Antiche Paure

di cioccorana_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritorno a Hogwarts ***
Capitolo 2: *** Ospiti ***
Capitolo 3: *** Il Calice di Fuoco ***
Capitolo 4: *** Un incontro inaspettato ***
Capitolo 5: *** Halloween ***
Capitolo 6: *** Il colore del sangue ***



Capitolo 1
*** Ritorno a Hogwarts ***


Erano arrivati, finalmente. Anche quell’anno il viaggio sull’Espresso per Hogwarts era parso interminabile e terribilmente faticoso. Alla fine, però, erano giunti come sempre alla stazione di Hogsmeade e ora si accingevano a scendere dal treno che sarebbe tornato a Londra senza il suo carico di ragazzi chiassosi. Sinceramente, non gli sarebbe dispiaciuto rimanere a bordo e fare un giro sul treno vuoto e immerso nel silenzio. Magari dopo un bel riposino. Il fatto è che stava troppo comodo disteso lì, su due sedili. Non gli andava proprio di uscire nel vento freddo della Scozia che preannunciava, con troppo anticipo, l’arrivo dell’autunno. No, voleva sonnecchiare ancora un po’, magari qualche oretta…
 
« Albus, che fai ancora lì? Muoviti, sono già scesi tutti! » disse James entrando nello scompartimento ormai vuoto dove si trovava suo fratello. Vedendo che non si alzava, afferrò la gabbia del gufo Albert che si trovava sul porta-bagagli vicino al finestrino e gliela scaraventò addosso senza troppi complimenti. Il ragazzo balzò in piedi di soprassalto e la gabbia rovinò a terra seminando cacche di gufo dappertutto. L’uccello lanciò un grido acuto e Albus si affrettò a raccogliere la gabbia.
« Ma che diavolo ti è preso? Guarda il povero Albert! E’ sconvolto! E ora mi tocca anche pulire. James, quest’anno a Hogwarts non arriverai tutto intero » disse con aria minacciosa, estraendo la bacchetta.
« Avanti, non c’è tempo per duellare. Se non ci muoviamo non rimarrà nemmeno una carrozza. Vuoi forse andare a piedi? ». Detto questo, James prese la gabbia e uscì dallo scompartimento. Albus afferrò furioso il suo baule e fece per seguire il fratello ma si ricordò delle cacche di gufo sparse per lo scompartimento. Si voltò sospirando e agitò la bacchetta gridando « Gratta e netta! », forse con troppa foga. Le cacche sparirono, ma l’incantesimo rovinò anche un po’ la pelle del sedile. Meglio di niente, pensò. Ripose la bacchetta sbuffando e scese dal treno, trascinando il baule dietro di sé.
 
Appena uscito dalla stazione udì una voce fredda e tagliente, non molto lontano da lui.
« Potter! Il tuo gufo ha preso la tua testa per un gabinetto? »
Alzò lo sguardo e scorse un ragazzo pallido dai capelli talmente biondi da sembrare bianchi che lo osservava sghignazzando mentre si apprestava a salire su una carrozza. Scorpius Malfoy. L’insopportabile, egoista, fastidioso Scorpius Malfoy. Imprecò a bassa voce passandosi una mano tra i capelli, da cui caddero qualche cacca e un paio di piume di Albert. Fece una smorfia schifato e si avviò verso l’ultima carrozza rimasta. Fortunatamente, quella di Malfoy era appena partita. Non avrebbe sopportato di trascorrere ciò che restava del viaggio verso Hogwarts in sua compagnia. Sarebbe stato troppo tentato dalla voglia di aprire la portiera e buttarlo giù.
 
Ridacchiò immaginando la scena e raggiunse la sua carrozza. Lanciò un’occhiata al Thestral invisibile che la guidava, o meglio, lanciò un’occhiata dove pensava si trovasse il Thestral invisibile che la guidava. Non poteva vedere quegli strani animali poiché solo chi aveva visto la morte con i propri occhi era in grado di vederli. Eppure, chissà perché, si aspettava ogni anno di poter scorgere uno di quei cavalli volanti e scheletrici che gli aveva descritto suo padre. Un po’ deluso, salì sulla carrozza e si accomodò sul sedile, di fianco a suo fratello.
« Ce ne hai messo di tempo ». Alzò lo sguardo e vide sua sorella Lily che lo fissava un po’ infastidita. Era seduta accanto a Rose che, come al solito leggeva un libro. Al suo fianco Hugo contava le figurine delle Cioccorane che mancavano alla sua invidiabile collezione.
« Colpa di James » rispose stringendosi nelle spalle.
« No, è colpa tua, Bell’ Addormentato » obiettò suo fratello.
« Cerca di capirmi, sono stanco morto! Avresti dovuto svegliarmi più delicatamente » ribatté Albus accigliandosi.
« D’accordo, la prossima volta di sveglierò con un bacio. Anzi, chiamerò la tua amata Maggie Dawson a farlo, visto che ti piace tanto… » disse James ghignando.
Rose alzò lo sguardo dal suo libro e sgranò gli occhi. « Ti piace Maggie Dawson? La Grifondoro del quinto anno? »
Albus arrossì violentemente. « Ehm… No! No, affatto. E’ James che si inventa queste cose per fare lo spiritoso. Vero, James? » Il suo tono era eloquente ma il fratello, anziché stare al gioco, scoppiò a ridere.
Hugo, preso dalle sue figurine, commentò: « Maggie è carina… »
« Ma a me non piace! » gridò Albus, il cui viso aveva assunto un’intensa tonalità porpora. Nessuno osò ribattere.
Rimasero in silenzio per un po’, finché Rose lanciando un’occhiata oltre il finestrino gridò: « Siamo arrivati! ». Per lei era sempre una gioia riprendere le lezioni. Trascorrere i pomeriggi studiando e completando mappe astronomiche era la sua felicità. Albus proprio non la capiva. Lui, a differenza di sua cugina, era contento di tornare a Hogwarts solo per poter giocare a Quidditch nella squadra della sua Casa.
 
Scesero dalla carrozza e scaricarono i bagagli che abbandonarono in un angolo dove si trovavano quelli di tutti gli altri studenti. Salirono la scalinata che conduceva all’enorme portone d’ingresso ed entrarono nel castello. Niente era cambiato da quando l’avevano lasciato, tre mesi prima. Sorridendo, si diressero subito in Sala Grande dove la cerimonia di Smistamento stava per cominciare. Presero posto accanto ai loro compagni e poco dopo fece il suo ingresso in sala la lunga fila di nuovi studenti pronti per lo Smistamento. Albus ricordava come si era sentito ascoltando per la prima volta nella sua vita la filastrocca del Cappello Parlante.
 
Erano passati sei anni da allora ma lo ricordava perfettamente. Un misto di meraviglia e paura, di felicità e ansia. Ricordava di aver supplicato il Cappello di non smistarlo nella Casa di Serpeverde, proprio come aveva fatto suo padre tanti anni prima. Alla fine aveva funzionato: era stato collocato nella Casa di Grifondoro, come aveva sempre sognato.
 
Sorrise al ricordo mentre osservava i bambini che venivano chiamati in ordine alfabetico dalla professoressa McGranitt per essere smistati. La cerimonia fu piuttosto lunga e alla fine la Preside diede inizio al banchetto di benvenuto. La cena fu squisita come al solito. Albus stava ancora terminando la seconda porzione di torta alla melassa, la sua preferita, quando la McGranitt fece tintinnare la punta del coltello sul bicchiere.
« Posso avere la vostra attenzione, per favore? Vorrei spendere due parole riguardo all’anno scolastico che ci attende. Come probabilmente saprete, quest’anno si terrà come di consueto il famigerato Torneo Tremaghi. Devo ricordarvi che da una trentina d’anni a questa parte la partecipazione alla competizione è riservata ai soli studenti maggiorenni. Essi sono tenuti a pensare bene se iscriversi o meno, poiché una volta scelti dal Calice di Fuoco non c’è più modo di tornare indietro. Occorre assumersi tutte le responsabilità del caso, tenendo presente la pericolosità delle prove e i rischi, anche mortali, che si corrono ».
 
Albus pensò all’ultima vittima del Torneo Tremaghi, il giovane Cedric Diggory. Era stato ucciso dal mago oscuro più potente di tutti i tempi, la notte del suo ritorno. In quell’occasione Lord Voldemort aveva tentato di uccidere anche suo padre, ma lui era riuscito a fuggire e riportare a casa il corpo di Cedric. Nessuno gli aveva creduto quando aveva raccontato ciò che aveva visto. Nessuno voleva credere al ritorno di Voldemort. Nessuno tranne Albus Silente.
 
Come se gli avesse letto nella mente, la McGranitt proseguì. « Ora non ci sono più minacce esterne così pericolose. Non correrete il rischio di incontrare Voldemort durante il Torneo. Tuttavia, affronterete prove complesse che richiedono un alto grado di preparazione scolastica e di sangue freddo. Il lato positivo, che penso farà piacere a tutti, è che quest’anno la celebre competizione si terrà qui a Hogwarts… »
La professoressa non poté concludere perché in sala si levarono applausi, grida di gioia e fischi di approvazione.
« Per cortesia, un po’ di contegno! Mi fa piacere il vostro entusiasmo ma, per favore, mantenete la disciplina! Signor Thomas, scenda subito dal tavolo! Cinque punti in meno a Grifondoro! ».
 
Ci volle un po’ prima che gli studenti si rimettessero tranquilli. Allora, la McGranitt comunicò che le delegazioni di Beauxbatons e Durmstrang sarebbero arrivate la settimana successiva e chiese a tutti di essere cortesi con gli studenti stranieri che avrebbero riempito il castello per tutto l’anno scolastico. Poi augurò a tutti gli studenti la buonanotte e li congedò. Albus si mise in fila con i suoi compagni in attesa di raggiungere l’atrio affollato. Notò che suo fratello era particolarmente taciturno ma attese di rimanere solo con lui per chiedergli a cosa stesse pensando, anche se credeva di saperlo già.
 
