Incantevoli spine, e resti di noi

di yuki013
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Blooming ***
Capitolo 2: *** 1. Svegliati, bocciolo di rosa ***
Capitolo 3: *** 2. Smarrito ***
Capitolo 4: *** 3. L’incontro della discordia ***
Capitolo 5: *** 4. Peccato e condanna ***
Capitolo 6: *** 5. Riposa su prati di spine sotto cieli stellati ***
Capitolo 7: *** 6 . Quando il gatto non c'è, i topi ballano ***
Capitolo 8: *** 7. Home ***
Capitolo 9: *** 8. Tamashii No Kyoumei ***
Capitolo 10: *** 9. Departures ***
Capitolo 11: *** 10. Fine. ***
Capitolo 12: *** Extra - Wasted Words ***



Capitolo 1
*** Prologo - Blooming ***


Krona

In fondo nella mia vita non avevo provato altro che una dolorosa solitudine. Sin da quando ero nata non avevo avuto uno scopo diverso da quello di essere la cavia per gli esperimenti di una strega.
«Medusa – sama, perché sono nata?», le domandai quel giorno, quello in cui uccisi quella bestiola.
«Ma non è ovvio, Krona? Perché mi servi».
Avevo vissuto sempre così, vagando alla cieca. Anche quando mi fu iniettato il sangue nero, anche con Ragnarok, persino dopo aver preso tutte quelle anime umane. L’unica cosa da fare era seguire gli ordini di Medusa senza discutere, e poco importava del fatto che il deserto dentro di me fosse ormai una landa arida, che la mia anima fosse consumata dalla tristezza e dal perenne senso di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Questa fu la mia esistenza, finché non incontrai lei.
“Qual è il tuo nome?”, chiese, trapassandomi con lo sguardo. Per la prima volta in vita mia risposi. “Maestra della Spada Demoniaca, Krona”.
E poi fu un susseguirsi di eventi, fino alla lotta con il Kishin, allo scontro con Medusa e al mio risveglio in un letto bianco. Ma ciò che avvenne dopo non lo immaginava nessuno, io per prima. Io, e il freddo imperturbabile.
La rosa nera del deserto.












N.d.A.
Muahahahahah eccomi qua ** non potevo resistere a scrivere ancora. Per la serie *mò vai a cagare* Ok basta .___. XD
Dicevo...io AMO Soul Eater. Krona: maschio o femmina? In questo caso la mia vena naturalistica ha preso il sopravvento sul mio istinto yaoista (*ç*) quindi per me Krona è una lei. Che succederà? A dire il vero non lo so neanche io >< Ma prometto di scrivere, stavolta voglio fare una cosa sostanziosa. Insomma, in attesa che scriva Destroyed accontentatevi di questo ù-ù
Direi che ho finito!! Bene, alla prossima, e recensite perchè voglio sapere cosa ne pensate. Bacioni ^___^
-Yuki♥

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Capitolo 2
*** 1. Svegliati, bocciolo di rosa ***


1. Svegliati, bocciolo di rosa 

Riconobbi immediatamente l’infermeria della Shibusen. Da qualche parte, sentivo il dottor Stein parlare con Nygus. La prima cosa che avvertii fu l’intenso odore di fiori che c’era nella stanza misto a quello asettico degli ospedali. Aprii gli occhi: seduta scompostamente su una sedia accanto al letto dormiva Maka. È rimasta qui per tutto il tempo? E poi, quanto tempo sarà passato?
Provai a ricordare gli ultimi avvenimenti, ma il mio cervello si spegneva nel momento in cui ero stata trafitta dalla Vector Blade di Medusa. Immaginai di essere stata portata alla Shibusen e di aver dormito per chissà quanto.
Come sempre, Ragnarok saltò fuori dalla mia schiena ad interrompere i miei pensieri. «Idiota, hai rischiato di farti fare a fette! Lo sai che se ammazzano te ci lascio la pelle anch’io, eh?», e iniziò a tirarmi pizzicotti sulle guance.
«Si che lo so, non l’ho fatto apposta! Scusa Ragnarok, scusami tanto!».
Smise di farmi male, e mi guardò. Diventai subito rossa. «Ti prego, non picchiarmi più. Mi fa male dappertutto».
Inaspettatamente per la prima e forse unica volta Ragnarok mi abbracciò stretta. Avevo voglia di piangere, di urlare. «Krona, sfogati ora che puoi. Non ti darò un’altra occasione, testa di legno».
Parole inutili. Gli occhi mi si erano già riempiti di lacrime, ripensando a tutto ciò che era accaduto. Medusa non c’era più, ero libera. Potevo finalmente stare con i miei amici senza tradirli, senza sentirmi un’esclusa. È vero, non sapevo ancora come comportarmi con loro, ma Maka diceva che avrei imparato, e io le avevo promesso di provarci.
Restai un po’ così a farmi consolare, però avevo da fare. Staccandomi da Ragnarok sussurrai un “grazie”; lui rispose con un verso che forse significava “và al diavolo”. Prima di sparire mi disse: «Vedi di non farti uccidere davvero».
Mi asciugai gli occhi con la manica del camice, ma qualcosa mi bloccò la mano. Maka.
«Krona! Oh, sono felice, sei sveglia! Ma che c’è, non stai bene?».
Cercai di accennare un sorriso. «N- no… sono solo felice di essere viva. E sono felice perché tu stai bene. Ma tutti gli altri?».
Mi rivolse un altro sorriso. «Tutti stanno perfettamente. Fisicamente, almeno. Beh… diciamo che Kid non si è ripreso del tutto».
Ebbi un tuffo al cuore. «Si è fatto male a causa mia?».
Lei si mise a gesticolare con le mani. «No, assolutamente. Ti spiegherò un’altra volta, è una questione legata al suo ego più che altro. Ah dimenticavo, i ragazzi ti hanno portato dei fiori». Indicò il comodino a destra.
Affacciati su un vaso lilla spuntavano una decina di rose rosse completamente sbocciate circondate da tante piccole margherite di campo. Ma il fiore più bello era una semplice rosa bianca, posta al centro delle altre, una presenza atipica ma splendida nell’insieme.
È così che mi vedono?
«G- grazie, ma… non c’era bisogno, davvero».
«Hanno fatto tutto di testa loro. Oh, Kid si era dimenticato dell’appuntamento con Soul e Black Star, occupato com’era a rendere simmetriche le sopracciglia di Liz, quindi ha portato solo quella rosa bianca. Mi ha detto di augurarti una buona guarigione e mi ha pure fatto promettere di tenerti compagnia. Come se non lo facessi già, stupido di uno Shinigami!».
Osservai Maka divertita, poi il fiore. Semplice, bianco, nulla di che. Una singola rosa, eppure un dono prezioso, molto altro ai miei occhi inesperti. Tanto incantevole da regalarmi la mia prima vera risata. Maka era allibita.
Adesso davvero non so come comportarmi.
 





N.d.A.
Ecco, adesso nessuno potrà lamentarsi éwè
La storia si fa sempre più complicata... cosa sarà mai accaduto all'orgoglio di Kiddo - kun???
Abbiate pazienza, se mi do una mossa entro stasera avrete pane per i vostri denti, sisi u.u
Nel frattempo, faccio una pausa merenda (improvvisa voglia di onigiri *ç*). Lo so, sono baka.
Itadakimasu!!!
-Yuki♥

Aggiornamento delle 22.13 ---> Mi sa che dovrete aspettare fino a domani ><

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Capitolo 3
*** 2. Smarrito ***


Death The Kid
 
Uno, due, tre, quattro rintocchi. L’orologio a cucù del grande salone annunciava la mezzanotte.
Mi alzai dal fastoso letto a baldacchino nero tentando invano di schiarire le idee, che ormai da un mese sembravano più confuse che mai. Il senso di incapacità era opprimente: nonostante fossi uno Shinigami ero semplicemente riuscito a tenere occupato il Kishin, un semplice giocattolo ai suoi occhi. La vergogna si mescolava amaramente all’umiliazione e mi impediva persino di uscire di casa, dove tutti mi avrebbero visto, e dove tutti mi avrebbero giudicato. Neanche la scuola mi attirava più: già immaginavo quante voci fossero state diffuse sulla mia assenza.
Tutto era tranquillo e silenzioso nella grande villa, con Patty e Liz profondamente addormentate. Misi una tazza di latte nel microonde e aspettai che si riscaldasse, pensando a quante volte quel compito era toccato a mia madre. «Kid, se bevi il latte crescerai forte».
Così lo bevevo tutto d’un fiato sporcandomi le labbra, e dandole poi un bacio sulla guancia che ogni sera le lasciava un alone di schiuma sulla pelle rosea.
Bere il latte è  così triste da quando non ci sei più. Sono cresciuto, ma forte proprio no.
Tra i mille pensieri che si accavallavano, presi la decisione coerente di andare alla Shibusen la mattina seguente, per l’ultima volta. 




************************ 
 

Se la testa mi scoppiava già quella notte, il risveglio fu anche peggiore. Comunicai alle mie compagne la decisione di lasciare la scuola, e per tutta risposta ricevetti pugni sulla testa e insulti a non finire. Sapendo di non poter fare comunque nulla per farmi cambiare idea, alla fine le sorelle si arresero e andarono a vestirsi.
Lentamente piegai in modo perfetto il pigiama e controllai che i miei abiti fossero sistemati al meglio: se quello era il mio ultimo giorno alla Shibusen, avrei lasciato un ricordo di me perfettamente simmetrico.
Dalla tromba delle scale urlai a Liz di sbrigarsi, e dopo qualche minuto uscimmo dalla grande villa. Attraversando il viale che portava al cancello della residenza osservai con quanta perfezione le rose fossero sbocciate nelle siepi che lo costeggiavano – un mio vanto personale, la cura del giardino.
Così impegnato com’ero nell’ammirarne la bellezza dei petali, non mi accorsi di Patty che si richiudeva il cancello alle spalle, né di Liz ferma davanti a me.
«Ohi Kid, guarda un po’ chi c’è». Mi affacciai oltre la sua spalla.
Dovetti aprire e chiudere le palpebre parecchie volte prima di capire chi avevo davanti.
Scarpe basse, fuseaux appena sopra il ginocchio, t-shirt smanicata con due bottoncini bianchi sullo scollo, una piccola tracolla sulla spalla, il tutto di colore nero fatta eccezione per una cintura bianca pendente a sinistra allacciata in vita. Fisico slanciato, i capelli violetti corti con ciuffi ribelli qua e là, e gli occhi blu come una notte senza stelle.
«U- uhm… buongiorno».
Non riuscivo a credere ai miei occhi. Krona?
«Buongiorno a te. Come stai? Ti trovo… diversa». Capii troppo tardi che la stavo squadrando da capo a piedi mettendola in evidente imbarazzo.
«Io… io… M- Maka ha detto che con la bella stagione è meglio non indossare vestiti soffocanti. Ho… ho forse qualcosa che non va?», disse con un filo di voce.
Il problema era proprio quello: non c’era nulla che non andasse in lei. Le ragazze non mi erano mai interessate particolarmente, ma non riuscivo comunque a toglierle gli occhi di dosso, perché al contrario di come la si poteva immaginare, Krona era davvero bella; i polpacci magri erano proporzionati alle braccia esili,  la vita era sottile e si allargava più in basso mostrando un accenno di fianchi, le spalle strette ma equilibrate si incontravano su un seno proporzionato e assolutamente non volgare.
Lei è… è simmetrica. Ma i capelli…
I capelli erano sempre i suoi, terribilmente senza senso. Ma osservandola fui costretto ad ammettere che non sminuivano la bellezza della ragazza, ma anzi accentuavano la forma del viso e degli occhi. Iniziai a domandarmi se tutte queste cose Krona le avesse già, se le stessi notando io per la prima volta, o se le avesse acquisite di recente.
«No, anzi. Stai molto bene», risposi dopo un po’ imbarazzandola ancora di più se possibile. Quanto coraggio ha dovuto racimolare per venire fin qui? E soprattutto, perché si è spinta tanto lontano da scuola?
«Grazie. Ehm… state andando a scuola?», chiese, scendendo dal muretto. Patty, allegra come sempre, le circondò le spalle con un braccio. «Hehe, io e Liz andiamo a comprare i pancakes prima. Vieni anche tu?».
Alzò gli occhi al cielo. «Veramente… a me non piacciono proprio».
«Oh, che schizzinosa! Vabbé, ci vediamo a scuola allora, e salutami Ragnarok quando si sveglia. A dopo, Kid!», e si allontanò tenendo per mano la sorella maggiore, e lasciandomi solo con quella che forse – e dico, forse – era la prima ragazza in assoluto che mi destava un certo interesse.
«Quelle due non cambieranno mai. Beh, non ci resta che andare». Dissi, facendo qualche passo.
«A- aspetta!».
Mi voltai, ritrovandomela alle spalle. «Ecco… io, vedi… ero venuta per darti una cosa».
Sentii la curiosità mescolarsi al terrore per qualunque cosa stesse per darmi: frugò nel marsupio, alla ricerca di chissà che. «Tu… mi hai portato una rosa quando stavo male, quindi ora che sei tu a stare male ne avevo comprata una per te, ma quell’ingordo di Ragnarok ieri sera l’ha mangiata… e ho dovuto fare… questa. », disse porgendomi un piccolo oggetto morbido.
Mi rigirai la bambolina tra le mani: un Kid tale e quale a me, con gli abiti identici e simmetrici, le tre strisce bianche nei capelli corvini e le iridi dello stesso colore assurdo.
Rosso in viso, abbassai lo sguardo per cercare le parole giuste per ringraziarla, e vidi le sue mani ricoperte di cerotti. «Che hai fatto alle mani?», domandai allarmato.
«Ah… non è niente. È… è solo che non facevo bamboline da un pezzo e l’ago mi scappava sempre di mano», rispose come se farsi male per farmi un regalo fosse la cosa più naturale del mondo. Stupida, non dovevi.
«Grazie, Krona», e stupendomi del mio stesso coraggio le presi una mano e ne baciai la punta delle dita, delicatamente, come se fosse un oggetto troppo fragile.
La vidi avvampare e girarsi dall’altro lato. «P- p- prego. Adesso andiamo o arriveremo tardi». Mi superò aumentando il passo.
Io la raggiunsi, infilandomi la bambolina nella tasca della giacca e tenendola stretta fra le dita. Pensai che forse potevo restare ancora un po’ alla Shibusen, non c’era nessuna fretta.
Forse era la primavera a farmi quell’effetto, o forse no. 

 


 


N.d.A. - Serata convulsa e mattinata ispiratrice *-*
Yohoho ohayoo a tutti!! Eccomi qui, sempre più fissata con Kid (Oooooh mio Shinigami ♥)
Ieri sera ero particolarmente in vena di scrivere, ma ho finito tardissimo quindi non ho potuto pubblicare. Ecco perchè oggi per farmi perdonare pubblicherò sicuramente 2 se non 3 capitoli! Perchè sono in vacanza, e perchè voglio arrivare al punto clue della storia *w*  Oh si, sono magnanima u.u
Portate pazienza quindi... la mia fantasia è in iperattività +____+ Bacioni
-Yuki♥

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Capitolo 4
*** 3. L’incontro della discordia ***


Grazie alla vicinanza dei miei amici riuscii a riprendermi quasi completamente. Certo, i primi giorni furono davvero duri, con tutti quanti che mi fissavano. Poi, parlando con alcuni di loro, venni a sapere che non mi guardavano con disprezzo ma con ammirazione, per aver fronteggiato Asura. Tutto riprese ad andare per il meglio, e da due settimane non mi perdevo più una lezione. Complice purtroppo il fatto che mi sentissi maledettamente attratto da lei, come un due poli opposti destinati a combaciare, nonostante si oppongano. A volte il malumore tornava, doloroso e asfissiante, ma mi bastava pensare alle persone che avevo accanto per sentirmi meglio, anche se sospettavo di dover convivere a vita con quella insoddisfazione personale.
Alla Shibusen i lavori di ristrutturazione procedevano alla grande, e il professor Stein si era ripreso completamente – anche se la sua passione per la vivisezione era rimasta la stessa.
L’argomento principale a scuola quindi non poteva essere che il cambiamento di Krona. Non solo esteticamente: iniziò ad aprirsi sempre di più con il nostro gruppo, parlando anche con altri studenti e rivolgendo la parola anche a Sid, che fino a quel giorno l’aveva terrorizzata. Sfortunatamente questo miglioramento era coinciso con il risveglio ormonale della popolazione maschile , e Krona si ritrovava spesso oggetto di sguardi lusinghieri e complimenti sinceri ai quali non sapeva rispondere che con una variegata colorazione facciale, dal rosa al viola a seconda di ciò che le veniva detto.
Un pomeriggio alla fine delle lezioni era quasi scoppiata in lacrime, e Soul e Black Star avevano tentato a modo loro di risollevarle il morale.
«Su, non preoccuparti. È normale che ti apprezzino, adesso che sei cool», la rassicurò Soul.
«Ma è ovvio che sia cool!» - urlò Black Star - «Come vuoi che sia una che gira insieme ad un dio come me? Hahaha!», e così dicendo si esibì in tutto il suo egocentrismo.
«A- allora vado bene così?».
Tsubaki le si avvicinò mettendole le mani sulle spalle. «Krona, non preoccuparti. Stai benissimo, davvero».
Lei arrossì e tirò Maka per un braccio. «Vi dispiace se noi andiamo? Sono stanca e vorrei stare un po’ con te… se la cosa non ti disturba», disse rivolgendosi poi all’amica, che la guardò curiosa.
«Cose da ragazze, eh? Nessun problema», rispose Soul per tutti. Ci salutammo, e le due si allontanarono verso la zona dei negozi. Accanto a me, Soul sbuffò.
«Mi sa che stasera dovrò accontentarmi di un cheeseburger».

 

************************
 

Il giorno seguente come ogni mattina ci ritrovammo all’ingresso principale della Shibusen. Le ragazze ci avevano anticipati per andare a comprare dei muffin, e quando raggiungemmo la cima dell’immensa scalinata le trovammo a confabulare in maniera sospettosa, finché non si accorsero della nostra presenza e si misero a discutere ad alta voce di abiti, compere e altri argomenti femminili. Decisamente sospetto.
Patty si parò davanti a noi, sventolandoci sotto il naso una busta per alimenti marrone. «Buongiorno! Oggi la vostra Patty – chan vi ha portato la colazione!», disse tirando fuori un dolcetto al cioccolato.
«Waaaaaaaah, si mangia!», e il muffin sparì fra le fauci di Black Star.
«Aspetta idiota! Manca ancora Krona».
Maka si schiarì la voce. «Ehm… non credo che oggi verrà. Ieri abbiamo mangiato tante di quelle caramelle che le è venuto il mal di pancia».
Caramelle. Sì, certo. Più ascoltavo Maka e più la storia mi puzzava. Con la coda dell’occhio vidi Liz allontanarsi di soppiatto. Perfetto, una ragazza pettegola incapace di mentire.
Se c’era qualcosa sotto, ed ero sicuro che ci fosse, lei avrebbe parlato costi quel che costi.



