La danza delle anime di carta di NevanMcRevolver (/viewuser.php?uid=90088)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo n.1 ***
Capitolo 2: *** Yusuke e Hydra ***
Capitolo 3: *** Hydra la flautista ***
Capitolo 4: *** Il giardino dell'orfanotrofio ***
Capitolo 5: *** Il disegnatore ***
Capitolo 6: *** Prologo n.2 ***
Capitolo 7: *** Sospetti e fuga ***
Capitolo 8: *** Kaos il semi-demone ***
Capitolo 9: *** La consapevolezza di essere colpevoli ***
Capitolo 10: *** Terremoto e fuga ***
Capitolo 11: *** L'Alcanova ***
Capitolo 12: *** Le verità ***
Capitolo 13: *** Prologo n.3 ***
Capitolo 14: *** Oltre l'evidenza ***
Capitolo 15: *** I pensieri del re ***
Capitolo 16: *** Il Santuario ***
Capitolo 17: *** Addio ***
Capitolo 18: *** Madre Terra ***
Capitolo 19: *** Epanàstasi astèri ***
Capitolo 20: *** Contatti, pensieri e parole ***
Capitolo 21: *** La Foresta Madre ***
Capitolo 22: *** Prologo n.4 ***
Capitolo 23: *** I trucchi della Morte ***
Capitolo 24: *** Trappola ***
Capitolo 25: *** Schiocco di dita ***
Capitolo 1 *** Prologo n.1 ***
Prologo n.1
Yusuke,
seduto sull’orlo della scogliera, disegnava
tranquillamente.
Hydra
nel frattempo, si era avvicinata alle sue spalle,
assolutamente in silenzio, per non spaventarlo.
La
ragazza era affascinata Yusuke, aveva un qualcosa di
ammaliante nel suo modo di essere, fare, mostrarsi. Quella presunta
vulnerabilità la elettrizzava, tanto da perdere il controllo
della sua stessa
bocca, che avevo preso a parlare di sua iniziativa.
-Belli
i tuoi disegni!- esclamò Hydra.
Yusuke
si girò verso di lei, lentamente, lo sguardo acceso
da una luce di interesse.
-Davvero?
O mi stai prendendo in giro?- chiese lui, con un
sopracciglio alzato, sulla difensiva.
-Davvero,
sono stupefacenti! Sono…unici! Mai visto qualcosa
del genere!- esclamò la ragazza –Me ne faresti
uno?-
-Si…-
rispose lui, un po’ scocciato, un po’ divertito.
Il
ragazzo, allora, si armò di matita e carta, e prese a
disegnare forsennatamente.
“E
non hai ancora visto il meglio, Hydra!” pensò
Yusuke,
esaltato.
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Capitolo 2 *** Yusuke e Hydra ***
Capitolo 1:
Yusuke e Hydra
Yusuke era affacciato alla finestra della sua camera,
affascinato dalla vorticosa danza dei fiocchi neve. Ricordava come da
piccolo amava starsene fermo, sotto di loro, con la bocca spalancata
per mangiarseli. Sin dalla sua infanzia amava quella sensazione di
piacevole gelo che la neve provocava a contatto con la pelle.
Istintivamente aprì la finestra,
e mise fuori una mano, per toccare di nuovo quelli che da piccolo
pensava
fossero folletti impazziti che danzavano tanto per fare qualcosa.
Ora, all’età di 17 anni,
ricordava con piacevole malinconia quando era ancora bambino.
Decise che dopo sarebbe uscito e
avrebbe mangiato la neve, esattamente come chissà quanti
anni prima.
-Yusuke! Muoviti!- lo chiamò una
voce da un’altra stanza.
Infastidito, ritirò lentamente il
braccio, e chiuse la finestra con gesti che custodivano qualcosa di
sacrale.
Uscito dalla sua camera, si
diresse verso la fonte della voce, che non era altro che della sua
vicina di
stanza, Hydra.
La vide venirgli incontro con il
suo passo da ballerina, leggero e silenzioso.
Hydra aveva i capelli color
platino, raccolti in una lunga coda, che le lambiva la vita, il fisico
snello e
longilineo, proprio degli adolescenti, pelle olivastra, costellata ogni
tanto
da piccoli nei e gli occhi di un castano intenso, che sapevano
tremendamente di
vitalità.
Aveva appena compiuto 17 anni, ma
dal suo portamento e dal suo aspetto, non lo si pensava.
Era più donna di quanto si
potesse immaginare all’impatto.
Yusuke, ogni volta che la vedeva
rimaneva un po’ interdetto, per poi riprendersi subito, e
riassumere la sua
tipica espressione annoiata e melanconica.
Non appena la ragazza lo
raggiunse, lo salutò di nuovo.
-E dai, Yusuke! Togli via quella
maschera di noia almeno per oggi! Non si compiono 17 anni tutti i
giorni,
sai?!-
Detto questo prese a squadrarlo
dalla testa ai piedi.
Ad Hydra piaceva Yusuke: come
amava dire, il giovane aveva “stile”.
Il ragazzo aveva capelli
assolutamente bianchi scompigliati, come la sua diafana pelle, come la
neve, e
occhi d’onice, neri come l’oscurità
più profonda. A volte era quasi impossibile
distinguere le iridi dalle pupille, che formavano un unico vortice
di
tenebra e oscurità, capace di annichilire al primo sguardo.
Lei gli prese le mani, e lo baciò
sulle guance trillando i suoi auguri.
Yusuke non poteva resistere algli
umori di Hydra, e gli venne da sorridere.
-Così va molto meglio!- esclamò
la ragazza, lasciandogli le mani.
Si diressero quindi verso la
mensa, camminando tranquillamente, mentre nei corridoi,
l’odore di zuppa di
legumi si faceva sempre più forte.
-Hai ragione- disse Yusuke,
guardandosi le mani, annoiato –non si compiono 17 anni tutti
i giorni…ma
comperli qui…è deprimente!-
Hydra non sapeva come ribattere:
sapeva benissimo che non aveva tutti i torti.
In linea di massima, festeggiare
gli anni in un orfanotrofio non è il massimo.
Non sapendo bene cosa fare, si
limitò a dargli una pacca sulla spalla e gli fece un debole
sorriso come a dire
“pazienza, questo è quello che ci è
capitato!”.
-Ah, dimenticavo…- e gli si parò
davanti, afferrandogli con decisione il braccio destro.
Trafficò per qualche
secondo, senza che Yusuke capisse cosa stesse facendo.
Alla fine, quando Hydra gli
liberò il braccio, notò che ora vi era legato un bracciale
di pelle, rosso, con
un piccolo pendaglio nero: una semplice spirale.
-Grazie, è molto bello!- disse,
la voce neutra leggermente smossa.
-Per fortuna ti piace!-
Yusuke pensò che Hydra fosse
l’unica persona, in quell’edificio, che potesse
considerarsi sua amica, siccome
il ragazzo non aveva mai stretto molto i rapporti con gli altri: optava
per la
semplice e pacifica convivenza.
Pensava che farsi degli amici, in
genere, non ne valesse la pena, se poi, con ogni probabilità
avrebbe perso i
contatti. Ma con Hydra era diverso. Era stata lei a diventare sua
amica. E
Yusuke, dopo qualche tempo, si era abituato alla sua presenza, e quindi
l’aveva
accettata.
I due arrivarono nella mensa,
presero la loro razione di zuppa, e cercarono dei posti a sedere.
Mentre mangiavano, alcuni ragazzi
si avvicinarono a Yusuke per dargli gli auguri, qualche risata
strappata così,
e poi fine. Di nuovo Yusuke e Hydra.
La ragazza pensava al giorno in
cui si conobbero.
Yusuke se ne stava in un angolo,
da solo, a disegnare.
Per quel che poteva ricordare,
non faceva altro. Stava sempre con la matita e la carta in mano, e se
non erano
in mano, Yusuke li portava comunque nello zaino.
Chissà perché, il ragazzo non
volle mai far vedere le sue tavole a nessuno.
Hydra non voleva saperne molto di
cosa lui facesse su quei pezzi di carta, ma gli faceva pena vedere quel
ragazzo
dai capelli candidi come la neve, dagli occhi scuri come una notte
senza
stelle.
Ricordava che un giorno lo vide
che stava appoggiato al davanzale di una finestra ad ammirare
l’orizzone, prese
allora la decisone di avvicinarsi e presentarsi.
Il ragazzo inizialmente non la
considerava molto, ma dopo i primi due giorni i due passavano molto
tempo
insieme.
Si arrovellava su questi pensieri
e ricordi quando Yusuke si alzò e le disse che sarebbe
andato a fare un giro,
siccome fuori nevicava.
-Posso accompagnarti?- gli chiese
lei.
Yusuke in tutta risposta fece
spallucce, come a dire “fai come vuoi”.
I ragazzi uscirono e si diressero
nel parco, abbastanza grande, dell’orfanotrofio.
Qui Yusuke si fermò, aprì le
braccia e cadde a peso morto all’indietro, ridendo
spensierato, felice come
pochissime altre volte. Hydra non capiva cosa facesse ridere il
ragazzo, ma era
felice che lui, finalmente riuscisse a sorridere. Non sapeva nulla del
suo
passato, ma era certa che meritava un presente ed un futuro sereno.
Il ragazzo si alzò, e remore
della promessa fatta poco prima a sé stesso, si mise a bocca
spalancata per
catturare i fiocchi.
Hydra fece lo stesso, cacciando
fuori anche la lingua e puntandola verso l’alto, come se fosse
un’antenna.
Yusuke assaporò profondamente il
sapore della neve, e si abbandonò ad esso, ricadendo di
nuovo per terra, sempre
con la bocca aperta.
Hydra, vedendo come il ragazzo si
comportava, decise di abbandonarsi anche lei sulla bianca coltre, e
toccando
terra, si chiedeva cosa di quel gesto facesse tanto piacere al suo
amico.
I due alzarono insieme il busto,
così da trovarsi l’uno di fronte
all’altra.
Yusuke notò che la pelle
olivastra di Hydra si era leggermente arrossata, mentre la ragazza
notò che il
viso di lui aveva due grandi macchie rosse in corrispondenza degli
zigomi.
-Sai- cominciò lui –la neve mi ha
sempre stregato. E’ magica! Sin da piccolo ho sempre pensato
che i fiocchi
fossero tanti piccoli folletti impazziti che ballavano!-
-Come mai proprio folletti?-
chiese lei.
-Non so…forse perché sono
piccoli, magici…forse perché sono folli al punto
giusto!-
Hydra non aveva mai pensato una
cosa del genere in vita sua, e quindi cercò di immaginare
tanti folletti
bianchi che cadessero dal cielo: l’immagine che le venne in
mente la fece
ridere.
Improvvisamente si ricordò che
aveva lezione di musica fra non molto, per cui lasciò il suo
amico nella neve
per andare a prepararsi.
Lui non doveva fare niente per il
resto di tutta la giornata.
Si alzò comunque, felice di aver
mantenuto la promessa, e si diresse verso uno dei porticati con le
panchine. Non
appena si sedette e tirò fuori dalla sacca la sua amata
matita e quelli che
stavano intorno, conoscendolo si dileguarono, e lui, visto che non
c’era
nessuno nei dintorni, si mise a disegnare per ore.
Era finalmente nel suo elemento.
Con la matita in mano,
finalmente, sentiva che il suo braccio era completo, di nuovo.
Disegnò per ore e ore, sempre più
soddisfatto, sempre più geloso delle sue opere.
Dopo, tornò in camera per
sistemarsi un po’, siccome aveva i vestiti ancora un
po’ bagnati.
Chiusosi dentro a chiave, Yusuke
tirò fuori le tavole che aveva disegnato quel giorno.
Li sentiva: per lui erano vivi!
Angolo
dell'autore:
Bene, ecco di nuovo ndrew7 con
uno dei suoi nuovi deliri.
Spero che la storia vi piaccia
(sempre se la si legga, ovvio)!
Non svelerò nulla per il momento,
anche perché non mi sembra la cosa migliore da fare!
Colgo l’occasione per ringraziare
raukath, che ha commentato e inserito nei seguiti!
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Capitolo 3 *** Hydra la flautista ***
Capitolo 2:
Hydra la flautista
Hydra
arrivò di corsa nell’aula
di musica…vuota!
Nonostante
rischiava il ritardo,
era stata la prima ad arrivare in aula.
Sospirando
di sollievo, si
sedette al primo posto che gli capitò sotto mano, e riprese
fiato.
Dopo
qualche minuto, poi, decise
di suonare un po’, prima che la lezione cominciasse.
Aprì
allora la custodia nera che
aveva portato con sé, e tirò fuori i pezzi di un
flauto traverso.
Dopo
averlo montato con cura
madornale, si mise a suonare.
Una
dolce melodia, tenue e che
quasi sfiorava il silenzio per la sua delicatezza, si
propagò per tutta l’aula.
Erano
note affogate di
sentimento, passione, capaci di mettere la pelle d’oca
ascoltandole.
Hydra
era la migliore della
classe si musica, e molti definivano le sue melodie come
“ambrosia per
l’udito”.
Sentì
un rumore, e si girò,
vedendo che la porta dell’aula che stava per aprirsi.
Allontanò
di scatto il flauto
dalle labbra, per posarlo sul banco, e fece finta di essere interessata
dalle
sue unghie.
Il
resto della classe entrò
rumorosamente, seguita dal signor Ek, l’insegnante, un
omuncolo di media
statura, allampanato, sulla cinquantina.
Gli
altri ragazzi presero posto,
fra lo stridore delle sedie, e non appena il professor Ek si
schiarì la voce,
piombò il silenzio.
Dopo
un rapidissimo appello, il
professore parlò alla classe: -L’altra volta vi
avevo chiesto di comporre un
pezzo, no?! Beh, chi se la sente di farlo sentire a tutti?-
Uno
dopo l’altro, molti allievi
presero a suonare le loro melodia, fra ballate e inni, minimalismi e
sinfonie.
-Hydra,
tu non hai scelta!
Suona!- le disse il professore con un sorriso sulle labbra
–ma non fermarti
alla semplice melodia!-
“Miseria
lurida!” pensò lei.
Le
doti di tutti gli abitanti
dell’orfanotrofio erano note, ma c’erano alcuni
ragazzi che custodivano
gelosamente le proprie capacità, altri che le mostravano in
parte, e Hydra
rientrava fra questi.
Non
le andava a genio far vedere
fin dove lei potesse sconfinare col suo flauto, ma il professore aveva
parlato
chiaro: “non fermarti alla semplice melodia!”.
Hydra
si alzò e si diresse alla
cattedra, rivolta a tutti gli altri alunni.
Prese
a suonare la melodia di
prima, e di nuovo, quella melodia così simile al silenzio
prese di nuovo vita.
Man mano che suonava qualche ragazza si commosse, altri ragazzi la
fissavano
increduli.
Successivamente
lanciò uno
sguardo diabolico verso una finestra, che esplose non appena lei
passò al
movimento successivo.
Una
pioggia di cristalli
precipitò sul pavimento, per prendere poi a volare creando
giochi di spirali.
Il
vetro poi, ritornò intatto
negli infissi, e la ragazza lanciò un altro sguardo alla
bottiglia d’acqua di
una vicina di banco.
Il
liquido si gelò velocemente,
la bottiglia prese a tremare, e si lacerò, lasciando intatta
il giaccio, liscio
e senza nemmeno una lieve lesione.
Puntò
poi lo sguardo verso una
pianta più morta che viva sul davanzale di
un’altra finestra.
L’arbusto
prese fuoco, le cui
fiamme si estinsero subito.
Hydra,
nel frattempo, sentiva le
energie venirle meno. Fare certe cose comportava uno sforzo non
indifferente,
ragion per cui, tornò a concentrarsi sulla melodia, che
ormai era diretta verso
le ultime note.
Finita
la sua esecuzione, tornò a
posto, con un po’ d’affanno, passandosi una mano
sulle tempie.
Il
resto della classe era
sbigottita, mentre il professor Ek, boccheggiava, senza sapere cosa
dire in una
circostanza del genere.
Hydra
era sensazionale col suo
flauto, e oggi aveva dato prova del suo potere esplosivo.
La
ragazza affianco, tanto per
muoversi e rompere quell’atmosfera, si alzò e
buttò il pezzo di ghiaccio, che
aveva preso a sciogliersi.
-Ecco,
signore, perché non voglio
mai andare oltre la melodia- irruppe improvvisamente Hydra
–ho paura delle mie
capacità!-
-Hydra,
qui vi istruiamo proprio
perché dovete saper sottomettere le vostre doti alle vostre
intenzioni!-
rispose il professore, che nel frattempo si era ripreso –E
tu, cara, hai dato
dimostrazione che sai fare quello che vuoi quando meglio credi!-
Hydra
si sentiva a disagio, in
quel momento, ragion per cui, si limitò a ringraziare
l’insegnante e a starsene
zitta per il resto della lezione.
Quando
questa terminò, Hydra si
avvicinò al signor Ek: -Professore, vorrei imparare a
manipolare la psiche
umana con la musica!-
-Mi
dispiace Hydra, ma questa è
qualcosa di estremamente oscuro, anche maligno, se vogliamo. Privare
della
propria volontà una qualsiasi mente, è male, e
qui non abbiamo interessi
nell’insegnare cose del genere! E non farti mai più
venire idee del genere in
testa.- rispose il professore, con una lieve nota di
severità nella voce
-Fidati: il tuo potere è grande!-
Dopo
di ciò, i due lasciarono
l’aula per dirigersi nelle proprie stanze.
Hydra,
arrivata in camera sua,
lasciò il flauto sul traballante tavolino, e si
abbandonò sul letto.
Non
era mai arrivata in vita sua
a fare cose del genere.
Era
stata in grado di spostare
gli oggetti, ma far esplodere i vetri, gelare l’acqua e
mettere fuoco alle
piante, no, questo mai!
La
consolava il fatto che viveva
in un mondo particolare, dove molti avevano doti mistiche, che
sconfinavano
aldilà di molte aspettative.
Sapeva
che nel Regno di Kayka,
queste cose, potevano considerarsi quasi normali.
A
volte però Hydra desiderava
solo essere una ragazza qualunque, priva di qualsiasi potere che la
facesse
rientrare in quella cerchia di stramboidi.
La
verità è che aveva paura della
magia. La considerava qualcosa da trattare con le pinze, non come un
mare in
cui sguazzarci e godersi le proprie doti.
Purtroppo
era nata così, e
dovette rassegnarsi all’idea che lei, in ogni caso, era
destinata a dover
usare, prima o poi, i propri poteri.
Si
chiese, poi, se anche Yusuke
avesse qualche dote particolare, siccome non aveva mai dato spettacolo
di
qualche capacità occulta.
Hydra
era sicura che Yusuke era
in grado di fare qualcosa di unico, anche perché se fosse
stato un ragazzo
normale non sarebbe lì, in quell’orfanotrofio dove
venivano istruiti ragazzi
del loro calibro.
Questi
pensieri le avevano messo
addosso il malumore, ragion per cui si chiuse in camera per il resto
della
giornata senza cacciare più il naso oltre la soglia della
porta.
Si
cambiò e decise di andare a
dormire presto.
Non
dormì tranquillamente come
aveva sperato.
Si
girava in continuazione nel
letto, con l’affanno, mentre sognava case in fiamme, persone
morte assiderate e
congelate, terremoti e disgrazie varie. Gli apparve anche
l’immagine di Yusuke
riverso a terra, senza vita, con un rivolo di sangue uscirgli dalla
testa, gli
occhi cavati e il corpo mutilato: un braccio era staccato dal busto, il
petto
era aperto in una grande e sanguinosa ferita, a mostrare gli organi che
lottavano contro la morte, come se fossero pezzi
d’esposizione, o comunque
articoli messi in vendita da un sadico e macabro ambulante.
Si
svegliò di soprassalto,
urlando a squarciagola, imperlata di sudore e tremante come una foglia,
e il
vivido ricordo di quella bruta immagine le fece venire un conato di
vomito.
Si
alzò, uscì dalla camera e
corse verso il bagno comune, per accasciarsi sul pavimento di fronte al
gabinetto, dove ci butto tutto quello che aveva mangiato prima, e forse
anche
un pezzetto di anima.
Non
si era resa conto di aver
fatto molto rumore, per cui si meravigliò quando vide
entrare alcune ragazze
nel bagno che si chinarono su di lei per aiutarla, nonostante di notte
non si
potesse uscire dalle stanze.
Vedeva
confusamente i volti di
chi le stava sopra, e le mancò l’aria. Come se
avessero letto il pensiero, la
adagiarono per terra, e si allontanarono un po’, per farla
riprendere.
Dopo
qualche minuto, la ragazza
alzò lentamente il busto, e una sua vicina di stanza,
reggendola per la
schiena, le porse un bicchiere d’acqua, e le
asciugò la fronte dal sudore che
aveva reso la sua pelle appiccicosa.
-Che
è successo?- le chiesero.
-Morte…ho
sognato scene di morte
e sofferenza, intere città in fiamme, gente riversa a terra
morta congelata o
carbonizzata, terremoti e…-ma preferì serbare per
lei l’amaro ricordo e non
continuare.
Le
altre l’aiutarono a rialzarsi
e la riportarono nella sua camera.
Dopo
che rimase sola, si mise a
piangere silenziosamente, sfogando finalmente il suo enorme spavento, e
tranquillizzandosi per il fatto che era tutto un brutto sogno.
“Yusuke…”
pensò, prima di
riaddormentarsi e prendere a ballare in sogni più tranquilli.
Angolo
dell’autore:
Eccomi
qui, miei cari lettori!
Con
mio immenso piacere la storia
è seguita già da qualcuno, e spero di non
deludere le aspettative dei lettori!
Ad
_Elea_: volendo si,
posso definirmi un aritsta, anche perché suono e disegno
anche! Spero che la
storia ti piaccia. Ai nostri prossimi aggiornamenti! XD
A
raukath: vedo che sei
particolarmente interessato/a (non so il tuo sesso)
dall’evolversi della
storia! In verità anche io, siccome la tengo presente solo a
grandi linee, e
non nei dettagli! Dai, lo scopriremo solo vivendo! A presto!
A
Valerie_Laichettes: si,
Yusuke è un nome giapponese, ma la storia è
ambientata in un mondo fantastico.
I nomi veramente li prenderò da un po’ tutte le
lingue! Inoltre anche a me
affascina il modo in cui ho immaginato Yusuke, sai?! Siccome hai detto
che
seguirai, al prossimo capitolo, allora!
Ad
Alaire94: hai
indovinato: Yusuke ama la neve, e quel contrasto chiaro-scuro ha
colpito molto
anche me, che ne sono l’autore! Alla prossima!
|
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Capitolo 4 *** Il giardino dell'orfanotrofio ***
AVVERTENZE: Dopo aver
letto il
capitolo, leggete anche l’Angolo dell’autore,
poiché ci sono degli avvisi
importanti. Grazie per l’attenzione e buona lettura!
Capitolo 3:
Il giardino
dell’orfanotrofio
-Yusuke!
A cosa stai pensando?-
Il
ragazzo non era per niente
interessato alla lezione. Si trovava lì per caso, come su un
qualche
disegnatore l’avesse messo lì, in una composizione
eterogenea, dove lui non
poteva starci comodamente.
“E
che cavolo ho fatto ora?” si
chiese il giovane.
-Avanti-
continuò l’insegnante
–traduci gli ultimi righi che ho letto-
Non
nascondendo il suo
disappunto, Yusuke si alzò, libro alla mano, schiarendo la
voce.
-Allora…
“Non cercare di sfuggire
alla morte. Potrai soltanto allontanarti, per quanto sia possibile! Non
perdere
tempo per cercare la chiave della sopravvivenza e della vita eterna.
Goditi il
tuo passaggio a questo mondo, e gli déi saranno clementi con
la tua
anima!”…Dovrebbe essere più o meno
così!- concluse il ragazzo.
-Eccellente,
impeccabile come
sempre Yusuke- disse l’insegnante.
Yusuke
si sedette di nuovo e
tornò nel suo mondo, scarabocchiando su un angolino del
banco.
Aspettò
che la lezione terminasse
per fuggire via da quelle quattro mura.
Un’ora
e mezzo più tardi, suonò
la campanella che segnava la fine delle lezioni per quella giornata.
Tornò
in camera per lasciare
quello che non gli serviva, e uscendo dalla stanza, bussò
alla porta di Hydra.
Aspettò
qualche istante, per
vedere sulla soglia il volto bianco della ragazza.
-Cos’è
successo? Come stai?- le
chiese, allarmato.
Per
tutta risposta, Hydra si
limitò a scuotere il capo e chiudere la porta della stanza.
Inizialmente
i due camminarono in
silenzio, senza osare romperlo, poi improvvisamente, Yusuke le chiese
cosa
avesse.
-Niente-
rispose Hydra.
-Impossibile,
si vede che non
stai bene: hai la faccia di un cadavere!-
A
queste ultime parole, Hydra
fissò spaventata Yusuke, come se stesse per morire
lì, davanti a lei, da un
momento all’altro.
Yusuke
notò la reazione della
ragazza e si sentì in colpa!
-Ho
detto qualcosa di male?
Dimmelo se è così!-
-No,
tranquillo- rispose subito
lei –è solo che…-
-Che?!
Che cosa “che…”- chiese
con insistenza lui.
La
ragazza scosse il capo: -Come
tu vuoi mantenere segrete le tue doti, io voglio tenere segreta questa
cosa!-
concluse decisa, anche se la voce la tradiva un po’, di fatto.
-Ti
sbagli- disse Yusuke con voce
amara –la questione è diversa. Qui non si parla
del potere di X o di quello di
Y: stiamo parlando di te, della tua salute, stai male, e non negarlo,
diamine!
Quando ho detto che sembravi un cadavere mi hai guardato, allarmata.
Quindi
sputa il rospo!- finì, trafiggendola con il suo sguardo di
ossidiana.
-Perché
devo?- insistette lei,
ostinata.
-Perché
devi e basta!- rispose
deciso Yusuke.
-Ti
odio quando fai così- disse
infine Hydra, arrendendosi, ma non continuando.
Il
ragazzo si schiarì la voce,
tanto per farla presente che era ancora in attesa di una risposta
soddisfacente.
-Ieri
sono stata a lezione come
ben sai. Ma forse quello che non ti è arrivato alle orecchie
è il fatto che Ek
mi ha, diciamo, “costretta” ad andare oltre la
melodia…mettere a nudo un po’ di
più le mie capacità! E niente, inizio a suonare,
dopo qualche istante, prendo
di mira il vetro della finestra e ci proietto sopra la mia musica
insieme alle
mie intenzioni. Il vetro è esploso e si è
ricomposto, ho ghiacciato l’acqua in
una bottiglia e dato fuoco ad una pianta più morta che viva,
e penso di averle
fatto solo un piacere.
Vedendo
quello che sono riuscita
a fare, mi sono spaventata. Di notte, poi, ho preso a sognare
città in fiamme,
persone morte per il freddo, terremoti e disgrazie del genere,
poi…- ma qui la
voce le tremò.
-Poi?-
insistette Yusuke.
-…ho
sognato te…morto. Perdevi
molto sangue dalla testa, avevi le orbite vuote, un braccio strappato
dal resto
del corpo. Il torace aperto in una ferita che metteva a nudo cuore e
polmoni…che cercavano di resistere. Tutto in una enorme
pozza di sangue che non
smetteva mai di allargarsi.
Allora
mi sono svegliata urlando
e ho vomitato- concluse lei, tirando un lungo respiro.
Yusuke
mantenne un’apparente
calma, ma in realtà era spaventato a morte e angosciato.
Sentire
uscire dalla bocca di
Hydra quelle parole lo costrinsero a vedere sé stesso
riverso a terra, morto
dissanguato. La cosa lo spaventò tantissimo, e gli venne una
leggera tremarella
alle gambe.
Le
scene di morte, in genere, non
gli mettevano ansia, in linea di massima, ma la descrizione
così vivida di
Hydra, lo portò a sperimentare anche questa nuova
sensazione, seppur dolorosa.
-Ah…non
ti ho detto una cosa…il
vero finale della “fantasmagorica” giornata di
ieri- mettendo pesante enfasi ed
ironia.
Yusuke
deglutì, pronto ad
incassare un nuovo colpo: -Ah si?-
-Dopo
averti visto morto, ho
pianto!- buttò lì, sentendosi finalmente
più leggera.
-Fantastico…-
mormorò lugubre.
Hydra
rise un po’, alleggerendo
l’atmosfera, dicendogli che alla fine era solo un sogno,
nulla di particolare.
-Avevi
ragione…meglio se questa
te la tenevi per te!- disse Yusuke.
-Tu
non mi ascolti mai!-
Yusuke
riuscì a sorridere
debolmente, anche se stava ancora giù per via del dolore di
Hydra, e
dell’immagine si sé stesso, morto.
-E
tu? Cosa hai sognato
stanotte?- chiese lei, spostando il centro del discorso.
-Un
enorme, gigantesco, immenso
foglio bianco, e una sola piccola, minuscola matita che ci scriveva,
disegnava
e colorava sopra. Il bello era che la stessa matita era in grado di
produrre
tutti i colori, anche se sembrava una normale matita per disegnare.-
-E
cosa scriveva?-
-Mah,
ti dirò, cose stupide e
insensate miste a cose piuttosto profonde!-
-Mi
interessano le ultime!-
-Beh…devo
essere onesto?-
-E’
una domanda da fare secondo
te, questa? Bah!-
“Cazzo!
Quanto mai imparerò a
starmene un po’ zitto?” pensò Yusuke.
-Ogni
tanto usciva fuori la
parola “neve”, “folletti”,
“proibito”
e…”Hydra”.- terminò di botto.
Hydra
arrossì all’istante.
-Toh!
Hai ripreso un po’ di
colore!- disse Yusuke.
Hydra
rise, e ringraziò lui.
Camminando,
i due erano arrivati
nel giardino dell’orfanotrofio.
L’intero
prato era deserto.
Dopo
qualche interminabile minuto
di silenzio, Yusuke si sentì chiamare sulla spalla, si
girò, e vide Hydra che
lo avvicinò al suo viso, le labbra irresistibilmente
attratte dalle sue.
Le
bocche di entrambi esitavano,
poi entrarono in contatto.
Inizialmente
la cosa sembrò
essere sbagliata, ma poi i due si lasciarono un po’ andare,
lentamente.
Oblio
e dimenticanza, ecco come
Yusuke avrebbe descritto quel momento, e di fatto come lo
definì anni dopo.
Alzò
le sue mani, per poggiarne
una sulla delicata schiena di Hydra, e per immergerne
un’altra nei suoi folti
capelli, inspirando il suo odore a pieni polmoni.
Hydra
poggiò le sue mani sul
collo del ragazzo, per poi farne scivolare una all’altezza
del suo busto,
stringendosi a lui, per non perderlo.
La
pelle di Yusuke, percepì
Hydra, era delicata, morbida e liscia, come la buccia di una pesca.
I
due dapprima esplorarono le
labbra dell’altro, poi fecero pressione, separando le labbra
con la lingua,
ridefinendo sempre nuovi contorni, tracciando nuovi confini.
Avidi,
inspiravano a pieni
polmoni ossigeno e profumo, l’essenza dell’altro.
Hydra,
notò Yusuke, odorava di
fiori: non sapeva dire precisamente quali, ma l’odore era
essenzialmente
quello.
L’odore
di lui, notò la ragazza,
era come quello del ghiaccio, fresco, misto a quello di pino,
inebriante, creando
un cocktail di odori capace di stordire: era piacevole.
Dopo
due minuti mal contati, i
due realizzarono cosa stavano facendo e, spaventati ognuno per la
reazione
dell’altro, si staccarono, con un secco schiocco di labbra.
Yusuke
era rosso di vergogna e
non sapeva bene dove guardare, mentre Hydra si allontanò di
qualche passo,
velocemente, e restò con la testa china, a creare vortici
immaginari sul
terreno con la punta del piede destro, e le mani serrate
l’una nell’altra,
dietro la schiena.
Hydra,
poi, ebbe un lieve
fremito. Sicura che Yusuke l’avesse notato disse:
-L’aria è fredda oggi!-
“Ma
fra le mille cavolate che
potevo dire, proprio questa?” pensò lei,
maledicendosi.
-Un
po’- rispose Yusuke.
“Un
po’? Cioè, Yusuke, ma ti
rendi conto di cosa stai dicendo?” meditò lui.
Se
ne stava lì, con le mani in
mano, senza sapere che diavolo fare, se avvicinarsi e parlarne, se
andarsene
senza dire una parola.
Optò
per un’equa via di mezzo.
-Devo
andare. Ho…ho un
appuntamento con un mio compagno di classe per vedere alcune cose.-
“Fantasia:
0 punti! Viva me…”
pensò lui, rendendosi conto delle cavolate che diceva.
-Si,
certo! Non preoccuparti…-
Rimasero
per qualche attimo in
silenzio, ognuno sperando che l’altro facesse il primo passo,
i due codardi!
-Allora…ciao!-
disse Yusuke.
-Ci
si becca!- rispose Hydra.
Il
giovane canuto, allora, girò i
tacchi e se ne andò.
Mentre
camminava, diretto per
destinazioni a lui stesso ignote, pensava a quanto fosse stato stupido
e
ingenuo.
Si
vedeva da un miglio di
distanza che Hydra era affascinata da lui.
Ma
non voleva che la cosa
precipitasse, per così dire, così velocemente.
No,
questo non gli stava per
niente bene, e si sentiva in colpa, in parte responsabile.
E
con questa lieve nota di
rimorso tornò in camera sua, voleva recuperare Hydra.
Aveva
deciso: gli avrebbe
mostrato i suoi poteri.
Angolo
dell’autore:
Bene
ragassuoli belli!
Ve
lo dico da ora, per evitare
confusione in seguito.
La
mia testolina bacata ha
l’intenzione di rompere questa situazione di equilibrio fra
pochissimo, facendo
rientrare nella storia anche l’elemento avventura.
“Finalmente!”
direte voi. E io vi
rispondo che non apposta ho voluto così.
Nel
prossimo capitolo, Yusuke
mostrerà le sue doti, se la cosa vi può
interessare.
Inoltre,
sempre grazie alle idee
provenienti dal mio cervello, ho intenzione di scrivere una serie di
prologhi
nel corso della storia. In questo modo si potrebbero già
avere piccole
anticipazioni della storia stessa. I prologhi saranno numerati,
ovviamente. Fra
non molto ci sarà già il prologo numero 2, quindi
preparatevi.
Ad
_Elea_: si, la
situazione affascina anche me, soprattutto perché la storia
prende sempre nuove
forme XD Comunque no, non so suonare il flauto traverso, ma il basso.
Ho deciso
di far suonare il flauto ad Hydra poiché è uno
strumento molto delicato, adatto
ad una ragazza. Per quanto riguarda il disegno, sto facendo il ritratto
di
Yusuke, e fra non molto lo inserirò in uno dei capitoli,
così potrai giudicare
tu!
