A.A.A. Cercasi Verità - L'accusa Innocente

di Wynn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Momenti di silenzio ***
Capitolo 2: *** Il tempo passa... ***
Capitolo 3: *** Il ritorno dell'ombra ***
Capitolo 4: *** A caccia di Verità ***



Capitolo 1
*** Momenti di silenzio ***


Momenti di silenzio

Belfast, 1 giugno 2007, ore 12:37, commissariato di polizia.
L’ufficiale di polizia Toad stava seduto sulla sedia a guardare fisso e incredulo una bambina di circa 8 anni, l’unica testimone di un terribile mancato omicidio che era avvenuto trentasette minuti prima. “Come se una marmocchia possa essere una testimone” pensò Toad “Ridicolo!”.
Il poliziotto che si trovava vicino al luogo del mancato omicidio, era al suo fianco, per aiutarlo nell’indagine. Si trattava di Marcel Rosostia. Toad indossava una divisa della polizia un po’ trasandata: stava dormendo della grossa quando era stato svegliato per occuparsi della mancata morte di Sabrina Ganderni, la madre della testimone. Neanche fosse stato un detective!
Marcel al contrario indossava la divisa senza neanche una piega. Dopotutto aveva il turno notturno di guardia!
-Ehm... dunque ci spieghi tutta la storia- chiese nervoso Toad.
-Io e la mamma stavamo tornando a casa dopo una passeggiata quando abbiamo sentito dei rumori sospetti, provenienti dalla strada davanti a noi- iniziò la bambina.
-Ci trovavamo in un vicolo cupo e un’ombra scura è piombata giù dal cielo ed... ha attaccato la mamma!!!-.
La bambina scoppiò a piangere.
-Su, su non piangere... continua...- la consolò Marcel.
-Allora la mamma è caduta a terra e l’ombra mi si è avvicinata ma all’improvviso un’altra ombra è piombata giù dal cielo e ha messo in fuga l’ombra cattiva!- concluse la bambina.
-Mmm... forse l’ombra è ancora nei paraggi... setacciate la zona e...-.
Le parole di Toad furono interrotte da una cosa che i suoi occhi videro.
Un’ombra se ne stava in agguato fuori della finestra ad ascoltare. Non appena fu scoperta scappò via.
La faccia di Toad divenne prima blu, poi rossa e verde e infine si soffermò ad un colore prugna fino a tornare al suo normale color limone.
-Correte!!! Non ci deve sfuggire!!!
Gli uomini corsero a più non posso mentre l’ufficiale Toad si sfregava le mani. “L’acciufferanno di certo! Siamo la migliore polizia di tutta l’Irlanda del Nord!”.
Dopo pochi minuti...
-Mi dispiace Ufficiale ma c’è sfuggita...- mormorò appena il poliziotto. La faccia di Toad divenne prima color prugna, poi divenne verde, poi rossa ciliegia e poi si soffermò sul blu talmente tanto che Marcel pensò che non stesse nemmeno respirando. Infine tornò giallo limone e Toad si mise a boccheggiare.
-Ma... signore, il fuggitivo si è lasciato dietro questo biglietto- disse allora per farlo calmare il poliziotto di prima, tendendo a Toad un pezzetto di carta.
Quel apparentemente insignificante foglietto portava la scritta “A.A.A. Cercasi Verità”. Era scritta con una scrittura sghemba e spigolosa, dall’accento sulla “À” un po’ storto, con i punti molto marcati. Toad sembrò appena appagato. -Cosa ci fate ancora qui? Muovetevi! Cercate il più in fretta possibile un qualcuno che si fa chiamare A.A.A. Cercasi Verità!-. Non appena tutti se ne furono andati Toad espresse tutta la sua felicità con un ghigno malefico. L’avrebbero acciuffato,ad ogni costo. Si, pensò, A.A.A. Cercarsi Verità sarà preso e punito per il crimine che stava per commettere.

“Ridicolo. Nulla è certo. Solo la vita e la morte. Ogni essere è destinato a vivere e morire. Non importa quanto qualcuno cerchi di sfuggire alla morte. Alla fine morirà. Così è e così per sempre rimarrà. Gli uomini non lo capiscono. No, loro confondono tutto, loro trasformano tutto in Menzogna. Io cerco la Verità e la trovo sempre, puoi esserne certo.”