Le prime quattro ore di lezione passarono velocemente con la professoressa Marie che ci spiegava i concetti più complessi della Risonanza in team. Al suono della campanella l’aula si svuotò, e tutti si diressero in mensa tranne me e le mie compagne, abituate ormai al mio passo lento.
«Patty vai pure. Devo scambiare due parole con Liz». Al sentire le mie parole la maggiore delle due sobbalzò sul posto.
«Yaaaaa!! A dopo sorellona!», e uscì correndo noncurante dell’espressione supplicante dell’altra.
«K- Kiddo – kun… è successo forse qualcosa?».
«Assolutamente no, Liz. Semplicemente… mi domandavo di cosa stavate parlando stamattina tu e le altre prima del nostro arrivo», le spiegai sedendomi sul banco di legno. «Shopping?», suggerii.
«È… è ovvio no?». No invece, parlavate di tutt’altro.
«E nel vostro discorso c’entrava anche Krona?».
Le si imperlò la fronte di piccole goccioline.«No, assolutamente no!».
Bingo.
La guardai negli occhi, serio. «Liz, saresti così gentile da dirmi cosa le è accaduto?».
Gemendo si coprì il volto. «Ma… Maka mi ha fatto promettere…».
«Liz, a te non piacciono i mostri vero? Perché conosco parecchi luoghi infestati in cui non vorresti passare il week – end che…».
«No, no, no, ti prego! Te lo dirò davvero! Però niente reazioni violente, è chiaro?».
«Chiarissimo», risposi soddisfatto.
Si schiarì la voce, mettendosi più comoda sulla panca. «Hai presente quando ieri Krona si è portata via Maka? Dopo averci salutati sono andate in giro per negozi. Da quanto ho capito Krona ha ricevuto un invito per un appuntamento da parte di uno studente e voleva fare bella figura, ma non sapendo come comportarsi ha chiesto aiuto a Maka, che le ha dato una mano per i vestiti e il resto. Insieme sono andate poi a Death Square e lì si sono separate.
Intorno alle undici di ieri sera Maka ha ricevuto una chiamata di Krona, che le è sembrata abbastanza sconvolta, quindi si è precipitata nella sua stanza alla Shibusen. L’ha trovata in un angolo abbracciata al cuscino, scossa e in lacrime. Krona le ha poi raccontato di essersi divertita, fin quando ad un certo punto il ragazzo l’ha spinta in un vicolo tentando di baciarla. Fortunatamente a quel punto è arrivato Ragnarok dandogli un pugno sulla testa , e lei è scappata via. E questo è quanto. Kid? K- Kid, avevi promesso…».
Inutile. Sentii il sangue ribollirmi nelle vene come mai mi era accaduto. Mi passarono per la mente decine di modi per togliere quell’escremento dalla faccia della terra. «Liz, il nome».
«K- Kid, potresti calmarti un po’ prima di…». Si bloccò alzando lo sguardo; dovevo avere davvero un espressione terribile.
Lentamente si alzò e mi soffiò un insieme di lettere all’orecchio. Mi si rivoltò lo stomaco immaginando la scena.
Lei con i polsi bloccati contro il muro. Lui che la superava in altezza e forza bruta, desideroso di un contatto che lei non voleva. Il terrore di Krona, la paura di essere costretta di nuovo, come quando era bambina, a fare quello che le imponevano gli altri.
Senza aprire bocca mi allontanai dalla classe velocemente, tanto che Liz faticava a starmi dietro. La mia testa smise di ragionare, focalizzata com’era sul suo obiettivo: la ragione lasciò finalmente il posto all’istinto.
Entrai in mensa cercando con gli occhi la mia preda: la individuai quattro tavoli più in là. Rideva e gesticolava, perfettamente a suo agio. Forse la stai anche sputtanando con i tuoi amici…
Mi si offuscò la vista mentre le gambe iniziarono a muoversi autonomamente. Avanzai verso quell’essere immondo finché non gli fui alle spalle. Quello lentamente si voltò, con un ghigno sprezzante sulle labbra. È. Totalmente. Asimmetrico.
«Buongiorno Kid! Posso fare qualcosa per te?».
L’ultimo pensiero razionale fu rivolto alla ragazza che singhiozzava qualche piano più in basso, nella sua stanza. Poi persi la testa.
«Sì, Hiro. Puoi morire, bastardo!».
E gli tirai un pugno dritto sulla mascella.




N.d.A. Più folle che mai MUAHAHAH +___+
Non so cosa sia successo ma la penna non smette di muoversi da sola. Eccolo là, il caro Kiddo - kun finalmente s'incazza!! Che accadrà adesso?
Heheheh boh .____. Torno a scrivere ><
-Yuki♥

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Capitolo 5
*** 4. Peccato e condanna ***


Alla scazzottata assistette praticamente l’intero corpo studentesco. Nessuno però tentò di fermarci, forse ipotizzando che io avessi delle più che ottime ragioni per spaccare la faccia ad Hiro. Non mi risparmiai affatto, pestandolo fino a spaccargli il labbro e riempiendolo di lividi; dal canto suo neanche lui ci andò leggero, piantandomi una gomitata alle costole.
Solo dopo parecchi minuti arrivò Sid, che tirandomi per la giacca mi portò di peso fuori dalla sala. «Hiro,» - lo avvertii prima di essere trascinato via - «questa è una promessa: osa di nuovo avvicinarti a lei, darle fastidio o metterla a disagio e giuro che ti mando all’altro mondo ». L’altro si limitò a guardarmi storto.
Sapevo benissimo ciò che mi attendeva: rimprovero, condanna ed espulsione.
«Che ti sei messo in testa, Kid?», domandò Sid mentre mi accompagnava nella Death Room. «Sembravi un’altra persona, prima. Cosa diavolo ha combinato Hiro per farti infuriare tanto?».
Rimasi in silenzio. Gli archi a ghigliottina terminarono lasciando il posto all’immenso salone. «Non tollero che qualcuno di prezioso venga infangato da esseri come quel bastardo», risposi infine, lasciandolo senza dargli il tempo di chiedermi altro.
«Eccomi, padre». Allegramente si voltò allargando le braccia. «Yohoho! Il mio caro figliolo è venuto a far visita al suo vecchio?».
Mi limitai a mettere le mani in tasca lasciando vagare lo sguardo per aria. «Ditemi solo quando devo andarmene».
«Andartene?», domandò stranito.
«La mia punizione non è forse l’espulsione dalla Shibusen?».
Tenne per un po’ il mento tra pollice e indice, pensieroso. «Considerata la tua buona condotta non trovo sia giusto un trattamento così drastico. Tuttavia comprenderai di dover ricevere comunque una punizione, soprattutto perché sei mio figlio e se ti lasciassi andare così liberamente chiunque penserebbe male di te».
«Quindi?», domandai spazientito.
«Facciamo così. Avrai due settimane di sospensione durante le quali non potrai mettere piede a scuola. Intesi?».
Abbassai il capo. «Certamente».
Espirò, stanco. «E adesso figliolo, potresti spiegarmi le ragioni del tuo comportamento?». Gli raccontai quindi per filo e per segno, davanti a una tazza di tè, gli avvenimenti del giorno prima, soffermandomi – e ricordandogli quanto ne soffrisse – sulla mancanza di fiducia di Krona negli altri.
«Mmmm, capisco le tue motivazioni. Dirò a Sid di portare qui Hiro».
«Punirete anche lui?».
Sorrise. «Un paio di Shinigami – chop ben assestati andranno bene, non credi?».
Provai una punta di pena per lui, che svanì prima ancora che me ne rendessi conto. «Padre, vorrei chiedervi un ultimo favore prima di andare».
«È già il tramonto Kid, dovresti tornare a casa».
«Non posso ancora. Devo mantenere una promessa».
 
 
Krona
 
Senti stupida, senti. L’inferno è ancora qui, sai? Non se n’è mai andato.
Un cuscino, un angolo nel panico nero, uno spiraglio di falsa luce. Nessuno, nessuno verrà.
Rumori. Anime risucchiate. Screech Alpha. Il vuoto. Battaglia. Flash di una vita passata.
Solo perché non senti i ricordi non vuol dire che essi siano scomparsi.
Ma la mamma non mi vuole, la mamma mi usa. E cerco di esserle utile ma non sono buona neanche da buttare. Non tradirò ancora i miei amici; Maka si metterà a piangere, la professoressa Marie si intristirà portando dei bei fiori scuri. E forse lui verrà a dirmi addio, come sono contenta di non averti trascinato giù.
Quaggiù, nella tomba di colei che è senz’ anima.
 
 
 
Death the Kid
 
Attraversai di corsa mezza scuola, diretto ai piani inferiori. Non era da me: correre all’impazzata noncurante dei miei capelli che diventavano una massa informe e dei vestiti stracciati nella rissa con Hiro. Al diavolo la simmetria!
Mi stupii di quel pensiero, ma ormai era fatta, tanto valeva resistere fino alla fine. Dovevo sapere se stava bene, prima di lasciarla per quelle due lunghe, interminabili settimane.
La stanza di Krona – mi aveva spiegato una volta Maka – si trovava in linea d’aria sotto la Crescent Moon, tre piani più in basso. Ed infatti, era proprio dove la immaginavo: una pesante porta di ferro più adatta ad un prigioniero che ad una ragazza.
Bussai piano per non spaventarla, ma non ottenni risposta. «Krona, sei qui?».
Silenzio. «Sono Kid. Stai bene?». Nulla. Provai ad abbassare la maniglia: stranamente la porta era aperta. La aprii lentamente lasciando entrare uno spiraglio di luce, fino a spalancarla completamente.
Lei stava al centro della stanza, illuminata dagli ultimi pallidi raggi di sole che filtravano dalla grata nel muro. Mi ricordava le statue di marmo bianco dei cimiteri, quando con mio padre facevamo visita alla mamma per portarle i fiori, ed io restavo per ore a volte a raccontarle le mie storie, sperando che potesse sentirmi, ovunque fosse.
Una melodia nostalgica suonata da un carillon, lontana nel tempo, come  nella memoria.
Krona gettò la testa all’indietro e proruppe in una risata che mi fece accapponare la pelle, una risata che avevo già sentito prima. Questa è…
«Death the Kid!»,  disse voltandosi. «Benvenuto all’ultimo spettacolo di Krona Makenshi!».
In mano teneva Ragnarok sottoforma di arma, il quale improvvisamente mi rivolse la parola. «Idiota, fermala! Io non posso muovermi, finirà per farlo davvero!».
Non capivo una singola parola di ciò che stava dicendo, mi limitai a fissare la ragazza.
«Krona, che stai facendo?».
Continuò a ridere in quel modo insopportabile, poi si puntò la lama contro il petto.
«Ehi ehi, quando Ragnarok si trasforma in spada, il mio sangue diventa rosso». 

 

   “Ne, shitte iru? Boku no chi wa kuroinda„ - “Lo sai? Il mio sangue è nero„  


N.d.A. AIUTATEMI PERCHÈ LA FOLLIA DILAGA +‿ +
Seriamente, io impazzisco. Ieri presa da un altro attacco di ispirazione improvviso ho iniziato a scrivere il capitolo 4. Tutto questo alle 11 di sera.
Finale: sono andata a letto alle 4 e 30 del mattino -.- Ma non mi dispiace, perchè visto che oggi è la Giornata della Terra (♥♥♥) ho guardato un bellissimo documentario sugli oceani ** si lo so, sono un pò nerd. Ma torniamo alla fic.
Inizialmente questo capitolo era molto più lungo, ma ho deciso di chiuderlo qui e lasciare la "parte sostanziosa" per il prossimo. La nostra Krona-chan è sfasata di nuovo, stavolta però le cose si mettono davvero male. E Kiddino che farà?
"Nel vero amore è l'anima che abbraccia il corpo", così dice  Friedrich Nietzsche. Sarà vero? 
Lo saprete nel prossimo capitolo. Prima di lasciarvi, vorrei ringraziare tutti per le numerose visite, in particolar modo JuJu e Sara che non mancano di recensire ogni capitolo pubblicato (ragazze spero di non deludervi con questo chap un pò per aria ><).
Bene, la sottoscritta si rimette al lavoro!! E nel frattempo la vena yaoista mi suggerisce un altra storia su SE...vedrete, vedrete!! BWUAHAHAHAH U-U
Grazie mille, davvero. Baci ^___^
-Yuki♥

 
 

N.jhhNN 

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Capitolo 6
*** 5. Riposa su prati di spine sotto cieli stellati ***


Krona

«Medusa – sama, io non posso morire, vero? Perché c’è Ragnarok dentro di me».
«E se Ragnarok non ci fosse più?». 

 Hehehe, Medusa – sensei aveva proprio ragione. Senti? Tutto tace, alla fine. Persino il Sangue Nero se ne sta in disparte.
Lo sai che ti sta aspettando dall’altro lato, no?
 
 
Death the Kid
 
Ecco cosa si prova ad essere davvero impotenti.
A terra, stretta fra le mie braccia, quella creatura incompresa respirava sempre più piano, sempre più lentamente. All’ultimo istante Ragnarok si era spostato di qualche centimetro, ma non abbastanza. Non facciamo mai abbastanza.
Uno squarcio profondo le attraversava il fianco destro da lato a lato, il sangue – per la prima volta rosso – usciva senza sosta.
Forse  in quel preciso istante anche il mio cuore smise di battere.
«Ehi, idiota», la voce proveniva dalla spada. Guardai Ragnarok supplicante.
«Non posso fare nulla vero? Non ho mai potuto fare nulla per lei». E piansi. Lacrime amare come la bile, perché mi sentivo inutile, perché lei se ne stava andando, perché non ero stato capace di fare nulla nella mia vita che non fosse una finzione.
«Ti sbagli. Grazie a te lei ha sorriso, parecchie volte». Mi voltai verso l’arma.
«Puoi ancora salvarla. È una cosa che solo tu puoi fare, in quanto riesci a percepire le anime, e allo stesso tempo sei uno Shinigami, anche se non adulto».
Strinsi più forte la ragazza. «Farò qualunque cosa mi dirai».
«Bene. Ora, come tu dovresti sapere finora sono stato io a rendere Krona indistruttibile». Prese fiato e continuò. «Ma io sono il Sangue Nero, e la follia che mi porto dietro ha contagiato gravemente anche lei. Quindi…». Fece un’altra pausa.
In quel momento compresi il significato delle sue parole. Sacrificio.
«Vorresti dare la vita per la tua Meister?».
«Io l’avrei fatto in qualunque momento. Solo che non volevo darle altri pensieri».
Sorrisi. «Sai Ragnarok, sei proprio come Krona. Impossibile da capire ma con una volontà di ferro nascosta chissà dove. Ti invidio, a volte».
«Ah sì?».
«Sì. Perché tu puoi starle vicino sempre, sentire quello che sente lei. Averla accanto sarebbe di per sé un onore, per me».
«Allora fallo. Devi farla uscire dalla follia, solo così avrà qualche possibilità di non rimanerci secca». Si fermò di nuovo. «Kid, voglio essere sicuro di lasciarla in buone mani».
Abbassai lo sguardo, cercando un qualche segno di vita nel corpo che tanto mi aveva affascinato. Ripensai a Soul. Ciò che conta non è l’aspetto esteriore, ma l’anima.
Anch’io volevo vedere quella di Krona. «Dimmi solo come raggiungerla».
 
 
Krona
 
Ho vaghi ricordi della mia infanzia. Tutti tristi, a dire il vero.
Ma che giorno è oggi? Aspetta, ma è oggi o ieri? Beh non importa. Adesso non c’è più niente. Né il sorriso di Maka la mattina, né Patty e Liz sempre gentili e premurose. Non ci sono Marie – sensei e il professor Stein a sostenermi. Non c’è Tsubaki che mi insegna a mangiare con le bacchette. Non ci sono Black Star e Soul che mi tirano su di morale.
E poi…
«Ci sono io, vado bene lo stesso?».
Che bella voce, dev’essere di un angelo. No, solo un demone può ammaliare con una voce simile. Eppure mi ricorda il calore, la vita fuori dalla mia. Chi sei?
 
 
Death the Kid
 
È questa l’anima di Krona?
Non c’era nulla: una distesa grigia resa ancora più tetra dal cielo terso. I pochi raggi di luce che trapassavano le nuvole andavano affievolendosi. Camminai a lungo senza una direzione precisa, seguivo un presentimento ignoto.
La trovai all’improvviso in piedi su una collinetta. Era fasciata in un leggero abito nero, ma ciò che mi colpì di più fu il suo corpo, interamente ricoperto di spine e rovi che la ferivano ovunque, lasciandole profondi segni sulla pelle lattea. Ecco cos’è la follia.
«Ah, ciao Kid. Sei venuto anche tu per guardare?».
Mi avvicinai per guardarla in viso. I suoi occhi mi sconvolsero tanto erano vuoti.
«Sono venuto per tirarti fuori dal Sangue Nero». Scoppiò a ridere.
«Non si può, non si può. È tardi, ormai». Ignorai le sue parole, strappando le spire in cui era avvolta una dopo l’altra. «È inutile, ne cresceranno altre». Ed era vero: per ogni mio passo avanti le spine tornavano, più strette di prima. Preso dalla rabbia feci a pezzi i rovi che mi separavano da lei e l’abbracciai, insensibile al dolore che mi artigliava la pelle.
 «K – Kid, questa è la mia follia, non la tua».
Prima che il sole sopra di noi si trasformasse in oscurità, la guardai con i miei veri occhi, gli occhi di un ragazzo che non vuole perdere ciò che ha di più prezioso al mondo.
«Krona, la follia è in tutti noi. Basta solo saperla mettere a tacere».
Nel buio di quell’intreccio di pazzia e dolore trovai il coraggio, finalmente.
E con una frase sussurrata all’orecchio lei ritrovò il senno. «Non te l’ha mai detto nessuno, vero?».
 
