Gli Echi della Memoria

di VaniaMajor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - All'inizio dell'inverno ***
Capitolo 2: *** 1 - Una gita ***
Capitolo 3: *** 2 - I tesori dell'Est ***
Capitolo 4: *** 3 - Il presente, il passato ***
Capitolo 5: *** 4 - Divisione ***
Capitolo 6: *** 5 - Un bel sorriso ***
Capitolo 7: *** 6 - Una brutta situazione ***
Capitolo 8: *** 7 - Il nome e il ramen ***
Capitolo 9: *** 8 - Sospetti ***
Capitolo 10: *** 9 - Gelosia! ***
Capitolo 11: *** 10 - Poco cambia ***
Capitolo 12: *** 11 - Il vaso rotto ***
Capitolo 13: *** 12 - La pioggia nella valle ***
Capitolo 14: *** 13 - La luna nera ***
Capitolo 15: *** 14 - Il ritorno del Kaze no Kizu ***
Capitolo 16: *** 15 - Tra la vita e la morte ***
Capitolo 17: *** 16 - La cicatrice ***
Capitolo 18: *** 17 - Una verità inconcepibile ***
Capitolo 19: *** 18 - Vita da essere umano ***
Capitolo 20: *** 19 - Un'idea ***
Capitolo 21: *** 20 - Ritorno alla grotta ***
Capitolo 22: *** 21 - La fine delle illusioni ***
Capitolo 23: *** 22 - Dentro ai tuoi occhi ***
Capitolo 24: *** 23 - Grida il suo nome ***
Capitolo 25: *** 24 - Un posto nel cuore ***



Capitolo 1
*** Prologo - All'inizio dell'inverno ***


Author's note: Ciao a tutti! Bentornati sui lidi di Cuore di Demone...dove avevamo lasciato i nostri eroi? Ah, sì! Soichiro è morto e tutti sono felici e contenti. Secondo voi durerà? Ecco un primo assaggino, un bocconcino della buonanotte per stuzzicarvi! Seguitemi, prometto scintille!!

Sul Palazzo del Signore dei Demoni dell’Ovest stava scendendo la sera. Benché fosse appena metà pomeriggio, lunghe ombre si stavano allungando nel grandioso giardino, ormai spoglio di quei colori quasi accecanti che avevano accompagnato l’incedere dell’autunno. Ora l’inverno, con le sue dita adunche e il suo gelido alito, aveva preso possesso della terra, con rilevante anticipo. I rami degli alberi erano scheletrici, i laghetti erano specchi di ghiaccio. Per i ponticelli e le larghe distese d’erba non si aggirava più nessuno da tempo. La prima neve aveva spruzzato di bianco la natura addormentata.
Al secondo piano della grande dimora, una ragazza dai capelli corvini osservava questo spettacolo con aria malinconica, affacciata a una finestra, stringendosi addosso la pesante veste da camera che indossava. Una folata di vento particolarmente pungente la fece rabbrividire.
«Kagome!»
La voce alle sue spalle la fece voltare. Nella stanza era appena entrata una demone bionda vestita di bianco, con capelli acconciati in una coda bassa, che portava in mano un vassoio con del tè e le tazze.
«Kagome, non stare così vicina alla finestra.- la sgridò la demone, chiudendo la porta scorrevole dietro di sé- Fa un freddo…basta un attimo per prendersi un raffreddore.»
«Hai ragione.- ammise Kagome, chiudendo la finestra e avvicinandosi al fuoco acceso- Fa malinconia vedere il giardino in questo stato, vero? L’inverno è arrivato presto.»
«Già, hai ragione.- ammise la demone inginocchiandosi sul pavimento e sistemando il vassoio per terra- L’inverno mi mette sempre di cattivo umore.»
«Anche a me! Preferisco di gran lunga l’estate!- disse Kagome, ritrovando subito il buonumore- E’ fantastica la bella stagione! Finalmente si può uscire senza bisogno di incappucciarsi ee poi si può andare in piscina con le amiche! Oh, io adoro andare in piscina! Nel mio quartiere ne hanno aperta una bellissima, completa di scivoli di tutti i tipi. Quest’anno verrai anche tu, vero?»
Anna rise di fronte alla sua espressione entusiasta, mentre versava il tè.
«Kagome, ancora ce ne vuole prima che arrivi l’estate! Siamo solo alla fine di novembre!» disse. Kagome gonfiò le guance.
«Non ricordarmelo, ti prego.»  borbottò. Anna rise di nuovo, poi porse la tazza a Kagome.
«Sono ancora di là a discutere?» chiese Kagome, prendendo tra le mani la tazza calda e accennando col capo fuori dalla porta. Anna annuì. «Ma di cosa stanno parlando, si può sapere?» chiese.
«Ti sembrerà strano, ma non lo so nemmeno io.- disse Anna, sbuffando e facendo un gesto svogliato- Ormai dovrebbe essere tutto a posto, invece quei due trovano sempre un argomento su cui questionare.»
«Inuyasha è testardo.» sentenziò Kagome, sospirando.
«In confronto a Sesshomaru, è un dilettante.» sospirò a sua volta Anna. Le due si guardarono, poi sorrisero. Tra i due fratelli c’era una bella disputa!
Era passato diverso tempo da quando Sesshomaru e Inuyasha erano riusciti ad uccidere Soichiro, Signore dei Demoni dell’Est. Da allora, l’esercito dell’Ovest aveva fatto quasi del tutto piazza pulita dei rimasugli delle armate nemiche. Si poteva dire che ormai anche l’Est era territorio del Principe dei Demoni Sesshomaru. Restava ora da organizzare la terra conquistata e su questo punto Inuyasha e Sesshomaru, in mancanza d’altro, si stavano scornando da due settimane.
Il fatto era che Sesshomaru aveva deciso di affidare a Inuyasha il governo dell’Est. Inuyasha si era rifiutato categoricamente di prendersi una tale responsabilità. Sia Anna che Kagome, per non parlare di Inuyasha, si erano sorpresi di questa decisione da parte di Sesshomaru, che implicava una certa fiducia nel fratellastro, ma si erano presto accorti tutti e tre che Sesshomaru aveva avanzato la proposta col preciso intento di far andare Inuyasha fuori dai gangheri. In realtà, l’algido demone non aveva nessuna intenzione di dividere il potere col fratello. Intendeva solo utilizzarlo come spaventapasseri per eventuali teste calde.
Erano più di due settimane che i due passavano le giornate a discutere, continuando a dire sempre le stesse cose, senza muoversi di un millimetro ognuno dalle proprie posizioni. Di quel passo, sarebbe arrivata davvero l’estate che tanto Kagome agognava senza che si fosse giunti ad un risultato. Kagome e Anna si erano rassegnate a questo stato di cose e passavano i pomeriggi di quell’uggioso inizio inverno a chiacchierare fra di loro, o a giocare con Rin. Tra le due era nata una bella complicità e la compagnia reciproca non le annoiava mai. Sango e Miroku, insieme a Shippo e Kirara, erano rimasti al villaggio della vecchia Kaede, per dare una mano a ricostruire le case danneggiate dopo la battaglia contro Soichiro, e ora attendevano che Inuyasha e Kagome tornassero a casa…ma da come stavano andando le cose, ciò non sarebbe avvenuto troppo presto.
«Sesshomaru si è ripreso completamente dalle ferite?» chiese Kagome, sorseggiando il suo tè. Anna sorrise, annuendo.
«Da tempo, ormai.- ridacchiò- Ho capito che era completamente guarito quando ha iniziato a scaraventarmi ogni volta che gli chiedevo come stava.»
Kagome rise, quasi facendosi andare di traverso il tè. Scosse il capo, sorridendo a sua volta. Inuyasha e Sesshomaru avevano più punti in comune di quanti pensassero. Ancora la stupiva constatare quanto poco i demoni impiegassero a guarire da ferite che avrebbero decretato la morte di un qualunque essere umano. Sesshomaru era stato riportato al castello mezzo dissanguato, col petto segnato da tre profonde artigliate e un braccio quasi staccato dal resto del corpo, eppure ora stava benissimo. Vide Anna toccarsi distrattamente la base del collo e corrugò le sopracciglia.
«Perché lo fai?» chiese, curiosa.
«Faccio cosa?» chiese Anna, perplessa.
«Ti tocchi sempre il collo quando ti chiedo della salute di Sesshomaru.» disse Kagome. Si stupì non poco quando vide Anna arrossire.
«Oh…beh…è un riflesso condizionato.» borbottò, posando la tazza e versando altro tè.
«Cioè?»  insistette Kagome, la cui curiosità era stata fomentata dall’imbarazzo di Anna. Non capitava spesso che quella ragazza arrossisse! Anna borbottò qualcosa di intelligibile e Kagome si avvicinò per sentire meglio.
«Ecco…finché Sesshomaru stava male, avevo dolore in questo punto.- disse Anna, a voce bassissima, indicando tra il collo e la spalla sinistra- Mi ha dato fastidio per un pezzo e ho preso l’abitudine di massaggiarlo. Siccome ora non mi fa male, so che Sesshomaru sta benissimo.»
«Ma perché ti faceva male in quel punto?» chiese Kagome. Non riusciva a capire il collegamento.
«Perché…- sussurrò Anna, diventando sempre più rossa, per poi sbottare- Oh, Kagome! Te lo devo dire per forza?! E’ imbarazzante da morire!»Si coprì il volto con le mani, imbarazzata.
«Beh…non sei obbligata, se non vuoi.- disse Kagome, sbalordita- E’ una cosa così imbarazzante?»
Anna annuì, guardandola con aria immusonita, poi sospirò.
«Va bene, te lo dico. Ma giura di mantenere il segreto anche con Inuyasha, o Sesshomaru farà a fettine me e te…e lui, ovvio.» disse, guardandosi attorno per essere certa di non avere altri ascoltatori.
«Giuro!» esclamò subito Kagome, contenta, avvicinandosi ad Anna. Anna rimase un attimo in silenzio, nervosa e non ancora del tutto convinta, quindi sospirò e si decise a spiegare.
«Ecco…la notte in cui io e Sesshomaru siamo tornati a Palazzo…- iniziò, guardando per terra e tormentandosi una ciocca di capelli- Sai, dopo che mi aveva salvato la vita…»
«Sì?» disse Kagome, incitandola con lo sguardo a proseguire.
«Ecco, quella notte, noi…- continuò Anna, sulle spine- Sai com’è…insomma…noi…»
Kagome la guardò con aria perplessa, poi spalancò gli occhi. Anna continuò a guardare in basso, sempre più rossa in volto.
«Ooooh…- sussurrò Kagome, stupefatta, per poi sorridere con gli occhi che le luccicavano- Anna, ma è meraviglioso! Sono felice per te!»
«Grazie.- borbottò Anna, a disagio nel parlare di certi argomenti- Beh, fatto sta che quella notte, tra l’altro a mia insaputa, Sesshomaru ha unito il nostro sangue. E’ un rito dei demoni per legare due persone che si amano. Una specie di matrimonio, se vuoi.»
«Non ne avevo mai sentito parlare.- ammise Kagome, prima di tornare all’espressione estasiata di poco prima- Questo significa che tu e Sesshomaru siete sposati, non è vero?!»
«Beh, più o meno.- ammise Anna, sorridendo, mentre il viso le si stendeva in un’espressione molto dolce- Questo è un legame primordiale, che tra l’altro non viene usato molto spesso, perché lega gli amanti per l’eternità. Di norma, per essere sposati occorre un rito anche per gli yokai e noi non abbiamo fatto officiare nessuna cerimonia.»
«Kami-sama…- mormorò Kagome, impressionata- Trovo che sia meraviglioso, e insieme stupefacente, che Sesshomaru abbia fatto una cosa simile!»
«Credo anch’io.- disse Anna, ridendo- E’ qualcosa di più di un matrimonio, ma anche qualcosa in meno. Comunque vada, sono la sua consorte e resteremo legati per tutta l’eternità. Direi che non mi posso lamentare.»
Le due ragazze si scambiarono un’occhiata complice.
«Inuyasha non mi ha mai parlato di questo…rito? Posso chiamarlo così?» chiese Kagome.
«Non credo che Inuyasha lo conosca.- disse Anna- Quando ha smesso di frequentare i demoni non aveva certo l’età per parlare di queste cose.»
«Hai ragione.- ammise Kagome, quindi arrossì- Spero tanto che anche noi, un giorno…» Fece subito un gesto con la mano come per cancellare le proprie parole, imbarazzata nello scoprirsi così audace. Anna sorrise.
«Inuyasha è molto timido.- ridacchiò- E anche molto sensibile. Non vuole costringerti a fare nulla. Credo impiegherà ancora un po’ di tempo, sai?»
«Sì, lo so. Inuyasha è molto dolce.- disse Kagome, con un sorriso pieno d’amore- Sesshomaru è molto meno timido di Inuyasha.»
Anna soffocò una risata. In realtà, benché Sesshomaru fosse passato subito alle vie di fatto, non era poi così sicuro di sé come voleva far credere. Quando Anna gli aveva chiesto il perché di quel dolore insistente, invece di spiegarsi lui le aveva ficcato in mano una vecchia pergamena e l’aveva spinta fuori dalla stanza, dicendole di tornare solo quando avrebbe avuto domande meno seccanti da porgli. In principio si era arrabbiata, ma quando aveva letto la descrizione del legame che li univa si era messa a ridere. No…non ce lo vedeva proprio Sesshomaru mentre le spiegava che sarebbero rimasti legati per tutta l’eternità e che quella era la prova d’amore estrema per gli yokai.
«Comunque, questo è quanto.- disse, scuotendo il capo con un sorriso- Soddisfatta, adesso?»
«Direi di sì.- disse Kagome, sorbendo un sorso di tè e facendo una smorfia nel trovarlo freddo- Anche se non ho ancora capito perché tu provassi dolore proprio in quel punto.»
Anna gemette, lanciandole un’occhiata finto disperata, e Kagome rise.
«Va bene, visto che siamo arrivate fin qua…- disse Anna, rassegnata- Il fatto è che, in quel punto, lui…»
Sussurrò il resto all’orecchio di Kagome, che spalancò gli occhi e gridò: «Ti ha morsa?!?!»
«Ssh!!!!!- sibilò Anna, preoccupata, tappandole la bocca con le mani- Parla piano! L’ho fatto anch’io, è stato puro istinto.»
La sorpresa di Kagome, a mano a mano, scemò, e Anna decise di poter lasciare andare la ragazza senza rischiare che tutto il palazzo venisse a sapere gli affari suoi.
«Scusa, ma non me lo aspettavo proprio.» borbottò Kagome, sbalordita.
«Beh, ricordati che in fondo siamo inu-yokai.- disse Anna, arrossendo di nuovo- In questo modo, ci siamo scambiati parte del nostro sangue e lui ci ha legati. Ora, quando Sesshomaru sta male o è in estremo pericolo, il punto in cui mi ha…ehm…morsa, si infiamma e mi fa male, avvisandomi. Viceversa per lui quando succede qualcosa a me.»
«Beh, è utile…» disse Kagome, ancora sorpresa.
«Soprattutto quando siamo lontani.- ammise Anna- Tra l’altro, di norma il segno non è neppure visibile. Sai che guariamo molto in fretta.»
Kagome annuì, riflettendo, quindi sorrise.
«Ora capisco perché ti vergognavi tanto a dirmelo.» disse, ridendo. Anna le diede una gomitata, fingendo di essersi offesa, poi rise a sua volta. Era felice di quella complicità che si era sviluppata tra lei e Kagome. In fondo, era un po’ come se fossero sorelle, visto che erano le compagne dei due fratelli inu-yokai.
«E capisco anche perché mi hai chiesto di mantenere il segreto anche con Inuyasha.- continuò Kagome, sospirando- Conoscendolo, non perderebbe l’occasione per fare qualche battuta sarcastica.»
«Già.- ridacchiò Anna- E poi chi li divide più, a quei due?»
«A volte vorrei non avergli tolto il rosario.» disse Kagome, fingendosi affranta. Questo suscitò altre risa, poi Anna si alzò.
«Vado a prendere dell’altro tè. Questo si è freddato.- disse, ridacchiando e alzandosi da terra- Già che ci sono, provo a chiedere a Rika qualche notizia su quei dolcetti di ieri. Sarebbe anche ora di fare meren…» Smise di parlare di botto quando aprì la porta e fu assalita da un urlo rabbioso proveniente da qualche stanza più in là.
«Non ci penso nemmeno, dannato imbecille!»
Inuyasha, senza alcun dubbio.
«Tu farai come ti dico, o la tua testa andrà a fare da ornamento all’atrio d’ingresso!»
Sesshomaru. Lo stile della minaccia era inconfondibile. Anna si voltò verso Kagome. Le due si scambiarono un’occhiata rassegnata.
«Credo che la merenda dovrà aspettare.» disse Anna.
«Andiamo a dividerli, prima che tirino fuori le spade.- sospirò Kagome, alzandosi da terra- Non sarebbe un buon modo di passare la serata.»
Ridacchiando, le due ragazze si incamminarono lungo il corridoio per andare a dividere i due litigiosi fratelli.

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Capitolo 2
*** 1 - Una gita ***


Author's note: Ok, ora si comincia sul serio! Vediamo in quali nuovi guai si cacceranno Inuyasha, Sesshomaru e compagnia!

«Da dove spunta quel ramen istantaneo?» chiese Kagome, con oscuro cipiglio, mentre camminava con Inuyasha lungo i corridoi del castello.
«Dal tuo zaino.- ammise Inuyasha, biascicando tra la grossa mole di spaghetti che stava masticando- E successivamente dalle cucine. Ho chiesto a Rika se me lo faceva scaldare.»
«Ma stiamo andando a pranzare, Inuyasha! Non potevi aspettare ancora qualche minuto?» protestò Kagome, scuotendo il capo. Inuyasha si strinse nelle spalle.
«Non mi piace come si mangia qui.» borbottò, prima di bere il brodo a lunghe sorsate. Guardò il fondo del contenitore, quasi aspettandosi che si riempisse di nuovo da solo, poi si rassegnò e lo lanciò a uno dei servitori perché lo buttasse. «E grazie!» disse, salutando.
«Inuyasha, sei impossibile.- brontolò Kagome- Sei l’unica persona che conosco che abbia tanto entusiasmo per quei ramen.»
«E che c’è di male?- rispose Inuyasha, serafico- Conosco qualcuno che li catalogherebbe come ‘disgustoso cibo umano’.» Sogghignò quando vide una luce accendersi negli occhi di Kagome.
«Probabilmente hai ragione.- ammise Kagome, sorridendo, poi tornò seria- Senti, Inuyasha…non sarebbe meglio che tu la dessi vinta a Sesshomaru, per stavolta?»
Inuyasha la fissò come se fosse impazzita.
«Kagome, ma stai scherzando?!» chiese, incredulo.
«Lo so che sei arrabbiato per i motivi che lo hanno spinto a chiederti questo favore…beh, a ordinartelo.- ammise Kagome, vedendo l’occhiata ammonitoria di Inuyasha- Però cosa ti costa? Dopotutto, noi viviamo al villaggio di Edo, che è nel territorio dell’Est, quindi…»
«Non mi interessa. Voglio godermi un po’ di vita tranquilla.» Mise un braccio sulle spalle di Kagome e la strinse a sé, inalando il profumo dei suoi capelli corvini. «Non ti piacerebbe, Kagome?- chiese, piano- Un po’ di tranquillità?»
Kagome sorrise e lo abbracciò a sua volta, annuendo.
«Certo che mi piacerebbe.- mormorò, sollevandosi poi sulla punta dei piedi per dargli un bacio sulla guancia- E mi piacerebbe anche tornare a casa, Inuyasha. Perciò, che ne diresti di dare il contentino a tuo fratello e di tornare al villaggio di Kaede?»
«Mmh…messa giù così, la prospettiva diventa più attraente.» borbottò Inuyasha, riflettendo.
«E quindi?» lo incalzò Kagome, sorridendo radiosa.
«E va bene, cederò.- disse Inuyasha, sorridendo di fronte alla sua espressione gioiosa- Ma non subito. Voglio tenerlo ancora un po’ sulle spine.»
«Allora sei incorreggibile! Non litigare anche a tavola, ok?- lo sgridò Kagome- Tanto poi vi fate prendere tutti e due come due bambini litigiosi e ci andiamo di mezzo io ed Anna perché cerchiamo di dividervi.» Inuyasha sbuffò, poi guaì quando Kagome lo afferrò dolorosamente per un orecchio. «Inuyasha!» ringhiò lei, con voce terribile.
«Va bene, va bene! Cercherò di…ahi! Di non litigare.- promise Inuyasha, scontento- Adesso lasciami, Kagome! Mi stai staccando un orecchio!»
Kagome lo lasciò andare, sbuffando, e Inuyasha si toccò l’orecchio offeso per assicurarsi che fosse ancora al suo posto.
«A volte vorrei davvero non averti tolto quel rosario.- disse la ragazza- Sapeva essere molto utile.»
«Oi! Kagome!» protestò Inuyasha. Kagome rise, scuotendo il capo, quindi gli fece una linguaccia e cominciò a correre.
«L’ultimo che arriva è uno stupido!» trillò. Inuyasha la osservò con stupore, constatando per l’ennesima volta quanto Kagome fosse facile ai cambiamenti d’umore, poi rise e si mise a correre a sua volta.
«Non avresti dovuto sfidarmi!» disse, raggiungendola in due balzi e caricandosela in spalla. Kagome lanciò un gridolino, poi rise, mentre Inuyasha la trasportava in quel modo indecoroso fino agli appartamenti di Sesshomaru. Con lei, risero anche tutti i servitori che incontrarono.
Qualche minuto dopo, Kagome e Inuyasha erano seduti a tavola, nella sala da pranzo privata di Sesshomaru. L’atmosfera era piuttosto silenziosa, il che di norma presagiva l’imminente inizio di qualche discussione, ma quel giorno pareva che i due contendenti fossero ammantati da un’aura di pigrizia e nessuna delle tipiche frasi atte a cominciare lo scontro era ancora stata pronunciata.
Inuyasha piluccava distrattamente il cibo e Sesshomaru, come sempre, non si degnava di mangiare, limitandosi ad essere presente. Inuyasha aveva il sospetto che suo fratello ritenesse in qualche modo denigrante il mostrarsi mentre mangiava. Sesshomaru, quel giorno, aveva un’espressione pensierosa e sembrava ignorare completamente la loro presenza.
Anna e Kagome si erano invece servite del ben di dio che era stato loro preparato e mangiavano lanciando occhiate sospettose ai due, che non erano mai stati così tranquilli da settimane. Kagome guardò Anna con aria interrogativa e la ragazza dai capelli biondi si strinse nelle spalle. Kagome corrugò appena le sopracciglia. Anche se Inuyasha le aveva promesso di porre fine ai litigi, non poteva certo sapere cosa stesse frullando nella mente di Sesshomaru. A quanto pareva, non lo sapeva nemmeno Anna. A un certo punto,  infischiandosene delle regole della buona creanza, Sesshomaru si alzò con un movimento fluido mentre ancora le ragazze stavano mangiando e fece per uscire dalla stanza.
«Sesshomaru! Dove…» disse subito Anna, alzandosi a metà.
«Torno subito.» disse lui, uscendo senza voltarsi.
«Feh! Che ha oggi quell’idiota di mio fratello?- disse Inuyasha dopo qualche istante, sprezzante- E’ un po’ troppo tranquillo. Non mi ha ancora rivolto nemmeno un insulto.»
«Non so cos’abbia.- ammise Anna, corrugando la fronte- Sta rimuginando qualcosa, mi pare ovvio, ma non ho idea di cosa si tratti. Non mi ha messo a parte di nulla.»
«Finché gli serve a non rompermi le scatole, può rimuginare quanto gli pare.» sentenziò Inuyasha.
«Inuyasha!» disse Kagome, indignata.
«Non lo sto provocando, Kagome, quindi non ho rotto la mia promessa! Sto solo parlando con Anna, che sa benissimo che razza di imbecille ha a fianco.» disse Inuyasha, soddisfatto, incrociando le braccia sul petto. Prima che Anna o Kagome potessero replicare, la porta si aprì di botto e un contenitore per pergamene lo raggiunse alla testa con violenza, facendolo quasi ribaltare.
«Mi rincresce doverlo ammettere, ma credo che sia stata la miko umana, alla fine dei conti, a rimetterci nel mettersi con un insulso e patetico semi-yokai come te.» disse Sesshomaru, con perfetto tempismo e una buona dose di disprezzo. Rientrò nella stanza, sordo alle risposte poco gentili sbraitate da Inuyasha, quindi si sedette di nuovo alla tavola e porse un foglio al fratello irato, dando alla sua rabbia un grado d’importanza che rasentava lo zero. «Tieni, Inu-baka.- disse, con voce gelida- Sforza quel poco di cervello che ti è rimasto e leggi quella lista. Vedi se c’è qualche nome che ti risuona nella memoria.»
«Che roba è?» chiese Inuyasha, sgarbato e offeso, afferrando la lista. Era in realtà un lungo elenco di nomi di luogo, che Inuyasha scorse velocemente. Una volta finito, gettò con aria svogliata il foglio sul tavolo, dove fu requisito da Anna, che si mise a leggere a sua volta. «No, non conosco nessuno di questi posti.- disse Inuyasha, cupo, incrociando di nuovo le braccia sul petto- A che ti serve saperlo?»
Sesshomaru recuperò il foglio dalle mani di Anna senza troppi riguardi.
«Sesshomaru!» protestò lei, iniziando ad arrabbiarsi per quella totale mancanza di considerazione.
«Questi sono luoghi di potere situati nell’Est.- disse Sesshomaru, lanciando ad Anna un’occhiata che poteva essere di scuse come poteva benissimo non esserlo- Visto che gironzoli in quella zona da tempo, pensavo potessi averne visitato almeno uno.»
«No, nemmeno uno.- sentenziò Inuyasha, acido, poi ebbe una sorta di ripensamento e si voltò verso Kagome- Vero, Kagome?»
Kagome si fece passare il foglio e anche lei lo lesse fino in fondo.
«No.- disse infine, scuotendo il capo- Non mi ricordo di nessuno di questi luoghi. Penso che Miroku li avrebbe nominati, nel caso vi fossimo passati.»
«Ho pensato la stessa cosa.- disse Inuyasha, poi si rivolse di nuovo a suo fratello- Ma a che ti serve quella lista? E cosa intendi con ‘luoghi di potere’?»
Sesshomaru fece per rispondere, quando la porta si aprì di botto, facendo entrare nella stanza Rin, che aveva le guance rosse per la corsa e un sorriso luminoso come il sole di giugno. Dietro di lei arrancava Jaken.
«Sesshomaru-sama! Guardate cos’ha trovato Rin!» disse la bambina, con voce argentina, sollevando le braccia e mostrando a tutti un fagottino fulvo. Tre delle quattro persone alla tavola rimasero con tanto d’occhi, mentre Kagome batté le mani, emettendo un gridolino eccitato.
«Kyaaa!!! Ma è un gattino!- esclamò, correndo a vederlo da vicino- Com’è carino, Rin-chan!»
«Vero, Kagome-chan?» disse Rin, stringendosi di nuovo al petto il cucciolo, che iniziò a fare le fusa. Kagome gli accarezzò il pelo folto.
«Un…gatto?» disse Inuyasha, faticando a non mettersi a ridere. Un gatto nel Palazzo del Signore degli Inu-yokai! Quella sì che era bella!
«Perdonatemi, Sesshomaru-sama!- gracidò Jaken, prosternandosi- Non so da dove sia entrata quella bestiaccia. Provvederò subito a sbatterla fuori dalle mura del…»
«Rin può tenerlo, non è vero?- lo interruppe Rin, agitata, guardando alternativamente Sesshomaru e Anna- Rin può tenere questo gattino?»
Anna accennò un sorriso, poi parve ripensarci e guardò Sesshomaru, che non aveva ancora pronunciato una sillaba. Il Signore dei Demoni dell’Ovest si trovò nella scomoda posizione di dover scegliere tra il suo primo istinto di far volare fuori dal Palazzo quella bestiaccia e la tentazione di cedere di fronte a quelle due paia d’occhi supplichevoli.
«Che non mi capiti mai fra i piedi, Rin.» disse infine, gelido come sempre.
Il sorriso di Rin divenne, se possibile, ancora più ampio.
«Grazie, Sesshomaru-sama!!!» strillò, assordandoli tutti e mettendosi a saltellare dalla gioia. Jaken, incerto se essere contento di aver evitato una punizione o essere depresso per la presenza del gatto, sospirò e si alzò dal pavimento.
«Mi raccomando, Rin. Dovrai badare tu al micio.» disse Anna, alzandosi per andare a fare due carezze al gatto.
«Non preoccuparti, nee-chan! Rin baderà ad Akake!» disse la bimba, fiera.
«Akake?» chiese Anna, grattando il gatto sotto le orecchie e ricevendo in cambio rumorose fusa.
«Sì, perché ha il pelo rosso.- disse Rin, contenta, poi guardò Sesshomaru con aria speranzosa- Volete accarezzarlo anche voi, Sesshomaru-sama?»
Inuyasha non resse più e scoppiò a ridere, battendo la mano sul tavolo. Sesshomaru lo fulminò con un’occhiata e Anna, prevenendo una risposta caustica, si rivolse a Jaken.
«Jaken, perché tu e Rin non andate nelle cucine a farvi dare qualcosa per sfamare il gatto?» disse, sorridendo.
«Io? C’è Rika per queste cos…- iniziò a protestare Jaken, ma un cenno imperioso di Sesshomaru bloccò le sue lamentele- Ehm…andiamo, Rin. Lasciamo che Sesshomaru-sama e gli altri finiscano di pranzare.»
«Oh, ma certo!- esclamò la bambina- Scusate Rin per l’interruzione! A dopo!»
Ciò detto, la bambina uscì dalla stanza insieme a Jaken e la porta si chiuse alle loro spalle.
«Rin-chan è davvero adorabile.» disse Kagome. Quella bambina le faceva sempre venire la voglia di abbracciarla forte.
«Vero.- disse Anna, con un sorriso molto materno- Mi chiedo però come ci sia finito, qui dentro, quel gatto.»
Guardò Sesshomaru e sorrise. Era felice che il demone avesse permesso alla bambina di tenersi il cucciolo. Inuyasha, però, continuava a ridacchiare e lo sguardo di Sesshomaru lasciava presagire che nei prossimi secondi avrebbe interrato il fratello nel pavimento. Kagome, con grande presenza di spirito, riprese a parlare.
«Sesshomaru, ci stavi parlando dei luoghi di potere.» ricordò, tornando a sedersi e rifilando a Inuyasha una dolorosa gomitata nelle costole. Anna le lanciò un’occhiata complice, tornando a tavola a sua volta. Ormai le due avevano una tale esperienza nel prevenire le liti dei due fratelli che quasi si leggevano nel pensiero. Nemmeno Sesshomaru parve troppo lieto di veder sfumare l’occasione per riempire di legnate il fratello minore, ma ritornò senza cambiare espressione di un millimetro all’argomento originale.
«Ho intenzione di visitare questi luoghi.- disse, battendo un lungo artiglio sul foglio- Come ho già detto, sono luoghi di potere, vale a dire, per erudire gli ignoranti, che sono luoghi con particolari caratteristiche che possono favorire noi yokai.»
«Ehi! Ignorante a chi?!» sbottò Inuyasha, punto sul vivo.
«Un po’ come la nostra Fonte dei Desideri?» chiese Anna.
«Qualcosa del genere.- ammise Sesshomaru- Alcuni di essi sono molto più potenti. Intendo visitarli, ora che l’Est è in mano mia.»
«Mi sembra una buona idea.» disse Anna, sorridendo.
«Non mi dispiacerebbe fare una gita, in effetti.- disse Kagome, eccitata- Siamo chiusi in casa da troppo tempo, non vi sembra?»
«Chi vi ha detto che verrete anche voi?» chiese Sesshomaru, caustico.
«Chi vi ha detto che io voglia passare altro tempo con questo qui?!» disse Inuyasha, seccato. Nessuno dei due venne ascoltato dalle ragazze, che ormai erano immerse nei preparativi di quella gradita pausa dalla routine.
«Potremmo chiedere anche a Sango e Miroku di venire con noi!» stava dicendo Kagome.
«Magari! E’ un pezzo che non li vedo.- disse Anna- Sarà bellissimo viaggiare tutti insieme.»
«Forse non è la stagione adatta, ma quando si è in compagnia si può sopportare tutto.» asserì  Kagome, annuendo.
«Sono certa che ci divertiremo!» disse Anna, allegra.
«Feh! Non ci ascoltano nemmeno!» disse Inuyasha, incredulo, scuotendo il capo. Scambiò con Sesshomaru la prima occhiata non bellicosa della giornata. Con quelle due nei dintorni, riuscire a litigare diventava una cosa quasi impossibile. Ancora peggio, imporre in qualche modo la propria volontà diventava una mera illusione.
«Quando partiamo?» chiese infatti Anna, voltandosi verso Sesshomaru con una luce radiosa negli occhi.
«E dove andiamo?» chiese Kagome, felice.
Inuyasha sospirò, arrendendosi all’evidenza, e guardò a sua volta Sesshomaru in attesa di una risposta. Dopo un minuto di silenzio, anche il principe dei demoni capitolò.
«Partiremo domani.- disse, soffocando un sospiro- La nostra prima meta sarà la Grotta dell’Eco.»

***

Canticchiando fra sé, Sango uscì dalla casa della vecchia Kaede. Rabbrividì a contatto con l’aria gelida e si soffiò aria calda nelle mani, poi alzò gli occhi al cielo, che quel giorno era di un bianco lattiginoso.
«Nevicherà, stanotte.» mormorò, corrugando la fronte. Scrollò le spalle e si diresse sul fianco della casa per prendere la legna.
Ovunque attorno a lei, si sentivano i colpi di martello e i rumori della ricostruzione del villaggio, che era ormai alle sue ultime battute. Dopo il disastroso conflitto tra l’Est e l’Ovest, e la battaglia finale svoltasi tra il villaggio e il Goshinboku, circa la metà delle case di Edo era stata gravemente danneggiata, quando non rasa del tutto al suolo. Una volta che gli ultimi scontri si erano spostati più ad est, la popolazione del villaggio era tornata e aveva cominciato la ricostruzione. Ormai non era rimasto molto da fare e fortunatamente tutto era stato approntato prima che l’inverno prematuro decidesse di prendere il sopravvento sul più mite autunno.
Fino a pochi giorni prima, anche Minako, la miko che un tempo aveva sfidato Kagome, e il giovane Kentaro con l’armata ai suoi ordini, erano rimasti al villaggio a dare una mano, ma ormai erano ripartiti per le loro terre d’origine, avendo intenzione di arrivare alle loro case prima che cominciassero le nevicate, che la sacerdotessa aveva previsto abbondanti. Mancavano all’appello solo Inuyasha e Kagome, che erano tornati quasi subito al castello di Sesshomaru, per discutere chissà cosa. Sango sospirò, iniziando a riempirsi le braccia di ciocchi. Non vedeva l’ora che Kagome tornasse. La sua compagnia le mancava moltissimo, soprattutto ora che era in corso una strenua lotta con…
Un paio di braccia maschili le circondarono la vita e la strinsero forte, facendola spaventare.
«Eri distratta.» disse Miroku, sbirciando il viso della ragazza da sopra la sua spalla, sorridendo.
«Miroku!!- esclamò Sango, col cuore in tumulto- Che razza di modi! Arrivarmi alle spalle così di soppiatto!»
«Volevo farti una sorpresa.» disse il monaco, baciandole una guancia. Sango borbottò qualcosa e Miroku rise, per poi baciarla sulla bocca. Sango non si fece pregare, ma quando le intenzioni del monaco divennero un po’ più serie, si svincolò dalle sue braccia. Miroku sfoggiò un’aria ferita e Sango sospirò. Quella scena, e la discussione che ne sarebbe seguita, erano ormai quasi giornaliere.
«Miroku…- disse, stanca- Ti ho già detto che per questo dovrai aspettare finché non saremo sposati.»
«Lo so, dolce Sango.- sospirò il monaco- E’ proprio per questo che sto cercando in tutti i modi di sposarti adesso. Sei tu che non vuoi.»
«Non è che non voglio!- replicò Sango, arrossendo- Ma lo sai…vorrei…»
«Vorresti sposarti in primavera, per ricordare il compleanno di Kohaku.- disse Miroku, annuendo- Lo so, Sango. E una parte di me è anche d’accordo, ma sai…è difficile starti a lungo lontano.»
Gli comparve sul volto un sorrisetto malizioso e Sango borbottò: «Baka hentai.» dandogli un debole pugno sul braccio. Miroku rise e la abbracciò ancora, più dolcemente.
«Ti aspetterò, piccola Sango.- mormorò Miroku, spedendole un piacevole brivido lungo la schiena- E ora forza, lascia che sia io a raccogliere questa legna per te.»
«Stai forse dando della debole all’erede degli Sterminatori di Demoni?!» disse Sango, fingendo di arrabbiarsi. Miroku si gettò in ginocchio implorando pietà, facendola scoppiare a ridere. Non c’era nessuno che donasse felicità al suo cuore più volte ferito quanto Miroku. Ridendo a sua volta, Miroku si alzò da terra e raccolse la legna, quindi accompagnò Sango dentro casa. Kaede stava rintuzzando il fuoco morente, mentre Shippo e Kirara giocavano in un angolo.
«Ciao, Miroku!» salutò il kitsune, allegro.
«Buongiorno, Kaede-sama! Ciao Shippo!» disse Miroku, cordiale.
«Buongiorno, Miroku-sama.- rispose l’anziana donna- Sei venuto a insidiare di nuovo la virtù di questa povera ragazza?»
Sango arrossì e Miroku si finse offeso.
«Kaede-sama, come potete anche solo pensare che io…» iniziò a replicare, atteggiando il volto ad un’espressione virtuosa. Kaede rise e gli fece cenno di smetterla con il soliloquio.
«Non ci sarebbe nemmeno da chiederlo, Miroku.» asserì Shippo, annuendo con veemenza.
Miroku si strinse nelle spalle e sorrise. Per quell’inverno, Sango avrebbe vissuto in casa di Kaede. La sua abitazione e quella di Miroku erano state distrutte, e il monaco si era messo d’impegno, aiutato da altri abitanti del villaggio, per costruire la casa in cui avrebbero vissuto una volta sposati. Ora come ora, Miroku viveva nella casa ormai costruita, ma Sango ci sarebbe entrata solo a primavera. Ogni volta che ci pensava, Miroku, a dispetto della sua aria serafica, andava in depressione. Aveva bisogno di avere accanto Sango come l’aria che respirava. Quasi quasi preferiva viaggiare come facevano un tempo. Ora che conducevano una vita normale, non passavano più insieme ogni istante della giornata. In quel momento, un uomo entrò in casa di corsa.
«Perdonate il disturbo, Kaede-sama.- ansimò- Sono stati visti due demoni volanti atterrare nella foresta di Inuyasha.»
«Due demoni volanti?» chiese Kaede, corrugando la fronte rugosa. Sango e Miroku si scambiarono un’occhiata.
«Kagome-chan!» esclamò Shippo, saltando subito in piedi.
«Potrebbero essere Inuyasha e Kagome di ritorno.- disse Sango, annuendo- Sesshomaru ha molti di quei demoni nel Palazzo.»
«Oppure potrebbe essere qualche guaio.- aggiunse Miroku, scambiando uno sguardo d’intesa con Sango- Andiamo noi a dare un’occhiata, Kaede-sama.»
«Torniamo subito.» aggiunse Sango, mettendosi a tracolla l’Hiraikotsu. Shippo e Kirara si misero immediatamente alle sue costole e il gruppetto uscì di nuovo nella giornata gelida.
«Spero davvero che si tratti di Kagome-chan.» disse Sango, affrettando il passo.
«Era ora che tornassero, accidenti!» disse Shippo, fremente d’aspettativa. Non vedeva Kagome da tanto tempo e le era mancata molto. A conferma delle sue parole, una sagoma vestita di rosso, con lunghi capelli d’argento e una ragazza sulle spalle, balzò fuori dalla foresta e andò loro incontro.
«Ehi! Sango-chan! Miroku-sama!» gridò la ragazza a gran voce, sventolando una mano.
«Kagome-chan!» gridò in risposta Sango, mettendosi a correre. Kagome scese dalla schiena di Inuyasha mentre questo stava ancora correndo e si gettò tra le braccia dell’amica.
«Bentornati!- disse Miroku, sorridente- Ce ne avete messo di tempo!»
«Feh! Non me ne parlare.- disse Inuyasha, con una smorfia- E’ stata una tortura.»
«Ma cosa voleva esattamente Sesshomaru?» chiese Miroku, cercando di sovrastare il cicaleccio di Kagome, Sango e Shippo. Inuyasha scosse il capo e non aggiunse altro, lasciandogli la curiosità.
«Coraggio, non stiamo qui al freddo.- disse Sango, sorridendo e tirandosi dietro Kagome- Andiamo in casa di Kaede-sama.»
«Va bene, ma non possiamo restare a lungo.» disse Inuyasha, sbuffando.
«Perché no?- chiese Shippo, mettendo il broncio- Kagome, devi subito tornare a casa?»
«No, no.- lo rassicurò Kagome- E’ solo che Sesshomaru e Anna ci stanno aspettando.»
Indicò la zona attorno al Goshinboku.
«Ci sono anche loro?» chiese Miroku, sorpreso.
«Cosa dovete fare ancora? Non vi hanno tenuti abbastanza lontani da noi?» chiese Sango, perplessa.
«Stiamo per iniziare un viaggio.- disse Kagome, sorridendo e prendendo a braccetto l’amica- O meglio, una gita.»
«Una gita?» chiesero in coro Miroku, Sango e Shippo. Inuyasha roteò platealmente gli occhi e Kagome sorrise, soddisfatta.
«Si va alla Grotta dell’Eco.- asserì- E questa volta dovete venire anche voi.»

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Capitolo 3
*** 2 - I tesori dell'Est ***


Author's note: I nostri si avventurano nel Regno dell'Est. Sarà una buona idea? Soprattutto: riusciranno Sesshomaru e Anna a non litigare fin da subito?! La vedo dura...Fatevi sentire, cominciano le danze! ^__^

Anna aprì gli occhi a fatica, uscendo da un brutto sogno che aveva disturbato il suo sonno, quindi si stiracchiò per bene, togliendosi di dosso stanchezza e rigidità. Si alzò, facendo leva sulla corteccia del Goshinboku, e si guardò attorno.
Non era ancora sorto il sole e la temperatura era gelida. Il cielo era coperto da nuvole pesanti, che promettevano neve. Anna non se ne curò. Nella sua forma demoniaca, il clima doveva fare una gran fatica per agire in qualche modo sul suo corpo. Guardò alla sua sinistra e vide Sesshomaru poco distante, in piedi su uno dei rami più alti a braccia conserte, che scrutava l’orizzonte.
«Ti sei svegliata.- constatò il demone, senza voltarsi- Ti senti più riposata?»
«In qualche modo, sì…anche se ho fatto un brutto sogno.» rispose Anna, saltando sui rami fino a lui. Il demone le scoccò un’occhiata interrogativa, ma Anna scosse la testa, sorridendo, dando ad intendere che non era niente di importante. Sospirò, fermandosi accanto a lui e scrutando a sua volta l’orizzonte.
Erano fermi al Goshinboku dal giorno prima. La logica avrebbe voluto che passassero la notte insieme agli amici, nel caldo rassicurante della casa di Kaede, ma con Sesshomaru la logica diventava un’opinione. Lui, infatti, non si sarebbe mai e poi mai abbassato ad entrare e soggiornare, anche solo per qualche ora, in un villaggio di insulsi esseri umani. Ecco perché Inuyasha e Kagome erano andati al villaggio da soli e Anna si era rassegnata a passare quella notte all’aperto. Non avrebbe mai lasciato Sesshomaru ad attendere da solo, sapendo quant’era suscettibile per il suo rapporto d’amicizia con ‘quegli idioti al seguito di Inuyasha’. Che Sango e Miroku avessero dato una mano considerevole nell’ultima battaglia contro Soichiro, a Sesshomaru non importava granché. Poteva anche rassegnarsi al viaggiare in loro compagnia, ma non avrebbe mai diviso con loro la stessa stanza.
«Testa dura…» borbottò Anna, appoggiando il capo sul braccio di Sesshomaru.
«Potrei portarti numerosi esempi in cui la mia testardaggine è stata battuta dalla tua.- disse Sesshomaru, impersonale- Non mi costringere a farlo.»
Anna borbottò ancora qualcosa, ma non si fece scoraggiare dal tono e gli si fece più dappresso, apprezzando in calore del suo corpo. Dopo qualche istante, Sesshomaru cedette e le passò un braccio attorno alle spalle, permettendole di stargli più vicina.
«Il Goshinboku ha conservato il tuo odore.- mormorò Anna, alzando lo sguardo sul suo viso- E lo conserverà a lungo. Nell’epoca di Kagome è ancora presente.»
Sesshomaru si limitò ad annuire, senza rispondere. Durante la battaglia contro Soichiro, Sesshomaru aveva rischiato di perdere la vita. Aveva combattuto in forma umana, poiché aveva donato ad Anna tutta la sua energia, e le ferite che aveva riportato lo avevano quasi dissanguato. Il suo sangue aveva impregnato la terra attorno alle radici del Goshinboku e ora l’albero conservava il suo odore, come conservava quello di Inuyasha, che vi era rimasto inchiodato per cinquant’anni.
«Se Inuyasha tarda ancora molto, lo uccido.» sentenziò Sesshomaru, stringendo appena gli occhi ambrati.
«Che fretta hai?- lo sgridò Anna, contrariata- Non ci corre dietro nessuno.»
«Non ho tutto questo tempo da perdere.» disse Sesshomaru, secco.
Anna sbuffò e Sesshomaru le lanciò un’occhiata ammonitoria.
«Va bene, starò zitta.- disse Anna, scuotendo la testa- Ma tu non attaccare briga con Inuyasha.»
Sesshomaru non promise nulla, riprendendo ad osservare i dintorni in perfetto silenzio. Anna osservò il volto del suo amato. Come sempre, la sua gelida bellezza le catturava il cuore e le faceva scappare via i pensieri come tante farfalle impazzite. I silenzi gelidi, però, continuavano a freddare i suoi entusiasmi. Per quanto Sesshomaru avesse detto e provato di amarla, la maggior parte delle loro giornate non erano granché differenti da quelle che Anna aveva passato come semplice sottoposta di lui.
Se Anna si faceva venire in mente qualche idea per movimentare la loro vita, o finché chiacchierava allegramente, l’atmosfera tra loro somigliava a quella di qualsiasi coppia di innamorati. Appena lei si prendeva un attimo di pausa, però, Sesshomaru non faceva alcuno sforzo per non essere da meno. Era una situazione un tantino frustrante, ma Anna si scrollava sempre di dosso il pensiero non appena compariva. Essere amata da Sesshomaru era tutto ciò che desiderava e ogni suo più piccolo gesto era per lei una gioia immensa. Non importava se tra un gesto e l’altro c’erano pause piuttosto lunghe. Prima che lei e Rin entrassero nella vita di Sesshomaru, il demone non aveva mai provato amore nel suo cuore.
“Lo amo così com’è.” pensò, sorridendo.
«E adesso che hai da sorridere come una sciocca?» chiese Sesshomaru.
«Ma insomma!- sbuffò Anna- Non si può nemmeno tentare di essere felici?!»
Sesshomaru la guardò con una certa sorpresa negli occhi, quindi chiese: «Sei felice?» Il sorriso di Anna gli riscaldò il cuore fin nel profondo.
«Ma certo che sono felice.- mormorò Anna- Sto per fare il primo viaggio di piacere con tutti i miei amici al gran completo, senza che guerre e combattimenti ci attendano dietro l’angolo.» Sesshomaru fece una piccola smorfia, contrariato, ma Anna continuò a parlare. «Ma sopra ogni altra cosa, sono qui, accanto  all’uomo che amo, attendendo l’alba.- disse, con una luce particolare negli occhi- Sono al sicuro tra le sue braccia, e non vorrei trovarmi in nessun altro luogo che questo.»
Sesshomaru alzò una mano e le accarezzò una guancia, mentre il suo viso si addolciva impercettibilmente.
«Questa risposta è di mio gradimento.» sussurrò, per poi avvicinare il proprio viso a quello di lei, che chiuse gli occhi. Fece appena in tempo a sfiorare le sue labbra, che l’odore di Inuyasha e compagnia gli colpì il naso. Sesshomaru si scostò, suscitando un gemito di disappunto di Anna, e guardò verso il villaggio con aria contrariata. «Quegli sciocchi stanno arrivando.- disse, sprezzante- Come sempre, al momento sbagliato.»
«C’è sempre tempo per finire quello che hai cominciato.» asserì Anna, afferrandolo con audacia per la veste e tirandoselo vicino. Sesshomaru scoprì che Anna aveva ragione.

***

«Oh! Guarda, Inuyasha! Il primo fiocco di neve!» esultò Kagome, stendendo la mano e raccogliendo il fiocco sul palmo, per poi mostrarlo a Inuyasha.
«Feh! Che c’è da stare tanto allegri se si mette a nevicare?» disse Inuyasha, di cattivo umore.
Kagome sospirò e osservò il piccolo pezzo di soffice ghiaccio sciogliersi sui suoi guanti. Erano partiti da qualche ora e l’euforia sembrava già essersi smorzata. Come poteva essere altrimenti, quando Sesshomaru e Inuyasha esibivano facce così contrariate?
«Tanto più che a te il freddo non fa bene per niente.- continuò Inuyasha, imperterrito- Ti devo ricordare che sei un essere umano? E se ti ammali, come farai?»
«Inuyasha, sei davvero noioso.- disse Miroku, che camminava dietro di loro, sospirando- Se Kagome-sama non si lamenta, non vedo perché tu debba assillarla a quel modo.»
«Oi! Io non la assillo!» sbottò Inuyasha, poi vide che Kagome stava applaudendo alle parole del monaco e si intristì. «Andiamo, Kagome! Vuoi dire che sono assillante?» chiese, stupefatto.
«Certo che lo sei!» asserì Shippo, seduto sulla spalla di Kagome. Un secondo dopo, un grosso bernoccolo gli si gonfiò sulla testa. «Ahia!!» strillò Shippo, tenendosi la testa dolorante.
«Inuyasha! Non picchiare il povero Shippo!» gridò Kagome, arrabbiata.
«Feh! La prossima volta imparerà a stare zitto.» sentenziò Inuyasha, a braccia conserte. Sango, in groppa a Kirara, sospirò.
«Inuyasha non cambierà mai.» disse, scambiando un’occhiata con Miroku e scuotendo il capo.
«Il che è ad un tempo il suo pregio e il suo difetto.» aggiunse il monaco. Inuyasha gli scoccò un’occhiata omicida.
«Si sparla di me, o sbaglio?» ringhiò.
«Via, Inuyasha, sii un po’ più ilare!- lo incitò Miroku, dandogli una pacca sulla spalla- E’ il nostro primo viaggio dalla morte di Naraku. Cerchiamo di divertirci.»
«Divertirci? Con quel ghiacciolo di Sesmpfhgh?!» cercò di protestare Inuyasha, prima che le mani di Kagome gli tappassero la bocca. Sesshomaru camminava parecchio avanti rispetto a loro, ma tutti sapevano che udito fine avesse e non avevano nessuna voglia di assistere a uno dei soliti combattimenti tra i due fratelli.
«Santo cielo, che diplomazia scarsa.- disse Sango, sconcertata- Kagome-chan, ma come avete fatto a restare al castello di Sesshomaru tanto a lungo?»
«Non me ne parlare, è stata una tortura.- disse Kagome, sospirando- Litigavano tutti i giorni. Un vero strazio!»
«Io non ho capito dove stiamo andando.» disse Shippo.
«Perché sei scemo.» sentenziò Inuyasha.
«Perché ieri sera dormiva.- ribatté Kagome, lanciando a Inuyasha un’occhiata di avvertimento- Stiamo andando alla Grotta dell’Eco, Shippo-chan. Sono quattro giorni di marcia.»
«Che particolarità ha questa Grotta dell’Eco?- chiese Sango, curiosa- Ci hai detto che Sesshomaru ha fatto una lista di luoghi di potere.»
«A essere sinceri, non lo so.- ammise Kagome- Inuyasha, Sesshomaru t’ha detto qualcosa in più?»
«Non molto.- disse Inuyasha- Mi ha detto che in quella grotta si possono sentire gli echi del passato e, se si è fortunati, del futuro. Non so né che voglia dire, né a che cosa gli possa servire, ma non ho la pretesa di capire la sua mente contorta.»
In quel momento, Anna si avvicinò al gruppo, sorridendo e tenendo le mani a coppa.
«Guardate! Nevica!- disse, allegra, facendo svolazzare attorno a sé la veste bianca e oro- Questo fiocco è uno spettacolo...ah! Si è già sciolto, peccato!»
«Ecco un’altra stupida a cui piace la neve.» borbottò Inuyasha.
«Cosa?! Ho appena sentito questa boccaccia darmi della stupida?!» disse Kagome con voce terribile, strattonandogli un orecchio. Inuyasha guaì e ritrattò.
«Non darmi della stupida, fratellino.- disse Anna, facendogli una linguaccia- Sto solo cercando di divertirmi, cosa che voi due non parete in grado di fare.» Scoccò un’occhiata alla figura di Sesshomaru, che continuava a camminare in solitudine, sordo alle loro voci e apparentemente ignaro della loro presenza.
«Ma è di cattivo umore?» chiese Shippo. Anna si strinse nelle spalle e gli altri sospirarono. Per quanto ne sapevano loro, Sesshomaru era sempre di cattivo umore.  Quando il gruppo si era riunito, quella mattina all’alba, Anna aveva accolto tutti con gioia. Sesshomaru non li aveva degnati nemmeno di un cenno del capo, limitandosi a ordinare loro di mettersi in marcia, poiché, testuali parole, ‘non voleva passare con quell’accozzaglia di idioti più tempo di quanto fosse necessario’. Così, la povera Anna faceva la spola tra Sesshomaru e i suoi amici, cercando senza molto successo di passare la stessa quantità di tempo con entrambi.
«Anna, se ti crea problemi stare con noi, torna pure da Sesshomaru.- disse Sango, comprensiva- Non vorrei che se la prendesse con te.»
Anna fece un gesto vago con la mano.
«Non preoccupatevi.- disse, sorridendo- Io e Kagome abbiamo tanto insistito perché viaggiassimo tutti insieme. Non ho intenzione di non godere della vostra compagnia solo perché lui ha deciso di fare il solitario.»
Sesshomaru colse le ultime parole di Anna e scoccò un’occhiata omicida alla bionda, che incassò la testa fra le spalle, avvertendo il pericolo.
«Vado in avanscoperta.- disse il Principe dei Demoni, con più di una punta di acredine nella voce- Il vostro odore umano mi appesta.» Ciò detto si alzò in volo.
«Ehi! Sesshomaru!- gridò Anna, rincorrendolo- Dove vai? Come facciamo a ritrovarti se…»
«La strada la sai anche tu. Usa il fiuto, per trovarmi.- le rispose Sesshomaru, già allontanandosi- A meno che la compagnia di quegli umani non abbia inebetito le tue facoltà.»
Anna si fermò, stringendo i pugni e lanciando fulmini dagli occhi verso la schiena di Sesshomaru, che si allontanò e scomparve alla vista.
«Ecco, l’ha fatta arrabbiare.» sospirò Inuyasha, osservando la schiena rigida di Anna.
«Non so perché faccia così.- borbottò Kagome, contrariata- E’ così dolce con lei, quando sono soli.»
«E tu che ne sai?» chiese Inuyasha, sollevando un sopracciglio.
«Me l’ha detto Anna.» rispose Kagome.
«Sesshomaru deve imparare ancora molto su come si tratta una donna.» disse Miroku, annuendo alle proprie parole.
«Anche tu hai parecchio da imparare, hoshi depravato.» ringhiò Sango, fingendosi arrabbiata.
«Sango! Un colpo al cuore!» si lamentò Miroku, tragico, per poi sorridere e accarezzare affettuosamente la mano di Sango...e quindi il suo fondoschiena.
«Anna, tutto bene?» chiese Sango alla demone bionda, che li aveva aspettati, mentre tirava un tremendo pizzicotto alla mano invasiva. Anna sospirò, ma annuì.
«Ma sì, ma sì…tanto sapevo che sarebbe finita così.- disse, rassegnata- Abbiate pazienza, ha un caratteraccio. Stasera cercherò di tirargli su il morale.»
«Ma chi te lo fa fare?» borbottò Inuyasha. Anna rise e non rispose. Non ce n’era bisogno. Sapevano tutti quant’era profondo il sentimento che legava i due inu-yokai. Anna batté le mani, assumendo un’espressione decisa.
«Molto bene, in questo caso…- disse, alzando un dito- è ora di cominciare a giocare! Preferite le rime o gli indovinelli?»
Kagome scoppiò a ridere.
«Che bello! Sembra davvero una gita scolastica!» disse.
«Cos’è una gita scolastica?» chiese Sango.
Ripresero la marcia, mentre attorno a loro cadevano pigramente piccoli fiocchi di neve.

***

Quando calò la notte, Sesshomaru si trovava nel folto di un bosco, seduto sul leggero strato di neve che si era depositato durante il giorno, con la schiena appoggiata a un tronco. Il suo umore era pessimo. Non c’era niente da fare: proprio non riusciva a sopportare la vista di Anna che sorrideva a quegli inetti. Vederla sorridere a qualcuno che non era lui era frustrante e faceva montare la sua ira a livelli altissimi. Possibile che quella sciocca non lo capisse?! Forse si aspettava che glielo dicesse? Beh, in quel caso poteva aspettare ancora qualche millennio.
Sesshomaru soffocò un sospiro seccato, passando le unghie sulla propria, morbida coda. A volte, tornava a sentire il legame che lo univa ad Anna come un peso, forse perché era l’unica cosa che non sapesse gestire e ricondurre a regole chiare e precise. Eppure…stare lì seduto, ora, senza avere accanto il suo corpo caldo, senza poterla guardare dormire, lo faceva sentire più freddo della neve su cui era seduto.
“Io, il grande Sesshomaru, ridotto così da una donna.- pensò, per vecchia abitudine, quindi fece un piccolo sorriso- Non farei cambio con la vita di un tempo nemmeno in punto di morte.”
Il pensiero lo colpì e lo fece riflettere. Era vero. Non sarebbe tornato sui suoi passi nemmeno potendo. Anna era speciale e riscaldava il suo cuore. Sentì l’odore di lei prima ancora di avvertire il suono dei suoi passi.
«Allora?- chiese, senza guardarla- Ti sei stancata di stare con quella gente?»
«Quella gente è amica mia.- sussurrò lei, con quella nota di cocciutaggine così irritante nella voce- Quello che hai fatto oggi non è giusto.» Sesshomaru, sempre senza guardarla, alzò appena un sopracciglio con un’espressione sarcastica. «Sto parlando del tuo tentativo di costringermi a scegliere con chi stare.- continuò Anna, sospirando- Non è giusto. Io desidero stare sia con te, che con loro.»
«Allora torna pure da loro.» sentenziò Sesshomaru.
«Stupido.» ribattè Anna.
Sesshomaru la guardò, corrugando la fronte, e vide che stava sorridendo, mentre lo osservava a braccia conserte. Come sempre, il sorriso di lei gli riscaldò il sangue nelle vene. Quando sorrideva, Anna era pura luce, l’incarnazione stessa dell’estate.
«Posso restare con voi, Sesshomaru-sama?» chiese Anna, con una luce maliziosa negli occhi.
Sesshomaru sospirò, trattenendo un sorriso. Ebbene sì. Lei era in grado perfino di farlo sorridere.
«Quante volte ti ho detto di non chiamarmi così?» disse invece, burbero, allungando un braccio verso di lei. Anna fu lesta ad accettare l’invito.
“Non allontanarti mai da me.- pensò Sesshomaru, stringendola a sé e baciandole la testa bionda- Non farlo mai, Anna.”
Poco distante, due occhi gialli balenarono nel buio, intenti a scrutare la coppia, poi scomparvero di fretta. Né Anna, né Sesshomaru ebbero modo di accorgersene e i due si addormentarono l’uno nelle braccia dell’altro.

***

Sesshomaru uscì con passo deciso dal folto, indi si fermò, contemplando il paesaggio grandioso che stava davanti ai suoi occhi.
“Eccolo.- si disse- Lo strapiombo della Grotta dell’Eco.”
Pur se reso spoglio dall’inverno, lo spettacolo naturale che lo circondava era meraviglioso a vedersi. Il Principe dei Demoni si trovava su un’unghia di roccia che cadeva a strapiombo per metri e metri. A destra e a sinistra, compiendo un ampio arco, la roccia digradava e di fronte a lui si ergeva un altipiano più basso di quello su cui si trovava, ove si sviluppava una nuova foresta, ampia a perdita d’occhio. Da esso, si gettava nel vuoto un torrente turbolento e il rumore di questa cascata riempiva l’aria. Il freddo sole novembrino, che da un paio di giorni aveva preso il posto delle nuvole cariche di neve, faceva luccicare l’acqua come una distesa di diamanti. Il torrente finiva nella conca sottostante, formando un piccolo lago dalle acque schiumose, che si inoltrava in una cava, diventando sotterraneo.
Quella cava era la Grotta dell’Eco.
Sesshomaru non sapeva esattamente cosa si aspettava di udire, là sotto. Non gli importava quel granché. Il passato, per lui, aveva un significato relativo, e il futuro era in grado di costruirselo con le proprie mani, giorno per giorno. D’altronde, non utilizzare le nuove risorse che Soichiro, morendo per mano sua, gli aveva così gentilmente donato, sarebbe stato un deprecabile spreco.
Sesshomaru gettò due rapide occhiate a destra e a sinistra, corrugando appena la fronte. Non vide nulla, ma rimase all’erta. Era qualche giorno che provava la strana sensazione di essere osservato. Eppure, alle sue narici non arrivavano altri odori che quelli dell’acqua, della terra e degli alberi spogli. E quelli della compagnia che si stava avvicinando, certo. Nei dintorni non c’era nessun altro…eppure quella fastidiosa sensazione non lo abbandonava.
Inuyasha, essendo stupido, non aveva dato segno di aver sentito qualcosa di strano. Anna era troppo immersa nella discutibile gioia di stare insieme ai suoi amici per aver avvertito le sue stesse sensazioni, ma Sesshomaru l’aveva vista lanciare un paio di occhiate di ghiaccio nei dintorni, segno che anche a lei qualcosa non tornava.
“Mi chiedo di che si tratti.- si disse, seccato- Comincio ad infastidirmi.”
«Ehilà! Trovato qualcosa?» chiese una voce che risultò appartenere a Inuyasha, il quale giunse a grandi balzi e si fermò accanto a lui. Sesshomaru fece una breve smorfia e scosse il capo. Riflettere quando nelle vicinanze si aggirava quella zecca di suo fratello era impossibile.
«Puoi vederlo da te.- rispose, sarcastico- Che ci fai così avanti? Non dovresti stare con la tua congrega di umani?»
«Sono venuto a vedere com’era qua nelle prime file.- disse Inuyasha, fulminandolo con un’occhiata, poi si fece serio- Di’…tu non hai una strana sensazione?»
Sesshomaru sollevò appena un sopracciglio. Così, alla fine se ne era accorto perfino Inuyasha? Fraintendendo la sua espressione, Inuyasha storse la bocca.
«Intendo dire che mi sento osservato.- spiegò, acido- Ma non sento nessun odore particolare. Tu come la spieghi?»
«Non la spiego.- disse Sesshomaru, incrociando le braccia sul petto- Ma ho anch’io questa sensazione, da giorni. Non ho una spiegazione, quindi cerchiamo di ignorare questo fastidio e di tenere gli occhi aperti.»
«Su questo sono d’accordo.- ammise Inuyasha, quindi si portò verso lo strapiombo, guardando di sotto- Però! Un bel salto! E la Grotta dell’Eco…»
«E’ quella in fondo allo strapiombo.» tagliò corto Sesshomaru. Inuyasha fischiò, impressionato.
«Sarà difficile arrivare là sotto.- borbottò Inuyasha, valutando l’altezza- Chissà se Kirara ce la fa a portare anche Kagome?»
«La miko e compagnia bella resteranno quassù.- sentenziò Sesshomaru, sprezzante- Quella grotta è per i demoni, non per dei miseri esseri umani.»
«Non può venire nemmeno Kagome?! Che storia è questa?» sbottò Inuyasha, voltandosi di scatto con aria bellicosa.
«No, non può venire.- disse Sesshomaru, seccato- Perché credi che avessi ordinato solo a te di seguirmi?»
Inuyasha mormorò qualcosa di molto poco elegante, ma Sesshomaru decise di soprassedere. Non aveva voglia di litigare, anche perché sentiva che Anna era ormai vicina. I rapporti tra loro erano sereni da giorni e non voleva dare alla ragazza motivo per adirarsi. La preferiva di gran lunga quando sorrideva.
«Ascoltami bene, idiota.- disse, gelido- In quella Grotta andremo tu e io. Nessun altro. Anna, la tua miko e il resto della marmaglia ci aspetteranno qui e non ci saranno discussioni. Chiaro?»
«Fai restare qui anche Anna?» chiese Inuyasha, sorpreso.
Per tutta risposta, Sesshomaru lanciò un’occhiata nei dintorni e Inuyasha capì. Se i ragazzi fossero rimasti in gruppo, non sarebbe successo loro nulla di male. Inoltre, quella strana sensazione aveva colpito in particolare lui e suo fratello, il che significava che, qualunque cosa li stesse osservando, aveva preso di mira essenzialmente loro due. Lui e Sesshomaru avrebbero potuto andare e tornare in poco tempo, limitando al minimo qualsiasi problema potesse insorgere. Come Inuyasha voleva tenere Kagome lontana dal pericolo, così desiderava Sesshomaru per Anna…benché il pericolo, in quel momento, si limitasse ad una sgradevole sensazione.
«Beh, tutti insieme sono molto forti. Non accadrà loro niente di male.» disse, accettando implicitamente di chiudere la discussione. Sesshomaru annuì. In quel mentre, il gruppetto di coda sbucò dagli alberi, chiacchierando con entusiasmo.
«Kyaaa! Che posto strano!- esclamò Kagome, ammirata- Ma è davvero stupendo!»
«E’ vero, ha un’atmosfera particolare.- disse Sango, sorridendo- E pensare che non è poi così lontano dal villaggio…»
Anna corse avanti e si mise a fianco di Inuyasha, guardando oltre l’orlo. L’altezza le strappò un brivido.
«E’ maestoso, ma fa un po’ impressione.- ammise, quindi guardò Sesshomaru- E’ la grotta qua sotto?»
Sesshomaru annuì.
«Andremo solo io e Sesshomaru.» disse subito Inuyasha, cercando di prevenire l’inevitabile discussione tra Anna e suo fratello.
«Come, prego?» chiese infatti la demone bionda, osservandolo in cagnesco.
«Ci avete portati solo per farci godere del panorama?» chiese Miroku, che si era aspettato una cosa del genere fin dal principio.
«Inuyasha, che significa?- chiese Kagome, contrariata- Perché non possiamo venire giù con voi?»
«Già, perché?!» disse Shippo, facendole eco.
«La discesa è ripida.» disse Inuyasha, indicando il dirupo.
«Kirara potrebbe portare anche Kagome e non credo che Anna abbia problemi.» obiettò Sango, pratica.
«Quella grotta è fatta per i demoni, non per voi insulsi esseri umani.- disse Sesshomaru, sprezzante- E con questo la questione è chiusa.»
«Ma non è giusto!» disse Kagome, arrabbiata, pestando il piede per terra.
«Dai, Kagome, è inutile discutere…» cercò di placarla Inuyasha.
«Ah, certo, è inutile discutere! Solo perché non riguarda te, vero?!» disse Kagome, indignata. Inuyasha fece mezzo passo indietro, riconoscendo il lampo pericoloso che le brillava negli occhi. Kagome si stava davvero infuriando nel vedere che la meta della gita che aveva tanto desiderato le stava scappando da sotto il naso.
«Senza contare che io sono un demone.- disse Anna, con voce pericolosamente bassa, appuntando uno sguardo di ghiaccio su Sesshomaru- Adesso che scusa mi inventerai, o Sommo Principe dei Demoni?»
Sesshomaru sospirò, seccato.
«Vieni con me.» disse, gelido, afferrandola per un gomito e portandola a una certa distanza dal gruppo, che stava spalleggiando Kagome a spese del povero Inuyasha.
«Ebbene?» chiese Anna, liberandosi dalla stretta e guardandolo con occhi fiammeggianti. Sesshomaru la osservò per un attimo. Gli piaceva quel suo carattere così passionale, anche se spesso, come in quel momento, gli causava dei problemi. Iniziava a imparare, però, che a volte far leva sul cuore sentimentale di Anna era un buon modo per arginare il problema.
«Sono preoccupato.» disse, e immediatamente, come aveva previsto, l’espressione di Anna cambiò.
«Cosa intendi dire?» chiese lei, subito preoccupata a sua volta. Sesshomaru mantenne un’espressione dura e fredda.
«Non hai avvertito nulla, in questi giorni?- chiese, e non si stupì nel vedere nei suoi occhi un lampo particolare- Ritengo che qualcosa abbia appuntato la sua attenzione su di noi.» Anna annuì piano, cupa. «Desidero sbrigare questa faccenda il più velocemente possibile.- continuò- Se resterai con gli umani, credo non avranno nulla da temere.» Vide il volto di lei venarsi di giusto sospetto e aggiunse: «Non ho intenzione di sorbirmi i lamenti di Inuyasha se accadesse qualcosa alla miko o ad uno dei suoi stupidi seguaci.»
«Questo posso capirlo.- disse lei, parlando lentamente, quindi sospirò- Va bene…in questo caso, ti aspetterò qui con gli altri.»
Sesshomaru trattenne un sorriso di fronte alla sua vittoria e fu un bene perché Anna tornò subito a guardarlo in volto con aria supplichevole.
«Ma promettimi che ci torneremo insieme!- disse, con enfasi- Voglio tornare in questo posto assieme a te.»
Sesshomaru le sfiorò il volto con una mano, quindi, accertatosi che erano tutti troppo occupati a discutere per badare a loro, diede ad Anna un delicato bacio a fior di labbra.
«Te lo prometto.- sussurrò, spedendole un piacevole brivido lungo la schiena- Torneremo qui insieme, questa primavera.»
Anna sorrise, perdendosi nei meravigliosi occhi ambrati del suo amato, e annuì. Sapeva che le promesse di Sesshomaru non erano mai fatte al vento.
«Ora aiuta quello stupido di Inuyasha a tenere a bada quella banda di scalmanati.» disse Sesshomaru, tornando serio e gelido e spingendola senza troppa grazia verso il gruppo. Anna rise tra sé, scuotendo il capo, ma fece quanto le era stato richiesto. Di fronte alle sue parole ragionevoli, anche Kagome capitolò.
«Questa, però, me la lego al dito.- borbottò la ragazza, incrociando le braccia sul petto- Non è giusto che ci lascino qui.»
«Faranno più in fretta senza di noi, Kagome-sama.- disse Miroku, mettendole una mano su una spalla e sorridendo- Noi potremmo approfittarne per mangiare qualcosa.»
«Intanto, togli quella mano da lì.» disse Sango, scoccando al monaco un’occhiata mortale.
«Allora noi andiamo.- disse Inuyasha, portandosi verso il bordo del precipizio insieme a Sesshomaru- Non dovremmo metterci più di un paio d’ore.»
Guardò Sesshomaru per avere conferma e questo annuì. Inuyasha fece al gruppo un ultimo gesto di saluto e si preparò a saltare, quando Kagome, inaspettatamente, gli si gettò al collo, stringendolo forte.
«Ehi…Kagome!» esclamò Inuyasha, imbarazzato e sorpreso, vagamente conscio degli sguardi complici degli amici e di quello impaziente del fratello. Inuyasha si preoccupò quando sentì la tensione che pervadeva il corpo di Kagome. «Kagome…cosa c’è?» chiese, più piano, abbracciandola a sua volta. Kagome alzò lo sguardo, appuntandolo negli occhi di Inuyasha. L’amore che gli leggeva negli occhi le gonfiò il cuore…allora cos’era quella sensazione di cordoglio che l’attanagliava?
«Stai attento laggiù.- sussurrò, sentendosi al sicuro nel suo abbraccio- Ho una brutta sensazione.»
Inuyasha sorrise e il cuore di Kagome saltò un battito. Inuyasha aveva idea di quanto fosse bello quando sorrideva?
«Non preoccuparti, Kagome.- disse, passandole una mano tra i capelli corvini- Sarà una cosa veloce. E poi, cosa vuoi che ci succeda?»
«Non lo so, ma…» mormorò Kagome.
«Allora?! Diamoci una mossa.» disse Sesshomaru, con voce sferzante, e Inuyasha lasciò andare Kagome con un sospiro.
«Stai tranquilla, Kagome!- disse, sorridendole di nuovo- Ci vediamo tra poco.»
Ciò detto, saltò dal dirupo insieme a Sesshomaru.
«Stai tranquilla, Kagome-chan.- disse Sango, iniziando a tirare fuori le provviste- Quei due insieme sono imbattibili.»
«E coriacei.- aggiunse Miroku- Non accadrà loro niente di male.»
«Miroku ha ragione.» asserì Shippo, appropriandosi di un panino con marmellata di azuki. Kagome e Anna, silenziose, seguirono dalla cima i pochi balzi con cui i due fratelli raggiunsero il fondo della conca.
«Non accadrà nulla di strano, lo so.- disse Kagome, corrugando appena la fronte- Eppure non sono tranquilla.»
«Stiamo parlando di Inuyasha e Sesshomaru, Kagome.- disse Anna, mentre le due teste argentee sparivano all’interno della grotta- Non accadrà loro nulla di male.»
Il che dimostrò soltanto che nessuno di loro era in grado di prevedere il futuro.

