Jacob e Nessie

di _Mezzosangue_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La festa ***
Capitolo 2: *** Solo amicizia? ***
Capitolo 3: *** Purgatorio ***
Capitolo 4: *** Mattina ***
Capitolo 5: *** Pericolo ***
Capitolo 6: *** Verità nascoste ***
Capitolo 7: *** Il bacio ***
Capitolo 8: *** Niente più bugie. ***
Capitolo 9: *** Ubriaco di lei ***
Capitolo 10: *** Una terribile verità ***



Capitolo 1
*** La festa ***


Capitolo 1 
La festa
 
[Nessie]
 
-Nessie, noi andiamo- la voce di mamma riecheggiò nella casa e raggiunse la mia stanza, misi in pausa l’ipod e scesi di sotto per salutare i miei genitori. 
-Fai la brava intesi?- disse papà dandomi un bacio sulla fronte.
-si papà, state tranquilli. Non sono più una bambina so badare a me stessa adesso. Quindi potete andare a caccia senza problemi- risposi, cercando di rassicurarli il più possibile. 
-Sedici anni non sono poi così tanti. Cerca solo di non combinare guai, come tuo solito- aggiunse mamma.
-Sissignora!- risposi portandomi la mano alla fronte come un soldato, facendo sorridere i miei genitori. 
-Ci vediamo domani mattina- disse papà prima di uscire di casa alla velocità della luce insieme a mamma.
“Finalmente!” pensai. Velocemente mi diressi di nuovo in camera mia, spalancai l’armadio e ne tirai fuori un vestito nero che avevo comprato il mese scorso insieme a mia zia Alice. Un abito perfetto per una festa, che era appunto dove sarei andata. Cinque minuti dopo sentii il clacson di un auto di fronte casa, finii subito di prepararmi e scesi. 
Ad aspettarmi appoggiato al cofano anteriore della sua Cadillac  c’era lui, Jacob, con le braccia incrociate e quel sorriso sul volto che mi piaceva tanto, quel sorriso che, da solo, riusciva a scaldarmi il cuore. 
-Ciao bellissima- mi salutò, abbracciandomi. 
-Ciao- risposi con le guance leggermente arrossate. -Allora, vogliamo andare?- 
Mi liberò dall’abbraccio e mi aprì la portiera dell’auto.  Lui si sistemò al posto di guida e partì. 
-Sicura di voler disubbidire ai tuoi genitori?- mi chiese
-Come se fosse la prima volta-
Sorrise.
-Non riesco proprio a capire da chi hai ereditato questo carattere ribelle- 
-Parli proprio tu signor “ le regole sono fatte per essere infrante”- dissi - e poi, Io non sono la prova vivente di una regola infranta?-
Il suo sorriso si affievolì, non gli era mai andato giù il fatto che fossi metà vampira e metà umana, neanche a me piaceva essere così diversa, probabilmente non se ne rendeva conto, ma ci pensavo ogni singolo giorno.
Non avevo idea a quale categoria appartenessi, mi sentivo un emarginata, troppo differente da tutti. Alcune volte pensavo che tutta la mia esistenza fosse solo un banale scherzo della natura, o  un sogno dal quale mi sarei svegliata molto presto. Tutti mi dicevano che invece ero speciale, che non dovevo sentirmi diversa, ma migliore. E io volevo credere a ogni singola parola, ma quella non era la realtà … 
E poi c’era Jacob, lui, un licantropo; sapevo da quando ero nata che lui non era come, sapevo che invece di essermi amico avrebbe dovuto odiarmi, perché era questo che facevano quelli come lui, disprezzavano i vampiri, lui stesso me lo aveva detto, e non so se il fatto che ne facessi parte solo a metà cambiava qualcosa. La mia famiglia era composta da vampiri,mia madre,mio padre, tutti vampiri, eppure lui non mi odiava, mi stava sempre vicino, potevo correre da lui in ogni momento forse era perché qualche anno fa, prima che mia madre diventasse una vampira loro due erano migliori amici e, anche se a mio padre non è mai andato giù non si era mai allontanato, ma non poteva essere solo questo, perché lui adesso era il mio amico,era il “ mio” Jacob e sentivo dentro di me che non mi avrebbe mai abbandonata,  perché io e lui eravamo legati.
Legati da un nastro invisibile che ci teneva uniti, non riuscivo a essere felice senza di lui,non riuscivo a respirare se non potevo annusare il suo profumo, non sarei riuscita  a camminare se non avessi saputo che ogni mio passo era un passo più vicino a lui. E vivevo ogni giorno con la speranza che potesse essere lo stesso per lui. 
-Siamo arrivati- disse. Distolsi subito quei pensieri dalla mente e mi concentrai sulla casa di fronte a noi. Una villa enorme dalla quale veniva fuori della musica assordante,molto assordante per chi aveva un udito raffinato come il mio. 
-Ne sei proprio sicura?- di domandò
-Si! E se non la smetti di ripetermelo ti do un pugno sul naso!- 
Era la festa di compleanno di un amico, a dire la verità io non lo conoscevo, era una mia amica di scuola che mi aveva convinta a venire, sapevo soltanto che questo ragazzo si chiamava Travor e che compieva diciott’anni.
Appena varcammo la soglia di casa un odore forte di alcool mi invase le narici, anche Jake l’avvertì, secondo lui non era una grande idea andarci però, io lo avevo convinto credendo che invece ci fosse da divertirsi. 
Incontrammo la mia amica,quella che ami aveva invitata, Jennifer. Ci presentò il festeggiato, puzzavano entrambi di alcool,ancora un po’ e si sarebbero ubriacati anche loro. 
Mi offrirono una birra ma la rifiutai, jacob invece l’accetto, per lui non era un problema berla. 
La casa all’interno era spaziosa,o almeno avrebbe dovuto esserlo prima che si riempisse interamente di ragazzi che ballavano e bevevano. 
Io e Jake ci spostammo fuori, in giardino , era più tranquillo se si escludeva la piscina,  piena di gente.
-Che festa… - esclamò Jake.
-Già, molto…-
-Orribile- concluse.
-Si- dissi ridendo. -Scusa se ti ho trascinato qui, pensavo fosse più divertente-
-Non importa- rispose sorridendomi. 
-Perché non ce ne andiamo?- proposi
-Per andare….-
-Stai pensando a quello che sto pensando io?-dissi.
-casa mia, affittiamo un horror? -
-Proprio come pensavo- sorrisi. 
-Vado a prendere la macchina aspettami qui- disse, allontanandosi.
Certo, la festa non avrebbe funzionato, ma forse la serata poteva ancora essere salvata. Dopotutto a me bastava solo lui per divertirmi. Mi sedetti su una panchina e aspettai
Ad un tratto, un ragazzo si avvicinò  a me.
Lo riconobbi subito, era uno che veniva a scuola con me, si chiamava  Oliver, faceva parte della squadra di football, e da qualche tempo sembrava avesse una certa fissazione per me, che non facevo altro che ignorare le sue avance. Si stava avvicinando, aveva in mano una bottiglia di birra e si vedeva lontano un miglio che era ubriaco.
-Hey- mi disse. Lo ignorai. Si sedette accanto a me. -Perché non vieni con me…ti porto in un posto che ti piacerà - allungò una mano verso di me, ma mi alzai prima che potesse toccarmi. 
-L’unico posto dove andrai sarà nella piscina  se non te ne vai subito-dissi
-Oh Andiamo- si alzò e mi prese un braccio - Lo so che mi vuoi-
Strattonai il braccio. -Non toccarmi!-
Quanto volevo pestarlo in quel momento. Ma se lo avessi fatto, avrebbe capito che non ero la ragazza indifesa che credeva, e che avrebbe dovuto continuare a credere. Ma se mi avesse toccato di nuovo, lo avrei strangolato.
Fece per avvicinarsi ma una macchina ci sfrecciò accanto emettendo uno stridio con le ruote. 
-Sta lontano da lei!- Jacob uscì furioso dall’auto  e si avventò contro Oliver che continuava ad avere quel aria da sbruffone in volto. Jake lo afferrò per la maglia all’altezza del colletto.
-Se provi di nuovo a darle fastidio non te la caverai con un avvertimento- disse in tono minaccioso, faceva davvero paura. 
Lasciò Oliver e mi portò  tenendomi con un braccio dentro l’auto. E partì a tutta velocità.
-Non pensi di aver esagerato un po’?- dissi. Anche se ero contenta che lo avesse fatto.
-Nessuno deve toccarti- rispose. 
 
 
*Angoletto Autrice*
Ciaoooo a tutti!! Questa è la mia prima fan fiction!
se vi è piaciuta fatemelo sapere e la continuerò!

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Capitolo 2
*** Solo amicizia? ***


 

Capitolo 2 
È solo amicizia?

[Nessie] C'era un silenzio imbarazzante, non sapevo cosa dire. Le sue ultime parole mi volteggiavano nella mente come un tornado " nessuno deve toccarti" aveva detto. Cosa voleva dire? Lo aveva fatto solo perchè era il mio migliore amico o potevo sperare in qualcosa di più? Ma come facevo a saperlo. 
Stava in silenzio, si sentiva soltanto il suo respiro, aveva gli occhi fissi sulla strada e non mi aveva più parlato. Non ce la facevo più non potevo sopportare oltre quel silenzio. 
- jake?- lo chiamai. 
- si?- disse lui senza guardarmi.
- sei arrabbiato?- 
- non sono arrabbiato con te- rispose. Mi sentii subito sollevata, non ce l'aveva con me ma allora perchè stava cosi? Un pensiero mi balenó in mente. 
- allora sei geloso!- 
- che cosa?- giró lo sguardo verso di me - non sono geloso!- 
Sorrisi, forse stavo riuscendo a fargli cambiare umore. 
- oh si che lo sei! - 
- ma non è vero- 
- geloso, geloso, geloso! - cominciai a fargli il solletico ai fianchi. Lui lo soffriva moltissimo. 
- dai smettila sto guidando- disse tra le risate. Io mi fermai ma non smettemmo di ridere. Ero riuscita a portarlo di nuovo al buon umore.
- quanto sei scema- disse
- è per questo che mi vuoi bene- dissi scherzando. 
Arrivammo a casa sua cinque minuti dopo. Avevamo tutta la notte per divertirci, i miei non sarebbero tornati a casa fino al mattino, potevo fare quello che volevo. 
- che film vogliamo vedere?- mi chiese
Mi accomodai sul suo divano con il contenitore dei pop corn 
- boh, uno spaventoso- risposi.
- si, vallo a trovare un film che ti fa paura- 
- e va bene, metti un saw- 
Si accomodó sul divano affianco a me e fece partire il film. Mi tolsi le scarpe e poggiai le gambe sul divano, mi coprii con la coperta e appoggiai la testa sul suo petto perfetto, quel petto muscoloso che tante volte avevo visto nudo e che tutte le volte ero rimasta a guardare, ammaliata da tanta bellezza. Mi strinse a sè con un braccio. Avrei potuto restare cosi per sempre, non riuscivo a pensare a nient' altro che a lui, persino il film davanti a me era diventato trasparente. 
Chissà se lui provava lo stesso. 
" no ma cosa vado a pensare" mi dissi. Era impossibile che mi vedesse in un altro modo al di fuori dell'amicizia. E fu con questo pensiero nella testa che mi addormentai, tra le braccia forti del " mio" jacob.