 
Senza sapere come mi ritrovai in una stanza bianca. Non c’era nulla di particolare, una semplice camera da letto colma di giocattoli sparsi qua e là. E proprio al centro, sul letto a baldacchino, c’era lei, la bambina che tanto avevo desiderato conoscere. La mia Krona.
Giocava silenziosamente con un coniglio di pezza. Avrà avuto quattro anni, più  meno. Nella stanza accanto, alcune persone discutevano animatamente: riconobbi la voce di Medusa, e incredibilmente quella di mio padre. Appoggiai l’orecchio al muro per sentire meglio.
«Strega e madre, e come pensi di conciliare le due cose?», domandò autoritario lo Shinigami.
«Andiamo, sono cambiata molto negli ultimi decenni. Fare la strega non è poi così divertente… è una vita solitaria, e alla fine ho sentito il bisogno di farmi una famiglia. Non lo trovi un desiderio comune? D’altronde, anche tu sei un genitore, nonostante il tuo ruolo».
«Shinigami – sama» - parlò una seconda voce maschile - «Medusa è molto cambiata da quando ci siamo conosciuti, glielo posso assicurare».
Ci fu un attimo di silenzio. «Kaien, gli Shimizu sono da sempre alleati della Shibusen e i suoi maestri d’armi alcuni dei più forti. Sei certo di ciò che fai?».
«Assolutamente. Vede, quando fui mandato in missione per sconfiggere Medusa, sapevo che quello era il lasciapassare per diventare una Death Scythe. Eppure non riuscii a farle del male. Riesce a capirmi, Shinigami?». Un altro momento di pesante silenzio.
«Kami sente molto la tua mancanza». Quel nome mi sembrava di averlo già sentito, ma non ricordavo dove. Impossibile… che sia la madre di Maka?
«Ma adesso ha un ottimo partner. La prego, le faccia i miei migliori auguri; sarebbe davvero magnifico se con lei quello scapestrato di Spirit Albarn diventasse una Death Scythe come si deve». Ho visto giusto. Allora, quest’uomo era il partner di Kami.
«Ah, immagino di non poter dire altro. Toh Kid, che ci fai qui?». Mi prese un colpo.
Girandomi Krona mi passo davanti senza degnarmi di uno sguardo. Forse non mi vede.
Attraversai la porta aperta ritrovandomi in un corridoio lungo e stretto, completamente bianco; la stanza dalla quale provenivano le voci era aperta. Rimasi a bocca asciutta.
All’interno c’eravamo io e mio padre. Io, da bambino. Guardai quel moccioso, avrà potuto avere cinque o sei anni. Quello sono io.
«Ehi Shinigami! Potevi dirmelo che avevi portato il ragazzino! Avremmo potuto farlo giocare con Krona», disse allegramente l’altro uomo. Rimasi a fissarlo.
Era davvero alto, l’avrei paragonato ad un armadio tanto era massiccio. I riccioli neri gli ricadevano scompostamente sulle spalle, ma gli occhi erano aperti e brillanti. Occhi blu notte, screziati da pagliuzze violette. Un colore assurdo e affascinante.
Gli stessi occhi di Krona.
Realizzai solo a quel punto di avere di fronte suo padre. Lei non ne aveva mai parlato, ma d’altronde nessuno aveva chiesto di lui. Il suo sguardo era sereno e rassicurante, tutto in lui emanava calore. L’arma della madre di Maka, uno della Shibusen. Perché mai una brava persona è finita proprio con una strega? L’unica spiegazione era che l’amava.
Shinigami si voltò avvicinando il Kid bambino a sé con un braccio, mentre quello nascondeva il viso fra le pieghe del grande mantello del padre. «Beh, sai… da quando mia moglie se n’è andata lui non parla granché. Però mi piacerebbe conoscere tua figlia».
Il viso dell’uomo si illuminò. «Vado a chiamarla allora. Starà giocando come al solito». Così dicendo corse nella stanza accanto senza fare caso a me, ritornando poco dopo con una piccola manina stretta alla sua. «Shinigami, vi presento mia figlia. Su Krona, saluta i nostri ospiti».
Accadde qualcosa in quel momento: fu come se le anime dei due bambini si incontrassero attraverso i loro sguardi. Risonanza delle Anime. Entrambi si bloccarono, osservando l’altro: poi la piccola si allontanò dal padre e corse verso Shinigami. «Buongiorno signore, mi chiamo Krona. Questo è suo figlio?». Non l’avrei mai immaginata così allegra da bambina.
Anche il piccolo Kid si scostò dal padre, e dopo un inchino verso Krona le prese le mani. «È un vero onore, Krona – chan. Mi chiamo Death the Kid, ma puoi chiamarmi Kid se ti va».
L’altra divenne subito rossa. «C- certo… Kiddo – kun». Sul viso del bambino si dipinse un’espressione estatica accentuata dal sorriso che le rivolse.
Ma tutto questo quando è accaduto? Io non ricordo di essere mai stato qui…
«Bene, Kaien. Se questa è la tua scelta io non posso che farti gli auguri. Spero tu abbia una vita piena e felice con la tua nuova famiglia».
L’uomo sorrise. «Vi ringrazio ancora, Shinigami – sama. Avete fatto molto per me, non me ne dimenticherò. E adesso tesoro, perché non li accompagni alla porta insieme alla mamma?». La piccola Krona non esitò a saltellare, prendendo per mano il Kid bambino ancora stravolto da quello strano incontro. Lo trascinò fino all’ingresso.
«Torna presto, mi raccomando. Sai, ho anche tanti giocattoli per maschi. Sono sicura che ti piacerebbero molto», gli disse sfoggiando un altro sorriso. Anche il piccolo me sorrise.
«Verrò il prima possibile, te lo prometto». E così, con un giuramento solenne e un po’ tristemente, si salutarono.
«Medusa», - disse mio padre prima di allontanarsi - «spero per te che tu sia cambiata davvero».
La strega sorrise ironicamente. «Shinigami, le persone cambiano». La porta si richiuse alle sue spalle, appena prima che lui potesse sentire le sue ultime parole.
«È la follia che cambia il mondo».
Poi prese Krona per mano, la trascinò nel salone in cui si trovava il padre e la fece accomodare su una sedia. «Osserva Krona, ora voglio che tu diventi così».
E senza battere ciglio rilasciò il Soul Protect. La bambina ebbe un attimo di tempo per guardare il padre sorridere un’ultima volta prima che venisse trafitto dalle Vector Arrows.
Guardai impotente la scena, il viso sconvolto di Krona, le sue piccole mani che tentavano di tirare su il padre, le preghiere che gli rivolgeva perché si svegliasse. È troppo.
«Mamma, perché?», domandò con il volto rigato dalle lacrime.
La strega rimase impassibile. Sorrise, come se al mondo non ci fosse felicità più grande. «Perché era diventato inutile, Krona. Se non vuoi finire come lui, vedi di fare ciò che ti dico, da oggi in avanti». Le si avvicinò con la mano in aria, mentre la bambina la guardava terrorizzata. «Nake Snake Cobra Cobrubara… Removal».
La piccola cadde fra le sue braccia. «Bene, così non ricorderai nulla di ciò che è accaduto. Ho l’impressione che non vedrai più il piccolo Shinigami». Prese la scopa da un piccolo ripostiglio e con Krona in grembo si allontanò dalla casa. Anch’io mi precipitai fuori: mio padre e il Kid bambino erano poco distanti, e assistettero a ciò che accadde in seguito.
«Nake Snake Cobra CobrubaraNake Snake Cobra CobrubaraDragon Flame». Shinigami non ebbe il tempo di fermarla, perché la casa stava già bruciando. Non poteva fermarla, non avendo con sé nessuna Deth Scythe: la strega volò via soddisfatta, e mio padre si coprì il volto von le mani. «Avrei dovuto prevederlo…». Alle sue spalle il me bambino osservava terrorizzato le fiamme avvolgere la villetta, finché il dio non lo rassicurò. «Kiddo – kun, di questo triste giorno tu non ricorderai nulla».
 

 

(Leggete da qui con http://www.youtube.com/watch?v=8KKWJ-l0d2U in sottofondo)

Poi tutto svanì, e mi ritrovai in un prato sconfinato: c’era verde ovunque, e ad est i campi di grano si mescolavano a una moltitudine di papaveri rossi, il cielo era azzurro chiaro, e qualche nuvola bianca spuntava qua e là. Il profumo di fiori e la brezza leggera sovrastavano tutto il resto, il sole splendeva a picco, e si poteva persino sentire in lontananza, nascosto dagli alberi a nord, il rumore dell’acqua di un ruscello.
Accanto a me, seduta sulla terra, c’era Krona.
«Adesso me lo ricordo. Avevo dimenticato le cose più belle, non so come ho potuto».
Mi sedetti accanto a lei. «La magia di Medusa dev’essere stata molto potente». Poggiai i gomiti, osservando il cielo. «Krona, dove siamo?».
Lei si strinse le ginocchia al petto. «Nella mia anima. O almeno, la mia anima da bambina. Ricordo che papà mi raccontava spesso di come ognuno di noi avesse un’anima dentro di sé, un’anima che non era astratta, ma un luogo ben preciso. Immagino intendesse questo».
Osservai di nuovo il paesaggio. Se è un sogno, non svegliatemi.
«Sei stata felice da piccola, allora».
«Prima che Medusa uccidesse mio padre sì, lo sono stata davvero. Io lo…». Si bloccò.
«Lo amavi?», suggerii.
«Sì. Lui era sempre gentile. Sai, mi aveva fatto un peluche di pezza, un coniglio. Diceva che un coniglietto vero avrebbe sofferto a stare in gabbia, che nessuno va privato della propria libertà. Diceva che la libertà è ciò che rende un essere vivente tale.
Medusa non si è mai sentita una madre, ma aveva bisogno di una cavia. Forse se non fossi nata Kaien sarebbe ancora vivo». Iniziò a cacciare fuori le lacrime.
Rimasi senza parole. Il dolore di una vita racchiuso in un momento. Senza pensarci su me la strinsi al petto, cullandola con le braccia.
«Ascolta, Krona Makenshi…».
«Shimizu. Mi chiamo Krona Shimizu», disse a voce bassa.
«Krona Shimizu, io non ho mai pensato per un istante di fermarmi ed affezionarmi alle persone. Quando mia madre se ne andò, promisi a me stesso di diventare forte. Non per me, per lei. E lo sono diventato solo apparentemente, senza riuscire a gestire i miei sentimenti quando avrei dovuto farlo. Poi ho conosciuto Maka e gli altri, loro sono stati i miei primi amici dopo Patty e Liz. E alla fine sei arrivata tu, la figlia di una strega che voleva risvegliare il Kishin, e anche tu mi hai stupito. Perché sei forte e non intendo solo fisicamente: sei forte dentro, hai solo bisogno di qualcuno che ti stia accanto».
Lei alzò gli occhi verso di me. «Ma hai visto anche tu che sono capace soltanto di ferire le persone che mi stanno accanto. Il mio futuro non sarà diverso».
«Ti sbagli. Noi ci conoscevamo già, lo sapevamo prima ancora di ricordarlo. Mio padre conosceva e ammirava il tuo, l’ex partner della madre di Maka. Questo non ti sembra forse destino?».
«Forse. Ma oltre quegli alberi» - disse indicandomi il punto dal quale proveniva lo scrosciare del torrente - «mi attende la follia. Come dovrei uscirne?».
La lasciai andare, alzandomi e porgendole poi la mano perché facesse lo stesso.
«Fai come quando eri bambina. Sii te stessa, con me accanto». Avvampò immediatamente, guardandomi da sotto la frangia storta. «Perché prima hai detto quella cosa?».
Nel frattempo avanzavamo verso il limitare del bosco. «Intendi quando eri avvolta dalle spine?». Annuì. Eravamo arrivati.
Sotto di noi il fiume si muoveva minaccioso, portandosi dietro tronchi e sassi. L’acqua era talmente scura che…
«È Ragnarok. Dobbiamo tuffarci», disse in un soffio lei.
Guardai in basso. Il Sangue Nero scorreva come un animale infuriato.
«Sai, me l’ha chiesto lui di venire a prenderti», confessai stringendole la mano. Le si gonfiarono gli occhi di pianto. «E pensare che fa tanto il duro… Lui che fine farà?».
«Non credo riuscirà a sopravvivere fuori dal tuo corpo». La guardai.
«Beh, visto che sia tu che lui avete fatto tanto per me, è il momento che io ricambi».
Prese la mia mano, stringendola alla sua. «Kid, perché lo hai detto?».
I suoi occhi splendevano come il sole, come le fiamme dell’inferno dal quale l’avrei tirata fuori. «Perché nessuno te l’ha mai detto, perché è la verità».
«Ma nessuno mi ha mai voluta, tranne mio padre».
«Fino ad ora», dissi dandole un casto bacio sul collo che la fece comunque rabbrividire.
«Io ti voglio, Krona Shimizu». Il salto, e poi il buio.
 
 
Krona
 
Perché ti ostini a lottare? Adesso basta, piccola Krona. Sei un giocattolo rotto
No, ti sbagli. Stavolta la voce avrebbe fatto silenzio. Da adesso in poi vedi di chiudere quella dannata bocca, perché mi sono stancata di sentirti dire cose senza senso. Non sei la mia coscienza, non sei niente, e niente sarai mai. Sei solo la follia. Ma sai che c’è?
Sentii la voce singhiozzare, ma la mia mano era saldamente stretta a quella di Kid. No, non sarei più tornata indietro.
Posso benissimo fare a meno di te.
Il silenzio più totale. Allora, è questo ciò che si prova ad essere voluti.
 
 
Death the Kid
 
Quando riaprii gli occhi, Krona era ancora tra le mie braccia, mentre fuori era già scesa la notte. Di Ragnarok  non c’era traccia.
Senza perdere tempo la presi di peso e corsi verso l’infermeria. Nei corridoi dei piani superiori incontrai fortunatamente il professor Stein, il quale mi promise di fare il possibile per lei. Aspettai tutta la notte, fin quando lui uscì e mi comunicò che la situazione di Krona era stabile e che stava reagendo bene alle cure.
Con il suo permesso andai a visitarla, trovandola pallida come un cadavere.
«Kiddo – kun, Ragnarok è venuto a dirmi addio».
La guardai curioso. «Che intendi dire?».
«Nel mio sogno. Ci siamo salutati come si deve, infatti mi fa male la testa», disse lasciandosi scappare un sorriso. «Mi manca, davvero. Ma adesso andrò avanti, per lui e per me». La vidi animarsi di un nuovo spirito, qualcosa di simile alla speranza.
«Non dimenticarti di me», le dissi baciandola sulla guancia. Mi regalò un sorriso sincero.
Forse è ancora presto per dirlo, ma sembra che adesso anche lei sia felice.
 
 
Krona
 
Kid non sarebbe più potuto andare lì. Ma un giorno gliel’avrei detto che le mie due anime, quella della Krona bambina e quella della Krona ragazza, avevano dato vita ad un magnifico bosco disseminato di cascate e rose bianche e nere.
Adesso e per sempre, sei parte della mia anima.




 




N.d.A. Il capitolo è stato un massacro TT____TT
Scusate il ritardo rispetto ai giorni precedenti, ma scrivere questo chappy è diventata una lotta con me stessa. Ammetto che non è riuscito come speravo, ma ciò che volevo mettere in risalto credo di averlo mostrato.
Ohi ma BUONA PASQUA!!!! XD Dicevo... beh spero vi sia piaciuto.
Preparate i fazzoletti per il prossimo capitolo, perchè dovrete contenere l'abbondante flusso di bava e nosebleed *^*
Baci, e ricordatevi di recensire ^___^
-Yuki♥

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Capitolo 7
*** 6 . Quando il gatto non c'è, i topi ballano ***


Una settimana dopo

 
«Ma dai Krona, non farla più difficile di come sembra. È soltanto un invito a cena».
«S- si ma saremo solo noi due. Non saprò come comportarmi…».
Un giorno come tanti altri alla Shibusen, pausa pranzo. La mensa era gremita di studenti come sempre, io e le altre ci stavamo dirigendo al  tavolo discutendo del più e del meno.
«Ma te l’ho detto, Kid è un gentiluomo. Non si azzarderebbe mai a toccarti». Avvampai.
«N- non è quello che mi preoccupa. È che non so cosa dirgli, come vestirmi… non so neanche se devo andarci o no». Però non avrei nulla da ridire se mi toccasse…
Liz sospirò rassegnata. «Maka ti prego convincila tu». La ragazza con le codine mi abbracciò da dietro affettuosamente.
«È normale che tu non sappia come comportarti. Lui ti piace, è comprensibile. E così per tutti».
«Ah, si? Tsubaki – chan, tu che ne pensi?».
«Beh, è semplice no?», mi voltai per vedere chi avesse risposto per lei: era soltanto la gatta di Maka e Soul. «Seducilo e il resto verrà da sè».
Le ragazze scoppiarono a ridere mentre io arrossivo in maniera abbastanza vistosa, non solo per la sua affermazione, ma perché lui era lì fuori.
Dopo il mio “tentato suicidio”, se così poteva definirsi, sia io che Kid riuscivamo a percepire le lunghezze d’onda delle anime reciproche, ciò nonostante io non fossi più una Meister. Ragnarok se n’era andato così com’era apparso, in silenzio e senza lasciare traccia.
Per il momento Shinigami – sama mi permetteva di restare all’interno dell’accademia come studentessa, ma avrei dovuto trovare in fretta un'altra Weapon se volevo continuare a frequentare la Shibusen.
Non avevo idea di come riuscissimo ad usare in quel modo la Soul Perception: l’ipotesi di Kid era basata sul fatto che fosse entrato nella mia anima, e di conseguenza io avessi “memorizzato” la sua, in un modo molto simile alla volta in cui Maka mi tirò fuori dalla follia la prima volta. Ecco perché sapevo sempre esattamente dove fosse.
Mentre noi scherzavamo all’interno della sala, lui stava nel grande cortile d’ingresso, e per un’altra settimana non sarebbe potuto entrare. Da un lato mi dispiaceva per lui perché quel casino l’avevo causato io; dall’altro ero davvero felice che avesse preso le mie difese, e ogni giorno quando veniva a prendere Patty e Liz non mancava di domandarmi di come si stesse comportando Hiro, minacciando di farlo fuori se solo provava a guardarmi.
I suoi comportamenti in quella settimana divennero ancora più bizzarri del solito: ero guarita tanto velocemente da insospettirlo, e puntualmente si fissava perché io accompagnassi con lui le sorelle Thompson a casa, ed ogni giorno mi riaccompagnava di nuovo a scuola. La sera prima però mi aveva fatto due proposte che sinceramente mi terrorizzavano.
«Ehm, sai Krona… ho parlato con mio padre». Iniziai a sudare. Oh signore che gli ha…
«Io ho una villa molto grande, e ci stiamo solo io, Liz e Patty. Quindi mi domandavo… perché non vieni a vivere con noi? Non mi va di lasciarti in quella specie di cella».
Senza sapere come, iniziai a piangere. Aveva già fatto tanto per me, adesso anche quello.
«Senti, non devi rispondermi su due piedi. Vieni a cena da me domani sera, così ti mostro la casa e vedi come ti trovi, e sarai liberissima di accettare o meno».
Il suo sorriso mi rassicurò tanto da farmi annuire. Ma c’era un problema ben più grande.
«Maka, dovrei parlarti. Hai un momento?».
Dopo aver pranzato la trascinai in uno dei balconi della Shibusen, cercando di riorganizzare i pensieri prima di parlare. «Dimmi».
Sentii la bocca impastarsi. «Maka… sono attratta da Kid».
Lei ridacchiò. «Ah ma questo l’abbiamo capito tutti, lui compreso». Un altro nodo alla gola. «Io intendo… fisicamente…». Nell’istante di silenzio che seguì Maka si voltò verso di me, e in un lasso di tempo che sembrò protrarsi all’infinito riuscì a capirmi. «Ah».
Istintivamente mi coprii il volto. Merdamerdamerda….
«Adesso capisco perché oggi le parole di Blair ti hanno turbata», disse appoggiandosi al davanzale. Rimasi seduta con la schiena contro il muro. «È normale?».
«Certo. Tu sei una ragazza, e lui un ragazzo. Succede a tutti».
«Anche a te?», domandai. Lei si limitò a sobbalzare. «Ti prego Maka, dimmelo! Vorrei essere più tranquilla per stasera».
Si grattò la testa e scivolò accanto a me, avvicinandosi al mio orecchio. «È un segreto, non devi dirlo a nessuno».
«C- certo. Lo prometto».
Divenne ancora più circospetta. «Io… io di notte vado a guardare Soul che dorme».
Rimasi un po’ spiazzata. «E che c’entra con il discorso?».
Maka si alzò di scatto, volteggiando a destra e a sinistra. «Se lo vedessi! È così terribilmente carino quando dorme, con il cuscino abbracciato come un peluche! Ma allo stesso tempo è davvero sexy, sempre senza maglietta… aaaahhh!!!».
«Maka cosa sono quei fiorellini che escono dal tuo corpo?». Lei si limitò ad agitare le braccia dicendo cose a me sconosciute come “kawaii” e “moe moe”.
«Il punto è» - disse tornando seria - «sei innamorata?». Quasi caddi a terra.
«Cos’è l’amore?».
Tornò pensierosa. «L’amore è quando non puoi fare a meno di una persona, quando stai male davvero se manca, quando non è felice. Almeno così mi ha detto una volta mia madre».
Alzai gli occhi al cielo. È dello stesso colore di quello che c’era dall’altro lato.
«Maka – chan, io voglio che Kid sia felice. Desidero essere la persona che lo farà sorridere».
Lei si limitò ad annuire, da buona amica qual’era. «Non vedo l’ora di vederlo, quel sorriso».
Ridendo ritornammo in classe per sorbirci altre quattro noiose ore di lezione con Stein.
 
