Le confusioni più grandi le procura il cuore. di POPster (/viewuser.php?uid=116873)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Well I Hope I'm Not Mistaken, By The News I Heard From Waking ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - You're Not In This Alone ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - One Drink And The Pain Goes Down ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Now, but I can't, and I don't know, how we're just two men... ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - I'm just the worst kind of guy to argue, for what you might find... ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - The Best Part Of Believe Is The Lie ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - It started out with a kiss, how did it end up like this? It was only a kiss... ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - ...tastes like you, only sweeter. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - We're All In Love Tonight ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - Can you see my eyes are shining bright? Cause I'm out here on the other side... ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 - Everything Happens For A Reason ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 - Karma Chameleon ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 - I'll never be good enough... and everytime I look inside your eyes, you make me wanna die... ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 - Merci Pour Le Venin ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 - Le Complicazioni Più Grandi Le Procura Il Cuore ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 - Untitled ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 - Like Pixie Dust ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 - How Could This Happen To Me? ***
Capitolo 19: *** Epilogo - So Why Don't You Blow Me A Kiss Before She Goes? ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 - Well I Hope I'm Not Mistaken, By The News I Heard From Waking ***
p.s.: è la prima FF Frerard che abbia mai scritto in vita mia. Forse è anche la prima FF sui MCR in generale.
Enjoy.
Capitolo 1
Liberi come eravamo ieri, dei centimetri di libri sotto i piedi, per tirare la maniglia della porta e andare fuori.
Erano circa le otto e mezzo del mattino. Il sole scaldava l'aria e Gerard aveva scelto di camminare dal lato della strada ombreggiato, con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni scuri e lo sguardo rivolto al suolo, mentre a passo svelto si incamminava verso il negozio di belle arti di Belleville.
Doveva comprare del materiale per dare alla luce l'ennesima opera ispirata dal sogno fatto la notte precedente. Si era alzato presto di proposito, ed in casa regnava il silenzio assoluto. Suo fratello Mikey stava approfittando degli ultimi giorni di vacanza prima della riapertura del liceo per dormire un pò, ed i suoi genitori erano andati a lavoro. Così si era infilato al volo un paio di pantaloni stropicciati, trovati sullo schienale di una sedia nell'angolo della sua camera, ed aveva deciso di uscire.
In strada non c'era troppa gente. Gli studenti in vacanza dormivano ancora, gli altri erano a lavoro, o all'università. Gerard era in quel periodo della sua vita in cui non sapeva ancora bene cosa dovesse farne di se stesso. Passava intere giornate e nottate chiuso in camera sua a scarabocchiare, dipingere, disegnare, scrivere e disegnare ancora un pò. Aveva iniziato a lavorare su un ennesimo fumetto, che però non aveva intenzione di far pubblicare. Più che altro lo faceva per il gusto personale di perdersi nella creatività, non per lavoro. Non che non gli sarebbe piaciuto, solo, non ci pensava.
Per arrivare da casa sua al negozio di belle arti dovette camminare un bel pò, ma era abituato a quella passeggiata, la faceva almeno un paio di volte al mese, o quando gli capitava di voler utilizzare qualche materiale nuovo e sperimentare nuovi metodi di disegno.
Quando arrivò davanti alla vetrina sorrise. Da lì, tra i vari poster e cartelli degli sconti, si intravedeva il caos che regnava all'interno, proprio come la sua cameretta. Tirò fuori una mano dalla tasca ed aprì la pesante porta in legno scuro.
Quando fu dentro, un odore misto di tappeto, antico, legno ed acetone lo travolse, e lui istintivamente chiuse gli occhi per sentirsi trasportare maggiormente.
Adorava quei profumi e quell'ambiente. Il padrone del negozio era un signore anziano, con i capelli bianchi ed un paio di occhiali spessi e squadrati.
Non appena lo vide lasciò stare gli scatoloni di vernici che stava sistemando sopra un espositore ed andò a salutarlo << Ciao Gerard! Stamattina ti sei svegliato presto, eh? >> fece.
Lui sorrise scrollando le spalle e guardandosi intorno. C'erano un mucchio di scatole imballate sparse per tutto il negozio, e si chiese come potesse farcela un anziano signore a sistemare tutto da solo.
In tal proposito, il proprietario del negozio indicò degli scatoloni << Vedi, devo ancora sistemare un pò di cose, solitamente non entra nessuno a quest'ora. Ho dei nuovi prodotti che vorrei mostrarti... >> disse. Era affezionato a Gerard, era il suo cliente migliore, e poi aveva davvero talento in ciò che faceva. Ci metteva il cuore, e questo si vedeva.
<< Le serve una mano? >> domandò il ragazzo, spostando una ciocca di capelli scuri da davanti i suoi occhi verdi.
Il signore rise << No, non preoccuparti. Perché non vai a prendere un caffè nel locale qui davanti mentre aspetti? Faccio in fretta... >> disse. Gerard accettò volentieri. Il caffè era sempre un'ottima idea.
Nel Cafè davanti al negozio di belle arti, Alex sorseggiava un tazzone di cappuccino seduta alla cassa chiedendosi perché mai dovesse lavorare a quell'ora del mattino quando tanto non entrava mai nessun cliente visti tutti gli Starbucks adiacenti. Erano gli ultimi giorni di vacanza e li avrebbe passati volentieri a... beh, dormire era già qualcosa. E in più Frank non faceva altro che cantare ogni canzone che passavano sul piccolo televisore all'angolo del bancone, sintonizzato su MTV, accompagnandosi con improvvisati colpi di batteria ricavati da due cucchiaini battuti con decisione e forza contro il bancone a ritmo. Vista la sbronza della sera precedente si chiedeva come potesse essere tanto attivo e pimpante quando lei voleva solo dormire. Con la testa sotto al cuscino, se possibile.
Ad ogni passante che attraversava la strada lui sorrideva esclamando << Ecco un cliente! >>, ma mai nessuno entrava dentro.
Alex aveva proposto ai suoi, i padroni del locale, di inventare qualcosa di nuovo per attirare la clientela, ma loro non le avevano dato retta, così passava le giornate chiusa lì ad annoiarsi in attesa di vendere almeno un muffin al giorno.
Quando anche l'ennesimo passante tirò dritto senza nemmeno guardare la vetrina, con in mano un bicchiere di Starbucks, Frank sbuffò facendo una smorfia << Facciamo una cosa, se entro mezz'ora non entra nemmeno un cliente, mettiamo il cartello "Chiuso" e ci mettiamo a fare cose sconce sul bancone! Che te ne pare? >> disse ridendo di gusto.
Aveva una risata magnetica, che ti faceva venir voglia di ridergli dietro. Ma Alex non aveva affatto voglia di ridere.
Frank scherzava sempre, e lei sperava sempre che dicesse sul serio.
Quando suo padre le disse che il suo compagno di scuola Frank Iero sarebbe diventato anche suo collega nel Cafè, provò quella strana sensazione che la colpiva al cuore e allo stomaco, la stessa che provava ogni volta che a scuola lasciava che Frank copiasse i suoi compiti per poi ringraziarla stampandole un bacio sulla guancia e cose del genere.
Ma Frank era fatto così, era espansivo con tutti, e non c'era la minima possibilità che dietro quei gesti si nascondesse un particolare interesse verso di lei, si diceva sempre.
Così in silenzio scrollò le spalle << Così se arriva mio padre ci stacca la testa dal collo, a tutti e due... >> mugugnò fingendo una risatina.
Poi, come per miracolo, la porta del locale si aprì. Al suono cigolante entrambi si voltarono a guardare in direzione dell'entrata.
Era un ragazzo moro, con i capelli arruffati e gli occhi piccoli e color nocciola. Indossava una maglietta scura e dei pantaloni neri e stropicciati, e sorrise visibilmente imbarazzato quando notò che tutti - ovvero Alex e Frank - i presenti lo fissavano.
<< Salve... >> disse, avvicinandosi alla cassa.
Alex posò il bicchiere di cappuccino e si sistemò i capelli neri sulle spalle.
<< Buongiorno! >> esclamò.
<< Vorrei un caffè. Doppio. Grazie... >> mugugnò lui, guardando Frank, un tipetto basso, con i capelli tagliati in una specie di cresta nera, dai lati tinti di rosso, che finiva in una lunga frangia al lato del suo volto sorridente ed allegro, che era scattato inpiedi e si era messo al lavoro trafficando con la macchina per il caffè.
Pagò con le monete che aveva in tasca e prese il suo caffè, poi si mise, sotto lo sguardo stupito di entrambi Alex e Frank, seduto ad un tavolo accanto alla vetrina.
<< Wow. Un cliente. >> mormorò Alex contenta, avvicinandosi a Frank, che aveva ripreso a battere i cucchiaini sul bancone al ritmo dell'ennesima canzone.
Lui fece una smorfia << E' destino, niente cose sconce, io e te... >> disse sorridendo malizioso. Alex lo colpì alla testa con uno schiaffo << E smettila di fare l'idiota! >> lo rimproverò, sedendosi accanto a lui.
Quello che accadde dopo, sembrò la scena di un film. Mentre Frank canticchiava un'altro pezzo, uno schianto si udì, così vicino e così lontano al tempo stesso. Era un rumore forte, che lasciò i tre senza parole. Si guardavano in silenzio, senza capire da dove provenisse. Ovviamente, non da dentro il negozio.
Come automaticamente, Frank ed Alex scavalcarono il bancone, quando videro l'espressione pietrificata del cliente seduto accanto alla vetrina, gli occhi puntati sul cielo lì fuori.
Senza preoccuparsi di schiacciarlo, sporserò la testa sulla vetrata e rimasero senza parole. Non sapevano davvero cosa dire. Non avevano idea di cosa stesse accadendo. L'unica cosa certa erano le persone che erano scese in strada, tutti con gli occhi puntato sull'orizzonte, dove un'enorme nuvola di fumo scuro si faceva sempre più larga. Sempre più spessa. E dopo qualche secondo di silenzio assoluto, dalla strada cominciarono a provenire delle urla di panico e terrore.
Gerard cominciò a tremare. Quando ci fu un altro schianto, scattò sulla sedia. Non riusciva a distogliere lo sguardo, e allo stesso tempo non voleva guardare. Immediatamente, puntò gli occhi sul televisore sul bancone. Era partita un'edizione speciale del notiziario. La voce della giornalista che presentava la notizia era agitata e tremante. Frank ed Alex avevano inizato a parlare, anche loro presi dal panico, si parlavano addosso senza dire nulla di sensato, e Gerard gli fece cenno di smettere, agitando una mano in aria << Zitti un attimo! >> esclamò, puntando il televisore.
Frank corse ad alzare il volume.
Alex corse fuori.
Era come un film. Uno di quei film di guerra e fantascienza e stragi. Solo che era tutto fottutamente vero.
La gente urlava, piangeva, provava a contattare qualcuno al cellulare.
Lei fissava tutti in silenzio, mentre senza rendersene conto le lacrime avevano iniziato a scorrerle lungo il viso.
I suoi genitori. Era lì che dovevano andare. Era per quello che lei e Frank avevano dovuto aprire il locale al posto loro.
Alex non aveva nemmeno la forza di parlare.
Nessuno riusciva a dire niente. Eppure a Frank venne quasi istintivo abbracciare Gerard. Anche se era semplicemente un cliente che si era trovato lì per caso. Condividevano lo stesso stato d'animo di confusione e paura.
Si sentiva inutile e misero, ora, ecco cos'era.
Il Paese era stato attaccato, ed era tutto vero, e non c'era nulla che potesse fare.
Gerard, da parte sua, strinse le braccia intorno al ragazzo. Non importava che non lo conoscesse. Sentiva che provavano lo stesso sentimento di impotenza e paura. Lo provavano tutti. In quell'abbraccio però entrambi trovarono un lieve conforto.
Il padrone del negozio di belle arti finalmente si accorse di Alex, che era in piedi, immobile, con gli occhi in lacrime persi nel vuoto, e corse da lei.
<< Alex, hey, stai bene? >> le domandò, mettendosi di fronte alla ragazza, che continuava a guardare il nulla.
<< I miei... >> mugugnò tremando.
Un'espressione di paura attraversò il volto dell'anziano. Conosceva Alex ed i suoi genitori da una vita ormai, e tirò fuori il cellulare << Ora li chiamiamo e gli diciamo di venire qui, ok? >>.
Alex scosse la testa <> disse singhiozzando << Loro... Sono lì! >>.
Frank e Gerard slacciarono l'abbraccio e si guardarono a lungo in silenzio. Certo, non c'era nulla da dire.
Alla televisione il notiziario mandava a ripetizione le immagini degli aerei che si erano schiantati contro le Torri Gemelle, e Frank e Gerard le fissarono provando una strana sensazione al cuore.
<< Frank! Corri! >>.
Il ragazzo alzò lo sguardo in direzione dell'entrata del locale. Alex era lì tremante, sorretta dal proprietario del negozio di fronte. Gli occhi erano gonfi e rossi e le guance rigate da lacrime e mascara colato.
<< Che succede? >> chiese preoccupato fiondandosi da loro. Gerard fece lo stesso.
Il signore guardò entrambi << I suoi genitori. Non capisco. Sai dove sono? >> domandò titubante. Aveva capito, ma non voleva crederci.
Frank impallidì << Sono... cazzo... >> borbottò, abbracciando Alex.
Gerard sentiva le lacrime formarsi negli occhi. La visione di quella ragazzina tremante ed impaurita a morte era troppo triste. Anche lui sentì l'istinto di abbracciarla.
I tre restarono così per dei lunghi minuti.
Quell'abbraccio, Gerard lo sentiva, era l'inizio di qualcosa, nato dalla fine di qualcos'altro. Era ridicolo, ma lo sentiva, aveva una strana sensazione. Guardò i due. Erano due ragazzini. Probabilmente erano anche dei compagni di scuola del suo fratellino Mikey. Istintivamente, così come era per suo fratello, sentì il bisogno ed il dovere di proteggerli.
Pensò che se fosse stato da solo, a vedere le immagini dell'attentato, avrebbe pianto come un bambino, fino ad addormentarsi, nella speranza che al suo risveglio potesse accorgersi che era solo un brutto sogno.
Quel ragazzo invece, con quell'aria sveglia e quello sguardo sincero e profondo, gli era stato accanto, provando le sue stesse emozioni confuse. E finalmente, per una volta, aveva sentito di poter condividere qualcosa con qualcuno. Per quanto triste fosse.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 - You're Not In This Alone ***
Capitolo 2 - You're Not In This Alone
And if the world needs something better, let's give them one more reason now
Quello che Gerard provava era qualcosa di indescrivibile. Era sempre stato bravo con le parole, sapeva giocarci bene, ma in quel momento non riusciva a trovarne una che potesse esprimere il suo stato d'animo. Era un misto di tristezza, impotenza, delusione, rabbia e paura. E tutte queste sensazioni aumentavano ogni minuto di più, mentre osservava Alex. Non aveva detto una parola, eccetto "Mamma" o "Papà", tra un singhiozzo e l'altro.
Lui, Frank e il proprietario del negozio di Belle Arti avevano deciso di accompagnarla a cercare i suoi, e sembrava una buonissima idea, finché non riuscirono a parlare con degli agenti di polizia, che erano troppo indaffarati a cercare di capire cosa stava accadendo e come dovevano comportarsi per dar retta a loro quattro. E la cosa più triste, era che non c'era solo Alex, lì, a cercare i suoi genitori. C'era un'infinità di persone, tutti disperati allo stesso modo, tutti ugualmente impauriti. Donne e bambini, uomini, signori e giovani. Tutti avevano perso qualcuno, tutti volevano ritrovare qualcuno. Gerard si rese conto, lo vide nello sguardo dell'agente con cui parlarono, che molto probabilmente, non molti di loro avrebbero potuto trarre un respiro di sollievo. Molta gente non sarebbe tornata a casa. Molto probabilmente, molta gente non sarebbe stata nemmeno ritrovata.
Così si era fatta sera, e Gerard e Frank rimasero con Alex, mentre l'anziano dovette tornare a casa. Senza dire nulla si incamminarono di nuovo al Cafè. Gerard guardò l'ora sul display del cellulare. Forse sarebbe dovuto tornare a casa anche lui. Aveva avvertito i suoi che aveva da fare, che stava bene e tutto. Però aveva bisogno di respirare l'aria di casa sua, perché si stava rendendo conto che mentre lui voleva passare più tempo possibile fuori casa per starsene tranquillo e lontano dai suoi e da suo fratello, qualcuno non aveva più nessuno, ora. Era stato stupido.
Doveva ringraziare il cielo per tutto ciò che aveva e che poteva avere ancora. Aveva dato per scontato molte cose, come fanno la maggior parte delle persone che conosceva. E invece in una manciata di minuti poteva cambiare tutto. «Forse dovremmo tornarcene a casa. Hanno detto che appena avranno notizie ti chiameranno...» disse, spostando i capelli dagli occhi.
Frank si voltò a guardarlo «Se devi andare vai. Ti ringrazio per esserci stato vicino.» disse accennando un sorriso, guardando Gerard negli occhi «Però io rimango con lei, non posso certo abbandonarla ora...» mormorò.
«Giusto... Beh, allora potreste...» ci pensò un pò, poi scrollò le spalle «Potreste venire a casa mia, così se dovessero chiamare, siamo insieme... Non dovete affrontare tutta questa situazione da soli...» spiegò. Avrebbe voluto aggiungere che ora si sentiva parte di loro, perché le emozioni che avevano condiviso in quella giornata lo avevano toccato nel profondo, molto di più di quanto avesse condiviso con molti suoi amici in anni di conoscenza. Però non voleva suonare banale o stupido.
L'altro sorrise, contento di sentire quelle parole. Guardò Alex, che aveva l'aria stanca. «Credo sia un'ottima idea...» disse.
Quando Gerard fece strada fino a casa sua, Frank realizzò di essere già stato lì almeno un paio di volte. Lo guardò bene. In tutta la confusione della giornata non avevano certo avuto tempo per presentarsi per bene o chiacchierare di loro. Ora però riusciva a riconoscere dei lineamenti vagamente familiari, in un certo senso. Fu più chiaro quando lesse il cognome sul campanello. Way.
Ecco chi era! Il fratello maggiore di Mikey Way, il ragazzo occhialuto che andava in classe loro. Era stato a casa sua un paio di volte nel corso degli anni di liceo, per studiare Biologia e Matematica, in cui Frank era una capra e Mikey andava alla grande.
Ad accoglierli fu Donna, la madre di Mikey e Gerard, che corse incontro a suo figlio e lo abbracciò come se non lo vedesse da una vita.
Gerard slacciò l'abbraccio imbarazzato «Mi stai soffocando, mamma...» disse.
La signora si tranquillizzò e guardò gli altri due «Che succede?» chiese preoccupata.
Mentre Frank spiegò la situazione a Donna, chiusi in cucina, Gerard fece stendere Alex sul suo letto, imbarazzato dal caos che c'era lì dentro. Raramente ci faceva entrare qualcuno.
Le accarezzò i capelli per un pò, finché la ragazza finalmente si addormentò.
Quando tornò in cucina, sua madre, Frank e suo fratello erano seduti a tavola, nessuno di loro aveva appetito e si sforzarono di mangiare qualcosa.
«Certo che potevate chiamarmi. Sarei venuto a darvi una mano...» borbottò Mikey che aveva passato la giornata a guardare il notiziario in attesa del ritorno a casa di suo fratello.
Gerard lo fulminò con lo sguardo «Non siamo mica andati a fare una scampagnata, idiota. Che facevi, scavavi tra le macerie?».
«Calmatevi.» si intromise Donna «Che farà ora Alex se i suoi genitori sono davvero...» non riuscì a finire la frase.
«Come siete pessimisti. Magari non gli è successo niente...» mugugnò Mikey masticando una forchettata di lasagna.
«Si, e se stessero bene perché mai non dovrebbero chiamarla per farla stare tranquilla?» sbuffò Gerard spazientito. A volte pensava che suo fratello viveva in un mondo tutto suo.
«Non lo so. Per quanto ne so io, a parte i suoi genitori qui non ha nessun'altro...» mormorò Frank pensieroso. Era proprio una situazione del cavolo, e non c'era niente che potesse fare.
Donna sospirò «Proprio nessuno? Forse dovremmo chiamare degli assistenti sociali...» propose.
«In quale modo potrebbero aiutare, eh?» disse con una smorfia Gerard «Magari la sistemano chissà dove con un gruppo infinito di altri ragazzini che non sanno se i genitori sono morti in quell'attentato. O magari no, potrebberlo anche essere troppo impegnati per darle retta. Non è mica una bambina, non ne ha bisogno davvero.» protestò.
Frank si morse il labbro «E poi c'è anche il Cafè. E' la loro unica fonte di guadagno, e faceva pena già prima. Se non ci bada nessuno ad Alex non resterà davvero nulla...» mormorò pensoso.
Donna scrollò le spalle «Vedi, per questo dobbiamo chiamare qualcuno che le dia una mano!» disse insistente.
Gerard si alzò dal suo posto con uno scatto «Non è così! Possiamo aiutarla noi! Non dobbiamo per forza lavarcene le mani e lasciarla in balia di chissà chi, e con chissà quale autorita!».
«Beh, comunque dovrebbe decidere lei.» ribattè Donna.
«Oh, certo, però glielo dici tu che vuoi abbandonarla quando già non ha più nessuno e noi siamo gli unici che possono starle davvero accanto, perché vogliamo farlo, e non perché dobbiamo!».
Sua madre sorrise. Era orgoglioso di suo figlio. Lo aveva sentito piangere da bambino, quando i compagni di scuola lo prendevano in giro e lo chiamavano "strano", o si facevano grandi a suo discapito, e quando tornava a casa si chiudeva in camera sua a sfogarsi, trasferendo su carta tutto il suo dispiacere e la sua sofferenza. E crescendo era diventato più forte, ed aveva imparato ad amare gli altri nonostante tutto. Lui non odiava nessuno, nemmeno chi lo aveva trattato nel peggiore dei modi. Lui amava tutti, ed avrebbe dato anche il suo stesso cuore al prossimo, se necessario.
«Ok, quindi cosa dovremmo fare?» domandò.
Frank e Mikey, proprio come lei, guardarono Gerard in attesa di una risposta.
«Potremmo dirle di stare qui con noi, finché non accadrà qualcosa, finché non sarà lucida abbastanza per decidere da sola. E sopratutto, finché non l'avremo aiutata a superare tutto questo, se possibile, e potrà camminare da sola...» spiegò.
«Potremmo continuare a lavorare al Cafè. Non può certo gestirlo da sola, ora che ricomincia anche la scuola...» aggiunse Frank sorridente. Era un'ottima idea. Si sarebbero presi cura loro di Alex. Era il minimo che potesse fare per ricambiare tutto ciò che avevano fatto i suoi genitori e lei stessa per lui.
Gli avevano dato un lavoro col quale aveva potuto comprare le sue prime chitarre e il necessario per suonare col suo gruppo, e sopratutto erano stati sempre molto carini con lui, lo avevano fatto sentire parte della famiglia, ed Alex lo divertiva, lo aiutava a studiare e gli rendeva le giornate più allegre.
Quando finirono di cenare Gerard, Frank e Mikey si trasferirono nel salotto. Frank si fermò a guardare una chitarra acustica nell'angolo della stanza.
«Chi è che suona la chitarra?» chiese prendendola in mano. Toccò le corde e gli venne voglia di suonarla. Aveva la musica nelle vene, non c'era sensazione più bella che suonare e trasferire ogni emozione nelle note prodotte da una chitarra.
Gerard alzò la mano imbarazzato. In realtà non era un granché, sapeva suonare qualcosa ma niente di speciale. Sapeva che Frank, lo aveva sentito parlarne con Mikey durante la cena, suonava in un gruppo abbastanza conosciuto nella zona.
«Davvero? Anche io!» fece l'altro, entusiasta, spostandosi i capelli dal viso «Posso suonarla?» chiese, mettendosi seduto sul divano, accanto a Gerard.
Era una domanda retorica, Frank aveva già iniziato a suonare qualcosa. Niente che Gerard avesse mai sentito in precedenza. Stava semplicemente creando qualcosa di nuovo, e di magico. Gli venne istintivo chiudere gli occhi, e come poggiò la nuca sul poggiatesta del divano, la mente si affollò di parole ed immagini di quella giornata. Lacrime, disperazione, confusione, e il fumo, il fuoco, le sirene delle ambulanze, le immagini del notiziario, la voce spezzata di Alex, l'abbraccio con Frank.
Era stato stupido a pensare di avere tanto tempo da sprecare. Era stupido pensare di poter sprecare una vita così. Doveva fare qualcosa. Doveva dare un senso a tutto. Non c'era tempo da perdere, si rese conto che da un momento all'altro la vita può scivolarti via, e tutto quello che avrai fatto sarà stato trascinarti nei giorni senza concludere assolutamente nulla. Essere vivi era un privilegio, era qualcosa per cui doveva ringraziare il cielo, e sopratutto, era l'occasione per poter dare qualcosa, per poter aiutare, per poter fare.
Non avrebbe più dato per scontato nulla.
Alex dormì tutta la notte, anche se il suo sonno fu irregolare e colmo di sogni fatti di scene paurose e tristi. Quando si svegliò aprì gli occhi di scatto, con la sensazione di essere in ritardo. Si tirò a sedere sul letto e si guardò intorno.
Dalla finestra il sole filtrava da uno spazio tra le tende tirate, illuminando a malapena la stanza. Era tutto scuro e c'era odore di chiuso. Sulle pareti c'erano un mucchio di disegni e quadri e sulle mensole c'erano gli action figure dei supereroi. Si alzò ed aprì la porta, quando riuscì a trovarla inciampando tra scarpe e vestiti gettati sul pavimento.
Sentì il rumore dei piatti nel lavandino, e per un attimo sorrise, sperando che ci fosse sua madre. Capitava spesso di svegliarsi dietro quel suono ed andare in cucina, dove sua madre stava sistemando dopo aver preparato una colazione abbondante che bastava almeno per metà Belleville.
Seguì quel suono ed andò in cucina. C'era una donna che non aveva mai visto prima, con dei lunghi capelli biondi, che lavava delle tazze nel lavandino.
Si voltò, come se avesse sentito la sua presenza, e le sorrise.
Ad Alex veniva da piangere, ma non ci riuscì. Le lacrime si erano stancate di scendere. Ed ora, la preoccupazione e la paura del giorno prima, si erano trasformate in rabbia e disperazione.
Avrebbe potuto uccidere qualcuno, se fosse servito a portarle i suoi genitori. Avrebbe venduto l'anima per raggiungerli, ovunque si trovassero, anche se erano morti. Sapeva che era così. L'avrebbero chiamata, l'avrebbero cercata ovunque, avrebbero mandato una squadra speciale a prelevarla se fosse stato necessario.
Guardò l'ora sull'orologio a parete, appeso accanto al frigorifero. Erano passare più di 24 ore. Fece un respiro profondo. E chiunque fosse quella donna, sentì il bisogno di abbracciarla.
«Questo pezzo è bellissimo!» disse Matt a Gerard, tutto contento, quando finalmente riuscirono a dar vita alla canzone che aveva avuto in mente Gerard per tutta la notte, o meglio, da quando aveva sentito Frank suonare.
«Dovremmo portarci ad un altro livello, sai? Suonare più live. E poi abbiamo bisogno di un chitarrista decente, io faccio pena...» disse Gerard guardando fuori dalla finestra della stanza adibita a sala prove a casa di Matt. I due avevano formato una band da qualche tempo, ma non era niente di speciale. Ora Gerard voleva fare sul serio.
«Beh, potremmo chiedere a quel tipo che era al Liceo con noi. Si chiama Ray, suona ogni tanto con degli amici... Potremmo andare a vederli suonare una di queste sere e proporglielo...» rispose.
Gerard ci pensò su. Era un'ottima idea. Aveva visto suonare Ray un paio di volte ed era rimasto stupito da tanta bravura. Era un chitarrista ottimo, e sperò che avrebbe accettato la proposta.
E suo fratello Mikey aveva imparato a suonare il basso, e si sarebbe volentieri unito al gruppo, lo aveva detto un sacco di volte.
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Grazie per le recenzioni, i commenti e tutto il resto.
XOXO
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 - One Drink And The Pain Goes Down ***
Capitolo 3
One Drink And The Pain Goes Down
«E mi raccomando, fate i bravi!» urlò Gerard mettendo la testa fuori dalla porta, salutando con la mano Alex e Mikey, che una di fianco all'altro si dirigevano verso scuola.
Era il primo giorno e nell'aria c'era qualcosa di diverso.
Alex passava le giornate in casa Way. In realtà, non aveva nemmeno più messo piede in casa sua. Aveva mandato Frank a prenderle dei vestiti e altra roba.
Però aveva anche smesso di scattare alla finestra al suono di una sirena della polizia, o di agitarsi quando sentiva squillare il telefono. Col passare dei giorni si era tranquillizzata. Era ridicolo sperare, si diceva.
Quando svoltarono l'angolo Alex dovette strattonare Mikey per un braccio.
«Che c'è?» chiese lui guardandola da dietro i suoi occhiali.
Alex alzò gli occhi al cielo «Andiamo di qui...» disse indicando una via stretta alla sua sinistra.
Mikey aggrottò le sopracciglia «Ma la scuola è da quest'altra parte... » puntualizzò.
Lei alzò gli occhi al cielo «Ma infatti io non voglio andare a scuola.» spiegò.
«Io si però!» si lagnò Mikey come un bambino.
«Ok, fa come vuoi. Ci vediamo oggi pomeriggio. E non dire niente a nessuno, ok?» fece lei, coprendosi la testa col cappuccio della felpa rossa che indossava.
Mikey sbuffò mormorando qualcosa «Non posso mica lasciarti andare da sola. Gerard mi uccide se viene a saperlo.» pensò, guardandosi alle spalle come se suo fratello potesse spuntar fuori da un momento all'altro.
«E se non glielo dico io, e non glielo dici tu, come può venire a saperlo, scusa?».
Mikey ci pensò un pò, poi sospirò «E dove andresti?» chiese rassegnato.
Lei scrollò le spalle «Non lo so, non importa. Non a scuola, sicuramente.».
«E posso stare tranquillo?»
Lei rise «Si, non voglio togliermi la vita, scavare nelle macerie, fare una seduta spiritica né niente del genere, giuro...» disse.
Lui non l'aveva mai vista ridere in realtà, e si sentì sollevato. Le disse di farsi trovare fuori scuola per l'orario di uscita perché probabilmente Gerard sarebbe andati a prenderli, e poi la salutò e si avvio verso il Liceo.
«Ehi!»
Mikey si voltò, e si ritrovò davanti a Frank, che indossava una t-shirt bianca ed un paio di jeans scoloriti.
«Buongiorno.» lo salutò, sperando che non si accorgesse che Alex-
Troppo tardi, l'altro si stava già guardando intorno «Dov'è? L'hai accompagnata in classe?» chiese.
Mikey cominciò a dare i primi segni di nervosismo. Cominciò a giocherellare con la zip della felpa che aveva indossato e rise istericamente immaginando qualcosa da dire, qualcosa di plausibile. Alex e Frank erano in classe insieme, non poteva dirgli "Si, la trovi lì". Certo che no.
Frank lo guardò con un sopracciglio sollevato ed aria incuriosita «Allora?».
«Ehm. Ok, senti, io le ho detto che era un'idea pessima e se Gee viene a saperlo mi uccide, però non potevo mica legarle una palla di piombo alla caviglia e costringerla a seguirmi!» disse sbuffando.
L'altro si schiarì la gola «Che significa?» chiese confuso.
«Quello che ho detto...» mormorò Mikey, abbassando lo sguardo.
Immaginava già la scenata che avrebbero fatto tutti, se ad Alex fosse accaduto qualcosa.
«E' andata a fare un giro da sola. Non voleva venire a scuola, ecco tutto...» chiarì.
Frank sospirò «Che cavolo, e dov'è andata?» chiese preoccupato.
Era ridicolo, si preoccupavano tutti come se fosse una bambina in fasce.
Mikey sbuffò alzando gli occhi al cielo «Non lo so, scusa ma non sono mica la sua guardia del corpo...» disse facendo una smorfia.
«Tranquillo. Vado a cercarla io.» disse l'altro, accennando un sorriso vago, prima di voltarsi ed andarsene.
Quando Alex fu davanti alla vetrina del Cafè fece un respiro profondo. Prese le chiavi della porta da dentro la tasca dei jeans ed aprì.
Era tutto in ordine, e c'era profumo di pulito.
Sapeva che Frank ci aveva passato parecchio tempo negli ultimi giorni, e gliene era grata.
Si diresse verso il bancone. Dall'altra parte c'era, appesa al muro, una foto di lei e Frank con indosso un grembiule verde con sopra il logo del Cafè, e sorrise. Accanto a quella, loro due erano con i suoi genitori. Sorrise anche a loro, come se potessero vederla.
Si sedette su uno sgabello e poggiò la testa sul bancone, con gli occhi chiusi. Provò ad immaginare che fine avrebbe fatto, ora. Doveva guidarsi da sola, e nonostante tutti le stessero dando una mano, prima o poi avrebbe dovuto prendere la sua strada, e la cosa la faceva rabbrividire. Finché c'erano i suoi, sapeva di poter contare sempre su di loro. Era come se avesse la coscienza di poter anche sbagliare, tanto loro l'avrebbero aiutata a rimediare ad ogni errore. Ora invece quel lusso non poteva permetterselo più. Ora doveva fare la persona matura, scegliere la strada giusta.
"Ok, iniziamo domani però..." pensò, alzandosi. Andò dietro al bancone ed aprì un'anta del mobile, quella dove suo padre teneva gli alcolici.
Solitamente prediligeva la birra ad ogni altro tipo di bevanda alcolica, ma per il momento andava bene anche del Bourbon.
Non aveva problemi con l'alcool, nè con la droga, nè niente del genere. Voleva solo provare quella sensazione di leggerezza che quelle sostanze ti potevano regalare. Non osava mai troppo, sapeva dire basta quando sentiva che stava per passare da leggermente sbronza a totalmente ubriaca, ma quel giorno non importava. Se fosse svenuta sarebbe stato anche meglio.
Aprì la bottiglia ed l'avvicinò alle labbra. L'odore forte le fece fare una smorfia. Poi chiuse gli occhi e bevve un sorso lunghissimo, che bruciò prima la gola, poi lo stomaco.
Le venne da tossire, ma si asciugò le labbra con la manica della felpa e poi riprese a bere.
«Ehi, Frank, come mai da queste parti?» chiese Gerard quando si trovò l'altro davanti alla porta d'entrata di casa. Guardò l'orologio, erano le 9 e in teoria avrebbe dovuto essere a scuola, non di certo a casa sua.
Frank si passò una mano tra i capelli cercando le parole giuste per dire all'amico che suo fratello aveva lasciato che Alex saltasse scuola senza sapere dove andasse.
«Uhm. Alex non è andata a scuola. E Mikey non sa dove sia.» fu il meglio che riuscì a tirar fuori.
Gerard deglutì «Tu che sei suo amico, ha mai parlato di suicidio o roba simile?» chiese a voce bassa.
Frank non riuscì a trattenere una risatina «Oh Cristo, no!» disse ridendo.
Aveva un bel sorriso, pensò Gerard. Lo aveva detto anche Alex, una sera, mentre stava per addormentarsi. Lui ed Alex dormivano insieme in camera sua. Lei però si era rifiutata di rubargli il letto, dicendo che le andava bene anche stare sul pavimento. Così parlavano molto prima di addormentarsi, ed Alex una sera gli chiese perché Frank negli ultimi giorni passasse a trovarla raramente. Gerard lo sapeva, ma era una sorpresa, così non disse nulla.
Stavano organizzando qualcosa di grande, che occupava a Frank tantissimo tempo. Però non voleva dirglielo. Ora che non si sapeva dove fosse, pensò che era stata una stronzata tenerla all'oscuro del loro progetto. Magari chissà, aveva pensato che anche Frank l'aveva abbandonata. Ma no, si disse, sapeva che non lo avrebbe fatto mai.
«Dove l'hai cercata fin ora?» domandò dopo un pò.
Frank fece una smorfia «Ehm. Beh. Ancora da nessuna parte in realtà. Ho pensato di venire a dirtelo, prima...» disse scrollando le spalle e sentendosi un pò stupido. Però aveva davvero pensato che Gerard avesse la situazione sotto controllo ogni volta, e quindi dovesse saperlo al più presto, e poi l'avrebbero cercata insieme, magari.
«Ah, ok. Allora, io vado a cercarla per strada. E tu vai al Cafè, ok?» disse, prendendo le chiavi della macchina e chiudendosi la porta di casa alle spalle.
Frank annuì, sentendosi ancora più stupido: se avesse pensato per primo di andare al Cafè, sicuramente l'avrebbe trovata lì ed avrebbe potuto evitare di far preoccupare Gerard.
Frank avvicinò la faccia alla vetrina del Cafè, coprendo il vetro con la mano per evitare che la luce riflettesse le immagini della strada dietro di lui. Guardò dentro e non vide nulla.
Poi saltò di scatto, spaventato, quando Alex spuntò dal nulla urlando «Buuu!», per poi scoppiare a ridere come un'idiota.
Frank entrò alla svelta nel locale «Ehi! Che ci fai qui?» chiese guardandola. Odorava di Whiskey e non la smetteva di ridere.
«Dovevi vedere che faccia!» disse lei tra le risa.
«Puzzi di alcool. Sei ubriaca? Sono le nove di mattina, Cristo!» la rimproverò Frank serio, scrollando la testa.
Lei fece una smorfia «Solo oggi, giuro! E comunque, chi non muore si rivede, eh!» fece, prima di ricominciare a ridere di gusto.
Lui non disse nulla, e lei si zittì.
«E ridi! E' una battuta, per dire che almeno tu non sei morto...» spiegò la ragazza sospirando «Che ci fai qui? E' da un pò che non ti fai vedere.».
Frank si sentì dispiaciuto e le carezzo i capelli «Ho avuto da fare. Sto cercando di sistemare questo posto...» spiegò guardandosi intorno. Era quasi tutto pronto, mancavano giusto un paio di cose da rivedere. «E non dovresti essere qui. E' una sorpresa, quindi ora andiamo...» continuò, mettendole un braccio intorno alle spalle e incamminandosi fuori.
Alex sorrise «Andiamo a casa tua?» chiese guardandolo negli occhi. Lui rise «Si, così la prossima bottiglia di Bourbon te la bevi insieme a mio padre...».
Anche lei rise, ma poi mise il broncio «Gerard è un bravo ragazzo. E anche Mikey, però non è molto sveglio. Però, tu non ci sei mai...» mormorò.
«Ancora per poco, ok? E' una sorpresa. Stiamo organizzando una cosa grandiosa.»
«Non è che mi lasci dagli Way e te ne vai?» chiese lei sospettosa.
«Non lo farei mai.» disse Frank deciso e serio. Alex gli regalò uno dei sorrisi più sinceri che avesse mostrato negli ultimi giorni.
«Sei proprio carino, lo sai?» disse dopo un pò.
Frank rise «Si, me lo dicono tutti...».
«No, dico sul serio. E la sai una cosa?».
Lui la guardò con un sopracciglio alzato, in attesa che continuasse.
«...beh... se te lo dico però poi devi dimenticarlo, ok? Perché te lo dico solo perché sono ubriaca, non perché te lo avrei voluto dire, prima o poi.».
«Allora non dirmelo, quella ubriaca sei tu, mica io. Tu lo dimenticherai ed io no.» rispose Frank scuotendo la testa.
«Quanto sei stupido! Bastava dire di si, tanto domani l'avrò dimenticato. Comunque, sul serio, lo sai che quando mi sorridi mi viene un tuffo al cuore? Sembra proprio una di quelle cose tipo... com'è che si dice...» fece Alex, facendo arrossire Frank.
«Ok, smettila di chiacchierare ora. Andiamo da Gerard. Anzi, se mi dai il cellulare gentilmente, lo chiamo e gli dico di smetterla di cercarti in giro per Belleville...» disse imbarazzato cambiando totalmente discorso.
«Ah, come ti pare, puoi anche dirlo "Alex, lascia perdere, fai pena ed ora come se non bastasse sei anche orfana, se vai a pregare in qualche chiesa Gesù ti sputa in un occhio dalla croce...".» fece lei accennando una risatina nervosa.
Frank scoppiò a ridere «Stai fuori. Però hai un modo troppo divertente di esprimerti, ti farò ubriacare più spesso...» disse.
Quando arrivarono a casa Way, Gerard gli corse incontro. Abbracciò Alex proprio come aveva fatto sua madre quando era tornato a casa la sera dell'attentato.
Poi la scansò con una smorfia sul viso «Hai bevuto?».
Frank lo guardò ed annuì «Si, e dice un sacco di cose stupide, ma non darle retta...» disse ridendo. Alex gli diede uno schiaffo sulla testa «Tu dici cose stupide anche da lucido!».
Entrarono in casa e si sedettero sul divano, Alex tra Frank e Gerard.
«Non dovete preoccuparvi. Da domani faccio la brava ragazza. Prometto. Però oggi ubriachiamoci tutti!» disse lei ridendo.
«L'abbiamo persa, non è vero?» chiese Gerard a Frank.
Lui scrollò le spalle «Forse si. Però se promette che domani farà la brava, potremmo anche festeggiare il suo ultimo giorno di stupidita!» propose, alzandosi.
Nella vetrina accanto al caminetto, nel salotto, c'erano un'infinità di alcolici assolutamente off limits per Mikey e Gerard. Frank non chiese nemmeno il permesso, l'aprì e tirò fuori dei bicchieri e un paio di bottiglie.
Gerard lo guardò con un'espressione di disaccordo sul volto «Non mi pare il caso...» disse.
«E dai! Mica dobbiamo diventare degli alcolizzati!» rise Frank, seguito da Alex, che lo raggiunse e prese una delle bottiglie che aveva in mano.
Gerard sospirò e si unì ai due.
Bevvero così tanto che alla fine si stesero sul tappeto del salotto, a fissare il soffitto. Quando riuscirono a smetterla di dire stupidaggini era già ora di pranzo. Alex stava stringendo la mano di Gerard, ed aveva posato la testa sul petto di Frank.
Era un bel momento, nonostante fossero completamente andati e puzzassero come una distilleria.
«...grazie di tutto.» mormorò dopo una manciata di minuti di silenzio Alex.
Frank le diede un bacio sulla testa, e Gerard le strinse la mano.
«Non devi ringraziarci.» mormorò Gerard.
«Potremmo farci una di quelle promesse stile film per ragazzini o roba simile, tipo “Non ci lasceremo mai”...» disse Alex sorridendo. Gerard annuì.
Frank fece una risatina «O potremmo fare una cosa a tre, stile film vietato ai ragazzini!» disse ridendo.
Entrambi Alex e Gerard si alzarono a guardarlo imbarazzati.
«...ecco come rovinare un momento di poesia...» sospirò Gee sorridendo.
Quando Mikey vide Gerard parcheggiare l'auto fuori la scuola cominciò a sudare nervoso. Non aveva idea di dove fosse Alex, se fosse ancora viva o meno, per quanto ne sapeva poteva anche essere stata rapita dagli alieni o roba simile. Si schiarì la gola, pensando a cosa dire.
«Ciao. Dov'è Alex?» chiese il fratello più grande, cercando di non ridere, scendendo dall'auto quando Mikey si avvicinò.
«Ehm... beh... doveva... si, insomma, doveva fare un corso di recupero...» disse lui, guardando il suolo.
Gerard si schiarì la gola «Si? Il primo giorno di scuola e già deve recuperare?» chiese, sollevando un sopracciglio.
«Si. Cioè, no, forse ho capito male...» rispose l'altro guardandosi intorno. Sperava che Alex sbucasse fuori da un momento all'altro. Le aveva detto di farsi trovare fuori scuola, per lo meno!
«Eh si, credo di si...» mormorò Gerard.
Mikey fece una smorfia storcendo il naso «Perché puzzi di alcool?» domandò sospettoso. Guardò suo fratello negli occhi.
«Dov'è Alex insomma?» cambiò discorso lui.
Quando Mikey stava per arrendersi e confessare, Alex e Frank cominciarono a ridere rumorosamente tirandosi su dai sedili posteriori della macchina.
«Sei proprio un idiota!» fece Frank indicando Mikey e continuando a ridere. Gee li seguì a ruota.
«Siete ubriachi tutti e tre?» domandò lui mettendo il broncio.
Così lui era l'unico ad aver passato una giornata nella noia più assoluta, mentre quei tre se la stavano spassando alle sue spalle.
«Nah, eravamo ubriachi fino ad un paio di ore fa. Poi Donna è tornata a casa e insomma, ci ha dato una cosa strana e disgustosa da bere ed è passato tutto... quasi...» spiegò Alex sorridente «Comunque resta il fatto che non sei in grado di mentire. Che adolescente sei se non sai dire una cazzata?».
Lui sbuffò entrando in macchina «Smettetela. Fate pena...» borbottò.
Il locale era affollato, e Matt dovette spintonare un paio di persone per potersi aprire la strada verso il tavolo in cui era seduto Ray con i suoi amici. Lo riconobbe subito: aveva un'infinita chioma di capelli ricci che gli incorniciava la testa. Portava i capelli così da sempre, per quanto ne sapeva.
Lo salutò e si mise seduto accanto a lui. Gerard restò in piedi.
Ray aveva appena finito di suonare coi suoi amici ed era sudato e fomentato.
«Ciao ragazzi! E' una vita che non ci vediamo!» disse guardando prima uno poi l'altro. A Gerard non andava tanto di chiacchierare, voleva arrivare subito al dunque. Sentiva che lui era il chitarrista giusto, quello di cui avevano bisogno.
«Sai, sei fantastico!» disse emozionato «Non ho mai conosciuto un chitarrista migliore di te! E sai, noi stiamo mettendo su una band, cioè, vorremmo fare una cosa un po' più seria, ed avevamo pensato che se ti va, non so, potresti unirti a noi, sarebbe grandioso. Cioè, anche solo per passare un po' di tempo insieme e divertirci suonando, sai...» spiegò.
Ray sorrise annuendo «Si, certo, mi farebbe piacere... ditemi quando e dove provate, così vi raggiungo e suoniamo qualcosa insieme, ok?» disse contento.
Si sentiva lusingato, e quel Gerard gli ispirava fiducia. Sentì che aveva ragione, sarebbe stato grandioso, proprio come aveva detto.
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Di nuovo, grazie per i commenti e le recensioni. Sul serio. Much Love! <3
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 - Now, but I can't, and I don't know, how we're just two men... ***
Capitolo 4
Now, but I can't, and
I don't know, how we're just to men...
Alex camminava cercando
di tenersi in equilibrio e di non andare a sbattere addosso a qualche muro. Una
mano gliela stava tenendo Frank, l'altra la passava sul muro di fianco a lei per
farsi strada.
C'era un caos tremendo, aveva sbattuto addosso ad
un paio di persone e c'era un mix di voci ed odori che non riusciva a
distinguere. Sperò di non perdere mai la vista, perché già andare in giro per un
quarto d'ora con una benda sugli occhi era straziante.
Non aveva idea di cosa l'aspettasse, sapeva solo
che non poteva togliere la benda finché non le avesse dato il permesso Frank,
che ogni tanto ripeteva «Ci siamo quasi!».
Non vedeva l'ora di poter vedere cosa stesse
succedendo, perché non era né il suo compleanno né niente del genere, eppure
c'era tutta l'atmosfera di una festa a sorpresa.
«Ok, ora ti tolgo la benda dagli occhi...» le
sussurrò Frank all'orecchio, facendola fermare.
Sentiva la presenza di un mucchio di gente
intorno a lei, e forse qualche voce le suonava familiare.
Quando la benda nera scivolò via, ci
impiegò un paio di secondi per mettere a fuoco lo scenario, ed un brivido le
percorse la schiena, mentre un sorriso le si ingrandiva sulle labbra.
Erano al Cafè, ma a differenza del
solito, il locale era così colmo di gente che quasi le mancava il respiro. Erano
mesi che non c'erano tutte quelle persone lì dentro nello stesso momento.
E poi, la parte più bella. Avevano
sistemato in un angolo gli strumenti della band di Gerard, e lui era lì che la
salutò con un sorriso ed un cenno della mano.
Era la loro prima serata con il nuovo
chitarrista, Ray, e con Mikey al basso. Erano tutti emozionati, e finalmente
iniziarono a suonare, mentre Donna e suo marito, ed i genitori di Frank, ed un
paio di vicini di casa fin troppo gentili erano al bancone del locale e a
servire ai tavoli.
«Wow. Che succede?» chiese Alex
stupidamente. Perché era ovvio che era a questo che Frank stava lavorando
ultimamente. Aveva risistemato il locale ed ora c'era una folla assurda che
ordinava le consumazioni, ballavano e cantavano e saltavano e si divertivano.
Frank sorrise «Resuscitiamo questo posto...» disse scrollando le spalle, come
fosse la cosa più normale del mondo che un quasi diciottenne potesse prendere un
locale nemmeno suo e rivoluzionarlo per aiutare un'amica. Era più che normale
per Frank, comunque.
Lei aveva le lacrime agli occhi. Era
stupendo, era grandioso, era quasi un sogno, e si preoccupò di non poter mai
ricambiare per tutto ciò che tutti stavano facendo per lei.
Frank la guardò e l'abbracciò, come se
stesse leggendo i suoi pensieri «Tranquilla, ci stiamo divertendo, ci piace
prenderci cura di te. E poi, a noi piace suonare, a te serve questo Cafè,
quindi... uniamo l'utile al dilettevole!» rise.
«Beh, è la cosa più bella che qualcuno abbia mai
fatto per me...» mormorò lei, con gli occhi lucidi.
«Lo so, siamo unici e speciali, puoi dirlo...»
rise Frank, poi la trascinò al bancone e prese due birre «Ora però andiamo a
scatenarci. Dopo suono anche io, col mio gruppo. Ma per ora ascoltiamo loro.
Sono grandiosi, non trovi?».
La
serata finì così tardi che era già quasi mattina. Il locale finalmente si era
svuotato, e Donna disse ad Alex che il giorno dopo ci avrebbe pensato lei a
sistemare, e che per quella sera doveva solo continuare a divertirsi.
Gerard e Mikey erano seduti sul pavimento,
in un angolo del Cafè; Ray stava ancora strimpellando la sua chitarra, come se
la notte fosse ancora giovane, e Frank e Matt stavano bevendo un'altra birra, ma
erano andati già da un pò.
Alex li guardò, tutti e cinque. Erano una
famiglia, o ciò che si avvicinava di più ad essa.
«Le canzoni che avete suonato oggi erano
fantastiche!» esclamò raggiungendo Gerard e sedendosi accanto a lui.
Mikey annuì «Assolutamente! C'era la
magia, vero? C'era la magia e la poesia e-»
Frank scoppiò a ridere «Si, e gli
unicorni, Mikey, c'erano anche gli unicorni!» lo derise scherzosamente.
Lui fece una smorfia «Si, anche gli
unicorni, ok?!» sbuffò.
«Beh, dovreste trovare un nome per la band.
Non è che potete chiamarvi "la band di Gee, e Mikey, e Matt, ed ora anche
Ray"...» fece notare Alex.
«Si, hai ragione...» mormorò Gerard «Qualche
idea?» chiese guardando i suoi amici uno ad uno. Matt era troppo ubriaco, Ray
scrollò le spalle continuando a giocherellare col suo strumento, e Mikey sorrise
soddisfatto.
«Chemical Romance!» esordì «Che ne dite?».
Gerard alzò la mano sorridente, per battere
il cinque con suo fratello «Mi piace! My Chemical Romance!» ripetè.
Il nome andò bene a tutti.
Frank si alzò e sollevò l'ennesima
bottiglia di birra «Un brindisi ai My Chemical Romance allora! Cazzo, siete
troppo forti ed io sono il vostro fan numero uno, dannazione!» disse, prima di
mandar giù il contenuto della bottiglia tutto d'un fiato.
