eppure sei quì...

di kelleyrose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** l'inizio di un dolce tortura ***
Capitolo 2: *** vortice... ***
Capitolo 3: *** rritroso... ***
Capitolo 4: *** il passato si ripete... ***
Capitolo 5: *** atrocemente orribile ***
Capitolo 6: *** Come ti chiami?? ***
Capitolo 7: *** ritorno alla realtà.... ***
Capitolo 8: *** sogni.... ***



Capitolo 1
*** l'inizio di un dolce tortura ***


 sorrido, si in fondo mi piaccio, la divisa mi da quell’aria professionale che la mia giovane età non rende bene, raccolgo i capelli in una perfetta coda di cavallo, metto un filo di trucco sul mio viso e sono pronta per l’ultimo giorno di lavoro, da domani avrò 2 settimane di vacanza, non ho organizzato niente di particolare, ma solo il fatto di non essere continuamente sotto pressione mi fa stare bene. Arrivo all’hotel sorridente Walter mi accoglie con un sorriso che non preannuncia niente di buono, lo guardo confusa “Abbiamo tutto l’hotel prenotato per le prossime 2 settimane tutto tutto suite comprese” sgrano gli occhi solo il giorno prima stavamo escogitando un modo per riempire le due settimane visto che l’hotel era vuoto e adesso era al completo? Ma non era solo quello a sorprendermi questo poteva significare solo che dovevo dire addio alle mie vacanze “Come?” lui mi sorrise uno di quei sorrisi realizzati mi prese per il braccio trascinandomi nel suo ufficio “ieri sera quando te ne sei andata ho ricevuto una chiamata da un produttore americano oggi arriveranno i primi membri della troup gireranno alcune scene di un film proprio qui in questo hotel! Sai questo che significa?” lo guardai scocciata “si significa addio alle mie ferie” sbuffo, lui alza gli occhi al cielo e fa un cenno con la mano per dare poca importanza alle mie parole si siede alla scrivanie e mi porge un foglio, lo leggo e rimango a bocca aperta “perché i nomi degli attori sono oscurati?” “perché nessuno deve sapere chi ci sarà dei componenti del cast altrimenti si creerebbe il caos qui fuori” mi spiega Walter annuisco  e mi dirigo dietro il banco della reception  mi siedo e comincio a organizzare il lavoro.  Dopo circa un paio d’ore sento la porta aprirsi scatto in piedi quando riconosco la figura minuta della signora appena entrata mi avvicino a lei velocemente “Signora Potmer è sempre un piacere vederla” sorrido falsamente lei mi restituisce uno sguardo di sufficienza “poche smancerie, dov’è?” so che si riferisce a Walter resisto all’impulso di mandarla a quel paese solo perché lei è la padrona della catena alberghiera per cui lavoro, maschero il tutto con un sorriso “nel suo ufficio signora, prego l’accompagno” ci dirigiamo verso la l’ufficio, le apro la porta e lei non mi degna nemmeno di uno sguardo Walter scatta in piedi appena ci vede entrare “Signora Potmer che bella sorpresa” lei senza nemmeno salutare si siede sulla poltrona della scrivania, al posto di Walter lui mi rivolge uno sguardo come di rimprovero per non averlo avvisato prima e io alzo le spalle con espressione innocente. “signora Potmer posso offrirle qualcosa?” chiedo alla vecchia arpia, lei mi squadra “no, Walter allora aggiornami, non ho tempo da perdere IO” dice arrogante calcando sulla parola io. Esco velocemente dalla stanza, sospiro, la odio quella donna è un miscuglio di vipere arpie e diavoli messi insieme. Torno al mio posto e noto Martina seduta sulla scrivania “ciaoooo Lellly” sorrido “ciao piccina che ci fai qui?” sorride e alza alle spalle, è una bambina bellissima con la carnagione scura, i capelli ricci e biondi e gli occhi di un azzurro sconvolgente, vedo Leah raggiungerci, svelta prende la piccola Martina in braccio mi sorride e scappa di nuovo nella loro camera \casa  sospiro Leah è fatta così non parla con nessuno ma ha un cuore d’oro e ama sua figlia e Walter. Sembra che per me non ci sia un attimo di pace vedo entrare un ragazzo alto muscoloso che indossa una tuta grigia, degli occhiali da sole scuri e larghi e un cappello da Baseball, dopo di lui entrano una donna con tubino nero e scarpe nere tacco dodici e un altro ragazzo minuto. Mentre al donna si avvicina a me spedita, gli altri due si guardano intorno. “Salve come posso aiutarla?” le chiedo gentilmente “ ehm salve sono Britany Horge” dice parlando con un forte accento americano. Riconosce il nome di una delle manager degli attori principali le sorrido ma non mi da il tempo di rispondere “il mio cliente è il protagonista del film se non erro gli è stata assegnata la suite imperiale, gradirebbe essere accompagnato immediatamente alla sua sistemazione” sorrido “certamente, prego se i signori vogliono seguirmi” prendo le chiavi delle camere a loro affidate e gli faccio strada Alex carica velocemente le valigie sul carrello e entra nell’ascensore di servizio mentre mi guarda gli faccio segno di fare attenzione lui alza gli occhi al cielo e sparisce dietro le porte . “prego” faccio entrare loro per primi nell’altro ascensore riservato agli ospiti. In quello spazio ristretto mi sento improvvisamente nervosa quando mi rendo conto di essere con una attore magari anche famoso di cui ancora non conosco l’identità, poi sento qualcuno sussurrare “I hopeto have some time to visit Rome, I heard that it is a beautiful city” mi irrigidisco quella voce mi suona stranamente familiare molto familiare, solo due anni prima avrei dato il tutto pur di sentirla, prendo un respiro profondo e fingo indifferenza. Grazie al cielo le porte dell’ascensore si aprono, con mia estrema gioia “qui si trova la sua camera signorina Horge” le mostro come aprire la porta e con un sospiro noto che almeno questa volta Alex non si è sbagliato e le valigie rosa che possono appartenere solo alla donna insieme a lei entra anche quello che mi era sembrato un ragazzo e solo adesso lo riconosco come il marito della signora, avevo visto le foto.  Questo significava fare altri 4 piani di ascensore con lui nell’ascensore SOLI contorsi le mani per l’ansia e con un sorriso mi congedo. Torno all’ascensore e lo vedo mentre mi aspetta mollemente appoggiato alla parete in fondo, entro anche io e pigio il pulsante del 7 e ultimo piano con mano un po’ tremante. Il viaggio sembra durare un eternità mi sento addosso il suoi occhi e ho una voglia matta di voltarmi a guardarlo ma so che il ruolo che rivesto me lo impedisce. Finalmente le porte si aprono “prego signor Lutz”…
 
come primo capitolo è scarso lo so ma è solo una specie di introduzione per farvi capire di chi parliamo…
 a breve i secondo capitolo, la storia è raccontata interamente dal punto di vista di questa ragazza  anche se ci saranno alcuni pezzi in cui sarà anche il nostro affascinante attore a parlare

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Capitolo 2
*** vortice... ***


EBBENE ECCO Qui IL SECONDO CAPITOLO, SO CHE NON è IL MASSIMO MA PER ORA VOGLIO RIUSCIRE SOLO A FARVI CAPIRE COM’è LA NOSTRA PORTAGONISTA, E COM’è IL SUO MONDO PIANO PIANO CI AVVICINEREMO AL VIVO DELLA STORIA BUONA LETTURA
 
 
 