[Jacob]
Lei era lì, stretta tra le mie braccia, un gesto normalissimo, non poteva sapere che in realtà quel singolo e innocente gesto era capace di  farmi salire il sangue alla testa, sentivo il cuore battere forte, cosa che succedeva ogni volta quando ci sfioravamo.
Non avevo mai capito quanto il potere dell’imprinting fosse forte, ma adesso ne ero sicuro, lo sentivo crescere dentro di me ogni giorno, sempre di più.
Lei neanche lo sapeva. Non poteva immaginare che da quando era nata aveva stravolto la mia vita, non poteva sapere che era lei l’unica mia ragione di vita, che si, ero geloso di qualsiasi ragazzo le stesse vicino. Lei era l’unica, è sempre stata l’unica.
Avrei potuto dirle tutto, avrei voluto spiegarle che l’amavo, che la mia stessa esistenza dipendeva da lei, volevo dirle che amavo tutto del suo essere, quel suo sorriso innocente, quegli occhi color miele profondi e infinitamente dolci, quando abbassava lo  sguardo per l’imbarazzo, quelle sue labbra carnose e rosse,Dio come erano rosse, quella bocca immacolata che tante volte avevo immaginato di baciare.
Desideravo poterla sfiorare, poter sentire la sua pelle rabbrividire sotto il mio tocco.
Amavo tutto di lei, quei capelli d’oro, lunghi e profumati, quel suo corpo perfetto, quella sua pelle candida e morbida …
Ma lei non sapeva niente, e non poteva saperlo. Se non mi avesse voluto non avrei potuto sopportare l’idea di perderla per sempre, se si fosse allontanata da me non avrei potuto continuare a vivere. Avevo aspettato per sedici anni, trasformandomi in lupo a ritmo continuo, per non invecchiare, perché l’unica cosa che potevo fare era aspettare e avrei continuato a farlo finché sarebbe servito. Finché lei mi avesse voluto.
 
 
*angoletto autrice*
Ciaoo!! Eccomi di ritorno con un nuovo capitolo. Da qui in poi comincerà la vera storia ;)
Volevo ringraziare  SteffyBlack,noe_princi89, InNeverlandWithUche sono 
stati gentilissimi con le loro recensioni ! GRAZIE MILLE!!  Per me è davvero molto importante il parere di altre persone. Spero di ricevere altre recensioni, e spero di non deludere nessuno con la continuazione della storia :D 
Fatemi sapere se questo capitolo vi è piaciuto. Baci!!
 
 

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Capitolo 3
*** Purgatorio ***


Capitolo 3
Purgatorio

 
[Nessie]
 
-Hey… Nessie, svegliati-  sentii una voce sussurrarmi all’orecchio. Era quasi piacevole se solo non mi stesse dicendo di svegliarmi. Aprii gli occhi e trovai il viso di Jake pericolosamente vicino al mio. Potevo sentire il suo respiro caldo infrangersi contro il mio volto, ad un tratto mi sentii agitata, il mio cuore non funzionava come un comune essere umano ma in quel momento batteva. Batteva come non aveva mai battuto fino ad ora.
- s-si – balbettai. Lui si allontanò. Per mia fortuna perché se fosse rimasto ancora un po’ sarei svenuta.
- Che ore sono?- chiesi sbadigliando.
-Quasi le 5 del mattino – rispose. Eravamo ancora sul divano, evidentemente ci eravamo addormentati entrambi.
- Devo tornare a casa prima che arrivino i miei genitori- dissi alzandomi di scatto.
- Vuoi che ti accompagni?- domandò.
- Faccio più veloce da sola- rimisi le scarpe e presi la borsa. – A dopo-
- si facciamo verso mezzogiorno- sbadigliò. Scoppiai a ridere.
- Guarda che se alle nove e mezza non sei già in piedi vengo a buttarti giù dal letto- dissi – Oggi devi insegnarmi a guidare la moto-
- l’ultima persona a cui l’ho insegnato è finita con la testa sanguinante-
- Beh se non mi insegni tu lo farò da sola- incrociai le braccia con aria altezzosa.  
- E va bene dai, ti insegno io- disse. Sapevo di convincerlo. Non resisteva mai quando facevo così.
- ci vediamo dopo allora- gli rivolsi un sorriso e lo salutai con un bacio sulla guancia.
Cominciai a correre veloce, talmente veloce che se avessi fatto a gara con un proiettile avrei vinto io, potevo vedere il mio corpo mentre tagliava l’aria come un coltello e il paesaggio intorno a me scorreva fulmineo come la pellicola di un film. Questi erano i momenti in cui amavo la mia metà vampira, potevo essere in grado di fare quello che gli esseri umani neanche immaginavano, ma nell’essere un vampiro c’erano anche cose negative, molto negative, cose alle quali non ero ancora abituata, perché la verità era che non volevo abituarmi. Il sangue, era una cosa che non potevo evitare, era essenziale per la mia parte vampiresca. Mi limitavo a bere il sangue degli animali, come tutta la mia famiglia, soltanto un paio di volte avevo assaggiato il sangue umano, fin da bambina mi avevano detto che era pericoloso, che non avrei mai dovuto avvicinarmi a esso ma, quando lo bevvi …  quella non ero io, no, era la vampira in me che aveva preso il sopravvento, non riuscivo a ragionare, desideravo solo il sangue, quel sangue caldo e rosso, che colava dal collo della mia vittima, quel sangue, che per me era una condanna. Era questo il lato più brutto di essere un vampiro, la cosa peggiore era che mi era piaciuto, si, mi era piaciuto il suo sapore, sentivo che era la cosa più gustosa che avessi mai provato, mi piaceva tanto da non riuscire più a smettere di berlo, fino ad esaurirlo del tutto, lasciando il corpo privo di ogni sua goccia, privo di vita.
Mi odiavo per il male che avevo fatto, mi odiavo per il fatto che mi era piaciuto, e mi odiavo perché quella era una parte di me, una parte del mio essere, non potevo cambiare, ero condannata a vivere una vita tra l’inferno e il paradiso. L’inferno, la parte vampira, assassina e bevitrice di sangue. Il paradiso, la parte umana, capace di provare emozioni, capace di amare, capace di mutare, la parte buona di me, quella di una semplice adolescente che vuole vivere appieno la sua vita insieme ai suoi amici e, chissà, anche all’amore.
Questa ero io, una specie di svizzera tra due dimensioni, e non avevo scelta, sarei rimasta così per sempre, senza avere la possibilità di scegliere. Un purgatorio, ecco cos’ero.  


*Angoletto Autrice*
Eccomi di nuovo con un nuovo capitolo, questa è una specie di presentazione di Renesmee. NOn preoccupatevi, nel prossimo ci saranno parecchi colpi di scena ;) NON mancate!! mi raccomando! fatemi sapere se vi è piaciuto questo capitolo :) 
Ringrazio tutte quelle persone che hanno avuto la pazienza di lasciare una recensione :D

 

