La danza delle anime di carta

di NevanMcRevolver
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo n.1 ***
Capitolo 2: *** Yusuke e Hydra ***
Capitolo 3: *** Hydra la flautista ***
Capitolo 4: *** Il giardino dell'orfanotrofio ***
Capitolo 5: *** Il disegnatore ***
Capitolo 6: *** Prologo n.2 ***
Capitolo 7: *** Sospetti e fuga ***
Capitolo 8: *** Kaos il semi-demone ***
Capitolo 9: *** La consapevolezza di essere colpevoli ***
Capitolo 10: *** Terremoto e fuga ***
Capitolo 11: *** L'Alcanova ***
Capitolo 12: *** Le verità ***
Capitolo 13: *** Prologo n.3 ***
Capitolo 14: *** Oltre l'evidenza ***
Capitolo 15: *** I pensieri del re ***
Capitolo 16: *** Il Santuario ***
Capitolo 17: *** Addio ***
Capitolo 18: *** Madre Terra ***
Capitolo 19: *** Epanàstasi astèri ***
Capitolo 20: *** Contatti, pensieri e parole ***
Capitolo 21: *** La Foresta Madre ***
Capitolo 22: *** Prologo n.4 ***
Capitolo 23: *** I trucchi della Morte ***
Capitolo 24: *** Trappola ***
Capitolo 25: *** Schiocco di dita ***



Capitolo 1
*** Prologo n.1 ***


Prologo n.1

 

Yusuke, seduto sull’orlo della scogliera, disegnava tranquillamente.

Hydra nel frattempo, si era avvicinata alle sue spalle, assolutamente in silenzio, per non spaventarlo.

La ragazza era affascinata Yusuke, aveva un qualcosa di ammaliante nel suo modo di essere, fare, mostrarsi. Quella presunta vulnerabilità la elettrizzava, tanto da perdere il controllo della sua stessa bocca, che avevo preso a parlare di sua iniziativa.

-Belli i tuoi disegni!- esclamò Hydra.

Yusuke si girò verso di lei, lentamente, lo sguardo acceso da una luce di interesse.

-Davvero? O mi stai prendendo in giro?- chiese lui, con un sopracciglio alzato, sulla difensiva.

-Davvero, sono stupefacenti! Sono…unici! Mai visto qualcosa del genere!- esclamò la ragazza –Me ne faresti uno?-

-Si…- rispose lui, un po’ scocciato, un po’ divertito.

Il ragazzo, allora, si armò di matita e carta, e prese a disegnare forsennatamente.

“E non hai ancora visto il meglio, Hydra!” pensò Yusuke, esaltato.

 

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Capitolo 2
*** Yusuke e Hydra ***


Capitolo 1: Yusuke e Hydra

 

 

Yusuke era affacciato alla finestra della sua camera, affascinato dalla vorticosa danza dei fiocchi neve. Ricordava come da piccolo amava starsene fermo, sotto di loro, con la bocca spalancata per mangiarseli. Sin dalla sua infanzia amava quella sensazione di piacevole gelo che la neve provocava a contatto con la pelle.

Istintivamente aprì la finestra, e mise fuori una mano, per toccare di nuovo quelli che da piccolo pensava fossero folletti impazziti che danzavano tanto per fare qualcosa.

Ora, all’età di 17 anni, ricordava con piacevole malinconia quando era ancora bambino.

Decise che dopo sarebbe uscito e avrebbe mangiato la neve, esattamente come chissà quanti anni prima.

-Yusuke! Muoviti!- lo chiamò una voce da un’altra stanza.

Infastidito, ritirò lentamente il braccio, e chiuse la finestra con gesti che custodivano qualcosa di sacrale.

Uscito dalla sua camera, si diresse verso la fonte della voce, che non era altro che della sua vicina di stanza, Hydra.

La vide venirgli incontro con il suo passo da ballerina, leggero e silenzioso.

Hydra aveva i capelli color platino, raccolti in una lunga coda, che le lambiva la vita, il fisico snello e longilineo, proprio degli adolescenti, pelle olivastra, costellata ogni tanto da piccoli nei e gli occhi di un castano intenso, che sapevano tremendamente di vitalità.

Aveva appena compiuto 17 anni, ma dal suo portamento e dal suo aspetto, non lo si pensava.

Era più donna di quanto si potesse immaginare all’impatto.

Yusuke, ogni volta che la vedeva rimaneva un po’ interdetto, per poi riprendersi subito, e riassumere la sua tipica espressione annoiata e melanconica.

Non appena la ragazza lo raggiunse, lo salutò di nuovo.

-E dai, Yusuke! Togli via quella maschera di noia almeno per oggi! Non si compiono 17 anni tutti i giorni, sai?!-

Detto questo prese a squadrarlo dalla testa ai piedi.

Ad Hydra piaceva Yusuke: come amava dire, il giovane aveva “stile”.

Il ragazzo aveva capelli assolutamente bianchi scompigliati, come la sua diafana pelle, come la neve, e occhi d’onice, neri come l’oscurità più profonda. A volte era quasi impossibile distinguere le iridi dalle pupille, che formavano un unico vortice di tenebra e oscurità, capace di annichilire al primo sguardo.

Lei gli prese le mani, e lo baciò sulle guance trillando i suoi auguri.

Yusuke non poteva resistere algli umori di Hydra, e gli venne da sorridere.

-Così va molto meglio!- esclamò la ragazza, lasciandogli le mani.

Si diressero quindi verso la mensa, camminando tranquillamente, mentre nei corridoi, l’odore di zuppa di legumi si faceva sempre più forte.

-Hai ragione- disse Yusuke, guardandosi le mani, annoiato –non si compiono 17 anni tutti i giorni…ma comperli qui…è deprimente!-

Hydra non sapeva come ribattere: sapeva benissimo che non aveva tutti i torti.

In linea di massima, festeggiare gli anni in un orfanotrofio non è il massimo.

Non sapendo bene cosa fare, si limitò a dargli una pacca sulla spalla e gli fece un debole sorriso come a dire “pazienza, questo è quello che ci è capitato!”.

-Ah, dimenticavo…- e gli si parò davanti, afferrandogli con decisione il braccio destro. Trafficò per qualche secondo, senza che Yusuke capisse cosa stesse facendo.

Alla fine, quando Hydra gli liberò il braccio, notò che ora vi era legato un bracciale di pelle, rosso, con un piccolo pendaglio nero: una semplice spirale.

-Grazie, è molto bello!- disse, la voce neutra leggermente smossa.

-Per fortuna ti piace!-

Yusuke pensò che Hydra fosse l’unica persona, in quell’edificio, che potesse considerarsi sua amica, siccome il ragazzo non aveva mai stretto molto i rapporti con gli altri: optava per la semplice e pacifica convivenza.

Pensava che farsi degli amici, in genere, non ne valesse la pena, se poi, con ogni probabilità avrebbe perso i contatti. Ma con Hydra era diverso. Era stata lei a diventare sua amica. E Yusuke, dopo qualche tempo, si era abituato alla sua presenza, e quindi l’aveva accettata.

I due arrivarono nella mensa, presero la loro razione di zuppa, e cercarono dei posti a sedere.

Mentre mangiavano, alcuni ragazzi si avvicinarono a Yusuke per dargli gli auguri, qualche risata strappata così, e poi fine. Di nuovo Yusuke e Hydra.

La ragazza pensava al giorno in cui si conobbero.

Yusuke se ne stava in un angolo, da solo, a disegnare.

Per quel che poteva ricordare, non faceva altro. Stava sempre con la matita e la carta in mano, e se non erano in mano, Yusuke li portava comunque nello zaino.

Chissà perché, il ragazzo non volle mai far vedere le sue tavole a nessuno.

Hydra non voleva saperne molto di cosa lui facesse su quei pezzi di carta, ma gli faceva pena vedere quel ragazzo dai capelli candidi come la neve, dagli occhi scuri come una notte senza stelle.

Ricordava che un giorno lo vide che stava appoggiato al davanzale di una finestra ad ammirare l’orizzone, prese allora la decisone di avvicinarsi e presentarsi.

Il ragazzo inizialmente non la considerava molto, ma dopo i primi due giorni i due passavano molto tempo insieme.

Si arrovellava su questi pensieri e ricordi quando Yusuke si alzò e le disse che sarebbe andato a fare un giro, siccome fuori nevicava.

-Posso accompagnarti?- gli chiese lei.

Yusuke in tutta risposta fece spallucce, come a dire “fai come vuoi”.

I ragazzi uscirono e si diressero nel parco, abbastanza grande, dell’orfanotrofio.

Qui Yusuke si fermò, aprì le braccia e cadde a peso morto all’indietro, ridendo spensierato, felice come pochissime altre volte. Hydra non capiva cosa facesse ridere il ragazzo, ma era felice che lui, finalmente riuscisse a sorridere. Non sapeva nulla del suo passato, ma era certa che meritava un presente ed un futuro sereno.

Il ragazzo si alzò, e remore della promessa fatta poco prima a sé stesso, si mise a bocca spalancata per catturare i fiocchi.

Hydra fece lo stesso, cacciando fuori anche la lingua e puntandola verso l’alto,  come se fosse un’antenna.

Yusuke assaporò profondamente il sapore della neve, e si abbandonò ad esso, ricadendo di nuovo per terra, sempre con la bocca aperta.

Hydra, vedendo come il ragazzo si comportava, decise di abbandonarsi anche lei sulla bianca coltre, e toccando terra, si chiedeva cosa di quel gesto facesse tanto piacere al suo amico.

I due alzarono insieme il busto, così da trovarsi l’uno di fronte all’altra.

Yusuke notò che la pelle olivastra di Hydra si era leggermente arrossata, mentre la ragazza notò che il viso di lui aveva due grandi macchie rosse in corrispondenza degli zigomi.

-Sai- cominciò lui –la neve mi ha sempre stregato. E’ magica! Sin da piccolo ho sempre pensato che i fiocchi fossero tanti piccoli folletti impazziti che ballavano!-

-Come mai proprio folletti?- chiese lei.

-Non so…forse perché sono piccoli, magici…forse perché sono folli al punto giusto!-

Hydra non aveva mai pensato una cosa del genere in vita sua, e quindi cercò di immaginare tanti folletti bianchi che cadessero dal cielo: l’immagine che le venne in mente la fece ridere.

Improvvisamente si ricordò che aveva lezione di musica fra non molto, per cui lasciò il suo amico nella neve per andare a prepararsi.

Lui non doveva fare niente per il resto di tutta la giornata.

Si alzò comunque, felice di aver mantenuto la promessa, e si diresse verso uno dei porticati con le panchine. Non appena si sedette e tirò fuori dalla sacca la sua amata matita e quelli che stavano intorno, conoscendolo si dileguarono, e lui, visto che non c’era nessuno nei dintorni, si mise a disegnare per ore.

Era finalmente nel suo elemento.

Con la matita in mano, finalmente, sentiva che il suo braccio era completo, di nuovo.

Disegnò per ore e ore, sempre più soddisfatto, sempre più geloso delle sue opere.

Dopo, tornò in camera per sistemarsi un po’, siccome aveva i vestiti ancora un po’ bagnati.

Chiusosi dentro a chiave, Yusuke tirò fuori le tavole che aveva disegnato quel giorno.

Li sentiva: per lui erano vivi!

 

 

 

 

Angolo dell'autore:

Bene, ecco di nuovo ndrew7 con uno dei suoi nuovi deliri.

Spero che la storia vi piaccia (sempre se la si legga, ovvio)!

Non svelerò nulla per il momento, anche perché non mi sembra la cosa migliore da fare!

Colgo l’occasione per ringraziare raukath, che ha commentato e inserito nei seguiti!

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Capitolo 3
*** Hydra la flautista ***


Capitolo 2: Hydra la flautista

 

 

Hydra arrivò di corsa nell’aula di musica…vuota!

Nonostante rischiava il ritardo, era stata la prima ad arrivare in aula.

Sospirando di sollievo, si sedette al primo posto che gli capitò sotto mano, e riprese fiato.

Dopo qualche minuto, poi, decise di suonare un po’, prima che la lezione cominciasse.

Aprì allora la custodia nera che aveva portato con sé, e tirò fuori i pezzi di un flauto traverso.

Dopo averlo montato con cura madornale, si mise a suonare.

Una dolce melodia, tenue e che quasi sfiorava il silenzio per la sua delicatezza, si propagò per tutta l’aula.

Erano note affogate di sentimento, passione, capaci di mettere la pelle d’oca ascoltandole.

Hydra era la migliore della classe si musica, e molti definivano le sue melodie come “ambrosia per l’udito”.

Sentì un rumore, e si girò, vedendo che la porta dell’aula che stava per aprirsi.

Allontanò di scatto il flauto dalle labbra, per posarlo sul banco, e fece finta di essere interessata dalle sue unghie.

Il resto della classe entrò rumorosamente, seguita dal signor Ek, l’insegnante, un omuncolo di media statura, allampanato, sulla cinquantina.

Gli altri ragazzi presero posto, fra lo stridore delle sedie, e non appena il professor Ek si schiarì la voce, piombò il silenzio.

Dopo un rapidissimo appello, il professore parlò alla classe: -L’altra volta vi avevo chiesto di comporre un pezzo, no?! Beh, chi se la sente di farlo sentire a tutti?-

Uno dopo l’altro, molti allievi presero a suonare le loro melodia, fra ballate e inni, minimalismi e sinfonie.

-Hydra, tu non hai scelta! Suona!- le disse il professore con un sorriso sulle labbra –ma non fermarti alla semplice melodia!-

“Miseria lurida!” pensò lei.

Le doti di tutti gli abitanti dell’orfanotrofio erano note, ma c’erano alcuni ragazzi che custodivano gelosamente le proprie capacità, altri che le mostravano in parte, e Hydra rientrava fra questi.

Non le andava a genio far vedere fin dove lei potesse sconfinare col suo flauto, ma il professore aveva parlato chiaro: “non fermarti alla semplice melodia!”.

Hydra si alzò e si diresse alla cattedra, rivolta a tutti gli altri alunni.

Prese a suonare la melodia di prima, e di nuovo, quella melodia così simile al silenzio prese di nuovo vita. Man mano che suonava qualche ragazza si commosse, altri ragazzi la fissavano increduli.

Successivamente lanciò uno sguardo diabolico verso una finestra, che esplose non appena lei passò al movimento successivo.

Una pioggia di cristalli precipitò sul pavimento, per prendere poi a volare creando giochi di spirali.

Il vetro poi, ritornò intatto negli infissi, e la ragazza lanciò un altro sguardo alla bottiglia d’acqua di una vicina di banco.

Il liquido si gelò velocemente, la bottiglia prese a tremare, e si lacerò, lasciando intatta il giaccio, liscio e senza nemmeno una lieve lesione.

Puntò poi lo sguardo verso una pianta più morta che viva sul davanzale di un’altra finestra.

L’arbusto prese fuoco, le cui fiamme si estinsero subito.

Hydra, nel frattempo, sentiva le energie venirle meno. Fare certe cose comportava uno sforzo non indifferente, ragion per cui, tornò a concentrarsi sulla melodia, che ormai era diretta verso le ultime note.

Finita la sua esecuzione, tornò a posto, con un po’ d’affanno, passandosi una mano sulle tempie.

Il resto della classe era sbigottita, mentre il professor Ek, boccheggiava, senza sapere cosa dire in una circostanza del genere.

Hydra era sensazionale col suo flauto, e oggi aveva dato prova del suo potere esplosivo.

La ragazza affianco, tanto per muoversi e rompere quell’atmosfera, si alzò e buttò il pezzo di ghiaccio, che aveva preso a sciogliersi.

-Ecco, signore, perché non voglio mai andare oltre la melodia- irruppe improvvisamente Hydra –ho paura delle mie capacità!-

-Hydra, qui vi istruiamo proprio perché dovete saper sottomettere le vostre doti alle vostre intenzioni!- rispose il professore, che nel frattempo si era ripreso –E tu, cara, hai dato dimostrazione che sai fare quello che vuoi quando meglio credi!-

Hydra si sentiva a disagio, in quel momento, ragion per cui, si limitò a ringraziare l’insegnante e a starsene zitta per il resto della lezione.

Quando questa terminò, Hydra si avvicinò al signor Ek: -Professore, vorrei imparare a manipolare la psiche umana con la musica!-

-Mi dispiace Hydra, ma questa è qualcosa di estremamente oscuro, anche maligno, se vogliamo. Privare della propria volontà una qualsiasi mente, è male, e qui non abbiamo interessi nell’insegnare cose del genere! E non farti mai più venire idee del genere in testa.- rispose il professore, con una lieve nota di severità nella voce -Fidati: il tuo potere è grande!-

Dopo di ciò, i due lasciarono l’aula per dirigersi nelle proprie stanze.

Hydra, arrivata in camera sua, lasciò il flauto sul traballante tavolino, e si abbandonò sul letto.

Non era mai arrivata in vita sua a fare cose del genere.

Era stata in grado di spostare gli oggetti, ma far esplodere i vetri, gelare l’acqua e mettere fuoco alle piante, no, questo mai!

La consolava il fatto che viveva in un mondo particolare, dove molti avevano doti mistiche, che sconfinavano aldilà di molte aspettative.

Sapeva che nel Regno di Kayka, queste cose, potevano considerarsi quasi normali.

A volte però Hydra desiderava solo essere una ragazza qualunque, priva di qualsiasi potere che la facesse rientrare in quella cerchia di stramboidi.

La verità è che aveva paura della magia. La considerava qualcosa da trattare con le pinze, non come un mare in cui sguazzarci e godersi le proprie doti.

Purtroppo era nata così, e dovette rassegnarsi all’idea che lei, in ogni caso, era destinata a dover usare, prima o poi, i propri poteri.

Si chiese, poi, se anche Yusuke avesse qualche dote particolare, siccome non aveva mai dato spettacolo di qualche capacità occulta.

Hydra era sicura che Yusuke era in grado di fare qualcosa di unico, anche perché se fosse stato un ragazzo normale non sarebbe lì, in quell’orfanotrofio dove venivano istruiti ragazzi del loro calibro.

Questi pensieri le avevano messo addosso il malumore, ragion per cui si chiuse in camera per il resto della giornata senza cacciare più il naso oltre la soglia della porta.

Si cambiò e decise di andare a dormire presto.

Non dormì tranquillamente come aveva sperato.

Si girava in continuazione nel letto, con l’affanno, mentre sognava case in fiamme, persone morte assiderate e congelate, terremoti e disgrazie varie. Gli apparve anche l’immagine di Yusuke riverso a terra, senza vita, con un rivolo di sangue uscirgli dalla testa, gli occhi cavati e il corpo mutilato: un braccio era staccato dal busto, il petto era aperto in una grande e sanguinosa ferita, a mostrare gli organi che lottavano contro la morte, come se fossero pezzi d’esposizione, o comunque articoli messi in vendita da un sadico e macabro ambulante.

Si svegliò di soprassalto, urlando a squarciagola, imperlata di sudore e tremante come una foglia, e il vivido ricordo di quella bruta immagine le fece venire un conato di vomito.

Si alzò, uscì dalla camera e corse verso il bagno comune, per accasciarsi sul pavimento di fronte al gabinetto, dove ci butto tutto quello che aveva mangiato prima, e forse anche un pezzetto di anima.

Non si era resa conto di aver fatto molto rumore, per cui si meravigliò quando vide entrare alcune ragazze nel bagno che si chinarono su di lei per aiutarla, nonostante di notte non si potesse uscire dalle stanze.

Vedeva confusamente i volti di chi le stava sopra, e le mancò l’aria. Come se avessero letto il pensiero, la adagiarono per terra, e si allontanarono un po’, per farla riprendere.

Dopo qualche minuto, la ragazza alzò lentamente il busto, e una sua vicina di stanza, reggendola per la schiena, le porse un bicchiere d’acqua, e le asciugò la fronte dal sudore che aveva reso la sua pelle appiccicosa.

-Che è successo?- le chiesero.

-Morte…ho sognato scene di morte e sofferenza, intere città in fiamme, gente riversa a terra morta congelata o carbonizzata, terremoti e…-ma preferì serbare per lei l’amaro ricordo e non continuare.

Le altre l’aiutarono a rialzarsi e la riportarono nella sua camera.

Dopo che rimase sola, si mise a piangere silenziosamente, sfogando finalmente il suo enorme spavento, e tranquillizzandosi per il fatto che era tutto un brutto sogno.

“Yusuke…” pensò, prima di riaddormentarsi e prendere a ballare in sogni più tranquilli.

 

 

 

 

Angolo dell’autore:

Eccomi qui, miei cari lettori!

Con mio immenso piacere la storia è seguita già da qualcuno, e spero di non deludere le aspettative dei lettori!

 

Ad _Elea_: volendo si, posso definirmi un aritsta, anche perché suono e disegno anche! Spero che la storia ti piaccia. Ai nostri prossimi aggiornamenti! XD

A raukath: vedo che sei particolarmente interessato/a (non so il tuo sesso) dall’evolversi della storia! In verità anche io, siccome la tengo presente solo a grandi linee, e non nei dettagli! Dai, lo scopriremo solo vivendo! A presto!

A Valerie_Laichettes: si, Yusuke è un nome giapponese, ma la storia è ambientata in un mondo fantastico. I nomi veramente li prenderò da un po’ tutte le lingue! Inoltre anche a me affascina il modo in cui ho immaginato Yusuke, sai?! Siccome hai detto che seguirai, al prossimo capitolo, allora!

Ad Alaire94: hai indovinato: Yusuke ama la neve, e quel contrasto chiaro-scuro ha colpito molto anche me, che ne sono l’autore! Alla prossima!

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Capitolo 4
*** Il giardino dell'orfanotrofio ***


AVVERTENZE: Dopo aver letto il capitolo, leggete anche l’Angolo dell’autore, poiché ci sono degli avvisi importanti. Grazie per l’attenzione e buona lettura!

 

 

Capitolo 3: Il giardino dell’orfanotrofio

 

 

-Yusuke! A cosa stai pensando?-

Il ragazzo non era per niente interessato alla lezione. Si trovava lì per caso, come su un qualche disegnatore l’avesse messo lì, in una composizione eterogenea, dove lui non poteva starci comodamente.

“E che cavolo ho fatto ora?” si chiese il giovane.

-Avanti- continuò l’insegnante –traduci gli ultimi righi che ho letto-

Non nascondendo il suo disappunto, Yusuke si alzò, libro alla mano, schiarendo la voce.

-Allora… “Non cercare di sfuggire alla morte. Potrai soltanto allontanarti, per quanto sia possibile! Non perdere tempo per cercare la chiave della sopravvivenza e della vita eterna. Goditi il tuo passaggio a questo mondo, e gli déi saranno clementi con la tua anima!”…Dovrebbe essere più o meno così!- concluse il ragazzo.

-Eccellente, impeccabile come sempre Yusuke- disse l’insegnante.

Yusuke si sedette di nuovo e tornò nel suo mondo, scarabocchiando su un angolino del banco.

Aspettò che la lezione terminasse per fuggire via da quelle quattro mura.

Un’ora e mezzo più tardi, suonò la campanella che segnava la fine delle lezioni per quella giornata.

Tornò in camera per lasciare quello che non gli serviva, e uscendo dalla stanza, bussò alla porta di Hydra.

Aspettò qualche istante, per vedere sulla soglia il volto bianco della ragazza.

-Cos’è successo? Come stai?- le chiese, allarmato.

Per tutta risposta, Hydra si limitò a scuotere il capo e chiudere la porta della stanza.

Inizialmente i due camminarono in silenzio, senza osare romperlo, poi improvvisamente, Yusuke le chiese cosa avesse.

-Niente- rispose Hydra.

-Impossibile, si vede che non stai bene: hai la faccia di un cadavere!-

A queste ultime parole, Hydra fissò spaventata Yusuke, come se stesse per morire lì, davanti a lei, da un momento all’altro.

Yusuke notò la reazione della ragazza e si sentì in colpa!

-Ho detto qualcosa di male? Dimmelo se è così!-

-No, tranquillo- rispose subito lei –è solo che…-

-Che?! Che cosa “che…”- chiese con insistenza lui.

La ragazza scosse il capo: -Come tu vuoi mantenere segrete le tue doti, io voglio tenere segreta questa cosa!- concluse decisa, anche se la voce la tradiva un po’, di fatto.

-Ti sbagli- disse Yusuke con voce amara –la questione è diversa. Qui non si parla del potere di X o di quello di Y: stiamo parlando di te, della tua salute, stai male, e non negarlo, diamine! Quando ho detto che sembravi un cadavere mi hai guardato, allarmata. Quindi sputa il rospo!- finì, trafiggendola con il suo sguardo di ossidiana.

-Perché devo?- insistette lei, ostinata.

-Perché devi e basta!- rispose deciso Yusuke.

-Ti odio quando fai così- disse infine Hydra, arrendendosi, ma non continuando.

Il ragazzo si schiarì la voce, tanto per farla presente che era ancora in attesa di una risposta soddisfacente.

-Ieri sono stata a lezione come ben sai. Ma forse quello che non ti è arrivato alle orecchie è il fatto che Ek mi ha, diciamo, “costretta” ad andare oltre la melodia…mettere a nudo un po’ di più le mie capacità! E niente, inizio a suonare, dopo qualche istante, prendo di mira il vetro della finestra e ci proietto sopra la mia musica insieme alle mie intenzioni. Il vetro è esploso e si è ricomposto, ho ghiacciato l’acqua in una bottiglia e dato fuoco ad una pianta più morta che viva, e penso di averle fatto solo un piacere.

Vedendo quello che sono riuscita a fare, mi sono spaventata. Di notte, poi, ho preso a sognare città in fiamme, persone morte per il freddo, terremoti e disgrazie del genere, poi…- ma qui la voce le tremò.

-Poi?- insistette Yusuke.

-…ho sognato te…morto. Perdevi molto sangue dalla testa, avevi le orbite vuote, un braccio strappato dal resto del corpo. Il torace aperto in una ferita che metteva a nudo cuore e polmoni…che cercavano di resistere. Tutto in una enorme pozza di sangue che non smetteva mai di allargarsi.

Allora mi sono svegliata urlando e ho vomitato- concluse lei, tirando un lungo respiro.

Yusuke mantenne un’apparente calma, ma in realtà era spaventato a morte e angosciato.

Sentire uscire dalla bocca di Hydra quelle parole lo costrinsero a vedere sé stesso riverso a terra, morto dissanguato. La cosa lo spaventò tantissimo, e gli venne una leggera tremarella alle gambe.

Le scene di morte, in genere, non gli mettevano ansia, in linea di massima, ma la descrizione così vivida di Hydra, lo portò a sperimentare anche questa nuova sensazione, seppur dolorosa.

-Ah…non ti ho detto una cosa…il vero finale della “fantasmagorica” giornata di ieri- mettendo pesante enfasi ed ironia.

Yusuke deglutì, pronto ad incassare un nuovo colpo: -Ah si?-

-Dopo averti visto morto, ho pianto!- buttò lì, sentendosi finalmente più leggera.

-Fantastico…- mormorò lugubre.

Hydra rise un po’, alleggerendo l’atmosfera, dicendogli che alla fine era solo un sogno, nulla di particolare.

-Avevi ragione…meglio se questa te la tenevi per te!- disse Yusuke.

-Tu non mi ascolti mai!-

Yusuke riuscì a sorridere debolmente, anche se stava ancora giù per via del dolore di Hydra, e dell’immagine si sé stesso, morto.

-E tu? Cosa hai sognato stanotte?- chiese lei, spostando il centro del discorso.

-Un enorme, gigantesco, immenso foglio bianco, e una sola piccola, minuscola matita che ci scriveva, disegnava e colorava sopra. Il bello era che la stessa matita era in grado di produrre tutti i colori, anche se sembrava una normale matita per disegnare.-

-E cosa scriveva?-

-Mah, ti dirò, cose stupide e insensate miste a cose piuttosto profonde!-

-Mi interessano le ultime!-

-Beh…devo essere onesto?-

-E’ una domanda da fare secondo te, questa? Bah!-

“Cazzo! Quanto mai imparerò a starmene un po’ zitto?” pensò Yusuke.

-Ogni tanto usciva fuori la parola “neve”, “folletti”, “proibito” e…”Hydra”.- terminò di botto.

Hydra arrossì all’istante.

-Toh! Hai ripreso un po’ di colore!- disse Yusuke.

Hydra rise, e ringraziò lui.

Camminando, i due erano arrivati nel giardino dell’orfanotrofio.

L’intero prato era deserto.

Dopo qualche interminabile minuto di silenzio, Yusuke si sentì chiamare sulla spalla, si girò, e vide Hydra che lo avvicinò al suo viso, le labbra irresistibilmente attratte dalle sue.

Le bocche di entrambi esitavano, poi entrarono in contatto.

Inizialmente la cosa sembrò essere sbagliata, ma poi i due si lasciarono un po’ andare, lentamente.

Oblio e dimenticanza, ecco come Yusuke avrebbe descritto quel momento, e di fatto come lo definì anni dopo.

Alzò le sue mani, per poggiarne una sulla delicata schiena di Hydra, e per immergerne un’altra nei suoi folti capelli, inspirando il suo odore a pieni polmoni.

Hydra poggiò le sue mani sul collo del ragazzo, per poi farne scivolare una all’altezza del suo busto, stringendosi a lui, per non perderlo.

La pelle di Yusuke, percepì Hydra, era delicata, morbida e liscia, come la buccia di una pesca.

I due dapprima esplorarono le labbra dell’altro, poi fecero pressione, separando le labbra con la lingua, ridefinendo sempre nuovi contorni, tracciando nuovi confini.

Avidi, inspiravano a pieni polmoni ossigeno e profumo, l’essenza dell’altro.

Hydra, notò Yusuke, odorava di fiori: non sapeva dire precisamente quali, ma l’odore era essenzialmente quello.

L’odore di lui, notò la ragazza, era come quello del ghiaccio, fresco, misto a quello di pino, inebriante, creando un cocktail di odori capace di stordire: era piacevole.

Dopo due minuti mal contati, i due realizzarono cosa stavano facendo e, spaventati ognuno per la reazione dell’altro, si staccarono, con un secco schiocco di labbra.

Yusuke era rosso di vergogna e non sapeva bene dove guardare, mentre Hydra si allontanò di qualche passo, velocemente, e restò con la testa china, a creare vortici immaginari sul terreno con la punta del piede destro, e le mani serrate l’una nell’altra, dietro la schiena.

Hydra, poi, ebbe un lieve fremito. Sicura che Yusuke l’avesse notato disse: -L’aria è fredda oggi!-

“Ma fra le mille cavolate che potevo dire, proprio questa?” pensò lei, maledicendosi.

-Un po’- rispose Yusuke.

“Un po’? Cioè, Yusuke, ma ti rendi conto di cosa stai dicendo?” meditò lui.

Se ne stava lì, con le mani in mano, senza sapere che diavolo fare, se avvicinarsi e parlarne, se andarsene senza dire una parola.

Optò per un’equa via di mezzo.

-Devo andare. Ho…ho un appuntamento con un mio compagno di classe per vedere alcune cose.-

“Fantasia: 0 punti! Viva me…” pensò lui, rendendosi conto delle cavolate che diceva.

-Si, certo! Non preoccuparti…-

Rimasero per qualche attimo in silenzio, ognuno sperando che l’altro facesse il primo passo, i due codardi!

-Allora…ciao!- disse Yusuke.

-Ci si becca!- rispose Hydra.

Il giovane canuto, allora, girò i tacchi e se ne andò.

Mentre camminava, diretto per destinazioni a lui stesso ignote, pensava a quanto fosse stato stupido e ingenuo.

Si vedeva da un miglio di distanza che Hydra era affascinata da lui.

Ma non voleva che la cosa precipitasse, per così dire, così velocemente.

No, questo non gli stava per niente bene, e si sentiva in colpa, in parte responsabile.

E con questa lieve nota di rimorso tornò in camera sua, voleva recuperare Hydra.

Aveva deciso: gli avrebbe mostrato i suoi poteri.

 

 

 

 

Angolo dell’autore:

Bene ragassuoli belli!

Ve lo dico da ora, per evitare confusione in seguito.

La mia testolina bacata ha l’intenzione di rompere questa situazione di equilibrio fra pochissimo, facendo rientrare nella storia anche l’elemento avventura.

“Finalmente!” direte voi. E io vi rispondo che non apposta ho voluto così.

Nel prossimo capitolo, Yusuke mostrerà le sue doti, se la cosa vi può interessare.

Inoltre, sempre grazie alle idee provenienti dal mio cervello, ho intenzione di scrivere una serie di prologhi nel corso della storia. In questo modo si potrebbero già avere piccole anticipazioni della storia stessa. I prologhi saranno numerati, ovviamente. Fra non molto ci sarà già il prologo numero 2, quindi preparatevi.

 

Ad _Elea_: si, la situazione affascina anche me, soprattutto perché la storia prende sempre nuove forme XD Comunque no, non so suonare il flauto traverso, ma il basso. Ho deciso di far suonare il flauto ad Hydra poiché è uno strumento molto delicato, adatto ad una ragazza. Per quanto riguarda il disegno, sto facendo il ritratto di Yusuke, e fra non molto lo inserirò in uno dei capitoli, così potrai giudicare tu!

