Le confusioni più grandi le procura il cuore.

di POPster
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Well I Hope I'm Not Mistaken, By The News I Heard From Waking ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - You're Not In This Alone ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - One Drink And The Pain Goes Down ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Now, but I can't, and I don't know, how we're just two men... ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - I'm just the worst kind of guy to argue, for what you might find... ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - The Best Part Of Believe Is The Lie ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - It started out with a kiss, how did it end up like this? It was only a kiss... ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - ...tastes like you, only sweeter. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - We're All In Love Tonight ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - Can you see my eyes are shining bright? Cause I'm out here on the other side... ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 - Everything Happens For A Reason ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 - Karma Chameleon ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 - I'll never be good enough... and everytime I look inside your eyes, you make me wanna die... ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 - Merci Pour Le Venin ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 - Le Complicazioni Più Grandi Le Procura Il Cuore ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 - Untitled ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 - Like Pixie Dust ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 - How Could This Happen To Me? ***
Capitolo 19: *** Epilogo - So Why Don't You Blow Me A Kiss Before She Goes? ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Well I Hope I'm Not Mistaken, By The News I Heard From Waking ***


p.s.: è la prima FF Frerard che abbia mai scritto in vita mia. Forse è anche la prima FF sui MCR in generale.
Enjoy.


Capitolo 1
Liberi come eravamo ieri, dei centimetri di libri sotto i piedi, per tirare la maniglia della porta e andare fuori.

Erano circa le otto e mezzo del mattino. Il sole scaldava l'aria e Gerard aveva scelto di camminare dal lato della strada ombreggiato, con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni scuri e lo sguardo rivolto al suolo, mentre a passo svelto si incamminava verso il negozio di belle arti di Belleville.
Doveva comprare del materiale per dare alla luce l'ennesima opera ispirata dal sogno fatto la notte precedente. Si era alzato presto di proposito, ed in casa regnava il silenzio assoluto. Suo fratello Mikey stava approfittando degli ultimi giorni di vacanza prima della riapertura del liceo per dormire un pò, ed i suoi genitori erano andati a lavoro. Così si era infilato al volo un paio di pantaloni stropicciati, trovati sullo schienale di una sedia nell'angolo della sua camera, ed aveva deciso di uscire.
In strada non c'era troppa gente. Gli studenti in vacanza dormivano ancora, gli altri erano a lavoro, o all'università. Gerard era in quel periodo della sua vita in cui non sapeva ancora bene cosa dovesse farne di se stesso. Passava intere giornate e nottate chiuso in camera sua a scarabocchiare, dipingere, disegnare, scrivere e disegnare ancora un pò. Aveva iniziato a lavorare su un ennesimo fumetto, che però non aveva intenzione di far pubblicare. Più che altro lo faceva per il gusto personale di perdersi nella creatività, non per lavoro. Non che non gli sarebbe piaciuto, solo, non ci pensava.
Per arrivare da casa sua al negozio di belle arti dovette camminare un bel pò, ma era abituato a quella passeggiata, la faceva almeno un paio di volte al mese, o quando gli capitava di voler utilizzare qualche materiale nuovo e sperimentare nuovi metodi di disegno.
Quando arrivò davanti alla vetrina sorrise. Da lì, tra i vari poster e cartelli degli sconti, si intravedeva il caos che regnava all'interno, proprio come la sua cameretta. Tirò fuori una mano dalla tasca ed aprì la pesante porta in legno scuro.
Quando fu dentro, un odore misto di tappeto, antico, legno ed acetone lo travolse, e lui istintivamente chiuse gli occhi per sentirsi trasportare maggiormente.
Adorava quei profumi e quell'ambiente. Il padrone del negozio era un signore anziano, con i capelli bianchi ed un paio di occhiali spessi e squadrati.
Non appena lo vide lasciò stare gli scatoloni di vernici che stava sistemando sopra un espositore ed andò a salutarlo << Ciao Gerard! Stamattina ti sei svegliato presto, eh? >> fece.
Lui sorrise scrollando le spalle e guardandosi intorno. C'erano un mucchio di scatole imballate sparse per tutto il negozio, e si chiese come potesse farcela un anziano signore a sistemare tutto da solo.
In tal proposito, il proprietario del negozio indicò degli scatoloni << Vedi, devo ancora sistemare un pò di cose, solitamente non entra nessuno a quest'ora. Ho dei nuovi prodotti che vorrei mostrarti... >> disse. Era affezionato a Gerard, era il suo cliente migliore, e poi aveva davvero talento in ciò che faceva. Ci metteva il cuore, e questo si vedeva.
<< Le serve una mano? >> domandò il ragazzo, spostando una ciocca di capelli scuri da davanti i suoi occhi verdi.
Il signore rise << No, non preoccuparti. Perché non vai a prendere un caffè nel locale qui davanti mentre aspetti? Faccio in fretta... >> disse. Gerard accettò volentieri. Il caffè era sempre un'ottima idea.

Nel Cafè davanti al negozio di belle arti, Alex sorseggiava un tazzone di cappuccino seduta alla cassa chiedendosi perché mai dovesse lavorare a quell'ora del mattino quando tanto non entrava mai nessun cliente visti tutti gli Starbucks adiacenti. Erano gli ultimi giorni di vacanza e li avrebbe passati volentieri a... beh, dormire era già qualcosa. E in più Frank non faceva altro che cantare ogni canzone che passavano sul piccolo televisore all'angolo del bancone, sintonizzato su MTV, accompagnandosi con improvvisati colpi di batteria ricavati da due cucchiaini battuti con decisione e forza contro il bancone a ritmo. Vista la sbronza della sera precedente si chiedeva come potesse essere tanto attivo e pimpante quando lei voleva solo dormire. Con la testa sotto al cuscino, se possibile.
Ad ogni passante che attraversava la strada lui sorrideva esclamando << Ecco un cliente! >>, ma mai nessuno entrava dentro.
Alex aveva proposto ai suoi, i padroni del locale, di inventare qualcosa di nuovo per attirare la clientela, ma loro non le avevano dato retta, così passava le giornate chiusa lì ad annoiarsi in attesa di vendere almeno un muffin al giorno.
Quando anche l'ennesimo passante tirò dritto senza nemmeno guardare la vetrina, con in mano un bicchiere di Starbucks, Frank sbuffò facendo una smorfia << Facciamo una cosa, se entro mezz'ora non entra nemmeno un cliente, mettiamo il cartello "Chiuso" e ci mettiamo a fare cose sconce sul bancone! Che te ne pare? >> disse ridendo di gusto.
Aveva una risata magnetica, che ti faceva venir voglia di ridergli dietro. Ma Alex non aveva affatto voglia di ridere.
Frank scherzava sempre, e lei sperava sempre che dicesse sul serio.
Quando suo padre le disse che il suo compagno di scuola Frank Iero sarebbe diventato anche suo collega nel Cafè, provò quella strana sensazione che la colpiva al cuore e allo stomaco, la stessa che provava ogni volta che a scuola lasciava che Frank copiasse i suoi compiti per poi ringraziarla stampandole un bacio sulla guancia e cose del genere.
Ma Frank era fatto così, era espansivo con tutti, e non c'era la minima possibilità che dietro quei gesti si nascondesse un particolare interesse verso di lei, si diceva sempre.
Così in silenzio scrollò le spalle << Così se arriva mio padre ci stacca la testa dal collo, a tutti e due... >> mugugnò fingendo una risatina.
Poi, come per miracolo, la porta del locale si aprì. Al suono cigolante entrambi si voltarono a guardare in direzione dell'entrata.
Era un ragazzo moro, con i capelli arruffati e gli occhi piccoli e color nocciola. Indossava una maglietta scura e dei pantaloni neri e stropicciati, e sorrise visibilmente imbarazzato quando notò che tutti - ovvero Alex e Frank - i presenti lo fissavano.
<< Salve... >> disse, avvicinandosi alla cassa.
Alex posò il bicchiere di cappuccino e si sistemò i capelli neri sulle spalle.
<< Buongiorno! >> esclamò.
<< Vorrei un caffè. Doppio. Grazie... >> mugugnò lui, guardando Frank, un tipetto basso, con i capelli tagliati in una specie di cresta nera, dai lati tinti di rosso, che finiva in una lunga frangia al lato del suo volto sorridente ed allegro, che era scattato inpiedi e si era messo al lavoro trafficando con la macchina per il caffè.
Pagò con le monete che aveva in tasca e prese il suo caffè, poi si mise, sotto lo sguardo stupito di entrambi Alex e Frank, seduto ad un tavolo accanto alla vetrina.
<< Wow. Un cliente. >> mormorò Alex contenta, avvicinandosi a Frank, che aveva ripreso a battere i cucchiaini sul bancone al ritmo dell'ennesima canzone.
Lui fece una smorfia << E' destino, niente cose sconce, io e te... >> disse sorridendo malizioso. Alex lo colpì alla testa con uno schiaffo << E smettila di fare l'idiota! >> lo rimproverò, sedendosi accanto a lui.
Quello che accadde dopo, sembrò la scena di un film. Mentre Frank canticchiava un'altro pezzo, uno schianto si udì, così vicino e così lontano al tempo stesso. Era un rumore forte, che lasciò i tre senza parole. Si guardavano in silenzio, senza capire da dove provenisse. Ovviamente, non da dentro il negozio.
Come automaticamente, Frank ed Alex scavalcarono il bancone, quando videro l'espressione pietrificata del cliente seduto accanto alla vetrina, gli occhi puntati sul cielo lì fuori.
Senza preoccuparsi di schiacciarlo, sporserò la testa sulla vetrata e rimasero senza parole. Non sapevano davvero cosa dire. Non avevano idea di cosa stesse accadendo. L'unica cosa certa erano le persone che erano scese in strada, tutti con gli occhi puntato sull'orizzonte, dove un'enorme nuvola di fumo scuro si faceva sempre più larga. Sempre più spessa. E dopo qualche secondo di silenzio assoluto, dalla strada cominciarono a provenire delle urla di panico e terrore.
Gerard cominciò a tremare. Quando ci fu un altro schianto, scattò sulla sedia. Non riusciva a distogliere lo sguardo, e allo stesso tempo non voleva guardare. Immediatamente, puntò gli occhi sul televisore sul bancone. Era partita un'edizione speciale del notiziario. La voce della giornalista che presentava la notizia era agitata e tremante. Frank ed Alex avevano inizato a parlare, anche loro presi dal panico, si parlavano addosso senza dire nulla di sensato, e Gerard gli fece cenno di smettere, agitando una mano in aria << Zitti un attimo! >> esclamò, puntando il televisore.
Frank corse ad alzare il volume.
Alex corse fuori.
Era come un film. Uno di quei film di guerra e fantascienza e stragi. Solo che era tutto fottutamente vero.
La gente urlava, piangeva, provava a contattare qualcuno al cellulare.
Lei fissava tutti in silenzio, mentre senza rendersene conto le lacrime avevano iniziato a scorrerle lungo il viso.
I suoi genitori. Era lì che dovevano andare. Era per quello che lei e Frank avevano dovuto aprire il locale al posto loro.
Alex non aveva nemmeno la forza di parlare.

Nessuno riusciva a dire niente. Eppure a Frank venne quasi istintivo abbracciare Gerard. Anche se era semplicemente un cliente che si era trovato lì per caso. Condividevano lo stesso stato d'animo di confusione e paura.
Si sentiva inutile e misero, ora, ecco cos'era.
Il Paese era stato attaccato, ed era tutto vero, e non c'era nulla che potesse fare.
Gerard, da parte sua, strinse le braccia intorno al ragazzo. Non importava che non lo conoscesse. Sentiva che provavano lo stesso sentimento di impotenza e paura. Lo provavano tutti. In quell'abbraccio però entrambi trovarono un lieve conforto.

Il padrone del negozio di belle arti finalmente si accorse di Alex, che era in piedi, immobile, con gli occhi in lacrime persi nel vuoto, e corse da lei.
<< Alex, hey, stai bene? >> le domandò, mettendosi di fronte alla ragazza, che continuava a guardare il nulla.
<< I miei... >> mugugnò tremando.
Un'espressione di paura attraversò il volto dell'anziano. Conosceva Alex ed i suoi genitori da una vita ormai, e tirò fuori il cellulare << Ora li chiamiamo e gli diciamo di venire qui, ok? >>.
Alex scosse la testa <> disse singhiozzando << Loro... Sono lì! >>.

Frank e Gerard slacciarono l'abbraccio e si guardarono a lungo in silenzio. Certo, non c'era nulla da dire.
Alla televisione il notiziario mandava a ripetizione le immagini degli aerei che si erano schiantati contro le Torri Gemelle, e Frank e Gerard le fissarono provando una strana sensazione al cuore.
<< Frank! Corri! >>.
Il ragazzo alzò lo sguardo in direzione dell'entrata del locale. Alex era lì tremante, sorretta dal proprietario del negozio di fronte. Gli occhi erano gonfi e rossi e le guance rigate da lacrime e mascara colato.
<< Che succede? >> chiese preoccupato fiondandosi da loro. Gerard fece lo stesso.
Il signore guardò entrambi << I suoi genitori. Non capisco. Sai dove sono? >> domandò titubante. Aveva capito, ma non voleva crederci.
Frank impallidì << Sono... cazzo... >> borbottò, abbracciando Alex.
Gerard sentiva le lacrime formarsi negli occhi. La visione di quella ragazzina tremante ed impaurita a morte era troppo triste. Anche lui sentì l'istinto di abbracciarla.
I tre restarono così per dei lunghi minuti.
Quell'abbraccio, Gerard lo sentiva, era l'inizio di qualcosa, nato dalla fine di qualcos'altro. Era ridicolo, ma lo sentiva, aveva una strana sensazione. Guardò i due. Erano due ragazzini. Probabilmente erano anche dei compagni di scuola del suo fratellino Mikey. Istintivamente, così come era per suo fratello, sentì il bisogno ed il dovere di proteggerli.
Pensò che se fosse stato da solo, a vedere le immagini dell'attentato, avrebbe pianto come un bambino, fino ad addormentarsi, nella speranza che al suo risveglio potesse accorgersi che era solo un brutto sogno.
Quel ragazzo invece, con quell'aria sveglia e quello sguardo sincero e profondo, gli era stato accanto, provando le sue stesse emozioni confuse. E finalmente, per una volta, aveva sentito di poter condividere qualcosa con qualcuno. Per quanto triste fosse.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - You're Not In This Alone ***


  Capitolo 2 - You're Not In This Alone
And if the world needs something better, let's give them one more reason now

Quello che Gerard provava era qualcosa di indescrivibile. Era sempre stato bravo con le parole, sapeva giocarci bene, ma in quel momento non riusciva a trovarne una che potesse esprimere il suo stato d'animo. Era un misto di tristezza, impotenza, delusione, rabbia e paura. E tutte queste sensazioni aumentavano ogni minuto di più, mentre osservava Alex. Non aveva detto una parola, eccetto "Mamma" o "Papà", tra un singhiozzo e l'altro.
      Lui, Frank e il proprietario del negozio di Belle Arti avevano deciso di accompagnarla a cercare i suoi, e sembrava una buonissima idea, finché non riuscirono a parlare con degli agenti di polizia, che erano troppo indaffarati a cercare di capire cosa stava accadendo e come dovevano comportarsi per dar retta a loro quattro. E la cosa più triste, era che non c'era solo Alex, lì, a cercare i suoi genitori. C'era un'infinità di persone, tutti disperati allo stesso modo, tutti ugualmente impauriti. Donne e bambini, uomini, signori e giovani. Tutti avevano perso qualcuno, tutti volevano ritrovare qualcuno. Gerard si rese conto, lo vide nello sguardo dell'agente con cui parlarono, che molto probabilmente, non molti di loro avrebbero potuto trarre un respiro di sollievo. Molta gente non sarebbe tornata a casa. Molto probabilmente, molta gente non sarebbe stata nemmeno ritrovata.

Così si era fatta sera, e Gerard e Frank rimasero con Alex, mentre l'anziano dovette tornare a casa. Senza dire nulla si incamminarono di nuovo al Cafè. Gerard guardò l'ora sul display del cellulare. Forse sarebbe dovuto tornare a casa anche lui. Aveva avvertito i suoi che aveva da fare, che stava bene e tutto. Però aveva bisogno di respirare l'aria di casa sua, perché si stava rendendo conto che mentre lui voleva passare più tempo possibile fuori casa per starsene tranquillo e lontano dai suoi e da suo fratello, qualcuno non aveva più nessuno, ora. Era stato stupido.   
      Doveva ringraziare il cielo per tutto ciò che aveva e che poteva avere ancora. Aveva dato per scontato molte cose, come fanno la maggior parte delle persone che conosceva. E invece in una manciata di minuti poteva cambiare tutto. «Forse dovremmo tornarcene a casa. Hanno detto che appena avranno notizie ti chiameranno...» disse, spostando i capelli dagli occhi.
     
Frank si voltò a guardarlo «Se devi andare vai. Ti ringrazio per esserci stato vicino.» disse accennando un sorriso, guardando Gerard negli occhi «Però io rimango con lei, non posso certo abbandonarla ora...» mormorò.
     
«Giusto... Beh, allora potreste...» ci pensò un pò, poi scrollò le spalle «Potreste venire a casa mia, così se dovessero chiamare, siamo insieme... Non dovete affrontare tutta questa situazione da soli...» spiegò. Avrebbe voluto aggiungere che ora si sentiva parte di loro, perché le emozioni che avevano condiviso in quella giornata lo avevano toccato nel profondo, molto di più di quanto avesse condiviso con molti suoi amici in anni di conoscenza. Però non voleva suonare banale o stupido.
     
L'altro sorrise, contento di sentire quelle parole. Guardò Alex, che aveva l'aria stanca. «Credo sia un'ottima idea...» disse.

 

Quando Gerard fece strada fino a casa sua, Frank realizzò di essere già stato lì almeno un paio di volte. Lo guardò bene. In tutta la confusione della giornata non avevano certo avuto tempo per presentarsi per bene o chiacchierare di loro. Ora però riusciva a riconoscere dei lineamenti vagamente familiari, in un certo senso. Fu più chiaro quando lesse il cognome sul campanello. Way.
     
Ecco chi era! Il fratello maggiore di Mikey Way, il ragazzo occhialuto che andava in classe loro. Era stato a casa sua un paio di volte nel corso degli anni di liceo, per studiare Biologia e Matematica, in cui Frank era una capra e Mikey andava alla grande.

Ad accoglierli fu Donna, la madre di Mikey e Gerard, che corse incontro a suo figlio e lo abbracciò come se non lo vedesse da una vita.
      
Gerard slacciò l'abbraccio imbarazzato «Mi stai soffocando, mamma...» disse.
      
La signora si tranquillizzò e guardò gli altri due «Che succede?» chiese preoccupata.
     
Mentre Frank spiegò la situazione a Donna, chiusi in cucina, Gerard fece stendere Alex sul suo letto, imbarazzato dal caos che c'era lì dentro. Raramente ci faceva entrare qualcuno.
      
Le accarezzò i capelli per un pò, finché la ragazza finalmente si addormentò.
      
Quando tornò in cucina, sua madre, Frank e suo fratello erano seduti a tavola, nessuno di loro aveva appetito e si sforzarono di mangiare qualcosa.
      
«Certo che potevate chiamarmi. Sarei venuto a darvi una mano...» borbottò Mikey che aveva passato la giornata a guardare il notiziario in attesa del ritorno a casa di suo fratello.
      
Gerard lo fulminò con lo sguardo «Non siamo mica andati a fare una scampagnata, idiota. Che facevi, scavavi tra le macerie?».
      
«Calmatevi.» si intromise Donna «Che farà ora Alex se i suoi genitori sono davvero...» non riuscì a finire la frase.
     
«Come siete pessimisti. Magari non gli è successo niente...» mugugnò Mikey masticando una forchettata di lasagna.
     
«Si, e se stessero bene perché mai non dovrebbero chiamarla per farla stare tranquilla?» sbuffò Gerard spazientito. A volte pensava che suo fratello viveva in un mondo tutto suo.
      
«Non lo so. Per quanto ne so io, a parte i suoi genitori qui non ha nessun'altro...» mormorò Frank pensieroso. Era proprio una situazione del cavolo, e non c'era niente che potesse fare.
      
Donna sospirò «Proprio nessuno? Forse dovremmo chiamare degli assistenti sociali...» propose.
      
«In quale modo potrebbero aiutare, eh?» disse con una smorfia Gerard «Magari la sistemano chissà dove con un gruppo infinito di altri ragazzini che non sanno se i genitori sono morti in quell'attentato. O magari no, potrebberlo anche essere troppo impegnati per darle retta. Non è mica una bambina, non ne ha bisogno davvero.» protestò.
       
Frank si morse il labbro «E poi c'è anche il Cafè. E' la loro unica fonte di guadagno, e faceva pena già prima. Se non ci bada nessuno ad Alex non resterà davvero nulla...» mormorò pensoso.
       
Donna scrollò le spalle «Vedi, per questo dobbiamo chiamare qualcuno che le dia una mano!» disse insistente.
      
Gerard si alzò dal suo posto con uno scatto «Non è così! Possiamo aiutarla noi! Non dobbiamo per forza lavarcene le mani e lasciarla in balia di chissà chi, e con chissà quale autorita!».
      
«Beh, comunque dovrebbe decidere lei.» ribattè Donna.
       
«Oh, certo, però glielo dici tu che vuoi abbandonarla quando già non ha più nessuno e noi siamo gli unici che possono starle davvero accanto, perché vogliamo farlo, e non perché dobbiamo!».
      
Sua madre sorrise. Era orgoglioso di suo figlio. Lo aveva sentito piangere da bambino, quando i compagni di scuola lo prendevano in giro e lo chiamavano "strano", o si facevano grandi a suo discapito, e quando tornava a casa si chiudeva in camera sua a sfogarsi, trasferendo su carta tutto il suo dispiacere e la sua sofferenza. E crescendo era diventato più forte, ed aveva imparato ad amare gli altri nonostante tutto. Lui non odiava nessuno, nemmeno chi lo aveva trattato nel peggiore dei modi. Lui amava tutti, ed avrebbe dato anche il suo stesso cuore al prossimo, se necessario.
      
«Ok, quindi cosa dovremmo fare?» domandò.
      
Frank e Mikey, proprio come lei, guardarono Gerard in attesa di una risposta.
     
«Potremmo dirle di stare qui con noi, finché non accadrà qualcosa, finché non sarà lucida abbastanza per decidere da sola. E sopratutto, finché non l'avremo aiutata a superare tutto questo, se possibile, e potrà camminare da sola...» spiegò.
      
«Potremmo continuare a lavorare al Cafè. Non può certo gestirlo da sola, ora che ricomincia anche la scuola...» aggiunse Frank sorridente. Era un'ottima idea. Si sarebbero presi cura loro di Alex. Era il minimo che potesse fare per ricambiare tutto ciò che avevano fatto i suoi genitori e lei stessa per lui.
     
Gli avevano dato un lavoro col quale aveva potuto comprare le sue prime chitarre e il necessario per suonare col suo gruppo, e sopratutto erano stati sempre molto carini con lui, lo avevano fatto sentire parte della famiglia, ed Alex lo divertiva, lo aiutava a studiare e gli rendeva le giornate più allegre.

Quando finirono di cenare Gerard, Frank e Mikey si trasferirono nel salotto. Frank si fermò a guardare una chitarra acustica nell'angolo della stanza.
      
«Chi è che suona la chitarra?» chiese prendendola in mano. Toccò le corde e gli venne voglia di suonarla. Aveva la musica nelle vene, non c'era sensazione più bella che suonare e trasferire ogni emozione nelle note prodotte da una chitarra.
      
Gerard alzò la mano imbarazzato. In realtà non era un granché, sapeva suonare qualcosa ma niente di speciale. Sapeva che Frank, lo aveva sentito parlarne con Mikey durante la cena, suonava in un gruppo abbastanza conosciuto nella zona.
      «Davvero? Anche io!» fece l'altro, entusiasta, spostandosi i capelli dal viso «Posso suonarla?» chiese, mettendosi seduto sul divano, accanto a Gerard.
      
Era una domanda retorica, Frank aveva già iniziato a suonare qualcosa. Niente che Gerard avesse mai sentito in precedenza. Stava semplicemente creando qualcosa di nuovo, e di magico. Gli venne istintivo chiudere gli occhi, e come poggiò la nuca sul poggiatesta del divano, la mente si affollò di parole ed immagini di quella giornata. Lacrime, disperazione, confusione, e il fumo, il fuoco, le sirene delle ambulanze, le immagini del notiziario, la voce spezzata di Alex, l'abbraccio con Frank.
      Era stato stupido a pensare di avere tanto tempo da sprecare. Era stupido pensare di poter sprecare una vita così. Doveva fare qualcosa. Doveva dare un senso a tutto. Non c'era tempo da perdere, si rese conto che da un momento all'altro la vita può scivolarti via, e tutto quello che avrai fatto sarà stato trascinarti nei giorni senza concludere assolutamente nulla. Essere vivi era un privilegio, era qualcosa per cui doveva ringraziare il cielo, e sopratutto, era l'occasione per poter dare qualcosa, per poter aiutare, per poter fare.

Non avrebbe più dato per scontato nulla.

 

Alex dormì tutta la notte, anche se il suo sonno fu irregolare e colmo di sogni fatti di scene paurose e tristi. Quando si svegliò aprì gli occhi di scatto, con la sensazione di essere in ritardo. Si tirò a sedere sul letto e si guardò intorno.
       Dalla finestra il sole filtrava da uno spazio tra le tende tirate, illuminando a malapena la stanza. Era tutto scuro e c'era odore di chiuso. Sulle pareti c'erano un mucchio di disegni e quadri e sulle mensole c'erano gli action figure dei supereroi. Si alzò ed aprì la porta, quando riuscì a trovarla inciampando tra scarpe e vestiti gettati sul pavimento.
      Sentì il rumore dei piatti nel lavandino, e per un attimo sorrise, sperando che ci fosse sua madre. Capitava spesso di svegliarsi dietro quel suono ed andare in cucina, dove sua madre stava sistemando dopo aver preparato una colazione abbondante che bastava almeno per metà Belleville.
      Seguì quel suono ed andò in cucina. C'era una donna che non aveva mai visto prima, con dei lunghi capelli biondi, che lavava delle tazze nel lavandino.
       Si voltò, come se avesse sentito la sua presenza, e le sorrise.
      Ad Alex veniva da piangere, ma non ci riuscì. Le lacrime si erano stancate di scendere. Ed ora, la preoccupazione e la paura del giorno prima, si erano trasformate in rabbia e disperazione.
     
Avrebbe potuto uccidere qualcuno, se fosse servito a portarle i suoi genitori. Avrebbe venduto l'anima per raggiungerli, ovunque si trovassero, anche se erano morti. Sapeva che era così. L'avrebbero chiamata, l'avrebbero cercata ovunque, avrebbero mandato una squadra speciale a prelevarla se fosse stato necessario.
     
Guardò l'ora sull'orologio a parete, appeso accanto al frigorifero. Erano passare più di 24 ore. Fece un respiro profondo. E chiunque fosse quella donna, sentì il bisogno di abbracciarla.

 

«Questo pezzo è bellissimo!» disse Matt a Gerard, tutto contento, quando finalmente riuscirono a dar vita alla canzone che aveva avuto in mente Gerard per tutta la notte, o meglio, da quando aveva sentito Frank suonare.
       
«Dovremmo portarci ad un altro livello, sai? Suonare più live. E poi abbiamo bisogno di un chitarrista decente, io faccio pena...» disse Gerard guardando fuori dalla finestra della stanza adibita a sala prove a casa di Matt. I due avevano formato una band da qualche tempo, ma non era niente di speciale. Ora Gerard voleva fare sul serio.
     
«Beh, potremmo chiedere a quel tipo che era al Liceo con noi. Si chiama Ray, suona ogni tanto con degli amici... Potremmo andare a vederli suonare una di queste sere e proporglielo...» rispose.
      
Gerard ci pensò su. Era un'ottima idea. Aveva visto suonare Ray un paio di volte ed era rimasto stupito da tanta bravura. Era un chitarrista ottimo, e sperò che avrebbe accettato la proposta.
      
E suo fratello Mikey aveva imparato a suonare il basso, e si sarebbe volentieri unito al gruppo, lo aveva detto un sacco di volte.


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Grazie per le recenzioni, i commenti e tutto il resto.

XOXO
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - One Drink And The Pain Goes Down ***


 

Capitolo 3

One Drink And The Pain Goes Down

 

«E mi raccomando, fate i bravi!» urlò Gerard mettendo la testa fuori dalla porta, salutando con la mano Alex e Mikey, che una di fianco all'altro si dirigevano verso scuola.
     
Era il primo giorno e nell'aria c'era qualcosa di diverso.
    
Alex passava le giornate in casa Way. In realtà, non aveva nemmeno più messo piede in casa sua. Aveva mandato Frank a prenderle dei vestiti e altra roba.
    
Però aveva anche smesso di scattare alla finestra al suono di una sirena della polizia, o di agitarsi quando sentiva squillare il telefono. Col passare dei giorni si era tranquillizzata. Era ridicolo sperare, si diceva.
     
Quando svoltarono l'angolo Alex dovette strattonare Mikey per un braccio.
     
«Che c'è?» chiese lui guardandola da dietro i suoi occhiali.
     
Alex alzò gli occhi al cielo «Andiamo di qui...» disse indicando una via stretta alla sua sinistra.
     
Mikey aggrottò le sopracciglia «Ma la scuola è da quest'altra parte... » puntualizzò.
     
Lei alzò gli occhi al cielo «Ma infatti io non voglio andare a scuola.» spiegò.
     
«Io si però!» si lagnò Mikey come un bambino.
     
«Ok, fa come vuoi. Ci vediamo oggi pomeriggio. E non dire niente a nessuno, ok?» fece lei, coprendosi la testa col cappuccio della felpa rossa che indossava.
     
Mikey sbuffò mormorando qualcosa «Non posso mica lasciarti andare da sola. Gerard mi uccide se viene a saperlo.» pensò, guardandosi alle spalle come se suo fratello potesse spuntar fuori da un momento all'altro.
      
«E se non glielo dico io, e non glielo dici tu, come può venire a saperlo, scusa?».
      
Mikey ci pensò un pò, poi sospirò «E dove andresti?» chiese rassegnato.
      
Lei scrollò le spalle «Non lo so, non importa. Non a scuola, sicuramente.».
      
«E posso stare tranquillo?»
      
Lei rise «Si, non voglio togliermi la vita, scavare nelle macerie, fare una seduta spiritica né niente del genere, giuro...» disse.
       
Lui non l'aveva mai vista ridere in realtà, e si sentì sollevato. Le disse di farsi trovare fuori scuola per l'orario di uscita perché probabilmente Gerard sarebbe andati a prenderli, e poi la salutò e si avvio verso il Liceo.

«Ehi!»
      
Mikey si voltò, e si ritrovò davanti a Frank, che indossava una t-shirt bianca ed un paio di jeans scoloriti.
      
«Buongiorno.» lo salutò, sperando che non si accorgesse che Alex-
      
Troppo tardi, l'altro si stava già guardando intorno «Dov'è? L'hai accompagnata in classe?» chiese.
      
Mikey cominciò a dare i primi segni di nervosismo. Cominciò a giocherellare con la zip della felpa che aveva indossato e rise istericamente immaginando qualcosa da dire, qualcosa di plausibile. Alex e Frank erano in classe insieme, non poteva dirgli "Si, la trovi lì". Certo che no.
       
Frank lo guardò con un sopracciglio sollevato ed aria incuriosita «Allora?».
      
«Ehm. Ok, senti, io le ho detto che era un'idea pessima e se Gee viene a saperlo mi uccide, però non potevo mica legarle una palla di piombo alla caviglia e costringerla a seguirmi!» disse sbuffando.
       
L'altro si schiarì la gola «Che significa?» chiese confuso.
       
«Quello che ho detto...» mormorò Mikey, abbassando lo sguardo.
       
Immaginava già la scenata che avrebbero fatto tutti, se ad Alex fosse accaduto qualcosa.
       
«E' andata a fare un giro da sola. Non voleva venire a scuola, ecco tutto...» chiarì.
       
Frank sospirò «Che cavolo, e dov'è andata?» chiese preoccupato.
       
Era ridicolo, si preoccupavano tutti come se fosse una bambina in fasce.
       
Mikey sbuffò alzando gli occhi al cielo «Non lo so, scusa ma non sono mica la sua guardia del corpo...» disse facendo una smorfia.
      
«Tranquillo. Vado a cercarla io.» disse l'altro, accennando un sorriso vago, prima di voltarsi ed andarsene.

Quando Alex fu davanti alla vetrina del Cafè fece un respiro profondo. Prese le chiavi della porta da dentro la tasca dei jeans ed aprì.
      
Era tutto in ordine, e c'era profumo di pulito.
      
Sapeva che Frank ci aveva passato parecchio tempo negli ultimi giorni, e gliene era grata.
     
Si diresse verso il bancone. Dall'altra parte c'era, appesa al muro, una foto di lei e Frank con indosso un grembiule verde con sopra il logo del Cafè, e sorrise. Accanto a quella, loro due erano con i suoi genitori. Sorrise anche a loro, come se potessero vederla.
     
Si sedette su uno sgabello e poggiò la testa sul bancone, con gli occhi chiusi. Provò ad immaginare che fine avrebbe fatto, ora. Doveva guidarsi da sola, e nonostante tutti le stessero dando una mano, prima o poi avrebbe dovuto prendere la sua strada, e la cosa la faceva rabbrividire. Finché c'erano i suoi, sapeva di poter contare sempre su di loro. Era come se avesse la coscienza di poter anche sbagliare, tanto loro l'avrebbero aiutata a rimediare ad ogni errore. Ora invece quel lusso non poteva permetterselo più. Ora doveva fare la persona matura, scegliere la strada giusta.
     
"Ok, iniziamo domani però..." pensò, alzandosi. Andò dietro al bancone ed aprì un'anta del mobile, quella dove suo padre teneva gli alcolici.
     
Solitamente prediligeva la birra ad ogni altro tipo di bevanda alcolica, ma per il momento andava bene anche del Bourbon.
     
Non aveva problemi con l'alcool, nè con la droga, nè niente del genere. Voleva solo provare quella sensazione di leggerezza che quelle sostanze ti potevano regalare. Non osava mai troppo, sapeva dire basta quando sentiva che stava per passare da leggermente sbronza a totalmente ubriaca, ma quel giorno non importava. Se fosse svenuta sarebbe stato anche meglio.
     
Aprì la bottiglia ed l'avvicinò alle labbra. L'odore forte le fece fare una smorfia. Poi chiuse gli occhi e bevve un sorso lunghissimo, che bruciò prima la gola, poi lo stomaco.
      
Le venne da tossire, ma si asciugò le labbra con la manica della felpa e poi riprese a bere.

«Ehi, Frank, come mai da queste parti?» chiese Gerard quando si trovò l'altro davanti alla porta d'entrata di casa. Guardò l'orologio, erano le 9 e in teoria avrebbe dovuto essere a scuola, non di certo a casa sua.
      
Frank si passò una mano tra i capelli cercando le parole giuste per dire all'amico che suo fratello aveva lasciato che Alex saltasse scuola senza sapere dove andasse.
      
«Uhm. Alex non è andata a scuola. E Mikey non sa dove sia.» fu il meglio che riuscì a tirar fuori.
      
Gerard deglutì «Tu che sei suo amico, ha mai parlato di suicidio o roba simile?» chiese a voce bassa.
      
Frank non riuscì a trattenere una risatina «Oh Cristo, no!» disse ridendo.
      
Aveva un bel sorriso, pensò Gerard. Lo aveva detto anche Alex, una sera, mentre stava per addormentarsi. Lui ed Alex dormivano insieme in camera sua. Lei però si era rifiutata di rubargli il letto, dicendo che le andava bene anche stare sul pavimento. Così parlavano molto prima di addormentarsi, ed Alex una sera gli chiese perché Frank negli ultimi giorni passasse a trovarla raramente. Gerard lo sapeva, ma era una sorpresa, così non disse nulla.
     
Stavano organizzando qualcosa di grande, che occupava a Frank tantissimo tempo. Però non voleva dirglielo. Ora che non si sapeva dove fosse, pensò che era stata una stronzata tenerla all'oscuro del loro progetto. Magari chissà, aveva pensato che anche Frank l'aveva abbandonata. Ma no, si disse, sapeva che non lo avrebbe fatto mai.
     
«Dove l'hai cercata fin ora?» domandò dopo un pò.
     
Frank fece una smorfia «Ehm. Beh. Ancora da nessuna parte in realtà. Ho pensato di venire a dirtelo, prima...» disse scrollando le spalle e sentendosi un pò stupido. Però aveva davvero pensato che Gerard avesse la situazione sotto controllo ogni volta, e quindi dovesse saperlo al più presto, e poi l'avrebbero cercata insieme, magari.
    
«Ah, ok. Allora, io vado a cercarla per strada. E tu vai al Cafè, ok?» disse, prendendo le chiavi della macchina e chiudendosi la porta di casa alle spalle.
    
Frank annuì, sentendosi ancora più stupido: se avesse pensato per primo di andare al Cafè, sicuramente l'avrebbe trovata lì ed avrebbe potuto evitare di far preoccupare Gerard.

Frank avvicinò la faccia alla vetrina del Cafè, coprendo il vetro con la mano per evitare che la luce riflettesse le immagini della strada dietro di lui. Guardò dentro e non vide nulla.
    
  Poi saltò di scatto, spaventato, quando Alex spuntò dal nulla urlando «Buuu!», per poi scoppiare a ridere come un'idiota.
     
Frank entrò alla svelta nel locale «Ehi! Che ci fai qui?» chiese guardandola. Odorava di Whiskey e non la smetteva di ridere.
     
«Dovevi vedere che faccia!» disse lei tra le risa.
     
«Puzzi di alcool. Sei ubriaca? Sono le nove di mattina, Cristo!» la rimproverò Frank serio, scrollando la testa.
      
Lei fece una smorfia «Solo oggi, giuro! E comunque, chi non muore si rivede, eh!» fece, prima di ricominciare a ridere di gusto.
      
Lui non disse nulla, e lei si zittì.
     
«E ridi! E' una battuta, per dire che almeno tu non sei morto...» spiegò la ragazza sospirando «Che ci fai qui? E' da un pò che non ti fai vedere.».
     
Frank si sentì dispiaciuto e le carezzo i capelli «Ho avuto da fare. Sto cercando di sistemare questo posto...» spiegò guardandosi intorno. Era quasi tutto pronto, mancavano giusto un paio di cose da rivedere. «E non dovresti essere qui. E' una sorpresa, quindi ora andiamo...» continuò, mettendole un braccio intorno alle spalle e incamminandosi fuori.
      
Alex sorrise «Andiamo a casa tua?» chiese guardandolo negli occhi. Lui rise «Si, così la prossima bottiglia di Bourbon te la bevi insieme a mio padre...».
      
Anche lei rise, ma poi mise il broncio «Gerard è un bravo ragazzo. E anche Mikey, però non è molto sveglio. Però, tu non ci sei mai...» mormorò.
      
«Ancora per poco, ok? E' una sorpresa. Stiamo organizzando una cosa grandiosa.»
      
«Non è che mi lasci dagli Way e te ne vai?» chiese lei sospettosa.
     
«Non lo farei mai.» disse Frank deciso e serio. Alex gli regalò uno dei sorrisi più sinceri che avesse mostrato negli ultimi giorni.
     
«Sei proprio carino, lo sai?» disse dopo un pò.
     
Frank rise «Si, me lo dicono tutti...».
     
«No, dico sul serio. E la sai una cosa?».
     
Lui la guardò con un sopracciglio alzato, in attesa che continuasse.
      
«...beh... se te lo dico però poi devi dimenticarlo, ok? Perché te lo dico solo perché sono ubriaca, non perché te lo avrei voluto dire, prima o poi.».
    
«Allora non dirmelo, quella ubriaca sei tu, mica io. Tu lo dimenticherai ed io no.» rispose Frank scuotendo la testa.
     
«Quanto sei stupido! Bastava dire di si, tanto domani l'avrò dimenticato. Comunque, sul serio, lo sai che quando mi sorridi mi viene un tuffo al cuore? Sembra proprio una di quelle cose tipo... com'è che si dice...» fece Alex, facendo arrossire Frank.
     
«Ok, smettila di chiacchierare ora. Andiamo da Gerard. Anzi, se mi dai il cellulare gentilmente, lo chiamo e gli dico di smetterla di cercarti in giro per Belleville...» disse imbarazzato cambiando totalmente discorso.
     
«Ah, come ti pare, puoi anche dirlo "Alex, lascia perdere, fai pena ed ora come se non bastasse sei anche orfana, se vai a pregare in qualche chiesa Gesù ti sputa in un occhio dalla croce...".» fece lei accennando una risatina nervosa.
     
Frank scoppiò a ridere «Stai fuori. Però hai un modo troppo divertente di esprimerti, ti farò ubriacare più spesso...» disse.

Quando arrivarono a casa Way, Gerard gli corse incontro. Abbracciò Alex proprio come aveva fatto sua madre quando era tornato a casa la sera dell'attentato.
      
Poi la scansò con una smorfia sul viso «Hai bevuto?».
       
Frank lo guardò ed annuì «Si, e dice un sacco di cose stupide, ma non darle retta...» disse ridendo. Alex gli diede uno schiaffo sulla testa «Tu dici cose stupide anche da lucido!».
      
Entrarono in casa e si sedettero sul divano, Alex tra Frank e Gerard.
       
«Non dovete preoccuparvi. Da domani faccio la brava ragazza. Prometto. Però oggi ubriachiamoci tutti!» disse lei ridendo.
       
«L'abbiamo persa, non è vero?» chiese Gerard a Frank.
       
Lui scrollò le spalle «Forse si. Però se promette che domani farà la brava, potremmo anche festeggiare il suo ultimo giorno di stupidita!» propose, alzandosi.
       
Nella vetrina accanto al caminetto, nel salotto, c'erano un'infinità di alcolici assolutamente off limits per Mikey e Gerard. Frank non chiese nemmeno il permesso, l'aprì e tirò fuori dei bicchieri e un paio di bottiglie.
       
Gerard lo guardò con un'espressione di disaccordo sul volto «Non mi pare il caso...» disse.
      
«E dai! Mica dobbiamo diventare degli alcolizzati!» rise Frank, seguito da Alex, che lo raggiunse e prese una delle bottiglie che aveva in mano.
      
Gerard sospirò e si unì ai due.

Bevvero così tanto che alla fine si stesero sul tappeto del salotto, a fissare il soffitto. Quando riuscirono a smetterla di dire stupidaggini era già ora di pranzo. Alex stava stringendo la mano di Gerard, ed aveva posato la testa sul petto di Frank.
      
Era un bel momento, nonostante fossero completamente andati e puzzassero come una distilleria.
      
«...grazie di tutto.» mormorò dopo una manciata di minuti di silenzio Alex.
      
Frank le diede un bacio sulla testa, e Gerard le strinse la mano.
      
«Non devi ringraziarci.» mormorò Gerard.
       
«Potremmo farci una di quelle promesse stile film per ragazzini o roba simile, tipo “Non ci lasceremo mai”...» disse Alex sorridendo. Gerard annuì.
       
Frank fece una risatina «O potremmo fare una cosa a tre, stile film vietato ai ragazzini!» disse ridendo.
       
Entrambi Alex e Gerard si alzarono a guardarlo imbarazzati.
       
«...ecco come rovinare un momento di poesia...» sospirò Gee sorridendo.

Quando Mikey vide Gerard parcheggiare l'auto fuori la scuola cominciò a sudare nervoso. Non aveva idea di dove fosse Alex, se fosse ancora viva o meno, per quanto ne sapeva poteva anche essere stata rapita dagli alieni o roba simile. Si schiarì la gola, pensando a cosa dire.
     
«Ciao. Dov'è Alex?» chiese il fratello più grande, cercando di non ridere, scendendo dall'auto quando Mikey si avvicinò.
      
«Ehm... beh... doveva... si, insomma, doveva fare un corso di recupero...» disse lui, guardando il suolo.
     
Gerard si schiarì la gola «Si? Il primo giorno di scuola e già deve recuperare?» chiese, sollevando un sopracciglio.
      
«Si. Cioè, no, forse ho capito male...» rispose l'altro guardandosi intorno. Sperava che Alex sbucasse fuori da un momento all'altro. Le aveva detto di farsi trovare fuori scuola, per lo meno!
      
«Eh si, credo di si...» mormorò Gerard.
      
Mikey fece una smorfia storcendo il naso «Perché puzzi di alcool?» domandò sospettoso. Guardò suo fratello negli occhi.
      
«Dov'è Alex insomma?» cambiò discorso lui.
      
Quando Mikey stava per arrendersi e confessare, Alex e Frank cominciarono a ridere rumorosamente tirandosi su dai sedili posteriori della macchina.
       
«Sei proprio un idiota!» fece Frank indicando Mikey e continuando a ridere. Gee li seguì a ruota.
       
«Siete ubriachi tutti e tre?» domandò lui mettendo il broncio.
     
Così lui era l'unico ad aver passato una giornata nella noia più assoluta, mentre quei tre se la stavano spassando alle sue spalle.
     
  «Nah, eravamo ubriachi fino ad un paio di ore fa. Poi Donna è tornata a casa e insomma, ci ha dato una cosa strana e disgustosa da bere ed è passato tutto... quasi...» spiegò Alex sorridente «Comunque resta il fatto che non sei in grado di mentire. Che adolescente sei se non sai dire una cazzata?».
       
Lui sbuffò entrando in macchina «Smettetela. Fate pena...» borbottò.

Il locale era affollato, e Matt dovette spintonare un paio di persone per potersi aprire la strada verso il tavolo in cui era seduto Ray con i suoi amici. Lo riconobbe subito: aveva un'infinita chioma di capelli ricci che gli incorniciava la testa. Portava i capelli così da sempre, per quanto ne sapeva.
       
Lo salutò e si mise seduto accanto a lui. Gerard restò in piedi.
       
Ray aveva appena finito di suonare coi suoi amici ed era sudato e fomentato.
      
«Ciao ragazzi! E' una vita che non ci vediamo!» disse guardando prima uno poi l'altro. A Gerard non andava tanto di chiacchierare, voleva arrivare subito al dunque. Sentiva che lui era il chitarrista giusto, quello di cui avevano bisogno.
      
«Sai, sei fantastico!» disse emozionato «Non ho mai conosciuto un chitarrista migliore di te! E sai, noi stiamo mettendo su una band, cioè, vorremmo fare una cosa un po' più seria, ed avevamo pensato che se ti va, non so, potresti unirti a noi, sarebbe grandioso. Cioè, anche solo per passare un po' di tempo insieme e divertirci suonando, sai...» spiegò.
     
Ray sorrise annuendo «Si, certo, mi farebbe piacere... ditemi quando e dove provate, così vi raggiungo e suoniamo qualcosa insieme, ok?» disse contento.
     
Si sentiva lusingato, e quel Gerard gli ispirava fiducia. Sentì che aveva ragione, sarebbe stato grandioso, proprio come aveva detto.

 

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Di nuovo, grazie per i commenti e le recensioni. Sul serio. Much Love! <3



 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Now, but I can't, and I don't know, how we're just two men... ***


Capitolo 4

Now, but I can't, and I don't know, how we're just to men...

Alex camminava cercando di tenersi in equilibrio e di non andare a sbattere addosso a qualche muro. Una mano gliela stava tenendo Frank, l'altra la passava sul muro di fianco a lei per farsi strada.
      C'era un caos tremendo, aveva sbattuto addosso ad un paio di persone e c'era un mix di voci ed odori che non riusciva a distinguere. Sperò di non perdere mai la vista, perché già andare in giro per un quarto d'ora con una benda sugli occhi era straziante.
      Non aveva idea di cosa l'aspettasse, sapeva solo che non poteva togliere la benda finché non le avesse dato il permesso Frank, che ogni tanto ripeteva «Ci siamo quasi!».
      Non vedeva l'ora di poter vedere cosa stesse succedendo, perché non era né il suo compleanno né niente del genere, eppure c'era tutta l'atmosfera di una festa a sorpresa.
      «Ok, ora ti tolgo la benda dagli occhi...» le sussurrò Frank all'orecchio, facendola fermare.
       Sentiva la presenza di un mucchio di gente intorno a lei, e forse qualche voce le suonava familiare.
       Quando la benda nera scivolò via, ci impiegò un paio di secondi per mettere a fuoco lo scenario, ed un brivido le percorse la schiena, mentre un sorriso le si ingrandiva sulle labbra.
        Erano al Cafè, ma a differenza del solito, il locale era così colmo di gente che quasi le mancava il respiro. Erano mesi che non c'erano tutte quelle persone lì dentro nello stesso momento.
        E poi, la parte più bella. Avevano sistemato in un angolo gli strumenti della band di Gerard, e lui era lì che la salutò con un sorriso ed un cenno della mano.
        Era la loro prima serata con il nuovo chitarrista, Ray, e con Mikey al basso. Erano tutti emozionati, e finalmente iniziarono a suonare, mentre Donna e suo marito, ed i genitori di Frank, ed un paio di vicini di casa fin troppo gentili erano al bancone del locale e a servire ai tavoli.
       «Wow. Che succede?» chiese Alex stupidamente. Perché era ovvio che era a questo che Frank stava lavorando ultimamente. Aveva risistemato il locale ed ora c'era una folla assurda che ordinava le consumazioni, ballavano e cantavano e saltavano e si divertivano. Frank sorrise «Resuscitiamo questo posto...» disse scrollando le spalle, come fosse la cosa più normale del mondo che un quasi diciottenne potesse prendere un locale nemmeno suo e rivoluzionarlo per aiutare un'amica. Era più che normale per Frank, comunque.
       Lei aveva le lacrime agli occhi. Era stupendo, era grandioso, era quasi un sogno, e si preoccupò di non poter mai ricambiare per tutto ciò che tutti stavano facendo per lei.
       Frank la guardò e l'abbracciò, come se stesse leggendo i suoi pensieri «Tranquilla, ci stiamo divertendo, ci piace prenderci cura di te. E poi, a noi piace suonare, a te serve questo Cafè, quindi... uniamo l'utile al dilettevole!» rise.
      «Beh, è la cosa più bella che qualcuno abbia mai fatto per me...» mormorò lei, con gli occhi lucidi.
      «Lo so, siamo unici e speciali, puoi dirlo...» rise Frank, poi la trascinò al bancone e prese due birre «Ora però andiamo a scatenarci. Dopo suono anche io, col mio gruppo. Ma per ora ascoltiamo loro. Sono grandiosi, non trovi?».