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Capitolo 4
*** 3 - Il presente, il passato ***


Author's note: Grazie a tutti per l'ottima accoglienza a questa fanfiction!! Ed ecco la famosa Grotta dell'Eco. Cosa ci troveranno dentro, i due fratelli? E di chi sono gli occhi gialli che brillano nell'oscurità?!

Sesshomaru e Inuyasha si inoltrarono all’interno della grotta, camminando su una delle due sponde rocciose che affiancavano il letto del torrente.
«E’ parecchio umido qua dentro.» mormorò Inuyasha, osservando il modo in cui luccicavano le pareti di roccia e la grande quantità di gocce che cadevano dal soffitto ricco di stalattiti. Sembrava quasi che piovessero diamanti.
«Che altro ti aspettavi?» chiese, secco, Sesshomaru, camminando con sicurezza davanti a lui. La sua voce fu in parte echeggiata e distorta in lontananza.
«C’è l’eco?» chiese Inuyasha, a voce più alta. La sua voce gli ripeté la richiesta più volte, facendosi a mano a mano più simile alla voce che possedeva durante l’infanzia. Rabbrividì. «Che razza di posto è mai questo?» sibilò.
Sesshomaru trattenne un sospiro seccato. Detestava dare spiegazioni.
«Qui nel corridoio d’ingresso c’è solo un’eco distorto.- disse, sbrigativo e gelido quanto le gocce che cadevano dal soffitto- Nella sala centrale, la vera Grotta dell’Eco, l’acqua e la roccia possono fornire, a chi sa ascoltare, echi del passato e del futuro. Nella conca si concentra tutto il sapere dello scorrere del tempo…»
«A chi sa ascoltare, dici?- chiese Inuyasha, per poi imprecare contro una goccia gelida che gli aveva quasi perforato il collo- Sarà, ma a me questo posto non dice nulla.»
Sesshomaru strinse le labbra per evitare di rispondere e fece lo stesso con i propri pugni per non gettare il fratellastro nelle acque turbolente. Era tentato di ordinargli di tornare dai suoi sciocchi compagni. Non si era certo aspettato che Inuyasha avvertisse il grande potere nascosto nella Grotta, ma era ancora dell’idea di affidargli la grana di badare all’Est e quello stupido doveva rassegnarsi a seguirlo ancora per un po’.
«Visto che non ti dice nulla, fammi il favore di seguire il suo esempio.- disse, voltandosi per un istante con un lampo pericoloso negli occhi- Chiudi quella bocca e non pronunciare verbo finché non te lo dirò io.»
Inuyasha sbuffò e incrociò le braccia sul petto.
«Quando ho voglia di parlare, parlo, col tuo permesso o meno.- sentenziò, cocciuto- Qui non c’è Kagome a dirmi di non litigare con…»
Sesshomaru gli puntò contro Tokijin.
«Sono giorni che vorrei farti notare quanto la tua condotta nei confronti di tuo fratello maggiore sia degenerata.- mormorò, stringendo appena gli occhi ambrati- Ora: o stai zitto e mi segui, o te ne torni di sopra. Fai qualcosa di diverso dalle due opzioni che ti ho proposto e giuro che ti uccido.»
Inuyasha fece cenno di voler accettare la sfida, poi scrollò il capo, borbottando: «Va bene, starò zitto.- brontolò- Ma tu vedi di finirla con quell’aria saccente. Mi dai ai nervi.»
Sesshomaru rinfoderò Tokijin e, con un’ultima occhiata di ghiaccio, riprese a camminare verso il centro della Grotta. Inuyasha, dopo qualche istante, lo seguì. Lo stesso fece una strana ombra dagli occhi gialli.
Dopo alcuni minuti, finalmente, giunsero nella grande Sala della Grotta dell’Eco.
«Ehi…è una meraviglia.- mormorò il fratello più piccolo, guardandosi attorno con aria stupita- Che peccato che Kagome non possa vederla!»
«Ti ho detto di stare zitto.» sentenziò il fratello maggiore.
Nascosto dietro una roccia, mischiando il proprio odore con quello dell’acqua, che poco distante si gettava ancora più sottoterra, Kiokumushi accarezzò i due vasi d’argilla che portava sottobraccio. Così quella era l’occasione buona per colpire i fautori della sua rovina!
«E ora che si fa?» chiese il fratello minore, sedendosi su uno spuntone di roccia.
«Stai zitto e fammi ascoltare!- ringhiò il maggiore, rifilandogli un calcio che lo spedì a terra- Fammi ascoltare!!»
“Questa è la Grotta delle Memorie.- disse fra sé Kiokumushi, gongolante- Quale posto più adatto a me?”
Erano giorni che seguiva il gruppo dei due inu-yokai, nascondendo, come era sua facoltà, la sua youki e il suo odore, sostituendoli entrambi con altri, adatti al luogo in cui si trovavano. Non dovevano scoprirlo. Oh, no! Kiokumushi era un maestro nella sua arte, l’arte della sua famiglia. L’arte di non farsi vedere. Kiokumushi era una spia.
Una smorfia gli solcò il volto orrendo. Spia, già…e quello che era stato il vanto degli insetti forbice dell’Est per tutti i secoli di regno di Soichiro-sama, era adesso diventato un insulto. La loro grande abilità veniva disprezzata. La sua famiglia era decaduta. E questo perché? Perché i due inu-yokai che gli stavano di fronte avevano ucciso barbaramente il suo padrone! Uno spasmo d’odio gli fece tremare le lunghe zampe. Dannati, l’uno e l’altro! Ma ora, finalmente, poteva vendicarsi di loro. Non intendeva ucciderli, certo che no. Gli insetti forbice non erano noti per la loro forza fisica…ma qualcosa poteva fare. Poteva fare in modo che i due fratelli si uccidessero a vicenda.
Kiokumushi non era uno stupido. Aveva fatto le sue ricerche. Il parziale affetto che intercorreva tra i due fratelli era una cosa recente, dovuta principalmente a quelle due impiccione di donne che ora si trovavano al di sopra del dirupo. Kiokumushi aveva pensato di colpire loro, in un primo tempo, ma poi si era risolto a concentrarsi sulle sue vittime principali. Sesshomaru e Inuyasha.
“Sessant’anni fa, l’odio tra loro era ai suoi massimi livelli.- pensò, leccandosi le labbra per l’aspettativa- Io lo so…le mie informazioni sono precise!”
Doveva farli tornare indietro di sessant’anni e subito quei due si sarebbero gettati l’uno contro l’altro, cercando di uccidersi. Come fare? Molto semplice! Bastava utilizzare il vero talento, il vero potere degli insetti forbice! Kiokumushi guardò con affetto i due vasi, quindi li poggiò entrambi sulla roccia, con l’apertura rivolta verso i due fratelli inu-yokai. Era ora di banchettare con la memoria dei figli di Inuken. Sottrarre i ricordi era il potere più grande degli insetti forbice.
Kiokumushi iniziò a intonare un incantesimo. Sesshomaru parve a quel punto notare qualcosa, ma era troppo tardi. I due fratelli dai capelli d’argento smisero di parlare e assunsero un’aria assente, mentre una nebbia dorata iniziava ad avviluppare i loro corpi e a trasferirsi con lentezza dentro i vasi di Kiokumushi. L’insetto si leccò le labbra. Sarebbe rimasto per vedere i due fratelli massacrarsi a vicenda. Poi, sarebbe ritornato nella sua tana, su al nord, e avrebbe divorato con gusto le memorie dei suoi nemici. Si concesse una risata maligna, che echeggiò in modo sinistro in tutta la Grotta dell’Eco.

***

Sesshomaru si riscosse a fatica da un periodo di torpore di cui non riuscì a individuare la durata, né la causa primaria.
«Che stavo facendo?» mormorò, sfiorandosi le tempie. La testa gli faceva male, pulsava ritmicamente. Si guardò attorno. Ma dove diavolo si trovava?! Attorno a lui vedeva solo pareti di roccia risplendenti e stillanti acqua. Che posto era? E come era finito laggiù? Cercò con uno sforzo di fare mente locale, di pensare con freddezza.
Il suo ultimo ricordo lo vedeva in una foresta, vicino al confine con il regno di quel bastardo di Soichiro. Stava inseguendo Inuyasha, cercando come sempre di carpirgli il nascondiglio della spada Tessaiga. Ricordava di essere stato solo, di aver lasciato indietro Jaken…ma poi? Poi, nulla. Non ricordava affatto come era giunto in quella grotta.
«Ahia…ma che diavolo…» gemette qualcuno, dietro di lui.
Sesshomaru si voltò di scatto, sorpreso. Era talmente confuso che non si era nemmeno accorto della presenza di qualcun altro, errore per lui imperdonabile. Senza contare che quel qualcuno era proprio suo fratello Inuyasha, seduto a terra mentre si teneva la testa fra le mani, come se anche lui soffrisse di mal di capo.
«Inuyasha?» mormorò Sesshomaru, stringendo appena gli occhi ambrati. Inuyasha alzò di scatto lo sguardo su di lui.
«Se…Sesshomaru?!- sbottò, alzandosi in piedi di scatto e mettendosi in posizione difensiva- Che diavolo…mi hai portato tu in questo posto?! Che cosa vuoi da me, dannato?!»
Sesshomaru non ascoltò nemmeno lo sproloquio di Inuyasha, poiché non appena suo fratello si era alzato in piedi era entrato nella sua visuale un fodero completo di spada. Una spada…la spada!
«Tessaiga?!» sibilò Sesshomaru tra i denti, sbalordito oltre ogni dire. Inuyasha fece per ribattere, poi seguì la direzione del suo sguardo e rimase a bocca aperta, osservando il fodero e il suo contenuto. D’improvviso, a Sesshomaru non importò più di non sapere dove si trovasse. Non gli importò nulla del buco nei suoi ricordi, di come fosse finito laggiù, né che ci facesse Inuyasha. Una sola cosa occupava i suoi pensieri: Tessaiga. Finalmente l’aveva davanti agli occhi…e stavolta non se la sarebbe lasciata scappare.
«Preparati a morire, Inuyasha.» sentenziò, schioccando le lunghe dita velenose e facendo un passo avanti. Dietro ad una roccia, qualcuno si preparò ad assistere allo spettacolo.

***

A Inuyasha parve di riemergere da un sonno profondo durato chissà quanto tempo. La testa gli faceva male, pulsava come un dente guasto, ed egli si portò una mano alla fronte, scostando la folta frangia per massaggiarsi la parte dolente. Attorno a lui, udiva uno scrosciare d’acqua acuito da un’eco profonda. Ma dove diavolo si trovava?! In una grotta? Non ricordava proprio che i suoi passi lo stessero portando in un posto del genere.
Stava cercando quel villaggio di umani, no? Quello in cui si nascondeva la sacerdotessa a cui era stata affidata la Shikon no Tama! Ma certo: aveva saputo da poco dell’esistenza di quell’oggetto e aveva deciso di appropriarsene per diventare un vero yokai. Così si era messo in viaggio, con la sola indicazione delle chiacchiere che coglieva qua e là…e allora che ci faceva in una grotta? Gli sembrava che nella sua testa fosse stata scavata a viva forza una voragine.
«Ahia…- borbottò, quando una nuova fitta gli strinse le tempie- Ma che diavolo…»
«Inuyasha?!»
La voce, glaciale come l’inverno, dissipò immediatamente la nebbia nei suoi pensieri, gettandolo in uno stato d’allarme estremo. Alzò gli occhi di scatto, dimenticandosi del proprio smarrimento e del mal di testa pressante. Davanti a lui, con un’inusuale espressione perplessa sul volto, stava quel dannato di suo fratello maggiore.
«Se…Sesshomaru?!- sbottò, alzandosi in piedi di scatto e mettendosi in posizione difensiva- Che diavolo…mi hai portato tu in questo posto?! Che cosa vuoi da me, dannato?!»
Sesshomaru non rispose subito e Inuyasha non poté fare a meno di notare quanto Sesshomaru apparisse a sua volta poco presente e fuori luogo. Che ci faceva lì quel dannato? Inuyasha non credeva davvero di essere stato portato laggiù dal fratello. Di norma, Sesshomaru si limitava a evitarlo come la peste, tranne nei rari casi in cui decideva di provare a farlo secco od ordinargli per l’ennesima volta di sputare il rospo e rivelargli il nascondiglio della spada Tessaiga. Quindi, che ci faceva ora Sesshomaru lì di fronte a lui?
“E se la piantassi di fare riflessioni senza senso e ti decidessi ad attaccarlo, prima che lui attacchi te?” si chiese in un angolo della mente, sentendosi ribollire d’ira. Era stufo di essere tormentato da Sesshomaru. Si accorse in quell’istante che Sesshomaru stava guardando con insistenza il suo fianco sinistro. Si preparò ad approfittare di quella distrazione eccessiva, ma l’occhio gli cadde per riflesso nel punto che pareva stare tanto a cuore a Sesshomaru. Ciò che vide gli tolse il fiato.
«Tessaiga?!» sibilò Sesshomaru, ritrovando la parola. Inuyasha, al contrario, rimase del tutto afono. Incredibile ma vero, legato al fianco di Inuyasha stava un fodero completo di spada. Inuyasha non dubitò per un istante che quella fosse davvero Tessaiga. Ciò che non riusciva a capire era come aveva fatto quella dannata spada, che se ne era rimasta nascosta per più di mezzo secolo, a comparirgli al fianco senza che lui se ne accorgesse! Alzò di nuovo lo sguardo sul volto di Sesshomaru e un brivido lo scosse.
“Sono nei guai.- pensò, digrignando i denti e facendo mezzo passo indietro- Non so come ci sia finito, ma questa volta sono davvero nei guai! Mi ucciderà senza pensarci due volte! Maledizione…sembra un brutto incubo!”
«Preparati a morire, Inuyasha!» disse infatti Sesshomaru, schioccando le lunghe dita velenose e facendo un passo avanti, pronto allo scatto. Sesshomaru aveva davanti agli occhi tutto ciò che desiderava: avrebbe scardinato da terra perfino una montagna, se questo fosse servito a fargli impugnare Tessaiga. Sesshomaru scattò e Inuyasha si disimpegnò all’indietro, evitando per un soffio di farsi portare via metà della faccia. Ma…non si era mosso più velocemente del normale?
«E…ehi!- balbettò Inuyasha, cercando di prepararsi spiritualmente a un combattimento all’ultimo sangue- Non so nemmeno io da dove sia arriva…»
Sesshomaru tagliò l’aria con due rapidi colpi, costringendolo ancora a indietreggiare.
«Hai ancora il coraggio di dirmi che non sapevi della Tessaiga?- chiese Sesshomaru, con un crudele sorrisetto sul volto- Ho fatto bene a tenerti d’occhio, feccia, e a non basarmi soltanto su quello stupido indovinello.»
«Quale stupido…ah!» Inuyasha inciampò in un sasso e solo una veloce capriola all’indietro gli risparmiò di fare la fine della roccia, che si frantumò sotto il pugno di Sesshomaru. «Ti dico che non so da dove diavolo sia spuntata questa spada!» gridò, stringendo i pugni e fissando con odio il fratello maggiore.
«Oh…davvero?- disse Sesshomaru, alzandosi in piedi con grazia e scrollandosi dalla mano la polvere di roccia- Molto bene, allora. Per riguardo verso la memoria di nostro padre, ti proporrò un accordo.»
«Eh?» chiese Inuyasha, sorpreso, senza abbassare la guardia. Sesshomaru non era tipo da scendere a patti.
«Dammi la spada.- disse Sesshomaru, allungando una mano- E io ti prometto che avrai una morte veloce e pressoché indolore.»
Inuyasha ringhiò dal fondo della gola. Oh, ma che bel patto gli offriva il suo fratellone!
«Puoi morire nell’attesa, bastardo!» rispose, sputando per terra e stringendo il fodero tra le mani. A quel punto, anche se a lui di Tessaiga non fregava niente, non avrebbe consegnato la spada nelle mani di Sesshomaru nemmeno sotto tortura. Non gliene importava più niente di riempire i buchi nella propria mente. L’unica cosa che sapeva era che stava per subire l’ennesima ingiustizia e, dannazione, non si sarebbe sottomesso ai voleri di quel bastardo!
«Sei un idiota, Inuyasha.» sentenziò Sesshomaru, riprendendo ad attaccarlo con ferocia. Inuyasha schivò tutti i colpi per un soffio, il che costituiva comunque una novità. Di norma, quando Sesshomaru decideva di cavargli un po’ di sangue dalle vene ci riusciva senza eccessiva difficoltà! L’espressione di Sesshomaru, benché intenta, era venata di contrarietà, e Inuyasha si concesse una piccola dose di esultanza. Forse doveva approfittare di quella eccezionale forma fisica e del fatto che Tessaiga fosse appesa al suo fianco. Sarebbe stata una vendetta perfetta!
«Perché non assaggi la Tessaiga, visto che la insegui da tutta una vita?» disse, eludendo l’ultimo colpo e sfoderando la spada. Menò un fendente micidiale, curioso di vedere il grande potere della spada paterna e desideroso di farla finita con quella storia…ma la lama, dall’apparenza mediocre, venne tranquillamente deviata dalle mani di Sesshomaru.
“Eh?” pensò Inuyasha, stupefatto, prima che un pugno lo raggiungesse alla faccia, mandandolo a sbattere contro la parete di roccia. Inuyasha si alzò a sedere a fatica, sputando per terra il sangue che gli aveva riempito la bocca. Poi guardò la spada, la tanto favoleggiata eredità paterna. Che diamine! Era una spada assolutamente comune! E Sesshomaru gli aveva fatto passare l’inferno per tanti anni solo per avere una spada così mediocre?! Non aveva senso!
«A quanto pare, c’è una barriera.» mormorò Sesshomaru, facendogli alzare lo sguardo. La mano con cui Sesshomaru aveva toccato la lama sfrigolava, avvolta in una luce malsana. Dopo poco, l’effetto svanì e Sesshomaru scrollò le spalle. «Non ha importanza. Ci penserò dopo che l’avrò recuperata dalle tue luride mani.» sentenziò.
«Feh! Mi hai dato la caccia una vita per questa stupida spada buona a nulla!- disse Inuyasha tra i denti, alzandosi in piedi a fatica e rimettendo la lama nel fodero con aria disgustata- Sapevo che eri un grandissimo bastardo, ma non credevo fossi anche un idiota!»
Il sorriso di disprezzo che apparve sul volto di Sesshomaru gli mise i brividi.
«Sciocco hanyo…credi davvero che la spada mostri il suo vero potere a un ignobile essere contro natura quale tu sei?- disse il Principe dei Demoni, venendo avanti di nuovo- Tu non sei degno di toccare Tessaiga! Muori, Inuyasha!!»
Ciò detto, Sesshomaru tornò di nuovo ad attaccare Inuyasha, che tentò disperatamente di difendersi nell’angusto spazio tra le pareti della caverna e il fiume ribollente.
«Adesso basta, dannazione!» gridò, cercando di colpire Sesshomaru con i suoi artigli. Il fratello maggiore gli tirò invece un doloroso fendente velenoso al braccio e un altro colpo al viso, che lo costrinse a fare un balzo all’indietro per evitare di fare la fine del topo. Atterrò su un sasso bagnato, sull’orlo del fiume.
«Sei finito, Inuyasha!» disse Sesshomaru, preparandosi a dare il colpo di grazia al fratellastro. Sotto i suoi occhi, invece, Inuyasha assunse un’espressione attonita e cadde con un grido soffocato nel fiume turbolento.
«Dann…» ringhiò Sesshomaru, quasi incredulo, prima di gettarsi nel fiume a sua volta. Non si sarebbe fatto sfuggire Tessaiga tanto facilmente!
Inuyasha, preda della corrente e con i polmoni già in fiamme, vide Sesshomaru sfidare le acque per acchiapparlo e finire ciò che aveva cominciato. Gli occhi del demone erano rossi di furia e il suo viso era nel pieno della trasformazione. Sesshomaru aveva superato ogni limite di pazienza e Inuyasha aveva quasi esaurito le forze. Il veleno di Sesshomaru gli aveva intorpidito il braccio destro. Vide la mano artigliata del fratello maggiore allungarsi fino a giungere a un palmo dal fodero di Tessaiga…quando un gorgo improvviso catturò Sesshomaru e lo spedì lontano da Inuyasha, portandolo più avanti lungo il fiume sotterraneo, facendolo scomparire alla vista.
“Ben ti sta, maledetto bastardo.” pensò Inuyasha, prima di raggiungere il proprio limite e perdere i sensi, abbandonandosi alla corrente turbolenta del fiume. Si svegliò qualche tempo dopo, sdraiato sulla riva sassosa del corso d’acqua. Si alzò a sedere a fatica, tossendo acqua dal forte sapore minerale, e si guardò attorno. Era in una foresta. Di Sesshomaru nemmeno l’ombra. Tirando un segreto sospiro di sollievo, Inuyasha guardò con aria cupa la spada che era ancora legata al suo fianco. La slegò con gesti frenetici, irato. Quella spada gli aveva sempre procurato un casino di guai e per di più era una stupida spada inutile! Non meritava altro che di finire nel fiume.
Inuyasha si alzò in piedi, pronto a lanciare lontano quello stupido oggetto, quando la sua espressione divenne meno decisa. Abbassò il braccio, fissando il fodero con aria corrucciata. A dirla tutta, non gli andava di buttare via la spada. Era vero, non serviva a niente e gli avrebbe procurato altri guai, ma era pur sempre un ricordo di suo padre. E poi, voleva difenderla dalle zampe di Sesshomaru. Quel dannato non se la meritava.
“Già.- si disse, più deciso- Presto sarò un vero yokai e allora potrò difenderla come si deve. Senza contare che Sesshomaru diceva che un hanyo non può gestire il suo potere…Magari mi servirà a qualcosa, una volta diventato un demone completo!”
Sì, era un ottimo piano. Doveva solo sbrigarsi a trovare quel villaggio di umani in cui era custodita la Shikon no Tama. Così, avrebbe fatto vedere i sorci verdi a Sesshomaru, una volta per tutte. Rassicurato, Inuyasha si legò nuovamente al fianco la spada Tessaiga, poi si guardò attorno, annusando l’aria, e iniziò a correre nella foresta, alla ricerca della sua meta.

***

Sesshomaru riemerse dalla corrente del fiume molto più a valle. Si aggrappò a un ramo sporgente e si issò fuori dal fiume, con una terribile espressione irata sul viso. La sorte aveva giocato contro di lui. Era stato a un passo dall’avere Tessaiga nelle proprie mani, ma quell’inetto di Inuyasha era caduto nel fiume. Nel fiume! Con tutti i posti che aveva, proprio nell’acqua doveva andare a cadere, quel maledetto idiota! Ora, l’odore di Inuyasha era perso e l’hanyo stesso era finito chi sa dove. Sesshomaru si sedette sulla riva, scrollandosi l’acqua di dosso e maledicendo la sorte avversa. Fu allora che si accorse della presenza di una seconda spada a fianco dell’onnipresente Tenseiga, quella stupida lama buona a nulla.
«Da dove arriva, questa spada?» mormorò, corrugando le sottili sopracciglia. Sfoderò la spada e subito ne avvertì il potere distruttivo. «E’ un’ottima arma.- disse fra sé, esaminando la lama- Ciò non spiega come possa essere in mio possesso.»
C’erano troppe cose che non andavano. Anche se Tessaiga aveva per qualche momento occupato tutti i suoi pensieri, Sesshomaru non si era dimenticato del vuoto che aleggiava attorno a suoi ultimi ricordi. Com’era arrivato in quella grotta? Perché vi aveva trovato Inuyasha, che a sua volta non sapeva come ci fosse arrivato? Perché Inuyasha aveva a fianco Tessaiga? E da dove giungeva quella spada così potente che ora gli pulsava in risposta tra le mani?
Non era normale che lui, il grande Sesshomaru, non riuscisse a ricordare nemmeno i propri spostamenti. Se il naso non lo ingannava, e non lo faceva mai, ora si trovava nel territorio di Soichiro, cosa che esulava completamente dalla sua volontà. Non era ancora il momento di farla pagare a quel maledetto. Sesshomaru rinfoderò la spada e si alzò in piedi con un agile scatto. Non era tempo di inseguire Inuyasha. Quell’idiota poteva essere ritrovato in qualsiasi momento e sapere dove si trovasse Tessaiga era comunque un grosso passo avanti rispetto al solito. Già. Tessaiga, per quanto importante, avrebbe dovuto aspettare. Sesshomaru aveva intenzione di tornare a Palazzo e fare mente locale. Le risposte che cercava potevano avere più peso di quanto supponesse.
«Aspettami con pazienza, Inuyasha.- sussurrò- Ti lascerò vivere…ancora per qualche giorno.»
Ciò detto, si alzò in volo e si diresse verso la propria dimora.

***

«Ho chiuso!» annunciò Miroku, serafico, scartando l’ultima carta. Si alzò un coro di proteste.
«Kami-sama, Miroku! E’ già la sesta volta di seguito che vinci!- protestò Sango- Così non c’è gusto!»
«Immaginavo che Miroku avesse talento con le carte.- sospirò Anna- Ma così è davvero troppo.»
«Ragazze, non posso perdere apposta.» disse Miroku, scherzando.
«Un’altra partita!- sentenziò Anna, bellicosa- E stavolta non ti andrà così bene, hoshi!»
Miroku ridacchiò alzando le mani in segno di resa, e Shippo raccolse le carte per mescolarle. Sango sospirò, poi guardò Kagome, che era rimasta silenziosa. La giovane dai capelli corvini stava guardando il precipizio con aria preoccupata e non proferiva parola da parecchio, ormai, nonostante gli altri cercassero di mantenere un’atmosfera allegra.
In effetti, Inuyasha e Sesshomaru stavano tardando un po’ troppo. Il gruppetto in attesa aveva fatto in tempo a pranzare con tutta calma e poi ad organizzare quella sfida con le carte all’ombra degli alberi. Dovevano essere più di tre ore che i fratelli inu-yokai si erano inoltrati nella Grotta dell’Eco. Entrambi avevano loro assicurato che sarebbero stati di ritorno entro due ore. Anche Anna iniziava a essere preoccupata, ma cercava, con Miroku, di sdrammatizzare. Dalla luce venata di panico che brillava negli occhi della demone, però, Sango sospettava che quella fosse la loro ultima partita.
«Ho chiuso di nuovo.» disse Miroku dopo pochi minuti, quasi in tono di scusa.
«Miroku, sei tremendo.» disse Shippo, incrociando le braccia sul petto.
Anna si alzò in piedi, stiracchiandosi, poi offrì una mano a Kagome, che tornò dal mondo dei sogni con un sobbalzo.
«Direi che abbiamo atteso abbastanza.- disse Anna, sorridendo- Andiamo a dar loro una sveglia?»
«Aspettavo solo che tu me lo dicessi.» disse Kagome, sollevata, alzandosi in piedi con l’aiuto di Anna.
«In effetti, ci stanno mettendo troppo.» sussurrò Miroku a Sango, l’espressione d’improvviso seria. La tajiya annuì, assicurandosi sulle spalle l’Hiraikotsu.
«Porto io Kagome.- disse Anna,  sollevando la ragazza con un braccio solo- Voi venite giù con Kirara.» Gli altri annuirono e Anna balzò oltre l’orlo, iniziando a scendere usando come appoggio le rocce sporgenti.
«Se non è successo nulla, è probabile che ci prenderemo una lavata di capo.- disse Kagome, tenendosi forte ad Anna- Ma io ho un brutto presentimento…»
«A questo punto ce l’ho anch’io.- ammise Anna, cupa in volto- Vediamo di dissipare i nostri dubbi.»
Raggiunsero in fretta il fondo del pozzo naturale e dopo pochi istanti atterrarono accanto a loro Sango, Miroku e Shippo, in groppa a Kirara. L’entrata della grotta, in cui scomparivano le acque turbolente del fiume, era gelida e Kagome rabbrividì. Dall’interno veniva un silenzio innaturale, interrotto soltanto da sonori sgocciolii.
«D’accordo, andiamo dentro.- disse Anna, corrugando le sopracciglia- Ragazzi, sarà meglio che vi facciate luce. L’interno è buio.»
Sango accese una torcia, poi il gruppo si inoltrò nella cavità naturale, stando ben attento a non finire nel fiume.
«Santo cielo, che posto strano.» sussurrò Shippo, guardandosi attorno con apprensione. Le grosse stalattiti gli sembravano denti pronti a fare un assaggino di kitsune.
«Inuyasha! Sesshomaru!» gridò Anna, con una mano accanto alla bocca. La sua voce venne distorta in lontananza, diventando sempre più simile a quella di una bambina.
«Ma che…» sbottò Sango.
«E’ solo un’eco, Sango.- disse Miroku per tranquillizzarla- Soltanto un’eco.»
«Perché non rispondono?» mormorò Kagome, ormai sull’orlo delle lacrime. Se anche la voce di Anna non avesse raggiunto i due fratelli, l’eco che si era sviluppato era molto sonoro Inuyasha e Sesshomaru avevano un udito molto fine, era impossibile che non avessero sentito. Kagome sentì il sangue congelarlesi nelle vene. Ormai era certa che fosse loro accaduto qualcosa. «Inuyasha!!» gridò a sua volta, mettendosi a correre. Oh, perché l’aveva lasciato andare solo?!
«Kagome, aspetta!» la chiamò Anna, correndo dietro di lei, imitata dagli altri.
Sbucarono nel cuore della grotta tutti insieme, ma nessuno di loro si soffermò a guardare la magnificenza di quella costruzione naturale. La cosa che saltò subito loro agli occhi fu che la grotta era vuota. Completamente vuota.
«Inu…Inuyasha?» chiamò ancora Kagome, con voce tremante. Si voltò di scatto verso gli altri, con le lacrime agli occhi. «Dov’è finito Inuyasha?!»
Anna, pallida come un cencio, mormorò qualcosa a fior di labbra.
«Cosa, Anna?- chiese Kagome, febbrile- Hai sentito qualcosa?»
«Erano qui, tutti e due.- disse Anna, più forte- Sento il loro odore, ma…è successo qualcosa.»
«Riesci a capire cos’è successo, Anna?» chiese Sango, in apprensione. Anna mormorò un assenso, poi iniziò ad annusare l’aria, sotto gli sguardi preoccupati degli altri.
«Sono arrivati nella grotta.- mormorò Anna- Inuyasha…sedeva qui.» La demone bionda indicò una roccia sporgente. «E qui c’era Sesshomaru.» Indicò un punto lì accanto.
«E poi cos’hanno fatto?» chiese Kagome, stringendosi le mani al petto. Anna corrugò la fronte, poi scoprì le zanne in una smorfia.
«Hanno lottato.» disse.
«Hanno…sono comparsi dei nemici?!» chiese Miroku, sorpreso.
«No.- disse Anna, scandagliando con lo sguardo le pareti della caverna- Hanno combattuto fra di loro.»
«Cosa?!» sbottò Sango, stupefatta.
«Ma non ha senso!- obiettò Shippo- Voglio dire…non credo che sarebbero tanto stupidi da prendersi a botte mentre noi li stiamo aspettando.»
«Kami-sama, Anna…com’è possibile?- disse Kagome, scuotendo il capo- Inuyasha mi aveva promesso…»
«Non so che dirti, Kagome.- scattò Anna, nervosa- Sento il loro spirito combattivo nell’aria. Permea tutta la grotta. Ma è strano. E’ ben più forte del loro solito. E’ come…se avessero cercato di uccidersi a vicenda.»
«Ma non è possibile!- replicò Kagome, disperata, mentre gli altri si scambiavano occhiate attonite- Ormai le cose tra loro sono cambiate! Non avrebbero mai…»
Anna la interruppe, iniziando a muoversi qua e là, come seguendo una sorta di coreografia silenziosa. In realtà, Anna stava seguendo con l’aiuto del proprio naso le mosse dei due fratelli. Non capiva perché fosse successo, ma il suo fiuto non la ingannava e le permetteva di vedere la scena come se si stesse svolgendo davanti ai suoi occhi. Sesshomaru che attacca…più volte. Inuyasha colpisce la parete di roccia e perde sangue. Sesshomaru colpisce Inuyasha ancora una volta, gli instilla il suo veleno. Inuyasha si disimpegna all’indietro…e poi…Anna si avvicinò alla riva del fiume e fissò le acque turbolente con espressione attonita.
«Hanno lottato fino a qui.- disse, senza staccare lo sguardo dal fiume- E poi…si sono buttati. Prima Inuyasha, poi Sesshomaru.»
«Nel fiume?!» sbottò Miroku.
«Oh…ma cosa può essergli successo?» gemette Kagome, disperata.
«La corrente è forte. Ormai saranno parecchio più a valle.» osservò Anna, corrugando la fronte.
«Ehm…»
«Chi è là?!» disse Sango, voltandosi di scatto con tutti gli altri e preparando l’Hiraikotsu. In piedi su una roccia lì accanto, stava un esserino alto una trentina di centimetri, dalle fattezze di corvo.
«Ma…ma sei un tengu!» disse Sango, sorpresa.
«Ehm…scusate il disturbo, ma…voi siete amici di quei due tipi dai capelli d’argento?» disse timidamente il tengu, cincischiando con le mani.
«Tu eri qui? Hai visto cos’è successo?!- chiese Kagome, assalendo il tengu con tale foga che questo quasi si ribaltò- Ti prego, se lo sai diccelo!»
«Ehm…sì. E’ giusto che lo sappiate.- disse il tengu, sempre più imbarazzato- Ai vostri amici è stato sottratto il passato.»

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Capitolo 5
*** 4 - Divisione ***


Author's note: Ed ecco che cominciano i guai! Dove sono andati a cacciarsi i due fratelli? E cosa è successo esattamente?! Read and enjoy!

All’affermazione del piccolo tengu comparso dal nulla seguì un istante di profondo e attonito silenzio, quindi Shippo  chiese: «E chi diavolo è questo Kiokumushi?» perplesso, facendo ribaltare il tengu.
«Ma come fate a non conoscere quella specie di piaga, quel…» starnazzò il piccoletto, prima di perdere gran parte della sua carica indignata vedendo i fulmini impazienti che partivano dagli occhi della demone bionda.
«Non lo conosciamo, quindi presumo ci dovrai illuminare tu.- disse Anna, con voce fredda come il ghiaccio- Ma fai in fretta. Non ho molta pazienza ora che so che a Sesshomaru e Inuyasha è successo qualcosa.»
«Ehm…va bene, certo.- mormorò il tengu, tornando al suo incerto modo di parlare- Vi racconterò quello che so.» Il piccolo spirito di corvo si torturò le manine, quasi a cercare l’ispirazione, poi cominciò a parlare. «Ehm…dunque, come avrei già dovuto dirvi, il mio nome è Konemaru. Sono un tengu della tribù Karasu del nord. – disse, in fretta- Kiokumushi è il mio nemico e lo sto inseguendo da tanti mesi, ormai.»
«Il tuo nemico?» chiese Kagome, corrugando la fronte. Il tengu annuì.
«Kiokumushi è un demone della famiglia degli Insetti Forbice che faceva la spia per il Signore dei Demoni Soichiro.» aggiunse.
«Per Soichiro?!» sbottò Anna, sbalordita e aggressiva.
«Questo non presagisce niente di buono.- mormorò Miroku, preoccupato, poi, intercettando l’occhiata perplessa del tengu aggiunse- Visto che Soichiro è morto proprio per mano di Inuyasha e di suo fratello, questo attacco da parte di un vecchio sottoposto del moko-yokai mi suona premeditato.»
«Davvero quei due hanno ammazzato Soichiro-sama? Sapevo che la vecchia tigre era morta, ma…» chiese il tengu, ammirato. Anna gli fece cenno di continuare a parlare con un gesto seccato. «Ehm…certo, scusate se ho perso il filo del discorso. Dunque, come dicevo Kiokumushi era una spia ed era anche bravo perché lui sa nascondere la sua youki e il suo odore. Soichiro-sama lo mandava ogni tanto a controllare noi tribù indipendenti, perché era da tanto tempo che voleva porci sotto il suo dominio.- raccontò rabbuiandosi- Tutti sapevamo che Kiokumushi raccontava a Soichiro-sama tutto quello che facevamo, ma noi, almeno noi tengu di Karasu, non eravamo abbastanza forti per scacciarlo via definitivamente. Come potete vedere siamo piuttosto…ehm…piccoli.» Alzò occhi supplichevoli sul gruppo, che annuì senza fare commenti. Konemaru si lasciò andare a un piccolo sospiro. «Beh, comunque sia Kiokumushi si limitò a spiare per molti anni, ma l’estate scorsa…» fece una pausa tesa, poi riprese tutto d’un fiato: «L’estate scorsa Soichiro lo mandò a ordinarci di aggregarci al suo esercito, perché anche se siamo piccoli, noi tengu di Karasu sappiamo guarire qualsiasi demone da qualsiasi ferita e sappiamo usare un po’ le magie del vento. Noi ci rifiutammo e Kiokumushi se ne andò dicendo che Soichiro-sama ce l’avrebbe fatta pagare.- disse, scuotendo il capo con aria addolorata- E lo fece. Oh, se lo fece!»
«Cosa successe?» chiese Kagome, avvertendo una punta di pena per quel povero esserino.
«Mandò di nuovo Kiokumushi e stavolta non a spiare.- disse Konemaru, addolorato- Lo mandò per usare il suo potere malvagio sulla mia tribù.»
«Hai già accennato al suo potere.- disse Miroku- Di che si tratta?»
«Kiokumushi ha il potere di togliere la memoria alle persone.» disse il tengu.
«Cosa?!» sbottò Anna, facendo echeggiare la propria voce nella caverna.
«Che cosa? Oh, kami-sama…» mormorò Kagome, con voce tremante.
«Spiegati in fretta, tengu.» lo incitò Sango, vedendo che sia Kagome che Anna erano sull’orlo di una crisi.
«Ehm…sì, certo.- si affrettò ad annuire Konemaru- Ecco…lui ha questo sistema per imprigionare le memorie in un vaso. Le succhia via e le chiude nei contenitori, e poi li porta nella sua tana e ogni tanto se le mangia. E’ il suo potere speciale e l’ha usato per togliere la memoria a tutta la mia gente.»
«E come mai tu sei ancora in possesso dei tuoi ricordi?» chiese Shippo, perplesso.
«Io e altri due miei compagni eravamo andati dai demoni del Monte Horoshiri a chiedere aiuto, ma quando tornammo trovammo tutta la nostra tribù regredita al livello di bambini.- disse, facendo una smorfia- Kiokumushi era passato prima di noi.»
«E come sei finito qui, Konemaru?» chiese Sango. Il piccolo tengu scrollò le spalle e apparve molto miserevole.
«Sono piccolo, ma volevo lo stesso vendicarmi e cercare di recuperare le memorie degli altri. Kiokumushi si era preso quelle di tutti i miei amici, e anche…» Guardò Anna e Kagome con partecipazione e tutti capirono che erano state più che altro le pene d’amore a mettere il piccolo tengu sulle tracce di un mostro molto più grande di lui. «Comunque sia, i miei compagni restarono con la tribù per tentare di aiutarli e io sono partito. Dopo mesi di inseguimento l’ho trovato. L’ho visto entrare nella caverna dietro a quei due demoni dai capelli d’argento e ho visto che risucchiava loro la memoria.» disse Konemaru.
«Quanta?» chiese Anna, attraverso labbra diventate insensibili. Il tengu la guardò senza capire. «Quanta gliene ha rubata?» chiese ancora la demone bionda.
«Non lo so.- ammise Konemaru- Prima i due litigavano, ma non sul serio. Poi, invece, sembrava che si volessero uccidere a vicenda. E si contendevano una spada. Poi sono caduti nel fiume e Kiokumushi se n’è andato via.»
«Tessaiga…» mormorò Anna, corrugando la fronte.
«Hanno litigato per Tessaiga fino a un anno fa, più o meno.- disse Kagome, speranzosa- Magari quel Kiokumushi non ha sottratto loro molti ricordi.»
«Un anno sarebbe già abbastanza.» mormorò Anna, con voce atona, e Kagome chiuse la bocca di scatto. Un anno prima, nessuno di loro conosceva Anna. Se Kiokumushi aveva tolto ai due inu-yokai anche solo un anno di memorie, significava che il ricordo di Anna era scomparso dalla mente di Sesshomaru…senza contare che Inuyasha avrebbe dimenticato sia di aver sconfitto Naraku, che di averle confessato di amarla. D’improvviso, Kagome sentì lo stomaco contrarsi in un involontario spasmo d’ansia.
«Non so quanta gliene ha tolta.- disse ancora Konemaru, scuotendo la testa- So solo che ha riempito due vasi e poi se li è portati via.»
«E a quel punto tu perché non l’hai attaccato?» chiese Shippo, curioso. Il tengu cadde in un silenzio imbarazzato e tutti capirono che alla fine dei conti, una volta faccia a faccia col suo nemico, Konemaru si era fatto prendere dalla paura.
«Così, Inuyasha e Sesshomaru hanno perso la memoria.- mormorò Sango, lanciando un’occhiata impietosita ai volti addolorati di Kagome e Anna- Non ci si può fare niente?»
«Oh, sì. – disse il tengu- C’è un modo per farli guarire ed è per questo che io mi sono messo in viaggio! Kiokumushi era un grande fanfarone e si vantava spesso dei suoi poteri e di come funzionavano, così so cosa devo fare per far guarire la mia gente…e quindi anche i vostri amici.»
«Varrebbe a dire?» chiese Kagome, febbrile.
«Bisogna recuperare i vasi.- disse Konemaru- Se si fa respirare alla vittima quello che c’è dentro il vaso, questa guarisce subito.»
«E come lo riconosciamo il vaso giusto?» chiese Sango, perplessa.
«Se ci appoggi l’orecchio sopra, riconoscerai le voci.» asserì Konemaru, annuendo e incrociando le piccole braccia sul petto.
«Allora non c’è tempo da perdere.- asserì Anna, decisa- Bisogna inseguire questo Kiokumushi e recuperare i vasi.»
«Aspetta un momento, Anna- disse Miroku, mettendole una mano sulla spalla per frenare il suo impeto- Non sappiamo quanti anni siano stati tolti alla memoria di Inuyasha e Sesshomaru, e i due potrebbero essere ancora qui in giro a darsele di santa ragione. Bisogna trovarli e non permettere loro di uccidersi a vicenda finché i vasi non saranno recuperati.»
«Su questo hai ragione, Miroku, ma…» tentò di obiettare Anna, frustrata, ma il monaco la prevenne.
«Tu e Kagome avete di certo più possibilità di tenere a freno quei due.- disse, sorridendo- Io e Sango, invece, andremo con Konemaru ad acchiappare questo demone. Non può essersi allontanato di molto. Recupereremo i vasi e sarà tutto risolto.»
Scambiò un’occhiata con Sango, che annuì.
«Oh, grazie, Sango!» disse Kagome, abbracciando l’amica.
«L’idea sarebbe mia, Kagome-sama!» insinuò Miroku, con aria ben poco ascetica, subito rispedito al suo posto da un’occhiata malevola di Sango.
«Grazie anche a te, Miroku.» disse subito Kagome, cercando di contenere le lacrime.
«Ehi, e io che faccio?» chiese Shippo.
«Vieni con noi e ci dai una mano, mi sembra ovvio.» disse Sango, sorridendo con affetto all’amica affranta. Anna annuì, cupa in volto.
«D’accordo, allora.- mormorò- Io e Kagome andremo subito a cercare Sesshomaru e Inuyasha.»
«E noi partiremo subito con Konemaru.» asserì Miroku, guardando il piccolo tengu che annuì.
Il gruppo si portò verso l’entrata della caverna, tornando alla luce. Sango, Miroku e Shippo salirono in groppa a Kirara. Anna entrò nel lago fino ad avere l’acqua all’altezza della vita, quindi alzò il viso al cielo, con le zanne scoperte, e il suo corpo si illuminò di una luce dorata. Dopo pochi istanti, al suo posto si ergeva un enorme cane dal pelo dorato, con una fiamma blu che gli serpeggiava sulla fronte, fin quasi alla punta delle orecchie.
«Sali, Kagome.- disse con innaturale voce demoniaca, poggiando una zampa a riva perché Kagome potesse raggiungere la sua groppa- Ci muoveremo più velocemente in questo modo.»
Kagome si arrampicò su per il possente arto della demone, ancora a disagio nel pensare Anna in quella forma.
«Da che parte si è allontanato Kiokumushi?» chiese Sango, aggiustandosi in spalla l’Hiraikotsu. Il tengu, che svolazzava accanto a Kirara, indicò la grande foresta che si estendeva oltre la cava naturale.
«Allora noi andiamo.- disse Miroku, facendo un cenno a Kagome- Ci vediamo al villaggio di Kaede.»
«Un attimo ancora.» disse Anna, con voce fonda. Fece un passo verso il gruppo di amici, incombendo su di loro senza volerlo.
«Cosa c’è, Anna?» chiese Sango.
«Konemaru…- disse Anna, facendo rabbrividire involontariamente il tengu- Konemaru, che succede se…se per caso il vaso si rompe?»
Kagome trattenne il fiato a quella domanda, impallidendo. Miroku, Shippo e Sango si scambiarono un’occhiata. Non ci avevano pensato.
«Beh…ehm…nel malaugurato caso…- balbettò Konemaru, che non aveva nessuna voglia di dare cattive notizie a un demone di quella stazza- Da quel che ne so, Kiokumushi può togliere totalmente la memoria alle persone, però i ricordi più cari lasciano una tale impronta nel cuore che non è così facile cancellarli del tutto.»
«Cosa intendi dire, Konemaru?» chiese Kagome, sporgendosi sulla groppa di Anna, tenendo stretti ciuffi di pelo biondo.
«Ehm…in alcuni rari casi, le vittime di Kiokumushi a mano a mano ricordano lo stesso parte di ciò che hanno perso, soprattutto se erano ricordi molto importanti.- rispose il tengu- Altre volte, invece, non c’è verso. Lo stesso vale per la rottura del vaso. Se la vittima sente di aver perso qualcosa di importante, è probabile che i ricordi persi nell’aria tornino dal proprietario, ma può anche succedere che si disperdano, punto e basta. E a quel punto, non si possono più recuperare.»
«Quindi le possibilità non sono del tutto a nostro sfavore nemmeno nella peggiore delle ipotesi.» disse Miroku, con un sospiro di sollievo.
«No, infatti…» borbottò il tengu, ma ad Anna e Kagome non parve poi così sicuro di ciò che stava dicendo.
«Va bene, bando alle ciance.- ringhiò Anna- Dividiamoci. Ci troviamo al villaggio della vecchia Kaede.»
«Fate in fretta, vi prego.» disse Kagome, sull’orlo del pianto.
«Stai tranquilla, Kagome.» disse Sango.
Anna spiccò un balzo, raggiungendo in un istante la cima del precipizio, quindi si allontanò di corsa, scomparendo alla vista.
«Credo che nessuna delle due sia tranquilla, in realtà.- sospirò Sango, corrugando la fronte- E non mi sento di dar loro torto.»
«Cominciamo col recuperare i vasi.- le disse Miroku, carezzandole con affetto una guancia- E’ la cosa migliore che possiamo fare per loro.»
Sango annuì, quindi spronò Kirara e il piccolo gruppo si mise alla ricerca del demone Kiokumushi.

***

«Ecco, Inuyasha è uscito dal fiume in questo punto.- disse il grande cane dorato, annusando la sponda sassosa del fiume- Sento il suo odore.»
«Meno male che la corrente non l’ha trascinato via.» mormorò Kagome, tirando un sospiro di sollievo. Era già da un po’ che scandagliavano il corso del fiume, che tornava in superficie dopo circa quattro chilometri di distanza dalla conca della Grotta dell’Eco. Si sporse di più, appoggiandosi alla sommità della testa di Anna. «Ma dove sarà andato, ora?»
«La direzione è quella del villaggio di Kaede-sama.- disse Anna, annusando l’aria- Chissà…magari quel demone insetto non ha tolto loro molta memoria.»
«Già, se Inuyasha è tornato al villaggio…» disse Kagome, speranzosa, mentre un tremulo sorriso le compariva sulle labbra.
«Sesshomaru, invece…uhm…» borbottò Anna, riprendendo ad annusare il terreno. Si spostò più a valle a passo veloce, facendo sobbalzare ritmicamente Kagome. La giovane sospirò, preda di una straordinaria preoccupazione. Non vedeva l’ora di vedere Inuyasha e accertarsi che allo yokai non fosse successo nulla di grave. Soprattutto, non vedeva l’ora di avere la sicurezza che Inuyasha non avesse dimenticato nulla di importante. Il pensiero che Inuyasha potesse averla dimenticata le faceva diventare il sangue un fiume di ghiaccio.
«Lo trovi, Anna?» mormorò al grande cane dorato, che alzò il muso dal greto sassoso e starnutì violentemente.
«Sento il suo odore. E’ passato di qui, anche se deve essere uscito dal fiume molto più a valle.- disse Anna, guardando la folta macchia di alberi alla sua sinistra- Si dirige verso ovest. Credo che stia tornando a casa.»
«Cosa te lo fa pensare?» chiese Kagome, stupita da tanto acume. Anna scrollò le spalle, facendo conseguentemente temere a Kagome di cadere dalla sua groppa.
«Conosco Sesshomaru.- rispose- Se davvero ha dimenticato qualcosa, si accorgerà subito di qualche incongruenza. Si chiederà dov’è finito Jaken e perché si trovava nello stesso posto con Inuyasha. Probabilmente vorrà prendersi del tempo per riflettere e questo l’avrà spinto a dirigersi verso il Castello.»
«Lo conosci proprio bene.- disse Kagome, ammirata, poi aggiunse- Beh, questa può essere un’altra prova che Kiokumushi non ha tolto loro molta memoria. Durante la nostra caccia a Naraku, Sesshomaru era quasi sempre alle nostre costole e non credo sia mai tornato a casa una volta.»
«Speriamo sia così, Kagome.» disse Anna. Nel suo cuore, però, la demone aveva un sospetto affilato e letale come una lama di rasoio.
«Beh, abbiamo appurato che non stanno cercando di uccidersi a vicenda.- mormorò Kagome- Adesso cosa facciamo, Anna?»
Il cane dorato restò in silenzio per qualche istante, all’apparenza combattuto, quindi disse con voce riluttante: «Credo sia meglio iniziare a riallacciare il contatto con Inuyasha.»
«Sei sicura, Anna?» chiese Kagome, comprendendo la preoccupazione che doveva affliggerla. Anna annuì.
«Se Sesshomaru si è dimenticato di me, è probabile che ci attacchi e che cerchi di farci fuori.- disse Anna, amara- Puzziamo di umano e tu hai addosso anche l’odore di Inuyasha.»
«Oh…» disse Kagome, basita.
«Inuyasha è sempre stato molto più malleabile. Anche nella peggiore delle ipotesi…» Anna smise di parlare e Kagome sentì che tratteneva nella gola un ringhio sommesso. Le lisciò il pelo biondo,  impietosita. La situazione con Sesshomaru era molto più complessa che con Inuyasha. «Andiamo al villaggio e verifichiamo il danno che quel Kiokumushi ha fatto ai due fratelli.- continuò Anna, balzando sull’altra riva- Ci regoleremo di conseguenza. Avrei dovuto comunque lasciarti da Kaede-sama. Tieniti forte!»
«Va bene, Anna!» gridò Kagome per farsi sentire, mentre la inu-yokai scattava in una corsa veloce e gli alberi iniziavano a diventare sagome confuse ai loro lati. Kagome si aggrappò con tutte le sue forze, col cuore già rivolto verso il villaggio.
“Inuyasha, aspettami.- pregò, stringendo le labbra in una linea sottile- Sto arrivando!”
Procedendo a quella velocità, impiegarono poco più di una giornata per giungere nuovamente al villaggio della vecchia Kaede. Mancava un’ora al tramonto, quando le due ragazze giunsero nei pressi dell’agglomerato e Anna cambiò forma per non spaventare gli abitanti. Non per questo smise di correre, preda di un’angoscia che era cresciuta col passare delle ore. Kagome le corse dietro su gambe tremanti per la lunga permanenza sulla groppa della inu-yokai. Il villaggio era stranamente silenzioso. Non c’era nessuno in giro.
«Dove sono tutti?» chiese Kagome, guardandosi attorno con ansia.
«Chiusi in casa.- ringhiò Anna- E’ successo qualcosa.» Raggiunsero finalmente la casa di Kaede. Anna sollevò la stuoia d’ingresso con un gesto tanto impetuoso da farla quasi saltar via. «Kaede-sama!» chiamò, quasi in contemporanea con Kagome. La vecchia miko, che era seduta davanti a un fuocherello con espressione cupa, alzò immediatamente gli occhi su di loro.
«Kagome! Anna!- disse, alzandosi in piedi a fatica con una luce negli occhi che mise in estremo allarme le due ragazze- Grazie al cielo siete arrivate…non sapevo più come fare.»
«Inuyasha…- disse Kagome, con voce tremante- Inuyasha è qui, vero?»
«Sì, è qui vicino, Kagome, ma…- disse la miko, scuotendo il capo- Si può sapere che è successo? Sembra fuori di sé, ha spaventato tutti qui al villaggio.»
«Cos’ha fatto?» chiese Kagome, preoccupata.
«Prima ditemi cos’è successo, d’accordo?» disse Kaede, burbera, costringendo le ragazze a sedersi. Kagome e Anna fecero alla vecchia miko un veloce riassunto degli ultimi avvenimenti, accavallandosi spesso nella narrazione per la fretta di ottenere a loro volta informazioni importanti. Kaede si oscurò in volto.
«Allora Sango, Miroku e il piccolo Shippo stanno inseguendo il demone?» chiese.
«Sì, con lo scopo di recuperare i vasi.» confermò Anna.
«Ora diteci cos’ha fatto Inuyasha, Kaede-sama!» pregò Kagome, sull’orlo delle lacrime.
Kaede fissò per un istante il pavimento, corrugando la fronte già rugosa, quindi disse: «Inuyasha è arrivato al villaggio questa mattina. E’ balzato su un tetto e si è messo a gridare ad alta voce tante di quelle sciocchezze che in un primo momento ho pensato stesse scherzando. Ma poi…ho visto il suo sguardo posarsi su di me e ho capito che non scherzava affatto.»
«Siate più chiara, per favore.» mormorò Kagome.
«Ha urlato: ‘Il mio nome è Inuyasha, stupidi mortali. Chiamate immediatamente la vostra miko, sono qui per lei.’- disse Kaede, facendo una smorfia- ‘Lei ha qualcosa che io voglio e la voglio subito!’ A quel punto mi sono avvicinata e gli ho chiesto cosa gli fosse saltato in mente di fare questi stupidi scherzi. Lui mi ha guardata…e non mi ha riconosciuta.» Kagome e Anna trattennero il fiato. Kaede le guardò con aria grave e annuì. «Mi ha detto di chiamare la sacerdotessa Kikyo e di dirle di consegnargli la Shikon no Tama, o avrebbe messo a ferro e fuoco il villaggio.- continuò- Io avevo capito che qualcosa non andava, così gli ho detto che Kikyo era in viaggio e che sarebbe tornata a breve. Inuyasha, ora come ora, la sta aspettando al Goshinboku per farsi consegnare una sfera che non c’è più, sempre che non perda la pazienza e non venga a fare un’incursione al villaggio, come faceva i primi tempi in cui era comparso. Non vedevo l’ora che tu tornassi, Kagome.»
Le sue parole furono accolte da un silenzio attonito.
«Inuyasha…non ricorda nemmeno Kikyo?» disse Kagome, con voce incerta, impallidendo tanto da far temere sarebbe svenuta. Kaede scosse il capo. «Ma…ma allora…»
«Deve aver perso almeno cinquant’anni di memoria.» disse Kaede, cupa in volto. Anna mandò un rantolo, portandosi una mano alla bocca, quindi si alzò di scatto e si precipitò fuori.
«Anna!» gridò Kagome, sull’orlo delle lacrime, correndo sulla soglia. Anna si voltò per un istante, gli occhi già mutati in quelli di un demone.
«Sesshomaru ha dimenticato anche Rin!- gridò, con voce spezzata- Devo andare a salvarla!»
In un lampo di luce dorata, Anna si trasformò di nuovo e, con un ululato da far gelare il sangue, si lanciò in una corsa sfrenata, scomparendo presto nella foresta.
«Kami-sama…- sussurrò Kagome, mentre le lacrime iniziavano a rigarle il volto- Come può essere accaduto tutto questo?»
«Kagome…- disse Kaede, posandole una mano sulla spalla- Non vorrei farlo, ma ti devo chiedere di andare subito da Inuyasha. Non sappiamo cosa potrebbe fare se non vede arrivare la sacerdotessa Kikyo.»
«Oh…Kaede-sama!- singhiozzò Kagome- Come posso…se lui mi guardasse senza riconoscermi, io…io…»
Kaede la abbracciò.
«Tu lo ami, Kagome.- le disse- Il tuo sentimento arriverà al suo cuore, anche prima che la memoria gli sia restituita. Abbi fiducia nel cuore di Inuyasha.»
«Che…che cosa gli racconto riguardo la Shikon no Tama?» disse Kagome, cercando di smettere di piangere.
«Quello che vuoi, Kagome. L’importante è che stia tranquillo finché Sango e Miroku non tornano.- sospirò Kaede- E forse è meglio se ti porti uno di questi.»
Kagome prese con mani tremanti un rosario che Kaede le stava porgendo. Un rosario…di nuovo. Significava che tutto il tempo passato con Inuyasha era dunque perduto? Significava dover ricominciare tutto daccapo? Significava dover di nuovo trovare una strada per il suo cuore? Sentì che stava per mettersi a piangere di nuovo, ma si trattenne e si asciugò con un gesto le ultime tracce di lacrime. Se quella doveva essere di nuovo la prima volta che Inuyasha posava gli occhi su di lei, non voleva che la vedesse piangere.
“Sango, Miroku! Vi prego, trovate presto quel vaso!” pensò, col cuore stretto in una morsa insopportabile. Lanciò un pensiero ad Anna, prima di ritrovare la determinazione necessaria per affrontare Inuyasha.
«Allora…io vado.» disse, iniziando a camminare con risolutezza verso il Goshinboku.
Kaede rimase a guardarla finché non scomparve nel folto del bosco.

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Capitolo 6
*** 5 - Un bel sorriso ***


Author's note: Le nostre ragazze sono in un bel pasticcio! Mentre Sango e Miroku sono in viaggio, dovranno riuscire a tenere calmi i rispettivi consorti...ci riusciranno? Chi ha letto Kami no Te no Ken troverà piacevole l'ultima parte ;) Enjoy!

Seduto sopra uno dei rami di quel grosso albero sacro cresciuto nelle vicinanze dell’insulso villaggio di ningen, Inuyasha dondolava una gamba per aria, profondamente annoiato. Era l’ora del tramonto e ancora non si era fatto vedere nessuno. Sbuffò. Quella dannata donna doveva andare a farsi un viaggio proprio adesso che lui era venuto a prendersi la Shikon no Tama? Quella Kikyo…Meglio per lei se ricompariva al più presto, oppure avrebbe perso la pazienza e avrebbe fatto un’altra visitina al villaggio, stavolta con intento ben poco amichevole.
Inuyasha tamburellò le unghie sul fodero della spada che portava a fianco. Quella stupida spada, chissà da dove diavolo era venuta fuori? Inuyasha era ancora piuttosto perplesso nei riguardi di ciò che era avvenuto due giorni prima, ma aveva deciso di non pensarci e di concentrarsi sulla Shikon no Tama. Dopotutto, non era la prima volta che si scontrava con quel bastardo di suo fratello, quindi una più, una meno, non faceva differenza. E se aveva un buco nella memoria, beh…non era importante. Non c’era un istante nella sua vita che valesse la pena ricordare, dopotutto.
Improvvisamente, l’odore di un inu-yokai gli giunse alle narici. Inuyasha, ringhiando appena, saltò su un ramo più alto, preparandosi a un eventuale scontro. L’inu-yokai arrivava dal villaggio e correva verso di lui. Non ci volle molto perché lo vedesse passare. Un enorme cane d’oro, con una fiamma blu tatuata sulla fronte, passò a pochi metri da lui senza nemmeno avvertire la sua presenza, avvolto in una youki venata di una spaventosa angoscia,  lanciato in una corsa sfrenata che lo portò lontano da lui in pochi istanti.
«Feh! Era una femmina.- mormorò Inuyasha, storcendo il naso- E non era della Grande Famiglia. Non l’ho mai vista con quei bastardi.»
Che diavolo ci faceva una yokai così grossa- e potente, l’aveva avvertito con chiarezza- da quelle parti? Forse…era venuta a cercare la Shikon no Tama?! Poteva essere. In questo caso, però, non aveva senso che stesse scappando a quel modo, a meno che la sacerdotessa Kikyo non fosse tornata e fosse stata in grado di scacciare uno yokai di quella potenza. Quella donna poteva essere così in gamba? Inuyasha non lo pensava, ma una punta di dubbio si insinuò nella sua mente concentrata su un unico scopo.
“Incontra questa ningen, prima di fasciarti la testa.- si disse, seccato con se stesso- Magari quella yokai non c’entra niente con la Sfera.”
«Già, e io sono uno yokai completo.» disse ad alta voce, amaro. Un nuovo odore entrò nel suo raggio d’azione, facendolo voltare di nuovo verso il villaggio. Era l’odore di un essere umano, senza alcun dubbio, e si stava avvicinando. Inuyasha inalò l’odore più volte. Sì, era quello di una femmina umana. Forse era la sacerdotessa, dopotutto.
Inuyasha saltò giù dal Goshinboku, atteggiando il volto a un oscuro cipiglio. Meglio far capire subito alla dannata ningen con chi aveva a che fare. Non aveva tempo da perdere con lei, anche perché prima o dopo Sesshomaru sarebbe tornato ad attaccarlo per avere Tessaiga. L’odore si avvicinava lentamente. Era un profumo dolce, intossicante. Inuyasha inalò di nuovo quella fragranza e d’un tratto si sentì la testa leggera e il fantasma di un sorriso gli comparve sul volto. Beh, quella ningen aveva davvero un buon odore…Un buon odore?! E questa da dove diavolo era saltata fuori?! Inuyasha scosse il capo con violenza, come a voler scacciare fisicamente certi malsani pensieri. Ma che razza di ragionamenti erano?! Era lì per una questione importante e si metteva a divagare sull’odore di una stupida donna umana? Era forse impazzito? O c’era un incantesimo in atto? Inuyasha annusò di nuovo l’aria. No, nessun incantesimo. Solo, quell’odore era così buono da mandare a quel paese tutta la sua aggressività.
“Beh, sarà meglio che ti riprendi, Inuyasha, perché ormai la miko è qui.” si disse, acido, quando una figura uscì dagli alberi e gli andò incontro, fermandosi a pochi passi da lui. Inuyasha squadrò la miko, storcendo appena il naso. Era una ragazza dai capelli corvini, molto giovane, anche più di quanto gli avevano detto. Sembrava debole e parecchio impaurita…beh, forse non era proprio paura quella che le incupiva gli occhi, ma comunque un sentimento simile. Non era vestita come una miko; anzi, a dire il vero indossava abiti di cui non aveva mai visto uguali in vita sua.
«Inuyasha?» chiese la ragazza con una voce che non aveva nulla da invidiare all’odore che permeava l’aria.
«Tu sei Kikyo?» chiese Inuyasha, socchiudendo appena gli occhi ambrati. La donna chinò il capo con una strana espressione affranta che Inuyasha non capì, quindi alzò di nuovo lo sguardo su di lui.
«Un tempo…- mormorò, con voce improvvisamente tremula- un tempo venivo chiamata così. Ora, però, il mio nome è Kagome.»
«Feh! Kikyo o Kagome…non mi interessa il nome di una stupida ningen.- disse Inuyasha, esibendo un sorrisetto sarcastico e venendo avanti d’un passo, scrocchiando le nocche- Ti sei fatta aspettare, dannata. Ora che sei qui, dammi la sfera!»
«Perché vuoi la Shikon no Tama?» gli chiese la ragazza, senza mostrare alcun turbamento di fronte alle minacce di Inuyasha. Questo non gli piacque. Perché quella stupida non tremava dalla paura come una qualsiasi ningen? Lo stava forse sottovalutando?! Era questo? Aveva capito che era un hanyo e si considerava abbastanza forte da batterlo?!
«Non sono fatti tuoi, donna! Dammela e basta!» ringhiò, iniziando ad arrabbiarsi sul serio.
«Io custodisco la sfera e non te la consegnerò senza un buon motivo.» ribadì la miko, con voce più sicura.
«Dannata! Non sottovalutarmi!- disse Inuyasha, furioso- Volevo essere paziente, ma sono in grado di prendermela anche da solo! Preparati!»
Ciò detto, scattò contro la donna, pronto a dilaniarla con i suoi artigli. Come osava, quella stupida?! Come osava frapporsi tra lui e il suo desiderio? Quella donna non poteva sapere quanto grande fosse la sua sofferenza e il desiderio di avere più potere…più potere…Inuyasha non giunse mai abbastanza vicino da sferrare il suo attacco. Una barriera spirituale lo colpì e lo mandò a cadere a terra sulla schiena, stupito e confuso, per qualche istante incapace di rialzarsi in piedi.
«Ah! Inuyasha!- gridò la miko, portandosi le mani alla bocca- Inuyasha, mi dispiace! Ti ho fatto male?»
Inuyasha non seppe credere ai suoi occhi quando vide quella sciocca ragazza inginocchiarsi accanto a lui, avvolgendolo con quell’odore dolce che gli mandava a quel paese la coerenza, per assicurarsi che non avesse subito danni. Ma era matta o cosa?! Prima lo colpiva, poi si preoccupava di non avergli fatto troppo male? Ma quella donna doveva avere il cervello completamente marcio! Come diavolo faceva una simile ingenua a essere la miko del villaggio e la custode della Sfera?! Inuyasha decise di non starci troppo a pensare. Meglio approfittare della situazione. Con un ringhio, si gettò sulla ragazza e la afferrò per il collo. Non strinse troppo…non ancora.
«Sei veramente una sciocca.- disse, ancora stupito per quella occasione servitagli su un piatto d’argento- Ora dammi la sfera se non vuoi che io…che…»
Inuyasha scoprì di avere difficoltà a parlare. Era rimasto incatenato dagli occhi velati di pianto della ragazza. Gli venne una voglia disperata di lasciarla andare e scappare, oppure di cercare in qualsivoglia modo di non permetterle di cominciare a frignare. Si sentiva un peso sul cuore al solo pensiero…
“Ma che diavolo mi sta succedendo?!- si disse, basito- Non è da me tentennare in questo modo!” Forse stava marcendo il cervello pure a lui? La bocca della ragazza si mosse e Inuyasha faticò a non iniziare a sbraitarle di non piangere in preda al panico, quando si accorse invece che la miko stava sorridendo. Sorrideva?! Non ci capiva più niente!
«Non mi faresti mai del male, Inuyasha.» disse la ragazza, con tale convinzione che Inuyasha la lasciò andare, a bocca aperta. Da dove arrivava tutta quella sicurezza? E poi, se ne era tanto convinta, perché diavolo era stata sul punto di piangere solo un attimo prima? Certo che preferiva vederla sorridere…aveva un sorriso così bello…caldo…….
«Argh! Che incantesimo mi hai lanciato, dannata?!» sbraitò, alzandosi in piedi e puntandole minacciosamente il dito contro. Le vide sul volto un’espressione perplessa e non poté fare a meno di arrossire. Frustrato, ringhiò ancora e le diede le spalle. «Molto bene! Allora vorrà dire che mi sfogherò sul villaggio finché non ti deciderai a darmi la Shikon no Tama!» disse, iniziando a correre verso il villaggio.
Certo, era un’ottima idea! Visto che per un qualche strano motivo non riusciva a fare del male a quella ningen, si sarebbe sfogato sul villaggio. Avrebbe fatto vedere i sorci verdi a quella dannata miko e alla fine avrebbe ottenuto ciò che voleva, incantesimo o non incantesimo! Inuyasha non riuscì a capire esattamente cosa successe dopo. Vide qualcosa di luminoso raggiungere il suo collo, poi avvertì un peso sulle clavicole. Rallentò il passo e si guardò il petto. Al suo collo era comparso un rosario.
«Ehi!- gridò, rabbioso, fermandosi e strattonando l’oggetto- Che diavolo…»
«Inuyasha…- disse la miko dietro di lui, facendolo voltare- Osuwari.»
Prima che avesse il tempo di prendere un respiro, Inuyasha si trovò sdraiato a faccia in giù sul terreno, con il naso schiacciato e dolorante e una sana confusione in testa.
«Ma che…che mi hai fatto, dannata?!» sbraitò, alzandosi in piedi di scatto e strattonando il rosario.
«Non voglio che tu faccia del male agli abitanti del villaggio.- disse lei, corrugando la fronte- Mi dispiace, ma dovrai tenerti quel rosario finché non sarò convinta che non nuocerai a nessuno.»
«Che cosa?! – boccheggiò Inuyasha – Ma io ti ammazz…»
«Osuwari.» ordinò ancora la ragazza, spedendo di nuovo Inuyasha per terra.
«Dannata!»
«Osuwari.»
«Appena mi alzo…»
«Osuwari.»
«Te le faccio scontare…»
«OSUWARI!»
Ormai impiantato nel terreno per quattro o cinque centimetri, Inuyasha rinunciò a replicare e rimase dov’era, pesto e dolorante nel fisico e nell’orgoglio. Dannata ragazza! E scemo lui a farsi abbindolare dal buon profumo e dal sorriso. Quella era una vera strega! Sentì che si accucciava vicino a lui e ringhiò. La miko, che forse si chiamava Kikyo o forse Kagome, sospirò.
«Senti, Inuyasha, perché non ti calmi un po’? – disse, con voce amichevole che fece salire ancora di più il livello di rabbia di Inuyasha- Devi capire che io non posso dare la Shikon no Tama a chicchessia.»
«Non me ne frega niente, dannata strega! – disse Inuyasha, cercando di alzarsi – Dammela e basta!»
«Osuwari.» disse ancora la miko, senza traccia di astio nella voce.
«Guep!» gemette Inuyasha, rispedito a terra senza riguardi.
«Dicevo, - continuò lei con voce venata di rimprovero – non posso darla al primo che passa. Non voglio rischiare che venga usata per scopi malvagi. Ma se tu mi dimostrassi che sei una brava persona…»
«Feh! Una brava…persona?! – disse Inuyasha, alzandosi sui gomiti con fatica – Ma con chi credi di parlare, donna?! Io sono un demone, è chiaro? Voglio più potere e la Sfera me lo darà. Ci faccio il brodo, coi tuoi buoni sentimenti!»
La vide atteggiare il volto a una smorfia e si preparò a un altro ‘osuwari’, che però non arrivò.
«Prenditi del tempo per pensare. Resta al villaggio. - disse la miko – Tanto solo io posso toglierti quel rosario e tu vuoi la Sfera che io custodisco. Cerchiamo di conoscerci. Magari uno di noi due potrebbe cambiare idea.»
«Sarai tu a cambiarla, se ci tieni alla pelle!» ringhiò Inuyasha.
«Ma se ti comporti male, io posso sempre dire…» replicò lei.
«No, non dirlo!!!» gridò Inuyasha, disperato.
Lei lo accontentò, graziandolo di un luminoso sorriso che gli fece dimenticare all’istante il mal di schiena dovuto a quel dannato incantesimo.
«Allora siamo d’accordo, Inuyasha. – disse la ragazza, alzandosi – Fai il bravo. Verrò a trovarti ancora.»
Approfittando del fatto che l’hanyo era ancora semisdraiato per terra, la giovane miko se ne andò, salutandolo con la mano e scomparendo tra gli alberi. Inuyasha, ancora incapace di comprendere cos’era successo, si tirò a sedere e scrollò la testa. Il rosario tintinnò e lui fece una smorfia. Era stato fregato da una ningen dagli occhi dolci. Ora, se voleva la Sfera, doveva vedere di convivere per qualche tempo con quella pestifera ragazzina. Imprecò, pensando che non aveva tutto quel tempo da perdere con Sesshomaru sulle tracce di Tessaiga, e sferrò un pugno sul terreno. Eppure, qualcosa in lui non era del tutto deluso dalla piega che avevano preso gli eventi…
Irritato con se stesso, Inuyasha balzò su uno dei rami del Goshinboku e si sistemò per la notte, lanciando occhiate astiose nella direzione in cui quella ningen così strana si era allontanata.