Alla
prossima!
|
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Capitolo 5 *** Il disegnatore ***
Capitolo 4: Il disegnatore
Yusuke
pensava di mostrarle le
proprie capacità il giorno dopo, ma non sapeva come attirare
l’attenzione di
Hydra, in nessun modo.
E
poi, Hydra non la vide per
tutto il giorno seguente, e quello dopo ancora e ancora.
Il
quarto giorno dopo il loro
“primo” bacio aveva deciso che se non avesse
trovato Hydra in giro per
l’istituto, sarebbe andato a chiamarla direttamente in camera
sua.
Mentre
soppesava le varie
possibilità, arrivò nella mensa, per mettere
qualcosa sotto i denti.
Facendo la fila, notò che
più avanti, Hydra usciva dalla fila, diretta con il suo
vassoio verso un tavolo
deserto, sul fondo.
Dopo
aver preso la sua razione,
con fare casuale, Yusuke si avvicinò allo stesso tavolo
della ragazza.
-Posso
sedermi o è occupato?- le
chiese.
Hydra
si voltò verso di lui. Non
voleva dirgli di sì, ma non poteva nemmeno allontanarlo.
Sapeva benissimo che
la responsabilità di quanto era successo era anche sua in
fondo. Per evitare di
fare altre stupidate, si limitò a sorridere, gesto che
Yusuke interpretò
affermativamente.
-L’altra
volta…- esordì il
ragazzo, volendo chiarire subito.
-No,
è stata anche colpa mia,
scusami. Non dovevo! Non so cosa mi è preso,
ma…l’ho fatto, ormai. Quindi non
devi scusarti, inginocchiarti, baciarmi i piedi o in ogni caso nulla di
simile!-
Yusuke
ammutolì, e lasciò cadere
il discorso.
Beh,
almeno lei non se l’era
presa! Ma d’altronde, come avrebbe potuto, ad ogni modo?
-Hai
lezione dopo?- chiese Yusuke
a Hydra.
-Esattamente,
non che la cosa mi
ecciti però…- rispose con un filo di amarezza in
bocca.
I
due ripresero a parlare come se
quel bacio non fosse mai esistito, come se quei tre brevi e
interminabili
giorni di silenzio fossero un breve fuori programma da ignorare.
L’intera
mensa era immersa in un
rumoroso chiacchiericcio, quando si sentì il rumore di una
sedia graffiare per
terra.
L’intera
sala zittì all’istante,
e si girò verso il tavolo dei docenti.
La
Preside, facendo sfoggio del
suo metro e sessanta di altezza nel vestito lungo blu notte, doveva
fare un
annuncio.
-Bene
ragazzi. Come saprete
benissimo, domani è giornata libera per tutti voi e alcuni
dei vostri
insegnanti hanno avanzato l’idea di portarvi un
po’ in giro, magari sulle
scogliere, per passare una giornata all’aperto. Chiunque di
voi sia interessato,
e pregato, entro e non oltre questa sera dopo cena, di recarsi
all’ufficio del
professor Ek per dare i propri nominativi. Gli altri resteranno qui,
insieme
sotto la vigilanza degli altri insegnanti…sempre se qualcuno
ha intenzione di
restare qui dentro, cosa che mi pare al dir poco impossibile. Grazie
per
l’attenzione- e si risedette per continuare il pasto.
La
mensa tornò rumorosa come
prima, e già iniziavano a sentirsi le prima urla isteriche
dei ragazzi che
erano eccitati dall’idea che domani sarebbero usciti da
quelle quattro mura.
-Tu
ci vai?- chiese Hydra a
Yusuke.
-Sì,
già che ci portano da
qualche parte meglio approfittarne!- rispose, pensando che se anche lei
avesse
partecipato, le avrebbe mostrato i suoi poteri, una volta per tutte!
-Tu?-
-Ovvio
che vengo!- disse Hydra,
con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
Iniziarono
così a fantasticare
sulla giornata di domani, dimenticandosi sempre più
velocemente di
quell’incidente maldestro.
-Andiamo
a dare i nominativi,
così stiamo sicuri già da ora!- lo
invitò Hydra.
Per
tutta risposta, Yusuke si
alzò per andare a lasciare il vassoio e, con la mano, le
fece cenno di
muoversi.
In
corridoio non si parlava
d’altro. Scogliere di qua, scogliere di là, gita
sopra e gita sotto. Non erano
molte le uscite che facevano all’orfanotrofio, quindi si
avvertiva una certa
trepidazione ed elettricità nell’aria
già da quel momento.
Davanti
l’ufficio del professor
Ek c’era già un po’ di gente a fare la
fila, per cui i due ragazzi dovettero
mettersi in coda e aspettare.
Un
passo dopo l’altro, un minuto
dopo l’altro, dopo un quarto d’ora
d’attesa, Hydra, che si era imbucata nella
fila prima di Yusuke, aveva varcato la soglia dell’ufficio.
Dopo qualche minuto
uscì fuori con un’autorizzazione e disse a Yusuke
che ora poteva entrare.
Il
professor Ek, seduto dietro la
sua scrivania di legno, gli fece cenno di venire avanti.
-Buongiorno-
salutò Yusuke,
timido.
-Salve.
Mi può dare i suoi dati?
Nome e numero di matricola?-
-Il
cognome che mi è stato dato
non lo volete?-
-No,
tranquillo, bastano il nome
e la matricola-
-Allora,
Yusuke, mentre la
matricola è 79815-
Il
signore Ek scribacchiò
qualcosa su quella che risultò essere
l’autorizzazione, dopodiché gliela porse.
Hydra
lo aveva aspettato, per poi
salutarlo.
-Manca
ancora un’ora dalla
lezione, ma devo esercitarmi un poco, e prendere lo strumento dalla
stanza. Ci
vediamo dopo?-
Yusuke
annuì, e i due si
congedarono.
Non
aveva voglia di chiudersi in
stanza, per cui, come chissà quante altre volte in passato,
prese le sue amate
carta e matita e andò nel parco, in un angolino che col
tempo era diventato
suo, che col tempo la gente aveva smesso di frequentare, grazie alla
sua
presenza e ai suoi modi di fare.
Il
sole splendeva alto
nell’azzurro, il cui sereno era straziato da poche nuvole
bianche come i suoi
capelli.
Arrivato,
si accomodò per terra e
prese a disegnare cose a caso, senza pensarci troppo.
D’altronde,
disegnare era una
cosa che gli veniva spontanea: a volte sospettava che la sua mano fosse
dotata
di vita propria e che non dipendesse da lui. In ogni caso non
badò molto a
quello che la matita scribacchiava, ma stava macchiettando un qualcosa
per fare
in modo che Hydra venisse a sapere dei suoi poteri.
Al
momento non gli veniva in
mente niente, per cui si limitò a pensare “Domani
improvviserò qualcosa!”.
Dopodiché
riprese a disegnare
tranquillamente, sentendo le pulsazioni.
Per
Yusuke quei semplici
scarabocchi erano vivi, sapevano essere violenti.
Ecco,
l’immagine sapeva
inchiodarti lì, senza troppe cerimonie, senza riserbo e
senza premure.
L’arte
pretende attenzione, è
egocentrica: l’arte è arte, e Yusuke
l’aveva capito perfettamente, ecco perché,
fra i vai motivi, si sarebbe rivelato a Hydra.
Affogato
fra queste teorie, tornò
nell’edificio, per passare tranquillamente il resto della
giornata, in attesa
dell’alba, di un nuovo giorno, in attesa di Hydra e delle
scogliere.
La
luna viaggiò come al solito
tranquilla all’orizzonte, mentre Yusuke,
nell’attesa aveva dormito solo poche
ore.
Era
eccitato, in fibrillazione,
no?!
Appena
il sole fece capolino
oltre le basse nubi, si alzò dal letto, per preparasi, sia a
livello materiale
che psicologicamente. Quella sarebbe stata una battaglia non facile da
combattere per Yusuke: era geloso di sé, dei suoi disegni,
dei suoi poteri, e
oggi, per la prima volta, si sarebbe rivelato.
“Ok,
adesso basta, altrimenti
farò solo qualche cazzata! Succeda quel che
succeda!” pensò, per chiudere
definitivamente il discorso anche con sé stesso.
-Ci
sei?- lo chiamò Hydra fuori
la porta, bussando.
-No,
sono al bar!- rispose Yusuke
ridendo –Dove vuoi che sia?-
“Imbecille”
pensò fra sé Hydra,
mentre il ragazzo si lasciava alle spalle la porta chiusa della stanza.
Dopo
le varie cose di routine, i
due si unirono al mucchio dei ragazzi che sarebbero andati fuori, e si
avviarono, a piedi, siccome le scogliere non erano lontane.
Il
sole continuava la sua corsa
nel cielo, e gli uccelli avevano preso a cantare e sfrecciare nel cielo
come
razzi. C’era un po’ di vento a rinfrescare
l’aria calda di quella giornata che
smuoveva i capelli della carovana chiassosa.
Si
poteva già sentire l’odore del
mare che i ragazzi urlarono come ossessi, e i professori, essendo una
cosa
extrascolastica non fecero nulla di nulla per richiamarli
all’ordine.
-Hydra-
cominciò Yusuke –ti
lascio per qualche minuto…devo fare una cosa, da solo-
-Riguarda
i tuoi disegni?-
-Già!-
-A
dopo allora!- salutò Hydra,
vedendo Yusuke che si era già avviato.
Sapeva
che quello che stava per
fare era una cosa scorretta, ma ora la curiosità era troppa:
l’avrebbe spiato.
“Che
colpo basso, però…” pensò,
non comunque demotivata.
-Ragazzi
fate un po’ quello che
volete, dovete essere tutti qui al fare del tramonto, chiaro?- disse la
Preside, per poi congedarli.
Ecco,
questo era il momento
giusto.
Yusuke
se ne era già andato,
quindi non avrebbe potuto vedere che lo voleva seguire, meglio
così.
Cercò
di capire dove sarebbe
potuto andare a cacciarsi. Nei pressi c’era una foresta, che
si affacciava
sulla scogliera, e conoscendo l’amico, quel luogo solitario
faceva al caso suo.
Sarebbe andata lì, come prima tappa, altrimenti avrebbe
continuato a vagare
finché non l’avesse trovato.
Entrò
nella foresta, decisa fin
dal primo momento a non fare alcun rumore, per non essere scoperta. Se
proprio
lui l’avesse scoperta, avrebbe detto che era lì
per caso. La scogliera era di
tutti, alla fin fine.
Misto
all’odore di foglie e terra
c’era anche quello della salsedine e della brezza marina.
La
foresta, prima abbastanza
folta, ora prese a diradarsi, offrendo uno struggente scorcio di un
paesaggio
commovente, capace di toglierti il fiato, strozzarti.
La
montagna si gettava a
capofitto nel mare, che si sentiva ruggiva dal basso.
Qualche
arbusto coraggioso
cercava di crescere sulle pareti dello strapiombo, senza sapere che
prima o poi
avrebbe ceduto.
E
lì, seduto per terra, c’era
lui. Aveva indovinato!
Yusuke,
seduto sull’orlo della
scogliera, disegnava tranquillamente.
Hydra
nel frattempo, si era
avvicinata alle sue spalle, assolutamente in silenzio, per non
spaventarlo.
La
ragazza era affascinata da
Yusuke, aveva qualcosa di ammaliante nel suo modo di essere, fare,
mostrarsi.
Quella presunta vulnerabilità la elettrizzava, tanto da
perdere il controllo
della sua stessa bocca, che aveva preso a parlare di sua iniziativa.
-Belli
i tuoi disegni!- esclamò
Hydra.
Yusuke
si girò verso di lei,
lentamente, lo sguardo acceso da una luce d interesse.
-Davvero?
O mi stai prendendo in
giro?- chiese lui, un sopracciglio alzato, sulla difensiva.
-Davvero,
sono stupefacenti!
Sono…unici! Mai visto qualcosa del genere!-
esclamò la ragazza –Me ne faresti
uno?-
-Si…-
rispose lui, un po’
scocciato, un po’ divertito.
Il
ragazzo, allora, si armò di
carta e matita, e prese a disegnare forsennatamente.
“E
non hai ancora visto il
meglio, Hydra!” pensò Yusuke, esaltato.
Il
disegno che la ragazza aveva
visto era quello di una fenice in fiamme.
Le
sembrava così vero che ebbe
l’illusione che la fenice stesse ardendo lì,
davanti a lei, come se le fiamme
stavano guizzando, come se fossero…reali, vive.
Yusuke
continuò il disegno che di
per sé sfiorava la perfezione, ma che per lui era una sorta
di bozza migliorata
e ancora da aggiustare.
Lentamente,
Hydra si accomodò di
fianco all’amico, osservando in madornale silenzio.
“Quando
si dice il caso!” pensò
Yusuke.
“Chissà
perché non vuole mai far
veder i suoi disegni…” si chiedeva Hydra.
Non
aveva il coraggio di rompere
il silenzio, e si limitò a fissare a bocca aperta la mano
rapida di Yusuke, che
si muoveva svelta e precisa su quel pezzo di carta.
La
fenice sia arricchì di
piumaggi sempre più favolosi, le fiamme di scintille nuove,
la carta si
arricchiva di segni di matita, che sembravano pulsare, avere un cuore
che
battesse unicamente per loro.
Dopo
una buona mezz’ora, Yusuke
affermò che l’opera era finita.
-E’
mio?- chiese lei, trepidante.
-Solo
se lo vuoi- rispose lui.
Poi
riprese, più serio e
tremante: -Ti mostrerò cosa sono in grado di fare!-
Hydra
non credeva alle sue
orecchie, non riusciva a parlare, per cui si limitò a
fissarlo con gli occhi
sgranati.
Yusuke
prese il disegno della
fenice e lo appallottolò, senza troppe cerimonie.
Lo
strinse al petto, pronunciando
qualcosa in silenzio, muovendo solo le labbra, tutto in una frazione di
secondo.
Aprì
il foglio, e la fenice
schizzò letteralmente fuori dal foglio, cantando, in fiamme.
Hydra
si spaventò vedendo uscire
fuori un uccello enorme da un misero pezzo di carta, per cui cadde per
terra, e
indietreggiò istintivamente.
La
fenice prese a volteggiare
cantando una melodia suadente, dolce, che sapeva di lussuria e
vitalità.
Yusuke
ammirò soddisfatto la sua
opera per qualche minuto, per poi appallottolare di nuovo il disegno e
mormorare altre parole, e la fenice sparì.
Ancora
a terra, Hydra fissava
Yusuke, che ricambiava col suo solito sguardo neutro e un sorriso
serafico.
-Io
do la vita ai miei disegni, e
posso fargli fare quello che voglio!-
Hydra
si rialzò a fatica, la
fronte imperlata di sudore.
-Assurdo…è
semplicemente
assurdo!- esclamò lei.
-Anche
io ho paura dei miei
poteri, sai?- disse Yusuke –In ogni caso, questo è
tuo- disse porgendole il
disegno della fenice.
-Assurdo…-
la ragazza non riuscì
a dire altro, mentre fissava ammirata prima l’amico poi il
disegno.
Yusuke,
nel frattempo, aveva
ripreso a disegnare come se nulla fosse, intossicandosi alla vista di
quello struggente
orizzonte.
Angolo
dell’autore:
Bene
ragazzi, Yusuke, finalmente
si è rivelato, contenti?
Spero
che il capitolo vi sia
piaciuto!
Il
prossimo, ve lo dico da ora,
sarà un prologo, e entrerà, quindi,
l’elemento avventura!
A
Valerie_Laichettes: ciao!
Immagino che chiunque si sia spaventato a quella vista,
e…si, entrambi erano
imbarazzatissimi per quello che era successo! La mia mente è
strana , lo so XD
Siccome
me lo chiedesti prima, ti
dico che Yusuke significa “Supporto confortevole”.
L’ho scelto casualmente, ma
forse potrebbero esserci attinenze fra il nome e il contenuto della
storia!
Alla prossima!
Ad _Elea_:
we! Capirai subito
cosa intendo per “rompere l’equilibrio”.
Tempo al tempo. Per quanto riguarda il
disegno, è in lavorazione, per cui, tieniti pronta! Alla
prossima!
Saluti!
|
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Capitolo 6 *** Prologo n.2 ***
Prologo n.2
-Cosa
significa che i due sono
sfuggiti?- chiese il sovrano.
I
soldati non avevano parole, non
sapevano come scusarsi.
-Esigo
una risposta
soddisfacente, e subito!- ordinò il re, battendo un pungo
sul bracciolo del
trono.
Le
guardie, invece, presero a
tremare.
Uno
fra loro, in una crisi di
nervi, prese a piangere in maniera isterica, accusando
l’altro, che sarebbe
potuto comodamente passare per una statua di cera.
Il
re, infastidito, richiamò il
silenzio: -Mi dispiace, ma sapete cosa vi aspetta!-
Inorriditi
e spaventati, i
soldati presero a chiedere perdono, invocando la benevolenza di Kaos il
Magnanimo.
-Certo
che avrete benevolenza,
tranquilli!- rispose.
Detto
questo schioccò le dita e
le armi appese alle pareti presero vita, e volarono contro i poveri
disgraziati, riducendoli in un mare di sangue.
Ad
uno, una mazza ferrata aveva
fracassato il cranio, facendone uscire il grigio cervello in un mare di
sangue,
mentre una frusta lo strangolò, lasciandogli profondi segni
sulla gola e
recidendo le vie respiratorie.
Una
lancia ne aveva infilzato
unaltro da parte a parte, mentre una serie di frecce si conficcarono su
tutto
il suo corpo, senza pietà.
Gli
si infilarono negli occhi,
facendo cacciare al malcapitato un dilaniante urlo di dolore.
E
poi silenzio: un’ascia, come
mossa a compassione, lo decapitò: un taglio netto, in un
mare di sangue e
schegge di ossa.
Altri
morirono strangolati,
inchiodati, smembrati vivi, tutto in un mare di sangue e metallo.
Indifferente,
Kaos si voltò verso
il suo trono, e disse: -Cercateli a tutti i costi. Ovviamente li voglio
qui
vivi, o farete la loro stessa fine. Penso di essere stato abbastanza
chiaro! Ed
ora, per cortesia, vi sarei grato se puliste, bastardi!-.
Angolo
dell’autore:
Salve
salvino!
Ecco,
come promesso, il prologo
n.2!
Kaos…chi
cazzo è? Eheh, aspettate
e lo scoprirete!
Come
avrete potuto constatare, la
mia mente è piuttosto perversa in materia di macabro, ma
più avanti ci sarà un’evoluzione
del genere u.u
A
Valerie_Laichettes:
ciao! Avevi ragione, quelle sono sviste vere e proprie, fatte senza
rendermene
conto, in ogni caso ho corretto. Grazie per avermele fatte notare!
Comunque
sì, mi piace la
punteggiatura! Da ritmo *-*
Nel
prossimo capitolo, comunque
posto il ritratto di Yusuke :)
A
presto!
A
_Elea_: si, il potere di
Yusuke deriva dal disegno, è più bello di quello
di Hydra, ma non credo sia altrettanto
pericoloso, però XD
Alla
prossima!
|
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Capitolo 7 *** Sospetti e fuga ***
Capitolo 5: Sospetti e fuga
-E
perché non hai mai mostrato
questa tua capacità a nessuno?- chiese Hydra, per
l’ennesima volta.
Mentre
camminavano sotto i
portici, Yusuke alzò lo sguardo verso il cielo, rassegnato.
-Per
la milionesima volta…anche
io ho paura delle mie capacità!-
-Sì,
l’ho capito, ma perché?-
-Perché
tu non volevi andare
oltre con la tua melodia?- le chiese allora Yusuke, a tono.
Hydra,
allora, capì davvero cosa
intendeva il ragazzo, e si rassegnò, lasciando cadere il
discorso una volta e per
sempre.
Erano
passati quindici giorni
dalla gita sulle scogliere, eppure il ricordo del volo di quella fenice
era
perfettamente vivido, come se fosse successo meno di un minuto prima.
-Ultima
domanda…hai intenzione di
rivelarlo a qualcun altro?-
-Non
lo so, forse.-
E
il discorso, finalmente, morì
lì.
Dal
giorno dopo la loro
fuoriuscita, Yusuke aveva notato che fuori dall’istituto
passavano sempre più
spesso persone estranee, che si fermavano a scrutare la struttura e i
ragazzi
che in quel momento ciondolavano nel giardino senza fare qualcosa di
particolare.
Una
volta Yusuke, diretto verso
l’infermeria, siccome la mano gli sanguinava, notò
che una figura scura in
volto, lo guardava ma non come si vedono i passanti che capitano
davanti al
proprio sguardo: lo fissava intensamente, come se lo stesse analizzando.
Solo
quando la presa sull’altra
mano divenne troppo viscida si decise a muoversi verso
l’infermeria.
Con
la coda dell’occhio, però,
notò che l’individuo ancora lo fissava.
Da
quel giorno, poi, gli sembrò
che la presenza degli estranei si intensificò.
Anche
i professori se ne erano
accorti, e siccome secondo loro doveva succeder qualcosa prima o poi,
avevano
invitato gli studenti alla massima cautela.
Mentre
pensava queste cose, il
ragazzo, chissà perché, prese la decisione di
rivelare i suoi poteri anche agli
altri.
-Come
mai?- chiese Hydra,
impressionata dall’amico.
-Aveva
senso mantenere il segreto
finché questo era davvero tale, ma siccome tu sai cosa so
fare, non ha più
senso mantenere questo alone di mistero. Ergo, vado già ora
in classe, così
preparo una tavola e la mostro al resto del mondo. A dopo!- e i due si
salutarono, Hydra un po’ meno convinta.
Aveva
a disposizione un’ora di
tempo, per cui decise di creare qualcosa di mozzafiato.
Se
bisognava stupire, lo si
doveva fare bene, no?!
Prese
posto in fondo all’aula, e
prese a disegnare un demone.
Questo
ero androgino, non si
capiva il suo vero sesso, per il semplice fatto che erano presenti
elementi di
entrambi.
La
testa era sormontato da tre
corna, due laterali ed una centrale; il mostro aveva occhi felini, e il
muso
arricciato nella smorfia di un urlo, mostrando gli affilatissimi
canini. Il
corpo era tonico e sui punti nevralgici si vedevano le vene gonfie. Era
munito
di una coda irta di aculei di ghiaccio, mentre gli arti sembravano
essere
l’incrocio fra quelli umani e quelli dei rapaci.
Il
corpo, inoltre, adorno di
monili e simboli inventati dal ragazzo in quello stesso momento, era
dotato di
ali piumate nere come la pece.
Yusuke
era preso dal disegno, che
non si era reso che l’aula si stava pian piano riempiendo,
mentre un gruppetto
di curiosi si erano messi dietro il ragazzo per vedere cosa stesse
disegnando.
Yusuke, però, era talmente chino sul disegno, per ridefinire
i particolari, che
ne ostacolò involontariamente la vista.
Quando
ebbe finito, si distese
sulla sedia, lasciando libera la visuale.
In
quel momento si accorse di
quelli che lo spiavano, e involontariamente volle nascondere il
disegno, ma poi
si ricordò che in ogni caso sarebbero stati spettatori,
dopo, quindi non ne
valeva la pena, e gli lasciò sbirciare la sua opera,
magnifica nella sua
diabolicità, seducente nel suo essere ambiguo.
La
signora Roth entrò in classe
richiamando l’ordine. Dopo le solite cose di routine, Yusuke
si alzò e chiese
al docente di poter mostrare i suoi poteri.
-Parli
sul serio?- chiese la
professoressa, sbigottita, mentre la classe mormorò parole
di meraviglia e
stupore.
-Mai
come ora- rispose Yusuke.
-Va
bene, siccome ti sei deciso,
oggi hai campo libero. Di che si tratta?-
-E’
meglio vederlo che
descriverlo!-
Detto
questo, si alzò e fece
vedere prima il disegno a tutti i presenti, che mormoravano
esclamazioni di
stupore davanti a tanta magnificenza. Dopo si mise in fondo
all’aula, e come
l’altra volta, accartocciò il disegno, per
pronunciare le stesse silenziose
parole.
Aprì
il disegno, e sul pavimento
davanti la cattedra si creò una nera macchia di fumo,
lentamente emersero prima
le corna, poi la testa, e infine il resto del corpo.
Il
demone aveva preso vita.
Alcuni
urlarono dalla paura, e
istintivamente cercarono di scappare dalla porta, ma Yusuke
urlò loro di stare
fermi, che lui poteva comandarlo e che non avrebbe fatto loro del male.
Infatti
il demone si limitò a volteggiare, fare esibizione di
sé, e fracassare un banco
vuoto davanti a lui toccandolo semplicemente con i polpastrelli delle
dita.
Poi
appallottolò di nuovo il
disegno, e il demone svanì in una nube di fumo, lasciandosi
dietro una bitonale
risata ambigua.
La
classe rimase in silenzio, lo
sguardo fisso su Yusuke che riprese posto tranquillamente.
La
professoressa Roth iniziò a
battere le mani, e poi, pian piano anche il resto dei presenti.
-Sconvolgente,
sensazionale! E’
un qualcosa di unico!- lo adulò la donna.
L’insegnante
continuò il suo
sproloquio per molto tempo, ma Yusuke non sentiva nemmeno una lettera
di quello
che stava dicendo.
Aveva
lo sguardo rivolto fuori
dalla finestra: qualcuno lo stava fissando, anzi, gli faceva cenni con
le mani.
Yusuke
non lo conosceva, e il
fatto che così tanti estranei venivano davanti
l’orfanotrofio, e che,
addirittura, qualcuno lo stesse chiamando, gli metteva ansia.
Lo
disse all’insegnante, ma
appena questa si affacciò, l’esterno era di nuovo
deserto.
Per
il resto della lezione,
Yusuke si voltò spesso verso la finestra, ma non trovava
nulla di nulla, solo
quella persistente sensazione di essere sotto osservazione, e che
dovesse
accadere qualcosa da un momento all’altro.
E
sull’ultima cosa era certo:
sentiva che l’aria era carica, elettrica, e non gli piaceva.
Tornando
in camera sua, aveva la
sensazione di essere seguito, e quando arrivò, sentì
qualcosa bussare…alla
finestra?!
Scostò
al tenda, e vide che non
c’era niente, ma che sul vetro, a ritmo regolare, arrivavano
dei sassolini.
Di
nuovo quella persona? Yusuke
lo incenerì con lo sguardo e l’altro cosa faceva?
Stava ridendo? E poi se ne
andò.
Quella
sgradevole sensazione di
viscido e disagio stava appena percorrendo la sua schiena, che Yusuke
iniziò a
sudare.
Cosa
volevano da lui? O era
semplicemente paranoia, la sua?
-Yusuke!-
Hydra
lo chiamava da fuori.
Il
ragazzo le aprì la porta,
deglutendo.
-Chi
era quello sotto la
finestra?-
-Ah,
allora l’hai visto anche tu?
E che ne posso sapere io? Mi sta venendo
l’ansia…ho brutti presentimenti…-
rispose il canuto.
-Vedi
di non farli diventare
realtà, allora!- esclamò Hydra, un po’
preoccupata.
Lentamente
i giorni si
consumarono, ma Yusuke non riusciva a togliersi di dosso
l’impressione che
stesse per succedere qualcosa.
Aveva
i muscoli sempre in
tensione, come se dovesse scattare da un momento all’altro.
La
cosa gli procurò non pochi
fastidi a livello fisico e psicologico, tanto che dovette saltare un
paio di
lezioni per riprendersi non del tutto.
Dopo
pochi giorni riusciva a
stento prendere sonno, ma almeno poteva dormire per qualche ora
indisturbato.
In
una delle tante notti di
insonnia, insofferente, Yusuke non si cambiò nemmeno, e si
stese direttamente
sul letto, a pensare.
La
cosa gli procurò solo un
terribile mal di testa, per cui smise di meditare, e si
limitò a contemplare il
silenzio dell’edificio ad occhi chiusi.
Passarono
parecchi munti e Yusuke
si ritrovò in un piacevole stato di torpore, quando
sentì un urlo provenire da
qualche parte nell’istituto.
La
cosa non lo preoccupò, siccome
ogni tanto succedevano cose del genere.
Ma
dopo pochi istanti ci furono
una serie di strilli agghiaccianti, diversi dai soliti.
Yusuke
balzò in piedi e sia
affacciò sulla soglia della porta; come lui
c’erano molti compagni, i volti
assonnati mascherati da veli di curiosità.
La
signora Roth corse verso la
stanza di Yusuke, e, bloccandogli le spalle, disse: -Yusuke, devi
andartene.
Questo non è un posto sicuro per te. La Milizia ti sta
cercando, e stiamo
temporeggiando per farti scappare!-
Yusuke
in quel momento capì solo
che dovette scappare, ragion per cui, come un fulmine, prese una sacca,
ci mise
dentro i suoi vestiti e gli attrezzi del disegno.
-Tieni,
ti serviranno!- disse la
Roth, dandogli un sacco pieno di monete –E adesso, vai!- e
detto questo, la
professoressa tornò da dove era venuta.
Hydra,
come tutti gli altri,
aveva assistito alla scena, e come Yusuke, anche lei tornò
dentro a prepararsi,
intenzionata ad accompagnare l’amico.
Yusuke
già camminava furtivo nel
corridoio, verso un’uscita più nascosta, che Hydra
lo raggiunse, dicendogli che
era intenzionata ad accompagnarlo e che non si sarebbe tirata indietro.
Yusuke
non volle ribattere, ma
l’idea che lei doveva rischiare per lui non gli andava a
genio. Rimase comunque
in silenzio.
-Di
qua!- disse Hydra –Usciamo da
questa finestra: qui c’è la foresta!-
Yusuke
aprì la finestra, e si
calò verso il basso, cercando di non farsi vedere da
nessuno. Atterrò
silenziosamente seguito da Hydra. I due si nascosero nel folto per
qualche
minuto per riprendersi.
-Che
vogliono da me?- chiese infine
il ragazzo.
Lei
si limitò a fissarlo, senza
sapere cosa dire.
Uno
scoppio improvviso ruppe il
silenzio, e i due videro che parte dell’edificio era in preda
alle fiamme,
mentre dall’altra, i ragazzi scappavano in tutte le
direzioni, in cerca di un
rifugio.
Per
evitare di essere scoperti da
eventuali inseguitori, i due presero a scappare più
velocemente che potevano, e
in pochi minuti raggiunsero la scogliera dove poco tempo prima Yusuke
aveva
mostrato i suoi poteri.
Qui
non si fermarono, ma
cercarono di allontanarsi il più possibile
dall’orfanotrofio.
Trovarono
una grotta e Yusuke
propose di nascondersi lì.
Hydra,
poi, propose di coprire
l’entrata con rami e foglie secche e magari qualche pietra
creata da Yusuke
stesso, così da nascondersi meglio.
Una
volta barricati dentro, per
fortuna, dai rami filtrava abbastanza luce da illuminare poco
l’interno, ma non
abbastanza per farne veder il contenuto.
Yusuke
prese a tremare: -Lo
sapevo che doveva succedere qualcosa, lo sapevo!- si lamentò.
La
Milizia, ossia l’esercito
reale, lo stava cercando.
Ma
perché? Non aveva fatto niente
di niente per suscitare le ire del sovrano!
Aveva
paura, ma cercava di non
darlo a vedere.
-Domani
andiamo a Daesal, e
vediamo se lì sanno qualcosa!- disse Hydra, per rassicurare
l’amico, che si
limitò, stanco, ad annuire.
Abbracciati,
i due si
addormentarono, accarezzati da quell’atmosfera per niente
piacevole di panico e
terrore, decisi a capire cosa stesse succedendo.
Angolo
dell’autore:
Bene.
Come promesso, ho rotto
l’equilibrio della storia in maniera definitiva u.u
I
due amici ora sono dei
fuggiaschi, ma non sanno per quale motivo.
Per
motivi tecnici (lo scanner mi
ha abbandonato) non posso postare il disegno in questo capitolo, come
accennai
precedentemente. Appena posso lo metto i uno dei prossimi capitoli! Ne
approfitto per apportare alcune modifiche e aggiustarlo :)
A
Valerie_Laichettes:
salve! Allora, ho voluto ripetere “un mare di
sangue” più di una volta per
inchiodare l’immagine, anche se fonicamente è un
po’ brutto da sentire, lo so
^^”
Per
quanto riguarda il mio lato
macabro…beh che dire? ^^ Quando mi metto d’impegno
sono un genio del male…e Saw
sarebbe solo un bambino giocherellone in confronto u.u
Considera
che quelle morti le ho
scritte così, di getto, senza pensarci troppo (è
una cosa che mi viene molto
naturale O.o)!
Sono
matto da legare, lo so che
lo stai pensando, eh?! XD
Alla
prossima!
A _Elea_:
weeeeee! Certo che puoi
chiamarmi Andrea ;)
Perché
faccio una serie di
prologhi? Beh, in questo modo do piccole anticipazioni al lettore, e
forse
riesco a mantenere vivo l’interesse di chi legge.
E’ una cosa un po’
grossolana, forse, ma penso che possa dare i suoi risultati!
A
presto!
|
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Capitolo 8 *** Kaos il semi-demone ***
Capitolo 6: Kaos il semi-demone
L’alba arrivò,
come sempre, dopo le ore più buie della
notte, come se volesse consolare un bambino timoroso del buio.
I pochi raggi di sole che
riuscirono a penetrare quella
barriera di foglie, ferirono senza pietà gli occhi di
Yusuke, che si svegliò.
Per evitare un ulteriore e troppo brusco ritorno alla realtà
rimase ad occhi
chiusi.
Nutriva la stupida ed ingenua
speranza che quello che
aveva vissuto fosse un semplice sogno.
Ma aprendo gli occhi, poi, la
verità gli si parò davanti
in tutta la sua crudeltà con il corpo di Hydra e le fronde
che schermavano la
luce.
Allora i ricordi ripresero una
forma ancora più nitida
nella sua memoria.
Sentiva ancora nelle orecchie il
rombo dell’esplosione e
l’eruzione delle fiamme, non riusciva ad ignorare
l’eco degli altri ragazzi
che correvano in cerca di rifugio.
Non riusciva a scacciare dalla
mente le parole della
professoressa Roth.
“La Milizia ti sta
cercando”.
Si sentiva sporco, mutilato, ma
senza saperne bene il
perché.
La vergogna di aver fatto qualcosa
che non ha mai eseguito
lo colpì in pieno, come lo schiaffo di una mano callosa.
Dopo pochi istanti anche Hydra si
svegliò sbadigliano
sonoramente.
Si staccò da Yusuke e si
stiracchiò, dopodiché i due
rimasero a guardarsi per qualche minuto.
Allora il canuto si alzò
e la spronò a mettersi in cammino
per Daesal.
L’aria fuori era
piacevolmente fresca e svegliò del tutto
i due.