 
 
Distrutti dalla solita mole di compiti del professore, ognuno di noi aveva voglia di tornarsene a casa. «Krona – chan, se vuoi posso prestarti qualcosa per stasera. Perché non vieni a casa nostra? Potrebbe non sembrare, ma Black Star è davvero bravo in cucina», mi disse gentilmente Tsubaki mentre ci dirigevamo all’ingresso principale.
«Ma… non vi darò fastidio?».
Black Star mi spinse dalle spalle. «Ma che stai dicendo! Un dio è sempre felice di avere ospiti alla sua tavola, yatta! Hahahahaah!».
«Lascialo perdere. Allora, vieni?». Me lo domandò così gentilmente che non riuscii a dirle no. «Allora è deciso. Black Star, vedi di cucinare bene».
«Come sempre, mia signora». Mi venne da ridere. Anche se non lo dicevano apertamente, sapevamo che quei due stavano insieme, bastava guardarli per capirlo.
Andai a sbattere contro qualcosa. «Non ci accompagni oggi?».
Mi allontanai di un paio di metri. «K- Kiddo – kun. Tsubaki mi ha appena invitata…».
«Se sai dove abitiamo puoi tranquillamente accompagnarla lì». No Tsubaki – chan, anche tu… questa dev’essere una cospirazione.
«Bene. Andiamo, ragazze?». Salutai velocemente i miei amici, ricevendo un “coraggio” sussurrato da Maka, e presi la strada verso la residenza Shinigami per la settima volta.
«Sono sette giorni che percorro la stessa strada», dissi persa nei miei pensieri.
«Il sette è un numero asimmetrico. Facciamo in modo che ci sia almeno un’ottava volta, Krona –chan». Il suo sorriso unito alla strana abitudine che si era preso di chiamarmi in quel modo mi sciolsero. Silenziosamente lo seguii, parlottando di tanto in tanto con le sorelle. Lui stava sempre dietro di noi.
Dopo dieci minuti buoni di camminata arrivammo alla villa, e dire che l’avevo vista ogni giorno nell’ultima settimana, ma non smetteva di intimorirmi. Non era eccessivamente grande, ma sempre enorme per i canoni di Death City: immaginai che all’interno dovesse essere ancora più spaziosa. E io dovrei vivere in un posto così?
Mi tolsi subito quell’idea dalla testa. Ma tanto rifiuterò, è inutile preoccuparsi.
«Nyan, Krona ci si vede a scuola, eh!», disse Patty entrando allegramente in casa seguita a ruota dalla maggiore.
«Sai dove si trova casa di Tsubaki?». Kid si voltò verso di me.
«Certo. Ti ci porto». Senza nessun timore mi prese per mano. Ecco come morì Krona Shimizu, colpita da un infarto giovanile.
Molti passanti si voltarono al nostro passaggio. «Kid, ci fissano tutti».
Si fermò guardandomi. «Te ne importa qualcosa? Lasciali guardare», poi riprese a camminare come se niente fosse. Shinigami – sama approverebbe tutto questo?
«Eccoci». Mi limitai a rispondere con un oh di meraviglia.
Era davvero bella la casetta, il pieno stile giapponese. Il tetto mi ricordava una pagoda vista in un libro di Maka, e le porte scorrevoli erano coperte per metà da morbide tende verdi.
«Ti piace, vero?», mi chiese Kid. Feci cenno di sì, ancora a bocca aperta.
«Quando ero piccolo andavo spesso in Giappone con mia madre, e ci fermavamo sempre in un piccolo villaggio costiero dell’ Hokkaidō. Mi piacerebbe portarti lì, un giorno».
Mi voltai scioccata. «Eh?! F- fino in Giappone?».
Si avvicinò fino a sfiorarmi il volto con il naso. «In capo al mondo non è abbastanza?». Senza badare ai tremori violenti che mi scuotevano mi baciò sulla guancia e si allontanò. «Vengo a prenderti a scuola alle otto. Non farti aspettare troppo». Sparì prima che avessi il tempo di rispondergli. La mia ultima speranza è Tsubaki.
Mi venne incontro Black Star in camicia e pantaloncini. «Yahoo!! E bravo Kid, hai capito come va al sodo? “In capo al mondo non è abbastanza”? Ma quanto zucchero, oooooh!». Fui immensamente grata a Tsubaki che lo riportò in casa. All’interno era ancora più graziosa: il pavimento di parquet scuro contrastava con i mobili e le pareti chiare, rendendo l’ambiente più luminoso; al muro erano appesi quadri e stendardi con incomprensibili scritte in giapponese, e qua e là c’erano vasi colmi di fiori.
«Perdonalo, Krona, a volte fa così. Abbiamo pensato di farti assaggiare qualcosa di tipico del nostro paese, ti va?».
«Non posso rifiutare il pranzo cucinato da un dio no?». Sorrisi rivolgendomi al ragazzo. «Vedrai, la mia cucina è talmente sublime che mi chiederai il bis».
Insieme a Tsubaki apparecchiai il piccolo tavolino, perché “è tradizione giapponese mangiare in ginocchio”, disse lei.  Black Star intanto trafficava ai fornelli, osannando la sua persona ad alta voce.
Mi fece una lista dei piatti che aveva preparato: in particolar modo mi colpirono i takoyaki, degli spiedini di polpo molto saporiti, e i mochi, dolcetti di riso al cocco ripieni di crema e marmellata. «Sei davvero bravo quando ti ci metti», dissi mentre lo aiutavo a pulire.
«Desidero rendere felice Tsubaki – chan». Aveva cambiato tono di voce ed espressione. «Lei deve essere felice, se lo merita. Sarò sempre presente per lei». Si girò imbarazzato.
«Ma… questo non dirlo a lei». Certo che l’amore rende le persone strane.
Gli diedi un colpo in testa. «Sono sicura che lei questo lo sappia già». Lo lasciai con la faccia di uno che non ha capito per nulla il discorso.
Tsubaki era nella sua stanza, intenta a mettere sottosopra l’armadio. «Che fai?».
«Cerco qualcosa che ti vada bene. Per l’altezza non dovrebbero esserci problemi, ma tu sei decisamente più magra di me».
«E non ho le tette», dissi mestamente.
«Fidati, a volte vorrei non averle io». Sbuffò tornando a cercare un abito che mi stesse decentemente. «Ehi, tu lo ami Black Star?». Sbattè la testa contro una mensola.
«P- perché una domanda del genere?».
Mi appoggiai accanto al suo letto – futon l’aveva chiamato. «Vedo… come un’intesa particolare fra di voi che non riesco a spiegarmi».
«Noi vogliamo che l’altro sia felice, e facciamo di tutto perché lo sia. Non c’è nulla di speciale».
«Ma questo non si fa anche tra amici?».
Si voltò per un attimo. «Pensa a Soul e a Kid. Se dovessi baciare uno dei due, chi sceglieresti?». Sentii le guance bollenti.
«Ecco, è quella la differenza. Nessuno può dirti se sei innamorata o no, è qualcosa che solo tu puoi sentire. È per questo che fa paura, perché è nuovo per chiunque».
Restai a rimuginare per un bel pezzo sulle sue parole, poi fui costretta a provarmi interminabili pile di vestiti, tutti troppo grandi o impossibili da riempire con il mio seno praticamente assente. Notai lo sguardo insistente di Tsubaki mentre mi sfilavo un vestitino verde. «Cosa ho che non va?».
«Stavo pensando che hai davvero un bel fisico, Krona». Arrossii come sempre.
«M- ma che dici, Tsubaki – chan…». Lei mi spinse davanti allo specchio. «Guarda».
«N- non mi piacciono gli specchi».
«Fidati. Apri gli occhi». Ma sì, tanto vale ammetterlo che sono storpia.
Pensai che avrei dovuto ricredermi.
Non avevo mai fatto caso al mio corpo prima d’ora. Però in quel momento riflessa sul vetro c’era una ragazza che si poteva definire bellina. Sentii tirare la targhetta del reggiseno.
«Una terza, eh? Mica male. E poi guardati, i tuoi fianchi sono larghi al punto giusto, non c’è nulla di strano in te. Anzi, inizio a capire l’interesse dei ragazzi nei tuoi confronti».
Fissai ancora l’immagine nello specchio. «Tsubaki – chan, e se io non dovessi piacergli?».
«Parli di Kid? Ma se si vede a un miglio che è cotto! Non preoccuparti, andrà bene». Tornò alla ricerca lasciandomi in piedi lì. Mi fiderò di Tsubaki – chan, stavolta.
 
 
Contemporaneamente, residenza di Kid e delle sorelle Thompson
 
 
Liz
 
Che diamine, mi da sui nervi.
A volte Kid riusciva davvero a essere insopportabile. Quel pomeriggio era in fibrillazione per l’incontro della sera, e non la smetteva di correre su e giù controllando che tutto fosse perfetto e simmetrico. Dovevo ammettere comunque di averlo visto pochissime volte tanto stressato, e mai per un appuntamento.
«Kid smettila di farti mille paranoie. Solo tu farai caso a tutti questi dettagli».
«Patty, dì qualcosa!», disse a mia sorella.
«Se ti piace devi semplicemente dirlo e basta. Se le piaci non guarderà nient’altro che te».
Si calmò. Patty aveva davvero la capacità di stravolgere l’umore di Kid con poche parole.
«Bene, allora vado a prepararmi», e andò al piano di sopra.
«Ti ringrazio per averci liberato di lui».
«Oh no, nee – san. Sarà lui a liberarsi di noi».
«C- che stai dicendo, onee – chan?».
«Non te l’ho detto? Stanotte Tsubaki ci ha invitate ad un pigiama party».
Alzai un sopracciglio. «E questo Kid lo sa?».
«Hihi, ovvio che no!».
Questo è un male.
 
 
 
Krona
 
Dopo una serie infinita di tentativi, Tsubaki trovò un vestito che aveva utilizzato l’anno precedente per il Carnevale.
«Krona – chan, sei stupenda. Voglio il parere di Black Star».
«N- no, riderà di me…». Troppo tardi, perché lei l’aveva già portato nella stanza. Mi coprii gli occhi, rossa di vergogna: due mani maschili mi presero per i polsi.
«Krona, potresti sorridere un attimo?». Ci provai, anche se con scarsi risultati.
«Ehi, ma lo sai che sei davvero bella quando ti ci metti?». Rimasi spiazzata. Alle sue spalle, Tsubaki ridacchiava divertita.
Mi sentivo un po’ stupida a dire il vero. Il leggero abito nero mi ricadeva addosso come un sacco, e il nastro blu stretto in vita mi diede l’impressione di farmi sembrare enorme. Il corsetto del vestito mi permetteva a stento di respirare. Senza contare le spalle scoperte e i trampoli che Tsubaki mi aveva fatto mettere ai piedi.
«Mi sento un’idiota».
«Sei una favola», mi rassicurò lei. «Ah, ora che ci penso… perché ha l’intimo in pizzo?».
«Veramente… me l’ha consigliato Marie – sensei». Cambiò immediatamente espressione.
«Dovevo immaginarlo. Be, poco importa. E adesso, il tocco finale». Mi fece sedere a terra, iniziando a pettinarmi i capelli.
«Sono sicura che un giorno sarai un’ottima madre, Tsubaki – chan».
«Krona, sono certa che sarà lo stesso per te».
Legò la frangia sfuggente sulla testa con delle mollettine scure. «Si vedranno gli occhi».
«Facciamo in modo che brillino, eh?». Ancora silenzio. Si mise ad armeggiare poi con una valigetta piena di boccette.
«Ti va se ti metto un velo di ombretto? Ah, non sai cos’è. Guarda, chiudi gli occhi».
Sentii un pennello muoversi sulla palpebra. «Che ne dici?».
Allo specchio potevo vedere un cerchio di blu – viola circondarmi l’occhio.
«Puoi fare lo stesso dall’altro lato?», domandai. Il suo sorriso bastò a farmi contenta.
 
Ed eccomi alle sette e trenta pronta in perfetto orario. Improfumata e coperta da un maglione prestatomi da Tsubaki, raggiunsi la Shibusen accompagnata da Black Star.
«Krona, non essere tesa. Vedrai che andrà tutto bene», disse cercando di calmarmi.
«Grazie, sempre che non gli salti addosso appena lo vedo». Ma che sto dicendo?!?
Mi girai coprendomi la bocca con le mani per incontrare lo sguardo sconvolto di Black Star.
«Hahahah, eccola qua Krona – chan! E dire che ti credevo tanto santarella… meglio così. Vedi, Kid per quanto possa essere gentile ed educato resta un uomo. Non credo che si saprebbe comportare in una situazione del genere, con te soprattutto».
Rabbrividii. «C- che vuol dire?!». Sospirò.
«Vuol dire che è tardi e devo tornare dalla mia aiko. Divertiti, eh!». E volò via come il vento.
Perfetto. Questa è la serata ideale.
Il cielo iniziò a tuonare lasciando presagire l’arrivo del temporale
 
 
 
Death the Kid
 
«Eh? Cosa? Dove andate?». Liz e Patty erano sulla porta con i borsoni in mano.
«A casa di Tsubaki – chan. Mi dispiace, party per sole donne».
«E Black Star?».
«Va da Soul».
Ecco come la mia serata iniziò ad andare nel verso sbagliato.
«Ma non potete abbandonarmi, non stasera». Stavo supplicando.
Liz mi diede una pacca sulla spalla. «Buona fortuna, rubacuori!».
Quando riaprii la porta, loro erano già sparite. Beh, tanto vale che vada anche io. Presi la giacca e mi feci coraggio. D’altronde, cosa mai poteva andare storto?
Mi inoltrai nella fredda sera di Death City. Passeggiata, cena e una bella chiacchierata.
Andrà tutto come programmato.
 
 
Krona
 

Erano passati pochi minuti da quando Black Star se n’era andato. Iniziò a piovere a dirotto, tanto che salì pure la nebbia e non vidi più a un palmo dal naso. Forse non verrà.
Vidi una sagoma avvicinarsi da lontano: Kid.
«È da molto che aspetti?», mi domandò senza riuscire a vedermi bene.
«No, sono appena arrivata».
Mi porse la mano. «Andiamo, se resti fuori con questo tempo ti prenderai il raffreddore».
Affidandomi alla sua stretta sicura mi lanciai in mezzo all’acqua scrosciante. Non sentii il freddo che mi trapassava la testa, né l’acqua che mi bagnava le gambe. C’era soltanto la sua mano e la mia, e con quella certezza avrei potuto andare ovunque, anche un po’ più in là del Giappone.
 
 
Il temporale si fece più violento subito dopo il nostro ingresso nella villa. Cercai di sfilarmi il maglione, ma quello che vidi mi bloccò.
Per la serata Kid si era messo un elegante completo azzurro chiarissimo. La cravatta bianca gli spuntava da sotto il colletto della camicia nera appena sbottonata, mettendo in risalto i tendini del collo. Era sotto ogni punto di vista un dio.
Scioccata da quella scena fui costretta a voltarmi dall’altro lato per non guardare. 
Questa è follia bella e buona.
 
 
Death the Kid
 
Quello che doveva essere un appuntamento romantico era iniziato nel peggiore dei modi. Ormai bagnati fradici, i miei vestiti avevano perso ogni forma. Dannazione, non farti distrarre da questa fissa. Pensa a lei, che avrà più freddo di te.
Mi voltai per chiederle come stava. Le parole non raggiunsero mai le labbra.
Era avvolta in un abito gotico nero: un corsetto le stringeva dolcemente il petto chiudendosi sulla schiena con un’infinità di laccetti, più in basso una fascia blu scuro le metteva in risalto il ventre piatto. La gonna appena sopra il polpaccio era piena di pizzi e motivi complicati, e i piccoli piedi erano avvolti fino alle caviglie da sandali vertiginosi ricchi di stringhe. Ma la parte migliore doveva ancora venire.
I capelli che solitamente le ricoprivano la fronte erano stati raccolti all’indietro, così da mostrare gli occhi in tutta la loro bellezza; e le varie tonalità di colore sulle sue palpebre, dal blu ceruleo al violetto al nero non facevano che renderli se possibile ancora più magnetici. In definitiva, non riuscivo a trovare un termine per descriverla.
«Non ci sono Patty e Liz». Non era una domanda.
Mi risvegliai da quei pensieri. «Hanno detto di andare da Tsubaki».
Lentamente Krona si sfilò il maglioncino dalla testa. Calmati, non sei quel genere di persona. L’istinto però stava prendendo il posto della ragione, di nuovo.
«Ah. Quindi siamo soli». Le si chiazzarono le guance.
«Ti dispiace?». Domandai togliendomi la giacca. Alcuni dei bottoni della camicia erano saltati. Non ricevetti risposta. «Krona, che…».
Per la prima volta sentii un nuovo brivido salirmi su per la schiena.
 
 
Krona
 
A stento lo stavo a sentire. Ero troppo concentrata su come scappare da quella casa, magari inventando una scusa. Purtroppo non ebbi il tempo di fare nulla.
«Ti dispiace?». Non seppi più rispondere. Fissai come incantata lo Shinigami, che si era appena tolto la giacca lasciando in mostra un’ampia porzione di pelle nuda sotto la camicia semi – aperta. Sapevo solo che lo volevo, punto. Quel desiderio era talmente forte da farmi girare la testa. Era il caso di perdere il controllo?
Troppo tardi in ogni caso.
 
