Phoenix - Rinascere dalle ceneri

di InstantDayDream
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Crisi ***
Capitolo 2: *** We were so beautiful ***
Capitolo 3: *** Play Dead ***
Capitolo 4: *** Justice ***
Capitolo 5: *** Wake Up ***
Capitolo 6: *** From Paris with Love ***



Capitolo 1
*** Crisi ***




1. Crisi.


Odiavo l'ultimo lunedì del mese. Tanto per incominciare segnava l'inesorabile fine di altri 30 giorni e mi ricordava di quanto il tempo scorresse veloce e, per concludere, era il giorno di paga. Il fatto che la gente normale aspetti con ansia il giorno in cui riceve lo stipendio non mi tangeva particolarmente. Per quanto mi riguardava potevo anche restare lì a dormire, campando dei piatti offerti dalla ditta Stark ai suoi dipendenti, piuttosto di dover ritirare quel maledetto assegno. Il motivo per cui temevo tanto quel giorno in realtà aveva un nome, un cognome ed un ruolo preciso nella mia vita: il mio datore di lavoro, Tony Stark.
Aspettandolo guardavo fuori dalla grandissima finestra del mio ufficio, mordicchiando un lapis, mentre cercavo di trovare la mia pace interiore, per evitarmi di saltare al collo di Tony e strangolarlo, cosa che mi ero ripromessa di fare da ben tre anni, ovvero il giorno in cui avevo cominciato a lavorare in quel posto. L'unica cosa che poteva spingere la ditta Stark ad assumere un ingegnere nucleare neo-laureato era il fatto che le Stark Industries stavano andando a rotoli. Vi ricordate lo splendido, affascinante, geniale Tony Stark, grazie al quale si era riportata la pace nel mondo? Ecco, scordatevelo. Da oramai cinque anni Tony lo riuscivano a vedere ben pochi eletti, non aveva più utilizzato l'armatura di Iron Man ed era diventato uno sciatto ubriacone, o almeno così la vedevo io. Ovviamente la ditta era tornata a produrre armi, come un tempo, solo che gli Stati Uniti d'America non erano più molto contenti di spendere miliardi di dollari in armi prodotte da chi aveva promesso di mantenere il mondo pacificato, facendogli risparmiare così una marea di soldi.
La porta si aprì e io trasalii. Me la presi con assoluta e totale calma, prima di girarmi, e trovare Tony davanti a me. Aveva indosso dei pantaloni della tuta ed una maglia bianca con una macchia giallastra sul petto, che mi fece sospettare che si fosse addormentato di nuovo con la bottiglia di whiskey in mano. Non appena aprì la bocca per parlare il suo alito me ne diede conferma.
«Signorina...mi hanno detto che era ansiosa di vedermi»
«Come sempre Tony» risposi, laconicamente.
Avevo l'ingrato compito di dovergli spiegare che era nei guai fino al collo. La ditta stava cadendo a pezzi e presto non avremmo avuto più soldi per pagare i dipendenti. Ne avevo dovuti licenziare 30 in una settimana. Essere l'amministratore delegato delle Stark Industries, in quel momento, era un suicidio. Maledicevo ancora il giorno in cui avevo fabbricato un nuovo cuore per Tony, risintetizzando quel nuovo elemento -non senza l'aiuto di Jarvis- quando in un momento di follia aveva deciso di lasciarsi morire. Il mio premio era stato quell'immenso inferno che era il mio lavoro in quel momento.
«Mi hanno detto che non vuoi essere pagata» disse, mettendosi a sedere sulla mia scrivania e facendo così cadere il mio portapenne.
«Con lo stipendio che mi dai paghi quattro dipendenti. E ne ho già dovuti licenziare molti in settimana. Non preoccuparti per loro» aggiunsi in fretta, in un finto tono di comprensione «Sono stati molto felici di essere assunti dalla Shield, al doppio di quanto li pagavamo noi»
Tony pareva non seguirmi nemmeno, non ero nemmeno certa che mi stesse ascoltando. Probabilmente no, perchè nemmeno lui poteva ignorare che stavamo andando a picco in stile di Titanic e le nostre probabilità di salvezza erano le stesse di un clandestino che si era nascosto nella zona motori.
«Tony?»
Non ottenni alcuna reazione da parte sua, che aveva cominciato a giocare con delle graffette, come se fossero la cosa più divertente del mondo. Sbuffai: a volte sapeva essere davvero impossibile. Potevo mollare tutto, volendo. La Shield, acerrima rivale delle Stark Industries e principale responsabile del loro crollo, aveva chiesto anche a me di andare da loro, sempre per il doppio del mio attuale prezzo, si intende. Cosa mi impediva di andarmene? Assolutamente niente.
«Sai la Shield ha chiesto anche a me di passare da loro...»
«E tu non lo farai» rispose lui, dando ancora una volta per scontata la mia fedeltà. «Lo farò eccome, a meno che tu non mi dimostri che hai seriamente intenzione di metterti a lavorare per questo posto!» non mi ero nemmeno accorta di essere scattata in piedi mentre parlavo, dalla furia con cui mi lasciavo uscire quelle parole dalle labbra.
«Non c'è più niente che io possa fare, per questo ho assunto te, ricordi Crys?» «No, non ci provare Tony! Mi hai dato questo perchè dicevi di preferire il lavoro da laboratorio che quello dietro ad una scrivania! Ma adesso è arrivato il momento in cui tu rimetta in piedi l'azienda, io ho fatto il possibile»
«Il tuo Chaos è stato molto ben accolto, mi pare»
Scossi il capo. Il Chaos era un missile di nuova generazione che avevo inventato e brevettato io, ma non era sufficiente a rialzare la Stark.
«I costi di produzione del Chaos sono più di quanto possiamo permetterci, ho dovuto ritirarlo dal mercato. Tony...tu hai dichiarato di non voler più usare questo posto per produrre armi, ricordi? Grazie ad Iron Man eri riuscito a portare questo mondo nel più lungo periodo di pace di sempre....perchè non provi a tornare a quel punto?»
«Tu non capisci...» mi guardò in un modo che, se non fossi stata realmente disperata, mi avrebbe fatto sentire una fitta al cuore tremenda e mi sarei probabilmente trovata abbracciata alle sua ginocchia, implorandolo di perdonare quel mio gesto totalmente avventato e privo di tatto. Ma ora come ora ero più che pronta ad usare l'artiglieria pesante con lui.
«Io capisco benissimo! Ho passato più sere di quante potessi sopportare ad assisterti da ubriaco mentre raccontavi tutta la tua disperazione. Adesso basta, è arrivato il momento che tu te ne faccia una ragione. Pepper è morta e non puoi fare niente per cambiare tutto questo, siamo stati indulgenti con te, ma siamo giunti al punto in cui o decidi di andare avanti o di mollare tutto. Aspettiamo solo una tua decisione»
Sapevo di essere stata brutale e sapevo che lui non si sarebbe mosso da quella stanza, motivo per cui aggirai la scrivania per essere io stessa ad uscire. Con buone probabilità era l'ultima volta che mettevo piede là dentro, perchè Tony mi avrebbe sicuramente licenziato ed io sarei stata assunta alla Shield, portando con me il brevetto del Chaos. L'idea non mi esaltava nemmeno un po'. La verità era che io avevo provato con tutta me stessa a salvare Tony Stark, ma avevo fallito, come tutti i suoi amici del resto.
«Dove stai andando?» mi chiese, un secondo prima che mettessi il naso fuori dalla porta.
«A casa» risposi, quasi senza girarmi.
«Mia»
«Tua cosa?» Ero spazientita, stava ricominciando a farneticare.
«Casa mia, dobbiamo lavorare per trovare una soluzione a tutto questo»
Lo guardai stupita. Forse era un po' troppo presto per mettere la parola "fallimento" sulla parte del mio curriculum che riguardava Tony Stark.

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Capitolo 2
*** We were so beautiful ***