 

Alla prossima!

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Capitolo 5
*** Il disegnatore ***


Capitolo 4: Il disegnatore

 

 

Yusuke pensava di mostrarle le proprie capacità il giorno dopo, ma non sapeva come attirare l’attenzione di Hydra, in nessun modo.

E poi, Hydra non la vide per tutto il giorno seguente, e quello dopo ancora e ancora.

Il quarto giorno dopo il loro “primo” bacio aveva deciso che se non avesse trovato Hydra in giro per l’istituto, sarebbe andato a chiamarla direttamente in camera sua.

Mentre soppesava le varie possibilità, arrivò nella mensa, per mettere qualcosa sotto i denti.

Facendo la fila, notò che più avanti, Hydra usciva dalla fila, diretta con il suo vassoio verso un tavolo deserto, sul fondo.

Dopo aver preso la sua razione, con fare casuale, Yusuke si avvicinò allo stesso tavolo della ragazza.

-Posso sedermi o è occupato?- le chiese.

Hydra si voltò verso di lui. Non voleva dirgli di sì, ma non poteva nemmeno allontanarlo. Sapeva benissimo che la responsabilità di quanto era successo era anche sua in fondo. Per evitare di fare altre stupidate, si limitò a sorridere, gesto che Yusuke interpretò affermativamente.

-L’altra volta…- esordì il ragazzo, volendo chiarire subito.

-No, è stata anche colpa mia, scusami. Non dovevo! Non so cosa mi è preso, ma…l’ho fatto, ormai. Quindi non devi scusarti, inginocchiarti, baciarmi i piedi o in ogni caso nulla di simile!-

Yusuke ammutolì, e lasciò cadere il discorso.

Beh, almeno lei non se l’era presa! Ma d’altronde, come avrebbe potuto, ad ogni modo?

-Hai lezione dopo?- chiese Yusuke a Hydra.

-Esattamente, non che la cosa mi ecciti però…- rispose con un filo di amarezza in bocca.

I due ripresero a parlare come se quel bacio non fosse mai esistito, come se quei tre brevi e interminabili giorni di silenzio fossero un breve fuori programma da ignorare.

L’intera mensa era immersa in un rumoroso chiacchiericcio, quando si sentì il rumore di una sedia graffiare per terra.

L’intera sala zittì all’istante, e si girò verso il tavolo dei docenti.

La Preside, facendo sfoggio del suo metro e sessanta di altezza nel vestito lungo blu notte, doveva fare un annuncio.

-Bene ragazzi. Come saprete benissimo, domani è giornata libera per tutti voi e alcuni dei vostri insegnanti hanno avanzato l’idea di portarvi un po’ in giro, magari sulle scogliere, per passare una giornata all’aperto. Chiunque di voi sia interessato, e pregato, entro e non oltre questa sera dopo cena, di recarsi all’ufficio del professor Ek per dare i propri nominativi. Gli altri resteranno qui, insieme sotto la vigilanza degli altri insegnanti…sempre se qualcuno ha intenzione di restare qui dentro, cosa che mi pare al dir poco impossibile. Grazie per l’attenzione- e si risedette per continuare il pasto.

La mensa tornò rumorosa come prima, e già iniziavano a sentirsi le prima urla isteriche dei ragazzi che erano eccitati dall’idea che domani sarebbero usciti da quelle quattro mura.

-Tu ci vai?- chiese Hydra a Yusuke.

-Sì, già che ci portano da qualche parte meglio approfittarne!- rispose, pensando che se anche lei avesse partecipato, le avrebbe mostrato i suoi poteri, una volta per tutte!

-Tu?-

-Ovvio che vengo!- disse Hydra, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.

Iniziarono così a fantasticare sulla giornata di domani, dimenticandosi sempre più velocemente di quell’incidente maldestro.

-Andiamo a dare i nominativi, così stiamo sicuri già da ora!- lo invitò Hydra.

Per tutta risposta, Yusuke si alzò per andare a lasciare il vassoio e, con la mano, le fece cenno di muoversi.

In corridoio non si parlava d’altro. Scogliere di qua, scogliere di là, gita sopra e gita sotto. Non erano molte le uscite che facevano all’orfanotrofio, quindi si avvertiva una certa trepidazione ed elettricità nell’aria già da quel momento.

Davanti l’ufficio del professor Ek c’era già un po’ di gente a fare la fila, per cui i due ragazzi dovettero mettersi in coda e aspettare.

Un passo dopo l’altro, un minuto dopo l’altro, dopo un quarto d’ora d’attesa, Hydra, che si era imbucata nella fila prima di Yusuke, aveva varcato la soglia dell’ufficio. Dopo qualche minuto uscì fuori con un’autorizzazione e disse a Yusuke che ora poteva entrare.

Il professor Ek, seduto dietro la sua scrivania di legno, gli fece cenno di venire avanti.

-Buongiorno- salutò Yusuke, timido.

-Salve. Mi può dare i suoi dati? Nome e numero di matricola?-

-Il cognome che mi è stato dato non lo volete?-

-No, tranquillo, bastano il nome e la matricola-

-Allora, Yusuke, mentre la matricola è 79815-

Il signore Ek scribacchiò qualcosa su quella che risultò essere l’autorizzazione, dopodiché gliela porse.

Hydra lo aveva aspettato, per poi salutarlo.

-Manca ancora un’ora dalla lezione, ma devo esercitarmi un poco, e prendere lo strumento dalla stanza. Ci vediamo dopo?-

Yusuke annuì, e i due si congedarono.

Non aveva voglia di chiudersi in stanza, per cui, come chissà quante altre volte in passato, prese le sue amate carta e matita e andò nel parco, in un angolino che col tempo era diventato suo, che col tempo la gente aveva smesso di frequentare, grazie alla sua presenza e ai suoi modi di fare.

Il sole splendeva alto nell’azzurro, il cui sereno era straziato da poche nuvole bianche come i suoi capelli.

Arrivato, si accomodò per terra e prese a disegnare cose a caso, senza pensarci troppo.

D’altronde, disegnare era una cosa che gli veniva spontanea: a volte sospettava che la sua mano fosse dotata di vita propria e che non dipendesse da lui. In ogni caso non badò molto a quello che la matita scribacchiava, ma stava macchiettando un qualcosa per fare in modo che Hydra venisse a sapere dei suoi poteri.

Al momento non gli veniva in mente niente, per cui si limitò a pensare “Domani improvviserò qualcosa!”.

Dopodiché riprese a disegnare tranquillamente, sentendo le pulsazioni.

Per Yusuke quei semplici scarabocchi erano vivi, sapevano essere violenti.

Ecco, l’immagine sapeva inchiodarti lì, senza troppe cerimonie, senza riserbo e senza premure.

L’arte pretende attenzione, è egocentrica: l’arte è arte, e Yusuke l’aveva capito perfettamente, ecco perché, fra i vai motivi, si sarebbe rivelato a Hydra.

Affogato fra queste teorie, tornò nell’edificio, per passare tranquillamente il resto della giornata, in attesa dell’alba, di un nuovo giorno, in attesa di Hydra e delle scogliere.

La luna viaggiò come al solito tranquilla all’orizzonte, mentre Yusuke, nell’attesa aveva dormito solo poche ore.

Era eccitato, in fibrillazione, no?!

Appena il sole fece capolino oltre le basse nubi, si alzò dal letto, per preparasi, sia a livello materiale che psicologicamente. Quella sarebbe stata una battaglia non facile da combattere per Yusuke: era geloso di sé, dei suoi disegni, dei suoi poteri, e oggi, per la prima volta, si sarebbe rivelato.

“Ok, adesso basta, altrimenti farò solo qualche cazzata! Succeda quel che succeda!” pensò, per chiudere definitivamente il discorso anche con sé stesso.

-Ci sei?- lo chiamò Hydra fuori la porta, bussando.

-No, sono al bar!- rispose Yusuke ridendo –Dove vuoi che sia?-

“Imbecille” pensò fra sé Hydra, mentre il ragazzo si lasciava alle spalle la porta chiusa della stanza.

Dopo le varie cose di routine, i due si unirono al mucchio dei ragazzi che sarebbero andati fuori, e si avviarono, a piedi, siccome le scogliere non erano lontane.

Il sole continuava la sua corsa nel cielo, e gli uccelli avevano preso a cantare e sfrecciare nel cielo come razzi. C’era un po’ di vento a rinfrescare l’aria calda di quella giornata che smuoveva i capelli della carovana chiassosa.

Si poteva già sentire l’odore del mare che i ragazzi urlarono come ossessi, e i professori, essendo una cosa extrascolastica non fecero nulla di nulla per richiamarli all’ordine.

-Hydra- cominciò Yusuke –ti lascio per qualche minuto…devo fare una cosa, da solo-

-Riguarda i tuoi disegni?-

-Già!-

-A dopo allora!- salutò Hydra, vedendo Yusuke che si era già avviato.

Sapeva che quello che stava per fare era una cosa scorretta, ma ora la curiosità era troppa: l’avrebbe spiato.

“Che colpo basso, però…” pensò, non comunque demotivata.

-Ragazzi fate un po’ quello che volete, dovete essere tutti qui al fare del tramonto, chiaro?- disse la Preside, per poi congedarli.

Ecco, questo era il momento giusto.

Yusuke se ne era già andato, quindi non avrebbe potuto vedere che lo voleva seguire, meglio così.

Cercò di capire dove sarebbe potuto andare a cacciarsi. Nei pressi c’era una foresta, che si affacciava sulla scogliera, e conoscendo l’amico, quel luogo solitario faceva al caso suo. Sarebbe andata lì, come prima tappa, altrimenti avrebbe continuato a vagare finché non l’avesse trovato.

Entrò nella foresta, decisa fin dal primo momento a non fare alcun rumore, per non essere scoperta. Se proprio lui l’avesse scoperta, avrebbe detto che era lì per caso. La scogliera era di tutti, alla fin fine.

Misto all’odore di foglie e terra c’era anche quello della salsedine e della brezza marina.

La foresta, prima abbastanza folta, ora prese a diradarsi, offrendo uno struggente scorcio di un paesaggio commovente, capace di toglierti il fiato, strozzarti.

La montagna si gettava a capofitto nel mare, che si sentiva ruggiva dal basso.

Qualche arbusto coraggioso cercava di crescere sulle pareti dello strapiombo, senza sapere che prima o poi avrebbe ceduto.

E lì, seduto per terra, c’era lui. Aveva indovinato!

Yusuke, seduto sull’orlo della scogliera, disegnava tranquillamente.

Hydra nel frattempo, si era avvicinata alle sue spalle, assolutamente in silenzio, per non spaventarlo.

La ragazza era affascinata da Yusuke, aveva qualcosa di ammaliante nel suo modo di essere, fare, mostrarsi. Quella presunta vulnerabilità la elettrizzava, tanto da perdere il controllo della sua stessa bocca, che aveva preso a parlare di sua iniziativa.

-Belli i tuoi disegni!- esclamò Hydra.

Yusuke si girò verso di lei, lentamente, lo sguardo acceso da una luce d interesse.

-Davvero? O mi stai prendendo in giro?- chiese lui, un sopracciglio alzato, sulla difensiva.

-Davvero, sono stupefacenti! Sono…unici! Mai visto qualcosa del genere!- esclamò la ragazza –Me ne faresti uno?-

-Si…- rispose lui, un po’ scocciato, un po’ divertito.

Il ragazzo, allora, si armò di carta e matita, e prese a disegnare forsennatamente.

“E non hai ancora visto il meglio, Hydra!” pensò Yusuke, esaltato.

Il disegno che la ragazza aveva visto era quello di una fenice in fiamme.

Le sembrava così vero che ebbe l’illusione che la fenice stesse ardendo lì, davanti a lei, come se le fiamme stavano guizzando, come se fossero…reali, vive.

Yusuke continuò il disegno che di per sé sfiorava la perfezione, ma che per lui era una sorta di bozza migliorata e ancora da aggiustare.

Lentamente, Hydra si accomodò di fianco all’amico, osservando in madornale silenzio.

“Quando si dice il caso!” pensò Yusuke.

“Chissà perché non vuole mai far veder i suoi disegni…” si chiedeva Hydra.

Non aveva il coraggio di rompere il silenzio, e si limitò a fissare a bocca aperta la mano rapida di Yusuke, che si muoveva svelta e precisa su quel pezzo di carta.

La fenice sia arricchì di piumaggi sempre più favolosi, le fiamme di scintille nuove, la carta si arricchiva di segni di matita, che sembravano pulsare, avere un cuore che battesse unicamente per loro.

Dopo una buona mezz’ora, Yusuke affermò che l’opera era finita.

-E’ mio?- chiese lei, trepidante.

-Solo se lo vuoi- rispose lui.

Poi riprese, più serio e tremante: -Ti mostrerò cosa sono in grado di fare!-

Hydra non credeva alle sue orecchie, non riusciva a parlare, per cui si limitò a fissarlo con gli occhi sgranati.

Yusuke prese il disegno della fenice e lo appallottolò, senza troppe cerimonie.

Lo strinse al petto, pronunciando qualcosa in silenzio, muovendo solo le labbra, tutto in una frazione di secondo.

Aprì il foglio, e la fenice schizzò letteralmente fuori dal foglio, cantando, in fiamme.

Hydra si spaventò vedendo uscire fuori un uccello enorme da un misero pezzo di carta, per cui cadde per terra, e indietreggiò istintivamente.

La fenice prese a volteggiare cantando una melodia suadente, dolce, che sapeva di lussuria e vitalità.

Yusuke ammirò soddisfatto la sua opera per qualche minuto, per poi appallottolare di nuovo il disegno e mormorare altre parole, e la fenice sparì.

Ancora a terra, Hydra fissava Yusuke, che ricambiava col suo solito sguardo neutro e un sorriso serafico.

-Io do la vita ai miei disegni, e posso fargli fare quello che voglio!-

Hydra si rialzò a fatica, la fronte imperlata di sudore.

-Assurdo…è semplicemente assurdo!- esclamò lei.

-Anche io ho paura dei miei poteri, sai?- disse Yusuke –In ogni caso, questo è tuo- disse porgendole il disegno della fenice.

-Assurdo…- la ragazza non riuscì a dire altro, mentre fissava ammirata prima l’amico poi il disegno.

Yusuke, nel frattempo, aveva ripreso a disegnare come se nulla fosse, intossicandosi alla vista di quello struggente orizzonte.

 

 

 

 

Angolo dell’autore:

Bene ragazzi, Yusuke, finalmente si è rivelato, contenti?

Spero che il capitolo vi sia piaciuto!

Il prossimo, ve lo dico da ora, sarà un prologo, e entrerà, quindi, l’elemento avventura!

 

A Valerie_Laichettes: ciao! Immagino che chiunque si sia spaventato a quella vista, e…si, entrambi erano imbarazzatissimi per quello che era successo! La mia mente è strana , lo so XD

Siccome me lo chiedesti prima, ti dico che Yusuke significa “Supporto confortevole”. L’ho scelto casualmente, ma forse potrebbero esserci attinenze fra il nome e il contenuto della storia! Alla prossima!

 

Ad _Elea_: we! Capirai subito cosa intendo per “rompere l’equilibrio”. Tempo al tempo. Per quanto riguarda il disegno, è in lavorazione, per cui, tieniti pronta! Alla prossima!

 

Saluti!

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Capitolo 6
*** Prologo n.2 ***


Prologo n.2

 

 

-Cosa significa che i due sono sfuggiti?- chiese il sovrano.

I soldati non avevano parole, non sapevano come scusarsi.

-Esigo una risposta soddisfacente, e subito!- ordinò il re, battendo un pungo sul bracciolo del trono.

Le guardie, invece, presero a tremare.

Uno fra loro, in una crisi di nervi, prese a piangere in maniera isterica, accusando l’altro, che sarebbe potuto comodamente passare per una statua di cera.

Il re, infastidito, richiamò il silenzio: -Mi dispiace, ma sapete cosa vi aspetta!-

Inorriditi e spaventati, i soldati presero a chiedere perdono, invocando la benevolenza di Kaos il Magnanimo.

-Certo che avrete benevolenza, tranquilli!- rispose.

Detto questo schioccò le dita e le armi appese alle pareti presero vita, e volarono contro i poveri disgraziati, riducendoli in un mare di sangue.

Ad uno, una mazza ferrata aveva fracassato il cranio, facendone uscire il grigio cervello in un mare di sangue, mentre una frusta lo strangolò, lasciandogli profondi segni sulla gola e recidendo le vie respiratorie.

Una lancia ne aveva infilzato unaltro da parte a parte, mentre una serie di frecce si conficcarono su tutto il suo corpo, senza pietà.

Gli si infilarono negli occhi, facendo cacciare al malcapitato un dilaniante urlo di dolore.

E poi silenzio: un’ascia, come mossa a compassione, lo decapitò: un taglio netto, in un mare di sangue e schegge di ossa.

Altri morirono strangolati, inchiodati, smembrati vivi, tutto in un mare di sangue e metallo.

Indifferente, Kaos si voltò verso il suo trono, e disse: -Cercateli a tutti i costi. Ovviamente li voglio qui vivi, o farete la loro stessa fine. Penso di essere stato abbastanza chiaro! Ed ora, per cortesia, vi sarei grato se puliste, bastardi!-.

 

 

 

 

Angolo dell’autore:

Salve salvino!

Ecco, come promesso, il prologo n.2!

Kaos…chi cazzo è? Eheh, aspettate e lo scoprirete!

Come avrete potuto constatare, la mia mente è piuttosto perversa in materia di macabro, ma più avanti ci sarà un’evoluzione del genere u.u

 

A Valerie_Laichettes: ciao! Avevi ragione, quelle sono sviste vere e proprie, fatte senza rendermene conto, in ogni caso ho corretto. Grazie per avermele fatte notare!

Comunque sì, mi piace la punteggiatura! Da ritmo *-*

Nel prossimo capitolo, comunque posto il ritratto di Yusuke :)

A presto!

 

A _Elea_: si, il potere di Yusuke deriva dal disegno, è più bello di quello di Hydra, ma non credo sia altrettanto pericoloso, però XD

Alla prossima!

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Capitolo 7
*** Sospetti e fuga ***


Capitolo 5: Sospetti e fuga

 

 

-E perché non hai mai mostrato questa tua capacità a nessuno?- chiese Hydra, per l’ennesima volta.

Mentre camminavano sotto i portici, Yusuke alzò lo sguardo verso il cielo, rassegnato.

-Per la milionesima volta…anche io ho paura delle mie capacità!-

-Sì, l’ho capito, ma perché?-

-Perché tu non volevi andare oltre con la tua melodia?- le chiese allora Yusuke, a tono.

Hydra, allora, capì davvero cosa intendeva il ragazzo, e si rassegnò, lasciando cadere il discorso una volta e per sempre.

Erano passati quindici giorni dalla gita sulle scogliere, eppure il ricordo del volo di quella fenice era perfettamente vivido, come se fosse successo meno di un minuto prima.

-Ultima domanda…hai intenzione di rivelarlo a qualcun altro?-

-Non lo so, forse.-

E il discorso, finalmente, morì lì.

Dal giorno dopo la loro fuoriuscita, Yusuke aveva notato che fuori dall’istituto passavano sempre più spesso persone estranee, che si fermavano a scrutare la struttura e i ragazzi che in quel momento ciondolavano nel giardino senza fare qualcosa di particolare.

Una volta Yusuke, diretto verso l’infermeria, siccome la mano gli sanguinava, notò che una figura scura in volto, lo guardava ma non come si vedono i passanti che capitano davanti al proprio sguardo: lo fissava intensamente, come se lo stesse analizzando.

Solo quando la presa sull’altra mano divenne troppo viscida si decise a muoversi verso l’infermeria.

Con la coda dell’occhio, però, notò che l’individuo ancora lo fissava.

Da quel giorno, poi, gli sembrò che la presenza degli estranei si intensificò.

Anche i professori se ne erano accorti, e siccome secondo loro doveva succeder qualcosa prima o poi, avevano invitato gli studenti alla massima cautela.

Mentre pensava queste cose, il ragazzo, chissà perché, prese la decisione di rivelare i suoi poteri anche agli altri.

-Come mai?- chiese Hydra, impressionata dall’amico.

-Aveva senso mantenere il segreto finché questo era davvero tale, ma siccome tu sai cosa so fare, non ha più senso mantenere questo alone di mistero. Ergo, vado già ora in classe, così preparo una tavola e la mostro al resto del mondo. A dopo!- e i due si salutarono, Hydra un po’ meno convinta.

Aveva a disposizione un’ora di tempo, per cui decise di creare qualcosa di mozzafiato.

Se bisognava stupire, lo si doveva fare bene, no?!

Prese posto in fondo all’aula, e prese a disegnare un demone.

Questo ero androgino, non si capiva il suo vero sesso, per il semplice fatto che erano presenti elementi di entrambi.

La testa era sormontato da tre corna, due laterali ed una centrale; il mostro aveva occhi felini, e il muso arricciato nella smorfia di un urlo, mostrando gli affilatissimi canini. Il corpo era tonico e sui punti nevralgici si vedevano le vene gonfie. Era munito di una coda irta di aculei di ghiaccio, mentre gli arti sembravano essere l’incrocio fra quelli umani e quelli dei rapaci.

Il corpo, inoltre, adorno di monili e simboli inventati dal ragazzo in quello stesso momento, era dotato di ali piumate nere come la pece.

Yusuke era preso dal disegno, che non si era reso che l’aula si stava pian piano riempiendo, mentre un gruppetto di curiosi si erano messi dietro il ragazzo per vedere cosa stesse disegnando. Yusuke, però, era talmente chino sul disegno, per ridefinire i particolari, che ne ostacolò involontariamente la vista.

Quando ebbe finito, si distese sulla sedia, lasciando libera la visuale.

In quel momento si accorse di quelli che lo spiavano, e involontariamente volle nascondere il disegno, ma poi si ricordò che in ogni caso sarebbero stati spettatori, dopo, quindi non ne valeva la pena, e gli lasciò sbirciare la sua opera, magnifica nella sua diabolicità, seducente nel suo essere ambiguo.

La signora Roth entrò in classe richiamando l’ordine. Dopo le solite cose di routine, Yusuke si alzò e chiese al docente di poter mostrare i suoi poteri.

-Parli sul serio?- chiese la professoressa, sbigottita, mentre la classe mormorò parole di meraviglia e stupore.

-Mai come ora- rispose Yusuke.

-Va bene, siccome ti sei deciso, oggi hai campo libero. Di che si tratta?-

-E’ meglio vederlo che descriverlo!-

Detto questo, si alzò e fece vedere prima il disegno a tutti i presenti, che mormoravano esclamazioni di stupore davanti a tanta magnificenza. Dopo si mise in fondo all’aula, e come l’altra volta, accartocciò il disegno, per pronunciare le stesse silenziose parole.

Aprì il disegno, e sul pavimento davanti la cattedra si creò una nera macchia di fumo, lentamente emersero prima le corna, poi la testa, e infine il resto del corpo.

Il demone aveva preso vita.

Alcuni urlarono dalla paura, e istintivamente cercarono di scappare dalla porta, ma Yusuke urlò loro di stare fermi, che lui poteva comandarlo e che non avrebbe fatto loro del male. Infatti il demone si limitò a volteggiare, fare esibizione di sé, e fracassare un banco vuoto davanti a lui toccandolo semplicemente con i polpastrelli delle dita.

Poi appallottolò di nuovo il disegno, e il demone svanì in una nube di fumo, lasciandosi dietro una bitonale risata ambigua.

La classe rimase in silenzio, lo sguardo fisso su Yusuke che riprese posto tranquillamente.

La professoressa Roth iniziò a battere le mani, e poi, pian piano anche il resto dei presenti.

-Sconvolgente, sensazionale! E’ un qualcosa di unico!- lo adulò la donna.

L’insegnante continuò il suo sproloquio per molto tempo, ma Yusuke non sentiva nemmeno una lettera di quello che stava dicendo.

Aveva lo sguardo rivolto fuori dalla finestra: qualcuno lo stava fissando, anzi, gli faceva cenni con le mani.

Yusuke non lo conosceva, e il fatto che così tanti estranei venivano davanti l’orfanotrofio, e che, addirittura, qualcuno lo stesse chiamando, gli metteva ansia.

Lo disse all’insegnante, ma appena questa si affacciò, l’esterno era di nuovo deserto.

Per il resto della lezione, Yusuke si voltò spesso verso la finestra, ma non trovava nulla di nulla, solo quella persistente sensazione di essere sotto osservazione, e che dovesse accadere qualcosa da un momento all’altro.

E sull’ultima cosa era certo: sentiva che l’aria era carica, elettrica, e non gli piaceva.

Tornando in camera sua, aveva la sensazione di essere seguito, e quando arrivò, sentì qualcosa bussare…alla finestra?!

Scostò al tenda, e vide che non c’era niente, ma che sul vetro, a ritmo regolare, arrivavano dei sassolini.

Di nuovo quella persona? Yusuke lo incenerì con lo sguardo e l’altro cosa faceva? Stava ridendo? E poi se ne andò.

Quella sgradevole sensazione di viscido e disagio stava appena percorrendo la sua schiena, che Yusuke iniziò a sudare.

Cosa volevano da lui? O era semplicemente paranoia, la sua?

-Yusuke!-

Hydra lo chiamava da fuori.

Il ragazzo le aprì la porta, deglutendo.

-Chi era quello sotto la finestra?-

-Ah, allora l’hai visto anche tu? E che ne posso sapere io? Mi sta venendo l’ansia…ho brutti presentimenti…- rispose il canuto.

-Vedi di non farli diventare realtà, allora!- esclamò Hydra, un po’ preoccupata.

Lentamente i giorni si consumarono, ma Yusuke non riusciva a togliersi di dosso l’impressione che stesse per succedere qualcosa.

Aveva i muscoli sempre in tensione, come se dovesse scattare da un momento all’altro.

La cosa gli procurò non pochi fastidi a livello fisico e psicologico, tanto che dovette saltare un paio di lezioni per riprendersi non del tutto.

Dopo pochi giorni riusciva a stento prendere sonno, ma almeno poteva dormire per qualche ora indisturbato.

In una delle tante notti di insonnia, insofferente, Yusuke non si cambiò nemmeno, e si stese direttamente sul letto, a pensare.

La cosa gli procurò solo un terribile mal di testa, per cui smise di meditare, e si limitò a contemplare il silenzio dell’edificio ad occhi chiusi.

Passarono parecchi munti e Yusuke si ritrovò in un piacevole stato di torpore, quando sentì un urlo provenire da qualche parte nell’istituto.

La cosa non lo preoccupò, siccome ogni tanto succedevano cose del genere.

Ma dopo pochi istanti ci furono una serie di strilli agghiaccianti, diversi dai soliti.

Yusuke balzò in piedi e sia affacciò sulla soglia della porta; come lui c’erano molti compagni, i volti assonnati mascherati da veli di curiosità.

La signora Roth corse verso la stanza di Yusuke, e, bloccandogli le spalle, disse: -Yusuke, devi andartene. Questo non è un posto sicuro per te. La Milizia ti sta cercando, e stiamo temporeggiando per farti scappare!-

Yusuke in quel momento capì solo che dovette scappare, ragion per cui, come un fulmine, prese una sacca, ci mise dentro i suoi vestiti e gli attrezzi del disegno.

-Tieni, ti serviranno!- disse la Roth, dandogli un sacco pieno di monete –E adesso, vai!- e detto questo, la professoressa tornò da dove era venuta.

Hydra, come tutti gli altri, aveva assistito alla scena, e come Yusuke, anche lei tornò dentro a prepararsi, intenzionata ad accompagnare l’amico.

Yusuke già camminava furtivo nel corridoio, verso un’uscita più nascosta, che Hydra lo raggiunse, dicendogli che era intenzionata ad accompagnarlo e che non si sarebbe tirata indietro.

Yusuke non volle ribattere, ma l’idea che lei doveva rischiare per lui non gli andava a genio. Rimase comunque in silenzio.

-Di qua!- disse Hydra –Usciamo da questa finestra: qui c’è la foresta!-

Yusuke aprì la finestra, e si calò verso il basso, cercando di non farsi vedere da nessuno. Atterrò silenziosamente seguito da Hydra. I due si nascosero nel folto per qualche minuto per riprendersi.

-Che vogliono da me?- chiese infine il ragazzo.

Lei si limitò a fissarlo, senza sapere cosa dire.

Uno scoppio improvviso ruppe il silenzio, e i due videro che parte dell’edificio era in preda alle fiamme, mentre dall’altra, i ragazzi scappavano in tutte le direzioni, in cerca di un rifugio.

Per evitare di essere scoperti da eventuali inseguitori, i due presero a scappare più velocemente che potevano, e in pochi minuti raggiunsero la scogliera dove poco tempo prima Yusuke aveva mostrato i suoi poteri.

Qui non si fermarono, ma cercarono di allontanarsi il più possibile dall’orfanotrofio.

Trovarono una grotta e Yusuke propose di nascondersi lì.

Hydra, poi, propose di coprire l’entrata con rami e foglie secche e magari qualche pietra creata da Yusuke stesso, così da nascondersi meglio.

Una volta barricati dentro, per fortuna, dai rami filtrava abbastanza luce da illuminare poco l’interno, ma non abbastanza per farne veder il contenuto.

Yusuke prese a tremare: -Lo sapevo che doveva succedere qualcosa, lo sapevo!- si lamentò.

La Milizia, ossia l’esercito reale, lo stava cercando.

Ma perché? Non aveva fatto niente di niente per suscitare le ire del sovrano!

Aveva paura, ma cercava di non darlo a vedere.

-Domani andiamo a Daesal, e vediamo se lì sanno qualcosa!- disse Hydra, per rassicurare l’amico, che si limitò, stanco, ad annuire.

Abbracciati, i due si addormentarono, accarezzati da quell’atmosfera per niente piacevole di panico e terrore, decisi a capire cosa stesse succedendo.

 

 

 

 

Angolo dell’autore:

Bene. Come promesso, ho rotto l’equilibrio della storia in maniera definitiva u.u

I due amici ora sono dei fuggiaschi, ma non sanno per quale motivo.

Per motivi tecnici (lo scanner mi ha abbandonato) non posso postare il disegno in questo capitolo, come accennai precedentemente. Appena posso lo metto i uno dei prossimi capitoli! Ne approfitto per apportare alcune modifiche e aggiustarlo :)

 

A Valerie_Laichettes: salve! Allora, ho voluto ripetere “un mare di sangue” più di una volta per inchiodare l’immagine, anche se fonicamente è un po’ brutto da sentire, lo so ^^”

Per quanto riguarda il mio lato macabro…beh che dire? ^^ Quando mi metto d’impegno sono un genio del male…e Saw sarebbe solo un bambino giocherellone in confronto u.u

Considera che quelle morti le ho scritte così, di getto, senza pensarci troppo (è una cosa che mi viene molto naturale O.o)!

Sono matto da legare, lo so che lo stai pensando, eh?! XD

Alla prossima!

 

A _Elea_: weeeeee! Certo che puoi chiamarmi Andrea ;)

Perché faccio una serie di prologhi? Beh, in questo modo do piccole anticipazioni al lettore, e forse riesco a mantenere vivo l’interesse di chi legge. E’ una cosa un po’ grossolana, forse, ma penso che possa dare i suoi risultati!

A presto!

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Capitolo 8
*** Kaos il semi-demone ***


Capitolo 6: Kaos il semi-demone

 

 

L’alba arrivò, come sempre, dopo le ore più buie della notte, come se volesse consolare un bambino timoroso del buio.

I pochi raggi di sole che riuscirono a penetrare quella barriera di foglie, ferirono senza pietà gli occhi di Yusuke, che si svegliò. Per evitare un ulteriore e troppo brusco ritorno alla realtà rimase ad occhi chiusi.

Nutriva la stupida ed ingenua speranza che quello che aveva vissuto fosse un semplice sogno.

Ma aprendo gli occhi, poi, la verità gli si parò davanti in tutta la sua crudeltà con il corpo di Hydra e le fronde che schermavano la luce.

Allora i ricordi ripresero una forma ancora più nitida nella sua memoria.

Sentiva ancora nelle orecchie il rombo dell’esplosione e l’eruzione delle fiamme, non riusciva ad ignorare l’eco degli altri  ragazzi che correvano in cerca di rifugio.

Non riusciva a scacciare dalla mente le parole della professoressa Roth.

“La Milizia ti sta cercando”.

Si sentiva sporco, mutilato, ma senza saperne bene il perché.

La vergogna di aver fatto qualcosa che non ha mai eseguito lo colpì in pieno, come lo schiaffo di una mano callosa.

Dopo pochi istanti anche Hydra si svegliò sbadigliano sonoramente.

Si staccò da Yusuke e si stiracchiò, dopodiché i due rimasero a guardarsi per qualche minuto.

Allora il canuto si alzò e la spronò a mettersi in cammino per Daesal.

L’aria fuori era piacevolmente fresca e svegliò del tutto i due.

