Solo un mostro

di Iky93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Solo un mostro ***
Capitolo 2: *** Un gioco pericoloso ***
Capitolo 3: *** L'incubo ***
Capitolo 4: *** La mia umanità ***
Capitolo 5: *** I fantasmi del passato ***
Capitolo 6: *** Sensi di colpa ***
Capitolo 7: *** L'ultimo brindisi ***
Capitolo 8: *** L'angelo e il demone. ***
Capitolo 9: *** Alla ricerca di risposte ***



Capitolo 1
*** Solo un mostro ***


145 anni.
Sono già passati 145 anni.
Anni di attesa, di sofferenza, di odio.. ma finalmente il momento è arrivato, ancora un po’ di pazienza e poi Katherine sarà di nuovo mia, potrò sentire di nuovo il suo irresistibile profumo, le sue labbra morbide sulle mie. Manca così poco al momento in cui la sentirò vicina a me, il momento in cui saremo di nuovo insieme. Per l’eternità stavolta. Mentre a mio fratello rimarrà solo una vita di dolore e solitudine.
Stefan, il piccolo Stefan: quando l’ho visto sono rimasto davvero sorpreso, non mi aspettavo di trovarlo qui a Mystic Falls. So che lui considera questo covo di assassini bugiardi la sua casa, e so altrettanto bene che è solito ritornare a controllare il nostro paese natale di tanto in tanto. Per lungo tempo ho seguito i suoi spostamenti al solo scopo di far patire le pene dell’inferno a chiunque tenesse a lui, negli ultimi anni però ho avuto di meglio da fare, dovevo prepararmi per il momento in cui Kathrine sarà libera e così ho perso di vista il mio odiato fratellino. Sembra quasi un segno del destino, il fatto che lui sia qui proprio ora che l’incantesimo sta per essere spezzato. Potrebbe essere divertente far coincidere la mia vittoria alla sua sconfitta: vuole giocare a fare l’umano? Che si accomodi pure:  si pentirà amaramente di aver tradito Katherine. Vedrà morire tutte le persone di questo paesino sperduto, e saprà che è solo colpa sua.
Un suono mi distrae dai miei pensieri: è il motore di una macchina in lontananza.. arriva la cena gente! Cominciavo a stancarmi di stare qui in agguato accanto ad una strada deserta, ormai sarà passata la mezzanotte, ma non perdo tempo a controllare. La sete mi brucia la gola e spinge i miei sensi al massimo: nella macchina un ragazzo e una ragazza stanno parlando della serata appena trascorsa. Sono fortunato: due in un colpo solo e non sembrano nemmeno ubriachi – adoro il sangue all’alcool però nulla può eguagliare quello puro di una vittima spaventata. Sento l’euforia scorrermi nelle vene, è il richiamo del cacciatore, il bisogno di nutrirmi è nulla in confronto alla gioia che provo nel vedere il terrore di fronte a me, è nella mia natura, è stata Katherine a insegnarmelo. La macchina è molto più vicina ora, mi divertirò un po’ questa volta. Mi concentro e sento il Potere dentro di me: fare certi giochetti è faticoso ma dà grandi soddisfazioni. Tengo gli occhi chiusi mentre l’aria intorno a me si addensa, una coltre umida e grigiastra invade la strada. Sento la sorpresa degli umani, riesco a percepirla sin da qui. Rallentano ancora nell’entrare nella nebbia fitta. Non posso fare a meno di sentirmi infastidito. Ho fame! Ho bisogno di sangue, subito! Gli ignari umani si avvicinano ancora, riprendo il controllo con un sospiro di sollievo quando vedo la luce dei fari fendere la nebbia da me creata. Ci siamo quasi. Sento un sorriso incresparmi le labbra.
Si va in scena! Con uno scatto fulmineo esco dal mio rifugio fra glia alberi e mi getto in mezzo alla strada. Vedo gli sguardi preoccupati dei due ragazzi un secondo prima di venire colpito in pieno dal cofano. Immagino il loro shock, sono sbucato dal nulla. Devo fare uno sforzo per non saltare via e atterrare in piedi, non sarebbe credibile, così mi accascio a terra, supino, ben attento a non muovere un muscolo. La macchina è ferma ora, sento le voci concitate, la ragazza è quasi isterica, riesco ad odorare il terrore, riesco a sentire i loro cuori accelerati dall’adrenalina, e sono irresistibili..
Il ragazzo è accanto a me,  mi guarda, per controllare se sono vivo, i miei occhi catturano i suoi. È un istante: il suo cuore perde un battito quando la paura si impadronisce del suo corpo, un lampo di consapevolezza lo attraversa mentre lo afferro e porto la mia bocca al suo collo. I miei denti gli recidono l’arteria carotidea ancor prima che le mie labbra tocchino la pelle calda, il trauma gli fa perdere i sensi silenziosamente mentre comincio a bere avidamente. Finalmente! Sento il liquido caldo e ferroso scorrermi lungo l’esofago, sorso dopo sorso. La bocca mi fa quasi male mentre lo stomaco gioisce nel ricevere finalmente qualcosa di veramente nutriente, mi sento rinvigorito, la testa più leggera e il Potere più forte che mai. Mi fermo cercando di riprendere fiato, sento un suono stridulo fastidioso.. alzo gli occhi e ricordo: la caccia non è ancora finita. Raccolgo la mia preda e mi nascondo nella notte nera. Lei è lì, con le lacrime agli occhi e i capelli scompigliati. Vedo la paura sul suo volto. –Darrel!- Chiama disperata. Lecco il sangue di Darrel che cola dalle mie labbra assassine… Vuole Darrel, eh? Senza alcuno sforzo mi sposto alle sue spalle trasportando il cadavere del giovane, così silenziosamente che me ne stupisco persino io. Come folgorato getto il ragazzo contro la macchina; la giovane si volta di scatto e spalanca gli occhi come se il più grande incubo fosse diventato realtà.
Non sai quanto hai ragione bellezza... tu ci credi ai vampiri?
Prova a fuggire, non sa che in questo modo mi eccita ancora di più, nel suo tentativo di salvarsi aumenta la mia frenesia nel raggiungerla. La ghermisco in un balzo animalesco. È questo che sono, un animale?
No, io sono un mostro, devi avere paura di me.
Trasuda paura e orrore mentre la mordo, mentre le succhio via la vita con bramosia. Il sangue mi riempie la bocca, scorre sulla lingua, macchia i miei denti, le mie labbra e cade in goccioline sul mio mento. Sono in estasi, mi sento completo, soddisfatto, vorrei poterne avere ancora e ancora e ancora. Alzo la testa dal collo della ragazza, ormai dissanguata. Respiro affannosamente, guardo il cielo con gli occhi lucidi e arrossati. Lentamente mi ricompongo. Sono sazio. Adagio il corpo senza vita per terra e mi incammino verso la macchina abbandonata in mezzo alla strada: è meglio che faccia ordine prima che arrivi qualcuno.
Sopra di me il cielo è pieno di stelle.
Intorno a me ci sono solo silenzio, buio e morte. 

SPAZIO AUTRICE
Questa è in assoluto la mia prima fanfiction: domenica mattina mi sono svegliata colpita da una irresistibile voglia di scrivere e quello che ne è uscito è questa storia. La scena riprende i primi minuti del pilot. Noi sappiamo che è stato Damon a uccidere i due giovani in macchina anche se non viene mai visto chiaramente, quindi ho pensato di vedere la caccia dal suo punto di vista e raccontare i suoi pensieri. Vorrei fare poi lo stesso con altri punti della prima stagione. Damon è un personaggio molto complicato e mi piace immedesimarmi in lui. In questa prima one shot Elena non viene mai citata perchè ho immaginato che Damon fosse arrivato in paese da poco e quindi ancora non avesse visto la ragazza, in compenso pensa molto a Katherine, che è la ragione del suo ritorno, la donna che lui ama.
Spero che vi piaccia.
Qualsiasi cosa ne pensiate cercate di lasciarmi una recensione: anche due parole per dirmi se c'è qualcuno che vuole che continui...
-Iky-

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Capitolo 2
*** Un gioco pericoloso ***


