La
pozione aveva agito in fretta e in pochi secondi la ragazza aveva di nuovo
perso conoscenza. Bene.
Ora
che si era svegliata Snape era più che mai pentito della scelta di curarla a
casa sua. Perché non l'aveva semplicemente lasciata davanti a uno degli
ospedali di guerra babbani?
Scosse
la testa: sapeva perfettamente che non sarebbe sopravvissuta all'attesa e la
disorganizzazione che avrebbe incontrato in quei luoghi sporchi e caotici. E
lui non poteva sopportare di avere un'altra vittima sulla coscienza.
Ricordava
benissimo il giorno in cui i Mangiamorte si erano insediati a Hogwarts:
sembravano impiegati ministeriali qualunque, posati, di mezza età,
assolutamente ordinari se si voleva ignorare la spilletta con il marchio nero
appuntato sulla giacca.
Allora
lui era preside: aveva accettato l'incarico con molti dubbi, ma tutto sommato
pensava che fosse meglio che la scuola fosse in mano a uno degli esponenti più
moderati. Come dire, per limitare i danni.
Erano
passate giusto un paio di settimane
quando i Mangiamorte si erano presentati, avevano spulciato i registri e
portato tutti i figli di babbani sull'Hogwarts Express, destinazione Londra. Da
lì in poi se ne erano perse le tracce. I meglio informati (o quelli di più
buonsenso) se ne erano andati già da un pezzo, ma non avrebbe mai potuto
dimenticare l'espressione spaventata ma insieme fiduciosa che aveva letto in
decine di occhi. Perché lui non avrebbe mai permesso che succedesse qualcosa
del genere nella sua scuola, vero? E invece, pensa un po', l'aveva permesso.
Snape
non aveva potuto fare niente. A nulla erano valsi i suoi disperati appelli
all'Oscuro Signore. O forse non ci aveva mai provato davvero, sospirò
l’ex-insegnante.
Aveva
sempre avuto il timore di esporsi troppo, paura che la sua lealtà venisse messa
in dubbio, per arrischiarsi a opporre un rifiuto diretto. All’inizio pensava
che sarebbe stato una risorsa più preziosa dall’interno, come aveva promesso a
Dumbledore… finché non era arrivato il momento in cui aveva capito che tutto
sarebbe stato inutile.
Comunque
sia, il giorno dopo aveva dato le dimissioni e agli occhi del mondo magico era
praticamente sparito.
Severus
aveva osservato lo scoppio della guerra contro i babbani con rassegnazione e
indifferenza. Non era più affar suo, del resto.
Draco
Malfoy, come giovane ministro della difesa, si era dimostrato precipitoso,
sottovalutando il reale pericolo costituito dagli umani, ma scaltro e abile per
quanto riguardava la politica interna. Nessuno aveva mai osato dire nulla
contro di lui. In effetti, nessuno aveva mai più osato dire nulla da quando
Voldemort aveva ucciso in battaglia il giovane Potter.
Albus
aveva riposto tanta fiducia in quel ragazzo coraggioso, certo, intelligente
(be' insomma... ricordò Snape con una smorfia), ma totalmente e
irrecuperabilmente impreparato di fronte a una tale minaccia. Era morto da
eroe, come tutti gli altri membri dell'ordine della fenice. Notevole quanto
inutile.
Una
volta scomparso, il mondo si era dimenticato in fretta di lui.
Dumbledore
si era sacrificato, convinto che il ragazzo non avrebbe fallito e quello era
stato il suo più grande errore, forse l'unico.
Snape
aveva perso ogni speranza.
Guardò
la ragazza, ancora stesa sul tavolo operatorio d'emergenza; appena si fosse
ripresa le avrebbe cancellato la memoria e rispedita a casa.
Tanto
per avere la coscienza pulita.
Il
tenente Charles Monk richiuse il cellulare sconfortato.
Liz
Mills, soldatessa specializzata in localizzazione di attività paranormale, era
sparita durante il turno di guardia a Camden, alla stazione della metro.
Stranamente,
erano stati trovati quattro maghi, di cui uno morto e gli altri privi di sensi:
i tre superstiti, durante il duro interrogatorio nella centrale (naturalmente
dotata di tutte le più sofisticate misure di sicurezza anti-magia) avevano
confessato alcuni atti vandalici compiuti nella zona e poi raccontato di aver
perso conoscenza inspiegabilmente, quando la Sentinella era ancora viva.