Arrivati in Sala Comune, afferrò James per un braccio e lo trascinò in un angolo appartato vicino a una finestra.
« Allora, » iniziò « sentiamo. Non starai pensando a un’altra delle tue follie, vero? »
« Dipende. Cosa intendi per follie? » chiese il fratello sulla difensiva.
« Non saprei. Tipo… iscriverti al Torneo? » Albus lo fissava serio, a braccia conserte.
James drizzò le spalle. « Se stessi pensando proprio a quello, quale sarebbe il problema? »
« Hai sentito la McGranitt. E’ pericoloso »
« So badare a me stesso »
« Non è vero »
« Ho diciassette anni, sono maggiorenne e faccio quello che voglio »
« Mamma e papà non ti permetteranno di iscriverti »
« Loro saranno fieri di me. Quanto a te, dovresti imparare a non immischiarti in faccende che non ti riguardano »
« Ma… »
« Niente “ma”. Intesi? » James fissò il fratello per un momento e, senza attendere una risposta, si voltò e salì le scale diretto al dormitorio.

Era sempre stato testardo. Non sarebbe stato facile fargli cambiare idea.  

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Capitolo 2
*** Ospiti ***


Nei giorni seguenti Albus cercò più volte di parlare con James ma senza successo: suo fratello lo evitava accuratamente. Aveva preso l’abitudine di fare colazione prima di lui; al mattino frequentavano corsi diversi, quindi non potevano vedersi; a pranzo James si sedeva il più lontano possibile da Albus e non gli rivolgeva la parola; al pomeriggio si chiudeva in biblioteca (cosa assolutamente anormale per un tipo come lui) con la scusa di doversi mettere avanti con i compiti, benché non avessero ancora molto da studiare; a cena si comportava esattamente come a pranzo e, subito dopo mangiato, si ritirava in dormitorio dicendo di essere stanco.
Il messaggio era chiaro: James non aveva nessuna intenzione di sorbirsi un’altra ramanzina da quel noioso di suo fratello.
 
 
Un pomeriggio, Albus stava passeggiando con Lily nel cortile del castello per rilassarsi un po’ dopo una lunga e faticosa mattinata di lezione. Quel giorno aveva avuto Trasfigurazione, Pozioni e Difesa Contro le Arti Oscure e, come se non bastasse, più tardi lo attendevano un paio di ore extra di Cura delle Creature Magiche. Hagrid, il guardiacaccia, aveva chiesto a lui e Lily di dargli una mano ad accudire gli Schiopodi Sparacoda appena nati e, benché la cosa non li allettasse, non avevano potuto digli di no. In quel momento, tuttavia, Albus non pensava a ciò che lo attendeva da Hagrid o ai compiti che avrebbe dovuto fare quella sera. Era concentrato sul canto degli uccellini e sul rumore dell’acqua del Lago Nero che si sentiva in lontananza. Pensava che passeggiare nel parco di Hogwarts fosse l’ideale per riposare la mente. Oltre a giocare a Quidditch, ovviamente.
 
Era talmente assorbito dalla natura che lo circondava da non accorgersi che sua sorella lo stava osservando in silenzio. Solamente quando lei parlò, se ne rese conto.
« Perché non vuoi che James partecipi al Torneo? »
Lui la guardò perplesso. « Beh, mi sembra evidente. Quella gara è davvero pericolosa ».
Possibile che fosse l’unico a capirlo?
« Andiamo, è una competizione per maghi diciassettenni! In fin dei conti non può essere così rischiosa ». La ragazzina scosse la testa.
Albus si fermò guardandola incredulo. « Lily, durante il Torneo sono morti dei concorrenti. Vuoi che James faccia la stessa fine? »
Lei sorrise tranquilla. « Nostro fratello è un mago piuttosto abile, lo sai. E sa essere furbo e intelligente, quando vuole »
« Peccato che non lo voglia mai, allora »
Lily si fece improvvisamente seria e fissò il fratello piegando la testa da un lato e incrociando le braccia. Quella era un’espressione che Albus aveva già visto fare migliaia di volte da sua madre.
« Albus, non sarai geloso di James, vero? »
« Geloso io? Ma dico, stai scherzando? »
Lei alzò un sopracciglio. « Beh, lui può partecipare al Torneo, diventare campione della scuola e ottenere l’eterna gloria che merita il vincitore. Tu, invece, non hai ancora diciassette anni e non puoi mettere il tuo nome nel Calice di Fuoco. Perciò sei geloso ».
Albus fissò basito sua sorella. Era cresciuta molto negli ultimi mesi, trasformandosi rapidamente da bambina a giovane donna. Fisicamente assomigliava molto a Ginny: aveva i suoi stessi capelli lunghi, rossi e lucenti caratteristica dei Weasley, e i suoi stessi occhi color cioccolato, profondi e sinceri. Era sempre stata una tipa allegra, vivace, sveglia e intelligente. Ma era anche perspicace. A volte troppo perspicace.
Albus sospirò e riprese a camminare. « D’accordo, forse un po’ »
Lily gli si affiancò e lo prese sottobraccio. « Non hai ragione di esserlo. E’ vero, quest’anno non potrai partecipare al Torneo Tremaghi ma avrai altre occasioni per dimostrare il tuo valore. Ora dobbiamo fare il tifo per nostro fratello, proprio come fanno papà e mamma ».
Albus la guardò. « Lo hanno già saputo? »
« Certo. Ci tengo a tenerli aggiornati su ciò che accade qui a scuola. A differenza di qualcuno, non mi dimentico di scrivergli » rispose lei lanciando un’occhiataccia al fratello e cacciando una mano nella tasca della giacca per poi estrarne un foglio di pergamena ripiegato che porse al ragazzo. Albus lo aprì e lesse.
 
Cara Lily,
sono molto contento di sapere che l’anno scolastico sia iniziato bene per te e i tuoi fratelli. Immagino l’eccitazione di tutti voi per il Torneo Tremaghi. Avete l’occasione di fare amicizia e confrontarvi con studenti di altre scuole e questa sarà un’esperienza davvero speciale, vedrete.
Quindi James si è messo in testa di candidarsi come campione di Hogwarts, eh?  Ne sono molto felice. La mamma, invece, è un po’ preoccupata ma allo stesso tempo anche molto fiera. Ha detto che gli scriverà al più presto. Nel frattempo saluta sia lui sia Albus da parte nostra. Hai il permesso di sgridarli per il fatto che non ci scrivano mai e puoi minacciare Albus di appropriarti del gufo Albert, visto che lui non se ne fa niente.
Vi vogliamo bene.
                                        Harry

 
Terminata di leggere la lettera, Albus fulminò sua sorella. « Non ti cederò mai Albert ».
Lei scoppiò a ridere e si avviarono scherzando alla capanna di Hagrid.
 
 

***

 
Era affamatissimo. Trascorrere il pomeriggio correndo dietro agli Schiopodi lo aveva distrutto. E doveva ancora studiare. Si sarebbe addormentato sul piatto ancora tristemente vuoto se non avessero servito in fretta la cena. Ma quella sera avevano ospiti. Il guaio era che questi ospiti erano in ritardo e lui non sopportava i ritardatari. E’ vero, venivano da lontano e avevano affrontato un lungo viaggio ma per colpa loro lui stava morendo di fame.
Il portone della Sala Grande si aprì ed entrò Gazza, il custode, visibilmente agitato. Raggiunse il tavolo dei professori zoppicando più in fretta che poteva e inciampando anche un paio di volte. Sussurrò qualcosa all’orecchio della McGranitt che annuì e si alzò in piedi mentre il vecchio custode attraversò nuovamente la sala e uscì. La preside si schiarì la voce prima di parlare. « Mi dicono che gli ospiti sono arrivati. Date, quindi, il benvenuto alle studentesse dell’accademia di Beauxbatons e alla loro preside, la gentile Madame Maxime ».
Il portone della sala si spalancò e un gruppo di ragazze sorridenti varcò la soglia ordinatamente. Indossavano divise azzurro chiaro ed erano tutte molto carine. Nessuna, però, reggeva il paragone con l’ultima della fila. Albus la riconobbe e la salutò con la mano. Sua cugina Dominique rispose al suo saluto sorridendo raggiante. La secondogenita di zio Bill e zia Fleur possedeva caratteristiche di Veela, creature in grado di ammaliare gli esseri umani con la loro bellezza. Era incredibile come questo prodigio le riuscisse pur essendo Veela solo per 1/8, da parte di madre. Albus notò divertito che nessuno in sala riusciva a levarle gli occhi di dosso, Serpeverde compresi. Erano tutti ipnotizzati dai suoi occhi di un azzurro non umano, dai riflessi scintillanti dei suoi capelli d’argento e dalla sua pelle candida e splendente come la luna. Dietro di lei, Madame Maxime rivolse un gran sorriso a tutta la sala e salutò Hagrid con una manona prima di rivolgere alla professoressa un allegro « Bonsoir! » e baciarla su entrambe le guance.
Mentre le studentesse di Beauxbatons si sistemavano al tavolo di Corvonero, la McGranitt annunciò: « E ora accogliamo con un applauso gli studenti di Durmstrang e il loro preside Vladimir Karkaroff ».
Un nuovo gruppo di giovani entrò in sala guidati da un uomo alto dall’espressione burbera. Un po’ stempiato con lunghi capelli neri e folte sopracciglia, era il fratello minore del suo predecessore defunto Igor Karkaroff, ex Mangiamorte. Gli studenti erano prevalentemente ragazzi e tutti indossavano abiti pesanti dai colori scuri sotto a folte e calde pellicce. Ognuno di loro aveva un’espressione fredda e impassibile che metteva una certa soggezione. Albus scorse la fila con lo sguardo e si soffermò ad osservare colpito un ragazzo e una ragazza che avanzavano insieme ostentando la stessa aria di superiorità. Il giovane era alto, slanciato e dal fisico atletico. Aveva i capelli di un biondo lucente, un po’ lunghi e leggermente ondulati. Il suo sguardo appariva altero e aveva la mascella contratta, come per trattenere una smorfia di disgusto. La ragazza accanto a lui aveva i capelli della stessa sfumatura dorata dell’altro ma più lunghi e mossi. Le ricadevano morbidi sulla schiena e contrastavano con la pelliccia scura. Le sue labbra rosee erano leggermente curvate in un sorriso altezzoso e i suoi occhi incredibilmente azzurri scrutavano la sala con aria superba. Per un momento il suo sguardo incrociò quello di Albus. Al ragazzo sembrò che il suo cuore avesse fatto una doppia capriola all’interno del petto. Ma era durato un attimo e la giovane non lo guardò mentre sedeva con aria imperscrutabile al tavolo di Serpeverde insieme ai suoi compagni. E non lo guardò più nemmeno per tutto il resto della serata.
 