2. We were so beautiful


Casa di Tony mi aveva sempre messo un po' di ansia. Un tempo era stata una casa meravigliosa, ma questo era successo molto tempo prima che io cominciassi a lavorare per lui. Oramai assomigliava di più ad un mucchio di rovine abbandonate, che ricordavano un glorioso passato abbandonato da tempo. Entrai nel salone, la cui immensa finestra era stata oscurata, ed era ora illuminata solo da una lampada posta in un angolo. Avevo sempre visto la stanza in quelle condizioni, quindi non fu il buio a sorprendermi, ma la quantità di bottiglie che erano sparse in giro. Arricciai il naso, in segno di disapprovazione: piuttosto che una casa sembrava il magazzino di una distilleria, quello.
«Non fare quella faccia Crys, ricordati perchè siamo qui»
«È l'unica cosa che mi sta impedendo di chiamare la disinfestazione, credimi»
Tony scoppiò a ridere e si avviò al piano di sotto, io lo seguii decidendo che era meglio fargli notare che ero perfettamente seria, per non incominciare un'altra delle nostre famose litigate. Ci voleva cooperazione in quel momento. Tony digitò la password nel pannello del seminterrato e vi entrammo. Quel posto era sempre stato il suo regno, adesso lo era diventato ancora di più. L'auto d'epoca che teneva lì dentro era diventata il suo letto, o magari una di quelle da corsa, in base al suo stato di ubriachezza, e vi erano pannelli del computer aperti dappertutto. Jarvis era l'unico con cui parlasse sempre oramai, il suo lavoro risultava aumentato esponenzialmente.
«Bentorato signore» la familiare voce leggermente metallica dell'apparecchio mi fece sorridere. Non la sentivo da un po'. «Salve Jarvis, la signorina Crys è tornata a trovarci» rispose Tony. «Ciao Jarvis» «Ci sono cattive notizie, vero signorina?»
Sogghignai lanciando a Tony un'occhiata che la diceva lunga: il suo computer pareva essere più sveglio di lui negli affari. Ero piuttosto certa che, se non avesse avuto bisogno d me per non chiudere direttamente l'azienda del padre, mi avrebbe volentieri fatto fuori. Ero sempre stata troppo pragmatica per i suoi gusti e, anche se avevo sopportato - e supportato aggiungerei- tutte le sue peggiori crisi depressive, non mi ero mai fatta troppi problemi a sbattergli in faccia la dura realtà, non appena si era calmato. In quel momento io per lui ero più un problema che altro: l'unico motivo per cui mi aveva portata fin lì era che sperava di risolvere il tutto il prima possibile e di tornare poi alla sua vita.
«Jarvis, ho bisogno che tu mi apra la contabilità dell'ultimo anno e mezzo» chiesi
«Sarà fatto signorina»
«Ma sei pazza? Sai quanto ci vorrà a controllarla tutta?»
«Non troppo Tony, credimi»
Jarvis aprì un paio di schermate, che ingrandii con i polpastrelli. Per aver usato così spesso quella tecnologia tanto avanzata, ero estremamente titubante. Avevo sempre paura di danneggaire qualcosa, e, considerando che la maggior parte delle volte il massimo della compagnia che avevo era Tony ubriaco, direi che era più che giustificata come cosa. Scorsi rapidamente tra le varie cifre, evidenziando con le dita i costi di produzione e i guadagni effettuati, detraendo poi ciò che veniva dato per gli stipendi. Sapevo che Tony leggeva ciò che sottolineavo e sapevo che aveva capito perfettamente qual era il bilancio generale dell'annata: deficit di 3 milioni di dollari. Lasciai che metabolizzasse un po' il concetto da solo, prima di chiedere a Jarvis di aprirmi i bilanci di sei anni prima. Stavolta le schermate furono molteplici, ma io selezionai solo una scritta: Iron Man. Tutte le spese in quell'anno erano state fatte per l'armatura di Tony, ma i guadagni che ci erano stati erano stati tali che avevano permesso, non solo di ammortizzarle, ma addirittura di guadagnarci quasi il doppio. Mi allontanai dalle schermate, lasciando che traesse da solo le sue conclusioni, e mi appoggiai contro la scrivania, attendendo che mi dicesse qualcosa. Osservai Tony attentamente in quei minuti, ricordandomi di tutte quelle volte che l'avevo visto apparire in tv e mi era apparso invincibile. Avevo scelto il mio corso di studi proprio nella speranza di poter lavorare con lui un giorno, era il mio idolo. Lui non lo sapeva, ma era addirittura stato l'argomento della mia tesi di laurea. E adesso lo osservavo lì, perfettamente a portata di mano. Qualche tempo avrei dato di tutto per essere in quella posizione ma, ad ora, mi ero resa conto che l'uomo che avevo idolatrato per tanto tempo era un comunissimo essere umano e, come tutti gli esseri umani crollava a volte.
«Credo di aver trovato una soluzione...» disse improvvisamente, catturando la mia attenzione
«Sapevo che avresti capito Tony! Devi tornare ad essere Iron Man...questo risolverebbe tutto. Certo, molti politici si sono espressi con una certa ostilità in tuo favore, ma sono sicura che saranno pronti a baciare il suolo dove cammini non appe....» mi fermò con un brusco cenno della mano.
«Non ho intenzione di tornare ad essere Iron Man»
«E allora cosa vuoi fare?» mi aveva completamente spiazzata, come suo solito.
«Chiudere»
Lo fissai con espressione sconvolta per circa quindici minuti, senza esagerare. Dovevo aver capito male, tutto questo non poteva capitare proprio a me, proprio ora. Capii che la chiusura delle Stark mi avrebbe tagliato fuori dall'universo di Tony,ma, ancora peggio, lo avrebbe rinchiuso ancora di più nel suo mondo di alcol ed autodistruzione. Non potevo permetterlo in alcun modo.
«È tutto uno scherzo, vero?»
«Al contrario, Crys, domani convocheremo una conferenza stampa in cui dichiareremo la chiusura delle Stark Industries. Hai detto che la Shield ti ha già offerto un contratto, no? Sappi che sarai la benvenuta qui ogni volta che vorrai, in ogni caso.»
«Tu convocherai una conferenza stampa e tu dichiarerai la chiusura delle tue industrie, io non ho intenzione di sembrare d'accordo con questa tua follia!» esclamai, alzando anche la voce. «Il mio lavoro per lei finisce qui, signor Stark. Jarvis, prenotati un volo per Boston, immediatamente.» Sì, me ne sarei tornata a casa, lontano dalle Stark Industries, lontano dalla Shield e da quel mondo che mi aveva assorbito fin troppo tempo.
«Jarvis non lo fare!» esclamò Tony, prevedibilmente. Mi dava contro per il puro gusto di non volermi dare ragione. Non lo sopportavo quando faceva così. «Temo di averlo già fatto signore»
Io e Tony ci guardammo negli occhi per degli interminabili istanti. Se avessimo potuto fulminarci con lo sguardo, in quel momento saremmo morti entrambi, poco ma sicuro. Potevamo tranquillamente capire cosa stavamo pensando a vicenda, visto che erano esattamente le stesse cose.
«Ottimo! Jarvis pagalo dalla mio conto, il viaggio di ritorno glielo pago come liquidazione!»
Nemmeno risposi a quell'ennesima provocazione, uscii semplicemente dal seminterrato, diretta all'aereoporto. Quella era l'ultima volta che avrei mai avuto un qualsivoglia rapporto con lui, ne ero consapevole.

Ero a casa da due giorni, quando mia madre mi venne a tirare già forzatamente dal letto, dicendomi che i giornalisti assediavano casa. Se era quella la tecnica di Tony di vendicarsi non aveva capito niente. Potevo perdonargli tutto, tranne che tirasse la mia famiglia nel mezzo a tutto quello. Aprii la porta intontita, ancora col pigiama addosso, solo per urlare ai giornalisti che non avrei lasciato alcuna dichiarazione. Stavo giusto per sbattergli la porta in faccia, quando una giornalista bionda, con cui Tony era andato a letto molto tempo fa, e che faceva solo servizi su di lui da allora, mi trattenne per un braccio in modo piuttosto brusco.
«Capiamo il suo dolore, signorina Keats, ma non può dirci se ha notato qualcosa di strano negli ultimi giorni, prima che Tony decidesse di suicidarsi?»
Lui....cosa? Lo avevo lasciato che voleva chiudere l'azienda non che si volesse togliere la vita. Ma forse quello era proprio il suo fine ultimo, quello a cui voleva arrivare con la chiusura delle Stark. Mi sentii una stupida per non averlo capito. Alla fine, per quanto non rientrasse in alcun modo tra i miei compiti, ero stata talmente tanto a lungo al fianco di Tony in un periodo così difficile della sua vita che avevo imparato a conoscerlo a fondo. Avrei dovuto capirlo, non sarei mai dovuta tornare a Boston, magari sarei riuscita ad evitare tutto quello.
«Io non...» volevo ribadire che non avrei lasciato alcuna dichiarazione.
«È consapevole che ha lasciato le Stark Industries a lei?» continuò la bionda, insistendo. Lui cosa? Mi aveva lasciato tre milioni di dollari di debiti in eredità? Sapeva che non avrei mai accettato di chiuderle ma che, piuttosto, sarei affondata con loro. Era riuscito a trovare un modo per incastrarmi anche da morto. Tipico di Tony, non mi potevo aspettare altro da lui. Sentii il suono della tv che mia madre aveva acceso dentro casa: il telegiornale annunciava la morte del miliardario Tony Stark.
«Come ho già detto, non sono intenzionata a rilasciare alcuna dichiarazione»
mi chiusi la porta alle spalle prima che qualcun altro mi importunasse. Appoggiai la schiena contro lo stipite e socchiusi gli occhi. Stupido, stupido, stupido Tony, cosa hai fatto? Tirai un pugno contro il muro, furiosa. Non potevo ancora credere a tutto quello, era impossibile. Non so quanto tempo rimasi ferma lì a fare mille congetture, ricordo i miei familiari che provavano a smuovermi a turni, ma io li allontanavo. L'unica cosa che mi riportò alla realtà fu il suono del telefono. Una suoneria personalizzata che mi faceva scattare automaticamente l'impulso di rispondere, indipendentemente dalla situazione. Afferrai il telefono e solo quando lessi sul display chi mi chiamava capii che c'era qualcosa che non andava. Quello era un numero che non avrebbe dovuto cercarmi mai più. Se Tony era morto, perchè in quell'istante mi stava chiamando?

Grazie mille a Silvia_sic1995 per la recensione :) Mi fa piacere che l'inizio della storia ti piaccia! Spero che anche il seguito ti appassioni altrettanto, mi auguro di non deluderti ;)
Per il prossimo capitolo....si va a dopo Pasqua che l'autrice parte per una vacanzina a Berlino!
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Capitolo 3
*** Play Dead ***




3. Play Dead


Mentre salivo i pochi gradini che mi separavano dal punto in cui avrei dovuto pronunciare il mio discorso, al funerale di Tony, sapevo che tutti mi stavano guardando. Si chiedevano cosa avrebbe detto la nuova presidente delle Stark Industries. La bionda che mi aveva dato la notizia del suicidio di Tony stava già prendendo appunti, prima ancora che cominciassi a parlare. Guardai la gente davanti a me attraverso le lenti scure degli occhiali da sole, la cui parte destra era parzialmente coperta dalla velina che portavo in testa, in segno di lutto. Vidi dei flash muoversi nella mia direzione e percepivo quasi il movimento delle telecamere verso di me.
«Come ricordare Tony Stark?» cominciai, ma la mia voce si incrinò. Feci un respiro profondo, notando alcune delle persone davanti a me che mi guardavano comprensive, altre scettiche. Dopo quella breve pausa ricominciai.
«Ci potrebbero essere molti modi in cui ricordarlo. Qualcuno ha già accennato al geniale ragazzino che ha dimostrato a tutto il MIT chi sarebbe diventato, altri hanno ricordato il suo rapimento in guerra, altri ancora hanno lodato le brillanti innovazioni delle armi della sua industria...ma nessuno ha detto la cosa più ovvia. Tony è stato Iron Man.»
Un brusio si levò dalla folla quando dissi quelle parole, la maggior parte dei presenti non aveva alcun piacere nel sentirsi ricordare l'eroe che li aveva abbandonati, nessuno credeva che fosse opportuno tirare fuori l'unica parte fosca della vita di Tony proprio al suo funerale, ma io continuai.
«Tony era Iron Man non solo perchè portava quell'armatura, ma perchè in quel modo diventava la reincarnazione perfetta dei suoi ideali. Lui credeva davvero che ci sarebbe potuto essere un mondo migliore, ha provato più di chiunque altro a renderlo tale. Eppure la gente lo ha dimenticato. Adesso siete tutti qui, ad asciugarvi finte lacrime, ricordandovi a vicenda che era stato un grande, perchè è questo che si fa ai funerali. Nessuno di voi gli ha mai perdonato di avervi abbandonato, dopo che vi aveva reso la vita migliore. Tony aveva creduto nelle sue idee perchè accanto a lui aveva una persona che aveva reso la sua vita degna di essere vissuta, ma questa persona gli è stata portata via da un ubriaco che guidava troppo veloce nella notte californiana. Ricordate il sentimento di abbandono che avete sentito quando Iron Man vi ha abbandonato? È lo stesso sentimento che ha provato Tony da quel giorno. Potete provare a capirlo adesso? Io voglio ricordare il Tony che ho conosciuto di persona, quello che molti di voi criticavano e deridevano, ignorando cosa gli accadesse veramente. Voglio ricordare quel Tony che ha aperto le porte ad una ragazzina appena laureata e le ha dato in mano tutte le carte per giocare una partita vincente, con il suo prezioso aiuto. Quello stesso Tony che gioiva con me dei miei successi e mi rimproverava dei miei sbagli. Oggi io piango l'uomo che mi ha cresciuto per essere la sua degna erede e che, per me, è stato molto più di un capo: è stato un vero e sincero amico, che ho imparato a conoscere e a stimare molto di più di quanto non facessi il giorno in cui un'ingenua ragazzina consegnò una tesi di laurea dal titolo: "Anthony Stark - l'uomo del futuro" . E il Tony che mi mancherà di più non sarà mai il grande imprenditore Stark, ma quello che ho avuto il privilegio di conoscere ed apprezzare per quello che era»
Mi allontanai in fretta dal microfono, passando accanto al feretro che sfiorai con una mano, mentre mi sedevo al mio posto. Accompagnammo la bara al cimitero e attendemmo che fosse interrata. Mi congedai quindi dal colonnello Rhodes per ritornare a casa di Tony, che avevo ereditato insieme a tutto il resto. Quando aprii la porta trovai la tv in salotto accesa, mentre il telegiornale di mezzogiorno mandava in onda il mio discorso. Sospirai, non volevo rivedermi nè tantomeno risentire ciò che avevo appena detto e, inoltre, da lì a due ore avevo una conferenza stampa a cui presentarmi.
«Sei stata convincente, ho quasi creduto che pensassi davvero quelle cose» osservò una voce maschile.
Tony era seduto sul divano, in jeans e maglietta, a guardare i servizi sul suo funerale: megalomane come sempre. Non appena avevo risposto alla chiamata, a Boston, la voce di Jarvis mi aveva detto di tornare immediatamente a Malibù perchè ero l'unica che poteva gestire il putiferio che s era appena creato. Sentendomi una sciocca per aver sperato che le notizie al telegiornale fossero solo uno scherzo di pessimo gusto, presi il primo aereo per Malibù con il cuore in gola. Una volta arrivata a casa, trovai ad aspettarmi un Tony sorridente ed in perfetta salute. Dopo un iniziale momento di euforia, in cui gli avevo gettato le braccia al collo in lacrime, ringraziando almeno otto divinità diverse che fosse vivo, cominciai a farmi delle domande. In breve il piano per risollevare le industire Stark mi fu illustrato dal loro vero proprietario: dato che Iron Man era l'unica cosa che potesse salvarle, ma la gente non era pronta ad accogliere il suo ritorno, anzi, aveva inscenato la sua morte, in modo che potesse tornare ad essere Iron Man senza essere però Tony Stark. Era certo che l'armatura, se guidata da qualche altro, sarebbe stata accolta a meraviglia. Io dovevo solo gestire tutto da dietro le quinte, anche se, legalmente, ero davvero la proprietaria di tutto. Per essere una che si era appena licenziata, avevo fatto degli enormi passi avanti.
«Le pensavo davvero. Ho solo tralasciato di dire cosa pensavo del whiskey, della tua mancanza di igiene, dello stare sveglia a farti vomitare per intere nottate e delle infinite proposte indecenti ricevute quando eri troppo ubriaco per ricordarti persino come ti chiamavi.» risposi laconica, buttandomi accanto a lui sul divano. Mi tolsi le scarpe con un sospiro di sollievo: ero stata sui tacchi più di quanto potessi tollerare e, per la conferenza stampa, avrei dovuto metterli di nuovo. Non ce la potevo fare. Dopo un lungo silenzio, farcito solo dalla voce della cronista che, sulla falsa riga del mio epitaffio, inivtava la gente a ricordare Tony come un uomo che meritava di essere amato, il diretto interessato mi sfilò la velina dai capelli.
«Ridammela, mi serve per mostrarmi in lutto alla conferenza»
«Non questa» osservò, tirandola in un cestino «ma questa!» ne tirò fuori una esattamente uguale alla precedente. Lo guardai sconcertata: se aveva bevuto di nuovo lo avrei ucciso con le mie stesse mani.
«Ho installato una microtelecamera e dei microfoni nella decorazione di piume. Così potrò essere aggiornato in diretta su tutto quello che farai.»
«Ti interessa così tanto la conferenza stampa?» domandai, prendendo però la velina modificata e rimettendomela in testa.
«No. Tu porterai sempre quella cosa, per ricordare da che tragedia deriva il tuo potere ed io...sarò sempre al corrente di tutto quello che succede. Ci farà giocare di anticipo»
Io credevo che fosse una cosa stupida, tuttavia il decoroso rispetto con cui sembrava ossequiassi il mio predecessore con quel semplice gesto, fu già da solo un motivo più che sufficiente per far accreditare la mia figura agli occhi dell'opinione pubblica. Tony aveva ricominciato a fare affari, le cose non potevano che migliorare.