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Capitolo 4
*** Mattina ***


Capitolo 4
Mattina

 
Arrivai a casa in tempo, giusto cinque minuti prima dell’arrivo dei miei genitori . Per fortuna essere velocissima era una cosa molto comoda, infatti riuscii a infilarmi il pigiama e a far finta di dormire un minuto prima che mettessero piede in casa.
Sentii i loro passi mentre salivano le scale e aprivano la porta della mia camera. Possibile che avevano bisogno di controllare se fossi effettivamente dove dovevo essere?
Beh, in un certo senso avevano anche ragione a non fidarsi troppo. Comunque mi dava fastidio!
Aspetta, Non pensare stupida!
Papà sente!
Sperai di essermene ricordata abbastanza in tempo, in un attimo offuscai il ricordo di quello che avevo fatto quella sera e mi concentrai su qualsiasi altra cosa in modo che papà potesse scambiarlo per un sogno.
-Sta dormendo…-  sussurrò mamma.
La porta si chiuse e ascoltai i loro passi che si allontanavano. L’avevo scampata.
Sospirai.
Dovevo assicurarmi di non rischiare cosi tanto la prossima volta.
Ci sarà una prossima volta?
Oh, sicuramente.
Meglio dormire sul serio, prima che mi scoprano.
Passata l’ansia per il pericolo di essere scoperta ed essere messa in castigo fino alla morte (il che è preoccupante) mi resi conto di essere davvero molto stanca, la dormita a casa Black non mi era bastata, o forse c’entrava il fatto di essere un inguaribile poltrona.
Non mi accorsi neanche di essermi addormentata, vagavo nei miei ricordi di quella giornata e all’improvviso non pensavo più.
Mi resi conto di aver dormito un bel mucchio d’ore solo quando il sole caldo che entrava dalla finestra mi colpì in viso.
Mugugnai qualcosa di incomprensibile e mi coprii gli occhi con il braccio.
Non volevo saperne di alzarmi.
Avrei potuto restarmene lì per tutto il giorno, a poltrire, se solo non fosse stato per quel maledetto sole che dava fastidio!
Volevo che se ne andasse eppure ero troppo stanca per alzarmi.
-Dannazione. Chiudete quella dannata finestra!- Dissi, senza alcun senso dato che non c’era nessuno in camera a parte me ma, mamma doveva essere nei paraggi perché spalancò la porta un secondo dopo.
-Che sta succedendo?!-
Di nuovo mugugnai qualcosa di estremamente lamentoso.
-La finestra!- esclamai.
-Che hai contro la finestra?- Mi domandò mamma con quel suo tono sarcastico.
-Niente, a parte il fatto che sta disturbando il mio sonnellino- Chiamarlo sonnellino forse non era proprio appropriato. Più coma, direi.
- Lo sai, c’è un motivo perché il sole splende- Iniziò lei.
-Forse perché senza sole morirebbe tutto il pianeta?- Lei fa la spiritosa? Anche io.
-Anche ma, vuole anche dire che è ora di alzarsi dal letto dormigliona-
Ecco, lo sapevo. La fine della mia dormita era vicina.
-Ma è presto- Farfugliai, anche se non avevo la minima idea di che ora fosse.
- Sono le undici e mezza!- Protestò lei.- E Jake ha già chiamato due volte-
Jake?
Per la prima volta in tutta la conversazione aprii gli occhi e alzai la testa per guardare mamma poggiata alla mia porta.
-Jacob ha chiamato?-  Perché? Cosa avevo dimenticato?
Mamma era particolarmente bellina quella mattina. Probabilmente grazie all’abbondante caccia della notte precedente. Ma  tanto lei era sempre bella.
Aveva i capelli legati in una coda un po’ disordinata, il che le dava un aria da “Sono una mammina perfetta e faccio il bucato”.
Che carina.
Eravamo in piena estate, infatti indossava un semplice e leggero vestito bianco con delle rose dipinte di rosso, era uno di quei vestitini con le gonne svolazzanti il che lo rendeva perfetto  per una giornata cosi afosa come quella.
Mi aveva raccontato molte volte di come il suo look fosse cambiato in questi anni.
Quando era più giovane, la moda non era proprio il suo forte, più che altro indossava cose comode e odiava gli abiti troppo appariscenti e i tacchi. Ma mi ha raccontato che con il passare degli anni ha cominciato a prendere in considerazione un look un po’ piu classico ogni tanto. Anche se, una buona parte del merito va attribuita a zia Alice, che letteralmente le è stata addosso su questo campo.
-Cosa voleva?- chiesi sbadigliando.
-Ha detto che avevate appuntamento a casa sua stamattina-
Oh cavolo! Me ne ero proprio dimenticata!
In un attimo balzai giù dal letto inciampando nelle coperte.
-Maledizione!- Controllai l’orologio. Sarei dovuta essere lì tre ore fa!
Cominciai a imprecare.
-Renesmee! Modera il linguaggio!- Mi sgridò mamma. Mi ero completamente dimenticata che era ancora lì a fissarmi.
-Scusa!- 
Mi guardò un ultima volta con sguardo da “ti tendo d’occhio” e poi andò via, lasciandomi nella più completa disperazione.
Dovevo lavarmi, vestirmi, pettinarmi e tante altre cose nel minor tempo possibile.
Usando la super velocità riuscii a fare tutto in pochissimi secondi.
Per fortuna.
Mi preparai psicologicamente per la sgridata che mi avrebbe fatto Jake appena mi sarei presentata a casa giustificandomi con una scusa poco convincente come al solito.
Mi guardai allo specchio un ultima volta.
Ero abbastanza presentabile, il che non era poi cosi importante dato che stavo semplicemente andando a casa di Jake, non ad un matrimonio.
E comunque, non mi ero di certo messa in tiro. Sapevo cosa dovevamo fare, quindi mi ero vestita per l’occasione.
Era estate (anche se a Forks fa sempre un po’ freddo) indossavo un jeans un po’ vecchiotto, uno di quelli che usavo quando dovevo fare qualcosa  di movimentato, tipo andare a caccia o qualsiasi altra attività che includeva lo sporcarsi o strapparsi i vestiti. Un top bianco e una camicia azzurra a quadri che lascia sbottonata, e delle converse blu.
Semplice e comodo.
Una volta finito di specchiarmi cercando di sistemare al meglio quei capelli che mi ritrovavo, presi il cellulare e mi precipitai di sotto.
Mentre scendevo le scale mi accorsi che avevo il telefono al quanto pieno di una quantità enorme di messaggi e chiamate.
Probabilmente quando mi avrebbe vista mi avrebbe uccisa letteralmente.
La maggior parte dicevano “ Rispondi! Se stai ancora dormendo vengo lì e ti butto giu dal letto! Ti sto aspettando da ore!”
E cosi via, più leggevo e più mi rendevo conto che se l’era presa.
Magari quando arriverò sarà cosi felice che si dimenticherà di essere arrabbiato?
Sarebbe bello.
Scese le scale, raggiunsi la cucina, c’erano papà e mamma che parlavano. Li salutai in fretta e corsi via. Nel frattempo mandai un messaggio a Jake con scritto “sto arrivando”
Mi sarei scusata di persona. 

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Capitolo 5
*** Pericolo ***


Capitolo 5
Pericolo

 
Arrivai a casa di Jake in un baleno, rallentai il passo in modo da percorrere la distanza dal bosco alla casa come una comune persona normale.
Ma mi accorsi di camminare anche più piano del previsto.
Quanto poteva essere arrabbiato?
Infondo, non era la prima volta che facevo un po’ tardi. Il problema era che mi dispiaceva tantissimo farlo arrabbiare, anche perché diventava intrattabile.
Dopotutto era un lupo no? E di certo la sua “razza” non godeva di una buonissima reputazione quando si trattava di restare calmi.
Mamma e papà continuavano a dirmelo continuamente, anzi, papà non mi dava mai tregua. Nonostante fossi una vampira molto forte, non la smetteva mai di preoccuparsi per la mia incolumità.
-I lupi sono pericolosi- Mi ricordava ogni volta.
E avevo come l’impressione che in qualche modo volesse che mi allontanassi da Jake per sempre.
Beh, era alquanto improbabile.
Non mi sarei allontanata da lui neanche se il mondo avesse deciso di crollarmi sulla testa.
Era più forte di me, non riuscivo a stargli lontana. Delle volte non riuscivo neanche a non pensarlo, o a non vederlo per almeno metà dei giorni della settimana.
Era un attrazione troppo forte per essere spezzata.
Magari per lui ero solo una rompiscatole.
Senza accorgermene ero arrivata davanti la porta di casa Black.
Sospirai, preparandomi per qualsiasi cosa mi stesse aspettando, e bussai.
Fu Bill ad aprire.
-Renesmee. Che piacere rivederti- Mi disse con un sorriso.
Ormai Bill mi conosceva da quando ero piccola, mi aveva vista crescere ed io l’avevo visto invecchiare.
Adesso aveva parecchie rughe e non era più arzillo come prima, quando il fatto di essere su una sedia a rotelle non lo preoccupava cosi tanto e non gli impediva di fare tutto ciò che voleva.
Era incredibile  il fatto che lui stesse invecchiando e invece Jake era sempre lo stesso.
I licantropi non sono come i vampiri, invecchiano.
Però una volta Jake mi aveva raccontato che esisteva un modo per non invecchiare anche per i Lupi.
Lo stesso modo che operava anche lui.
Ovvero, continuare a trasformarsi regolarmente.
In effetti Jake avrebbe dovuto dimostrare qualche annetto in più, però all’apparenza sembrava un comune ragazzo di diciott’anni.
Comune?
Non era per niente comune.
E non intendo per il fatto che fosse un personaggio leggendario o fiabesco. No, a parer mio, era cosi bello, adorabile e meraviglioso che nessun umano avrebbe mai potuto uguagliarlo.
Che cosa imbarazzante! Non dovrei pensare queste cose.
-Ciao Bill, Jake è in casa?-  dissi scacciando i pensieri di poco prima.
-E’ in Garage. –
-Oh, ehm. Ok, allora lo raggiungo lì-
Salutai Billy e mi diressi verso il garage affianco alla casa.
La porta era aperta.
-Toc toc-  dissi, attirando l’attenzione del ragazzo inginocchiato accanto ad una moto.
Jacob si voltò e mi vide.
-Finalmente!- esclamò venendomi incontro – Ti ho lasciato un miliardo di messaggi. Che fine hai fatto?-
-Scusa- dissi. – Ho dormito troppo.
Mi aspettavo una sfuriata o qualcosa del genere, ma non fu così.
Si limitò a scuotere la testa e alzare gli occhi al cielo.
Tutto a posto allora.
-Allora. Pronto per insegnarmi a guidare?-  Sorrisi eccitata.
Lui mi rispose con un sorriso accennato.
Sapevo che non era particolarmente entusiasta della situazione ma, di certo non avrei accettato un no.
Si voltò poggiando una mano sul manubrio della moto che avrei dovuto usare.
-Sicura?- mi chiese.
Certe volte la sua premura era esagerata.
Insomma, non ero poi così fragile.
-Vuoi tirarti indietro all’ultimo minuto Jacob Black?- Lo sfidai.
-Guarda che lo faccio per te.  L’ultima volta tua madre se ne è andata con la testa sanguinante e…-
- E tu ti sei tolto la maglietta per tamponarle la ferita. Conosco la storia- conclusi.
Me lo aveva già detto un miliardo di volte.
Magari mi sarei fatta male a posta, solo per vederlo togliersi la maglietta davanti a me.
La vista avrebbe ricompensato il dolore.
Che stupida.
Perché ogni volta che ero con lui finivo per pensare cose che non avrei dovuto?
Eppure, sapevo di conoscere la risposta.
-Senti- Andai da lui, lo presi per le braccia e lo costrinsi a girarsi verso di me e a guardarmi –Non mi farò niente ok? Non sono umana Jacob, sono metà vampira. E poi, ci sarai tu a proteggermi-.
Sperai che bastasse a convincerlo.
Sapevo che il fatto che fossi metà vampira per lui non era una cosa da festeggiare ma, doveva accettarlo.
Non potevo cambiare.
Dopotutto eravamo sulla stessa barca.
I vampiri e i licantropi dovrebbero essere nemici per principio.
Perciò, la mia natura non piaceva a lui come la sua non piaceva a me.
Non che mi importasse più di tanto  sinceramente.
Il fatto che fosse un licantropo per me era solo un dettaglio piccolissimo, non avevo mai avuto problemi con nessuno della sua famiglia-lupi, e anche se loro detestavano i vampiri, mi avevano accolta a braccia aperte. Il perché dovevo ancora capirlo.
Si ma non mi importava.
A me importava solo di Jacob.
Volevo solo stare con lui.
Anche se molte volte avevo avuto l’impressione che essere una vampira fosse un problema.
Non potevo cambiare la mia natura ma, sicuramente avrei fatto di tutto per non perderlo.
Lui sospirò, fissandomi come se stesse decidendo cosa dire.
-E va bene.- Disse infine. – Andiamo e facciamo questa cosa alla svelta-
- Alleluja!- esclamai, liberandolo dalla mia presa. – Se fai tutto questo casino per insegnarmi a guidare una moto, cosa farai quando ti chiederò di andare a caccia di squali?-
Lui spalancò gli occhi.
-Scherzavo!- Mi affrettai ad aggiungere.
Mi sorrise, e il mio cuore batté forte.
 