Monk
non sapeva se crederci o meno, ma la sua esperienza gli insegnava che
probabilmente mentivano. Spesso durante gli interrogatori i maghi arrestati
facevano credere di avere informazioni su babbani, per ritardare il momento
dell'esecuzione. Il tenente trovava barbara l'usanza, ormai consolidata
dell'esercito britannico, di uccidere tutti i prigionieri. Purtroppo non c'era
molta scelta: tenerli chiusi da qualche parte per troppo tempo era molto
rischioso. Averne poi più di uno in carcere, con la possibilità che finissero
col comunicare... no, troppo pericoloso.
Questo
del resto faceva sì che, a vent'anni dall'inizio della guerra, avessero
imparato molto poco sui maghi.
Tutto
quello che si sapeva veniva dal generale Longbottom, ma erano nozioni scarse,
frammentarie; mentre sapevano che i maghi avevano una letteratura -scientifica-
sui loro poteri, trattati sull'uso della magia, incantesimi sofisticati.
Era
anche possibile che Liz avesse disertato, come molti prima di lei.
Monk
sospirò: la sua unità di guardia babbana distaccata a Londra Nord era composta
da soli cinque elementi e la scomparsa di uno di loro avrebbe affossato ancora
di più il morale già basso della squadra.
Il
tenente era un uomo di mezza età, a cui dieci anni prima era stata localizzata
una certa quantità di “attitudine all'attività paranormale” (come veniva
pomposamente indicata la magia). Da quel momento la sua carriera nell'esercito
era cambiata radicalmente. Come molte Sentinelle, aveva ormai rinunciato
all'idea di una vita privata al di fuori dell'esercito; la pressione esercitata
su di loro era troppo forte per permettere qualsiasi altro interesse o impegno.
Aveva
visto gli umani combattere contro i maghi, migliorando velocemente le proprie
armi, raggiungendo qualche importante vittoria e collezionando molte sconfitte.
Purtroppo, da qualche anno a quella parte, aveva la netta sensazione che non
sarebbero più durati molto. La magia, semplicemente, trascendeva dalle loro
possibilità: era un'arma infinitamente più forte di tutte le loro messe
insieme.
Inoltre,
da qualche tempo i maghi sembravano sapere tutte le loro mosse in anticipo.
Sicuramente avevano qualche sistema per sorvegliarli… qualcuna delle loro
diavolerie.
Si
diresse verso l'ufficio di supporto paranormale, dove sapeva che i suoi soldati
stavano aspettando notizie di Liz.
Aprì
la porta per entrare in una stanza umida e male illuminata, con sei scrivanie
di recupero.
La
sua unità era composta da persone molto diverse tra loro.
Il
più anziano per età e per appartenenza era Peter Tuffey, un ex prete di origine
irlandese che aveva dovuto rinunciare alla tonaca quando, quindici anni prima,
il governo aveva riscontrato in lui una fortissima propensione alla magia.
Conosceva pochi incantesimi (era già sulla trentina quando aveva iniziato a
fare pratica di magia, un'età piuttosto tarda dal punto di vista formativo) che
scagliava con grande imprecisione e altrettanta potenza.
La
sua vita al di fuori del servizio era votata a ricercare nella Bibbia
giustificazioni morali per le uccisioni e la violenza che costituivano la sua
vita quotidiana. Era infine approdato a una filosofia piuttosto articolata, il
cui perno centrale era la condanna della stregoneria e delle aberrazioni agli
occhi di Dio.
Quando
Monk entrò nella stanza, era intento a leggere a bassa voce versetti del
Levitico annuendo convinto.
La
scrivania accanto alla sua era gentilmente concessa dal governo britannico a
Gary Townshed, un rubizzo ex muratore cinquantenne, dedito per lo più alle
scommesse sportive e alle pinte di Guinness in orario extralavorativo.
I
giovani erano decisamente più promettenti: come Liz, anche i due restanti
elementi, Chandra Sharma e Robert Garreth, avevano iniziato l'addestramento
militare magico in giovane età, essendo nati poco prima dello scoppio della
guerra civile.