***

Era ormai mattina quando all’interno dell’Hokora del Tempio Higurashi si materializzò una figura infagottata in un cappotto chiaro, sulle cui spalle pesava un enorme zaino che sembrava pieno per metà.
«A casa, dopo tanto tempo…» sospirò Kagome, arrampicandosi su per la scala di corda e uscendo dal pozzo, che in quella stagione conservava una gelida umidità molto fastidiosa. Kagome uscì all’aria aperta e si diresse verso casa, sotto i tiepidi raggi del sole novembrino. Nel suo tempo il clima era meno rigido che nella Sengoku Jidai. Quando era partita dalla casa di Kaede, quella mattina, veniva giù una pioggerella gelida che minacciava di trasformarsi presto in neve. Beh, meglio così…almeno non ci si sarebbe messo anche il tempo atmosferico a farle venire la depressione.
«Sono a casa!» annunciò, aprendo la porta scorrevole e togliendosi le scarpe ancora umide.
«Bentornata, Kagome!» disse il nonno, comparendo alle sue spalle ed entrando in casa con lei.
«Oh, Kagome!- esclamò la madre, correndo nell’atrio asciugandosi le mani in un grembiule – Era ora che tornassi, cara.»
«Sì, beh…non sarà per molto, mamma.» la avvisò Kagome, togliendosi lo zaino dalle spalle. Non udendo risposta, alzò lo sguardo e vide la madre scrutare la porta ancora aperta alle sue spalle.
«E Inuyasha?- chiese la donna, perplessa- Stavolta non è venuto con te, Kagome?»
«Già, dov’è il ragazzo?» chiese il nonno.
Kagome avvertì una stilettata all’altezza del cuore, ma confezionò un sorriso vuoto e scosse il capo.
«Abbiamo un po’ di problemi dall’altra parte.- disse, passando velocemente a fianco alla madre e dirigendosi verso camera sua- Niente di preoccupante, mamma, ma per un po’ mi sa che non vedrete Inuyasha.»
«Non avrete litigato, vero?» chiese la madre, preoccupata.
«No, no!» rispose Kagome, già salendo le scale e sparendo al piano di sopra. Aprì la porta di camera propria e se la richiuse alle spalle, prima di cadere in ginocchio e chiudere gli occhi, mordendosi forte il labbro inferiore per impedirsi di mettersi a singhiozzare.
“Coraggio! Coraggio, Kagome!- si disse, respirando in rantoli sofferti – Sapevi che avrebbero chiesto di Inuyasha, quindi non cedere! Non far preoccupare anche la tua famiglia.”
Ma non era facile. Non era facile per niente. Benché stesse cercando di non pensare alla situazione in cui lei e Inuyasha si trovavano, bastava solo sentire il suo nome per farle venire le lacrime agli occhi. Era troppo crudele quello che Kiokumushi aveva fatto a Inuyasha…era troppo crudele vedere che non c’era traccia di riconoscimento nei suoi occhi quando la guardava.
Kagome tirò un pugno al pavimento, quindi si alzò in piedi, prendendo un bel respiro e asciugandosi coraggiosamente gli occhi umidi. Si sarebbe concessa un bel bagno caldo, poi avrebbe pranzato con la sua famiglia. Era tornata a casa per prendere il necessario per la lunga permanenza che l’attendeva in casa di Kaede, nonché per rilassarsi ed essere pronta ad affrontare Inuyasha, quindi doveva essere forte e non lasciarsi andare alle lacrime.
Ligia alle proprie decisioni, poco dopo Kagome era immersa nella vasca da bagno, sospirando di piacere nel sentire l’umidità che le si era infiltrata nelle ossa sciogliersi a contatto con l’acqua calda. Subito, però, il suo viso tornò pensieroso, mentre col dito disegnava cerchi distratti sul bordo della vasca. Inuyasha aveva davvero perso almeno cinquant’anni di memoria. Non l’aveva riconosciuta e le aveva chiesto la Shikon no Tama, non ricordandosi di essere ormai uno yokai completo. Si era dimostrato aggressivo ed estremamente sbrigativo, poco portato a riflettere…più o meno com’era nel giorno in cui Kagome l’aveva conosciuto e liberato.
Kagome sospirò ancora, appoggiandosi al bordo della vasca. Aveva fermato Inuyasha col rosario e l’aveva in qualche modo costretto a non allontanarsi da lei, il che era già un buon passo avanti. Se Sango e Miroku fossero tornati presto col vaso delle memorie, c’era da sperare che quella tortura non sarebbe durata a lungo. In più, Inuyasha le era sembrato stranamente titubante. Forse qualcosa in lui l’aveva riconosciuta, visto che lo yokai le aveva addirittura chiesto che razza di incantesimo gli avesse lanciato!
Questo era un importante passo da cui partire. Non poteva lasciare che Inuyasha restasse solo fino al ritorno di Miroku e Sango, perciò sarebbe rimasta accanto a lui e avrebbe cercato a mano a mano di fargli ricordare quei sentimenti che aveva perduto. Dopotutto, Konemaru aveva detto che a volte le vittime di Kiokumushi recuperavano la memoria anche senza interventi esterni!
Dopo il bagno, Kagome pranzò coi suoi, quindi passò il pomeriggio a stipare cose all’interno del suo mastodontico zaino. Non voleva restare a lungo lontana dalla Sengoku Jidai, anche perché lei era l’unica che potesse fermare Inuyasha nel caso gli fosse venuta la brillante idea di attaccare il villaggio. Aveva già fatto una fatica del diavolo per non farsi scoprire mentre andava al pozzo, quindi meglio non tirare troppo la corda. Era già pronta per partire e Sota era appena tornato a casa, quando il telefono squillò.
«Kagome, cara, puoi andare tu?- chiese la madre, dalla cucina- Magari è la scuola. E’ tanto che non ci vai.»
Con una smorfia di autocommiserazione, Kagome lasciò lo zaino in entrata e andò al telefono.
«Pronto?» chiese, desolata, alzando la cornetta. La voce che rispose la lasciò sorpresa.
-Ah! Pronto?- disse- Qui è Ranma Saotome. Parlo col tempio…-
«Ranma?! Sei Ranma?!» esclamò Kagome, stupita. Santo cielo! Con tutto quello che era successo, i suoi nuovi amici e l’avventura da poco trascorsa le sembravano lontani anni luce.
-…Kagome!!- esclamò Ranma dall’altra parte, come se non si fosse aspettato di sentirla.
«Sì, sono io.» confermò Kagome, sorridendo nel sentire il pandemonio oltre la cornetta. Insieme a Ranma dovevano esserci anche gli altri ragazzi.
-Passamela!- ingiunse una voce che sembrava quella di Mousse, ma Ranma continuò ad avere il controllo della conversazione.
-Mi fa piacere sentirti.- continuò Ranma, allegro.
«Anche a me Ranma, sapessi quanto.- disse Kagome, attorcigliando il filo su un dito- Come vanno le cose lì da voi?»
-Qui? Qui…beh, è successo un piccolo disastro, ma…-
«Anche qui.» mormorò Kagome, rabbuiandosi.
-Eh?- chiese Ranma, dopo un istante di silenzio. Kagome si morse un labbro, incerta se andare avanti o meno, ma sentiva il bisogno di confidarsi con qualcuno e i suoi amici di Nerima erano in grado di comprenderla.
«Sì, è successo un disastro anche qui.- continuò, atona- Inuyasha ha avuto un guaio con un demone, un insetto forbice di nome Kiokumushi.»
-Inuyasha?- chiese Ranma, con tono molto più serio, facendo venire a Kagome la voglia di piangere- Ma sei sicura…non è niente di grave, spero!-
«Non è proprio così.- disse Kagome e si spaventò nell’accorgersi quanto fosse incerta la propria voce- Non è ferito nel corpo, ma nello spirito. Quel demone…»
«Chi è, Kagome?» chiese la madre di Kagome, affacciandosi alla porta. Kagome fece un sorriso stentato, sillabando il nome di Ranma, quindi continuò a parlare, senza accorgersi che Sota era entrato nella stanza.
«Ranma, qui ci sono i miei e non voglio che sappiano cos’è successo. Ti dico solo che Inuyasha e Sesshomaru sono stati vittima di questo demone, ma non hanno subito ferite fisiche. Solo, ora io e Anna non possiamo più nemmeno avvicinarli, perché…» Non riuscì a continuare e si morse un labbro.
-Anche Sesshomaru?- chiese Ranma, con voce cupa.
«Già.» ammise Kagome.
-Capisco…Ma, Kagome…- cominciò a chiedere Ranma, ma Kagome intercettò l’occhiata incuriosita e preoccupata del fratellino e gli rispose in modo sbrigativo.
«Non preoccuparti, Ranma. Le cose andranno a posto da sole. Sango e Miroku stanno inseguendo il demone, io resterò il più vicino possibile a Inuyasha e Anna è già andata da Sesshomaru. Non volevo farti preoccupare, ma non posso essere più chiara. Capisci…» disse, d’un fiato, parlando con un tono di voce talmente basso che si chiese se Ranma avesse capito una parola di ciò che aveva detto.
-Sì, capisco.- disse infine Ranma- Allora non ti trattengo, Kagome. Fammi sapere se…-
«Per un po’ non tornerò a casa, Ranma.- disse Kagome, sorridendo con aria mesta di fronte all’evidente preoccupazione dell’amico- Ma ti farò sapere, non appena tutto sarà risolto. Ti va bene?»
-Sì, certo.- disse Ranma- Salutami Anna e…e gli altri, ok? Da parte di tutti.- aggiunse.
«Ti ringrazio, Ranma.- disse Kagome- Mi ha fatto tanto piacere sentirti. Spero…di darti presto notizie. E anche tu salutami tutti.»
-Va bene. Allora…-
«A presto.»
-Sì…sì…ciao. Ciao.-
«Ciao, Ranma.» mormorò Kagome, prima di mettere giù la cornetta. Rimase per un istante ad osservare in silenzio il telefono, quindi Sota chiese: «Sorella, che è successo a Inuyasha?»
Kagome si voltò, cercando di sorridere come al suo solito.
«Non preoccuparti, Sota.- disse- Qualunque problema si presenti, niente è insormontabile per Inuyasha.»
“Gli darò tutto il mio amore.- pensò, facendosi forza- Con o senza la sua memoria, lui resta comunque l’Inuyasha che io amo.”
Fu solo una volta tornata nella Sengoku Jidai che le venne da chiedersi per quale motivo Ranma le avesse telefonato...

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Capitolo 7
*** 6 - Una brutta situazione ***


Author's note: Innanzitutto, grazie a tutti voi che state leggendo e commentando questa fic! Vi amo!! *___* Kagome è in una brutta situazione, ma come sappiamo Inuyasha ha un cuore grande...Cosa succederà invece ad Anna, che ha a che fare con il re degli iceberg? Leggete, leggete...e poi fatemi sapere!

«E’ inutile.» sospirò Miroku, accarezzando la groppa di Kirara e guardandosi attorno nella fitta foresta.
«Miroku?» disse Sango, abbassando lo sguardo sul viso del monaco, che scosse la testa.
«Abbiamo cercato in lungo e in largo, Sango. Nessuno ha visto Kiokumushi.- rispose Miroku, scandagliando di nuovo la foresta con sguardo cupo- E Kirara non è riuscita a discernere il suo odore. Mi pare evidente che quello yokai sapeva che sarebbe stato inseguito e ha fatto perdere le sue tracce grazie ai suoi poteri.»
Sango scese a sua volta dalla groppa di Kirara, sospirando con angoscia. Erano già due giorni che battevano la foresta attorno alla Grotta dell’Eco, chiedendo informazioni a tutti i demoni che si erano degnati di parlare col piccolo tengu che faceva loro da guida, ma Kiokumushi sembrava scomparso nel nulla e con lui i vasi che portava con sé.
«Allora cosa facciamo?- chiese Shippo, preoccupato- Non possiamo tornare da Kagome-chan e dirle che non abbiamo trovato il vaso!»
«No, certo che no.- ammise Miroku, riflettendo- Dovremo trovare una soluzione.»
«Purtroppo Kiokumushi sa il fatto suo.» disse Konemaru, che svolazzava accanto alla testa di Kirara.
«Non posso pensare che proprio ora potrebbe essere impegnato a divorare i ricordi che ha rubato.- disse Sango, rabbrividendo- Povera Kagome-chan…e povera Anna.»
«Oh, questo ancora no!- intervenne Konemaru, attirando subito l’attenzione su di sé- Ehm…come dire…Kiokumushi mangia le memorie solo nella sua casa. Dice che altrove si disperdono troppo velocemente e non se le gusta.»
«Nella sua casa?» chiese Shippo.
«E tu sai dove si trova la sua dimora, Konemaru?» chiese Miroku, riflettendo.
«Più o meno a metà strada tra il mio villaggio e il Monte Horoshiri.» rispose Konemaru, posandosi sulla spalla di Shippo.
«E dov’è il Monte Horoshiri?» chiese Sango, corrugando le sopracciglia.
«Oh, su al nord.- rispose Konemaru, poi riflettè- Più o meno a trenta giorni di cammino da qui.»
«Trenta giorni?!» sbottò Shippo.
«Sono troppi!» mormorò Sango.
«Non è detto.- disse Miroku, sorprendendoli- Riflettete, sono trenta giorni di cammino. Ciò significa che viaggiando in groppa a Kirara potremmo quasi dimezzare i tempi di percorrenza. Potremmo perfino arrivare prima di Kiokumushi.»
«E aspettarlo nella sua tana.- finì per lui Sango, ammirata- E’ un ottimo piano.»
«Ma siamo sicuri che Kiokumushi tornerà a casa sua?» chiese Shippo.
«Ritengo che le possibilità siano molto alte.- disse Miroku, annuendo- Dopotutto, Konemaru stesso ci ha riferito l’apparente smania di Kiokumushi di cibarsi delle memorie dei due fratelli, quindi sono convinto che sia meglio aspettarlo alla sua tana piuttosto che continuare a cercare senza il minimo indizio in questa foresta,che con tutta probabilità il demone forbice ha già lasciato. Senza contare che Kiokumushi non sospetta che avremo una guida in Konemaru.»
«Hai ragione.- ammise Sango- Ma, Miroku…anche così, impiegheremo almeno un mese tra andata e ritorno. Kagome-chan e Anna si preoccuperanno.»
Miroku annuì.
«Sì, hai ragione. Occorre avvertirle.- ammise- Shippo, credo che questo sia compito tuo.»
«Sapevo che l’avresti detto.- sospirò Shippo, ma balzò subito dalla groppa di Kirara- Va bene, vado io. Ma voi cercate di fare in fretta.»
«Ma certo, Shippo. Non impiegheremo un giorno in più del necessario.- disse Sango, riprendendo posto su Kirara, seguita da Miroku- Konemaru, possiamo fidarci di te per trovare la strada?»
Il piccolo tengu annuì.
«Allora andiamo.- disse Miroku- Ogni minuto che passiamo qui è un minuto perso.»
«Vai Kirara!» disse Sango e il grande gatto spiccò un balzo, iniziando a correre.
«E state attenti!» gridò Shippo, facendo grandi cenni di saluto. Non appena il gruppo sparì alla sua vista, Shippo sospirò, abbassando gli occhi sul terreno. La situazione gli pareva sempre più brutta. Già si immaginava la pena di Kagome e Anna al pensiero di dover passare nell’attesa più di un mese. E chissà qual era realmente il danno che quel Kiokumushi aveva fatto a Inuyasha e Sesshomaru?
Shippo scrollò il capo con forza, scacciando quei pensieri. Aveva un bel po’ di strada da fare e non era il caso di restare lì a cincischiare. Con un ultimo pensiero a Sango e Miroku, Shippo si voltò e cominciò a correre in direzione del villaggio di Kaede.

***

Erano le prime ore del pomeriggio quando Sesshomaru giunse in cima al colle che dava sulla magnifica vista del suo Palazzo, sulle cui mura numerose sentinelle compivano il loro dovere. Sesshomaru esalò un sospiro seccato, mentre il vento gli scompigliava i capelli d’argento.
Non desiderava tornare a Palazzo. La permanenza all’interno di quelle mura lo riempiva di una frustrazione immensa e della convinzione di stare perdendo tempo oziando. Il pensiero di aver lasciato Tessaiga nelle mani di Inuyasha, dopo tanti anni passati a cercarla invano, non aiutava. D’altronde, Sesshomaru sapeva anche che solo costringendosi a restare fermo nello stesso luogo sarebbe stato in grado di riflettere in profondità sulle stranezze che avevano accompagnato la ricomparsa di Tessaiga, stranezze che ancora gli creavano un profondo senso di fastidio. Sesshomaru corrugò la fronte, abbassando lo sguardo sulla spada estranea ma potente che gli pendeva dal fianco.
Già…c’erano molte cose a cui pensare. Molti chiarimenti da chiedere a Jaken, che chissà per quale motivo non era a fianco del suo padrone. E molte riflessioni da fare su quel dannato piccolo bastardo di nome Inuyasha. Riprese a camminare, giungendo in poco tempo alla prima Porta, che le guardie si affrettarono ad aprire.
«Ben tornato, Sesshomaru-sama! Avete fatto presto!- lo salutò una delle guardie- Anna-sama non è con voi?»
Sesshomaru si fece scivolare addosso le parole del demone, abituato a non ascoltare una sillaba delle inutili parole di ossequio dei suoi servi, e non si accorse né della menzione ad una persona estranea, né delle occhiate preoccupate che seguirono il suo oscuro silenzio. Fu solo alla terza porta che si rese conto che qualcosa non andava. Sulle persone che si era lasciato alle spalle aleggiava un miscuglio di attesa e preoccupazione, e questo poteva catalogarlo nell’ordinario. Ogni volta che tornava a Palazzo controllava che tutto fosse al suo posto e spesso era costretto a dare lezioni radicali. Il Palazzo in sé, invece, sembrava circondato da un’aura serena. Dov’era finita la consueta atmosfera disciplinata e sottomessa che aveva sempre governato quella casa? Sesshomaru non trattenne una smorfia. Che cosa diavolo stava succedendo? Si sentiva…come se l’intero mondo fosse andato avanti e lui fosse rimasto indietro. Cosa nascondeva il vuoto nei suoi ricordi?
«Sesshomaru-sama!- strillò una vocetta gracchiante che risultò appartenere a Jaken- Siete già tornato? La Grotta degli Echi si è rivelata interessante?»
Sesshomaru corrugò la fronte e non rispose, mentre il piccolo demone arrancava verso di lui col suo passo dondolante. La Grotta dell’Eco? Era quello il luogo in cui si trovava quando…? Ma la Grotta era nel territorio di Soichiro, quindi cosa l’aveva spinto a intrufolarsi nell’Est per entrarvi? E perché anche Inuyasha si trovava laggiù? Possibile che le proprietà della Grotta avessero qualcosa a che fare con la tenebra che aleggiava attorno ai suoi ultimi ricordi? Quelle domande esigevano un’immediata risposta.
Jaken gli si approssimò, ansimante, poi si sporse per guardare alle sue spalle, come se si aspettasse di vedere qualcun altro. Sesshomaru sentì che quella situazione assurda aveva superato qualsiasi suo limite di pazienza.
«Che stai cercando, Jaken?» chiese, a voce pericolosamente bassa.
«Beh…ma Anna-sama non era con voi? L’avete lasciata…aiuto!» disse Jaken, prima di essere letteralmente strangolato dal tessuto del suo vestito mentre Sesshomaru lo sollevava da terra fino a portarlo a livello della sua faccia.
«Chi era con me?» chiese ancora Sesshomaru, gelido, socchiudendo appena gli occhi.
«Anna-sama…voglio dire…- rispose Jaken, con voce strozzata, rendendosi improvvisamente conto che qualcosa nel suo padrone non quadrava- La inu-yokai che…la bionda…sì, insomma, la vostra…» La voce di Jaken si spense nel constatare che negli occhi di Sesshomaru non vi era traccia di riconoscimento alle sue parole. Erano pieni di un gelo che Jaken non aveva più visto da tempo, ormai. In qualche modo, a Jaken sembrò di trovarsi al cospetto dello spettro del suo vecchio padrone. Un padrone che ancora non conosceva pietà per nessuno, che non aveva salvato la piccola Rin, né lo aveva relegato al ruolo di balia, né si era unito a quella maledetta rompiscatole bionda. Inaspettatamente perfino per se stesso, il pensiero lo fece rabbrividire. Sesshomaru lo lasciò andare di botto, facendolo cadere pesantemente a terra.
«Non mi interessano le tue chiacchiere, Jaken.- disse Sesshomaru, guardando con disprezzo il piccolo yokai- Seguimi al piano di sopra. C’è qualcosa che non va nei miei ricordi e tu dovrai porvi rimedio.»
«Che…ma che vi è successo, Sesshomaru-sama?» chiese Jaken, spaventato. Di sicuro era colpa di quella stupida donna! Chissà in che guaio aveva cacciato il suo padrone, per poi scomparire! A meno che non fosse successo qualcosa anche a lei…
«Questo dovrai dirmelo tu.» sentenziò Sesshomaru, entrando a Palazzo.
«Io?» gemette Jaken. E adesso come lo risolveva quel pasticcio? Pochi minuti dopo, Jaken era in piedi di fronte al trono, rigirandosi tra le mani il bastone Ninto e chiedendosi come cavarsi da quel tremendo pasticcio. Sesshomaru si era seduto e lo fissava tamburellando le unghie sul bracciolo.
«Dunque, Jaken?» lo esortò l’inu-yokai socchiudendo appena gli occhi ambrati.
«Non…non so da dove cominciare, Sesshomaru-sama.» confessò Jaken, sulle spine.
«Potresti cominciare col dirmi come mai tu eri a Palazzo mentre io, il tuo padrone, ero in caccia di Inuyasha. E potresti anche illuminarmi su questa spada che porto al fianco e sul perché ero in territorio di Soichiro.- disse Sesshomaru, abbassando ulteriormente la sua temperatura vocale- E vedi di essere esauriente o giuro che ti uccido.»
“Per tutti i demoni…Sesshomaru-sama deve aver perso la memoria!” constatò in quel momento Jaken, stupefatto. Già…ma quanta? Sesshomaru-sama non era più sulle tracce del suo sciocco fratellastro già da parecchi mesi, ormai. “Dannazione…e ora che gli dico??” si chiese il piccolo rospo, deglutendo a fatica.
Fu in quel momento che una vocina gioiosa si fece sentire oltre la porta, facendo alzare la testa di scatto a Sesshomaru e facendo voltare Jaken. La porta si aprì di botto.
«Sesshomaru-sama! Siete tornato!» gridò la proprietaria della vocina, una graziosa bambina che teneva in braccio un gattino dal pelo rosso.
«Rin! Fai silenzio, non è il…» iniziò a dire Jaken, seccato, quando si accorse dell’aura minacciosa alle sue spalle. Si voltò con cautela. Quando vide l’espressione di assoluto disgusto sul volto del suo padrone alla vista della piccola Rin, le parole gli vennero improvvisamente a mancare.

***

Anna correva come una forsennata, mantenendo la sua forma canina per percorrere quanta più strada possibile per recuperare lo svantaggio che aveva su Sesshomaru. Cinquant’anni di memoria volati via, svaniti come fumo portato via dal vento. Anna digrignò i denti, scuotendo il capo possente e accelerando ulteriormente la sua corsa. Il suo ricordo era stato spazzato via. Più importante ancora, Rin stessa non faceva più parte dei ricordi di Sesshomaru. E questo era terribile. Doveva arrivare a Palazzo, prima che Sesshomaru facesse qualcosa di cui poi si sarebbe pentito. Doveva salvarlo da se stesso.
Uscì dalla foresta in una tempesta di foglie e rami spezzati, correndo giù per la collina, ormai in vista del castello. Una sorta di aura angosciosa racchiudeva il Palazzo del Signore dei Demoni. Sesshomaru doveva essere tornato. Anna non si preoccupò di farsi aprire le Porte. Saltò le mura senza nemmeno pensarci, diretta al cuore dell’edificio. Più in fretta, più in fretta! Stava per succedere qualcosa, sentiva il pelo drizzarlesi sulla schiena.
Quando saltò oltre l’ultima cinta di mura, ebbe la conferma alle sue sensazioni. Di fronte alla quasi totalità della sua attonita servitù, Sesshomaru era affacciato alla balconata e teneva Rin per una caviglia, sospesa nel vuoto. La bimba piangeva e invocava Sesshomaru con una voce talmente pregna d’amore e incredulità per il comportamento del demone da spezzare il cuore.
«Sesshomaru-sama…per favore…per favore…- singhiozzava, tendendo le mani verso il suo viso di pietra- Se Rin ha fatto qualcosa di male, chiederà scusa. Non siate arrabbiato, la vostra Rin farà la brava…»
«Non tollero che spazzatura del genere giri per i corridoi del mio Palazzo.»
Le parole di Sesshomaru raggiunsero le orecchie di Anna, riempiendole il cuore di orrore, ma questo fu subito superato dal gesto successivo dell’inu-yokai, che, sordo ai pianti della bimba, la lanciò lontano da sé. Qualcuno gridò, forse Rika o Misao.
«Rin!!!» gridò Anna, terrorizzata, lanciandosi con le sue ultime energie verso la bimba. La acchiappò per un soffio, afferrando il suo kimono tra le zanne prima che si schiantasse al suolo, quindi perse le forze per lo shock e si ritrasformò in donna, tenendo Rin tra le braccia. «Rin…Rin…- la chiamò, carezzandole il viso e i capelli, accertandosi che non avesse ferite- Kami-sama…Rin…»
Rin non la guardò in volto. Era cosciente e piangeva, ma con viso inespressivo. Si aggrappò a lei, stringendo il tessuto del vestito di Anna nei pugni chiusi.
«Rin…Rin, tesoro!» continuò a chiamarla Anna, accorgendosi di tremare. C’era mancato poco! Un secondo più tardi e avrebbe trovato solo il cadavere di Rin. Sentì la tensione nell’aria e si rese conto di essere diventata l’oggetto di attenzione principale. Cercò di riprendere il controllo di sé. Doveva affrontare Sesshomaru, ora, e non si sarebbe rivelata una cosa facile.  Strinse Rin a sé e alzò lo sguardo. Sesshomaru la guardava con i suoi penetranti occhi ambrati…senza riconoscerla, ovviamente.
«Chi sei, donna?- chiese Sesshomaru, con voce gelida come il vento che in quel momento stava spazzando i giardini- Come osi entrare in questa casa senza il permesso del grande Sesshomaru?»
Un mormorio passò attraverso la folla, ma bastò l’espressione sul volto di Sesshomaru a zittirlo. Ora tutti avevano compreso cosa fosse accaduto. Per un qualche motivo, Sesshomaru si era dimenticato delle uniche due persone che amava. Anna si impose di mostrarsi rispettosa e sottomessa. Chinò il capo, poi tornò a guardare Sesshomaru.
«Il mio nome è Anna, Sesshomaru-sama.- rispose, con voce sorprendentemente ferma- Come temevo, avete perso ricordo anche di me.»
«Perso ricordo…» disse Sesshomaru tra i denti. Quella inu-yokai bionda pareva sapere qualcosa in più di quel piccolo rospo di Jaken. Sesshomaru afferrò Jaken per il colletto, quindi saltò in giardino, facendo cadere a terra il suo galoppino con malagrazia.
«Tu sai cosa è successo.- disse Sesshomaru, facendo due passi verso la donna bionda- Parla in fretta, donna.»
«Avete perso parte dei vostri ricordi, Sesshomaru-sama. Siete rimasto vittima di una trappola ordita per voi all’interno della Grotta dell’Eco.- disse velocemente Anna, recependo l’occhiata preoccupata di Jaken- Vi sono stati tolti cinquant’anni di memorie, mio signore.»
Un ansito passò tra la folla, ma Sesshomaru non mutò nemmeno espressione. Cinquant’anni di memorie del tutto perduti? Ecco spiegata la sensazione di essere rimasto indietro. Ma altre domande necessitavano risposta, in quanto, anche se di certo non esisteva nulla che valesse la pena ricordare nel proprio passato, desiderava essere al corrente di tutto. Sapere ciò che era avvenuto negli anni perduti avrebbe potuto colmare le lacune che lo stavano irritando a tal punto. Le sue domande su Tessaiga, in primo luogo.
Guardò di nuovo la donna bionda. Nel suo odore di inu-yokai era insita una vena d’umanità disgustosa. D’altro canto, emanava un’aura demoniaca potente e la barriera che proteggeva il castello non aveva reagito alla sua presenza.
«Chi sei, donna?» chiese ancora, scrutandola con freddezza.
Anna, sotto quello sguardo così impersonale, deglutì a fatica.
«Il mio nome è Anna e sono una inu-yokai al vostro servizio, Sesshomaru-sama.- disse, abbassando lo sguardo in quanto non riusciva più a sopportare la mortale freddezza dei suoi occhi- Mi avete accolta a Palazzo dopo che ho sconfitto un inu-yokai della Grande Famiglia e ne ho acquisito il potere. Come avrete avvertito, un tempo ero un essere umano.»
«Un essere umano?- mormorò Sesshomaru, con una piccola smorfia di disgusto- Sì, è facilmente discernibile.»
«Sono il vostro secondo in questa casa e combatto per voi.- continuò Anna, stringendo i denti- Vi accompagno nei vostri viaggi da quasi un anno, ormai.»
Sesshomaru guardò Jaken, che annuì, ancora spaventato.
«E’ la verità, mio Signore.» borbottò il piccolo yokai, comprendendo il motivo per cui Anna aveva omesso gli ultimi sviluppi della vicenda. Se Sesshomaru fosse venuto a sapere di essersi legato in qualche modo a quell’essere impuro l’avrebbe fatta a pezzi seduta stante…e Rin con lei. Inaspettatamente perfino per se stesso, Jaken si sentì stringere il cuore al solo pensiero.
«Comprendo che devo aver dimenticato molte cose.- disse Sesshomaru, riflettendo tra sé, poi tornò a parlare direttamente ad Anna- Alzati da terra, donna. Ci sono molte cose che tu e Jaken dovete dirmi e ho ben poco tempo da perdere in chiacchiere. Uccidi quello stupido essere inferiore e seguimi.»
Anna impallidì e strinse le labbra, abbracciando Rin ancora più stretta, mentre la servitù tratteneva il fiato.
«Vi prego di perdonarmi, Sesshomaru-sama, ma non posso eseguire quest’ordine.» sussurrò.
Sesshomaru la guardò, incerto se sentirsi attonito o irato per tanta sfacciataggine.
«Ho un debito d’onore con questa bambina. Lei mi ha salvato la vita.- continuò Anna, tornando a guardare Sesshomaru negli occhi nella speranza che le sue parole gli arrivassero al cuore- Finora l’avete ospitata a Palazzo, ma mi rendo conto che non posso più chiedervi questo. Permettete dunque che la riporti al suo villaggio, tra i suoi simili.»
Sesshomaru non disse nulla. Quella donna parlava con ardore e convinzione, e questo era curioso. Forse era una traccia della sua umanità, ma strideva col suo aspetto demoniaco…e allo stesso tempo produceva un insieme interessante. Forse aveva compreso come avesse fatto a permettere a un essere di poco superiore a un hanyo di diventare il suo secondo, sempre che le sue parole fossero vere. L’ardimento sfacciato che mostrava nell’opporsi al suo ordine, d’altronde, non gli faceva affatto piacere.
«E se invece facessi a pezzi sia te che quello stupido fagotto lacrimante, donna?» disse, gelido.
«In quel caso, non verreste mai a sapere cosa è successo alla Grotta dell’Eco.- rispose prontamente la inu-yokai bionda, mentre un lampo dorato le attraversava le pupille- Solo io ne sono a conoscenza. Nemmeno Jaken ne sa nulla.»
«Mi stai minacciando?» chiese Sesshomaru, sollevando appena un sopracciglio.
«Sto cercando di indurvi alla soluzione più ragionevole, Sesshomaru-sama.» rispose la donna, chinando il capo in segno di rispetto ormai tardivo. Sesshomaru fece una pausa, osservandola con espressione immutabile, quindi disse: «Prendo nota della tua lingua lunga e della tua mente astuta. Non sono certo che questi tratti siano di mio gradimento.»
Continuò a fissarla in silenzio, quasi volesse leggerle nell’anima. Anna non osò alzare la testa, a disagio in quel silenzio pregno di minaccia, finché Sesshomaru non le diede le spalle, prendendo a incamminarsi verso il Palazzo.
«Sdebitati con quella mocciosa.- disse, allontanandosi- Quando tornerai, ne riparleremo. Alle mie condizioni.»
Anna tirò un tremulo sospiro di sollievo. A un gesto secco di Jaken, la servitù tornò in casa, poi il piccolo rospo si avvicinò ad Anna.
«Ma si può sapere che è successo?!- sbottò- Cosa vi è capitato alla Grotta dell’Eco?»
Anna sospirò ancora, guardando il pianto apparentemente senza fine di Rin.
«Sesshomaru e Inuyasha sono realmente caduti in una trappola.- rispose, con voce dura- Un demone di nome Kiokumushi ha tolto loro cinquant’anni di memorie. Per poco i due fratelli non si sono uccisi a vicenda.»
«Che mi venga un accidente…e adesso?» borbottò Jaken.
Anna si alzò in piedi, tenendo in braccio Rin.
«Adesso?- disse, con una punta di pena nella voce che perfino il piccolo rospo riuscì a notare- Adesso porterò Rin al villaggio di Kagome, dove sarà al sicuro finché la situazione non migliorerà. Sango e Miroku sono in caccia di Kiokumushi, quindi le cose dovrebbero aggiustarsi a breve.»
«E nel frattempo io che faccio?- chiese ancora Jaken, sulle spine- Sesshomaru-sama mi metterà sotto torchio per sapere del suo passato!»
«Raccontagli tutto.- rispose semplicemente Anna- Non nominare Rin, ovviamente, ed è meglio che tu non faccia cenno agli ultimi rapporti di Sesshomaru con gli esseri umani. E in quanto a me…» Strinse le labbra fino a farle sbiancare. «Io sono solo la sua sottoposta. Punto e basta.» finì con voce rauca.
«Sei sicura che ti vada bene così?» chiese Jaken, per poi fare una smorfia di fronte all’accenno di sorriso di Anna.
«No, non va bene così.- sospirò Anna- Ma ora come ora Sesshomaru è di pessimo umore, nonché di pessimo carattere. Sai meglio di me che una parola sbagliata decreterebbe l’immediata morte degli interessati. Come credi reagirebbe al pensiero di essersi unito a un essere a metà quale io sono?»
«Cancellerebbe l’onta uccidendoti.» rispose prontamente Jaken.
«E’ la tua occasione per liberarti di me, Jaken.» disse Anna, sarcastica.
«Bah! Farò come dici…ma solo per Sesshomaru-sama.- disse Jaken, sostenuto- Non oso pensare cosa potrebbe farmi una volta riavuti i suoi ricordi se gli lasciassi far del male a Rin e a te.»
«Povera piccola Rin…- mormorò Anna, accarezzando i capelli della bimba- Jaken, le ha fatto qualcos’altro, oltre…gettarla dalla balconata?»
Jaken fece un gesto vago.
«No, quello è tutto.- disse- Ha solo ridotto in poltiglia quel suo animaletto dal pelo rosso. Non avevo mai sentito Rin strillare tanto.»
«Già…ci credo.» sussurrò Anna, corrugando la fronte. Rin era sotto shock. Il suo adorato Sesshomaru-sama aveva agito contro di lei, arrivando addirittura a tentare di ucciderla. Doveva sentirsi come se le fosse crollato il mondo addosso. Prima si fosse trovata in mezzo ad amici, meglio sarebbe stato. «Allora noi andiamo, Jaken. Prendo in prestito un carro volante.- disse Anna, per poi allungare una mano verso il piccolo rospo stupefatto- Tregua?»
Jaken rimase per un istante a guardare la mano, quindi la strinse brevemente, borbottando qualcosa di intelligibile. Anna gli sorrise, quindi si allontanò insieme a Rin. Jaken rimase a guardarle finché non si alzarono in volo e scomparirono oltre le mura. Poi, sospirando, si incamminò di nuovo verso il castello, ove lo aspettava un lungo interrogatorio pieno di trabocchetti.
“Dannazione…che schifo di vita…” pensò.

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Capitolo 8
*** 7 - Il nome e il ramen ***


Author's note: E adesso?! Sesshomaru è assolutamente intrattabile, Inuyasha tiene il muso, la piccola Rin è sotto shock e Sango e Miroku sono in viaggio per recuperare i vasi. Le settimane, per le nostre amiche, si prospettano LUNGHE....Read and enjoy! :)

SDENG!
«Maledizione…»
SDENG!
«Stupido aggeggio…»
SDEEENG!!!
«Che razza di presa per i fondelli!» ringhiò Inuyasha, colpendo il tronco dell’albero con la lama di Tessaiga per la quindicesima volta. Si risedette sul ramo, sbuffando e scrutando la spada con occhi assassini. Inutile: non riusciva a capire. Che razza di attrattiva poteva avere quella stupida spada, che faceva perfino fatica a scalfire la corteccia di un semplice albero? Possibile che Sesshomaru gli avesse dato la caccia per una vita a causa di una spada così mediocre?
Appoggiò la testa al tronco, sbuffando e sferzando l’aria con la spada, seccato. Forse era la sua condizione di hanyo a non permettergli di utilizzare il vero potenziale della spada, ma non voleva pensare di essere davvero così mediocre. Se solo quella dannata strega di una miko si fosse decisa a consegnargli la Shikon no Tama…Rinfoderò la Tessaiga e lanciò un’occhiata astiosa al gruppetto di ragazze poco distante, intente a raccogliere gli ultimi frutti della terra prima dell’arrivo della neve, alla cui testa stava quella maledetta ragazzina dai capelli neri. Accorgendosi di essere osservata, la miko si voltò verso di lui, facendogli un sorriso luminoso.
Inuyasha sentì lo stomaco farsi leggero e ballerino, e un inspiegabile rossore assalirgli le guance. Ringhiando sommessamente, si ritirò meglio tra il fogliame, continuando a scrutare la ragazza con un broncio da bambino offeso. Era almeno una settimana che quella dannata lo teneva sulla corda. Della Shikon no Tama nemmeno l’ombra, in compenso gli aveva riempito la testa di chiacchiere dal sospetto intento amichevole, senza contare le tante volte in cui lo aveva costretto a fare una più intima conoscenza col suolo pronunciando quella sua maledetta parola magica. E poi, come se nulla fosse, gli indirizzava quei sorrisi fantastici?
Inuyasha scrollò il capo con forza, tirando le orecchie all’indietro. No e poi ancora no! Non si sarebbe fatto abbindolare da quella stupida donna! Lo stava con tutta evidenza prendendo in giro, ma alla prima distrazione che si fosse permessa lui gliel’avrebbe senz’altro fatta pagare!
Kagome sospirò e il suo sorriso divenne mesto nel vedere Inuyasha nascondersi meglio tra il rado fogliame rimasto. In quella settimana non era successo niente di rilevante. Lei lo cercava tutti i giorni e tentava di parlare con lui, ma sembrava che Inuyasha non riuscisse a dire altro che: ‘Dammi la Shikon no Tama, dannata!’
Non aveva né fatto cenno di calmarsi, né di volersi fidare di lei almeno un po’. Non l’aveva nemmeno mai chiamata per nome, limitandosi ad apostrofarla con parole come ‘dannata miko’, ‘ maledetta ningen’, o più semplicemente ‘ehi, tu!’.  Unica concessione, in quei giorni Inuyasha si era avvicinato sempre di più al villaggio e Kagome l’aveva sorpreso più volte a spiarla, ma non era sicura che questo fosse un buon segno. Kagome si rendeva conto che aspettarsi un cambiamento in così poco tempo era vano, ma credeva comunque di trovarlo un po’ più malleabile. Era facile abituarsi a un Inuyasha gentile e premuroso, molto meno tornare ad avere a che fare con un hanyo- o convinto tale- scorbutico e pieno di rancore nei confronti del mondo intero. In più, Sango e Miroku stavano tardando molto, e questo la faceva stare in costante apprensione. Non vedeva l’ora che Inuyasha tornasse ad avere le sue memorie.
“Chissà come se la starà cavando Anna?” pensò, corrugando appena la fronte candida. Non fece nemmeno in tempo a finire di formulare il pensiero che un brivido le solcò la schiena. Un fruscio e l’apparire di una testa argentea in cima all’albero le fece capire che anche Inuyasha aveva avvertito la stessa cosa: un demone si stava avvicinando. Kagome disse alle ragazze di tornare a casa ed estrasse una freccia dalla faretra, preparando l’arco. Il demone che si  stava avvicinando era potente, quindi di certo non era Kirara con Sango, Miroku e Shippo. Meglio tenersi pronti a ogni evenienza. Kagome si avvicinò al folto, i sensi tesi. Dall’alto venne un’esclamazione sarcastica.
«Sei molto ricercata, dannata!- disse Inuyasha, guardandola con fare sardonico dai rami più alti- Qualcun altro che desidera la Shikon no Tama, eh? Avresti fatto meglio a darla a me.»
«Non credo proprio che sia quello il motivo.» borbottò Kagome, lanciandogli un’occhiataccia.
«Ah no? E come fai a esserne così sicura?» indagò Inuyasha, sospettoso. Kagome non rispose e Inuyasha corrugò le sopracciglia, contrariato. Quello che si stava avvicinando era un inu-yokai e se il suo scopo era la Sfera avrebbe trovato pane per i suoi denti. Non se la sarebbe fatta sfuggire da sotto il naso!
«Arriva, miko.- disse, sprezzante- Coraggio, fammi vedere chi sei.»
In quell’istante,  una creatura volante con due teste che tirava un carro lussuoso si librò oltre le cime degli alberi, iniziando l’atterraggio. Sul carro era chiaramente visibile una sagoma dai capelli d’oro.
“E’ quella che ho visto scappare la sera in cui ho incontrato la ragazza.- pensò Inuyasha, tendendosi- E’ potente. Mi sa che la ragazzina si troverà in svantaggio.”
«Ehi, dannata! Se me lo chiedi per favore potrei anche liberarti da quella…ehi, ma che diavolo fai?!» disse Inuyasha, sbalordito nel vedere la giovane miko rimettere la freccia al suo posto e iniziare a fare grandi cenni di saluto, ignorando completamente le sue parole.
«Anna!» gridò Kagome, mentre il carro si posava a poca distanza da lei.
«Ciao, Kagome.- mormorò la demone bionda, scendendo dal mezzo di trasporto- Tutto bene?»
«Più o meno.» ammise Kagome, lanciando una breve occhiata dietro di sé. Anna guardò nella direzione indicatale da Kagome e vide un Inuyasha sul piede di guerra, che le ringhiava contro dalla cima di un albero.
«Molto cordiale, vedo.- sospirò Anna, stanca- Kagome, questa è una visita veloce, ho bisogno di un favore. Vieni, tesoro…»
Anna allungò la mano verso il carro e dopo un istante ne uscì la piccola Rin, con viso mortalmente serio.
«Ciao, Rin-chan!» esclamò Kagome, sorridendo, ma perse tutto il suo entusiasmo nel vedere la mancanza di reazioni nella bambina. Guardò di nuovo Anna. «E’ successo qualcosa?» chiese.
Anna annuì e Rin si accostò ancora di più a lei, stringendole più forte la mano e accostandosela alla guancia.
«Kagome, possiamo parlare in casa di Kaede? Fa freddo per la piccola Rin.» disse Anna, sospirando.
«Ma certo, Anna. Venite con me.» disse subito Kagome, premurosa.
Inuyasha non riusciva a credere ai suoi occhi. Quella scema della miko si era avvicinata alla inu-yokai con una sicurezza da lasciare basiti e ora la stava addirittura conducendo verso il villaggio. Che volesse fregarlo e consegnare la Sfera alla nuova arrivata? Tra l’altro, non ricordava di aver mai visto un demone così cordiale con gli esseri umani, senza contare che c’era qualcosa nell’odore di quella maledetta che lo irritava terribilmente.
«Ehi, tu! Donna! – urlò, facendo girare nella sua direzione tutte e due le ragazze- Dico a te, bionda!» Scrocchiò le nocche, minaccioso. «Non me ne frega niente se sei amica di quella dannata miko, ma prova a posare un solo dito sulla Sfera e sei morta, maledetta!»
La inu-yokai si limitò a sospirare e a riprendere a camminare come se non l’avesse nemmeno sentito. Furioso, Inuyasha fece per spiccare un balzo, ma uno squillante ‘Osuwari!’ lo ricacciò a terra in men che non si dica.
«Stai lì e fai il bravo, Inuyasha.- disse Kagome, riprendendo a sua volta a camminare- Non ti preoccupare di nulla, dopo ti spiegherò.»
Lasciandosi alle spalle le colorite imprecazioni di Inuyasha, il gruppetto si diresse verso la casa di Kaede.

***

«E così ha cercato di uccidere la povera Rin?- chiese Kagome, indignata, una volta che Anna le ebbe raccontato gli ultimi avvenimenti- Santo cielo, ma come può…»
«Sai anche tu com’era Sesshomaru.- disse Anna, cupa- Nel passato non aveva certo un carattere migliore.» Guardò Rin, seduta in un angolo a mangiare un mochi con sguardo assente. «Non posso farla restare a Palazzo. Sesshomaru non tollererebbe la sua presenza.» sussurrò. Kaede rintuzzò il fuoco, scuotendo il capo.
«Non è un’ipotesi da prendere in considerazione.- borbottò, burbera- Hai fatto bene a portarla qui. Ne avremo cura noi finché le cose non si saranno sistemate. Inuyasha, pur se scorbutico, non è pericoloso come suo fratello.»
«Vi ringrazio.» disse Anna, chinando il capo.
«Resterai con noi, Rin-chan, finché le cose non saranno sistemate.» disse Kagome, sorridendo alla bambina che annuì appena. Kagome, preoccupata, guardò Anna. «Anna, ma cos’ha la piccola Rin?»
«Il suo mondo si poggiava su Sesshomaru, Kagome…e ora è crollato.- mormorò Anna, continuando a guardare la bambina con sguardo addolorato- Da quel giorno, non ho più visto il suo sorriso, né sentito la sua voce.»
«Vuoi dire…che non parla?» chiese Kagome, sbalordita. Anna scosse lentamente il capo.
«Dopo la morte dei suoi genitori, Rin aveva cessato di parlare.- disse Anna- Incontrare Sesshomaru ed essere salvata da lui le aveva restituito parola e sorriso. Ora…ho paura che lo shock sia stato troppo forte.»
«I bambini sono creature molto fragili.- sospirò Kaede- Se il suo affetto per Sesshomaru era così profondo, non mi stupisce che abbia deciso di isolarsi dal mondo in questo modo.»
«Per questo ho deciso di portarla da voi. So che ne avrete buona cura.- disse Anna, alzandosi da terra- Bene, per me è tempo di andare. Non oso perdere un minuto di più.»
«Vai già via, Anna?» chiese Kagome, addolorata, alzandosi a sua volta. La demone bionda annuì.
«Sesshomaru dev’essere impaziente. Meglio non farlo aspettare.» disse, stringendo le labbra. Si avvicinò a Rin e le tese le braccia. La bambina la abbracciò con affetto, ma senza mutare espressione.
«Tornerò presto, Rin. Vedrai che le cose si aggiusteranno.- le sussurrò a un orecchio- Sesshomaru-sama…Non è colpa sua. Quando ritroverà la memoria ti chiederà scusa e tutto tornerà come prima. Lo sai che ti vuole bene.» Anna smise di parlare nel sentire il corpo della bambina scosso dai tremiti. Sospirò, poi la baciò sulla testa castana e le sorrise meglio che poté. «Promettiamoci di essere coraggiose, Rin.- disse, tendendo una mano verso di lei- Io prometto di fare del mio meglio. E tu?» Rin la guardò negli occhi con sguardo deciso e pose la sua mano nella sua. Il sorriso di Anna divenne più sincero, mentre stringeva la mano della bambina. «Perfetto, Rin.- disse- Sono fiera di te! E farò in modo che tu sia fiera di me.»
Un timido sorriso spuntò sulle labbra della bambina, cosa che fece venire le lacrime agli occhi a Kagome, poi Anna si alzò e, con un ultimo cenno di saluto, uscì dalla casa di Kaede.  Kagome la accompagnò per un tratto, ancora incredula che Sesshomaru fosse potuto arrivare a tanto. Con che stato d’animo ora Anna stava per tornare a fianco dell’inu-yokai? A Kagome venivano i brividi al solo pensiero.
«…Sango e Miroku?»
Le ultime parole si fecero strada nella sua mente, riportandola alla realtà.
«Co…cosa, Anna?- chiese, imbarazzata- Scusami, stavo pensando ad altro.»
Anna annuì, come se comprendesse perfettamente.
«Ti chiedevo notizie di Miroku e Sango.» ripeté. Kagome scosse il capo e Anna sospirò.
«Sono preoccupata.- ammise Kagome- Dev’essere successo qualche guaio.»
«Probabilmente Kiokumushi è fuggito più lontano di quanto avessimo supposto.- disse Anna, pratica- Mi fido di Sango e Miroku.»
Kagome annuì, sorridendo. Anna le fece un cenno di saluto e continuò a dirigersi verso la foresta ove aveva lasciato il carro volante. Kagome, invece, tornò indietro, sospirando. Già, Miroku e Sango…chissà a che punto erano? Probabilmente l’ipotesi di Anna era giusta. Se fosse successo qualcosa di grave- se i vasi si fossero rotti, tanto per dirne una- i due ragazzi avrebbero già fatto la loro ricomparsa. Forse non era poi un così brutto segno, quell’attesa, ma per Kagome si stava rivelando spossante.
«Sono tornata.» sospirò, rientrando in casa.
«Kagome-chan!!»
Kagome si trovò d’improvviso tra le braccia un cucciolo di kitsune che conosceva molto bene.
«Shippo-chan!- esclamò, stringendo a sé il kitsune- Ma quando sei arrivato, Shippo-chan?! Ci sono anche Miroku e Sango?» Scandagliò la stanza con occhi febbrili, ma vide solo Kaede e la piccola Rin. Shippo scosse il capo.
«Hanno mandato me, Kagome-chan, perché le cose stanno andando per le lunghe.- spiegò Shippo- Non volevano lasciarti senza notizie, così mi hanno nominato messaggero.»
Kagome spalancò gli occhi, poi lasciò andare Shippo e uscì di nuovo fuori.
«Anna!!» gridò, sperando che la sua voce raggiungesse la inu-yokai. Le informazioni di Shippo servivano anche a lei! Purtroppo, però, Anna doveva essersi già allontanata troppo perché la sua voce la raggiungesse.
«C’era anche Anna, Kagome-chan? Ho visto Rin-chan…» le chiese Shippo, uscito dietro di lei.
«Sì, ma mi sa che ormai sia troppo lontana.» sospirò Kagome. Povera Anna, sarebbe rimasta in attesa di informazioni ancora a lungo, lei non aveva nessuno da mandare al Palazzo di Sesshomaru! La ragazza guardò Shippo, poi i due rientrarono in casa di comune accordo.
«Che novità ci porti, piccolo Shippo?» chiese Kaede.
«Non bellissime…ma nemmeno brutte.- aggiunse subito il kitsune- Kiokumushi ha fatto perdere le sue tracce, ma Konemaru sa dov’è la sua tana. Miroku e Sango sono andati ad aspettarlo lì.»
«Alla sua tana?» chiese Kagome. Ecco spiegato il ritardo! Una volta di più, Anna aveva avuto ragione.
«Quanto ci metteranno a tornare?» chiese Kaede, corrugando la fronte rugosa.
«Hanno parlato di un mese.» ammise Shippo, prendendo un mochi che Rin gli stava porgendo.
«Un mese?!» ripeté Kagome, sconvolta. Shippo annuì con uno sguardo di scuse.
«Se togli la settimana già trascorsa, ne rimangono tre.» cercò di indorare la pillola. Non gli piaceva vedere Kagome così affranta. «Inuyasha è proprio così intrattabile?»
«Abbastanza, Shippo-chan.- rispose Kaede, visto che Kagome sembrava ancora troppo scossa per parlare- Abbastanza.»
«E’ sempre stato uno stupido.» borbottò Shippo, contrariato e triste, per poi riempirsi la bocca di mochi.
Kagome era veramente sconvolta. Passare ancora così tanto tempo a farsi ringhiare dietro da Inuyasha a ogni movimento che faceva? Altre tre settimane, come minimo, a farsi dare della dannata e a sentirsi chiedere incessantemente della Shikon no Tama? Inuyasha non avrebbe iniziato a subodorare che qualcosa non andava? E in quel caso, se la sarebbe presa con lei? Kami-sama…tre settimane erano troppe!!!
Kagome scosse il capo, scompigliandosi i capelli corvini e assumendo un’aria decisa. Sotto gli occhi perplessi degli occupanti della stanza, si mise a frugare nel suo enorme zaino finché non ne estrasse un contenitore. Kagome lesse il foglietto giallo attaccato al coperchio e sorrise: ‘Con tanti auguri a Inu-kun perché tutto si sistemi. Con affetto, la mamma di Kagome.’
«Kaede-sama, mi scaldereste questo?- chiese Kagome, staccando il foglietto e porgendo il contenitore all’anziana miko- E’ ora che io faccia qualcosa per migliorare il caratteraccio di Inuyasha.»

***

Nel frattempo, Inuyasha era seduto sotto il Goshinboku, intento a borbottare fra sé e sé.
Aveva visto partire quella stramba inu-yokai ed era sempre più convinto di conoscere almeno parte del suo odore. Era come se ne avesse due distinti: uno più in superficie, l’altro in profondità. Inoltre, c’era in lei qualcosa che sapeva d’umano e questo non aveva senso, anche se poteva spiegare il perché dell’amicizia tra lei e quella stupida ragazzina. Mandò un’esclamazione stizzita fra i denti al pensiero di quello che gli aveva gridato prima di alzarsi in volo.
«Sii gentile con Kagome, Inuyasha.» aveva detto, come se fosse la cosa più naturale del mondo che un hanyo andasse d’accordo con gli umani. Beh, lui non voleva andare d’accordo proprio con nessuno, men che meno con quella strega che lo aveva incatenato a quello stupido villaggio! Nessuno si faceva mai i fatti propri, dannazione! Sbuffò, infilando le mani nelle ampie maniche del kariginu e appoggiando la testa al tronco. Anche quell’albero era strano. Lo faceva sentire a casa e allo stesso tempo lo metteva a disagio. Tutto quel dannato posto era strano! E quella stupida miko era la più strana di tutte! Si era stancato di fare la muffa in quel posto insulso. La miko doveva sganciare la Sfera, o presto si sarebbe trovata senza testa!
Inuyasha drizzò le orecchie nel sentire qualcuno avvicinarsi di corsa. Scattò in piedi, iroso, e presto comparve la ragazza dai capelli corvini, ansimante per la corsa e con le guance rosse, gli occhi sfavillanti. Inuyasha sentì una strana sensazione in petto nel rendersi conto di quanto fosse bella, ma la scacciò. Aveva appena deciso di farla finita con quella stupida e lei gli faceva pure il favore di andargli incontro, quindi non doveva farsi prendere da strani pensieri.
«Inuyasha!» lo chiamò lei, sventolando la mano. Nell’altra teneva una specie di scodella che fumava. Dall’odore, conteneva cibo caldo. Come sempre, la familiarità con cui lei lo chiamava lo mise in agitazione e Inuyasha cercò di usarla per fomentare la sua ira. «Inuyasha! Ti ho portato una sorpresa!- continuò la ragazza, fermandosi a un paio di passi da lui come se non avesse avvertito la sua aura negativa e tendendogli la scodella, che era chiusa con una specie di coperchio- Sono sicura che ti piacerà, Inuyasha.»
Inuyasha non mosse un dito per prendere ciò che gli veniva porto. La miko…gli aveva portato da mangiare?! Ma che credeva, di avere a che fare con un cucciolo?? Lo stava prendendo in giro?
«Tieni, Inuyasha.- disse ancora lei, mite- E’ per te.»
Inuyasha storse la bocca in un ringhio e colpì la scodella con un manrovescio, facendola cadere contro le radici del Goshinboku.
«Ma sei scema?!- urlò, ed ebbe la soddisfazione di vederla impallidire- Cos’è questa, carità nei confronti di un povero hanyo?!»
«No…Inuyasha, io…» sussurrò lei, mentre gli occhi le si ingrandivano per lo stupore.
«Beh, stammi bene a sentire, dannata strega! Io voglio la Sfera degli Shikon! La voglio ora!- continuò Inuyasha, sempre gridando- Non me ne faccio niente del tuo cibo da due soldi! Dammi…la…ah…»
Tutto l’impeto di Inuyasha si sciolse come neve al sole quando le prime lacrime iniziarono a solcare il volto della giovane miko. Inuyasha si sentì di colpo come se l’aria gli fosse stata risucchiata dai polmoni e qualcuno gli avesse trapassato lo stomaco da parte a parte.
«Io…io volevo solo…- singhiozzò la ragazza, cercando senza troppo successo di trattenersi- Volevo solo farti una sorpresa!»
I singhiozzi ebbero la meglio su di lei e la ragazza si coprì gli occhi con le mani, scivolando in ginocchio. Inuyasha si trovò d’un tratto preda di un inspiegabile panico. L’aveva fatta piangere! E adesso?
“Beh, certo che l’hai fatta piangere!- gli disse una vocetta malefica- Le hai gridato contro con tutta la voce che avevi!”
Dannazione, ma perché si sentiva così? Veder piangere la gente non gli aveva mai fatto effetto. Eppure, ogni singhiozzo di quella miko così strana lo straziava.
«Non…non piangere.- mormorò, per poi perdere di nuovo la pazienza- Insomma, maledizione, non piangere! Smettila di frignare!!»
«E perché non dovrei?!- gli gridò contro lei, facendolo spaventare non poco- Sei stato cattivo con me! Sei…stato…cattivo…»
Prese a piangere ancora più forte e Inuyasha si guardò attorno, in preda al panico. Cosa poteva fare, maledizione? L’occhio gli cadde sulla scatola semiaperta che aveva fatto cadere poco prima.
«Ehi…ehi, guarda!- disse, recuperando la scatola e cercando di prodursi in quello che poteva passare per un sorriso- Guarda, non si è versato tutto. Lo assaggio, va bene? Guarda, lo sto mangiando!» Senza nemmeno rendersi conto di quanto faceva, Inuyasha afferrò le bacchette e prese un’enorme porzione di ramen, per poi infilarsela in bocca. «Mmh…è buono!» esclamò, entusiasta, ma perse subito tutta la sua finta verve nel vedere che lei piangeva ancora. Si accucciò davanti a lei, osservando con aria mesta il suo capo chino, le sue spalle fragili scosse dai singhiozzi. Non riusciva a vederla così. A lei si addiceva sorridere…sorridere come aveva fatto in quei giorni che per lui erano così strani.
«Ehi, dai, basta piangere.- disse, e la voce gli uscì dolce e carezzevole come mai prima- Dai, ti prego. Avanti…Kagome, fammi un sorriso.»
Allungò perfino una mano per carezzare quei meravigliosi capelli d’ebano. Proprio allora, Kagome alzò il viso per guardarlo, le guance bagnate di pianto. Inuyasha si perse in quegli occhi così profondi, ancora velati di lacrime. Anche per questo, impiegò qualche secondo a rendersi conto che ora la ragazza stava sorridendo.
«Mi hai chiamata per nome! E’ la prima volta, Inuyasha.» sussurrò lei. Inuyasha si rese conto di essere arrossito. Ma che diavolo gli stava succedendo? Sentì una mano delicata posarsi sulla sua e sobbalzò. Non poteva crederci. Lei…l’aveva toccato senza alcun timore?
«Ah…io…- balbettò Inuyasha- Non…»
«Grazie, Inuyasha.» disse lei e Inuyasha si rese conto che non sarebbe mai riuscito a fare del male a quella ragazza così strana…e così dolce. Vide che stava trattenendo una risata.
«E ora che c’è?» borbottò, ancora scosso. Certo che quella ragazza cambiava umore con una rapidità mostruosa!
«Hai la bocca sporca del sugo dei ramen, Inuyasha.» disse lei, ridacchiando. Inuyasha arrossì di nuovo e si pulì velocemente la bocca con la manica. Fu per questo che a Kagome non fu dato vedere il suo veloce e timido sorriso.

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Capitolo 9
*** 8 - Sospetti ***


Author's note: A grande richiesta (stavolta posso proprio dirlo ;D ) ecco a voi cosa succede al Palazzo di Sesshomaru...il quale non è proprio di buon umore...

Seduto sul suo trono, Sesshomaru osservava con occhi gelidi la donna inginocchiata a poca distanza, ancora a capo chino dopo il saluto di rito. La inu-yokai, che secondo la storia narratagli pareva essere la sua arma migliore, era appena tornata dal villaggio di umani in cui aveva lasciato la mocciosa cui doveva la vita e pochi minuti prima Sesshomaru le aveva concesso udienza.
In quei giorni, Jaken gli aveva raccontato quasi tutto ciò che c’era da sapere, ma Sesshomaru aveva una strana sensazione. Non si fidava completamente delle parole che gli erano state dette, nonostante fosse certo che Jaken non avrebbe mai osato sfidare la sua autorità. Sentiva che si nascondeva qualcosa negli sguardi sfuggenti del suo servitore, nello strano atteggiamento della servitù al suo ritorno. Ora avrebbe avuto le sue risposte da quella donna e avrebbe tratto le dovute conclusioni. Così, dopo averla fatta attendere nella medesima posizione per una quantità di tempo imbarazzante, Sesshomaru si decise a parlare.
«Ci hai messo troppo, donna.» furono le sue prime parole. La inu-yokai le prese come tacito permesso di rialzare lo sguardo.
«Chiedo venia, Sesshomaru-sama. Non accadrà più.» rispose lei, con voce pacata e musicale. Sesshomaru corrugò appena la fronte. Se c’era una cosa che lo irritava nella donna era proprio questa apparente sicurezza in se stessa.
«Il tempo mi saprà dire se le tue parole sono veritiere.- rispose, rigido e marmoreo sul suo scranno- A proposito di verità…Jaken mi ha illustrato gli avvenimenti di cui sono stato privato.»
«Spero abbiano fatto chiarezza nei vostri pensieri, Sesshomaru-sama.» fu la risposta della donna. Notando che Sesshomaru non aveva intenzione di rispondere, aggiunse: «Avete ricordato qualcosa, Sesshomaru-sama?»
«Nulla.- fu la secca risposta di Sesshomaru- E ora dimmi, come sono arrivato a perderli? Jaken non sa niente di questa storia.»
«Presumo vi abbia narrato gli avvenimenti riguardanti la guerra contro il Signore dell’Est.» disse la ragazza e Sesshomaru annuì. Questo era un punto dolente. La sola cosa che avrebbe voluto ricordare con tutte le sue forze era proprio il momento della morte di Soichiro. Jaken gli aveva detto che alla fine gli aveva strappato il cuore come promesso tanti anni prima. Una soddisfazione immensa che ora per Sesshomaru non rappresentava che una storia del tutto oggettiva.
«Soichiro è morto e io posseggo anche le Terre dell’Est.- disse, gelido, scrutandola con i suoi occhi ambrati- Fin qui ci sono. Vai avanti.»
«Permettetemi di chiedere il vostro perdono ancora una volta, Sesshomaru-sama, per l’ingenuità che non mi ha permesso di condurre l’ultima battaglia al vostro fianco.» disse la donna, chinando di nuovo il capo. Sesshomaru alzò appena un sopracciglio. Jaken gli aveva raccontato che la inu-yokai, a guerra pressoché ultimata, era rimasta vittima dell’attacco di un uomo di fede, e per questo lui, il Grande Sesshomaru, si era recato da solo a finire il suo più grande nemico. Le parole dei due coincidevano, ma Sesshomaru era certo che lei avesse pronunciato quella frase col preciso intento di dissipare i suoi dubbi riguardo la sincerità della propria sottoposta.
“Astuta.- pensò di nuovo- Questa donna ha una mente che viaggia svelta…e che mi conosce piuttosto bene.”
«Ti ho detto di andare avanti. Non annoiarmi con parole inutili.» le ordinò, secco.
«Ebbene, Sesshomaru-sama, qualche giorno fa ci siamo diretti alla Grotta degli Echi, essendo vostro desiderio sfruttare al massimo i nuovi domini.- continuò la demone bionda- Siete entrato nella Grotta da solo, lasciandomi di guardia all’ingresso. Non so esattamente cosa sia successo all’interno, ma quando non vi ho visto tornare ho contravvenuto al vostro ordine e sono entrata.» Lo guardò come aspettandosi un rimprovero, ma Sesshomaru le fece un cenno seccato. «Non vi ho trovato nella Grotta, ma ho capito che eravate caduto nel fiume e che con voi era presente anche vostro fratello Inuyasha.- continuò la donna- Un tengu mi informò che eravate caduto nella trappola del demone forbice Kiokumushi, tuttora fedele a Soichiro, il quale aveva sottratto cinquant’anni di memorie sia a voi che a vostro fratello.»
«Ecco spiegato lo strano comportamento di Inuyasha.» mormorò fra sé Sesshomaru, corrugando le fini sopracciglia. Anche Inuyasha era sembrato confuso, alla Grotta, ma il pensiero di Tessaiga non aveva lasciato spazio a questi ragionamenti, al momento. Alzò lo sguardo sulla propria sottoposta. «E che ne è stato di questo Kiokumushi?» chiese Sesshomaru. Desiderava ucciderlo per aver osato una tale impudenza sulla sua persona!
«L’ho inseguito e ucciso, Sesshomaru-sama.- rispose la donna- Purtroppo, aveva già rotto il vaso con le vostre memorie. Speravo fossero tornate a voi, ma così non è stato. Dopodiché, ho seguito le vostre tracce fino al castello.»
Sesshomaru fece una smorfia. Gli era stato tolto anche il piacere della vendetta. Guardò di nuovo la donna, che ora attendeva disposizioni con viso inespressivo. Jaken gli aveva illustrato quali fossero le potenzialità della ragazza e in quale modo ella fosse entrata al suo servizio. Poteva sentire il potere che la permeava e, benché fosse di livello inferiore rispetto al suo, doveva essere in grado di dare del filo da torcere alla gran maggioranza degli yokai. L’odore umano che le era proprio era quasi impercettibile, quel giorno, al contrario del primo momento in cui gli si era presentata di fronte. A quel livello, la cosa si riduceva a un fastidio sopportabile.
Eppure, qualcosa in lei non lo convinceva e lo spronava a tenere gli occhi aperti. Non avrebbe saputo dire da dove giungeva quel sospetto, ma Sesshomaru era convinto che prima o poi l’avrebbe scoperto e se le omissioni di cui era stato fatto oggetto fossero state più importanti del previsto, guai a coloro che avevano osato pronunciare bugie di fronte al Grande Sesshomaru!
«Molto bene, puoi congedarti.- disse, guardando altrove- Questa sera testerò le tue capacità nel sotterraneo.»
«Come desiderate, Sesshomaru-sama.» rispose lei, remissiva, alzandosi da terra e uscendo con un inchino. Non appena fu fuori dalla stanza, Sesshomaru la dimenticò. Aveva altro a cui pensare. Tessaiga, ad esempio.