 
Certe volte mi chiedo perché io perda il mio tempo con quel debole di mio fratello. È vero, gli ho promesso un’eternità di sofferenza, ma per quale ragione devo crearmi sempre tanti problemi?
Sono ben dieci minuti che fisso inebetito la stessa pagina di questo libro, senza capire nulla di ciò che sto leggendo. Cercavo qualcosa con cui distrarmi ma evidentemente sono troppo stanco per dedicarmi a  Dickens.
Ho passato la notte sveglio e non sarebbe un problema se non fosse che sono giorni che non riposo decentemente: i sedili della macchina mi distruggono la schiena e il materasso di quel motel è così scomodo... Qui nella tenuta di famiglia ci sono molte camere libere e altrettanti letti confortevoli ma non posso rischiare di lasciarmi cullare dalle braccia di Morfeo con mio fratello in agguato, non posso rischiare che trovi un punto debole nelle mie difese. Non che mi farebbe veramente qualcosa: lui è ancora convinto di potermi portare dalla sua parte, di potermi rendere “buono”. È così patetico!
Comunque è meglio che non creda di poter avere il controllo sulla situazione, devo stare sempre all’erta se voglio vederlo finalmente sconfitto. Ormai il cambiamento è nell’aria, ancora poco tempo e poi avrò la mia vendetta, devo solo avere pazienza, almeno stavolta. Non sono un tipo paziente, e neanche riflessivo di solito, ma non posso mandare a monte questa partita solo perché sono infastidito.
Questo è il problema: sono infastidito perché devo controllarmi, misurare ogni passo, tramare nell’ombra. Certo, è un’immensa soddisfazione vedere l’impotenza di mio fratello davanti alla mia forza, davanti al mio Potere, però ne vale davvero la pena?
Certo che ne vale la pena.
È una guerra, una partita ad un gioco pericoloso, e mio fratello ha scelto la squadra sbagliata: quella degli sciocchi umani. Ha scelto di essere debole ancora una volta. È davvero un peccato per lui e per la sua dolce ragazza: Elena Gilbert. Gilbert... è una discendente del vecchio Jonathan, quel pazzo ubriacone. Anche lei dovrà pagare, quella stolta ragazzina arrogante.
Ma prima sarà mia.
Non solo perché mio fratello la vuole. No, non solo per questo. Quell’umana è speciale, è importante, lo sento. Quando l’ho vista mi è mancato il respiro –è identica a Katherine- per un istante ho perso il controllo, poi sono tornato in me: quello sguardo pensieroso, insicuro, quell’espressione così umana... No, quella non era Katherine. Nemmeno alla fine, imbavagliata e imbottita di verbena Katherine sembrava debole, anche allora con il suo sguardo sfinito sembrava padrona della situazione, nonostante stesse soffrendo. Quella Elena invece... sembrava così vulnerabile l'altro giorno al cimitero. Volevo prenderla, volevo morderla e renderla il mio trofeo, poi però è arrivato Stefan e ha rovinato tutto. Gliel’ho letto negli occhi: non permetterà mai che io le faccia del male. Ora conquistarla è una questione d’onore. È una sfida, il nostro gioco, che si ripete instancabilmente da più di un secolo.
Stavolta però è diverso. Farò in modo che Elena, la preziosa Elena, scelga me, e poi mi riprenderò Katherine. E Stefan rimarrà solo con il suo dolore. Scacco matto fratellino.
 Sento il motore di una macchina, è vicino. Potrebbe essere Zach. No, aveva un appuntamento a quest’ora. Era scritto nella sua agenda. Stefan? Non ha la macchina, giusto... Non si fida delle nuove tecnologie. E poi l’ultima l’ho sfasciata io...
Elena, stavo giusto pensando a lei. La guardo dalla finestra mentre si avvicina alla villa. Sembra spaesata, intimorita, questa è la mia occasione: stavolta non mi sfuggirà. Certo adesso l’obiettivo è diverso: morta non mi servirebbe di certo, senza contare che sono stranamente sazio dopo la caccia notturna.
Devo essere furbo. Mi mostrerò a lei gentile e affascinante, la attirerò a me come una pianta carnivora che con i suoi colori sgargianti richiama le ignare mosche prima di eliminarle. Farò in modo che si fidi di me. Stavolta avrò la mia vendetta, dolce e completa finalmente. Questa prospettiva mi mette quasi di buon umore.
La vedo nell’entrata, non posso indugiare... Mi sto divertendo a inquietarla, vorrei tanto che questa paura che comincia a dipingersi sul suo volto diventasse terrore. Sarebbe così semplice, uno sguardo e penderebbe dalle mie labbra, la prenderei accanto a me, in me, aspettando il ritorno della padrona del mio cuore. Sarebbe facile, sarebbe mia, solo mia. Ma la vittoria non sarebbe perfetta.
Dopotutto è una sfida, è un gioco.
Giochiamo.
Un istante e le sono accanto. Sento il suo profumo sulla mia pelle, sa di speranze e progetti, sa di futuro, di vita. Da vicino la somiglianza è impressionante. Elena. Katherine. Si sovrappongono quasi nella mia mente, la  bocca calda, la pelle morbida, le forme invitanti, e quegli occhi dubbiosi, che mi squadrano. Il Potere è mio, posso fare qualsiasi cosa con lei ora. È confusa di fronte a me mentre si giustifica. Devo trattenermi dal riderle in faccia, se devo giocare devo farlo al meglio.
 –Tu devi essere Elena. Io sono Damon, il fratello di Stefan-
Mi stupisco da solo: sono le prime parole gentili che dico da anni. Sento il sollievo in lei. Si fida di me. Non ha paura di me.
Sarà mia. Ti distruggerò fratellino.
 La prenderò, perché è tua, perché la vuoi. E quando ti avrò visto patire le pene dell’inferno, quando penseraidi non avere più niente da perdere, la ucciderò, e tu sarai lì, e cadrai sempre più giù. Il suo futuro sarà mio, perché io sono più forte, perché stavolta il gioco lo controllo io.
Piacere di averti conosciuto-
-Il piacere è mio, Elena-
 Il primo passo è fatto, ora nulla potrà fermarmi. Pregusto in me la soddisfazione, la gloria. Mi scalda dentro. Ne sono certo. Stavolta vincerò.


SPAZIO AUTRICE
Eccomi. Allora, in questo capitolo siamo nel secondo episodio, quando Elena conosce Damon. Sto cercando di limitarmi perchè ci sarebbero così tante scene da riprendere, e il tempo per scrivere è davvero poco. Comunque voglio ricordare che i personaggi e le vicende non mi appartengono, scrivo di The Vampire Diaries solo per diletto (meglio essere precisi).
Ringrazio tutti quelli che hanno perso qualche minuto del loro tempo a leggere questa storia.
Chiunque voi siate, vi prego mandatemi un segno, due parole per recensire, perchè rendete davvero le mie giornate più luminose.
-Iky-

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Capitolo 3
*** L'incubo ***



Cammino lento alla luce della luna, con i piedi scalzi sull’erba umida. Sono in un giardino rigoglioso, attorniato da una distesa di fiori bianchi, di fronte a me solo il bosco silenzioso. C’è qualcosa di magico in questa notte, qualcosa di unico. Una brezza piacevole mi accarezza il volto. Vorrei rimanere sempre qui, in quest’oasi di tranquillità, cullato dal dolce suono delle foglie smosse dal vento.
Poi mi volto e la vedo. Indossa un abito di mussola color lilla che la avvolge dolcemente per ricadere con grazia sui suoi piedi nudi, i suoi capelli, neri sotto questa debole luce, sfuggono ai nastri candidi che dovevano trattenerli e scendono ad incorniciarle il volto in teneri boccoli.
Sta fissando il cielo con aria sognante, gli occhi grandi e innocenti che brillano riflettendo con un solo sguardo tutta l’immensità dell’universo, le labbra sottili dischiuse in un sorriso incantato.
È lì, a pochi metri da me, in tutta la sua grazia, in tutta la sua ipnotica bellezza.
-Katherine- Faccio scivolare il suo nome attraverso le mie labbra in un soffio, come se fosse una formula magica pronta a spalancare solo per noi le porte di un mondo fatato dove ogni meraviglia sarebbe possibile, dove potremmo stare insieme.
Si volta lentamente, senza scomporsi, come se avesse sempre percepito la mia presenza. Mi guarda traboccante di amore, i suoi occhi splendenti si incastrano nei miei.
-Damon, cosa fate qui fuori, è molto tardi-
Anche lei sussurra, per non alterare troppo questa quiete silenziosa che ci avvolge.
-Potrei chiedere a voi la stessa cosa: non dovreste uscire con il buio, potrebbe essere pericoloso. Ci sono stati attacchi di animali: sembra che i coyote stiano migrando a nord...-
Continuo a parlare mentre cammina verso di me con passi lenti, misurati. Le sue mani sicure lisciano la stoffa dell’abito. Quanto vorrei poterle stringere fra le mie.
-Siete spaventato, Damon? Avete paura dei demoni della notte?-
Mio padre li chiamava così, i “demoni della notte”, i vampiri, quando dava loro la caccia.
-I demoni non esistono, sono solo una leggenda-
Lei è di fronte a me ora. Potrei toccarla allungando un braccio, non mi ci vorrebbe più di un secondo. Un secondo e potrei stringere il suo corpo esile con forza sul mio, sentire il suo calore attraversarmi la pelle con forza, il suo profumo di zenzero e limone invadermi le narici. Potrei vedere i suoi denti perfetti, bianchi come piccole perle letali schiudersi per me, sentire il suo sapore di zucchero e sangue farsi strada prepotente dentro la mia bocca. Un secondo, un solo bacio e potrei portare via ogni suo dolore.
Ride ora, ride maliziosa, gli occhi ardenti mi invitano a prenderla, qui, subito. Un ciuffo le ricade con grazia sull’occhio destro, suscitando in lei quella buffa espressione che assume sempre quando qualcosa la infastidisce: arriccia il piccolo naso e aggrotta le sopracciglia curate, la bocca stretta in una impercettibile smorfia di disappunto. Vorrei continuare a guardarla in eterno, ma non posso fermarmi.
Alzo il braccio come in trance, voglio che questo attimo continui per sempre, io e lei, soli in un angolo di paradiso, insieme attraverso milioni di vite, milioni di sguardi complici e sospiri di amanti.
Ma non posso fermarmi.
Quando le mie dita sfiorano i suoi riccioli bruni una smorfia di dolore le attraversa il volto. Mi guarda implorante, scruta nella mia anima cercando un perché a quella sofferenza. Leggo sul suo volto tutta l’ingiustizia di quello che sta succedendo, ma non posso fermarmi.
La stringo a me con bramosia. Darei la mia vita per la sua, morirei per non sentire le sue lacrime amare bagnarmi il volto. La bacio con passione, ma le sue labbra si seccano sulle mie. Le accarezzo i capelli mentre svaniscono nel vento. Mi aggrappo alla sua pelle mentre l’elegante vestito si trasforma in cenere. Vedo i suoi occhi mentre diventano polvere, sento l’ultimo sospiro smorzato della sua gola mentre scompare dalla mia vista lentamente, come un foglio di carta travolto dalle fiamme. Le lacrime mi salgono agli occhi, un urlo mi cresce in bocca, strozzato da un oceano di dolore.
Sto affogando, mi manca l’aria.
Cerco di respirare, ma sto soffocando. Il giardino diventa un vortice indistinto di risate beffarde e di urla di terrore. Sto sprofondando.
L’odore acre della morte è quasi invitante. Sto cadendo.
 