 La serata finì così tardi che era già quasi mattina. Il locale finalmente si era svuotato, e Donna disse ad Alex che il giorno dopo ci avrebbe pensato lei a sistemare, e che per quella sera doveva solo continuare a divertirsi.
       Gerard e Mikey erano seduti sul pavimento, in un angolo del Cafè; Ray stava ancora strimpellando la sua chitarra, come se la notte fosse ancora giovane, e Frank e Matt stavano bevendo un'altra birra, ma erano andati già da un pò.
       Alex li guardò, tutti e cinque. Erano una famiglia, o ciò che si avvicinava di più ad essa.
       «Le canzoni che avete suonato oggi erano fantastiche!» esclamò raggiungendo Gerard e sedendosi accanto a lui.
        Mikey annuì «Assolutamente! C'era la magia, vero? C'era la magia e la poesia e-»
        Frank scoppiò a ridere «Si, e gli unicorni, Mikey, c'erano anche gli unicorni!» lo derise scherzosamente.
        Lui fece una smorfia «Si, anche gli unicorni, ok?!» sbuffò.
       «Beh, dovreste trovare un nome per la band. Non è che potete chiamarvi "la band di Gee, e Mikey, e Matt, ed ora anche Ray"...» fece notare Alex.
      «Si, hai ragione...» mormorò Gerard «Qualche idea?» chiese guardando i suoi amici uno ad uno. Matt era troppo ubriaco, Ray scrollò le spalle continuando a giocherellare col suo strumento, e Mikey sorrise soddisfatto.
       «Chemical Romance!» esordì «Che ne dite?».
       Gerard alzò la mano sorridente, per battere il cinque con suo fratello «Mi piace! My Chemical Romance!» ripetè.
       Il nome andò bene a tutti.
       Frank si alzò e sollevò l'ennesima bottiglia di birra «Un brindisi ai My Chemical Romance allora! Cazzo, siete troppo forti ed io sono il vostro fan numero uno, dannazione!» disse, prima di mandar giù il contenuto della bottiglia tutto d'un fiato.
      Gerard sospirò. Quel ragazzo beveva davvero troppo, ed ogni occasione era quella giusta per fare un brindisi. Lui non riusciva a tenere il passo, dopo un paio di birre era bello che ubriaco, mentre Frank prima di arrivare a quel punto poteva scolarsi una cassa intera da solo.
      Però quella sera non era il caso di fare storie, era un giorno da festeggiare, era un giorno importante. Prese una birra anche lui, come tutti gli altri, e brindarono.
 

«Et voilà!» sorrise Frank tenendo in alto una t-shirt nera per mostrarla agli amici. C'era stampato sopra il logo dei My Chemical Romance, e ne aveva regalate un pò in giro nella sua scuola.
     Gerard e Mikey la guardarono emozionati. Era bellissima.
     «Wow! Sono grandiose!» esclamò Mikey rovistando nello scatolone che Frank aveva portato, nel bagagliaio della sua macchina.
     Da qualche giorno il gruppo aveva creato un sito web dove Ray aveva pubblicato un paio di canzoni che avevano registrato a casa di Matt, dove avevano sistemato una sottospecie di studio. Suonavano così bene che anche se la qualità dei pezzi non era delle migliori, le canzoni erano state scaricate da parecchia gente e sia Frank che Mikey avevano sentito un paio di compagni di scuola canticchiarle nei corridoi col lettore MP3 alle orecchie. Non potevano che esserne soddisfatti.
     Ora Frank aveva deciso di far stampare delle magliette. Qualsiasi cosa per pubblicizzare il gruppo. Si era anche impegnato a trovargli un buco di mezz'ora nello stesso locale dove lui avrebbe suonato con la sua band il prossimo venerdì sera.
     «Grazie davvero, Frank, tutto quello che stai facendo per il gruppo è davvero fantastico...» lo ringraziò Gerard dandogli un abbraccio veloce.
     Frank sorrise soddisfatto. Gli piaceva rendersi utile, e sopratutto, gli piaceva passare del tempo con Gerard e gli altri. Era una cosa strana. Lui era sempre stato abbastanza socievole, non aveva problemi a legare con la gente, eppure con quel Gerard era qualcosa di più profondo. Si disse che probabilmente era per quello che avevano passato. Pensò che se al posto di Gerard, quel giorno al locale fosse entrata qualsiasi altra persona, magari sarebbe stato lo stesso, si sarebbe sentito legato a questa proprio come si sentiva con Gee.
     Però se ci pensava bene, doveva essere qualcos'altro. Gerard era una persona speciale. Chi altri si sarebbe offerto di dividere la cameretta con una ragazzina sconosciuta che era rimasta all'improvviso da sola? Un gesto così grande poteva farlo solamente qualcuno con un cuore altrettanto grande.
      «Beh, dovremmo proprio festeggiare!» esclamò Gerard dopo un pò, sorridendo al fratellino e a Frank.
      Entrambi lo guardarono incerti «Ehm, sono appena le tre di pomeriggio...» mormorò Mikey.
      Frank rise «Si, e poi sono solo magliette...» aggiunse.
     Gerard sembrò deluso. Ultimamente, o per meglio dire dalla sera del debutto della band al Cafè, quando aveva bevuto tanto da crollare nella macchina di Matt, non perdeva occasione per fare un brindisi e mandar giù un goccio di qualsiasi alcolico disponibile nei paraggi.
     Gli piaceva bere, per quanto fosse una cosa stupida. Gli piaceva sentire la testa girare, ridere senza motivo e dire un sacco di cose insensate senza preoccuparsi troppo.
     Ultimamente aveva dovuto preoccuparsi per Alex e per il suo locale e la sua vita, per la band, per un mucchio di cose che bere era un ottimo modo per svagarsi.
     «Fa niente allora. Festeggeremo un'altra volta...» mormorò.
     Mikey guardò l'ora e fece una smorfia «Uff, dovrei andare a studiare...» disse, rientrando in casa.
     Frank e Gerard rimasero soli ed in silenzio, poggiati alla macchina del primo, accanto al marciapiede fuori casa Way.
     «Va tutto bene?» chiese Frank, mordendosi il labbro inferiore.
     Era palese che qualcosa non andava. Gerard aggrottò le sopracciglia, guardando l'altro negli occhi «Perché me lo chiedi?» domandò.
     «Così. Non lo so in realtà. Chiedevo e basta...» borbottò passandosi una mano tra i capelli.
     Gerard scrollò le spalle «Ho solo un sacco di pensieri. E poi, da quando c'è Alex non riesco quasi più a disegnare perché non ho più privacy e roba del genere. Ma niente di troppo serio...» spiegò, fingendo un sorrisetto.
     Frank annuì, ma con poca convinzione «Mh. Ed è solo questo? Cioè, sembra che ultimamente non vuoi far altro che bere...» disse quasi imbarazzato. Infondo chi era lui per farsi gli affari suoi?
     Gerard sospirò, scuotendo la testa. Un paio di ciuffi di capelli scuri gli coprivano il volto e gli occhi, mentre fissava il suolo «Mi va solo di divertirmi, è tutto sotto controllo...» disse, suonando poco convincente anche a se stesso.
     Era ovvio che non gli andasse molto di parlarne, e comunque Frank era in ritardo, così lo salutò per andare al Cafè ad aiutare Alex, e lo lasciò solo.
     Quando Frank, a bordo di quello scassone che somigliava vagamente ad una macchina, si allontanò con lo stereo a tutto volume, Gerard si mise seduto sul marciapiede, pensoso.
     Era strano. Frank sembrava l'unico ad essersi accorto che in Gee qualcosa non andasse per il verso giusto. Tutti gli altri, era come se credessero che ora che avevano messo su la band, fatto sentire le loro canzoni in giro, ottenuto un paio di serate, tutto fosse ok.
     Era chiaro che non lo era affatto. Ma nessuno lo aveva notato. A parte Frank. Non era riuscito nemmeno a guardarlo negli occhi, per paura che potesse leggerlo più in profondità di quanto era già riuscito a fare.
     Sospirò, portando i capelli scuri via dalla fronte con la mano, e rientrò in casa.
      Ora aveva voglia di disegnare. Si chiuse in camera ed accese lo stereo.
 

Il Cafè aveva ripreso vita, ed Alex aveva proprio bisogno di una mano.
     Quando Frank arrivò, ancora prima di salutarlo gli lanciò il grembiule e gli diede un vassoio da portare ad un tavolo dove un paio di loro compagni di classe stavano sorseggiando caffè bollente davanti ai libri di scuola.
     Quando riuscirono a fermarsi un attimo erano passate un paio d'ore, ed Alex era esausta. Pensò che dovevano riassumere qualcuno dei vecchi dipendenti, ora che le cose stavano andando un pò meglio.
     «Stò per esaurire...» sbuffò Alex sedendosi al bancone, davanti a Frank intento a sistemare delle cose sotto la cassa.
     «Scusa se ho fatto tardi, ma ero passato da Gerard e Mikey a fargli vedere le magliette...» disse Frank dispiaciuto.
     Alex sorrise scrollando le spalle «Tranquillo. Gli sono piaciute?» domandò curiosa. A lei l'idea delle magliette era sembrata geniale, e ne aveva già indossata una.
    Lui annuì, ma non aggiunse altro, così lei lo guardò silenziosamente per un pò, prima di chiedergli se andasse tutto bene.
     A quella domanda Frank sospirò. «Credo di si, ma non ne sono sicuro. Gerard è un pò giu, e non so bene perché. Forse tutta la situazione...» rispose in un mormorio.
     Alex lo guardò, con le sopracciglia inarcate, pensosa «Quale situazione? Non è contento di come stanno andando le cose col gruppo e tutto il resto?».
     «Oh, certo che è contento. Però non lo so...» disse Frank «Non voglio mettermi in mezzo, né dire una cazzata, ma credo che il fatto che tu vivi in camera sua e tutto... lui ha questa mania di prendersi cura degli altri, e magari sta tralasciando se stesso...».
     «Credi che dovrei andarmene?» domandò Alex incerta. Sperò che Frank le dicesse di no. Non voleva tornare a casa sua da sola. Non voleva essere nemmeno l'unica ad occuparsi di sé stessa. Non si sentiva all'altezza. E le piaceva dormire con Gerard. Chiacchieravano tanto, ogni sera, anche quando avevano bevuto un pò troppo dopo una serata in qualche locale.
     In casa sua non c'era più nessuno. Come lo avrebbe colmato tutto quel vuoto?
     «Beh... forse...» mugugnò Frank «...forse è ora che tu gli ridia il suo spazio...».
     Fu una frase pesante da pronunciare. Chi era lui per decidere? Magari si stava sbagliando. E forse era meglio che Alex gli stesse accanto il più possibile. E comunque, lei non era troppo entusiasta di tornare a casa sua, dove tutti i ricordi e le abitudini che aveva faticosamente messo da parte in un angolo del cuore sarebbero riaffiorati in un istante procurandole chissà quanto dolore.
     Però sospirò «Si. Forse hai ragione.» disse lei, togliendosi il grembiule e lasciandolo sul bancone.
     «Potresti chiudere tu? Devo fare una cosa...» chiese a Frank, che annuì accennando un sorriso.
     Alex legò i capelli scuri in una coda alta ed indossò la felpa che aveva posato nel magazzino appena arrivata al Cafè dopo scuola. Salutò Frank e si incamminò verso casa Way.
 

Gerard aveva disegnato per ore, ma l'unica cosa che aveva concluso erano un paio di occhi che lo fissavano dalla tela che aveva di fronte a sé. Erano quasi inquientanti, pensò. Sembravano veri, di un colore nocciola con delle leggere sfumature verdognole. Si sentiva osservato, e sentiva di aver già visto quello sguardo, di averlo già assaporato, vissuto, ma non riusciva a capacitarsene. Non ci aveva pensato, ovviamente, durante l'esecuzione del dipinto. Gli era venuto così, di getto, come tutte le sue opere migliori.
      Non appena la porta della sua cameretta si aprì, balzò in piedi.
      «Ehi, ti sei spaventato?» domandò Alex ridendo.
      Gerard scosse la testa e sorrise, guardandola negli occhi. Magari, quello sguardo era il suo.
      «Ehm... ho qualcosa che non va? Non dirmi che mi sono fatta Belleville a piedi con le labbra sporche di cioccolata, eh!» disse lei pulendosi la bocca col dorso della mano, inutilmente.
       Gerard scrollò le spalle, deluso. «No, niente...» mormorò «Come mai sei già qui?».
       Lei fece una smorfia «Se ti do fastidio me ne rivado subito, eh...» disse cercando di non mettersi a ridere.
       Lui si schiarì la gola sentendosi quasi offeso. No che non le dava fastidio. Era solo una domanda. Era totalmente abituato alla sua presenza ormai, e gli faceva anche piacere averla intorno. Certo, la sua privacy era morta da settimane e settimane, e qualche altro aspetto negativo c'era, ma sentiva di essersi affezionato a quella ragazzina. Aveva scoperto tante cose di lei. Una di queste era che Alex era più forte di quanto credesse, e più debole di quanto volesse dimostrare. Così si era trovato spesso ad abbracciarla mentre durante la notte lei iniziava a piangere senza motivo.
       No, Gerard non poteva nemmeno immaginare quanto male facesse, quanto sola potesse sentirsi, lei che sola non voleva esserlo mai.
       Non era come estraniarsi dal mondo e poi stupirsi che nessuno ti cerca, era ben altro. Ad Alex piaceva la gente, piaceva ridere, piaceva la compagnia. E poi, da un momento all'altro, non aveva più nessuno se non lui, la sua famiglia e Frank.
       Lei afferrò un borsone da sotto al letto, quello che Frank aveva usato per portarle le sue cose quando lei non aveva alcuna intenzione di mettere piede in casa sua.
       «Stai andando a prendere altra roba?» domandò Gerard, osservandola.
       «...non proprio...».
       «Ah. Stai partendo?» fece lui, accennando una risatina.
      «No...» fu la risposta di Alex, intenta a svuotare il primo cassetto del mobile che Gerard le aveva gentilmente concesso, tanto lui i vestiti li accatastava sul pavimento o su qualche sedia.
      «Quindi?» chiese curioso e preoccupato.
      Alex sospirò, lasciando il borsone sul letto. Mise le mani in tasca e sorrise guardandolo negli occhi.
     «Allora. E' chiaro che sono passate alcune settimane ormai, ed io sono grata a tutti voi per quello che avete fatto per me, ok?» iniziò a spiegare Alex, davanti ad un Gerard silenzioso e sempre più preoccupato. Sembrava proprio l'inizio di un discorso d'addio o qualche stronzata simile. Non disse nulla, e lei continuò «Ma credo che sia proprio arrivata l'ora che io me ne torni a casa. Insomma, prima o poi dovrò farlo, non posso scappare per sempre dalla situazione. Certo, ne passerà di tempo finché riuscirò a guardare di nuovo un telegiornale...» disse ridendo.
     Gerard pensò che non c'era niente da ridere. Si alzò in piedi e la guardò. Ma non poteva mica dirle di restare. O forse si.
     «Aspetta. Non puoi andartene. Dove te ne vai, poi?» chiese, sentendosi stupido quando lei con la massima calma rispose «A casa mia...».
     «Beh, ma non puoi vivere da sola...» disse lui insistendo.
     «Tra un paio di mesi faccio 18 anni, il Cafè grazie a voi a ripreso a lavorare, e so cucinare senza dar fuoco a casa. E non uso il phon per capelli sotto la doccia, non scendo le scale con i piedi bagnati rischiando di scivolare, non invito gli sconosciuti ad entrare...».
     Gerard soffocò una risatina. Ecco, le sarebbe mancata Alex. Non poteva andarsene.
     «E quando piangerai, di notte?» chiese in un sussurro, guardandola.
     Lei fece un respiro profondo mordendosi il labbro. Non rispose. Non sapeva che dire. Avrebbe abbracciato un cuscino, pensò, ma non era divertente.
     Fu contenta che Gerard insistette tanto. Significava che le voleva bene e che forse avrebbe accettato la sua proposta. Non era sicura di chiederglielo davvero, ma con una mano tirò fuori la scatolina che aveva in tasca. Si inginocchiò, davanti gli occhi stupiti ed incerti di Gerard, e poi con la scatolina sulla mano tesa sotto di lui, sorrise, aprendola.
     «Gerard, vuoi convivermi?» domandò.
      Lui guardò prima lei, poi la scatolina. Era una di quelle confezioni per gli anelli. Però dentro c'era una chiave.
      Non sapeva cosa dire.
      Alex rise e si sollevò «Tranquillo, se ti va, questa è la chiave di casa, pensaci, mi trovi lì. Ok?» disse dandogli una pacca sulla spalla.
     Quando gli fu vicina, notò la tela ed alzò un sopracciglio sorridendo «Ehm... questo quadro è inquietante. Senza offesa, è bellissimo. Ma con tanti occhi, proprio quelli di Frank dovevi disegnare?» fece, ridendo.
     Gerard la guardò, poi riguardò la tela. Frank?
     «Chi l'ha detto che sono di Frank?» domandò, stupito.
     Alex sospirò «Per piacere, sento le farfalle nello stomaco ogni volta che incrocio questo sguardo, ti pare che non lo riconosco?» spiegò ridendo nervosamente.
     Gerard annuì.
     «Comunque, sono davvero realistici. Mi sento osservata. Per quanto né so potrebbero anche parlare e dire qualche stronzata da un momento all'altro...» rise.
     Lui continuava ad osservare il disegno. Il nocciola, sfumato nel verde. L'intensità dello sguardo.
 

«Come sarebbe che gli hai chiesto di venire a vivere con te?» chiese Frank scosso dalla notizia, quasi strozzandosi con la birra che stava mandando giu.
     Alex scrollò le spalle, guardandosi intorno. Il locale era pieno di gente e tra poco i My Chemical Romance avrebbero suonato, poi sarebbe toccato a lui e alla sua band.
     Un bel po' di ragazzini si erano presentati con la loro t-shirt addosso, ed era quasi surreale quanta gente si fosse appassionata a loro in così poco tempo. Gerard e gli altri si stavano preparando. Erano eccitati e su di giri, e Gerard ci aveva bevuto sopra un paio di drink.
     «Non è giusto.» mormorò Frank, con una smorfia sul volto.
     Alex rise «Mica gli ho chiesto di sposarmi. E' solo che casa mia è troppo grande e da sola non ci voglio stare. Lui avrà tutto il suo spazio, io tutto il mio, però non saremo soli.» spiegò con semplicità e calma.
     «E io?» chiese lui, suonando come un bambino.
      Lei lo guardò con un sopracciglio sollevato «E tu cosa?» domandò.
     Frank fece una smorfia. Pensava che erano un trio, avevano affrontato tutto insieme, e comunque lei ed Alex erano amici da prima che arrivasse Gerard. Odiava sentirsi tagliato fuori. Erano stati, per tutti quei giorni, legati da un filo invisibile.
     «Puoi entrare dalla porta sul retro quando vuoi. Insomma, non dirlo a Gee che sennò gli viene un attacco di panico e chiama un fabbro in questo stesso istante, però è difettosa e con un paio di pugni sul bordo si apre...» disse sottovoce.
      Frank sorrise. Si, probabilmente si sarebbe imbucato in casa sua molto spesso. Gli piaceva stare con quei due. E se non fosse che stava così bene a casa con i suoi probabilmente avrebbe proposto lui stesso di unirsi al trasloco.
      La conversazione finì nel momento stesso in cui i My Chemical Romance salirono sul piccolo palco tra le urla e gli applausi del pubblico.  Gerard sembrava barcollante. Prese il microfono e mormorò qualcosa di incomprensibile.
      Frank si mise sotto il palco, proprio sotto di lui, accanto ad Alex.
     Le note gli entrarono dentro l'anima, a lui come a tutti gli altri. Era qualcosa di unico e speciale. Nessun altro gruppo, concerto, musicista gli aveva mai fatto quello stesso effetto. C'era qualcosa di magico davvero, nei My Chemical Romance, e tutti se ne stavano rendendo conto.
     Il pubblico sotto il palco sembrava un mare in tempesta, saltavano, ballavano, urlavano e si scatenavano. Era una soddisfazione indescrivibile per Gerard e gli altri.
     E fu tutto ancora più magico quando Ray fece il suo assolo. Era un chitarrista con due palle così, diceva Frank. Era il migliore. C'era da imparare. Ti trascinava via.
    E su quelle note suonate con l'anima, Gerard si chinò sul palcoscenico, e si avvicinò a Frank ed Alex, poggiando il peso del corpo sulle ginocchia.
     Oh, se era ubriaco. Sorrise. Ed in un attimo di totale follia, quando nessuno se lo sarebbe aspettato, lasciò tutti senza fiato, stampando un bacio sulle labbra di Frank, che rimase immobile, con gli occhi spalancati e il fiato corto.
     Non fece nulla. Non disse nulla.
     Gerard lo spinse via, si tirò su e ricominciò a cantare e a gridare, mentre tutti, tranne Frank, urlarono d'euforia.
     Gerard amava stupire la gente. Era un intrattenitore, volendo. Doveva essere così, altrimenti quel bacio cosa significava?
     Frank non riuscì a toglierselo dalla mente.
     Per tutta la durata della loro performance, mentre Gerard non lo aveva più degnato di uno sguardo.
     Ed era mai possibile che fosse già ubriaco anche lui? Perché altrimenti, quanto era lecito provare quella strana sensazione? Quella che aveva detto Alex, quando l'aveva recuperata al Cafè stracolma di Bourbon in corpo. Si, un tuffo al cuore. Ecco cos'aveva provato.
     Si sentì imbarazzato.
     Ringraziò il cielo che nessuno ebbe il tempo di tirar fuori l'argomento, quando il tempo dei My Chemical Romance scadé e dovettero cedere il palcoscenico ai Pencey Prep.
      Frank prese la sua chitarra e se ne andò sul palco, passando accanto a Gerard, senza guardarlo.

«Hai baciato Frank?» chiese Mikey a suo fratello, sottovoce. Ray e Matt si erano seduti al bancone del locale a bere qualcosa, e Mikey aveva trattenuto Gerard in un angolo.
     L'altro scrollò le spalle ridendo «Credo di si. Ma sono ubriaco. Non so se te ne sei accorto.» disse, come niente fosse.
     «Si che me ne sono accorto.» sbuffò il più piccolo «Sei sempre ubriaco...» mormorò.
     «Vabbè, beviamoci sopra...» fece Gerard con un sorrisetto, tornando dagli altri.
 

Frank ci mise un bel po' a radunare la sua roba prima di lasciare il locale. Era quasi vuoto ormai, tutti se ne erano andati e i gruppi che si erano esibiti stavano smontando gli strumenti e tutto il resto.
     Non aveva detto una parola da quando aveva finito di suonare. Non sapeva che dire, d'altronde, il che non era propriamente da Frank.
     Alex lo raggiunse alla macchina, sulla strada, mentre lui caricava la sua chitarra sui sedili posteriori.
     «Come sei silenzioso...» gli disse ridendo.
     Lui sbuffò, senza nemmeno guardarla.
     «Che hai?» chiese lei. Era il suo momento, si era detta, di offrire il suo aiuto, se ce ne fosse stato modo o bisogno.
     Frank si fermò e si voltò a guardarla «Non lo so.» mormorò. Lo sapeva in realtà. Era strata quella sensazione che aveva provato, quando Gerard lo aveva baciato all'improvviso.
    Era chiaro che fosse ubriaco, tutto lì, ma un bacio è pur sempre un bacio, e Frank aveva sentito qualcosa nel petto, qualcosa che lo rendeva confuso e strano.
     Sospirò. Forse non baciava nessuno da così tanto tempo che era tutto lì, era solo il gesto ad averlo scosso.
     Si avvicinò ad Alex e si schiarì la gola imbarazzato. Lei lo guardava, in quel momento sembrava così piccola ed indifesa, eppure lo sguardo parlava chiaro, sarebbe diventata un gigante, per salvarlo e aiutarlo.
     Quello che stava per chiederle era stupido. Ridicolo. Però doveva farlo.
     «Puoi baciarmi?» le domandò, con un tono così flebile che era quasi impercettibile.
     Alex arrossì, non certa di aver capito bene, mentre il cuore nel petto batteva così forte che lo sentiva come un martello nella testa.
     «Com-» non fece nemmeno in tempo a chiedergli di ripetere ciò che aveva detto, che le labbra di Frank si posarono sulle sua, in un gesto veloce. Il piercing di lui contro le sue labbra le aveva fatto leggermente male, ma non era ancora niente.
     Le veniva da piangere. Sarebbe stata la ragazza più contenta di Belleville. Più contenta di tutti gli Stati Uniti, se fosse accaduto in qualsiasi altra circostanza. Ma in quel momento, non c'era proprio niente per cui essere contenti.
     Lo spinse via con entrambe le mani.

     «Fanculo...» mormorò Gerard, salendo sul furgone di Ray. Non lo avevano nemmeno visto. Era così ubriaco che voleva vomitare.
     Quei due si stavano baciando.
     «Non li salutiamo?» domandò Mikey ingenuamente, guardando fuori dal finestrino del passeggero.
     Gerard sbuffò e gli diede una botta col piede sulla gamba.
     «Andiamocene. Devo dormire.» mugugnò.


     Ad Alex veniva da piangere.
     Frank non disse nulla, mentre la guardava sconcertato. Non era ciò che voleva? Non aveva una cotta per lui, da secoli ormai? Nell'istante stesso in cui pensò che le ragazze venivano da un altro pianeta lontano anni luce, Alex lo spintonò contro l'auto con tutta l'energia che aveva in corpo, e gli occhi lucidi.
     «Vaffanculo Frank!» urlò.
     «Che ti prende ora?» le chiese lui.
     Far finta di non capire gli veniva bene, e ad Alex la cosa la faceva innervosire ancora di più.
     «Vaffanculo! Sei uno stronzo! Non è che puoi baciarmi per...» non sapeva come dirlo. Aveva sentito solo un crack, e poi un altro, e un altro ancora. Provenienti dal suo petto. Dal cuore.
     Lo sapeva che per Frank quel bacio era solo un tentativo di capire se quello precedente, che Gerard gli aveva stampato sulle labbra, fosse più o meno denso di emozioni. Era solo un tentativo. Con la persona sbagliata, però.
     Ed anche Frank lo sapeva. Si sentì stupido e stronzo.
     Alex non riuscì a dire nient'altro. Era troppo impegnata a cercare di bloccare le lacrime.
     «Scusa... volevo solo...» mugugnò Frank guardando il suolo.
     «Non con me. Ti prego.» disse lei, con le guance rosse.
     «E' solo che...»
     «Non mi importa, Frank. Cioè, mi dispiace per qualsiasi cosa tu stia provando, perché si vede lontano chilometri che quel bacio che ti ha dato Gerard ti ha scombussolato tutto, però sul serio, non proverai le stesse cose con me, quindi non provarci nemmeno. Io ho una piccola cosa chiamata cuore, nel petto, che è già in condizioni abbastanza pessime. Quindi, lascia stare, ok?» disse lei, tutto d'un fiato. Poi voltò le spalle e si incamminò verso casa Way.
     Era notte fonda. Non doveva andare in giro da sola. Frank lo sapeva. Non era un'ottima idea. Con tutto quello che accadeva lì, era rischioso.
     Le corse dietro e la fermò afferrandole un braccio.
     «Aspetta. Ti accompagno a casa.» le disse.
     Alex scosse la testa «Lascia stare, vado da sola...».
    «Non ci penso proprio. Andiamo...» fece lui serio, trascinandola verso la sua macchina.
     Lei montò su in silenzio, mise i piedi sul cruscotto ed incrociò le braccia sul petto, guardando fuori dal finestrino.
    «Mi dispiace. Sono un cretino. Possiamo far finta che non sia mai accaduto?» disse Frank dopo un po', abbassando il volume dello stereo.
     Ci volevano una decina di minuti ad arrivare a destinazione, ma lui stava girando intorno a Belleville per perdere tempo.
     Si sentiva in colpa e non avrebbe lasciato andare Alex prima di aver sistemato le cose. Infondo nemmeno lui sapeva bene cosa volesse.
     Lei fece una smorfia «No che non possiamo.» disse secca.
     «Puoi prendermi a calci sulle palle, se può farti sentire meglio, giuro!» rise allora Frank.
Stavolta però, a differenza di ogni altra volta, Alex non si era fatta trascinare dal suono della sua risata. «Sei proprio stupido.»
     «Lo so. Cosa devo fare però, ora? E' vero, ti ho baciata solo perché Gerard mi ha incasinato la mente, però non volevo ferirti né niente del genere...» disse sospirando.
     «Spero per te che almeno ti sia servito a qualcosa...» mormorò lei, senza guardarlo.
Lui ci pensò su.
    «Forse.» disse. Poi la guardò. Accostò l'auto al marciapiede e spense il motore.
    «Ok, devo parlarne con qualcuno, Al, e tu sei l'unica persona con cui posso farlo...» disse dopo un po', suonando quasi disperato.
     Lei sospirò. Dopo tutto quello che Frank aveva fatto per lei, era il minimo che potesse fare.
     Eppure non riusciva a guardarlo negli occhi. Proprio no.
     «Dimmi...» disse sottovoce.
   «Davvero? Potrebbe... non vorrei fare ulteriori danni. Potrebbe ferirti, quello che sto per dire...» fece lui imbarazzato.
    Lei scrollò le spalle «...peggio di così?» mugugnò lei fingendo un sorriso. Dopo tutto quello che aveva passato, pensava di poter gestire ogni sorta di dolore. Tanto, ogni nuova sofferenza si aggiungeva alle vecchie.
    «Ok... allora... mi sento così stupido...» ci girò intorno lui. Non sapeva da dove iniziare. Si vergognava e non era nemmeno sicuro di ciò che voleva dire. Sapeva solo che doveva farlo.
    «Si, senti, non è che possiamo stare qui fino alle 6 di mattina però, eh...» fece lei alzando gli occhi al cielo.   
    «Wow, la tua sensibilità fa quasi piangere!» disse lui sarcastico.
    «Senti chi parla. Mi hai appena baciata per cercare di capire se sei gay o no...».
     Frank si schiarì la gola arrossendo. Ok, il tatto di Alex era storico
     «Ti sembra tanto stupido?» chiese.
     «Cosa hai provato, Frank?» disse lei, alzando un sopracciglio.  Lui si morse il labbro.
     «Non so descriverlo. Mi è venuto in mente... sai, quando eri ubriaca al Cafè e ti ho portata da Gerard? Mi hai detto una cosa...».
     Alex scosse la testa alzando una mano per fermarlo «Si si, non vorrei ricordarlo ma lo ricordo, evitiamo di entrare nei dettagli della mia stupidità gentilmente...» disse frettolosamente.
     Frank annuì «Quello, comunque. Qualcosa di simile, credo.» spiegò, poi dopo un paio di secondi di silenzio riprese a parlare «Insomma. Non prendertela a male. Ti voglio davvero bene, sei una delle ragazze più belle e buone e grandiose che io abbia mai conosciuto, e con te intorno le giornate sono migliori, anche se non te ne accorgi... però...» ora da come parlava sembrava volersi scusare. Alex trattenne un sorriso. Era così tenero, nonostante tutto. Il problema era il suo, e invece lui era lì a cercare di fasciarle il cuore e recuperare al danno fatto, e a cercare un modo per dirle che quello che aveva sentito quando Gerard l'aveva baciato, con lei non c'era stato. Infondo per Frank non era una cosa da poco, proprio come non lo era per lei.
     «Non puoi farci nulla» disse, sospirando.
      Frank la guardò, in silenzio. 
     «Insomma. Non è che le cose, qui, funzionino a comando. Se senti una cosa la senti, se non la senti non la senti...» disse Alex cercando di spiegarsi in maniera semplice. Voleva confortarlo. Doveva essere frustrante tutta quella situazione. Forse anche il doppio di quanto era frustrante per lei essere l'unica con la quale Frank potesse parlarne.
     «Non fa una piega...» ridacchiò lui.
     Lei sorrise, sposandosi i capelli dal volto.
     «Vedi... se dobbiamo parlarne senza farci troppi problemi, facciamolo una volta per tutte: quando sorridi così, o quando mi sei vicino, o mi abbracci, mi dai la mano... per te non conta nulla, è solo il tuo modo di fare, mentre a me si riscalda il cuore, ogni volta.» confessò Alex, giocherellando nervosamente con un filo scucito della maglia.
     Frank arrossì.
     «E se è qualcosa del genere che hai provato quando Gerard ti ha baciato, beh, c'è poco da fare...» disse.
     «Che cosa ridicola. Non è una cosa normale, no?» chiese lui mormorando.
     «Tu non sei normale. E comunque cos'è, normale? Proprio tu vieni a dirmi una stronzata del genere?» rispose Alex alzando gli occhi al cielo.  
      Frank annuì. Esatto, cos'era normale, comunque? Non era una cosa che partiva dal cervello, alla quale poteva dare un senso logico. Veniva tutto dal cuore, ed era tremendamente difficile da decifrare.
     «Ma non ho mai provato attrazione sessuale per gli uomini...» disse con un tono simile al piagnucolio di un ragazzino.
     Alex sospirò «Credo che non sia una semplice questione di attrazione fisica. E' il cuore, ad essere attratto.» cercò di spiegare «Infondo, ok, non sono la più figa della città ma, hai mai pensato di fare sesso con me?».
     Frank si schiarì la gola imbarazzato «Ehm, in realtà si... quando indossi quei jeans stretti fino alla morte, per dire, o quando sei pensierosa e ti mordi le lab-».«Ok, un si bastava. Comunque, vedi, hai provato un'attrazione fisica nei miei confronti ma baciarmi non ti ha dato nulla...» spiegò arrossendo.
     Era un argomento alquanto imbarazzante e ringraziò il cielo di aver bevuto una birra un drink quella sera.   
      «Si, assolutamente nulla. Senza offesa, eh...» rispose Frank ridacchiando.
     Alex alzò gli occhi al cielo. Quant'era complicato! «Comunque, invece nonostante non ti senti, o non credi di essere, attratto da Gee, quel bacio ti ha dato qualche emozione...» disse infine.
     Frank la guardò pensoso «Già... quindi che significa?» domandò. 
Lei scrollò le spalle «Oh Cristo! Significa che se non mi riporti a casa entro dieci minuti Gerard manda l'intera squadra di polizia di Belleville a cercarmi!» rise Alex guardando l'ora sul cellulare.
     Frank la riaccompagnò a casa e la ringraziò per avergli dato la possibilità di spiegarsi e di capire qualcosa. E per tutta la notte, quel bacio con Gerard fu tutto ciò a cui riuscì a pensare.

 

---

Allora, scusate se ci ho messo un paio di giorni - ma manco potete lamentarvi troppo, dai! XD - ma ho avuto da fare. Comunque, sto capitolo è venuto fuori bello lungo, spero vi piaccia, fatemi sapere, che ci tengo u.u
Non so bene cos'è venuto fuori perché l'ho scritto a rate, un pò ieri, un pò l'altro ieri, un pò oggi, quindi boh, spero vi piaccia e basta. mh. <3
xoxo

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - I'm just the worst kind of guy to argue, for what you might find... ***


Ecco un'altro capitolo. Personalmente, non ho idea di cosa sia venuto fuori perché l'ho scritto sotto l'effetto post-matrimonio di mia cugina, e sotto Reactine che mi fa peggio di una droga. Quindi, boh, spero vi piaccia, non ho manco idea di quanto sia lungo, fatemi sapere XD

xOxO
E p.s. : grazie a chi lascia commenti e recensioni, a chi mi ha messo nelle preferite o qualsiasi cosa sia ma pure a chi legge e non commenta, però continua a leggere - so che ci siete. lol


Capitolo 5
I'm just the worst kind of guy to argue, for what you might find
 

    Quando Alex rientrò in casa con gli occhi bagnati dalle lacrime, che finalmente aveva potuto tirar fuori dopo che Frank l'aveva salutata, immaginò che avrebbe trovato Gerard in ansia perché aveva fatto tardi, anche se in realtà erano stati loro ad andarsene senza aspettarla né niente.
Invece Gerard era seduto sul divano con le braccia incrociate sul petto ed una bottiglia di Whiskey sul tavolino. E il borsone di Alex, quello che aveva preparato con le sue cose, per tornare a casa sua insieme a Gee dopo che lui avesse preparato la sua roba, era ai suoi piedi accanto al divano.
   
«Perché non mi avete aspettata?» domandò lei richiudendosi la porta alle spalle, cercando di fare piano per non svegliare gli altri in casa.
Gerard nemmeno la guardò, fece solo una smorfia con le labbra, in segno di disappunto «Vattene...» borbottò.
«Cosa?»
«Vattene!» disse ad alta voce lui voltandosi di scatto a guardarla. Aveva gli occhi arrossati e lo sguardo più gelido che Alex avesse mai potuto osservare. Scandì bene le parole, Gerard. Non voleva ripeterlo ancora.
    Alex deglutì, era quasi impaurita. Non l'aveva mai tratta così, e di certo non aveva mai usato quel tono con lei. Era incazzato a morte. E qualsiasi cosa fosse, anche se ad Alex non riuscì a venire nulla in mente, ce l'aveva proprio con lei. Eppure le pareva così strano ed ingiusto. Non aveva fatto assolutamente nulla, lei.
Però aveva paura anche di parlare. Di dire qualsiasi cosa. Si avvicinò a lui lentamente per prendere la sua borsa.
    «Credevo fossimo amici...» mugugnò Gerard quando lei le fu accanto.
    «Ah beh, anche io in realtà...» rispose Alex freddamente.
Qualsiasi cosa fosse non aveva certo intenzione di farsi ripetere che non era più la benvenuta.
Prese le sue cose e si diresse verso la porta.
    «E smettila di bere, sembra che tu non sia più in grado di far nulla da sobrio!» gli disse poi, prima di aprire.
Gerard deglutì, infastidito, nervoso e arrabbiato.
«Non è un tuo problema!» replicò Gerard lanciandole dietro la prima cosa che aveva sottomano, il bicchiere di vetro col quale aveva bevuto fino ad essere completamente ubriaco e irragionevole.
Alex ringraziò il cielo che Gerard avesse una pessima mira, sopratutto in quelle condizioni, e che lei avesse i riflessi abbastanza pronti da abbassare la testa in tempo. I vetri si infransero sulla porta, accompagnati dal suono della botta. Dalle camere da letto si alzò in fretta Mikey, che non si preoccupò nemmeno di mettersi gli occhiali, ma corse a vedere cosa stesse accadendo preoccupato da tutto quel casino.
    «Ehi! Che state combinando?!» chiese quando raggiunse il salotto indossando un paio di pantaloni del pigiama celesti ed una canottiera bianca. Era pallido, magrissimo ed assonnato.
Alex lo guardò come se fosse la sua ultima speranza «Non ne ho idea! E' ubriaco fino alla morte e mi sta praticamente cacciando di casa!» spiegò ignorando totalmente Gerard.
    «Gerard ma che...» Mikey non fece nemmeno in tempo a finire la frase, Gerard lo fulminò con lo sguardo.
«Tornatene a letto, tu!» gli urlò accompagnando la frase con un gesto della mano.
«Calmati! E non puoi mandare Alex in giro a quest'ora da sola!» disse suo fratello, cercando se possibile di farlo ragionare.
A Gerard non importava nulla. E comunque non ci capiva nulla. L'alcool lo aveva trascinato in un mondo parallelo dove per una volta non gli importava nulla degli altri, non doveva occuparsi e preoccuparsi per loro.
    «Beh, si facesse venire a prendere da Frank allora!» esclamò freddo, alzandosi dal divano.
Mikey guardava prima suo fratello, poi l'amica, come se non sapesse di chi dei due occuparsi. Solitamente erano gli altri ad occuparsi di lui, e non voleva prendere quella decisione. Avrebbe pagato oro per far si che qualcun'altro se ne occupasse.
    «Non è mica il mio schiavo, che viene a prendermi quando mi pare!» fece Alex infastidita. Nonostante si rendesse conto che Gerard parlava col supporto di litri di bevande alcoliche, voleva scoppiare ed abbandonare tutto e tutti in quel preciso istante. E poi era così stupido, lui la odiava a morte e lei non sapeva nemmeno perché.
Gerard non rispose, fece una smorfia e barcollando si diresse in camera sua.
    «Alex, mi dispiace...» mormorò Mikey indeciso se seguire suo fratello o confortare l'amica.
Lei scrollò le spalle sospirando. Perfetto. Era notte fonda e doveva andare, da sola, nell'unico posto dove avrebbe davvero desiderato di andare accompagnata unicamente da qualcuno che le tenesse la mano e la confortasse: casa sua.
Sistemò il borsone e salutò Mikey con un cenno della mano, calpestando i vetri rotti a terra per oltrepassare la soglia di casa Way.


    Gerard si lagnò quando il sole penetrò improvvisamente in camera sua, colpendo dritto il suo cuscino. Aprì gli occhi a fatica, e dovette mettere bene a fuoco prima di riconoscere la sagoma di sua madre stargli davanti con le mani sui fianchi e l'aria incazzata.
«Mamma...» borbottò lamentoso «Che ore sono?» chiese stropicciandosi gli occhi.
Sua madre gli tirò via le coperte da dosso «E' ora che tu rimedi al casino che hai combinato ieri sera! E devi spiegarmi perché il flacone di Diazepam non è nell'armadietto dei medicinali, e perché diavolo un bicchiere del servizio che mi ha regalato tua nonna è in frantumi all'ingresso!» disse Donna con tono aggressivo.
    Gerard sentiva la testa pesante e la madre voleva sapere davvero troppo, quelle non erano certo le condizioni giuste, e sopratutto, non ricordava granché. Guardò la donna in silenzio e lentamente scese dal letto. Era ancora vestito.
«...mi scoppia la testa...» disse massaggiandosi le tempie, come se potesse aiutare.
«Certo che ti scoppia, hai bevuto decisamente troppo ieri sera!». Gerard si voltò verso la porta. Sulla soglia, poggiato sullo stipite, c'era suo fratello Mikey che lo guardava con aria di disprezzo. Donna guardò prima uno poi l'altro e decise di lasciarli soli, per andare a ripulire il casino che suo figlio aveva combinato la notte precedente.
    «Credo di aver fatto un casino...» disse Gerard cercando di trovare un pò di lucidità. Indossò alla svelta un paio di scarpe e si diresse verso la porta.
    «Dove vai ora?» chiese Mikey seguendolo.
    «A parlare con Alex... credo di dovermi scusare...» disse confuso. Avrebbe volentieri evitato, saltato il tempo arrivando in un momento qualsiasi del futuro dove tutti avevano dimenticato l'accaduto.
Scusandosi con sua madre per aver frantumato uno dei suoi bicchieri, uscì di casa alla svelta e si incamminò verso casa di Alex.

    «Alex! Apri questa porta per l'amor del cielo!» urlò ancora una volta Gerard, colpendo la porta d'entrata con il pugno destro, cercando di intravedere un qualsiasi movimento dalla finestra lì accanto.
Eppure c'era il silenzio più totale.
Una signora anziana, con un caschetto di capelli bianchi, si affacciò dalla casa accanto «Chi cerca?» domandò curiosa.
Gerard alzò gli occhi al cielo. Ci manca solo una vecchietta impicciona, pensò.
    «La ragazza che vive qui, chi sennò!?» rispose aspro.
La signora lo guardò con una smorfia «Lì non ci mette piede nessuno da un bel pò...» disse con tono dispiaciuto.
«Beh, Alex ci è tornata stanotte!» fece lui tornando a bussare pesantemente.
Ancora nulla. Cercò di guardare meglio attraverso la finestra ma non c'era alcun segno di vita lì dentro.
Sospirando tornò in macchina e guidò fino al Cafè.

    Frank aveva immaginato che il momento in cui avrebbe rivisto Gerard sarebbe stato intriso di imbarazzo e timidezza e qualsiasi altra cosa simile. Invece non ci fu niente di simile. O almeno, non ce n'era stato il tempo.
Dovette alzarsi dal letto quando sentì bussare alla porta di casa sua per la milionesima volta. Inizialmente sembrava il suono della batteria che pompava nello show immaginario che stava osservando nel suo sogno, ma più andava avanti, più quel suono cominciava a farsi reale, e finalmente aprì gli occhi con disappunto, rendendosi conto che qualcuno stava bussando alla porta già da un pò.
    Andò ad aprire a petto nudo, con la mano tra i capelli ed uno sbadiglio sulle labbra. Quando vide Gerard davanti a lui cercò di ricomporsi.
    «C'è Alex?» chiese lui appena l'amico aprì la porta, intrufolandosi in casa senza dire nient'altro. Si guardò intorno.
Frank si richiuse la porta alle spalle «No...» mormorò.
Gerard sbuffò, bevendo un sorso del caffè caldo che aveva in mano. Frank guardò il bicchiere ed accennò una risatina «Sei passato alla concorrenza?» chiese sarcastico indicando il logo di Starbucks.
L'altro guardò il bicchiere di sfuggita e scrollò le spalle, gettandosi letteralmente sul divano di peso.
    «Avevo bisogno di caffeina, e questo era il più vicino...» spiegò.
    «Perché? Che succede?» domandò Frank, ancora in piedi davanti alla porta.
    «Credo di aver fatto una cazzata...» mormorò l'altro.
Frank non riuscì a trattenere una smorfia, chiedendosi se si riferisse al bacio che gli aveva stampato sulle labbra la sera prima o meno. Ovviamente non aveva il coraggio di chiederglielo.
    «...posso rendermi utile?» domandò cordiale.
Gerard annuì senza guardarlo «Credo di si. Stanotte quando Alex è tornata, è andata via da casa...» spiegò, omettendo alcuni particolari «...ed ora sono andato a cercarla ma non è né al Cafè, né a casa sua, né da nessun'altra parte di Belleville...» disse preoccupato.
Frank alzò gli occhi al cielo «Che cazzo, ricordo di aver vissuto un momento simile non troppo tempo fa... non è che possiamo passare una vita a giocare a nascondino...» sbuffò.
Gerard si schiarì la gola «In realtà... è che abbiamo tipo... cioè, quasi litigato, diciamo...» balbettò nervoso.
    L'altro lo guardò con un sopracciglio sollevato e l'aria confusa «Avete litigato?» ripeté.
    Gerard cominciò a sentirsi ancora più stupido, ora che Frank lo guardava in quel modo.
    «Si, beh... diciamo che è colpa mia...» mugugnò guardandosi le scarpe.
    «Cos'hai fatto?» domandò Frank.
    «Beh... avevo bevuto, e preso un paio di pillole di mia madre, ed ero nervoso e alterato e non è che ci capissi molto comunque...» disse Gerard cercando di giustificarsi, utilizzando l'alcool come scusa «E insomma, le ho detto di andarsene...».
Frank lo guardò stupito «Cosa!?» chiese cominciando a preoccuparsi.
    «Si... e... credo di averle tirato dietro anche un bicchiere...» aggiunse sottovoce l'altro.
    Frank non disse nulla. Non aveva nulla da dire. Era davvero deluso da Gerard, non si era mai comportato in modo così stupido, e comunque ora voleva trovare Alex e dirle qualsiasi cosa lei volesse sentirsi dire.
L'altro se ne stava seduto sul divano, incapace di aggiungere altro. Aveva già fatto abbastanza, e in quel millesimo di secondo in cui aveva sollevato lo sguardo da terra, aveva visto il disappunto negli occhi di Frank, quegli occhi che la sera precedente se non ricordava male lo guardavano affascinati da sotto il palcoscenico.
    Aveva fatto un bel casino, a partire da quel bacio che stupidamente gli aveva stampato sulle labbra, d'istinto.
Non sapeva nemmeno perché lo aveva fatto. Cioè, ovvio che lo sapeva. Non voleva farlo così, però, da ubriaco, davanti ad una massa di spettatori.
    «Vado a cercarla io... tu tornatene a casa e comincia a prendere in considerazione l'idea di smetterla di bere...» disse Frank sprezzante, andando in camera sua a vestirsi in tutta fretta.
Gerard lo osservò tristemente. Era un coglione.
Uscirono insieme di casa, ma Frank rifiutò di farsi accompagnare con la macchina, nonostante Gerard si fosse scusato ed avesse ripetuto più volte di sentirsi in colpa e voler parlare con Alex al più presto.
    Frank si incamminò per Belleville, con gli occhi attenti ad osservare ogni minimo dettaglio che potesse svelare il nascondiglio di Alex. Gerard finalmente se ne era andato per conto suo, e lui ora aveva in mente il caos più totale.
Fino alla sera precedente aveva provato uno strano attaccamento a Gerard, ma niente di particolare. Poi lui l'aveva baciato, e dentro di sé c'era stato un vero tsunami di emozioni. E quella mattina, poi, lui si era presentato lì confessando di aver cacciato via ed aggredito la sua migliore amica, dopo aver bevuto ed essersi impasticcato, e in quel momento a Frank non venne in mente niente di piacevole nei suoi confronti. Era deluso ed arrabbiato.
    Si era proposto di aiutare e sostenere Gerard, se ne avesse avuto bisogno e occasione, ma Gerard sembrava voler continuare ad affidare ogni cosa ai miracoli della distorsione delle cose data dall'alcool e chissà quali strane sostanze antidepressive o altro, e se Frank detestava qualcosa più di non poter aiutare qualcuno, era proprio chi non voleva farsi aiutare.

    Alex aveva l'aria stanca, mentre si trascinava per le strade caotiche di New York. Aveva preso il primo treno quella mattina, dopo aver dormito alla stazione insieme ad un senzatetto con un solo dente ed una bottiglia di whiskey ben nascosta dentro una busta di cartone sporca. L'odore non era dei migliori, e lei sperò non le fosse rimasto addosso. Però il tizio non era male, aveva una settantina d'anni ed era convinto di essere un imperatore Romano caduto in disgrazia. Aveva parlato tutta la notte, tenendola sveglia per il più del tempo, nominando personaggi storici e di fantasia, e raccontando come fosse bello il suo impero, quando era lui a governarlo.
    Non era certo la migliore delle compagnie, ma di sicuro era un vecchio innoquo e bisognoso di farsi una bella chiacchierata. Gli lasciò anche una banconota, prima di salutarlo per dirigersi al binario del treno.
Il borsone le pesava sulle spalle, e si era rassegnata all'idea di doversene tornare a casa. Però prima di rimettere piede lì, doveva affrontare una cosa, una volta per tutte.
    Quando fu al World Trade Center, cominciò a sentire l'ansia farsi pesante nel petto. Aveva pianto troppo per poter versare ancora qualche lacrima, eppure c'era un pesante velo di disperazione sui suoi occhi. Su una parete lì intorno c'erano milioni e milioni di fiori, fogli e fotografie. Gente che non era stata ritrovata, gente che era svanita nel nulla, proprio come i suoi genitori.
Si chiese come avessero affrontato la situazione tutti gli altri, tutti quelli che avevano perso qualcuno per sempre, in quell'incidente. Perché lei lo chiamava così. Ora però, davanti a quello scenario, doveva farsi forza ed ammettere la verità. La sua vita doveva continuare, con la consapevolezza che i suoi genitori non sarebbero davvero mai più tornati. Pensò che fosse giusto andare lì, almeno una volta. Prese un foglio dalla tasca. Sul treno ci aveva scritto sopra "Mi mancate". Lo lasciò lì, accanto a tutti gli altri disperati appelli d'aiuto e ricerca. Era il suo messaggio per i suoi genitori.
Si sforzò di sorridere, immaginandoseli. Sarebbero stati fieri di lei. Stava affontando la situazione nel migliore dei modi a lei possibili.
    Quando andò via da lì, incontrò una signora paffuta e vestita di verde, che gentilmente volle sentire la sua storia, per poi offrirle un pranzo in una tavola calda.
    E ormai si era fatta sera, e non sapeva più dove andare. Aveva rimandato il rientro a Belleville finché aveva potuto, ma prima o poi sarebbe dovuta tornare.
Con passo lento si diresse alla stazione. Fumò una sigaretta con tutta la calma del mondo, prima di salire sul vagone del treno.
Si sedette accanto al finestrino, e mise su un pò di musica nelle cuffiette del suo lettore mp3.
Qualsiasi fosse stato il motivo che aveva spinto Gerard a trattarla in quel modo, lei ancora non lo aveva capito. Ora che ci pensava avrebbe voluto prenderlo a schiaffi. Si disse che forse era solo colpa di tutta quella roba che aveva cominciato a bere negli ultimi tempi. Eppure i suoi occhi, anche solo pensarci, le facevano paura. Era arrabbiato, era come se lei lo avesse tradito, pugnalato, ucciso, qualsiasi cosa.
    Chiuse gli occhi e si sforzò di non pensarci. Ovviamente non ci riuscì, sopratutto perché la sua voce urlava nelle cuffie. Eppure non c'era altra musica che volesse ascoltare, ora. Aveva bisogno di sentire lui, perché nonostante tutto era una delle uniche persone che poteva avere accanto, fisicamente. Per il resto, non aveva più nessuno. Gerard e Frank erano gli unici, erano l'unica sua speranza, e l'unico motivo per cui stava tornando a casa.