***

«Com’è andata?» chiese Jaken, quando Anna entrò nella propria stanza, nuovamente adibita al suo scopo dopo tanti mesi.
«E tu che ci fai in camera mia?» chiese Anna, sollevando un sopracciglio. Jaken fece un verso sprezzante e Anna sospirò, scuotendo il capo. Non andava nemmeno a lei di scherzare. «Bene, credo.- gli rispose, sedendosi per terra- Le nostre versioni coincidono…eppure non mi sembra convinto.»
«Sei tu che non lo convinci e non mi stupisce.- disse Jaken, sprezzante- Se Sesshomaru-sama non avesse incontrato Rin, non ti avrebbe degnata nemmeno di un mezzo sguardo e dentro di sé l’ha sempre saputo!»
«Già, ma si dà il caso che le cose non siano andate così.- disse Anna, piccata, fulminando il piccolo rospo con un’occhiata- Il problema è che Sesshomaru è in grado di individuare anche la più piccola incertezza nel tono di una voce e tu sei un pessimo bugiardo.»
«Se stai cercando di litigare, non mi trovi in vena.- ribatté Jaken, borbottando- Sono preoccupato per Sesshomaru-sama. Non mi sembra che stia bene.»
«La confusione non è la sua condizione mentale ideale.- ammise Anna, rattristandosi- Gli ho dovuto raccontare che Kiokumushi è morto per mano mia, altrimenti sarebbe stato capace di partire alla ricerca del vaso.»
«Ma quanto ci mettono quegli stupidi dei tuoi amici umani?» domandò Jaken, sospirando e rigirandosi il Bastone Ninto tra le mani.
«Troppo, in effetti.- disse Anna, corrugando la fronte- Sono preoccupata. Inuyasha è tenuto a bada a fatica da Kagome, ma se Sesshomaru decidesse di fare qualche sciocchezza io non avrei né la forza né il potere di trattenerlo.»
«Sesshomaru-sama non commette sciocchezze!» protestò vivamente Jaken, offeso. Anna sbuffò, facendo un gesto con la mano.
«Hai capito cosa voglio dire. Sto parlando di Tessaiga.- disse, cinica- Comunque, non possiamo far altro che aspettare e sperare in bene.»
Jaken annuì, atteggiando il volto da rospo in una smorfia. I due rimasero in silenzio per qualche istante, quindi Anna parlò, costringendo il piccolo demone a prestare attenzione.
«Hai fatto sparire la mia roba dalla sua camera da letto?» chiese Anna, in un sussurro, con lo sguardo fisso nel vuoto.
«Sì, ho fatto portare tutto qui.- rispose Jaken, con voce secca- Ho fatto arieggiare la stanza e ho sparso profumi e incensi. Non si accorgerà mai che hai dormito con lui.»
«Sesshomaru ha il naso fino.» replicò Anna, inespressiva.
«Sesshomaru-sama non usava quasi mai quella stanza, prima del tuo arrivo.- disse Jaken, facendo spallucce- Se siamo fortunati, non ci entrerà nemmeno una volta.»
Anna annuì, sempre senza guardare Jaken, e tra i due cadde di nuovo il silenzio. Dopo poco, comprendendo che la conversazione era finita, Jaken si alzò e se ne andò silenziosamente.  Lasciata sola, Anna poggiò la testa contro la parete e chiuse gli occhi. E così, dopo essere stata risucchiata via dalla mente del suo amato, era stata cancellata anche dal luogo in cui il loro amore si era consumato con qualche incenso e un letto rifatto.
“Ricordati di me, perché non so quanto potrò resistere.- pensò Anna, scivolando in una sorta di dormiveglia- Ricordati di me, prima che io mi spezzi.”
Il suo sonno fu costellato di incubi.

***

Anna si sedette a terra, esalando con fatica ogni singolo respiro mentre si detergeva il sudore dalla fronte. Chiuse gli occhi, cercando di placare il battito del proprio cuore dopo l’intensivo allenamento cui Sesshomaru l’aveva sottoposta. Lui era appena uscito dalla palestra sotterranea, soddisfatto di essersi sfogato, ma Anna iniziava a subire non poco gli effetti di quegli scontri impari.
Si guardò le braccia, facendo una smorfia nel vedere i lividi e i tagli che le costellavano. Ogni giorno sparivano per essere rimpiazzati nell’allenamento serale. Sesshomaru non ci andava per nulla leggero e Anna poteva solo ringraziare il fatto che il demone fosse distratto dal pensiero di Tessaiga, altrimenti ne avrebbe prese di peggiori e probabilmente avrebbe rimediato anche qualche osso rotto. Non c’era niente da fare: Sesshomaru sarebbe stato sempre di parecchie lunghezze più forte e veloce di lei.
Dal giorno in cui era tornata a Palazzo, Sesshomaru la costringeva ogni sera a combattere con lui nella palestra sotterranea, con l’evidente obiettivo di testare le sue capacità. Sesshomaru combatteva con una tale indifferenza per la sua sorte, però, che Anna doveva sempre lottare al massimo delle sue forze per non soccombere e si ritrovava semi martoriata alla fine di ogni allenamento. La cosa stava iniziando a stancarla. Al contrario, Sesshomaru sembrava averla ormai presa come un’abitudine. Benché felice di vedere Sesshomaru ogni sera, Anna sperava si stancasse presto di quella dannosa attività.
I suoi occhi si scurirono d’apprensione, mentre si massaggiava i lividi. Era passata un’altra settimana e ancora nessuna notizia di Miroku e Sango era giunta a Palazzo. La preoccupazione che aveva fatto capolino durante la sua ultima visita a Kagome aveva ormai preso di prepotenza il predominio. Perché quel ritardo? Che fosse successo qualcosa al vaso, o ai suoi amici stessi? Anna aveva fiducia in loro, ma non poteva fare a meno di tormentarsi. Probabilmente, a quell’ora Kagome aveva ricevuto una seppur minima notizia dei due, ma di certo non aveva il mezzo per farglielo sapere e Anna non poteva arrischiarsi a lasciare il Palazzo così, su due piedi! Inoltre, era molto preoccupata per Rin. Chissà se la bambina era riuscita a parlare, durante la sua assenza? Chissà se aveva compreso il perché dell’assurdo gesto di Sesshomaru? Era ad un punto morto, non poteva far altro che aspettare e questo, unito al gelo dello sguardo di Sesshomaru, la stava facendo diventare pazza. Sospirò, preda di una profonda tristezza.
«Vai ad Est.»
La voce di Sesshomaru la fece sobbalzare violentemente. Si girò di scatto, rimproverandosi per quella mancanza d’attenzione. Sesshomaru era in piedi a pochi centimetri da lei e la guardava senza una reale espressione sul volto.
«Co…Come, Sesshomaru-sama?» chiese, ritrovando sorriso e compostezza. Sesshomaru fissò lo sguardo su un punto a caso del dojo.
«Da quello che ho intuito, dopo la morte di Soichiro non ho raccolto i giuramenti di fedeltà delle tribù dell’Est.» La guardò in cerca di conferma e Anna annuì. «E’ giunto il momento che mi prestino fedeltà.- continuò Sesshomaru, iniziando col voltarsi per andarsene- Vai a Est e contatta i capi tribù. Portameli qui. Se trovi qualche traditore, uccidi la tribù.»
Anna non poteva credere alle sue orecchie. Sesshomaru le aveva appena offerto su un piatto d’argento l’occasione per andare da Kagome!
«Come volete, Sesshomaru-sama.» rispose, sorridente. Lui le lanciò un’ultima, gelida occhiata, poi scomparve oltre la porta. Il sorriso di Anna si accentuò. Sesshomaru non sapeva che i capi dei demoni dell’Est erano già stati contattati e aspettavano solo che il Signore dell’Ovest si degnasse di dar loro udienza. Non doveva far altro che far partire il segnale di adunata. Poi, avrebbe potuto dedicarsi a Kagome e a Rin…e in maniera indiretta, anche a Sesshomaru. Senza perdere altro tempo, Anna uscì dal dojo. Pochi minuti dopo era già oltre le mura del Palazzo.

***

La sera era calata velocemente, sul Palazzo del Signore dei Demoni. Seduto sulla balaustra della balconata che passava attorno ai suoi appartamenti, Sesshomaru rifletteva sul suo strano presente e sulle cose che aveva dimenticato. Il gelido vento invernale gli scompigliava i capelli d’argento e gli entrava nelle vesti, ma a Sesshomaru questo non dava alcun fastidio.
Circa un’ora prima, la sua nuova sottoposta era partita verso oriente, come le era stato ordinato. Se poteva dire una cosa buona su quella donna, era che obbediva ai sui ordini con un’apprezzabile prontezza. Sesshomaru corrugò appena la fronte. Aveva testato la forza di quella donna e ne aveva ricavato risultati piuttosto positivi. Gli era sempre più comprensibile il fatto che l’avesse presa al suo servizio, nonostante la sua origine bastarda. Era forte fisicamente, anche se non quanto un demone del suo lignaggio, resistente ai colpi e, soprattutto, non si lamentava mai. Sesshomaru aveva sempre detestato le donne yokai,  pronte a gettarsi in battaglia con furia per poi fuggire a gambe levate o invocare pietà non appena si accorgevano di non essere in grado.
Sesshomaru aveva ridotto la donna piuttosto male già un paio di volte, ma da lei non era mai giunto un lamento. Questo era bene. Forte, silenziosa, intelligente. Come supporto era migliore di quel piccolo rospo di Jaken. Eppure, Sesshomaru continuava a sentirsi nervoso in sua presenza e questo non era sua abitudine. Cos’aveva quella donna per farlo sentire sempre sulle spine? Certo non una forza nascosta, benché Sesshomaru avesse intuito che il suo potere di sottrarre l’energia vitale altrui avrebbe potuto dare noie perfino a lui. No…era ciò che quella donna nascondeva sotto la facciata sottomessa e pacata che creava tra loro una sorta di elettricità che a Sesshomaru dava sui nervi.
Quella sera, ad esempio. Non era tristezza quella che aveva avvertito provenire da lei, mentre sedeva da sola nel dojo? Per quale motivo un demone avrebbe dovuto provare tristezza? Non capiva, eppure questi aspetti contraddittori lo intrigavano. Già, lo intrigavano almeno quanto lo irritavano a morte. Per fortuna, per qualche giorno si era liberato di lei, almeno si sarebbe placata la voglia di cavarle quegli occhi azzurri che parevano scavargli nell’anima alla ricerca di chissà cosa ogni volta che lo guardavano.
In un battito di ciglia, i suoi pensieri si spostarono sul sempiterno oggetto del suo desiderio: Tessaiga. Per quanto ci pensasse, Sesshomaru non riusciva ad accettare le cose che gli erano state narrate. La Tessaiga aveva riconosciuto Inuyasha come suo padrone? Inuyasha era in grado di usarla in maniera consona?! Sciocchezze! Non poteva né voleva credere che uno stupido mezzo sangue fosse in grado di brandire la spada.
Jaken gli aveva raccontato che da mesi ormai non cercava di ottenere Tessaiga, avendo compreso il suo ruolo nella vita del fratellastro e contentandosi della spada Tokijin, che era comunque un’arma formidabile. Eppure, per Sesshomaru queste non erano che parole. Non aveva ricordo di tutto ciò, quindi per lui la rassegnazione non aveva motivo di esistere. Inuyasha non era stato in grado di usare la spada, nella Grotta, forse a causa della perdita della memoria, e per Sesshomaru questo era sufficiente. Voleva la spada. Il suo desiderio non gli lasciava altra scelta che quella di soddisfarlo.
«Già, io voglio Tessaiga.» mormorò, con un lampo pericoloso negli occhi. Era inutile stare a cincischiare. Meglio andare da Inuyasha, porre fine alla sua inutile vita e prendere Tessaiga. In seguito, avrebbe pensato a come riuscire a impugnarla nonostante la barriera protettiva.
«Jaken, portami le spade! Partiamo!» chiamò, alzandosi in piedi. Nessuno gli rispose. «Jaken!» chiamò ancora, più forte. Ma dove diavolo si era andato a cacciare, quel dannato piccolo rospo?! Sesshomaru ricordò di averlo mandato nelle cucine a ordinare che non gli venisse preparata la cena, il che significava che in quel momento Jaken era distante un piano e un’ala del castello da lui.
Seccato, Sesshomaru si risolse a fare da sé. Dopotutto, le aveva lasciate nella sala del trono, a due passi da dove si trovava. Non doveva far altro che attraversare la sala da pranzo dei propri appartamenti. Pensieroso, si incamminò verso la sua meta. Si accorse di essere andato altrove solo quando aprì la porta della propria camera da letto.
«Ma che diavolo…» disse, con una smorfia. Perché i suoi passi l’avevano portato lì? Il suo corpo aveva agito senza chiedere il consenso della sua mente. Eppure non usava quasi mai quella stanza! Una tremenda zaffata di profumo gli assalì il naso, facendogli scoprire le zanne dal disgusto. Incensi e profumi intensi appestavano la stanza. «Ma che cosa è saltato in mente a Jaken?!- ringhiò, portandosi una manica al naso- Jaken!»
Il piccolo demone era ancora troppo lontano per sentirlo e Sesshomaru sbuffò. Quella volta, l’avrebbe ucciso sul serio!  Invece di chiudere la porta, entrò nella stanza,  aprendo la finestra e guardandosi attorno con aria seccata. Non gradiva che fossero fatti interventi non richiesti nelle sue stanze, nemmeno in quelle che non usava mai. Jaken avrebbe pagato quella contravvenzione a ordini che conosceva da secoli, ormai. Si guardò attorno, cercando altre prove delittuose, ma tutto sembrava al suo posto. Solo quell’odore insistente, che grazie al cielo il vento pungente stava portando via.
“Sembra fatto apposta per coprire un qualche odore sgradevole, dannazione.” si disse, disgustato. Il pensiero lo colpì. In effetti, quale altro motivo avrebbe avuto Jaken di profumare le sue stanze? Eppure, non avvertiva odori agri o marci al di sotto dell’intossicante profumo di incenso e fiori. Sesshomaru corrugò la fronte, mentre inalava di nuovo l’odore della stanza, analizzandolo con più accortezza. Sì, incenso e fiori. Un odore forte, ma molto recente. E al di sotto, il proprio odore. Forte, deciso, come se avesse passato molte ore in quella stanza.
“Devo aver ripreso a dormire la notte.- si disse Sesshomaru, guardandosi attorno con aria cupa- Ma perché? E’ un inutile spreco di tempo.”
Eppure, il suo odore provava inequivocabilmente che avesse dormito nella stanza per diverso tempo; mesi, forse. Ma perché Jaken avrebbe dovuto nasconderglielo? Non aveva senso. Sesshomaru scavò più a fondo. C’era un odore di poco più debole al di sotto del suo. Un odore che aleggiava su tutto con delicatezza tale da sfuggirgli, corrotto com’era dai forti incensi. Inalò ancora l’odore della stanza, avvicinandosi al futon. Sì, lì era più intenso.
Sul futon? Sesshomaru fece una smorfia. Un recente amplesso con una delle sue concubine? Lo trovava ben poco probabile. Possibile che Jaken avesse voluto coprirne l’odore? Nessuna donna era mai stata nelle sue stanze. Quelle pochissime volte in cui aveva approfittato del vecchio dono di Tetsuya, aveva consumato il breve atto altrove, non volendo contaminare le proprie stanze. Inoltre, nessuna donna sarebbe rimasta nel suo letto abbastanza a lungo da appestarlo col proprio odore. Eppure…
Passò una mano sulle coperte, corrucciato. Quando la rialzò, tra le sue dita era rimasto impigliato un lunghissimo capello. Avrebbe potuto essere suo…se non avesse brillato d’oro anziché d’argento! Sesshomaru sgranò gli occhi d’ambra, osservando il capello che brillava sul suo palmo. L’immagine di una inu-yokai bionda con intriganti occhi chiari gli balzò alla mente con tale immediatezza da fargli perdere un battito.
Un capello di quella donna, Anna. Nel suo letto. Lei era stata nel suo letto!
D’improvviso riconobbe il suo odore e si alzò in piedi di scatto, stringendo la mano a pugno e gettando fuori il capello biondo. Ne osservò la caduta, mentre stringeva le labbra in una linea sottile. Ecco cosa gli era stato nascosto con tanta cura, cosa si celava dietro le incertezze nella voce di Jaken e di lei. Lui e la donna bionda erano stati amanti! Inoltre, la cosa doveva essere andata avanti per mesi. Perché glielo avevano tenuto nascosto? E perché…perché il suo cuore batteva ora a quella velocità spaventosa?

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Capitolo 10
*** 9 - Gelosia! ***


Author's note: Inuyasha è molto più malleabile di Sesshomaru, a meno che non diventi...geloso!! Enjoy! ;)

«E così vorresti diventare un vero demone.» sospirò la giovane miko, guardandolo con occhi luminosi.
«Esatto.- disse Inuyasha, seduto a gambe incrociate accanto a lei- Voglio diventare forte. Beh…più forte di così.»
La guardò. Lei lo ascoltava con calma, sorridente e solare come un giorno di primavera, e al solo vederla Inuyasha sentiva il proprio cuore scaldarsi. Non sapeva perché, ma quella sensazione era così piacevole che aveva cominciato a cercarla di sua spontanea volontà. Aveva iniziato a parlare con quella piccola streghetta ed era arrivato a confessarle cose che non aveva mai detto a nessuno. E lei lo ascoltava…e lo capiva! La cosa aveva dell’incredibile.
«Ma tu sei forte, Inuyasha.» ribatté lei.
«Feh! In confronto a tanti demoni e mezzi demoni, sì, sono forte.- disse Inuyasha, sprezzante- Ma ci sono anche demoni più forti di me.» Cupo, sfiorò l’elsa di Tessaiga. Un esempio per tutti era suo fratello Sesshomaru. La miko sospirò di nuovo, guardando il cielo nuvoloso.
«E’ per questo che vuoi la Sfera, quindi?» chiese.
«Certo!» Inuyasha si alzò in piedi con entusiasmo, un sorrisetto sul volto. «Quella Sfera esaudirà il mio desiderio. Dopodiché, non avrò più problemi né dagli stupidi esseri umani, né da quei dannati imbecilli yokai.»
«Ma…sei certo che non cambierai, Inuyasha?» chiese lei, lasciandolo perplesso.
«Eh?- chiese, grattandosi la testa- Ma se ti ho appena detto…»
«Sto parlando del tuo cuore, Inuyasha.- disse lei, e non gli piacque il lampo di tristezza che le vide negli occhi- Non credi che il tuo cuore cambierà?»
Inuyasha si sedette di nuovo accanto a lei, stupito da quella domanda inaspettata. Non ci aveva mai pensato.
«Forse, una volta usata la Sfera inizierai ad uccidere tutto e tutti.» continuò Kagome, triste. Inuyasha la afferrò per una spalla e lei si voltò verso di lui, sorpresa.
«Il mio cuore non cambierà mai!- rispose d’impeto, per poi chiedersi che diavolo stesse facendo e lasciarla andare- E poi…non ho mai detto di voler diventare un demone buono.»
Arrossì quando la vide sorridere.
«Tu sei buono, Inuyasha.» disse lei. Inuyasha abbassò le palpebre a mezz’asta.
«Oi! Mi stai dando dello stupido?» ringhiò. Kagome scoppiò a ridere scuotendo la testa e la parvenza di malumore di Inuyasha si dissolse. Santo cielo…come faceva a fargli questo? Come faceva ad avere tutto quel potere su di lui? La cosa lo spaventava, ma, allo stesso tempo, più passavano i giorni, più la cosa lo inchiodava a quel villaggio. La Sfera era diventata un obiettivo piuttosto remoto. Inuyasha non riusciva a capire perché qualcosa in lui non chiedesse altro che continuare a guardare negli occhi quella giovane miko che l’aveva stregato. Kagome si alzò in piedi, sempre ridendo, e si voltò verso di lui con aria birichina.
«Sai, Inuyasha? Io credo che tu sia migliore sia degli uomini che degli yokai.- disse, lasciando basito Inuyasha- Sei forte come uno yokai, ma hai un cuore umano. Hai in te il meglio di entrambe le razze. Non dovresti desiderare di cambiare.»
Incapace di rispondere, Inuyasha la vide allontanarsi di corsa verso il villaggio. Era la prima volta che qualcuno gli diceva una cosa del genere. Possibile che Kagome pensasse davvero questo di lui? La forza di uno yokai…e un cuore umano. Inuyasha si pose una mano sul petto, avvertendo il battito del proprio cuore. Non aveva mai pensato di poter perdere i propri sentimenti nel diventare uno yokai. Un’immagine del volto gelido di suo fratello lo fece rabbrividire. Un tempo non gli sarebbe importato molto. Non c’era nient’altro che dolore nel suo cuore e se fosse scomparso non gli sarebbe dispiaciuto. Ma ora…ora stava sperimentando dei sentimenti nuovi. Dolci, belli e caldi. Non voleva che questi sparissero.
Non voleva uccidere senza pensieri, soprattutto non Kagome. Al solo pensiero di avere il suo sangue sulle mani si sentì stringere lo stomaco in una morsa. Che diavolo gli stava succedendo? Si sentiva forte come non mai, eppure non aveva nemmeno posato gli occhi sulla Sfera. Era sicuro di volerla usare? Eppure, che altro poteva fare? Se solo fosse riuscito ad usare Tessaiga…
Sospirando, accarezzò l’elsa della sua inutile eredità. Kagome se n’era andata senza salutarlo. Chissà dov’era andata? Qualche giorno prima, Inuyasha aveva scoperto un pozzo poco distante dall’albero sacro che aveva eletto a sua dimora e aveva avvertito con prepotenza l’odore della ragazza. Aveva sentito dire che quel pozzo veniva chiamato Mangia Ossa, e si era stupito che la miko ci si fosse infilata tanto spesso da caratterizzarlo col proprio odore, ma quando le aveva chiesto spiegazioni lei era stata sfuggente.
Inuyasha avrebbe anche lasciato stare, se non si fosse accorto che anche il proprio odore era forte nella zona. Addirittura, aveva avuto la tentazione di buttarcisi dentro, con la certezza che sarebbe arrivato da qualche parte…ma dove? Eppure era certo di non essere mai stato in quel luogo! Il villaggio di Edo, i suoi dintorni e anche il sorriso dolce di Kagome suscitavano in lui echi che non riusciva a capire. Avrebbe voluto chiedere a Kagome quale fosse il suo parere, ma non si era azzardato. Dopotutto, che figura avrebbe fatto? Avrebbe dovuto ammettere quanto teneva a lei, e…
Inuyasha sobbalzò a quel pensiero. Lui…teneva a lei? Davvero era arrivato a questo punto in così pochi giorni? E perché gli sembrava tutto perfettamente giusto?
«Io…le voglio bene?» mormorò, arrossendo suo malgrado. Quasi gli venne un infarto quando sentì pulsare sotto le sue dita l’elsa di Tessaiga. «Ma che diavolo…!» esclamò, alzandosi in piedi e sfoderando la spada. La lama sembrava uguale al solito ma pulsava, come se fosse pronta a ingaggiare battaglia. Perché faceva così?! Perché proprio in quel momento?!
«Inuyasha!» La voce argentina di Kagome gli fece alzare lo sguardo, sconvolto. Lei gli stava correndo incontro, tenendo in mano due scodelle calde. «Inuyasha, mangiamo insieme!»
«Ka…Kagome!» esclamò lui, correndole incontro. Lei si fermò, comprendendo che qualcosa non andava. «Tessaiga! Cioè…la spada!- balbettò lui, ancora incredulo e sconvolto- Si è messa a pulsare! Che faccio?! Non l’ha mai fatto! Io…»
«Ma mi avevi detto che non funzionava!» disse Kagome, agitata.
«Non l’aveva mai fatto!- disse Inuyasha, guardando la lama mentre la pulsazione iniziava a scomparire- Non so neanche perché ha cominciato! Voglio dire…»
«Hai pensato a qualcosa in particolare?» chiese Kagome, guardandolo con tale trasporto da fargli fare un passo indietro. Inuyasha rifletté per un istante, poi si rese conto che la spada aveva preso a pulsare dopo che lui aveva detto…Arrossì come un peperone e rinfoderò la spada. Lei lo guardò con un sorriso pieno di aspettativa e Inuyasha borbottò qualcosa.
«Eh?» chiese Kagome, avvicinandosi.
«Niente! Ho detto che non ho pensato a niente!- sbraitò Inuyasha, imbarazzato oltre ogni dire- E non starmi addosso!»
«Cosa?! Ma sei tu che mi hai chiesto consiglio!» sbottò Kagome, arrabbiandosi.
«Non sono fatti tuoi quello che penso o non penso!» continuò Inuyasha, dandole le spalle per non permetterle di vedere quanto fosse imbarazzato. Una scodella lo centrò in testa.
«Maledetta…» ringhiò Inuyasha, voltandosi e tenendosi una mano sulla parte lesa. Kagome gli fece una linguaccia e parve pronta a continuare la loro battaglia verbale, quando entrambi si irrigidirono.
«Si avvicina qualcosa.» mormorò Kagome. Non ebbe bisogno di controllare per sapere di aver lasciato arco e frecce a casa della vecchia Kaede. Inuyasha annusò l’aria, spostandosi inconsciamente davanti a Kagome, come per proteggerla.
«Okami-yokai.- ringhiò- Sono in tre.»
«Demoni lupo?!» chiese Kagome, sorpresa, ma Inuyasha non se ne accorse nemmeno.
«Avranno pane per i loro denti.» disse, schioccando le falangi.
«Aspetta, Inuyasha.- disse Kagome, mettendogli una mano sulla spalla- Forse non è il caso di…»
«Eccoli!!!» gridò Inuyasha, spiccando un balzo verso gli alberi. Una sagoma veloce sbucò dal folto, evitando l’attacco di Inuyasha e superandolo senza degnarlo di un’occhiata. Inuyasha si voltò con furia. A poca distanza da Kagome, un demone lupo dall’aria strafottente lo guardava dall’alto in basso. Inuyasha ringhiò, pronto per un altro attacco, quando il nuovo arrivato disse: «Sempre agitato, eh? Dico a te, stupido cagnolino!»
Inuyasha si bloccò, irato ma perplesso. Quel demone si comportava come se lo conoscesse…ma Inuyasha era certo di non averlo mai visto in vita sua!
«Ehi, che vuoi dire, dannato lupastro?- ringhiò, per poi accorgersi che il demone gli aveva già voltato le spalle e si stava dirigendo verso Kagome- Ehi, maledetto!» Inuyasha scattò, pronto a dilaniare il demone, ma la scena che gli si presentò di fronte gli fece quasi perdere l’equilibrio. Di certo, lo costrinse a fermarsi, con la bocca aperta. Il demone lupo, invece di attaccare la miko, aveva appena agguantato le mani della ragazza e la stava guardando con occhi che all’hanyo non dicevano niente di buono. Anzi, quello sguardo gli stava facendo ribollire il sangue d’ira! Difatti, non si accorse nemmeno dell’arrivo degli altri due, ansimanti okami-yokai.
«Kagome, mi sei mancata.» stava dicendo il dannato fedifrago.
«E’ molto tempo che non ci vediamo, Koga.» disse lei, fin troppo cordialmente per le orecchie di Inuyasha.
«Ma…ma che diavolo…» balbettò Inuyasha, basito. Kagome e quel dannato si conoscevano?! E come si permetteva lui di prendersi tante confidenze?!
«Non ti sei ancora stancata di stare vicino a un idiota del genere, Kagome?» continuò Koga, imperterrito.
«Ehm…Koga, forse dovrei dirti che…» iniziò a dire Kagome, prima che Inuyasha si mettesse in mezzo e strappasse le sue mani da quelle di Koga. Le guance della ragazza andarono in fiamme per quel gesto così possessivo.
«Non osare toccarla con le tue sudicie mani.» ringhiò Inuyasha, fuori dai gangheri, fulminando il demone lupo con uno sguardo. Non sapeva perché, ma il solo pensiero che lui la toccasse gli faceva venire voglia di ridurlo a brandelli!
«Finiscila con questa gelosia da due soldi!- esclamò Koga, afferrandolo per il bavero e tirandoselo vicino, un ghigno strafottente sul viso- Kagome è la mia donna, qualunque cosa accada!»
«Cos…» boccheggiò Inuyasha, prima di digrignare i denti e sferrare al lupo un pugno che l’altro evitò per un soffio. Kagome si avvicinò a Koga, cercando di ignorare l’occhiata ferita che Inuyasha le scoccò.
«Koga, non farlo arrabbiare.- sussurrò, cercando di parlare il più piano possibile- Inuyasha ha perso alcuni dei suoi ricordi e non ha memoria di te…e nemmeno del nostro rapporto.»
«Ah, ecco cos’aveva di strano.» disse Koga, sollevando un sopracciglio.
«Kagome, allontanati da lui.» ringhiò Inuyasha, scrocchiando le nocche. Perché lei gli stava così vicina? Possibile che ci fosse davvero qualcosa tra quei due? Il solo pensiero lo faceva impazzire!
«Inuyasha, non dovete litigare!» disse Kagome, contrariata.
«Non hanno mai fatto niente di diverso, veramente.» dissero in coro Ginta e Haggaku, guadagnandosi un’occhiataccia da parte dei presenti. Inuyasha fece una smorfia.
«Feh! Un demone che si riduce a farsi difendere da una ragazza.- disse, sprezzante- Mi fai pena, lupastro!»
«Come osi, maledetto! Questa è solo la prova che Kagome mi ama davvero!» replicò Koga, deciso a ottenere il meglio da quella situazione favorevole. Non aveva capito molto della condizione di Inuyasha, ma se per qualche motivo si era dimenticato della relazione che aveva con la sua Kagome, tanto meglio! Strinse Kagome a sé, tenendola per la vita.
«Koga!» protestò Kagome, conscia che la mossa era tutto tranne che intelligente. Nemmeno a dirlo, gli occhi di Inuyasha si illuminarono di rosso.
«Ti ammazzo, dannato bastardo!!» gridò Inuyasha, ormai mosso esclusivamente dall’istinto. Quel maledetto aveva abbracciato la sua Kagome. Non avrebbe vissuto un altro giorno! Kagome si allontanò con uno strillo, subito presa in consegna da Ginta e Haggaku.
«Tutto bene?» le chiese Haggaku.
«Non c’è niente che va bene!- esclamò Kagome, preoccupata- Inuyasha non si ricorda di Koga! Potrebbe ucciderlo!»
«Come sempre.» disse Ginta, depresso.
«No, oggi è anche peggio.» ammise Haggaku, osservando i due.
In effetti, la situazione era piuttosto diversa dagli scontri precedenti. Prima di tutto, Koga non aveva più le schegge della Sfera nelle gambe e la sua velocità era diminuita di parecchio. Per contro, Inuyasha aveva invece poteri da yokai completo, benché la sua mente non lo ricordasse, e quindi era di molto superiore al passato. Senza contare, ovviamente, che ora era nel pieno di una tempesta di gelosia. Inuyasha continuava a portare colpi sia con gli artigli che coi piedi, saettando qua e là e mettendo Koga in grave difficoltà. Il demone lupo fece una smorfia, schivando un calcio che aprì una buca nel terreno. Quel cagnaccio era migliorato di parecchio! In più sembrava fuori di sé.
«Ti ammazzo!» ripeté Inuyasha, facendo partire un pugno che spillò sangue dal viso di Koga al solo sfiorarlo. Koga si spostò lateralmente e si abbassò, tirando un calcio alle caviglie di Inuyasha, che però saltò via, schivando.
«Dannazione…» ringhiò Koga, rialzandosi velocemente.
Inuyasha non riusciva a crederci. Il suo corpo era forte, più forte e veloce di quanto fosse mai stato. I suoi sensi erano più affinati e riusciva a gestire il combattimento con quello stupido lupastro con una tranquillità che lo sconcertava. Ma cosa diavolo gli stava succedendo? Si sentiva come…come un demone completo!
“Posso vincere in tutta tranquillità.” si disse, e un sorrisetto gli si disegnò sul volto. Si disimpegnò dall’attacco di Koga con una finta, poi lo afferrò per la lunga coda di capelli neri e lo sollevò da terra.
«Vedi di morire, bastardo!» urlò, lanciandolo lontano. Koga passò sopra la testa dei tre spettatori, che si abbassarono con uno strillo, e impattò contro un albero, spezzandone il tronco.
«Ugh…» gemette Koga, con una smorfia, toccandosi il petto con una mano. Quel dannato cagnaccio doveva avergli incrinato qualche costola.
«E’ la tua fine!» esclamò Inuyasha, deciso ad approfittare dell’occasione. Kagome, al contrario, ne aveva avuto abbastanza. Si alzò in piedi con furia, nonostante i consigli alla prudenza di Ginta e Haggaku, e urlò: «Osuwari!!!»
«Uargh!» urlò Inuyasha, quando una forza spropositata lo schiacciò al suolo come una frittella, riportando il silenzio e la pace nella radura.
«Inuyasha, finiscila!- lo sgridò Kagome, e la sua ira parve a tutti terribile- E tu, Koga, non provocarlo!»
«Ma Kagome…» protestarono i due.
«Osuwari!» ripeté Kagome, ma ovviamente la parola ebbe effetto solo sul povero Inuyasha, che sprofondò ulteriormente nel terreno, imprecando. Kagome si avvicinò a Koga.
«Koga, vai a casa.» gli disse, seria.
«Ma…» tentò di protestare lui.
«Ho molto apprezzato la vostra visita, Koga, ma questo è un momento delicato.- continuò Kagome, imperterrita- E’ meglio se tornate un’altra volta, quando Inuyasha sarà più calmo.»
Koga fece per replicare ancora, ma Ginta e Haggaku intervennero.
«Kagome-sama ha ragione, Koga.» disse Haggaku, preoccupato.
«Non puoi vincere contro Inuyasha, ora come ora.- aggiunse Ginta- Torniamo a casa.»
Era evidente che a Koga l’idea non piaceva, ma si fece convincere, mentre Ginta e Haggaku lo aiutavano ad alzarsi.
«Ma ci rivedremo, cagnolino.- disse, sprezzante- Ringrazia Kagome se per stavolta la tua vita è salva.»
«Cosa?!- sbraitò Inuyasha, tentando di alzarsi- Prova a ripeterlo e io ti…»
«Osuwari.» sospirò Kagome, stanca.
Così, mentre Inuyasha faceva una più intima conoscenza con la terra, Koga e i suoi si allontanarono nella foresta. Inuyasha non poteva crederci. Quella stupida gli aveva tolto la vittoria! Senza contare che aveva permesso a quell’idiota di okami-yokai di andarsene con tutta la calma del mondo! Si scoprì a ringhiare, le orecchie schiacciate sul capo. Si sentiva nervoso oltre ogni dire, anche perché l’immagine di quel bastardo mentre abbracciava Kagome non voleva lasciarlo in pace. Non sapeva perché gli desse fastidio, ma stava di fatto che lo faceva imbestialire!
«Ehi, Inuyasha, tutto bene?» gli chiese Kagome, sedendosi accanto a lui. Senza parlare, Inuyasha si rialzò lentamente, mettendosi a sedere e dandole le spalle. «Ehi…» mormorò Kagome, allungando una mano per toccarlo. Lui si voltò di scatto con ira, facendole ritrarre la mano.
«Che diavolo vuoi da me, eh?!- disse, iroso- Hai fatto scappare vivo e vegeto il tuo spasimante, quindi non venirmi a rompere le scatole. La prossima volta avvertimi di queste tue strambe relazioni!»
Kagome rimase a bocca aperta. Inuyasha era geloso…benché non si ricordasse niente del loro passato, era ancora geloso di lei! Sentì un sorriso salirle alle labbra. Vedere quel sorriso così amorevole fece imbestialire Inuyasha ancora di più.
«Oh, Inuyasha! Koga non è il mio ragazzo!» disse Kagome, con un candore che invitava a crederle.
«Feh! A chi vuoi darla a bere?» replicò Inuyasha, disgustato da tutta la situazione. Com’è che era caduto così in basso?
«Ti dico che tra noi non c’è niente.- disse con calma Kagome- E’ solo una sua fissazione.»
«Oh, certo! Sarà per questo che ti sei fatta abbracciare da lui!» disse Inuyasha con asprezza.
«Certo che no! Non volevo che lo facesse!» sbottò Kagome. Stava iniziando a innervosirsi e si impose di rimanere calma.
«Feh!» esclamò Inuyasha, supponente.
«Ti ho detto che non volevo!» gli assicurò lei.
«Allora potevi sottrarti, no?» la prese in giro lui.
«E come diavolo avrei potuto farlo?!- esclamò Kagome, ormai arrabbiata- Io sono solo una ragazza umana! Non ho la forza di sottrarmi alla stretta di un demone!»
«A me sembrava non ti dispiacesse affatto!» la rimbeccò Inuyasha.
«Inuyasha! Come osi?!- gridò Kagome, alzandosi in piedi e sovrastandolo con la propria ira- Piantala con questa assurda gelosia!»
«Co…- balbettò Inuyasha, arrossendo, prima di alzarsi in piedi a sua volta e sbraitare- Io non sono geloso!!»
«E invece lo sei! E sei anche uno stupido!- strillò Kagome, pestando un piede per terra- Stupido, stupido, stupido!!!!»
«Anche tu sei stupida!!!» disse Inuyasha, facendole una smorfia.
«Ti odio! Me ne vado a casa!» disse lei.
«Benissimo! E non tornare più!» rispose lui, dandole le spalle e sedendosi per terra a braccia conserte. Di colpo, gli mancò il respiro e spalancò gli occhi, colpito. Quelle frasi…non era la prima volta che le diceva, ne era sicuro! Ma come era possibile? «Ah…Kagome…» mormorò, con voce rauca, ma quando si voltò vide che Kagome era già corsa via. Si portò una mano alla bocca, sconvolto. Qualcosa si agitava nel fondo della sua mente. Odori, parole, situazioni…Tutto girava attorno a Kagome. Cosa gli stava succedendo? Da dove arrivavano quei sentimenti così intensi? Da dove giungeva l’improvvisa forza del suo corpo? Alzò lo sguardo al cielo, spaventato.
Per la prima volta da quando era uscito da quella strana grotta in cui si era scontrato con Sesshomaru, Inuyasha si rese conto che nei suoi ricordi c’era qualcosa che non andava.

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Capitolo 11
*** 10 - Poco cambia ***


Author's note: Scusate la mia 'scomparsa' per qualche giorno, ho avuto una dose di sfortuna "alla Anna" tutta in una volta -__-;;; Ma ora, nessuno di voi è curioso di sapere come se la cavano Sango e Miroku? Andiamo a vedere! :D

La neve cadeva fitta come pioggia battente, oltre l’ingresso dell’ampia grotta illuminata dal fuoco. Il gelo era intenso e la tempesta prometteva di durare tutta la notte.
«Maledizione a questo tempo infame.- disse Miroku tra i denti, avvicinando le mani al fuoco e strofinandole per scaldarsi- Non ho mai visto tanta neve in vita mia.»
«Sembra che non abbia alcuna voglia di smettere.» mormorò Sango, avvolgendosi meglio nella coperta di pelo. Poco prima di arrivare in Hokkaido, i due giovani erano stati ospiti di un vecchio eremita, che li aveva forniti di abiti adatti alla stagione e al clima di quella terra così settentrionale. Kirara, pressoché insensibile al freddo, dormiva raggomitolata vicino alla sua padrona. Konemaru, il piccolo tengu, era ancora alla ricerca del vaso contenente le memorie del suo popolo e si affannava alle loro spalle, cercando nel marasma di contenitori che riempiva metà grotta.
«Sono già due giorni che ci troviamo qui.- sbuffò il monaco- Speriamo che quel demone acceleri un po’ il passo!»
Sango sospirò, annuendo. Erano ormai passati due giorni dal loro arrivo alla tana di Kiokumushi, il demone forbice che aveva preso in trappola i fratelli inu-yokai e aveva sottratto loro le memorie…chissà quante e chissà quali. Purtroppo, pareva che nella loro fretta di portare a termine la missione, avessero anticipato il demone, e avevano trovato la grotta vuota. La tempesta di neve avrebbe rallentato ulteriormente Kiokumushi e Sango e Miroku avevano una fretta del diavolo!
«Mi chiedo come stiano Kagome e Anna.» mormorò Sango. Era molto preoccupata.
«Credo che questo dipenda dalla quantità di memoria che i due fratelli hanno perduto.- rispose Miroku, serio- Purtroppo, abbiamo ben motivo di pensare che questa sia ingente.»
«Tu credi?» chiese Sango, corrugando le sopracciglia. Miroku annuì.
«Si sono combattuti all’ultimo sangue, probabilmente per Tessaiga.- disse Miroku, fissando le fiamme- Entrambi siamo stati spettatori di scontri fra i due fratelli e sappiamo che Sesshomaru è un po’ più portato a riflettere rispetto a suo fratello. Non molto, ma almeno un po’ sì.»
Sango sorrise e Miroku fece altrettanto, felice di averle fatto cambiare espressione per un istante.
«Quindi credi che qualcosa gli abbia impedito di rendersi conto che aveva perso i suoi ricordi?» chiese Sango, arrivando al punto.
«Esattamente. E solo un obiettivo troppo appetibile per lasciar spazio ad altro che l’istinto avrebbe potuto fargli passare inosservata una tale mancanza.- sospirò Miroku- Di conseguenza, credo che, volendo essere ottimisti, nella loro mente l’estrazione di Tessaiga dalla tomba del padre non sia mai avvenuta. Questo include il fatto che Sesshomaru abbia dimenticato sia Anna che la piccola Rin e che Inuyasha non ricordi né Naraku né noi. Forse ricorda Kagome, ma certo all’epoca il rapporto tra i due non era quello di adesso.»
«Vuoi dire…che Inuyasha non ricorda di amare Kagome?!» sbottò Sango. Quando Miroku annuì, si trovò ad impallidire. «Povera Kagome…» mormorò.
«Credo che Kagome-sama se la caverà comunque.- la rassicurò Miroku, prendendole una mano e coprendola con le proprie- Il suo amore per Inuyasha è passato attraverso i secoli e sa come trattare il nostro amico anche nei suoi momenti più scorbutici. Vedrai che riuscirà a domarlo, come sempre.» Rise tra sé e Sango sorrise di nuovo. Nessuno tranne Miroku sarebbe mai riuscito a farle provare serenità perfino in una situazione del genere. «Piuttosto, la mia preoccupazione va ad Anna.» disse Miroku, tornando serio e rintuzzando il fuoco.
«Perché dici così?» chiese Sango, guardando storto il monaco.
«Non equivocare, Sango!- disse Miroku, alzando le mani in segno di resa e sogghignando- Non c’è niente tra me e Anna, e lo sai benissimo.»
«Ma fai il cascamorto con lei ogni volta che la vedi.» disse ,Sango.
«Ma lo faccio con tutte…»
«E lo ammetti pure!!» ringhiò Sango, cercando l’Hiraikotsu. Kirara sbadigliò e si girò dall’altra parte, disturbata dagli schiamazzi dei due. «Scherzi a parte…perché dovremmo preoccuparci più per lei che per Kagome-chan? Sono nella stessa, identica situazione!» chiese Sango, lasciando perdere.
«Beh…pensaci un attimo, Sango. Se Sesshomaru l’ha dimenticata, non potrà presentarsi a lui come la sua consorte!» disse Miroku. Sango si stupì di non averci pensato. Si era abituata troppo presto a un Sesshomaru un po’ più umano e sentimentale. In passato, il demone avrebbe certamente fatto Anna a brandelli senza pensarci due volte…e la sua mente si trovava ancora in quel passato! Inuyasha, per quanto sbraitasse e facesse il duro, era molto più tenero di cuore rispetto al fratello maggiore. Era impensabile che facesse del male a Kagome.
«Oh santo cielo!» mormorò, scioccata.
«Credo che Anna riuscirà in qualche modo a non allontanarsi troppo da lui. E’ intelligente e, checché ne dica il nostro gelido Principe, ha potere su di lui a livello inconscio.- la rassicurò Miroku- Il problema è che, se la situazione è davvero come l’ho dipinta, non so quanto resisterà. Nonostante le apparenze, Anna non è forte di spirito come la nostra Kagome-sama.»
«E’ vero.- ammise Sango- Ricordo quando Sesshomaru la bandì dal suo fianco e arrivò al nostro villaggio. Sembrava…vuota. Aveva perso il suo spirito.»
«Esattamente.- sospirò Miroku- Ho paura che, se non ci sbrighiamo, accadranno cose spiacevoli. E non dimentichiamoci della piccola Rin. Come avrà preso il cambiamento?»
«Oh, Miroku…» disse Sango, preoccupata oltre ogni dire, mordendosi un labbro. Miroku la trasse a sé e lei posò la testa sulla sua spalla senza replicare.
«La cosa migliore che possiamo fare adesso è recuperare quei vasi, mia dolce Sango.- mormorò lui, la bocca che sfiorava i capelli di lei- Concentriamoci sul nostro scopo. E’ il favore più grande che possiamo fare ai nostri amici.»
«Quanto sei dolce, Miroku.» mormorò Sango, facendoglisi più dappresso. Miroku aprì la propria coperta e la sistemò in maniera che li avvolgesse entrambi, poi appoggiò il capo su quello di lei. Vi fu un minuto di silenzio. «Certo, lo saresti di più se nel frattempo non mi stessi palpando il sedere, lurido maiale pervertito.» aggiunse la tajiya, con voce mielata. Miroku fece una risatina nervosa, mentre Sango gli infilava un dito tra le costole, poi, improvvisamente, Kirara alzò la testa, ringhiando.
«Si avvicina qualcuno, Kirara?» chiese Sango, alzandosi. Kirara intensificò il ringhio e Miroku buttò terra sulle fiamme per soffocarle. «Credo che Kiokumushi sia vicino. Kirara è nervosa.» disse Sango, recuperando l’Hiraikotsu.
«Bene, era ora.- disse Miroku- Usciamo di qui ed aspettiamolo. Gli faremo una bella sorpresa.»
«Konemaru! Usciamo!» disse Sango, voltandosi verso il piccolo tengu.
«Ma nevica! Ed è notte.- replicò Konemaru- E poi ho trovato…» Sango lo vide intento a cercare di sollevare un vaso grosso dieci volte più di lui. Sango sospirò e guardò Miroku. «Diamogli una mano a portarlo fuori. E’ così piccino!»
«Ai tuoi ordini, mia bella Sango!» disse il monaco, scherzoso, caricandosi sottobraccio sia il vaso che il piccolo tengu.
Si appostarono sopra la parete scoscesa della grotta, protetti da una barriera spirituale, mentre la neve cadeva più lenta e le prime luci dell’alba iniziavano a scacciare la lunga notte d’inverno. Presto fu ben visibile una sagoma alta e smilza, con qualche arto di troppo. Kiokumushi stava arrivando e aveva sottobraccio i vasi contenenti le preziose memorie che aveva rubato.

***

Anna saltò in cima al Goshinboku, dando un’occhiata dall’alto al villaggio di Kagome. Sembrava tutto tranquillo, un’oasi di pace in confronto all’atmosfera che governava il Palazzo del Signore dell’Ovest. La inu-yokai fece un sorriso amaro. Come pensava, Kagome era riuscita a tenere Inuyasha tranquillo, o perlomeno a renderlo inoffensivo. Il legame tra loro era troppo forte e qualsiasi cosa fosse successa non avrebbe tardato a riformarsi. Perché la sua situazione, invece, era tanto diversa?
Semplice.
Una parte di Sesshomaru si era sempre pentita di aver ceduto alla debolezza dei sentimenti e proprio quella aveva ora ripreso il sopravvento. Quella parte la guardava con sospetto e provava per lei solo irritazione. Le circostanze non erano  favorevoli! Anna sospirò, scuotendo il capo per costringersi a smettere di piangersi addosso. Aveva già abbastanza problemi senza fare i conti con la propria depressione incombente. Saltò giù dall’albero, incamminandosi verso il villaggio. Desiderava avere qualche notizia da Kagome, prima di dedicarsi a richiamare i nuovi sudditi di Sesshomaru. Parlare con Kagome aveva l’effetto di tranquillizzarla, di farla sentire di nuovo padrona della situazione. Chissà se lei aveva idea del potere che esercitava sulle persone?
Presto, però, il suo cammino venne interrotto dall’arrivo di qualcuno. Davanti a lei, c’era Inuyasha. Anna si fermò, sorpresa. L’ultima volta che aveva visto l’amico, lui si era esibito in una bella sfuriata con relativo tentativo di attacco. Ora, invece, pareva sconvolto, non molto in sé. Sembrava agitato, sull’orlo del panico. Cos’era successo? Nell’aria, Anna avvertì odore di lupo…che Koga fosse passato da quelle parti?
Inuyasha, dal canto suo, sentì crescere l’ira nel vedersi davanti la inu-yokai bionda che già due volte si era presentata al villaggio. Non sapeva perché, ma gli stava montando in corpo una gran rabbia. Si sentiva ingannato da Kagome. Se davvero quegli strani deja-vu avevano basi fondate, perché lei non gli aveva detto niente? Il pensiero che inizialmente non avrebbe avuto orecchie per sentire non gli sfiorò nemmeno la mente. Decise di cominciare con lo sfogare il suo malumore su quella dannata che gli stava di fronte.
«Un’altra visita per Kagome?- disse, cupo- Giornata piena, oggi!»
«Inuyasha, stai bene?» chiese Anna, perplessa. Non si mosse, non essendo sicura di quale sarebbe stata la reazione di Inuyasha. Lo vedeva ora così simile all’Inuyasha che aveva conosciuto da stringerle il cuore. Perché invece Sesshomaru doveva nascondere il suo cuore dietro una muraglia di ghiaccio, maledizione?! Inuyasha alzò gli occhi d’ambra su di lei.
«E così mi conosci anche tu?- chiese Inuyasha, sorprendendola- Mi conosci, non è vero? Ma io no…io no.» Si portò una mano alla fronte, come se gli facesse male la testa.
«Inuyasha, che ti è successo?!» disse Anna, andando da lui. Possibile che stesse capendo di aver perduto i suoi ricordi? O che li stesse recuperando? E Kagome era al corrente di questo? Anna pensava di no. Dal volto sconvolto di Inuyasha, sembrava che l’idea gli fosse appena balenata in mente.
«Passa quel bastardo di lupo spelacchiato e mi chiama per nome.- ringhiò Inuyasha- Arrivi tu, chiunque tu sia, e mi chiami per nome. Sarò un hanyo, ma non sono uno stupido! Ditemi che diavolo sta succedendo!» Afferrò Anna per il kimono, aggressivo.
«Non precipitare le cose, Inuyasha.- disse Anna, liberandosi della sua stretta con gentilezza- Credi di aver perso dei ricordi importanti? Cosa te lo fa pensare?»
«Allora è vero che ho perso la memoria?!- gridò Inuyasha- Sono già stato qui, vero?! E ho già incontrato… ho già incontrato…Kagome?» Si morse il labbro inferiore tanto forte da spillare sangue. Ecco, in realtà era solo quello che voleva sapere. Perché aveva la sensazione di aver perso qualcosa di importante? Anna sorrise e Inuyasha fece una smorfia. «Che hai da ridere, dannata?- ringhiò Inuyasha, flettendo le dita- Il tuo odore mi irrita! Sai di…» Si bloccò, sorpreso, spalancando la bocca. Anna sospirò. Inuyasha aveva avvertito su di lei l’odore di Sesshomaru. Alzò una mano per chiedere un minuto di pausa.
«Una cosa alla volta, Inuyasha.- disse, decisa- Sì, hai perso la memoria, e sì, hai già conosciuto me, Koga…e ovviamente Kagome. Per quanto mi riguarda, non ho intenzione di dirti altro. Visto che finalmente stai tornando in te, penso che sia compito di Kagome raccontarti il resto.»
Inuyasha vacillò un istante sotto il peso della verità, poi tornò a guardarla con ira.
«Lei non mi dirà nulla. Non l’ha fatto fino ad adesso, forse si è persino divertita a prendersi gioco di me!»  ringhiò.
«Non dire stupidaggini.- disse Anna, secca- Stiamo parlando di Kagome! Hai paura della verità? Avrai difficoltà ad accettarla, credimi, e solo Kagome può raccontarti tutto in modo che tu possa capire. Ora vado a chiamarla, quindi cerca di darti una calmata.»
«Non verrà.» disse Inuyasha, guardando per terra.
«E perché no?» disse Anna, esasperata.
«Abbiamo litigato.» borbottò Inuyasha, tanto piano che Anna faticò a discernere le parole.
«Avete litigato.- ripeté, poi ebbe un’illuminazione- Oh, per Koga?»
«Non per quel bastardo.» ringhiò Inuyasha, arrossendo suo malgrado.
«Le hai fatto una qualche scenata di gelosia?» disse Anna, faticando a non ridere.
«Ho – detto – di – no!!!» sbraitò Inuyasha, furioso. Anna fece un gesto vago e riprese a camminare, lasciandoselo alle spalle.
«Ti mando Kagome. Ascoltala e rifletti su ciò che ti dirà.- disse, facendogli un cenno di saluto- E se hai qualche dubbio sulla sua sincerità, la prossima luna nuova ti proverà che le sue parole sono vere.»
«La prossima…- disse Inuyasha, dietro di lei- Che diavolo c’entra la prossima luna nuova?!»
La inu-yokai bionda rise e non rispose, lasciandosi alle spalle un Inuyasha ancora più perplesso e preoccupato.

***

Shippo e Rin stavano giocando poco distante dalla soglia della casa di Kaede. I due bambini avevano appena visto Kagome tornare indietro dal Goshinboku come una furia, gli occhi che balenavano d’ira. Shippo sospirò. Inuyasha aveva fatto qualcosa per farla arrabbiare. Con o senza memoria, rimaneva molto stupido. Più tardi, quando Kagome si fosse calmata un po’, le avrebbe chiesto cos’era successo. Per ora doveva essere troppo arrabbiata e Shippo doveva ammettere che quand’era così faceva un po’ paura anche a lui!
«Penso proprio che abbiano litigato.- disse a Rin, che lo ascoltava, intenta- Loro lo fanno sempre…ma poi fanno la pace. Beh, principalmente perché Kagome perdona sempre Inuyasha.»
Rin fece un sorriso e annuì, poi tornò a disegnare nella terra con un bastoncino. Shippo le lanciò un’occhiata triste. Rin si era un po’ ripresa, rispetto al giorno in cui lui era arrivato con le notizie da parte di Sango e Miroku, ma ancora non parlava. Kagome gli aveva raccontato ciò che la bambina aveva subito da Sesshomaru e Shippo ne era rimasto indignato. Come si poteva lanciare da un balcone una bambina?! Così adorabile, per di più! Arrossì leggermente al pensiero.
In effetti, Shippo trovava Rin molto carina. Si era affezionato a lei nel periodo che avevano passato assieme a Palazzo, durante la guerra contro Soichiro, e ora gli dispiaceva da morire vedere quella bambina così allegra e solare ridotta al mutismo perché un gelido inu-yokai aveva perso la sua maledetta memoria! Si accorse di aver assunto un’espressione arrabbiata quando Rin lo guardò con perplessità. Sorrise e fece per dirle qualcosa, quando la vide voltarsi di scatto verso i confini del villaggio, alzandosi in piedi.
«Cosa c’è, Rin?» chiese, saltando in piedi a sua volta. Qualcuno si stava avvicinando al villaggio…qualcuno con lunghi capelli dorati! «Anna!» esclamò Shippo, mentre Rin si metteva a correre verso di lei.
«Rin! Shippo!» li salutò lei, aprendo le braccia. Rin le saltò al collo, abbracciandola stretta e Shippo fu lesto a trovare posto sulle sue spalle. Anna li abbracciò entrambi, ridendo. «Sono felice di vedervi!» disse.
«Anche noi, Anna! Come stai?» chiese Shippo, scambiando un’occhiata gioiosa con Rin.
«Oh, benone!- scherzò lei, sogghignando- Rin, tesoro, stai bene?»
Lei annuì con entusiasmo, sorridendo, ma Shippo vide un’ombra di tristezza passare sul viso di Anna. Probabilmente aveva sperato che Rin avesse recuperato la parola.
«E tu, Shippo-chan?- chiese Anna, voltandosi verso di lui- Quando sei tornato? Sango e Miroku sono con te?»
«Sono tornato lo stesso giorno in cui hai lasciato qui Rin.- le rispose Shippo- Però sono da solo. Sango e Miroku sono andati alla tana di Kiokumushi, in Hokkaido.»
«In Hokkaido?!- sbottò Anna- Oh, santo cielo…»
«Ormai dovrebbero essere sulla strada del ritorno.- la rassicurò Shippo, in fretta- Sono passate più di due settimane e loro avevano calcolato un mese tra andata e ritorno.»
«Salvo imprevisti.- borbottò Anna- Va bene, Shippo-chan, ti ringrazio. Sono sicura che faranno entrambi del loro meglio.»
Anna mise a terra i due bambini  e cominciò a incamminarsi verso la casa di Kaede.
«Quanto resti, Anna?» chiese Shippo, trotterellandole a fianco.
«Un paio d’ore, Shippo.- disse lei, e subito il volto di Rin si oscurò- Mi spiace, Rin-chan, ma non posso lasciare solo a lungo Sesshomaru-sama.»
«Hai ripreso a chiamarlo così?» chiese Shippo, intristito. Anna ristette un attimo, quindi annuì, stringendo le labbra. Shippo sentì il cuore farglisi piccolo piccolo. Perché due persone così adorabili dovevano soffrire tanto?
«Kagome è in casa?» chiese Anna, riscuotendosi. Sia Rin che Shippo annuirono.
«Sì, però ha appena litigato con Inuyasha.» rispose Shippo, e si stupì quando vide Anna ridere.
«Sì, lo so, Inuyasha me l’ha detto.- sogghignò, stupendoli- Una delle solite scenate di gelosia. E’ ricaduto in fretta nelle vecchie abitudini.» Ciò detto, scostò con un gesto la stuoia d’ingresso ed entrò. Kaede-sama non c’era e Kagome era intenta nella preoccupante attività di riempire il suo zaino. «Non vorrai andartene sul serio, Kagome-chan!» rise Anna, facendola voltare verso di lei. La nube rabbiosa si dissolse dalla ragazza dai capelli corvini, che scattò in piedi.
«Anna!- esclamò, sorpresa e contenta- Che bello vederti! Come stai? Che…»
«Anche per me è bello vederti, Kagome-chan.- disse Anna, allegra- Mi dispiace di essere capitata in un momentaccio.»
Kagome aprì la bocca per rispondere, poi si fece perplessa.
«Come lo sai?» chiese. Anna rise ancora.
«Me l’ha detto Inuyasha. O per meglio dire, ho intuito che Koga deve aver fatto una sortita dalle poche cose che ha borbottato.- spiegò- Sta tornando quello di un tempo, noto.»
«Mi fa piacere che sia geloso, ma mi fa uscire fuori dai gangheri.» borbottò Kagome, arrossendo, poi sorrise e scrollò le spalle. «Dopo andrò a far pace. Abbiamo esagerato tutti e due.»
Anna sospirò in maniera teatrale.
«Ebbene, mia cara Kagome, benché io abbia davvero tante cose di cui parlare con te, sono costretta a mandarti immediatamente da Inuyasha a far pace.» disse, melodrammatica, imitando Miroku.
«Ma no, Anna, vado più tardi.- disse Kagome, pensando a uno scherzo e facendole cenno di sedersi- Raccontami di te.»
Anna le prese le mani per costringerla a stare ferma e a prestarle attenzione.
«Kagome, sulla mia situazione c’è poco da dire. Stazionaria e gelida come l’inverno.- disse, più seria- Ma la tua sta cambiando e se vuoi darmi retta ora esci da quella porta e torni da Inuyasha.»
«Ma…perché?» chiese Kagome, perplessa. Anna sorrise con dolcezza.
«Inuyasha si è accorto che qualcosa nei suoi ricordi non va.- mormorò- Ha cercato di sapere la verità da me, ma è giusto che sia tu a dirgliela. Vuole sapere cosa ha dimenticato.»
Per un attimo, Kagome la guardò senza capire. Poi, la consapevolezza si fece strada in lei, ingrandendole gli occhi a dismisura e facendole comparire un piacevole rossore sulle guance.
«Sta…ricordando? Da solo?» disse, con voce incerta. Anna annuì.
«Credo proprio di sì.- ammise, facendo strillare Shippo di gioia- Quindi, prima che si faccia strane idee, corri da lui e raccontagli tutto.»
Kagome non se lo fece ripetere due volte. Si mise a correre, ma una volta sulla soglia si voltò di nuovo.
«Ma…mi crederà?» chiese, agitata.
«Credo di sì.- disse Anna, ridendo- Comunque, come gli ho detto, alla prossima luna nuova avrà la sua conferma.»
Kagome annuì, sorridendo, anche se nel profondo era agitatissima. In effetti, quando alla luna nuova Inuyasha non si fosse trasformato in essere umano avrebbe capito che era veramente un demone completo e che le cose che gli erano state raccontate erano vere. Fece di nuovo per andare, poi si voltò, in preda al rimorso.
«Ma Anna…e tu?» disse, in pena per l’amica.
«Oi! Sei ancora qui?!» disse lei, ironica, con le mani sui fianchi. Kagome sorrise di nuovo, ringraziandola con lo sguardo, quindi riprese a correre in direzione del Goshinboku. Anna, Rin e Shippo la guardarono allontanarsi dalla porta.
«Sono contento per Kagome. Finalmente qualcosa inizia a girare per il verso giusto.» disse Shippo, sorridendo. Quando guardò il volto di Anna, però, il sorriso gli morì sulle labbra. Lei era così seria, triste. Eppure aveva parlato con allegria a Kagome, un attimo prima! Possibile che stesse fingendo? Anna osservò Kagome allontanarsi. Uno sporco sentimento di invidia le aveva per un attimo contaminato il cuore. Fece una smorfia amara, constatando la propria debolezza, poi si riscosse e recuperò il sorriso.
«Chi mi accompagna a salutare Kaede-sama?» chiese, fingendo un’allegria che era ben lungi dal provare.
«Io!» disse subito Shippo e anche Rin alzò la mano con entusiasmo. Il terzetto si allontanò, alla ricerca della vecchia Kaede.