-Daesal è oltre le
scogliere. Andiamo?- disse Hydra.
-Andiamo…- rispose
Yusuke.
Man mano che si lasciavano le
scogliere alle spalle, il
paesaggio tendeva a diventare sempre più brullo, selvatico.
Il mare, lentamente, cedette il
passo a montagne di creta
e argilla, sui cui lati crescevano arbusti e piccoli alberi, che
sembravano
morire di solitudine.
La strada che i due percorrevano
procedeva diritta in
quella spoglia landa, andando incontro a poche case.
Il sole continuava a salire, e la
temperatura cominciò ad
aumentare.
Lì, in quella terra
desolata, in quel deserto di creta, si
moriva dal caldo, ma i due dovevano arrivare a Daesal a tutti i costi.
Dopo un bel po’ di
cammino e di silenzio, Yusuke disse:
-Ma quando arriviamo, diamine?-
-Non lo so…- disse Hydra
sconsolata.
Nel frattempo le case che
costeggiavano la strada
divennero sempre più grandi e iniziarono a spuntare con una
certa frequenza.
-Dai, che forse stiamo arrivando!-
esclamò speranzoso
Yusuke.
I due iniziarono a vedere anche
alcune persone: chi
lavorava nei campi, chi camminava nella stessa direzione dei due
fuggiaschi,
chi entrava e usciva dalle proprie abitazioni.
Raggiunsero una ragazza che portava
un cesto di frutta e
le chiesero quanto mancasse per Daesal.
-Il paese non è molto
lontano da qui! Ci vorrà al massimo
un altro quarto d’ora!-
-Grazie mille!- risposero i due,
per lanciarsi passo
spedito verso la loro meta.
Dopo poco tempo, svoltando, apparve
dinnanzi a loro il
piccolo paese.
Daesal si sviluppava
sull’altezza di una collina.
Entrando, i due si resero conto di
come il mondo fosse
diverso dalle mura dell’orfanotrofio: Daesal era una
località molto
caratteristica.
Le case erano tutte colorate, dando
vita ad un fantasioso
mosaico di un qualche artista bizzarro.
Le strade erano impregnate
dall’eco di diversi odori:
terra, limoni, animali, sudore, immondizia, tessuti, porpora, fiori e
vino. In
mezzo alla strada c’erano bambini che giocavano, donne che
filavano e
chiacchieravano con le vicine, spettegolando allegramente del fatto che
una
aveva messo sul proprio balcone una pianta senza chiedere il parere
delle
amiche, o sul fatto che la figlia del vasaio aveva mandato
all’aria il proprio
matrimonio di sua spontanea iniziativa.
La città sembrava
estremamente dinamica e mai uguale a sé
stessa, in continua trasformazione.
-Dove possiamo chiedere?- chiese
Hydra, mentre ammirava i
diversi edifici.
-Vediamo se troviamo una piazza o
un mercato…posti
frequentati dalla gente!- rispose.
Chiesero qualche indicazione e
vennero mandati un po’ più
avanti, ma non dopo aver girato a destra al primo incrocio,
attraversato il
ponte e aver svoltato alla seconda a sinistra di un strada con numerose
viuzze
secondarie ai lati.
Sbucarono su un’ampia
piazza quadrata, piena di bancarelle
e negozi su tutto il perimetro.
Al centro c’era una
fontana c accerchiata da panchine,
occupate da persone di tutte le età.
Altra gente camminava per la piazza
passando di negozio in
negozio, ridendo o litigando con i commercianti sul fatto che
l’altro giorno
gli avesse rifilato merce scadente rispetto a quanto l’avesse
pagata.
Ovviamente non potevano permettersi
di andare in giro a
chiedere “Sa perché ieri sera hanno incendiato
l’orfanotrofio?”. Sarebbe stato
controproducente.
Con una fugace occhiata di intesa,
i due si accordarono a
bighellonare per la piazza, magari comprando qualcosa da bere e
mangiare,
facendo attenzione ai discorsi delle persone.
Comprarono delle mele, frutta
secca, formaggio, carne
secca, vino, acqua e altre cose, ma di informazioni nemmeno
l’ombra.
Stavano per chiedere direttamente
informazioni ad un
passante, quando questi, con i suoi amici disse: -Hai sentito? Ieri
sera la
Milizia è andata all’orfanotrofio!-
-Come mai?-
-Non lo so di preciso. So che Kaos
era alla ricerca di un
ragazzo che ci abitava-
-Kaos? Non fare lo stupido! Cosa
può mai volere il re da
un orfano?- rispose uno ridendo.
-E che ne so io! Ti dico quello che
so, niente di più e
niente di meno-
-Sbaglio o in quella struttura
venivano ospitati ragazzi
con poteri paranormali?-
-Esattamente. E la cosa peggiore
è che la Milizia, dopo
essere stata all’orfanotrofio, l’ha distrutto!
Secondo me Kaos vuole qualcuno che
stava lì dentro. Anche perché si vociferano
strane cose sul sovrano. Penso che
abbia paura della propria incolumità. Si sa, il re
è paranoico-
Gli uomini presero a ridere e se ne
andarono.
Hydra era sconvolta.
Yusuke era sconcertato, nel panico.
Il re era davvero sulle sue tracce.
Ma perché che cosa
aveva fatto? Nulla, per quanto potesse ricordare o sapere.
Ma il re era paranoico.
-Hydra- cominciò Yusuke
–che sai dirimi sul re? Non
conosco bene la sua storia-
La ragazza sospirò e
prese a parlare: -Yusuke, forse so
perché il re ti sta alle calcagna.
Kaos il Magnifico regna sul Regno
di Kayka da molto
tempo, e non è un uomo,
nemmeno una
divinità.
Kaos è il figlio di un demone, Kuro, e di una donna, la regina
di Kayka, Yuki.
I due si unirono in una notte di
plenilunio.
Lei era andata nei boschi per
compiere alcuni riti per gli
dèi della notte.
Il demone, che viveva su quella
terra da molti millenni,
si avvicinò a lei, cauto e incuriosito per non
spaventarla, ma Yuki si accorse subito di non essere sola nella radura.
Appena lo vide lanciò un
grido di terrore, e svenne.
Non appena rinvenne si accorse che
era adagiata sull’erba
e il demone si era presa cura di lei negli attimi di incoscienza. Yuki
capì che
in quell’essere c’era qualcosa di
strano…di buono!
Dopo quell’episodio, Yuki
e Kuro si incontrarono sempre
più frequentemente.
E in una notte afosa, consumarono
il loro amore.
Dopo nove mesi, Yuki di Kayka mise
al mondo un maschio.
Kayka aveva un successore. Il
bambino venne chiamato Kaos,
e crebbe fra le coccole della madre e la quasi totale assenza del
padre, che
lentamente cercò di recidere i legami che lo univano a Yuki
e a quel bambino,
consapevole di aver creato qualcosa di fortemente instabile.
Già nei primi anni di
vita, il ragazzo manifestava
fortissimi sbalzi di umore, che andavano dalla quiescenza ad una
selvaggia
furia omicida.
Col tempo, Kaos scoprì
di poter controllare gli oggetti
con la telecinesi, diventare invisibile e poter infiltrarsi nelle menti
degli
uomini, sviandoli, indicandogli soluzioni sempre dolorose. Erano
più che altro
consigli, poiché gli uomini avevano il libero arbitrio, e
potevano fare quello
che preferivano, a prescindere da quello che Kaos suggeriva loro.
All’età di 15
anni, mese più mese meno, il giovane aveva
sviluppato le sue capacità e le usava con abile maestria,
sia per fare del
bene, che per provocare del male.
All’epoca Kaos
iniziò anche a sviluppare una forte
attitudine per il comando, e siccome da questo momento in poi il suo
demone si
faceva vedere più spesso, fece uccidere la madre.
Con la sua abilità
mentali, riuscì a convincere il cuoco
ad avvelenare la camomilla serale della regina.
Questa morì nel sonno,
nel silenzio, senza che nessuno se
ne fosse accorto.
Le indagini confermarono che il
colpevole era lui, e Kaos
ordinò di tagliarli la testa e gettare il corpo in un
fossato.
Il givane ne uscì
pulito, e, salito al trono, cominciò la
sua ascesa al potere.
Sotto il suo comando, il
già fiorente Regno di Kayka
divenne ancora più florido e temuto dai Paesi limitrofi:
all’epoca il giovane
si guadagnò l’appellativo di Magnifico.
Kaos aveva dato l’ordine
di dare origine ad un nuovo
apparato militare: la Milizia.
Il re aveva già il
comando dell’esercito reale, ma questo
era anche sottoposto ai voleri dei generali, ma la Milizia era di
esclusiva
proprietà del sovrano.
Non apposta fece fondare questa
squadra: egli era stato
l’artefice della morte della regina Yuki,
temeva per la propria incolumità, e sapeva bene
che i suoi presentimenti
erano più che fondati.
Questa forte instabilità
emotiva lo portò a più frequenti
e violenti sbalzi di umore e personalità, che sfogava sugli
innocenti addetti
ai lavori nel suo castello.
Kaos aveva paura di tutti gli altri
che avevano, come lui,
particolari poteri. Comprendi?
Credo che abbia paura che tu possa
eliminarlo-
-Ma scusa, è mezzo
demone! Per logica non dovrebbe essere
mortale! Solo una divinità o un altro demone può
ucciderlo!-
-Lo so- disse Hydra
–però questo è quello che so-
I due ripresero il loro cammino,
assetati di informazioni,
quando, uscendo dalla piazza, videro che un uomo aveva appeso un
volantino su
un muro.
Incuriositi, i due si avvicinarono
e lessero il contenuto.
Yusuke Kaze,
dell’orfanotrofio di Daesal
È ricercato per
ordine di Sua Maestà il Re Kaos il Magnifico
Per atto di tentata
cospirazione al sovrano.
È ricercata anche
Hydra Joule,
Accusata di
complicità nell’atto di cospirazione.
Chiunque rintracci
o prenda i due fuggitivi
È pregato di
consegnarli direttamente al Re o alla Milizia.
In palio, una
ricompensa di
500.000 dobloni.
Non appena i due finirono di
leggere, sbiancarono.
Un uomo si avvicinò, e
dopo aver letto disse: - Se quei
due hanno un po’ di sale in zucca eviteranno tutti i centri e
le grosse città,
altrimenti la Milizia li farà subito fuori-
-Infatti…- rispose
Yusuke, con un filo di voce.
I due fecero gli ultimi acquisti,
grati del fatto che
all’avviso non erano ancora stati appesi dei ritratti
identificativi, e
filarono via, in cerca di un posto sicuro.
Angolo dell’autore:
Buonasera a voi!
Bene, in questo capitolo
è stato delineato il profilo di
Kaos, e il motivo per cui i due sono costretti alla fuga.
Perché devono scappare a
destra e a manca? Chissà! XD
Se può interessarvi,
comunque, potete impegnarvi a
trovarli e prendere voi quei 500.000 dobloni ;)
Fra non molto, in ogni caso,
rivelerò il perché, quindi
tenetevi pronti u.u
Ora…
A _Elea_: ciao
Alice! Mi piace il tuo nome XD
Comunque, per quanto riguarda la velocità, non ho un metodo
preciso. Mi viene
naturale. Diciamo che quasi le vomito le idee, e prendono forma nei
capitoli XD
Grazie mille per i complimenti, e al prossimo capitolo!
A Valerie_Laichettes:
Ciao! Beh…diciamo che la loro
fuga è motivata non tanto dai poteri di Yusuke o dal suo
passato, quanto da
Yusuke stesso. Non so se riesco a farmi capire.
Ti rivelerò un piccolo
segreto. Anche Hydra, che è partita
di sua spontanea volontà, sarà
“colpevole” come Yusuke.
Alla prossima!
|
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Capitolo 9 *** La consapevolezza di essere colpevoli ***
Capitolo 7: La consapevolezza di
essere colpevoli
A
Daesal i due erano riusciti a
capire che erano ricercati.
-Tentata
cospirazione?- disse
Hydra a Yusuke, il fiato corto.
Non
appena i due avevano finito i
loro acquisti, si erano diretti verso l’orfanotrofio, per
vedere se c’erano
superstiti.
Usciti
dalla città, i due si
erano messi a correre veloci come il vento. Dopo un po’
arrivarono alla stessa
caverna che gli aveva ospitati per la notte, e dopo essersi riposati
lì per non
più di mezz’ora, e favoriti dal fatto che il sole
stava tramontando, i due si
incamminarono verso la loro meta.
Entrambi
non spiccicarono parola
per tutto il tragitto, e nessuno osava rompere la fragilità
di quel silenzio.
Dopo
altri minuti di cammino, la
foresta che copriva la zona iniziò a diradarsi, offrendo i
primi scorci
dell’edificio…distrutto.
L’ala
destra della struttura era
completamente saltata in aria, i vetri scoppiati per via delle fiamme,
il tetto
crollato, i pochi muri ancora in piedi neri di fuliggine. Il resto era
solo un
cumulo di macerie e dolore.
Yusuke notò che fra le
rovine dell’orfanotrofio si muoveva
qualcuno, ma non riusciva a capire se fosse un Milite o uno degli
insegnanti.
Dopo qualche attimo, riconobbe la Preside e qualche altro insegnante,
per cui i
due decisero di arrischiarsi e uscire allo scoperto.
-Signora
Preside!- chiamò il
ragazzo.
La
donna alzò lo sguardo, e
vedendo che Yusuke e Hydra le venivano incontro tirò un
respiro di sollievo.
-Non
vi hanno presi! Che sia
benedetto il cielo! Che ci fate qui?-
-Volevamo
vedere cosa era
successo dopo la nostra fuga…-rispose Hydra per entrambi.
La
Preside, con un sorriso amaro,
mostrò le rovine, come se non fossero abbastanza grandi da
fare bella mostra di
sé.
-Tutto
questo…perché
cercano…noi?- disse Yusuke.
-Non
sapevo che fosse ricercata
anche la ragazza.-gli rispose la Preside.
Raccontarono
della loro capatina
a Daesal, dei loro intenti di trovare informazioni e del manifesto
sulla loro
ricerca.
-Su
di noi c’è una taglia di
500.000 dobloni- concluse Hydra.
La
Preside strabuzzò gli occhi e
disse loro che non dovevano per nessun motivo uscire allo scoperto
così
facilmente, ma nascondersi il più possibile.
-Siete
pazzi! Avete una taglia e
fate bella mostra di voi stessi in mezzo alla strada? Ora i ritratti
non sono
appesi. Ma fra qualche giorno compariranno anche quelli sui manifesti!
Come
faccia il re ad avere queste informazioni non lo so. Ma state pur certi
che fra
pochi giorni vi ritroverete raffigurati ovunque!- disse la donna.
-Gli
altri?- chiese Yusuke, dopo qualche
istante.
-Fuggiti,
scappati per la maggior
parte. Un paio di insegnanti e qualche ragazzo, però, sono
stati presi dalla
Milizia e portati da Kaos in persona. Evidentemente è
intenzionato a catturarvi
a tutti i costi. Ma perché vi sta cercando? Cosa avete
fatto?-
-Se
lo sapessimo, signora
Preside…Il fatto è che nemmeno noi sappiamo
perché siamo ricercati! Pensavamo
lei lo sapesse…- disse Yusuke, non celando una nota di
delusione.
-Vabeh…dato
che siete qui dateci
una mano, ma poi dovete sparire! Andrete dove ve lo dico io, altrimenti
per voi
la situazione diventerà sempre più ostica- disse
la Preside.
I
due si rimboccarono le maniche
a aiutarono gli altri a spostare le macerie per…
-Ci
sono stati dei morti e dei
feriti?- chiese Hydra.
Non
appena finì di la frase,
spostando un macigno, lo sguardo vuoto di una delle ragazze che
l’aveva aiutata
a vomitare qualche sera prima la fissava.
Lanciò
un urlo agghiacciante e fu
scossa da violenti fremiti, tanto che dovette sedersi a terra per
calmarsi.
Il
viso della ragazza era pieno
di sangue incrostato, tagli e lesioni.
Nelle
ferite, negli incavi degli
occhi e sul bordo delle narici le mosche avevano già
provveduto a depositare le
proprie uova. Intanto le carni avevano già preso a
decomporsi, emanando il loro
dolciastro e nauseabondo odore.
In
condizioni simili c’erano
forse altre persone sotto quel cumulo di sassi, polvere, ruggine e
sangue.
-Si.
E’ scappato anche il morto…-
rispose la Preside, con un filo di amarezza in bocca.
Dopo
che Hydra si fu calmata, si
misero all’opera per dare una mano.
I
cadaveri che trovarono furono
solo tre, compreso quello della ragazza, e Yusuke inevitabilmente
pensò che
quelle persone erano morte, in fin dei conti, per causa sua.
“Non
è giusto!” pensò Yusuke,
facendosi scivolare una lacrima sulla guancia, per asciugarla con la
lingua
quando arrivò sulle labbra.
I
rimorsi per un crimine mai
commesso lo assalirono ferocemente, senza dargli tregua.
Il
dolore per la scomparsa di
persone con le quali si salutava appena era atroce.
L’angoscia
di essere lui la causa
di tutto era terribile.
Hydra,
da parte sua, pianse
silenziosamente, lavorando e masticando la sua parte di senso di colpa,
la
tristezza per la scomparsa delle persone che conosceva, e la rabbia e
il
desiderio di vendetta nei confronti di Kaos il Magnifico.
“Magnifico…che
schifo! Cosa c’è
di bello in queste scene?” si chiese, frustrata.
La
notte calò silenziosamente,
accogliendo fra le sue braccia quelle povere bestie sofferenti.
Il
buio nascondeva un qualcosa di
materno, ma di altrettanto pericoloso, fatale.
Portava
consolazione,
tranquillità, sicurezza.
Custodiva
desolazione, tensione,
minacce.
La
notte quell’amabile bastarda
di una madre con la serpe in seno.
Lei,
così ambigua, così unica,
così pericolosa eppure così familiare.
-Non
vale la pena continuare al
buio: sarebbe soltanto controproducente- dissero alcuni insegnanti, fra
i quali
anche Ek e la Roth.
Per
cui il gruppo addetto ai
lavori si allontanò un po’, per sedersi sul
limitare dell’orfanotrofio, in
cerchio, accendendo un falò nel centro.
Yusuke
e Hydra non esitarono a
far passare nelle mani degli altri le cose che avevano comprato in
città.
Consumarono
quella cena in
silenzio, ognuno perso nei propri pensieri, nel vuoto della propria
mente, o
negli sguardi di chi gli stava di fronte, come in
un’inafferrabile
comunicazione telepatica.
Il
silenzio non era sovrano per
il semplice fatto che il fuoco scoppiettava in mezzo a quella piccola
folla, e
per il fatto che le bestie notturne, gufi, civette, barbagianni, cicale
e altri
animali avevano preso a far rumore, indifferenti alla malinconia che
faceva da
cappa a quei disgraziati di esseri umani.
-Signora
Roth- cominciò Yusuke
–non sappiamo dove andare, e non sappiamo nemmeno il
perché Kaos ci sta
dietro!-
-Per
la verità, Yusuke, non lo
sappiamo nemmeno noi, come ti avrà già detto la
Preside. Però, forse dovresti
andare sulle montagne-
-Perché?-
-Lì
vive un vecchio eremita. Si
chiama Jussa. È uno sciamano, stregone, mago…un
po’ tutto, in pratica. È anche
un divinatore, per cui potrebbe aiutarvi. Però non troverete
mai il posto. Vi
serve una mappa. Stranamente quell’uomo ha acconsentito a
segnare la sua
abitazione. Vabeh, questa è un’altra storia.
In
ogni caso andate lì, viaggiate
dopo il tramonto, evitate tutte le vie principali e i grossi centri.
Per i
viveri non dovete rischiare. Rubate di notte se è
necessario. Oppure, che forse
è la soluzione più semplice, Yusuke
manderà, sempre di notte, qualche sua
creatura a trafugare qualcosa. È la soluzione più
sicura per entrambi. Inoltre vi
converrebbe tenere pronti le vostre armi sempre. Per cui, se non
sbaglio- e si
rivolse a Hydra –siccome tu sai suonare, ti conviene tenere
il flauto sempre
montato, di smontarlo e pulirlo solo quando vi siete ben nascosti. E
tu,
Yusuke, dovresti già preparare qualche disegno o in ogni
caso quelle diavolerie
che tu riesci a muovere-
Mentre
la professoressa Roth dava
consigli, i due annuirono in continuazione, tanto da sembrare che
avessero dei
tic.
Poi
Ek chiese loro se avessero
denaro, e i due notarono che la saccoccia era ancora piena di monete
d’oro e
argento e bronzo.
-Vi
conviene che vi avviate.
Sulla strada troverete sicuramente una grotta o qualcosa che possa
farvi da
rifugio. Appena la trovate, nascondetevi lì e riposatevi.
Su, andate!-
Yusuke
e Hydra salutarono
calorosamente il gruppo di insegnanti, abbattendo definitivamente
quelle
stupide barriere alunno-insegnante.
Indugiarono
per qualche istante,
e poi si avviarono.
Il
bosco si mostrava fitto dal
primo istante.
Dopo
un’ora di marcia, i due trovarono
rifugio sotto le radici di un albero e, con lo stesso metodo
dell’altra volta,
ci si barricarono dentro.
Non
appena i due si appoggiarono
alle pareti del nascondiglio, un sonno pesante lì
investì in pieno, come una
mandria di tori in carica.
Yusuke
cercò di resistere qualche
istante, lieto del fatto che forse Jussa, un perfetto sconosciuto,
forse
avrebbe potuto aiutarli.
Nella
tenue speranza di questo
pensiero, poi, anche lui si accoccolò fra le braccia di
Hypnos e Morpheo.
Angolo
dell’autore:
Ma
salve!
In
questo capitolo, come avrete
ben notato, mi sono concentrato per lo più sulle sensazioni
dei personaggi, che
poi sono anche riflesse nell’ambiente circostante,
più che agli aventi in sé.
Questo per scavare anche un po’ nella psiche dei due
fuggitivi, no?!
A
_Elea_: perché Yusuke è
ricercato? Eheh! E perché anche Hydra? Muahahahahah u.u
Comunque,
mai prendere troppo
sole, sciocchina XD poi vedi? Non riesci a scrivere XD
Perché
Kaos ti è antipatico? È
così, sadico, bastardo, perverso e cattivo
che…occhi, ti sta sulle scatole :)
Cercherò
di mantenere viva la tua
curiosità, tanto, come ho già detto, fra non
molto rivelerò perché i due devono
scappare in continuazione!
A
presto!
A
Valerie_Laichettes: ma
ciao anche a te!
Comunque
sì, non so perché da Yuki
il nome è passato a Tsuki…forse perché
pensavo a Light Yagami di Death Note (il
suo nome in giapponese si scrive con l’ideogramma di luna,
quindi ‘tsuki’)…
Mi
fa piacere che ti piacciano le
mie descrizioni e il mio modo di scrivere, davvero!
Grazie
mille!
Alla
prossima!
|
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Capitolo 10 *** Terremoto e fuga ***
Capitolo 8: Terremoto e fuga
Yusuke
non riuscì a dormire
tranquillo nemmeno un secondo.
I
suoi sogni erano agitati.
Davanti
gli scorrevano immagini
bizzarre di piovre che cercavano di catturarlo con i loro tentacoli.
Ogni
tentacolo era a sua volta
suddiviso in cinque o sei estremità, ognuna delle quali
reggeva brandelli
sanguinolenti di altre vittime.
Poi
le piovre scoppiarono e la
scena mutò.
Cadeva,
cadeva in una rupe
profonda e irta di massi appuntiti.
Quando
il suo corpo era a meno di
una spanna di distanza, qualcosa lo afferrò per le caviglie,
bloccando la
feroce picchiata verso la morte.
Mentre
il ragazzo stava sospeso
sulle punte mortali una voce disse loro di muoversi.
Era
maschile, ma non di un
adulto. Sembrava più che altro di un adolescente, un
ragazzino che abbia appena
iniziato la goffa fase della pubertà.
Eppure
era profonda,
rassicurante, come quella di chi la sapeva lunga sulla vita.
E
poi basta: Yusuke si svegliò di
soprassalto, la fronte imperlata di sudore, e tremante come una foglia.
Tanto
per riprendersi, si alzò e
si avvicinò al muro di foglie e rami secchi che li
custodivano per vedere come
era il tempo fuori.
Era
quasi l’alba: il cielo era
scuro all’orizzonte, e man mano che si alzava lo sguardo, la
volta celeste
assumeva colori tenui, che andavano dall’arancio al rosa
pallido, mentre il
sole, pigro, lento, e forse anche un po’ scazzato, si levava
verso l’alto.
I
rami degli alberi erano piegati
da un vento non molto forte.
Le
foglie secche si rincorrevano
rumorosamente fra loro, e gli uccelli avevano preso a cantare.
“Fra
le tante cose che si possono
fare appena svegli, perché devono cantare?”
pensò Yusuke, infastidito da tutto
quel “rumore”.
Non
volle svegliare Hydra, ragion
per cui tornò indietro, si sedette in un cantuccio e prese a
disegnare qualcosa
che sarebbe stato utile nei viaggi.
E
così chimere, spade, demoni,
spiriti, fiamme, fruste, reti e nebbie presero forma sulla cellulosa.
Il
tempo cedeva il passo al
tempo, e Hydra intanto si era svegliata, con uno sbadiglio e alcuni
brontolii
dello stomaco.
Rise
e assieme a lei anche
Yusuke.
Dopo
essersi “sistemata” montò il
flauto, e in quel momento gli venne in mente.
-Senti,
puoi disegnare qualcosa
che possa fare da rinforzo al flauto? Sai, per gli sconti diretti, se
non
riuscissi a suonare- disse Hydra.
-Dammelo-
disse Yusuke, indicando
lo strumento.
Ricevutolo,
prese a studiarlo nei
dettagli, nei punti dove esso era più spesso e duro, e in
quelli dove era più
sottile e fragile.
Disegnò
quindi una sorta di
armatura per quel arnese, lasciando liberi i tasti e il punto in cui
bisognava
soffiare. Era lucida, e in alcuni punti c’erano delle gemme
colorate, che si
mescolavano fra loro creando particolari motivi geometrici.
All’estremità
partiva una lunga
struttura metallica, che si allungava su un’appuntita e
affusolata spirale.
-Potresti
usarlo come bastone e,
se te la senti, infilzare gli altri con la punta- disse Yusuke,
terminata
l’opera dopo una manciata di minuti.
Incerta
e spaventata dalla
seconda proposta, Hydra riprese il flato, e con un laccio se lo
attaccò alla
vita, a mo’ di spada.
-Dobbiamo
già andare?- chiese
lei, alzandosi e stiracchiandosi.
Yusuke,
ancora seduto, rispose di
sì, mentre rimetteva le sue cose nella sacca.
-Dobbiamo
andare. E’ l’alba, e
prima arriviamo e meglio è!-
Prima
di varcare la soglia del
loro rifugio, i due si assicurarono di non aver lasciato tracce nel
rifugio, e
dopo, sicuri di essere invisibili anche in quel posto, scostarono i
rami per
sbucare nel bosco.
L’aria
fredda li colpì senza
pietà, levandoli di dosso il grosso del torpore.
Si
insinuò fra le narici dei due,
facendole pizzicare.
Yusuke
consultò la mappa:
-Orientativamente dovremmo andare…da quella
parte…- e puntò verso nord.
Si
incamminarono, in perfetto
silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri e impegnato a levarsi
dalle spalle
i rimasugli della dormita.
Lentamente,
intorno a loro, la
foresta riprese vita. Oltre gli uccelli, ora c’erano anche
alcuni piccoli
animaletti che bighellonavano qua e là alla ricerca di
qualcosa da mettere
sotto le zanne.
Il
sole era diventato il padrone
della volta, e il cielo si tinse del suo consueto azzurro, macchiato
ogni tanto
da nuvole grigie che avevano tutta l’aria di promettere
parecchia pioggia.
I
primi stormi presero il volo,
e, di tanto in tanto, davanti agli occhi dei due viaggiatori sfrecciava
qualche
insetto che sfrecciava come un pazzo per un po’ di polline.
Yusuke,
rimuginava ancora sul
fatto che fosse ricercato per crimini non commessi e tanto meno pensati
di
praticare…
“…e
in ogni caso devo comunque fuggire.
Alla fine per Kaos il criminale sarei io, senza saperne il motivo, e
non lui,
il matricida! Bell’affare! Ma che cavolo di mondo di merda
che è questo! La
gente normale si spacca la schiena per sopravvivere, perché
di questo si
tratta, mentre i criminali devono starci sopra… ma se
è normale una cosa del
genere?! A questo punto l’ideale è darsi alla
macchia! Prima o poi ti
ritroverai da qualche parte, mentre le povere anime, i fessi
lavoratori,
ragazzini e chi più ne ha più ne metta devono
stare a masticare veleno. Mah!
Vediamo un po’ dov’è che sta questo
Jussa”.
E
tirò fuori la mappa per
analizzarla.
Nel
frattempo, Hydra pensava a
come poter usare il flauto come arma.
“Oh
mamma! L’idea che io debba
infilzare qualcuno è al dir poco inconcepibile! Io, Hydra
Joule, che forse mi
spaventerei anche delle farfalle, devo colpire qualcuno a sangue? Con
questa
lama? No…però devo! Altrimenti
Kaos…quel disgraziato! Spero che muoia prima di
adesso, quel porco bastardo maledetto traditore del proprio sangue e
della propria
famiglia!”
Vedendo
che Yusuke aveva aperto
la mappa gli si accostò.
-Dov’è
che siamo noi?- chiese,
tanto per rompere il silenzio.
Yusuke
si girò di scatto, e i
loro volti erano di nuovo lì, tremendamente vicini, i loro
respiri appesi
sull’attesa dell’altro, i loro sguardi che
cercavano una via di fuga ma che
restavano fissi l’uno nell’altro.
Le
bocca di lui tremò, ma il
ricordo di quel bacio rubato lo fece tornare in sé.
Suo
malgrado distolse lo sguardo,
e indicò un punto sulla mappa.
-Penso
che dovremmo arrivare qui,
più o meno…- disse incerto, ancora scosso da
quell’improvvisa vicinanza.
Hydra,
improvvisamente lo afferrò
per un braccio e gli portò una mano sulla bocca per
ammutolirlo, e con gli
occhi gli intimò di stare zitto e fermo.
Dopo
qualche secondo lo lasciò:
-Hai sentito?-
-Niente!
Che dovevo sentire?-
-Appunto.
Niente…c’è troppo
silenzio…è innaturale!- disse Hydra.
Rimasero
fermi, immobili, incerti
per qualche lungo e sofferente minuto.
Solo
il vento si faceva sentire:
per il resto tutto taceva.
Non
il cinguettio di un uccello o
il passo frenetico di uno scoiattolo o il volteggiare isterico di un
insetto.
Assolutamente niente.
Era
un silenzio inquietante,
strano, malsano.
Era
una quiete bastarda, che
custodiva sicuramente qualcosa in sé, qualcosa che aveva il
sapore, l’odore e
perfino la consistenza impalpabile dell’ansia e
dell’adrenalina.
Era
una pace che faceva rizzare i
capelli e faceva venire la pelle d’oca per il suo essere
così…macabra.
L’aria
fredda del mattino saliva
vorticosamente nelle narici di Yusuke e Hydra, pizzicandogliele e
facendogliele
bruciare.
Avevano
il respiro corto, il
petto si alzava e abbassava con ritmo, velocemente, come in un ballo
impazzito.
E
poi, d’un tratto, un urlo
lontano, forte e distinto ruppe quell’innaturale equilibrio.
-Eccoli!
Sono laggiù!- e dopo
pochi istanti, alcune figure li corsero incontro.
Erano
armati e bardati di
armature rosso scuro con sfumature nere e bluastre.
Inconfondibili…
-…CAZZO
LA MILIZIA!- disse
Yusuke, e istintivamente i due si girarono e presero a correre
all’impazzata
senza una direzione precisa.
Un
solo obiettivo: fuggire dal
nemico.
L’alternativa?
Un abbraccio
mortale da parte di Kaos il Magnifico.
Urla
sguaiate giungevano alle
loro orecchie, e capirono che stavano per essere raggiunti, e che le
poche ore
da fuggiaschi stessero per finire lì.
Infatti.
I
due vennero subito accerchiati
e si ritrovarono un ampio arsenale di lance, spade, mazze ferrate e
martelli
che puntavano contro di loro.
Yusuke
e Hydra si misero spalla
contro spalle, e giravano la testa in qualunque direzione per trovare
una via
di fuga, o, almeno, un punto debole da dover ipoteticamente sfondare.
Ipoteticamente.
Solo perché i
Militi erano perfettamente addestrati ed erano perfette e letali
macchine da
guerra.
-Dove
volevate andare?- gli
pungolò uno con la base della lancia.
-Il
re vi aspetta. Proprio voi
sì! Dovreste esserne lieti!- disse un altro con un sorriso
lupesco e per niente
rassicurante.
Yusuke,
lentamente, aveva
cacciato fuori dallo zaino un foglio di carta…
-TU!
Cosa credi di fare? Che hai
in mano?-
La
situazione stava precipitando
vertiginosamente, e Yusuke, quindi, bisbigliò qualcosa, e
non appena aprì il
pezzo di carta, una fitta nebbia calò sul gruppo.
Le
guardie, disorientate, ruppero
la formazione, e i due ebbero la possibilità di fuggire.
-Quella
nebbia non è eterna e
tanto meno li sconfiggerà!- disse Yusuke, scappando, con
Hydra al suo fianco.
Le
guardie si resero subito conto
di quello che era successo, e mosso qualche passo oltre la coltre,
presero di
nuovo a rincorrerli.
Questa
volta i due caddero a
terra per mano di una frusta, e di nuovo furono accerchiati.
I
sorrisi ironici erano spariti,
e ora c’erano solo maschere animalesche sui volti delle
guardie.
Uno
stava per legarli, quando
all’improvviso una scossa di terremoto si fece sentire.
Le
guardie persero l’equilibrio,
ma pronte, si rialzarono subito.
-Non
ti conviene attaccarci,
sai?!- disse una a Yusuke, mollandoli un calcio nelle costole
così forte da
mozzargli il fiato.
Il
ragazzo urlò di dolore e perse
i sensi, e Hydra prese a piangere, strillando.
-Zitta
tu!- e una guardia le
diede uno schiaffo in pieno viso.
Tramortita,
la ragazza smise di
piangere, ma era ancora impaurita; qualcosa di umido gli si
insinuò fra le
gambe.
Se
la fece addosso e le guardie
la derisero.
La
scossa di terremoto si fece
sentire di nuovo, e i Militi capirono che non era opera di Yusuke, ma
di
qualcun altro: bisognava stare all’erta!
All’improvviso,
dal terreno
spuntarono delle liane che avvolsero e ghermirono gli assalitori.