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Capitolo 2
*** Il tempo passa... ***


Il tempo passa...

Belfast, 1 Settembre 2009, ore 07:45, fuori da casa Rosostia.
David Rosostia era appena uscito dalla sua vivace villetta. La villa non era molto grande, ma gli sgargianti colori che andavano dal rosso ciliegia al giallo limone, al verde smeraldo, al blu marino la rallegravano.
David era il figlio di Marcel, un poliziotto che aveva da poco ricevuto la carica d’ufficiale, e Marine, la custode della sorveglianza dell’ufficio di polizia. Si stava dirigendo all’ufficio di polizia per il suo primo giorno di lavoro. Lui, come il padre e il nonno prima di lui, era destinato a diventare poliziotto. Era un ragazzino intelligente e scaltro. Secondo sua madre erano caratteristiche adatte a un poliziotto, ma a lui sembravano più caratteristiche da detective o da ladro.
Non era molto alto per la sua età. Era molto simile alla madre. Marine era una donna di corporatura media, ma molto seducente. I suoi biondi capelli mossi odoravano di ciclamino, come il suo corpo, e spesso sembrava circondata da un’aura di saggezza infinita. Marcel al contrario era uno stuzzicadenti, magro e alto, dai capelli neri sempre scarmigliati e indomabili. La sua caratteristica più particolare? La tendenza a gesticolare e tacere.
Ovviamente nessuno capiva cosa voleva esprimere. Solo David e Sonya.
Sonya era la sorella maggiore di David. Lei si era trasferita in Italia per sfuggire ad una vita da poliziotta o da sorvegliante. Ora viveva da sola a Bologna, in Emilia Romagna. Qualche volta tornava in patria per un po’ di tempo per vedere se la sua famiglia stava bene. Con David era molto dispettosa. Spesso lo prendeva in giro chiamandolo “Messer Police”, “Poliziotto da strapazzo” o “Poliziozio”. Era il suo modo di dimostrargli il suo affetto. Sonya era fatta così. Non si faceva più viva da due anni. David pensava fosse per quel che era successo durante i giorni della sua ultima visita al paese natale. Infatti proprio due anni prima era avvenuto un tentativo di omicidio. Il colpevole, un certo A.A.A. Cercasi Verità, non era mai stato acciuffato.
Era ancora in libertà, nascosto da qualche parte, nel buio, attendendo il momento più adatto per fare la sua mossa. Ma il momento era più vicino di quanto chiunque pensasse, di quanto qualcuno avesse mai potuto prevedere.
Si, il momento era ormai arrivato.

“Sono passati due anni, ormai. Le cose non sono cambiate. E nemmeno i miei obiettivi. La Verità è molto vicina ma anche molto lontana. Il momento è ormai giunto, il momento in cui le cose cambieranno e le parti saranno invertite. Il colpevole sarà creduto vittima della vera vittima che sarà scambiata per colpevole. Io farò l’impossibile per evitare inevitabile. Farò tutto ciò che è in mio potere per salvare ciò che conosco, e lo salverò.”

All’ufficio...
-Ridicolo! Un’agenda non può sparire all’improvviso!-.
David tirò un sospiro d’esasperazione.
-Che cosa c’è che non va, Toad?- gli chiese.
-La mia agenda! Sparita! Non esiste!Che qualcuno la ritrovi al più presto!- sbraitò Toad.
-Forse è nel cassetto in basso a destra della sua scrivania, dove si trova di solito?- sospirò David.
-Non so se non hai capito o mi stai prendendo in giro... ho detto che è SPARITA! S-P-A-R-I-T-A! A volte mi chiedo se parliamo la stessa lingua...- gridò inferocito Toad.
David sospirò ancora e si mise a cercare l’agenda del suo capo.
Nella scrivania, niente.
Negli archivi, sola polvere, etchiù!
Nei vasi, solo odore di concime a base d’escrementi, bleah!!!
In un armadio, ma che razza di vestiti porta l’ufficiale?!
Vicino ai gabinetti, cos’è quest’odore d’alcool? Sbadabam!
Ops, il pavimento era bagnato...
Morale: Un livido sulla chiappa destra e nessun’agenda.
-Rosostia! Muoviti a trovarla! Vi avevo scritto una marea d’impegni improrogabili!-.
David era a pezzi. Non c’era traccia dell’agenda. Tornò a cercare in qua e in là.
Alla fine trovò quella maledetta agenda nel cestino del pattume. Tsk, se Toad buttava la sua agenda, non era di certo colpa sua!
-Allora hai trovato la mia agenda?-
-Si, nel pattume!- disse esasperato David.
-Non insinuerai forse che io abbia messo la mia agenda nell’immondizia! Io, un tuo superiore! Faccio questo lavoro da prima che tu venisti al mondo, moccioso!- sbraitò allora Toad.
Allora, pensò David, è più decrepito di quel che credevo... che sia immortale? Mah, concluse infine, l’erba cattiva non muore mai e probabilmente è così anche con le persone...