Venti minuti dopo eravamo lontani da casa Black, lungo una strada tra le montagne che era sempre deserta.
-Perché qui?- chiesi mentre salivo in sella, pronta a partire.
- Cosi nessuno vedrà la tua incapacità di guidare una moto- disse sorridendo.
Si, che divertente.
Ce l’avrei fatta invece.
-Ti pentirai di averlo detto. Sarò bravissima, vedrai.- Gli risposi, fingendo di essere sdegnata dalle sue parole.
Ridacchio.
-Si. Lo vedremo.-
Mi aveva già spiegato tutto.
Dovevo solo prepararmi mentalmente e partire.
Accesi il motore, allentai la presa sulla frizione e sospirai, ero pronta.
Accelerai.
La moto partì come un razzo, il vento cominciò a scompigliarmi i capelli, l’aria si infrangeva contro il mio viso, il paesaggio attorno a me scorreva velocissimo.
Dopo tutto, era come correre alla super velocità.
Rallentai appena.
In fondo, me la stavo cavando bene.
Arrivò la prima curva e la superai con successo.
Dopo un altro minuto passato a sfogare il mio entusiasmo, decisi che era l’ora di tornare indietro.
Quando arrivai al punto di partenza trovai Jake poggiato al furgone che mi guardava con le braccia incrociate.
Spensi la moto e scesi dalla sella guardandola con aria di sfida.
Lui sorrise e cominciò a battere le mani in modo teatrale.
-Complimenti. Te la sei cavata bene per essere la prima volta- Mi disse.
-Tzè. Visto? Ammettilo, sono o non sono la migliore?-
Lui si avvicinò e mi sfiorò la guancia con le dita.
Il mio sorriso si spense e il sangue cominciò a pulsare piu velocemente.
-Sei la migliore- Mi disse quasi in un sussurro.
Improvvisamente sentii il bisogno di stringerlo a me senza un motivo, senza nessuna logica.
E lo feci.
Gli saltai letteralmente addosso avvolgendogli le braccia attorno al collo.
Lui rimase sorpreso all’inizio ma poi rispose all’abbraccio e mi strinse a lui.
I miei piedi non toccavano terra, era lui a sorreggermi.
-Grazie- sussurrai.
Dopo un po’, troppo poco, l’abbraccio finì. Jake mi rimise a terra ma i nostri corpi restarono pericolosamente vicini.
Mi ritrovai a fissare prima i suoi occhi, poi le sue labbra.
Non avevo idea di cosa mi stesse accadendo.
Tantissime emozioni mi confondevano la mente.
Il mio corpo sentiva il bisogno di avvicinarsi ancora al suo.
Volevo baciare quelle labbra morbide.
Volevo sentire il suo respiro sulla mia pelle.
Volevo le sue mani su di me.
Senza pensarci mi alzai in punta di piedi per avvicinarmi a lui, ma poi mi bloccai abbassando lo sguardo.
Non potevo farlo.
Se mi avesse rifiutato?
Non avrei potuto sopportarlo.
Basta, dovevo smetterla, imparare a gestire le emozioni.
Noi eravamo solo amici, dovevo rassegnarmi.
Sarebbe stato difficile, ma era l’unico modo per non rischiare di perderlo.
-Dovremmo andare-  disse
Sospirai cercando di riprendere il controllo.
-Si, hai ragione-
 
Restai a casa Black tutta la giornata, dopo mezzogiorno andammo a LaPush a fare qualche tuffo in mare, ed io vinsi anche la corsa di nuoto, rinfacciandoglielo per tutto il tempo. Ci divertimmo tantissimo, ma poi, arrivò il momento di tornare a casa.
Salutai Jake e cominciai a correre verso casa, come sempre tagliai per la foresta usandola come scorciatoia.
Non volevo arrivare a casa troppo in fretta così rallentai il passo.
La sera era ormai scesa da un pezzo, non sapevo esattamente l’orario ma potevo immaginare che fossero come minimo le dieci e mezza. Di solito il limite era mezzanotte, potevo prendermela comoda.
Voltai a sinistra, oltre il territorio dei Quileut. Forse ero l’unica a sentirlo, ma ogni volta che passavo quella linea invisibile, era come attraversare una specie di bolla di sapone. Tutte le volte il vento cambiava, potevo sentirlo sulla mia pelle, l’aria era diversa, meno densa. Che fosse tutto frutto della mia immaginazione?
Probabilmente.
Poi la vidi.
Da lontano, una figura nera immersa nell’ombra degli alberi.
All’improvviso l’aria divenne gelida come lame d’acciaio.
Il vento smise di parlare e si zittì.
La notte sembrava essersi fatta ancor più buia.
Niente rumori, né animali né altro, silenzio.
Mi fermai all’istante, accorgendomi di aver cominciato a respirare con il fiato grosso.
Il cuore martellava.
La gola bruciava.
Qualcosa mi diceva che avrei fatto meglio a scappare il più in fretta possibile.
Ma le mie gambe non avevano intenzioni di muoversi.
Ero paralizzata.
Gli occhi puntati sulla figura nera di fronte a me, a pochi metri.
Chi era? Cosa voleva?
Aguzzai la vista e riuscii a scorgere qualcosa.
La corporatura era decisamente maschile.
Molto alto, molto robusto, decisamente aveva fatto parecchi mesi di palestra.
Aveva il cappuccio, non riuscivo a scorgere nessun tratto del viso.
Era sempre immerso nelle tenebre.
Non si muoveva.
Non parlava.
Restava  fermo lì, immobile, a fissarmi.
Di sicuro non era umano. Vampiro?
Forse era uno di quelli di passaggio, forse mi stavo facendo tante paranoie inutili, probabilmente non mi stava neanche fissando. Non era me che aspettava.
Non riuscivo a convincere neanche me stessa.
Sarei dovuta andare via immediatamente.
Anche se una parte di me, quella spavalda, voleva sapere che problemi avesse.
Cercai di calmarmi, nascondere la paura , sembrare decisa e sicura.
-Chi sei?-  dissi, cercando di mantenere un tono fermo.
Lui non si mosse, non rispose.
-Chi sei?!- ripetei, mentre la paura cominciava a riaffiorare.
Magari non aveva sentito.
Prima che potessi ripetere la domanda a voce più alta, si mosse.
Persi un battito.
Gli occhi spalancati.
Si stava muovendo verso di me, correva, colmando sempre di più la distanza tra noi.
E ora avevo la certezza che era lì per farmi del male.
Avrei dovuto battermi.
Mentalmente cercai di ripassare tutti i ricordi che avevo sugli insegnamenti della mia famiglia riguardo al battersi con altri vampiri.
Potevo farcela. Dovevo farcela.
Il primo colpo lo tentò in un affondo con il pugno destro.
Mi scansai a sinistra, tentai di rifilargli una ginocchiata nello stomaco. Ci riuscii.
In quell’istante capii che ero più veloce di lui, dovevo impuntarmi su quello.
Il mio colpo non lo tenne a bada per più di un secondo, e lui tentò di nuovo con un pugno diretto al mio viso. Per poco non mi prese.
Riuscii a pararlo in tempo con il braccio sinistro e sferrai un pugno con il destro, ma lui si scansò appena in tempo.
Facendo leva sulla mia velocità gli tirai un calcio alle ginocchia e lui perse l’equilibrio, cadendo sulla terra umida.
Il cappuccio gli cadde sulle spalle ma, prima che potessi mettere a fuoco qualcosa della sua faccia, il ragazzo scomparve.
Restai a fissare il punto in cui era caduto per un istante.
Dov’era finito?
Era ancora lì, lo sentivo. Ma dove?
Dovevo stare in guardia.
Cominciai a guardarmi in giro, nervosa.
Perché mi stava accadendo?
Lui era forte.
Aveva tutte le intenzioni di uccidermi.
E se ci fosse riuscito?
Non potevo permetterglielo, non volevo causare dolore alla mia famiglia e… a Jacob.
O meglio, io non volevo assolutamente lasciarli.
Fu quello a darmi la forza.
Continuai a fissare gli alberi in cerca di qualche segno dell’assassino
Affinai i sensi, sperando di percepire qualcosa.
Uno scricchiolio di rami. Come avevo fatto a non pensarci?
Alzai lo sguardo all’istante, posando gli occhi sulla cima degli alberi.
Prima ancora che potessi individuarlo saltò giù da un albero e atterrò alle mie spalle.
Stavo per voltarmi, ma lui sapeva esattamente cosa fare.
Mi immobilizzò.
Avvolse le sue braccia attorno al mio collo sollevandomi di qualche centimetro.
Mi sentivo soffocare.
Impotente.
Di sicuro aveva molta più esperienza di me sul campo di battaglia. Chissà quante vite aveva giù preso.
Ma la mia no, quella non l’avrebbe presa.
Con le mani cercai di allentargli la presa, ma non ci riuscii. Dovevo elaborare un altro sistema.
Stava per farlo.
Voleva staccarmi la testa.
Dovevo fare in fretta.
Raggruppai tutta la forza e gli tirai una gomitata nelle costole, per mia fortuna funzionò.  Sciolse la presa quanto mi bastava per scivolare via e riuscire a farlo cadere in ginocchio con un altro colpo.
Mi piazzai dietro di lui e con tutto il coraggio e la potenza che avevo in corpo, gli poggiai le mani sotto il mento e tirai, finché la testa non si staccò dal corpo.
Rimasi lì, a fissare il corpo inerme del ragazzo di cui, ora potevo vedere bene il viso. Ma non avevo la forza per farlo.
Non avevo mai ucciso un altro vampiro. Sperai che non mi ricapitasse più.
E anche se si era trattato di legittima difesa, la cosa non mi piaceva affatto.
Di sicuro, di lì a qualche giorno mi sarei sentita perfino in colpa.
Per principio, ritenevo sbagliato uccidere.
Prima che potessi decidere sul da farsi, avvertii un'altra presenza dietro di me.
Mi voltai e scorsi qualcuno sparire nell’oscurità della foresta.
Questa volta non feci l’errore di fermarmi a chiedere chi fosse e schizzai via all’istante, verso casa.
 
