It's worth it.

di Psplik
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un osso di gomma ***
Capitolo 2: *** Come la pioggia e il vento ***
Capitolo 3: *** Volevamo durare per sempre ***
Capitolo 4: *** È sempre con me. Sei sempre con me. ***
Capitolo 5: *** L'ultimo giorno di sempre ***



Capitolo 1
*** Un osso di gomma ***


It's worth it.
Era un semplice osso di gomma, però le sembrava importante, in quel momento.
Le sembrava importante fare di tutto per non perderlo.


 

-Credi che io ti ami?- chiese la ragazza, lasciando per un attimo perdere la chiusura complicata del collarino di cuoio che tentava da diversi minuti e con scarsi risultati di allacciargli al polso.
-Perché, non è così?- la voce di lui era dolce come al solito. Insicura come al solito. La fece sorridere.
-Illuso.- sussurrò con una risatina, riuscendo finalmente a sistemare il laccio attorno al polso del ragazzo.
Lui inarcò un sopracciglio scuro, scettico, prendendo fra le dita il piccolo osso di gomma attaccato al bracciale.
-E questo cosa sarebbe?- lei si alzò lievemente in punta dei piedi e gli baciò un angolo della bocca.
-Così non smarrirai la strada, amore mio.- mormorò, facendolo arrossire.
Rise assieme a lui di quell'innaturale imbarazzo.
Un osso di gomma con il suo indirizzo attaccato ad un laccetto di cuoio sarebbe bastato per non perderlo?
Forse no, ma valeva la pena tentare. Per lui, ne valeva la pena.











Flashfic spuntata dal nulla più assoluto della mia mente contorta O__O

 

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Capitolo 2
*** Come la pioggia e il vento ***


Come la pioggia e il vento
Perché l'amore a volte è una risata. Ed è perfetto così.

 

 


-Che cosa ci fai sotto la pioggia?-
-Che cosa ci fai davanti a casa mia?-
Sorrisero delle loro domande contemporanee.
-Il bracciale- disse lui, rispondendo alla domanda della ragazza -dentro l'osso c'era il tuo indirizzo.- giocherellò con l'osso di gomma verde appeso al laccio di cuoio.
-La pioggia mi ricorda un po' te.- spiegò lei con stringendosi nelle spalle. Si sedettero sull'asfalto della strada, ancora sorridenti.
-Perché?- chiese il ragazzo dopo qualche secondo.
-Perché cosa?-
-Perché la pioggia ti ricorda me?-
-Beh...quando piove è come se il cielo fosse triste, eppure a me mette allegria. Tu sei esattamente così. Sei triste, non negarlo, però mi rendi felice.- sgranò gli occhi ma non commentò, troppo concentrato a sentire la pioggia sulla sua pelle.
A sentirsi pioggia.
-Tu invece sei...- cominciò, ma lei lo interruppe subito -Il Sole? La stella più brillante? La Luna? La luce della tua vita per il resto dell'eternità?- esclamò ridendo, cercando di smorzare l'imbarazzo che le provocava quella situazione. Lui sbuffò, alzando gli occhi al cielo con un mezzo sorriso.
-No. Tu sei decisamente il vento invernale. Sei fastidiosa. Sei fredda, ma...-
-Oh, beh, grazie!- borbottò lei, interrompendolo di nuovo. Il giovane la ignorò.
-Ma sei parte di me.- la ragazza inarcò un sopracciglio, scettica, impedendosi di arrossire.
-Il vento invernale è parte di te?- lui annuì convinto.
-Io amo il vento invernale.-
-Ed io amo la pioggia.- Si sorrisero di nuovo.
Non sentivano nemmeno più freddo, dopo quelle parole.

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Capitolo 3
*** Volevamo durare per sempre ***


Volevamo durare per sempre.
Che rumore fa un cuore quando va in frantumi?

 

A lampadina, perché mi incoraggia sempre.
Grazie, ti voglio bene.