“L’ora è giunta. Non ho potuto farci niente. Io non mi arrendo, non senza aver prima lottato. Ce la farò, puoi scommetterci. Ci riuscirò, costi quel che costi, anche se dovesse rivelarsi tutto inutile. No. Nulla di ciò che farò sarà inutile. Nulla, hai capito bene. Io ce la farò. Renderò possibile l’inimmaginabile, fermando l’inevitabile ed evitando il peggio.
Mi stai ascoltando? Ti fermerò.
Dovesse essere l’ultima cosa che farò, fermerò i tuoi piani malefici, costi quel che costi,parola di A.A.A. Cercasi Verità”

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Capitolo 3
*** Il ritorno dell'ombra ***


Il ritorno dell’ombra

Belfast, 1 Settembre 2009, ore 13:30, Via Gufaiola. David stava camminando verso casa. Toad gli aveva fatto la ramanzina sul fatto di dubitare di un proprio superiore. Insomma, si era chiesto perché non aveva portato il cuscino... per sopravvivere alla noia!
Solo al ripensarci David si mise a sbadigliare.
La via era soleggiata, ma intorno c’erano molti viottoli bui che s’ intrecciavano. I muri vecchi erano stati recentemente ridipinti di un color arancio sgargiante e solare.
Mentre stava passeggiando un rumore sospetto gli giunse all’orecchio. Non si era forse mosso qualcosa, là in fondo, in quel vicolo buio?
David si avvicinò cauto all’angusta stradina cupa.
Un’ombra si mosse.
Si sentì un tonfo di un qualcosa che cadeva.
L’ombra fuggì via senza lasciare tracce.
David si precipitò verso la fonte del suono e si ritrovò in una pozza di sangue. Sangue. Ovunque. Come se sgorgasse da quelle stesse antiche pietre.
Preoccupato David compose rapidamente il numero del cellulare del padre.
-Papà? Ciao, sono io. Si, ho già finito di lavorare. Si, oggi Toad era molto arrabbiato. Ma... non era di questo che volevo parlarti...-. In breve gli raccontò l’accaduto. -Come? Dove mi trovo? Dunque... sono in Via Gufaiola... Pà? Va tutto bene?-.
-Ah, meno male, mi sono preoccupato, allora, i soccorsi saranno qui ha momenti?-
In realtà Marcel Rosostia non si era sentito per niente bene. Il nome di quella via lo conosceva molto bene. Era dove circa due anni prima la signora Sabrina Ganderni era stata aggredita e quasi uccisa. In quel caso la vittima si era salvata solo per la velocità dei soccorsi. Ma il colpevole non era stato acciuffato. Che A.A.A. Cercasi Verità sia tornato all’assalto? Che abbia cercato di uccidere qualcun altro? Chi stavolta? Questo qualcuno ha qualche legame con Sabrina o con A.A.A. Cercasi Verità, chiunque esso sia in realtà? A questo poi non sapeva rispondere: chi è A.A.A. Cercasi Verità? Per quale motivo ha aggredito quella donna due anni prima? Sempre che, a quel punto pensò Marcel, sia stato Lui? O forse potrebbe essere una Lei? A.A.A. Cercasi Verità non era di certo un nome da ragazza, né tanto meno da ragazzo. Non si può non dire che, chiunque esso sia, A.A.A. Cercasi Verità se la cavavi bene nel celare la sua identità! Un brivido perciò aveva percorso la schiena di Marcel Rosostia. Non rivelò, comunque, le sue preoccupazioni al figlio. Forse temeva che lo avrebbe preso in giro, anche se sapeva benissimo che non l’avrebbe mai fatto.. Così si limitò a dirgli che andava tutto bene.
I soccorsi arrivarono in meno di un quarto d’ora, ma era comunque troppo tardi. Il decesso era già avvenuto.
Nessuno pianse quelle lacrime che quel corpo avrebbe meritato. L’identità della vittima era ancora da chiarire. Questo era solo il secondo fattore X del caso in questione. Anzi, meglio, il terzo fattore X.
Il primo era di certo il colpevole. Molti degli ufficiali di polizia parlavano d’A.A.A. Cercasi Verità, il misterioso criminale che due anni prima aveva quasi ucciso una donna innocente e che era però riuscito a scappare. Da allora era stato nominato “L’assassino d’ombra lucente”, ma anche “Il ricercolpevole ” , “L’enigma umano”, “Uccisor delle Bugie” o “Bigliettaio del capolinea”.
Il secondo fattore x era il movente. Per far delle congetture occorreva sapere l’identità della vittima.
Insomma la polizia non aveva certo un indizio o una spiegazione dell’avvenuto. Così decisero di tenere la questione in sospeso e di non aprire bocca con la stampa.
A David la cosa non andava giù. In un certo senso era deluso. Qualcuno doveva fare qualcosa. In quel preciso momento capì che quel qualcuno era lui e avrebbe agito quella notte stessa.