 
 
 
*Angoletto autrice*
Bene, bene. Un po’ di mistero non fa mai male!
Mi impunterò su questo nei prossimi capitoli.  Spero che l’idea vi piaccia.
Ah, volevo approfittarne per scusare la mia luuuunga assenza.
Cercherò di rimediare. Spero che non mi odierete >.<
Continuate a recensire! <3
Un bacio.
Zaffira.
 
 

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Capitolo 6
*** Verità nascoste ***


Capitolo 6
Verità nascoste

 
Corsi come non avevo mai corso finora, le mie gambe si muovevano spinte dalla paura di ciò che mi lasciavo alle spalle.
Quella foresta che conoscevo come le mie tasche, ora era diventata un luogo nel quale avevo il terrore di tornare.
Sentii perfino gli occhi gonfiarsi di lacrime.
Avevo il bisogno di sentirmi al sicuro, di svegliarmi da quell’incubo.
Finalmente oltrepassai il familiare fiume e sapevo di essere quasi arrivata.
Non potevo andare a casa mia, i miei non c’erano; così continuai a correre fino ad arrivare a casa dei nonni, sperando di trovarci qualcuno.
Oltrepassai il vialetto e spalancai la porta d’ingresso.
-Nonno! Nonna!- Gridai cercandoli nervosamente.
Invece, fu zia Alice ad apparire per prima.
-Renesmee, perché stai grid…- Ma non finì la frase perché mi avventai su di lei abbracciandola forte.
Stava funzionando, mi sentivo già meglio.
-Zia Alice… I-io… La foresta… vampiro- Non riuscivo a formulare alcuna frase sensata, la mia voce era spezzata dai singhiozzi, non ero riuscita a trattenere le lacrime.
Zia Alice mi fece sedere sul divano mentre mi accarezzava la testa cercando di calmarmi. Ma lei non sapeva, non lo aveva visto.
-Adesso calmati- mi disse dolcemente – Raccontami cos’è successo-
Annii.
Non sapevo come spiegarglielo, non ci capivo niente neanche io.
Nel frattempo arrivarono anche gli altri, senza accorgermene mi ritrovai con sei persone che mi fissavano, sconvolti e desiderosi di sapere.
-Nessie- Zia Rosalie si avvicinò a me e mi poggiò una mano sulla spalla –Dicci cos’è successo-
Cercai di farmi coraggio.
Dovevo parlare.
-E-ero nella foresta- cominciai – Stavo tornando a casa, quando ho visto qualcuno-
-Chi era?- Chiese Zio Emmett.
Scossi la testa. -Non lo so-
-Ti ha fatto del male?- domandò Nonno sedendosi sulla poltrona di fronte a me, come per studiarmi.
-Ci ha provato- confessai. – Mi ha attaccata, aveva tutta l’aria di volermi uccidere. Non so come, ma sono riuscita a batterlo e… l’ho ucciso- l’ultima frase mi uscì di bocca come se fosse qualcosa di troppo disgustoso da mandare giù.
Precedette un momento di silenzio.
Poi Zia Alice mi abbracciò. – Per fortuna sei sana e salva!- Esclamò.
-Oh, allora è tutto a posto no? L’hai battuto- disse Zio Emmett.
Cosa?
Il fatto che avessi ucciso non contava?
Lo guardai con occhi rossi di pianto.
-Scherzi vero? L’ho ucciso. Questo è sbagliato!- Dissi.
-Non se serviva a salvarti la vita- incalzò lui.
-Non stare a sentire tuo zio- intervenne Nonna sedendosi affianco a me.
Mi circondò le spalle con un braccio.
-Sei sconvolta, vieni a stenderti un po’ , ci penseremo noi a informare i tuoi genitori-
Nonna mi aiutò a sollevarmi dal divano e mi guidò verso il piano di sopra.
In effetti mi sentivo molto stanca. Improvvisamente tutta la forza mi aveva abbandonato ma, il solo pensiero di poter dormire quando le immagini di poco prima mi ruotavano in mente, era una cosa a dir poco impossibile.
Non sarei riuscita a chiudere occhio.
Nonna mi portò in camera di Zia Rosalie, lì c’era un letto.
Mi fece stendere, mi stampò un bacio sulla fronte e poi uscì dalla camera chiudendosi la porta alle spalle.
Mi ritrovai da sola, al buio.
Come avevo previsto non riuscivo a prendere sonno. Non ce la facevo neanche a star stesa lì.
Volevo fare qualcosa.
Volevo dirlo ai miei, ma ci avrebbero pensato i nonni.
E poi mi venne in mente una persona alla quale desideravo dirlo.
Jacob.
Si, avevo bisogno di lui.
Avevo bisogno di vederlo, subito.
Presi il cellulare dalla tasca e composi il suo numero.
Mi rispose al secondo squillo.
-Nessie. Dimmi- disse con il solito tono.
-J-Jake- La mia voce era fragile. Non volevo sembrare cosi spaventata, ma non riuscivo a controllarla più di tanto.
-Stai bene? E’ successo qualcosa?- Aveva cambiato tono. Era preoccupato adesso.
-S-si, sto bene adesso. Jacob, è successa una cosa. Ho bisogno di vederti. Potresti…-
-Non dire un'altra parola. Arrivo subito, dimmi solo dove sei-
-A casa dei miei nonni- risposi quasi più rilassata sapendo che sarebbe venuto.
Riattaccò.
Gettai il telefono da qualche parte sul letto enorme e sprofondai con la testa sul cuscino.
Restai a fissare il soffitto, in attesa di qualche segno che mi rivelasse l’arrivo di Jacob.
Dovetti aspettare solo una manciata di minuti per sentire il familiare rombo del suo pick-up  proprio sotto la finestra della stanza in cui mi trovavo.
Improvvisamente mi sentii di nuovo agitata.
Mi alzai all’istante e corsi alla finestra per guardare. Mi sporsi e lo vidi chiudere velocemente lo sportello dell’auto e correre alla porta d’ingresso.
Non sentii bussare.
Probabilmente si erano accorti che stava arrivando.
Mi concentrai per sentire qualcosa e avvertii la sua voce che diceva –Lei dov’è?-
-Di sopra. Prima porta a destra- rispose la voce di mia nonna.
-Non farlo salire!- diceva zia Rosalie.
Ma, dato che cominciavo ad avvertire dei passi avvicinarsi, probabilmente Jacob non le aveva dato ascolto.
Bussò.
Mi voltai e dissi –Avanti-
La porta si aprì con più energia del normale e spuntò Jake, che cominciò a cercare a tentoni l’interruttore della luce.
Nel buio ci vedevo benissimo, non mi ci volle niente per scorgere la preoccupazione nel suo sguardo. Nello stesso istante in cui riuscì a trovare l’interruttore e la luce si accese, corsi da lui e lo abbracciai forte stringendogli le braccia al collo.
-Renesmee!- Mi strinse a lui sollevandomi da terra di qualche centimetro. Cosa si era aspettato? Di vedermi mezza morta forse?
Il muro nella mia mente si sgretolò e cominciarono a scendere le prime lacrime.
Lacrime di gioia.
Jacob era insieme a me ed io mi sentivo al sicuro più che mai tra le sue braccia.
Ecco perché, quando sciolse l’abbraccio, sentii un soffio di freddo posarsi nel punto esatto in cui il mio corpo era stato premuto contro il suo.
-Stai piangendo- mi informò. Il suo sguardo si addolcì e mi asciugò una lacrima.
Gli diedi le spalle. Non doveva essere un bel spettacolo e poi, non volevo che mi vedesse piangere credendo di avere davanti una ragazzina impaurita.
Dovevo essere forte.
-Mi spieghi perché sei cosi sconvolta?- Si mise di nuovo di fronte a me mentre cercavo freneticamente di asciugarmi gli occhi con l’orlo della camicia.
Spiegargli tutto significava dover rivivere ogni momento da capo. Potevo farcela?
Mi sedetti sul letto e gli indicai di fare lo stesso di fronte a me.
-Stavo tornando a casa per la foresta quando ho incontrato qualcuno, un vampiro- spiegai.
Lo sentii irrigidirsi.
-Cosa voleva?- chiese.
-Lui- Si sarebbe arrabbiato? Non avevo pensato a questa possibilità –Ha provato ad uccidermi-
Si alzò all’improvviso preso da un moto di rabbia.
-Come sarebbe ha provato a ucciderti?! Senza motivo?-
Mi alzai anche io e gli andai in contro cercando di calmarlo.
-Sta calmo Jake. Sono viva, non mi ha neanche ferita-
-Questo non spiega il motivo! Poteva ucciderti! Ma chi era questo tizio? Cosa voleva da te?!-
-Non ha detto niente-  risposi sentendomi quasi in colpa per non aver scoperto di più prima di ucciderlo.
-E’ tutta colpa mia- disse-
-Non che non lo è!-
-Non avrei dovuto lasciarti andare da sola. Eri sotto la mia responsabilità avrei dovuto accompagnarti a casa- disse.
-Ma ti senti? Tua responsabilità. Non sono una bambina ok? E non è colpa tua-.
Sospirò per calmarsi, anche se in torno a lui c’era ancora un campo minato.
-Sicura che non ti abbia fatto niente? Sei tutta intera?-
Sorrisi. -Sto benissimo-.
Mi mostrò un mezzo sorriso e la sua mano si posò sulla mia guancia, delicata.
Sentii il cuore battere più forte, di nuovo.
-Dobbiamo comunque scoprire chi fosse. Forse non era da solo-
In un attimo la mia mente si concentrò sull’altra figura che avevo visto dissolversi nel buio.
-Hai ragione- dissi –Non era da solo-.
 