Gerard sospirò. Quel ragazzo beveva davvero
troppo, ed ogni occasione era quella giusta per fare un brindisi. Lui non
riusciva a tenere il passo, dopo un paio di birre era bello che ubriaco, mentre
Frank prima di arrivare a quel punto poteva scolarsi una cassa intera da solo.
Però quella sera non era il caso di fare storie,
era un giorno da festeggiare, era un giorno importante. Prese una birra anche
lui, come tutti gli altri, e brindarono.
«Et voilà!» sorrise Frank
tenendo in alto una t-shirt nera per mostrarla agli amici. C'era stampato sopra
il logo dei My Chemical Romance, e ne aveva regalate un pò in giro nella sua
scuola.
Gerard e Mikey la guardarono emozionati. Era
bellissima.
«Wow! Sono grandiose!» esclamò Mikey rovistando nello
scatolone che Frank aveva portato, nel bagagliaio della sua macchina.
Da qualche giorno il gruppo aveva creato un sito web
dove Ray aveva pubblicato un paio di canzoni che avevano registrato a casa di
Matt, dove avevano sistemato una sottospecie di studio. Suonavano così bene che
anche se la qualità dei pezzi non era delle migliori, le canzoni erano state
scaricate da parecchia gente e sia Frank che Mikey avevano sentito un paio di
compagni di scuola canticchiarle nei corridoi col lettore MP3 alle orecchie. Non
potevano che esserne soddisfatti.
Ora Frank aveva deciso di far stampare delle magliette.
Qualsiasi cosa per pubblicizzare il gruppo. Si era anche impegnato a trovargli
un buco di mezz'ora nello stesso locale dove lui avrebbe suonato con la sua band
il prossimo venerdì sera.
«Grazie davvero, Frank, tutto quello che stai facendo
per il gruppo è davvero fantastico...» lo ringraziò Gerard dandogli un abbraccio
veloce.
Frank sorrise soddisfatto. Gli piaceva rendersi utile,
e sopratutto, gli piaceva passare del tempo con Gerard e gli altri. Era una cosa
strana. Lui era sempre stato abbastanza socievole, non aveva problemi a legare
con la gente, eppure con quel Gerard era qualcosa di più profondo. Si disse che
probabilmente era per quello che avevano passato. Pensò che se al posto di
Gerard, quel giorno al locale fosse entrata qualsiasi altra persona, magari
sarebbe stato lo stesso, si sarebbe sentito legato a questa proprio come si
sentiva con Gee.
Però se ci pensava bene, doveva essere qualcos'altro.
Gerard era una persona speciale. Chi altri si sarebbe offerto di dividere la
cameretta con una ragazzina sconosciuta che era rimasta all'improvviso da sola?
Un gesto così grande poteva farlo solamente qualcuno con un cuore altrettanto
grande.
«Beh, dovremmo proprio festeggiare!» esclamò
Gerard dopo un pò, sorridendo al fratellino e a Frank.
Entrambi lo guardarono incerti «Ehm, sono appena
le tre di pomeriggio...» mormorò Mikey.
Frank rise «Si, e poi sono solo magliette...»
aggiunse.
Gerard sembrò deluso. Ultimamente, o per meglio dire
dalla sera del debutto della band al Cafè, quando aveva bevuto tanto da crollare
nella macchina di Matt, non perdeva occasione per fare un brindisi e mandar giù
un goccio di qualsiasi alcolico disponibile nei paraggi.
Gli piaceva bere, per quanto fosse una cosa stupida.
Gli piaceva sentire la testa girare, ridere senza motivo e dire un sacco di cose
insensate senza preoccuparsi troppo.
Ultimamente aveva dovuto preoccuparsi per Alex e per il
suo locale e la sua vita, per la band, per un mucchio di cose che bere era un
ottimo modo per svagarsi.
«Fa niente allora. Festeggeremo un'altra volta...»
mormorò.
Mikey guardò l'ora e fece una smorfia «Uff, dovrei
andare a studiare...» disse, rientrando in casa.
Frank e Gerard rimasero soli ed in silenzio, poggiati
alla macchina del primo, accanto al marciapiede fuori casa Way.
«Va tutto bene?» chiese Frank, mordendosi il labbro
inferiore.
Era palese che qualcosa non andava. Gerard aggrottò le
sopracciglia, guardando l'altro negli occhi «Perché me lo chiedi?» domandò.
«Così. Non lo so in realtà. Chiedevo e basta...»
borbottò passandosi una mano tra i capelli.
Gerard scrollò le spalle «Ho solo un sacco di pensieri.
E poi, da quando c'è Alex non riesco quasi più a disegnare perché non ho più
privacy e roba del genere. Ma niente di troppo serio...» spiegò, fingendo un
sorrisetto.
Frank annuì, ma con poca convinzione «Mh. Ed è solo
questo? Cioè, sembra che ultimamente non vuoi far altro che bere...» disse quasi
imbarazzato. Infondo chi era lui per farsi gli affari suoi?
Gerard sospirò, scuotendo la testa. Un paio di ciuffi
di capelli scuri gli coprivano il volto e gli occhi, mentre fissava il suolo «Mi
va solo di divertirmi, è tutto sotto controllo...» disse, suonando poco
convincente anche a se stesso.
Era ovvio che non gli andasse molto di parlarne, e
comunque Frank era in ritardo, così lo salutò per andare al Cafè ad aiutare
Alex, e lo lasciò solo.
Quando Frank, a bordo di quello scassone che somigliava
vagamente ad una macchina, si allontanò con lo stereo a tutto volume, Gerard si
mise seduto sul marciapiede, pensoso.
Era strano. Frank sembrava l'unico ad essersi accorto
che in Gee qualcosa non andasse per il verso giusto. Tutti gli altri, era come
se credessero che ora che avevano messo su la band, fatto sentire le loro
canzoni in giro, ottenuto un paio di serate, tutto fosse ok.
Era chiaro che non lo era affatto. Ma nessuno lo aveva
notato. A parte Frank. Non era riuscito nemmeno a guardarlo negli occhi, per
paura che potesse leggerlo più in profondità di quanto era già riuscito a fare.
Sospirò, portando i capelli scuri via dalla fronte con
la mano, e rientrò in casa.
Ora aveva voglia di disegnare. Si chiuse in
camera ed accese lo stereo.
Il Cafè aveva ripreso
vita, ed Alex aveva proprio bisogno di una mano.
Quando Frank arrivò, ancora prima di salutarlo gli
lanciò il grembiule e gli diede un vassoio da portare ad un tavolo dove un paio
di loro compagni di classe stavano sorseggiando caffè bollente davanti ai libri
di scuola.
Quando riuscirono a fermarsi un attimo erano passate un
paio d'ore, ed Alex era esausta. Pensò che dovevano riassumere qualcuno dei
vecchi dipendenti, ora che le cose stavano andando un pò meglio.
«Stò per esaurire...» sbuffò Alex sedendosi al bancone,
davanti a Frank intento a sistemare delle cose sotto la cassa.
«Scusa se ho fatto tardi, ma ero passato da Gerard e
Mikey a fargli vedere le magliette...» disse Frank dispiaciuto.
Alex sorrise scrollando le spalle «Tranquillo. Gli sono
piaciute?» domandò curiosa. A lei l'idea delle magliette era sembrata geniale, e
ne aveva già indossata una.
Lui annuì, ma non aggiunse altro, così lei lo guardò
silenziosamente per un pò, prima di chiedergli se andasse tutto bene.
A quella domanda Frank sospirò. «Credo di si, ma non ne
sono sicuro. Gerard è un pò giu, e non so bene perché. Forse tutta la
situazione...» rispose in un mormorio.
Alex lo guardò, con le sopracciglia inarcate, pensosa
«Quale situazione? Non è contento di come stanno andando le cose col gruppo e
tutto il resto?».
«Oh, certo che è contento. Però non lo so...» disse
Frank «Non voglio mettermi in mezzo, né dire una cazzata, ma credo che il fatto
che tu vivi in camera sua e tutto... lui ha questa mania di prendersi cura degli
altri, e magari sta tralasciando se stesso...».
«Credi che dovrei andarmene?» domandò Alex incerta.
Sperò che Frank le dicesse di no. Non voleva tornare a casa sua da sola. Non
voleva essere nemmeno l'unica ad occuparsi di sé stessa. Non si sentiva
all'altezza. E le piaceva dormire con Gerard. Chiacchieravano tanto, ogni sera,
anche quando avevano bevuto un pò troppo dopo una serata in qualche locale.
In casa sua non c'era più nessuno. Come lo avrebbe
colmato tutto quel vuoto?
«Beh... forse...» mugugnò Frank «...forse è ora che tu
gli ridia il suo spazio...».
Fu una frase pesante da pronunciare. Chi era lui per
decidere? Magari si stava sbagliando. E forse era meglio che Alex gli stesse
accanto il più possibile. E comunque, lei non era troppo entusiasta di tornare a
casa sua, dove tutti i ricordi e le abitudini che aveva faticosamente messo da
parte in un angolo del cuore sarebbero riaffiorati in un istante procurandole
chissà quanto dolore.
Però sospirò «Si. Forse hai ragione.» disse lei,
togliendosi il grembiule e lasciandolo sul bancone.
«Potresti chiudere tu? Devo fare una cosa...» chiese a
Frank, che annuì accennando un sorriso.
Alex legò i capelli scuri in una coda alta ed indossò
la felpa che aveva posato nel magazzino appena arrivata al Cafè dopo scuola.
Salutò Frank e si incamminò verso casa Way.
Gerard aveva disegnato
per ore, ma l'unica cosa che aveva concluso erano un paio di occhi che lo
fissavano dalla tela che aveva di fronte a sé. Erano quasi inquientanti, pensò.
Sembravano veri, di un colore nocciola con delle leggere sfumature verdognole.
Si sentiva osservato, e sentiva di aver già visto quello sguardo, di averlo già
assaporato, vissuto, ma non riusciva a capacitarsene. Non ci aveva pensato,
ovviamente, durante l'esecuzione del dipinto. Gli era venuto così, di getto,
come tutte le sue opere migliori.
Non appena la porta della sua cameretta si aprì,
balzò in piedi.
«Ehi, ti sei spaventato?» domandò Alex ridendo.
Gerard scosse la testa e sorrise, guardandola
negli occhi. Magari, quello sguardo era il suo.
«Ehm... ho qualcosa che non va? Non dirmi che mi
sono fatta Belleville a piedi con le labbra sporche di cioccolata, eh!» disse
lei pulendosi la bocca col dorso della mano, inutilmente.
Gerard scrollò le spalle, deluso. «No,
niente...» mormorò «Come mai sei già qui?».
Lei fece una smorfia «Se ti do fastidio me
ne rivado subito, eh...» disse cercando di non mettersi a ridere.
Lui si schiarì la gola sentendosi quasi
offeso. No che non le dava fastidio. Era solo una domanda. Era totalmente
abituato alla sua presenza ormai, e gli faceva anche piacere averla intorno.
Certo, la sua privacy era morta da settimane e settimane, e qualche altro
aspetto negativo c'era, ma sentiva di essersi affezionato a quella ragazzina.
Aveva scoperto tante cose di lei. Una di queste era che Alex era più forte di
quanto credesse, e più debole di quanto volesse dimostrare. Così si era trovato
spesso ad abbracciarla mentre durante la notte lei iniziava a piangere senza
motivo.
No, Gerard non poteva nemmeno immaginare
quanto male facesse, quanto sola potesse sentirsi, lei che sola non voleva
esserlo mai.
Non era come estraniarsi dal mondo e poi
stupirsi che nessuno ti cerca, era ben altro. Ad Alex piaceva la gente, piaceva
ridere, piaceva la compagnia. E poi, da un momento all'altro, non aveva più
nessuno se non lui, la sua famiglia e Frank.
Lei afferrò un borsone da sotto al letto,
quello che Frank aveva usato per portarle le sue cose quando lei non aveva
alcuna intenzione di mettere piede in casa sua.
«Stai andando a prendere altra roba?»
domandò Gerard, osservandola.
«...non proprio...».
«Ah. Stai partendo?» fece lui, accennando
una risatina.
«No...» fu la risposta di Alex, intenta a
svuotare il primo cassetto del mobile che Gerard le aveva gentilmente concesso,
tanto lui i vestiti li accatastava sul pavimento o su qualche sedia.
«Quindi?» chiese curioso e preoccupato.
Alex sospirò, lasciando il borsone sul letto.
Mise le mani in tasca e sorrise guardandolo negli occhi.
«Allora. E' chiaro che sono passate alcune settimane
ormai, ed io sono grata a tutti voi per quello che avete fatto per me, ok?»
iniziò a spiegare Alex, davanti ad un Gerard silenzioso e sempre più
preoccupato. Sembrava proprio l'inizio di un discorso d'addio o qualche
stronzata simile. Non disse nulla, e lei continuò «Ma credo che sia proprio
arrivata l'ora che io me ne torni a casa. Insomma, prima o poi dovrò farlo, non
posso scappare per sempre dalla situazione. Certo, ne passerà di tempo finché
riuscirò a guardare di nuovo un telegiornale...» disse ridendo.
Gerard pensò che non c'era niente da ridere. Si alzò in
piedi e la guardò. Ma non poteva mica dirle di restare. O forse si.
«Aspetta. Non puoi andartene. Dove te ne vai, poi?»
chiese, sentendosi stupido quando lei con la massima calma rispose «A casa
mia...».
«Beh, ma non puoi vivere da sola...» disse lui
insistendo.
«Tra un paio di mesi faccio 18 anni, il Cafè grazie a
voi a ripreso a lavorare, e so cucinare senza dar fuoco a casa. E non uso il
phon per capelli sotto la doccia, non scendo le scale con i piedi bagnati
rischiando di scivolare, non invito gli sconosciuti ad entrare...».
Gerard soffocò una risatina. Ecco, le sarebbe mancata
Alex. Non poteva andarsene.
«E quando piangerai, di notte?» chiese in un sussurro,
guardandola.
Lei fece un respiro profondo mordendosi il labbro. Non
rispose. Non sapeva che dire. Avrebbe abbracciato un cuscino, pensò, ma non era
divertente.
Fu contenta che Gerard insistette tanto. Significava
che le voleva bene e che forse avrebbe accettato la sua proposta. Non era sicura
di chiederglielo davvero, ma con una mano tirò fuori la scatolina che aveva in
tasca. Si inginocchiò, davanti gli occhi stupiti ed incerti di Gerard, e poi con
la scatolina sulla mano tesa sotto di lui, sorrise, aprendola.
«Gerard, vuoi convivermi?» domandò.
Lui guardò prima lei, poi la scatolina. Era una
di quelle confezioni per gli anelli. Però dentro c'era una chiave.
Non sapeva cosa dire.
Alex rise e si sollevò «Tranquillo, se ti va,
questa è la chiave di casa, pensaci, mi trovi lì. Ok?» disse dandogli una pacca
sulla spalla.
Quando gli fu vicina, notò la tela ed alzò un
sopracciglio sorridendo «Ehm... questo quadro è inquietante. Senza offesa, è
bellissimo. Ma con tanti occhi, proprio quelli di Frank dovevi disegnare?» fece,
ridendo.
Gerard la guardò, poi riguardò la tela. Frank?
«Chi l'ha detto che sono di Frank?» domandò, stupito.
Alex sospirò «Per piacere, sento le farfalle nello
stomaco ogni volta che incrocio questo sguardo, ti pare che non lo riconosco?»
spiegò ridendo nervosamente.
Gerard annuì.
«Comunque, sono davvero realistici. Mi sento osservata.
Per quanto né so potrebbero anche parlare e dire qualche stronzata da un momento
all'altro...» rise.
Lui continuava ad osservare il disegno. Il nocciola,
sfumato nel verde. L'intensità dello sguardo.
«Come sarebbe che gli hai
chiesto di venire a vivere con te?» chiese Frank scosso dalla notizia, quasi
strozzandosi con la birra che stava mandando giu.
Alex scrollò le spalle, guardandosi intorno. Il locale
era pieno di gente e tra poco i My Chemical Romance avrebbero suonato, poi
sarebbe toccato a lui e alla sua band.
Un bel po' di ragazzini si erano presentati con la loro
t-shirt addosso, ed era quasi surreale quanta gente si fosse appassionata a loro
in così poco tempo. Gerard e gli altri si stavano preparando. Erano eccitati e
su di giri, e Gerard ci aveva bevuto sopra un paio di drink.
«Non è giusto.» mormorò Frank, con una smorfia sul
volto.
Alex rise «Mica gli ho chiesto di sposarmi. E' solo che
casa mia è troppo grande e da sola non ci voglio stare. Lui avrà tutto il suo
spazio, io tutto il mio, però non saremo soli.» spiegò con semplicità e calma.
«E io?» chiese lui, suonando come un bambino.
Lei lo guardò con un sopracciglio sollevato «E tu
cosa?» domandò.
Frank fece una smorfia. Pensava che erano un trio,
avevano affrontato tutto insieme, e comunque lei ed Alex erano amici da prima
che arrivasse Gerard. Odiava sentirsi tagliato fuori. Erano stati, per tutti
quei giorni, legati da un filo invisibile.
«Puoi entrare dalla porta sul retro quando vuoi.
Insomma, non dirlo a Gee che sennò gli viene un attacco di panico e chiama un
fabbro in questo stesso istante, però è difettosa e con un paio di pugni sul
bordo si apre...» disse sottovoce.
Frank sorrise. Si, probabilmente si sarebbe
imbucato in casa sua molto spesso. Gli piaceva stare con quei due. E se non
fosse che stava così bene a casa con i suoi probabilmente avrebbe proposto lui
stesso di unirsi al trasloco.
La conversazione finì nel momento stesso in cui i
My Chemical Romance salirono sul piccolo palco tra le urla e gli applausi del
pubblico. Gerard sembrava barcollante. Prese il microfono e mormorò
qualcosa di incomprensibile.
Frank si mise sotto il palco, proprio sotto di
lui, accanto ad Alex.
Le note gli entrarono dentro l'anima, a lui come a
tutti gli altri. Era qualcosa di unico e speciale. Nessun altro gruppo,
concerto, musicista gli aveva mai fatto quello stesso effetto. C'era qualcosa di
magico davvero, nei My Chemical Romance, e tutti se ne stavano rendendo conto.
Il pubblico sotto il palco sembrava un mare in
tempesta, saltavano, ballavano, urlavano e si scatenavano. Era una soddisfazione
indescrivibile per Gerard e gli altri.
E fu tutto ancora più magico quando Ray fece il suo
assolo. Era un chitarrista con due palle così, diceva Frank. Era il migliore.
C'era da imparare. Ti trascinava via.
E su quelle note suonate con l'anima, Gerard si chinò sul
palcoscenico, e si avvicinò a Frank ed Alex, poggiando il peso del corpo sulle
ginocchia.
Oh, se era ubriaco. Sorrise. Ed in un attimo di totale
follia, quando nessuno se lo sarebbe aspettato, lasciò tutti senza fiato,
stampando un bacio sulle labbra di Frank, che rimase immobile, con gli occhi
spalancati e il fiato corto.
Non fece nulla. Non disse nulla.
Gerard lo spinse via, si tirò su e ricominciò a cantare
e a gridare, mentre tutti, tranne Frank, urlarono d'euforia.
Gerard amava stupire la gente. Era un intrattenitore,
volendo. Doveva essere così, altrimenti quel bacio cosa significava?
Frank non riuscì a toglierselo dalla mente.
Per tutta la durata della loro performance, mentre
Gerard non lo aveva più degnato di uno sguardo.
Ed era mai possibile che fosse già ubriaco anche lui?
Perché altrimenti, quanto era lecito provare quella strana sensazione? Quella
che aveva detto Alex, quando l'aveva recuperata al Cafè stracolma di Bourbon in
corpo. Si, un tuffo al cuore. Ecco cos'aveva provato.
Si sentì imbarazzato.
Ringraziò il cielo che nessuno ebbe il tempo di tirar
fuori l'argomento, quando il tempo dei My Chemical Romance scadé e dovettero
cedere il palcoscenico ai Pencey Prep.
Frank prese la sua chitarra e se ne andò sul
palco, passando accanto a Gerard, senza guardarlo.
«Hai baciato Frank?»
chiese Mikey a suo fratello, sottovoce. Ray e Matt si erano seduti al bancone
del locale a bere qualcosa, e Mikey aveva trattenuto Gerard in un angolo.
L'altro scrollò le spalle ridendo «Credo di si. Ma sono
ubriaco. Non so se te ne sei accorto.» disse, come niente fosse.
«Si che me ne sono accorto.» sbuffò il più piccolo «Sei
sempre ubriaco...» mormorò.
«Vabbè, beviamoci sopra...» fece Gerard con un
sorrisetto, tornando dagli altri.
Frank ci mise un bel po'
a radunare la sua roba prima di lasciare il locale. Era quasi vuoto ormai, tutti
se ne erano andati e i gruppi che si erano esibiti stavano smontando gli
strumenti e tutto il resto.
Non aveva detto una parola da quando aveva finito di
suonare. Non sapeva che dire, d'altronde, il che non era propriamente da Frank.
Alex lo raggiunse alla macchina, sulla strada, mentre
lui caricava la sua chitarra sui sedili posteriori.
«Come sei silenzioso...» gli disse ridendo.
Lui sbuffò, senza nemmeno guardarla.
«Che hai?» chiese lei. Era il suo momento, si era
detta, di offrire il suo aiuto, se ce ne fosse stato modo o bisogno.
Frank si fermò e si voltò a guardarla «Non lo so.»
mormorò. Lo sapeva in realtà. Era strata quella sensazione che aveva provato,
quando Gerard lo aveva baciato all'improvviso.
Era chiaro che fosse ubriaco, tutto lì, ma un bacio è pur
sempre un bacio, e Frank aveva sentito qualcosa nel petto, qualcosa che lo
rendeva confuso e strano.
Sospirò. Forse non baciava nessuno da così tanto tempo
che era tutto lì, era solo il gesto ad averlo scosso.
Si avvicinò ad Alex e si schiarì la gola imbarazzato.
Lei lo guardava, in quel momento sembrava così piccola ed indifesa, eppure lo
sguardo parlava chiaro, sarebbe diventata un gigante, per salvarlo e aiutarlo.
Quello che stava per chiederle era stupido. Ridicolo.
Però doveva farlo.
«Puoi baciarmi?» le domandò, con un tono così flebile
che era quasi impercettibile.
Alex arrossì, non certa di aver capito bene, mentre il
cuore nel petto batteva così forte che lo sentiva come un martello nella testa.
«Com-» non fece nemmeno in tempo a chiedergli di
ripetere ciò che aveva detto, che le labbra di Frank si posarono sulle sua, in
un gesto veloce. Il piercing di lui contro le sue labbra le aveva fatto
leggermente male, ma non era ancora niente.
Le veniva da piangere. Sarebbe stata la ragazza più
contenta di Belleville. Più contenta di tutti gli Stati Uniti, se fosse accaduto
in qualsiasi altra circostanza. Ma in quel momento, non c'era proprio niente per
cui essere contenti.
Lo spinse via con entrambe le mani.
«Fanculo...» mormorò Gerard, salendo sul furgone di
Ray. Non lo avevano nemmeno visto. Era così ubriaco che voleva vomitare.
Quei due si stavano baciando.
«Non li salutiamo?» domandò Mikey ingenuamente,
guardando fuori dal finestrino del passeggero.
Gerard sbuffò e gli diede una botta col piede sulla
gamba.
«Andiamocene. Devo dormire.» mugugnò.
Ad Alex veniva da piangere.
Frank non disse nulla, mentre la guardava sconcertato.
Non era ciò che voleva? Non aveva una cotta per lui, da secoli ormai?
Nell'istante stesso in cui pensò che le ragazze venivano da un altro pianeta
lontano anni luce, Alex lo spintonò contro l'auto con tutta l'energia che aveva
in corpo, e gli occhi lucidi.
«Vaffanculo Frank!» urlò.
«Che ti prende ora?» le chiese lui.
Far finta di non capire gli veniva bene, e ad Alex la
cosa la faceva innervosire ancora di più.
«Vaffanculo! Sei uno stronzo! Non è che puoi baciarmi
per...» non sapeva come dirlo. Aveva sentito solo un crack, e poi un altro, e un
altro ancora. Provenienti dal suo petto. Dal cuore.
Lo sapeva che per Frank quel bacio era solo un
tentativo di capire se quello precedente, che Gerard gli aveva stampato sulle
labbra, fosse più o meno denso di emozioni. Era solo un tentativo. Con la
persona sbagliata, però.
Ed anche Frank lo sapeva. Si sentì stupido e stronzo.
Alex non riuscì a dire nient'altro. Era troppo
impegnata a cercare di bloccare le lacrime.
«Scusa... volevo solo...» mugugnò Frank guardando il
suolo.
«Non con me. Ti prego.» disse lei, con le guance rosse.
«E' solo che...»
«Non mi importa, Frank. Cioè, mi dispiace per qualsiasi
cosa tu stia provando, perché si vede lontano chilometri che quel bacio che ti
ha dato Gerard ti ha scombussolato tutto, però sul serio, non proverai le stesse
cose con me, quindi non provarci nemmeno. Io ho una piccola cosa chiamata cuore,
nel petto, che è già in condizioni abbastanza pessime. Quindi, lascia stare,
ok?» disse lei, tutto d'un fiato. Poi voltò le spalle e si incamminò verso casa
Way.
Era notte fonda. Non doveva andare in giro da sola.
Frank lo sapeva. Non era un'ottima idea. Con tutto quello che accadeva lì, era
rischioso.
Le corse dietro e la fermò afferrandole un braccio.
«Aspetta. Ti accompagno a casa.» le disse.
Alex scosse la testa «Lascia stare, vado da sola...».
«Non ci penso proprio. Andiamo...» fece lui serio,
trascinandola verso la sua macchina.
Lei montò su in silenzio, mise i piedi sul cruscotto ed
incrociò le braccia sul petto, guardando fuori dal finestrino.
«Mi dispiace. Sono un cretino. Possiamo far finta che non sia
mai accaduto?» disse Frank dopo un po', abbassando il volume dello stereo.
Ci volevano una decina di minuti ad arrivare a
destinazione, ma lui stava girando intorno a Belleville per perdere tempo.
Si sentiva in colpa e non avrebbe lasciato andare Alex
prima di aver sistemato le cose. Infondo nemmeno lui sapeva bene cosa volesse.
Lei fece una smorfia «No che non possiamo.» disse secca.
«Puoi prendermi a calci sulle palle, se può farti
sentire meglio, giuro!» rise allora Frank.
Stavolta però, a differenza di ogni altra volta, Alex non si era fatta
trascinare dal suono della sua risata. «Sei proprio stupido.»
«Lo so. Cosa devo fare però, ora? E' vero, ti ho
baciata solo perché Gerard mi ha incasinato la mente, però non volevo ferirti né
niente del genere...» disse sospirando.
«Spero per te che almeno ti sia servito a qualcosa...»
mormorò lei, senza guardarlo.
Lui ci pensò su.
«Forse.» disse. Poi la guardò. Accostò l'auto al marciapiede
e spense il motore.
«Ok, devo parlarne con qualcuno, Al, e tu sei l'unica persona con cui posso
farlo...» disse dopo un po', suonando quasi disperato.
Lei sospirò. Dopo tutto quello che Frank aveva fatto per lei, era il minimo
che potesse fare.
Eppure non riusciva a guardarlo negli occhi. Proprio no.
«Dimmi...» disse sottovoce.
«Davvero? Potrebbe... non vorrei fare ulteriori danni. Potrebbe ferirti,
quello che sto per dire...» fece lui imbarazzato.
Lei scrollò le spalle «...peggio di così?» mugugnò lei fingendo un sorriso.
Dopo tutto quello che aveva passato, pensava di poter gestire ogni sorta di
dolore. Tanto, ogni nuova sofferenza si aggiungeva alle vecchie.
«Ok... allora... mi sento così stupido...» ci girò intorno lui. Non sapeva
da dove iniziare. Si vergognava e non era nemmeno sicuro di ciò che voleva dire.
Sapeva solo che doveva farlo.
«Si, senti, non è che possiamo stare qui fino alle 6 di mattina però, eh...»
fece lei alzando gli occhi al cielo.
«Wow, la tua sensibilità fa quasi piangere!» disse lui sarcastico.
«Senti chi parla. Mi hai appena baciata per cercare di capire se sei gay o
no...».
Frank si schiarì la gola arrossendo. Ok, il tatto di Alex era storico
«Ti sembra tanto stupido?» chiese.
«Cosa hai provato, Frank?» disse lei, alzando un sopracciglio. Lui si
morse il labbro.
«Non so descriverlo. Mi è venuto in mente... sai, quando eri ubriaca al
Cafè e ti ho portata da Gerard? Mi hai detto una cosa...».
Alex scosse la testa alzando una mano per fermarlo «Si si, non vorrei
ricordarlo ma lo ricordo, evitiamo di entrare nei dettagli della mia stupidità
gentilmente...» disse frettolosamente.
Frank annuì «Quello, comunque. Qualcosa di simile, credo.» spiegò, poi dopo
un paio di secondi di silenzio riprese a parlare «Insomma. Non prendertela a
male. Ti voglio davvero bene, sei una delle ragazze più belle e buone e
grandiose che io abbia mai conosciuto, e con te intorno le giornate sono
migliori, anche se non te ne accorgi... però...» ora da come parlava sembrava
volersi scusare. Alex trattenne un sorriso. Era così tenero, nonostante tutto.
Il problema era il suo, e invece lui era lì a cercare di fasciarle il cuore e
recuperare al danno fatto, e a cercare un modo per dirle che quello che aveva
sentito quando Gerard l'aveva baciato, con lei non c'era stato. Infondo per
Frank non era una cosa da poco, proprio come non lo era per lei.
«Non puoi farci nulla» disse, sospirando.
Frank la guardò, in silenzio.
«Insomma. Non è che le cose, qui, funzionino a comando. Se senti una cosa
la senti, se non la senti non la senti...» disse Alex cercando di spiegarsi in
maniera semplice. Voleva confortarlo. Doveva essere frustrante tutta quella
situazione. Forse anche il doppio di quanto era frustrante per lei essere
l'unica con la quale Frank potesse parlarne.
«Non fa una piega...» ridacchiò lui.
Lei sorrise, sposandosi i capelli dal volto.
«Vedi... se dobbiamo parlarne senza farci troppi problemi, facciamolo una
volta per tutte: quando sorridi così, o quando mi sei vicino, o mi abbracci, mi
dai la mano... per te non conta nulla, è solo il tuo modo di fare, mentre a me
si riscalda il cuore, ogni volta.» confessò Alex, giocherellando nervosamente
con un filo scucito della maglia.
Frank arrossì.
«E se è qualcosa del genere che hai provato quando Gerard ti ha baciato,
beh, c'è poco da fare...» disse.
«Che cosa ridicola. Non è una cosa normale, no?» chiese lui mormorando.
«Tu non sei normale. E comunque cos'è, normale? Proprio tu
vieni a dirmi una stronzata del genere?» rispose Alex alzando gli occhi al
cielo.
Frank annuì. Esatto, cos'era normale, comunque? Non era una cosa che
partiva dal cervello, alla quale poteva dare un senso logico. Veniva tutto dal
cuore, ed era tremendamente difficile da decifrare.
«Ma non ho mai provato attrazione sessuale per gli uomini...» disse con un
tono simile al piagnucolio di un ragazzino.
Alex sospirò «Credo che non sia una semplice questione di attrazione
fisica. E' il cuore, ad essere attratto.» cercò di spiegare «Infondo, ok, non
sono la più figa della città ma, hai mai pensato di fare sesso con me?».
Frank si schiarì la gola imbarazzato «Ehm,
in realtà si... quando indossi quei jeans stretti fino alla morte, per dire, o
quando sei pensierosa e ti mordi le lab-».«Ok, un si bastava. Comunque,
vedi, hai provato un'attrazione fisica nei miei confronti ma baciarmi non ti ha
dato nulla...» spiegò arrossendo.
Era un argomento alquanto imbarazzante e ringraziò il cielo di aver bevuto
una birra un drink quella sera.
«Si, assolutamente nulla. Senza offesa, eh...» rispose Frank ridacchiando.
Alex alzò gli occhi al cielo. Quant'era complicato! «Comunque, invece
nonostante non ti senti, o non credi di essere, attratto da Gee, quel bacio ti
ha dato qualche emozione...» disse infine.
Frank la guardò pensoso «Già... quindi che significa?» domandò.
Lei scrollò le spalle «Oh Cristo! Significa che se non mi riporti a casa entro
dieci minuti Gerard manda l'intera squadra di polizia di Belleville a cercarmi!»
rise Alex guardando l'ora sul cellulare.
Frank la riaccompagnò a casa e la ringraziò per avergli dato la possibilità
di spiegarsi e di capire qualcosa. E per tutta la notte, quel bacio con Gerard
fu tutto ciò a cui riuscì a pensare.
---
Allora, scusate se ci ho messo un paio
di giorni - ma manco potete lamentarvi troppo, dai! XD - ma ho avuto da fare.
Comunque, sto capitolo è venuto fuori bello lungo, spero vi piaccia, fatemi
sapere, che ci tengo u.u
Non so bene cos'è venuto fuori perché l'ho scritto a rate, un pò ieri, un pò
l'altro ieri, un pò oggi, quindi boh, spero vi piaccia e basta. mh. <3
xoxo
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 - I'm just the worst kind of guy to argue, for what you might find... ***
Ecco un'altro capitolo.
Personalmente, non ho idea di cosa sia venuto fuori perché l'ho scritto sotto
l'effetto post-matrimonio di mia cugina, e sotto Reactine che mi fa peggio di
una droga. Quindi, boh, spero vi piaccia, non ho manco idea di quanto sia lungo,
fatemi sapere XD
xOxO
E p.s. : grazie a chi lascia commenti e recensioni, a chi mi ha messo nelle
preferite o qualsiasi cosa sia ma pure a chi legge e non commenta, però continua
a leggere - so che ci siete. lol
Capitolo 5
I'm just the worst kind of guy to argue, for what you might find
Quando Alex
rientrò in casa con gli occhi bagnati dalle lacrime, che finalmente aveva potuto
tirar fuori dopo che Frank l'aveva salutata, immaginò che avrebbe trovato Gerard
in ansia perché aveva fatto tardi, anche se in realtà erano stati loro ad
andarsene senza aspettarla né niente.
Invece Gerard era seduto sul divano con le braccia incrociate sul petto ed una
bottiglia di Whiskey sul tavolino. E il borsone di Alex, quello che aveva
preparato con le sue cose, per tornare a casa sua insieme a Gee dopo che lui
avesse preparato la sua roba, era ai suoi piedi accanto al divano.
«Perché
non mi avete aspettata?» domandò lei richiudendosi la porta alle spalle,
cercando di fare piano per non svegliare gli altri in casa.
Gerard nemmeno la guardò, fece solo una smorfia con le labbra, in segno di
disappunto «Vattene...» borbottò.
«Cosa?»
«Vattene!» disse ad alta voce lui voltandosi di scatto a guardarla. Aveva gli
occhi arrossati e lo sguardo più gelido che Alex avesse mai potuto osservare.
Scandì bene le parole, Gerard. Non voleva ripeterlo ancora.
Alex deglutì, era quasi impaurita. Non l'aveva mai tratta
così, e di certo non aveva mai usato quel tono con lei. Era incazzato a morte. E
qualsiasi cosa fosse, anche se ad Alex non riuscì a venire nulla in mente, ce
l'aveva proprio con lei. Eppure le pareva così strano ed ingiusto. Non aveva
fatto assolutamente nulla, lei.
Però aveva paura anche di parlare. Di dire qualsiasi cosa. Si avvicinò a lui
lentamente per prendere la sua borsa.
«Credevo fossimo amici...» mugugnò Gerard quando lei le fu
accanto.
«Ah beh, anche io in realtà...» rispose Alex freddamente.
Qualsiasi cosa fosse non aveva certo intenzione di farsi ripetere che non era
più la benvenuta.
Prese le sue cose e si diresse verso la porta.
«E smettila di bere, sembra che tu non sia più in grado di
far nulla da sobrio!» gli disse poi, prima di aprire.
Gerard deglutì, infastidito, nervoso e arrabbiato.
«Non è un tuo problema!» replicò Gerard lanciandole dietro la prima cosa che
aveva sottomano, il bicchiere di vetro col quale aveva bevuto fino ad essere
completamente ubriaco e irragionevole.
Alex ringraziò il cielo che Gerard avesse una pessima mira, sopratutto in quelle
condizioni, e che lei avesse i riflessi abbastanza pronti da abbassare la testa
in tempo. I vetri si infransero sulla porta, accompagnati dal suono della botta.
Dalle camere da letto si alzò in fretta Mikey, che non si preoccupò nemmeno di
mettersi gli occhiali, ma corse a vedere cosa stesse accadendo preoccupato da
tutto quel casino.
«Ehi! Che state combinando?!» chiese quando raggiunse il
salotto indossando un paio di pantaloni del pigiama celesti ed una canottiera
bianca. Era pallido, magrissimo ed assonnato.
Alex lo guardò come se fosse la sua ultima speranza «Non ne ho idea! E' ubriaco
fino alla morte e mi sta praticamente cacciando di casa!» spiegò ignorando
totalmente Gerard.
«Gerard ma che...» Mikey non fece nemmeno in tempo a finire
la frase, Gerard lo fulminò con lo sguardo.
«Tornatene a letto, tu!» gli urlò accompagnando la frase con un gesto della
mano.
«Calmati! E non puoi mandare Alex in giro a quest'ora da sola!» disse suo
fratello, cercando se possibile di farlo ragionare.
A Gerard non importava nulla. E comunque non ci capiva nulla. L'alcool lo aveva
trascinato in un mondo parallelo dove per una volta non gli importava nulla
degli altri, non doveva occuparsi e preoccuparsi per loro.
«Beh, si facesse venire a prendere da Frank allora!» esclamò
freddo, alzandosi dal divano.
Mikey guardava prima suo fratello, poi l'amica, come se non sapesse di chi dei
due occuparsi. Solitamente erano gli altri ad occuparsi di lui, e non voleva
prendere quella decisione. Avrebbe pagato oro per far si che qualcun'altro se ne
occupasse.
«Non è mica il mio schiavo, che viene a prendermi quando mi
pare!» fece Alex infastidita. Nonostante si rendesse conto che Gerard parlava
col supporto di litri di bevande alcoliche, voleva scoppiare ed abbandonare
tutto e tutti in quel preciso istante. E poi era così stupido, lui la odiava a
morte e lei non sapeva nemmeno perché.
Gerard non rispose, fece una smorfia e barcollando si diresse in camera sua.
«Alex, mi dispiace...» mormorò Mikey indeciso se seguire suo
fratello o confortare l'amica.
Lei scrollò le spalle sospirando. Perfetto. Era notte fonda e doveva andare, da
sola, nell'unico posto dove avrebbe davvero desiderato di andare accompagnata
unicamente da qualcuno che le tenesse la mano e la confortasse: casa sua.
Sistemò il borsone e salutò Mikey con un cenno della mano, calpestando i vetri
rotti a terra per oltrepassare la soglia di casa Way.
Gerard si lagnò quando il sole penetrò improvvisamente in
camera sua, colpendo dritto il suo cuscino. Aprì gli occhi a fatica, e dovette
mettere bene a fuoco prima di riconoscere la sagoma di sua madre stargli davanti
con le mani sui fianchi e l'aria incazzata.
«Mamma...» borbottò lamentoso «Che ore sono?» chiese stropicciandosi gli occhi.
Sua madre gli tirò via le coperte da dosso «E' ora che tu rimedi al casino che
hai combinato ieri sera! E devi spiegarmi perché il flacone di Diazepam non è
nell'armadietto dei medicinali, e perché diavolo un bicchiere del servizio che
mi ha regalato tua nonna è in frantumi all'ingresso!» disse Donna con tono
aggressivo.
Gerard sentiva la testa pesante e la madre voleva sapere
davvero troppo, quelle non erano certo le condizioni giuste, e sopratutto, non
ricordava granché. Guardò la donna in silenzio e lentamente scese dal letto. Era
ancora vestito.
«...mi scoppia la testa...» disse massaggiandosi le tempie, come se potesse
aiutare.
«Certo che ti scoppia, hai bevuto decisamente troppo ieri sera!». Gerard si
voltò verso la porta. Sulla soglia, poggiato sullo stipite, c'era suo fratello
Mikey che lo guardava con aria di disprezzo. Donna guardò prima uno poi l'altro
e decise di lasciarli soli, per andare a ripulire il casino che suo figlio aveva
combinato la notte precedente.
«Credo di aver fatto un casino...» disse Gerard cercando di
trovare un pò di lucidità. Indossò alla svelta un paio di scarpe e si diresse
verso la porta.
«Dove vai ora?» chiese Mikey seguendolo.
«A parlare con Alex... credo di dovermi scusare...» disse
confuso. Avrebbe volentieri evitato, saltato il tempo arrivando in un momento
qualsiasi del futuro dove tutti avevano dimenticato l'accaduto.
Scusandosi con sua madre per aver frantumato uno dei suoi bicchieri, uscì di
casa alla svelta e si incamminò verso casa di Alex.
«Alex!
Apri questa porta per l'amor del cielo!» urlò ancora una volta Gerard, colpendo
la porta d'entrata con il pugno destro, cercando di intravedere un qualsiasi
movimento dalla finestra lì accanto.
Eppure c'era il silenzio più totale.
Una signora anziana, con un caschetto di capelli bianchi, si affacciò dalla casa
accanto «Chi cerca?» domandò curiosa.
Gerard alzò gli occhi al cielo. Ci manca solo una vecchietta impicciona,
pensò.
«La ragazza che vive qui, chi sennò!?» rispose aspro.
La signora lo guardò con una smorfia «Lì non ci mette piede nessuno da un bel
pò...» disse con tono dispiaciuto.
«Beh, Alex ci è tornata stanotte!» fece lui tornando a bussare pesantemente.
Ancora nulla. Cercò di guardare meglio attraverso la finestra ma non c'era alcun
segno di vita lì dentro.
Sospirando tornò in macchina e guidò fino al Cafè.
Frank aveva immaginato che il momento in cui avrebbe rivisto
Gerard sarebbe stato intriso di imbarazzo e timidezza e qualsiasi altra cosa
simile. Invece non ci fu niente di simile. O almeno, non ce n'era stato il
tempo.
Dovette alzarsi dal letto quando sentì bussare alla porta di casa sua per la
milionesima volta. Inizialmente sembrava il suono della batteria che pompava
nello show immaginario che stava osservando nel suo sogno, ma più andava avanti,
più quel suono cominciava a farsi reale, e finalmente aprì gli occhi con
disappunto, rendendosi conto che qualcuno stava bussando alla porta già da un
pò.
Andò ad aprire a petto nudo, con la mano tra i capelli ed uno
sbadiglio sulle labbra. Quando vide Gerard davanti a lui cercò di ricomporsi.
«C'è Alex?» chiese lui appena l'amico aprì la porta,
intrufolandosi in casa senza dire nient'altro. Si guardò intorno.
Frank si richiuse la porta alle spalle «No...» mormorò.
Gerard sbuffò, bevendo un sorso del caffè caldo che aveva in mano. Frank guardò
il bicchiere ed accennò una risatina «Sei passato alla concorrenza?» chiese
sarcastico indicando il logo di Starbucks.
L'altro guardò il bicchiere di sfuggita e scrollò le spalle, gettandosi
letteralmente sul divano di peso.
«Avevo bisogno di caffeina, e questo era il più vicino...»
spiegò.
«Perché? Che succede?» domandò Frank, ancora in piedi davanti
alla porta.
«Credo di aver fatto una cazzata...» mormorò l'altro.
Frank non riuscì a trattenere una smorfia, chiedendosi se si riferisse al bacio
che gli aveva stampato sulle labbra la sera prima o meno. Ovviamente non aveva
il coraggio di chiederglielo.
«...posso rendermi utile?» domandò cordiale.
Gerard annuì senza guardarlo «Credo di si. Stanotte quando Alex è tornata, è
andata via da casa...» spiegò, omettendo alcuni particolari «...ed ora sono
andato a cercarla ma non è né al Cafè, né a casa sua, né da nessun'altra parte
di Belleville...» disse preoccupato.
Frank alzò gli occhi al cielo «Che cazzo, ricordo di aver vissuto un momento
simile non troppo tempo fa... non è che possiamo passare una vita a giocare a
nascondino...» sbuffò.
Gerard si schiarì la gola «In realtà... è che abbiamo tipo... cioè, quasi
litigato, diciamo...» balbettò nervoso.
L'altro lo guardò con un sopracciglio sollevato e l'aria
confusa «Avete litigato?» ripeté.
Gerard cominciò a sentirsi ancora più stupido, ora che Frank
lo guardava in quel modo.
«Si, beh... diciamo che è colpa mia...» mugugnò guardandosi
le scarpe.
«Cos'hai fatto?» domandò Frank.
«Beh... avevo bevuto, e preso un paio di pillole di mia
madre, ed ero nervoso e alterato e non è che ci capissi molto comunque...» disse
Gerard cercando di giustificarsi, utilizzando l'alcool come scusa «E insomma, le
ho detto di andarsene...».
Frank lo guardò stupito «Cosa!?» chiese cominciando a preoccuparsi.
«Si... e... credo di averle tirato dietro anche un
bicchiere...» aggiunse sottovoce l'altro.
Frank non disse nulla. Non aveva nulla da dire. Era davvero
deluso da Gerard, non si era mai comportato in modo così stupido, e comunque ora
voleva trovare Alex e dirle qualsiasi cosa lei volesse sentirsi dire.
L'altro se ne stava seduto sul divano, incapace di aggiungere altro. Aveva già
fatto abbastanza, e in quel millesimo di secondo in cui aveva sollevato lo
sguardo da terra, aveva visto il disappunto negli occhi di Frank, quegli occhi
che la sera precedente se non ricordava male lo guardavano affascinati da sotto
il palcoscenico.
Aveva fatto un bel casino, a partire da quel bacio che
stupidamente gli aveva stampato sulle labbra, d'istinto.
Non sapeva nemmeno perché lo aveva fatto. Cioè, ovvio che lo sapeva. Non voleva
farlo così, però, da ubriaco, davanti ad una massa di spettatori.
«Vado a cercarla io... tu tornatene a casa e comincia a
prendere in considerazione l'idea di smetterla di bere...» disse Frank
sprezzante, andando in camera sua a vestirsi in tutta fretta.
Gerard lo osservò tristemente. Era un coglione.
Uscirono insieme di casa, ma Frank rifiutò di farsi accompagnare con la
macchina, nonostante Gerard si fosse scusato ed avesse ripetuto più volte di
sentirsi in colpa e voler parlare con Alex al più presto.
Frank si incamminò per Belleville, con gli occhi attenti ad
osservare ogni minimo dettaglio che potesse svelare il nascondiglio di Alex.
Gerard finalmente se ne era andato per conto suo, e lui ora aveva in mente il
caos più totale.
Fino alla sera precedente aveva provato uno strano attaccamento a Gerard, ma
niente di particolare. Poi lui l'aveva baciato, e dentro di sé c'era stato un
vero tsunami di emozioni. E quella mattina, poi, lui si era presentato lì
confessando di aver cacciato via ed aggredito la sua migliore amica, dopo aver
bevuto ed essersi impasticcato, e in quel momento a Frank non venne in mente
niente di piacevole nei suoi confronti. Era deluso ed arrabbiato.
Si era proposto di aiutare e sostenere Gerard, se ne avesse
avuto bisogno e occasione, ma Gerard sembrava voler continuare ad affidare ogni
cosa ai miracoli della distorsione delle cose data dall'alcool e chissà quali
strane sostanze antidepressive o altro, e se Frank detestava qualcosa più di non
poter aiutare qualcuno, era proprio chi non voleva farsi aiutare.
Alex aveva l'aria stanca, mentre si trascinava per le strade caotiche di New
York. Aveva preso il primo treno quella mattina, dopo aver dormito alla stazione
insieme ad un senzatetto con un solo dente ed una bottiglia di whiskey ben
nascosta dentro una busta di cartone sporca. L'odore non era dei migliori, e lei
sperò non le fosse rimasto addosso. Però il tizio non era male, aveva una
settantina d'anni ed era convinto di essere un imperatore Romano caduto in
disgrazia. Aveva parlato tutta la notte, tenendola sveglia per il più del tempo,
nominando personaggi storici e di fantasia, e raccontando come fosse bello il
suo impero, quando era lui a governarlo.
Non era certo la migliore delle compagnie, ma di sicuro era
un vecchio innoquo e bisognoso di farsi una bella chiacchierata. Gli lasciò
anche una banconota, prima di salutarlo per dirigersi al binario del treno.
Il borsone le pesava sulle spalle, e si era rassegnata all'idea di doversene
tornare a casa. Però prima di rimettere piede lì, doveva affrontare una cosa,
una volta per tutte.
Quando fu al World Trade Center, cominciò a sentire l'ansia
farsi pesante nel petto. Aveva pianto troppo per poter versare ancora qualche
lacrima, eppure c'era un pesante velo di disperazione sui suoi occhi. Su una
parete lì intorno c'erano milioni e milioni di fiori, fogli e fotografie. Gente
che non era stata ritrovata, gente che era svanita nel nulla, proprio come i
suoi genitori.
Si chiese come avessero affrontato la situazione tutti gli altri, tutti quelli
che avevano perso qualcuno per sempre, in quell'incidente. Perché lei lo
chiamava così. Ora però, davanti a quello scenario, doveva farsi forza ed
ammettere la verità. La sua vita doveva continuare, con la consapevolezza che i
suoi genitori non sarebbero davvero mai più tornati. Pensò che fosse giusto
andare lì, almeno una volta. Prese un foglio dalla tasca. Sul treno ci aveva
scritto sopra "Mi mancate". Lo lasciò lì, accanto a tutti gli altri disperati
appelli d'aiuto e ricerca. Era il suo messaggio per i suoi genitori.
Si sforzò di sorridere, immaginandoseli. Sarebbero stati fieri di lei. Stava
affontando la situazione nel migliore dei modi a lei possibili.
Quando andò via da lì, incontrò una signora paffuta e vestita
di verde, che gentilmente volle sentire la sua storia, per poi offrirle un
pranzo in una tavola calda.
E ormai si era fatta sera, e non sapeva più dove andare.
Aveva rimandato il rientro a Belleville finché aveva potuto, ma prima o poi
sarebbe dovuta tornare.
Con passo lento si diresse alla stazione. Fumò una sigaretta con tutta la calma
del mondo, prima di salire sul vagone del treno.
Si sedette accanto al finestrino, e mise su un pò di musica nelle cuffiette del
suo lettore mp3.
Qualsiasi fosse stato il motivo che aveva spinto Gerard a trattarla in quel
modo, lei ancora non lo aveva capito. Ora che ci pensava avrebbe voluto
prenderlo a schiaffi. Si disse che forse era solo colpa di tutta quella roba che
aveva cominciato a bere negli ultimi tempi. Eppure i suoi occhi, anche solo
pensarci, le facevano paura. Era arrabbiato, era come se lei lo avesse tradito,
pugnalato, ucciso, qualsiasi cosa.
Chiuse gli occhi e si sforzò di non pensarci. Ovviamente non
ci riuscì, sopratutto perché la sua voce urlava nelle cuffie. Eppure non c'era
altra musica che volesse ascoltare, ora. Aveva bisogno di sentire lui, perché
nonostante tutto era una delle uniche persone che poteva avere accanto,
fisicamente. Per il resto, non aveva più nessuno. Gerard e Frank erano gli
unici, erano l'unica sua speranza, e l'unico motivo per cui stava tornando a
casa.
Frank aveva cercato in ogni angolo di Belleville. Lei non
c'era. Era sparita nel nulla.
Quando Gerard aprì la porta di casa sua, la rabbia gli faceva bollire il sangue
nelle vene. Era tutta colpa sua. Era colpa sua se Alex era scappata, era colpa
sua se lui era così confuso e frustrato, era colpa sua ogni cosa.