 
Death the Kid
 
«Krona?». Stava lì a guardarmi con i suoi occhi bellissimi, uno sguardo rovente. Come se mi stesse scavando un pozzo dentro. Tutto avvenne in pochi secondi.
Krona lasciò cadere il maglione a terra, venendo verso di me. Si aggrappò alle mie spalle e come se nulla fosse mi baciò. Ma non fu quello a darmi alla testa.
Fu il desiderio che riuscii a percepire attraverso la sua lunghezza d’onda, attraverso il suo profumo, e anche dalla passione con cui mi baciava. Devo essere all’inferno, fa caldo.
Quando si staccò per riprendere fiato, la guardai negli occhi. Merda.
Erano vivi. Ansiosi di qualcosa, e immaginavo di cosa. È impossibile…
«Kid ti prego, ho fatto la brava finora. Io mi vergogno per questo tipo di sentimenti, ma… non riesco a fingere». Mi mangiava con gli occhi. Sono nei casini.
Purtroppo anch’io ero a un passo dal perdere ogni mio freno. La sua voce suadente continuava a pregarmi, spingendomi verso le scale, sulle quali caddi con un tonfo.
Sentii il cuore saltare parecchi battiti quando si sedette sopra di me, iniziando a leccarmi il collo. Porca. Miseria.
Da lì passo all’orecchio, mordendolo piano; fu riservata la stessa tortura alle labbra. «Krona, basta ti prego».
«Dimmi che non ti piace», sussurrò tornando sul collo.
«Tu… tu mi fai impazzire, ma…». Non sapevo neanche io che scusa accampare.
«Ma… ?».
La verità era che la amavo, e la volevo in tutti i sensi. E lei mi stava portando di corsa sul punto di non ritorno, un treno pronto a deragliare da un momento all’altro.
Si fermò imbarazzata. «Kiddo – kun, fai l’amore con me».
Sincera, diretta. Finalmente hai rotto la corazza.
Non so cosa mi sbloccò: forse l’espressione adorabile sul suo volto, un misto di provocazione e sconvolgimento emotivo, o forse il fatto che stesse proprio accavallata sopra di me. È andata.
Ricambiai con foga il bacio di poco prima, aiutandola ad alzarsi. Glielo domandai ancora.
«Sicura?». Lei mi spinse contro la ringhiera, famelica della mia bocca.
«Ti prego». In quel preciso istante, impazzii.
Afferrai la sua mano e la portai al piano di sopra. Terza stanza a destra: camera mia.
La portai dentro, chiudendo la porta e spingendocela contro, cercando ancora il contatto, la sua pelle sulla mia.
«Nhh… Kid, sai perché non ho permesso ad Hiro di toccarmi?».
Mi fermai per ascoltarla, per vedere il suo sorriso allargarsi. «Volevo che fossi tu a farlo».
Un altro duro colpo al mio autocontrollo di ferro. Mi abbassai davanti a lei slacciandole le scarpe, piano. Il tempo non ci manca.
La feci voltare di spalle e risalii sfiorandole i polpacci con il naso, strappandole dei gemiti soffocati. Trovai il nastro dell’abito, e sfilai anche quello. Poi passai al corsetto, trovando un paio di difficoltà nel districarmi fra i nodi. Iniziai a baciarle la pelle della nuca, poi vicino alle spalline del reggiseno. La sua pelle era ancora bagnata. Profuma di rosa.
«Posso toglierti il vestito?». Annuì.
Con un gesto fluido abbassai il tessuto fino a farlo cadere per terra. pregai che in quel momento qualcosa mi portasse via, perché ero al limite della sopportazione.
Reggiseno e slip, entrambi di fine pizzo nero, su un corpo spaventosamente perfetto. Ogni curva scavata nella pelle avorio, le ossa del bacino leggermente sporgenti, la forma del seno a coppa. «Guardami, Krona».
Lei piano si voltò, rossa in viso. «K- Kid, io sono…».
«Tu sei la donna che mi sta facendo perdere il controllo», dissi interrompendola. «Quindi, che ne dici di farmi togliere un paio di vestiti prima che perda qualunque idea logica?».
Senza parlare si gettò sulle mie labbra, catturandole di nuovo. Distrattamente mi aprì la camicia lasciando poi che sia le sue mani che la sua lingua scorressero sul mio petto.
La follia era più che mai alle porte.
Scese ancora per togliermi i pantaloni, trovandosi pericolosamente vicina alle mie parti intime. Dio, questi pensieri… che mi prende?
In un attimo rimasi in boxer. Krona passò la lingua attorno al mio ombelico, procurandomi una serie di brividi incontrollati. Poi, qualcosa cambiò.
Mi spinse verso il letto costringendomi a sdraiarmi. «Kid, quando tu mi tocchi io… io mi sento importante. Voglio che tu senta la stessa cosa».
La vidi un po’ titubante. Questo perché non avevo idea di cosa le passasse per la testa.
Fu tutto molto veloce: le sue mani mi spinsero contro le lenzuola scure, le sue mani strinsero l’elastico dei boxer. Pochi istanti, e lei era già lì a succhiare.
Non avrei mai immaginato di poter provare un’estasi simile. Lasciai che continuasse senza rendermi conto del tempo che passava, totalmente assorbito dal piacere. Ad un certo punto, non mi trattenni più. «K- Krona… spostati».
«No, va bene così». Non passò molto tempo. Ebbi l’impressione di spaccarmi in due.
Mi rimisi seduto per guardarla in viso: era tutta sporca, ma ciò anziché irritarmi mi fece ritornare la voglia.
«Adesso tocca a me». La tirai sul letto, poggiandole la testa sui morbidi cuscini.
Delicatamente le abbassai le spalline del reggiseno baciando la pelle attorno alle coppe, giocando poi con le dita attraverso il tessuto nero, stuzzicando i capezzoli. Sotto di me lei si agitò, inarcando la schiena contro il mio corpo. Quanto riesci ad essere bollente, Krona?
Slacciai quell’indumento ormai superfluo, passando la mia lingua sulla sua pelle. Ogni contatto le provocava nuovo gemiti, ogni bacio la accendeva sempre di più.
La toccai ovunque, come per marchiarla, per renderla mia. Poi andai più in basso, mordendole il pizzo attorno alla vita, accarezzandole l’interno coscia. E lei gemeva.
Sentii un richiamo irresistibile, ma avrei aspettato. Lei viene per prima.
Le sfilai le mutandine, respirandone il profumo. Odore di Krona.
«Che fai?!», chiese lei, imbarazzatissima.
«Ti rendo il favore». E la mia lingua scomparve fra le sue gambe.
La sentii urlare davvero, urlare il mio nome, tante volte. Mi spinse anche la testa più in basso. Non ne hai mai abbastanza, pensai.
Solo dopo un’adeguata tortura la lasciai libera, baciandola appassionatamente.
«Kid, ti prego. Fino alla fine».
Certo, ti darò tutto me stesso.
Piano, pianissimo, le allargai le gambe, abbracciandola allo stesso tempo. La guardai. Sarei potuto sprofondarci, nei suoi occhi. Mi spinsi dentro di lei.
Il suo viso tradì un dolore nuovo, terribile. «Krona…».
«Continua», rispose.
Le prime spinte furono un’agonia, ma ciò che venne dopo di certo ne valse la pena.
Dio, come urlava. Le sue unghia mi laceravano la pelle della schiena, ma sinceramente non mi importava. Urlava e si muoveva insieme a me. Krona era selvaggia, indomabile.
Nessuno la conosceva davvero, nessuno.
Arrivai al limite, così come lei. La penetrai per l’ultima volta, cadendo stremato sul letto, tenendola stretta fra le braccia.
«Krona Shimizu, mettitelo bene in testa. Io. Ti. Amo. Capito?».
Mi voltai in tempo per vederla sorridere. «Io ti amavo già da un pò».
E non ci fu più il tempo di dire nulla, perché la notte piovosa ci trovò abbracciati nel sonno, nel disperato tentativo di tenere insieme due vite aggrappate a quella parola.
Amanti







N.d.A. NOSEBLEED VIOLENTO IN CORSO!!! *T*
Eccomi, a quanto pare la notte fa strani scherzi -.-" comunque sia, questo capitolo è stato desisamente HOT da scrivere, oh cielo!! Ci ho impiegato ben 7 ore... spero come sempre che vi sia piaciuto ^^ e perdonate l'eventuale presenza di Orrori grammaticali...
Un grazie particolare va a Giulia, che ha spettato tanto di leggerlo *w*
Oyasumi nasai (io dopo questa visione bollente di Kid non dormirò di sicuro *sBav*)
-Yuki♥

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Capitolo 8
*** 7. Home ***


Piccola premessa: perdonate se il capitolo è un pò corto, ma ho dovuto separarlo dal prossimo (che sto ancora scrivendo -.-).
Buona lettura ^___^

 



Liz

Il pigiama party era stato uno spasso. Senza i ragazzi tra i piedi, noi ragazze ne avevamo fatte di tutti i colori, riempiendoci di pizza, patatine e birra. Non c’è che dire, proprio quello che mai ci si aspetterebbe dal gentil sesso.
Alle nove in punto sarebbero iniziate le lezioni, ma quella scema di mia sorella aveva dimenticato i libri a casa e fummo costrette a tornare alla villa. Mi domandavo come fosse andata la serata di Kid, se fosse sopravvissuto alla sua paranoia per la simmetria.
La residenza sembrava tranquilla, molto probabilmente lui era ancora nel mondo dei sogni. «Ohi nee – san, lo sveglio?», mi domandò Patty.
«Sì, chi lo sente se fa tardi a scuola…». E lei sparì al piano superiore.
Avevo appena iniziato ad imburrare un toast quando la mia sorellina mi chiamò bisbigliando. «Psss, Liz! C’è una cosa che devi vedere».
Posai il pane sul tavolo. «Sarebbe?». Senza rispondere mi prese per mano e mi portò davanti alla porta della stanza di Kid. «Fai piano». Era socchiusa.
La prima cosa che vidi fu una massa di stoffa scura proprio vicino all’ingresso della camera: più in là un paio di scarpe da donna. Iniziai a sudare freddo.
Spostai ancora lo sguardo sulla camicia nera buttata in un angolo, sui pantaloni lasciati casualmente sulla sedia, ad un elastico per capelli vicino al bordo del letto. Spinta dalla curiosità aprii la porta senza fare rumore.
Ecco, la mia faccia assunse un’espressione tipica da manga, quando il personaggio si trova in una situazione oltremodo imbarazzante e la bocca arriva fin sotto i piedi riempiendosi di bava, e il naso non smette più di sanguinare. Patty sogghignava dietro di me.
«Hehehe, la serata gli è andata piuttosto bene, no?». Mi buttai su di lei.
«Buaaaah!! Copriti gli occhi, sorellina! Non guardare, non guardare!».
«Ma tanto ho già visto tutto!». Perché tutto era praticamente in mostra: i vestiti che Kid solitamente impiegava ore per piegare e sistemare sparsi per terra, un paio di mutandine in pizzo lanciate sulla lampada del comodino, roba varia qua e là. Ma soprattutto, Kid sdraiato scompostamente sul letto e Krona che dormiva accoccolata al suo petto, coperti a stento dalle lenzuola.
«No tu non hai visto niente! Dimentica se hai visto qualcosa!», le urlai tentando di nasconderle quella scena. Dietro di me sentii lo strusciare della stoffa.
«Liz, Patty, che diav…». Kid guardò me, poi mia sorella, poi la ragazza accanto a lui.
Non saprei descrivere la sua faccia, divenne paonazzo e rimase con la bocca aperta tentando di dire qualcosa. Lo squadrai con occhi accusatori, ma mi soffermai su Krona. Dormiva beata, con un accenno di sorriso, come se non potesse più accaderle niente. Come se la sola presenza di Kid la facesse sentire al sicuro.
«P- posso spiegarvi…», cercò di dire.
«Idiota, almeno sistema dopo». Lui rimase imbambolato, piegando la testa di lato.
«Liz, faremo tardi a scuola! Ciao Kiddo – kun, divertiti eh!». Colsi un vago doppio senso nelle parole di Patty; prima di richiudere la porta gli rivolsi uno sguardo divertito.
«Mi sa proprio che tuo padre non potrà più chiamarti ometto». Osservai soddisfatta la sua reazione scoppiando a ridere, mentre con la mia sorellina uscivamo dalla villa.
Ne vedremo delle belle.
 
 
 
Death the Kid
 
Non riuscivo a crederci. Le mie partner mi avevano sorpreso a letto con Krona.
Il cuore non si decideva a calmarsi, considerando che l’accaduto era stato irrimediabilmente, drammaticamente e altamente imbarazzante e scandaloso. Solo quando sentii chiudersi la porta di casa ritrovai la tranquillità.
Gettai uno sguardo sul letto: Krona riposava con il capo e le braccia appoggiate al mio petto, respirando al mio stesso ritmo; i capelli avevano perso ogni residuo di forma propria, ma il trucco sugli occhi non era sbavato. Le sue gambe erano intrecciate alle mie, il calore della sua pelle come una droga. La osservai a lungo dormire così in pace, accarezzandole la schiena e la chioma violetta, dandole dei piccoli baci sulla fronte.
Soltanto quando mosse un poco la gamba mi sentii mancare. Eravamo ancora nudi, e il suo ginocchio combaciava perfettamente con il mio basso ventre. Il desiderio della sera prima minacciava di impossessarsi nuovamente della mia testa.
Mentre mi concentravo per pensare a tutto fuorché a quello lei si stropicciò gli occhi.
«Ehi, buongiorno», le dissi.
Per un istante lei sorrise, poi come risvegliandosi da un bel sogno divenne bordò e si infilò sotto le coperte. Cercai di calmarla sfiorandole un braccio.
«Krona, che c’è che non va?». Tremava.
«K- Kid… n- noi abbiamo fatto… abbiamo fatto…».
«Abbiamo fatto sesso. Anche se è più giusto dire che abbiamo fatto l’amore», e la baciai attraverso il tessuto. Lei si fece convinta e uscì fuori fino al collo. Era davvero imbarazzata.
«I- io non so se ho fatto tutto bene. Ho sbagliato qualcosa?».
La strinsi forte a me, ignorando le sue proteste. «Sbagli a farti mille paranoie. È stata la cosa più bella che io abbia mai fatto in vita mia, davvero».
«Anche se ho urlato tanto?». Sobbalzai. Come può parlarne così ingenuamente?
«Non mi è dispiaciuto affatto sentire la tua voce», le dissi. Lei silenziosamente si strinse nel lenzuolo e prese gli slip da dove li avevo buttati, infilandoseli sotto le coperte. Per fare la stessa cosa fui costretto ad alzarmi, visto che i boxer si trovavano al centro della stanza, dove lei me li aveva sfilati la sera precedente. Mi guardava di traverso.
«A che pensi?», le chiesi.
«Penso che sei davvero sensuale, Kid». Rimasi di nuovo stupito dalla sua sincerità. «E mi domandavo se i graffi ti facessero male».
«Quali…». Mi voltai verso lo specchio.
Dalle spalle partivano dei lunghi segni rossi che finivano all’altezza dei fianchi, solchi che grazie alla mia pelle di Shinigami sarebbero guariti presto. «Oh», dissi sospirando.
«Non farci caso, domani saranno già spariti. Anche se vorrei che restassero», ammisi tornando nel letto accanto a lei. «Sei stata parecchio avida, stanotte».
«È… è che… non so che mi è preso. Non riuscivo a fermarmi», confessò arrossendo.
La abbracciai guardandola negli occhi. «Sei adorabile», e le diedi un bacio. Si mise comoda fra le mie braccia, lasciandosi cullare dal motivetto che canticchiavo.
«Musica di Soul?», domandò.
«Iris, Goo Goo Dolls. La conosci?». Fece cenno di no con la testa. «Te la farò ascoltare».
Lasciai che il sonno si riappropriasse delle nostre menti, lasciando scivolare via ogni cosa che non fosse quella cantilena e gli accordi che vibravano sulle corde delle nostre anime. 



"And all I can taste is this moment
And all I can breathe is your life
'Cause sooner or later it's over
I just don't want to miss you tonight"





"E tutto quello che posso assaporare è questo momento
e tutto ciò che posso respirare è la tua vita,
perchè presto o tardi sarà finita
e io non voglio perderti questa notte"




 




N.d.A. Kid, perchè sei tu, Kid?!? -Perchè sei tu un bonazzo della madonna 8Q___-
Piccolo capitolo...hehehe e adesso? Le sorelline Thompson hanno scoperto la dura verità (hehe DURA verità...quanti doppi sensi ci saranno d'ora in poi XD), e gli altri del gruppetto come la prenderanno? Tutto nel prossimo chapter *o*
Iris ** dovevo inserirla in qualche modo, la dedico ai piccioncini u.u Baci a tutti,
-Yuki che si ascolta i Within Temptation, scrive le fic, disegna, guarda Kuroshitsuji e va a comprarsi i mochi. Che vita éwè

 

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Capitolo 9
*** 8. Tamashii No Kyoumei ***


Krona

Mi sentivo più scombussolata che mai.
La notte precedente era stata… come descriverla con le parole? Mi risultava impossibile.
Era come se ogni particella del mio essere si fosse risvegliata, iniziando a vorticare come le api ronzano intorno ai fiori. Io ero l’ape, Kid la bellissima rosa che mi attirava con il suo nettare puro, chiaro, troppo suadente.
Quella mattina ci eravamo alzati intorno alle undici, così avevo rinunciato alla scuola per una volta. Per un po’ avevo osservato il ragazzo addormentato al mio fianco: sembrava avere così tanti problemi e pensieri da sveglio, che da assopito  mi dava l’impressione di essere fragile come il cristallo. Mentre sospiravo con le mani sulla sua pelle si era svegliato.
«Buongiorno, di nuovo». Aveva detto con quel suo sorriso devastante, lasciandomi inebetita per qualche istante.
«Umh, buongiorno a te», avevo ricambiato concedendogliene uno a mia volta.
Si era messo seduto dandomi un bacio appena percettibile, guardandomi dritto negli occhi.
«Devo dirti una cosa. Niente panico però, non c’è nulla di male».
Avevo iniziato a preoccuparmi.
«Beh, ecco… stamattina le ragazze sono passate da casa e… beh, sì insomma ci hanno visti. Insieme». Era diventato rosso fino alle orecchie.
«Sul serio, mi hai terrorizzata. Pazienza, lo diranno soltanto a Maka e Tsubaki. Spero».
Lui si era voltato sconvolto, mentre io parlavo. «Tanto lo capiranno subito quando vedranno la mia faccia, e comunque ci vedranno ins… Sempre che tu non voglia che si sappia in giro». Ero stata presuntuosa.
In fondo, cosa mi faceva credere che lui davvero mi amasse come diceva? Forse voleva che io fossi la sua amante, una con la quale nascondersi di giorno e divertirsi di notte. Il panico per quel pensiero era arrivato dritto al petto e allo stomaco. Ma io lo amo…
Mi ero ritrovata fra le sue braccia, imprigionata dal suo mento nell’incavo del mio collo.
«Ma sei scema o cosa?! Tutti devono sapere che sto con te, che ti voglio accanto e che ti amo, piccola Krona – chan. E se non lo accetteranno, farò come se non esistessero. Disprezzerò chiunque non ti accetterà come mia ragazza».
«R- ragazza?», avevo sussurrato. Lui si era avvicinato di più al mio orecchio.
«Preferisci che ti chiami fidanzata?».
Sobbalzando mi ero allontanata da lui. «Waaaah!! No okay va bene… ragazza».
Ridendo mi aveva scompigliato i capelli, poi era sceso dal letto e mi aveva lanciato una delle sue felpe. «Và nella stanza di Liz e Patty, è la porta di fronte. Troverai di sicuro qualcosa che ti stia bene».
Senza farmi vedere da lui, che era scomparso dietro l’anta dell’armadio, presi il reggiseno dal pavimento e me lo rimisi velocemente. A quel punto avevo tentato di alzarmi, ma ero ricaduta sul letto, massaggiandomi le gambe.
«Tutto bene?», aveva chiesto Kid.
«S- sì. Sono un po’ indolenzita, ecco tutto». Lui aveva sogghignato mentre uscivo dalla stanza avvolta nella felpa nera.