Chandra
era una ragazza di origine indiana coetanea di Liz: pur non essendo
propriamente amiche, andavano d’accordo e collaboravano serenamente.
Probabilmente sarebbe stata la persona più rattristata dalla notizia.
Robert
invece aveva appena sedici anni: era molto introverso e non parlava molto,
quindi era piuttosto difficile prevedere come avrebbe potuto reagire.
Liz era stata l'acquisto più recente della
sua unità: era arrivata l'anno precedente dopo un trasferimento da Leeds.
-Allora?-
fece Chandra ansiosa, quando Monk varcò la soglia -ci sono notizie?-.
Il
tenente si limitò a scuotere la testa e calò nuovamente il silenzio nella
stanza. Del resto, a che scopo parlare? Le numerose ipotesi sull'accaduto erano
già state ampiamente sviscerate nelle ore precedenti.
La
scena del "delitto", se si delitto si poteva parlare, era davvero difficile da
interpretare: Monk si trovò ancora una volta a valutare la possibilità della
diserzione.
Aprì
il fascicolo personale di Liz.
Elizabeth
Rosemary Mills era nata ventiquattro anni prima nello Yorkshire, da
un'ordinaria famiglia della middle class britannica. Aveva frequentato delle
buone scuole private fino a quando, a quattordici anni, la polizia non aveva
riscontrato in lei un considerevole potenziale paranormale. Era probabile che i
genitori sapessero già da tempo delle sue capacità: nonostante in quegli anni
la guerra civile non imperversasse ancora così duramente, i Mills avevano già
avviato tutte le pratiche per l'emigrazione in Francia.
Si
trovavano nell'aeroporto di Gatwick, pronti a imbarcarsi, quando durante un
controllo di routine Liz si innervosì talmente da far esplodere tutti i metal
detector, computer e terminali dell'aeroporto. Per poco non fece anche cadere
un paio di aerei.
A
quel punto, il governo inglese non aveva potuto ignorare l'esistenza della
giovane potenziale maga.
Monk
sfogliò il fascicolo fino alle informazioni sui familiari: i genitori e il
resto dei suoi parenti erano in seguito effettivamente emigrati in Francia, e
Liz trascorreva là la maggior parte dei propri congedi. Parlava molto bene
francese dall'infanzia e, se si fosse procurata dei documenti falsi, avrebbe
senza dubbio passato agevolmente un controllo aeroportuale.
Riflettendo
su questa possibilità si rese conto di non sapere molto su Liz, a livello
personale. Era una ragazza riservata, non in modo asociale o preoccupante, ma
abbastanza da far sì che il tenente non sapesse quali fossero i suoi interessi
o le sue aspirazioni. Svolgeva i compiti che le venivano assegnati in modo
preciso e efficiente, senza lamentarsi ma senza neanche mostrare un particolare
entusiasmo. Era determinata, per non dire testarda, questo sì. Le poche volte
in cui si era impuntata su qualcosa, una strategia di irruzione in un edificio
a Finsbury, ricordò il tenente, aveva insistito finché non l'aveva avuta vinta.
Ma
Monk non riusciva a immaginare se Liz trovasse adatta a sé o meno la vita
militare, se desiderasse fuggire o fare carriera. Un giorno era semplicemente
arrivata, e ora se ne era andata.
Che
palle.
Le
ore sembravano interminabili in quella stanza scura. -Perfettamente immobile-
si era raccomandato il mago con l'aria di chi non ammetteva repliche -devi fare
sì che le ossa si ricostruiscano, è un processo lungo e molto delicato- aveva
aggiunto poi.
Chissà
quanto tempo era passato, si chiese Liz. Chissà cosa aveva pensato la sua
squadra!
Come
aveva potuto verificare con un breve esame, il suo palmare dotato di
localizzatore GPS era andato in mille pezzi durante lo scontro e non aveva
altro modo di comunicare con loro.
Si
chiese cosa stessero facendo adesso, se avessero iniziato le ricerche o se
l’avessero già data per spacciata.
La
stanza era cambiata: dopo il primo incontro si era sempre risvegliata in una
camera buia e polverosa, comunicante con un piccolo bagno. Aveva tutta l'aria
di una stanza per gli ospiti mai utilizzata. Come nel laboratorio, anche qui le
pareti erano tappezzate di libri dalla copertina consunta.
