Nuova Avventura

di AnGeL_DrEaMeR
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Felici e contenti ***
Capitolo 2: *** Domani ***
Capitolo 3: *** Vecchie conoscenze ***
Capitolo 4: *** Promessa ***
Capitolo 5: *** La meta ***
Capitolo 6: *** Il suo inferno ***
Capitolo 7: *** Viaggio ***
Capitolo 8: *** Il tragitto ***
Capitolo 9: *** L'Isola ***
Capitolo 10: *** Ostacoli ***
Capitolo 11: *** Le Grotte ***
Capitolo 12: *** La Trappola ***
Capitolo 13: *** La Paura Più Grande ***
Capitolo 14: *** Tardi? ***
Capitolo 15: *** Sogno o Realtà? ***



Capitolo 1
*** Felici e contenti ***


    FELICI E CONTENTI


Clary, stava seduta su uno dei letti dell'istituto, pensando a tutto quello che era successo in quelle settimane. La scoperta che Jace non era suo fratello, l'alleanza tra Nephilim e Nascosti grazie alla sua runa, la sconfitta di Valentine, la grande festa per la vittoria.
E poi il matrimonio di sua madre e Luke. Ora erano in luna di miele in giro per il mondo, Jocelyn aveva insistito perchè venisse pure lei, ma Clary aveva rifiutato. Voleva lasciarli da soli.
Così per il momento sarebbe stata all'istituto, vicino a Jace.
"Jace non è tuo fratello." le aveva detto Jocelyn. Una verità dopo tante menzogne.
Sentì bussare, ma non alla porta, alla finestra. Sapeva benissimo chi era. Tornando alla realtà andò ad aprire, ed una ventata d'aria fresca la investì. Clary si sporse. Per un secondo non vide nessuno, poi eccolo a testa in giù, il suo viso ad appena pochi millimetri di distanza da quello di lei. Le sorrise e la baciò.
Quando si staccò da lei, Jace le sorrise di nuovo "ciao." vide che era arrossita.Dio come era bella!
"ciao Jace" anche lei sorrise e disse "bella entrata, un po’ alla Spiderman se vuoi il mio parere." ridacchiò. Le tese la mano dicendo "su Mary Jane, che ti faccio fare un giro." Clary sgranò gli occhi "ehm, Jace. Anche se abbiamo entrambi lo stesso sangue d'angelo, se io cado mi riduco ad una frittella." Sorrise e disse "non ti fidi di me?"
Clary lo guardò, poi sospirò e prese la mano che ancora le tendeva "se mi fai cadere mi avrai sulla coscienza."
In un secondo si sentì tirare verso il vuoto,Clary chiuse gli occhi reprimendo l'istinto di gridare,poi una mano forte le circondò la vita.
Riaprì gli occhi e si ritrovò seduta sulle gambe di Jace, e lui che la stringeva forte a sé, sul tetto dell'istituto.
Clary quasi non si accorse della vista della città, stava guardando il viso di Jace, così vicino al suo...
Jace la baciò ancora e ancora, pensando a come era la sua vita prima di conoscere Clary. Prima di incontrarla non gli importava di nessuna ragazza. Quando ne incontrava una che gli interessava, bastavano poche parole ed ecco fatto: ragazza conquistata.
E poi semplicemente si stancava della ragazza di turno e non voleva più vederla. Ma con Clarissa il suo interesse non spariva mai, all'inizio pensava fosse come le altre, un po’ di tempo e si sarebbe stancato pure di lei.
Ma non successe. E poi,le solite frasi che usava per conquistare le altre, con lei non funzionavano! E questo era assurdo!
Ma Clary non era come le altre, lei era speciale. Era, anzi è una parte di lui, è il suo cuore.
Sorrise sulle labbra di lei, stupendosi dei propri pensieri. Chi l'avrebbe detto? Lui uno dei migliori cacciatori della sua età che si mette a fare pensieri come questi, e di così mielosi poi...
Lasciò perdere quei pensieri. E tornò al presente, di colpo si ritrovò molto più impegnato di prima, il bacio di Clary da dolce era diventato ardente. Non si sarebbe stupito se aprendo gli occhi avesse visto, che in qualche modo, stavano andando a fuoco entrambi.
Clary si accorse appena che lei e Jace si stavano calando dal tetto alla stanza del ragazzo.
Si ritrovò stesa sul suo letto, mentre continuavano a baciarsi. Si guardarono negli occhi, con quella luce quelli del ragazzo sembravano neri, e ardevano.
"sei sicura?" chiese. Sapeva a che si riferiva.
Ma la domanda nei suoi occhi era un'altra "è quello  che vuoi?"
Lo voleva? Si, e da molto tempo.
"di te sono sicura" disse sentendo la sicurezza nella sua voce.
Lui sorrise, prese lo stilo dal comodino, sempre tenendola stretta. E il più velocemente possibile le tracciò la runa.
Si, una runa, perché era questo il modo dei cacciatori per... ehm... prevenire certe situazioni.
Jace lasciò cadere lo stilo sul pavimento.
Guardandosi negli occhi cominciarono a spogliarsi.
Lui le tolse la leggera camicia da notte, lei stupendosi riuscì a togliergli maglietta e pantaloni.
Jace si avvicino per sussurrarle "non è più proibito."

Nella notte in mezzo alla strada di fronte all’istituto un’ombra sorrise.

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Capitolo 2
*** Domani ***


                        DOMANI

Ancora prima di aprire gli occhi, ancora prima anche solo di svegliarsi completamente, Jace aveva sentito la presenza di Clary distesa al suo fianco.
Sentì i suoi capelli rossi che gli solleticavano il mento, il suo corpo appoggiato al proprio. Aprì gli occhi e abbassò lo sguardo incontrando quello di lei.
“buon giorno.” Disse lei con un sorriso tanto dolce da far venire il diabete, in senso buono naturalmente.  
“giorno.” Disse aprendosi anche lui in un sorriso “da quanto sei sveglia?”
“non da molto, appena quindici minuti.” Rispose.
“perché non mi hai svegliato?” chiese lui.
“be avevi un’aria così pacifica che non ti ho voluto svegliare” disse sollevandosi “e poi è ancora presto.”
Clary fece per alzarsi, ma Jace prendendola per la vita la fece ricadere giù stringendola a sé. “dove vai?” chiese in tono lamentoso.
“Jace dobbiamo alzarci. Tra un po’ verranno a chiamarci e io devo andare in stanza” disse lei cercando di liberarsi.
“no, tu resti qui.” Disse lui come se fosse un bambino capriccioso.
Lei continuava a cercare di liberarsi, ma Jace la strinse più forte ridacchiando.
“davvero molto maturo. Sul serio Jace lasciami!” per tutta risposta lui rise ancora di più, si stava divertendo un mondo a farla impazzire. E poi era così carina quando si arrabbiava come adesso.
Ora aveva smesso di dimenarsi mettendo il broncio. Lui cercò di non ridere. Stava per parlare, ma qualcuno bussò alla porta, qualcuno che come al solito non aspettava risposta e stava già aprendo. Ma per fortuna l’altra notte aveva chiuso a chiave con in più una runa di “chiusura”.
Isabelle disse irritata “Jace perché hai chiuso la porta? Fammi entrare!”
“che vuoi Isabelle?” disse con tono altrettanto irritato.
“sto cercando Clary.” rispose con un accenno di divertimento.
Jace non più stupito di Clary disse “e quindi?”
“Jace non fare il finto tonto so che Clary è lì con te…” non ricevendo risposta la ragazza continuò “tranquilli non lo vado certo a spifferare ai quattro venti. Ma davvero mi serve Clary, tra poco devo vedermi con Simon e mi servono i suoi consigli per far eclissare quella lupa da strapazzo.”
Sospirarono entrambi e velocemente si rivestirono. Jace andò ad aprire mentre Clary si ravvivava i capelli sconvolti dal sonno. Neanche il tempo di aprire che Isabelle si fiondò nella stanza prendendo la ragazza per il polso, e trascinandola in fretta e furia nella sua stanza. Provò pietà per lei, tutta la mattinata ad aiutare Isabelle a trovare il vestito giusto.
 
Jace andò in armeria dove trovò Alec, si allenarono fino all’ora di pranzo.
“fratello c’è qualcosa che non và?” chiese Alec.
Stupito il ragazzo rispose “no perché me lo chiedi?”
“stamattina sei parecchio distratto.” gli fece notare.
Con stupore di entrambi Jace arrossì “ehm non è niente.” disse cercando di nascondere l’imbarazzo. E poi perché era imbarazzato? Per l’angelo, mica aveva fatto chissà quale atto infame!
Alec lo guardò in volto ancora un secondo e una scintilla di comprensione gli illuminò gli occhi.
“capisco.” gli sorrise con malizia. Alec gli sorrideva con malizia? Ok, ora era sicuro: il mondo era impazzito.
Andarono in cucina dove ci trovarono Clary intenta a cucinare. Non l’avrebbe mai detto prima ma Clary era davvero una brava cuoca, non brava come Maryse, ma era molto meglio di Isabelle… Anche se qualsiasi essere umano cucina meglio di Isabelle.
“Hey Clary.” La salutò Alec “come mai stai cucinando tu? Dov’è mia madre?”
“è uscita con Robert dicendo che sarebbero tornati a tarda sera.”
Jace la guardò. Aveva messo una maglietta blu attillata e i soliti jeans e scarpe da ginnastica, in più il grembiule violetto di Isabelle. La osservò cucinare, finché non fu interrotto da Alec che gli stava parlando, e lo guardava in attesa di risposta. Per fortuna intervenne Clary, con in mano un vassoio traboccante di cibo distrasse Alec, che vi si avventò.
 
“oggi tornano Luke e mamma.” disse Clary di punto in bianco.
“Che cosa? Perché così presto?” disse Jace.
“fratello guarda che sono via da due settimane, prima o poi devono pur tornare.”
rispose Alec leggermente divertito.
“è vero Jace ma dove vivi? Guarda che di questo passo, potresti fare a gara con Clary a chi ha la testa più tra le nuvole.” Intervenne Isabelle, tornata dall’appuntamento con il succhiasangue in tempo per mangiare.
“grazie tante, è bello essere citati di tanto in tanto.” Disse Clary fingendosi offesa.
“bhe in questo credo che nessuno sia in grado di batterla, e comunque semplicemente non mi aspettavo che tornassero proprio oggi.”
“parlando di cose serie!” disse Isabelle. “come vanno le cose con Magnus?”
Alec, che stava bevendo, ci mancò poco che sputasse l’acqua addosso agli altri.
Scoppiarono tutti a ridere anche Alec.
 
Isabelle e Alec uscirono quel pomeriggio, lei con il succhiasangue (e ancora Jace non capiva il perché.) e lui con il sommo stregone di Brooklyn.
Lui e Clary così rimasero da soli e come quasi ogni pomeriggio si allenarono. Clary era diventata veramente brava con le armi, ed era anche abbastanza veloce ed agile, aveva fatto da poco i marchi permanenti che l’avevano aiutata non poco. Si allenarono per tutto il pomeriggio, ed il tempo volò. O almeno così parve a Jace. Quando smisero era già tardi.
Clary guardò l’orologio “è tardi, devo tornare a casa”
No, no e no. “perché non rimani almeno per cena? Senza di te e Maryse, Isabelle assalterà la cucina.” Al pensiero a Jace venne un conato di vomito.
“Jace non posso.” Mentre parlava lui si avvicinò,ma Clary continuò “e devo riprendere la mia roba e preparare la cena per mia mamma e Luke per non parlare del…” ma non riuscì a finire perché lui si era avvicinato ancora, l’aveva presa con la sua velocità da cacciatore e l’aveva baciata.
Per qualche secondo restituì il bacio, ma poi si staccò.
“devo andare.” Disse lei.
“no.” Si lamentò debolmente, cercando le sue labbra.
“domani ci vedremo di nuovo.” Gli disse.
Jace sospirò, la baciò per qualche altro secondo e la lasciò.
“domani.” Disse.
“domani.” Ribadì lei.
 
Clary tornò dall’istituto a casa di Luke in gran fretta. Andò nella sua camera e gettò la borsa con tutte le cose che si era portata. Si affrettò a cercare tutto quello che serviva per preparare la cena. Ma poi sentì che qualcosa non andava, chiuse gli occhi e si mise in ascolto. Era diventata brava in queste cose essendo ancora una novellina, anche non era al livello di Jace e dubitava fortemente, anche con anni di addestramento alle spalle, di arrivarci. C’era silenzio, c’era calma, una calma prima della tempesta.
E poi successe, colpi contro la porta d’ingresso, schianti, il rumore dei cardini che cominciano a cedere.
Non ci fu tempo per chiamare l’istituto o anche solo di gridare.
Sentì la porta cedere e cadere con uno schianto. Clary cercò di controllare la paura, prese le armi di Luke nascose il cellulare sotto i vestiti e si preparò a combattere.
 
Era tarda sera, erano tutti insieme in biblioteca. Jace, Maryse, Robert e Alec, Isabelle era andata un attimo nella sua stanza. Mentre i due adulti parlavano dell’alleanza con i Nascosti, Alec era intento a lucidare il suo arco e Jace a strimpellare al pianoforte, che avevano spostato in biblioteca.
Quando arrivò Isabelle, bianca come un lenzuolo.
Jace provò a prenderla in giro “Isabelle, che succede? Non trovi più l’ultimo vestito nuovo di oggi?”
Lei parve neanche sentirlo “mi ha appena chiamata Simon e...” la sua voce era tesa come una corda di violino.
L’istinto da fratello maggiore si fece sentire subito in Alec “cosa è successo? Ti ha lasciata? Se ha provato a fare…”
Isabelle lo interruppe “non si tratta di noi si tratta di Clary!!” urlò a quel punto.
E il cuore di Jace sobbalzò. “cosa è successo a Clary? Parla Isabelle?”
Lei spostò lo sguardo su di lui “oh Jace! Clary è scomparsa e nell’appartamento di Luke c’erano cadaveri di Dimenticati.”
Lui corse più veloce che poté fuori, senza chiedere altro. Corse e corse verso casa di Luke. Nelle orecchie ancora rimbombarono le parole di Isabelle
“Clary è scomparsa.”e poi quelle di lei “domani ci rivedremo di nuovo.”
Domani.

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Capitolo 3
*** Vecchie conoscenze ***


                   VECCHIE CONOSCENZE

Quando arrivò a casa di Luke, Jace ignorò la stanchezza della corsa. Per venire prima, ad un certo punto era saltato da un tetto ad un altro. Ora era di fronte casa di lei. Entrò e trovò Luke e Jocelyn, lei era seduta sul divano, adesso quasi completamente distrutto, con l’aria disperata. Luke era in piedi e stava esaminando il cadavere di un Dimenticato. Jace senza una parola di saluto si guardò intorno. Il salotto era completamente distrutto mobili, tappezzeria. Addossati ad una parete due cadaveri di Dimenticato e uno vicino alla porta della cucina. Il ragazzo si avvicinò e vi guardò, la cucina era nelle stesse condizioni del salotto, cibo a terra il bancone mezzo distrutto, e il cassetto delle armi aperto. Clary doveva aver tentato di resistere, ma probabilmente erano in troppi per lei.
Ritornò nel salotto, Luke gli mise una mano in spalla. Un tentativo di consolarlo, ma niente avrebbe potuto riuscirci.
“la troveremo.” Gli disse.
“e come? Come possiamo trovarla?” chiese con disperazione. Sentiva la paura che lo assaliva, e se Clary… “e se lei fosse già…?” non riuscì a finire la frase.
“no starà bene.” Disse Jocelyn “se fosse morta i Dimenticati l’avrebbero lasciata qui, avevano probabilmente in compito di portarla via viva.” Si vedeva quanto le costasse parlare.
 
Jace era seduto su una sedia non molto danneggiata, e guardare Luke parlare al telefono con i Lightwood, spiegando la situazione. Il ragazzo si sentiva come se gli avessero strappato qualcosa di molto importante, e al suo posto ci fosse solo il vuoto. Luke era riuscito a calmarlo, ma non sapeva per quanto tempo sarebbe durata la sua calma. Aveva voglia di urlare e piangere, e lui non piangeva mai.
Voleva trovare la sua Clary, vedere se stava bene, e stringerla a se.
Si guardò intorno, a parte salotto e cucina il resto della casa era perfettamente integro. A quanto pare Jocelyn aveva ragione, i Dimenticati cercavano solo Clary. Jace aveva cercato di capire chi poteva averli mandati. Ma era più difficile di quel che credeva. Clary aveva più sangue d’angelo di  una normale Shadowhunter, e per questo possedeva un potere quasi illimitato con le rune. Potere che chiunque vorrebbe, il che restringe il campo a qualsiasi Nascosto sul pianeta. Non poteva usare neanche un incantesimo di localizzazione per trovarla. Ogni volta che ci provava il ragazzo vedeva soltanto un’immagine sfocata di lei, segno che era ancora viva, ma che le era stato fatto un incantesimo per non essere trovata.
Luke gli si avvicinò distogliendolo dai suoi pensieri “ho parlato con i Lightwood. Hanno detto che domani contatteranno  il Conclave e chiederanno aiuto.”
“cosa?” scattò Jace “domani? Perché domani? Clary in questo momento potrebbe essere tra la vita e la morte.” Il solo pensiero provocò a Jace una fitta di paura per Clary.
Luke sospirò “Jace, anche se cominciassimo adesso, non abbiamo alcuna idea di chi sia stato. E poi sono abbastanza sicuro che non la uccideranno. Dopo tutta questa fatica per portarla via viva, non avrebbe senso ucciderla. Domani analizzeremo i fatti con calma e lucidità.”
“ma.” Il ragazzo esitò.
“è vero.” Intervenne Jocelyn “ domani la prima cosa che faremo sarà chiedere aiuto al Conclave.” Ma si vedeva che anche lei voleva cominciare le ricerche subito. “è meglio che torni all’istituto Jace.” 
Il ragazzo scosse la testa “ vorrei rimanere qui.”
Luke sospirò “credo che qualche ora di sonno farà bene a tutti.” Disse.
Jocelyn senza dire niente si avviò alla camera da letto.
“Jace tu puoi anche sistemarti nella camera di Clary, se vuoi.” Mentre parlava gli mise una mano in spalla. Lui annuì “grazie.” Sussurrò e detto questo si chiuse in camera di lei. Si guardò in torno, tutto in quella stanza apparteneva a lei. Sul letto vide un album da disegno. Si distese e lo prese cominciandolo a sfogliare. Pian piano Jace scivolò nel mondo dei sogni con i disegni di Clary stretti al petto. Sognò la notte precedente passata con lei.
 
Clary si svegliò con un forte dolore alla testa. Si portò una mano alla testa, e vide che ai polsi aveva dei ceppi, con delle catene che affondavano nel pavimento, anche alle caviglie ne aveva. Poi ricordò. L’attacco dei Dimenticati, lo scontro… Era a casa e stava preparando la cena per Luke e sua madre, quando un branco di Dimenticati l’aveva attaccata. Aveva preso le armi di Luke e quando il primo bestione era entrato, con una spada, lo aveva trapassato e ucciso. Poi erano arrivati il secondo e il terzo, che portava un coltello. Così Clary era passata sotto le gambe del bestione mentre l’altro caricava, facendo in modo che il secondo venisse colpito dal coltello del terzo. La ragazza aveva preso una spada angelica e con quella aveva ucciso il terzo. Entrambi si erano accasciati a terra, ma Clary non aveva visto il quarto, che l’aveva colpita alla testa, allora era caduta nell’incoscienza.
Si guadò intorno, si trovava in una cella abbastanza grande, tre muri erano in mattoni di pietra come quelli dei castelli medioevali, uno invece completamente di sbarre. C’era anche una finestrella, anch’essa con delle sbarre, dove nella notte la ragazza poteva vedere una sagoma di un monte familiare.
Spostò lo sguardo di nuovo alla cella, dove al centro c’era un tavolo con una telecamera azionata e un sacco di coltelli, ferri acuminati di ogni tipo e lacci per strangolare. Clary sentì una gelida paura attanagliarle lo stomaco.
Sentì dei passi, e una figura entrò nella stanza. Clary strabuzzò gli occhi.
La figura sorrise minacciosa “ciao Clary, felice di rivederti.”
 