I giorni seguenti furono un inferno o forse non è abbastanza come definizione non rende abbastanza l’idea, ogni mezz’ora arrivava un membro del cast o della troup e visto che il produttore aveva esplicitamente chiesto che il personale fosse ridotto al minimo indispensabile per evitare che si diffondesse troppo la voce sulla presenza di attori hollywoodiani qui a Roma (a tal proposito hanno fatto firmare a tutti un contratto) non potevo contare sull’aiuto delle altre ragazze e dovevo accompagnare tutti alle loro stanze, rispondere alle telefonate delle loro famiglie e passarle alla camera giusta,  risolvere eventuali problemi o particolari richieste da parte  dei nostri super speciale ospiti e come se tutto non bastasse Martina aveva deciso di dare il meglio di se scappando continuamente dalla supervisione della madre e io ero costretta a rincorrerla per tutto l’hotel caricarmela in spalla e portarla dalla madre, il tutto con scarpa tacco dodici che mi faceva un male bestiale. Detestavo le mie scarpe, amavo tutto di quel lavoro perfino i periodi stressanti come questo ero riuscita ad abituarmi  persino alla gonna, io quella ragazza che per quindici anni aveva indossato sempre e solo pantaloni, quella ragazza che era stata in grado di presentarsi con jeans e maglietta al matrimonio della sua migliore amica dove aveva fatto da testimone ero riuscita ad apprezzare la gonna ma i tacchi no non riuscivo ad abituar mici. Dopo aver consegnato per l’ennesima volta Martina alla madre mi concedo un minuto di pausa e mi siedo alla mia postazione controllo per la milionesima volta l’elenco degli ospiti sono arrivati tutti i membri della troup, tutti gli attori e i loro manager, a quanto pare manca solo il produttore. Sento il tocco leggero d una mano sulla spalla, alzo di scatto la testa e trovo Walter con una faccia leggermente stravolta “vuole una tisana alle erbe per calmare i nervi dice, lei deve calmare i nervi? A me ne servirebbe un’autocisterna per calmare i miei” gli sorrido bonaria, povero lui non sta certo meglio di me è costretto a condividere il suo ufficio con la vipera\arpia\vedova nera della Potmer non lo invidio di certo anzi preferisco di gran lunga essere dove mi trovo mi alzo e lo faccio sedere “tranquillo vado io riposati un attimo” attraverso la hall velocemente alla vipera non piace attendere mi fermo davanti al bancone del bar “Marco mi fai una tisana alle erbe avvelenata passibilmente?” mi sorride “hey piccina già stanca di vivere?” gli faccio la linguaccia “no è sua maestà” si affretta a prepararla “non la facciamo attendere allora” mi appoggio al bancone e soffoco uno sbadiglio “da quant’è che non dormi? Sembri sfinita” mi dice mentre sistema al tazza con la tisana su un vassoio “non sembro, lo sono” dico mentre prendo il vassoio e torno da Walter. Lo vedo parlare col regista mi fa segno di portarla nel suo ufficio, sospiro dritta nella fossa dei serpenti. Busso delicatamente alla porta “entra!” sbuffo nell’udire quella vocetta stridula, apro la porta e sorrido “buongiorno signora Potmer la sua tisana alle erbe” mi fa segno di servirla, lo faccio nonostante abbia voglia di buttarla su quella faccia arcigna “dov’è Walter” quasi urla. Prendo un respiro profondo per calmarmi “è nella hall signora sta parlando col regista del film arriva subito” sembra calmarsi “bene vattene lasciami sola devo lavorare io” è si perché invece io qui ci sto per divertirmi, mi chiudo la porta alle spalle con un sospiro.
Qualche ora dopo sono seduta sul muretto fuori nel giardino, grazie al Cielo tutto il trambusto è finito e stanno cominciando le riprese nella hall per questo siamo tutti fuori  Walter è seduto su una panchina al fianco di Leah con in braccio Martina, ha l’aria di uno che sta per addormentarsi da un momento all’altro. Marco e Alex giocano a carte su un’altra panchina, mentre io sono semplicemente lì in silenzio più o meno nello stesso stato di Walter a godermi quei pochi secondi di silenzio. “Martina!!” scatto in piedi a quell’urlo e faccio appena in tempo a vedere Martina entrare nella hall correndo le corro dietro, ma appena supero la porta mi scontro con un ragazzo alto e biondo che mi passa il braccio intorno alla vita per non farmi cadere mentre con l’altro tiene la piccola in braccio mi ricompongo velocemente riconoscendo l’attore “oh I’m sorry mister Lutz” dico, sento il sangue colorarmi le guancie “non c’è problema la colpa è mia” wow parla l’italiano perfettamente! Sorrido e tendo le braccia verso Martina “mi scusi l’abbiamo pesa di vista un secondo ed è scappata” lei ride consapevole di aver combinato uno dei suoi soliti danni poggia una manina paffuta sulla guancia del ragazzo “Lelly lui è vampiro” lancia un gridolino di gioia, sorrido e anche lui “o abbiamo una giovane fan di Twilight a quanto pare” alzo le spalle, lui mi porge Martina che si stacca da lui malvolentieri “Kellan!” lui sobbalza sorride a Martina “devo andare ci vediamo dopo piccina” poi sorride anche a me “è stato un piacere” arrossisco “piacere mio”. Torno fuori nel giardino insieme a Martina la porgo a Walter che mi ringrazia ma non ci faccio caso sono ancora persa in quegli occhi così magnetici, beh non farebbe l’attore altrimenti, ma cavolo erano così, perfetti! Non esiste altro aggettivo, quando li incroci ti senti come risucchiata in un vortice e per quanto ti sforzi di uscirne fuori, non ci riesci rimani li bloccata in balia di mille emozioni che non sai riconoscere. Lo osservo dalle vetrate, indossa uno smoking nero stile James Bond, se non sbaglio riveste i panni di un ricco figlio di papà che tratta le donne come fossero giochi e insensibile alle richieste disperate di un bambino piccolo, tutto il contrario di quel ragazzo dolcissimo che si è dimostrato essere con Martina "zia lui emmet? vampiro buono?" sorrido e la prendo in braccio mentre continuo a perdermi in quel vortice da cui non voglio riemergere...
 
 
 
 
grazie per l'attenzione vostra KelleYRosE

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Capitolo 3
*** rritroso... ***


Sono seduta  a terra col fiato corto, mi rifiuto di credere a quello che è appena successo, appoggio la testa al muro , e come un martello pneumatico le immagini e le parole appena dette si ripetono  a raffica nel mio cervello alla fine cedo e lascio che i ricordi abbiano il sopravvento.
Ero lì seduta sulla panchina del parco a godermi quell’unica ora di pace che avevo, non avevo fame e invece di andare a mangiare nella cucina mi ero rifugiata qui lontano dalla confusione ma soprattutto dai flash continui dei paparazzi che ormai circondavano l’hotel, stavo lì a bearmi del calore del sole sul viso a occhi chiusi, poi quel calore scomparve aprii gli occhi lentamente. Un sorriso comparve sul suo viso “ciao” strizzai gli occhi per vedere meglio e mi persi in quell’oceano “ti disturbo?” scossi la testa “no assolutamente stavo solo riposando un po’” indicai il posto accanto a me “prego vuole sedersi?” annuì e si sedette “non devi essere gentile solo perché sono un cliente dell’hotel e mi dammi del tu ti prego”. Mi rilassai un po’ “ok e comunque non sono gentile solo perché lei è” mi lancio un occhiataccia e io mi corressi subito “cioè tu sei un cliente” sembrava inquieto come se avesse paura di essere lì e contemporaneamente VOLESSE essere lì.  
Lo guardo confusa “tutto bene?” fa una smorfia “dovrei essere un attore io”  cosa? Ma che sta dicendo? “Kellan scusa ma non ti seguo” sorrise uno di quei sorrisi dolci e rassegnati “dovrei sapere mentire” ecco cosa intendeva alzo le spalle “recitare e mentire sono due cose diverse” si voltò a guardarmi apertamente stupito “davvero?”  alzai di nuovo le spalle guardando davanti a me guardarlo sarebbe stato come annegare e se volevo formulare una frase di senso compiuto non dovevo permetterlo “non sono un’attrice ma nel mio lavoro devi anche saperlo fare, devi mostrarti gentile e disponibile anche se sei incazzata nera” ride, una risata davvero divertita  mi fa arrossire. Passammo 20 minuti a parlare del più e del meno mischiando italiano e inglese, senza nemmeno rendercene conto. Quando gli chiesi come mai parlasse così bene l’italiano mi racconto di aver passato circa tre mesi in Italia quando aveva 13 anni “quando ho scoperto che mio zio sarebbe venuto in Italia per motivi di lavoro ho assillato mia madre and qui ho imparato l’italiano anche se il mio accento è molto marcato”. Sorrisi e alzai il braccio per guardare l’ora, sospirai: era ora di rientrare. Mi sorrise anche lui “si ritorna nella tana del lupo?” annuii imbronciata si alzò e mi porse la mano per aiutarmi, ci dirigemmo insieme verso l’uscita del parco “oh No” sussultò poco appena attraversati i cancelli, mi voltai a guardarlo senza capire si alzò il cappuccio della felpa e infilò gli occhiali, con un cenno della testa mi indico tre uomini con attaccata al collo una macchina fotografica. Non ci stavano guardando ancora non lo avevano riconosciuto, lo presi sotto braccio appoggiando la testa alla sua spalla “cosa fai?” mi chiese un po’ indignato come se lo avessi baciato o lo stessi per invitare a andare a letto insieme. Sorrisi “non ti hanno visto continua a camminare e non mostrarti nervoso so cosa fare fidati non è la prima volta” sussurrai col sorriso sulle labbra continuammo a camminare passando proprio davanti a loro. Appena svoltato l’angolo mi allontanai da lui sorridendo lui mi guardò confuso, alzai le spalle, per nulla al mondo gli avrei dato una spiegazione dargli una spiegazione avrebbe significato ricordare e io avevo impiegato anni per mettere a tacere  i ricordi. Entrammo nell’albergo e mi saluto con un sorriso a trentadue denti, leggevo ancora nel suo sguardo curiosità ma con un cenno di saluto mi diressi in camerino. Una volta sola mi resi conto delle farfalle nello stomaco, perché mi sentivo così agitata, perché il suo sorriso mi si era stampato nel cervello indelebilmente? Non ne avevo idea o forse avevo solo paura di ammetterlo.
Dopo un’altra giornata passata ad accontentare i capricci della protagonista femminile mi concessi un attimo di pausa per fumare una sigaretta, uscii dalla porta di servizio nel vicolo, anche da li si poteva vedere lo splendore di Roma, amavo quella città così magica, la sua bellezza e la sua cultura mi lasciavano ancora senza fiato nonostante fossero due anni che lavoravo in quell’hotel. Mi sfilai le scarpe , non mi importava di stare a piedi nudi sul marciapiede preferivo quello ai tacchi, presi la sigaretta mi accorsi di non avere l’accendino e poi clic, un piccola fiammella si accese davanti al mio viso sobbalzai, sospirano di paura quando riconobbi il suo viso alla fioca luce dell’accendino “non volevo metterti paura scusa” disse con voce dolce, la fiamma si rifletteva nei suoi occhi neri. “Alex che ci fai tu qui” quel maledetto e pazzo del facchino mi faceva sempre rischiare un infarto spuntando a sorpresa dai posti più impensati indicò un posto alle sue spalle “sei tu che non vedi non è colpa mia” sorrise. I suoi sorrisi mi facevano sempre gelare il sangue, non c’era un motivo ben preciso, quando sorrideva mi ricordava quei maniaci che si vedono nelle serie poliziesche alla tv, il buio nel vicolo di certo non aiutava. Fumammo insieme, parlando del più e del meno, aveva un modo sexy di fumare tenendo la sigaretta tra il pollice e l’indice, stando mollemente appoggiato al muro alle nostre spalle. Quando spensi la mia sigaretta lui lasciò cadere la sua anche se era solo a metà, mi poggiò una mano sul braccio tirandomi a se. Mi spinse verso il muro e poggio le sue labbra sulle mie, non volevo quel bacio, non volevo lui, provai a spingerlo via ma lui mi bloccò i polsi nella sua presa d’acciaio spingendo col suo corpo sul mio, con l’altra mano mi teneva ferma la testa. Con le labbra tracciava una linea per tutto il mio collo, ma non era eccitante al contrario provavo repulsione, con una ginocchiata nello stomaco riuscii a liberami, si piegò in due ma non ebbi il tempo di scappare. Pi spinse e battei la testa sul muro e tutto divenne nero……
 