Quella sera Albus non ascoltò una parola del discorso della McGranitt e si accorse a malapena che qualcuno aveva portato in sala il leggendario Calice di Fuoco. Gli era addirittura passato l’appetito, quindi si limitò a giocherellare con il cibo che aveva nel piatto e a mangiare solamente qualche boccone mentre osservava la ragazza sconosciuta che mangiava lentamente e composta. Salito di malavoglia in dormitorio dopo la cena, fu l’ultimo ad addormentarsi. Continuava a pensare a lei ascoltando il tranquillo russare dei suoi compagni di stanza e, prima di abbandonarsi alla stanchezza che lo opprimeva, pensò che quella era senza dubbio la ragazza più bella che avesse mai visto.
 

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Capitolo 3
*** Il Calice di Fuoco ***


La prima cosa che Albus fece l’indomani appena alzato fu pettinarsi. Di solito non lo faceva mai: lo considerava una gran perdita di tempo. Quel giorno, però, sentiva il bisogno di spendere qualche minuto per tentare di sistemare i suoi capelli lisci e di un nero lucente, un po’ troppo sbarazzini. Ci volle un po’ di pazienza ma alla fine la sua chioma appariva più ordinata del solito. Posò il pettine e si fermò a contemplare il proprio riflesso nello specchio. Anche questa era una cosa che non faceva mai, ma quel giorno, chissà perché, ci teneva ad avere un aspetto migliore.
 
Ed eccolo lì, un ragazzo di sedici anni, abbastanza alto, con folti capelli scuri e occhi verde chiaro dall’aria sveglia. Somigliava parecchio a suo padre Harry, con la differenza che lui non portava gli occhiali. Non si reputava bello, ma nemmeno brutto. Dopotutto, c’era sempre un gruppo piuttosto consistente di ammiratrici che facevano il tifo per lui durante gli allenamenti di Quidditch. Era quello che si poteva definire un “ragazzo normale”. Forse persino troppo normale. Sospirando, finì di prepararsi e scese in Sala Comune. Dei suoi compagni di stanza Brian, Kevin, Andy e Nigel nessuna traccia. Evidentemente avevano deciso di non aspettarlo. Simpatici.
 
Attraversò la sala semi deserta e uscì in corridoio passando per il buco dietro il ritratto della Signora Grassa. Poco dopo raggiunse la Sala Grande. In fondo alla stanza le fiamme del Calice di Fuoco danzavano allegre gettando bagliori di luce sulle pareti. Mentre raggiungeva il tavolo di Grifondoro, Albus notò che suo fratello non c’era nemmeno quel mattino.
Prese posto vicino ai suoi compagni e Kevin lo accolse sghignazzando. « Come sei attraente questa mattina. Sei andato dal coiffeur? ».
Di fianco a lui, Brian soffocò una risata e addentò un toast. Per tutta risposta, Albus mollò una gomitata nelle costole a Kevin che stava bevendo il suo succo di zucca, facendoglielo andare di traverso. Il ragazzo iniziò a tossire e Brian prese a dargli forte pacche sulla schiena. Quando riprese a respirare, esclamò con voce roca: « Ma dico, Albus… Volevi farmi morire? ».
 
Stava per rispondergli per le rime, quando una persona appena entrata in Sala lo distrasse dalla discussione, facendogli dimenticare la battuta tagliente cui stava pensando. La ragazza sconosciuta di Durmstrang stava attraversando la Sala, diretta al tavolo di Serpeverde insieme al ragazzo alto e biondo.
« Ma che stai guardando? ». Kevin cercava con lo sguardo ciò che aveva catturato l’attenzione dell’amico. Quando vide la ragazza riuscì a sillabare solo un « Oh-ho! ».
Brian mormorò, fissandola a sua volta: « Com’è che non l’abbiamo notata ieri sera? »
« Oh, Albus l’ha notata eccome, ieri sera ». Assorti com’erano, non si erano accorti dell’arrivo di Nigel, che li guardava ridacchiando. Con lui c’era anche Rose, totalmente concentrata sul suo ripasso di Trasfigurazione.
« E a quanto pare non è stato l’unico » commentò Brian, accennando a un punto del tavolo di Serpeverde. Scorpius Malfoy, seduto poco distante, osservava la ragazza fin troppo interessato. Infastidito, Albus cercò di non farci troppo caso e distolse lo sguardo, rivolgendosi agli amici appena arrivati. « Voi sapete come si chiama? »
Rose alzò gli occhi dal suo libro e osservò distrattamente la bionda. « E’ Irina Rawndilgeld e quello seduto accanto a lei è suo fratello, Gerrit » disse, indicando il ragazzo con un cenno della testa.
Così erano fratelli. Ci avrebbe scommesso.
« Ragazzi, non vorrei interrompere la vostra contemplazione » intervenne Nigel, « ma vi ricordo che fra cinque minuti inizia Divinazione e dobbiamo salire fino alla torre della Cooman ». Poi aggiunse, guardandosi intorno: « Avete visto Andy? »
« E’ con James » rispose Rose prontamente, senza staccare lo sguardo dal libro.
« Con James? » ripeté Nigel. « E cosa… ? »
Ma non ebbe bisogno di concludere la frase. In quel momento una gran folla (composta in maggioranza da ragazze adoranti) giunse in Sala Grande. A capo del gruppo c’era James, seguito da Andy. Nonostante avessero un anno di differenza, quei due avevano legato parecchio negli ultimi anni. Entrambi irrispettosi delle regole e del tutto irresponsabili, erano sempre pronti e combinare guai e finire in punizione. L’importante era farsi notare.
Il gruppo attraversò la Sala e si avvicinò al Calice di Fuoco. James estrasse dalla tasca un pezzo di pergamena stropicciato e attraversò la Linea dell’Età, un confine che permetteva solo a maghi e streghe maggiorenni di raggiungere il Calice. Lanciò un’occhiata alla Sala ammiccando, prima d gettare il biglietto con il proprio nome tra le fiamme. Quando il fuoco avvolse la pergamena, un grande applauso scoppiò tra gli studenti di Hogwarts e Andy gridò, esultante: « Chi vuole scommettere su chi sarà il prossimo campione della scuola? ».
 
Lo aveva fatto. James Sirius Potter si era iscritto al Torneo Tremaghi.
 
 

***

 
Qualche giorno dopo all’ora di pranzo, Albus stava uscendo dall’aula di Storia della Magia. La mattina era trascorsa lenta e monotona, come al solito. All’ora precedente avevano avuto Incantesimi e avevano lavorato a coppie sugli Incantesimi Artistici. La prova consisteva nel dipingere una tela usando esclusivamente la magia. Occorreva senso estetico, fantasia e precisione, tutte qualità che sicuramente Albus e il suo compagno Kevin non possedevano; infatti, finirono quasi subito col bombardarsi di colori, imbrattandosi i vestiti di vernice e pittura. Il professor Vitious, desolato, aveva assegnato loro un Troll e li aveva spediti fuori dalla classe.
 
Una volta puliti, corsero a Storia della Magia e arrivarono in ritardo, come sempre. Albus trascorse l’ora placidamente addormentato con la testa posata sull’ultimo banco dell’ultima fila, il più lontano dalla cattedra del professor Rüf. O almeno, aveva cercato di dormire placidamente. E ce l’avrebbe fatta se Malfoy non lo avesse ripetutamente svegliato tirandogli addosso Palline di Carta Mira Precisa di Tiri Vispi Weasley.
Albus non sopportava che qualcuno usasse la merce di suo zio George contro di lui. Insomma, non gli pareva affatto giusto. A suo parere, l’ingresso nel negozio avrebbe dovuto essere vietato anche a Scorpius Malfoy, oltre che ai cani sciolti.
 
Alla fine della lezione disse ai suoi amici di avviarsi verso la Sala Grande senza di lui e che li avrebbe raggiunti più tardi. Poi prese le scale, diretto al piano di sopra, facendosi strada tra l’orda di studenti che si stava recando al piano terra per il pranzo. Doveva parlare con James e ce l’avrebbe fatta.
 
Giunto in cima alle scale, scorse un gruppo di ragazzi dell’ultimo anno che stava uscendo chiacchierando allegramente dall’aula di Trasfigurazione. Riconobbe subito suo fratello e lo chiamò: « Ehi, James! »
« Albus! » disse lui, fermandosi. « Ragazzi, voi andate. Ci vediamo dopo».
Albus rivolse un cenno di saluto agli amici del fratello e, quando scomparvero giù per le scale, si rivolse a lui. « Allora, come va? »
« Bene, direi. Tu? » chiese James a sua volta.
« Anche io sto bene. Dopotutto, mio fratello sta per diventare un Campione Tremaghi » disse Albus con noncuranza, iniziando a scendere le scale.
« Non è ancora detto… » si affrettò a ribattere James, seguendolo.
« Hai ottime possibilità, lo sappiamo tutti. E volevo dirti che io faccio il tifo per te, ovviamente » dichiarò Albus, guardandolo.
James, preso alla sprovvista, impiegò qualche secondo a rispondere. « Cosa? Ma io pensavo… »
« …che non volessi farti partecipare » concluse Albus annuendo. « Si, all’inizio il mio obiettivo era quello, così ho provato a parlarti. Avrei dovuto immaginare che non mi avresti dato ascolto. Dopotutto, non mi ascolti mai ».
« Questo non è vero » disse James, prontamente.
Albus gli lanciò uno sguardo eloquente. « Lo è eccome »
« No, invece. Ricordi quando ho rotto per sbaglio la vecchia Firebolt di papà? Mi hai consigliato di dirgli la verità, così gli ho raccontato che l’avevo presa per provarla ma che non avevo visto il cancello e sono andato a sbattergli contro, con conseguenze disastrose per la scopa »
« Si, peccato che tu abbia detto a papà che ero stato io a distrarti, prendendoti in giro. Per colpa mia non hai visto il cancello e ci sei andato a sbattere contro. Ma la verità era un’altra: tu non sapevi frenare ».
« Era il mio primo volo, è comprensibile ».
« Avevi volato altre volte, di nascosto ».
« Non è vero. Poi tu come faresti a saperlo? »
« Ah-ha! Quindi ho ragione! Non è importante come faccio a saperlo ».
« Mi spiavi? »
« Perché avrei dovuto spiarti? Avevo cose migliori da fare, io ».
« Tipo collezionare figurine delle Cioccorane? »
« Per la cronaca, la mia raccolta era il doppio della tua e contava anche figurine rarissime, come quella di Merlino e del Mago di Oz ».
« Io, a differenza tua, avevo altri interessi ».
« Come cercare di romperti l’osso del collo cadendo da una Firebolt? »
« Andavo solo a caccia dell’avventura ».
« Cerchi l’avventura anche al Torneo Tremaghi? »
James rallentò il passo e lo guardò dritto negli occhi. « Sai cosa c’è in palio? Oltre all’avventura e ai mille galeoni, intendo. C’è la gloria eterna. Nostro padre è un grande mago, sarà ricordato per sempre. Anche io voglio fare qualcosa di straordinario. Voglio dimostrare di essere il degno figlio di Harry Potter ».
 