-Daesal è oltre le scogliere. Andiamo?- disse Hydra.

-Andiamo…- rispose Yusuke.

Man mano che si lasciavano le scogliere alle spalle, il paesaggio tendeva a diventare sempre più brullo, selvatico.

Il mare, lentamente, cedette il passo a montagne di creta e argilla, sui cui lati crescevano arbusti e piccoli alberi, che sembravano morire di solitudine.

La strada che i due percorrevano procedeva diritta in quella spoglia landa, andando incontro a poche case.

Il sole continuava a salire, e la temperatura cominciò ad aumentare.

Lì, in quella terra desolata, in quel deserto di creta, si moriva dal caldo, ma i due dovevano arrivare a Daesal a tutti i costi.

Dopo un bel po’ di cammino e di silenzio, Yusuke disse: -Ma quando arriviamo, diamine?-

-Non lo so…- disse Hydra sconsolata.

Nel frattempo le case che costeggiavano la strada divennero sempre più grandi e iniziarono a spuntare con una certa frequenza.

-Dai, che forse stiamo arrivando!- esclamò speranzoso Yusuke.

I due iniziarono a vedere anche alcune persone: chi lavorava nei campi, chi camminava nella stessa direzione dei due fuggiaschi, chi entrava e usciva dalle proprie abitazioni.

Raggiunsero una ragazza che portava un cesto di frutta e le chiesero quanto mancasse per Daesal.

-Il paese non è molto lontano da qui! Ci vorrà al massimo un altro quarto d’ora!-

-Grazie mille!- risposero i due, per lanciarsi  passo spedito verso la loro meta.

Dopo poco tempo, svoltando, apparve dinnanzi a loro il piccolo paese.

Daesal si sviluppava sull’altezza di una collina.

Entrando, i due si resero conto di come il mondo fosse diverso dalle mura dell’orfanotrofio: Daesal era una località molto caratteristica.

Le case erano tutte colorate, dando vita ad un fantasioso mosaico di un qualche artista bizzarro.

Le strade erano impregnate dall’eco di diversi odori: terra, limoni, animali, sudore, immondizia, tessuti, porpora, fiori e vino. In mezzo alla strada c’erano bambini che giocavano, donne che filavano e chiacchieravano con le vicine, spettegolando allegramente del fatto che una aveva messo sul proprio balcone una pianta senza chiedere il parere delle amiche, o sul fatto che la figlia del vasaio aveva mandato all’aria il proprio matrimonio di sua spontanea iniziativa.

La città sembrava estremamente dinamica e mai uguale a sé stessa, in continua trasformazione.

-Dove possiamo chiedere?- chiese Hydra, mentre ammirava i diversi edifici.

-Vediamo se troviamo una piazza o un mercato…posti frequentati dalla gente!- rispose.

Chiesero qualche indicazione e vennero mandati un po’ più avanti, ma non dopo aver girato a destra al primo incrocio, attraversato il ponte e aver svoltato alla seconda a sinistra di un strada con numerose viuzze secondarie ai lati.

Sbucarono su un’ampia piazza quadrata, piena di bancarelle e negozi su tutto il perimetro.

Al centro c’era una fontana c accerchiata da panchine, occupate da persone di tutte le età.

Altra gente camminava per la piazza passando di negozio in negozio, ridendo o litigando con i commercianti sul fatto che l’altro giorno gli avesse rifilato merce scadente rispetto a quanto l’avesse pagata.

Ovviamente non potevano permettersi di andare in giro a chiedere “Sa perché ieri sera hanno incendiato l’orfanotrofio?”. Sarebbe stato controproducente.

Con una fugace occhiata di intesa, i due si accordarono a bighellonare per la piazza, magari comprando qualcosa da bere e mangiare, facendo attenzione ai discorsi delle persone.

Comprarono delle mele, frutta secca, formaggio, carne secca, vino, acqua e altre cose, ma di informazioni nemmeno l’ombra.

Stavano per chiedere direttamente informazioni ad un passante, quando questi, con i suoi amici disse: -Hai sentito? Ieri sera la Milizia è andata all’orfanotrofio!-

-Come mai?-

-Non lo so di preciso. So che Kaos era alla ricerca di un ragazzo che ci abitava-

-Kaos? Non fare lo stupido! Cosa può mai volere il re da un orfano?- rispose uno ridendo.

-E che ne so io! Ti dico quello che so, niente di più e niente di meno-

-Sbaglio o in quella struttura venivano ospitati ragazzi con poteri paranormali?-

-Esattamente. E la cosa peggiore è che la Milizia, dopo essere stata all’orfanotrofio, l’ha distrutto! Secondo me Kaos vuole qualcuno che stava lì dentro. Anche perché si vociferano strane cose sul sovrano. Penso che abbia paura della propria incolumità. Si sa, il re è paranoico-

Gli uomini presero a ridere e se ne andarono.

Hydra era sconvolta.

Yusuke era sconcertato, nel panico.

Il re era davvero sulle sue tracce. Ma perché che cosa aveva fatto? Nulla, per quanto potesse ricordare o sapere.

Ma il re era paranoico.

-Hydra- cominciò Yusuke –che sai dirimi sul re? Non conosco bene la sua storia-

La ragazza sospirò e prese a parlare: -Yusuke, forse so perché il re ti sta alle calcagna.

Kaos il Magnifico regna sul Regno di Kayka da molto tempo, e non è un uomo, nemmeno una divinità.

Kaos è il figlio di un demone, Kuro,  e di una donna, la regina di Kayka, Yuki.

I due si unirono in una notte di plenilunio.

Lei era andata nei boschi per compiere alcuni riti per gli dèi della notte.

Il demone, che viveva su quella terra da molti millenni, si avvicinò a lei, cauto e incuriosito per non spaventarla, ma Yuki si accorse subito di non essere sola nella radura.

Appena lo vide lanciò un grido di terrore, e svenne.

Non appena rinvenne si accorse che era adagiata sull’erba e il demone si era presa cura di lei negli attimi di incoscienza. Yuki capì che in quell’essere c’era qualcosa di strano…di buono!

Dopo quell’episodio, Yuki e Kuro si incontrarono sempre più frequentemente.

E in una notte afosa, consumarono il loro amore.

Dopo nove mesi, Yuki di Kayka mise al mondo un maschio.

Kayka aveva un successore. Il bambino venne chiamato Kaos, e crebbe fra le coccole della madre e la quasi totale assenza del padre, che lentamente cercò di recidere i legami che lo univano a Yuki e a quel bambino, consapevole di aver creato qualcosa di fortemente instabile.

Già nei primi anni di vita, il ragazzo manifestava fortissimi sbalzi di umore, che andavano dalla quiescenza ad una selvaggia furia omicida.

Col tempo, Kaos scoprì di poter controllare gli oggetti con la telecinesi, diventare invisibile e poter infiltrarsi nelle menti degli uomini, sviandoli, indicandogli soluzioni sempre dolorose. Erano più che altro consigli, poiché gli uomini avevano il libero arbitrio, e potevano fare quello che preferivano, a prescindere da quello che Kaos suggeriva loro.

All’età di 15 anni, mese più mese meno, il giovane aveva sviluppato le sue capacità e le usava con abile maestria, sia per fare del bene, che per provocare del male.

All’epoca Kaos iniziò anche a sviluppare una forte attitudine per il comando, e siccome da questo momento in poi il suo demone si faceva vedere più spesso, fece uccidere la madre.

Con la sua abilità mentali, riuscì a convincere il cuoco ad avvelenare la camomilla serale della regina.

Questa morì nel sonno, nel silenzio, senza che nessuno se ne fosse accorto.

Le indagini confermarono che il colpevole era lui, e Kaos ordinò di tagliarli la testa e gettare il corpo in un fossato.

Il givane ne uscì pulito, e, salito al trono, cominciò la sua ascesa al potere.

Sotto il suo comando, il già fiorente Regno di Kayka divenne ancora più florido e temuto dai Paesi limitrofi: all’epoca il giovane si guadagnò l’appellativo di Magnifico.

Kaos aveva dato l’ordine di dare origine ad un nuovo apparato militare: la Milizia.

Il re aveva già il comando dell’esercito reale, ma questo era anche sottoposto ai voleri dei generali, ma la Milizia era di esclusiva proprietà del sovrano.

Non apposta fece fondare questa squadra: egli era stato l’artefice della morte della regina Yuki,  temeva per la propria incolumità, e sapeva bene che i suoi presentimenti erano più che fondati.

Questa forte instabilità emotiva lo portò a più frequenti e violenti sbalzi di umore e personalità, che sfogava sugli innocenti addetti ai lavori nel suo castello.

Kaos aveva paura di tutti gli altri che avevano, come lui, particolari poteri. Comprendi?

Credo che abbia paura che tu possa eliminarlo-

-Ma scusa, è mezzo demone! Per logica non dovrebbe essere mortale! Solo una divinità o un altro demone può ucciderlo!-

-Lo so- disse Hydra –però questo è quello che so-

I due ripresero il loro cammino, assetati di informazioni, quando, uscendo dalla piazza, videro che un uomo aveva appeso un volantino su un muro.

Incuriositi, i due si avvicinarono e lessero il contenuto.

 

Yusuke Kaze, dell’orfanotrofio di Daesal

È ricercato per ordine di Sua Maestà il Re Kaos il Magnifico

Per atto di tentata cospirazione al sovrano.

È ricercata anche Hydra Joule,

Accusata di complicità nell’atto di cospirazione.

Chiunque rintracci o prenda i due fuggitivi

È pregato di consegnarli direttamente al Re o alla Milizia.

In palio, una ricompensa di

500.000 dobloni.

 

Non appena i due finirono di leggere, sbiancarono.

Un uomo si avvicinò, e dopo aver letto disse: - Se quei due hanno un po’ di sale in zucca eviteranno tutti i centri e le grosse città, altrimenti la Milizia li farà subito fuori-

-Infatti…- rispose Yusuke, con un filo di voce.

I due fecero gli ultimi acquisti, grati del fatto che all’avviso non erano ancora stati appesi dei ritratti identificativi, e filarono via, in cerca di un posto sicuro.

 

 

 

 

Angolo dell’autore:

Buonasera a voi!

Bene, in questo capitolo è stato delineato il profilo di Kaos, e il motivo per cui i due sono costretti alla fuga.

Perché devono scappare a destra e a manca? Chissà! XD

Se può interessarvi, comunque, potete impegnarvi a trovarli e prendere voi quei 500.000 dobloni ;)

Fra non molto, in ogni caso, rivelerò il perché, quindi tenetevi pronti u.u

Ora…

 

A _Elea_: ciao Alice! Mi piace il tuo nome XD Comunque, per quanto riguarda la velocità, non ho un metodo preciso. Mi viene naturale. Diciamo che quasi le vomito le idee, e prendono forma nei capitoli XD Grazie mille per i complimenti, e al prossimo capitolo!

 

A Valerie_Laichettes: Ciao! Beh…diciamo che la loro fuga è motivata non tanto dai poteri di Yusuke o dal suo passato, quanto da Yusuke stesso. Non so se riesco a farmi capire.

Ti rivelerò un piccolo segreto. Anche Hydra, che è partita di sua spontanea volontà, sarà “colpevole” come Yusuke.

Alla prossima!

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Capitolo 9
*** La consapevolezza di essere colpevoli ***


Capitolo 7: La consapevolezza di essere colpevoli

 

 

A Daesal i due erano riusciti a capire che erano ricercati.

-Tentata cospirazione?- disse Hydra a Yusuke, il fiato corto.

Non appena i due avevano finito i loro acquisti, si erano diretti verso l’orfanotrofio, per vedere se c’erano superstiti.

Usciti dalla città, i due si erano messi a correre veloci come il vento. Dopo un po’ arrivarono alla stessa caverna che gli aveva ospitati per la notte, e dopo essersi riposati lì per non più di mezz’ora, e favoriti dal fatto che il sole stava tramontando, i due si incamminarono verso la loro meta.

Entrambi non spiccicarono parola per tutto il tragitto, e nessuno osava rompere la fragilità di quel silenzio.

Dopo altri minuti di cammino, la foresta che copriva la zona iniziò a diradarsi, offrendo i primi scorci dell’edificio…distrutto.

L’ala destra della struttura era completamente saltata in aria, i vetri scoppiati per via delle fiamme, il tetto crollato, i pochi muri ancora in piedi neri di fuliggine. Il resto era solo un cumulo di macerie e dolore.

Yusuke notò che fra le rovine dell’orfanotrofio si muoveva qualcuno, ma non riusciva a capire se fosse un Milite o uno degli insegnanti. Dopo qualche attimo, riconobbe la Preside e qualche altro insegnante, per cui i due decisero di arrischiarsi e uscire allo scoperto.

-Signora Preside!- chiamò il ragazzo.

La donna alzò lo sguardo, e vedendo che Yusuke e Hydra le venivano incontro tirò un respiro di sollievo.

-Non vi hanno presi! Che sia benedetto il cielo! Che ci fate qui?-

-Volevamo vedere cosa era successo dopo la nostra fuga…-rispose Hydra per entrambi.

La Preside, con un sorriso amaro, mostrò le rovine, come se non fossero abbastanza grandi da fare bella mostra di sé.

-Tutto questo…perché cercano…noi?- disse Yusuke.

-Non sapevo che fosse ricercata anche la ragazza.-gli rispose la Preside.

Raccontarono della loro capatina a Daesal, dei loro intenti di trovare informazioni e del manifesto sulla loro ricerca.

-Su di noi c’è una taglia di 500.000 dobloni- concluse Hydra.

La Preside strabuzzò gli occhi e disse loro che non dovevano per nessun motivo uscire allo scoperto così facilmente, ma nascondersi il più possibile.

-Siete pazzi! Avete una taglia e fate bella mostra di voi stessi in mezzo alla strada? Ora i ritratti non sono appesi. Ma fra qualche giorno compariranno anche quelli sui manifesti! Come faccia il re ad avere queste informazioni non lo so. Ma state pur certi che fra pochi giorni vi ritroverete raffigurati ovunque!- disse la donna.

-Gli altri?- chiese Yusuke, dopo qualche istante.

-Fuggiti, scappati per la maggior parte. Un paio di insegnanti e qualche ragazzo, però, sono stati presi dalla Milizia e portati da Kaos in persona. Evidentemente è intenzionato a catturarvi a tutti i costi. Ma perché vi sta cercando? Cosa avete fatto?-

-Se lo sapessimo, signora Preside…Il fatto è che nemmeno noi sappiamo perché siamo ricercati! Pensavamo lei lo sapesse…- disse Yusuke, non celando una nota di delusione.

-Vabeh…dato che siete qui dateci una mano, ma poi dovete sparire! Andrete dove ve lo dico io, altrimenti per voi la situazione diventerà sempre più ostica- disse la Preside.

I due si rimboccarono le maniche a aiutarono gli altri a spostare le macerie per…

-Ci sono stati dei morti e dei feriti?- chiese Hydra.

Non appena finì di la frase, spostando un macigno, lo sguardo vuoto di una delle ragazze che l’aveva aiutata a vomitare qualche sera prima la fissava.

Lanciò un urlo agghiacciante e fu scossa da violenti fremiti, tanto che dovette sedersi a terra per calmarsi.

Il viso della ragazza era pieno di sangue incrostato, tagli e lesioni.

Nelle ferite, negli incavi degli occhi e sul bordo delle narici le mosche avevano già provveduto a depositare le proprie uova. Intanto le carni avevano già preso a decomporsi, emanando il loro dolciastro e nauseabondo odore.

In condizioni simili c’erano forse altre persone sotto quel cumulo di sassi, polvere, ruggine e sangue.

-Si. E’ scappato anche il morto…- rispose la Preside, con un filo di amarezza in bocca.

Dopo che Hydra si fu calmata, si misero all’opera per dare una mano.

I cadaveri che trovarono furono solo tre, compreso quello della ragazza, e Yusuke inevitabilmente pensò che quelle persone erano morte, in fin dei conti, per causa sua.

“Non è giusto!” pensò Yusuke, facendosi scivolare una lacrima sulla guancia, per asciugarla con la lingua quando arrivò sulle labbra.

I rimorsi per un crimine mai commesso lo assalirono ferocemente, senza dargli tregua.

Il dolore per la scomparsa di persone con le quali si salutava appena era atroce.

L’angoscia di essere lui la causa di tutto era terribile.

Hydra, da parte sua, pianse silenziosamente, lavorando e masticando la sua parte di senso di colpa, la tristezza per la scomparsa delle persone che conosceva, e la rabbia e il desiderio di vendetta nei confronti di Kaos il Magnifico.

“Magnifico…che schifo! Cosa c’è di bello in queste scene?” si chiese, frustrata.

La notte calò silenziosamente, accogliendo fra le sue braccia quelle povere bestie sofferenti.

Il buio nascondeva un qualcosa di materno, ma di altrettanto pericoloso, fatale.

Portava consolazione, tranquillità, sicurezza.

Custodiva desolazione, tensione, minacce.

La notte quell’amabile bastarda di una madre con la serpe in seno.

Lei, così ambigua, così unica, così pericolosa eppure così familiare.

-Non vale la pena continuare al buio: sarebbe soltanto controproducente- dissero alcuni insegnanti, fra i quali anche Ek e la Roth.

Per cui il gruppo addetto ai lavori si allontanò un po’, per sedersi sul limitare dell’orfanotrofio, in cerchio, accendendo un falò nel centro.

Yusuke e Hydra non esitarono a far passare nelle mani degli altri le cose che avevano comprato in città.

Consumarono quella cena in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri, nel vuoto della propria mente, o negli sguardi di chi gli stava di fronte, come in un’inafferrabile comunicazione telepatica.

Il silenzio non era sovrano per il semplice fatto che il fuoco scoppiettava in mezzo a quella piccola folla, e per il fatto che le bestie notturne, gufi, civette, barbagianni, cicale e altri animali avevano preso a far rumore, indifferenti alla malinconia che faceva da cappa a quei disgraziati di esseri umani.

-Signora Roth- cominciò Yusuke –non sappiamo dove andare, e non sappiamo nemmeno il perché Kaos ci sta dietro!-

-Per la verità, Yusuke, non lo sappiamo nemmeno noi, come ti avrà già detto la Preside. Però, forse dovresti andare sulle montagne-

-Perché?-

-Lì vive un vecchio eremita. Si chiama Jussa. È uno sciamano, stregone, mago…un po’ tutto, in pratica. È anche un divinatore, per cui potrebbe aiutarvi. Però non troverete mai il posto. Vi serve una mappa. Stranamente quell’uomo ha acconsentito a segnare la sua abitazione. Vabeh, questa è un’altra storia.

In ogni caso andate lì, viaggiate dopo il tramonto, evitate tutte le vie principali e i grossi centri. Per i viveri non dovete rischiare. Rubate di notte se è necessario. Oppure, che forse è la soluzione più semplice, Yusuke manderà, sempre di notte, qualche sua creatura a trafugare qualcosa. È la soluzione più sicura per entrambi. Inoltre vi converrebbe tenere pronti le vostre armi sempre. Per cui, se non sbaglio- e si rivolse a Hydra –siccome tu sai suonare, ti conviene tenere il flauto sempre montato, di smontarlo e pulirlo solo quando vi siete ben nascosti. E tu, Yusuke, dovresti già preparare qualche disegno o in ogni caso quelle diavolerie che tu riesci a muovere-

Mentre la professoressa Roth dava consigli, i due annuirono in continuazione, tanto da sembrare che avessero dei tic.

Poi Ek chiese loro se avessero denaro, e i due notarono che la saccoccia era ancora piena di monete d’oro e argento e bronzo.

-Vi conviene che vi avviate. Sulla strada troverete sicuramente una grotta o qualcosa che possa farvi da rifugio. Appena la trovate, nascondetevi lì e riposatevi. Su, andate!-

Yusuke e Hydra salutarono calorosamente il gruppo di insegnanti, abbattendo definitivamente quelle stupide barriere alunno-insegnante.

Indugiarono per qualche istante, e poi si avviarono.

Il bosco si mostrava fitto dal primo istante.

Dopo un’ora di marcia, i due trovarono rifugio sotto le radici di un albero e, con lo stesso metodo dell’altra volta, ci si barricarono dentro.

Non appena i due si appoggiarono alle pareti del nascondiglio, un sonno pesante lì investì in pieno, come una mandria di tori in carica.

Yusuke cercò di resistere qualche istante, lieto del fatto che forse Jussa, un perfetto sconosciuto, forse avrebbe potuto aiutarli.

Nella tenue speranza di questo pensiero, poi, anche lui si accoccolò fra le braccia di Hypnos e Morpheo.

 

 

 

 

Angolo dell’autore:

Ma salve!

In questo capitolo, come avrete ben notato, mi sono concentrato per lo più sulle sensazioni dei personaggi, che poi sono anche riflesse nell’ambiente circostante, più che agli aventi in sé. Questo per scavare anche un po’ nella psiche dei due fuggitivi, no?!

 

A _Elea_: perché Yusuke è ricercato? Eheh! E perché anche Hydra? Muahahahahah u.u

Comunque, mai prendere troppo sole, sciocchina XD poi vedi? Non riesci a scrivere XD

Perché Kaos ti è antipatico? È così, sadico, bastardo, perverso e cattivo che…occhi, ti sta sulle scatole :)

Cercherò di mantenere viva la tua curiosità, tanto, come ho già detto, fra non molto rivelerò perché i due devono scappare in continuazione!

A presto!

 

A Valerie_Laichettes: ma ciao anche a te!

Comunque sì, non so perché da Yuki il nome è passato a Tsuki…forse perché pensavo a Light Yagami di Death Note (il suo nome in giapponese si scrive con l’ideogramma di luna, quindi ‘tsuki’)…

Mi fa piacere che ti piacciano le mie descrizioni e il mio modo di scrivere, davvero!

Grazie mille!

Alla prossima!

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Capitolo 10
*** Terremoto e fuga ***


Capitolo 8: Terremoto e fuga

 

 

Yusuke non riuscì a dormire tranquillo nemmeno un secondo.

I suoi sogni erano agitati.

Davanti gli scorrevano immagini bizzarre di piovre che cercavano di catturarlo con i loro tentacoli.

Ogni tentacolo era a sua volta suddiviso in cinque o sei estremità, ognuna delle quali reggeva brandelli sanguinolenti di altre vittime.

Poi le piovre scoppiarono e la scena mutò.

Cadeva, cadeva in una rupe profonda e irta di massi appuntiti.

Quando il suo corpo era a meno di una spanna di distanza, qualcosa lo afferrò per le caviglie, bloccando la feroce picchiata verso la morte.

Mentre il ragazzo stava sospeso sulle punte mortali una voce disse loro di muoversi.

Era maschile, ma non di un adulto. Sembrava più che altro di un adolescente, un ragazzino che abbia appena iniziato la goffa fase della pubertà.

Eppure era profonda, rassicurante, come quella di chi la sapeva lunga sulla vita.

E poi basta: Yusuke si svegliò di soprassalto, la fronte imperlata di sudore, e tremante come una foglia.

Tanto per riprendersi, si alzò e si avvicinò al muro di foglie e rami secchi che li custodivano per vedere come era il tempo fuori.

Era quasi l’alba: il cielo era scuro all’orizzonte, e man mano che si alzava lo sguardo, la volta celeste assumeva colori tenui, che andavano dall’arancio al rosa pallido, mentre il sole, pigro, lento, e forse anche un po’ scazzato, si levava verso l’alto.

I rami degli alberi erano piegati da un vento non molto forte.

Le foglie secche si rincorrevano rumorosamente fra loro, e gli uccelli avevano preso a cantare.

“Fra le tante cose che si possono fare appena svegli, perché devono cantare?” pensò Yusuke, infastidito da tutto quel “rumore”.

Non volle svegliare Hydra, ragion per cui tornò indietro, si sedette in un cantuccio e prese a disegnare qualcosa che sarebbe stato utile nei viaggi.

E così chimere, spade, demoni, spiriti, fiamme, fruste, reti e nebbie presero forma sulla cellulosa.

Il tempo cedeva il passo al tempo, e Hydra intanto si era svegliata, con uno sbadiglio e alcuni brontolii dello stomaco.

Rise e assieme a lei anche Yusuke.

Dopo essersi “sistemata” montò il flauto, e in quel momento gli venne in mente.

-Senti, puoi disegnare qualcosa che possa fare da rinforzo al flauto? Sai, per gli sconti diretti, se non riuscissi a suonare- disse Hydra.

-Dammelo- disse Yusuke, indicando lo strumento.

Ricevutolo, prese a studiarlo nei dettagli, nei punti dove esso era più spesso e duro, e in quelli dove era più sottile e fragile.

Disegnò quindi una sorta di armatura per quel arnese, lasciando liberi i tasti e il punto in cui bisognava soffiare. Era lucida, e in alcuni punti c’erano delle gemme colorate, che si mescolavano fra loro creando particolari motivi geometrici.

All’estremità partiva una lunga struttura metallica, che si allungava su un’appuntita e affusolata spirale.

-Potresti usarlo come bastone e, se te la senti, infilzare gli altri con la punta- disse Yusuke, terminata l’opera dopo una manciata di minuti.

Incerta e spaventata dalla seconda proposta, Hydra riprese il flato, e con un laccio se lo attaccò alla vita, a mo’ di spada.

-Dobbiamo già andare?- chiese lei, alzandosi e stiracchiandosi.

Yusuke, ancora seduto, rispose di sì, mentre rimetteva le sue cose nella sacca.

-Dobbiamo andare. E’ l’alba, e prima arriviamo e meglio è!-

Prima di varcare la soglia del loro rifugio, i due si assicurarono di non aver lasciato tracce nel rifugio, e dopo, sicuri di essere invisibili anche in quel posto, scostarono i rami per sbucare nel bosco.

L’aria fredda li colpì senza pietà, levandoli di dosso il grosso del torpore.

Si insinuò fra le narici dei due, facendole pizzicare.

Yusuke consultò la mappa: -Orientativamente dovremmo andare…da quella parte…- e puntò verso nord.

Si incamminarono, in perfetto silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri e impegnato a levarsi dalle spalle i rimasugli della dormita.

Lentamente, intorno a loro, la foresta riprese vita. Oltre gli uccelli, ora c’erano anche alcuni piccoli animaletti che bighellonavano qua e là alla ricerca di qualcosa da mettere sotto le zanne.

Il sole era diventato il padrone della volta, e il cielo si tinse del suo consueto azzurro, macchiato ogni tanto da nuvole grigie che avevano tutta l’aria di promettere parecchia pioggia.

I primi stormi presero il volo, e, di tanto in tanto, davanti agli occhi dei due viaggiatori sfrecciava qualche insetto che sfrecciava come un pazzo per un po’ di polline.

Yusuke, rimuginava ancora sul fatto che fosse ricercato per crimini non commessi e tanto meno pensati di praticare…

“…e in ogni caso devo comunque fuggire. Alla fine per Kaos il criminale sarei io, senza saperne il motivo, e non lui, il matricida! Bell’affare! Ma che cavolo di mondo di merda che è questo! La gente normale si spacca la schiena per sopravvivere, perché di questo si tratta, mentre i criminali devono starci sopra… ma se è normale una cosa del genere?! A questo punto l’ideale è darsi alla macchia! Prima o poi ti ritroverai da qualche parte, mentre le povere anime, i fessi lavoratori, ragazzini e chi più ne ha più ne metta devono stare a masticare veleno. Mah! Vediamo un po’ dov’è che sta questo Jussa”.

E tirò fuori la mappa per analizzarla.

Nel frattempo, Hydra pensava a come poter usare il flauto come arma.

“Oh mamma! L’idea che io debba infilzare qualcuno è al dir poco inconcepibile! Io, Hydra Joule, che forse mi spaventerei anche delle farfalle, devo colpire qualcuno a sangue? Con questa lama? No…però devo! Altrimenti Kaos…quel disgraziato! Spero che muoia prima di adesso, quel porco bastardo maledetto traditore del proprio sangue e della propria famiglia!”

Vedendo che Yusuke aveva aperto la mappa gli si accostò.

-Dov’è che siamo noi?- chiese, tanto per rompere il silenzio.

Yusuke si girò di scatto, e i loro volti erano di nuovo lì, tremendamente vicini, i loro respiri appesi sull’attesa dell’altro, i loro sguardi che cercavano una via di fuga ma che restavano fissi l’uno nell’altro.

Le bocca di lui tremò, ma il ricordo di quel bacio rubato lo fece tornare in sé.

Suo malgrado distolse lo sguardo, e indicò un punto sulla mappa.

-Penso che dovremmo arrivare qui, più o meno…- disse incerto, ancora scosso da quell’improvvisa vicinanza.

Hydra, improvvisamente lo afferrò per un braccio e gli portò una mano sulla bocca per ammutolirlo, e con gli occhi gli intimò di stare zitto e fermo.

Dopo qualche secondo lo lasciò: -Hai sentito?-

-Niente! Che dovevo sentire?-

-Appunto. Niente…c’è troppo silenzio…è innaturale!- disse Hydra.

Rimasero fermi, immobili, incerti per qualche lungo e sofferente minuto.

Solo il vento si faceva sentire: per il resto tutto taceva.

Non il cinguettio di un uccello o il passo frenetico di uno scoiattolo o il volteggiare isterico di un insetto. Assolutamente niente.

Era un silenzio inquietante, strano, malsano.

Era una quiete bastarda, che custodiva sicuramente qualcosa in sé, qualcosa che aveva il sapore, l’odore e perfino la consistenza impalpabile dell’ansia e dell’adrenalina.

Era una pace che faceva rizzare i capelli e faceva venire la pelle d’oca per il suo essere così…macabra.

L’aria fredda del mattino saliva vorticosamente nelle narici di Yusuke e Hydra, pizzicandogliele e facendogliele bruciare.

Avevano il respiro corto, il petto si alzava e abbassava con ritmo, velocemente, come in un ballo impazzito.

E poi, d’un tratto, un urlo lontano, forte e distinto ruppe quell’innaturale equilibrio.

-Eccoli! Sono laggiù!- e dopo pochi istanti, alcune figure li corsero incontro.

Erano armati e bardati di armature rosso scuro con sfumature nere e bluastre.

Inconfondibili…

-…CAZZO LA MILIZIA!- disse Yusuke, e istintivamente i due si girarono e presero a correre all’impazzata senza una direzione precisa.

Un solo obiettivo: fuggire dal nemico.

L’alternativa? Un abbraccio mortale da parte di Kaos il Magnifico.

Urla sguaiate giungevano alle loro orecchie, e capirono che stavano per essere raggiunti, e che le poche ore da fuggiaschi stessero per finire lì.

Infatti.

I due vennero subito accerchiati e si ritrovarono un ampio arsenale di lance, spade, mazze ferrate e martelli che puntavano contro di loro.

Yusuke e Hydra si misero spalla contro spalle, e giravano la testa in qualunque direzione per trovare una via di fuga, o, almeno, un punto debole da dover ipoteticamente sfondare.

Ipoteticamente. Solo perché i Militi erano perfettamente addestrati ed erano perfette e letali macchine da guerra.

-Dove volevate andare?- gli pungolò uno con la base della lancia.

-Il re vi aspetta. Proprio voi sì! Dovreste esserne lieti!- disse un altro con un sorriso lupesco e per niente rassicurante.

Yusuke, lentamente, aveva cacciato fuori dallo zaino un foglio di carta…

-TU! Cosa credi di fare? Che hai in mano?-

La situazione stava precipitando vertiginosamente, e Yusuke, quindi, bisbigliò qualcosa, e non appena aprì il pezzo di carta, una fitta nebbia calò sul gruppo.

Le guardie, disorientate, ruppero la formazione, e i due ebbero la possibilità di fuggire.

-Quella nebbia non è eterna e tanto meno li sconfiggerà!- disse Yusuke, scappando, con Hydra al suo fianco.

Le guardie si resero subito conto di quello che era successo, e mosso qualche passo oltre la coltre, presero di nuovo a rincorrerli.

Questa volta i due caddero a terra per mano di una frusta, e di nuovo furono accerchiati.

I sorrisi ironici erano spariti, e ora c’erano solo maschere animalesche sui volti delle guardie.

Uno stava per legarli, quando all’improvviso una scossa di terremoto si fece sentire.

Le guardie persero l’equilibrio, ma pronte, si rialzarono subito.

-Non ti conviene attaccarci, sai?!- disse una a Yusuke, mollandoli un calcio nelle costole così forte da mozzargli il fiato.

Il ragazzo urlò di dolore e perse i sensi, e Hydra prese a piangere, strillando.

-Zitta tu!- e una guardia le diede uno schiaffo in pieno viso.

Tramortita, la ragazza smise di piangere, ma era ancora impaurita; qualcosa di umido gli si insinuò fra le gambe.

Se la fece addosso e le guardie la derisero.

La scossa di terremoto si fece sentire di nuovo, e i Militi capirono che non era opera di Yusuke, ma di qualcun altro: bisognava stare all’erta!

All’improvviso, dal terreno spuntarono delle liane che avvolsero e ghermirono gli assalitori.