 
Dopo la conversazione con Jake era ormai ovvio che non sarei riuscita a dormire.
Scendemmo entrambi di sotto e trovammo i miei genitori che, probabilmente, erano appena stati informati dell’accaduto.
Dopo un abbraccio spezza-ossa di mia madre e i tipici sguardi preoccupati di papà, ripetei per l’ennesima volta quello che era successo.
Mi ero quasi stufata.
Volevo dimenticare, ma mi costringevano a ripetere tutto ogni volta sarebbe stato impossibile.
E poi, zio Emmett disse che se c’era un vampiro decapitato in mezzo alla foresta, qualcuno avrebbe potuto vederlo, così ci incamminammo tutti, compreso Jake, verso il punto esatto in cui era avvenuto lo scontro.
Non fu difficile trovarlo, conoscevo la foresta come il palmo della mia mano.
La cosa che non fui in grado di trovare fu, inspiegabilmente, il corpo smembrato del vampiro.
-Chi potrebbe averlo preso?- Domandò mio padre.
- Forse un qualcuno l’ha trovato per caso. La guardia forestale, magari- Ipotizzò zia Rosalie.
Una volta indicato il posto avevo lasciato a loro il piacere di investigare su quanto fosse accaduto.
Avrei tanto voluto urlare qualcosa del tipo : “ Non siamo in una puntata di CSI!” oppure, “Basta! Voglio andare a casa e far finta che non sia accaduto”.
Sembravano sul serio così interessati che alla fine li avevo lasciati fare.
Io e Jake ci tenevamo a qualche metro di distanza, non che lui non volesse aggiungersi alla squadra “sveliamo il mistero” ma, lo avevo convinto a restare in disparte con me.
Gli stringevo la mano da quando eravamo usciti da casa e non avevo alcuna intenzione di lasciargliela, soprattutto lì.
E poi, non sembrava gli desse fastidio.
-Non credo sia stato un umano- rispose mamma.
-Già, forse non era da solo-
-Non era da solo- intervenni. Mi ero ripromessa di tenere la bocca chiusa, sperando che senza indizi sarebbe finita presto e saremmo andati tutti a casa, pronti a dimenticare . E invece, non riuscii a trattenermi.
Jacob mi strinse la mano e mi guardò interrogativo, esattamente come gli altri.
-Non ne sono sicura al cento per cento ma, credo di aver visto qualcuno sparire tra gli alberi. Forse era il suo compagno, che però non è intervenuto, magari è stato lui a sbarazzarsi del corpo.- Dissi.
 