Uno dei suoi tipici discorsi da egoista. James era così: orgoglioso, irascibile, fiero, egocentrico, ribelle, temerario ed egoista.
Albus sospirò. « James, sai bene che a nostro padre è toccato un destino che lui non avrebbe mai desiderato. Papà è famoso, oggi, ma ha pagato un prezzo enorme. E’ cresciuto senza una famiglia che lo amasse. Possibile che non ci pensi? »
La sicurezza di James vacillò. « Ma si, certo che ci penso. Però io, in fin dei conti, voglio solo partecipare a uno stupido Torneo… »
« E nessuno potrà impedirtelo, se verrai estratto. Ma ti prego di stare attento e non commettere stupidaggini, come tuo solito. Il Torneo Tremaghi non è un gioco da ragazzi come potrebbe sembrare ».
« Per la barba di Merlino, Albus. Sembra di sentir parlare la McGranitt! »
Albus mantenne un’aria seria e concentrata. « Voglio la tua parola ».
« Va bene, d’accordo. Starò attento. Hai la mia parola » disse James, alzando gli occhi al cielo.
 
Erano giunti nella Sala d’Ingresso, dove gli ultimi ritardatari si affrettavano a raggiungere la Sala Grande per il pranzo. Albus si fermò e guardò il fratello. « In bocca al lupo per stasera, allora » gli disse sorridendo. Poi gli diede una pacca sulla spalla e seguì un gruppetto di ragazzini del secondo anno, entrando in Sala Grande.
 
 

***

 
Finalmente il momento era arrivato. La Sala Grande era pervasa da un mormorio carico di eccitazione; la tensione era quasi tangibile, soprattutto tra gli studenti maggiorenni. Di lì a poco, il Calice di Fuoco avrebbe scelto i tre campioni in gara per il Torneo Tremaghi.
 
Albus, seduto accanto a James, si guardava intorno impaziente. Gli studenti di Hogwarts erano tutti agitati e parlottavano animatamente tra loro per scambiarsi opinioni riguardo ai possibili campioni e per fare le scommesse dell’ultimo minuto.
Le studentesse di Beauxbatons attendevano sedute composte, ma scaricavano la tensione tamburellando le dita o muovendo il piede, nervose. Anche sua cugina Dominique era nervosa. Albus la vide mentre giocherellava distrattamente con una ciocca dei suoi capelli argentei. Faceva sempre così quando era agitata.
Lui la conosceva bene; erano stati molto uniti prime che, all’età di undici anni, lei partisse per la Francia, dove avrebbe frequentato l’accademia. A dire il vero, erano ancora piuttosto uniti, anche se ultimamente Albus passava più tempo con suo cugino Louis, il fratello di Dominique, che con lei.
Louis frequentava il terzo anno a Hogwarts e, come sua sorella, aveva lucenti capelli di un biondo argenteo e occhi di un azzurro inumano. Era il primo maschio con sangue Veela e ciò era molto interessante. A lui piaceva moltissimo essere così speciale, e ne andava fiero.
 
Albus continuò a far vagare lo sguardo per la Sala e si fermò a studiare il tavolo di Serpeverde, dove gli studenti di Durmstrang sedevano pazienti. I loro sguardi incutevano una certa soggezione, nonostante non apparissero affatto nervosi. Gerrit Rawndilgeld osservava annoiato il soffitto della Sala, che quella sera appariva coperto di nubi temporalesche. Al suo fianco, Irina fissava le fiamme del Calice con aria distaccata.
 
James sbuffò, spazientito. « Ma quando arriva la McGranitt? »
« Sta sgridando Ben Finnigan. Arriva subito » lo informò Hugo, appena arrivato in compagnia di Louis.
Rose li interrogò subito: « E tu e Louis dove siete stati fino adesso? »
Hugo la guardò. « Con Ben, ovvio ».
« Che cosa ha combinato? » chiese Lily, curiosa.
« Ha fatto ingoiare una Caccabomba a Mrs Purr » rispose Louis. « Vi risparmio il racconto di cosa è successo quando è scoppiata nel suo stomaco ».
Hugo fece una smorfia al ricordo.
« E c’entrate anche voi ». Quella di Rose non era una domanda.
« Certo! L’idea è stata nostra » disse Hugo, orgoglioso.
« Ben fatto, ragazzi » disse James, dando loro il cinque.
« James! » lo rimproverò Rose.
« Che c’è? Ho sempre odiato quella gatta… ». Ma James fu interrotto dall’ingresso della McGranitt.
 
La preside si avvicinò al Calice e disse, ad alta voce: « Finalmente ci siamo. Tra pochi istanti il Calice di Fuoco estrarrà i nomi dei concorrenti ».
Tutti in Sala lanciarono mormorii di curiosità, quando, all’improvviso, le fiamme brillarono abbaglianti e un biglietto di pergamena emerse dalle lingue infuocate. La professoressa lo afferrò al volo e lesse. Poi alzò la testa e annunciò: « La campionessa per l’accademia di Beauxbatons è… la signorina Dominique Weasley ».
Scoppiò un grande applauso. Dominique si alzò e, dopo aver abbracciato Mme Maxime, attraversò la Sala rivolgendo un gran sorriso al fratello e alla schiera di cugini Potter-Weasley che esultavano, fieri.
Raggiunse la McGranitt, che si complimentò con lei e la invitò ad accomodarsi in una stanza adiacente dove, una volta estratti gli altri due campioni, sarebbero state spiegate loro le regole del Torneo.
 
Poi la professoressa si avvicinò nuovamente al Calice, i cui accecanti bagliori annunciavano l’imminente seconda estrazione.
Un nuovo biglietto si levò tra le fiamme e, dopo un breve volo, atterrò ancora fumante tra le mani della preside, che lesse e dichiarò: « Il campione per la scuola di Durmstrang è… il signor Gerrit Rawndilgeld ».
Il ragazzo alto e biondo si alzò, senza mostrare alcun segno di sorpresa. Sorrise sicuro a Vladimir Karkaroff e, tra gli applausi della Sala, raggiunse la McGranitt, per poi sparire oltre la porta che Dominique aveva varcato poco prima.
« Quel tipo mi fa paura » sussurrò Louis ad Albus.
Il ragazzo non poté fare a meno di pensare che suo cugino non avesse tutti i torti.
 
« E ora il campione di Hogwarts ».
A queste parole, la tensione tra il pubblico si rinvigorì ulteriormente. James, molto nervoso, allungò il collo per vedere meglio oltre le teste dei presenti.
La McGranitt si avvicinò al Calice per l’ennesima volta e afferrò il terzo e ultimo biglietto. Lo aprì e lo fissò per qualche istante, poi alzò la testa e percorse con lo sguardo la Sala gremita. Infine annunciò: « Lo studente che rappresenterà Hogwarts in questa edizione del Torneo Tremaghi è… »
Ad Albus pareva di sentire il battito frenetico del cuore dell’intera Sala Grande. O forse era solo il suo che gli rimbombava nelle orecchie.
« … James Potter! »
Esplose un applauso frastornante. Tutti gli studenti di Hogwarts si erano alzati in piedi ed esultavano gridando « Vai, James » o « Grande, James! ».
Il campione, ancora al suo posto, trasformò rapidamente la sua espressione esterrefatta in una di fiera consapevolezza e si alzò in piedi. Albus gli diede una gran pacca sulla spalla e lui gli sorrise mentre Lily lo abbracciava.
Aiutato da un Andy fuori di sé per la gioia, James riuscì a farsi largo tra la folla e a raggiungere la McGranitt, di fronte al tavolo dei professori. La professoressa si complimentò e gli indicò la porta che lo avrebbe portato dagli altri due campioni. Il ragazzo sorrise alla McGranitt e rivolse un cenno di saluto alla Sala in delirio prima di sparire oltre la porta.
 
Mentre la preside guardava James lasciare la Sala Grande, ad Albus parve di cogliere qualcosa nel suo sguardo, qualcosa di simile alla compassione. Timore, ecco cos’era. Non poteva essersi sbagliato. Si era trattato di un istante, ma lo aveva notato.
Proprio come lui, la professoressa McGranitt temeva per la vita di James Potter.

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Capitolo 4
*** Un incontro inaspettato ***


Salve a tutti! Siamo arrivati al quarto capitolo di questa storia e mi sento di dover ringraziare tutti coloro che stanno continuando a leggere il mio lavoro.
Innanzitutto, un particolare ringraziamento va a Victorie15, Guinevere_90 e ___lumos per aver recensito.
Un altro grazie va a Emi_, robysnape, _Alix_, _anda e DominiqueWeasley che seguono la storia e a paperottamartina che l’ha ricordata.
Per finire, un’enorme grazie alle mie care _LoveMe, xjustadreamer e MelCullen per il sostegno e l’affetto che mi dimostrano tutti i giorni. Non immaginate quanto sia fondamentale per me, nonostante arrivi attraverso un monitor.
Che dire, spero che continuiate a leggere! Devo avvisarvi che potreste trovare questo episodio un po’ noioso, ma vi assicuro che tra un paio di capitoli inizierà davvero l’azione.
Quindi, ancora mille grazie e buona lettura!
 