    Frank aveva cercato in ogni angolo di Belleville. Lei non c'era. Era sparita nel nulla.
Quando Gerard aprì la porta di casa sua, la rabbia gli faceva bollire il sangue nelle vene. Era tutta colpa sua. Era colpa sua se Alex era scappata, era colpa sua se lui era così confuso e frustrato, era colpa sua ogni cosa.
    Avrebbe voluto mollargli un calcio nelle palle, un pugno in pieno viso, spaccargli il naso, fargli saltare un paio di denti, qualsiasi cosa pur di sfogarsi.
«L'hai trovata?» domandò Gerard, intimorito dallo sguardo negli occhi di Frank.
«No! E prega che non le sia successo niente, altrimenti giuro che-» non riuscì a finire la frase. Non sapeva nemmeno esprimere a parole tutto quello che provava. Era stato così stupido a pensare che Gerard fosse... fosse qualsiasi cosa aveva pensato. Era ridicolo. Gerard era un alcolizzato che se l'era presa con una ragazzina per chissà quale motivo.
    Sperò davvero che non le fosse accaduto nulla. Ripensò a tutte quelle cose che si erano detti la notte precedente, a quanto lo avesse fatto sentire importante e compreso. Pensò che nessuno al mondo poteva arrabbiarsi con lei, per nessun motivo. Come potevi prendertela con una persona così fragile? Così dolce e indifesa?
Non aveva nemmeno idea del perché Gerard lo avesse fatto, e non gli interessava saperlo.
    «Mi dispiace tantissimo...» mormorò Gee.
    «Il tuo dispiacere non serve a nulla! Che cazzo ti ha detto il cervello? Che ti ha fatto, eh? Perché diavolo l'hai aggredita? Come minimo l'avrai spaventata a morte!» esclamò Frank rabbioso.
Gerard si morse il labbro. Come poteva dirglielo?
Lui era geloso, quella era la verità. Lui aveva visto Frank baciarla, e quella scena gli aveva fatto salire il sangue al cervello, gli aveva stritolato il cuore e strappato via l'anima. Era quella la verità. Lui non la voleva più intorno perché era invidioso.
    Non poteva ammetterlo, però.
Frank comunque lo guardava in attesa di una spiegazione valida. Qualsiasi buon motivo per essersi comportato così. Non avrebbe ammesso alcuna stronzata. Come minimo doveva dirgli che aveva trovato Alex a rubare l'argenteria o a scassinare la cassaforte di Donna o a tentare di strangolare Mikey nel sonno o qualsiasi cosa del genere.
    Di certo non si aspettava di sentir Gerard pronunciare quelle parole.
    «Sono geloso...» mormorò senza guardarlo.
Rimase senza parole. Non gli fece dire nient'altro.
    «Geloso!? E di cosa, per dio!? Invidioso del fatto che Alex abbia perso i suoi genitori, non abbia nemmeno il coraggio di mettere piede in casa sua, che non abbia più nessuno oltre noi!?» urlò Frank con disappunto.
Se fino ad ora aveva pensato che Gerard si era comportato da idiota, ora non sapeva nemmeno più cosa pensare.
    Certo, Frank non poteva nemmeno immaginare che era tutt'altro. Che Gerard l'aveva visto baciare Alex. Proprio come Gerard non poteva sapere che quel bacio non aveva significato nulla, ed era solo la conseguenza di qualcosa che aveva creato lui stesso.
    Mikey irruppe nel salotto con l'espressione più sorpresa che Gerard avesse mai visto sul volto di suo fratello. Teneva il telefono in mano e non sapeva cosa dire. Aveva il fiatone, la fronte sudata e il cuore che batteva a mille.
    «Che hai fatto!?» domandò Frank agitato, scuotendogli le spalle per incitarlo a parlare.
    «Non è possibile!» balbettò Mikey guardando prima lui, poi suo fratello.
    «Cosa!? Non è possibile cosa!?» chiese Gerard avvicinandosi.
Pregò con tutto il cuore che non si trattasse di Alex.
    «Alex!» disse Mikey. Non riusciva a formulare una frase di senso compiuto. Si sentiva dislessico.
    «Alex cosa!?» chiese Frank, mollandogli uno schiaffo in pieno viso. Non avrebbe voluto farlo, voleva solo riportarlo sul pianeta Terra e fargli dire cosa fosse successo.
Mikey si massaggiò la guancia dolorante, guardando Frank stupito «Ahia, cazzo!» si lamentò.
    «Allora?» domandò Gerard senza dargli retta.
    Suo fratello fece un respiro profondo «Dobbiamo andare a casa sua...» disse infine.
    «Sta bene?» chiese Frank.
    Mikey scrollò le spalle «Suppongo di si. Era lei al telefono...» disse.
Senza indugiare oltre, tutti e tre si diressero all'auto di Gerard, che in tutta fretta guidò fino casa di Alex, rischiando di mettere sotto un paio di anziane signore che attraversavano la strada ed un gatto randagio.

    Quando Gerard posteggiò l'auto nel vialetto di casa di Alex, tutti e tre scesero dalla macchina alla svelta, lasciando anche gli sportelli aperti. In quanto Mikey non era riuscito a dire nient'altro, se non "non ci credo" e cose simili, Gerard e Frank volevano solo assicurarsi che fosse tutto ok.
La trovarono seduta sui gradini del portico della casa, con un sorriso stampato sul volto e gli occhi luminosi.
Non aveva l'aria di una che era scappata chissà dove, nonostante sotto la luce fioca del portico le occhiaie che le circondavano gli occhi sembravano più marcate.
    Frank sentì il bisogno di abbracciarla. Non appena lei si sollevò dal gradino sul quale era seduta, le corse incontro gettandole le braccia intorno al corpo e stringendola a sé il più forte possibile.
    «Così-mi-uccidi!» fece lei che non riusciva a muovere nemmeno le braccia, parlando contro la sua spalla.
    «Tu mi uccidi, quando sparisci così!» sussurrò Frank lasciandola andare, dopo averle stampato un bacio sulla testa.
Gerard guardò la scena in silenzio. Com'era stupido ad essere geloso. Non avrebbe mai avuto quello che avevano loro, era inutile anche sperare e invidiare. Si sentiva in colpa, e nonostante un senso di sollievo lo aveva scosso quando vide Alex, si sentiva l'animo pesante.
Non aveva speranze. Frank l'abbracciava, la stringeva a sé, e lui voleva tanto far parte di quel momento, di quell'uragano di emozioni, voleva abbracciare entrambi anche lui.
    Guardò Alex ma non sapeva cosa dire. Voleva scusarsi per come l'aveva trattata la sera prima, e sopratutto per averla aggredita così. Era un mostro, era stato proprio un mostro.
Lei lo guardò come in attesa che lui dicesse qualcosa. Però dopo qualche secondo sospirò «Sei sobrio, per lo meno?» chiese sorridendo.
    Un mostro alcolizzato, ecco cos'era ai suoi occhi. Gerard si faceva schifo. Annuì, e lei sorrise ancora.
    «E non hai intenzione di aggredirmi o lanciarmi dietro qualcosa, vero? Perché ho una notizia che vi farà pisciare sotto dall'emozione!» esclamò, guaradando i tre di fronte a lei.
    «Ma dove sei stata?» chiese Frank.
    «Dopo ti racconto, però devo dirvi la cosa più importante, tanto dalla faccia di Mikey suppongo che lui non abbia detto niente...» fece lei ridendo.
Mikey scrollò le spalle.
    «Vabbè... insomma, quando ero alla stazione, stavo salutando Giulio Cesare e-» iniziò a raccontare, ma Frank la interruppe.
    «Alla stazione? E chi è Giulio Cesare?» domandò curioso.
Alex roteò gli occhi scocciata «Ti ho detto che dopo ti racconto! Ora non interrompermi!» fece lei sbuffando, poi riprese fiato e ricominciò «Vabbè, alla stazione c'era questo tipo, un signore sulla cinquantina...».
    «Ti ha importunata?» chiese Gerard aggrottando le sopracciglia.
    «Cristo santo, no! Fatemi finire!» esclamò esasperata «E mi ha vista da sola e pensava che avessi tipo 13 anni o roba del genere, ed ha cominciato a chiedermi se avevo bisogno di qualcosa o se mi fossi persa, e comunque, vabbè, ci siamo messi a chiacchierare ed è venuto fuori che questo è un produttore musicale e che ha questa casa discografica e insomma, allora gli ho fatto ascoltare le vostre canzoni, e gli sono piaciute e mi ha fatto un sacco di domande su di voi e sulla band e sulla vostra musica e voglio dire, mi ha detto che vuole conoscervi e che vuole farvi registrare un disco!» disse tutto d'un fiato.
    Nessuno dei tre disse nulla per una manciata di secondi che sembrò eterna. Poi Frank la guardò con una smorfia «Cioè, questo» fece, indicando Gerard con la mano «ti tira dietro i bicchieri, ti caccia di casa e ti tratta di merda e tu gli rimedi un cazzo di contratto discografico!?» chiese stupito.
Probabilmente la parola vendetta non faceva parte del dizionario di Alex, né rancore.
Lei scrollò le spalle «E che facevo, un'occasione così mica capita tutti i giorni! E poi, se non mi avesse cacciata io non sarei stata alla stazione e non avrei incontrato sto tipo, quindi!» spiegò serenamente.
    «Grazie! E' davvero una cosa fantastica!» disse finalmente Gerard ridendo contento. Ebbe il coraggio di avvicinarsi a lei ed abbracciarla «...scusami per come ti ho trattata... se vuoi, puoi tornare da noi, restarci quanto vuoi...» disse.
Alex ricambiò la braccio e poi scrollò le spalle «No, è ora che torni a casa mia...» disse, indicando la casa alle loro spalle.
In realtà li aveva fatti andare da lei proprio perché non voleva metterci piede da sola, per la prima volta dopo tutta quella storia. Raccolse il borsone da terra e prese le chiavi. «Vorrei solo che mi accompagnaste dentro...» mormorò avvicinandosi alla porta.
    I tre si strinsero a lei, come se stessero per fare una sorta di rituale o qualcosa del genere.
Quando Alex aprì la porta, questa cigolò leggermente. Il vento proveniente da fuori smosse l'aria all'interno, portandole al naso l'odore tipico di casa sua, di lavanda, misto all'odore di chiuso che si era stagnato lì.
    Fece il primo passo per varcare la soglia lentamente, poi fece un respiro profondo.
All'ingresso, sulle pareti, c'erano un mucchio di fotografie di lei e dei suoi genitori. Le guardò con un sorriso. Tutto doveva avere una ragione. Tutto era accaduto per un motivo. Non poteva essere solo una disgrazia, doveva esserci di più, perché quello che tutta quella storia aveva portato era incredibile e denso di emozioni.

    Non voleva restare sola, e Gerard si era offerto di passare la notte con lei, un pò perché gli faceva davvero piacere, ed un pò perché c'erano tante cose che voleva dirle per scusarsi di essersi comportato da vero stronzo.
    Frank e Mikey se ne erano tornati a casa loro, il giorno dopo c'era scuola e non avevano intenzione di fare tardi. Loro due rimasero seduti sul divano, ad ascoltare un vecchio cd di musica del padre di Alex. Era lui che l'aveva spinta ad appassionarsi così tanto al rock. Anche lui suonava, e forse era proprio per questo che lei era così legata alla band.
    «...comunque, devi riflettere sul senso del pericolo. Non puoi dormire alla stazione a pochi metri da un barbone, o andartene in giro a farti offrire il pranzo dalla prima persona che passa...» disse Gerard facendo la predica ad Alex.
Non poteva credere che riuscisse a dare fiducia davvero a chiunque, a vedere sempre e solo il lato buono delle persone. Però lei era fatta così, e la dimostrazione gliel'aveva data ancora una volta, con quel discografico al quale aveva parlato di loro. Non era molto sicuro che le cose fossero andate come aveva detto lei, poteva immaginarsela supplicarlo in ginocchio di ascoltare i pezzi dei My Chemical Romance cercando di convincerlo che ne valesse la pena. O probabilmente lo aveva costretto ad ascoltarli, guardandola con quei suoi occhioni luminosi ed innocenti.
    Lei sorrise «Non mi è successo niente... e poi se non dovessi dar fiducia al prossimo, non avrei dovuto dar fiducia nemmeno a te...» mormorò.
    Gerard le carezzò i capelli scuri «Scusa per tutto...» borbottò.
    «Tranquillo... anche se, cioè, non mi piaci quando sei ubriaco... e poi, non ho nemmeno ancora capito perché l'hai fatto...» disse, guardandolo negli occhi.
Gerard si sentì in dovere di dire la verità. Era Alex, l'aveva confortata mille volte negli ultimi tempi, aveva asciugato le sue lacrime ed una volta aveva anche pianto con lei, in una notte densa di vecchi ricordi di lei bambina. Non dovevano esserci segreti.
Fece un respiro profondo, per prepararsi a sputare fuori tutta la verità.
    «Credo... credo di essere geloso...» mugugnò.
Alex lo guardò con un sopracciglio sollevato e l'aria incerta «Geloso?» ridacchiò.
    «Si, lo so che è stupido, ma... non lo so nemmeno io cosa sta succedendo... l'altra sera ho baciato Frank...» disse lui imbarazzato.
    «Eh si, me lo ricordo...» sospirò Alex «E' stato epico, direi...».
Gerard arrossì. «Poi però ho visto voi che vi baciavate, fuori dal locale...» aggiunse.
Alex scoppiò a ridergli in faccia. Ci mise un minutino per riprendersi e tornare seria. «Sul serio!? E' questo il problema?» chiese divertita.
Gerard aveva frainteso tutto, ecco perché ce l'aveva con lei. Se solo fosse stato lì accanto al loro in quel momento avrebbe capito che non era proprio, assolutamente, - e tristemente, per lei - nulla.
    «Si insomma... che c'è da ridere? Voglio dire, voi due siete carini e tutto...» spiegò sentendosi ancora più in imbarazzo.
    «Oh, voi uomini siete proprio stupidi...» disse lei alzando gli occhi al cielo.
    «Ah, tante grazie...» fece Gerard fingendosi offeso.
    «Dico sul serio! Cioè, sai perché Frank mi ha baciata? Cristo santo, potessi starci io al posto tuo, Gee...» sospirò «Mi ha baciata per colpa tua. Per testare cosa avrebbe provato. Non certo perché tra me e lui ci sia qualcosa...» disse con tono rassegnato. E si, parlarne ancora faceva male.
Gerard la guardò incerto «Come sarebbe? Lui è sempre così dolce con te, e state sempre insieme, e tu parli di lui ogni secondo, e lo guardi con quello sguardo...» disse.
    «Sono stata solo la sua "prova del nove". E posso assicurarti che se l'è quasi fatta sotto quando ha capito di non provare le stesse sensazioni con le mie labbra.» spiegò Alex, omettendo la parte in cui lei sentiva il cuore frantumarsi nel petto, nel frattempo. Certo, non riusciva a fingere nemmeno un accenno di sorriso, faceva malissimo.
    Gerard non era sicuro se fosse più contento per sé stesso o triste per Alex, che aveva perso la luce negli occhi in un secondo netto.
    «Devi esserne contento, eh!» lo incitò lei alla fine «Cioè, stiamo parlando di Frank Iero. Non potresti desiderare di meglio!» disse, con aria sognante. Era stupido che il suo cuore si ostinasse a scoppiare così, ogni volta che lo nominava, o il suo volto gli apparisse in mente. Non c'era niente da fare, punto.
    Gerard sorrise a mala pena «Credo che dopo oggi, mi detesti...» sospirò «Sono stato un coglione. E sicuramente lo pensa anche lui, ormai...».
Alex scrollò le spalle, abbracciandosi le ginocchia e poggiandoci sopra la testa «Qualsiasi cosa sia, passerà...» mormorò, forse più a sé stessa che all'amico. «E poi, siete destinati a stare insieme, ne sono certa. Due persone come voi non dovrebbero che appartenersi l'un l'altro.» aggiunse.
«Sei incredibile. Stai per piangere un'altra volta.» sussurrò Gerard avvicinandosi a lei. Le mise un braccio intorno alle spalle «Non voglio che tu ci stia male, comunque, quindi ti prometto che se qualcuno deve portartelo via, non sarò di certo io...».
    Alex alzò gli occhi al cielo, scacciando via l'ennesima lacrima. Detestava piangere ogni santa volta. «Ah, scommetto che quando Dio creò l'uomo con una mano si stava grattando le palle, perché siete venuti fuori proprio male!» disse.
    «Sei proprio una principessa, sai?» rise Gerard.
    «Lo so, scusa, ma cavolo, siete proprio scemi. Sempre a farvi le spalle grosse davanti agli altri. Non puoi decidere di smetterla di provare qualcosa per Frank perché io sennò ci sto male. Non posso mica obbligarlo a scegliere me, a provare qualcosa per me. Quindi tira fuori le palle e prenditelo, una volta per tutte. Basta che poi non mi abbandonate.».

   

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - The Best Part Of Believe Is The Lie ***


Capitolo 6
The Best Part Of Believe is the lie.

    I corridoi del liceo erano tappezzati di festoni arancioni e neri e volantini per annunciare la grande festa di Halloween che si sarebbe tenuta nella palestra quel Venerdì sera. Frank dovette fare lo slalom tra gli studenti per raggiungere Alex, che con lo zaino in spalla e il cappuccio del giacchetto sulla testa si stava dirigendo a passo svelto verso l'uscita.
    Fuori faceva davvero freddo, e il vento trascinava via le foglie dagli alberi.
   
«Dove vai tutta di fretta?» le chiese quando riuscì a raggiungerla.
Lei scrollò le spalle, con le mani affondate nelle tasche del cappotto «Donna mi accompagna a fare la spesa. Il frigo è vuoto e stasera siete tutti invitati a casa mia» disse sorridendo.
Frank fece una smorfia. Se quel tutti includeva anche Gerard lui non voleva andarci, proprio come aveva evitato di andare a casa di Alex quando sapeva che anche l'altro era lì.
Nonostante fossero passate un paio di settimane dal casino che aveva combinato Gee da ubriaco, a Frank ancora non era passata. Non riusciva nemmeno a comprendere come potesse Alex continuare a girargli sempre intorno, dopo che lui l'aveva aggredita così. Aveva iniziato a farsi un'idea - secondo la sua amica sbagliatissima - di Gerard che non gli piaceva affatto. Non sapeva però le sue vere motivazioni, ma nemmeno gli importava. Le ripeteva sempre che sarebbe potuto accadere di nuovo, che doveva stare attenta e che avrebbe dovuto chiamarlo immediatamente se fosse successo ancora, perché gli avrebbe fatto il culo.
    Alex rideva ogni volta che Frank faceva così. Era proprio stupido a volte. E si, tutta quella premura nei suoi confronti le faceva piacere, ma non c'era davvero niente di cui preoccuparsi. Gerard, glielo aveva ripetuto più volte, aveva anche cominciato ad andarci meno pesante con l'alcool.
Gli chiedeva sempre se non fosse per quel bacio, che Frank non volesse vedere Gerard. Ed ogni volta Frank cambiava argomento. Non riusciva ancora a capacitarsene. Alex glielo aveva ripetuto più volte: se ti è piaciuto quella volta ti piacerà ancora. Ma a lui non sembrava interessare, non voleva mai affrontare l'argomento e ultimamente fingeva che non fosse mai accaduto e che non avesse mai provato niente nei confronti di Gee.
    «Non credo di poter venire...» fece Frank tremando per il freddo, camminando al suo fianco.
    Alex alzò gli occhi al cielo «Devi venire. Punto. Non ti stò invitando, ti stò obbligando!» disse guardandolo seria.
    «Devo provare con il gruppo...» inventò Frank. La scusa più stupida che potesse tirar fuori.
    «Ma se tre giorni fa mi hai detto che vi siete sciolti!» replicò lei.
    «...vabbè, allora non mi va di passare la serata con Gerard.» disse lui aspro.
Alex si fermò e lo guardò dritto negli occhi, sgranando i suoi al meglio. Frank non avrebbe potuto resistere, e lei lo sapeva. «E dai, fallo per me!» disse lei supplichevole con l'aria più innocente che riuscisse ad avere.
Frank sbuffò. Ci era riuscita ancora una volta. «Ok» mormorò. «Cazzo, fa un freddo allucinante...» si lamentò dopo un pò di silenzio.
    «Tu ti ostini ad indossare quella sottospecie di guanti senza dita, che pretendi.» rise Alex dandogli una spinta «E comunque, non cambiare argomento ancora una volta. Tanto prima o poi dovrai affrontarlo. Dì la verità, sogni quel bacio tutte le notti, eh?» disse maliziosa.
Frank si morse il labbro. Quando ci pensava sentiva un brivido attraversargli il corpo. Era vero, dannatamente vero. Ci pensava spesso, anche quando faceva di tutto per non pensarci. Una volta aveva addirittura fissato il culo di una cheerleader della scuola, durante tutta l'ora di ginnastica, ma senza alcun risultato. Non ne era attratto, c'era poco da fare. A lui veniva in mente Gerard, che si, era un coglione, ma aveva le labbra più morbide sulle quali avesse mai poggiato le sua.
    «Non mi importa, Al, passerà, tanto si è dimostrato un vero idiota...» mugugnò, nascondendo le mani dentro le maniche della felpa.
    «Non è un idiota. E lo sai. E poi mica mi ha violentata.» rise lei.
    «Non c'è niente da ridere, e tu sei un'incosciente. Lasciargli passare le notti a casa tua... non hai paura che possa essere così aggressivo un'altra volta?» chiese lui alterato. Era incredibile anche per sé stesso quanto gli desse fastidio l'idea che potesse farle del male.
Lei scrollò le spalle, mentre il vento le scompigliò i lunghi capelli scuri «E' successo una sola volta, e l'abbiamo superato. Si guarda avanti, Frank. E non sono un'incosciente, se dubitassi di lui non lo frequenterei così assiduamente. Smettetela di pensare che sono una stupida, che cavolo. E smettila di pensare che anche lui lo sia. Hai conosciuto il meglio di Gerard, e non è che per un episodio isolato ora devi farti di lui l'idea che sia un mostro pazzo ubriacone maniaco.» spiegò.
    Doveva riuscire a farlo tornare in sé, a fargli rivedere Gee sotto gli stessi occhi con cui lo vedeva prima, perché Gerard parlava di Frank e si struggeva ogni volta che si rendeva conto che aveva fatto una cazzata. E quando si rifiutava di incontrarlo era una vera tortura per lui.
Lei era il filo che li legava, e doveva fare il suo dovere.
    «Sarà...» borbottò Frank «Dov'è che stiamo andando comunque?» chiese poi quando si rese conto che stava seguendo Alex per le strade di Belleville senza sapere quale fosse la loro meta.
    «Te l'ho detto, Donna mi aspetta al supermercato. Devo andare a fare la spesa. Non posso continuare a mangiare barrette energetiche, fanno pure schifo tra l'altro...» disse lei.
    «Vuoi che ti accompagni anche io?» domandò Frank che tanto non aveva di meglio da fare. Da quando era finita con i Pencey Prep e al Cafè c'erano i vecchi dipendenti a lavorare, non aveva molti impegni.
    Alex annuì, e in silenzio continuarono a camminare nel freddo.

    «Si, dovremmo proprio trovare un altro chitarrista...» disse Ray posando la sua chitarra. Lo studio era decadente e malconcio, ma finalmente stavano registrando il loro disco ed era sempre meglio di niente. Però i My Chemical Romance si erano resi conto che mancava qualcosa per raggiungere la perfezione. Un chitarrista ritmico, ecco cosa ci voleva.
La prima persona a cui pensò Gerard fu ovviamente Frank. Alex gli aveva detto che i Pencey Prep si erano sciolti e come chitarrista era il massimo, aveva lo spirito da rocker, suonava con tutta l'anima e... No, scosse la testa per scacciare quel pensiero dalla testa. Non c'entrava nulla il fatto che fosse anche incredibilmente bello. Assolutamente. E comunque, con quale faccia poteva proporgli di unirsi al gruppo? Nemmeno voleva più rivolgergli la parola.
    Suo fratello Mikey però aveva pensato alla stessa persona, e con un sorriso sul volto pronunciò il suo nome.
Gerard fu attraversato da un brivido lungo tutta la schiena. Ma non fece in tempo a dire di no, che gli altri annuirono entusiasti dell'idea.
    «Esatto! Frank sarebbe l'ideale! E' perfetto!» esclamò Matt dall'angolo della stanza. Ray annuì «Gerard, perché non lo chiami e gli proponi di unirsi a noi?» chiese porgendogli il suo cellulare.
    «Ehm... perché proprio io?» domandò Gerard imbarazzato.
    «Perché sei suo amico, no?» rispose Ray. Ovviamente.
    «In realtà è da un pò che non si parlano più...» se ne uscì fuori Mikey.
Matt e Ray lo guardarono ridendo «Ma che siete ragazzini dell'asilo, che non vi parlate?» disse il primo.
Gerard scrollò le spalle. Matt riusciva ad essere totalmente privo di qualsiasi tatto. Era anche peggio di Alex a volte. Che ne sapeva lui, comunque? Nessuno, oltre ad Alex, poteva saperne nulla. Gerard non ne aveva parlato con nessun'altro, tanto meno con suo fratello. Non poteva mica uscirsene con qualcosa tipo "Beh, credo di essere fisicamente ed emotivamente attratto da Frank!" o roba del genere.
    «Vabbè, glielo dirò, ora non mi va di chiamarlo...» disse Gerard alzandosi per uscire a fumare una sigaretta.

    Al supermercato, Frank spingeva il carrello stracolmo di roba mentre Donna ed Alex continuavano a mettere dentro ogni singolo prodotto in vendita.
   
«Ma guarda un pò, mio figlio che fa la spesa con gli altri invece che con sua madre...».
Tutti e tre si voltarono. La madre di Frank era di fronte a loro con un'espressione di sorpresa sul volto, nel trovare suo figlio al supermercato. Di solito non l'accompagnava spesso a fare commissioni.
    Frank arrossì, mostrando evidente imbarazzo «Ehm... ciao mamma...» mormorò. Sua madre salutò Donna, che aveva già conosciuto al Cafè, e poi si soffermò su Alex. «Ehi, è da tanto che non vieni a trovarmi...» disse sorridendo.
In effetti era da un pò che Alex non andava a casa di Frank. Non che prima ci andasse poi tanto spesso, però ogni tanto era capitato che dopo scuola Frank l'avesse invitata a pranzo da lui per poi farsi aiutare a fare qualche compito particolarmente troppo impegnativo per lui.
    Alex annuì dispiaciuta «Ha ragione Signora Iero...» disse.
Frank, accanto a lei, stava davvero dando segni di nervosismo, giocherellando con i bordi delle maniche della felpa. Sembrava non vedesse l'ora che sua madre se ne andasse.
    «Beh, almeno posso stare tranquilla sapendo che Frank passa tutto il suo tempo con te...» disse la signora, visibilmente sollevata «Sai, anche se ho dovuto quasi tirargli fuori dalla bocca che-».
    «Senti mamma dovremmo proprio andare!» la interruppe Frank alla svelta.
Alex gli diede una leggera gomitata sul fianco «Maleducato, non abbiamo alcuna fretta...» disse con una smorfia.
    «No, sul serio, comunque il supermercato non è il luogo giusto dove chiacchierare...» borbottò lui, con le guance così rosse che erano quasi della stessa tonalità della tinta che aveva fatto ai lati della testa.
    «Che ti prende?» chiese Alex con un sopracciglio sollevato.
    «Dai, Frankie, non fare così...» gli disse sua madre teneramente, poi guardò prima Alex e poi Donna ed aggiunse «E' sempre imbarazzato di parlarne. Ma non capisco proprio perché.».
    «Parlarne di cosa?» domandò Alex confusa.
    «Mamma, ti prego non-»
    «Insomma, è chiaro che sia innamorato. Ultimamente è sempre con la testa tra le nuvole, allora un giorno l'ho quasi costretto a confessare e lui mi ha finalmente detto che state insieme! Sono rimasta così contenta, sai?» rise la signora Iero, guardando Alex, che invece era insicura se scoppiare a ridere o meno. Frank si fissava le scarpe, in silenzio.
    «Sta parlando di me e Frank?» chiese con una risatina.
La signora annuì con un'espressione che stava a significare "Chi, sennò?".
Frank voleva morire in quel preciso istante. Era giunta la sua fine, ne era certo. Ne fu ancora più sicuro quando Alex sorridendo maliziosa gli strinse la mano e lo guardò «Aww, ma non mi avevi detto che ne avevi parlato con tua madre!» disse fingendosi tutta carina e dolce, accarezzandogli la guancia con il dorso della mano.
    Frank deglutì. Esatto, era proprio la fine. Alex non gli avrebbe dato tregua, poteva leggerglielo in faccia che stava facendo del suo meglio per non scoppiargli a ridere davanti.
    «Sai cosa? Dovremmo proprio fare una bella cena tutti insieme!» propose sua madre come se avesse avuto l'idea più geniale del secolo.
Frank sgranò gli occhi facendo no con la testa.
    «Ma si invece!» annuì Alex entusiasta «Assolutamente! Anzi, sa cosa? Io stavo già per organizzare una cena stasera a casa mia, e beh, potreste unirvi anche voi, sarà una bella serata!» propose lei, alla madre di Frank e a Donna.
    «No, scherzi, non mi sembra giusto che tu debba ospitarci tutti a casa tua, sai...» disse Donna.
    «In effetti...» mormorò la signora Iero «Beh, però potreste venire a casa mia, piuttosto!» propose la madre di Frank «Noi ci facciamo una bella chiacchierata tra donne, mentre i ragazzi passano un pò di tempo insieme, eh?».
Frank sperò con tutto il cuore, pregando ogni tipo di Dio o entità di cui avesse mai sentito parlare, di ogni religione possibile, che nessuno accettasse l'invito. Non funzionò, Donna e sua madre si strinsero la mano. «Chiamerò subito Gerard e Mikey per avvertirli!» esclamò la prima, contenta.
    Stavolta Alex non ce l'aveva fatta, era scoppiata a ridere come una stupida, nascondendosi alle spalle di Frank. Quella si, che sarebbe stata una serata da ricordare, cristo.

- - -
Grazie a tutte per continuare a leggere i miei poemi immensamente lunghi. Sta volta l'ho scritto corto, credendo di fare la cosa giusta, finché xwhatshername non mi ha detto che lunghi vanno benone -.- ma ormai era troppo tardi, ed io ho già pronto il prossimo capitolo. XD Poi, thanks a R e v e n g e che è sempre la prima a leggere e commentare e mi riempie di complimenti facendo fomentare la mia autostima - ci vuole, ci vuole! LOL, e a tutti gli altri, e a Helena_YellowSmoke che mi ha messo tra i suoi autori preferiti, cioè! <3
 - mi sto fomentando perché ho di nuovo l'editor html, tutto qui.

XOXO

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 - It started out with a kiss, how did it end up like this? It was only a kiss... ***


Capitolo 7

Capitolo 7
It Started Out With A Kiss, How Did It End Up Like This? It Was Only A Kiss...

    Frank aveva la stessa ansia da primo appuntamento. Aveva cambiato maglietta tre volte, sistemato i capelli in diversi modi senza mai vedersi abbastanza decente allo specchio, e lanciato sotto il letto un paio di scarpe rovinate e l'infame fotografia di quando aveva due anni e correva nudo nel giardino di casa Iero.
    Erano quasi le 19 e sarebbero arrivati tutti, di lì a poco. Ad ogni rumore d'automobile si affacciava alla finestra della sua cameretta, per poi sospirare quando non era la macchina di Donna.
    Aveva imprecato ogni divinità a lui nota, per la fantastica idea di sua madre.
   
«Santo Cielo, rilassati!» rise Alex piombando dal nulla in camera sua.
Frank quasi saltò dallo spavento «Perché sei già qui!?» chiese nervoso.
    «Ma come? Sono la tua fidanzata ufficiale, mica posso arrivare in ritardo!» disse ridendo di gusto.
Lui le fece cenno di abbassare la voce. Era già abbastanza imbarazzante così, se sua madre avesse saputo che era tutta una balla avrebbe dovuto dirle la verità: no, mamma, in realtà se stavo così era per colpa di Gerard, sai?
No, non poteva farlo di certo. E poi non c'era proprio nulla tra lui e Gerard, quindi sarebbe stato imbarazzante anche il doppio.
E tra poco sarebbero stati tutti seduti attorno al tavolo a mangiare insieme come se niente fosse, ed Alex aveva parecchio da divertirsi, glielo leggeva in faccia.
    «Lo sapevo io che dovevo dire qualcos'altro, quel giorno!» borbottò Frank mangiandosi le unghie.
    «Non sarebbe stato così divertente...» sospirò Alex, sedendosi sul letto «Ma dico, non voglio immaginare la faccia di Gerard quando capirà che tua madre è convinta che io e te stiamo insieme!» rise «Probabile che ci tira dietro qualche bottiglia, per dire!».
    «Ah-ah!» fece sarcastico Frank «Sei proprio divertente! Hai l'animo maligno. Scommetto che se fossi in bilico sul cornicione di una torre mi spingeresti "per sbaglio"!» disse sbuffando.
    «Ma smettila! Sei un frignone, tira fuori le palle! ...non in senso letterale, eh...»
    «Cazzo, più andiamo avanti più il tuo senso dell'umorismo si fa invasivo...» mormorò Frank guardandosi ancora una volta nel riflesso dello specchio a parete.
    Quando sua madre lo chiamò gli si fermò il cuore «Venite, ragazzi! Sono arrivati gli Way!» urlò dal piano di sotto.
Alex si sfregò le mani eccitata, mentre Frank fece un respiro profondo.
Ti prego, Dio, toglimi la vita ADESSO! pensò, scendendo le scale lentamente.

    Gerard aveva le mani sudate, affondate nelle tasche dei pantaloni scuri che aveva indossato. Quando la figura di Frank apparì sulle scale, di fronte a lui, deglutì pesantemente.
Era da un pò che non lo vedeva, e il cuore gli batteva nel petto come un giro di batteria hardcore.
    «Entrate, entrate!» li incitò la signora Iero, prendendo i loro cappotti.
    «Ciao!» sorrise Alex divertita, correndo ad abbracciare Gerard, che era rigido come il tronco di un albero, in piena ansia «Non vedevo l'ora che arrivaste...» gli sussurrò all'orecchio.
    «E' quasi pronto... perché non ci accomodiamo sul divano in salotto?» propose Linda Iero incitando gli ospiti a seguirla «Frank, va a prendere qualcosa da bere...» disse a suo figlio, che senza replicare si diresse in cucina trascinando Alex per un braccio. Quando fu dentro si chiuse la porta alle spalle «No, non ce la faccio!» disse lamentoso.
    «Dimmi, dimmi!» disse lei battendo le mani come una bambina davanti ad un parcogiochi «Vorresti saltargli addosso, eh!?» fece maliziosa.
    «Cristo santo, no!» fece lui infastidito «E mi stai irritando, sul serio! Non c'è niente da ridere, è proprio una situazione del cazzo!».
    «E ridi ogni tanto!» replicò lei cercando di imitare Frank, visto che di solito era lui a dirglielo.
Frank sospirò «Perfetto, vuoi divertiti? Ora ci penso io...» mugugnò con tono di sfida «E ricordati che sei tu che l'hai voluto!».

    Quando tornarono nel salotto, Alex portava un vassoio con bicchieri e bevande, mentre Frank la stringeva a sé con un braccio intorno al collo.
    «Fammi respirare per lo meno...» mormorò Alex dietro un finto sorriso.
    «Te l'ho detto, ora sono cavoli tuoi...» rispose lui, a voce bassissima.
Gerard li guardava incuriosito. Oh, se si stavano comportando in modo strano.
    «Ecco a voi...» disse Alex posando il vassoio. Frank quasi corse a sedersi sulla poltrona, che era rimasta libera, ed Alex si guardò intorno rimanendo in piedi.
    C'era così tanta tensione nell'aria che se ne resero conto anche Donna e Linda.
    «Hai davvero una bella casa...» disse la prima, sorridendo alla signora Iero, tanto per fare conversazione. L'altra ricambiò il sorriso guardandosi intorno, come stavano facendo tutti gli altri. C'erano fotografie di Frank in ogni angolo, sua madre lo adorava a dismisura.
    «Quindi, voi andate a scuola tutti insieme?» chiese dopo un pò guardando i fratelli Way, ed indicando anche Frank e Alex.
    «Ehm, no, io... sono più grande...» borbottò Gerard in imbarazzo «Mikey però si...» aggiunse, versandosi da bere del The per passare il tempo.
    «E dimmi, Mikey, com'è il mio Frankie a scuola?» sorrise «Non vorrei che ora che si è fidanzato si concentri di meno nello studio...».
A quella frase Gerard quasi sputò fuori il sorso di thè che aveva appena messo in bocca. Fidanzato? Da quando? E perché Alex non glielo aveva detto? Guardò la madre di Frank in attesa che aggiungesse qualcos'altro.
    «Si, cioè, io ed Alex siamo usciti allo scoperto, finalmente...» fece Frank dopo essersi schiarito la gola. Cercava di sembrare il più disinvolto possibile, poi sorrise nel più falso dei modi guardando l'amica «Perché non vieni a sederti qui, eh?» le disse battendosi una mano sulle gambe.
Alex fece un respiro profondo. Ora iniziava la parte difficile per lei. Ecco cosa intendeva Frank.
    «Ma no, non è educato...» fece sorridendo.
La signora Iero rise fragorosamente «Wow, di questi tempi è così strano sentir parlare i giovani di educazione!» disse allegra.
Gerard nel frattempo guardava Alex stranito e confuso, cercando di decifrare qualsiasi messaggio lei stesse cercando di mandargli tramite le più svariate e particolari espressioni facciali.
    «Ehm... e da quant'è che state insieme, per l'esattezza?» domandò Mikey cadendo dalle nuvole.
    Frank allungò una mano verso Alex e cominciò a solleticarle il braccio «Beh, da un pò...» disse tranquillo.
Alex fece cenno di no con la testa in direzione di Gerard, ma lui continuava a non capirci nulla.
    «Ed io non potrei esserne più contenta...».
    «Immagino...» borbottò Gee.
    «Comunque, ho abbastanza fame, andiamo in cucina?» propose Frank alzandosi dalla poltrona. Strinse la mano di Alex e con lei furono i primi a sedersi a tavola. Fu abbastanza scontato che si mise seduto al suo fianco, e Gerard proprio di fronte a loro due.
    Durante l'intera cena, Frank ed Alex non fecero altro che stuzzicarsi a vicenda, giocando a chi faceva meglio la parte del fidanzato premuroso e roba del genere. A Gee era passato l'appetito, e passò tutto il tempo a complimentarsi con la signora Iero nonostante si stesse sforzando di mangiare per non offenderla.
    Cercando di non sembrare sfacciato, Frank cominciò ad accarezzare la schiena di Alex, infilandole la mano sotto la maglietta.
Lei sospirò, cacciando via i brividi, e strinse tra le mani la forchetta, avvicinando le labbra al suo orecchio «Se non togli quella mano da lì ti do una forchettata sulle palle...» bisbigliò.
Frank rise «Non puoi farlo, proprio la sera del nostro fidanzamento ufficiale...» rispose a voce bassa, stampandole un bacio sulla guancia. Voleva torturarla. Da che era Alex a volersi prendere gioco di lui, le parti si erano invertite.
    «Perfetto, se ti diverti così...» mormorò lei, poggiandogli una mano sulle gambe, sotto il tavolo. Cominciò a far scivolare la mano sulla coscia di Frank, lentamente, dal ginocchio verso l'alto, sorridendo innocentemente alla signora Iero intenta a raccontare un episodio della vita di Frank da bambino.
    «Ok, devo andare al bagno!» esclamò lui quando le dita di Alex cominciarono ad avvicinarsi alla zona ad alto rischio erezione, alzandosi di scatto dalla sedia.
    «Si, non c'è bisogno di urlarlo ai quattro venti!» lo riprese sua madre alzando gli occhi al cielo, mentre lui in fretta scomparì dietro la porta della cucina «Comunque, se volete potete andare in camera sua a fare, non lo so, giocare ai videogiochi e qualsiasi altra cosa facciate voi ragazzi di questi tempi...» disse poi, alzandosi per sparecchiare insieme a Donna.
Alex fu la prima ad alzarsi, seguita dai fratelli Way, che senza dire una parola la seguirono fino alla camera di Frank al piano di sopra.
    «Sul serio, da quanto state insieme?» domandò Mikey quando furono dentro.
Lei scrollò le spalle «Lascia stare, è una lunga storia, poi te lo spiego...» disse lei mettendosi seduta sul letto, con le gambe incrociate. Gerard si sedette accanto a lei «Si, effettivamente qualcosa devi spiegarcela sul serio...» mormorò.
    «Assolutamente. Non ora, comunque. Ogni cosa a suo tempo.» sorrise lei scompigliandogli i capelli come se fosse un ragazzino.
    «Che ci fate qui?» domandò Frank quando passò davanti alla porta della sua camera uscendo dal bagno.
Alex sorrise allegra «Ci prepariamo per giocare a Verità o Penitenza!» disse, sorprendendo tutti. Nessuno di loro voleva giocare a quel gioco in realtà, ma a lei sembrava fosse l'idea giusta per passare il tempo.
    «Non possiamo giocare alla Play Station? O guardare un film?» propose Frank invece.
    «E dai, non vorrai mica deludermi proprio la sera del nostro fidanzamento ufficiale!» rispose lei sorridendo maliziosa.
Frank poteva accarezzarla, metterle le mani addosso, stamparle baci ovunque e stuzzicarla in qualsiasi modo, ma era niente in confronto alla sua geniale idea di farlo uscire allo scoperto con un paio di domande. Qualcosa aveva imparato, da quelle perfide delle sue compagne delle scuole medie.
Rassegnato, sospirò, sedendosi a terra ai piedi del letto, continuando a ripetere mentalmente al Signore che avrebbe fatto qualsiasi cosa, pur di sfuggire a quella situazione.
    «Inizio io...» esclamò Mikey all'improvviso. Guardò i tre, pensando, poi scrollò le spalle «Alex, verità o penitenza?».
Lei si morse il labbro «Mmmh... verità!» disse sicura.
    «Uhm...».
    «Mikey, ora dovresti chiederle qualcosa, sai?» fece Frank guardando l'amico «E, sul serio, puoi chiederle qualsiasi cosa, senza farti scrupoli!» aggiunse poi, sorridendo.
    «Non mi viene in mente nulla...» borbottò lui guardandosi intorno in cerca di ispirazione «Non potevi scegliere penitenza?» chiese ad Alex rassegnato.
Lei alzò gli occhi al cielo «Perfetto, penitenza allora.» sbuffò.
    «Ok... ehm... vediamo...» borbottò Mikey. Non era proprio il gioco adatto a lui. «Ok. Chiuditi nell'armadio con Frank... per un paio di minuti.» disse infine.
Alex rise «Nell'armadio? Nemmeno ci entriamo tutti e due lì!» disse.
    «Beh, potete sempre stringervi.» commentò Gerard sospirando.
Frank si alzò in piedi e le tese la mano «Forza, andiamo... l'hai scelto tu il gioco...» disse, aiutandola a tirarsi su dal letto. L'armadio di Frank era stracolmo di roba, e ci misero un pò per riuscire ad entrarci entrambi. Erano faccia a faccia, quando Mikey chiuse l'anta, lasciandoli nel buio più totale, schiacciati tra felpe e pantaloni che profumavano di detersivo e deodorante per ambienti.
    «Che cazzo di idea...» borbottò Alex, parlando a pochi centimetri dal volto di Frank. Lui rise «Sei stata tu...» disse.
Alex non vedeva nulla, però poteva sentire il respiro di Frank così vicino che la sua schiena ebbe un lungo brivido che la percorse. Si morse il labbro. Poteva baciarlo da un momento all'altro, e ringraziò che in tavola la signora Iero non avesse messo nulla di alcolico altrimenti lo avrebbe fatto di sicuro. Pensò a qualsiasi cosa per distrarsi, ma Frank aveva proprio deciso di stritolarle l'anima, mettendole le mani sui fianchi, e poggiando le labbra sul suo collo.
    «Ehm... a meno che tua madre non abbia nascosto una telecamera nell'armadio, non c'è bisogno di starmi così vicino...» bisbigliò lei con una risatina nervosa. Dannato, dannatissimo, maledetto Frank. Quel gioco stava diventando perverso, e il cervello di Alex si era impallato.
    «Shhh.» fece lui, facendola rabbrividire ancora una volta.
Lei cominciò a contare mentalmente. Un paio di minuti non potevano durare un'eternità! Il suo cuore stava per scoppiare, si sentiva nettamente il suono di ogni battito. E qualsiasi cosa stesse passando per la testa di Frank, che sollevò la testa e quasi avvicinò le labbra a quelle di lei, era incomprensibile.
    «Avete intenzione di morirci, lì dentro!?».
La voce di Gerard si fece più vicina ed Alex sospirò voltando il viso. Tempismo perfetto. O no. Non lo sapeva nemmeno lei. Quando l'anta si aprì aveva le guance rosse e il fiato corto. Si schiarì la gola spingendosi fuori alla svelta «Ora tocca a me!» esclamò allontanandosi da Frank, che per uscire dall'armadio dovette involontariamente sorreggersi al braccio di Gerard.
    Questo lo guardò negli occhi, ma Frank si scansò subito e tornò a sedersi sul pavimento.
    «Dunque... Gerard... verità o penitenza?» chiese Alex con un sopracciglio sollevato, guardandolo dritto negli occhi, mentre lui se ne stava ancora in piedi accanto all'armadio.
    «Penitenza.» disse deciso.
    Alex sorrise, e Frank sapeva che sarebbe stata la sua fine. Scandì le parole alla perfezione «Devi baciare Frank.» disse secca.
Nessuno disse nulla, tranne Mikey, che fece una smorfia «Ma no! Non puoi baciare un'altro uomo!» disse rivolto a suo fratello.
    «Perché?» chiesero gli altri tre all'unisono.
    «Perché... è contro natura...» mormorò.
Alex lo fulminò con lo sguardo, mentre Frank e Gerard arrossirono visibilmente «Mikey, anche tu sei contronatura, eppure continui ad esistere!» sbuffò «Non avrai mica niente contro i gay o che ne so io?».
    Mikey scrollò le spalle sistemandosi gli occhiali sul naso «Che c'entra. Gerard mica è gay.» disse, poi si affrettò a guardare di nuovo suo fratello «Sei gay?» chiese con le sopracciglia aggrottate.
Gerard sospirò. Poteva scappare?
    «Ehm, Mikey, hai sentito?» fece Alex indicando la porta della camera «Credo che ci stiano chiamando...» disse alzandosi. Gli afferrò le mani e lo fece tirare su di peso «A noi? Non mi pare...» protestò lui.
    «Io credo proprio di si, invece...» insisté Alex spingendolo a seguirla fuori dalla stanza. Si chiuse la porta alle spalle e sorrise a Mikey «Anche se non ci stanno chiamando, comunque mi è venuta voglia di caffè. Tu non hai voglia di caffè? Un bel caffè sarebbe proprio l'ideale ora!» disse.
Aveva pronunciato la parola caffè così tante volte che a Mikey venne quasi l'acquolina in bocca.

   

 

Lo so, sono un'idiota, ma mi capita che mi diverto tanto a scrivere che rido da sola.
Ed ho notato che in qualsiasi storia io scriva, c'è una parte, un capitolo, un qualsiasi cosa, intitolata con questa frase di Mr Brightside che mi piace troppo.
E ancora, non ho idea di cosa stia succedendo tra i tre. Cioè. Sono tre pervertiti, per quanto ne so io. XD
ps: se non sono passati solo 60 secondi, perdonami!

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 - ...tastes like you, only sweeter. ***


Capitolo 8  ajsndknajskdn

  Capitolo 8
...tastes like you, only sweeter.