Le
prime volte si svegliava solo per pochi minuti, per poi ripiombare nel sonno,
ma ora che iniziava a sentirsi meglio poteva cercare di rendersi conto della
situazione in cui si trovata.
Si
toccò la testa, ancora saldamente fasciata, accorgendosi che molte ciocche di
capelli erano state sommariamente tagliate per agevolare la medicazione. Merda.
Ci aveva sempre tenuto molto ai suoi capelli lunghi.
Negli
ultimi giorni l'opprimente dolore al petto era quasi completamente sparito:
respirare era più facile ma il tempo trascorreva lento.
Il
tizio, Severus, non le era antipatico: aveva un suo senso dell’umorismo, ma non
era certo un chiacchierone.
Osservò
i libri che la circondavano, pensosa. In fondo non le aveva mai proibito di
leggerli, considerò.
Erano
troppo lontani perché potesse leggerne i titoli, così prese la bacchetta
(lasciata sul comodino, il nonno evidentemente non aveva le minime nozioni di
sicurezza) e fissò la sua attenzione su uno a caso: -Accio -.
Il
volume si alzò faticosamente dallo scaffale per ricadere pesantemente sul
letto. Non aveva mai veramente padroneggiato questo incantesimo, ma per questa
volta poteva andare, decise Liz con una scrollata di spalle.
“Antidoti
vegetali e preparati para-magici” lesse.
Scommetto
che è un bestseller, pensò amaramente.
Non
aveva la forza di prendere un altro libro, così si sistemò il volume sulle
ginocchia e incominciò a sfogliare le pagine.
Snape
si stava recando nella stanza della Sentinella con una pozione fresca. La
ragazza (come si chiamava già? Liz?) si stava riprendendo bene: pochi giorni
prima aveva quasi tutte le costole rotte e gli organi interni lesionati, ma il
suo talento di pozionista e guaritore aveva compiuto un piccolo miracolo.
Aveva
buone capacità di ripresa, era giovane, anche se doveva avere qualche anno in
più di quelli che le aveva attribuito al loro primo incontro.
Già
aveva iniziato ad essere fastidiosa, pensò il mago con una smorfia.
Probabilmente per via della noia e della solitudine, ogni volta che andava a
cambiarle le bende o a somministrarle le pozioni, lei cercava ostinatamente di
intavolare una conversazione, il più delle volte senza successo.
Questa
era una delle caratteristiche che più lo stupivano dei babbani: erano a loro
modo forti, temprati, pronti a tutto, eppure non perdevano una certa ingenuità
infantile, un'incrollabile speranza nel prossimo. Snape li compativa e ammirava
al tempo stesso.
Entrò
nella stanza senza bussare, sperando di trovare Liz addormentata: ci metteva
sempre un po' a svegliarsi e una volta che aveva recuperato la parlantina lui
se n'era già andato.
Notò
con disappunto che era ben vigile e cosciente, seduta sul letto con i cuscini
rincalzati dietro la schiena e un pesante tomo sulle ginocchia.
-Che
stai facendo?- domandò seccamente.
La
ragazza si riscosse e lo guardò:- Leggo!- spiegò, come se fosse la cosa più
ovvia del mondo. In effetti lo era.
-Questo
lo vedo!- sbuffò Snape -ma non ricordo di averti invitata a servirti
liberamente della mia biblioteca-. Il mago posò il bicchiere con la medicina e
fece un gesto rapido con la mano: il libro si richiuse bruscamente in una
nuvola di polvere e tornò al suo posto sullo scaffale.
-Non
posso stare qui sdraiata tutto il giorno senza fare niente. Sto diventando
scema!- protestò lei.
Snape
le porse il bicchiere con fare autoritario -Fossi in te non mi preoccuperei,
direi che il danno ormai è fatto-.
Liz
alzò gli occhi al cielo trattenendo un sorriso suo malgrado e trangugiò la
pozione senza fiatare. Sembrava abituata a dover prendere medicine o a
medicarsi, e le numerose cicatrici che le solcavano il colpo lo dimostravano.