Che ci troverà mai da ridere? Certo è stato molto dolce e gentile, ma non ci è andato mica leggero… Forse però la colpa è anche mia che l’ho praticamente assalito.
Mentre entravo nella camera delle sorelle avevo ripensato alle sue labbra che salivano piano sulla mia pelle, accompagnate dalle grandi mani quasi bollenti e dalla lingua che…
Basta, basta! Maledizione, sto diventando una pervertita!
Avevo scacciato in fretta quei pensieri concentrandomi sulla missione: trovare qualcosa che mi stesse decentemente, giusto perché dovevo tornare a scuola per rimettermi i miei soliti abiti.
Se l’abbigliamento della spilungona Liz era puntato sulle scollature, quello della piccola Patty era pieno di pance scoperte e pantaloncini. Dopo qualche minuto di indecisione avevo chiamato Kid perché mi aiutasse, decidendo infine per dei jeans a tre quarti, una maglia marrone con le bretelle sottili – che a dirla tutta mi lasciava un po’ la schiena scoperta, un paio di calze nere e delle semplici Converse classiche.

Meglio che andare in giro per Death City con il vestito da sera.
Io e Kid avevamo rimesso a posto la stanza e raccolto tutti i miei vestiti in una borsa, tranne il fiocco. «Questo lo tengo io», aveva detto lui.
«Kid, il vestito è di Tsubaki».
«Ne ricomprerò uno identico e glielo porterò io stesso». E silenziosamente mi aveva spinto fuori dalla villa, portandomi a fare colazione da Deathbucks e poi girando un po’, parlando della quotidianità reciproca.
«Mi dispiace di non averti mostrato la casa come si deve».
«Beh, la strada dall’ingresso a camera tua l’ho vista benissimo». Immediatamente mi ero pentita di quella affermazione tanto audace, perché lui mi aveva già stretta a sé.
Tutto questo al centro esatto di Death City, sotto gli occhi di tutti.
«Vieni a stare da me. Ti prego». Il suo sguardo era implorante.
Avevo immaginato come sarebbe stato svegliarsi ogni mattina in quella casa, ricevendo il buongiorno di altre persone, fare colazione con lui e le sorelle Thompson, ridere di ogni piccolo gesto casalingo, e poter stare con lui quando volevo. Troppo, troppo bello.
«Domani. Lasciami il tempo di riposarmi e raccogliere le mie cose».
I suoi occhi si erano illuminati mentre mi sollevava da terra per baciarmi. Davvero stavolta, fregandosene di chi mormorava alle nostre spalle. Si sottrasse dal contatto, rivolgendosi alle persone vicine.
«Qualcosa da dire, forse?», chiese alzando un sopracciglio. Il silenzio era tombale.
«Perfetto, perché lei è l’unica che amo, l’unica che non permetterò mai a nessuno di odiare». Quella volta la stretta al cuore era tornata, ma non faceva più male. Era piacevole.
Mi aveva riaccompagnata a scuola, sfortunatamente in tempo per incrociare il nostro gruppo che usciva da lezione. Lui fu portato via da Soul e Black Star, mentre io fui costretta a raccontare alle due ragazze quel che Patty e Liz già sapevano. Tsubaki era tanto contenta che insistette perché mi tenessi il vestito, e Maka mi soffocò con un abbraccio.
Ma andava bene, andava tutto benissimo.
Così quella sera ero andata a ringraziare Shinigami – sama dell’ospitalità ricevuta finora e per la disponibilità ad accogliermi in casa sua, cercando di non pensare che poche ore prima avevo dormito con suo figlio.
Sistemando la mia roba capii di avere davvero poche cose da portarmi dietro.
L’oggetto più prezioso era una fotografia: Maka amava immortalare i bei momenti “per renderli eterni”, diceva lei, e in primavera durante un picnic avevamo fatto una foto di gruppo, tutti insieme. Alle mie spalle intento ad ingozzarsi di tramezzini c’era Ragnarok.
Non lo davo a vedere, ma mi mancava da morire. Non avevo nessuno con cui parlare quando ero triste, e lui c’era sempre stato. Piansi, ma solo un po’.
Aveva dato la sua vita perché io fossi felice, mi avrebbe presa a pugni vedendomi in lacrime.
Nonostante fosse ancora presto, misi il borsone da parte e mi addormentai, cercando di non pensare che quella era la mia ultima notte alla Shibusen.

 

Death the Kid

 «Che significa questo?».
«Kid, non scaldarti. Significa che ci mandano in una semplice missione di ricognizione, tutto qua». Liz cercava di convincermi, ma ero irremovibile.
«In quanto vostro Meister non posso lasciarvi andare da sole. Non se ne parla».
«Seriamente, vuoi che la tua bella arrivi qui e trovi la casa deserta?».

Merda. Non ci avevo pensato.
«Tra l’altro Patty ha dimostrato di avere forza fisica a sufficienza. Kid, è una decisione di tuo padre, lo sai bene».
Non avevo più come controbattere. Avrei dovuto separarmi dalle mie Weapons e lasciarle partecipare ad una missione senza di me.
«D’accordo, ma vedete di non farvi ammazzare».
«Kid» - disse Patty mettendomi una mano sulla spalla - «so che sei preoccupato, ma fidati di noi. Prima di conoscerti eravamo davvero spaventose, hehe».
Sorrisi, in fondo sapevano quel che facevano. «Me lo ricordo bene».
Liz si stiracchiò dandomi un bacio sulla guancia. «Io vado a letto, bisogna essere sempre riposati prima di partire. ‘Notte Kid, e non fare troppo il Casanova in nostra assenza!».
Arrossii. Quelle battutine ormai andavano avanti da tutto il pomeriggio.
Patty mi diede un bacio a sua volta. «Oyasumi, hentai!». Sparirono su per le scale.

Hentai? Al diavolo lei e il suo giapponese!
Cercai su un dizionario in biblioteca il significato di quella parola. Eccola qua.
«….».
«PATTY IO TI UCCIDO!!!!!».

 

***************************

 

Le lezioni dell’indomani furono davvero monotone senza le mie partner. Fui costretto ad ammettere che mi mancavano, e l’ansia stava iniziando ad impadronirsi di me.
L’unico rimedio ai miei attacchi isterici era Krona. Si era seduta accanto a me, con un filo di imbarazzo, adorabile come sempre, cercando di tirarmi su di morale. A fine giornata eravamo andati insieme nei sotterranei per prendere la sua borsa, e lei mi era sembrata un po’ triste. «Sei pentita?». Le avevo domandato. Scosse la testa.
«Qui ci sono dei bei ricordi, ma la maggior parte sono brutti. Non mi dispiace andarmene».
Immaginai che stesse pensando a Ragnarok. Una sola lacrima le scese mentre si richiudeva la porta alle spalle, un singolo diamante sulla pelle chiara. «Andiamo», disse poi allegra.
Le mostrai la sua stanza, la seconda camera a destra del primo piano, proprio accanto alla mia. Mi ero messo d’impegno la sera prima con le ragazze per rinnovare quella che era una delle tre camere degli ospiti mai utilizzate, cambiando le tende e facendo prendere aria alla stanza. Il pavimento in legno era stato lucidato, così come i mobili, lo specchio e le finestre. Il profumo di pulito veniva dalle lenzuola rosse del letto a due piazze, e dalla calura estiva che portava all’interno un leggerissimo odore di prato. A lei era piaciuto.
«Kid, è bellissima», aveva detto sinceramente sbalordita.
«Speravo che ti piacesse. Che ne dici se mentre tu ti ambienti io vado a prendere una pizza?».
Lei mi guardò di traverso. «Pizza?».
Le diedi un bacio fugace. «Si mangia, ti piacerà. Io vado, tu aspettami qui e fai come… beh, fai un giro per la casa». Scorsi il suo sorriso prima di sparire di nuovo.
Mi era sembrata davvero contenta di essere a casa mia. Volevo che lo fosse, desideravo che si sentisse amata e protetta in una vera casa, non in una cella.
Presi un paio di scorciatoie per arrivare da Tony, il pazzoide italiano che vent’anni prima aveva aperto un modesto locale in città, riscuotendo un gran successo.
Fu passando per questi vicoli che percepii un’anima umana che scompariva nel nulla.

Un uovo di Kishin? Camminai verso il luogo in cui avevo percepito l’anima svanire.
Al centro della stradina c’era un essere dalle sembianze umane femminili, con il volto coperto da una maschera teatrale. Rimasi bloccato lì.

Non riesco a crederci. Un demone… simmetrico?
Quello senza pensarci troppo mi attaccò colpendomi dritto in faccia. Non riuscivo a bloccarlo, perso com’ero nella perfezione del mio avversario.
Patty e Liz non ci sono quindi non posso combattere, e la sua simmetria non mi permette di difendermi… che dovrei fare?
L’ultimo colpo mi scaraventò contro il muro. L’essere sguainò due spade. Identiche.
Sono morto. Che stupido… non ho preso le pizze. Krona…
Chiusi gli occhi sul mio carnefice. Non accadde nulla.
Solo un cozzare di lame.
Riaprii gli occhi, sgranandoli per l’immensa sorpresa. «Krona».
Il suo braccio destro si era trasformato in una lama nera, forte abbastanza da bloccare il demone. Con un colpo della spalla lo respinse sbalzandolo su un cassonetto vicino, poi si voltò verso di me aiutandomi a rialzarmi.
«Sentivo la tua lunghezza d’onda a tratti. Mi hai spaventata, stupido».
«Krona, il tuo braccio…». Lei sfiorò il metallo freddo.
«Non l’ho deciso io, è stato istintivo». Davanti a noi però l’uovo di Kishin era pronto per tornare alla carica. «Kid, sarò la tua arma», disse lei convinta.
«M- ma sarai asimmetrica. Non ce la farò». Mi terrorizzava anche solo l’idea.
«Fidati, troverò il modo. La simmetria non risiede solo nel corpo». Mi sfidava.
Sospirai. «Bene. Vediamo che sai fare, Shimizu», dissi porgendole la mano.
Lei l’afferrò saldamente, svanendo in una scia di luce bianca che pian piano prese forma di bastone, poi spada e ascia, cercando un modo per essere compatibile con chi l’avrebbe utilizzata. La luce divenne accecante, mostrando la sua vera forma.
Il bastone era nero avvolto da strisce diagonali violette, e terminava con un cono appuntito in basso: verso l’alto un anello separava l’asta dalla lama, anzi dalle lame, una a destra e una a sinistra. Bellissime, di colore nero con tre strisce bianche per lato impresse a rilievo. Al centro tra le due faceva la sua bella figura il simbolo di mio padre, il teschio degli Shinigami. No, era il mio simbolo, viste le tre strisce sulla cima.

Un’anima perfetta, abbracciata da una mente perfetta e da un corpo perfetto.
E da un’arma perfetta.
Eccola lì, l’arma definitiva.
«Sveglia, Kid! Quello arriva!». La sua voce proveniva dall’enorme falce a mezzaluna.
Senza sapere come, sollevai l’arma tranquillamente e colpii l’essere con il bastone, difendendomi e attaccando contemporaneamente, parando e piantando un paio di colpi.
Sentii Krona spazientirsi. «Ma insomma! Proviamo la Risonanza». Osservai la falce.
«È la prima volta che combattiamo insieme. È difficile che riesca».
«Vuoi dirmi che siamo così poco in sintonia, dopo tutto quello che abbiamo vissuto?». Aveva più che ragione. Mi concentrai sulla sua lunghezza d’onda, e lei faceva lo stesso.
«Risonanza delle Anime!».
La forza d’urto sprigionata dalle nostre essenze mi travolse, lasciandomi boccheggiante. In quella Risonanza potevo sentire la stima, l’affetto tra di noi, le speranze che l’uno riponeva nell’altro. Sapevo tutto di Krona, e lei conosceva tutto di me, anche i dettagli della mia infanzia, a quel punto. Era un’unione completa, come quando avevamo fatto l’amore.
Sentii la mia forza trasmettersi alla falce, che si infranse con un boato. Ne comparve una ancora più grande, circondata da un aura blu scuro, accompagnata da quegli esseri neri che mi fluttuavano intorno. Spettacolare.
«Screech Scythe, Sentenza». Le lame urlarono e si abbatterono violente sull’essere di fronte a me, tranciandolo a metà di netto prima che esplodesse senza lasciare traccia.
Il simbolo al centro della falce assorbì l’anima di color vermiglio. «Buona», disse Krona tornando al suo normale aspetto.
La avvicinai a me posandole le mani sui fianchi. «E da quando sei una Weapon?».
«Non lo sapevo. Credo sia un’eredità del sangue nero. Hai visto di che colore divento no? E poi quell’attacco, lo Screech Scythe… era molto simile agli attacchi di Ragnarok».
«Forse sapendo di lasciarti disarmata, ha reso te un’arma. È come se fosse sempre qui».
Lei abbassò gli occhi. «Già, magari è così. A questo punto, che ne dici di prendere questa “pizza”?», disse alzandosi sulle punte per baciarmi.
La presi per mano, rimandando all’indomani la questione, perché sapevo di doverne parlare con mio padre il prima possibile.
Ciò che mi premeva ancora di più però erano loro: Liz e Patty Thompson.

Che razza di persona sarei se le rimpiazzassi proprio adesso?

 


 




N.d.A. Io a scuola non ci torno più ù-ù
Carissimi, eccomi qui per un altro capitolo di Incantevoli spine. Quasi quasi mi sono pentita per Ragnarok ç__ç ma non potendo fare come Crilin e sperare nel provvidenziale arrivo del drago Shenron, ho pensato di farlo rivivere come lascito all'interno di Krona.
Vi è piaciuta la falce? Hehe perfetta per un dio della morte, o almeno così la penso io.
Ho fatto pure un disegnino *-* se volete vederlo ---> http://fav.me/d3ff0x9
Spero che questa febbre malefica mi permetta di scrivere in questi giorni -.- sappiate che tra qualche capitolo la storia si concluderà. Essì, dovremo lasciare i piccioncini al loro destino.
O forse no? MUAHAHAH non mi capisco neanche io.
Buona settimana a tutti, un bacio =3
-Yuki♥

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Capitolo 10
*** 9. Departures ***


Piccola parentesi per rispondere alle recensioni!!

Sarainsb ---> Grazie per i capelli!! *w* ma io li voglio come Kronaaaaa uff... a parte questi scleri da bimbaminkia, avevi ragione per quanto riguarda Shinigami. Hehe, una ne pensa e mille ne fa ù-ù
Soul e Black*Star... chi lo sa, in futuro magari metterò il loro "discorsetto" con Kid XD Grazie per gli auguri, spero davvero di sentirmi meglio ^^ un bacio

xXx_Jujuchan_xXx ---> Sei tornata finalmente!! *.* spero tu ti sia divertita. Grazie come sempre, mi fa piacere quando quello che scrivo piace u.u e poi tra gli autori preferiti...waaaaah!! Basta basta...potrei dire una cosa...ma me la tengo per il prossimo capitolo. Ooooh, commozione ç‿ ç adesso basta davvero, ti lascio al resto della storia. Smack =*