Odiavo le conferenze stampa per degli ottimi motivi, in primis le moltitudini di flash che ferivano gli occhi in ogni secondo, facendomi perdere la concentrazione su ciò che stavo dicendo. Sarebbe stata dura, se non fosse stato per gli occhiali da sole, che mi ero lasciata con la scusa che ero ancora emotivamente molto instabile. Fortunatamente lo strazio era quasi finito.
«Signorina Keats, che tipo di relazione aveva lei con Tony Stark?»
Io quella bionda l'avrei uccisa prima o poi. Era dall'inizio della conferenza che faceva domande allusive ad un possibile rapporto personale tra me e Tony. Una parte di me era convinta che prima o poi mi avrebbe domandato se ci andavo a letto.
«Come ho già detto al funerale per me Tony è stato un preziosissimo amico, che mi ha guidato nella crescita professionale più di ogni altra persona» risposi con calma forzata.
«Ha idea del perchè è stata prescelta come erede universale?» insistette.
«Perchè - se mi permette- sono uno degli ingegneri nucleari migliori del mondo, con cui ha collaborato molto strettamente. Professionalmente parlando è come se io fossi sua figlia. Ha presente Augusto, il grande imperatore romano? Ecco, lui non aveva successori al trono, quindi prese Tiberio, un giovanotto in gamba e gli insegnò ad essere imperatore. Tony ha fatto lo stesso con me. Se non ci sono più domande credo sia giunto il momento di chiudere.»
«Io ho una domanda»
Alzai lo sguardo per incrociarlo con quello di Ben Shield, figlio del più noto Leonard Shield, e futuro proprietario dell'impero delle Shield Industries, che ci avevano ridotto sul lastrico. Conoscevo fin troppo bene il soggetto in questione, eravamo stati compagni di College, quindi sapevo che dietro quella sua apparenza innocente da bravo ragazzo, si stava preparando ad un attacco in piena regola.
«Prego signor Shield» dissi stancamente, facendo un gesto con la mano che invitava a parlare in fretta.
«Venderebbe l'armatura di Iron Man alle nostre industrie per otto milioni di dollari?» domandò, con un sorriso smagliante.
Diventai di tutti i colori prima di trovare il coraggio di rispondere. Avevo voglia di polverizzarlo: rimpiansi in quel momento di non avere io l'armatura di Iron Man, per farlo sparire dalla faccia della terra.
«Se fosse un uomo d'affari serio, signor Shield, saprebbe che certe cose si trattano in altri luoghi. Ma, se è della pubblicità che vuole, mi faccia essere franca con lei: vendere quell'armatura sarebbe come vendere Tony stesso. Esattamente come ha creato un'erede per le sue industrie, ha lasciato anche un'erede per il suo ruolo di Iron Man, che resta una prerogativa delle Stark Industries».
Mi alzai di scatto, prima che qualcun altro avesse il tempo di farmi un'altra domanda o indagare oltre sul nuovo Iron Man. Ero pronta a scommettere che tutti credevano che fosse il colonnello Rhodes, ma avevamo pensato anche a questo: la prima apparizione sarebbe avvenuta alla presenza del colonnello, in modo che ogni dubbio a riguardo fosse risolto.
Arrivai a casa che era buio. Il sole non era tramontato da molto e aleggiava ancora il famoso caldo di Malibù nell'aria. Mi tolsi la giacca del tailleur nero che indossavo ed uscii sulla terrazza, dove fui raggiunta da Tony, dopo poco tempo. Gli scoccai un'occhiata malevola notando il bicchiere che recava in mano, ma non dissi niente, non ne avevo la forza.
«Vista la giornata che hai appena avuto, ti ho preparato un drink.» disse porgendomi il bicchiere «tranquilla, è solo limonata!» aggiunse con un sorriso, incrociando il mio sguardo.
Presi il bicchiere e ne bevvi un sorso, sospettosa. Una volta appurato che non vi era niente di alcolico dentro, ma solo ghiaccio e succo di limone, sorrisi a mia volta. Ci appoggiammo contro il basso muretto che circondava la terrazza e restammo in silenzio, io troppo esausta per parlare, lui perchè, probabilmente non voleva infastidirmi. Nell'aria c'era una specie di tensione, la stessa che avvertivo ogni volta che Tony voleva domandarmi qualcosa ma non ne aveva il coraggio.
«Ti sono grato per tutto quello che stai facendo, Crys»
Ecco il preambolo per ammansirmi, prima di farmi la domanda spinosa.
«Arriva dritto al punto» gli dissi, troncando il suo panegirico nei miei confronti in un secondo.
«Perchè lo fai?»
Sospirai. Era un'ottima domanda. Sapevo che invece di collaborare al piano avrei potuto costringerlo a dichiarare che aveva finto tutto, facendolo affondare definitivamente, ed eliminando un sacco di preoccupazioni dalla mia vita, ma sapevo che se lo avessi fatto non me lo sarei mai perdonato.
«Perchè ti voglio bene Tony e le persone che si vogliono bene si aiutano...» il rumore di una porta che veniva chiusa mi fece troncare a mezzo il mio discorso. Un brivido di puro panico mi percorse la schiena, mentre vidi una sagoma dirigersi verso la porta finestra che conduceva esattamente dove eravamo noi. Cercai lo sguardo di Tony, ma lui non c'era più. Scorsi le sue mani che si reggevano al muretto giusto in tempo per coprirle con la mia schiena, prima che Ben Shield si presentasse davanti a me.
«Come diamine sei entrato?» domandai, spalancando gli occhi. Era l'ultima persona che mi sarei aspettata di vedere lì e l'ultima che ci sarebbe dovuta essere.
«Avevi lasciato la porta aperta» rispose semplicemente, stringendosi nelle spalle.
Che idiota che ero stata.
«Bene, come l'hai usata per entrare puoi usarla per uscire» dissi, secca, indicandogli anche la via con la mano, qualora non gli fosse stata abbastanza chiara.
«Devo chiederti di considerare un'altra offerta, in privato, come hai suggerito tu stessa» il suo sorriso brillò per un attimo «Io credo che tra le nostre industrie ci dovrebbe essere una join venture. Così tu risolleveresti i debiti delle Stark e noi avremmo Iron Man, tutti sarebbero felici e non ci sarebbero competizioni»
«Piuttosto do fuoco alle Stark e mi impicco dopo il rogo»
Si avvicino verso di me, con un sorrisetto che non prometteva nulla di buono. Lo guardai malevola. Avrei voluto allontanarmi, scappare, ma non potevo, o avrebbe visto le mani di Tony. Mi limitai a fissarlo con profondo disgusto.
«Ti ho già detto che dovresti essere più femminile vero Crys? È il motivo per cui tra di noi non ha funzionato» sussurrò, ad un centimetro dal mio viso.
«Tra noi non ha funzionato perchè tu sei un porco megalomane» dovetti usare tutta la mia concentrazione per non sputargli in faccia.
«Non dicevi così però, quando ti intrappolavo sotto di me a letto...»
Adesso aveva oltrepassato il limite. Con un movimento repentino gli piantai un tacco a spillo nel piede, con tutta la forza che avevo. Anche se non era molta, il gemito che uscì dalle sue labbra mi fece capire che era comunque abbastanza.
«E adesso vattene, prima che chiami la polizia»
«Come vuoi tu, cherie, ma se dovessi ripensarci -e ci ripenserai- sai dove trovarmi»
Non appena se ne fu andato via, Tony si issò nuovamente sulla terrazza. Mi osservo per dieci minuti buoni, massaggiandosi le braccia doloranti. Non c'era bisogno di essere telepatici per capire cosa stesse pensando ed io non avevo la forza di affrontare quel discorso, in alcun modo. Era lui quello che mi raccontava ogni minimo dettagli della sua vita privata in preda a crisi depressive dovute a terribili post sbornia, non io, e l'argomento Ben era decisamente privato.
«È una mia impressione o quello che è appena entrato era...» cominciò
«Ben Shield sì» conclusi per lui.
«Figlio di....»
«Leonard Shield»
«Proprietario delle industrie che ci hanno ridotto sul lastrico?»
Annuii.
«E quando avevi intenzione di dirmi che siete stati insieme?»
«Mai. Ci siamo lasciati per colpa tua, non hai niente da temere sulla mia fedeltà»
«Che vorrebbe dire che...»
Ma prima che potesse finire la frase io ero già rientrata, lasciandolo lì, con in mano la mia limonata e probabilmente in testa un'idea del tutto sbagliata su ciò che avevo voluto dire. Forse, tempo addietro, sarebbe diventata una questione di principio per me, che lui non riconoscesse la mia fedeltà; ora io avevo il suo impero sulle mie spalle e sia io che Tony, sapevamo che lui non aveva altra scelta se non quella di fidarsi ciecamente di me, con tutti i miei scheletri nell'armadio.