Avrebbe voluto mollargli un calcio nelle palle, un pugno in
pieno viso, spaccargli il naso, fargli saltare un paio di denti, qualsiasi cosa
pur di sfogarsi.
«L'hai
trovata?» domandò Gerard, intimorito dallo sguardo negli occhi di Frank.
«No! E prega che non le sia successo niente, altrimenti giuro che-» non riuscì a
finire la frase. Non sapeva nemmeno esprimere a parole tutto quello che provava.
Era stato così stupido a pensare che Gerard fosse... fosse qualsiasi cosa aveva
pensato. Era ridicolo. Gerard era un alcolizzato che se l'era presa con una
ragazzina per chissà quale motivo.
Sperò davvero che non le fosse accaduto nulla. Ripensò a
tutte quelle cose che si erano detti la notte precedente, a quanto lo avesse
fatto sentire importante e compreso. Pensò che nessuno al mondo poteva
arrabbiarsi con lei, per nessun motivo. Come potevi prendertela con una persona
così fragile? Così dolce e indifesa?
Non aveva nemmeno idea del perché Gerard lo avesse fatto, e non gli interessava
saperlo.
«Mi dispiace tantissimo...» mormorò Gee.
«Il tuo dispiacere non serve a nulla! Che cazzo ti ha detto
il cervello? Che ti ha fatto, eh? Perché diavolo l'hai aggredita? Come minimo
l'avrai spaventata a morte!» esclamò Frank rabbioso.
Gerard si morse il labbro. Come poteva dirglielo?
Lui era geloso, quella era la verità. Lui aveva visto Frank baciarla, e quella
scena gli aveva fatto salire il sangue al cervello, gli aveva stritolato il
cuore e strappato via l'anima. Era quella la verità. Lui non la voleva più
intorno perché era invidioso.
Non poteva ammetterlo, però.
Frank comunque lo guardava in attesa di una spiegazione valida. Qualsiasi buon
motivo per essersi comportato così. Non avrebbe ammesso alcuna stronzata. Come
minimo doveva dirgli che aveva trovato Alex a rubare l'argenteria o a scassinare
la cassaforte di Donna o a tentare di strangolare Mikey nel sonno o qualsiasi
cosa del genere.
Di certo non si aspettava di sentir Gerard pronunciare quelle
parole.
«Sono geloso...» mormorò senza guardarlo.
Rimase senza parole. Non gli fece dire nient'altro.
«Geloso!? E di cosa, per dio!? Invidioso del fatto che Alex
abbia perso i suoi genitori, non abbia nemmeno il coraggio di mettere piede in
casa sua, che non abbia più nessuno oltre noi!?» urlò Frank con disappunto.
Se fino ad ora aveva pensato che Gerard si era comportato da idiota, ora non
sapeva nemmeno più cosa pensare.
Certo, Frank non poteva nemmeno immaginare che era
tutt'altro. Che Gerard l'aveva visto baciare Alex. Proprio come Gerard non
poteva sapere che quel bacio non aveva significato nulla, ed era solo la
conseguenza di qualcosa che aveva creato lui stesso.
Mikey irruppe nel salotto con l'espressione più sorpresa che
Gerard avesse mai visto sul volto di suo fratello. Teneva il telefono in mano e
non sapeva cosa dire. Aveva il fiatone, la fronte sudata e il cuore che batteva
a mille.
«Che hai fatto!?» domandò Frank agitato, scuotendogli le
spalle per incitarlo a parlare.
«Non è possibile!» balbettò Mikey guardando prima lui, poi
suo fratello.
«Cosa!? Non è possibile cosa!?» chiese Gerard
avvicinandosi.
Pregò con tutto il cuore che non si trattasse di Alex.
«Alex!» disse Mikey. Non riusciva a formulare una frase di
senso compiuto. Si sentiva dislessico.
«Alex cosa!?» chiese Frank, mollandogli uno schiaffo in pieno
viso. Non avrebbe voluto farlo, voleva solo riportarlo sul pianeta Terra e
fargli dire cosa fosse successo.
Mikey si massaggiò la guancia dolorante, guardando Frank stupito «Ahia, cazzo!»
si lamentò.
«Allora?» domandò Gerard senza dargli retta.
Suo fratello fece un respiro profondo «Dobbiamo andare a casa
sua...» disse infine.
«Sta bene?» chiese Frank.
Mikey scrollò le spalle «Suppongo di si. Era lei al
telefono...» disse.
Senza indugiare oltre, tutti e tre si diressero all'auto di Gerard, che in tutta
fretta guidò fino casa di Alex, rischiando di mettere sotto un paio di anziane
signore che attraversavano la strada ed un gatto randagio.
Quando Gerard posteggiò l'auto nel vialetto di casa di Alex,
tutti e tre scesero dalla macchina alla svelta, lasciando anche gli sportelli
aperti. In quanto Mikey non era riuscito a dire nient'altro, se non "non ci
credo" e cose simili, Gerard e Frank volevano solo assicurarsi che fosse tutto
ok.
La trovarono seduta sui gradini del portico della casa, con un sorriso stampato
sul volto e gli occhi luminosi.
Non aveva l'aria di una che era scappata chissà dove, nonostante sotto la luce
fioca del portico le occhiaie che le circondavano gli occhi sembravano più
marcate.
Frank sentì il bisogno di abbracciarla. Non appena lei si
sollevò dal gradino sul quale era seduta, le corse incontro gettandole le
braccia intorno al corpo e stringendola a sé il più forte possibile.
«Così-mi-uccidi!» fece lei che non riusciva a muovere nemmeno
le braccia, parlando contro la sua spalla.
«Tu mi uccidi, quando sparisci così!» sussurrò Frank
lasciandola andare, dopo averle stampato un bacio sulla testa.
Gerard guardò la scena in silenzio. Com'era stupido ad essere geloso. Non
avrebbe mai avuto quello che avevano loro, era inutile anche sperare e
invidiare. Si sentiva in colpa, e nonostante un senso di sollievo lo aveva
scosso quando vide Alex, si sentiva l'animo pesante.
Non aveva speranze. Frank l'abbracciava, la stringeva a sé, e lui voleva tanto
far parte di quel momento, di quell'uragano di emozioni, voleva abbracciare
entrambi anche lui.
Guardò Alex ma non sapeva cosa dire. Voleva scusarsi per come
l'aveva trattata la sera prima, e sopratutto per averla aggredita così. Era un
mostro, era stato proprio un mostro.
Lei lo guardò come in attesa che lui dicesse qualcosa. Però dopo qualche secondo
sospirò «Sei sobrio, per lo meno?» chiese sorridendo.
Un mostro alcolizzato, ecco cos'era ai suoi occhi. Gerard si
faceva schifo. Annuì, e lei sorrise ancora.
«E non hai intenzione di aggredirmi o lanciarmi dietro
qualcosa, vero? Perché ho una notizia che vi farà pisciare sotto dall'emozione!»
esclamò, guaradando i tre di fronte a lei.
«Ma dove sei stata?» chiese Frank.
«Dopo ti racconto, però devo dirvi la cosa più importante,
tanto dalla faccia di Mikey suppongo che lui non abbia detto niente...» fece lei
ridendo.
Mikey scrollò le spalle.
«Vabbè... insomma, quando ero alla stazione, stavo salutando
Giulio Cesare e-» iniziò a raccontare, ma Frank la interruppe.
«Alla stazione? E chi è Giulio Cesare?» domandò curioso.
Alex roteò gli occhi scocciata «Ti ho detto che dopo ti racconto! Ora non
interrompermi!» fece lei sbuffando, poi riprese fiato e ricominciò «Vabbè, alla
stazione c'era questo tipo, un signore sulla cinquantina...».
«Ti ha importunata?» chiese Gerard aggrottando le
sopracciglia.
«Cristo santo, no! Fatemi finire!» esclamò esasperata «E mi
ha vista da sola e pensava che avessi tipo 13 anni o roba del genere, ed ha
cominciato a chiedermi se avevo bisogno di qualcosa o se mi fossi persa, e
comunque, vabbè, ci siamo messi a chiacchierare ed è venuto fuori che questo è
un produttore musicale e che ha questa casa discografica e insomma, allora gli
ho fatto ascoltare le vostre canzoni, e gli sono piaciute e mi ha fatto un sacco
di domande su di voi e sulla band e sulla vostra musica e voglio dire, mi ha
detto che vuole conoscervi e che vuole farvi registrare un disco!» disse tutto
d'un fiato.
Nessuno dei tre disse nulla per una manciata di secondi che
sembrò eterna. Poi Frank la guardò con una smorfia «Cioè, questo» fece,
indicando Gerard con la mano «ti tira dietro i bicchieri, ti caccia di casa e ti
tratta di merda e tu gli rimedi un cazzo di contratto discografico!?» chiese
stupito.
Probabilmente la parola vendetta non faceva parte del dizionario di Alex, né
rancore.
Lei scrollò le spalle «E che facevo, un'occasione così mica capita tutti i
giorni! E poi, se non mi avesse cacciata io non sarei stata alla stazione e non
avrei incontrato sto tipo, quindi!» spiegò serenamente.
«Grazie! E' davvero una cosa fantastica!» disse finalmente
Gerard ridendo contento. Ebbe il coraggio di avvicinarsi a lei ed abbracciarla
«...scusami per come ti ho trattata... se vuoi, puoi tornare da noi, restarci
quanto vuoi...» disse.
Alex ricambiò la braccio e poi scrollò le spalle «No, è ora che torni a casa
mia...» disse, indicando la casa alle loro spalle.
In realtà li aveva fatti andare da lei proprio perché non voleva metterci piede
da sola, per la prima volta dopo tutta quella storia. Raccolse il borsone da
terra e prese le chiavi. «Vorrei solo che mi accompagnaste dentro...» mormorò
avvicinandosi alla porta.
I tre si strinsero a lei, come se stessero per fare una sorta
di rituale o qualcosa del genere.
Quando Alex aprì la porta, questa cigolò leggermente. Il vento proveniente da
fuori smosse l'aria all'interno, portandole al naso l'odore tipico di casa sua,
di lavanda, misto all'odore di chiuso che si era stagnato lì.
Fece il primo passo per varcare la soglia lentamente, poi
fece un respiro profondo.
All'ingresso, sulle pareti, c'erano un mucchio di fotografie di lei e dei suoi
genitori. Le guardò con un sorriso. Tutto doveva avere una ragione. Tutto era
accaduto per un motivo. Non poteva essere solo una disgrazia, doveva esserci di
più, perché quello che tutta quella storia aveva portato era incredibile e denso
di emozioni.
Non voleva restare sola, e Gerard si era offerto di passare
la notte con lei, un pò perché gli faceva davvero piacere, ed un pò perché
c'erano tante cose che voleva dirle per scusarsi di essersi comportato da vero
stronzo.
Frank e Mikey se ne erano tornati a casa loro, il giorno dopo
c'era scuola e non avevano intenzione di fare tardi. Loro due rimasero seduti
sul divano, ad ascoltare un vecchio cd di musica del padre di Alex. Era lui che
l'aveva spinta ad appassionarsi così tanto al rock. Anche lui suonava, e forse
era proprio per questo che lei era così legata alla band.
«...comunque, devi riflettere sul senso del pericolo. Non
puoi dormire alla stazione a pochi metri da un barbone, o andartene in giro a
farti offrire il pranzo dalla prima persona che passa...» disse Gerard facendo
la predica ad Alex.
Non poteva credere che riuscisse a dare fiducia davvero a chiunque, a vedere
sempre e solo il lato buono delle persone. Però lei era fatta così, e la
dimostrazione gliel'aveva data ancora una volta, con quel discografico al quale
aveva parlato di loro. Non era molto sicuro che le cose fossero andate come
aveva detto lei, poteva immaginarsela supplicarlo in ginocchio di ascoltare i
pezzi dei My Chemical Romance cercando di convincerlo che ne valesse la pena. O
probabilmente lo aveva costretto ad ascoltarli, guardandola con quei suoi
occhioni luminosi ed innocenti.
Lei sorrise «Non mi è successo niente... e poi se non dovessi
dar fiducia al prossimo, non avrei dovuto dar fiducia nemmeno a te...» mormorò.
Gerard le carezzò i capelli scuri «Scusa per tutto...»
borbottò.
«Tranquillo... anche se, cioè, non mi piaci quando sei
ubriaco... e poi, non ho nemmeno ancora capito perché l'hai fatto...» disse,
guardandolo negli occhi.
Gerard si sentì in dovere di dire la verità. Era Alex, l'aveva confortata mille
volte negli ultimi tempi, aveva asciugato le sue lacrime ed una volta aveva
anche pianto con lei, in una notte densa di vecchi ricordi di lei bambina. Non
dovevano esserci segreti.
Fece un respiro profondo, per prepararsi a sputare fuori tutta la verità.
«Credo... credo di essere geloso...» mugugnò.
Alex lo guardò con un sopracciglio sollevato e l'aria incerta «Geloso?»
ridacchiò.
«Si, lo so che è stupido, ma... non lo so nemmeno io cosa sta
succedendo... l'altra sera ho baciato Frank...» disse lui imbarazzato.
«Eh si, me lo ricordo...» sospirò Alex «E' stato epico,
direi...».
Gerard arrossì. «Poi però ho visto voi che vi baciavate, fuori dal locale...»
aggiunse.
Alex scoppiò a ridergli in faccia. Ci mise un minutino per riprendersi e tornare
seria. «Sul serio!? E' questo il problema?» chiese divertita.
Gerard aveva frainteso tutto, ecco perché ce l'aveva con lei. Se solo fosse
stato lì accanto al loro in quel momento avrebbe capito che non era proprio,
assolutamente, - e tristemente, per lei - nulla.
«Si insomma... che c'è da ridere? Voglio dire, voi due siete
carini e tutto...» spiegò sentendosi ancora più in imbarazzo.
«Oh, voi uomini siete proprio stupidi...» disse lei alzando
gli occhi al cielo.
«Ah, tante grazie...» fece Gerard fingendosi offeso.
«Dico sul serio! Cioè, sai perché Frank mi ha baciata? Cristo
santo, potessi starci io al posto tuo, Gee...» sospirò «Mi ha baciata per colpa
tua. Per testare cosa avrebbe provato. Non certo perché tra me e lui ci sia
qualcosa...» disse con tono rassegnato. E si, parlarne ancora faceva male.
Gerard la guardò incerto «Come sarebbe? Lui è sempre così dolce con te, e state
sempre insieme, e tu parli di lui ogni secondo, e lo guardi con quello
sguardo...» disse.
«Sono stata solo la sua "prova del nove". E posso assicurarti
che se l'è quasi fatta sotto quando ha capito di non provare le stesse
sensazioni con le mie labbra.» spiegò Alex, omettendo la parte in cui lei
sentiva il cuore frantumarsi nel petto, nel frattempo. Certo, non riusciva a
fingere nemmeno un accenno di sorriso, faceva malissimo.
Gerard non era sicuro se fosse più contento per sé stesso o
triste per Alex, che aveva perso la luce negli occhi in un secondo netto.
«Devi esserne contento, eh!» lo incitò lei alla fine «Cioè,
stiamo parlando di Frank Iero. Non potresti desiderare di meglio!» disse, con
aria sognante. Era stupido che il suo cuore si ostinasse a scoppiare così, ogni
volta che lo nominava, o il suo volto gli apparisse in mente. Non c'era niente
da fare, punto.
Gerard sorrise a mala pena «Credo che dopo oggi, mi
detesti...» sospirò «Sono stato un coglione. E sicuramente lo pensa anche lui,
ormai...».
Alex scrollò le spalle, abbracciandosi le ginocchia e poggiandoci sopra la testa
«Qualsiasi cosa sia, passerà...» mormorò, forse più a sé stessa che all'amico.
«E poi, siete destinati a stare insieme, ne sono certa. Due persone come voi non
dovrebbero che appartenersi l'un l'altro.» aggiunse.
«Sei incredibile. Stai per piangere un'altra volta.» sussurrò Gerard
avvicinandosi a lei. Le mise un braccio intorno alle spalle «Non voglio che tu
ci stia male, comunque, quindi ti prometto che se qualcuno deve portartelo via,
non sarò di certo io...».
Alex alzò gli occhi al cielo, scacciando via l'ennesima
lacrima. Detestava piangere ogni santa volta. «Ah, scommetto che quando Dio creò
l'uomo con una mano si stava grattando le palle, perché siete venuti fuori
proprio male!» disse.
«Sei proprio una principessa, sai?» rise Gerard.
«Lo so, scusa, ma cavolo, siete proprio scemi. Sempre a farvi
le spalle grosse davanti agli altri. Non puoi decidere di smetterla di provare
qualcosa per Frank perché io sennò ci sto male. Non posso mica obbligarlo a
scegliere me, a provare qualcosa per me. Quindi tira fuori le palle e
prenditelo, una volta per tutte. Basta che poi non mi abbandonate.».
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 - The Best Part Of Believe Is The Lie ***
Capitolo 6
The Best Part Of Believe is the
lie.
I corridoi del liceo erano tappezzati di festoni arancioni e neri e volantini
per annunciare la grande festa di Halloween che si sarebbe tenuta nella palestra
quel Venerdì sera. Frank dovette fare lo slalom tra gli studenti per raggiungere
Alex, che con lo zaino in spalla e il cappuccio del giacchetto sulla testa si
stava dirigendo a passo svelto verso l'uscita.
Fuori faceva davvero freddo, e il vento trascinava via le
foglie dagli alberi.
«Dove vai tutta
di fretta?» le chiese quando riuscì a raggiungerla.
Lei scrollò le spalle, con le mani affondate nelle tasche del cappotto «Donna mi
accompagna a fare la spesa. Il frigo è vuoto e stasera siete tutti invitati a
casa mia» disse sorridendo.
Frank fece una smorfia. Se quel tutti includeva anche Gerard lui non voleva
andarci, proprio come aveva evitato di andare a casa di Alex quando sapeva che
anche l'altro era lì.
Nonostante fossero passate un paio di settimane dal casino che aveva combinato
Gee da ubriaco, a Frank ancora non era passata. Non riusciva nemmeno a
comprendere come potesse Alex continuare a girargli sempre intorno, dopo che lui
l'aveva aggredita così. Aveva iniziato a farsi un'idea - secondo la sua amica
sbagliatissima - di Gerard che non gli piaceva affatto. Non sapeva però le sue
vere motivazioni, ma nemmeno gli importava. Le ripeteva sempre che sarebbe
potuto accadere di nuovo, che doveva stare attenta e che avrebbe dovuto
chiamarlo immediatamente se fosse successo ancora, perché gli avrebbe fatto il
culo.
Alex rideva ogni volta che Frank faceva così. Era proprio
stupido a volte. E si, tutta quella premura nei suoi confronti le faceva
piacere, ma non c'era davvero niente di cui preoccuparsi. Gerard, glielo aveva
ripetuto più volte, aveva anche cominciato ad andarci meno pesante con l'alcool.
Gli chiedeva sempre se non fosse per quel bacio, che Frank non volesse vedere
Gerard. Ed ogni volta Frank cambiava argomento. Non riusciva ancora a
capacitarsene. Alex glielo aveva ripetuto più volte: se ti è piaciuto quella
volta ti piacerà ancora. Ma a lui non sembrava interessare, non voleva mai
affrontare l'argomento e ultimamente fingeva che non fosse mai accaduto e che
non avesse mai provato niente nei confronti di Gee.
«Non credo di poter venire...» fece Frank tremando per il
freddo, camminando al suo fianco.
Alex alzò gli occhi al cielo «Devi venire. Punto. Non ti stò
invitando, ti stò obbligando!» disse guardandolo seria.
«Devo provare con il gruppo...» inventò Frank. La scusa più
stupida che potesse tirar fuori.
«Ma se tre giorni fa mi hai detto che vi siete sciolti!»
replicò lei.
«...vabbè, allora non mi va di passare la serata con Gerard.»
disse lui aspro.
Alex si fermò e lo guardò dritto negli occhi, sgranando i suoi al meglio. Frank
non avrebbe potuto resistere, e lei lo sapeva. «E dai, fallo per me!» disse lei
supplichevole con l'aria più innocente che riuscisse ad avere.
Frank sbuffò. Ci era riuscita ancora una volta. «Ok» mormorò. «Cazzo, fa un
freddo allucinante...» si lamentò dopo un pò di silenzio.
«Tu ti ostini ad indossare quella sottospecie di guanti senza
dita, che pretendi.» rise Alex dandogli una spinta «E comunque, non cambiare
argomento ancora una volta. Tanto prima o poi dovrai affrontarlo. Dì la verità,
sogni quel bacio tutte le notti, eh?» disse maliziosa.
Frank si morse il labbro. Quando ci pensava sentiva un brivido attraversargli il
corpo. Era vero, dannatamente vero. Ci pensava spesso, anche quando faceva di
tutto per non pensarci. Una volta aveva addirittura fissato il culo di una
cheerleader della scuola, durante tutta l'ora di ginnastica, ma senza alcun risultato.
Non ne era attratto, c'era poco da fare. A lui veniva in mente Gerard, che si,
era un coglione, ma aveva le labbra più morbide sulle quali avesse mai poggiato
le sua.
«Non mi importa, Al, passerà, tanto si è dimostrato un vero
idiota...» mugugnò, nascondendo le mani dentro le maniche della felpa.
«Non è un idiota. E lo sai. E poi mica mi ha violentata.»
rise lei.
«Non c'è niente da ridere, e tu sei un'incosciente.
Lasciargli passare le notti a casa tua... non hai paura che possa essere così
aggressivo un'altra volta?» chiese lui alterato. Era incredibile anche per sé
stesso quanto gli desse fastidio l'idea che potesse farle del male.
Lei scrollò le spalle, mentre il vento le scompigliò i lunghi capelli scuri «E'
successo una sola volta, e l'abbiamo superato. Si guarda avanti, Frank. E non
sono un'incosciente, se dubitassi di lui non lo frequenterei così assiduamente.
Smettetela di pensare che sono una stupida, che cavolo. E smettila di pensare
che anche lui lo sia. Hai conosciuto il meglio di Gerard, e non è che per un
episodio isolato ora devi farti di lui l'idea che sia un mostro pazzo ubriacone
maniaco.» spiegò.
Doveva riuscire a farlo tornare in sé, a fargli rivedere Gee
sotto gli stessi occhi con cui lo vedeva prima, perché Gerard parlava di Frank e
si struggeva ogni volta che si rendeva conto che aveva fatto una cazzata. E
quando si rifiutava di incontrarlo era una vera tortura per lui.
Lei era il filo che li legava, e doveva fare il suo dovere.
«Sarà...» borbottò Frank «Dov'è che stiamo andando comunque?»
chiese poi quando si rese conto che stava seguendo Alex per le strade di
Belleville senza sapere quale fosse la loro meta.
«Te l'ho detto, Donna mi aspetta al supermercato. Devo andare
a fare la spesa. Non posso continuare a mangiare barrette energetiche, fanno
pure schifo tra l'altro...» disse lei.
«Vuoi che ti accompagni anche io?» domandò Frank che tanto
non aveva di meglio da fare. Da quando era finita con i Pencey Prep e al Cafè
c'erano i vecchi dipendenti a lavorare, non aveva molti impegni.
Alex annuì, e in silenzio continuarono a camminare nel
freddo.
«Si,
dovremmo proprio trovare un altro chitarrista...» disse Ray posando la sua
chitarra. Lo studio era decadente e malconcio, ma finalmente stavano registrando
il loro disco ed era sempre meglio di niente. Però i My Chemical Romance si
erano resi conto che mancava qualcosa per raggiungere la perfezione. Un
chitarrista ritmico, ecco cosa ci voleva.
La prima persona a cui pensò Gerard fu ovviamente Frank. Alex gli aveva detto
che i Pencey Prep si erano sciolti e come chitarrista era il massimo, aveva lo
spirito da rocker, suonava con tutta l'anima e... No, scosse la testa per
scacciare quel pensiero dalla testa. Non c'entrava nulla il fatto che fosse
anche incredibilmente bello. Assolutamente. E comunque, con quale faccia poteva
proporgli di unirsi al gruppo? Nemmeno voleva più rivolgergli la parola.
Suo fratello Mikey però aveva pensato alla stessa persona, e
con un sorriso sul volto pronunciò il suo nome.
Gerard fu attraversato da un brivido lungo tutta la schiena. Ma non fece in
tempo a dire di no, che gli altri annuirono entusiasti dell'idea.
«Esatto! Frank sarebbe l'ideale! E' perfetto!» esclamò Matt
dall'angolo della stanza. Ray annuì «Gerard, perché non lo chiami e gli proponi
di unirsi a noi?» chiese porgendogli il suo cellulare.
«Ehm... perché proprio io?» domandò Gerard imbarazzato.
«Perché sei suo amico, no?» rispose Ray. Ovviamente.
«In realtà è da un pò che non si parlano più...» se ne uscì
fuori Mikey.
Matt e Ray lo guardarono ridendo «Ma che siete ragazzini dell'asilo, che non vi
parlate?» disse il primo.
Gerard scrollò le spalle. Matt riusciva ad essere totalmente privo di qualsiasi
tatto. Era anche peggio di Alex a volte. Che ne sapeva lui, comunque? Nessuno,
oltre ad Alex, poteva saperne nulla. Gerard non ne aveva parlato con
nessun'altro, tanto meno con suo fratello. Non poteva mica uscirsene con
qualcosa tipo "Beh, credo di essere fisicamente ed emotivamente attratto da
Frank!" o roba del genere.
«Vabbè, glielo dirò, ora non mi va di chiamarlo...» disse
Gerard alzandosi per uscire a fumare una sigaretta.
Al supermercato, Frank spingeva il carrello stracolmo di roba mentre Donna ed
Alex continuavano a mettere dentro ogni singolo prodotto in vendita.
«Ma guarda un
pò, mio figlio che fa la spesa con gli altri invece che con sua madre...».
Tutti e tre si voltarono. La madre di Frank era di fronte a loro con
un'espressione di sorpresa sul volto, nel trovare suo figlio al supermercato. Di
solito non l'accompagnava spesso a fare commissioni.
Frank arrossì, mostrando evidente imbarazzo «Ehm... ciao
mamma...» mormorò. Sua madre salutò Donna, che aveva già conosciuto al Cafè, e
poi si soffermò su Alex. «Ehi, è da tanto che non vieni a trovarmi...» disse
sorridendo.
In effetti era da un pò che Alex non andava a casa di Frank. Non che prima ci
andasse poi tanto spesso, però ogni tanto era capitato che dopo scuola Frank
l'avesse invitata a pranzo da lui per poi farsi aiutare a fare qualche compito
particolarmente troppo impegnativo per lui.
Alex annuì dispiaciuta «Ha ragione Signora Iero...» disse.
Frank, accanto a lei, stava davvero dando segni di nervosismo, giocherellando
con i bordi delle maniche della felpa. Sembrava non vedesse l'ora che sua madre
se ne andasse.
«Beh, almeno posso stare tranquilla sapendo che Frank passa
tutto il suo tempo con te...» disse la signora, visibilmente sollevata «Sai,
anche se ho dovuto quasi tirargli fuori dalla bocca che-».
«Senti mamma dovremmo proprio andare!» la interruppe Frank
alla svelta.
Alex gli diede una leggera gomitata sul fianco «Maleducato, non abbiamo alcuna
fretta...» disse con una smorfia.
«No, sul serio, comunque il supermercato non è il luogo
giusto dove chiacchierare...» borbottò lui, con le guance così rosse che erano
quasi della stessa tonalità della tinta che aveva fatto ai lati della testa.
«Che ti prende?» chiese Alex con un sopracciglio sollevato.
«Dai, Frankie, non fare così...» gli disse sua madre
teneramente, poi guardò prima Alex e poi Donna ed aggiunse «E' sempre
imbarazzato di parlarne. Ma non capisco proprio perché.».
«Parlarne di cosa?» domandò Alex confusa.
«Mamma, ti prego non-»
«Insomma, è chiaro che sia innamorato. Ultimamente è sempre
con la testa tra le nuvole, allora un giorno l'ho quasi costretto a confessare e
lui mi ha finalmente detto che state insieme! Sono rimasta così contenta, sai?»
rise la signora Iero, guardando Alex, che invece era insicura se scoppiare a
ridere o meno. Frank si fissava le scarpe, in silenzio.
«Sta parlando di me e Frank?» chiese con una risatina.
La signora annuì con un'espressione che stava a significare "Chi, sennò?".
Frank voleva morire in quel preciso istante. Era giunta la sua fine, ne era
certo. Ne fu ancora più sicuro quando Alex sorridendo maliziosa gli strinse la
mano e lo guardò «Aww, ma non mi avevi detto che ne avevi parlato con tua
madre!» disse fingendosi tutta carina e dolce, accarezzandogli la guancia con il
dorso della mano.
Frank deglutì. Esatto, era proprio la fine. Alex non gli
avrebbe dato tregua, poteva leggerglielo in faccia che stava facendo del suo
meglio per non scoppiargli a ridere davanti.
«Sai cosa? Dovremmo proprio fare una bella cena tutti
insieme!» propose sua madre come se avesse avuto l'idea più geniale del secolo.
Frank sgranò gli occhi facendo no con la testa.
«Ma si invece!» annuì Alex entusiasta «Assolutamente! Anzi,
sa cosa? Io stavo già per organizzare una cena stasera a casa mia, e beh,
potreste unirvi anche voi, sarà una bella serata!» propose lei, alla madre di
Frank e a Donna.
«No, scherzi, non mi sembra giusto che tu debba ospitarci
tutti a casa tua, sai...» disse Donna.
«In effetti...» mormorò la signora Iero «Beh, però potreste
venire a casa mia, piuttosto!» propose la madre di Frank «Noi ci facciamo una
bella chiacchierata tra donne, mentre i ragazzi passano un pò di tempo insieme,
eh?».
Frank sperò con tutto il cuore, pregando ogni tipo di Dio o entità di cui avesse
mai sentito parlare, di ogni religione possibile, che nessuno accettasse
l'invito. Non funzionò, Donna e sua madre si strinsero la mano. «Chiamerò subito
Gerard e Mikey per avvertirli!» esclamò la prima, contenta.
Stavolta Alex non ce l'aveva fatta, era scoppiata a ridere
come una stupida, nascondendosi alle spalle di Frank. Quella si, che sarebbe
stata una serata da ricordare, cristo.
- - -
Grazie a tutte per continuare a leggere i miei poemi immensamente lunghi. Sta
volta l'ho scritto corto, credendo di fare la cosa giusta, finché
xwhatshername non mi ha detto che lunghi vanno benone -.- ma ormai
era troppo tardi, ed io ho già pronto il prossimo capitolo. XD Poi, thanks a
R e v e n g e che
è sempre la prima a leggere e commentare e mi riempie di complimenti facendo
fomentare la mia autostima - ci vuole, ci vuole! LOL, e a tutti gli altri, e a
Helena_YellowSmoke che mi ha messo tra i suoi autori preferiti, cioè! <3
- mi sto fomentando perché ho di nuovo l'editor html, tutto qui.
XOXO
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 - It started out with a kiss, how did it end up like this? It was only a kiss... ***
Capitolo 7
Capitolo 7
It Started Out With A Kiss, How Did It End Up Like This? It Was Only A Kiss...
Frank aveva la stessa ansia da primo appuntamento. Aveva cambiato maglietta tre
volte, sistemato i capelli in diversi modi senza mai vedersi abbastanza decente
allo specchio, e lanciato sotto il letto un paio di scarpe rovinate e l'infame
fotografia di quando aveva due anni e correva nudo nel giardino di casa Iero.
Erano quasi le 19 e sarebbero arrivati tutti, di lì a poco.
Ad ogni rumore d'automobile si affacciava alla finestra della sua cameretta, per
poi sospirare quando non era la macchina di Donna.
Aveva imprecato ogni divinità a lui nota, per la fantastica
idea di sua madre.
«Santo Cielo,
rilassati!» rise Alex piombando dal nulla in camera sua.
Frank quasi saltò dallo spavento «Perché sei già qui!?» chiese nervoso.
«Ma come? Sono la tua fidanzata ufficiale, mica posso
arrivare in ritardo!» disse ridendo di gusto.
Lui le fece cenno di abbassare la voce. Era già abbastanza imbarazzante così, se
sua madre avesse saputo che era tutta una balla avrebbe dovuto dirle la verità:
no, mamma, in realtà se stavo così era per colpa di Gerard, sai?
No, non poteva farlo di certo. E poi non c'era proprio nulla tra lui e Gerard,
quindi sarebbe stato imbarazzante anche il doppio.
E tra poco sarebbero stati tutti seduti attorno al tavolo a mangiare insieme
come se niente fosse, ed Alex aveva parecchio da divertirsi, glielo leggeva in
faccia.
«Lo sapevo io che dovevo dire qualcos'altro, quel giorno!»
borbottò Frank mangiandosi le unghie.
«Non sarebbe stato così divertente...» sospirò Alex,
sedendosi sul letto «Ma dico, non voglio immaginare la faccia di Gerard quando
capirà che tua madre è convinta che io e te stiamo insieme!» rise «Probabile che
ci tira dietro qualche bottiglia, per dire!».
«Ah-ah!» fece sarcastico Frank «Sei proprio divertente! Hai
l'animo maligno. Scommetto che se fossi in bilico sul cornicione di una torre mi
spingeresti "per sbaglio"!» disse sbuffando.
«Ma smettila! Sei un frignone, tira fuori le palle! ...non in
senso letterale, eh...»
«Cazzo, più andiamo avanti più il tuo senso dell'umorismo si
fa invasivo...» mormorò Frank guardandosi ancora una volta nel riflesso dello
specchio a parete.
Quando sua madre lo chiamò gli si fermò il cuore «Venite,
ragazzi! Sono arrivati gli Way!» urlò dal piano di sotto.
Alex si sfregò le mani eccitata, mentre Frank fece un respiro profondo.
Ti prego, Dio, toglimi la vita ADESSO! pensò, scendendo le scale
lentamente.
Gerard aveva le mani sudate, affondate nelle tasche dei
pantaloni scuri che aveva indossato. Quando la figura di Frank apparì sulle
scale, di fronte a lui, deglutì pesantemente.
Era da un pò che non lo vedeva, e il cuore gli batteva nel petto come un giro di
batteria hardcore.
«Entrate, entrate!» li incitò la signora Iero, prendendo i
loro cappotti.
«Ciao!» sorrise Alex divertita, correndo ad abbracciare
Gerard, che era rigido come il tronco di un albero, in piena ansia «Non vedevo
l'ora che arrivaste...» gli sussurrò all'orecchio.
«E' quasi pronto... perché non ci accomodiamo sul divano in
salotto?» propose Linda Iero incitando gli ospiti a seguirla «Frank, va a
prendere qualcosa da bere...» disse a suo figlio, che senza replicare si diresse
in cucina trascinando Alex per un braccio. Quando fu dentro si chiuse la porta
alle spalle «No, non ce la faccio!» disse lamentoso.
«Dimmi, dimmi!» disse lei battendo le mani come una bambina
davanti ad un parcogiochi «Vorresti saltargli addosso, eh!?» fece maliziosa.
«Cristo santo, no!» fece lui infastidito «E mi stai
irritando, sul serio! Non c'è niente da ridere, è proprio una situazione del
cazzo!».
«E ridi ogni tanto!» replicò lei cercando di imitare Frank,
visto che di solito era lui a dirglielo.
Frank sospirò «Perfetto, vuoi divertiti? Ora ci penso io...» mugugnò con tono di
sfida «E ricordati che sei tu che l'hai voluto!».
Quando tornarono nel salotto, Alex portava un vassoio con
bicchieri e bevande, mentre Frank la stringeva a sé con un braccio intorno al
collo.
«Fammi respirare per lo meno...» mormorò Alex dietro un finto
sorriso.
«Te l'ho detto, ora sono cavoli tuoi...» rispose lui, a voce
bassissima.
Gerard li guardava incuriosito. Oh, se si stavano comportando in modo strano.
«Ecco a voi...» disse Alex posando il vassoio. Frank quasi
corse a sedersi sulla poltrona, che era rimasta libera, ed Alex si guardò
intorno rimanendo in piedi.
C'era così tanta tensione nell'aria che se ne resero conto
anche Donna e Linda.
«Hai davvero una bella casa...» disse la prima, sorridendo
alla signora Iero, tanto per fare conversazione. L'altra ricambiò il sorriso
guardandosi intorno, come stavano facendo tutti gli altri. C'erano fotografie di
Frank in ogni angolo, sua madre lo adorava a dismisura.
«Quindi, voi andate a scuola tutti insieme?» chiese dopo un
pò guardando i fratelli Way, ed indicando anche Frank e Alex.
«Ehm, no, io... sono più grande...» borbottò Gerard in
imbarazzo «Mikey però si...» aggiunse, versandosi da bere del The per passare il
tempo.
«E dimmi, Mikey, com'è il mio Frankie a scuola?» sorrise «Non
vorrei che ora che si è fidanzato si concentri di meno nello studio...».
A quella frase Gerard quasi sputò fuori il sorso di thè che aveva appena messo
in bocca. Fidanzato? Da quando? E perché Alex non glielo aveva detto? Guardò la
madre di Frank in attesa che aggiungesse qualcos'altro.
«Si, cioè, io ed Alex siamo usciti allo scoperto,
finalmente...» fece Frank dopo essersi schiarito la gola. Cercava di sembrare il
più disinvolto possibile, poi sorrise nel più falso dei modi guardando l'amica
«Perché non vieni a sederti qui, eh?» le disse battendosi una mano sulle gambe.
Alex fece un respiro profondo. Ora iniziava la parte difficile per lei. Ecco
cosa intendeva Frank.
«Ma no, non è educato...» fece sorridendo.
La signora Iero rise fragorosamente «Wow, di questi tempi è così strano sentir
parlare i giovani di educazione!» disse allegra.
Gerard nel frattempo guardava Alex stranito e confuso, cercando di decifrare
qualsiasi messaggio lei stesse cercando di mandargli tramite le più svariate e
particolari espressioni facciali.
«Ehm... e da quant'è che state insieme, per l'esattezza?»
domandò Mikey cadendo dalle nuvole.
Frank allungò una mano verso Alex e cominciò a solleticarle
il braccio «Beh, da un pò...» disse tranquillo.
Alex fece cenno di no con la testa in direzione di Gerard, ma lui continuava a
non capirci nulla.
«Ed io non potrei esserne più contenta...».
«Immagino...» borbottò Gee.
«Comunque, ho abbastanza fame, andiamo in cucina?» propose
Frank alzandosi dalla poltrona. Strinse la mano di Alex e con lei furono i primi
a sedersi a tavola. Fu abbastanza scontato che si mise seduto al suo fianco, e
Gerard proprio di fronte a loro due.
Durante l'intera cena, Frank ed Alex non fecero altro che
stuzzicarsi a vicenda, giocando a chi faceva meglio la parte del fidanzato
premuroso e roba del genere. A Gee era passato l'appetito, e passò tutto il
tempo a complimentarsi con la signora Iero nonostante si stesse sforzando di
mangiare per non offenderla.
Cercando di non sembrare sfacciato, Frank cominciò ad
accarezzare la schiena di Alex, infilandole la mano sotto la maglietta.
Lei sospirò, cacciando via i brividi, e strinse tra le mani la forchetta,
avvicinando le labbra al suo orecchio «Se non togli quella mano da lì ti do una
forchettata sulle palle...» bisbigliò.
Frank rise «Non puoi farlo, proprio la sera del nostro fidanzamento
ufficiale...» rispose a voce bassa, stampandole un bacio sulla guancia. Voleva
torturarla. Da che era Alex a volersi prendere gioco di lui, le parti si erano
invertite.
«Perfetto, se ti diverti così...» mormorò lei, poggiandogli
una mano sulle gambe, sotto il tavolo. Cominciò a far scivolare la mano sulla
coscia di Frank, lentamente, dal ginocchio verso l'alto, sorridendo
innocentemente alla signora Iero intenta a raccontare un episodio della vita di
Frank da bambino.
«Ok, devo andare al bagno!» esclamò lui quando le dita di
Alex cominciarono ad avvicinarsi alla zona ad alto rischio erezione, alzandosi
di scatto dalla sedia.
«Si, non c'è bisogno di urlarlo ai quattro venti!» lo riprese
sua madre alzando gli occhi al cielo, mentre lui in fretta scomparì dietro la
porta della cucina «Comunque, se volete potete andare in camera sua a fare, non
lo so, giocare ai videogiochi e qualsiasi altra cosa facciate voi ragazzi di
questi tempi...» disse poi, alzandosi per sparecchiare insieme a Donna.
Alex fu la prima ad alzarsi, seguita dai fratelli Way, che senza dire una parola
la seguirono fino alla camera di Frank al piano di sopra.
«Sul serio, da quanto state insieme?» domandò Mikey quando
furono dentro.
Lei scrollò le spalle «Lascia stare, è una lunga storia, poi te lo spiego...»
disse lei mettendosi seduta sul letto, con le gambe incrociate. Gerard si
sedette accanto a lei «Si, effettivamente qualcosa devi spiegarcela sul
serio...» mormorò.
«Assolutamente. Non ora, comunque. Ogni cosa a suo tempo.»
sorrise lei scompigliandogli i capelli come se fosse un ragazzino.
«Che ci fate qui?» domandò Frank quando passò davanti alla
porta della sua camera uscendo dal bagno.
Alex sorrise allegra «Ci prepariamo per giocare a Verità o Penitenza!»
disse, sorprendendo tutti. Nessuno di loro voleva giocare a quel gioco in
realtà, ma a lei sembrava fosse l'idea giusta per passare il tempo.
«Non possiamo giocare alla Play Station? O guardare un film?»
propose Frank invece.
«E dai, non vorrai mica deludermi proprio la sera del nostro
fidanzamento ufficiale!» rispose lei sorridendo maliziosa.
Frank poteva accarezzarla, metterle le mani addosso, stamparle baci ovunque e
stuzzicarla in qualsiasi modo, ma era niente in confronto alla sua geniale idea
di farlo uscire allo scoperto con un paio di domande. Qualcosa aveva imparato,
da quelle perfide delle sue compagne delle scuole medie.
Rassegnato, sospirò, sedendosi a terra ai piedi del letto, continuando a
ripetere mentalmente al Signore che avrebbe fatto qualsiasi cosa, pur di
sfuggire a quella situazione.
«Inizio io...» esclamò Mikey all'improvviso. Guardò i tre,
pensando, poi scrollò le spalle «Alex, verità o penitenza?».
Lei si morse il labbro «Mmmh... verità!» disse sicura.
«Uhm...».
«Mikey, ora dovresti chiederle qualcosa, sai?» fece Frank
guardando l'amico «E, sul serio, puoi chiederle qualsiasi cosa, senza
farti scrupoli!» aggiunse poi, sorridendo.
«Non mi viene in mente nulla...» borbottò lui guardandosi
intorno in cerca di ispirazione «Non potevi scegliere penitenza?» chiese
ad Alex rassegnato.
Lei alzò gli occhi al cielo «Perfetto, penitenza allora.» sbuffò.
«Ok... ehm... vediamo...» borbottò Mikey. Non era proprio il
gioco adatto a lui. «Ok. Chiuditi nell'armadio con Frank... per un paio di
minuti.» disse infine.
Alex rise «Nell'armadio? Nemmeno ci entriamo tutti e due lì!» disse.
«Beh, potete sempre stringervi.» commentò Gerard sospirando.
Frank si alzò in piedi e le tese la mano «Forza, andiamo... l'hai scelto tu il
gioco...» disse, aiutandola a tirarsi su dal letto. L'armadio di Frank era
stracolmo di roba, e ci misero un pò per riuscire ad entrarci entrambi. Erano
faccia a faccia, quando Mikey chiuse l'anta, lasciandoli nel buio più totale,
schiacciati tra felpe e pantaloni che profumavano di detersivo e deodorante per
ambienti.
«Che cazzo di idea...» borbottò Alex, parlando a pochi
centimetri dal volto di Frank. Lui rise «Sei stata tu...» disse.
Alex non vedeva nulla, però poteva sentire il respiro di Frank così vicino che
la sua schiena ebbe un lungo brivido che la percorse. Si morse il labbro. Poteva
baciarlo da un momento all'altro, e ringraziò che in tavola la signora Iero non
avesse messo nulla di alcolico altrimenti lo avrebbe fatto di sicuro. Pensò a
qualsiasi cosa per distrarsi, ma Frank aveva proprio deciso di stritolarle
l'anima, mettendole le mani sui fianchi, e poggiando le labbra sul suo collo.
«Ehm... a meno che tua madre non abbia nascosto una
telecamera nell'armadio, non c'è bisogno di starmi così vicino...» bisbigliò lei
con una risatina nervosa. Dannato, dannatissimo, maledetto Frank. Quel gioco
stava diventando perverso, e il cervello di Alex si era impallato.
«Shhh.» fece lui, facendola rabbrividire ancora una volta.
Lei cominciò a contare mentalmente. Un paio di minuti non potevano durare
un'eternità! Il suo cuore stava per scoppiare, si sentiva nettamente il suono
di ogni battito. E qualsiasi cosa stesse passando per la testa di Frank, che
sollevò la testa e quasi avvicinò le labbra a quelle di lei, era
incomprensibile.
«Avete intenzione di morirci, lì dentro!?».
La voce di Gerard si fece più vicina ed Alex sospirò voltando il viso. Tempismo
perfetto. O no. Non lo sapeva nemmeno lei. Quando l'anta si aprì aveva le guance
rosse e il fiato corto. Si schiarì la gola spingendosi fuori alla svelta «Ora
tocca a me!» esclamò allontanandosi da Frank, che per uscire dall'armadio
dovette involontariamente sorreggersi al braccio di Gerard.
Questo lo guardò negli occhi, ma Frank si scansò subito e
tornò a sedersi sul pavimento.
«Dunque... Gerard... verità o penitenza?» chiese Alex con un
sopracciglio sollevato, guardandolo dritto negli occhi, mentre lui se ne stava
ancora in piedi accanto all'armadio.
«Penitenza.» disse deciso.
Alex sorrise, e Frank sapeva che sarebbe stata la sua fine.
Scandì le parole alla perfezione «Devi baciare Frank.» disse secca.
Nessuno disse nulla, tranne Mikey, che fece una smorfia «Ma no! Non puoi baciare
un'altro uomo!» disse rivolto a suo fratello.
«Perché?» chiesero gli altri tre all'unisono.
«Perché... è contro natura...» mormorò.
Alex lo fulminò con lo sguardo, mentre Frank e Gerard arrossirono visibilmente
«Mikey, anche tu sei contronatura, eppure continui ad esistere!» sbuffò «Non
avrai mica niente contro i gay o che ne so io?».
Mikey scrollò le spalle sistemandosi gli occhiali sul naso
«Che c'entra. Gerard mica è gay.» disse, poi si affrettò a guardare di nuovo suo
fratello «Sei gay?» chiese con le sopracciglia aggrottate.
Gerard sospirò. Poteva scappare?
«Ehm, Mikey, hai sentito?» fece Alex indicando la porta della
camera «Credo che ci stiano chiamando...» disse alzandosi. Gli afferrò le mani e
lo fece tirare su di peso «A noi? Non mi pare...» protestò lui.
«Io credo proprio di si, invece...» insisté Alex spingendolo
a seguirla fuori dalla stanza. Si chiuse la porta alle spalle e sorrise a Mikey
«Anche se non ci stanno chiamando, comunque mi è venuta voglia di caffè. Tu non
hai voglia di caffè? Un bel caffè sarebbe proprio l'ideale ora!» disse.
Aveva pronunciato la parola caffè così tante volte che a Mikey venne
quasi l'acquolina in bocca.
Lo so, sono un'idiota, ma mi
capita che mi diverto tanto a scrivere che rido da sola.
Ed ho notato che in qualsiasi storia io scriva, c'è una parte, un capitolo, un
qualsiasi cosa, intitolata con questa frase di Mr Brightside che mi piace
troppo.
E ancora, non ho idea di cosa stia succedendo tra i tre. Cioè. Sono tre
pervertiti, per quanto ne so io. XD
ps: se non sono passati solo 60 secondi, perdonami!
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 - ...tastes like you, only sweeter. ***
Capitolo 8 ajsndknajskdn
Capitolo 8
...tastes like you, only sweeter.
«Ok. Sta diventando troppo imbarazzante...» mormorò Frank dopo un lungo momento
di silenzio, durante il quale lui e Gerard facevano a gara a chi riuscisse a
fissare la moquette più a lungo.
Gerard sollevò lo sguardo e lentamente si avvicinò a lui.
Continuando a stare in silenzio, si sedette di fronte a lui sul pavimento.
«Forse dovremmo scendere...» disse ancora Frank, facendo per
alzarsi. Gerard lo fermò, afferrandogli una mano. Frank rimase immobile, ma non
riuscì a non sollevare lo sguardo per guardarlo negli occhi.
Lo sguardo di Gerard era intenso e colmo di messaggi che i suoi occhi sembravano
voler urlare a Frank, ma che lui non sapeva come pronunciare. L'altro però
scansò bruscamente la mano di Gerard dalla sua, scuotendo la testa.
«Gerard, ascolta...» pronunciò, in un sussurro.
Lui alzò una mano, per farlo smettere di parlare, poi fece un respiro profondo
«Aspetta, prima di qualsiasi altra cosa, fai parlare prima me...» lo interruppe.
Frank annuì «Ok...».
«Vorresti entrare a far parte della nostra band?» chiese d'un
fiato, guardandolo negli occhi. Su mille cose che Frank si era aspettato di
sentir venire fuori dalle labbra di Gerard, quella non era nemmeno inclusa.
Nient'affatto. Fu preso così alla sprovvista che non riuscì a non sorridere.
«Davvero!?» chiese eccitato. Quando l'altro annuì ricambiando
il sorriso - sollevato dalla reazione finalmente contenta di Frank - lui gli
buttò le braccia al collo «Cazzo, si che voglio!» esclamò.
Sciolse subito l'abbraccio, però, quando si rese conto che
non era il caso. Cercando di ricomporsi si allontanò da lui.
«Mi odi?» domandò Gerard dopo un pò, afferrando di nuovo la
sua mano.
Frank fece una smorfia scuotendo la testa «N-no... non credo... cioè, no...»
disse imbarazzato «E' che, prima, non lo so, dopo quel... sai...» cercò di
trovare le parole giuste, ma si stava vergognando da morire.
Gerard pensò di doverlo aiutare «Parli del bacio, durante lo
show?».
L'altro arrossì. Si, proprio quello. «Esatto... beh... non lo
so, il mio cervello è andato in tilt, e così ho baciato Alex, perché insomma,
come ragazza mi piace abbastanza ed ho pensato "beh, se ho provato qualcosa
quando lui mi ha baciato, allora proverò qualcosa anche se bacio lei" e
invece no, cioè, non era la stessa cosa, e lei mi ha fatto capire che c'è una
concreta differenza tra l'attrazione fisica e quella emotiva, ed era un discorso
ragionevole e ci credevo davvero...» disse senza prendere fiato «...e poi tu
l'hai trattata in quel modo, e giuro che avrei voluto prenderti a calci sulle
palle perché, come si fa a comportarsi così? Con lei, poi! E quando ho
provato, sai, ecco, magari non sono bravo nel farlo, ma avevo provato a farti
parlare del tuo problema, perché avrei voluto aiutarti, e a te sarebbe bastato
dirmi qualcosa tipo "Frank, ho bisogno che tu mi stia accanto" e invece
hai sempre preferito scolare litri di alcool e rubare gli antidepressivi di tua
madre, e allora, non lo so...».
Gerard lo guardò in silenzio. In realtà stava per piangere. Dio, non poteva
certo piangere. Deglutì, mordendosi il labbro. Non poteva dargli torto. Lui
aveva un problema, e quanto doveva essere sembrato ridicolo l'aver preferito
l'aiuto del whiskey piùtosto che quello di una persona disposta a darti anche
l'anima?