“Mi è sfuggita ancora. Ora sospettano veramente di me. Questa notte stessa cercherò delle prove per smascherarti. Le troverò, puoi starne certo. Capito, vigliacco? Sei tu “L’assassino d’ombra lucente”, tu non io. La tua ora è vicina,spero.
Ma anche se sarò da solo io non mi arrenderò, perché sono l’unico che può fare qualcosa! E la farò, puoi starne certo”

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Capitolo 4
*** A caccia di Verità ***


A caccia di Verità
Belfast, 1 Settembre del 2009, ore 22:45, Ufficio di polizia
David si nascose dietro ad una delle alte colonne del corridoio del primo piano. Era uscito di nascosto prendendo le chiavi della madre per riuscire a neutralizzare i dispositivi di sicurezza, disattivare le telecamere ed entrare nell’archivio dei casi lasciati in sospeso. Voleva informazioni sul precedente caso, quello avvenuto due anni prima. Ci saranno pur stati degli indizi... una minima traccia! E ora eccolo lì.
Conosceva molto bene quel luogo. Vi si era svolta la maggior parte della sua infanzia. Suo padre lo portava lì non avendo parenti abbastanza vicini a cui affidarlo abbastanza vicini.
Ma ora torniamo al presente.
Con passo felpato entrò nel PCCAS, il Pannello Centrale del Controllo Assoluto di Sicurezza. Attraverso gli schermi si vedeva ogni area dei tre piani dell’edificio.
Immediatamente David disattivò le telecamere del secondo piano. Doveva agire in totale sicurezza per non esser visto. Sapeva perfettamente che era contro la legge.
Ma, come vi ho già detto, David riteneva che le sue capacità potessero essere più adatte a un fuorilegge che a un poliziotto. Uscì quatto dalla sala e, dopo aver richiuso a chiave la porta, si precipitò al secondo piano.
La sala degli archivi era in fondo a un corridoio che aveva l’aria di essere infinito. Procedette cauto. Intanto che camminava molte domande riempivano la sua mente. Anche se fosse il colpevole, chi era poi questo A.A.A. Cercasi Verità? Erano ormai in molti che volevano saperlo, ma ogni indizio, se mai ne fosse esistito uno, era introvabile.
Improvvisamente David sentì un passo alle sue spalle.
Era seguito. Ma da quanto? E da chi?
Chiunque fosse il suo inseguitore aveva fatto il passo falso di fare un passo un po’ troppo rumoroso.
Molti davanti ad una situazione del genere sarebbero fuggiti, ma non David. No. Lui era diverso. Suo padre gli aveva sempre insegnato ad affrontare le situazioni. Fuggire non serve a nulla.
-Chi sei?- chiese allora.
Silenzio. Dopo qualche secondo il suo inseguitore aprì bocca.
-Questo non ha importanza-. Aveva una voce flebile e sottile ma un tantino pungente.
-E questo chi lo dice?
-Lo dico io.
Un sorriso beffardo comparve sul viso di David. –E chi sei tu per dirmi questo?.
Un sospiro. Ancora un minuto di silenzio. Poi finalmente: -Sono A.A.A. Cercasi Verità, l’accusato sia del crimine di due anni fa, che però non è mai avvenuto, sia di quello di poche ore fa.
David rabbrividì. Secondo alcuni agenti si trovava ora in compagnia dell’assassino più inafferrabile dell’Irlanda del Nord. Ma un qualcosa gli suggerì che forse non era così. È vero che A.A.A. Cercasi Verità era quasi certamente la persona più sfuggente che avesse mai incontrato, ma non era detto che fosse lui l’assassino. Sarà che non avvertiva la sua presenza come una minaccia. Allora una domanda gli sorse. –Come mai sei qui? Sai perfettamente che se ti prendono sei finito.