È come un grido. Solo un po' più acuto.
È come un vaso di vetro che cade a terra senza rompersi sul colpo, ma riempiendosi di crepe fino a scomparire nella polvere di se stesso.
È doloroso. È estenuante. È lento.
Un semplice rumore può fare così male?
Forse era tutta suggestione.
Probabilmente, si diceva, avrebbe dovuto dare la colpa solo a se stessa. Ma non ci riusciva.
Soffriva in silenzio perché piangere sarebbe stato troppo poco.
Non era successo niente, dopotutto.
Se n'era andato e basta, senza dare spiegazioni.
Perché avrebbe dovuto? Loro, teoricamente, non stavano insieme.
Loro, teoricamente, erano solo amici. Buoni, buonissimi amici.
Un amore troppo forte per essere definito, secondo lei.
Paura di dare alle cose il giusto nome, secondo lui.
E le mancava già. “Non è giusto” aveva detto, prima di salire sul treno.
No, non era giusto. Per niente. Ma se lui avesse aspettato qualche secondo in più, lo sarebbe diventato. Lei avrebbe “dato alle cose il giusto nome”.
Forse era giunta l'ora di farlo.
Ma il tempo non bastava. Il tempo non basta mai.
-Scusa.- e adesso sentiva anche la sua voce. Non bastavano i ricordi, a farle sentire il dolore ancora più vivo. Ora anche la sua voce, ed il suo profumo. E l'osso di gomma verde al polso magro. Allucinazioni. Visive, olfattive, uditive. Non faceva differenza.
Sempre allucinazioni erano.
-Sono stato uno scemo, io, ecco, io, mi dispiace, non...non c'è bisogno di dare un nome a questa...questa cosa, insomma, tu ci sei...cioè, va bene così.- lo conosceva davvero bene, per riuscire a costruire quelle frasi sconnesse esattamente come avrebbe fatto lui.
Lo conosceva davvero troppo bene. Sorrise, avrebbe voluto riascoltarle, quelle parole.
O almeno convincersi che fossero reali.
Si riscosse dai suoi pensieri e guardò avanti.
Lui era lì, affannato dalla corsa, spettinato come sempre.
Non se l'era immaginato. La sua voce. Il suo profumo.
Era davvero con lei, in quel parchetto dimenticato dal mondo.
-Volevamo durare per sempre, così. Non ce la possiamo fare. Io non sono capace di amarti come dovrei.- sussurrò, quasi più a se stessa che al ragazzo che si trovava davanti.
-Il mio amore compenserà le tue mancanze, vedrai.- mormorò, cercando di rassicurarla, sedendole accanto sulla panchina e abbracciandola.
-Andrà tutto bene...- la ragazza scosse la testa sorridendo.
-Non sei mai stato bravo a mentire.-
Il ragazzo la strinse ancora di più a sé.
Voleva proteggerla. La verità faceva male.
La verità era dura da affrontare. La verità li avrebbe distrutti.
Mentire a volte è la cosa migliore.
In quel momento lo era. Per tutti e due.

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Capitolo 4
*** È sempre con me. Sei sempre con me. ***


È sempre con me. Sei sempre con me.

Forse avere paura è normale, quando si ama.
Forse bisognerebbe crederci e basta
.

 

Era sdraiato sul prato della scuola nonostante le lezioni fossero cominciate da una buona mezz'ora e fissava intensamente il cielo.
-Ti stavo cercando.- sussurrò lei, sedendosi al suo fianco.
-Lo so.- rispose il ragazzo, senza distogliere lo sguardo da quella distesa di colore azzurro intenso che era il cielo in quelle giornate di primavera. La giovane sbuffò, un po' divertita e un po' irritata da quel comportamento distaccato.
-Cerchi qualcosa?- chiese, sdraiandosi anche lei. Il ragazzo annuì.
-Le stelle. Sto cercando le stelle.- la risata cristallina di lei riempì il giardino.
-Non essere sciocco. Le stelle non si vedono, di giorno.- fece, allegra, strappando qualche filo d'erba dal terreno.
-Posso immaginarle, però.- mormorò, cercando la mano della ragazza nel verde del prato. Sorrisero.
-Non hai più il bracciale.- constatò lei. Era strano che questo le facesse paura?
Probabilmente sì.
-Non mi serve più. Non potrei dimenticarmi di te. E poi adesso lo so, dove abiti.-sussurrò dolcemente, accarezzandole il dorso della mano con un pollice.
-Mettilo lo stesso!- borbottò la giovane, cercando di non far trapelare da quelle parole il timore di perderlo. Lui rise.
-Sei troppo possessiva. Non mi dimenticherò di te, lo sai.-
-No. Non lo so. Fammi stare tranquilla.- bisbigliò. Lui tirò il braccialetto fuori dalla tasca dei jeans. La ragazza sgranò gli occhi, sorpresa.
-È sempre con me.- le disse -Sei sempre con me.-

 

 

Sì, questa fa un po' schifo...

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Capitolo 5
*** L'ultimo giorno di sempre ***


L'ultimo giorno di sempre.
L'amore non invecchia.
L'amore si ricorda.