-Su
quel libro che stavo leggendo c'è una pomata contro le ustioni da fiamme
inestinguibili- disse la ragazza con fare pensoso. Il mago la guardò senza
capire.
-C'era
questo tizio, Tom, viveva a sud, vicino a Clapham...be', se l'avessimo
conosciuta, questo preparato... forse sarebbe vivo adesso- aggiunse con voce
leggermente tremante.
Snape
non seppe cosa rispondere.
Liz
alzò uno sguardo accusatorio fino ai suoi occhi: - C'è così tanto da imparare
sulla magia, e noi sappiamo così poco. Riusciamo giusto a difenderci, e neanche
tanto bene. Non sappiamo neanche cosa sia la maggior parte delle fatture che ci
uccidono!-
-Hai
ragione, è una lotta impari, ma finora ve la siete cavata
discretamente...-borbottò il mago, a disagio.
-Discretamente
non è abbastanza.- dichiarò la Sentinella senza distogliere lo sguardo.
Snape
diede un'occhiata al titolo del libro: -Si tratta di pozioni abbastanza
elementari, non sarebbe così difficile neanche per voi riprodurle. Dai una
ripassata al tuo libro di Pozioni del primo anno e vedrai che troverai molte
risposte. - concluse, nella speranza di cambiare argomento,
Speranza
vana.
-Libro
di Pozioni?- ghignò la ragazza, un po' perplessa.
-Sì,
il tuo libro di Pozioni... ai miei tempi era "Infusi e pozioni
magiche", di Arsenius Brodus, non so su cosa abbiate studiato voi giovani-
sbuffò Snape.
Liz
lo guardò divertita -Be', quando avevo 12 anni o giù di lì ho fatto un corso di
chimica, ma ti assicuro che nessuno ha mai menzionato tra gli elementi la
radice di... come si chiama...aspetta, te lo dico - si voltò nuovamente verso
la libreria e afferrò la bacchetta -Accio-.
Tre
o quattro volumi caddero a terra, mentre il prescelto andò a sbattere contro la
parete dietro al letto, facendo staccare qualche pezzetto di intonaco.
-Ops-
si scusò la ragazza con un sorrisino vergognoso -Sai com'è con questi
incantesimi...- aggiunse, in tono pratico.
Snape
era scandalizzato: -Quello a cui ho appena assistito, è senza dubbio il peggior
incantesimo di appello della mia quasi ventennale carriera di insegnante!-
esclamò.
Liz
si strinse nelle spalle: -Suvvia, non era così male. Il libro è qui, no?- gli
fece notare, togliendo con la manica la polvere e qualche scheggia di vernice
bianca, proveniente dal muro, dalla copertina del libro.
L'ex
professore non poté più trattenersi: -Questo è inammissibile! Alzati... ce la
fai ad alzarti? Ecco, prendi la bacchetta, in questo modo- Snape afferrò il
polso di Liz, facendoglielo ruotare di qualche decina di gradi -Più salda la
presa con le dita.... la bacchetta deve essere un prolungamento del tuo braccio
e idealmente il movimento della stessa deve imprimere l'intenzione
dell'incantesimo- proseguì in tono didattico -Il movimento esatto è questo...
esatto proprio così. Ora fissa quel libro e dì forte e chiaro l'incantesimo-.
-Accio!- esclamò Liz. Il libro indicato da Snape fece
un'elegante parabola attraverso la stanza e finì dritto nella sua mano protesa.
-Wow!-
esclamò lei, osservando il libro da ogni angolazione, come se cercasse il
trucco nascosto.
-Complimenti
per aver compiuto in modo appena decente, alla tua veneranda età, un
incantesimo da quarto anno. 10 punti a... -qui Snape si interruppe, confuso -10
punti a te. Congratulazioni.-
-10
punti! Che culo!- esclamò la ragazza, allegra. Evidentemente per lei il sistema
di punti e gratificazioni scolastiche di Hogwarts non aveva alcun
significato.
Snape
era perplesso: si era sempre chiesto vagamente che livello di istruzione magica
potessero avere le Sentinelle babbane, ma aveva sempre dato per scontato che,
anche se non erano degli Auror, fossero perlomeno in grado di difendersi.
Invece
la preparazione di quella Liz era di una pochezza imbarazzante.