L’odore del sangue invade le mie narici e mi riporta alla realtà. Sento il mio respiro affannoso che fende l’aria di questa stanza che non è la mia. Sono in un letto insolitamente comodo, coperto solo da un sottile lenzuolo. Dalla finestra entra solo il buio.
È stato solo un sogno. Sto tremando.
Sempre quello stupido sogno..Perché non riesco a fermarlo? Io posso controllare i sogni, io ho il Potere. Come può una creazione della mia mente rendermi così debole?
È sbagliato, è illogico.
Scaccio ogni residuo di inquietudine dal mio corpo. Fermo il tremore delle mie mani con un moto di fastidio. È inaudito. Era solo uno stupido sogno.
Stringo gli occhi cercando di ricordare cosa accidenti faccio qui, in questa casa che non conosco, vuota e silenziosa. No, non è vuota. C’è un cuore che batte accanto a me. Una ragazza, bionda, seno pieno, degno di una coniglietta di Playboy. Esco lentamente dall’intorpidimento nebbioso del sonno e cerco di ragionare.
Sento gli ingranaggi nel mio cervello scattare mentre torno controllato e calcolatore.
Questa non è la solita ochetta ubriaca, questa è la mia gallina dalle uova d’oro. Perché l’ho vista, lei è una delle amiche del cuore della bella e giovane Elena, la preziosa conquista del mio fratellino.
Devo fare uno sforzo per non farmi trascinare dalla rabbia e dall’odio al pensiero di mio fratello.
È solo colpa sua.
Respiro profondamente scacciando il risentimento. È stata una bella nottata, non c’è motivo di rovinarla ora: ho stuzzicato un po’ il mio caro Stefan, e poi mi sono anche potuto saziare della bella biondina stupida che mi ha invitato a casa sua, il tutto sotto la luce della cometa, il che significa che da domani potrò ufficialmente liberare Katherine.
E poi più nessun incubo potrà più portarla via da me. Non dovremo temere più niente, saremo solo io e lei nel nostro angolo di paradiso.
Ma ora è meglio non pensare a questo. È stata una bella notte, ma non è ancora finita.
Guardo la giovane addormentata accanto a me, somiglia ad una di quelle sciocche bambole per bambine viziate... sì, una barbie, bionda e con un cervello grande quanto il suo pugno. L’ho sentita parlare al bar l’altra sera, mentre notava quanto fosse ingiusto che Elena avesse tutti i ragazzi più carini. La regina del pollaio. Era così patetica! Mi sembra di vivere di nuovo la mia adolescenza, come se una volta non fosse più che sufficiente! Come fa Stefan a sopportare tutto questo?
Barbie si rigira sul cuscino con un lamento. I due piccoli fori lasciati dai canini svettano sulla pelle arrossata di sangue.
Sangue. Invitante e caldo che scorre giusto sotto la sua pelle, lì, in quelle grandi vene pulsanti. Il mio stomaco si contorce con un brontolio.
Ormai che sono qui, potrei approfittarmene: non sarà Elena, ma è un gustoso rimpiazzo per il mio piano. E poi se domani sarò costretto ad ascoltare i suoi pigolii lamentosi sulla sua miserabile vita è meglio che io sia ben sazio. Quando ho fame mi innervosisco anche più facilmente del solito, non vorrei ritrovarmi con una gallina morta per colazione.
Mi avvicino al suo volto lentamente. La sua pelle sa di profumo dozzinale e sudore adolescenziale, ma il suo sangue... quello sa di gioventù, ed è così dolce che potrei berne a litri.
Lecco lentamente i due forellini sul suo collo. Sento i suoi muscoli che si irrigidiscono. Alzo il volto e trovo i suoi occhi che mi fissano. Ingenui, spaventati come quelli di un animale braccato. Le labbra piene, troppo rosa, si schiudono in un urlo.
-Non urlare, stai tranquilla-
Parlo con voce suadente. So che si sta perdendo nell’azzurro dei miei occhi. Si rilassa sotto di me.
-Brava così. Ora vieni qui-
Torno al suo collo con un sospiro. Lei geme di piacere mentre la accarezzo.
Non posso reprimere un sorriso. Questa bambolina è proprio una sciocca, sarà anche più facile del previsto usarla. Sento il suo fiato su di me e smetto di pensare. Per i piani diabolici avrò tutto il tempo che voglio... domani.
Ora stringo a me questa carne calda, senza preoccupazioni.
Mi perdo in questo letto estraneo, aspettando l’alba. 


SPAZIO AUTRICE
D'accordo... è stata una settimana folle ma ce l'ho fatta a sopravvivere! Grazie al cielo è finita...
Questo capitolo è ambientato in un qualche momento fra l'episodio 2 e il 3. Ho deciso di procedere con un po' d'ordine, cronologicamente parlando, quindi continuerò con i primi episodi non appena avrò tempo per scrivere.
Ringrazio di cuore chi ha recensito e chi ha letto in silenzio.
Rinnovo l'appello a lasciare un commento, anche corto, solo per farmi sapere cosa ne pensate. Mi farebbe molto piacere.
-Iky-

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Capitolo 4
*** La mia umanità ***


È tardi, ormai è notte inoltrata. Il buio penetra in ogni angolo, abbracciando indistintamente colpevoli e innocenti, rendendoli uguali agli occhi della luna. Una rassicurante onda nera ricopre chi già dorme e chi presto cadrà fra le coperte, chi ancora lavora e chi è troppo inquieto per riposare. Culla i sogni innocui dei bambini e gli incubi più profondi degli animi tormentati. Avvolge i predatori più pericolosi come le vittime innocenti che presto troveranno il loro infausto destino. Assorbe tutto il dolore per dare finalmente protezione e ristoro a chi vuole un po’ di pace.
Il buio mi fa sentire a mio agio, non per niente sono una creatura della notte, nata per servire le tenebre. Nell’oscurità, mentre molti si ritirano nelle proprie dimore sfiniti da una giornata intensa, un altro mondo si sveglia, un mondo popolato da assassini, depravati, demoni, schiavi del male, un mondo popolato dagli scarti della società, finalmente liberi di mostrare la propria natura.
Dovrei essere con loro adesso, portando sofferenza a chi non la merita, donando nuovi timori a chi ha già paura. Questo è il mio ruolo, questo è ciò che sono.
Dovrei uscire da questa maledetta stanza, da questa casa luminosa e calda e andare a fare ciò per cui sono stato creato, ma non riesco a muovermi.
Lei è così maledettamente bella mentre dorme.
 Le ciocche castane si spargono sul cuscino e le incorniciano il volto perfetto, sembra così indifesa ora, con le braccia sottili abbandonate scompostamente, un sorriso appena accennato a donarle un’espressione serena. Ancora una volta non posso fare a meno di notare la somiglianza con la mia Katherine: potrebbero essere gemelle, così simili eppure così diverse. Vorrei capirla questa ragazzina, vorrei entrare nella sua mente e spiare i suoi pensieri come lei ha spiato i miei ieri sera.
Nel corso degli anni ho affinato una tecnica infallibile per mentire, ormai porto sempre una maschera che copre quello che realmente penso. Sarebbe inutile, se non controproducente, rivelare la mia natura a chi conosco, darebbe solo un modo ai miei nemici per potermi distruggere. Ma lei ha guardato oltre, non sono riuscito ad ingannarla, in un solo attimo, fissandomi negli occhi, ha colto quella sofferenza che in tutti questi anni mio fratello ha solo intravisto.
Eppure è solo una ragazzina arrogante. Se volessi potrei ucciderla, oppure potrei strapparle dal collo quella stupida collana e farla pentire di avermi tirato quello schiaffo, e poi far ingoiare la verbena a Stefan e guardarlo agonizzare.
Potrei essere quel mostro spietato che in fondo sono.
Potrei se solo riuscissi a smettere di fissarla, se riuscissi a smettere di sentirmi così al sicuro in questa casa dove per la prima volta dopo anni mi sono sentito un ospite gradito. Non ricordo neanche più quando è stata l’ultima volta che qualcuno mi ha invitato in casa perché lo voleva e non perché l’ho costretto a farlo.
E lei mi ha invitato qui. A malincuore ma l’ha fatto, lo sbaglio più grande della sua vita.
Rimarrei sempre qui ad ascoltare lo sbuffo ritmico del suo respiro, a farmi avvolgere da questo profumo di vita.
Forse Stefan ha ragione, forse in fondo c’è ancora qualcosa di umano in me.
Neanche un mostro può odiare così tanto.
I mostri non desiderano vendetta, desiderano solo il dolore altrui.
I mostri non amano, seguono solo l’istinto.
Forse alla fine l’ho conservata, la mia umanità.
Ma non posso più tornare indietro, ormai ho scelto la mia strada, e se la dolce e comprensiva Elena dovrà pagare per gli sbagli di altri non ha importanza. Ho deciso molto tempo fa che per compiere la mia vendetta nessuno si sarebbe dovuto fidare di me. Forse solo mio fratello voleva ancora cambiarmi, ma stasera ho detto addio a ogni possibilità di redenzione. Sono in una strada a senso unico. Continuerò ad essere l’assassino spietato che ho scelto di essere. Tutti mi odieranno, anche l’ingenua Elena, perché così deve essere affinché il mio piano si compia.
Da domani nulla avrà più importanza. Ma ora, mentre fuori la notte scorre lenta, mi posso perdere nel suo respiro, in questo residuo di umanità.
Avvicino la mia mano gelida al suo volto vivo.
Sarebbe stata così Katherine se i vampiri non fossero esistiti? In un’altra vita avrei potuto toccare la sua pelle calda tutte le notti? In un’altra vita saremmo stati solo un uomo e una donna uniti dall’amore?
Lascio che un brivido attraversi la mia schiena un’ultima volta mentre faccio scorrere le mie dita sulla sua guancia liscia.
È ora di andare, sento dei passi sulle scale. Non mi farò trovare qui.
Mi allontano controvoglia dal suo dolce profumo, dalla sicurezza di queste mura e attraverso la finestra mi tuffo di nuovo nella mia crudele realtà. Ma non prima di aver riguardato indietro a quella fragile ragazza che confusa si guarda intorno, senza ricordare il sogno che ha allietato il suo dormiveglia, quel principe che la accarezzava con dolcezza, ma non prima di aver ripensato con rimpianto a tutte le vite spezzate per nulla, a tutto il tempo trascorso a lottare contro i mulini a vento.
Permetto al buio di accogliermi mentre lascio dietro di me ogni goccia del mio essere, mentre dico addio per sempre alla mia umanità. 