    «Ok. Sta diventando troppo imbarazzante...» mormorò Frank dopo un lungo momento di silenzio, durante il quale lui e Gerard facevano a gara a chi riuscisse a fissare la moquette più a lungo.
    Gerard sollevò lo sguardo e lentamente si avvicinò a lui. Continuando a stare in silenzio, si sedette di fronte a lui sul pavimento.
    «Forse dovremmo scendere...» disse ancora Frank, facendo per alzarsi. Gerard lo fermò, afferrandogli una mano. Frank rimase immobile, ma non riuscì a non sollevare lo sguardo per guardarlo negli occhi.
Lo sguardo di Gerard era intenso e colmo di messaggi che i suoi occhi sembravano voler urlare a Frank, ma che lui non sapeva come pronunciare. L'altro però scansò bruscamente la mano di Gerard dalla sua, scuotendo la testa.
    «Gerard, ascolta...» pronunciò, in un sussurro.
Lui alzò una mano, per farlo smettere di parlare, poi fece un respiro profondo «Aspetta, prima di qualsiasi altra cosa, fai parlare prima me...» lo interruppe.
Frank annuì «Ok...».
    «Vorresti entrare a far parte della nostra band?» chiese d'un fiato, guardandolo negli occhi. Su mille cose che Frank si era aspettato di sentir venire fuori dalle labbra di Gerard, quella non era nemmeno inclusa. Nient'affatto. Fu preso così alla sprovvista che non riuscì a non sorridere.
    «Davvero!?» chiese eccitato. Quando l'altro annuì ricambiando il sorriso - sollevato dalla reazione finalmente contenta di Frank - lui gli buttò le braccia al collo «Cazzo, si che voglio!» esclamò.
    Sciolse subito l'abbraccio, però, quando si rese conto che non era il caso. Cercando di ricomporsi si allontanò da lui.
    «Mi odi?» domandò Gerard dopo un pò, afferrando di nuovo la sua mano.
Frank fece una smorfia scuotendo la testa «N-no... non credo... cioè, no...» disse imbarazzato «E' che, prima, non lo so, dopo quel... sai...» cercò di trovare le parole giuste, ma si stava vergognando da morire.
    Gerard pensò di doverlo aiutare «Parli del bacio, durante lo show?».
    L'altro arrossì. Si, proprio quello. «Esatto... beh... non lo so, il mio cervello è andato in tilt, e così ho baciato Alex, perché insomma, come ragazza mi piace abbastanza ed ho pensato "beh, se ho provato qualcosa quando lui mi ha baciato, allora proverò qualcosa anche se bacio lei" e invece no, cioè, non era la stessa cosa, e lei mi ha fatto capire che c'è una concreta differenza tra l'attrazione fisica e quella emotiva, ed era un discorso ragionevole e ci credevo davvero...» disse senza prendere fiato «...e poi tu l'hai trattata in quel modo, e giuro che avrei voluto prenderti a calci sulle palle perché, come si fa a comportarsi così? Con lei, poi! E quando ho provato, sai, ecco, magari non sono bravo nel farlo, ma avevo provato a farti parlare del tuo problema, perché avrei voluto aiutarti, e a te sarebbe bastato dirmi qualcosa tipo "Frank, ho bisogno che tu mi stia accanto" e invece hai sempre preferito scolare litri di alcool e rubare gli antidepressivi di tua madre, e allora, non lo so...».
Gerard lo guardò in silenzio. In realtà stava per piangere. Dio, non poteva certo piangere. Deglutì, mordendosi il labbro. Non poteva dargli torto. Lui aveva un problema, e quanto doveva essere sembrato ridicolo l'aver preferito l'aiuto del whiskey piùtosto che quello di una persona disposta a darti anche l'anima?
    «Mi dispiace...» mormorò Frank, dopo un pò. Strinse la sua mano «Quindi... insomma... prima quando pensavo a te vedevo solo cose belle, ed avevo una grande stima, e invece ora, mi dispiace dovertelo dire, ma mi hai dato l'idea di essere uno che si arrende facilmente, che piuttosto che lottare per aiutare sé stesso proprio come fa con gli altri, si lascia andare affogando in cattive abitudini che invece non aiutano per niente, ma anzi, ti rendono...».
    «...una persona peggiore...» sussurrò Gerard, finendo la frase dell'altro.
Faceva male. Faceva male al cuore, all'anima, a tutto. Fece un respiro profondo. Come poteva dargli torto, d'altronde? Ma se Frank voleva vederlo lottare, lo avrebbe fatto. Avrebbe lottato per sé stesso, per lui, per qualsiasi cosa. Era forte, si disse. Cazzo, se era forte. Lo avrebbe stupito, avrebbe recuperato ogni cosa. Doveva farlo. E lo avrebbe dimostrato già in quell'istante. Lentamente, con gli occhi affondati in quelli di Frank, si avvicinò a lui. Finché i loro nasi si sfiorarono. Finché le sue labbra si posarono delicatamente su quelle dell'altro. Morbide e dolci. Vellutate.
    Nonostante tutte le spiegazioni che Frank aveva sputato fuori solo qualche secondo prima, era impossibile scacciar via quel brivido che gli ronzava intorno al cuore, nel petto, nel cervello, mentre le labbra di Gerard si incrociavano con le sue, e le sue mani gli incorniciavano il volto, attirandolo a sé sempre di più. Ormai non riusciva più a pensare. Gli tremavano le mani, e sentiva le gambe molli, mentre la lingua di Gerard cercava la sua, dolcemente. Chiuse gli occhi. Non poteva non ricambiare quel bacio. Aprì di più le labbra, affondando le dita tra i capelli di Gee, scompigliandoli, sentendo il suo sapore, schiacciando il suo petto contro quello dell'altro.

    «No no, sul serio Signora Iero, hanno detto che non volevano nulla!» disse Alex in fretta lanciandosi davanti alla porta della cucina, dove la madre di Frank con un vassoio colmo di caffè e dolcetti si stava preparando a portare qualcosa a lui e a Gerard al piano di sopra.
    «Beh, i dolci di Linda sono fantastici, e poi Gerard un caffè non lo rifiuta mai...» commentò Donna stupita dal bizzaro comportamento di Alex.
    Lei annuì «Giusto.» Altro che caffè, pensò sorridendo maliziosa continuando ad ostruire il passaggio. «Comunque, insomma, state chiacchierando di cose da donna, non dovete interrompervi, ci penso io!» si propose, cercando di sfilare il vassoio dalle mani di Linda.
    «Scherzi? Ci mancherebbe, non sei mica venuta a fare la cameriera. Ci penso io...» insisté lei, con tono cordiale. Alex sbuffò spazientita, avrebbe voluto urlare "Non puoi salire! Tuo figlio e Gerard probabilmente stanno avendo il loro momento di omosessualità o quello che è!", ma ovviamente non poteva farlo, così si schiarì la gola e fece un respiro profondo «Perfetto. Comunque, stavamo per risalire anche noi, quindi...» disse, camminando a passo svelto trascinandosi dietro Mikey. Se fosse stato necessario avrebbe fatto anche quelle cose in stile Mamma Ho Perso L'Aereo, lanciando biglie sulle scale per far inciampare la Signora Iero o tirandole via il tappeto da sotto i piedi.
    «Non capisco perché dobbiamo andare così di fretta! Io dovevo ancora finire il mio caffè!» si lamentò Mikey seguendo la sua camminata a lunghe falcate.
Alex roteò gli occhi omettendo una qualsiasi risposta. Era inutile.
Quando fu davanti alla porta della camera di Frank, nonostante fosse tentata dall'aprire all'improvviso e magari scattare ai due una foto col cellulare urlando "Vi ho beccati!", si schiarì la gola rumorosamente bussando alla svelta «Fermi tutti! Sto per aprire!» disse, cercando di usare un tono di voce che rendesse l'idea dell'urgenza ma non fosse troppo alto altrimenti la signora Iero, che era appena arrivata sul corridoio del piano superiore, avrebbe sentito e si sarebbe insospettita.

    Il cuore di Gerard batteva all'impazzata, ma all'improvviso Alex bussò alla porta e Frank lo spinse via facendolo sbattere contro il mobiletto accanto al letto. Prese a sistemarsi i capelli, mentre l'altro in preda all'agitazione si asciugò le labbra, si sistemò la maglietta e imprecò qualcosa sottovoce.
   
«Che succede?» domandò Frank appena la porta si aprì, gettandosi con - palesemente finta - nonchalance a sedere sul letto, con le gambe incrociate.
Alex entrò seguita da Mikey, con un sorriso a tremila denti sul volto, che traspirava malizia tanto da far sentire Frank ancora più in imbarazzo «Che stavate combinando, eh!?» chiese con una risatina, sedendosi accanto a Frank «Comunque, sta per entrare tua-». Non fece in tempo a finire la frase che la signora Iero entrò nella stanza con il vassoio in mano e il suo solito sorriso gentile sulle labbra «Vi ho portato del caffè e qualche dolcetto.» disse, posandolo sulla scrivania incasinata di Frank «Oh, Frankie, devi proprio dare una sistemata qui, non ti vergogni di essere così disordinato? insomma, che figura ci fai con Alex?» aggiunse sospirando, guardandosi intorno prima di andarsene di nuovo.
    Frank rise «Non hai idea di quanto sia disordinata lei...» mormorò.
    «Che stavate combinando insomma?» domandò Alex cambiando discorso, guardando prima Gerard e poi Frank. Non che non fosse evidente. Gli si leggeva in faccia.
    «Ehm... niente... parlavamo...» borbottò lui arrossendo.
Alex gli diede una spallata facendogli perdere l'equilibrio «Ma fammi il piacere!» rise.
Mikey tossì in evidente imbarazzo. Parlava poco, non si faceva gli affari degli altri e tanto meno di suo fratello, però quella situazione lo metteva a disagio. Insomma, suo fratello, il suo eroe, il suo caro, adorato, fratellone, Gerard, era gay? Sul serio? E comunque perché non gliene aveva mai parlato? Ma poi, aveva davvero voglia di parlarne con lui? Pensò tutto questo con lo sguardo fisso su Gee, che rideva insieme ad Alex e Frank che come al solito si erano persi nel loro buco nero di stronzate. Ogni tanto si chiedeva se quello strano fosse lui o quei tre. Certo era che non ci stava capendo niente. Insomma, Alex aveva palesemente una cotta stratosferica per Frank, però faceva di tutto per spingere Frank tra le braccia di suo fratello, e faceva tutte quelle battute sui rapporti omosessuali che gli stavano dando un pò la nausea. Tutto, tranne immaginare il proprio fratello in atti osceni.
    Si sentì sollevato, quando Donna dal piano di sotto li chiamò per andare via, visto che si era fatto tardi.
Scesero tutti e quattro insieme, e si salutarono sulla porta. Alex andò via con Donna e i fratelli Way, che l'avrebbero riaccompagnata a casa sua. Frank rimase sulla porta finché la macchina di Donna svoltò l'angolo, poi sospirò. No, nemmeno lui ci stava capendo niente. Era confuso, sulle nuvole e sotto terra nello stesso momento. Gli stava andando in titl il cervello. Non aveva idea. Sapeva solo che Gerard era incredibilmente passionale e che forse se nessuno fosse andato a disturbarli... no, scrollò la testa. Non era il caso di pensare quelle cose.
    «E' proprio una brava ragazza, sono fiera di te!» esclamò sua madre carezzandogli la spalla sorridente, spuntando fuori dal nulla. Appunto, ora che si era ancora più convinta che Alex fosse la sua ragazza, come avrebbe potuto dirle, comunque, che non era proprio proprio così, ma che sì, forse non gli piacevano solo le donne, e insomma, con Gerard c'era ben altro da fare che giocare ai videogiochi... Sospirò, posando la sua mano su quella della madre.

    Alex si guardava intorno nell'ufficio del preside. C'erano trofei ovunque. Medaglie, foto di premiazioni, era nauseante quanto quell'uomo dietro quella scrivania fosse così pieno di sé. Fosse stato alla Casa Bianca, pure pure, ma insomma, il massimo che poteva provare a governare era un branco di ragazzini svogliati e disillusi che pomiciavano negli stanzini o scarabocchiavano sui muri della palestra con i pennarelli indelebili. Punto.
    Sbuffò, con le mani incrociate sul petto, e si sforzò di sorridere «Sul serio, non c'è bisogno di chiamare nessun parente, e tantomeno un assistente sociale. Degli amici di famiglia si stanno prendendo cura di me, e tra un mese compirò 18 anni, e poi a Giugno la scuola sarà finita, io mi sarò diplomata e vivremo tutti felici e contenti.» disse.
    Il Preside la guardò in silenzio, facendo strane smorfie con le labbra nascoste dai baffi neri «Alex, non devi essere impaurita dalla cosa. E' solo che qualcuno dovrà starti dietro fino al tuo 18esimo compleanno. Tutto qui. Non succederà niente...» disse con finta cordialità.
Alex rise «Ma non è questione di paura. Stò solo dicendo che posso cavarmela da sola.».
    «Ah, voi adolescenti, pensate sempre di avere tutto sotto controllo!» sospirò infastidito il preside alzando gli occhi al cielo.
    «Beh, non so gli altri, ma io di sicuro. Sono abbastanza matura per prendermi cura di me stessa!» replicò lei spazientita. Non lo aveva mai sopportato più di tanto, ma ora erano più di dieci minuti che ne discutevano e a questo punto iniziava a sentirsi sotto pressione.
Lui sbuffò, anche lui stava cominciando a perdere la pazienza. Non sopportava che una ragazzina non gli desse retta. «Ah, definisci "matura"...» la istigò.
In quel momento, nella testa di Alex una vocina la intimava a non fare ciò che il suo istinto le diceva di fare. Era come l'angelo e il diavolo sulla spalla, uno diceva "Calmati!" e l'altro "Fallo fuori!". «Beh, diciamo...» non lo fare, non lo fare, non lo fare! «...diciamo, matura come lo era Lisa Swan lo scorso Maggio...» disse con un ghigno. Troppo tardi. Ormai aveva tirato fuori quel nome, e gli occhi del preside erano stati attraversati da un lampo. Strinse le mani sui braccioli della sua poltrona in pelle scura, e deglutì. Non disse nulla, così Alex pensò di dover andare avanti. «Insomma, matura come lo era lei quando era con la testa tra le sue gambe negli spogliatoi...» continuò, mentre il volto del Preside aveva immediatamente cambiato colore, passando dal pallido al tono più vivido di rosso. Smettila! Smettila!, si ripeté lei mentalmente, ma ormai non ce la faceva più «Con l'unica differenza che io tra un mese compirò diciotto anni, mentre lei quel giorno ne aveva appena sedici...» aggiunse, mentre un brivido di disgusto le attraversò lo stomaco facendole venir voglia di vomitare, ricordando quell'episodio accaduto mesi e mesi prima. Quel pomeriggio aveva dimenticato lo zaino negli spogliatoi dopo la lezione di Educazione Fisica ed era tornata a prenderlo convinta di non trovarci nessuno. Di certo non si aspettava il preside ed una sua compagna di scuola di appena 16 anni. Era un'immagine disgustosa. Non si era nemmeno mai capacitata di come una ragazzina potesse anche solo minimamente pensare di voler fare roba con quel vecchiaccio viscido e...
    «Non sono cose che la riguardano!» urlò dopo un pò il Preside adirato, battendo un pugno sulla cattedra così forte da far tremare tutto quello che c'era sopra. Prese un foglio e scrisse alla svelta.
    La voce nella testa di Alex le ripeteva che si stava cacciando in guai seri, che doveva farla finita, annuire in silenzio, beccarsi la punizione e magari farsi una chiacchierata con gli assistenti sociali come voleva il Preside, ma lei non le stava dando peso. Scrollò le spalle «Beh, non riguarda me ma sicuramente né sua moglie, né i genitori di Lisa saranno troppo contenti di sapere la cosa...» disse ghignando.
Ecco, siamo passati alle minacce, ora!,
si disse, cominciando a pentirsi di aver parlato troppo.
    «Eccoti una bella nota, una settimana di punizione, due ore di colloquio con la psicologa della scuola, e la prossima settimana dovrai tornare nel mio ufficio a parlare con gli assistenti sociali! Ti faccio chiudere in un centro di recupero!» urlò lui, con le vene sulla fronte che pulsavano e sembrava stessero per scoppiare. Quasi le lanciò addosso il foglio. Tutta quella situazione era ridicola. Lui si scopava le minorenni e lei si beccava le punizioni, e due ore di colloquio con quella sfigata della psicologa della scuola. Insomma, Alex lo diceva sempre, una che fa la psicologa in un liceo deve avere seri problemi mentali! Stropicciò il foglio e si alzò dalla sedia, raccogliendo lo zaino da terra.
    «Benissimo. Arrivederci. Se incontro Lisa le dico di passare a trovarla!» disse ridendo prima di uscire alla svelta da quell'ufficio sbattendosi la porta alle spalle.
Camminando nei corridoi, ad ogni passo, si rendeva conto che aveva fatto proprio una gran bella stronzata. Gli assistenti sociali l'avrebbero torturata. Altro che matura. Probabilmente il Preside li avrebbe convinti che fosse pazza e bisognosa di cure e controlli e stronzate simili, e l'avrebbero portata via almeno fino ai suoi 18 anni, e poi chissà, magari dopo l'avrebbero rinchiusa da qualche parte. Insomma, lui era comunque un Preside pieno di medaglie, trofei e robaccia simile, e lei una ragazzina problematica e sboccata.
    «Buon Halloween!»
Alex si scrollò via la manciata di coriandoli arancioni  e neri che un ragazzino di seconda mascherato da Zombie le aveva lanciato in testa «Buon Halloween un cazzo!» gli urlò dietro «E i coriandoli puoi benissimo ficcarteli su per il-». Una mano le tappò la bocca e lei cominciò a dimenarsi. Dio, voleva spaccare tutto. Si tranquillizzò quando riconobbe Mikey, che lentamente la lasciò andare assicurandosi che non continuasse ad imprecare.
    «Ehm... giornataccia?» domandò lui, sistemandosi gli occhiali sul naso.
    Alex sospirò. «Altroché... una vera merda.» sospirò «Anzi, non è sta giornata ad essere una merda! E' la mia stupida, inutile, schifosa, sfigatissima vita...» borbottò.
Mikey annuì «Ah, dillo a me... insomma, mio fratello è gay, capito!?» disse più a sé stesso che all'amica. Alex lo fulminò con lo sguardo «Vaffanculo, il fatto che Gerard sia gay è il minimo, che te ne frega? Allora io che dovrei dire? Gerard è gay e se la fa con Frank che si è scoperto bisessuale, per il quale io ho una cotta da tipo, non lo so, da quando ho iniziato ad indossare il regiseno probabilmente!» sbuffò lei alzando gli occhi al cielo.
    Mikey aggrottò le sopraciglia «Hai una cotta per Frank?» chiese.
    «Si, Mikey, lo sanno anche gli armadietti...» mugugnò Alex, camminando accanto a lui verso la mensa della scuola.
    «Beh, allora perché non ti metti tu con Frank? Insomma, sicuramente sei più carina di Gerard.» ridacchiò Mikey.
    «Non si tratta di essere carini. Lascia stare.» disse lei scrollando le spalle. Era un'altro argomento che preferiva evitare. Dovevano fare un Guinness degli Sfigati, e lei avrebbe battuto ogni record mondiale, altroché.

    «Se vuoi mi faccio dare una settimana di punizione anche io, almeno ti faccio compagnia...» disse Frank ridendo, leggendo il foglio che il preside aveva lasciato ad Alex.
Lei scrollò le spalle «Tanto è un'ora al giorno a sistemare libri in biblioteca e stronzate simili, tranquillo... E poi tu devi andare allo studio con i My Chemical a finire di registrare il disco...».
    «Oh, giusto, non vedo l'ora! Inizierò a suonare con loro stasera stessa, cioè, è incredibile, è il regalo più bello di compleanno che qualcuno mi abbia mai fatto!» sorrise lui entusiasta.
Mikey ed Alex  sorrisono insieme a lui. Se c'era una cosa che Frank sapeva fare era avvolgerti col suo entusiasmo e iniettarti dose di buonumore. Il fatto che fosse così contento di suonare con i My Chemical Romance era emozionante per tutti. Con Frank la band avrebbe avuto esattamente ogni pezzo al suo posto. Lui era l'ingrediente che gli mancava per raggiungere la vera, assoluta, perfezione.

    All'uscita da scuola,  Gerard sorrise allegro appena vide Mikey andargli incontro seguito da Frank ed Alex.
Cioè, tutta quell'allegria era dovuta alla visione di Frank, che era incredibilmente, spudoratamente bello, con il vento che gli scompigliava la cresta e le mani nascoste nelle maniche della felpa.
   
«Buon compleanno!» esclamò non appena i tre lo raggiunsero, guardando Frank dritto negli occhi, sentendo un colpetto al cuore.
L'altro sorrise imbarazzato «Grazie Gee...» mormorò, afferrando il piccolo pacchettino incartato che lui gli stava porgendo. Era carta scura, tipico di Gerard. Lo rigirò nelle mani finché Gerard non gli mise una mano sulla spalla. Sentiva gli occhi di tutti addosso, Frank. Non solo quelli dei suoi amici, ma sentiva come se tutta la scuola, tutto il quartiere, l'intera città, stesse osservando lui e Gerard. Si chiese se qualcuno se ne fosse accorto, se quei tizi laggiù stessero sparlando proprio di loro, mentre camminando si avvicinavano alla macchina di Gee.
    «Ehm, è un regalo, puoi aprirlo...» sussurrò Gerard sorridendo.
Frank annuì, continuando a girarsi il pacchetto in mano «Si, magari dopo, ok?» mormorò.
    «Come sarebbe, dopo?» chiese Alex sbuffando «Io voglio vedere cos'è!».
    «Preferire aprirlo dopo, però... Cioè... andiamocene da qui intanto, ok?» disse lui a voce bassa.
Gerard sospirò. Si disse che era normale che Frank non volesse dare troppo nell'occhio proprio davanti alla sua scuola. Insomma, Frank era un tipo sfacciato e senza censure, ma c'era un limite a tutto, si disse Gerard, e poi anche lui stesso non era sicuro di voler già uscire così tanto allo scoperto. Era già abbastanza la faccia da cane bastonato di suo fratello, per il momento. Ogni cosa a suo tempo, si disse sospirando.

    Arrivati in casa Way, Gerard andò in cucina a prendere qualcosa da bere con Mikey, mentre Alex e Frank si accomodarono sul divano del salotto.
   
«Perché non hai aperto quel dannato regalo? Insomma, hai visto com'è c'è rimasto male Gerard?» mormorò Alex colpendo Frank alla testa «Sei uno stupido...».
L'altro sbuffò, arrossendo «Lo so, però, che cazzo, proprio davanti a scuola? Cioè, non mi pare il caso di fare il frocio proprio davanti scuola. Lo sai che poi mi tocca litigare con l'intero liceo, se cominciano a sparlare.» disse in sua difesa.
    «Mica ti ha messo una mano nei pantaloni! Ti ha solo dato un regalo.».
    «E' la stessa cosa! I ragazzi non si scambiano regali sorridendosi tutti carini, sai com'è, quella è roba da femminucce. E poi, cioè, non è che stiamo insieme o roba simile...» borbottò Frank.
    «Come sarebbe?» chiese Alex con un diverso tono di voce, lievemente più acceso ed attento.
    «Beh, che ne so, non... non lo so come funzionano ste cose...».
    «Ma sei stupido o cosa? Gee mi ha raccontato che gli hai ficcato la lingua in gola in camera tua l'altra sera, ed ora mi vieni a dire che non sai come funziona?» disse lei ridendo.
Frank arrossì, e ringraziò il signore che Mikey e Gerard li raggiunsero presto. Non solo era imbarazzante parlarne: farlo con Alex che rendeva tutto più esplicito era anche peggio. E poi, Frank si chiedeva come diavolo facesse, lei, a far finta di essere così tranquilla quando era palese che non fosse così. Insomma, poco tempo prima gli aveva spudoratamente detto che era innamorata di lui, o quello che era, quindi come faceva a fingere così bene che non provasse alcun fastidio sapendo che Frank, una volta per tutte, forse, aveva scelto qualcun'altro?
Si sentì stupido, poi, pensandoci. Eppure, quasi gli dispiaceva che Alex non gli dicesse più di avere una cotta per lui, o che non gli facesse più tutti quei complimenti ai quali ormai si era così bene abituato. Ora fingeva di non interessarsene, e a lui tutte quelle moine e quelle attenzioni cominciavano a mancare. Forse era proprio per quello che se n'era approfittato a casa di sua madre, quando erano chiusi in quell'armadio. Forse se fossero rimasti chiusi lì qualche secondo in più, lui l'avrebbe baciata davvero, indipendentemente dal perché, ed ora invece di doversi sentire imbarazzato a guardare Gerard negli occhi sul marciapiede fuori scuola, sarebbe andato in giro per Belleville camminando fieramente mano nella mano con lei.
    «Sei pensieroso?». La voce di Gerard lo riportò improvvisamente alla realtà. Deglutì, sentendosi in colpa per aver anche solo pensato quella roba. Insomma, ora aveva baciato lui, e gli era anche piaciuto, e prima o poi si sarebbe sentito pronto ad ammetterlo a voce alta e davanti a tutti. Lui era bisessuale, e provava qualcosa per Gerard Way.
    E tutti dovevano farsi una ragione. Punto.

 

- - -
Scusate, avevo promesso a qualcuna che avrei aggiornato ieri sera ma non ce l'ho fatta - con st'allergia, se mi prendo il Reactine mi fa tipo bomba e non riesco a tenere gli occhi aperti, figuriamoci scrivere! XD Comunque, grazie ancora per le recensioni, i commenti, tutto il resto.
Un bacio.

Ah, e non so com'è sto capitolo, spero vi piaccia, è un pò a cazzo, un pò buttato lì, non saprei.
XOXO

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 - We're All In Love Tonight ***


Capitolo 9  adfkmladmfla

Capitolo 9
We're All In Love Tonight

    Gerard guardò il boccale di birra sul tavolo, di fronte a lui. No, non doveva cedere. Non doveva bere ancora. Una birra bastava, andava più che bene. Era ridicolo che tutti stessero festeggiando il debutto di Frank nella band, e lui doveva resistere e limitarsi, e riuscire a non ubriacarsi anche stavolta. Perché quello era il punto: Gerard era un alcolizzato, e questo doveva cambiare. Assolutamente. Per sé, e per Frank, che glielo aveva chiesto esplicitamente. E, oh, proprio Frank, si stava comportando in modo così strano. Insomma, Gerard non era uno che se ne intendeva, tanto era se aveva baciato un paio di ragazze in ventun anni di vita. Ma non c'era tanto da capire, Frank aveva ricambiato il suo bacio, la sera precedente, ed ora invece non lo aveva nemmeno ancora sfiorato, fatta eccezione per i movimenti involontari nel furgone o sul palco durante il loro show, ma ovviamente non erano da calcolare, quelli.
    La verità era che Frank, ora, si comportava in modo distaccato, come se fosse pentito di ciò che aveva fatto e detto la sera precedente, o come se si vergognasse di essere attratto da un uomo, o come se... no, Gerard prese il boccale di birra e mandò giù un lunghissimo sorso. Non ce la faceva, tutti quei pensieri gli stavano facendo fumare il cervello e sul serio, non riusciva a sopportarli, tanto meno a gestirli. E poi tutti gli altri al tavolo erano già abbastanza ubriachi, non avrebbero di certo rotto le palle a lui.
   
«Ragazzi, credo di dovervi abbandonare. Domani mattina devo alzarmi presto...» disse Ray dopo un pò, dopo aver controllato l'ora sul cellulare. Lasciò qualche banconota al centro del tavolo e si preparò ad andarsene. Matt lo segui a ruota. Aveva bevuto già abbastanza.
    «Beh, potremmo andare a casa di Alex, noi, no?» propose Frank quando i due furono andati via. Era il suo compleanno e non aveva assolutamente intenzione di passarlo a dormire. Erano 18 anni, che cavolo! E tutta l'euforia che aveva in corpo sembrava non voler diminuire.
Alex lo guardò e scrollò le spalle «E certo, fai pure come se fosse casa tua...» scherzò ridacchiando.
Gerard ci pensò un pò, poi annuì. Certo era che non sarebbe riuscito a riavvicinare Frank in un locale affollato. E no, non era nemmeno troppo sicuro di volerlo davvero fare davanti a tutta quella gente. Quella era una storia loro, unicamente loro ed incredibilmente intima e privata. Nessuno doveva averne accesso, se non sotto invito.
    «Per me va bene...» disse sorridendo. Mikey fece una smorfia «No, io preferirei tornare a casa...» mormorò, con lo sguardo puntato sul fondo del bicchiere vuoto davanti a lui.
    «E dai! Non vorrai lasciarmi da sola con questi due! Chissà che intenzioni hanno!» esclamò Alex stringendosi a Mikey, che imbarazzato sollevò lo sguardo su suo fratello. Non era omofobico, quello proprio no. Non aveva nemmeno grandi problemi con i gay in generale. Insomma, non ci aveva mai riflettuto a lungo. Sapeva che non gli interessava molto degli altri, che ognuno era libero di vivere come meglio credeva, ma la storia era diversa ora che ad essere gay era suo fratello. E poi, se la faceva con Frank, ed era ancora più strano, perché quest'ultimo aveva avuto un pò di ragazze e a Mikey era inspiegabile come all'improvviso si fosse riscoperto bisessuale. Non voleva nemmeno pensarci. Però poi guardò Alex. Ormai lo sapevano tutti che le bastava battere le ciglia per convincere chiunque a fare qualsiasi cosa, e tutti erano vittime di quei suoi occhioni, lui compreso.
    «E' che, non lo so, ho sonno...» provò a rifiutarsi, mormorando.
    «Vabbè, noi dormiamo e loro fanno qualsiasi altra cosa vogliano fare. Fammi compagnia, ti prego ti prego ti prego!» insisté lei stringendogli il braccio e poggiandogli il mento sulla spalla, supplicandolo.
Mikey sospirò. Nessuno di loro aveva ancora trovato un modo per riuscire a non cedere alle richieste di Alex, e si ripromise che l'indomani ci avrebbe lavorato.
   
    «E' una stronzata però, che voi siate già tutti per lo più andati e poi fate la morale a me perché mi piace bere...» si lagnò Gerard mentre Alex mandava giù un altro bicchiere di qualsiasi cosa fosse quella che ci aveva versato.
    «Che c'entra. Io ho un sacco di problemi esistenziali!» rise lei pulendosi la bocca con il dorso della mano.
    «No, tu hai un sacco di problemi al cervello, è diverso...» le disse Frank, gettandosi di peso sul divano, accanto a Gerard.
Mikey era andato, non era abituato a bere così tanto e aveva chiesto ad Alex se poteva stendersi sul suo letto. Era crollato in meno di un minuto.
L'aria in quel salotto era abbastanza pesante, perché Frank sapeva che di lì a poco lei sarebbe andata a nascondersi da qualche parte per lasciarlo solo con Gerard, e lui non era sicuro di voler effettivamente starsene da solo con lui. Dire che era confuso era il minimo. Frank non aveva idea di cosa doveva o voleva fare. Ok, Gerard gli piaceva, era chiaro. Gli era piaciuto baciarlo, aveva quasi perso i sensi quando lui lo aveva attirato a sé in quel dannatamente appasionato bacio in camera sua, ma poi aveva cominciato a farsi un sacco di domande. Prima di tutto, lui e Gerard ora sarebbero diventati dei fidanzatini? Cioè, come funzionava? E cosa si aspettava Gee, da lui? E poi, non era mai stato con un uomo, e il pensiero gli faceva provare una strana sensazione. Insomma, con qualche ragazza c'era stato, per carità, ma con un uomo no, e si chiedeva come andassero le cose, come funzionassero. Bastava farsi trascinare dalla passione del momento? Perché comunque, la realtà era che voleva baciarlo ancora, gli piacevano le sensazioni che lui gli faceva provare. Però si sentiva come un vergine alla sua prima volta. Oh, no, era proprio un vergine alla sua prima volta, in questo caso. Cominciò a tamburellare nervosamente con le mani sul bracciolo del divano.
    «Sei ansioso?» domandò Gerard sussurrando.
Frank deglutì, guardandosi le scarpe. Ansioso? Dio, aveva davvero intenzione di farselo, quella sera stessa? Lo sapeva, avrebbe dovuto fare qualche ricerca su internet, vedere qualche film, roba del genere!
    «Ehm... no... va tutto bene...» mormorò.
Alex si sentiva incredibilmente leggera, e stava ridacchiando da sola non si sa da quanto, ormai. Beh, Gerard comunque aveva ragione, bere aiutava davvero a scacciar via quella sensazione di tristezza, rabbia e dolore che provava altrimenti. Niente da dire, era un'ottima attrice, era incredibilmente brava nel fingere che tutto andasse bene, salvo qualche attimo di sclero che era più che lecito. Però fingere che tutto andasse bene, e bere e lasciare che tutto ciò che non andava bene per un momento sparisse, erano due cose ben diverse.
    «Sapete cosa?» chiese tornando in sala dalla cucina, con in mano una bottiglia di Whiskey.
Gerard e Frank la guardarono in attesa che continuasse a parlare. Lei sorrise «Dovreste farvi un'altro goccetto, così evitate di essere così impacciati ed imbarazzati, e in meno di un minuto sareste già stesi su quel divano a fare Dio solo sa cosa fanno due uomini quando fanno quello che fanno!» disse posando la bottiglia sul tavolino di fronte a loro.
    «...già...» mormorò Frank afferrando la bottiglia per bere, senza disturbarsi di versarsi il drink nel bicchiere. Poi porse la bottiglia a Gerard, che in un primo momento lo guardò esitando. «Sul serio, ogni tanto ci vuole...» disse Frank, e Gee afferrò la bottiglia e bevve un lunghissimo sorso anche lui.
    «Ok. Ora che siamo tutti disinibiti ed ubriachi e che ci siamo fumati tutta l'erba che Matt aveva portato, direi che vi dichiaro marito e marito, e raggiungo Mikey in camera! Buon divertimento!» esclamò Alex ridendo, facendo un inchino per poi sparire di corsa sulle scale che portavano al piano superiore.
    Gerard fece un respiro profondo, allungando lentamente la mano verso il viso di Frank. Sperò che questo non lo scansasse.
Frank deglutì, contando mentalmente. Dieci. Nove. Otto. La mano di Gerard era calda, le sue dita gli sfiorarono la guancia delicatamente. Sette. Sei. Gerard si avvicinò a lui con tutto il corpo. Erano fianco a fianco. Li separavano solo qualche strato di vestiti. Cinque. Quattro. Tre. Frank si bagnò le labbra, mordendosele. Il fiato di Gerard gli colpiva il collo. Fu attraversato da un brivido. Due. Uno. Frank si voltò, mettendo una mano dietro la nuca di Gerard, tenendolo fermo, ed affondò le labbra nelle sua. Zero, sta succedendo. Chiusero gli occhi nello stesso, preciso, istante. E nonostante il bacio fosse iniziato con esitazione, nessuno dei due sembrava volersi più tirare indietro, ora.
    Le mani di Gerard cominciarono a cercare il corpo di Frank quasi con frenesia. In pochi secondi infilò una mano sotto la sua maglietta, accarezzandogli prima la pancia, poi il petto, per poi scendere alla cintura. Con un movimento deciso, si spinse di peso sull'altro, ritrovandosi così sdraiato sopra di lui. Continuando a baciarlo, a leccargli le labbra, iniziò a smuovere la cinta che portava Frank per aprirla. A quel gesto, l'altro si irrigidì, riaprendo gli occhi. Si, Sta succendendo. Richiuse gli occhi inspirando profondamente, mentre le labbra di Gerard si erano allontanate dalle sua, per passare al suo collo. Gli sollevò la maglietta, mentre Gerard riuscì finalmente a sbottonargli cinta e pantaloni. E si, quella era un'erezione. Non doveva pensarci. Era eccitato. Incredibilmente eccitato. E tutto grazie ad un altro uomo. Quando questo pensiero gli attraversò la mente, pregò perché Alex sbucasse fuori dal nulla, come suo solito, o che un meteorite colpisse quella casa, anche solo quel divano. Stava per tirarsi indietro. Stava per dirgli di smetterla. Per allontanarlo. Ma le labbra di Gerard gli stavano solleticando il petto, e poi la pancia, e poi rabbrividì di desiderio, quando l'altro scese ancora un pò più giu. No. Non voleva più tirarsi indietro. Gli mise una mano sulla testa, intrecciando le sue dita con i capelli dell'altro, incitandolo a continuare, mentre intorno a loro non c'era più assolutamente nulla, proprio come nella sua mente. Non c'era nulla se non dei piacevolissimi ed eccitanti brividi di passione.

    Quando Frank aprì gli occhi non era certo di che ora fosse. Sapeva solo che qualcosa lo aveva disturbato, e che questa stessa cosa stava incrementando il suo mal di testa. Dio, no, non era solo mal di testa. Era che la testa gli stava proprio scoppiando. Si stropicciò gli occhi con i palmi delle mani, tirandosi su a sedere. Era sul divano. Dovette fare un paio di movimenti cauti per cercare di non svegliare Gerard, che si era addormentato con la testa sul suo petto. Ed entrambi indossavano solo biancheria intima. I loro vestiti erano gettati quà e là nel salotto. Insieme ad un paio di bottiglie di alcolici e qualche posacenere stracolmo di mozziconi di sigarette e di qualche canna.
    Toc Toc.
Ecco cos'era. Qualcuno stava bussando alla porta. Lentamente si alzò ed afferrò i suoi jeans, infilandoli al volo.
    Toc Toc.
«Che palle, chi cazzò è?» domandò borbottando, chiudendo la zip dei jeans e facendo lo slalom tra le cose a terra per raggiungere la porta d'entrata.
Dal vetro della porta poté vedere una signora paffuta, con le guance arrossate e una chioma di capelli scuri e lisci che le cadevano sulle spalle. Riuscì ad evitarle di bussare per l'ennesima volta, aprendo il tempo la porta.
    «Si?» chiese, sbadigliando. Non l'aveva mai vista prima, e la signora lo guardò un pò stranita, per poi spostare lo sguardo all'interno della casa, scrutando ogni angolo visibile dalla sua posizione.
    «Sto cercando... forse ho sbagliato casa...» fece lei, guardando un foglio che aveva in mano, per poi controllare il numero accanto alla porta. 707. «Stò cercando la signorina Alexis Barone» disse rileggendo il nome stampato in grassetto sulla sua fotocopia.
Frank aggrottò le sopracciglia, scrutando la signora. «E perché la cerca?» domandò, insospettito.
    «Ho ricevuto una chiamata dal Preside Vernon» disse lei, con aria saccente. Frank deglutì. Oh cazzo, l'assistente sociale!.
    «Ehm, si, vado a chiamargliela subito!» esclamò fingendo un sorriso per nascondere l'agitazione, richiudendo la porta e lasciando la signora fuori. Corse a svegliare Gerard, che era crollato nel più profondo dei sonni, e dovette scuoterlo più volte per fargli aprire gli occhi. «Che succede?» chiese, con la voce impastata, aprendo un solo occhio.
    «Devi alzarti! Cazzo! Aiutami a sistemare qui! Anzi, vai a chiamare Alex! Anzi no, sistema qui! C'è il panico, sbrigati, nascondi tutta sta roba!» fece Frank agitatissimo, correndo quà e là nel salotto per raccogliere bottiglie vuote, vestiti e posaceneri. Lasciò tutto a Gerard e corse al piano di sopra. Aprì la camera di Alex senza nemmeno bussare, e la trovò addormentata abbracciata a Mikey, come se fosse il suo pupazzo di pezza o qualcosa di simile. «Alex! Sveglia! Al!» urlò smuovendola «Ci sono gli assistenti sociali!!!».
    Alex si svegliò di colpo. «Che!?» domandò tirandosi su, facendo quasi cadere Mikey dal letto.
    «Si, non lo so, c'è sta signora giù, dice che l'ha mandata quello stronzo del preside!» spiegò Frank col fiatone. Alex si scaraventò giù dal letto e a piedi nudi corse al piano di sotto, dove Gerard stava ancora cercando di capire cosa stava succedendo. Ad Alex venne quasi un infarto. Possibile che in quattro avevano fatto tutto quel bordello? E poi, perché Gerard indossava dei boxer col simbolo di Batman stampato sul culo? Nonostante fosse in preda al panico non riuscì a trattenere una risata.
    «Che ridi!? Ci sono gli assistenti sociali!» la rimproverò Frank che era anche più impanicato di lei.
Alex indicò Gerard che girava per il salotto raccogliendo bottiglie e cartacce «Il tuo ragazzo indossa le mutande di Batman!» fece lei ridendo «Ma quanto è demotivante!?».
    «Alex, che cazzo ce ne frega delle mutande di Gerard quando sta tizia sta per entrare qui e trovarci con un tasso alcolico decisamente sopra la media di ogni adolescente normale e sotterrati da sigarette, canne, bottiglie e...».
    «Oh, calmati! Insomma, ci parlo io con lei... falla entrare, su. Ti pare che questa non si è mai divertita in vita sua?» sospirò Alex. Ancora una volta, fingendo che tutto era sotto controllo, che nulla la smuovesse e che fosse sicura che tutto sarebbe andato per il meglio. Ah, ma chi voleva prendere in giro? Deglutì pesantemente quando Frank aprì la porta e fece accomodare la signora, che si guardava intorno come se stesse scrutando uno zoo o quallcosa del genere.
    «Salve...» sorrise Alex porgendole la mano. Fortunatamente almeno lei aveva dormito vestita, non come Frank e Gerard, il primo a petto nudo, l'altro ancora in boxer. Oh, signore, l'averbbero di certo portata via da lì. Se solo fosse nata un mese prima non ci sarebbero stati problemi, ma quel bastardo del preside voleva fargliela pagare, anche per un solo mese.
    La signora le strinse la mano presentandosi. Si chiamava Bianca ed era l'assistente dei minori di Belleville. E dall'aria con la quale si guardava intorno, non era troppo contenta di aver trovato Alex Barone e casa sua in quelle condizioni.
    «Senta, so che il preside le avrà detto una montagna di cavolate su quanto io abbia bisogno di qualche supervisore e roba simile, ma posso assicurarle che-».
La signora non le fece nemmeno finire la frase, alzando una mano per farla tacere, con aria severa. Cazzo. «Signorina Barone, so che lei è convinta di tutto ciò che mi sta dicendo, ma deve ammettere che il fatto che io sia piombata qui all'improvviso alle dieci di mattina di un qualsiasi sabato, e l'abbia trovata sola, con due uomini seminudi, in un ambiente assolutamente post festino, non l'aiuterà a convincermi.» disse, fredda, lanciando un'occhiataccia a Gerard che arrossendo corse a vestirsi.
    Frank sospirò, pensando di andare a preparare un caffè, o qualsiasi cosa per addolcire l'assistente sociale. Qualsiasi, davvero.
«Oh, ma si figuri!» rise Alex di gusto «La prima ed unica volta in cui ho fatto sesso io è stato diciotto anni fa, quando ero ancora uno spermatozoo, o un'ovulo, o quello che ero!» disse divertita. Rise solo lei. L'altra la guardava dall'alto al basso. Alex sospirò. Sarebbe andato tutto bene, sarebbe riscita a convincerla che era una ragazza con la testa sulle spalle, che tutto era sotto controllo e che-
    «Che diavolo succede!?». Mikey apparì dalle scale all'improvviso, guardandosi intorno confuso. Cazzo.
    L'assistente sociale sorrise maliziosa e maligna «Mi correggo, tre uomini.».
    Alex alzò gli occhi al cielo «Ah, lui non fa testo, è anche più vergine di me, glielo assicuro...» scherzò. No, quella sua sottospecie di umorismo non funzionava. Eppure le veniva così spontaneo prenderla a ridere.
    «Possiamo accomodarci in cucina?» domandò la signora, facendosi strada da sola.
Frank versò ad entrambe una tazza di caffè fumante e poi sparì nel salotto lasciandole da sole.
    «Senta, il preside ce l'ha con me per vari motivi...» mormorò Alex, non più agitata quanto preoccupata.
L'altra la guardava, in attesa che continuasse. Ma lei si rese conto che non poteva sputtanare Vernon così. Non poteva dire ad un'assistente sociale che il preside se la faceva con una studentessa minorenne. Assolutamente. Lei non era così meschina.
    «...ok, non posso dirle perché Vernon ce l'ha così a morte con me. E non intendo  nemmeno farlo. Non sono come lui, io. Non metto la gente nei guai per il semplice gusto della vendetta. A me non interessa, ok? Vernon l'ha chiamata solamente perché io non so mordermi la lingua quando dovrei...» sospirò Alex.
    «Si, me ne sono accorta. Dovrebbe mordersela più spesso, comunque.» commentò la signora, scrivendo qualcosa su un'agendina.
    «...esatto. Sono un'idiota, tutto quello che vuole, ma non ho bisogno di nessuno, oltre a chi ho già intorno, glielo assicuro. E voi sicuramente avete tanta altra gente bisognosa davvero di cui occuparvi, è inutile che perdiate tempo dietro di me.» spiegò cercando di essere convincente. Di sicuro riuscì a strapparle un mezzo sorriso.
    «Se per chi hai intorno intendi quei tre, beh, non sono convinta che sia esatto...» commentò, però.
Alex annuì «Si, sembrano degli idioti, sfigati e con problemi mentali, quello che vuole, ma non lo sono. Sono, loro, e le loro famiglie, sono persone fantastiche, che mi sono state accanto dal primo secondo, dall'attimo stesso in cui il... in cui abbiamo sentito il primo schianto.». Fece un respiro profondo, mentre il ricordo di quel giorno fece inumidire di lacrime i suoi occhi. Fanculo il preside Vernon, aveva fatto di tutto per non pensarci e non piangersi addosso, ed ora era di nuovo con le lacrime agli occhi. Avrebbe voluto ucciderlo con le sue stesse mani, ma si morse la lingua, almeno stavolta.
    «Sono sicura che siano persone squisite, ma questo non basta...».
Chiuse gli occhi per un paio di secondi, respirando profondamente. Poi li riaprì, e si sporse di più sul tavolo, circondando la tazza bollente con le mani. «Lei ce l'ha una famiglia?» domando, facendosi coraggio. La signora annuì lentamente. «C'è sempre qualcuno ad aspettarla, quando torna a casa, ogni giorno? Qualcuno con il quale chiacchierare prima di addormentarsi, o durante la cena? O anche semplicemente qualcuno per il quale valga la pena apparecchiare una tavola, per mangiare insieme? Qualcuno che la aiuta a farlo?» domandò, sentendo la gola che cominciava a bruciarle, più cercava di trattenere le lacrime.
    L'altra annui ancora una volta «Fortunatamente si.» mormorò.
Anche Alex annui, mordendosi il labbro. «Fantastico. Sono contenta per lei. Sa invece cos'ho io? Una casa completamente vuota. Nessuno che mi chide come è andata a scuola, o cosa voglio mangiare per cena. Nessuna voglia di mangiarla, la cena, perché sono sola. Ho paura ad accendere la televisione perché non si parla d'alto che di questo disastro. Non ci sono più i miei genitori che mi danno la buonanotte, o che mi ricordano la merenda quando preparo lo zaino per andare a lezione. Nessuno che mi dice che devo fare i compiti, o sistemare la cameretta. Nessuno che mi urla di abbassare il volume dello stereo, o di tornare a casa presto.» disse, con una lacrima che le rigò il volto «Ho solo loro, solo quei tre, e se vuole mi metto in ginocchio, ma la supplico, non me li porti via. Non anche loro.» disse in un sussurro. Si asciugò gli occhi. Non era il caso di mostrarsi così vulnerabile e debole, ma era tutto ciò che chiedeva. Qualsiasi cosa, tranne allontanarsi da Frank, Gerard e tutti gli altri. Non era molto, ma non poteva chiedere di meglio che loro.

    «Che stanno dicendo?» chiese Mikey bisbigliando, guardando Frank che con l'orecchio poggiato sulla porta chiusa della cucina origliava la conversazione tra Alex e l'assistente minorile.
    «Wow...» mormorò lui, senza parlare con nessuno di preciso «...è toccante...» sorrise.
    «Chi tocca cosa?» domandò Mikey con un sopracciglio sollevato, alzandosi dal divano per raggiungere l'amico, che però gli fece cenno di no con la testa, così si rimise a sedere.
    «Shh. Stanno uscendo!» esclamò, correndo da Mikey e Gerard per mettersi seduto sul divano con la massima nonchalance.
Alex aveva gli occhi arrossati e strinse la mano dell'assistente, che le sorrise e le diede un biglietto da visita, dicendole che sarebbe tornata a controllare e che avrebbe preferito non trovare tutto quel bordello.
    «Allora?» domandarono i tre all'unisono, quando la signora si chiuse la porta alle spalle. Frank era riuscito a cogliere qualche frase della loro conversazione ma non era sicuro di come fosse finita, poi.
La guardavano con gli occhi spalancati, in attesa di una risposta, se possibile positiva.
    «Niente. Tornerà a trovarmi e lascerà che le cose vadano per le lunghe, così nel frattempo compio diciotto anni e chi s'è visto, s'è visto...» sospirò lei soddisfatta. Aveva temuto davvero che quella signora potesse decidere chissà cosa, e portarla via da lì, da tutti loro.
Frank si alzò e corse ad abbracciarla «Cazzo, menomale!» esclamò. Poi la strinse ancora più forte «Hai detto delle cose bellissime. Non credevo di essere cosi importante, sai...» sussurrò. Lei ricambiò l'abbraccio costringendosi a non piangere ancora una volta.
    «Se è per questo non credevi nemmeno di essere bisessuale!» disse ridendo.
    Frank fece una smorfia, allontanandola «Che cazzo, Al, poi sono io quello che rovina i momenti di poesia, eh!» la rimproverò, con un sorrisetto sulle labbra. Gerard si avvicinò ai due e li abbracciò entrambi. Sembrava quel primo giorno in cui era iniziato tutto, in cui si erano conosciuti. Con l'unica cosa che le emozioni che provavano ora, per ognuno di loro, erano amplificate, profonde e sincere. Ed i loro cuori erano sincronizzati, battevano lo stesso ritmo, la stessa musica.
    «Potreste anche coinvolgermi nei vostri momenti di smielosità, comunque, ogni tanto!» si lamentò Mikey dal divano, tirandosi su in piedi.
    «Ah, vieni qui!» lo invitò Gerard allargando le braccia. Tutti e tre lo stritolarono al centro del loro abbraccio, e si persero in una lunga ed assordante risata al suo tentativo di liberarsi.

    Quando fu ora di pranzo Gerard e Mikey dovettero tornare a casa da Donna, mentre Frank libero da ogni impegno non aveva di meglio da fare e decise di rimanere con Alex. Tutto quel discorso che le aveva sentito fare all'assistente sociale era toccante, e lo aveva fatto sentire importante ed onorato di essere suo amico. Mangiarono qualche schifezza scomposti sul divano, davanti ad un vecchio film.
   
«Allora com'è stato con Gerard?» domandò lei all'improvviso.
Frank ci pensò un pò, non voleva proprio parlarne, ma sentiva di doverlo fare, perché nonostante la notte prima fosse stato ubriaco e tutto il resto, era sicuro di aver sentito Gee pronunciare quella frase, mentre stava per addormentarsi, che lo aveva colpito come un pugno nello stomaco. Aveva pensato che fosse troppo, e troppo presto.
    «Allora?» insisté lei in attesa.
    «Se possiamo evitare di entrare nel dettaglio di ciò che c'è stato fisicamente, dovrei parlarti di una cosa...» mormorò Frank dopo aver mandato giù un boccone di patatine fritte.
    «Per me va benissimo. Mi è bastato vedere i boxer di Gerard stamattina per non voler indagare oltre...»
    «E la smetteresti di tirar fuori quei boxer, gentilmente? O a qualsiasi altra cosa includa Gerard nudo o poco vestito?» domandò lui arrossendo.
    «Non sarai mica geloso che gli ho visto le mutande!» lo prese in giro Alex dandogli un pugno sulla spalla.
    «No, ma che c'entra, ci mancherebbe.» arrossi lui «E' che è una cosa seria...» spiegò.
Alex annuì «Perfetto. Non sparerò stronzate durante la nostra imminente conversazione, giuro!» disse mettendosi la mano sul petto dove c'era il cuore per rendere solenne la promessa appena pronunciata. Frank alzò gli occhi al cielo. Non ci credeva ancora che esistesse qualcuno anche più importuno di lui.
    «Ok, ok, seria.»
    «Perfetto...» mormorò Frank osservandola in silenzio per qualche secondo, per essere sicuro che restasse seria almeno per un pò. «Credo che Gee mi abbia detto "Ti amo", stanotte.» disse secco, d'un fiato.
    Alex sorrise battendo le mani come una bambina tutta contenta «Ma è una cosa dolcissima!» esclamò quasi commossa.
Frank fece spallucce. «Dici?».
    «Assolutamente si! Tu che gli hai detto?»
Frank si morse il labbro, poi sospirò «Nulla, in realtà.» mormorò. Quando vide lo sguardo da killer di Alex alzò le mani come per arrendersi «Non sapevo che dire! Che cavolo, è complicato!» si giustificò.
    «Cosa è complicato?» domandò Alex retoricamente.
    «Tutta questa situazione. Insomma, non lo so...»
    «Le cose non devi saperle, devi sentirle... E quello che senti è quello che è.»
    «Si, e le tue spiegazioni non schiariscono affatto le idee.» sbuffò Frank.
    «Non c'è niente da schiarire, Frank. Siete innamorati e state bene insieme e vivrete per sempre felici e contenti...». Lui sorrise. Esatto, stava bene con Gerard, quello era l'importante.