-Non mi cattureranno. Comunque sia, tu hai disattivato le telecamere. Ti ho visto. Sono qui alla ricerca di un indizio che provi la mia innocenza e che mi porti sulle tracce del vero criminale. Sospetto sia lo stesso di due anni fa- rispose.
Solo allora David si voltò verso il suo inseguitore. Con la luce della luna che entrava dalla finestra la figura scura di A.A.A. Cercasi Verità risplendeva di un alone di mistero. Chi era dunque quell’individuo? Dalle sue ultime frasi pareva che non fosse lui il vero colpevole. Anzi, che in un certo senso fosse stata una specie di doppia vittima.
Accusato ingiustamente per un crimine non commesso, ora stava cercando una traccia per provare non solo la sua innocenza ma anche la vera identità del colpevole.
Per un momento David ammirò quell’ombra misteriosa.
Era alta più o meno come lui e snella. La veste nera gli dava un impronta di sospetto, è vero, ma in un certo senso era una maschera. Per nascondere cosa, poi, non ne aveva la più pallida idea. Era messo in una posa di attesa, con una gamba appoggiata alla colonna e le braccia, nascoste dalle ampie maniche della veste, conserte. Il viso sia per l’oscurità, sia per l’ampio cappuccio non era visibile.
Improvvisamente pensò che quel passo rumoroso l’avesse fatto apposta per attirare la sua attenzione. In una posizione del genere non poteva essere che andata così...
- Ti avverto: se fai qualcosa di malintenzionato chiamo la polizia e ti sbattono in galera.- minacciò allora David, dubbioso. Una flebile risata uscì dalla bocca di A.A.A. Cercasi Verità. –Non sei certo nella posizione di minacciarmi. Primo: se chiami la polizia dovrai anche spiegare il motivo della tua presenza qui. Secondo: non farei mai qualcosa di malintenzionato, perciò mettiti l’anima in pace. Terzo: anche se riuscisti a chiamare la polizia io riuscirei comunque a sfuggirle. Ancora una volta- rispose allora beffardamente all’accusa. Nonostante il volto coperto David sospettava che A.A.A. Cercasi Verità stesse ridendo sotto quel cappuccio. Doveva ammettere che l’aveva sottovalutato.
O forse, gli venne il sospetto, l’aveva sottovalutata.
Forse poteva essere una ragazza. Ciò spiegherebbe forse la voce flebile. Pensò di chiederglielo. Già, ma come? Non voleva fare di certo una figuraccia con una frase del tipo “Ma sei maschio o femmina?” o “Di che sesso sei?”. Come se gli avesse letto nella mente, e David sospettò che l’avesse fatto, A.A.A. Cercasi Verità disse:- Sono una ragazza, se è questo che vuoi sapere...-. A questo punto David dovette fare proprio una faccia stupita., perché lei aggiunse:- Bastava guardare la tua espressione per capirlo, proprio come adesso.
Solo a quel punto David capì. Lei ci vedeva anche con quella semioscurità concessa dalla luna.
Procedettero in silenzio, lui davanti e lei dietro.
Arrivarono alla porta che conduceva all’archivio. David estrasse il mazzo di chiavi dalla tasca. Ora bastava solo trovare quella giusta. A quel punto A.A.A. Cercasi Verità fece una cosa inaspettata. Spinse un attimo di lato David e il suo mazzetto, estrasse da una tasca interna alla veste una chiave, la inserì nella serratura e lentamente la girò.
Click.
Operazione riuscita. La porta si aprì cigolando.
-Ma... ma...- balbettò David.
-L’ho presa un attimo dal tuo mucchietto- spiegò estraendo la chiave dalla serratura.- Tieni. Adesso non mi serve più-
David pensò che era davvero abile... a rubare.
Afferrò rapidamente la chiave ed entrarono cauti.