Jace era seduto nel divanetto della biblioteca dell’istituto. Quella mattina dopo che si era svegliato e dato una pulita, lui Jocelyn e Luke erano andati subito dagli altri. Non avevano neanche fatto colazione.
Nella biblioteca c’erano a parte loro tre, Robert e Maryse, Magnus e Alec, Isabelle e persino il vampiro. Ovviamente lui non poteva essere veramente lì, infatti era soltanto una proiezione di Simon, non l’originale, ma il vampiro aveva insistito per essere presente. Così Magnus aveva fatto un incantesimo.
Per un po’ Luke parlò della situazione, spiegando le sue teorie sul rapimento di Clary, ma Jace lo ascoltava solo in parte, stava ancora pensando gli poteva essere stato.
Il telefono di Isabelle squillò, riportandolo nella stanza. Tutti la guardarono un po’ seccati. La ragazza con uno “scusate” prese il telefono e rispose “pronto?”
Isabelle sbiancò, scattò in piedi “Clary! Sei tu? Cosa è successo?”
Tutti ora avevano uno sguardo stupito puntato su di lei. Jace, che era balzato in piedi nel momento in cui aveva sentito pronunciare il nome della ragazza, disse “Isabelle, come sta? Fammi parlare con lei.”
Isabelle, non sapendo che fare, aveva messo il vivavoce al telefono.
Jocelyn si era avvicinata alla ragazza “Clary! Bimba stai bene?”
La voce familiare, che parlò dall’altro capo, era roca e sapeva di pianto “mamma… sto bene…” Jace si era immobilizzato, dalla voce Clary non sembrava stare bene, aveva una voce stanca e sofferente, come se parlare le costasse un’enorme fatica. Il ragazzo non riusciva a spiccicare una parola, era come se le sue corde vocali si fossero atrofizzate.
“Clary cosa è successo?” chiese Luke.
“stavo preparando la cena… un branco di Dimenticati mi ha attaccato…” rispose Clary, ora la sua voce tremava “ho provato a combattere… alcuni sono… sono riuscita a ucciderli, ma erano troppi.”
“Clary sai dove sei?” chiese Jocelyn con voce tremante anche lei.
“sono in una cella… una di quelle in pietra…” per un secondo si interruppe e si sentì un tossire roco, Jace si prese la testa tra le mani, non sopportava più tutto questo. Poi Clary continuò ansimando “c’è una finestrella sbarrata…”
Luke chiese con una piccola traccia di speranza “che vedi oltre la finestra?”
“un monte familiare… quello dove siamo andati anni fa’… al Latourette Park.”
Ci fu silenzio nella stanza, un silenzio sollevato e pieno di speranza, ora sapevano dove era nascosta la ragazza. Ma ancora una domanda aleggiava nella stanza.
Jace finalmente riuscì a parlare “Clary! Chi è stato a rapirti?”
Il silenzio ora era diventato pesante, e in quel silenzio un nome rimbombò
“Jonathan.”


Salve a tutti! Per chi si sta chiedendo dove ho preso il nome "Latourette Park" è un piccolo punto di riferimento a New York, utilizzato come campo da golf, è un'area abbastanza vasta. Apparte questo spero che vi piaccia la mia storia.
 

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Capitolo 4
*** Promessa ***


                       PROMESSA

Il silenzio era assordante, nessuno osava parlare nella stanza.
Jonathan? Ma è morto! Diceva una voce in un angolino della sua mente. Però Jace aveva sempre sospettato che quel mostro fosse ancora vivo. Sentì una rabbia bruciante invadergli la mente, ma si costrinse alla calma.
“Jonathan?” chiese Jocelyn sbiancata del tutto “com’è possibile? Non era morto?”
“A quanto pare no.” Disse Luke,il primo ad essersi ripreso “Clary non ti preoccupare, riusciremo a salvarti.”
“No” disse lei dal cellulare. Quella parola di appena due lettere agghiacciò tutti.
No?Clary era impazzita? Aveva davvero detto no.
“Clary ma cosa stai dicendo?” disse allora la proiezione di Simon.
“non potete venire è una trappola” disse la ragazza “Jonathan vi vuole attirare qui per vendicarsi… domani manderà dei demoni con un messaggio, per farvi venire qui”
Allora Clary voleva proteggerli, anche a costo della sua vita.
La sua Clary era così.
Luke pensoso disse “ma non sa che tu adesso stai parlando con noi. Giusto?”
Per un secondo Clary rimase zitta, poi disse “no, avevo nascosto il cellulare e…” si bloccò, dal telefonino si sentì un rumore di una porta che si apriva e poi un gemito di dolore… di Clary.
“ma guarda che scherzetto mi ha fatto la mia sorellina” disse una voce, acida e cattiva.
E tutti capirono chi era.
Jonathan Christopher Morgenstern il vero figlio di Valentine, il mostro che aveva assassinato il piccolo Max e chissà quanti altri Shadowhunters, aiutato il padre a distruggere le difese di Alicante e quasi ucciso Jace.
Il primo a riprendersi fu di nuovo Luke “Jonathan adesso basta, non servirà a niente vendicarsi. Dove vi trovate tu e Clary?”
Il licantropo era davvero furbo, pensò Jace. Con quella domanda, Jonathan avrebbe creduto che Clary non avesse avuto il tempo di rivelare dove si trovava.
“lo saprete a tempo debito” quindi Jonathan ci era cascato “e per quanto riguarda la mia sorellina, l’ho portata qui solo per farle una piccola proposta… peccato che sia un po’ cocciuta…” quelle parole, chissà perché, fecero battere il cuore di Jace più velocemente.
Isabelle confusa chiese “che vuoi dire? Che proposta?”
Dopo un secondo di silenzio, Jonathan parlò “le ho soltanto proposto di unirsi a me per un piccolo progetto, ma continua a rifiutare… ho atteso che cambiasse idea, ma a quanto pare le buone maniere non funzionano. Vero sorellina.” Dal telefono si sentì un tonfo, e un lamento.
A quel punto la rabbia offuscò la mente di Jace.
Come osava Jonathan fare del male a Clary?
Prese il telefono di mano a Isabelle, e disse con voce minacciosa “toccala ancora brutto bastardo, e giuro sull’angelo che ti strapperò, qualunque cosa tu abbia al posto del cuore, dal petto con le mie mani.”
Tutti lo guardarono più che sorpresi, dall’altro capo come risposta si sentì un rumore di ossa rotte e un urlo di dolore “vediamo quanto vale una tua promessa angioletto.” ringhiò Jonathan prima di riattaccare.
 
Dopo la telefonata di Jonathan, tutti si stavano organizzando. Avevano un piccolo vantaggio su di lui, che credeva di avere un nascondiglio ancora non scoperto. Ma sarebbe durato poco, se volevano salvare Clary dovevano farlo quella notte.
Jace andò nella sua camera, prese più armi che poté e si stese sul suo letto.
Il ragazzo volse la testa al comodino accanto al letto, dove era posata una foto di lui e Clary alla festa della grande vittoria. Si chiese se l’avrebbe salvata… scosse la testa, non era il momento per quei pensieri. Sarebbe riuscito a salvarla, a qualunque costo.
Si ritrovarono di nuovo in biblioteca. I Lightwood avevano tutti la tenuta da combattimento e varie armi, c’era tutto il branco di Luke al completo, Magnus era vestito come al solito (ma aveva un’espressione molto seria), Jocelyn aveva indossato anche lei la tenuta, mentre il vampiro li stava aspettando fuori.
Erano pronti. Sarebbero riusciti a salvare Clary.
 
Il dolore ormai era diventato un compagno costante. Clary era stesa sul pavimento della prigione, ormai sporco di sangue. La ragazza girò la testa, un dolore sordo la percorse. Jonathan era andato via, domattina avrebbe inviato il messaggio che avrebbe portato qui gli altri. Non voleva! Perché dovevano soffrire anche loro? Sentì la testa pesante, seppe che stava per svenire, e in quel momento arrivò quel mostro che era suo fratello.
“sorellina che hai mi sembri giù?” disse divertito “ti ho combinata davvero male e?” le si avvicinò, inginocchiandosi e accarezzandole il viso “ma questo bel visino non l’ho toccato, non le vogliamo delle brutte cicatrici qui, vero?” disse sorridendo maligno.
“lo sai che basta appena un si e tutto questo finirà, tutto il dolore che stai provando…
Basta un si”
Clary invece lo guardò, in quegli occhi neri e senz’anima, con un “NO” che si leggeva a chiare lettere nel suo sguardo.
Jonathan la guardò con odio “come vuoi, ancora dolore per te allora.”
Ma in quel momento arrivò, con suo  sollievo, l’incoscienza. E tutto divenne buio.     
 
Al Latourette Park trovarono una barriera parecchio forte, e Magnus impiegò una buona mezz’ora per disattivarla.
“quanto manca?” chiede una petulante Isabelle.
“ho quasi finito, e ti prego di non disturbare il mio lavoro se non volete entrare senza morire inceneriti.” Disse un irritato Magnus.
Che lento!Pensò Jace, era preoccupato per Clary, furioso con Jonathan e anche eccitato per l’eminente battaglia. Magnus aveva detto che la riserva era piena di Dimenticati, se volevano arrivare all’edificio senza essere scoperti dovevano fare attenzione.
“ecco!” esclamò Magnus “ho finito.”
Finalmente!Il gruppo cominciò a muoversi, prima di cominciare l’attacco dovevano avvicinarsi il più possibile. In una radura, protetto da un incantesimo che lo nascondeva alla vista dei Mondani, c’era una costruzione in pietra; questa sembrava un castello medievale, solo un po’ più piccolo. E i Dimenticati che vi ronzavano attorno erano tutti armati, ma dovevano farcela. Erano Nascosti e Nephilim insieme, ce l’avrebbero fatta.
Passarono ben 10 minuti prima che riuscissero a raggiungere l’entrata, senza farsi vedere. Poi, al segnale di Luke, il suo branco attaccò seguito a ruota dai Lightwood e il vampiro, poi toccò a Jocelyn insieme a Luke, infine Jace. Troppo impegnato a combattere, Jace non prestò attenzione a come si svolgeva la battaglia per gli altri, vedeva soltanto la porta da dove probabilmente sarebbe spuntato Jonathan.   

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Capitolo 5
*** La meta ***


Salve a tutti! Scusate se ho fatto tardi con questo capitolo (-_-)"
Ma sono stata impegnata... Comunque ecco qui il nuovo capitolo!! Spero che vi piaccia e vorrei che lo commentaste, per sapere se ho fatto degli errori o se avete dei suggerimenti. Buona lettura! 

                              




                             LA META

Clary si risvegliò, ricordò vagamente di essere svenuta. Un dolore sordo rimbombava nella sua testa, sentiva strani rumori e urla da fuori. Il rumore di una battaglia.
No! Non possono essere venuti!Pensò la ragazza, ma, ora che aveva la mente più lucida nonostante il dolore, sentiva i ringhi tipici dei licantropi e dei vampiri e i sibili delle spade angeliche. No, non voleva che qualcuno si facesse male per colpa sua.
In quel momento entrò Jonathan, con uno sguardo pieno di rabbia, odio, e voglia di combattere. Si chinò su di lei “ecco un altro scherzetto della mia sorellina” disse con voce acida “sai che ti dico, all’inizio avevo intenzione di dare al tuo amato un bel regalo, come la tua morte in diretta” sospirò teatralmente “ma non é sufficiente, così ho un’altra sorpresa per lui.” Sorrise, il sorriso più orribile che Clary avesse mai visto.
 
Jace aveva ucciso tutti i Dimenticati che gli avevano sbarrato la strada, e finalmente era riuscito ad entrare. Gli altri se la stavano cavando bene, non avevano bisogno del suo aiuto. Corse per i corridoi dell’edificio, cercando di orientarsi, prima di andare da Clary c’era una cosa che doveva fare, una promessa da mantenere.
Arrivò nell’armeria, era una stanza circolare molto ampia, rischiarata da delle torce, alle pareti c’era appesa ogni tipo di arma: mazze, spade, pugnali, lance, archi e frecce ecc…
Jace non si avvicinò neppure, probabilmente c’era un incantesimo che impediva a sconosciuti di toccarle.
C’era silenzio, che improvvisamente fu rotto dal sibilo di una lama. Jace fu veloce a spostarsi, ma ugualmente si ferì il braccio destro. Si voltò, e i suoi occhi si incrociarono con quelli senz’anima di Jonathan, che sorrise feroce “sei arrivato angioletto.” Disse con voce divertita.
Jace si distanziò da lui squadrandolo, aveva indosso una tenuta da cacciatore e aveva diverse armi appese alla cintura. Nell’unica mano che gli rimaneva teneva una spada.
“ti avevo fatto una promessa se non ricordo male.” Disse con un sorriso strafottente.
Jonathan sorrise ancora “vediamo se riuscirai a mantenerla, considerato che abbiamo poco tempo…”
“che vuoi dire?” chiese, Jace di colpo inquieto.
“ah niente, solo che, tra forse una mezzora, non avrai più nessuno da salvare.” Disse il demone sogghignando.
Jace si sentì raggelare. Jonathan colse quel momento di debolezza per sferrare un nuovo attacco, che andò a segno. Sulla gamba di Jace si disegnò un profondo taglio rosso.
Il ragazzo si riscosse, se voleva salvare Clary prima di tutto doveva salvare se stesso. Il dolore alla gamba lo aiutò a concentrarsi.
Squadrò Jonathan da capo a piedi, si distanziò da lui ancora, e lo analizzò pronto al combattimento. Poi Jace impugnò meglio la spada angelica e aspettò il momento giusto.
Intanto il demone non aveva smesso di parlare “tra breve la tua bella sarà soltanto carne morta angioletto.” Disse.
Jace colse l’occasione e si finse colpito da quelle parole, Jonathan ci cascò e attaccò di nuovo, ma stavolta il fendente diretto alla spalla destra del ragazzo fu fermato. Jace disarmò l’avversario e lo ferì al fianco destro, dal quale uscì sangue nero.
Cogliendo lo stupore di Jonathan, il ragazzo attaccò ancora, ma stavolta il colpo andò a vuoto. Non più sorpreso il demone prese dalla cintura un’altra spada sibilando “non male angioletto, ma dovrai fare di meglio.” E attaccò, veloce e silenzioso.
Jonathan mirò al cuore di Jace, che riuscì ad evitare l’assalto. Così il demone deviò il colpo alla spalla del ragazzo, che intercettò il colpo. Ma a sorpresa Jonathan, lasciò la spada e velocemente si posizionò dietro Jace. Le braccia dell’avversario avvolsero le spalle di Jace, e in un istante lo strinsero, togliendogli il respiro. Il ragazzo cadde a terra senza fiato, sentì Jonathan evocare una spada angelica e il famigliare fruscio dell’arma calare su di lui. Jace rotolò e la spada si conficcò dove un secondo fa c’era la sua gola. Si alzò velocemente e prese un Chackram dalla cintura, non era tanto pratico di quell’arma, ma credeva nell’allenamento sul campo. Velocemente, come gli aveva mostrato una volta Hodge, lanciò il Chackram. Il disco riuscì a colpire il braccio Jonathan, ma quello dove c’era il moncherino, che Isabelle gli aveva procurato tempo fa ad Alicante, e non il braccio con cui teneva la spada.
“è tutto qui quello che sai fare?” disse ridendo.  
Così non và. Pensò il ragazzo, doveva trovare il modo di distrarlo, di farlo arrabbiare. Gli venne un’idea.
“mi hai rubato le parole di bocca” disse Jace con un sorriso “davvero mi aspettavo di meglio, non eri tu il più forte tra noi due?”
Il sorriso di Jonathan si allargò “certo che sono il più forte, ma ti sei guardato, sei già a pezzi. Mi ci vorrebbero pochi secondi per ucciderti, e stavolta quella sgualdrina della tua sorellastra non verrà a salvarti.”
“ma, se non mi sbaglio, io sono ancora qui. E sono anche riuscito a ferirti.” Disse Jace sorridente “e pensare che mi ero immaginato chissà cosa… ma la verità è che sei tutto fumo e niente arrosto. Tu sei stato con Valentine per più tempo di me, e guardati adesso, senza di lui non vali niente.”
Jonathan smise di sorridere, i suoi occhi erano pieni di rabbia. L’idea stava funzionando.
“non nominare mio padre, il grande Valentine, stupido insignificante insetto!”
Il demone non sapeva proprio nascondere la rabbia. Jace sorrise “ah si il grande Valentine, l’uomo che ti ha trasformato in quello che sei oggi, solo un mezzo-demone, e se non ricordo male lui i mezzi-demoni, come i Nascosti, li odiava.” Disse  raggiante.
“lui non mi odiava, lui mi amava. Cosa che non ha mai fatto con te!” disse Jonathan furioso, mentre attaccava. Ma Jace riuscì a schivarlo facilmente, e a sferrare un contrattacco che ferì l’avversario al petto.
Il ragazzo sorrise, il demone si stava distraendo, doveva continuare a farlo arrabbiare “già lui non mi ha mai amato, ma non l’ha fatto neanche con te. Pensaci quale padre trasformerebbe suo figlio in un mostro?”
Jonathan ringhiò “sono solo quello che lui mi ha fatto diventare! Non un mostro!” 
E attaccò, accecato dalla rabbia, puntando al petto di Jace. Il ragazzo scansò velocemente il colpo, disarmò Jonathan e lo trafisse. La rabbia nello sguardo del giovane lasciò il posto alla sorpresa, mentre cadeva all’indietro.
Jace si avvicinò al corpo ancora vivo, estrasse la spada e disse “no non sei tu il mostro, ma l’uomo che ti ha fatto diventare ciò che sei ora.”
Poi velocemente colpì di nuovo il petto di Jonathan, su cui si disegnò un largo taglio profondo. Negli occhi neri nel ragazzo la luce vitale si spense, questa volta per sempre.  “ti avevo fatto una promessa” disse Jace “e l’ho mantenuta.”
 
Poco dopo fuori non si sentirono più i rumori della battaglia.
Jace, dopo aver combattuto con Jonathan, si era fatto una iratze che aveva fatto passare la maggior parte dei dolori. Ora correva per i corridoi le parole del demone erano tornate a tormentarlo “tra una mezzora non avrai più nessuno da salvare.”
Quanto tempo era passato? E se Clary fosse già…? No! Non ci doveva pensare, Clary stava bene, doveva stare bene.
Finalmente arrivò a quelle che dovevano essere le prigioni. Dietro di lui sentì delle persone, con la coda dell’occhio riconobbe i suoi compagni. Ma non gli importava di loro. Jace stava guardando il corridoio, rischiarato da una luce proveniente dall’unica cella illuminata.
Il ragazzo ignorò il dolore e corse verso quella luce. Verso la meta. Verso Clary.

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Capitolo 6
*** Il suo inferno ***


Scusate sono in ritardo mostruoso! (_ _)lll
Però ho delle buone scuse, sono venuti i miei zii dall'America (che non venivano in Italia da 16 anni) e sono dovuta stare con loro, quindi non ho avuto tempo per scrivere... comunque spero che questo capitolo vi piaccia, fa vedere tutto quello che Clary ha passato durante la sua prigionia, e non dico altro.
Buona lettura!!



        IL SUO INFERNO

Fu come se gli avessero tolto di colpo tutte le forze, Jace non riusciva a respirare, a parlare o anche solo a pensare.
Quello che aveva davanti agli occhi, lo aveva visto solo nel suo peggior incubo.
La cella di Clary era rettangolare, al centro c’era un tavolo con sopra ogni tipo di strumento di tortura, ognuno dei quali era insanguinato.
E oltre agli strumenti c’era una telecamera attiva, puntata su una Clary incosciente, stesa supina sul pavimento sporco di sangue. La ragazza aveva dei ceppi alle caviglie e ai polsi, ma non era quello a raggelare Jace.
La pelle di Clary era disseminata di graffi , contusioni e bruciature, il vestito che aveva indosso a brandelli, il suo petto si alzava e abbassava così lievemente da dare l’illusione che non respirasse. Il suo volto non era stato toccato, ma era rigato da lacrime antiche e recenti.
Jace finalmente ritrovò l’uso delle gambe e si precipitò da lei. Ignorando il dolore si buttò sulle ginocchia, e la prese tra le braccia. Clary era terribilmente pallida, e il suo cuore batteva molto lentamente. “Magnus! Vieni qui aiutami!” chiamò Jace disperato.
Lo stregone lo affiancò quasi subito, esaminando Clary con sguardo di chi la sa lunga.
“prima di tutto ci vuole una iratze, poi lascia fare a me.”
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte, tracciò la runa più in fretta che poté.
Con sollievo vide i graffi, che segnavano la pelle della ragazza, scomparire.
Sono arrivato in tempo.Pensò sollevato. Clary ce la farà, ce la farà.
Jocelyn, che era rimasta sulla soglia della cella, si avvicinò di qualche passo mormorando in lacrime “la mia bambina…Clary.” Cercò di avvicinarsi ancora, ma Luke la fermò mettendole una mano in spalla.
Gli altri per tutto il tempo erano rimasti fuori dalla cella, guardando la scena attraverso le sbarre. Ad un certo punto Alec si avvicinò alla tavola al centro dal locale. Per un po’ restò in silenzio poi “Jace… vieni a vedere.” Lo chiamò il suo Parabatai.
Jace non voleva lasciare Clary, ma nella voce del fratello c’era una nota allarmata, e poi Magnus aveva tutto sotto controllo. Il ragazzo si alzò barcollante e raggiunse il fratello, che gli mostrò la telecamera che aveva notato prima.
Alec riavvolse il nastro e lo fece partire. 
 