«Mi dispiace...» mormorò Frank, dopo un pò. Strinse la sua
mano «Quindi... insomma... prima quando pensavo a te vedevo solo cose belle, ed
avevo una grande stima, e invece ora, mi dispiace dovertelo dire, ma mi hai dato
l'idea di essere uno che si arrende facilmente, che piuttosto che lottare per
aiutare sé stesso proprio come fa con gli altri, si lascia andare affogando in
cattive abitudini che invece non aiutano per niente, ma anzi, ti rendono...».
«...una persona peggiore...» sussurrò Gerard, finendo
la frase dell'altro.
Faceva male. Faceva male al cuore, all'anima, a tutto. Fece un respiro profondo.
Come poteva dargli torto, d'altronde? Ma se Frank voleva vederlo lottare, lo
avrebbe fatto. Avrebbe lottato per sé stesso, per lui, per qualsiasi cosa. Era
forte, si disse. Cazzo, se era forte. Lo avrebbe stupito, avrebbe recuperato
ogni cosa. Doveva farlo. E lo avrebbe dimostrato già in quell'istante.
Lentamente, con gli occhi affondati in quelli di Frank, si avvicinò a lui.
Finché i loro nasi si sfiorarono. Finché le sue labbra si posarono delicatamente
su quelle dell'altro. Morbide e dolci. Vellutate.
Nonostante tutte le spiegazioni che Frank aveva sputato fuori
solo qualche secondo prima, era impossibile scacciar via quel brivido che gli
ronzava intorno al cuore, nel petto, nel cervello, mentre le labbra di Gerard si
incrociavano con le sue, e le sue mani gli incorniciavano il volto, attirandolo
a sé sempre di più. Ormai non riusciva più a pensare. Gli tremavano le mani, e
sentiva le gambe molli, mentre la lingua di Gerard cercava la sua, dolcemente.
Chiuse gli occhi. Non poteva non ricambiare quel bacio. Aprì di più le labbra,
affondando le dita tra i capelli di Gee, scompigliandoli, sentendo il suo
sapore, schiacciando il suo petto contro quello dell'altro.
«No no,
sul serio Signora Iero, hanno detto che non volevano nulla!» disse Alex in
fretta lanciandosi davanti alla porta della cucina, dove la madre di Frank con
un vassoio
colmo di caffè e dolcetti si stava preparando a portare qualcosa a lui e a
Gerard al piano di sopra.
«Beh, i dolci di Linda sono fantastici, e poi Gerard un caffè
non lo rifiuta mai...» commentò Donna stupita dal bizzaro comportamento di Alex.
Lei annuì «Giusto.» Altro che caffè, pensò sorridendo
maliziosa continuando ad ostruire il passaggio. «Comunque, insomma, state
chiacchierando di cose da donna, non dovete interrompervi, ci penso io!» si
propose, cercando di sfilare il vassoio dalle mani di Linda.
«Scherzi? Ci mancherebbe, non sei mica venuta a fare la
cameriera. Ci penso io...» insisté lei, con tono cordiale. Alex sbuffò
spazientita, avrebbe voluto urlare "Non puoi salire! Tuo figlio e Gerard
probabilmente stanno avendo il loro momento di omosessualità o quello che è!",
ma ovviamente non poteva farlo, così si schiarì la gola e fece un respiro
profondo «Perfetto. Comunque, stavamo per risalire anche noi, quindi...» disse,
camminando a passo svelto trascinandosi dietro Mikey. Se fosse stato necessario
avrebbe fatto anche quelle cose in stile Mamma Ho Perso L'Aereo,
lanciando biglie sulle scale per far inciampare la Signora Iero o tirandole via
il tappeto da sotto i piedi.
«Non capisco perché dobbiamo andare così di fretta! Io dovevo
ancora finire il mio caffè!» si lamentò Mikey seguendo la sua camminata a lunghe
falcate.
Alex roteò gli occhi omettendo una qualsiasi risposta. Era inutile.
Quando fu davanti alla porta della camera di Frank, nonostante fosse tentata
dall'aprire all'improvviso e magari scattare ai due una foto col cellulare
urlando "Vi ho beccati!", si schiarì la gola rumorosamente bussando alla svelta
«Fermi tutti! Sto per aprire!» disse, cercando di usare un tono di voce che
rendesse l'idea dell'urgenza ma non fosse troppo alto altrimenti la signora
Iero, che era appena arrivata sul corridoio del piano superiore, avrebbe sentito
e si sarebbe insospettita.
Il
cuore di Gerard batteva all'impazzata, ma all'improvviso Alex bussò alla porta e
Frank lo spinse via facendolo sbattere contro il mobiletto accanto al letto.
Prese a sistemarsi i capelli, mentre l'altro in preda all'agitazione si asciugò
le labbra, si sistemò la maglietta e imprecò qualcosa sottovoce.
«Che succede?» domandò Frank appena la porta si aprì, gettandosi con -
palesemente finta - nonchalance a sedere sul letto, con le gambe incrociate.
Alex entrò seguita da Mikey, con un sorriso a tremila denti sul volto, che
traspirava malizia tanto da far sentire Frank ancora più in imbarazzo «Che
stavate combinando, eh!?» chiese con una risatina, sedendosi accanto a Frank
«Comunque, sta per entrare tua-». Non fece in tempo a finire la frase che la
signora Iero entrò nella stanza con il vassoio in mano e il suo solito sorriso
gentile sulle labbra «Vi ho portato del caffè e qualche dolcetto.» disse,
posandolo sulla scrivania incasinata di Frank «Oh, Frankie, devi proprio dare
una sistemata qui, non ti vergogni di essere così disordinato? insomma, che
figura ci fai con Alex?» aggiunse sospirando, guardandosi intorno prima di
andarsene di nuovo.
Frank rise «Non hai idea di quanto sia disordinata lei...»
mormorò.
«Che stavate combinando insomma?» domandò Alex cambiando
discorso, guardando prima Gerard e poi Frank. Non che non fosse evidente. Gli si
leggeva in faccia.
«Ehm... niente... parlavamo...» borbottò lui arrossendo.
Alex gli diede una spallata facendogli perdere l'equilibrio «Ma fammi il
piacere!» rise.
Mikey tossì in evidente imbarazzo. Parlava poco, non si faceva gli affari degli
altri e tanto meno di suo fratello, però quella situazione lo metteva a disagio.
Insomma, suo fratello, il suo eroe, il suo caro, adorato, fratellone, Gerard,
era gay? Sul serio? E comunque perché non gliene aveva mai parlato? Ma poi,
aveva davvero voglia di parlarne con lui? Pensò tutto questo con lo sguardo
fisso su Gee, che rideva insieme ad Alex e Frank che come al solito si erano
persi nel loro buco nero di stronzate. Ogni tanto si chiedeva se quello strano
fosse lui o quei tre. Certo era che non ci stava capendo niente. Insomma, Alex
aveva palesemente una cotta stratosferica per Frank, però faceva di tutto per
spingere Frank tra le braccia di suo fratello, e faceva tutte quelle battute sui
rapporti omosessuali che gli stavano dando un pò la nausea. Tutto, tranne
immaginare il proprio fratello in atti osceni.
Si sentì sollevato, quando Donna dal piano di sotto li chiamò
per andare via, visto che si era fatto tardi.
Scesero tutti e quattro insieme, e si salutarono sulla porta. Alex andò via con
Donna e i fratelli Way, che l'avrebbero riaccompagnata a casa sua. Frank rimase
sulla porta finché la macchina di Donna svoltò l'angolo, poi sospirò. No,
nemmeno lui ci stava capendo niente. Era confuso, sulle nuvole e sotto terra
nello stesso momento. Gli stava andando in titl il cervello. Non aveva idea.
Sapeva solo che Gerard era incredibilmente passionale e che forse se nessuno
fosse andato a disturbarli... no, scrollò la testa. Non era il caso di pensare
quelle cose.
«E' proprio una brava ragazza, sono fiera di te!» esclamò sua
madre carezzandogli la spalla sorridente, spuntando fuori dal nulla. Appunto,
ora che si era ancora più convinta che Alex fosse la sua ragazza, come avrebbe
potuto dirle, comunque, che non era proprio proprio così, ma che sì, forse non
gli piacevano solo le donne, e insomma, con Gerard c'era ben altro da fare che
giocare ai videogiochi... Sospirò, posando la sua mano su quella della madre.
Alex si guardava intorno nell'ufficio del
preside. C'erano trofei ovunque. Medaglie, foto di premiazioni, era nauseante
quanto quell'uomo dietro quella scrivania fosse così pieno di sé. Fosse stato
alla Casa Bianca, pure pure, ma insomma, il massimo che poteva provare a
governare era un branco di ragazzini svogliati e disillusi che pomiciavano negli
stanzini o scarabocchiavano sui muri della palestra con i pennarelli indelebili.
Punto.
Sbuffò, con le mani incrociate sul petto, e si sforzò di
sorridere «Sul serio, non c'è bisogno di chiamare nessun parente, e tantomeno un
assistente sociale. Degli amici di famiglia si stanno prendendo cura di me, e
tra un mese compirò 18 anni, e poi a Giugno la scuola sarà finita, io mi
sarò diplomata e vivremo tutti felici e contenti.» disse.
Il Preside la guardò in silenzio, facendo strane smorfie con
le labbra nascoste dai baffi neri «Alex, non devi essere impaurita dalla cosa.
E' solo che qualcuno dovrà starti dietro fino al tuo 18esimo compleanno. Tutto
qui. Non succederà niente...» disse con finta cordialità.
Alex rise «Ma non è questione di paura. Stò solo dicendo che posso cavarmela da
sola.».
«Ah, voi adolescenti, pensate sempre di avere tutto sotto
controllo!» sospirò infastidito il preside alzando gli occhi al cielo.
«Beh, non so gli altri, ma io di sicuro. Sono abbastanza
matura per prendermi cura di me stessa!» replicò lei spazientita. Non lo aveva
mai sopportato più di tanto, ma ora erano più di dieci minuti che ne discutevano
e a questo punto iniziava a sentirsi sotto pressione.
Lui sbuffò, anche lui stava cominciando a perdere la pazienza. Non sopportava
che una ragazzina non gli desse retta. «Ah, definisci "matura"...» la istigò.
In quel momento, nella testa di Alex una vocina la intimava a non fare ciò che
il suo istinto le diceva di fare. Era come l'angelo e il diavolo sulla spalla,
uno diceva "Calmati!" e l'altro "Fallo fuori!". «Beh, diciamo...»
non lo fare, non lo fare, non lo fare! «...diciamo, matura come lo era
Lisa Swan lo scorso Maggio...» disse con un ghigno. Troppo tardi. Ormai aveva
tirato fuori quel nome, e gli occhi del preside erano stati attraversati da un
lampo. Strinse le mani sui braccioli della sua poltrona in pelle scura, e
deglutì. Non disse nulla, così Alex pensò di dover andare avanti. «Insomma,
matura come lo era lei quando era con la testa tra le sue gambe negli
spogliatoi...» continuò, mentre il volto del Preside aveva immediatamente
cambiato colore, passando dal pallido al tono più vivido di rosso. Smettila!
Smettila!, si ripeté lei mentalmente, ma ormai non ce la faceva più «Con
l'unica differenza che io tra un mese compirò diciotto anni, mentre lei quel
giorno ne aveva appena sedici...» aggiunse, mentre un brivido di disgusto le
attraversò lo stomaco facendole venir voglia di vomitare, ricordando
quell'episodio accaduto mesi e mesi prima. Quel pomeriggio aveva dimenticato lo
zaino negli spogliatoi dopo la lezione di Educazione Fisica ed era tornata a
prenderlo convinta di non trovarci nessuno. Di certo non si aspettava il preside
ed una sua compagna di scuola di appena 16 anni. Era un'immagine disgustosa. Non
si era nemmeno mai capacitata di come una ragazzina potesse anche solo
minimamente pensare di voler fare roba con quel vecchiaccio viscido e...
«Non sono cose che la riguardano!» urlò dopo un pò il Preside
adirato, battendo un pugno sulla cattedra così forte da far tremare tutto quello
che c'era sopra. Prese un foglio e scrisse alla svelta.
La voce nella testa di Alex le ripeteva che si stava
cacciando in guai seri, che doveva farla finita, annuire in silenzio, beccarsi
la punizione e magari farsi una chiacchierata con gli assistenti sociali come
voleva il Preside, ma lei non le stava dando peso. Scrollò le spalle «Beh, non
riguarda me ma sicuramente né sua moglie, né i genitori di Lisa saranno troppo
contenti di sapere la cosa...» disse ghignando.
Ecco, siamo passati alle minacce, ora!, si disse, cominciando a pentirsi di
aver parlato troppo.
«Eccoti una bella nota, una settimana di punizione, due ore
di colloquio con la psicologa della scuola, e la prossima settimana dovrai
tornare nel mio ufficio a parlare con gli assistenti sociali! Ti faccio chiudere
in un centro di recupero!» urlò lui, con le vene sulla fronte che pulsavano e
sembrava stessero per scoppiare. Quasi le lanciò addosso il foglio. Tutta quella
situazione era ridicola. Lui si scopava le minorenni e lei si beccava le
punizioni, e due ore di colloquio con quella sfigata della psicologa della
scuola. Insomma, Alex lo diceva sempre, una che fa la psicologa in un liceo deve
avere seri problemi mentali! Stropicciò il foglio e si alzò dalla sedia,
raccogliendo lo zaino da terra.
«Benissimo. Arrivederci. Se incontro Lisa le dico di passare
a trovarla!» disse ridendo prima di uscire alla svelta da quell'ufficio
sbattendosi la porta alle spalle.
Camminando nei corridoi, ad ogni passo, si rendeva conto che aveva fatto proprio
una gran bella stronzata. Gli assistenti sociali l'avrebbero torturata. Altro
che matura. Probabilmente il Preside li avrebbe convinti che fosse pazza e
bisognosa di cure e controlli e stronzate simili, e l'avrebbero portata via
almeno fino ai suoi 18 anni, e poi chissà, magari dopo l'avrebbero rinchiusa da
qualche parte. Insomma, lui era comunque un Preside pieno di medaglie, trofei e
robaccia simile, e lei una ragazzina problematica e sboccata.
«Buon Halloween!»
Alex si scrollò via la manciata di coriandoli arancioni e neri che un
ragazzino di seconda mascherato da Zombie le aveva lanciato in testa «Buon
Halloween un cazzo!» gli urlò dietro «E i coriandoli puoi benissimo ficcarteli
su per il-». Una mano le tappò la bocca e lei cominciò a dimenarsi. Dio, voleva
spaccare tutto. Si tranquillizzò quando riconobbe Mikey, che lentamente la
lasciò andare assicurandosi che non continuasse ad imprecare.
«Ehm... giornataccia?» domandò lui, sistemandosi gli occhiali
sul naso.
Alex sospirò. «Altroché... una vera merda.» sospirò «Anzi,
non è sta giornata ad essere una merda! E' la mia stupida, inutile, schifosa,
sfigatissima vita...» borbottò.
Mikey annuì «Ah, dillo a me... insomma, mio fratello è gay, capito!?» disse più
a sé stesso che all'amica. Alex lo fulminò con lo sguardo «Vaffanculo, il fatto
che Gerard sia gay è il minimo, che te ne frega? Allora io che dovrei dire?
Gerard è gay e se la fa con Frank che si è scoperto bisessuale, per il quale io
ho una cotta da tipo, non lo so, da quando ho iniziato ad indossare il regiseno
probabilmente!» sbuffò lei alzando gli occhi al cielo.
Mikey aggrottò le sopraciglia «Hai una cotta per Frank?»
chiese.
«Si, Mikey, lo sanno anche gli armadietti...» mugugnò Alex,
camminando accanto a lui verso la mensa della scuola.
«Beh, allora perché non ti metti tu con Frank? Insomma,
sicuramente sei più carina di Gerard.» ridacchiò Mikey.
«Non si tratta di essere carini. Lascia stare.» disse lei
scrollando le spalle. Era un'altro argomento che preferiva evitare. Dovevano
fare un Guinness degli Sfigati, e lei avrebbe battuto ogni record mondiale,
altroché.
«Se vuoi
mi faccio dare una settimana di punizione anche io, almeno ti faccio
compagnia...» disse Frank ridendo, leggendo il foglio che il preside aveva
lasciato ad Alex.
Lei scrollò le spalle «Tanto è un'ora al giorno a sistemare libri in biblioteca
e stronzate simili, tranquillo... E poi tu devi andare allo studio con i My
Chemical a finire di registrare il disco...».
«Oh, giusto, non vedo l'ora! Inizierò a suonare con loro
stasera stessa, cioè, è incredibile, è il regalo più bello di compleanno che
qualcuno mi abbia mai fatto!» sorrise lui entusiasta.
Mikey ed Alex sorrisono insieme a lui. Se c'era una cosa che Frank sapeva
fare era avvolgerti col suo entusiasmo e iniettarti dose di buonumore. Il fatto
che fosse così contento di suonare con i My Chemical Romance era emozionante per
tutti. Con Frank la band avrebbe avuto esattamente ogni pezzo al suo posto. Lui
era l'ingrediente che gli mancava per raggiungere la vera, assoluta, perfezione.
All'uscita da scuola, Gerard sorrise allegro appena vide Mikey andargli
incontro seguito da Frank ed Alex.
Cioè, tutta quell'allegria era dovuta alla visione di Frank, che era
incredibilmente, spudoratamente bello, con il vento che gli scompigliava la
cresta e le mani nascoste nelle maniche della felpa.
«Buon
compleanno!» esclamò non appena i tre lo raggiunsero, guardando Frank dritto
negli occhi, sentendo un colpetto al cuore.
L'altro sorrise imbarazzato «Grazie Gee...» mormorò, afferrando il piccolo
pacchettino incartato che lui gli stava porgendo. Era carta scura, tipico di
Gerard. Lo rigirò nelle mani finché Gerard non gli mise una mano sulla spalla.
Sentiva gli occhi di tutti addosso, Frank. Non solo quelli dei suoi amici, ma
sentiva come se tutta la scuola, tutto il quartiere, l'intera città, stesse
osservando lui e Gerard. Si chiese se qualcuno se ne fosse accorto, se quei tizi
laggiù stessero sparlando proprio di loro, mentre camminando si avvicinavano
alla macchina di Gee.
«Ehm, è un regalo, puoi aprirlo...» sussurrò Gerard
sorridendo.
Frank annuì, continuando a girarsi il pacchetto in mano «Si, magari dopo, ok?»
mormorò.
«Come sarebbe, dopo?» chiese Alex sbuffando «Io voglio vedere
cos'è!».
«Preferire aprirlo dopo, però... Cioè... andiamocene da qui
intanto, ok?» disse lui a voce bassa.
Gerard sospirò. Si disse che era normale che Frank non volesse dare troppo
nell'occhio proprio davanti alla sua scuola. Insomma, Frank era un tipo
sfacciato e senza censure, ma c'era un limite a tutto, si disse Gerard, e poi
anche lui stesso non era sicuro di voler già uscire così tanto allo
scoperto. Era già abbastanza la faccia da cane bastonato di suo fratello, per il
momento. Ogni cosa a suo tempo, si disse sospirando.
Arrivati in casa Way, Gerard andò in cucina a prendere qualcosa da bere con
Mikey, mentre Alex e Frank si accomodarono sul divano del salotto.
«Perché non hai
aperto quel dannato regalo? Insomma, hai visto com'è c'è rimasto male Gerard?»
mormorò Alex colpendo Frank alla testa «Sei uno stupido...».
L'altro sbuffò, arrossendo «Lo so, però, che cazzo, proprio davanti a scuola?
Cioè, non mi pare il caso di fare il frocio proprio davanti scuola. Lo sai che
poi mi tocca litigare con l'intero liceo, se cominciano a sparlare.» disse in
sua difesa.
«Mica ti ha messo una mano nei pantaloni! Ti ha solo dato un
regalo.».
«E' la stessa cosa! I ragazzi non si scambiano regali
sorridendosi tutti carini, sai com'è, quella è roba da femminucce. E poi, cioè,
non è che stiamo insieme o roba simile...» borbottò Frank.
«Come sarebbe?» chiese Alex con un diverso tono di voce,
lievemente più acceso ed attento.
«Beh, che ne so, non... non lo so come funzionano ste
cose...».
«Ma sei stupido o cosa? Gee mi ha raccontato che gli hai
ficcato la lingua in gola in camera tua l'altra sera, ed ora mi vieni a dire che
non sai come funziona?» disse lei ridendo.
Frank arrossì, e ringraziò il signore che Mikey e Gerard li raggiunsero presto.
Non solo era imbarazzante parlarne: farlo con Alex che rendeva tutto più
esplicito era anche peggio. E poi, Frank si chiedeva come diavolo facesse, lei,
a far finta di essere così tranquilla quando era palese che non fosse così.
Insomma, poco tempo prima gli aveva spudoratamente detto che era innamorata di
lui, o quello che era, quindi come faceva a fingere così bene che non provasse
alcun fastidio sapendo che Frank, una volta per tutte, forse, aveva scelto
qualcun'altro?
Si sentì stupido, poi, pensandoci. Eppure, quasi gli dispiaceva che Alex non gli
dicesse più di avere una cotta per lui, o che non gli facesse più tutti quei
complimenti ai quali ormai si era così bene abituato. Ora fingeva di non
interessarsene, e a lui tutte quelle moine e quelle attenzioni cominciavano a
mancare. Forse era proprio per quello che se n'era approfittato a casa di sua
madre, quando erano chiusi in quell'armadio. Forse se fossero rimasti chiusi lì
qualche secondo in più, lui l'avrebbe baciata davvero, indipendentemente dal
perché, ed ora invece di doversi sentire imbarazzato a guardare Gerard negli
occhi sul marciapiede fuori scuola, sarebbe andato in giro per Belleville
camminando fieramente mano nella mano con lei.
«Sei pensieroso?». La voce di Gerard lo riportò
improvvisamente alla realtà. Deglutì, sentendosi in colpa per aver anche solo
pensato quella roba. Insomma, ora aveva baciato lui, e gli era anche
piaciuto, e prima o poi si sarebbe sentito pronto ad ammetterlo a voce alta e
davanti a tutti. Lui era bisessuale, e provava qualcosa per Gerard Way.
E tutti dovevano farsi una ragione. Punto.
- - -
Scusate, avevo promesso a qualcuna che avrei
aggiornato ieri sera ma non ce l'ho fatta - con st'allergia, se mi prendo il
Reactine mi fa tipo bomba e non riesco a tenere gli occhi aperti, figuriamoci
scrivere! XD Comunque, grazie ancora per le recensioni, i commenti, tutto il
resto.
Un bacio.
Ah, e non so com'è sto capitolo, spero vi piaccia, è un pò a cazzo, un pò
buttato lì, non saprei.
XOXO
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 - We're All In Love Tonight ***
Capitolo 9 adfkmladmfla
Capitolo 9
We're All In Love Tonight
Gerard guardò il boccale di birra sul tavolo, di fronte a lui. No, non doveva
cedere. Non doveva bere ancora. Una birra bastava, andava più che bene. Era
ridicolo che tutti stessero festeggiando il debutto di Frank nella band, e lui
doveva resistere e limitarsi, e riuscire a non ubriacarsi anche stavolta. Perché
quello era il punto: Gerard era un alcolizzato, e questo doveva cambiare.
Assolutamente. Per sé, e per Frank, che glielo aveva chiesto esplicitamente. E,
oh, proprio Frank, si stava comportando in modo così strano. Insomma, Gerard non
era uno che se ne intendeva, tanto era se aveva baciato un paio di ragazze in
ventun anni di vita. Ma non c'era tanto da capire, Frank aveva ricambiato il suo
bacio, la sera precedente, ed ora invece non lo aveva nemmeno ancora sfiorato,
fatta eccezione per i movimenti involontari nel furgone o sul palco durante il
loro show, ma ovviamente non erano da calcolare, quelli.
La verità era che Frank, ora, si comportava in modo
distaccato, come se fosse pentito di ciò che aveva fatto e detto la sera
precedente, o come se si vergognasse di essere attratto da un uomo, o come se...
no, Gerard prese il boccale di birra e mandò giù un lunghissimo sorso. Non ce la
faceva, tutti quei pensieri gli stavano facendo fumare il cervello e sul serio,
non riusciva a sopportarli, tanto meno a gestirli. E poi tutti gli altri al
tavolo erano già abbastanza ubriachi, non avrebbero di certo rotto le palle a
lui.
«Ragazzi, credo di dovervi abbandonare. Domani mattina devo alzarmi presto...»
disse Ray dopo un pò, dopo aver controllato l'ora sul cellulare. Lasciò qualche
banconota al centro del tavolo e si preparò ad andarsene. Matt lo segui a ruota.
Aveva bevuto già abbastanza.
«Beh, potremmo andare a casa di Alex, noi, no?» propose Frank
quando i due furono andati via. Era il suo compleanno e non aveva assolutamente
intenzione di passarlo a dormire. Erano 18 anni, che cavolo! E tutta l'euforia
che aveva in corpo sembrava non voler diminuire.
Alex lo guardò e scrollò le spalle «E certo, fai pure come se fosse casa tua...»
scherzò ridacchiando.
Gerard ci pensò un pò, poi annuì. Certo era che non sarebbe riuscito a
riavvicinare Frank in un locale affollato. E no, non era nemmeno troppo sicuro
di volerlo davvero fare davanti a tutta quella gente. Quella era una storia
loro, unicamente loro ed incredibilmente intima e privata. Nessuno doveva averne
accesso, se non sotto invito.
«Per me va bene...» disse sorridendo. Mikey fece una smorfia
«No, io preferirei tornare a casa...» mormorò, con lo sguardo puntato sul fondo
del bicchiere vuoto davanti a lui.
«E dai! Non vorrai lasciarmi da sola con questi due! Chissà
che intenzioni hanno!» esclamò Alex stringendosi a Mikey, che imbarazzato
sollevò lo sguardo su suo fratello. Non era omofobico, quello proprio no. Non
aveva nemmeno grandi problemi con i gay in generale. Insomma, non ci aveva mai
riflettuto a lungo. Sapeva che non gli interessava molto degli altri, che ognuno
era libero di vivere come meglio credeva, ma la storia era diversa ora che ad
essere gay era suo fratello. E poi, se la faceva con Frank, ed era ancora più
strano, perché quest'ultimo aveva avuto un pò di ragazze e a Mikey era
inspiegabile come all'improvviso si fosse riscoperto bisessuale. Non voleva
nemmeno pensarci. Però poi guardò Alex. Ormai lo sapevano tutti che le bastava
battere le ciglia per convincere chiunque a fare qualsiasi cosa, e tutti erano
vittime di quei suoi occhioni, lui compreso.
«E' che, non lo so, ho sonno...» provò a rifiutarsi,
mormorando.
«Vabbè, noi dormiamo e loro fanno qualsiasi altra cosa
vogliano fare. Fammi compagnia, ti prego ti prego ti prego!» insisté lei
stringendogli il braccio e poggiandogli il mento sulla spalla, supplicandolo.
Mikey sospirò. Nessuno di loro aveva ancora trovato un modo per riuscire a non
cedere alle richieste di Alex, e si ripromise che l'indomani ci avrebbe
lavorato.
«E' una stronzata però, che voi siate già tutti per lo più
andati e poi fate la morale a me perché mi piace bere...» si lagnò Gerard mentre
Alex mandava giù un altro bicchiere di qualsiasi cosa fosse quella che ci aveva
versato.
«Che c'entra. Io ho un sacco di problemi esistenziali!» rise
lei pulendosi la bocca con il dorso della mano.
«No, tu hai un sacco di problemi al cervello, è diverso...»
le disse Frank, gettandosi di peso sul divano, accanto a Gerard.
Mikey era andato, non era abituato a bere così tanto e aveva chiesto ad Alex se
poteva stendersi sul suo letto. Era crollato in meno di un minuto.
L'aria in quel salotto era abbastanza pesante, perché Frank sapeva che di lì a
poco lei sarebbe andata a nascondersi da qualche parte per lasciarlo solo con
Gerard, e lui non era sicuro di voler effettivamente starsene da solo con lui.
Dire che era confuso era il minimo. Frank non aveva idea di cosa doveva o voleva
fare. Ok, Gerard gli piaceva, era chiaro. Gli era piaciuto baciarlo, aveva quasi
perso i sensi quando lui lo aveva attirato a sé in quel dannatamente appasionato
bacio in camera sua, ma poi aveva cominciato a farsi un sacco di domande. Prima
di tutto, lui e Gerard ora sarebbero diventati dei fidanzatini? Cioè, come
funzionava? E cosa si aspettava Gee, da lui? E poi, non era mai stato con un
uomo, e il pensiero gli faceva provare una strana sensazione. Insomma, con
qualche ragazza c'era stato, per carità, ma con un uomo no, e si chiedeva come
andassero le cose, come funzionassero. Bastava farsi trascinare dalla passione
del momento? Perché comunque, la realtà era che voleva baciarlo ancora, gli
piacevano le sensazioni che lui gli faceva provare. Però si sentiva come un
vergine alla sua prima volta. Oh, no, era proprio un vergine alla sua prima
volta, in questo caso. Cominciò a tamburellare nervosamente con le mani sul
bracciolo del divano.
«Sei ansioso?» domandò Gerard sussurrando.
Frank deglutì, guardandosi le scarpe. Ansioso? Dio, aveva davvero intenzione di
farselo, quella sera stessa? Lo sapeva, avrebbe dovuto fare qualche ricerca su
internet, vedere qualche film, roba del genere!
«Ehm... no... va tutto bene...» mormorò.
Alex si sentiva incredibilmente leggera, e stava ridacchiando da sola non si sa
da quanto, ormai. Beh, Gerard comunque aveva ragione, bere aiutava davvero a
scacciar via quella sensazione di tristezza, rabbia e dolore che provava
altrimenti. Niente da dire, era un'ottima attrice, era incredibilmente brava nel
fingere che tutto andasse bene, salvo qualche attimo di sclero che era più che
lecito. Però fingere che tutto andasse bene, e bere e lasciare che tutto ciò che
non andava bene per un momento sparisse, erano due cose ben diverse.
«Sapete cosa?» chiese tornando in sala dalla cucina, con in
mano una bottiglia di Whiskey.
Gerard e Frank la guardarono in attesa che continuasse a parlare. Lei sorrise
«Dovreste farvi un'altro goccetto, così evitate di essere così impacciati ed
imbarazzati, e in meno di un minuto sareste già stesi su quel divano a fare Dio
solo sa cosa fanno due uomini quando fanno quello che fanno!» disse posando la
bottiglia sul tavolino di fronte a loro.
«...già...» mormorò Frank afferrando la bottiglia per bere,
senza disturbarsi di versarsi il drink nel bicchiere. Poi porse la bottiglia a
Gerard, che in un primo momento lo guardò esitando. «Sul serio, ogni tanto ci
vuole...» disse Frank, e Gee afferrò la bottiglia e bevve un lunghissimo sorso
anche lui.
«Ok. Ora che siamo tutti disinibiti ed ubriachi e che ci
siamo fumati tutta l'erba che Matt aveva portato, direi che vi dichiaro marito e
marito, e raggiungo Mikey in camera! Buon divertimento!» esclamò Alex ridendo,
facendo un inchino per poi sparire di corsa sulle scale che portavano al piano
superiore.
Gerard fece un respiro profondo, allungando lentamente la
mano verso il viso di Frank. Sperò che questo non lo scansasse.
Frank deglutì, contando mentalmente. Dieci. Nove. Otto. La mano di Gerard
era calda, le sue dita gli sfiorarono la guancia delicatamente. Sette. Sei.
Gerard si avvicinò a lui con tutto il corpo. Erano fianco a fianco. Li
separavano solo qualche strato di vestiti. Cinque. Quattro. Tre. Frank si
bagnò le labbra, mordendosele. Il fiato di Gerard gli colpiva il collo. Fu
attraversato da un brivido. Due. Uno. Frank si voltò, mettendo una mano
dietro la nuca di Gerard, tenendolo fermo, ed affondò le labbra nelle sua.
Zero, sta succedendo. Chiusero gli occhi nello stesso, preciso, istante. E
nonostante il bacio fosse iniziato con esitazione, nessuno dei due sembrava
volersi più tirare indietro, ora.
Le mani di Gerard cominciarono a cercare il corpo di Frank
quasi con frenesia. In pochi secondi infilò una mano sotto la sua maglietta,
accarezzandogli prima la pancia, poi il petto, per poi scendere alla cintura.
Con un movimento deciso, si spinse di peso sull'altro, ritrovandosi così
sdraiato sopra di lui. Continuando a baciarlo, a leccargli le labbra, iniziò a
smuovere la cinta che portava Frank per aprirla. A quel gesto, l'altro si
irrigidì, riaprendo gli occhi. Si, Sta succendendo. Richiuse gli occhi
inspirando profondamente, mentre le labbra di Gerard si erano allontanate dalle
sua, per passare al suo collo. Gli sollevò la maglietta, mentre Gerard riuscì
finalmente a sbottonargli cinta e pantaloni. E si, quella era un'erezione. Non
doveva pensarci. Era eccitato. Incredibilmente eccitato. E tutto grazie ad un
altro uomo. Quando questo pensiero gli attraversò la mente, pregò perché Alex
sbucasse fuori dal nulla, come suo solito, o che un meteorite colpisse quella
casa, anche solo quel divano. Stava per tirarsi indietro. Stava per dirgli di
smetterla. Per allontanarlo. Ma le labbra di Gerard gli stavano solleticando il
petto, e poi la pancia, e poi rabbrividì di desiderio, quando l'altro scese
ancora un pò più giu. No. Non voleva più tirarsi indietro. Gli mise una mano
sulla testa, intrecciando le sue dita con i capelli dell'altro, incitandolo a
continuare, mentre intorno a loro non c'era più assolutamente nulla, proprio
come nella sua mente. Non c'era nulla se non dei piacevolissimi ed eccitanti
brividi di passione.
Quando Frank aprì gli occhi non era certo di che ora fosse. Sapeva solo che
qualcosa lo aveva disturbato, e che questa stessa cosa stava incrementando il
suo mal di testa. Dio, no, non era solo mal di testa. Era che la testa gli stava
proprio scoppiando. Si stropicciò gli occhi con i palmi delle mani, tirandosi su
a sedere. Era sul divano. Dovette fare un paio di movimenti cauti per cercare di
non svegliare Gerard, che si era addormentato con la testa sul suo petto. Ed
entrambi indossavano solo biancheria intima. I loro vestiti erano gettati quà e
là nel salotto. Insieme ad un paio di bottiglie di alcolici e qualche posacenere
stracolmo di mozziconi di sigarette e di qualche canna.
Toc Toc.
Ecco cos'era. Qualcuno stava bussando alla porta. Lentamente si alzò ed afferrò
i suoi jeans, infilandoli al volo.
Toc Toc.
«Che palle, chi cazzò è?» domandò borbottando, chiudendo la zip dei jeans e
facendo lo slalom tra le cose a terra per raggiungere la porta d'entrata.
Dal vetro della porta poté vedere una signora paffuta, con le guance arrossate e
una chioma di capelli scuri e lisci che le cadevano sulle spalle. Riuscì ad
evitarle di bussare per l'ennesima volta, aprendo il tempo la porta.
«Si?» chiese, sbadigliando. Non l'aveva mai vista prima, e la
signora lo guardò un pò stranita, per poi spostare lo sguardo all'interno della
casa, scrutando ogni angolo visibile dalla sua posizione.
«Sto cercando... forse ho sbagliato casa...» fece lei,
guardando un foglio che aveva in mano, per poi controllare il numero accanto
alla porta. 707. «Stò cercando la signorina Alexis Barone» disse rileggendo il
nome stampato in grassetto sulla sua fotocopia.
Frank aggrottò le sopracciglia, scrutando la signora. «E perché la cerca?»
domandò, insospettito.
«Ho ricevuto una chiamata dal Preside Vernon» disse lei, con
aria saccente. Frank deglutì. Oh cazzo, l'assistente sociale!.
«Ehm, si, vado a chiamargliela subito!» esclamò fingendo un
sorriso per nascondere l'agitazione, richiudendo la porta e lasciando la signora
fuori. Corse a svegliare Gerard, che era crollato nel più profondo dei sonni, e
dovette scuoterlo più volte per fargli aprire gli occhi. «Che succede?» chiese,
con la voce impastata, aprendo un solo occhio.
«Devi alzarti! Cazzo! Aiutami a sistemare qui! Anzi, vai a
chiamare Alex! Anzi no, sistema qui! C'è il panico, sbrigati, nascondi tutta sta
roba!» fece Frank agitatissimo, correndo quà e là nel salotto per raccogliere
bottiglie vuote, vestiti e posaceneri. Lasciò tutto a Gerard e corse al piano di
sopra. Aprì la camera di Alex senza nemmeno bussare, e la trovò addormentata
abbracciata a Mikey, come se fosse il suo pupazzo di pezza o qualcosa di simile.
«Alex! Sveglia! Al!» urlò smuovendola «Ci sono gli assistenti sociali!!!».
Alex si svegliò di colpo. «Che!?» domandò tirandosi su,
facendo quasi cadere Mikey dal letto.
«Si, non lo so, c'è sta signora giù, dice che l'ha mandata
quello stronzo del preside!» spiegò Frank col fiatone. Alex si scaraventò giù
dal letto e a piedi nudi corse al piano di sotto, dove Gerard stava ancora
cercando di capire cosa stava succedendo. Ad Alex venne quasi un infarto.
Possibile che in quattro avevano fatto tutto quel bordello? E poi, perché Gerard
indossava dei boxer col simbolo di Batman stampato sul culo? Nonostante fosse in
preda al panico non riuscì a trattenere una risata.
«Che ridi!? Ci sono gli assistenti sociali!» la rimproverò
Frank che era anche più impanicato di lei.
Alex indicò Gerard che girava per il salotto raccogliendo bottiglie e cartacce
«Il tuo ragazzo indossa le mutande di Batman!» fece lei ridendo «Ma quanto è
demotivante!?».
«Alex, che cazzo ce ne frega delle mutande di Gerard quando
sta tizia sta per entrare qui e trovarci con un tasso alcolico decisamente sopra
la media di ogni adolescente normale e sotterrati da sigarette, canne, bottiglie
e...».
«Oh, calmati! Insomma, ci parlo io con lei... falla entrare,
su. Ti pare che questa non si è mai divertita in vita sua?» sospirò Alex. Ancora
una volta, fingendo che tutto era sotto controllo, che nulla la smuovesse e che
fosse sicura che tutto sarebbe andato per il meglio. Ah, ma chi voleva prendere
in giro? Deglutì pesantemente quando Frank aprì la porta e fece accomodare la
signora, che si guardava intorno come se stesse scrutando uno zoo o quallcosa
del genere.
«Salve...» sorrise Alex porgendole la mano. Fortunatamente
almeno lei aveva dormito vestita, non come Frank e Gerard, il primo a petto
nudo, l'altro ancora in boxer. Oh, signore, l'averbbero di certo portata via da
lì. Se solo fosse nata un mese prima non ci sarebbero stati problemi, ma quel
bastardo del preside voleva fargliela pagare, anche per un solo mese.
La signora le strinse la mano presentandosi. Si chiamava
Bianca ed era l'assistente dei minori di Belleville. E dall'aria con la quale si
guardava intorno, non era troppo contenta di aver trovato Alex Barone e casa sua
in quelle condizioni.
«Senta, so che il preside le avrà detto una montagna di
cavolate su quanto io abbia bisogno di qualche supervisore e roba simile, ma
posso assicurarle che-».
La signora non le fece nemmeno finire la frase, alzando una mano per farla
tacere, con aria severa. Cazzo. «Signorina Barone, so che lei è convinta di
tutto ciò che mi sta dicendo, ma deve ammettere che il fatto che io sia piombata
qui all'improvviso alle dieci di mattina di un qualsiasi sabato, e l'abbia
trovata sola, con due uomini seminudi, in un ambiente assolutamente post
festino, non l'aiuterà a convincermi.» disse, fredda, lanciando un'occhiataccia
a Gerard che arrossendo corse a vestirsi.
Frank sospirò, pensando di andare a preparare un caffè, o
qualsiasi cosa per addolcire l'assistente sociale. Qualsiasi, davvero.
«Oh, ma si figuri!» rise Alex di gusto «La prima ed unica volta in cui ho fatto
sesso io è stato diciotto anni fa, quando ero ancora uno spermatozoo, o
un'ovulo, o quello che ero!» disse divertita. Rise solo lei. L'altra la guardava
dall'alto al basso. Alex sospirò. Sarebbe andato tutto bene, sarebbe riscita a
convincerla che era una ragazza con la testa sulle spalle, che tutto era sotto
controllo e che-
«Che diavolo succede!?». Mikey apparì dalle scale
all'improvviso, guardandosi intorno confuso. Cazzo.
L'assistente sociale sorrise maliziosa e maligna «Mi
correggo, tre uomini.».
Alex alzò gli occhi al cielo «Ah, lui non fa testo, è anche
più vergine di me, glielo assicuro...» scherzò. No, quella sua sottospecie di
umorismo non funzionava. Eppure le veniva così spontaneo prenderla a ridere.
«Possiamo accomodarci in cucina?» domandò la signora,
facendosi strada da sola.
Frank versò ad entrambe una tazza di caffè fumante e poi sparì nel salotto
lasciandole da sole.
«Senta, il preside ce l'ha con me per vari motivi...» mormorò
Alex, non più agitata quanto preoccupata.
L'altra la guardava, in attesa che continuasse. Ma lei si rese conto che non
poteva sputtanare Vernon così. Non poteva dire ad un'assistente sociale che il
preside se la faceva con una studentessa minorenne. Assolutamente. Lei non era
così meschina.
«...ok, non posso dirle perché Vernon ce l'ha così a morte
con me. E non intendo nemmeno farlo. Non sono come lui, io. Non metto la
gente nei guai per il semplice gusto della vendetta. A me non interessa, ok?
Vernon l'ha chiamata solamente perché io non so mordermi la lingua quando
dovrei...» sospirò Alex.
«Si, me ne sono accorta. Dovrebbe mordersela più spesso,
comunque.» commentò la signora, scrivendo qualcosa su un'agendina.
«...esatto. Sono un'idiota, tutto quello che vuole, ma non ho
bisogno di nessuno, oltre a chi ho già intorno, glielo assicuro. E voi
sicuramente avete tanta altra gente bisognosa davvero di cui occuparvi, è
inutile che perdiate tempo dietro di me.» spiegò cercando di essere convincente.
Di sicuro riuscì a strapparle un mezzo sorriso.
«Se per chi hai intorno intendi quei tre, beh, non sono
convinta che sia esatto...» commentò, però.
Alex annuì «Si, sembrano degli idioti, sfigati e con problemi mentali, quello
che vuole, ma non lo sono. Sono, loro, e le loro famiglie, sono persone
fantastiche, che mi sono state accanto dal primo secondo, dall'attimo stesso in
cui il... in cui abbiamo sentito il primo schianto.». Fece un respiro profondo,
mentre il ricordo di quel giorno fece inumidire di lacrime i suoi occhi. Fanculo
il preside Vernon, aveva fatto di tutto per non pensarci e non piangersi
addosso, ed ora era di nuovo con le lacrime agli occhi. Avrebbe voluto ucciderlo
con le sue stesse mani, ma si morse la lingua, almeno stavolta.
«Sono sicura che siano persone squisite, ma questo non
basta...».
Chiuse gli occhi per un paio di secondi, respirando profondamente. Poi li
riaprì, e si sporse di più sul tavolo, circondando la tazza bollente con le
mani. «Lei ce l'ha una famiglia?» domando, facendosi coraggio. La signora annuì
lentamente. «C'è sempre qualcuno ad aspettarla, quando torna a casa, ogni
giorno? Qualcuno con il quale chiacchierare prima di addormentarsi, o durante la
cena? O anche semplicemente qualcuno per il quale valga la pena apparecchiare
una tavola, per mangiare insieme? Qualcuno che la aiuta a farlo?» domandò,
sentendo la gola che cominciava a bruciarle, più cercava di trattenere le
lacrime.
L'altra annui ancora una volta «Fortunatamente si.» mormorò.
Anche Alex annui, mordendosi il labbro. «Fantastico. Sono contenta per lei. Sa
invece cos'ho io? Una casa completamente vuota. Nessuno che mi chide come è
andata a scuola, o cosa voglio mangiare per cena. Nessuna voglia di mangiarla,
la cena, perché sono sola. Ho paura ad accendere la televisione perché non si
parla d'alto che di questo disastro. Non ci sono più i miei genitori che mi
danno la buonanotte, o che mi ricordano la merenda quando preparo lo zaino per
andare a lezione. Nessuno che mi dice che devo fare i compiti, o sistemare la
cameretta. Nessuno che mi urla di abbassare il volume dello stereo, o di tornare
a casa presto.» disse, con una lacrima che le rigò il volto «Ho solo loro, solo
quei tre, e se vuole mi metto in ginocchio, ma la supplico, non me li porti via.
Non anche loro.» disse in un sussurro. Si asciugò gli occhi. Non era il caso di
mostrarsi così vulnerabile e debole, ma era tutto ciò che chiedeva. Qualsiasi
cosa, tranne allontanarsi da Frank, Gerard e tutti gli altri. Non era molto, ma
non poteva chiedere di meglio che loro.
«Che stanno dicendo?» chiese Mikey bisbigliando, guardando
Frank che con l'orecchio poggiato sulla porta chiusa della cucina origliava la
conversazione tra Alex e l'assistente minorile.
«Wow...» mormorò lui, senza parlare con nessuno di preciso
«...è toccante...» sorrise.
«Chi tocca cosa?» domandò Mikey con un sopracciglio
sollevato, alzandosi dal divano per raggiungere l'amico, che però gli fece cenno
di no con la testa, così si rimise a sedere.
«Shh. Stanno uscendo!» esclamò, correndo da Mikey e Gerard
per mettersi seduto sul divano con la massima nonchalance.
Alex aveva gli occhi arrossati e strinse la mano dell'assistente, che le sorrise
e le diede un biglietto da visita, dicendole che sarebbe tornata a controllare e
che avrebbe preferito non trovare tutto quel bordello.
«Allora?» domandarono i tre all'unisono, quando la signora si
chiuse la porta alle spalle. Frank era riuscito a cogliere qualche frase della
loro conversazione ma non era sicuro di come fosse finita, poi.
La guardavano con gli occhi spalancati, in attesa di una risposta, se possibile
positiva.
«Niente. Tornerà a trovarmi e lascerà che le cose vadano per
le lunghe, così nel frattempo compio diciotto anni e chi s'è visto, s'è
visto...» sospirò lei soddisfatta. Aveva temuto davvero che quella signora
potesse decidere chissà cosa, e portarla via da lì, da tutti loro.
Frank si alzò e corse ad abbracciarla «Cazzo, menomale!» esclamò. Poi la strinse
ancora più forte «Hai detto delle cose bellissime. Non credevo di essere cosi
importante, sai...» sussurrò. Lei ricambiò l'abbraccio costringendosi a non
piangere ancora una volta.
«Se è per questo non credevi nemmeno di essere bisessuale!»
disse ridendo.
Frank fece una smorfia, allontanandola «Che cazzo, Al, poi
sono io quello che rovina i momenti di poesia, eh!» la rimproverò, con un
sorrisetto sulle labbra. Gerard si avvicinò ai due e li abbracciò entrambi.
Sembrava quel primo giorno in cui era iniziato tutto, in cui si erano
conosciuti. Con l'unica cosa che le emozioni che provavano ora, per ognuno di
loro, erano amplificate, profonde e sincere. Ed i loro cuori erano
sincronizzati, battevano lo stesso ritmo, la stessa musica.
«Potreste anche coinvolgermi nei vostri momenti di
smielosità, comunque, ogni tanto!» si lamentò Mikey dal divano, tirandosi su in
piedi.
«Ah, vieni qui!» lo invitò Gerard allargando le braccia.
Tutti e tre lo stritolarono al centro del loro abbraccio, e si persero in una
lunga ed assordante risata al suo tentativo di liberarsi.
Quando fu ora di pranzo Gerard e Mikey dovettero tornare a casa da Donna, mentre
Frank libero da ogni impegno non aveva di meglio da fare e decise di rimanere
con Alex. Tutto quel discorso che le aveva sentito fare all'assistente sociale
era toccante, e lo aveva fatto sentire importante ed onorato di essere suo
amico. Mangiarono qualche schifezza scomposti sul divano, davanti ad un vecchio
film.
«Allora com'è
stato con Gerard?» domandò lei all'improvviso.
Frank ci pensò un pò, non voleva proprio parlarne, ma sentiva di doverlo fare,
perché nonostante la notte prima fosse stato ubriaco e tutto il resto, era
sicuro di aver sentito Gee pronunciare quella frase, mentre stava per
addormentarsi, che lo aveva colpito come un pugno nello stomaco. Aveva pensato
che fosse troppo, e troppo presto.
«Allora?» insisté lei in attesa.
«Se possiamo evitare di entrare nel dettaglio di ciò che c'è
stato fisicamente, dovrei parlarti di una cosa...» mormorò Frank dopo aver
mandato giù un boccone di patatine fritte.
«Per me va benissimo. Mi è bastato vedere i boxer di Gerard
stamattina per non voler indagare oltre...»
«E la smetteresti di tirar fuori quei boxer, gentilmente? O a
qualsiasi altra cosa includa Gerard nudo o poco vestito?» domandò lui
arrossendo.
«Non sarai mica geloso che gli ho visto le mutande!» lo prese in giro Alex dandogli un
pugno sulla spalla.
«No, ma che c'entra, ci mancherebbe.» arrossi lui «E' che è
una cosa seria...» spiegò.
Alex annuì «Perfetto. Non sparerò stronzate durante la nostra imminente
conversazione, giuro!» disse mettendosi la mano sul petto dove c'era il cuore
per rendere solenne la promessa appena pronunciata. Frank alzò gli occhi al
cielo. Non ci credeva ancora che esistesse qualcuno anche più importuno di lui.
«Ok, ok, seria.»
«Perfetto...» mormorò Frank osservandola in silenzio per
qualche secondo, per essere sicuro che restasse seria almeno per un pò. «Credo
che Gee mi abbia detto "Ti amo", stanotte.» disse secco, d'un fiato.
Alex sorrise battendo le mani come una bambina tutta contenta
«Ma è una cosa dolcissima!» esclamò quasi commossa.
Frank fece spallucce. «Dici?».
«Assolutamente si! Tu che gli hai detto?»
Frank si morse il labbro, poi sospirò «Nulla, in realtà.» mormorò. Quando vide
lo sguardo da killer di Alex alzò le mani come per arrendersi «Non sapevo che
dire! Che cavolo, è complicato!» si giustificò.
«Cosa è complicato?» domandò Alex retoricamente.
«Tutta questa situazione. Insomma, non lo so...»
«Le cose non devi saperle, devi sentirle... E
quello che senti è quello che è.»
«Si, e le tue spiegazioni non schiariscono affatto le idee.»
sbuffò Frank.
«Non c'è niente da schiarire, Frank. Siete innamorati e state
bene insieme e vivrete per sempre felici e contenti...». Lui sorrise. Esatto,
stava bene con Gerard, quello era l'importante.
Mikey era seduto sul letto di Gerard, con le gambe incrociate
e lo sguardo perso nel vuoto, mentre il rumore della matita che suo fratello
stava utilizzando per scrivere il testo di una possibile canzone che gli aveva
attraversato la mente dopo la notte passata con Frank, lo ipnotizzava quasi.
Sospirò, voltandosi verso Gee che era seduto sul davanzale, con la testa china
sul blocco di carta che teneva poggiato sulle ginocchia.
«Quindi ora tu e Frank state insieme? Cioè, insieme insieme,
dico?» domandò con un leggero filo di imbarazzo nella voce.
Gerard sorrise. Gli bastava sentir pronunciare quel nome, per sentirsi meglio,
allegro. Sospirò, facendo spallucce «Credo di si. Insomma, qualsiasi cosa sia,
è... è bellissimo, Mikey. L'amore, è straordinario...» disse sorridendo.
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 - Can you see my eyes are shining bright? Cause I'm out here on the other side... ***
Capitolo 10 QWERTY2
Capitolo 10
Can you see my eyes are shining bright? Cause I'm out here on the other side...