Intanto una figura incappucciata vestita di bianco si avvicinò velocemente a Hydra e Yusuke.

Dopo averli presi per mano sparirono in un lampo di luce blu elettrica.

Qualche ora più tardi…

 

-Cosa significa che i due sono sfuggiti?- chiese il sovrano.

I soldati non avevano parole, non sapevano come scusarsi.

-Esigo una risposta soddisfacente, e subito!- ordinò il re, battendo un pungo sul bracciolo del trono.

Le guardie, invece, presero a tremare.

Uno fra loro, in una crisi di nervi, prese a piangere in maniera isterica, accusando l’altro, che sarebbe potuto comodamente passare per una statua di cera.

Il re, infastidito, richiamò il silenzio: -Mi dispiace, ma sapete cosa vi aspetta!-

Inorriditi e spaventati, i soldati presero a chiedere perdono, invocando la benevolenza di Kaos il Magnanimo.

-Certo che avrete benevolenza, tranquilli!- rispose.

Detto questo schioccò le dita e le armi appese alle pareti presero vita, e volarono contro i poveri disgraziati, riducendoli in un mare di sangue.

Ad uno, una mazza ferrata aveva fracassato il cranio, facendone uscire il grigio cervello in un mare di sangue, mentre una frusta lo strangolò, lasciandogli profondi segni sulla gola e recidendo le vie respiratorie.

Una lancia ne aveva infilzato un altro da parte a parte, mentre una serie di frecce si conficcarono su tutto il suo corpo, senza pietà.

Gli si infilarono negli occhi, facendo cacciare al malcapitato un dilaniante urlo di dolore.

E poi silenzio: un’ascia, come mossa a compassione, lo decapitò: un taglio netto, in un mare di sangue e schegge di ossa.

Altri morirono strangolati, inchiodati, smembrati vivi, tutto in un mare di sangue e metallo.

Indifferente, Kaos si voltò verso il suo trono, e disse: -Cercateli a tutti i costi. Ovviamente li voglio qui vivi, o farete la loro stessa fine. Penso di essere stato abbastanza chiaro! Ed ora, per cortesia, vi sarei grato se puliste, bastardi!-.

I servi, impauriti dalla sfuriata del re, e per evitare una fine del genere, si misero subito all’opera, scrostando le budella e i rimasugli dei soldati ormai ridotti in una poltiglia sanguinolenta.

Kaos, dopo che i servi ebbero lustrato alla perfezione la sala, si congedò deciso a farsi un bagno.

Attraversò il lungo corridoio rivestito di marmi bianchi e rossi, dove molte opere d’arte facevano bella mostra di sé, e giunse nella sala da bagno.

Un’enorme vasca troneggiava al centro della stanza, le cui mura erano ricoperte da ampie vetrate e specchi, con il risultato finale che l’ambiente fosse molto luminoso.

Di solito la vasca se la faceva riempire, ma questa volta decise di fare tutto da solo.

Mentre l’acqua scorreva, si spogliò.

Gli specchi riflettevano la sua immagine alla perfezione.

Aveva il fisico tonico e slanciato, e di tanto in tanto le vene facevano mostra di sé.

La pelle era olivastra, e i capelli erano di un inconsueto indaco, puntellati da qualche ciocca nera, a sottolineare la sua doppia natura.

Il viso era magro e bello, dai tratti regolari.

Un sorriso bianco come la neve faceva capolino fra le sottili labbra. Il naso era leggermente affilato, e gli zigomi un po’ pronunciati.

Ma la cosa che colpiva di più era lo sguardo del sovrano.

Gli occhi, dalla squisita forma a mandorla, erano completamente neri: pupille, iridi e bulbi costituivano un’unica massa oscura e brillante.

Fissare quello sguardo era pericoloso, e Kaos lo sapeva benissimo.

In molti si erano persi nei suoi occhi, non ritrovando mai più sé stessi.

L’acqua era arrivata all’orlo della vasca, e, nudo e beandosi della sua immagine, il Magnifico entrò in acqua, rilassandosi e facendosi cullare dai suoi pensieri.

“Quei due bastardi devono assolutamente morire. E lo saranno per mano mia!”

Rise fragorosamente.

 

 

 

 

Angolo dell’autore:

Bentrovati miei fidi lettori!

Dopo un mese, nonostante i tempi da me previsti, pubblico l’ottavo capitolo di questa storia.

Ok, non ve lo nascondo…nutro un fondo di simpatia per Kaos, anche se è il cattivo della situazione! Va bene, penserete che è normale siccome io ne sono l’autore, però… u.u

 

A _Elea_: ma ciao! Capisco che vuoi linciare Kaos, ma fidati, quello che ha fatto fin’ora (ed è davvero poco) è solo l’antipasto.

 

A Valerie_Laichettes: salve! Allora…si, Kaos avrà parecchio filo da torcere, ma non temere. I due non andranno di certo in villeggiatura ^^

Ovviamente, fra non molto ci sarà l’altro aggiornamento, quindi stai pronta XD

 

Al prossimo aggiornamento!

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Capitolo 11
*** L'Alcanova ***


Capitolo 9: L’Alcanova

 

 

Buio.

Solo ed esclusivamente oscurità.

Yusuke ne era completamente avvolto e ci fluttuava dentro.

Si muoveva in maniera sinuosa, cadendo verso il basso, precipitando in un limbo indefinito e infinito.

Tutto era morbido e ovattato. Tutto era nulla. Silenzio, e ancora silenzio, un’assenza di suono così forte da farti fischiare le orecchie.

E intanto cadeva a fluttuava, cadeva, e ancora giù…

 

***

 

La foresta era ancora lì, ma le truppe della Milizia erano scomparse.

Le era sembrato che fosse durato tutto un solo istante, come se non si fosse mai mossa di lì.

A fianco a lei, così come lo aveva lasciato, c’era Yusuke, svenuto.

Hydra si precipitò subito sul corpo dell’amico e prese a chiamarlo, urlando il suo nome e dandogli leggeri schiaffi sulle guance per farlo riprendere.

Yusuke non dava segni di ripresa, e Hydra scoppiò a piangere, disperata.

Lo scosse violentemente, ma niente.

Ricordò allora di aver comprato a Daesal delle spezie dall’aroma piuttosto pungente. Con le mani tremanti aprì la sacca e preso ciò che le interessava lo passò più volte sotto le narici del ragazzo, sperando che almeno quello lo facesse ritornare in sé.

 

***

 

In quella spessa coltre di buio si insinuò uno strano odore fortemente speziato.

Nell’oscurità si muoveva, cercando di scacciare quell’odore terribile.

 

***

 

-Maledizione! Funzionasse, maledizione!- strillò istericamente Hydra.

 

***

 

L’odore era troppo forte per resistergli. C’era solo una soluzione. Svegliarsi, muoversi, uscire dal buio. Lentamente, tornò in superficie, e la luce lo colpì in pieno volto.

La foresta si rianimò tutta intorno a Yusuke, che prese a respirare rumorosamente e prendendo profonde boccate d’aria.

All’improvviso di nuovo buio, ma questa volta era diverso.

Non c’era più l’odore delle spezie, ma quello dei fiori: quello di Hydra.

Lei, rincuorata dal fatto che Yusuke si fosse risvegliato, lo prese a baciare sulla fronte, sugli occhi, sulle guance.

Yusuke ricambiò con un forte abbraccio, e Hydra si calmò. Rimasero così in silenzio per qualche minuto, calmandosi e beandosi l’uno dell’altro.

-Mi hai fatto morire dalla paura…- gli mormoro Hydra nell’orecchio.

-Vuol dire che mi vuoi bene!- rispose Yusuke con un sorriso sulle labbra.

-Avevi qualche dubbio?-

Quiete. Solo due corpi vicini, tali da sembrarne uno solo.

Proprio come qualche tempo prima, i due si baciarono, senza timore, pudore, pieni di sé, ebbri l’uno dell’altro.

Le mani di Yusuke affondarono nei capelli di Hydra, mentre quelle di leisi strinsero al torace di lui.

“E’ davvero così sbagliato?” pensò la ragazza, sapendo che la risposta era ben chiara.

No, perché dovrebbe? Cosa c’è di così sbagliato in quello che stavano facendo? Assolutamente nulla, perché bisognava preoccuparsi per niente, allora?

Assistere all’incontro di due cervelli è interessante, ma quello fra due bocche, due cuori battenti, due anime è davvero tutt’altra cosa.

Quando sono due menti ad incontrarsi si può assistere tranquillamente, senza imbarazzi.

Ma nell’intimità di due anime che si trovano c’è un qualcosa che ti costringe a distogliere lo sguardo, che ti fa sentire forse a disagio, ma sicuramente non a tuo agio. Ti mette dentro qualcosa di strano, di così famigliare ma così sconosciuto al tempo stesso.

Chiunque si sarebbe trovato nella foresta in quell’istante, e avesse incrociato i due ragazzi, si sarebbe certamente voltato, pur di non essere di troppo e di non dover sopportare quella sgradevole sensazione dell’essere di più.

I due si lasciarono per fissarsi intensamente negli occhi, come se fossero magneticamente attratti fra di loro.

Dopo un po’ di tempo trascorso così, Yusuke chiese cosa diavolo fosse successo.

Allora Hydra gli raccontò del fatto che era svenuto e che le guardie la presero in giro per essersela fatto sotto.

-Poi, all’improvviso, una figura incappucciata e vestita completamente di bianco ci ha presi e siamo spariti per poi riapparire qui. Non so se è passato un secondo, nel quale i Militi sono svaniti, o ore, o giorni. Non te lo so dire. Ma la cosa certa, come vedi bene, è che siamo ritornati esattamente dove eravamo- concluse la ragazza.

Pensieroso, Yusuke consigliò di riprendere la strada.

Poggiò un braccio attorno alle braccia di Hydra, la quale circondò la vita di Yusuke con un braccio.

Si avvolsero nel mantello di lui, per il fatto che era abbastanza grande, e si avviarono.

Nonostante tutto, Yusuke non aveva perso l’orientamento, e presero a muoversi verso la destinazione che lui indicò prima dello svenimento e ancor prima dell’attacco.

Gli uccelli ripresero a cantare e gli insetti a scorrazzare freneticamente nell’aria.

Da qualche parte doveva scorrere un fiume o un ruscello perché i due ne sentivano il rumore.

Si addentrarono nel folto, leggeri e spensierati come due ragazzi che facevano una tranquilla e abituale passeggiata.

Ogni tanto controllavano la mappa tanto per vedere se si stessero perdendo o mantenendo la giusta strada.

Dopo un paio d’ore piene di cammino arrivarono in una radura dove, come avevano previsto, c’era un ruscello che scorreva placidamente.

L’acqua non era perfettamente cristallina, ma nemmeno lercia. Volendo ci si poteva bagnare, insomma.

Il corso d’acqua si snodava fra due sponde ricoperte di erba e fiori di campo variopinti. Il sole non era perfettamente visibile fra le nuvole, ma alcuni dei suoi raggi riuscivano a forare la coltre per atterrare sul suolo. L’acqua creava giocosi riflessi che rendevano il paesaggio più luminoso.

Tolsero il mantello e decisero di proseguire ancora un po’, anche se restare lì sarebbe stato bello.

-Meglio non rischiare- disse Yusuke.

Dopo essersi rinfrescati il viso velocemente, ripresero il cammino.

La foresta diventava sempre più aspra e selvaggia man mano che proseguivano e il terreno acquistava pendenza. L’aria si stava lentamente raffreddando.

In lontananza si videro le prime cime della catena dell’Alcanova.

L’intero sistema si presentava cattivo e minaccioso, alcune cime erano innevate, altre erano così alte tanto che le cime erano coperte da quel perenne strato di foschia che ricopriva la regione.

Gli abitanti del regno di solito non erano lieti di avventurarsi nell’Alcanova.

Non tanto per il fatto che le strade facevano praticamente schifo ed erano come minimo impraticabili, ma anche perché lì Kuro il demone e Yuki di Kayka avevano concepito Kaos, il semi-demone. Il nuovo re aveva contribuito molto alla crescita del regno, certo, ma aveva imposto una forte e radicata politica di terrore, panico, tensione e ansia.

Lo si capiva respirando l’aria, si aveva la conferma ammirando la terribile Alcanova.

La cosa poteva sembrare stupida, ma il popolino temeva che Kuro vagasse ancora lì nella foresta.

Si rimisero il mantello tolto pochi istanti prima e si avviarono, testa china per ripararsi un po’ dal vento e gambe piantate nel terreno.

Il sole era definitivamente scomparso dietro le nuvole, grigie e promettenti un bel temporale.

La mancanza di luce faceva apparire il paesaggio ancora più desolato e tetro, cosa già confermata dalla vegetazione un po’ smorta.

I due si addentrarono nell’area, guardandosi intorno in continuazione, un po’ come fanno le galline. Da lontano sembrava che avevano una serie di tic nevrotici.

La fauna si fece sempre più rada e silente, e la cosa di certo non contribuiva nel migliorare l’umore, anzi!

Le nuvole velocemente andarono a coprire gli ultimi scorci di cielo azzurro, e un fulmine cadde lontano, preannunciando un bel temporale.

Yusuke, vedendo la mappa, calcolò che dovevano essere quasi arrivati, ma non si scorgevano grotte o particolari insenature che potessero indicare il punto di arrivo.

Un fulmine, un tuono, un breve attimo di silenzio poi una, due, tre, mille, milioni di gocce d’acqua caddero in terra, rendendola subito zuppa e melmosa.

La coppia corse all’impazzata sotto l’acqua alla ricerca di un rifugio per potersi coprire.

Ma la giornata sembrava non voler essere dalla loro.

Si ripararono sotto il mantello di Yusuke e si incamminarono, fradici, verso una meta ancora irriconoscibile.

“Ma dove diamine vive Jussa?” si chiese Hydra, furibonda, quando vide in lontananza qualcosa che si muoveva.

-Andiamo lì!- urlò sotto l’acqua.

Yusuke non era molto d’accordo data l’esperienza passata, ma non poté ribattere perché Hydra lo stava già tirando in quella direzione.

Man mano che si avvicinavano, la figura di un uomo che camminava imperturbabile sotto l’acqua prese forma.

Non era alto. Poteva essere al massimo un metro e sessanta. Vestiva con un saio marrone, strappato o scucito in qualche punto. La veste sembrava un po’ troppo grande per lui, ma gli conferiva un alone di mistero e rispetto. Si aiutava con un bastone lungo, sulla cui sommità pulsava qualcosa di luminoso.

-Hey! Voi! Potete aiutarci?- urlò Hydra sotto l’acqua.

L’uomo parve non sentire, perché continuava a camminare normalmente.

Anche Yusuke prese ad urlare, allora l’uomo si girò intorno per individuare la fonte delle voci che sentiva.

Individuati, si avvicinò velocemente a loro.

-Finalmente siete arrivati!- sbottò l’uomo.

Non era vecchio, ma nemmeno giovane. Aveva i capelli brizzolati, e il viso sbozzato come un modellino di legno. I tratti erano duri e la sua aria di autorità era rimarcata dagli occhi color ghiaccio, fissi, gelidi e penetranti. Metteva paura solo a vederlo di sfuggita.

-Sei Jussa?- chiese Yusuke, in risposta alla sua domanda.

-E chi altri? Avanti, seguitemi.- rispose con un velo di stizza.

Gli pungolò col bastone perché i due non si muovevano.

-Ma certo, dai! Facciamoci la doccia sotto la pioggia!- disse ironico Jussa.

Allora i due si mossero, e l’uomo, con un mezzo sorriso divertito fece loro strada.

Il trio arrivò davanti a un masso enorme, ricoperto di erba e muschio.

Jussa, allora, poggiò la base del bastone sulla superficie rocciosa, la quale prese a spaccarsi dal centro verso l’alto e il basso. Le due metà si separarono rivelando un passaggio.

-Prego! Sempre se ne avete abbastanza della pioggia, ovviamente!- esclamò Jussa, mettendosi di lato per farli passare.

I due ragazzi entrarono e percorsero un breve corridoio che si affacciava in una grande stanza circolare.

Era interamente rivestita in pietra e legno. Al centro della stanza scoppiettava un piccolo fuoco, evidentemente magico, poiché non produceva fumo ed era bianco.

Qua e là erano sparsi oggetti di vario genere, e sul fondo della stanza c’erano dei giacigli. Di fronte c’era una brocca piena d’acqua e un bacile. Dalla parte opposta c’era un mobile enorme, pieno di vetrine, libri e cassetti.

Non sembrava per niente alla casa di un eremita.

I due si sedettero attorno al fuoco, e nello stesso istante entrò nella stanza anche Jussa.

-Finalmente a casa. Scusate se sono sembrato sgarbato, ma vi ho aspettato molto tempo, e la pioggia mi ha solo innervosito-.

In effetti, ora che era all’asciutto il viso non sembrava più così teso e severo.

-Sono Jussa, divinatore, mago, stregone, erborista eccetera eccetera. A vostra disposizione, Yusuke Hydra!-

I due non si stupirono molto del fatto che sapesse già i loro nomi.

-Fatemi indovinare…volete sapere perché Kaos vi cerca?-

-Esattamente- disse Yusuke.

-Uhm…è una questione piuttosto lunga. Perché non ne discutiamo davanti a un piatto pieno di cibo? Vediamo un po’ cosa possiamo fare!-

Yusuke e Hydra insistettero nell’usare anche qualcosa delle loro provviste, e Jussa si mise all’opera.

Il rumore delle scodelle di legno dava ancora più vitalità a quel luogo già accogliente di per sé.

Dopo qualche minuto, Jussa porse loro le dovute porzioni, e con la sua in mano, si sedette dinnanzi a loro.

-Bene. Cominciamo!- disse.

 

 

 

 

 

Angolo dell’autore:

Buonasera a tutti.

Yusuke e Hydra finalmente hanno trovato Jussa e un po’ di tranquillità, anche se sarà momentanea u.u

Ora…perché Kaos li cerca? Perché?

Lo volete sapere, ma davvero?

Spiacente, ma vi toccherà aspettare il prossimo capitolo XD

Alla prossima! ^^

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Capitolo 12
*** Le verità ***


Capitolo 10: Le verità

 

 

-Bene. Cominciamo!-

Yusuke e Hydra si misero più comodi e si concentrarono sulle parole di Jussa.

-Non so se sapete come Kaos sia salito al trono…-

-Per matricidio. Lo sappiamo- risposero i due.

-Tanto meglio, risparmiamo tempo. Eliminata, si assistette al funerale della madre e alla condanna del cuoco, ritenuto il suo omicida. Kaos si mostrò al popolo distrutto dal dolore. In fondo era solo un ragazzo e in mano aveva le sorti del regno. Ma quel mostro aveva già pianificato tutto per filo e per segno. Dopo i tre giorni di lutto nazionale la corte era in fermento per la cerimonia che rendesse ufficialmente Kaos re di Kayka. Si preparò una festa più che sontuosa. Fra i diversi invitati c’ero io. Come d’obbligo, dovetti portare qualcosa in dono al re. E lui era lì, seduto sul suo alto trono. Ricordo che aveva una lunga tunica bianca ornata di oro e porpora, lo scettro e la corona. Arrivato al suo cospetto mi inchinai e gli porsi un gioiello d’opali e ametista. Ricordo che lo gradì moltissimo, tanto da farlo saldare sulla sommità dello scettro. Tornai al mio posto e vidi che ricevette molti doni simili anche dagli altri invitati. Successivamente venne chiamata Abhaya, una delle tante sciamane del regno, che morì il giorno dopo dell’incoronazione di Kaos.

Quando si presentò al cospetto del sovrano aprì le mani, facendo vedere che non aveva doni con sé.

“Vi dono la mia conoscenza!” disse Abhaya.

Il re, interessato, le disse di proseguire. La donna, allora tirò fuori dalla sua bisaccia una polvere ambrata, con la quale disegnò un cerchio intorno a lei. Si inginocchiò al centro e prese a racitare strani mantra. Cadde in un profondo stato di trance. Gli occhi erano completamente bianchi e le mani erano poggiate sulle ginocchia. Fu allora che accadde. Aprì la bocca e, diciamolo, firmò il contratto della sua condanna a morte. Perché? Beh…profetizzò l’uccisione del re il giorno della sua incoronazione!

Aprì la bocca e le parole ne fluirono fuori come un fiume in piena.

Non dimenticherò mai quella parole…

 

“Di Kayka il sovrano

Presto sarà eliminato.

Di carta l’anime  danzanti

Lo distruggeranno.

La morte si mostrerà agli uomini

Glorificandosi della forma sua.

Sorgerà un nuovo sole

A la vecchia luna eclissare.

Sboccerà un nuovo mondo

A quello vecchio risanare.

Kaos morirà

E le anime di carta danzeranno

Sulle note del silenzio e del suono!”

 

Inutile dire che tutti gli invitati rimasero scioccati da quella sparata.

Ma Kaos, imperturbabile, si alzò, si avvicinò alla donna e le diede un solo forte schiaffo in pieno viso. Si rivolse allora ad una guardia, parlandole nell’orecchio.

Il soldato si avvicinò alla donna e le disse di seguirlo.

Il giorno dopo Abhaya perse la testa.-

Sgomento e ribrezzo: ecco cosa provavano Hydra e Yusuke.

-Avete perso la lingua?- disse Jussa, dopo qualche istante di silenzio.

Yusuke sospirò.

-Quindi siamo segnati da una profezia?-

-A quanto pare…- disse Jussa –ma quel che più mi preme sapere è…quali sono le vostre capacità? E forse potremmo anche capire perché Kaos vi vuole morti!-

-Beh…io so dare vita ai disegni…- disse Yusuke.

-Ed io riesco a controllare telepaticamente le cose mediante la musica- terminò Hydra.

-Diciamo che un “fondo di colpa”, ironicamente parlando s’intende, lo avete. E ci credo che quello vi vuole sulla forca! Siete gli elementi distruttori della sua profezia!-

Ora forse si potrebbe capire la sgradevole sensazione che i due provavano.

Chiamasi “presa di coscienza”.

Alla fine Jussa non aveva poi così tutti i torti, e a rigor di logica nemmeno Kaos. Alla fine ognuno in questo mondo agisce per salvare la propria pelle. Il re si serviva del terrore e della morte. Un metodo alquanto sadico e per niente dei migliori, ma pur sempre uno dei tanti.

Diciamolo. Alla luce dei fatti la politica del terrore, anche se nella stragrande maggioranza dei fatti finisce nel sangue, è pur sempre una delle poche (se non l’uniche) che porta una sorta di ordine.

E Kaos non stava facendo altro che agire di conseguenza.

-E cosa possiamo fare?- disse poi Yusuke.

-Bella domanda…- rispose Jussa.

-Cosa?!- chiese incredula Hydra –No, ragioniamo. Ci hanno spediti qui per chiedere il tuo aiuto e te ne esci fuori con un “Bella domanda”? Stai scherzando, vero?- continuò, parlando in maniera nevrotica.

-Nel caso tu non te ne sia accorta, mia cara- disse Jussa con palese stizza –posso fare le cose nel limite del possibile. Ma sfuggire a Kaos, e l’avete visto anche voi, sfiora l’impossibilità. Vi aiuterò per quanto potrò-

-E’ già qualcosa…- disse Hydra, incrociando le braccia.

Jussa, alla vista di tale scena, sospirò.

-Innanzi tutto dovrete sfruttare al meglio le vostre capacità. Che ci crediate o no, i poteri che usate abitualmente sono solo una piccola parte di quello che nascondete dentro. Ovviamente, i poteri non cambiano, ma sforzandovi ne conoscerete nuove sfaccettature. Per esempio, tu- ed indicò Hydra –hai mai provato a creare schermi con la musica? O ti sei limitata alla sola telepatia? E tu- facendo cenno a Yusuke –hai provato ad entrare, letteralmente, in contatto con i tuoi disegni?-

Entrambi i ragazzi fecero cenno di no, spiazzati.

-Vedremo, allora, di ficcare nelle vostre teste almeno i rudimenti di queste tecniche che, ovviamente, provvederete ad affinare con l’esperienza-

-E quando cominciamo?- disse Yusuke.

-Ovviamente non stasera. Fuori il tempo fa schifo, e non credo che far scorrazzare disegni e note mortali in casa mia sia proprio il massimo. Dormiamoci su, e domani cominceremo.-

Chiuso il discorso si misero a parlare del viaggio.

-A proposito- disse Yusuke –sei stato tu a salvarci dall’attacco della Milizia?-

-No- ribadì Jussa –Ecco perché…-

-Cosa?- chiesero i ragazzi in coro.

-Cercavo di capire le vostre mosse, quando siete spariti dal campo della Vista. Non riuscivo più a capire dov’eravate, cosa stavate facendo, e ho provato di tutto per riprendere il contatto…-

-E chi potrebbe essere stato?- chiese Hydra a Yusuke.

-Non saprei…-

-Com’era vestito?- chiese Jussa.

Fu Hydra a rispondere: -Era vestito completamente di bianco. Il vestito consisteva in una lunga tunica che copriva tutte le parti del corpo, mentre il viso era celato dietro un grande cappuccio. Niente di più. Non aveva armi, non ha detto una sola parola, niente! Assolutamente nulla!-

-Chissà quanta gente va in giro vestita in quel modo…- mormorò Yusuke, pensieroso e scoraggiato.

-Già…- mormorarono gli altri due, non più ottimisti del canuto.

E poi silenzio. Come chissà quanti altri.

Ognuno pensava ai fatti suoi, staccandosi emotivamente dal mondo, legati solo dalla presenza di un corpo di carne, appoggiato come un feticcio sul pavimento di terra battuta e pietra nella caverna dell’eremita.

Per Yusuke la presenza di Kaos era come una cappa, un’ombra, che ti segue ovunque, sa tutto di te.

Come ti chiami, dove sei in questo preciso istante, cosa stai facendo. Si sentiva continuamente osservato da uno sguardo invisibile ma così penetrante in modo che si percepisse la sua presenza. Come se tutto ciò non bastasse una frase gli ronzava dentro il cervello, come uno sciame di calabroni inferociti.

“Di carta l’anime danzanti lo distruggeranno…”.

La frase era abbastanza esplicita, ma c’era un qualcosa di nascosto che suonava maledettamente come “se non saranno uccisi prima loro”.

Ed eccola di nuovo lì, la presenza di Kaos, incombente, malsana, virale.

-Vado a dormire- disse infine il ragazzo, decidendo che affogare certi pensieri nel sonno fosse la soluzione migliore.

A ruota lo seguì Hydra, mentre Jussa metteva a posto le poche cose utilizzate.

Si addormentarono lentamente e faticosamente l’uno di fronte all’altra, tenendosi per mano, e poi…

…buio…

…silenzio…

-Yusuke!- sussurrò la sua voce.

Il ragazzo, per far capire che aveva sentito, gli strinse la mano.

-Stavo pensando…-

-A cosa?-

-Al tuo risveglio-

-Davvero?- chiese lui, poco convinto e divertito allo stesso tempo. Sapeva dove la discussione stava andando a parare.

-Sì. E’ che sono…non so, confusa! Non ci capisco più niente. Non so davvero come vederti, e non sai quanto la cosa possa mettermi angoscia!-

-Dimmi…come mi vedi?-

-Amico, legame, rifugio, e forse qualcosa in più. Non credo di essere stata molto chiara…-

-Affatto! E’ solo che anche io in certe situazioni sto male, mi sento a disagio-

-E facciamola finita allora con queste sensazioni. Fanno male a lungo andare. Le cose indefinite tendono a logorare. Lo so, non è una cosa facile da decidere, specialmente ora, date le condizioni e così, su due piedi, però, pensiamoci. Per favore…- disse Hydra.

Dopo qualche istante di silenzio Yusuke proruppe: -Io ho già deciso da un po’, veramente. E tu?-

Ignorando la domanda gli chiese: -Qual è la tua scelta, allora?-

-Non hai risposto alla mia domanda-

-…-

-…-

-Anche io!- esclamò infine Hydra.

Sorridendo, Yusuke posò i polpastrelli delle dita sulle setose e morbide labbra di lei.

Hydra sorrise, gli si avvicinò, e lo baciò sulla guancia, nel punto dove cominciano le labbra.

Yusuke ricambiò, baciandola sugli occhi.

Ancora mano nella mano, e ricordandosi solo in quel momento che Jussa era proprio nella loro stessa stanza, si riaddormentarono.

Non appena Hydra chiuse gli occhi iniziò a sognare.

Una landa nera, oscura, deserta.

C’erano delle pietre, enormi, piatte e lisce, ammassate tutte l’una sull’altra.

Il cielo era ancora più nero del suolo, se possibile, e non filtrava nemmeno una pallida bozza di luce, quando all’improvviso una scia luminosa, sottile come il filo usato dai ragni per tessere le loro tele colpì il suolo.

Nel punto in cui la luce toccò il terreno, qualcosa tremò.

Un piccolo sassolino si spaccò, e dal centro ne uscì fuori un esile stelo, poi le foglie, poi una gemma, poi un bocciolo, una rosa rossa chiusa che rapidamente, come se non avesse tempo, sbocciò in tutta la sua magnificenza.

Immediatamente sbocciarono altri fiori, tutti insieme, per non perdere tempo.

Subito dopo tutti i petali si staccarono dai propri fiori, e presero a vorticare nell’aria, mossi da una brezza inesistente.

La scena lentamente sfumò, e quella notte sognò di nuovo Yusuke.

 

 

 

 

 

Angolo dell’autore:

Salve a tutti!

Sono quasi le 3, e io non ho un cavolo da fare, ergo…aggiorno la storia.

Ecco. Ora sapete il perché Kaos vuole questi poveretti. Contenti? Spero di sì u.u

Fatemi sapere cosa ne pensate ^^

 

A _Elea_: Abbassa il mitra! Ho aggiornato per la tua felicità XD

Spero che il capitolo sia di tuo gradimento, fammi sapere!

 

A presto, e scusatemi se il capitolo è breve!

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Capitolo 13
*** Prologo n.3 ***


Prologo n.3

 

 

-Vi serve aiuto?-

La voce proveniva dal folto. Era bassa e penetrante, dolce, vellutata e suadente.

Solo a sentirla i due vennero sopraffati da brevi flash di immagini intrise di lussuria, sangue e vendetta.

Sembrava provenire dalle profondità del sottosuolo.

Non appena i due si voltarono verso la fonte del suono, un odore di zolfo misto a sangue li prese dalla gola. Era forte, asfissiante. Dopo pochi istanti, però, quella fragranza nauseabonda sparì, lasciando l’aria pulita e fresca.

-Vi serve aiuto?- ripeté la voce.

Questa volta, dall’oscurità un paio di occhi li stava fissando.

Erano di un azzurro glaciale e compatto, così chiaro da sembrare quasi bianco.

Le pupille avevano una forma allungata, come quelle dei serpenti.

Gli fissava in maniera violenta, senza indugio e vergogna.

-Chi sei?- chiesero in coro.

L’aria era ferma, immobile, muta.

E dopo qualche istante la voce riprese a parlare.

-Vi serve aiuto?- disse loro per l’ennesima volta, ridendo.

 

 

 

 

 

Angolo dell’autore:

Salvissimo a tutti voi!

Eccomi ancora qui con il terzo prologo della storia.

Come avrete sicuramente notato, questo è un po’ più breve degli altri, ma penso altrettanto intrigante.

Chi può mai aver avvicinato i nostri Yusuke e Hydra?

Si accettano teorie da parte vostra! XD

A presto, e fatemi sapere! ^^

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Capitolo 14
*** Oltre l'evidenza ***


Capitolo 11: Oltre l’evidenza

 

 

Se Jussa avesse visto la loro forte intimità, questo, Hydra e Yusuke non lo seppero mai.

Il sonno se ne andò, ovattato, esattamente come venne.

Questa volta quando Hydra aprì gli occhi notò che si era svegliata prima del suo compagno.

Ne approfittò qualche istante per vederlo dormire. Istintivamente alzò lo sguardo e, d’impatto, l’ambiente le risultò sconosciuto.

Poi si ricordò di tutto.

La foresta, il bacio, l’Alcanova, la pioggia, Jussa l’eremita.

“Siamo a casa sua! Ora ricordo!”

Jussa trafficava davanti al focolare.

-Buongiorno!- la salutò.

-Buongiorno anche a te, Jussa-

-Dormito bene?-

-Beh…- cominciò Hydra, e Jussa le lanciò un’occhiatina eloquente per la serie “Ho-Visto-Tutto-Non-Sono-Cieco”.

La ragazza allora rise: -Si, dormito bene!-

Jussa sorrise. A primo impatto la ragazza gli era indifferente, ora invece provò un particolare moto di simpatia verso quella fanciulla, anche se era una perfetta sconosciuta.

-Mangia- le disse, porgendole una tazza colma di latte e un po’ di frutta.

Hydra si strinse un po’ più su sé stessa, accettò e prese, in silenzio, a mangiare e bere.

Dopo qualche istante, la ragazza gli chiese cosa avrebbero fatto di preciso quella giornata.

-Beh, un po’ di questo, un po’ di quello…- disse vago il vecchio.

-Molto interessante, davvero…- disse ironicamente Hydra.