Intanto
una figura incappucciata
vestita di bianco si avvicinò velocemente a Hydra e Yusuke.
Dopo
averli presi per mano
sparirono in un lampo di luce blu elettrica.
Qualche
ora più tardi…
-Cosa
significa che i due sono
sfuggiti?- chiese il sovrano.
I
soldati non avevano parole, non
sapevano come scusarsi.
-Esigo
una risposta
soddisfacente, e subito!- ordinò il re, battendo un pungo
sul bracciolo del
trono.
Le
guardie, invece, presero a
tremare.
Uno
fra loro, in una crisi di
nervi, prese a piangere in maniera isterica, accusando
l’altro, che sarebbe
potuto comodamente passare per una statua di cera.
Il
re, infastidito, richiamò il
silenzio: -Mi dispiace, ma sapete cosa vi aspetta!-
Inorriditi
e spaventati, i
soldati presero a chiedere perdono, invocando la benevolenza di Kaos il
Magnanimo.
-Certo
che avrete benevolenza,
tranquilli!- rispose.
Detto
questo schioccò le dita e
le armi appese alle pareti presero vita, e volarono contro i poveri
disgraziati, riducendoli in un mare di sangue.
Ad
uno, una mazza ferrata aveva
fracassato il cranio, facendone uscire il grigio cervello in un mare di
sangue,
mentre una frusta lo strangolò, lasciandogli profondi segni
sulla gola e
recidendo le vie respiratorie.
Una
lancia ne aveva infilzato un
altro da parte a parte, mentre una serie di frecce si conficcarono su
tutto il
suo corpo, senza pietà.
Gli
si infilarono negli occhi,
facendo cacciare al malcapitato un dilaniante urlo di dolore.
E
poi silenzio: un’ascia, come
mossa a compassione, lo decapitò: un taglio netto, in un
mare di sangue e
schegge di ossa.
Altri
morirono strangolati,
inchiodati, smembrati vivi, tutto in un mare di sangue e metallo.
Indifferente,
Kaos si voltò verso
il suo trono, e disse: -Cercateli a tutti i costi. Ovviamente li voglio
qui
vivi, o farete la loro stessa fine. Penso di essere stato abbastanza
chiaro! Ed
ora, per cortesia, vi sarei grato se puliste, bastardi!-.
I
servi, impauriti dalla sfuriata
del re, e per evitare una fine del genere, si misero subito
all’opera,
scrostando le budella e i rimasugli dei soldati ormai ridotti in una
poltiglia
sanguinolenta.
Kaos,
dopo che i servi ebbero
lustrato alla perfezione la sala, si congedò deciso a farsi
un bagno.
Attraversò
il lungo corridoio
rivestito di marmi bianchi e rossi, dove molte opere d’arte
facevano bella
mostra di sé, e giunse nella sala da bagno.
Un’enorme
vasca troneggiava al
centro della stanza, le cui mura erano ricoperte da ampie vetrate e
specchi,
con il risultato finale che l’ambiente fosse molto luminoso.
Di
solito la vasca se la faceva
riempire, ma questa volta decise di fare tutto da solo.
Mentre
l’acqua scorreva, si
spogliò.
Gli
specchi riflettevano la sua
immagine alla perfezione.
Aveva
il fisico tonico e
slanciato, e di tanto in tanto le vene facevano mostra di sé.
La
pelle era olivastra, e i
capelli erano di un inconsueto indaco, puntellati da qualche ciocca
nera, a
sottolineare la sua doppia natura.
Il
viso era magro e bello, dai
tratti regolari.
Un
sorriso bianco come la neve
faceva capolino fra le sottili labbra. Il naso era leggermente
affilato, e gli
zigomi un po’ pronunciati.
Ma
la cosa che colpiva di più era
lo sguardo del sovrano.
Gli occhi, dalla squisita forma a
mandorla, erano
completamente neri: pupille, iridi e bulbi costituivano
un’unica massa oscura e
brillante.
Fissare
quello sguardo era
pericoloso, e Kaos lo sapeva benissimo.
In
molti si erano persi nei suoi
occhi, non ritrovando mai più sé stessi.
L’acqua
era arrivata all’orlo
della vasca, e, nudo e beandosi della sua immagine, il Magnifico
entrò in
acqua, rilassandosi e facendosi cullare dai suoi pensieri.
“Quei
due bastardi devono
assolutamente morire. E lo saranno per mano mia!”
Rise
fragorosamente.
Angolo
dell’autore:
Bentrovati
miei fidi lettori!
Dopo
un mese, nonostante i tempi
da me previsti, pubblico l’ottavo capitolo di questa storia.
Ok,
non ve lo nascondo…nutro un
fondo di simpatia per Kaos, anche se è il cattivo della
situazione! Va bene,
penserete che è normale siccome io ne sono
l’autore, però… u.u
A
_Elea_: ma ciao! Capisco
che vuoi linciare Kaos, ma fidati, quello che ha fatto
fin’ora (ed è davvero
poco) è solo l’antipasto.
A
Valerie_Laichettes:
salve! Allora…si, Kaos avrà parecchio filo da
torcere, ma non temere. I due non
andranno di certo in villeggiatura ^^
Ovviamente,
fra non molto ci sarà
l’altro aggiornamento, quindi stai pronta XD
Al
prossimo aggiornamento!
|
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Capitolo 11 *** L'Alcanova ***
Capitolo 9: L’Alcanova
Buio.
Solo
ed esclusivamente oscurità.
Yusuke
ne era completamente
avvolto e ci fluttuava dentro.
Si
muoveva in maniera sinuosa,
cadendo verso il basso, precipitando in un limbo indefinito e infinito.
Tutto
era morbido e ovattato. Tutto
era nulla. Silenzio, e ancora silenzio, un’assenza di suono
così forte da farti
fischiare le orecchie.
E
intanto cadeva a fluttuava,
cadeva, e ancora giù…
***
La
foresta era ancora lì, ma le
truppe della Milizia erano scomparse.
Le
era sembrato che fosse durato
tutto un solo istante, come se non si fosse mai mossa di lì.
A
fianco a lei, così come lo
aveva lasciato, c’era Yusuke, svenuto.
Hydra
si precipitò subito sul
corpo dell’amico e prese a chiamarlo, urlando il suo nome e
dandogli leggeri
schiaffi sulle guance per farlo riprendere.
Yusuke
non dava segni di ripresa,
e Hydra scoppiò a piangere, disperata.
Lo
scosse violentemente, ma
niente.
Ricordò
allora di aver comprato a
Daesal delle spezie dall’aroma piuttosto pungente. Con le
mani tremanti aprì la
sacca e preso ciò che le interessava lo passò
più volte sotto le narici del
ragazzo, sperando che almeno quello lo facesse ritornare in
sé.
***
In
quella spessa coltre di buio
si insinuò uno strano odore fortemente speziato.
Nell’oscurità
si muoveva,
cercando di scacciare quell’odore terribile.
***
-Maledizione!
Funzionasse,
maledizione!- strillò istericamente Hydra.
***
L’odore era troppo forte
per resistergli. C’era solo una
soluzione. Svegliarsi, muoversi, uscire dal buio. Lentamente,
tornò in
superficie, e la luce lo colpì in pieno volto.
La
foresta si rianimò tutta
intorno a Yusuke, che prese a respirare rumorosamente e prendendo
profonde
boccate d’aria.
All’improvviso
di nuovo buio, ma
questa volta era diverso.
Non
c’era più l’odore delle spezie,
ma quello dei fiori: quello di Hydra.
Lei,
rincuorata dal fatto che
Yusuke si fosse risvegliato, lo prese a baciare sulla fronte, sugli
occhi,
sulle guance.
Yusuke
ricambiò con un forte
abbraccio, e Hydra si calmò. Rimasero così in
silenzio per qualche minuto,
calmandosi e beandosi l’uno dell’altro.
-Mi
hai fatto morire dalla
paura…- gli mormoro Hydra nell’orecchio.
-Vuol
dire che mi vuoi bene!-
rispose Yusuke con un sorriso sulle labbra.
-Avevi
qualche dubbio?-
Quiete.
Solo due corpi vicini,
tali da sembrarne uno solo.
Proprio
come qualche tempo prima,
i due si baciarono, senza timore, pudore, pieni di sé, ebbri
l’uno dell’altro.
Le
mani di Yusuke affondarono nei
capelli di Hydra, mentre quelle di leisi strinsero al torace di lui.
“E’
davvero così sbagliato?”
pensò la ragazza, sapendo che la risposta era ben chiara.
No,
perché dovrebbe? Cosa c’è di
così sbagliato in quello che stavano facendo? Assolutamente
nulla, perché
bisognava preoccuparsi per niente, allora?
Assistere
all’incontro di due
cervelli è interessante, ma quello fra due bocche, due cuori
battenti, due
anime è davvero tutt’altra cosa.
Quando
sono due menti ad
incontrarsi si può assistere tranquillamente, senza
imbarazzi.
Ma
nell’intimità di due anime che
si trovano c’è un qualcosa che ti costringe a
distogliere lo sguardo, che ti fa
sentire forse a disagio, ma sicuramente non a tuo agio. Ti mette dentro
qualcosa di strano, di così famigliare ma così
sconosciuto al tempo stesso.
Chiunque
si sarebbe trovato nella
foresta in quell’istante, e avesse incrociato i due ragazzi,
si sarebbe
certamente voltato, pur di non essere di troppo e di non dover
sopportare
quella sgradevole sensazione dell’essere di più.
I
due si lasciarono per fissarsi
intensamente negli occhi, come se fossero magneticamente attratti fra
di loro.
Dopo
un po’ di tempo trascorso
così, Yusuke chiese cosa diavolo fosse successo.
Allora
Hydra gli raccontò del
fatto che era svenuto e che le guardie la presero in giro per essersela
fatto
sotto.
-Poi,
all’improvviso, una figura
incappucciata e vestita completamente di bianco ci ha presi e siamo
spariti per
poi riapparire qui. Non so se è passato un secondo, nel
quale i Militi sono
svaniti, o ore, o giorni. Non te lo so dire. Ma la cosa certa, come
vedi bene,
è che siamo ritornati esattamente dove eravamo- concluse la
ragazza.
Pensieroso,
Yusuke consigliò di
riprendere la strada.
Poggiò
un braccio attorno alle
braccia di Hydra, la quale circondò la vita di Yusuke con un
braccio.
Si
avvolsero nel mantello di lui,
per il fatto che era abbastanza grande, e si avviarono.
Nonostante
tutto, Yusuke non
aveva perso l’orientamento, e presero a muoversi verso la
destinazione che lui
indicò prima dello svenimento e ancor prima
dell’attacco.
Gli
uccelli ripresero a cantare e
gli insetti a scorrazzare freneticamente nell’aria.
Da
qualche parte doveva scorrere
un fiume o un ruscello perché i due ne sentivano il rumore.
Si
addentrarono nel folto,
leggeri e spensierati come due ragazzi che facevano una tranquilla e
abituale
passeggiata.
Ogni
tanto controllavano la mappa
tanto per vedere se si stessero perdendo o mantenendo la giusta strada.
Dopo
un paio d’ore piene di
cammino arrivarono in una radura dove, come avevano previsto,
c’era un ruscello
che scorreva placidamente.
L’acqua
non era perfettamente cristallina,
ma nemmeno lercia. Volendo ci si poteva bagnare, insomma.
Il
corso d’acqua si snodava fra
due sponde ricoperte di erba e fiori di campo variopinti. Il sole non
era
perfettamente visibile fra le nuvole, ma alcuni dei suoi raggi
riuscivano a
forare la coltre per atterrare sul suolo. L’acqua creava
giocosi riflessi che
rendevano il paesaggio più luminoso.
Tolsero
il mantello e decisero di
proseguire ancora un po’, anche se restare lì
sarebbe stato bello.
-Meglio
non rischiare- disse
Yusuke.
Dopo
essersi rinfrescati il viso
velocemente, ripresero il cammino.
La
foresta diventava sempre più
aspra e selvaggia man mano che proseguivano e il terreno acquistava
pendenza.
L’aria si stava lentamente raffreddando.
In
lontananza si videro le prime
cime della catena dell’Alcanova.
L’intero
sistema si presentava
cattivo e minaccioso, alcune cime erano innevate, altre erano
così alte tanto
che le cime erano coperte da quel perenne strato di foschia che
ricopriva la
regione.
Gli
abitanti del regno di solito
non erano lieti di avventurarsi nell’Alcanova.
Non
tanto per il fatto che le
strade facevano praticamente schifo ed erano come minimo impraticabili,
ma
anche perché lì Kuro il demone e Yuki di Kayka
avevano concepito Kaos, il
semi-demone. Il nuovo re aveva contribuito molto alla crescita del
regno,
certo, ma aveva imposto una forte e radicata politica di terrore,
panico,
tensione e ansia.
Lo
si capiva respirando l’aria,
si aveva la conferma ammirando la terribile Alcanova.
La
cosa poteva sembrare stupida,
ma il popolino temeva che Kuro vagasse ancora lì nella
foresta.
Si
rimisero il mantello tolto
pochi istanti prima e si avviarono, testa china per ripararsi un
po’ dal vento
e gambe piantate nel terreno.
Il
sole era definitivamente
scomparso dietro le nuvole, grigie e promettenti un bel temporale.
La
mancanza di luce faceva
apparire il paesaggio ancora più desolato e tetro, cosa
già confermata dalla
vegetazione un po’ smorta.
I
due si addentrarono nell’area,
guardandosi intorno in continuazione, un po’ come fanno le
galline. Da lontano
sembrava che avevano una serie di tic nevrotici.
La
fauna si fece sempre più rada
e silente, e la cosa di certo non contribuiva nel migliorare
l’umore, anzi!
Le
nuvole velocemente andarono a
coprire gli ultimi scorci di cielo azzurro, e un fulmine cadde lontano,
preannunciando un bel temporale.
Yusuke,
vedendo la mappa, calcolò
che dovevano essere quasi arrivati, ma non si scorgevano grotte o
particolari
insenature che potessero indicare il punto di arrivo.
Un
fulmine, un tuono, un breve
attimo di silenzio poi una, due, tre, mille, milioni di gocce
d’acqua caddero
in terra, rendendola subito zuppa e melmosa.
La
coppia corse all’impazzata
sotto l’acqua alla ricerca di un rifugio per potersi coprire.
Ma
la giornata sembrava non voler
essere dalla loro.
Si
ripararono sotto il mantello
di Yusuke e si incamminarono, fradici, verso una meta ancora
irriconoscibile.
“Ma
dove diamine vive Jussa?” si
chiese Hydra, furibonda, quando vide in lontananza qualcosa che si
muoveva.
-Andiamo
lì!- urlò sotto l’acqua.
Yusuke
non era molto d’accordo
data l’esperienza passata, ma non poté ribattere
perché Hydra lo stava già
tirando in quella direzione.
Man
mano che si avvicinavano, la
figura di un uomo che camminava imperturbabile sotto l’acqua
prese forma.
Non
era alto. Poteva essere al
massimo un metro e sessanta. Vestiva con un saio marrone, strappato o
scucito
in qualche punto. La veste sembrava un po’ troppo grande per
lui, ma gli
conferiva un alone di mistero e rispetto. Si aiutava con un bastone
lungo, sulla
cui sommità pulsava qualcosa di luminoso.
-Hey!
Voi! Potete aiutarci?- urlò
Hydra sotto l’acqua.
L’uomo
parve non sentire, perché
continuava a camminare normalmente.
Anche
Yusuke prese ad urlare,
allora l’uomo si girò intorno per individuare la
fonte delle voci che sentiva.
Individuati,
si avvicinò
velocemente a loro.
-Finalmente
siete arrivati!-
sbottò l’uomo.
Non
era vecchio, ma nemmeno
giovane. Aveva i capelli brizzolati, e il viso sbozzato come un
modellino di
legno. I tratti erano duri e la sua aria di autorità era
rimarcata dagli occhi
color ghiaccio, fissi, gelidi e penetranti. Metteva paura solo a
vederlo di
sfuggita.
-Sei
Jussa?- chiese Yusuke, in
risposta alla sua domanda.
-E
chi altri? Avanti, seguitemi.-
rispose con un velo di stizza.
Gli
pungolò col bastone perché i
due non si muovevano.
-Ma
certo, dai! Facciamoci la
doccia sotto la pioggia!- disse ironico Jussa.
Allora
i due si mossero, e
l’uomo, con un mezzo sorriso divertito fece loro strada.
Il
trio arrivò davanti a un masso
enorme, ricoperto di erba e muschio.
Jussa,
allora, poggiò la base del
bastone sulla superficie rocciosa, la quale prese a spaccarsi dal
centro verso
l’alto e il basso. Le due metà si separarono
rivelando un passaggio.
-Prego!
Sempre se ne avete
abbastanza della pioggia, ovviamente!- esclamò Jussa,
mettendosi di lato per
farli passare.
I
due ragazzi entrarono e
percorsero un breve corridoio che si affacciava in una grande stanza
circolare.
Era
interamente rivestita in
pietra e legno. Al centro della stanza scoppiettava un piccolo fuoco,
evidentemente magico, poiché non produceva fumo ed era
bianco.
Qua
e là erano sparsi oggetti di
vario genere, e sul fondo della stanza c’erano dei giacigli.
Di fronte c’era
una brocca piena d’acqua e un bacile. Dalla parte opposta
c’era un mobile
enorme, pieno di vetrine, libri e cassetti.
Non
sembrava per niente alla casa
di un eremita.
I
due si sedettero attorno al
fuoco, e nello stesso istante entrò nella stanza anche Jussa.
-Finalmente
a casa. Scusate se
sono sembrato sgarbato, ma vi ho aspettato molto tempo, e la pioggia mi
ha solo
innervosito-.
In
effetti, ora che era
all’asciutto il viso non sembrava più
così teso e severo.
-Sono
Jussa, divinatore, mago,
stregone, erborista eccetera eccetera. A vostra disposizione, Yusuke
Hydra!-
I
due non si stupirono molto del
fatto che sapesse già i loro nomi.
-Fatemi
indovinare…volete sapere
perché Kaos vi cerca?-
-Esattamente-
disse Yusuke.
-Uhm…è
una questione piuttosto
lunga. Perché non ne discutiamo davanti a un piatto pieno di
cibo? Vediamo un
po’ cosa possiamo fare!-
Yusuke
e Hydra insistettero
nell’usare anche qualcosa delle loro provviste, e Jussa si
mise all’opera.
Il
rumore delle scodelle di legno
dava ancora più vitalità a quel luogo
già accogliente di per sé.
Dopo
qualche minuto, Jussa porse
loro le dovute porzioni, e con la sua in mano, si sedette dinnanzi a
loro.
-Bene.
Cominciamo!- disse.
Angolo
dell’autore:
Buonasera
a tutti.
Yusuke
e Hydra finalmente hanno
trovato Jussa e un po’ di tranquillità, anche se
sarà momentanea u.u
Ora…perché
Kaos li cerca? Perché?
Lo
volete sapere, ma davvero?
Spiacente,
ma vi toccherà
aspettare il prossimo capitolo XD
Alla
prossima! ^^
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Capitolo 12 *** Le verità ***
Capitolo 10: Le verità
-Bene.
Cominciamo!-
Yusuke
e Hydra si misero più
comodi e si concentrarono sulle parole di Jussa.
-Non so se sapete come Kaos sia
salito al trono…-
-Per matricidio. Lo sappiamo-
risposero i due.
-Tanto meglio, risparmiamo tempo.
Eliminata, si assistette
al funerale della madre e alla condanna del cuoco, ritenuto il suo
omicida.
Kaos si mostrò al popolo distrutto dal dolore. In fondo era
solo un ragazzo e
in mano aveva le sorti del regno. Ma quel mostro aveva già
pianificato tutto per
filo e per segno. Dopo i tre giorni di lutto nazionale la corte era in
fermento
per la cerimonia che rendesse ufficialmente Kaos re di Kayka. Si
preparò una
festa più che sontuosa. Fra i diversi invitati
c’ero io. Come d’obbligo,
dovetti portare qualcosa in dono al re. E lui era lì, seduto
sul suo alto
trono. Ricordo che aveva una lunga tunica bianca ornata di oro e
porpora, lo
scettro e la corona. Arrivato al suo cospetto mi inchinai e gli porsi
un
gioiello d’opali e ametista. Ricordo che lo gradì
moltissimo, tanto da farlo
saldare sulla sommità dello scettro. Tornai al mio posto e
vidi che ricevette
molti doni simili anche dagli altri invitati. Successivamente venne
chiamata
Abhaya, una delle tante sciamane del regno, che morì il giorno dopo dell’incoronazione
di Kaos.
Quando si presentò al
cospetto del sovrano aprì le mani,
facendo vedere che non aveva doni con sé.
“Vi dono la mia
conoscenza!” disse Abhaya.
Il re, interessato, le disse di
proseguire. La donna,
allora tirò fuori dalla sua bisaccia una polvere ambrata,
con la quale disegnò
un cerchio intorno a lei. Si inginocchiò al centro e prese a
racitare strani
mantra. Cadde in un profondo stato di trance. Gli occhi erano
completamente
bianchi e le mani erano poggiate sulle ginocchia. Fu allora che
accadde. Aprì
la bocca e, diciamolo, firmò il contratto della sua condanna
a morte. Perché?
Beh…profetizzò l’uccisione del re il
giorno della sua incoronazione!
Aprì la bocca e le
parole ne fluirono fuori come un fiume
in piena.
Non dimenticherò mai
quella parole…
“Di Kayka il
sovrano
Presto sarà
eliminato.
Di carta
l’anime danzanti
Lo
distruggeranno.
La morte si
mostrerà agli uomini
Glorificandosi
della forma sua.
Sorgerà un nuovo
sole
A la vecchia
luna eclissare.
Sboccerà un
nuovo mondo
A quello vecchio
risanare.
Kaos morirà
E le anime di
carta danzeranno
Sulle note del
silenzio e del suono!”
Inutile dire che tutti gli invitati
rimasero scioccati da
quella sparata.
Ma Kaos, imperturbabile, si
alzò, si avvicinò alla donna e
le diede un solo forte schiaffo in pieno viso. Si rivolse allora ad una
guardia, parlandole nell’orecchio.
Il soldato si avvicinò
alla donna e le disse di seguirlo.
Il giorno dopo Abhaya perse la
testa.-
Sgomento e ribrezzo: ecco cosa
provavano Hydra e Yusuke.
-Avete perso la lingua?- disse
Jussa, dopo qualche istante
di silenzio.
Yusuke sospirò.
-Quindi siamo segnati da una
profezia?-
-A quanto pare…- disse
Jussa –ma quel che più mi preme
sapere è…quali sono le vostre
capacità? E forse potremmo anche capire perché
Kaos vi vuole morti!-
-Beh…io so dare vita ai
disegni…- disse Yusuke.
-Ed io riesco a controllare
telepaticamente le cose
mediante la musica- terminò Hydra.
-Diciamo che un “fondo di
colpa”, ironicamente parlando
s’intende, lo avete. E ci credo che quello vi vuole sulla
forca! Siete gli
elementi distruttori della sua profezia!-
Ora forse si potrebbe capire la
sgradevole sensazione che
i due provavano.
Chiamasi “presa di
coscienza”.
Alla fine Jussa non aveva poi
così tutti i torti, e a
rigor di logica nemmeno Kaos. Alla fine ognuno in questo mondo agisce
per
salvare la propria pelle. Il re si serviva del terrore e della morte.
Un metodo
alquanto sadico e per niente dei migliori, ma pur sempre uno dei tanti.
Diciamolo. Alla luce dei fatti la
politica del terrore,
anche se nella stragrande maggioranza dei fatti finisce nel sangue,
è pur
sempre una delle poche (se non l’uniche) che porta una sorta
di ordine.
E Kaos non stava facendo altro che
agire di conseguenza.
-E cosa possiamo fare?- disse poi
Yusuke.
-Bella domanda…- rispose
Jussa.
-Cosa?!- chiese incredula Hydra
–No, ragioniamo. Ci hanno
spediti qui per chiedere il tuo aiuto e te ne esci fuori con un
“Bella
domanda”? Stai scherzando, vero?- continuò,
parlando in maniera nevrotica.
-Nel caso tu non te ne sia accorta,
mia cara- disse Jussa
con palese stizza –posso fare le cose nel limite del
possibile. Ma sfuggire a
Kaos, e l’avete visto anche voi, sfiora
l’impossibilità. Vi aiuterò per quanto
potrò-
-E’ già
qualcosa…- disse Hydra, incrociando le braccia.
Jussa, alla vista di tale scena,
sospirò.
-Innanzi tutto dovrete sfruttare al
meglio le vostre
capacità. Che ci crediate o no, i poteri che usate
abitualmente sono solo una
piccola parte di quello che nascondete dentro. Ovviamente, i poteri non
cambiano, ma sforzandovi ne conoscerete nuove sfaccettature. Per
esempio, tu-
ed indicò Hydra –hai mai provato a creare schermi
con la musica? O ti sei
limitata alla sola telepatia? E tu- facendo cenno a Yusuke
–hai provato ad
entrare, letteralmente, in contatto con i tuoi disegni?-
Entrambi i ragazzi fecero cenno di
no, spiazzati.
-Vedremo, allora, di ficcare nelle
vostre teste almeno i
rudimenti di queste tecniche che, ovviamente, provvederete ad affinare
con
l’esperienza-
-E quando cominciamo?- disse Yusuke.
-Ovviamente non stasera. Fuori il
tempo fa schifo, e non
credo che far scorrazzare disegni e note mortali in casa mia sia
proprio il
massimo. Dormiamoci su, e domani cominceremo.-
Chiuso il discorso si misero a
parlare del viaggio.
-A proposito- disse Yusuke
–sei stato tu a salvarci dall’attacco
della Milizia?-
-No- ribadì Jussa
–Ecco perché…-
-Cosa?- chiesero i ragazzi in coro.
-Cercavo di capire le vostre mosse,
quando siete spariti
dal campo della Vista. Non riuscivo più a capire
dov’eravate, cosa stavate
facendo, e ho provato di tutto per riprendere il contatto…-
-E chi potrebbe essere stato?-
chiese Hydra a Yusuke.
-Non saprei…-
-Com’era vestito?- chiese
Jussa.
Fu Hydra a rispondere: -Era vestito
completamente di
bianco. Il vestito consisteva in una lunga tunica che copriva tutte le
parti
del corpo, mentre il viso era celato dietro un grande cappuccio. Niente
di più.
Non aveva armi, non ha detto una sola parola, niente! Assolutamente
nulla!-
-Chissà quanta gente va
in giro vestita in quel modo…-
mormorò Yusuke, pensieroso e scoraggiato.
-Già…-
mormorarono gli altri due, non più ottimisti del
canuto.
E poi silenzio. Come
chissà quanti altri.
Ognuno pensava ai fatti suoi,
staccandosi emotivamente dal
mondo, legati solo dalla presenza di un corpo di carne, appoggiato come
un
feticcio sul pavimento di terra battuta e pietra nella caverna
dell’eremita.
Per Yusuke la presenza di Kaos era
come una cappa,
un’ombra, che ti segue ovunque, sa tutto di te.
Come ti chiami, dove sei in questo
preciso istante, cosa
stai facendo. Si sentiva continuamente osservato da uno sguardo
invisibile ma
così penetrante in modo che si percepisse la sua presenza.
Come se tutto ciò
non bastasse una frase gli ronzava dentro il cervello, come uno sciame
di
calabroni inferociti.
“Di carta
l’anime danzanti lo distruggeranno…”.
La frase era abbastanza esplicita,
ma c’era un qualcosa di
nascosto che suonava maledettamente come “se non saranno
uccisi prima loro”.
Ed eccola di nuovo lì,
la presenza di Kaos, incombente,
malsana, virale.
-Vado a dormire- disse infine il
ragazzo, decidendo che
affogare certi pensieri nel sonno fosse la soluzione migliore.
A ruota lo seguì Hydra,
mentre Jussa metteva a posto le
poche cose utilizzate.
Si addormentarono lentamente e
faticosamente l’uno di
fronte all’altra, tenendosi per mano, e poi…
…buio…
…silenzio…
-Yusuke!- sussurrò la
sua voce.
Il ragazzo, per far capire che
aveva sentito, gli strinse
la mano.
-Stavo pensando…-
-A cosa?-
-Al tuo risveglio-
-Davvero?- chiese lui, poco
convinto e divertito allo
stesso tempo. Sapeva dove la discussione stava andando a parare.
-Sì. E’ che
sono…non so, confusa! Non ci capisco più
niente. Non so davvero come vederti, e non sai quanto la cosa possa
mettermi
angoscia!-
-Dimmi…come mi vedi?-
-Amico, legame, rifugio, e forse
qualcosa in più. Non
credo di essere stata molto chiara…-
-Affatto! E’ solo che
anche io in certe situazioni sto
male, mi sento a disagio-
-E facciamola finita allora con
queste sensazioni. Fanno
male a lungo andare. Le cose indefinite tendono a logorare. Lo so, non
è una
cosa facile da decidere, specialmente ora, date le condizioni e
così, su due
piedi, però, pensiamoci. Per favore…- disse Hydra.
Dopo qualche istante di silenzio
Yusuke proruppe: -Io ho
già deciso da un po’, veramente. E tu?-
Ignorando la domanda gli chiese:
-Qual è la tua scelta,
allora?-
-Non hai risposto alla mia domanda-
-…-
-…-
-Anche io!- esclamò
infine Hydra.
Sorridendo, Yusuke posò
i polpastrelli delle dita sulle
setose e morbide labbra di lei.
Hydra sorrise, gli si
avvicinò, e lo baciò sulla guancia,
nel punto dove cominciano le labbra.
Yusuke ricambiò,
baciandola sugli occhi.
Ancora mano nella mano, e
ricordandosi solo in quel
momento che Jussa era proprio nella loro stessa stanza, si
riaddormentarono.
Non appena Hydra chiuse gli occhi
iniziò a sognare.
Una landa nera, oscura, deserta.
C’erano delle pietre,
enormi, piatte e lisce, ammassate
tutte l’una sull’altra.
Il cielo era ancora più
nero del suolo, se possibile, e
non filtrava nemmeno una pallida bozza di luce, quando
all’improvviso una scia
luminosa, sottile come il filo usato dai ragni per tessere le loro tele
colpì
il suolo.
Nel punto in cui la luce
toccò il terreno, qualcosa tremò.
Un piccolo sassolino si
spaccò, e dal centro ne uscì fuori
un esile stelo, poi le foglie, poi una gemma, poi un bocciolo, una rosa
rossa
chiusa che rapidamente, come se non avesse tempo, sbocciò in
tutta la sua
magnificenza.
Immediatamente sbocciarono altri
fiori, tutti insieme, per
non perdere tempo.
Subito dopo tutti i petali si
staccarono dai propri fiori,
e presero a vorticare nell’aria, mossi da una brezza
inesistente.
La scena lentamente
sfumò, e quella notte sognò di nuovo
Yusuke.
Angolo dell’autore:
Salve a tutti!
Sono quasi le 3, e io non ho un
cavolo da fare,
ergo…aggiorno la storia.
Ecco. Ora sapete il
perché Kaos vuole questi poveretti.
Contenti? Spero di sì u.u
Fatemi sapere cosa ne pensate ^^
A _Elea_:
Abbassa il mitra! Ho aggiornato per la
tua felicità XD
Spero che il capitolo sia di tuo
gradimento, fammi sapere!
A presto, e scusatemi se il
capitolo è breve!
|
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Capitolo 13 *** Prologo n.3 ***
Prologo n.3
-Vi
serve aiuto?-
La
voce proveniva dal folto. Era
bassa e penetrante, dolce, vellutata e suadente.
Solo
a sentirla i due vennero
sopraffati da brevi flash di immagini intrise di lussuria, sangue e
vendetta.
Sembrava
provenire dalle
profondità del sottosuolo.
Non
appena i due si voltarono
verso la fonte del suono, un odore di zolfo misto a sangue li prese
dalla gola.
Era forte, asfissiante. Dopo pochi istanti, però, quella
fragranza nauseabonda
sparì, lasciando l’aria pulita e fresca.
-Vi
serve aiuto?- ripeté la voce.
Questa
volta, dall’oscurità un
paio di occhi li stava fissando.
Erano
di un azzurro glaciale e
compatto, così chiaro da sembrare quasi bianco.
Le
pupille avevano una forma
allungata, come quelle dei serpenti.
Gli
fissava in maniera violenta,
senza indugio e vergogna.
-Chi
sei?- chiesero in coro.
L’aria
era ferma, immobile, muta.
E
dopo qualche istante la voce
riprese a parlare.
-Vi
serve aiuto?- disse loro per
l’ennesima volta, ridendo.
Angolo
dell’autore:
Salvissimo
a tutti voi!
Eccomi
ancora qui con il terzo
prologo della storia.
Come
avrete sicuramente notato,
questo è un po’ più breve degli altri,
ma penso altrettanto intrigante.
Chi
può mai aver avvicinato i
nostri Yusuke e Hydra?
Si
accettano teorie da parte
vostra! XD
A
presto, e fatemi sapere! ^^
|
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Capitolo 14 *** Oltre l'evidenza ***
Capitolo 11: Oltre l’evidenza
Se
Jussa avesse visto la loro
forte intimità, questo, Hydra e Yusuke non lo seppero mai.
Il
sonno se ne andò, ovattato,
esattamente come venne.
Questa
volta quando Hydra aprì
gli occhi notò che si era svegliata prima del suo compagno.
Ne
approfittò qualche istante per
vederlo dormire. Istintivamente alzò lo sguardo e,
d’impatto, l’ambiente le
risultò sconosciuto.
Poi
si ricordò di tutto.
La
foresta, il bacio, l’Alcanova,
la pioggia, Jussa l’eremita.
“Siamo
a casa sua! Ora ricordo!”
Jussa
trafficava davanti al
focolare.
-Buongiorno!-
la salutò.
-Buongiorno
anche a te, Jussa-
-Dormito
bene?-
-Beh…-
cominciò Hydra, e Jussa le
lanciò un’occhiatina eloquente per la serie
“Ho-Visto-Tutto-Non-Sono-Cieco”.
La
ragazza allora rise: -Si, dormito
bene!-
Jussa
sorrise. A primo impatto la
ragazza gli era indifferente, ora invece provò un
particolare moto di simpatia
verso quella fanciulla, anche se era una perfetta sconosciuta.
-Mangia-
le disse, porgendole una
tazza colma di latte e un po’ di frutta.
Hydra
si strinse un po’ più su sé
stessa, accettò e prese, in silenzio, a mangiare e bere.
Dopo
qualche istante, la ragazza
gli chiese cosa avrebbero fatto di preciso quella giornata.
-Beh,
un po’ di questo, un po’ di
quello…- disse vago il vecchio.
-Molto
interessante, davvero…-
disse ironicamente Hydra.
-Te
l’ho già detto ieri. Vediamo
di scavare più affondo nelle vostre capacità!