Da quando Frank era entrato nella band, le giornate nello studio di
registrazione sembravano, a Gerard, volassero come se il tempo fosse dimezzato.
Amava avere Frank sempre intorno, sopratutto perché negli ultimi giorni Frank
sembrava essersi sciolto, ed il loro rapporto ora non solo era ufficiale -
almeno per la loro ristretta cerchia di amici - ma andava a gonfie vele. Quando
avevano un attimo, nonostante Mikey avesse ammesso di preferire non vederle,
certe scene, i due si stringevano in un angolo dello studio a fare i romantici.
Si dividevano le sigarette, quelle rare bottiglie di birra che bevevano durante
la pausa tra una registrazione e l'altra, e se fosse stato necessario si
sarebbero divisi anche gli organi vitali. Anche se in realtà, il cuore se lo
erano già scambiato. Nonostante i primi giorni Frank fosse particolarmente
timoroso, di tutta quella situazione - o come aveva spiegato Alex, se la
stava facendo sotto - ora finalmente aveva iniziato a prendere tutto il
bello delle sensazioni che Gerard gli faceva provare. Respirava l'aria
dell'amore a pieni polmoni ed ogni tanto si faceva quasi schifo, tanto era
diventato romantico e dolce.
Il fatto che non potessero ufficializzare la loro storia con
i propri genitori era un tasto dolente. Gerard si era detto pronto ad affrontare
ogni battaglia, al suo fianco, mentre Frank voleva attendere ancora un pò prima
di mettersi a nudo davanti alla sua famiglia. E poi, sua madre era ancora
convinta che lui ed Alex stessero insieme, e una volta aveva addirittura
accennato a qualcosa come un matrimonio dopo il diploma. Quando Frank glielo
raccontò, Alex rise per un'ora di fila.
Comunque, il loro covo d'amore, nel quale potevano essere ciò
che erano senza farsi troppe paranoie, era proprio casa di Alex, nella quale
quel giorno Gerard, aiutato da sua madre, stava allestendo una semi-festa a
sorpresa per il suo diciottesimo compleanno. Aveva anche preparato un intero
menù vegetariano per Frank, comprato e gonfiato personalmente una busta di
palloncini colorati e disegnato di suo pugno un ritratto di loro tre - lei,
Gerard e Frank -, incorniciato ed incartato come regalo di compleanno. Ci teneva
particolarmente, dato che l'unione che legava i tre nelle ultime settimane era
andata a diminuire, causa impegni dei due ragazzi con la band e le
registrazioni, e di Alex con l'assistente sociale, la scuola, il Cafè ed altri
impegni da lei non meglio specificati che la tenevano lontana da loro.
Solitamente quando Gee e Frank si imbucavano a casa sua per passare del tempo
tutti e tre insieme era di sera tardi, e lei era generalmente stanca, assonnata
o a volte era capitato che li avesse lasciati da soli per concedergli un paio
d'ore di sesso e amore mentre lei usciva con dei nuovi amici, anche se né Frank
né Gerard ne sapevano molto, e lei non si sbilanciava troppo nel parlarne.
Era primo pomeriggio ed Alex avrebbe dovuto passare l'intera
giornata fuori casa, perché Gerard potesse organizzare tutto alla perfezione,
prima di poterla finalmente far rientrare e sbucare fuori con gli altri ospiti
da dietro ogni nascondiglio possibile urlando "Sopresa!". Così dovette
organizzare anche la giornata di lei: le aveva chiesto gentilmente di comprarle
dei colori e dei materiali da disegno nel negozio di fronte al Cafè e di fare
qualche altra commissione, poi di passare a casa di Frank a recuperare una
vecchia felpa che aveva dimenticato in macchina sua qualche giorno prima - dove
l'altro aveva il compito di trattenerla il più possibile, e roba del genere.
Alex aveva accettato suo malgrado, comunque, ma l'importante era che sarebbe
rimasta fuori casa per almeno un altro paio d'ore, se non tre o quattro.
Alex aveva
conosciuto Devon qualche giorno dopo la visita a casa sua dell'assistente
sociale, in un freddo pomeriggio passato a servire bevande calde al Cafè, dove
lui era entrato per sbaglio e alla fine l'aveva aspettata fino all'orario di
chiusura dopo aver passato tutto il tempo a conversare con lei tra un servizio
al tavolo e l'altro. Era un ragazzo carino, di un paio di anni più grande di
lei, con un'ottimo gusto in fatto di musica e un bel sorriso. Nulla in confronto
a Frank Iero, ma lei ci aveva messo una pietra sopra - almeno, ci aveva provato
- visto che se lo era aggiudicato Gerard, ed andava bene così.
Nonostante con Devon stesse bene, e anche se per scaramanzia
non voleva dirlo a voce alta ma le cose tra loro si stavano facendo più serie
delle semplice uscite a bere qualcosa insieme, Alex non lo aveva ancora
presentato agli altri, e non aveva troppa intenzione di farlo. Non ancora. Era
come se avesse paura che visto che ora Frank e Gee stavano insieme, se anche lei
fosse stata ufficialmente con qualcun'altro, la loro profonda amicizia sarebbe
andata a perdersi anche più di quanto stava accadendo ultimamente. Non che
volesse darne la colpa a qualcuno, si rendeva conto che ognuno aveva le sue cose
da fare, che le registrazioni del disco portavano via ai ragazzi un sacco di
tempo e che lei doveva per lo meno impegnarsi un pò di più a scuola per evitare
ulteriori richiami dal Preside, che non aspettava altro che facesse un altro
passo sbagliato.
Quel giorno però Gerard non solo si era dimenticato di farle
gli auguri di compleanno, ma le aveva anche dato una lista infinita di cose da
fare, e dovette portarsi dietro anche Devon che molto carinamente era andata a
prenderla all'uscita da scuola per stare un pò con lei. I due comunque non
facevano mai nulla di troppo impegnativo. Solitamente girovagavano per
Belleville senza meta entrando in qualche negozio di dischi e roba simile, ma ad
Alex piaceva anche tutta la semplicità del tempo che passavano insieme. E
comunque, Devon riusciva a farle dimenticare quanto si sentisse sola altrimenti,
ora che non aveva Frank e Gerard sempre intorno.
Le prime tappe delle "Cose che dovrebbe fare Gerard ma che
ha ben pensato di mollare a me", come aveva spiegato a Devon, erano state
fatte: erano andati nel negozio di Belle Arti a comprare un mucchio di materiale
da disegno del quale Alex nemmeno sapeva le funzioni, ed aveva dovuto scegliere
a caso tra una marca e l'altra, facendosi consigliare dal vecchio negoziante che
conosceva bene i gusti di Gerard, ormai.
Poi erano dovuti andare alla ricerca di un regalo di Natale
per Mikey, nonostante mancassero ancora tre settimane; erano stati in lavanderia
a non ritirare una giacca di Gerard che non era mai stata portata a
lavare lì - quella era stata un'idea di Frank, ma era un'ottimo modo per far
perdere ad Alex ulteriore tempo - e poi c'era la tappa a casa Iero per
recuperare quella vecchia felpa.
Dal portico si sentiva il suono assordante dello stereo, ed
Alex dovette bussare ed imprecare più volte per riuscire a farsi sentire da
Frank. Dopo circa un quarto d'ora i due da fuori sentirono il volume dello
stereo abbassarsi di qualche tono e i passi pesanti di Frank che scendeva le
scale dall'interno saltandole due a due, fino ad arrivare alla porta.
«Che cazzo, ci
abbiamo messo le radici qui fuori! Ti ricordo che è dicembre e che fa un freddo
cane!» si lamentò Alex spingendo Frank da una parte per entrare in casa al
caldo. Devon porse la sua mano destra a Frank per presentarsi. Era la prima
volta che lo incontrava, nonostante Alex gli avesse parlato di lui e degli altri
almeno diecimila volte.
«Piacere, Devon...» disse cordialmente, mentre l'altro lo
guardava con un sopracciglio sollevato scuotendogli la mano distrattamente
«Piacere, io sono Frank...» mormorò «E tu saresti?».
Alex alzò gli occhi al cielo «Te lo ha appena detto, si
chiama Devon.» disse ridacchiando.
«No, quello l'ho capito. Intendo, non ti ho mai visto
prima...» cercò di spiegarsi meglio. Fosse stato come Alex avrebbe chiesto con
molta nonchalance se fosse il suo ragazzo o qualcosa del genere, ma non voleva
sembrare un'impiccione, e comunque provò un sottile filo di disappunto
rendendosi conto che lei, nonostante fosse la sua migliore amica, non gliene
avesse mai parlato. Era come rendersi conto di essere stato messo da parte. In
effetti non stavano più insieme ventiquattro ore al giorno, e si sentì un pò
come un bambino al quale si rompe il suo giocattolo preferito.
Alex scrollò le spalle, in risposta alla diffidenza di Frank
«E' un mio amico. Dov'è la felpa di Gerard?» domandò guardandosi intorno.
«Amico tipo, amico? O amico tipo-» provò a domandare lui, ma
Alex lo fermò «Amico tipo fatti gli affari tuoi. Allora? La felpa?» chiese
cambiando discorso.
Frank per un attimo quasi dimenticò della storia della festa a sorpresa e del
dover far perdere tempo ad Alex, così alle prime la guardò confuso, poi gli
venne in mente e li invitò a seguirlo in camera sua.
«Dai, Frank, una cosa veloce che voglio andare a casa. Per la
cronaca, oggi è il mio compleanno, anche se siccome sono così sfigata non se lo
ricorda nessuno, e stasera avrei degli impegni che implicano la mia necessità di
farmi una dannata doccia...» disse lei lamentosa seguendolo al piano di sopra.
Frank sorrise «E' vero, è il tuo compleanno! Tanti auguri!»
esclamò stringendole le braccia intorno al corpo e sollevandola qualche
centimetro da terra, togliendole il respiro.
«Oh signore, lasciami!» rise lei scuotendosi per fargli
mollare la presa.
Quando furono in camera di Frank si sedette sul bordo del
letto, dove lui aveva poggiato la sua chitarra. «Insomma, che programmi hai per
stasera?» domandò facendo il vago.
Alex sospirò «Niente che implica la tua presenza, né quella di Gee, visto che
entrambi vi siete dimenticati del mio compleanno...» rispose con tono di
superiorità. Frank si morse il labbro per trattenere una risatina: lei non
immaginava nemmeno lontantamente che erano tutti pronti a festeggiarla quella
sera stessa.
«Lo so, mi dispiace, ma ultimamente siamo sempre pieni di
impegni...» mormorò Frank fingendo di cercare qualcosa nell'armadio. Alex
sbuffò, incrociando le braccia sul petto «Si, me ne sono accorta, non mi filate
più, e da quando state insieme siete anche troppo impegnati a fare i romantici
per ricordarvi che io esisto, e che quella camera in cui vi chiudete a fare dio
solo sa cosa, si trova proprio in casa mia ed ogni tanto potreste mettere
da parte le vostre sconcerie per dedicarmi qualche briciolo di attenzione...».
Frank si schiarì la gola. Sapeva che quello era il modo di
Alex di scherzare, ma si stava sentendo in colpa. Effettivamente negli ultimi
tempi lui e Gerard passavano più tempo da soli che con lei, anche quando erano a
casa sua. Comunque, sospirò «Non fare la vittima, comunque, mi pare che tu abbia
trovato di meglio da fare...» borbottò lanciando un'occhiata a Devon che in
evidente imbarazzo si mise a scrutare la collezione di libri di Frank.
«Non mi dire che sei geloso!» esclamò Alex ridendo.
«Nah... è che insomma, potevi anche dirmelo che ti sei
fidanzata...» mormorò.
Lei arrossì. Non era proprio proprio fidanzata, con Devon. Passavano del tempo
insieme, si divertivano, e lui l'aveva baciata giusto il giorno prima, ma niente
di che. In realtà aveva intenzione di passare ad un prossimo livello proprio
quella sera. Aveva proposto a Devon di passare la serata a casa sua, e le
aspettative di entrambi erano chiare, ma non è che volesse urlarlo ai quattro
venti.
«Non rompere. Avevo intenzione di presentarvelo comunque,
prima o poi. Sopratutto a Gee...» disse lei sorridendo.
Frank mise il broncio, proprio come un ragazzino «Perché soprattuto a Gee? Non
sono io il tuo migliore amico? Che c'entra Gerard?» domandò con disappunto.
«Siete entrambi miei migliori amici, e se gentilmente mi dai
la sua felpa mi fai proprio un gran favore...» sbuffò Alex.
Devon guardò l'ora. Erano già le 18 passate «Effettivamente, dovremmo andare...»
disse rivolto ad Alex. Frank si voltò a guardarlo quasi fulminandolo con gli
occhi. «Quanta fretta, che mai dovrete fare?» chiese alzando gli occhi al cielo.
Alex arrossì, schiarendosi la gola. Di progetti ne avevano
alcuni, ma non disse nulla, non era proprio il caso. «Tanto per cominciare, te
l'ho gia detto, dovrei farmi una doccia.» ripeté, battendo il piede sul
pavimento, nervosa.
«Beh, puoi fartela qui, volendo, no?» propose Frank indicando
la porta del bagno dall'altra parte del corriodio.
Lei fece una risatina «Eh, si, ma volendo potrei farla a casa mia, sai com'è,
dove ho anche il mio accappatoio, i miei vestiti...» disse.
«Giusto... che ore sono?» domandò lui, guardando Devon, che
lanciò un'altra occhiata al suo orologio da polso.
«Sei e un quarto...» rispose.
«Fantastico. Andiamo, direi che si sta facendo tardi.»
esclamò.
Alex lo guardò facendo una smorfia «...andiamo chi, scusa? Che c'entri
tu?».
«Come che c'entro? Vi accompagno, andiamo in macchina, no?»
disse come se fosse la più geniale delle idee. Alex gli si avvicinò e gli
stritolò letteralmente un braccio, cercando di non farsi vedere da Devon che
continuava a guardarsi intorno nella cameretta. «No, Frank, tu non ci accompagni
da nessuna parte. C'è una cosa chiamata privacy ed un'altra chiamata intimità.
Tu stai leggermente violando entrambe.».
Lui sorrise malizioso avvicinandosi all'orecchio di lei «Ma
perché, hai sul serio intenzione di fare roba sconcia con lui? Tipo, stasera?»
chiese divertito. Le guance di Alex diventarono presto di un colore rosso
acceso, mentre imbarazzata annuiva in modo quasi impercettibile. Frank la
fulminò con gli occhi «Stai scherzando, vero? Non puoi farlo. Non sappiamo
niente di lui!» la rimproverò.
Lei alzò gli occhi al cielo «Ma fammi il piacere... tu, non
sai niente di lui. Io so che è un bravo ragazzo e che mi piace. Punto.» mormorò.
«Dovremmo chiedere l'opinione di Gerard, comunque...» disse
Frank sollevando le sopracciglia. Alex sbuffò «No, non faremo della mia prima
notte di sesso un affare di stato, sul serio...».
«Ah!» esclamò Frank indicandola, per poi abbassare di nuovo
il tono «Quindi lo ammetti, è sesso, non amore! Ecco un altro
motivo per il quale sono in totale disaccordo con la tua decisione. E' la tua
prima volta e deve essere speciale, non una cosa fatta tanto per fare.» disse
saccente.
«Ma la smetti? Dio santo, mi stai mettendo davvero in
imbarazzo. E se non l'hai notato, lui è lì dietro e potrebbe anche ascoltare la
nostra conversazione, cosa della quale non sono molto contenta...» bisbigliò
lei.
«Vedi, è pure un impiccione ficcanaso. Eh no, mia cara, tu
non farai assolutamente sesso con lui, né ora né mai!»
«Non è un impiccione!»
«Lo hai detto tu, eh, mica io!»
«Non intendevo quello, Frank. E poi smettila, sul serio, non
è un argomento che voglio trattare con te, né ora, né mai.» disse lei mettendo
il broncio. Frank sospirò «Lo dico per te, non perché voglio farmi gli affari
tuoi né nulla di simile...» le disse in un sussurro, accennando un sorriso.
Alex scrollò le spalle. Ah, si, i maschi erano stupidi il più
delle volte. Sopratutto quando si trattava di ragazze. E Frank in quel caso era
proprio un idiota. Alex lo aveva aspettato per giorni, mesi ed anni, e lui si
era innamorato di Gerard, ed ora che lei provava a metterci una pietra sopra,
per quanto difficile fosse, lui rendeva tutto più complicato parlandole della
sostanziale differenza tra amore e sesso. Era una situazione più che ridicola,
ed Alex avrebbe volentieri fatto notare a Frank che lei non si credeva in grado
di amare nessuno. Nessuno oltre lui. Perché quello era il punto, lei lo sapeva
bene, lo aveva capito ed aveva provato a cambiare le cose nei modi a lei
disponibili, ma senza successo. Aveva spinto Frank tra le braccia di Gerard
perché, indipendentemente da quanto forte fosse il sentimento che lei provava
nei suoi confronti, poteva dire con certezza che i due si appartenevano, e si
sarebbero appartenuti sempre. Ma nonostante tutto, non c'era un antitodo, una
pozione o una formula che potesse farle smettere di provare quel sentimento nei
confronti di Frank, lo stomaco che si torce quando lui la guardava negli occhi o
la stringeva in un abbraccio, o la sensazione di volare a qualche metro da terra
quando lui le sorrideva. Quindi non sopportava l'idea che Frank si mettesse in
mezzo anche ora che finalmente qualcun'altro poteva forse prendere il suo posto.
Proprio no.
«Vabbè, andiamo?» disse infine Frank a voce alta, catturando
anche l'attenzione di Devon.
«Davvero, Frank, non devi-» provò a dire lui, ma Frank lo
fermò «Tranquillo, vi accompagno, e non si discute. Andiamo, su, che facciamo
tardi...» disse uscendo dalla stanza.
«E la felpa di Gerard?» chiese Alex alzando gli occhi al
cielo. Frank fece finta di non sentire. Quando i due lo raggiunsero Frank aveva
già messo in moto l'auto della madre, e con un sorriso era pronto a guidare fino
a casa di lei, dove tutti sarebbero spuntati fuori da dietro al divano urlando
"Sorpresa" e roba simile. Altro che regalare la propria verginità al primo
furbetto in circolazione. Non si sarebbe scollato un attimo da Alex, se fosse
stato necessario.
«Ok, ok, tutti
in silenzio! Sono arrivati!» mormorò Gerard cercando di farsi sentire da tutti
gli ospiti presenti in casa di Alex, intimando a tutti di prendere posto nel
primo nascondiglio disponibile. Le luci erano spente e tutti smisero di parlare
correndo dietro il divano o dietro qualche mobile.
Dall'esterno, la voce di Frank si sentiva chiara, mentre
ripeteva ad Alex di smetterla di parlare, e le parole si facevano sempre più
vicine, finché si fermarono proprio dietro la porta d'entrata.
La frase seguente fu più udibile di quanto ognuno,
all'interno della casa, avesse voluto. Sopratutto Gerard. E Donna. E Linda, la
madre di Frank. Nessuno di loro si sarebbe aspettato di ricevere quella
sorpresa, tanto meno in quella situazione. Era Alex a parlare ora. Dal tono si
percepiva tutto lo scontento che provava, nonostante nessuno potesse dire con
certezza perché fosse così incazzata. Tanto che Gerard si chiese se non fosse
stata una pessima idea, quella della festa a sorpresa.
Nel silenzio più totale, erano tutti con le orecchie
sull'attenti, ad ascoltare le sue parole. Nessuno di loro poteva immaginare che
qualche minuto dopo avrebbe desiderato di non aver mai sentito una sola frase di
quella discussione all'esterno della casa, tra Alex e Frank.
«Sei proprio uno stronzo, sai!? Cioè, non solo l'hai fatto
scappare via tanto sei appiccicoso, ma non mi chiamerà nemmeno più!» esclamò lei
incazzata.
Dentro casa, Gerard guardò Mikey con le sopraciglia aggrottate, come per
chiedergli se avesse qualche idea di cosa stesse parlando, ma suo fratello
scrollò le spalle.
«Alex, smettila, ok? Ne parliamo dopo, apri questa dannata
porta ora...» disse Frank.
Alex lo guardò con occhi pieni di rabbia. Era stato così
molesto e fastidioso che Devon aveva preferito farsi lasciare a metà strada e
tornarsene a casa che continuare la serata in sua compagnia, ed Alex non
riusciva a capacitarsene. Frank era un emerito coglione. E lei in quel preciso
istante lo stava detestando con tutto il cuore.
«Non ne parliamo dopo! Puoi anche tornartene a casa tua! O
tornatene da Gerard, o da chi cazzo vuoi, basta che ti levi dalle palle! Hai
fatto già abbastanza per oggi!» lo aggredì lei spingendolo via.
Frank arrossì imbarazzato. La cosa stava degenerando, e lui voleva solo
proteggerla da quel tizio che si era portata dietro e che non gli era piaciuto
troppo. E poi, stava urlando come un'invasata e immaginava che tutti dentro casa
stessero ascoltando le sue imprecazioni, e non era una cosa positiva, proprio
per niente.
«Al, dai, non c'è bisogno di fare così...» le disse cercando
di calmarla, ma lei lo incenerì con lo sguardo per l'ennesima volta.
«A me lo dici? Non c'era bisogno nemmeno che tu dicessi tutte
quelle stronzate in macchina per far allontanare Devon da me, cristo santo! Mi
pare che io ho il cuore stritolato ogni cazzo di volta che tu e
Gerard venite a chiudervi in casa mia per farvi una sacrosanta scopata! Eppure
non vi metto i bastoni tra le ruote! Mi pare che anzi, sono stata la prima ad
appoggiarvi!» urlò.
In quel preciso istante, sia Frank lì fuori, che Gerard dentro la casa,
impallidirono, mentre tutti, ma tutti, gli invitati, gli puntarono gli occhi
addosso. Ma lo sguardo più pesante, quello che richiedeva lo stesso sforzo
necessario per sostenere sulle proprie spalle una montagna, era quello di Donna
e Linda. Se lo sentiva addosso, e non aveva assolutamente il coraggio di
voltarsi a guardarle, e ringraziò il cielo che era buio e le luci dei lampioni
all'esterno che penetravano dalle finestre erano troppo deboli per illuminare il
suo volto del colore più rosso mai visto.
Cazzo, quella si che era una sorpresa. Uscire allo
scoperto così. Suo fratello gli mise una mano sulla spalla, come per dirgli, in
silenzio, che lui lo avrebbe sostenuto. Proprio lui che ci aveva messo un bel
pò, a digerire tutta quella situazione di lui e Frank. Abbozzò un sorriso lieve
a Gerard, poi si alzò da dietro il divano, e con pochi passi svelti e lunghi
arrivò alla porta e la spalancò accendendo la luce «Sorpresa!» esclamò
sarcastico facendo prendere uno spavento ad Alex che lo fissò per qualche
secondo prima di rendersi conto di tutte le persone che c'erano in casa sua, che
piano piano uscivano fuori dai loro nascondigli.
Deglitì pesantemente, quando le venne in mente parola per
parola tutto quello che aveva appena detto. Lanciò un'occhiata di nuovo
all'interno, dove Gerard la fissava immobile. E anche Frank non aveva più detto
una parola. Cazzo. Stavolta aveva fatto un bel casino. Sempre perché non
riusciva a stare zitta.
«Potevi dirmelo che c'era tutta questa gente...» mormorò a
Frank. Lui scrollò le spalle «Che festa a sorpresa sarebbe stata senza la
sorpresa?» chiese fingendo un sorriso. Entrò in casa e nessuno aveva ancora
detto una parola. Qualcuno le fece gli auguri di compleanno, ma erano tutti
palesemente imbarazzati. Ovviamente.
«Ragazzi... venite con noi...» disse Donna all'improvviso,
guardando prima il suo figlio maggiore, poi Frank, ed intimandoli a seguirla al
piano superiore. Nessuno ebbe il coraggio di replicare. In silenzio i due
seguirono lei e Linda al secondo piano mentre Ray, intelligentemente, aveva
fatto partire un cd nello stereo per distrarre tutti gli altri.
«Bravissima. Hai
straparlato anche stavolta...» mormorò Mikey cercando di nascondere un
sorrisetto. Era incredibilmente dispiaciuto per Gerard e Frank per tutta la
situazione, e non voleva nemmeno immaginare quale pesante cazziatone stessero
subendo da Donna e Linda, ma poteva affermare che se lo sentiva che prima o poi
Alex avrebbe combinato qualcosa del genere, c'era da aspettarselo, visto che
parlava sempre troppo ed era sempre così schietta.
Lei fece una smorfia dispiaciuta «Mi dispiace tantissimo. Non
avrei mai detto tutte quelle cose se avessi saputo che c'era tutta questa gente,
qui...» disse scusandosi. Mikey scrollò le spalle «Tanto prima o poi sarebbe
successo...» disse cercando di consolarla. Poi fece un respiro profondo
guardando un punto indefinito sul pavimento ai suoi piedi «Perché comunque eri
cosi incazzata con Frank?» domandò.
Alex alzò gli occhi al cielo «Perché è un idiota. Gli ho
presentato un tipo con il quale sto uscendo ultimamente e lui l'ha fatto
praticamente scappare via.» spiegò.
«Ah...» mugugnò lui, mordendosi il labbro. «Stai uscendo con
un tipo, quindi?».
«Sicuramente ora non più, visto che potrei metterci la mano
sul fuoco che non mi chiamerà mai più. Avrà pensato che sono una folle e che
Frank è più folle di me. Cioè, gli ha detto tipo "Non mi dire che intendi
davvero farti una storia con Alex, insomma, lei sta totalmente fuori, fattelo
dire da uno che la conosce da anni, non ce la puoi fare!"» spiegò rassegnata
«Avrei voluto ucciderlo...».
«...beh, forse è meglio così...» scrollò le spalle Mikey.
«Certo, come no... mi ritroverò vecchia, sola e piena di
animali randagi che mi pisciano in casa a loro piacimento...» rise lei alzando
gli occhi al cielo.
Mikey sorrise. Era esattamente quello, quel modo di fare di Alex, di metterci in
mezzo una frase senza senso per riderci su, che gli piaceva tanto di lei.
Arrossì. Aveva appena pensato che gli piaceva Alex? Non fece nemmeno in tempo a
darsi una risposta che lei gli afferrò un braccio e lo trascinò al tavolo dove
erano sistemate alcune lattine di birra messe a piramide una su l'altra.
Gerard era sicuro, ora. Era seduto al fianco di Frank ed aveva intenzione di
lottare per il suo diritto di essere felice con lui, per tutta la vita, se fosse
stato necessario. L'altro non aveva detto molto, da quando Donna e Linda li
avevano incastrati in camera di Alex per riempirli di domande. Ovvio, quello non
era il modo in cui aveva pensato che avrebbero detto ai loro genitori del loro
rapporto, ma tanto prima o poi sarebbe dovuto succedere, e sicuramente non c'era
un modo migliore di un altro. La notizia aveva lasciato in stato di shock sia
sua madre che quella di Frank, ed ora Gerard aveva provato a spiegargli che non
c'era niente di male in lui o in Frank, e che loro due stavano bene insieme ed
erano felici.
«Basta, non
voglio più parlarne...» mormorò Linda scuotendo la testa. Frank la guardò
«Mamma...» disse a voce bassa, alzandosi dal letto «Mi dispiace...» disse
avvicinandosi a lei.
Gerard si schiarì la gola. Perché si stava scusando? Non doveva farsene mica una
colpa. «Non devi dispiacerti, Frank! Non è nulla di grave.» esclamò. Linda lo
fulminò, aveva gli occhi umidi di lacrime. Non era arrabbiata, ma non sapeva
nemmeno lei come comportarsi ora. Suo figlio stava con un altro ragazzo. «Avrei
preferito me lo avessi detto tu...» sussurrò a suo figlio.
Frank scrollò le spalle «E' Alex, è... è fatta così, combina
un sacco di casini. Sei arrabbiata con me?» chiese, mettendo una mano sulla
spalla di sua madre.
Lei scosse la testa, iniziando a piangere, ed affondò il viso sulle spalle di
suo figlio «No, Frankie, assolutamente no...» disse stringendosi a lui. Frank
sospirò. Pensava peggio. Aveva discusso più volte sull'uscire allo scoperto, con
Gerard, ma aveva sempre temuto che sua madre potesse odiarlo. Invece era
solamente confusa, ma era pur sempre sua madre.
Gerard guardò Donna «Tu sei arrabbiata invece?» domandò. Lei
alzò gli occhi al cielo «E tu, sei felice?» chiese lei senza rispondere,
guardando suo figlio negli occhi. Era cresciuto, e forse era solo dispiaciuta
del fatto che ora Gerard non era più il suo bambino. Alla sua domanda, il volto
di Gerard si illuminò, sorridendo contento «Si. Sono felicissimo.» ammise.
Lanciò un'occhiata a Frank, che gli fece un cenno d'assenso con la testa. Almeno
questa cosa potevano cancellarla dalla lista delle cose da fare. Sorrise
sollevato, abbracciando sua madre.
- - -
Come al solito, grazie a chi
legge e soprattuto a chi recensisce!
Non lo so com'è venuto fuori sto capitolo, è venuto fuori e basta...
Non so nemmeno quanto sia rilevante, e secondo me è troppo corto ma è quel
giorno del mese in cui vorrei essere uomo quindi capitemi e perdonatemi -.-
Spero vi piaccia comunque. E' che avevo intenzione di finire sta storia tra
breve ma ci sono molte altre cose che devono accadere ai miei cari personaggi
quindi credo la porterò avanti ancora un pò. Sopratutto perché mi fa bene
scrivere, mi fa sentire meglio .-.
XOXO
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 - Everything Happens For A Reason ***
Capitolo 11 asdfnksjfnjlasf
Capitolo 11
Everything Happens For a Reason
«Ok,
questa sarà la tua prima ed ultima festa a sorpresa...» rise Gerard quando
finalmente scese al piano di sotto insieme a sua madre, Linda e Frank. Alex alzò
gli occhi al cielo. Sperava di non aver combinato un casino troppo grande,
avendo deliberatamente urlato a praticamente tutti i loro amici lì presenti che
lui e Frank stavano insieme.
«Mi dispiace tantissimo! Cosa vi hanno detto? Che non potete
più vedervi? Che non vi vogliono più come figli?» chiese lei dispiaciuta.
«Uhm, no, non proprio.» disse Gerard ridendo, mettendole un
braccio intorno alle spalle. «E comunque, dovrei anche ringraziarti, visto che
secondo me altrimenti Frank non avrebbe mai avuto le palle di dirlo a sua
madre...» sussurrò stringendola a se.
«Si, anche secondo me comunque...» sospirò lei «Ciò non
toglie che è comunque un coglione e che non gli rivolgerò la parola per almeno i
prossimi quattrocento anni...».
Quando quasi tutti furono andati via, Linda e Donna diedero
una mano ad Alex a sistemare alcune cose prima di andarsene. Poi presero le loro
cose e si diressero alla porta. Gerard se ne stava seduto sul divano, mezzo
addormentato.
«Andiamo, ragazzi?» chiamò i suoi figli Donna. Mikey, che se
ne era stato in disparte per la maggior parte del tempo, a rimuginare sul fatto
che era l'unico a non avere ancora uno straccio di vita sentimentale, si alzò
dalla poltrona e si infilò la giacca.
«Gee? Svegliati, dobbiamo andare...» disse a suo fratello
richiamando la sua attenzione con un calcio sulla gamba. Gerard fece una
smorfia, tenendo gli occhi chiusi «Andate voi... io dormo qui...» mugugnò nel
sonno.
Donna alzò gli occhi al cielo «Non puoi invitarti a dormire
qui senza nemmeno chiedere ad Alex se per lei va bene...» lo rimproverò,
avvicinandosi a lui per afferrargli un braccio.
«Ad Alex va bene...» sbadigliò. Donna lanciò un'occhiata alla
ragazza, che con scrollò le spalle «Tranquilla. E' casa di tutti, questa,
ormai...» sospirò.
Frank fece un respiro profondo «Ehm... quindi volendo... potrei restare qui
anche io... giusto?» disse evitando di guardare sua madre. Era in evidente
imbarazzo. Linda si schiarì la gola «Beh, Fankie, forse se tornassi a casa
sarebbe meglio...» disse lei.
«Ma se rimango qui almeno domani mattina posso aiutare Alex a
ripulire tutto...» fece lui lagnandosi come un bambino.
«Ah, fai come vuoi, tanto non mi ascolti mai...» disse Linda
roteando gli occhi rassegnata.
Mikey sbuffò. Come al solito lui era l'unico che doveva ancora seguire sua
madre. Non che avesse di meglio da fare, e comunque non era il tipo che si
autoinvitava a dormire a casa degli altri senza troppi problemi. Niente affatto
come Frank o suo fratello.
Alex però lo guardò e sorrise «Già che ci sei potresti restare anche tu.
Mi ci gioco qualsiasi cosa che sarai l'unico che mi aiuterà a pulire domani...»
propose lanciando un'occhiataccia a Frank che cercava di trattenere una
risatina.
Mikey arrossì «Ok... posso restare?» chiese guardando sua
madre.
«Signore... mi pare ieri che indossavate ancora i
pannolini...» rise Donna scuotendo la testa «Fate come volete... ma comportatevi
bene...» aggiunse poi, lanciando un'occhiataccia a Frank, che in imbarazzo
spostò lo sguardo sullo schermo spento del televisore.
«Ok, grazie ancora per tutto...» le salutò Alex, chiudendo la
porta quando se ne furono andate.
Gerard sembrava essere risorto all'improvviso non appena sentì le auto di Linda
e Donna allontanarsi dal vialetto. Aprì gli occhi e strinse il braccio di Frank
per farlo avvicinare a lui.
«Andiamo di sopra?» gli sussurrò in un orecchio.
Mikey li guardò nauseato, togliendosi la giacca e poggiandola sullo schienale
della poltrona. Poi si sedette sul divano quando Frank e Gerard sparirono al
piano superiore senza dire niente, eccetto emettere qualche risolino.
Alex si sedette accanto a lui ed accese la televisione. Non
c'era niente di decente da guardare ma non aveva nemmeno sonno e tanto meno
aveva intenzione di mettere piede al piano superiore. Si mise comoda, poggiando
la testa sulla spalla di Mikey, e sospirò «Grazie...» sussurrò.
«Per cosa?» domandò lui confuso, guardandola.
«Per essere uno sfigato come me che finirà vecchio, solo e
con un mucchio di gatti in giro per casa...» rise socchiudendo gli occhi.
La
settimana successiva era ora di comprare i regali di Natale. Alex, con Frank e
sua madre, era stata invitata a passare la vigilia e il giorno di Natale in casa
Way. Ormai le due scherzavano molto sul fatto di essere consuocere, facendo
quasi nauseare Gerard e Frank. Ormai quando uno andava a casa dell'altro si
doveva portare dietro anche sua madre, che almeno passava del tempo con la madre
dell'altro, ed era una situazione quasi assurda per loro due. Comunque l'idea di
passare tutti insieme le feste di Natale aveva entusiasmato tutti, anche se
dormire insieme per due sere con i genitori intorno non era il massimo, a Gerard
era piaciuto il fatto che l'idea fosse venuta in mente spontaneamente a sua
madre. Fosse stato per lui, avrebbe passato un'altro Natale chiuso in camera a
disegnare o cose del genere.
«Che cerchiamo,
di preciso?» chiese Mikey guardandosi intorno. Alex lo aveva trascinato con sé a
comprare il regalo per Frank, ed erano appena entrati in un negozio di costumi e
travestimenti chiamato Fun Ghoul.
Lei era tutta sorridente, mentre cercava tra i vestiti appesi
alle grucce «Te l'ho detto, il regalo per Frank...» disse.
«In un negozio di costumi di Halloween?» ridacchiò Mikey.
Avrebbe pagato oro per poter entrare nella testa di Alex anche solo per un
giorno e scoprire come diavolo le venivano in mente certe idee. Lei sospirò «Si,
e...» disse mentre un sorriso le si allargava sul volto, tirando fuori tra i
tanti un completo in poliestere rosso e verde «Eccolo!» esclamò soddisfatta.
«Quindi
dopo le vacanze di Natale andrai a vivere da lei?».
Gerard scrollò le spalle, guardando il fondo della tazza di caffè che aveva
davanti a sé. Era seduto di fronte a sua madre, al tavolo della cucina, e lei
sembrava davvero dispiaciuta. Alex gli aveva chiesto di andare a vivere da lei
già da un pò, ma le cose erano andate per le lunghe per tutta la serie di eventi
che li aveva colpiti nelle ultime settimane, così alla fine avevano deciso che
sarebbe andato a stare da lei dopo le vacanze di Natale. Era un modo per poter
stare di più con lei visto che gli impegni di entrambi li avevano leggermente
separati, ed un ottimo modo per avere l'occasione e la possibilità di invitare
Frank a dormire con lui ogni volta che voleva. E poi Alex aveva detto che
volendo, quando a Giugno la scuola sarebbe finita e Frank avrebbe preso il
diploma, poteva unirsi a loro e vivere tutti e tre insieme felicemente, finché
non avessero approvato i matrimoni tra gay, aveva aggiunto.
«Non puoi restare qui con noi?» chiese Donna, sorridendo.
«Non lo faccio perché sto male qui con voi. E' che sono
grande ora, e voglio vivere per conto mio...» spiegò.
«E tuo fratello che ne pensa? Sai quanto Mikey sia attaccato
a te...» insisté Donna.
Gerard sospirò «Mikey non è più un bambino, mamma. Se ne farà una ragione.»
disse.
«Hey,
Alex...».
Alex e Mikey si voltarono insieme. Avevano entrambi le mani occupate dalla
montagna di pacchi e regali che avevano comprato. Alle loro spalle Devon stava
sorridendo imbarazzato mentre si grattava la testa. Come aveva previsto Alex,
lui non l'aveva più chiamata dal giorno del suo compleanno, quando Frank l'aveva
letteralmente fatto scappare via.
«Ciao...» fece lei imbarazzata cercando di tenere in
equilibrio le cose che teneva tra le mani, che erano ghiacciate visto il forte e
gelido vento che tirava quel giorno a Belleville.
«Tutto bene?» chiese lui ignorando totalmente Mikey, che lo
stava scrutando da testa a piedi.
«Ehm, si, diciamo di si... giusto un pò infreddolita e
appesantita...» sorrise facendo un cenno con la testa alle scatole che teneva in
mano.
«Oh, giusto. Ti serve una mano?» chiese lui porgendo le mani
per alleviarle un pò il peso, ma lei lo fermò «No no, tranquillo...» disse
scansandosi «Ora dovrei andare... ah, e grazie per tutte le chiamate e i
messaggi, ho dovuto portare a riparare il telefono, me l'hai quasi bruciato...»
aggiunse poi, sarcastica, forzando un sorriso. Mikey scoppiò a ridere, ma lei lo
fulminò con lo sguardo per dirgli di smetterla.
Devon arrossì facendosi piccolo piccolo dall'imbarazzo «Ehm, si, mi dispiace...»
mugugnò «...è che quel tuo amico era davvero fastidioso...».
Mikey sbottò a ridere di nuovo «Non peggio di lei comunque...» gli uscì dalla
bocca, e appena se ne rese contò si ammutolì guardando Alex imbarazzato «Oh,
scusa... era una battuta, non dicevo sul serio...» sussurrò.
«Si, tranquillo... ora dovremmo proprio andare, è stato un
piacere incontrarti...» disse Alex a Devon, voltandosi per andarsene. Mikey lo
salutò con un cenno del capo e la seguì a passo svelto. «Quindi quello è il tipo
con cui stavi uscendo?» chiese quando fu accanto a lei.
«Ebbene si, hai visto con quanta nonchalance è venuto a
salutarmi? Non ci posso credere, non si è fatto sentire nemmeno mezza volta...»
borbottò lei camminando a passo svelto.
«Beh, sembrava dispiaciuto però...» mormorò Mikey.
«Si, ma non mi interessa. Voglio solo arrivare a casa e
posare tutte queste cose... pesano da morire...» sbuffò lei rischiando di far
cadere tutto.
Frank mise in pausa la Playstation per aiutare Alex e Mikey con tutti quei
pacchi.
«Che ci fai a casa mia, tu?» domandò Alex quando finalmente
si fu liberata di tutto quel peso. Frank sorrise guardando i pacchi con
attenzione «Mia madre e Donna stanno facendo le prove per il menu di Natale, e
puoi immaginarti che palla siano... comunque, qual'è il regalo per me?» chiese
scrutando i pacchi sperando di riuscire a vedere oltre lo strato di carta da
regalo che li richiudeva.
«Non fare il bambino. Lo aprirai la mattina di Natale...» lo
rimproverò lei, alzando gli occhi al cielo.
«Tanto è una stronzata...» borbottò Mikey mettendosi seduto
sul divano. Frank fece una smorfia di delusione e tornò a giocare ai videogiochi
di Alex, invitando Mikey a giocare con lui.
«Si, tranquilli, fate come vi pare...» sospirò Alex
rassegnata all'idea che sul serio casa sua fosse diventata casa di chiunque,
dove tutti andavano quando non volevano stare in casa con i propri genitori e
roba del genere. Ormai entravano senza nemmeno chiedere il permesso, si
accomodavano, si mettevano a giocare ai suoi videogiochi... sorrise, dirigendosi
al piano di sopra. Per lo meno finalmente era tornata a sentire quell'aria di
familiarità che le era mancata troppo negli ultimi tempi.
Andò in camera sua e mise su un cd, poi si sdraiò sul letto a
finire alcuni compiti di chimica con i quali era ancora indietro. Era l'ultima
settimana di scuola prima delle vacanze natalizie e non aveva davvero intenzione
di portarsi dietro quei compiti in eterno, sopratutto perché l'idea di vacanza
che avevano i professori era molto diversa da quella che aveva lei. I primi
immaginavano ogni studente pronto ad aprire i libri anche durante la cena della
vigilia per non rimanere indietro, mentre fosse stato per lei li avrebbe
bruciati nel caminetto, tutti i libri.
Fu dopo meno di mezz'ora che le squillò il cellulare,
all'arrivo di un sms. Alex lo prese distrattamente dalla tasca dei jeans ed aprì
il messaggio senza nemmeno leggere chi lo avesse mandato.
"Mi ha fatto piacere incontrarti. Scusa se non ho
chiamato. Ci possiamo vedere stasera? Devon." Alex sorrise a sé stessa.
Forse qualche chance di non finire da sola ce l'aveva ancora, si disse. Si mise
a sedere sul letto e ci pensò qualche minuto, rileggendo quel messaggio. Non
aveva intenzione di sembrare disperata, rispondendogli in meno di mezzo secondo,
come se non stesse aspettando altro che Devon si facesse sentire. Ma restava il
fatto che lui era proprio carino e tutto il tempo che avevano passato insieme
nei giorni precedenti al suo compleanno erano stati fantastici. Fece un respiro
profondo, ed iniziò a digitare la sua risposta sul cellulare.
«Ok,
ragazzi, ho bisogno di un consiglio...» dichiarò Alex gettandosi di peso a
sedere sul divano tra Frank e Mikey, che insieme distolsero lo sguardo dalla
televisione per volgerglo a lei.
«Puoi aspettare che finiamo questa partita?» chiese Frank con
una smorfia, accennando alla Playstation. Alex gli tolse il controller dalle
mani sbuffando «No, che cavolo! Piombi qui quando ti pare e fai come se fosse
casa tua, quindi per lo meno un consiglio puoi anche concedermelo, no?» disse
alzando gli occhi al cielo.
Frank sbuffò annuendo «Ok, però sbrigati, gli sto facendo il culo, che cavolo!»
si lamentò.
Alex fece un respiro profondo e un paio di smorfie prima di parlare.
«Allora. Devon mi ha chiamata e mi ha chiesto di uscire...»
disse.
Frank rise «Beh, si è ricordato presto...».
«In realtà è che lo abbiamo incontrato tornando a casa...»
spiegò lei «Comunque, sul serio, a me piace e con lui ci sto bene...».
«Resta il fatto che non ti ha cercata finché non lo hai
incontrato per caso...» disse Frank scrollando le spalle, con lo sguardo puntato
sul controller che Alex teneva saldamente tra le mani in attesa che glielo
ridasse.
Lei roteò gli occhi «Capirai, Frank, ti pare che posso
permettermi di fare la preziosa? Cioè, sono una specie di scarabocchio vivente,
direi che Devon è anche troppo per me...» disse accennando una risatina. Mikey
si schiarì la gola «N-non sei uno scarabocchio...» mugugnò senza guardarla.
«Mikey, dovresti andare a fare un'altra visita oculistica,
forse devi cambiare occhiali...» sospirò lei «Comunque, tornando a Devon, cos'è
che devo fare?» chiese di nuovo.
«Lascia stare, Al, se non si è fatto sentire per tutto questo
tempo è perché è un coglione. Ti meriti di meglio...» disse Frank allungando una
mano verso il controller della Playstation.
«Frank, il meglio che volevo io non mi si incula se non per
provare a sé stesso di non essere totalmente gay, sai com'è...» sbuffò lei
dandogli uno schiaffo sulla mano e mettendo il controller sul divano, dietro la
schiena «E non ti faccio giocare alla Playstation finché non mi dici seriamente
cosa devo fare!».
Lui arrossì imbarazzato «Tirerai fuori questa storia fino
alla morte, non è vero?» chiese mormorando. Lei annuì «Minimo. Allora? Esco o
non esco con Devon?» chiese.
Si sentiva scorretta, in un certo senso, e sopratutto
confusa. Lo sapeva che in realtà, in altre circostanze, sarebbe stata la prima a
dire a Devon di andare a farsi fottere. Ma a quel punto, quando Devon sembrava
essere la sua unica possibilità di avere, anche lontanamente, qualcosa che
sembrasse ciò che avevano Frank e Gerard ora che stavano insieme, perché doveva
rinunciarci? Lei aveva desiderato Frank con tutta se stessa, ed ora che era
palese che lui non la voleva, non poteva semplicemente uscire con qualcun'altro
e sperare che col tempo tutte le ferite si cicatrizassero?
«Dovresti avere più stima di te. Non puoi uscire col primo
che capita solo perché non ti senti all'altezza di qualcosa di meglio.»
sentenziò d'un fiato Mikey, sospirando.
Lei e Frank si voltarono a guardarlo, e a lei spuntò un sorriso sul volto «Si,
eh? Ma Devon non è il primo che capita.».
«Ma è un idiota, se non ti ha cercata fino ad oggi! E per
cosa? Solo perché Frank è fastidioso? Secondo me sono solo scuse, ok? A lui non
importa nulla, però probabilmente vorrebbe portarti a letto quindi ti concede
una serata, e mi viene quasi la nausea a pensare a come tu ti stia buttando
via.» disse Mikey, ancora senza prendere fiato, diventando rosso in volto man
mano che una parola si aggiungeva all'altra.
«Ehm... ok... mi stai facendo sentire davvero squallida...»
mugugnò Alex senza guardarlo in volto.
«Non ha tutti i torti comunque...» aggiunse Frank «Quindi,
no, non ci uscire, lascia stare. Ed ora lasciami giocare alla Play, ok? Tra poco
Gerard viene a prendermi per andare a mangiare qualcosa, quindi fammi finire
questa partita.» disse, afferrando il controller.
Alex sbuffò facendo una smorfia, mentre prendeva il cellulare dalla tasca. Aprì
la cartella dei messaggi e scrisse a Devon che forse era meglio se non si
frequentassero più. Dopo quello che aveva detto Mikey, con l'approvazione di
Frank oltretutto, le era passata ogni fantasia. Certo, Frank la faceva facile.
Poteva avere chiunque. Gli bastava sorridere, per far cadere qualsiasi persona -
e di qualsiasi sesso, a questo punto - ai suoi piedi.
«Mikey,
ti diamo un passaggio a casa se vuoi... fa un freddo cane, fuori...» disse
Gerard a suo fratello sulla porta di casa di Alex. Lui e Frank sarebbero andati
a fare i romantici in qualche posto nascosto della città.
Mikey scrollò le spalle «Ok...» disse. Ma Alex lo fulminò con lo sguardo «Eh no,
stasera resti qui con me, che cavolo! Non è che potete fare tutti come vi pare
ed io alla fine rimango sempre da sola.» disse offesa.
«Volete venire con noi?» propose Gerard. Frank sollevò un
sopraciglio «Ma anche no... non doveva essere una sera per me e te soli?» gli
disse sussurrando.
«No, ok, sto qui con Alex...» disse Mikey quasi rassegnato.
«Perfetto. Allora noi andiamo. Ci vediamo domani, ok?» salutò
Gerard uscendo al seguito di Frank.
Quando rimasero soli guardarono un pò la tv, poi Alex si alzò dal divano «Mikey,
io vado a farmi una doccia al volo. C'è la lasagna al forno, ricordati di
controllarla, ok?» disse scappando al piano di sopra. Mikey annuì distrattamente
continuando a guardare la televisione.
Il locale che aveva scelto Gerard era un buco decadente ai
margini di Belleville, frequentato per lo più da camionisti e prostitute. Però
effettivamente si mangiava benissimo, e c'era anche un bel sottofondo musicale
suonato da un gruppo che eseguiva cover in versione acustica.
«Dopo le feste di Natale mi aiuti a fare il trasloco?» chiese
Gerard masticando la sua insalata.
Frank annuì entusiasta. Era contentissimo del fatto che Gerard avesse deciso di
andare a vivere da Alex, perché così avevano tutta la libertà di vedersi quando
volevano e fare ciò che volevano senza troppi problemi, a differenza di ora, che
avevano sempre le loro madri intorno, da quando avevano scoperto la loro storia.
«E poi quando avrai finito questa cazzo di scuola verrai a
stare con noi anche tu, vero?» domandò Gee, guardandolo negli occhi sorridendo.
Frank deglutì. Ok, l'idea era anche divertente. Insomma, vivere tutti insieme e
sballarsi ogni sera e tutto il resto gli andava più che bene. Ma Gerard stava
prendendo tutto così sul serio che Frank stava iniziando a sentirsi
oppresso. Ovvio che gli avrebbe fatto piacere e che avrebbe passato ogni istante
al suo fianco, ma andare a vivere insieme, almeno per come aveva interpretato il
pensiero di Gerard, forse era troppo per lui. Non voleva ritrovarsi a fare il
marito o la moglie, non ancora.
«Che c'è, non ci avrai mica ripensato?» chiese Gerard con
aria seria.
«No, no... è che, non lo so, forse è presto per pensare di
vivere insieme, non trovi?» disse Frank titubante.
«Se non vuoi vivere con me basta dirlo, Frank.» fece l'altro
offeso.
Frank sospirò. Col passare del tempo aveva imparato che da quando stava con
Gerard le parole avevano preso tutte un'altro peso. Doveva stare attento a ciò
che diceva, perché Gerard ora si era mostrato più fragile e insicuro, come se
temesse che da un momento all'altro Frank potesse cambiare idea sulla loro
relazione.
Quando Alex uscì dalla doccia ed entrò in camera sua, un lieve odore di bruciato
le pizzicò il naso. Un odore che si faceva sempre più forte mentre camminava
verso le scale tenendosi l'asciugamano stretto intorno al corpo.
Cominciarono presto a bruciarle gli occhi mentre scendeva gli scalini due per
volta, e la lieve cortina di fumo che si era creata diventava sempre più densa
quando arrivò in salotto.
«Mikey che
cazzo!» sbottò dandogli una botta in testa passandogli accanto per correre in
cucina. Si era addormentato sul divano e si svegliò intontito e confuso,
guardando Alex sparire dietro la porta della cucina.
«Cos'è tutto questo fumo?» chiese intontito, alzandosi dal
divano.
«Ma porca puttana! Hai fatto bruciare tutto!» urlò lei
spalancando le finestre dopo aver tirato fuori quel rettangolo carbonizzato che
avrebbe dovuto essere la loro cena.
Mikey la raggiunse sventolandosi via il fumo da davanti con
le mani «Mi sa che mi sono addormentato...» mormorò.