    Mikey era seduto sul letto di Gerard, con le gambe incrociate e lo sguardo perso nel vuoto, mentre il rumore della matita che suo fratello stava utilizzando per scrivere il testo di una possibile canzone che gli aveva attraversato la mente dopo la notte passata con Frank, lo ipnotizzava quasi. Sospirò, voltandosi verso Gee che era seduto sul davanzale, con la testa china sul blocco di carta che teneva poggiato sulle ginocchia.
    «Quindi ora tu e Frank state insieme? Cioè, insieme insieme, dico?» domandò con un leggero filo di imbarazzo nella voce.
Gerard sorrise. Gli bastava sentir pronunciare quel nome, per sentirsi meglio, allegro. Sospirò, facendo spallucce «Credo di si. Insomma, qualsiasi cosa sia, è... è bellissimo, Mikey. L'amore, è straordinario...» disse sorridendo.

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 - Can you see my eyes are shining bright? Cause I'm out here on the other side... ***


Capitolo 10 QWERTY2

Capitolo 10
Can you see my eyes are shining bright? Cause I'm out here on the other side...

    Da quando Frank era entrato nella band, le giornate nello studio di registrazione sembravano, a Gerard, volassero come se il tempo fosse dimezzato. Amava avere Frank sempre intorno, sopratutto perché negli ultimi giorni Frank sembrava essersi sciolto, ed il loro rapporto ora non solo era ufficiale - almeno per la loro ristretta cerchia di amici - ma andava a gonfie vele. Quando avevano un attimo, nonostante Mikey avesse ammesso di preferire non vederle, certe scene, i due si stringevano in un angolo dello studio a fare i romantici. Si dividevano le sigarette, quelle rare bottiglie di birra che bevevano durante la pausa tra una registrazione e l'altra, e se fosse stato necessario si sarebbero divisi anche gli organi vitali. Anche se in realtà, il cuore se lo erano già scambiato. Nonostante i primi giorni Frank fosse particolarmente timoroso, di tutta quella situazione - o come aveva spiegato Alex, se la stava facendo sotto - ora finalmente aveva iniziato a prendere tutto il bello delle sensazioni che Gerard gli faceva provare. Respirava l'aria dell'amore a pieni polmoni ed ogni tanto si faceva quasi schifo, tanto era diventato romantico e dolce.
    Il fatto che non potessero ufficializzare la loro storia con i propri genitori era un tasto dolente. Gerard si era detto pronto ad affrontare ogni battaglia, al suo fianco, mentre Frank voleva attendere ancora un pò prima di mettersi a nudo davanti alla sua famiglia. E poi, sua madre era ancora convinta che lui ed Alex stessero insieme, e una volta aveva addirittura accennato a qualcosa come un matrimonio dopo il diploma. Quando Frank glielo raccontò, Alex rise per un'ora di fila.
    Comunque, il loro covo d'amore, nel quale potevano essere ciò che erano senza farsi troppe paranoie, era proprio casa di Alex, nella quale quel giorno Gerard, aiutato da sua madre, stava allestendo una semi-festa a sorpresa per il suo diciottesimo compleanno. Aveva anche preparato un intero menù vegetariano per Frank, comprato e gonfiato personalmente una busta di palloncini colorati e disegnato di suo pugno un ritratto di loro tre - lei, Gerard e Frank -, incorniciato ed incartato come regalo di compleanno. Ci teneva particolarmente, dato che l'unione che legava i tre nelle ultime settimane era andata a diminuire, causa impegni dei due ragazzi con la band e le registrazioni, e di Alex con l'assistente sociale, la scuola, il Cafè ed altri impegni da lei non meglio specificati che la tenevano lontana da loro. Solitamente quando Gee e Frank si imbucavano a casa sua per passare del tempo tutti e tre insieme era di sera tardi, e lei era generalmente stanca, assonnata o a volte era capitato che li avesse lasciati da soli per concedergli un paio d'ore di sesso e amore mentre lei usciva con dei nuovi amici, anche se né Frank né Gerard ne sapevano molto, e lei non si sbilanciava troppo nel parlarne.
    Era primo pomeriggio ed Alex avrebbe dovuto passare l'intera giornata fuori casa, perché Gerard potesse organizzare tutto alla perfezione, prima di poterla finalmente far rientrare e sbucare fuori con gli altri ospiti da dietro ogni nascondiglio possibile urlando "Sopresa!". Così dovette organizzare anche la giornata di lei: le aveva chiesto gentilmente di comprarle dei colori e dei materiali da disegno nel negozio di fronte al Cafè e di fare qualche altra commissione, poi di passare a casa di Frank a recuperare una vecchia felpa che aveva dimenticato in macchina sua qualche giorno prima - dove l'altro aveva il compito di trattenerla il più possibile, e roba del genere. Alex aveva accettato suo malgrado, comunque, ma l'importante era che sarebbe rimasta fuori casa per almeno un altro paio d'ore, se non tre o quattro.

    Alex aveva conosciuto Devon qualche giorno dopo la visita a casa sua dell'assistente sociale, in un freddo pomeriggio passato a servire bevande calde al Cafè, dove lui era entrato per sbaglio e alla fine l'aveva aspettata fino all'orario di chiusura dopo aver passato tutto il tempo a conversare con lei tra un servizio al tavolo e l'altro. Era un ragazzo carino, di un paio di anni più grande di lei, con un'ottimo gusto in fatto di musica e un bel sorriso. Nulla in confronto a Frank Iero, ma lei ci aveva messo una pietra sopra - almeno, ci aveva provato - visto che se lo era aggiudicato Gerard, ed andava bene così.
    Nonostante con Devon stesse bene, e anche se per scaramanzia non voleva dirlo a voce alta ma le cose tra loro si stavano facendo più serie delle semplice uscite a bere qualcosa insieme, Alex non lo aveva ancora presentato agli altri, e non aveva troppa intenzione di farlo. Non ancora. Era come se avesse paura che visto che ora Frank e Gee stavano insieme, se anche lei fosse stata ufficialmente con qualcun'altro, la loro profonda amicizia sarebbe andata a perdersi anche più di quanto stava accadendo ultimamente. Non che volesse darne la colpa a qualcuno, si rendeva conto che ognuno aveva le sue cose da fare, che le registrazioni del disco portavano via ai ragazzi un sacco di tempo e che lei doveva per lo meno impegnarsi un pò di più a scuola per evitare ulteriori richiami dal Preside, che non aspettava altro che facesse un altro passo sbagliato.
    Quel giorno però Gerard non solo si era dimenticato di farle gli auguri di compleanno, ma le aveva anche dato una lista infinita di cose da fare, e dovette portarsi dietro anche Devon che molto carinamente era andata a prenderla all'uscita da scuola per stare un pò con lei. I due comunque non facevano mai nulla di troppo impegnativo. Solitamente girovagavano per Belleville senza meta entrando in qualche negozio di dischi e roba simile, ma ad Alex piaceva anche tutta la semplicità del tempo che passavano insieme. E comunque, Devon riusciva a farle dimenticare quanto si sentisse sola altrimenti, ora che non aveva Frank e Gerard sempre intorno.
    Le prime tappe delle "Cose che dovrebbe fare Gerard ma che ha ben pensato di mollare a me", come aveva spiegato a Devon, erano state fatte: erano andati nel negozio di Belle Arti a comprare un mucchio di materiale da disegno del quale Alex nemmeno sapeva le funzioni, ed aveva dovuto scegliere a caso tra una marca e l'altra, facendosi consigliare dal vecchio negoziante che conosceva bene i gusti di Gerard, ormai.
    Poi erano dovuti andare alla ricerca di un regalo di Natale per Mikey, nonostante mancassero ancora tre settimane; erano stati in lavanderia a non ritirare una giacca di Gerard che non era mai stata portata a lavare lì - quella era stata un'idea di Frank, ma era un'ottimo modo per far perdere ad Alex ulteriore tempo - e poi c'era la tappa a casa Iero per recuperare quella vecchia felpa.
    Dal portico si sentiva il suono assordante dello stereo, ed Alex dovette bussare ed imprecare più volte per riuscire a farsi sentire da Frank. Dopo circa un quarto d'ora i due da fuori sentirono il volume dello stereo abbassarsi di qualche tono e i passi pesanti di Frank che scendeva le scale dall'interno saltandole due a due, fino ad arrivare alla porta.
   
«Che cazzo, ci abbiamo messo le radici qui fuori! Ti ricordo che è dicembre e che fa un freddo cane!» si lamentò Alex spingendo Frank da una parte per entrare in casa al caldo. Devon porse la sua mano destra a Frank per presentarsi. Era la prima volta che lo incontrava, nonostante Alex gli avesse parlato di lui e degli altri almeno diecimila volte.
    «Piacere, Devon...» disse cordialmente, mentre l'altro lo guardava con un sopracciglio sollevato scuotendogli la mano distrattamente «Piacere, io sono Frank...» mormorò «E tu saresti?».
    Alex alzò gli occhi al cielo «Te lo ha appena detto, si chiama Devon.» disse ridacchiando.
    «No, quello l'ho capito. Intendo, non ti ho mai visto prima...» cercò di spiegarsi meglio. Fosse stato come Alex avrebbe chiesto con molta nonchalance se fosse il suo ragazzo o qualcosa del genere, ma non voleva sembrare un'impiccione, e comunque provò un sottile filo di disappunto rendendosi conto che lei, nonostante fosse la sua migliore amica, non gliene avesse mai parlato. Era come rendersi conto di essere stato messo da parte. In effetti non stavano più insieme ventiquattro ore al giorno, e si sentì un pò come un bambino al quale si rompe il suo giocattolo preferito.
    Alex scrollò le spalle, in risposta alla diffidenza di Frank «E' un mio amico. Dov'è la felpa di Gerard?» domandò guardandosi intorno.
    «Amico tipo, amico? O amico tipo-» provò a domandare lui, ma Alex lo fermò «Amico tipo fatti gli affari tuoi. Allora? La felpa?» chiese cambiando discorso.
Frank per un attimo quasi dimenticò della storia della festa a sorpresa e del dover far perdere tempo ad Alex, così alle prime la guardò confuso, poi gli venne in mente e li invitò a seguirlo in camera sua.
    «Dai, Frank, una cosa veloce che voglio andare a casa. Per la cronaca, oggi è il mio compleanno, anche se siccome sono così sfigata non se lo ricorda nessuno, e stasera avrei degli impegni che implicano la mia necessità di farmi una dannata doccia...» disse lei lamentosa seguendolo al piano di sopra.
    Frank sorrise «E' vero, è il tuo compleanno! Tanti auguri!» esclamò stringendole le braccia intorno al corpo e sollevandola qualche centimetro da terra, togliendole il respiro.
    «Oh signore, lasciami!» rise lei scuotendosi per fargli mollare la presa.
    Quando furono in camera di Frank si sedette sul bordo del letto, dove lui aveva poggiato la sua chitarra. «Insomma, che programmi hai per stasera?» domandò facendo il vago.
Alex sospirò «Niente che implica la tua presenza, né quella di Gee, visto che entrambi vi siete dimenticati del mio compleanno...» rispose con tono di superiorità. Frank si morse il labbro per trattenere una risatina: lei non immaginava nemmeno lontantamente che erano tutti pronti a festeggiarla quella sera stessa.
    «Lo so, mi dispiace, ma ultimamente siamo sempre pieni di impegni...» mormorò Frank fingendo di cercare qualcosa nell'armadio. Alex sbuffò, incrociando le braccia sul petto «Si, me ne sono accorta, non mi filate più, e da quando state insieme siete anche troppo impegnati a fare i romantici per ricordarvi che io esisto, e che quella camera in cui vi chiudete a fare dio solo sa cosa, si trova proprio in casa mia ed ogni tanto potreste mettere da parte le vostre sconcerie per dedicarmi qualche briciolo di attenzione...».
    Frank si schiarì la gola. Sapeva che quello era il modo di Alex di scherzare, ma si stava sentendo in colpa. Effettivamente negli ultimi tempi lui e Gerard passavano più tempo da soli che con lei, anche quando erano a casa sua. Comunque, sospirò «Non fare la vittima, comunque, mi pare che tu abbia trovato di meglio da fare...» borbottò lanciando un'occhiata a Devon che in evidente imbarazzo si mise a scrutare la collezione di libri di Frank.
    «Non mi dire che sei geloso!» esclamò Alex ridendo.
    «Nah... è che insomma, potevi anche dirmelo che ti sei fidanzata...» mormorò.
Lei arrossì. Non era proprio proprio fidanzata, con Devon. Passavano del tempo insieme, si divertivano, e lui l'aveva baciata giusto il giorno prima, ma niente di che. In realtà aveva intenzione di passare ad un prossimo livello proprio quella sera. Aveva proposto a Devon di passare la serata a casa sua, e le aspettative di entrambi erano chiare, ma non è che volesse urlarlo ai quattro venti.
    «Non rompere. Avevo intenzione di presentarvelo comunque, prima o poi. Sopratutto a Gee...» disse lei sorridendo.
Frank mise il broncio, proprio come un ragazzino «Perché soprattuto a Gee? Non sono io il tuo migliore amico? Che c'entra Gerard?» domandò con disappunto.
    «Siete entrambi miei migliori amici, e se gentilmente mi dai la sua felpa mi fai proprio un gran favore...» sbuffò Alex.
Devon guardò l'ora. Erano già le 18 passate «Effettivamente, dovremmo andare...» disse rivolto ad Alex. Frank si voltò a guardarlo quasi fulminandolo con gli occhi. «Quanta fretta, che mai dovrete fare?» chiese alzando gli occhi al cielo.
    Alex arrossì, schiarendosi la gola. Di progetti ne avevano alcuni, ma non disse nulla, non era proprio il caso. «Tanto per cominciare, te l'ho gia detto, dovrei farmi una doccia.» ripeté, battendo il piede sul pavimento, nervosa.
    «Beh, puoi fartela qui, volendo, no?» propose Frank indicando la porta del bagno dall'altra parte del corriodio.
Lei fece una risatina «Eh, si, ma volendo potrei farla a casa mia, sai com'è, dove ho anche il mio accappatoio, i miei vestiti...» disse.
    «Giusto... che ore sono?» domandò lui, guardando Devon, che lanciò un'altra occhiata al suo orologio da polso.
    «Sei e un quarto...» rispose.
    «Fantastico. Andiamo, direi che si sta facendo tardi.» esclamò.
Alex lo guardò facendo una smorfia «...andiamo chi, scusa? Che c'entri tu?».
    «Come che c'entro? Vi accompagno, andiamo in macchina, no?» disse come se fosse la più geniale delle idee. Alex gli si avvicinò e gli stritolò letteralmente un braccio, cercando di non farsi vedere da Devon che continuava a guardarsi intorno nella cameretta. «No, Frank, tu non ci accompagni da nessuna parte. C'è una cosa chiamata privacy ed un'altra chiamata intimità. Tu stai leggermente violando entrambe.».
    Lui sorrise malizioso avvicinandosi all'orecchio di lei «Ma perché, hai sul serio intenzione di fare roba sconcia con lui? Tipo, stasera?» chiese divertito. Le guance di Alex diventarono presto di un colore rosso acceso, mentre imbarazzata annuiva in modo quasi impercettibile. Frank la fulminò con gli occhi «Stai scherzando, vero? Non puoi farlo. Non sappiamo niente di lui!» la rimproverò.
    Lei alzò gli occhi al cielo «Ma fammi il piacere... tu, non sai niente di lui. Io so che è un bravo ragazzo e che mi piace. Punto.» mormorò.
    «Dovremmo chiedere l'opinione di Gerard, comunque...» disse Frank sollevando le sopracciglia. Alex sbuffò «No, non faremo della mia prima notte di sesso un affare di stato, sul serio...».
    «Ah!» esclamò Frank indicandola, per poi abbassare di nuovo il tono «Quindi lo ammetti, è sesso, non amore! Ecco un altro motivo per il quale sono in totale disaccordo con la tua decisione. E' la tua prima volta e deve essere speciale, non una cosa fatta tanto per fare.» disse saccente.
    «Ma la smetti? Dio santo, mi stai mettendo davvero in imbarazzo. E se non l'hai notato, lui è lì dietro e potrebbe anche ascoltare la nostra conversazione, cosa della quale non sono molto contenta...» bisbigliò lei.
    «Vedi, è pure un impiccione ficcanaso. Eh no, mia cara, tu non farai assolutamente sesso con lui, né ora né mai!»
    «Non è un impiccione!»
    «Lo hai detto tu, eh, mica io!»
    «Non intendevo quello, Frank. E poi smettila, sul serio, non è un argomento che voglio trattare con te, né ora, né mai.» disse lei mettendo il broncio. Frank sospirò «Lo dico per te, non perché voglio farmi gli affari tuoi né nulla di simile...» le disse in un sussurro, accennando un sorriso.
    Alex scrollò le spalle. Ah, si, i maschi erano stupidi il più delle volte. Sopratutto quando si trattava di ragazze. E Frank in quel caso era proprio un idiota. Alex lo aveva aspettato per giorni, mesi ed anni, e lui si era innamorato di Gerard, ed ora che lei provava a metterci una pietra sopra, per quanto difficile fosse, lui rendeva tutto più complicato parlandole della sostanziale differenza tra amore e sesso. Era una situazione più che ridicola, ed Alex avrebbe volentieri fatto notare a Frank che lei non si credeva in grado di amare nessuno. Nessuno oltre lui. Perché quello era il punto, lei lo sapeva bene, lo aveva capito ed aveva provato a cambiare le cose nei modi a lei disponibili, ma senza successo. Aveva spinto Frank tra le braccia di Gerard perché, indipendentemente da quanto forte fosse il sentimento che lei provava nei suoi confronti, poteva dire con certezza che i due si appartenevano, e si sarebbero appartenuti sempre. Ma nonostante tutto, non c'era un antitodo, una pozione o una formula che potesse farle smettere di provare quel sentimento nei confronti di Frank, lo stomaco che si torce quando lui la guardava negli occhi o la stringeva in un abbraccio, o la sensazione di volare a qualche metro da terra quando lui le sorrideva. Quindi non sopportava l'idea che Frank si mettesse in mezzo anche ora che finalmente qualcun'altro poteva forse prendere il suo posto. Proprio no.
    «Vabbè, andiamo?» disse infine Frank a voce alta, catturando anche l'attenzione di Devon.
    «Davvero, Frank, non devi-» provò a dire lui, ma Frank lo fermò «Tranquillo, vi accompagno, e non si discute. Andiamo, su, che facciamo tardi...» disse uscendo dalla stanza.
    «E la felpa di Gerard?» chiese Alex alzando gli occhi al cielo. Frank fece finta di non sentire. Quando i due lo raggiunsero Frank aveva già messo in moto l'auto della madre, e con un sorriso era pronto a guidare fino a casa di lei, dove tutti sarebbero spuntati fuori da dietro al divano urlando "Sorpresa" e roba simile. Altro che regalare la propria verginità al primo furbetto in circolazione. Non si sarebbe scollato un attimo da Alex, se fosse stato necessario.
   

    «Ok, ok, tutti in silenzio! Sono arrivati!» mormorò Gerard cercando di farsi sentire da tutti gli ospiti presenti in casa di Alex, intimando a tutti di prendere posto nel primo nascondiglio disponibile. Le luci erano spente e tutti smisero di parlare correndo dietro il divano o dietro qualche mobile.
    Dall'esterno, la voce di Frank si sentiva chiara, mentre ripeteva ad Alex di smetterla di parlare, e le parole si facevano sempre più vicine, finché si fermarono proprio dietro la porta d'entrata.
    La frase seguente fu più udibile di quanto ognuno, all'interno della casa, avesse voluto. Sopratutto Gerard. E Donna. E Linda, la madre di Frank. Nessuno di loro si sarebbe aspettato di ricevere quella sorpresa, tanto meno in quella situazione. Era Alex a parlare ora. Dal tono si percepiva tutto lo scontento che provava, nonostante nessuno potesse dire con certezza perché fosse così incazzata. Tanto che Gerard si chiese se non fosse stata una pessima idea, quella della festa a sorpresa.
    Nel silenzio più totale, erano tutti con le orecchie sull'attenti, ad ascoltare le sue parole. Nessuno di loro poteva immaginare che qualche minuto dopo avrebbe desiderato di non aver mai sentito una sola frase di quella discussione all'esterno della casa, tra Alex e Frank.
    «Sei proprio uno stronzo, sai!? Cioè, non solo l'hai fatto scappare via tanto sei appiccicoso, ma non mi chiamerà nemmeno più!» esclamò lei incazzata.
Dentro casa, Gerard guardò Mikey con le sopraciglia aggrottate, come per chiedergli se avesse qualche idea di cosa stesse parlando, ma suo fratello scrollò le spalle.
    «Alex, smettila, ok? Ne parliamo dopo, apri questa dannata porta ora...» disse Frank.
   
    Alex lo guardò con occhi pieni di rabbia. Era stato così molesto e fastidioso che Devon aveva preferito farsi lasciare a metà strada e tornarsene a casa che continuare la serata in sua compagnia, ed Alex non riusciva a capacitarsene. Frank era un emerito coglione. E lei in quel preciso istante lo stava detestando con tutto il cuore.
    «Non ne parliamo dopo! Puoi anche tornartene a casa tua! O tornatene da Gerard, o da chi cazzo vuoi, basta che ti levi dalle palle! Hai fatto già abbastanza per oggi!» lo aggredì lei spingendolo via.
Frank arrossì imbarazzato. La cosa stava degenerando, e lui voleva solo proteggerla da quel tizio che si era portata dietro e che non gli era piaciuto troppo. E poi, stava urlando come un'invasata e immaginava che tutti dentro casa stessero ascoltando le sue imprecazioni, e non era una cosa positiva, proprio per niente.
    «Al, dai, non c'è bisogno di fare così...» le disse cercando di calmarla, ma lei lo incenerì con lo sguardo per l'ennesima volta.
    «A me lo dici? Non c'era bisogno nemmeno che tu dicessi tutte quelle stronzate in macchina per far allontanare Devon da me, cristo santo! Mi pare che io ho il cuore stritolato ogni cazzo di volta che tu e Gerard venite a chiudervi in casa mia per farvi una sacrosanta scopata! Eppure non vi metto i bastoni tra le ruote! Mi pare che anzi, sono stata la prima ad appoggiarvi!» urlò.
In quel preciso istante, sia Frank lì fuori, che Gerard dentro la casa, impallidirono, mentre tutti, ma tutti, gli invitati, gli puntarono gli occhi addosso. Ma lo sguardo più pesante, quello che richiedeva lo stesso sforzo necessario per sostenere sulle proprie spalle una montagna, era quello di Donna e Linda. Se lo sentiva addosso, e non aveva assolutamente il coraggio di voltarsi a guardarle, e ringraziò il cielo che era buio e le luci dei lampioni all'esterno che penetravano dalle finestre erano troppo deboli per illuminare il suo volto del colore più rosso mai visto.
    Cazzo, quella si che era una sorpresa. Uscire allo scoperto così. Suo fratello gli mise una mano sulla spalla, come per dirgli, in silenzio, che lui lo avrebbe sostenuto. Proprio lui che ci aveva messo un bel pò, a digerire tutta quella situazione di lui e Frank. Abbozzò un sorriso lieve a Gerard, poi si alzò da dietro il divano, e con pochi passi svelti e lunghi arrivò alla porta e la spalancò accendendo la luce «Sorpresa!» esclamò sarcastico facendo prendere uno spavento ad Alex che lo fissò per qualche secondo prima di rendersi conto di tutte le persone che c'erano in casa sua, che piano piano uscivano fuori dai loro nascondigli.
    Deglitì pesantemente, quando le venne in mente parola per parola tutto quello che aveva appena detto. Lanciò un'occhiata di nuovo all'interno, dove Gerard la fissava immobile. E anche Frank non aveva più detto una parola. Cazzo. Stavolta aveva fatto un bel casino. Sempre perché non riusciva a stare zitta.
    «Potevi dirmelo che c'era tutta questa gente...» mormorò a Frank. Lui scrollò le spalle «Che festa a sorpresa sarebbe stata senza la sorpresa?» chiese fingendo un sorriso. Entrò in casa e nessuno aveva ancora detto una parola. Qualcuno le fece gli auguri di compleanno, ma erano tutti palesemente imbarazzati. Ovviamente.
    «Ragazzi... venite con noi...» disse Donna all'improvviso, guardando prima il suo figlio maggiore, poi Frank, ed intimandoli a seguirla al piano superiore. Nessuno ebbe il coraggio di replicare. In silenzio i due seguirono lei e Linda al secondo piano mentre Ray, intelligentemente, aveva fatto partire un cd nello stereo per distrarre tutti gli altri.

    «Bravissima. Hai straparlato anche stavolta...» mormorò Mikey cercando di nascondere un sorrisetto. Era incredibilmente dispiaciuto per Gerard e Frank per tutta la situazione, e non voleva nemmeno immaginare quale pesante cazziatone stessero subendo da Donna e Linda, ma poteva affermare che se lo sentiva che prima o poi Alex avrebbe combinato qualcosa del genere, c'era da aspettarselo, visto che parlava sempre troppo ed era sempre così schietta.
    Lei fece una smorfia dispiaciuta «Mi dispiace tantissimo. Non avrei mai detto tutte quelle cose se avessi saputo che c'era tutta questa gente, qui...» disse scusandosi. Mikey scrollò le spalle «Tanto prima o poi sarebbe successo...» disse cercando di consolarla. Poi fece un respiro profondo guardando un punto indefinito sul pavimento ai suoi piedi «Perché comunque eri cosi incazzata con Frank?» domandò.
    Alex alzò gli occhi al cielo «Perché è un idiota. Gli ho presentato un tipo con il quale sto uscendo ultimamente e lui l'ha fatto praticamente scappare via.» spiegò.
    «Ah...» mugugnò lui, mordendosi il labbro. «Stai uscendo con un tipo, quindi?».
    «Sicuramente ora non più, visto che potrei metterci la mano sul fuoco che non mi chiamerà mai più. Avrà pensato che sono una folle e che Frank è più folle di me. Cioè, gli ha detto tipo "Non mi dire che intendi davvero farti una storia con Alex, insomma, lei sta totalmente fuori, fattelo dire da uno che la conosce da anni, non ce la puoi fare!"» spiegò rassegnata «Avrei voluto ucciderlo...».
    «...beh, forse è meglio così...» scrollò le spalle Mikey.
    «Certo, come no... mi ritroverò vecchia, sola e piena di animali randagi che mi pisciano in casa a loro piacimento...» rise lei alzando gli occhi al cielo.
Mikey sorrise. Era esattamente quello, quel modo di fare di Alex, di metterci in mezzo una frase senza senso per riderci su, che gli piaceva tanto di lei. Arrossì. Aveva appena pensato che gli piaceva Alex? Non fece nemmeno in tempo a darsi una risposta che lei gli afferrò un braccio e lo trascinò al tavolo dove erano sistemate alcune lattine di birra messe a piramide una su l'altra.

    Gerard era sicuro, ora. Era seduto al fianco di Frank ed aveva intenzione di lottare per il suo diritto di essere felice con lui, per tutta la vita, se fosse stato necessario. L'altro non aveva detto molto, da quando Donna e Linda li avevano incastrati in camera di Alex per riempirli di domande. Ovvio, quello non era il modo in cui aveva pensato che avrebbero detto ai loro genitori del loro rapporto, ma tanto prima o poi sarebbe dovuto succedere, e sicuramente non c'era un modo migliore di un altro. La notizia aveva lasciato in stato di shock sia sua madre che quella di Frank, ed ora Gerard aveva provato a spiegargli che non c'era niente di male in lui o in Frank, e che loro due stavano bene insieme ed erano felici.
   
«Basta, non voglio più parlarne...» mormorò Linda scuotendo la testa. Frank la guardò «Mamma...» disse a voce bassa, alzandosi dal letto «Mi dispiace...» disse avvicinandosi a lei.
Gerard si schiarì la gola. Perché si stava scusando? Non doveva farsene mica una colpa. «Non devi dispiacerti, Frank! Non è nulla di grave.» esclamò. Linda lo fulminò, aveva gli occhi umidi di lacrime. Non era arrabbiata, ma non sapeva nemmeno lei come comportarsi ora. Suo figlio stava con un altro ragazzo. «Avrei preferito me lo avessi detto tu...» sussurrò a suo figlio.
    Frank scrollò le spalle «E' Alex, è... è fatta così, combina un sacco di casini. Sei arrabbiata con me?» chiese, mettendo una mano sulla spalla di sua madre.
Lei scosse la testa, iniziando a piangere, ed affondò il viso sulle spalle di suo figlio «No, Frankie, assolutamente no...» disse stringendosi a lui. Frank sospirò. Pensava peggio. Aveva discusso più volte sull'uscire allo scoperto, con Gerard, ma aveva sempre temuto che sua madre potesse odiarlo. Invece era solamente confusa, ma era pur sempre sua madre.
    Gerard guardò Donna «Tu sei arrabbiata invece?» domandò. Lei alzò gli occhi al cielo «E tu, sei felice?» chiese lei senza rispondere, guardando suo figlio negli occhi. Era cresciuto, e forse era solo dispiaciuta del fatto che ora Gerard non era più il suo bambino. Alla sua domanda, il volto di Gerard si illuminò, sorridendo contento «Si. Sono felicissimo.» ammise.
Lanciò un'occhiata a Frank, che gli fece un cenno d'assenso con la testa. Almeno questa cosa potevano cancellarla dalla lista delle cose da fare. Sorrise sollevato, abbracciando sua madre.

- - -
Come al solito, grazie a chi legge e soprattuto a chi recensisce!
Non lo so com'è venuto fuori sto capitolo, è venuto fuori e basta...
Non so nemmeno quanto sia rilevante, e secondo me è troppo corto ma è quel giorno del mese in cui vorrei essere uomo quindi capitemi e perdonatemi -.-
Spero vi piaccia comunque. E' che avevo intenzione di finire sta storia tra breve ma ci sono molte altre cose che devono accadere ai miei cari personaggi quindi credo la porterò avanti ancora un pò. Sopratutto perché mi fa bene scrivere, mi fa sentire meglio .-.

XOXO

 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 - Everything Happens For A Reason ***


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Capitolo 11
Everything Happens For a Reason

   «Ok, questa sarà la tua prima ed ultima festa a sorpresa...» rise Gerard quando finalmente scese al piano di sotto insieme a sua madre, Linda e Frank. Alex alzò gli occhi al cielo. Sperava di non aver combinato un casino troppo grande, avendo deliberatamente urlato a praticamente tutti i loro amici lì presenti che lui e Frank stavano insieme.
    «Mi dispiace tantissimo! Cosa vi hanno detto? Che non potete più vedervi? Che non vi vogliono più come figli?» chiese lei dispiaciuta.
    «Uhm, no, non proprio.» disse Gerard ridendo, mettendole un braccio intorno alle spalle. «E comunque, dovrei anche ringraziarti, visto che secondo me altrimenti Frank non avrebbe mai avuto le palle di dirlo a sua madre...» sussurrò stringendola a se.
    «Si, anche secondo me comunque...» sospirò lei «Ciò non toglie che è comunque un coglione e che non gli rivolgerò la parola per almeno i prossimi quattrocento anni...».

    Quando quasi tutti furono andati via, Linda e Donna diedero una mano ad Alex a sistemare alcune cose prima di andarsene. Poi presero le loro cose e si diressero alla porta. Gerard se ne stava seduto sul divano, mezzo addormentato.
    «Andiamo, ragazzi?» chiamò i suoi figli Donna. Mikey, che se ne era stato in disparte per la maggior parte del tempo, a rimuginare sul fatto che era l'unico a non avere ancora uno straccio di vita sentimentale, si alzò dalla poltrona e si infilò la giacca.
    «Gee? Svegliati, dobbiamo andare...» disse a suo fratello richiamando la sua attenzione con un calcio sulla gamba. Gerard fece una smorfia, tenendo gli occhi chiusi «Andate voi... io dormo qui...» mugugnò nel sonno.
    Donna alzò gli occhi al cielo «Non puoi invitarti a dormire qui senza nemmeno chiedere ad Alex se per lei va bene...» lo rimproverò, avvicinandosi a lui per afferrargli un braccio.
    «Ad Alex va bene...» sbadigliò. Donna lanciò un'occhiata alla ragazza, che con scrollò le spalle «Tranquilla. E' casa di tutti, questa, ormai...» sospirò.
Frank fece un respiro profondo «Ehm... quindi volendo... potrei restare qui anche io... giusto?» disse evitando di guardare sua madre. Era in evidente imbarazzo. Linda si schiarì la gola «Beh, Fankie, forse se tornassi a casa sarebbe meglio...» disse lei.
    «Ma se rimango qui almeno domani mattina posso aiutare Alex a ripulire tutto...» fece lui lagnandosi come un bambino.
    «Ah, fai come vuoi, tanto non mi ascolti mai...» disse Linda roteando gli occhi rassegnata.
Mikey sbuffò. Come al solito lui era l'unico che doveva ancora seguire sua madre. Non che avesse di meglio da fare, e comunque non era il tipo che si autoinvitava a dormire a casa degli altri senza troppi problemi. Niente affatto come Frank o suo fratello.
 Alex però lo guardò e sorrise «Già che ci sei potresti restare anche tu. Mi ci gioco qualsiasi cosa che sarai l'unico che mi aiuterà a pulire domani...» propose lanciando un'occhiataccia a Frank che cercava di trattenere una risatina.
    Mikey arrossì «Ok... posso restare?» chiese guardando sua madre.
    «Signore... mi pare ieri che indossavate ancora i pannolini...» rise Donna scuotendo la testa «Fate come volete... ma comportatevi bene...» aggiunse poi, lanciando un'occhiataccia a Frank, che in imbarazzo spostò lo sguardo sullo schermo spento del televisore.
    «Ok, grazie ancora per tutto...» le salutò Alex, chiudendo la porta quando se ne furono andate.
Gerard sembrava essere risorto all'improvviso non appena sentì le auto di Linda e Donna allontanarsi dal vialetto. Aprì gli occhi e strinse il braccio di Frank per farlo avvicinare a lui.
    «Andiamo di sopra?» gli sussurrò in un orecchio.
Mikey li guardò nauseato, togliendosi la giacca e poggiandola sullo schienale della poltrona. Poi si sedette sul divano quando Frank e Gerard sparirono al piano superiore senza dire niente, eccetto emettere qualche risolino.
    Alex si sedette accanto a lui ed accese la televisione. Non c'era niente di decente da guardare ma non aveva nemmeno sonno e tanto meno aveva intenzione di mettere piede al piano superiore. Si mise comoda, poggiando la testa sulla spalla di Mikey, e sospirò «Grazie...» sussurrò.
    «Per cosa?» domandò lui confuso, guardandola.
    «Per essere uno sfigato come me che finirà vecchio, solo e con un mucchio di gatti in giro per casa...» rise socchiudendo gli occhi.

La settimana successiva era ora di comprare i regali di Natale. Alex, con Frank e sua madre, era stata invitata a passare la vigilia e il giorno di Natale in casa Way. Ormai le due scherzavano molto sul fatto di essere consuocere, facendo quasi nauseare Gerard e Frank. Ormai quando uno andava a casa dell'altro si doveva portare dietro anche sua madre, che almeno passava del tempo con la madre dell'altro, ed era una situazione quasi assurda per loro due. Comunque l'idea di passare tutti insieme le feste di Natale aveva entusiasmato tutti, anche se dormire insieme per due sere con i genitori intorno non era il massimo, a Gerard era piaciuto il fatto che l'idea fosse venuta in mente spontaneamente a sua madre. Fosse stato per lui, avrebbe passato un'altro Natale chiuso in camera a disegnare o cose del genere.
   
«Che cerchiamo, di preciso?» chiese Mikey guardandosi intorno. Alex lo aveva trascinato con sé a comprare il regalo per Frank, ed erano appena entrati in un negozio di costumi e travestimenti chiamato Fun Ghoul.
    Lei era tutta sorridente, mentre cercava tra i vestiti appesi alle grucce «Te l'ho detto, il regalo per Frank...» disse.
    «In un negozio di costumi di Halloween?» ridacchiò Mikey. Avrebbe pagato oro per poter entrare nella testa di Alex anche solo per un giorno e scoprire come diavolo le venivano in mente certe idee. Lei sospirò «Si, e...» disse mentre un sorriso le si allargava sul volto, tirando fuori tra i tanti un completo in poliestere rosso e verde «Eccolo!» esclamò soddisfatta.

    «Quindi dopo le vacanze di Natale andrai a vivere da lei?».
Gerard scrollò le spalle, guardando il fondo della tazza di caffè che aveva davanti a sé. Era seduto di fronte a sua madre, al tavolo della cucina, e lei sembrava davvero dispiaciuta. Alex gli aveva chiesto di andare a vivere da lei già da un pò, ma le cose erano andate per le lunghe per tutta la serie di eventi che li aveva colpiti nelle ultime settimane, così alla fine avevano deciso che sarebbe andato a stare da lei dopo le vacanze di Natale. Era un modo per poter stare di più con lei visto che gli impegni di entrambi li avevano leggermente separati, ed un ottimo modo per avere l'occasione e la possibilità di invitare Frank a dormire con lui ogni volta che voleva. E poi Alex aveva detto che volendo, quando a Giugno la scuola sarebbe finita e Frank avrebbe preso il diploma, poteva unirsi a loro e vivere tutti e tre insieme felicemente, finché non avessero approvato i matrimoni tra gay, aveva aggiunto.
    «Non puoi restare qui con noi?» chiese Donna, sorridendo.
    «Non lo faccio perché sto male qui con voi. E' che sono grande ora, e voglio vivere per conto mio...» spiegò.
    «E tuo fratello che ne pensa? Sai quanto Mikey sia attaccato a te...» insisté Donna.
Gerard sospirò «Mikey non è più un bambino, mamma. Se ne farà una ragione.» disse.

    «Hey, Alex...».
Alex e Mikey si voltarono insieme. Avevano entrambi le mani occupate dalla montagna di pacchi e regali che avevano comprato. Alle loro spalle Devon stava sorridendo imbarazzato mentre si grattava la testa. Come aveva previsto Alex, lui non l'aveva più chiamata dal giorno del suo compleanno, quando Frank l'aveva letteralmente fatto scappare via.
    «Ciao...» fece lei imbarazzata cercando di tenere in equilibrio le cose che teneva tra le mani, che erano ghiacciate visto il forte e gelido vento che tirava quel giorno a Belleville.
    «Tutto bene?» chiese lui ignorando totalmente Mikey, che lo stava scrutando da testa a piedi.
    «Ehm, si, diciamo di si... giusto un pò infreddolita e appesantita...» sorrise facendo un cenno con la testa alle scatole che teneva in mano.
    «Oh, giusto. Ti serve una mano?» chiese lui porgendo le mani per alleviarle un pò il peso, ma lei lo fermò «No no, tranquillo...» disse scansandosi «Ora dovrei andare... ah, e grazie per tutte le chiamate e i messaggi, ho dovuto portare a riparare il telefono, me l'hai quasi bruciato...» aggiunse poi, sarcastica, forzando un sorriso. Mikey scoppiò a ridere, ma lei lo fulminò con lo sguardo per dirgli di smetterla.
Devon arrossì facendosi piccolo piccolo dall'imbarazzo «Ehm, si, mi dispiace...» mugugnò «...è che quel tuo amico era davvero fastidioso...».
Mikey sbottò a ridere di nuovo «Non peggio di lei comunque...» gli uscì dalla bocca, e appena se ne rese contò si ammutolì guardando Alex imbarazzato «Oh, scusa... era una battuta, non dicevo sul serio...» sussurrò.
    «Si, tranquillo... ora dovremmo proprio andare, è stato un piacere incontrarti...» disse Alex a Devon, voltandosi per andarsene. Mikey lo salutò con un cenno del capo e la seguì a passo svelto. «Quindi quello è il tipo con cui stavi uscendo?» chiese quando fu accanto a lei.
    «Ebbene si, hai visto con quanta nonchalance è venuto a salutarmi? Non ci posso credere, non si è fatto sentire nemmeno mezza volta...» borbottò lei camminando a passo svelto.
    «Beh, sembrava dispiaciuto però...» mormorò Mikey.
    «Si, ma non mi interessa. Voglio solo arrivare a casa e posare tutte queste cose... pesano da morire...» sbuffò lei rischiando di far cadere tutto.

Frank mise in pausa la Playstation per aiutare Alex e Mikey con tutti quei pacchi.
    «Che ci fai a casa mia, tu?» domandò Alex quando finalmente si fu liberata di tutto quel peso. Frank sorrise guardando i pacchi con attenzione «Mia madre e Donna stanno facendo le prove per il menu di Natale, e puoi immaginarti che palla siano... comunque, qual'è il regalo per me?» chiese scrutando i pacchi sperando di riuscire a vedere oltre lo strato di carta da regalo che li richiudeva.
    «Non fare il bambino. Lo aprirai la mattina di Natale...» lo rimproverò lei, alzando gli occhi al cielo.
    «Tanto è una stronzata...» borbottò Mikey mettendosi seduto sul divano. Frank fece una smorfia di delusione e tornò a giocare ai videogiochi di Alex, invitando Mikey a giocare con lui.
    «Si, tranquilli, fate come vi pare...» sospirò Alex rassegnata all'idea che sul serio casa sua fosse diventata casa di chiunque, dove tutti andavano quando non volevano stare in casa con i propri genitori e roba del genere. Ormai entravano senza nemmeno chiedere il permesso, si accomodavano, si mettevano a giocare ai suoi videogiochi... sorrise, dirigendosi al piano di sopra. Per lo meno finalmente era tornata a sentire quell'aria di familiarità che le era mancata troppo negli ultimi tempi.
    Andò in camera sua e mise su un cd, poi si sdraiò sul letto a finire alcuni compiti di chimica con i quali era ancora indietro. Era l'ultima settimana di scuola prima delle vacanze natalizie e non aveva davvero intenzione di portarsi dietro quei compiti in eterno, sopratutto perché l'idea di vacanza che avevano i professori era molto diversa da quella che aveva lei. I primi immaginavano ogni studente pronto ad aprire i libri anche durante la cena della vigilia per non rimanere indietro, mentre fosse stato per lei li avrebbe bruciati nel caminetto, tutti i libri.
    Fu dopo meno di mezz'ora che le squillò il cellulare, all'arrivo di un sms. Alex lo prese distrattamente dalla tasca dei jeans ed aprì il messaggio senza nemmeno leggere chi lo avesse mandato.
    "Mi ha fatto piacere incontrarti. Scusa se non ho chiamato. Ci possiamo vedere stasera? Devon." Alex sorrise a sé stessa. Forse qualche chance di non finire da sola ce l'aveva ancora, si disse. Si mise a sedere sul letto e ci pensò qualche minuto, rileggendo quel messaggio. Non aveva intenzione di sembrare disperata, rispondendogli in meno di mezzo secondo, come se non stesse aspettando altro che Devon si facesse sentire. Ma restava il fatto che lui era proprio carino e tutto il tempo che avevano passato insieme nei giorni precedenti al suo compleanno erano stati fantastici. Fece un respiro profondo, ed iniziò a digitare la sua risposta sul cellulare.

   «Ok, ragazzi, ho bisogno di un consiglio...» dichiarò Alex gettandosi di peso a sedere sul divano tra Frank e Mikey, che insieme distolsero lo sguardo dalla televisione per volgerglo a lei.
    «Puoi aspettare che finiamo questa partita?» chiese Frank con una smorfia, accennando alla Playstation. Alex gli tolse il controller dalle mani sbuffando «No, che cavolo! Piombi qui quando ti pare e fai come se fosse casa tua, quindi per lo meno un consiglio puoi anche concedermelo, no?» disse alzando gli occhi al cielo.
Frank sbuffò annuendo «Ok, però sbrigati, gli sto facendo il culo, che cavolo!» si lamentò.
Alex fece un respiro profondo e un paio di smorfie prima di parlare.
    «Allora. Devon mi ha chiamata e mi ha chiesto di uscire...» disse.
Frank rise «Beh, si è ricordato presto...».
    «In realtà è che lo abbiamo incontrato tornando a casa...» spiegò lei «Comunque, sul serio, a me piace e con lui ci sto bene...».
    «Resta il fatto che non ti ha cercata finché non lo hai incontrato per caso...» disse Frank scrollando le spalle, con lo sguardo puntato sul controller che Alex teneva saldamente tra le mani in attesa che glielo ridasse.
    Lei roteò gli occhi «Capirai, Frank, ti pare che posso permettermi di fare la preziosa? Cioè, sono una specie di scarabocchio vivente, direi che Devon è anche troppo per me...» disse accennando una risatina. Mikey si schiarì la gola «N-non sei uno scarabocchio...» mugugnò senza guardarla.
    «Mikey, dovresti andare a fare un'altra visita oculistica, forse devi cambiare occhiali...» sospirò lei «Comunque, tornando a Devon, cos'è che devo fare?» chiese di nuovo.
    «Lascia stare, Al, se non si è fatto sentire per tutto questo tempo è perché è un coglione. Ti meriti di meglio...» disse Frank allungando una mano verso il controller della Playstation.
    «Frank, il meglio che volevo io non mi si incula se non per provare a sé stesso di non essere totalmente gay, sai com'è...» sbuffò lei dandogli uno schiaffo sulla mano e mettendo il controller sul divano, dietro la schiena «E non ti faccio giocare alla Playstation finché non mi dici seriamente cosa devo fare!».
    Lui arrossì imbarazzato «Tirerai fuori questa storia fino alla morte, non è vero?» chiese mormorando. Lei annuì «Minimo. Allora? Esco o non esco con Devon?» chiese.
    Si sentiva scorretta, in un certo senso, e sopratutto confusa. Lo sapeva che in realtà, in altre circostanze, sarebbe stata la prima a dire a Devon di andare a farsi fottere. Ma a quel punto, quando Devon sembrava essere la sua unica possibilità di avere, anche lontanamente, qualcosa che sembrasse ciò che avevano Frank e Gerard ora che stavano insieme, perché doveva rinunciarci? Lei aveva desiderato Frank con tutta se stessa, ed ora che era palese che lui non la voleva, non poteva semplicemente uscire con qualcun'altro e sperare che col tempo tutte le ferite si cicatrizassero?
    «Dovresti avere più stima di te. Non puoi uscire col primo che capita solo perché non ti senti all'altezza di qualcosa di meglio.» sentenziò d'un fiato Mikey, sospirando.
Lei e Frank si voltarono a guardarlo, e a lei spuntò un sorriso sul volto «Si, eh? Ma Devon non è il primo che capita.».
    «Ma è un idiota, se non ti ha cercata fino ad oggi! E per cosa? Solo perché Frank è fastidioso? Secondo me sono solo scuse, ok? A lui non importa nulla, però probabilmente vorrebbe portarti a letto quindi ti concede una serata, e mi viene quasi la nausea a pensare a come tu ti stia buttando via.» disse Mikey, ancora senza prendere fiato, diventando rosso in volto man mano che una parola si aggiungeva all'altra.
    «Ehm... ok... mi stai facendo sentire davvero squallida...» mugugnò Alex senza guardarlo in volto.
    «Non ha tutti i torti comunque...» aggiunse Frank «Quindi, no, non ci uscire, lascia stare. Ed ora lasciami giocare alla Play, ok? Tra poco Gerard viene a prendermi per andare a mangiare qualcosa, quindi fammi finire questa partita.» disse, afferrando il controller.
Alex sbuffò facendo una smorfia, mentre prendeva il cellulare dalla tasca. Aprì la cartella dei messaggi e scrisse a Devon che forse era meglio se non si frequentassero più. Dopo quello che aveva detto Mikey, con l'approvazione di Frank oltretutto, le era passata ogni fantasia. Certo, Frank la faceva facile. Poteva avere chiunque. Gli bastava sorridere, per far cadere qualsiasi persona - e di qualsiasi sesso, a questo punto - ai suoi piedi.

    «Mikey, ti diamo un passaggio a casa se vuoi... fa un freddo cane, fuori...» disse Gerard a suo fratello sulla porta di casa di Alex. Lui e Frank sarebbero andati a fare i romantici in qualche posto nascosto della città.
Mikey scrollò le spalle «Ok...» disse. Ma Alex lo fulminò con lo sguardo «Eh no, stasera resti qui con me, che cavolo! Non è che potete fare tutti come vi pare ed io alla fine rimango sempre da sola.» disse offesa.
    «Volete venire con noi?» propose Gerard. Frank sollevò un sopraciglio «Ma anche no... non doveva essere una sera per me e te soli?» gli disse sussurrando.
    «No, ok, sto qui con Alex...» disse Mikey quasi rassegnato.
    «Perfetto. Allora noi andiamo. Ci vediamo domani, ok?» salutò Gerard uscendo al seguito di Frank.
Quando rimasero soli guardarono un pò la tv, poi Alex si alzò dal divano «Mikey, io vado a farmi una doccia al volo. C'è la lasagna al forno, ricordati di controllarla, ok?» disse scappando al piano di sopra. Mikey annuì distrattamente continuando a guardare la televisione.

    Il locale che aveva scelto Gerard era un buco decadente ai margini di Belleville, frequentato per lo più da camionisti e prostitute. Però effettivamente si mangiava benissimo, e c'era anche un bel sottofondo musicale suonato da un gruppo che eseguiva cover in versione acustica.
    «Dopo le feste di Natale mi aiuti a fare il trasloco?» chiese Gerard masticando la sua insalata.
Frank annuì entusiasta. Era contentissimo del fatto che Gerard avesse deciso di andare a vivere da Alex, perché così avevano tutta la libertà di vedersi quando volevano e fare ciò che volevano senza troppi problemi, a differenza di ora, che avevano sempre le loro madri intorno, da quando avevano scoperto la loro storia.
    «E poi quando avrai finito questa cazzo di scuola verrai a stare con noi anche tu, vero?» domandò Gee, guardandolo negli occhi sorridendo.
Frank deglutì. Ok, l'idea era anche divertente. Insomma, vivere tutti insieme e sballarsi ogni sera e tutto il resto gli andava più che bene. Ma Gerard stava prendendo tutto così sul serio che Frank stava iniziando a sentirsi oppresso. Ovvio che gli avrebbe fatto piacere e che avrebbe passato ogni istante al suo fianco, ma andare a vivere insieme, almeno per come aveva interpretato il pensiero di Gerard, forse era troppo per lui. Non voleva ritrovarsi a fare il marito o la moglie, non ancora.
    «Che c'è, non ci avrai mica ripensato?» chiese Gerard con aria seria.
    «No, no... è che, non lo so, forse è presto per pensare di vivere insieme, non trovi?» disse Frank titubante.
    «Se non vuoi vivere con me basta dirlo, Frank.» fece l'altro offeso.
Frank sospirò. Col passare del tempo aveva imparato che da quando stava con Gerard le parole avevano preso tutte un'altro peso. Doveva stare attento a ciò che diceva, perché Gerard ora si era mostrato più fragile e insicuro, come se temesse che da un momento all'altro Frank potesse cambiare idea sulla loro relazione.