Erano passati due giorni dal salvataggio di Clary. La ragazza per due giorni era rimasta tra la vita e la morte. Aveva perso parecchio sangue, e le ferite più gravi erano state difficili da curare, ma Magnus le aveva curate tutte, ma per quanto ci avesse provato lo stregone non riusciva a svegliarla. Clary sembrava caduta in un coma, molto simile a quello che si era indotta Jocelyn tempo fa.
Ogni giorno che passava le possibilità che si svegliasse diminuivano, ogni giorno Clary cadeva un po’ di più tra le braccia della morte.
E la colpa era di Jonathan e di quello che le aveva fatto.
La ragazza era stata portata nell’infermeria dell’istituto. Jace, da quando erano tornati, non aveva lasciato il capezzale di Clary un solo momento, vegliandola notte e giorno terrorizzato di perderla, ora che finalmente potevano stare insieme…
Il ragazzo continuava a guardare il nastro che avevano trovato nella cella di Clary, e ogni volta si sentiva invadere dall’orrore di quello che il demone le aveva fatto. Ma proprio grazie a quel video, lui e gli altri sapevano cosa fare per svegliarla.
Ancora una volta, mentre sedeva accanto alla ragazza, Jace fece partire il nastro.
 
Clary, ancora senza neanche un graffio, svenuta e incatenata, in quella stanza che è stata il suo inferno. La ragazza si svegliò e cominciò a  guardarsi intorno, esaminando la stanza in cui si trovava, negli occhi si leggeva la paura che provava. Poi si sentrono  suoni di passi e della porta della cella che si apre. Clary sgranò gli occhi ora colmi di paura e orrore. Una voce ben famigliare parlò “ciao Clary, felice di rivederti.”
La ragazza, ancora sconvolta, sussurrò “Jonathan… impossibile tu…tu eri morto.”
Una figura si avvicinò a lei “già ero quasi morto, per colpa del tuo Jace.”
Jonathan si chinò di fronte a lei, Clary tentò di ritrarsi ma i ceppi le impedivano di allontanarsi. Il demone sembrò non accorgersene, continuava a sorridere come un lupo che ha catturato un coniglietto indifeso.
“cosa vuoi da me? Uccidermi per vendicarti?” chiese Clary facendosi coraggio.
Il demone rise “no sorellina, non ho intenzione di ucciderti…per ora. No, quello che voglio è il tuo aiuto.” Disse.
“il mio aiuto?” domandò Clary stupita.
“già, voglio che mi aiuti in quello che nostro padre non è riuscito a fare, con il tuoi poteri sarà facile fare pulizia di questo mondo infetto. Uccidere tutti i Nascosti e i Nephilim corrotti che camminano sulla terra. Purificare questo mondo malvagio e corrotto, e crearne uno nuovo purgato da questo lerciume.” Rispose Jonathan con crescente eccitazione nella voce.
Clary sembrava sconvolta. Per qualche secondo rimase in silenzio, poi disse con voce dura “malvagità e corruzione non sono nel mondo, ma dentro le persone, fanno parte di noi, di tutti noi. Uccidere Nascosti e Nephilim non ti servirà a niente, perché non sono loro il nemico. Jonathan hai dimenticato perché gli Shadowhunters sono stati creati? Per combattere i demoni, i demoni che non possiedono anima e che vogliono solo distruggere questo mondo. I Nascosti a differenza loro possiedono un’anima e fanno parte di questo mondo, loro qui ci sono nati e tutt’ora ci vivono, e tu non hai il diritto di decidere se devono morire o no.”
Jonathan sembrava stupito e arrabbiato insieme, in uno scatto d’ira prese, con l’unica mano che gli restava, per i capelli Clary e avvicinò il suo volto al proprio “quindi non hai intensione di aiutarmi, ho capito bene?” ringhiò.
La ragazza lo guardò intensamente, senza lasciarsi spaventare, disse “preferirei morire che tradire i miei amici.”
Il demone la spinse via alzandosi in piedi, cominciò a camminare avanti e indietro. Poi si fermò di fronte a lei e ringhiò “molto bene, ho cercato di portarti dalla mia parte con le buone, ma niente” Jonathan si avvicinò di nuovo a lei “hai detto che preferiresti morire piuttosto che tradire i tuoi amici e? quando avrò finito con te sorellina mi supplicherai di ucciderti. Ma io non lo farò. Non sarò tanto comprensivo. E l’unico modo per farmi smettere sarà quello unirti a me.”
Jonathan si alzò e si diresse verso la telecamera, no verso il tavolo, con tutti gli strumenti di tortura.
Ora la telecamera riprendeva solo Clary, e nei suoi occhi si vedeva la paura crescere.
Si sentì la voce di Jonathan “vogliamo cominciare.”
Clary era spaventata, ma nei suoi occhi si leggeva la determinazione nel non cedere a  Jonathan. Per tutta la notte il demone la torturò, e a intervalli regolari diceva “sorellina, basta un si e tutto questo finirà. Unisciti a me e nessuno più ti farà del male.” E ogni volta Clary rispondeva “meglio morire che tradire le persone che amo.”
Jonathan la sottopose a molte torture. Dalle labbra di Clary uscivano lamenti, urla, singhiozzi, ma mai l’unica parola che avrebbe fatto cessare tutto quel dolore… un si.
Solo all’alba il demone si fermò. Si alzò in piedi e chiese “loro meritano davvero la tua lealtà?” Clary alzò di poco la testa e disse “certo.  Farebbero lo stesso se fossero al mio post…” ma la ragazza non riuscì a finire, che un colpo di tosse le mozzò il fiato.
Il demone sorrise “vedremo, domani manderò dei demoni con un messaggio” disse continuando a sorridere “il messaggio dirà esattamente dove ci troviamo, se davvero ci tengono a te verranno ed i miei Dimenticati li aspetteranno. Anche se credo che verranno solo per un motivo.”
Clary chiese con voce roca “e sarebbe?”
“semplice sorellina, il potere che hai sulle rune. Solo questo li fa preoccupare per te.”
La ragazza sorrise appena “sai che non è così.”
“l’importante è crederci sorellina. Ora scusami, ma devo organizzare i preparativi di benvenuto per i tuoi amici.”
Clary rimase sola, e cogliendo l’occasione prese il cellulare da sotto i vestiti.
Compose il numero e mise il vivavoce, posando il telefono vicino al viso sul pavimento.
*pronto* la voce di Isabelle.
“Isabelle.” Sussurrò Clary, sollevata. Si sentirono le voci di tutti gli altri attraverso il telefono. La ragazza si sforzò di spiegare cosa era successo e dove si trovava.
Poi si sentì la voce di Jace *Clary. Chi è stato a rapirti?*
“Jonathan.” Sussurrò lei.
*Jonathan? Com’è possibile? Non era morto?* chiese Jocelyn.
*a quanto pare no. Clary non ti preoccupare, riusciremo a salvarti* disse Luke.
Lei rispose con un secco no, di cui tutti si stupirono, allora la ragazza spiegò il piano di Jonathan. Dall’altro capo Luke chiese se lui sapesse della telefonata.
Clary disse di no spiegando di averlo nascosto, ma fu interrotta da Jonathan che la colpì con un calcio. Dalle labbra di lei uscì un lamento di dolore.
“ma guarda che scherzetto mi ha fatto la mia sorellina.” Si sentì la voce di Luke dire *Jonathan adesso basta, non servirà a niente vendicarsi. Dove vi trovate tu e Clary?*
A quella frase il demone sorrise divertito “lo saprete a tempo debito, e per quanto riguarda la mia sorellina, l’ho portata qui solo per farle una piccola proposta… peccato che sia un po’ cocciuta…”
* che vuoi dire? Che proposta?* chiese ingenuamente Isabelle.
Jonathan, rimase un istante in silenzio poi, rispose “le ho soltanto proposto di unirsi a me per un piccolo progetto, ma continua a rifiutare… ho atteso che cambiasse idea, ma a quanto pare le buone maniere non funzionano. Vero sorellina.” Dette quelle parole, il demone prese Clary per i capelli e la rigettò subito dopo addosso al muro.
La ragazza si lamentò ancora, e dall’altro capo del telefono si sentì la voce infuriata e minacciosa di Jace dire *toccala ancora brutto bastardo, e giuro sull’angelo che ti strapperò, qualunque cosa tu abbia al posto del cuore, dal petto con le mie mani.*
Il sorriso di Jonathan scomparve, si girò verso Clary e prese il suo braccio tra le mani.
Il suono di ossa rotte fu agghiacciante, ma non come l’urlo di dolore di Clary.
“vediamo quanto vale una tua promessa angioletto.” ringhiò Jonathan prima di riattaccare. A quel punto, senza dire una parola, il demone uscì, lasciando Clary al suo dolore. Dopo un po’ la ragazza si quietò, anche se si leggeva il dolore che provava.
In quel momento arrivò il demone “sorellina che hai mi sembri giù?” disse divertito “ti ho combinata davvero male e?” le si avvicinò, inginocchiandosi e accarezzandole il viso “ma questo bel visino non l’ho toccato, non le vogliamo delle brutte cicatrici qui, vero?lo sai che basta appena un si e tutto questo finirà, tutto il dolore che stai provando… Basta un si.”
Ma Clary lo guardò con determinazione, il NO si leggeva chiaramente nei suoi occhi. “come vuoi, ancora dolore per te allora.” Disse Jonathan arrabbiato.
Ma in quel momento Clary perse i sensi.
Quando rinvenne si sentivano già i suoni della battaglia. Arrivò il demone con un’espressione furiosa, si chinò su di lei e disse “ecco un altro scherzetto della mia sorellina,sai che ti dico, all’inizio avevo intenzione di dare al tuo amato un bel regalo, come la tua morte in diretta” sospirò “ma non é sufficiente, così ho un’altra sorpresa per lui.” Aveva un sorriso mefistofelico sulle labbra.
“cosa hai intenzione di… farmi ancora?” chiese Clary con voce roca.
Jonathan estrasse da una tasca un’ampolla, con dentro un liquido rosso.
“sai cos’è questo sorellina?” chiese sorridendo.
Clary scosse piano la testa. E il sorriso del demone si ampliò “naturalmente non lo sai. Questo è Porfirio, un veleno del popolo fatato che uccide lentamente, prendendosi giorno dopo giorno un po’ di vita. La cura è difficile da trovare. Con questo il tuo ragazzo ti vedrà morire un po’ ogni giorno senza poter fare niente per aiutarti.”
Detto questo, Jonathan prese Clary per i capelli e versò il contenuto della boccetta nella sua gola. Il demone tenne la mano sulla sua bocca, finché non fu sicuro che la ragazza avesse ingoiato. Lasciò andare Clary, scossa da colpi di tosse, e prima di incamminarsi verso l’uscita disse “addio Clary.”
La ragazza pian piano chiuse gli occhi, e un’unica calda lacrima le rigò la guancia.
 
Jace spense la videocamera, e guardò Clary. Con una mano prese quella di lei, e se la avvicinò alle labbra lasciandoci un piccolo bacio “riuscirò a salvarti Clary… ci riuscirò.”
In quel momento entrarono Magnus e Alec, il fratello gli mise una mano sulla spalla.
“ho una buona e una cattiva notizia, quale vuoi sentire per prima?” disse lo stregone.
“la buona.” Rispose Jace con voce incolore.
“ok la buona notizia e che c’è davvero un antidoto e abbiamo il tempo di somministrarlo anche se per prepararlo ci vorrebbero giorni.”
Il ragazzo smise di guardare Clary, nello sguardo c’era una scintilla di speranza.  
“quindi possiamo riuscire a…”
“aspetta, c’è ancora la brutta notizia” lo interruppe Magnus,e la scintilla nello sguardo del giovane si spense. “e sarebbe?” chiese.
“la cattiva notizia è che l’antidoto lo conoscono solo le fate, abbiamo già chiesto, ma non ce l’hanno detto. La regina prima vuole incontrarti… da solo.”
Ci fu un momento di silenzio.
“ci andrò, tutto per salvarla.” Disse infine Jace. Tutto per salvarla.


Spero vi sia piaciuto. Vi chiedo di nuovo di controllare se ci sono errori e di avvertirmi per favore.
E vorrei ringriaziare per i commenti precedenti:
rosabie,
e aniasolary.

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Capitolo 7
*** Viaggio ***


Salve a tutti!! Sono tornata! (^o^)
Vorrei chiedervi scusa per avervi fatto aspettare... e anche ringraziarvi per non avermi abbandonato, oppure cercato di strangolarmi, picchiarmi, stordirmi per poi buttarmi dentro un fosso con delle fomiche rosse ecc...
Scherzi a parte, ecco il nuovo capitolo che ho scritto più velocemente che ho potuto!
Grazie per il sostegno che alcuni di voi mi hanno dato, e per chi soltanto segue pazientemente la mia ff.



                VIAGGIO


Era il tramonto, il sole calava sul laghetto dove si trovava l’ingresso per la Corte delle fate. L’ultima volta che era stato in quel posto, Jace era in compagnia di Clary, Isabelle e il vampiro quand’era ancora umano.
Ora era solo, secondo il volere della Regina. Si chiese che diavolo voleva quella fata da lui. Una cosa era certa, doveva stare attento, doveva farlo per lei.
Era rimasto per giorni al capezzale di Clary, aspettando che si stabilizzasse, e intanto gli altri facevano ricerche su ricerche per trovare una cura. In quei giorni persino l’attaccapanni era stato più utile di lui. Jace si diede dello stupido, ora si doveva concentrare, ora poteva essere utile a Clary, tutto stava nel vedere la regina.
La luna si alzò nel cielo, quello era il momento di entrare. Cominciò ad immergersi nell’acqua del lago, nuotando fino al riflesso della luna. Come gli aveva spiegato Isabelle, aprì l’accesso per il sotto suolo.
Fu esattamente come la prima volta, Jace si ritrovò all’ingresso della Corte completamente zuppo. I vestiti bagnati gli davano fastidio, ma non se ne preoccupò. Si guardò intorno, il posto non era cambiato molto dall’ultima volta. Rimase lì ad aspettare che lo venissero a prendere, perché loro sapevano che era arrivato.
Infatti dopo un po’ arrivò una fata maschio. Aveva capelli verdi e occhi rosa che lo guardavano torvi. Assomigliava molto a Melior, anzi era praticamente identico. Ma Jace non interessava, lo squadrò in modo distaccato, con superiorità.
“la mia signora ti sta aspettando Jace Herondale.” Disse con tono neutro.
“il mio nome è Jace Lightwood.” Disse trattenendo l’ostilità. Jace non capiva perché era così importante specificare a quella fata il suo nome. Ma doveva farlo.
La creatura, un cavaliere a giudicare dall’armatura tipica della Corte, lo condusse senza replicare alle stanze della regina. Lei c’era già lì, era esattamente come se la ricordava, una donna dai lunghi capelli rossi, occhi azzurri come schegge di vetro. Una donna splendida, ma molto pericolosa.
“mia Regina, ecco il Nephilim.” Disse la fata con un inchino.
La Regina sorrise “bene figlio mio, ora và” disse congedando il servitore, per poi girarsi verso Jace.
“mia signora” cominciò il ragazzo con tono cauto “come avete chiesto, sono venuto per chiedervi di persona l’antidoto per il Porfirio.”
Jace odiava parlare in modo così servizievole, ma doveva farlo se voleva l’antidoto.
La Regina si piegò in avanti “Jace Herondale, il Porfirio è un veleno di cui soltanto la Corte Seelie ne conosce la composizione e così è anche per l’antidoto.” La donna inclinò la testa di lato “quindi, se vuoi veramente sapere come neutralizzare il veleno, dovrai darmi una ragione valida.”
Jace avrebbe tanto voluto mettersi ad urlare per lo strazio. Cosa poteva dire alla Regina? Sapeva che a lei di Clary non importava niente, ma d'altronde la Regina era imprevedibile, avrebbe rifiutato o accettato la sua richiesta?
“Clarissa Morgenstern è stata avvelenata qualche giorno fa, l’antidoto è per lei.” Disse infine. Avrebbe fatto di tutto per convincere quella fata.
La Regina pensò alle parole del giovane “non è un motivo sufficiente.” Concluse.
Al ragazzo parve che il suo cuore perse un battito. “ma è stata Clary che vi ha salvato tutti da Valentine! Se non fosse stato per lei adesso voi sareste morti o in fuga.” Disse in preda all’agitazione. Poi si rese conto di quello che aveva appena detto, e aggiunse “mia signora, se non fosse stato per Clarissa tutti avremmo perso contro Valentine. Ha salvato la vita a tutti, non crede che dovremmo ricambiare il favore?”
La donna rimase in silenzio per un po’; così come i cortigiani che la circondavano.
Un sorriso incurvò le labbra della Regina “non sia mai che il popolo fatato non ricambi un favore” disse infine “ma, tu dovrai darmi qualcosa Jace Herondale.”
“mia signora perché vorrebbe qualcosa da me se ha acconsentito ad aiutare Clarissa?” chiese Jace confuso. Se la Regina voleva ricambiare un favore allora perché chiederne un altro? Si chiese il ragazzo.
“semplice, il Porfirio è un veleno letale perché nessuno a parte il popolo fatato ne conosce l’antidoto. Adesso, se ti rivelerò come curare Clarissa Morgenstern, tutti verranno a conoscenza di questo segreto.” Replicò la donna “e poi, noi abbiamo un debito solo con lei, e solo lei dovrebbe venire a conoscenza dell’antidoto.” Concluse.
Jace rimase un istante in silenzio “cosa volete da me?” chiese infine.
La Regina sorrise furba “il tuo sangue.”
“il mio sangue?” le fece eco Jace “perché?”
La fata si sporse in avanti “nelle tue vene scorre più sangue d’angelo di chiunque altro a parte Clarissa Morgenstern. È quello che ti rende diverso. Molti dei miei sudditi sono in grado di capire che potere realmente conferisce, ma non senza un campione con una traccia abbastanza evidente.” Disse scrollando le spalle.
“quindi dovrei darvi il mio sangue perché è più angelico di un normale Shadowhunters?” chiese Jace “e mi darete l’antidoto?”
“no.” Disse la fata.
“come no? Avete appena detto…” Jace venne interrotto con un cenno dalla Regina.
“io non ho detto che ti avrei dato l’antidoto, ma che ti avrei fatto sapere da cosa è composto. Sarai tu a doverlo cercare.” Disse con un sorriso dispiaciuto e così finto che anche un’idiota l’avrebbe capito da un miglio di distanza.
“allora il mio sangue per sapere da cosa è composto l’antidoto… e come prepararlo giusto?” chiese Jace sospettoso.
“certo.” Rispose melliflua.
Jace rimase qualche istante in silenzio, ponderando le parole della Regina.
“va bene, lo farò.” Disse infine.
 