 

-Eri più consapevole della tua vecchiaia dieci anni fa, Ephram.-
-Tu non ne sei mai stata consapevole, Bells.- Annabelle rise.
-Questo è vero, ma è perché sono sempre rimasta giovane!- esclamò.
Lui sorrise.
-Vieni a letto, Bells. È davvero tardi.-
-Oh, come sei noioso. Cinquant'anni fa avresti riso se ti avessi detto che un giorno saresti andato a dormire alle nove di sera.- borbottò la donna, appoggiando i vestiti che aveva indossato durante la giornata su una sedia di fianco al letto matrimoniale.
-Cinquant'anni fa, Annabelle, avevo trent'anni.- sbottò lui, divertito dalla cocciutaggine della moglie che non era di certo cambiata col passare del tempo.
-Dettagli Ephram. Dettagli.- sospirò, stendendosi accanto al marito.
-Sono così stanco, Bells.-
-Sono stanca anch'io. Ma non voglio lasciarti solo, Ephram.-
-Abbiamo passato una vita insieme, Bells. Ce ne andremo ancora per mano.-
Annabelle rise di gusto, tirando un pugno leggero sulla spalla del marito.
-Non sei cambiato, Ephram. Sei sempre un pessimo bugiardo.-
-L'ultima volta che me l'hai detto, Bells, avevi torto.-
Annabelle piangeva poco. Annabelle non piangeva mai, a dir la verità.
Eppure i ricordi, quelli di quel loro amore che si era opposto al passare degli anni con decisione, la commuovevano sempre.
Ricordava sentimenti che provava ancora.
Ricordava quando erano nati.
L'inizio dell'amore, il loro amore, non l'avrebbe potuto dimenticare nemmeno volendo.
-Quanti anni sono passati, Bells?- sussurrò l'uomo abbracciandola dopo qualche secondo di silenzio.
-Che importa? Siamo qui. Siamo noi. Non è cambiato niente, siamo solo più raggrinziti e stanchi.- rispose Annabelle con una risata.
Era sempre stata così. Allegra, ironica, anche se c'era molto più di questo, dentro di lei.
Era strana, la sua Annabelle. Eppure non gli aveva mai dato fastidio.
L'aveva amata sempre, fin dal momento in cui l'aveva scelta. In cui si erano scelti.
Si alzò di scatto dal letto, gemendo lievemente per il dolore che gli aveva procurato quel movimento repentino e si diresse verso la cassettiera in fondo alla camera.
-Sei per caso ammattito all'improvviso, Ephram Evans?- domandò la donna, tornando seria.
-Sei sempre stata tu, la matta, fra noi due, Annabelle. Sto cercando una cosa, ovviamente!- sbottò lui, infastidito.
-Cosa, di grazia?- rispose lei, inacidita dall'irritazione del marito.
-Oh, fatti gli affari tuoi!- sibilò, continuando a frugare istericamente nel cassetto disordinato. La moglie ridacchiò dalla sua postazione.
Il loro amore era principalmente costituito da questo.
Piccoli battibecchi. Risposte evasive. Risate.
Soprattutto risate. Insulti, alle volte.
Ed era sopravvissuto a tutto.
Loro, insieme, erano sopravvissuti a tutto.
-Eccolo!- esclamò Ephram, tirando fuori da tutto quel marasma l'oggetto tanto cercato. Annabelle sgranò gli occhi, sorpresa.
-Come diamine c'è finito quello lì? Pensavo che l'avessi perso da... beh... da un quarto di secolo!- disse, avvicinandosi in fretta al marito.
-È cominciato tutto da questo, Bells. Ricordi?-
-Come potrei dimenticare...- sussurrò la donna, prendendo il piccolo osso di gomma verde fra le mani. Si stesero a letto insieme.
-Stringimi la mano, Bells. Sono così stanco.- la donna sorrise, accanto a lui.
-Volevamo durare per sempre, ricordi, Ephram?- lui annuì nel buio, sorridendo con lei.
-Tu e le tue frasi ad effetto, Bells. Adesso dormi, sarai stanca.-
-Oh, già. Sono davvero stanca, Ephram. Tanto stanca da credere che il mio “per sempre” sia quasi finito.-
-Forse è così, Annabelle. Lo è anche il mio, del resto.-
-Sono felice Ephram. Sono sempre stata felice con te.-
-Anche io, Bells. Dormi, ora. A domani, tesoro.- sussurrò l'uomo nel buio.
-A domani, Ephram.- rispose lei, chiudendo gli occhi per l'ultima volta, con la mano ancora stretta in quella del marito, che racchiudeva l'osso di gomma ritrovato.
Ci sono persone che dicono che l'amore non esiste.
Ci sono persone che dicono che non esiste quello vero.
Ci sono persone che ci credono con tutto il loro cuore.
E poi loro due, che amavano e basta.

È finita.
E ci sono i loro nomi.
Ephram e Bells. Ecco come me li immagino.
Grazie a chi legge e a lampadina, che recensisce sempre :DD

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