“Questo ragazzo non è come gli altri. Nessun altro al suo posto avrebbe mai osato entrare di notte di nascosto in un ufficio di polizia. È strano. Forse potrà essermi d’aiuto. Magari, chissà. Scommetto che sarebbe meglio averlo come alleato che come avversario. Mi sembra più furbo di quel che pensavo. Ma non devo lasciarmi distrarre. Sono a un passo da indizi che possono aiutarmi a smascherare il colpevole. E rivelare la Verità.”

La sala era illuminata solo dalla fioca luce della luna che entrava da una piccola finestra. Subito i due ragazzi si misero a cercare nei numerosi cassetti. Nulla. Solo casi vari: la fuga di un piromane dal carcere, la scomparsa di un pediatra mezzo matto e altri stranissimi casi. Tutti troppo recenti. Le informazioni dovevano risalire a due anni prima. Pare che quando le cerchi le cose fanno di tutto per non essere trovate. Poi magari scopri che son state sotto il tuo naso per tutto il tempo.
A.A.A. Cercasi Verità emise l’ennesimo sospiro. –Anche in questo cassetto ci sono casi solo riguardanti l’estate del 2008. Pare che sia stata il momento più cupo dell’anno scorso. Strano, non ne sapevo niente.- sbuffò.
-Neanch’io! Ma continuiamo a cercare. Dovranno pur esser da qualche parte, no?- disse David stufo, più per convincere se stesso che la ragazza. Mentre lui stava frugando nel ventiquattresimo cassetto finalmente A.A.A. Cercasi Verità esclamò:- Trovato!
David si precipitò immediatamente da lei. Si aspettava una normale cartella, invece si trovò davanti una piccola botola con su scritto con lettere consumate “A.A.A. Ce...rca...i V...ri...à”. Insieme i due sollevarono il pesantissimo coperchio della botola. Degli scalini conducevano verso il basso. David procedette per primo. Il soffitto era basso e dovette chinarsi. Non appena fu entrata, A.A.A. Cercasi Verità andò a sbattervi la testa. –Ahia! Questo soffitto è molto duro- imprecò la ragazza. –Ti consiglio vivamente di abbassarti, prima che ci vai a sbattere una seconda volta.- la avvertì David. Le scale erano vecchie e scricchiolavano sotto il loro peso. Crick, Crick, Crick, Crick... Crack! Lo scalino crollò sotto il peso di David. Sarebbe caduto nel vuoto. Una mano gli strinse il braccio. A.A.A. Cercasi Verità l’aveva afferrato giusto in tempo appena prima che cadesse di sotto. Se non fosse per l’oscurità in quel momento David sarebbe stato in grado di vedere il volto della misteriosa ragazza. Ma il buio della scalinata non gli permetteva di vedere un bel niente. Solo per un momento gli sembrò di scorgere due occhi verde-azzurro.
Forse se lo era solo immaginato.
Con un’inaspettata forza la ragazza lo tirò su. Gli scalini erano tutti di pietra. Tranne quello crollato. –Scommetto che quello scalino era fatto di legno. Una trappola ben escogitata. Forse adesso è meglio che vada avanti io.- disse A.A.A. Cercasi Verità.
Continuarono a camminare in silenzio. Poi David abbassò il capo e disse:- Grazie. Per avermi salvato.
Procedettero ancora mezzo minuto e poi lei si fermò. E David inevitabilmente ci andò a sbattere contro. - Sai, è una fortuna aver trovato una persona che ringrazia. Ce ne sono davvero poche di questi tempi- rispose nascondendo dietro il cappuccio un sorriso. David un po’ arrossì. Era passato molto tempo da quando qualcuno gli aveva fatto un complimento. Suo padre e sua madre lo ritenevano già adulto, ormai. E sono i bambini che ricevono i complimenti. Perciò fu contento di quel buffo complimento.
Dopo circa cinque minuti di cammino buono, giunsero davanti ad un gran portone di legno.

“Ecco, adesso è il momento della Verità. Basta menzogne. Finalmente la tant'attesa Verità.”

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