Jace tornò all’istituto dopo qualche ora. Alec e Isabelle lo aspettavano all’entrata insieme a Magnus. Quando lo videro gli corsero incontro chiedendogli come era andata e se la Regina gli avesse dato l’antidoto, Jace spiegò tutto quello che era successo, tralasciando il fatto di aver dovuto dare un po’ del suo sangue per ottenere l’informazione.
Adesso sapevano come aiutare Clary.
La Regina aveva detto a Jace che l’unico rimedio al Porfirio era il fiore d’argento. Il problema era che il fiore cresceva soltanto nell’Isola Perditionis. Luogo dove vennero i primi demoni e quindi impregnato di energia demoniaca, che mutò il territorio e la vegetazione, così da renderlo un luogo pericoloso persino agli stessi demoni.
Ma i ragazzi erano decisi avrebbero preso il fiore e salvato Clary.
Jace parlò a lungo ai Lightwood a Luke e Jocelyn. Ma Jace sapeva che non avrebbero mai accettato. Così fece l’unica cosa che gli avrebbe permesso di partire con gli altri. Ovvero mentire.
Disse che la cura ce l’aveva una fata che si trovava alle Hawaii.
Così decisero che sarebbero partiti l’indomani: Jace, Alec e Magnus, Isabelle e il vampiro.
Jace prima di andare a dormire passò da Clary. Aveva bisogno di parlarle anche se non gli avrebbe risposto; raccontò tutto quello che era successo senza tralasciare un dettaglio. Quando finì di raccontare, il ragazzo le diede un bacio sulla mano e andò della sua stanza in silenzio. Appena si stese la stanchezza ebbe la meglio.
 
Nel sogno Jace si trovava alla piazza dell’angelo. Intorno a lui le persone ridevano, ballavano, si divertivano. Jace si guardò intorno, in pista stavano ballando Luke e Jocelyn, stupenda nel suo vestito da sposa. Vide Alec e Magnus appartati in un angolo, e Izzy con Simon che brindavano alla nuova coppia. Cercò ovunque, ma dell’unica persona che gli importava non c’era traccia.
Il ragazzo sconsolato andò fuori verso le gradinate, e lì la vide.
Clary. La ragazza era appoggiata ad una colonna e guardava il tramonto, il sole faceva risplendere il suo vestito di raso dorato da damigella, creando sui suoi capelli bellissimi giochi di luce. Il suo sguardo scrutava l’orizzonte. Sembrava in attesa.
“Clary” sussurrò Jace avvicinandosi.
La ragazza si voltò e appena lo vide sorrise “Jace…sei arrivato.”
Senza dire una parola il cacciatore si avvicinò a lei abbracciandola forte, cercando anche il minimo conforto da quel contatto. Le era mancata così tanto.
Clary passò le braccia dietro il suo collo, stringendolo di più a sé.
“Jace non andare.” Disse la ragazza.
“devo farlo, altrimenti morirai.” Replicò Jace sciogliendo l’abbraccio, ma tenendo Clary vicina.
Lo sguardo di lei si incupì “se vai rischi di morire, e io non posso sopportarlo. Non posso vederti rischiare le vita solo per salvarmi.” Disse accarezzandogli il viso.
“solo per salvarti?” chiese incredulo “Clary io senza di te non posso vivere…tu non…” si fermò, cercando le parole giuste. Prese la sua mano nella propria “tu non puoi dare così poca importanza alla tua vita. Pensa a tutte le persone che ti vogliono bene: tua madre, Luke, Simon…” sussurrò lui.
“se ne faranno una ragione, prima o poi, e anche tu.” Disse decisa.
“no mai. Io non potrò mai farmene una ragione, non se non avessi fatto tutto il possibile  per salvarti.” Replicò ugualmente deciso.
Clary sospirò “quando decidi di fare qualcosa, nessuno riesce a fermarti, vero?” disse rassegnata riprendendo ad accarezzarlo.
Jace sorrise “ormai mi conosci troppo bene.” Disse dolce.
Il ragazzo si chinò facendo combaciare le labbra con quelle di lei.
Si baciarono dolcemente, con delicatezza e attenzione.
L’indomani lui sarebbe partito per l’Isola Perditionis.
Il ragazzo si chiese se ce l’avrebbe fatta in questo nuovo viaggio.



F Ecco il nuovo capitolo! Che ne pensate??
Vorrei, che come al solito, se trovate qualche errore me lo facciate sapere. Grazie
(^.^)
E inoltre vorrei ringraziare:
aniasolary,
rosabie,
Iloveworld,
irly18,
_camilla_.
Grazie per avermi sostenuto
(^.^) 
By AnGeL_DrEaMeR_95

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Capitolo 8
*** Il tragitto ***


Ciao a tutti! XD Sono tornata con un nuovo capitolo! Lo so sono in ritardo mostruoso (_ _) e mi dispiace, ma con la scuola non ho avuto proprio tempo per scrivere. Comunque godetevi il capitolo e, come sempre, se trovate qualche errore o avete delle lamentele vi prego di dirmelo. Buona lettura!  
Ah! Quasi dimenticavo. Per chi non lo sa, è stato pubblicato un nuovo capitolo il 2/09/2011 e subito dopo cancellato quello di cui mi sono servita come "AVVISO".
Questo è quanto, come ho già detto, buona lettura! 




                            IL TRAGITTO
               
Jace si alzò di mala voglia dal letto. Nel sogno Clary mi aveva chiesto di non andare. Pensò. Era preoccupata per lui, ma Jace non si voleva arrendere, l’avrebbe salvata a qualunque costo. La mattina la passò con gli altri organizzando il viaggio per raggiungere l’Isola, che sarebbe durato un giorno e una notte.
Avrebbero preso una nave su cui Magnus avrebbe fatto un incantesimo per poter attraversare la barriera, che secoli fa fu eretta intorno all’Isola.
L’incantesimo fu applicato per impedire ai Mondani di sbarcare sul luogo, la magia era molto simile a quella che circondava Idris, e non avrebbe creato molti problemi al Sommo stregone di Brooklyn.
Sarebbero partiti quel pomeriggio, dopo pranzo.
Appena finito di organizzare tutto, ognuno andò alla propria stanza per preparansi.
Jace prese un borsone e cominciò a metterci vestiti e armi. Il ragazzo era più teso di quel che dava a vedere. Aveva paura di non riuscire ad arrivare in tempo o di fallire nel recuperare il fiore d’argento. E se fosse successo Clary sarebbe morta.
Appena finito di riempire il borsone, corse verso l’infermeria. Si sedette accanto a lei, e si prese la testa tra le mani. Aveva bisogno di parlarle, di confidarsi con lei.
“Clary, sta succedendo tutto così in fretta. Ti ho persa da un giorno all’altro. Non ho saputo proteggerti. Mi dispiace. È stata tutta colpa mia.” sussurrò il ragazzo. Come faceva sempre, prese la sua mano, e la strinse “è stata tutta colpa mia.” ripeté. La piccola mano di Clary strinse leggermente quella di Jace.
Il ragazzo stupito alzò lo sguardo sul viso di lei, la cacciatrice sorrideva debolmente come a voler dire: no, non è colpa tua.
Dopo un momento di silenzio, le labbra di Jace si alzarono lievemente.
Quel tenue sorriso sulle labbra di Clary, chissà come, lo aveva risollevato. La sua Clary ha sempre creduto in lui e non l’avrebbe delusa.
“grazie.” sussurrò il cacciatore.
 
Finalmente dopo pranzo, Jace, Alec e Isabelle raggiunsero il porto. Lì ad aspettarli c’erano già Simon e Magnus.
“l’incantesimo lo attiverò quando saremo nelle vicinanze dell’Isola.” disse Magnus quando si furono avvicinati.
“perfetto. Hai con te il necessario per altri incantesimi?” chiese Alec.
“naturale, per chi mi hai preso? Così mi offendi Alexander.” disse Magnus con un sospiro teatrale. Alec arrossì, e salì a bordo borbottando qualcosa, seguito da una Izzy sogghignante e dal vampiro.
Anche Magnus si incamminò, seguito da Jace.
Appena furono tutti a bordo la nave salpò, era controllata da una magia che le permetteva di navigare da sola senza bisogno di un capitano.
Era abbastanza grande, più o meno delle dimensioni della nave di Valentine, ma più accogliente. I corridoi e le stanze erano decorati in stile orientale. A Jace non piaceva la stanza che gli aveva dato Magnus, era piena di cianfrusaglie. Il ragazzo non aveva mai provato un particolare interesse nel riempire una stanza di ornamenti inutili. Infatti nella propria camera da letto c’era sempre e solo il necessario per viverci, ma niente di più.
Dopo aver posato il borsone, Jace andò a fare un giro.
Arrivò fino al ponte senza incontrare nessuno, ma appena si appoggiò alla ringhiera sentì una voce familiare “ti ho trovato! Jace Lightwood smettila di isolarti, è un avvertimento.”
“cosa vuoi Izzy?” disse con voce irritata. La sorella era a qualche metro da lui, la mani posate sui fianchi, e un’espressione davvero… frustrata?
“ti cercavo se non l’avessi capito… Jace ora basta!” disse con voce stavolta arrabbiata, in un momento fu accanto a lui. Prima che potesse anche solo parlare, lei lo colpì alla testa  con uno schiaffo ripetendo “basta!”
“ahi” si lamentò “ma che ti prende? Sei impazzita?” chiese massaggiandosi la testa dolorante.
“no, se non l’hai ancora capito sono arrabbiata.” disse lei incrociando le braccia ed espirando.
Jace sospirò “va bene, lui le chiede -perché sei arrabbiata?-”
“per colpa tua.” disse alzando la voce. E prima non aveva mica sussurrato. Jace rimase allibito “colpa mia? Cosa ho fatto?”
“niente. È questo il punto non hai fatto niente.” Urlò Isabelle.
“abbassa la voce, vorrei tenermelo l’udito.” disse con voce di ghiaccio.
“Jace” disse Izzy cercando di calmarsi e addolcendo il tono “so che è stato brutto vedere Clary in quello stato, credimi lo è stato per tutti, ma devi reagire. Per tutto il tempo non hai fatto altro che rimanerle accanto senza fare niente e… non voglio che tu rimanga distante, come hai fatto in questi giorni, come se non ci fossi davvero. Ti rivogliamo con noi, anche in questo momento difficile.” Isabelle finì di parlare e aspettò che Jace dicesse qualcosa.
Lui sorrise debolmente “da quando sei così smielata Izzy non è da te.”
“bhe da quando Max non c’è più sto cercando di sviluppare il mio stupido lato sentimentale.” disse noncurante “sai penso di non aver dimostrato davvero a Max quanto gli ho voluto bene, e quanto gliene voglio ancora. E ho paura di non esserci riuscita neanche con voi. E ho pensato: e se succede qualcosa all’improvviso? E se succede la stessa cosa che è successa a Max?” la ragazza abbassò lo sguardo.
“Isabelle…” cominciò Jace, ma venne interrotto da un pugno alla spalla. “la vuoi smettere di colpirmi!” scattò lui massaggiandosi il punto colpito dalla ragazza, che sorrise “e non fare quella faccia da idiota! Non sono mica una bambina che ha bisogno di coccole.” esclamò mettendo le mani sui fianchi.
Jace sorrise alla sorella adottiva “grazie mia esasperante Izzy.”
La ragazza sorrise e lo guardò in attesa.
Jace, capendo cosa voleva, disse “cercherò di essere più presente, anche se è un momento difficile. Riusciremo a salvare Clary insieme.”
“insieme.” disse lei “e guarda che non sei l’unico che si preoccupa per lei Jace. Tutti quanti la vogliono salvare.”
“ah davvero?” disse il ragazzo con un sorrisetto.
“certo.” disse Isabelle mandandogli un’occhiataccia “perché altrimenti ti avremmo permesso di mentire ai nostri genitori sulla nostra destinazione, e stiamo rischiando la vita per cercare uno stupido fiore in una stupidissima isola demoniaca.”
E con questo si ritirò, lasciando Jace da solo.
Dopo qualche minuto anche il ragazzo si ritirò nella propria cabina.
All’ora di cena si riunirono per mangiare e parlare dell’Isola.
Mangiarono chiacchierando, parlando del più e del meno, come se il giorno dopo non dovessero intraprendere un viaggio a rischio della vita. Persino Jace si sentiva più leggero e parlava normalmente, facendo qualche battuta sarcastica e molto saccente come faceva di solito.
Ma quella leggerezza finì presto. Infatti appena saziati Magnus prese l’argomento.
“domani quando sbarcheremo dovremmo stare attenti da subito.” disse, e a quelle parole tutti tornarono seri.
“che cosa troveremo sull’Isola… ehm… Perditon?” chiese Simon.
“vuoi dire Perditionis, Simon?” disse Isabelle in tono saccente.
“si, quello che è” replicò il vampiro con fare noncurante. Ma si vedeva, o almeno Jace lo vedeva, l’imbarazzo. Il ragazzo sorrise “imbarazzato di essere stato corretto da Isabelle vampiro?” chiese provocatorio.
“non…” cominciò Simon, ma fu interrotto da un Magnus scocciato.
“rispondendo alla domanda di Simon” disse “nessuno sa di preciso cosa si trovi sull’Isola, il territorio è abbastanza limitato. La costa di per sé è tranquilla, e dall’esterno sembra un’isola come un’altra, il pericolo sta all’interno. La flora e la fauna sono state contaminate dall’energia demoniaca dei primi demoni che vennero nella nostra dimensione.”
“aspetta anche gli animali?” chiese Alec stupito.
“si anche gli animali vennero contaminati, e mutarono il loro aspetto, diventando creature simili ai demoni. Ma direi che saranno più gestibili di un normale demone. Quando arriveremo, sbarcheremo sulla spiaggia, e da lì ci inoltreremo nella foresta.”
“Magnus tu sai dove si trova il fiore d’argento?” domandò Isabelle.
“le leggende dicono che cresce all’interno di un intrico di grotte situate nel cuore della foresta” rispose lo stregone.
“certo poteva crescere in un luogo più sicuro questo fiore. Ma no! Proprio nel mezzo di una foresta infestata da presenze demoniache e all’interno di una grotta dove probabilmente ci aspetterà chissà quale sorpresa” si lamentò il vampiro.
“se l’antidoto fosse accessibile a tutti, pensi che le fate ci avrebbero detto dove l’avremmo trovato Simon?” ribatté Jace.
Simon disse “no, effettivamente no.”
Magnus guardò l’ora “bhe è tardi. Domani probabilmente rischieremo la vita più e più volte, perciò vi consiglio di andare a riposare.”
E si ritirò nelle sue stanze, seguito dopo qualche secondo da Alec.
“vado anche io. Altrimenti domani sarò troppo assonnato per essere di qualche utilità” disse Simon. Jace si trattenne dal commentare, e andò nella sua stanza.
Disteso nel letto pian piano scivolò nel sonno.    
     
Jace sapeva di stare sognando. Era ad Alicante, questa volta si trovava alla collina della Guardia, da lì si vedeva tutta la capitale. All’orizzonte il sole stava scomparendo sulle acque del lago Lyn, e il cielo si stava lentamente  tingendo da un tenue colore rosato ad un blu cobalto. I riflessi degli ultimi raggi del sole facevano risplendere le torri anti-demone.
Era uno spettacolo davvero bellissimo.
Sentì qualcuno avvicinarsi, si voltò lentamente e vide Clary. La ragazza indossava un vestitino bianco che svolazzava al vento. I capelli sciolti le ricadevano sulle spalle in morbidi boccoli. Tra le mani, notò Jace, aveva lo Stilo che lui stesso le aveva regalato.
Anche lei era davvero bellissima.
Clary gli sorrideva, lui si avvicinò e l’abbracciò con trasporto.
“perché, ogni volta, ci incontriamo sempre ad Alicante?” chiese non per curiosità, ma tanto per rompere il silenzio.
Clary alzò le spalle “Alicante è così bella e pacifica. Avresti preferito un altro posto in particolare? Non credevo fosse importante.” rispose lei.
“infatti non lo è. Ero solo curioso” disse Jace.
Si sedettero l’uno accanto all’altra ancora stretti.
“alla fine hai deciso di partire” disse Clary.
“lo sapevi che l’avrei fatto comunque” replicò lui. La ragazza si voltò verso di lui e lo guardò negli occhi “perché hai mentito ai Lightwood e a Luke e Jocelyn?” chiese.
“non mi avrebbero permesso di partire se gli avessi detto dov’era l’antidoto” rispose Jace “non ti permetterò di andartene senza prima aver lottato con tutte le mie forze.”
Clary sospirò “se sei così sicuro allora permettimi di aiutarti” disse “dammi il braccio destro.”
Il ragazzo alzò un sopracciglio, ma non replicò e gli porse il braccio.
La ragazza lo prese delicatamente tra le piccole mani, e appoggiò lo Stilo sulla pelle.
Jace sentì il bruciore familiare mentre Clary tracciava il marchio. Quando finì gli lasciò il braccio, Jace lo guardò. Ora c’era un intrico di linee nere che gli segnavano la pelle.
“cosa fa?” chiese incuriosito.
“ti proteggerà dai pericoli che troverai sull’IsolaPerditionis” disse con sicurezza la ragazza. Jace non replicò, fissava ancora il marchio. Di colpo si accorse che la luce stava ormai sparendo. Guardò il cielo, ora di un colore blu con sfumature violette.
“è arrivata l’ora blu” disse Clary. La ragazza una volta gliene aveva parlato, dicendo che era quel momento, poco prima che cali completamente il buio, in cui il cielo diventa di un colore blu brillante.
Jace strinse la ragazza di più a sé “mi manchi” sussurrò piano.
Clary sorrise dolcemente “ci sono sempre, sono sempre con te Jace.”
Lui la guardò negli occhi, e le scostò delicatamente una ciocca di capelli.
“lo so. Ma ti voglio con me in carne ed ossa. Ho bisogno di parlare con te, di scherzare con te e baciarti e abbracciarti, non in sogno, ma nella vita reale.” fece una pausa e poi disse “ho bisogno di te.”
Clary gli accarezzò la guancia “anche io ho bisogno di te” disse “non avrei mai voluto separarmi da te, ma non voglio che tu rischi la vita, non voglio che tu…” Clary non riuscì a finire.
Jace la strinse a sé forte, e delicatamente posò le labbra sulle sue. Clary chiuse gli occhi, e si premette più che poté contro di lui. E il bacio da delicato divenne passionale. Jace seppellì le proprie mani nei capelli di lei, mentre le braccia di Clary gli circondarono il collo. Dopo un po’ interruppero il bacio per respirare, ma rimasero comunque vicini.
“non succederà” sussurrò Jace “non mi succederà niente se quello che faccio è per te. Quindi aspettami, perché tornerò.”
Clary sorrise “ti aspetterò, sai che lo farò.”
E con questo le loro labbra si incontrarono di nuovo.
Rimasero lì su quella collina a baciarsi, distesi l’uno di fronte all’altra, finché il sogno del ragazzo finì.
 

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Capitolo 9
*** L'Isola ***


Salve a tutti! (^.^) rieccomi con un nuovo capitolo...
Lo so vi ho fatto aspettare, ma con la scuola il tempo per scrivere è poco. Inoltre scrivere "questo" capitolo è stato un parto.
Comunque godetevelo! Un bacio.
Ah giusto! Per farmi perdonare a breve pubblicherò una One-shot JacexClary spero vi piaccia.
E ora a leggere!



L'ISOLA


La mattina dopo Jace e gli altri erano già vicini all’ubicazione dell’Isola Perditionis. Mancava poco allo sbarco. Mentre gli altri si preparavano raccogliendo le proprie armi, o ripristinando le energie magiche, Jace andò sul ponte per scrutare l’orizzonte. L’Isola era appena una macchia verde scuro un po' sopra il livello del mare. Vista da lontano sembrava un posto come un altro, ma chissà quanta gente è morta sbarcandoci per caso. O meglio per fatalità.
Jace stava ancora osservando quando sentì qualcuno alle sue spalle. Non aveva bisogno di girarsi per capire chi era. Per l’angelo ma è mai possibile che nessuno vuole lasciarmi per i fatti miei! Pensò il ragazzo.
“Cosa vuoi vampiro?” chiese.
Sentì uno sbuffo “Mi chiamerai mai con il mio nome?” rispose Simon.
“Ripeto, cosa vuoi?”
“Solo parlare, prima di andare in quella che potrebbe essere la nostra tomba.” disse il vampiro.
“non ho la voglia ne la pazienza di mettermi a parlare con te.” replicò Jace brusco.
Un altro sospiro “A volte non riesco proprio a capire come Clary si sia innamorata di te.” Jace a quel punto si voltò, pronto per una battuta delle sue. Ma Simon lo precedette “Senti Jace in questa storia ci siamo dentro tutti. Non sei l’unico che la vuole aiutare. Qui tutti stiamo rischiando la vita, e NON SOLO TU.”
“Ascoltami bene vampiro” disse Jace scandendo bene l’ultima parola “se mi volevi parlare del dolore, della sofferenza e della rabbia per aver quasi perso Clary, sei arrivato tardi. Isabelle ti ha preceduto di un bel po’. Quello che tutti voi non capite è semplice. Si sono addolorato, si soffro e si sono arrabbiato. Ma il motivo per cui mi comporto così è un altro.”
Il motivo per cui mi comporto così. Pensò Jace.È che l’ho promesso a Clary, le ho promesso che l’avrei salvata. Le ho fatto una promessa che non sono sicuro di riuscire a  mantenere.
Per un secondo ci fu un silenzio carico di tensione. Che venne interrotto da una Isabelle eccitata “Siamo arrivati ragazzi!”
La ragazza guardò prima Jace e poi Simon “scusate l’interruzione” disse tranquillamente “noi siamo tutti pronti per andare, voi due avete altro da fare?”
“Mi ero già preparato prima Izzy.” rispose Jace. Mentre il vampiro le fece ricordare che non aveva bisogno d’armi. D'altronde aveva il marchio di Caino. Niente poteva ferirlo.
 
