe. Si fermava anche nei paesini in cui
non
c’erano più di mille abitanti, si fermò
a pensare. Accanto a lui, e nell’intero
vagone, per tutto il viaggio, i posti vennero liberati e occupati da un
numero
di persone spropositato. Quasi a ogni fermata saliva gente nuova e
riusciva a
trovare posto. Le persone che aveva intravisto erano di tutte le
età, di tutti
i ceti sociali, di ogni razza. Dallo studente universitario, alla
casalinga con
figli, al manager in carriera all’avvocato, al signore in
pensione che leggeva
il giornale aspettando di vedere i propri figli e i propri nipoti alla
fermata.
Lui,
invece, sarebbe sceso dopo una ventina di fermate. Il viaggio sarebbe
stato
decisamente lungo: quattro ore. Ed era partito verso l’una,
il che significava
che sarebbe arrivato lì per le cinque del pomeriggio.
Non
parlò con nessuno. Nessuno sembrò intenzionato a
farlo. Pensò. Solo a Merlin. A
tutto quello che avevano passato insieme al liceo, e a ciò
che sarebbe potuto
succedere se Merlin avesse accettato le sue scuse. Cosa molto
improbabile. Ma
la speranza era l’ultima a morire.
A
un tratto si sentì dare un colpo sulla spalla.
“Signore.
Siamo a Ealdor: è il capolinea.”
“Grazie.”
Disse soltanto. E scese. Finalmente
aria
pulita. Aria di campagna. Anche a Ealdor aveva piovuto fino a poco
tempo fa,
perché l’odore della pioggia si sentiva. E a lui
piaceva. La trovava
rilassante.
Uscì
dalla stazione e si guardò intorno. Sembrava proprio un
paese: le strade ampie,
la grande quantità di giardini pubblici, e di bar,
tabaccherie e pub.
Sorrise
al pensiero di Merlin in un pub. Non se lo immaginava proprio.
Entrò
in un bar.
“Un
caffè, per favore.”
“Come?”
“Normale.”
“Subito.”
Arthur tirò fuori il portafoglio e si preparò i
soldi. Ci metteva sempre troppo
a trovare le monete. Gli arrivò dopo pochi istanti. Bevve e
pagò. Un pound.
Fece
per andarsene, poi tornò indietro e chiese al barista
“Scusi,
sa per caso dove posso trovare Merlin
Emrys?”
“Certo:
vada sempre dritto per questa strada, superi il monumento a Cornelius
Sigan e
alla seconda giri a destra. La riconosce, è una via
secondaria, il palazzo è
degli anni ’60.. non si può sbagliare.”
Seguì
le indicazioni e dopo una decina di minuti riconobbe la via. E la casa.
La vide
e gli venne un groppo in gola.
Tutte
le sue certezze crollarono. Non sapeva che cosa fare, se entrare o
tornare
indietro, prendere il treno e tornare a Camelot. Oramai però
aveva fatto una
strada troppo lunga per poter fermarsi proprio adesso. Aveva litigato
con suo
padre, passato un mese in prigione e adesso che poteva andare da Merlin
e
dirgli tutto quello che provava, si tirava indietro? Non se ne parlava.
Respirò
a lungo, poi si fece coraggio e suonò al citofono.
“Chi
è?” rispose una voce femminile. Era la madre.
“Salve
signora Unith, sono Arthur Pendragon.”
“Primo
piano.”
La
porta si aprì con uno scatto meccanico, e lui
entrò. Salì le scale buie e
quando arrivò al pianerottolo, vide la porta dischiusa.
Bussò ed entrò.
“È
permesso?”
“Entra pure.” Disse unith freddamente. Arthur
chiuse la porta e si avviò verso
la madre del ragazzo. La donna stava cucinando.
“Salve
signora Unith.”
“Buon pomeriggio.”
“Merlin
è in casa? Dovrei parlargli.” La donna si
fermò a guardare il giovane con
sospetto. Poi si ricordò del ragazzo che l’anno
precedente, lasciando la loro
casa, aveva pianto. Era lo stesso ragazzo che adesso aveva davanti.
“No,
non è in casa: vuoi che lasci un messaggio?”
“No,
grazie. Posso aspettarlo.” Lei annuì.
Sì, era lo stesso ragazzo di allora.
Merlin
non tardò molto ad arrivare. Dopo una mezz’oretta
circa, infatti, Arthur poté
distinguere il rumore delle chiavi che venivano girate nella toppa.
“Ciao
mamma.”
“Ciao Merlin.”
“Com’è?”
“Bene; qui c’è una persona che vuole
parlarti.”
“È
tornata Morgana?”
“Non esattamente, ma se vuoi la prossima volta dico a lei di
venire.” Rispose
Arthur. Merlin rimase sorpreso.
“Non..
non importa.” Rispose.
“Ti..
posso parlare.. se hai tempo?” disse Arthur incerto come non
lo era mai stato.
Merlin notò la sua incertezza e poi gli fece segno di
seguirlo in camera.
La
casa era leggermente più grande di quella di Camelot, e la
sua stanza pure.
Appena entrato, notò i libri sulla scrivania.
“Studi
medicina?”
“Sì.. tu?”
“Sto
studiando un modo per ribellarmi a mio padre.”
“Mi è giunta voce che l’abbiate
già fatto, Sire.”
“Sì,
ma non basta. Voglio trovare un modo per fargli capire che non sono il
figlio
che pensa, che anch’io ho il diritto di farmi una vita mia e
che..”
“Non mi sembrava molto difficile per voi accontentare vostro
padre, fino
all’anno scorso.”
“Fino all’anno scorso, appunto.”
“Sire,
se siete venuto per umiliarmi ancora, potete anche tornarvene da dove
siete
venuto. Mi sembrava di essere stato anche abbastanza chiaro nella
lettera.
Perché siete venuto?”
“Voglio che mi ripeta cosa hai scritto nella lettera, voglio
che tu me lo dica
guardandomi negli occhi.”
“Io..
non voglio che tu mi cerchi più. Esci dalla mia vita, torna
a Camelot e sposati
Morgana. Non voglio più saperne niente di te. Tu non sei
niente per me. Tutte
quelle belle parole che ho scritto, erano false, le ho scritte solo per
renderti la pillola meno amara, anche se me ne sono pentito subito:
d’altronde
tu mi hai umiliato davanti a tutti, dicendo chiaramente cosa provavi, o
meglio,
cosa non provavi. Non ti sei minimamente preoccupato di rendere la
pastiglia
meno amara di quanto non fosse già…
perché avrei dovuto ricambiare il favore?
Un favore oltretutto che tu a me non hai fatto?”
“Merlin..”
“Taci Arthur..”
“No, Merlin. Taci tu per una volta! È vero ti ho
fatto soffrire, ho sbagliato.
Lo ammetto. Non ho paura di dirlo. Purtroppo l’ho fatto e me
ne pento. Ma
voglio che adesso tu ti tolga dalla testa la convinzione che tu sia
stato
l’unico a soffrire. Perché anch’io ci
sono stato male.”
“Non
h intenzione di ascoltarti.”
“Tu.. tu eri tutto per me: eri l’unica persona che
non si fosse interessata
alla mia posizione, non mi hai mai elogiato solo per il terrore della
mia reazione.
Hai sempre detto quello che pensavi, fronteggiandomi, facendomi capire
che non
sempre ero nel giusto e che anche le altre persone sono esseri umani e
che
vanno trattati come tali.”
“Già, vi ho detto anche questo. Peccato che non
l’abbiate recepito.”
“Io.. non avevo ancora compreso come mio padre manipolasse le
vite altrui.. la
mia vita in particolare. Credevo che fosse giusto così, che
non ci fosse niente
di sbagliato. Poi, quando mi sono visto costretto a esiliarti, ho
capito che
agiva solo per il suo interesse, che lui non lo faceva per il suo bene,
ma per
se stesso. Per l’Onore. Non ho mai odiato una parola quanto
quella. E mi sono
ritrovato a pensare a quante volte io pur di renderlo felice, pur di
ottenere
la sua approvazione, ero pronto a sacrificare una parte di me. Ma
questa volta
no. Questa volta..”
“Questa volta non dovrai sacrificare niente,
perché io ti rispondo no.”
“Ti rendi conto che facendo così giochi al gioco
di mio padre?”
“Quindi io ti servo solo per dimostrare a tuo padre che tu
sei indipendente,
che t possiedi una tua vita.”
“No..
io.. vorrei poterti dimostrare che..”
“Che cosa?”
“Che
i sentimenti che provo per te sono sinceri.”
“Non sapevo che anche voi provaste dei sentimenti.”
Arthur a quel punto
distolse lo sguardo.
“Perché
mi fai questo?”
“Perché voglio che capiate, sire, che non potete
pretendere di ottenere tutto
ciò che volete solo per la posizione che ricoprite. Che non
basta farsi quattro
ore di treno per venire da me, aspettarmi a casa e pensare che io vi
possa
perdonare così. Ho passato i dodici mesi peggiori a causa
vostra e non saranno
certo un paio di gesti e una giornata a farmi dimenticare
l’Inferno che ho
vissuto durante quest’anno.”
“Lo so, questo non
cambia niente.”
“Se
non avete nient’altro da dirmi.. potete anche andare,
Sire.” Arthur non
rispose. Semplicemente uscì dalla stanza e si diresse verso
la porta. Unith lo
intercettò.
“Non
vi fermate a mangiare?”
“No, grazie, signora Unith.” Disse asciugandosi una
lacrima. La donna ne era
sempre più convinta: Arthur per quanto avesse fatto soffrire
il suo ragazzo,
non doveva aver avuto vita facile in quei mesi.
Il
principe uscì. E chiamò Morgana.
“Pronto?”
“Ehi,
Morgana.. Uther per caso ha già sguinzagliato qualcuno a
cercarmi?”
“Sono
domande da fare? Certo. E tu? Come stai?”
“Bene.”
“Con Merlin?”
“Meno
bene. Mi fermerò qui per qualche giorno.”
“Ed è una brutta notizia?”
“Sì,
perché devo metterci più del..”
“Non dirmi che se tu fossi al suo posto l’avresti
già perdonato.”
“No, forse no.”
“Forse?”
“Ok, hai ragione, non l’avrei perdonato.
Quindi?”
“Quindi, mio caro, dovrai trovare un modo per
riconquistarlo.” Passò qualche
istante di silenzio. “Ora devo andare Arthur, non voglio che
mi becchino mentre
parlo con te al telefono.”
“Ok,
ci sentiamo presto.”
“Ciao.”
E la chiamata terminò.
Arthur
girovagò per il paese a lungo, fino a una locanda un
po’ fuori mano, dove
affittò una camera. Sarebbe rimasto a Ealdor fino a quando
Merlin lo avesse
perdonato.
La
camera dell’albergo era spoglia e disadorna,
l’arredamento era molto semplice,
ma se non altro era pulito. Si sdraiò sul letto e
aspettò l’ora di cena.
Merlin
aveva ragione: con quale presunzione si era recato a casa sua e aveva
pensato
di essere perdonato! Merlin aveva ragione. Merlin aveva ragione su
tutto. Già,
ma come fare per fargli capire che lo amava, lo amava più di
ogni altra cosa,
più di chiunque altro? Poi si ricordò che aveva
il numero di cellulare. Gli scrisse
un messaggio:
A:mi
dispiace per aver pensato di poter essere perdonato
subito.. come posso rimediare?
M:Non cercarmi più.
A:Non posso.
M:Ti prego.
A:Merlin, io.. voglio trovare un modo per farmi perdonare.
M:Vieni a casa mia adesso.
Arthur
non se lo fece ripetere due volte: dopo essersi dato una sistemata,
uscì dall’albergo
e si buttò a capofitto a casa di Merlin. Citofonò
e salì. Gli venne ad aprire
il ragazzo.
“Merlin.”
“Arthur.”
Ssalveee
a tutte!!!!!!!!!!!!!
Come
sempre mi fa piacere le vostre stupende recensioni!!