    Quando Alex uscì dalla doccia ed entrò in camera sua, un lieve odore di bruciato le pizzicò il naso. Un odore che si faceva sempre più forte mentre camminava verso le scale tenendosi l'asciugamano stretto intorno al corpo.
Cominciarono presto a bruciarle gli occhi mentre scendeva gli scalini due per volta, e la lieve cortina di fumo che si era creata diventava sempre più densa quando arrivò in salotto.
   
«Mikey che cazzo!» sbottò dandogli una botta in testa passandogli accanto per correre in cucina. Si era addormentato sul divano e si svegliò intontito e confuso, guardando Alex sparire dietro la porta della cucina.
    «Cos'è tutto questo fumo?» chiese intontito, alzandosi dal divano.
    «Ma porca puttana! Hai fatto bruciare tutto!» urlò lei spalancando le finestre dopo aver tirato fuori quel rettangolo carbonizzato che avrebbe dovuto essere la loro cena.
    Mikey la raggiunse sventolandosi via il fumo da davanti con le mani «Mi sa che mi sono addormentato...» mormorò.
    «Me ne sono accorta... che cavolo, te l'avevo detto che c'era la roba in forno!» lo rimproverò sbuffando «Sei peggio di un bambino...».
    «Scusa...» mugugnò lui «Me ne sono dimenticato...» fece spallucce.
Alex sospirò «Fa niente. E' solo che Frank si è mangiato praticamente tutto...» disse aprendo gli sportelli del mobile per cercare qualcos'altro da preparare.
Mikey aprì il frigorifero «Perché hai solo una montagna di birre qui dentro?» chiese con un sopraciglio sollevato guardando tutte le bottiglie e le lattine lì dentro.
    «Perché dato che io non posso comprarle, ci pensa Gerard e ogni volta che viene qui ne porta qualcuna, ma siccome non beviamo troppo quando c'è lui, sai...» spiegò, fermandosi lì. Non le piaceva, né a lei né a nessun'altro, parlare del problema di Gee con gli alcolici. Tendevano tutti a bere molto meno quando c'era lui, per correttezza, nonostante nessuno di loro riuscisse ad immaginare quanto fosse dura per Gerard.
    «Giusto... potremmo cenare con la birra allora!» esclamò Mikey sorridendo «Tanto Gerard non c'è!».
Alex rise «Siamo a stomaco vuoto, una birra a testa e partiamo, come minimo...» disse «Forse dovremmo andare a mangiare qualcosa fuori...».
    «Senza macchina non andiamo lontano...».
    «Giusto. Quindi? Ordiniamo qualcosa?» propose Alex prendendo la lista dei ristoranti di Belleville che facevano consegne a domicilio.
    «Perfetto. Intanto un paio di queste ce le beviamo, no?» sorrise Mikey tirando fuori due lattine dal frigo. Si sentiva più rillassato quando aveva in circolo nel sangue anche un minimo di alcool, e ultimamente stare intorno ad Alex lo rendeva un pò agitato, così aprì una lattina e bevve un lungo sorso.

    Quando arrivò il ragazzo delle pizze, Alex e Mikey erano entrambi lievemente ubriachi. Se non altro, non riuscivano a smetterla di ridere da almeno mezz'ora, per un programma giapponese che avevano visto in televisione in cui un mucchio di concorrenti dovevano fare un altrettanto mucchio di sfide che includevano enormi pozzanghere di fango, tappeti elastici, scivoli e ripide salite. Mangiarono le pizze accompagnandole con altre birre. Mikey diceva che visto che non c'era Gerard potevano strafare quella sera, tanto il giorno dopo non c'era scuola e non avevano alcun impegno con le registrazioni del disco.
   
«Chissà com'è che non siamo mai stati, sai, troppo amici prima...» disse Alex masticando il suo trancio di pizza alle verdure.
Mikey scrollò le spalle «Forse perché pensate tutti che sono uno stupido e uno sfigato...» mormorò.
    «Si, perché io invece sono la persona più stimata di Belleville!» commentò lei ridendo «Comunque sia, so che è una cosa triste, ma sono contenta che tutto quello che sia successo a me, mi abbia, sai, portato dove sono ora...».
Mikey la guardò confuso.
    «Intendo, ad avere voi. Non è solo Frank, lui è sempre stato mio amico, ma voi, tu e tuo fratello. Sono davvero contenta che siate entrati a far parte della mia vita.».
    «Come fai ad essere così serena? Intendo, sei tanto contenta di aver conosciuto Gerard, ma se non fosse successo forse ora ci staresti tu, con Frank...» mugugnò guardando la sua pizza, Mikey.
    «Nah, non credo. Non è che sono serena, è che nonostante io sono il tipo di persona che pensa che le cose che ci accadono sono conseguenze delle nostre azioni, da quando è successo l'incidente, mi sono resa conto che alcune cose invece accadono perché devono accadere...». Mikey la guardava senza capire, così lei continuò a spiegare «E' una teoria contorta, però insomma, vedi quello che è successo: io e Gee non ci conoscevamo affatto, poi lui è entrato per caso nel Cafè, e poi è successo l'incidente alle torri gemelle, ma nonostante tutti siano rimasti toccati da questa storia, io sono stata quella che ha subito la perdita più grande, ok? Ma comunque, Gerard era lì, e se era lì in quel momento, è perché doveva essere lì. Intendo, se il signore del negozio di Belle Arti non avesse dovuto finire di sistemare il negozio, Gerard non sarebbe mai entrato nel Cafè, ed ora non sarebbe felice e contento al fianco di Frank. Quindi, non mi importa se al suo fianco non ci sono io. Se non ci sono io, è perché non devo esserci io, ma qualcun'altro, in questo caso tuo fratello.».
Mikey sospirò, incerto di aver davvero capito cosa intendesse. Si rendeva conto che forse era solo un modo di Alex di incolpare chiunque tranne Gerard di averle portato via Frank, ma non gli piaceva pensarlo, perché ciò significava che lei a Frank teneva anche più di quanto lui potesse immaginare. E quell'idea gli smuoveva lo stomaco.
    «Sei ancora, cioè, sei innamorata di lui, nonostante tutto?» domandò sussurrando quasi, senza nemmeno rendersi conto di cosa stesse dicendo finché non vide il sorriso imbarazzato sulle labbra di Alex, seduta di fronte a lui.
    Fece un respiro profondo «Se esistesse un antidoto per farmela passare, lo prenderei senza esitare....» rispose lei evitando il suo sguardo. Doveva sembrare davvero patetica. Eppure lo aveva detto lei stessa a Frank, queste cose non funzionano a comando.
    «Forse devi solo trovare qualcuno che te lo faccia dimenticare...» commentò Mikey.
    «Si, era quello lo scopo della mia storia con Devon, comunque...» ammise lei arrossendo.
    «Non intendevo Devon...» mugugnò Mikey masticando, rendendo impossibile ad Alex capire le sue parole.

   
   
...

Scusate la lunghissima attesa, ma sul serio, sto sclerando anche io perché ho problemi con la connessione... ho già scritto cinque capitoli e li posterò appena possibile... per il momento prendetevi questo gentilmente concesso da un vicino con la connessione non protetta!
Dio come godo!
Scrivo al volo prima che si disconnetta, quindi, grazie a tuttissimi per i commenti, sopratutto a chi è logorroica come me! XD - tu sai chi sei! LOL
Un bacio a tutte, a presto, fatemi sapere che ne pensate, vi amo, vi voglio bene, mi mancate, eccetera eccetera!
Pace e amore, gente!
XOXO

   

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 - Karma Chameleon ***


Capitolo 12

Capitolo 12
Karma Chameleon

    I genitori di Frank si erano separati quando lui aveva otto anni. Lui era rimasto a vivere con sua madre, ma frequentava suo padre relativamente spesso quando era in città. Suo padre era un musicista, proprio come lui, e girava gli Stati Uniti per suonare in piccoli e modesti locali con il suo gruppo. Non erano certo una band da prima posizione in classifica, ma Frank li aveva sempre stimati tantissimo, ed era grazie a suo padre che si era avvicinato alla passione per la chitarra, da ragazzino, dopo aver provato a suonare un sacco di altri strumenti che però non lo soddisfavano abbastanza.
    Quindi il Signor Iero non era spesso presente nella sua vita, quando era impegnato a suonare in giro per gli stati americani, e quindi era l'unico che si era perso l'uscita allo scoperto di suo figlio ed il suo fidanzato Gerard.
Aveva appreso la notizia tramite un suo vecchio amico di Belleville, e non poteva crederci. Non poteva essere vero. Suo figlio, il suo unico figlio, colui che avrebbe dovuto portare avanti la stirpe degli Iero, stava con un uomo. Aveva solo diciotto anni e durante il viaggio da casa sua a Belleville, si ripeté che probabilmente era solo una voce di corridoio, un falso pettegolezzo creato dal nulla, un fraintendimento o, nella peggiore delle ipotesi, un esperimento che si sarebbe concluso presto con una riscoperta di Frank per la passione per le donne.
    Suo figlio non poteva assolutamente stare con un altro uomo. Non era normale, non era ciò che aveva sempre sperato per lui e sopratutto, non era un'idea che riusciva ad accettare. Quando arrivò a Belleville erano le due di pomeriggio, e il signor Iero non aveva alcuna intenzione di incontrare la sua ex moglie, così aspettò direttamente il suo Frankie all'uscita da scuola. Doveva essere l'ultimo giorno prima delle vacanze natalizie, e nell'aria c'era quell'euforia adolescenziale data dall'idea di lunghe giornate di ozio e regali.
    Parcheggiò l'auto accanto al marciapiede, proprio di fronte alle porte della scuola, ed attese l'uscita degli studenti. Quando suonò la campanella, in meno di tre secondi, un'orda di ragazzini spuntò fuori dalle porte e da ogni angolo immaginabile, tutti incredibilmente eccitati all'idea di un paio di settimane di riposo da scuola. Il signor Iero guardò tra le mille teste che gli passavano accanto, finché non trovò suo figlio, e fece un respiro di sollievo.
    Erano tutte chiacchiere, per lo più infondate. Il suo Frankie camminava col braccio intorno alle spalle di una ragazzetta bassa e minuta. Non era la più bella ragazza del liceo ma per lo meno era una femmina. Sorrise agitando la mano per attirare la sua attenzione, e gettò a terra la sigaretta quando suo figlio lo notò e con aria sorpresa si diresse da lui.
    «Papà! Che ci fai qui?» chiese Frank contento di vederlo «Lei è Alex. Ti ricordi di lei, giusto?» aggiunse poi, indicando l'amica al suo fianco, che strinse la mano dell'uomo sorridendo cordialmente.
    Lui ricambiò il sorriso «Oh, si che mi ricordo.».
    «Che ci fai da queste parti? Non hai degli show queste settimane?» chiese Frank emozionato all'idea di poter passare un pò di tempo col suo vecchio.
Suo padre annuì «Effettivamente si, ma dovevo passare a controllare una cosa. Stanno girando strane voci che non mi piacciono per niente, ma sono contento di poterle smentire senza troppi problemi...» spiegò guardando Frank dritto negli occhi.
A lui venne un colpo. Si sentì quasi nauseato. Era ovvio che aveva capito di cosa parlasse suo padre, e quello era un argomento che assolutamente non avrebbe mai voluto affrontare con lui.
    «Ehm... beh, veramente...» mugugnò Frank sudando freddo.
Era bastato quel filo di titubanza nella voce di suo figlio, per far capire al signor Iero che le cose stavano proprio come gli avevano raccontato.
    «Stai con un uomo, quindi?» chiese quasi strozzandosi su quella frase.
Frank deglutì. Voleva dire di si, ma non riusciva a parlare. Un velo di delusione aveva attraversato lo sguardo di suo padre. No, non poteva deluderlo. I due si erano sempre stimati a vicenda e non voleva assolutamente che tutto ciò cambiasse. Ma le cose stavano così, lui stava davvero con un altro uomo, e suo padre avrebbe dovuto farsene una ragione, così come aveva fatto sua madre e i genitori di Gerard.
    «Papà...» mormorò guardandosi le scarpe. Fece un respiro profondo «Io sto con una persona della quale sono innamorato.» disse d'un fiato.
Alex era ancora stretta sotto al suo braccio, e gli mise una mano sulla schiena come per dirgli di stare tranquillo, che suo padre avrebbe capito ed una marea di altre frasi di conforto nascoste dietro un semplice gesto, e lui si sentì sollevato. Era sempre piacevole avere al proprio fianco qualcuno sempre pronto a sostenerti.
    «E questa persona è un uomo?» chiese ancora suo padre, con tono duro e distaccato.
Frank si fece coraggio «Si, papà.» ammise.
    Il signor Iero non disse nulla per alcuni secondi, che nella mente di suo figlio durarono qualche secolo.
    «Papà, lo so che è difficile da digerire...» borbottò Frank.
Suo padre lo guardò, e oltre alla delusione, a quello sguardo si era aggiunto anche un filo di disprezzo. «Difficile, Frank? Mio figlio è un frocio!» disse, rendendosi poi conto della durezza di quelle parole, grazie allo sguardo mortificato di Frank che gli stava davanti in silenzio.
La prossima a parlare fu Alex, che aggrottò le sopracciglia nervosa «Quello è un termine abbastanza offensivo, Signor Iero.» disse «E se conoscesse la persona con cui sta, sarebbe contento per lui.» aggiuse.
    Frank voleva scavarsi una buca e sotterrarsi lì all'istante. Alex straparlava ogni santa volta, e si chiese se avrebbe mai imparato a tenere la bocca chiusa, prima o poi.
Suo padre fece una risatina gelida e distaccata «Certo, come no. Vorrei proprio sapere chi è quest'altro frocio che ti ha fatto il lavaggio del cervello...» disse.
    Alex sbuffò «Ancora. Non è carino usare quel termine, sopratutto perché sta parlando di suo figlio, e poi perché come genitore dovrebbe dare l'esempio dell'educazione ai giovani, non quello della persona volgare e con la stessa apertura mentale di Hitler.» commentò alzando gli occhi al cielo.
Frank ringraziò il cielo che suo padre non fosse un tipo violento, perché probabilmente chiunque altro le avrebbe spaccato la faccia.
    «Al, lascia stare.» sussurrò parlando con il lato della bocca.
    «Si, fatti anche difendere da una femmina. Dio santo, Frankie, cosa sei diventato? Dov'è finito mio figlio?» chiese il signor Iero guardando Frank, scrutandolo dalla testa ai piedi. In quel momento aveva in testa mille domande. Si chiese dove aveva sbagliato, perché suo figlio volesse stare con un altro uomo, se fosse successo qualcosa quando Frank era piccolo che lo aveva lasciato traumatizzato tanto da crescere con la convinzione che stare con un uomo era meglio. Qualsiasi cosa.
    «Papà, possiamo parlarne da un'altra parte?» chiese Frank facendosi coraggio.
Suo padre scosse la testa in segno di no. Non voleva parlarne affatto, né lì, né da nessun'altra parte. Voleva solo andarsene.
    «No, Frank, non c'è nulla di cui parlare. Ora devo andare. Ho fatto un viaggio inutilmente.» disse rimontando in macchina.
    «Papà, aspetta, non c'è bisogno di fare così!» cercò di fermarlo Frank.
Suo padre non lo ascoltò, e mise in moto l'auto, senza nemmeno salutarlo prima di andarsene.
    Frank voleva piangere. Oh, ci mancava che cominciasse a piangere. Suo padre a quel punto l'avrebbe messo sotto con la macchina, probabilmente. Ricacciando indietro le lacrime, sospirò stringendo il braccio ancora più intorno ad Alex, per sentirla più vicina.
    «Questo mondo fa schifo.» mormorò, prendendo a camminare per andare via da lì.

    Generalmente, rintracciare Frank era quasi impossibile. Prima di tutto, non aveva un cellulare, o se ce l'aveva non ne faceva certo buon uso. A quello però Gerard aveva già trovato una soluzione: per Natale gli aveva comprato un telefonino nuovo, un ultimo modello che occupava poco spazio e non aveva troppe applicazioni complicate. Così Frank l'avrebbe usato sicuramente, visto che era il suo regalo.
Donna Way aveva addobbato l'intera casa, e non c'era un solo angolo che non fosse completamente ricoperto di neve finta, luci colorate, miniature di Babbo Natale e stelline dorate. Di lì a poco sarebbero arrivati gli ospiti: Frank, sua madre ed Alex. Avrebbero passato tre giorni lì, e sia Gerard che Mikey non vedevano l'ora che tutti arrivassero.
    Eppure nessuno dei due era riuscito a rintracciare Alex o Frank. Entrambi sembravano spariti nel nulla, e i minuti sembrava passassero sempre più lentamente.

    «Frocio. Ti rendi conto? Frocio!». Frank aveva il viso in fiamme dalla rabbia. Non poteva credere che suo padre fosse stato così crudele con lui. Aveva sempre pensato che un genitore avrebbe dovuto accettare il proprio figlio in qualsiasi circostanza. Non vedeva suo padre da qualche settimana ormai, e non aveva nemmeno potuto raccontargli che stava registrando un disco con una casa discografica indipendente, che lui gli aveva sputato addosso tutto il disgusto che provava nell'aver scoperto che suo figlio stava con un altro uomo.
    Era ridicolo, ma solo ora che suo padre se n'era andato e lui era andato a passeggiare con Alex nel freddo di Belleville, aveva in mente almeno un milione di cose da dirgli. Prima di tutto, Alex aveva ragione, e la parola "frocio" era la più offensiva che qualcuno gli avesse mai detto. Secondo, lui non era gay, ma bisessuale, ed era innamorato di Gerard, ma se così non fosse stato, avrebbe potuto portarsi a letto almeno un paio di sue compagne di classe, volendo, senza troppi problemi.
    Alex camminava in silenzio, guardandosi le scarpe. Che doveva dirgli comunque? Fosse stato per lei, avrebbe dato un calcio nelle palle al padre di Frank senza troppi complimenti.
    «Non riesco a credere che possa essere così stronzo!» continuò lui, accendendosi l'ennesima sigaretta «Ed io che non vedevo l'ora che tornasse in città per potergli raccontare del gruppo e del disco e di tutto il resto, che cazzo...».

    Gerard aveva bevuto il suo settimo caffè del giorno. Linda era appena arrivata in casa Way con la sua roba e quella di suo figlio, ma di Frank e Alex ancora nessuna traccia. Odiava non sapere dove fosse. E stupidamente, stava odiando il fatto che Frank ed Alex erano irrintracciabili allo stesso momento. Era sicuro, poteva metterci la mano sul fuoco, che stessero insieme, ma non voleva affatto immaginare perché lei non rispondesse al telefono né perché lui non lo avesse avvertito che sarebbe arrivato a casa sua più tardi.
    Non era sfiducia nei loro confronti. Sapeva che Alex era ancora alquanto innamorata di Frank, ma sapeva anche che né lei, né lui comunque, lo avrebbero tradito. Eppure saperli da soli ma insieme da qualsiasi parte a sua insaputa era una tortura, e doveva ammetterlo: negli ultimi tempi era diventato ossessivo, ma aveva una paura fottuta di poter perdere Frank, proprio ora che tutto sembrava più facile ed ufficiale.
    Certo, Frank non era ancora pronto per affrontare il mondo intero, ma si era rilassato ulteriormente da quando anche le loro madri erano a conoscenza della loro storia, e quello era l'importante per Gerard: essere sé stessi davanti alle persone che amavano. Degli altri poco gli importava, purché non dovessero più fingere davanti ai loro cari.
    «Tra quanto arrivano?» chiese Mikey per l'ennesima volta, sporgendo il capo nella camera di Gerard.
Suo fratello scrollò le spalle «Mikey mi stai facendo venire l'ansia. Non lo so, tra poco arriveranno!» rispose esasperato. Era già abbastanza agitato di suo, e Mikey che passeggiava avanti e indietro nel corridoio non aiutava affatto.

    «Quindi cosa vuoi fare?» domandò Alex spostandosi una ciocca di capelli scuri da davanti agli occhi, mentre al fianco di Frank camminava a passo lento sui marciapiedi di Belleville in direzione di casa Way.
Lui sospirò, fissando il suolo «Non lo so. Non voglio essere innamorato di un uomo. Non voglio che mio padre mi odi. E' ridicolo.» mormorò con l'ennesima sigaretta tra le labbra.
    «Tu sei ridicolo, Frank. Non puoi scegliere di non amare più Gerard, mica funziona così...» disse lei alzando gli occhi al cielo. Se solo avesse potuto averlo lei, anche una metà, di quell'amore che condividevano lui e Gee...
    Frank deglutì «Allora insegnami tu, Alex. Tu sai farlo. Dimmi come fai. Dimmi come fai a far finta di niente quando io ti sto intorno. Come fai a stare da sola con me? A sorridermi, ed abbracciarmi, e consigliarmi, quando vorresti esserci tu, al posto di Gerard?» chiese d'un fiato. Se ci riusciva Alex, a reprimere i sentimenti, perché non poteva provarci anche lui? Finché poi gli sarebbe passata, finché in Gerard non avrebbe visto nient'altro che un amico. E suo padre sarebbe stato di nuovo fiero di lui, e lui si sarebbe sentito più sereno col mondo intero.
Non aveva mai immaginato che potesse essere così difficile, amare qualcuno del suo stesso sesso.
    Alex rise, accellerando il passo «Ma vaffanculo, Frank. Ringrazia il cielo per ciò che hai e non ci rinunciare per nulla al mondo...» disse, distanziandolo di qualche passo.

    «Finalmente! Gerard e Mikey stavano per avvertire l'intero corpo di polizia del New Jersey!» esclamò Donna Way quando aprendo la porta di casa si trovò davanti Alex e Frank infreddoliti. Li fece accomodare, mentre Mikey cercava di smentire ciò che aveva appena detto sua madre - preferiva lasciare a Gerard la parte dell'ansioso.
    «Dove cavolo siete stati? Sono tre ore che provo a chiamarvi!» disse Gerard prendendo i loro cappotti.
Frank fece una smorfia. Non gli andava di parlarne, specialmente perché c'era sua madre ed era sicuro che se avesse saputo come gli aveva parlato il padre sarebbe andata a fargli una ramanzina dovunque fosse in quel preciso istante... e ci mancava che si faceva difendere anche da sua madre, ora.
Alex sorrise «Colpa mia, scusa. Dovevo passare a casa mia a prendere la mia roba...» disse sollevando uno zaino pieno e pesante per mostrarlo a Gerard.
    Mikey aggrottò le sopraciglia «Non lo avevi portato anche a scuola stamattina, quello?» chiese, sicuro di averla già vista per i corridoi del liceo con quello zaino colmo di vestiti sulle spalle. Alex alzò gli occhi al cielo. Certo era che Mikey non era un buon complice, quando si trattava di improvvisare; e così, da che lei voleva evitare a Frank di sputar fuori la litigata con suo padre, ora Mikey ci aveva messo un bel carico sopra, facendo insospettire Gerard in maniera ancora più evidente.
    «Cosa mi state nascondendo?» chiese Gee, scrutando prima lui, poi lei. Frank sbuffò, scocciato. Non gli andava proprio di fare quei giochetti, né di sentirsi oppresso, né di avere tutti quegli sguardi puntati addosso. Non rispose e si andò a sedere sul divano davanti alla TV.
Alex sospirò «Niente Gerard, rilassati. D'ora in poi chiederemo il tuo permesso anche per andare a pisciare, ok?» rispose ridendo. «Allora, dove sistemo la mia roba?»chiese poi guardando Donna.
La signora sorrise cordiale «Puoi sistermarla in camera di Gerard. Abbiamo deciso che tu e Gerard dormirete in camera sua, mentre Frankie e Mikey dormiranno nell'altra cameretta...» spiegò, guardando Linda per un'ulteriore conferma.
Era chiaro che Gerard e Frank fossero sessualmente attivi, potevano immaginarlo, ma non volevano affatto che accadesse in quelle sere, mentre loro dormivano nelle camere di fianco. Era questione di rispetto, aveva detto Donna.
    «C-come? Mamma, perché io e Alex dobbiamo dormire insieme? Non può andare in camera di Mikey, lei?» chiese Gerard con disappunto.
Donna Way alzò gli occhi al cielo «Gee, non fare i capricci. Abbiamo deciso così, e così sarà. Tu e Frank dormirete separati. Mi dispiace ma queste sono le regole.» disse ferma.
    «Le regole? E chi le ha decise, queste regole? E che regole sono, poi?» insisté Gerard.
    «Regole ferme riguardanti il divieto per le coppie di dormire insieme in mia presenza. E le ho decise io, mio caro, in quanto questa è casa mia.» rispose Donna.
    «Beh, sono proprio delle regole del cazzo! E poi chi te lo dice che io ed Alex non andremo a letto insieme? E così ci sarebbe anche il rischio che rimanga incinta!».
    «No grazie...» rise Alex, dirigendosi verso la cameretta di Gerard, quella che l'aveva già ospitata mesi prima.
    «Gerard, smettila, cavolo, sembri un bambino.» sbuffò Frank girando i canali in televisione col telecomando.
Gerard deglutì offeso, e senza insistere ulteriormente, si sedette sulla poltrona con lo sguardo perso nel vuoto.

 

- - -

si, il titolo mi è venuto in mente a casaccio...
Cooomunque, a grande richiesta - tu sai chi sei! XD - ecco un altro capitolo... spero sia di vostro gradimento... alla prima recensione facciamo che se mi gira bene posto subito il tredicesimo... ghghgh sono peggio dei bambini, ma ormai li ho scritti da secoli e voglio farveli leggere!

baci e abbracci, peace & love, xoxo
<3

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 - I'll never be good enough... and everytime I look inside your eyes, you make me wanna die... ***


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Capitolo 13
I'll never be good enough - and everytime I look inside your eyes, you make me wanna die...

    Frank aveva provato a fare come Alex: fingere che tutto andasse bene. Doveva riuscirci, ad ogni costo.
Erano tutti seduti intorno al tavolo, intenti a consumare la cena, e se avesse dato un qualsiasi cenno di cedimento, tutti avrebbero iniziato a chiedere cosa fosse accaduto, e lui avrebbe dovuto confessare, e parlarne con Gerard, che avrebbe reso tutto più pesante di quanto già era.
Così si limitava a masticare in silenzio, ridere a qualche battuta, rispondere gentilmente a qualche domanda, roba del genere, senza dare troppo nell'occhio.
Gerard ogni tanto ci aveva provato, a lanciargli qualche frecciatina, ma insoddisfatto dalle risposte aveva lasciato perdere, cominciando a chiedersi se non fosse troppo ossessivo, in realtà. Alex lo prendeva sempre in giro per questa sua mania di avere tutto sotto controllo, specialmente con Frank.
    Mangiarono tutti fino a scoppiare, e dopo il dolce decisero che era ora di andarsene a letto.
Le disposizioni dei letti erano state fatte dai Capi Supremi di casa Way, nonostante Gerard non fosse molto d'accordo. Così aveva avvertito Alex che ad un tratto, quando tutti sarebbero stati addormentati, Frank e lei avrebbero dovuto far cambio di letto.
    Lei alzò gli occhi al cielo, l'importante era dormire, con chi non importava molto.

    Ad Alex comunque piaque sdraiarsi al fianco di Gerard proprio come i primi tempi, in quella camera chiusa, buia e disordinata, travolta da piccoli capolavori e scarabocchi, modellini e fumetti e posaceneri sempre troppo pieni per i suoi gusti.
   
«C'è qualcosa che non va...» borbottò Gerard fissando il soffitto, illuminato dalle luci della televisione.
    Alex sbuffò, mettendosi comoda poggiando la testa sulla spalla di lui. Aspettò che il ragazzino in tv finisse di parlare e poi si voltò a guardarlo «Rilassati Gee, non cominciare a fare il paranoico...» gli disse.
    «Non sto facendo il paranoico, io. Ma non hai visto? Frank era quasi contento di dover dormire con mio fratello, piutosto che con me...» mormorò.
    «Non mi pare. E comunque quando tutti staranno dormendo verrà da te. E sul serio, smettila di assillarti.».
    «Tu sai tutto, non è vero? Perché non vuoi dirmi la verità? Cos'avete fatto insieme oggi pomeriggio? Dov'è che siete stati?» chiese lui ansioso.
Alex si morse il labbro, con lo sguardo diretto alla televisione «Non abbiamo fatto niente, non siamo stati da nessuna parte e non cercare ancora di farti dire da me cosa passa nella testa di Frank, perché non è proprio mio compito. Io per voi due ho già fatto abbastanza, ora me ne tiro fuori, sono affari vostri, roba che riguarda voi due soli...».
    «Ma cos'è che mi state nascondendo? Perché lo so che tu c'entri qualcosa! E cristo, io voglio sapere la verità.»
    «Stai cominciando a darmi sui nervi, Gee, smettila. Sei sempre stato il più maturo, tra noi, continua ad esserlo.» rispose Alex sospirando. Si tirò su in piedi e prese il suo cellulare dal comodino accanto al letto.
    «Dove vai?» le chiese Gerard osservandola.
    «Da Mikey. Tu stasera sei una palla, e non riesco a seguire il film...» rispose Alex sbuffando.
    «Alex, sono i Goonies, l'abbiamo visto almeno trecento volte...» fece lui alzando gli occhi al cielo.
    «Che c'entra, voglio vederli la trecentounesima volta. E poi è sempre meglio di te che fai la vecchia moglie gelosa.».
Gerard fece una smorfia guardando Alex uscire in silenzio dalla sua stanza.

    «Mikey, sul serio, hai sniffato qualcosa? Perché sei così agitato stasera?» chiese Frank guardando il suo amico con un sorriso, mentre questo si mangiava le unghie seduto all'angolo del letto, mentre un cd suonava debole dalle casse di un vecchio stereo accanto all'armadio.
Lui fece un respiro profondo «Non lo so. A che ore viene Alex a prendere il tuo posto così puoi intrufolarti in camera di Gee?» chiese cercando di darsi una calmata.
    «Non lo s-». Frank non fece nemmeno in tempo a finire la frase che la porta della cameretta si aprì lentamente, ed Alex si imbucò richiudendosi la porta alle spalle alla svelta.
    «Eccomi!» disse a voce bassa salendo sul letto di Mikey, praticamente quasi schiacciando Frank.
    «Non è presto?» chiese Frank guardandosi intorno alla ricerca di una sveglia o un orologio, ma senza successo.
    «Probabile, ma il tuo ragazzo è davvero pesante stasera, quindi preferisco stare con Mikey. Buona fortuna.» spiegò alzando gli occhi al cielo, mentre Frank si tirò su per raggiungerlo.
Aprì la porta di pochi centimetri, guardò che nel corridoio le luci fossero spente e non ci fosse nessuno nei paraggi, e poi in tutta fretta si andò a richiudere in camera di Gerard, lasciando Alex e Mikey da soli.
    Lei si mise comoda sdraiata sul letto, a giocherellare con il cellulare, mentre l'altro se ne stava immobile nel suo angolo.
    «Mikey, sul serio, non ho intenzione di mangiarti, ucciderti o violentarti. Puoi metterti comodo...» disse Alex scherzosamente dopo un pò.
Lui deglutì arrossendo «Si, lo so...» mugugnò, cercando di rilassarsi. Aveva già dormito con Alex, ma in quell'occasione lui era più che ubriaco e non se ne era nemmeno reso conto. Ora invece era più che lucido, e sentiva lo stomaco torcersi su sé stesso.
    Lentamente prese posto accanto a lei.
    «Se vuoi dormo sul pavimento...» mormorò.
Alex rise «Tranquillo, non ti temo!».
    «No, dicevo per farti stare più comoda...» disse Mikey in imbarazzo.
    «Immaginavo, tranquillo. Comunque, perché tu non hai la televisione in camera? Stavo guardando i Goonies.»
    «Ah. Non lo so. Perché per addormentarmi preferisco ascoltare la musica, credo...» rispose Mikey.
    «Mh. Vabbè. Io non ho nemmeno sonno. Tu hai sonno?».
Mikey scrollò le spalle «No, in realtà nemmeno io. Però se continui a parlare dubito che riuscirai ad addormentarti...»
Alex sollevò un sopracciglio «Beh? Questo cos'era? Un tentativo per dirmi in modo carino che sto parlando troppo e devo stare zitta?» chiese sorridendo.
Mikey scosse la testa velocemente «No no, nient'affatto. M-mi piace sentirti parlare.» disse, arrossendo subito «Cioè, a me va bene se parli. Ma non è che devi parlare per forza. Anche se non parli va bene. Come vuoi tu insomma...» balbettò.
    «Rilassati, scherzavo. Tu e tuo fratello stasera siete troppo agitati per i miei gusti...» commentò Alex ridendo.
    «Oh, scusa...» mugugnò Mikey, riprendendo a mangiarsi le unghie.
    «Ma non devi scusarti!» rise lei. Si ritrovarono sdraiati uno accanto all'altra, ed i loro volti erano abbastanza vicini da far scoppiare il cuore nel petto di Mikey. Se era quello, ciò che intendeva Gerard quando gli aveva detto che l'amore era straordinario, allora dovevano avere un concetto di straordinario ben diverso, perché lui non sapeva proprio come gestirli tutti quei brividi che gli stavano attraversando il corpo ora che lei lo stava guardando dritto negli occhi, a pochi centimetri dal suo volto.
    «Sei più carino senza gli occhiali, sai?» disse sottovoce.
Mikey sorrise in imbarazzo.
    «Con gli occhiali i tuoi occhi passano in secondo piano. Invece sono carini...» continuò lei, poi si fermò e sospirò.
Quella era per Mikey come sentire la punta di un pugnale gelido contro il petto. Poteva scommetterci qualsiasi cosa, che era sicuro di sapere a cosa stava pensando Alex in quell'istante. Era lo sguardo che lei aveva ogni volta che pensava a Frank, Mikey ormai aveva imparato a riconoscerlo.
    «C-cos'ha di tanto speciale Frank?» chiese lui, quando trovò il coraggio di parlare, in un mormorio.
Alex sospirò ancora, poi fece una smorfia, distogliendo lo sguardo da quello di Mikey, che però continuava a tenerle gli occhi addosso. «Non lo so. Non ci ho mai pensato, in realtà. Cioè, è Frank, ha tutta quell'energia e quell'entusiasmo, e quella voglia di incularsi il mondo...» disse lei «E poi, è anche dolce, e poi, mi è sempre stato vicino... Cioè, anche quando non lavorava al Cafè e ci vedevamo più che altro a scuola, lui si sedeva sempre accanto a me, mi parava il culo quando combinavo qualche casino, i miei genitori lo adoravano e...» ci pensò un attimo, poi sospirò «Non lo so, forse è perché Frank è l'unica cosa che è rimasta come prima, dopo l'incidente... è il mio legame col passato.».
    «Quindi indipendentemente da come andranno le cose... tipo, anche se tu trovassi un'altro ragazzo, che magari per te farebbe tutto, proprio come Frank, tu continueresti ad essere legata a lui? Per sempre?» chiese Mikey sussurrando.
    «Non lo so, forse si...» rispose lei «E com'è che mi stai facendo tutte ste domande?».
Mikey arrossì, senza rispondere.

   
    Erano appena le 8 del mattino, quando Gerard aprì gli occhi infastidito dalle voci provenienti dal giardino fuori casa sua. Sbadigliò e si mise a sedere sul letto, allungando una mano verso... verso il vuoto. Frank non c'era, e nemmeno Alex, che comunque sarebbe dovuta tornare in camera sua prima che si svegliassero tutti gli altri in casa.
    Si strofinò il viso e si alzò dal letto per dirigersi in cucina a prendere del caffè. La nottata non era stata delle migliori, e di certo non era stata affatto come lui l'aveva immaginata. Appena Frank entrò in camera sua Gerard stupidamente aveva cominciato a tartassarlo di domande sul perché fosse così strano e tutto il resto, e Frank ci aveva messo poco a stranirsi ulteriormente dicendogli poi che aveva sonno e voleva mettersi a dormire. Non gli aveva dato nemmeno il bacio della buona notte, e Gerard ci aveva riflettuto per qualche ora prima di riuscire ad addormentarsi anche lui.
    Quando entrò in cucina salutò sua madre e Linda, che entrambe con una tazza di caffè fumante in mano, guardavano divertite fuori dalla finestra.
Gerard prese una tazza dal lavandino, la sciaquò e si versò il suo caffè, e poi si avvicinò alle due donne per guardare cosa ci fosse di tanto divertente fuori.
    Le voci che lo avevano svegliato erano proprio quelle di Frank ed Alex, che erano intenti a dar vita ad una specie di pupazzo di neve, e sembrava si stessero divertendo un mondo.
   
«Quando ha nevicato?» chiese Gerard infastidito da più cose: prima di tutto, Frank non si era nemmeno degnato di svegliarlo. Secondo, stava cominciando a detestare il modo opprimente in cui Alex e Frank stessero sempre insieme. Terzo, il caffè che stava bevendo faceva schifo.
Bevve il contenuto della tazza in un solo sorso, poi afferrò il pacchetto di sigarette dal mobile della cucina e ne accese una, continuando a guardare i due lì fuori che sembravano proprio due bambini.
    Ecco che Frank tirava una palla di neve ad Alex, ed ecco che lei gliene ritirava un'altra, e poi lei scappava, lui la raggiungeva, la spingeva a terra, si guardavano, ridevano e ridevano e ridevano, e Gerard voleva vomitare in quel preciso istante, mentre li osservava in silenzio.
    «Buongiorno...» disse Mikey in uno sbadiglio entrando in cucina, con le mani occupate a strofinarsi gli occhi.
Gerard si voltò a guardarlo «Ehi, Mikey, c'è la neve fuori, perché non vai a fare l'angelo insieme a quegli altri due bambini?» disse acido con una smorfia. Mikey allungò lo sguardo verso la finestra, dove Alex e Frank erano sdraiati a terra. Poi guardò Gerard.
    «Che c'è, hai dormito male?» chiese ridacchiando, versandosi del caffè.
    «Lascia stare... che vuoi saperne, tu?» mormorò l'altro, sospirando.
Mikey sbuffò «Eh certo, io non so mai niente, non capisco mai niente, sono un idiota eccetera eccetera...» rispose offeso.
    «Smettetela di fare i bambini!» li riprese Donna alzando gli occhi al cielo «Qualsiasi sia il vostro problema, dimenticatevene per qualche giorno! E' la vigilia di Natale e dovremmo essere tutti felici e contenti...» disse, mentre Linda annuiva al suo fianco «Guardate come si stanno divertendo quei due! Non potreste farlo anche voi?».
    Gerard fece un respiro profondo. Oh, certo che anche lui voleva divertirsi con Frank, se solo quest'ultimo gliene avesse dato occasione. Lanciò un'altra occhiata fuori dalla finestra, ed Alex e Frank stavano facendo altre improbabili sculture di neve. Sembravano così felici di giocare insieme che Gerard si chiese perché Frank non avesse emanato tanta gioia anche la notte precedente quando era insieme a lui. E poi Alex era dannatamente innamorata di lui, e Frank poteva dire di non provare nulla nei suoi confronti, ma Gerard era sicuro che non fosse del tutto vero. Stava pensando così tanto che quasi gli faceva male la testa. Lui e le sue paranoie. Sbuffando andò a chiudersi in camera sua, con la voglia di disegnare.

    «Ehi, Gee! Vieni a vedere!» esclamò Frank tutto sorridente, entrando di colpo in camera di Gerard, con la neve sul cappotto che stava iniziando a sciogliersi.
Gerard alzò lo sguardo dal foglio e scosse la testa «No, grazie, sono impegnato...» disse senza tono. Frank fece una smorfia e si avvicinò alla sua scrivania, fermandosi a pochi passi dalla sua sedia.
    «Che hai? E' la vigilia di Natale, vieni fuori con noi! Alex ha provato a fare una scultura con la neve ma non è un granché, provaci tu che sei il genio artistico del gruppo!» lo invitò entusiasta proprio come un bambino.
    «Non ne ho voglia...» mormorò Gerard, riprendendo a disegnare.
Frank si morse il labbro, inginocchiandosi sotto di lui. Afferrò una mano di Gerard e la strinse tra le sua «C'è qualcosa che non va?» chiese accennando un sorriso «Detesto quando sei così nervoso...».
Gerard si voltò a guardarlo. Era in ginocchio sotto di lui, e gli accarezzava la mano, ed i suoi occhi sembravano davvero dispiaciuti, e le sue labbra lo tentavano. Sospirò «Hai ragione, scusa... E' che... tu ieri con me eri tutto serio e silenzioso, e stamattina mi sono svegliato ed eri lì a ridere come un ragazzino con Alex, e la cosa mi ha dato fastidio...» spiegò imbarazzato. A dirlo ad alta voce sembrava una cosa molto più stupida di quello che era.
Frank rise «Sei paranoico e geloso da morire...» sospirò «Giuro che tutte le tue paure sono infondate... E ti assicuro che, anche se spesso questa storia di stare, sai, con un'altro uomo» disse arrossendo leggermente «mi rende un pò inquieto, non ci rinuncerei per nulla al mondo...».
    Gerard sentì una vampata di calore trapassargli il cuore, e sorrise contento di sentire quelle parole. Era difficile sentirsi sicuri, quando stavi con Frank Iero, che aveva gli occhi più belli dell'intero universo, e la capacità di farsi amare davvero da chiunque. Ma Gerard si disse che era il prezzo da pagare, che andava bene anche così e che doveva farci l'abitudine. Avrebbe sempre e comunque temuto che qualcuno potesse portarglielo via.
    E gli dispiaceva, un pò, che fosse così, perché non poteva farci nulla. Lui era geloso, ed era una caratteristica che - lo sapeva - avrebbe creato mille problemi e complicazioni. Sopratutto perché, tristemente - e nonostante fosse stato incredibilmente difficile per Gerard ammetterlo - la persona della quale era più geloso era proprio Alex.
Conosceva quei suoi occhioni dolci che riuscivano a convincerti a fare qualsiasi cosa lei desiderasse, conosceva quella sua abilità nel farsi voler bene dalle persone, come se fosse la cosa più facile del mondo, e conosceva la realtà dei fatti: lei era innamorata di Frank, e Frank le sarebbe stato accanto anche fino alla morte.

   

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 - Merci Pour Le Venin ***


Capitolo 14 qwertyasd

Capitolo 14
Merci Pour Le Venin

    Quella notte, dopo la cena della vigilia di natale, in cui - a detta di Alex - tutti avevano mangiato come porci, Frank aveva fatto cambio di camera con Alex con molto più entusiasmo della notte precedente. Anzi, era stato lui ad intrufolarsi in camera di Gerard cacciando praticamente via la ragazza, che con aria assonnata - dopo aver brindato un bel pò di volte - si era avviata in camera di Mikey.
   
«Rieccomi...» disse sbadigliando quando entrò in camera sua, dove Mikey stava sdraiato sul letto con un libro tra le mani. Senza dire nient'altro si avvicinò a lui e poggiò la testa sulla sua spalla.
Era strano, ma era certa di poter sentire il cuore di  Mikey scoppiargli nella cassa toracica, come se stesse per uscire fuori. Dopo averlo ascoltato per un pò, alzò gli occhi su di lui, che sentendosi osservato mise giù il libro tenendo le pagine aperte.
    «Ti sta per scoppiare il cuore...» gli disse, con le sopraciglia aggrottate. Mikey si sentì in imbarazzo. Era così ogni volta che lei gli girava intorno negli ultimi giorni, ma ora che Alex se ne era accorta si sentiva messo a nudo. Arrossì scrollando le spalle e fece un respiro profondo. Si disse che forse era il momento di dirle la verità. Che poteva succedere? Alex forse c'era arrivata da sola, comunque. Doveva dirle "Si, il mio cuore batte così ogni volta che mi sei accanto!" o qualcosa del genere. Ora o mai più, si disse. Aprì le labbra per pronunciare quella frase, guardandola negli occhi...
    «...beh, basta che non ti scoppia stanotte. Non mi va di svegliarmi accanto ad un morto, la mattina di Natale...» commentò lei ridacchiando.
Perfetto. Mikey richiuse le labbra e non disse nulla. Quante volte lo aveva sentito dire che Alex parlava sempre nel momento sbagliato? Quello era un'altro episodio del genere. Sospirò, rimettendosi a leggere. Perfetto. Ora non avrebbe mai avuto il coraggio di confessarle i suoi sentimenti, mai più. Era che, Mikey, in realtà, dubitava comunque di poterci riuscire. Certo, al massimo Alex avrebbe potuto scoppiargli a ridere in faccia, qualcosa del genere, ma a nessuno piaceva sentirsi umiliato. E poi ci aveva riflettuto a lungo, e la conlcusione era che lui non era, né avrebbe mai potuto essere, nemmeno lontanamente, come Frank. E ad Alex piacevano i tipi come Frank, non quelli come lui. Non di certo un'occhialuto ancora vergine a diciotto anni, timido ed in perenne imbarazzo, senza amici, e senza nemmeno il coraggio di dirle cos'è che provava.
    Se suo fratello non fosse stato così impegnato a fare l'ossessivo paranoico e geloso, magari avrebbe potuto chiedergli qualche consiglio al riguardo. Almeno lui uno straccio di esperienza amorosa l'aveva vissuta. Invece non poteva parlarne con nessuno, e ancora per un'altro giorno, Alex avrebbe dormito nel suo stesso letto, si sarebbe coricata al suo fianco, lo avrebbe abbracciato durante il sonno, poggiando la testa sul suo petto, e magari gli avrebbe anche stretto la mano, come aveva fatto la notte precedente, mentre dormiva profondamente. Lei si agitava parecchio durante il sonno, e ad un tratto aveva mormorato qualcosa di incomprensibile mentre sognava, ad allungò la mano per intrecciarla a quella di Mikey, ad occhi chiusi.
    Mikey sospirò, forse avrebbe dovuto dirgli ciò che provava mentre lei era addormentata. Magari così lei avrebbe sentito, ma non sarebbe stata in grado di rispondere, e lui almeno si sarebbe sentito più libero, più leggero. Ma probabilmente al mattino seguente lei non avrebbe ricordato. La guardò a lungo, mentre lei lentamente scivolava nel sonno, e quando finalmente il suo respiro si era fatto più calmo e il suo viso sembrava più rillassato, le carezzò lievemente la guancia, avvicinando le labbra alla sua fronte. Si, Mikey, ora puoi dirglielo, pensò, deglutendo. «Credo di essermi innamorato di te...» sussurrò. Ora voleva sotterrarsi da qualche parte. Alex aveva ancora gli occhi chiusi ma fece una specie di smorfia col viso, stringendosi ancora più a lui.

    «E' Nataleee!». «Svegliateviii!».
Gerard e Frank trottorellavano per casa battendo le mani, col sorriso sulle labbra, strillando a tutti i presenti ancora addormentati - e a tutto il vicinato visto il tono delle loro urla - di svegliarsi. Gerard non vedeva l'ora di vedere le facce degli altri quando avrebbero aperto i regali che gli aveva comprato, e Frank non vedeva l'ora di aprire i suoi regali.
    «Regali!!!» esclamò Frank irrompendo in camera di Mikey, e lanciandosi di peso sul letto, schiacciando sia lui che Alex, che imprecò un paio di volte cercando di cacciarlo via a calci, ancora con gli occhi chiusi.
    Frank la supplicò di fermarsi e quando lui smise di urlare e lei di tirare calci a tutto spiano si sdraiò tra lei e Mikey facendo forza per dividerli. «Andiamo a scartare i regali?» chiese sorridendo.
    «Se ci lasciassi dormire un altro pò, gradirei volentieri...» borbottò Alex sbadigliando, spingendolo via senza successo.
    «In effetti...» l'appoggiò Mikey.
Frank li guardò entrambi e fece una smorfia «Cazzo, è Natale e ci sono un mucchio di regali che ci aspettano! Avete tempo per dormire.» sbuffò tirandosi su «E comunque, dormite troppo abbracciati per i miei gusti...» aggiunse dando uno schiaffetto sulla nuca a Mikey e scendendo dal letto. Afferrò il braccio di Alex e la scaraventò giù, facendola sbattere col braccio sul comodino «Ops.» disse quando Alex sollevò lo sguardo verso di lui inferocita. «Perdonami. Comunque se può consolarti il tuo regalo è il più figo di tutti!» disse scappando via.
    «Quando si dice ritardo mentale... » sbuffò Alex alzandosi in piedi.

Quando Alex e Mikey entrarono in salotto, tutti erano lì ad aspettarli, circondati da mille pacchi incartati.
    «Allora, siete pronti?» chiese Donna Way guardando i ragazzi uno per uno. Frank annuì sorridendo, e si lanciò a raccogliere tutti i pacchi che portavano il suo nome sulla targhetta. Gli altri lo seguirono a ruota.
    Mikey ricevette un basso nuovo, un paio di libri ed una maglietta. Gerard i due numeri mancanti alla sua collezione di fumetti, del materiale da disegno, una giacca nuova. Frank delle corde per la chitarra, qualche cd, un cellulare nuovo e un costume da Robin - e ringraziò il cielo che sua madre fosse all'oscuro del fatto che Gerard indossasse i boxer con il logo di Batman stampato sopra.
    Alex si guardò intorno delusa. Non c'era alcun pacco per lei. Sarebbe bastato anche un semplice biglietto di auguri, o addirittura un paio di calzini, ma non c'erano nemmeno quelli.
Quando Frank smise di commentare con "wow" ogni pacco che apriva, e notò l'espressione di delusione sul volto di Alex, si alzò e le sorrise.
    «Scusa, ma il mio regalo più figo di tutti?» gli domandò lei sollevando un sopraciglio.
    «Giusto. Vai a metterti la giacca, dai!» disse Frank entusiasta.
Alex lo guardò sospirando «Non devo andare a comprarmelo da sola, vero?» chiese guardando tutti i presenti che le sorridevano. Donna Way la condusse all'ingresso, seguita da tutti gli altri, e le poggiò sulle spalle il primo cappotto che riuscì ad afferrare dall'appendiabiti accanto alla porta.
    «Pronta?» chiesero all'unisono Frank, Gerard e Donna.
Alex annui incerta «Non è che mi avete regalato tipo, un albero o stronzate del genere vero? Cioè, con tutto il rispetto per la natura, un albero non mi serve proprio...» disse.
    Frank rise spingendola ad aprire la porta «E smettila di blaterare... un albero...» disse alzando gli occhi al cielo.
Alex annuì ed aprì la porta. L'espressione sul suo volto era qualcosa di irripetibile. Era un sorriso a trentamila denti. Guardò prima il regalo che l'aspettava nel vialetto, con tanto di coccarda enorme sopra, e poi si voltò a guardare i suoi amici, con aria stupita e contenta ed incredula. «E' mia!? Cioè, avete sul serio fatto aggiustare la macchina dei miei? E' mia ora? Ho una macchina!?» chiese d'un fiato guardando un pò tutti.
    Frank annuì tirando fuori le chiavi che teneva nella tasca della felpa «Assolutamente si. E' tua ora.» sorrise porgendogliele.
Lei gli buttò le braccia al collo e gli si avvinghiò addosso come un polipo «Porco cazzo! Ho una macchina! Ho una fottutissima macchina!» esclamò tutta contenta. Gerard si schiarì la gola. In fondo l'idea di far aggiustare la macchina dei genitori di Alex era stata sua. «Forse dovevamo chiederti il permesso. Ma tu hai davvero bisogno di una macchina, e comprarne una nuova era troppo costoso... però ora è come nuova, posso assicurartelo!» disse sorridendo.
Alex mollò la presa da Frank e sorrise battendo le mani «Andiamo a fare un giro? Eh? Venite con me?» chiese guardando i suoi amici con i suoi occhioni.
    «Ma c'è la neve, è sconsigliato guidare con questo tempo...» commentò Linda.
    «Ma ho una cavolo di macchina tutta mia! Cioè, voglio guidarla!» si lagnò Alex.
Frank sorrise «Perfetto, andiamo!».
Linda lo fermò mettendogli una mano sulla spalla «Ma Frankie, è Natale, dovremmo stare tutti insieme in famiglia...» disse.
Alex si schiarì la gola «Ehm... hai ragione. Voi state qui, ci vado da sola a farmi un giro, ok?» disse mentre tutto l'entusiasmo che aveva sparì in meno di mezzo secondo.
    «Mamma, sei delicata come un cactus nelle mutande...» sbuffò Frank roteando gli occhi.
    «Oh, scusa, non intendevo...» mormorò Linda arrossendo. «Magari fate solo un giretto nel quartiere, ok?».
Alex annuì e corse in macchina. Mikey, Frank e Gerard la seguirono. Gee si sedette davanti, accanto a lei, che nel frattempo stava sistemando gli specchietti e tutto il resto. Accese lo stereo e lo lasciò suonare sulla prima stazione radio che trovò. Poi mise in moto.
    «Sai guidare bene, vero?» chiese Gerard allacciandosi la cintura.
Alex rise «Certo che so guidare bene, tranquillo...» rispose.
    «Ma fammi il piacere!» commentò Frank ridacchiando, poi guardò Gerard «Dovevi vederla all'esame! Quasi supplicò l'istruttore di darle la patente! Sai, con quei suoi occhioni imploranti!» raccontò divertito.