Continua presto molto presto non posso di certo dirvi tutto subito…. ^_^ grazie per l’attenzione vostra KelleyRose 

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Capitolo 4
*** il passato si ripete... ***


Mi sentivo galleggiare, era una sensazione che conoscevo, purtroppo, molto bene era l’effetto della morfina. Aprii gli occhi di scatto, per qualche secondo vidi tutto bianco, e poi mi resi conto che non erano i miei occhi il soffitto era davvero bianco, troppo bianco per essere un normale soffitto… inspirai dal naso per la prima volta, l’odore che sentii eliminò ogni dubbio: OSPEDALE…
Rabbrividii, avevo passato gran parte della mia infanzia in quel posto, lo odiavo. Ma perché ero lì?? Provai ad alzarmi ma qualcosa me lo impedii, una mano grande e calda spingeva sulla mia spalla per farmi rimanere sdraiata “non ti muovere” disse una voce profonda, rude e allo stesso tempo infinitamente dolce. Strano no avevo visto nessuno non mi ero accorta di non essere sola, “so che forse non riesci a vedere bene è normale, o almeno così hanno detto i dottori hai bisogno di riabituarti è da molto che non apri gli occhi” MOLTO??!?!  “molto quanto?” chiesi con un filo di voce spaventata, ero terrorizzata dal fatto che potessero essere passati giorni o addirittura anni “qualche giorno, stai tranquilla, non è nulla di grave hai solo preso una botta in testa” sospirai di sollievo e non solo alle sue parole anche perché sentii il calore delle sue mani sul volto ad asciugare le mie lacrime di terrore. Bip bip bip sentii la macchina collegata al mio cuore segnalare i miei battiti accelerati, mi sentii arrossire “imbarazzate” sussurrai… sentii ridere al mio fianco.  Piano piano i miei occhi si abituarono alla luce, vedevo abbastanza bene anche se ancora un po’ sfocato mi voltai a guardarlo, era ancora più stupefacente di come lo ricordavo, Kellan. “cosa è successo io mi ricordo solo che sta mattina mi sono alzata e poi basta” mi sembro di vedere una smorfia di delusione sul suo viso angelico, dovevo essermi sbagliata DELUSIONE? E per cosa?
I miei pensieri presero un filo razionale lui era KELLAN CRISTOPHER LUTZ attore di fama mondiale,perché era lì vicino a me? “senti scusa non vorrei essere sgarbata o maleducata ma io non ricordo niente e vorrei sapere perché tu e io ci conosciamo?” dissi incerta ancora una volta nei suoi occhi apparve un orbra di delusione no nn mi stavo sbagliando ERA DELUSO ma per COSA??
“tranquilla, sono un cliente dell’hotel in cui lavori, ricordi il film e tutto il resto?” annuii si ricordavo tutto ma non capivo perché eravamo tanto in confidenza lasciai perdere e feci un’altra domanda più urgente “perché sono in un ospedale” pronunciai quell’ultima parola come un insulto, lui si avvicinò al mio letto “ti ho trovata svenuta nel vicolo dietro l’hotel e ho chiamato l’ambulanza ho preso un giorno dalle riprese per restare con te” svenuta nel vicolo dietro l’hotel? E io cosa ci facevo lì? L’ultimo ricordo che avevo risaliva alla mattina quando avevo cominciato il mio solito turno, e poi tutto il resto era una massa nebulosa in cui non riuscivo a scorgere un bel niente, perché poi ero svenuta? Che cosa mi era successo . mi concentrai sui dolori che sentivo, mi faceva male la fronte, tastai il punto in cui sentivo dolore con la mano e mi accorsi di avere la testa fasciata, ne dedussi che dovevo aver battuto la testa da qualche parte, mi facevano male i polsi li esaminai e notai dei lividi strani. la sua mano circondò la mia “secondo i poliziotti sei stata aggredita da qualcuno, hai lividi anche sui fianchi e sulle spalle come se qualcuno ti avesse afferrato brutalmente” mi irrigidii, afferrata brutalmente ciò portava a una sola conclusione. Sentivo il sangue freddo nelle vede “ma non sei stata violentata, tranquilla” sospirai quella notizia mi dava, anche se molto poco, sollievo.
Si sedette sul letto facendo attenzione a non farmi male “fra un po’ arriverà il dottore e quando vedrà che sei sveglia chiamerà degli agenti per farti qualche domanda, non ricordi proprio niente?”scossi la testa debolmente, non poteva essere successo di nuovo non potevo essere di nuovo in ospedale in attesa dei poliziotti che mi avrebbero fatto sempre le solite domande stupide e inutili e avrebbero insistito nonostante le mie condizioni fisiche, ma la cosa che mi preoccupava di più era il coinvolgimento di Kellan questa storia sarebbe finita su tutti i giornali e io non potevo permetterlo “senti tu sei gentilissimo con me ma se qualcuno sapesse di questa storia e del tuo coinvolgimento soprattutto la pubblicherebbero in prima pagina e io non voglio non posso permetterlo capisci?”  lui annuì si alzò e prese un giornale sulla poltrona. NO nn poteva essere già avvenuto se qualcuno avesse visto una mia foto? Se LUI avesse visto quella foto? Sarebbe stata la fine, la MIA FINE. Presi il gironale che mi porgeva con mano tremante, e con orrore lessi il titolo di quel maledetto giornale “Kellan Lutz in Italia sfoggia tutta la sua gentilezza” 
Il giovane e bell’attore che fa impazzire le ragazze con la sua aria da duro, ora in Italia per le riprese del suo ultimo film, dimostra a tutti di non essere solo un bel faccino ma anche un gentil’uomo. A quanto pare tutto il cast alloggia in nello stesso hotel dove avvengono le riprese del film, due giorni fa, l’attore probabilmente uscito nel vicolo per fumare in pace ha trovato una ragazza, che sembra essere una dipendete dell’hotel, priva di sensi, subito la chiamata al 118. Sembra che la ragazza sia stata aggredita da un poco di buono,e dalle voci che sono fuoriuscite dall’ospedale sembra non essere in gravi condizioni, ma il nostro eroe del momento si reca comunque ogni giorno, dal mattino presto fino a tarda sera all’ospedale. Che sia sbocciato un nuovo amore per il nostro attore? Vi terremo aggiornati
Così scriveva un giornalista di gossip, l’articolo era completo di una mia foto, una di Kellan e una dell’hotel. Gettai disgustata il giornale a terra, sapevo cosa sarebbe successo me lo sentivo. Lui mi guardò dispiaciuto, sembrava disgustato quanto me da quell’articolo ma lui non era in pericolo, lui non avrebbe dovuto affrontare un altro trasferimento, un altro cambio di immagine e un'altra ramanzina dall’agente Portoli. Entrò un infermiera, che  fece segno a Kellan di spostarsi, seguita da un dottore che poteva essere mio nonno, dagli occhi dolci che  si mise a visitarmi con frenesia “bene piccola se te la senti oggi stesso potrai tornare a casa ok? Solo se mi assicuri di essere sotto il controllo di qualcuno e di non essere sola” mi rabbuiai ero felice di uscire di lì ma avrei dovuto mentire, non avevo nessuno in quella città, non avevo mai avuto nessuno sperai di essere credibile. “Ci sarò io con lei non si preoccupi”. Probabilmente diventai ancora più bianca del lenzuolo con cui ero coperta, quella voce l’avrei riconosciuta tra mille, mi aveva già trovata….  