Finalmente, dopo circa un’ora, sbarcarono sull’Isola. Il gruppo si fermò sulla spiaggia, giusto il tempo di fare un riepilogo della situazione.
L’Isola era di per sé molto piccola. Per raggiungere le grotte, attraversando a piedi la foresta, ci sarebbero voluti due giorni di marcia, se non avessero incontrato grossi ostacoli (cosa naturalmente impossibile). Delle grotte non si sapeva molto. La maggior parte delle persone non sopravviveva abbastanza a lungo per vederle.
Cosa molto confortante.
“Bene tutto chiaro?” chiese Magnus, guardando i compagni.
Tutti annuirono.
“Bene.” concluse lo stregone.
“Andiamo.” disse Jace.
Il gruppo si inoltrò nel bosco a passo spedito. Già da subito Jace notò che c’era qualcosa che non andava.
“Che silenzio.” commentò il vampiro.
Ed era vero. Solitamente nei boschi si dovrebbero sentire i suoni della natura, i rumori degli animali o anche del vento tra i rami. Ma lì non si sentiva assolutamente niente. Gli unici suoni erano i passi dei ragazzi sul terreno.
“È inquietante.” disse Isabelle.
“Molto.” concordò Alec.
Quel silenzio dava a Jace l’impressione di essere un intruso. Era come se la foresta li riconoscesse come esterni, e si stesse preparando a scacciarli con qualsiasi mezzo.
Dopo un po’ si sentì un ruggito che fece tremare la terra. Era un rumore familiare a tutti i cacciatori con una certa esperienza. Il ruggito di un demone.
Un secondo dopo se ne sentì un altro, e un altro. Era un branco.
Jace avvertì un movimento tra le foglie alla destra del gruppo.
“Sono lì!” gridò il ragazzo.
E in quel momento, come se non aspettassero altro che quel avvertimento, dalla vegetazione uscirono una decina o più di demoni. Che si avventarono sui ragazzi.
Tutti i cacciatori uscirono le proprie armi, mettendosi in posizione d’attacco.
Quando la prima creatura si avvicinò abbastanza, Jace la colpi violentemente alla schiena, uccidendola su colpo. Originariamente quell’essere doveva essere un lupo, prima di essere infettato dall’energia demoniaca. Aveva, infatti, la forma di quell’animale, ma le dimensioni erano raddoppiate se non triplicate. Il pelo era ispido e  di uno strano nero-verdognolo, artigli e zanne erano grandi e affilati. Gli occhi erano completamente gialli, senza pupilla. Dalla bocca e dalla ferita usciva del sangue nero.
Jace si voltò dall’altra parte, sia per disgusto sia per affrontare il prossimo di quei mostri. Gli altri se la stavano cavando bene. Jace vide il suo Parabatai uccidere una di quelle belve e affrontare la prossima. Ma Alec non aveva visto il mostro che lo stava per attaccare da dietro. E gli altri erano troppo occupati per vederlo. Il battito di Jace accelerò, velocemente finì in un colpo quello che era stato un lupo, e si fiondò da Alec spingendolo proprio quando il mostro gli stava per staccare la testa.
Caddero entrambi a terra. Subito si rialzarono, e Alec dopo aver visto il lupo, che si era avventato dove un secondo fa c’era lui, sussurrò un ‘grazie’. E insieme ritornarono nella mischia. Intanto Isabelle aveva ucciso ben tre belve con la sua frusta, e se la stava vedendo con la quarta. Anche Magnus e Simon si davano un bel da fare. E i demoni/lupi  contro cui combattevano morivano, o colpiti da un fuoco magico, o con la gola recisa.
Dopo qualche minuto la battaglia si era conclusa, sul terreno i corpi ancora sanguinanti delle belve.
Il gruppo si riposò cinque minuti. Nessuno si era ferito durante lo scontro, solo qualche graffio. Ricominciarono il cammino. E per un po’ non incontrarono nessun ostacolo.
Man a mano che procedevano, il bosco si faceva più fitto, tanto che il sole non filtrava dalle fronde. Anche il colore delle piante cominciava a cambiare. Da verde brillante, le foglie erano diventate di un insano marrone marcio. I fiori avevano uno strano colore  grigio spento, come se qualcosa avesse risucchiato i colori originali.
La vegetazione sembrava malata, come malata di cancro, ma non era morta, ne aveva solamente l’aspetto. Anzi c’era un che di vivo nelle piante, come se rami e radici di colpo potessero prendere vita e cominciassero a stritolare gli intrusi.
Anche la terra aveva uno strano colorito, il terreno era biancastro e in alcuni punto nero-viola, come dei lividi.
Il luogo era ripiombato nel silenzio, un silenzio minaccioso e carico di ostilità.
Ad un certo punto Jace sentì l’urlo di Isabelle. Tutti si girarono.
La ragazza era su una delle macchie di terra livida, i piedi della cacciatrice erano affondati nel terreno.
Isabelle stava affondando.
“Aiuto! Qualcosa mi sta tirando!” gridò.
Il gruppo la accerchiò, mentre Jace e Alec la tiravano per le braccia e il vampiro per le gambe, Magnus lanciò un incantesimo al terreno.
La cosa che tirava giù Isabelle mollò la presa, e la ragazza venne sbalzata fuori di botto.
“Grazie.” sussurrò dopo essersi ricomposta.
Simon si avvicino al pezzo di terra che stava quasi per inghiottire Izzy.
“Ma che diamine era?” chiese.
Jace con aria pensosa prese un sasso e lo lanciò in uno di quei punti nero-viola. Per un secondo non successe niente.
Poi degli orribili viticci rosso sangue spuntarono dal terreno, afferrarono il sasso e in un secondo lo trascinarono sotto terra, dopo un secondo si sentì un lamento che sembrava venire dalle piante. Un momento dopo il sasso schizzò fuori, in piccoli frammenti di pietra sbriciolata.
I ragazzi restarono in silenzio per un secondo.
“Bene i punti lividi nel terreno solo da evitare. A meno che qualcuno non abbia voglia di diventare spezzatino per piante.” disse Jace.
Ripartirono stando molto attenti a dove mettevano i piedi.
La mattinata passò molto lentamente.
A mezzo giorno si fermarono a riposarsi e mangiare. Non era passato neanche un giorno ed erano già esausti coi nervi a fior di pelle. Ma almeno il pranzo lo passarono senza brutte sorprese. Si avviarono dopo aver riposato un po’.
Ad un certo punto del cammino, cominciarono a sentire i rumori degli animali.
E li videro.
Cosa strana visto che da quando erano arrivati avevano incrociato solo i demoni/lupi. Non avevano visto neanche insetti.
Mentre camminavano gli tagliò la strada un cinghiale, o almeno doveva esserlo stato. Aveva il manto, normalmente marroncino, verde acido. Dalla bocca spuntavano delle zanne che potevano benissimo fare a gara con quelle delle tigri dai denti a sciabola.
I cacciatori si prepararono a combattere, estrassero le armi e attesero.
Ma l’animale non li attaccò. Li guardò incuriosito, e continuò a camminare per la sua strada.
Izzy corrugò la fronte “Perché non ci ha attaccati?” chiese confusa.
“Bé so che i cinghiali sono solitamente mansueti. Ma questi demoni/cinghiali?” parlò Magnus “Può darsi che certi comportamenti, l’aura demoniaca non sia riuscita a cambiarli.” disse pensieroso.
“Speriamo. Mi sono stufato di stare sempre con la guardia alzata, aspettando di essere attaccato anche dalle piante.” borbottò Alec.
Continuando a camminare, cominciarono a vedere nella penombra altri animali che semplicemente li ignorarono. Videro delle falene, che sembravano una combinazione di una farfalla e una vespa, con ali dai contorni frastagliati e un pungiglione all’estremità del corpo. Passò accanto a loro una vipera dalle squame viola, con una coda che sembrava una mazza chiodata.
Intanto la marcia continuava, e pian piano la poca luce che filtrava dalle cime degli alberi cominciò a diminuire. Stava calando la sera.
Jace guardò in alto “Penso sia meglio accamparci, continueremo domani il cammino.” disse agli altri. Tutti concordarono.
“Meglio trovare un posto coperto.” consigliò Alec guardandosi intorno “Lì.” disse.
Dove indicava Alec c’era una piccola grotta, che affondava in un cumulo di gocce. Sulla cima della caverna si trovava un grosso albero, le cui radici affondavano nel terreno e facevano da pareti alla grotta.
“Mi sembra di essere tornata all’età della pietra. Dormire in una caverna.” disse Isabelle polemica.
Jace sbuffò guadagnandosi un’occhiataccia dalla sorella adottiva.
“Non mi guardare così. Dove pensi che dovremmo accamparci? Nell’albergo che non c’è?” ironizzò Jace.
Izzy borbottò qualcosa avviandosi nella grotta.
In quindici minuti erano tutti all’interno, intorno ad un falò che decidevano i turni di guardia.
Il primo toccò a Simon.
E mentre gli altri riposavano, non si accorse delle radici dell’albero che si protendevano lentamente verso i suoi compagni.   



*Parte la musica da soap opera* 
Cosa succederà ai ragazzi? Lo scoprirete nella prossima puntata con Angel_Dreamer_95. xD
Allora? Spero vi sia piaciuto! Come al solito le recensioni sono sempre ben accolte. Se notate errori avvertitemi per favore (^.^) Grazie! 


    


 
 

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Capitolo 10
*** Ostacoli ***


Salve a tutti!
Si lo so sono davvero in ritardo e mi dispiace
(_ _) chiedo perdono!
Comunque ci è voluto un bel po' per scrivere questo capitolo. Neanche per le vacanze di natale ho avuto un po' di tempo.

Ma ora sono qui! Godetevi il capitolo (^-^)

Alla prossima! Un bacio a tutti!





                      OSTACOLI

Quando il turno di Simon terminò, il vampiro si girò verso Alec per svegliarlo.
“Alec” disse avvicinandosi “avanti Alec è il tuo turno.”
Il cacciatore non rispose. Simon corrugò la fronte. Si avvicinò e lo scosse. Ritrasse subito la mano, ora coperta di una sostanza appiccicaticcia verde.
“Ma che diavolo?”
Si girò verso gli altri e anche loro erano coperti da quella sostanza gelatinosa verde. In particolare Isabelle, ne era piene fin nei capelli.
“Ragazzi sveglia!” gridò ma nessuno dei suoi amici reagì.
Simon scattò in piedi, prese Alec per le spalle e cercò di trascinarlo fuori dalla grotta.
Appena lo spostò il vampiro vide delle radici, che stavano lentamente avvinghiando l’amico. Con un movimento della mano le recise. E lo trasportò fuori.
Ci volle un po’, ma riuscì a farlo pure con gli altri.
Li dispose uno accanto all’altro. Cominciò a scuoterli, a parlargli. Ma niente non si svegliavano.
Simon non sapeva cosa fare. E se rimanessero così per sempre?
Si guardò intorno in cerca di un’idea. Si trovava in una piccola radura fuori dalla grotta, li vicino c’era una piccola polla d’acqua. Il giovane vampiro si accorse che le mani,  coperte da quella sostanza verde, stavano diventando insensibili. Nel panico cercò di muovere le dita, ma non ci riusciva. Simon si avvicinò alla polla e immerse le mani nell’acqua. Quando le estrasse, notò che la sostanza verde si era sciolta e stava scivolando via dalle mani bianche. Riuscì a muovere le dita quasi subito.
Gli venne un’idea.
Raccolse un po’ d’acqua in una bottiglia e ritornò dai ragazzi. La gettò su di loro senza tante cerimonie.
In un secondo tutti si svegliarono.
“Ma che diavolo ti è saltato in mente Simon?” urlò Isabelle furiosa, vedendo il ragazzo con il contenitore in mano.
“Vampiro spero tu abbia una spiegazione per questo” disse Jace più che altro scocciato.
“Che cosa è questa roba verde!?” chiese Alec disgustato.
“Le radici nella grotta, dove stavamo dormendo, vi avevano avvelenato con quella sostanza. Ho notato che l’acqua aveva sciolto la gelatina, che mi era finita nelle mani quando vi ho trascinato via. Quindi ho pensato…” Simon spiegò.
“Hai pensato di svegliarci buttandoci l’acqua addosso” finì Magnus.
Simon annuì.
“Bhe grazie Simon. Ci hai proprio salv… Uh?” Alec si fermò di colpo.
“Cosa c’è Alec?” chiese Jace guardandosi intorno.
Ma il cacciatore stava guardando la sorella. “Izzy? Ma hai…”
“Cosa? Perché mi guardi così Alec?” chiese corrugando la fronte.
Ora la stavano guardando tutti in silenzio.
Dopo qualche secondo la radura si riempì di risate.
“Cosa? Che avete da ridere?” chiese la cacciatrice irritata.
“Iz i tuoi capelli…” riuscì a dire Jace tra le risa.
La ragazza corrugando la fronte, si avvicinò alla polla d’acqua.
Non appena vide il suo riflesso, cacciò un urlo.
“HO I CAPELLI VERDI!!”
“Avanti Isabelle non sono così male” disse Magnus trattenendo le risate.
“Ma sei stupido o daltonico? Ho i capelli verdi!” disse Izzy nel pieno di una crisi isterica.
“Andiamo non è il peggio che ti possa capitare” cercò di consolarla Alec.
“Alec ho i capelli verdi! Cosa potrebbe essere peggio?” disse a voce più alta.
“Mmm vediamo avere capelli fantastici, ma venire uccisa da una pianta assassina?”
Isabelle mandò un’occhiataccia a Jace, che ancora sorrideva.
“Non è divertente Jace” sibilò.
“Si che lo è” disse Simon ridacchiando.
“Basta ridere! Magnus non puoi fare qualcosa per questi?” chiese indicandosi la testa.
“Si ma non mi sembra il momento adatto. Siamo su un’isola in cui persino le piante ci vogliono morti, non posso sprecare energie per questo. E poi…” continuò Magnus “il colore ritornerà normale in un giorno, due al massimo.”
“Ormai che siamo tutti svegli conviene muoversi” disse Alec, interrompendo le lamentele di Isabelle.
“Sono d’accordo, ormai il sonno è passato a tutti, inutile tentare di accamparsi ancora.” disse Jace.
“Avanti allora raccogliete le vostre cose ed andiamo” disse lo stregone.

Dopo aver raccolto tutto quello che avevano portato, il gruppo si incamminò.
Di notte il bosco era più strano che di giorno. Alcuni alberi avevano la corteccia, i rami e persino le foglie fosforescenti. Ma emanavano una strana luce violacea.
“Ma una pianta normale non c’è neanche a pagarla” disse Simon guardando delle piante che avevano delle foglie nere striate di rosso, e dei rami grigi.
Jace alzò gli occhi al cielo. Non era in vena di battute così penose.
“Se le piante fossero normali, forse qualcuno sarebbe uscito vivo da questa maledetta isola” replicò Alec.
“Molto incoraggiante Alexander” disse Magnus.
Improvvisamente i nervi di Jace si tesero.
“Silenzio. Avete sentito?” li zittì Jace.
“È…” cominciò Isabelle. Ma Jace la interruppe, facendole segno di fare silenzio.
Intorno al gruppo si sentiva un ronzio. No, tanti insieme a creare un solo, unico, rumore più forte.
“Magnus dimmi che ti sei portato dello spray ammazzainsetti” disse Simon.
“Spiacente ma non vendono spray per insetti demoniaci” rispose Magnus.
Il ronzio si era fatto assordante. I ragazzi si misero uno accanto all’altro, formando un piccolo cerchio. Attesero.
Ed eccolo. Uno sciame di insetti, che si avvicinava a loro come fumo nero.
Gli insetti erano così ammassati tra loro, che non si capiva come fossero fatti. Si vedeva soltanto un mare di punti neri con ali, zampe… e pungiglioni.
“Come li uccidiamo quei cosi!?” disse Alec.
“Stringetevi a me subito!” esclamò Magnus.
Tutti accerchiarono lo stregone, dalle cui dita cominciarono a partire scintille blu.
Il nugolo attaccò. Ma prima di colpire, il gruppo si ritrovò avvolto da uno schermo protettivo. Quest’ultimo mandò una scarica elettrica tutto intorno.
Dopo qualche secondo tutti gli insetti erano a terra.
I ragazzi si separarono sollevati
“Niente male. Ma perché non l’hai fatto anche con le altre creature?” chiese Jace, cercando di non lasciar trapelare lo stupore.
“Anche se sono molto potente, non ho una riserva infinita di energia” replicò Magnus “e ci serve per quando saremo messi davvero male.”
“Non c’è bisogno di polemizzare” disse il ragazzo alzando le mani in segno di resa.
“Comunque dovremmo essere vicini alle montagne. Presto saremmo alle grotte” concluse lo stregone.
Jace sentì un piccolo schianto, si voltò e vide che Alec era scivolato su i resti degli insetti.
“Alec!” esclamò Isabelle.
Nella caduta Alec si era punto con i pungiglioni degli insetti.
I pungiglioni velenosi.
Non ci furono bisogno di parole. Jace velocemente tirò su Alec imprecando, mentre Simon e Izzy si spostavano verso una roccia dove farlo stendere. Intanto Magnus cominciava a tessere l’incantesimo.
“Date un bel da fare Shadowhunters.”

“Be’ Alec poteva andarti peggio” osservò Jace ancora sorridendo “potevi essere morto. Sei stato fortunato che Magnus sia riuscito a curanti senza troppi effetti collaterali.”
“Sembro un ghepardo” si lamentò il fratello.
“Avanti, non è permanente. È questione di ore” disse Jace. Ormai aveva finito la pazienza. Dopo che Alec si era fatto avvelenare, avevano dovuto lavorare in fretta. E ora, nei punti in cui era stato colpito (braccia, schiena, e collo), si erano formate delle chiazze rosse molto simili a quelle di un ghepardo.
Mentre gli altri facevano un’ultima pausa, prima di passare alla parte d’isola dove si trovavano le montagne, Jace si doveva sopportare la depressione del suo Parabatai.
“Sono ridicolo” si lamentò ancora.
Jace sbuffò, aveva perso l’ultimo grammo di pazienza. Prese Alec per le spalle e lo scosse. “Alec basta fare il bambino. Non stiamo giocando. Siamo qui per un motivo”
Il ragazzo balbetto “Ma… ma…”
“Niente ma. Siamo tra la vita e la morte non possiamo deprimerci così. Non qui. E non adesso” disse Jace lasciando Alec con malagrazia.
Lui sospirò “Hai ragione. Scusa.”
“Su andiamo dagli altri.”
“Si” mormorò mentre Jace gli metteva una mano in spalla.
“Sai Jace, penso tu sia diventato più adulto” osservò sorridendo “Clary ti ha proprio cambiato.”
Il ragazzo sorrise amaro “Non sai quanto.”