Come sempre, grazie a Silvia_sic1995 per la recensione! Mi spiace di averti fatta asepttare tanto, ma spero che ne sia comunque valsa la pena :)
Grazie anche a chi ha aggiunto questa storia tra le seguite, o chi si è solo soffermato a leggere!
Stavolta sentirete mie news molto prima, prometto!

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Capitolo 4
*** Justice ***




4. Justice
Stark Expo. Non ci avevo mai messo piede prima di quella sera, stranamente. Il palco dove ero in quel momento, poi, ricordavo di averlo visto in tv quando Tony aveva inaugurato il posto. Adesso era stato intitolato "Anthony Stark Memorial", in onore di chi lo aveva costruito. Indubbiamente quell'uomo era il vivente con il maggior numero di onori funebri che fosse mai esistito. Ci sembrava il posto perfetto per l'apparizione del nuovo Iron Man. La gente trepidava, si chiedeva chi sarebbe stato a guidare l'armatura, i giornali già ipotizzavano sul nuovo pilota d'acciaio - come avevano soprannominato l'erede di Tony- e io speravo solo che quello lì dentro fosse un nuovo Tony. Sul palco con me, a presentare il nuovo piano d'azione delle Stark Industries, c'era l'immancabile Colonnello Rhodes. Nonostante le luci, la gente che esultava e il generale clima di divertimento che si percepiva in giro, io e lui eravamo ancora abbigliati a lutto: in fondo erano passate solo un paio di settimane dal funerale di quello che doveva essere uno dei nostri migliori amici. Ogni tanto ci lasciavamo sfuggire qualche sorrisino di circostanza, ma per la maggior parte del tempo davamo l'idea che tutto quello ci ricordasse troppo della recente perdita da noi subita. Se il piano non avesse funzionato e le Stark sarebbero colate a picco, avevamo pur sempre un futuro ad Hollywood su cui contare, poco ma sicuro.
«E adesso» essordì Rhodey «Il momento che tutti stavate aspettando...siamo lieti di presentarvi: Iron Man!»
Applaudimmo con vigore anche noi: sapevamo che la nostra reazione avrebbe conidizionato il pubblico. Quando avrei avuto una casa veramente mia, mi sarei fatta impiantare Jarvis anche io, quel computer è la cosa migliore che un essere umano possa desiderare: ci aveva insegnato lui tutte le norme comportamentali da tenere in pubblico in quella nuova situazione. Alzammo lo sguardo verso l'alto e, con noi, lo fece tutta la gente presente nella platea. Dopo poco vedemmo qualcosa che si avvicinava e, in breve, Iron Man fu tra noi. Avevamo già chiarito che l'identità di chi era nell'armatura non sarebbe stata rivelata, per evitare l'errore commesso da Tony, ma la gente continuava ad urlare di mostrarsi. Fortuna che Tony sapeva come intrattenere una folla, anche senza togliersi quel casco.
Guardandolo mi veniva spontaneo ricordarmi che era la prima volta che vedevo Tony con quell'armatura, lo avevo incontrato troppo tardi, quando le sue grandi imprese erano già finite da tempo. Per la prima volta mi resi conto di quanta fatica potesse costare a Tony, rientrare in quell'armatura: non doveva essere facile per niente, faceva parte di un passato che faceva troppo male rievocare. Una volta, da ubriaco, mi aveva detto che nessuno si era mai interessato al vero Tony, si preoccupavano tutti del signor Stark. L'unica persona che aveva visto oltre i suoi soldi, il suo genio, i suoi doveri era stata Pepper, finchè c'era lei poteva anche accettare di dover mostrarsi un altro agli occhi del mondo. Poi Pepper era morta e lui si era ritrovato con la sua anima messa a nudo davanti a tutti ed era sicuro che non l'avrebbero accettato. Aveva ragione, nessuno aveva accettato il suo dolore e le sue debolezze, al punto che aveva dovuto inscenare la sua morte per poter ritornare a fare ciò che amava di più. Sentii un'improvvisa ondata di comprensione verso Tony, che oramai non sentivo da molto, molto, molto tempo. Alzai nuovamente lo sguardo verso Iron Man e feci un mezzo sorriso, spontaneo stavolta. Ero stata fortunata a conoscere Tony in quelle circostanze, per quanto egoistico fosse questo pensiero.
Del mio egoismo, però, riuscii a preoccuparmene solo per qualche istante, prima che mi accorgessi che Tony si dirigeva verso di me. Cercai Rhodey con lo sguardo, ma lui sembrava smarrito quanto lo ero io. Niente di tutto questo era nei piani. Tony mi porse una mano metallica che io, spiazzata, accettai. Lo guardai con aria interrogativa per qualche istante, finchè non avvertii qualcosa che mi afferrava per la vita. Aveva installato sull'armatura delle specie di ganci, che mi tenevano bloccata contro di questa.
«Mi permetta di darle un passaggio a casa signorina» disse, facendosi sentire appena attraverso l'elmo.
«No, io non credo che sia una buona ide..AAAAAAAAH!» prima che finissi la frase aveva già spiccato il volo.
Mi avvinghiai con le braccia al suo collo, serrando gli occhi. Evitavo di guardare in basso, perchè l'unica volta che lo avevo fatto mi erano saliti i conati di vomito.
«Appena mi ripoggi a terra giuro che ti ammazzo» sussurrai tra i denti.
«Andiamo ti sto offrendo un passaggio di prima qualità! Perchè devi lamentarti sempre di tutto?»
«Ti rispondo a casa....a meno che non vuoi che vomiti sulla tua bella armatura»
Evidentemente le argomentazioni gli sembrarono sufficienti, perchè smise di parlare all'istante. La mia fortuna volle che dalla Expo a casa non c'era molta distanza. Avrei potuto morire congelata, o di paura, se solo avessi dovuto fare dieci miglia in più. Non appena fui libera dalla presa dei ganci, mossi qualche passo barcollante verso la porta del balcone. Rischiai di inciampare sui tacchi un paio di volte, alla terza li tolsi lanciandoli verso Tony, sperano che gli graffiassero la vernice fresca della sua dannata armatura. Feci appena in tempo a raggiungere il bagno che cominciai a vomitare. Tutta la compassione che avevo provato per lui un attimo prima, svanì nel nulla, quasi come se stessi vomitando anche quella.
«Tutto bene?» mi domandò, entrando nel bagno.
Scossi la testa, non allontanandomi di un centimetro dal bordo del water. Fu una saggia decisione, perchè un minuto dopo ero tornata a vomitare.
«Si può sapere cosa ti prende?»
«Io-soffro-di-vertigini-razza-di-idiota!» gracchiai, con la gola che mi bruciava per lo sforzo appena compiuto.
Un'espressione di improvvisa comprensione gli si dipinse sul volto, seguita subito dopo da una di leggera colpevolezza.
«Ma tu prendi l'aereo!»
«Non so se te ne sei accorto, ma viaggiare su un aereo è un filino più sicuro che volare appesi a penzoloni alla pancia della tua armatura!»
«D'accordo un punto per te...ma quindi mi stai dicendo che....stai vomitando dalla paura?»
Annuii, mentre il solo pensiero di quel volo, mi fece ritornare lo stimolo. Mi riavvicinai al water per precauzione, ma non successe niente.
«Posso fare qualcosa per te?» mi domandò
«Un the» borbottai, alzandomi per dirigermi verso il lavandino. A metà strada mi dovette venire a sorreggere Tony, perchè le mie gambe sembravano aver deciso di ballare la tarantella da sole.
«Jarvis!» lo chiamò, mentre mi sciacquavo la bocca col collutorio.
«Signore! Per fortuna che siete tornati....hanno chiamato dal tribunale un paio di ore fa e...»
«Tribunale?» domandammo io e Tony all'unisono.
«Sì. la signorina Crys è stata citata per appropriazione illecita, deve andare a fornire dettagli sulla sua morte, domani mattina»
Guardai Tony con gli occhi sbarrati. Era quasi mezzanotte e ci serviva un avvocato per la mattina successiva. Il piano stava cominciando ad andare a rotoli.