Vediamo se sai usare la
telecinesi per plagiare il tempo e lo spazio. Usa la telecinesi per
muoverti al
limite di questa dimensione, teletrasporta il tuo corpo in questo limbo
privo
di dimensioni. Muoviti nel mondo come se fossi la padrona! Al
telecinesi è in
grado di fare anche cose del genere, se usata correttamente e anche con
una
certa cautela- disse infine l’eremtia.
-E
per curiosità, Yusuke cosa
dovrebbe fare?-
-Entrare
nella propria arte,
legarsi letteralmente ai suoi disegni, diventare un unico corpo con
essi-
-E
cosa ne otterrei?-
Jussa
e Hydra si girarono di
scatto: non si erano accorti che Yusuke era sveglio.
-Se
riuscirai a fare ciò, i tuoi
disegni funzioneranno per te come un’armatura, custodendoti e
assorbendo i
colpi per te, anche se tu ti trovi in loro- rispose il vecchio.
Yusuke
si accomodò davanti alle
bianche fiamme, e le fisso intensamente, catturato dall’idea
dell’essere
protetto da un qualcosa di apparentemente non concreto.
-Facciamolo-
disse
improvvisamente.
Il
trio, allora, si diresse
fuori.
Era
mattino inoltrato, il sole
splendeva pigramente e qualche nuvola, ogni tanto, si divertiva a
coprirlo.
La
rugiada era quasi
completamente evaporata, anche se il terreno era ancora leggermente
umido.
-Chi
vuole iniziare?- chiese
Jussa.
Hydra
si fece avanti, flauto alla
mano.
-Non
sarà facile, ti avverto-
-Iniziamo-
disse Hydra, in tutta
risposta.
-Bene.
Come prima cosa devi
sapere che dovrai usare questa capacità anche quando sarai
sotto attacco-
Hydra
annuì, un unico colpo secco
del capo.
-Per
prima cosa devi prendere
contatto con il mondo circostante. Entra nello spazio e nel tempo.
Diventane
parte integrante. Concentrati su di loro, cerca la linea di confine
dove tu
possa sederti fra di loro e usarli a tuo vantaggio!-
-Scusa-
disse Hydra –ma questa
non è qualcosa di molto simile alla magina nera?-
-Non
proprio…e poi siete voi che
avete chiesto il mio aiuto. Non è completamente magia nera
per il fatto che tu
sfrutti qualcosa di già esistente. Non forzi la natura a
fare qualcosa che in
quel momento non può produrre. Torniamo ad esercitarci.
Concentrati su quello
che ti ho detto!-
La
ragazza allora rilassò i muscoli,
respirava lentamente e in maniera profonda, ossigenando quanto
più possibile il
cervello e chiuse gli occhi.
-Bene.
Prova a trovare il confine
con la musica- la incoraggiò Jussa.
Meccanicamente,
la ragazza prese
a suonare.
La
melodia che ne uscì fuori era
bagnata di dolce malinconia, lenta, ipnotica.
Sia
Yusuke che Jussa si
rilassarono, e quasi si addormentarono.
La
ragazza, da parte sua, non
trovava niente.
“La
linea di confine…mah! Dove
cavolo sta?” pensò.
Continuava
a suonare, ma attorno
a lei non avvertiva nulla davvero degno di nota, a parte…
-Basta-
disse all’improvviso
Jussa.
La
ragazza abbassò il flauto,e
solo allora si accorse i avere l’affanno ed essere stanca.
Si
sedette a terra e si passò una
mano sulla fronte, massaggiandola con vigore.
-Credo…-
-Cosa?-
le chiese Yusuke.
-…di
aver trovato questa
benedetta linea, ma non ne sono poi così certa. Sembrava
attrarmi
magneticamente, o forse era solo un’impressione…-
Jussa
le chiese se voleva
riprovare, e Hydra, quindi, si alzò e dopo qualche istante
per calmarsi,
riprese a suonare la stessa melodia di prima.
Per
quanto la melodia andò
avanti, la ragazza non riuscì a ritrovare quella cosa che
aveva notato prima.
Solo
buio e le note della sua
melodia che si rincorrevano e si perdevano, volteggiando e riempiendo
l’aria.
Spazientita,
Hydra smise
improvvisamente di suonare, e si lasciò cadere, ad occhi
chiusi.
-Non
te la prendere- disse Jussa
–in fondo era solo la prima volta! Fidati, è
già molto se hai individuato
qualcosa di estraneo, forse proprio lo spazio dove dovresti andare.
Calmati, e
poi, se te la senti, riprovi!-
Yusuke,
nel frattempo, seduto su
una pietra lì vicino, si era messo a disegnare.
La
ragazza andò a sedersi
accanto, e scorse il foglio.
Il
ragazzo stava disegnando un
mazzo di fiori ricchissimo: ibiscus, lilium, rose, gigli ed iris.
Allora
Yusuke volse lo sguardo
verso di lei, e le sorrise.
Hydra,
chissà come, ritrovò la
forza di riprovare, ma ancora niente. E le cose andarono avanti
così per i tre
giorni seguenti.
Hydra
provava, Jussa la incitava,
Yusuke disegnava.
Era
la mattina del quarto giorno,
e Hydra flautava ancora, concentrata sul suo obiettivo.
Jussa distolse momentaneamente lo
sguardo da lei, attratto
dal rumore di qualche animaletto. Le rivolse lo sguardo, e lei non
c’era più.
Jussa
girò la testa verso tutte
le direzioni per ritrovarla, quando un’ombra sul terreno lo
spinse ad alzare lo
sguardo.
La
figura di Hydra volteggiava
nell’aria, ma non era proprio lei.
La
sua immagine era come
deformata, ma non per questo priva di grazia; sembrava che si trovasse
dietro
una superficie d’acqua, e che la sua immagine fosse
increspata dal movimento
del liquido.
Hydra
scomparve, per riapparire
esattamente dalla parte opposta, e poi ancora dietro Yusuke, che
ammirava
affascinato la figura della ragazza.
Poi
Hydra aprì la bocca e disse:
-Ce l’ho fatta!-
Ma
la voce che ne uscì fuori era
deformata, piena di echi, come se fossero più voci a
parlare, tutte
contemporaneamente.
Poi
sparì, e tornò a fianco a
Yusuke, stavolta in carne e ossa, nella sua reale forma.
Era
stanca, ma non infelice. Era
entusiasta del risultato raggiunto, e si ripromise di allenarsi
continuamente
per affinare la tecnica.
-Aspettami
qui- disse Jussa a
Yusuke, accompagnando la ragazza nella caverna, per farla riposare.
Dopo
non molto l’eremita tornò, e
chiamò Yusuke vicino a sé.
-Fammi
vedere i tuoi disegni-
Il
ragazzo aprì la sacca e glieli
porse, tentennante.
Jussa
li esaminò, meravigliato,
uno per uno.
-Animalo-
gli disse, mettendo in
cima il disegno indicato e ridandogli tutti gli altri.
Il
ragazzo prima mise i fogli a
posto, poi vide a quale disegno si riferiva Jussa.
Era
il demone che aveva evocato
in classe.
Guardò
il vecchio di rimando, e
quello si limito a scrollare le spalle.
E
il demone prese di nuovo vita
in tutta la sua magnificenza e gloria, ebro della sua diabolica e
androgina
bellezza, della sua forza e della sua grandezza.
Il
demone spiegò le ali, e volò
in alto, sempre più in alto, per poi ricadere giù
in picchiata, le ali avvolte
contro il corpo.
Si
fermò a mezzo metro da terra
ed esattamene dietro Yusuke, e continuò a fluttuare
placidamente sul terreno.
-Cosa
devo fare?- chiese, quindi,
il ragazzo.
-Usa
il tuo demone come armatura,
o fallo entrare in te, come pezzo aggiunto. Credo che dovrebbero
aumentare le
tue capacità!-
-Come
posso riuscirci? Mi sembra
al dir poco impossibile!-
-No.
Non lo è! U riesci a
comandare i tuoi disegni con il pensiero, no?! Bene, ciò
significa che c’è un
forte legame fra voi. Potenzialo, sfruttalo, ordina di farsi aprire a
te!-
-Dimmi
solo una cosa: è più
facile di quello che ha fatto Hydra?-
-In
linea di principio sì, ma
dipende dal grado di affinità che si ha con il proprio
potere!- rispose il
vecchio.
Yusuke,
allora, chiuse gli occhi,
e chissà come altre volte, entrò in contatto con
il suo disegno.
Sentiva
quel forte legame, come
una miriade di corde che lo legavano al suo prodotto.
Era
qualcosa di sensazionale,
inspiegabile.
Si
sentiva forte, potente,
invulnerabile con loro a fianco, ed estremamente soddisfatto.
Un
po’ come tutti gli artisti:
quando vedono di essere apprezzati, di aver raggiunto i propri
obiettivi si
sentono appagati, finalmente completi e in pace con il mondo.
Avvertiva
quel forte magnetismo
che lo attirava verso il demone.
Entrò
in sintonia, e sentì al
vera essenza del disegno; accadde allora.
Avvertì
qualcosa di gelido e
caldo allo stesso tempo percorrergli tutto il corpo, la spina dorsale
gli
doleva incredibilmente, come se dovesse frantumarsi da un momento
all’altro.
Aveva
gli occhi serrati, e
improvvisamente una miriade di stelle colorate gli scoppiò
davanti agli occhi,
fissi sullo sfondo nero tipico delle palpebre chiuse.
Sentiva
le vene e la pelle
ribollire, i capelli che si muovevano come fruste per via di un vento
inesistente.
E
poi, improvvisamente, aprì gli
occhi, e fu luce.
Vedeva
Jussa dall’alto, un po’
troppo, a dire il vero.
Stava
volando?!
Allora
si vide le mani: erano
nere, piene di bracciali e monili…quelle del demone.
Allora
si ricordò di avere a
disposizione anche un paio di ali, e si mise a volare a destra e
sinistra
urlando come un matto, il vento che gli sferzava il viso.
Trovò
uno specchio d’acqua, nella
foresta, e vi scorse dentro la propria immagine. Le sembianze erano
quelle del
suo disegno, ma la voce, invece era la sua. Non era il demone a
parlare, ma
Yusuke.
Provò
la sua forza sradicando un
albero con una sola mano e uccidendo un cinghiale con un calcio secco e
preciso
sul cranio della bestia. Forse l’aveva dato troppo forte,
perché subito sangue,
schegge di ossa e materia grigia uscirono in un cocktail per niente
bello da
vedere, inzuppando il terreno e rendendolo viscido.
Tornò
verso Jussa, e notò che
anche Hydra era uscita, richiamata dall’urlo da lui cacciato
prima.
La
ragazza era un po’ spaventata
da quella visione, per cui non si avvicinò; allora Yusuke,
concentrandosi,
cercò di staccarsi dal disegno, e si sentì subito
narcotizzato, i sensi messi a
tacere, i movimenti gli sembravano sempre più lenti e goffi,
e tutto ballava e
girava, vorticava e fremeva, per arrestarsi di botto.
Riaprì
gli occhi, e vide che il
demone volava dietro di lui, che aveva ripreso le proprie sembianze.
-Fenomenale…-
mormorò Yusuke,
vedendo le sue mani e richiamando il demone nel foglio.
-Facevi
paura, sai?!- disse
Hydra.
Yusuke
la guardò, stralunato, ma
lei si mise subito a ridere, vedendo la sua espressione.
-Ovviamente
questi on ci
permetteranno di fare fuori Koas…- disse Yusuke.
-Mi
sembra una cosa come minimo
scontata ragazzo- rispose Jussa.
Ma
il loro discorso fu
improvvisamente interrotto dal suono lontano di un corno da battaglia.
Il
suo suono era basso e
penetrante, tale da far tremare la terra e le fronde più
alte degli alberi; uno
stormo di uccelli si levò in volo e si allontanò,
veloce, verso le montagne più
alte dell’Alcanova.
Jussa
corse dentro la caverna per
uscirne dopo pochi minuti con una bisaccia colma di viveri e il flauto
di Hydra
in mano. Yusuke, istintivamente, si mise in spalla la sua sacca, dove
stavno i
suoi disegni, il denaro e altre provviste.
Poi
Jussa, dando il flauto ad
Hydra, disse ad entrambi: -Di certo non siete tipi noiosi. Dobbiamo
scappare: a
quanto pare la Milizia freme dalla voglia di trovarvi-.
Angolo
dell’autore:
Buon
pomeriggio gente!
Ecco
a voi il capitolo 11 della
storia, e Kaos ancora non dà pace ai nostri due avventurieri.
Volevo
avvertirvi già da ora.
Nella
storia ci saranno riferimenti religiosi cristiani e pagani, per
cui
potreste fraintendere alcuni nomi o contenuti.
Passando
ad altri discorsi…
A
_Elea_: MUAHAHAHAHAHAH!
Mi dispiace, Alice, ma ti sei sbagliata di grosso! Quello non
è Kuro, il padre
di Kaos! Non avrei mai lasciato un indizio così evidente XD
Alla
prossima!
|
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Capitolo 15 *** I pensieri del re ***
Capitolo 12: I pensieri del re
Il
corno si faceva sentire sempre
più spesso, anche se il suono ne rivelava la distanza
elevata.
I
tre presero a scappare verso
l’Alcanova, solo per il fatto che sulle montagne sarebbero
stati più al sicuro.
O così aveva detto Jussa.
-Ne
sei sicuro?- urlò Yusuke,
correndo.
-Non
ti do nessuna certezza!
Imparalo: nella vita non esistono cose certe! Ma di certo staremo di
più al
sicuro lì che non altrove!- rispose il vecchio, affannato.
Corsero
ancora, e il suono del
corno della Milizia si fece più debole, perso
nell’immensità di quei luoghi.
Arrivarono
ad un bivio.
All’apparenza nessuna delle strade sembrava più
agevole dell’altra, per non
parlare della nebbia, che nel frattempo si era attaccata a quei luoghi
come una
sanguisuga.
La
temperatura era scesa, i loro
sospiri risalivano in nuvolette di vapore e tutto era diventato grigio
e nero.
Era pieno giorno, ma la nebbia era così fitta, come i rami
degli alberi
d’altronde, da impedire alla luce di illuminare quei posti.
Si
era alzato un leggero vento, e
le foglie secche si rincorrevano fra di loro, creando uno sgradevole
suono di
minaccia alle orecchie del trio.
Jussa
si sedette sul terreno a
gambe incrociate, e con i palmi sul suolo, uno in direzione di ogni
strada.
Salmodiò qualcosa, poi, alzatosi disse di prendere la via a
destra.
Hydra
e Yusuke non seppero mai
cosa Jussa avesse fatto di preciso, e mai glielo chiesero, anche
perché
volevano solo andarsene da quel posto.
Protetti
dalla nebbia, si
concessero di camminare più piano, ma comunque parlottarono
fra loro sottovoce,
per evitare di essere traditi dalle proprie voci.
-Perché
non li abbiamo
affrontati?- chiese Yusuke.
-Se
usavano il corno vuol dire
che erano in molti. Quelli che hanno trovato voi due quanti potevano
essere? Sei?
Sette? Questi sarebbero stati come minimo una trentina, senza
esagerare.
Troppi, e voi non so come ve la sareste cavata, siccome avete sostenuto
un
allenamento non indifferente- rispose Jussa.
Continuarono
a camminare, nella
nebbia e nell’ansia.
Ogni
tanto il vento tirava brutti
scherzi. Sembrava che parlasse, o che li chiamasse, urlando,
sussurrando,
facendo rizzare loro la pelle e i capelli, facendoli tremare le
ginocchia e le
mani.
Panico,
nient’altro che panico.
Terrore, ansia, disagio.
Come
dire…benvenuti
sull’Alcanova!
L’odore
dell’acqua nell’aria
preavvisò un temporale che per loro fortuna non
arrivò mai, e l’umore arrivò
davvero al fondo.
Camminarono
per ore, senza
fermarsi un solo secondo, anche solo per togliere i sassolini che erano
entrati
nelle loro scarpe.
Avevano
un solo obiettivo,
distanziare i loro nemici il più possibile.
Il
terreno, se inizialmente era
in salita si manteneva regolare, ora, invece, le radici degli alberi
sbucavano
dal terreno, tronchi secchi caduti chissà quanto tempo
addietro impedivano un
agevole passaggio, l’assenza di suoni, versi di animali, li
fece sentire più
soli che mai.
La
stanchezza gli attaccò
direttamente alla mente, costringendoli a fermarsi sotto una vecchia
quercia
gigante.
Hydra
aveva le mani attorno alla
testa, e stavano lì, serrate, come gli artigli di un rapace,
mentre non diceva
assolutamente niente.
Jussa
si sedette e prese a
meditare.
Yusuke,
da parte sua, non sapeva
che fare.
Si
sedette, poi si rialzò, si
stese e poi si rimise seduto, per alzarsi di nuovo a camminare
nervosamente
avanti e dietro. Arrivò davanti al tronco
dell’albero, e i nervi erano così
tesi che lanciò un pugno, scheggiandosi e ferendosi la mano.
-Ma
che genio che sei…- disse
Jussa –Ora come farai a disegnare? Speriamo non ci siano
fratture…- disse,
vedendo le condizioni della mano.
Un
tiro di sollievo. Solo
escoriazioni.
-La
prossima volta stai più
attento!- disse Jussa.
Hydra,
nel frattempo, non si era
mossa di un millimetro, per cui Yusuke le si avvicinò, e
notò che nonostante la
posa insolita, la ragazza dormiva.
-Dormi
un po’ anche tu. Ne hai
bisogno! Io faccio da guardia. Faremo dei turni, poi- disse Jussa.
Detto
questo, Yusuke si stese e
chiuse gli occhi, e si addormentò improvvisamente.
***
Kaos
se ne stava seduto sul bordo
del suo letto.
Non
era una bella giornata, per
gli altri.
Ma
per lui sì: pioveva e c’era la
nebbia, e tutto ciò, anziché renderlo nervoso, lo
calmava.
Era
completamente calmo e sereno,
tranne per una cosa.
Una
piccola pulce…
Anzi
no: due pulci!
Non
sapendo cosa fare, si alzò, e
prese a passeggiare per i corridoi della fortezza.
Arrivò
nella sala delle armi e
prese a menare fendenti nell’aria con una delle tante spade
lì esposte.
Ma
si innervosì, e, con un urlo
che sembrava un tuono, capace di far tremare cielo, suolo e sottosuolo,
mollò
un pugnò sulla pavimentazione che si ruppe in mille
frammenti. Dove il
pavimento era stato colpito, c’era l’immagine ben
definita delle dita chiuse su
sé stesse.
Allora
uscì velocemente dalla
stanza, fumando di rabbia, e si diresse verso la Torre Nera, il punto
più alto
della fortezza.
Arrivato
qui, inspirò
profondamente l’aria, ignorando la pioggia.
Lanciò
uno sguardo all’intero
paesaggio.
La
città di Kayka di sviluppava
completamente attorno al castello, il quale svettava su una collinetta.
La
città aveva delle proprie mura, e il castello, che si
trovava già all’interno
di quelle cittadine, ne aveva un’altra cinta.
L’intero centro abitato sembrava
un mosaico eterogeneo di colori, profumi e sapori. Il castello si
ergeva in tutta
la sua magnificenza, rivestito dai suoi colori bianco e perla. Era di
forma
ottagonale, e ad ogni spigolo della struttra una torre faceva mostra di
sé. A
sua volta, ogni torre ne custodiva un’altra, che terminava
con guglie e motivi
geometrici. Al centro della sede reale, poi, si ergeva
un’altra torre, la Torre
Nera, che, a dispetto del nome, era anch’essa bianca, come
l’intero edificio,
del resto. Questa era la più alta di tutte, e terminava con
un ampio terrazzo
arredato con mobili di ferro battuto e oro adatti
all’ambiente.
Nonostante
la pioggia, Kaos sentì
il vociare vivace degli abitanti della città, a
quell’ora dediti alle loro
attività.
“Come?”
pensò il re.
“Come
posso eliminarli? Perché
devo eliminarli! O io…” e non osò
continuare a pensare.
Più
volte si chiese perché la sua
morte fosse già stata profetizzata, non che si aspettasse la
vita eterna, ma
nemmeno l’assassinio.
E
più volte gli venne data la
stessa risposta.
Gli
dèi non accettano il
matricidio, il patricidio, l’eliminazione fisica dei propri
cari per il potere.
E’ contro il loro volere, è contro il naturale
incedere della vita.
Ma
loro non sapevano.
Non
potevano comprendere.
Lui
dove farlo, in vista di un
bene supremo.
La
morte dei due ragazzi era
niente, in confronto al suo progetto più grande.
“Per
amore c’è sempre bisogno del
sacrificio di qualcuno, sempre! E’ cosi che deve andare.
È così che doveva
andare con mia madre, e così dovrà succedere
anche per quei due, purtroppo”.
E
poi, il sovrano scoppiò a
piangere e urlare come un bambino, scosso dai singhiozzi e dalle
lacrime.
Perché?
Perché non lo capivano,
non vedevano quello che lui vedeva?
Si
accasciò per terra, ancora
grondante di lacrime, e urlò contro il cielo, mentre i
capelli bagnati gli si
attecchivano contro il volto, e le vesti, appesantite
dall’acqua, lo
incurvavano ancora di più. A vederlo così
sembrava un uomo qualunque, vittima
delle sue debolezze come chiunque, ma non Kaos il Magnifico, il sovrano
di
Kayka.
Non
potevano capire perché
soffrisse così tanto, in fondo, perché la
malinconia e l’ira non lo
abbandonassero mai.
Prese
a picchiare anche questa
volta il pavimento, ma più debolmente, senza lederlo.
Si
raggomitolò su sé stesso e
continuò a lacrimare, senza sapere se sarebbe mai stato
capace di calmarsi o se
le sue lacrime si sarebbero mai fermate, da sole.
Questo
è il brutto di provare una
grande pena, un grande dolore.
Nessuno
ti capisce e mai ti
capirà, per quanto gli altri possano mai mettersi
d’impegno.
Certi
dolori se non li si
comprendono da soli non si possono concepire.
E
lui, lì, povera bestia, sotto
la pioggia, si lamentava di questo dolore, troppo grande persino per un
semi-demone.
Smettendo
di piangere, si asciugò
il viso, e tirò alcuni respiri forti.
Appoggiandosi
al muro si rialzò,
con le gambe tremanti, ma si lasciò ricadere in terra,
torturano le unghia
della mano destra, la schiena contro il muro e la testa rivolta verso
il basso.
Più
deciso che mai, avrebbe posto
fine a questo dolore, a questa sofferenza.
Avrebbe
perseguito il suo reale
progetto.
Angolo
dell’autore:
Buonasera,
miei adorati e fidi
lettori u.u
Allora,
volevo dirvi una cosa,
prima delle mie considerazioni u.u
Per
alcuni problemi,
l’aggiornamento non verrà interrotto, ma
procederà leggermente a rilento.
Ora,
detto questo, volevo dirvi
una cosa.
Posso
capire che a pelle Kaos non
possa risultarvi estremamente simpatico, però non
giudicatelo davvero male. In
fondo anche lui ha dei buoni pensieri, forse per noi strani, ma in
fondo buoni!
Detto
questo, vi lascio!
Alla
prossima e…
…recensite!
^^
P.S.
Scusate se il capitolo è
breve ^^”
|
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Capitolo 16 *** Il Santuario ***
Capitolo 13: Il Santuario
Si
riposarono per qualche ora,
per poi riprendere il cammino.
-Jussa,
te l’avremo chiesto già
un centinaio di volte, ma dov’è che andiamo, precisamente?-
chiese
Yusuke.
Jussa
rimase qualche istante in
silenzio.
-Al
Santuario della montagna-
disse Jussa.
Il
Santuario della montagna era
uno degli edifici più antichi di tutto il regno.
Nessuno
sapeva la precisa
ubicazione, se non che si trovasse sulle cime della catena montuosa
temuta da
tutti.
Gli
abitanti del regno pensavano
che fosse stato costruito dai loro avi per mettersi fisicamente in
contatto con
gli dèi. Dopo le numerose guerre, la gente
abbandonò il luogo, e il Santuario
non venne più visitato. Ai posteri venne solo tramandata la
voce secondo la
quale il luogo si trovasse lì, fra le montagne.
-Il
Santuario è la casa degli
dèi. Ormai hanno abbandonato il posto, in attesa di qualche
evento degno di
nota. Si sa, le divinità sono così, oscure,
ignote. Bene. Noi cercheremo di
invocare l’aiuto degli dèi, nella speranza che vi
aiutino in questo grande
macello!- disse l’eremita.
Camminarono
per qualche giorno,
senza vivere eventi di particolare nota.
Sia
Hydra che Yusuke immaginavano
come fosse il Santuario.
Per
la ragazza si presentava come
un edificio dall’aspetto mastodontico, curato, pulito e pieno
di statue,
affreschi, mosaici.
Lui,
invece, non si aspettava
nulla del genere, ma un rudere, o comunque un edificio molto vecchio.
Perché,
anche se il Santuario era per tutti gli dèi, comunque era
molto, molto antico.
A
metà giornata del nono giorno
faceva decisamente freddo, e il trio trovò un edificio.
-Non
sarà questo, per caso?-
chiese Hydra.
Era
basso, costruito interamente
in pietra, e al posto del tetto c’erano alcune colonne, poste
in ordine sparso.
Ai
lati della piccola porta c’erano
due statue che reggevano delle fiaccole.
Alla
destra c’era la scultura di
un uomo, alla sinistra quella di una donna.
Lui,
nella mano libera, impugnava
una spada, utilizzata come bastone, come se la pietra non fosse
abbastanza
solida per reggerlo.
La
donna, invece, aveva in mano
un fiore di loto, di un inconsueto colo indaco, verde, e nero alle
punte.
I
tre entrarono, e notarono come
l’interno della costruzione fosse molto spoglio. Era di
pianta quadrangolare, e
la pavimentazione era sconnessa. In alcuni punti mancava del tutto,
dando
all’erba la possibilità di crescerci dentro.
Le
pareti laterali avevano
davanti due ordini di colonne, alle cui metà altezze
c’erano delle fiaccole,
spente ed annerita dall’usura e dal tempo.
Sul
fondo il tetto doveva essere
forato, perché entrava un cono di luce.
Si
avvicinarono in direzione del
fascio, e notarono come quello cadde su un altare maestoso di marmo
nero,
perfettamente lucido e privo di polvere, nemmeno un granello. Il piano
era
rettangolare, e poggiava su intricate strutture d’appoggio,
che si
arrampicavano in sinuose spirali e tozze torri in miniatura. Lungo il
bordo
c’erano delle rune e dei disegni: scene di guerra,
d’amore, di caccia e simili.
Hydra
alzò lo sguardo verso la
luce, e notò che il foro aveva una perfetta forma ovale. Il
tetto, quindi, era
stato costruito così apposta.
Abbassandolo,
notò sul tavolo
qualcosa che prima non aveva visto.
Sulla
superficie c’era un fagotto
di velluto rosso e nero, vergato da fregi e motivi d’oro e
argento.
Hydra
allungò la mano e aprì il
telo, al cui interno c’erano alcuni oggetti. Un foglio di
carta, una matita e
un flauto.
Il
foglio era adornato di ricchi
colori e miniature arcane; era grande, perfettamente liscio e non
c’era nemmeno
un segno di usura o maltrattamento. La matita era davvero particolare:
era
interamente d’avorio ed era adornata da smalti e gemme
preziose. Era lunga e
affilata e alla sua estremità portava maestosamente un
piccolo globo
diamantino.
Il
flauto era completamente di
diamante, adornato di tanto in tanto con qualche fregio.
L’estremità dove
uscivano i suoni era a forma di testa di drago con la bocca spalancata.
Non
appena i due presero gli
oggetti in mano, un piacevole torpore prese a scorrer loro nelle vene,
come se
finalmente i loro corpi fossero completi.
-Forse
gli dèi stanno dalla
vostra!- esclamò Jussa, felice.
-Ma
starete voi dalla nostra?-
disse all’improvviso una voce con la potenza di un tuono, ma
allo stesso tempo
pacata nel modo di esprimersi.
Allora
l’interno dell’edificio
prese a brillare di luce propria, in maniera sempre più
intensa, finché una
forma non prese a manifestarsi, mentre la luce si ritirava.
-Sono
Eosforo, figlio
dell’aurora, dio della luce. Vengo a voi come messaggero.
Avete la Nostra
benedizione. Dovrete eliminare Kaos, o il Magnifico adempirà
ai suoi piani.
Trovate i nostri templi, ricevete le nostre virtù, e solo
allora Kaos potrà
dirsi vulnerabile- disse il dio.
Hydra
notò che era vestito
completamente di bianco e aveva il cappuccio a celare il volto.
-Sei
tu che ci hai salvati dalla
Milizia!- urlò allora.
-Sì,
siete estremamente preziosi,
più di quanto immaginiate. Dovevamo liberarvi dal nemico. Ma
non c’è tempo.
Veloci, andate alla ricerca della Luce, della Notte, del Fuoco,
dell’Acqua,
della Terra, dell’Aria, della Morte e del Tempo. Non
c’è tempo!- e detto questo
la divinità sparì.
I
tre si guardarono in faccia,
tramortiti.
-Ancora
in viaggio, ancora
ricerche…- mormorò Yusuke, sconsolato.
Allora
accadde qualcosa di
sconvolgente.
Il
foglio e la matita che Yusuke aveva
preso sull’altare presero a tremare e gli scapparono di mano,
e presero a
fluttuare a mezz’aria. La matita, allora, animata da un
qualcosa di
apparentemente invisibile ed incorporeo, prese a disegnare quella che
sembrava
una mappa, costellata da otto X disposte qua e là: la
posizione approssimativa
dei templi.
Allora
i due oggetti caddero per
terra come un qualsiasi peso vittima della gravità.
Yusuke
si chinò per raccoglierli
e notò che il foglio era di nuovo bianco.
-E’
sparita! La mappa! Non c’è
più!- urlò, in preda al panico.
Si
rigirò il foglio fra le mani,
incredulo, e pensando ad un modo per recuperare la mappa.
Non
trovando soluzioni si
concentro su di essa, cercando di ricordare, almeno approssimativamente
cosa
riproduceva e dove erano i templi, quando il disegno riapparve sul
foglio.
-Forse
ho capito!- esclamò,
mentre il pezzo di carta iniziò a sbiadirsi e a ritornare
perfettamente
immacolato.
-Credo
che questo foglio abbia
una memoria! Ricorda cosa è stato riprodotto su di esso e lo
mostra di nuovo
quando lo si desidera!-.
Ansioso
di vedere se la sua
teoria fosse esatta, si inginocchiò, e disegnò
fugacemente una lepre.
Come
pensato, il disegno
scomparve subito. Yusuke, allora, pensò alla lepre, ed ecco
che il disegno
riapparve. Dopodiché, come fece altre volte, diede vita al
disegno, e la lepre
uscì fuori dal disegno con un balzo e prese a saltellare per
tutta la stanza.
Solo quando Yusuke la richiamò, scomparve.
Ripensò
alla mappa, e chiamò a
raccolta gli altri due.
-Noi
siamo qui- disse Jussa.
-E
il tempio più vicino è questo-
disse Hydra, indicandone uno che si trovava anch’esso sulle
montagne.
-Abbiamo
una meta, allora!-
rispose raggiante Yusuke, riponendo tutto nella sacca.
Si
affacciarono, e videro che il
sole stava per tramonatare.
Senza
notarlo avevano passato
quasi tutto il resto della giornata lì dentro.
Non
era il caso di avviarsi.
Avevano un rifugio per la notte sicuro. Nessuno li avrebbe mai trovati.
Inoltre
la nebbia stava per riabbassarsi, quindi sarebbero stati ancora
più protetti.
-Cosa
hanno gli dèi in serbo per
noi?- chiese Hydra.
-E
chi lo sa. Abbiamo la loro
benedizione, tanto meglio! Andiamo a cercarli e lo scopriremo!- rispose
Yusuke.
Jussa
decise di andare fuori a
fare il primo turno di guardia, e i due ragazzi si ritrovarono da soli
dopo
tanto tempo.
Seduti
sui mantelli, uno di
fronte all’altra si guardarono, persi fra di loro. Si
avvicinarono, l’uno a
tirare l’altra con la mano. Quando furono abbastanza vicini,
si fermarono, e
continuarono a fissarsi.
Hydra
percepiva l’elettricità e
la tensione della situazione. Chiuse gli occhi e prese a respirare
profondamente, scossa da lievi fremiti. La presa delle sue mani si fece
più
stretta, e le labbra si dischiusero.
Allora
Yusuke fece l’ultimo
passo, e la baciò a lungo. Inizialmente in maniera tenera,
poi avvertì la
lingua di lei fare pressione. Cedette, e sentì la lingua di
Hydra esplorare la
sua, che nel frattempo si era infilata nella bocca della ragazza.
Affondò
la mano nella sua chioma,
ormai non tanto liscia per via del lungo viaggio che avevano fatto, ma
era lo
stesso una piacevolissima sensazione.
In
seguito avrebbe descritto quei
momenti come qualcosa di davvero unico, vitale e dolce.
Amava
dire che ogni volta che
baciava Hydra bevevo un sorso di ambrosia, il cibo degli
dèi, e sentirsi sempre
molto simile a loro.
Le
mani di Hydra, poi, si
infilarono sotto i vestiti del ragazzo, mentre quelle di lui,
percorrevano le
sue linee, ridisegnandole e facendole fremere.
I
loro respiri prima ritmici ora
si fecero rapidi, profondi, sordi.
I
loro gesti conservavano in loro
qualcosa di antico quanto il tempo stesso ma certamente più
travolgente, vivo,
passionale e concreto.
Stava
per mettersi a piovere: un
tuono, in lontananza si faceva sentire in tutta la sua potenza, ma i
due non se
ne curarono.
Si
stesero, e dopo interminabili
minuti di piacere, oblio e tenerezze si abbandonarono al sonno che
incombeva
sulle loro stanche membra.
***
Kaos
camminava rapido nei
sotterranei della reggia. Come il resto dell’edificio, anche
questi splendevano
ed erano pulitissimi, ad eccezion fatta delle celle. I pavimenti erano
lustri,
e venivano periodicamente incerati. Le pareti erano pulite e lisce, e
la volta
non era da meno.
Percorse
il corridoio, illuminato
dalle lampade, per tutta la sua lunghezza, finché, arrivato
alla parete sul
fondo non aprì un’anonima porta sulla sinistra.
L’interno
della stanza era
stupefacente. Era ricoperta completamente di marmi bianchi e neri, fusi
fra
loro in intricati motivi geometrici e simbolici. L’ambiente
era illuminato da
alcune fiaccole.
Era
di pianta circolare e aveva
un’ampia volta a crociera.
Sugli
spigoli della sala c’erano
incise delle rune, con quello che a prima vista sembrava oro.