In
particolare voglio ringraziare:
Grinpow:
per un momento sono stata anch’io tentata di far
sì che Lance la lasciasse sull’altare
o davanti a tutti, poi però mi sono detta <<
se Lance facesse una cosa
del genere, non sarebbe più lui, perché lui in
fondo è un ragazzo troppo bravo
per fare una bastardata del genere..>> quindi ho deciso
che l’avrebbe
lasciata nel suo stile. Sono contenta che comunque ti sia piaciuta la
scena.
^.^
_Valux_:
grazie mille per il tuo commento.. si vede che ti piace la storia, e
non posso
che gioirne.
Kinderbuena89:
tesoro, visto che ho postato? Aspetto che posti tu!! Comunque
sì, hai ragione..
la lady, che sarei io, gliela farà pagare, perché
non riuscirà facilmente a
farla franca. Dovrà struggersi dal dolore!!
Mmmwwwwwaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhh!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Secondo
voi, che cosa vorrà Merlin dal principe?? Si accettano
scommesse!!!!!!!!
A
presto
e un bacio a tutte!!!
|
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Capitolo 19 *** Girls just wanna have fun! ***
Girls just wanna have fun!
“Entra
pure.” Disse scostandosi e facendo passare Arthur.
“Come
stai?”
“Bene.” Arthur annuì. Non aveva ancora
capito perché Merlin l’avesse invitato a
casa sua.
“C’è
qualcuno?”
“No,
siamo solo noi due.” Arthur sentì un brivido
percorrergli la schiena e sperò di
riuscire a contenersi. Comunque preferì non
rispondere.
Si
diresse in sala e si tolse la giacca.
“Posso?”
“Sì, certo” rispose l’altro.
Arthur era confuso: fino a quel pomeriggio, Merlin
l’aveva respinto e si era arrabbiato con lui; adesso invece
lo trattava come se
non fosse successo niente. E quel che più lo sorprendeva,
non sapeva cosa l’altro
volesse da lui, come mai l’aveva invitato a casa propria dopo
quello che si
erano detti nel pomeriggio. A volte Merlin sapeva rendersi strano e
misterioso
quanto bastava per destare la propria curiosità. Decise di
giocare sulla
difensiva. E un Pendragon lo sa bene: non c’è
miglior difesa dell’attacco.
“Sai,
Merlin, sono sorpreso. Non mi aspettavo che tu mi volessi ancora tra i
piedi:
se non erro l’ultima volta che ci siamo visti mi hai detto di
sparire, tornare
a Camelot e sposarmi.”
“Sapevo che sareste venuto, tutto qui.”
“E se fossi partito, una volta uscito da casa tua?”
“Non era Destino.”
“Come fai a esserne sicuro?”
“Per il fatto che siete a casa mia e non in un vagone di
terza classe in
viaggio per Camelot, sire.”
“Smettila di chiamarmi Sire.”
“Ma è quel che siete, Sire.”
“È
ciò che sono per gli altri: per te non ha mai avuto lo
stesso significato; lo
so bene.” Merlin si girò sorpreso: non credeva
davvero che Arthur potesse dire
una cosa del genere. Non credeva che quell’asino reale
potesse capire che per
lui era la maggior parte delle volte un modo per denigrarlo.
“Pensi davvero che
non mi sia accorto in questi cinque anni che usavi quei titoli per
prendermi in
giro? Quello che per altri era un segno di rispetto, per te non lo
è mai stato.
Tu non hai mai rispettato la mia posizione, il mio titolo, come non hai
rispettato nessuna regola, persona che ti facesse scomodo; hai sempre
detto la
verità, ciò che pensavi senza pensare alle
conseguenze. Semplicemente non
t’importava. Mi criticavi quando sbagliavo: al diavolo se ero
il principe di
Camelot! E per questo ti ringrazio, perché se tu non mi
avessi aperto gli
occhi, adesso non sarei arrivato a questo punto, non ti avrei fatto
soffrire né
ti avrei esiliato. E questo per te è un bene.
Però..”
“No,
Arthur, non è per niente un bene: perché seppur
sia lontano da te, so che sei
affiancato da persone che ti vogliono bene: hai Ginevra, hai
Lancillotto, hai
Morgana..”
“Ma non ho te!”
“Lo
so.. non è stata né una mia, né una
tua scelta.”
“È
colpa mia: se non fossi succube di mio padre, se avessi il coraggio di
oppormi
una volta tanto, magari adesso non..” gli si fermarono le
parole in gola. Porca
miseria! Amava Merlin, ma perché ogni volta che sembrava
voler dire quelle due
parole magiche, quest’ultime non volevano uscire? Lo amava
con tutto se stesso,
più della vita stessa, ma perché non riusciva a
dirgli quel che provava? Si
sentiva come se ci fosse qualcosa a frenarlo, una voce interiore che
gli
dicesse che non era il momento giusto.
Merlin
gli accarezzò il viso per un po’. Poi, quando vide
Arthur calmarsi, fermò la
mano e avvicinò le proprie labbra
a
quelle di Arthur. Il quale dapprima lo guardò sorpreso e
dubbioso (davvero non
si aspettava una reazione del genere!) e in seguito rispose al bacio.
Era da
giugno che desiderava possedere di nuovo quelle labbra morbide, carnose
che
sembravano non fare altro che richiedere attenzione. E lui avrebbe
soddisfatto
il desiderio di Merlin. Non era da lui non appagare il bisogno di
qualcuno. Di
chiunque fosse: in particolare di Merlin. Del suo Merlin. Questa volta
non si
sarebbe lasciato intimorire da un semplice rifiuto. Non se ne sarebbe
andato
così, solo perché Merlin glielo avrebbe ordinato.
Arthur
baciò Merlin con dolcezza. Sentiva che l’avrebbe
potuto baciare all’infinito,
stando lì, seduto sul divano con lui accanto, con le mani
del ragazzo sul
proprio viso e accarezzando a sua volta quello dell’altro.
All’improvviso un
lampo squarciò il cielo della sera.
Entrambi
ebbero un sussulto e guardarono fuori dalla finestra,
tranquillizzandosi
subito. La pioggia iniziò a ticchettare contro il vetro
della finestra. Merlin
lo guardò d nuovo negli occhi e gli sorrise. Forse non era
così male averlo
“invitato” a casa sua.
“Arthur..”
“Non
una parola.” Gli rispose per poi tornare a baciare Merlin con
più passione.
Sentì il proprio cuore perdere un colpo quando
sentì le mani di Merlin lasciare
il proprio viso per scendere sul collo; sulle spalle; sul petto;
sull’addome;
sui fianchi; per poi insinuarsi sotto la felpa; e poi ancora sotto la
maglietta; e toccare con le mani gelide il suo corpo, ardente e sempre
più
rovente a ogni tocco del giovane. Istintivamente, attrasse il bacino
del moro
al proprio, scatenando in sé un turbine di emozioni
improvviso: mai si era
sentito così eccitato con qualcuno, né con alcuna
ragazza, se non con Merlin. E
questi lo fece sdraiare sotto di sé, togliendogli la felpa.
Arthur senza
lasciare le labbra del ragazzo, lo privò della felpa,
rivelando una maglietta a
maniche corte troppo larga perché potesse essere sua.
Attirò
il corpo di Merlin ancora di più a sé, lasciando
le labbra e scese a baciare il
collo, soffermandosi a lungo a mordicchiare, leccare e succhiare la
candida
pelle del collo, lasciando un’umida e calda scia di baci.
Merlin iniziò ad
ansimare. Il suo petto ormai si alzava e abbassava a scatti irregolari;
le
guance di Merlin si stavano arrossando.. e tutto ciò recava
grande piacere al
principe. Gli tolse la maglietta e ribaltò le posizioni. Ora
avrebbe potuto
impadronirsi di quel corpo esile che tanto lo faceva impazzire. Ti
voglio. Ti
voglio. Ti voglio.
Dal
collo scese fino all’incavo tra collo e clavicola, fino al
petto, ai capezzoli
per poi tornare su e baciare quelle labbra gonfie di baci. I bacini
sfregavano
uno contro l’altro. Le erezioni sfregavano l’una
contro l’altra. Ormai Arthur
poteva distinguere il rigonfiamento nei propri pantaloni, la vampa di
calore
diffondersi dal basso ventre in
tutto il
suo corpo e il desiderio accrescergli e scorrergli nel sangue. La
stoffa dei
pantaloni oramai era eccessiva, sentiva che doveva privarsi degli
indumenti.
Guardò Merlin e vide un lampo di malizia illuminargli gli
occhi. Poi sentì la
mano sinistra del ragazzo scendere, percorrere tutto il corpo statuario
del
principe per poi scendere fino all’orlo dei jeans. E poi
passare sopra la
stoffa, prendendo in mano l’erezione dapprima accarezzandola,
poi rendendo il
contatto sempre più reale.
Arthur
stava provando piacere, un piacere immenso che non aveva provato con
nessuna
altra ragazza e tantomeno ragazzo, dato che aveva avuto solo Merlin. Se
si
fosse trattenuto ancora, sarebbe esploso. Di sicuro. Non si era neanche
aspettato una cosa del genere. La litigata, i messaggi, il suo ritorno
a casa
del ragazzo, il bacio e quello che ne stava seguendo, semplicemente
erano
troppe emozioni e sensazioni tutte in un giorno.
La
sua situazione non sfuggì al ragazzo, il quale
continuò a baciarlo, a
provocargli brividi di piacere, sorridendo ogni volta che riusciva nel
suo
intento. Ma non per il fatto di riuscire a suscitare simili sensazioni
nell’altro, ma per quello che stava per fargli. O almeno,
così credeva. E
fu proprio nel momento in cui il biondo
stava per cedere, per venire che decise di attuare il suo piano.
“Arthur,
levati.” Disse secco e con la voce alterata levandosi di
colpo.
“Ma..
perché?” chiese quello ancora sconvolto.
“Perché
non voglio, perché per me non ha significato niente. Di te e
dei tuoi
sentimenti che dici di provare per me.” Arthur non si mosse
ancora scosso.
“Sparisci! Vattene via!” gli urlò contro
senza osare guardarlo negli occhi. Il
biondo allora si alzò e si rivestì.
“È
sempre stato così?”
“Sì.”
Rispose guardandolo finalmente nelle iridi cerulee. Arthur distolse lo
sguardo
e annuì, come per convincersene.
“Buona
serata.” E uscì da quella casa.
Tornò
in albergo. Sotto la pioggia. Prese le chiavi della camera dalla
reception e
salì in camera.
Chiuse
la porta e si diresse in bagno: aveva bisogno di fare una doccia, di
cancellare
il profumo di Merlin, il suo odore sulla propria pelle.
No.
Non sarebbe bastata una doccia. Lo sapeva bene, fin troppo bene. Poteva
forse far
scivolare via il suo odore, ma non poteva cancellare tutto il resto.
Non poteva
cancellare il ricordo. Quello, l’avrebbe accompagnato per
tutto il resto della
sua esistenza. Non stava esagerando, ma come tutti sanno, certe
esperienze non
si dimenticano.
E
questa sarebbe stata una di queste.
Uscì
dal bagno con solo un asciugamano legato in vita.
“Ciao
Arthur.” Il ragazzo si girò verso il letto
sorpreso.
“Morgana,
per tutti gli dei.. che ci fai qui?”
“Facevo un salto.” Arthur sollevò un
sopracciglio. “Ok, non è un caso che io
sia qui.. volevo sapere come stesse.. andando.” Disse
pronunciando l’ultima
parola in un soffio, vedendo il volto del principe oscurarsi.
“Come
credi che stia andando?” ribatté scontroso il
principe.
“Cosa
è successo?” Arthur le raccontò come
erano andate le cose sorpassando su alcuni
particolari trascurabili, per esempio cosa era successo esattamente
quando era
tornato la seconda volta a casa di Merlin.
“E
quindi ti ha sbattuto fuori di casa?” chiese sorpresa
Morgana.