Non ero mai stata in un'aula di tribunale prima. Credevo fosse una cosa abbastanza comune: la maggior parte della gente non viene citata in tribunale e il massimo della loro conoscenza sui processi deriva da Law and Order o dai libri di John Grisham. Avevo appreso solo in tarda nottata i dettagli del processo: a quanto pare, prima che il testamento di Tony fosse aperto, lo stato era sicuro che le Stark Industries sarebbero state lasciate al governo americano, come era nei piani, in effetti, in precedenza. Questo aveva spinto la famiglia Shield a manifestare l'intenzione di rilevare le industrie, saldando tutti i loro debiti. Peccato che poi il notaio avesse comunicato che due giorni prima di morire il signor Stark aveva cambiato idea, e che tutto passava in mano mia. Inutile dire i sospetti che la cosa suscitò e quindi Ben Shield mi aveva citato in tribunale. Anche se l'accusa era di appropriazione illecita, l'avvocato mi aveva fatto capire che probabilmente era stato fatto sospettare anche che io c'entrassi qualcosa nel suicidio di Tony. Se le cose si fossero messe male, lui avrebbe dovuto rivelare tutto. Il piano di cercare una carriera ad Hollywood non era mai stato più vicino all'essere preso seriamente in considerazione.
«Chiamo a testimoniare la signorina Crystal Rebecca Keats» disse il giudice.
Mi alzai, dirigendomi verso il banco dei testimoni. Avevo sempre la velina in testa, anche se Tony non avrebbe potuto seguire il processo: era volato in Grecia quella mattina, dove un gruppo terroristico integralista aveva messo una bomba al parlamento, doveva evitare la strage. Non ero sorpresa che il bisogno di Iron Man si fosse fatto sentire dodici ore dopo il suo ritorno, ma avrei dato qualunque cosa per saperlo accanto a me in quel momento.
«Signorina Keats» cominciò l'accusa «lei era consapevole del lascito del signor Stark?»
«Assolutamente no»
«Non le aveva mai fatto capire niente in nessun momento del periodo che avete passato a lavorare assieme?»
«No, mai.»
«Quindi non saprebbe dire cosa lo ha spinto a cambiare il testamento quarantott'ore prima di morire?»
«Me lo sono chiesto, per un istante, ma poi ho preferito chiedermi cosa lo avesse portato a morire»
«Quindi lei ignorava i propositi suicidi del signor Stark?»
«Obiezione vostro onore!» esclamò il mio avvocato «L'accusa sta facendo allusioni al fatto che la mia cliente sia coinvolta nella morte del signor Stark. È diffamazione»
«Obiezione non accolta.»
Sospirai: anche il giudice pareva essere contro di me. Lanciai un'occhiata alla giuria, sperando che almeno loro avessero lasciato un po' di posto al dubbio.
«Le rinnovo la domanda, signorina Keats»
«Nel modo più assoluto. Anzi, stesso lui mi aveva concesso una settimana di vacanza a Boston, dalla mia famiglia, in quel periodo. Come risulta agli atti, sono partita qualche ora prima che il testamento venisse cambiato»
«Le ha concesso una settimana di vacanza con l'industria che andava a pezzi?»
«Esatto. Avevamo appena avuto un litigio sull'argomento e lui ha ritenuto giusto darmi un po' di riposo per schiarirmi le idee, visto lo stress che affrontavo sul lavoro»
«Lei aveva un rapporto personale col signor Stark, oltre che lavorativo, quindi»
«Cooperando in modo così stretto è inevitabile.»
«Quindi lei andava a letto con lui?»
«Obiezione vostro onore! L'avvocato del signor Shield continua a diffamare la mia cliente con l'intento di farla sembrare un'approfittatrice!»
Il giudice guardò il mio avvocato con espressione spazientita.
«Ma è proprio di questo che è stata accusata, signor Grammer!»
Mi fece un cenno per invitarmi a rispondere. Respirai profondamente. I processi di Law and Order sembravano una barzelletta in confronto a questo.
«No. Come ho ripetuto più di una volta tra me ed il signor Stark non c'era alcun tipo di relazione sessuale»
«Ma è possibile che lui fosse attratto sessualmente da lei?»
«Ha passato gli ultimi cinque anni della sua vita a disperarsi per la morte della sua compagna, nemmeno notava che ero una donna, figuriamoci se poteva essere sessualmente attratto da me!»
«Quindi lei mi sta dicendo che lui avrebbe modificato il testamento, lasciando tutti i suoi averi ad una donna, con cui non aveva alcuna relazione nè sessuale nè sentimentale, che non era una sua familiare e con la quale, per di più, aveva avuto una violenta lite a poche ore dal cambio del testamento?»
«Si è così»
«Non ho altre domande da fare. Credo non serva altro per dimostrare quanto la storia sia ridicola.»
Si andò a sedere al suo posto ed io avrei voluto fare altrettanto, ma poi fu il turno dell'interrogatorio della difesa. Quindi toccò a Ben essere interrogato da entrambe la parti. A quel punto avevamo già passato tutta la nostra giornata in aula e il processo era stato aggiornato al giorno dopo, con le arringhe finali da parte degli avvocati.
Durante il viaggio di ritorno dormii per gran parte del tempo, avevo passato la notte quasi in bianco ad organizzare la mia difesa e la giornata era stata stressante oltre ogni limite ragionevole. Quando mi svegliai ero già nel garage della casa di Tony. Entrai attraverso il laboratorio e lo trovai lì, a guardare il processo in uno dei tanti schermi che aveva aperto nella stanza. Mi lanciò una lunga occhiata eloquente.
«Com'è andata in Grecia?» domandai, sedendomi sulla scrivania, davanti a lui.
«Benissimo. Così bene, a dirla tutta, che la notizia del ritorno di Iron Man ha offuscato il tuo processo, per ora. Ma se domani il verdetto dovesse essere contro di te...»
Mi strinsi nelle spalle. Avevo fiducia nel mio avvocato. Non gli era sfuggito che la giuria era composta in gran parte da donne ed avrebbe giocato tutto sulla discriminazione sessuale, soprattutto perchè l'accusa aveva puntato molto su una possibile relazione tra me e Tony.
«Se non altro ci avremmo provato...» risposi, dopo quei brevi istanti di silenzio.
«La tua testimonianza è stata impeccabile.»
«Ho detto solo la verità, ma se non si conoscono le vere intenzioni che abbiamo, devi ammettere che suona un po' strana»
«No. Avrei lasciato tutto a te in ogni caso.»
«E per quale assurdo motivo?»
«Quando ti sei licenziata, ho capito quanto tu ci tenessi davvero alle Stark Industries, ho capito solo allora che tu ti saresti preoccupata del loro futuro, come se fossi stata una di famiglia»
Sorrisi debolmente per un attimo. Non potevo certo dire quelle cose in aula e chiedere la testimonianza di Tony era fuori discussione: avete mai visto un morto testimoniare ad un processo?
«Non hai detto del tutto la verità però...»
Lo guardai interrogativa. A quanto mi risultava la versione che avevo dato io dei fatti erano i fatti veri e propri, esattamente come li avevo vissuti io dal mio punto di vista. A parte il dettaglio sulla settimana di ferie, ma avevo pensato che dire la verità sull'argomento mi avrebbe messo in una posizione difficile.
«Sono sempre stato piuttosto consapevole che eri una donna» osservò sorridendo.
Scoppiai a ridere. Se c'era una cosa di cui avevo bisogno erano le sue battutine a diminuire un po' la tensione. Al solo pensiero del giorno dopo mi si attorcigliavano le budella.
«Se domani le cose dovessero andare male...a quanto ti potrebbero condannare?»
«Vent'anni e un risarcimento di dieci milioni di dollari» borbottai. Non mi piaceva pensare a quell'eventualità e, a giudicare dalla faccia che aveva appena fatto, non piaceva nemmeno a lui.
Si alzò e mi abbracciò, lasciandomi di sasso per dei lunghi istanti. Non era il tipo da certe manifestazioni d'affetto, Tony, mi sarei aspettata una pacca sulla spalla magari, ma un abbraccio no. Ci guardammo negli occhi per lunghi istanti, vedendo rispecchiarsi in quelli dell'altro le nostre stesse paure.
«Se domani le cose dovessero andare male....»
«Smettila di dirlo Tony. Se le cose dovessero andare male, sai cosa fare per risollevare le Stark. E dopo i vent'anni di condanna, spero che tu mi voglia ancora riassumere» sdrammatizzai.
«Sempre» anche lui stava ridacchiando.
«Ottimo. Adesso vado a letto. Domani devo essere pronta a tutto e la stanchezza non mi aiuterà»
Lui annuì e si spostò per lasciarmi passare. Cominciai a camminare verso camera mia, ma gli scalini sembravano non finire più. Su di me gravava la consapevolezza che c'era una possibilità che quella sarebbe stata la mia ultima notte lì per molto, molto tempo.

La mattina dopo l'aula mi sembrava ancora più estranea del primo giorno. Avevo paura, ma non lo davo a vedere. Beh, non che mi riuscisse difficile, visto e considerato che gran parte del mio volto era coperto. Se non altro sapevo che Tony era a casa a guardava tutto in diretta. Certo, magra consolazione visto che non potevo contare sulla sua presenza, ma era sufficiente a farmi sapere meno sola. L'avvocato dell'accusa aveva appena pronunciato la sua arringa, sostenendo che fosse impossibile ciò che avevo affermato e che nemmeno ad un bambino sarebbero apparsi plausibili i fatti come li avevo descritti e sull'evidenza che io avessi stretto una relazione con Tony al solo scopo di diventare erede, spingendolo probabilmente al suicidio. Quando fu il turno della difesa di parlare, sentii una specie di bolla di speranza gonfiarsi nel petto.
«Signori giurati» cominciò «L'accusa si è tanto concentrata sulla dimostrazione di quanto siano ridicole le motivazioni della mia cliente per giustificare la sua eredità, che gli è sfuggito di porsi una domanda: non poteva essere che, casualmente, il signor Stark abbia preso quella decisione, per il talento dimostrato dalla signorina Keats? No, assolutamente. Eppure agli atti sono stati portati i documenti che attestano che, se non fosse stato per l'intervento della mia cliente, le industrie avrebbero chiuso i battenti ben tre anni fa. Ma, ovviamente, dato che Crystal Keats è nata donna, bisogna rifarsi al vecchio pregiudizio che le donne usano solo un'arma per ottenere tutto quello che vogliono. Se fosse stato il signo Shield ad ereditare tutto questo, nessuno si sarebbe fatto domande e nessun processo sarebbe stato tenuto; ma dato che l'imputata è donna, bisogna per forza ritenere che lei abbia usato modi inappropriati per ottenere tutto. Non è credibile che sia solo una persona molto intelligente e molto talentuosa. Vogliamo davvero darla vinta al signor Shield? Siete liberissimi di farlo, ma sappiate che state incoraggiando il maschilismo in questo mondo e io non voglio credere che i cittadini americani siano convinti che una donna, al giorno d'oggi, non possa diventare proprietaria di un'immensa azienda solo grazie alla sua intelligenza ed alla sua competenza nel settore»
A me era sembrata un'ottima arringa. Non ci restava che attendere il verdetto della giuria. Stavo tremando e se ne erano accorti tutti in aula, ma non potevo farci niente: adesso che il momento si avvicinava, vidi la mia vita passarmi davanti agli occhi, i miei sogni e le mie speranza di quando ero una ragazzina ingenua...certo, non era andato tutto come previsto, ma andare per vent'anni in carcere usciva totalmente da ogni tipo di schema. Per quanto mi fossi lamentata del mio lavoro, del fatto che mi pareva di non avere nemmeno il tempo di respirare e di dover addirittura andare in bagno al posto di Tony, in quel momento mi resi conto di quanta libertà mi offrisse persino quello. Quando entrò la guardia con il verdetto stavo stritolando la mano dell'avvocato Grammer e sudavo freddo.
«Primo giurato, avete raggiunto un verdetto?»
«Sì vostro onore» rispose. Era una donna sulla quarantina, troppo sciatta per essere una donna in carriera: probabilmente era una casalinga. Mi sentii già condannata.
«La giuria si esprime a favore dell'imputata e obbliga il querelante a risarcirla di una somma di 350.000 dollari, per la diffamazione, oltre che le spese processuali»
Ci misi dieci minuti a capire che mi avevano assolta. Avevo voglia di urlare dalla gioia che mi sentivo esplodere nel petto, ma incrociai per un istante lo sguardo con quello di Ben e l'espressione che vidi dipinta sul suo volto fu il massimo che potevo chiedere.
Quando salii in macchina, per ritornare a casa, rischiai l'infarto: Tony non avrebbe dovuto essere seduto lì. Ma ero talmente contenta che non riuscii nemmeno a preoccuparmi che qualcuno potesse averlo visto in quel momento. Lo abbracciai in preda all'impulso, prima di lasciarmi finalmente andare ad un urlo liberatorio, che scandalizzò l'autista.
«E adesso cosa facciamo, direttrice?» mi domandò, ridendo a sua volta.
«Facciamo il culo alle Shield Industries, signor Stark»

Et voila! Anche il questo capitolo è stato completato :) Ammetto che non mi intendo molto della giustizia americana, ma ho fatto qualche ricerca qua e là e mi sono rifatta alle informazioni ritrovate riguardo il Massachusetts, spero che non cambi di molto anche negli altri stati!
Grazie mille a Silvia_sic1995 per la sua recensione <3 Piacerebbe molto anche a me scrivere del periodo buio di Tony, ma non so come farlo entrare nella storia =/ Credo che prima o poi scriverò una Missing Moments per risolvere il problema :D Spero questo capitolo ti sia piaciuto quanto gli altri!
Tra l'altro, prometto che dal prossimo capitolo darò un volto anche a Crys e Ben, sono due settimane che litigo con Photoshop senza riuscire a produrre niente di buono, speriamo che questa sia quella giusta!
xxx
F.