ciao a tutti scusate l'enorme ritardo è che tra scuola e lavoro non ho trovato il tempo per postare scusate! un grandissimo bacio spero che la storia vi piaccia vostra KelleyRose

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Capitolo 5
*** atrocemente orribile ***


  Mi aveva già trovata. Il mio sogno era durato fin troppo. Chissà perché quando pensi di aver trovato finalmente il tuo posto nel mondo, quando sei riuscita ad abituarti al dolore ecco di nuovo la vita ti trafigge con tutta la sua forza una forza a cui non riuscirai mai ad abituarti. Piantò i suoi occhi nei miei, quanto tempo era passato dall’ultima volta? Poco decisi, ricordavo con troppa chiarezza l’ombra di ferocia nei suoi occhi, anche se adesso era ben nascosta in quell’espressione di dolcezza, che non aveva MAI avuto in 18 anni. Sentii Kellan agitarsi al mio fianco, senza rendermene conto gli avevo conficcato le unghie nel braccio, mollai la presa sussurrando delle scuse. “Lei sarebbe?” chiese il dottore. Un mostro senza anima ne cuore, senza rispetto per nessuno oltre che se stesso, egoista bastardo e senza scrupoli, ecco chi era quell’uomo lo stesso che mi aveva strappato a mia madre quando avevo solo 4 anni , pochi anni ma abbastanza da ricordare le sue urla di terrore.  Avevo subito le sue cattiverie sempre.  Non avevo nessuno scampo da lui. Mi chiudeva dentro la mia camera, ricavata da una soffitta, che per mobili aveva solo un materasso una sedia e un tavolino. Non avevo il permesso di uscire se non con lui, avevo un insegnante privato 4 ore al giorno che mi faceva scuola in Sua presenza, se veniva  a trovarlo qualcuno dovevo comportarmi come la ragazza  perfetta, amata e dolce che tutti credevano che fossi altrimenti mi avrebbe rinchiuso nella cantina al freddo e mi avrebbe picchiato. Ma nonostante cercassi sempre di essere come lui voleva, terrorizzata dalle sue minacce, ogni sera ricevevo la mia razione di dolore, a volte anche più di una volta per notte, e spesso questo portava a ferite che potevano essere curate solo in ospedale, lui era il primario uno dei più potenti dottori, TUTTI sapevano ma preferivano far finta di nulla. Quando mi chiudeva nella mia camera dimenticava sempre di chiudere anche il piccolo oblò. Magra com’ero riuscivo a passare da quella piccola finestrella e a rifugiarmi sul tetto di casa di notte. In una delle tante notti passate a guardare il cielo e a immaginare una vita diversa mi accorsi della presenza d qualcuno che camminava fischiettando lungo il marciapiede, quando si accorse di me alzò la mano in segno di saluto. Era un uomo sui 30 anni molto affascinante in quella sua divisa da poliziotto sempre impeccabile, era alto con i capelli corti. Ogni sera passava davanti casa mia e mi salutava con un cenno della mano, una sera poi prese coraggio e salì su un albero lì vicino raggiungendomi, non mi preoccupai che LUI, il mostro come lo chiamavo io nelle mie fantasie,  se ne accorgesse, era ubriaco come quasi tutte le sere e sapevo che non si sarebbe svegliato. Quella sera gli raccontai tutto, lui mi consigliò di scendere con lui e andarmene ma sapevo che sarebbe stato impossibile, nessuno mi avrebbe creduto, mio padre era un dottore, amato e rispettato da molti in città. Non mi avrebbe mai creduto nessuno. Si susseguirono molte sere a quella in cui lui sperando di convincermi ad andarmene mi raccontava di sua moglie sua figlia e di come vivano felici, mi disse di aver parlato di me a sua moglie e che lei desiderava che io andassi da loro a vivere che scappassi da quegli orrori, ma io avevo paura, quante volte mi aveva sibilato che non sarei mai riuscita a scappare da lui? Che mi avrebbe ritrovato sempre? Troppe volte e ormai quella convinzione era legata stretta nel profondo del mio essere, era capace di tutto, se avesse saputo di Michele lo avrebbe ucciso e non potevo permetterlo. Una sera quando venne a trovarmi lui portò con se una busta che conteneva alcuni libri, quattro per la precisione, mi disse che sua figlia che aveva 14 anni proprio come me, aveva ascoltato una conversazione tra lui e sua moglie e che sapeva di me e gli aveva chiesto di portarmi questi. Scoprii così il mio amore per la lettura.  
Mentre mi perdevo nei ricordi non mi accorsi che lui si era avvicinato, mi ritirai dal contatto con lui e Kellan mi cinse le spalle con un braccio era eloquentemente diffidente, io mi strinsi a lui “ma come nemmeno mi riconosci?” sussurrò l’uomo mi feci forza “si sta sicuramente confondendo con qualcun’altra io non l’ho mai vista in vita mia”  dissi con voce sicura, era quello che mi aveva sempre detto di fare Michele, negare di essere quella che ero mostrarmi sicura e cercare supporto negli altri. Michele era la mia unica opportunità ma era lontano, troppo lontano. Strinsi istintivamente la mano a Kellan e lui non si mosse ma guardò l’uomo in modo strano, come se improvvisamente avesse capito “ma cosa dici Rosalie? Sono io amore non ti ricordi più di me?” era un’evidente minaccia, mi stava ricordando cosa era capace di fare. Non mi lasciai intimorire “come le ha già detto la mia ragazza, lei si sta confondendo, il suo nome non è Rosalie e la prego di uscire dalla camera”. Evidentemente intimorito sia dalle parole che dalla stazza di Kellan lui arretrò e uscì dalla camera chiudendosi la porta alle spalle, non senza prima lanciarmi un’occhiata furente. Sospirai e chiusi gli occhi “ho bisogno di un telefono” dissi sull’orlo della crisi isterica, non so chi non ci feci caso mi mise un telefonino in mano digitai velocemente il numero. Tre squilli e poi “ Ispettori Portoli come…” non lo lasciai terminare “sono io Michele, è qui” silenzio rimasi ad aspettare una sua reazione per qualche secondo, poi cominciai a singhiozzare “dove sei?” disse freddo non riuscivo a continuare Kellan mi sfilò il telefono di mano, non ascoltai le parole ero persa nel terrore, mi aveva trovata me l’avrebbe fatta pagare cara. Ricordo solo di essere rimasta lì a fissare la porta mentre Kellan parlava al telefono e il dottore continuava la sua visita. Poi, non so quanto tempo dopo, il suo viso comparve dalla porta senza nemmeno lasciare tempo a nessuno corse al mio fianco e mi abbracciò stretta. “Piccola mia come stai? Che ti è successo? Che ti hanno fatto?” sorrisi per tranquillizzarla “sto bene Angelica davvero, per dirla tutta non so nemmeno io cosa è successo so solo di essermi svegliata qui e poco dopo lui è comparso sulla porta” vidi il fuoco ardere nei suoi occhi e guardare Kellan “già chissà come ha fatto a trovarti”, se non fosse stato tutto atrocemente orribile mi sarei messa a ridere Angelica andava pazza per Kellan quando le avevo raccontato di averlo nel mio hotel era andata fuori di testa e aveva preso il primo aereo con la scusa che le mancavo aveva bisogno di vedermi e ora lo guardava con un misto di disprezzo e desiderio davvero comico. Le presi le mani tra le mie, erano fredde, come sempre, era ancora più pallida del solito, i capelli biondi scompigliati, gli occhi azzurri lucidi e pieni di ferocia. Mi aveva sempre trattata da sorella minore anche se avevamo la stessa età “Angie? Dov’è tuo padre?” chiesi esitante lei sbuffò “è qui fuori sta impartendo ordini ai pivelli adesso arriva” alzò gli occhi al cielo, io annuii. Mi voltai verso Kellan che ci guardava senza capire da un angolo della stanza gli sorrisi “grazie davvero, di tutto” lui alzò le spalle con un espressione dolcissima “this and more for yourself” vidi angelica trasalire al suono della sua voce. “Mi avete capito si o no? Sfaticati che non siete altro datevi da fare” sentimmo urlare da fuori sospirai, era vicino, anche solo il suono della sua voce mi fece rilassare e poi senza nemmeno rendermene conto le mie braccia erano già strette al suo collo. “ho rischiato l’infarto sai?” mi accarezzò la schiena “Scusa” mi scompigliò i capelli “come se fosse colpa tua”. Si sedette accanto a me “voglio sapere tutto, non tralasciate nulla” poi scoccò uno sguardo a Kellan “lui sarebbe?” mi chiese. Panico cosa era lui per me? 