-Te l’ho già detto ieri. Vediamo di scavare più affondo nelle vostre capacità! Vediamo se sai usare la telecinesi per plagiare il tempo e lo spazio. Usa la telecinesi per muoverti al limite di questa dimensione, teletrasporta il tuo corpo in questo limbo privo di dimensioni. Muoviti nel mondo come se fossi la padrona! Al telecinesi è in grado di fare anche cose del genere, se usata correttamente e anche con una certa cautela- disse infine l’eremtia.

-E per curiosità, Yusuke cosa dovrebbe fare?-

-Entrare nella propria arte, legarsi letteralmente ai suoi disegni, diventare un unico corpo con essi-

-E cosa ne otterrei?-

Jussa e Hydra si girarono di scatto: non si erano accorti che Yusuke era sveglio.

-Se riuscirai a fare ciò, i tuoi disegni funzioneranno per te come un’armatura, custodendoti e assorbendo i colpi per te, anche se tu ti trovi in loro- rispose il vecchio.

Yusuke si accomodò davanti alle bianche fiamme, e le fisso intensamente, catturato dall’idea dell’essere protetto da un qualcosa di apparentemente non concreto.

-Facciamolo- disse improvvisamente.

Il trio, allora, si diresse fuori.

Era mattino inoltrato, il sole splendeva pigramente e qualche nuvola, ogni tanto, si divertiva a coprirlo.

La rugiada era quasi completamente evaporata, anche se il terreno era ancora leggermente umido.

-Chi vuole iniziare?- chiese Jussa.

Hydra si fece avanti, flauto alla mano.

-Non sarà facile, ti avverto-

-Iniziamo- disse Hydra, in tutta risposta.

-Bene. Come prima cosa devi sapere che dovrai usare questa capacità anche quando sarai sotto attacco-

Hydra annuì, un unico colpo secco del capo.

-Per prima cosa devi prendere contatto con il mondo circostante. Entra nello spazio e nel tempo. Diventane parte integrante. Concentrati su di loro, cerca la linea di confine dove tu possa sederti fra di loro e usarli a tuo vantaggio!-

-Scusa- disse Hydra –ma questa non è qualcosa di molto simile alla magina nera?-

-Non proprio…e poi siete voi che avete chiesto il mio aiuto. Non è completamente magia nera per il fatto che tu sfrutti qualcosa di già esistente. Non forzi la natura a fare qualcosa che in quel momento non può produrre. Torniamo ad esercitarci. Concentrati su quello che ti ho detto!-

La ragazza allora rilassò i muscoli, respirava lentamente e in maniera profonda, ossigenando quanto più possibile il cervello e chiuse gli occhi.

-Bene. Prova a trovare il confine con la musica- la incoraggiò Jussa.

Meccanicamente, la ragazza prese a suonare.

La melodia che ne uscì fuori era bagnata di dolce malinconia, lenta, ipnotica.

Sia Yusuke che Jussa si rilassarono, e quasi si addormentarono.

La ragazza, da parte sua, non trovava niente.

“La linea di confine…mah! Dove cavolo sta?” pensò.

Continuava a suonare, ma attorno a lei non avvertiva nulla davvero degno di nota, a parte…

-Basta- disse all’improvviso Jussa.

La ragazza abbassò il flauto,e solo allora si accorse i avere l’affanno ed essere stanca.

Si sedette a terra e si passò una mano sulla fronte, massaggiandola con vigore.

-Credo…-

-Cosa?- le chiese Yusuke.

-…di aver trovato questa benedetta linea, ma non ne sono poi così certa. Sembrava attrarmi magneticamente, o forse era solo un’impressione…-

Jussa le chiese se voleva riprovare, e Hydra, quindi, si alzò e dopo qualche istante per calmarsi, riprese a suonare la stessa melodia di prima.

Per quanto la melodia andò avanti, la ragazza non riuscì a ritrovare quella cosa che aveva notato prima.

Solo buio e le note della sua melodia che si rincorrevano e si perdevano, volteggiando e riempiendo l’aria.

Spazientita, Hydra smise improvvisamente di suonare, e si lasciò cadere, ad occhi chiusi.

-Non te la prendere- disse Jussa –in fondo era solo la prima volta! Fidati, è già molto se hai individuato qualcosa di estraneo, forse proprio lo spazio dove dovresti andare. Calmati, e poi, se te la senti, riprovi!-

Yusuke, nel frattempo, seduto su una pietra lì vicino, si era messo a disegnare.

La ragazza andò a sedersi accanto, e scorse il foglio.

Il ragazzo stava disegnando un mazzo di fiori ricchissimo: ibiscus, lilium, rose, gigli ed iris.

Allora Yusuke volse lo sguardo verso di lei, e le sorrise.

Hydra, chissà come, ritrovò la forza di riprovare, ma ancora niente. E le cose andarono avanti così per i tre giorni seguenti.

Hydra provava, Jussa la incitava, Yusuke disegnava.

Era la mattina del quarto giorno, e Hydra flautava ancora, concentrata sul suo obiettivo.

Jussa distolse momentaneamente lo sguardo da lei, attratto dal rumore di qualche animaletto. Le rivolse lo sguardo, e lei non c’era più.

Jussa girò la testa verso tutte le direzioni per ritrovarla, quando un’ombra sul terreno lo spinse ad alzare lo sguardo.

La figura di Hydra volteggiava nell’aria, ma non era proprio lei.

La sua immagine era come deformata, ma non per questo priva di grazia; sembrava che si trovasse dietro una superficie d’acqua, e che la sua immagine fosse increspata dal movimento del liquido.

Hydra scomparve, per riapparire esattamente dalla parte opposta, e poi ancora dietro Yusuke, che ammirava affascinato la figura della ragazza.

Poi Hydra aprì la bocca e disse: -Ce l’ho fatta!-

Ma la voce che ne uscì fuori era deformata, piena di echi, come se fossero più voci a parlare, tutte contemporaneamente.

Poi sparì, e tornò a fianco a Yusuke, stavolta in carne e ossa, nella sua reale forma.

Era stanca, ma non infelice. Era entusiasta del risultato raggiunto, e si ripromise di allenarsi continuamente per affinare la tecnica.

-Aspettami qui- disse Jussa a Yusuke, accompagnando la ragazza nella caverna, per farla riposare.

Dopo non molto l’eremita tornò, e chiamò Yusuke vicino a sé.

-Fammi vedere i tuoi disegni-

Il ragazzo aprì la sacca e glieli porse, tentennante.

Jussa li esaminò, meravigliato, uno per uno.

-Animalo- gli disse, mettendo in cima il disegno indicato e ridandogli tutti gli altri.

Il ragazzo prima mise i fogli a posto, poi vide a quale disegno si riferiva Jussa.

Era il demone che aveva evocato in classe.

Guardò il vecchio di rimando, e quello si limito a scrollare le spalle.

E il demone prese di nuovo vita in tutta la sua magnificenza e gloria, ebro della sua diabolica e androgina bellezza, della sua forza e della sua grandezza.

Il demone spiegò le ali, e volò in alto, sempre più in alto, per poi ricadere giù in picchiata, le ali avvolte contro il corpo.

Si fermò a mezzo metro da terra ed esattamene dietro Yusuke, e continuò a fluttuare placidamente sul terreno.

-Cosa devo fare?- chiese, quindi, il ragazzo.

-Usa il tuo demone come armatura, o fallo entrare in te, come pezzo aggiunto. Credo che dovrebbero aumentare le tue capacità!-

-Come posso riuscirci? Mi sembra al dir poco impossibile!-

-No. Non lo è! U riesci a comandare i tuoi disegni con il pensiero, no?! Bene, ciò significa che c’è un forte legame fra voi. Potenzialo, sfruttalo, ordina di farsi aprire a te!-

-Dimmi solo una cosa: è più facile di quello che ha fatto Hydra?-

-In linea di principio sì, ma dipende dal grado di affinità che si ha con il proprio potere!- rispose il vecchio.

Yusuke, allora, chiuse gli occhi, e chissà come altre volte, entrò in contatto con il suo disegno.

Sentiva quel forte legame, come una miriade di corde che lo legavano al suo prodotto.

Era qualcosa di sensazionale, inspiegabile.

Si sentiva forte, potente, invulnerabile con loro a fianco, ed estremamente soddisfatto.

Un po’ come tutti gli artisti: quando vedono di essere apprezzati, di aver raggiunto i propri obiettivi si sentono appagati, finalmente completi e in pace con il mondo.

Avvertiva quel forte magnetismo che lo attirava verso il demone.

Entrò in sintonia, e sentì al vera essenza del disegno; accadde allora.

Avvertì qualcosa di gelido e caldo allo stesso tempo percorrergli tutto il corpo, la spina dorsale gli doleva incredibilmente, come se dovesse frantumarsi da un momento all’altro.

Aveva gli occhi serrati, e improvvisamente una miriade di stelle colorate gli scoppiò davanti agli occhi, fissi sullo sfondo nero tipico delle palpebre chiuse.

Sentiva le vene e la pelle ribollire, i capelli che si muovevano come fruste per via di un vento inesistente.

E poi, improvvisamente, aprì gli occhi, e fu luce.

Vedeva Jussa dall’alto, un po’ troppo, a dire il vero.

Stava volando?!

Allora si vide le mani: erano nere, piene di bracciali e monili…quelle del demone.

Allora si ricordò di avere a disposizione anche un paio di ali, e si mise a volare a destra e sinistra urlando come un matto, il vento che gli sferzava il viso.

Trovò uno specchio d’acqua, nella foresta, e vi scorse dentro la propria immagine. Le sembianze erano quelle del suo disegno, ma la voce, invece era la sua. Non era il demone a parlare, ma Yusuke.

Provò la sua forza sradicando un albero con una sola mano e uccidendo un cinghiale con un calcio secco e preciso sul cranio della bestia. Forse l’aveva dato troppo forte, perché subito sangue, schegge di ossa e materia grigia uscirono in un cocktail per niente bello da vedere, inzuppando il terreno e rendendolo viscido.

Tornò verso Jussa, e notò che anche Hydra era uscita, richiamata dall’urlo da lui cacciato prima.

La ragazza era un po’ spaventata da quella visione, per cui non si avvicinò; allora Yusuke, concentrandosi, cercò di staccarsi dal disegno, e si sentì subito narcotizzato, i sensi messi a tacere, i movimenti gli sembravano sempre più lenti e goffi, e tutto ballava e girava, vorticava e fremeva, per arrestarsi di botto.

Riaprì gli occhi, e vide che il demone volava dietro di lui, che aveva ripreso le proprie sembianze.

-Fenomenale…- mormorò Yusuke, vedendo le sue mani e richiamando il demone nel foglio.

-Facevi paura, sai?!- disse Hydra.

Yusuke la guardò, stralunato, ma lei si mise subito a ridere, vedendo la sua espressione.

-Ovviamente questi on ci permetteranno di fare fuori Koas…- disse Yusuke.

-Mi sembra una cosa come minimo scontata ragazzo- rispose Jussa.

Ma il loro discorso fu improvvisamente interrotto dal suono lontano di un corno da battaglia.

Il suo suono era basso e penetrante, tale da far tremare la terra e le fronde più alte degli alberi; uno stormo di uccelli si levò in volo e si allontanò, veloce, verso le montagne più alte dell’Alcanova.

Jussa corse dentro la caverna per uscirne dopo pochi minuti con una bisaccia colma di viveri e il flauto di Hydra in mano. Yusuke, istintivamente, si mise in spalla la sua sacca, dove stavno i suoi disegni, il denaro e altre provviste.

Poi Jussa, dando il flauto ad Hydra, disse ad entrambi: -Di certo non siete tipi noiosi. Dobbiamo scappare: a quanto pare la Milizia freme dalla voglia di trovarvi-.

 

 

 

 

 

Angolo dell’autore:

Buon pomeriggio gente!

Ecco a voi il capitolo 11 della storia, e Kaos ancora non dà pace ai nostri due avventurieri.

Volevo avvertirvi già da ora.

Nella storia ci saranno riferimenti religiosi cristiani e pagani, per cui potreste fraintendere alcuni nomi o contenuti.

Passando ad altri discorsi…

 

A _Elea_: MUAHAHAHAHAHAH! Mi dispiace, Alice, ma ti sei sbagliata di grosso! Quello non è Kuro, il padre di Kaos! Non avrei mai lasciato un indizio così evidente XD

 

Alla prossima!

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Capitolo 15
*** I pensieri del re ***


Capitolo 12: I pensieri del re

 

 

Il corno si faceva sentire sempre più spesso, anche se il suono ne rivelava la distanza elevata.

I tre presero a scappare verso l’Alcanova, solo per il fatto che sulle montagne sarebbero stati più al sicuro. O così aveva detto Jussa.

-Ne sei sicuro?- urlò Yusuke, correndo.

-Non ti do nessuna certezza! Imparalo: nella vita non esistono cose certe! Ma di certo staremo di più al sicuro lì che non altrove!- rispose il vecchio, affannato.

Corsero ancora, e il suono del corno della Milizia si fece più debole, perso nell’immensità di quei luoghi.

Arrivarono ad un bivio. All’apparenza nessuna delle strade sembrava più agevole dell’altra, per non parlare della nebbia, che nel frattempo si era attaccata a quei luoghi come una sanguisuga.

La temperatura era scesa, i loro sospiri risalivano in nuvolette di vapore e tutto era diventato grigio e nero. Era pieno giorno, ma la nebbia era così fitta, come i rami degli alberi d’altronde, da impedire alla luce di illuminare quei posti.

Si era alzato un leggero vento, e le foglie secche si rincorrevano fra di loro, creando uno sgradevole suono di minaccia alle orecchie del trio.

Jussa si sedette sul terreno a gambe incrociate, e con i palmi sul suolo, uno in direzione di ogni strada. Salmodiò qualcosa, poi, alzatosi disse di prendere la via a destra.

Hydra e Yusuke non seppero mai cosa Jussa avesse fatto di preciso, e mai glielo chiesero, anche perché volevano solo andarsene da quel posto.

Protetti dalla nebbia, si concessero di camminare più piano, ma comunque parlottarono fra loro sottovoce, per evitare di essere traditi dalle proprie voci.

-Perché non li abbiamo affrontati?- chiese Yusuke.

-Se usavano il corno vuol dire che erano in molti. Quelli che hanno trovato voi due quanti potevano essere? Sei? Sette? Questi sarebbero stati come minimo una trentina, senza esagerare. Troppi, e voi non so come ve la sareste cavata, siccome avete sostenuto un allenamento non indifferente- rispose Jussa.

Continuarono a camminare, nella nebbia e nell’ansia.

Ogni tanto il vento tirava brutti scherzi. Sembrava che parlasse, o che li chiamasse, urlando, sussurrando, facendo rizzare loro la pelle e i capelli, facendoli tremare le ginocchia e le mani.

Panico, nient’altro che panico. Terrore, ansia, disagio.

Come dire…benvenuti sull’Alcanova!

L’odore dell’acqua nell’aria preavvisò un temporale che per loro fortuna non arrivò mai, e l’umore arrivò davvero al fondo.

Camminarono per ore, senza fermarsi un solo secondo, anche solo per togliere i sassolini che erano entrati nelle loro scarpe.

Avevano un solo obiettivo, distanziare i loro nemici il più possibile.

Il terreno, se inizialmente era in salita si manteneva regolare, ora, invece, le radici degli alberi sbucavano dal terreno, tronchi secchi caduti chissà quanto tempo addietro impedivano un agevole passaggio, l’assenza di suoni, versi di animali, li fece sentire più soli che mai.

La stanchezza gli attaccò direttamente alla mente, costringendoli a fermarsi sotto una vecchia quercia gigante.

Hydra aveva le mani attorno alla testa, e stavano lì, serrate, come gli artigli di un rapace, mentre non diceva assolutamente niente.

Jussa si sedette e prese a meditare.

Yusuke, da parte sua, non sapeva che fare.

Si sedette, poi si rialzò, si stese e poi si rimise seduto, per alzarsi di nuovo a camminare nervosamente avanti e dietro. Arrivò davanti al tronco dell’albero, e i nervi erano così tesi che lanciò un pugno, scheggiandosi e ferendosi la mano.

-Ma che genio che sei…- disse Jussa –Ora come farai a disegnare? Speriamo non ci siano fratture…- disse, vedendo le condizioni della mano.

Un tiro di sollievo. Solo escoriazioni.

-La prossima volta stai più attento!- disse Jussa.

Hydra, nel frattempo, non si era mossa di un millimetro, per cui Yusuke le si avvicinò, e notò che nonostante la posa insolita, la ragazza dormiva.

-Dormi un po’ anche tu. Ne hai bisogno! Io faccio da guardia. Faremo dei turni, poi- disse Jussa.

Detto questo, Yusuke si stese e chiuse gli occhi, e si addormentò improvvisamente.

 

***

 

Kaos se ne stava seduto sul bordo del suo letto.

Non era una bella giornata, per gli altri.

Ma per lui sì: pioveva e c’era la nebbia, e tutto ciò, anziché renderlo nervoso, lo calmava.

Era completamente calmo e sereno, tranne per una cosa.

Una piccola pulce…

Anzi no: due pulci!

Non sapendo cosa fare, si alzò, e prese a passeggiare per i corridoi della fortezza.

Arrivò nella sala delle armi e prese a menare fendenti nell’aria con una delle tante spade lì esposte.

Ma si innervosì, e, con un urlo che sembrava un tuono, capace di far tremare cielo, suolo e sottosuolo, mollò un pugnò sulla pavimentazione che si ruppe in mille frammenti. Dove il pavimento era stato colpito, c’era l’immagine ben definita delle dita chiuse su sé stesse.

Allora uscì velocemente dalla stanza, fumando di rabbia, e si diresse verso la Torre Nera, il punto più alto della fortezza.

Arrivato qui, inspirò profondamente l’aria, ignorando la pioggia.

Lanciò uno sguardo all’intero paesaggio.

La città di Kayka di sviluppava completamente attorno al castello, il quale svettava su una collinetta. La città aveva delle proprie mura, e il castello, che si trovava già all’interno di quelle cittadine, ne aveva un’altra cinta. L’intero centro abitato sembrava un mosaico eterogeneo di colori, profumi e sapori. Il castello si ergeva in tutta la sua magnificenza, rivestito dai suoi colori bianco e perla. Era di forma ottagonale, e ad ogni spigolo della struttra una torre faceva mostra di sé. A sua volta, ogni torre ne custodiva un’altra, che terminava con guglie e motivi geometrici. Al centro della sede reale, poi, si ergeva un’altra torre, la Torre Nera, che, a dispetto del nome, era anch’essa bianca, come l’intero edificio, del resto. Questa era la più alta di tutte, e terminava con un ampio terrazzo arredato con mobili di ferro battuto e oro adatti all’ambiente.

Nonostante la pioggia, Kaos sentì il vociare vivace degli abitanti della città, a quell’ora dediti alle loro attività.

“Come?” pensò il re.

“Come posso eliminarli? Perché devo eliminarli! O io…” e non osò continuare a pensare.

Più volte si chiese perché la sua morte fosse già stata profetizzata, non che si aspettasse la vita eterna, ma nemmeno l’assassinio.

E più volte gli venne data la stessa risposta.

Gli dèi non accettano il matricidio, il patricidio, l’eliminazione fisica dei propri cari per il potere. E’ contro il loro volere, è contro il naturale incedere della vita.

Ma loro non sapevano.

Non potevano comprendere.

Lui dove farlo, in vista di un bene supremo.

La morte dei due ragazzi era niente, in confronto al suo progetto più grande.

“Per amore c’è sempre bisogno del sacrificio di qualcuno, sempre! E’ cosi che deve andare. È così che doveva andare con mia madre, e così dovrà succedere anche per quei due, purtroppo”.

E poi, il sovrano scoppiò a piangere e urlare come un bambino, scosso dai singhiozzi e dalle lacrime.

Perché? Perché non lo capivano, non vedevano quello che lui vedeva?

Si accasciò per terra, ancora grondante di lacrime, e urlò contro il cielo, mentre i capelli bagnati gli si attecchivano contro il volto, e le vesti, appesantite dall’acqua, lo incurvavano ancora di più. A vederlo così sembrava un uomo qualunque, vittima delle sue debolezze come chiunque, ma non Kaos il Magnifico, il sovrano di Kayka.

Non potevano capire perché soffrisse così tanto, in fondo, perché la malinconia e l’ira non lo abbandonassero mai.

Prese a picchiare anche questa volta il pavimento, ma più debolmente, senza lederlo.

Si raggomitolò su sé stesso e continuò a lacrimare, senza sapere se sarebbe mai stato capace di calmarsi o se le sue lacrime si sarebbero mai fermate, da sole.

Questo è il brutto di provare una grande pena, un grande dolore.

Nessuno ti capisce e mai ti capirà, per quanto gli altri possano mai mettersi d’impegno.

Certi dolori se non li si comprendono da soli non si possono concepire.

E lui, lì, povera bestia, sotto la pioggia, si lamentava di questo dolore, troppo grande persino per un semi-demone.

Smettendo di piangere, si asciugò il viso, e tirò alcuni respiri forti.

Appoggiandosi al muro si rialzò, con le gambe tremanti, ma si lasciò ricadere in terra, torturano le unghia della mano destra, la schiena contro il muro e la testa rivolta verso il basso.

Più deciso che mai, avrebbe posto fine a questo dolore, a questa sofferenza.

Avrebbe perseguito il suo reale progetto.

 

 

 

 

 

Angolo dell’autore:

Buonasera, miei adorati e fidi lettori u.u

Allora, volevo dirvi una cosa, prima delle mie considerazioni u.u

Per alcuni problemi, l’aggiornamento non verrà interrotto, ma procederà leggermente a rilento.

Ora, detto questo, volevo dirvi una cosa.

Posso capire che a pelle Kaos non possa risultarvi estremamente simpatico, però non giudicatelo davvero male. In fondo anche lui ha dei buoni pensieri, forse per noi strani, ma in fondo buoni!

Detto questo, vi lascio!

Alla prossima e…

…recensite! ^^

 

P.S. Scusate se il capitolo è breve ^^”

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Capitolo 16
*** Il Santuario ***


Capitolo 13: Il Santuario

 

 

Si riposarono per qualche ora, per poi riprendere il cammino.

-Jussa, te l’avremo chiesto già un centinaio di volte, ma dov’è che andiamo, precisamente?- chiese Yusuke.

Jussa rimase qualche istante in silenzio.

-Al Santuario della montagna- disse Jussa.

Il Santuario della montagna era uno degli edifici più antichi di tutto il regno.

Nessuno sapeva la precisa ubicazione, se non che si trovasse sulle cime della catena montuosa temuta da tutti.

Gli abitanti del regno pensavano che fosse stato costruito dai loro avi per mettersi fisicamente in contatto con gli dèi. Dopo le numerose guerre, la gente abbandonò il luogo, e il Santuario non venne più visitato. Ai posteri venne solo tramandata la voce secondo la quale il luogo si trovasse lì, fra le montagne.

-Il Santuario è la casa degli dèi. Ormai hanno abbandonato il posto, in attesa di qualche evento degno di nota. Si sa, le divinità sono così, oscure, ignote. Bene. Noi cercheremo di invocare l’aiuto degli dèi, nella speranza che vi aiutino in questo grande macello!- disse l’eremita.

Camminarono per qualche giorno, senza vivere eventi di particolare nota.

Sia Hydra che Yusuke immaginavano come fosse il Santuario.

Per la ragazza si presentava come un edificio dall’aspetto mastodontico, curato, pulito e pieno di statue, affreschi, mosaici.

Lui, invece, non si aspettava nulla del genere, ma un rudere, o comunque un edificio molto vecchio. Perché, anche se il Santuario era per tutti gli dèi, comunque era molto, molto antico.

A metà giornata del nono giorno faceva decisamente freddo, e il trio trovò un edificio.

-Non sarà questo, per caso?- chiese Hydra.

Era basso, costruito interamente in pietra, e al posto del tetto c’erano alcune colonne, poste in ordine sparso.

Ai lati della piccola porta c’erano due statue che reggevano delle fiaccole.

Alla destra c’era la scultura di un uomo, alla sinistra quella di una donna.

Lui, nella mano libera, impugnava una spada, utilizzata come bastone, come se la pietra non fosse abbastanza solida per reggerlo.

La donna, invece, aveva in mano un fiore di loto, di un inconsueto colo indaco, verde, e nero alle punte.

I tre entrarono, e notarono come l’interno della costruzione fosse molto spoglio. Era di pianta quadrangolare, e la pavimentazione era sconnessa. In alcuni punti mancava del tutto, dando all’erba la possibilità di crescerci dentro.

Le pareti laterali avevano davanti due ordini di colonne, alle cui metà altezze c’erano delle fiaccole, spente ed annerita dall’usura e dal tempo.

Sul fondo il tetto doveva essere forato, perché entrava un cono di luce.

Si avvicinarono in direzione del fascio, e notarono come quello cadde su un altare maestoso di marmo nero, perfettamente lucido e privo di polvere, nemmeno un granello. Il piano era rettangolare, e poggiava su intricate strutture d’appoggio, che si arrampicavano in sinuose spirali e tozze torri in miniatura. Lungo il bordo c’erano delle rune e dei disegni: scene di guerra, d’amore, di caccia e simili.

Hydra alzò lo sguardo verso la luce, e notò che il foro aveva una perfetta forma ovale. Il tetto, quindi, era stato costruito così apposta.

Abbassandolo, notò sul tavolo qualcosa che prima non aveva visto.

Sulla superficie c’era un fagotto di velluto rosso e nero, vergato da fregi e motivi d’oro e argento.

Hydra allungò la mano e aprì il telo, al cui interno c’erano alcuni oggetti. Un foglio di carta, una matita e un flauto.

Il foglio era adornato di ricchi colori e miniature arcane; era grande, perfettamente liscio e non c’era nemmeno un segno di usura o maltrattamento. La matita era davvero particolare: era interamente d’avorio ed era adornata da smalti e gemme preziose. Era lunga e affilata e alla sua estremità portava maestosamente un piccolo globo diamantino.

Il flauto era completamente di diamante, adornato di tanto in tanto con qualche fregio. L’estremità dove uscivano i suoni era a forma di testa di drago con la bocca spalancata.

Non appena i due presero gli oggetti in mano, un piacevole torpore prese a scorrer loro nelle vene, come se finalmente i loro corpi fossero completi.

-Forse gli dèi stanno dalla vostra!- esclamò Jussa, felice.

-Ma starete voi dalla nostra?- disse all’improvviso una voce con la potenza di un tuono, ma allo stesso tempo pacata nel modo di esprimersi.

Allora l’interno dell’edificio prese a brillare di luce propria, in maniera sempre più intensa, finché una forma non prese a manifestarsi, mentre la luce si ritirava.

-Sono Eosforo, figlio dell’aurora, dio della luce. Vengo a voi come messaggero. Avete la Nostra benedizione. Dovrete eliminare Kaos, o il Magnifico adempirà ai suoi piani. Trovate i nostri templi, ricevete le nostre virtù, e solo allora Kaos potrà dirsi vulnerabile- disse il dio.

Hydra notò che era vestito completamente di bianco e aveva il cappuccio a celare il volto.

-Sei tu che ci hai salvati dalla Milizia!- urlò allora.

-Sì, siete estremamente preziosi, più di quanto immaginiate. Dovevamo liberarvi dal nemico. Ma non c’è tempo. Veloci, andate alla ricerca della Luce, della Notte, del Fuoco, dell’Acqua, della Terra, dell’Aria, della Morte e del Tempo. Non c’è tempo!- e detto questo la divinità sparì.

I tre si guardarono in faccia, tramortiti.

-Ancora in viaggio, ancora ricerche…- mormorò Yusuke, sconsolato.

Allora accadde qualcosa di sconvolgente.

Il foglio e la matita che Yusuke aveva preso sull’altare presero a tremare e gli scapparono di mano, e presero a fluttuare a mezz’aria. La matita, allora, animata da un qualcosa di apparentemente invisibile ed incorporeo, prese a disegnare quella che sembrava una mappa, costellata da otto X disposte qua e là: la posizione approssimativa dei templi.

Allora i due oggetti caddero per terra come un qualsiasi peso vittima della gravità.

Yusuke si chinò per raccoglierli e notò che il foglio era di nuovo bianco.

-E’ sparita! La mappa! Non c’è più!- urlò, in preda al panico.

Si rigirò il foglio fra le mani, incredulo, e pensando ad un modo per recuperare la mappa.

Non trovando soluzioni si concentro su di essa, cercando di ricordare, almeno approssimativamente cosa riproduceva e dove erano i templi, quando il disegno riapparve sul foglio.

-Forse ho capito!- esclamò, mentre il pezzo di carta iniziò a sbiadirsi e a ritornare perfettamente immacolato.

-Credo che questo foglio abbia una memoria! Ricorda cosa è stato riprodotto su di esso e lo mostra di nuovo quando lo si desidera!-.

Ansioso di vedere se la sua teoria fosse esatta, si inginocchiò, e disegnò fugacemente una lepre.

Come pensato, il disegno scomparve subito. Yusuke, allora, pensò alla lepre, ed ecco che il disegno riapparve. Dopodiché, come fece altre volte, diede vita al disegno, e la lepre uscì fuori dal disegno con un balzo e prese a saltellare per tutta la stanza. Solo quando Yusuke la richiamò, scomparve.

Ripensò alla mappa, e chiamò a raccolta gli altri due.

-Noi siamo qui- disse Jussa.

-E il tempio più vicino è questo- disse Hydra, indicandone uno che si trovava anch’esso sulle montagne.

-Abbiamo una meta, allora!- rispose raggiante Yusuke, riponendo tutto nella sacca.

Si affacciarono, e videro che il sole stava per tramonatare.

Senza notarlo avevano passato quasi tutto il resto della giornata lì dentro.

Non era il caso di avviarsi. Avevano un rifugio per la notte sicuro. Nessuno li avrebbe mai trovati. Inoltre la nebbia stava per riabbassarsi, quindi sarebbero stati ancora più protetti.

-Cosa hanno gli dèi in serbo per noi?- chiese Hydra.

-E chi lo sa. Abbiamo la loro benedizione, tanto meglio! Andiamo a cercarli e lo scopriremo!- rispose Yusuke.

Jussa decise di andare fuori a fare il primo turno di guardia, e i due ragazzi si ritrovarono da soli dopo tanto tempo.

Seduti sui mantelli, uno di fronte all’altra si guardarono, persi fra di loro. Si avvicinarono, l’uno a tirare l’altra con la mano. Quando furono abbastanza vicini, si fermarono, e continuarono a fissarsi.

Hydra percepiva l’elettricità e la tensione della situazione. Chiuse gli occhi e prese a respirare profondamente, scossa da lievi fremiti. La presa delle sue mani si fece più stretta, e le labbra si dischiusero.

Allora Yusuke fece l’ultimo passo, e la baciò a lungo. Inizialmente in maniera tenera, poi avvertì la lingua di lei fare pressione. Cedette, e sentì la lingua di Hydra esplorare la sua, che nel frattempo si era infilata nella bocca della ragazza.

Affondò la mano nella sua chioma, ormai non tanto liscia per via del lungo viaggio che avevano fatto, ma era lo stesso una piacevolissima sensazione.

In seguito avrebbe descritto quei momenti come qualcosa di davvero unico, vitale e dolce.

Amava dire che ogni volta che baciava Hydra bevevo un sorso di ambrosia, il cibo degli dèi, e sentirsi sempre molto simile a loro.

Le mani di Hydra, poi, si infilarono sotto i vestiti del ragazzo, mentre quelle di lui, percorrevano le sue linee, ridisegnandole e facendole fremere.

I loro respiri prima ritmici ora si fecero rapidi, profondi, sordi.

I loro gesti conservavano in loro qualcosa di antico quanto il tempo stesso ma certamente più travolgente, vivo, passionale e concreto.

Stava per mettersi a piovere: un tuono, in lontananza si faceva sentire in tutta la sua potenza, ma i due non se ne curarono.

Si stesero, e dopo interminabili minuti di piacere, oblio e tenerezze si abbandonarono al sonno che incombeva sulle loro stanche membra.

 

***

 

Kaos camminava rapido nei sotterranei della reggia. Come il resto dell’edificio, anche questi splendevano ed erano pulitissimi, ad eccezion fatta delle celle. I pavimenti erano lustri, e venivano periodicamente incerati. Le pareti erano pulite e lisce, e la volta non era da meno.

Percorse il corridoio, illuminato dalle lampade, per tutta la sua lunghezza, finché, arrivato alla parete sul fondo non aprì un’anonima porta sulla sinistra.

L’interno della stanza era stupefacente. Era ricoperta completamente di marmi bianchi e neri, fusi fra loro in intricati motivi geometrici e simbolici. L’ambiente era illuminato da alcune fiaccole.

Era di pianta circolare e aveva un’ampia volta a crociera.

Sugli spigoli della sala c’erano incise delle rune, con quello che a prima vista sembrava oro.

Al centro della stanza, poi, c’era un unico blocco di marmo nero a forma di parallelepipedo. Un’ara.