Al
centro della stanza, poi,
c’era un unico blocco di marmo nero a forma di
parallelepipedo. Un’ara.
Era
completamente sgombra, se non
fosse per una bacinella con dell’acqua e dietro di essa un
piccolo candelabro,
posti esattamente al centro della superficie.
Si
avvicinò all’altare, accese le
luci delle candele e con l’acqua della bacinella si
sciacquò il volto e le
mani.
Dopo
di che si inginocchiò e
prese a pregare per la riuscita del suo progetto.
Voleva
che tutto si realizzasse
nel migliore dei modi e che i suoi sacrifici non fossero sprecati.
Ripenso
a quei poveri ragazzi, e
pianse di nuovo, ma si consolò del fatto che le loro morti
facevano parte di
qualcosa di più grande, che non avrebbe potuto rivelare a
nessuno, al meno non
in quel momento.
“Tempo
al tempo! Quando sapranno,
capiranno anche loro!” pensò Kaos, malinconico e
affettuoso.
Riprese
a pregare e recitare
alcuni salmi, mentre le candele si consumavano e crollavano su
sé stesse.
Il
silenzio era sovrano, ma una
voce cavernosa ruppe il silenzio.
-Perché
vuoi farlo, Kaos?-
proveniva da un buio angolo della sala.
A
tradire la presenza di un’altra
persona erano gli occhi che sembravano galleggiare in una pozza di
oscurità.
Il
sovrano non si scompose
minimamente e non fu spaventato da quell’improvvisa voce, che
sembrava ruggire
sul precedente silenzio. Non era la prima volta che suo padre Kuro si
mostrasse
mentre pregava.
-Perché,
Padre, amo questa terra,
e voglio farlo per il suo bene. Un giorno capiranno, lo so. Amo questo
mondo,
amo il mio regno, e voglio solo fargli del bene, ecco tutto-.
Angolo
dell’autore:
Salve
a voi miei cari lettori!
Anche
se con un po’ di ritardo vi
mostro quest’altro capitolo della storia, nella speranza che
possa piacervi!
Ora,
cos’è che ah in mente il
nostro Kaos? E chi incontreranno per prima i nostri beniamini?
Ancora,
spero che la storia vi
piaccia ^^
A
_Elea_: ciao Ali! Si,
diciamo che Kaos è molto simile a Isik, sotto questo punto
di vista! E sono
contento che il capitolo ti abbia colpito ^^
P.S.
Aggiorna “Ballad” e “Until”
che sono curioso!
A
Valerie_Laichettes:
ciaooooooooo! Sono davvero lieto che tu non abbia abbandonato la mia
storia,
grazie, grazie mille per la tua presenza!
Colgo
l’occasione per ringraziare
berry345
Fantasy_Mary88
raukath
Valerie_Laichettes
_Elea_
sTar__
Che
l’hanno aggiunta fra le
seguite
Emilie91
hinayuki
Che
l’hanno aggiunta fra le
ricordate
Isa is
smiling
Che
l’ha aggiunta fra le
preferite!
Grazie
mille e a presto!
|
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Capitolo 17 *** Addio ***
Capitolo 14: Addio
Il
giorno dopo, armati di quelli
splendidi doni divini, delle migliori intenzioni e di poche provviste,
i tre
uscirono dal Santuario e si incamminarono verso ovest.
L’umore,
nonostante tutto, non
era dei migliori, fra pioggia, nebbia e vento il trio non desiderava
altro che
tutta questa maledetta storia finisse.
I
giorni si rincorrevano con le
notti, e il paesaggio non accennava a mutare.
Ovunque
si volgesse lo sguardo si
vedeva solo terra brulla, e qualche albero intrepido che aveva pensato
di
crescere lassù, in quella terra dimenticata da tutto e tutti.
Iniziarono
ad adattarsi ai ritmi
della natura, accontentandosi di ciò che lei offriva senza
pretendere nulla di
più.
Non
sapevano neanche di cosa
parlare, tanto che alcuni giorni di marcia li passavano in assoluto
silenzio,
senza avere il coraggio di infrangere quell’equilibrio
fragile che si era
appena instaurato.
Poi
qualcosa sembrò cambiare.
L’altitudine
aveva cominciato a
diminuire, e la vegetazione si fece sempre più ricca,
generosa e viva.
La
temperatura stava gradualmente
salendo, e riuscirono a capire che si stavano allontanando
dall’Alcanova.
-Chissà
se ci stiamo avvicinando
o no…- mormorò Jussa, cercando di capire dove
fossero.
Si
sedettero in terra, e Yusuke
srotolò la carta.
Rievocò
il disegno della mappa e
quello riapparve lì in tutta la sua magnificenza.
Mentre
studiavano la carta una
zanzara aveva punto Hydra, la quale si alzò per ucciderla
con un colpo secco
delle due mani.
-E
che non si dica di me che non
sono in grado di uccidere- decretò, sistemandosi una ciocca
di capelli dietro
l’orecchio.
Non
si era accorta che il flauto
preso nel tempio le era caduto ed era finito sulla mappa.
Lo
strumento si alzò dal suolo di
qualche centimetro e prese a ruotare su sé stesso.
Basiti,
nessuno dei tre sapeva
cosa fare di preciso.
-E
se volesse indicarci la
direzione da seguire?- chiese Jussa, dopo qualche istante.
Yusuke,
allora, si concentro su
quella stramaledettissima X sulla mappa e il flauto, allora, di colpo
si fermò.
Le fauci del drago indicavano verso nord.
Yusuke
e Hydra guardarono Jussa,
meravigliati, che cercò di minimizzare la cosa, non volendo
dare a vedere che
aveva ragione.
Afferrarono
le cose e si misero a
correre verso la direzione indicata.
Non
si accorsero, però, che le
strade, in quella regione, si fecero via via più battute e
frequentate.
Alcuni,
vedendoli, presero a
mormorare al loro passaggio.
Allora
i tre rallentarono per
evitare di destare altri sospetti.
Arrivarono
nei pressi di un
villaggio e decisero di fare approvvigionamenti, dato che i soldi non
mancavano: la bisaccia che li conteneva era ancora piena quasi
più della metà.
-Non
entrate.- disse Jussa -I
ricercati siete voi. Questi, invece, non conoscono me. È
più sicuro. Ci vediamo
dall’altra parte!- e si divise.
Yusuke
ed Hydra, invece, si
diressero verso il bosco, nascondendosi nel folto, ma non tanto da
perdere di
vista i limiti dell’agglomerato.
A
prima vista sembrava un
villaggio; in realtà quel centro abitato, per quanto potesse
essere considerato
piccolo, era molto esteso.
Nel
frattempo nel bosco regnava
il silenzio assoluto.
Era
una cosa al dir poco
inquietante e quella quiete raggelava il sangue dei due ragazzi.
E
fu quel silenzio ad alto volume
e forse anche un po’ della loro inesperienza che li
segnò.
Non
si erano accorti che erano
seguiti.
Arrivarono
all’altra estremità di
quella piccola cittadina e videro Jussa che li aspettava sul limitare
della
foresta.
Fu
allora che accadde.
L’urlo
provenne dal folto,
inaspettato come un fulmine a ciel sereno.
Vennero
subito accerchiati da una
banda di ladri…anzi, di ladre.
Erano
in dieci, e si disposero
velocemente attorno ai tre.
Istintivamente
alzarono le mani,
ma quella che doveva essere il capo rise beffarda.
Yusuke
mostrò prontezza di
riflessi, e rapido evocò il solito demone, al quale oramai
si era affezionato.
-Ma
che…- disse la guida delle
ladre, perplessa. –Ma si, che la cosa si fa più
interessante! Fatevi sotto!-
E
allora le donne li attaccarono:
sembravano essere una perfetta macchina da guerra estremamente
sincronizzata.
Hydra,
allora, colpì alla pancia
una delle avversarie con il flauto. Senza volerlo la ferì
brutalmente, e
quella, scossa dai fremiti e da schizzi di sangue si lasciò
cadere in terra con
un tonfo sordo.
Il
demone, nel frattempo aveva
preso due delle avversarie e le aveva scaraventate lontano, e
l’impatto fece
perdere loro i sensi.
Jussa,
col bastone deviava i
colpi, ma vuoi la vecchiaia, vuoi la distrazione e forse anche un lieve
principio di artrosi, non fu abbastanza veloce.
Il
capitano delle ladre lo colpì
al petto con un pugnale, e mentre lo lasciò lì,
sia avventò sugli altri.
Prese
alle spalle Yusuke, e prima
di calare il pugnale sulla sua gola lo derise.
Allora
il ragazzo le disse:
-Preparati a morire, puttana!-
Il
demone la prese da dietro
all’improvviso e le spezzò la spina dorsale.
Morì
sul colpo, con una smorfia
di incertezza sul viso.
Infuriato,
il demone usò il
cadavere della donna per far fuori le altre, quando allora si
levò una melodia.
Hydra
aveva preso a suonare e
stava evocando i poteri della foresta.
Gli
alberi sembravano davvero
vivi: i rami si calarono sulle poche sopravvissute e le radici le
soffocarono
nella loro stretta e legnosa morsa.
Una
era legata mani e piedi e
venne passata da parte a parte dalla radice di un salice
all’altezza dello
stomaco. Un'altra venne schiaffeggiata a morte dalle fronde di una
quercia. Le
schegge le si conficcavano senza pietà nella pelle, nelle
orbite, lasciandola
in un mare di sangue. Allora venne lanciata in aria, e
piombò subito al suolo,
accompagnata dal sinistro rumore di ossa rotte.
Una
macchia di sangue,
rapidamente, si sparse sotto il cadavere, mentre la malvivente, in una
serie di
spasmi muti e dolorosi si faceva morire lentamente.
Il
fluido rosso era schizzato
ovunque, macchiando i volti dei ragazzi.
La
melodia si spense, e tutto ciò
accadde senza che i due si accorsero di Jussa.
Si
avvicinarono al corpo della
principale ladra, e videro che in realtà erano cacciatrici
di taglie, impiegate
dallo stesso Kaos.
Solo
allora sentirono un rantolo
basso e sordo, e si accorsero di Jussa, piegato su sé stesso
e con una grossa
macchia sul petto.
-No…NO!-
urlò Hydra, e si
precipitò verso l’eremita per aiutarlo, inseguita
da Yusuke.
Jussa
cadde rovinosamente al
suolo e volse lo sguardo quasi vitreo ai due ragazzi.
-Scap-ppate,
andate via,
sciocchi! Correte, n-non c’è
t-t-tempo…- rantolò, mentre un fiotto di sangue
gli uscì dalla bocca. Sapeva che stava per morire, e
cercò di incitare i due
ragazzi, che invece se ne stavano lì, a piangere sul suo
corpo morente,
impotenti e immobili.
Sentì
un’improvvisa vampata di
gelo nel sangue, allora strinse le mani dei due ragazzi con quanta
forza gli
rimase nelle membra. Un’altra ondata, un’altra e
ancora un’altra.
Un
altro fiotto di sangue. Un
fiotto giallastro: fiele e succhi gastrici, e poi ancora sangue.
Un
lieve tremore, e poi basta.
Chiuse
lentamente gli occhi, e la
testa cadde su un lato.
-Jussa…JUSSA!-
urlò Hydra
scuotendolo, come se potesse risvegliarsi e parlare di nuovo loro con
il suo
sarcasmo a volte pungente a volte rassicurante.
Yusuke
prese a piangere, e scosso
dai singhiozzi prese anche lui a chiamare il nome del vecchio, sapendo
benissimo che ormai non c’era più nulla da fare.
I
due stettero così, Hydra che
carezzava la fronte del morto, Yusuke che lo guardava con uno sguardo
perso.
Decisero
di seppellire Jussa nel
profondo della foresta.
Suonando
e piangendo, Hydra
smosse abbastanza terra per poter seppellire il caduto e Yusuke, al
momento
adatto, lo adagiò al suo interno, per poi coprire tutto.
Presero dei fiori di
campo e li deposero sul tumulo. Restarono così qualche altro
minuto, e poi se
ne andarono, non riuscendo a non volgere indietro lo sguardo.
Ormai
non piangevano più. Anche
le lacrime erano finite. Gli occhi erano gonfi e rossi, come il sole
che stava
tramontando, a sigillo e simbolo dell’addio al quale avevano
assistito.
Si
incamminarono, stretti l’uno
all’altra, in silenzio e con un passo leggermente
traballante, incerto.
Camminarono,
e camminarono.
La
notte era padrona del cielo
già da qualche ora, la luna era alta e le stelle splendevano
in tutta la loro
magnificenza e potenza, consumandosi lentamente e fatalmente.
All’improvviso,
poi, Yusuke si
fermò ed indicò ad Hydra una struttura.
-Bene.
Siamo arrivati-.
Angolo
dell’autore:
Bene,
so che mi odierete.
Ma
dovevo farlo, per forza.
Non
giudicatemi male se vi dico
che Jussa era di troppo, ma comunque ci saranno altri "ritorni" del
vecchio in
seguito, o per meglio dire cose che gli si riferiscono, non disperate!
Scusate
se queste parole sono
poche, ma davvero, non so cosa scrivervi.
Alla
prossima.
|
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Capitolo 18 *** Madre Terra ***
Capitolo 15: Madre Terra
Davanti
ai due ragazzi c’era una
grande parete rocciosa, sulla cui superficie si alzava una fessura
ampia.
Si
capiva che era il tempio che
cercavano per il semplice fatto che l’apertura era adornata
da fregi, rune
dall’arcano significato e due colonne, una per lato.
Erano
molto diverse l’una
dall’altra: quella di destra si ergeva in tutta la sua
altezza con una sinuosa
spirale e il capitello era tozzo e liscio; la colonna di sinistra,
invece,
sembrava essere stata martoriata, poiché sulla liscia
superficie mancavano dei
pezzi, facendola risultare ora sottile in quel punto, ora
più tozza in
quell’altro.
-Credo
che troveremo il dio della
terra, qui dentro…- mormorò Yusuke.
-O
la dea- precisò Hydra.
I
due si guardarono negli occhi
ed entrarono.
L’interno
era maestoso nella sua
semplicità: l’ambiente si sviluppava su
un’area perfettamente circolare,
tagliata orizzontalmente sul fondo.
Il
perimetro, invece, era
costellato di colonne intervallate fra loro da nicchie.
Le
prime erano perfettamente
lisce, mentre le nicchie erano delle fessure a sesto acuto, al cui
interno
c’erano delle torce spente.
Il
pavimento color della terra
era liscio e lucido, tanto da aver la possibilità di
specchiarsi all’interno.
I
due diedero il primo passo
all’interno dell’edificio e le prime due torce si
accesero, agevolando la
vista.
Più
si avvicinavano al fondo, più
torce si accendevano, illuminando la magnificenza e la
sacralità del luogo.
Quando
arrivarono in prossimità
della fine notarono che c’era un’ara.
Era
estremamente semplice, fatta
di pietra, ma lo stile non sembrava per niente quello del tempio.
Era
grigia, di pietra grezza e
sembrava sbozzata da pochi colpi vigorosi e un po’ imprecisi.
Era
costituita da una tavola
poggiata su basse colonnine che dovevano rimandare alla forma di mani,
anche se
sembravano solo dei blocchi amorfi; il piano era completamente sgombro.
Yusuke
e Hydra si fissarono con
uno sguardo interrogativo, senza sapere bene cosa fare esattamente.
Jussa
lo avrebbe sicuramente
saputo, ma se ne era andato e loro non avevano la più
pallida idea di cosa
fare.
Il
silenzio regnava sovrano,
tanto da far fischiare le orecchie.
-Non
so, forse dovremmo
presentarci…- disse timidamente Hydra.
Yusuke
la guardò di sbieco, e lei
si schermì dicendo che non sapeva proprio che fare e che la
sua era solo un
idea.
-O
preferisci rimanere qui fin
quando le nostre subdole membra non cascheranno in terra?- chiese, con
le mani
sui fianchi, Hydra.
Allora,
la ragazza, rivolta verso
l’altare, si schiarì la voce.
-Siamo
Hydra e Yusuke…- ma non
riuscì a finire la frase che una scossa di terremoto scosse
la struttura
facendoli cadere per terra.
Dal
centro del pavimento si aprì
un foro, che sputava fuori di sé un ammasso enorme di terra,
pietre, polvere e
calcare.
Tutta
la materia vomitata fuori
dal buco, poi, prese a vorticare, prima lentamente e sfiorando il
suolo, poi
sempre più velocemente e in alto.
La
velocità di quel vortice di
terra alzò un forte vento, e i due si coprirono gli occhi
per evitare di far
entrare dei detriti.
Poi,
ad un certo punto, tutto
sembrava ripiegarsi su sé stesso e verso il centro, e ci fu
un’altra scossa,
anche se meno violenta ma più lunga.
Ad
un certo punto i pezzi di
terra e i sassi si schiacciavano così tanto fra loro tanto
da sembrare che dovessero
implodere da un momento all’altro.
Tutto
assunse la forma di un
bozzolo, o per meglio dire, di una figura piegata su sé
stessa e che,
lentamente, si ergeva. Sembrava deforme e disarmonico, ma lentamente
prese
proporzioni armoniche e una colorazione molto strana. Tutto aveva il
colore
della terra, a diverse gradazioni in base alla collocazione: davanti
avevano
una donna di straordinaria bellezza, formosa e dai capelli lunghi fatti
di…radici?
I
due guardavano increduli e
impauriti quello spettacolo della natura, che gli lanciò
prima uno sguardo
indifferente, poi un mezzo sorriso.
-Sono
Tellus, la Madre in cui
tutto nasce e muore, portatrice del seme della vita, custode dei corpi
dei
morti. Sono la dea della terra- si presentò la donna.
La
voce era alta, squillante,
possente: trasmetteva calma, incuteva rispetto.
Erano
pur sempre al cospetto
della Grande Madre, no? Allora i due le si inginocchiarono dinnanzi, in
segno
di rispetto.
-Ebbene?-
continuò la dea.
-Cerchiamo
la sua benevolenza,
signora!- disse Yusuke.
-Per
farci cosa?-
-Per
sconfiggere Kaos…- disse
timidamente Hydra.
La
donna disse loro di alzarsi, e
li guardò dritti in faccia, con i suoi occhi di topazio.
-Davvero?-
I
due non sapevano cosa fare, la
donna si era fatta se possibile più alta e severa,
guardandoli in tutta la sua
fierezza giocando, distrattamente con una ciocca di capelli (o radici,
ancora
non si poteva sapere).
-Allora?-
chiese ancora, con più
fermezza e l’autorità tutta degli dèi.
-Vogliamo
sconfiggere Kaos, per
riportare non dico la pace, ma un po’ di
tranquillità su questa…su questo
mondo!- dichiarò Yusuke. Stava per dire “su questa
terra” ma all’ultimo gli era
sembrato offensivo davanti alla dea stessa della terra.
-Si,
lo so, sono pur sempre una
divinità! Sono io, che con il terremoto ho distratto i
Militi per permettere a
Eosforo di salvarvi! Ma cosa vi spinge a fare ciò?-
-Non
è bello vedere sangue
innocente versato inutilmente…- disse Hydra, che pensava
ancora a Jussa e alle
vittime dell’orfanotrofio, con le lacrime agli occhi.
-State
certi, vi darò il mio
potere. Ma voglio darvi un avvertimento. Non tutti saranno
accondiscendenti
come me. Sarete messi alla prova, e molto duramente. Seppiatelo fin da
ora!
Questo è solo l’inizio, le sofferenze vi
aspetteranno dietro l’angolo, in
agguato, vi attendono, vi ghermiranno. Vi dono il potere della forza
della
Terra, che vi sia d’aiuto in questo viaggio. Avete la mia
benedizione e il mio
potere- e detto ciò, la dea poggiò ogni mano
sulla testa dei due, per poi
dissolversi in un mare di polvere e argilla.
I
due, quindi, alzandosi, si
ripulirono dai detriti e si videro prima intorno, poi fra di loro,
increduli di
quanto fosse accaduto.
Si
sentivano esattamente come la
terra: pieni di vita eppure prossimi alla morte, vecchi, saldi, fermi
eppure
giovani, in costante movimento. Erano i fiori di tutto il suolo, le
pietre del
sottosuolo, la vita che stava per germogliare e un fiore che stava per
morire.
Erano
le radici degli alberi che
scavavano per trovare l’acqua.
Erano
la saggezza propria di
quella terra che aveva visto passare sopra e sotto di sé
prima i giorni, poi i
mesi, gli anni e le epoche, le civiltà, le loro guerre e le
loro relative paci,
erano il sangue di chi aveva bagnato quel mondo e il sangue dal quale
era nato
quello attuale.
Poi,
improvvisamente, questo mare
di sensazioni antitetiche eppure complementari fra loro,
così come giunsero,
sparirono.
Poi,
qualcosa parve smuovere
l’aria, poi la stanza e le fondamenta stesse della terra: un
altro sisma.
La
volta stava iniziando a cedere,
poiché pezzi di terra e pietra sempre più grossi
presero a cadere; i due si
rifugiarono in un angolo della stanza ma le vibrazioni si fecero via
via sempre
più violente, fragorose e fatali.
Un
sasso, o per meglio dire, un
macigno, cadendo sfiorò Yusuke, facendolo spaventare a morte.
I
due presi dal panico non
sapevano cosa fare: i respiri si fecero sempre più aritmici
e rapidi, le mani
iniziarono a cacciare sudore velocemente diventando pericolosamente
lisce e
scivolose.
L’aria
iniziava a farsi irrespirabile,
piena di polvere, spore e terra, tanto da far venire dei conati di
vomito.
Per
un attimo tutto si fermò, per
poi riprendere con un unico violentissimo sussulto quella danza mortale.
Il
terrore tornò di nuovo alle
stelle.
-Siamo
sfottuti, moriremo!- urlò
Yusuke, ancora più terrorizzato dall’idea di
morire seppellito vivo dalle
macerie.
Chissà
com’è morire seppelliti
vivi, mentre respiri, mentre la terra, per prima cosa, ti blocca, e poi
ti si
infila nella narici, in bocca, negli occhi, nelle orecchie. Certo,
sarebbe
tutto attutito, e rallentato. Si sa, la mancanza di ossigeno ritarda i
sensi.
Forse non sarebbe poi così male morire da stordito, ma
è l’idea stessa della
morte che ti fa fuggire da essa.
Il
panico era tale da
costringerlo a gettare fuori un fiotto di fiele per il disgusto.
Hydra,
disperata, poi prese ad
urlare.
-BASTA!
BASTA!-
Improvvisamente,
come qualche
istante prima tutto si bloccò, ma questa volta
definitivamente.
Appena
tutto sembrò terminato, i
due, correndo quanto le gambe tremanti li permettessero, corsero fuori,
e
giunti all’aria aperta, caddero rovinosamente in terra,
respirando a boccate
profonde l’aria pulita.
Tramortiti
e spaventati, con le
mani, Yusuke e Hydra si cercavano, e toccatisi, prima si strinsero le
prese
delle mani, poi si abbracciarono forte, pieni di polvere, pietre e
terra,
sudati, tremanti, spaventati a morte, ma comunque miracolosamente vivi
e
illesi.
I
respiri, molto lentamente, si
fecero sempre più regolari, e le carni presero a smettere di
tremare.
Ma
l’immagine di quella montagna
(perché di quello si trattava) che gli crollava addosso era
davvero traumatica.
Erano
davvero vicini alla morte.
Potevano dire di averla quasi intravista, o per meglio dire, avvertita
fra le
vibrazioni e le esalazioni della terra.
I
due poi, dopo quelle che
potevano essere ore, o forse giorni, anni, o ancor di più,
vite, si alzarono
per lasciarsi cadere all’ombra di un salice, incuranti del
fatto che dovevano
nascondersi.
Lì,
esausti si lasciarono cullare
dalle note del silenzio e iniziarono a ballare su ipnotiche danze
sonnolente,
finché, chiusi gli occhi, non persero coscienza di
sé.
La
luna, alta nel cielo, se ne
fregò altamente delle loro grane, e le stelle non facevano
altro che
compiacersi della loro grandezza, della loro luminosità, o
forse si
interessavano di loro, ma lo nascondevano così bene da
sembrare davvero
disinteressate a loro.
Le
stelle continuarono a
brillare, e la luna a splendere per tutta la notte.
Angolo
dell’autore:
Ciao
a tutti! Mi scuso per
l’orrendo ritardo con cui ho aggiornato, ma il 5°
superiore si prospetta
piuttosto impegnativo e corposo, quindi pubblico appena riesco a tirare
un
respiro di sollievo (ed è appena passata una sola settimana
dal primo giorno di
scuola O.o).
Bene,
detto questo, Yusuke e Hydra
hanno incontrato Tellus (per maggiori informazioni sulla
divinità, vi consiglio
di vedere su Wikipedia, se può interessarvi) e ne hanno
preso il potere.
Kaos
può iniziare a tremare,
adesso, anche se la strada, purtroppo per Yusuke e Hydra, e meglio per
Kaos, è
ancora lunga!
Tranquilli,
ce ne saranno delle
belle, abbiate solo un po’ di pazienza!
Per
il momento…
…alla
prossima!
P.S.
Colgo per ringraziare chi
segue con assiduità questa storia: grazie, siete mitici!
|
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Capitolo 19 *** Epanàstasi astèri ***
Capitolo 16: Epanàstasi astèri
Disordine,
mancanza di armonia:
questo vedeva il re attorno a sé.
Kaos
era ogni momento, ogni
singolo istante che passava di quello che stava per fare.
Aveva
sei o sette anni quando
capì tutto, anche perché lui era la conferma di
tutto ciò.
Era
fermamente deciso di mettere
fine a tutto questo, e il più presto possibile.
Da
quando ebbe questa
folgorazione studiò sodo, nella biblioteca del palazzo, la
storia del suo
regno, del suo mondo e della sua terra.
Kayka
e tutto il Continente,
all’alba dei giorni, prima ancora che tutta questa maledetta
storia avesse
inizio, era popolata dagli Asura, un’antichissima popolazione
dalle leggendarie
origini divine.
C’era,
però, una sola grande
differenza fra gli Asura e gli dèi: non erano immortali.
Gli
Asura accettarono questa
clausola; sotto il loro dominio il Continente andò incontro
ad un lungo e
prospero periodo di pace, noto alla storia come l’Epoca della
luce. Tutto
raggiunse un livello tecnologico impensabile, e gli Asura, nel
frattempo,
scoprirono di poter leggere i pensieri degli altri, dopo un particolare
tipo di
allenamento.
Già
con questa scoperta l’ordine
costituito iniziò a vacillare, ma gli Asura andarono avanti
nelle loro
ricerche, diventando i più abili scienziati, astronomi,
filosofi del mondo
conosciuto.
La
popolazione, allora iniziò ad
intraprendere i primi viaggi, e così gli Asura vennero a
sapere che il loro
regno a sud confinava con un grande deserto, a Est era delimitato dal
mare,
mentre a nord e ovest un’unica ininterrotta catena montuosa:
l’Alcanova.
Ovviamente
loro, come poi
scoprirono, non erano gli unici abitanti del Continente.
Erano
circondati dagli uomini,
una razza selvaggia, primitiva e violenta.
Gli
Asura li tennero sott’occhio,
mentre anche loro, in maniera sorprendentemente rapida, iniziarono ad
evolversi
e raggiungere gradi di conoscenza sempre più alti.
Gli
Asura avevano paura degli
uomini per il semplice fatto che questi, in numero, erano nettamente
superiori,
e su questa cosa contavano molto. Ragion per cui la razza umana divenne
pericolosamente bellicosa, e sempre più bramosa di potere.
I
diversi clan degli uomini si
combatterono fra loro per poi unificarsi sotto un unico regnante.
L’Era
degli Umani aveva inizio
con il principato di Greger; gli Asura, percependo la minaccia avevano
eletto
come loro sovrano Ashraf.
Il
sovrano degli Sura, come prima
cosa, si preoccupò dell’istituzione di un esercito
permanente, in grado di
poter resistere al meglio agli attacchi del uomini o di qualsiasi altra
razza.
Ecco
quindi che fra le fila degli
Asura aumentarono i maghi, i fanti e gli artificieri.
La
guerra era veramente vicina,
forse troppa, e come sua portavoce, la precedette la crisi. I mercati
divennero
sempre meno frequentati, gli scambi divennero sempre più
radi e le strade
vennero abbandonate a sé stesse, battute dai viandanti solo
in casi di estrema
urgenza.
La
battaglia decisiva si combatté
nella valle dove sorge, attualmente, la capitale Kayka.
Lo
stridio delle spade che
cozzavano fra loro, le urla dei cavalieri, le urla di dolore e i flutti
di
sangue facevano così tanto rumore da sentirsi ovunque.
Inizialmente
gli umani ebbero la
peggio, anche se in numero rimanevano in schiacciante
superiorità. Sfinite, le
due schiere si ritirarono nei loro accampamenti.
Fu
allora, che con un atto di
grande superbia, gli Asura furono condannati all’estinzione
della loro razza.
Alcuni
di loro si misero ad
urlare contro gli uomini che li avrebbero uccisi, le loro donne
sarebbero
diventate le loro schiave, serve e giochi erotici, i bambini schiavi e
gli
uomini sarebbero passati tutti a fil di spada.
-NOI
SIAMO FIGLI DEGLI DEI! SIAMO
COME GLI DEI E PER QUESTO SARETE VOI A MORIRE, PORCI!- urlarono.
Gli
dèi, udite queste parole si
offesero molto, poiché quello che dicevano gli Asura non era
vero.
Erano
figli degli dèi, vero, ma
non erano come loro. Fu l’atto di presunta
superiorità che sancì la morte delle
schiere di Ashraf.
Gli
dèi li privarono del loro
beneficio, e li gettarono nella confusione più totale,
preludio di un’eterna
condanna di oblio.
Il
giorno dopo gli uomini ebbero
la meglio, e Ashraf, in qualità di sconfitto dovette
presentarsi per trattare
le condizioni di pace.
Greger,
offeso per gli impropri
urlati dai nemici, non concesse loro nessun tipo di amnistia e grazia.
-Avrete
lo stesso trattamento che
voi volevate riservare a noi. Le vostre donne saranno le nostre
puttane, i
bambini saranno risparmiati, perché innocenti, ma saranno
resi comunque
schiavi, mentre gli uomini moriranno tutti. Vi concedo una cosa: potete
decidere
voi come morire. Decapitazione, impiccagione, lapidazione, annegamento,
rogo,
soffocamento o avvelenamento. Come vedete c’è un
ampia scelta: c’è solo
l’imbarazzo della scelta.-
Il
re Ashraf, allora, amareggiato
e umiliato, chinò la testa e fu costretto ad accettare le
condizioni poste.
Lì
dove si era combattuta la
battaglia finale, Greger fondò il suo regno, e lì
decise di far sorgere la
capitale, Kayka.
Le
donne, una volta sbattute alla
condizione di serve subirono la serie di stupri promessi dagli uomini.
Il
risultato, però, fu
stupefacente. Quello che ne uscì fuori fu una razza ibrida:
uomini con poteri
magici; esseri mortali molto più vicini agli dèi
di quanto si potesse pensare.
Il fenomeno si ripeteva con regolarità, anche se non tutti i
nuovi nascituri
vennero alla luce con particolari doti.
Gli
uomini, allora, per paura che
i nuovi nati potessero insorgere in nome delle loro antiche origine,
diedero
l’obbligo alle madri partorienti di queste creature di
portarle in particolari
istituti, nei quali sarebbero stati educati alla magia ma in maniera
del tutto
ignara della loro provenienza.
In
questo modo gli uomini si
mettevano al sicuro salutando un ipotetico nuovo ostacolo.
Quando
Kaos venne a sapere tutte
queste cose, non poté fare a meno di alimentare il disgusto
e l’odio già
profondi verso gli uomini.
Prima
di loro tutto era quiete e
pace. Con la loro venuta avevano infranto l’equilibrio del
mondo, condannato il
Continente al disordine: loro erano la causa dell’odio, della
morte, della
malattia e del degrado del regno.
Per
lui ogni creatura era
condannata a questa bassa condizione, e per questo andava punita.
Anche
se c’era un’altra soluzione
che potesse redimere il mondo.
Si
immerse negli studi di magia,
e venne a conoscenza di un’antica formula estremamente
potente: la Congiunzione
Astrale.
L’allineamento
degli astri
avrebbe portato ad una condizione di assoluta concentrazione di potere
magico.
E la formula del rito portava alla distruzione di tutte le forme di
vita del
mondo conosciuto.
Tutti,
chi più chi meno, odiano,
per cui sono malvagi e vanno eliminati.
Kaos
fu immediatamente catturato
da questa idea, inoltre non trovava altre soluzioni: solo con la morte
del
vecchio il nuovo poteva sorgere. Solo dalla distruzione di qualcosa di
insano
poteva nascere qualcosa di autenticamente buono.
Il
mondo, Kayka, il Continente
meritavano una seconda possibilità, e quella era
l’unica che avevano e che
dovevano sfruttare.
Kaos
allora si mosse sempre di
più verso quello psicotico desiderio di morte, e la sua
politica non faceva
altro che mirare a questo.
D’altronde
Kaos era di questo
avviso: “Solo perché una cosa è buona
non è detto che rimanga sempre tale, nel
corso del tempo. Tutto deteriora, tutto, prima o poi,
annichilisce”.
Per
Kaos tutto andava incontro ad
un lento ed incalzante deterioramento, anche la cosa più
pura. Tutto prima o
poi avrebbe fatto conoscenza con l’odio, il male,
l’invidia. Sembra strano: può
essere davvero l’odio il motore di tutto?
Sì,
a quanto apre la motrice di
tutto stava proprio nel peccato, in ciò che è
malsano. Solo l’invidia incalza
la gente e muoversi, solo l’odio sprona la gente a parlare.
Amore, felicità,
per quanto utili e rassicuranti sono sentimenti volatili.
Il
Magnifico aveva deciso:
avrebbe cambiato, stravolto tutto. Avrebbe distrutto tutto, compreso
sé stesso,
tutto in nome di un ideale più alto, che non si riesce a
scorgere molto
facilmente, partorito solo da una mente apparentemente malata e fredda,
ma in
realtà calda e sconfitta, rassegnata ma allo stesso tempo
traboccante di voler
cambiare tutto. Forse la speranza non era definitivamente sparita.
E’
vero: siamo tutti vittime
dell’odio, e in alcuni casi ne siamo anche gli artefici, ma
perché non
cambiare?
Tentare
non ha mai ammazzato
nessuno, e almeno si ha la certezza di non restare con il subbio del
“E se
avessi provato? E se…”
Non
si può vivere sui “se”, e
Kaos avrebbe agito.
Aprì
il libro per andare a
rileggere la formula ormai imparata a memoria.
Non
appena sfogliò le pagine una
nube di polvere si levò dalle pagine, rivelando una serie di
rune dall’aspetto
arcano.