Ed ecco svelato il passato della nostra principessa, la domanda cruciale è perchè Kellan è così deluso dal fatto che lei non ricordi nulla? ma sopratutto COS'è LEI PER LUI?  To be continued.... grazie per l'attenzione vostra KelleyRose

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Capitolo 6
*** Come ti chiami?? ***


“lui sarebbe?” quella domanda mi risuonava nella testa. Era come il fruscio del vento tra le foglie, costante e  seppur fragile, Fastidioso… Angelica mi aveva salvato dal mio panico < ovviamente lui è Kellan Lutz il motivo per cui noi siamo qui > lo avevo visto arrossire leggermente e abbassare lo sguardo, si sentiva colpevole? L’ultima cosa che desideravo era farlo sentire in colpa, aveva fatto molto per me…
Avevo preso le sue difese poi nel bel mezzo del discorso mi ero appoggiata al cuscino e mi ero addormentata.  Lo rividi su di me di nuovo. Come tutte le notti, come ogni sera che tornava ubriaco, pieno di aspettative, desideroso di sporcare il mio corpo con la sua pelle, con l’unico risultato di farmi piangere tutte le lacrime. Rividi i suoi occhi neri, le sue labbra piene e screpolate, le sue mani dure e schifose sul mio corpo. < Hey piccola lasciami andare > quella parole mi salvarono dall’orrore. Aprii gli occhi e ritrovai il viso di Kellan davanti al mio, le mie mani strette alla sua camicia. Aprii le mani lentamente, respirando a fatica, gli occhi mi si riempirono di lacrime. Un moto di nausea mi riempì lo stomaco all’odore d’ospedale, storsi il viso in una smorfia < ti prego fammi uscire da qui > ansimai . Mi accarezzò il viso e premette  un pulsante per chiamare il dottore.  Non feci caso alle loro parole non feci caso a niente mi alzai dal letto e mi vestii e mi avviai verso la porta, Kellan mi cinse la vita con un braccio < hey aspetta che fai scappi? > sorrisi e mi appoggiai a lui, non ero nel pieno delle mie forze ma ero decisa a non farlo capire a nessuno non vedevo l’ora di uscire di lì. Due ragazzi in divisa ci guardarono uscire  e uno di loro ci bloccò dicendo di aver ricevuto l’ordine di tenermi in ospedale, riuscii a convincerli che non ce ne era bisogno e Kellan rimase sorpreso dalle mie capacità di persuasione.
 
 
< W-O-W > non diceva altro da cinque minuti,  osservava la mia camera quasi incantato, schioccai le dita davanti ai suoi occhi. Scosse la testa come per riprendersi, allungò la mano come per toccare il muro, ma si fermò a pochi millimetri, come se avesse paura di rovinarlo < è è così > sorrisi     < infantile? Stupido? Inutile? > scosse la testa con vigore < no è W-O-W >. Si effettivamente era molto bella AMAVO quella stanza. Era quadrata il letto rotondo al centro di essa, delle quattro pareti una era coperta dall’armadio enorme a specchio che rifletteva la mia stanza, delle altre tre una era ricoperta di foto, immagini, ritagli di giornale che viste da vicino sembrava solamente un miscuglio di immagini ma con la giusta prospettiva sembrava un viso sorridente, sulle altre due pareti era dipinta Londra, il soffitto era celeste con qualche nuvoletta qua e là, avevo impiegato un anno per farla e ancora dovevo terminare di dipingere una parte dell’autobus a due piani rosso che si vedeva in primo piano. I suoi occhi si posarono lì < è solo per fare scena o vuoi davvero dirmi che l’hai dipinto tu > risi e annuii < sai dipingere? > feci una smorfia < in realtà  Angelica, sai la ragazza che è venuta oggi in ospedale, è l’artista io mi sono limitata a finire di colorare gli autobus seguendo le sue indicazioni >  fece un giro su se stesso < ti piace Londra? > mi limitai ad annuire non ero certa di volergli raccontare la mia storia. Mi sdraiai sul letto e battei dolcemente accanto a me. Mi imitò si sdraio accanto a me osservammo in silenzio per qualche istante il “cielo”. Poi mi venne un’idea se gli piaceva così, doveva ancora vedere il meglio < voglio farti vedere una cosa non muoverti > mi alzai dal letto abbassai la serranda della finestra  e spensi la luce. Mille stelle apparvero sul soffitto e sulla parete se prima era rimasto solo lui incantato anch’io adesso rimasi senza fiato non riuscivo ad abituarmi alla bellezza di quel posto. Mi sdraiai di nuovo accanto a lui, si voltò a guardarmi, sembrava titubante < posso farti una domanda? > sospirai annuendo, sapevo che prima o poi l’avrebbe chiesto, era visibilmente confuso < posso sapere come ti chiami? > spalancai gli occhi, voleva sapere il mio nome?  < non sai nemmeno come mi chiamo, Eppure sei qui? > sorrise < eppure sono qui >. Ci pensai su, quale nome potevo dirgli? Quale dei tanti che avevo avuto, non sapevo se Michele aveva intenzione di cambiarmi di nuovo identità. Lo guardai per qualche istante negli occhi e presi la decisione più insensata, ma quella che per me era la più giusta < per rispondere a questa domanda devo raccontarti una storia > presi un lungo respiro.
< immagina una ragazza Londinese di appena diciotto anni, una musicista, innamorata del mondo, senza genitori, senza famiglia. Immagina che questa donna incontri un uomo, molto più grande di lei, pieno di soldi, che le riempie la testa di promesse, che le promette di rimanergli sempre accanto, di renderla felice e perché no di aiutarla a realizzare il suo sogno di diventare una musicista di successo. Ora immagina che quest’uomo perfetto abbia un solo difetto, quello che gioco d’azzardo e che perda tutto, i soldi, la casa, la credibilità per questo quale pensi sia stata la sua reazione di fronte alla scoperta che quella che ormai era la suo futura moglie portava in grembo  suo figlio? > mi voltai a guardarlo mi guardava senza capire < la fuga ovviamente è stata la sua unica scelta, lasciando così lei e suo figlio nella miseria totale, ma la donna non si lascia scoraggiare, trova un lavoro si fa degli amici e quando la sua Bambina nasce ormai è riuscita a rifarsi una vita, semplice modesta eppure felice. Poi un giorno, il giorno del quarto compleanno della piccola riceve una visita del tutto inaspettata e indesiderata. Quella del padre della bambina, come ovvio lei lo manda via in malo modo, ma lui reagisce brutalmente picchiandola senza paura, lasciandola priva di sensi o addirittura morta a terra, prende la bambina e la porta via lontana > senza rendermene conto mi alzai e aprii la finestra per far entrare la luce < si trasferirono in Italia in un paese poco conosciuto nei pressi di Milano, costrinse la bimba a fare tutti i lavori di casa la faceva studiare con un maestro privato, non la faceva mai uscire per giocare in giardino, in realtà non la faceva mai giocare punto. Nei primi cinque o sei  anni tutto andò bene nessuno si accorse di nulla e poi beh la curiosità dei vicini ebbe la meglio e iniziarono a curiosare così lui fu costretto a cambiare città e si trasferì con la bimba nel Texas, lì le cose cambiarono, lui cominciò a bere tanto solo di sera però, la mattina si svegliava e andava a lavorare, faceva il dottore, aiutava la gente che stava male, e lei ne era orgogliosa, poi quest’uomo divenne sempre più stimato e rispettato tanto che divenne primario dell’ospedale dove lavorava, riceveva continue lettere di ringraziamento, e ogni tanto era costretto a fare anche qualche cena con i colleghi a casa sua, tanto per non destare sospetti, raccontò loro che sua moglie era morta di parto e che si era occupato della bambina da solo, lei doveva comportarsi come la più perfetta delle figlie, altrimenti veniva rinchiusa, nella soffitta, fredda e buia, quelle pareti bianche erano diventate un incubo, e lì perfino un ramo fuori dalla finestra diventava un mostro venuto dalle tenebre per portarla via, ma lei se inizialmente ne aveva paura, quando cominciarono ad arrivare le botte, niente a che vedere con gli schiaffoni che prendeva se si comportava male, botte vere, calci, pugni. E poi una sera la bambina, ormai diventata una giovane ragazza di 14 anni, decise di uscire di andare da quel mostro e farsi portare via, preferiva le tenebre e il male a suo padre. Lì conobbe per la prima volta il mondo reale, conobbe un uomo diverso da suo padre, che ogni sera le raccontava della sua vita a Londra, prima di trasferirsi lì le raccontava di sua moglie e della loro bambina che aveva più o meno la sua età, la consigliava dicendo che doveva parlare con qualcuno, ma spesso lei era andata a finire in ospedale, ma il padre la giustificava come una ragazza estremamente distratta che riusciva a cadere su una superficie liscia e priva di ostacoli, rompendosi la testa. Nessuno el avrebbe mai creduto. Poi una sera suo padre tornò a casa e pretese di più, ancora di più. Quella notte la violentò  e quella fu l’ultima goccia, lo disse a quell’uomo che tante volte gli aveva chiesto di scappare, riempì la borsa dei suoi vestiti, prese la chitarra di sua madre, unico oggetto rimastole di lei e se ne andò da quella casa. Non poteva sporgere denuncia verso suo padre sarebbe stato inutile. La famiglia del suo amico la ospitò e la adottò a tutti gli effetti due settimane dopo erano a Londra, quella città che lei aveva sempre desiderato rivedere, di cui avevi vaghi ricordi con la madre, si sentì finalmente a casa. Dovette cambiare di nuovo nome, ma non le importava.  Divenne finalmente una ragazza felice, con la sua nuova famiglia, con sua sorella e i suoi genitori adottivi. Un giorno mentre usciva da scuola lui la prese di nuovo, la violentò di nuovo e cercò di portarla di nuovo con se, era riuscito chissà come a trovarla. Beh tutta la storia è un gran casino fatto sta che suo padre adottivo ormai diventato ispettore di polizia, riuscì a trovarla anche se sanguinante e in fin di vita, lui le aveva inciso una specie di stella sulla base del collo, le rimase la cicatrice. Si vide costretta a subire un nuovo trasloco , ad abbandonare al sua amata Londra e a cambiare di nuovo nome, la sua famiglia la seguì in tutti i suoi 10 cambiamenti di vita seguenti.> i suoi occhi si posarono immediatamente sul mio collo e, ne ero certa, stava osservando la mia cicatrice a forma di stella che il maglione copriva solo in parte. Alzò lo sguardo verso la chitarra bianca nell’angolo della stanza, sorris aveva capito tutto < mi chiamavo Kelley Nicole Weith, mia madre mi mise un nome un po’ strano, quando mio padre mi cambiò nome decise di chiamarmi Rosalie, poi si susseguirono altri 11 nomi Margaret, Sarah, Sophie, Gloria, Joy, Natasha, Clarisse, Clerine, Rossella, Katerine ed infine il nome che porto da ormai 5 anni, il mio vero nome Kelley Nicole Portoli.> un misto un po’ strano mi faceva ridere sempre. Mi guardò a bocca aperta non sapeva cosa dire, poi vidi improvvisamente i suoi pugni stringersi < è tutta colpa mia lui non ti avrebbe trovata se non fosse stato per me, mi dispiace Kelley mi dispiace davvero> mi avvicinai a lui e lo abbracciai senza pensarci su, mi strinse a se e mi accarezzò la schiena, ci sdraiammo sul letto, e mi lasciai cullare da lui, mi sentii improvvisamente stanca…. 