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Capitolo 12
*** 11 - Il vaso rotto ***


Author's note: E' ora di scoprire cosa combinano Sango e Miroku! Se, nel frattempo, vi manca Sesshomaru...vi invito a leggere la fic one-shot che ho postato ieri sera! Si intitola "Una lunga attesa", fatemi sapere se vi piace!! E non mandatemi maledizioni alla fine del capitolo, grazie... ;)

La tempesta di neve stava perdendo forza e intensità con l’approssimarsi dell’alba. Kiokumushi, ultimo superstite della stirpe degli Insetti Forbice e fedele servo del moko-yokai Soichiro, tristemente defunto, stava finalmente arrivando a casa. Lo yokai camminava sopra il metro di neve depositatosi per terra, muovendosi con agilità grazie alle proprie zampe ricche di peli chitinosi, che gli permettevano di muoversi facilmente anche in quelle condizioni estreme. Kiokumushi non avvertiva nemmeno il freddo, a cui era comunque abituato. Il suo cuore nero era esultante e vittorioso.
Erano due settimane, ormai, che si crogiolava nel pensiero del pasto che avrebbe consumato una volta giunto a casa. Dopotutto, c’era riuscito. Aveva tratto in trappola il grande e possente Signore dell’Ovest e il suo augusto fratellastro! Bah! Un tipo con la faccia da donnetta che non aveva nemmeno un’unghia della forte prestanza del Signore Soichiro e un bastardo mezzo sangue che chissà per quale motivo era stato dotato di forza bruta ma non di cervello. Kiokumushi non aveva avuto nessuna difficoltà nel sopraffare entrambi. Non che avesse combattuto in un corpo a corpo, ma non era un particolare importante. Kiokumushi sghignazzò, subdolo.
Comunque fosse andata, il fatto era che sotto le sue zampe c’erano due vasi pieni di succulente memorie che aspettavano solo di essere divorate! Kiokumushi aveva vendicato il proprio padrone e ora si sarebbe preso una soddisfazione personale. I cinquanta, sessant’anni di memorie sottratte gli davano l’impressione di essere pieni di odio, risentimento, e altri strampalati sentimenti che davano al suo cibo preferito un sapore inimitabile! Per questo, e solo per questo, Kiokumushi non le aveva ancora divorate.
La grotta, la sua dimora, era costruita in maniera da conservare all’interno della cupola di pietra le memorie liberate, cosicché Kiokumushi se ne potesse cibare con calma, centellinandole e gustandosele. Aprire i vasi all’esterno significava dover mangiare in fretta e furia, perdendosi i gusti migliori e rischiando di vedere disperdersi al vento il frutto dei suoi sforzi, senza contare che c’era il rischio che le memorie sfuggite tornassero al proprio padrone e Kiokumushi non aveva intenzione di rovinare in un modo tanto stupido la vendetta per cui aveva studiato e attuato un piano tanto ingegnoso.
“Sono stato bravo. Incredibilmente bravo!- si disse, rimettendosi a sghignazzare- E ora mi farò una bella scorpacciata!”
Ecco finalmente la sua grotta, un buco oscuro in mezzo a tutto quel bianco! Finalmente avrebbe potuto riposarsi da quel lungo viaggio! Kiokumushi si avvicinò all’ingresso, concedendosi un sospiro di stanchezza, poi fece per entrare. Una tremenda energia lo colpì, facendolo gridare di dolore e costringendolo ad arretrare precipitosamente. Strinse meglio i vasi, che avevano rischiato di scivolare, ansimando e guardando l’entrata della grotta con astio. Che diavolo stava succedendo? Da quando in qua una barriera si frapponeva tra lui e la sua dimora?! In un’occhiata, analizzò l’entrata nella roccia della montagna e si accorse dell’inghippo. L’ingresso era stato tappezzato di fuda scaccia demone. Avesse fatto un passo più deciso, a quell’ora sarebbe stato polverizzato!
«Ma chi può avere osato…» sibilò, irato.
«Bentornato a casa, Kiokumushi.» disse una voce dall’alto.
Kiokumushi alzò lo sguardo di scatto, sobbalzando. Sopra l’entrata della grotta, parzialmente nascosto da un grosso cumulo di neve, stava un uomo. Un misero essere umano, già, ma vestito di nero e viola e con uno shakujo in mano, cosa che lo classificava senza ombra di dubbio come un monaco. Brutta razza.
«Tu, monaco! Come osi?» cominciò a dire, rabbioso. Sentì un passo dietro di sé e si voltò. Alle sue spalle era arrivato silenziosamente un demone gatto di grosse dimensioni, che lo fissava ringhiando. Sulla groppa dello yokai c’era una donna vestita di nero e rosso, con un enorme boomerang sulle spalle e un minuscolo ed insignificante tengu le svolazzava accanto.
«Metti giù quei vasi, Kiokumushi.» gli ordinò la donna,  soppesando la propria arma come se fosse incerta se lanciarla o meno. Kiokumushi fece una smorfia. Ma certo, ora ricordava quei due! Facevano parte della piccola congrega che seguiva il Signore dell’Ovest e quel suo stupido fratello. Ma che diavolo ci facevano lì, davanti a casa sua? Come avevano potuto scoprire chi era, cosa aveva fatto e, soprattutto, dove viveva?!
«Arrenditi, Kiokumushi!» pigolò il tengu e il demone insetto appuntò i suoi occhi malefici su di lui, tanto che il piccoletto si ritrasse dietro la tajiya con uno strillo di paura.
«Ma certo, vi siete fatti guidare dal piccolo insetto.- disse Kiokumushi, sibilando- Sei Konemaru della tribù Karasu, vero? Non credevo avresti avuto il fegato di mettermi i bastoni tra le ruote fino a questo punto, pulce!»
«Ora basta, Kiokumushi.- disse il monaco, saltando giù dalla cima della grotta e atterrando nella neve, in un tintinnio di anelli dello shakujo- Non siamo qui per chiacchierare. Consegna quei vasi e arrenditi.»
«Non ci penso nemmeno, monaco.» disse il demone, sprezzante, appiattendosi con il ventre a terra per poi scattare in una corsa velocissima verso il giovane monaco. La sua velocità guizzante spiazzò i suoi nemici e Kiokumushi ne approfittò per scartare lateralmente ed evitare il monaco di misura. Non aveva nessuna intenzione di combattere con loro così apertamente! Non era un pazzo suicida!
«Maledetto!» disse il monaco, facendo compiere un ampio arco al bastone e colpendolo alla schiena. Kiokumushi trattenne un grido nel sentire la lama in cima allo shakujo ferirgli la carne, ma non per questo rallentò.
«Sango!» gridò il monaco, accorgendosi di non aver sortito effetto.
«Hiraikotsu!» urlò lei. Kiokumushi avvertì lo spostamento d’aria provocato dal boomerang e si spostò lateralmente. Sentì altre imprecazioni e rumore di passi, ma non se ne curò. Coperto alla vista dalla massa di neve spostata dal boomerang, Kiokumushi si infilò in una cavità naturale della montagna. Un secondo più tardi, le zampe possenti del demone gatto piombarono accanto all’apertura, mancandolo per un soffio. Kiokumushi scese più in profondità, sogghignando. Quel luogo era casa sua e lo conosceva come le sue tasche! Quei due maledetti avevano fatto male i loro conti, se speravano di catturare Kiokumushi sul suo territorio!
Si calò velocemente nell’umido e gelido tunnel sotterraneo, ansimando per il dolore provocatogli dalla ferita alla schiena e stringendo forte il suo bottino. Sentì i suoi nemici fermarsi all’imbocco del tunnel e parlare fra loro, ma Kiokumushi non si fermò ad ascoltare. Ovviamente, quei dannati non si sarebbero arresi così facilmente. Avrebbero tentato di seguirlo e di ucciderlo. Kiokumushi ridacchiò. Se quei maledetti si fossero inoltrati nei meandri dei tunnel sotterranei, avrebbero presto fatto una brutta fine.
«Dannazione, ci è sfuggito.» disse Sango, seccata, osservando la buca oscura in cui il demone forbice si era calato.
«Non immaginavo fosse così veloce. Lo abbiamo sottovalutato.» ammise Miroku, annuendo. Sango sospirò, seccata, quindi raccolse l’Hiraikotsu.
«Dobbiamo seguirlo, comunque.- disse, accovacciandosi accanto all’angusta entrata- Hai visto che aveva due vasi sottobraccio?»
«Proprio quelli che stavamo cercando, probabilmente.» ammise Miroku.
«Allora andiamo…» disse Sango, infilando una gamba all’interno. Una mano sulla spalla la fermò.
«Aspetta un attimo, Sango. Rifletti.- disse Miroku, guadagnandosi un’occhiata perplessa- Se Kiokumushi si è infilato là dentro, non è stato per mettersi con le spalle al muro! Il passaggio deve avere un’altra uscita, da qualche parte.»
«Hai ragione.- ammise Sango, riflettendo sottovoce- Bisognerà cercare l’altra uscita.»
«Allora facciamo così.- disse Miroku, accucciandosi accanto a lei- Tu vai a perlustrare la zona con Kirara. Trova l’uscita. Io mi calerò in questo buco e vedrò di inseguire il nostro sfuggente demone.»
«Sei sicuro di voler andare da solo?» chiese Sango.
«Ma certo, non preoccuparti.» disse Miroku, con un sorriso rassicurante. Sango, dopo un istante, annuì. Salì di nuovo in groppa a Kirara e si allontanò insieme al piccolo Konemaru. Miroku si calò lentamente nella cavità naturale, che offriva molti appigli, ma era umida e gelida, come se la roccia fosse continuamente inumidita da una qualche corrente d’acqua sotterranea. Le pietre luccicavano e Miroku riconobbe al loro interno piccoli frammenti di quarzo.
“Bene. Faranno luce, almeno per un po’.” si disse.
Miroku raggiunse il fondo del tunnel verticale. Esso si sviluppava ora davanti a lui, con una leggera pendenza verso l’alto. Alle sue orecchie non arrivava altro rumore che lo sgocciolio dell’acqua, di tanto in tanto. Afferrando più saldamente il proprio bastone, Miroku si incamminò sulle rocce scivolose, guardandosi attorno, guardingo.
Il tunnel, poco più largo di un metro, si fece più vasto man mano che procedeva. Il soffitto di pietra restava molto basso e spesso il monaco era costretto ad abbassare la testa per non picchiarla contro una roccia del soffitto, ma la cavità raggiunse presto i cinque, sei metri di larghezza. Le pareti laterali divennero, purtroppo per Miroku, ricche di sporgenze e cavità in cui Kiokumushi si sarebbe potuto facilmente nascondere. Come aveva previsto, il demone insetto si era calato laggiù con lo scopo ben preciso di trarli in trappola. Fu lieto di aver mandato Sango a trovare il secondo ingresso al tunnel. Era una sicurezza in più e teneva lontana Sango dalle zampe infide di quella creatura.
«Kiokumushi!- gridò, autoritario- Arrenditi senza fare storie!»
Ovviamente il demone non rispose, ma Miroku non se ne curò. Sapeva che presto Kiokumushi gli sarebbe saltato addosso dalle ombre e quella sarebbe stata una risposta sufficiente. Con un brivido, Miroku pensò che doveva esser lieto del fatto che Kiokumushi non avesse con sé vasi vuoti per fargli lo stesso scherzetto compiuto con Inuyasha e Sesshomaru. Continuò a camminare, guardingo, e si accorse presto che la luce nel tunnel andava aumentando. Ci vollero pochi minuti perché davanti ai suoi occhi si aprisse la seconda entrata del tunnel, una grossa apertura semicircolare da cui si vedeva il territorio innevato e da cui filtrava la luce del giorno.
“Possibile che Kiokumushi sia già uscito?” si chiese, affrettandosi verso l’apertura. Sango non aveva ancora scoperto il posto, evidentemente. Doveva controllare che non ci fossero impronte nella neve, fuori dalla grotta. Si avvicinò all’uscita, accorgendosi che la parete della montagna cadeva a strapiombo per una decina di metri, uno scivolo naturale coperto di neve e disseminato di massi e rocce appuntite. Miroku aggrottò le sopracciglia. No, la neve era liscia, priva d’impronte. Kiokumushi non era fuggito. E se aveva compreso bene la natura infida della creatura…
Miroku si voltò di scatto, seguendo la propria intuizione, e fu solo questo a salvarlo dal fare un volo oltre l’uscita del tunnel per andare a sfracellarsi sulle rocce sottostanti. Kiokumushi, infatti, lo aveva atteso proprio all’uscita, con la speranza di farlo cadere di sotto. Miroku vide solo una sagoma confusa lanciarsi verso di lui e reagì di conseguenza, colpendo col bastone.
«Maledizione!» disse tra i denti, spostandosi dal punto pericoloso in cui si trovava.
Kiokumushi gli fu di nuovo addosso con un urlo stridulo e l’urto mandò Miroku a sbattere la testa contro la roccia. Gridò, cadendo a terra e vedendo tutto nero per un istante, mentre Kiokumushi gli saltava addosso e cercava di morderlo alla gola. Miroku lo tenne distante a fatica col bastone, lottando per liberarsi di lui.
«Pensavate di fare i furbi, vero, piccoli e stupidi esseri umani?- sibilò l’insetto, colpendo dolorosamente Miroku al fianco con una delle sue zampe appuntite- Pensavate di disfare ciò che Kiokumushi ha architettato con ingegno e pazienza?! Beh, avete fatto male i vostri conti!»
Miroku fece una smorfia, mentre la vista gli tornava. In momenti come quello, un po’ rimpiangeva la mancanza del Foro del Vento. Un sorrisetto gli venne alle labbra al pensiero di quello che avrebbe detto Sango se lo avesse sentito dire un’eresia del genere, poi il suo volto assunse di nuovo un’espressione decisa. Miroku infilò velocemente una mano nelle proprie vesti.
«Non mettermi le tue luride zampacce addosso, bastardo!» gridò, applicando un fuda sulla fronte di Kiokumushi con un solo, velocissimo gesto. Kiokumushi gridò, cercando di staccare il foglio con una zampa e dando un po’ di spazio a Miroku, che ne approfittò per assestare allo yokai un potente calcio in corrispondenza della ferita infertagli con lo shakujo. Kiokumushi rotolò via, gridando di dolore.
«Miroku!»
La voce di Sango fece voltare il monaco verso l’uscita. La tajiya era arrivata, in groppa a Kirara.
«Sango, prendi i vasi!- esclamò Miroku, vedendo che Kiokumushi si stava rialzando- A Kiokumushi ci penso io!»
Sango annuì, saltando dentro la grotta e affrettandosi verso i due vasi, posati poco distante dal punto in cui Kiokumushi era caduto. Miroku si fece subito avanti per finire Kiokumushi, ma lo yokai reagì con una prontezza stupefacente. Rotolò su se stesso, raggiungendo i vasi prima di Sango e afferrandoli con le zampe.
«Non li riavrete mai! Piuttosto, li distruggerò con le mie mani!» rise, correndo come una saetta verso l’uscita.
«Kirara!» esclamò Sango, estraendo la spada. Kirara diede una zampata al demone insetto, frenando la sua corsa, e Sango ne approfittò per lanciare la propria katana, che si conficcò nel corpo di Kiokumushi. Il demone insetto gridò, e, incapace di afferrare la spada che lo aveva inchiodato a terra, si contorse nelle convulsioni della morte. I vasi gli scapparono di mano e rotolarono verso l’uscita della grotta.
«Sango! I vasi!» esclamò Miroku, correndo. Sango, più vicina all’uscita di lui, si slanciò in avanti, superando il corpo di Kiokumushi. Saltò per afferrare i vasi, atterrando duramente al suolo pancia a terra, tendendo le dita al massimo. Una mano le si chiuse saldamente attorno al collo di uno dei vasi di terracotta. Sfiorò anche l’altro…prima di vederlo scomparire oltre l’orlo del tunnel di roccia.
«Kirara!» gridò Sango, terrorizzata, mentre Miroku la raggiungeva e guardava giù, inorridito dalla piega presa dagli eventi. Kirara scattò all’ordine della padrona, ma era troppo tardi. Sotto gli occhi attoniti dei presenti, il vaso compì un paio di evoluzioni in aria prima di andare a schiantarsi contro una delle rocce sottostanti. I cocci volarono in ogni dove e una nebbia dorata aleggiò per un istante attorno al masso, prima di svanire. Kirara atterrò sulla neve, annusando con dispiacere i frammenti di terracotta.
«Oh kami-sama…» pigolò Konemaru, guardando con spavento prima i cocci e quindi i volti terribilmente pallidi dei suoi nuovi amici.
«Miroku…- sussurrò Sango, attonita- Miroku, si è rotto! Non sono riuscita a prenderlo. Non sono…riuscita…a…»
Il suo volto si contorse in una smorfia sofferta e Sango si morse un labbro per non piangere. Miroku le passò un braccio attorno alle spalle.
«Non fare così, Sango. Hai fatto del tuo meglio.- le mormorò all’orecchio, a sua volta addolorato- Lo abbiamo fatto tutti. Purtroppo, Kiokumushi è riuscito a portare con sé nella morte almeno questa piccola vittoria.»
Guardò con disprezzo il corpo dello yokai, che giaceva morto con la katana di Sango nella schiena. Tutti quei giorni alla caccia del demone forbice per poi vedere le memorie di uno dei loro amici schiantarsi contro una roccia. Gli veniva voglia di infierire sul corpo dello yokai.
«Quale sarà la memoria perduta?- disse Sango, asciugandosi gli occhi- A chi…a chi dovremo dire che non siamo riusciti a…»
«Provate ad ascoltare il vaso.» suggerì loro Konemaru, dispiaciuto per i due. Miroku prese il contenitore dalle mani di Sango e vi appoggiò l’orecchio. Sango vide comparire un leggero sorriso sul suo volto.
«Questo vaso è pieno della voce di Kagome-sama.- disse il monaco- Sono le memorie di Inuyasha.»
Sango sospirò appena, più sollevata. Non sapeva se sarebbe mai stata in grado di dare una notizia così drammatica a Kagome e il pensiero di avere invece fatto del bene alla sua migliore amica la faceva star meglio. D’altra parte, le memorie di Sesshomaru erano andate perdute e Anna sarebbe stata la destinataria delle brutte novelle. Questo non le faceva piacere per niente, anche perché le parole che Miroku le aveva detto quella notte l’avevano messa in un forte stato di apprensione.
«Le memorie di Sesshomaru…potrebbero anche essergli ritornate, no?» disse, titubante.
«Potrebbero.- sospirò Miroku- Speriamo sia così, o Anna avrà molto di che soffrire.»
Sango annuì, cupa. Miroku si alzò e la aiutò a fare altrettanto.
«Non c’è molto altro da fare, qui.- disse, cupo- Torniamo indietro. Solo conoscendo la situazione potremo fare qualcosa per Anna. Continuare a guardare quegli inutili cocci non restituirà la memoria a Sesshomaru.»
Sango annuì, triste. I due salirono in groppa a Kirara e Konemaru si appollaiò sulla sua testa, poi Kirara spiccò il volo in direzione sud. Sango strinse forte a sé il vaso con le memorie di Inuyasha.
“Aspettateci, stiamo arrivando.- pensò, poi chiuse gli occhi con forza- Anna…perdonami, se puoi.”

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Capitolo 13
*** 12 - La pioggia nella valle ***


Author's note: Grazie a tutti per i commenti! Sango, poverina, si sente addosso il peso della colpa di non essere riuscita a salvare le memorie di Sesshomaru. Ora che succederà? Cosa farà Anna? Il nostro Principe Ghiacciolo non è di buon umore...

Una donna dai capelli d’oro, vestita di bianco e d’azzurro, uscì dal folto del bosco, stagliandosi come una gemma luminosa nella cupa giornata invernale. La sua figura era perfettamente visibile per le guardie armate alla Prima Porta del Palazzo del Signore dell’Ovest e la sua vista restituì un po’ di gioia in quel giorno così rigido e ingrato.
«Anna-sama è tornata!- gridò il comandante in capo ai manovratori dabbasso, oltre la cinta di mura- Aprite le Porte e avvisate a Palazzo!»
Con la lentezza del passo di un gigante, i grandi battenti di legno nero decorato con smalto rosso si aprirono, mostrando i giardini merlettati di ghiaccio. Solo allora, la inu-yokai si incamminò verso il Palazzo. Sotto gli sguardi attoniti e spaventati delle guardie, una moltitudine di yokai di ogni razza e dimensione la seguì, uscendo a sua volta dalla foresta. La delegazione dei demoni dell’Est era finalmente venuta ad offrire la propria fedeltà al Signore Sesshomaru e Anna-sama era stata incaricata di scortarli fino a Palazzo. Farsi vedere così chiaramente dalle guardie era stata una sua premura per evitare che i soldati entrassero nel panico vedendosi arrivare addosso così tanti demoni.
La massa ordinata di yokai seguì Anna oltre la Prima Porta, inoltrandosi nei giardini e sfilando sotto gli occhi dei soldati. Anna sembrava veramente la regina del castello, così calma e fiera davanti a quegli esseri mostruosi, e ciascuno degli osservatori si rammaricava per la situazione che si era venuta a creare con Sesshomaru-sama. Tutti loro erano abituati ad essere ignorati o disprezzati dal Principe degli Yokai, ma nessuno riusciva a sopportare il pensiero che i giorni sereni degli ultimi mesi fossero stati solo una breve parentesi. Quella donna, che aveva compiuto il miracolo di cambiare Sesshomaru-sama, non si meritava un simile dolore.
Ignara dei pensieri di chi la circondava, Anna camminava verso il Palazzo, seguita in perfetto silenzio dalla congrega di yokai. Lungo il viaggio erano sorte spesso discussioni, se non lotte, fra i vari capi tribù, ma il pensiero di trovarsi nel territorio di colui che aveva sconfitto Soichiro aveva messo addosso a tutti una sana disciplina. Anna ne era lieta. Ci mancava solo che si scannassero tra loro nei giardini del Palazzo! Raggiunse infine l’ultimo giardino. Davanti all’ingresso del Palazzo, sulla scalinata, stavano Jaken e il Maestro di Palazzo. Anna si inchinò appena a entrambi, e così fecero loro, come da cerimoniale. Gli yokai si fermarono dietro di lei.
«I sudditi di Sua Eccellenza Sesshomaru-sama sono giunti a chiedere udienza.- disse Anna, a voce abbastanza alta perché tutti potessero sentirla- Essi desiderano giurare fedeltà al loro Signore e sottoporsi al suo giudizio.»
Jaken batté una volta il Bastone Ninto a terra, quindi disse, con voce gracchiante: «Sesshomaru-sama apprezza la deferenza dei suoi nuovi sudditi. Verranno dati loro alloggi adatti finché il Signore Sesshomaru non riterrà giusto offrire loro udienza.»
Anna corrugò appena le sopracciglia nel sentire quella frase, ma non aprì bocca. Dietro di lei si levò qualche mormorio, ma niente di più. Il Maestro di Palazzo fece un gesto e un gran numero di servitori uscì dal Palazzo prendendo in consegna i vari yokai e accompagnandoli all’interno per mostrare loro gli alloggi. Gli yokai troppo grandi per dimorare all’interno furono accompagnati in costruzioni nate appositamente all’interno del terzo giardino. Anna seguì Jaken all’interno del Palazzo. Attese che tutti gli ospiti si fossero allontanati, quindi squadrò Jaken con un’occhiata obliqua.
«Ehi, cos’è questa storia?- chiese- Perché Sesshomaru non li riceve subito? Hanno fatto un lungo viaggio e non credo che…»
«Sesshomaru-sama fa quel che gli pare, che ti piaccia o meno.- sentenziò Jaken, tronfio, poi si oscurò e guardò altrove- E poi, non è nemmeno qui.»
«Cosa?!» esclamò Anna. Si guardò attorno, conscia di aver alzato troppo la voce, quindi sibilò: «Che diavolo stai dicendo? Sesshomaru non è qui?!»
«No, non lo è, e io ho dovuto organizzare un benvenuto in fretta e furia.» disse Jaken, lamentoso. Anna ebbe un gesto seccato.
«Ma…dannazione, ma è andato fuori di testa? Ha idea della fatica che ho fatto per non farli ammazzare tra loro?!- sbottò, irata- Adesso sono tranquilli, ma non so per quanto ancora resisteranno prima di riprendere a darsele di santa ragione! Qui ci sono tribù che si odiano a vicenda da secoli! Cos’è, Sesshomaru ha voglia di camminare sulle frattaglie degli sconfitti, quando tornerà?» Fulminò Jaken con un’occhiata, fuori di sé. «E si può sapere dove se ne è andato?!»
«Non lo so.» rispose Jaken. Vedendo l’occhiata minacciosa della inu-yokai si corrucciò. «Ti dico che non lo so! Non mi ha detto niente! Sesshomaru-sama è diventato strano, dal giorno in cui sei partita.»
«Strano?- chiese Anna, perplessa- Cosa vuoi dire?»
Jaken controllò che non avessero ascoltatori, quindi le fece cenno di abbassarsi verso di lui.
«Non mi dice più niente.- borbottò il piccolo rospo, a disagio- Quando mi guarda, mi vengono i brividi. Sembra che sia indeciso se ammazzarmi o meno, ma ultimamente non ho fatto proprio niente! E poi, di punto in bianco, due giorni fa è sparito. Non so più cosa pensare!»
«Non è che ti sei fatto scappare qualcosa?» chiese Anna, dopo un attimo di riflessione.
«Stavo per chiederti la stessa cosa.» ribatté Jaken, amaro. Anna scosse la testa, corrugando le sopracciglia.
«No, niente.- disse, sospirando- L’ultima volta che abbiamo parlato, mi ha ordinato di andare ad Est. Nient’altro.»
«Allora non capisco cosa gli stia succedendo.» disse Jaken, preoccupato per il padrone.
«Probabilmente è di eccezionale cattivo umore.- disse Anna, con un debole sorriso- Comunque sia, non dovrebbe comportarsi così. Vado a cercarlo.»
«E dove?» chiese Jaken.
«Non so. Cercherò il suo odore.» disse Anna, uscendo di nuovo dal Palazzo. La demone evitò le Porte, in quanto non aveva sentito l’odore di Sesshomaru in quella direzione. Oltrepassò le cinta di mura con pochi balzi, quindi si mise a fiutare l’aria. C’era un forte odore di pioggia e di gelo. Nemmeno a farlo apposta, la pioggia si mise a cadere in quell’istante, fitta e sgradevole. Anna fece una smorfia, saltando giù dalle mura e iniziando ad incamminarsi nella foresta che conteneva la Fonte dei Desideri. Dove poteva essersi cacciato Sesshomaru? Soprattutto, perché se ne era andato così, di punto in bianco, senza nemmeno avvisare Jaken? La faccenda era strana.
Che avesse rammentato qualcosa? Il cuore di Anna perse un battito al pensiero. Si appoggiò al tronco di un albero, impallidendo leggermente. Possibile che si fosse reso conto che qualcosa non quadrava nella storia che gli era stata raccontata? Ma allora…perché non aveva chiesto a Jaken, invece di andarsene? Forse voleva riflettere in solitudine. Anna si guardò attorno, mentre la pioggia la inzuppava velocemente. Sospirò. Se anche fosse rimasta traccia degli spostamenti di Sesshomaru, con la pioggia sarebbero stati cancellati.
«Riflettere…» mormorò Anna. C’era un solo luogo che le veniva in mente per associazione. Sesshomaru l’aveva portata laggiù, una volta. Le aveva detto che quel luogo gli conciliava il pensiero. Forse era andato là, nel posto in cui, per la prima volta, le aveva chiesto di chiamarlo per nome.
«Dev’essere andato là.» mormorò Anna. Un piccolo barlume di speranza le si era acceso nel cuore. Se Inuyasha stava recuperando i suoi ricordi, non poteva essere che stesse succedendo la stessa cosa anche a Sesshomaru? Non poteva essere che il demone fosse andato alla valle proprio per quel motivo? Senza perdere altro tempo, Anna si mise a correre verso nord-ovest.

***

Da ore sotto la pioggia, Sesshomaru sedeva sul suolo indurito dal gelo, talmente immerso nei propri pensieri da essere ben poco conscio di ciò che accadeva nel mondo reale. Non che attorno a lui avvenisse qualcosa degno di essere notato. La pioggia era caduta, fitta e gelida, inzuppando il terreno e scivolando sull’erba morta fino al fiume, che aveva lo stesso colore plumbeo del cielo. Il rombo della cascata, monotono e cupo, era l’unico suono udibile. Gli animali restavano nelle loro tane e non una creatura si muoveva nella valle. Nemmeno Sesshomaru, che stava immobile come una bellissima statua bianca. Era andato nella valle per pensare e niente, né il gelo né la pioggia, era riuscito a distoglierlo dagli enigmi su cui la sua mente si arrovellava da giorni. La sua mente era occupata dalla scioccante scoperta fatta il giorno in cui la sua sottoposta era partita per l’Est.
Lei, Anna. Quella donna era stata la sua amante.
Lo sguardo di Sesshomaru si indurì percettibilmente. La sua amante! Non riusciva a credere di essere caduto tanto in basso! Fare di una donna di razza bastarda la sua favorita?!
“Cos’ero diventato, in questo passato che non rammento?” si chiese per l’ennesima volta. Lui, sempre fiero e orgoglioso del proprio retaggio, lui che guardava con spregio i piaceri della carne in cui non amava indulgere, aveva infine ceduto alle lusinghe di una donna? Non poteva, non riusciva a credere di essere caduto tanto in basso, di essersi contaminato unendosi a un essere del genere, seppure per soddisfare un piacere. Quella donna doveva aver passato mesi nel suo letto, a giudicare dall’odore che aveva lasciato nella camera, dalla premura con cui Jaken aveva tentato di eliminare le prove del misfatto. Perché gli era stato tenuto nascosto? Questa era stata la prima, bruciante domanda che gli aveva trapassato il cervello come una staffilata. Perché nasconderglielo?
Riflettendo, riusciva a comprendere i motivi di Jaken. Probabilmente il piccolo e stolto yokai non era così sciocco da non rendersi conto che, una volta rinsavito, il suo Signore avrebbe accolto con disgusto e ira la notizia, e avrebbe agito di conseguenza. Avendo già sufficienti cattive notizie di cui essere latore, aveva cercato di far passare sotto silenzio quell’onta che Sesshomaru stesso, in qualche modo a lui incomprensibile, si era andato a cercare. Jaken meritava una punizione per questa omissione premeditata e Sesshomaru era stato tentato di mettere sotto torchio il piccolo rospo, non fosse stato per un’altra domanda che lo assillava fin dalla scioccante scoperta. Perché lei non gli aveva detto niente?
Ecco, questo non aveva senso. Perché lei non si era presentata a lui come la sua favorita? Rischiava grosso, eppure avrebbe potuto approfittare del vuoto nei suoi ricordi per assurgere a un ruolo ben più in vista all’interno del Palazzo. Perché dunque non cercare di approfittarne? Certo, lei pareva conoscere piuttosto bene le sue reazioni e probabilmente aveva temuto per la propria vita, ma non gli sembrava una vigliacca. Questo poteva significare che lei provava per lui sentimenti particolari e che non desiderava quindi approfittare della difficoltà appena sorta? Aveva ponderato su questa ipotesi e da un lato l’aveva trovata probabile. Lei era stata una debole umana, dopotutto, e poteva cadere facilmente nell’adorazione di qualcuno così evidentemente superiore a lei.
Il pensiero lo intrigava almeno tanto quanto lo disgustava. Non sentiva alcuna attrazione per lei…perlomeno, non ne aveva avvertita durante i loro incontri, anche se, doveva ammetterlo, si era limitato a testare le capacità della donna e  non le aveva prestato eccessiva attenzione. Fece una smorfia. In che razza di pensieri si stava perdendo? Il problema non era lui, per quanto fosse seccato con se stesso. Il problema era quella maledetta bionda e la relazione che avevano avuto!
No, lei non provava niente di particolare per lui. Se così fosse stato non avrebbe retto la situazione e si sarebbe tradita. Avrebbe fatto qualche scenata, sarebbe scoppiata in qualche insulso pianto da donnicciola. Invece, era stata fredda, precisa e impersonale. Probabilmente in passato l’aveva ammaliato con qualche incantesimo, che ora non aveva più effetto. Il pensiero lo fece infuriare.  Non riusciva a capire le mosse di quella donna, né se gli fosse o meno fedele. Non riusciva a capire se fidarsi o meno di lei, se dimenticare le cose scoperte fosse o meno un grave errore. Per questo, non aveva detto nulla a Jaken. Era una faccenda tra lui e la donna, e tra loro doveva risolversi. Sesshomaru avrebbe testato la sua fedeltà e se non l’avesse trovata degna del perdono l’avrebbe uccisa, cosa che gli sembrava sempre più appetibile.
«La ucciderò.» mormorò, sollevando una mano artigliata e muovendo appena le dita, come pregustando l’atto. La vergogna andava lavata nel sangue. Sesshomaru avrebbe già potuto scommettere che la prova a cui l’avrebbe sottoposta gli avrebbe dato ragione. Doveva solo aspettare che tornasse dalla missione che le aveva affidato. La sua vita di bugiarda e strega ammaliatrice stava per avere fine. Risolto a seguire questa condotta, Sesshomaru si alzò da terra con un movimento fluido. Attorno a lui, la pioggia cadeva ancora, ma più fine e rarefatta. Si voltò per andarsene, e rimase lì, scioccato. Dietro di lui, a poca distanza, stava Anna.
“Come può essere qui?” gridò indignata la sua mente. Nessuno conosceva quel luogo! Nessuno aveva mai messo piede nella valle che aveva eletto a suo ritiro nei momenti più turbolenti! Eppure lei era lì ed era bellissima. Il pensiero gli attraversò la mente come una folgore. Stava ferma a poca distanza da lui, con un accenno di sorriso sul volto. Era pallida, ma le sue gote erano appena colorate di rosa, come se avesse corso a lungo…o fosse emozionata. I capelli dorati non avevano perso la loro lucentezza nemmeno sotto la pioggia e alcune ciocche le si erano appiccicate al viso. Il vestito chiaro le si era incollato al corpo, delineandone la forma sinuosa e aggraziata. Era fradicia, ma era stupenda.
«Sesshomaru-sama!- disse lei, e la sua voce parve restituire la vita all’intera valle- Immaginavo foste qui.» Si avvicinò di qualche passo. «Kami-sama, siete tutto bagnato!»
«Inutile sottolineare l’evidenza.» si sentì rispondere Sesshomaru. Lei annuì e il suo sorriso si allargò. D’improvviso, sembrava che fosse giunta l’estate. Sesshomaru sentiva uno strano calore diffonderglisi nelle vene, mentre lei lo guardava. Ormai era a soli due passi di distanza.
«Perché sei qui?» chiese, ed ebbe almeno la soddisfazione di non avvertire alcun turbamento nella propria voce.
«Ho condotto a voi i capi degli yokai dell’Est.- rispose lei- Vi aspettano a Palazzo, Sesshomaru-sama, ma sono turbolenti e sarebbe meglio non farli aspettare.» Si distrasse e guardò oltre lui, verso il fiume. «Questa valle è meravigliosa anche con questo tempo oscuro.- sussurrò lei, e nei suoi occhi chiari brillò una luce di profonda nostalgia- Eppure, mi fa venire voglia di piangere…»
Sesshomaru non riusciva a fare altro che fissare il volto di quella donna. Si soffermava sulle belle linee degli zigomi, sulle labbra piene e rosee, sulla fronte liscia. Non aveva mai provato niente di simile. Il suo autocontrollo, i pensieri stessi, erano andati a farsi benedire.
“Il mio corpo…il mio corpo la riconosce!” pensò, scioccato dall’intensità del desiderio che lo stava sopraffacendo. Il corpo stava prendendo il sopravvento sulla sua mente allenata al comando. Sentiva scariche di elettricità attraversargli il corpo e concentrarsi nelle mani, che erano irresistibilmente attratte da lei. Il cuore gli batteva all’impazzata, il respiro gli si era fatto fondo. Non si era mai sentito peggio in vita sua. Qualcosa gli ordinava di stringere a sé quella maledetta donna e farla sua lì dove stavano, senza por tempo di mezzo. La mente cercava di uccidere quel pensiero con la stessa ferocia usata per i più grandi nemici, ma senza molto successo. Allungò una mano e le tolse una ciocca di capelli dal viso. Lei si voltò verso di lui, sobbalzando per il contatto inaspettato. Sesshomaru la fissò negli occhi, che gli sembravano ora quelli di una cerbiatta spaventata, mentre saggiava la seta dei suoi capelli tra le dita e faceva per avvicinarsi ulteriormente a lei.
«Se…Sesshomaru-sama?» sussurrò lei, tremando appena ma senza accennare a sottrarsi. La sua voce, però, ebbe l’effetto immediato di spezzare l’incantesimo. Sesshomaru si fece di marmo nel rendersi conto di quello che stava facendo, quindi lasciò andare di colpo la ciocca di capelli e voltò le spalle alla donna, senza più guardarla in faccia. Si incamminò con furia malcelata, resistendo alla tentazione di pulirsi la mano contaminata sui propri vestiti.  La debolezza appena sperimentata lo riempiva di disgusto per se stesso. Occorreva sradicare quelle indecenti sensazioni alla radice. La vita di quella dannata doveva giungere al termine.
Ignorò la voce di lei che lo chiamava e proseguì verso il Palazzo,  lasciandosi la valle alle spalle, senza curarsi che lei lo seguisse o meno.

***

«Tornerai a Est. Quest’oggi stesso.» disse Sesshomaru, assiso sul suo trono.
La inu-yokai bionda era inginocchiata di fronte a lui, con un’espressione di assoluta perplessità sul viso. Il suo inusuale gesto nella valle, il silenzio di tomba che aveva caratterizzato il loro ritorno e quella convocazione immediata dopo la brevissima udienza ai capi tribù dell’Est le avevano cancellato di dosso quell’aria da padrona della situazione che tanto lo irritava. In qualche modo, Sesshomaru era riuscito a metterla in difficoltà e questo non gli dispiaceva affatto.
«Come desiderate, Sesshomaru-sama.- disse lei, con una lieve incertezza- Desiderate che riaccompagni i…»
«Quei plebei si arrangeranno da soli.- disse Sesshomaru, sprezzante - No, ho una missione importante da affidarti.»
«Una missione?» ripeté Anna, corrugando appena la fronte.
Sesshomaru si prese il suo tempo. Tamburellò le dita sul fodero di Tokijin, scrutando il volto della sua sottoposta. La vide reprimere un movimento, segno di disagio. Vederla in difficoltà gli procurava una sorta di soddisfazione perversa. Il pensiero di ucciderla all’istante lo aveva assillato per tutto il viaggio di ritorno, ma si era infine risolto di sfruttare le potenzialità della donna almeno una volta, prima di porre fine alla sua inutile e miserevole vita. Dopotutto, la parola spreco non compariva nel vocabolario del Signore dell’Ovest.
«Poco oltre il confine si erge un villaggio…un insulso agglomerato di umani chiamato Edo.- disse Sesshomaru, e vide passare negli occhi di lei un lampo di riconoscimento- Presumo tu lo conosca, visto che è stato teatro del mio scontro con Soichiro.»
«Sì, lo conosco, mio Signore.» rispose lei. La voce le tremò ancora, benché nessun odore particolare provenisse da lei.
«Andrai ad Edo.- continuò Sesshomaru, con voce gelida- Laggiù, a quanto mi è stato riferito, ultimamente dimora Inuyasha. Ti ordino di andare a ucciderlo e ad impossessarti per me della Tessaiga.»
Le sue parole caddero come massi nella sala vuota. La donna impallidì e boccheggiò per un istante, come se fosse senza fiato.
«Ma…ma…Sesshomaru-sama…- mormorò la bionda, con voce roca- Vi abbiamo raccontato della Tessaiga…Non si può…»
«Tessaiga ha riconosciuto Inuyasha come suo padrone ed è protetta da una barriera contro gli yokai. So tutto.- la interruppe Sesshomaru, sprezzante- Eppure, Tessaiga non ha ubbidito a Inuyasha nella grotta. Inoltre, la tua anima è umana, perciò dovresti essere in grado di portarmi la spada senza gravi danni.»
«Ma…- disse ancora lei, accennando ad alzarsi in piedi- Sesshomaru-sama, voi avete sempre sostenuto di essere il solo ad avere diritto di uccidere Inuyasha. Io non…»
«Ho cambiato idea.» disse solo Sesshomaru, socchiudendo appena le palpebre. Per quanto Inuyasha fosse uno stupido mezzosangue, Sesshomaru sapeva che Anna non aveva possibilità di sconfiggere il suo fratellastro. Lui sarebbe stato l’unico a guadagnarci, in effetti. Seguendola, e intervenendo al momento opportuno, avrebbe eliminato due scocciature in una sola volta e avrebbe finalmente posseduto la tanto agognata eredità paterna.
«Ma Sesshomaru-sama…» cercò di nuovo di argomentare lei. Con un solo, rapidissimo movimento, Sesshomaru le fu di fronte. La afferrò per il vestito, quasi soffocandola con la stoffa.
«Stai forse discutendo il mio ordine, feccia?» chiese, gelido. Vide passare nei suoi occhi un intenso dolore, quindi la inu-yokai scosse il capo. Sesshomaru la lasciò andare di colpo e le diede le spalle.
«Ora vai.- sentenziò- E non tornare senza Tessaiga.»
«Sì…mio Signore.» sussurrò lei, con voce debole. Sentì il fruscio delle sue vesti allontanarsi oltre la porta della sala del trono. Sesshomaru si sedette sul suo trono e attese. Quando, pochi minuti dopo, gli fu comunicata la partenza di Anna, si preparò a sua volta a lasciare il Palazzo.

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Capitolo 14
*** 13 - La luna nera ***


Author's note: Sesshomaru è tornato ad essere un vero e proprio ghiacciolo, il Re degli Iceberg!! Come farà Anna a tirarsi fuori da questa situazione? E come la prenderà Inuyasha, che non è in una situazione rosea di per sè? Forse sta per succedere qualcosa di terribile...

Inuyasha sedeva su uno dei rami più alti dell’albero Goshinboku, immerso in un pensieroso silenzio mentre osservava il cielo limpido e oscuro della notte. Un vento gelido proveniente da nord aveva spazzato via le nubi e la pioggia, e ora il cielo era terso come una pozza d’acqua di montagna e le stelle brillavano come minuscoli brillanti.
Inuyasha, però, non aveva pensiero per il freddo che gli si insinuava attraverso le larghe maniche del kariginu e che gli sferzava il volto, facendogli ondeggiare i capelli d’argento. Da giorni, ormai, era tutt’altro ad avere la sua totale attenzione. Inuyasha non sapeva esattamente quanto tempo fosse trascorso dal giorno in cui si era reso conto che nella sua memoria aleggiava una nebbia che nascondeva ricordi importanti. Da allora era rimasto talmente immerso nella propria mente da aver perso la cognizione del tempo. Doveva essere passata almeno una settimana, comunque. Una settimana trascorsa cercando di mettere insieme pezzi del puzzle, a cercare prove o confutazioni a ciò che Kagome gli aveva raccontato.
Inuyasha sospirò. Dopo il suo incontro con la inu-yokai bionda, Kagome era tornata da lui. L’espressione sul suo viso, la luce di speranza e paura che le aveva visto brillare negli occhi, avevano cancellato qualsiasi sospetto di falsità e ipocrisia di cui Inuyasha l’avrebbe potuta accusare. Non che ne avesse mai avuto realmente l’intenzione. Gli sembrava un sacrilegio dubitare di quella ragazza. Il litigio appena avuto, ovviamente, era stato dimenticato alla velocità della luce. Così, Kagome gli aveva raccontato una storia…una storia sulla Shikon no Tama, su grandi nemici e su ancora più grandi affetti.
A quanto pareva, erano passati cinquant’anni dal momento in cui aveva attaccato per la prima volta il villaggio della sacerdotessa Kikyo, custode della Sfera. Kikyo, incarnazione precedente di quella stessa Kagome per cui ora il suo cuore sfarfallava in petto come impazzito, era potente ma sola. La Shikon no Tama la legava a una vita di responsabilità che non le permetteva di essere donna. Questo l’aveva resa speciale agli occhi di Inuyasha, che se ne era innamorato ed era addirittura arrivato a desiderare di diventare umano per vivere con lei. Ma un grande nemico, un uomo donatosi e quindi unitosi ai demoni, li aveva tratti in inganno, portandoli a odiarsi e uccidersi a vicenda.
Inuyasha sospirò di nuovo, osservando il tronco dell’albero sotto di lui. Sì, poteva vedere il segno della freccia che lo aveva sigillato a quell’albero per cinquant’anni. Un sigillo…non una vera e propria morte. Kikyo doveva averlo amato davvero. Dopotutto, si era lasciata morire subito dopo averlo sigillato. Questo spiegava i suoi sentimenti di amore e odio per quel particolare albero, il perché ne fosse attratto.
Di questa prima parte della storia, Inuyasha non aveva alcun ricordo. Non ricordava niente di quel periodo, anche se nel ripensarci avvertiva un’ombra di dolore, rimorso e rabbia, come gli echi lontani prodotti da acqua che gocciola in una grotta oscura. Inuyasha stirò le labbra in un sorrisetto nel formulare quella similitudine. Tutti i suoi guai erano cominciati proprio in una grotta. Comunque, sigillato all’albero Goshinboku, Inuyasha aveva dormito per cinquant’anni, finché una fanciulla proveniente da un altro tempo, da quel pozzo su cui aleggiava il suo odore, non era giunta a liberarlo, a ricondurlo alla vita.
Inuyasha si toccò il petto all’altezza del cuore in un gesto incosciente. Stando a quanto gli era stato detto e da ciò che aveva intuito, perché Kagome non si era data alcun merito, lei lo aveva liberato in più di un modo. Lo aveva liberato del sigillo di Kikyo, e poi, viaggiando con lui alla ricerca dei frammenti della Shikon no Tama, spezzata dalla stessa Kagome, lo aveva pian piano mondato del suo odio, del suo rancore e del suo ossessivo desiderio di diventare un vero demone. Altri si erano uniti al loro cammino, rendendolo sempre più aperto al mondo e al suo prossimo. Una cacciatrice che aveva perso la sua famiglia, un monaco maledetto, un kitsune orfano…Gente che sapeva cos’era la sofferenza. Inuyasha non li ricordava, ma dentro di lui aveva avvertito un certo calore al sentire nominare quegli estranei, quelli che Kagome aveva definito i loro amici. Amici…Inuyasha non ne aveva mai avuti.
Tutti insieme avevano cercato la Sfera e combattuto Naraku, il mezzo demone che aveva ucciso Kikyo e fatto sigillare Inuyasha. Il viaggio era stato lungo, pieno di pericoli e incontri. Kikyo era tornata in vita con un corpo fasullo, l’okami-yokai Koga era diventato un loro amico-nemico, il vecchio spadaio Totosai lo aveva aiutato ad imparare a maneggiare Tessaiga e l’odio che spartiva col fratello maggiore Sesshomaru si era evoluto in una sorta di tregua da entrambe le parti. Questo aveva faticato parecchio a crederlo, ricordando il loro ultimo incontro, ma non aveva interrotto la narrazione di Kagome, preferendo sapere il resto. Queste cose erano nozioni prive di un vero significato, per Inuyasha. Non ne aveva il minimo ricordo e per lui rappresentavano solo una storia narratagli come una fiaba per bambini. Nonostante, questo, aveva continuato ad ascoltare Kagome, affascinato dalla ricchezza di quel tempo che aveva perduto. Gli anni della sua giovinezza si riassumevano in fuga costante, odio per il mondo e desiderio di vendetta. I mesi narratagli da Kagome erano invece pieni di avvenimenti, persone, luoghi e sentimenti. Inuyasha avvertiva sempre più un bruciante desiderio di ricordare tutto quanto, a mano a mano che seguiva il fluire delle sue parole.
Infine, Kagome gli aveva raccontato che Naraku era stato sconfitto. Inuyasha, redento, aveva desiderato di restare per sempre con Kagome, in quanto l’amava e ne era riamato. La Sfera l’aveva così reso un demone completo e aveva fatto di Kagome una immortale, per poi purificarsi e svanire. Subito dopo, entrambi erano rimasti coinvolti dalle faccende di Sesshomaru, il quale si era dapprima unito in maniera turbolenta alla inu-yokai bionda, che si chiamava Anna, poi aveva richiesto il loro supporto nella guerra contro il Signore dell’Est, che era stato ucciso. Nell’esplorazione del nuovo territorio, entrambi erano caduti in una trappola, ed un demone aveva sottratto loro le memorie. E così, si era arrivati al presente.
La voce di Kagome si era affievolita sul finale e Inuyasha l’aveva guardata in volto. Vi aveva letto un dolore e una speranza tali che aveva dovuto distogliere lo sguardo. Voleva ricordare, ma non riusciva a sentire altro che quegli echi. Non sapeva se i ricordi sarebbero mai tornati a lui. Inoltre, la parte più acida del suo carattere metteva in discussione molte delle cose che gli erano state raccontate.
Kagome gli aveva detto che i loro amici sarebbero presto tornati col vaso contenente le sue memorie e Inuyasha si era ritrovato a sperarlo con tutte le sue forze. Non aveva detto nulla a Kagome, che in quei giorni si era mantenuta distante, dandogli il tempo di riflettere con calma e digerire le informazioni apprese. Era difficile…Kagome se ne rendeva conto, ma Inuyasha capiva che quell’attesa la stava facendo soffrire. Imponendosi di non agire affrettatamente come al suo solito, Inuyasha aveva atteso di avere la certezza assoluta che gli fosse stata raccontata la verità e ora, come la inu-yokai bionda gli aveva predetto, il momento era arrivato. Quella era una notte di luna nuova. Una notte nera. E lui, non si era trasformato.
Inuyasha guardò di nuovo il cielo pulito, sentendosi al contempo più leggero e più triste. Erano finiti i tempi in cui doveva nascondersi, vigilare per non venire ucciso in quei mensili momenti di debolezza. Il suo sangue era forte, il suo corpo possedeva la forza dei demoni. Ne aveva già avuto un assaggio. Ma il suo cuore…il suo cuore ora soffriva per ciò che aveva perduto, perché Inuyasha aveva compreso di aver perso ciò che di più bello la vita gli aveva offerto: i suoi sentimenti per Kagome.
«Inuyasha.»
La voce dolce della ragazza giunse da sotto l’albero e Inuyasha abbassò lo sguardo di scatto. Lei era vicino alle radici dell’albero e lo guardava con quei bellissimi occhi luminosi.
«Kagome…» mormorò Inuyasha, saltando subito giù dall’albero e atterrando di fronte a lei. La ragazza abbassò un istante il capo, quindi tornò a guardarlo negli occhi.
«Inuyasha…è luna nuova.- disse, torturandosi le mani- Ho pensato…»
«Ti credo, Kagome.- disse Inuyasha, sorprendendola- Ti credevo anche prima di vedere con i miei occhi che non mi sarei trasformato. Io…ti credo.»
Kagome lo guardò con occhi pieni di speranza, avvicinandosi di un passo.
«Inuyasha, davvero mi credi?» chiese ancora. Inuyasha annuì.
«Vorrei ricordare, Kagome, ma in verità non ho alcuna memoria di ciò che mi hai raccontato.» ammise lo yokai, con una smorfia sofferente.
«Inuyasha…- mormorò Kagome, sfiorandogli il volto con una mano- Non sforzarti. Sango e Miroku torneranno col vaso e allora tornerà tutto a posto.»
Kagome quasi sobbalzò quando Inuyasha prese la mano che aveva usato per toccargli il viso e la scostò. Invece di lasciarla andare, però, la trattenne nella sua. Inuyasha la guardò negli occhi, appuntando le sue iridi d’ambra in quelle di lei, e il cuore di Kagome tremò nel vedere brillare in quegli occhi un familiare sentimento.
«Ci sono alcune cose che ricordo, però.- aggiunse Inuyasha, con un sorriso timido ma senza incertezze nella voce- Il tuo profumo, sai…così dolce! E ricordo come sono al tocco i tuoi capelli.» Allungò l’altra mano e passò le dita tra il velluto dei capelli neri di Kagome. La vide arrossire e il suo sorriso si accentuò. «Ricordo il tuo viso, quando sei arrabbiata e quando mi sorridi.- disse, sfiorandole la guancia con le dita- Ricordo che non voglio vederti piangere.» Si avvicinò di un altro passo a lei e le poggiò la mano sul proprio petto, dove il cuore gli stava battendo furiosamente. «E il mio cuore, Kagome…il mio cuore è pieno della tua immagine e della tua voce.» sussurrò. Le lacrime iniziarono a solcare il volto di Kagome e Inuyasha le asciugò con un dito. «Kagome, io ti…»
«Inuyasha!!»
Sia Inuyasha che Kagome sobbalzarono al quel grido, proveniente da dietro di loro, e si voltarono di scatto. Kagome notò con un tuffo al cuore che Inuyasha si era messo per istinto fra lei e il pericolo, proteggendola. Un grande inu-yokai dal pelo dorato balzò oltre gli alberi, trasformandosi mentre toccava il suolo in una donna dall’aspetto sconvolto.
«Anna!» esclamò Kagome, sorpresa. Inuyasha ringhiò.
«Dannata, non potevi scegliere un altro momento?!- sbraitò, facendo sorridere Kagome- Che tu sia maledetta, perché non vai a rompere le scatole da un’altra…»
«Inuyasha! Hai con te Tessaiga?» chiese la donna, senza nemmeno ascoltarlo, venendo loro incontro. Inuyasha strinse per riflesso il fodero della spada e scambiò un’occhiata perplessa con Kagome.
«Anna, che sta succedendo?» chiese Kagome, preoccupata.
«Che diavolo c’entra Tessaiga?» chiese Inuyasha, cupo e aggressivo. Anna si fermò proprio di fronte a lui e allora entrambi poterono notare quanto la inu-yokai fosse pallida.
«Anna, Sesshomaru ha fatto qualcosa?» chiese Kagome, d’improvviso molto agitata. Inuyasha la guardò, ricordandosi che quella donna era la consorte di suo fratello.
«Mi ha mandato a uccidere Inuyasha e prendere la Tessaiga.» ammise Anna, annuendo.
«Che cosa?!» esclamarono Inuyasha e Kagome all’unisono. Inuyasha spostò ulteriormente Kagome dietro di sé e fece cenno di sfoderare la spada, ringhiando.
«Dovrai passare sul mio cadavere prima di mettere le mani su Tessaiga, dannata!» esclamò.
«Non ho alcuna intenzione di farlo, Inuyasha!» rispose lei, aggressiva, stupendolo. Kagome gli mise una mano sul braccio.
«Inuyasha, Anna è buona. Possiamo fidarci di lei.» disse. Inuyasha fece una smorfia, ma non estrasse la spada.
«Feh! E allora che diavolo vuoi, donna?» chiese, rifiutandosi di apparire cordiale.
«Dovete fuggire.- disse subito Anna, lanciando un’occhiata febbrile dietro di sé- Sono sicura che Sesshomaru mi abbia seguita. Non so cosa sia successo, ma non si fida più di me…se mai l’ha fatto. Potrebbe essere qui a momenti, quindi scappate subito!»
«Non eseguirai i suoi ordini?» chiese Inuyasha, stupito.
«Anna, te ne farà pentire!» esclamò Kagome, preoccupata. Inuyasha la guardò con un certo stupore, poi rammentò che anche Sesshomaru aveva perso i suoi ricordi. Già, l’avrebbe fatta pagare a quella donna e molto salata.
«Ti ucciderà, stupida.» disse, con una smorfia.
«Non se crederà che ho combattuto contro di te e sono stata sconfitta.- replicò Anna, stupendoli- Colpiscimi, Inuyasha.»
«Cos…» sbottò Inuyasha, basito.
«Anna, ma cosa dici?» chiese Kagome, portandosi le mani alla bocca.
«Colpiscimi, Inuyasha! Devi farlo!- gridò Anna, direttamente in faccia allo yokai- Provocami una ferita abbastanza grave. Sono un demone, guarirò presto!»
«Ma…sei scema?! Come faccio a colpirti così, senza un motivo? Restiamo e affrontiamolo tutti insieme, invece di scappare!» chiese Inuyasha, facendo mezzo passo indietro. La ferrea sicurezza di quella inu-yokai lo spaventava.
«Ti ho detto di colpirmi! Tu non ricordi come si usa Tessaiga!- ringhiò Anna, e i suoi occhi divennero quelli di un demone- Sesshomaru non ha alcuno scrupolo, ci ucciderà tutti. Vuoi che succeda qualcosa di male a Kagome?»
«Io…no!» balbettò Inuyasha sorpreso da quella veemenza.
«E allora colpiscimi e poi scappa, maledizione!» gridò Anna, disperata.
«Non sarà necessario.»
La voce gelida alle spalle di Anna congelò a tutti il sangue nelle vene. Inuyasha allungò lo sguardo oltre la donna bionda, che si voltò molto lentamente.
«Sesshomaru-sama…» disse lei, con voce roca e spaventata.
Poco distante, Sesshomaru li osservava a braccia conserte, senza traccia di una qualsiasi espressione sul volto. Inuyasha scoprì le zanne in una smorfia d’odio e strinse le dita sull’elsa di Tessaiga.
«Inuyasha.- disse Sesshomaru, sollevando appena un sopracciglio- Vedo che ti accompagni ad esseri umani, da essere inferiore quale sei.» Guardò Kagome e Inuyasha si affrettò a porsi a barriera tra il suo sguardo e la ragazza. Sesshomaru spostò la sua attenzione sulla inu-yokai. «Senza contare i traditori.» aggiunse, secco.
Inuyasha si accorse che la donna chiamata Anna tremava sotto quell’occhiata pregna di disprezzo, e provò una punta di pena per lei.
«Sesshomaru-sama…vi posso spiegare…» tentò di argomentare lei, andando verso di lui.
«Stai zitta!- le ingiunse Sesshomaru, facendola fermare di colpo- Abbi almeno la decenza di fare silenzio, feccia! Sapevo che mi avresti tradito. Di te mi occuperò più tardi.» Con un gesto lento e minaccioso, Sesshomaru sguainò la spada che portava al fianco, puntandola poi verso il fratellastro. «Ora voglio Tessaiga.»
«Feh! Vieni a prenderla, se ce la fai.- esclamò Inuyasha- Non sono più quello di una volta, Sesshomaru!»
«Lo vedremo.» mormorò Sesshomaru, socchiudendo appena gli occhi.
«No, Inuyasha!» disse Kagome.
«Non dovete farlo!» disse Anna, mettendosi in mezzo.
«Tu stai vicino a Kagome, donna, e non ti impicciare! Sesshomaru non è tipo con cui si possa discutere!» esclamò Inuyasha, spostandola di peso e partendo in corsa verso il fratello maggiore. Sesshomaru non si fece pregare. Scattò a sua volta, mentre Inuyasha sguainava la spada. Con sua grande sorpresa, essa si trasformò in una grande lama robusta, come gli aveva raccontato Kagome. Forse era a causa dei sentimenti nel suo cuore? Non ebbe tempo di pensarci. Parò il fendente del fratello, ma venne rigettato all’indietro da una potenza inaudita.
«Tu non sai usare Tessaiga.- ripeté Sesshomaru- E per questo morirai!»
«Tu…maledetto, non mi provocare!» sbraitò Inuyasha, seccato. Sesshomaru si preparò a sferrare un nuovo colpo con Tokijin, ma Anna tornò a mettersi in mezzo.
«No, Sesshomaru-sama!» gridò Anna, frapponendosi di nuovo tra loro e afferrando Sesshomaru per le braccia.
«Anna!» esclamò Kagome, preoccupata per l’amica, ma Inuyasha la frenò prima che potesse correre da lei. Ci mancava solo che Sesshomaru decidesse di sfogarsi su Kagome!  Sesshomaru guardò Anna in volto senza tradire alcuna emozione.
«Vi prego…vi prego, Sesshomaru-sama!- disse Anna, sconvolta, con voce rotta- Non fate qualcosa di cui vi potreste pentire! Non ve l’ho detto per non farvi adirare, ma voi e vostro fratello…»
«Fai silenzio.» mormorò Sesshomaru.
«Vi prego…vi prego, ascoltatemi!» continuò la inu-yokai, con gli occhi pieni di lacrime. Il suo volto esprimeva tanto di quell’amore che risultò palese perfino a Inuyasha. Come faceva Sesshomaru a restare indifferente? «Vi prego, Sesshomaru-sama…per favore…cercate di calmarvi.- sussurrò la donna, cercando una reazione su quel volto di pietra- Non vi tradirei mai, lo giuro! Ascoltate…»
Anna non finì mai la frase.
Inuyasha e Kagome videro con orrore Sesshomaru colpire Anna al ventre con tutta la sua forza. La inu-yokai perse il fiato e boccheggiò, ma la mano di Sesshomaru non si fermò. Con violenza, si fece strada nella carne, fino a trapassarla da parte a parte. Dalla bocca di Anna sgorgò sangue. Un tremito convulso le scosse il corpo.
«Maledizione…» mormorò Inuyasha, mentre Kagome tratteneva il fiato con un sibilo. Anna alzò lo sguardo sul volto impassibile di Sesshomaru, aggrappata alle maniche del suo vestito con le dita sbiancate.
«Sessho…maru…» disse, con gli occhi pieni di lacrime, il viso privo di qualsiasi colore ma colmo di un dolore straziante. Sesshomaru ritirò la mano insanguinata con un solo strattone e il corpo della inu-yokai bionda cadde a terra, riverso su una pozza del proprio sangue.

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Capitolo 15
*** 14 - Il ritorno del Kaze no Kizu ***


Author's note: Vi ho lasciate in un brutto guaio! Eccomi a riparare (forse) a quanto avvenuto...ma non credeteci troppo! XD Grazie mille per i vostri commenti, scusate se non sono riuscita a rispondere a tutti ma è stata una settimanaccia! State indovinando molte cose...ma come/dove/quando userò ciò che avete intuito? Si vedrà ;) Enjoy!

Sesshomaru la colpì con tutta la sua forza, trapassandole il ventre da parte a parte. Osservò il viso di lei senza alcuna emozione, mentre la donna impallidiva e perdeva il fiato. Un rigurgito di sangue le uscì dalla bocca, e per un istante le sue dita lo strinsero con più forza. Il suo volto espresse un dolore straziante, che pareva più interiore che fisico.
«Sessho…maru…» mormorò la inu-yokai, guardandolo con occhi pieni di lacrime. Per un istante, Sesshomaru ebbe la strana sensazione che lei l’avrebbe chiamato per nome…semplicemente per nome, senza il –sama che denotava il rispetto dovutogli. Questo gli provocò una breve sensazione di disagio, che Sesshomaru sradicò da sé ritirando bruscamente la mano. Il corpo della inu-yokai cadde a terra, riverso ai suoi piedi, e subito una larga macchia di sangue cominciò a formarsi sotto di lei. Non era morta, non ancora. Era una yokai e ci voleva altro per farla fuori, ma l’aveva messa fuori combattimento. Non si sarebbe più immischiata. Sesshomaru rimase dov’era, col braccio per metà lordo di sangue, il cui odore gli provocò un altro moto interno di disagio. Fece una smorfia e alzò lo sguardo su Inuyasha e l’umana che stava con lui. Vide entrambi fissare con orrore il corpo esanime. La donna cacciò un grido acuto e isterico.
«Anna!!!» gridò, una mano sulla bocca e gli occhi pieni d’orrore. Inuyasha non aveva un’espressione migliore.
«Cosa c’è, Inuyasha?- chiese, sarcastico- Tenevi a questa traditrice?» Toccò appena il corpo con la punta del piede. «Ti accompagni sempre ad esseri inferiori.»
Prima che Inuyasha potesse dire o fare qualsiasi cosa, fu Kagome a prendere in mano la situazione.
«Come hai potuto?!- sibilò, emanando un’ira terribile e guardando Sesshomaru con odio, i pugni stretti per l’ira- Come hai potuto farle una cosa simile?! Sei un mostro! L’aver perso i tuoi ricordi non giustifica questo orrore!»
Sesshomaru non la degnò nemmeno di uno sguardo, tornando a puntare Tokijin contro il fratello. Inuyasha mise una mano sul braccio di Kagome.
«Lascialo a me, Kagome.» mormorò Inuyasha.
«Ma…» tentò di replicare Kagome, sull’orlo delle lacrime.
«Ora lo allontanerò da lei. Tu stalle vicino e non intervenire. A Sesshomaru ci penso io.» Inuyasha la guardò negli occhi e dopo un attimo Kagome annuì. Aveva riconosciuto quello sguardo. Sapeva che Inuyasha l’avrebbe difesa, le avrebbe difese entrambe.
Inuyasha tornò a guardare suo fratello con una smorfia. Quel gesto di violenza gratuita gli aveva messo in corpo una rabbia terribile. Quel dannato essere pieno di stupido orgoglio nel proprio sangue di demone…Se essere uno yokai significava diventare come Sesshomaru, allora si vergognava di aver mai desiderato di esserlo! Come aveva potuto fare una cosa del genere alla donna che aveva amato?! Possibile che non fosse rimasta traccia del sentimento nel suo cuore? Lui sarebbe morto prima di fare del male a Kagome, eppure non ricordava nulla del suo passato! No, il gesto di Sesshomaru non aveva giustificazioni!
«Sesshomaru, ti pentirai amaramente di quello che hai fatto!» disse, stringendo più forte Tessaiga e preparandosi ad attaccare. Sesshomaru fece un sorrisino sprezzante.
«Cos’è, provavi affetto per quella donna?- chiese, sollevando appena un sopracciglio- Forse l’amavi?»
«Eri tu che l’amavi, brutto idiota dal cuore di ghiaccio!» gridò Inuyasha, scattando in avanti.
«Dici cose prive di senso.» mormorò Sesshomaru, socchiudendo appena gli occhi e scattando a sua volta.
Le due spade cozzarono con gran clangore, ma stavolta Inuyasha non attese di essere colpito dalla forza dirompente della spada del fratello, ma si disimpegnò all’indietro, costringendo Sesshomaru a seguirlo nei suoi movimenti per riuscire ad attaccarlo. In questo modo, riuscì a portarlo più distante dal corpo esanime di Anna. Kagome, con un’occhiata preoccupata al violento combattimento che si stava svolgendo a pochi passi da lei, approfittò dello spazio lasciatole da Inuyasha e corse da Anna, chinandosi su di lei.
«Anna!- la chiamò, scostandole i capelli dal volto per vederla in faccia- Anna, come ti senti?»
Scoprì con sollievo che la inu-yokai non aveva perso conoscenza, ma era bianca come un cadavere e nei suoi occhi c’era un’espressione allucinata. Al suono della sua voce, Anna strinse i denti e si premette una mano sul ventre, cercando di girarsi sulla pancia per guardare cosa stava succedendo.
«No, Anna! Non devi muoverti!» disse Kagome, febbrile.
«Devo…» ansimò Anna, tossendo sangue. Si fermò e respirò a fatica per un momento, prima di voltarsi con uno scatto. «Devo vedere.» disse, con voce rauca e incerta. Kagome non replicò e si fece più vicina a lei, tenendola per le spalle mentre Anna si alzava sui gomiti per vedere il combattimento che si stava svolgendo.
Inuyasha lanciò loro un’occhiata e si accorse che la bionda era ancora viva e cosciente. Questo gli fece piacere. Non voleva che Kagome soffrisse per la morte dell’amica. Sfoggiò un sorrisetto sarcastico e affibbiò al fratello un colpo di spada più forte dei precedenti.
«Feh! Sesshomaru, non sei più forte come un tempo.- lo beffeggiò, acido- Non dovevi farmi fuori? Quanto ci metti?!»
«Stai certo che lo farò, lurido verme.» disse Sesshomaru, attaccandolo con fredda ferocia.
Inuyasha parò tutti i colpi e in questo si trovò a dover ringraziare il suo nuovo corpo da demone e la Tessaiga. Si fossero trovati nel passato, Sesshomaru l’avrebbe già fatto a fette da un pezzo, perché la sua spada era davvero potente! D’altronde, se anche riusciva a non farsi squartare dal fratello, pareva non ci fosse verso di prendere vantaggio su di lui. Sesshomaru non aveva riportato nemmeno un misero graffio, mentre la sua Tokijin gli aveva già aperto diversi tagli nella pelle.
“Maledizione! Ci dev’essere un modo per andare in vantaggio su di lui!” si disse Inuyasha, frustrato.
In quell’istante, Sesshomaru evitò il fendente della Tessaiga spostandosi di lato e usò l’elsa della propria spada per colpire la mano del fratello e scostare Tessaiga. Prima che Inuyasha se ne rendesse conto, Sesshomaru l’aveva afferrato per il collo e lanciato lontano con tutta la sua forza. Inuyasha colpì un tronco d’albero, che si sfondò per l’impatto, e rimase a terra, faticando a riprendere fiato.
«Inuyasha, attento!» gridò Kagome. Avvertendo il pericolo, Inuyasha rotolò sulla sinistra, evitando di essere centrato in pieno da Sesshomaru, che scavò una buca nell’esatto punto in cui lo aveva scaraventato due secondi prima. Inuyasha si alzò in piedi e strinse di nuovo Tessaiga, digrignando i denti. Cosa poteva fare per porre fine a quel combattimento?
«Puoi anche avere il corpo di un demone, ma non sarai mai in grado di usare degnamente Tessaiga.- disse Sesshomaru- La tua resistenza è inutile, Inuyasha!»
«Feh! Non ti cederò mai la Tessaiga.- rispose Inuyasha, pensando freneticamente alle cose che Kagome gli aveva raccontato della Tessaiga, in cerca di un modo per utilizzarne il potere- Nostro padre non voleva che tu l’avessi e io non te la darò mai!»
«Nostro padre…» ringhiò Sesshomaru, perdendo definitivamente la pazienza al solo sentire nominare il genitore. I suoi occhi divennero rossi, le zanne gli si allungarono mentre la sua aura diventava sempre più imponente e minacciosa. «Se nostro padre avesse avuto maggiore discernimento e non si fosse fatto abbindolare da quella stupida donna di tua madre, di certo non avrebbe affidato quella spada ad un povero idiota come te!» Ormai deciso a uccidere quella dannata zecca di suo fratello minore, Sesshomaru si scagliò contro Inuyasha.
Fu allora che il giovane demone ebbe un’illuminazione. Tutti i suoi sensi furono improvvisamente consci dell’aura demoniaca del fratello…e della propria. Mentre Sesshomaru si scagliava contro di lui, poté sentire l’odore dell’aria cambiare, intensificarsi nell’esatto punto in cui le loro youki si incontravano. Tessaiga pulsò nelle sue mani, mentre il cuore perdeva un battito. Sapeva cosa fare! Il suo corpo, la sua spada glielo comunicavano con chiarezza! Per Sesshomaru era la fine!
«Sei morto, Inuyasha!» ruggì Sesshomaru, ormai per metà trasformato.
«No, lo sei tu!- gridò Inuyasha – Prendi questo!»
Inuyasha calò la spada in un potente fendente, tagliando l’aria nel punto d’incontro delle youki. Da quel momento, successe il caos. Sentì Kagome gridare qualcosa, ma non capì le sue parole. Seppe solo che non aveva chiamato il suo nome. Un’immensa energia fatta di vento si sprigionò da Tessaiga. Inuyasha, sorpreso, incontrò gli occhi a loro volta sorpresi e pieni di inusuale sconcerto del fratello maggiore prima che la forza di quel colpo intuito per caso lo centrasse in pieno, facendo esultare Inuyasha nell’animo. Un’ombra si frappose per un istante tra Inuyasha e Sesshomaru, mentre il colpo giungeva al massimo della sua potenza. Una luce brillò nel luogo in cui fino ad un istante prima c’era il corpo di Sesshomaru. Qualcuno gridò in mezzo a quella tempesta di vento, ma Inuyasha non poteva vedere nulla…non ancora. Sperò ardentemente che Kagome non fosse stata coinvolta,non se lo sarebbe mai perdonato!
Quando, finalmente, la forza devastante del colpo di Tessaiga scemò, Inuyasha vide con sorpresa che il terreno davanti a lui era segnato da sette profonde fenditure. Di Sesshomaru non c’era più traccia. Inuyasha, ancora scosso, si voltò, cercando freneticamente Kagome con gli occhi. Per fortuna, la vide rimettersi in piedi a fatica, poco distante.
«Kagome! Hai visto?- disse, esultante- Ho usato Tessaiga come dicevi…»
«Inuyasha! Vieni, presto!» gridò lei, correndo verso gli alberi devastati, oltre i segni che la Tessaiga aveva scavato nel terreno. Inuyasha, perplesso, la raggiunse. Quel che vide lo sorprese non poco. A terra giaceva la inu-yokai, Anna, ricoperta del proprio sangue. Respirava appena, gli occhi semichiusi, del tutto incosciente.
«Inuyasha…presto, dobbiamo portarla al villaggio…curarla…» disse Kagome, sull’orlo delle lacrime, inginocchiata accanto ad Anna.
«Ma…perché?!» balbettò Inuyasha. Non capiva! Lui aveva mirato con precisione a Sesshomaru! Come aveva potuto quella donna prendere in pieno il suo colpo? D’un tratto, comprese e impallidì. Guardò Kagome, che annuì.
«Gli ha fatto scudo col proprio corpo…e lui è fuggito. L’ha lasciata qui ed è fuggito.» disse la giovane, scoppiando a piangere.

***

L’alba era ormai prossima.
Inuyasha sedeva per terra, con la schiena appoggiata alla parete esterna della casa del villaggio in cui Kagome abitava. La ragazza era dentro, insieme a una vecchia miko, il cucciolo di kitsune di cui Kagome gli aveva raccontato e una bambina umana muta. Aveva da poco portato il corpo esanime della inu-yokai dentro la casa, poi era stato cacciato fuori, perché avrebbero dovuto fasciare le ferite di Anna e non era spettacolo per un uomo. Inuyasha non si sentiva a disagio, in quel villaggio. Non gli davano nemmeno fastidio le occhiate incuriosite e preoccupate degli abitanti. In realtà, stava ancora arrovellandosi su quanto era appena successo. Sentì un fruscio e Kagome uscì dalla casa.
«Come sta?» chiese Inuyasha. Kagome sospirò tristemente.
«E’ molto grave.- ammise Kagome- Kaede-sama pensa che se la caverà, ma per ora sta soffrendo molto.»
Inuyasha abbassò le orecchie, mogio.
«Mi spiace, Kagome…Non volevo fare del male alla tua amica.» borbottò, lo sguardo fisso a terra. Kagome gli si sedette a fianco e Inuyasha sussultò quando la sentì poggiare il capo sulla sua spalla.
«Lo so, Inuyasha.- mormorò la ragazza- Anna ha solo cercato di proteggerlo. Non è colpa di nessuno.»
«E’ colpa di Sesshomaru.» ringhiò Inuyasha, seccato. Sentiva che il fratello maggiore non era morto, anche perché non aveva messo nel colpo tutta la sua forza.
«Mi sono sorpresa molto quando hai sparato il Kaze no Kizu.» disse Kagome, attirando di nuovo la sua attenzione.
«Il Kaze…che cosa?» chiese, perplesso.
«Kaze no Kizu è il nome della tecnica che hai usato.- gli spiegò Kagome- Anche in passato, la prima volta che la usasti fu contro Sesshomaru.»
«Davvero?!» si sorprese Inuyasha. Rifletté per un po’, in silenzio, godendo della vicinanza di Kagome. «Comunque, non credo che Sesshomaru sia morto.» aggiunse, riluttante.
«Neanche io.- disse Kagome, annuendo- Il che è un bene.»
«Ma che dici?» esclamò Inuyasha, scioccato.
«Se gli succedesse qualcosa, Anna ne morirebbe.- disse Kagome, triste- Per questo ha cercato di fargli da scudo. Credo che il colpo sia risultato dimezzato per entrambi, senza contare che Sesshomaru è protetto anche da Tenseiga.»
«Bah, quella tua amica Anna è completamente pazza! – disse Inuyasha, facendo una smorfia- Come si può amare un idiota senza cuore come Sesshomaru?! Desiderare di dare la propria vita per un…»
«Lo farebbe qualsiasi donna innamorata, Inuyasha.» disse Kagome, guardandolo in un modo che ridusse al silenzio lo yokai. Inuyasha prese timidamente tra le sue una mano di Kagome. Forse poteva capire.
«Kagome-chan!!!»
La voce di donna che spezzò il momento idilliaco prima ancora che cominciasse arrivò solo un momento prima di un demone gatto con in sella un monaco e una cacciatrice di demoni. Inuyasha tirò indietro le orecchie, seccato, ma Kagome si alzò subito in piedi.
«Sango-chan! Miroku!!!» esclamò, gettandosi tra le braccia della tajiya. Inuyasha si alzò in piedi con lentezza, squadrando i due nuovi venuti.
«Sango e Miroku, eh?» borbottò, rammentando i racconti di Kagome. Il monaco si voltò con sorpresa verso di lui.
«Inuyasha! Dunque ti ricordi di noi?» chiese, sorridendo.
«Feh! Assolutamente no.- rispose Inuyasha- Kagome mi ha parlato di voi.»
«Ha perso cinquant’anni di memorie, Miroku.» disse Kagome.
«Beh, vedo che l’avete comunque addomesticato, Kagome-sama.» disse Miroku, serafico.
«Oi! Che vuoi dire con ‘addomesticato’?» sbraitò Inuyasha, seccato.
«Kagome-chan…» iniziò a dire Sango, prima che Inuyasha afferrasse Miroku per la veste e lo scrollasse.
«Ehi, parlo con te, dannato figlio di…» gli urlò in faccia, mentre il monaco sospirava con pazienza.
«Osuwari.- disse Kagome, spedendo a terra Inuyasha e sorprendendo i suoi amici- Allora, Sango, com’è andata?»
«Abbiamo ucciso Kiokumushi, grazie anche al piccolo Konemaru.- disse Sango, con un sorriso - Ed ecco qui.» Sango le porse un grosso vaso e il cuore di Kagome si alleggerì.
«Le memorie di Inuyasha?» chiese, speranzosa. Inuyasha alzò la testa dal suolo, sorpreso. Sango annuì. Inuyasha si alzò di scatto e afferrò il vaso dalle mani della tajiya.
«Come funziona?» chiese, pallido ma deciso. Kagome gli sorrise con amore. Era evidente che Inuyasha desiderava ricordare, con tutto se stesso.
«Devi aprire il vaso e respirare ciò che è contenuto all’interno.» disse Miroku e Inuyasha stappò il vaso prima ancora che il monaco finisse di parlare. Voleva ricordare tutto…tutto quanto! Infilò il naso nel vaso e respirò a fondo. Gli altri lo videro assumere un’espressione assente. Una nebbiolina dorata gli aleggiò per un istante attorno alla testa, mentre il vaso cadeva dalle mani fattesi molli, rompendosi al suolo con gran fracasso.
«Ma che succede qui?» chiese Kaede, uscendo di casa insieme a Shippo. Entrambi si fermarono nel vedere Sango e Miroku, e i cocci del vaso per terra.
«Siete tornati!» strillò Shippo, felice. Inuyasha barcollò e si portò una mano alla testa. Sbatté le palpebre qualche volta, poi alzò lo sguardo.
«Kagome?» mormorò, e la ragazza non poté fare a meno di mettersi a piangere. Inuyasha era tornato quello di sempre. Si gettò tra le sue braccia e lui la strinse forte a sé, mentre guardava gli altri, ancora stranito. «Ragazzi…cribbio, mi sembra di aver fatto un sogno strano. E’ come se avessi vissuto un paio di vite.»
«Ricordi tutto, Inuyasha?» chiese Kagome, apprensiva.
«Tutto.- disse Inuyasha, sorridendole e carezzandole i capelli- Tutto fino alla Grotta dell’Eco. Da lì in avanti, tutto ciò che ho fatto o detto mi sa di grottesco.»
«Non ho rilevato quella gran differenza, in realtà.» scherzò Miroku, facendoli ridere.
«Oi, hoshi! Tappati quella bocca!» ringhiò Inuyasha, stando al gioco. Gli porse la mano. «Grazie, ragazzi. Mi avete fatto un grande favore.»
«Allora anche Sesshomaru potrà ricordarsi di Anna!» esclamò Shippo, battendo le mani per la gioia. Una cappa di gelo scese su Sango e Miroku, rendendo perplessi gli altri. Inuyasha corrugò la fronte.
«Che cosa è successo?» chiese, sbrigativo.
«Dov’è Anna?» chiese Sango, lo sguardo basso.
«Dentro.- disse Kagome, preoccupata- C’è stato un brutto combattimento e…sia lei che Sesshomaru sono feriti gravemente. Ma se avete recuperato le memorie di…»
«Il vaso con le memorie di Sesshomaru si è rotto, Kagome-chan.» disse Sango, pallida. Inuyasha e Kagome trattennero il fiato. Quella era una notizia peggio che pessima!
«Anna è sveglia? Possiamo parlarle?» chiese Miroku, prendendo una mano di Sango. Sapeva che la ragazza si sentiva in colpa per ciò che era accaduto. Kaede scosse la testa.
«No, è incosciente.- disse, poi fece loro un gesto d’invito- Venite dentro e raccontateci ciò che è accaduto. Mi sembra che vi portiate addosso un pesante fardello.»
Così, mentre Anna dormiva un sonno agitato, stesa sul pavimento con una mano tra quelle di Rin, che la vegliava senza mai lasciarla un attimo, Sango e Miroku raccontarono agli altri ciò che era successo alla Grotta di Kiokumushi e di come il demone avesse tentato di distruggere entrambi i vasi, quando si era accorto di non avere scampo.
«Sango ha acchiappato quello di Inuyasha per miracolo, ma il vaso di Sesshomaru si è schiantato su una roccia sottostante.- disse Miroku, dolente- Pura sfortuna, in quanto a pochi centimetri v’era una distesa di neve che avrebbe attutito la caduta.»
«Speravamo che Sesshomaru avesse recuperato ugualmente i suoi ricordi, ma vedo che non è così.- mormorò Sango, guardando tristemente la forma martoriata di Anna- Ci siamo subito diretti a casa, lasciando il piccolo Konemaru al suo villaggio. Purtroppo, non siamo riusciti a fare più di così.»
«Avete fatto del vostro meglio, Sango. Non…» la consolò Kagome, prima che un suono d’allarme venisse dalla piccola Rin. Tutti si voltarono e si accorsero di avere addosso gli occhi febbricitanti di Anna.
«Ka…gome…» disse la donna, con voce stentorea.
«Anna!- esclamò Kagome, andando da lei- Come stai? Cosa…»
«Ho sentito.- disse Anna, freddandola- Ora…lui resterà…solo.»
«Feh! Ma che te ne frega?!- sbottò Inuyasha, alzandosi in piedi e andando da lei- Anna, ti rendi conto in che condizioni sei a causa sua?!»
«Rin.- sussurrò Anna, senza dargli retta- Rin…vai da lui.»
Rin le strinse la mano con un gesto convulso e scosse la testa con vigore.
«Rin!- la richiamò Anna, sforzandosi, e la bimba si acquietò- Ha bisogno di…te. Vai. Andrai al…posto mio. Prenditi cura di lui.»
«Ma Anna, lui…» cercò di replicare Kagome.
«Lui la amerà di nuovo.- disse Anna, che ora faticava a restare cosciente- Almeno lei…almeno…» Fece una smorfia e si contorse, preda del dolore. «Sango, portala tu.- sibilò, tra i denti stretti- Con Kirara.»
Sango scambiò un’occhiata con gli altri, poi mormorò un assenso.
«Andrai, vero?- chiese Anna, guardando Rin con occhi amorevoli e disperati- Andrai…?» Allungò una mano verso la bambina e le scostò la frangia, poi il dolore ebbe di nuovo la meglio su di lei e perse conoscenza. Nella stanza cadde un silenzio pesante. Rin baciò la mano di Anna, poi gliela posò sul petto e si alzò. Guardò Kagome con espressione triste, ma decisa.
«Rin…andrà.- disse la bimba con voce stentorea, sorprendendoli tutti – Per favore, accompagnate Rin da Sesshomaru-sama.»