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Capitolo 5
*** Wake Up ***




5. Wake up.


Erano passati tre mesi oramai dal processo. Tre meravigliosi mesi in cui avevo avuto una fugace visione di quello che avrebbe potuto essere un soddisfacente impiego alle industrie Stark, che speravo durasse a tempo indeterminato. In quel momento mi stavo addirittura concedendo il lusso di pranzare a casa, fuori, su un terrazzo, in compagnia del colonnello Rhodes. Tony era fuori, in via non ufficiale, a risolvere non so quale dramma esistenziale che era occorso in Canada. Ero piuttosto certa che avessero nominato una frana ed una riserva naturale con animali a rischio di estinzione, ma non mi ero interessata più di tanto: per una volta potevo dire che non tutto quello che avveniva nelle Stark industries era affar mio.
«Quindi mi sono trovato con addosso tre soldati che cercavano di spogliarmi...non ridere!» mi ammonì Rhodey, mentre mi afflosciai sul tavolo, ridendo senza ritegno al solo immaginarmi la scena.
«Scusa, ma il pensiero di tre soldati che cercano di spogliarti è talmente inquietante da risultare troppo divertente...dunque, continua» lo esortai, cercando di restare seria, con scarsi risultati.
«E io mi sono preso un colpo! Ho perso dieci anni di vita...insomma te lo immagini? Tu stai dormendo tutto tranquillo e ti svegli con tre energumeni di 90kg che cercano di spogliarti. Insomma, dopo essermi messo ad urlare come un disperato, altra gente è entrata ed è riuscita a levarmeli di dosso...quando gli hanno chiesto cosa volessero, hanno detto che volevano vedere se avevo il "cuore" di Iron Man!»
«È incredibile come moltissime persone siano ancora convinte che sia tu!»
«Beh non è semplice distinguermi da Tony se ho l'armatura addosso, no?»
«Vero» Asserii «ma Iron Man è più basso di te, questo avrebbero potuto notarlo!»
«Hey! Tra me e lui ci sono solo un paio di centimetri di differenza!»
Ci girammo per trovarci faccia a faccia con Tony, che doveva essere appena ritornato dal Canada. Senza troppe cerimonie prese una sedia e si unì a noi, prima di lanciare un'occhiata analitica ai piatti di sushi che avevamo comprato. Evidentemente non approvava molto.
«Io sto morendo di fame e torno a casa per trovare...quella roba?» protestò, indicando il nostro cibo con un vago gesto di disapprovazione.
«Tony, perchè non chiedi a Jarvis di ordinare quello che vuoi invece di lamentarti?» domandai, prendendo un sashimi con bacchette e provando a metterlo in bocca tutto intero. Non mi riuscì molto bene, visto che un secondo dopo mi ritrovai un gambero crudo spiaccicato sulla maglietta.
«Perchè devo preoccuparmi sempre di tutto io?» ribattè Tony, contrariato.
Io e Rohedey lo guardammo con la stessa espressione perplessa stampata in faccia: e da quando lui si occupava di tutto? Da cinque anni a questa parte lui non aveva fatto assolutamente nulla, ecco perchè ero tenuta a portare fiori tutti i giorni su una tomba vuota. Lui capì cosa ci passava per la mente e sbuffò ancora più forte.
«Quella è la mia maglietta?» chiese, indicando quella che avevo indosso, dove c'era una grossa macchia per via del recentissimo incidente col sushi.
Annuii, senza dare spiegazioni. Del tipo che tutti i miei vestiti erano stati sostituiti da dei completi professionalissimi da lavoro, assicurandomi che potevo prendere le sue tute, ogni volta che ne avessi sentito la mancanza.
«Jarvis! Dov'è il whiskey!»
«Tony no!» stavolta ero serissima. Aveva raggiunto la felice quota di 80 giorni senza ubriacarsi, non gli avrei permesso di ricominciare a farlo, in alcun modo.
«Signore, temo che non ci sia più whiskey in casa» la voce di Jarvis mi fece fare un sospiro di sollievo, anche se Tony parve incavolarsi ancora di più.
Detto fatto si alzò di scatto e scomparve dalla nostra vista. Mi girai verso Rhodey con uno sguardo interrogativo.
«Crys, ti ricordi che giorno è oggi?» mi domandò.
Scossi la testa.
«È l'anniversario della...»
«...morte di Pepper! Ma certo, come ho fatto a dimenticarlo?» completai la frase per lui.
Questo spiegava molte cose. Era migliorato dagli altri anni, quando di solito lo trovavamo sdraiato sul pavimento in preda a deliri per via dell'alcol, ma la giornata era ancora lunga e non potevo essere certa che non sarebbe finita come tutte le precedenti. Non mi avrebbe sorpreso se fosse uscito per andarsi a comprare da bere da solo, ignorando il fatto che era, tecnicamente, morto.
Della morte di Pepper io non sapevo molto, a parte quello che era stato detto in televisione e nei giornali. In quella casa era argomento tabù e, sebbene sapessi tutto ciò che Tony aveva provato in quegli anni, i dettagli su quanto fosse effettivamente successo erano scarsi. Sapevo solo che Pepper era stata investita da un auto, a Los Angeles, mentre era lì per conto delle Stark. Tony non si era mai perdonato di non essere stato con lei in quel momento, credendo che avrebbe potuto salvarla. Si augurò di essere morto lui per molto tempo, fino ad arrivare al punto in cui si dichiarava contento che fosse lei ad essersene andata per prima, almeno si era risparmiata tutto quel dolore. Solo ripensarci mi faceva venire i brividi. Erano momenti che non rivivevo volentieri nemmeno nella mia testa, figuriamoci come doveva sentirsi lui.
«Vado a vedere come sta» dissi, alzandomi in piedi.
Presi il mio portadocumenti e mi diressi verso la camera di Tony; per quanto andassi velocemente all'inizio, i miei passi cominciarono a rallentarsi via via che giungevo in prossimità della porta. Ci misi dieci minuti buoni a decidermi a bussare, ma non ottenni risposta. Mi feci coraggio ed entrai lo stesso, per trovare Tony a gambe incrociate sul letto, lo sguardo perso nel vuoto.
«Tony, dovresti dare un'occhiata a questi...» mormorai, tirando fuori dal portadocumenti un fascicolo, che era il bilancio degli ultimi mesi.
Lui prese in mano i fogli con aria svogliata e lesse sì e no i conti alla fine di tutto, ma non disse niente.
«Vedi, siamo sotto solo di un milione di dollari, ne abbiamo recuperati già due!» esclamai, cercando di suscitare in lui un minimo interesse, ma tutto taceva.
«Crys» disse alla fine «perchè mi devi annoiare con cose che non mi sono mai preoccupato di controllare?»
«Perchè volevo vedere come stavi e mi serviva una scusa per venire a disturbarti»
«E da quando?»
«Da quando sei sobrio»
Sorrise e mi fece cenno di raggiungerlo accanto a lui sul letto. Mi sedetti sul bordo, non ero mai completamente a mio agio con quelle situazioni.
«Sai che giorno è oggi?» mi chiese
Annuii, ma non dissi nulla.
«La cosa che mi uccide, persino più di non averla accanto, è non poterla andare a trovare.»
Improvvisamente capii: lui era morto per tutti, avrebbe fatto uno strano effetto vederlo entrare nel cimitero e portare fiori alla tomba di Pepper. Improvvisamente capii quanto doveva essere costato a lui tutto quello e mi sentii in colpa per essermi vittimizzata così a lungo. Io ero in una posizione splendida a confronto con la sua.
«Stanotte» dissi dopo un po' «stanotte potrai andarci, ti copriremo noi, faremo in modo che non si accorgano chi sta entrando al cimitero e potrai andarci. Lo faremo, dovessimo mandare tutto all'aria.»
Mi guardò con un'occhiata di profonda gratitudine.
«Forse tu dovresti preoccuparti di altro, ma credo che potrebbe funzionare»
«Certo che funzionerà. E di cosa dovrei preoccuparmi?» chiesi, cominciando ad innervosirmi.
Per tutta risposta lui mi porse una lettera, che cominciai a scorrere velocemente. Il fatto che la busta recasse il simbolo del governo degli Stati Uniti d'America non migliorò il mio stato di tensione.
«Tony...per quale assurdo motivo la mia presenza è richiesta al G20 di Parigi?»
Lui mi guardò con un mezzo sorriso.
«La faccenda in medio oriente va avanti da troppo tempo, oramai. Adesso tu hai il potere di risolverla una volta per tutte, sfruttando Iron Man -vale a dire me- e concluderla con questa infinita guerra. Credo che lì sarai più importante di tutti i 20 capi di stato»
«Non dire idiozie! Se io fossi più importante di tutti i capi di stato lì presenti questo farebbe di me...»
«...la donna più importante del mondo, esattamente»
Lo guardai con gli occhi sbarrati. Ero solo una ragazzina di quasi 30 anni, come potevo essere la donna più importante del mondo? Era Tony quello che avrebbe meritato questo titolo, non io. Per tranquillizzarmi decisi che mi sarei vista come una persona in sua vece, rappresentare l'uomo più importante del mondo era tutta un'altra storia rispetto ad esserlo.
«Il fatto che io debba preoccuparmi di questo non vuol dire che stasera non ti aiuteremo, tu andrai a trovarla, chiaro?» dissi, alzandomi dal letto e dirigendomi verso la porta. Lui, per risposta, mi sorrise.