«Me ne sono accorta... che cavolo, te l'avevo detto che c'era
la roba in forno!» lo rimproverò sbuffando «Sei peggio di un bambino...».
«Scusa...» mugugnò lui «Me ne sono dimenticato...» fece
spallucce.
Alex sospirò «Fa niente. E' solo che Frank si è mangiato praticamente tutto...»
disse aprendo gli sportelli del mobile per cercare qualcos'altro da preparare.
Mikey aprì il frigorifero «Perché hai solo una montagna di birre qui dentro?»
chiese con un sopraciglio sollevato guardando tutte le bottiglie e le lattine lì
dentro.
«Perché dato che io non posso comprarle, ci pensa Gerard e
ogni volta che viene qui ne porta qualcuna, ma siccome non beviamo troppo quando
c'è lui, sai...» spiegò, fermandosi lì. Non le piaceva, né a lei né a
nessun'altro, parlare del problema di Gee con gli alcolici. Tendevano tutti a
bere molto meno quando c'era lui, per correttezza, nonostante nessuno di loro
riuscisse ad immaginare quanto fosse dura per Gerard.
«Giusto... potremmo cenare con la birra allora!» esclamò
Mikey sorridendo «Tanto Gerard non c'è!».
Alex rise «Siamo a stomaco vuoto, una birra a testa e partiamo, come minimo...»
disse «Forse dovremmo andare a mangiare qualcosa fuori...».
«Senza macchina non andiamo lontano...».
«Giusto. Quindi? Ordiniamo qualcosa?» propose Alex prendendo
la lista dei ristoranti di Belleville che facevano consegne a domicilio.
«Perfetto. Intanto un paio di queste ce le beviamo, no?»
sorrise Mikey tirando fuori due lattine dal frigo. Si sentiva più rillassato
quando aveva in circolo nel sangue anche un minimo di alcool, e ultimamente
stare intorno ad Alex lo rendeva un pò agitato, così aprì una lattina e bevve un
lungo sorso.
Quando arrivò il ragazzo delle pizze, Alex e Mikey erano entrambi lievemente
ubriachi. Se non altro, non riuscivano a smetterla di ridere da almeno mezz'ora,
per un programma giapponese che avevano visto in televisione in cui un mucchio
di concorrenti dovevano fare un altrettanto mucchio di sfide che includevano
enormi pozzanghere di fango, tappeti elastici, scivoli e ripide salite.
Mangiarono le pizze accompagnandole con altre birre. Mikey diceva che visto che
non c'era Gerard potevano strafare quella sera, tanto il giorno dopo non c'era
scuola e non avevano alcun impegno con le registrazioni del disco.
«Chissà com'è
che non siamo mai stati, sai, troppo amici prima...» disse Alex masticando il
suo trancio di pizza alle verdure.
Mikey scrollò le spalle «Forse perché pensate tutti che sono uno stupido e uno
sfigato...» mormorò.
«Si, perché io invece sono la persona più stimata di
Belleville!» commentò lei ridendo «Comunque sia, so che è una cosa triste, ma
sono contenta che tutto quello che sia successo a me, mi abbia, sai, portato
dove sono ora...».
Mikey la guardò confuso.
«Intendo, ad avere voi. Non è solo Frank, lui è sempre stato
mio amico, ma voi, tu e tuo fratello. Sono davvero contenta che siate entrati a
far parte della mia vita.».
«Come fai ad essere così serena? Intendo, sei tanto contenta
di aver conosciuto Gerard, ma se non fosse successo forse ora ci staresti tu,
con Frank...» mugugnò guardando la sua pizza, Mikey.
«Nah, non credo. Non è che sono serena, è che nonostante io
sono il tipo di persona che pensa che le cose che ci accadono sono conseguenze
delle nostre azioni, da quando è successo l'incidente, mi sono resa conto che
alcune cose invece accadono perché devono accadere...». Mikey la guardava senza
capire, così lei continuò a spiegare «E' una teoria contorta, però insomma, vedi
quello che è successo: io e Gee non ci conoscevamo affatto, poi lui è entrato
per caso nel Cafè, e poi è successo l'incidente alle torri gemelle, ma
nonostante tutti siano rimasti toccati da questa storia, io sono stata quella
che ha subito la perdita più grande, ok? Ma comunque, Gerard era lì, e se era lì
in quel momento, è perché doveva essere lì. Intendo, se il signore del negozio
di Belle Arti non avesse dovuto finire di sistemare il negozio, Gerard non
sarebbe mai entrato nel Cafè, ed ora non sarebbe felice e contento al fianco di
Frank. Quindi, non mi importa se al suo fianco non ci sono io. Se non ci sono
io, è perché non devo esserci io, ma qualcun'altro, in questo caso tuo
fratello.».
Mikey sospirò, incerto di aver davvero capito cosa intendesse. Si rendeva conto
che forse era solo un modo di Alex di incolpare chiunque tranne Gerard di averle
portato via Frank, ma non gli piaceva pensarlo, perché ciò significava che lei a
Frank teneva anche più di quanto lui potesse immaginare. E quell'idea gli
smuoveva lo stomaco.
«Sei ancora, cioè, sei innamorata di lui, nonostante tutto?»
domandò sussurrando quasi, senza nemmeno rendersi conto di cosa stesse dicendo
finché non vide il sorriso imbarazzato sulle labbra di Alex, seduta di fronte a
lui.
Fece un respiro profondo «Se esistesse un antidoto per
farmela passare, lo prenderei senza esitare....» rispose lei evitando il suo
sguardo. Doveva sembrare davvero patetica. Eppure lo aveva detto lei stessa a
Frank, queste cose non funzionano a comando.
«Forse devi solo trovare qualcuno che te lo faccia
dimenticare...» commentò Mikey.
«Si, era quello lo scopo della mia storia con Devon,
comunque...» ammise lei arrossendo.
«Non intendevo Devon...» mugugnò Mikey masticando, rendendo
impossibile ad Alex capire le sue parole.
...
Scusate la lunghissima
attesa, ma sul serio, sto sclerando anche io perché ho problemi con la
connessione... ho già scritto cinque capitoli e li posterò appena possibile...
per il momento prendetevi questo gentilmente concesso da un vicino con la
connessione non protetta!
Dio come godo!
Scrivo al volo prima che si disconnetta, quindi, grazie a tuttissimi per i
commenti, sopratutto a chi è logorroica come me! XD - tu sai chi sei! LOL
Un bacio a tutte, a presto, fatemi sapere che ne pensate, vi amo, vi voglio
bene, mi mancate, eccetera eccetera!
Pace e amore, gente!
XOXO
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 - Karma Chameleon ***
Capitolo 12
Capitolo 12
Karma Chameleon
I genitori di Frank si erano separati quando lui aveva otto anni. Lui era
rimasto a vivere con sua madre, ma frequentava suo padre relativamente spesso
quando era in città. Suo padre era un musicista, proprio come lui, e girava gli
Stati Uniti per suonare in piccoli e modesti locali con il suo gruppo. Non erano
certo una band da prima posizione in classifica, ma Frank li aveva sempre
stimati tantissimo, ed era grazie a suo padre che si era avvicinato alla
passione per la chitarra, da ragazzino, dopo aver provato a suonare un sacco di
altri strumenti che però non lo soddisfavano abbastanza.
Quindi il Signor Iero non era spesso presente nella sua vita,
quando era impegnato a suonare in giro per gli stati americani, e quindi era
l'unico che si era perso l'uscita allo scoperto di suo figlio ed il suo
fidanzato Gerard.
Aveva appreso la notizia tramite un suo vecchio amico di Belleville, e non
poteva crederci. Non poteva essere vero. Suo figlio, il suo unico figlio,
colui che avrebbe dovuto portare avanti la stirpe degli Iero, stava con un
uomo. Aveva solo diciotto anni e durante il viaggio da casa sua a
Belleville, si ripeté che probabilmente era solo una voce di corridoio, un falso
pettegolezzo creato dal nulla, un fraintendimento o, nella peggiore delle
ipotesi, un esperimento che si sarebbe concluso presto con una riscoperta di
Frank per la passione per le donne.
Suo figlio non poteva assolutamente stare con un altro uomo.
Non era normale, non era ciò che aveva sempre sperato per lui e sopratutto, non
era un'idea che riusciva ad accettare. Quando arrivò a Belleville erano le due
di pomeriggio, e il signor Iero non aveva alcuna intenzione di incontrare la sua
ex moglie, così aspettò direttamente il suo Frankie all'uscita da scuola. Doveva
essere l'ultimo giorno prima delle vacanze natalizie, e nell'aria c'era
quell'euforia adolescenziale data dall'idea di lunghe giornate di ozio e regali.
Parcheggiò l'auto accanto al marciapiede, proprio di fronte
alle porte della scuola, ed attese l'uscita degli studenti. Quando suonò la
campanella, in meno di tre secondi, un'orda di ragazzini spuntò fuori dalle
porte e da ogni angolo immaginabile, tutti incredibilmente eccitati all'idea di
un paio di settimane di riposo da scuola. Il signor Iero guardò tra le mille
teste che gli passavano accanto, finché non trovò suo figlio, e fece un respiro
di sollievo.
Erano tutte chiacchiere, per lo più infondate. Il suo Frankie
camminava col braccio intorno alle spalle di una ragazzetta bassa e minuta. Non
era la più bella ragazza del liceo ma per lo meno era una femmina. Sorrise
agitando la mano per attirare la sua attenzione, e gettò a terra la sigaretta
quando suo figlio lo notò e con aria sorpresa si diresse da lui.
«Papà! Che ci
fai qui?» chiese Frank contento di vederlo «Lei è Alex. Ti ricordi di lei,
giusto?» aggiunse poi, indicando l'amica al suo fianco, che strinse la mano
dell'uomo sorridendo cordialmente.
Lui ricambiò il sorriso «Oh, si che mi ricordo.».
«Che ci fai da queste parti? Non hai degli show queste
settimane?» chiese Frank emozionato all'idea di poter passare un pò di tempo col
suo vecchio.
Suo padre annuì «Effettivamente si, ma dovevo passare a controllare una cosa.
Stanno girando strane voci che non mi piacciono per niente, ma sono contento di
poterle smentire senza troppi problemi...» spiegò guardando Frank dritto negli
occhi.
A lui venne un colpo. Si sentì quasi nauseato. Era ovvio che aveva capito di
cosa parlasse suo padre, e quello era un argomento che assolutamente non avrebbe
mai voluto affrontare con lui.
«Ehm... beh, veramente...» mugugnò Frank sudando freddo.
Era bastato quel filo di titubanza nella voce di suo figlio, per far capire al
signor Iero che le cose stavano proprio come gli avevano raccontato.
«Stai con un uomo, quindi?» chiese quasi strozzandosi su
quella frase.
Frank deglutì. Voleva dire di si, ma non riusciva a parlare. Un velo di
delusione aveva attraversato lo sguardo di suo padre. No, non poteva deluderlo.
I due si erano sempre stimati a vicenda e non voleva assolutamente che tutto ciò
cambiasse. Ma le cose stavano così, lui stava davvero con un altro uomo, e suo
padre avrebbe dovuto farsene una ragione, così come aveva fatto sua madre e i
genitori di Gerard.
«Papà...» mormorò guardandosi le scarpe. Fece un respiro
profondo «Io sto con una persona della quale sono innamorato.» disse d'un fiato.
Alex era ancora stretta sotto al suo braccio, e gli mise una mano sulla schiena
come per dirgli di stare tranquillo, che suo padre avrebbe capito ed una marea
di altre frasi di conforto nascoste dietro un semplice gesto, e lui si sentì
sollevato. Era sempre piacevole avere al proprio fianco qualcuno sempre pronto a
sostenerti.
«E questa persona è un uomo?» chiese ancora suo padre, con
tono duro e distaccato.
Frank si fece coraggio «Si, papà.» ammise.
Il signor Iero non disse nulla per alcuni secondi, che nella
mente di suo figlio durarono qualche secolo.
«Papà, lo so che è difficile da digerire...» borbottò Frank.
Suo padre lo guardò, e oltre alla delusione, a quello sguardo si era aggiunto
anche un filo di disprezzo. «Difficile, Frank? Mio figlio è un frocio!» disse,
rendendosi poi conto della durezza di quelle parole, grazie allo sguardo
mortificato di Frank che gli stava davanti in silenzio.
La prossima a parlare fu Alex, che aggrottò le sopracciglia nervosa «Quello è un
termine abbastanza offensivo, Signor Iero.» disse «E se conoscesse la persona
con cui sta, sarebbe contento per lui.» aggiuse.
Frank voleva scavarsi una buca e sotterrarsi lì all'istante.
Alex straparlava ogni santa volta, e si chiese se avrebbe mai imparato a tenere
la bocca chiusa, prima o poi.
Suo padre fece una risatina gelida e distaccata «Certo, come no. Vorrei proprio
sapere chi è quest'altro frocio che ti ha fatto il lavaggio del cervello...»
disse.
Alex sbuffò «Ancora. Non è carino usare quel termine,
sopratutto perché sta parlando di suo figlio, e poi perché come genitore
dovrebbe dare l'esempio dell'educazione ai giovani, non quello della persona
volgare e con la stessa apertura mentale di Hitler.» commentò alzando gli occhi al
cielo.
Frank ringraziò il cielo che suo padre non fosse un tipo violento, perché
probabilmente chiunque altro le avrebbe spaccato la faccia.
«Al, lascia stare.» sussurrò parlando con il lato della
bocca.
«Si, fatti anche difendere da una femmina. Dio santo,
Frankie, cosa sei diventato? Dov'è finito mio figlio?» chiese il signor Iero
guardando Frank, scrutandolo dalla testa ai piedi. In quel momento aveva in
testa mille domande. Si chiese dove aveva sbagliato, perché suo figlio volesse
stare con un altro uomo, se fosse successo qualcosa quando Frank era piccolo che
lo aveva lasciato traumatizzato tanto da crescere con la convinzione che stare
con un uomo era meglio. Qualsiasi cosa.
«Papà, possiamo parlarne da un'altra parte?» chiese Frank
facendosi coraggio.
Suo padre scosse la testa in segno di no. Non voleva parlarne affatto, né lì, né
da nessun'altra parte. Voleva solo andarsene.
«No, Frank, non c'è nulla di cui parlare. Ora devo andare. Ho
fatto un viaggio inutilmente.» disse rimontando in macchina.
«Papà, aspetta, non c'è bisogno di fare così!» cercò di
fermarlo Frank.
Suo padre non lo ascoltò, e mise in moto l'auto, senza nemmeno salutarlo prima
di andarsene.
Frank voleva piangere. Oh, ci mancava che cominciasse a
piangere. Suo padre a quel punto l'avrebbe messo sotto con la macchina,
probabilmente. Ricacciando indietro le lacrime, sospirò stringendo il braccio
ancora più intorno ad Alex, per sentirla più vicina.
«Questo mondo fa schifo.» mormorò, prendendo a camminare per
andare via da lì.
Generalmente, rintracciare Frank era quasi impossibile. Prima di tutto, non
aveva un cellulare, o se ce l'aveva non ne faceva certo buon uso. A quello però
Gerard aveva già trovato una soluzione: per Natale gli aveva comprato un
telefonino nuovo, un ultimo modello che occupava poco spazio e non aveva troppe
applicazioni complicate. Così Frank l'avrebbe usato sicuramente, visto che era
il suo regalo.
Donna Way aveva addobbato l'intera casa, e non c'era un solo angolo che non
fosse completamente ricoperto di neve finta, luci colorate, miniature di Babbo
Natale e stelline dorate. Di lì a poco sarebbero arrivati gli ospiti: Frank, sua
madre ed Alex. Avrebbero passato tre giorni lì, e sia Gerard che Mikey non
vedevano l'ora che tutti arrivassero.
Eppure nessuno dei due era riuscito a rintracciare Alex o
Frank. Entrambi sembravano spariti nel nulla, e i minuti sembrava passassero
sempre più lentamente.
«Frocio.
Ti rendi conto?
Frocio!». Frank aveva il viso in fiamme dalla rabbia. Non poteva credere
che suo padre fosse stato così crudele con lui. Aveva sempre pensato che un
genitore avrebbe dovuto accettare il proprio figlio in qualsiasi
circostanza. Non vedeva suo padre da qualche settimana ormai, e non aveva
nemmeno potuto raccontargli che stava registrando un disco con una casa
discografica indipendente, che lui gli aveva sputato addosso tutto il disgusto
che provava nell'aver scoperto che suo figlio stava con un altro uomo.
Era ridicolo, ma solo ora che suo padre se n'era andato e lui
era andato a passeggiare con Alex nel freddo di Belleville, aveva in mente
almeno un milione di cose da dirgli. Prima di tutto, Alex aveva ragione, e la
parola "frocio" era la più offensiva che qualcuno gli avesse mai detto.
Secondo, lui non era gay, ma bisessuale, ed era innamorato di Gerard, ma se così
non fosse stato, avrebbe potuto portarsi a letto almeno un paio di sue compagne
di classe, volendo, senza troppi problemi.
Alex camminava in silenzio, guardandosi le scarpe. Che doveva
dirgli comunque? Fosse stato per lei, avrebbe dato un calcio nelle palle al
padre di Frank senza troppi complimenti.
«Non riesco a credere che possa essere così stronzo!»
continuò lui, accendendosi l'ennesima sigaretta «Ed io che non vedevo l'ora che
tornasse in città per potergli raccontare del gruppo e del disco e di tutto il
resto, che cazzo...».
Gerard aveva bevuto il suo settimo caffè del giorno. Linda era appena arrivata
in casa Way con la sua roba e quella di suo figlio, ma di Frank e Alex ancora
nessuna traccia. Odiava non sapere dove fosse. E stupidamente, stava odiando il
fatto che Frank ed Alex erano irrintracciabili allo stesso momento. Era sicuro,
poteva metterci la mano sul fuoco, che stessero insieme, ma non voleva affatto
immaginare perché lei non rispondesse al telefono né perché lui non lo avesse
avvertito che sarebbe arrivato a casa sua più tardi.
Non era sfiducia nei loro confronti. Sapeva che Alex era
ancora alquanto innamorata di Frank, ma sapeva anche che né lei, né lui
comunque, lo avrebbero tradito. Eppure saperli da soli ma insieme da qualsiasi
parte a sua insaputa era una tortura, e doveva ammetterlo: negli ultimi tempi
era diventato ossessivo, ma aveva una paura fottuta di poter perdere Frank,
proprio ora che tutto sembrava più facile ed ufficiale.
Certo, Frank non era ancora pronto per affrontare il mondo
intero, ma si era rilassato ulteriormente da quando anche le loro madri erano a
conoscenza della loro storia, e quello era l'importante per Gerard: essere sé
stessi davanti alle persone che amavano. Degli altri poco gli importava, purché
non dovessero più fingere davanti ai loro cari.
«Tra quanto
arrivano?» chiese Mikey per l'ennesima volta, sporgendo il capo nella camera di
Gerard.
Suo fratello scrollò le spalle «Mikey mi stai facendo venire l'ansia. Non lo so,
tra poco arriveranno!» rispose esasperato. Era già abbastanza agitato di suo, e
Mikey che passeggiava avanti e indietro nel corridoio non aiutava affatto.
«Quindi
cosa vuoi fare?» domandò Alex spostandosi una ciocca di capelli scuri da davanti
agli occhi, mentre al fianco di Frank camminava a passo lento sui marciapiedi di
Belleville in direzione di casa Way.
Lui sospirò, fissando il suolo «Non lo so. Non voglio essere innamorato di un
uomo. Non voglio che mio padre mi odi. E' ridicolo.» mormorò con l'ennesima
sigaretta tra le labbra.
«Tu sei ridicolo, Frank. Non puoi scegliere di non amare più
Gerard, mica funziona così...» disse lei alzando gli occhi al cielo. Se solo
avesse potuto averlo lei, anche una metà, di quell'amore che condividevano lui e
Gee...
Frank deglutì «Allora insegnami tu, Alex. Tu sai farlo. Dimmi
come fai. Dimmi come fai a far finta di niente quando io ti sto intorno. Come
fai a stare da sola con me? A sorridermi, ed abbracciarmi, e consigliarmi,
quando vorresti esserci tu, al posto di Gerard?» chiese d'un fiato. Se ci
riusciva Alex, a reprimere i sentimenti, perché non poteva provarci anche lui?
Finché poi gli sarebbe passata, finché in Gerard non avrebbe visto nient'altro
che un amico. E suo padre sarebbe stato di nuovo fiero di lui, e lui si sarebbe
sentito più sereno col mondo intero.
Non aveva mai immaginato che potesse essere così difficile, amare qualcuno del
suo stesso sesso.
Alex rise, accellerando il passo «Ma vaffanculo, Frank.
Ringrazia il cielo per ciò che hai e non ci rinunciare per nulla al mondo...»
disse, distanziandolo di qualche passo.
«Finalmente! Gerard e Mikey stavano per avvertire l'intero corpo di polizia del
New Jersey!» esclamò Donna Way quando aprendo la porta di casa si trovò davanti
Alex e Frank infreddoliti. Li fece accomodare, mentre Mikey cercava di smentire
ciò che aveva appena detto sua madre - preferiva lasciare a Gerard la parte
dell'ansioso.
«Dove cavolo siete stati? Sono tre ore che provo a
chiamarvi!» disse Gerard prendendo i loro cappotti.
Frank fece una smorfia. Non gli andava di parlarne, specialmente perché c'era
sua madre ed era sicuro che se avesse saputo come gli aveva parlato il padre
sarebbe andata a fargli una ramanzina dovunque fosse in quel preciso istante...
e ci mancava che si faceva difendere anche da sua madre, ora.
Alex sorrise «Colpa mia, scusa. Dovevo passare a casa mia a prendere la mia
roba...» disse sollevando uno zaino pieno e pesante per mostrarlo a Gerard.
Mikey aggrottò le sopraciglia «Non lo avevi portato anche a
scuola stamattina, quello?» chiese, sicuro di averla già vista per i corridoi
del liceo con quello zaino colmo di vestiti sulle spalle. Alex alzò gli occhi al cielo. Certo era che
Mikey non era un buon complice, quando si trattava di improvvisare; e così, da
che lei voleva evitare a Frank di sputar fuori la litigata con suo padre, ora
Mikey ci aveva messo un bel carico sopra, facendo insospettire Gerard in maniera
ancora più evidente.
«Cosa mi state nascondendo?» chiese Gee, scrutando prima lui,
poi lei. Frank sbuffò, scocciato. Non gli andava proprio di fare quei giochetti,
né di sentirsi oppresso, né di avere tutti quegli sguardi puntati addosso. Non
rispose e si andò a sedere sul divano davanti alla TV.
Alex sospirò «Niente Gerard, rilassati. D'ora in poi chiederemo il tuo permesso
anche per andare a pisciare, ok?» rispose ridendo. «Allora, dove sistemo la mia
roba?»chiese poi guardando Donna.
La signora sorrise cordiale «Puoi sistermarla in camera di Gerard. Abbiamo
deciso che tu e Gerard dormirete in camera sua, mentre Frankie e Mikey
dormiranno nell'altra cameretta...» spiegò, guardando Linda per un'ulteriore
conferma.
Era chiaro che Gerard e Frank fossero sessualmente attivi, potevano immaginarlo,
ma non volevano affatto che accadesse in quelle sere, mentre loro dormivano
nelle camere di fianco. Era questione di rispetto, aveva detto Donna.
«C-come? Mamma, perché io e Alex dobbiamo dormire insieme?
Non può andare in camera di Mikey, lei?» chiese Gerard con disappunto.
Donna Way alzò gli occhi al cielo «Gee, non fare i capricci. Abbiamo deciso
così, e così sarà. Tu e Frank dormirete separati. Mi dispiace ma queste sono le
regole.» disse ferma.
«Le regole? E chi le ha decise, queste regole? E che regole
sono, poi?» insisté Gerard.
«Regole ferme riguardanti il divieto per le coppie di dormire
insieme in mia presenza. E le ho decise io, mio caro, in quanto questa è casa
mia.» rispose Donna.
«Beh, sono proprio delle regole del cazzo! E poi chi te lo
dice che io ed Alex non andremo a letto insieme? E così ci sarebbe anche il
rischio che rimanga incinta!».
«No grazie...» rise Alex, dirigendosi verso la cameretta di
Gerard, quella che l'aveva già ospitata mesi prima.
«Gerard, smettila, cavolo, sembri un bambino.» sbuffò Frank
girando i canali in televisione col telecomando.
Gerard deglutì offeso, e senza insistere ulteriormente, si sedette sulla
poltrona con lo sguardo perso nel vuoto.
- - -
si, il titolo mi è venuto in mente
a casaccio...
Cooomunque, a grande richiesta - tu sai chi sei! XD - ecco un altro capitolo...
spero sia di vostro gradimento... alla prima recensione facciamo che se mi gira
bene posto subito il tredicesimo... ghghgh sono peggio dei bambini, ma ormai li
ho scritti da secoli e voglio farveli leggere!
baci e abbracci, peace & love,
xoxo
<3
|
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Capitolo 13 *** Capitolo 13 - I'll never be good enough... and everytime I look inside your eyes, you make me wanna die... ***
Capitolo 13 amiklfknasdlkfgnadkl
Capitolo 13
I'll never be good enough - and everytime I look inside your eyes, you make me
wanna die...
Frank aveva provato a fare come Alex: fingere che tutto andasse bene. Doveva
riuscirci, ad ogni costo.
Erano tutti seduti intorno al tavolo, intenti a consumare la cena, e se avesse
dato un qualsiasi cenno di cedimento, tutti avrebbero iniziato a chiedere cosa
fosse accaduto, e lui avrebbe dovuto confessare, e parlarne con Gerard, che
avrebbe reso tutto più pesante di quanto già era.
Così si limitava a masticare in silenzio, ridere a qualche battuta, rispondere
gentilmente a qualche domanda, roba del genere, senza dare troppo nell'occhio.
Gerard ogni tanto ci aveva provato, a lanciargli qualche frecciatina, ma
insoddisfatto dalle risposte aveva lasciato perdere, cominciando a chiedersi se
non fosse troppo ossessivo, in realtà. Alex lo prendeva sempre in giro per
questa sua mania di avere tutto sotto controllo, specialmente con Frank.
Mangiarono tutti fino a scoppiare, e dopo il dolce decisero
che era ora di andarsene a letto.
Le disposizioni dei letti erano state fatte dai Capi Supremi di casa Way,
nonostante Gerard non fosse molto d'accordo. Così aveva avvertito Alex che ad un
tratto, quando tutti sarebbero stati addormentati, Frank e lei avrebbero dovuto
far cambio di letto.
Lei alzò gli occhi al cielo, l'importante era dormire, con
chi non importava molto.
Ad Alex comunque piaque sdraiarsi al fianco di Gerard proprio come i primi
tempi, in quella camera chiusa, buia e disordinata, travolta da piccoli
capolavori e scarabocchi, modellini e fumetti e posaceneri sempre troppo pieni
per i suoi gusti.
«C'è qualcosa
che non va...» borbottò Gerard fissando il soffitto, illuminato dalle luci della
televisione.
Alex sbuffò, mettendosi comoda poggiando la testa sulla
spalla di lui. Aspettò che il ragazzino in tv finisse di parlare e poi si voltò
a guardarlo «Rilassati Gee, non cominciare a fare il paranoico...» gli disse.
«Non sto facendo il paranoico, io. Ma non hai visto? Frank
era quasi contento di dover dormire con mio fratello, piutosto che con me...»
mormorò.
«Non mi pare. E comunque quando tutti staranno dormendo verrà
da te. E sul serio, smettila di assillarti.».
«Tu sai tutto, non è vero? Perché non vuoi dirmi la verità?
Cos'avete fatto insieme oggi pomeriggio? Dov'è che siete stati?» chiese lui
ansioso.
Alex si morse il labbro, con lo sguardo diretto alla televisione «Non abbiamo
fatto niente, non siamo stati da nessuna parte e non cercare ancora di farti
dire da me cosa passa nella testa di Frank, perché non è proprio mio compito. Io
per voi due ho già fatto abbastanza, ora me ne tiro fuori, sono affari vostri,
roba che riguarda voi due soli...».
«Ma cos'è che mi state nascondendo? Perché lo so che tu
c'entri qualcosa! E cristo, io voglio sapere la verità.»
«Stai cominciando a darmi sui nervi, Gee, smettila. Sei
sempre stato il più maturo, tra noi, continua ad esserlo.» rispose Alex
sospirando. Si tirò su in piedi e prese il suo cellulare dal comodino accanto al
letto.
«Dove vai?» le chiese Gerard osservandola.
«Da Mikey. Tu stasera sei una palla, e non riesco a seguire
il film...» rispose Alex sbuffando.
«Alex, sono i Goonies, l'abbiamo visto almeno trecento
volte...» fece lui alzando gli occhi al cielo.
«Che c'entra, voglio vederli la trecentounesima volta. E poi
è sempre meglio di te che fai la vecchia moglie gelosa.».
Gerard fece una smorfia guardando Alex uscire in silenzio dalla sua stanza.
«Mikey, sul serio, hai sniffato qualcosa? Perché sei così
agitato stasera?» chiese Frank guardando il suo amico con un sorriso, mentre
questo si mangiava le unghie seduto all'angolo del letto, mentre un cd suonava
debole dalle casse di un vecchio stereo accanto all'armadio.
Lui fece un respiro profondo «Non lo so. A che ore viene Alex a prendere il tuo
posto così puoi intrufolarti in camera di Gee?» chiese cercando di darsi una
calmata.
«Non lo s-». Frank non fece nemmeno in tempo a finire la
frase che la porta della cameretta si aprì lentamente, ed Alex si imbucò
richiudendosi la porta alle spalle alla svelta.
«Eccomi!» disse a voce bassa salendo sul letto di Mikey,
praticamente quasi schiacciando Frank.
«Non è presto?» chiese Frank guardandosi intorno alla ricerca
di una sveglia o un orologio, ma senza successo.
«Probabile, ma il tuo ragazzo è davvero pesante stasera,
quindi preferisco stare con Mikey. Buona fortuna.» spiegò alzando gli occhi al
cielo, mentre Frank si tirò su per raggiungerlo.
Aprì la porta di pochi centimetri, guardò che nel corridoio le luci fossero
spente e non ci fosse nessuno nei paraggi, e poi in tutta fretta si andò a
richiudere in camera di Gerard, lasciando Alex e Mikey da soli.
Lei si mise comoda sdraiata sul letto, a giocherellare con il
cellulare, mentre l'altro se ne stava immobile nel suo angolo.
«Mikey, sul serio, non ho intenzione di mangiarti, ucciderti
o violentarti. Puoi metterti comodo...» disse Alex scherzosamente dopo un pò.
Lui deglutì arrossendo «Si, lo so...» mugugnò, cercando di rilassarsi. Aveva già
dormito con Alex, ma in quell'occasione lui era più che ubriaco e non se ne era
nemmeno reso conto. Ora invece era più che lucido, e sentiva lo stomaco torcersi
su sé stesso.
Lentamente prese posto accanto a lei.
«Se vuoi dormo sul pavimento...» mormorò.
Alex rise «Tranquillo, non ti temo!».
«No, dicevo per farti stare più comoda...» disse Mikey in
imbarazzo.
«Immaginavo, tranquillo. Comunque, perché tu non hai la
televisione in camera? Stavo guardando i Goonies.»
«Ah. Non lo so. Perché per addormentarmi preferisco ascoltare
la musica, credo...» rispose Mikey.
«Mh. Vabbè. Io non ho nemmeno sonno. Tu hai sonno?».
Mikey scrollò le spalle «No, in realtà nemmeno io. Però se continui a parlare
dubito che riuscirai ad addormentarti...»
Alex sollevò un sopracciglio «Beh? Questo cos'era? Un tentativo per dirmi in
modo carino che sto parlando troppo e devo stare zitta?» chiese sorridendo.
Mikey scosse la testa velocemente «No no, nient'affatto. M-mi piace sentirti
parlare.» disse, arrossendo subito «Cioè, a me va bene se parli. Ma non è che
devi parlare per forza. Anche se non parli va bene. Come vuoi tu insomma...»
balbettò.
«Rilassati, scherzavo. Tu e tuo fratello stasera siete troppo
agitati per i miei gusti...» commentò Alex ridendo.
«Oh, scusa...» mugugnò Mikey, riprendendo a mangiarsi le
unghie.
«Ma non devi scusarti!» rise lei. Si ritrovarono sdraiati uno
accanto all'altra, ed i loro volti erano abbastanza vicini da far scoppiare il
cuore nel petto di Mikey. Se era quello, ciò che intendeva Gerard quando gli
aveva detto che l'amore era straordinario, allora dovevano avere un concetto di
straordinario ben diverso, perché lui non sapeva proprio come gestirli
tutti quei brividi che gli stavano attraversando il corpo ora che lei lo stava
guardando dritto negli occhi, a pochi centimetri dal suo volto.
«Sei più carino senza gli occhiali, sai?» disse sottovoce.
Mikey sorrise in imbarazzo.
«Con gli occhiali i tuoi occhi passano in secondo piano.
Invece sono carini...» continuò lei, poi si fermò e sospirò.
Quella era per Mikey come sentire la punta di un pugnale gelido contro il petto.
Poteva scommetterci qualsiasi cosa, che era sicuro di sapere a cosa stava pensando Alex in
quell'istante. Era lo sguardo che lei aveva ogni volta che pensava a Frank,
Mikey ormai aveva imparato a riconoscerlo.
«C-cos'ha di tanto speciale Frank?» chiese lui, quando trovò
il coraggio di parlare, in un mormorio.
Alex sospirò ancora, poi fece una smorfia, distogliendo lo sguardo da quello di
Mikey, che però continuava a tenerle gli occhi addosso. «Non lo so. Non ci ho
mai pensato, in realtà. Cioè, è Frank, ha tutta quell'energia e
quell'entusiasmo, e quella voglia di incularsi il mondo...» disse lei «E poi, è
anche dolce, e poi, mi è sempre stato vicino... Cioè, anche quando non lavorava
al Cafè e ci vedevamo più che altro a scuola, lui si sedeva sempre accanto a me,
mi parava il culo quando combinavo qualche casino, i miei genitori lo adoravano
e...» ci pensò un attimo, poi sospirò «Non lo so, forse è perché Frank è l'unica
cosa che è rimasta come prima, dopo l'incidente... è il mio legame col
passato.».
«Quindi indipendentemente da come andranno le cose... tipo,
anche se tu trovassi un'altro ragazzo, che magari per te farebbe tutto, proprio
come Frank, tu continueresti ad essere legata a lui? Per sempre?» chiese Mikey
sussurrando.
«Non lo so, forse si...» rispose lei «E com'è che mi stai
facendo tutte ste domande?».
Mikey arrossì, senza rispondere.
Erano appena le 8 del mattino, quando Gerard aprì gli occhi
infastidito dalle voci provenienti dal giardino fuori casa sua. Sbadigliò e si
mise a sedere sul letto, allungando una mano verso... verso il vuoto. Frank non
c'era, e nemmeno Alex, che comunque sarebbe dovuta tornare in camera sua prima
che si svegliassero tutti gli altri in casa.
Si strofinò il viso e si alzò dal letto per dirigersi in
cucina a prendere del caffè. La nottata non era stata delle migliori, e di certo
non era stata affatto come lui l'aveva immaginata. Appena Frank entrò in camera
sua Gerard stupidamente aveva cominciato a tartassarlo di domande sul perché
fosse così strano e tutto il resto, e Frank ci aveva messo poco a stranirsi
ulteriormente dicendogli poi che aveva sonno e voleva mettersi a dormire. Non
gli aveva dato nemmeno il bacio della buona notte, e Gerard ci aveva riflettuto
per qualche ora prima di riuscire ad addormentarsi anche lui.
Quando entrò in cucina salutò sua madre e Linda, che entrambe
con una tazza di caffè fumante in mano, guardavano divertite fuori dalla
finestra.
Gerard prese una tazza dal lavandino, la sciaquò e si versò il suo caffè, e poi
si avvicinò alle due donne per guardare cosa ci fosse di tanto divertente fuori.
Le voci che lo avevano svegliato erano proprio quelle di
Frank ed Alex, che erano intenti a dar vita ad una specie di pupazzo di neve, e
sembrava si stessero divertendo un mondo.
«Quando ha
nevicato?» chiese Gerard infastidito da più cose: prima di tutto, Frank non si
era nemmeno degnato di svegliarlo. Secondo, stava cominciando a detestare il
modo opprimente in cui Alex e Frank stessero sempre insieme. Terzo, il
caffè che stava bevendo faceva schifo.
Bevve il contenuto della tazza in un solo sorso, poi afferrò il pacchetto di
sigarette dal mobile della cucina e ne accese una, continuando a guardare i due
lì fuori che sembravano proprio due bambini.
Ecco che Frank tirava una palla di neve ad Alex, ed ecco che
lei gliene ritirava un'altra, e poi lei scappava, lui la raggiungeva, la
spingeva a terra, si guardavano, ridevano e ridevano e ridevano, e Gerard voleva
vomitare in quel preciso istante, mentre li osservava in silenzio.
«Buongiorno...» disse Mikey in uno sbadiglio entrando in
cucina, con le mani occupate a strofinarsi gli occhi.
Gerard si voltò a guardarlo «Ehi, Mikey, c'è la neve fuori, perché non vai a
fare l'angelo insieme a quegli altri due bambini?» disse acido con una smorfia.
Mikey allungò lo sguardo verso la finestra, dove Alex e Frank erano sdraiati a
terra. Poi guardò Gerard.
«Che c'è, hai dormito male?» chiese ridacchiando, versandosi
del caffè.
«Lascia stare... che vuoi saperne, tu?» mormorò l'altro,
sospirando.
Mikey sbuffò «Eh certo, io non so mai niente, non capisco mai niente, sono un
idiota eccetera eccetera...» rispose offeso.
«Smettetela di fare i bambini!» li riprese Donna alzando gli
occhi al cielo «Qualsiasi sia il vostro problema, dimenticatevene per qualche
giorno! E' la vigilia di Natale e dovremmo essere tutti felici e contenti...»
disse, mentre Linda annuiva al suo fianco «Guardate come si stanno divertendo
quei due! Non potreste farlo anche voi?».
Gerard fece un respiro profondo. Oh, certo che anche lui
voleva divertirsi con Frank, se solo quest'ultimo gliene avesse dato occasione.
Lanciò un'altra occhiata fuori dalla finestra, ed Alex e Frank stavano facendo
altre improbabili sculture di neve. Sembravano così felici di giocare insieme
che Gerard si chiese perché Frank non avesse emanato tanta gioia anche la notte
precedente quando era insieme a lui. E poi Alex era dannatamente innamorata di
lui, e Frank poteva dire di non provare nulla nei suoi confronti, ma Gerard era
sicuro che non fosse del tutto vero. Stava pensando così tanto che quasi gli
faceva male la testa. Lui e le sue paranoie. Sbuffando andò a chiudersi in
camera sua, con la voglia di disegnare.
«Ehi, Gee! Vieni
a vedere!» esclamò Frank tutto sorridente, entrando di colpo in camera di
Gerard, con la neve sul cappotto che stava iniziando a sciogliersi.
Gerard alzò lo sguardo dal foglio e scosse la testa «No, grazie, sono
impegnato...» disse senza tono. Frank fece una smorfia e si avvicinò alla sua
scrivania, fermandosi a pochi passi dalla sua sedia.
«Che hai? E' la vigilia di Natale, vieni fuori con noi! Alex
ha provato a fare una scultura con la neve ma non è un granché, provaci tu che
sei il genio artistico del gruppo!» lo invitò entusiasta proprio come un
bambino.
«Non ne ho voglia...» mormorò Gerard, riprendendo a
disegnare.
Frank si morse il labbro, inginocchiandosi sotto di lui. Afferrò una mano di
Gerard e la strinse tra le sua «C'è qualcosa che non va?» chiese accennando un
sorriso «Detesto quando sei così nervoso...».
Gerard si voltò a guardarlo. Era in ginocchio sotto di lui, e gli accarezzava la
mano, ed i suoi occhi sembravano davvero dispiaciuti, e le sue labbra lo
tentavano. Sospirò «Hai ragione, scusa... E' che... tu ieri con me eri tutto
serio e silenzioso, e stamattina mi sono svegliato ed eri lì a ridere come un
ragazzino con Alex, e la cosa mi ha dato fastidio...» spiegò imbarazzato. A
dirlo ad alta voce sembrava una cosa molto più stupida di quello che era.
Frank rise «Sei paranoico e geloso da morire...» sospirò «Giuro che tutte le tue
paure sono infondate... E ti assicuro che, anche se spesso questa storia di
stare, sai, con un'altro uomo» disse arrossendo leggermente «mi rende un pò
inquieto, non ci rinuncerei per nulla al mondo...».
Gerard sentì una vampata di calore trapassargli il cuore, e
sorrise contento di sentire quelle parole. Era difficile sentirsi sicuri, quando
stavi con Frank Iero, che aveva gli occhi più belli dell'intero universo, e la
capacità di farsi amare davvero da chiunque. Ma Gerard si disse che era il
prezzo da pagare, che andava bene anche così e che doveva farci l'abitudine.
Avrebbe sempre e comunque temuto che qualcuno potesse portarglielo via.
E gli dispiaceva, un pò, che fosse così, perché non poteva
farci nulla. Lui era geloso, ed era una caratteristica che - lo sapeva - avrebbe
creato mille problemi e complicazioni. Sopratutto perché, tristemente - e
nonostante fosse stato incredibilmente difficile per Gerard ammetterlo - la
persona della quale era più geloso era proprio Alex.
Conosceva quei suoi occhioni dolci che riuscivano a convincerti a fare qualsiasi
cosa lei desiderasse, conosceva quella sua abilità nel farsi voler bene dalle
persone, come se fosse la cosa più facile del mondo, e conosceva la realtà dei
fatti: lei era innamorata di Frank, e Frank le sarebbe stato accanto anche fino
alla morte.
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Capitolo 14 *** Capitolo 14 - Merci Pour Le Venin ***
Capitolo 14 qwertyasd
Capitolo 14
Merci Pour Le Venin
Quella notte, dopo la cena della vigilia di natale, in cui - a detta di Alex -
tutti avevano mangiato come porci, Frank aveva fatto cambio di camera con Alex
con molto più entusiasmo della notte precedente. Anzi, era stato lui ad
intrufolarsi in camera di Gerard cacciando praticamente via la ragazza, che con
aria assonnata - dopo aver brindato un bel pò di volte - si era avviata in
camera di Mikey.
«Rieccomi...»
disse sbadigliando quando entrò in camera sua, dove Mikey stava sdraiato sul
letto con un libro tra le mani. Senza dire nient'altro si avvicinò a lui e
poggiò la testa sulla sua spalla.
Era strano, ma era certa di poter sentire il cuore di Mikey scoppiargli
nella cassa toracica, come se stesse per uscire fuori. Dopo averlo ascoltato per
un pò, alzò gli occhi su di lui, che sentendosi osservato mise giù il libro
tenendo le pagine aperte.
«Ti sta per scoppiare il cuore...» gli disse, con le
sopraciglia aggrottate. Mikey si sentì in imbarazzo. Era così ogni volta che lei
gli girava intorno negli ultimi giorni, ma ora che Alex se ne era accorta si
sentiva messo a nudo. Arrossì scrollando le spalle e fece un respiro profondo.
Si disse che forse era il momento di dirle la verità. Che poteva succedere? Alex
forse c'era arrivata da sola, comunque. Doveva dirle "Si, il mio cuore batte
così ogni volta che mi sei accanto!" o qualcosa del genere. Ora o mai più, si
disse. Aprì le labbra per pronunciare quella frase, guardandola negli occhi...
«...beh, basta che non ti scoppia stanotte. Non mi va di
svegliarmi accanto ad un morto, la mattina di Natale...» commentò lei
ridacchiando.
Perfetto. Mikey richiuse le labbra e non disse nulla. Quante volte lo aveva
sentito dire che Alex parlava sempre nel momento sbagliato? Quello era un'altro
episodio del genere. Sospirò, rimettendosi a leggere. Perfetto. Ora non avrebbe
mai avuto il coraggio di confessarle i suoi sentimenti, mai più. Era che, Mikey,
in realtà, dubitava comunque di poterci riuscire. Certo, al massimo Alex avrebbe
potuto scoppiargli a ridere in faccia, qualcosa del genere, ma a nessuno piaceva
sentirsi umiliato. E poi ci aveva riflettuto a lungo, e la conlcusione era che
lui non era, né avrebbe mai potuto essere, nemmeno lontanamente, come Frank. E
ad Alex piacevano i tipi come Frank, non quelli come lui. Non di certo
un'occhialuto ancora vergine a diciotto anni, timido ed in perenne imbarazzo,
senza amici, e senza nemmeno il coraggio di dirle cos'è che provava.
Se suo fratello non fosse stato così impegnato a fare
l'ossessivo paranoico e geloso, magari avrebbe potuto chiedergli qualche
consiglio al riguardo. Almeno lui uno straccio di esperienza amorosa l'aveva
vissuta. Invece non poteva parlarne con nessuno, e ancora per un'altro giorno,
Alex avrebbe dormito nel suo stesso letto, si sarebbe coricata al suo fianco, lo
avrebbe abbracciato durante il sonno, poggiando la testa sul suo petto, e magari
gli avrebbe anche stretto la mano, come aveva fatto la notte precedente, mentre
dormiva profondamente. Lei si agitava parecchio durante il sonno, e ad un tratto
aveva mormorato qualcosa di incomprensibile mentre sognava, ad allungò la mano
per intrecciarla a quella di Mikey, ad occhi chiusi.
Mikey sospirò, forse avrebbe dovuto dirgli ciò che provava
mentre lei era addormentata. Magari così lei avrebbe sentito, ma non sarebbe
stata in grado di rispondere, e lui almeno si sarebbe sentito più libero, più
leggero. Ma probabilmente al mattino seguente lei non avrebbe ricordato. La
guardò a lungo, mentre lei lentamente scivolava nel sonno, e quando finalmente
il suo respiro si era fatto più calmo e il suo viso sembrava più rillassato, le
carezzò lievemente la guancia, avvicinando le labbra alla sua fronte. Si,
Mikey, ora puoi dirglielo, pensò, deglutendo. «Credo di essermi innamorato
di te...» sussurrò. Ora voleva sotterrarsi da qualche parte. Alex aveva ancora
gli occhi chiusi ma fece una specie di smorfia col viso, stringendosi ancora più
a lui.
«E'
Nataleee!». «Svegliateviii!».
Gerard e Frank trottorellavano per casa battendo le mani, col sorriso sulle
labbra, strillando a tutti i presenti ancora addormentati - e a tutto il
vicinato visto il tono delle loro urla - di svegliarsi. Gerard non vedeva l'ora
di vedere le facce degli altri quando avrebbero aperto i regali che gli aveva
comprato, e Frank non vedeva l'ora di aprire i suoi regali.
«Regali!!!» esclamò Frank irrompendo in camera di Mikey, e
lanciandosi di peso sul letto, schiacciando sia lui che Alex, che imprecò un
paio di volte cercando di cacciarlo via a calci, ancora con gli occhi chiusi.
Frank la supplicò di fermarsi e quando lui smise di urlare e
lei di tirare calci a tutto spiano si sdraiò tra lei e Mikey facendo forza per
dividerli. «Andiamo a scartare i regali?» chiese sorridendo.
«Se ci lasciassi dormire un altro pò, gradirei volentieri...»
borbottò Alex sbadigliando, spingendolo via senza successo.
«In effetti...» l'appoggiò Mikey.
Frank li guardò entrambi e fece una smorfia «Cazzo, è Natale e ci sono un
mucchio di regali che ci aspettano! Avete tempo per dormire.» sbuffò tirandosi
su «E comunque, dormite troppo abbracciati per i miei gusti...» aggiunse dando
uno schiaffetto sulla nuca a Mikey e scendendo dal letto. Afferrò il braccio di
Alex e la scaraventò giù, facendola sbattere col braccio sul comodino «Ops.»
disse quando Alex sollevò lo sguardo verso di lui inferocita. «Perdonami.
Comunque se può consolarti il tuo regalo è il più figo di tutti!» disse
scappando via.
«Quando si dice ritardo mentale... » sbuffò Alex
alzandosi in piedi.
Quando Alex e Mikey entrarono in salotto, tutti erano lì ad aspettarli,
circondati da mille pacchi incartati.
«Allora, siete pronti?» chiese Donna Way guardando i ragazzi
uno per uno. Frank annuì sorridendo, e si lanciò a raccogliere tutti i pacchi
che portavano il suo nome sulla targhetta. Gli altri lo seguirono a ruota.
Mikey ricevette un basso nuovo, un paio di libri ed una
maglietta. Gerard i due numeri mancanti alla sua collezione di fumetti, del
materiale da disegno, una giacca nuova. Frank delle corde per la chitarra,
qualche cd, un cellulare nuovo e un costume da Robin - e ringraziò il cielo che
sua madre fosse all'oscuro del fatto che Gerard indossasse i boxer con il logo
di Batman stampato sopra.
Alex si guardò intorno delusa. Non c'era alcun pacco per lei.
Sarebbe bastato anche un semplice biglietto di auguri, o addirittura un paio di
calzini, ma non c'erano nemmeno quelli.
Quando Frank smise di commentare con "wow" ogni pacco che apriva, e notò
l'espressione di delusione sul volto di Alex, si alzò e le sorrise.
«Scusa, ma il mio regalo più figo di tutti?» gli domandò lei
sollevando un sopraciglio.
«Giusto. Vai a metterti la giacca, dai!» disse Frank
entusiasta.
Alex lo guardò sospirando «Non devo andare a comprarmelo da sola, vero?» chiese
guardando tutti i presenti che le sorridevano. Donna Way la condusse
all'ingresso, seguita da tutti gli altri, e le poggiò sulle spalle il primo
cappotto che riuscì ad afferrare dall'appendiabiti accanto alla porta.
«Pronta?» chiesero all'unisono Frank, Gerard e Donna.
Alex annui incerta «Non è che mi avete regalato tipo, un albero o stronzate del
genere vero? Cioè, con tutto il rispetto per la natura, un albero non mi serve
proprio...» disse.
Frank rise spingendola ad aprire la porta «E smettila di
blaterare... un albero...» disse alzando gli occhi al cielo.
Alex annuì ed aprì la porta. L'espressione sul suo volto era qualcosa di
irripetibile. Era un sorriso a trentamila denti. Guardò prima il regalo che
l'aspettava nel vialetto, con tanto di coccarda enorme sopra, e poi si voltò a
guardare i suoi amici, con aria stupita e contenta ed incredula. «E' mia!? Cioè,
avete sul serio fatto aggiustare la macchina dei miei? E' mia ora? Ho una
macchina!?» chiese d'un fiato guardando un pò tutti.
Frank annuì tirando fuori le chiavi che teneva nella tasca
della felpa «Assolutamente si. E' tua ora.» sorrise porgendogliele.
Lei gli buttò le braccia al collo e gli si avvinghiò addosso come un polipo
«Porco cazzo! Ho una macchina! Ho una fottutissima macchina!» esclamò tutta
contenta. Gerard si schiarì la gola. In fondo l'idea di far aggiustare la
macchina dei genitori di Alex era stata sua. «Forse dovevamo chiederti il
permesso. Ma tu hai davvero bisogno di una macchina, e comprarne una nuova era
troppo costoso... però ora è come nuova, posso assicurartelo!» disse sorridendo.
Alex mollò la presa da Frank e sorrise battendo le mani «Andiamo a fare un giro?
Eh? Venite con me?» chiese guardando i suoi amici con i suoi occhioni.
«Ma c'è la neve, è sconsigliato guidare con questo tempo...»
commentò Linda.
«Ma ho una cavolo di macchina tutta mia! Cioè, voglio
guidarla!» si lagnò Alex.
Frank sorrise «Perfetto, andiamo!».
Linda lo fermò mettendogli una mano sulla spalla «Ma Frankie, è Natale, dovremmo
stare tutti insieme in famiglia...» disse.