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Capitolo 16
*** 15 - Tra la vita e la morte ***


Author's note: Un capitolo domenicale per non lasciarvi troppo in sospeso! Rin riuscirà a compiere il miracolo?...

L’alba era venuta e se ne era andata, lasciando il posto al nuovo giorno. Sotto il cielo striato di nubi pesanti, nell’immobilità invernale della foresta, un demone bianco giaceva come morto, per metà appoggiato al tronco di un albero. Ansimava pesantemente, sibilando, ed era ricoperto di ferite e dal sangue che ne era scorso. Sembrava reduce da un poderoso scontro.
Sesshomaru era completamente privo d’energia e si manteneva cosciente con la sola forza di volontà. Capiva quanto tempo fosse passato dal suo scontro con Inuyasha solo a causa del sole, che di quando in quando lo illuminava. Non sapeva dove si trovasse. Si era trascinato laggiù col solo scopo di allontanarsi da Tessaiga, dalla sua devastante potenza. Sesshomaru storse le labbra in un sorriso molto simile a un ringhio. E così, era vero. Inuyasha sapeva utilizzare Tessaiga. Conosceva il Kaze no Kizu. Tutte le sue pretese sulla spada, la sua testardaggine, il suo orgoglio, non erano valsi a nulla! Lui, il Signore dei Demoni dell’Ovest, aveva dovuto fuggire!
Sesshomaru si lasciò sfuggire un gemito. Il dolore era tremendo. Aveva ferite su tutta la metà sinistra del corpo e buona parte della destra. Si era addirittura bloccato a metà della trasformazione, in quanto non aveva più energie per portarla a termine, in un senso o nell’altro. Che sciocco che era stato…aveva sottovalutato il suo nemico! Ed era stato punito, così come suo padre aveva certamente predisposto. Il cuore tenero di Inuyasha non gli aveva consentito di ucciderlo e questo era stato il suo più grande errore.
“Mi vendicherò.- pensò, stremato- Mi vendicherò, dannato bastardo mezzosangue! Ti pentirai di non avermi ucciso quando ne avevi l’occasione!”
Cercò di calmarsi. Agitarsi non gli giovava per niente. Si chiese vagamente quanto tempo avrebbe impiegato a guarire e quando Jaken avrebbe iniziato a preoccuparsi per il proprio padrone. Dopotutto, l’aveva solo visto partire con l’intento di uccidere il fratello e quella dannata donna. Non aveva motivo di pensare di dovergli offrire assistenza. Sesshomaru fece una smorfia nel pensare alla inu-yokai bionda. Lei…quella stupida! Quella dannata idiota! Cosa aveva creduto di fare ponendosi a barriera tra lui e Tessaiga? Sesshomaru aprì appena gli occhi, senza guardare niente in particolare. Già, perché l’aveva fatto? Non riusciva a capire. Un minuto prima giaceva a terra sanguinante, dove era consono che strisciasse una traditrice della sua risma. Subito dopo, Sesshomaru se l’era vista di fronte, i capelli d’oro scompigliati dalle prime avvisaglie del potere di Tessaiga. Non l’aveva vista in volto, ma ne aveva avvertito la ferrea decisione. Aveva sentito l’odore della sua disperazione. Perché? Se lui fosse morto, lei sarebbe vissuta. Allora perché quel suicidio?
“Perché è una stupida.- si disse, stanco- Che t’importa? Non ci pensare più.”
Eppure, nell’esatto istante in cui si era reso conto di stare per essere colpito, quando aveva compreso che Inuyasha era riuscito a liberare il potere intrinseco di Tessaiga, il suo cuore si era fermato per un istante. Ma non per sé: aveva contemplato con un sentimento simile all’orrore il fatto che la donna non ne sarebbe sopravvissuta. Prima che potesse fare o dire qualsiasi cosa, il Kaze no Kizu era esploso, rendendo obsoleto qualsiasi altro pensiero diverso dalla sopravvivenza. Sesshomaru emise un sospiro spezzato e spazientito, chiudendo di nuovo gli occhi. Una strana, stranissima sensazione gli aveva attraversato le terminazioni nervose: paura, non per sé ma per qualcun altro.
“Il che è una sciocchezza.” si disse, severo. In ogni caso, lei doveva essere morta. Lo era sicuramente. Non era al livello di un demone dal sangue puro ed era già ferita prima di essere colpita da Inuyasha. Inutile riflettere sui morti. La donna bionda era un capitolo chiuso. Questo non lo tranquillizzò come aveva sperato.
Avvertì un fruscio alla sua sinistra e si voltò di scatto, con ira, utilizzando le poche forze rimaste per cercare di spaventare l’intruso. Vide una bambina dai capelli scuri che lo guardava, nascosta tra i cespugli. Il ringhio di Sesshomaru si attenuò. Quella era la bambina umana che lui aveva quasi ucciso e che era legata alla inu-yokai bionda. Se si trovava in giro per la foresta, forse era perché quella donna non poteva più prendersi cura di lei…sì, doveva essere morta davvero.
Sesshomaru decise di ignorare quella piccola pulce e si riadagiò contro il tronco. Lei, invece di fuggire, avanzò, costringendolo a prestarle di nuovo attenzione. Sesshomaru osservò con occhi minacciosi il faccino pulito e innocente, chiuso in un’espressione stoica che avrebbe fatto invidia a un adulto. La bambina si fermò, tesa e coi pugni chiusi.
«Vattene…dannata mocciosa!- sibilò Sesshomaru, con voce fonda e minacciosa- Vattene, o giuro che ti dilanio!»
Vide i suoi occhi riempirsi di lacrime e si voltò di nuovo, soddisfatto. Ora sarebbe fuggita, lasciandolo in pace, lasciando che affogasse quelle strane sensazioni nel dolore fisico. Ma la bambina non fuggì. Cadde invece in ginocchio accanto a lui. Sesshomaru sentì il tocco lieve delle sue mani sul braccio e fu costretto a voltarsi di nuovo. Ora l’avrebbe fatta vedere a quella…
Ma non fece nulla. Non alzò neppure la mano. Si perse, semplicemente, in quegli occhi scuri, da cui sgorgavano le lacrime. Erano occhi così caldi, puri! Non c’era paura in essi, solo un grande dolore. Dolore per lui?! Perché?! Una sensazione dolce e risanante proveniva da quegli occhi.
«Sesshomaru-sama…» gemette la bambina, singhiozzando e appoggiando la fronte sulla sua spalla, accarezzando il tessuto martoriato del suo vestito.
“Piange per me.- si disse Sesshomaru, sconvolto- Perché? Io l’ho quasi uccisa! Lei è un’umana, io un demone! Perché sta piangendo per me?”
Di nuovo, l’immagine della donna bionda che si sacrificava per lui gli attraversò la mente. Le aveva ferite entrambe, eppure la donna e la bambina soffrivano per lui. Perché? Che cosa le legava a lui? Cos’altro nascondevano i suoi ricordi?
La bambina continuò a piangergli sulla spalla finché non si addormentò, stremata. Sesshomaru non fece nulla per allontanarla da sé. Poco dopo, si addormentò a sua volta.

***

Kaede immerse la pezza di stoffa nella ciotola d’acqua, ormai color rosso sangue. Si voltò di nuovo verso la sua assistita con un sospiro e riprese a tamponarle con delicatezza le ferite. Lavorava attorno al collo, guardando con ansia e pietà il viso mortalmente bianco di Anna. La giovane demone sudava, ma da quando Rin se n’era andata non aveva più emesso un suono, nemmeno un gemito. Non aveva nemmeno più ripreso conoscenza. Era passato quasi un giorno intero, ormai. Kaede non se ne stupiva. Anna era giunta al limite di sopportazione e il suo corpo si rifiutava di dare spazio alla mente finché non fosse stato abbastanza forte da gestire le emozioni che le si agitavano dentro.
«Povera ragazza…» borbottò Kaede, tornando a bagnare la pezza. Anna sarebbe sopravvissuta. Era fatta di fibra forte e non aveva preso il Kaze no Kizu in pieno. C’era però da considerare che aveva in circolo il veleno di Sesshomaru, cosa che non contribuiva alla sua guarigione. La ripresa completa sarebbe stata un lungo processo. Non appena le ferite avessero cessato di sanguinare, Kaede l’avrebbe accompagnata all’esterno, dove la inu-yokai avrebbe potuto assorbire un po’ d’energia dalla terra e dalle piante, in maniera da reintegrare le proprie. Per ora, ovviamente, non se ne parlava nemmeno.
«Che ferita strana.» mormorò la vecchia Kaede, tamponando un taglio irregolare a semicerchio tra il collo e la spalla. Più che un taglio sembrava…beh, un morso! Sì, era proprio un morso, poteva vedere i segni delle zanne e non voleva proprio smettere di sanguinare.
«Kaede-sama!»
Kaede si voltò alla voce di Sango, che entrò nella casa della sacerdotessa insieme a Miroku.
«Kaede-sama, come sta?- chiese Sango, avvicinandosi ad Anna con espressione preoccupata- C’è stato qualche miglioramento?-»
«Niente di rilevante, Sango.- ammise Kaede, sospirando- Resterà incosciente ancora a lungo, temo. Ha la febbre e sta lottando contro il veleno di Sesshomaru. Le ferite iniziano a richiudersi, ma quella al ventre e questa piccola e strana vicino al collo continuano a sanguinare.»
«Una ferita strana?» chiese Sango, perplessa.
«Sì, questa.- disse Kaede, indicandogliela- Pare un morso e nemmeno tanto profondo, ma sanguina ininterrottamente.»
«Un morso?!» sbottò Miroku, sorprendendo le due donne.
«Che c’è, Miroku?» chiese Sango, perplessa. Miroku si avvicinò al capezzale di Anna e le spostò con delicatezza la testa da un lato per vedere meglio. Le due donne furono più che sorprese di vederlo arrossire. Miroku fece un debole fischio, quindi lasciò andare Anna, guardandola con espressione intenerita.
«Quella ferita è proprio un morso, Kaede-sama, e vi assicuro che non smetterà di sanguinare tanto presto.» disse.
«Ma…perché?- chiese Sango- Di che si tratta, Miroku?»
Il monaco fece un sorrisetto ambiguo.
«Quello è il ‘morso d’amore’ degli yokai.- rispose, ma vedendo i visi perplessi delle due donne continuò- E’ un legame di sangue con la persona amata. E’ un rituale d’accoppiamento, lega gli amanti per l’eternità.»
«Oh…quindi risale al periodo in cui Sesshomaru e Anna sono stati insieme.» mormorò Kaede, sorpresa. Sango lanciò al monaco un’occhiata storta. Solo Miroku poteva sapere una cosa del genere!
«E perché dovrebbe continuare a sanguinare?» chiese ancora Sango.
«Il morso lega gli amanti, perciò fintantoché Sesshomaru sarà sofferente il morso sanguinerà, o comunque avrà un aspetto infiammato.- rispose Miroku- Anche lui, in questo momento, dovrebbe sanguinare dalla stessa ferita. Anche più copiosamente, visto lo stato in cui verte la nostra amica.»
Sango tornò a guardare Anna, triste in volto.
«Legati a questo modo…eppure così distanti.- mormorò, impietosita- Spero che Sesshomaru si ricordi di lei. Lo spero davvero. E spero che alla piccola Rin non accada niente di male.»
Kaede sospirò, poi immerse di nuovo la pezza nell’acqua e riprese a curare le ferite di Anna.

***

«Mi ricordavo del Goshinboku.» mormorò Inuyasha, giocherellando con i capelli di Kagome. Erano seduti contro lo steccato, vicino ai campi deserti, mentre la luce del giorno scemava in un veloce crepuscolo. Lei riposava sulla sua spalla, al caldo vicino a lui, e sollevò lo sguardo per guardarlo.
«Davvero, Inuyasha?» chiese, sorpresa. Lui annuì, pensieroso.
«Sentivo il mio odore legato all’albero e avevo delle strane sensazioni.- ammise- Ricordavo qualcosa anche del pozzo. Ma, alla fine dei conti, le uniche cose che mi interessavano riguardavano te.»
«Inuyasha…»
«Mi dispiace per tutto quello che ho detto e fatto.- mormorò Inuyasha- Anche se non ricordavo niente, non avrei dovuto comportarmi così. Perdonami, Kagome.»
La strinse più forte e Kagome ricambiò l’abbraccio. Si sentiva felice oltre ogni dire, ma quella gioia era guastata dal senso di colpa. Anna non sarebbe più stata così felice. Il vaso con le memorie di Sesshomaru si era rotto. Si sentiva in colpa a godersi la propria felicità quando l’amica stava soffrendo così tanto.
«Sesshomaru è un idiota.» sentenziò Inuyasha, quasi dando voce ai suoi pensieri. Kagome lo guardò con aria perplessa. Inuyasha sospirò, seccato. «Ma come si può non ricordarsi in alcun modo della persona che si ama?!- disse, disgustato- In un modo o nell’altro…voglio dire, ti darà pure delle sensazioni, no? Che diavolo…Non credo che si siano limitati a una relazione platonica, vivendo insieme! Hanno entrambi addosso l’odore dell’altro!» Kagome lo guardò con aria sbalordita e Inuyasha arrossì. «Ecco…voglio dire…- borbottò, pentito per aver tirato fuori l’argomento- Insomma…noi yokai abbiamo un forte istinto. Se hanno fatto…cioè…almeno il corpo…Oh, insomma, Kagome! Hai capito cosa voglio dire, no?!»
Kagome ridacchiò, arrossendo.
«Sì, ho capito.- ammise- E’ che sei così kawaii, imbarazzato da morire!» Inuyasha arrossì come un peperone, rimanendo senza parole, poi borbottò qualcosa e piantò un muso offeso. «Comunque, hai ragione.- sospirò Kagome, tornando seria- Visto che si sono legati, è ancora più strano che Sesshomaru la rifiuti in questo modo.»
«E tu come hai la certezza che siano legati?» le chiese Inuyasha, sollevando un sopracciglio.
«Me l’ha detto Anna.» rispose semplicemente Kagome. Inuyasha si fece cupo.
«Voi due…avete parlato anche di queste cose?» chiese, guardando altrove. Diavolo, Anna doveva averlo preso in giro a morte per la sua imbranataggine! In tutto quel tempo, non aveva ancora combinato nulla con Kagome! Chissà come aveva riso di lui…e chissà se Kagome ci era rimasta male? «Kagome…- mormorò, sul punto di andare in fiamme- a te dispiace…cioè…magari vorresti…»
«Eh?» chiese Kagome, perplessa.
«Lo so che sono lento…- borbottò Inuyasha, stupendola- Ma non è che non voglio. E’ che…magari potrei farti paura e non voglio. Cioè…non è che non vorrei…però…»
Kagome osservò con gli occhi spalancati Inuyasha mentre faceva questo discorso, che a mano a mano si faceva sempre più sconclusionato e sull’orlo del panico. Sorrise, con immensa tenerezza. Era così, dunque: Inuyasha non si spingeva mai al di là delle semplici coccole per paura di farle del male. In quel momento, sentì di amarlo tanto da poter riempire il mondo. Gli saltò al collo, bloccando a metà una frase fatta prevalentemente di congiunzioni e negazioni, e lo strinse forte.
«Lo so. Grazie, Inuyasha.- sussurrò- Tutto verrà da sé…ma sappi che io non avrò mai e poi mai paura di te. Ti amo tanto!»
Inuyasha la strinse forte. Kagome…la sua Kagome era così dolce!
«Anch’io ti amo, Kagome.- disse, con voce rauca- Per sempre.» Sospirò, poi la baciò sui capelli corvini. Sorrise. «Per sempre.» ripeté.

***

Quanti giorni erano passati da quando si trovava in quella radura? Chissà…forse sette. Seduto contro il tronco dell’albero, Sesshomaru osservava le nuvole gonfie di pioggia che sfilavano veloci sopra la sua testa. Sì, forse erano passati sette giorni. Un’eternità e ancora faceva una tremenda fatica a muoversi.
La bambina, il cui nome era Rin, in quel momento non c’era. Era sempre in movimento, quella ragazzina umana. Sempre in giro a cercare cibo per sé e per lui, benché le avesse già detto innumerevoli volte che non avrebbe mai mangiato qualcosa toccato da lei. Se non cercava cibo, cercava acqua. Ogni tanto, mormorava con aria malinconica che le dispiaceva non poter cogliere fiori per lui. Fiori per lui?! Quella bambina doveva essere matta. Comunque, in quel momento non c’era. Era andata chissà dove, alla ricerca di chissà cosa. Un po’ di silenzio, finalmente, benché la ragazzina si trattenesse dal parlare più del dovuto per non disturbarlo. Ogni tanto gli sorrideva, con un trasporto tale da stupirlo e fargli chiedere di nuovo cosa legasse a lui quella bambina.
«Non devi tornare al tuo villaggio?» le aveva chiesto, aspro, due giorni dopo il suo arrivo. Lei non si allontanava mai molto e non aveva fatto cenno di volerlo lasciare. Sesshomaru era irritato e perplesso. Lei aveva fatto una faccia addolorata e Sesshomaru aveva distolto lo sguardo. Non gli piaceva quell’espressione. «Lo dicevo per te, mocciosa.- aveva sussurrato, seccato- Comunque, fai come ti pare. Se ti va di restare, resta.»
Non era un invito. Intendeva solo farle sapere che a lui non importava niente di quello che faceva o non faceva. Eppure, lei gli aveva sorriso. La sensazione di calore, di dolcezza, si era di nuovo fatta strada nel cuore di Sesshomaru. Non le aveva più detto di andare via.
Sesshomaru si mosse appena, mettendosi più comodo. Le ferite erano ancora piuttosto profonde, ma si stavano cicatrizzando bene. Le forze, anche se lentamente, gli stavano ritornando. Presto sarebbe stato in grado di andarsene da lì. Sesshomaru fece una smorfia, pensando alla bambina. Che cosa avrebbe fatto? Beh, sarebbe tornata al villaggio. Non erano problemi suoi.
“Ma ho ucciso io la sua tutrice.” si disse. Ripensare alla bionda lo infastidiva. Più tornava con la mente al momento della morte di lei, meno riusciva a capirci qualcosa. Lui non si sarebbe mai sacrificato per nessuno, tantomeno per qualcuno che aveva osato ferirlo in precedenza. E allora perché? Nemmeno la stupidità giustificava un’azione del genere.
Alzò la mano con cui l’aveva colpita. Non era più sporca del suo sangue. L’aveva lavata con l’acqua che Rin gli aveva portato, finché l’odore del sangue di lei non era scomparso. Gli dava la nausea. Solo, non nausea verso di lei, nausea verso se stesso. Colpirla a quel modo lo aveva fatto sentire a disagio e Sesshomaru iniziava ad essere veramente irato con se stesso e con tutte quelle assurde sensazioni. Il fatto che lei fosse morta non mitigava la faccenda. Sesshomaru detestava non avere il controllo e era ben conscio di essere sul punto di perderlo fin da quando era uscito da quella maledetta Grotta dell’Eco.
Un rumore lo fece voltare di scatto, distraendolo dai suoi pensieri e spedendogli una fitta di dolore lungo il collo, dove doveva avere qualche ferita ancora aperta.
«Sesshomaru-sama!- gracchiò una voce familiare- Sesshomaru-sama, che vi è successo?!»
«Jaken…» mormorò Sesshomaru, vedendo il piccolo rospo correre verso di lui, scendendo con un salto sgraziato da un carro trainato da una bestia con due teste.
«Oh, quante ferite!- stava starnazzando il piccolo demone, preoccupato oltre ogni dire- Mi sono preoccupato quando non vi ho visto tornare e…oh, vi avevo detto che Inuyasha sapeva usare Tessaiga! Io…»
«Stai zitto.» disse Sesshomaru, gelido, facendo leva sulla testa del piccolo rospo per alzarsi in piedi. Jaken cadde a faccia in giù, ma Sesshomaru riuscì a tenersi in piedi. Si incamminò verso il carro, sbandando ad ogni passo.
«Sesshomaru-sama, non dovete sforzarvi!» gemette Jaken, rialzandosi da terra.
«Riportami a casa, Jaken.- sospirò Sesshomaru, sedendosi con la testa poggiata contro la parete del carro- Sono stanco.»
Jaken si precipitò da lui, quando un fruscio lo fece voltare. Dai cespugli comparve una bimba, con in mano un contenitore di legno pieno d’acqua.
«Rin?!» sbottò Jaken, sorpreso, facendo voltare Sesshomaru.
«Jaken?» esclamò la bambina, facendo cadere l’acqua per terra. Jaken guardò alternativamente Rin e il suo padrone, incapace di capire cosa stesse succedendo. Ma che diavolo ci faceva lì la bambina? Sembrava quasi di essere tornati indietro nel tempo!
«Allora, Jaken?» lo sollecitò Sesshomaru, seccato.
«Scusami, Rin…» disse lo yokai, correndo al carro. Rin rimase dov’era, a fissare Sesshomaru con sguardo intenso e velato di lacrime. Sesshomaru sospirò appena.
«Datti una mossa, Rin.- disse, senza nemmeno guardarla- Non ho intenzione di aspettare tutto il giorno.»
Sentì l’esclamazione sorpresa di Jaken mischiarsi al piccolo grido di gioia della bambina, che balzò sul carro e si sedette accanto a lui, con l’adorazione scritta negli occhi e un meraviglioso sorriso sul volto. Vedendo quel sorriso, Sesshomaru smise di chiedersi perché la stesse portando con sé e comunicò con una singola occhiata a Jaken che anche il piccolo yokai avrebbe fatto meglio a smettere di chiederselo. Il carro partì, diretto al castello del Principe dei Demoni. Rin si mise a guardare fuori e a parlare con Jaken, quasi che i due si conoscessero da una vita. Sesshomaru non ci badò. Era stanco…stanco davvero.
Con fastidio, si toccò il collo, il punto che gli faceva più male. Il palmo gli si sporcò subito di sangue, segno che la ferita non accennava a chiudersi. Non riusciva proprio a capire perché l’emorragia non fosse ancora cessata. Si ripromise di esaminarla con più attenzione, una volta che fosse tornato a casa.

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Capitolo 17
*** 16 - La cicatrice ***


Author's note: Grazie a tutti per la passione con cui state seguendo questa fic!! Sesshomaru, sordo alle maledizioni che gli state lanciando da ogni dove, è tornato a Palazzo con Rin. Ma quella ferita...??

«Bentornata, Sango-chan!» salutò Kagome.
«Oh, Kagome-chan!- disse Sango, scendendo agilmente dalla groppa di Kirara- Non sei con Inuyasha?»
«No…perché?» chiese Kagome, perplessa, avvicinandosi all’amica. Sango ridacchiò, togliendosi di spalla l’Hiraikotsu mentre Kirara si rimpiccioliva accanto a lei.
«In questi ultimi giorni, è difficile vedervi separati.» scherzò, ridendo più forte quando vide Kagome arrossire.
«Forse hai ragione!» ammise Kagome, ridendo a sua volta. Le due ragazze iniziarono a camminare verso la casa della vecchia Kaede. «Ci sono novità?» chiese Kagome, e Sango annuì.
«Andati, tutti e due.- mormorò- Anna aveva ragione.»
Da quando aveva portato la piccola Rin nei pressi del luogo in cui giaceva Sesshomaru, Sango si era presa il compito di andare a controllare di tanto in tanto come stavano andando le cose. Si era già recata sul luogo tre volte e aveva riportato loro notizie confortanti. Sesshomaru si stava riprendendo e la piccola Rin gli stava vicino senza che lui tentasse di farle del male. Quella mattina, però, quando Sango era arrivata non aveva trovato più nessuno. Né Sesshomaru, né Rin. Jaken doveva aver raggiunto il padrone…e Sesshomaru doveva aver portato con sé la piccola Rin. Anna aveva visto giusto, dicendo che il Principe dei Demoni sarebbe di nuovo stato conquistato dalla tenerezza e dall’innocenza della bambina.
«Mi fa piacere.- disse Kagome, con un sospiro di sollievo- Sono stata sulle spine per tutto il tempo!»
«E Anna?» chiese Sango.
«Dorme ancora.» rispose Kagome, scuotendo il capo.
«Sango! Sei tornata?»
Le due ragazze si voltarono sentendo la voce di Miroku, che le stava raggiungendo insieme a Inuyasha e Shippo.
«Novità?» chiese Inuyasha, cupo. Sango riferì loro quanto aveva detto a Kagome. Inuyasha scrollò le spalle e Miroku sorrise.
«Bene, mi fa piacere.- disse- Questo mi fa ben sperare per il futuro.»
«Feh! Si ricorda la bambina e non la donna che ama!- disse Inuyasha, seccato- E’ proprio un idiota!»
Kagome e Sango si scambiarono un’occhiata. Tutti quanti loro sapevano che Inuyasha si era preso a cuore la questione fin dal principio, perciò davano a quegli sfoghi poca importanza. Inuyasha ci teneva che Sesshomaru e Anna stessero assieme ma, contrariamente alla prima volta in cui aveva avuto l’opportunità di facilitare la loro reunione, stavolta non poteva fare proprio niente e la cosa lo faceva andare in bestia. Perciò, sputava sentenze e imprecazioni ogni volta che si nominava Sesshomaru. Il gruppo si incamminò verso la casa della vecchia Kaede, chiacchierando.
«Mi chiedo perché Anna non si svegli ancora.- sospirò il piccolo Shippo- Le ferite ormai non sanguinano più!»
«Nemmeno la ferita sotto il collo?» chiese Miroku.
«No, da ieri. E’ solo infiammata.- rispose Shippo, che, essendo un bambino ubbidiente, non veniva cacciato fuori a pedate ogni volta che c’erano da cambiare le fasciature ad Anna- Però lei non si sveglia lo stesso!»
«Devi ricordare che Anna ha subito delle ferite molto gravi, piccolo Shippo.- gli ricordò Miroku- E non solo nel corpo.»
«Chiunque si fosse preso addosso il Kaze no Kizu a quel modo sarebbe morto.- disse Inuyasha, con una smorfia- Deve ringraziare il fatto che ha una pellaccia dura.»
«Inuyasha…» lo rimbrottò Kagome, scuotendo il capo. Anche in quel caso, Inuyasha parlava in modo così sgarbato perché si sentiva in colpa. In un modo o nell’altro, Anna non dispiaceva a Inuyasha. Perciò, non appena riavuti i suoi ricordi, Inuyasha era stato roso dai sensi di colpa per aver contribuito a conciarla in quel modo. Kagome sapeva che anche lui si sarebbe sentito molto meglio quando Anna si sarebbe svegliata. «In ogni caso, dovremo fare del nostro meglio per tirarla su, quando si sveglierà.- disse, sollevando la stuoia per entrare- Credo che non sarà molto…»
Kagome si bloccò, facendo fermare tutti dietro di lei e quasi provocando una caduta generale, quando diede un’occhiata all’interno della stanza. La vecchia Kaede non c’era e Anna giaceva immobile sulla stuoia. Il fatto era che gli occhi della inu-yokai erano aperti. Kagome rabbrividì e per un attimo pensò che Anna fosse morta. Quegli occhi non avevano alcuna espressione, fissavano il nulla. Sul viso bianchissimo non c’era alcun segno di vita. Poi si accorse che il petto le si alzava e abbassava al ritmo della respirazione, ed esalò un tremulo sospiro di sollievo.
«Anna!» chiamò, entrando.
«Anna! Sei sveglia!» esultò il piccolo Shippo, correndo al suo capezzale.
Anna si voltò lentamente verso di loro, come se anche quel semplice gesto le costasse un’immane fatica. Una piccola luce le si accese nelle pupille.
«Ragazzi…- sussurrò, con voce appena percettibile- Ciao!»
«Anna, come stai?» chiese subito Kagome. Il volto di Anna si corrucciò appena.
«Uhm…stanca, direi.- rispose, sempre con voce lenta e misurata- Mi sento indolenzita dappertutto. Ho una fame mostruosa.»
Gli altri risero, più sollevati.
«Ti porto qualcosa da mettere sotto i denti.» disse Sango, facendo per alzarsi.
«Sango, aspetta!- la richiamò Anna, più sveglia- Che mi dici di Rin e…»
«Sono andati via insieme.- le disse Sango, sorridendo con mestizia- Avevi ragione tu. Credo che Jaken sia passato a prenderli.»
Anna sospirò e annuì, riprendendo un’espressione assente. Kagome e Inuyasha si scambiarono un’occhiata eloquente. Quell’attitudine era sospetta e preoccupante.
«Il morso ti fa ancora male, Anna?» chiese Miroku, premuroso.
«Il…- disse Anna, prima di sollevare appena un sopracciglio- Oh, vedo che i miei scandali sono venuti a galla, mentre navigavo nell’incoscienza!»
Miroku rise, grattandosi la nuca con un certo disagio, guadagnandosi un’occhiata rovente da parte di Sango, e gli altri arrossirono. Anna sospirò di nuovo.
«Comunque sì, mi fa male.- rispose, poi corrugò la fronte- Ma non sanguina più, vero?»
«No.- disse Kagome, accarezzandole una mano- Non preoccuparti, Anna. Non sanguina più da due giorni.»
Anna annuì, poi chiuse gli occhi per un attimo. La stanchezza era evidente sul suo viso.
«Kagome, vieni con me a prendere qualcosa da mangiare per Anna?» chiese Sango, alzandosi. Kagome annuì e si alzò dal pavimento, con Shippo in spalla.
«Nel frattempo io mi occuperò di visitare la nostra…» disse Miroku, con aria professionale, facendo per scostare la coperta di Anna. L’Hiraikotsu lo centrò dritto in testa.
«Tu vai a cercare Kaede-sama, brutto porco depravato!» gridò Sango, furibonda, trascinando fuori il monaco recalcitrante per la collottola. Kagome salutò Inuyasha, che evidentemente aveva intenzione di restare dov’era, e si accorse che la scenetta aveva sortito l’effetto di far comparire un pallido sorriso sulle labbra di Anna. Sospirando e sperando che quell’apatia fosse da imputarsi soltanto alla stanchezza, Kagome uscì e lasciò i due da soli. Nella casetta di Kaede cadde il silenzio.
«Cosa c’è Inuyasha?- chiese Anna dopo un po’- Sento che vuoi dirmi qualcosa. Spara pure.»
Inuyasha tirò indietro le orecchie, corrucciato.
«Volevo…- borbottò- beh, volevo chiederti scusa. Sai, per il Kaze no Kizu.»
Anna lo fissò con blando stupore.
«Inuyasha, non essere ridicolo.- sospirò- Non mi hai colpita tu. Sono io che mi sono messa in mezzo.»
«E non avresti dovuto farlo, infatti, brutta stupida!- sbraitò Inuyasha, alzandosi in piedi- Che ti è saltato in mente?! Quell’idiota di Sesshomaru aveva già Tenseiga a proteggerlo e inoltre si meritava di schiattare!»
«Sai che non sarei riuscita a fare altrimenti.- replicò Anna- E’ la mia indole.»
«Indole del cavolo…» sibilò tra i denti Inuyasha, sedendosi di botto con aria offesa.
«Osuwari, Inuyasha.» borbottò Anna. Inuyasha le lanciò un’occhiata torva.
«Che fai, prendi in giro?- ringhiò- Con te non funziona, scema!»
Anna ridacchiò, costringendolo a voltarsi di nuovo verso di lei.
«Meno male che almeno tu hai riavuto i tuoi ricordi, Inuyasha!- disse lei, sorridendogli- Mi mancava discutere con te.»
Inuyasha si fece serio. Chissà con che animo la ragazza gli diceva una cosa simile? Quanto le pesava il fatto che Sesshomaru non avrebbe più avuto i suoi ricordi? Si trattava di pochi mesi, certo, ma probabilmente erano stati i mesi più belli e importanti di tutta la vita di Anna. Ed ora erano persi, volati via come fumo.
«Dovresti lasciarti Sesshomaru alla spalle.- le disse, cupo- Ti ha fatto molto più male di quanto meriti, Anna. Ora che se ne è andato, non tornare a cercarlo. Non ne vale la pena.»
«Ti ringrazio per la premura, Inuyasha, ma non sarà necessario che io lo vada a cercare.- sussurrò Anna, tornando ad assumere quell’espressione assente che a Inuyasha rammentava un periodo poco piacevole- Sarà Sesshomaru a tornare da me.»
«Cosa…che vuoi dire?!» chiese Inuyasha, sbalordito.
«Anche lui ha una ferita che duole, Inuyasha.- sussurrò Anna, lo sguardo fisso al soffitto- Per come mi sento, penso che stia ancora sanguinando.» Rise piano, amara. «Tornerà da me. Deve finire il lavoro. - mormorò, più piano- A lui non piacciono…le faccende in sospeso.»
«Cosa intendi con questo?- chiese Inuyasha, d’un tratto molto più preoccupato- Ehi, Anna, cosa…»
Ma Anna non lo stava più ascoltando. La conversazione l’aveva affaticata a tal punto da farla riaddormentare di colpo. Inuyasha guardò il suo volto immoto e si corrucciò. Sembrava che con Sesshomaru i problemi non finissero mai. Sospirando, Inuyasha si sedette a braccia conserte e attese il ritorno degli altri. Anna dormì fino al giorno dopo.

***

«Sesshomaru-sama!»
«Non disturbare il padrone, Rin!»
«Ma Jaken, volevo solo…»
«Cosa c’è, Rin?» chiese Sesshomaru, sospirando appena.
Erano tornati a Palazzo da quasi tre giorni, ormai, e Sesshomaru aveva notato dapprima con un certo stupore che la piccola Rin si era immediatamente orientata nel castello, senza contare che era stata accolta con entusiasmo dalla servitù. Aveva impiegato un po’ per ricordarsi di aver già ospitato quella bambina per qualche periodo, almeno stando a quanto gli avevano raccontato. Sesshomaru stesso si stava abituando alla sua presenza molto in fretta e questo aveva dello stupefacente.
Benché ci fossero momenti in cui la voce squillante della bambina e i suoi modi irruenti collidevano con il desiderio di tranquillità di Sesshomaru, il demone si era riscoperto incapace di rimproverare seriamente la bambina. Rin aveva dalla sua un sorriso smagliante che non lasciava scampo. Ora sembrava avesse in mente qualcos’altro, visto che gli saltellava attorno come un folletto, eludendo i tentativi di Jaken di portarla via dalla sala del trono.
«Rin può andare fuori a giocare con la neve insieme a Rika e Misao?- chiese Rin, eccitata- Sta nevicando, Sesshomaru-sama! Rin vuole provare a mangiare la neve!»
«Ti prenderai un raffreddore coi fiocchi!» la sgridò Jaken. Fenomenale come perfino il piccolo rospo si fosse calato nella parte della balia…
«Rin…» iniziò a dire Sesshomaru, prima che Rin si mettesse a fissarlo con occhioni da cucciolo. Sesshomaru trattenne un sorrisetto. «Fai come ti pare.» cedette, facendo un gesto svogliato. Rin strillò di gioia e corse fuori dalla stanza, seguita da un ben più mogio Jaken. «Jaken, non concederle più di mezz’ora.- ingiunse al piccolo demone, gelido, facendolo voltare- Gli umani si ammalano facilmente.»
«Sì, Sesshomaru-sama.» convenne Jaken, inchinandosi e uscendo.
Sesshomaru rimase finalmente solo e in silenzio. Adagiò il capo contro lo schienale del trono, chiudendo gli occhi per un istante. Le sue ferite si erano rimarginate, ma sentiva ancora addosso una stanchezza pressante. Da quando era tornato al castello, aveva dormito molto per recuperare le proprie energie. Ma non nel suo letto. L’aveva fatto cambiare. Non voleva sentire nemmeno l’ombra dell’odore della donna bionda.
Il pensiero gli fece stringere le labbra per l’irritazione. Possibile che non riuscisse a togliersi dalla mente quella dannata?! Ogni volta che chiudeva gli occhi la vedeva gettarsi tra lui e Inuyasha, prendendo in pieno il Kaze no Kizu, e non riusciva a capire perché. Niente l’aveva mai ossessionato tanto, a eccezione di Tessaiga.
Fece una smorfia, strofinandosi la base del collo. La ferita che stava in quel punto aveva smesso di sanguinare, ma ad ogni movimento gli spediva delle fitte pulsanti, come se si fosse infiammata. Per una cosa o per l’altra, Sesshomaru non l’aveva più esaminata. Infilò una mano sotto il vestito, tastandosi la carne offesa. Fu stupefatto quando sentì chiaramente il rigonfiamento nodoso di una cicatrice semicircolare.
“Ma che diavolo…” pensò.
La forza del suo sangue di demone gli permetteva di rimarginare qualunque ferita senza che il corpo ne recasse traccia. Da quando in qua una ferita tanto piccola si trasformava in una cicatrice visibile? Volendo vederci più chiaro, Sesshomaru si denudò la spalla e sfoderò Tokijin, che aveva una lama talmente lucida da potercisi specchiare. Girò la lama nella giusta angolazione e ciò che vide gli fece quasi cadere la spada di mano.
Sulla sua pelle, tra il collo e la spalla, spiccava il segno evidente di un morso. Un morso! Poteva vedere i segni delle zanne. Sesshomaru scosse il capo, sconcertato. Da dove saltava fuori quella ferita?! Non l’aveva mai vista. Inoltre, era sicuro di non essere mai stato morso in quel punto e di non avere mai avuto una cicatrice prima di essersi recato al villaggio di Inuyasha. Sicuramente non era una ferita provocatagli da Tessaiga e uno stupido morso non sarebbe…Impallidì d’un tratto, rendendosi conto di quale marchio segnava la sua pelle. Quel morso…Non poteva essere, eppure somigliava in maniera sconcertante ai morsi d’accoppiamento degli yokai!
Sesshomaru rinfoderò la spada con lentezza, poi si rivestì, scuotendo la testa di fronte alla propria deduzione. Conosceva quel rituale, che legava gli amanti per l’eternità. Non lo usava quasi più nessuno, perché legava il sangue in maniera da avvertire il dolore del compagno indipendentemente dalla distanza fisica tra i due. Ben pochi yokai, però, erano pronti a donarsi a quel modo al proprio amante. A quanto ne sapeva, suo padre non l’aveva utilizzato con sua madre. Forse, con la madre di Inuyasha…
Sesshomaru scacciò il pensiero con ira. No, era impossibile. Lui non si sarebbe mai abbassato a fare una cosa simile. Non si sarebbe mai legato a qualcuno, rendendosi dipendente dall’esistenza della propria compagna. Se era per questo, non esisteva nessuna donna che fosse degna dell’onore di stare a fianco del Grande Sesshomaru! Eppure, che altro poteva essere? Come i morsi d’accoppiamento, questo era comparso di recente, sanguinando, a voler significare che l’altra metà, la donna che lui stesso doveva aver segnato con le proprie zanne, era in pericolo di vita. Ora era infiammata: chiunque vi fosse collegata stava riprendendo le forze.
“Mi sono legato a qualcuno.- pensò, stranito, dirigendosi nelle proprie stanze- Io, il Grande Sesshomaru…Io, che non ho mai avuto alcun bisogno di una donna! Come è potuto accadere?!”
Eppure era così. Non poteva negare l’evidenza. Nel passato che non ricordava, aveva eletto una donna sua consorte eterna e aveva legato il proprio sangue a quello di questa sconosciuta.
“Perché Jaken non mi ha avvisato di una cosa tanto importante?- si chiese, sentendo montare in sé un’ira furiosa- Chi è questa donna che io avrei…”
La risposta gli balzò alla mente una volta entrato in camera e posati gli occhi sul nuovo futon, con tale immediatezza da fargli pensare di averlo sempre saputo. Non aveva voluto ammetterlo a se stesso, ma non l’aveva forse letto subito nell’espressione di quegli occhi azzurri? Non l’aveva sentito nel proprio sangue quel giorno nella valle? Questo non spiegava forse perché lei gli tornasse sempre alla mente, perché fosse un pensiero così scomodo e dolente? Anna, la inu-yokai bionda. Era lei la sua consorte; non solo la sua favorita, ma la sua compagna, la donna con cui  aveva scelto di vivere la vita. E la cicatrice stava a significare che lei era ancora viva.
Sesshomaru ebbe d’un tratto difficoltà a stare in piedi. Strinse i pugni fino a ferirsi i palmi, cercando di riprendere il controllo di sé. Doveva verificare che la sua intuizione fosse vera. Doveva verificare che quella donna fosse ancora viva e che sulla sua pelle fosse visibile il marchio. Gli occhi di Sesshomaru brillarono di una terribile, gelida ira. C’era un solo modo per liberarsi di quel legame. La donna doveva morire immediatamente.

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Capitolo 18
*** 17 - Una verità inconcepibile ***


Author's note: Dai commenti che mi avete lasciato capisco che adesso, oltre a Sesshomaru, vorreste far fuori anche me XD Chiedo venia, ma assicuro che non si tratta di accanimento da parte mia! Sesshomaru, purtroppo, è uno yokai puro, con tutti i suoi (pochi) pregi e (molti) difetti. C'è da lavorare ancora su quella testa di legno...ricordate che ci ha messo 63 volumetti per rinunciare a ogni idea su Tessaiga e trovare la sua vera forza?! Però, forse, Anna non ne può più...

«Vieni dentro, Rin! Fa freddo!» disse Jaken, rigirandosi tra le mani il bastone Ninto.
«Ancora un attimo, Jaken.» rispose la bambina, affacciata alla balconata. Nevicava copiosamente da due giorni e il giardino si era trasformato in una distesa bianca. Sul visetto di Rin, però, non c’era più traccia dell’espressione gaia dovuta alla novità. In quel momento la bambina si stava guardando attorno con occhi tristi. Jaken si chiedeva cosa avesse. Non era normale vedere Rin così depressa.
«Si può sapere che hai?» chiese, alla fine. Rin sospirò.
«Jaken, dove è andato Sesshomaru-sama?» chiese.
«Non ne ho la minima idea.» rispose Jaken, dicendo la verità. Omise, naturalmente, che il padrone aveva un’espressione terribile quando aveva lasciato il Palazzo, quella mattina. Non sapeva cosa fosse andato a fare, né dove fosse diretto, né perché non avesse almeno atteso di recuperare completamente le forze, ma vedendo quell’espressione si era affrettato a ingoiare le proprie domande. Meglio non rischiare.
«Spero che non succeda niente di male ad Anna-nee-chan.» mormorò Rin.
«Ah…allora è per quello che sei preoccupata.» comprese Jaken. Rin gli aveva detto che Anna era stata ridotta proprio male. Non che gli importasse, ma Rin ci stava male. D’un tratto pensò che forse la donna era proprio il motivo del cattivo umore di Sesshomaru-sama. Forse aveva ricordato qualcosa. Si guardò bene dal dirlo a Rin.
La bambina, però, aveva un’idea più che chiara di quale fosse la situazione. Guardò il cielo bianco. Aveva capito che Sesshomaru-sama agiva male a causa della perdita dei suoi ricordi. Gli dispiaceva per lui, perché capiva che per tanto tempo nessuno gli aveva voluto bene e lui non aveva voluto bene a nessuno. Per questo, era tornata da lui come le aveva chiesto Anna-nee-chan e ora era felice. Ma lei? Perché lei non poteva tornare? Perché Sesshomaru-sama non si poteva innamorare ancora una volta di lei?
«Per favore, Rin chiede…- mormorò, giungendo le mani- Anzi, Rin prega che qualcuno faccia tornare i suoi ricordi a Sesshomaru-sama. Se c’è qualcuno che mi ascolta, per favore, esaudisca il desiderio di Rin.»
Guardò il cielo, speranzosa, ma esso rimase muto e silente.

***

Inuyasha sedeva su un ramo d’albero, vicino allo steccato che delimitava i campi. Si stava annoiando a morte. Kagome era tornata a casa per prendere un paio di cose di cui aveva bisogno. Sango e Miroku stavano discutendo da qualche parte, almeno a giudicare dal volume della voce di Sango, e Shippo si stava divertendo come un matto a costruire un pupazzo con la neve. Ne era caduta copiosamente, in quei giorni, e ormai a camminarci sopra si affondava fin oltre le caviglie.
A Inuyasha la neve non era mai piaciuta particolarmente, perciò si era un po’ isolato lassù, aspettando che Kagome tornasse. Un piccolo movimento alla sua sinistra lo fece voltare. In piedi nella neve, appoggiata con le mani e la fronte ad un albero, c’era Anna. La ragazza aveva recuperato le forze quel tanto che bastava a stare in piedi, ma era ancora fragile come cristallo. Camminava con la lentezza di una lumaca e misurava ogni gesto. Mangiava poco e non c’era verso di farle cambiare attitudine. Ora stava cercando di recuperare un po’ di energie assorbendole dagli alberi, ma era inverno e le risultava difficile. Come aveva spiegato loro, ne poteva assorbire poche senza uccidere la pianta, perciò durante il giorno si spostava lungo il perimetro esterno della foresta, scegliendo di volta in volta alberi diversi.
Inuyasha corrugò la fronte. Era preoccupato per le parole che Anna gli aveva detto qualche giorno prima. Secondo lei, Sesshomaru si sarebbe presto rifatto vivo. Inuyasha aveva l’impressione che non sarebbe stato né pronto al dialogo, né animato da buone intenzioni. Anna, però, non aveva più voluto parlarne. Al solo nominare Sesshomaru sembrava si rinchiudesse a chiave dentro se stessa. Inuyasha si era risolto ad aspettare che succedesse qualcosa e a tenersi pronto a ogni evenienza. Non aveva detto nulla a Kagome, perché sapeva che si sarebbe preoccupata, ma erano un paio di giorni che la ragazza lo guardava storto, sospettando che le stesse nascondendo qualcosa.
«Ehi, Inuyasha!- lo chiamò Shippo- Facciamo a palle di neve?»
«Feh!- replicò Inuyasha, incrociando le braccia- Credi che sia ancora un moccioso?»
«Precisamente.» confermò Shippo, spostandosi con uno strillo quando un’immensa palla di neve gli arrivò addosso. «Mi hai quasi preso, stupido! Mi potevi seppellire!» gridò, indignato.
«Era precisamente quello che volevo fare, idiota!» lo beffeggiò Inuyasha, facendo le smorfie al piccolo kitsune e dando totale credito alla sua affermazione precedente. Facendo orecchie da mercante alle proteste di Shippo, Inuyasha si voltò di nuovo verso Anna. La vide annusare l’aria con espressione attenta, tenendosi una mano sul collo. Corrugando la fronte e dimenticando l’alterco con Shippo, Inuyasha balzò via, raggiungendo Anna in pochi istanti.
«Ehi, che c’è?» le chiese, brusco. Anna non si voltò nemmeno.
«Sta arrivando.» mormorò Anna, annusando l’aria gelida. Inuyasha fece lo stesso e poté sentire, molto debole, l’odore del fratello maggiore. Scoprì le zanne in un ringhio involontario.
«Beh, è ora di farla pagare a quel bastardo.» disse, schioccando le nocche. Anna gli voltò le spalle e cominciò ad allontanarsi. «Ehi, Anna! Dove te ne vai?» esclamò Inuyasha, raggiungendola di nuovo e prendendola per un braccio. Anna barcollò e lui la aiutò a stare in piedi.
«Lasciami andare, Inuyasha.» disse lei, con una luce febbrile negli occhi.
«Lasciami andare?!- disse Inuyasha, sorpreso- Ma stai scherzando? Non ti reggi in piedi! Non dirmi che vuoi affrontarlo da sola, perché non te lo permetto!»
«Questo scontro è fra me e lui, Inuyasha.- replicò Anna, con una smorfia- Stanne fuori.»
«Ma sei scema?!- sbottò Inuyasha- Tu…»
«Giocherò la mia ultima carta.- disse Anna, sottraendosi alla sua stretta- Ma per farlo devo essere sola. Vai via, Inuyasha.»
«La tua ultima carta?» chiese Inuyasha, sorpreso. Anna si liberò dalla sua stretta. Barcollò ancora per un istante, poi ritrovò l’equilibrio.
«Gli dirò la verità.» sussurrò. Inuyasha impallidì.
«Anna, ti ucciderà.» disse, sconvolto. Anna sorrise, un sorriso privo di vita, quindi voltò di nuovo le spalle a Inuyasha e si allontanò. Inuyasha rimase dov’era, chiedendosi cosa dovesse fare, quindi scattò in una corsa verso il pozzo. C’era solo una persona che poteva convincere Anna a non fare quella sciocchezza! Doveva andare a chiamare Kagome!

***

Sesshomaru sentì l’odore della sua preda provenire da un luogo poco distante dal villaggio di ningen. Si diresse con risolutezza in quella direzione. Non aveva interesse per gli umani e in quel momento non gli importava nemmeno di Inuyasha. Voleva solo sincerarsi che lei fosse viva…e poi porvi rimedio.
Sbucò in una radura piuttosto ampia, ricoperta di neve. Quasi al centro, in piedi poco distante da un albero solitario, stava lei: Anna. Sesshomaru si fermò a una certa distanza dalla donna. Avvertì il suo sangue pulsare più forte, i suoi occhi scandagliare quel volto immoto come a sincerarsi del suo stato di salute. Trattenne una smorfia al pensiero. Lei era immobile, come una statua perfetta. Il suo viso era bianco, e gli occhi e la fiamma sulla sua fronte erano l’unica traccia di colore. Non c’era espressione nel suo sguardo. Non muoveva un dito, rimanendo semplicemente a fissarlo.
«Ci hai messo meno di quanto avevo ipotizzato, Sesshomaru.» sussurrò la donna, senza quasi muovere le labbra.
«Sapevi che sarei tornato, donna.» constatò Sesshomaru. Lei l’aveva chiamato col solo nome. Ciò che aveva intuito aveva delle valide fondamenta, quindi. Lei annuì.
«Per questa.» mormorò Anna, scoprendosi una spalla. Sesshomaru strinse impercettibilmente i denti nel riconoscere il segno delle proprie zanne sul collo di lei. La inu-yokai sorrise appena. «Immagino che la tua abbia un aspetto peggiore.» disse, con un velo di sarcasmo.
Sesshomaru si mosse con incredibile velocità. Un secondo prima era distante diversi metri. Subito dopo le era addosso. Anna non fece nemmeno cenno di reagire e si trovò inchiodata contro il tronco dell’albero, con una mano di Sesshomaru sulla gola. Tossì e il demone vide del sangue macchiarle le labbra. Abbassò lo sguardo e vide altro sangue comparire sul kimono di lei, all’altezza del ventre. Era evidente che non aveva ancora smaltito il veleno, né la ferita che le aveva inferto.
«Stupida!- mormorò Sesshomaru, fissandola con sguardo gelido- Venire ad affrontarmi da sola quando a stento ti reggi in piedi!»
«Che differenza farebbe?- replicò lei, con una breve e impersonale risata- Perfino nel pieno delle mie forze, non potrei che soccombere contro di te.»
Sesshomaru si trovò per un attimo incapace di replicare. Il volto di lei non esprimeva alcuna emozione. Sembrava un pezzo di ghiaccio. Non sopportava di vederla così. Scacciò il pensiero con furia.
«Sei qui per uccidermi, no? E allora fallo.» mormorò Anna.
«Sembri avere parecchia fretta di morire, donna.» disse Sesshomaru, con una smorfia. Lei lo guardò dritto in volto e Sesshomaru fu acutamente conscio del calore bruciante del suo corpo contro il proprio.
«Vuoi essere libero dal legame che hai con me, non è così?- disse Anna, scrutandolo con occhi in cui finalmente l’inu-yokai vide brillare una scintilla di vita- E allora, uccidimi. Ti offro la mia vita, se desideri essere libero.-»
La frase, la serenità con cui venne pronunciata, colpirono Sesshomaru come un pugno allo stomaco. Si trovò a indietreggiare di qualche passo, come se il solo toccarla gli scottasse la pelle. Lei cadde in ginocchio, priva dell’energia necessaria per stare in piedi. Non era così che aveva programmato la cosa! Lei avrebbe dovuto fuggire, piangere, pregare per la sua vita…e poi soccombere sotto i suoi artigli! Quella serenità, quella freddezza gli toglievano la voglia di uccidere! Anna alzò lo sguardo su di lui e Sesshomaru vi vide bruciare dentro qualcosa di tanto intenso da paralizzarlo sul posto.
«Ma prima di morire, lascia che ti dica una cosa, Sesshomaru!- disse lei, con voce più forte- Anche se tu mi ripudi, io non posso credere che nel tuo cuore non ci sia più amore per me!»
Sesshomaru impallidì.
«Stai zitta…» sibilò.
«Vuoi uccidermi?! Fallo!- lo sfidò lei, con occhi febbricitanti, le guance tinte di rosa- Sono già morta per te e proprio in questo luogo! Una volta in più non farà differenza. Sai cosa significa dare la vita per la persona che ami?!»
«Stai zitta!» esclamò Sesshomaru, sfoderando Tokijin con furia. Le parole di lei gli facevano male e non sapeva perché.
«Ti ricordi? Ti ho protetto da un attacco dei monaci e tu mi hai resuscitata con Tenseiga! Se avessi dei ripensamenti dopo avermi uccisa non potrai più usarla, lo sai?! - continuò Anna, imperterrita, con sempre maggior foga- E’ stato allora che hai giurato di amarmi! E poi sono rimasta vittima del Sigillo della Vita e tu mi hai donato la tua energia per permettermi di sopravvivere!-» Si fece avanti, artigliando la neve con le dita, il volto stravolto. «Hai combattuto contro Soichiro come un essere umano, pur di darmi una possibilità in più, pur di salvarmi la vita!»
Sesshomaru strinse convulsamente l’elsa di Tokijin. Le parole di lei non gli dicevano niente, eppure sentiva il cuore scoppiargli in petto. Negli occhi pieni di dolore di lei c’era un incantesimo che gli toglieva la certezza di ciò che era giusto e ciò che era sbagliato. Anna strinse i denti, ignara del dolore fisico. Aveva qualcosa da dirgli, e l’avrebbe fatto a qualunque costo!
«Ricordati di me! Ti prego!- gridò, sull’orlo delle lacrime- Abbiamo dato la vita l’uno per l’altro, abbiamo legato il nostro sangue! Io ti amo, Sesshomaru!»
Sesshomaru fece un altro passo indietro, scioccato. Nessuno gli aveva mai detto una cosa simile! Non sapeva…non capiva più cosa provava. Eppure, non ricordava niente di ciò che lei stava dicendo! Potevano essere tutte menzogne, ma…
«Ma se…» La voce le cedette per un istante, come se avesse esaurito le forze. «Se proprio non hai intenzione di ricordarti di me, allora uccidimi, perché io non sono così forte da riuscire a vivere senza di te.» sussurrò. Anna si accasciò contro il tronco. Aveva detto tutto ciò che doveva dire. Ora poteva aspettare il colpo finale senza paura. Continuò a fissarlo in volto, senza mai abbassare lo sguardo, nemmeno quando lo vide alzare il braccio in un ampio arco, pronto a colpirla. Guardò i suoi occhi d’ambra, specchi di gelo, e si impresse il suo volto nel cuore. Voleva che fosse l’ultima immagine a rimanere nei suoi occhi.
Sesshomaru calò la spada, ma Anna non batté ciglio. La lama gelida le scalfì la pelle del collo…e lì si fermò. Ci volle un istante perché la inu-yokai se ne accorgesse. Era stata così sicura di morire che non aveva previsto nessun’altra ipotesi. Invece, sentì la spada vibrare contro la sua pelle. Il braccio di Sesshomaru tremava, come se lo yokai fosse preda di un conflitto intenso. Il suo viso non esprimeva nessuna emozione, eppure…
Sesshomaru era preda di una sensazione straziante. La sua mente gli ordinava di ucciderla seduta stante. Il suo cuore gridava di sdegno e orrore. Il suo cuore?! Non aveva mai creduto di averne uno. Non gli era mai importato. Ora, però, quel cuore gli gridava con forza disperata di non alzare la sua mano su di lei.  Sesshomaru lottò brevemente, poi cedette. Per la prima volta nella sua vita, scelse la fuga. Sotto gli occhi attoniti di Anna, Sesshomaru rinfoderò la spada e le voltò le spalle, correndo via, lasciandola sola nella radura.
Quando Inuyasha arrivò, pochi minuti dopo, portando Kagome in spalla, vide Anna accasciata contro un tronco d’albero e per un istante pensò al peggio.
«Anna!» chiamò Kagome, correndo da lei, subito seguita da Inuyasha. I due si inginocchiarono nella neve accanto alla ragazza bionda e appurarono che l’amica era viva. Il suo viso, però, era vuoto, lo sguardo perso. «Anna…» mormorò Kagome, preoccupata.
«Sesshomaru è andato via da poco.- ringhiò Inuyasha, sentendo l’odore del fratello- Cosa ti ha fatto? Vuoi che lo insegua?»
«Anna, cos’è successo?- chiese Kagome, preoccupata per il silenzio che ammantava Anna- Che ti ha fatto? Lui…»
Anna si alzò lentamente in piedi, facendo leva sul tronco dell’albero, e iniziò ad allontanarsi in silenzio.
«Ehi!» protestò Inuyasha, afferrandole un polso. Anna si liberò con un gesto violento.
«Non mi toccare, Inuyasha!» ringhiò, mostrando loro i suoi occhi demoniaci. Cercò di calmarsi e riprese a camminare. «Non mi toccare…non adesso.»
Inuyasha scambiò un’occhiata con Kagome.
«Anna, non disperare.- disse Kagome, cercando di essere convincente- Non ti ha fatto del male e questo è già un primo passo. Vedrai che…»
Anna rise, una risata bassa e pregna di sgradevole cinismo.
«Se c’è un momento per disperare è proprio questo, Kagome-chan.- replicò la inu-yokai, scuotendo il capo- Non ha reagito nemmeno alla verità. Non ha ricordato nulla! E’ fuggito, pur di non sentirmi dire cose che gli procurano disgusto! E adesso lasciatemi andare…lasciatemi sola.»
Né Kagome né Inuyasha ebbero più il coraggio di dire nulla. Anna si allontanò, arrancando lentamente nella neve, e si inoltrò nella foresta, scomparendo alla loro vista. Quando Inuyasha e Kagome tornarono al villaggio, trovarono tutti in casa di Kaede, in uno stato di forte apprensione.
«Allora? Cosa è successo?» chiese Shippo, teso.
«Non lo sappiamo, Shippo-chan.- sospirò Kagome, affranta- Anna sta bene, almeno fisicamente, ma…»
«Non l’ha uccisa?» chiese Sango, sospirando di sollievo.
«Siano ringraziati gli Dei…» borbottò Kaede.
«Questa è una buona notizia.- commentò Miroku- Se non provasse niente per lei non si sarebbe fatto scrupoli.»
«Credo tu abbia ragione.- ammise Kagome- Ma Anna è disperata! Io non capisco…»
«E’ semplice, invece.» disse Inuyasha, cupo. Tutti si voltarono verso di lui. «Anna non ce la fa più.- disse Inuyasha, guardando verso la foresta- Preferiva morire, piuttosto che vivere senza essere amata da Sesshomaru. Ma lui l’ha lasciata vivere e l’ha abbandonata. Non tornerà più per lei, la eviterà come la peste, e per Anna non c’è niente di peggio.» Inuyasha sferrò un pugno al muro, quasi sfondandolo. «Mio fratello è un dannato stupido!» esclamò, uscendo dalla casa come una furia. Sul gruppo di amici scese il silenzio.
Anna tornò al villaggio solo a sera. Entrò in casa e non scambiò parola con nessuno dei presenti, dirigendosi con sicurezza verso Kagome.
«Kagome, ho un favore da chiederti.» mormorò, inginocchiandosi accanto a lei. Kagome annuì, sorpresa.
«Tutto quello che vuoi, Anna.- disse, prendendole le mani- Cosa posso fare per te?»
Anna chinò un attimo il capo, come se stesse riflettendo, poi rialzò lo sguardo.
«Non voglio più vivere qui.- mormorò- Per favore, ospitami a casa tua, Kagome. Voglio tornare nella mia epoca.»

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Capitolo 19
*** 18 - Vita da essere umano ***


Author's note: Anna ha superato il punto di rottura e torna nell'epoca di Kagome...ma nemmeno quello è il suo mondo! Siamo sicuri che riuscirà a stare senza Sesshomaru?! E siamo sicuri che Mr.Iceberg non cominci a subire gli effetti delle parole di Anna?....Read and enjoy! ;)

Kagome entrò in cucina come una furia, afferrando una fetta di pane tostato e salutando al contempo la sua famiglia, che stava finendo di fare colazione.
«Sei in ritardo, sorella.» osservò Sota, che già si stava alzando da tavola.
«Lo so!» bofonchiò Kagome, masticando il pane e controllando di aver messo tutto il necessario nella cartella.
«Kagome, la tua amica non si è ancora alzata?» chiese la madre di Kagome, sorridendo alla figlia preda della fretta.
«Sì, dev’essere fuori in giardino, a recuperare le energie. Non preoccuparti, mamma, tanto Anna non fa colazione.- rispose Kagome, distrattamente- Argh! Mi manca il dizionario d’inglese!»
Tornò di sopra alla velocità della luce. Quando tornò al piano di sotto, Sota era già pronto per uscire.
«Se ti sbrighi ti aspetto.» le disse il fratellino.
«Mi sto sbrigando, mi sto sbrigando!» ringhiò Kagome, infilandosi in una volta sola le scarpe e il cappotto. Nella sua epoca non stava nevicando, ma faceva comunque un gran freddo.
«Andiamo a scuola!» gridarono in coro i due fratelli, uscendo di casa. Kagome si strinse meglio la sciarpa attorno alla gola. Si guardò brevemente attorno, ma non vide traccia di Anna. Forse era uscita dal Tempio, o era nascosta da qualche parte.
«Anna-chan è veramente un genio coi videogiochi.- le stava intanto dicendo Sota- E’ stato divertente, ieri, vedere come si batteva col fratellone Inuyasha!»
Kagome sorrise al ricordo della sera precedente. Inuyasha le aveva raggiunte per sapere come stesse andando la permanenza di Anna da quella parte del pozzo. Erano passati circa quattro giorni dall’ultimo, drammatico incontro tra Anna e Sesshomaru, e da allora Anna stava soggiornando a casa di Kagome. La ragazza continuava a ripetere che appena avesse recuperato le energie avrebbe trovato alloggio da qualche altra parte, ma Kagome non ne voleva nemmeno sentire parlare. Non voleva che Anna si allontanasse troppo e facesse magari qualche sciocchezza, perciò aveva deciso di restare a sua volta a casa propria, tanto per cambiare, e sorvegliarla. Ne stava approfittando anche per frequentare un po’ la scuola, cosa che non guastava.
In ogni caso, la sera prima Inuyasha era andato a fare una capatina da loro. La serata era diventata una grandiosa sfida ai videogiochi. Anna aveva sbaragliato Inuyasha, che c’era rimasto malissimo, e Sota aveva preso in adorazione la inu-yokai.
«Però mi sembra depressa.- continuò Sota, pensieroso- Si può sapere cosa è successo nella Sengoku Jidai? La prima volta che è venuta qui non era così.»
«Ci sono tante cose che possono far male al cuore di una donna.» disse Kagome, rattristandosi.
«Voi donne siete complicate.» sentenziò Sota, sospirando.
I due fratelli si separarono lungo la strada, ognuno diretto alla propria scuola. Più Kagome pensava ad Anna e meno le piaceva la situazione. Anna non aveva niente, nemmeno un’identità nel mondo in cui si trovava ora. Questo non era un problema nella Sengoku Jidai, soprattutto per un demone, ma come avrebbe fatto lei, di punto in bianco, a rientrare negli schemi della società moderna? E poi, era davvero sicura che non fosse un errore mollare tutto a quel punto? Certo, Sesshomaru ne aveva combinate di cotte e di crude, e forse non ricordava davvero nulla, ma aveva pur sempre preso Rin con sé. Forse c’era qualche speranza. Purtroppo, finché Anna fosse rimasta di quell’umore nero, nessuno sarebbe riuscito a convincerla.
“Bisogna farla divertire. Se si svaga, potrà pensare a tutta la faccenda con mente più serena.- pensò Kagome- Oggi, che lo voglia o no, la costringerò a uscire e a fare un po’ di shopping. Di certo questo la tirerà su!”
Kagome annuì, convinta del proprio piano, e il sorriso le ricomparve sulle labbra. Vi rimase finché non si ricordò che quel giorno aveva compito in classe di matematica…

***

«Kagome, vieni con voi da WacDonald per un panino?» chiese una delle tre amiche che chiacchieravano con Kagome uscendo da scuola.
«Uhm…non saprei.» rispose lei. Voleva tornare da Anna per mettere in atto il suo ‘piano del buonumore’.
«Coraggio, Kagome! Non capita spesso che tu stia così bene da uscire con noi, ultimamente!- la stuzzicò la ragazza coi capelli a caschetto- Solo un panino e una chiacchierata. Che ti costa?»
«Uh…beh…» disse Kagome, sorridendo con un certo nervosismo. Era evidente che le sue amiche volevano farle un altro interrogatorio su Inuyasha.
«Ehi! C’è una tipa strana al cancello.- mormorò la ragazza coi capelli mossi, tirando una manica del cappotto di Kagome e indicando di fronte a loro- Sembra una yankee…sarà una teppista?»
Le ragazze allungarono subito lo sguardo per vedere di chi si trattasse. Kagome sorrise e tirò un sospiro di sollievo. Appoggiata a uno dei pilastri del cancello, insensibile alle occhiate sconcertate degli studenti, stava Anna. Era nella sua forma umana, ovviamente, e i suoi capelli castano chiaro potevano facilmente essere scambiati per quelli tinti di una yankee. Non avendo vestiti suoi, si era infilata quelli di Kagome, ma le andavano un po’ stretti, in quanto lei era di qualche centimetro più alta. Così, aveva arrotolato i pantaloni neri alle ginocchia, mettendo in mostra le calze a righe colorate che portava al di sotto. Tra le falde del cappotto lungo tenuto aperto, un’assurdità con quel clima gelido, si notava un maglioncino scuro con cerniera e cappuccio che Kagome non indossava più da un pezzo. Ai piedi aveva delle vecchie scarpe da ginnastica, sempre di Kagome. Sembrava sfidare con noncuranza gli sguardi altrui, sia per l’atteggiamento che per il pazzesco abbigliamento. A Kagome venne da ridere, era felice di vedere che Anna fosse uscita di casa di sua spontanea volontà.
«Anna!» chiamò correndole incontro e stupendo le sue amiche. Anna si voltò verso di lei con blanda sorpresa.
«Ehilà, Kagome.- la salutò, annuendo col capo-  Ho pensato di venire a prenderti a scuola.»
«Hai fatto bene.» le disse Kagome, con un sorriso smagliante.
«Ehm…» Il richiamo fece voltare entrambe. «Ehm…Kagome, non ci presenti la tua amica?»  chiese la ragazza coi capelli corti. Kagome si affrettò a porre rimedio, sciorinando i nomi delle tre amiche.
«…e lei è Anna.» finì, mentre le quattro ragazze si stringevano la mano.
«Anna…e poi?» chiese la ragazza con i capelli mossi, sorridendo. Kagome ristette. Si rese conto per la prima volta di non sapere il nome completo di Anna.
«Sono Anna Etain O’Seal.» le venne in soccorso la inu-yokai, con un sorriso pallido.
«Kyaaa! Ma allora sei davvero straniera!» esclamarono le ragazze.
«Italo-irlandese, in verità.» ammise Anna. Kagome la guardò con stupore.
«Davvero?!» chiese, sbalordita.
«Ma come, Kagome…non lo sapevi?» le chiesero le amiche.
«Non abbiamo mai avuto modo di parlarne.» rispose Anna. Cadde un silenzio imbarazzato.
«Beh, noi andiamo a mangiare un panino.- esclamò la ragazza coi capelli corti, prendendo in mano la situazione- Vieni anche tu, Anna, vero?»
«Ah…non saprei.- mormorò Anna- Non ho denaro con me, e…»
«Offro io.- disse Kagome, prendendola con fermezza a braccetto- Ci mangiamo un bel panino e ci facciamo una chiacchierata!»
Le ragazze esultarono per quella vittoria. Anna si fece condurre come una bambola in grado di camminare. Più tardi, una volta nel locale, le ragazze si sedettero a un tavolo appartato. Anna si prese l’incarico di fare le ordinazioni e recuperare il cibo, visto che le avrebbero offerto lo spuntino. Quando si fu allontanata, cominciarono a spettegolare su di lei.
«E’ molto particolare.- disse la ragazza col cerchietto- Ma è più grande di noi, vero?»
«Sì, va all’Università. Fa Lingue Straniere. Dovrebbe avere vent’anni.» disse Kagome, rammentando la prima descrizione di Anna fatta dalla vecchia Kaede.
«Ha stile, non trovate? E quel nome, Etain…è così esotico!» sospirò la ragazza dai capelli mossi.
«Noi la chiamiamo sempre Anna.» borbottò Kagome, osservandola allontanarsi. L’espressione di Anna continuava a non piacerle.
«Noi?- chiese la ragazza con i capelli corti, per poi battersi un pugno sul palmo- Ah! Non mi dire che la conosce anche Inuyasha!»
«Sì, certo.- rispose Kagome, soprappensiero- Anna è la fidanzata di suo fratello.»
«Cosa?!» Lo strillo delle tre amiche fece immediatamente pentire Kagome per aver offerto loro quell’informazione. «Inuyasha ha un fratello?» chiesero in coro.
«Un fratellastro…maggiore.- ammise Kagome- C’è da esserne tanto sorpresi?»
«Quindi siete quasi parenti, tu ed Anna.- commentò la ragazza coi capelli corti- Che meraviglia!»
«Mi raccomando, quando torna Anna non nominatelo neppure!» disse Kagome, agitata.
«E perché?» chiesero le tre amiche, indagatorie. Kagome abbassò lo sguardo, sospirando.
«Vedete, Sesshomaru…il fratello di Inuyasha ha avuto un incidente e ha perso la memoria.- raccontò loro brevemente- Non ricorda più nemmeno Anna. Così, lui l’ha lasciata. Anna sta ancora molto male, è una cosa recente.»
«Ohh….» mormorarono le tre, impressionate e rattristate.
«Vorrei che Anna si divertisse un po’.- continuò Kagome- Perciò, per favore, non parliamo nemmeno di Inuyasha. Cerchiamo di restare su argomenti neutri, ok?»
Le tre ragazze si guardarono, poi annuirono.
«Ma certo, Kagome. Non ti preoccupare.» rispose per tutte la ragazza dai capelli corti. In quel momento Anna tornò al tavolo con le braccia piene di vassoi in equilibrio e tutte tornarono automaticamente a sorridere. Se anche la inu-yokai si accorse di qualcosa, non ne diede alcun segno. Il pomeriggio passò in un battibaleno e Kagome si diede da fare come una forsennata per permettere ad Anna di divertirsi. Le sue amiche fecero comunella con lei in questa missione e le ore passarono tra chiacchiere, giri per negozi e perfino una puntatina al karaoke. Quando tornarono a casa, quella sera, la cena era già pronta in tavola.
«Siete state fuori fino ad ora?- chiese la madre di Kagome, accogliendole con un sorriso- Vi siete divertite?»
«Sì, mamma.» rispose Kagome, lanciando un’occhiata preoccupata ad Anna. La vide sorridere e annuire e tirò un sospiro di sollievo.
«Anna-chan, mi hanno prestato un videogioco nuovo!- gridò Sota, correndo di sotto con una custodia in mano- Proviamolo!»
«Non ora, Sota, è pronto da mangiare.» lo rimproverò il nonno.
«Dopo cena, Sota.» promise Anna, togliendosi le scarpe e il cappotto. Sota brontolò, ma non insistette. Poco dopo, l’intera famiglia era seduta a mangiare. Anna parlò quando veniva interpellata e sorrise spesso. Subito dopo cena si offrì di lavare i piatti, poi provò il nuovo videogioco con Sota, mentre parlava col nonno di Kagome della differenza tra i demoni giapponesi e gli spiriti irlandesi. Kagome studiò le sue reazioni tutta la sera. Le sembrava che i suoi sforzi avessero prodotto qualche risultato, ma non voleva illudersi. Anna era un’ottima attrice, quando le serviva.
Infatti, più tardi, mentre si dirigeva verso la propria camera, la vide in piedi davanti allo specchio, intenta a guardare il proprio riflesso con aria assente. Aveva ripreso le proprie sembianze demoniache e non ne sembrava per nulla felice. Kagome sospirò.
«Anna…» la chiamò, sottovoce. Lei si voltò e il cuore di Kagome si strinse nel vedere il dolore che c’era in quegli occhi. «Anna, quando ne vuoi parlare io sono qui.- disse- Ricordati che non sei da sola.»
Anna la guardò in silenzio per un istante, poi abbozzò un sorriso.
«Lo so, Kagome.- mormorò- Grazie…anche per oggi. Sei stata gentile.»
Kagome sentì che le stava venendo da piangere, perciò, visto che Anna non pareva intenzionata a sfogarsi, le diede la buonanotte e se ne andò. Anna tornò a guardarsi alla specchio. Un attimo dopo, si passò gli artigli sulla fronte, lasciando scie di sangue sulla fiamma della vita che le tatuava la pelle.