Esisteva
sempre la possibilità che si trattasse di un caso isolato, un'allieva
particolarmente poco brillante, ma Snape ne dubitava. I babbani erano in
difficoltà ma non certo stupidi, non avrebbero mandato una totale incapace in
battaglia; inoltre, finché si era trattato di maneggiare la pistola, se l'era
cavata piuttosto bene con i maghi alla stazione della metro; infine il suo
stupore di fronte alle pozioni e ai suoi incantesimi era indubitabilmente
sincero.
Guardando
meglio la bacchetta tra le mani della ragazza, si accorse che aveva tutta
l'aria di un oggetto di plastica prodotto in serie.
Liz
interruppe il corso dei suoi pensieri -E così, sei un insegnante? Strano, non
mi sembravi il tipo. Accio!- riprovò,
appellando una tazza che si trovava sul comodino, la quale planò delicatamente
nella sua stretta -Non male eh? Dovevi essere bravo come professore- aggiunse,
soddisfatta del risultato.
-Quanti
incantesimi conosci?- domandò Snape.
Liz
lo fissò in modo strano: -Questo è un segreto militare, nonno- rispose alla
fine.
-Credi
che ti abbia portato fin qui per carpire qualche segreto di guerra? Mi
basterebbe leggere la tua mente per farlo- fece lui, sprezzante.
La
ragazza incrociò le braccia sul petto: - E’ quello che continui a ripetere. Ma
sai, io non so se crederci o meno-.
Era
forse necessario questo per tranquillizzarla? si chiese Snape. Era un po’ come
metterla al tappeto con un pugno per dimostrare di avere buone intenzioni.
Oh
be’, se proprio doveva…
-Qualsiasi
cosa succeda- disse il mago, lentamente -non pensare a quello che sai sulla
magia. Legilimens!-
Snape
si vide scorrere davanti il familiare, confuso flusso di immagini e pensieri
ricavato dalla legilimanzia. Osservò Liz adolescente prendere una bacchetta di
plastica, a caso, da un armadio pieno… La vide, prima quindicenne, poi sempre
più grande, esercitarsi in una breve sequenza di incantesimi base, incantesimi
di appello, schiantesimi, disarmo per poi passare direttamente alle maledizioni
senza perdono.
Confusamente
percepì gli strascichi di qualche scontro con i maghi, sentì le pallottole
sibilargli accanto alle orecchie, la sensazione di pesantezza al petto quando
il giubbetto veniva colpito da una maledizione. In tutti questi ricordi c’era
qualcuno, la presenza sfocata di un uomo, forse un soldato.
Interruppe
il contatto. Liz si risedette sul letto, tenendosi la testa come se le girasse
-Eh dai così non vale! A tradimento!- protestò.
-Come
si chiama quel tizio? Carl? Colin?- la stuzzicò Snape.
Liz
sollevò la testa, ancora un po’ scossa: -Cillian. Ok, adesso ci credo-.
Ciao!
Un enorme grazie a chi ha messo la storia tra le seguite e uno ancora più enorme a chi ha commentato!
Julia Weasley: grazie mille! Sono contenta che l'ambientazione non ti abbia distolta dalla lettura! Mi piaceva l'idea di vedere cosa sarebbe successo se Voldemort avesse attaccato i Babbani... anche perchè secondo me lo Statuto di Segretezza è un po' una boiata! :) Ciao, spero che continuerai a seguire la storia!!!
Emily : Ciao, mia incomparabile musa! Ti stai addirittura rileggendo la storia, wow! Sono onorata! Sono contenta che il mio Piton passi il tuo severissimo esame di canonicità! ;) Baci!
Iurin: Tessssora!! Ciao! Sono contenta che la storia ti intrighi!! In realtà Snape nel 2015 avrebbe 55 anni, ma Liz gliene attribuisce di più perchè secondo me li porta male. Del resto Coco Chanel diceva che la faccia che hai a 20 anni te la dà la natura, quella dei 50 invece te la devi meritare, e secondo me Snape non ha mai prestato la dovuta cura alla sua pelle. XD Comunque non dovrebbe essere troppo vecchietto.. Silente era temibile a 150 anni, e non è manco morto di morte naturale! Spero che continuerai a leggere, ciaooo!!!