Era completamente sgombra, se non fosse per una bacinella con dell’acqua e dietro di essa un piccolo candelabro, posti esattamente al centro della superficie.

Si avvicinò all’altare, accese le luci delle candele e con l’acqua della bacinella si sciacquò il volto e le mani.

Dopo di che si inginocchiò e prese a pregare per la riuscita del suo progetto.

Voleva che tutto si realizzasse nel migliore dei modi e che i suoi sacrifici non fossero sprecati.

Ripenso a quei poveri ragazzi, e pianse di nuovo, ma si consolò del fatto che le loro morti facevano parte di qualcosa di più grande, che non avrebbe potuto rivelare a nessuno, al meno non in quel momento.

“Tempo al tempo! Quando sapranno, capiranno anche loro!” pensò Kaos, malinconico e affettuoso.

Riprese a pregare e recitare alcuni salmi, mentre le candele si consumavano e crollavano su sé stesse.

Il silenzio era sovrano, ma una voce cavernosa ruppe il silenzio.

-Perché vuoi farlo, Kaos?- proveniva da un buio angolo della sala.

A tradire la presenza di un’altra persona erano gli occhi che sembravano galleggiare in una pozza di oscurità.

Il sovrano non si scompose minimamente e non fu spaventato da quell’improvvisa voce, che sembrava ruggire sul precedente silenzio. Non era la prima volta che suo padre Kuro si mostrasse mentre pregava.

-Perché, Padre, amo questa terra, e voglio farlo per il suo bene. Un giorno capiranno, lo so. Amo questo mondo, amo il mio regno, e voglio solo fargli del bene, ecco tutto-.

 

 

 

 

 

Angolo dell’autore:

Salve a voi miei cari lettori!

Anche se con un po’ di ritardo vi mostro quest’altro capitolo della storia, nella speranza che possa piacervi!

Ora, cos’è che ah in mente il nostro Kaos? E chi incontreranno per prima i nostri beniamini?

Ancora, spero che la storia vi piaccia ^^

 

A _Elea_: ciao Ali! Si, diciamo che Kaos è molto simile a Isik, sotto questo punto di vista! E sono contento che il capitolo ti abbia colpito ^^

P.S. Aggiorna “Ballad” e “Until” che sono curioso!

 

A Valerie_Laichettes: ciaooooooooo! Sono davvero lieto che tu non abbia abbandonato la mia storia, grazie, grazie mille per la tua presenza!

 

Colgo l’occasione per ringraziare

 

berry345

Fantasy_Mary88

raukath

Valerie_Laichettes

_Elea_

sTar__

Che l’hanno aggiunta fra le seguite

 

Emilie91

hinayuki

Che l’hanno aggiunta fra le ricordate

 

Isa is smiling

Che l’ha aggiunta fra le preferite!

 

Grazie mille e a presto!

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Capitolo 17
*** Addio ***


Capitolo 14: Addio

 

 

Il giorno dopo, armati di quelli splendidi doni divini, delle migliori intenzioni e di poche provviste, i tre uscirono dal Santuario e si incamminarono verso ovest.

L’umore, nonostante tutto, non era dei migliori, fra pioggia, nebbia e vento il trio non desiderava altro che tutta questa maledetta storia finisse.

I giorni si rincorrevano con le notti, e il paesaggio non accennava a mutare.

Ovunque si volgesse lo sguardo si vedeva solo terra brulla, e qualche albero intrepido che aveva pensato di crescere lassù, in quella terra dimenticata da tutto e tutti.

Iniziarono ad adattarsi ai ritmi della natura, accontentandosi di ciò che lei offriva senza pretendere nulla di più.

Non sapevano neanche di cosa parlare, tanto che alcuni giorni di marcia li passavano in assoluto silenzio, senza avere il coraggio di infrangere quell’equilibrio fragile che si era appena instaurato.

Poi qualcosa sembrò cambiare.

L’altitudine aveva cominciato a diminuire, e la vegetazione si fece sempre più ricca, generosa e viva.

La temperatura stava gradualmente salendo, e riuscirono a capire che si stavano allontanando dall’Alcanova.

-Chissà se ci stiamo avvicinando o no…- mormorò Jussa, cercando di capire dove fossero.

Si sedettero in terra, e Yusuke srotolò la carta.

Rievocò il disegno della mappa e quello riapparve lì in tutta la sua magnificenza.

Mentre studiavano la carta una zanzara aveva punto Hydra, la quale si alzò per ucciderla con un colpo secco delle due mani.

-E che non si dica di me che non sono in grado di uccidere- decretò, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

Non si era accorta che il flauto preso nel tempio le era caduto ed era finito sulla mappa.

Lo strumento si alzò dal suolo di qualche centimetro e prese a ruotare su sé stesso.

Basiti, nessuno dei tre sapeva cosa fare di preciso.

-E se volesse indicarci la direzione da seguire?- chiese Jussa, dopo qualche istante.

Yusuke, allora, si concentro su quella stramaledettissima X sulla mappa e il flauto, allora, di colpo si fermò. Le fauci del drago indicavano verso nord.

Yusuke e Hydra guardarono Jussa, meravigliati, che cercò di minimizzare la cosa, non volendo dare a vedere che aveva ragione.

Afferrarono le cose e si misero a correre verso la direzione indicata.

Non si accorsero, però, che le strade, in quella regione, si fecero via via più battute e frequentate.

Alcuni, vedendoli, presero a mormorare al loro passaggio.

Allora i tre rallentarono per evitare di destare altri sospetti.

Arrivarono nei pressi di un villaggio e decisero di fare approvvigionamenti, dato che i soldi non mancavano: la bisaccia che li conteneva era ancora piena quasi più della metà.

-Non entrate.- disse Jussa -I ricercati siete voi. Questi, invece, non conoscono me. È più sicuro. Ci vediamo dall’altra parte!- e si divise.

Yusuke ed Hydra, invece, si diressero verso il bosco, nascondendosi nel folto, ma non tanto da perdere di vista i limiti dell’agglomerato.

A prima vista sembrava un villaggio; in realtà quel centro abitato, per quanto potesse essere considerato piccolo, era molto esteso.

Nel frattempo nel bosco regnava il silenzio assoluto.

Era una cosa al dir poco inquietante e quella quiete raggelava il sangue dei due ragazzi.

E fu quel silenzio ad alto volume e forse anche un po’ della loro inesperienza che li segnò.

Non si erano accorti che erano seguiti.

Arrivarono all’altra estremità di quella piccola cittadina e videro Jussa che li aspettava sul limitare della foresta.

Fu allora che accadde.

L’urlo provenne dal folto, inaspettato come un fulmine a ciel sereno.

Vennero subito accerchiati da una banda di ladri…anzi, di ladre.

Erano in dieci, e si disposero velocemente attorno ai tre.

Istintivamente alzarono le mani, ma quella che doveva essere il capo rise beffarda.

Yusuke mostrò prontezza di riflessi, e rapido evocò il solito demone, al quale oramai si era affezionato.

-Ma che…- disse la guida delle ladre, perplessa. –Ma si, che la cosa si fa più interessante! Fatevi sotto!-

E allora le donne li attaccarono: sembravano essere una perfetta macchina da guerra estremamente sincronizzata.

Hydra, allora, colpì alla pancia una delle avversarie con il flauto. Senza volerlo la ferì brutalmente, e quella, scossa dai fremiti e da schizzi di sangue si lasciò cadere in terra con un tonfo sordo.

Il demone, nel frattempo aveva preso due delle avversarie e le aveva scaraventate lontano, e l’impatto fece perdere loro i sensi.

Jussa, col bastone deviava i colpi, ma vuoi la vecchiaia, vuoi la distrazione e forse anche un lieve principio di artrosi, non fu abbastanza veloce.

Il capitano delle ladre lo colpì al petto con un pugnale, e mentre lo lasciò lì, sia avventò sugli altri.

Prese alle spalle Yusuke, e prima di calare il pugnale sulla sua gola lo derise.

Allora il ragazzo le disse: -Preparati a morire, puttana!-

Il demone la prese da dietro all’improvviso e le spezzò la spina dorsale.

Morì sul colpo, con una smorfia di incertezza sul viso.

Infuriato, il demone usò il cadavere della donna per far fuori le altre, quando allora si levò una melodia.

Hydra aveva preso a suonare e stava evocando i poteri della foresta.

Gli alberi sembravano davvero vivi: i rami si calarono sulle poche sopravvissute e le radici le soffocarono nella loro stretta e legnosa morsa.

Una era legata mani e piedi e venne passata da parte a parte dalla radice di un salice all’altezza dello stomaco. Un'altra venne schiaffeggiata a morte dalle fronde di una quercia. Le schegge le si conficcavano senza pietà nella pelle, nelle orbite, lasciandola in un mare di sangue. Allora venne lanciata in aria, e piombò subito al suolo, accompagnata dal sinistro rumore di ossa rotte.

Una macchia di sangue, rapidamente, si sparse sotto il cadavere, mentre la malvivente, in una serie di spasmi muti e dolorosi si faceva morire lentamente.

Il fluido rosso era schizzato ovunque, macchiando i volti dei ragazzi.

La melodia si spense, e tutto ciò accadde senza che i due si accorsero di Jussa.

Si avvicinarono al corpo della principale ladra, e videro che in realtà erano cacciatrici di taglie, impiegate dallo stesso Kaos.

Solo allora sentirono un rantolo basso e sordo, e si accorsero di Jussa, piegato su sé stesso e con una grossa macchia sul petto.

-No…NO!- urlò Hydra, e si precipitò verso l’eremita per aiutarlo, inseguita da Yusuke.

Jussa cadde rovinosamente al suolo e volse lo sguardo quasi vitreo ai due ragazzi.

-Scap-ppate, andate via, sciocchi! Correte, n-non c’è t-t-tempo…- rantolò, mentre un fiotto di sangue gli uscì dalla bocca. Sapeva che stava per morire, e cercò di incitare i due ragazzi, che invece se ne stavano lì, a piangere sul suo corpo morente, impotenti e immobili.

Sentì un’improvvisa vampata di gelo nel sangue, allora strinse le mani dei due ragazzi con quanta forza gli rimase nelle membra. Un’altra ondata, un’altra e ancora un’altra.

Un altro fiotto di sangue. Un fiotto giallastro: fiele e succhi gastrici, e poi ancora sangue.

Un lieve tremore, e poi basta.

Chiuse lentamente gli occhi, e la testa cadde su un lato.

-Jussa…JUSSA!- urlò Hydra scuotendolo, come se potesse risvegliarsi e parlare di nuovo loro con il suo sarcasmo a volte pungente a volte rassicurante.

Yusuke prese a piangere, e scosso dai singhiozzi prese anche lui a chiamare il nome del vecchio, sapendo benissimo che ormai non c’era più nulla da fare.

I due stettero così, Hydra che carezzava la fronte del morto, Yusuke che lo guardava con uno sguardo perso.

Decisero di seppellire Jussa nel profondo della foresta.

Suonando e piangendo, Hydra smosse abbastanza terra per poter seppellire il caduto e Yusuke, al momento adatto, lo adagiò al suo interno, per poi coprire tutto. Presero dei fiori di campo e li deposero sul tumulo. Restarono così qualche altro minuto, e poi se ne andarono, non riuscendo a non volgere indietro lo sguardo.

Ormai non piangevano più. Anche le lacrime erano finite. Gli occhi erano gonfi e rossi, come il sole che stava tramontando, a sigillo e simbolo dell’addio al quale avevano assistito.

Si incamminarono, stretti l’uno all’altra, in silenzio e con un passo leggermente traballante, incerto.

Camminarono, e camminarono.

La notte era padrona del cielo già da qualche ora, la luna era alta e le stelle splendevano in tutta la loro magnificenza e potenza, consumandosi lentamente e fatalmente.

All’improvviso, poi, Yusuke si fermò ed indicò ad Hydra una struttura.

-Bene. Siamo arrivati-.

 

 

 

 

 

Angolo dell’autore:

Bene, so che mi odierete.

Ma dovevo farlo, per forza.

Non giudicatemi male se vi dico che Jussa era di troppo, ma comunque ci saranno altri "ritorni" del vecchio in seguito, o per meglio dire cose che gli si riferiscono, non disperate!

Scusate se queste parole sono poche, ma davvero, non so cosa scrivervi.

Alla prossima.

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Capitolo 18
*** Madre Terra ***


Capitolo 15: Madre Terra

 

 

Davanti ai due ragazzi c’era una grande parete rocciosa, sulla cui superficie si alzava una fessura ampia.

Si capiva che era il tempio che cercavano per il semplice fatto che l’apertura era adornata da fregi, rune dall’arcano significato e due colonne, una per lato.

Erano molto diverse l’una dall’altra: quella di destra si ergeva in tutta la sua altezza con una sinuosa spirale e il capitello era tozzo e liscio; la colonna di sinistra, invece, sembrava essere stata martoriata, poiché sulla liscia superficie mancavano dei pezzi, facendola risultare ora sottile in quel punto, ora più tozza in quell’altro.

-Credo che troveremo il dio della terra, qui dentro…- mormorò Yusuke.

-O la dea- precisò Hydra.

I due si guardarono negli occhi ed entrarono.

L’interno era maestoso nella sua semplicità: l’ambiente si sviluppava su un’area perfettamente circolare, tagliata orizzontalmente sul fondo.

Il perimetro, invece, era costellato di colonne intervallate fra loro da nicchie.

Le prime erano perfettamente lisce, mentre le nicchie erano delle fessure a sesto acuto, al cui interno c’erano delle torce spente.

Il pavimento color della terra era liscio e lucido, tanto da aver la possibilità di specchiarsi all’interno.

I due diedero il primo passo all’interno dell’edificio e le prime due torce si accesero, agevolando la vista.

Più si avvicinavano al fondo, più torce si accendevano, illuminando la magnificenza e la sacralità del luogo.

Quando arrivarono in prossimità della fine notarono che c’era un’ara.

Era estremamente semplice, fatta di pietra, ma lo stile non sembrava per niente quello del tempio.

Era grigia, di pietra grezza e sembrava sbozzata da pochi colpi vigorosi e un po’ imprecisi.

Era costituita da una tavola poggiata su basse colonnine che dovevano rimandare alla forma di mani, anche se sembravano solo dei blocchi amorfi; il piano era completamente sgombro.

Yusuke e Hydra si fissarono con uno sguardo interrogativo, senza sapere bene cosa fare esattamente.

Jussa lo avrebbe sicuramente saputo, ma se ne era andato e loro non avevano la più pallida idea di cosa fare.

Il silenzio regnava sovrano, tanto da far fischiare le orecchie.

-Non so, forse dovremmo presentarci…- disse timidamente Hydra.

Yusuke la guardò di sbieco, e lei si schermì dicendo che non sapeva proprio che fare e che la sua era solo un idea.

-O preferisci rimanere qui fin quando le nostre subdole membra non cascheranno in terra?- chiese, con le mani sui fianchi, Hydra.

Allora, la ragazza, rivolta verso l’altare, si schiarì la voce.

-Siamo Hydra e Yusuke…- ma non riuscì a finire la frase che una scossa di terremoto scosse la struttura facendoli cadere per terra.

Dal centro del pavimento si aprì un foro, che sputava fuori di sé un ammasso enorme di terra, pietre, polvere e calcare.

Tutta la materia vomitata fuori dal buco, poi, prese a vorticare, prima lentamente e sfiorando il suolo, poi sempre più velocemente e in alto.

La velocità di quel vortice di terra alzò un forte vento, e i due si coprirono gli occhi per evitare di far entrare dei detriti.

Poi, ad un certo punto, tutto sembrava ripiegarsi su sé stesso e verso il centro, e ci fu un’altra scossa, anche se meno violenta ma più lunga.

Ad un certo punto i pezzi di terra e i sassi si schiacciavano così tanto fra loro tanto da sembrare che dovessero implodere da un momento all’altro.

Tutto assunse la forma di un bozzolo, o per meglio dire, di una figura piegata su sé stessa e che, lentamente, si ergeva. Sembrava deforme e disarmonico, ma lentamente prese proporzioni armoniche e una colorazione molto strana. Tutto aveva il colore della terra, a diverse gradazioni in base alla collocazione: davanti avevano una donna di straordinaria bellezza, formosa e dai capelli lunghi fatti di…radici?

I due guardavano increduli e impauriti quello spettacolo della natura, che gli lanciò prima uno sguardo indifferente, poi un mezzo sorriso.

-Sono Tellus, la Madre in cui tutto nasce e muore, portatrice del seme della vita, custode dei corpi dei morti. Sono la dea della terra- si presentò la donna.

La voce era alta, squillante, possente: trasmetteva calma, incuteva rispetto.

Erano pur sempre al cospetto della Grande Madre, no? Allora i due le si inginocchiarono dinnanzi, in segno di rispetto.

-Ebbene?- continuò la dea.

-Cerchiamo la sua benevolenza, signora!- disse Yusuke.

-Per farci cosa?-

-Per sconfiggere Kaos…- disse timidamente Hydra.

La donna disse loro di alzarsi, e li guardò dritti in faccia, con i suoi occhi di topazio.

-Davvero?-

I due non sapevano cosa fare, la donna si era fatta se possibile più alta e severa, guardandoli in tutta la sua fierezza giocando, distrattamente con una ciocca di capelli (o radici, ancora non si poteva sapere).

-Allora?- chiese ancora, con più fermezza e l’autorità tutta degli dèi.

-Vogliamo sconfiggere Kaos, per riportare non dico la pace, ma un po’ di tranquillità su questa…su questo mondo!- dichiarò Yusuke. Stava per dire “su questa terra” ma all’ultimo gli era sembrato offensivo davanti alla dea stessa della terra.

-Si, lo so, sono pur sempre una divinità! Sono io, che con il terremoto ho distratto i Militi per permettere a Eosforo di salvarvi! Ma cosa vi spinge a fare ciò?-

-Non è bello vedere sangue innocente versato inutilmente…- disse Hydra, che pensava ancora a Jussa e alle vittime dell’orfanotrofio, con le lacrime agli occhi.

-State certi, vi darò il mio potere. Ma voglio darvi un avvertimento. Non tutti saranno accondiscendenti come me. Sarete messi alla prova, e molto duramente. Seppiatelo fin da ora! Questo è solo l’inizio, le sofferenze vi aspetteranno dietro l’angolo, in agguato, vi attendono, vi ghermiranno. Vi dono il potere della forza della Terra, che vi sia d’aiuto in questo viaggio. Avete la mia benedizione e il mio potere- e detto ciò, la dea poggiò ogni mano sulla testa dei due, per poi dissolversi in un mare di polvere e argilla.

I due, quindi, alzandosi, si ripulirono dai detriti e si videro prima intorno, poi fra di loro, increduli di quanto fosse accaduto.

Si sentivano esattamente come la terra: pieni di vita eppure prossimi alla morte, vecchi, saldi, fermi eppure giovani, in costante movimento. Erano i fiori di tutto il suolo, le pietre del sottosuolo, la vita che stava per germogliare e un fiore che stava per morire.

Erano le radici degli alberi che scavavano per trovare l’acqua.

Erano la saggezza propria di quella terra che aveva visto passare sopra e sotto di sé prima i giorni, poi i mesi, gli anni e le epoche, le civiltà, le loro guerre e le loro relative paci, erano il sangue di chi aveva bagnato quel mondo e il sangue dal quale era nato quello attuale.

Poi, improvvisamente, questo mare di sensazioni antitetiche eppure complementari fra loro, così come giunsero, sparirono.

Poi, qualcosa parve smuovere l’aria, poi la stanza e le fondamenta stesse della terra: un altro sisma.

La volta stava iniziando a cedere, poiché pezzi di terra e pietra sempre più grossi presero a cadere; i due si rifugiarono in un angolo della stanza ma le vibrazioni si fecero via via sempre più violente, fragorose e fatali.

Un sasso, o per meglio dire, un macigno, cadendo sfiorò Yusuke, facendolo spaventare a morte.

I due presi dal panico non sapevano cosa fare: i respiri si fecero sempre più aritmici e rapidi, le mani iniziarono a cacciare sudore velocemente diventando pericolosamente lisce e scivolose.

L’aria iniziava a farsi irrespirabile, piena di polvere, spore e terra, tanto da far venire dei conati di vomito.

Per un attimo tutto si fermò, per poi riprendere con un unico violentissimo sussulto quella danza mortale.

Il terrore tornò di nuovo alle stelle.

-Siamo sfottuti, moriremo!- urlò Yusuke, ancora più terrorizzato dall’idea di morire seppellito vivo dalle macerie.

Chissà com’è morire seppelliti vivi, mentre respiri, mentre la terra, per prima cosa, ti blocca, e poi ti si infila nella narici, in bocca, negli occhi, nelle orecchie. Certo, sarebbe tutto attutito, e rallentato. Si sa, la mancanza di ossigeno ritarda i sensi. Forse non sarebbe poi così male morire da stordito, ma è l’idea stessa della morte che ti fa fuggire da essa.

Il panico era tale da costringerlo a gettare fuori un fiotto di fiele per il disgusto.

Hydra, disperata, poi prese ad urlare.

-BASTA! BASTA!-

Improvvisamente, come qualche istante prima tutto si bloccò, ma questa volta definitivamente.

Appena tutto sembrò terminato, i due, correndo quanto le gambe tremanti li permettessero, corsero fuori, e giunti all’aria aperta, caddero rovinosamente in terra, respirando a boccate profonde l’aria pulita.

Tramortiti e spaventati, con le mani, Yusuke e Hydra si cercavano, e toccatisi, prima si strinsero le prese delle mani, poi si abbracciarono forte, pieni di polvere, pietre e terra, sudati, tremanti, spaventati a morte, ma comunque miracolosamente vivi e illesi.

I respiri, molto lentamente, si fecero sempre più regolari, e le carni presero a smettere di tremare.

Ma l’immagine di quella montagna (perché di quello si trattava) che gli crollava addosso era davvero traumatica.

Erano davvero vicini alla morte. Potevano dire di averla quasi intravista, o per meglio dire, avvertita fra le vibrazioni e le esalazioni della terra.

I due poi, dopo quelle che potevano essere ore, o forse giorni, anni, o ancor di più, vite, si alzarono per lasciarsi cadere all’ombra di un salice, incuranti del fatto che dovevano nascondersi.

Lì, esausti si lasciarono cullare dalle note del silenzio e iniziarono a ballare su ipnotiche danze sonnolente, finché, chiusi gli occhi, non persero coscienza di sé.

La luna, alta nel cielo, se ne fregò altamente delle loro grane, e le stelle non facevano altro che compiacersi della loro grandezza, della loro luminosità, o forse si interessavano di loro, ma lo nascondevano così bene da sembrare davvero disinteressate a loro.

Le stelle continuarono a brillare, e la luna a splendere per tutta la notte.

 

 

 

 

 

Angolo dell’autore:

Ciao a tutti! Mi scuso per l’orrendo ritardo con cui ho aggiornato, ma il 5° superiore si prospetta piuttosto impegnativo e corposo, quindi pubblico appena riesco a tirare un respiro di sollievo (ed è appena passata una sola settimana dal primo giorno di scuola O.o).

Bene, detto questo, Yusuke e Hydra hanno incontrato Tellus (per maggiori informazioni sulla divinità, vi consiglio di vedere su Wikipedia, se può interessarvi) e ne hanno preso il potere.

Kaos può iniziare a tremare, adesso, anche se la strada, purtroppo per Yusuke e Hydra, e meglio per Kaos, è ancora lunga!

Tranquilli, ce ne saranno delle belle, abbiate solo un po’ di pazienza!

Per il momento…

…alla prossima!

 

P.S. Colgo per ringraziare chi segue con assiduità questa storia: grazie, siete mitici!

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Capitolo 19
*** Epanàstasi astèri ***


Capitolo 16: Epanàstasi astèri

 

 

Disordine, mancanza di armonia: questo vedeva il re attorno a sé.

Kaos era ogni momento, ogni singolo istante che passava di quello che stava per fare.

Aveva sei o sette anni quando capì tutto, anche perché lui era la conferma di tutto ciò.

Era fermamente deciso di mettere fine a tutto questo, e il più presto possibile.

Da quando ebbe questa folgorazione studiò sodo, nella biblioteca del palazzo, la storia del suo regno, del suo mondo e della sua terra.

Kayka e tutto il Continente, all’alba dei giorni, prima ancora che tutta questa maledetta storia avesse inizio, era popolata dagli Asura, un’antichissima popolazione dalle leggendarie origini divine.

C’era, però, una sola grande differenza fra gli Asura e gli dèi: non erano immortali.

Gli Asura accettarono questa clausola; sotto il loro dominio il Continente andò incontro ad un lungo e prospero periodo di pace, noto alla storia come l’Epoca della luce. Tutto raggiunse un livello tecnologico impensabile, e gli Asura, nel frattempo, scoprirono di poter leggere i pensieri degli altri, dopo un particolare tipo di allenamento.

Già con questa scoperta l’ordine costituito iniziò a vacillare, ma gli Asura andarono avanti nelle loro ricerche, diventando i più abili scienziati, astronomi, filosofi del mondo conosciuto.

La popolazione, allora iniziò ad intraprendere i primi viaggi, e così gli Asura vennero a sapere che il loro regno a sud confinava con un grande deserto, a Est era delimitato dal mare, mentre a nord e ovest un’unica ininterrotta catena montuosa: l’Alcanova.

Ovviamente loro, come poi scoprirono, non erano gli unici abitanti del Continente.

Erano circondati dagli uomini, una razza selvaggia, primitiva e violenta.

Gli Asura li tennero sott’occhio, mentre anche loro, in maniera sorprendentemente rapida, iniziarono ad evolversi e raggiungere gradi di conoscenza sempre più alti.

Gli Asura avevano paura degli uomini per il semplice fatto che questi, in numero, erano nettamente superiori, e su questa cosa contavano molto. Ragion per cui la razza umana divenne pericolosamente bellicosa, e sempre più bramosa di potere.

I diversi clan degli uomini si combatterono fra loro per poi unificarsi sotto un unico regnante.

L’Era degli Umani aveva inizio con il principato di Greger; gli Asura, percependo la minaccia avevano eletto come loro sovrano Ashraf.

Il sovrano degli Sura, come prima cosa, si preoccupò dell’istituzione di un esercito permanente, in grado di poter resistere al meglio agli attacchi del uomini o di qualsiasi altra razza.

Ecco quindi che fra le fila degli Asura aumentarono i maghi, i fanti e gli artificieri.

La guerra era veramente vicina, forse troppa, e come sua portavoce, la precedette la crisi. I mercati divennero sempre meno frequentati, gli scambi divennero sempre più radi e le strade vennero abbandonate a sé stesse, battute dai viandanti solo in casi di estrema urgenza.

La battaglia decisiva si combatté nella valle dove sorge, attualmente, la capitale Kayka.

Lo stridio delle spade che cozzavano fra loro, le urla dei cavalieri, le urla di dolore e i flutti di sangue facevano così tanto rumore da sentirsi ovunque.

Inizialmente gli umani ebbero la peggio, anche se in numero rimanevano in schiacciante superiorità. Sfinite, le due schiere si ritirarono nei loro accampamenti.

Fu allora, che con un atto di grande superbia, gli Asura furono condannati all’estinzione della loro razza.

Alcuni di loro si misero ad urlare contro gli uomini che li avrebbero uccisi, le loro donne sarebbero diventate le loro schiave, serve e giochi erotici, i bambini schiavi e gli uomini sarebbero passati tutti a fil di spada.

-NOI SIAMO FIGLI DEGLI DEI! SIAMO COME GLI DEI E PER QUESTO SARETE VOI A MORIRE, PORCI!- urlarono.

Gli dèi, udite queste parole si offesero molto, poiché quello che dicevano gli Asura non era vero.

Erano figli degli dèi, vero, ma non erano come loro. Fu l’atto di presunta superiorità che sancì la morte delle schiere di Ashraf.

Gli dèi li privarono del loro beneficio, e li gettarono nella confusione più totale, preludio di un’eterna condanna di oblio.

Il giorno dopo gli uomini ebbero la meglio, e Ashraf, in qualità di sconfitto dovette presentarsi per trattare le condizioni di pace.

Greger, offeso per gli impropri urlati dai nemici, non concesse loro nessun tipo di amnistia e grazia.

-Avrete lo stesso trattamento che voi volevate riservare a noi. Le vostre donne saranno le nostre puttane, i bambini saranno risparmiati, perché innocenti, ma saranno resi comunque schiavi, mentre gli uomini moriranno tutti. Vi concedo una cosa: potete decidere voi come morire. Decapitazione, impiccagione, lapidazione, annegamento, rogo, soffocamento o avvelenamento. Come vedete c’è un ampia scelta: c’è solo l’imbarazzo della scelta.-

Il re Ashraf, allora, amareggiato e umiliato, chinò la testa e fu costretto ad accettare le condizioni poste.

Lì dove si era combattuta la battaglia finale, Greger fondò il suo regno, e lì decise di far sorgere la capitale, Kayka.

Le donne, una volta sbattute alla condizione di serve subirono la serie di stupri promessi dagli uomini.

Il risultato, però, fu stupefacente. Quello che ne uscì fuori fu una razza ibrida: uomini con poteri magici; esseri mortali molto più vicini agli dèi di quanto si potesse pensare. Il fenomeno si ripeteva con regolarità, anche se non tutti i nuovi nascituri vennero alla luce con particolari doti.

Gli uomini, allora, per paura che i nuovi nati potessero insorgere in nome delle loro antiche origine, diedero l’obbligo alle madri partorienti di queste creature di portarle in particolari istituti, nei quali sarebbero stati educati alla magia ma in maniera del tutto ignara della loro provenienza.

In questo modo gli uomini si mettevano al sicuro salutando un ipotetico nuovo ostacolo.

Quando Kaos venne a sapere tutte queste cose, non poté fare a meno di alimentare il disgusto e l’odio già profondi verso gli uomini.

Prima di loro tutto era quiete e pace. Con la loro venuta avevano infranto l’equilibrio del mondo, condannato il Continente al disordine: loro erano la causa dell’odio, della morte, della malattia e del degrado del regno.

Per lui ogni creatura era condannata a questa bassa condizione, e per questo andava punita.

Anche se c’era un’altra soluzione che potesse redimere il mondo.

Si immerse negli studi di magia, e venne a conoscenza di un’antica formula estremamente potente: la Congiunzione Astrale.

L’allineamento degli astri avrebbe portato ad una condizione di assoluta concentrazione di potere magico. E la formula del rito portava alla distruzione di tutte le forme di vita del mondo conosciuto.

Tutti, chi più chi meno, odiano, per cui sono malvagi e vanno eliminati.

Kaos fu immediatamente catturato da questa idea, inoltre non trovava altre soluzioni: solo con la morte del vecchio il nuovo poteva sorgere. Solo dalla distruzione di qualcosa di insano poteva nascere qualcosa di autenticamente buono.

Il mondo, Kayka, il Continente meritavano una seconda possibilità, e quella era l’unica che avevano e che dovevano sfruttare.

Kaos allora si mosse sempre di più verso quello psicotico desiderio di morte, e la sua politica non faceva altro che mirare a questo.

D’altronde Kaos era di questo avviso: “Solo perché una cosa è buona non è detto che rimanga sempre tale, nel corso del tempo. Tutto deteriora, tutto, prima o poi, annichilisce”.

Per Kaos tutto andava incontro ad un lento ed incalzante deterioramento, anche la cosa più pura. Tutto prima o poi avrebbe fatto conoscenza con l’odio, il male, l’invidia. Sembra strano: può essere davvero l’odio il motore di tutto?

Sì, a quanto apre la motrice di tutto stava proprio nel peccato, in ciò che è malsano. Solo l’invidia incalza la gente e muoversi, solo l’odio sprona la gente a parlare. Amore, felicità, per quanto utili e rassicuranti sono sentimenti volatili.

Il Magnifico aveva deciso: avrebbe cambiato, stravolto tutto. Avrebbe distrutto tutto, compreso sé stesso, tutto in nome di un ideale più alto, che non si riesce a scorgere molto facilmente, partorito solo da una mente apparentemente malata e fredda, ma in realtà calda e sconfitta, rassegnata ma allo stesso tempo traboccante di voler cambiare tutto. Forse la speranza non era definitivamente sparita.

E’ vero: siamo tutti vittime dell’odio, e in alcuni casi ne siamo anche gli artefici, ma perché non cambiare?

Tentare non ha mai ammazzato nessuno, e almeno si ha la certezza di non restare con il subbio del “E se avessi provato? E se…”

Non si può vivere sui “se”, e Kaos avrebbe agito.

Aprì il libro per andare a rileggere la formula ormai imparata a memoria.

Non appena sfogliò le pagine una nube di polvere si levò dalle pagine, rivelando una serie di rune dall’aspetto arcano.

Scorse febbrilmente le pagine, fermandosi circa a metà del volume, dove troneggiava la formula, scritta in oro e inchiostro nero: “Epanàstasi astèri”.