Macciaoooo =) è da tantissimo che non posto, lo so scusate.... troppi impegni troppi imprevisti.... adesso devo proprio scappare, mai un attimo di respiro, spero che il capitolo vi piaccia (so già che fa schifo) fatemi sapre cosa ne pensate vostra KelleyRosE

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Capitolo 7
*** ritorno alla realtà.... ***


Driiiin Driinnn. Scatto in piedi e mi guardo intorno, stupida di essere al centro del corridoio, invece che accoccolata a Kellan. Mi batto con un mano sulla fronte, che stupida erano solo ricordi. Driiin Driin di nuovo, corro verso il soggiorno, dove si trova il mio cellulare, ma non è quello che suona. Driin Driin ancora. Oh si il citofono, sono proprio fuori di testa sta sera. Sono passati appena due mesi da quando avevo raccontato tutta la mia storia a Kellan mesi in cui mi aveva protetta in tutti i modi, aveva persino fatto venire i suoi avvocati da Los Angeles  “ se nemmeno loro riescono a rinchiudere quel bastardo giuro che lo ammazzo con le mie mani ” queste erano state le sue parole quando si era presentato a casa mia con David e Carlos, due suoi amici avvocati di successo in America. Apro la porta < oh finalmente volevi farmi morire di freddo?? >  sorrido e scuoto la testa solo Angelica può avere freddo a metà luglio. Mi sposto di lato per farla passare. Poi mi inginocchio davanti a lei e sussurro sulla sua pancia < non mi diventare come la mamma che ti ripudio come nipote è! > le accarezzo dolcemente la piccola collinetta del suo ventre, non riesco ancora a credere che fra soli 4 mesi avrò un nipotino o nipotina da coccolare. < che ci fai qui Angie non dovevi venire domani mattina? > lei mi guarda male e sbuffa < ma non avevi detto di essertelo appuntato sul calendario? >  annuisco < infatti è così il 14 luglio no? Domani > la sua espressione muta da scocciata a preoccupata mi spinge sul divano e mi tasta la fronte con la sua manina minuta, mi prende il viso tra le mani e mi fissa negli occhi. Rimango paralizzata  e adesso che gli prende?? Poi solo in quel momento mi riprendo, dalle finestre entra LUCE, non buio ma luce solare. Scatto in piedi e prendo il cellulare dalla tasca. Le 10.40 del 14 Luglio? Mi torna tutto in testa improvvisamente, la telefonata di Kellan, le lacrime e poi mi sono accasciata sul pavimento del corridoio e lì devo essermi addormentata. Di nuovo le parole di Kellan mi affollano la mente e gli occhi si riempiono di lacrime. Cazzo, no, no, no non davanti a Angie non devo farla preoccupare < Dio scusa mi sono addormentata sul divano nemmeno me ne sono accorta, vado in bagno mi cambio e arrivo ok? Scusa > corro velocemente in bagno e mi infilo sotto la doccia.
 