SPAZIO AUTRICE
Questo capitolo è ambientato alla fine della terza puntata della prima stagione, uno degli episodi che ho preferito in assoluto. Il titolo riprende ciò che Stefan dice a Damon alla partita di football. 
Devo dire che non mi convince completamente ciò che ho scritto, quindi più che mai avrei bisogno di qualche commento...
Lo scorso capitolo ha ricevuto soltanto una recensione e anche se sono immensamente grata a Butterphil che mi segue e mi sprona a continuare, sentire i pareri di qualcun altro mi rassicurerebbe molto.
Quindi, per favore RECENSITE!!

-Iky-

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Capitolo 5
*** I fantasmi del passato ***


Provo a respirare più lentamente, cercando di non ascoltare il cuore che mi batte furioso in petto minacciando di esplodere da un momento all’altro. Ogni boccata d’aria che inspiro è come una lama tagliente che mi si conficca nel torace. Non riesco a tenere gli occhi aperti, il buio che regna in questa angusta cella brucia quando tocca la mia pelle. Cerco di bloccare le migliaia di spilli appuntiti che mi attraversano le ossa aggrappandomi disperatamente alla parete. L’unica cosa che sento ancora chiaramente è il gelo che il muro di pietra trasmette alla mia fronte sudata nel punto in cui questa lo tocca. Un brivido mi attraversa violentemente la spina dorsale, come una scossa elettrica, reprimo un lamento di dolore con una smorfia: vorrei urlare, distruggere quella maledetta porta e uccidere ogni dannato umano in questa sciagurata città. Vorrei gridare, gettare fuori tutto l’odio che mi corrode.
Non posso credere che mio fratello abbia fatto questo: ho perso, ho abbassato la guardia. Sono stato stupido, per l’ennesima volta sono stato troppo ingenuo, l’ho sottovalutato ancora, ho tirato troppo la corda e ora sono qui, ad aspettare che il mio corpo si consumi a poco a poco.
Non ho la forza di pensare lucidamente o di fare qualsiasi altra cosa. Sono prigioniero della mia mente e della mia ira, ma non resterò qui per sempre: prima o poi riuscirò a scappare, fuggirò dal mio destino di dannazione e allora quell’ingrato traditore del suo sangue la pagherà molto cara.
Lo torturerò nel suo personale orticello di verbena e poi gli strapperò il cuore ancora caldo dal petto, ma non prima di averlo sentito supplicare pietà.
Sarà musica per le mie orecchie, musica celestiale, il suono della vittoria.
La risata che mi nasce nel petto si trasforma in un’accesso di tosse. Non so come ma mi ritrovo raggomitolato sul pavimento con il volto nella polvere. Riprendo fiato con un rantolo inquietante. Le labbra ormai secche tentano di schiudersi in un sorriso amaro.
Sono un bugiardo e un vigliacco: non ucciderò mai Stefan, lo so, non posso. È tutta colpa di una stupida promessa fatta tanto tempo fa.
Sento ancora quell’odore nelle narici: carne putrida, vestiti sporchi e acqua stagnante, l’odore della malattia, subdola sorella della rassicurante morte.
Mi trovavo in una stanza in penombra, una stanza che conoscevo bene, nella mia casa d’infanzia. Nel mezzo della camera, colpito da un debole fascio di luce polverosa c’era un grande letto a baldacchino di legno massiccio. Sul materasso morbido le soffici coperte azzurre erano ammassate disordinatamente in un groviglio scomposto e in mezzo ai numerosi cuscini accoglienti c’era lei. Sembrava così piccola e debole lì sdraiata, con la pelle grigiastra tesa sul minuscolo viso scheletrico. Il rumore del suo respiro, non lo scorderò mai, sembrava un motore rotto in un corpo da buttare. Volevo fuggire con tutte le mie forze da quell’incubo, uscire al sole, riempirmi i polmoni di aria pulita prima che lei aprisse gli occhi e mi confermasse che quella era la realtà. La sua voce uscì gracchiante e mi fece sobbalzare di sorpresa. Le sue iridi color cielo così simili alle mie splendevano di vita nonostante tutto, mi concentrai solo su quelle per non scoppiare a piangere.
-Scusa...-  balbettai con voce fioca  -non ho capito. Puoi ripetere?-
-D...Dam...- Sembrava che qualcosa le stesse raschiando la gola. Era insopportabile.
-Sì. Sono qui.- La vidi deglutire a vuoto un paio di volte prima di tornare ad incatenare i suoi occhi nei loro gemelli sul mio viso.
-Damon...- Cominciò con voce roca, anche se leggermente più chiara rispetto a poco prima. -Non... non aver paura...- Riusciva a leggermi nella mente con uno sguardo, ogni volta. Non potevo tenerle segreto niente, lei mi scopriva sempre. -Vieni... più vicino. Tu... devi essere... forte- Alzò un braccio faticosamente per spronarmi a stringerle la mano. Avevo paura di romperla, talmente era sottile e fragile, ma la presi comunque nella mia, rosea e calda. -Devi promettere... che diventerai  un uomo coraggioso... Che proteggerai sempre... tuo fratello...- Chiuse gli occhi sfinita e lasciò andare la mia mano con un sussulto.
-Madre…- Sussurrai inquietato. Sentivo la piccola mano di Stefan nella mia, le sue unghiette affilate conficcate nella pelle. Sapevo che se mi fossi girato avrei visto le sue lacrime spaventate e la sua smorfia di terrore. -Madre- La chiamai ancora, preoccupato. Non volevo svegliarla, ma avevo paura che non aprisse più gli occhi, che se ne andasse così, senza neanche salutare.
 -Promettilo...- Mi dovetti avvicinare per sentire quello che ormai era diventato solo un sospiro.
-Sì madre, te lo prometto. Ora riposa, vedrai che domani starai meglio. Ora andiamo. Ti voglio bene.- Dissi queste parole mentre indietreggiavo, trascinando con me l’esile corpo di mio fratello.
-Bravo... il mio...ometto... -
Fu l’ultima volta che la vidi, ero solo un bambino, eppure rivedo ancora quella scena intorno a me se mi volto. Non so se sia un’allucinazione o se davvero il ricordo sia così vivido nella mia memoria. So solo che non posso ucciderlo, non posso fargli del male.
Come potrei tradire il ricordo dell’unica persona che mi faceva sentire indispensabile?
Maledizione! Il mio errore è stato minacciare quella Elena, lei mi fa perdere il controllo, è così simile a Katherine. Mi sembra di vivere nel passato, in un continuo flashback, come se fosse destino vederla ballare con Stefan ad ogni schifoso Ballo dei Fondatori.
Aveva avuto il coraggio di dirmi che era solo una sciocca ricorrenza che non le importava, quando invece aveva deciso di andare con Stefan. Probabilmente lui le aveva fatto notare quanto io odiassi le feste mondane e lei si era sentita in colpa a costringermi a partecipare, non sapendo così di obbligarmi ad uno strazio ben peggiore.
Ero appoggiato al tavolo del bar, sorseggiando con calma studiata una flute di champagne. Era ancora presto, sulla pista da ballo poche coppie coraggiose volteggiavano ridacchiando, mio padre stava in parte con il sindaco e lo sceriffo, parlottando con aria grave, avrei scommesso che stessero discutendo di come attaccare i vampiri. Un gruppo di ragazzini fissava con aria rapita la dichiarazione con i nomi dei fondatori: erano passati solo cinque anni da quando avevo firmato quel foglio, ma il paese era cresciuto e aveva guadagnato moltissimi nuovi abitanti, soprattutto profughi in fuga dalla guerra, desiderosi di ricostruirsi una vita. Alcune ragazze agghindate per l’occasione con i preziosi gioielli delle madri e truccate con quantità industriali di cipria ammiccavano nella mia direzione cercando di attirare la mia attenzione, focalizzata invece sul torneo di poker che un mio amico aveva deciso di organizzare più tardi durante la notte. Mi stavo preparando ad una serata di noia profonda quando fecero il loro ingresso: Katherine era stupenda nel suo vestito verde, elegante ma non esagerato, era truccata con semplicità, negli occhi quella scintilla curiosa che la caratterizzava; si aggrappava al braccio di Stefan, in smoking, che sorrideva radioso. Sentii la gelosia pungermi il petto, provavo l’irresistibile desiderio di spaccargli la faccia, sapeva bene che lei mi piaceva eppure non si faceva scrupoli a guardarla con quella bramosia ogni volta che le era accanto.
La gelosia è una bestia pericolosa, annebbia la mente colpendo il cuore, nasce quando meno te lo aspetti, perché come l’amore non può essere controllata. Come l’altra sera al ballo, l’ennesimo Ballo dei Fondatori, sempre uguale anche dopo centocinquant’anni: le solite coppiette innamorate, i soliti drink costosi, la solita pergamena ingiallita con i nostri nomi, e ancora lei che trascinava mio fratello sulla pista, con quell’espressione maliziosa appena accennata. Loro che volteggiavano attraverso  gli anni, sempre uguali, abbracciati in una dolce danza, oggi come tanto tempo fa, mentre io resto a guardarli impotente, in un eterno déjà vu.
Sono un’idiota, non avrei mai dovuto abbandonarmi ai ricordi. L’amore è subdolo, ma dopotutto non si riduce sempre tutto all’amore per una donna?
Sento i muscoli contrarsi dolorosamente ad ogni minimo movimento, non riesco a controllarmi. Voglio crollare, vorrei soltanto poter smettere di soffrire ora. La mia pelle si sta consumando, prude fastidiosamente. Penso a come fermare questo dolore che pervade ogni centimetro quadrato di me. Ho i palmi delle mani umidi, li passo lentamente sulle braccia ruvide, sotto le maniche appiccicate della camicia elegante, ma riesco solo a provocare degli irritanti brividi che mi scuotono provocando milioni di fitte penetranti. Non mi sono mai sentito così sconfitto, forse solo quando credevo che Katherine fosse morta ho provato un tale senso di impotenza. Non perché sono rinchiuso qui, quello al massimo mi irrita, mi fa arrabbiare, ma perché c’ero così vicino. Dovevo solo portare pazienza, non fare stupidaggini. Dopo un secolo e mezzo potevo finalmente liberarla e ho buttato tutto all’aria. E per cosa? Per una adolescente che le somiglia? Perché non voglio che mio fratello sia felice?
Darei via la mia anima, se ancora ne avessi una, per una goccia di sangue. Una misera goccia di sangue per scaldarmi la gola e ridarmi un minimo di speranza.
Katherine ha dovuto sopportare tutto questo, per ore, giorni, interminabili anni? Questa terribile tortura in una sudicia cripta?
Chiudo gli occhi, cercando di risparmiare le poche energie che mi restano. Penso al lato positivo, almeno non ho perso la mia dignità, non mi abbasserò mai a chiedere nulla a Stefan, né cibo, né perdono, avrà solo disprezzo da me.
Un giorno ti libererò Katherine, che sia pure l’ultima cosa che faccio. Te l’avevo giurato che sarei tornato a salvarti ed è una promessa che intendo mantenere, questo supplizio finirà per entrambi. Cerco con la mano il cristallo che ho recuperato a casa Lockwood, il suo ciondolo ambrato, quello che sigilla quel maledetto incantesimo.
Ma non c’è.
L’ho perso.
Non c’è modo di spezzare il sigillo senza la collana, non posso averlo perso. Avanti, pensa... Stefan non mi ha perquisito, sa che con la verbena in circolo sono troppo debole per nuocere veramente a qualcuno. Deve essermi caduto alla festa, forse mentre aggredivo quell’ochetta bionda... ma certo, poco prima era nella mia tasca. Con un po’ di fortuna potrebbe averlo lei, e se lei ha quel talismano forse posso trasmetterle un messaggio. È un amuleto abbastanza potente da canalizzare quantità incredibili di energia, e magari, visto che ho già controllato la sua mente in passato, potrei cercare di amplificare il Potere, e obbligarla ad aiutarmi.
Non ho molte possibilità: se non ha preso lei il ciondolo ogni mio sforzo sarà inutile, mi consumerò solo più in fretta. Ma vale la pena tentare, è l’unica speranza che ho per uscire da qui.
Tergiversare è inutile.
Chiudo gli occhi e comincio a chiamare, pregando con tutte le mie forze di avere avuto ragione, almeno stavolta.
-Caroline...-
 