Appena sotto c’era un’immagine di quello che pressappoco era il risultato: una serie di pianeti allineati sullo stesso asse, passati da una lunga freccia di luce e ombra: il tutto culminava con la presa in pieno del suo amato pianeta. Subito dopo un immagine del Continente, desolato, arido e privo di vita: magia nera allo stato puro.

La vista di quelle immagini fece sentire Kaos improvvisamente sereno e più determinato del solito.

Subito sotto era spiegato, nei minimi dettagli, lo svolgimento della cerimonia della Congiunzione Astrale.

La formula andava ripetuta ogni plenilunio, con gli strumenti adatti e le vesti necessarie, in condizioni climatiche ottimali (nemmeno una nuvola) e ogni volta andava pagato un tributo di sangue da parte di chi recitava la formula.

Non era specificato il numero di volte che la massima dovesse essere ripetuta, ma una nota specificava che quando la magia aveva efficacia si sentiva la forza degli astri, e che l’artefice avrebbe capito quando la Congiunzione Astrale sarebbe avvenuta.

Tutto si basava, insomma, sulle abilità del mago, o, in questo caso, del semi-demone.

Kaos aveva la magia dalla sua, effettivamente, e la cosa non lo turbava minimamente.

Subito tornò nel suo studio, e sedutosi dietro una immensa scrivania prese una pergamena, dell’inchiostro, e diversi strumenti di calcolo.

Dopo quasi mezz’ora si tirò su soddisfatto e con un sorriso lupesco dipinto, anzi, scolpito sulle sottili labbra: quella notte sarebbe stata di plenilunio!

“Bene, cominciamo sin da subito allora!”

Rise di gusto, come un bambino e si sentì più potente che mai: aveva o no fra le mani le sorti del mondo?

La notte arrivò velocemente, e il Magnifico si diresse verso la Torre Nera.

Qui, come da lui ordinato si trovava un altarino di legno e avorio, sulla cui superficie c’erano un pugnale, una ciotola, una brocca d’acqua e un panno.

I primi erano di oro e tempestati di gemme preziose, la brocca sembrava di diamante e il panno di seta finemente lavorata e decorata.

Il cielo era perfettamente pulito e la luna faceva bella mostra di sé nel bel mezzo del firmamento.

Il re avanzò lentamente verso l’altare.

Era splendidamente vestito: una tunica bianca copriva la sua figura. I diversi orli erano di porpore, e sul petto svettava un cerchio al cui interno c’era l’immagine di una mano testa verso l’alto e con la palma ben in vista.

Giunto all’altare prese la brocca e versò l’acqua nella ciotola, per poi impugnare con la mano sinistra il pugnale.

Tese allora entrambe le mani sulla ciotola; levò lo sguardo verso la luna e si ferì la mano, finché non uscirono abbastanza gocce di sangue da rendere scura l’acqua.

La voce era arcana, e polifona. Sembrava provenire da un’altra dimensione, dal mondo dei morti:

-Epanàstasi astèri!-

 

 

 

 

 

Angolo dell’autore:

Salve a tutti miei fidi lettori!

Bene, la mia follia, come avrete notato, tocca picchi sempre più alti!

Allora? Che ve ne pare?

Fatemi sapere!

Un informazione: il termina “Asura” l’ho utilizzato in maniera impropria! Per maggiori informazione andate su Wikipedia e lì troverete tutto!

Inoltre, non giudicate male, o almeno, fatelo con delicatezza, perché alcuni dei pensieri del re, in fondo, sono i miei.

Bene. Non so più cosa dire.

Al prossimo capitolo.

 

P.S. Si ringraziano

 

Valerie_Laichettes

sTar__

_Elea_

Isa is smiling

raukath

Fantasy_Mary 88

berry345

Emilie91

hinayuki

 

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Capitolo 20
*** Contatti, pensieri e parole ***


Capitolo 17: Contatti, pensieri e parole

 

 

-Yusuke! Yusuke, sveglia. Dobbiamo andare…-

Il ragazzo, in tutto risposta lasciò che le parole di Hydra si perdessero nell’aria e si rannicchiò ancora di più su sé stesso, mormorando qualcosa di assurdamente incomprensibile.

Era indignata, da Yusuke non si sarebbe mai aspettato una cosa del genere, mai!

Allora, con un sorrisetto perfido si inginocchiò a fianco al ragazzo, portò la sua bocca vicino all’orecchio e urlò con quanto fiato avesse in gola.

Il ragazzo si destò di scattò, urlando anche lui e sbiancando, diventando pallido come un cencio, tanto da poter tranquillamente passare per un cadavere.

Mandò a quel paese la ragazza e si tranquillizzò.

I ricordi poi, l’avevano assalito: gli odori, le parole, le vibrazioni, le tonalità di marrone, una donna di terra e capelli di radici, le sensazioni provate il giorno precedente l’avevano preso in petto, riportandolo bruscamente alla realtà.

Tellus era stata chiara, fin troppo: “Non tutti saranno accondiscendenti come me. Sarete messi alla prova, e molto duramente. Seppiatelo fin da ora! Questo è solo l’inizio, le sofferenze vi aspetteranno dietro l’angolo, in agguato, vi attendono, vi ghermiranno”.

Com’era possibile che avrebbero dovuto patire ancora?

Certo, non si sarebbero mai sognato che il viaggio fosse stato un’allegra scampagnata, ma non avevano patito già troppo? Non avevano rischiato la morte troppe altre volte nel corso di poco tempo? Ma che potevano farci! Il destino è crudele, il mondo è crudele, e in questo mondo cattivo o impari a sopravvivere, o sei semplicemente fottuto, tagliato fuori, dimenticato e diciamolo, anche ucciso! Non ci sono altre alternative: imparare a sopravvivere e lottare per il proprio spazio.

Consumarono un po’ di frutta e qualche dolce per colazione, si stiracchiarono, e poi si misero in marcia, verso la prossima meta.

Il flauto aveva indicato loro di dover scendere a valle e arrivare nei pressi di qualcosa di molto simile ad un lago o, in ogni caso una bella macchia d’acqua.

Si mossero, con passo incerto e sonnolento verso la direzione indicata.

Era una bella giornata: anche se c’era il sole non faceva caldo, di tanto in tanto una nuvola compariva in cielo, senza riuscire, però, a sfigurarne l’aspetto.

Alcuni stormi di uccelli volteggiavano nell’aria e le gocce di rugiada cadevano dai petali dei fiori e dagli steli dell’erba.

Dopo qualche ora di cammino, i due arrivarono nei pressi di una piccola cascata che si precipitava frettolosamente in un piccolo lago, dal quale veniva partorito un fiume non molto largo.

Il sole creava giocosi effetti di luce e colore con l’acqua e la spuma che si creava con l’impatto.

L’acqua era così pulita che si poteva scorgere il greto del fiume; la vegetazione in alcuni punti sembrava curata, in altri cresceva felicemente incolta.

-Basta, non ce la faccio più!- proruppe all’improvviso Hydra.

Yusuke la guardò di sbieco, come se fosse ammattita nel giro di pochi secondi, alzando un sopracciglio.

-Voglio farmi un bagno, cavolo!- disse Hydra pestando un piede per terra e alzando il tono della voce di tre ottave.

-Ok, vai, basta che ti calmi e non ammazzi nessuno…-mormorò il canuto.

La ragazza gli disse di girarsi mentre si sarebbe spogliata, e per sicurezza doveva anche chiudersi gli occhi.

-La prudenza non è mai troppa- convenne allo sbuffo di Yusuke.

Lui, allora si girò, e anche se non vedeva nulla di quello che gli stava accadendo alle spalle, arrossì violentemente, tanto da aver paura che anche i suoi capelli avevano preso stranamente colore.

Si schiarì la voce, sentendo la gola stranamente secca, e si passò la lingua sulle labbra.

Sentiva il leggero fruscio dei vestiti che cadevano lungo il corpo e le linee di Hydra, e il suo respiro che, disgraziatamente, stava prendendo sempre più velocità.

Poi, come se un’antica e potente forza lo chiamasse e assoggettasse a sé, si voltò, appena in tempo, per vedere Hydra che si era immersa quasi completamente.

Fuori dall’acqua rimaneva solo la schiena: era liscia, lucida, sinuosa e tremendamente affascinante.

Per Yusuke, al momento, tutta la sua esistenza era concentrata su quella schiena, su quella traccia di pelle nuda. Aspettò che la ragazza continuasse ad avanzare nello specchio d’acqua, immergendosi, per poi voltarsi di nuovo.

No, non gli andava di essere scoperto e ricevere qualche altro urlo da parte della ragazza.

Non aveva la minima intenzione di rovinare quel momento.

La sentì schiarirsi la voce, e poi si sentì chiamato: si voltò, titubante, e vide Hydra completamente sommersa nell’acqua, e i fluidi capelli muoverle attorno come alghe.

Sentì una nuova vampata di calore e sangue rodergli la faccia, e non appena Hydra notò questa cosa si mise a ridere, nonostante anche lei stessa fosse arrossita.

C’era imbarazzo, forse troppo, e una tensione nell’aria tale da poterne sentire le scariche, violente e potenti come l’elettricità.

Alla fine fu Hydra a muoversi, si stese a pancia in giù verso la riva, l’acqua la copriva completamente, e i lunghi capelli ne celavano ancora di più l’immagine.

-Vieni…- gli disse, o così le parve, siccome non sentì alcun suono uscirle dalle labbra.

Immediatamente si pentì di quanto aveva detto, che si calmò subito.

Evidentemente era riuscita a farsi sentire, perché Yusuke le stava andando incontro.

Incerto lui si era avvicinato: non era sicuro che Hydra l’avesse davvero chiamato, però decise comunque di muovere qualche passo verso la ragazza.

Quando si era avvicinato abbastanza le aveva abbozzato un sorriso, ed era rimasto comunque lì in piedi, imbambolato e un po’ confuso.

La ragazza aveva fatto un cenno di incoraggiamento, dopo di ché si era voltata e allontanata di qualche passo.

Yusuke allora si spogliò ed entrò, tremante, in acqua.

Piano, per non spaventarla, le si avvicinò, e le cinse la vita con le mani.

Hydra sussultò lievemente al contatto, ma comunque non si allontanò, limitandosi a stendere la testa indietro e baciarlo.

Lei, con le sue mani, si attaccò al suo volto, mentre lui con una mano continuava a cingerla la vita, mentre con l’altra l’aveva presa dal fianco sinistro, stringendola un po’ di più a sé.

Lei, alla fine si girò, e si strinse ancora di più a lui.

Alla fine, con una serie di gesti muti ma allo stesso tempo estremamente loquaci, si concessero l’una all’altro.

Alla fine, esausti ma sereni si stesero sull’erba vicino al lago, godendosi il sole, come se fosse la prima volta che lo vedessero.

Alla fine, lui si girò verso di lei.

-Sai, ora ne ho la certezza- disse.

-Di cosa?-

-Forse il modo in cui sto per dirtelo sarà banale, scontato, una frase passata sulla bocca di molte persone, che a volte l’hanno pronunciata con estrema leggerezza, a volte con grande profondità, chi con indifferenza e chi con ignoranza, chi consapevole e chi inconsciamente: ti amo!-

Lei rimase in silenzio, contemplare quelle parole e cercare di catturare dall’aria il suono delle ultime due, come fanno i musicisti per creare le più perfette melodie degne di questo nome.

Alla fine lei mosse una mano verso il viso di Yusuke, accarezzandolo con delicatezza; quando cercò di ritrarre la mano, Yusuke la fermò, e pose la sua mano su quella di Hydra.

Chiuse gli occhi, e annusò profondamente l’odore della carnagione della ragazza, sfiorandone ogni millimetro, indugiando su ogni singola traccia della sua pelle, baciandola e toccandola come se fosse fragilissima, di cristallo.

“Forse è così che ci si sente quando non si è più davvero soli” pensò il ragazzo.

Alla fine, quando delicatamente lasciò la presa, notò che Hydra si portò quella stessa mano agli occhi, per asciugare le lacrime.

Gocce cristalline scendevano lungo le guance della ragazza: non erano lacrime di tristezza e sofferenza, ma di gioia, di certezza.

-Non siamo più soli, dopotutto…- sussurrò lei, avvicinandosi all’orecchio lui e adagiandosi al suo fianco.

-No, non lo siamo più. Ma se ci separiamo non solo torneremo ad esserlo, ma infondo saremmo vittime di noi stessi, non credi? Siamo parte di un’unica anima, la tua scomparsa significa la mia…-

-…e la tua significa la mia morte, il mio annichilre, la mia più grande sconfitta e l’apice del rimorso- disse Hydra, guardandolo intensamente negli occhi.

Le sembrarono ancora più belli del solito, forse perché finalmente era riuscita ad aprire un portone fin’ora invalicabile, saltare un baratro mostruoso, troppo profondo e ampio.

Se prima si era accontentata di sedersi sul boro e far ciondolare le gambe nel vuoto, ora si ritrovava dall’altra parte, sana e salva, e finalmente completa.

Era finalmente riuscita a trovare il suo equilibrio, la sua mente e la sua anima, o quello che in ogni caso le mancava di questi.

-No, non siamo più soli- disse Yusuke.

-Non più- aggiunse lei, un sorriso sulle labbra.

 

 

 

 

 

Angolo dell’autore:

Ciao a tutti!

Lo so, lo so, faccio schifo!

Perdonatemi per l’orrendo ritardo con cui aggiorno! Ma davvero, non riesco a trovare più molto tempo libero come prima! T_T

In compenso, spero di essere riuscito a farmi perdonare con questo breve capitolo, ma estremamente intenso.

Avrete notato che non mi sono soffermato e dilungato sui particolari.

Perché? Beh, la storia ha rating arancione, ed ho intenzione di rispettarlo, e poi non avevo intenzione di scrivere scene, e di conseguenza una storia con rating rosso. Spero che perdoniate anche questa mia scelta!

Inoltre, fra i diversi generi di questa storia ci stanno anche il romantico e l’introspettivo, e penso che in questo capitolo ci siano entrambi, forse più romanticismo che introspezione, ma questi sono solo piccoli dettagli XD

Approfitto per farvi un annuncio. Nell’improbabilità vi piacciano le mie storie, ne ho iniziata un’altra. Si intitola “Il canto del demone”. Anch’essa è un fantasy, e mi piacerebbe sapere cosa ne pensiate!

Nella speranza che mi perdoniate vi saluto e mi ritiro nel mio antro!

A presto, e scusatemi ancora! ^^’

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Capitolo 21
*** La Foresta Madre ***


Capitolo 18: La Foresta Madre

 

 

Erano passati già cinque giorni da quando Yusuke e Hydra si erano rimessi in marcia.

Erano trascorse cinque giornate dal momento del lago.

IL paesaggio era cambiato. Man mano che lasciavano l’Alcanova, il paesaggio mutava, diventava più generoso e accogliente.

C’era solo un piccolo, se così si poteva considerare, inconveniente: la zona diventava sempre più popolata e frequentata da civili. Ovviamente aumentava, di conseguenza, il rischio di essere scoperti, come se non avessero rischiato la pelle già troppe volte.

Avevano bisogno di vesti per camuffarsi, e non sapevano dove andare a prenderle.

Usare i loro poteri sarebbe significato firmare il contratto per la loro condanna a morte. Di conseguenza, non c’era altra soluzione che rubare.

Ma chi? Come? L’ideale sarebbe stato trovare una casa di contadini, che avrebbero lasciato la casa vuota fino alla fine del loro lavoro.

-L’idea di derubare a dei contadini non è che mi entusiasmi tantissimo- confessò Yusuke, amareggiato.

-Abbiamo altre alternative?- rispose Hydra.

C’era solo un problema da risolvere? Farlo di notte o di giorno?

Di giorno, con ottime probabilità, le case dei contadini sarebbero state vuote, ma la luce del sole avrebbe potuto tradirli, rendendoli ben visibili.

La notte offriva loro il morbido e sicuro rifugio e travestimento del buio, ma avrebbero potuto svegliare la gente che dormiva.

Fra le due scelte, la più plausibile era agire di giorno, magari introducendosi in una casa proprio all’alba, quando la gente andava nei campi.

Arrivarono, quindi, dopo un altro giorno di marcia, nei pressi di un piccolo agglomerato di casupole di mattoni.

La gente camminava tranquillamente per l’unica strada che passava nel villaggio, senza sapere che avrebbero subito un furto.

Per evitare di farsi vedere, i due si stesero sul bordo di un’altura, cercando di vedere in quale abitazione colpire.

Più la casa era appartata, meglio era.

La più isolata aveva a fianco una sola casa, e per di più lontana qualche decina di metri: perfetta!

Quel giorno si accamparono nelle immediate vicinanze, per evitare di non perdere tempo allontanandosi troppo, e aspettarono l’alba del giorno dopo.

A prendere le vesti sarebbe andata Hydra, mentre Yusuke avrebbe fatto da palo.

 

***

 

La notte lasciò il passo al giorno, che penetrava l’oscurità con i suoi tenui bagliori.

Le stelle sembravano lentamente spegnersi, mentre il sole faceva capolino dall’orizzonte.

Sembrava una palla di fuoco rigurgitata fuori dalla terra.

L’aria era frizzante, e le nuvole si stendevano come sottili veli.

Non c’era un alito di vento, uno stormo di uccelli in volo: il silenzio era sovrano.

I due si svegliarono appena in tempo per vedere il sole sorgere e dipingere di arancione e tinte rossastre tutto il panorama.

Dall’alto della loro posizione videro che gli abitanti del villaggio si diressero verso i campi.

C’era un problema, però: non c’erano i bambini assieme agli adulti. Ciò significava che i marmocchi erano a casa a dormire, tanto per complicare le cose.

-Starò più attenta. In ogni caso è meglio vedere prima nella stalla sul retro. Basta che troviamo qualcosa per camuffarci, no?!-

Yusuke assentì, anche se era particolarmente teso.

La sua faccia solitamente dall’espressione neutra era corrucciata, gli occhi stretti a due fessure, una ruga solcava la fronte e la bocca storta da una smorfia incerta.

Si avvicinarono alla casa, e Yusuke guardò Hydra che stava per avvicinarsi alla stalla con aria ancora incerta.

-Tranquillo!- gli disse, sfiorando la sua guancia con le labbra, e detto questo, fluttuò via, veloce come la luce, leggera come il vento, silenziosa come un felino.

Yusuke, tanto per essere più sicuri, evocò la nebbia disegnata tempo addietro, e questa, lentamente, si insinuò nella vallata, levandosi e coprendo tutto nel suo morbido e grigio manto.

Era così fitta che sicuramente loro erano nascosti, ma vedere altra gente sarebbe stato altrettanto difficile.

“Pazienza! Speriamo che l’udito non mi abbandoni, allora…” pensò il ragazzo.

 

***

 

Non appena Hydra entrò nella stalla, l’odore penetrante di fieno e sterco la colpì in pieno viso.

“Che bel buongiorno…” pensò ironica, portandosi una mano alla bocca e cercando di non farsi assalire da conati di vomito.

Scrutò attentamente nel buio della stanza, e vide le bestie dormire tranquillamente nei propri recinti; in un angolo c’era un mucchio di fieno e qualche attrezzo per lavorare la terra.

Appesi ad una serie di chiodi c’erano dei sacchi marroni, ma avevano una forma troppo strana.

Hydra, allora, si avvicinò, e notò che quelle erano delle vesti, adatte al loro scopo.

Evidentemente, però, non fece molta attenzione, perché aveva urtato un barilotto, che era caduto fragorosamente.

Sentì dei rumori provenire dalla stanza affianco e subito, senza esitare, si tuffò nel mucchio di fieno, coprendosi ed evitando di respirare profondamente, per evitare che il mucchio la tradisse.

“Se il fieno si muove sono cazzi! Non posso permettere che mi scoprano!” pensò terrorizzata.

Successero due cose contemporaneamente: un gatto si avvicinò al barile caduto, annusando con fare circospetto, e un bambino era entrato nella stalla.

Non appena vide il gatto gli diede un calcio, e la bestia, spaventata e soffiando, si rintanò in un cantuccio.

-Brutto imbecille…- disse il bambino, stropicciandosi un occhio e con voce assonnata.

Poi, stranamente, il bambino fece un giro di ispezione nella stalla.

“Bene. Sono fottuta! Ora mi becca!”

Infatti il bambino si avvicinò al mucchio di paglia, e, con una mazza, la affondò, tastando.

Hydra venne colpita alla spalla e, anche se si impose di non urlare, il bambino capì che c’era qualcuno.

-Esci fuori!- intimò il bimbo.

Niente. Hydra se ne stava rintanata.

-ESCI FUORI!- urlò allora e affondando più forte.

La ragazza allora uscì fuori dalla paglia tossendo, e, anche se l’idea non gli piacque, piombò sopra la figura del bambino, il quale spaventato, urlò, ma Hydra ebbe la prontezza di tappargli la bocca.

Gli accostò la bocca all’orecchio e  gli sussurrò: -Non ho intenzione di farti del male, tranquillo, ma se devo, ti farò soffrire!-

“Si! Questo non se la beve mica, ma dove voglio andare con queste bugie?”.

Il bambino, invece, si ammutolì all’istante, e smise anche di opporre resistenza.

-Bene. Così mi piaci!- disse Hydra, restando addosso al bambino, ma togliendogli la mano dalla bocca.

***

 

-ESCI FUORI!- sentì urlare.

“Che diamine ha fatto Hydra?” si chiese Yusuke.

Esitò qualche istante, indeciso sul da farsi, per poi entrare nella stanza.

Hydra era letteralmente appollaiata su un bambino, che da terra, la guardava impaurito.

-Che cosa è successo?- le chiese allora Yusuke.

-Piccolo contrattempo- rispose lei.

Un attimo di silenzio.

-Noi non vogliamo farti del male, ma se dirai qualcosa a qualcuno saranno guai seri per te, piccolino. Capito?- disse di nuovo Hydra al bimbo, aiutandolo ad alzarsi.

-Cosa volete?- chiese allora la creatura.

-Due vesti abbastanza lunghe che possano coprirci dalla testa ai piedi- rispose Yusuke.

-Prendetele!- disse il bambino indicando le vesti appese. -Non mi farete niente, vero?- continuò allora, con gli occhi lucidi.

Hydra e Yusuke lo guardarono compassionevoli.

Poverino, quanta paura doveva provare in quel momento.

Yusuke gli si chinò davanti e gli chiese come si chiamasse.

-Tialf…- mormorò.

-Stai tranquillo- gli rispose Yusuke, con il tono più gentile che potesse e posando delicatamente una mano sul capo –non vogliamo farti assolutamente nulla! Ma il tuo silenzio è di vitale importanza, e se tutto andrà bene, un giorno potrai dire di aver aiutato due eroi!-

-Quindi lei diceva una bugia?-

-Si- rise Hydra –era solo per farti stare zitto! Non vogliamo farti del male! Anzi, come segno di gratitudine, tieni!-

La ragazza sbirciò nella sacca e gli diede qualche mela e un dolce.

-Grazie, signori!- disse Tialf –Non parlerò di questo con nessuno al mondo!-

-Bravo!- disse Yusuke.

Si rivolse poi alla ragazza: -Andiamo?-

Hydra assentì, passò davanti a Tialf, gli scoccò un bacio e i due uscirono.

-Buona fortuna!- urlò loro Tialf, facendo capolino dalla porta e salutando con la manina.

 

***

 

Il buio era assoluto, nel vero significato del termine.

A rischiarare l’aria non c’erano nemmeno le stelle e la luna, sapientemente nascoste dietro una spessa coltre di nuvole.

Erano in una foresta che sembrava morta, anzi, per meglio dire, che stentava a vivere, ma comunque rigogliosa e fitta.

Un gufo tubò in lontananza e ogni secondo i due si guardavano in dietro, avendo l’impressione di essere osservati o, peggio, seguiti.

-Non dovrebbe mancare molto…- disse Hydra.

-Vediamo la mappa cosa dice- disse Yusuke.

Il flauto, però, aveva cambiato la propria direzione.

Non segnava più il lago, che doveva essere sicuramente nelle strette vicinanze, ma la foresta dove si trovavano, sulle prossimità del lago.

-Perché ha cambiato direzione?- sbottò Hydra.

-Ma dove diamine siamo finiti!- esclamò disperato Yusuke.

Aveva l’affanno ed era preda del panico; Hydra non era da meno.

Una voce, poi, rispose alla domanda di Yusuke.

-Benvenuti nella Foresta Madre, ragazzi!- e risuonò una risata melliflua, da far rizzare i capelli e ghiacciare il sudore della pelle.

-C-chi sei?- chiesero tentennanti i due.

-Vi serve aiuto?-

La voce proveniva dal folto. Era bassa e penetrante, dolce, vellutata e suadente.

Solo a sentirla i due vennero sopraffati da brevi flash di immagini intrise di lussuria, sangue e vendetta.

Sembrava provenire dalle profondità del sottosuolo.

Non appena i due si voltarono verso la fonte del suono, un odore di zolfo misto a sangue li prese dalla gola. Era forte, asfissiante. Dopo pochi istanti, però, quella fragranza nauseabonda sparì, lasciando l’aria pulita e fresca.

-Vi serve aiuto?- ripeté la voce.

Questa volta, dall’oscurità un paio di occhi li stava fissando.

Erano di un azzurro glaciale e compatto, così chiaro da sembrare quasi bianco.

Le pupille avevano una forma allungata, come quelle dei serpenti.

Gli fissava in maniera violenta, senza indugio e vergogna.

-Chi sei?- chiesero in coro.

L’aria era ferma, immobile, muta.

E dopo qualche istante la voce riprese a parlare.

-Vi serve aiuto?- disse loro per l’ennesima volta, ridendo.

 

 

 

 

 

Angolo dell’autore:

Buonasera a voi, cari!

Prima di tutto, un avviso da fare per dovere di cronaca, anche se la cosa non ve ne importi più di tanto.

Ha cambiato nickname, da Ndrew7 sono passato a Meiou Hades.

Bene, dopo questa piccola parentesi, avrete sicuramente notato che questo capitolo finisce con il prologo n.3.

Chi ha avvicinato quindi i nostri due eroi? E’ la stessa domanda che vi ho posto tempo addietro, ma vedo che non sono stati in molti a risolverla XD

Ve lo dico da ora, per evitare che mi malediciate in malo modo: il prossimo capitolo sarà un altro prologo, forse l’ultimo, non lo so, e in quello di dopo si rivelerà l’identità della voce, anche se, dai risvolti della storia, si potrebbe capire!

 

A _Elea_ e sTar__: vedo che il mio animo romantico ha colpito in pieno la vostra approvazione, e la cosa non può fare altro che lusingarmi ^^

Grazie mille!

 

A Valerie_Laichettes: grazie mille ancora di non aver abbandonato la storia, di seguirla nonostante io sia andato avanti nella tua assenza! Il tuo parere mi è caro! Grazie mille!

 

Alla prossima, guys!

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Capitolo 22
*** Prologo n.4 ***


Prologo n.4

 

 

La polvere girava vorticosamente.

Le macerie si facevano sempre più ingombranti.

Urla di dolore, di furia e sofferenza.

Sudore e saliva, acqua e sangue.

Tutto era rosso, ovunque: fradicio di linfa vitale, palese preludio di morte.

La si sentiva aleggiare nelle stanze come un’oscura presenza, maligna, perversa; una bambina che si diverte a torturare le sue bambole, martoriandole senza pudore e dignità.

La musica aumentava il suo volume, facendo rombare e vibrare tutto; Yusuke urlava come una bestia ferita, come una madre a cui sono stati tolti via i suoi bambini.

Un urlo di disperazione, forza e speranza.

Dalla bocca grondò fuori un fiume di sangue scarlatto: un mare di rubini e petali di una rosa dannata.

Gli occhi erano iniettati di sangue, le vene pulsavano, il corpo vibrava e la morte aleggiava.

-MUORI!-

 

 

 

 

 

Angolo dell’autore:

Ma ciao a tutti voi, miei adorati!

Ecco a voi, come promesso, l’altro prologo.

Questo sarà l’ultimo, salvo improvvise decisioni che stravolgano il senso della storia, e si intuisce a quale evento si riferisca!

Nel prossimo capitolo riprende il cammino dei nostri eroi.

 

A Elea Vi Britannia: se la voce che si prende gioco di Yusuke Hydra ti sta simpatica, aspetta di capire chi sia! Penso che l’idea possa piacerti!

 

A sTar__: grazie per la tua recensione, ma abbi pazienza: l’identità della voce sarà presto svelata!

 

A Valerie Laichettes e Dust_and_Diesel: vi ringrazio infinitamente di cuore per le vostre recensioni, e non abbiate fretta! Prendete tutto il tempo che vi serve! ;)

 

Pubblicizzo altre due mie storie:

 

Il canto del demone (Originale – Fantasy)

 

Il canto della Sirena (Saint Seiya)

 

Alla prossima, guys! ;)

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Capitolo 23
*** I trucchi della Morte ***


Capitolo 19: I trucchi della Morte

 

 

All’ennesima domanda, non ci fu l’ennesima risposta.

Yusuke e Hydra se ne stavano lì, paralizzati, mentre quel paio di occhi glaciali li fissava ancora.

Sembravano ridere, ma non in maniera bonaria.

Sembrava una risata perversa, canzonatoria.

Che li stesse davvero prendendo in giro?

Istintivamente, i due presero a indietreggiare e, mentre camminavano, lo sguardo sembrava seguirli.

Dal folto emerse una figura, con una mano tesa.

I due, spaventati, si bloccarono, e rimasero lì, immobili, a fissare l’immagine con sbigottimento.

La creatura che ne uscì era di una bellezza mai vista prima a memoria d’uomo.

Era vestito con una tunica nera, fittamente ricamata sugli orli da motivi geometrici con quello che sembrava oro.

All’altezza delle spalle, attaccata con una catenina d’oro, si srotolava una lunga mantella d’orata, fregiata on intarsi neri.

Nonostante le vesti, era palese che il fisico fosse flessuoso.

Ai due sembrava così slanciato da sembrare quasi etereo: puro spirito.

Il volto dell’uomo era chiaro, ma non cereo. Nascondeva tinte olivastre sbiadite, ma comunque evidenti. I capelli erano piuttosto bizzarri: a ciocche nere se ne alternavano altre dorate, che sembravano brillare di luce propria. Visti incastonati nella perfezione di quel volto, gli occhi dell’uomo erano ancora più terrificanti, seducenti e ammaliatori.

-Vi serve aiuto?- flautò ancora l’uomo, porgendo loro, ancora, la mano.

-Non serve resistere. Perché avete paura?- chiese, e ridacchiò di gusto.

Quando rise, la voce divenne inavvertitamente polifona: tonalità acute si mescolavano a suoni bassi. La forza del cielo si mescolava con quella della terra, in un suono di fatale e agghiacciante bellezza.

Quell’uomo era l’ambiguità personificata.

-ADESSO BASTA! CHI DIAMINE SEI?- urlò Hydra, con gli occhi umidi.

Senza smettere di sorridere, l’uomo abbassò la mano, e rivolse loro un leggero ed elegante inchino.

Non appena tornò in posizione eretta accaddero due cose: un paio di enormi ali piumate sbucò da dietro la schiena: erano enormi, più di quelle delle aquile o degli angeli che si vedono sulle vetrate delle chiese e delle cattedrali. Queste, però, erano bianche, di un candore accecante, che, nonostante tutto, non stonava con l’oro e il nero delle vesti e dei capelli.

Tese allora le mani dinnanzi a sé, con i palmi rivolti al cielo.

Dalla pelle uscì una cerea cortina di fumo, che vorticava velocemente attorno alle mani dell’uomo.

La polvere, allora, si condensò nelle mani dello sconosciuto.

Quelle nebbie avevano creato una lunghissima ed inquietante falce.

Esattamente come le ali, anch’essa era bianca, lucente e minacciosa. Il manico sembrava rozzamente intagliato, ma serbava una inesplicabile eleganza. La lama, poi, sembrava essere, oltre che affilatissima, fatta interamente di diamanti, perle e avorio.

L’uomo sbatté il manico dell’oggetto in terra e, fiero e ancora sorridente, si presentò.

-Chi io sia, mi chiedete. Eppure dovreste averlo capito. Sono l’onnipresente, colui che accoglie le anime definitivamente disperse, colui dal cui abbraccio non si può sfuggire. Sono il pericolo dal quale tutti cercate invano di fuggire. Io, ragazzi miei, sono l’omega, nonché fratello della già da voi conosciuta Tellus. Il mio nome è Thanatos- disse, fiero del suo rango.

-Il dio della morte…- pronunciò Yusuke in un soffio appena percettibile.

-Ma che bravo che sei, Yusuke!- rispose il dio.

Ad entrambi gelò il sangue.

-Come fai a…- iniziò la ragazza.

-Come faccio a sapere i vostri nomi, Hydra? Sono pur sempre un dio, ricordatelo, stolta! E sono, forse, più avvantaggiato rispetto agli altri. Io vi conosco dalle notte dei tempi, so tutto di voi, cosa avete fatto, da dove venite, dove andrete, cosa farete. Tutti, nessuno escluso, tendete verso di me. E’ una legge alla quale non c’è scampo. Ricordalo. Finché c’è vita, c’è anche la morte. In più, tanto per avere una certezza in più, ho con me un particolare quaderno, se così lo si può chiamare, ovviamente!- disse Thanatos.