“Sì.”
“Non è da lui.”
“Non lo conosci.”
“Questo è vero, però.. ti ama, non ti
farebbe mai una cosa del genere.”
“Anch’io
lo amavo e guarda cosa gli ho fatto: l’ho umiliato davanti a
tutti, l’ho
esiliato davanti a tutti. E non c’è giorno in cui
non me ne penta, però.. di
certo non lo biasimo. Oltretutto per lui non è mai stato
niente, non ha mai
significato niente per lui, quindi..”
“Te l’ha detto lui?”
“Sì.” Disse sedendosi accanto alla
ragazza.
“Cambierà.”
“Morgana, no. È il momento di chiudere questa
faccenda. Devo tornare alla mia
vita, con o senza di lui.”
“E
così al minimo problema, ti arrendi? Non ti facevo
così debole, Arthur
Pendragon, pensavo che ci tenessi a lui, che lottassi per ottenere
ciò che
volevi, che lottassi per riconquistare il suo amore. Credevo che lo
amassi.”
“Io lo amo! Ma non posso obbligarlo ad amarmi, a perdonarmi.
Deve sentirselo. E
se per lui quello che c’è stato non ha mai
significato niente, forse è meglio
che io continui la mia vita al tuo fianco, e lui accanto a
Freya.” Morgana non
rispose niente. Semplicemente lo abbracciò.
“Scusa
se insisto.. solo che io.. ti voglio bene e sto male a vederti soffrire
per lui
in questo modo.” Arthur rispose all’abbraccio.
“Ti
voglio bene anch’io, Morgana.”
“Adesso
meglio che io torni a casa.”
“Non
ti fermi a dormire?”
“No.” Arthur si avvicinò alla finestra e
guardò fuori.
“Morgana,
diluvia. Non posso permetterti di tornare a casa mentre fuori
c’è il Diluvio
Universale.”
“Ma dai, cosa vuoi che sia?” in quel momento un
lampo squarciò il celo e il
tuono, dopo poco, si fece sentire in tutta la sua potenza.
“Vuoi
ancora andartene?”
“No, grazie.. credo che accetterò volentieri la
tua proposta.” Rispose,
provocando la risata di Arthur. La
prima di tutta la giornata.
Eccoci
con un altro capitolo!!!
Finalmente
la storia sta prendendo una piega interessante!! Arthur
dovrà trovare un modo
concreto per far capire a quell’ idiota coraggioso che non
è altro, che lo ama.
Cosa pensate che farà??
Innanzitutto
volevo ringraziare i lettori che leggono questa storia
nell’ombra, che mi
seguono e naturalmente quelli che recensiscono a partire da:
kinderbuena89:
tesoro, scusa.. dovevo postare come te prima di Pasqua, ma per alcuni
problemucci, non sono riuscita.. eccoti il capitolo ricorretto.. beh, inutile dire che ci
azzecchi sempre.. sei
o non sei autrice sadica come me?? Ahahah..spero che sia decente.. un
bacione
enorme.. Tvtb!!!
_Valux_:
mi dispiace di non aver postato prima.. spero comunque che sia
comprensibile e
piacevole da leggere questo chappy!
Nel
frattempo auguro a tutti i lettori, anche se in ritardo, di aver
passato una
Buona
Pasqua
e
delle Belle
Vacanze!!!!!!
A
presto!
|
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Capitolo 20 *** The winner takes it all ***
The winner takes it all
Il
mattino seguente, la pioggia aveva cessato di scrosciare lungo i
sentieri e le
strade di Ealdor. Arthur si svegliò nel proprio letto di
prima mattina, con
l’odore dell’aria ancora carica di
umidità, dovuta alla pioggia appena cessata.
Si
rigirò nel letto, e rimase sorpreso quando vide al proprio
fianco la figura di
Morgana. Dormiva beatamente. Sembrava che non fosse turbata. Sembrava
una dea:
la pelle chiara, distesa. I capelli corvini che elegantemente le
incorniciavano
il viso, le labbra appena dischiuse, e le palpebre che come uno
scrigno,
custodivano due smeraldi. Due gemme troppo preziose. Aveva dormito al
suo
fianco con solo l’intimo addosso, anche se facesse troppo
freddo per dormire in
quelle condizioni. Era dicembre inoltrato. Tra poco sarebbe giunto
Natale.
Anche lui indossava solo l’intimo, nonostante lui il
necessario per dormire ce
lo avesse dietro.
Non
si ricordava niente della sera precedente, se non che Morgana infine
aveva
accettato di fermarsi a dormire da lui.
Si
alzò e si vestì. Scese e fece colazione. Poi
tornò in camera. Morgana si stava
alzando in quel momento.
“Dormito
bene?” le chiese.
“Sì, grazie.” Rispose lei di rimando
sorridendogli.
“Bene.
Credo che oggi tornerò con te a Camelot.”
“Perché?”
“Perché
qui non ho più niente da fare.” Lei scosse la
testa. Ma non disse niente.
Sapeva che prima o poi Arthur sarebbe tornato da Merlin.
“Ok..
guidi tu allora?”
“Come
sei venuta?”
“Con la tua macchina.”
“Passa le chiavi.” Lei gliele passò.
“Ti aspetto sotto.”
“Va
bene.”
Morgana
non si fece aspettare molto. Dopo una decina di minuti scese e dopo
aver fatto
colazione, raggiunse il ragazzo in macchina. Arthur era già
seduto al volante.
“Ci
sei proprio affezionato.”
“Le faccio il filo da troppi anni.. come tu lo fai alla tua
moto.”
“Fammi
vedere che sai fare.” Arthur sorrise e mise in moto.
Ci
fu un rumore sordo di motore, e poi il veicolo partì, come
una saetta lasciando
un polverone dietro di sé.
Arthur
era sempre più frustato. Era sempre meno sicuro di quello
che stava facendo. Merlin
l’avrebbe fatto dannare. Ne era sicuro. Non poteva davvero
credere che Merlin
non avesse provato niente per lui. Insomma.. lui aveva amato Merlin,
anche al
liceo. Soprattutto al liceo. E invece lui non aveva provato niente?? Si
ricordava gli sguardi che ogni tanto il moro gli aveva lanciato. Della
sua
reazione al loro primo bacio. Alle settimane in cui erano stati
insieme, in cui
si erano preparati per la maturità. Non era possibile che
tutto quello non
avesse significato niente per lui. Altrimenti perché
lasciarsi baciare a giugno
e poi a dicembre? Se non gliene fosse importato niente, non avrebbe
permesso al
principe di arrivare vicino all’orgasmo, semplicemente non
avrebbe permesso che
succedesse quello che era accaduto, o quasi, la sera prima.
Perché
se non si prova attrazione per una persona, le avances di
quest’ultima, non si
lascia neanche avvicinare.
“Allora,
Arthur, che hai in mente di fare appena tornato a Camelot?”
“Perché
dovrei fare qualcosa?”
“Sei il principe.”
“Mi occuperò degli affari di stato con mio padre,
come sempre.”
“Spero
che ti mantengano abbastanza impegnato da farti dimenticare..”
“Taci, Morgana, ti prego.” Lei si zittì
e guardò dritto davanti a sé.
Ciascuno
ritornò ai propri pensieri, rimanendoci fino
all’arrivo a Camelot.
Arthur
parcheggiò la macchina nel garage ed entrò
seguito da Morgana. Uther li vide
tornare insieme e si tranquillizzò. Si recarono nella sala
delle riunioni, dove
già c’erano Gaius, Lancillotto e qualche altro
cavaliere.
“Temevo
che non tornaste più.” I due ragazzi si guardarono
e scoppiarono a ridere.
“Che
c’è di così divertente?”
chiese Ginevra.
“Niente,
strega.” Le rispose Arthur lanciandole uno sguardo di puro
odio.
“Modera
le parole con tua sorella, Arthur.”
“Da quando ti curi così tanto di lei?”
“Lei, rispetto a te, mi è stata sempre fedele, mi
ha avvertito di te e Merlin.
Mi ha fatto arrivare la lettera che ti aveva scritto, ha seguito sempre
i miei
ordini. Ho sbagliato con lei, la sottovalutavo, perché
pensavo che tu fossi
leale al tuo re.”
“Questo
Uther non lo posso accettare! Arthur ha sempre cercato la tua
approvazione, ha
sempre fatto ciò che riteneva giusto, cercando sempre di
renderti orgoglioso di
lui. Lo ha fatto per vent’anni. E adesso, solo per un
ragazzo, vorresti mandare
tutto all’aria?” chiese furiosa Morgana.
“Un ragazzo che ha incantato mio figlio.”
“No, questo non è vero. Io me ne sono innamorato!
È diverso.”
“Questo
non cambia niente! Tu te ne sei innamorato perché lui ti ha
stregato. Fino
all’anno scorso eri innamorato di Morgana. Poi, da un giorno
all’altro, sei
cambiato, hai iniziato a frequentarlo, trovarlo simpatico.. lui ti
tiene sotto
un incantesimo.”
“No!
E anche se fosse ne sono contento. Preferisco vivere una vita amando
lui
piuttosto che vivere cent’anni senza conoscerlo.”
Dopo pochi istanti sentì un
bruciore sulla guancia destra. E poi vide il re ritirare la mano.
“Non
uscirai dalle tue stanze fino a nuovo ordine.”
“Ma..”
“E
con questo l’argomento è chiuso. Per sempre. Non
dovrai più pensare a quel
ragazzo, Arthur. È un ordine.” Il ragazzo non
rispose. Semplicemente andò in
camera. Gli altri rimasero.
“Uther,
ti prego.. ragiona.”
“Mi sorprende questo tuo accanimento nel difendere Arthur:
è il tuo promesso
sposo.”
“Io tengo a lui, Uther Pendragon. Immensamente. Conosco tuo
figlio e in questi
vent’anni ho potuto imparare a conoscerlo: Arthur
è un uomo buono, ha dei sani
principi, anche se difficilmente si mostra agli altri per quello che
è. Perché
lui è un Pendragon. È Arthur Pendragon,il
principe ereditario, il futuro re di Camelot. E ne va
orgoglioso. Niente
per lui è più importante di ciò. Sa
quanto tu desideri un figlio impeccabile,
in grado di compensare il dolore che tuttora provi per la perdita della
regina
Igraine; quanto tu
temi il giorno in cui
non ci sarai più. E ogni giorno della sua vita ha lottato
per dimostrarti che
lui è vivo ed è in grado di supplire la morte
della regina. Che lui vale
qualcosa. Ogni giorno spera nella tua approvazione, spera di averti
reso
orgoglioso, in un tuo segno di affetto, qualsiasi cosa che possa
ricordargli
che oltre a essere re e sovrano sei anche suo padre. So quanto ha
sofferto in
silenzio quando non riusciva nei suoi doveri, lo vedevo piangere
rinchiuso
nella sua camera, lontano da tutto e da tutti, temendo di uscire dalle
proprie stanze
per non incrociare il tuo sguardo severo e deluso, per non soffrire. Ed
è
quello che probabilmente sta facendo anche adesso, in questo preciso
istante.
Sa di averti deluso, che non ti rende orgoglioso. E ne soffre. Inoltre,
a ciò
si aggiunge il rapporto con Merlin, sempre più
sull’orlo del baratro. Ha
bisogno di persone che gli stiano vicino, che lo amino e glielo
facciano
capire. In questo momento ha bisogno di tutto l’affetto
possibile; gli sei
stato vicino quando agiva correttamente. E l’hai sempre
criticato quando
ritenevi che stesse sbagliando. Ma entrambi sappiamo che tieni a lui,
che tieni
a tuo figlio. Dimostraglielo. Mai ha avuto più bisogno di te
che in questo
momento, Uther Pendragon. Ne vale davvero la pena di perdere tuo figlio
per un
amore ostacolato da parte tua? Capisco che sia difficile da accettare
all’inizio, ma è del bene di Arthur che si sta
parlando. Io per il suo bene
sarei disposta a mettermi da parte, a rinunciare a lui, pur di vederlo
felice
al fianco della persona che egli ama. E tu?”