Alex si schiarì la gola «Ehm... hai ragione. Voi state qui, ci vado da sola a
farmi un giro, ok?» disse mentre tutto l'entusiasmo che aveva sparì in meno di
mezzo secondo.
«Mamma, sei delicata come un cactus nelle mutande...» sbuffò
Frank roteando gli occhi.
«Oh, scusa, non intendevo...» mormorò Linda arrossendo.
«Magari fate solo un giretto nel quartiere, ok?».
Alex annuì e corse in macchina. Mikey, Frank e Gerard la seguirono. Gee si
sedette davanti, accanto a lei, che nel frattempo stava sistemando gli
specchietti e tutto il resto. Accese lo stereo e lo lasciò suonare sulla prima
stazione radio che trovò. Poi mise in moto.
«Sai guidare bene, vero?» chiese Gerard allacciandosi la
cintura.
Alex rise «Certo che so guidare bene, tranquillo...» rispose.
«Ma fammi il piacere!» commentò Frank ridacchiando, poi
guardò Gerard «Dovevi vederla all'esame! Quasi supplicò l'istruttore di darle la
patente! Sai, con quei suoi occhioni imploranti!» raccontò divertito.
Durante il giro in macchina Gerard pensò di morire almeno tre o quattro volte.
Forse anche cinque. In quella macchina era tutto un'urlare "Frena! - Non
correre! - Lo stop! - Le frecce devi metterle! - Ma non conosci la segnaletica!?"
da parte di Gerard e Frank. Mikey si asteneva dal commentare. Lui probabilmente
guidava anche peggio. Dopo aver girato un paio di volte nel quartiere, quando
finalmente tornarono a casa, Gerard si asciugò il sudore dalla fronte e fece un
sospiro di sollievo ringraziando il cielo di essere ancora tutto intero.
«Oh, Cristo,
dovevamo optare per una bicicletta...» commentò alzando gli occhi al cielo.
Alex fece una smorfia «Ma smettetela, siete delle femminucce, io potrei andare a
fare le gare clandestine tipo Fast & Furious!» disse ridendo. Gerard le lanciò
un'occhiata seria «Non dirlo nemmeno per scherzo. Già mi sto pentendo di aver
proposto di far riparare la macchina dei tuoi, non pensarci nemmeno a
gareggiare!» la rimproverò.
«Gee, suppongo che stesse scherzando...» mormorò Mikey
ridacchiando.
«Lo spero!» rispose Gerard aprendo la porta di casa Way «Io
mi faccio un caffè. Ne volete anche voi?».
Frank annuì, ed Alex lo seguì a ruota. Mikey se ne andò in camera sua. Si chiuse
la porta alle spalle e prese qualcosa dal cassetto della sua scrivania. Poi
prese il cellulare dalla tasca.
«Allora? Come va la macchina?» chiese Donna porgendo le tazze
di caffè bollente a Frank e Gerard. Alex sorrise «Benissimo! Non potevo ricevere
nulla di meglio!» esclamò entusiasta.
«Ah, io continuo a pensare che un triciclo sarebbe stato
meglio...» ridacchiò Gerard. Lei stava per dargli un calcio da sotto al tavolo
quando le squillò il cellulare. Aprì la cartella dei messaggi ed aggrottò le
sopracciglia leggendo il nome di Mikey sulla casella degli sms ricevuti.
"Vieni un attimo in camera mia." diceva. Alex rise alzandosi
dal suo posto dopo aver finito il suo caffè e lo raggiunse.
«Non potevi semplicemente affacciarti dalla porta e dirmi di
venire qui invece di mandarmi un messaggio?» chiese sorridendo entrando in
camera di Mikey. Lui fece spallucce «Ho una promozione, sms gratis a vita...»
spiegò «E poi devo darti una cosa, non mi andava che vedessero anche gli
altri...».
«Ah. Anche io ho un'infinità di sms gratuiti!» sorrise
«Comunque, cos'è?» chiese poi cercando di guardare alle spalle di Mikey, dove
lui teneva nascoste le mani.
Il ragazzo deglutì e poi tirò fuori da dietro la schiena un piccolo cartoncino
plastificato che aveva un foro in un angolo dove c'era infilato uno di quegli
anellini per i portachiavi. Senza dire nulla glielo porse.
Alex lo riconobbe subito, e sorrise con un filo di malinconia
nello sguardo. Era un disegno che aveva fatto quando aveva cinque anni, c'erano
dei fiori e tre - almeno avrebbero dovuto essere - persone, che erano lei e i
suoi genitori - tutti e tre con delle teste enormi e le mani con almeno sette
dita per uno. Era anche firmato, ricordava di averlo fatto all'asilo, ed oltre
ad aver sbagliato a scrivere Alex scrivendolo Axel, la lettera E era
composta da un'infinità di stanghette - solo alle elementari aveva imparato a
scrivere in modo appropriato.
«Wow. Dove lo hai trovato? E' di un milione di anni fa! Mio
padre lo aveva fatto plastificare e lo aveva legato al suo mazzo di chiavi!»
esclamò con le lacrime agli occhi, rigirando il disegno tra le mani.
Mikey scrollò le spalle «Quando abbiamo portato la macchina a lavare, lo hanno
trovato in un cassettino, ed ho pensato che magari ti avrebbe fatto piacere
tenerlo... sai, stavano per buttarlo via...» spiegò contento che ad Alex avesse
fatto piacere rivedere quel suo disegno.
«Ti ringrazio tantissimo... è stato un pensiero carino...»
mormorò lei sorridendo.
Posso diventare anche io un legame col tuo passato, pensò Mikey
sospirando. Alex si avvicinò a lui e gli stampò un bacio sulla guancia «E'
davvero la cosa più dolce che un ragazzo abbia mai fatto per me!» disse.
Lui arrossì, fiero di sé.
«A chi
state mandando tutti questi messaggi? Tutto questo rumore di tasti mi sta
disturbando...» sbuffò Frank rivolto a Mikey ed Alex, alzando il volume della
televisione. Erano tutti e quattro chiusi in camera di Gerard intenti a guardare
una montagna di vecchi film in videocassetta.
Alex sollevò lo sguardo dal suo cellulare e scrollò le spalle «A Mikey...» disse
accennando un sorriso, mentre anche Mikey rispose «Ad Alex.» nello stesso
preciso istante.
Gerard li guardò sollevando un sopracciglio «Cioè, siete
seduti a tre centimetri di distanza e vi mandate i messaggi?» chiese ridendo.
Alex annuì «A parte il fatto che non siamo a tre centimetri, ma c'è il tuo
culone a dividerci...» puntualizzò «E comunque, che te ne importa?».
Frank, che era l'unico seduto a terra, ai piedi del letto, allungò il collo per
spiare il display del telefono di Alex «E cos'è che vi state scrivendo,
comunque?» domandò curioso.
«Fatti gli affari tuoi.» rispose Alex alzando gli occhi al
cielo.
«Voi due avete seri problemi mentali. E poi, ora ho un
cellulare nuovo anche io, perché non mandate qualche messaggio anche a me?»
chiese come un ragazzino.
«Non preoccuparti, a te ci penso io...» sorrise Gerard
facendogli l'occhiolino. Mikey alzò gli occhi al cielo. Ogni tanto suo fratello
riusciva a fargli venire la nausea.
Quando la pila di videocassette da vedere fu esaurita, gli adulti in casa Way
erano già addormentati da un pezzo, così Frank ed Alex non dovettero nemmeno
fingere di andare a dormire in camera del fratello Way sbagliato. Alex aveva
sonno, così sbadigliando andò in camera di Mikey e si fiondò sul letto, mentre
lui gironzolava intorno in camera di Gerard.
«Mikey, perché
non te ne vai a letto?» chiese Gerard dopo un pò.
Suo fratello fece un respiro profondo cercando di accumulare più coraggio
possibile «Ok, ascoltatemi, ho bisogno d'aiuto...» annunciò.
Frank e Gerard lo guardarono in attesa che continuasse a parlare, confusi
«Certo, che succede?» chiese Gee, sorridendo al suo fratellino. Lui si schiarì
la gola cominciando ad arrossire vistosamente, così facendo finta di nulla
riprese a gironzolare per la stanza «Credo di essermi innamorato...» mormorò con
un filo di voce.
Gerard aggrottò le sopracciglia «Come? Non ho capito nulla...».
Mikey sbuffò arrossendo ulteriormente «Ho detto che credo di essermi
innamorato!» ripeté imbarazzato. Dirlo una volta sottovoce era stato complicato,
ripeterlo con tono più alto era una tortura. Sopratutto quando Frank scoppiò a
ridere «Si? E di chi, scusa?» chiese poi.
Mikey non capiva cosa ci fosse di tanto divertente «Non
importa chi è. Importa che l'amore non è come dici tu, Gee...» disse guardando
suo fratello «Per me è uno strazio.» ammise.
Gerard sorrise avvicinandosi al suo fratellino, e gli mise un
braccio intorno alla spalla per dargli conforto «Glielo hai detto? Scommetto di
no. Scommetto che quando glielo dirai sarà tutto più semplice...» gli disse.
«Dici?» chiese Mikey speranzoso. Gerard annuì sicuro di sé.
Per lui l'amore era grandioso, era il sentimento più bello del mondo, era il
motivo più valido per il quale valesse la pena vivere.
«Vabbè, però dicci anche di chi si tratta. Non puoi mica
dirci le cose a metà!» si lamentò Frank.
«Non mi va di dirvelo. A te, poi!» sospirò Mikey, immaginando
un'altra risata divertita di Frank. L'altro lo guardò con una smorfia «Come ti
pare. Dicci almeno qualcosa di lei. Che ne so, innanzitutto, è una lei? O magari
stai sull'altra sponda come tuo fratello? Magari è una cosa genetica, non si sa
mai...» disse ridacchiando. Gerard afferrò un cuscino e glielo tirò in pieno
viso. «Ok, ok, sto scherzando. Com'è, insomma?» disse Frank.
Mikey sospirò pensandoci un pò su «E'... prima di tutto, è
una lei.» precisò con aria decisa «Ed è... non lo so, deve avere qualcosa di
speciale che non so bene cosa sia. E' divertente. E schietta. E parla
tantissimo, anche quando non dovrebbe. Però è dolce, molto più dolce di quanto
possa sembrare. Ed è fragile. Io lo so che è fragile. E poi... ha tanto bisogno
di affetto. Per dire... le piace circondarsi di persone che le vogliono bene. E
tutti le vogliono bene. Cioè, è impossibile non volerle bene. E poi è una tipa
con le palle, insomma. E... Dio, ha la capacità di farmi andare in tilt il
cervello. Dico sul serio. Lo fa con tutti, ed io a volte mi chiedo se non abbia
qualche strano potere... perché le basta guardarti dritto negli occhi che tu...
non lo so, pensi che potresti anche stravolgere il mondo, per renderla
felice...» spiegò, con aria sognante.
Gerard annuì, pensando ancora di essere contento che suo fratello provasse
finalmente ciò che provava anche lui. Frank invece ci pensò un pò su, poi guardò
Mikey accigliato.
«Tu stai parlando di Alex, non è vero? Mi stai dicendo che ti
sei innamorato di lei?» chiese distaccato. C'era stato qualcosa, nel modo di
parlare di Mikey, che lo aveva infastidito. E nonostante sperasse non se ne
fosse accorto nessuno, il suo tono era completamente cambiato ora che si era
reso conto che lui si riferiva proprio ad Alex. Non lo sapeva nemmeno lui, il
perché, ma la cosa non gli andava bene. Mikey distolse lo sguardo annuendo.
Frank si schiarì la gola «Fantastico...» borbottò, stendendosi sul letto «Ok, se
il consulto è finito, avrei lievemente voglia di mettermi a dormire...» disse
poi, socchiundendo gli occhi.
Gerard invece aveva un sorriso stampato sulle labbra «Wow! E'
grandioso! Si! Cioè, tu e Alex stareste proprio bene insieme! Anzi, dovete
stare insieme!» esclamò abbracciando suo fratello.
Frank si tirò su alla svelta spalancando gli occhi per lanciare un'occhiataccia
a Gerard, che nemmeno lo notò.
«Ma non è vero.» disse lamentoso «Cioè, da quando Mikey è il
tipo di ragazzo adatto ad Alex? Cioè, no, non ci siamo proprio...».
Mikey fece una smorfia imbronciata, e Gerard gli lanciò un'occhiataccia «Beh,
allora sentiamo un pò, quale sarebbe il tipo ideale di Alex?» lo sfidò.
Frank sollevò un sopracciglio «Allora... deve essere un tipo coraggioso,
energetico, spiritoso, uno pieno di entusiasmo, che è pronto a fottersi il mondo
intero, per dire...» elencò, mentre lo sguardo di Mikey si faceva più deluso e
infastidito «E poi, qualcuno che sa tenerle testa, che sappia davvero starle
accanto, in grado di farla ridere anche quando vorrebbe piangere fino alla
morte, per dire...» concluse sorridendo soddisfatto.
Gerard e Mikey lo fissarono in silenzio per qualche secondo,
poi Mikey alzò gli occhi al cielo «Frank, stai descrivendo te stesso. Ci mancava
un "bisessuale e nato il giorno di Halloween" ed ecco il tuo profilo preciso.
Vaffanculo.» disse, andandosene sbattendosi la porta alle spalle. Frank guardò
Gerard imbarazzato. Il suo ragazzo non sembrava più tanto allegro.
«Dai, tuo fratello sta fuori! Non parlavo mica di me!» disse
Frank accennando una risatina, in sua difesa.
L'altro fece una smorfia, accigliato «Si che parlavi di te.» disse freddo
«Ascolta bene, Frank, io non sono un idiota, e nemmeno Mikey lo è. E ancora meno
lo è Alex. E lo sappiamo tutti che lei è dannatamente innamorata di te. Quindi,
te lo dico ora e non intendo ripeterlo: se vuoi andare da lei, se è lei che
vuoi, o se è lei che vedi meglio al tuo fianco, fai pure, ma fallo ora.
Altrimenti, se tu vuoi continuare a stare con me, e dovessi ripensarci in
seguito, sappi che non te lo perdonerò mai.» aggiunse.
Frank rabbrividì: Gerard aveva l'aria più seria che avesse
mai osservato. Annuì in silenzio.
Mikey
borbottova da solo, nel buio della sua camera, in piena crisi nervosa. Si
ripeteva che lui era un idiota, che Frank aveva ragione ma era uno stronzo e che
voleva addormentarsi per poi svegliarsi il giorno dopo e scoprire di non provare
assolutamente nulla per Alex. Che se la prendesse Frank, proprio come si era
preso suo fratello.
Alex, sdraiata al suo fianco, addormentata, si girò verso di
lui e ancora con gli occhi chiusi fece una smorfia
«Perché stai
imprecando?» domandò con voce roca e assonnata.
Mikey sospirò, mordendosi il labbro. Poi la guardò illuminata da quel filo di
luce che emanava la luna e filtrava dalla finestra. No, non si sarebbe mai
disinnamorato di lei. Alex aveva ragione, non c'era un antidoto, e anche lui, se
ci fosse stato, non avrebbe esitato due secondi ad usarlo.
- - -
Allora... visto che ho
la connessione di nuovo, finalmente, sto letteralmente esagerando con gli
aggiornamenti, ma direi anche che per oggi basta.
Spero vi siano piaciuti gli ultimi capitoli... Vi adoro tantissimo!
Grazie per i milioni di complimenti, per le vostre recensioni - dalle quali,
magari non sembra, ma mi vengono in mente sempre alcune idee - e tutto il
resto...
Grazie a chi miha messo tra i preferiti eccetera, grazie a chi mi chiede di
aggiornare, aggiornare, aggiornare - mi stimolate troppo! XD - eccetera
eccetera. Siete tutte dolcissime, e mi piace un sacco l'idea che a tutte stia
piacendo Mikey, e che tutte vediate Mikey ed Alex come possibile coppia...
Non sto qui a dirvi altro, altrimenti rovino tutto... -.-
Baci!
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Capitolo 15 *** Capitolo 15 - Le Complicazioni Più Grandi Le Procura Il Cuore ***
Nuova pagina 1
Capitolo 15
Le Complicazioni Più Grandi Le Procura Il Cuore
Quando Alex si svegliò le sembrò di essere in una specie di universo parallelo
in cui tutti erano nervosi, alterati, silenziosi e infastiditi da qualsiasi
cosa. Il problema principale di Donna e Linda era aver provato tre volte a
preparare delle ciambelle ma senza successo.
Quello di Gerard, Frank e Mikey non poteva nemmeno
immaginarlo. Entrò in cucina e si sedette a tavola, dove i tre stavano facendo
colazione nel silenzio più assoluto.
«Buongiorno...»
disse lei sbadigliando, versandosi del caffè.
Nessuno dei tre le rispose, così lei alzò il tono della voce «Buongiorno!»
ripetè.
«Si, buongiorno...» mugugnò Gerard con le labbra poggiate sul
bordo della sua tazza. Bevve un lunghissimo sorso di caffè con gli occhi
socchiusi.
«Mh. Deduco che vi rode alquanto a tutti e tre... che
succede? Cosa mi sono persa?» chiese Alex guardando i tre a turno «Ti pare che
io vado a dormire presto e voi combinate qualche casino alle mie spalle? Non
posso lasciarvi un attimo soli...» sospirò divertita. Nessuno disse nulla.
«Insomma?» insisté lei incuriosità.
«...lascia stare...» mormorò Frank masticando un muffin al
cioccolato.
«Eh no che non lascio stare. Che avete combinato? Ieri sera
vi ho lasciati tutti felici e contenti in camera di Gerard e-» poi un lampo le
illuminò lo sguardo, e sorrise maliziosa «Ah ah!» disse tirandosi su dalla
sedia, puntando il dito contro Frank, come un avvocato pronto a difendere il
proprio cliente in tribunale «Non mi dite che avete fatto una cosa a tre!» disse
divertita «Oh signore! E' così? Ho indovinato?!» chiese guardando Mikey e
Gerard, che non le stavano nemmeno dando ascolto «Oh, cazzo... Cioè, voi due
siete fratelli! Non potete fare queste cose! Come siete incestuosi! Dio santo...
è... è disgustoso!» fece infine, inorridita al solo pensiero.
Frank fu l'unico a ridere, rischiando di soffocare col
muffin. Smise presto, comunque, quando Gerard e Mikey gli lanciarono
un'occhiataccia.
«E dai, volete dirmi che succede?» chiese di nuovo Alex con
tono implorante, come una bambina nel reparto giocattoli di un supermercato,
intenta a convicere i suoi a comprarle un nuovo peluche.
Frank sospirò «Niente, Alex, non succede niente... smettila
di chiederlo...».
«Ah, guarda un pò, voi tre siete acidi e freddi e non è
successo niente... ma bravi, tenetemi pure all'oscuro di tutto, così si fa con
gli amici...» disse lei con una smorfia «Anzi, ti dirò di più, secondo me è
proprio colpa tua...» aggiunse indicando Frank.
Mikey accennò un sorrisetto, nascosto dietro la sua tazza di
cappuccino «Non c'è verità più vera...» mormorò. Alex lanciò subito lo sguardo
su di lui «Ti prego Mikey parla! Fallo tu! Dimmi che succede! Non ce la faccio
ad essere l'unica a non sapere cosa sta succedendo! Potrei anche morire! La
curiosità uccide! Mikey, ti supplico, dimmelo!» disse lei tragica, quasi
gettandosi in ginocchio verso di lui.
Lui arrossì, e Frank sospirò «Ma si, infatti, Mikey, dille cosa succede, no?»
disse divertito, sollevando un sopracciglio.
«Non sei divertente...» lo riprese Gerard tirandosi su dal
suo posto. Afferrò il pacchetto di sigarette, ne accese una al volo e poi andò
in camera sua.
«Cioè, sul serio? Davvero non avete intenzione di dirmi
nulla?» chiese Alex spazientita. Frank scrollò le spalle «Io non ho niente da
dirti, comunque...» disse sospirando, prima di raggiungere Gerard.
«Mikey?» chiese lei guardandolo con i suoi occhioni
imploranti. Lui guardò altrove. Stavolta non poteva davvero cedere. «Dai, Mikey!
Ce l'avete con me? Ho parlato nel sonno, detto qualcosa di troppo, offeso
qualcuno?».
Lui sospirò «No, Alex, non hai fatto nulla. Tranquilla...» rispose a voce bassa.
«Allora perché state facendo così?».
«...non mi va di parlarne...» disse Mikey, senza guardarla.
Alex sbuffò e disse qualche parolaccia sottovoce, prima di andare a chiudersi in
camera sua offesa, con le braccia incrociate sul petto ed il broncio sul volto.
«Se hai
intenzione di mettere Mikey in imbarazzo davanti ad Alex sappi che potrei anche
ucciderti...» disse Gerard sollevando lo sguardo dal suo bloc notes.
Frank alzò gli occhi al cielo «Tuo fratello si mette in imbarazzo da solo...»
ridacchiò.
«Frank, non sto scherzando. Non è tutto un gioco, ok? Mikey
non ha di certo bisogno che tu gli complichi le cose!» lo rimproverò Gee.
«Ok, ok... rilassatevi, comunque. Non è successo nulla, ho
solo esposto la mia opinione.».
«Come fai a dire che non è nulla quando la tua opinione
è che tu sia il ragazzo perfetto per Alex? Quando lei è innamorata persa di
te, e Mikey ci sta male?» disse Gerard accigliato.
Frank sospirò «Ok, ho capito, ma non c'è bisogno di fare tutte queste scenate
insomma... e poi siete voi ad aver detto che io sono il tipo che ho
descritto...».
«Perché sei tu, Frank! Come fai a non rendertene
conto? Si vede lontano chilometri. Puoi fingere quanto vuoi, ma non sai farlo
bene. Credi che tutto il mio fastidio nel vederti sempre appiccicato ad Alex sia
infondato? Non ti viene in mente che forse è perché si sente nell'aria, che
anche tu provi qualcosa nei suoi confronti?!» sbottò Gerard.
Frank scosse la testa «No, voi avete dei seri problemi celebrali. Io non provo
nulla per lei, se non del semplice affetto. Non starò a dirti che non le voglio
bene, sarebbe una grande stronzata. Siamo amici dai tempi dei tempi, e ci siamo
sempre sostenuti a vicenda, ma ciò non significa che io voglia stare con lei.
Perché starei con te, altrimenti? Perché dovrei farmi dare del frocio da
mio padre se potrei semplicemente rendere tutto più facile con lei?» disse
infastidito.
Gerard lo guardò confuso.
«Tuo padre? Che c'entra tuo padre?» chiese spaesato.
Frank sospirò «Mio padre ha saputo di me e te. E' venuto a Belleville, mi ha
detto che sono un frocio e che l'ho deluso, e se n'è andato.» spiegò brevemente.
Gerard non riuscì a resistere alla tentazione di abbracciarlo. Gli strinse le
braccia intorno al corpo «Perché non me lo hai detto?».
«Non lo so. Non importa ora.» disse l'altro scansandosi
lentamente.
«Perché?»
«Perché tu non hai fiducia in me. Perché tu pensi che io stia
con te per, che ne so, per passare il tempo o per far incazzare gli omofobici...»
disse alzando gli occhi al cielo «Io sto con te perché mi piaci, perché con te
sto bene e perché suppongo di amarti. Ma tutte le tue paranoie su me e Alex,
cazzo, ogni santo giorno, sono davvero pesanti. Se volessi lei ci metterei due
secondi a prendermela, e se non l'ho fatto è perché-» Frank non riuscì a finire
la frase, che Gerard lo interruppe.
«-è perché non vuoi perderla, e se vi metteste insieme, ma le
cose andassero male, allora anche la vostra amicizia andrebbe a puttane. E' solo
per questo, Frank. Prova a smentirmi.» lo sfidò Gerard.
L'altro non disse nulla, ma ci pensò su. Poteva essere che Gerard avesse
ragione? Ed il semplice fatto che se lo stesse chiedendo, significava qualcosa?
Scosse la testa. No, non significava nulla. Non poteva significare nulla. E
Gerard aveva ragione: Mikey ci teneva sul serio, ci stava male, e non sarebbe
stato peggio per colpa sua. Se lui voleva Alex, poteva anche prendersela. Anche
se ciò significava non avere lei tutta per sé. Perché egoisticamente, a Frank
piaceva l'idea che lei lo avrebbe seguito anche in capo al mondo, se necessario.
«Ora che
fai? Hai intenzione di non parlare più?» chiese Mikey sedendosi sul suo letto
accanto ad Alex, timidamente.
Lei fece spallucce.
«Dai... è anche l'ultimo giorno che passerete qui. Dovremmo
passarlo diversamente dallo starcene tutti chiusi in camera...» disse lui
cercando di farla parlare. Lei non sembrava voler cedere. Così sospirò, tirando
fuori il cellulare dalla tasca.
"Forse dovremmo trovare quell'antidoto anti
innamoramento...". Inviò l'sms ed aspettò che Alex lo leggesse.
Lei guardò il display del suo cellulare incerta «Di che parli?» chiese guardando
Mikey.
«Hai parlato! Finalmente!» disse allegro.
Alex sorrise «Esatto. Allora? A che ti serve l'antidoto anti innamoramento?»
chiese ancora.
«Beh... non si sa mai...» mentì, guardando altrove.
Lei annuì, scendendo dal letto «Vabbè, comunque, come Gerard ci insegna,
l'alcool risolve molti problemi... temporaneamente, ma è già qualcosa...»
esclamò.
Mikey sollevò un sopracciglio «Ma abbiamo appena fatto colazione...» le fece
notare.
«Mh... giusto... vabbè, allora non ci resta che soffrire in
silenzio le pene dell'amore non corrisposto...» sospirò lei rimettendosi sul
letto «Oppure...» si illuminò poi «Potresti dirmi perché c'è quell'aria fredda
tra te, Frank e Gerard... no?» chiese ancora una volta.
Mikey sospirò. Non guardarla negli occhi, si disse. «Non è niente,
davvero...».
Alex gli afferrò un polso e lo tirò a sé facendogli perdere
l'equilibrio, e in un attimo si ritrovò a pochi centimetri dal suo volto «Ok.
Ora se non parli ti lego al letto e ti torturo...» disse lei sollevando un
sopraciglio.
Oh, è gia una tortura..., pensò lui sospirando «Non
puoi risparmiarmi, per stavolta?» chiese sottovoce.
Alex rise «Non ci penso proprio...».
«Ti supplico...» si lagnò lui, poi quando capì che lei non
aveva intenzione di cedere parlò di nuovo. «Ok. E' una cosa seria. Non riderai
di me, vero?» chiese, per perdere tempo.
Lei lo guardò col broncio «Mi chiedete sempre la stessa cosa quando dovete dirmi
qualcosa di serio...» sbuffò incrociando le braccia sul petto.
Mikey alzò gli occhi al cielo «Per forza, hai sempre una battutina pronta da
sputar fuori...» giustificò.
«Ok, faccio la seria. Dimmi. Che è successo?».
Lui fece un respiro profondo. Non aveva scampo, doveva parlare, ora o mai più.
Pensò in fretta alle parole da usare. Non aveva idea di come dovesse fare. Gli
era capitato di vedere parecchi film romantici in televisione ma aveva sempre
pensato che erano tutte stronzate, che lui non ce l'avrebbe mai fatta a
confessare di essere innamorato con tanta tranquillità.
«Mikey, mi sta venendo l'ansia, quanto ancora devo aspettare?»
chiese Alex impaziente.
Lui sospirò «Dai però... se fai così è peggio... Prova a non parlare per qualche
secondo, altrimenti non ce la faccio!» si lamentò Mikey.
Alex rise «E madonna, mica devi farmi una dichiarazione d'amore, eh!» disse tra
le risa.
Quel briciolo di coraggio che Mikey pensava di aver accumulato volò via in un
istante. Arrossì e cercò di sorridere, ma non riuscì a dire nulla, e quando Alex
se ne rese conto smise subito di ridere e tornò seria, fissandolo.
«Perché sei tutto rosso?» chiese quasi titubante.
Mikey non rispose.
«...e perché mi guardi così?» chiese ancora, mentre la
distanza tra i due si faceva sempre più corta. Alex sollevò un sopracciglio
mentre Mikey sospirò prima di avvicinarsi al suo volto ulteriormente.
«...Mikey... perch-».
«Alex, per una volta, stai zitta, ok?» la interruppe lui con
un filo di voce. Un altro respiro profondo, poi socchiuse gli occhi. Lei era
immobile davanti a lui. A pochi centimetri da lui. Lo guardava, mentre il cuore
di Mikey stava per scoppiare. Qualche millimetro, e finalmente le sue labbra
sfiorarono quelle di Alex, donandogli di ricambio un brivido che gli attraversò
l'intero corpo. Le mani di Mikey erano sudate e tremolanti da tutta l'agitazione
del momento. Non riusciva a non temere che lei lo respingesse. Si, lei lo
avrebbe respinto. Le loro labbra si sfiorarono lievemente, per qualche misero
secondo - abbastanza da far rigirare lo stomaco di Mikey dall'emozione - prima
che Alex si scansasse e lo guardò sollevando un sopracciglio «Che stai facendo?»
domandò sorridendo imbarazzata.
Mikey voleva sotterrarsi, seppellirsi da qualche parte,
buttarsi nell'oceano con un masso legato al piede, qualsiasi cosa pur di evitare
tutto quell'imbarazzo.
«Ehm... io... s-scusa...» balbettò a voce bassa, con lo
sguardo rivolto verso il pavimento.
«Stavi davvero per baciarmi?» chiese lei dopo un pò
accennando una risatina. Mikey era rosso in volto. Annuì in un gesto quasi
impercettibile, scansandosi da lei, che però gli afferrò il polso per farlo
restare dov'era. Si avvicinò e chinò la testa per guardarlo in volto, mentre lui
continuava a tenere lo sguardo verso il basso, e finalmente riuscì a vedere il
suo viso. Gli sorrise dolcemente «Scusa Mikey, ma non è che puoi prendere e
baciarmi da un momento all'altro come se niente fosse...» disse divertita
«Insomma, potresti per lo meno chiedermi un appuntamento, portarmi a cena fuori
o qualcosa del genere...» spiegò continuando a sorridere.
Mikey sospirò «Non inventare scuse, lo so che non ti piaccio, puoi dirmelo
direttamente, non mi offendo...» mugugnò.
Lei si morse il labbro, dispiaciuta. Non era vero. Insomma, non lo sapeva con
certezza, ma con Mikey ci stava fin troppo bene ultimamente, ed era davvero
carino con lei.
«Non è vero che non mi piaci...» disse lei dopo un pò «Però
sarebbe carino se prima di infilarci le lingue in bocca sai, magari uscissimo
insieme e poi che ne so, cose da persone comuni, da film romantici di quelli che
fanno venire la nausea, roba del genere...».
«Ma noi siamo usciti insieme un sacco di volte...»
puntualizzò lui.
Alex fece una smorfia «Parlo di un vero appuntamento, Mikey, io e te soli...»
spiegò «E le volte in cui siamo soli tipo ora non contano. Intendo una sera
carina, tu che vieni a prendermi e mi offri la cena e poi passeggiamo mano nella
mano e che ne so, cose così...».
«Alex, mi stai prendendo in giro? Tu non sei tipa da primo
appuntamento...» replicò Mikey.
Lei alzò gli occhi al cielo infastidita «Chi l'ha detto?
Pensate di sapere sempre quello che sono e non sono. Non ti chiederei di
invitarmi a cena fuori per rifiutare l'offerta. Se te lo chiedo è perché mi
farebbe piacere... allora?» sorrise.
Mikey fece un respiro profondo «Ok. Vuoi uscire con me... stasera?» disse
incerto. La maggior parte delle volte non era mai sicuro se Alex dicesse sul
serio o lo prendesse in giro. Non poteva mai saperlo con certezza.
Lei lo guardò a lungo e poi scosse la testa «Mh, no, mi
dispiace, stasera ho da fare...» disse poi. Quando Mikey sospirò mettendo il
broncio lei rise «Ok, ok, stavo scherzando. Stasera va benissimo.» disse
sorridendo.
Lui ricambiò il sorriso mentre dentro di sé voleva urlare e fare i salti di
gioia e correre da Frank a dirgli che si sbagliava e tutto il resto. Ma restò lì
e la guardò, mentre lei si alzò e cominciò a raccogliere le sue cose in giro per
la stanza. Quel pomeriggio sarebbero tornati tutti nelle proprie case, così
cominciò a riordinare la sua roba «Ah, e visto che quella con la macchina qui
sono io, passo a prenderti per le 7 stasera, ok?» disse dopo un pò.
Mikey annuì soddisfatto.
«Avete preso tutto?» chiese Donna per l'ennesima volta, guardandosi intorno.
Alex annuì montando in macchina, mentre Gerard caricava sull'auto un altro
scatolone di materiale da disegno.
«Si, mamma... le altre cose verrò a prenderle dopo che ho sistemato queste...»
disse chiudendo il bagagliaio. Le stampò un bacio sulla guancia e le sorrise
«Tranquilla, ora non metterti a piangere. Vado a vivere a meno di due chilometri
da qui, non sto mica andando in guerra!» disse ridacchiando.
Donna sospirò. Il suo bambino era diventato un uomo ed ora
stava lasciando casa per trasferirsi da Alex.
«Ok... fai il bravo, va bene? E se avete bisogno di qualsiasi cosa chiamatemi! E
ricordatevi di fare la spesa! E quando volete vi basterà dirmelo e vi preparerò
qualcosa io da mangiare! E comportatevi bene, non-»
«Mamma! Sul serio, stai tranquilla...» ripeté Gerard.
«Giusto... ok... abbracciami però...» disse lei sospirando e stringendo forte
suo figlio. Gli diede un bacio sulla fronte e poi lo guardò salire in macchina
ed andar via, in piedi sul vialetto al fianco di Mikey.
«Mamma, stai piangendo?» chiese lui quando la macchina di Alex svoltò l'angolo.
Donna si asciugò gli occhi con il dorso della mano.
«Lo so, ma non posso farci nulla, voi due ormai siete cresciuti e pian piano
anche tu te ne andrai...» disse sospirando
«Potremmo stare un pò insieme io e te, stasera, e magari guardare un film
mangiando popcorn davanti alla tv come quando eravate piccoli!» propose sua
madre accennando un sorriso per celare la malinconia.
Mikey scrollò le spalle
«Scusa ma stasera devo uscire con Alex...» disse sorridendo. Sua madre sbuffò
«Ecco, appunto... quella Alex mi sta portando via anche te...» disse scherzando,
rientrando in casa.
Quando Alex e Gerard arrivarono a casa, quella che d'ora in poi sarebbe stata la
loro casa, sistemarono le cose di Gee in quella che era la sua nuova
camera, e quando finirono, dopo circa due o tre ore, si stesero sul suo letto
con lo sguardo rivolto al soffitto, esausti.
«Questa sera dovremmo innaugurare la nostra convivenza, che ne pensi? Potremmo
fare una cena. Invitare Frank e gli altri e passare tutti insieme la serata, no?»
propose lui dopo un pò di silenzio.
Alex annuì
«Gee, puoi fare tutte le cene e le innaugurazioni che vuoi, ma stasera io non ci
sono... ho da fare...» disse.
Gerard si sollevò poggiando il peso sul gomito per guardarla meglio
«Cos'avresti da fare? Non puoi rimandare?» chiese curioso. Lei scosse la testa
«No. Ho un appuntamento.» disse sorridendo.
«Tu? Un appuntamento?» chiese lui divertito.
«Eccone un altro...» sbuffò lei
«Si, io, ho un appuntamento.».
«E con chi, scusa?».
Alex si morse il labbro. Doverlo pronunciare a voce alta faceva uno strano
effetto. Prima di tutto, in realtà quello era il suo primissimo appuntamento in
assoluto. Cioè, non era un "ci incontriamo lì, andiamo a fare un giro dopo
scuola, vieni al Cafè che quando chiudo il locale stiamo insieme", ma era
proprio un appuntamento vero. E poi, era con Mikey Way, e suonava davvero
assurdo. Sospirò, guardando Gerard
«Con tuo fratello.» disse arrossendo lievemente.
Gerard sorrise incredulo e felice
«Sul serio? Con Mikey! Davvero?».
«Si. Pensi che sia una stronzata? Che magari, non lo so, che io non sia la
persona adatta a lui?» chiese lei timidamente.
Lui sorrise abbracciandola affettuosamente
«No, secondo me sei proprio quello che ci vuole, al suo fianco. Sono contento
che abbia confessato!».
Alex lo scansò sollevando un sopraciglio
«In che senso, scusa? Cioè, tu lo sapevi?» chiese.
Gerard fece spallucce
«Ce lo ha detto l'altra sera... ed io gli ho detto subito di buttarsi, mentre
Frank ha cominciato a dire un sacco di stronzate su chi è e chi non è il tuo
tipo ideale...» spiegò.
«Ah. E chi sarebbe il mio tipo ideale, scusa?» domandò lei curiosa.
«Frank Iero... a detta di Frank Iero, ovviamente...» sospirò Gerard.
«Ah si?! Quel testa di cazzo si da troppe arie con questa storia...» rise Alex
«Quanto gli piace sapere che gli altri lo amano e lo vogliono...» sospirò.
Gerard ci pensò un pò su.
«Aspetta. Come sarebbe?» chiese dopo un pò. Alex lo guardò confusa
«Come sarebbe cosa?» domandò.
«Quella cosa di Frank che hai appena detto... che gli piace sentirsi amato e
desiderato...» spiegò.
«Eh, sarebbe come l'hai appena detta anche tu. A Frank piace sapere che io o
chiunque altro gli sbavo dietro. Lui fa finta di niente, ma forse è anche più
attaccato al passato di me. Non posso dirlo con certezza, ma secondo me si
reputa il mio tipo ideale solo perché gli ho sbavato dietro per una vita intera.
E perché se io sto con un altro, smetto di sbavargli dietro, appunto...» spiegò.
«Mmh... credo che tu abbia ragione...» commentò Gerard
«Quindi tu non gli piaci...» disse riflettendo.
«Si, ti ringrazio per il fatto che me lo ricordi ogni volta...» rise lei
«Ed ora non stare lì a farti altre seghe mentali su te, Frank, me, Mikey o che
ne so io... tu pensi troppo, e pensare troppo fa male alla salute...» disse.
«Oh come hai ragione...»
«...lo so che ho ragione...»
«E tu, dimmi la verità più vera che tu possa dirmi...» disse Gerard poi,
guardandola negli occhi
«Vorresti stare con Frank Iero?».
Alex sbuffò. Avevano fatto quel discorso almeno trecento milioni di volte, e le
pareva di essere stata chiara ogni volta, ma Gerard doveva farsi per forza un
mucchio di seghe mentali altrimenti non era contento.
«Gerard, smettila, non ricominciare. A me non interessa voler stare con Frank
Iero, e sopratutto, Frank è il primo a non voler stare con me. Ha scelto te, ha
voluto te, ha litigato con suo padre per te, e lotterà contro l'intero mondo,
per te, quindi smettila una volta per tutte. La prossima volta che tiri fuori
quest'argomento ti metto del cianuro nella cena, per Dio!» disse stufa di
ripetersi ancora e ancora.
E poi doveva andare a prepararsi. Era il suo primo appuntamento, insomma, un pò
di farfalle nello stomaco le aveva anche lei!
-.-.-
Alloooora... si, era
partita come una storia Frerard ma si sa, io degenero sempre e si, anche a me
piacciono Mikey e Alex e quindi prendete e portate a casa belli miei... XD
Grazie, come al solito, a tutti per le recensioni e tutto il resto, a chi mi ha
messo tra i preferiti etc - sempre qualcuno in più! bravi, bravi... <3
...E ad Alba, beh, si, Alex è un pò il mio io diciamo! LOL sono contenta che ti
piaccia, dico, la storia e tutto il resto...
E siccome oggi nonostante non sia una giornata grandiosa è comunque una giornata
grandiosa, un bacio grandioso a tutti! XD
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Capitolo 16 *** Capitolo 16 - Untitled ***
Capitolo 16 I only want sympathy
Capitolo 16
Untitled
Quando Alex uscì di casa per andare a prendere Mikey, Gerard si mise a
gironzolare in ogni stanza dell'appartamento per curiosare in giro. Gli faceva
uno strano effetto essersi trasferito in una casa dove non c'erano adulti, e la
padrona era una ragazzina appena diciottenne. Gli capitava spesso di pensare a
quando dovesse essere difficile per Alex essere così sola, e trovava
comprensibile la sua necessità di sentirsi legata a qualcuno, il più possibile.
Alex accostò davanti al marciapiede fuori casa Way. Fuori faceva freddo, e lei
stava ben chiusa in macchina con i finestrini chiusi e lo stereo che suonava un
cd dei Ramones, sul quale lei cantava tamburellando le dita sul volante a tempo.
Quando Mikey aprì lo sportello lo fulminò, smettendo di cantare all'improvviso
«La prossima volta che sei più in ritardo di me ti lascio qui e me ne vado da
sola, sia chiaro...» gli disse.
Mikey la guardò in silenzio per un pò, poi fece un respiro profondo
«Ok, c'è un piccolo problema...» disse finalmente quando trovò il coraggio.
Alex sembrava non aver capito
«Come, scusa?» chiese.
Lui sospirò
«Scusa, mi dispiace da morire, ma mia madre è da quando siete andati via che
piagnucola come una bambina ricordando l'infanzia di Gerard giorno per giorno e
mi ha chiesto di farle compagnia almeno stasera...» spiegò dispiaciuto. Aveva
chiesto a sua madre di rimandare la serata dei ricordi a qualsiasi altro
momento. L'avrebbe ascoltata volentieri anche a notte fonda o alle cinque del
mattino, purché lo lasciasse libero ora che finalmente aveva un appuntamento con
Alex. Ma a lei sembrava non importasse, o comunque aveva bisogno di sentire
almeno Mikey al suo fianco, ora che il figlio maggiore aveva lasciato casa.
Alex fece una smorfia
«Dici sul serio?» chiese delusa, mentre tutta l'agitazione da primo appuntamento
l'abbandonò.
Lui annuì
«Mi dispiace...» mugugnò. Perfetto, pensò, Alex non me lo perdonerà
mai, è finita prima ancora di iniziare.
«Wow... cioè... » pronunciò lei a voce bassa, scontenta
«Ma doveva essere il nostro primo appuntamento...» mormorò.
Aveva pensato a quella
serata per tutto il pomeriggio, ed ora Mikey le stava dando buca e lei voleva
farsi piccola piccola e svanire nel nulla. Era ridicolo.
«Mi dispiace
tantissimo... potremmo... potremmo farlo un'altra volta, ok?» propose Mikey
sperando che lei dicesse di si. Alex fece spallucce «Ok... però che palle... ci
tenevo tanto...» rispose lei.
Mikey sorrise «Davvero? Cioè, ci tenevi a questo appuntamento con me?» chiese
fiero di sé. Alex sospirò «Si, e ora smettlia di compiacerti e va da tua
madre...» rispose rimettendo in moto la macchina.
«E tu dove vai?» chiese lui.
«A casa, direi... Ci sentiamo, ok?» disse prima di andarsene.
Mikey sospirò rientrando in casa da sua madre. Tra tanti giorni in cui poteva
avere il bisogno di compagnia aveva scelto proprio quello sbagliato, ma sembrava
che Alex non se la fosse presa troppo, e sorrise ripensando al fatto che
comunque era davvero dispiaciuta all'idea che l'appuntamento fosse saltato. Non
che gli piacesse farla star male, ma era davvero una dose enorme di autostima
per lui rendersi conto quanto Alex ci tenesse e tutto il resto.
Alex non sapeva bene perché, ma mentre guidava verso casa, con lo stereo a tutto
volume, sentiva il bisogno, l'urgenza di piangere. Era come se potesse scoppiare
da un momento all'altro, se non avesse lasciato che le lacrime venissero fuori.
Prima di tutto, era incredibilmente dispiaciuta. Non voleva fare la bambina, ma
sul serio, avrebbe volentieri battuto i piedi a terra e piagnucolato "Doveva
essere il mio primo appuntamento!". Si sentiva quasi stupida, e in parte
Mikey aveva ragione, a lei non importava poi tanto fare la principessa della
serata, farsi offrire una cena galante o farsi aprire lo sportello della
macchina. Però l'idea di qualcosa di completamente nuovo, e quel lieve fastidio
allo stomaco che si era fatto sempre più evidente più si avvicinava a casa Way
le erano piaciuti così tanto che sentirsi dire "Mi dispiace ma stasera non si fa
niente" era stato come un pugno in faccia. Faceva anche più male di vedere
Frank e Gerard fare i carini davanti ai suoi occhi. Si, e pensandoci bene
nemmeno le importava più, di Frank e Gerard. Voleva quel dannato primo
appuntamento, quello di cui aveva tanto sentito parlare dalle sue compagne di
scuola, solitamente negli spogliatoi della palestra dopo le estenuanti lezioni
di Educazione Fisica. Certo, loro avevano sempre qualcosa da ridire sul posto in
cui le avevano portate, o l'abbigliamento del proprio cavaliere, o qualsiasi
altra cosa, ma facevano gara a chi avesse avuto l'appuntamento migliore. Ed ora
anche lei, ci aveva fantasticato così a lungo che non vedeva l'ora quel momento
arrivasse. Invece era stato rimandato a chissà quando, e doveva tornarsene a
casa dove era sicura al cento per cento che avrebbe trovato Frank e Gerard
impegnati in Dio solo sapeva cosa, e sentirsi sola ancora una volta.
«Se state
facendo roba vi avverto: sto per salire al piano di sopra, quindi vestitevi,
chiudete le porte e nascondete i vostri giocattoli sadomaso!» urlò Alex quando
fu finalmente tornata a casa, richiudendosi rumorosamente la porta alle spalle
per essere sicura che Gerard e Frank la sentissero. Si strofinò il volto con le
mani, nella speranza che non si notasse che aveva pianto, e poi lentamente si
tolse la giacca e la lanciò sul divano prima di dirigersi a passo lento verso le
scale. Quando fu al piano di sopra sentì le voci di Gerard e Frank provenire da
quella che fino al giorno prima era una semplice camera per gli ospiti, ma che
ora era diventata proprietà di Gerard Way. Sospirò e si diresse verso di loro.
«Posso entrare?» domandò bussando un paio di volte sulla
porta. Dall'interno Gerard rispose di si, così lei aprì lentamente la porta.
Erano sdraiati sul letto con un paio di lattine di birra vuote sul comodino, e
l'odore della marijuana era incredibilmente pesante e cominciò a diffondersi per
tutto il corridoio. Entrambi indossavano solo i pantaloni.
«Come mai sei a casa?» chiese Gerard aggrottando le
sopracciglia preoccupato. Alex fece una smorfia, gettandosi sul letto tra lui e
Frank, con la testa poggiata un pò sulla spalla di Gee ed un pò sul petto di
Frank. Si mise a guardare il fumo che Frank stava espirando, poi gli tolse la
canna dalle mani e fece un tiro lunghissimo.
«Mikey mi ha dato buca...» disse infine, quando sputò fuori
il fumo.
Frank scoppiò a ridere di gusto «Stai scherzando? Mikey Way che ti da buca al
vostro primo appuntamento?! E'... è assurdo, dimmi che stai scherzando!» disse
divertito.
Alex sospirò «E' tutto vero. Mikey mi ha dato buca. Ora
smettila di ridere o ti do un calcio sulle palle. E' una serata del cazzo.
Cioè... credo di essere così sfigata che sperare in qualsiasi cosa è diventato
praticamente uno spreco di tempo...» borbottò.
Gerard le carezzò i capelli «Dai, non è così grave...» disse per consolarla.
Alex gli passò la canna con una smorfia sul volto «Senti chi parla, quello che
appena Frank dice mezza parola sbagliata comincia a farsi mille paranoie
inutili... e poi, con tutto il rispetto, Gerard, farsi dare buca da Mikey Way è
molto, ma molto demotivante...».
«Ehi! Non sei per niente carina!» la riprese Gerard in difesa
di suo fratello.
Frank scrollò le spalle «Beh, non ha tutti i torti. Insomma, ha un appuntamento
con Alex-» disse, poi si voltò a guardare Gerard «-e non cominciare ad
imparanoiarti» disse lanciandogli una frecciatina «...e cioè, dopo tutto il
blaterare dell'altra sera non può certo dargli buca... Ah, non sa proprio come
ci si comporta con le ragazze...» commentò.
Gerard sollevò un sopracciglio «Eh si, certo, perché tu
invece sei l'esperto in materia...» disse scherzando.
Alex sospirò e si tirò su «Vabbè, io me ne vado a dormire... voi fate i bravi, e
se fate qualche porcheria cercate di non svegliarmi con i vostri gemiti di
piacere, gentilmente...» disse sorridendo ed uscendo dalla stanza.
Entrò in camera sua, che era proprio di fronte a quella di
Gerard, e si chiuse la porta alle spalle. Senza nemmeno togliersi i vestiti di
dosso si buttò sul letto con la faccia rivolta verso il cuscino. Con una mano,
senza nemmeno dover guardare tanto era abituata a farlo, premette il tasto di
accensione dello stereo sul mobile accanto al letto, e cominciò a piangere in
silenzio in tutta la sua solitudine, sulle note di uno dei suoi dischi
preferiti.
Era appena passata l'1 di notte, quando Frank entrò in punta
di piedi in camera di Alex. Lei stava dormendo raggomitolata su sé stessa, e
sembrava incredibilmente angelica che si chiese cosa stesse sognando. Era al
corrente dei frequenti incubi che venivano a trovarla quasi ogni sera, ma quella
notte sembrava beata e rilassata. Si rese conto che aveva pianto, dalla macchia
bagnata sul cuscino accanto al suo volto e dal filo di mascara scolato sotto i
suoi occhi. Si chinò accanto a lei e le spostò una ciocca di capelli
sistemandogliela dietro l'orecchio.
Sapeva che se c'era una cosa che la infastidiva a morte era
sentirsi toccare il volto mentre dormiva. Poteva uccidere davvero qualcuno, se
si sarebbe svegliata a causa anche solo di una carezza. Così cercò di fare
attenzione. Non voleva certo farla svegliare inferocita. Avvicinò le labbra al
suo orecchio e sorrise «Alex... svegliati...» sussurrò.
Lei fece una smorfia nel sonno.
«Ehi... svegliati, devo farti vedere una cosa...» ripeté lui,
stavolta alzando un pò più il tono della voce. Alex finalmente aprì un occhio,
poi anche l'altro e fece un'altra smorfia infastidita «Frank, che vuoi? Lasciami
dormire...» disse cercando di girarsi dall'altra parte, ma non ci riuscì perché
Frank l'aveva bloccata col braccio.
«No, devi svegliarti... Devi venire a vedere una cosa...»
disse ancora lui, insistente, ora scuotendole un braccio. Lei aprì di nuovo gli
occhi e deglutì «Ma che ore sono?» domandò guardandosi intorno, cercando di
mettere a fuoco la stanza.
Frank scrollò le spalle «Non importa che ore sono, vieni con me e basta...»
disse, aiutandola a tirarsi su, nonostante lei non si stesse impegnando affatto.
Quasi trascinandosela dietro, finché lei finalmente si decise a tenersi in piedi
da sola, l'accompagnò al corridoio e poi sui primi gradini della scala che
portava al piano inferiore.
Il piano inferiore, per quello che si vedeva, era illuminato
da una luce calda e debole che però non era fissa, visto il lento movimento
delle ombre sulle pareti.
Frank sorrise avvicinandosi all'orecchio di Alex «Vai in
salotto...» le disse.
Alex sbadigliò strofinandosi il volto, poi guardò Frank «Se tu e Gerard avete
intenzione di fare una porcata a tre me ne torno direttamente a dormire...»
disse con la sua solita ironia. Frank alzò gli occhi al cielo e le diede una
leggera spintarella sulle spalle per incitarla a scendere «Tu vai giù e
basta...» ripeté, guardandola mentre incerta prese a scendere i gradini
lentamente, fino a sparire al piano inferiore.