Buona lettura bellocci!!!
-Yuki
xX


Krona

Va bene, forse tra i due la ninfomane ero io.
Dopo aver ucciso il demone, Kid mi aveva portata dal suo amico Tony. La “pizza” era un impasto lievitato di acqua, farina e sale condito con vari ingredienti e cotto nel forno a pietra. Lo chef aveva chiamato la mia “Margherita”; e così avevo scoperto di amarla. Sarebbe più corretto dire che amavo tutta la cucina italiana: dopo aver assaggiato spaghetti alla carbonara e cannoli alla ricotta, decisi che avrei pranzato in quel locale più spesso.
Con le pance piene e la mente sgombra dalle preoccupazioni, avevamo fatto un giro in uno dei tanti sobborghi di Death City, lungo i canali del fiume Mead, un piccolo torrente sotterraneo che attraversava quella parte di città.
Ci fermammo su un vecchio ponte di ferro, all’apparenza abbastanza stabile da reggere il peso di due persone. Non so cosa mi prese, ma scavalcai il parapetto e mi sedetti sul bordo in pietra, provocando un po’ di timore in Kid.
«Anche se cadessi, l’acqua è bassa. Non accadrebbe nulla».
«Non è questo il punto».
Mi sfilai le scarpe e le misi dietro di me. «Ah no? E quale sarebbe, di grazia?», chiesi canzonandolo mentre con la punta del piede sfioravo la superficie chiara.
Lui si strinse nel lungo mantello nero, posandomi una mano sulla testa. Assaporai quel momento così intimo, senza preoccuparmi troppo di quanto fosse strana la situazione.
«Il punto è» - disse appollaiandosi sulle sbarre di ferro come un’aquila - «che se tu cadessi ti bagneresti, prendendoti un raffreddore. Senza contare che non so se riuscirei a riportarti a casa».
Lo guardai divertita. «Non dirmi che sei così poco forzuto». Guardandomi mi passò la mano sulla guancia. «Non abbastanza da arrivare alla villa con te bagnata e seducente tra le braccia». Avvampai, lui ghignò soddisfatto.
Se questo vuoi, questo avrai.
«Mi dispiace, vorrà dire che ci tornerò con le mie gambe. Almeno però aiutami a saltare». Ingenuamente mi porse la mano, e io l’afferrai timidamente. «Giù, s’intende».
Mi guardò senza capire le mie intenzioni, e approfittai della sua esitazione per tirarlo verso di me, velocemente.
Ed entrambi eravamo bagnati fradici sul letto di un fiumiciattolo con l’acqua fino al busto.
Iniziai a ridere come una bambina, tenendomi la pancia. «Hahahahahah, dovresti vedere la tua faccia!». Ma Kid non rispondeva.
Mi preoccupai di averlo fatto arrabbiare. «Kid?».
Come riprendendosi scoppiò anche lui, sbattendo i pugni sull’acqua. «Questa me la paghi!», e mi schizzò addosso. La battaglia non durò molto, perché il vicinato ci urlò contro di andare a far casino da qualche altra parte.
Era mezzanotte passata quando arrivammo al cancello della residenza, fradici fino ai piedi ma contenti. Kid non si era lamentato neanche una volta per i suoi vestiti del tutto asimmetrici, ma anzi era diventato più allegro del solito. Gentilmente mi lasciò la priorità della doccia, e ne approfittai per fare un lungo bagno bollente, cercando di togliermi di dosso l’odore di acqua di fiume. Mezz’ora dopo uscii con addosso il mio pigiama estivo verde chiaro e i sandali bianchi che mi aveva regalato Maka due mesi prima.
La mia stanza era pervasa dal chiarore della luna e dalla leggera brezza di Giugno: mi sentivo appagata, felice. Come se tutti i tasselli della mia vita combaciassero.
Quella vita era stata come un puzzle disperso in giro per il mondo, che pezzo dopo pezzo cercava faticosamente di tornare integro, arricchendosi di amici e fiducia, dell’amore che provavo per Kid, finché c’erano quasi tutti i frammenti. Mancava l’ultimo: me stessa.
Adesso l’immagine era chiaramente visibile, il ritratto di un’esistenza semplice e piena.
Sentii oltre la porta del bagno il soffione della doccia. Lui era sempre così vicino, eppure così distante, come se nascondesse un dolore inconfessabile, talmente forte da non poter essere compreso da nessuno se non da lui.
Dieci minuti dopo sentii bussare alla mia porta. «Posso?», domandò Kid.
«Certo», risposi tranquillamente. Avevo già preso in considerazione l’idea di dormire con lui quella notte. Non per fare chissà che, per intenderci, ma Patty e Liz non sarebbero tornate che nella tarda mattinata del giorno seguente e pensavo che si sarebbe sentito ancora triste senza le sorelle a migliorargli l’umore.
Ma disgraziatamente tutte le mie caste idee sul “passare-la-notte-insieme-per-dormire-e-basta” andarono prontamente a farsi benedire nel momento stesso in cui lui si infiltrò nella mia stanza con in mano il phon e coperto solo dai pantaloni del pigiama blu scuro.
«Ti dispiace se mi asciugo i capelli qui?», chiese. Quella situazione non era nuova.
Se però la prima volta i suoi ciuffi corvini erano appiattiti sulla fronte e sulla nuca, la seconda erano arruffati e sparati sulle spalle e sugli occhi; aveva ancora le ciglia ricoperte di minuscole gocce d’acqua, mentre alcune più grosse scivolavano dalla capigliatura al petto nudo. Dei del cielo. No, davvero non avrei avuto speranze di vedere un’altra alba.
Idiota! L’hai visto nudo, non c’è bisogno di imbarazzarsi tanto per un po’ di pelle al vento! Inutile, non riuscivo a smettere di fissarlo. Riuscii solo a scuotere la testa.
Senza fare una piega si era accomodato sulla sedia di fronte allo specchio, sorridendomi. «Vuoi farlo tu?», chiese indicandomi il phon, tanto per non lasciare spazio ad eventuali doppi sensi, perché ce ne sarebbero stati, e parecchi pure.
«N- non so come si fa. In genere li lascio asciugare all’aria», risposi senza guardarlo.
«Non ci vuole niente, dai». Controvoglia mi allontanai dal letto, lasciando che mi spiegasse come passare quell’affare senza bruciargli la testa. «Devi semplicemente direzionare il getto d’aria, i miei capelli verranno come sempre. Uno dei vantaggi degli Shinigami», concluse sorridendo, e provocandomi un altro piccolo infarto.
Ok, calmiamoci. Adesso tu gli asciughi i capelli per bene e ti concentri sul rumore del phon, sulla luna, sui compiti di Stein e non ci pensi. Poi lo abbracci da dietro e… no, no, NO! Ricominciamo…
Più cercavo di non pensare alla sensazioni che provavo, e più invece finivo per pensarci, anche perché era abbastanza difficile dirottare i miei pensieri avendolo così vicino, con i capelli tra le mie dita, il fisico asciutto in bella mostra e il suo forte profumo muschiato vicino a farmi perdere i sensi. Dopo quelli che mi sembrarono secoli mi indicò la nuca, che in effetti era ancora umida. Passai le dita anche lì, facendo attenzione a non lasciare zone bagnate.
Vidi ad un tratto Kid saltare sulla sedia e voltarsi di scatto. Spensi il phon.
«Ti ho fatto male?», gli domandai fissandolo negli occhi. Potevo concedermi solo quello.
«No, però… forse è meglio che tu non… mi tocchi il collo». Colsi un tremolio nella sua voce. «Perché?».
Spostò il peso da una gamba all’altra. «Diciamo che sono… particolarmente sensibile, in certi punti». Si voltò imbarazzato. Ah, è così.
Fu su per giù quello il momento in cui ammisi a me stessa di essere una maniaca depravata, perché posai cautamente l’aggeggio malefico sul mobile e abbassandomi accanto al suo orecchio gli sfiorai con due dita il punto dalla vertebra cervicale fino alla base del cranio.
E com’era prevedibile, lui si alzò così in fretta che riuscì a confondermi. Fatto sta che mi ritrovai seduta sul mobile della specchiera, con i polsi premuti contro il vetro e Kid poco disposto a staccarsi dalle mie labbra. Complimenti, dritta nel girone dei lussuriosi.
Liberandomi dalla sua presa ferrea gli cinsi il collo con le braccia, avvicinandolo ancora di più a me, assaporandolo lentamente. E sapeva di cioccolato, Kid. Non avevo idea di come facesse, ma sapeva di cioccolato fondente, dolce ma amaro, che anche dopo aver finito di mangiarlo ti lascia il sapore sulla lingua e fin giù in gola.
Quel sapore che mi avrebbe fatto impazzire, sempre.
Quella sostanza che sarebbe stata peggio di una droga, rendendomi assuefatta a sé.
Quel corpo, quell’anima, quella mente, ma soprattutto quel cuore che erano miei e di nessun altro, che avrei custodito gelosamente da chi li bramava.
A stento sentii quando mi fece cadere sul letto, troppo distratta dai suoi baci. Ero come il ghiaccio toccato dalla lava: sentivo la pelle sciogliersi dove lui passava le labbra, la lingua e le mani. Ogni carezza mi faceva rabbrividire, ogni sussurro era una piacevole agonia.
Prendendo chissà dove il coraggio necessario, mi sistemai a cavalcioni sopra di lui. Non sapevo come ci ero arrivata, e francamente me ne importava poco. Volevo sentirlo, volevo essere piena di lui, senza secondi fini, solo per capire fino a che punto mi amava, per sapere quanto avrebbe fatto per starmi accanto. E fu doloroso come la prima volta, ma il senso di fastidio durò così poco e lasciò posto ad un tale piacere che non mi pentii affatto del mio comportamento azzardato di poco prima.
Facemmo l’amore diverse volte quella notte, noncuranti del fatto che stavamo facendo un gran chiasso e probabilmente il giorno dopo mezza Death City ci avrebbe messi al rogo.
Non ci importava di nulla: mano nella mano, nudi sotto il velo della notte. E insieme.
Tanto ci bastava. Forse.



*********************

 

Appartamento di Maka e Soul


Maka

L’insonnia era la mia peggior nemica, a volte.
Me ne stavo seduta sul divanetto rosso, altalenando lo sguardo dalla finestra alla porta della stanza di Soul. Lui sì che dormiva.
Ripensai a Krona, al fatto che lei fosse già arrivata a quel punto della sua relazione con Kid. Ovviamente ne ero felicissima: quando mesi prima avevo quasi dovuto ucciderla per restituirle la ragione, non avrei mai pensato che la vita potesse darle tanto in così poco tempo. Meritava, lei più di tutti, un po’ di pace e di amore sincero, quello che molto probabilmente solo Kid riusciva a darle.
Sarebbe piaciuto anche a me. Ma quel cretino dormiva tranquillo di là, senza saperne nulla. E anche se l’avesse saputo, probabilmente quella consapevolezza avrebbe solo peggiorato le cose tra di noi. Insomma, non c’era modo che accettasse i miei sentimenti.
Cheppalleeeeeeeeeeee!! Cheppalle, cheppalle, cheppalle!, pensai dandomi un paio di pugni sulla testa. Forse in fondo è meglio così.
Senza far rumore versai del latte freddo in un bicchiere e tornai a sedermi di fronte al tavolino di legno. «Ore piccole, eh?». Sobbalzai, alzando gli occhi.
«Che c’è che ti preoccupa?», chiese Soul ancora bloccato davanti a camera sua.
C’è che ti amo e non posso dirtelo. Pensi di potermi aiutare?
Mi limitai a rispondere: «Ciclo».



Soul

Inutile, la adoravo. Specie quando tentava di sviare il discorso con frasi come “non sono affari tuoi” oppure “niente”. Quella scusa però mi era nuova.
«Se avessi avuto le mestruazioni mi avresti già tirato un Maka – chop». Presi posto alla sua sinistra, sedendomi all’indiana. «Sono già cinque giorni che non dormi». Si voltò.
«E tu come lo sai?». Era talmente perspicace da fregarmi sempre.
«Anche se non sembra ci faccio caso a queste cose. Pensavo che fosse solo stress, ma a quanto pare c’è qualcosa sotto».
Lei affondò il mento tra le ginocchia, sovrappensiero. Ah, era stupenda.
«Secondo te Krona è felice?». Ponderai bene la sua domanda.
«Da quel che ho visto, e anche da quello che mi ha detto Kid, sì. Credo siano come due metà della stessa mela», conclusi con un alzata di spalle. «Marcia, ma pur sempre simmetrica». Mi voltai in tempo per vederla sorridere, per sentire quella voce cristallina.
Era antipatica, violenta, saputella, ingorda, piatta come una tavola e maniaca delle pulizie.
La mia Meister, colei che desidero più di ogni altra cosa molto più cool di lei.
«Quindi bisogna essere amati per essere felici?», disse tornando triste.
«Ti riferisci a qualcuno in particolare?».
Lei con un cenno della testa rispose: «Già».
Avrei dovuto immaginarlo, ma ciò non toglie il fatto che fece un male cane. Cercai di sdrammatizzare. «Ehi, non è che ti sei infatuata di quel damerino di Kid e adesso sei combattuta fra lui e la tua migliore amica?».
Stavolta il Maka – chop arrivò immediatamente. «Stupido deficiente! Pensi che sul serio mi piaccia un tipo come lui? Non hai capito niente di me!», urlò infuriata.
Continuai a tenermi la testa fra le mani. «E quale sarebbe il suo tipo, miss Albarn?».
Lei prima alzò lo sguardo, diventando rossa, poi si rigirò i pollici lanciandomi di tanto in tanto uno sguardo di sottecchi. «B- beh se… e dico SE… dovesse piacermi qualcuno… in un caso puramente ipotetico… forse, e dico sempre FORSE… sarebbe qualcuno di simile a te, Soul». E detto questo prese il suo latte e ne mandò giù un sorso.
Dentro di me riuscii a percepire l’emozione in quella dichiarazione sconnessa. Come se ci fosse qualcuno di simile a me, no? Sorrisi.
«Quindi un tipo cool».
«Sì, ma meno idiota di te», rispose posando il bicchiere sul tavolino.
La tirai per le spalle, cosicché si ritrovò stretta fra le mie gambe. La sentii tremare mentre le passavo il pollice attorno alle labbra. «S- Soul!», tentò di dire.
Platealmente le mostrai il dito macchiato di bianco. «Ti era rimasto del latte in viso», e davanti a lei mi leccai avidamente il liquido dal polpastrello. Lei sussultò.
«Ti va se resto a dormire qui? Muoio di sonno», e preso il piumino dallo schienale coprii i nostri corpi ignorando le sue lamentele, stringendola più forte.
Solo quando le sembrò che stessi dormendo si rannicchiò su di me, poggiandomi l’orecchio in corrispondenza del cuore. Le sentii sussurrare: «’Notte, Soul».
Mi assicurai che stesse dormendo davvero, finalmente dopo parecchio tempo.
«’Notte, mia Maka».



Death the Kid

Pensavo. Era sbagliato, era tutto sbagliato.
Erano le cinque del mattino quando ricevetti la chiamata di mio padre.
«Kid, sei a casa?».
«Sì, padre. Ci sono problemi?».
«In realtà sì. Dammi dieci minuti e arrivo».
Ed esattamente dieci minuti dopo lui era lì a spiegarmi tutto. Menzogne, segreti che avrei dovuto mantenere con tutti, anche con la mia Krona.
Segreti che avrebbero fatto male.
«Ecco perché ho mandato soltanto Liz e Patty in missione. Era un test per vedere se riuscivano a cavarsela anche senza di te». Shinigami – sama, il Sommo.
Che manda suo figlio allo sbaraglio dall’altro lato del mondo.
«Quanto tempo?».
«Dipende da quanto ne servirà a te».
Strinsi i pugni, rassegnato. «Come desiderate». Gli avevo consegnato due lettere, raccomandandogli di avere cura di sé.
«Kid, ricordati che non dovrà saperlo nessuno».
Lo so padre, lo so.

Un biglietto, poche cose messe da parte, un bacio rubato. Ero pronto.
Non si è mai pronti per gli addii.






"I will wait dear,
A patient of eternity, my crush.
A universal still, no rust.
No dust will ever grow in this frame,
one million years I will say your name
I love you more than I can ever scream"











 



N.d.A. Sembra che ci siamo quasi, cari fan di CroKid *w*
Siamo quasi arrivati. Presa da un momento di follia, ecco qui il Kid bastardo ++ cioè, arriverà nel prossimo capitolo. Che mi dispiace dirvelo, ma sarà l'ultimo. Perchè ora che ho sistemato anche Soul e Maka, non mi restano che loro due. Vorrei dirvi una cosa, ma... no non ve la dico.
TROOOOOOPPO SPOILER!! >.< Non disperate, ci metterò un pò ad aggiornare perchè da giorno 11 ho prove strutturate per gli esami di qualifica e poi dovrò prepararmi per l'esame vero e proprio...azz -.-"
Spero di non avervi annoiati con i miei vaneggiamenti, comprendete una povera pazza éwè
Un grazie di cuore a chi ha seguito la storia fin qui e non ha ancora spento il computer come farebbe chiunque XD ci vediamo al prossimo, ultimo e (un piccolo spoiler devo farlo) DEVASTANTE capitolo.
*Ecco che ci risiamo...YUKI!! Meno chiacchere e più studio!*
Buooonasera a tutti!!! =D
-Yuki♥

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Capitolo 11
*** 10. Fine. ***


Buonsalve a tutti!! Ebbene sì, ci siamo.
Mi ero ripromessa di non piangere, ma mentre scrivevo la parola “fine” mi sono commossa un pò, nonostante scriva di questi due da pochissimo tempo.Sarà una cosa stupida, ma scrivere per me è come avere una casa sull’albero in un posto segreto, dove solo io posso andare. Occielo che dico O///O !!!!
Ma basta con tutte queste chiacchiere, vorrete sicuramente passare al capitolo. Spero non lo troverete troppo frivolo, né noioso. Ho dovuto scriverlo in questo modo, per far capire meglio ciò che accade dopo, o meglio ciò che “si prova” dopo: magari leggendo vi sentirete come me.Altre due piccole cose e vi lascio alla lettura:
1 . per scrivere ho riletto la parte centrale di "New Moon", di Stephenie Meyer. Se qualcuno conosce quella parte di storia, sappiate che mi ha aiutata molto nel pezzo finale;
2 . se vi va, se vi piace il genere, ascoltate questa canzone in sottofondo del pezzo finale in corsivo, e nel video troverete la traduzione. Senza questo brano l’intero capitolo sarebbe stato un fiasco, statene certi.
Cari e care, vi adoro tutti dal primo all’ultimo: leggete anche alla fine che ho una sorpresina per voi, ma non sbirciate ora!!
Desidero che vi emozioni, lo spero davvero tanto. Buona lettura a tutti
-Yuki




Krona

La sveglia del cellulare mi destò dal sonno profondo: allungando il braccio alla mia sinistra, trovai il letto vuoto. «Kid?».
Sul comodino vidi un biglietto ripiegato, scritto in bella grafia.


Buongiorno amore mio. Mi dispiace lasciarti così dopo aver trascorso una splendida notte insieme, ma mio padre aveva bisogno di me e sono uscito per sbrigare un paio di commissioni. Ti prego di non saltare la scuola, dato che Patty e Liz torneranno in mattinata e sono sicuro che apprezzerebbero la tua presenza lì.
Ti lascio con un semplice biglietto, ma vorrei dirti talmente tante cose che non so da dove iniziare. Posso solo esserti grato dell’amore che provi per me, non potrei ricevere onore più grande. Nell’attesa del nostro prossimo incontro, ti auguro una buona giornata. Tuo,
Kid

P.S. : Ti amo, davvero.

Sentii un calore familiare invadermi il petto: niente a che vedere con le sensazioni provate a letto – oddio, ero davvero una maniaca perversa e ninfomane – né con quelle della battaglia, ma un semplice tepore che mi rendeva viva. Kid.
Con calma mi alzai e andai a fare la doccia, mi vestii come sempre, afferrai un cornetto al cioccolato dalla credenza e percorsi la solita strada che portava alla Shibusen, godendomi i raggi del sole che annunciavano il tanto atteso arrivo delle vacanze estive.
Notai molte cose che solitamente, occupata a parlare con Kid, non avrei guardato neanche di striscio: Death City era come animata da uno spirito vacanziero, e pian piano si stava svuotando. Immaginai che fosse perché in piena estate quel luogo diventava una fornace, circondato com’era dal deserto e dalla roccia.
Forse potremmo andare in Giappone, come mi aveva promesso.
Rincuorata all’idea di una vacanza all’estero, percorsi in fretta la scalinata fino all’ingresso, davanti al quale come ogni mattina stazionavano i miei amici, e rimasi ad osservarli.
Maka era davvero carina, con la sua gonna scozzese. Sembrava felice mentre tirava Soul per un braccio, e anche lui mentre faceva una delle sue battute sul fisico piatto della partner e si beccava un Maka – chop bello forte in testa. Questo non è per niente cool, Soul.
Black Star si stava esibendo in “tutta la sua magnificenza e divinità” osannando a sé stesso con nomignoli come oresama, affiancato dall’accondiscendente Tsubaki. Spesso mi domandavo come quella ragazza, che era una specie di santa oltre che un’arma formidabile, riuscisse a stargli accanto passando sempre in secondo piano. Poco più distante c’era il resto della Crescent Moon: Thunder e Fire avevano trascinato Kim e Jackie in un girotondo, mentre Ox e Kilik rivaleggiavano su chissà cosa sotto lo sguardo atterrito di Harvar e Hiro. A dirla tutta il biondino mi faceva ancora un po’ paura, ma in classe aveva dimostrato di essersi pentito del suo gesto, e io passai sopra l’accaduto.
Ho la sensazione che ogni cosa sia esattamente come dovrebbe essere.
Raggiunsi il gruppo, salutando tutti cordialmente. Prima di arrivare in classe, Maka mi prese da parte, spingendomi nei bagni. «Tutto bene?», le domandai. Lei prese fiato.
«…».
«Magari se parlassi un po’ più forte potrei sentirti».
«Ci siamo baciati», disse in un sussurro. Risposi con un “oh”.
«Tu e Soul», constatai. Ovviamente, avrei dovuto immaginare la sua reazione.
«Si! Stanotte io non riuscivo a dormire, e allora lui è venuto sul divano, e parlavamo di te e Kid e di quanto state bene insieme, e alla fine abbiamo dormito lì, cioè, abbracciati! Insieme! E stamattina era nel mio letto! Non ci ho fatto nulla ovviamente, ma era lì! E quando mi sono seduta per alzarmi lui mi ha abbracciata e mi ha dato un bacio, sulle labbra! E io… io…». Era molto più esaltata del solito.
«Adesso tu ti calmi e mi ripeti tutto, senza correre, okay?». Impiegò un quarto d’ora buono per spiegarmi la situazione e gli avvenimenti della sera prima, e di quella mattina.
«Te l’ha detto chiaro che gli piaci?».
«Beh, dopo il b- ba… vabbè quello! Mi ha detto: “Questa è la cosa meno cool che abbia fatto in vita mia, dovrai accontentarti”. Secondo te è una dichiarazione?».
Decisamente. «In base a come ragiona Soul, credo di sì».
Mi gettò le braccia al collo, spingendomi contro i lavandini. «Krona, sono felice! Credevo che non l’avrebbe capito mai, e invece gli piaccio. Sembra tutto impossibile… oh, scusami. Mi sto comportando come una fangirl».
Ricambiai sincera l’abbraccio. «Ti capisco, sai. Non sembri affatto stupida, anzi… forse solo un po’. Sei rossa e ti tremano le mani», dissi ridendo. Lei si specchiò immediatamente constatando che le mie parole non erano uno scherzo.
«Non posso uscire con questa faccia», sospirò demoralizzata. Continuando a ridere la spinsi in corridoio, verso l’aula.
«Tranquilla, se è sincero ti troverà adorabile».
«E se non lo fosse?».
«E se lo fosse?». Le mie parole la convinsero abbastanza da farle affrontare la lezione.
Che giornata perfetta.