“Morgana,
non fosse destinato a diventare re, potrei anche metterci una pietra
sopra,
accettarlo. Ma la stirpe dei Pendragon non può morire
perché mio figlio
preferisce i ragazzi alle ragazze. Arthur dovrà avere un
erede.”
“E lo avrà, ma questo non è il momento
di discutere di politica, mio signore.”
“Tu
vaneggi, Morgana. Se approvassi, non potrebbe avere un erede.”
“Il
sangue dei Pendragon fluirà ancora nelle vene di molte
generazioni, ma adesso
ti prego, mio re, di non logorare ulteriormente il rapporto con
Arthur.”
“Ma
come..”
“Fidati di me, Uther Pendragon.” Gli disse
solennemente Morgana guardandolo
negli occhi.
Ci
furono istanti di silenzio durante i quali nessuno osò
proferire parola.
Era
evidente che le parole della ragazza avessero colpito profondamente il
sovrano.
Morgana
non distolse lo sguardo da quello del monarca, tenendo la testa alta e
guardandolo con fiducia.
Infine,
il re parlò.
“Stasera
parlerò con mio figlio, se ciò ti può
rallegrare.” Lei sorrise orgogliosa del
monarca e gli sorrise.
“Io
mi fido di voi, Uther. Non deludetemi.”
E
detto ciò, fece un piccolo inchino e si diresse verso la
porta, che le fu
aperta, e uscì.
Un’altra
vittoria.
Suo
padre l’aveva nuovamente rinchiuso. Questa volta nelle
proprie stanze. Se non
altro, non faceva freddo e avrebbe potuto dormire comodamente.
Scacciò
subito quei pensieri più che superficiali e si
odiò per averli pensati.
Passarono
diverse ore durante le quali non fece
altro che pensare, che novità!, a Merlin e al
loro intero percorso
insieme.
Dal
liceo, fino ad allora. A tutte le volte in cui l’aveva
ferito, e a quanto gli
sembrasse vano il suo tentativo di farsi perdonare. E a quanto la sua
punizione
fosse insufficiente per mettere fine alle sofferenze del ragazzo. Si
era
ripromesso di non cascarci, di combattere per lui, e invece come
sempre, aveva
dato retta a suo padre. Maledizione! Ma sarebbe arrivato il momento in
cui si
sarebbe ribellato a suo padre, e anche molto presto.
Era
l’ora di cena e tra poco gli avrebbero portato la cena.
Questa volta avrebbe
mangiato: aveva bisogno di forze per mettersi contro il padre.
“Principe,
eccovi la cena.” Disse infatti una guardia pochi istanti dopo.
“Grazie.”
Disse prendendo il cibo e mangiando alla scrivania.
Mangiò
tranquillamente e poi fece portare tutto indietro.
Nel
frattempo Morgana aveva cercato ripetutamente di parlare con Merlin.
Merlin
…
Merlin
…
So che ci sei, Merlin! Rispondi.
…
Oh, va al diavolo!
E
con ciò i suoi tentativi finirono. Non aveva tempo da
perdere con quel
maghetto, aveva cose ben più importanti a cui pensare. Per
esempio, a come
riportare Merlin da Arthur e far in modo che Uther non lo venisse a
sapere e si
riappacificasse con il figlio.
Indossò
un vestito blu notte, un mantello (adorava vestirsi di notte con abiti
fantasy)
e si recò da Lancillotto.
Camminò
per le vie più nascoste e meno battute e frequentate, in
modo che nessuno la
potesse vedere. Erano le dieci di sera, ma l’ora ormai non
importava: aveva una
missione da svolgere, e l’avrebbe portata a termine.
Suonò
e il ragazzo aprì la porta.
“Chi
è?” la ragazza abbassò il cappuccio.
“Morgana?!”
“Dobbiamo parlare.”
Saaaalveeeeeeee!!!!!!!!!!
ringrazio tutti coloro che
silenziosi leggono la storia!!!! e sopreattutto chi recensisce!!!!!!!!!!
kinderbuena89:
grazie tesoro!!!! sei unica al mondo! sono contenta che abbia saputo
scaturire reazioni forti!!! spero di non averti delusa!!!! un bacio
grosso!!
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Capitolo 21 *** Help ***
“Dimmi
pure, Morgana. Come posso aiutarti?”
“Dobbiamo
far tornare Merlin.”
“Ma
è esiliato.”
“Dobbiamo convincerlo a tornare, in modo tale che Uther non
possa ignorare
l’amore che entrambi provano l’uno verso
l’altro e annulli l’esilio.”
“Sei
pazza! Sai cosa vuol dire portare Merlin qui? Significa tradimento
verso la
corona.”
“Lo
so. Saresti in grado di fare una cosa del genere per Arthur, il tuo
migliore
amico?” Lancillotto sospirò e rifletté.
“Se
non lo fai tu, lo farò io.”
“Non
puoi: ultimamente ti sei allontanata troppo da Camelot, il re se ne
è accorto.
Se ti dovessi allontanare un’altra volta, ti farebbe seguire
e a quel punto
neanche Arthur potrebbe sollevarti dall’accusa di
tradimento.”
“È
per questo che ho bisogno del tuo aiuto.” Lancillotto la
guardò a lungo poi
sorrise.
“Quando
dovrei partire?” lei sorrise.
“Allora
è tutto chiaro?”
“Partirò
domani pomeriggio, arrivando così a Ealdor per la sera. Il
mattino seguente mi
recherò da Merlin e lo convincerò a tornare in
modo da essere di ritorno per il
calare della sera.”
“A quel punto entro in gioco io: fingerò di aver
perdonato Ginevra tanto che
vorrò festeggiare la nostra amicizia cenando con Uther e
Ginevra, in modo tale
che voi abbiate il via libera e possiate raggiungere le mie
stanze.”
“Starà da te.”
“Nel caso Arthur lo venisse a cercare, saprei come sviarlo
nella sua cerca.”
“Ma
devi fare in modo che si incontrino, vero?”
“Sì, ma se Arthur lo scopre sarà
costretto a catturarlo e non potrebbe poi
restare insieme.”
“Mi
fido di te.” Lei gli sorrise.
“A
domani mattina, allora: non posso restare a lungo qui.”
“A
domani.” Le rispose dandole un bacio sulla guancia e
accompagnandola alla
porta. Lei si tirò su il cappuccio e poi, sparì,
come se non fosse mai apparsa.
Arthur
nel frattempo era rimasto in camera a pensare a Merlin, Morgana e
Lancillotto,
le uniche persone che avesse a cuore in quel momento.
E
a Ginevra, che l’aveva tradito nella fiducia .
In
quel momento la porta si aprì. E Uther entrò
nella stanza. Arthur girò appena
il viso dalla sua parte.
“Ho
parlato con Morgana.”
“Son
contento per te.”
“Mi ha detto che sono stato assente come padre: è
vero?” Arthur sorrise.
Morgana aveva colpito nel segno: steso al primo round.
“Pensavo
che ne fossi conscio, non credevo che necessitassi della mia ragazza
per
capirlo.”
“Ti ho fatto una domanda: esigo una risposta.”
“Sì, è vero.”
“Mi
dispiace, Arthur io ero troppo…”
“Eri troppo occupato a svolgere il tuo dovere di re per
accorgerti di avere un
figlio? Che non era solo tuo suddito ma anche sangue del tuo sangue? So
che
vorresti che io non esistessi, che vorresti che mia madre fosse ancora
viva.
Però io esisto e devi accettarlo.”
“No, Arthur, questo non è vero: io sono stato
sempre orgoglioso di te, e non
vorrei avere un altro figlio, o non averti. Però tu e
Morgana avete ragione: il
dolore che provo per la morte di tua madre mi ha logorato
così tanto che mi ha
allontanato da te e Ginevra. Arthur, mi dispiace.”
Arthur
guardò il padre. Sembrava sincero. Si avvicinò e
gli sorrise.
“Grazie.”
Uther, per la prima volta in vent’anni,
lo strinse a sé in un abbraccio. Arthur
dapprima rigido e sorpreso, in
seguito ricambiò l’abbraccio godendosi di quei
primi istanti di affetto
paterno. Dopo poco, padre e figlio si sciolsero
dall’abbraccio.
“Domani
ti voglio in sala delle riunioni per una questione urgente. Alle sette
in
punto.” Arthur annuì. E Uther uscì
dalla stanza. E le guardie lo seguirono.
Era
libero.
L’alba
era appena sorta. Arthur si alzò, si lavò, si
vestì e si presentò nella sala
delle riunioni. Suo padre era appena arrivato. E stavano giungendo in
quel
momento i consiglieri e gli strateghi, tra cui Lancillotto. Pellinor e
uno
nuovo, Leon.
“Bene,
signori, ci sono giunte notizie dai regni vicini?” chiese il
sovrano.
“Uno
stregone è stato avvistato praticare la stregoneria in
Cornovaglia.”
“Come
si chiama?”
“Si fa chiamare Emrys.”
“Era
già stato intercettato qualche mese fa, se non
sbaglio.”
“Sì, ma arrivati lì, era..
scomparso.” Rispose Sir Leon, lanciando un’occhiata
a Lancillotto e ad Arthur.
“E
avete abbandonato le ricerche?!” sbraitò Uther. La
paura che provava nei
confronti della magia lo stava logorando e temeva ormai di non vivere
abbastanza a lungo per vedere la stirpe degli stregoni estinta per
sempre.
“Abbiamo
continuato a cercarlo, ma sembrava svanito nel nulla.”
Ribatté il cavaliere.
“Bene,
allora tornate a riprenderlo.. e guai se ve lo fate sfuggire.”
“Sì,
Sire.” Rispose il cavaliere facendo un inchino. Arthur
sorrise a quella scena:
Merlin non gli avrebbe mai detto Sire con tono rispettoso e
inchinandosi. Era
il termine che utilizzava per allontanarlo da sé. E
ultimamente l’aveva
utilizzato molto spesso, ferendo il cuore del principe ogni volta con
maggiore
forza e violenza. Anche l’ultima volta che si erano visti,
tre giorni prima,
l’aveva utilizzato, prima di cacciarlo dalla sua dimora.
Peccato che il moretto
non sapesse che liberarsi di Arthur Pendragon non era affare da poco.
Sir Leon
si allontanò con un drappello di uomini al suo servizio. Ma
sulla porta, venne
fermato dal sovrano che disse guardando il figlio con un sorriso
malvagio.
“Partirete
dopodomani all’alba, a seguito di
mio figlio.” Dichiarò Uther poggiando la mano
sulla spalla del figlio che
annuì. Il quale non fu molto contento della decisione
paterna. Sapeva che già
una volta Merlin era stato accusato di magia, e il sorriso del padre
non
prometteva niente di buono. Perché aveva pronunciato quella
frase guardandolo
con un sorriso vittorioso in volto? Era capitato altre volte che Arthur
fosse
mandato a capo di una missione non particolarmente rischiosa. Eppure
quel volto
non gli era piaciuto proprio per niente.
La
riunione non durò a lungo. Poco dopo infatti Uther
dichiarò la seduta sciolta.
E
finalmente avrebbe potuto iniziare la giornata. Rimase con il padre
nella sala
a far colazione.
“Padre,
c’è speranza che voi.. ecco.. accettiate che
io..”
“Vedi Arthur, non è tanto il fatto che tu sia
innamorato di Merlin che mi
preoccupa, quanto la posizione che un giorno ricoprirai. Sarai re e
allora
avrai bisogno di un erede. E di certo Merlin per quanto ti possa amare,
non
potrà dartelo. Sarai costretto a sposarti, stroncando la
relazione con Merlin.
E soffriresti. E io non voglio.”
“Padre,
è solo questo che ti affligge? È vero,
dovrò sposarmi e avere un erede, ma fino
ad allora vorrei poter continuare a…”
“Proprio
non capisci quanto soffrirete? Lo vuoi capire che lo faccio per il tuo
bene?