Scorse febbrilmente le pagine,
fermandosi circa a metà del
volume, dove troneggiava la formula, scritta in oro e inchiostro nero:
“Epanàstasi astèri”.
Appena
sotto c’era un’immagine di
quello che pressappoco era il risultato: una serie di pianeti allineati
sullo
stesso asse, passati da una lunga freccia di luce e ombra: il tutto
culminava
con la presa in pieno del suo amato pianeta. Subito dopo un immagine
del
Continente, desolato, arido e privo di vita: magia nera allo stato puro.
La
vista di quelle immagini fece
sentire Kaos improvvisamente sereno e più determinato del
solito.
Subito
sotto era spiegato, nei
minimi dettagli, lo svolgimento della cerimonia della Congiunzione
Astrale.
La
formula andava ripetuta ogni
plenilunio, con gli strumenti adatti e le vesti necessarie, in
condizioni
climatiche ottimali (nemmeno una nuvola) e ogni volta andava pagato un
tributo
di sangue da parte di chi recitava la formula.
Non
era specificato il numero di
volte che la massima dovesse essere ripetuta, ma una nota specificava
che
quando la magia aveva efficacia si sentiva la forza degli astri, e che
l’artefice avrebbe capito quando la Congiunzione Astrale
sarebbe avvenuta.
Tutto
si basava, insomma, sulle
abilità del mago, o, in questo caso, del semi-demone.
Kaos
aveva la magia dalla sua,
effettivamente, e la cosa non lo turbava minimamente.
Subito
tornò nel suo studio, e
sedutosi dietro una immensa scrivania prese una pergamena,
dell’inchiostro, e
diversi strumenti di calcolo.
Dopo
quasi mezz’ora si tirò su
soddisfatto e con un sorriso lupesco dipinto, anzi, scolpito sulle
sottili
labbra: quella notte sarebbe stata di plenilunio!
“Bene,
cominciamo sin da subito
allora!”
Rise
di gusto, come un bambino e
si sentì più potente che mai: aveva o no fra le
mani le sorti del mondo?
La
notte arrivò velocemente, e il
Magnifico si diresse verso la Torre Nera.
Qui,
come da lui ordinato si
trovava un altarino di legno e avorio, sulla cui superficie
c’erano un pugnale,
una ciotola, una brocca d’acqua e un panno.
I
primi erano di oro e tempestati
di gemme preziose, la brocca sembrava di diamante e il panno di seta
finemente
lavorata e decorata.
Il
cielo era perfettamente pulito
e la luna faceva bella mostra di sé nel bel mezzo del
firmamento.
Il
re avanzò lentamente verso
l’altare.
Era
splendidamente vestito: una
tunica bianca copriva la sua figura. I diversi orli erano di porpore, e
sul
petto svettava un cerchio al cui interno c’era
l’immagine di una mano testa
verso l’alto e con la palma ben in vista.
Giunto
all’altare prese la brocca
e versò l’acqua nella ciotola, per poi impugnare
con la mano sinistra il
pugnale.
Tese
allora entrambe le mani
sulla ciotola; levò lo sguardo verso la luna e si
ferì la mano, finché non
uscirono abbastanza gocce di sangue da rendere scura l’acqua.
La
voce era arcana, e polifona.
Sembrava provenire da un’altra dimensione, dal mondo dei
morti:
-Epanàstasi
astèri!-
Angolo
dell’autore:
Salve
a tutti miei fidi lettori!
Bene,
la mia follia, come avrete
notato, tocca picchi sempre più alti!
Allora?
Che ve ne pare?
Fatemi
sapere!
Un
informazione: il termina
“Asura” l’ho utilizzato in maniera
impropria! Per maggiori informazione andate
su Wikipedia e lì troverete tutto!
Inoltre,
non giudicate male, o
almeno, fatelo con delicatezza, perché alcuni dei pensieri
del re, in fondo,
sono i miei.
Bene.
Non so più cosa dire.
Al
prossimo capitolo.
P.S.
Si ringraziano
Valerie_Laichettes
sTar__
_Elea_
Isa
is smiling
raukath
Fantasy_Mary 88
berry345
Emilie91
hinayuki
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Capitolo 20 *** Contatti, pensieri e parole ***
Capitolo 17: Contatti, pensieri e
parole
-Yusuke!
Yusuke, sveglia.
Dobbiamo andare…-
Il
ragazzo, in tutto risposta
lasciò che le parole di Hydra si perdessero
nell’aria e si rannicchiò ancora di
più su sé stesso, mormorando qualcosa di
assurdamente incomprensibile.
Era
indignata, da Yusuke non si
sarebbe mai aspettato una cosa del genere, mai!
Allora,
con un sorrisetto perfido
si inginocchiò a fianco al ragazzo, portò la sua
bocca vicino all’orecchio e
urlò con quanto fiato avesse in gola.
Il
ragazzo si destò di scattò,
urlando anche lui e sbiancando, diventando pallido come un cencio,
tanto da
poter tranquillamente passare per un cadavere.
Mandò
a quel paese la ragazza e
si tranquillizzò.
I
ricordi poi, l’avevano
assalito: gli odori, le parole, le vibrazioni, le tonalità
di marrone, una
donna di terra e capelli di radici, le sensazioni provate il giorno
precedente
l’avevano preso in petto, riportandolo bruscamente alla
realtà.
Tellus
era stata chiara, fin
troppo: “Non tutti saranno accondiscendenti come me. Sarete
messi alla prova, e
molto duramente. Seppiatelo fin da ora! Questo è solo
l’inizio, le sofferenze
vi aspetteranno dietro l’angolo, in agguato, vi attendono, vi
ghermiranno”.
Com’era
possibile che avrebbero
dovuto patire ancora?
Certo,
non si sarebbero mai
sognato che il viaggio fosse stato un’allegra scampagnata, ma
non avevano
patito già troppo? Non avevano rischiato la morte troppe
altre volte nel corso
di poco tempo? Ma che potevano farci! Il destino è crudele,
il mondo è crudele,
e in questo mondo cattivo o impari a sopravvivere, o sei semplicemente
fottuto, tagliato fuori, dimenticato e diciamolo, anche ucciso! Non ci
sono
altre alternative: imparare a sopravvivere e lottare per il proprio
spazio.
Consumarono
un po’ di frutta e
qualche dolce per colazione, si stiracchiarono, e poi si misero in
marcia,
verso la prossima meta.
Il
flauto aveva indicato loro di
dover scendere a valle e arrivare nei pressi di qualcosa di molto
simile ad un
lago o, in ogni caso una bella macchia d’acqua.
Si
mossero, con passo incerto e
sonnolento verso la direzione indicata.
Era
una bella giornata: anche se
c’era il sole non faceva caldo, di tanto in tanto una nuvola
compariva in
cielo, senza riuscire, però, a sfigurarne
l’aspetto.
Alcuni
stormi di uccelli
volteggiavano nell’aria e le gocce di rugiada cadevano dai
petali dei fiori e
dagli steli dell’erba.
Dopo
qualche ora di cammino, i
due arrivarono nei pressi di una piccola cascata che si precipitava
frettolosamente in un piccolo lago, dal quale veniva partorito un fiume
non
molto largo.
Il
sole creava giocosi effetti di
luce e colore con l’acqua e la spuma che si creava con
l’impatto.
L’acqua
era così pulita che si
poteva scorgere il greto del fiume; la vegetazione in alcuni punti
sembrava
curata, in altri cresceva felicemente incolta.
-Basta,
non ce la faccio più!-
proruppe all’improvviso Hydra.
Yusuke
la guardò di sbieco, come
se fosse ammattita nel giro di pochi secondi, alzando un sopracciglio.
-Voglio
farmi un bagno, cavolo!-
disse Hydra pestando un piede per terra e alzando il tono della voce di
tre
ottave.
-Ok,
vai, basta che ti calmi e
non ammazzi nessuno…-mormorò il canuto.
La
ragazza gli disse di girarsi
mentre si sarebbe spogliata, e per sicurezza doveva anche chiudersi gli
occhi.
-La
prudenza non è mai troppa-
convenne allo sbuffo di Yusuke.
Lui,
allora si girò, e anche se
non vedeva nulla di quello che gli stava accadendo alle spalle,
arrossì
violentemente, tanto da aver paura che anche i suoi capelli avevano
preso
stranamente colore.
Si
schiarì la voce, sentendo la
gola stranamente secca, e si passò la lingua sulle labbra.
Sentiva
il leggero fruscio dei
vestiti che cadevano lungo il corpo e le linee di Hydra, e il suo
respiro che,
disgraziatamente, stava prendendo sempre più
velocità.
Poi,
come se un’antica e potente
forza lo chiamasse e assoggettasse a sé, si
voltò, appena in tempo, per vedere
Hydra che si era immersa quasi completamente.
Fuori
dall’acqua rimaneva solo la
schiena: era liscia, lucida, sinuosa e tremendamente affascinante.
Per
Yusuke, al momento,
tutta la sua esistenza era concentrata su quella schiena, su quella
traccia di
pelle nuda. Aspettò che la ragazza continuasse ad avanzare
nello specchio
d’acqua, immergendosi, per poi voltarsi di nuovo.
No,
non gli andava di essere
scoperto e ricevere qualche altro urlo da parte della ragazza.
Non
aveva la minima intenzione di
rovinare quel momento.
La
sentì schiarirsi la voce, e
poi si sentì chiamato: si voltò, titubante, e
vide Hydra completamente sommersa
nell’acqua, e i fluidi capelli muoverle attorno come alghe.
Sentì
una nuova vampata di calore
e sangue rodergli la faccia, e non appena Hydra notò questa
cosa si mise a
ridere, nonostante anche lei stessa fosse arrossita.
C’era
imbarazzo, forse troppo, e
una tensione nell’aria tale da poterne sentire le scariche,
violente e potenti
come l’elettricità.
Alla
fine fu Hydra a muoversi, si
stese a pancia in giù verso la riva, l’acqua la
copriva completamente, e i
lunghi capelli ne celavano ancora di più
l’immagine.
-Vieni…-
gli disse, o così le parve,
siccome non sentì alcun suono uscirle dalle labbra.
Immediatamente
si pentì di quanto
aveva detto, che si calmò subito.
Evidentemente
era riuscita a
farsi sentire, perché Yusuke le stava andando incontro.
Incerto
lui si era avvicinato:
non era sicuro che Hydra l’avesse davvero chiamato,
però decise comunque di
muovere qualche passo verso la ragazza.
Quando
si era avvicinato
abbastanza le aveva abbozzato un sorriso, ed era rimasto comunque
lì in piedi,
imbambolato e un po’ confuso.
La
ragazza aveva fatto un cenno
di incoraggiamento, dopo di ché si era voltata e allontanata
di qualche passo.
Yusuke
allora si spogliò ed
entrò, tremante, in acqua.
Piano,
per non spaventarla, le si
avvicinò, e le cinse la vita con le mani.
Hydra
sussultò lievemente al
contatto, ma comunque non si allontanò, limitandosi a
stendere la testa
indietro e baciarlo.
Lei,
con le sue mani, si attaccò
al suo volto, mentre lui con una mano continuava a cingerla la vita,
mentre con
l’altra l’aveva presa dal fianco sinistro,
stringendola un po’ di più a sé.
Lei,
alla fine si girò, e si
strinse ancora di più a lui.
Alla
fine, con una serie di gesti
muti ma allo stesso tempo estremamente loquaci, si concessero
l’una all’altro.
Alla
fine, esausti ma sereni si
stesero sull’erba vicino al lago, godendosi il sole, come se
fosse la prima
volta che lo vedessero.
Alla
fine, lui si girò verso di
lei.
-Sai,
ora ne ho la certezza-
disse.
-Di
cosa?-
-Forse
il modo in cui sto per
dirtelo sarà banale, scontato, una frase passata sulla bocca
di molte persone,
che a volte l’hanno pronunciata con estrema leggerezza, a
volte con grande
profondità, chi con indifferenza e chi con ignoranza, chi
consapevole e chi
inconsciamente: ti amo!-
Lei
rimase in silenzio,
contemplare quelle parole e cercare di catturare dall’aria il
suono delle
ultime due, come fanno i musicisti per creare le più
perfette melodie degne di
questo nome.
Alla
fine lei mosse una mano
verso il viso di Yusuke, accarezzandolo con delicatezza; quando
cercò di
ritrarre la mano, Yusuke la fermò, e pose la sua mano su
quella di Hydra.
Chiuse
gli occhi, e annusò
profondamente l’odore della carnagione della ragazza,
sfiorandone ogni
millimetro, indugiando su ogni singola traccia della sua pelle,
baciandola e
toccandola come se fosse fragilissima, di cristallo.
“Forse
è così che ci si sente
quando non si è più davvero soli”
pensò il ragazzo.
Alla
fine, quando delicatamente
lasciò la presa, notò che Hydra si
portò quella stessa mano agli occhi, per
asciugare le lacrime.
Gocce
cristalline scendevano
lungo le guance della ragazza: non erano lacrime di tristezza e
sofferenza, ma
di gioia, di certezza.
-Non
siamo più soli, dopotutto…-
sussurrò lei, avvicinandosi all’orecchio lui e
adagiandosi al suo fianco.
-No,
non lo siamo più. Ma se ci
separiamo non solo torneremo ad esserlo, ma infondo saremmo vittime di
noi
stessi, non credi? Siamo parte di un’unica anima, la tua
scomparsa significa la
mia…-
-…e
la tua significa la mia
morte, il mio annichilre, la mia più grande sconfitta e
l’apice del rimorso-
disse Hydra, guardandolo intensamente negli occhi.
Le
sembrarono ancora più belli
del solito, forse perché finalmente era riuscita ad aprire
un portone fin’ora
invalicabile, saltare un baratro mostruoso, troppo profondo e ampio.
Se
prima si era accontentata di
sedersi sul boro e far ciondolare le gambe nel vuoto, ora si ritrovava
dall’altra parte, sana e salva, e finalmente completa.
Era
finalmente riuscita a trovare
il suo equilibrio, la sua mente e la sua anima, o quello che in ogni
caso le
mancava di questi.
-No,
non siamo più soli- disse
Yusuke.
-Non
più- aggiunse lei, un
sorriso sulle labbra.
Angolo
dell’autore:
Ciao
a tutti!
Lo
so, lo so, faccio schifo!
Perdonatemi
per l’orrendo ritardo
con cui aggiorno! Ma davvero, non riesco a trovare più molto
tempo libero come
prima! T_T
In
compenso, spero di essere
riuscito a farmi perdonare con questo breve capitolo, ma estremamente
intenso.
Avrete
notato che non mi sono
soffermato e dilungato sui particolari.
Perché?
Beh, la storia ha rating
arancione, ed ho intenzione di rispettarlo, e poi non avevo intenzione
di
scrivere scene, e di conseguenza una storia con rating rosso. Spero che
perdoniate anche questa mia scelta!
Inoltre,
fra i diversi generi di
questa storia ci stanno anche il romantico e l’introspettivo,
e penso che in
questo capitolo ci siano entrambi, forse più romanticismo
che introspezione, ma
questi sono solo piccoli dettagli XD
Approfitto
per farvi un annuncio.
Nell’improbabilità vi piacciano le mie storie, ne
ho iniziata un’altra. Si
intitola “Il canto del demone”. Anch’essa
è un fantasy, e mi piacerebbe sapere
cosa ne pensiate!
Nella
speranza che mi perdoniate
vi saluto e mi ritiro nel mio antro!
A
presto, e scusatemi ancora! ^^’
|
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Capitolo 21 *** La Foresta Madre ***
Capitolo 18: La Foresta Madre
Erano
passati già cinque giorni
da quando Yusuke e Hydra si erano rimessi in marcia.
Erano
trascorse cinque giornate
dal momento del lago.
IL
paesaggio era cambiato. Man
mano che lasciavano l’Alcanova, il paesaggio mutava,
diventava più generoso e
accogliente.
C’era
solo un piccolo, se così si
poteva considerare, inconveniente: la zona diventava sempre
più popolata e
frequentata da civili. Ovviamente aumentava, di conseguenza, il rischio
di
essere scoperti, come se non avessero rischiato la pelle già
troppe volte.
Avevano
bisogno di vesti per
camuffarsi, e non sapevano dove andare a prenderle.
Usare i loro poteri sarebbe
significato firmare il
contratto per la loro condanna a morte. Di conseguenza, non
c’era altra
soluzione che rubare.
Ma
chi? Come? L’ideale sarebbe
stato trovare una casa di contadini, che avrebbero lasciato la casa
vuota fino
alla fine del loro lavoro.
-L’idea
di derubare a dei
contadini non è che mi entusiasmi tantissimo-
confessò Yusuke, amareggiato.
-Abbiamo
altre alternative?-
rispose Hydra.
C’era
solo un problema da
risolvere? Farlo di notte o di giorno?
Di
giorno, con ottime
probabilità, le case dei contadini sarebbero state vuote, ma
la luce del sole
avrebbe potuto tradirli, rendendoli ben visibili.
La
notte offriva loro il morbido
e sicuro rifugio e travestimento del buio, ma avrebbero potuto
svegliare la
gente che dormiva.
Fra
le due scelte, la più
plausibile era agire di giorno, magari introducendosi in una casa
proprio
all’alba, quando la gente andava nei campi.
Arrivarono,
quindi, dopo un altro
giorno di marcia, nei pressi di un piccolo agglomerato di casupole di
mattoni.
La
gente camminava
tranquillamente per l’unica strada che passava nel villaggio,
senza sapere che
avrebbero subito un furto.
Per
evitare di farsi vedere, i
due si stesero sul bordo di un’altura, cercando di vedere in
quale abitazione
colpire.
Più
la casa era appartata, meglio
era.
La
più isolata aveva a fianco una
sola casa, e per di più lontana qualche decina di metri:
perfetta!
Quel
giorno si accamparono nelle
immediate vicinanze, per evitare di non perdere tempo allontanandosi
troppo, e
aspettarono l’alba del giorno dopo.
A
prendere le vesti sarebbe
andata Hydra, mentre Yusuke avrebbe fatto da palo.
***
La
notte lasciò il passo al
giorno, che penetrava l’oscurità con i suoi tenui
bagliori.
Le
stelle sembravano lentamente
spegnersi, mentre il sole faceva capolino dall’orizzonte.
Sembrava
una palla di fuoco
rigurgitata fuori dalla terra.
L’aria
era frizzante, e le nuvole
si stendevano come sottili veli.
Non
c’era un alito di vento, uno
stormo di uccelli in volo: il silenzio era sovrano.
I
due si svegliarono appena in
tempo per vedere il sole sorgere e dipingere di arancione e tinte
rossastre
tutto il panorama.
Dall’alto
della loro posizione
videro che gli abitanti del villaggio si diressero verso i campi.
C’era
un problema, però: non
c’erano i bambini assieme agli adulti. Ciò
significava che i marmocchi erano a
casa a dormire, tanto per complicare le cose.
-Starò
più attenta. In ogni caso
è meglio vedere prima nella stalla sul retro. Basta che
troviamo qualcosa per
camuffarci, no?!-
Yusuke
assentì, anche se era
particolarmente teso.
La
sua faccia solitamente
dall’espressione neutra era corrucciata, gli occhi stretti a
due fessure, una ruga
solcava la fronte e la bocca storta da una smorfia incerta.
Si
avvicinarono alla casa, e
Yusuke guardò Hydra che stava per avvicinarsi alla stalla
con aria ancora
incerta.
-Tranquillo!-
gli disse,
sfiorando la sua guancia con le labbra, e detto questo,
fluttuò via, veloce
come la luce, leggera come il vento, silenziosa come un felino.
Yusuke,
tanto per essere più
sicuri, evocò la nebbia disegnata tempo addietro, e questa,
lentamente, si
insinuò nella vallata, levandosi e coprendo tutto nel suo
morbido e grigio
manto.
Era
così fitta che sicuramente
loro erano nascosti, ma vedere altra gente sarebbe stato altrettanto
difficile.
“Pazienza!
Speriamo che l’udito
non mi abbandoni, allora…” pensò il
ragazzo.
***
Non appena Hydra entrò
nella stalla, l’odore penetrante di
fieno e sterco la colpì in pieno viso.
“Che
bel buongiorno…” pensò
ironica, portandosi una mano alla bocca e cercando di non farsi
assalire da
conati di vomito.
Scrutò
attentamente nel buio
della stanza, e vide le bestie dormire tranquillamente nei propri
recinti; in
un angolo c’era un mucchio di fieno e qualche attrezzo per
lavorare la terra.
Appesi
ad una serie di chiodi
c’erano dei sacchi marroni, ma avevano una forma troppo
strana.
Hydra,
allora, si avvicinò, e
notò che quelle erano delle vesti, adatte al loro scopo.
Evidentemente,
però, non fece
molta attenzione, perché aveva urtato un barilotto, che era
caduto
fragorosamente.
Sentì
dei rumori provenire dalla
stanza affianco e subito, senza esitare, si tuffò nel
mucchio di fieno,
coprendosi ed evitando di respirare profondamente, per evitare che il
mucchio
la tradisse.
“Se
il fieno si muove sono cazzi!
Non posso permettere che mi scoprano!” pensò
terrorizzata.
Successero
due cose
contemporaneamente: un gatto si avvicinò al barile caduto,
annusando con fare
circospetto, e un bambino era entrato nella stalla.
Non
appena vide il gatto gli
diede un calcio, e la bestia, spaventata e soffiando, si
rintanò in un
cantuccio.
-Brutto
imbecille…- disse il
bambino, stropicciandosi un occhio e con voce assonnata.
Poi,
stranamente, il bambino fece
un giro di ispezione nella stalla.
“Bene.
Sono fottuta! Ora mi
becca!”
Infatti
il bambino si avvicinò al
mucchio di paglia, e, con una mazza, la affondò, tastando.
Hydra
venne colpita alla spalla
e, anche se si impose di non urlare, il bambino capì che
c’era qualcuno.
-Esci
fuori!- intimò il bimbo.
Niente.
Hydra se ne stava
rintanata.
-ESCI
FUORI!- urlò allora e
affondando più forte.
La
ragazza allora uscì fuori
dalla paglia tossendo, e, anche se l’idea non gli piacque,
piombò sopra la
figura del bambino, il quale spaventato, urlò, ma Hydra ebbe
la prontezza di
tappargli la bocca.
Gli
accostò la bocca all’orecchio
e gli
sussurrò: -Non ho intenzione di
farti del male, tranquillo, ma se devo, ti farò soffrire!-
“Si!
Questo non se la beve mica,
ma dove voglio andare con queste bugie?”.
Il
bambino, invece, si ammutolì
all’istante, e smise anche di opporre resistenza.
-Bene.
Così mi piaci!- disse
Hydra, restando addosso al bambino, ma togliendogli la mano dalla bocca.
***
-ESCI
FUORI!- sentì urlare.
“Che
diamine ha fatto Hydra?” si
chiese Yusuke.
Esitò
qualche istante, indeciso
sul da farsi, per poi entrare nella stanza.
Hydra
era letteralmente
appollaiata su un bambino, che da terra, la guardava impaurito.
-Che
cosa è successo?- le chiese
allora Yusuke.
-Piccolo
contrattempo- rispose
lei.
Un
attimo di silenzio.
-Noi
non vogliamo farti del male,
ma se dirai qualcosa a qualcuno saranno guai seri per te, piccolino.
Capito?-
disse di nuovo Hydra al bimbo, aiutandolo ad alzarsi.
-Cosa
volete?- chiese allora la
creatura.
-Due
vesti abbastanza lunghe che
possano coprirci dalla testa ai piedi- rispose Yusuke.
-Prendetele!-
disse il bambino
indicando le vesti appese. -Non mi farete niente, vero?-
continuò allora, con
gli occhi lucidi.
Hydra
e Yusuke lo guardarono
compassionevoli.
Poverino,
quanta paura doveva
provare in quel momento.
Yusuke
gli si chinò davanti e gli
chiese come si chiamasse.
-Tialf…-
mormorò.
-Stai
tranquillo- gli rispose
Yusuke, con il tono più gentile che potesse e posando
delicatamente una mano
sul capo –non vogliamo farti assolutamente nulla! Ma il tuo
silenzio è di
vitale importanza, e se tutto andrà bene, un giorno potrai
dire di aver aiutato
due eroi!-
-Quindi
lei diceva una bugia?-
-Si-
rise Hydra –era solo per
farti stare zitto! Non vogliamo farti del male! Anzi, come segno di
gratitudine, tieni!-
La
ragazza sbirciò nella sacca e
gli diede qualche mela e un dolce.
-Grazie,
signori!- disse Tialf
–Non parlerò di questo con nessuno al mondo!-
-Bravo!-
disse Yusuke.
Si
rivolse poi alla ragazza:
-Andiamo?-
Hydra
assentì, passò davanti a
Tialf, gli scoccò un bacio e i due uscirono.
-Buona
fortuna!- urlò loro Tialf,
facendo capolino dalla porta e salutando con la manina.
***
Il
buio era assoluto, nel vero
significato del termine.
A
rischiarare l’aria non c’erano
nemmeno le stelle e la luna, sapientemente nascoste dietro una spessa
coltre di
nuvole.
Erano
in una foresta che sembrava
morta, anzi, per meglio dire, che stentava a vivere, ma comunque
rigogliosa e
fitta.
Un
gufo tubò in lontananza e ogni
secondo i due si guardavano in dietro, avendo l’impressione
di essere osservati
o, peggio, seguiti.
-Non
dovrebbe mancare molto…-
disse Hydra.
-Vediamo
la mappa cosa dice-
disse Yusuke.
Il
flauto, però, aveva cambiato
la propria direzione.
Non
segnava più il lago, che
doveva essere sicuramente nelle strette vicinanze, ma la foresta dove
si
trovavano, sulle prossimità del lago.
-Perché
ha cambiato direzione?-
sbottò Hydra.
-Ma
dove diamine siamo finiti!-
esclamò disperato Yusuke.
Aveva
l’affanno ed era preda del
panico; Hydra non era da meno.
Una
voce, poi, rispose alla
domanda di Yusuke.
-Benvenuti
nella Foresta Madre,
ragazzi!- e risuonò una risata melliflua, da far rizzare i
capelli e ghiacciare
il sudore della pelle.
-C-chi
sei?- chiesero tentennanti
i due.
-Vi
serve aiuto?-
La
voce proveniva dal folto. Era
bassa e penetrante, dolce, vellutata e suadente.
Solo
a sentirla i due vennero
sopraffati da brevi flash di immagini intrise di lussuria, sangue e
vendetta.
Sembrava
provenire dalle
profondità del sottosuolo.
Non
appena i due si voltarono
verso la fonte del suono, un odore di zolfo misto a sangue li prese
dalla gola.
Era forte, asfissiante. Dopo pochi istanti, però, quella
fragranza nauseabonda
sparì, lasciando l’aria pulita e fresca.
-Vi
serve aiuto?- ripeté la voce.
Questa
volta, dall’oscurità un
paio di occhi li stava fissando.
Erano
di un azzurro glaciale e
compatto, così chiaro da sembrare quasi bianco.
Le
pupille avevano una forma
allungata, come quelle dei serpenti.
Gli
fissava in maniera violenta,
senza indugio e vergogna.
-Chi
sei?- chiesero in coro.
L’aria
era ferma, immobile, muta.
E
dopo qualche istante la voce
riprese a parlare.
-Vi
serve aiuto?- disse loro per
l’ennesima volta, ridendo.
Angolo
dell’autore:
Buonasera
a voi, cari!
Prima
di tutto, un avviso da fare
per dovere di cronaca, anche se la cosa non ve ne importi
più di tanto.
Ha
cambiato nickname, da Ndrew7
sono passato a Meiou Hades.
Bene,
dopo questa piccola
parentesi, avrete sicuramente notato che questo capitolo finisce con il
prologo
n.3.
Chi
ha avvicinato quindi i nostri
due eroi? E’ la stessa domanda che vi ho posto tempo
addietro, ma vedo che non
sono stati in molti a risolverla XD
Ve
lo dico da ora, per evitare
che mi malediciate in malo modo: il prossimo capitolo sarà
un altro prologo,
forse l’ultimo, non lo so, e in quello di dopo si
rivelerà l’identità della
voce, anche se, dai risvolti della storia, si potrebbe capire!
A
_Elea_ e sTar__:
vedo che il mio animo romantico ha colpito in pieno la vostra
approvazione, e
la cosa non può fare altro che lusingarmi ^^
Grazie
mille!
A
Valerie_Laichettes:
grazie mille ancora di non aver abbandonato la storia, di seguirla
nonostante
io sia andato avanti nella tua assenza! Il tuo parere mi è
caro! Grazie mille!
Alla
prossima, guys!
|
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Capitolo 22 *** Prologo n.4 ***
Prologo n.4
La
polvere girava vorticosamente.
Le
macerie si facevano sempre più
ingombranti.
Urla
di dolore, di furia e
sofferenza.
Sudore
e saliva, acqua e sangue.
Tutto
era rosso, ovunque:
fradicio di linfa vitale, palese preludio di morte.
La
si sentiva aleggiare nelle
stanze come un’oscura presenza, maligna, perversa; una
bambina che si diverte a
torturare le sue bambole, martoriandole senza pudore e
dignità.
La
musica aumentava il suo
volume, facendo rombare e vibrare tutto; Yusuke urlava come una bestia
ferita,
come una madre a cui sono stati tolti via i suoi bambini.
Un
urlo di disperazione, forza e
speranza.
Dalla
bocca grondò fuori un fiume
di sangue scarlatto: un mare di rubini e petali di una rosa dannata.
Gli
occhi erano iniettati di
sangue, le vene pulsavano, il corpo vibrava e la morte aleggiava.
-MUORI!-
Angolo
dell’autore:
Ma
ciao a tutti voi, miei
adorati!
Ecco
a voi, come promesso,
l’altro prologo.
Questo
sarà l’ultimo, salvo
improvvise decisioni che stravolgano il senso della storia, e si
intuisce a
quale evento si riferisca!
Nel
prossimo capitolo riprende il
cammino dei nostri eroi.
A
Elea Vi Britannia: se la
voce che si prende gioco di Yusuke Hydra ti sta simpatica, aspetta di
capire
chi sia! Penso che l’idea possa piacerti!
A
sTar__: grazie per la
tua recensione, ma abbi pazienza: l’identità della
voce sarà presto svelata!
A
Valerie Laichettes e Dust_and_Diesel:
vi ringrazio infinitamente di cuore per le vostre recensioni, e non
abbiate
fretta! Prendete tutto il tempo che vi serve! ;)
Pubblicizzo
altre due mie storie:
Il
canto del
demone (Originale – Fantasy)
Il
canto della
Sirena (Saint Seiya)
Alla
prossima, guys! ;)
|
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Capitolo 23 *** I trucchi della Morte ***
Capitolo 19: I trucchi della
Morte
All’ennesima
domanda, non ci fu
l’ennesima risposta.
Yusuke
e Hydra se ne stavano lì,
paralizzati, mentre quel paio di occhi glaciali li fissava ancora.
Sembravano
ridere, ma non in
maniera bonaria.
Sembrava
una risata perversa,
canzonatoria.
Che
li stesse davvero prendendo
in giro?
Istintivamente,
i due presero a
indietreggiare e, mentre camminavano, lo sguardo sembrava seguirli.
Dal
folto emerse una figura, con
una mano tesa.
I
due, spaventati, si bloccarono,
e rimasero lì, immobili, a fissare l’immagine con
sbigottimento.
La
creatura che ne uscì era di
una bellezza mai vista prima a memoria d’uomo.
Era
vestito con una tunica nera,
fittamente ricamata sugli orli da motivi geometrici con quello che
sembrava
oro.
All’altezza
delle spalle,
attaccata con una catenina d’oro, si srotolava una lunga
mantella d’orata,
fregiata on intarsi neri.
Nonostante
le vesti, era palese
che il fisico fosse flessuoso.
Ai
due sembrava così slanciato da
sembrare quasi etereo: puro spirito.
Il
volto dell’uomo era chiaro, ma
non cereo. Nascondeva tinte olivastre sbiadite, ma comunque evidenti. I
capelli
erano piuttosto bizzarri: a ciocche nere se ne alternavano altre
dorate, che
sembravano brillare di luce propria. Visti incastonati nella perfezione
di quel
volto, gli occhi dell’uomo erano ancora più
terrificanti, seducenti e
ammaliatori.
-Vi
serve aiuto?- flautò ancora
l’uomo, porgendo loro, ancora, la mano.
-Non
serve resistere. Perché
avete paura?- chiese, e ridacchiò di gusto.
Quando
rise, la voce divenne
inavvertitamente polifona: tonalità acute si mescolavano a
suoni bassi. La
forza del cielo si mescolava con quella della terra, in un suono di
fatale e
agghiacciante bellezza.
Quell’uomo
era l’ambiguità
personificata.
-ADESSO
BASTA! CHI DIAMINE SEI?-
urlò Hydra, con gli occhi umidi.
Senza
smettere di sorridere,
l’uomo abbassò la mano, e rivolse loro un leggero
ed elegante inchino.
Non
appena tornò in posizione
eretta accaddero due cose: un paio di enormi ali piumate
sbucò da dietro la
schiena: erano enormi, più di quelle delle aquile o degli
angeli che si vedono
sulle vetrate delle chiese e delle cattedrali. Queste, però,
erano bianche, di
un candore accecante, che, nonostante tutto, non stonava con
l’oro e il nero
delle vesti e dei capelli.
Tese
allora le mani dinnanzi a
sé, con i palmi rivolti al cielo.
Dalla
pelle uscì una cerea
cortina di fumo, che vorticava velocemente attorno alle mani
dell’uomo.
La
polvere, allora, si condensò
nelle mani dello sconosciuto.
Quelle
nebbie avevano creato una lunghissima
ed inquietante falce.
Esattamente
come le ali,
anch’essa era bianca, lucente e minacciosa. Il manico
sembrava rozzamente
intagliato, ma serbava una inesplicabile eleganza. La lama, poi,
sembrava
essere, oltre che affilatissima, fatta interamente di diamanti, perle e
avorio.
L’uomo
sbatté il manico
dell’oggetto in terra e, fiero e ancora sorridente, si
presentò.
-Chi
io sia, mi chiedete. Eppure
dovreste averlo capito. Sono l’onnipresente, colui che
accoglie le anime
definitivamente disperse, colui dal cui abbraccio non si può
sfuggire. Sono il
pericolo dal quale tutti cercate invano di fuggire. Io, ragazzi miei,
sono
l’omega, nonché fratello della già da
voi conosciuta Tellus. Il mio nome è
Thanatos- disse, fiero del suo rango.
-Il
dio della morte…- pronunciò
Yusuke in un soffio appena percettibile.
-Ma
che bravo che sei, Yusuke!-
rispose il dio.
Ad
entrambi gelò il sangue.
-Come
fai a…- iniziò la ragazza.
-Come
faccio a sapere i vostri
nomi, Hydra? Sono pur sempre un dio, ricordatelo, stolta! E sono,
forse, più
avvantaggiato rispetto agli altri. Io vi conosco dalle notte dei tempi,
so
tutto di voi, cosa avete fatto, da dove venite, dove andrete, cosa
farete.