SPAZIO AUTRICE
Probabilmente il capitolo risulterà un po' delirante, poichè ho la febbre, e non sono molto in me, ma lo pubblico comunque: è ambientato nel corso della quinta puntata, nella quale Damon è rinchiuso nella cella di famiglia, solo con i fantasmi del suo passato.
Visto che il mio disperato tentativo di ricevere qualche recensione non è andato a buon fine, stavolta non mi abbasserò a scongiurarvi.
Se volete farmi sapere cosa ne pensate e volete darmi qualche consiglio per aiutarmi a migliorare, i vostri commenti saranno assai graditi. Io continuerò comunque questa raccolta per chi vorrà fermarsi a leggerla.
-Iky- 

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Capitolo 6
*** Sensi di colpa ***


-È tutta colpa tua! Le persone che ti stanno accanto muoiono! Come può non importarti!-
Affondo rabbiosamente il piede sull’acceleratore mentre ripenso alle sue parole. L’odio con cui mi ha colpito, l’indignazione nella sua voce, il disgusto nei suoi occhi, sono come tizzoni ardenti affondati nel mio corpo.
Ma a me non importa, io sono un assassino. Io porto dolore.
Se non se ne rende conto è solo un’ingenua. Eppure ogni ricordo è uno schiaffo bruciante pronto a riaccendere l’ira.
-Come puoi essere così arrogante e sfrontato dopo tutto quello che hai fatto?-
Sento il suo sguardo accusarmi deluso, come se avesse davvero creduto in me, anche se per poco. Peccato che non ci fosse nulla di buono da trovare in me.
Sarebbe stato meglio se lei non avesse mai incrociato la mia strada. Per entrambi.
-Sta lontano da me!-
Ancora quegli occhi color cioccolato a fissarmi. Più che arrabbiati, feriti. Traditi. Ma in fondo a quei dolci pozzi sinceri c’è ancora spazio per la comprensione.
Sa che sono un mostro, ma ha ancora pietà di me.
Non ha paura che io la uccida, chiunque altro sarebbe fuggito. Lei si limita a guardarmi con un velo di lacrime sulle ciglia. Come se ciò che ho fatto fosse la cosa più ingiusta al mondo.
La vita non è mai giusta, lei più di tutti dovrebbe saperlo.
Eppure c’è questo fuoco che mi rode dentro che mi chiede di esplodere, per cancellare questa sensazione come di qualcosa che si dimena nel mio stomaco.
Sensi di colpa?
Non è possibile. Damon Salvatore non prova sensi di colpa.
O almeno era così prima di conoscere quella Elena.
Vorrei eliminarla dalla mia esistenza, quella sconvolgente piccola umana. Lei ha cambiato tutto. È colpa sua tutto questo.
Bruscamente fermo la macchina sul ciglio della strada e mi prendo la testa fra le mani.
Non riesco più a togliermi dalla testa la convinzione di avere fatto un errore.
Ho sbagliato a trasformare quella ragazza?
Forse.
Le ho fatto un favore. Aveva una vita patetica.
Può darsi, però almeno aveva una vita.Aveva degli amici, una famiglia. L’ho costretta ad un’eternità di solitudine e tormenti solo per avere un po’ di svago.
E ormai non le è rimasta neanche più quella.
Esco dalla macchina di scatto. Che accidenti mi prende? Io non ho rimorsi. Ho ucciso centinaia di persone nella mia esistenza. Non è mai stato un problema, eppure ora non riesco a scacciare questo groppo allo stomaco.
Voglio solo togliere la delusione da quel volto. Voglio solo che lei smetta di fissarmi.
Spalanco con violenza il bagagliaio e guardo il corpo raggomitolato al suo interno, ormai senza vita. Era così giovane. Non era neanche male, sicuramente era piena di energia. Ed era disinibita. E innamorata.
Sono costretto ad allontanarmi da quella figura minuta.
Era riuscita a sfuggirmi due volte. Voleva vivere così tanto che il suo corpo si rifiutava di arrendersi anche di fronte ad un assassino spietato come me.
Meritava un’altra possibilità, forse avrebbe trovato la felicità in futuro. Io gliel’ho negata per sempre. Ora di lei resta solo una smorfia d’orrore, congelata sul suo viso.
Non posso cambiare ciò che è stato, ma non posso neanche ignorare ciò che ho fatto. Non stavolta.
Mi risiedo al posto di guida. Mi sbarazzerò del corpo più tardi, prima devo occuparmi di altro. Giro l’auto e torno verso il paese.
 
-Puoi fare in modo che dimentichi? Stefan ti prego...-
-Lo faccio io. Se è quello che vuoi, lo faccio io.-
Salgo sul portico e percorro i pochi metri che ancora ci dividono. Non so neanche bene perché ero venuto proprio qui. Forse per cancellare ogni traccia di odio dalla sua mente, per eliminare quello scomodo rimorso che lei ha resuscitato. Ma ora quello che voglio è solo smettere di sentire quel dolore nella sua voce. Perché so che è a causa mia che esiste.
Questa situazione mi innervosisce. Non dovrei essere qui, ma non posso lasciare che lei mi disprezzi. Come al solito ho combinato un casino e ora devo rimediare.
-È quello che voglio-
Mio fratello mi osserva pieno di stupore e sconcerto. Sa bene quanto me che un gesto del genere non mi si addice, ma non mi ferma. Sa che lui non potrebbe esaudire i desideri della sua amata. Io posso.
Entro in casa senza guardarmi intorno. Stavolta salire queste scale non è una vittoria. Stavolta giocare non è divertente. Se volevo spezzare un po’ la monotonia della mia esistenza sicuramente non era questo che avevo in mente. Preferisco la noia a questo.
Il ragazzino è seduto sul suo letto con la testa fra le ginocchia. Tutto il suo corpo è scosso dai singhiozzi. Il senso di colpa invece di assopirsi si dimena nel mio stomaco più vivo che mai. Quelle non sono le lacrime di un bambino. Sono le lacrime di un uomo che piange la morte della persona che ama.
Quando si accorge di me cerca di darsi un contegno, su pulisce il viso stravolto con una manica, nasconde la sofferenza dietro uno sguardo indifferente.
-Chi sei tu?-
Nonostante i suoi sforzi la voce gli esce strozzata. Troppo acuta e dolente.
-Non ha importanza. Guardami negli occhi.-
Vedo la speranza nelle sue iridi: vuole che gli dica che è stato tutto un errore, che le ultime ore sono state solo un incubo. Lo capisco fin troppo bene.. A volte vorrei poter tornare indietro, fare scelte diverse, cambiare le cose.
Meglio muoversi. Non ho intenzione di passare la notte qui a perdere tempo. Prima chiudo questa faccenda e meglio sarà per tutti. La mia logorroica coscienza sarà felice per un altro secolo e potrò dire di aver fatto la mia buona azione giornaliera. Almeno per una volta non avrò rovinato una vita.
-Tu non mi hai mai visto. Vicki Donovan è venuta da te alla festa di Halloween per dirti che partiva. Non ha detto per dove ma è la decisione più giusta. Non soffrirai più per le persone che ti hanno lasciato, non ne vale la pena- 
Accarezzo con il Potere la sua anima. È totalmente in mia balia. Non è proprio quello che Elena ha chiesto, ma continuo comunque. Un po’ di pace non può fargli che bene. Deve sapere che almeno lui avrà un’altra possibilità.
-D’ora in poi dovrai vivere la vita al meglio. Non sprecherai più il tuo tempo con droghe e stupidaggini. Non buttare al vento il tuo futuro.-
Ho fatto ciò che dovevo fare. Non aspetto neanche che il ragazzo riprenda il pieno controllo di sé, so di aver svolto il mio compito. Non vedo l’ora di lasciare questa casa.
Sul portico Elena mi guarda aspettando una conferma.
Ha gli occhi bagnati dalle lacrime.
I sensi di colpa si sono sciolti nell’aria della notte, eppure non mi sento soddisfatto, né appagato. Ho portato a termine il mio compito, ma non ho risolto il problema. Il dolore è ancora lì, lo vedo. E non potrò mai cancellarlo. È un’impresa impossibile.
Non posso tornare indietro. Non posso correggere i miei errori. Non posso eliminare quello sguardo sofferente.
Ormai quel che è fatto è fatto, non c’è via d’uscita.
Fra tante parole prive di senso, in bocca mi restano solo amari rimpianti. 