Finora ho agito solo per il tuo bene, per renderti felice.”
“Non so se hai notato il mio umore in quest’ultimo
anno, da quando hai deciso
di farlo esiliare. Non è di certo migliorato.”
“Arthur, sei ancora giovane e hai ancora tutto
l’ardore della gioventù. Ma ti
assicuro che quando avrai la mia età, allora capirai
l’importanza di avere un
erede. Un giorno mi ringrazierai.”
“Non
credo proprio.” Disse alzandosi e andandosene.
“Dove
vai?”
“A fare scherma!” disse aprendo le porte e
dirigendosi verso la propria stanza.
Prese
il necessario e andò in palestra, dove ci rimase tutta la
mattinata ad
allenarsi.
Intanto
Morgana aveva raggiunto Lancillotto nelle stanze di
quest’ultimo.
“Allora
siamo d’accordo”
“Sì, Morgana. Domani però Arthur
partirà alla volta della Cornovaglia per
catturare uno stregone, un certo Emrys.” Morgana non
fiatò. Sapeva che Emrys
era il nome che Merlin aveva utilizzato presso i druidi. Erra il nome
con il
quale si era fatto conoscere come mago, per non destare alcun sospetto.
Perché
Arthur non s’insospettisse e non soffrisse per la sua sorte.
Che dolce.
“Partirai stasera?”
“Sì.”
“Grazie,
Lancillotto. Arthur dov’è?”
“A scherma.”
“Con
chi ce l’ha?”
“Credo con il re.”
“Parlano
proprio due lingue diverse, allora!” sbottò
Morgana.
“Può
darsi. Ora devo andare a prepararmi per stasera, ti farò
sapere.”
“D’accordo, a presto.” Disse
allontanandosi dalle camere del ragazzo e andando
da Arthur. Avrebbe dovuto parlare con lui e capire che diamine era
successo con
il padre.
O
almeno, questa era la sua intenzione. Perché fu intercettata
da Ginevra.
“Morgana.”
“Ginevra.”
“Posso parlarti?”
“Non ho molto tempo, sto andando da Arthur, quindi vedi di
fare in fretta.”
Disse aggiustandosi la maglietta e continuando a camminare con Ginevra
dietro
che quasi correva per starle al passo.
“Perché
mi tratti come fossi un’estranea?”
“Perché?
Perché tu tratti tuo fratello come se lo fosse!”
“Ora
non si ha neanche più libertà di pensiero?! Non
sono forse libera di non
approvare questa relazione?” Morgana si fermò e si
girò verso la ragazza.
“Certo
che no! Sei libera di pensare quello che vuoi, non è per
quello che ce
l’abbiamo con te. Ce l’abbiamo con te
perché invece di fare la sorella e tenere
comunque questa storia per te, hai fatto sì che Uther lo
venisse a sapere e rinchiudesse
Arthur in cella.”
“Ah.”
Disse chinando il capo. “Mi dispiace Morgana per quello che
vi ho fatto.”
“Non
è a me che devi chiedere scusa, Ginevra.”
“Lo
so, però Arthur non vuole accettare il fatto che io lo stia
facendo per il suo
bene.”
“Se davvero tieni a tuo fratello, dimostraglielo facendogli
capire che non vuoi
abbandonarlo, che tu sei dalla sua parte. Perché
è della sua felicità che si
sta parlando.”
“Sai
dirmi dov’è?”
“Lo sto raggiungendo a scherma. Vieni con me?”
“No,
gli parlerò poi a pranzo.” Morgana
annuì. E continuò a camminare verso la
palestra.
Quando
arrivò, il ragazzo aveva appena finito. La vide nel riflesso
dello specchio.
“Ah,
Morgana.”
“Cosa è successo?”
“Con chi?”
“Uther.”
“Mio padre sostiene che prima o poi dovrò
sposarmi, avere un erede e che non
approva la mia relazione, che tra l’altro non ho neanche, con
Merlin perché
qualora mi sposassi, soffriremmo, e lui non vuole.”
“Ancora con questa storia?” Arthur la
guardò confuso. “Quando ho parlato con
tuo padre gli ho garantito che avresti avuto un erede, ma lui non si
fidava
tanto, l’ho visto titubante.”
“Ne sei sicura?”
“Di cosa?”
“Del fatto che avrò un erede.”
“Sì.” Arthur non le chiese
nient’altro. Riprese a fare scherma. Era l’unico
modo che conosceva per sfogare la mente e la rabbia che coltivava nel
proprio
animo.
Quella
sera, poco prima di cena, Uther sedeva
nel suo studio. La porta in legno scuro, liscio, dava
l’accesso al suo regno
privato, quello cui nessuno era consentito entrare, senza il suo
permesso o a
meno che non avesse un appuntamento. Solo lui deteneva la chiave di
quella
stanza. Neanche Arthur, il futuro re, sapeva quale fosse la chiave di
accesso.
Era l’unica chiave di cui non aveva ricevuto una copia.
Perché in quella stanza
il re dava sfogo al proprio dolore per la morte di Igraine, scriveva le
e-mail
più importanti, progettava i piani più diabolici.
Quelli di cui nessuno era mai
venuto a conoscenza, di cui nessuno sapeva l’esistenza, oltre
ai diretti
interessati.
Doveva
sbarazzarsi di Merlin una volta per tutte. Al re non era di certo
sfuggito che
a giugno suo figlio e quel ragazzo si erano incontrati, che sulla
spiaggia
avevano suggellato una silenziosa promessa di
amore, abbandonandosi alla passione. Non gli era sfuggito
che Morgana
non era andata in Cornovaglia, ma da Merlin per convincerlo a tornare,
a vivere
con Arthur. E non gli era sfuggito neanche che il figlio tre giorni
prima era
andato a Ealdor, da Merlin e che dopo aver litigato, Arthur era tornato
e Merlin
l’aveva accolto tra le sue braccia.
Il
solo pensiero lo faceva rabbrividire. Detestava quel ragazzo,
l’aveva sempre
detestato. Tuttavia si era sempre mostrato gentile con lui, non avendo
un
motivo per odiarlo. Ora che però ce l’aveva, non
gliel’avrebbe fatta passare
liscia.
E
per punirlo avrebbe fatto scoppiare una vera e propria questione di
stato. Suo
figlio avrebbe recuperato il senno, si sarebbe sposato con Morgana e
avrebbe
avuto un erede.
Il
pavimento in marmo, brillava della luce soffusa delle lampade a parete.
La
scrivania in legno di ciliegio, era ordinata. Quasi in modo maniacale.
Al
centro della quale, c’era una agenda. Da circa
mezz’oretta, Uther fissava
l’agenda e l’apparecchio telefonico.
Ne
andava del bene del regno, non poteva sottrarsi. Fece un lungo sospiro.
Poi
prese l’agenda e iniziò a sfogliarla lentamente.
Finché non trovò il numero che
tanto desiderava. Prese il telefono e attese in linea. Dopo due
squilli, una
voce roca rispose.
“Cedric
Jenkins:”
“Buonasera,
sono Uther, Uther Pendragon.”
“Oh,
mio magnanimo re, in cosa posso servirla?”
“Avrei
bisogno di un lavoretto..”
“Di
che cosa si tratta?”
“Dovresti
rapire una persona.”
“Solo rapirla?” sbuffò l’uomo.
“Sì,
Cedric: solo rapirla; mi serve vivo.”
“Dove
si trova?”
“A Ealdor.”
“Lo
consideri fatto: entro quando la consegna?”
“Il più presto possibile.”
“Nome della vittima.”
“Merlin.”
Salve a tutte
!!!!!!!!!!!!!!!!
eccoci con un altro
capitolo... Morgana e Lancillotto si sono alleati e stanno progettando
di far tornare Merlin a Camelot.. nel frattempo però anche
qualcuno sta cercando un modo di far tornare Merlin a Camelot. anche se
spinto da altri motivi e con altri fini.. Nel frattempo la caccia alle
streghe e ai maghi continua... Chi sarà questo Cedric? che
ruolo avrà nella vicenda??
ora passo a ringraziare
chi ha recensito!!!
kinderbuena89:
amore ti ringrazio per i complimenti.. sono contenta che il cap abbia
rispettato le tue aspettative... grazie mille.. ho letto la rec al 1
cap.. grazie mille .. sono onorata!! ti voglio bene!! ..e vorrei tanto
ringraziarti ancora .. ma accanto a me c'è una persona che
nn vede l'ora di risponderti..
Morgana: mia Lady carissima!!!! Lady Fra mi ha parlato molto di te.. e
dopo le varie conversazioni su msn. devo ammettere che anche
tu un giorno, come la mia Lady, diventerai una grandissima Strega! ti
ringrazio per i complimenti e .. sì lo so.. se non ci fossi
io Camelot sarebbe sottosopra a causa di Uther, ma.. com avrai
sicuramente notato ho trovato un alleato molto prezioso e vicino ad
Arthur.. ihih.. vedrai che presto quei due torneranno insieme..
Arthur: carissima Lady Merendina.. ti consiglio di moderare il tono
perché io sono e resto un Principe!! (Morghy sbatte la testa
contro il muro.. ma allora non ti ho insegnato niente!!) comunque..
è vero.. ho sbagliato lo ammetto.. lui è
importantissimo per me.. però.. non può pensare
anke lui di trattarmi così e farla franca.. che cacchio!! so
che ce l'ha cn me.. però.. lo amo.. e questo, mi sa.. lo
deve ancora capire!!
Merlin: senti so dei miei poteri e della loro potenza, cara Lady, ma
lui l'ha fatta troppo grossa!! non posso eprdonarlo subito non trovi?
comunque.. su con la vita.. sei giovane e avrai tempo e modo
di rifarti in amore!! ;)
Ginevra: so di averla fatta grossa e mi dispiace.. vedrai che
presto comprenderai anke i motivi per cui l'ho fatt. a presto!
_Valux_: grazie
mille per la recensione!! a presto ^^...
|
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Capitolo 22 *** Haunted ***
Haunted
Quella
notte Cedric Jenkins insieme ad altri due compari,
partì sotto la pioggia alla volta di Ealdor. Avevano una
missione da compiere e
non volevano di certo deludere il proprio signore. Non era il caso.
Anche
perché Uther Pendragon da dieci anni a quella parte li aveva
presi sotto la
propria custodia. Li incaricava dei lavori più sporchi,
quelli di cui nessuno
voleva sporcarsi le mani, e venivano ben retribuiti. Da dieci anni
erano al
soldo della casata Pendragon, ma nel cuore, sempre che ce
l’avessero, erano
mercenari. Eseguivano gli ordini meccanicamente. Perché era
stato loro
ordinato, non perché ci credessero. Loro non avevano una
patria, non dovevano
difendere alcun ideale. Erano immorali. Se avessero dovuto ricordare quale
fosse l’ultima azione buona
commessa, avrebbero risposto- Azioni buone.. perché,
esistono?- e sarebbero
scoppiati a ridere.
Agivano
per conto del proprio signore e basta. Se Camelot
fosse bruciata e il regno fosse caduto in rovina, probabilmente il
giorno
stesso avrebbero offerto se stessi e la propria spada al miglior
offerente in
piazza. Per il momento, servivano Uther Pendragon.
La
pioggia scrosciava lungo le strade. Tuoni e lampi
rendevano ancora più tetra l’atmosfera. Solo una
macchina percorreva i corsi
della città per imboccare la strada giusta per Ealdor. La
guida era sicura e
l’automobile sfrecciava per le vie della città.
“Allora,
che pennuto dobbiamo spennare?”
“Questa volta non dobbiamo spennare, ma dobbiamo solo
riportare il pollo a
casa.”
“Di chi si tratta?”
“Della sgualdrinella del principe, un certo Merlin.”
“Non
sapevo che il principe se la facesse anche con gli
uomini.” Cedric rise.