***

Era notte inoltrata. La temperatura era precipitata sotto lo zero e il cielo era limpido come acqua di montagna. Le stelle erano ben visibili; non come nella Sengoku Jidai, ma comunque una vista passabile. Anna sedeva sulle radici del Goshinboku, con addosso i vestiti di Kagome e nient’altro, bevendo birra. Quel giorno un fedele aveva regalato una cassa di birra al nonno di Kagome, che però non ne beveva. Anna pensava che la perdita non sarebbe dispiaciuta più di tanto all’anziano sacerdote. Finì la lattina con lunghi sorsi, poi la accartocciò nella mano e la buttò nella cassa, che si andava svuotando. Aveva bevuto dieci birre, fino a quel momento. Non le avevano fatto il benché minimo effetto.
Anna appoggiò la nuca al tronco, sospirando. Pensare che quando era un essere umano non reggeva l’alcol! Credeva che bere sarebbe stata una buona idea per dimenticare, ma non stava ottenendo alcun risultato apprezzabile. Allungò una mano per prendere un’altra lattina. Tirò la linguetta e ne bevve un lungo sorso. Il sapore non le piaceva. Tanto peggio.
Anna si rendeva conto di essere diventata apatica. Non le andava di fare niente. Non voleva pensare a niente. Kagome era molto preoccupata e le dispiaceva darle tutto quel disturbo. Anche Inuyasha era preoccupato. Anna non sapeva cosa farci. Pensava di andarsene via…ma via dove? Non era più una donna: era un demone. Avrebbe dovuto nascondersi in qualche luogo desolato, lontano dagli uomini. Ne esistevano ancora?
“Forse in Antartide.” pensò, con freddo divertimento. Chissà come se la passavano i demoni in quell’epoca? Mah…forse si mischiavano alla folla. Il problema era uno soltanto. Voleva Sesshomaru. Desiderava Sesshomaru con tutte le sue forze. Chiuse gli occhi e strinse in pugno la lattina, facendosi colare la birra lungo il braccio.
Tutto il suo essere era legato a Sesshomaru. Non solo il suo sangue, ma la sua intera esistenza. Se era un demone, era a causa di Sesshomaru. Metà dell’energia vitale che la sosteneva era di Sesshomaru. La sua vita apparteneva a lui, anche perché gliel’aveva salvata più di una volta. Come avrebbe mai potuto fare a meno di lui? Il solo guardarsi allo specchio le faceva venire voglia di cavarsi gli occhi coi vetri. Odiava le sue sembianze, perché le ricordavano Sesshomaru.
“Ma dove vuoi scappare?- le disse una voce, internamente- Puoi cambiare epoca e stile di vita, ma ti porterai dietro l’uomo che ami ovunque andrai, ad ogni passo, per l’eternità.”
Lo sapeva.
Oh, sì! Lo sapeva fin dal principio, che quella fuga non sarebbe servita a nulla. Eppure, che altro poteva fare? Lui non l’aveva uccisa, né aveva risposto al suo amore. L’aveva lasciata indietro. Cosa poteva esserci di peggio? Ragionandoci, Anna si rendeva conto che chiedere a Sesshomaru di ucciderla era stato un atto di egoismo. Se lui, malauguratamente, fosse tornato in possesso dei suoi ricordi dopo quel gesto, non se lo sarebbe mai perdonato. Anna sapeva che si sarebbe portato dietro il rimorso per il resto della vita. Era un bene che non fosse successo.
“Sono egoista e cattiva.- si disse, con un sorriso amaro- Sono una stupida.”
Eppure era così sbagliato desiderare di essere amata? Le mancava il suono della sua voce, il modo in cui pronunciava il suo nome. Le mancava il calore delle sue mani, i momenti di inaspettata tenerezza. Sentì le lacrime scenderle lungo le guance.
«Ho bevuto troppo.» mormorò, con una risatina che somigliò molto a un singhiozzo. Il Goshinboku conservava l’odore di Sesshomaru, il cui sangue ne aveva inzuppato le radici, centinaia di anni prima. Anna appoggiò la guancia alla corteccia.
«Mi manchi tanto.» sussurrò, con voce tremante. Le lacrime non volevano piantarla di uscire. Anzi, stavano rapidamente aumentando. La crisi che aveva cercato di evitare fino a quel momento la stava assalendo come un’onda di marea. Anna lasciò andare la lattina e si voltò verso l’albero, abbracciandolo e appoggiando la fronte al tronco.
«Mi manchi!- singhiozzò, dando sfogo al suo dolore- Voglio stare con te! Voglio vederti!»
Pianse a lungo, in maniera sempre più straziante. Le facevano male il petto e la testa, ma il cuore era conciato peggio. Si strinse all’albero come avrebbe fatto con Sesshomaru. Quanto desiderava il suo conforto!
“Sono una vigliacca.- si disse, disgustata con se stessa- Sesshomaru non si sarebbe mai arreso come ho fatto io! Sesshomaru mi avrebbe inseguita fino in capo al mondo e mi avrebbe riportata indietro!”
Ma come avrebbe potuto farlo? Ci sarebbe mai riuscita, se anche fosse tornata nella Sengoku Jidai?
«Voglio vederti.» mugolò ancora. Una luce apparve nel punto in cui la fiamma sulla sua fronte e il Goshinboku si toccavano. Essa crebbe tanto da racchiudere la inu-yokai, che lanciò un’esclamazione soffocata. Improvvisamente, Anna si sentì trasportata altrove. La sua mente lasciò il corpo e i suoi occhi videro il Palazzo di Sesshomaru. Priva della possibilità di agire in qualsivoglia maniera, Anna venne trasportata all’interno del castello, fino ad arrivare in una stanza che Anna conosceva dolorosamente bene.
Sesshomaru era nella sua stanza. Seduto accanto alla finestra, al buio, guardava la neve che ancora cadeva dal cielo notturno con un’espressione indecifrabile sul volto. Fu un momento strano per Anna. Per la prima volta in tanto tempo, si sentì vicinissima a lui…eppure non si trovava nemmeno lì! Quella era solo una visione, un dono inaspettato. Sesshomaru si mosse, facendo frusciare la veste che portava. Sotto lo sguardo attonito di Anna, Sesshomaru si portò una mano alla ferita. I suoi occhi assunsero un’espressione tormentata, ben diversa dal gelo che le aveva mostrato quando l’aveva lasciata, là nella radura.
Se avesse potuto, Anna si sarebbe rimessa a piangere. La confusione sul volto di Sesshomaru le straziava il cuore. D’un tratto, Sesshomaru si voltò di scatto, come percependo la sua presenza. I loro occhi si incontrarono per un istante, salvo per il fatto che Sesshomaru non poteva vederla, poi Anna fu trascinata via tornando velocemente al proprio corpo. In quel minuscolo lasso di tempo, la sua mente fu invasa da una serie di visioni, le stesse che aveva visto quando era stata catapultata nella Sengoku Jidai. Poté riconoscervi immagini di ciò che era stato. Vecchi ricordi, ora, ma all’epoca visioni del futuro. Vide un prato assolato e una bambina che faceva corone di fiori: Rin. Vide eserciti che si combattevano, la guerra contro Soichiro. Vide una spada lucente, Tessaiga. E poi vide…
Era di nuovo a Palazzo. Era notte. Una sagoma bianca stava sulla soglia. Era Sesshomaru, ora poteva riconoscerlo. Da lui proveniva l’odore della disperazione, del dolore e gridava il suo nome con voce straziante. Anna aprì gli occhi, ansimando. Quella visione…l’unica che le fosse rimasta impressa una volta arrivata nella Sengoku Jidai! Eppure non vi aveva mai riconosciuto Sesshomaru. Saputo di essere stata chiamata nel passato da Inuken, il padre dei due fratelli, si era messa l’anima in pace e aveva dimenticato quella visione.
«Ma questo non è un ricordo.- mormorò, con voce tremante- Non è mai successo.»
Forse era qualcosa che non si era ancora avverato?
Anna alzò la testa di scatto. Forse le era appena stata data una ragione per tornare sui suoi passi.  Le parole che gli aveva detto avevano colpito il cuore di Sesshomaru. L’espressione sul suo volto era stata eloquente. Il futuro le diceva che l’inu-yokai avrebbe sofferto, che un giorno l’avrebbe chiamata per nome. Questo non valeva qualunque sacrificio? Questo non valeva l’attesa, fosse stata anche di centinaia di anni?
Anna si risollevò, passandosi una mano sugli occhi per asciugarli. Nelle pupille le passò una luce decisa. Avrebbe combattuto per il suo uomo. Non si sarebbe arresa.
«Sto tornando, Sesshomaru.» disse, e un sorriso le nacque sulle labbra. Poi, un’idea la folgorò. C’era una possibilità a cui non aveva mai pensato. “Kagome…ho bisogno di Kagome!” pensò, eccitata.
Mentre spuntava l’alba, Anna corse in casa. Sotto il Goshinboku rimasero i resti di un festino triste.

 

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Capitolo 20
*** 19 - Un'idea ***


Author's note: Anna ha riavviato i motori e Sesshomaru è rimasto colpito in profondità dalle sue parole. Ora cosa combineranno questi due?!

Inuyasha uscì dal pozzo con un balzo, atterrando senza far rumore sul pavimento di terra battuta dell’Hokora. Salì la corta scaletta e aprì la porta scorrevole con un gesto secco, per poi guardarsi attorno. Era mattina inoltrata e nel tempo di Kagome splendeva un timido sole velato da una sottile foschia.
«Almeno non si arranca nella neve.» mormorò Inuyasha, il cui fiato si condensò in una nuvola di vapore. Nella Sengoku Jidai ci stava dando dentro di brutto e il tetto di una casa del villaggio era già crollato sotto il peso della coltre bianca. Sango e Miroku stavano dando una mano per ovviare al problema dell’accumulo della neve e Inuyasha avrebbe anche potuto darsi da fare a sua volta, ma si annoiava a morte e voleva vedere Kagome. Così, si era recato al pozzo e vi era saltato dentro. Chiuse la porta dietro di sé, dirigendosi con sicurezza verso la casa.
«Permesso!» esclamò, entrando nell’ingresso. Da quando era stata nota alla famiglia di Kagome la loro relazione, era difficile che usasse la finestra della camera della ragazza.
«Oh, Inuyasha-kun!- lo accolse la madre di Kagome, asciugandosi le mani in un grembiule- Benvenuto!»
«Salve. C’è Kagome?» chiese Inuyasha, con un breve cenno del capo.
«Kagome è con Anna-san, nel magazzino del nonno.- rispose la donna, sorridendo- Stanno facendo una qualche ricerca.»
«Allora andrò direttamente lì, se non le dispiace.- disse Inuyasha- A dopo, signora!»
Inuyasha uscì di nuovo e scambiò un cenno di saluto con il vecchio nonno di Kagome, che stava spazzando il cortile, poi si diresse verso la costruzione in legno che fungeva da magazzino per le mille e mille cianfrusaglie del tempio. Vi regnava un silenzio assoluto, ma Inuyasha entrò ugualmente. Sedute per terra, riscaldate da una piccola stufetta, stavano sia Kagome che Anna. Entrambe erano circondate dalle pergamene e sembravano stanche e frustrate. Kagome alzò gli occhi e incontrò i suoi.
«Inuyasha!» esclamò. Inuyasha le sorrise e lei si alzò per abbracciarlo, facendosi largo tra i rotoli di carta. Anche Anna alzò lo sguardo e gli rivolse un sorriso così luminoso che quasi lo fece arretrare di un passo.
«Konnichi wa, Inuyasha!» disse, per poi tornare a leggere quel che aveva in mano.
«Ma che è successo?- chiese Inuyasha a Kagome, sussurrando- Non le vedo quell’espressione in faccia da…»
«Lo so. Pare che Anna stia meglio, ora.- rispose Kagome, sempre mormorando, con un sorriso- Stamattina le è venuta un’idea e ha ritrovato il suo spirito.»
«Il Goshinboku mi ha donato una visione.» disse Anna, che grazie al suo udito fino non aveva avuto difficoltà a sentire le loro parole. Entrambi la guardarono e videro la familiare luce demoniaca accenderle gli occhi. «Non mi arrenderò mai più. Non cederò, qualunque cosa accada.- disse, seria, poi sorrise- Mi dispiace di avervi dato così tanti pensieri. Ora sono di nuovo in me.»
«Cos’hai intenzione di fare?» chiese Inuyasha.
«Combatterò per riavere il mio uomo.- sentenziò Anna- Che lui lo voglia o no.» Scrocchiò le nocche in un gesto plateale, facendo ridere Inuyasha. Preferiva di gran lunga la inu-yokai quando faceva la spiritosa, piuttosto che il fantasma depresso degli ultimi tempi.
«Anna ha avuto un’ottima idea, sai?» disse Kagome, facendogli cenno di sedersi con loro.
«Varrebbe a dire?» chiese Inuyasha, sedendosi. Schiacciò una pergamena, quindi si alzò a metà e la buttò via con uno sbuffo infastidito.
«Ho pensato: nella mia terra esistono spiriti buoni e cattivi appartenenti allo stesso elemento, luogo o oggetto.- disse Anna, alzando un dito per puntualizzare- Vale a dire: esistono spiriti dell’acqua buoni e spiriti dell’acqua malvagi. Esistono spiriti casalinghi che fanno del bene e altri che arrecano danno. Insomma, ci sono sia dei che demoni.»
«E quindi?» chiese Inuyasha, che non capiva dove Anna volesse andare a parare.
«Anna pensa che, come è esistito un demone con potere sulla memoria, possa esistere un kami che abbia lo stesso potere.» spiegò Kagome, concisa.
«Esatto!» disse Anna, sorridendo. Inuyasha aprì la bocca, poi la richiuse.
«Dite?» chiese, perplesso. Non aveva mai pensato a niente del genere.
«Credo di sì.- disse Anna, annuendo- Kiokumushi aveva il potere di togliere la memoria. Un dio dovrebbe avere il potere di restituirla.»
«Ne abbiamo avuto esperienza anche noi, Inuyasha.- gli ricordò Kagome- Non ricordi la divinità dell’acqua e la sua controparte malvagia? O il fatto che spesso ti scambiano per il dio dei cani, invece che per un demone? Secondo me, Anna ha ragione.»
«E tutto questo macello a che vi serve?» chiese Inuyasha, indicando le pergamene.
«Stiamo cercando informazioni. L’archivio del nonno di Kagome è molto ben fornito.- disse Anna- Il problema è che molte pergamene sono scritte in giapponese antico e io ne ho imparato solo un po’, in questi mesi.»
«Anch’io sono in difficoltà.- borbottò Kagome, poi si illuminò- Ci daresti una mano, Inuyasha?»
Inuyasha esibì un sorrisetto non troppo entusiasta, circondato da sguardi imploranti e luccicanti lacrime false, e cedette.
«Va bene…farò quello che posso.» sospirò, scatenando esclamazioni di vittoria. Afferrò la prima pergamena che gli capitò sottomano. Era venuto a svagarsi un po’ e si ritrovava a dover lavorare. Leggere gli aveva sempre fatto venire il mal di testa. Gli venne in mente un pensiero spiacevole. «Anna…» Lei alzò di nuovo lo sguardo su di lui, guardandolo con aria interrogativa. «E se non riuscissi a trovare nulla di quanto cerchi?» chiese, corrugando la fronte. Lei, inaspettatamente, sorrise.
«Non mi arrenderei comunque.- rispose, sicura- L’ho giurato, Inuyasha. Non mi arrenderò mai più.»
Inuyasha vide la profondità della sua decisione e annuì. Che Sesshomaru si meritasse tutto quello era un’altra cosa su cui valeva la pena discutere, ma lasciò stare. Poi sospirò e si mise al lavoro. Tre ore dopo, il terzetto era seduto a tavola, ricoperto di polvere di carta e con un’aria di mesta sconfitta sul volto.
«Quest’oggi si mangia oden, ragazzi.- disse la madre di Kagome, sedendosi a tavola- Spero sia di vostro gradimento!»
«Certo, mamma.» disse Kagome, troppo stanca per mostrare entusiasmo per il suo piatto preferito.
«Ma si può sapere che cosa state cercando in quel vecchio magazzino ammuffito?» chiese la donna, preoccupata.
«Vecchio magazzino ammuffito?- esclamò il nonno di Kagome, scandalizzato- Prima di tutto, quel magazzino risale addirittura al…»
«Sì, sì, nonno, lo sappiamo.- sospirò Kagome, con un gesto svogliato- Stiamo cercando il nome di un dio o una dea, in effetti, mamma.»
«Davvero?» chiese la donna, mentre Inuyasha si serviva con abbondanza. Kagome annuì.
«Una divinità della memoria.» specificò Anna, strofinandosi la fronte. Le era venuto mal di testa.
«Ma cercate uno spirito o un dio?» chiese il nonno di Kagome, interessato.
«Un dio. Un’entità benefica.- specificò Kagome- Di demoni ne abbiamo già avuti abbastanza.»
Il nonno di Kagome si chiuse nel silenzio per qualche minuto e tutti si misero a mangiare, convinti che la conversazione fosse finita. Dopo un po’, invece, il vecchio mandò un’esclamazione, sollevando le bacchette in segno di vittoria.
«Beh, ci sarebbe Kiokuchi-sama, la dea del lago Toomei!» disse, trionfante. Anna smise immediatamente di interessarsi al cibo.
«Chi?!» chiese, sporgendosi in avanti con foga.
«Kiokuchi-sama! E’ una dea guardiana delle terre attorno al lago Toomei…almeno così dice il testo che ho letto.» rispose il nonno di Kagome, d’un tratto in dubbio.
«Ma dove l’hai letto, vecchio? Abbiamo spulciato tutte le tue vecchie pergamene muffite e non abbiamo trovato un accidente su questa Kiokuchi-sama!» replicò Inuyasha, seccato per aver perso tutto quel tempo inutilmente.
«Le mie…non le avrete mica rovinate, vero?!» esclamò il vecchio, preoccupatissimo.
«No, nonno, stai tranquillo.- rispose frettolosamente Kagome- Vai avanti, per favore!»
«Dicevo…non abbiamo informazioni su di lei perché il lago Toomei è troppo lontano dalla giurisdizione di questo tempio.- disse l’anziano sacerdote- Si trova nel Kyushu, molto a sud nell’isola.»
«Kyushu?» mormorò Kagome, sorpresa.
«Nonno!- esclamò Anna, alzandosi in piedi di scatto- Ti prego, fammi vedere dove hai letto di questa dea!»
Lieto di avere finalmente un po’ di ascolto da parte degli amici della nipote, il nonno di Kagome fu ben felice di andare a cercare il libro e di consegnarlo nelle mani della inu-yokai. Pochi minuti dopo, Anna, Inuyasha e Kagome erano nella stanza della ragazza, chini sopra un libro intitolato ‘Curiosità e folklore dell’Isola di Kyushu’.
«Eccola qua. Kiokuchi-sama.- mormorò Anna, trovando la pagina- Dea guardiana e protettrice della memoria.»
«Che bel posto!» mormorò Kagome, osservando la fotografia accanto al titolo. Ritraeva un lago dalle acque limpide come cristallo che riflettevano il cielo. Attorno al lago si sviluppavano colline non molto alte, piene di vegetazione rigogliosa. Sembrava un posto da favola. «Non mi sorprenderebbe davvero trovarci una dea.» disse ad alta voce, andando a prendere il proprio atlante geografico mentre Anna leggeva.
«Kiokuchi-sama era una dea vagante, il cui dono era quello di restituire la memoria a coloro che l’avevano perduta, o di cancellare i ricordi spiacevoli dei propri fedeli.- lesse la inu-yokai, interessata- Gli abitanti dei villaggi attorno al lago Toomei le si affezionarono talmente che le chiesero di vegliare sempre sulla loro terra. Kiokuchi-sama divenne quindi anche una dea guardiana e prese dimora vicino al lago Toomei. Alla fine del Periodo Heian, i fedeli le costruirono un tempio sulla collina più alta, una magnifica costruzione dipinta di verde e d’azzurro oggetto di costanti cure e restauri, visitata anche oggi dai turisti. Si dice che la dea abiti al suo interno, nascondendosi alla vista degli umani per non turbarli. Ancora oggi gli abitanti della zona giurano di sentirsi protetti da questa divinità…eccetera.»
Sotto la fotografia del lago, c’era un disegno dell’epoca medievale, che ritraeva la dea dai lunghissimi capelli neri abbigliata con una veste a più strati di straordinaria ricchezza. I suoi occhi erano bianchi.
«Sarà affidabile?» borbottò Inuyasha, indicando il disegno. Anna scosse il capo, dando a intendere che non ne aveva idea.
«Ecco qui, il lago Toomei.- disse Kagome, tornando dai due e mostrando loro la cartina- C’è un sacco di strada da fare!»
«Però, Kagome! Tuo nonno sembra svanito, ma alla fin fine almeno la cultura del sacerdote ce l’ha!» disse Inuyasha, guadagnandosi un’occhiata di fuoco da parte della ragazza.
«Il posto non è cambiato granché dal passato. E’ ancora pressoché incontaminato, quindi questa foto è utile.- osservò Anna- Dovrei trovarlo con facilità.»
«Andrai da lei?» chiese Inuyasha. Anna annuì. «Questa Kiokuchi-sama, o quel che è, potrebbe essere solo una fantasia dei ningen, lo sai?» chiese ancora, corrugando la fronte.
«Una leggenda, dici?- chiese Anna, facendo spallucce- Può essere. Anche io e te siamo leggende, no?» Rise di fronte all’espressione truculenta di Inuyasha. «Comunque, proverò ad andarci. Magari potrà fare qualcosa per me e per Sesshomaru.»
«Sarà un lungo viaggio, soprattutto visto che dall’altra parte del pozzo non la pianta di nevicare.» disse Inuyasha, riflettendo. Anna rise.
«Non preoccuparti, fratellino, tanto andrò da sola.» ridacchiò.
«Perché da sola, Anna?!- esclamò Kagome- Non ci vuoi con te?»
«Non è questo, Kagome.- disse Anna, scuotendo il capo- Ma da sola impiegherò meno tempo. Inoltre…» fece un sorrisetto storto. «Nel caso Sesshomaru venisse a cercarmi per qualsivoglia motivo, voi sarete lì a dirgli dove mi trovo.»
«Se mi ricompare davanti lo faccio fuori, altroché!» borbottò Inuyasha, mentre Kagome rideva. La ragazza chiuse l’atlante con un tonfo, sorridendo.
«Allora, che si fa?» chiese, scambiando un’occhiata d’intesa con Anna.
«Direi che è ora di tornare nella Sengoku Jidai.» affermò Anna. Il sospiro di palese sollievo di Inuyasha le fece ridere entrambe.

***

Io ti amo. Così aveva detto lei.
Tre parole di una stupidità immensa. Sciocche. Melense. Prive di significato per un demone di sangue puro e nobile, i cui soli pensieri erano di morte e distruzione. Parole inutili e superflue, che avevano decretato l’indebolimento e la fine di quello stolto di suo padre. Parole insidiose, che avevano il potere di scavare in profondità e prendere dimora nel ricordo con una fastidiosa insistenza. Parole forti che producevano echi senza fine, una cantilena snervante da cui non sembrava esserci liberazione.
Sesshomaru fece una smorfia. Fuori, la notte era rischiarata dalla neve, che cadeva incessante e ricopriva di un nuovo strato il manto ghiacciato che seppelliva i giardini. Sedeva vicino alla finestra, lasciando che l’aria gelida gli intorpidisse i pensieri, addormentasse quella voce così insistente, così appassionata. Senza successo, purtroppo. Quella voce, quel volto, possedevano un fuoco capace di sconfiggere persino il gelo dell’inverno.
Quante cose gli aveva rigettato in faccia, quando aveva tentato di ucciderla? Aveva narrato fatti senza senso. Lei morta per lui; lui che la salvava, che poi rischiava la propria vita per lei. Avvenimenti di impossibile realizzazione. Eppure, la donna non stava mentendo. Se ne sarebbe accorto. Forse era una folle e credeva davvero nelle idiozie che diceva…forse, invece, il suo passato nascondeva cose che mai avrebbe potuto immaginarsi.
Non era riuscito a ucciderla. Lei lo amava davvero, per quel poco che il demone riusciva a capire di quel genere di sentimenti. Per un qualche motivo, questo l’aveva fermato. Il solo pensiero di farle di nuovo del male gli aveva rivoltato lo stomaco. Eppure ucciderla era l’unico modo di spezzare quel legame così scomodo, di togliersela dalla testa!
Si toccò la ferita sul collo e il suo viso assunse per un istante un’espressione tormentata. La cicatrice era scomparsa, durante la corsa che lo aveva riportato a casa. Lei stava bene, ora, almeno fisicamente. Continuava a vederla, con quei capelli d’oro a incorniciare il viso di porcellana, la luce febbrile e implorante negli occhi chiari come il cielo di primavera. La vedeva come l’aveva vista nella valle, desiderabile e indifesa, ma al contempo permeata di una forza incredibile…la forza di attrarre a sé il Signore dei Demoni dell’Ovest. Provava qualcosa per lei? No, niente, tranne forse attrazione fisica. Allora perché non riusciva a lasciarsela alle spalle? Perché non riusciva a pensare ad altro?
“Sarà ancora al villaggio di Inuyasha?” si chiese. Corrugò la fronte. Che vi fosse qualcosa tra suo fratello e la inu-yokai? Gli sembrava che Inuyasha fosse legato alla miko umana ma non aveva difeso la inu-yokai con energia, insultandolo per il suo gesto di violenza? Un sentimento d’odio intenso gli montò dentro, stupendolo per la sua intensità. Cos’erano quei pensieri? Perché doveva importargli il rapporto tra la inu-yokai e suo fratello? Perché il solo saperli nello stesso luogo gli dava così tremendamente fastidio?
D’un tratto, si sentì osservato. Si voltò di scatto, teso, ma non vide nulla. Sentì solo, in lontananza, il suono di un pianto, poi la sensazione scomparve.
«Anna…?» mormorò, alzandosi in piedi lentamente. Corrugò la fronte. Perché aveva pensato subito a lei? Perché il pensiero che stesse soffrendo gli faceva annodare lo stomaco come un groviglio di serpenti?
Sesshomaru lasciò la stanza quasi con furia, camminando lungo i deserti corridoi di Palazzo. Si sentiva indebolito, indeciso e irritato con se stesso. Era in balia di sensazioni che non comprendeva e questo non era da lui, come non era nelle sue corde essere così tormentato. Ma cosa fare per risolvere la situazione? Cosa fare, se ucciderla era fuori discussione? Forse, dare l’incarico a qualcun altro? No, lui non era un vigliacco. Non avrebbe mai demandato ad altri il proprio dovere.
Si fermò davanti alla porta della camera di Rin. Entrò in perfetto silenzio e si avvicinò al letto, in cui la bimba dormiva il sonno degli innocenti. Anche Rin era un mistero. La calma, la serenità che gli trasmetteva il solo vederla sorridere esulava dalla comprensione dell’inu-yokai. Rin era l’essenza stessa della primavera, un fiore sbocciato sotto i raggi del sole. Anche se non lo avrebbe mai ammesso, ringraziava il fato per avergli fatto incontrare quella bambina umana. Le accarezzò i capelli e lei si mosse nel sonno, abbozzando un sorriso.
«Anna-nee-chan…- borbottò la bambina- Un fiore per Sesshomaru-sama…»
La mano di Sesshomaru si scostò dalla testa della bimba. Era vero, Rin conosceva Anna! Forse la bimba avrebbe potuto dargli tutte le risposte che cercava. Eppure, non voleva coinvolgere la bambina. Non voleva che Rin soffrisse e sollevare una discussione su Anna l’avrebbe resa triste.
«Non posso andare avanti così.» disse tra sé, stringendo le labbra in una linea sottile.
C’era una sola cosa da fare. Doveva trovare altre tracce del suo passato, riunire le fila di quella storia assurda. Sarebbe tornato alla Grotta dell’Eco. Lì, nello stesso luogo in cui aveva perso il suo passato, i poteri della grotta sarebbero di certo stati in grado di dargli una visione di ciò che era stato. Allora, e solo allora, avrebbe deciso che cosa fare di Anna e del legame che lo univa a lei.

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Capitolo 21
*** 20 - Ritorno alla grotta ***


Author's note: Sesshomaru e Anna si sono attivati!! E adesso? Le cose miglioreranno in qualche modo? Mah...

Il demone camminava sul manto nevoso ghiacciato pressoché senza lasciare traccia del suo passaggio. Attorno a lui, il bosco era immoto e silenzioso, immerso nel sonno invernale. I rami neri e scheletrici degli alberi si allungavano verso il cielo, coperto di una coltre di nubi leggere. Il vento gelido era calato e da due giorni, ormai, non nevicava. Passò accanto a un olmo su cui erano appollaiati una decina di corvi. Gli uccelli, riconoscendolo per quel che era, volarono via in tutta fretta, lanciando grida roche.
Si avvicinò con sicurezza allo strapiombo che si apriva davanti a lui, guidato dal rombo dell’acqua. Si affacciò oltre l’orlo, ammirando con un angolo della mente la bellezza della conca naturale, ricoperta di neve intatta. Le acque del torrente vi vorticavano attraverso. Una serie di scintillanti stalattiti di ghiaccio ornavano i lati della cascata. Non si attardò nella contemplazione del luogo, ma scese con agili balzi da una roccia all’altra, senza che il ghiaccio riuscisse a fare nulla per minare il suo equilibrio perfetto.
Quando raggiunse il fondo, si voltò verso l’entrata della grotta, la sua meta finale. Merlettata dal ghiaccio, l’apertura semicircolare nella roccia emanava un gelo ben più intenso di quello esterno. Non c’erano guardiani. Qualunque protezione Soichiro avesse posto su quel luogo di potere si era dissolta alla sua morte. La Grotta degli Echi era di sua proprietà, ora, e presto ne avrebbe sfruttato le capacità.
Si incamminò all’interno della grotta, buia ma pervasa da un bagliore diffuso, dovuto ai cristalli bagnati dalle acque del torrente. Percorse un lungo tunnel sotterraneo, per poi giungere nella sala in fondo, il cuore della Grotta degli Echi. Si guardò attorno, ricordando la battaglia che aveva consumato con Inuyasha, la prima battaglia per la Tessaiga almeno per quel che riusciva a ricordare. Attorno a lui era un susseguirsi di gocciolii. L’acqua stillava dalle conformazioni della roccia e cadeva sul pavimento. I secoli avevano plasmato il calcare in appuntite stalagmiti e massi dalla strana forma. Sesshomaru prese posto su uno di questi, senza far caso all’umidità che gli avrebbe intaccato le vesti immacolate.
Il potere della Grotta consisteva nel richiamare alla memoria avvenimenti dimenticati. Non portava visioni, cosa che nel suo specifico caso sarebbe stata utile, ma amplificava le voci nascoste nei meandri della mente, voci che il possessore non sapeva nemmeno di conservare nei ricordi. L’acqua ne era la chiave, ma per essere in grado di ascoltare occorreva una profonda meditazione. Occorreva tempo.
Sesshomaru non aveva una particolare pazienza, ma riteneva di poter avere risultati accettabili nel giro di un paio di giorni. Era già entrato in risonanza con la Grotta quando vi era stato la prima volta e non aveva problemi a svuotare la mente dai pensieri fuorvianti. Era il Signore dell’Ovest, dopotutto, e la sua mente era superiore. Chiuse gli occhi, inalando profondamente per poi svuotarsi quasi del tutto i polmoni. Il suo corpo divenne immobile, la sua respirazione quasi inavvertibile. Con meticolosità, Sesshomaru svuotò la mente da tutti i pensieri, tutti tranne uno: Anna. Doveva sapere quale passato li univa. Doveva sapere se le sue parole erano verità. Tenendosi a mente la inu-yokai bionda, l’oggetto prescelto su cui la Grotta avrebbe dovuto dargli delle risposte, Sesshomaru cadde lentamente in uno stato di stasi corporea, cullato dal costante gocciolio dell’acqua.

***

Stava calando il sole sulla radura. Anna si stava riposando da due giorni di viaggio ininterrotto, accucciata sull’erba secca appena macchiata di neve, il muso appoggiato sulle zampe anteriori. Non aveva fame. Una banda di yokai serpente l’aveva attaccata senza raziocinio, accusandola di aver attraversato impunemente il loro territorio. Anna ne aveva approfittato per assorbire le loro energie e saziarsi, poi li aveva uccisi. Non era gente con cui si potesse discutere e lei non aveva tempo da perdere con quelle nullità.
Stando ai suoi calcoli, quello era il giorno di Natale…un giorno che stava velocemente finendo, mentre il sole scompariva dietro le nubi grigie all’orizzonte. Le giornate d’inverno erano corte e deprimenti.
“Tanti auguri, Anna.” si disse, sarcastica, e dalla sua gola uscì un ringhio sommesso.
Da giorni aveva iniziato quel viaggio che l’avrebbe portata in Kyushu, alla ricerca della Dea della memoria. Più si dirigeva verso sud, più la temperatura si alzava. Il territorio in cui si trovava ora era stato visitato marginalmente dalla perturbazione che aveva quasi seppellito sotto la neve il villaggio di Inuyasha. Ad Anna il freddo non dava fastidio, ma una temperatura più mite non le giungeva sgradita.
Quel viaggio della speranza, la soluzione ai suoi problemi o forse la speranza di uno sciocco, le stava facendo bene. Si sentiva attiva, viva. Si vergognava della propria debolezza. Ripensando al passato, si era resa conto di aver ceduto troppe volte al desiderio di rinchiudersi dentro se stessa per sfuggire al dolore e questo aveva ogni volta procurato del danno all’uomo che amava.
Sesshomaru doveva fare qualcosa per quella sua indole crudele, ma lei doveva correggere quel suo egoismo di norma abilmente mascherato! Anche se non consapevolmente, pensava troppo a se stessa, quello era il problema. Si struggeva pensando a Sesshomaru e a ciò che lui stava provando, ma al contempo tutto si traduceva con: ‘Sesshomaru, amami! Sesshomaru, ricordati di me! Sesshomaru, non voglio stare sola! Sesshomaru, blah, blah…’. Egoismo bello e buono. Se davvero voleva essere amata da lui, se lo doveva conquistare. Basta stare ad aspettare che lui si desse una mossa! Poteva non succedere mai in tutta l’eternità!
“Speriamo che quella dea sappia il fatto suo, o dovrò stilare un piano d’attacco come si deve.” pensò, per poi aprire le fauci in uno sbadiglio. Si sarebbe concessa un sonnellino, poi sarebbe ripartita. La strada per la riconquista di Sesshomaru era ancora lunga.
“Se solo si fosse ricordato di me…” pensò, chiudendo le palpebre sugli occhi dorati. Prima di scivolare nel sonno, le parve di udire un curioso, echeggiante sgocciolio.

***

plic… *
Sesshomaru si trovava in un luogo buio, privo di corpo e di sostanza. Aveva ancora coscienza di sé e del proprio scopo, ma tutto sembrava distante, privo di significato. Il tempo trascorso aveva cessato di avere importanza. Non avrebbe comunque saputo dire da quanto vagava nel vuoto della mente, in attesa.
plic…*
Le gocce che cadevano sulla roccia avevano un ritmo che col passare del tempo si era fatto sempre più lento e ipnotico. Sesshomaru poteva quasi vedere, con gli occhi della mente, la goccia che si formava, ingrossava e poi, gravata dal proprio peso, cadeva…un breve volo fino al ricongiungimento con la terra, segnato da quel suono argentino. Sempre più lento, sempre più lento.
Qualcosa si agitava sotto la superficie di quel suono sempre uguale, che si faceva più sottile, ma i cui echi si spandevano man mano più a lungo nella grotta…o dovunque si trovasse a galleggiare la sua anima. E d’improvviso, il suono cambiò e divenne una voce. Mormorata, dapprima, ma poi sempre più forte. Una voce di donna: Anna. Finalmente stava giungendo ciò che cercava. Sesshomaru acuì i sensi per non perdere nemmeno una parola.
plic…*
La voce cantava, una canzone morbida e triste. Una melodia molto bella. A tratti ne sentiva i versi, in altri momenti gli pareva che lei la stesse solo mormorando tra sé, note prive di parole. Non aveva mai sentito quella canzone, ma gli giunse gradita. Ben presto, però, si spazientì. Quella canzone non gli diceva niente di importante. Voleva sapere ben altro che le doti canore di Anna! Quasi in risposta al suo pensiero, la canzone sfumò in una risata allegra.
“Sesshomaru!” lo chiamò la sua voce, ridendo.
plic…*
“Sesshomaru, ti amo.” sussurrò la voce di lei, dolce e appassionata.
Sesshomaru sentì che da qualche parte, molto lontano, il suo corpo aveva represso un brivido di piacere. Quanto riuscivano a fare quelle semplici, stupide parole? Le sentì ripetere più e più volte, ogni volta con un tono diverso, ma sempre in grado di far vibrare corde nascoste all’interno del suo cuore. Così, l’amore di lei era vero e profondo. Non c’era abitudine in quella frase. Ogni volta che veniva pronunciata aveva un diverso, caleidoscopico significato. Sesshomaru non era certo di capirli tutti…
plic…*
“Guarda, nee-chan!” esclamò d’improvviso una voce di bimba. Rin! Sesshomaru la ascoltò, stupefatto. “Sesshomaru-sama ha trovato Rin!” continuò la bambina, con un’allegria contagiosa, rivolgendosi a qualcuno che chiamava nee-chan. La voce di Rin! Nel suo passato! Lui aveva cercato la bambina? Per quale motivo? Rin non era giunta con Anna al Palazzo? Non era stata lei a portarla con sé? Possibile…possibile che Rin lo conoscesse da più tempo di lei? Quasi a felicitarsi con lui per quell’intuizione, Rin rise di cuore e a lei si unì Anna. Le loro risate, insieme, erano un suono bellissimo. In Sesshomaru nacque il desiderio di dar loro l’opportunità di farlo ancora.
plic…*
D’un tratto, la risata si spense, troncata di netto. Un’atmosfera cupa e piena di rabbia prese il posto dell’allegria di pochi istanti prima.
“Io ti odio, Sesshomaru!” gridò la voce di Anna, mozzandogli il fiato. Sentì in lontananza voci irate, richiami, ululati e il rombo di un tuono. Che diavolo stava succedendo? Non riusciva a capire come si potesse essere passati dall’adorazione a un odio così, a orecchio, devastante.
“Non mi toccare!” gridò ancora lei, e sentì una traccia di pianto nella sua voce. Che cosa le aveva fatto per essere respinto con tale veemenza? Come osava, quella donna, rispondergli con tale impudenza? Ebbe un’immagine di se stesso che le trapassava il ventre con gli artigli, ma la scacciò con risolutezza. Quello era il presente e se non voleva rendere vani i propri sforzi avrebbe fatto meglio a non perdere la concentrazione. Qualcuno singhiozzò.
“Oh, Inuyasha! Anna è morta!” disse una voce di femmina. Anna…morta? Lei era morta davvero? E lui l’aveva dunque resuscitata con Tenseiga? Ma perché? Perché avrebbe dovuto farlo?…perché….?
“Non ti lascerò mai più. Lo giuro. Lo giuro.”
plic…*
Sesshomaru iniziava ad avere difficoltà nel seguire le voci che la grotta gli rimandava. Aveva già parecchi spunti su cui riflettere, ma sembrava che uscire dalla trance non gli fosse ancora permesso. Le voci non svanivano. Evidentemente avevano ancora qualcosa da dire. La voce di Anna si elevò ancora in una risata argentina. Poi, Sesshomaru sentì la propria voce e le parole che essa pronunciò lo lasciarono impietrito.
“Ti amo anch’io.” stava dicendo.
plic…*
“Sei davvero uno stupido.” disse con sprezzante sicurezza la voce di suo fratello, ma Sesshomaru si lasciò scivolare addosso le parole. Lui le aveva detto di amarla?! Davvero nella sua vita aveva pronunciato delle simili sciocchezze? Delle simili menzogne? Ma…erano menzogne? Che ne sapeva lui, dell’amore? Soprattutto, avrebbe saputo riconoscerlo, se mai l’avesse davvero provato?
plic…*
“Il Sigillo della Vita?!” esclamò una voce stupefatta, quella di Inuyasha. Perché compariva così spesso, la voce di quell’idiota? E cosa c’entrava mai il Sigillo della Vita? A causa di uno di essi sua madre era morta, secoli fa.
“Forse si può ancora salvarla.” mormorò una voce di uomo che non conosceva. Salvare chi? Di chi stavano…D’un tratto gli sovvenne che Anna, fin dal principio, si era scusata con lui per aver ceduto all’attacco di un monaco e non averlo potuto seguire all’ultima battaglia contro Soichiro. Possibile che fosse stata attaccata col Sigillo della Vita? Ma allora come poteva essere ancora viva? Desiderava la risposta, ma attorno a lui c’era silenzio. Il silenzio di chi riflette, il silenzio della desolazione. Ordinò che gli venisse detta la verità, ma il suo pensiero rovente non scalfì quel silenzio tombale. Poi, dopo qualche interminabile istante, udì la propria voce.
“Io conosco un modo.” disse. Il cuore di Sesshomaru si fermò per un istante.
plic…*
Cacofonia di proteste. Voci maschili su cui spiccava quella di Inuyasha.
Ma a Sesshomaru non importava, perché d’un tratto la logica gli aveva offerto una spiegazione a quelle parole. Anna era uno yokai in grado di assorbire energia. Il Sigillo le dissipava. Se fosse riuscita a farne passare attraverso il proprio corpo finché un sant’uomo non avesse rimosso il Sigillo, sarebbe sopravvissuta, come del resto aveva fatto. E quale energia più potente di quella demoniaca?
“Morirai come è morto tuo padre!” ruggì la voce dell’odiato Soichiro, dandogli la conferma che cercava. Aveva compiuto lo stesso, sciocco gesto di suo padre. Si era ridotto a poco più di un essere umano per permettere alla donna di vivere.
D’altronde, lei l’aveva avvertito di questo.
plic…*
Sesshomaru ne aveva abbastanza. Aveva sentito ciò che gli serviva, le prove della veridicità delle parole di Anna gli erano giunte. Desiderò svegliarsi e finalmente cominciò ad avvertire un cambiamento in sé. Si sentì sprofondare, tornare al suo corpo e al presente attraverso le vorticose correnti del fiume del passato. Una voce sussurrò qualcosa, accompagnandolo.
“Solo tu puoi allontanarmi dal tuo fianco…perciò non farlo.”
«Anna…» disse Sesshomaru, attraverso le labbra socchiuse.
plic…*
Sesshomaru aprì gli occhi, avvolto ancora per qualche istante dalle note di una canzone.  Presto, anche questa svanì, lasciandolo nel silenzio umido della grotta. Sesshomaru si alzò subito in piedi, ignorando le proteste del proprio corpo, costretto nella stessa, rigida posizione per chissà quanti giorni. Aveva avuto l’ennesima prova che le scomode parole della inu-yokai erano verità. Ora non poteva più reputarle menzogne. D’altronde, non aveva nessuna intenzione di accoglierle. Lui era un demone. Non avrebbe mai amato. Ciò che era malauguratamente successo nel passato non era ripetibile. Sentiva una rabbia remota dentro di lui, al pensiero di aver commesso così tante sciocchezze…in primis, quella di aver affrontato Soichiro come al tempo aveva fatto suo padre per la salvezza di una stupida donna.
Avvertì un vago dolore all’interno del proprio petto nel ripensare alla dolcezza della voce di Anna. Già, come ovviare al problema? Una parte di lui voleva averla accanto. Ucciderla era fuori discussione. Dimenticarsela sembrava una cosa impossibile, almeno finché gli fosse rimasta la curiosità. La desiderava, come un tempo aveva desiderato Tessaiga. Restava una sola cosa da fare: costringerla a tornare a Palazzo. Laggiù l’avrebbe osservata, analizzata, e presto la donna avrebbe perso ogni tipo d’attrattiva. Ne era sicuro come dell’aria che respirava. Il prossimo passo era andare a prenderla al villaggio di quell’idiota di suo fratello Inuyasha.
Sesshomaru annuì, deciso, e si diresse fuori dalla grotta. Non sapeva di stare ricalcando con precisione lo stesso passato che aveva intenzione di lasciarsi alle spalle.

***

Il grande cane dorato giunse al lago col favore della notte.
Lo specchio d’acqua era immoto e le sue acque limpidissime brillavano alla luce della luna piena, che era alta in cielo. Il lago Toomei era davvero un posto da favola e corrispondeva con un minimo scarto alla fotografia del futuro che Anna aveva mandato a memoria.
“Beh, sono arrivata.” si disse Anna, trattenendo un sospiro di stanchezza. Era stato davvero un lungo viaggio e non poteva dire di essersela presa comoda. Annusò l’acqua e la terra, e avvertì in essa il potere di una grande benedizione. La dea c’era davvero, dopotutto.
«Benvenuto, demone.» disse una voce, musicale come una campanella d’argento.
Il cane dorato alzò il muso. Poco distante, sulla riva, era comparsa dal nulla una donna avvolta in una veste antiquata e ricca, dal colore purpureo. I capelli lunghi e neri, acconciati con tre anelli ai lati della testa, incorniciavano un viso perfetto, in cui spiccavano gli occhi, completamente bianchi.
«Che la tua venuta sia pacifica, demone. Questa terra riposa tranquilla.» aggiunse la dea. Anna si trasformò con un bagliore, tornando nella sua forma umana.
«Giungo a voi con una umile richiesta, Kiokuchi-sama.- disse, venendo avanti di qualche passo e facendo un inchino rispettoso- In me non è presente alcun intento offensivo nei vostri confronti, o nei confronti della terra che proteggete.»
La dea sorrise.
«Una donna demone.- sussurrò, come se fosse piacevolmente sorpresa- Sento i tuoi pensieri addolorati e decisi, anche se vagamente. Una parte di te è umana.»
«E’ vero, Kiokuchi-sama. Il mio nome è Anna e un tempo ero della razza degli uomini.» ammise Anna, apprezzando l’acume della dea. Lei annuì e il suo sorriso si accentuò.
«Seguimi dunque, Anna che fu della razza degli uomini.- disse la dea, cordiale e pacata- Nella mia dimora, ascolterò la richiesta che sei venuta a portarmi.»

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Capitolo 22
*** 21 - La fine delle illusioni ***


Author's note: Secondo voi Kiokuchi-sama sarà la chiave per risolvere tutto? E come la prenderanno i nostri amici questa improvvisa visita di Mr.Ghiacciolo? Leggete e lo scoprirete ;) Per chi mi chiedeva momenti teneri tra Miroku e Sango, avviso che ho caricato una one-shot che si intitola "Lontano da te", basata sui sentimenti di Miroku! Fatemi sapere che ne pensate!!

Anna si inchinò con rispetto e la dea le voltò le spalle, facendole strada. Anna la seguì, inoltrandosi nel folto su un sentiero appena visibile, sopra la collina. Si accorse che la dea fluttuava a qualche centimetro dal suolo. I suoi piedi nudi non sfioravano la terra. Ben presto, le due donne giunsero all’ingresso di un grande e maestoso tempio, dipinto di verde e d’azzurro. Un cordone sacro stava appeso sopra l’ingresso.
«Siete sicura che io possa entrare?» chiese Anna, corrucciandosi.
«Sei sotto la mia protezione. Nessun sigillo ti terrà fuori dalla mia casa.» le promise la dea, senza voltarsi. Anna la seguì con circospezione su per i gradini, poi si rilassò una volta oltrepassata la soglia. La dea la condusse dentro l’edificio e si fermò solo in una accogliente stanza interna, in cui si trovavano un trono e un altare votivo. La dea si sedette sul suo seggio e fece cenno ad Anna di prendere posto sul tatami, di fronte a lei.
«Vieni da molto lontano, giovane Anna?» chiese la dea, dopo averla scrutata a lungo in volto.
«Il mio viaggio è iniziato al villaggio di Edo, nell’Honshu, Kiokuchi-sama.» rispose Anna, osservando distrattamente la stanza.
«Honshu!- disse Kiokuchi-sama, con una punta d’interesse- Mi sono giunte voci di grandi sommovimenti tra uomini e demoni, nell’Honshu! Pare che il Signore dei Demoni dell’Ovest abbia conquistato il territorio del suo potente antagonista!»
«E’ così, Kiokuchi-sama.- rispose Anna- Sesshomaru ha sconfitto Soichiro ormai mesi orsono.»
«Sesshomaru-sama…- mormorò la dea- Con quale confidenza pronunci il nome del tuo Signore! Non mi pare usuale. Anche tra voi demoni vige un forte rispetto per coloro che possiedono la forza.»
«E’ così.- ammise la inu-yokai- Siamo in pochi ad avere il permesso di chiamarlo con tale confidenza.»
I lineamenti belli e amorevoli della dea si incresparono per un istante.
«Sei dunque uno dei suoi scagnozzi?- chiese, con voce più dura- Sappi che gli dei non si curano del potere dei demoni e che non vi si sottomettono.»
Anna fece un sorrisetto sarcastico. Quella dea era fiera e un tantino suscettibile. Benché sedesse su un trono e ostentasse con una certa grazia la propria divinità, Anna sapeva che il potere di lei era di gran lunga inferiore al proprio.
«In verità, io sono la sua consorte, Kiokuchi-sama.» disse, valutando la sua reazione da sotto le ciglia scure. La vide impallidire e rimanere a bocca aperta. «Sono una inu-yokai, nata dalla fusione di un essere umano e di un demone puro.- spiegò Anna- Il mio corpo è demoniaco, la mia anima è umana. Sesshomaru mi ha scelta quale sua consorte da più di sei mesi.»
Kiokuchi-sama boccheggiò ancora per qualche istante, digerendo il fatto che, seduta in posizione umile di fronte a lei, stava la demone di più alto grado in tutto il Giappone.
«Chiedo allora perdono per l’offesa.- disse la dea, sinceramente dispiaciuta, facendo comparire una sedia fatta di radici- Non intendo certo umiliare la Signora dell’Ovest in visita al mio tempio, né fomentare l’acrimonia tra demoni e dei.»
Anna scosse il capo, alzandosi da terra.
«Non abbiate di questi timori, Kiokuchi-sama.- disse- M’importa assai del titolo che porto…Ma vi ringrazio per la sedia.»
Prese posto e sorrise alla dea, che, dopo un istante, rispose allo stesso modo.
«Dunque, Anna-san, cosa ti spinge alla mia dimora?» chiese Kiokuchi-sama.
«E’ una lunga storia, Kiokuchi-sama.- mormorò Anna, incupendosi- Una lunga, lunga storia.»
La dea si intenerì nel vedere quell’espressione addolorata sul viso della giovane donna. Non faticava a rendersi conto che la sua anima aveva conservato l’umanità e che questo la faceva soffrire.
«Desideri che io la legga nei tuoi ricordi? Posso sentirli anche da qui, se me lo permetti.» chiese, gentile. Lei scosse il capo.
«No, Kiokuchi-sama. Credo che mi farà bene raccontarla a voce alta.» rispose Anna, chiudendo per un attimo gli occhi. Poi, prese un bel respiro e cominciò.

***

Inuyasha balzò fuori dal pozzo con Kagome in spalla, annusando l’aria.
«Ehi, pare che abbia smesso di nevicare in maniera definitiva!» esclamò, osservando il pallido sole che segnava mezzogiorno e il fatto che la neve attorno al sentiero che avevano scavato stava regredendo.
«Per fortuna!- commentò Kagome, stiracchiandosi e scendendo dalla sua schiena- Chissà se Anna è tornata?»
«Non credo proprio, Kagome.» disse Inuyasha. Le prese la mano e i due si incamminarono verso il villaggio. Era il primo giorno del nuovo anno. Kagome e Inuyasha avevano festeggiato insieme alla famiglia di lei, ma ora erano tornati per condividere la festività anche coi loro amici. Tutti, tranne Anna, che era partita per il Kyushu e si era persa sia il Natale che il Capodanno. Kagome le aveva tenuto da parte un regalo, sperando che la inu-yokai tornasse con un umore adatto a riceverne.
«Ehilà! Kagome-chan! Inuyasha!»
La voce di Sango li fece voltare.
«Ciao, Sango-chan! Buon anno nuovo!» la salutò Kagome, sventolando una mano. La tajiya, in groppa a Kirara, atterrò vicino a loro.
«Buon anno anche a voi!- disse Sango, smontando dalla groppa di Kirara e accingendosi a tornare al villaggio a piedi insieme a loro- Come sono andati i festeggiamenti?»
«E’ stato divertente!- rise Kagome- Vero, Inuyasha?»
«Un po’ troppa confusione per i miei gusti.- borbottò lui- Ma i ramen che mi ha fatto tua madre erano davvero buoni.»
«Vi abbiamo portato un sacco di cose buone da mangiare!» disse Kagome, ignorando Inuyasha.
«Bene! Sia Shippo che Miroku ne saranno felici.» rise Sango, già immaginandosi gli occhioni luccicanti di gioia del kitsune, che era molto goloso.
«Notizie di Anna?» chiese ancora Kagome. Sango scosse il capo e Kagome sospirò. Inuyasha aveva ragione: era ancora troppo presto.
«Come mai eri in giro con Kirara?» chiese Inuyasha, distratto.
«Un semplice giro d’ispezione.- rispose Sango- Non si è mai troppo tranquilli.»
Il terzetto si recò al villaggio, ove incontrarono subito Miroku, che stava civettando con una delle ragazze del villaggio. Sango divenne immediatamente una torcia ardente.
«MI-RO-KU!» ringhiò con voce terribile. Il monaco si girò verso di loro, sorridente.
«Oh, Kagome-sama! Inuyasha! Bentorna…» disse, serafico, prima che l’Hiraikotsu lo centrasse in mezzo alla fronte e lo stendesse.
«Idiota!» sentenziò Sango, mentre Inuyasha e Kagome annuivano con fare saccente.
Mezz’ora dopo, tutto il gruppo era in casa di Kaede, intento a consumare un pranzo luculliano per festeggiare il nuovo anno. Miroku aveva un nuovo bernoccolo sulla fronte, ma per il resto sembrava non aver risentito del colpo. In compenso, il fatto che Sango lo stesse guardando con aria omicida non lo faceva sentire del tutto a suo agio.
«Ma dai, Sango, era un’innocente chiacchierata…» le disse, con occhi pietosi.
«Tu e l’innocenza non avete niente che vi accomuni.» ringhiò Sango.
«Miroku, te le vai a cercare.- sentenziò Shippo- E ad un passo dal matrimonio!»
Miroku gli tappò la bocca col cibo.
«Vai a fidarti degli amici…» borbottò.
In quel momento, Inuyasha si alzò con un movimento repentino.
«Inuyasha, cosa c’è?» chiese Kagome, perplessa. Lui scosse il capo.
«Devo uscire un attimo. Ho dimenticato di fare una cosa.- rispose Inuyasha- Voi continuate pure a mangiare, torno subito.» Ciò detto, uscì, lasciandosi alle spalle le facce perplesse degli altri.
Inuyasha si mise a correre verso il limitare del villaggio, cupo in volto. Sentiva che si stava avvicinando qualcuno a cui voleva avere l’onore di cambiare i connotati. Voleva risolvere da solo quel problema, senza coinvolgere gli altri. Era ora di scambiare di nuovo due paroline con quell’idiota di suo fratello maggiore. Fece una smorfia, fermandosi nella radura che era stata teatro dell’ultimo scontro, non solo verbale, tra Anna e Sesshomaru. Quel maledetto stava arrivando. Che diavolo voleva, ancora?!
Sfoderò subito Tessaiga, pronto a dare battaglia e a inculcare nella testa di quel dannato imbecille che…Prima ancora che terminasse il pensiero, Sesshomaru uscì dagli alberi, camminando con calma serafica, come se non avesse visto la lama di Tessaiga sguainata, o come se la cosa non gli importasse comunque.
«Inuyasha.- disse Sesshomaru, gelido, sollevando appena un sopracciglio- Fai parte del comitato di benvenuto?»
«Che diavolo vuoi, Sesshomaru?» ringhiò Inuyasha. Chissà se una bella botta in mezzo agli occhi non avrebbe restituito la memoria a quel maledetto ghiacciolo? Fremeva dalla voglia di fare una prova!
«Voglio Anna.- disse Sesshomaru, marmoreo, lasciandolo a bocca aperta- Dammela subito. Portala qui.»
Inuyasha fu talmente stupito che abbassò di qualche centimetro la spada, poi si riprese.
«A parte il fatto che stavolta dovrai fare i conti con me, prima di farle del male, tu…» iniziò a dire, arrabbiato, quando vide passare negli occhi del fratello un lampo d’odio talmente intenso da fargli seccare la bocca.
«Come osi frapporti fra me e lei?- disse Sesshomaru, con voce terribile- Hai già la tua donna, Inuyasha e è l’unica di cui ti dovresti preoccupare.»
«Lascia Kagome fuori da questa storia, o ti apro in due, dannato!- sbottò Inuyasha, poi ristette- Insomma, sei geloso?»
«Un’altra idiozia del genere e non vedrai un altro giorno, Inuyasha.» disse Sesshomaru, flettendo le lunghe dita e socchiudendo pericolosamente gli occhi. Inuyasha osservò il fratello con perplessità. C’era qualcosa di strano in lui, qualcosa di diverso rispetto alle ultime volte in cui l’aveva visto.
«Insomma, perché vuoi vedere Anna?- chiese, sospettoso- Vuoi ucciderla?»
Sesshomaru lo fulminò con lo sguardo. Sì, c’era proprio qualcosa di strano in lui.
«Lei è mia. La rivoglio.» disse soltanto Sesshomaru. Inuyasha, sorpreso, infilzò a terra Tessaiga e si appoggiò all’elsa.
«Fammi capire: non ti sarai di nuovo innamorato di lei?» chiese, stupefatto. Sesshomaru scattò in avanti e Inuyasha fece appena in tempo a sottrarsi alle sue unghie micidiali disimpegnandosi all’indietro.
«Non dire fesserie.» disse Sesshomaru, gelido.
«Uhm…» borbottò Inuyasha, poco convinto. Forse Sesshomaru non se ne era ancora reso conto, ma si vedeva lontano un miglio che il suo atteggiamento stava mutando. «Insomma, la rivuoi.»
«Esatto. Dammela.» disse Sesshomaru. A Inuyasha venne da ridere.
«Beh, sarà difficile, sai?- disse, con noncuranza- Prima di tutto, perché lei è una persona, non un oggetto…» Il viso di Sesshomaru divenne se possibile ancora più freddo e Inuyasha si affrettò a finire la frase. «E in secondo luogo, perché non è nemmeno qui!»
«Cosa?!» mormorò Sesshomaru, lasciando trasparire una certa sorpresa. Inuyasha annuì.
«E’ partita, Sesshomaru. E ti assicuro che non ti sto mentendo.- disse, sarcastico- E’ andata a vedere se c’è qualcosa da fare per la tua testa bacata, anche se non so chi glielo fa fare.»
Sesshomaru parve riflettere, poi appuntò di nuovo su di lui i suoi occhi d’ambra.
«E dov’è andata?» chiese, brusco.
«In Kyushu.- sospirò Inuyasha- Ma…» Non poté finire la frase. Sesshomaru gli passò accanto a velocità tale da farlo cadere per terra. Inuyasha si voltò giusto in tempo per vedere Sesshomaru scomparire tra gli alberi. «Andato. E non sa nemmeno dove cercarla.» mormorò Inuyasha, poi sorrise. Un po’ si somigliavano, in effetti. Anche lui perdeva il raziocinio, quando si trattava di Kagome.
“Si sta innamorando un’altra volta.- pensò Inuyasha, sorpreso, e il suo sorriso si allargò- Non se ne rende nemmeno conto, ma è già bello che cotto!”
Ridacchiando, si alzò da terra e rinfoderò la spada, quindi tornò al villaggio, per condividere quella notizia con Kagome.

***

Quando Anna finì la sua storia, la luna stava ormai tramontando e le prime luci dell’alba ingrigivano il cielo. Entrambe le donne rimasero in silenzio per qualche minuto, la prima riflettendo su quanto sentito, la seconda tentando di non lasciarsi sopraffare dai propri, dolorosi ricordi. Poi, Kiokuchi-sama sospirò.
«Conosco i demoni della razza degli insetti forbice.- disse- Ne esiste una tribù anche qui, nel Kyushu. Non mi dispiace affatto sapere che quella dell’Est si è estinta.»
Anna mormorò un assenso.
«Potete fare qualcosa per me e Sesshomaru, Kiokuchi-sama?- chiese, cupa- E’ questo che sono venuta a chiedervi.»
Impallidì appena quando vide la dea scuotere il capo.
«Non vorrei darti alcuna brutta notizia, mia cara, perché cielo e terra sanno che non ne meriti.- disse Kiokuchi-sama- Purtroppo, però, mi è impossibile fare qualcosa per far tornare i ricordi a Sesshomaru-sama.»
«Perché?!» chiese Anna, con veemenza.
«Vedi…i ricordi sottratti dal demone forbice si sono volatilizzati al momento della rottura del vaso.- spiegò la dea- Sono stati cancellati dalla mente del Signore dell’Ovest. Certo, come ti ha spiegato quel piccolo tengu, possono rimanere degli echi di questi ultimi nel cuore, ma non è un vero e proprio rammentare.» La dea si alzò e andò alla finestra, guardando fuori. «I miei poteri, per quanto grandi, non possono fare nulla per recuperarli. Ciò che posso fare, mia cara, è trovare ricordi celati nella mente del possessore e riportarli alla luce, non posso lavorare sul nulla.» disse.
Anna chinò il capo.
«Capisco.» mormorò, atona. La dea si voltò, impietosita.
«Inoltre, posso gestire solo le memorie degli uomini. Se io toccassi la mente di un demone, gli farei gran danno, oppure verrei distrutta, nel caso avessi a che fare con un demone più potente di me. E possiamo dire con certezza che Sesshomaru-sama è uno di questi.» aggiunse.
«Mi rendo conto.- mormorò Anna, sospirando, poi scosse il capo- Ci ho provato e mi è andata male. Non importa.»
«Mi dispiace davvero di non poterti aiutare.» disse Kiokuchi-sama e Anna le sorrise, sentendola sincera.
«Non vi preoccupate, Kiokuchi-sama. Troverò un altro sistema.» disse.
Anna salutò la dea, ringraziandola ancora per la sua cortesia, e uscì dal tempio, dirigendosi verso il lago. Per un po’, continuò a camminare a testa bassa, incupendosi sempre di più in volto. E così, il suo era stato un viaggio inutile. Non c’era verso di restituire il passato a Sesshomaru. I mesi più belli della sua vita erano stati cancellati dalla memoria dell’uomo che amava, punto e basta. Non c’era niente che lei potesse fare per porvi rimedio. Un raggio di sole la accecò quando posò gli occhi sullo specchio del lago. Allora si fermò, allargò le braccia e prese un bel respiro. Alzò la testa al cielo e lanciò un grido acuto e lungo, liberatorio.
«Io amo Sesshomaru!- gridò, convinta- Lo amo e maledizione a tutto il resto!»
Tirò un calcio ad un sasso, poi rise. Già, lo amava.
«E anche a questo non posso né voglio porre rimedio.» disse, decisa.
C’era una sola cosa da fare: doveva farlo innamorare di nuovo. Doveva cominciare una battaglia senza esclusione di colpi per raggiungere il suo cuore. Sorrise e annuì. Già, ormai aveva deciso di non arrendersi, qualunque cosa fosse accaduta. Anche se ci avesse impiegato secoli, sarebbe riuscita nel suo intento. Dopotutto, il tempo non le mancava. Le venne di nuovo da ridere e alzò lo sguardo al cielo limpido.
Sarebbe tornata al villaggio e lì avrebbe pensato a cosa fare. Prima, però, avrebbe fatto una piccola deviazione. C’era un posto che aveva voglia di rivedere.

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Capitolo 23
*** 22 - Dentro ai tuoi occhi ***


Author's note: Grazie per tutte le recensioni! Scusate se non vi ho ancora risposto, ma è una settimana intensa. Il week-end sarà anche peggio, ho uno spettacolo stasera e uno domani pomeriggio! Fatemi gli auguri!! Intanto vi mostro cosa succede quando Sesshomaru si intestardisce...