    Durante il giro in macchina Gerard pensò di morire almeno tre o quattro volte. Forse anche cinque. In quella macchina era tutto un'urlare "Frena! - Non correre! - Lo stop! - Le frecce devi metterle! - Ma non conosci la segnaletica!?" da parte di Gerard e Frank. Mikey si asteneva dal commentare. Lui probabilmente guidava anche peggio. Dopo aver girato un paio di volte nel quartiere, quando finalmente tornarono a casa, Gerard si asciugò il sudore dalla fronte e fece un sospiro di sollievo ringraziando il cielo di essere ancora tutto intero.
   
«Oh, Cristo, dovevamo optare per una bicicletta...» commentò alzando gli occhi al cielo.
Alex fece una smorfia «Ma smettetela, siete delle femminucce, io potrei andare a fare le gare clandestine tipo Fast & Furious!» disse ridendo. Gerard le lanciò un'occhiata seria «Non dirlo nemmeno per scherzo. Già mi sto pentendo di aver proposto di far riparare la macchina dei tuoi, non pensarci nemmeno a gareggiare!» la rimproverò.
    «Gee, suppongo che stesse scherzando...» mormorò Mikey ridacchiando.
    «Lo spero!» rispose Gerard aprendo la porta di casa Way «Io mi faccio un caffè. Ne volete anche voi?».
Frank annuì, ed Alex lo seguì a ruota. Mikey se ne andò in camera sua. Si chiuse la porta alle spalle e prese qualcosa dal cassetto della sua scrivania. Poi prese il cellulare dalla tasca.

    «Allora? Come va la macchina?» chiese Donna porgendo le tazze di caffè bollente a Frank e Gerard. Alex sorrise «Benissimo! Non potevo ricevere nulla di meglio!» esclamò entusiasta.
    «Ah, io continuo a pensare che un triciclo sarebbe stato meglio...» ridacchiò Gerard. Lei stava per dargli un calcio da sotto al tavolo quando le squillò il cellulare. Aprì la cartella dei messaggi ed aggrottò le sopracciglia leggendo il nome di Mikey sulla casella degli sms ricevuti.
    "Vieni un attimo in camera mia." diceva. Alex rise alzandosi dal suo posto dopo aver finito il suo caffè e lo raggiunse.
    «Non potevi semplicemente affacciarti dalla porta e dirmi di venire qui invece di mandarmi un messaggio?» chiese sorridendo entrando in camera di Mikey. Lui fece spallucce «Ho una promozione, sms gratis a vita...» spiegò «E poi devo darti una cosa, non mi andava che vedessero anche gli altri...».
    «Ah. Anche io ho un'infinità di sms gratuiti!» sorrise «Comunque, cos'è?» chiese poi cercando di guardare alle spalle di Mikey, dove lui teneva nascoste le mani.
Il ragazzo deglutì e poi tirò fuori da dietro la schiena un piccolo cartoncino plastificato che aveva un foro in un angolo dove c'era infilato uno di quegli anellini per i portachiavi. Senza dire nulla glielo porse.
    Alex lo riconobbe subito, e sorrise con un filo di malinconia nello sguardo. Era un disegno che aveva fatto quando aveva cinque anni, c'erano dei fiori e tre - almeno avrebbero dovuto essere - persone, che erano lei e i suoi genitori - tutti e tre con delle teste enormi e le mani con almeno sette dita per uno. Era anche firmato, ricordava di averlo fatto all'asilo, ed oltre ad aver sbagliato a scrivere Alex scrivendolo Axel, la lettera E era composta da un'infinità di stanghette - solo alle elementari aveva imparato a scrivere in modo appropriato.
    «Wow. Dove lo hai trovato? E' di un milione di anni fa! Mio padre lo aveva fatto plastificare e lo aveva legato al suo mazzo di chiavi!» esclamò con le lacrime agli occhi, rigirando il disegno tra le mani.
Mikey scrollò le spalle «Quando abbiamo portato la macchina a lavare, lo hanno trovato in un cassettino, ed ho pensato che magari ti avrebbe fatto piacere tenerlo... sai, stavano per buttarlo via...» spiegò contento che ad Alex avesse fatto piacere rivedere quel suo disegno.
    «Ti ringrazio tantissimo... è stato un pensiero carino...» mormorò lei sorridendo.
Posso diventare anche io un legame col tuo passato, pensò Mikey sospirando. Alex si avvicinò a lui e gli stampò un bacio sulla guancia «E' davvero la cosa più dolce che un ragazzo abbia mai fatto per me!» disse.
Lui arrossì, fiero di sé.

    «A chi state mandando tutti questi messaggi? Tutto questo rumore di tasti mi sta disturbando...» sbuffò Frank rivolto a Mikey ed Alex, alzando il volume della televisione. Erano tutti e quattro chiusi in camera di Gerard intenti a guardare una montagna di vecchi film in videocassetta.
Alex sollevò lo sguardo dal suo cellulare e scrollò le spalle «A Mikey...» disse accennando un sorriso, mentre anche Mikey rispose «Ad Alex.» nello stesso preciso istante.
    Gerard li guardò sollevando un sopracciglio «Cioè, siete seduti a tre centimetri di distanza e vi mandate i messaggi?» chiese ridendo.
Alex annuì «A parte il fatto che non siamo a tre centimetri, ma c'è il tuo culone a dividerci...» puntualizzò «E comunque, che te ne importa?».
Frank, che era l'unico seduto a terra, ai piedi del letto, allungò il collo per spiare il display del telefono di Alex «E cos'è che vi state scrivendo, comunque?» domandò curioso.
    «Fatti gli affari tuoi.» rispose Alex alzando gli occhi al cielo.
    «Voi due avete seri problemi mentali. E poi, ora ho un cellulare nuovo anche io, perché non mandate qualche messaggio anche a me?» chiese come un ragazzino.
    «Non preoccuparti, a te ci penso io...» sorrise Gerard facendogli l'occhiolino. Mikey alzò gli occhi al cielo. Ogni tanto suo fratello riusciva a fargli venire la nausea.

    Quando la pila di videocassette da vedere fu esaurita, gli adulti in casa Way erano già addormentati da un pezzo, così Frank ed Alex non dovettero nemmeno fingere di andare a dormire in camera del fratello Way sbagliato. Alex aveva sonno, così sbadigliando andò in camera di Mikey e si fiondò sul letto, mentre lui gironzolava intorno in camera di Gerard.
   
«Mikey, perché non te ne vai a letto?» chiese Gerard dopo un pò.
Suo fratello fece un respiro profondo cercando di accumulare più coraggio possibile «Ok, ascoltatemi, ho bisogno d'aiuto...» annunciò.
Frank e Gerard lo guardarono in attesa che continuasse a parlare, confusi «Certo, che succede?» chiese Gee, sorridendo al suo fratellino. Lui si schiarì la gola cominciando ad arrossire vistosamente, così facendo finta di nulla riprese a gironzolare per la stanza «Credo di essermi innamorato...» mormorò con un filo di voce.
    Gerard aggrottò le sopracciglia «Come? Non ho capito nulla...».
Mikey sbuffò arrossendo ulteriormente «Ho detto che credo di essermi innamorato!» ripeté imbarazzato. Dirlo una volta sottovoce era stato complicato, ripeterlo con tono più alto era una tortura. Sopratutto quando Frank scoppiò a ridere «Si? E di chi, scusa?» chiese poi.
    Mikey non capiva cosa ci fosse di tanto divertente «Non importa chi è. Importa che l'amore non è come dici tu, Gee...» disse guardando suo fratello «Per me è uno strazio.» ammise.
    Gerard sorrise avvicinandosi al suo fratellino, e gli mise un braccio intorno alla spalla per dargli conforto «Glielo hai detto? Scommetto di no. Scommetto che quando glielo dirai sarà tutto più semplice...» gli disse.
    «Dici?» chiese Mikey speranzoso. Gerard annuì sicuro di sé. Per lui l'amore era grandioso, era il sentimento più bello del mondo, era il motivo più valido per il quale valesse la pena vivere.
    «Vabbè, però dicci anche di chi si tratta. Non puoi mica dirci le cose a metà!» si lamentò Frank.
    «Non mi va di dirvelo. A te, poi!» sospirò Mikey, immaginando un'altra risata divertita di Frank. L'altro lo guardò con una smorfia «Come ti pare. Dicci almeno qualcosa di lei. Che ne so, innanzitutto, è una lei? O magari stai sull'altra sponda come tuo fratello? Magari è una cosa genetica, non si sa mai...» disse ridacchiando. Gerard afferrò un cuscino e glielo tirò in pieno viso. «Ok, ok, sto scherzando. Com'è, insomma?» disse Frank.
    Mikey sospirò pensandoci un pò su «E'... prima di tutto, è una lei.» precisò con aria decisa «Ed è... non lo so, deve avere qualcosa di speciale che non so bene cosa sia. E' divertente. E schietta. E parla tantissimo, anche quando non dovrebbe. Però è dolce, molto più dolce di quanto possa sembrare. Ed è fragile. Io lo so che è fragile. E poi... ha tanto bisogno di affetto. Per dire... le piace circondarsi di persone che le vogliono bene. E tutti le vogliono bene. Cioè, è impossibile non volerle bene. E poi è una tipa con le palle, insomma. E... Dio, ha la capacità di farmi andare in tilt il cervello. Dico sul serio. Lo fa con tutti, ed io a volte mi chiedo se non abbia qualche strano potere... perché le basta guardarti dritto negli occhi che tu... non lo so, pensi che potresti anche stravolgere il mondo, per renderla felice...» spiegò, con aria sognante.
Gerard annuì, pensando ancora di essere contento che suo fratello provasse finalmente ciò che provava anche lui. Frank invece ci pensò un pò su, poi guardò Mikey accigliato.
    «Tu stai parlando di Alex, non è vero? Mi stai dicendo che ti sei innamorato di lei?» chiese distaccato. C'era stato qualcosa, nel modo di parlare di Mikey, che lo aveva infastidito. E nonostante sperasse non se ne fosse accorto nessuno, il suo tono era completamente cambiato ora che si era reso conto che lui si riferiva proprio ad Alex. Non lo sapeva nemmeno lui, il perché, ma la cosa non gli andava bene. Mikey distolse lo sguardo annuendo. Frank si schiarì la gola «Fantastico...» borbottò, stendendosi sul letto «Ok, se il consulto è finito, avrei lievemente voglia di mettermi a dormire...» disse poi, socchiundendo gli occhi.
    Gerard invece aveva un sorriso stampato sulle labbra «Wow! E' grandioso! Si! Cioè, tu e Alex stareste proprio bene insieme! Anzi, dovete stare insieme!» esclamò abbracciando suo fratello.
Frank si tirò su alla svelta spalancando gli occhi per lanciare un'occhiataccia a Gerard, che nemmeno lo notò.
    «Ma non è vero.» disse lamentoso «Cioè, da quando Mikey è il tipo di ragazzo adatto ad Alex? Cioè, no, non ci siamo proprio...».
Mikey fece una smorfia imbronciata, e Gerard gli lanciò un'occhiataccia «Beh, allora sentiamo un pò, quale sarebbe il tipo ideale di Alex?» lo sfidò.
Frank sollevò un sopracciglio «Allora... deve essere un tipo coraggioso, energetico, spiritoso, uno pieno di entusiasmo, che è pronto a fottersi il mondo intero, per dire...» elencò, mentre lo sguardo di Mikey si faceva più deluso e infastidito «E poi, qualcuno che sa tenerle testa, che sappia davvero starle accanto, in grado di farla ridere anche quando vorrebbe piangere fino alla morte, per dire...» concluse sorridendo soddisfatto.
    Gerard e Mikey lo fissarono in silenzio per qualche secondo, poi Mikey alzò gli occhi al cielo «Frank, stai descrivendo te stesso. Ci mancava un "bisessuale e nato il giorno di Halloween" ed ecco il tuo profilo preciso. Vaffanculo.» disse, andandosene sbattendosi la porta alle spalle. Frank guardò Gerard imbarazzato. Il suo ragazzo non sembrava più tanto allegro.
    «Dai, tuo fratello sta fuori! Non parlavo mica di me!» disse Frank accennando una risatina, in sua difesa.
L'altro fece una smorfia, accigliato «Si che parlavi di te.» disse freddo «Ascolta bene, Frank, io non sono un idiota, e nemmeno Mikey lo è. E ancora meno lo è Alex. E lo sappiamo tutti che lei è dannatamente innamorata di te. Quindi, te lo dico ora e non intendo ripeterlo: se vuoi andare da lei, se è lei che vuoi, o se è lei che vedi meglio al tuo fianco, fai pure, ma fallo ora. Altrimenti, se tu vuoi continuare a stare con me, e dovessi ripensarci in seguito, sappi che non te lo perdonerò mai.» aggiunse.
    Frank rabbrividì: Gerard aveva l'aria più seria che avesse mai osservato. Annuì in silenzio.

Mikey borbottova da solo, nel buio della sua camera, in piena crisi nervosa. Si ripeteva che lui era un idiota, che Frank aveva ragione ma era uno stronzo e che voleva addormentarsi per poi svegliarsi il giorno dopo e scoprire di non provare assolutamente nulla per Alex. Che se la prendesse Frank, proprio come si era preso suo fratello.
    Alex, sdraiata al suo fianco, addormentata, si girò verso di lui e ancora con gli occhi chiusi fece una smorfia
«Perché stai imprecando?» domandò con voce roca e assonnata.
Mikey sospirò, mordendosi il labbro. Poi la guardò illuminata da quel filo di luce che emanava la luna e filtrava dalla finestra. No, non si sarebbe mai disinnamorato di lei. Alex aveva ragione, non c'era un antidoto, e anche lui, se ci fosse stato, non avrebbe esitato due secondi ad usarlo.

- - -

Allora... visto che ho la connessione di nuovo, finalmente, sto letteralmente esagerando con gli aggiornamenti, ma direi anche che per oggi basta.
Spero vi siano piaciuti gli ultimi capitoli... Vi adoro tantissimo!
Grazie per i milioni di complimenti, per le vostre recensioni - dalle quali, magari non sembra, ma mi vengono in mente sempre alcune idee - e tutto il resto...
Grazie a chi miha messo tra i preferiti eccetera, grazie a chi mi chiede di aggiornare, aggiornare, aggiornare - mi stimolate troppo! XD - eccetera eccetera. Siete tutte dolcissime, e mi piace un sacco l'idea che a tutte stia piacendo Mikey, e che tutte vediate Mikey ed Alex come possibile coppia...
Non sto qui a dirvi altro, altrimenti rovino tutto... -.-
Baci!

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 - Le Complicazioni Più Grandi Le Procura Il Cuore ***


Nuova pagina 1

Capitolo 15
Le Complicazioni Più Grandi Le Procura Il Cuore

    Quando Alex si svegliò le sembrò di essere in una specie di universo parallelo in cui tutti erano nervosi, alterati, silenziosi e infastiditi da qualsiasi cosa. Il problema principale di Donna e Linda era aver provato tre volte a preparare delle ciambelle ma senza successo.
    Quello di Gerard, Frank e Mikey non poteva nemmeno immaginarlo. Entrò in cucina e si sedette a tavola, dove i tre stavano facendo colazione nel silenzio più assoluto.
   
«Buongiorno...» disse lei sbadigliando, versandosi del caffè.
Nessuno dei tre le rispose, così lei alzò il tono della voce «Buongiorno!» ripetè.
    «Si, buongiorno...» mugugnò Gerard con le labbra poggiate sul bordo della sua tazza. Bevve un lunghissimo sorso di caffè con gli occhi socchiusi.
    «Mh. Deduco che vi rode alquanto a tutti e tre... che succede? Cosa mi sono persa?» chiese Alex guardando i tre a turno «Ti pare che io vado a dormire presto e voi combinate qualche casino alle mie spalle? Non posso lasciarvi un attimo soli...» sospirò divertita. Nessuno disse nulla.
    «Insomma?» insisté lei incuriosità.
    «...lascia stare...» mormorò Frank masticando un muffin al cioccolato.
    «Eh no che non lascio stare. Che avete combinato? Ieri sera vi ho lasciati tutti felici e contenti in camera di Gerard e-» poi un lampo le illuminò lo sguardo, e sorrise maliziosa «Ah ah!» disse tirandosi su dalla sedia, puntando il dito contro Frank, come un avvocato pronto a difendere il proprio cliente in tribunale «Non mi dite che avete fatto una cosa a tre!» disse divertita «Oh signore! E' così? Ho indovinato?!» chiese guardando Mikey e Gerard, che non le stavano nemmeno dando ascolto «Oh, cazzo... Cioè, voi due siete fratelli! Non potete fare queste cose! Come siete incestuosi! Dio santo... è... è disgustoso!» fece infine, inorridita al solo pensiero.
    Frank fu l'unico a ridere, rischiando di soffocare col muffin. Smise presto, comunque, quando Gerard e Mikey gli lanciarono un'occhiataccia.
    «E dai, volete dirmi che succede?» chiese di nuovo Alex con tono implorante, come una bambina nel reparto giocattoli di un supermercato, intenta a convicere i suoi a comprarle un nuovo peluche.
    Frank sospirò «Niente, Alex, non succede niente... smettila di chiederlo...».
    «Ah, guarda un pò, voi tre siete acidi e freddi e non è successo niente... ma bravi, tenetemi pure all'oscuro di tutto, così si fa con gli amici...» disse lei con una smorfia «Anzi, ti dirò di più, secondo me è proprio colpa tua...» aggiunse indicando Frank.
    Mikey accennò un sorrisetto, nascosto dietro la sua tazza di cappuccino «Non c'è verità più vera...» mormorò. Alex lanciò subito lo sguardo su di lui «Ti prego Mikey parla! Fallo tu! Dimmi che succede! Non ce la faccio ad essere l'unica a non sapere cosa sta succedendo! Potrei anche morire! La curiosità uccide! Mikey, ti supplico, dimmelo!» disse lei tragica, quasi gettandosi in ginocchio verso di lui.
Lui arrossì, e Frank sospirò «Ma si, infatti, Mikey, dille cosa succede, no?» disse divertito, sollevando un sopracciglio.
    «Non sei divertente...» lo riprese Gerard tirandosi su dal suo posto. Afferrò il pacchetto di sigarette, ne accese una al volo e poi andò in camera sua.
    «Cioè, sul serio? Davvero non avete intenzione di dirmi nulla?» chiese Alex spazientita. Frank scrollò le spalle «Io non ho niente da dirti, comunque...» disse sospirando, prima di raggiungere Gerard.
    «Mikey?» chiese lei guardandolo con i suoi occhioni imploranti. Lui guardò altrove. Stavolta non poteva davvero cedere. «Dai, Mikey! Ce l'avete con me? Ho parlato nel sonno, detto qualcosa di troppo, offeso qualcuno?».
Lui sospirò «No, Alex, non hai fatto nulla. Tranquilla...» rispose a voce bassa.
    «Allora perché state facendo così?».
    «...non mi va di parlarne...» disse Mikey, senza guardarla. Alex sbuffò e disse qualche parolaccia sottovoce, prima di andare a chiudersi in camera sua offesa, con le braccia incrociate sul petto ed il broncio sul volto.

    «Se hai intenzione di mettere Mikey in imbarazzo davanti ad Alex sappi che potrei anche ucciderti...» disse Gerard sollevando lo sguardo dal suo bloc notes.
Frank alzò gli occhi al cielo «Tuo fratello si mette in imbarazzo da solo...» ridacchiò.
    «Frank, non sto scherzando. Non è tutto un gioco, ok? Mikey non ha di certo bisogno che tu gli complichi le cose!» lo rimproverò Gee.
    «Ok, ok... rilassatevi, comunque. Non è successo nulla, ho solo esposto la mia opinione.».
    «Come fai a dire che non è nulla quando la tua opinione è che tu sia il ragazzo perfetto per Alex? Quando lei è innamorata persa di te, e Mikey ci sta male?» disse Gerard accigliato.
Frank sospirò «Ok, ho capito, ma non c'è bisogno di fare tutte queste scenate insomma... e poi siete voi ad aver detto che io sono il tipo che ho descritto...».
    «Perché sei tu, Frank! Come fai a non rendertene conto? Si vede lontano chilometri. Puoi fingere quanto vuoi, ma non sai farlo bene. Credi che tutto il mio fastidio nel vederti sempre appiccicato ad Alex sia infondato? Non ti viene in mente che forse è perché si sente nell'aria, che anche tu provi qualcosa nei suoi confronti?!» sbottò Gerard.
Frank scosse la testa «No, voi avete dei seri problemi celebrali. Io non provo nulla per lei, se non del semplice affetto. Non starò a dirti che non le voglio bene, sarebbe una grande stronzata. Siamo amici dai tempi dei tempi, e ci siamo sempre sostenuti a vicenda, ma ciò non significa che io voglia stare con lei. Perché starei con te, altrimenti? Perché dovrei farmi dare del frocio da mio padre se potrei semplicemente rendere tutto più facile con lei?» disse infastidito.
    Gerard lo guardò confuso.
    «Tuo padre? Che c'entra tuo padre?» chiese spaesato.
Frank sospirò «Mio padre ha saputo di me e te. E' venuto a Belleville, mi ha detto che sono un frocio e che l'ho deluso, e se n'è andato.» spiegò brevemente. Gerard non riuscì a resistere alla tentazione di abbracciarlo. Gli strinse le braccia intorno al corpo «Perché non me lo hai detto?».
     «Non lo so. Non importa ora.» disse l'altro scansandosi lentamente.
    «Perché?»
    «Perché tu non hai fiducia in me. Perché tu pensi che io stia con te per, che ne so, per passare il tempo o per far incazzare gli omofobici...» disse alzando gli occhi al cielo «Io sto con te perché mi piaci, perché con te sto bene e perché suppongo di amarti. Ma tutte le tue paranoie su me e Alex, cazzo, ogni santo giorno, sono davvero pesanti. Se volessi lei ci metterei due secondi a prendermela, e se non l'ho fatto è perché-» Frank non riuscì a finire la frase, che Gerard lo interruppe.
    «-è perché non vuoi perderla, e se vi metteste insieme, ma le cose andassero male, allora anche la vostra amicizia andrebbe a puttane. E' solo per questo, Frank. Prova a smentirmi.» lo sfidò Gerard.
L'altro non disse nulla, ma ci pensò su. Poteva essere che Gerard avesse ragione? Ed il semplice fatto che se lo stesse chiedendo, significava qualcosa? Scosse la testa. No, non significava nulla. Non poteva significare nulla. E Gerard aveva ragione: Mikey ci teneva sul serio, ci stava male, e non sarebbe stato peggio per colpa sua. Se lui voleva Alex, poteva anche prendersela. Anche se ciò significava non avere lei tutta per sé. Perché egoisticamente, a Frank piaceva l'idea che lei lo avrebbe seguito anche in capo al mondo, se necessario.

    «Ora che fai? Hai intenzione di non parlare più?» chiese Mikey sedendosi sul suo letto accanto ad Alex, timidamente.
Lei fece spallucce.
    «Dai... è anche l'ultimo giorno che passerete qui. Dovremmo passarlo diversamente dallo starcene tutti chiusi in camera...» disse lui cercando di farla parlare. Lei non sembrava voler cedere. Così sospirò, tirando fuori il cellulare dalla tasca.
    "Forse dovremmo trovare quell'antidoto anti innamoramento...". Inviò l'sms ed aspettò che Alex lo leggesse.
Lei guardò il display del suo cellulare incerta «Di che parli?» chiese guardando Mikey.
    «Hai parlato! Finalmente!» disse allegro.
Alex sorrise «Esatto. Allora? A che ti serve l'antidoto anti innamoramento?» chiese ancora.
    «Beh... non si sa mai...» mentì, guardando altrove.
Lei annuì, scendendo dal letto «Vabbè, comunque, come Gerard ci insegna, l'alcool risolve molti problemi... temporaneamente, ma è già qualcosa...» esclamò.
Mikey sollevò un sopracciglio «Ma abbiamo appena fatto colazione...» le fece notare.
    «Mh... giusto... vabbè, allora non ci resta che soffrire in silenzio le pene dell'amore non corrisposto...» sospirò lei rimettendosi sul letto «Oppure...» si illuminò poi «Potresti dirmi perché c'è quell'aria fredda tra te, Frank e Gerard... no?» chiese ancora una volta.
Mikey sospirò. Non guardarla negli occhi, si disse. «Non è niente, davvero...».
    Alex gli afferrò un polso e lo tirò a sé facendogli perdere l'equilibrio, e in un attimo si ritrovò a pochi centimetri dal suo volto «Ok. Ora se non parli ti lego al letto e ti torturo...» disse lei sollevando un sopraciglio.
    Oh, è gia una tortura..., pensò lui sospirando «Non puoi risparmiarmi, per stavolta?» chiese sottovoce.
Alex rise «Non ci penso proprio...».
    «Ti supplico...» si lagnò lui, poi quando capì che lei non aveva intenzione di cedere parlò di nuovo. «Ok. E' una cosa seria. Non riderai di me, vero?» chiese, per perdere tempo.
Lei lo guardò col broncio «Mi chiedete sempre la stessa cosa quando dovete dirmi qualcosa di serio...» sbuffò incrociando le braccia sul petto.
Mikey alzò gli occhi al cielo «Per forza, hai sempre una battutina pronta da sputar fuori...» giustificò.
    «Ok, faccio la seria. Dimmi. Che è successo?».
Lui fece un respiro profondo. Non aveva scampo, doveva parlare, ora o mai più. Pensò in fretta alle parole da usare. Non aveva idea di come dovesse fare. Gli era capitato di vedere parecchi film romantici in televisione ma aveva sempre pensato che erano tutte stronzate, che lui non ce l'avrebbe mai fatta a confessare di essere innamorato con tanta tranquillità.
    «Mikey, mi sta venendo l'ansia, quanto ancora devo aspettare?» chiese Alex impaziente.
Lui sospirò «Dai però... se fai così è peggio... Prova a non parlare per qualche secondo, altrimenti non ce la faccio!» si lamentò Mikey.
Alex rise «E madonna, mica devi farmi una dichiarazione d'amore, eh!» disse tra le risa.
Quel briciolo di coraggio che Mikey pensava di aver accumulato volò via in un istante. Arrossì e cercò di sorridere, ma non riuscì a dire nulla, e quando Alex se ne rese conto smise subito di ridere e tornò seria, fissandolo.
    «Perché sei tutto rosso?» chiese quasi titubante.
Mikey non rispose.
    «...e perché mi guardi così?» chiese ancora, mentre la distanza tra i due si faceva sempre più corta. Alex sollevò un sopracciglio mentre Mikey sospirò prima di avvicinarsi al suo volto ulteriormente.
    «...Mikey... perch-».
    «Alex, per una volta, stai zitta, ok?» la interruppe lui con un filo di voce. Un altro respiro profondo, poi socchiuse gli occhi. Lei era immobile davanti a lui. A pochi centimetri da lui. Lo guardava, mentre il cuore di Mikey stava per scoppiare. Qualche millimetro, e finalmente le sue labbra sfiorarono quelle di Alex, donandogli di ricambio un brivido che gli attraversò l'intero corpo. Le mani di Mikey erano sudate e tremolanti da tutta l'agitazione del momento. Non riusciva a non temere che lei lo respingesse. Si, lei lo avrebbe respinto. Le loro labbra si sfiorarono lievemente, per qualche misero secondo - abbastanza da far rigirare lo stomaco di Mikey dall'emozione - prima che Alex si scansasse e lo guardò sollevando un sopracciglio «Che stai facendo?» domandò sorridendo imbarazzata.
    Mikey voleva sotterrarsi, seppellirsi da qualche parte, buttarsi nell'oceano con un masso legato al piede, qualsiasi cosa pur di evitare tutto quell'imbarazzo.
    «Ehm... io... s-scusa...» balbettò a voce bassa, con lo sguardo rivolto verso il pavimento.
    «Stavi davvero per baciarmi?» chiese lei dopo un pò accennando una risatina. Mikey era rosso in volto. Annuì in un gesto quasi impercettibile, scansandosi da lei, che però gli afferrò il polso per farlo restare dov'era. Si avvicinò e chinò la testa per guardarlo in volto, mentre lui continuava a tenere lo sguardo verso il basso, e finalmente riuscì a vedere il suo viso. Gli sorrise dolcemente «Scusa Mikey, ma non è che puoi prendere e baciarmi da un momento all'altro come se niente fosse...» disse divertita «Insomma, potresti per lo meno chiedermi un appuntamento, portarmi a cena fuori o qualcosa del genere...» spiegò continuando a sorridere.
Mikey sospirò «Non inventare scuse, lo so che non ti piaccio,  puoi dirmelo direttamente, non mi offendo...» mugugnò.
Lei si morse il labbro, dispiaciuta. Non era vero. Insomma, non lo sapeva con certezza, ma con Mikey ci stava fin troppo bene ultimamente, ed era davvero carino con lei.
    «Non è vero che non mi piaci...» disse lei dopo un pò «Però sarebbe carino se prima di infilarci le lingue in bocca sai, magari uscissimo insieme e poi che ne so, cose da persone comuni, da film romantici di quelli che fanno venire la nausea, roba del genere...».
    «Ma noi siamo usciti insieme un sacco di volte...» puntualizzò lui.
Alex fece una smorfia «Parlo di un vero appuntamento, Mikey, io e te soli...» spiegò «E le volte in cui siamo soli tipo ora non contano. Intendo una sera carina, tu che vieni a prendermi e mi offri la cena e poi passeggiamo mano nella mano e che ne so, cose così...».
    «Alex, mi stai prendendo in giro? Tu non sei tipa da primo appuntamento...» replicò Mikey.
    Lei alzò gli occhi al cielo infastidita «Chi l'ha detto? Pensate di sapere sempre quello che sono e non sono. Non ti chiederei di invitarmi a cena fuori per rifiutare l'offerta. Se te lo chiedo è perché mi farebbe piacere... allora?» sorrise.
Mikey fece un respiro profondo «Ok. Vuoi uscire con me... stasera?» disse incerto. La maggior parte delle volte non era mai sicuro se Alex dicesse sul serio o lo prendesse in giro. Non poteva mai saperlo con certezza.
    Lei lo guardò a lungo e poi scosse la testa «Mh, no, mi dispiace, stasera ho da fare...» disse poi. Quando Mikey sospirò mettendo il broncio lei rise «Ok, ok, stavo scherzando. Stasera va benissimo.» disse sorridendo.
Lui ricambiò il sorriso mentre dentro di sé voleva urlare e fare i salti di gioia e correre da Frank a dirgli che si sbagliava e tutto il resto. Ma restò lì e la guardò, mentre lei si alzò e cominciò a raccogliere le sue cose in giro per la stanza. Quel pomeriggio sarebbero tornati tutti nelle proprie case, così cominciò a riordinare la sua roba «Ah, e visto che quella con la macchina qui sono io, passo a prenderti per le 7 stasera, ok?» disse dopo un pò.
    Mikey annuì soddisfatto.

    «Avete preso tutto?» chiese Donna per l'ennesima volta, guardandosi intorno.
Alex annuì montando in macchina, mentre Gerard caricava sull'auto un altro scatolone di materiale da disegno.
    «Si, mamma... le altre cose verrò a prenderle dopo che ho sistemato queste...» disse chiudendo il bagagliaio. Le stampò un bacio sulla guancia e le sorrise «Tranquilla, ora non metterti a piangere. Vado a vivere a meno di due chilometri da qui, non sto mica andando in guerra!» disse ridacchiando.
    Donna sospirò. Il suo bambino era diventato un uomo ed ora stava lasciando casa per trasferirsi da Alex.
    «Ok... fai il bravo, va bene? E se avete bisogno di qualsiasi cosa chiamatemi! E ricordatevi di fare la spesa! E quando volete vi basterà dirmelo e vi preparerò qualcosa io da mangiare! E comportatevi bene, non-»
    «Mamma! Sul serio, stai tranquilla...» ripeté Gerard.
    «Giusto... ok... abbracciami però...» disse lei sospirando e stringendo forte suo figlio. Gli diede un bacio sulla fronte e poi lo guardò salire in macchina ed andar via, in piedi sul vialetto al fianco di Mikey.
    «Mamma, stai piangendo?» chiese lui quando la macchina di Alex svoltò l'angolo. Donna si asciugò gli occhi con il dorso della mano. «Lo so, ma non posso farci nulla, voi due ormai siete cresciuti e pian piano anche tu te ne andrai...» disse sospirando «Potremmo stare un pò insieme io e te, stasera, e magari guardare un film mangiando popcorn davanti alla tv come quando eravate piccoli!» propose sua madre accennando un sorriso per celare la malinconia.
    Mikey scrollò le spalle «Scusa ma stasera devo uscire con Alex...» disse sorridendo. Sua madre sbuffò «Ecco, appunto... quella Alex mi sta portando via anche te...» disse scherzando, rientrando in casa.

    Quando Alex e Gerard arrivarono a casa, quella che d'ora in poi sarebbe stata la loro casa, sistemarono le cose di Gee in quella che era la sua nuova camera, e quando finirono, dopo circa due o tre ore, si stesero sul suo letto con lo sguardo rivolto al soffitto, esausti.
   
«Questa sera dovremmo innaugurare la nostra convivenza, che ne pensi? Potremmo fare una cena. Invitare Frank e gli altri e passare tutti insieme la serata, no?» propose lui dopo un pò di silenzio.
    Alex annuì «Gee, puoi fare tutte le cene e le innaugurazioni che vuoi, ma stasera io non ci sono... ho da fare...» disse.
Gerard si sollevò poggiando il peso sul gomito per guardarla meglio «Cos'avresti da fare? Non puoi rimandare?» chiese curioso. Lei scosse la testa «No. Ho un appuntamento.» disse sorridendo.
    «Tu? Un appuntamento?» chiese lui divertito.
    «Eccone un altro...» sbuffò lei «Si, io, ho un appuntamento.».
    «E con chi, scusa?».
Alex si morse il labbro. Doverlo pronunciare a voce alta faceva uno strano effetto. Prima di tutto, in realtà quello era il suo primissimo appuntamento in assoluto. Cioè, non era un "ci incontriamo lì, andiamo a fare un giro dopo scuola, vieni al Cafè che quando chiudo il locale stiamo insieme", ma era proprio un appuntamento vero. E poi, era con Mikey Way, e suonava davvero assurdo. Sospirò, guardando Gerard «Con tuo fratello.» disse arrossendo lievemente.
    Gerard sorrise incredulo e felice «Sul serio? Con Mikey! Davvero?».
    «Si. Pensi che sia una stronzata? Che magari, non lo so, che io non sia la persona adatta a lui?» chiese lei timidamente.
Lui sorrise abbracciandola affettuosamente «No, secondo me sei proprio quello che ci vuole, al suo fianco. Sono contento che abbia confessato!».
Alex lo scansò sollevando un sopraciglio «In che senso, scusa? Cioè, tu lo sapevi?» chiese.
Gerard fece spallucce «Ce lo ha detto l'altra sera... ed io gli ho detto subito di buttarsi, mentre Frank ha cominciato a dire un sacco di stronzate su chi è e chi non è il tuo tipo ideale...» spiegò.
    «Ah. E chi sarebbe il mio tipo ideale, scusa?» domandò lei curiosa.
    «Frank Iero... a detta di Frank Iero, ovviamente...» sospirò Gerard.
    «Ah si?! Quel testa di cazzo si da troppe arie con questa storia...» rise Alex «Quanto gli piace sapere che gli altri lo amano e lo vogliono...» sospirò.
Gerard ci pensò un pò su. «Aspetta. Come sarebbe?» chiese dopo un pò. Alex lo guardò confusa «Come sarebbe cosa?» domandò.
    «Quella cosa di Frank che hai appena detto... che gli piace sentirsi amato e desiderato...» spiegò.
    «Eh, sarebbe come l'hai appena detta anche tu. A Frank piace sapere che io o chiunque altro gli sbavo dietro. Lui fa finta di niente, ma forse è anche più attaccato al passato di me. Non posso dirlo con certezza, ma secondo me si reputa il mio tipo ideale solo perché gli ho sbavato dietro per una vita intera. E perché se io sto con un altro, smetto di sbavargli dietro, appunto...» spiegò.
    «Mmh... credo che tu abbia ragione...» commentò Gerard «Quindi tu non gli piaci...» disse riflettendo.
    «Si, ti ringrazio per il fatto che me lo ricordi ogni volta...» rise lei «Ed ora non stare lì a farti altre seghe mentali su te, Frank, me, Mikey o che ne so io... tu pensi troppo, e pensare troppo fa male alla salute...» disse.
    «Oh come hai ragione...»
    «...lo so che ho ragione...»
    «E tu, dimmi la verità più vera che tu possa dirmi...» disse Gerard poi, guardandola negli occhi «Vorresti stare con Frank Iero?».
Alex sbuffò. Avevano fatto quel discorso almeno trecento milioni di volte, e le pareva di essere stata chiara ogni volta, ma Gerard doveva farsi per forza un mucchio di seghe mentali altrimenti non era contento.
    «Gerard, smettila, non ricominciare. A me non interessa voler stare con Frank Iero, e sopratutto, Frank è il primo a non voler stare con me. Ha scelto te, ha voluto te, ha litigato con suo padre per te, e lotterà contro l'intero mondo, per te, quindi smettila una volta per tutte. La prossima volta che tiri fuori quest'argomento ti metto del cianuro nella cena, per Dio!» disse stufa di ripetersi ancora e ancora.
E poi doveva andare a prepararsi. Era il suo primo appuntamento, insomma, un pò di farfalle nello stomaco le aveva anche lei!
 

 

-.-.-

Alloooora... si, era partita come una storia Frerard ma si sa, io degenero sempre e si, anche a me piacciono Mikey e Alex e quindi prendete e portate a casa belli miei... XD
Grazie, come al solito, a tutti per le recensioni e tutto il resto, a chi mi ha messo tra i preferiti etc - sempre qualcuno in più! bravi, bravi... <3
...E ad Alba, beh, si, Alex è un pò il mio io diciamo! LOL sono contenta che ti piaccia, dico, la storia e tutto il resto...
E siccome oggi nonostante non sia una giornata grandiosa è comunque una giornata grandiosa, un bacio grandioso a tutti! XD

   

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 - Untitled ***


Capitolo 16 I only want sympathy

Capitolo 16
Untitled

    Quando Alex uscì di casa per andare a prendere Mikey, Gerard si mise a gironzolare in ogni stanza dell'appartamento per curiosare in giro. Gli faceva uno strano effetto essersi trasferito in una casa dove non c'erano adulti, e la padrona era una ragazzina appena diciottenne. Gli capitava spesso di pensare a quando dovesse essere difficile per Alex essere così sola, e trovava comprensibile la sua necessità di sentirsi legata a qualcuno, il più possibile.

    Alex accostò davanti al marciapiede fuori casa Way. Fuori faceva freddo, e lei stava ben chiusa in macchina con i finestrini chiusi e lo stereo che suonava un cd dei Ramones, sul quale lei cantava tamburellando le dita sul volante a tempo. Quando Mikey aprì lo sportello lo fulminò, smettendo di cantare all'improvviso «La prossima volta che sei più in ritardo di me ti lascio qui e me ne vado da sola, sia chiaro...» gli disse.
Mikey la guardò in silenzio per un pò, poi fece un respiro profondo «Ok, c'è un piccolo problema...» disse finalmente quando trovò il coraggio.
    Alex sembrava non aver capito «Come, scusa?» chiese.
Lui sospirò «Scusa, mi dispiace da morire, ma mia madre è da quando siete andati via che piagnucola come una bambina ricordando l'infanzia di Gerard giorno per giorno e mi ha chiesto di farle compagnia almeno stasera...» spiegò dispiaciuto. Aveva chiesto a sua madre di rimandare la serata dei ricordi a qualsiasi altro momento. L'avrebbe ascoltata volentieri anche a notte fonda o alle cinque del mattino, purché lo lasciasse libero ora che finalmente aveva un appuntamento con Alex. Ma a lei sembrava non importasse, o comunque aveva bisogno di sentire almeno Mikey al suo fianco, ora che il figlio maggiore aveva lasciato casa.
    Alex fece una smorfia «Dici sul serio?» chiese delusa, mentre tutta l'agitazione da primo appuntamento l'abbandonò.
Lui annuì «Mi dispiace...» mugugnò. Perfetto, pensò, Alex non me lo perdonerà mai, è finita prima ancora di iniziare.
   
«Wow... cioè... » pronunciò lei a voce bassa, scontenta «Ma doveva essere il nostro primo appuntamento...» mormorò.
Aveva pensato a quella serata per tutto il pomeriggio, ed ora Mikey le stava dando buca e lei voleva farsi piccola piccola e svanire nel nulla. Era ridicolo.
   
«Mi dispiace tantissimo... potremmo... potremmo farlo un'altra volta, ok?» propose Mikey sperando che lei dicesse di si. Alex fece spallucce «Ok... però che palle... ci tenevo tanto...» rispose lei.
Mikey sorrise «Davvero? Cioè, ci tenevi a questo appuntamento con me?» chiese fiero di sé. Alex sospirò «Si, e ora smettlia di compiacerti e va da tua madre...» rispose rimettendo in moto la macchina.
    «E tu dove vai?» chiese lui.
    «A casa, direi... Ci sentiamo, ok?» disse prima di andarsene.
Mikey sospirò rientrando in casa da sua madre. Tra tanti giorni in cui poteva avere il bisogno di compagnia aveva scelto proprio quello sbagliato, ma sembrava che Alex non se la fosse presa troppo, e sorrise ripensando al fatto che comunque era davvero dispiaciuta all'idea che l'appuntamento fosse saltato. Non che gli piacesse farla star male, ma era davvero una dose enorme di autostima per lui rendersi conto quanto Alex ci tenesse e tutto il resto.

    Alex non sapeva bene perché, ma mentre guidava verso casa, con lo stereo a tutto volume, sentiva il bisogno, l'urgenza di piangere. Era come se potesse scoppiare da un momento all'altro, se non avesse lasciato che le lacrime venissero fuori.
Prima di tutto, era incredibilmente dispiaciuta. Non voleva fare la bambina, ma sul serio, avrebbe volentieri battuto i piedi a terra e piagnucolato "Doveva essere il mio primo appuntamento!". Si sentiva quasi stupida, e in parte Mikey aveva ragione, a lei non importava poi tanto fare la principessa della serata, farsi offrire una cena galante o farsi aprire lo sportello della macchina. Però l'idea di qualcosa di completamente nuovo, e quel lieve fastidio allo stomaco che si era fatto sempre più evidente più si avvicinava a casa Way le erano piaciuti così tanto che sentirsi dire "Mi dispiace ma stasera non si fa niente" era stato come un pugno in faccia. Faceva anche più male di vedere Frank e Gerard fare i carini davanti ai suoi occhi. Si, e pensandoci bene nemmeno le importava più, di Frank e Gerard. Voleva quel dannato primo appuntamento, quello di cui aveva tanto sentito parlare dalle sue compagne di scuola, solitamente negli spogliatoi della palestra dopo le estenuanti lezioni di Educazione Fisica. Certo, loro avevano sempre qualcosa da ridire sul posto in cui le avevano portate, o l'abbigliamento del proprio cavaliere, o qualsiasi altra cosa, ma facevano gara a chi avesse avuto l'appuntamento migliore. Ed ora anche lei, ci aveva fantasticato così a lungo che non vedeva l'ora quel momento arrivasse. Invece era stato rimandato a chissà quando, e doveva tornarsene a casa dove era sicura al cento per cento che avrebbe trovato Frank e Gerard impegnati in Dio solo sapeva cosa, e sentirsi sola ancora una volta.

   
«Se state facendo roba vi avverto: sto per salire al piano di sopra, quindi vestitevi, chiudete le porte e nascondete i vostri giocattoli sadomaso!» urlò Alex quando fu finalmente tornata a casa, richiudendosi rumorosamente la porta alle spalle per essere sicura che Gerard e Frank la sentissero. Si strofinò il volto con le mani, nella speranza che non si notasse che aveva pianto, e poi lentamente si tolse la giacca e la lanciò sul divano prima di dirigersi a passo lento verso le scale. Quando fu al piano di sopra sentì le voci di Gerard e Frank provenire da quella che fino al giorno prima era una semplice camera per gli ospiti, ma che ora era diventata proprietà di Gerard Way. Sospirò e si diresse verso di loro.
    «Posso entrare?» domandò bussando un paio di volte sulla porta. Dall'interno Gerard rispose di si, così lei aprì lentamente la porta. Erano sdraiati sul letto con un paio di lattine di birra vuote sul comodino, e l'odore della marijuana era incredibilmente pesante e cominciò a diffondersi per tutto il corridoio. Entrambi indossavano solo i pantaloni.
    «Come mai sei a casa?» chiese Gerard aggrottando le sopracciglia preoccupato. Alex fece una smorfia, gettandosi sul letto tra lui e Frank, con la testa poggiata un pò sulla spalla di Gee ed un pò sul petto di Frank. Si mise a guardare il fumo che Frank stava espirando, poi gli tolse la canna dalle mani e fece un tiro lunghissimo.
    «Mikey mi ha dato buca...» disse infine, quando sputò fuori il fumo.
Frank scoppiò a ridere di gusto «Stai scherzando? Mikey Way che ti da buca al vostro primo appuntamento?! E'... è assurdo, dimmi che stai scherzando!» disse divertito.
    Alex sospirò «E' tutto vero. Mikey mi ha dato buca. Ora smettila di ridere o ti do un calcio sulle palle. E' una serata del cazzo. Cioè... credo di essere così sfigata che sperare in qualsiasi cosa è diventato praticamente uno spreco di tempo...» borbottò.
Gerard le carezzò i capelli «Dai, non è così grave...» disse per consolarla. Alex gli passò la canna con una smorfia sul volto «Senti chi parla, quello che appena Frank dice mezza parola sbagliata comincia a farsi mille paranoie inutili... e poi, con tutto il rispetto, Gerard, farsi dare buca da Mikey Way è molto, ma molto demotivante...».
    «Ehi! Non sei per niente carina!» la riprese Gerard in difesa di suo fratello.
Frank scrollò le spalle «Beh, non ha tutti i torti. Insomma, ha un appuntamento con Alex-» disse, poi si voltò a guardare Gerard «-e non cominciare ad imparanoiarti» disse lanciandogli una frecciatina «...e cioè, dopo tutto il blaterare dell'altra sera non può certo dargli buca... Ah, non sa proprio come ci si comporta con le ragazze...» commentò.
    Gerard sollevò un sopracciglio «Eh si, certo, perché tu invece sei l'esperto in materia...» disse scherzando.
Alex sospirò e si tirò su «Vabbè, io me ne vado a dormire... voi fate i bravi, e se fate qualche porcheria cercate di non svegliarmi con i vostri gemiti di piacere, gentilmente...» disse sorridendo ed uscendo dalla stanza.
    Entrò in camera sua, che era proprio di fronte a quella di Gerard, e si chiuse la porta alle spalle. Senza nemmeno togliersi i vestiti di dosso si buttò sul letto con la faccia rivolta verso il cuscino. Con una mano, senza nemmeno dover guardare tanto era abituata a farlo, premette il tasto di accensione dello stereo sul mobile accanto al letto, e cominciò a piangere in silenzio in tutta la sua solitudine, sulle note di uno dei suoi dischi preferiti.


    Era appena passata l'1 di notte, quando Frank entrò in punta di piedi in camera di Alex. Lei stava dormendo raggomitolata su sé stessa, e sembrava incredibilmente angelica che si chiese cosa stesse sognando. Era al corrente dei frequenti incubi che venivano a trovarla quasi ogni sera, ma quella notte sembrava beata e rilassata. Si rese conto che aveva pianto, dalla macchia bagnata sul cuscino accanto al suo volto e dal filo di mascara scolato sotto i suoi occhi. Si chinò accanto a lei e le spostò una ciocca di capelli sistemandogliela dietro l'orecchio.
    Sapeva che se c'era una cosa che la infastidiva a morte era sentirsi toccare il volto mentre dormiva. Poteva uccidere davvero qualcuno, se si sarebbe svegliata a causa anche solo di una carezza. Così cercò di fare attenzione. Non voleva certo farla svegliare inferocita. Avvicinò le labbra al suo orecchio e sorrise «Alex... svegliati...» sussurrò.
Lei fece una smorfia nel sonno.
    «Ehi... svegliati, devo farti vedere una cosa...» ripeté lui, stavolta alzando un pò più il tono della voce. Alex finalmente aprì un occhio, poi anche l'altro e fece un'altra smorfia infastidita «Frank, che vuoi? Lasciami dormire...» disse cercando di girarsi dall'altra parte, ma non ci riuscì perché Frank l'aveva bloccata col braccio.
    «No, devi svegliarti... Devi venire a vedere una cosa...» disse ancora lui, insistente, ora scuotendole un braccio. Lei aprì di nuovo gli occhi e deglutì «Ma che ore sono?» domandò guardandosi intorno, cercando di mettere a fuoco la stanza.
Frank scrollò le spalle «Non importa che ore sono, vieni con me e basta...» disse, aiutandola a tirarsi su, nonostante lei non si stesse impegnando affatto. Quasi trascinandosela dietro, finché lei finalmente si decise a tenersi in piedi da sola, l'accompagnò al corridoio e poi sui primi gradini della scala che portava al piano inferiore.
    Il piano inferiore, per quello che si vedeva, era illuminato da una luce calda e debole che però non era fissa, visto il lento movimento delle ombre sulle pareti.
    Frank sorrise avvicinandosi all'orecchio di Alex «Vai in salotto...» le disse.
Alex sbadigliò strofinandosi il volto, poi guardò Frank «Se tu e Gerard avete intenzione di fare una porcata a tre me ne torno direttamente a dormire...» disse con la sua solita ironia. Frank alzò gli occhi al cielo e le diede una leggera spintarella sulle spalle per incitarla a scendere «Tu vai giù e basta...» ripeté, guardandola mentre incerta prese a scendere i gradini lentamente, fino a sparire al piano inferiore.
    Sorridendo soddisfatto, Frank se ne tornò in camera di Gerard, dove lui lo aspettava con ansia, seminudo e pronto a passare un'altra magica serata.