“Fino
all’anno scorso se la faceva con quella troia di
Morgana infatti: adesso però si è stancato ed
è passato ad altro.”
Cedric
continuò a guidare per tutta la notte. Voleva
sbarazzarsi del ragazzo il più in fretta possibile. Voleva
tornare a casa e
riscuotere la paga. Che avrebbe speso nel giro di mezzo mese in gioco
di carte
e donne.
Intanto,
anche qualcun altro si stava preparando a partire.
Lancillotto
sarebbe andato a Ealdor, avrebbe convinto Merlin
a tornare e sarebbe tornato con lui a Camelot, per vedere Arthur. Era
felice
che Arthur avesse finalmente capito cosa provasse e non avesse paura ad
ammetterlo. Si vedeva quanto lo amava. E adesso avrebbe fatto un favore
per il
suo migliore amico: gli avrebbe portato l’amante.
Sì,
l’avrebbe fatto: in nome dell’amicizia.
Sorrise
all’idea.
Arthur
e Merlin di nuovo insieme. Per sempre. E tutto il
merito era di Morgana. Anche suo.. però lui aveva avuto una
piccola parte. Il
genio era della ragazza.
Mangiò,
si lavò e vestitosi, uscì di casa. Sua madre non
gli
chiese niente. Si fidava di lui.
“Io
esco.”
“Ok.”
Prese
le chiavi della macchina, vi salì e partì. Era
già un
oretta che pioveva, e non aveva intenzione di smettere. Nonostante
ciò guidò
per tutta la notte, fino al sorgere del sole.
Verso
le sette, cercò un posto isolato e lì si
fermò a
cercare di riposare. Dopo un’oretta neanche, però,
ripartì. Giusto in tempo.
Morgana lo chiamò.
“Ehi,
Lancillotto.. ti ho disturbato?”
“No, tutto a posto, che c’è?”
rispose forse un po’ troppo scocciato.
“Niente,
volevo sapere come stava andando.. stanotte non ho
chiuso occhio.”
“Scusa,
Morgana, è che sono teso quanto te.. ho guidato
tutta la notte e..”
“Riposati, allora.. e chiamami quando avrai
notizie.”
“Contaci, Morgana, a presto.”
“Grazie.” Era nervosa, poverina. Come lo era lui.
Forse anche di più.
Lancillotto
riprese a guidare forte. Doveva arrivare a casa
di Merlin, doveva convincerlo.. doveva.. portarlo a Camelot. Per
Arthur, il suo
migliore amico. Doveva farlo. Perché lui, a differenza della
sua ragazza,
sosteneva Arthur e la sua relazione con Merlin.
Già..
Ginevra.. la considerava ancora la sua ragazza. Sì
perché anche se aveva litigato con lei e aveva detto di non
riconoscerla più,
la amava ancora. Questo niente e nessuno avrebbe potuto cambiarlo.
A Camelot il sole
era sorto da poco quando il principe
ereditario, seguito da un folto drappello di cavalieri, si stava
armando e
preparando per la caccia allo stregone. E anche questa volta avrebbe
ubbidito
agli ordini del padre. Avrebbe catturato lo stregone e
l’avrebbe riportato a
Camelot perché fosse giustiziato. Detestava quegli
incarichi, ma suo padre era
il re e di certo non poteva disubbidire ai suoi ordini. Non in un
momento del
genere, dato che di contrasti ce ne erano stati parecchi, forse troppi.
E così,
a una settimana esatta da Natale, Arthur Pendragon partì
nella gelida mattina
invernale di Dicembre alla cerca di questo misterioso Emrys.
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Capitolo 23 *** You Found Me ***
You
found me.
ù
Tre ore
dopo la partenza di Arthur, Cedric arrivò in vista
di Ealdor. Era seduto sul sedile del passeggero, avendo chiesto il
cambio a un
suo compare. Conosceva la strada. Arrivò alla piazza e
sorrise al monumento di
Cornelius Sigan.
“Salve,
nonno.” E poi superò la piazza per arrivare di
fronte alla casa di Merlin. Sospirò e suonò al
citofono.
“Sì?”
“Salve
signora, mi chiamo Cedric, sono un amico di Merlin,
posso entrare?”
“Sì
certo.” Cedric sorrise trionfante e non appena il
portone si aprì, entrò seguito dagli altri due.
Salirono la rampa di scale e poi
suonarono il campanello. Unith andò ad aprire.
“Sì?”
“Merlin è qui in casa?”
“No..
mi dispiace.. è partito la settimana scorsa. Per
Tintagel, in Cornovaglia.”
“Oh.
Grazie lo stesso signora.”
“Mi
dispiace non potervi aiutare di più.”
“Si
figuri, grazie ancora.”
Unith, non
del tutto sicura che quei ceffi potessero essere
reali amici di suo figlio,sorrise e poi chiuse la porta.
Cedric
tornò irato alla macchina e si mise di nuovo al posto
di guida. E partì a tutto gas.
“Dove
andiamo?”
“A prendere il pollo da riportare al pollaio.. non mi
interessa se dovrò girare
l’intera Britannia, lo farò. Non ho alcuna
intenzione di deludere Uther
Pendragon.”
“Andiamo
a Tintagel?”
“Ovvio.”
Lancillotto
arrivò a Ealdor verso le dieci, poco dopo
l’arrivo di Cedric.
E
anch’egli suonò a Unith, sempre più
sorpresa. Che avesse
combinato qualcosa il suo adorabile figlioletto? No.. era troppo buono
e
speciale per combinare qualcosa.
Quando
aprì la porta e riconobbe Lancillotto, tirò un
sospiro di sollievo.
“Ah,
Lancillotto sei tu.”
“Sì, signora Unith.”
“Prima sono arrivati tre ragazzi poco raccomandabili a
chiedermi di Merlin e..
temevo fossero tornati.”
“Non ne so niente.” Unith gli sorrise.
“Non
restare sulla porta. Entra. Ti preparo un caffè.. ne
hai proprio bisogno.”
“Oh,
grazie. Merlin c’è?”
“No, non è qui a Ealdor, la settimana scorsa
è partito per Tintagel.”
Lancillotto sorrise
“Ah.”
“Perché lo cerchi?”
“Io e Morgana vogliamo che torni a Camelot di nascosto e si
riappacifichi con
Arthur. È il mio migliore amico e non ho intenzione di
vederlo soffrire per
Merlin. Sapendo che comunque vostro figlio.. corrisponde.”
“Mi
ha raccontato degli sviluppi con Arthur. L’unica cosa
che non capisce è perché sia così
insicuro.”
“Io, non voglio giustificarlo, signora Unith, ma.. ha
trascorso tutta la sua
vita a compiacere il padre, ha sempre cercato di renderlo orgoglioso di
se
stesso. Di non deluderlo mai. Ha cercato il suo assenso e appoggio per
vent’anni.. e ora è in conflitto con se stesso.
Ama vostro figlio follemente,
ma una parte di lui cerca ancora di ubbidire al padre. Non è
facile per lui.”
“So
quanto Arthur tenga a lui, l’ho visto.” Disse
ripensando
a quelle due volte in cui Arthur aveva cercato Merlin con
determinazione e
aveva visto le lacrime rigare il volto del principe.
Lancillotto
sorrise e bevve il caffè.
“Dove
lo posso trovare?”
“È
a Tintagel.”
“Giusto..
me l’avete già detto.”
“Tranquillo..
non importa.” Lancillotto sorrise e finito il
caffè, ringrazio e si avviò alla porta.
“Torna
pure a trovare, quando vuoi.”
“Grazie signora
Unith.” E detto ciò, uscì.
Arthur e i
suoi cavalieri si diressero, invece, sicuri
a Tintagel, il luogo dove era stato avvistato
per l’ultima volta dalle spie di suo padre lo stregone. In
realtà la Cornovaglia
non faceva parte del regno di Camelot. Non ancora, almeno. Ma caso
volle che
Gorlois, il padre di Morgana, avesse dato a Uther Pendragon carta
bianca per la
cattura degli stregoni in quella regione.
E
così Arthur si era ritrovato a partire a una settimana da
Natale per la Cornovaglia.
Quando
arrivarono in città, il sole emanava una luce fioca,
pallida. L’aria gelida penetrava fin dentro le ossa e le
strade erano deserta.
Si avvicinarono a una locanda ed entrarono.
“Buongiorno”
“Buongiorno
principe Arthur.” Il ragazzo si guardò intorno e
notò che la locanda era molto buia, a parte per la luce
centrale che illuminava
la stanza. E in un angolo si trovava un ragazzo intento a mangiare la
sua
pietanza.
“Come
posso esservi utile, Sire?”
“Sto
cercando un certo Emrys, uno stregone.. lo avete
visto?”
“No,
mi dispiace.” Disse l’uomo sincero.
Arthur
chinò il capo e poi si girò verso il ragazzo
seduto
in disparte il quale si stava avvicinando all’oste per
pagare. Posò i soldi sul
bancone e si avviò verso l’uscita. Sarebbe filato
tutto liscio se una guardia
di Camelot non l’avesse riconosciuto. “È
lui!” esclamò. Il mago allora si
diresse verso l’uscita posteriore correndo e uscendo per la
strada senza mai
smettere di correre a perdifiato, sperando che non lo trovassero.
Arthur si
buttò subito all’inseguimento correndo senza
perderlo mai di vista, superando con agili balzi gli ostacoli che si
frapponevano tra lui e lo stregone. Che dopo un po’, stanco
per lo scatto di
velocità, iniziò a rallentare. E il principe
aumentò la propria velocità
raggiungendolo. Lo prese da dietro per poi bloccarlo contro il muro.
Gli tolse
il cappuccio del cappotto e lo guardò tra
l’infuriato il deluso e il ferito.
“M..
Merlin?” il ragazzo chinò il capo senza
rispondere.
“Eri tu anche quella volta l’anno scorso,
vero?” Merlin annuì.
“Ero
io.” Arthur sentì il suo cuore infrangersi in
mille
pezzi. Ma lo amava e non l’avrebbe catturato.
“Vattene
da qui.. vattene da questa maledetta isola. Non
voglio sentir più parlare di te.”
“Non
me ne vado.”
“Mio
padre mi ha ordinato di catturare Emrys, ma non posso.”
“Perché?”
“Perché
per me tu sarai sempre Merlin, l’idiota del liceo
che mi ha fatto innamorare di sé. Vattene.” Merlin
lo guardò con amore e lo
baciò. Bacio cui Arthur corrispose pienamente, stringendolo
a sé, baciandolo
con amore e passione. “Usa una delle tue magie e vattene da
qui.” Disse mentre
lo baciava. Dopo un po’ di minuti, che sembravano troppo
pochi, si staccarono
di malavoglia.
“Addio
Arthur.” Disse carezzandogli il viso.
“Addio
Merlin.”
Poi Arthur
si allontanò da lui e tornò camminando sui suoi
passi. Senza voltarsi indietro. Avrebbe fatto troppo male. Quando ebbe
il
coraggio di farlo, Merlin era sparito. Chissà dove era
adesso. E con questo
pensiero si voltò per tornare a Camelot.
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Capitolo 24 *** I Love You ***
I
Love You
“COSA?!! Come hai potuto?!” Arthur lo
guardò con lo stesso
sorriso che il padre gli aveva rivolto qualche giorno prima alla
partenza.
Morgana, chinò il capo trattenendo le risate.
“Non
potevo prenderlo, né tantomeno volevo.”
“Ormai fai un po’ troppo di testa tua, Arthur.
È il momento che tu capisca chi
è che comanda.”
“E
per te, padre, è giunto il momento di capire che io lo
amo. E che è inutile proibirmi di vederlo, o qualsiasi altra
idea ti venga in
mente. Io lo amo e continuerò ad amarlo. Non voglio nessun
altro o altra al
mio fianco. Lui e solo lui voglio.
E non m’importa se è un mago o non
potrà darmi un erede. Lo amo e nessuno mi
proibirà di amarlo. Nemmeno tu.”