Ci sono dei momenti della vita di una persona in cui non andrebbe lasciata da sola in una stanza che da sul mare. Per me era uno di quelli. L'acqua sembrava sempre più invitante e un viaggio senza possibilità alcuna di ritorno, sospinta incessantemente dalla carezza delle onde, mi sembrava un'ipotesi infinitamente allettante rispetto a quello che mi sarebbe toccato il giorno dopo. Parigi era un posto che non conoscevo, non ci ero mai stata e non avevo in programma di farlo, ma dovevo. Per dire cosa, poi? Che avrei fatto intervenire Iron Man? Mi pareva scontato che lo avrei fatto, anche senza tutta quella storia. Bastava una richiesta, come facevano tutti, non richiedevo neanche compensi: i soldi che ricevevamo erano donazioni spontanee alle industrie Stark. Eppure sembrava che fosse necessario richiamare 20 presidenti per discutere la cosa, mi sembrava ridicolo come le persone di potere gestivano le cose.
«Jarvis, quindi ripetimi, io devo parlare solo se interpellata?» domandai, facendo a pezzi un tovagliolino che era disgraziatamente capitato tra le mie mani.
«Esattamente signorina. Nella sua posizione sarebbe scortese parlare per prima, farebbe capire che state cercando di imporvi»
«Ma loro vogliono che io mi imponga!» esclamai esasperata.
«Sono uomini politici, gli piace credere di essere loro quelli che prendono decisioni e che gli altri siano d'accordo. Quindi, nonostante le faranno una richiesta, la faranno passare come una decisione con cui lei deve mostrarsi d'accordo»
«È una cosa malata...»
«Personalmente, se fossi installato in casa di un politico, prenderei volontariamente un virus. Ha ancora bisogno di me? Il signor Stark mi sta chiamando»
«Certo che ho bisogno di te! Domani devo incontrare le venti persone più influenti del pianeta...»
«...più influenti, dopo di lei» puntualizzò lui.
«No! Io non conto niente! Riesco si e no a gestire un'industria...»
«...che è la più importante al mondo, ad oggi»
Stavo per replicare, quando la porta della mia stanza fu spalancata di botto. Tony mi fulminò con lo sguardo e io, per tutta risposta, provai a spingerlo fuori. Avrei potuto provare a spostare una roccia, i risultati sarebbero stati esattamente gli stessi.
«Hai finito di occuparmi Jarvis? Ho bisogno di lui!»
«No, io ho bisogno di lui» bofonchiai, cercando sempre di mandarlo fuori «domani sarà probabilmente il momento più importante della mia vita!»
«Per quanto Jarvis sia un computer molto intelligente, non riesce ancora a predire il futuro, mente è ancora utile per i miei esperimenti.»
«Non puoi sperimentare domani, quando sarò impegnata in altro loco?»
«Potrei perdere l'idea geniale, domani»
Ci guardammo in cagnesco per svariati attimi, ognuno pronto ad azzannare l'altro al momento opportuno. Mai mettere due persone testarde nella stessa stanza.
«Signore, Signorina....»
«Non ora Jarvis!» esclamammo all'unisono.
«Bene, non ho intenzione di pacificare un'altra litigata. Quando avrete deciso chi ha più bisogno di me, chiamatemi, nel frattempo vado a risposare i chip.»
Mi allontanai da Tony, tornando a guardare il mare dalla finestra. Forse anche a lui sarebbe servito un viaggetto tra le onde. Lo avvertii avvicinarsi alle mie spalle, ma non feci alcun cenno che lo incoraggiasse a continuare.
«Qual è il problema?» domandò quindi.
«Tony, io non sono pronta a domani!» esclamai, voltandomi di scatto verso di lui, che indietreggiò di un passo, non aspettandosi quella reazione.
«Sono persone come te, non c'è niente di strano.»
«No, non sono persone come me, sono persone molto importanti»
«Anche tu lo sei»
«NO!» nemmeno io sapevo perchè avessi cominciato ad urlare. «Tu sei quello che è abituato a certi ambienti, non io. Io sono una ragazza che è cresciuta alla periferia di Boston e la persona più importante che ho avuto l'occasione di conoscere è stato il mio esaminatore per il test d'ingresso al MIT! Io non ho mai incontrato gente di un certo calibro...»
«Hai incontrato me» osservo lui, con l'espressione di chi si sta dando molta importanza da solo.
«Con te era diverso. Ero in soggezione anche qui all'inizio, ricordi? Ma poi...gli eventi ci hanno portato ad avvicinarci. E dubito che quegli eventi si ripetano domani»
«Non devi avvicinarti a loro devi solo essere formale»
«E se non ne fossi in grado?»
«Io mi fido di te, Crys, per questo ti ho lasciato l'azienda»
«Perchè sono un bravo ingegnere, non perchè me la cavo con le pubbliche relazioni!»
Stavo cominciando a tremare dal nervosismo, probabilmente lo aveva notato anche lui, visto che mi afferrò per le spalle, cercando di farmi stare ferma.
«E sei un ingegnere che è anche la donna più importante del mondo»
«No! Non sono io, quello sei tu! Io sono solo tanto cervello e, a volte, un pizzico di intuizione. Sei tu che hai costruito tutto questo, sei tu che puoi risolvere questo conflitto. Io faccio tutto questo dietro la tua guida io...io...» il nervosismo era arrivato ad un punto tale che cominciai a singhiozzare. «Io non sono niente senza di te. Quindi smettila di dirmi quanto sono importante perchè non lo sono»
Tony mi costrinse a sedermi sul letto, mettendosi accanto a me. Lasciai che mi sfogassi sulla sua spalla per un po', dandomi qualche colpetto sulla schiena con fare di consolazione. Rapportarsi con le emozioni degli altri non era mai stato il suo forte.
«Ma senza di te io non avrei avuto l'opportunità di fare tutto questo. Senza di te io sarei stravaccato sul divano a sbronzarmi con litri di Jack Daniels ricordandomi quanto facesse schifo la mia vita e senza il coraggio di cambiare le cose. Io non sarei niente senza di te» mi sussurrò, piano.
«Non mi freghi. Tu sei Tony Stark, eri qualcuno molto prima di trovare me»
«Nessuno era più disposto a volere Tony Stark, prima che fossi tu ad agire per lui.»
Ancora non mi convinceva. Aprii la bocca per continuare a protestare, ma lui mi zittò mettendomi un dito sulle labbra.
«Io direi che dovresti dormire. Domani devi essere risposata, ti aspetta un lungo viaggio»
Scossi la testa, non ce l'avrei mai fatta a dormire. Tuttavia, come in tutte le cose fisiche, l'ebbe vinta Tony, che mi stese sul letto di forza. Avrei dovuto cominciare ad andare in palestra per riuscire a contrastarlo e, inoltre, il fatto che fossi ancora scossa dai singhiozzi non mi aiutava.
«Andrà tutto bene, ci sono io con te» disse Tony, con fare rassicurante. Avrei tanto voluto che ci fosse davvero lui con me a quell'incontro.
Quando mi svegliai provai il fastidioso mal di schiena che avevo ogni volta che mi addormentavo abbracciata al cuscino. Mi maledissi mentalmente per averlo fatto, di nuovo, ed aprii gli occhi. Cominciò a venirmi qualche dubbio quando notai che il cuscino emanava una luce bluastra. Mi stropicciai gli occhi con una mano, per notare che quello a cui ero stata abbracciata durante la notte, non era un cuscino, ma Tony. L'urlo che scappò dalla mia bocca fu del tutto spontaneo e non potetti fare nulla per controllarlo. Lui si svegliò di soprassalto, guardandosi intorno con aria smarrita, prima di incrociare il mio sguardo terrorizzato. Nel frattempo la mia mente stava facendo calcoli assurdi: mi tastai addosso per accertarmi di avere ancora addosso i miei vestiti, quindi guardai verso di lui, per verificare che anche lui non fosse nudo.Andava tutto bene, ci eravamo solo addormentati, non avevo fatto nessuna grandissima stupidaggine a dodici ore dal G20. Buono a sapersi.
«Ti perdono per un risveglio del genere solo perchè sei sotto pressione. E comunque sappi che, se mai ci dovesse essere qualcosa tra noi, te ne ricorderesti sicuramente. Sarebbe così spettacolare che non potresti mai dimenticarlo»
«Haha, simpatico! Sono riuscita ad evitarlo fin ora, posso continuare a farcela» osservai, alzandomi per aprire la serranda.
«Mi obblighi quasi a dimostrarti che ti sbagli»
«Tony, non ora, ho un aereo da prendere, non posso sopravvivere alle tue battute sessuali contemporaneamente»
«Giusto hai un aereo per Parigi» rispose, avvicinandosi e mettendomi in testa la mia famosissima velina nera. «Noi, ci vediamo lì» e senza dire altro se ne andò dalla stanza.
Io mi guardai allo specchio attraverso la rete che avevo sugli occhi, mentre il cuore ricominciava a battermi all'impazzata. Dodici ore separavano me da un incontro che, anche se ancora non lo sapevo, rischiò di cambiare le sorti del mondo per sempre.

Ennesimo capitolo portato a termine! Far litigare quei due disgraziati mi diverte sempre di più :)
Si ringraziano James Franco e Anna de Rijk per aver donato inconsapevolmente il volto a Ben e a Crys :D
E ovviamente i ringraziamenti vanno anche a Silvia_sic1995 per la sua recensione! Ho specificato come era morta Pepper, perchè vi avevo fatto qualche accenno non molto comprensibile e, effettivamente, c'era bisogno di saperlo per capire la storia, grazie per avermelo fatto notare! :) Anche a me Tony e Pepper piacciono moltissimo insieme <3 Infatti credo di aver infamato il regista in tutte le lingue del mondo alla fine del primo film perchè non era successo niente xD Sono sempre più convinta che farò una missing moment di uno dei momenti di depressione di Tony per scrivere un po' sul loro rapporto dal suo punto di vista!
Stay Tuned! Ci aggiorniamo presto!
F.

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Capitolo 6
*** From Paris with Love ***




6. From Paris with Love


Chiunque scelga di mettere della ghiaia su delle strade che devono essere percorse da donne con i tacchi, meriterebbe la pena capitale. I pochi metri che fui obbligata a fare a piedi, da dove mi aveva lasciato la macchina, al tavolo dove ci saremmo riuniti tutti, mi costarono una fatica immensa, soprattutto perchè inciampare non era un'opzione da prendere in considerazione. Nonostante il tappeto rosso riuscivo comunque a sentire i sassolini sotto i piedi e mi facevano un male cane. O forse ero solo io ad essere particolarmente sensibile a tutto quel giorno. Saliti i primi scalini della reggia di Versailles, dove si sarebbe tenuto il nostro incontro, venni raggiunta da qualcuno probabilmente appena arrivato, dato che avevo sentito il rumore dello sportello di un'auto che si chiudeva solo pochi minuti prima.
«Crys! O forse dovrei dire Miss Keats, visto il luogo in cui ci troviamo...»
Non avevo bisogno di girarmi a guardarlo per sapere che era Ben. Sbuffai, cosa ci faceva lui lì? Se io ero la donna più importante del mondo, lui era quello che stava colando a picco più in fretta visto e considerato che le sue armi non erano più richieste.
«Non mi pare ti sia fatto tanti problemi quando mi hai citato in tribunale» risposi glaciale. Non avevo dimenticato l'incubo che mi aveva fatto passare di fronte a tutta la nazione. Per due giorni buoni avevo anche desiderato di essere una di quelle star che possono permettersi di usare un pettegolezzo su uno scandalo a loro favore, per rinvigorire una carriera oramai andata; ad una nella mia posizione, però, gli scandali servivano solo ad indebolirmi.
«Si trattava di scoprire la verità Crys e dopo averla scoperta io l'ho accettata, credimi» sorrise nel dire ciò e fece un passo in più verso di me.
Lo scansai con il palmo della mano e feci il mio ingresso nella stanza. Tra sorrisi, strette di mano ed inutili formalità da politici, riuscii addirittura a trovare il cartellino con il mio nome che indicava dove mi sarei dovuta sedere. Con un sospiro di sollievo notai che era esattamente opposto al posto di Ben, anche se stare a capotavola mi intimoriva ancora di più. Fortuna che dissimulavo bene, anche se non appena mi sedetti tutta la mia attenzione fu devoluta alla bottiglia d'acqua davanti a me, da cui me ne versai un'abbondante bicchiere. Avere la gola secca è sempre un pessimo sintomo. Dopo preamboli vari, decisioni prese riguardo ai paesi gestiti dai grandi venti e complimenti fatti vicendevolmente, in cui mi era stato richiesto solo e soltanto di applaudire e sorridere compiaciuta quando veniva fatto il nome di Iron Man, finalmente si passò alla questione che tutti stavano aspettando: il medioriente.
«Ovviamente la situazione lì ci è sfuggita di mano, avevamo sottovalutato il nemico e pensavamo che il tutto si sarebbe risolto in fretta. Adesso però vogliamo andare incontro ad una rapida soluzione del problema» esordì il nostro presidente. Mi faceva uno strano effetto essere al tavolo con il presidente degli Stati Uniti d'America, ero convinta che esistesse solo in televisione, come tutte le persone che si vedono solo sugli schermi: non sembrano reali.
«La soluzione è a portata di mano, presidente» si azzardò ad interromperlo l'imperatore del Giappone, accennando verso di me con la mano.
Io sorrisi ed annuii, oramai ero diventata una macchina che faceva solo quello.
«Vostra altezza imperiale ha ragione. Ma noi abbiamo sempre detto che chiusa questa guerra, da parte nostra non c'è intenzione a cominciarne altre. Cinque anni fa eravamo seduti davanti a questo stesso tavolo, con le stesse aspettative. Tony Stark e la sua armatura di metallo avrebbero risolto tutto questo, ne eravamo certi. Invece Iron Man è sparito e noi siamo stati costretti a continuare a combattere»
Il silenziò piombò sulla stanza e tutti gli sguardi furono puntati su di mè. Ben, dall'altra parte del tavolo, mi osservava con un sorrisetto di sfida che non mi piaceva per nulla.
«Presidente, ha indubbiamente ragione su ciò che sta dicendo. Tuttavia ha presenti i motivi per cui l'impegno preso dal mio predecessore non sia stato portato a termine e sa che, ad oggi, vista la morte del signor Stark, quelle motivazioni non sussistono. Abbiamo atteso, prima di rilanciare Iron Man, che i test psicologici fatti sul nuovo guidatore avessero dei buoni risultati. Il colonnello Rhodes si è accertato che fossero entro gli standard dell'esercito americano. Iron Man interverrà in questo conflitto, se richiesto, e vi prego di considerarlo niente di più che un soldato americano, chiamato a compiere il suo dovere»
«Ma se Iron Man intervenisse, a noi non sarebbe più richiesto di utilizzare le armi, mi sbaglio signorina Keats?»
«Assolutamente no, signor Presidente»
«Quindi noi ci ritroveremmo con degli armamenti soprannumerari nelle nostre nazioni, perchè non potrebbero più essere usati nel conflitto»
«Si...ma, le armi possono essere smaltite...» cominciai a dire
«Lei sa bene i costi di smaltimento delle armi signorina Keats, non mi vuole far credere il contrario, spero»
«No signor Presidente, li conosco bene»
«Quindi dopo che, a causa delle Stark Industries, abbiamo speso milioni di dollari in armamenti, dovremmo non utilizzarli perchè adesso le Stark Industries hanno deciso di risolvere il conflitto con la bacchetta magica e noi dovremmo spendere milioni di dollari per smaltire le armi che abbiamo dovuto comprare per il loro mancato intervento. Inoltre non è una novità che sono le sole industrie d'armi a possedere i centri per smaltirle, quindi mi pare lecito sospettare che la manovra della signorina Keats, sia solo un tentativo di risanare i debiti della sua industria, utilizzando i soldi dei nostri Paesi, che dovrebbero servire innanzitutto per servire i cittadini»
«Pensi quello che vuole presidente, ma se crede che servire i cittadini voglia dire far morire i loro figli in una guerra che non si sa quando potrà finire, allora credo che il problema sia la sua idea di servizio alla patria» Il momento in cui finii di dire quelle parole mi resi conto che non avrei dovuto dirle. Se prima mi era parso di sentire qualche mormorio d'assenso nei confronti del presidente, adesso tutta la platea era contro di me e quindi con lui. Lo avevo detto io che non ero una politica, non sapevo comportarmi in modo diplomatico.Come c'era da aspettarsi mi ero dimenticata di usare la mia solita schiettezza fuori dalla porta. Il presidente non commentò la mia infelice uscita, ma si limitò a mettere ai voti non solo l'ingresso di Iron Man nel conflitto, ma anche la legittimità di un qualunque altro futuro intervento.
Ben si godeva lo spettacolo sogghignando: questo voleva dire un sacco di soldi per lui. Adesso le Shield erano viste meglio che mai, nessuno si sarebbe mai azzardato a comprare nemmeno una pistola giocattolo da noi.
«Noi, i 20 presidenti o regnanti dei Paesi considerati dominati in questo mondo» cominciò a leggere il Presidente «dichiariamo che non è permesso ad Iron Man l'intervento o una qualunque interferenza nel conflitto in medio oriente. Inoltre riteniamo illegale l'utilizzo di una tale armatura da parte di un solo uomo, motivo per cui dichiariamo che nessun suo intervento sarà più ritenuto necessario»
Non potevo credere alle mie orecchie: ci avevano tagliati fuori, da tutto, e anche se loro non potevano vagliare leggi, si erano appena messi d'accordo a non chiamare mai più Iron Man, in una qualunque situazione.