Erano passati molti giorni da quando Sesshomaru si era messo in viaggio per cercare l’oggetto del suo desiderio del momento: Anna, la inu-yokai.
Aveva lasciato indietro Inuyasha, la sua unica fonte di informazioni, prima di avergli carpito qualcosa in più che la direzione in cui la demone bionda si era allontanata. Quando si era accorto della totale mancanza di indizi utili, era ormai lontano e non aveva nessuna voglia di tornare a discutere col fratello finché non fosse stato strettamente necessario. Dopotutto, sapeva che Anna era andata in Kyushu. Prima o dopo avrebbe trovato le sue tracce, o il suo odore. Solo in caso contrario, avrebbe fatto lo sforzo di avere di nuovo a che fare con quel povero idiota di suo fratello minore.
Le parole che Inuyasha gli aveva detto…
- Insomma, sei geloso?-
…lo avevano fatto sentire strano. Sesshomaru non provava gelosia. Quello era un sentimento che esulava dal suo vocabolario. Di certo stava iniziando a provare una sensazione di possesso nei confronti della inu-yokai e come per Tessaiga non desiderava che ciò che era suo venisse toccato da altri. Questo sentimento non poteva chiamarsi gelosia…o no?
Sesshomaru si trovò a chiederselo sempre più spesso, nei rari momenti di riposo. Scrutava la luna calante, nelle fredde e limpide nottate a seguito della lunga tormenta, e analizzava le motivazioni che lo stavano spingendo a cercare quella donna. Affidatosi alla fredda logica, giunse alla conclusione di aver sprecato ad un tempo una valida arma e un oggetto di studio interessante.
Era stato troppo frettoloso nel decidere di uccidere quella donna. Ne poteva ricavare dei vantaggi, tra cui quello di avere al suo fianco un’arma potente in grado, se non di sostituire Tessaiga, perlomeno di sbrigare per lui le contese di poco conto. Inoltre, l’unione di un demone con un essere umano si era rivelata piuttosto interessante. Sesshomaru voleva averla a portata di mano e questo era quanto. Una volta presa una decisione, Sesshomaru non si fermava finché non l’aveva portata a termine.
Certo, il passato in comune con lei era ancora una spina fastidiosa, ma Sesshomaru riteneva di poterselo lasciare alle spalle senza troppi problemi. Se lei, invece, vi voleva rimanere attaccata, erano fatti suoi. L’importante era che non lo annoiasse con richieste o lamentele, ma che si limitasse a fare ciò che le sarebbe stato detto.
“Ma lei ti seguirà, dopo quello che le hai fatto?” chiedeva ogni tanto una vocina ironica. Sesshomaru la scacciò ogni volta. Certo che l’avrebbe seguito! Lui era il Signore dell’Ovest e senza dubbio avrebbe ottenuto quello che voleva, con le buone o con le cattive.
Così, continuò a cercarla, avvicinandosi sempre di più all’isola meridionale. Trovò una traccia del suo passaggio interrogando i demoni delle foreste. Pareva che un grande cane dorato avesse sterminato una tribù di demoni serpente che aveva osato mettersi sulla sua strada, assorbendo tutte le loro energie.
Sesshomaru proseguì, soddisfatto di aver trovato una pista da seguire. Si chiese per l’ennesima volta cosa fosse andata a fare Anna nel Kyushu. Non era fuggita da lui. Stando alle parole di Inuyasha, lei vi si era recata nella speranza di portargli un qualche tipo di vantaggio. Questo, come molto altro,  non aveva senso, ma il gelido demone decise di non starci troppo a ragionare sopra. Avrebbe avuto quelle risposte, alla fin fine insignificanti, quando l’avrebbe trovata.
Presto, però, scoprì di essere arrivato tardi. Tre giorni più tardi, quando era ormai vicino, senza saperlo, alla meta di Anna, venne a sapere da altri demoni impauriti dalla sua potenza che una donna demone bionda era passata di lì, quattro giorni dopo l’arrivo del cane dorato, ma si era allontanata velocemente in direzione opposta. Anna stava già tornando indietro, avendo concluso i propri affari in Kyushu. Dove fosse diretta ora, nessuno lo sapeva.
Sesshomaru provò un moto di frustrazione che lo sorprese. Non gli piaceva affatto che lei gli sfuggisse da sotto il naso a quel modo. No, non gradiva per niente la sensazione di essere stato lasciato indietro. Tornò sui suoi passi, ma con una certa lentezza, ragionando. Anna non stava tornando direttamente al villaggio di Inuyasha. In quel caso, l’avrebbe incontrata a metà strada, o avrebbe quantomeno avvertito il suo odore, e invece così non era stato. Dove si stava dirigendo, ora? E se…se avesse deciso di tornare da lui di sua spontanea volontà? Se stesse recandosi a Palazzo?
Il pensiero gli provocò un moto interno di esultanza per la propria vittoria, ma subito si ricredette. No, lei doveva aver preso una direzione più ad ovest del Palazzo, altrimenti ne avrebbe comunque avvertito la presenza. Dove diavolo poteva essersi recata? Tornò sui suoi passi, chiedendo informazioni ai demoni che incontrava, la maggior parte delle volte estorcendole con la forza. Si trovò così ad attraversare una parte del suo regno che aveva sempre lasciato a se stessa e ne riscoprì la bellezza e il potere. Anna, però, sembrava sempre di gran lunga più avanti di lui e cominciava ad apparire ai suoi occhi come un fantasma sfuggente. Questo finché, finalmente, un secco e freddo pomeriggio Sesshomaru non capitò sul luogo di un combattimento.
A terra giacevano i resti di un demone ibrido che era stato dilaniato. Il corpo si stava già disseccando, ma gli odori erano ancora presenti sul luogo dell’uccisione. Un brandello di stoffa gialla era rimasto impigliato al carapace ricco di protuberanze appuntite del demone. Sesshomaru lo raccolse e lo portò al naso.
Sì, era un pezzo del vestito di Anna. E il combattimento non doveva risalire a più di tre giorni prima. Poteva raggiungerla. Saltò sulla cima di un albero, inalando profondamente l’aria e colse finalmente l’odore di lei. Era flebile, quasi impercettibile, ma c’era. Sesshomaru sorrise appena. Tempo una settimana, l’avrebbe raggiunta. Balzando dall’albero, Sesshomaru riprese a correre, in caccia della sua preda.

***

Era notte inoltrata quando Sesshomaru arrivò al limitare di un piccolo agglomerato di esseri umani.  Tra le case vigevano il silenzio e l’immobilità. La foresta spoglia frusciava a causa del vento forte che si era sollevato all’imbrunire. I rami sbattevano l’uno contro l’altro, producendo suoni brevi e secchi. La luna piena brillava nel cielo, a volte nascosta da qualche nube passeggera.
Sesshomaru annusò di nuovo l’aria, estromettendo dalla sua analisi l’appestante odore di ningen. Sì, lei era vicina, poteva sentirla come se fosse stata accanto a lui. Sesshomaru aggirò il villaggio e si inoltrò di nuovo nella foresta, avanzando a passo spedito. Lei era ferma da qualche parte, più avanti. Il vento girò e Sesshomaru lo registrò con soddisfazione. Non trovandosi controvento, era più difficile che lei si accorgesse della sua presenza finché non fosse stato troppo tardi per fuggire. Colse un luccichio tra gli alberi, più avanti, e si affrettò. Alle sue orecchie giunse un canto che gli fece accelerare i battiti del cuore.
D’improvviso, gli alberi si aprirono davanti a lui e si trovò su un vasto spiazzo erboso, che costituiva la riva di un piccolo lago, le cui acque scure brillavano alla luce della luna. Qualcos’altro brillava alla luce di quei raggi pallidi: i capelli d’oro di una inu-yokai, seduta sulla sponda a contemplare le acque. Un intenso senso di deja-vu lo scosse, lasciandolo perplesso. Sesshomaru dominò un perverso istinto, che gli comandava di correre da lei, afferrarla tra le braccia e portarsela via. Rimase invece dov’era, guardandola.
Era davvero bella, luminosa come un fiore sbocciato in inverno. La veste ricca ed elegante che indossava era strappata e rovinata in più punti, in parte a causa del viaggio, in parte a causa di ferite che lui stesso le aveva provocato, tempo prima. Nonostante l’aspetto scarmigliato, conservava un’aura di dignità quasi regale. L’espressione sul suo viso era di mestizia, nei suoi occhi brillava una strana luce, come se nella sua mente passassero pensieri a un tempo piacevoli e tormentosi.
E cantava. Cantava guardando la luna, una canzone dolce e triste che Sesshomaru aveva già sentito alla Grotta dell’Eco. Trattenne il fiato, accarezzato e blandito dalle note di quella canzone senza parole, un mormorio d’amore dolente, il suono di un cuore ferito. Lei non si accorse della sua presenza. Se solo si fosse voltata un istante, non avrebbe potuto fare a meno di vederlo, stagliato contro l’oscurità della foresta, ma i suoi occhi rimasero fissi al cielo. E Sesshomaru non si mosse. Non osava porre fine a quella canzone che giungeva dal suo passato, e che gli faceva dolere il petto.
Poi, con un ultimo acuto cristallino, la canzone finì. Anna rimase in silenzio e chiuse gli occhi, adombrandosi le guance con le ciglia nere, poi sospirò appena. Quel suono flebile raggiunse Sesshomaru come una staffilata, rendendogli più difficile restare lì a contemplarla con freddezza.
- Non ti sarai di nuovo innamorato di lei? -
Sesshomaru strinse le labbra, nel rammentare le parole di Inuyasha. Per la prima volta, una parte di lui prese sul serio questa domanda, ponderando la risposta. Sesshomaru fece una smorfia, dandosi dello stupido. Non era tempo delle sciocchezze. Inutile restare lì a guardarla senza fare né dire nulla, visto che era in viaggio da settimane sulle sue tracce. Di certo, averla accanto a Palazzo avrebbe mitigato quelle stravaganti sensazioni. Venne avanti di qualche passo, muovendosi silenziosamente sull’erba secca. Finalmente, lei si accorse della sua presenza.  Si voltò, alzandosi al contempo di scatto, pronta a dare battaglia. Vide i suoi occhi spalancarsi per la sorpresa, la sua guardia abbassarsi percettibilmente.
«Se…Sesshomaru?» chiese, quasi senza voce. Sesshomaru le si avvicinò ancora di qualche passo, poi si fermò. «Che cosa ci fai qui?» chiese ancora lei, in un sussurro.
Sesshomaru la guardò di nuovo, da capo a piedi, e lei si mosse appena, a disagio. Vedeva nei suoi occhi la domanda inespressa: sei venuto di nuovo per uccidermi?
«Sono venuto a prenderti, donna.» disse, gelido.
Fu stupito per la quantità di diversi sentimenti che le passarono sul viso a quelle parole. Nostalgia, timore, speranza, dolore…
«Perché?- chiese lei- Forse ti sei ricordato di me?» Sesshomaru sollevò appena un sopracciglio in risposta. Lei fece un sorriso amaro. «Ne deduco quindi che non è un gesto dettato dall’amore.» continuò.
«Non dire assurdità, donna.- replicò Sesshomaru, impassibile- Tu sei mia e lo sai bene. Sei una mia proprietà.» Lei non accennò né a una reazione, né a una risposta, e Sesshomaru continuò. «Per quanto il tuo agire sia strano, e per quanto la tua natura umana sia irritante, sarebbe uno spreco distruggere un’arma che può rivelarsi utile. Non ti ucciderò, se è questo che temi. Pretendo, però, che tu riprenda il tuo posto di mia subordinata e che ritorni al Palazzo…al mio servizio.»
Per un attimo, i due si fissarono in silenzio. Sesshomaru si aspettava una resa incondizionata. Fu perciò sorpreso quando la vide sorridere e alzare le braccia al cielo, stiracchiandosi.
«Beh, avrei dovuto immaginarlo.» disse soltanto lei, informale, dando ben poca importanza alle sue parole. Sesshomaru corrugò la fronte, contrariato. Lei si avvicinò di più alla sponda del lago, arrivando a sfiorare l’acqua con le scarpette azzurre. «Lo sai, Sesshomaru? Questo è il posto dove si è deciso il mio destino con te.» disse, guardandolo con un sorriso. Sesshomaru rimase impassibile, chiedendosi come facesse la donna ad essere così serena. L’ultima volta che si erano visti era stata così piena di dolore e di passione…che stesse fingendo?
«Posso raccontarti questa breve storia, Sesshomaru?- chiese lei, piegando la testa sulla spalla in una posa giocosa e interrogativa- Non ti ruberò che pochi minuti.»
Sesshomaru la fissò in silenzio per qualche istante. No, non sembrava che stesse fingendo. Sembrava serena. Che non le importasse più che lui la ricambiasse o meno? Questo gli fece affluire per un istante il sangue alla testa e ebbe la tentazione di afferrarla per le braccia e scuoterla fino a farla piangere. Si trattenne, perché una parte di lui desiderava sentire quella storia che lei gli aveva promesso. Annuì lentamente, senza mostrare in alcun modo il proprio interesse. Lei si girò a guardare il lago, prendendo un respiro, come se stesse riordinando le idee.
«Era notte.- iniziò con voce dolce- Era una notte come questa e la luna piena brillava. Era iniziata la primavera, ma nel mio cuore c’era solo inverno.» Abbassò un attimo lo sguardo, sorridendo con amarezza. «Questo mondo mi era estraneo. Non avevo nulla, non ero nessuno. La mia vita poteva considerarsi finita.- continuò- Il giorno in cui il mio destino venne deciso, l’avevo passato lavorando. Verso sera ero fuggita, disgustata dagli abitanti del villaggio, e mi ero inoltrata nella foresta. Fu lì che incontrai Rin.» Lo guardò e Sesshomaru fu scosso da un brivido di freddo.
- Guarda, nee-chan! Sesshomaru-sama ha trovato Rin!-
Sesshomaru poteva ancora sentire la voce squillante della bambina riecheggiare nella grotta. Anna sorrise con tenerezza, immersa nel ricordo.
«Povera Rin, si era persa.- disse, e rise scuotendo il capo- Non sapevo che tu eri già sulle sue tracce e mi offrii di aiutarla a ritrovare te e Jaken. Fu allora che arrivasti tu.» Lo guardò negli occhi e finalmente Sesshomaru vi vide una scintilla di qualcosa…qualcosa di potente. «Parlammo un poco. Io avevo paura che mi avresti uccisa, ma ti affrontai e consegnai Rin alle tue cure. Poi, tornai al villaggio, certa che non ti avrei rivisto mai più.»
Sesshomaru nemmeno si accorse di annuire.
«Quella notte venni al lago, a cantare il mio dolore; immagina la sorpresa quando ti vidi sbucare dal folto!» Anna rise, scuotendo di nuovo la testa. «Quanto mi spaventai! Ma non volevo mostrarmi debole, perciò ti chiesi con arrogante sicurezza che cosa volessi da me. E sai cosa mi rispondesti?» Lo guardò con un sorrisetto. «Dicesti: ‘Sono venuto a prenderti, donna.’. Le stesse parole di stanotte.» Sesshomaru strinse appena le labbra, ma Anna non se ne accorse, continuando a raccontare. «Avevi avvertito il mio potere latente e lo volevi per te. Io mi rifiutai di seguirti, poi venni rapita da un demone, che cercò di fondere il mio potere al suo corpo. Fu invece lui a soccombere.- disse Anna, e una breve smorfia le contrasse il volto- Divenni ciò che sono ora. Quando mi risvegliai, tu eri lì. Eri venuto a prendermi…perché tu ottieni sempre ciò che vuoi.»
Rimase in silenzio per qualche minuto e il vento fece da contrappunto alle parole appena pronunciate.
«Questo dimostra solo che tu sei mia.» disse Sesshomaru. Si sentiva strano. Desiderava cancellare la distanza che c’era fra loro, ma anche non aver pronunciato le stesse parole del passato che non ricordava.
«Oh, non c’è alcun dubbio su questo!» rise Anna, e la sua risata fu cristallina come acqua di montagna. Lo guardò con sfida. «Ma questo significa che anche tu sei mio.» aggiunse lei, piano.
Sesshomaru strinse le labbra, irato per quell’impudenza, e questo lo rese ancora meno preparato a quello che seguì. Leggera come una farfalla, Anna lo raggiunse e gli posò le mani sul petto, alzandosi poi sulla punta dei piedi quel tanto che bastava per sfiorare le labbra di Sesshomaru con le proprie. Un fuoco bruciante avvampò nelle vene di Sesshomaru, che non riuscì a far altro che restare immobile, attonito, sentendo dentro di sé la voglia di approfondire quel bacio, di porre fine alle parole. Sentiva il corpo di lei contro il proprio, le sue mani calde sul petto. Negli occhi color del cielo brillava una fiamma che rivaleggiava con la sua.
«Se mi vuoi, dovrai prendermi.- mormorò lei, con voce roca, senza spezzare il contatto visivo- Cercami. Prova a prendermi. Se ci riuscirai, io sarò di nuovo tua.»
Lo baciò ancora, lieve come una carezza, tentatrice in maniera insopportabile. Sesshomaru perse il ben dell’intelletto. La passione lo travolse e si ritrovò a tentare di stringerla tra le braccia.  Ma lei stava già correndo via, lasciandolo solo e scosso.
«Prendimi, Sesshomaru! Sempre se ce la fai!» esclamò lei, scomparendo nel buio della foresta.
Sesshomaru rimase per un istante dov’era, scosso dall’ira, dalla passione e dai vaghi sentimenti che lei gli suscitava. Poi, riprese il controllo di sé. Lei l’aveva sfidato. Aveva osato sfidarlo. Meritava una punizione: doveva comprendere di non avere il potere di rivaleggiare con lui. Dopotutto, lui era Sesshomaru, Signore dei Demoni dell’Ovest. L’avrebbe cercata. L’avrebbe presa. E allora, avrebbe ottenuto da lei tutto ciò che voleva. Senza sapere di stare facendo il gioco della inu-yokai, Sesshomaru iniziò a correre, di nuovo in caccia della sua preda.

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Capitolo 24
*** 23 - Grida il suo nome ***


Author's note: Ci siamo! E' il momento del confronto finale! In un modo o nell'altro questa storia doveva finire...preparatevi, ci siamo quasi! Il gioco di Anna forse sta smuovendo qualcosa nel cuore del nostro demone!

La sfida nacque senza premeditazione.
Una semplice, piccola vendetta dispettosa. Un pensiero birichino che le aveva attraversato la mente quasi per caso, mentre cercava di non perdersi in quegli occhi d’ambra, mentre tentava di non mettersi a strisciare, cadendo in ginocchio aggrappata al suo vestito e implorandolo di ricondurla a casa. L’aveva sfidato, invece, e si era sottratta a quel bacio che aveva iniziato ma non finito, a quella seduzione che lei stessa aveva messo in atto. E Sesshomaru, com’era ovvio, aveva accettato la sfida. Il Signore dell’Ovest non poteva certo lasciare impunita una simile impudenza! E ora le stava facendo vedere i sorci verdi.
Erano passati quasi sette giorni da quella notte di luna piena in cui aveva deciso di farsi inseguire da lui, di auto eleggersi preda del Signore dell’Ovest. Da allora, Anna aveva dovuto dare fondo a tutte le sue risorse fisiche per non soccombere all’attacco di Sesshomaru. Oh, c’era ben poco amore in quell’inseguimento spossante e violento, quasi furioso! C’era ira, c’era passione. Di passione ce n’era tanta, riempiva l’aria tra loro come una marea incendiaria e pari ad essa c’era solo il dispetto, la furia di Sesshomaru che si vedeva sfuggito ancora e ancora, sempre per un soffio, perché Sesshomaru non conosceva bene il modo di muoversi della inu-yokai. Purtroppo stava imparando in fretta.
Anna non aveva intenzione di cedere, meno che mai vedendo che razza di risultato stava avendo quella sfida incauta. Aveva la seria paura che se si fosse fermata e si fosse fatta prendere, Sesshomaru non le avrebbe dato nemmeno il tempo di aprire bocca. Avrebbe soddisfatto la sua passione sul posto e Anna non voleva essere degradata fino a quel punto, dopodiché l’avrebbe probabilmente caricata in spalla e portata di forza al Palazzo, dove le avrebbe fatto pagare l’affronto. Per quanto Anna volesse tornare a Palazzo, quello non era il modo giusto. Sesshomaru non si sarebbe mai innamorato di qualcuno più debole di lui. Doveva resistere e non lasciare che il demone avesse la meglio.
Era necessario trovare un sistema per calmare le acque a mano a mano, sempre che Sesshomaru gliene avesse dato il tempo. Anche mentre pensava questo stava correndo, attraversando una fittissima foresta, con lui che le veniva dietro, a pochi respiri di distanza. Non aveva mai avuto sentore di quanto fosse profonda la passione di Sesshomaru nei suoi confronti. All’epoca della loro relazione, eccezion fatta per la prima notte, di norma era sempre stata lei ad andare a stuzzicarlo, a ricercare la sua compagnia. Ora che non era mitigata dall’amore, l’attrazione di Sesshomaru per lei le arrivava con tutta la sua potenza e la spaventava almeno quanto la galvanizzava. Stava rischiando grosso, ma si sentiva anche esaltata. Sesshomaru provava ancora qualcosa per lei. Questo, per il momento, era più che sufficiente.
“Già, ma come lo semino, adesso?” si chiese, con un gemito. Era stanca al di là di ogni immaginazione. Nemmeno durante le battaglie contro Soichiro si era sentita così spossata. Non dormiva né si nutriva da sette giorni. Presto avrebbe perso colpi, perché lui era sempre il più forte tra loro.
Sentì improvvisamente svanire la sensazione di essere tallonata. L’odore di Sesshomaru sembrò allontanarsi, l’elettricità tra loro si dissipò. Chiedendosi cosa stesse succedendo, Anna arrischiò un’occhiata dietro di sé. Non vide nessuno tra gli alberi, né sentì altri rumori che quello del proprio respiro affannoso. Corrugò la fronte. Che Sesshomaru si fosse fermato? Che avesse avuto un incontro spiacevole? Anna si voltò di nuovo, incerta sul da farsi. Forse avrebbe dovuto fermarsi e tornare indietro a vedere cosa stava succedendo. Sesshomaru non correva alcun pericolo, potente com’era, ma…
La corsa di Anna rallentò, finché la inu-yokai non si fermò, circondata dagli alberi spogli. Guardò ancora dietro di sé, mordicchiandosi il labbro inferiore con un’espressione indecisa sul volto.
«Cosa faccio, adesso?» borbottò.
«Sei mia.» disse una voce, dall’alto, facendola sobbalzare per lo spavento. Anna alzò la testa di scatto, individuando Sesshomaru in piedi sopra uno dei rami più alti. Imprecò mentre cercava di riprendere la corsa, rendendosi conto che Sesshomaru l’aveva ingannata schermando la propria youki. Che stupida era stata! Sapeva che era un maestro nel nascondere perfino l’odore dei propri sentimenti! E sì che certi trucchetti li aveva imparati proprio da lui!
La spada Tokijin le passò ad un palmo dal naso, conficcandosi in un tronco e tagliandole la strada. Anna balzò all’indietro, col batticuore, poi le sfuggì un grido nel trovarsi Sesshomaru alle spalle. Evitò le sue mani per un soffio e tentò di nuovo di mettersi a correre.
“Maledizione, che stupida sono!” si disse, in preda al panico.
«Dove credi di andare?» la apostrofò Sesshomaru, sarcastico, afferrandola per una spalla. La fece voltare, mandandola a sbattere con la schiena contro un albero. Anna perse il fiato e un istante dopo si trovò premuta contro il petto di Sesshomaru. Non fu una sensazione spiacevole, ma le parole successive le misero i brividi addosso. «E così, ti ho presa.- disse Sesshomaru, con voce gelida e bassa- Ora, come tu stessa hai affermato, posso fare di te quello che voglio.» La strinse a sé con possesso. Gli occhi gli si infiammarono di rosso, spedendole un brivido lungo la schiena.
«No!» gridò Anna, cercando di liberarsi, scattando lateralmente.
Sesshomaru non gliene diede il tempo. La sua presa non mollò e Anna inciampò nella propria veste, cadendo in ginocchio. Sesshomaru incombeva su di lei, una promessa minacciosa sul viso.
«Devi imparare a non contrariare il tuo Signore, donna.» disse, una sorta di basso ringhio minaccioso. Sesshomaru era davvero fuori di sé!
«Non cantare vittoria troppo presto!- esclamò Anna, alzando il mento in segno di sfida- Tu…»
Non finì la frase. La mano di Sesshomaru si alzò per colpirla e Anna chiuse gli occhi. Invece, dopo un istante, la bocca di Sesshomaru chiuse la sua con un bacio violento che la spedì lunga distesa per terra. Anna fu presa dal panico, mentre le intenzioni del demone si facevano quantomai chiare. Maledizione, aveva proprio intenzione di fargliela pagare in quel modo?! La sua bocca…le sue mani…La tentazione di cedere divenne talmente forte che per un istante Anna lo lasciò fare senza opporre alcuna resistenza. Poi, si riscosse. Voleva davvero dargli l’opportunità di averla in quel modo irrispettoso? Voleva forse che lui si facesse l’opinione di poterle fare quello che voleva quando voleva?
No, doveva fermarlo. La mente di Anna rifletté freneticamente, arrivando alla conclusione che esisteva un solo modo per fargli abbassare la guardia e sfuggirgli di nuovo. Alzò le braccia e gli cinse la schiena, ricambiando il bacio con tutta la dolcezza di cui era capace. Come prevedeva, Sesshomaru ristette e quindi si staccò da lei quel tanto che bastava da poterlo guardare negli occhi. Sesshomaru poteva anche comprendere la passione carnale, ma rimaneva basito e perplesso di fronte alla dolcezza dell’amore. Un punto per lei. Anna sorrise.
«Hai ragione a dire che sono tua, perché io ti amo.» mormorò e lo sentì tendersi. Non gli permise di staccarsi da lei, anzi lo abbracciò più stretto, appoggiando la fronte sulla sua spalla. «Solo, sii gentile con me.» mormorò ancora. Sesshomaru restò in silenzio, immobile. Anna sentì il suo corpo teso, segno di un forte dilemma interiore. Poi, di colpo, l’inu-yokai si sciolse dall’abbraccio e fece qualche passo, allontanandosi da lei.
«Tu…» disse Sesshomaru, senza guardarla in faccia. Anna si alzò a sedere, sentendo vibrare nella sua voce qualcosa di insolito. «Tu sei assurda.- sentenziò Sesshomaru- Come puoi correre come se ne andasse della tua vita, sfuggendomi per giorni, e poi dichiarare di amarmi…» Strinse le labbra, poco abituato a quel genere di parole. «Affermare di amarmi con quella stupida espressione sulla faccia?!»
«Stupida espressione?» chiese Anna, perplessa, riuscendo solo a capire che aveva in qualche modo sopito la rabbia del demone, ma fomentato i suoi dubbi.
«Come può un demone abbassarsi a pronunciare certe frasi?!- scattò Sesshomaru, spazientito- Non hai orgoglio, donna?!»
Anna ristette, poi scoppiò a ridere.
«Cosa m’importa dell’orgoglio? Posso farne a meno, se nel cambio guadagno te.» disse, poi sogghignò nel vedere la sua espressione tornare irata. «Sto scherzando, Sesshomaru.» aggiunse. Sospirò, facendosi più cupa. «Ebbene, mi hai preso. Starò ai patti e ti seguirò. Ora cosa hai intenzione di fare con me?» chiese, con voce pacata. Sesshomaru la guardò. Non proferì parola per diversi minuti, lasciando che il silenzio li avvolgesse, poi scosse il capo.
«Verrai a Palazzo con me, poi si vedrà.- disse, poi corrugò la fronte- Ci devo pensare. Ma questi non sono affari che ti riguardano.»
«Mi permetto di dissentire.- replicò Anna- Pochi minuti fa, la cosa mi riguardava da molto vicino.»
Sesshomaru le scoccò un’occhiata seccata, ma lei sbadigliò, stanca, dissipando la sua irritazione. Una volta ferma, le era piombata addosso tutta la fatica di quella fuga inutile e stupida. In quel momento, Anna non era molto dissimile dalla piccola Rin quando veniva l’ora di mettersi a nanna.
«Ti dispiace se riposo un po’, prima di tornare a casa?- borbottò, sfregandosi gli occhi- Ho un sonno tremendo.»
Sesshomaru fece una leggera smorfia di fastidio, ma annuì.
«Ti concedo quattro ore.» disse, gelido. Si avvicinò a Tokijin e la recuperò, infilandola nel fodero mentre Anna si stendeva vicino al tronco di un albero, chiudendo gli occhi e posando il capo sulle mani.
«Sai cosa mi piacerebbe?» domandò la donna, con voce flebile, quando già Sesshomaru pensava si fosse addormentata.
«Cosa?» fu costretto a rispondere, visto che lei non sembrava intenzionata ad andare avanti. Il volto le si schiuse in un sorriso e anche se i suoi occhi non si aprirono parve come soffusa di luce.
«Vorrei che tu mi chiamassi ancora per nome.» sussurrò, già per metà nel mondo dei sogni. Si addormentò con quella richiesta sulle labbra, cadendo nel sonno innocente dei puri di cuore. Sesshomaru si sedette di fronte a lei, a una certa distanza, e rimase a guardarla.
Nel petto gli si agitavano sentimenti contrastanti e forti che non avevano nome, ma facevano sentire a gran voce la loro presenza. Non aveva mai desiderato nessuna donna come ora desiderava la inu-yokai. Con lei, la rabbia si trasformava in passione irrefrenabile. La passione riusciva poi a trasformarsi in qualcosa di gentile e caldo che Sesshomaru non capiva. Era stato intenzionato a farla sua non appena l’avesse presa, sia per umiliarla, sia per sopire quello strano pungolo che sentiva all’altezza del petto.
Eppure, quando lei l’aveva abbracciato…il modo in cui lei l’aveva baciato…Non era riuscito a portare a termine ciò che aveva iniziato. Guardandola in quegli occhi azzurri, non aveva saputo far altro che scostarsi. Aveva dovuto farlo, perché un forte istinto, dentro di lui, gli aveva ordinato di stringerla tra le braccia con tenerezza e sussurrarle parole rassicuranti.
Sesshomaru era quasi certo di stare impazzendo, ormai. Nessuna donna gli aveva mai fatto un tale effetto. Scrutò il suo viso immobile, il suo corpo rannicchiato sull’erba, dormiente. Si alzò in piedi e si avvicinò, abbassandosi su un ginocchio accanto a lei. Di nuovo, la tentazione di accarezzarla, di riposarle accanto lo colse, tanto forte da fargli tremare le mani. Sesshomaru strinse le labbra. Quando aveva cominciato a provare quel genere di cose? Forse quando lei gli aveva gridato d’amarlo? Era stato così colpito da quelle parole, da quel veemente sentimento? O forse era cominciato tutto alla valle, quando l’aveva vista di fronte a sé, inzuppata di pioggia eppure bellissima? O forse ancora, era stata la scoperta della sua relazione con lei a mutare il suo modo di pensare?
Una mano di Sesshomaru sfuggì al suo controllo e accarezzò la guancia bianca di Anna, che sorrise nel sonno. No…con tutta probabilità, lei era stata speciale per lui fin dall’inizio. La considerazione lo colpì con la forza di un maglio. Eppure, era la verità. Perché altrimenti non l’aveva uccisa insieme alla piccola Rin, quando quel giorno l’aveva affrontato? Perché aveva sempre cercato di evitare o posticipare il momento in cui si sarebbe liberato di lei? Non era da lui. Questo non era il modo d’agire del Signore dell’Ovest!
«Che mi sta succedendo?» mormorò, basito.
Possibile che il passato che li legava fosse stato talmente intenso da guidare le sue azioni anche ora che non lo ricordava? Cosa avevano vissuto insieme? Cosa li aveva legati? Perché era nato quel sentimento? Inaspettatamente, in Sesshomaru crebbe un intenso desiderio di conoscenza. Voleva sapere! Voleva capire come era arrivato ad amare quella donna e perché ora si stava innamorando di nuovo di lei!
Sesshomaru strinse i pugni. Sì, forse era davvero amore quello che gli stava nascendo nel cuore. Perché altrimenti l’avrebbe inseguita così a lungo? Perché altrimenti non era riuscito a togliersela dalla testa? Amore per una sua sottoposta, per una donna di razza inferiore che aveva cercato di uccidere. Amore…per Anna.
«Anna.» Mormorò il nome di lei con voce impercettibile. Lei sussurrò qualcosa tra le labbra, senza svegliarsi, come se avesse percepito che il suo desiderio di poco prima era stato esaudito.
Sesshomaru si alzò in piedi, d’improvviso teso e agitato. Desiderava riavere i suoi ricordi, ora e subito! Sapeva che questi avrebbero calmato la profonda agitazione e i dubbi che gli torcevano lo stomaco. Ma come fare? La Grotta degli Echi non poteva accontentarlo. Il vaso con le memorie sottrattegli era andato distrutto. Non c’era modo di riavere ciò che aveva perduto e anche se Anna gli avesse raccontato il loro passato, esso sarebbe stato alle sue orecchie soltanto una storia. Lui, invece, voleva dare un senso a ciò che provava! Aveva bisogno di dare un senso a quei sentimenti! In quel momento, desiderava riavere i suoi ricordi più di qualsiasi altra cosa.
Sesshomaru si bloccò quando un’idea gli folgorò la mente. C’era un modo per riavere i propri ricordi. Era un sistema facile e veloce, che solo lui poteva usare. Un sistema tanto ovvio che si stupiva di non averci pensato prima. Si voltò di nuovo verso Anna. Non l’avrebbe portata con sé, non ancora. Sapeva che sarebbe stato difficile conciliare i vecchi ricordi con i nuovi e desiderava mettere pace nel suo spirito in solitudine. Inoltre, egoisticamente, non voleva che lei lo vedesse compiere quell’atto di debolezza. Poi, sarebbe tornato a prenderla. Allora, forse, la maggior parte dei problemi tra loro sarebbero svaniti. Si abbassò per un attimo su di lei, poi si voltò e corse via, dirigendosi verso est.
Quando Anna si svegliò, qualche ora dopo, scoprì di essere sola. Sulle sue labbra, aleggiava ancora il ricordo di un bacio, forse sognato…o forse no.

***

Sesshomaru sostò a un passo dalle acque calde della fonte. Si era purificato sotto la cascata d’acqua gelida poco distante  e ora era pronto a compiere il gesto che si era prefissato. Il vapore che si innalzava dalla Fonte rendeva quella zona della foresta un piccolo mondo sognante e strano, denso di nebbia bianca, dove nulla era ciò che sembrava. Sesshomaru fece un passo avanti, entrando in acqua.
La Fonte dei Desideri era la sua ultima possibilità di riavere ciò che aveva perduto. Non aveva mai utilizzato quel luogo di magia, ereditato da suo padre, poiché aveva sempre creduto fermamente nella propria capacità di ottenere con la sola forza e l’ingegno tutto ciò che desiderava. Non aveva usato la Fonte per avere Tessaiga. Non l’aveva usata per sconfiggere Soichiro.
No, ciò sarebbe stato un comportamento privo d’onore e Sesshomaru non si sarebbe mai macchiato di tali debolezze. Ora, però, inaspettatamente la Fonte assumeva un ruolo di vitale importanza. Sesshomaru aveva un desiderio che non era possibile realizzare né con la forza, né con l’ingegno. Occorreva una potente magia e la Fonte poteva offrirgliela.
Ciò che chiedeva era impegnativo. Probabilmente, il suo desiderio avrebbe reso inutilizzabile la Fonte vita natural durante, ma a Sesshomaru non importava. Riusciva solo a pensare al sorriso di Anna, alla sua rabbia, al suo dolore e al suo amore, e sentiva che se non avesse compreso al più presto cos’erano quelle sensazioni che lo dilaniavano, sarebbe impazzito. Si immerse fino a metà petto, chiedendosi di nuovo cosa lo spingesse a fare tutto questo. Nulla…tranne due occhi che riuscivano a strappargli ogni pensiero coerente, la sensazione di calma e completezza che sentiva quando lei sorrideva. Nulla, tranne la certezza di stare agendo per la prima volta nel modo giusto da quando era uscito da quella maledetta grotta.
Nulla…tranne il fatto che, in un modo a lui sconosciuto, si era innamorato senza speranza di recupero della donna che un giorno d’inverno gli si era presentata di fronte col suo passato in mano. Così, alla fine aveva fatto lo stesso errore di suo padre. Si era fatto irretire da una femmina.
Sesshomaru storse la bocca in un sorrisetto ironico. Eppure, nonostante ne fosse conscio, non aveva intenzione di ripensarci. Al punto in cui si trovava, era comunque impossibile. Per farlo, avrebbe dovuto strapparsi il cuore dal petto, quel cuore che non aveva mai creduto di possedere. Inalò profondamente i vapori della Fonte, concentrando la propria volontà, quindi scandì con voce chiara: «Io, Sesshomaru, Signore dei demoni dell’Ovest, desidero ricordare nella sua interezza il passato che mi è stato sottratto.»
Si sentì libero da un peso dopo aver pronunciato queste parole. L’acqua placida della Fonte si illuminò di una luce soffusa, che si fece via via più intensa, tanto che Sesshomaru dovette chiudere gli occhi. Quando li riaprì, si trovava in piedi al centro di una conca arida. Tanto era stato il potere utilizzato, che la Fonte si era prosciugata. Sesshomaru, però, non si sentiva per nulla differente. Attese qualche istante, quindi imprecò tra i denti, uscendo dalla conca e afferrando le proprie vesti, infilandole con velocità.
Nemmeno la Fonte era riuscita nell’intento. Evidentemente il potere che conteneva non era sufficiente per esaudire il suo desiderio. Sesshomaru strinse i denti, indossando l’armatura. Beh, tanto peggio. Sapeva ciò che provava, almeno a grandi linee. La vicinanza di Anna lo avrebbe aiutato ad averne la certezza e poi avrebbe deciso che condotta tenere. Una buona notte di riposo a Palazzo gli avrebbe giovato.
«Il passato non conta.» disse fra sé, mentre tornava alla sua dimora con passo teso. Eppure, si sentiva deluso e frustrato. Ormai quel passato era diventato attraente. Era l’unica cosa che avesse in comune con Anna. Celava il segreto del suo affetto per Rin. Perché nemmeno la Fonte era stata in grado di restituirglielo? Sesshomaru sentì un improvviso odio per il demone forbice che aveva osato tanto e si rammaricò di non poterlo uccidere con le proprie mani.
Fu una volta sulla soglia del Palazzo che la prima immagine gli attraversò la mente come un fulmine, fermando i suoi passi di colpo. Anna sulla sponda del lago…ma non la stessa Anna che aveva visto qualche notte prima! No, questa Anna aveva capelli e occhi più scuri, forme più deboli, meno affilate. Questa Anna era umana.
Sesshomaru si portò una mano alla fronte, rendendosi conto di aver appena avuto uno scorcio del momento del loro incontro, che Anna gli aveva raccontato alla luce della luna. E poi, come se quella singola immagine avesse aperto la diga, un fiume di ricordi irruppe nella sua mente, lasciandolo così scosso nel corpo e nello spirito da farlo cadere in ginocchio ed estrargli un rantolo inarticolato dalla gola.
Vide anni di inseguimenti. Inuyasha morto, o forse addormentato, sigillato a un grande albero sacro. Vide la tomba di suo padre e sentì il dolore di un braccio amputato. Vide combattimenti, sfide con il redivivo fratellastro, vide Rin e la morte della bambina, e rivisse il momento in cui la resuscitò. Rivide Naraku e sentì per lui lo stesso odio. Sentì il suo cuore farsi più aperto grazie ai sorrisi di Rin. E poi incontrò lei…lei!
Sesshomaru si strinse la testa tra le mani, sopraffatto dall’intensità dei suoi ricordi, dei sentimenti ad essi correlati, mentre riviveva passo passo ogni momento con lei. La rabbia, il tradimento, l’amore, la passione, la gelosia…La rivide morire. Vide il suo viso cinereo, mentre il Sigillo della Vita la strappava al mondo. Si vide esangue, in punto di morte, sacrificio attuato per la salvezza della donna che amava. Lei aveva preso dimora nel suo cuore, aveva sciolto il gelo di cui era ricoperto. Aveva fatto sì che riuscisse perfino ad accettare di avere un fratello.
E lui…cosa le aveva fatto lui, da quando era uscito dalla Grotta degli Echi? Cosa le aveva fatto?! Aveva cercato di ucciderla! Più e più volte, era stato crudele con lei! L’aveva allontanata. L’aveva quasi perduta per sempre. Le sue mani si erano sporcate del suo sangue! Come poteva ora chiederle di restare al suo fianco? Come poteva lei amarlo ancora? Eppure, non poteva fare a meno di lei. Non poteva, né voleva!
Sesshomaru si alzò in piedi a fatica e si voltò, contemplando i giardini, che ora, senza la presenza di lei, apparivano vuoti e sterili. Sentì un tremendo dolore, disgusto verso se stesso e un amore indicibile traboccare dal suo cuore. Alzò il viso alla notte e gridò il nome di Anna con tutto il fiato che aveva. Il suo richiamo echeggiò a lungo e arrivò lontano.

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Capitolo 25
*** 24 - Un posto nel cuore ***


Anna saltò oltre il bordo di una sporgenza rocciosa, atterrando con grazia sul terreno indurito dal freddo. Corrugò la fronte, alzando il viso al cielo notturno, poi sospirò. Sesshomaru l’aveva lasciata indietro un’altra volta.
Anna non capiva cosa fosse successo. Un istante prima, lui aveva affermato di volerla portare con sé, poi invece l’aveva lasciata sola senza nemmeno una spiegazione. Forse Sesshomaru aveva avuto qualche ripensamento? No, non le sembrava possibile. Quando Sesshomaru arrivava ad ostinarsi a quel modo per qualcosa, non lasciava perdere tanto facilmente, men che meno quando la preda era pressoché conquistata! Doveva essere successo qualcosa durante le ore in cui aveva dormito, ma questa certezza non l’aiutava.
Alla fine, si era risolta a muoversi da dov’era. Stava seguendo l’odore di Sesshomaru e a quanto pareva il demone era tornato a casa. Anna si stava dirigendo a Palazzo, stanca di scappare e preoccupata per quel calo di interesse, o qualunque altra cosa fosse, che aveva fatto allontanare Sesshomaru così repentinamente. E poi, aveva voglia di rivedere Rin. Le mancavano anche Rika e Misao, e tutti gli amici che si era fatta tra la servitù. Iniziava a mancarle perfino Jaken, il che era tutto dire! Sarebbe tornata a Palazzo e avrebbe continuato a stuzzicare Sesshomaru nel suo territorio, finché non avesse ceduto.
Un mezzo sorriso le passò sul volto al pensiero della conversazione avuta con lui dopo essere stata presa. Forse Sesshomaru non se ne rendeva ancora conto, ma Anna era convinta che si stesse innamorando di nuovo di lei. Se ne era accorta perché il suo sguardo era cambiato e le sue azioni, il modo di parlarle, somigliavano moltissimo al periodo appena precedente all’episodio di Inuzuka. Sesshomaru, in passato, le aveva confessato di essere stato innamorato di lei fin da prima di quell’evento increscioso e che i suoi comportamenti d’un tratto violenti e irosi erano stati dettati solo dalla certezza di essere stato tradito. Ora, sembrava che Sesshomaru si stesse ostinando nell’ostentare disprezzo e indifferenza, ma sotto la superficie Anna aveva sentito muoversi qualcosa di familiare.
«Speriamo solo che se ne accorga presto anche lui.» sospirò Anna, scrollando il capo. In ogni caso, non aveva di che lamentarsi. La situazione era notevolmente migliorata, nonostante Kiokuchi-sama non avesse potuto fare nulla per lei, perciò…
Anna rallentò i propri passi. Una smorfia le solcò il volto nel sentire una saetta di dolore alla testa. Si fermò, portandosi una mano alla fronte, ma la sensazione era già passata. In compenso, il punto in cui condivideva la stessa cicatrice di Sesshomaru iniziò a formicolare. D’improvviso sull’orlo del panico, Anna si affrettò a tastarsi la pelle. Ritirò la mano per guardarsi le dita. Niente sangue. La cicatrice non era nemmeno venuta in superficie. Ciò significava che Sesshomaru non era in pericolo di vita…ma allora che diavolo stava succedendo? Perché quella strana sensazione?
Le giunse alle narici un forte odore di ansia e agitazione, proveniente sia da demoni che dagli animali della foresta. In lontananza, udì ululare dei lupi e comprese che il loro richiamo serviva solo a sottolineare qualcosa che era già nell’aria, qualcosa…Un grido lontano la colpì come un’ondata di marea, facendola barcollare per un istante. Scioccata, si rese conto di stare ascoltando il suono della voce di Sesshomaru, che chissà come si era propagato fino a lei. Ma quella voce era così straziata, così addolorata, che non poteva essere la voce di Sesshomaru!
Eppure, era lui. Quel grido le risuonava nelle vene, le mandava in fibrillazione le terminazioni nervose come se lo stesse emettendo lei stessa. Si accorse che quell’urlo di dolore conteneva il suo nome e d’un tratto si rese conto di aver già sentito quel grido. L’aveva sentito in una visione…la visione che l’aveva condotta nella Sengoku Jidai e che poi le aveva restituito la lucidità quando era fuggita. Il grido si affievolì e svanì, lasciandola vuota e scossa. Nemmeno si accorse di avere le guance bagnate di lacrime.
Sesshomaru aveva ricordato. Chissà come, aveva ricordato! Il miracolo a cui aveva in qualche modo rinunciato era avvenuto! C’erano tanto amore e dolore in quel grido che Anna non poté fare a meno di lanciarne un altro a sua volta, come in risposta. Poi, si mise a correre. Doveva raggiungere Sesshomaru. E subito!

***

Inuyasha era in piedi su uno dei rami più alti del Goshinboku.
Era notte inoltrata e a quell’ora avrebbe dovuto essere a riposare vicino a Kagome, che dormiva in casa di Kaede, ma si sentiva nervoso e non gli era possibile stare fermo al chiuso. Aveva la sensazione che stesse per succedere qualcosa e la foresta attorno a lui sembrava dargli ragione. C’era una sensazione d’ansia, una cappa densa che ricopriva tutto e rendeva la notte pesante da sopportare.
«Che diavolo sta succedendo?» mormorò Inuyasha, fiutando l’aria. Non sentiva niente di particolare. Non avvertiva l’avvicinarsi di un demone, né altro del genere. Non si sentiva in pericolo. Pur tuttavia, covava una sensazione di attesa che gli faceva annodare lo stomaco e lo spingeva a scoprire le zanne come se volesse trasformarsi da un momento all’altro.
«Inuyasha!»
Inuyasha abbassò lo sguardo, sentendosi chiamare. Alla base dell’albero stavano Kagome, Miroku e Sango, che si stava sistemando l’Hiraikotsu in spalla. Kirara era al suo fianco, con un assonnato Shippo in groppa.
«Ragazzi…che ci fate qui?» chiese Inuyasha, stupito.
«La stessa cosa che fai tu, presumo.- rispose Miroku, alzando a sua volta lo sguardo al cielo notturno- C’è una strana sensazione che serpeggia nell’aria, stanotte.»
«I demoni sono agitati.- aggiunse Sango, corrugando la fronte- Hai idea di cosa possa provocare questa reazione?»
Inuyasha scosse il capo, incupendosi.
«E’ una sensazione in aumento.- osservò Kagome- Inuyasha, tu non riesci a capire di cosa si tratti? Non sono sicura che sia una sensazione di pericolo, ma…»
Inuyasha fece per aprire la bocca per rispondere, quando l’origine di tutta quell’agitazione lo raggiunse, colpendolo in pieno. Inuyasha si sentì il cuore schiacciato nel petto, ma era più una sensazione emozionale che fisica. Un grido di dolore gli riempì le orecchie, togliendogli il fiato dai polmoni. Cadde dall’albero, suscitando uno strillo spaventato in Kagome, che corse subito accanto a lui, e non si accorse di essersi messo a gridare a sua volta. Com’era arrivata, la sensazione svanì, lasciandolo molto scosso. Inuyasha si alzò a sedere, con una mano sulla fronte, respirando affannosamente.
«Inuyasha…Inuyasha, stai bene?» chiese Kagome, preoccupata.
«Cos’è successo?» chiese Miroku, corrugando la fronte.
«Voi…non avete sentito niente?» chiese Inuyasha, con voce arrochita dal grido che non si era nemmeno accorto di aver emesso.
«Io ho sentito un grido disperato.» ammise Shippo, preoccupato e pallido. Gli altri si guardarono con perplessità e Inuyasha fece una smorfia.
«Non so cosa sia successo, ma ho paura che mio fratello o Anna siano in pericolo.» disse, cupo, scrollando il capo per schiarirselo.
«Cosa?!» esclamarono in sincrono Sango e Kagome.
«E’ Sesshomaru la causa di tutta quest’ansia. Ha lanciato un grido di dolore, un richiamo speciale che possiedono solo i regnanti dei demoni, ma di norma lo usano per convocare gli eserciti, come faceva mio padre!- spiegò, sentendo tornargli dentro l’agitazione- Lui invece l’ha lanciato per raggiungere una persona in particolare e tutti sappiamo chi essa sia…perciò ho paura che sia successo qualcosa di grave.»
«Ma cosa può essere accaduto?» chiese Shippo, sulle spine.
«Forse Sesshomaru non ha trovato Anna in Kyushu, e…» ipotizzò Sango. Inuyasha scosse la testa.
«No, non avrebbe mai lanciato un grido del genere per una cosa tanto stupida. Lui è molto bravo nel dare la caccia.» Fece una smorfia. «Non so che dire…forse gli è successo qualcosa. Quel che è certo è che non l’avevo mai sentito così.» Questa era una mezza bugia. Era vero, non l’aveva mai sentito gridare a quel modo, ma le sensazioni di cui era permeato quel richiamo le aveva già avvertite nel fratello almeno altre due volte, uno strano miscuglio di dolore e amore.
«E allora andiamo a vedere!» esclamò Kagome, decisa, alzandosi in piedi.
«Eh?» chiese Inuyasha, perplesso.
«Andiamo a controllare che stiano bene entrambi!- rincarò la dose la ragazza, con foga- Coraggio, andiamo. Di certo avrai capito in che direzione si trova Sesshomaru.»
«Sì, ma…» borbottò Inuyasha. Kagome gli puntò un dito davanti al naso.
«Non cercare di farmi credere che non sei preoccupato.- gli disse, seria- Partiamo subito.»
Inuyasha pensò di ribattere ancora, poi cedette con un sospiro. In effetti, era preoccupato. Molto preoccupato.
«Shippo, tu va a riferire della nostra partenza a Kaede-sama.» disse Miroku, saltando in groppa a Kirara insieme a Sango. Il piccolo kitsune annuì e scese a terra. Scambiata un’occhiata d’intesa con Kagome, Inuyasha prese la ragazza in spalla e iniziò a correre. Dietro di lui vennero gli altri, in groppa a Kirara. La direzione che seguirono conduceva al Palazzo del Signore dell’Ovest. Shippo li guardò scomparire, poi si voltò e tornò al villaggio con passo lesto.

***

Sesshomaru sedeva sul bordo della conca che un tempo ospitava la Fonte dei Desideri, immerso nella luce rossa del tramonto. Erano passati due giorni da quando aveva lanciato quell’accorato richiamo alla sua compagna, due giorni da quando aveva ritrovato la memoria. L’intero Palazzo si era svegliato in preda al terrore, quella notte, ma nessuno, nemmeno Jaken, aveva osato far domande. Solo Rin aveva avuto negli occhi uno sguardo consapevole, ma Sesshomaru si era sottratto anche alla bambina.
Non era partito per raggiungere Anna. Era rimasto dov’era, in attesa di qualcuno che forse non sarebbe mai tornato. Sesshomaru strinse i denti, irato con se stesso. Sapeva di stare sbagliando per l’ennesima volta. Da quando in qua il Signore dell’Ovest si abbassava a diventare preda invece di cacciatore? Da quando in qua nutriva dubbi su se stesso? Eppure, era così. Riacquistando i suoi ricordi, una parte irrazionale di lui aveva iniziato a bisbigliargli che Anna non poteva amarlo ancora come un tempo. Non dopo ciò che lui le aveva inflitto.
“Allora perché avrebbe continuato a dirmi di amarmi? Perché si sarebbe fatta inseguire?” diceva il suo raziocinio. Ma la vocetta malefica aveva una risposta per tutto e rivoltava la frittata con magistrale abilità. Sesshomaru, senza saperlo, era preda di tutti gli sciocchi dubbi che assalgono gli innamorati e questo lo stava facendo imbestialire. D’altronde, i sensi di colpa che lo rodevano avevano radici più che fondate. Aveva giurato di non farle più del male, e invece…
«Sesshomaru!»
Si voltò di scatto nel sentire la voce di lei, ancora lontana. Si alzò in piedi, giusto in tempo per vederla sbucare dal folto, scarmigliata ed esausta, con gli occhi che le brillavano di qualcosa che somigliava in maniera allarmante al pianto.
«Anna…» mormorò Sesshomaru. Gli sembrava di non vederla da un tempo immemorabile e dovette soffocare l’istinto di correre da lei e prenderla tra le braccia. Il viso di Anna si tese nel reprimere un singhiozzo e le lacrime iniziarono a scivolarle liberamente lungo le guance.
«Mi hai chiamata per nome!» disse con voce tremula. C’erano tanto amore, tanta gioia in quella voce e nella sua espressione, che almeno parte dei dubbi di Sesshomaru fu dissipata. Lei lo amava ancora con la stessa intensità di un tempo. Sesshomaru si sentì invadere da un calore immenso, un calore che gli era inconsapevolmente mancato fin da quando era uscito dalla Grotta dell’Eco, ma quando lei corse verso di lui, la bloccò per i polsi, allontanandola da sé.
«Sesshomaru, cosa…» chiese Anna, non riuscendo a capire il perché dell’espressione buia di Sesshomaru. Aveva ritrovato i suoi ricordi, no? Allora perché era così triste? Perché non la abbracciava e non le diceva di amarla?
«Io ti ho ferita.» disse Sesshomaru, facendole spalancare gli occhi per la sorpresa. Il volto di Sesshomaru divenne di marmo, come se non riuscisse a sopportare la situazione. «Ti ho fatto del male. Come puoi amarmi ancora?» continuò, abbassando la voce a un sussurro doloroso. Anna sorrise, rassicurante.
«Sono ancora qui.» disse. Sesshomaru fece una smorfia irata e le strinse i polsi con maggior forza.
«Ma non capisci? Volevo ucciderti!- le gridò in faccia, scuotendola- Ti avevo giurato che ti avrei protetta e invece sono stato il primo a macchiarmi le mani del tuo sangue! Ti volevo morta! Come potresti vivermi accanto, dopo quello che ho fatto a te, quello che ho fatto a Rin…»
«Ma non ci hai uccise!- gridò Anna, sovrastandolo e costringendolo al silenzio- Non capisci, Sesshomaru?! Non l’hai fatto! Ci hai provato, è vero, ma non l’hai fatto e non venirmi a dire che è stato un caso! Tu riesci sempre a portare a termine ciò che ti sei prefissato, se davvero lo vuoi.»
Sesshomaru si scostò di un passo, lasciandola andare. Voleva crederle, però…
«Che intendi dire?» chiese.
«Intendo dire che non volevi davvero vedermi morta. Hai esitato e non hai mai portato a termine la mia uccisione.- disse Anna, decisa, poi le lacrime tornarono ad affacciarlesi negli occhi- Ora, la cosa peggiore che puoi farmi è allontanarmi da te, proprio adesso che il miracolo che tanto aspettavo è avvenuto.»
Sesshomaru la guardò. Lei era seria e forse c’era un fondo di verità nelle sue parole. L’avrebbe dunque perdonato? Sarebbe tornata da lui?
«Puoi…perdonarmi?» chiese, pronunciando parole a lui inusuali. Lei singhiozzò e sorrise, asciugandosi le lacrime col palmo della mano.
«Io ti amo, scemo!» disse, ridendo e piangendo insieme. Sesshomaru annullò in un istante la distanza fra loro. La prese tra le braccia e la strinse con forza, mentre lei piangeva di gioia. La baciò più e più volte, poi la strinse ancora, cullandola fra le braccia.
«Anch’io ti amo.- mormorò- Perdonami, ti prego…»
Anna gli posò un dito sulle labbra, sorridendo, poi lo baciò di nuovo. Per un po’, nessuno dei due pensò ad altro. Le ferite del cuore si sarebbero rimarginate col tempo. Più tardi, i due erano seduti contro il tronco di un albero, l’uno tra le braccia dell’altro. Anna riposava col capo sul petto di Sesshomaru, mentre lui passava le dita tra i capelli d’oro della inu-yokai. Anna aveva appena raccontato a Sesshomaru come si fosse svolta veramente la faccenda alla Grotta, raccontandogli di Kiokumushi e del viaggio di Sango e Miroku in Hokkaido.
«Insomma, se fossero riusciti a prendere il vaso ci saremmo risparmiati quasi due mesi di sofferenza.» riassunse Sesshomaru, sarcastico. Anna gli rifilò un debole pugno nelle costole.
«Non fare l’acido. Sango si è sentita in colpa da morire!» lo rimbrottò, poi sospirò, troppo felice per prendersela. «Senti, ma come hai fatto a ritrovare la memoria?» chiese, curiosa.
Sesshomaru indicò qualcosa e Anna alzò un po’ la testa per vedere di cosa si trattasse. Si accorse allora, per la prima volta, del fatto che si trovavano vicini alla Fonte dei Desideri…ma questa sembrava scomparsa! Al suo posto c’era ora una conca arida non molto profonda.
«Hai usato la Fonte?!- chiese, sbalordita- Allora ti stavi di nuovo innamorando di me, altrimenti non l’avresti mai fatto! Avanti, ammettilo!»
Sesshomaru non replicò e Anna lesse nel suo silenzio un assenso. Ridacchiò e si strinse di più a lui, soddisfatta. Avrebbe voluto restare così per sempre! Non riusciva ancora a credere di poterlo stringere a sé senza preoccupazione alcuna.
«E tu?» chiese Sesshomaru. Anna alzò lo sguardo, interrogativa. «Che diavolo sei andata a fare in Kyushu?- continuò Sesshomaru, con una smorfia- Mi hai fatto perdere un sacco di tempo a correrti dietro.»
«Oh…ero andata in visita a Kiokuchi-sama, una dea della memoria.- spiegò Anna- Ho provato a chiedere il suo aiuto, ma si è risolto nel solito buco nell’acqua.»
Sesshomaru la guardò negli occhi. Apprezzava il coraggio con cui lei aveva continuato a cercare d’aiutarlo e di stargli vicino nonostante le atrocità che aveva commesso verso di lei. Le baciò la fronte.
«Grazie.» sussurrò contro la sua pelle. Anna arrossì di piacere. Non aveva sentito uscire molte volte quella parola di bocca a Sesshomaru. Alzò il viso per ricevere un altro tipo di bacio, quando un gran fracasso venne dalla loro destra, e Inuyasha e compagnia sbucarono dagli alberi proprio vicino a loro. Inuyasha frenò bruscamente la sua corsa e Kirara gli atterrò alle spalle. Per un istante i due gruppi si guardarono in un silenzio attonito. Poi, Anna e Kagome esclamarono all’unisono, accavallandosi:
«E voi cosa ci fate qui?»
«Ma allora state bene!»
«Eh?» chiese Anna, perplessa, mentre Kagome scendeva dalla schiena di Inuyasha e Sango e Miroku tiravano un sospiro di sollievo. Sesshomaru si alzò in piedi, guardandoli con fare gelido, e Anna si alzò da terra a sua volta.
«Feh!- interloquì Inuyasha, prima che Kagome potesse spiegare- Mi pare ovvio che qui non c’è niente che non vada. Non c’era motivo di…» Si zittì di botto e Anna sorrise.
«Eravate preoccupati? Mi spiace!- disse, contrita, guardandoli uno ad uno- Ma posso chiedervi perché? E’ successo qualcosa di particolare?»
«Inuyasha ha avvertito il richiamo di Sesshomaru.- spiegò Miroku, guardando con interesse l’inu-yokai- Questo ci ha messi in ansia sul vostro stato di salute, perciò ci siamo precipitati qui.»
«Oh…» mormorò Anna, mentre Inuyasha voltava il capo dall’altra parte, pretendendo di essere offeso.
«Inuyasha poteva farsi i fatti suoi.» sentenziò Sesshomaru, lapidario, aprendo bocca per la prima volta.
«Ehi! Mica ero preoccupato per te!» ringhiò Inuyasha, mostrandogli il pugno. Sesshomaru lo squadrò dall’alto in basso con commiserazione e Inuyasha, arrossendo, iniziò a sbraitargli dietro di tutto.
«E’ cambiato qualcosa o sbaglio?» chiese Sango, osservando l’alterco tra i due.
«Sesshomaru è molto più…come dire…» osservò Miroku, perplesso. Anna sorrise.
«Sesshomaru ha riacquistato la memoria.» ammise, trattenendo a stento la gioia. Kagome cacciò invece uno strillo e abbracciò l’amica, saltellando.
«Oh, Anna, sono così contenta!- disse, stringendola forte- Sono veramente contenta per te!»
«Sono felice che sia finita così, Anna.» disse Sango, a sua volta raggiante. Miroku annuì, sorridendo, e Anna li guardò con espressione commossa.
«Ragazzi…vi ringrazio.» mormorò, toccata dalla loro partecipazione. Kagome la guardò con un sorriso radioso, quindi, senza mutare espressione, si rivolse ai due fratelli, che stavano venendo alle mani.
«Inuyasha, osuwari.» ordinò, con voce amabile. Inuyasha cadde a terra di faccia, sottraendosi a un colpo micidiale di Sesshomaru per un soffio. Kagome andò a inginocchiarglisi accanto.
«Kagome, vuoi finirla, con questa parola magica?!» ringhiò Inuyasha, alzandosi a fatica.
«Non devi combattere contro tuo fratello, Inuyasha! Ha ritrovato la memoria!» gli comunicò Kagome, felice.
«Lo so benissimo.- borbottò Inuyasha, stupendoli- L’ho capito da quando siamo arrivati. Ma merita comunque una lezione.» Guardò suo fratello con espressione seria. «E penso che lui lo sappia benissimo.»
Cadde per un istante un silenzio teso, che mise tutti a disagio.
«Inuyasha, non è il caso…» intervenne Anna, cercando di mettere pace. Sesshomaru colpì Inuyasha alla testa con un pugno, sbattendolo di nuovo faccia a terra.
«E chi dovrebbe darmela? Tu?- chiese il demone, sprezzante- Ma fammi il piacere.»
«…dannato…» ringhiò Inuyasha, pronto a ricominciare a litigare.
Kagome e Anna si guardarono e poi sorrisero. Sì, il miracolo era avvenuto davvero. I misfatti del demone Kiokumushi erano stati cancellati definitivamente e i loro cuori potevano tornare a essere pacifici.

***

Qualche giorno dopo, Inuyasha e compagnia si trovavano di nuovo al villaggio di Kaede.
La vecchia sacerdotessa e Shippo avevano ascoltato le ultime novità con gioia, in quanto tutti si erano ormai affezionati ad Anna e provavano partecipazione per le sue disavventure. La vita si prospettava più tranquilla, almeno per qualche tempo, e gli amici avevano tutta l’intenzione di approfittarne. L’avvenimento più importante era che Miroku e Sango si sarebbero sposati all’inizio della primavera, ma il monaco non sembrava essere ancora stato del tutto condotto sulla retta via.
Quella domenica mattina, difatti, la prima cosa che Kagome vide uscendo dalla casa di Kaede fu Sango, che, ribollente d’ira, stava trascinandosi dietro un Miroku con un vistoso bernoccolo sulla testa e il segno di cinque dita stampato sulla guancia.
«Ma le stavo solo dando il buongiorno…» mugolava il monaco.
«Anche la tua mano le stava dando il buongiorno?» ringhiò Sango, con un’occhiata rovente che lo ridusse al silenzio.
«Sempre la stessa storia.- borbottò Inuyasha, comparendo alle spalle di Kagome e guardando la coppia- Chi glielo fa fare, a Sango?»
«E’ innamorata.- disse Kagome, sorridendo- Come io lo sono di te e Anna di Sesshomaru. Si perdonano molte cose all’uomo che si ama.»
«Cosa che mi risulta ancora difficile da capire.- disse Inuyasha, con una smorfia- Chissà perché non mi avete lasciato inculcare un po’ di buonsenso in quella testa di…»
«Penso che Sesshomaru abbia abbastanza sensi di colpa di per sé.- sospirò Kagome, interrompendolo- Non è così gelido come vorrebbe far credere. Meglio lasciare che se la sbrighino fra loro.»
«Bah…» fu tutta la risposta di Inuyasha, poi il demone si accorse dello zaino in spalla a Kagome. «Torni a casa?» chiese. Kagome annuì.
«Devo prendere alcune cose. Inoltre, mi sono ricordata che il povero Ranma aspetta mie notizie da mesi, ormai!» disse. Inuyasha sollevò un sopracciglio, sorpreso.
«Ranma?! Che c’entra Ranma?» chiese. Mentre Inuyasha la accompagnava al pozzo, Kagome gli raccontò della telefonata che aveva ricevuto dopo essere tornata a casa per prepararsi all’epica impresa di fargli tornare la memoria.
«Non ho capito come mai mi abbia telefonato, ma gli avevo promesso di fargli sapere come sarebbe andata a finire e invece me ne sono completamente dimenticata!» disse, scavalcando il bordo del pozzo con una gamba.
«Beh, se gli telefoni, vengo anch’io.- decise Inuyasha, saltando dentro con lei- Voglio proprio sentire come se la passano quel tipo assurdo e la sua congrega di pazzi!»
Così, poco dopo, i due si trovavano in casa della ragazza, al telefono; Kagome aveva la cornetta in mano e Inuyasha stava al suo fianco, con le orecchie tese. Il telefono squillò a vuoto tre volte, poi una bella voce di donna rispose.
- Pronto, qui casa Tendo. Con chi parlo? -
«Akane? Sono Kagome!» disse la ragazza, sorridendo.
- Kagome!- rispose Akane, raggiante- Che bello sentirti! Come stai?! Ci stavamo preoccupando, non ti sei più fatta sentire! Ci avevi lasciati con certe notizie…-
«Hai ragione, scusami.- disse Kagome, contrita- Ma sono successe così tante cose che…»
- E’ Kagome?! - esclamò una voce maschile, seguita da passi di corsa.
- Ranma, stai zitto e fammi sentire!- esclamò Akane con voce terribile, facendo ridacchiare sia Kagome che Inuyasha- Raccontami tutto, Kagome. Che cos’è successo? -
Così, Kagome riassunse al telefono l’avventura in cui erano stati trascinati da Kiokumushi e le vicissitudini che avevano portato a un lieto fine sia per lei che per Anna.
- Santo cielo, non avevo idea che ne aveste passate così tante.- mormorò Akane alla fine, impressionata- Per fortuna si è risolto tutto per il meglio.-
«Già, in effetti…- ammise Kagome- Così, ora che le cose sono sistemate, mi è venuto in mente che Ranma aveva un problema, l’ultima volta che mi ha chiamato.»
- Sì, è vero. L’ha ancora.- disse Akane- Forse è meglio che te lo dica lui stesso. Te lo passo. Ciao Kagome, salutami gli altri! -
«Ma certo, ciao Akane!» la salutò Kagome, poi la cornetta venne passata di mano.
- Ehilà, Kagome! Sono felice di sapere che con quel testone di Inuyasha è tutto risolto! - la salutò Ranma, allegro e sbruffone come sempre.
«Ciao Ranma!- lo salutò Kagome, dando una gomitata a Inuyasha, che stava facendo le smorfie al telefono come un bambino dell’asilo- Sono a tua disposizione, se avevi qualcosa da chiedermi.»
- In effetti sì, Kagome.- sospirò Ranma- Devi sapere che il vecchiaccio Happosai…- Ranma raccontò alla ragazza il brutto scherzo che il vecchio maestro aveva tirato a lui, Ryoga e Mousse una volta tornati dalla Sengoku Jidai, e le tante disavventure che ne erano derivate, prima fra tutte un guaio con tre fratelli dell’Hokkaido, che si erano presentati come i promessi sposi delle sorelle Tendo ed erano stati circuiti e poi sconfitti dai tre ragazzi sotto mentite spoglie. Mousse era ancora assillato da uno dei tre, che non aveva capito l’antifona, mentre Ryoga si era fidanzato con Akari.
- Il fatto è che siamo ancora maledetti e avremmo bisogno della Fonte dei Desideri.- disse, fiducioso- Non è che chiederesti ad Anna se possiamo tornarci tutti e tre, uno di questi giorni? -
Kagome rimase a bocca aperta. Inuyasha, invece, scoppiò a ridere tanto che dovette tenersi la pancia.
- E’ Inuyasha che ride a quel modo?!- chiese Ranma, acido- Gli sparo un Hiryu Shotenha se non la pianta di ridere delle disgrazie altrui! -
«Ehm…Ranma, non vorrei dirtelo, ma…» balbettò Kagome, cercando di sovrastare il chiasso di Inuyasha.
- Cosa c’è, Kagome? - chiese Ranma, non riuscendo a capire.
«Vedi…Sesshomaru ha usato la Fonte per ritrovare la memoria…- disse Kagome, dispiaciuta da morire- e ora è prosciugata!!»
Vi fu un istante di silenzio dall’altra parte della cornetta, poi Ranma sbottò in un: - CHECCOSA?!?!?! - disperato. Inuyasha continuò a ridere come un matto per tutto il tempo che Kagome impiegò a cercare di consolare il giovane di Nerima.

***

«Rin è un amore, non è vero?»
Sesshomaru si voltò verso Anna. La vide sorridere nel vacuo chiarore precedente l’alba, mentre passeggiava con lei per i giardini.
«Perché dici questo?» chiese. Non riusciva a stancarsi di guardarla negli occhi. Il sorriso di lei si accentuò.
«Non hai visto con quanta gioia ha accolto la notizia del mio ritorno a Palazzo?- spiegò lei, poi rise- E’ così dolce, quella bambina! Il suo affetto per noi è così profondo da commuovermi.»
Sesshomaru annuì. A Rin erano venute le lacrime agli occhi quando li aveva visti tornare a casa fianco a fianco.
«E’ una bambina speciale.» mormorò. Anna lo prese per mano, facendoglisi più dappresso.
«Già. Ci ha fatti incontrare.» sussurrò, sempre sorridendo. Alzò lo sguardo su di lui. «Senti…pensi che riusciremo mai a vivere in pace, senza grandi sconvolgimenti?» chiese.
Sesshomaru la osservò in silenzio per un istante, arrivando addirittura a smettere di camminare, poi si oscurò in volto.
«Vista la quantità di nemici che posseggo, non credo.» ammise infine. Anna lo guardò a bocca aperta, quindi assunse un’aria arrabbiata e si mise le mani sui fianchi.
«Oh, è così?!- sbottò- Ebbene, caro il mio Signore dei Demoni, questo non era nei patti. Mi costringi a pensare seriamente a trovarmi un altro uomo, e…»
«Non ti biasimerei se lo facessi.- disse Sesshomaru, cupo, interrompendola- Ma non credo che riuscirei a resistere dal dilaniarlo con i miei artigli.» Si zittì quando Anna lo abbracciò, guardandolo poi negli occhi.
«Stavo scherzando.- mormorò lei- Non desidero nessun altro che te. E sono pronta ad attraversare l’inferno mille volte, se tu sarai dall’altra parte ad aspettarmi.»
«Potrebbe accadere di nuovo.» mormorò lui, al contempo stringendola a sé. Anna scosse la testa.
«Te l’ho già detto.- gli sussurrò all’orecchio- Solo tu puoi allontanarmi da te.»
«Non lo farò mai più.» promise Sesshomaru, affondando il viso nei capelli d’oro di lei.
«Ma se lo farai, io non ti darò tregua. Ti inseguirò fino in capo al mondo.» aggiunse lei, con voce d’acciaio. Sesshomaru si scostò e la guardò in volto. Le sue labbra si stirarono in un sorrisetto sarcastico.
«Ci conto, Signora dell’Ovest.» disse, facendola ridere. La risata di lei fu presto soffocata dalle labbra di Sesshomaru, che scesero a prendere possesso delle sue.


FINE

Author's note: E' finitaaaaaaaa!!! Anche questa (dis)avventura di Sesshomaru e Anna è giunta al termine! Grazie a tutti voi che l'avete seguita con tanta passione e che sul finire mi avete messa in difficoltà sciorinandomi ipotesi di finale del tutto plausibili (come rispondervi senza rivelarvi come sarebbe andata a finire?! XDDD)! Grazie davvero a tutti voi! Vania non vi abbandona, in ogni caso. Un po' di pausa per la saga ufficiale, che avrà un seguito :D , per addentrarci nel magico regno di DOOMEI-L'ALLEANZA, la mia prossima AU di Inuyasha...o dovrei dire di Cuore di Demone?! XDD Proprio così! Tutto ricomincia in un nuovo contesto! Ci sarà anche quel disgraziato di Naraku! Non abbandonatemi, mi raccomando!

 

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