SPAZIO AUTRICE
Eccomi qui con un nuovo capitolo che in realtà non mi convince un granchè. Dovrebbe essere l'ultima scena della 1x07. Fra l'alto ci ho messo un'eternità a scriverlo perchè la provvidenziale guarigione dall'influenza mi ha lasciato con una marea di impegni arretrati da rispettare...
Per favore fatemi sapere cosa ne pensate perchè sono in crisi totale. Vi prego, RECENSITE!!
-Iky-

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Capitolo 7
*** L'ultimo brindisi ***


Entro in camera portando con me la bottiglia di whisky. È il momento di brindare.
Ho depistato i cacciatori di vampiri, ho festeggiato il compleanno del mio fratellino regalandogli una buona dose di dolore e nel fare ciò sono riuscito anche a nutrirmi in modo soddisfacente.
Devo dire che è stata davvero una grande serata per i vampiri di Mystic Falls.
Mi complimento con me stesso per la mia vittoria e mi porto alla bocca il dolce liquido ambrato.
Dopo aver ucciso, il particolare più difficile da scordare è l’espressione che la tua vittima ha nel momento in cui si trova di fronte alla morte. Può essere spaventata, con le labbra diafane spalancate in un grido di terrore, oppure tranquilla, rassegnata.
È facile guardare il vuoto sguardo accusatore di un cadavere sconosciuto, soprattutto se si è soddisfatti e a stomaco pieno. Ma non è più così semplice quando a morire è una persona con cui si aveva un rapporto. Anche se questo rapporto era mantenuto da odio e sfiducia, le difficoltà attraversate insieme vengono sempre a galla alla fine.
È per questo che non sono soddisfatto di aver ucciso Lexi Branson.
Era una puttanella odiosa, da anni si divertiva a minacciarmi e a stuzzicarmi ad ogni sua visita. Moltissimo tempo fa avevamo avuto una sorta di relazione. Io volevo divertirmi e lei si sentiva sola, immagino, eravamo costretti ad una surreale convivenza forzata a causa dei soliti noiosissimi problemi di Stefan, così per circa una settimana ci eravamo dati alla pazza gioia. Non si era mai perdonata quel momento di debolezza, per questo ogni volta che mi trovavo nei paraggi diventava oltremodo acida. Bisticciare con lei era comunque un piacere, era acuta e sapeva sempre replicare alle mie prese in giro.
Mi piaceva Lexi, non volevo che morisse, davvero.
Ma era necessario.
Ucciderla era il modo più veloce per allontanare i sospetti da noi.
E poi lei non avrebbe mai lasciato Stefan nei guai, a sottostare alle mie minacce. Una sola parola da parte di mio fratello e mi avrebbe dato la caccia fino a quando uno dei due non si sarebbe fermato. Probabilmente lei, con un paletto nel cuore.
Sarebbe finita così comunque.
Non potevo permettere che qualcuno intralciasse il mio “piano diabolico”, non stavolta. È troppo importante, più di chiunque.
Comunque dopo più di trecento anni di vita quella sciocca non può certo lamentarsi di essere morta troppo giovane. Anzi ha vissuto fin troppo direi. Non è così grave.
Solo che stavolta ho il presentimento che il suo sguardo tornerà a tormentarmi più del solito.
Verso ancora qualche dito di liquore nel bicchiere e subito lo bevo. Il bruciore alla gola che mi provoca è estremamente piacevole.
Penso che mi ubriacherò, quando si è ubriachi è più facile tenere a bada i ricordi.
Ne ho un’infinità di ricordi, su Lexi.
Avevamo un accordo, io e lei, un tacito compromesso: doveva prendersi cura di Stefan, al mio posto. Tenerlo fuori dai guai, impresa non semplice. Nel corso dei decenni, più di una volta ci eravamo scontrati di fronte all’esigenza di salvarlo, da sé stesso e da altri.
Lei era la migliore quando si trattava di mio fratello. Non mi sarei fidato di nessun altro per tirarlo fuori dal baratro in cui stava sprofondando la sua anima.
Lexi riusciva sempre a farlo ragionare, e solitamente riusciva anche a far arrabbiare me..
Anche nei suoi ultimi secondi è riuscita ad infastidirmi, quella arrogante biondina, perché quando l’ho uccisa la sua espressione non era né di rabbia, né di paura, né di odio.
Nel suo sguardo c’era solo una tristezza infinita. Voleva che io la compatissi anche in quell’occasione, voleva perseguitarmi con i suoi occhi da cerbiatta braccata.
Quell’insopportabile sotuttoio aveva già deciso di scocciarmi anche dall’aldilà. Sempre pronta a ricordarmi di essere più forte, più simpatica e più furba, con quel sorriso sbarazzino sulle labbra carnose.
Giocherello distrattamente con la bottiglia, facendo ondeggiare la pregiata bevanda al ritmo dei ricordi.
All’improvviso percepisco la presenza di Stefan alle mie spalle, percepisco il suo disappunto. Non ha tutti i torti, dopotutto ho ucciso la sua migliore amica.
Mi giustifico con tono annoiato, evitando di guardarlo apertamente. L’ultima cosa che voglio è che cominci una delle sue ramanzine adesso.
-Ti avevo detto che me ne sarei occupato.-
Deve ricordare che l’ho fatto solo per il nostro bene, e la famiglia viene prima di tutto.
I primi pugni mi colgono veramente di sorpresa. Non è da Stefan aggredirmi in questa maniera.
Forse ho fatto un lieve errore di calcolo. Più che disappunto mio fratello trasuda rabbia.
Mi ci vuole qualche istante per riprendere il controllo, in parte anche a causa del lieve annebbiamento provocato dall’alcol. Quando riesco a staccarmi quella furia di dosso, sono accovacciato a terra e i manici dell’ultimo cassetto del comò sono conficcati fastidiosamente lungo la mia spina dorsale.
Per stasera è meglio evitare di passare alle maniere forti. Dovrei farlo pentire di quest’affronto, ma davvero non ho voglia di portare avanti l’ennesima discussione sulla mia crudeltà e sull’ingiustizia delle mie azioni.
Voglio solo passare la notte a bere e a ricordare una vecchia nemica.
Considerando la sua dieta, devo dire che è davvero straordinaria la forza con cui mi tiene inchiodato al muro,
-Tu non fai niente per nessuno se non per te stesso.-
È una buona frase di apertura per il solito discorsetto. Ora mi dirà che sono un mostro insensibile e vuole che io lasci la città immediatamente altrimenti me la vedrò molto brutta. Non sarà la prima né l’ultima volta che sentirò queste parole. Era proprio questo il sermone che volevo evitare.
Eppure non sembra intenzionato a parlarmi con calma, i muscoli del collo tesi anzi mi fanno intuire proprio il suo desiderio di sfogarsi con i pugni.
Per la seconda volta in pochi minuti il caro vecchio Stefan riesce a stupirmi. Un paletto di legno affilato mi trafigge il polmone sinistro con un dolore acuto.
Constato con sollievo che comunque l’odio per la mia ultima ingiustizia non ha ancora raggiunto il culmine. Se avesse davvero voluto eliminarmi, non avrebbe mai evitato il cuore in maniera così palese.
Respiro ancora, anche se con qualche difficoltà. Il sangue bevuto poche ore fa sta già impregnando la mia camicia firmata. Ho come l’impressione che sarò costretto a buttarla.Parlare è complicato quando le vie aeree sono invase da schegge di frassino ma rinfaccio comunque a Stefan la sua debolezza.
-L’hai mancato-
Può fare il superiore quanto vuole, ma alla fine il fratello vincente sarò sempre io, perché io non mi faccio tanti scrupoli quando si tratta di qualcuno che intralcia il mio percorso.
È solo una fortuna per me che mio fratello abbia un così buon cuore.
-No. Tu mi hai salvato la vita, io risparmio la tua. Così siamo pari. E ora abbiamo chiuso.-
No, forse mi sbaglio. Forse ho passato il segno. Non c’è né pietà, né compassione nella sua voce. Solo un odio inumano. E disprezzo evidente, mentre lascia la stanza.
Dopotutto me lo merito, ho ucciso la sua migliore amica.
Sorrido senza gioia riflettendo su ciò che è appena accaduto. Non mi vendicherò su Stefan stavolta. È stato fin troppo magnanimo.
Lexi al suo posto mi avrebbe trafitto senza esitare. Era anche grazie alla sua ferocia che quella vampira era riuscita a conquistare la mia stima.
Lascio cadere l’appuntito pezzo di legno sul pavimento insanguinato e ritorno barcollando verso la bottiglia di whisky. Afferro il bicchiere con un sospiro e lo riempio un ultima volta. Ho deciso: per stasera non mi ubriacherò, mi lascerò tormentare dalla memoria fino a quando non sarò sfinito.
Mi lascerò colpire da quegli occhi tristi, solo per una notte, solo per poche ore.
Tanto le concedo per affliggermi un’ultima volta.
Alzo un braccio per far tintinnare il vetro su un calice immaginario.
Un ultimo brindisi. Ad Alexia Branson, una donna saggia. 