Un’ora dopo siamo in macchina, dirette verso lo studio della Dottoressa Bernardi. Angie si contrae sul sedile, la conosco bene e so che è nervosa, è la prima ecografia che fa senza Massimiliano,  perché poverino ha avuto un imprevisto ieri sera e non è potuto venire, ed è anche una delle più importanti, oggi sapremo se è un  Mirko o una Laura. Vorrei riuscire a distrarla, ma quando concedo alla mia mente di pensare le lacrime affollano di nuovo i miei occhi  < Kellan vuole sporgere denuncia contro Julio secondo lui questa volta con David e Carlos ce la possiamo fare >. Ok adesso arrivano le urla, no meglio le imprecazioni verso Kellan. Scelta sbagliata adesso di agiterà ancora di più stupida, stupida, stupida non dovevi dirglielo. < lo penso anche io quei due sono formidabili, hai visto come hanno tirato fuori papà dai guai, così > schiocca le dita davanti ai miei occhi < e in meno di una settimana poi, sono fantastici, e sono certa che lo sbatteranno dentro quello stronzo così staremo tutti più tranquilli > il tono di voce rimane leggero e tranquillo come se stesse discutendo di cosa preparare per pranzo, una cosa da niente. Parcheggiò senza proferire parola mi guarda di sottecchi, poggia una mano sul mio ginocchi e lo stringe affettuosamente, mi volto a guardarla con gli occhi lucidi, come la sera prima non posso fare a meno di pensare a tutte quelle cose che nemmeno riesco a mettere in testa, tutte quelle complicatezze, tutte quelle testimonianze, ci sono già passata e ne ho paura. Angie mi stringe le braccia al collo < oh piccola tranquilla ci saremo noi, la decisione è solo tua, Kellan sicuramente lo ha proposto per te, si capisce che ti vuole bene stai tranquilla sorellina > la stringo forte a me poi le accarezzo la pancia < la gravidanza ti ha reso sdolcinata, sorella > rido. Scendiamo dall’auto e ancora abbracciate entriamo nello studio, una ragazza esageratamente truccata, ci viene incontro < salve come posso aiutarvi? > Angie sbuffa e alza gli occhi al cielo < ciao Bonnie,  sono la signora Fantini, ho appuntamento con la dottoressa > la ragazza annuisce e sorride ci fa strada verso una porta bianca. Bussa. < Bonnie?> sussurro a mia sorella lei alza gli occhi al cielo. La così detta Bonnie ci spinge dentro, una donna alta, con un fisico da far invidia a chiunque, ci sorride da dietro una scrivania di vetro. Mamma che lusso, tutto è perfettamente in ordine, non un filo fuori posto, ho quasi paura di muovermi e rompere tutto. La donna che suppongo sia la dottoressa si alza e abbraccia Angie poi mi porge la mano < e tu sei Kelley giusto? Angelica mi ha parlato molto di te > sorrido e le stringo la mano. La mia sorellina si alza la maglia e si sdraia sul lettino, è in fibrillazione si vede allunga una mano verso di me. Mi avvicino a lei e le stringo la sua manina tra le mie, le poggio le labbra sulla fronte. La dottoressa gli sparge una specie di gelatina sulla pancia, ha l’aria di essere viscida, molto viscida. Quando poi meno di due minuti dopo, l’immagine del mio nipotino o nipotina  si accende sul monitor, le lacrime tornano a riempirmi gli occhi ma sta volta per la felicità. Ed infine quando sento il battito del suo cuoricino, così piccolo eppure così forte una strana sensazione di sicurezza e coraggio riempie ogni millimetro del mio corpo. Ho deciso voglio affrontarlo, DEVO farlo, per proteggere il mio piccolo angioletto, per proteggere quella creatura delicata dalla cattiveria del mondo. Se questo comporterà affrontare l’uomo che per ora rappresenta il pericolo, lo farò, lo farò mille e mille volte ancora, sempre. < ah ecco qua, vi presento Mirko > Image and video hosting by TinyPic Angie ride, anche lei come me con le lacrime agli occhi, mi guarda e torna seria < ecco e addio ai sogni di gloria > scoppio a ridere. Quando eravamo ragazze e immaginavamo il nostro futuro, Angie diceva sempre di voler una figlia come primogenita in modo da poterla viziare e vestire sempre all’ultima moda e poi un giorno farla diventare ballerina. Era diventata quasi una fissazione la sua. Le schiocco un bacio sulla fronte. < hai visto che ti avevo detto adesso paghi > quella voce, oh meglio la sua voce, ci giunge da fuori la porta. Che cazzo ci fa lui dietro la porta della ginecologa di mia sorella? E con chi sta parlando poi? Angie mi guarda confusa < ma non era a partito? >  l’ha riconosciuto anche lei, alzo le spalle e scuoto la testa estremamente confusa. Poi, lampo di genio mi porto un dito alle labbra per fare segno di stare in silenzio, faccio l’occhiolino alla dottoressa < dottoressa mi scusi ma perché io vedo due teste?> lei sorride e con una performance da far invidia a un’attrice hollywoodiana dice < oh mio Dio è incredibile, impossibile non essercene accorti prima sono Due gemelli > mi avvicino alla porta e la apro di scatto. Kellan e Massimiliano cadono a terra davanti ai miei piedi con un espressione sconvolta e sorpresa sul viso. Kellan è il primo a riprendersi si avvicina ad Angie e con voce tremante chiede < sono due davvero? > non mi ha degnato nemmeno di uno sguardo, che bella faccia tosta, mi lascio andare ad un sospiro secco e scocciato. Allungo una mano a Massi che è ancora sdraiato a terra < oh cognato ripigliati stavamo scherzando, sai com’è vocina delicata si sente a chilometri > alzo un sopracciglio e guardo male Kellan. Niente come se non avessi parlato. Da una pacca sulla spalla a Massi, che si è avvicinato a sua moglie. Angie mi guarda incuriosita, e con mille domande nello sguardo. Non so che dire è assurdo. Le faccio segno che me ne vado lei annuisce comprensiva e mi manda un bacio da lontano che ricambio. Esco dallo studio con mille domande in testa. UN MESE a dirmi che gli mancavo a dirmi che ero diventata parte di lui. Bambolina di qua bambolina di là. E adesso?? NULLA. Nemmeno un ciao. Voglio dire posso comprendere che sia emozionato per Mirko. Diamine lo sono anche io da morire. Quando arrivo nel parcheggio ricordo che non ho la mia auto ma quella di Angie e le chiavi le ha lei. Mi fermo sul marciapiede e prendo il telefono per chiamare un taxi. Proprio lì  sul bordo del marciapiede di una delle vie più trafficate di Roma, delle labbra, anzi no le Sue labbra si posarono sul mio collo. Sono in paradiso? Un’ auto mi ha investito e io non me ne sono nemmeno accorta? Oh bello morire così senza dolore, senza nemmeno saperlo. E il paradiso è mille volte meglio di quello che immaginavo….. 

Macciao, vi chiedo umilmente perdono sono davvero pessima, scusatemi!! mi dispiace non poter postare più spesso ma ho davvero dei mega problemi in questo periodo vi ringrazio per la pazienza... scusate anche se la foto non è proprio messa benissimo, non sono molto pratica ^_^ mi farebbe piacere ricevere qualche giudizio da voi bello o brutto che sia tranquilli non mordoXD Ringrazio la mia piccola Ossequi per aver recensito TUTTI i capitoli.. grazie patatosa <3 e un ringraziamento anche a Chantal SCUSAMI TESORO e grazie mille ^_^ un bacio vostra KelleyRose

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Capitolo 8
*** sogni.... ***