Nicole

 
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« E’ un’ingiustizia ».
Il sasso, scagliato con forza, rimbalzò due volte sulla superficie dell’acqua, poi andò a fondo.
« Lo so, James, ma che possiamo farci? »
Roxanne Weasley era seduta ai piedi dell’enorme quercia secolare che si affacciava sul Lago Nero e giocherellava distrattamente con alcuni fili d’erba, mentre osservava il cugino con aria rassegnata.
« Avremmo dovuto aspettarcelo », aggiunse Albus afflitto.
 
In qualità di capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro, James era appena stato convocato nell’ufficio della McGranitt insieme ai capitani delle altre squadre della scuola. Lì, la preside aveva annunciato che, come da regolamento, quell’anno il campionato scolastico di Quidditch sarebbe stato sospeso per lasciare spazio al Torneo Tremaghi.
James non aveva preso affatto bene la notizia ed era uscito dall’ufficio della Preside a dir poco furioso, imprecando contro tutti quelli che aveva incontrato lungo il percorso fino al cortile (Albus compreso). L’unica che non aveva osato mandato a quel paese era stata Roxanne.
 
Albus sapeva che suo fratello era molto affezionato a sua cugina, benché non lo avesse mai ammesso di persona. Era una delle poche persone per cui portava rispetto, e non era il solo ad avere questi riguardi per lei.
Nonostante avesse solo quindici anni, Roxanne Weasley era probabilmente la miglior  Cacciatrice che la squadra di Quidditch di Grifondoro avesse mai visto. Agile e scattante, riusciva sempre a segnare almeno una decina di gol ad ogni partita. Inoltre, era una ragazza piuttosto carina e questo la rendeva assai popolare tra i compagni. Aveva lunghi capelli corvini che le scendevano fin sotto le spalle e la carnagione ambrata del suo viso contrastava in modo curioso con i suoi occhi azzurri, tipici dei Weasley. Malgrado ciò, Roxanne non era affatto vanitosa. Era, invece, molto concreta , decisa e, spesso, fin troppo testarda: quando si arrabbiava, non c’era modo di trattenerla.  In effetti, da questo punto di vista, lei e James si somigliavano parecchio. Forse era per questo che si capivano così bene.
 
James raccolse un altro sasso dalla riva del Lago e se lo rigirò tra le mani.
« L’anno prossimo non sarò più a Hogwarts. Speravo di avere l’occasione di vincere il Campionato per l’ultima volta ».
« Quest’anno hai anche i M.A.G.O., James. Non te ne eri dimenticato, vero? » domandò Albus con tono di rimprovero.
« Oh, ehm… No, certo che no » rispose lui lanciando il sasso sul pelo dell’acqua. La pietra fece un balzo, poi andò a fondo.
 
Sì, se n’era dimenticato. Era incredibile come suo fratello dimenticasse in fretta le cose che non gli importavano.
Con un grugnito di irritazione per l’ennesimo lancio fallito, James afferrò un masso molto più grosso dei precedenti e lo gettò nell’acqua a circa un metro da lui, sollevando altissimi spruzzi gelati che gli piovvero addosso, inzuppandogli il maglione.
« Spero che ai M.A.G.O. non ti chiedano una dimostrazione pratica di come far rimbalzare un sasso sull’acqua, o sarai nei guai » osservò Roxanne, nascondendo un ghigno compiaciuto.
James alzò gli occhi al cielo. « E io spero che ai G.U.F.O. non ti chiedano di tenere per te i tuoi irritanti commenti perché proprio non ne sei capace ».
Roxanne rispose con una linguaccia, ma non riuscì a trattenere un sorriso e James scoppiò a ridere.
Non c’era niente da fare. Quei due non avrebbero mai perso l’occasione di stuzzicarsi e darsi fastidio.
Albus sorrise guardandoli, ma poi si fece serio e disse: « A proposito di esami, studio e compiti… Per domani devo scrivere cinquanta centimetri di saggio di Storia della Magia sull’argomento “Streghe nel Medioevo” e non ho ancora iniziato ».
« Allora, buona fortuna, fratellino. Cerca almeno di finire in tempo per la festa di stasera » rispose James noncurante.
Albus lo fissò confuso. « Festa? Quale festa? »
« Quella di Halloween, tontolone! » rispose lui, ridacchiando e non sentendo Roxanne che borbottò, roteando gli occhi: « Da che pulpito… »
« Oh, già » fece Albus, sforzandosi di non ridere per la reazione della cugina. « Me n’ero dimenticato. Comunque pensavo di non venire. Non amo particolarmente le feste in maschera e poi… ».
« Tranquillo, non ci saranno clown. Posso assicurartelo » lo interruppe James in tono solenne.
« Non hai ancora superato la tua paura per i clown, Albus? »
Roxanne lo guardava cercando di mantenere un’espressione il più seria e neutra possibile. Fu James a rispondere.
« Certo che no! E’ ancora traumatizzato da quella volta in cui il clown del circo lo scelse tra il pubblico come volontario per il numero della monetina scomparsa ».
« Quel Galeone era la mia paghetta della settimana! » intervenne Albus, accigliandosi. « E facevo bene a preoccuparmi, visto che non l’ho più rivisto! »
James rise di gusto e osservò: « Mai fidarsi dei Babbani che si cimentano nella magia! »
Albus fece una smorfia. « L’ho imparato a mie spese ».
« E che spese! » esclamò James, scoppiando a ridere un’altra volta.
Albus sbuffò spazientito. « Oh, piantala! Se non sbaglio, stavamo parlando della festa. Se tu mi avessi lasciato finire, ti avrei detto che non posso venire perché non ho un costume di Halloween! »
Con evidente sforzo, James tornò serio. « Questo non è un problema. Lily e Rose ti aiuteranno volentieri a renderti presentabile per la serata. Il compito è arduo, ma ce la faranno ».
Roxanne raccolse una pigna da terra e la lanciò verso James, colpendolo sulla testa.
« Ti aiuterò anche io, » disse sua cugina mentre si spostava di lato per evitare la pigna che stava volando nuovamente verso di lei, scagliata in risposta da James. « ma solo se prometti di venire ».
« Ecco. Ora non hai più scuse » replicò James in un tono che non ammetteva repliche, riservando un’occhiataccia alla cugina, che era scampata all’attacco.
Albus sospirò sconfitto. « Va bene, va bene. Ci sarò ».
« Fantastico! » esclamò Roxanne sorridendo allo sguardo arcigno di James e alzandosi in piedi.
« Ci vediamo stasera, allora » lo salutò James, dandogli una pacca sulla spalla.
« D’accordo, a più tardi » urlò Albus mentre già correva lungo il sentiero che portava al castello.
 
 
Appena entrato in biblioteca, lo accolse la tipica quiete dei luoghi di studio. Albus frequentava di rado quell’ala del castello: non si riteneva propriamente un “secchione” e non voleva che gli altri lo pensassero.
 
Quel giorno, tuttavia, non poteva proprio fare a meno di quella visita: aveva bisogno di alcuni volumi riguardanti le persecuzioni delle streghe nel Medioevo, dove trovare qualche spunto per il suo compito. Quindi, si diresse senza indugi verso la sezione della biblioteca dedicata alla Storia della Magia. Trovò in fretta quello che stava cercando. Scelse una mezza dozzina di libri polverosi e dall’aria antica e si mise in cerca di un tavolo libero su cui studiare in pace. Evitò accuratamente un manipolo di Serpeverde radunati vicino alla Sezione Proibita e salutò con un cenno un paio di compagni di classe impegnati con Antiche Rune. Mentre correva con lo sguardo lungo gli stretti passaggi tra gli scaffali, voltò l’angolo e urtò contro qualcosa, anzi qualcuno. I pesanti tomi di Storia della Magia rovinarono a terra con gran trambusto.
« Per i mutandoni a pois di Merlino! Ma che accidenti… » borbottò Albus guardandosi intorno. Quando capì con chi si era scontrato, tuttavia, arrossì imbarazzato e balbettò: « Oh! Ehm… S-scusa, io… mi dispiace ».
Irina Rawndilgeld era inginocchiata sul pavimento, intenta a raccogliere i suoi libri. « Non fa niente, tranquillo » lo rassicurò con voce leggera.
« Aspetta, ti do una mano » disse Albus, inginocchiandosi a sua volta. Riunì in fretta i volumi di Storia della Magia per il suo compito e stava aiutando Irina a raccogliere le sue cose, quando una voce dietro di lui lo fece sobbalzare.
« Ma che succede qui? Cos’è questo baccano? »
Madama Pince era sbucata da dietro un alto scaffale e li guardava truce, le guance incavate, la pelle incartapecorita, il lungo naso adunco e i minuscoli occhi scuri fissi su di loro.
« Niente, va tutto bene » assicurò Albus.
« Ci scusi » aggiunse Irina.
Madama Pince sparì di nuovo tra le pile di libri, borbottando tra sé. Albus si alzò in piedi e allungò una mano a Irina per aiutarla a rialzarsi. Lei l’afferrò e gli sorrise, rimettendosi in piedi. « Grazie. E scusa ».
« Ma no, è stata colpa mia. Non guardo mai dove vado ». Albus rise, a disagio. Quando era in imbarazzo diceva sempre cose stupide. « Comunque sono Albus. Piacere ».
« Io sono Irina. Piacere mio » rispose lei, fissandolo con i suoi straordinari occhi celesti e stringendogli la mano.
Solo allora Albus notò che si tenevano ancora per mano. Sentendosi un’idiota, si affrettò a lasciarla andare.
« Ehm… sei di Durmstrang, vero? »
Domanda brillante, davvero.
Irina annuì, poi si guardò intorno. « Mi piace molto la vostra scuola ».
« Sì, anche a me. Cioè, in realtà non molto, ma un po’ sì… ».
Avrebbe voluto Smaterializzarsi all’istante, ma primo, non aveva ancora diciassette anni, secondo, era impossibile Smaterializzarsi all’interno di Hogwarts, Rose glielo diceva sempre.
Irina ridacchiò. « Capisco » disse « Be’, è stato bello conoscerti, Albus. Ora devo andare. Ci vediamo in giro ».
« Eh? Ah! Sì, okay ».
Era sicuro di avere un’aria da ebete, ma non poteva farci niente.
« Ciao, Albus. A presto ». E con un ultimo sorriso, Irina si avviò tra gli scaffali polverosi, diretta all’uscita.
 