SPAZIO AUTRICE
Onestamente non sapevo se inserire o meno questo capitolo, ma volevo ricordare in qualche modo Lexi. Lei è stata il primo personaggio di The Vampire Diaries la cui morte mi è realmente dispiaciuta.
La scena è tratta dalla fine dell'ottava puntata, ma ho esaminato il comportamento di Damon riferendomi anche ai flashback della 2x15, in cui si vede Damon che raccomanda a Lexi di aiutare Stefan.
Spero veramente che ciò che ne è uscito non faccia troppo schifo...
Ora passo ai dovuti ringraziamenti.
Allora, intanto un grazie a coloro che hanno inserito la storia fra le seguite, le ricordate e le preferite.
Poi un grazie davvero sentito a coloro che hanno recensito gli scorsi capitoli, perchè mi riempite il cuore di gioia.
Un grazie va anche a tutti i lettori silenziosi, che magari scorrendo queste righe vorranno lasciarmi un commentino.
Infine (last but not least) il ringraziamento più grande va a Butterphil, che non solo ha magnanimamente pubblicizzato la mia FF fra i suoi straordinari lettori, ma mi ha anche sostenuta con i suoi magnifici complimenti, spingendomi a non scoraggiarmi e continuare a scrivere.
A lei vorrei dedicare la mia raccolta.
Giuls, sappi che ogni passo significativo e frase ben scritta è stata creata solo grazie a te. Grazie veramente. ^^
Alla prossima,
-Iky-

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Capitolo 8
*** L'angelo e il demone. ***



“Centro! Cinquanta punti! Ti sto stracciando!”
Stefan sorride compiaciuto mentre segna il punteggio sul tabellone.
Mi sembra davvero di essere tornato indietro nel tempo, a quando da ragazzini ci sfidavamo in improbabili gare di corsa fra gli alberi dietro casa.
Ricordo che potevamo continuare a giocare per ore, e quando finalmente qualche adulto veniva a cercarci ci fiondavamo verso il portico sapendo che il vincitore avrebbe avuto una fetta di torta in più una volta arrivato in cucina.
Ricordo anche che ero solito rallentare a pochi metri dal traguardo per lasciarmi superare pur di vedere quell’espressione soddisfatta sul volto di mio fratello.
Guardarlo festeggiare era per me il miglior premio allora, quando tutto sembrava più semplice, quando condividevamo qualunque cosa.
Quando era il mio migliore amico.
Ora però non siamo più bambini, a dirla tutta non siamo più nemmeno uomini.
E decisamente non siamo più amici.
Divertirci non è più la nostra priorità ora.
La sua gioia, mentre l’ennesima freccetta si conficca nel centro del bersaglio, non è più quella sincera dettata dall’ingenuità infantile. I suoi occhi non ridono più con lui, anzi mi scrutano sospettosi.
Sospiro rassegnato, vorrebbe conoscere i miei “piani diabolici”, questo è certo, solo non capisco perché tutta questa messinscena. Vuole controllare che non faccia stupidaggini?
Dovrebbe saperlo che se c’è qualcuno in grado di tenere a bada la fame quello sono io. Non sono uno sciocco, non ho intenzione di farmi scoprire adesso che manca così poco. Adoro lamentarmi, ma le mie parole non riflettono il mio autocontrollo e lui sicuramente ne è consapevole. Posso dominare facilmente il mio nervosismo con un qualsiasi superalcolico, fino a che il mio tormento resta solo la voglia di sangue.
Ciò che mi infastidisce di più è invece la sua presenza qui, mi impedisce di riflettere liberamente sul passo successivo da compiere. Devo trovare il ciondolo della strega, ma finché Stefan mi ronza intorno non posso rischiare di perdermi nelle mie idee. E questo è un ostacolo non irrilevante.
Faccio buon viso a cattivo gioco e cerco di essere cordiale. Sembriamo di nuovo due fratelli che passano una serata insieme in un bar, fra uno scherzo e una bevuta. Come se niente si fosse mai davvero intromesso fra noi. Come se i nostri errori fossero stati solo un’illusione, un miraggio. Come se il tempo non fosse passato.
 

Un breve grido liberatorio, urlato a mezza voce al cielo stellato, viene amplificato e ripetuto dall’infinito universo che si estende sopra di noi. Siamo entrati di nascosto nel cortile della scuola e da lì nel campo da football deserto, eludendo abilmente il controllo del custode notturno.
Credevo che non si sarebbe mai verificato un prodigio di questa portata.
Mio fratello che infrange la legge!
Lui è sempre stato il migliore fra noi due, più simpatico, più premuroso, sempre pronto a fare la cosa giusta, comprensivo e onesto. Ammirato da tutti come un esempio da seguire. Un angelo.
Invece io sono il demone, la mela marcia della famiglia, la pecora nera rinnegata dal proprio padre.
Eppure eccolo il santo che forza tranquillamente la serratura degli spogliatoi. Sparisce per qualche secondo all’interno dell’edificio, quando esce ridacchia compiaciuto e fra le mani stringe un pallone. Me lo lancia ostentando allegria.
E così questo sarà l’epilogo di una sera felice? Basta una palla ovale per ricordare ciò che ci univa?
Ancora mi domando dove vogliano andare a parare le sue azioni, in queste ore non ha sfiorato neanche una volta l’argomento “Elena” che pure lo dovrebbe interessare più di ogni altra cosa, e non ha ancora provato a farmi domande scomode sulle mie intenzioni.
Da più di un secolo le nostre conversazioni sono ridotte a litigi e minacce più o meno esplicite. Entrambi sappiamo che la presenza dell’altro indica guai, per questo se possibile ci sottraiamo dalle banali chiacchierate da coinquilini. Di norma evitiamo i convenevoli prima di una discussione, mentre oggi non abbiamo fatto altro che chiacchierare banalmente del più e del meno.
Questa tregua è stressante, non riesco a capire come dovrei comportarmi. Resto in guardia, anche se mio fratello sembra totalmente rilassato nel rievocare i bei vecchi tempi.
Forse dovrei soltanto smettere di pensarci. Se vuole smascherarmi la strategia migliore è non apparire teso ai suoi occhi.
Non credo che mi voglia uccidere, questi sentimentalismi non avrebbero senso se volesse eliminarmi.
Afferra la bottiglia di rum che mi sono onestamente fatto regalare al bar e ne beve una lunga sorsata, poi me la allunga perché io faccia lo stesso. Quasi come se stessimo riesumando un patto vecchio di centocinquant’anni, quando in un’altra notte stellata avevamo diviso la nostra prima sbornia, appena adolescenti, e avevamo giurato col sangue che saremmo sempre stati onesti l’uno con l’altro.
Purtroppo promettere qualcosa del genere è impossibile, ma noi eravamo troppo inesperti per saperlo.
Prendo il liquore dalle sue mani e me lo porto anch’io alla bocca. Niente accordi segreti stavolta, solo un armistizio temporaneo.
-Che cosa vuoi, Stefan?-
-Non era reale, Damon, il nostro amore per Katherine.-
Eccolo, il colpo di grazia, il motivo di tante moine. Sempre lei, il nostro punto debole.
La donna che ci ha donato tanto amore. La vampira che ci ha dato tanto odio.
La ragione della mia esistenza.
Stefan non sa nulla di lei, non ha mai conosciuto i suoi bisogni, i suoi desideri. Lei ha scelto di usarlo, ma il suo cuore era mio.
-Perchè vuoi il cristallo di Katherine?-
-E tu come lo sai? Emily glielo diede nella sua ultima notte. Ero con lei. E tu non c’eri.-
La sua anima era mia. Il suo corpo era mio.
-Sono stato l’ultimo a vederla, Damon-
E tu c’eri solo per tradirla fratellino. L’angelo caduto che non sa nemmeno distinguere il bene dal male. Vantati, Stefan, gioisci dei tuoi delitti.
Se vuoi la giustizia in questo mondo devi prendertela. Stavolta non aspetterò che una mano amica ti ferisca.
Hai voluto scoperchiare il vaso di Pandora? Vieni a prendere ciò che ti spetta di diritto.
Meriti anche tu il dolore.
-Potrei strapparti il cuore senza pensarci due volte, ma ho una sorpresa più grossa Stefan.-
La mia vendetta.
 

Ricordo quel giorno in cui andai da Emily per avere il cristallo. Mi aveva mentito e volevo ucciderla, ma erano altri i mostri che lei temeva. Stringeva fra le braccia un neonato, quando venne ad aprire. Non mi invitò nella sua casa ma mi offrì un patto. Aveva avuto un presagio di sventura, la sua morte era vicina, ma quel corpicino appoggiato al suo petto non doveva pagare per la stoltezza umana.
Ricordo il profumo di vita del lattante sulla mia pelle, quando, pochi giorni dopo, la caccia alle streghe si aprì. Il pianto delle bambine nelle mie orecchie, ogni sfumatura di disperazione catturata dal mio udito fine. Le lacrime di suo marito mentre sigillava il patto affidandomi quel ciondolo tanto prezioso. Il mio futuro in cambio del loro. Era semplice.
Stanotte tutto è andato in pezzi.
Non solo il bel monile d’ambra che tanto ho cercato.
Il tempo passato ad aspettare il ritorno di Katherine sembra infinito. Le speranze di poterla stringere di nuovo svanite nel buio.
Mio fratello è dietro di me, come ai vecchi tempi. “Ti copro le spalle” mi diceva.
Anche quel giorno, mentre portavano via la mia Katherine era dietro di me, mi confortava nella polvere della miseria.
Mi promise che l’avremmo salvata, che mi avrebbe aiutato.
Bugiardo.
Un angelo che non si merita le sue ali. Un santo che spezza vite pur di fare ciò che crede giusto. Un vile, un codardo.
A causa sua io non sono più nulla.
-Era reale per me-
Ora nemmeno il sangue che mi bagna la bocca ha più un senso.
Non è rimasto niente del mio passato, né del mio futuro.
Sono un dannato, un diavolo.
Questa è la pena che devo scontare.
In piedi dietro di me, Stefan mi fissa.
Ha vinto, ancora una volta il bene ha trionfato sul male.  