 Il paradiso. No come definizione era troppo semplice. Sentire le sue labbra sul mio collo era come nuotare nell’acqua tiepide dell’oceano, librarsi libera nell’aria, correre in mezzo alla neve e sdraiarsi sulle nuvole… Ma cosa stai dicendo?!? Lui è Kellan, stampatelo bene in testa. Feci un passo avanti per mettere un po’ di distanza tra noi, devo recuperare un po’ della mia lucidità, dove diamine è andata a finire?? Incrocio le braccia al petto e non lo degno d’attenzione proprio come aveva fatto con me. Sbuffa. Al posto dell’asfalto sotto i miei occhi appaiono improvvisamente le su scarpe, firmate CK ovviamente. Alzo il viso pronta a incenerirlo con uno dei miei famosi sguardi da omicida. Mossa sbagliata, non appena incontro il suo sguardo quasi infuriato, vacillo. Lui è arrabbiato?  Oh questa è bella << che vuoi? >> le mie parole suonano come una preghiera, non voglio parlarci, non voglio affrontarlo, non è il momento. << è così che si da il ben venuto? >> mi battei una mano sulla fronte << scusa hai ragione il ben venuto si da entrando in un stanza a sorpresa senza nemmeno guardarti in faccia vero? >> alzai una mano per fermare il taxi che stava arrivando. L’auto gialla si fermò davanti a me, aprii lo sportello. Mi prese per la vita e mi fece voltare, incastrandomi tra lui e l’auto << ti sto parlando >> alzai un sopracciglio e lo guardai fisso negli occhi, sospirò << mi hai messo paura ok? Mi hai attaccato il telefono in faccia e non hai più risposto alle mie telefonate, mi sono preoccupato, poi sta mattina quando Massimiliano è venuto a prendermi mi ha detto che eri con Angie, non lo so mi sono sentito rifiutato ok? Potevi rispondere cazzo! >> non mutai espressione non mi mossi, possibile che in quel testone che si ritrovava non c’entrava la possibilità che mi avesse sconvolto? Non lo capiva quanto quella storia mi faceva male? << hai finito? Posso andare adesso? >> spalancò la bocca, ma non si mosse l’autista diede un colpo di clacson. Mi voltai per entrare nell’abitacolo della vettura ma Kellan per l’ennesima volta mi prese per la vita trascinandomi via, lo vidi lanciare qualcosa all’autista e fargli cenno di andarsene.  << lasciami >> sibilai. Mi prese per il polso e mi trascinò verso il parcheggio. Lì tra tutte spiccava un  Hummer nero con rifiniture grigie.  << Kellan ti ho detto lasciami >> aprì lo sportello del passeggero invitandomi ad entrare. Con un colpo secco lo richiusi. << non fare la ragazzina >> << e tu allora non fare lo stronzo>> si appoggiò con la schiena all’auto, cioè chiamarla auto era un po’ riduttivo ma comunque  per me una valeva l’altra. << mi spieghi perché sei arrabbiata con me dovrei essere io quello arrabbiato >> non ci vidi più,  lui arrabbiato mi pare ovvio. << non lo capisci che io ci sto male per questa storia! Ma tu chi sei per venire da me e dire che vuoi sporgere denuncia, facile per te vero? Facile arrivare sulla tua bella auto e spadroneggiare come ti pare, ma sono io quella che dovrà fare i conti con avvocati, interrogatori, io che dovrò rivivere il passato, io che dovrò rivedere il mio incubo peggiore, io starò qui da sola col terrore che qualcuno possa fare del male non solo a me, ma anche alle persone che amo. Tu non sai cosa significa non ne hai idea e non ti preoccupi nemmeno di ciò che sento io dentro, e per di più piombi qui e nemmeno mi degni di uno sguardo? Cosa pretendi che faccia i salti di gioia? Beh mi dispiace dirtelo, questa è la realtà non è un film, non esiste l’eroe che salva tutti e viene amato e acclamato. Soprattutto non sei tu quell’eroe>> sibilai le parole una a una lentamente, feci sgorgare tutto il terrore che sentivo dentro, tutto il dolore. Poi semplicemente voltai le spalle e cominciai a correre via. Non volevo più vederlo.
                                                                           ***
Qualche ora dopo ero ancora in preda ai singhiozzi sotto il getto bollente della doccia. La mia pelle doveva essere dello stesso colore dei pomodori maturi, solo quando mi resi conto che nemmeno la mia amata acqua riusciva a farmi stare meglio, uscii dalla cabina, mi avvolsi in un telo, di quelli morbidi e enormi. Mi chiusi in camera e mi sdraiai sul letto, spensi la luce e mi persi ad osservare le stelle, le mie stelle. Evitai di guardare Londra, la mia amata Londra, mi mancava, tanto fin troppo per i miei gusti. Se fossi stata lì, se fossi stata nella mia città non mi sarei mai rinchiusa nella mia stanza, mi sarei infilata la mia camicia preferita quella a scacchi rossa e nera, quella camicia da boscaiolo che aveva attirato la mia attenzione sul manichino di quel piccolo negozietto a Waterloo proprio accanto al “Coffee Culture”, Jonh il barista sempre allegro e gentile mi avrebbe servito il mio amato cappuccino accompagnato dal suo sorriso mozzafiato e poi sarebbe tornato al suo lavoro non prima di aver fatto qualche commento sul libro che sicuramente avrei stretto tra le mani, poi dopo aver letto qualche capitolo del libro, sarei uscita all’aria aperta mi sarei ricavata un posticino sulle rive del fiume. Lì mi avrebbe trovato Jonh sempre lui l’amico pazzo e dolce di sempre fu come sentirle davvero le sue parole “butta fuori ciò che hai dentro bambolina dai di tutto al tuo psicologo di fiducia” avrei sorriso e poi sicuramente gli avrei raccontato tutto perché a lui le cose proprio non riuscivo a nascondergliele anche se poi alla fine era inutile perché le sue parole erano sempre le stesse “sicura di ciò che dici? Rifletti” e a quel punto si sarebbe alzato e mi avrebbe stampato un bel bacio sulle labbra sussurrando “farai la cosa giusta ne sono certo” e sarebbe sparito così senza aggiungere altro, sicuramente scappando a casa dal suo fidanzato. Improvvisamente immaginare le sue parole non mi bastava volevo ascoltare la sua voce, accesi il pc sperando di trovarlo in linea ma proprio in quel momento il telefono cominciò a squillare, sbuffai. << Pronto? >> Dio la mia voce sembrava quella di un maniaco, << non ho le chiavi mi apri gentilmente >> Kellan. Il fatto che anche lui abitasse in quella casa mi era del tutto passato di mente riattaccai e mi diressi alla porta, senza pensarci l’aprii. Rimase a guardarmi a bocca aperta con gli occhi spalancati << hem ciao? >> disse  << cos’è una domanda?>>  risposi sarcastica. Mi squadrò da capo a piedi << da quando te ne vai in giro per casa nuda?>> abbassai il viso sul mio corpo e mi accorsi di indossare solo il telo che copriva in malo modo le mie curve. Lo ignorai e me ne tornai in camera. Niente Jonh non era connesso evidentemente la fortuna non era dalla mia. Un nome attirò la mia attenzione. Marco. Il barista dell’hotel. mi aveva proposto di uscire un paio di volte a bere qualcosa voleva farmi conoscere una persona. Si era la sera giusta per uscire e bere, tanto. “sempre valido l’invito? Mi è presa una strana voglia di uscire” digitai aspettai qualche secondo e la sua risposta mi fece sorridere “ti voglio sexy però =) mi stavo giusto chiedendo se ti andava di venire con me andiamo in un bel posticino vedrai ti piacerà” seguivano il nome e l’indirizzo di un pub che non conoscevo. La mia auto l’aveva Angie e di certo non avrei chiesto a Kellan di prestarmi quella specie di camion in miniatura. “ti scoccia troppo se ti chiedo un passaggio non ho l’auto”. non aspettai la risposta sapevo che era un Si. Aprii l’armadio, mi voleva sexy, ebbene mi sarei vestita sexy. Indossai i miei amati pantaloni di pelle neri super aderenti, con sopra una camicia bianca che mi arrivava fino a metà coscia con sotto un reggiseno nero che si intravedeva. Optai per i tacchi, non li amavo ma di certo non potevo rovinare la mise con delle converse quella sera volevo esagerare, lasciai i capelli liberi e misi un filo di trucco. Afferrai la pochette nera e uscii dalla camera. Kellan era seduto al tavolino del salone con una tazza di caffè americano in mano. Rimase a guardarmi di nuovo a bocca aperta. Non lo degnai di uno sguardo e uscii dal portone. Ad aspettarmi in strada c’era Marco. Si lasciò andare ad un lungo fischio quando mi vide << caspita avevo detto sexy ma non mi aspettavo COSì sexy >> sorrisi e gli diedi un leggero bacio sulla guancia.
Arrivammo al pub una mezz’ora dopo e lì Marco mi presento il suo ragazzo, rimasi leggermente sorpresa. Possibile che tutti i baristi belli e sexy che mi degnavano di attenzioni erano gay? Sbuffai infastidita e dopo aver preso posto al tavolo mi diressi in pista, non amavo ballare, non amavo le discoteche ma forse sotto effetto di qualche bicchiere di troppo quella sera mi lasciai andare, ottenendo l’attenzione del cantante del gruppo che si stava esibendo, mi fece l’occhiolino un paio di volte e io l’assecondai, non era il mio tipo però ci poteva stare per una sera fregarsene di tutto. Durante una pausa mi chiese se poteva offrirmi da bere, accettai volentieri e ci dirigemmo verso il bar. Bevemmo un Drink o due insieme e mentre parlavamo mi resi conto che era di una noia mortale, parlava solo ed esclusivamente di se stesso buttando qua e la anche i membri della sua band, no di certo non era il mio tipo. Quando una ventina di minuti più tardi mi disse dispiaciuto che doveva tornare a cantare quasi esultai. Non appena fu fuori dal mio campo visivo poggiai la testa sul bancone del bar abbattuta. Quelli che si interessavano a me o erano gay o erano estremamente egocentrici, ma che male avevo fatto? << hai fatto colpo è  >> alzai la testa di scatto rimanendo leggermente sbalordita nel vedere il ragazzo che mi stava di fronte e che mi sorrideva con uno di quei assurdi sorrisi che mi facevamo morire il fiato in gola <<  K-kellan? Che ci fai tu qui?  >> alzò le spalle poi abbassò il viso quasi imbarazzato <<  hai lasciato il computer acceso ho visto l’indirizzo del locale e quando non ti ho vista tornare visto che era già tardi mi sono preoccupato >> sorrisi << ti preoccupi un po’ troppo>> sorrise anche lui evidentemente sollevato dal non vedermi arrabbiata << quando si tratta di te non posso farne a meno >> gli buttai le braccia al collo e gli riempii il viso di baci, << scusa, scusa, scusa >> mi strinse a se, il peggio era passato, avevo bisogno di lui come l’ossigeno, litigare era stato tremendo. Mi scusai altre mille volte finchè non lo sentii ridere smisi di stritolarlo nel mio abbraccio e lo guardai << perché ridi? >> indicò con un cenno del capo il cantante << mi sa tanto che ci è rimasto male >> non risposi troppo distratta come’ero dalle sue braccia intorno ai miei fianchi, dalle sue spalle larghe e quasi possessive, dal suo petto ampio che emanava sicurezza e calore. Lo avevo visto senza maglietta tante volte in foto, lì nel bel mezzo del caos di una discoteca, tra le sue braccia, per la prima volta mi chiesi come sarebbe stato vederlo in quel modo davvero.   





Macciao stelline... prima di tutto buona Pasqua anche se in estremo ritardo! poi beh che dire questo mio capitolo quì fa pietà lo soç_ç speriamo ben... cosa mi dite Kelley riuscirà a realizzare il suo sogno (o meglio il mio sogno) ? bah vedremo U_U a presto =) promesso... un bacio vostra KelleyRose

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