Puntualmente la campanella annunciò la pausa pranzo. Soul stava impalato all’ingresso aspettando che Maka prendesse il portafogli. «Di questo passo non troverò più i miei adorati onigiri», le disse sconsolato.
Lei fece in fretta, prendendolo per mano. «Oggi te ne cucinerò fino a farti scoppiare!».
Dietro di loro io, Tsubaki e Black Star osservavamo la scena divertiti.
«Ehi Krona – chan, non sembrano due sposini?», mi sussurrò Tsubaki.
«Stavo pensando la stessa cosa».
Quando Maka aveva tentato di lasciare la mano del suo pseudo – fidanzato, Soul l’aveva stretta più forte lasciando la mia amica a boccheggiare per la vergogna. E quell’idiota di Black Star aveva deciso di metterci la sua.
«Ooooh, cosa vede oresama? Una dolce mielosa coppietta che gira per la Shibusen mano nella manoooo!! Ooooh!! Kawaiiiiiiii! Kawaiiiiii!!», e continuò a ridere, urlare e prenderli in giro. Senza accorgersi di Soul che si trasformava in falce per colpirlo dritto tra i capelli.
«Bastardo, mi fai male!», si lamentò cercando di frenare il sangue che usciva dalla testa. «Se fai di nuovo tutto quel casino, quando la dovrò baciare ti regalerò un bel Majogari, contento?». Soul era quello cool, quello sempre un passo davanti agli altri.
Anche quando ci lasciò di fronte alla mensa portandosi Maka chissà dove.
All’interno trovammo una piacevole sorpresa: le Thompson erano tornate. Patty corse da me strozzandomi quasi, Liz salutò tutti con un abbraccio. In un certo senso, avrei potuto definirle come delle sorelle, per me. Ci raccontarono della missione – Liz era stata attaccata da un uovo di Kishin con le sembianze di uno zombie ed era scappata via urlando – e dello shopping che avevano fatto la sera prima a Copenaghen. Io parlai loro della mia trasformazione in falce, lasciandole stupite.
«Allora se ti va qualche volta potremmo provare una Risonanza in team, noi con Kid e te, intendo. Chissà che non funzioni». L’idea di Liz mi piaceva.
Chiacchierando passammo quella mezz’ora, immaginando dove fossero finiti “i piccioncini”, i quali come richiamati dai nostri discorsi fecero la loro apparizione in mensa visibilmente imbarazzati.
Almeno stavolta quello lì ebbe l’ottima idea di tenere la bocca chiusa.
Il rientro in classe fu traumatico, con Sid – sensei che voleva interrogare: una strage indiscriminata, con gente che si nascondeva a destra e a manca, qualcuno che tentava la fuga, altri che si ricoprivano le braccia di appunti. Tutto inutilmente, era chiaro.
Un’ora prima della fine delle lezioni tutto il mio gruppo fu convocato da Shinigami – sama, probabilmente per una qualche missione particolare alla quale io non potevo partecipare, non avendo una Weapon. O un Meister, dato che per quanto ne sapevo, avrei potuto essere benissimo sia l’una che l’altra.
La campana dell’ultima ora suonò, finalmente, ascoltando per una volta le preghiere della popolazione dell’accademia. Aspettai gli altri al bar, dove eravamo soliti vederci prima di tornare ognuno a casa propria.
Ero impaziente di raccontare a Kid di Maka e Soul, sapevo che sarebbe stato felice sapendo che il suo migliore amico si era dato una mossa. Volevo sedermi a tavola con lui e le sorelle e scherzare, ridere e mangiare i manicaretti che lui stesso preparava – perché caspita, era bravo davvero a cucinare. Quella era la mia vita, ormai.
Immaginai in un attimo di passare il resto dei miei giorni in quella città, circondata dal calore dei miei amici, sostenuta dal ragazzo che amavo, e da grande poi, chi lo sa. Nella mia mente vidi un flash, di me e Kid. Madre e padre. Irreale, lontano dalla nostra età, eppure talmente vicino da poter essere afferrato in qualunque momento.
Presi le cuffie dalla tracolla e schiacciai il tasto play sulla canzone che lui mi aveva passato. La ascoltai, memorizzandone in silenzio le parole: la frase “yeah, you bleed just to know you’re alive” mi ricordava il periodo buio della mia esistenza, quando sanguinare forse era davvero l’unico modo per provare a me stessa che ero in vita. Ma la mia preferita era quella che mi aveva dedicato la mattina, dopo aver fatto l’amore: “And all I can taste is this moment, and all I can breathe is your life; ‘cause sooner or later it’s over, I just don't want to miss you tonight”. Lo adoravo, quel brano.
Lo ascoltai un paio di volte, finché dal corridoio principale non vidi arrivare l’allegra compagnia. Subito capii che di allegro non avevano proprio nulla, anzi sembravano pronti per una veglia funebre. «Ragazzi, tutto bene?». Mancavano Liz e Patty.
Maka alzò lo sguardo incrociando il mio. «Krona, ho una lettera per te».
La fissai incuriosita. «Che strano, non ne ho mai ricevuta una. Chi la manda?».
Lei tirò fuori una busta bianca dalla tasca del cappotto. «Kid».
Il cuore aumentò i suoi battiti. Prima un biglietto, poi una lettera: adoravo quel ragazzo. Maka me la passò con lo sguardo basso. «Ma che vi è successo? Avete delle facce…».
Soul mi guardò dispiaciuto, poi sfiorò la spalla della partner. «Andiamo a casa, dai». Silenziosamente uscimmo dalla scuola, disperdendoci. La mia amica prima di allontanarsi mi disse: «Se hai bisogno, io ci sono». Non capii a cosa si riferisse, ma la ringraziai dal profondo del cuore per il suo affetto.
Attraversai Death city di corsa fino alla villa. «Kid!», urlai quando fui dentro. Lo cercai in tutte le stanze, ma di lui non c’era traccia. Sarà ancora in giro.
Non avendo nulla da fare, decisi di leggere la fantomatica lettera. Spalancai la finestra della mia stanza sedendomi sul bordo, e aprii la busta tirandone fuori due fogli color sabbia tinti di inchiostro nero. La scrittura di Kid era perfetta.
E iniziai a leggere.

E rilessi una seconda volta. No.

E una terza, una quarta e una quinta.

No. No. No. Ti prego, no.
La sesta volta fu sufficiente.
Cadde. Cadde tutto. La speranza, le promesse, le parole, gli sguardi, le carezze, i dettagli, i respiri, le emozioni, i legami, i ricordi. Caddero giù.
E toccai il fondo.

Correndo uscii di casa. No, è sbagliato. Non ci credo. Non posso, non devo.
Non voglio crederci.
Devi.
Fine. Punto.



Lei è là, che corre. Sa già dove sta andando, anche se non vuole pensarci. Sa che sta salendo verso il cielo, dall’alto del mondo vedrà tutto e lo ritroverà.
Corre più forte che può, a malapena evita la gente per strada, gente che non sa nulla di cosa sia la tristezza, la paura, il dolore; quella gente che ha giudicato senza sapere. Anche la scalinata la sale di corsa, inciampa più volte e non le importa, lei deve arrivare, deve trovare lui. E sul grande terrazzo osserva il paesaggio, spera, desidera che non sia vero.
È là, che cerca, che tenta di sentire la sua anima. Ci prova con tutte le sue forze, ma sa che non potrà, che è arrivata tardi. E lui se n’è già andato, e il pianto e le preghiere e le parole non basteranno a riportarlo indietro. Si sente soffocare lei, come quando stava morendo, ma fa male dentro, vorrebbe essere un cadavere. E sa che la follia la salverà dalla tristezza ma non da quel dolore, questo l’ha già capito da un pezzo.
Si sente un contenitore vuoto, un ammasso di carne senza scopo. Semplicemente sta lì e attende, che cosa non lo sa. Forse che lui compaia all’orizzonte rassicurandola, in fondo ci spera ancora. Tutto però precipita, tutto ciò che avrebbe potuto essere suo, ma che non lo sarebbe mai stato, che non avrebbe potuto mai essere suo, perché niente le appartiene. Quel futuro tanto lontano e tanto bello da immaginare si sgretola secondo dopo secondo, lo sa bene cosa sta succedendo. Lei gli ha dato tutto di sé, e lui si è preso tutto lasciandole solo un ricordo di come ci si senta ad essere pieni di qualcosa. Lei sa la verità adesso, e per una frazione di secondo vuole sperare, lei deve sperare che non sia vero. La sente, quella lunghezza d’onda familiare: è lontana, distorta ma c’è. Ma neanche il tempo di afferrarla, di chiamarla, di supplicarla di restare ed ecco che essa svanisce, oltre le dune dell’infuocato Nevada, oltre le montagne rocciose, oltre il suo cuore, lasciando dietro sé solo terra bruciata.
E brucia, brucia lei mentre non lo sente più, mentre non sente più nulla, nemmeno sé stessa, e capisce che non era vero niente. E finalmente smette di sentire, di provare di reagire. È finita.
Stringe tra le esili dita e nella sua testa un ultimo pensiero, l’ultimo sentimento.
Un foglio di carta stracciato correndo.

“Per questo ti prego di dimenticarmi: fa come se non fossi mai entrato nella tua vita”.

Lei è resti di un fiore proibito, una rosa appassita della quale non rimangono che le spine, e frammenti di petali tagliati dal vento.
Questo è ciò che mi resta, pensa lei. È il suo ultimo pezzo.

Incantevoli spine, e resti di noi.



"

A nche se grido mentre verso lacrime nere
Il domani arriverà, col suo volto sconosciuto
Dovrò affrontare gli stessi dolori
Se è questo che mi aspetta
Voglio sparire lontano
Anche se è da egoista…"



Fine.


E io mi sciolgo ç___ç
Adesso so che mi odiate al 100%. Perché non sia mai che una mia storia finisca con “per sempre felici e contenti”. Noooo, preferisco incasinarmi la vita facendomi lanciare maledizioni e bestemmie. Insomma vi è piaciuto? A me si ù-ù
Non so perché i finali tristi mi mettono di buonumore, BUAHAHAH!!
Però avevo promesso di farvi una sorpresa, che altro non è che lo spoilerone che mi tengo sulla punta della lingua dall’inizio. Ma non ve lo posso dire…
*arriva sulla spalla destra il Kid tentatore*: “Dovresti…”
Me: “Ma…”
*arriva sulla spalla sinistra il Kid salvatore*: “Nooo, mantieni il segreto!”
Kid Demonietto: “Tu smamma, usuratonkachi!”
Kid buono: “Non ascoltarlo, non puoi rivelare quella cosa…”
Me: “Aspetta… perché ti chiama usuratonkachi?”
Kid maligno: “DEATH CANNON!” SBATUMPF!! --- *esplosione con tanto di fumo a forma di Shinigami* “La questione è risolta” *scompare*.

Yaoi fra i due Kid. WTF?!!?! O///O

Flash mentali a parte XD ecco a voi la notizia… non ce la faccio a dirla!!! Però posso farvi vedere questa… http://i55.tinypic.com/r6y994.jpg


Ebbene sì, ecco svelato il mistero! (Se non hai aperto quel link non saprai mai di cosa sto parlando MUAHAHAH +‿+)
Capitemi, non potevo lasciare le cose com’erano. Inoltre per festeggiare le – quasi – 300 visualizzazioni del primo capitolo vedrò entro Maggio di postare un piccolo extra, scuola permettendo. E dite che un mi odiate un po’ meno *w*

Sono tanto buona che vi lascio con un enorme spoilerone direttamente dalla mia testa. Ma prima devo fare i ringraziamenti come si deve: grazie a Juliet__Albarn per aver messo la storia fra le ricordate; grazie a _Kya_ per averla messa fra le preferite, che onore **; grazie a diokoxkristof, nana21guns e shanitsu che l’hanno messa tra le seguite. Grazie anche a chi non ha lasciato traccia del proprio passaggio, ma ha speso un pò del suo tempo per questa storia.

Ma soprattutto, un enorme immenso grazie va a loro due, Jucchan e Sara (rispettivamente xXx_Jujuchan_xXx e sarainsb, passate da loro perché sono bravissime, e perché ve lo dico io che ho ben due chibi Kid che litigano per me ù-ù). Mi avete seguita dall’inizio, e spesso le vostre recensioni mi hanno dato spunto per storie nuove. Non me ne voglia male Sara, leggendo Chronichles ho scoperto che abbiamo avuto la stessa idea anche se su un personaggio diverso ç__ç se vi va care seguite l’altra mia fic su Soul Eater, che una CroKid ci starà eccome *ç* Ancora grazie, grazie, GRAZIE di tutto.
Ohibò, che dirvi? Ho già parlato più del dovuto. Vi lascio con l’anticipazione, eh. e lo volete sapere come si chiama?
*caccia via Kiddino con un Maka – chop*

Ok, ve lo dirò. Statemi bene, divertitevi e fate ciò che amate fare.
Ah, e drogatevi di yaoi *ç* Adieu, baka ♥
Eccolo tutto per voi:

Fragili rose e notti d’inverno.

Tutto taceva, anche troppo. Misi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, ripetendomi il solito mantra. […]
Era troppo tardi per sperare, troppo presto per dimenticare. Avevo chiuso qualunque porta per non perdere quel barlume di coscienza che mi era rimasto, sopraffatta dal senso di impotenza mentre guardavo quelle cose che avevo ritenuto essenziali scivolarmi tra le dita.
«Non è detto che sia finita». Maka forse ci credeva ancora. Io avevo smesso.
«La verità è che non è mai iniziata».

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Capitolo 12
*** Extra - Wasted Words ***


Extra:

Wasted  words

Ho stracciato moltissime pagine senza sapere da dove cominciare. Sono sempre stato bravo con le parole, con le lettere poi figuriamoci. Ma adesso che cerco di scriverti due righe su un foglio di carta mi ritrovo senza idee.
Da dove potrei cominciare? Forse dal giorno in cui ti incontrai su quella nave demoniaca, quando nei tuoi occhi assenti lessi la solitudine che provavi; o forse dal giorno della festa, in cui ti posai la mano sulla spalla rassicurandoti sul domani, perdendomi ancora in quel mare blu; magari dal giorno in cui ti portai la rosa in infermeria, pregando con tutte le mie forze perché stessi bene, perché potessi sorridere di nuovo; ancora, da quella volta in cui ti presentasti a casa mia bella come mai e con una bambolina di pezza tra le mani piene di tagli – la sto stringendo adesso, mentre scrivo.
A quel punto dovrei continuare raccontando di come non abbia più potuto toglierti dai miei pensieri, rischiando di perderti davvero, ritrovandoti e facendoti innamorare di me. Forse sono un po’ colpevole per questo, ma tu per prima hai fatto lo stesso con me.
Racconterei poi dei giorni trascorsi insieme, di quanto eri bella quella sera nonostante il vestito scuro fosse bagnato fradicio, di quanto ti ho amata fra le mie braccia, sotto le lenzuola, stretta fra gemiti di piacere e implorazioni sommesse. No, questo forse non potrei raccontarlo, dato che a malapena riesco a descriverlo a me stesso.
Il racconto si concluderebbe forse nel momento in cui sei diventata la mia arma. Sì, perché mi sarebbe piaciuto formare un team: noi, Liz e Patty. Perdonami se parlo al passato, mi risulta impossibile aggrapparmi al presente: ma  nella nostra storia non c’è il lieto fine.
Avrei voluto che un “fine” non ci fosse mai stato, avrei voluto tenerti come un fiore eterno tra le mie dita, proteggerti dalle spine che tentavano di strangolarti, diventare il tuo bocciolo, proteggerti come si deve. Ma non potevo, e ho cercato di diventare qualcun altro che non ero io, ma ho fallito.
Non riesco più a ragionare, ma devo farmi coraggio per una volta. Me l’hai detto tu ieri. Scherzo del destino, coincidenza o non so che altro, devo andarmene. Partire, tornare chissà quando. So già che stai boccheggiando, vorrei evitarti tutto questo, ma non posso e mi maledico per la sofferenza che ti provocherò.
Ti prego, ti scongiuro, per il tuo bene, di dimenticarti di me. Perché da adesso io non sarò che un fantasma, non potrò più starti accanto. E… lo sto scrivendo davvero? Il punto è che io… non… non ti amo. Per questo  ti prego di dimenticarmi: fa come se non fossi mai entrato nella tua vita.
Mi dispiace credimi, non volevo giocare con te. Mi ero affezionato, ma credevo fosse amore. Non lo era, e mi sento uno stronzo per aver approfittato di te. Perdonami.
Devo andare adesso, non posso dirti dove. Tieni le sorelle con te, siate forti. Ti prego, non fare follie, Krona. Nonostante tutto ti voglio bene.
Sei e sarai sempre importante per me. Non arrenderti.
Con affetto, 

Death the Kid
 



Buahahah e con questo ho finito U-U
Ero combattuta sull'aggiungere o no le ultime parole di Kid (neanche fosse defunto XD) e alla fine mi sono detta che vabbè, considerate le 321 visite *-* era ora di darmi da fare. Finalmente posso mettere "completa" a Incantevoli Spine!! *O*
Continuate a seguire Fragili rose, mi raccomando! Smack a tutti,
-Yuki♥

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