SPAZIO AUTRICE
Toc toc! Ispirazione? Dove sei?
Mi scuso del ritardo -visto che almeno una persona l'ha notato- e vi regalo questo nuovo capitolo, che mi lascia decisamente poco convinta... Purtroppo da un po' fatico a scrivere cose sensate.
Le scene e i dialoghi in corsivo sono tratti dalla 1x09, che in un qualche modo dovevo assolutamente trattare anche se non sapevo come. Per i prossimi momenti ho già le idee abbastanza chiare quindi la prossima volta aggiornerò prima.
Spero che non vi faccia troppo schifo, è un po' campato in aria e decisamente troppo superficiale, ma ormai dovevo pubblicarlo.
Voglio sentire le vostre RECENSIONI, per sapere davvero cosa ne pensate voi, però! Dai, su, avanti, non chiedo tanto, mi bastano due righe, non dovete scrivermi un poema. Un paio di rigucce per farmi capire se sono sulla strada giusta o meno...
A presto (spero)
-Iky-

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Capitolo 9
*** Alla ricerca di risposte ***




Il rombo del motore della macchina sembra cantare una dolce ninna nanna mentre affondo il piede nell’acceleratore.
Questa è la notte delle vecchie speranze.
Quelle speranze che è impossibile uccidere, anche quando tutto è perduto.
Perché ogni tuo respiro le mantiene vive con te, anche se ogni secondo che passa si insinua subdolo nelle crepe della determinazione.
Riempio i polmoni d’aria. Aria fresca, che sa di notte, di sogni, di segreti sussurrati a fior di labbra ad orecchie addormentate.
E spero. Spero con tutte le mie forze.
Spero che un giorno potrò essere migliore di così. Più forte, più determinato, pronto a tutto ancora una volta.
Stringerò Katherine di nuovo fra le mie braccia, ci riuscirò, anche se fosse l’ultima cosa che farò in questa mia miserabile vita. Bacerò di nuovo le sue labbra perfette, lascerò scivolare il suo meraviglioso corpo fra le mie dita, mi perderò nei suoi occhi splendenti, così passionali e fieri.
Troverò una soluzione a questo intricato enigma che mi tormenta. Ho affrontato situazioni peggiori. Sono vivo solo per questo, devo affrontare le sfide che il mondo mi porge. C’è un modo per cambiare il nostro destino.
Avrò un futuro, il mio futuro. Quello che ho programmato, che ho immaginato, che ho sfiorato e perduto, rincorso e aspettato anno dopo anno, giorno dopo giorno. Il futuro per cui lotto da tutta la vita.
Un mugolio al mio fianco distoglie la mia attenzione dalla strada buia.
Elena si agita nel sonno, contorcendosi sul sedile.
Solo poche ore fa la stringevo fra le mie braccia, sentivo il suo cuore ingenuo battere furioso a pochi centimetri dal mio, il suo calore attraversare la mia pelle in modo rassicurante.
Per un istante vedendola nella macchina capovolta, con un mostro pronto ad ucciderla di fronte, ho provato un terrore paralizzante. Per un momento ho pensato a Katherine che mi fissava implorante chiedendomi inutilmente di liberarla, scongiurando invano il mio aiuto.
Per un secondo ho temuto di essere arrivato tardi, ancora una volta incapace di salvarla.
Tirandola fuori dall’auto, ero consapevole che niente sarebbe cambiato.
Lei non è la mia Katherine, e io non potrò mai rimediare agli errori che ho commesso in passato. Ma l’ho stretta lo stesso a me, il cavaliere nero e la principessa, in un mondo di menzogne e segreti, soli in mezzo al nulla.
È così vulnerabile ora, svenuta accanto a me. Non posso fare a meno di preoccuparmi per lei. Avrei potuto riportarla a casa sua, mi sarei liberato di un enorme problema. Ma qualcosa mi ha impedito di ignorarla, forse quelle lacrime, quella confusione che le ho visto negli occhi, forse la paura di perderla ancora e ancora, di abbandonarla a sé stessa, lasciandola sola sul ciglio del baratro.
Si lamenta di nuovo, con le mani strette alla cintura di sicurezza, i muscoli tesi e i denti serrati. Trema leggermente mentre le sue pupille saettano sotto le palpebre come impazzite, in preda ad un incubo.
Allungo le mia dita fredde e le sfioro la fronte, le lascio scorrere su quel graffio crudele, scostando leggermente i suoi capelli. È allora che smette di temere, si rilassa come se un tacito messaggio fosse passato dalla mia mente alla sua.
“Non ti preoccupare, io ti salverò sempre”
Procedo sulla via delle vecchie speranze, in questa notte silenziosa e opprimente, che si chiude su di me come il coperchio di una vecchia tomba, dimenticata dal mondo intero.
Ma non sono solo, perché almeno un’altra persona c’è su questa strada, a sperare in una vita migliore, e, anche se con la mente rivolta ad un altro universo, sta viaggiando con me verso le risposte ai nostri tormenti.
 
Ancora una volta è il ruggito delle ruote sull’asfalto a cullarmi verso l’alba. Accarezzo distrattamente il volante lasciandomi colmare dalla musica proveniente dall’autoradio, una canzone dolce, un regalo per ogni anima solitaria che vaga confusa verso una meta che ancora non conosce.
Questa è la notte delle nuove certezze.
Presto si affacceranno all’orizzonte, radiose e potenti insieme alla luce di un nuovo giorno.
Le aspetto al varco, impaziente, mi riempio il cuore di nuove consapevolezze mentre il cielo diventa sempre più chiaro di fronte a me.
Ora credo. Credo con tutto me stesso. Ce la posso fare.
Ho trovato il modo di liberare Katherine, la stringerò un’altra volta fra le mie braccia. Poco importa se mi sono macchiato di nuovo le mani di sangue: ho ottenuto ciò che desideravo, c’è ancora una possibilità, c’è sempre una possibilità.
Ho visto nuovi sorrisi nascere, una nuova intesa farsi strada attraverso le difficoltà. Ho scherzato con Elena e ho scoperto che vederla spensierata mi rende allegro come poche cose sanno fare. Ci sarà un futuro anche per lei ora, dopo stanotte so che non potrò più ucciderla. Come minimo le devo un favore.
Ha rischiato per me. Ho sentito nella sua voce la disperazione nel vedermi a terra anche se dopo tutto ciò che è accaduto lei doveva essere la prima a volere il mio dolore. Ho temuto per lei, ho temuto di averla portata a morire per un capriccio, quando invece a soffrire devo essere solamente io.
Non so perché ma mi ha salvato la vita. Ancora una volta ha trovato un motivo per darmi un’altra possibilità, anche se non lo conosco e non lo posso comprendere.
Per un momento mentre le sue mani calde si imbrattavano di sangue sul mio petto ho desiderato di poterle tenere sempre ad un soffio dal mio cuore. Per un istante ho ricordato il sapore delle labbra di Katherine sulle mie, il suo inconfondibile profumo di spezie. Per un secondo ho sperato di addormentarmi in quell’istante perfetto, dimenticando ogni scontro.
Aveva ragione il compagno di Lexi a volermi morto, sono un mostro.
Ma nella voce di Elena, nelle sue lacrime, c’era una nuova ragione per combattere. Oltre Katherine, oltre me stesso.
È straordinario come a volte un cuore umano possa compiere tali prodigi.
Sento un sospiro dal sedile del passeggero. Dorme tranquilla, con la testa rivolta verso il finestrino. Non sembra rendersi conto di ciò che ha fatto per me stanotte. Oltre il semplice salvataggio, oltre le inutili chiacchiere.
È possibile che io non sia il mostro che credo di essere?
Sollevo un braccio per sfiorarle una guancia con la punta delle dita. Con leggerezza, con dolcezza. Un dono per aver creduto in me anche se non c’è ormai più nulla in cui credere.
“Grazie”
Un sussurro rivolto alla luna opaca, pronta a dormire sonni quieti, custode dei miei segreti.
L’incanto di un momento si rompe subito, come ogni altra cosa, e a me non resta che stringere il nulla.
Sta finendo la notte delle nuove certezze. Il primo raggio di sole lambisce la strada deserta e cala su di me, come un bacio gentile dato da un’amante preziosa.
E non sono solo, su questa strada lastricata di sfide che è la vita, almeno un’altra persona vuole che io continui questo strano viaggio. E questa, più di tutte, è la certezza che mi rende vivo. 


SPAZIO AUTRICE
Onestamente speravo di metterci meno, ma purtroppo per vari problemucci, oltre che per colpa della mia stanchezza cronica, sono riuscita ad aggiornare solo ora. Grazie al cielo sono arrivate le vacanze di Pasqua! Non mi azzardo a fare previsioni, ma in teoria dovrei riuscire a trovare più tempo per scrivere. Speriamo bene...
Il capitolo è ambientato nella 1x11, una delle mie puntate preferite in assoluto. Ciò che ho scritto non mi soddisfa per niente -ormai sta diventando un'abitudine- comunque aspetto i vostri pareri, quindi RECENSITE!!!
Ringrazio di cuore le cinque splendide persone che hanno recensito lo scorso capitolo, vi adoro, ora vado a rispondervi personalmente!
Ne aprofitto per ringraziare anche il mio lupacchiotto Mason, che ho obbligato a leggere queste righe. Grazie tesoro, sei un angelo.
A presto, spero vorrete continuare a leggere!
-Iky-



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