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Capitolo 7
*** Il bacio ***


Capitolo 7
Il bacio


Si scambiarono un occhiata. Che c’è? Non mi credevano? Oppure, cosa mi nascondevano?
-Ne sei sicura? Era buio, forse…- Iniziò mamma, ma la interruppi quasi subito.
-Certo che sono sicura! Posso anche farvelo vedere se proprio volete-
Ed ecco un pretesto per usare il mio “potere speciale da vampira”. Con un semplice contatto fisico ero capace di trasportare mentalmente qualsiasi parola, ricordo, pensiero, o immagine  alla persona che toccavo.
Perché non mi era venuto in mente prima? Avrei potuto farlo e risparmiarmi di raccontare tutto per tre volte. Avrei evitato anche i loro dubbi su quanto fosse vero quello che dicevo.
Anzi, forse non era neanche necessario. Sarebbe bastato che mio padre mi leggesse nella mente.
Anche se cominciavo un po’ ad irritarmi. Insomma, perché non mi credevano?
Lo so che era assurdo, ma avrebbero dovuto fidarsi.
-Papà, leggimi nella testa- dissi.
Chiusi gli occhi e mi concentrai.
Ripercorsi mentalmente tutto quello che era successo dall’arrivo nella foresta.
Ero certa che papà stesse guardando ma, per mio grande errore, non era l’unico che stava sbirciando nei miei ricordi.
Non avevo pensato al fatto che Jacob mi stringeva ancora la mano, seppi che era in contatto con la mia mente quando lo sentii irrigidirsi dalla rabbia.
Staccai la mano subito, ma lui la riprese un attimo dopo e la strinse più di prima.
Che stupida, che stupida. Avrei dovuto pensarci.
Ormai era fatta, continuai con il ricordo fino in fondo, e poi aprii gli occhi.
-E’ vero.- concluse papà –c’era qualcun altro.
-L’hai riconosciuto?- Domandò Nonno.
-No- rispose – Ma, la lista è lunga e in cima potrebbero esserci i  Vol…-
-Shh!- lo ammonì mamma.
Lei e nonna si scambiarono uno sguardo.
-E’ meglio parlarne in un altro posto- concordò nonna Esme.
Perché avevo tutta l’impressione che tacevano per me?
Ormai era ovvio. Mi nascondevano qualcosa.
Zia Rosalie si avvicinò a me, facendo chiaramente finta che Jake non ci fosse.
-Tesoro, perché non torni a casa? Lascia che  ce ne occupiamo noi-
Se me lo avesse chiesto prima sarei tornata a casa di corsa, ma, adesso che sapevo che  mi stavano mentendo su qualcosa di importante, non ci pensavo proprio ad andarmene.
-Voglio aiutarvi- risposi.
-Non c’è bisogno adesso, potrai farlo domattina- insistette.
In fondo, cosa sarebbe cambiato di lì a un paio d’ore?  Forse potevo concedermi una dormita prima di affrontare la questione delle bugie sospette.
Ma era anche vero che volevo sapere la verità il prima possibile, non dovevo arrendermi.
 Prima che potessi dire qualcosa mamma si avvicinò, rivolgendosi a Jake.
Lui era rimasto immobile da quando aveva smesso di vedere i miei ricordi, mi teneva ancora la mano, riuscivo a sentire la sua rabbia repressa da quel semplice tocco. Solo che, non sapevo fin quando si sarebbe trattenuto.
Lo conoscevo abbastanza da sapere che era particolarmente impulsivo e avventato, magari gli sarebbe persino venuta l’idea di mettersi alla ricerca del  complice del mio assalitore da solo.  Una cosa che dovevo assolutamente impedire.
Lo scrutai per un attimo con la coda dell’occhio. Il viso, per ora, non mostrava alcuna emozione.
Sta calmo,gli dissi nella mente. Lui non poteva rispondermi, ma sapevo che aveva sentito. Ero certa di aver sviluppato alla grande questa capacità.
Lui chiuse per un attimo gli occhi e poi li riaprì come se stesse cercando di seguire il mio consiglio senza ottenere, però, un gran risultato.
-Jake- lo chiamò mamma appena fu abbastanza vicina. –Per favore, accompagna Renesmee a casa. Potresti farle compagnia finché non arriviamo noi?-
-No, io…-
-Lo farò- rispose Jacob.
Tzè. Credevano che non mi sarei accorta dell’occhiata che si erano scambiati?
Cominciavo a pensare che anche Jacob sapesse qualcosa che io ignoravo.
Se non fossi stata così stanca mi sarei arrabbiata come una bestia. Perché, dannazione, mi stavano tagliando fuori?
-Andate- comandò mamma.
Non potevo mettermi a fare una scenata di fronte a tutti, quindi, alla fine decisi che era meglio tornare a casa con Jacob. Magari, se eravamo da soli sarei riuscita a storcergli qualche informazione.
Vedendo che non mi muovevo, Jake cominciò a fare dietrofront trascinandomi dietro grazie alla mano che ancora stringeva la mia.
Gettai un ultima occhiata alle mie spalle mentre camminavamo.
Che cosa avevano intenzione di fare?
Che stupida.
Potevo benissimo seguirli di nascosto e vedere cosa avrebbero fatto.
Si, potevo… se solo mamma non avesse detto a Jake di farmi da baby sitter.
Anche se il piano A era di storcergli le informazioni direttamente dalla sua bocca, il piano B era quello che mi garantiva di scoprire davvero qualcosa.
Dovevo almeno provarci.
-Non c’è bisogno che mi accompagni, o che resti. Me la caverò- azzardai. Il fatto che non dicesse neanche una parola mi metteva un po’ a disagio. Non potevo sapere cosa stava pensando, ma qualcosa mi diceva che non c’entrava con la pace interiore.
-Tua madre mi ha chiesto di farlo- rispose, secco.
-E da quando fai quello che ti dice mia madre?-
Liberai la mano.
-Lo faccio solo perché ne hai bisogno-
Gli rivolsi uno sguardo a occhi serrati e mi avviai verso casa aumentando il passo, lasciandolo indietro.
-E’ inutile-disse – ti terrò d’occhio tutta la notte se necessario-
Si, vedremo.
Cominciai a correre, veloce, fulminea.
Non poteva raggiungermi senza trasformarsi, avevo tutto il tempo di intrufolarmi in casa e chiuderlo fuori.
Lo spiai dalla finestra.
Perché era cosi calmo?
Sapevo che era arrabbiato per il vampiro che mi aveva assalito, e poi, ero appena scappata e lo avevo chiuso fuori casa, se il suo piano era restare calmo almeno all’apparenza, stava facendo un buon lavoro.
Si fermò davanti la porta d’ingresso.
Inspirò.
Bussò.
Non mi mossi di un centimetro, che si aspettava? Di arrivare e venire aperto come se niente fosse?
Doveva andare via.
Mi sarei scusata certo, ma domani.
Bussò di nuovo.
-Aprì!- urlò.
Non ci penso proprio.
-Guarda che posso buttar giù la porta. Sono sicuro che i tuoi genitori non direbbero niente-
Cavolo.
Si sarebbe spinto tanto?
Si stava preparando. Stava sul serio per buttar giù la porta.
Si, potevo nascondermi, ma mi avrebbe trovata subito lì dentro.
No, l’unica speranza di sfuggirgli era di scappare mentre era occupato a cercarmi.
Potevo raggiungere i miei genitori e spiare qualcosa prima di essere scovata.
Mi spinsi giù dalla finestra appena sentii il tonfo della porta che cadeva a terra.
Cominciai a correre verso gli alberi ma, non riuscii a fare neanche tre metri che mi ritrovai con braccia e gambe bloccate contro al muro di casa.
Jacob.
-Non pensarci neanche- sibilò.  
Il suo viso era vicinissimo al mio. Il suo corpo mi sfiorava. La sua forza mi impediva di muovermi.
Il suo sguardo era un misto di irritazione e divertimento.
-Ho capito quello che volevi fare nel momento esatto in cui ce ne siamo andati. Davvero pensavi che sarebbe stato così facile?- mi disse.
-Ci speravo- risposi cercando di non fargli capire quanto mi sentivo stupida e vulnerabile in quel momento.
Fece un mezzo sorriso.
Adesso ero io che cominciavo a irritarmi.
Doveva per forza sbattermi in faccia il fatto che non ero riuscita a metterlo nel sacco?!
-Che dici, vuoi lasciarmi?- Sopportare anche la sua vicinanza era troppo.
Avrei potuto sciogliermi da un momento all’altro.
I suoi occhi si piantarono nei miei e le gambe cominciarono a tremarmi.
Il cuore a battere forte.
Sentivo il suo respiro caldo su di me, e un brivido mi percorse.
Se fossi svenuta, sarebbe stata tutta colpa sua.
Si avvicinò e mi sfiorò l’orecchio con le labbra.
-Se ti lascio, cercherai di scappare?-
Feci di no con la testa, non riuscivo a dire niente.
Ormai sarebbe stato inutile fuggire.
Dovevo rassegnarmi.
Mi lasciò lentamente, ma restò abbastanza vicino per sicurezza.
Ricominciai a respirare.
-Adesso vuoi andartene? Gentilmente.- dissi.
-E da quando mi cacci da casa tua?-
-Da adesso- risposi sostenendo il suo sguardo.
-Mi dispiace- Ma non gli dispiaceva affatto. – Ma non me ne vado-
-Bene!-
Mi precipitai di nuovo dentro casa, rimanendo sconcertata vedendo che la porta era tutta intera al suo posto. Ma certo. Non l’aveva mai buttata giù, faceva solo parte della sua strategia.
Beh, di certo non potevo non esserne un po’ colpita.
Sentivo i suoi passi dietro di me, mentre attraversavo il soggiorno, salivo le scale…
-Potresti almeno evitare di seguirmi ovunque?- dissi.
-Perché questo tono acido? Ti sto facendo un favore-  Rispose in tono innocente.
-Lo stai facendo a mia madre-
-Vero- Ci fermammo in camera mia- Vedila più come una delle nostre serate tra amici-
-Cosa mi stai nascondendo?!-  Buttai lì, su due piedi. Non ero riuscita a trattenermi.
-Io?-
 Certo, fa finta di niente!
-Non ti nascondo niente- disse.
-Si, come no- incrocia le braccia sul petto – Non credere che non abbia notato lo sguardo che vi siete scambiati tu e mamma. Loro mi stanno nascondendo qualcosa di importante e tu ne sei a conoscenza. Dimmelo e non cercherò di fuggire di nuovo-
Si sedette sulla sedia con le rotelline. Comodo. Come se niente fosse.
-A parte il fatto che se cercassi di scappare ti prenderei e poi ti legherei a una sedia, ti sbagli, non sappiamo chi ti ha aggredita. Vogliamo scoprirlo quanto lo vuoi tu, forse anche di più-
-Non ti credo-
Sbuffò e si alzò dalla sedia poggiandosi con le spalle al muro.
-Smettila di guardarmi in quel modo. Lo sto facendo per il tuo bene- disse.
-Stronzate!- sbottai. Non lo aveva proprio ammesso apertamente ma, mi aveva fatto capire che la mia teoria era vera. Perché non me lo diceva?
Mi aveva sempre detto tutto, che cosa lo frenava ora?
Era davvero una cosa così grave?
Si, sicuramente lo era, altrimenti non mi avrebbe mai mentito.
-Sronzate?-  mi guardò con occhi accusatori – Tu non puoi capire-
-Cos’è che non posso capire? Sentiamo.- senza accorgermene avevo alzato la voce per la rabbia, tanto che lui fu costretto a rispondermi con un tono ancor più alto.
-Non puoi capire quello che provo per te!-disse, arrabbiato.
Ammutolii.
Volevo chiedergli il senso di quella frase, perché di sicuro non era quello che pensavo, non poteva essere, ma non lo feci.
Non ce ne fu bisogno perché si spiegò da solo.
-Voglio proteggerti. Lo voglio più di ogni altra cosa lo capisci?- Si era avvicinato, ora era a poco meno di un metro da me.
Non era arrabbiato, era… preoccupato.
Come se temesse di perdere una cosa rarissima, come se non volesse perdere la sua stessa vita.
-Non posso rischiare che tu sia in percolo, di nuovo. Farò qualsiasi cosa pur di tenerti al sicuro. Potrai scacciarmi, sbattermi la porta in faccia, odiarmi, ma io sarò sempre qui, per te-
Le sue mani presero le mie, i nostri occhi si incontrarono e poi… tutto accadde in un secondo.
Le mie labbra trovarono le sue, i nostri respiri si fusero, il mio cuore prese a battere mille volte più forte di quanto non avesse mai battuto.
Jacob non si ritrasse, al contrario, mi strinse a sé e mi trasportò lontano, in un bacio che non aveva niente di sbagliato, niente di imperfetto.
Sentivo il suo profumo selvatico, il suo calore contro la mia pelle, sentivo il suo desiderio.
Mai avrei sperato che tutto quello sarebbe successo per davvero.
 Ma mai come ora sapevo che io e Jake eravamo stati fatti per essere uniti come pezzi di un puzzle.
Continuò a stringermi forte, a baciarmi desiderando sempre di più ,assaporandomi poco alla volta.
Affondai le mani nei suoi capelli e lo strinsi a me, riuscivo a sentire il suo cuore caldo battere contro il mio mentre mi sollevava da terra di qualche centimetro trasportato dal furore del bacio.
Tutt’a un tratto seppi che niente ci avrebbe più separati.
Volevo lui più di qualsiasi altra cosa la modo, non mi importava che fossimo così diversi, sarei stata insieme a lui, in un modo o nell’altro.
Ormai, era mio.

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Capitolo 8
*** Niente più bugie. ***


Capitolo 8

Niente più bugie

 
Quella mattina mi svegliai nella più totale felicità, il tempo di aprire gli occhi e già sorridevo, pronta per affrontare l’inizio di una giornata che non poteva avere niente di storto, sarebbe stata la mattina più perfetta della mia vita e lo sapevo principalmente perché ancor prima di svegliarmi stavo ripassando mentalmente tutto quello che era accaduto la sera precedente, da quando io e Jake ci eravamo scambiato il nostro primo bacio.
Strinsi il cuscino forte contro il mio petto e sognai di nuovo ad occhi  aperti tutto quello che era successo.
Riuscivo a rivedere Jake che mi stringeva, mi cullava trasportandomi nel bacio più perfetto e passionale che potessi immaginare, sentivo ancora le sue mani che mi accarezzavano la schiena e il viso nel modo più dolce e possessivo del mondo.
Percepii ancora una volta il calore del suo corpo contro il mio, i respiri irregolari, le emozioni, il desiderio. Sicuramente una serata che mai avrei dimenticato.
Dopo che il bacio rischiava di trasformarsi in qualcosa di più, non so dire chi di preciso, forse Jake o forse entrambi, ci fermammo e riprendemmo fiato.
Mantenendo la sua promessa, Jacob restò con me fino al ritorno dei miei genitori, stringendomi per tutta la notte tra le sue braccia, mentre lentamente assaporando ogni momento, respirando il suo profumo, mi assopivo tra la morbidezza del letto e del suo corpo.
E anche se non avevamo detto niente, sapevo che da quel giorno, tutto sarebbe cambiato.
Il mio ragazzo.
Il mio Jacob.
Non avevo idea di come dirlo alla mia famiglia.
“Non è il momento” mi dissi.
Ero troppo maledettamente felice per pensare a tutti i problemi che questo cambiamento avrebbe portato, contro ogni buon senso, avevo tutte le intenzioni di rimandare finché fosse stato davvero necessario.
Mi stiracchiai e per un attimo fissai il sole cocente  che penetrava attraverso la tenda, doveva essere quasi mezzogiorno. Con tutto quel sole stranamente non coperto da nuvole, era davvero una giornata speciale. Sentii la sua luce invadermi il corpo, e il suo calore attraversarmi la pelle riempiendomi di  frizzante energia e, la voglia di godermi fino all’ultimo raggio aumentò ogni secondo di più.
Scostai le lenzuola e balzai giù dal letto, mi sentivo troppo felicemente agitata per restare a letto così, presi l’asciugamano e mi infilai in bagno per una doccia veloce.
Mi rilassai per un po’ sotto l’acqua calda e fu come se mi scrollassi di dosso ogni preoccupazione, la mia mente era tutta concentrata su Jake e su quello che avevamo fatto e che, speravo, avremo fatto ancora. Desideravo solo fare una corsa a casa sua e stringerlo finché mi fossi resa conto che non era stato tutto un romantico sogno.
Ero troppo elettrizzata per asciugarmi i capelli per bene, così li lascia mezzi bagnati, scompigliati in ricci che raffiguravano perfettamente l’energia che mi sentivo dentro, mi vestii normale: un pantaloncino, una t-shirt bianca a maniche corte e le converse.
Probabilmente un'altra si sarebbe vestita in modo leggermente più… elegante?
Beh, sicuramente si sarebbe preparata al meglio per incontrare il suo nuovo ragazzo ma, mi sentivo strana al solo pensiero. Era pur sempre Jake.
Restava comunque il mio migliore amico, anche se adesso potevo baciarlo.
Mi attardai davanti allo specchio per un secondo e poi di corsa giù per le scale.
-Nessie!- Mamma mi chiamò un secondo prima che uscissi di casa.
Uffa. Io volevo andare da Jake.
-Ehm… Mamma, buon giorno, vado da Jake!- dissi cercando di liquidarla.
Spuntò dal salone e mi guardò con occhi incredibilmente preoccupati.
Appena la vidi, mi tornò in mente.
Ero così su di giri per Jacob che mi ero dimenticata cos’era successo prima, il vampiro che mi aveva attaccata, quello che era scappato e, la mia famiglia che mi nascondeva dei segreti. 
Il mio sguardo si indurì ricordandomi che ero arrabbiata e volevo spiegazioni.
Jacob doveva aspettare.
-Volevo solo dirti che non è prudente che tu vada da sola, ti accompagno, oppure chiama Jake e fatti venire a prendere- disse. –Dopo quello che è successo…-
Era strana, come se avesse pianto, o stesse per farlo.
-Ho cambiato idea- dissi – devo parlare con te e papà-
-Tuo padre non c’è. E’ andato con Emmett a … Beh, è uscito-
Perché avevo l’impressione che anche la destinazione di papà fosse un segreto?
Richiusi la porta e mi sedetti sulla poltrona nel salone, mamma si sedette di fronte a me.
-Tutto bene? Lo so che sei sconvolta per quello che è successo ma…-
-No mamma- la interruppi – Non sono sconvolta perché hanno cercato di uccidermi. Voglio sapere cos’è che non mi state dicendo tu e papà-
La mia domanda la raggelò, distolse lo sguardo da me e si zittì.
Era proprio vero, mi aveva mentito.
-Temevo che te ne saresti accorta, sei sempre stata brava a leggere le persone- ritornò a guardarmi.
In fondo, ero sollevata che avesse confessato subito così mi sarei risparmiata di arrabbiarmi ancora di più.
-Ci sono cose che non ti ho detto-cominciò – Io e tuo padre te lo abbiamo tenuto nascosto per proteggerti, sei cresciuta così in fretta ed eri piccola quando vennero a prenderti, li hai dimenticati e noi non volevamo che ricordassi o sapessi di quanta crudeltà siano capaci.-
- Ma chi?- Chiesi improvvisamente agitata per quella rivelazione .
-I Volturi- 