Tutti, nessuno escluso, tendete verso di me. E’ una legge
alla quale non c’è
scampo. Ricordalo. Finché c’è vita,
c’è anche la morte. In più, tanto per
avere
una certezza in più, ho con me un particolare quaderno, se
così lo si può
chiamare, ovviamente!- disse Thanatos.
-Il
Libro dei Morti…- disse
allora Yusuke.
-Certo,
ragazzo! Hai appena vinto
dieci punti!- esclamò il dio, gesticolando con un ossesso e
brandendo quella
falce con noncuranza.
Hydra,
terrorizzata, cadde in
terra, e Yusuke le si parò davanti, proteggendola.
-Perché
volete difendervi? Vi
ricordo che io posso tutto!- li ammonì –E poi,
prima o poi sareste dovuti
venire da me. Eosforo vi ha esplicitamente detto che servo anche io in
questo
assurdo teatrino!-
Improvvisamente
le parole del dio
riecheggiarono nella mente del ragazzo.
“Veloci,
andate alla ricerca
della Luce, della Notte, del Fuoco, dell’Acqua, della Terra,
dell’Aria, della
Morte e del Tenpo”.
Andate
alla ricerca della Morte.
Thanatos:
la fine.
-Cosa
vuoi da noi?- chiese allora
Yusuke.
-Cosa
voglio io da voi? Questa sì
che è bella! Piuttosto, cosa volete voi da me!
Perché vi affannate tanto per
avere il mio potere, il mio consenso?- domandò brusco il dio.
-Perché…-
cercò di dire Yusuke,
ma la voce gli morì in gola.
-Perché?-
ripeté il dio,
sorridendo beffardo.
-Kaos
vuole ucciderci. Ha in
mente diabolici piani, ma non sappiamo di che tipo. Vogliamo fermarlo!-
-Davvero?-
chiese, scettico, il
dio.
Hydra
aveva ritrovato le forze
per rialzarsi e, perplessa chiese: -In che senso?-
-Davvero
volete fermarlo?-
-Certo
che lo vogliamo!- esclamò
Hydra.
-Non
ci credo!- disse Thanatos
–Voi non volete fermarlo, ma dovete farlo: vi sentite
obbligati! Voi avete
paura di questa missione, e state cercando di nasconderlo a voi stessi.
Diciamocela francamente: questo è un peso troppo grande per
voi. Non vi sta a
cuore l’idea di dovervi sacrificare per gente che nemmeno
conoscente. Non vi
sta a genio il fatto che il vostro destino sia legato ad una profezia.
E il
perché di questo oracolo vi è, fra
l’altro, anche sconosciuto!- rise Thanatos.
-Cosa
vuole fare, allora?-
chiesero entrambi i ragazzi.
-Una
cosa molto semplice nella
sua grandezza: annichilire tutto, annientare tutte le forme di vita!-
I
due rimasero senza parole, col
fiato mozzo: il re non solo era paranoico: era completamente pazzo!
Perché
questo desiderio di nulla? Perché si meritavano tutto
questo? Cosa aveva fatto
di male l’intero genere umano per meritarsi una punizione del
genere?
-Tanto,
miei, cari, prima o poi
morirete: o per natura, o per mano di Kaos o del suo piano, prima o poi
dovremo
incontrarci di nuovo!-
-Dove
vuoi arrivare?- chiese
Yusuke.
-Prima
o poi questa storia
assurda finirà! Cosa importa se per mano vostra o di altri?
Accettate la mia
offerta: abbandonate questo mondo per evitare i vostri pesi. Lasciate
queste
beghe a qualcun altro, è la cosa migliore?-
Senza
pensarci due volte, i
ragazzi negarono, inorriditi al pensiero di dovere abbandonare le
proprie
conoscenze, gli affetti, i loro sentimenti.
Thanatos,
per la prima volta
senza sorridere, si avvicinò ai ragazzi, che si strinsero
fra loro, colti dal
panico.
-Perché?-
mormorò loro, soffiando
gelida aria dalla bocca.
-Cosa
vi spaventa? E’ la natura
che lo vuole! Cosa c’è di meglio che abbandonarsi
ad un mondo tranquillo,
silenzioso e ovattato lasciando le proprie faccende agli altri? Posso
aiutarvi
io. Posso sostituirvi io!- li sedusse il dio, inchiodandoli ancora col
suo
glaciale sguardo.
L’idea
aveva un certo fascino.
Perché ignorare una richiesta tanto allettante? Che fossero
gli altri a
occuparsi del problema! Avevano la possibilità di
fregarsene, una prospettiva
decisamente ghiotta e invitante.
Sarebbe
stato bello vedere gli
altri sgobbare per evitare di essere distrutti dalla follia di un
megalomane.
Meglio abbandonarsi ora, nelle braccia sicure di Thanatos, e rifugiarsi
al
sicuro, che andare incontro ad altro dolore e tanta fatica…
…un
attimo dopo, Hydra esclamò:
-Tu sei geloso!-
Thanatos,
allora, si raddrizzò e
arrossì in viso: -Cosa intendi?-
-Sei
geloso di Kaos che vuole
sterminare ogni forma di vita. Lo odi perché ti
sostituirebbe in pieno! Ci
invidi perché la missione per eliminare il semi-demone
è stata affidata a due
mortali e non a te, il dio della morte!-
-Però,
Hydra, non ti facevo così
sveglia, sai?!- disse Thanatos, esterrefatto.
-Ebbene sì-
continuò il dio –Mi pesa il fatto che io, la
Morte, non debba eliminare quel parassita! E’ un mio compito.
Affidatelo a me,
e avrete in cambio tutti gli onori e i ringraziamenti degni di due
servitori
della Morte-
-Tu sei completamente pazzo!-
esclamò Yusuke.
-E chi, di grazia, non lo
è in questo mondo? Kaos vuole
eliminare tutto, voi volete fermarlo: ecco tre esempi di follia. Non
accusatemi!- disse Thanatos, inviperito.
-E invece non possiamo. Per due
motivi!- disse Yusuke –Il
Fato ha dato a noi questo compito, e nemmeno gli dei possono
sovvertirlo,
altrimenti si violerebbe, come dici tu, una legge di natura. Seconda
cosa, se
tu ci affidi il tuo potere, sarai presente al momento
dell’esecuzione del re.
Non ti pare? Alleati con noi, e anche tu sarai presenti, Thanatos!-
La situazione si era completamente
ribaltata.
Se prima Thanatos cercava di
sedurre i ragazzi per
appagare i suoi desideri, ora loro cercavano di abbuonarsi il dio.
Che la forza di volontà
degli uomini fosse superiore alle
aspettative di un dio?
Molto probabile, e, non neghiamolo:
i miti ci insegnano
che gli dei sono molto più umani di quanto sembri: ostentano
la perfezione
assoluta, ma anche loro, in fondo, sono deboli.
Anche loro, in un certo senso sono
umani: non nel senso
mortale del termine, ma sono comunque fragili, hanno le loro debolezze
e i loro
difetti.
Le guerre divine nascono sempre per
gelosie, sentimenti,
d’altronde, di fattura puramente umana.
-Allora?- chiese Yusuke.
Thanatos volse loro uno sguardo di
fuoco, che avrebbe
spaventato anche il più coraggioso fra gli uomini (e di
fronte alla morte tutti,
in realtà, se la fanno un po’ sotto).
-E sia! Volevo mettervi alla prova,
vedere fino a che
punto foste determinati nel portare avanti il vostro compito.
Sì, confesso,
volevo togliere a voi questo compito, ma a quanto apre le mie lusinghe
non
erano abbastanza forti. Voi umani siete troppo attaccati a questo
fortissimo
desiderio i vita, tanto che non riuscite a concepire la
tranquillità della
morte. Per ora toccherà a voi, ma prossimamente
sarò io a riprendere la
rivincita su di voi, seppiatelo!- disse il dio.
I ragazzi tirarono un sospiro di
sollievo e si inchinarono
dinnanzi all’immortale.
-Avvicinatevi- disse loro la Morte.
Quando Yusuke e Hydra si trovarono
al cospetto del dio,
alzarono la testa.
-Porgetemi le mani-
ordinò, e i ragazzi tesero i loro palmi.
Thanatos, allora, gli punse con la
punta della sua falce.
Non appena la lama toccò
la pelle, entrambi sentirono il
peso e il potere della morte, la capacità d poter togliere
la vita agli altri.
Avvertivano il sangue dei caduti, le urla della gente che piangeva i
propri
defunti, la sensazione di tranquillità di colore che si
trovavano già oltre,
negl’Inferi.
-Andate- disse poi –oltre
la foresta troverete il tempio
dell’Acqua. E, soprattutto, ecco a voi un ordine, che Eosforo
si è dimenticato
di darvi. Non usate i nostri poteri sul tragitto: vi fiaccheranno e vi
uccideranno. Dovrete invocarci solo quando la battaglia con Kaos sta
per
iniziare, o morirete prima del tempo- dichiarò Thanatos.
I due indietreggiarono e fissarono
il dio che si stava
dissolvendo in una nube di fumo nero, lasciando una sensazione
stranamente
pacificante nell’animo dei ragazzi.
-Yusuke…-
mormorò Hydra.
Lui la vide, era stanca,
terrorizzata.
La situazione aveva giocato
perfidamente con i suoi nervi,
avevo resistito fino all’ultimo e ora, invece, si
abbandonò su Yusuke, che la
sorresse.
-Dobbiamo andare-
continuò lei.
-Si - le rispose Yusuke.
***
Kaos aveva appena finito il secondo
rito.
Mentre scendeva nelle sue stanze,
sentiva il potere delle
stelle diventare sempre più forte, esplosivo.
Si sentiva immensamente potente.
Chiamò, allora, alcuni
soldati: -Vedete di cercare ancora
una volta quei due disgraziati. Andate ovunque, anche sui monti, nelle
foreste.
Ovunque! Non dovete ignorare niente. Guardate ovunque, e tornate
presto, preferibilmente
a mani piene!- disse il sovrano con forza falsamente dolce e vellutata.
Sì, ci sarebbe riuscito,
avrebbe realizzato il suo sogno.
Angolo dell’autore:
Ciao ragazzi!
Lo so, scusate! Pubblico dopo oltre
un mese: è
inammissibile.
Dovete perdonarmi.
Allora, ecco a voi svelata
l’identità della voce nel
capitolo 18.
Vi presento Thanatos, dio della
morte del mio e della
cultura greci (per informazioni rivolgetevi a Santissima Wikipedia).
Che ne pensate? Vi è
piaciuto come capitolo? Fatemi
sapere!
Ora rispondo alle recensioni del
capitolo precedente:
A Elea VI Britannia:
salve! Il nuovo nick mi sa
moltissimo di Code Geass ;)
Non so se il personaggio di
Thanatos ti abbia colpito, mi
auguro di sì! Comunque tranquilla, aggiorna quando puoi!
A sTar__: ciao!
Sì, il mio scopo era quello di
mettere tensione, e credo di esserci riuscito! Non preoccuparti per le
recensioni: l’importante è il pensiero, come si
dice in giro!
A Valerie_Laichettes:
Valerieee! Finalmente ce
l’hai fatta! Ti sei rimessa in pari! Ma io ti stimo (sia per
questo che per la
tua decisione di continuare PoP)! Per quanto riguarda il prologo 4,
sì, si
riferisce alla battaglia Yusuke ft Hydra VS Kaos! E
l’immagine chiave, in quel
pezzo, è proprio il sangue: simbolo di morte ma anche di
vita, perché no?
Inoltre, ci terrei a pubblicizzare
un altro mio scritto,
se non vi dispiace, del fandom di Saint Seiya: Le
Fleur Du Mal!
Se non vi dispiace passate anche di qui! Grazie in anticipo!
A presto!
|
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Capitolo 24 *** Trappola ***
Capitolo
20: Trappola
Nebbia:
una sottile coltre che si dirada lentamente al mattino, una
coperta di sogni trasudati, lacrime e pensieri annichilenti.
Un
manto così spesso da impedire alla luce del sole di passare,
così
densa da impedire di vedere un palmo più in là
del proprio viso.
In
quella miscela biancastra, Yusuke e Hydra camminavano mano nella
mano.
Il
silenzio era sovrano, la desolazione di quei luoghi completa.
-Usciremo
mai da questo posto?- chiese Hydra.
Erano
due giorni che i due non riuscivano ad uscire dalla foresta, il
panico pressava sempre di più, e le provviste stavano per
finire.
Yusuke
le strinse la mano, anche lui spaventato dall’idea di
essersi...perduti.
La
foresta era tranquilla, forse anche troppo: i passi si inseguivano
fra loro, i loro echi si scavalcavano in una lugubre melodia, cercando
di
infrangere quel silenzio a troppo alto volume.
-Ho
paura…- mormorò ancora la ragazza.
-Non
servirà a molto, ma fermiamoci. Controlliamo ancora la
mappa!-
rispose il canuto.
Presero
quindi l’antica pergamena e, usando il flauto di Hydra,
cercarono di trovare la direzione giusta.
Lo
strumento indicava il lago: era ancora lontano. Ma quanto?
-Bene-
disse Hydra, il tono secco –ci siamo persi!-
-A
quanto pare…- mormorò Yusuke.
Rimasero
così, fermi, l’uno a contemplare il silenzio
dell’altra: due
statue di cera piazzate in quel luogo solitario da un artista
stravagante.
Solo
qualche lieve folata di vento interrompeva quell’inumana
sinfonia, il crepitio di secche foglie che grattavano il
suono…
…un
ramo spezzato.
Non
appena i due udirono il suono delle schegge si alzarono,
stringendosi fra loro, con i sensi vigili e i nervi tesi come le corde
di un
violino.
Un
impercettibile segno d’intesa e si avviarono.
-Se ci
seguono sono guai…- disse Yusuke.
***
“Trovati!”
esultò fra sé e sé.
Nonostante
la fitta nebbia, riusciva a distinguere le sue figure
perfettamente.
Un
risolino, e nascose il viso sotto il suo ampio cappuccio di raso
verde: la nebbia rendeva tutto invisibile, ma non gli andava di poter
essere
visto in faccia.
-Signore!
Li abbiamo trovati: sono i due fuggiaschi!- disse un Milite.
-Sì,
e se lo urli un po’ più forte vinci un posto
nell’aldilà…-
L’intera
truppa divenne, se possibile, ancora più silenziosa di un
gruppo marmoreo.
-Un
solo passo falso e potrete considerarvi già morti-
soffiò l’uomo.
-Fate
attenzione.- continuò -Dobbiamo muoverci silenziosamente, e
cercare di circondarli. Dovremo muoverci esattamente insieme a loro,
né più
velocemente né più lentamente, in modo da averli
continuamente al centro della
nostra formazione. Se nel peggiore dei casi vengono a saperlo saranno
sempre
circondati da circa sessanta soldati. Quando sarà il momento
giusto, vi darò il
segnale. E attaccheremo. Spero di esser stato abbastanza chiaro-
terminò.
Con
gesti secchi, precisi e silenziosi, la misteriosa figura fece
disporre gli uomini su una circonferenza d’ampio raggio, in
modo che i due
viaggiatori si trovassero al suo interno.
Disgraziatamente,
un Milite spezzò con il piede un ramo.
-Se ci
seguono sono guai…- sentì dire dal ragazzo.
I due
si misero in marcia e il piano si avviò subito.
Erano
circondati, pedinati costantemente, e ostacolati dalla nebbia:
non avrebbero mai potuto vedere l’ampio anello che li cingeva.
“Sono
in trappola, ormai!” sghignazzò fra sé
l’individuo.
***
-Ho
una strana sensazione!- disse Yusuke –Mi sento osservato!-
-E’
solo un’impressione- rispose Hydra –E’
che il tempo fa schifo,
siamo stanchi…e non vediamo l’ora che questa
storia finisca!-
-Già.
Forse…- mormorò Yusuke, non molto sicuro della
risposta data
dalla ragazza: il suo istinto si sbagliava raramente, e questa volta
gli
sussurrava di stare attento, molto attento.
-No,
Hydra. Sono sicuro: secondo me ci osservano, ci seguono! Me lo
sento!-
-Per
favore!- sbottò la ragazza –Non rendere ancora
più pensate
l’atmosfera!-
Il
ragazzo non volle ribattere, o sarebbe scoppiata una lite coi
fiocchi, e sarebbe stata la fine di molte cose.
***
-Ho
una strana sensazione! Mi sento osservato!-
“Però!
E’ sveglio il ragazzo…”
-E’
solo un’impressione! E’ che il tempo fa schifo,
siamo stanchi…e
non vediamo l’ora che questa storia finisca!-
“…peccato
non si possa dire lo stesso di lei!” pensò
sorridendo.
“Niente
è più adatto di un clima teso per tendere una
trappola. Per
quanto si è vigili, in realtà non lo si
è mai abbastanza!”
Il
gruppo marciò in silenzio per altri minuti: solo i flebili
respiri
potevano tradire i Militi, ma la nebbia copriva tutto nel suo subdolo
manto…fuorché i due fuggiaschi, per
l’individuo.
Quella
foresta sarebbe stata perfetta come tomba! Tutto sarebbe
passato in silenzio, l’unico testimone sarebbe stato il
cielo, ma cosa avrebbe
potuto fare per aiutarli?
- No,
Hydra. Sono sicuro: secondo me ci osservano, ci seguono! Me lo
sento!-
Il
ragazzo iniziava a dare dei problemi: avrebbe costretto il gruppo
ad uscire presto allo scoperto.
“Ma
sì! Poco importa! Sarà più divertente!
Siamo in maggioranza, e
loro non sono nemmeno in grado di correre velocemente! Bene: prima
finisce
questa baldoria, e meglio sarà per tutti”.
La
nebbia cominciava a diradarsi in maniera decisamente
impercettibile, come se il suo desiderio di andare via non fosse poi
così
forte!
Ogni
tanto qualche raggio di sole cercava di penetrare la coltre, ma
senza successi che potessero considerarsi tali.
-Signore!
Cosa dobbiamo fare?- chiese un soldato.
-Fra
un po’ attaccheremo- rispose l’altro con tono
distaccato,
aggiustando il cappuccio.
-Al
mio avviso il cerchio si stringerà attorno ai due fuggitivi,
tagliando ogni possibile via di fuga, non che ora passando andare
chissà dove,
ma è giusto una sicurezza in più!-
-E
quale sarà il segnale?-
-Lo
scoprirete a momento debito. Ora riporta quest’ordine a tutta
la
truppa, senza rallentare l’andatura. Quando avrai finito,
ritorna a fare
rapporto- ordinò, secco.
***
Ancora
nebbia.
Sempre
e soltanto fumo in ogni direzione.
-Sembra
che si stia diradando, però…- notò
Hydra.
-Hai
ragione!- rispose Yusuke, guardandosi intorno, nella speranza di
riuscire a scorgere qualche figura per orientarsi.
Si
fermò di scatto, trattenendo Hydra per il polso.
-Che
è successo?- chiese la ragazza.
-Ho
visto qualcosa muoversi da quella parte, ne sono certo!-
-Sarà
meglio muoversi, allora…-
Pochi
passi affrettati, pochi metri ancora e un urlo feroce li
inchiodò lì dov’erano.
***
Urlò
inaspettatamente, rompendo quel fragile e teso silenzio.
Un
suono così terrificante da far gelare il sangue,
pietrificare le
gambe: freddo, argentino, belluino.
E poi
il caos più totale: armi, corazze, scaglie e oggetti di
metallo
tintinnanti, fra urla e schiamazzi e corpi che si muovevano
ordinatamente e
velocemente verso il centro della formazione.
-Fermi,
siete circondati!-
Yusuke
e Hydra udirono quell’ordine nonostante il rumore
tutt’attorno
e si bloccarono.
-Bene,
bene! Cosa abbiamo qui? Niente poco di meno ché i famigerati
Yusuke Kaze e Hydra Joule!- disse la voce, beffarda.
-Chi
sei? Fatti vedere!- rispose Yusuke.
-Come
desideri, ragazzo!-
Silenzio,
e ancora silenzio, interrotto solo dai respiri irregolari
dei due fuggiaschi e dei loro inseguitori, e da strani tintinnii, come
quello
di campanellini o braccialetti.
-Chi
sono, volete sapere?- chiese la voce all’orecchio dei due.
Improvvisamente, due mani si posarono sulle spalle dei ragazzi,
facendoli
sobbalzare per lo spavento.
La
nebbia era quasi completamente diradata, e Yusuke notò come
fossero
circondati da una sessantina di Militi, che miravano verso di loro con
picche e
spade affilate.
Fra
lui e la compagna si frapponeva una strana figura.
Immediatamente
si allontanarono, mettendo un po’ di distanza
dall’uomo
misterioso.
Aveva
un abbigliamento piuttosto bizzarro: il volto era coperto da un
ampio cappuccio di raso verde, cucito su una tunica dello stesso
colore, lunga
fin sopra alle ginocchia e con maniche a tre quarti.
La
pelle cianotica era tesa sulla tonica e asciutta muscolatura.
Scalzo,
i piedi erano ricoperti da una miriade di gioielli, ciondoli e
cavigliere, esattamente come i polsi.
Portò
una mano verso il capo, afferrando il cappuccio.
Il
viso era segnato da linee decisamente androgine, con alcuni tratti,
in particolare, che confermavano il sesso maschile: i capelli erano di
un caldo
color castano, esattamente come i suoi occhi, entrambi attraversati da
lievi
sfumature color ambra.
Le
labbra erano aperte, rivelando una fila di denti affilati come
rasoi, e in particolare due canini scintillanti di lunghezza superiore
alla
norma.
Si
leccò il labbro inferiore, alzando velocemente le
sopracciglia: era
eccitato da quella situazione.
-Il
mio nome è Ishan, sicario di Kaos il Magnifico, re di Kayka.
Ho il
compito di portarvi al cospetto del Sommo Sovrano, affinché
abbiate la giusta
condanna per le vostre malefiche intenzioni. Vi conviene consegnarvi di
vostra
spontanea volontà!-
Un
risolino profondo.
Una
minaccia di morte.
Angolo
dell’autore:
Buonasera,
popolo di EFP.
Il
ritardo, anche questa volta, si fa sentire, e impegni di varia
natura mi hanno concesso solo ora la possibilità di
pubblicare.
Bene.
Questo capitolo era assolutamente necessario: avevo già
messo in
conto di far accadere episodi del genere, altrimenti il racconto
sarebbe stato
piuttosto banale.
Nonostante
hanno con sé le peculiarità della Terra e della
Morte,
Yusuke e Hydra non possono fare assolutamente affidamento su di essi:
pena la
morte. Ricordate? :)
Per
quanto concerne Ishan, il nome è indiano, e significa
“Il terzo
occhio di Siva”, e il suo abbigliamento è per
alcune caratteristiche,
riconducibile a questa cultura. Ci tengo a precisare che non
è assolutamente
mia intenzione offendere il culto induista, dando
quest’aspetto al personaggio.
Ora,
rispondo alle recensioni del precedente capitolo:
A sTar__: mi fa piacere che
la figura di Thanatos ti abbia colpito: ciò significa che il
capitolo ha avuto
l’effetto desiderato! E poi hai ragione: un mantello
dell’invisibilità sarebbe
utile, ma farebbe sembrare tutto troppo facile! Grazie per le tue
recensioni e
per la tua presenza!
A Elea Vi Britannia: ciao! Sì,
Thanatos è un personaggio piuttosto fuori dai ranghi, anche
perché è così che
immagino la morte: un qualcosa di davvero “strano”.
A Valerie Laichettes: hai
colto a pieno uno dei significati del capitolo: la sofferenza della
morte! Come
hai detto tu, è dolorosa per gli altri, ma non per chi la
vive (permettimi questo
gioco di parole XD). Ho voluto trasmettere i alti positivi della
scomparsa, perché
non sempre è dolore, ma a volte è
l’unico rimedio a tante cose, anche se come
soluzione non è accettata dai più! Grazie per i
tuoi consigli, ma so già come
scrivere il seguito! :)
A
presto!
|
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Capitolo 25 *** Schiocco di dita ***
Capitolo 21: Schiocco di dita
I due
si strinsero di più fra di loro, intimoriti, ma tesi come
corde
di violino, pronti ad attaccare e difendersi.
Ishan
muoveva nervosamente il piede, eccitato, pronto a saltare.
-Ve lo
dico ancora una volta: arrendetevi, non avete alcuna speranza!-
disse il cianotico.
Nessuno
si muoveva, l’aria era perfettamente immobile, come le lance
e
picche che puntavano le gole dei fuggiaschi.
Uno
scatto della testa di Ishan, e dietro Yusuke ed Hydra rumori
metallici si facevano sempre più vicini.
Improvvisamente
due paia di braccia separarono i due ragazzi, fra urla
di spavento e indignazione da parte della ragazza.
-Non
opponete resistenza, per la vostra salute, cari- disse Ishan,
mellifluo.
-Figlio
di cagna!- sputò fra i denti Yusuke, furibondo.
-Oh
no, caro!- continuò Ishan, con voce troppo dolce.
Si
avvicinò al canuto, inclinò la testa fissandolo
negli occhi, con
feroce insistenza, violenza, senza vergogna, pudore, riguardi ed
educazione:
erano occhi di brace quelli, nel loro essere di un anonimo castano,
bruciavano
di sofferenza, promesse di dolore, panico, terrore, astio: sembravano
essere la
porta per l’Inferno.
-Questa
potevi tenerla per te…- mormorò con tono
falsamente
dispiaciuto, per dargli un sonoro schiaffo in pieno viso.
Prima
di fissarlo, Yusuke sputò sul terreno: saliva e sangue,
rosso
splendente come un rubino appena finito di lavorare.
Con
tutta la fierezza possibile, rialzò lo sguardo, mentre un
rivolo
di sangue gli sporcava il muso, una ciocca di capelli finita in bocca,
il collo,
la veste scura.
-Ha un
bel colore il tuo sangue sai, Yusuke?- disse Ishan, fissando le
goccioline che erano rimaste sulla sua pelle.
-Sei
semplicemente un miserabile. Uno sporco sicario al soldo di un
tiranno!- gli soffiò contro il ragazzo.
Nel
frattempo si sentì un risolino provenire
dall’altra guardia.
-La
ragazza è svenuta!-
-E
ancora non sa ciò che le aspetta- disse Ishan, guardandola,
bramoso.
-Toccala
con un solo dito e…- cominciò Yusuke, per essere
messo a
tacere con un altro schiaffo a man rovescio.
-E?
Non mi sembri nelle condizioni per poter trattare, piccolo
Yusuke!-
-Cosa
ne facciamo, signore?- chiese un Milite.
-Portiamoli
nel nostro accampamento. Lui legatelo per bene, lei,
invece, lasciatela nelle mie stanze!- rispose il cianotico con tono
vagamente
annoiato.
Yusuke,
nel frattempo cercava di fare resistenza, ma invano.
-Per
favore, smettila. Anzi, dormi!- disse Ishan, posandogli una mano
sul capo.
-Sei
s-solo un f-farabb…- mormorò Yusuke,
addormentandosi
pesantemente.
-Finalmente
ha smesso di parlare! Non ne potevo più di questo qui! E
ora andiamo!- disse il sicario, mettendosi alla testa del gruppo,
inoltrandosi
nel folto della Foresta Madre.
*
Una
secchiata d’acqua ghiacciata lo colpì in pieno,
facendolo
ridestare.
Nonostante
i sensi recuperati, tutto era sfocato, i toni smorzati e
rimbombanti, come provenienti da altre dimensioni ed universi.
Yusuke
cercò di muoversi, senza risultati.
-Non
puoi andare da nessuna parte, bello!- disse una voce.
Il
ragazzo alzò lo sguardo, aguzzando la vista, che stava
ritornando
normale: un Milite stava posando in terra un secchio.
-Dove
siamo?- chiese Yusuke con voce gracchiante.
-Al
parco giochi.- lo prese in giro la guardia, per poi lasciarlo
solo.
Il
ragazzo cercò di muoversi, invano: lo avevano legato stretto
ad un
palo.
Le
funi lo cingevano stretto, tanto che a stento sentiva le mani.
-Lasciatemi
andare! Dov’è Hydra?-
La
stessa guardia di prima si affacciò per rispondergli:
-Uhm…di certo
non in gita. E comunque in una condizione forse peggiore della
tua…-
-Porci!-
urlò contro Yusuke –Non siete altro che dei luridi
maiali
bastardi!-
-Parlare
così non migliorerà certo la tua penosa
posizione, bello mio.
Quindi vedi di calmarti!- Gli rispose il Milite, con voce dura,
tagliente e
metallica.
*
-Allora,
mia cara, cos’è che avente in mente?- Chiese
cortesemente
Ishan ad Hydra.
La
ragazza era seduta su una sedia, al centro di quelle che sembravano
essere le stanze del loro rapitore.
Per
essere quelle di un accampamento erano arredante con un certo
garbo e criterio: la mobilia, dalle linee semplici e decise, era
decisamente
spartana, ma non per questo priva di eleganza.
Lei si
limitò a sorridere, fissandolo con ostinato silenzio.
-Sei
un osso duro, sai?- disse Ishan.
-Me ne
compiaccio- rispose Hydra.
-C’è
solo un piccolo problema: io sono abituato ad essere obbedito.
Chi non fa ciò che gli dico, di solito, è vittima
di punizioni piuttosto
pesanti-
-La
cosa non mi tange, Ishan. Penso che l’abbia ben capito,
ormai.-
ribatté freddamente la ragazza.
-Il
bon ton- riprese Ishan, come se Hydra non avesse proprio aperto
bocca –vuole che le donne non si tocchino nemmeno con un
fiore. Ma sai cosa me
ne faccio del bon ton se dalle tue rosee labbra non usciranno le parole
che
voglio tanto sentire?-
I due
continuarono a guardarsi in cagnesco per alcuni secondi, lei
immobile sulla sedia, lui camminante avanti e dietro come un predatore.
La
ragazza notò che nei suoi movimenti c’era un
qualcosa di rettile,
sembrava muoversi con eccessiva fluidità per essere un uomo.
Agitava
gli arti come se fossero delle code: feroci flagellate
nell’aria, secchi schiocchi di frusta raggelanti.
-Allora?
Collaboriamo?-
-Certo,
Ishan- rispose Hydra –Quando l’Inferno
gelerà.-
Un
sorriso pieno di perverso sadismo disegnò le linee delle
labbra
dell’uomo.
Una
promessa di atroci sofferenze, di morte.
-Che
le danze abbiano inizio, allora! Ti pentirai della tua scelta,
donna!-
Uno
schiocco di dita, e un agghiacciante urlo di dolore sferzò
l’aria
con la violenza di un tuono.
-Hai
cambiato idea?-
Hydra,
con la testa china sul petto, il respiro affannoso e le
convulsioni, rispose strascicando: -Figlio di cagna! Da me non saprai
niente!-
Ishan
sorrise.
Due
labbra curve, gli occhi fissi, un altro schiocco di dita e un
altro urlo.
*
Yusuke,
legato scomodamente, pensava ad un modo per liberarsi e
cercare Hydra.
Divincolandosi
al situazione non migliorava, anzi: le corde, strette,
segavano la pelle da far malissimo.
Erano
troppo strette.
-Spera
che la tua amica parli, altrimenti diverrà completamente
pazza,
nella migliore delle ipotesi!-
-Cosa
intendi dire?- chiese al Milite.
-Che
sta avendo un memorabile dialogo con Ishan. E i suoi metodi non
vanno tanto per il sottile!-
-HYDRA!-
urlò Yusuke, ben sapendo che lei non poteva sentirlo.
-E’
inutile. Non può sentirti!-
-HYDRA!-
continuò il ragazzo.
-Adesso
smettila!-
Ma il
ragazzo continuò ad urlare a pieni polmoni,
finché un colpo lo
preso sulla testa, facendolo svenire.
*
-YUSUKE!-
gridò Hydra, senza sapere bene il perché, come se
quel nome
bastasse a sostenerla fra tutte quelle atrocità.
-Non
può sentirti- disse Ishan, con voce disgustosamente mielata.
La
ragazza rispose con sonori ed umidi affanni, la fronte imperlata di
sudore.
-Avanti
Hydra! Non potrai resistere per sempre! Cosa avete intenzione
di fare?-
La
ragazza, senza forze, non rispose.
-Hydra.
Ti ho fatto una domanda-
Ishan
si avvicinò, e sollevò il viso della ragazza con
la mano: era
svenuta.
Lentamente,
lasciò cadere il viso della ragazza sul petto,
allontanandosi.
Battè
due volte le mani, e una coppia di Militi entrò nella
stanza:
-Comandi!-
-Ci
serve viva. E soprattutto Re Kaos la vuole uccidere con le proprie
mani. E non possiamo di certo permetterci di perdere una vita
così tanto
preziosa per il sovrano. Curatela, datele da mangiare per farle
recuperare le
forze sufficienti. Dobbiamo prenderla per sfinimento, e riusciremo a
cavarle
certamente qualcosa-
I due,
sull’attenti, eseguirono gli ordini.
*
La
luna era ormai sorta da tempo, e la notte aveva disteso le sue
lunghe e ombrose dita ovunque, ricoprendo tutto di dolce e ovattata
oscurità.
Le
stelle splendevano nel cielo sereno, disturbato da poche nere
nuvole.
L’aria
era ferma, silenziosa, disturbata solo di tanto in tanto dai
rumori della foresta: un frullo d’ali, il verso di una
civetta, il rumore dell’erba
calpestata.
Alcune
scure figure, confondendosi nella notte, emersero dal folto,
avvicinandosi furtivamente all’accampamento, comunicando fra
loro con rapidi, secchi
e muti gesti.
Così
com’erano apparse sparirono in diversi punti.
L’aria
era ferma, tranne per un frullo d’ali, il verso di una
civetta
ed il rumore dell’erba calpestata.
Le
stelle e la luna splendevano ancora.
Angolo
dell’autore:
Ciao
ragazzi!
Mi
scuso per l’orripilante ritardo con cui aggiorno, ma ho
davvero
poco tempo per troppi progetti a cui sto lavorando in parallelo.
Ma no.
Questa storia non l’abbandono nemmeno se mi dovessero sparare!
Yusuke
ed Hydra sono stati catturati, e la ragazza è sotto tortura,
ma
non odiatemi. Era necessario!
Ma
soprattutto, chi sono le figure a chiusura del capitolo?
Alleati
o nemici?
Sono
accette tutte le ipotesi!
A sTar__: Ciao, cara! Beh,
Ishan è una figura piuttosto terrificante, per certi versi.
Capisco
perfettamente il tuo stato d’animo! Spero che il capitolo ti
sia piaciuto!
A Julietts: Ciao, e grazie
anche a te per i complimenti!
Fatemi
sentire il vostro parere, popolo! :)
Alla
prossima!
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