    Il salotto era cosparso di candele di ogni genere, colore e dimensione. Le loro fiamme, alcune più accese, altre più deboli, creavano un particolare gioco di luci ed ombre nella stanza. Il tavolino da caffè davanti al divano era apparecchiato con una bottiglia di vino e, Alex li riconobbe subito, nonostante fosse confusa e ancora un pò assonnata, un paio di calici di cristallo del servizio che sua madre tirava fuori ogni notte di capodanno sin dai tempi dei tempi.
    Alex si guardò intorno e cercò di fare mente locale. Non aveva idea di cosa stesse succedendo, e per un attimo si chiese se non stesse semplicemente sognando. Lanciò un'occhiata alla cima delle scale, ma Frank non c'era più. Quando riportò lo sguardo nel salotto, si trovò davanti Mikey, che sorrideva imbarazzato mentre si faceva strada lentamente verso di lei, portando in mano due piatti colmi di cibo che, dall'aspetto e dall'odore, non doveva essere il massimo.
   
«Mikey...» fu tuttò ciò che riuscì a dire. Lui sorrise. Finalmente qualcuno era riuscito a lasciare Alex senza parole. Lei gli andò incontro e fece una smorfia «Non sono sicura... è un sogno o sono sveglia?» chiese guardandosi intorno ancora una volta.
Tutto aveva dell'incredibile. Sembrava proprio lo scenario di una cena romantica in stile primo appuntamento.
    Mikey scrollò le spalle, posando i due piatti sul tavolino «Mi dispiace davvero per il nostro appuntamento... e appena mia madre si è addormentata sono venuto qui... ed ho pensato che fosse una cosa carina, sai, tutto questo, insomma...» disse arrossendo lievemente.
Alex annuì. Era tutto incredibilmente bello, grandioso, e il cuore cominciò a batterle fin troppo velocemente per i suoi gusti.
    «...però... tutti i ristoranti erano chiusi e l'unica cosa aperta che sono riuscito a trovare è McDonald's...» spiegò poi Mikey imbarazzato indicando i due piatti. Alex guardò in quella direzione e riconobbe due cose simili a cheesburger secchi e freddi, sistemati nei piatti accanto ad una manciata di patatine fritte dall'aspetto decisamente pessimo, e fece una smorfia «...facciamo che magari evitiamo di mangiare?» propose ridacchiando.
    Mikey fece spallucce preoccupato «Lo sapevo, avrei dovuto provare io a cucinare qualcosa.... mi dispiac-». Alex gli si avvicinò all'improvviso e strinse le mani nelle sue «Ehi, tranquillo, va benissimo così... anzi, non potevo chiedere di meglio, ok?» disse per tranquillizzarlo, sorridendogli «...andava bene anche un sacchetto di popcorn e una Sprite per quanto mi riguarda...» spiegò.
    «Davvero? Avrei voluto portarti anche dei fiori ma poi Frank mi ha detto che sei allergica...» disse lui.
    «Oddio, si, ti prego, non portarmi mai dei fiori. Anche perché dubito di essere in grado di farli sopravvivere a lungo, nelle mie mani...». Poi si misero seduti uno di fronte all'altro intorno al tavolino, e Alex sospirò mentre Mikey versava da bere nei calici.
    «Che hai?» domandò lui preoccupato.
Alex scrollò le spalle «Niente, è solo che... insomma, se mi dicevi che avevi intenzione di fare tutta questa cosa, magari mi facevo trovare in condizioni migliori, piuttosto che mezza addormentata...» disse guardandosi e cercando di sistemarsi al volo i capelli con un gesto delle mani.
Mikey le sorrise arrossendo, mentre con tutto il coraggio che poteva raccogliere nei meandri del suo io disse «Sei bellissima lo stesso...».
    Se c'era una cosa che Alex poteva affermare con certezza era che Mikey Way riusciva a renderla incredibilmente felice. Riusciva a fare delle cose semplici ma incredibilmente dolci, per lei. Come quando le aveva ridato quel disegno che lei aveva fatto per i suoi da bambina, ad esempio.
Sorridendo da dietro il suo calice colmo di vino rosso - gentilmente concesso dalla credenza di casa Way - Alex pensò che se avesse conosciuto e frequentato Mikey da più tempo - il tempo giusto per capire quanto fosse speciale quel ragazzo - probabilmente la sua cotta per Frank sarebbe passata già da un bel pò.
    Bevve un sorso di vino e poi sorrise di nuovo, quando il suo sguardo e quello di Mikey si incontrarono per un lungo istante colmo di piacevoli e leggeri brividi nello stomaco.
    «Credo seriamente che questa sia la serata più bella di tutta la mia vita, Mikey...» disse quasi sussurrando. Lui si sentì lusingato e incredibilmente felice. Ora si che capiva il bello dell'amore, come lo aveva descritto Gerard. «...e stasera ho realizzato che, senza di te, mi sento incredibilmente sola...» aggiunse arrossendo.

 

- - -

Questo è un pò un capitolo a cazzo, lo so, perdonatemi, però boh, così è venuto e così è, spero vi piaccia comunque. Credo sia anche relativamente corto, ma avevo l'urgente bisogno di scrivere per distrarmi un attimo ed è venuto fuori questo...
*si nasconde*

XOXO
- e ancora grazie a tutti! vi adoro tanto tanto tanto!

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 - Like Pixie Dust ***


Capitolo 17 The hardest part of

Capitolo 17
Come on closer, I wanna show you, what I'd like to do. You sit back now, just relax now, I'll take care of you.
oppure volendo:
You and me baby ain't nothing but mammals so let's do it like they do on the Discovery Channel! XD

 

    Mikey guardò Alex che lentamente stava chiudendo gli occhi, con la testa poggiata sulle sue spalle, seduti sul pavimento del salotto davanti alla televisione accesa. Non la stavano nemmeno guardando, avevano parlato e parlato e parlato per tutta la serata, e si erano guardati, e scambiati tanti bei sorrisi, e avevano riso, bevuto e scherzato.
   
«Ehi, aspetta...» le disse sussurrando «Non puoi addormentarti...». Prese il volto della ragazza tra le mani e la fece voltare verso di lui. Alex riaprì gli occhi. Aveva l'aria stanca e assonnata.
    «...ma ho sonno...» si lamentò «Credo che siano già le quattro e tra qualche ora devo andare al Cafè...» rispose sbadigliando.
    «Non puoi andarci il pomeriggio?» chiese Mikey come un bimbo.
    «...no, sono giorni che non ci vado...» rispose lei dispiaciuta. Le avrebbe fatto piacere restare lì, in tutta la semplicità di quel momento, anche per tutta la vita. Si stava bene tra le braccia di Mikey Way. Si stava bene al suo fianco.
    «Quindi la nostra serata finisce qui?» domandò con un filo di delusione. Alex gli sorrise sollevando un sopracciglio «Dammi un buon motivo per restare sveglia, allora... » lo sfidò maliziosa. Sapeva che se fosse stato Frank avrebbe scherzato su qualche strana pratica sessuale tailandese, se fosse stato Gerard l'avrebbe supplicata di restare sveglia ad ascoltare le sue ennesime paranoie su Frank, ma da Mikey Way non aveva assolutamente idea di cosa aspettarsi.
    Lui la guardò mordendosi il labbro per qualche secondo, poi fece un respiro profondo e socchiuse gli occhi, per farsi più coraggio. La prima ed unica volta in cui aveva provato a baciarla, lei si era tirata indietro, ed era stato un colpo duro. Ora però lui le aveva dato ciò che lei desiderava, una serata solo per loro due e tutto il resto, e forse stavolta sarebbe andata meglio. Lentamente chinò il suo volto su quello di lei, finché le sue mani cominciarono a tremare leggermente, mentre le loro labbra si facevano sempre più vicine. E quando finalmente Mikey capì che lei non si sarebbe scansata, sta volta, sentì come una scossa elettrica di pura energia attraversargli il petto, ed un brivido percorrergli l'intero corpo, dalla punta dei capelli ai piedi. Era come se tutto il resto per un attimo stesse sparendo da intorno a loro, come se fossero sospesi nell'aria, in un universo dove non c'era nessun'altro che loro due, con tutte le loro emozioni. Mikey non poteva definirsi un esperto baciatore, ma poteva decisamente affermare che le labbra di Alex erano anche più morbide di come le avesse mai immaginate, e a parte quel piccolo dettaglio, ora non riusciva più a pensare a nulla. Alex aveva posato le sue mani sul suo corpo. D'un tratto Mikey iniziò a sentirsi ansioso, mentre una miscela di brividi caldi e freddi lo accompagnavano in quel momento. Sapeva che anche Alex non era mai stata a letto con nessuno, proprio come lui, ma sapeva anche che comunque qualsiasi altra cosa avesse fatto con qualsiasi altro ragazzo - perché sapeva anche che almeno lei qualcun'altro lo aveva frequentato nei suoi diciotto anni di vita - sicuramente era andata molto più oltre di lui con quel paio di ragazze che gli era capitato di frequentare. E poi gli era capitato più e più volte di sentire Alex parlare di sesso o farci riferimento in qualche modo, e lo faceva sempre con tanta disinvoltura che quindi Mikey immaginò che sicuramente ne sapeva molto più di lui. Per un attimo fu preso dal panico. Che dove fare? Come doveva farlo? Si maledì per il fatto di essere un totale incompetente in fatto di donne.
    Quasi gli scoppiò il cuore quando Alex si scansò interrompendo quel bacio e quel tornado di sensazioni, per guardarlo sorridendo divertita «Mikey, rilassati...» gli disse. Era come se lei potesse leggergli nel pensiero. Era quasi inquietante e per un attimo Mikey sperò che non fosse così, altrimenti che figura ci avrebbe fatto?
    Mikey arrossì imbarazzato.

 

    Quando si risvegliò era mezzogiorno passato. Alex non era lì, e lui non aveva nulla addosso se non le lenzuola di lei. Si guardò tra l'imbarazzato e il compiaciuto. Chi lo avrebbe mai detto? Non sono più vergine!, si disse sorridendo a sé stesso. Se Alex lo avesse visto in quel momento probabilmente avrebbe fatto un patto con il Diavolo per riprendersi quello che gli aveva dato la notte precedente e, per quanto ne sapeva - da quanto aveva letto su qualche rivista da ragazzine trovate dal parrucchiere quando gli era capitato di doverci accompagnare sua madre - la verginità era una cosa molto importante per una ragazza. Non sapeva se fosse vero o meno, comunque decise di tornare in sé e rivestirsi, per raggiungere suo fratello e Frank che dal piano inferiore stavano facendo davvero un casino tremendo.
    Raccolse alla svelta la roba che aveva gettato a terra la sera prima e trovò un bigliettino attaccato ai boxer, scritto a penna. Sapeva già cosa ci avrebbe trovato quando si rese conto di quali boxer aveva indossato la sera prima.
 "Quale dannato serio problema mentale avete tu e tuo fratello? Spiderman? Spiderman non è nemmeno un supereore con le palle, per Dio! XD Se me ne fossi accorta ieri non avrei mai fatto l'amore con te. XO Mary-Jane" .
   
«Uff, ma ce li ha regalati nostra madre...» borbottò in sua difesa parlando col foglio come se potesse ascoltarlo. Pensò che avrebbe gettato quei boxer appena sarebbe tornato a casa. Effettivamente erano anche peggio di quelli di Batman di Gerard. Per lo meno quelli erano semplici. I suoi avevano il motivo della ragnatela e il disegno di Spiderman arrampicato sul lato. Ed ora che poteva dirsi un uomo a tutti gli effetti avrebbe anche scongiurato sua madre di smetterla di comprargli la biancheria intima.
    Si rivestì al volo e poi si guardò allo specchio e si sorrise compiaciuto. Si sentiva più grande, più uomo e anche più carino ora che stava con Alex. E nel momento stesso in cui stava per chiedersi se ora lui ed Alex stavano effettivamente insieme e come doveva comportarsi quando l'avrebbe rivista e tutto il resto si disse di smetterla, che stava diventando proprio come suo fratello.

    «Guarda guarda chi c'è...» rise Frank quando Mikey entrò in cucina.
    «Potevate almeno dare una ripulita ieri sera, avete lasciato un casino ovunque...» borbottò Gerard gettando in un bustone nero tutte le candele smorzate e i piatti che suo fratello ed Alex avevano lasciato in giro la notte precedente.
    «Scusa, non ci abbiamo pensato...» mormorò Mikey avvicinandosi alla macchinetta del caffè. Prese una tazza e la riempì.
    «Allora, com'è andata?» chiese Gerard posando la busta ed avvicinandosi a suo fratello, copiando i suoi gesti nel versarsi del caffè anche lui.
Mikey sospirò, scrollò le spalle, arrossì e bevve un lungo sorso di bevanda fumante. «Tutto bene...» mormorò dopo un pò.
Gerard lo guardò deluso «Tutto qui? Non ci racconti nient'altro?».
    «Che altro dovrei raccontarvi?» chiese lui senza guardarlo.
    «Come sarebbe, che altro devi raccontarci?» disse Frank suonando come se fosse la cosa più ovvia «Sei o non sei diventato finalmente un vero uomo, come noi per dire?» disse ridendo.
Mikey rise dietro a lui «Non vi definirei propriamente tanto uomini, sai...» disse scherzando.
    «Ah-ah» finse una risata Frank «Ti ha attaccato la sua ironia del cavolo, devi esserci stato a letto per forza!» disse poi.
Mikey arrossì, imbarazzato. Se fosse stato in American Pie avrebbe dato il cinque a tutti, e parlato di ogni dettaglio probabilmente, ma lui non era tipo, e comunque era una cosa abbastanza personale.
    «Ma che bello il mio fratellino non è più un verginello!» esclamò Gerard abbracciandolo stretto. Frank si unì a loro due e strinse ancora più forte «E bravo Mikey! Io avrei giurato che saresti morto da segaiolo, e invece...» scherzò.
    «Lasciatemi! Non faremo una cosa a tre!» disse lui scansandosi. Frank lo fissò fermandogli il volto con le mani «Alex! Esci da questo corpo!» disse con gli occhi fissi in quelli di Mikey «Tu sei diventato lei!» aggiunse poi scoppiando a ridere.

   Durante i periodi di festa il gruppo si era preso dei giorni di pausa, ma finalmente quella sera avevano un altro show. Suonare dal vivo era qualcosa di inspiegabile, e Gerard non vedeva l'ora di cantare davanti ad un pubblico, finalmente. Quando Mikey uscì di casa per tornare a casa sua, lui e Frank rimasero soli e si misero a mangiare cibo spazzatura in salotto. Parlavano tanto di musica, e Frank ogni tanto, come in quel caso, si portava dietro la chitarra e gli capitava di suonarla insieme a Gerard, che non era un ottimo chitarrista ma si impegnava tanto, tirando fuori qualche rif originale, e mettendo giù qualche accenno per delle probabili nuove canzoni.
   
«Hai un'abilità davvero unica nel giocare con le parole, sai?» disse Frank dopo un pò, mentre Gerard canticchiava qualche fraso scarabocchiata su un foglio di getto. Voleremo a casa.
Gerard gli sorrise lusingato «Grazie...» mormorò.
    «E' una bella canzone...» continuò Frank, posando la chitarra a terra. Prese la penna che Gerard teneva in mano e si chinò sul tavolino, scrivendo sul foglio.
Gee guardò quella grafia confusa e disordinata. Non poteva che essere così, rappresentava Frank appieno. Poi sorrise mentre con un tuffo al cuore.
Io e te, aveva scritto Frank, che riposò la penna sul foglio e si avvicinò a Gerard guardandolo negli occhi, penetrandogli l'anima con quello sguardo nocciola.
    Lentamente avvicinò le sue labbra a quelle di Gerard e i due si baciarono, trasformando quell'attimo di dolcezza in pura passione. Frank giocherellava con la sua lingua contro quella di Gee, mentre le sue mani lo carezzavano ovunque, facendogli girare la testa e tremare le ginocchia.

    Alex era stremata. Aveva dormito pochissimo, e nonostante ne fosse valsa la pena e per gran parte della giornata le sembrava di volare, più che altro, ogni volta che le veniva in mente Mikey - e le veniva in mente anche troppe volte, inaspettatamente - aveva un gran bisogno di riposare almeno un pò. Ma la sua solita fortuna volle che il ragazzo che avrebbe dovuto occuparsi del turno di chiusura del Cafè era bloccato a letto con l'influenza, e che nessun'altro era libero quella sera per poterlo sostituire. Così provò a chiamare Frank, era la sua ultima speranza, se non voleva morirci, lì dentro. Infondo al Cafè se la cavava alla grande e le andava bene anche fargli chiudere il locale prima del previsto, purché non avrebbe dovuto occuparsene lei, che si sentiva incredibilmente stanca.
    Il telefono squillò a vuoto per un bel pò. Poi finalmente Frank rispose, affannato e scocciato.
   
«Che vuoi?» chiese appena accettò la chiamata.
Alex alzò gli occhi al cielo «Che modo cordiale di rispondere al telefono. Disturbo?».
    Frank guardò Gerard, che sdraiato sotto di lui lo guardava, eccitato ed implorante «Abbastanza.».
    «Ti stai scopando Gee?» chiese lei ridendo.
    «Abbastanza...» sorrise Frank «Che vuoi?».
    «Devi farmi un favorone. Stasera Tim sta male e non può venire a fare chiusura. Potresti pensarci tu? Io ho dormito pochissimo e non mi reggo più in piedi...» disse supplicando.
    Frank dall'altra parte rise rumorosamente «Certo che non hai dormito! Benvenuta del club dei sessualmente attivi!» esclamò.
Non poteva vederla, ma Alex era diventata completamente rossa in volto «Ehm... fatti gli affari tuoi...» disse sentendosi incredibilmente in imbarazzo, e guardandosi intorno come se qualcuno potesse sentire Frank dall'altro lato del telefono «Allora? Puoi aiutarmi?» chiese di nuovo.
    «Mi dispiace, ma stasera suoniamo, non te lo ricordi? Avevi detto che saresti anche venuta a vederci...» le ricordò Frank.
Alex si diede uno schiaffetto in fronte con una smorfia «Cazzo! Hai ragione... che palle, sto da sola al Cafè e sto per morire!» disse scoraggiata.
    «No che non muori. L'erba cattiva non muore mai...» rise Frank «Fai una cosa, chiudi prima il Cafè e raggiungici al locale stasera, ti va? Credo che suoneremo un nuovo pezzo...» la invitò Frank. Alex era la loro fan numero uno e non avrebbe suonato una nuova canzone in sua assenza.
Lei sospirò «Si, credo di si... ci sentiamo dopo...» disse riagganciando poi il telefono. Guardò l'ora. Erano ancora le 15 e 30 e la giornata era ancora lunga e faticosa. E sopratutto, ora non sentiva più di volare a qualche metro dal suolo. Era tornata coi piedi per terra, piedi di piombo anche. Mikey era andato in giro a raccontare a Frank e Gerard che la sera prima avevano fatto l'amore, era una cosa triste e squallida, secondo lei. Doveva essere una cosa loro, non di tutta Belleville. Prese il telefono e cominciò a digitare un sms.
    "La tipografia qui accanto fa le fotocopie a pochissimo. potevi stampare dei volantini e distribuirli per tutta Belleville. Sei proprio un idiota.".
Premette il tasto di invio e spense il telefono, tornando a servire caffè e cioccolata calda ai clienti, ai quali avrebbe detto volentieri di andarsene da Starbucks e lasciarla in pace.

 

. . .

Grazie a tutti come al solito... Miri visto che non è un sogno? XD
Gì, hai ragione per la storia Frerard, infatti ci stavo pensando anche io, ma siamo quasi giunti al termine e mi serviva il legame Milex - si, da oggi si chiamerà così, lol, Frerard e Milex! ghghgh - quindi, vabbè, spero non vi annoi...
Questo capitolo è molto un pò abbastanza così ma vabbè, mi serviva anche questo, spero vi piaccia. E ricordatevi: think happy thoughts! *.*
Grazie anche a Alba, Sab - ti stai rendendo conto che ti chiamerò Sab per sempre, che ti piaccia o no, vero? - eccetera eccetera.
Vi adoro.
E lo voglio dire anche qui: grazie mille per tutto il sostegno, il supporto, i complimenti che mi fate. Vi amo. Mi fate stare bene. Mi fate sorridere il cuoricino! - diabete time.
XOXO


E si, questo capitolo ha tre titoli, cioè... XD


 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 - How Could This Happen To Me? ***


Nuova pagina 1


Capitolo 18
I just want to scream, How could this happen to me?

 

    Mikey aveva fissato il display del suo cellulare per almeno cinque minuti netti, continuando a chiedersi di cosa stesse parlando Alex. Si chiese se non avesse dimenticato di fare qualcosa, o se avesse fatto qualcosa di troppo, ma non gli venne in mente nulla.
Così compose il suo numero e provò a chiamarla. Il cellulare era spento. Provò un altro paio di volte. Magari non c'era campo. Ancora nulla. Rilesse il messaggio due o tre volte, ma non riusciva a capire cosa intendesse Alex. Così provò a chiamarla al Cafè.
Il telefono squillò a lungo, prima che qualcuno finalmente alzò la cornetta.
   
«Pronto?». Era Alex.
Mikey sorrise al suono della sua voce. «Ehm, Alex, sono Mikey... mi è arrivato quel mess-» non finì di parlare che lei riagganciò. Mikey però pensò che era caduta la linea. Ricompose il numero e stavolta Alex rispose al primo squillo, ma fu lei la prima a parlare «Mikey, vaffanculo.» disse, prima di riagganciare.
Lui restò confuso con il telefono poggiato all'orecchio che suonava a vuoto, e l'aria spaesata.

    Quando Gerard fu pronto, insieme a Frank salì nella sua auto per passare da Alex a lasciarle l'indirizzo del locale di Newark in cui avrebbero suonato quella sera, e poi con Ray, Mikey e Matt sarebbero andati a prendere i loro strumenti e le loro cose per caricarle nel furgone ed avviarsi alla vicina cittadina.
    Al Cafè, Alex sembrava uno zombie che camminava tra un tavolo e l'altro, con l'aria scazzata, i capelli scompigliati e l'espressione imbronciata sul volto. A Frank venne quasi d'istinto togliere due tazze vuote da un tavolo sul quale era stato lasciato il conto con una discreta mancia, e posò tutto sul bancone.
   
«Ehi, stai per morire?» chiese quando Alex li raggiunse. Lui e Gerard a differenza sua erano raggianti e allegri.
Alex sospirò spostandosi una ciocca di capelli dal volto «Credo di si. Sto esaurendo. E morirò con questo aspetto da cadavere riesumato. Salvatemi!» disse, ma senza quel suo solito tono pieno di euforia.
Gerard le sorrise passandole una mano sulla spalla in segno di sostegno «Dai, tra un paio d'ore chiudi e vieni a vederci suonare. Abbiamo una nuova canzone da farti sentire, ti piacerà...» disse allegro.
Lei accennò un sorriso «Mi piacerà?».
    «Si, sicuramente.» disse Frank sorridendo «E' venuta fuori un pò a caso ma ti innamorerai di Gerard che urla pensa pensieri felici!» esclamò.
    «Pensieri felici. Giusto quello che mi ci vuole...» mormorò.
    «Alex, se sei così esausta cacciamo via tutti quanti e chiudiamo il locale ora...» propose Gerard.
    «No, non è solo la stanchezza...»
disse lei sbadigliando «E' che quel coglione di Mikey vi è venuto a raccontare di noi e insomma, esiste qualcosa di più squallido e irrispettoso di un idiota che va in giro a raccontare di essere stato a letto con qualcuno?» spiegò strofinandosi il viso.
Quasi non si reggeva in piedi.
    Frank deglutì sentendosi colpevole «No, aspetta... Mikey non ci è venuto a raccontare nulla...» disse, guardandola.
Lei sollevò lo sguardo ed incrociò gli occhi nocciola di lui, con un sopracciglio sollevato «Come? E tu come facevi a sapere tutto?» chiese confusa.
    «L'ho fatto parlare io, ma lui non voleva dire nulla. E poi, in effetti, non è che ci ha detto niente di troppo...» spiegò mortificato. Per quanto conosceva Alex sapeva che probabilmente aveva già ucciso Mikey strappandogli il cuore dal petto e seppellito in un fosso scavato a mani nude «Non lo hai ucciso, vero?» domandò poi ridacchiando.
Lei sbuffò «No... però gli ho detto 'Mikey vaffanculo' senza aggiungere altro, quando ha provato a chiamarmi prima...» mormorò lei sentendosi una stupida. Anzi, era stata davvero stupida. Doveva immaginarselo che Mikey non era così, che Mikey non si comportava in quel modo. Prese il cellulare da un cassetto sotto al bancone e lo accese alla svelta, imprecando un paio di volte mentre questo si caricava più lento del solito.
    «Povero Mikey...» sospirò Gerard «Come minimo si starà ancora chiedendo cos'ha sbagliato...» disse.
Alex non lo stava nemmeno ascoltando, cominciò a digitare le cifre che componevano il numero di Mikey e si spostò sul retro del locale quando lui finalmente rispose.
   
    «Alex? Credo di essere un pò confuso... che succede?» chiese lui appena sentì la voce della ragazza dall'altra parte del telefono.
Lei sospirò «Si, perdonami. Ho frainteso una cosa e credevo fosse colpa tua ma invece non è così e mi dispiace tantissimo, sono la solita idiota...» spiegò in fretta «Mi dispiace davvero tanto, scusami...» disse implorante.
    Dall'altro lato, Mikey sorrise «Ehi ehi, tranquilla, tanto non ho nemmeno capito di che si tratta...» le disse «Come va al Cafè? Hai una voce...».
Alex fece una smorfia «Sto per morire, non ce la faccio più... credo che chiuderò anche prima del previsto. Anche perché se devo venire a sentirvi suonare stasera, considerando che devo ripulire tutto, dovrei iniziare a chiudere già da ora...» disse lei mentre ad ogni parola l'idea di dover star chiusa lì dentro ancora un paio d'ore suonava come una condanna.
    «Se vuoi posso venire a darti una mano io. Intendo, se chiudi ora. Magari ti aiuto a sistemare qualcosa mentre gli altri caricano il furgone, e poi mi faccio venire a prendere lì al Cafè per andare a Newark. Che dici?» propose lui.
    «Awww, lo faresti davvero?» chiese lei con l'ultima carica di energia che aveva in corpo, sorridendo mentre il cuore le batteva in petto più forte del solito. Cristo, perché se ne era resa conto solo ora? Mikey Way era una persona fantastica. Forse il ragazzo più dolce che avesse mai conosciuto.
    «Certo. Dammi dieci minuti e sono da te...» rispose lui, mentre già era uscito di casa indossando la prima felpa che gli era capitata sotto mano.
Quando riagganciò il telefono, Alex tornò nel locale sorridente e raggiante, per quanto continuasse a sentirsi esausta «Gente! Tutti fuori! Il locale sta chiudendo, su, alzatevi e andate, offro tutto io e non voglio nemmeno la mancia! Ci vediamo domani, se tutto va bene!» esclamò a voce alta attirando l'attenzione di ogni singolo cliente presente, andando alla porta e tenendola aperta per far uscire ordinatamente la fila di clienti che stupiti e un pò alterati la guardavano mentre lei li cacciava letteralmente via col sorriso sulle labbra. Fortunatamente la maggior parte di loro conosceva Alex e i suoi genitori da anni, e sarebbero tornati nonostante tutto.
    «Che fai?» domandò Gerard confuso.
    «Sto chiudendo, così faccio in tempo a venire a sentirvi suonare. E per la cronaca, sta per arrivare Mikey a darmi una mano, quindi voi nel frattempo andate a caricare la roba sul furgone e tutto il resto, poi lo passate a prendere qui, poi io finisco di chiudere e vi raggiungo. Su, andate, dai...» spiegò lei afferrando Frank per un braccio per spingerlo fuori insieme a Gerard. Chiuse in fretta le porte e li salutò con un cenno della mano.

    Mikey arrivò qualche minuto più tardi, quando la serranda del locale era tirata giù a metà, le sedie erano rigirate sui tavoli e il tipico odore di caffè del locale era misto a quello del disinfettante per superfici. Alex aveva davvero intenzione di sbrigarsi.
    «Alex? Dove sei?» chiese guardandosi intorno entrando nel Cafè.
    «Qui dietro!» urlò lei dal retro.
Stava sistemando degli stracci e lasciò stare quando Mikey la raggiunse, per corrergli letteralmente incontro «Ciao! Ho cercato di pulire le cose più rilevanti, al resto semmai ci penso domani. Ah, e grazie per essere venuto!» disse in tutta fretta sorridendogli. «Oh, e scusa per prima. Credo che Gerard mi stia contagiando con la sua paranoia e tutto il resto, quindi avevo pensato una cosa e mi sbagliavo alla grande. Cioè, dovevo immaginarlo che tu non sei così, e...». Alex sorrise di nuovo notando l'espressione totalmente spaesata di Mikey, poi sospirò «Scusa e basta, ok?».
    Lui scrollò le spalle «Ok. Tanto non ci ho capito nulla...» sorrise.
Non si erano ancora toccati. Non c'era stato alcun contatto fisico, ancora, e Mikey sentì quasi le ginocchia molleggiare quando lei si avvicinò ancora di più a lui, e fu a pochi centimetri dal suo corpo, e sulle labbra aveva quel suo tipico sorriso, e i suoi occhi lo guardavano in quel modo che gli faceva perdere completamente la ragione, ogni dannata volta.
    «Posso dirti una cosa che magari è un pò stupida? Cioè, no, non è una cosa stupida. Però non sono abituata a queste cose, e comunque sia voglio dirtela e basta....» fece lei dopo qualche secondo di silenzio. Mikey annuì. Alex sospirò dopo essersi morsa il labbro. «Credo che tu sia un ragazzo fantastico. Anzi, c'è dell'altro. Credo che, anche se non so bene quanto sia per sempre, sarebbe bello se io e te durassimo così tanto...» mormorò arrossendo lievemente.
    Mikey annuì lentamente, chinandosi su di lei per stamparle un bacio ad alta carica elettrica sulle labbra. Poi spostò le labbra vicino all'orecchio di Alex «Allora ti prometto che sarà per sempre...» sussurrò. Non balbettava nemmeno più dall'emozione. Ora, anche se chiunque con un pò di senso pratico avrebbe detto che era troppo presto, sentiva quasi di essere parte di lei. Come se nonostante ci fosse voluto un bel pò, ora si fossero trovati. E c'era qualcosa nell'aria, qualcosa di inspiegabile, che Mikey sentiva ferirgli il petto. Era come la consapevolezza che per sempre era una promessa esagerata,che forse non avrebbe potuto mantenere, o che anche se lo scongiurava, magari nemmeno Alex, avrebbe mantenuto. Era come sapere già che quella storia sarebbe dovuta finire, prima o poi. Era triste pensarci proprio ora che era cominciato tutto. La strinse in un abbraccio e la baciò di nuovo. Aveva richiuso la porta del locale alle sue spalle quando era entrato. Lì non li avrebbe disturbati nessuno. E Alex aveva detto di aver sistemato le cose più importanti. Così non avevano molto altro da fare. Certo, le piastrelle ghiacciate del pavimento erano anche molto scomode, ma non importava nulla mentre tutte quelle onde di emozioni li travolgevano. Non importava il contrasto che gli regalava infiniti brividi del freddo del marmo a terra contro il calore dei loro corpi, né di nient'altro, finché erano solo loro due. Per sempre.

    Frank battè altri due pugni contro la serranda. Due pugni che produssero un rumore assordante e fastidioso rimbombando nell'interno del locale, mentre Mikey ed Alex si rivestirono in fretta prima di aprire.
    «Hanno già fatto?» chiese mormorando Mikey, come una lamentela, chiudendo la zip della felpa. Alex si sistemò i capelli e scrollò le spalle «A quanto pare si...» disse, aprendo le porte del locale e tirando su la serranda per far uscire Mikey.
    «Ok, io vado. Ci vediamo direttamente al locale, ok?» disse lui sorridendole pieno d'amore. Poi le stampò un bacio sulla fronte, ed Alex voleva sciogliersi, per quanto era dolce.
    «Chiudo i conti della cassa e parto anche io...» rispose lei guardandolo negli occhi. Per sempre sarebbe rimasta così. A perdersi nei suoi occhi. Le veniva quasi la nausea pensando a quanto Mikey la rendesse sdolcinata.
Lui si voltò per raggiungere il furgone posteggiato accanto al marciapiede davanti al locale. Fece un paio di passi, anticipato da Frank che andò subito a sedersi al fianco di Ray che era alla guida, ma poi si voltò e tornò indietro.
    «Che hai fatto?» chiese Alex guardandolo avvicinarsi. Lui non rispose, le prese una mano e si avvicinò al collo di lei, e poi al suo orecchio. Doveva dirglielo, doveva dirglielo già da un pezzo comunque.
    «Credo... no, sono sicuro, di essere innamorato di te. Ci vediamo dopo.» mormorò, poi le stampò un bacio sotto l'orecchio e corse via.
Ad Alex, che aveva le guance in fiamme e il cuore in gola, venne istintivo posare il palmo della mano sul punto in cui le labbra di Mikey si erano appena posate. Come per trattenere lì quel bacio.
    Quello doveva essere amore. Era qualcosa di più profondo e intenso di ciò che aveva mai provato prima. Nemmeno nei confronti di Frank. Aveva amato Frank con tutta sé stessa, ma l'amore ricambiato, era tutta un'altra storia. Totalmente diverso. Incredibilmente meraviglioso.
Sospirando tornò nel locale. Le mancavano pochissime cose da fare, la più importante tra tutte era spostare i soldi dalla cassa alla cassaforte. Il resto poteva farlo il giorno dopo. Era totalmente stremata, non ce la faceva davvero più. Si strofinò il viso con le mani, cercando di tornare in sé, poi mise via i soldi, spense le luci, e finalmente sbadigliando uscì dal locale e chiuse le porte.
    Era così stanca che si disse che quasi quasi lo avrebbe venduto, quel dannato Cafè, se non fosse che senza quello non aveva certo modo di mantenersi.
    Quando salì nella sua macchina prese dalla tasca il foglio che Frank le aveva lasciato con l'indirizzo del locale a Newark. Lo lesse un paio di volte, poi cercò di ricordare le indicazioni stradali che le aveva dato Gerard, scherzando anche sul fatto che sarebbe stato meglio per lei prendere un taxi.
Mise in moto l'auto ed automaticamente partì lo stereo, suonando un vecchio CD dei Nirvana. Alex era incredibilmente stanca, e aveva bisogno di cantare e urlare per tenersi sveglia.
Le strade erano buie, vista l'ora, ed illuminate semplicemente dalle luci fioche dei lampioni ai bordi di esse. In giro non c'era molta gente. Le scuole erano ancora chiuse per qualche giorno per le vacanze di Natale, e visto il freddo gelido tutti se ne stavano rintanati nei loro salotti a guardare la tv o giocare a Monopoli o chissà che altro.
    La strada verso Newark era discretamente lunga, più che altro se eri in macchina da solo, era tardi, faceva freddo ed avevi dormito poche ore in due giorni. E se non fosse stato per la canzone nuova che Frank aveva annunciato che avrebbero suonato in anteprima quella sera stessa, Alex avrebbe volentieri fatto marcia indietro per andarsene a casa a riposare. Sentiva la testa pesante, così come gli occhi, che doveva quasi lottare per riuscire a tenere aperti e vigili.
    Fortunatamente in strada non c'era nessuno, si disse. Premette ancora di più il piede sull'accelleratore. Aveva bisogno di cantare, urlare, sentire il vento gelido sbatterle il volto col finestrino abbassato e sopratutto la velocità trascinarla a destinazione. Altrimenti sarebbe crollata. Non riuscì a trattenere l'ennesimo sbadiglio.
    Sorrise, pensando che Gerard sarebbe stato totalmente in preda al panico, se fosse stato in macchina con lei, e le starebbe urlando di rallentare, di cambiare marcia, abbassare il volume, fare più attenzione alla strada umida e ghiacciata, smetterla di cantare che si sarebbe distratta.
     E se invece ci fosse stato Mikey, lì con lei, gli avrebbe proposto di scappare insieme verso un'improvvisata avventura on the road. Sorrise ancora una volta. Mikey le aveva detto che era innamorato di lei. Cosa c'era di più bello al mondo, del sentirsi amati da chi senti di amare? Sentì una fiammata calda al cuore. Voleva Mikey, per tutta la vita, voleva essere al suo fianco.
   
    Poi tornò alla realtà, e fu meno di un secondo.
 Ci fu un rumore stridulo di gomme che cercavano di aggrapparsi all'asfalto gelido, e i fari di qualcosa, di qualsiasi cosa fosse. Alex non riuscì a pensare a nulla. Non riuscì a fare nulla. Provò a premere qualche pedale sotto i suoi piedi. Uno qualsiasi. Frena! Frena, cazzo!
   
Non funzionava, qualcosa stava andando storto, perché le sue mani erano dannatamente sudate e il rumore si faceva sempre più forte e netto nelle sue orecchie, più fastidioso, le ricordava il suono delle unghie strusciate sulla lavagna, e dovette stringersi nelle spalle per sopportarlo, mentre la luce abbagliante che proveniva da di fronte a lei le impossibilitò di vedere altro. Era tutto bianco e luminoso e le facevano male gli occhi e le orecchie mentre Kurt Cobain urlava come un folle a tutto volume e le ruote stridevano e qualcuno suonava il clacson una, due, tre, quattro volte, sempre più insistentemente, come se potesse servire a qualcosa. Come se aiutasse. Era tutto in una manciata di secondi. Era ridicolo. Alex non riusciva più a ragionare. Aveva un vero caos in testa, mentre le luci le penetrarono gli occhi, e sentì un rumore assordante, e i vetri scoppiarono, e voleva piangere ed urlare ma era di pietra, ed ora non era più niente, non era più nessuno, mentre la sua auto non aveva più vetri, e l'airbag scoppiò, e la macchina si spostò di 30° ad Ovest alzadosi, come in un salto, di mezzo metro, con il muso della macchina completamente schiantato contro... si, era un van, un grande van nero, una macchina familiare, per le famiglie numerose, per tanti bambini, schiantata proprio di fronte a lei. Era tutto irriconoscibile. Era tutto schegge e frantumi e vetri e urla e clacson e asfalto freddo e altre urla che imploravano aiuto mentre Alex non era più nulla. Era una testa piegata, con gli occhi semichiusi, i capelli sul viso, schiacciata su quell'airbag bianco, sporca di sangue, c'era sangue e tanto caos, ma lei non poteva sentirlo, lei non riusciva a sentire nulla, con le schegge di vetro tutt'intorno e il muso dell'auto completamente deformato e i Nirvana avevano smesso di suonare e la donna che era alla guida del Van di fronte ad Alex, la donna che non aveva fatto in tempo a sterzare per evitare di colpirla, era in stato di shock seduta al posto del guidatore, con le mani salde sul volante, con le lacrime agli occhi e le mani tremolanti, che guardava la scena, mentre un paio di auto si erano fermate ed erano diventate altre quattro, cinque, dieci macchine, si era creato il traffico, erano tutti lì intorno, tutti con lo sguardo puntato in quella storia, mentre la donna urlava presa dal panico, ed un uomo, ed un paio di uomini, chiamarono i soccorsi, l'ambulanza, è urgente, urlarono, sbrigatevi, sembra morta, è morta, muovetevi.

 

It's Over!

- - -
Beh, eccoci qui, è tipo quasi mezzanotte e non lo so, questo è l'ultimo capitolo, ufficiosamente, perché ufficialmente avrei bisogno di scrivere una specie di Epilogo quindi magari potrei anche scriverlo domani o dopo domani, perché così è boh, tristemente triste, ma prima devo essere sicura di un paio di cose e poi chi vivrà vedrà. Scusate ma sto un pò fusa, e poi abbiamo parlato appena di piercing alla lingua, uomini, donne, orgasmi e cose simili, cioè, che ve lo dico a fà... XD
Arrivati a sto punto, vi prego di non insultarmi, non uccidermi, non picchiatemi, non fatemi nulla, io vi amo tanto.
Grazie a tutti quelli che hanno letto, grazie anche di più a chi ha letto e recensito, e grazie anche a chi ha letto il primo capitolo e non è mai manco arrivato al secondo, grazie a tutti tutti, vi amo tanto tanto. Scrivere sta cosa mi è servito tantissimo. perché mi ha fatta star bene, ad ogni parola in più sul mio file, ad ogni parola in più nelle vostre recensioni.
Quindi cioè, potrei continuare a scrivere per secoli e secoli e vi amo tanto e pare che sto partendo per la guerra e che questo è il mio addio o che ne so io ma mi viene quasi da piangere e non so perché, però vi amo tanto e vabbè, la smetto.
XOXOXOXOXOXOXXOXO

 

 

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Capitolo 19
*** Epilogo - So Why Don't You Blow Me A Kiss Before She Goes? ***


Nuova pagina 1

Epilogo
So why don't you blow me a kiss before she goes?

    Quando erano stati informati dell'accaduto erano tutti corsi all'ospedale di Belleville. Avevano lasciato gli strumenti al locale, avevano lasciato tutto lì, erano saliti sul furgone di Ray ed avevano guidato il più velocemente  possibile per raggiungere Alex. O quello che ne era rimasto. Non potevano saperlo, non sapevano nulla. C'era stata solo quella telefonata di Donna in lacrime, che supplicava i suoi figli con voce straziante di raggiungerla all'ospedale, che Alex aveva avuto un incidente, e Mikey aveva risposto "Ah, ecco perché non è venuta, non è niente di grave vero?". Ma Donna ripeté solo di raggiungerla al più presto, non aggiunse altro, e in quell'istante, sotto lo sguardo preoccupato di Gerard e Frank che lo guardavano mentre lui era al telefono con sua madre, aspettando spiegazioni, in quell'istante preciso, Mikey sentì un pugno gelido e spinato stringergli il petto, stritolargli il cuore. Qualcosa non andava. Non l'avrebbe trovata solo con un paio di fratture sparse per il corpo, o la testa bendata, o qualsiasi altra cosa. La voce disperata di sua madre gli aveva fatto venire i brividi, e ora voleva solo correre lì.
   
    Fu anche peggio, quando presero la stessa strada che aveva percorso Alex per raggiungerli a Newark, e ad un tratto il flusso delle macchine si fece più lento e in lontananza il cielo scuro della notte era illuminato di blu e di rosso e delle luci delle volanti della polizia e Ray rallentò e tutti guardarono dai finestrini verso quel punto di strada circondato da un nastro giallo, e lì c'era un van col frontale ammaccato, e poi c'erano le strisciate lasciate dalle gomme che avevano provato a saldarsi fermamente al suolo, senza successo, perché finivano proprio contro quel van, e poi c'era lì, la macchina di Alex.
    Mikey stava per vomitare. Era ridotta in... non era più nemmeno una macchina, con i vetri scoppiati e il cofano rientrato di un bel pezzo, accartocciato su sé stesso, e tutti erano senza parole, mentre un agente della polizia spazientito dalla lentezza di Ray si avvicinò al furgone facendogli cenno di proseguire oltre.
   
«Non c'è niente da vedere ragazzi, andate!» disse accompagnando la frase con un gesto della mano.
Frank per una volta non sapeva che dire, e Gerard voleva solo che tutti stessero bene. Ray abbassò il finestrino e indicò il punto dell'incidente. Doveva chiederlo, tanto prima o poi lo avrebbero scoperto.
    «L-la ragazza che guidava la macchina...» disse quasi incerto. No, forse nessuno voleva saperlo. Era uno di quegli attimi in cui nessuno vuole la verità, in cui basta pensare che tutto andrà bene. Però l'agente lo guardava con le folte e scure sopracciglia inarcate e poi scosse la testa «Dio, non sai in che condizioni era quella povera ragazzina...» commentò. Era come se per tutto il tempo in cui aveva verbalizzato l'incidente non aveva aspettato altro di poter pronunciare quella frase, di poter commentare quell'incidente, e finalmente qualcuno gliene stava dando occasione, così sospirò «Cristo, poteva essere mia figlia, ti rendi conto? Poteva essere una... non lo so, una vostra compagna di scuola, o una vostra amica.».
    Si, a questo punto Mikey voleva vomitare davvero. E voleva sapere perché poteva essere. No, Alex non era morta, non poteva essere morta, Alex non sarebbe morta mai.
Non importava nulla, Mikey doveva piangere, sentiva che ne aveva bisogno. Poi diede una strattonata a Ray «Cazzo, andiamo all'ospedale!» quasi urlò.
    Ray annuì, salutando il poliziotto con un cenno della mano, prima di rimettersi in marcia verso l'ospedale di Belleville.
    «E' colpa mia...» mormorò Frank dopo un pò, guardandosi le scarpe nel furgone. Stava quasi tremando, e Gerard lo guardò confuso mettendogli una mano sulla spalla per rassicurarlo «Che c'entri tu, Frank?» chiese con la dolcezza più assoluta nella voce.
L'altro scosse la testa, quasi scansandosi da lui. «Non dovevamo farla guidare, ok? Dovevamo immaginarlo che sarebbe successo qualcosa! Era troppo stanca, era esausta, e mi aveva chiesto di aiutarla, e invece no, io dovevo venire a fare questa merda di serata a Newark e...» Frank deglutì, e si, anche lui stava piangendo. Mise la testa tra le mani, disperato «Se Alex è morta muoio anche io. Se le è successo qualcosa, e non ce l'ha fatta, io...» non riuscì ad aggiungere altro. Alex non poteva morire. No. L'ospedale sembrava sempre più lontano e in tutto il tragitto, con le mani che gli nascondevano il voltò, Frank pensò a quanto facesse schifo la vita, se Alex era morta. Ma lei non poteva morire. Qualcosa gli strappò un sorriso. No che non poteva morire. L'erba cattiva non muore mai... le aveva detto. Cazzo, lei aveva supplicato tutti di darle una mano. Com'era stato stupido pretendere che potesse guidare di sera tardi dopo che l'avevano vista trascinarsi per il locale come uno zombie? Frank si odiava, odiava sé stesso, odiava Gerard e Mikey perché non erano stati più svegli di lui, odiava Ray che trovava quei dannati locali fuori Belleville in cui suonare, odiava quello stronzo al Cafè che aveva la febbre ed aveva costretto Alex a fare anche il suo turno di chiusura. Era colpa sua. Era colpa di tutti, se Alex era morta.
    No, non poteva essere morta.

 

    La televisione sintonizzata sul telegiornale serale emetteva l'unico suono udibile nell'edificio.
Mikey e Gerard erano seduti uno di fronte all'altro, al tavolo della cucina, intenti a fingere di mangiare. Non mangiavano, non parlavano, non sorridevano da giorni ormai. Sembrava che si trascinassero le proprie vite dietro a stento, come se nulla importasse più.
    "...l'ottimo servizio sanitario nazionale-". Mikey fece una smorfia, spengendo la televisione, mentre sentiva lo stomaco bruciare, il petto ardere e le lacrime bagnargli ancora una volta gli occhi.
   
«Perché hai spento? Io stavo ascoltando...» si lamentò Gerard cercando di afferrare il telecomando dalle mani del fratello.
L'altro sbuffò «Ascoltando cosa? L'ottimo servizio sanitario nazionale? Se fosse così ottimo allora...» poi si fermò, non riuscì a pronunciare quelle parole così pesanti che gli torturavano la mente. Non ce la faceva.
Gerard lo guardò ed accennò un sorriso «Non potevano fare altro, Mikey, non li fanno ancora i miracoli.» disse, poi bevve un lunghissimo sorso di birra «dovremmo andare avanti, se fosse qui ci direbbe questo...» annuì poi.
    Mikey fece una smorfia «No, lei aprirebbe gli occhi e scoppierebbe a ridere e ci direbbe "Che idioti! Ci siete cascati! Dovevate vedere le vostre facce!"» lo corresse, mentre altre lacrime lo colpirono, con quella strana sensazione mista di intensa tristezza e lieve gioia, nel ricordare Alex proprio così come era. Si, avrebbe fatto esattamente così, si sarebbe alzata da quel dannato letto, sarebbe uscita da quella dannata stanza così sterile e bianca e vuota e silenziosa e sarebbe andata a casa sua, avrebbe aperto la porta, li avrebbe trovati lì, che la guardavano stupiti e increduli, e sarebbe scoppiata a ridere, ed avrebbe riso per ore, dicendogli esattamente ciò che aveva detto Mikey. Poteva immaginarsela, lì davanti a loro, piegata in due, con le lacrime agli occhi da tante risate, che li indicava e senza fiato tra una risatina e l'altra li derideva.
    Gerard sorrise «Hai ragione. E sai che direbbe anche? Se potesse vedersi stesa lì? Direbbe tipo "Ti pareva che dovevo finire in coma? Tutte le sfighe capitano a me! Sono anche più sfigata di Mikey Way!"».
Ora ridevano entrambi. E per un breve, misero istante, era come se quella casa fosse di nuovo piena, come se lei fosse di nuovo lì, per qualche minuto, con tutta l'energia e l'ironia che l'aveva sempre resa unica e speciale.

 

- - -
Ok, dopo aver spoilerato alquanto un pò in giro, questo è l'epilogo, e come diceva sempre qualche vecchio di paese che ora non ricordo chi era, ma qualche vecchio in qualche paese lo diceva, - o forse, ah, si, era una mia maestra delle elementari. vecchio di paese=maestra elementare, uguale proprio .-. - " a buon intenditor poche parole" XD.
Grazie mille per tutti gli "Stronza - ti odio - vaffanculo" e così via che mi avete dedicato, vi amo tantissimo, fa sempre piacere! LOL ovviamente scherzo, l'importante è che non mi abbiate uccisa come avevate promesso - ma la giornata ancora non è finita e famme da na grattata che non si sa mai, dovessi morì pure io, ehm - e poi:
GRAZIE MILLISSIME per tutti i complimenti, le recensioni e sopratutto per avermi detto che avete riso e pianto e che vi siete emozionati leggendo la storia e sopratutto l'ultimo capitolo. E' la cosa più bella che uno pseudoscrittore possa sentirsi dire, suppongo, e mi fate sempre tanti complimenti che quasi mi sciolgo davanti alla pagina delle recensioni ogni volta, e vi amo tanto, e vi ringrazio per tutta l'autostima che mi fate ritrovare! Se non fosse stato per voi non avrei scritto poi molto, ultimamente scrivevo sempre pochissimo ed ero molto insicura del risultato tanto da lasciar perdere, alla fine.
Comunque, vabbè, questo era l'epilogo, e vabbè... chi vuol capire capisca, chi ha capito stia zitto, chi sa si cucia la bocca perché così deve essere. Ci tengo tanto, non spoilerate ciò che vi ho detto/accennato/confidato, sennò vengo a casa vostra e vi succhio il sangue -.-
LOL

XOXO
<3


 

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