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Capitolo 9
*** Ubriaco di lei ***


Capitolo 9
Ubriaco di lei

 
[Jacob]
 
Era un nuovo giorno.
C’era un nuovo Jacob.
Sentivo il cambiamento dentro la pelle, nelle ossa, in ogni cellula del mio corpo.
Ero diverso, nuovo.
Era stata lei, la ragazza che avevo amato per tutto questo tempo e che, ieri , avevo baciato.
L’avevo stretta a me, avevo goduto di ogni bacio, di ogni respiro e in quel momento, in quell’istante in cui le nostre labbra si erano incontrate  sapevo che non sarei stato più lo stesso, che niente sarebbe stato più lo stesso.
Ero libero.
Mi sentivo libero.
Avevo dato sfogo ai miei sentimenti, all’imprinting, e adesso,  non sarei riuscito più a tenerlo nascosto.
La desideravo più di ogni altra cosa, sentivo di volerla proteggere, amare con tutto me stesso. Più di quanto avessi mai fatto.
Ero ubriaco.
Ubriaco di lei.
E mi sentivo una specie di idiota.
Quante volte avevo preso in giro i miei amici per la loro ossessione riguardo alle  ragazze?
Molte più volte di quanto mi ricordassi.
E adesso, ero ossessionato esattamente allo stesso modo. Che scemo.
Mi avevano avvisato della potenza dell’imprnting ma, mai avrei creduto che fosse davvero così forte, il mio primo pensiero era lei e soltanto lei, il resto era tutto in secondo piano e, ora che avevo distrutto la barriera tra me e miei sentimenti, sentivo che il desiderio di stare accanto a Nessie era diventato ancora più forte.
Senza accorgermene ero già fuori casa, le chiavi della macchina in mano, pronto per andare a trovare la mia ragazza.
 
 
 

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Capitolo 10
*** Una terribile verità ***


Capitolo 10
Una terribile verità

[Nessie]
 
C’è solo una parola che potrebbe definire il mio stato d’animo di quel momento:
Terrore.
Anzi, a dire la verità potrebbero essere molte di piu, cominciando da Incredulità e finendo con rabbia ,e un incredibile senso di paura.
Quanto tempo era passato? Dieci minuti?
Solo dieci minuti per riuscire a sconvolgere quella meravigliosa giornata.
Mia madre mi stava raccontando quello che era successo a lei e a papà prima che io crescessi ma, più che un allegra storiella dei tempi passati, sembrava un incubo che nessuno avrebbe dovuto raccontare.
Non avrei mai immaginato che la vita dei miei genitori fosse stata così… movimentata? (per non dire terrificante!)
Perché venivo a saperla solo ora?
Avrebbero dovuto raccontarmi dei Volturi, in fondo, era me che volevano uccidere!
Per un secondo sentii la rabbia ribollire nel sangue.
Quei… LURIDI PAZZI ASSASSINI!
Avrei tanto voluto averli tra le mani per…
UN ATTIMO. Nessie, calmati, ricorda che la violenza non fa per te.
Cercai di rilassarmi e allentare la presa sul bracciolo della poltrona prima di spezzarlo.
-Questo è tutto- concluse mamma – So che avrei dovuto dirtelo prima ma speravo di tenerti alla larga da tutto questo-
- No, non… non preoccuparti mamma-  la voce mi tremava ancora – Hai fatto bene a dirmi tutto. Perciò, credi siano stati i Volturi ad attaccarmi ieri notte?-
-No, non credo. Se fossero stati i Volturi … a quest’ora probabilmente non saremmo qui a parlarne-
- Sono sul serio così potenti?- domandai incredula.
- Più di quanto puoi immaginare. Che io sappia, non c’è essere vivente che li eguagli-
-Neanche…-
-No- rispose prima che potessi concludere la domanda – Neanche un Licantropo-
- Beh ma come hanno fatto a diventare così potenti?- Non riuscivo a credere che non ci fosse nessuno in grado di sconfiggerli. Era impossibile.
- Non lo so, sono la famiglia reale dei vampiri, la famiglia più antica credo.-  disse.
-Cioè, intendi dire che sono stati loro i primi vampiri in assoluto?-
-Beh, sicuramente Aro è molto vecchio, potrebbe benissimo essere uno dei primi vampiri esistenti-
La conversazione stava prendendo una piega sempre meno rassicurante.
-E perché vorrebbero uccidermi? Quando ero piccola mi hanno lasciata andare! –
Non riuscirei neanche a descrivere il dolore che emanava l’espressione di mia madre in quel momento. Sembrava sul punto di scoppiare in lacrime.
-Amore, non lo so. Non sappiano neanche se siano loro, non… siamo tutti preoccupatissimi ma, fin ora non siamo riusciti a scoprire chi ti ha aggredita-
Rassicurante eh?
Beh, dopotutto potevano anche non essere i Volturi. Poteva essere chiunque, qualcuno che passava per caso.
No eh? Troppo improbabile.
Dovevo pur cercare qualcosa di ottimistico!
In ogni modo, non avevo intenzione di chiudermi in una stanza buia per il resto della mia vita per paura di essere attaccata di nuovo da un pazzo che voleva uccidermi senza motivo.
-Quindi qual è il piano?- domandai scacciando il senso di paura, rinnovandomi con una nuova forza. Di certo non sarei rimasta con le mani in mano mentre qualcuno progettava il mio assassinio.
Mia madre parve confusa. Possibile che non avessero un piano?
-Dobbiamo parlarne…- cominciò ma io la bloccai alzandomi in piedi.
Se non avevano ancora un piano, avrei trovato un modo da sola!
Com’è che si dice? La miglior difesa è l’attacco.
E anche se per il momento non avevo nulla da attaccare, avrei fatto in modo che quando, e se, fosse venuto il momento sarei stata pronta.
-Senti- dissi – non ho intenzione di starmene richiusa qui per paura di uscire ed essere attaccata, perciò, sono certa che zio Emmett sarà felice di insegnarmi qualcosa su come difendersi da un vampiro-
Non che fossi del tutto ignorante sull’argomento però, in qualche modo sapevo che se m fossi allenata sarei potuta diventare più forte e avrei saputo proteggermi.
Sentivo che ne ero in grado.
Dopotutto, anche zia Alice diceva sempre che ero speciale, che in futuro avrei fatto cose che nessuno avrebbe immaginato.
Non ci avevo mai dato molto peso, e se avesse avuto ragione? Era lei quella che vedeva il futuro.
Che fossi in grado di diventare più forte o no era irrilevante, perché tanto avrei comunque continuato a difendermi con tutte le forze.
Mamma mi sorrise, e per un po’ perse quell’aria tormentata.
-Sono fiera di te- mi disse abbracciandomi. – Coraggiosa e forte proprio come immaginavo che crescessi-
Mi scappò un sorriso entusiasta. Era la prima volta che mamma diceva di essere fiera di me e la cosa mi piaceva.
Sciolse l’abbraccio e mi rivolse uno sguardo rassicurante. – Noi non ci arrendiamo, giusto?-
-Giusto- confermai.
Un secondo dopo, qualcuno suonò al campanello.
Sapevo chi era ancor prima di andare ad aprire e anche mamma lo sapeva perciò disse :- Vado a vedere se qualcuno ha scoperto qualcosa. Non combinate casini- Mi fece l’occhiolino e si avviò vero la porta sul retro. Perché avevo l’impressione che mamma sapesse tutto della notte scorsa? Assurdo.
Aspettai che fosse uscita per correre verso la porta d’ingresso e tuffarmi tra le braccia di Jake.
 
 

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