Be' che ve ne pare in questo capitolo ho voluto far conoscere a Jace e co l'isola. In più con qualche piccolo imprevisto :-)
Come al solito se notate qualche errore fatemi sapere, mi raccomando.
E un'ultima cosa, il mio computer è stato infettato da dei virus tra qualche giorno lo farò riparare, ma fino ad allora non potrò scrivere.
Quindi mi giustifico in anticipo per il mio futuro ritardo. Chiedo scusa
(_ _)
Spero che vi sia piaciuta la storia (^-^)

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Capitolo 11
*** Le Grotte ***


Salve a tutti sono tornata! Lo so è da molto che non aggiorno, e mi dispiace ma con il computer rotto non potevo neanche collegarmi (ho dovuto rubare quello di mio fratello ^_^) ma finalmente me lo hanno riportato e ho fatto le corse. Questo capitolo è stato scritto in fretta quindi perdonate qualche eventuale errore.
Beh buona lettura!!
                                     

 

                                             
LE GROTTE


Era pomeriggio inoltrato. Il gruppo aveva camminato per buona parte della notte e tutta la mattinata.
Durante la camminata notturna, la tensione non era sciamata un secondo. Erano rimasti su chi vive fino all’alba. Si erano fermati solo una volta per bere e mangiare. Ed erano ripartiti quasi subito.
Magnus sosteneva che ormai dovevano essere nelle vicinanze delle caverne, ma era impossibile stabilirlo. La vegetazione era troppo fitta, a malapena filtrava la luce del sole, figurarsi per lasciar scorgere anche solo uno spicchio di cielo.
Ci siamo quasi.Pensò Jace.
Se in pochi sapevano cosa si trovava nei boschi dell’Isola, praticamente nessuno sapeva cosa c’era nelle grotte.
C’erano alcune leggende che descrivevano le caverne come un decalogo di passaggi e pertugi, da cui uscire era praticamente impossibile. Alcuni racconti dicono che le pareti dei passaggi siano costantemente bagnate dall’acqua di una sorgente dello stesso monte che ospita le grotte. Un gioco di luci e riflessi fa sembrare tutto un labirinto di specchi.
E lì tra quei passaggi c’era la salvezza di Clary.
Dopo un’ora di cammino la vegetazione si fece pian piano meno fitta, cosicché il gruppo poté scorgere un monte. L’unico di tutta l’isola di Perditionis.
Era strano. Nella montagna non c’era un filo di verde. Tutti gli alberi semplicemente  circondavano il monte, ma tra quel ammasso di terra e rocce sembrava non crescere niente di niente.
“È perché su quel monte è arrivato il primo demone nel nostro mondo” rispose Magnus quando Alec glielo chiese. “Ergo è il luogo più pericoloso dell’isola.”
“Bene. Come troviamo le grotte?” chiese Simon.
“Non ne ho idea” disse con leggerezza lo stregone.
Mentre gli altri cominciarono a parlare proponendo le loro idee, ad un certo punto Jace non ascoltò più. Gli era parso di aver sentito qualcosa. Ma stavolta non proveniva da qualche animale o dalla foresta, sembrava che venisse dal suolo.
Guardò il monte, anche quello aveva uno strano colorito, come tutto in quella dannata isola. Era uno bizzarro mix di colori: alcune zone erano violacee, quasi tutta la montagna aveva diverse tonalità di grigio, qua e la aveva anche linee irregolari rossicce come delle ferite. In quest’ultime si aprivano delle crepe, quasi fossero davvero ferite.
Un altro rimbombo più forte del primo, e Jace seppe da dove proveniva. Da una delle crepe, e più precisamente quella che si trovava qualche metro sopra le loro teste, i suoi amici stavolta avevano sentito il rumore.
Smisero di parlare e alzarono lo sguardo.
“Forse è meglio allontanarci” propose Isabelle “potremmo ispezionare il perimetro del monte in cerca di un passaggio.”
Gli altri non ebbero da ridire. Ma Jace aveva il presentimento che non era quella la strada giusta. Si avvicinò di nuovo alla crepa ignorando gli altri.
Quando fu esattamente sotto la spaccatura, la terra cominciò a tremare.
Alec urlò il suo nome ma il boato che si sentì, coprì la sua voce.
La terra si aprì in due, e Jace non fu abbastanza veloce. E precipitò nel vuoto.
 
* * * * *                          
 
Jocelyn si trovava nella stanza con Clary. Le stringeva la mano e parlava, parlava perché sapeva com’era non poter parlare, non poter aprire gli occhi, doverli tenere forzatamente chiusi. Jocelyn era convinta che la sua bambina potesse sentirla.
Era da più di un’ora che si trovava al suo capezzale, rassicurandola sul fatto che presto i suoi amici sarebbero tornati e tutto sarebbe tornato come prima.
“Beh non proprio come prima” disse Jocelyn sovrappensiero “ho una sorpresa” le confessò.
“Ma te la rivelerò quando ti sveglierai. Perché lo so che ti sveglierai. Devi farlo.”
Sospirò chiudendo gli occhi. Erano giorni che non dormiva, era così stanca…
Sentì la mano di Clary stringersi lievemente.
Aprì gli occhi di scatto. Tutto sembrava esattamente come prima, solo la mano della sua bambina. Era leggermente contratta.
In quel momento arrivò Luke.
“Luke, mi ha stretto la mano” disse subito la donna.
“Davvero?” chiese. E guardò.
La mano di Clary era tornata inerme tra quelle di Jocelyn.
“Jocelyn…” cominciò.
“L’aveva fatto” lo interruppe brusca.
Il lupo mannaro si avvicinò e l’abbracciò. “Lo so. Può capitare che una persona si muova quando è sotto effetto di questo veleno. Ma questo non significa che…” lasciò la frase incompiuta.
Lei non rispose, rimase semplicemente tra le sue braccia, rassicurata dalla sua stretta.
“Va a dormire Jocelyn. Hai bisogno di riposo” disse piano.
La donna annuì, si avvicinò a sua figlia posandole un bacio sulla fronte.
“Tornerò presto tesoro” sussurrò piano. Poi si lasciò guidare da Luke fuori.
Da sola Clary parlò lievemente. Un sussurro di solo tre parole, appena udibile nel silenzio. E nessuno a poterlo sentire.
“Jace… no” sussurrò lei. “Pericolo…
Una lacrima le solcò il viso.
 
* * * * *                                 
 
Jace atterrò di schiena quando la caduta finì. Si ritrovò disteso su un mucchio di sassi. Per sua fortuna non appuntiti.
Cercò di rimettersi in piedi. Quando ci provò la schiena gli inviò fitte di dolore in tutto il corpo. Strinse i denti e afferrò lo Stilo e la Stregaluce dalla tasca.
Immediatamente la luce della pietra illuminò l’ambiente. Prima di guardarsi intorno Jace si tracciò velocemente una runa di guarigione sul petto.
Il sollievo fu immediato.
Ancora dolorante esaminò il posto dove era atterrato. Si trovava in una specie di corridoio naturale sotterraneo. Tutto quello che vedeva erano solo pietre che formavano un tunnel che puntava in direzione del monte.
In quella direzione forse c’era un passaggio per le grotte vere e proprie. Sollevò lo sguardo era a parecchi metri dalla superficie. Ringraziò il cielo per il sangue d’angelo che gli scorreva nelle vene, che gli aveva impedito di morire spiaccicato. Tutto sommato gli era andata bene.
Dalla superficie gli arrivava l’eco del suo nome. Gli altri dovevano essere in pensiero per lui, ma non se ne preoccupò. Una scalata avrebbe richiesto troppo tempo. Ora aveva la possibilità di prendere il fiore e non poteva farsela sfuggire.
Si fece forza e si incamminò in direzione del monte.
Camminò per un po’ per quel passaggio, ma per un certo punto diventava più angusto, e Jace dovette camminare carponi.
L’aria là sotto era stantia e piena di polvere e detriti. Il ragazzo faticava a respirare, ma proseguì comunque.
Quando il passaggio si allargò Jace poté di nuovo camminare eretto. Aveva la schiena indolenzita per la botta di prima, ma non se ne curò. Ora si trovava davanti un problema.
Un bivio.
Il passaggio ora si divideva in due.
Jace non sapeva che fare. Tanto girare gli aveva fatto perdere l’orientamento.
Da che parte doveva andare? E se avesse preso la strada sbagliata? Per Clary poteva essere la fine se non avesse avuto il tempo di tornare indietro.
No!Doveva stare calmo e ragionare. Doveva farlo per lei.
Allora Lightwood rifletti. Pensò. Si dice che il monte abbia una fonte d’acqua, quindi devo cercare quella.
Jace chiuse gli occhi e ascoltò il silenzio da entrambi i lati.
In quello di sinistra si sentiva un leggero gocciolare. Sorrise. Ma doveva essere sicuro. Annusò l’aria di entrambi i passaggi. Quella di sinistra aveva un odore leggermente stagnante.
Si, era a sinistra la strada giusta.
Camminò per quelle che credette ore, l’odore stagnante si era intensificato.
Era sicuro che il monte fosse vicino. Ma poi tutte le sue sicurezze scomparvero, quando si trovò davanti un vicolo cieco.
Ho sbagliato.Quel pensiero lo colpì come un fulmine a ciel sereno. Aveva sbagliato. E se quei passaggi non portassero affatto alle caverne. Sarebbe stato un spreco di tempo prezioso.
Mentre i pensieri si affollavano nella sua testa, una goccia d’acqua gli cadde in testa.
Alzò stupito lo sguardo e vide che più in alto c’era un altro passaggio e da lì cadde un’altra goccia sul viso di Jace.
Il suo cuore fece una capriola. Senza pensarci cominciò a scalare.
La pietra era scivolosa ma riuscì ad arrivare all’ingresso.
Ricominciò subito a camminare. Il passaggio era quasi tutto in salita. Ora l’aria era piena di umidità. In fondo al passaggio vedeva una flebile luce.
Velocemente percorse l’ultimo tratto.
Il passaggio sbucava in un piccolo spiazzo di pietra. Il luogo era perfettamente circolare, dal soffitto e pavimento spuntavano stalattiti e stalagmiti.
Le pareti erano coperte d’acqua e riflettevano la luce che filtrava dal soffitto.
Chissà come ma la luce del sole attraversava le rocce, e quella luce creava un effetto specchio incredibile.
Jace rimase sulla soglia di quel luogo a bocca aperta.
 
 * * * * *     
 
Nella sua stanza all’istituto Clary si muoveva debolmente.
“Jace no…” parlò senza voce.
La sua fronte si imperlò di sudore.
“No…” la sua bocca non emise un suono.
Le labbra si muovevano ma il suo avvertimento non fu sentito.
“Non entrare… non entrare…” 




Spero come sempre che vi sia piaciuto. Se avete qualche considerazione prego! Sono sempre aperta alle critiche. (^-^) Al prossimo capitolo!
Un bacio a tutti! 

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Capitolo 12
*** La Trappola ***


Salve a tutti! Lo so che è da un bel po' che non pubblico e mi dispiace (_ _) probabilmente volete linciarmi viva per farvi aspettare ogni volta. E probabailmente ancora non l'avete fatto per sapere cosa la mia folle mente a partorito... Di sicuro quando la storia finirà mi lapiderete, ma vabbé C'est la vie... o forse dovrei dire la morte?
Ok avete visto abbastanza della mia pazzia, vi lascio alla storia (^_^)


  

                                 LA TRAPPOLA

Jace, ancora sulla soglia della caverna, ammirava ancora quello spettacolo di luci riflesse. La luce del sole attraversava le rocce del soffitto, si rifletteva centinaia di volte sulle pareti bagnate.
Era bellissimo. Ma il ricordo di due occhi verdi, che si stavano per spegnere, lo riportarono al presente.
Finalmente consapevole di ciò che stava facendo, entrò. Fece qualche passo in quello spiazzo di pietra guardandosi in torno.
Tra le stalattiti c’erano altri passaggi che sembravano quasi scavati, e non formati naturalmente, erano leggermente meno luminosi dell’ingresso dove si trovava Jace, ma non ci fece caso. Il tempo scorreva e lui doveva muoversi. Scelse un passaggio a caso sperando nella fortuna, e si avviò.
Mentre si allontanava non vide in una parete il proprio riflesso, bloccato come una foto.
Ormai troppo lontano per guardare, Jace non vide la parete col proprio riflesso illuminarsi di luce propria e assimilare l’immagine.
Da quella stessa parete qualcosa cominciò ad uscire…
 
* * * * * 
 
“Cosa facciamo?” chiese Izzy nel panico “non possiamo lasciarlo lì sotto!”
Nell’istante in cui Jace era caduto, la spaccatura che lo aveva inghiottito si era chiusa. Impedendo agli amici di soccorrerlo.
“Magnus non puoi fare qualcosa? Con la tua magia potresti…” cominciò Simon mentre calmava Isabelle.
“No.” Disse solamente lo stregone.
“No? Che vuol dire no!?” urlò Izzy.
“Iz calmati.” Disse Alec per poi rivolgersi allo stregone “Magnus puoi spiegarti?”
“È semplice la mia magia su questo monte non funziona. Non riesco a usare neanche l’incantesimo più semplice Alec.” Disse lo stregone in apparenza tranquillo. In realtà stava ribollendo di rabbia. Lui, il Grande Stregone di Brooklyn, non riusciva a fare il più minuscolo incantesimo per colpa di un ammasso di pietre!
“E allora che facciamo?” chiese Isabelle agitata.
“Penso che dovremmo cercare un’altra entrata per le grotte.” Disse Simon. Notando le espressioni degli altri aggiunse. “E poi Jace è uno dei migliori cacciatori della sua età, riuscirà a non morire per un po’ di tempo no?”
“Se la pensi così allora non hai capito niente vampiro.” Disse Magnus. Gli altri assentirono.
Un moto di rabbia attraversò Simon. “Almeno io sto pensando a cosa fare.” Poi rivolgendosi ad Alec e Isabelle disse. “E voi dovreste avere un po’ più di fiducia in vostro fratello.”
“Perché tu ne hai? Vi sopportate a malapena voi due…” disse Alec.
“Ho fiducia in lui per un'unica ragione. La sicurezza che lui ama Clary, e non morirà prima di riuscire a salvarla.” Disse interrompendo Alec. “Se NON la pensate così non avete capito niente.” E con questo si girò, e cominciò a camminare.
Gli altri rimasti stupiti per qualche istante, si riscossero e lo seguirono.
Per un po’ rimasero in silenzio.
Alec ripensò a Jace e Clary, a come sembravano felici al matrimonio di Jocelyn e il lupo mannaro, al dolore di Jace per averla persa, alla sua espressione quando l’hanno ritrovata in quelle condizioni… e alle parole di Simon.
Si. Jace non si sarebbe fatto ammazzare finché lei non fosse stata in salvo. Pensò Alec. Esattamente come me, se fosse accaduto qualcosa a Magnus presumo.
“Alexander” lo chiamò il diretto interessato.
“Si?” chiese.
“Tu e il biondino siete Parabatai, se non ricordo male, se due Parabatai sono particolarmente vicini dovrebbero addirittura sentire se l’altro è vivo o in pericolo. Giusto?” domandò Magnus.
“Si è così.” Disse mentre gli altri si fermavano. “Infatti sento chiaramente che è vivo. Ma non sento altro al momento.”
“Uhm capisco.” Affermò lo stregone pensoso.
 
Camminarono a lungo setacciando il perimetro del monte , in cerca di un’entrata.
Trovarono un’apertura abbastanza grande. Dopo qualche metro dalla soglia, la caverna proseguiva verso l’alto del monte, e la strada si immergeva nel buio.
Stavano per entrare, quando Alec si fermò di botto.
Isabelle, che gli era davanti, andò a sbattere su di lui.
“Alec! Perché diavolo ti sei fermato?” esclamò indignata.
“Jace…” sussurrò appena il ragazzo.
“Cosa? Non possiamo fermarci ogni cinque minuti, lo dobbiamo aiutare e…”
“Izzy fa silenzio.” Disse Alec zittendola.
Magnus e Simon si avvicinarono.
“Cosa c’è?” chiese Simon.
Alec era teso. Aveva chiuso gli occhi concentrandosi.
Li riaprì di scatto. “Dobbiamo entrare subito. Sento che Jace è in pericolo.”
Senza farselo ripetere cominciarono ad addentrarsi nella caverna.
Lì l’unica fonte d’illuminazione era la stregaluce, passò un po’ di tempo, i corridoio della grotta si diramava in più direzioni. E più volte il gruppo dovette fermarsi per decidere. Senza che se ne resero conto erano vicini ad un ingresso delle grotte vere e proprie. Riuscivano a vedere una luce in fondo al corridoio che avevano scelto.
Ma prima che raggiungessero l’entrata, qualcosa li prese.
Qualcosa li fece cadere nel buio dell’incoscienza ad uno ad uno.
Prima ancora di rendersi conto di cosa era successo, Magnus si ritrovò steso a terra incosciente, e così anche Isabelle.
Prima ancora di rendersi conto dichi aveva teso loro un imboscata, Simon come i compagni si ritrovò privo di sensi.
Solo Alec riuscì a rispondere ad entrambe le domande, vedendo la cosa davanti e sé.
Prima di perdere anche lui i sensi chiese “Cosa sei tu?
Poi anche lui sprofondò nel buio.
“Il vostro incubo peggiore.”Disse la creatura ridendo.  



Spero come sempre che la storia vi sia piaciuta. So che il capitolo è un po' breve ma mi farò perdonare cercando di pubblicare il prossimo capitolo quanto prima. (^_^) comunque in questo credo di avervi messo un po' di curiosità... Ma comunque vi chiedo come sempre di avvisarmi di eventuali errori, non solo grammaticali. 
E vi ringrazio della pazienza.

Ringrazio anche tutte le persone che hanno recensito la mia storia, che l'hanno messa tra le preferite, le seguite e le ricordate.
(^-^) 



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Capitolo 13
*** La Paura Più Grande ***


Si lo so. Sono in ritardo. Ma questo capitolo è stato un parto. Quindi spero niente pomodori addosso per questo. (^_^)" Comunque spero che vi piaccia. Naturalmente se notate qualche errore, non solo a livello grammaticale, spero che mi avvertiate. E accetto volentieri anche critiche.
Detto questo vi lascio al capitolo. Bye bye.

 



                                          LA PAURA PIù GRANDE

Jace stava camminando da almeno un’ora per quei corridoi. Di quel dannato fiore non si vedeva l’ombra. Il ragazzo stava perdendo la pazienza.
Svoltò per l’ennesima volta per un corridoio poco illuminato dalla luce che filtrava dalla roccia. Si vide riflesso sulle pareti della caverna. La tensione costante di quei giorni aveva lasciato su di lui il segno. Il suo viso era livido, e dimagrito. Aveva delle occhiaie evidenti, segno delle stanchezza accumulata. La sua postura era rigida dal nervosismo…
Jace distolse lo sguardo dal suo riflesso. E non si accorse della figura che silenziosamente, quasi fosse fatta d’aria, si stava avvicinando alle sue spalle.
Lo Shadowhunter sentì appena un respiro lievissimo dietro di sé. Provò a girarsi ma era troppo tardi. Il buio lo assalì…
 
 
Quando rinvenne qualcuno lo stava scuotendo. Jace spalancò gli occhi ritrovandosi davanti Alec.
“Jace? Jace!” disse ancora scuotendolo.
“Alec smettila sono sveglio.” disse Jace allontanando malamente l’amico.
Lui gli sorrise.
“Meno male. Pensavamo che non ti saresti più svegliato!”
“Ma cosa mi è successo?” chiese.
Nel suo campo visivo comparve Izzy che disse “Non lo sappiamo, ti abbiamo trovato svenuto mentre ti cercavamo.”
“Devi essere inciampato in qualche roccia.” suppose il vampiro.
Jace si sentì un po’ offeso. “Io non inciampo come un qualsiasi mondano, vampiro. Dovresti saperlo. No. Qualcosa mi ha attaccato.”
Un sorriso accondiscendente spuntò sul viso di Simon “Certo. Noi non abbiamo visto niente, ma se è quello che credi deve essere vero.”
Jace lo guardò a bocca aperta. “è la verità! Stavo cercando il fiore quando qualcosa mi ha attaccato alle spalle. Deve essere ancora qui intorno…” ribatté Jace alzandosi e guardandosi interno. Sentì uno strano bruciore nel braccio, e la testa gli girava un po’.
“Jace.” disse Alec stringendogli la spalla. “Tranquillo qui intorno non c’è niente. Ora è meglio andare.” continuò sospingendolo.
“Giusto. Dobbiamo trovare il fiore al più presto.” disse  Jace confuso.
Per un secondo restarono in silenzio. In loro c’era una strana immobilità, ma durò solo un istante. Jace batté le palpebre. Se l’era immaginato, no?
Alec sorrise ancora “Jace noi il fiore l’abbiamo già trovato.”
Il ragazzo sgranò gli occhi. “Cosa? E perché non me l’avete detto?” chiese.
“Ah non importa. Mi spiegherete dopo. Ora dobbiamo tornare alla nave.” disse sorpassandoli. Loro lo seguirono silenziosi.
Ancora una volta Jace non notò i strani sorrisi che si rivolsero i suoi amici, mentre camminava verso l’uscita delle grotte.
 