Sorridendo soddisfatto, Frank se ne tornò in camera di
Gerard, dove lui lo aspettava con ansia, seminudo e pronto a passare un'altra
magica serata.
Il salotto era cosparso di candele di ogni genere, colore e dimensione. Le loro
fiamme, alcune più accese, altre più deboli, creavano un particolare gioco di
luci ed ombre nella stanza. Il tavolino da caffè davanti al divano era
apparecchiato con una bottiglia di vino e, Alex li riconobbe subito, nonostante
fosse confusa e ancora un pò assonnata, un paio di calici di cristallo del
servizio che sua madre tirava fuori ogni notte di capodanno sin dai tempi dei
tempi.
Alex si guardò intorno e cercò di fare mente locale. Non
aveva idea di cosa stesse succedendo, e per un attimo si chiese se non stesse
semplicemente sognando. Lanciò un'occhiata alla cima delle scale, ma Frank non
c'era più. Quando riportò lo sguardo nel salotto, si trovò davanti Mikey, che
sorrideva imbarazzato mentre si faceva strada lentamente verso di lei, portando
in mano due piatti colmi di cibo che, dall'aspetto e dall'odore, non doveva
essere il massimo.
«Mikey...» fu
tuttò ciò che riuscì a dire. Lui sorrise. Finalmente qualcuno era riuscito a
lasciare Alex senza parole. Lei gli andò incontro e fece una smorfia «Non sono
sicura... è un sogno o sono sveglia?» chiese guardandosi intorno ancora una
volta.
Tutto aveva dell'incredibile. Sembrava proprio lo scenario di una cena romantica
in stile primo appuntamento.
Mikey scrollò le spalle, posando i due piatti sul tavolino
«Mi dispiace davvero per il nostro appuntamento... e appena mia madre si è
addormentata sono venuto qui... ed ho pensato che fosse una cosa carina, sai,
tutto questo, insomma...» disse arrossendo lievemente.
Alex annuì. Era tutto incredibilmente bello, grandioso, e il cuore cominciò a
batterle fin troppo velocemente per i suoi gusti.
«...però... tutti i ristoranti erano chiusi e l'unica cosa
aperta che sono riuscito a trovare è McDonald's...» spiegò poi Mikey imbarazzato
indicando i due piatti. Alex guardò in quella direzione e riconobbe due cose
simili a cheesburger secchi e freddi, sistemati nei piatti accanto ad una
manciata di patatine fritte dall'aspetto decisamente pessimo, e fece una smorfia
«...facciamo che magari evitiamo di mangiare?» propose ridacchiando.
Mikey fece spallucce preoccupato «Lo sapevo, avrei dovuto
provare io a cucinare qualcosa.... mi dispiac-». Alex gli si avvicinò
all'improvviso e strinse le mani nelle sue «Ehi, tranquillo, va benissimo
così... anzi, non potevo chiedere di meglio, ok?» disse per tranquillizzarlo,
sorridendogli «...andava bene anche un sacchetto di popcorn e una Sprite per
quanto mi riguarda...» spiegò.
«Davvero? Avrei voluto portarti anche dei fiori ma poi Frank
mi ha detto che sei allergica...» disse lui.
«Oddio, si, ti prego, non portarmi mai dei fiori.
Anche perché dubito di essere in grado di farli sopravvivere a lungo, nelle mie
mani...». Poi si misero seduti uno di fronte all'altro intorno al tavolino, e
Alex sospirò mentre Mikey versava da bere nei calici.
«Che hai?» domandò lui preoccupato.
Alex scrollò le spalle «Niente, è solo che... insomma, se mi dicevi che avevi
intenzione di fare tutta questa cosa, magari mi facevo trovare in condizioni
migliori, piuttosto che mezza addormentata...» disse guardandosi e cercando di
sistemarsi al volo i capelli con un gesto delle mani.
Mikey le sorrise arrossendo, mentre con tutto il coraggio che poteva raccogliere
nei meandri del suo io disse «Sei bellissima lo stesso...».
Se c'era una cosa che Alex poteva affermare con certezza era
che Mikey Way riusciva a renderla incredibilmente felice. Riusciva a fare delle
cose semplici ma incredibilmente dolci, per lei. Come quando le aveva ridato
quel disegno che lei aveva fatto per i suoi da bambina, ad esempio.
Sorridendo da dietro il suo calice colmo di vino rosso - gentilmente concesso
dalla credenza di casa Way - Alex pensò che se avesse conosciuto e frequentato
Mikey da più tempo - il tempo giusto per capire quanto fosse speciale quel
ragazzo - probabilmente la sua cotta per Frank sarebbe passata già da un bel pò.
Bevve un sorso di vino e poi sorrise di nuovo, quando il suo
sguardo e quello di Mikey si incontrarono per un lungo istante colmo di
piacevoli e leggeri brividi nello stomaco.
«Credo seriamente che questa sia la serata più bella di tutta
la mia vita, Mikey...» disse quasi sussurrando. Lui si sentì lusingato e
incredibilmente felice. Ora si che capiva il bello dell'amore, come lo aveva
descritto Gerard. «...e stasera ho realizzato che, senza di te, mi sento
incredibilmente sola...» aggiunse arrossendo.
- - -
Questo è un pò un capitolo a
cazzo, lo so, perdonatemi, però boh, così è venuto e così è, spero vi piaccia
comunque. Credo sia anche relativamente corto, ma avevo l'urgente bisogno di
scrivere per distrarmi un attimo ed è venuto fuori questo...
*si nasconde*
XOXO
- e ancora grazie a tutti! vi adoro tanto tanto tanto!
|
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Capitolo 17 *** Capitolo 17 - Like Pixie Dust ***
Capitolo 17 The hardest part of
Capitolo 17
Come on closer, I wanna show you, what I'd like to do. You sit back now, just
relax now, I'll take care of you.
oppure
volendo:
You and me baby ain't nothing but mammals so let's do it like they do on the
Discovery Channel! XD
Mikey guardò Alex che lentamente stava chiudendo gli occhi, con la testa
poggiata sulle sue spalle, seduti sul pavimento del salotto davanti alla
televisione accesa. Non la stavano nemmeno guardando, avevano parlato e parlato
e parlato per tutta la serata, e si erano guardati, e scambiati tanti bei
sorrisi, e avevano riso, bevuto e scherzato.
«Ehi,
aspetta...» le disse sussurrando «Non puoi addormentarti...». Prese il volto
della ragazza tra le mani e la fece voltare verso di lui. Alex riaprì gli occhi.
Aveva l'aria stanca e assonnata.
«...ma ho sonno...» si lamentò «Credo che siano già le
quattro e tra qualche ora devo andare al Cafè...» rispose sbadigliando.
«Non puoi andarci il pomeriggio?» chiese Mikey come un bimbo.
«...no, sono giorni che non ci vado...» rispose lei
dispiaciuta. Le avrebbe fatto piacere restare lì, in tutta la semplicità di quel
momento, anche per tutta la vita. Si stava bene tra le braccia di Mikey Way. Si
stava bene al suo fianco.
«Quindi la nostra serata finisce qui?» domandò con un filo di
delusione. Alex gli sorrise sollevando un sopracciglio «Dammi un buon motivo per
restare sveglia, allora... » lo sfidò maliziosa. Sapeva che se fosse stato Frank
avrebbe scherzato su qualche strana pratica sessuale tailandese, se fosse stato
Gerard l'avrebbe supplicata di restare sveglia ad ascoltare le sue ennesime
paranoie su Frank, ma da Mikey Way non aveva assolutamente idea di cosa
aspettarsi.
Lui la guardò mordendosi il labbro per qualche secondo, poi
fece un respiro profondo e socchiuse gli occhi, per farsi più coraggio. La prima
ed unica volta in cui aveva provato a baciarla, lei si era tirata indietro, ed
era stato un colpo duro. Ora però lui le aveva dato ciò che lei desiderava, una
serata solo per loro due e tutto il resto, e forse stavolta sarebbe andata
meglio. Lentamente chinò il suo volto su quello di lei, finché le sue mani
cominciarono a tremare leggermente, mentre le loro labbra si facevano sempre più
vicine. E quando finalmente Mikey capì che lei non si sarebbe scansata, sta
volta, sentì come una scossa elettrica di pura energia attraversargli il petto,
ed un brivido percorrergli l'intero corpo, dalla punta dei capelli ai piedi. Era
come se tutto il resto per un attimo stesse sparendo da intorno a loro, come se
fossero sospesi nell'aria, in un universo dove non c'era nessun'altro che loro
due, con tutte le loro emozioni. Mikey non poteva definirsi un esperto
baciatore, ma poteva decisamente affermare che le labbra di Alex erano anche più
morbide di come le avesse mai immaginate, e a parte quel piccolo dettaglio, ora
non riusciva più a pensare a nulla. Alex aveva posato le sue mani sul suo corpo.
D'un tratto Mikey iniziò a sentirsi ansioso, mentre una miscela di brividi caldi
e freddi lo accompagnavano in quel momento. Sapeva che anche Alex non era mai
stata a letto con nessuno, proprio come lui, ma sapeva anche che comunque
qualsiasi altra cosa avesse fatto con qualsiasi altro ragazzo - perché sapeva
anche che almeno lei qualcun'altro lo aveva frequentato nei suoi diciotto anni
di vita - sicuramente era andata molto più oltre di lui con quel paio di ragazze
che gli era capitato di frequentare. E poi gli era capitato più e più volte di
sentire Alex parlare di sesso o farci riferimento in qualche modo, e lo faceva
sempre con tanta disinvoltura che quindi Mikey immaginò che sicuramente ne
sapeva molto più di lui. Per un attimo fu preso dal panico. Che dove
fare? Come doveva farlo? Si maledì per il fatto di essere un totale
incompetente in fatto di donne.
Quasi gli scoppiò il cuore quando Alex si scansò
interrompendo quel bacio e quel tornado di sensazioni, per guardarlo sorridendo
divertita «Mikey, rilassati...» gli disse. Era come se lei potesse leggergli nel
pensiero. Era quasi inquietante e per un attimo Mikey sperò che non fosse così,
altrimenti che figura ci avrebbe fatto?
Mikey arrossì imbarazzato.
Quando si risvegliò era mezzogiorno passato. Alex non era lì, e lui non aveva
nulla addosso se non le lenzuola di lei. Si guardò tra l'imbarazzato e il
compiaciuto. Chi lo avrebbe mai detto? Non sono più vergine!, si disse
sorridendo a sé stesso. Se Alex lo avesse visto in quel momento probabilmente
avrebbe fatto un patto con il Diavolo per riprendersi quello che gli aveva dato
la notte precedente e, per quanto ne sapeva - da quanto aveva letto su qualche
rivista da ragazzine trovate dal parrucchiere quando gli era capitato di doverci
accompagnare sua madre - la verginità era una cosa molto importante per una
ragazza. Non sapeva se fosse vero o meno, comunque decise di tornare in sé e
rivestirsi, per raggiungere suo fratello e Frank che dal piano inferiore stavano
facendo davvero un casino tremendo.
Raccolse alla svelta la roba che aveva gettato a terra la
sera prima e trovò un bigliettino attaccato ai boxer, scritto a penna. Sapeva
già cosa ci avrebbe trovato quando si rese conto di quali boxer aveva indossato
la sera prima.
"Quale dannato serio problema mentale avete tu e tuo fratello?
Spiderman? Spiderman non è nemmeno un supereore con le palle, per Dio! XD Se me
ne fossi accorta ieri non avrei mai fatto l'amore con te. XO Mary-Jane" .
«Uff, ma ce li
ha regalati nostra madre...» borbottò in sua difesa parlando col foglio come se
potesse ascoltarlo. Pensò che avrebbe gettato quei boxer appena sarebbe tornato
a casa. Effettivamente erano anche peggio di quelli di Batman di Gerard. Per lo
meno quelli erano semplici. I suoi avevano il motivo della ragnatela e il
disegno di Spiderman arrampicato sul lato. Ed ora che poteva dirsi un uomo a
tutti gli effetti avrebbe anche scongiurato sua madre di smetterla di comprargli
la biancheria intima.
Si rivestì al volo e poi si guardò allo specchio e si sorrise
compiaciuto. Si sentiva più grande, più uomo e anche più carino ora che stava
con Alex. E nel momento stesso in cui stava per chiedersi se ora lui ed Alex
stavano effettivamente insieme e come doveva comportarsi quando l'avrebbe
rivista e tutto il resto si disse di smetterla, che stava diventando proprio
come suo fratello.
«Guarda guarda chi c'è...» rise Frank quando Mikey entrò in cucina.
«Potevate almeno dare una ripulita ieri sera, avete lasciato
un casino ovunque...» borbottò Gerard gettando in un bustone nero tutte le
candele smorzate e i piatti che suo fratello ed Alex avevano lasciato in giro la
notte precedente.
«Scusa, non ci abbiamo pensato...» mormorò Mikey
avvicinandosi alla macchinetta del caffè. Prese una tazza e la riempì.
«Allora, com'è andata?» chiese Gerard posando la busta ed
avvicinandosi a suo fratello, copiando i suoi gesti nel versarsi del caffè anche
lui.
Mikey sospirò, scrollò le spalle, arrossì e bevve un lungo sorso di bevanda
fumante. «Tutto bene...» mormorò dopo un pò.
Gerard lo guardò deluso «Tutto qui? Non ci racconti nient'altro?».
«Che altro dovrei raccontarvi?» chiese lui senza guardarlo.
«Come sarebbe, che altro devi raccontarci?» disse Frank
suonando come se fosse la cosa più ovvia «Sei o non sei diventato finalmente un
vero uomo, come noi per dire?» disse ridendo.
Mikey rise dietro a lui «Non vi definirei propriamente tanto uomini, sai...»
disse scherzando.
«Ah-ah» finse una risata Frank «Ti ha attaccato la sua ironia
del cavolo, devi esserci stato a letto per forza!» disse poi.
Mikey arrossì, imbarazzato. Se fosse stato in American Pie avrebbe dato il
cinque a tutti, e parlato di ogni dettaglio probabilmente, ma lui non era tipo,
e comunque era una cosa abbastanza personale.
«Ma che bello il mio fratellino non è più un verginello!»
esclamò Gerard abbracciandolo stretto. Frank si unì a loro due e strinse ancora
più forte «E bravo Mikey! Io avrei giurato che saresti morto da segaiolo, e
invece...» scherzò.
«Lasciatemi! Non faremo una cosa a tre!» disse lui
scansandosi. Frank lo fissò fermandogli il volto con le mani «Alex! Esci da
questo corpo!» disse con gli occhi fissi in quelli di Mikey «Tu sei diventato
lei!» aggiunse poi scoppiando a ridere.
Durante i
periodi di festa il gruppo si era preso dei giorni di pausa, ma finalmente
quella sera avevano un altro show. Suonare dal vivo era qualcosa di
inspiegabile, e Gerard non vedeva l'ora di cantare davanti ad un pubblico,
finalmente. Quando Mikey uscì di casa per tornare a casa sua, lui e Frank
rimasero soli e si misero a mangiare cibo spazzatura in salotto. Parlavano tanto
di musica, e Frank ogni tanto, come in quel caso, si portava dietro la chitarra
e gli capitava di suonarla insieme a Gerard, che non era un ottimo chitarrista
ma si impegnava tanto, tirando fuori qualche rif originale, e mettendo giù
qualche accenno per delle probabili nuove canzoni.
«Hai un'abilità
davvero unica nel giocare con le parole, sai?» disse Frank dopo un pò, mentre
Gerard canticchiava qualche fraso scarabocchiata su un foglio di getto.
Voleremo a casa.
Gerard gli sorrise lusingato «Grazie...» mormorò.
«E' una bella canzone...» continuò Frank, posando la chitarra
a terra. Prese la penna che Gerard teneva in mano e si chinò sul tavolino,
scrivendo sul foglio.
Gee guardò quella grafia confusa e disordinata. Non poteva che essere così,
rappresentava Frank appieno. Poi sorrise mentre con un tuffo al cuore.
Io e te, aveva scritto Frank, che riposò la penna sul foglio e si
avvicinò a Gerard guardandolo negli occhi, penetrandogli l'anima con quello
sguardo nocciola.
Lentamente avvicinò le sue labbra a quelle di Gerard e i due
si baciarono, trasformando quell'attimo di dolcezza in pura passione. Frank
giocherellava con la sua lingua contro quella di Gee, mentre le sue mani lo
carezzavano ovunque, facendogli girare la testa e tremare le ginocchia.
Alex
era stremata. Aveva dormito pochissimo, e nonostante ne fosse valsa la pena e
per gran parte della giornata le sembrava di volare, più che altro, ogni volta
che le veniva in mente Mikey - e le veniva in mente anche troppe volte,
inaspettatamente - aveva un gran bisogno di riposare almeno un pò. Ma la sua
solita fortuna volle che il ragazzo che avrebbe dovuto occuparsi del turno di
chiusura del Cafè era bloccato a letto con l'influenza, e che nessun'altro era
libero quella sera per poterlo sostituire. Così provò a chiamare Frank, era la
sua ultima speranza, se non voleva morirci, lì dentro. Infondo al Cafè se la
cavava alla grande e le andava bene anche fargli chiudere il locale prima del
previsto, purché non avrebbe dovuto occuparsene lei, che si sentiva
incredibilmente stanca.
Il telefono squillò a vuoto per un bel pò. Poi finalmente
Frank rispose, affannato e scocciato.
«Che vuoi?»
chiese appena accettò la chiamata.
Alex alzò gli occhi al cielo «Che modo cordiale di rispondere al telefono.
Disturbo?».
Frank guardò Gerard, che sdraiato sotto di lui lo guardava,
eccitato ed implorante «Abbastanza.».
«Ti stai scopando Gee?» chiese lei ridendo.
«Abbastanza...» sorrise Frank «Che vuoi?».
«Devi farmi un favorone. Stasera Tim sta male e non può
venire a fare chiusura. Potresti pensarci tu? Io ho dormito pochissimo e non mi
reggo più in piedi...» disse supplicando.
Frank dall'altra parte rise rumorosamente «Certo che non hai
dormito! Benvenuta del club dei sessualmente attivi!» esclamò.
Non poteva vederla, ma Alex era diventata completamente rossa in volto «Ehm...
fatti gli affari tuoi...» disse sentendosi incredibilmente in imbarazzo, e
guardandosi intorno come se qualcuno potesse sentire Frank dall'altro lato del
telefono «Allora? Puoi aiutarmi?» chiese di nuovo.
«Mi dispiace, ma stasera suoniamo, non te lo ricordi? Avevi
detto che saresti anche venuta a vederci...» le ricordò Frank.
Alex si diede uno schiaffetto in fronte con una smorfia «Cazzo! Hai ragione...
che palle, sto da sola al Cafè e sto per morire!» disse scoraggiata.
«No che non muori. L'erba cattiva non muore mai...» rise
Frank «Fai una cosa, chiudi prima il Cafè e raggiungici al locale stasera, ti
va? Credo che suoneremo un nuovo pezzo...» la invitò Frank. Alex era la loro fan
numero uno e non avrebbe suonato una nuova canzone in sua assenza.
Lei sospirò «Si, credo di si... ci sentiamo dopo...» disse riagganciando poi il
telefono. Guardò l'ora. Erano ancora le 15 e 30 e la giornata era ancora lunga e
faticosa. E sopratutto, ora non sentiva più di volare a qualche metro dal suolo.
Era tornata coi piedi per terra, piedi di piombo anche. Mikey era andato in giro
a raccontare a Frank e Gerard che la sera prima avevano fatto l'amore, era una
cosa triste e squallida, secondo lei. Doveva essere una cosa loro, non di tutta
Belleville. Prese il telefono e cominciò a digitare un sms.
"La tipografia qui accanto fa le fotocopie a pochissimo.
potevi stampare dei volantini e distribuirli per tutta Belleville. Sei proprio
un idiota.".
Premette il tasto di invio e spense il telefono, tornando a servire
caffè e cioccolata calda ai clienti, ai quali avrebbe detto volentieri di
andarsene da Starbucks e lasciarla in pace.
. . .
Grazie a tutti come al solito...
Miri visto che non è un sogno? XD
Gì, hai ragione per la storia Frerard, infatti ci stavo pensando anche io, ma
siamo quasi giunti al termine e mi serviva il legame Milex - si, da oggi si
chiamerà così, lol, Frerard e Milex! ghghgh - quindi, vabbè, spero non vi
annoi...
Questo capitolo è molto un pò abbastanza così ma vabbè, mi serviva anche questo,
spero vi piaccia. E ricordatevi: think happy thoughts! *.*
Grazie anche a Alba, Sab - ti stai rendendo conto che ti chiamerò Sab per
sempre, che ti piaccia o no, vero? - eccetera eccetera.
Vi adoro.
E lo voglio dire anche qui: grazie mille per tutto il sostegno, il supporto, i
complimenti che mi fate. Vi amo. Mi fate stare bene. Mi fate sorridere il
cuoricino! - diabete time.
XOXO
E si, questo capitolo ha tre titoli, cioè... XD
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Capitolo 18 *** Capitolo 18 - How Could This Happen To Me? ***
Nuova pagina 1
Capitolo 18
I just want to scream, How could this happen to me?
Mikey aveva fissato il display del suo cellulare per almeno cinque minuti
netti, continuando a chiedersi di cosa stesse parlando Alex. Si chiese se non
avesse dimenticato di fare qualcosa, o se avesse fatto qualcosa di troppo, ma
non gli venne in mente nulla.
Così compose il suo numero e provò a chiamarla. Il cellulare era spento. Provò
un altro paio di volte. Magari non c'era campo. Ancora nulla. Rilesse il
messaggio due o tre volte, ma non riusciva a capire cosa intendesse Alex. Così
provò a chiamarla al Cafè.
Il telefono squillò a lungo, prima che qualcuno finalmente alzò la cornetta.
«Pronto?». Era
Alex.
Mikey sorrise al suono della sua voce. «Ehm, Alex, sono Mikey... mi è arrivato
quel mess-» non finì di parlare che lei riagganciò. Mikey però pensò che era
caduta la linea. Ricompose il numero e stavolta Alex rispose al primo squillo,
ma fu lei la prima a parlare «Mikey, vaffanculo.» disse, prima di riagganciare.
Lui restò confuso con il telefono poggiato all'orecchio che suonava a vuoto, e
l'aria spaesata.
Quando Gerard fu pronto, insieme a Frank salì nella sua auto per passare da Alex
a lasciarle l'indirizzo del locale di Newark in cui avrebbero suonato quella
sera, e poi con Ray, Mikey e Matt sarebbero andati a prendere i loro strumenti e
le loro cose per caricarle nel furgone ed avviarsi alla vicina cittadina.
Al Cafè, Alex sembrava uno zombie che camminava tra un tavolo
e l'altro, con l'aria scazzata, i capelli scompigliati e l'espressione
imbronciata sul volto. A Frank venne quasi d'istinto togliere due tazze vuote da
un tavolo sul quale era stato lasciato il conto con una discreta mancia, e posò
tutto sul bancone.
«Ehi, stai per
morire?» chiese quando Alex li raggiunse. Lui e Gerard a differenza sua erano
raggianti e allegri.
Alex sospirò spostandosi una ciocca di capelli dal volto «Credo di si. Sto
esaurendo. E morirò con questo aspetto da cadavere riesumato. Salvatemi!» disse,
ma senza quel suo solito tono pieno di euforia.
Gerard le sorrise passandole una mano sulla spalla in segno di sostegno «Dai,
tra un paio d'ore chiudi e vieni a vederci suonare. Abbiamo una nuova canzone da
farti sentire, ti piacerà...» disse allegro.
Lei accennò un sorriso «Mi piacerà?».
«Si, sicuramente.» disse Frank sorridendo «E' venuta fuori un
pò a caso ma ti innamorerai di Gerard che urla pensa pensieri felici!»
esclamò.
«Pensieri felici. Giusto quello che mi ci vuole...» mormorò.
«Alex, se sei così esausta cacciamo via tutti quanti e
chiudiamo il locale ora...» propose Gerard.
«No, non è solo la stanchezza...»
disse lei sbadigliando
«E' che quel
coglione di Mikey vi è venuto a raccontare di noi e insomma, esiste qualcosa di
più squallido e irrispettoso di un idiota che va in giro a raccontare di essere
stato a letto con qualcuno?» spiegò strofinandosi il viso.
Quasi non si reggeva in piedi.
Frank deglutì sentendosi colpevole «No, aspetta... Mikey non
ci è venuto a raccontare nulla...» disse, guardandola.
Lei sollevò lo sguardo ed incrociò gli occhi nocciola di lui, con un
sopracciglio sollevato «Come? E tu come facevi a sapere tutto?» chiese confusa.
«L'ho fatto parlare io, ma lui non voleva dire nulla. E poi,
in effetti, non è che ci ha detto niente di troppo...» spiegò mortificato. Per
quanto conosceva Alex sapeva che probabilmente aveva già ucciso Mikey
strappandogli il cuore dal petto e seppellito in un fosso scavato a mani nude «Non
lo hai ucciso, vero?» domandò poi ridacchiando.
Lei sbuffò «No... però gli ho detto 'Mikey vaffanculo' senza aggiungere altro,
quando ha provato a chiamarmi prima...» mormorò lei sentendosi una stupida.
Anzi, era stata davvero stupida. Doveva immaginarselo che Mikey non era così,
che Mikey non si comportava in quel modo. Prese il cellulare da un cassetto
sotto al bancone e lo accese alla svelta, imprecando un paio di volte mentre
questo si caricava più lento del solito.
«Povero Mikey...» sospirò Gerard «Come minimo si starà ancora
chiedendo cos'ha sbagliato...» disse.
Alex non lo stava nemmeno ascoltando, cominciò a digitare le cifre che
componevano il numero di Mikey e si spostò sul retro del locale quando lui
finalmente rispose.
«Alex? Credo di essere un pò confuso... che succede?» chiese
lui appena sentì la voce della ragazza dall'altra parte del telefono.
Lei sospirò «Si, perdonami. Ho frainteso una cosa e credevo fosse colpa tua ma
invece non è così e mi dispiace tantissimo, sono la solita idiota...» spiegò in
fretta «Mi dispiace davvero tanto, scusami...» disse implorante.
Dall'altro lato, Mikey sorrise «Ehi ehi, tranquilla, tanto
non ho nemmeno capito di che si tratta...» le disse «Come va al Cafè? Hai una
voce...».
Alex fece una smorfia «Sto per morire, non ce la faccio più... credo che
chiuderò anche prima del previsto. Anche perché se devo venire a sentirvi
suonare stasera, considerando che devo ripulire tutto, dovrei iniziare a
chiudere già da ora...» disse lei mentre ad ogni parola l'idea di dover star
chiusa lì dentro ancora un paio d'ore suonava come una condanna.
«Se vuoi posso venire a darti una mano io. Intendo, se chiudi
ora. Magari ti aiuto a sistemare qualcosa mentre gli altri caricano il furgone,
e poi mi faccio venire a prendere lì al Cafè per andare a Newark. Che dici?»
propose lui.
«Awww, lo faresti davvero?» chiese lei con l'ultima carica di
energia che aveva in corpo, sorridendo mentre il cuore le batteva in petto più
forte del solito. Cristo, perché se ne era resa conto solo ora? Mikey Way era
una persona fantastica. Forse il ragazzo più dolce che avesse mai conosciuto.
«Certo. Dammi dieci minuti e sono da te...» rispose lui,
mentre già era uscito di casa indossando la prima felpa che gli era capitata
sotto mano.
Quando riagganciò il telefono, Alex tornò nel locale sorridente e raggiante, per
quanto continuasse a sentirsi esausta «Gente! Tutti fuori! Il locale sta
chiudendo, su, alzatevi e andate, offro tutto io e non voglio nemmeno la mancia!
Ci vediamo domani, se tutto va bene!» esclamò a voce alta attirando l'attenzione
di ogni singolo cliente presente, andando alla porta e tenendola aperta per far
uscire ordinatamente la fila di clienti che stupiti e un pò alterati la
guardavano mentre lei li cacciava letteralmente via col sorriso sulle labbra.
Fortunatamente la maggior parte di loro conosceva Alex e i suoi genitori da
anni, e sarebbero tornati nonostante tutto.
«Che fai?» domandò Gerard confuso.
«Sto chiudendo, così faccio in tempo a venire a sentirvi
suonare. E per la cronaca, sta per arrivare Mikey a darmi una mano, quindi voi
nel frattempo andate a caricare la roba sul furgone e tutto il resto, poi lo
passate a prendere qui, poi io finisco di chiudere e vi raggiungo. Su, andate,
dai...» spiegò lei afferrando Frank per un braccio per spingerlo fuori insieme a
Gerard. Chiuse in fretta le porte e li salutò con un cenno della mano.
Mikey arrivò qualche minuto più tardi, quando la serranda del
locale era tirata giù a metà, le sedie erano rigirate sui tavoli e il tipico
odore di caffè del locale era misto a quello del disinfettante per superfici.
Alex aveva davvero intenzione di sbrigarsi.
«Alex? Dove sei?» chiese guardandosi intorno entrando nel
Cafè.
«Qui dietro!» urlò lei dal retro.
Stava sistemando degli stracci e lasciò stare quando Mikey la raggiunse, per
corrergli letteralmente incontro «Ciao! Ho cercato di pulire le cose più
rilevanti, al resto semmai ci penso domani. Ah, e grazie per essere venuto!»
disse in tutta fretta sorridendogli. «Oh, e scusa per prima. Credo che Gerard mi
stia contagiando con la sua paranoia e tutto il resto, quindi avevo pensato una
cosa e mi sbagliavo alla grande. Cioè, dovevo immaginarlo che tu non sei così,
e...». Alex sorrise di nuovo notando l'espressione totalmente spaesata di Mikey,
poi sospirò «Scusa e basta, ok?».
Lui scrollò le spalle «Ok. Tanto non ci ho capito nulla...»
sorrise.
Non si erano ancora toccati. Non c'era stato alcun contatto fisico, ancora, e
Mikey sentì quasi le ginocchia molleggiare quando lei si avvicinò ancora di più
a lui, e fu a pochi centimetri dal suo corpo, e sulle labbra aveva quel suo
tipico sorriso, e i suoi occhi lo guardavano in quel modo che gli faceva perdere
completamente la ragione, ogni dannata volta.
«Posso dirti una cosa che magari è un pò stupida? Cioè, no,
non è una cosa stupida. Però non sono abituata a queste cose, e comunque sia
voglio dirtela e basta....» fece lei dopo qualche secondo di silenzio. Mikey
annuì. Alex sospirò dopo essersi morsa il labbro. «Credo che tu sia un ragazzo
fantastico. Anzi, c'è dell'altro. Credo che, anche se non so bene quanto sia
per sempre, sarebbe bello se io e te durassimo così tanto...» mormorò
arrossendo lievemente.
Mikey annuì lentamente, chinandosi su di lei per stamparle un
bacio ad alta carica elettrica sulle labbra. Poi spostò le labbra vicino
all'orecchio di Alex «Allora ti prometto che sarà per sempre...» sussurrò. Non
balbettava nemmeno più dall'emozione. Ora, anche se chiunque con un pò di senso
pratico avrebbe detto che era troppo presto, sentiva quasi di essere parte di
lei. Come se nonostante ci fosse voluto un bel pò, ora si fossero trovati. E
c'era qualcosa nell'aria, qualcosa di inspiegabile, che Mikey sentiva ferirgli
il petto. Era come la consapevolezza che per sempre era una promessa
esagerata,che forse non avrebbe potuto mantenere, o che anche se lo scongiurava,
magari nemmeno Alex, avrebbe mantenuto. Era come sapere già che quella storia
sarebbe dovuta finire, prima o poi. Era triste pensarci proprio ora che era
cominciato tutto. La strinse in un abbraccio e la baciò di nuovo. Aveva richiuso
la porta del locale alle sue spalle quando era entrato. Lì non li avrebbe
disturbati nessuno. E Alex aveva detto di aver sistemato le cose più importanti.
Così non avevano molto altro da fare. Certo, le piastrelle ghiacciate del
pavimento erano anche molto scomode, ma non importava nulla mentre tutte quelle
onde di emozioni li travolgevano. Non importava il contrasto che gli regalava
infiniti brividi del freddo del marmo a terra contro il calore dei loro corpi,
né di nient'altro, finché erano solo loro due. Per sempre.
Frank battè altri due pugni contro la serranda. Due pugni che produssero un
rumore assordante e fastidioso rimbombando nell'interno del locale, mentre Mikey
ed Alex si rivestirono in fretta prima di aprire.
«Hanno
già fatto?» chiese mormorando Mikey, come una lamentela, chiudendo la zip della
felpa. Alex si sistemò i capelli e scrollò le spalle «A quanto pare si...»
disse, aprendo le porte del locale e tirando su la serranda per far uscire
Mikey.
«Ok, io vado. Ci vediamo direttamente al locale, ok?» disse
lui sorridendole pieno d'amore. Poi le stampò un bacio sulla fronte, ed Alex
voleva sciogliersi, per quanto era dolce.
«Chiudo i conti della cassa e parto anche io...» rispose lei
guardandolo negli occhi. Per sempre sarebbe rimasta così. A perdersi nei suoi
occhi. Le veniva quasi la nausea pensando a quanto Mikey la rendesse sdolcinata.
Lui si voltò per raggiungere il furgone posteggiato accanto al marciapiede
davanti al locale. Fece un paio di passi, anticipato da Frank che andò subito a
sedersi al fianco di Ray che era alla guida, ma poi si voltò e tornò indietro.
«Che hai fatto?» chiese Alex guardandolo avvicinarsi. Lui non
rispose, le prese una mano e si avvicinò al collo di lei, e poi al suo orecchio.
Doveva dirglielo, doveva dirglielo già da un pezzo comunque.
«Credo... no, sono sicuro, di essere innamorato di te. Ci
vediamo dopo.» mormorò, poi le stampò un bacio sotto l'orecchio e corse via.
Ad Alex, che aveva le guance in fiamme e il cuore in gola, venne istintivo
posare il palmo della mano sul punto in cui le labbra di Mikey si erano appena
posate. Come per trattenere lì quel bacio.
Quello doveva essere amore. Era qualcosa di più
profondo e intenso di ciò che aveva mai provato prima. Nemmeno nei confronti di
Frank. Aveva amato Frank con tutta sé stessa, ma l'amore ricambiato, era tutta
un'altra storia. Totalmente diverso. Incredibilmente meraviglioso.
Sospirando tornò nel locale. Le mancavano pochissime cose da fare, la più
importante tra tutte era spostare i soldi dalla cassa alla cassaforte. Il resto
poteva farlo il giorno dopo. Era totalmente stremata, non ce la faceva davvero
più. Si strofinò il viso con le mani, cercando di tornare in sé, poi mise via i
soldi, spense le luci, e finalmente sbadigliando uscì dal locale e chiuse le
porte.
Era così stanca che si disse che quasi quasi lo avrebbe
venduto, quel dannato Cafè, se non fosse che senza quello non aveva certo modo
di mantenersi.
Quando salì nella sua macchina prese dalla tasca il foglio
che Frank le aveva lasciato con l'indirizzo del locale a Newark. Lo lesse un
paio di volte, poi cercò di ricordare le indicazioni stradali che le aveva dato
Gerard, scherzando anche sul fatto che sarebbe stato meglio per lei prendere un
taxi.
Mise in moto l'auto ed automaticamente partì lo stereo, suonando un vecchio CD
dei Nirvana. Alex era incredibilmente stanca, e aveva bisogno di cantare e
urlare per tenersi sveglia.
Le strade erano buie, vista l'ora, ed illuminate semplicemente dalle luci fioche
dei lampioni ai bordi di esse. In giro non c'era molta gente. Le scuole erano
ancora chiuse per qualche giorno per le vacanze di Natale, e visto il freddo
gelido tutti se ne stavano rintanati nei loro salotti a guardare la tv o giocare
a Monopoli o chissà che altro.
La strada verso Newark era discretamente lunga, più che altro
se eri in macchina da solo, era tardi, faceva freddo ed avevi dormito poche ore
in due giorni. E se non fosse stato per la canzone nuova che Frank aveva
annunciato che avrebbero suonato in anteprima quella sera stessa, Alex avrebbe
volentieri fatto marcia indietro per andarsene a casa a riposare. Sentiva la
testa pesante, così come gli occhi, che doveva quasi lottare per riuscire a
tenere aperti e vigili.
Fortunatamente in strada non c'era nessuno, si disse.
Premette ancora di più il piede sull'accelleratore. Aveva bisogno di cantare,
urlare, sentire il vento gelido sbatterle il volto col finestrino abbassato e
sopratutto la velocità trascinarla a destinazione. Altrimenti sarebbe crollata.
Non riuscì a trattenere l'ennesimo sbadiglio.
Sorrise, pensando che Gerard sarebbe stato totalmente in
preda al panico, se fosse stato in macchina con lei, e le starebbe urlando di
rallentare, di cambiare marcia, abbassare il volume, fare più attenzione alla
strada umida e ghiacciata, smetterla di cantare che si sarebbe distratta.
E se invece ci fosse stato Mikey, lì con lei, gli
avrebbe proposto di scappare insieme verso un'improvvisata avventura on the
road. Sorrise ancora una volta. Mikey le aveva detto che era innamorato di lei.
Cosa c'era di più bello al mondo, del sentirsi amati da chi senti di amare?
Sentì una fiammata calda al cuore. Voleva Mikey, per tutta la vita, voleva
essere al suo fianco.
Poi tornò alla realtà, e fu meno di un secondo.
Ci fu un rumore stridulo di gomme che cercavano di aggrapparsi all'asfalto
gelido, e i fari di qualcosa, di qualsiasi cosa fosse. Alex non riuscì a pensare
a nulla. Non riuscì a fare nulla. Provò a premere qualche pedale sotto i suoi
piedi. Uno qualsiasi. Frena! Frena, cazzo!
Non funzionava, qualcosa stava andando storto, perché le
sue mani erano dannatamente sudate e il rumore si faceva sempre più forte e
netto nelle sue orecchie, più fastidioso, le ricordava il suono delle unghie
strusciate sulla lavagna, e dovette stringersi nelle spalle per sopportarlo,
mentre la luce abbagliante che proveniva da di fronte a lei le impossibilitò di
vedere altro. Era tutto bianco e luminoso e le facevano male gli occhi e le
orecchie mentre Kurt Cobain urlava come un folle a tutto volume e le ruote
stridevano e qualcuno suonava il clacson una, due, tre, quattro volte, sempre
più insistentemente, come se potesse servire a qualcosa. Come se aiutasse. Era
tutto in una manciata di secondi. Era ridicolo. Alex non riusciva più a
ragionare. Aveva un vero caos in testa, mentre le luci le penetrarono gli occhi,
e sentì un rumore assordante, e i vetri scoppiarono, e voleva piangere ed urlare
ma era di pietra, ed ora non era più niente, non era più nessuno, mentre la sua
auto non aveva più vetri, e l'airbag scoppiò, e la macchina si spostò di 30° ad
Ovest alzadosi, come in un salto, di mezzo metro, con il muso della macchina
completamente schiantato contro... si, era un van, un grande van nero, una
macchina familiare, per le famiglie numerose, per tanti bambini, schiantata
proprio di fronte a lei. Era tutto irriconoscibile. Era tutto schegge e frantumi
e vetri e urla e clacson e asfalto freddo e altre urla che imploravano aiuto
mentre Alex non era più nulla. Era una testa piegata, con gli occhi semichiusi,
i capelli sul viso, schiacciata su quell'airbag bianco, sporca di sangue, c'era
sangue e tanto caos, ma lei non poteva sentirlo, lei non riusciva a sentire
nulla, con le schegge di vetro tutt'intorno e il muso dell'auto completamente
deformato e i Nirvana avevano smesso di suonare e la donna che era alla guida
del Van di fronte ad Alex, la donna che non aveva fatto in tempo a sterzare per
evitare di colpirla, era in stato di shock seduta al posto del guidatore, con le
mani salde sul volante, con le lacrime agli occhi e le mani tremolanti, che
guardava la scena, mentre un paio di auto si erano fermate ed erano diventate
altre quattro, cinque, dieci macchine, si era creato il traffico, erano tutti lì
intorno, tutti con lo sguardo puntato in quella storia, mentre la donna urlava
presa dal panico, ed un uomo, ed un paio di uomini, chiamarono i soccorsi,
l'ambulanza, è urgente, urlarono, sbrigatevi, sembra morta, è morta, muovetevi.
It's
Over!
- - -
Beh, eccoci qui, è tipo quasi mezzanotte e non lo so, questo è l'ultimo
capitolo, ufficiosamente, perché ufficialmente avrei bisogno di scrivere una
specie di Epilogo quindi magari potrei anche scriverlo domani o dopo domani,
perché così è boh, tristemente triste, ma prima devo essere sicura di un paio di
cose e poi chi vivrà vedrà. Scusate ma sto un pò fusa, e poi abbiamo parlato
appena di piercing alla lingua, uomini, donne, orgasmi e cose simili, cioè, che
ve lo dico a fà... XD
Arrivati a sto punto, vi prego di non insultarmi, non uccidermi, non
picchiatemi, non fatemi nulla, io vi amo tanto.
Grazie a tutti quelli che hanno letto, grazie anche di più a chi ha letto e
recensito, e grazie anche a chi ha letto il primo capitolo e non è mai manco
arrivato al secondo, grazie a tutti tutti, vi amo tanto tanto. Scrivere sta cosa
mi è servito tantissimo. perché mi ha fatta star bene, ad ogni parola in più sul
mio file, ad ogni parola in più nelle vostre recensioni.
Quindi cioè, potrei continuare a scrivere per secoli e secoli e vi amo tanto e
pare che sto partendo per la guerra e che questo è il mio addio o che ne so io
ma mi viene quasi da piangere e non so perché, però vi amo tanto e vabbè, la
smetto.
XOXOXOXOXOXOXXOXO
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Capitolo 19 *** Epilogo - So Why Don't You Blow Me A Kiss Before She Goes? ***
Nuova pagina 1
Epilogo
So why don't you blow me a kiss before she goes?
Quando erano stati informati dell'accaduto erano tutti corsi all'ospedale di
Belleville. Avevano lasciato gli strumenti al locale, avevano lasciato tutto lì,
erano saliti sul furgone di Ray ed avevano guidato il più velocemente
possibile per raggiungere Alex. O quello che ne era rimasto. Non potevano
saperlo, non sapevano nulla. C'era stata solo quella telefonata di Donna in
lacrime, che supplicava i suoi figli con voce straziante di raggiungerla
all'ospedale, che Alex aveva avuto un incidente, e Mikey aveva risposto "Ah,
ecco perché non è venuta, non è niente di grave vero?". Ma Donna ripeté solo di
raggiungerla al più presto, non aggiunse altro, e in quell'istante, sotto lo
sguardo preoccupato di Gerard e Frank che lo guardavano mentre lui era al
telefono con sua madre, aspettando spiegazioni, in quell'istante preciso, Mikey
sentì un pugno gelido e spinato stringergli il petto, stritolargli il cuore.
Qualcosa non andava. Non l'avrebbe trovata solo con un paio di fratture sparse
per il corpo, o la testa bendata, o qualsiasi altra cosa. La voce disperata di
sua madre gli aveva fatto venire i brividi, e ora voleva solo correre lì.
Fu anche peggio, quando presero la stessa strada che aveva
percorso Alex per raggiungerli a Newark, e ad un tratto il flusso delle macchine
si fece più lento e in lontananza il cielo scuro della notte era illuminato di
blu e di rosso e delle luci delle volanti della polizia e Ray rallentò e tutti
guardarono dai finestrini verso quel punto di strada circondato da un nastro
giallo, e lì c'era un van col frontale ammaccato, e poi c'erano le strisciate
lasciate dalle gomme che avevano provato a saldarsi fermamente al suolo, senza
successo, perché finivano proprio contro quel van, e poi c'era lì, la macchina
di Alex.
Mikey stava per vomitare. Era ridotta in... non era più
nemmeno una macchina, con i vetri scoppiati e il cofano rientrato di un bel
pezzo, accartocciato su sé stesso, e tutti erano senza parole, mentre un agente
della polizia spazientito dalla lentezza di Ray si avvicinò al furgone
facendogli cenno di proseguire oltre.
«Non c'è niente
da vedere ragazzi, andate!» disse accompagnando la frase con un gesto della
mano.
Frank per una volta non sapeva che dire, e Gerard voleva solo che tutti stessero
bene. Ray abbassò il finestrino e indicò il punto dell'incidente. Doveva
chiederlo, tanto prima o poi lo avrebbero scoperto.
«L-la ragazza che guidava la macchina...» disse quasi
incerto. No, forse nessuno voleva saperlo. Era uno di quegli attimi in cui
nessuno vuole la verità, in cui basta pensare che tutto andrà bene. Però
l'agente lo guardava con le folte e scure sopracciglia inarcate e poi scosse la
testa «Dio, non sai in che condizioni era quella povera ragazzina...» commentò.
Era come se per tutto il tempo in cui aveva verbalizzato l'incidente non aveva
aspettato altro di poter pronunciare quella frase, di poter commentare
quell'incidente, e finalmente qualcuno gliene stava dando occasione, così
sospirò «Cristo, poteva essere mia figlia, ti rendi conto? Poteva essere una...
non lo so, una vostra compagna di scuola, o una vostra amica.».
Si, a questo punto Mikey voleva vomitare davvero. E voleva
sapere perché poteva essere. No, Alex non era morta, non poteva essere
morta, Alex non sarebbe morta mai.
Non importava nulla, Mikey doveva piangere, sentiva che ne aveva bisogno. Poi
diede una strattonata a Ray «Cazzo, andiamo all'ospedale!» quasi urlò.
Ray annuì, salutando il poliziotto con un cenno della mano,
prima di rimettersi in marcia verso l'ospedale di Belleville.
«E' colpa mia...» mormorò Frank dopo un pò, guardandosi le
scarpe nel furgone. Stava quasi tremando, e Gerard lo guardò confuso mettendogli
una mano sulla spalla per rassicurarlo «Che c'entri tu, Frank?» chiese con la
dolcezza più assoluta nella voce.
L'altro scosse la testa, quasi scansandosi da lui. «Non dovevamo farla guidare,
ok? Dovevamo immaginarlo che sarebbe successo qualcosa! Era troppo stanca, era
esausta, e mi aveva chiesto di aiutarla, e invece no, io dovevo venire a fare
questa merda di serata a Newark e...» Frank deglutì, e si, anche lui stava
piangendo. Mise la testa tra le mani, disperato «Se Alex è morta muoio anche io.
Se le è successo qualcosa, e non ce l'ha fatta, io...» non riuscì ad aggiungere
altro. Alex non poteva morire. No. L'ospedale sembrava sempre più lontano e in
tutto il tragitto, con le mani che gli nascondevano il voltò, Frank pensò a
quanto facesse schifo la vita, se Alex era morta. Ma lei non poteva morire.
Qualcosa gli strappò un sorriso. No che non poteva morire. L'erba cattiva non
muore mai... le aveva detto. Cazzo, lei aveva supplicato tutti di darle una
mano. Com'era stato stupido pretendere che potesse guidare di sera tardi dopo
che l'avevano vista trascinarsi per il locale come uno zombie? Frank si odiava,
odiava sé stesso, odiava Gerard e Mikey perché non erano stati più svegli di
lui, odiava Ray che trovava quei dannati locali fuori Belleville in cui suonare,
odiava quello stronzo al Cafè che aveva la febbre ed aveva costretto Alex a fare
anche il suo turno di chiusura. Era colpa sua. Era colpa di tutti, se Alex era
morta.
No, non poteva essere morta.
La televisione sintonizzata sul telegiornale serale emetteva l'unico suono
udibile nell'edificio.
Mikey e Gerard erano seduti uno di fronte all'altro, al tavolo della cucina,
intenti a fingere di mangiare. Non mangiavano, non parlavano, non sorridevano da
giorni ormai. Sembrava che si trascinassero le proprie vite dietro a stento,
come se nulla importasse più.
"...l'ottimo servizio sanitario nazionale-". Mikey
fece una smorfia, spengendo la televisione, mentre sentiva lo stomaco bruciare,
il petto ardere e le lacrime bagnargli ancora una volta gli occhi.
«Perché hai
spento? Io stavo ascoltando...» si lamentò Gerard cercando di afferrare il
telecomando dalle mani del fratello.
L'altro sbuffò «Ascoltando cosa? L'ottimo servizio sanitario nazionale? Se fosse
così ottimo allora...» poi si fermò, non riuscì a pronunciare quelle parole così
pesanti che gli torturavano la mente. Non ce la faceva.
Gerard lo guardò ed accennò un sorriso «Non potevano fare altro, Mikey, non li
fanno ancora i miracoli.» disse, poi bevve un lunghissimo sorso di birra «dovremmo
andare avanti, se fosse qui ci direbbe questo...» annuì poi.
Mikey fece una smorfia «No, lei aprirebbe gli occhi e
scoppierebbe a ridere e ci direbbe "Che idioti! Ci siete cascati! Dovevate
vedere le vostre facce!"» lo corresse, mentre altre lacrime lo colpirono,
con quella strana sensazione mista di intensa tristezza e lieve gioia, nel
ricordare Alex proprio così come era. Si, avrebbe fatto esattamente così, si
sarebbe alzata da quel dannato letto, sarebbe uscita da quella dannata stanza
così sterile e bianca e vuota e silenziosa e sarebbe andata a casa sua, avrebbe
aperto la porta, li avrebbe trovati lì, che la guardavano stupiti e increduli, e
sarebbe scoppiata a ridere, ed avrebbe riso per ore, dicendogli esattamente ciò
che aveva detto Mikey. Poteva immaginarsela, lì davanti a loro, piegata in due,
con le lacrime agli occhi da tante risate, che li indicava e senza fiato tra una
risatina e l'altra li derideva.
Gerard sorrise «Hai ragione. E sai che direbbe anche? Se
potesse vedersi stesa lì? Direbbe tipo "Ti pareva che dovevo finire in coma?
Tutte le sfighe capitano a me! Sono anche più sfigata di Mikey Way!"».
Ora ridevano entrambi. E per un breve, misero istante, era come se quella casa
fosse di nuovo piena, come se lei fosse di nuovo lì, per qualche minuto, con
tutta l'energia e l'ironia che l'aveva sempre resa unica e speciale.
- - -
Ok, dopo aver
spoilerato alquanto un pò in giro, questo è l'epilogo, e come diceva sempre
qualche vecchio di paese che ora non ricordo chi era, ma qualche vecchio in
qualche paese lo diceva, - o forse, ah, si, era una mia maestra delle
elementari. vecchio di paese=maestra elementare, uguale proprio .-. - " a buon
intenditor poche parole" XD.
Grazie mille per tutti gli "Stronza - ti odio - vaffanculo" e così via che mi
avete dedicato, vi amo tantissimo, fa sempre piacere! LOL ovviamente scherzo,
l'importante è che non mi abbiate uccisa come avevate promesso - ma la giornata
ancora non è finita e famme da na grattata che non si sa mai, dovessi morì pure
io, ehm - e poi:
GRAZIE MILLISSIME per tutti i complimenti, le recensioni e sopratutto per avermi
detto che avete riso e pianto e che vi siete emozionati leggendo la storia e
sopratutto l'ultimo capitolo. E' la cosa più bella che uno pseudoscrittore possa
sentirsi dire, suppongo, e mi fate sempre tanti complimenti che quasi mi sciolgo
davanti alla pagina delle recensioni ogni volta, e vi amo tanto, e vi ringrazio
per tutta l'autostima che mi fate ritrovare! Se non fosse stato per voi non
avrei scritto poi molto, ultimamente scrivevo sempre pochissimo ed ero molto
insicura del risultato tanto da lasciar perdere, alla fine.
Comunque, vabbè, questo era l'epilogo, e vabbè... chi vuol capire capisca, chi
ha capito stia zitto, chi sa si cucia la bocca perché così deve essere. Ci tengo
tanto, non spoilerate ciò che vi ho detto/accennato/confidato, sennò vengo a
casa vostra e vi succhio il sangue -.-
LOL
XOXO
<3
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