Albus rimase a riflettere, fissando i libri che teneva in mano.
Si erano parlati e lei aveva addirittura detto che era stato un piacere conoscerlo e che si sarebbero rivisti presto.
Forse non era parso poi così stupido quanto immaginava. Almeno, pensò, lei non sembrava averlo preso completamente per un idiota ed era questa la cosa importante.
In cuor suo sperò che il “presto” di quel “a presto” arrivasse in fretta.
 
« Tutto bene, ragazzo? »
Madama Pince lo scrutava da dietro uno scaffale con aria preoccupata e indagatoria insieme. In quel momento, Albus si accorse di avere stampata in faccia un’espressione da perfetto imbecille. Fece sparire in fretta il suo stupido sorriso sognante e borbottò un « Si, si » mentre si dirigeva a tutta velocità al primo tavolo libero che aveva individuato.
Si sedette e si costrinse a concentrarsi sul compito di Storia della Magia. Mentre scorreva con lo sguardo la pila di libri selezionati dagli scaffali, si accorse che c’era qualcosa in più. Estrasse da sotto gli altri volumi un quaderno con la copertina in pelle scura e lo osservò per un momento. Di certo non era suo. Lo aprì e iniziò a sfogliarlo: qua e là, tra le pagine piene di appunti scritti in una grafia chiara e ordinata, trovò qualche foglio di pergamena piuttosto vecchio, su cui figuravano strani schemi e disegni. Albus non comprendeva la lingua utilizzata dall’autore di quelle pagine, ma capì che si trattava di qualche importante studio di magia. Per un momento pensò di averlo preso per sbaglio da uno scaffale della biblioteca, mentre estraeva i libri di Storia della Magia che gli interessavano, ma poi, sfogliando a ritroso fino alla prima pagina, vide il nome del proprietario. Al centro del foglio, con inchiostro nero, in un elegante corsivo, campeggiava la scritta Irina Rawndilgeld.

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Capitolo 5
*** Halloween ***


« Mi sento ridicolo ».
« Piantala, Albus » disse Lily senza degnarlo di uno sguardo mentre perlustrava l’affollata Sala d’Ingresso gremita di studenti abbigliati in modo stravagante.
 
C’era un gruppo di ragazzi di Grifondoro del secondo anno travestiti da gnomi. Simon Mcmillan di Tassorosso si era infilato un ingombrante costume da zucca, mentre il suo amico Will Forrest era piuttosto convincente con il suo travestimento da pipistrello; poteva addirittura volare davvero, grazie all’Incanto Volante gettato sulle sue finte ali.
Le studentesse di Beauxbatons indossavano splendidi abiti dai colori sgargianti. Tutte insieme formavano uno straordinario arcobaleno di sfumature, dal porpora al blu cobalto, dal giallo canarino al verde smeraldo.
Gli unici non travestiti erano gli allievi di Durmstrang, anche se, con la loro corporatura robusta e la pelliccia che portavano sulle spalle, somigliavano tutti  a grossi e feroci orsi bruni.
Albus osservò la sorella. Doveva ammettere che con quell’abito leggero in chiffon verde pallido sembrava davvero un’autentica ninfa dei boschi. Sopra i boccoli rosso fuoco che le cadevano sulle spalle, portava una coroncina di fiori freschi. Era davvero molto graziosa, ma Albus non glielo disse: era troppo occupato a lamentarsi del suo costume per farlo.
Sua sorella e le sue cugine lo avevano costretto a indossare una camicia nera, dei pantaloni dello stesso colore, un cappello a tesa larga, un lungo mantello, una maschera di stoffa sugli occhi e una cintura di cuoio da cui pendeva una finta spada nel suo fodero. Un comune Zorro, insomma, il travestimento più ordinario e noioso anche tra i Babbani.
 
« Dai, Lily, la metà di questa gente non sa nemmeno chi è Zorro! » esclamò Albus « Ho dovuto spiegarlo già a otto persone mentre venivo qui! »
Questa volta Lily lo guardo, spazientita. « Albus, molti qui sono cresciuti in famiglie di maghi! Come puoi pretendere che conoscano Zorro? E poi questo è il massimo che io, Rose e Roxie siamo riuscite a fare in poco più di un’ora di tempo ».
« Ma è il travestimento che ha usato James per la serata a tema “Eroi Babbani” organizzata  dalla professoressa Shaw di Babbanologia! »
« E allora? Almeno ti abbiamo trovato un costume, smettila di criticare » tagliò corto lei, seccata. Albus stava per replicare, ma sua sorella, indicando la scala di marmo che portava al primo piano, esclamò: « Eccoli! »
 
Un gruppo di ragazzi vocianti stava scendendo i gradini. In testa c’era James, vestito da corsaro. Portava una casacca chiara sotto un gilet in pelle grezzamente lavorata, abbinato al cappello dell’aria consunta che portava sopra la chioma, più disordinata del solito. Il ragazzo di fianco a lui indossava un’elegante veste blu notte, dello stesso colore dell’alto copricapo a punta da mago, da cui spuntavano lunghi capelli di un grigio argenteo, come la barba che gli ricadeva sul petto. Era davvero un perfetto Silente, non c’era niente da dire. Dietro di loro, una figura incappucciata aiutava una mummia piuttosto goffa a non cadere sui ripidi scalini.
Lo sguardo di James scorse per un momento sulla folla che sciamava in Sala Grande prima di notare i suoi fratelli, in piedi accanto al portone di quercia. Si fece strada tra gli studenti sorridendo, seguito dal resto della compagnia e, mentre si avvicinavano, Albus intravide i lineamenti tipicamente nordici di Andy sotto la folta barba d’argento dell’amico e sentì la figura incappucciata rivolgersi alla mummia con la voce di Kevin: « Gran bella idea, Brian, travestirsi da mummia. Peccato che tu non abbia considerato che teoricamente le mummie non dovrebbero muoversi, per questo le tue bende sono così scomode ».
« Illuminante, Kevin, davvero » rispose Brian con un finto tono di ammirazione « Ma se è per questo, nemmeno i Dissennatori parlano, quindi entra nella parte e chiudi il becco ».
In quel momento, James raggiunse il fratello e domandò tutto d’un fiato: « Albus, non ti dispiace se ho Trasfigurato il tuo gufo in un pappagallo, vero? Grazie, sapevo che avresti capito… »
« Aspetta » disse Albus confuso. « Cos’è che hai fatto? »
« Ho Trasfigurato Alfred… »
« Albert! »
« …Albert… in un pappagallo. O meglio, l’ha fatto Rose. Sai, ogni pirata che si rispetti ha un pappagallo, oppure una scimmia. Ehi, una scimmia sarebbe stata forte! »
« Perché non hai trasformato il tuo stupido allocco in un dannato pappagallo? »
« Sfortunatamente il vecchio Jiffy era fuori a caccia ».
Albus fece un respiro profondo, cercando di calmarsi.
« D’accordo. Ma ora dov’è? »
« Chi? Alfred? »
« Albert! E’ ALBERT! »
« Ho capito, non sono sordo. Ehm… vediamo… Potrei averlo perso per strada mentre venivo… Oh, eccolo! »
James indicò, visibilmente sollevato, un punto sopra la testa di Albus. Lui si voltò e vide il variopinto pappagallo planare sulle teste degli studenti nella Sala d’Ingresso per andarsi ad appollaiare sulla spalla di James, che esclamò soddisfatto: « Come vedi è più bello di prima! Rose ha fatto un ottimo lavoro, non trovi? »
« Giusto, Rose… » bofonchiò Albus, distogliendo lo sguardo dallo scempio che era stato fatto del suo bel gufo reale « Qualcuno l’ha vista? Devo dirle due parole ».
« E’ con Nigel e i Prefetti delle altre Case per assicurasi della sicurezza della festa » rispose Lily sbirciando attraverso il portone spalancato della Sala Grande, da cui avevano iniziato a provenire alcune note allegre e un intenso profumo di cibo. « Sarà già dentro, la festa è già iniziata! » aggiunse « Entriamo anche noi! »
 