Passarono un paio d’ore dal risveglio di Jace nelle grotte. Il ragazzo si sentiva addosso una strana stanchezza.
Chissà, forse visto che finora era stata la tensione e la paura costante di non trovare il fiore a tenerlo vigile, ora che l’aveva stava cominciando a sentire la stanchezza.
Ma non si spiegava il bruciore al braccio destro.
Esattamente dov’era la runa che gli aveva tracciato Clary…
Il viaggio di ritorno fu stranamente tranquillo. Nella foresta sembrava che tutti i demoni/animali fossero scomparsi. Era assurdo. Il bosco sembrava morto.
No, sembrava irreale. Come le immagini che fanno da sfondo in un sogno. Le vedi, ma se ti concentri sembrano finte, solo frutto dei ricordi.
Ecco! La foresta sembrava il ricordo di quella che aveva attraversato.
Senza che se ne accorgesse arrivarono alla spiaggia.
Jace non capiva perché sentisse addosso quel disagio mai provato prima.
Tutto, anche la nave, sembrava finto…
Scacciò quei pensieri, attribuendoli alla stanchezza. Andò a dormire. La notte passò come un istante, una notte senza sogni, e senza di lei.
 
Era lì. Di fronte l’istituto. Jace sentì lo stomaco contorcersi. Il gruppo entrò nell’edificio, lì nella biblioteca trovarono gli altri. Robert e Maryse, Luke e Jocelyn, e persino Maia.
Al loro arrivo Jocelyn si alzò dalla poltrona in cui era seduta.
“Meno male, siete arrivati. Clary è peggiorata, molto.” disse avvicinandosi.
Il cuore di Jace fece una capriola. “Cosa le è successo? Quanto si è aggravata?”
Senza una parola di più corse all’infermeria. Clary era lì, pallidissima, attaccata a dei tubi e ad un respiratore, c’era persino una macchina che controllava il battito. Nella stanza regnava il silenzio, rotto dal bip della macchina.
Jace si ricordò di quella volta che era andato a trovare Jocelyn con Clary. Gli sembrò di essere finito di nuovo in quella camera di ospedale. Solo che quella volta, aveva davanti una perfetta estranea.
Ora davanti a lui, ad un passo dalla morte c’era l’amore della sua vita.
“Non c’è più niente da fare Jace.”
Lo Shadowhunter si voltò incontrando lo sguardo della madre di Clary.
“No. Come puoi dire una cosa del genere? Lei è tua figlia. Dovresti fare il possibile per salvarla!” quasi urlò Jace.
“Il veleno ha raggiunto i polmoni e… è quasi arrivato al cuore.” disse con voce atona. “Ormai è questione di minuti.”
“N-No. Non può…” balbettò Jace voltandosi.
“Arrenditi. Ormai è finita.”
Appena pronunciò l’ultima sillaba, i bip della macchina si fecero più veloci e acuti. Di colpo la stanza era affollata. Magnus e Maryse si avvicinarono a Clary.
Jace era come pietrificato. Gli sembrava di guardare la scena attraverso un vetro sfocato.
Vide Magnus che creava incantesimi su incantesimi per fermare l’attacco di cuore. Poi provare con un massaggio cardiaco. Jace guardava, come in trans. Non sentiva niente, solo un vuoto. Sentì di sfuggita la voce di Magnus che diceva di portare il fiore. E vide Simon che lo teneva in mano. Sembrava una rosa d’acciaio, che mandava bagliori opachi. D’improvviso, come in un documentario sulla natura, il fiore cominciò a seccarsi, e presto era solo un ammasso di foglie marce nella mano del vampiro.   
Quando Jace di riprese dalla trans, era calato il silenzio, tutti erano immobili.
Il ragazzo guardò Clary, ormai senza più respiratore o tubi. Ferma, inerme… morta.
Jace sentì le proprie ginocchia cedere. La sensazione di vuoto finì, e cominciò il dolore. Infuocato, devastante, proprio al centro del petto.
Avrebbe fatto di tutto per estinguerlo, si sarebbe anche strappato il cuore dal petto, se avesse potuto. Ma non poteva. E il dolore continuava a irrompere dal suo cuore traditore. Aumentava di secondo in secondo, diventando un incendio distruttore.
In silenzio, ad uno ad uno, gli altri cominciarono ad andarsene. Ma lo Shadowhunter neanche se ne accorse. Continuava a fissare il corpo su quel letto.
Molto lentamente si alzò, e si avvicinò alla ragazza.
“Clary…” sussurrò appena.
Le toccò il viso. Era gelida. Era morta.
E al dolore, si aggiunse la disperazione. Disperazione che gli tolse il respiro, che gli impedì di urlare il suo dolore.
Perché era quello che voleva fare.
Voleva urlare a squarcia gola, voleva urlare la sua angoscia, il suo dolore, ma soprattutto il suo senso di colpa. Perché si sentiva in colpa. Perché non l’aveva protetta, non l’aveva salvata.
È tutta colpa mia.Era l’unica frase sensata che gli girava nel cervello.
Crollò di nuovo a terra, sentì gli occhi inumidirsi. Ormai era prossimo alle lacrime. Chiuse le palpebre, ancora crogiolandosi nel suo dolore. Non seppe quanto tempo passò.
Poi…
Jace.
Il ragazzo alzò la testa. Era la voce di Clary. Ne era sicuro, ma lei era immobile. Non poteva aver parlato davvero.
Stava forse impazzendo?
Jace. Di nuovo un sussurro. Ma non veniva dal corpo di Clary…
Lo Shadowhunter si voltò. Nella parete opposta del letto c’era un lungo specchio. Si avvicinò lentamente.
Lo specchio gli rimandò la sua immagine e quella di Clary accanto a lui. A Jace venne un colpo. Si voltò di scatto, però Clary era ancora…
Guardò di nuovo verso lo specchio.
Lei era lì, che lo guardava, adesso la sua immagine prendeva tutto lo specchio.
“Clary… ma come? Sei davvero tu?” sussurrò.
La ragazza annui. Si Jace, sono io.
“Oh Clary. Mi dispiace tanto! Io non ce l’ho fatta. Non sono riuscito a salvarti” disse  disperato. “Ho fatto il possibile, e ora sei morta. È tutta colpa mia. Solo colpa mia.”
Jace abbassò lo sguardo, aveva la vista appannata, e non solo dalle lacrime, sentiva il corpo pesante e il dolore al petto bruciava peggio di qualsiasi inferno. E poi c’era quel bruciore al braccio…
Jace. La voce di Clary gli fece alzare lo sguardo. Quello che vide gli fece perdere un battito. La ragazza lo stava guardando con un odio che non aveva mai visto sul suo volto. Un odio che, era sicuro, lei non avesse mai provato, neppure per Valentine.
Hai ragione. È tutta colpa tua.
Queste poche parole lo colpirono come un pugno.
“Clary, se mi odi te ne do tutte le ragioni, ma…” non riuscì a finire che Clary lo interruppe.
In questo caso non c’è problema, no? Perché ti odio, per quello che mi hai fatto. Avresti dovuto proteggermi, tenermi con te, e invece mi hai dato in pasto a Jonathan!
Jace impallidì, il suo cuore batté più veloce.
“Tu mi odi?” chiese con un filo di voce.
Certo che si. Forse non potevi prevedere che mi avrebbe portato via. Però non sei neanche riuscito a portare uno stupido fiore fin qui. Clary fece una pausa fissandolo. Solo questo bastava, un fiore. E non sei neanche riuscito a portarlo fin qui integro. Mi hai lasciato morire.
“Non è vero! Ho fatto tutto il possibile per salvarti!”
Ma a quanto pare non è stato sufficiente. Quando sei arrivato mi hai lasciato morire senza fare alcunché. Sei rimasto fermo imbambolato.
Il cuore di Jace accelerò i battiti, gli girava ancora di più la testa. Sentiva come se una strana nebbia si fosse insinuata nella sua testa, confondendogli le idee. Non capiva cosa stava succedendo. E il braccio gli faceva un male cane.
“Io non”
Zitto! Gli urlò Clary. Adesso non c’è più niente da fare. Sono morta. Sono morta Jace, lo capisci. E ora… sono in trappola.
“In… trappola?” chiese appena. Jace si sentì cedere le ginocchia. Non riusciva a pensare a niente. Solo alle parole di Clary che gli rimbombavano in testa.
Si Jace in trappola. Ora sono bloccata in una via di mezzo, tra il mondo dei vivi e quello dell’aldilà. Ed è colpa tua.
“C-Colpa mia?” sussurrò sgomento.
Si, tua. È l’odio che provo per te che mi blocca qui. Tu ti sei preso la mia vita, e ora anche la mia pace!
“Io n-non v-volevo.” balbettò.
Non volevi? Ma è lo stesso quello che hai fatto! Mi hai condannata a questo limbo eterno!
“Mi dis-dispiace. I-Io…”
Ti dispiace? Chiese Clary con sguardo disgustato. Jonathan aveva detto bene quando ti ha quasi ucciso. Sei soltanto una cosa patetica e lamentosa. Non sei degno neanche di essere chiamato persona.
Nella testa di Jace scattò qualcosa. Anche se si sentiva la testa girare, alzò gli occhi su di lei. Clary lo stava ancora guardando con odio. Incrociò il suo sguardo.
“Come fai a sapere cosa mi disse quella volta?” chiese.
La ragazza lo guardò confusa. Lentamente la nebbia nella testa di Jace si diradò.
“Non ti ho mai raccontato quello che Jonathan mi disse quel giorno” disse Jace, lentamente il cuore smise di accelerare i battiti, tornando calmo e regolare.
La testa di Jace non girava più. Sentiva ancora il corpo pesante e il dolore al braccio, ma almeno era lucido. Poi qualcosa che il ragazzo fino a quel momento non aveva notato gli balzò in mente.
“E prima Simon come ha fatto ad entrare? È un vampiro, non può stare su un terreno consacrato come l’istituto.” disse alzandosi in piedi.
La Clarynello specchio lo guardava impassibile. Muta.
Jace affilò lo sguardo. “Chi sei tu?”
La ragazza lo guardò stupita. Sono Clary.
“No. La mia Clary non mi avrebbe mai detto quelle cose. Lei si è sempre preoccupata degli altri. Lei ha cercato di non farmi andare alla ricerca del fiore, perché non voleva che mi facessi del male. Lei non mi avrebbe fatto una colpa per quello che è successo. E soprattutto lei non mi odiava. Lei mi amava, tanto da impedirmi di andare a rischiare la vita” Jace prese fiato. “Quindi te lo richiedo: Chi. Sei. Tu?”
La figura nello specchio sorrise e cominciò a mutare. Pian piano le fattezze di Clary scomparvero.
Chi sono? Sono la tua paura più grande.
Jace sentì una fitta di paura. Lo specchio cominciò a mutare, sembrava qualcosa di vivo. Si ingrossò e si rimodellò, riluceva di una strana luminosità, come… come nelle grotte. Solo che ora non mandava bagliori violetti, ma rossi.
La cosa che era lo specchio prese la forma di un essere a quattro zampe, con una lunga coda, sembrava… una volpe!?
Di colpo Jace capì cosa poteva avere davanti, si disse che era impossibile, ma tentò ugualmente.
“Tu sei un demone Kitsune, non è vero?” chiese lo Shadowhunter.
Il demone sembrò ridere, era un rumore così strano che Jace non ne era sicuro.
Complimenti giovane Shadowhunter, mi hai scoperta.
Il ragazzo scosse la testa. “Questo è impossibile. Vi eravate estinti da secoli. Non puoi essere davvero un demone Kitsune.”
Dalla cosa che prima era uno specchio, cominciarono a crescere peli rossi. E cavolo! Ora si era ingrandita quanto un armadio.
E invece lo sono. Mentre le mie sorelle andavano in giro per il mondo (a farsi sterminare), io sono rimasta sempre qui, da quando sono arrivata in questo mondo. Sembrò quasi scrollare le spalle, in un tipico gesto umano. Poche volte ho girato questo mondo. Di un po’ c’è ancora la santa inquisizione? Non vorrei che mia figlia abbia qualche rogna, a appena 930 anni.
Jace scosse la testa. “Quindi per tutti questi secoli sei stata tu a uccidere chi veniva per il fiore d’argento?”
Se non moriva prima durante il cammino fin qui… disse il demone con leggerezza. Poi lo guardò con guardo incuriosito. È da tempo che non mi capitava qualcuno che mi resistesse così a lungo. A quest’ora avrei già dovuto succhiarti la vita da quel tuo debole corpo umano. Ma qualcosa ti protegge. Invece i tuoi compagni stanno quasi per soccombere. Cosa hai tu di speciale?
A quelle parole Jace sobbalzò. “I miei compagni” sussurrò.
Lì ho presi poco prima di te. Ormai stanno per cedere alle loro paure. Disse il demone sogghignante. Ma ora basta parlare. Sai ho un certo appetito, è da più di 3 secoli che non mi capitano dei Shadowhunters.
Detto questo il demone lo attaccò Jace scartò di lato. Il demone sbatté contro la parete, per poi riattaccare quasi immediatamente. Jace fece il possibile per distanziarsi, ma aveva ancora il corpo pesante. Non riuscì a evitare l’attacco del tutto, e il demone gli azzannò la gamba. Il dolore fu immediato, ma riuscì a colpire con un pugno un occhio del Kitsene, che lasciò andare la presa sulla sua gamba sanguinante.
Rifletti Jace rifletti. Si disse. Come posso fare.
Il ragazzo portò alla mente quello che sapeva su quel tipo di demone.
È un demone volpe, si trasforma in delle ragazze o anche degli oggetti, la coda può diventare di fuoco…
E nel momento esatto in cui lo pensò, la coda del demone prese fuoco.
“Ma porca…” si mise a imprecare schivando i colpi come meglio poteva con la gamba dolorante. Doveva assolutamente trovare un’arma. Ma quelle che aveva, le aveva tolte quando era entrato all’istituto. Aveva con sé solo lo Stilo. Si costrinse a pensare una soluzione.
Avanti Lightwood, cos’altro sai sul demone?
Entra nei sogni, ha la capacità di piegare il tempo, e ha l’abilità di creare illusioni…
Creare illusioni. Creare illusioni. Era intrappolato nell’illusione del demone.
Il dolore al braccio destro superò per un istante quello della gamba. E a Jace venne in mente un’idea. Aveva bisogno solo di qualche secondo.
Si guardò intorno, si trovavano ancora nell’infermeria dell’istituto. Adocchiò una lampada. Non era molto, ma con un po’ di fortuna…
Lo Shadowhunter la afferrò e, ignorando la gamba ferita, balzò verso il demone, lanciandogli la lampada in un occhio. Mentre il demone si dimenava, Jace si inginocchiò scoprendosi il braccio e prendendo lo Stilo. Più in fretta che poté ricopiò la runa di Clary su pavimento. Se lei gliela aveva data, doveva esserci un motivo in più. Doveva avere fiducia in lei. Clary lo avrebbe protetto.
La runa si illuminò di una calda luce dorata, che avvolse tutta la stanza, facendo pian piano scomparire ogni cosa.
Ora Jace non sentiva più il corpo pesante, si sentiva leggero, il dolore alla gamba e al braccio era sparito.
Nooo! Che cosa hai fatto insignificante insetto!?
La luce dorata divenne troppo forte, e Jace fu costretto a chiudere gli occhi.
Quando li riaprì era nelle grotte dell’Isola Perditionis. Si alzò di scatto, anche se si rimediò un capogiro.
Davanti a lui il demone Kitsune si lamentava. Dalla coda spuntavano dei rami che si poggiavano sulle tempie dei suoi amici.
Evidentemente il demone era ancora occupato con loro. Prese la sua spada angelica, e velocemente la evocò. La luce della spada, illuminò i visi dei suoi compagni rendendoli ancora più pallidi di quel che erano.
Jace vide il demone muoversi, tentava di svegliarsi. Velocemente balzò su di lui e lo trafisse. Immediatamente i rami si staccarono dalle tempie dei suoi amici. E il demone si svegliò urlante di dolore, il sangue nero si riversò sulla sua pelliccia fulva. L’ultimo grido di dolore che emise, prima di scomparire, si concluse in un gorgoglio di sangue.
Jace cadde a terra privo di forze. Si permise un paio d’ore di sonno, prima di occuparsi dei compagni, che, aveva controllato, erano ancora vivi.
Al risveglio Jace si sentì un po’ meglio. Alzando lo sguardo si guardò intorno, e lì la notò. Una pianta, poco distante dal punto in cui era scomparsa la Kitsune, si ergeva maestosa. Il suo tronco era nero come la pece, ma le foglie erano bianche, e poi c’erano i fiori. Tantissimi fiori color argento puro, che riflettevano la luce delle grotte, rimandandola in raggi argentati.
Il fiore d’argento. L’aveva trovato.
Il sollievo attraversò il corpo di Jace. Ora doveva solo svegliare i compagni. Per quello gli ci vollero 20 minuti buoni. Ma alla fine stavano bene, il demone non era riuscito a succhiare interamente la loro energia vitale.
Finalmente avevano il fiore.
Potevano ritornare a casa.  
  




Ecco qui! Finalmete Jace dopo tante difficoltà è riuscito a raggiungere il fiore. Ora può tornare dalla sua Clary. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Per quanto riguarda il demone Kitsune. Beh, è stato difficile trovare un demone con le caratteristiche che cercavo, e questo demone della cultura giapponese si ci avvicinava molto. Se volete saperne di più questo è il link:http://it.wikipedia.org/wiki/Kitsune
Beh cosa posso aggiungere di più?
Al prossimo capitolo! Baci Angel_Dreamer
 

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Capitolo 14
*** Tardi? ***


Salve a tutti. Oggi non vi tratterrò molto con i miei inconcludenti discorsi. Quindi semplicemente vi lascio alla storia. Vi auguro buona lettura! (^_^)