-Il Libro dei Morti…- disse allora Yusuke.

-Certo, ragazzo! Hai appena vinto dieci punti!- esclamò il dio, gesticolando con un ossesso e brandendo quella falce con noncuranza.

Hydra, terrorizzata, cadde in terra, e Yusuke le si parò davanti, proteggendola.

-Perché volete difendervi? Vi ricordo che io posso tutto!- li ammonì –E poi, prima o poi sareste dovuti venire da me. Eosforo vi ha esplicitamente detto che servo anche io in questo assurdo teatrino!-

Improvvisamente le parole del dio riecheggiarono nella mente del ragazzo.

“Veloci, andate alla ricerca della Luce, della Notte, del Fuoco, dell’Acqua, della Terra, dell’Aria, della Morte e del Tenpo”.

Andate alla ricerca della Morte.

Thanatos: la fine.

-Cosa vuoi da noi?- chiese allora Yusuke.

-Cosa voglio io da voi? Questa sì che è bella! Piuttosto, cosa volete voi da me! Perché vi affannate tanto per avere il mio potere, il mio consenso?- domandò brusco il dio.

-Perché…- cercò di dire Yusuke, ma la voce gli morì in gola.

-Perché?- ripeté il dio, sorridendo beffardo.

-Kaos vuole ucciderci. Ha in mente diabolici piani, ma non sappiamo di che tipo. Vogliamo fermarlo!-

-Davvero?- chiese, scettico, il dio.

Hydra aveva ritrovato le forze per rialzarsi e, perplessa chiese: -In che senso?-

-Davvero volete fermarlo?-

-Certo che lo vogliamo!- esclamò Hydra.

-Non ci credo!- disse Thanatos –Voi non volete fermarlo, ma dovete farlo: vi sentite obbligati! Voi avete paura di questa missione, e state cercando di nasconderlo a voi stessi. Diciamocela francamente: questo è un peso troppo grande per voi. Non vi sta a cuore l’idea di dovervi sacrificare per gente che nemmeno conoscente. Non vi sta a genio il fatto che il vostro destino sia legato ad una profezia. E il perché di questo oracolo vi è, fra l’altro, anche sconosciuto!- rise Thanatos.

-Cosa vuole fare, allora?- chiesero entrambi i ragazzi.

-Una cosa molto semplice nella sua grandezza: annichilire tutto, annientare tutte le forme di vita!-

I due rimasero senza parole, col fiato mozzo: il re non solo era paranoico: era completamente pazzo! Perché questo desiderio di nulla? Perché si meritavano tutto questo? Cosa aveva fatto di male l’intero genere umano per meritarsi una punizione del genere?

-Tanto, miei, cari, prima o poi morirete: o per natura, o per mano di Kaos o del suo piano, prima o poi dovremo incontrarci di nuovo!-

-Dove vuoi arrivare?- chiese Yusuke.

-Prima o poi questa storia assurda finirà! Cosa importa se per mano vostra o di altri? Accettate la mia offerta: abbandonate questo mondo per evitare i vostri pesi. Lasciate queste beghe a qualcun altro, è la cosa migliore?-

Senza pensarci due volte, i ragazzi negarono, inorriditi al pensiero di dovere abbandonare le proprie conoscenze, gli affetti, i loro sentimenti.

Thanatos, per la prima volta senza sorridere, si avvicinò ai ragazzi, che si strinsero fra loro, colti dal panico.

-Perché?- mormorò loro, soffiando gelida aria dalla bocca.

-Cosa vi spaventa? E’ la natura che lo vuole! Cosa c’è di meglio che abbandonarsi ad un mondo tranquillo, silenzioso e ovattato lasciando le proprie faccende agli altri? Posso aiutarvi io. Posso sostituirvi io!- li sedusse il dio, inchiodandoli ancora col suo glaciale sguardo.

L’idea aveva un certo fascino. Perché ignorare una richiesta tanto allettante? Che fossero gli altri a occuparsi del problema! Avevano la possibilità di fregarsene, una prospettiva decisamente ghiotta e invitante.

Sarebbe stato bello vedere gli altri sgobbare per evitare di essere distrutti dalla follia di un megalomane. Meglio abbandonarsi ora, nelle braccia sicure di Thanatos, e rifugiarsi al sicuro, che andare incontro ad altro dolore e tanta fatica…

…un attimo dopo, Hydra esclamò: -Tu sei geloso!-

Thanatos, allora, si raddrizzò e arrossì in viso: -Cosa intendi?-

-Sei geloso di Kaos che vuole sterminare ogni forma di vita. Lo odi perché ti sostituirebbe in pieno! Ci invidi perché la missione per eliminare il semi-demone è stata affidata a due mortali e non a te, il dio della morte!-

-Però, Hydra, non ti facevo così sveglia, sai?!- disse Thanatos, esterrefatto.

-Ebbene sì- continuò il dio –Mi pesa il fatto che io, la Morte, non debba eliminare quel parassita! E’ un mio compito. Affidatelo a me, e avrete in cambio tutti gli onori e i ringraziamenti degni di due servitori della Morte-

-Tu sei completamente pazzo!- esclamò Yusuke.

-E chi, di grazia, non lo è in questo mondo? Kaos vuole eliminare tutto, voi volete fermarlo: ecco tre esempi di follia. Non accusatemi!- disse Thanatos, inviperito.

-E invece non possiamo. Per due motivi!- disse Yusuke –Il Fato ha dato a noi questo compito, e nemmeno gli dei possono sovvertirlo, altrimenti si violerebbe, come dici tu, una legge di natura. Seconda cosa, se tu ci affidi il tuo potere, sarai presente al momento dell’esecuzione del re. Non ti pare? Alleati con noi, e anche tu sarai presenti, Thanatos!-

La situazione si era completamente ribaltata.

Se prima Thanatos cercava di sedurre i ragazzi per appagare i suoi desideri, ora loro cercavano di abbuonarsi il dio.

Che la forza di volontà degli uomini fosse superiore alle aspettative di un dio?

Molto probabile, e, non neghiamolo: i miti ci insegnano che gli dei sono molto più umani di quanto sembri: ostentano la perfezione assoluta, ma anche loro, in fondo, sono deboli.

Anche loro, in un certo senso sono umani: non nel senso mortale del termine, ma sono comunque fragili, hanno le loro debolezze e i loro difetti.

Le guerre divine nascono sempre per gelosie, sentimenti, d’altronde, di fattura puramente umana.

-Allora?- chiese Yusuke.

Thanatos volse loro uno sguardo di fuoco, che avrebbe spaventato anche il più coraggioso fra gli uomini (e di fronte alla morte tutti, in realtà, se la fanno un po’ sotto).

-E sia! Volevo mettervi alla prova, vedere fino a che punto foste determinati nel portare avanti il vostro compito. Sì, confesso, volevo togliere a voi questo compito, ma a quanto apre le mie lusinghe non erano abbastanza forti. Voi umani siete troppo attaccati a questo fortissimo desiderio i vita, tanto che non riuscite a concepire la tranquillità della morte. Per ora toccherà a voi, ma prossimamente sarò io a riprendere la rivincita su di voi, seppiatelo!- disse il dio.

I ragazzi tirarono un sospiro di sollievo e si inchinarono dinnanzi all’immortale.

-Avvicinatevi- disse loro la Morte.

Quando Yusuke e Hydra si trovarono al cospetto del dio, alzarono la testa.

-Porgetemi le mani- ordinò, e i ragazzi tesero i loro palmi.

Thanatos, allora, gli punse con la punta della sua falce.

Non appena la lama toccò la pelle, entrambi sentirono il peso e il potere della morte, la capacità d poter togliere la vita agli altri. Avvertivano il sangue dei caduti, le urla della gente che piangeva i propri defunti, la sensazione di tranquillità di colore che si trovavano già oltre, negl’Inferi.

-Andate- disse poi –oltre la foresta troverete il tempio dell’Acqua. E, soprattutto, ecco a voi un ordine, che Eosforo si è dimenticato di darvi. Non usate i nostri poteri sul tragitto: vi fiaccheranno e vi uccideranno. Dovrete invocarci solo quando la battaglia con Kaos sta per iniziare, o morirete prima del tempo- dichiarò Thanatos.

I due indietreggiarono e fissarono il dio che si stava dissolvendo in una nube di fumo nero, lasciando una sensazione stranamente pacificante nell’animo dei ragazzi.

-Yusuke…- mormorò Hydra.

Lui la vide, era stanca, terrorizzata.

La situazione aveva giocato perfidamente con i suoi nervi, avevo resistito fino all’ultimo e ora, invece, si abbandonò su Yusuke, che la sorresse.

-Dobbiamo andare- continuò lei.

-Si - le rispose Yusuke.

 

***

 

Kaos aveva appena finito il secondo rito.

Mentre scendeva nelle sue stanze, sentiva il potere delle stelle diventare sempre più forte, esplosivo.

Si sentiva immensamente potente.

Chiamò, allora, alcuni soldati: -Vedete di cercare ancora una volta quei due disgraziati. Andate ovunque, anche sui monti, nelle foreste. Ovunque! Non dovete ignorare niente. Guardate ovunque, e tornate presto, preferibilmente a mani piene!- disse il sovrano con forza falsamente dolce e vellutata.

Sì, ci sarebbe riuscito, avrebbe realizzato il suo sogno.

 

 

 

 

 

Angolo dell’autore:

Ciao ragazzi!

Lo so, scusate! Pubblico dopo oltre un mese: è inammissibile.

Dovete perdonarmi.

Allora, ecco a voi svelata l’identità della voce nel capitolo 18.

Vi presento Thanatos, dio della morte del mio e della cultura greci (per informazioni rivolgetevi a Santissima Wikipedia).

Che ne pensate? Vi è piaciuto come capitolo? Fatemi sapere!

Ora rispondo alle recensioni del capitolo precedente:

 

A Elea VI Britannia: salve! Il nuovo nick mi sa moltissimo di Code Geass ;)

Non so se il personaggio di Thanatos ti abbia colpito, mi auguro di sì! Comunque tranquilla, aggiorna quando puoi!

 

A sTar__: ciao! Sì, il mio scopo era quello di mettere tensione, e credo di esserci riuscito! Non preoccuparti per le recensioni: l’importante è il pensiero, come si dice in giro!

 

A Valerie_Laichettes: Valerieee! Finalmente ce l’hai fatta! Ti sei rimessa in pari! Ma io ti stimo (sia per questo che per la tua decisione di continuare PoP)! Per quanto riguarda il prologo 4, sì, si riferisce alla battaglia Yusuke ft Hydra VS Kaos! E l’immagine chiave, in quel pezzo, è proprio il sangue: simbolo di morte ma anche di vita, perché no?

 

Inoltre, ci terrei a pubblicizzare un altro mio scritto, se non vi dispiace, del fandom di Saint Seiya: Le Fleur Du Mal! Se non vi dispiace passate anche di qui! Grazie in anticipo!

 

A presto!

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Capitolo 24
*** Trappola ***


 Capitolo 20: Trappola

 

 

Nebbia: una sottile coltre che si dirada lentamente al mattino, una coperta di sogni trasudati, lacrime e pensieri annichilenti.

Un manto così spesso da impedire alla luce del sole di passare, così densa da impedire di vedere un palmo più in là del proprio viso.

In quella miscela biancastra, Yusuke e Hydra camminavano mano nella mano.

Il silenzio era sovrano, la desolazione di quei luoghi completa.

-Usciremo mai da questo posto?- chiese Hydra.

Erano due giorni che i due non riuscivano ad uscire dalla foresta, il panico pressava sempre di più, e le provviste stavano per finire.

Yusuke le strinse la mano, anche lui spaventato dall’idea di essersi...perduti.

La foresta era tranquilla, forse anche troppo: i passi si inseguivano fra loro, i loro echi si scavalcavano in una lugubre melodia, cercando di infrangere quel silenzio a troppo alto volume.

-Ho paura…- mormorò ancora la ragazza.

-Non servirà a molto, ma fermiamoci. Controlliamo ancora la mappa!- rispose il canuto.

Presero quindi l’antica pergamena e, usando il flauto di Hydra, cercarono di trovare la direzione giusta.

Lo strumento indicava il lago: era ancora lontano. Ma quanto?

-Bene- disse Hydra, il tono secco –ci siamo persi!-

-A quanto pare…- mormorò Yusuke.

Rimasero così, fermi, l’uno a contemplare il silenzio dell’altra: due statue di cera piazzate in quel luogo solitario da un artista stravagante.

Solo qualche lieve folata di vento interrompeva quell’inumana sinfonia, il crepitio di secche foglie che grattavano il suono…

…un ramo spezzato.

Non appena i due udirono il suono delle schegge si alzarono, stringendosi fra loro, con i sensi vigili e i nervi tesi come le corde di un violino.

Un impercettibile segno d’intesa e si avviarono.

-Se ci seguono sono guai…- disse Yusuke.

 

***

 

“Trovati!” esultò fra sé e sé.

Nonostante la fitta nebbia, riusciva a distinguere le sue figure perfettamente.

Un risolino, e nascose il viso sotto il suo ampio cappuccio di raso verde: la nebbia rendeva tutto invisibile, ma non gli andava di poter essere visto in faccia.

-Signore! Li abbiamo trovati: sono i due fuggiaschi!- disse un Milite.

-Sì, e se lo urli un po’ più forte vinci un posto nell’aldilà…-

L’intera truppa divenne, se possibile, ancora più silenziosa di un gruppo marmoreo.

-Un solo passo falso e potrete considerarvi già morti- soffiò l’uomo.

-Fate attenzione.- continuò -Dobbiamo muoverci silenziosamente, e cercare di circondarli. Dovremo muoverci esattamente insieme a loro, né più velocemente né più lentamente, in modo da averli continuamente al centro della nostra formazione. Se nel peggiore dei casi vengono a saperlo saranno sempre circondati da circa sessanta soldati. Quando sarà il momento giusto, vi darò il segnale. E attaccheremo. Spero di esser stato abbastanza chiaro- terminò.

Con gesti secchi, precisi e silenziosi, la misteriosa figura fece disporre gli uomini su una circonferenza d’ampio raggio, in modo che i due viaggiatori si trovassero al suo interno.

Disgraziatamente, un Milite spezzò con il piede un ramo.

-Se ci seguono sono guai…- sentì dire dal ragazzo.

I due si misero in marcia e il piano si avviò subito.

Erano circondati, pedinati costantemente, e ostacolati dalla nebbia: non avrebbero mai potuto vedere l’ampio anello che li cingeva.

“Sono in trappola, ormai!” sghignazzò fra sé l’individuo.

 

***

 

-Ho una strana sensazione!- disse Yusuke –Mi sento osservato!-

-E’ solo un’impressione- rispose Hydra –E’ che il tempo fa schifo, siamo stanchi…e non vediamo l’ora che questa storia finisca!-

-Già. Forse…- mormorò Yusuke, non molto sicuro della risposta data dalla ragazza: il suo istinto si sbagliava raramente, e questa volta gli sussurrava di stare attento, molto attento.

-No, Hydra. Sono sicuro: secondo me ci osservano, ci seguono! Me lo sento!-

-Per favore!- sbottò la ragazza –Non rendere ancora più pensate l’atmosfera!-

Il ragazzo non volle ribattere, o sarebbe scoppiata una lite coi fiocchi, e sarebbe stata la fine di molte cose.

 

***

 

-Ho una strana sensazione! Mi sento osservato!-

“Però! E’ sveglio il ragazzo…”

-E’ solo un’impressione! E’ che il tempo fa schifo, siamo stanchi…e non vediamo l’ora che questa storia finisca!-

“…peccato non si possa dire lo stesso di lei!” pensò sorridendo.

“Niente è più adatto di un clima teso per tendere una trappola. Per quanto si è vigili, in realtà non lo si è mai abbastanza!”

Il gruppo marciò in silenzio per altri minuti: solo i flebili respiri potevano tradire i Militi, ma la nebbia copriva tutto nel suo subdolo manto…fuorché i due fuggiaschi, per l’individuo.

Quella foresta sarebbe stata perfetta come tomba! Tutto sarebbe passato in silenzio, l’unico testimone sarebbe stato il cielo, ma cosa avrebbe potuto fare per aiutarli?

- No, Hydra. Sono sicuro: secondo me ci osservano, ci seguono! Me lo sento!-

Il ragazzo iniziava a dare dei problemi: avrebbe costretto il gruppo ad uscire presto allo scoperto.

“Ma sì! Poco importa! Sarà più divertente! Siamo in maggioranza, e loro non sono nemmeno in grado di correre velocemente! Bene: prima finisce questa baldoria, e meglio sarà per tutti”.

La nebbia cominciava a diradarsi in maniera decisamente impercettibile, come se il suo desiderio di andare via non fosse poi così forte!

Ogni tanto qualche raggio di sole cercava di penetrare la coltre, ma senza successi che potessero considerarsi tali.

-Signore! Cosa dobbiamo fare?- chiese un soldato.

-Fra un po’ attaccheremo- rispose l’altro con tono distaccato, aggiustando il cappuccio.

-Al mio avviso il cerchio si stringerà attorno ai due fuggitivi, tagliando ogni possibile via di fuga, non che ora passando andare chissà dove, ma è giusto una sicurezza in più!-

-E quale sarà il segnale?-

-Lo scoprirete a momento debito. Ora riporta quest’ordine a tutta la truppa, senza rallentare l’andatura. Quando avrai finito, ritorna a fare rapporto- ordinò, secco.

 

***

 

Ancora nebbia.

Sempre e soltanto fumo in ogni direzione.

-Sembra che si stia diradando, però…- notò Hydra.

-Hai ragione!- rispose Yusuke, guardandosi intorno, nella speranza di riuscire a scorgere qualche figura per orientarsi.

Si fermò di scatto, trattenendo Hydra per il polso.

-Che è successo?- chiese la ragazza.

-Ho visto qualcosa muoversi da quella parte, ne sono certo!-

-Sarà meglio muoversi, allora…-

Pochi passi affrettati, pochi metri ancora e un urlo feroce li inchiodò lì dov’erano.

 

***

 

Urlò inaspettatamente, rompendo quel fragile e teso silenzio.

Un suono così terrificante da far gelare il sangue, pietrificare le gambe: freddo, argentino, belluino.

E poi il caos più totale: armi, corazze, scaglie e oggetti di metallo tintinnanti, fra urla e schiamazzi e corpi che si muovevano ordinatamente e velocemente verso il centro della formazione.

-Fermi, siete circondati!-

Yusuke e Hydra udirono quell’ordine nonostante il rumore tutt’attorno e si bloccarono.

-Bene, bene! Cosa abbiamo qui? Niente poco di meno ché i famigerati Yusuke Kaze e Hydra Joule!- disse la voce, beffarda.

-Chi sei? Fatti vedere!- rispose Yusuke.

-Come desideri, ragazzo!-

Silenzio, e ancora silenzio, interrotto solo dai respiri irregolari dei due fuggiaschi e dei loro inseguitori, e da strani tintinnii, come quello di campanellini o braccialetti.

-Chi sono, volete sapere?- chiese la voce all’orecchio dei due. Improvvisamente, due mani si posarono sulle spalle dei ragazzi, facendoli sobbalzare per lo spavento.

La nebbia era quasi completamente diradata, e Yusuke notò come fossero circondati da una sessantina di Militi, che miravano verso di loro con picche e spade affilate.

Fra lui e la compagna si frapponeva una strana figura.

Immediatamente si allontanarono, mettendo un po’ di distanza dall’uomo misterioso.

Aveva un abbigliamento piuttosto bizzarro: il volto era coperto da un ampio cappuccio di raso verde, cucito su una tunica dello stesso colore, lunga fin sopra alle ginocchia e con maniche a tre quarti.

La pelle cianotica era tesa sulla tonica e asciutta muscolatura.

Scalzo, i piedi erano ricoperti da una miriade di gioielli, ciondoli e cavigliere, esattamente come i polsi.

Portò una mano verso il capo, afferrando il cappuccio.

Il viso era segnato da linee decisamente androgine, con alcuni tratti, in particolare, che confermavano il sesso maschile: i capelli erano di un caldo color castano, esattamente come i suoi occhi, entrambi attraversati da lievi sfumature color ambra.

Le labbra erano aperte, rivelando una fila di denti affilati come rasoi, e in particolare due canini scintillanti di lunghezza superiore alla norma.

Si leccò il labbro inferiore, alzando velocemente le sopracciglia: era eccitato da quella situazione.

-Il mio nome è Ishan, sicario di Kaos il Magnifico, re di Kayka. Ho il compito di portarvi al cospetto del Sommo Sovrano, affinché abbiate la giusta condanna per le vostre malefiche intenzioni. Vi conviene consegnarvi di vostra spontanea volontà!-

Un risolino profondo.

Una minaccia di morte.

 

 

 

 

 

Angolo dell’autore:

Buonasera, popolo di EFP.

Il ritardo, anche questa volta, si fa sentire, e impegni di varia natura mi hanno concesso solo ora la possibilità di pubblicare.

Bene. Questo capitolo era assolutamente necessario: avevo già messo in conto di far accadere episodi del genere, altrimenti il racconto sarebbe stato piuttosto banale.

Nonostante hanno con sé le peculiarità della Terra e della Morte, Yusuke e Hydra non possono fare assolutamente affidamento su di essi: pena la morte. Ricordate? :)

Per quanto concerne Ishan, il nome è indiano, e significa “Il terzo occhio di Siva”, e il suo abbigliamento è per alcune caratteristiche, riconducibile a questa cultura. Ci tengo a precisare che non è assolutamente mia intenzione offendere il culto induista, dando quest’aspetto al personaggio.

Ora, rispondo alle recensioni del precedente capitolo:

 

A sTar__: mi fa piacere che la figura di Thanatos ti abbia colpito: ciò significa che il capitolo ha avuto l’effetto desiderato! E poi hai ragione: un mantello dell’invisibilità sarebbe utile, ma farebbe sembrare tutto troppo facile! Grazie per le tue recensioni e per la tua presenza!

 

A Elea Vi Britannia: ciao! Sì, Thanatos è un personaggio piuttosto fuori dai ranghi, anche perché è così che immagino la morte: un qualcosa di davvero “strano”.

 

A Valerie Laichettes: hai colto a pieno uno dei significati del capitolo: la sofferenza della morte! Come hai detto tu, è dolorosa per gli altri, ma non per chi la vive (permettimi questo gioco di parole XD). Ho voluto trasmettere i alti positivi della scomparsa, perché non sempre è dolore, ma a volte è l’unico rimedio a tante cose, anche se come soluzione non è accettata dai più! Grazie per i tuoi consigli, ma so già come scrivere il seguito! :)

 

A presto!

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Capitolo 25
*** Schiocco di dita ***


Capitolo 21: Schiocco di dita

 

 

I due si strinsero di più fra di loro, intimoriti, ma tesi come corde di violino, pronti ad attaccare e difendersi.

Ishan muoveva nervosamente il piede, eccitato, pronto a saltare.

-Ve lo dico ancora una volta: arrendetevi, non avete alcuna speranza!- disse il cianotico.

Nessuno si muoveva, l’aria era perfettamente immobile, come le lance e picche che puntavano le gole dei fuggiaschi.

Uno scatto della testa di Ishan, e dietro Yusuke ed Hydra rumori metallici si facevano sempre più vicini.

Improvvisamente due paia di braccia separarono i due ragazzi, fra urla di spavento e indignazione da parte della ragazza.

-Non opponete resistenza, per la vostra salute, cari- disse Ishan, mellifluo.

-Figlio di cagna!- sputò fra i denti Yusuke, furibondo.

-Oh no, caro!- continuò Ishan, con voce troppo dolce.

Si avvicinò al canuto, inclinò la testa fissandolo negli occhi, con feroce insistenza, violenza, senza vergogna, pudore, riguardi ed educazione: erano occhi di brace quelli, nel loro essere di un anonimo castano, bruciavano di sofferenza, promesse di dolore, panico, terrore, astio: sembravano essere la porta per l’Inferno.

-Questa potevi tenerla per te…- mormorò con tono falsamente dispiaciuto, per dargli un sonoro schiaffo in pieno viso.

Prima di fissarlo, Yusuke sputò sul terreno: saliva e sangue, rosso splendente come un rubino appena finito di lavorare.

Con tutta la fierezza possibile, rialzò lo sguardo, mentre un rivolo di sangue gli sporcava il muso, una ciocca di capelli finita in bocca, il collo, la veste scura.

-Ha un bel colore il tuo sangue sai, Yusuke?- disse Ishan, fissando le goccioline che erano rimaste sulla sua pelle.

-Sei semplicemente un miserabile. Uno sporco sicario al soldo di un tiranno!- gli soffiò contro il ragazzo.

Nel frattempo si sentì un risolino provenire dall’altra guardia.

-La ragazza è svenuta!-

-E ancora non sa ciò che le aspetta- disse Ishan, guardandola, bramoso.

-Toccala con un solo dito e…- cominciò Yusuke, per essere messo a tacere con un altro schiaffo a man rovescio.

-E? Non mi sembri nelle condizioni per poter trattare, piccolo Yusuke!-

-Cosa ne facciamo, signore?- chiese un Milite.

-Portiamoli nel nostro accampamento. Lui legatelo per bene, lei, invece, lasciatela nelle mie stanze!- rispose il cianotico con tono vagamente annoiato.

Yusuke, nel frattempo cercava di fare resistenza, ma invano.

-Per favore, smettila. Anzi, dormi!- disse Ishan, posandogli una mano sul capo.

-Sei s-solo un f-farabb…- mormorò Yusuke, addormentandosi pesantemente.

-Finalmente ha smesso di parlare! Non ne potevo più di questo qui! E ora andiamo!- disse il sicario, mettendosi alla testa del gruppo, inoltrandosi nel folto della Foresta Madre.

 

*

 

Una secchiata d’acqua ghiacciata lo colpì in pieno, facendolo ridestare.

Nonostante i sensi recuperati, tutto era sfocato, i toni smorzati e rimbombanti, come provenienti da altre dimensioni ed universi.

Yusuke cercò di muoversi, senza risultati.

-Non puoi andare da nessuna parte, bello!- disse una voce.

Il ragazzo alzò lo sguardo, aguzzando la vista, che stava ritornando normale: un Milite stava posando in terra un secchio.

-Dove siamo?- chiese Yusuke con voce gracchiante.

-Al parco giochi.- lo prese in giro la guardia, per poi lasciarlo solo.

Il ragazzo cercò di muoversi, invano: lo avevano legato stretto ad un palo.

Le funi lo cingevano stretto, tanto che a stento sentiva le mani.

-Lasciatemi andare! Dov’è Hydra?-

La stessa guardia di prima si affacciò per rispondergli: -Uhm…di certo non in gita. E comunque in una condizione forse peggiore della tua…-

-Porci!- urlò contro Yusuke –Non siete altro che dei luridi maiali bastardi!-

-Parlare così non migliorerà certo la tua penosa posizione, bello mio. Quindi vedi di calmarti!- Gli rispose il Milite, con voce dura, tagliente e metallica.

 

*

 

-Allora, mia cara, cos’è che avente in mente?- Chiese cortesemente Ishan ad Hydra.

La ragazza era seduta su una sedia, al centro di quelle che sembravano essere le stanze del loro rapitore.

Per essere quelle di un accampamento erano arredante con un certo garbo e criterio: la mobilia, dalle linee semplici e decise, era decisamente spartana, ma non per questo priva di eleganza.

Lei si limitò a sorridere, fissandolo con ostinato silenzio.

-Sei un osso duro, sai?- disse Ishan.

-Me ne compiaccio- rispose Hydra.

-C’è solo un piccolo problema: io sono abituato ad essere obbedito. Chi non fa ciò che gli dico, di solito, è vittima di punizioni piuttosto pesanti-

-La cosa non mi tange, Ishan. Penso che l’abbia ben capito, ormai.- ribatté freddamente la ragazza.

-Il bon ton- riprese Ishan, come se Hydra non avesse proprio aperto bocca –vuole che le donne non si tocchino nemmeno con un fiore. Ma sai cosa me ne faccio del bon ton se dalle tue rosee labbra non usciranno le parole che voglio tanto sentire?-

I due continuarono a guardarsi in cagnesco per alcuni secondi, lei immobile sulla sedia, lui camminante avanti e dietro come un predatore.

La ragazza notò che nei suoi movimenti c’era un qualcosa di rettile, sembrava muoversi con eccessiva fluidità per essere un uomo.

Agitava gli arti come se fossero delle code: feroci flagellate nell’aria, secchi schiocchi di frusta raggelanti.

-Allora? Collaboriamo?-

-Certo, Ishan- rispose Hydra –Quando l’Inferno gelerà.-

Un sorriso pieno di perverso sadismo disegnò le linee delle labbra dell’uomo.

Una promessa di atroci sofferenze, di morte.

-Che le danze abbiano inizio, allora! Ti pentirai della tua scelta, donna!-

Uno schiocco di dita, e un agghiacciante urlo di dolore sferzò l’aria con la violenza di un tuono.

-Hai cambiato idea?-

Hydra, con la testa china sul petto, il respiro affannoso e le convulsioni, rispose strascicando: -Figlio di cagna! Da me non saprai niente!-

Ishan sorrise.

Due labbra curve, gli occhi fissi, un altro schiocco di dita e un altro urlo.

 

*

 

Yusuke, legato scomodamente, pensava ad un modo per liberarsi e cercare Hydra.

Divincolandosi al situazione non migliorava, anzi: le corde, strette, segavano la pelle da far malissimo.

Erano troppo strette.

-Spera che la tua amica parli, altrimenti diverrà completamente pazza, nella migliore delle ipotesi!-

-Cosa intendi dire?- chiese al Milite.

-Che sta avendo un memorabile dialogo con Ishan. E i suoi metodi non vanno tanto per il sottile!-

-HYDRA!- urlò Yusuke, ben sapendo che lei non poteva sentirlo.

-E’ inutile. Non può sentirti!-

-HYDRA!- continuò il ragazzo.

-Adesso smettila!-

Ma il ragazzo continuò ad urlare a pieni polmoni, finché un colpo lo preso sulla testa, facendolo svenire.

 

*

 

-YUSUKE!- gridò Hydra, senza sapere bene il perché, come se quel nome bastasse a sostenerla fra tutte quelle atrocità.

-Non può sentirti- disse Ishan, con voce disgustosamente mielata.

La ragazza rispose con sonori ed umidi affanni, la fronte imperlata di sudore.

-Avanti Hydra! Non potrai resistere per sempre! Cosa avete intenzione di fare?-

La ragazza, senza forze, non rispose.

-Hydra. Ti ho fatto una domanda-

Ishan si avvicinò, e sollevò il viso della ragazza con la mano: era svenuta.

Lentamente, lasciò cadere il viso della ragazza sul petto, allontanandosi.

Battè due volte le mani, e una coppia di Militi entrò nella stanza: -Comandi!-

-Ci serve viva. E soprattutto Re Kaos la vuole uccidere con le proprie mani. E non possiamo di certo permetterci di perdere una vita così tanto preziosa per il sovrano. Curatela, datele da mangiare per farle recuperare le forze sufficienti. Dobbiamo prenderla per sfinimento, e riusciremo a cavarle certamente qualcosa-

I due, sull’attenti, eseguirono gli ordini.

 

*

 

La luna era ormai sorta da tempo, e la notte aveva disteso le sue lunghe e ombrose dita ovunque, ricoprendo tutto di dolce e ovattata oscurità.

Le stelle splendevano nel cielo sereno, disturbato da poche nere nuvole.

L’aria era ferma, silenziosa, disturbata solo di tanto in tanto dai rumori della foresta: un frullo d’ali, il verso di una civetta, il rumore dell’erba calpestata.

Alcune scure figure, confondendosi nella notte, emersero dal folto, avvicinandosi furtivamente all’accampamento, comunicando fra loro con rapidi, secchi e muti gesti.

Così com’erano apparse sparirono in diversi punti.

L’aria era ferma, tranne per un frullo d’ali, il verso di una civetta ed il rumore dell’erba calpestata.

Le stelle e la luna splendevano ancora.

 

 

 

 

 

Angolo dell’autore:

Ciao ragazzi!

Mi scuso per l’orripilante ritardo con cui aggiorno, ma ho davvero poco tempo per troppi progetti a cui sto lavorando in parallelo.

Ma no. Questa storia non l’abbandono nemmeno se mi dovessero sparare!

Yusuke ed Hydra sono stati catturati, e la ragazza è sotto tortura, ma non odiatemi. Era necessario!

Ma soprattutto, chi sono le figure a chiusura del capitolo?

Alleati o nemici?

Sono accette tutte le ipotesi!

 

A sTar__: Ciao, cara! Beh, Ishan è una figura piuttosto terrificante, per certi versi. Capisco perfettamente il tuo stato d’animo! Spero che il capitolo ti sia piaciuto!

 

A Julietts: Ciao, e grazie anche a te per i complimenti!

 

Fatemi sentire il vostro parere, popolo! :)

Alla prossima!

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