I sei ragazzi si unirono alla folla e poco dopo varcarono il portone. Davanti a loro si presentò lo splendido spettacolo della Sala Grande addobbata per l’occasione. Un centinaio di zucche intagliate, da cui sembrava provenire la musica, volteggiava a mezz’aria, sopra i tavoli. Al loro interno brillava la luce tremula e aranciata delle candele. Sotto di loro, stavano i tavoli coperti di vassoi dorati colmi di deliziose vivande e di brocche piene di succo di zucca fresco. Piccoli stormi di pipistrelli in carne ed ossa scorrazzavano allegramente sotto il magico soffitto della Sala, che, quella sera, era illuminato dalla luna piena.
Albus fu quasi investito da un gruppetto di studenti del quarto anno, tra cui riconobbe suo cugino Hugo vestito da alieno con tanto di antenne sui capelli rosso-Weasley, l’altro suo cugino Louis con un costume identico a quello di Hugo, Ben Finnigan in versione astronauta, e Anne Baston, la migliore amica di Lily.
Albus salutò la sorella che sparì immediatamente insieme ai suoi compagni di corso.
Il ragazzo si guardò intorno e non poté fare a meno di notare la mancanza di Irina, alla festa. Strano, nemmeno suo fratello era in Sala.
Ma qualcosa distolse quasi subito la sua attenzione dal pensiero dei fratelli Rawndilgeld. Aveva individuato Rose, nonostante il cappello da cowboy che portava sulla chioma rossa, raccolta in due lunghe trecce, e la camicia a quadretti. Era con un Nigel in versione “scienziato pazzo” e gli altri Prefetti e stava discutendo animatamente con Gazza. Ai piedi del custode, Mrs Purr scrutava torva i partecipanti alla festa in cerca di malefatte da segnalare al suo padrone.
Alla vista della cugina, James disse al fratello: « Bene, hai trovato Rose. Ti spiegherà lei per bene la storia del pappagallo. Io ora vado » e se la svignò seguito da Andy.
Albus si diresse verso il gruppo dei Prefetti, seguito da Kevin e Brian. Giunto alle spalle della cugina, la voce di Rose risuonò chiara sopra il baccano della folla.
« E’ una festa! Non può pretendere che non si sporchino i pavimenti! »
« Ah, no? Allora li pulirete voi! » ribattè Gazza, i piccoli occhietti scuri che lampeggiavano maligni. « E senza magia, come faccio io tutti i santi giorni! »
« Non è colpa di noi Prefetti se lei è un… » ma Rose, rossa in volto, non terminò la frase.
« Un cosa? » Gazza si infervorì. « Un Magonò, forse? Be’, solo perché sono quello che sono, non potete pretendere che pulisca sempre i vostri lerciumi! »
Rose arrossì ancora di più. « Signor Gazza, non intendevo dire… »
« Basta così! » stillò il custode « Ne ho abbastanza! Andiamo, Mrs Purr ».
E, detto questo, se ne andò, facendosi strada con malagrazia in mezzo agli studenti. Anche gli altri Prefetti se ne andarono, parlottando tra loro dell’accaduto.
Un ragazzo truccato da zombie, si avvicinò a Rose, sghignazzando.
« L’hai combinata grossa questa volta, Weasley » disse con voce antipatica.
Ad Albus bastò un’occhiata per notare quegli occhi verdi, così simili a quelli del suo amico Brian, ma così pieni di odio…
Era Royce Nott, fratello gemello del migliore amico di Albus Potter e Kevin Nolton, Brian Nott.
 
Non potevano esistere due gemelli più diversi, tanto sorprendentemente identici nell’aspetto, quanto incredibilmente opposti nella personalità.
Brian era socievole, divertente, generoso; Royce era antipatico, egoista e calcolatore.
Come tutta la sua famiglia prima di lui, Royce era stato Smistato in Serpeverde e non c’era da stupirsi che andasse d’amore e d’accordo con Scorpius Malfoy. La cosa sorprendente era stata, invece, vedere Brian diventare un Grifondoro e stringere amicizia con tutti i Potter e i Weasley. In realtà, nemmeno questo aveva sconvolto più di tanto i coniugi Theodore e Scarlett Nott: Brian era sempre stato il più buono della famiglia e ci si aspettava che sarebbe entrato nella Casa dei coraggiosi e dei nobili di cuore, anche se i suoi genitori non si erano rallegrati della cosa.
 
« Taci, Royce » intervenne Brian, facendo a fatica un passo avanti tra gli strati di bende che ricoprivano il suo corpo.
Royce osservò il fratello, inarcando le sopracciglia e trattenendo a stento un ghigno.
« Brian? Bel travestimento! Sembri ancora più imbecille del solito ».
Kevin diede in una risata sprezzante. « Ma dico, ti sei visto? Non hai bisogno di truccarti per somigliare a un morto vivente ».
Royce fece un passo avanti, in direzione di Kevin. « Ritira quello che hai detto, lurida caccola di troll ».
« Sennò che mi fai, budella rattrappita di Spauracchio Succhiasangue? »
Nigel si intromise tra i due, afferrandoli per un braccio. « Ragazzi, vi prego… »
Royce scansò la mano del ragazzo con un movimento brusco. « Non toccarmi, schifoso Mezzosangue! »
A quel punto, una voce parlò alle spalle di Albus.
« Royce, che stai facendo con questo branco di inetti? »
Era Scorpius. Indossava un lungo mantello nero e il suo ghigno era ancora più fastidioso del
solito, per via dei finti canini da vampiro che portava.
Albus si voltò e lo squadrò dall’alto in basso. « Malfoy, ci mancavi solo tu. Ingoiati i canini e levati dai piedi ».
« Che dici se te li sputo in faccia, Potter? »
« Curioso che tu abbia scelto di vestirti da vampiro. Perché non ti sei messo la simpatica maschera da Mangiamorte di tuo padre? »
Gli occhi gelidi di Scorpius si ridussero a due fessure. « Non nominare mio padre. Tu non lo conosci ».
« Se è tale quale a te, sono contento così. E poi non vado molto d’accordo con gli ex Mangiamorte, per di più se sono dei doppiogiochisti ».
« Smettila, Albus » sussurrò Rose, preoccupata per la piega che stava prendendo la discussione.
E aveva ragione.
Scorpius estrasse la bacchetta e la puntò contro Albus.
« Solo perché tuo padre è il grande Harry Potter, non puoi dire e fare quello che vuoi. Solo perché credi che la tua famiglia sia la migliore, non puoi insultare quelle degli altri, tantomeno la mia. E’ giunto il momento di darti una lezione, Potter. Una lezione che ricorderai per la vita. CRU… »
« Malfoy! Che sta succedendo qui? »
Il professor Lumacorno, nel suo elegante completo verde smeraldo, aveva raggiunto il gruppo e fissava la bacchetta di Scorpius terrorizzato.
Il ragazzo la ripose immediatamente e assunse un’aria addolorata, finta come i suoi canini.
« Mi dispiace, professore. Ho perso le staffe perché Potter ha insultato la mia famiglia ».
Lumacorno guardò Albus, scioccato. « Potter… E’ vero? »
Albus cercò di spiegare. « Tutto è cominciato perché Nott ha provocato Rose e poi… »
« Provocato? » Royce parve indignato. « Ho solo fatto notare alla Weasley che ha ferito il povero Gazza con la sua lingua biforcuta! E solo perché è un Magonò! »
Rose era davvero infuriata. Fece un passo verso Royce col pugno alzato e strillò: « Bugiardo! »
Nigel la bloccò prima che facesse un pugno nero a Nott.
Lumacorno fissò Rose visibilmente deluso. « Non me lo sarei mai aspettato da te, Weasley ».
« Professore, non è vero, glelo assicuro! Nott sta mentendo! »
« Basta così! » tuonò Lumacorno. I ragazzi tacquero, mentre intorno a loro la festa proseguiva indisturbata.
« Trenta punti in meno a Grifondoro. E… Weasley, Potter in punizione ».
« Signore » intervenne Royce in tono sottomesso « Se posso permettermi… anche mio fratello e i suoi amici Kevin Nolton e Nigel Murray hanno tentato di fare del male a me e a Scorpius ».
Scorpius annuì mesto e Kevin, Brian e Nigel insorsero con mille proteste.
Lumacorno, spazientito, gridò: « Silenzio! »
Il grido del professore echeggiò nella Sala, proprio nel breve intervallo tra due brani musicali e tutti i presenti si voltarono verso il gruppo, ammutoliti.
« Altri trenta punti in meno a Grifondoro. Weasley, Potter, Nolton, Murray, Nott in punizione. Vi farò comunicare al più presto in cosa consisterà la detenzione ».
Con un’ultima occhiata delusa ai ragazzi, Lumacorno se ne andò bofonchiando: « Cinque contro due! Inconcepibile, inconcepibile ».
Scorpius e Royce si affrettarono a seguirlo sghignazzando soddisfatti, mentre le zucche riprendevano a far suonare la loro musica.

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Capitolo 6
*** Il colore del sangue ***


Il mattino seguente, l’umore di Albus non era dei migliori. Ce l’aveva a morte con Scorpius e Royce per la loro sfacciataggine. Odiava il fatto di essere stato messo nel sacco da quei due e di dover trascorrere una serata in punizione a causa loro.
Sperava solo che non dovesse lucidare i trofei insieme a Gazza.
 
Poiché il pomeriggio non prevedeva lezioni, subito dopo pranzo Albus decise di andare a far visita a Hagrid,.
 
Rubeus Hagrid era il Custode delle Chiavi e dei Luoghi di Hogwarts, nonché insegnante di Cura delle Creature Magiche e viveva in una piccola capanna al limitare della Foresta Proibita. Era da sempre un amico di famiglia e ad Albus stava molto simpatico. L’unica cosa che non apprezzava del Mezzo Gigante barbuto era la passione sfrenata per gli animali potenzialmente letali, come draghi, Schiopodi Sparacoda e ragni giganti.
A differenza di Albus, Hugo trovava, invece, molto interessante questo aspetto della personalità di Hagrid.
Il giovane Weasley era sempre stato molto affascinato dalle creature magiche ed era da quando non arrivava ancora al tavolo della cucina di casa Potter che ripeteva di voler diventare allevatore di draghi, proprio come suo zio Charlie. Per questo motivo andava spesso a trovare Hagrid, nella speranza che avesse qualche nuovo mostriciattolo da mostrargli.
Così, quando Albus gli chiese di accompagnarlo, non se lo fece ripetere due volte.
 
Così, di primo pomeriggio, i due ragazzi uscirono nell’immenso e tranquillo parco che circondava il castello e si incamminarono verso la piccola radura dove sorgeva l’abitazione del loro amico.
Stavano attraversando il prato davanti alla capanna, quando udirono degli strani rumori provenire dall’orto delle zucche, sul retro dell’edificio.
« Hagrid, sei lì? » domandò Albus avvicinandosi.
Si udì un gran fracasso e l’omone apparve da dietro l’angolo, la barba arruffata e una manica del pastrano strappata.
« Hugo! Albus! Che sorpresa! Venite dentro, dai » disse, raggiungendoli e afferrandoli per sospingerli bruscamente verso la porta d’ingresso della capanna.
« Che stavi facendo là dietro? » chiese Hugo incuriosito.
« Oh… ehm… Sistemavo vecchie casse, sai… » rispose Hagrid in tono vago.
« Sicuro? » domandò ancora Hugo, sospettoso.
« Ma certo, ma certo… » bofonchiò spingendoli in casa.
 
La capanna era costituita da un’unica stanza circolare, arredata con mobili spaiati accostati alla bell’e meglio, ma che conferivano un aspetto accogliente. Sopra un’enorme poltrona marrone, stava sdraiato Thor, il vecchio pastore danese di Hagrid, che trascorreva, ormai, gran parte della giornata dormicchiando tranquillo.
 