“A
quanto mi risulta è stato esiliato da Camelot e per
giunta non si trova neanche in Britannia; come pensi di fare?”
“Se non rievochi il suo esilio e non la smetti con il
perseguitare la magia,
ponendo fine a questa insensata follia, tu non avrai più un
erede.” Uther lo
guardò sbalordito. E lui rise. “Non ho intenzione
di togliermi la vita, se è
questo che ti preoccupa tanto. Come potrei amarlo altrimenti? No, me ne
vado
io. Lo raggiungo. Non importa quanto ci metterò, ma
andrò da lui anche in capo
al mondo se è necessario. Ma me ne andrò lontano
da qui, per amarlo.” Uther lo
fulminò. Poi guardò le due ragazze. E poi Arthur.
“Sei
sicuro di quello che dici?”
“Assolutamente.”
Ci fu un
lungo minuto di silenzio poi il re prese un foglio,
scrisse una lunga lettera e poi sigillò con il marchio reale.
“Arthur,
va a Ealdor e consegna questa lettera alla madre di
Merlin. Se lo ami così tanto, è giusto che tu sia
libero di farlo. Sono stato
troppo ottuso con te. perdonami.”
Arthur
chinò il capo sorridendo e prese la lettera.
“Lo
farò.” E si avviò alla porta. Poi si
fermò. “E.. per
quanto riguarda la magia?”
“È
libero.” Arthur sorrise con le lacrime agli occhi e
uscì
dalla sala.
Morgana
pochi minuti dopo uscì dalla sala e chiamò
Lancillotto.
“Pronto
Morgana?”
“Torna
pure a Camelot: Uther ha revocato l’esilio di Merlin
e ha intenzione di non giustiziarlo per il Dono.”
“Sapevo
che Merlin era Speciale.. come anche te.. Va bene,
torno.” E mise giù.
Nel
frattempo, Uther, nel suo studio, chiamò Cedric.
“Sì,
signore?”
“Non è più necessario che mi portiate
Merlin. Ma vi pagherò anche il doppio per
il disturbo.” Cedric, seppur scontento per il giro a vuoto,
si rallegrò
comunque per il raddoppio della paga.
“Come
desidera, Uther Pendragon.”
“Bene.”
Disse per poi riagganciare.
“Che
ha detto?” chiese un compare a Cedric.
“Che
non è più necessario il nostro intervento, ma che
ci
paga anche il doppio per il disturbo.”
“Bene..”
“Già.”
Arthur si
diresse in garage verso la macchina. Aprì la
portiera. Stava per montare quando gli si avvicinò Ginevra.
“Arthur..
Posso parlarti?”
“Sono di fretta, che vuoi?”
“Volevo dirti che ho sbagliato. Che ho sbagliato a dare
quella lettera a Uther,
così come a non rispettare te e il tuo amore. Ho sbagliato
ad averti
abbandonato quando avevi bisogno di me e degli altri. Lo facevo per il
tuo bene
ed ero convinta che quello fosse il modo giusto per dimostrartelo.
Senza
contare che ce l’avevo con te e Uther. Per avermi sempre
messo da parte, per
aver sempre considerato la mia opinione e il mio pensiero meno di zero.
Per non
avermi mai considerata davvero come figlia e sorella. Per avermi messo
da
parte. Ma ho capito di aver sbagliato, che non era il modo giusto. E
per questo
ti chiedo scusa.” Arthur la guardò per qualche
istante. Poi le sorrise e la abbracciò
a lungo.
“Son
contento di riavere la mia vera e adorata sorellina..”
poi la guardò serio “Ne riparliamo bene quando
torno, ok?”
“Ok, Arthur.” Disse sorridendo. Arthur
montò. “Ah e.. salutamelo.. davvero.”
“Lo
farò.” Disse per poi darle un bacio in fronte e
partire.
Partì
alla velocità della luce, uscendo dalla città e
dirigendosi sicuro a Ealdor. Sul sedile del passeggero la lettera da
consegnare
a Unith. Sorrise. Merlin sarebbe tornato a Camelot. E allora
l’avrebbe potuto
stringere di nuovo tra le sue braccia. Avrebbe potuto baciarlo, dirgli
finalmente che l’amava. Finalmente avrebbe potuto fare
ciò che si sentiva.
Sto
arrivando, Merlin pensò
felice. Felice davvero per la prima volta.
Erano le
quattro e mezza di pomeriggio. In cucina Unith stava
preparando un caffè per sé e il figlio tornato da
poco.
“Pensavo
ti fermassi di più.”
“Arthur
ha scoperto il mio Dono.”
“Oddio.. e quindi?” chiese seriamente preoccupata.
Arthur amava Merlin, ne era
sicura, ma suo figlio gli aveva nascosto una grande cosa, quindi se per
un po’
fosse stato arrabbiato con Merlin, visto il suo orgoglio smisurato, di
certo
non lo avrebbe biasimato. Per lui doveva essere stata una doccia
fredda, non se
l’aspettava.
“Ha
detto che non voleva più sentir parlare di me, che non
mi avrebbe catturato come invece voleva suo padre, ma che dovevo
andarmene.”
“Lo ha fatto per il tuo bene, lo sai?”
“Sì,
lo so.. sono esiliato e ricercato da Uther.. devo
andarmene.” Unith non ebbe modo di rispondere
perché suonarono al citofono.
“Oh..
Sali pure.” Rispose lei contenta.
“Chi
è?” chiese Merlin. Unith socchiuse la porta e poi
tornò
a guardare il caffè aggiungendo una tazzina.
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Capitolo 25 *** Togheter ***
Together
“La
porta era aperta e sono.. entrato.. Posso?” chiese
Arthur chiudendo la porta e facendo capolino in cucina.
“Questo lo vedo.. e anche se non potessi, ormai ci
sei.” Rispose Merlin. Arthur
lo guardò sorpreso. Non si aspettava di vederlo a casa. Era
anche casa sua, era
normale fosse lì, ma credeva se ne fosse davvero andato.
“Non
potevo andarmene senza salutare mia madre.” Disse come
se gli avesse letto il pensiero.
“Non
credevo che voi Maghi leggeste i pensieri altrui.”
Disse guardandolo
“Quando
vogliamo.” Rispose ricambiando lo sguardo.
“Posso
aiutarti, Arthur?” chiese Unith sorridendo. Il
ragazzo distolse lo sguardo dal moro.
“Ho
questa lettera per voi.. da mio padre.”
Unith
prese la lettera e la lesse. Poi guardò suo figlio con
le lacrime agli occhi e poi guardò Arthur e lo
abbracciò ringraziandolo tra le
lacrime. Il ragazzo imbarazzato dapprima rimase un po’
rigido, poi la strinse
dolcemente, come immaginava si stringesse una madre.
“Ehm..
mi dispiace interrompere questo bellissimo momento
ma.. posso sapere cosa c’è scritto su quella
lettera?”
“Indovina,
maghetto dei miei stivali!” disse Arthur
canzonatore. Poi gli porse la lettera.
Unith
intanto si era sciolta dall’abbraccio ed era andata in
bagno per sciacquarsi il viso.
Merlin
lesse la lettera più volte come se non volesse
credere a quello che c’era scritto. Poi guardò il
biondo.
“Mi
stai prendendo in giro.”
“No.”
“Uther
Pendragon che si scusa?! Ma sei sicuro che sia lui?!”
“Sì,
è lui.. ma.. non hai letto la seconda parte della
lettera?!”
Merlin
sorrise e gli si avvicinò, sfiorando le labbra di
Arthur in un bacio.
“Sì..
l’ho letta.” Arthur sorrise e si
appoggiò al piano
cottura circondando i fianchi di Merlin con le proprie braccia e
attirandolo a
sé. E lo baciò con amore e calma. Senza pretese,
come se il tempo fosse loro.
Merlin corrispose al bacio circondando con le proprie braccia il collo
di
Arthur. Rimasero in cucina per un po’ a baciarsi, poi si
staccarono.
“E
ora, che cosa vuoi fare?” gli chiese Arthur.
“Tu?”
“Tornerai
a Camelot prima o poi?” domandò serio.
“Sì,
ci tornerò con te, prima o poi.”
“Mio padre ha detto che sei libero.. dall’accusa di
stregoneria.”
“Lo so, ha scritto anche quello.”
“Quante
cose che ti ha scritto.. non dovrò forse essere
geloso, vero?” disse scherzando.
“Non
geloso.. gelosissimo!” rispose l’altro a tono,
fronte
contro fronte con Arthur.
“Buono
a sapersi.” Disse per poi baciarlo di nuovo.
“Ehm..
ragazzi.. io esco… solo.. non distruggetemi la casa,
va bene?”
“Ok.”
“D’accordo signora Unith.”
“Solo Unith.” Rispose lei. Lui sorrise e la donna
uscì.
E i due si
guardarono. Arthur lo guardò con amore carezzandogli
il viso. Poi gli sorrise.
“Ti
va di ricominciare?”
“Non..
non lo so.” Disse per poi chinare il capo e
appoggiarlo al petto d Arthur.
“Scusa..
forse sono io che corro troppo.. È presto.. è
solo
che ti amo alla follia e non vedo l’ora di poter stare con
te.” Merlin lo
guardò e gli diede un bacio.
“Se
non corressi troppo.. non saresti tu.” Disse per poi
dargli un bacio a stampo.
“Già,
hai ragione.” Rispose sorridendo.
“Ti
amo, Arthur Pendragon.” Lui sentì il proprio cuore
esplodergli dalla gioia.
“Ti
amo anch’io, Merlin Emrys.”
“Immagino
che tu debba andare..”
“Solo se vuoi.” Merlin sorrise.
“Non
andartene, ti prego.”
“No..
non me ne andrò.” Disse stringendolo dolcemente a
sé. Merlin
lo baciò. E Arthur corrispose pienamente.
“T
andrebbe di.. restare a dormire da me?”
“Mh..
Non so se a tua madre vada bene.”
“Oh,
le andrà benissimo.. stai tranquillo.”
“Beh,
allora.. Sì.. mi va.” Disse per poi baciarlo con
amore.
“Dormite
nella tua stanza?” chiese Unith quella sera a suo
figlio.
“Sì.”
Rispose il moretto. La donna sorrise e andò nella
propria stanza.
“Ti
va se ci guardiamo un film?” propose Arthur. Merlin
sorridendo annuì e lo baciò.
Si
sedettero sul divano e accesero la televisione. C’era
“Shining” su un canale, l’unico film
decente di tutta la serata. Lo guardarono
seriamente fino al momento in cui il bambino incontrava le gemelle la
prima
volta. Merlin a quel punto cercò di nascondere la sua paura.
Più che vera e
propria paura, la vista di tutto quel sangue gli faceva senso.
Arthur
allora sorrise e lo tirò vicino a sé.
“Non
credevo potessi aver paura di questo film.”
“Non ho paura infatti: mi fa senso solo tutto quel
sangue.” Lui sorrise.
“Allora
perché non guardi il bellissimo ragazzo che è
seduto
alla tua destra?”
“Non
so. È un po’ troppo presuntuoso per i miei
gusti.”
“Ah
sì, eh? Peccato.. a quanto ho saputo gli devi piacere
molto.”
“Dici?”
“Dico” Merlin gli sorrise. E lo baciò.
Arthur colse l’occasione. Lo baciò
stringendolo a sé. E il moretto corrispose.
Attirò Arthur a sé e questi lo fece
sdraiare sul divano. Senza smettere di baciarlo. Sulle labbra, sul
collo, sull’incavo.
Rimasero a baciarsi distesi sul divano a lungo. Poi, a un tratto,
Merlin si
tirò su. Aveva lasciato la finestra aperta, e ora faceva
freddo. Quando tornò, Arthur
era seduto sul divano. Gli circondò i fianchi con un braccio
e lo attirò a sé,
facendolo sedere sulle proprie gambe. E ripresero a baciarsi, senza
preoccuparsi di lasciare segni evidenti.