Quella sera, seduta sul mio letto del Ritz Hotel di Parigi, avevo già trovato un modo per dare una svolta a quella situazione. Non volevano Iron Man? Benissimo, ma non pensavano davvero che avrebbero tagliato fuori le Stark così. Innanzitutto ero certa che in quella storia ci fosse lo zampino di Ben, e solo quello sarebbe bastato ad armarmi io stessa ed andare a finire questa stupida guerra, se necessario; secondariamente avevo già un progetto pronto che fortunatamente rendeva assolutamente non necessaria la mia spedizione militare. Avevo fatto un po' di conti e potevamo permetterci alcune spese, con la certezza che poi quei soldi sarebbero tornati almeno raddoppiati. Era il momento di cominciare a produrre il Chaos. Quando portai a termine il progetto Tony rimase così sbalordito che non toccò alcol per una settimana per aiutarmi ad assemblare il prototipo. Era molto di più che un'arma, era la cosa più distruttiva che ci potesse essere in quel momento. Il Chaos era un raggio, un raggio generato da un reattore che gli dava delle proprietà fischie per cui disintegrava ogni tipo di materia con cui veniva a contatto, e per disintegrare non intendo ridurre in briciole qualcosa, il Chaos era in grado di scindere l'atomo, separando i neutroni dai protoni all'interno del nucleo, facendo letteralmente dissolvere la materia nel nulla. Era costosissimo da produrre e molto complicato, ma adesso ne avevamo bisogno: ero certa che con un'arma del genere sul mercato nessuno avrebbe voluto i superati missili Shield.
«Credevo di trovarti in condizioni peggiori»
Sobbalzai. L'ultima persona che mi aspettavo di trovare lì dentro era Tony.
«E tu come diamine sei entrato?» domandai, portandomi istintivamente una mano sul cuore, che aveva aumentato i suoi battiti in modo vertiginoso.
«Jarvis è entrato nei circuti dell'hotel e mi ha magnetizzato una chiave per la tua stanza...poi queste» ed alzò una mano dove teneva parrucca e baffi finti «mi hanno aiutato a non farmi riconoscere dalla gente»
«Sei...»
«...incredibile? strepitoso? Meraviglioso? Lo so, grazie, non c'è bisogno che me lo ricordi»
«In realtà volevo dire: completamente pazzo»
«Sempre gentile, è la qualità che apprezzo di più in te»
Si sedette sul letto e restammo in silenzio per degli interminabili minuti, nessuno di noi era certo sul cosa dire all'altro. Quella mattina avevamo assistito allo stesso agghiacciante spettacolo ed ora eravamo entrambi troppo spaesati per sapere cosa dire.
«Mi dispiace» dicemmo alla fine, in contemporanea.
«No, a me dispiace!» rispondemmo, sempre all'unisono.
Alla fine mi avvicinai a Tony e gli tappai la bocca con una mano, almeno ero certa che avrebbe ascoltato tutto ciò che avevo da dirgli prima di dire cose senza senso.
«Mi spiace Tony, se fossi stata un po' più diplomatica forse non si sarebbe arrivati a tanto» sentii le sue labbra cercare di muoversi contro il mio palmo ed aumentai la pressione: non avevo ancora detto la parte fondamentale. «Sono sicura che ci fosse Ben Shield dietro tutto questo, non che sia una giustificazione, ma in ogni caso volevano incastrarci. Se pensano di esserci riusciti, però, si sbagliano di grosso. Ho fatto qualche conto, con un po' di sacrifici possiamo permettercelo e...metteremo sul mercato il Chaos!»
A questo punto lo lasciai libero di parlare, se voleva, altrimenti poteva continuare a tacere ed io sarei comunque andata per la mia strada.
«Credevo che voi donne passaste i pomeriggi a riflettere sulla tristezza delle cose che vi erano andate male»
«Da che pulpito...» lui non ci aveva passato gli ultimi cinque anni in quel modo?
«Sono impressionato Crys, hai risolto un problema nell'arco di quattro ore. Se avessi trovato anche un modo per far morire Ben Shield in questo istante saresti a tutti gli effetti la donna più intelligente che io conosca»
«Purtroppo no, ma la speranza è l'ultima a morire, giusto? Magari domani non si sveglia più...»
Ci sorridemmo a vicenda. Ero contenta che approvasse il mio piano, anche se l'avrei portato avanti comunque, approfittando del fatto che un uomo morto non poteva fare molto per fermarmi, ma avere il suo consenso mi risparmiava un sacco di fatica e stress inutili. Raccolsi i fogli dove avevo schematizzato il tutto e li misi in una cartellina, che venne a sua volta infilata nella mia ventiquattr'ore.
«Sei straordinaria, lo sai vero?» la presi per una domanda retorica.
«Solo un po' di cervello e troppo tempo sui libri» risposi, stringendomi nelle spalle e stendendomi, in modo da poggiare il capo sulle gambe di Tony.
Lui sorrise e mi passò lentamente le dita tra i capelli. Ero esausta e in quel momento mi sarei potuta addormentare senza alcun problema. Con gli occhi semichiusi cercai lo sguardo di Tony, solo per scoprire che mi stava fissando.
«Che c'è?» gli chiesi, cominciando a preoccuparmi. Se gli era venuto in mente qualche stupido motivo per cui il piano non andava bene lo avrei ucciso. Ma lui non disse niente del genere, anzi, non disse niente e basta. Si limitò semplicemente ad avvicinare il volto al mio, andando a poggiare un bacio sulle mie labbra. Per quanto la cosa mi avesse lasciato stupita, quella che m sconvolse di più fu, però ,la mia reazione. Con una mano lo avvicinai di più a me, ricambiando quel bacio con tale forza da indurlo ad approfondirlo ancora di più. Pensai per un secondo che fosse una cosa del tutto sconveniente, ma non appena sentii una delle sue mani accarezzarmi i fianchi da sotto la sottile stoffa della vestaglia che avevo indosso, accantonai quel responsabilissimo pensiero e pensai bene di seguirlo, andandogli ad accarezzare la schiena da sotto la maglietta. Non mi ero mai accorto di quanto fosse muscoloso prima di stringerlo a me in quel modo. In breve sentii l'urgenza di poterlo guardare, di avere il magnifico splendore del suo corpo davanti a me e cominciai a sollevargli la maglietta. Quando lui mi osservò in modo divertito mi ritrassi per un attimo, ma poco dopo lui si era steso sopra di me e mi stava ancora baciando, mentre una delle sue mani slacciava la vestaglia, allontanandola dal mio corpo, in modo che restassi solo in biancheria. In quell'esatto momento il mio telefono cominciò a squillare, riportandoci alla realtà. Allungai una mano per prenderlo, mentre Tony sfilava la sua da sotto il mio reggiseno.
«Pronto?» risposi, cercando di avere una voce il più normale possibile, mentre mi ricoprivo con la vestaglia, usandola a mo' di coperta.
«Crys! Ho appena sentito cosa è stato stabilito al G20 è vergognoso...!»
«Lo so Rhodey, lo so. Ti dispiace se ne parliamo domani quando torno? Sai, qui sono le due di notte...»
«Si certo, hai ragione, mi sono completamente dimenticato del fuso orario! Chiamami quando atterri!»
«D'accordo. Ciao»
Riattaccai e mi girai, pronta a fronteggiare Tony e l'imbarazzo per la situazione che si era venuta a creare tra noi o, ancora meglio, a riprendere da dove eravamo rimasti, ma lui era sparito: non ve n'era più traccia.

Perdono se chi ho messo tanto a scrivere, ma esco dalla settimana più brutta della mia vita :( spero che le vostre siano state migliori!
Grazie a Silvia_sic1995 per la sua recensione! Mi fa sempre piacere trovare i tuoi commenti alla fine di ogni capitolo! :) Credo che questo sia un po' meno divertente dell'altro anche se molto più imbarazzante (XD) ma spero ti sia piaciuto lo stesso!
A presto! xoxo
F.

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