« Volete dei biscotti? Li ho fatti stamattina » disse Hagrid prendendo un vassoio dei suoi soliti biscottini rocciosi.
I ragazzi rifiutarono, dicendo che avevano mangiato abbastanza a pranzo. I loro genitori li avevano sempre messi in guardia dalla cucina di Hagrid.
L’omone si sedette al tavolo sospirando. Albus lo osservò e non potè fare a meno di notare che, dietro la folta barba e i capelli lunghi e cespugliosi che gli coprivano gran parte del viso, i suoi occhi neri come la pece erano più stanchi che mai.
« Hagrid, stai bene? »
Lui lo guardò e sorrise. « Sto bene, sì. Ho solo molto lavoro, in questi giorni. E tu, Albus? Mi è giunta voce che hai attaccato rissa con Malfoy e Nott ».
« Se la sono cercata » ribattè Albus cupo.
« Be’ hai fatto bene. Mi stanno antipatici, tutti e due » dichiarò Hagrid battendo un pugno sul tavolo, che oscillò e scricchiolò in modo sinistro.
« A chi lo dici » commentò Hugo mesto.
« Per non parlare di quel Goyle » proseguì Hagrid.
« Chi? Aaron? » domandò Albus.
« Non lo so com’è che si chiama, però è un idiota, proprio come suo padre. L’altro giorno a lezione è caduto su un paio di Asticelli e quelli l’hanno riempito di morsi nel di dietro. Ha passato il giorno di Halloween in infermeria. Ben gli sta, così impara a prestare attenzione quando dico di non fare movimenti bruschi in presenza di creature così piccole ».
Nonostante il malumore, Albus scoppiò a ridere immaginando la scena e lo stesso fece Hugo.
 
Aaron Goyle era un amico di Scorpius e Royce ed era tanto grosso, quanto stupido e arrogante. Albus non lo sopportava ed era contento di non averlo dovuto vedere alla festa. Erano bastati i suoi amichetti a rovinargli la serata.
 
« E James come sta? » chiese Hagrid. « Si starà preparando, immagino. La prima prova è tra qualche settimana ».
« Non ha fatto ancora niente » ammise Albus.
« Niente? » Hagrid strabuzzò gli occhi.
« Lo conosci, James » commentò Hugo.
« Si inventerà qualcosa sul momento, come sempre » confermò Albus.
« ‘Sta volta “inventarsi qualcosa sul momento” non lo salverà, ve lo dico io » borbottò Hagrid scuotendo la testa.
« Hagrid, » cominciò Hugo, un po’ titubante « tu non sai niente della prima prova? »
« No » rispose lui, troppo in fretta. « E anche se lo so, non ve lo dico ».
I due cugini si scambiarono una breve occhiata d’intesa, poi Hugo domandò in tono molto colloquiale: « Hagrid, posso andare sul retro a trovare Fierobecco? »
Hagrid esitò per un istante, poi rispose: « No, Fierobecco è… ehm… malato. Molto malato ».
« Davvero? » fece Hugo, fingendosi sorpreso.
« Già. E ora, se non vi dispiace, ho proprio da fare » dichiarò l’omone alzandosi per andare ad aprire la porta. La tenne aperta, in attesa che i ragazzi uscissero. Capendo di essere stati congedati, Albus e Hugo uscirono sul pianerottolo e Hagrid chiuse la porta con un « Ci vediamo ».
Hugo guardò il cugino e sussurrò: « Che ne dici se andiamo a dare una sbirciata a cosa nasconde là dietro? »
« No » rispose Albus. « Ci tiene d’occhio. Torniamo al castello, ho un’idea migliore ».
 
 

***

 
Era distrutto. Aveva trascorso quasi tre ore a ripulire provette e alambicchi dai residui incrostati di bava di lumaca e saliva di lucertola, senza magia. In più, si era dovuto sorbire il monologo di Lumacorno su quanto fosse importante andare d’accordo tra studenti di Case diverse per il bene dell’intero Istituto. Tutto da solo. O meglio, non proprio, visto che Lumacorno aveva avuto la premura di fermare Scorpius Malfoy, che passeggiava nei sotterranei, diretto alla Sala Comune dei Serpeverde, per chiedergli di dare una mano ad Albus a riordinare l’Aula Pozioni. Non era stato facile convincerlo, tuttavia, dopo la promessa di trenta punti in più a Serpeverde e la garanzia che la sua mansione non consistesse nel grattare via dagli strumenti escrementi di rana ammuffiti (quello spettava ad Albus), ma solo nel rimettere sugli scaffali gli oggetti puliti, il ragazzo accettò l’incarico. L’intento di Lumacorno era chiaramente quello di farli cooperare pacificamente e in completa armonia, mentre quello di Scorpius era chiaramente quello di avere un’altra opportunità di dare fastidio ad Albus.
Infatti, eccoli lì, dieci minuti dopo, a tirarsi Puzzalinfa e a lanciarsi addosso occhi di cobra essiccati e pungiglioni di Celestino.
La punizione non aveva dato i frutti sperati dal professore, anzi, aveva avuto l’esito di rendere i ragazzi ancora più litigiosi. Sconsolato, Lumacorno li aveva congedati e, giunti in fondo al corridoio, i due avevano preso strade opposte guardandosi in cagnesco.
 
Albus camminava a passo spedito verso la Torre di Grifondoro, ansioso di farsi un bagno e di chiedere ai suoi amici com’erano andate le loro punizioni, quando una voce lo chiamò.
 « Albus! »
In qualsiasi altra circostanza, sarebbe stato felice di sentire quella voce.
Ma non in quell’istante, quando, per colpa di Scorpius, puzzava come appena uscito da una fogna e aveva delle cacche di rana attaccate ai capelli. Quanto odiava Malfoy.
Cercando di non farsi notare, si spazzolò via frettolosamente qualche schifezza dal maglione e si voltò, imbarazzato. I suoi occhi incrociarono quelli azzurri e preoccupati di Irina, che lo stava raggiungendo.
« Ehi, che ci fai nel castello a quest’ora? Quelli di Durmstrang sono tutti alla nave ».
« Lo so, ma sto cercando una cosa » rispose Irina, fermandosi di fronte a lui. « Ricordi quando ci siamo scontrati in biblioteca e mi hai aiutato a raccogliere i libri? »
Albus annuì, intuendo quello che stava per chiedergli. Lei proseguì : « Non è che hai preso per sbaglio il mio quaderno degli appunti? »
 
Non era da Albus mentire. Eppure, in quel momento, qualcosa gli impedì di dire la verità. Forse il desiderio di capire cosa fosse scritto in quel quaderno, forse il semplice fatto di avere qualcosa che apparteneva a lei. In ogni caso, ci sarebbe stato tempo per restituirglielo…
 
« No, io non l’ho visto. Mi dispiace ».
Irina assunse un’espressione delusa. « Oh. Ero sicura che l’avessi preso tu. Grazie comunque ».
« Figurati. E’… molto importante? »
Irina lo guardò e un lampo di incertezza attraversò per un attimo il suo sguardo, per poi sparire, senza lasciare traccia.
« Si. Si, lo è ».
Albus la fissò per qualche istante, esitante. Poi riprese: « D’accordo. Ricontrollerò tra le mie cose e se lo troverò te lo farò sapere ».
Lei sembrò leggermente sollevata. « Grazie, Albus ».
Il ragazzo stava per rispondere, quando una nuova voce dietro di lui lo fece sobbalzare.
« Irina, was machst du? »
Gerrit Rawndilged era apparso nel corridoio, silenzioso come un’ombra, e i suoi occhi glaciali e imperscrutabili fissavano Albus.
« Wer ist er? »
« Lui è Albus, Albus Potter » rispose Irina, in inglese, impassibile quanto il fratello.
Gerrit la fissò serio e parlò lentamente. « Du musst nicht mit diese Leute sprechen. Du weißt es ».
Irina ricambiò lo sguardo del fratello e parlò nel suo stesso tono freddo e distaccato, così diverso da quello che aveva usato poco prima con Albus. « Ich habe nur eine Auskunft gefragt ».
« Das interessiert mich nicht » ribattè lui, fulminandola con lo sguardo.
Irina tacque e Gerrit la afferrò per un polso, orinandole: « Komm».
La ragazza, sconfitta, seguì il fratello senza obiettare, ma si voltò per lanciare uno sguardo di scuse ad Albus, che era rimasto impietrito dallo strano modo in cui Gerrit lo aveva guardato. I due voltarono l’angolo e sparirono.
Albus rimase a fissare il corridoio vuoto, ma, poco dopo, un’ altra voce alle sue spalle lo fece trasalire per la seconda volta.
« Albus! »
Il ragazzo si voltò, cercando di nascondere l’espressione leggermente spaventata che aveva in volto.
Rose gli camminava incontro, i capelli arruffati e pieni di polvere e l’aria distrutta.
« Punizione finita? » domandò alla cugina con il tono più disinvolto che riuscì a trovare.
Lei, impegnata a ripulire la sua divisa impolverata, non sembrò accorgersi di niente.
« Si. Ho dovuto spolverare gli scaffali della biblioteca e staccare i chewing-gum da sotto i tavoli » rispose cupa.
Albus alzò le spalle. « Avresti preferito pulire l’Aula Pozioni con Malfoy? »
Rose lo fissò, tra l’incredulo e il divertito. « Con Malfoy? »
« Be’, Lumacorno ha pensato di affiancarmi un assistente e… »
 
Ma il resto delle sue parole fu coperto da un lungo grido, acuto e lacerante che cessò all’improvviso, mentre la sua eco continuava a rimbombare nei corridoi, amplificata dai muri di pietra. I due cugini si guardarono negli occhi agghiacciati e, un istante dopo, stavano già correndo in direzione della fonte del suono. Non era lontana.
Scesero di corsa una rampa di scale e si fermarono di colpo. La scena si parò davanti ai loro occhi in tutto il suo orrore.
Distesa a terra si trovava una ragazza priva di sensi. Un’immensa pozza di sangue scarlatto andava allargandosi sotto il suo corpo, ormai di un pallore spettrale.

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