Ogni segno era un marchio di appartenenza. Ogni marchio
era la prova che
ciò che stavano vivendo era reale. Che non era un sogno. Che
ciò che avevano
sognato per un anno e mezzo, anche se non era un rapporto completo, era
vero.
Quando il
film terminò, Arthur spense la TV e lo prese in
braccio e lo portò in camera, trattenendo le risate ogni
volta che andava a
sbattere contro qualcosa.
“Fai
piano..”
“Scusa,
è che non vedo niente.” Merlin lo baciò
sulla punta
del naso, e dopo qualche minuto, arrivarono finalmente nella camera del
maghetto. Si sdraiò sotto le coperte, per poi stringere
Merlin a sé, in modo
tale che entrambi fossero comodi.
“Buonanotte,
Merlin”
“Buonanotte,
Arthur”
E si
addormentarono così, l’uno stretto
all’altro. Sorridendo.
Quella sarebbe stata solo la prima di una lunga serie.
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Capitolo 26 *** I Will Always Love You ***
I Will Always Love
You!
Il mattino seguente Arthur si svegliò
presto e si voltò. Merlin era lì, accanto a lui
che dormiva
beatamente e sognava. Aveva temuto fino alla fine di averlo perso,
che non sarebbero mai stati insieme e di dover aver il rimorso di non
averlo amato. E invece, eccolo lì con lui. La vigilia di
Natale. I
suoi occhi si soffermarono sul viso. La pelle lattea in contrasto con
quei capelli color ebano lo facevano ancora impazzire. Così
come
quelle labbra vermiglie e quegli occhi blu zaffiro che non vedeva
l'ora lui aprisse. Lo guardò ancora una volta e sorrise.
Dei, quanto
gli era mancato. Merlin dal canto suo si svegliò in quel
momento. E
la prima cosa che vide furono gli occhi di Arthur che lo guardavano
con amore e tenerezza. E si sentì il cuore esplodere dalla
gioia.
Non si era mai sentito così con nessuno. Solo quel borioso e
arrogante quanto amabile asino reale riusciva a farlo sentire amato e
felice al tempo stesso. La seconda cosa che sentì furono le
labbra
di Arthur che si univano alle sue in un bacio pieno di tenerezza e
amore, i loro respiri che si fondevano per diventare un solo respiro.
E poi le braccia di Arthur che lo stringevano a sé. E un
senso di
protezione pervase l'animo del maghetto, che continuò a
baciare il
principe circondando il collo di lui con le sue braccia.
“Buongiorno,
Merlin.” sussurrò al
suo orecchio con tenerezza.
“Buongiorno,
Arthur.”
“Dormito
bene?”continuò a
sussurrargli per poi passare a baciargli l'orecchio, scendere sul
collo per poi baciarlo di nuovo sulle labbra.
“Sì,
non male.” rispose fingendo
un'aria di sufficienza. Lui lo guardò fingendosi indignato.
“Non male,
eh?” poi prese un
cuscino e glielo tirò addosso. Merlin sorrise e gliene
tirò uno di
rimando. Arthur gli tirò allora un'altra cuscinata e Merlin
rispose
anche a quella. Iniziò così una vera e propria
lotta con i cuscini
che durò per lungo tempo, finché Arthur non
riuscì a
immobilizzarlo.
“Ti
amo.” disse guardandolo negli
occhi per poi baciarlo.
“Anche io ti
amo.” rispose il moro
capovolgendo le posizioni e continuando sempre a baciarlo.
“Il mio maghetto
ribelle.” fece
scompigliandogli i capelli. Merlin sorrise, poi si alzò a
sedere,
rimanendo sempre sopra di lui.
“Sei sicuro che
non sia un problema,
vero? Il fatto che io sia... un mago.” Arthur si
alzò a sedere
anche lui e lo guardò serio.
“Non voglio che
lo pensi, Merlin, mai
più. Io ti amo per ciò che sei. La magia fa parte
di te. E a me va
bene. Tu sei una persona speciale, amore mio e..”
“Co.. Come mi hai
chiamato?” Arthur
sorrise.
“Amore mio,
perché è ciò che sei.
Non sono mai stato bravo a dimostrarlo, lo so. Ma io ti amo per
ciò
che sei. E non m'importa se sei un mago. Davvero, non importa. Anzi,
forse proprio perché lo sei, ti amo ancora di
più.” Merlin lo
baciò con amore. E le lacrime di gioia agli occhi. Arthur
dal canto
suo lo strinse forte a sé e scese a baciarlo sul collo e poi
sull'incavo con amore, passione e desiderio. Dei, l'aveva desiderato
per così tanto tempo che ora non poteva credere che ora
potesse
essere suo. Merlin sorrise lasciandosi baciare e ricambiando.
“Arthur...”
il biondo sorrise e lo
stese sotto di sé mentre le sue mani percorrevano il corpo
del moro
e lo baciava.
Ma proprio in quel momento
il cellulare
di Arthur suonò. Lui chinò il capo, poi si sporse
verso il
comodino.
“Pronto?”
“Ciao, Arthur,
sono Morgana.
Disturbo?”
“Beh..” si voltò verso Merlin e sorrise.
“Un
po'.”
“Oh, scusa... va
tutto bene
lì?”
“Sì.. benissimo.”
“Senti, che
programmi hai per
stasera?”
“Stasera?”
“è la
Vigilia di Natale, Arthur.”
“Di
già?” lei rise.
“Sì,
Arthur, di già.”
“Non.. lo
so.”
“Perché
non venite da noi stasera?”
“Non lo so. Sento
Merlin e poi ti
dico.”
“Ok, salutami
tanto anche Unith.”
“Ok, a dopo,
Morghy.”
“Ok,
ciao.” la chiamata terminò. E
Arthur tornò al fianco di Merlin.
“Morgana? Che
cosa voleva?”
“Chiedeva
se andavamo da loro stasera.”
“E tu che le hai detto?”
“Che
dovevo sentire te e poi l'avrei richiamata. Che ne pensi?”
“Non lo so.. non
posso lasciare mia
madre sola la Vigilia.”
“Giusto.. e se venisse anche
lei?”
“Sei sicuro che non sia un problema?”
“No
figurati.. stai tranquillo. Non c'è problema.”
disse per poi
depositargli un bacio sul collo.
“Ah beh.. se lo
dici tu..” disse
per poi girarsi verso di lui e corrispondere.
Arthur corrispose e mai si
sentì più
felice. Il cuore gli esplose dalla gioia. Era felice e si chiese come
avesse fatto a stare senza di lui. Merlin lo amava per ciò
che era
lui come persona, non per il suo rango. Quel ragazzo tanto
impertinente che era entrato nella sua vita senza poi uscirne. Tanto
da rendere invivibile
ogni
secondo trascorso senza di lui. Tutti quei mesi senza di lui gli
erano sembrati non trascorrere mai. Arthur si staccò
lievemente e lo
guardò negli occhi. Quei due oceani che lui aveva visto
felici,
ridenti, ma anche tristi, delusi e afflitti. Li aveva visti anche
gonfi di pianto, rossi. Con le dita sfiorò la guancia di
Merlin. E
poi le labbra vermiglie. E poi i capelli neri corvini. Le dita si
insinuarono tra i capelli fino a stringere. Stringere forte. Merlin
soffocò un gemito di dolore e inarcò la schiena.
E Arthur lo baciò
sul niveo collo e sull'incavo.
“Arthur.. No..
dobbiamo andare.. A
colazione.” Arthur scese ancora sul petto. Lasciando baci
caldi e
roventi su tutto il petto. Scese ancora fino al capezzolo, lambendolo
con le labbra. Leccandolo, suggendolo e baciandolo, mentre il moro
ansimava. Arthur dolcemente gli aprì le gambe aderendo al
bacino di
Merlin con il proprio.
“Arthur..
Stringimi.” gli occhi del
principe si illuminarono di uno sguardo malizioso. Poi si
staccò.
“Credevo volessi
andare a colazione.”
fece sedendosi sul bordo del letto con un'aria beffarda.
“Beh, credevi
male. Voglio te, solo
te.” fece stringendolo da dietro. Arthur sorrise. Poi si
voltò.
“Non voglio
correre con te. Né
bruciare le tappe. Ti amo e voglio viverti senza fretta.” lui
chinò
il capo e annuì. “Ma questo non significa che non
ti voglia o
desideri. Forse proprio perché so quanto ti desidero,
preferisco
aspettare.”
“Ehi, non preoccuparti. Lo so. So che mi ami e che
mi vuoi. E ti amo anche io. È solo che ora dobbiamo tornare
alla
realtà e ho paura.”
“Perché?”
“Tu sei un
Pendragon. Hai dei doveri
verso il tuo popolo e so che è giusto così. So
quanto ami il tuo
popolo e so che sarai un ottimo re, quando verrà il tuo
momento. Ma
sai che... potrebbe portarti a compiere dei sacrifici. Lo sai.
È di
questo che ho paura. Ho paura di non poterti aiutare o che non sia
sufficiente il mio sostegno; ma ciò di cui ho più
paura è che un
giorno.. Quel sacrificio possa essere io.”
“No, no mai. Lo
so. Non sarà facile.
Ma io ti amerò sempre. Non potrei esistere senza di te. Tu
sei tutto
ciò che ho di più importante. Davvero. Non
permetterò mai che
qualcosa si metta tra noi due. Niente potrà mai dividerci.
Devi
credermi. Io ti amo. Amo solo te.”
“Non lo metto in dubbio. Mi
fido di te, amore mio. Ma non potrà sempre essere
così facile tra
di noi e..”
“Ehi, siamo in due. Qualunque problema lo
affronteremo insieme. Credi che io non abbia paura di perderti ogni
istante che passa? Ma ho fiducia in noi, amore mio. Non devi
temere.”
Merlin sorrise e si accoccolò a lui. “Non so che
farei se non ti
avessi, amore mio.”
“Lo stesso vale per me.”
“Allora...
Andiamo a fare colazione?
Sono quasi le dieci.”
“Ok.”
Sul pomeriggio tardi
arrivò Unith e fu
informata dei programmi. Naturalmente entrò nel panico e
iniziò ad
agitarsi.
“Mamma, stai
calma..” disse Merlin
cercando di tranquillizzarla il più possibile.
“Merlin ha
ragione. Non c'è motivo
per cui dobbiate preoccuparvi.” affermò Arthur. La
donna sorrise.
“D'accordo,
allora.. io vado a
prepararmi e vi raggiungo tra un po'.”
“Ok, mamma. Ti
aspettiamo.” fece il moro dirigendosi verso l'entrata seguito
dal
biondo.
“Allora.. si
va?”
“Ma allora
è genetico! Perché tanta
paura di tornare a Camelot? Sembra che tu sia condannato..”
Merlin
si irrigidì.
“Effettivamente
fino a qualche giorno
fa sarei stato ucciso se fossi tornato a Camelot..”
“Ora non
più! Quello è.. passato.”
“Sì ma
fa ancora male. Sono stato
bandito neanche fossi stato un criminale, allontanato dalla
città in
cui ho vissuto per anni. E ciò che mi fa più male
è che in tutta
questa storia ci è andata di mezzo anche mia madre. Che non
se lo
meritava.”
“Neanche tu te lo
meritavi, se è per
questo. Mi dispiace che tu .. la viva così male ora. Di
certo hai
ragione ma.. Ora non ti accadrà niente. Né a te
né a tua madre.
Devi fidarti di me.”
“Non è
questo il punto, so che posso
fidarmi. E che non ci accadrà niente. Questo non c'entra. Ti
chiedo
solo di comprenderla.. e di comprendere anche me.” Arthur
sorrise e
lo strinse dolcemente da dietro.
“oh beh.. allora
non ci sono
problemi..” sussurrò al suo orecchio sorridendo.
Merlin sorrise e
lo baciò dopo essersi voltato. E si strinse a lui.
“Ti amo. E
niente potrà mai dividerci. Niente e nessuno. Te lo
giuro.”
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