                                 TARDI?
Jace guardò le porte dell’istituto, con il cuore in gola. Erano tornati. Finalmente erano a casa. Ma avrebbero fatto in tempo?
Dopo il ritrovamento del fiore, i ragazzi avevano parlato per un po’ dell’accaduto, del demone, e della loro quasi fine. Poi si erano concessi un po’ di meritato riposo. Se dovevano affrontare di nuovo la foresta, dovevano recuperare un po’ di energia.
Al risveglio Magnus aveva scoperto che era la presenza del demone a bloccare la sua magia.
“Ragazzi la buona notizia è che posso creare un portale da qui alla spiaggia, così da evitare quel maledetto bosco.” aveva detto allegro.
“E la cattiva?” aveva chiesto Simon. “Se c’è una buona notizia ce n’è sempre una cattiva.”
“Vero. Infatti mi ci vorranno delle ore per creare il portale.” aveva detto Magnus tranquillamente.
“Cosa? Ore?” domandò Isabelle.
“Senti dolcezza, mentre quel demone ci stava ammazzando, mi ha tolto anche buona parte della mia energia. Mi ci vorrà del tempo per creare un portale con così poca forza in corpo.” aveva affermato irritato.
“Ok ok.” accondiscese lei alzando le mani in segno di resa.
Dopo ben quattro ore di attesa finalmente il portale fu aperto. In quel tempo Alec rimase sempre vicino a Magnus, non potendo fare niente, gli rimase solo accanto. Mentre Isabelle e Simon avevano parlato di cosa avrebbero fatto una volta a casa. Isabelle avrebbe assaltato il centro commerciale, e Simon si sarebbe chiuso nel suo negozio di musica di fiducia e poi forse anche in quello di fumetti.
Jace per quelle quattro ore era rimasto seduto a rigirare il fiore d’argento tra le mani. Aveva ascoltato tutto il tempo le chiacchiere di quei due. Il cacciatore aveva pensato anche cosa avrebbe fatto una volta a casa. Dormire, leggere qualche poesia, e naturalmente uscire con Clary una volta ristabilita, e abbracciarla per sentirla finalmente vicina, e baciarla... Jace aveva sorriso a quei pensieri, rendendosi conto di quanto era diventato smielato. Come aveva fatto quella testa rossa a cambiarlo tanto?
Infine le quattro ore erano passate, e Jace si era riscosso dal suoi pensieri per vedere il portale aperto che dava sulla spiaggia.
“Beh non mi è venuto affatto male” aveva affermato Magnus. “anche se, se avessi avuto più energia l’avrei potuto aprire direttamente davanti all’istituto.”
“Va benissimo così Magnus, ora eviteremo tutti quei pericoli nel bosco, e potremmo usare la nave sulla spiaggia.” gli aveva detto Alec mettendogli una mano sulla spalla.
Attraversarono tutti il portale, e in un istante furono di fronte la nave.
Fecero più in fretta che poterono a reimpostare i comandi e partire per New York.
Quando sistemarono tutto crollarono ognuno nella sua stanza. Quando erano atterrati sulla spiaggia era notte. Al loro risveglio era già giorno inoltrato.
Si ricongiunsero per mangiare quel pomeriggio, ormai in vista di New York.
Alec aveva una strana espressione, che si tenne per tutta la durata del pasto.
“Ragazzi ho da dirvi qualcosa di non tanto piacevole.” esordì infine.
“Cosa Alec? Hai lasciato sull’Isola la tua spada preferita e vuoi tornare a riprenderla?” fece Izzy. “Perché in questo caso puoi andarci solo col tuo ragazzo. Io li non ci torno manco morta.”
“E se avessi lasciato lì i bagagli con i tuoi vestiti?” chiese Simon.
“Beh… forse.” disse pensierosa.
“Ragazzi! Mi fate parlare!?” esclamò Alec alterato.
Quando fu sicuro dell’attenzione di tutti, fece un respiro e disse: “Oggi ho guardato per caso il giorno sul calendario elettronico della nave, e…” Alec esitò.
“Il tuo periodo è in ritardo?” lo interruppe Izzy ghignando. Ma ad un occhiataccia di Magnus tornò seria.
“Oggi è il 25.” disse infine Alec.
Jace alzò un sopracciglio. “E quindi? È per caso natale?” chiese infine. “Credevo che fosse già passato, ma evidentemente vado io avanti di quattro mesi.”
“Ragazzi volete essere seri!” gridò Alec, ora decisamente infuriato. “Noi siamo partiti il 16, questo vuol dire che sono passati nove giorni dalla nostra partenza.”
Tutti si congelarono sul posto. Sorpresi da quelle parole.
Nove giorni?
Fu il pensiero di tutti. Come poteva essere accaduto? Avevano calcolato due giorni per l’andata e il ritorno. Altri due per il passaggio nella foresta. E al massimo uno per recuperare il fiore nelle grotte. Dovevano essere al massimo cinque giorni.  
Nove giorni.
Allora c’era una sola spiegazione. La Kitsune doveva averli catturati per molto più tempo di quanto avessero pensato. Perché per tutto il viaggio avevano sempre controllato i giorni guardando il cielo. E prima di entrare nelle grotte erano in perfetto orario. Allora la Kitsune doveva averli trattenuti per cinque giorni, che sommati agli altri…
Nove giorni!
Un pensiero scese su di loro gelando il sangue di tutti. Clary aveva già i giorni contati, quando erano partiti, il tempo che avevano calcolato era appena sufficiente per somministrarle l’antidoto. Ora avevano un ritardo di quasi cinque giorni!
Quel ritardo poteva costarle la vita se non le somministravano la cura immediatamente. Altrimenti tutti gli sforzi del gruppo sarebbero stati vani.
 
Ora erano di fronte l’istituto. Jace distolse lo sguardo e corse verso la porta. Non dovette neanche pensare alla formula d’apertura che la porta si spalancò. Senza neanche andare a cercare gli altri, Magnus si rinchiuse, nella stanza che avevano utilizzato come laboratorio, a preparare l’antidoto, con lui anche Alec. Isabelle era rimasta fuori col vampiro che, ovviamente, non poteva entrare. Jace andò direttamente nella stanza di Clary. Era esattamente come l’allucinazione creata dalla Kitsune, Clary era distesa sul letto, con dei tubi che le iniettavano liquidi nel braccio. Degli elettrodi erano attaccati al petto, e controllavano il battito, il debole battito…
Jace guardò infine il suo volto. Era bianca come il latte, era come se qualcuno l’avesse lentamente dissanguata, togliendole tutto il colore. Distesa su quel letto bianco in quella stanza bianca, sembrava quasi irreale. Un sogno, un sogno che sa di morte.
In tutto quel bianco, però, risaltava il rosso. I capelli di lei rompevano quel sogno bianco, rendendo tutto paurosamente reale.
Jace si avvicinò a lei, e le prese la mano. Rimare avvilito nel sentire la sua mano fredda nella sua. In silenzio le poggiò un bacio sulla fronte. E le sussurrò appena: “Perdonami. Ti ho fatto aspettare tanto.”
Passarono i secondi, e si sentirono i passi e le voci di svariate persone. Jace riconobbe quella di Magnus, di Maryse e Luke.
Entrarono nella stanza come un marasma. Oltre a loro c’erano Jocelyn, Izzy, Alec e Robert. I genitori di Alec chiedevano al figlio il motivo del ritardo, e lui stava rimandando a dopo.
Magnus cominciò a somministrare l’antidoto, sostituendo i liquidi, che arrivavano a Clary attraverso i tubi, con quello. In poco tempo la cura era entrata in circolo.
“Credi che abbiamo fatto in tempo Magnus?” chiese Alec.
“Non lo so. È passato più tempo del dovuto dalla somministrazione del veleno. Possiamo soltanto aspettare e sperare che l’antidoto faccia in tempo.”
Tutti si erano assiepati intorno a Clary, in attesa. Jace non si spostò mai dal fianco di lei. I secondi passavano, e la tensione aumentava sempre di più. Passarono i secondi, i minuti, e infine le ore. Ma Clary non dava segni di ripresa, rimaneva lì addormentata e immobile se non per il leggero movimento del corpo quando respirava.
Passarono due ore, tutti si erano sistemati nell’infermeria nell’attesa.
“Perché non si sveglia Magnus?” domandò infine Isabelle.
Magnus guardò verso Clary. “Non lo so Isabelle. Forse… forse abbiamo somministrato la cura troppo tardi.”
“No.” disse Jace con fermezza. “Diamole tempo. Si sveglierà.”
Ma il tempo passava e Clary ancora non si svegliava.
Ad ogni secondo il dubbio si faceva strada nel cuore di Jace. Era davvero arrivato tardi?





Scusate se questo capitolo è un po' breve il prossimo sarà più lungo. Comunque ormai siamo quasi alla fine della storia. Per me è stato un piacere spero che non mi abbandoniate agli ultimi capitoli.
Un bacio a tutti! (^.^) 
A.D.   (si d' ora in poi mi firmerò a.d.)




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Capitolo 15
*** Sogno o Realtà? ***


Salve a tutti... Probabilmente chi segue la mia storia vuole scuoiarmi viva per l'incredibile ritardo. (-_-)" E non sapete quanto vi capisco (^_^)" Comunque ormai siamo alla fine della storia, prima di linciarmi spero che vorrete sapere cosa sto preparando. (Ma lo scoprirete a fine capitolo nei miei commenti finali)

In questo capitolo vorrei commemorare il mio computer, che è stato con me per sei lunghi anni, che adoro nonostante si blocchi ogni 5 minuti, si spenga da solo, sia più lento di una lumaca, e abbia cancellato (ancora non so come) molti miei file, costringendomi a riscrivere il capitolo, e altre storie a cui sto lavorando. (è_é)

Nonostante tutti i difetti che ha, è sempre stato con me.
E questo sarà l'ultimo capitolo che pubblicherà, visto che andrà in rottamazione, e c'è un nuovo computer lucido e pronto che mi aspetta. 
Dopo tutto questo discorso abbastanza noioso, vi lascio al capitolo.






                                  SOGNO O REALTÀ?

“Non puoi andare di nuovo lì Jace, è troppo pericoloso!” esclamò Isabelle.
“Si che posso. Sono ore che l’antidoto le è stato somministrato Izzy. Solo loro possono dirmi perché Clary non si sveglia.” replicò Jace.
Era ormai notte fonda. Tutti avevano aspettato ore al capezzale di Clary, ma lei non si era svegliata. Jace doveva fare qualcosa, ma Izzy e Alec stavano contestando da diverso tempo l’unica idea che gli era venuta.
“Vuoi davvero tornare alla Corte delle fate?” gli domandò Alec.
Jace si girò verso di lui. “Tu lo faresti per Magnus? O per Izzy, o me?” gli chiese guardandolo negli occhi. Alec lo fissò di rimando. Rimasero fermi a guardarsi, per quelli che a Jace parvero secondi interminabili.
Poi Alec sospirò.
“Sai già la risposta.” gli disse Alec. “Vacci domani mattina, ora è troppo tardi, e tu, come tutti noi, sei stremato.”
Jace sorrise appena battendo la mano sulla sua spalla. “Grazie fratello.”
Il ragazzo prima di andare nella sua stanza a riposare volle passare da Clary.
Entrò nella stanza della ragazza piano, e lentamente si sedette nella sedia accanto al letto. Jace la guardò pensieroso. Era ancora pallida, ma il viso aveva ripreso un po’ di colore dalla somministrazione del siero.
Sembra fatta di porcellana. Fu il pensiero di Jace. Poi i suoi occhi scesero con lo sguardo sulle braccia di lei, ora segnate da delle cicatrici.
Porcellana rotta. Crepata dal bambino capriccioso che era Jonathan, che tu non sei riuscito a fermare in tempo.Disse una vocina nella testa di Jace. Lui scosse la testa per liberarsene. Ma quel pensiero rimase comunque lì.
Sospirando Jace si appoggiò allo schienale della sedia, e lentamente sentì la dolce coperta del sonno posarsi su di lui. Pochi istanti prima che la stanchezza lo trascinasse nei sogni, sentì una mano carezzargli la guancia con tocco leggero e familiare.
Maryse?
Provò ad aprire gli occhi ma il torpore lo trascinò giù.
 
Era consapevole di stare sognando. Però stavolta non era ad Alicante, come nei suoi sogni precedenti. Era all’istituto. Nella camera di Clary, ma lei non c’era.
Jace si avvicinò al letto vuoto e vide se stesso assopito accanto ad esso.
Ma dov’era lei?
Il ragazzo si guardò intorno ma di Clary nessuna traccia. Uscì da quella stanza e percorse i vari corridoi dell’ edificio.
Cercò ovunque, controllò la cucina, la biblioteca, l’armeria, anche la serra; ma della ragazza nessuna traccia. Andò verso l’ascensore sperando di trovarla fuori. All’esterno spirava un po’ di vento, ma si stava bene. La luna illuminava tutto, conferendo alle cose un colore di tonalità più chiara. Controllò il perimetro dell’istituto, però della ragazza non c’era traccia.
Jace sentiva il proprio cuore battere forte per la preoccupazione.
Dove poteva essere finita Clary? Si domandò ancora.
Di colpo una raffica di vento lo costrinse ad abbassare lo sguardo. Il terreno era stranamente pallido, e su di esso si stagliava netto il profilo dell’istituto. Improvvisamente un ombra si mosse.
Jace sollevò la testa di scatto, posando gli occhi sui pinnacoli e le guglie. Tra di essi un ombra si aggirava leggera e agile…
In poco tempo si ritrovò a percorrere il corridoio per andare sul tetto. Poi…
 
Jace si svegliò di colpo. Si sfregò gli occhi per abbandonare le ultime tracce del sonno. Fuori era ancora buio, potevano mancare un paio d’ore all’alba.
Jace appena fu completamente sveglio, si guardò intorno, e il cuore cominciò a battergli forte.
Il letto anche se in ombra, anche se non vedeva niente per le tenebre, Jace sapeva che era vuoto. Lo sentiva, lei mancava.
Saltò il piedi come una molla. Aveva in corpo ancora il torpore del sonno, ma la mente era lucida.
Uscì fuori dalla stanza e cominciò a percorrere il corridoio che portava alla scala che sbucava sul tetto. Non sapeva il perché, ma sentiva che doveva andarci.
Mentre camminava sentiva uno strano senso di déjà vu, ma non gli diede conto arrivando finalmente alla scala.
Fuori il vento leggero gli scompigliò i capelli. Jace cominciò a correre tra le torrette e le guglie, col freddo che gli irrigidiva i muscoli.
Sorpassò un arco con degli angeli di pietra scolpiti ai lati, e si fermò.
Lei era lì seduta su una sporgenza, i capelli rossi mossi dal vento. Non aveva la camicia da notte, ma dei jeans e una canottiera, che probabilmente aveva preso dalla sua stanza.
Lui fece un passo. “Clary.” sussurrò piano.
Lei voltò piano la testa, e i suoi occhi si posarono su di lui, velandosi subito dopo di lacrime, che lei non si permise di versare.
Per un secondo si fissarono in silenzio.
Poi Clary si alzò, girandosi completamente verso di lui ed incrociando le braccia. Jace non riusciva a credere che lei fosse davvero lì di fronte a lui. Ma sentiva che era sbagliata, quella distanza tra loro.
Fece un passo verso di lei, ma Clary rimaneva immobile, fissandolo come se stesse per andare in pezzi da un momento all’altro.
“Clary?”
Negli occhi di lei vedeva esitazione. Si tormentava le braccia con le unghie delle mani.
Jace non capiva. Perché nel suo sguardo vedeva quell’insicurezza?
Perché lei è quasi morta per un tuo errore.Disse la stessa vocetta di prima nella sua testa.
Si avvicinò ancora, e lei stavolta abbassò lo sguardo. La sentì espirare per poi rialzare gli occhi su di lui. In quelle iridi verdi vide tormento, paura, e qualcosa che Jace non riuscì ad afferrare.
“Sei davvero tu?” la sentì sussurrare.
Jace era sconcertato. “Certo che sono io. Clary perché fai così? Non capisco…” disse.
Lei scosse la testa. “Lo dite tutti, ogni volta che credo di svegliarmi. Ma poi sto di nuovo su quel maledetto letto.” disse Clary angosciata “Ora sto veramente parlando e camminando? O è ancora quel dannato intruglio di Jonathan a farmelo credere?”
“Clary te lo posso giurare, tutto questo è reale. Ti sei davvero svegliata grazie all’antidoto. Ora sei di nuovo con noi, con me.” disse lui parlando lentamente.
“Dite sempre le stesse cose. Sempre. E quando mi convincerò di essermi di svegliata per davvero… sarò di nuovo lì. Mentre gli altri cercano di salvarmi la vita, rischiando la loro. Tutto per colpa mia. Per essere stata così debole.” affermò lei.
“Debole?” ora Jace era a dir poco sbalordito. “La Clary che conosco non è affatto debole.” lui scosse la testa, cercando le parole giuste da dire. “Lei… Tu ti getti a capofitto nelle situazioni più pericolose, se è per aiutare le persone che ami. Sei entrata in un hotel pieno di vampiri per Simon, sei andata ad Alicante per tua madre, e al lago Lyn sei riuscita a fermare Valentine e salvare me.” Jace fece un lungo respiro, e continuò “Quando Jonathan ti ha rapita, e torturata per costringerti a passare dalla sua parte, tu hai sempre rifiutato, nonostante la sofferenza che ti ha inflitto. Hai sempre detto no, dicendo che preferivi morire che passare dalla sua parte. Lo hai fatto per noi.”
Lei lo guardò. “Come fai a sapere che gli ho detto questo? Che mi sono ribellata a Jonathan?”
Jace sentì la tristezza assalirlo al ricordo di quello che le aveva fatto. Aveva un nodo in gola, ma riuscì comunque a dire: “Nella cella dove ti teneva c’era una telecamera…” si avvicinò a lei di un passo, “Jonathan ha registrato tutto… tutto quello che ti ha fatto.” ancora due passi più vicino, lei lo stava guardando negli occhi. E Jace si costrinse a continuare, per darle pace, per darle sollievo, per farle sentire che lui era lì vicino a lei. E che tutto quello era reale.
“Probabilmente Jonathan l’aveva fatto per farmi soffrire.” sussurrò. “Per farmi ricordare la mia colpa, e come non sono stato capace di proteggerti e salvarti dai suoi capricci.”
Il ragazzo fece un sospiro. “No. Tu non sei debole. Non lo sei mai stata. Sono io quello che non è stato capace di salvarti di…”
Jace venne interrotto dalle braccia di lei, che si incrociavano intorno al suo collo in un abbraccio. Lui rimase un istante appena fermo per la sorpresa, ma poi si lasciò andare a quel contatto che anelava da giorni e giorni.
“Non provare più a dire una cosa del genere. Tu non hai colpa di tutto questo, tu mi hai salvato. Non ti sei arreso mai. Hai anche rischiato di farti ammazzare…” la voce di lei si spense. Allontanò il viso dal suo collo, e lo fissò. Nei suoi occhi vedeva la stessa insicurezza di prima. Ma ora nel suo sguardo c’era anche speranza, e sì, anche felicità.
“Sei davvero tu?” sussurrò di nuovo.
Jace le sorrise. “Sono io.” Jace si avvicinò al suo viso dicendo: “Scommetto che nessuno dei Jace della tua testa, è riuscito a fare un discorso così figo.”
Lei alzò gli occhi al cielo. “No. Ma di sicuro erano più romantici.” ribatté lei.
Il sorriso di Jace si fece malizioso. “Sei sicura?” sussurrò.
Prima che potesse rispondere Jace la baciò.
Fu un bacio lungo, in cui Jace finalmente riuscì a scacciare tutti i sentimenti che lo avevano accompagnato nel viaggio: la disperazione e la rabbia di non averla protetta; la paura di averla persa o di non aver fatto in tempo; la tensione di tutto il viaggio; e anche il disagio di scoprire quanto era dipendente da lei.
Jace finalmente si sentiva leggero, ora che Clary era con lui, tra le sue braccia. Se la strinse a sé come se volessero strappargliela via, la sentì gemere, ma non dal dolore. Il ragazzo sentì la passione in lui come un fuoco che saliva, e saliva. Le passò una mano nei capelli, i suoi bellissimi capelli, e avvicinò ancora di più i loro visi. Jace si sentiva come se da un momento all’altro sarebbe scoppiato di felicità. 
Le era mancata così tanto, voleva sentirla il più vicino possibile, dopo tutta l’attesa e l’angoscia che aveva provato.
Ma lei si scostò rompendo il bacio. Lui la guardò confuso. Clary era arrossita e col fiatone, le labbra erano gonfie per i baci e tirate su in un sorriso appena accennato, i capelli un po’ arruffati dove lui vi aveva immerso la mano, e gli occhi erano lucidi e brillavano come smeraldi. Era bellissima.
“Cosa…?” cominciò lui, ma Clary lo interruppe poggiando la sua bocca su quella di lui, in un bacio lieve come una carezza.
“Mi sei mancato tanto.” sussurrò lei contro le sue labbra. “Avevo così tanta paura, paura che quella runa non fosse sufficiente a proteggerti. Che saresti potuto morire, o che non saresti più tornato da me.”
Jace la strinse forte a sé, e lei appoggiò la testa sul suo petto chiudendo gli occhi. La sentì rilassarsi contro di sé.
“Tornerò sempre da te.” sussurrò lui.
“Jace…” la sentì mormorare, poi sentì le sue gambe cedere.
Jace la prese in braccio e la riportò nel letto della sua stanza, dove si stese accanto a lei.
Mezza addormentata Clary si rannicchiò contro di lui. Jace la attirò più vicino a sé, la sua testa rossa si appoggiò nell’incavo della sua gola.
“Jace” mormorò Clary.
“Mmm?”
“In romanticismo ti superano.”
Jace ridacchiò. “Oh staremo a vedere. Se mi impegno posso essere il migliore in qualsiasi cosa, te lo sei dimenticato?”
La sentì borbottare qualcosa, per poi rilassarsi contro di lui.
Il ragazzo, ancora con un sorriso sulle labbra si addormentò.
E finalmente Jace riuscì a dormire profondamente e senza alcuna preoccupazione, stretto tra le braccia di Clary.




E siamo alla fine! Finalmente Jace e Clary si sono ricongiunti, e sono felici. Ora vorrei un po' di  
ATTENZIONE
Sto scrivendo un capitolo extra JacexClary, naturalmente con lei che prima si ricongiunge con gli altri. Ma vorrei sapere quanti di voi vorrebbero che le scene tra i due angioletti siano di un raiting più alto, (tipo arancione o rosso) o se lo volete lasciare basso. (verde o giallo)
Vorrei il vostro parere: volete un incontro più passionale o più dolce?
Chi vuole mi faccia sapere cosa vuole!

E con questa mi ritiro (^_^)
Ciao!
by A.D.
 




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